CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 luglio 2018
37.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 147

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 17 luglio 2018. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 14.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017.
C. 850 Governo.
Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2018.
C. 851 Governo.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2018 (limitatamente alle parti di competenza).
(Parere alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Sergio BATTELLI, presidente, avverte che, ai sensi dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento, la Commissione avvia l'esame congiunto del disegno di legge recante il «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017» ed il disegno di legge recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2018», con particolare riferimento allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, Tabella 2, limitatamente alle parti di propria competenza.
  Per quanto concerne il regime di ammissibilità delle proposte emendative, ricorda che il disegno di legge di approvazione del rendiconto è sostanzialmente inemendabile, nel senso che sono ammissibili soltanto le proposte emendative volte ad introdurre nel medesimo disegno di legge modifiche di carattere meramente tecnico o formale. Per quanto riguarda invece il disegno di legge di assestamento, ricorda innanzitutto che, ai fini dell'ammissibilità, Pag. 148le proposte emendative devono essere riferite alle unità di voto parlamentare (tipologia di entrata o programma di spesa) e possono avere ad oggetto tanto le previsioni di competenza quanto quelle di cassa. Non possono invece avere ad oggetto l'ammontare dei residui iscritti nelle predette unità di voto, in quanto essi derivano da meri accertamenti contabili. Gli emendamenti riferiti alle previsioni di entrata sono ammissibili soltanto se fondati su valutazioni tecnico-finanziarie adeguatamente documentate, tali da comprovare la necessità di modificare le previsioni di entrata di competenza e/o di cassa. In ogni caso le proposte emendative non possono comportare un peggioramento dei saldi di finanza pubblica e pertanto, ove risultino onerose, devono essere compensate mediante l'utilizzo di risorse iscritte in altre unità di voto parlamentare, anche se facenti parte di altra missione o di altro stato di previsione. È considerata emendabile l'intera dotazione dei programmi di spesa, ivi compresa quindi l'eventuale quota potenzialmente riferibile agli oneri inderogabili in mancanza di puntuali indicazioni nel testo del disegno di legge di assestamento circa l'ammontare dei predetti oneri in relazione a ciascun programma di spesa. È comunque esclusa la possibilità di compensare l'incremento di stanziamenti di spesa di parte corrente mediante riduzione di stanziamenti di spesa in conto capitale. Per quanto riguarda gli stanziamenti di cassa avverte che deve tenersi conto di un ulteriore criterio di ammissibilità. In particolare, essi sono emendabili a condizione che, nel caso di emendamenti volti ad incrementare l'autorizzazione di cassa, lo stanziamento derivante dall'emendamento non superi la cosiddetta «massa spendibile», costituita dalla somma dello stanziamento di competenza e dei relativi residui passivi. Per quanto concerne il regime di presentazione degli emendamenti riferiti al disegno di legge di assestamento, ricorda che, in sede consultiva, possono essere presentati emendamenti riferiti alle rispettive parti di competenza di ciascuna Commissione con compensazioni a valere sulle medesime parti di competenza ovvero su parti di competenza di altre Commissioni, nonché emendamenti migliorativi dei saldi – e in quanto tali privi di compensazione finanziaria – riferiti alle predette parti di competenza. Tutte le citate tipologie di emendamenti possono essere altresì presentate anche direttamente in Commissione bilancio. Ricorda che gli emendamenti approvati durante l'esame in sede consultiva sono trasmessi alla Commissione bilancio come emendamenti di iniziativa della Commissione che li ha approvati; quelli respinti devono essere presentati nuovamente in Commissione bilancio, anche al solo fine di permetterne la successiva ripresentazione in Assemblea. Avverte che sia gli emendamenti approvati, sia quelli respinti in sede consultiva e ripresentati in Commissione bilancio, sia quelli presentati per la prima volta presso la V Commissione sono da quest'ultima esaminati in sede referente. Solo gli emendamenti approvati dalla Commissione bilancio entrano a far parte del testo elaborato in sede referente ai fini dell'esame in Assemblea. Ricorda che l'esame in sede consultiva si conclude con l'approvazione di una relazione per ciascun disegno di legge o, nel caso del disegno di legge di assestamento, di una relazione per ciascuno stato di previsione di competenza della Commissione. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Le relazioni approvate, unitamente alle relazioni di minoranza e agli emendamenti approvati, sono trasmessi alla Commissione bilancio. Ricorda, infine, che il termine per la presentazione di emendamenti è stato fissato alle ore 18. Segnala che, in relazione ai tempi d'esame previsti in Commissione bilancio, la Commissione dovrà esprimere approvare la propria relazione già nel corso della seduta prevista per la giornata di domani.

  Marco MAGGIONI (Lega), relatore, ricorda che la Commissione esamina congiuntamente – in sede consultiva – i disegni di legge «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017» e «Disposizioni per Pag. 149l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2018», dovendo esprimere un parere alla Commissione di merito e fa presente che darà conto dei dati relativi alle politiche comunitarie, coerentemente con l'ambito di competenza della Commissione. Con riguardo al Rendiconto per l'anno 2017, rileva che i dati relativi alle politiche comunitarie sono esposti nel Conto consuntivo del Ministero dell'economia e delle finanze, e più precisamente nella Missione 3 – L'Italia nell'Europa e nel mondo, che comprende sia il Programma 3.1 – Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE, sia il Programma 3.2 – Politica economica e finanziaria in ambito internazionale. In particolare, per i profili di interesse della Commissione, nel Programma 3.1 (Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE) le previsioni definitive sono pari a 22.833,8 milioni di euro, a fronte di una previsione iniziale di 22.188,6 milioni, mentre le somme effettivamente pagate ammontano a 20.201,1 milioni.
  Osserva che il capitolo 2751, relativo alle somme da versare per il finanziamento del bilancio dell'UE a titolo di risorse proprie basate sul RNL e sull'IVA, reca importi pari a 14.700 milioni di euro, con una riduzione di 500 milioni di euro rispetto alle previsioni iniziali 2017; i pagamenti corrispondono a 12.950,8 milioni di euro. Precisa che il capitolo 2752 riguardante le somme da versare per il finanziamento del bilancio dell'UE a titolo di risorse proprie tradizionali relative a dazi doganali e contributi zucchero ammonta a 2.500 milioni di euro, con una riduzione di 100 milioni rispetto alle previsioni iniziali 2017 e a fronte di 2.299,6 milioni di euro di pagamenti. Evidenzia che il capitolo 2815 che attiene al Fondo per il recepimento della normativa europea, ammonta a 10,2 milioni di euro, con una riduzione di 73,5 milioni rispetto alle previsioni iniziali 2017 e pagamenti pari a zero.
  Fa presente che il capitolo 2816 relativo alle somme da corrispondere per il pagamento degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea reca importi pari a 200 milioni di euro per il 2017, senza variazioni nel corso dell'anno, con pagamenti pari a 172,4 milioni di euro.
  Sottolinea che il capitolo 7493 riguardante le somme da versare al conto corrente infruttifero presso la Tesoreria centrale dello Stato denominato «Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti nazionali» indica importi pari a 4.750 milioni di euro, con un importo invariato rispetto alle previsioni iniziali 2016, interamente pagati.
  Rappresenta, infine, che il capitolo 2741 relativo alle somme versate dai produttori di latte in relazione alla rateizzazione annuale del prelievo supplementare nel settore lattiero da destinare ad estinzione delle anticipazioni di tesoreria presenta importi pari a 28,3 milioni di euro, interamente pagati.
  Ricorda, quindi, che il sistema di finanziamento dell'Unione di cui all'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea –TFUE, stabilisce che il bilancio generale dell'Unione europea sia integralmente finanziato dalle cosiddette «risorse proprie», ossia dai mezzi finanziari conferiti da ciascuno Stato membro per garantire il funzionamento dell'amministrazione comunitaria e la realizzazione delle relative politiche. Osserva che il Rendiconto presenta inoltre l'esposizione contabile dei flussi finanziari intercorsi tra l'Italia e l'Unione europea, prevista dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 547 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 644 del 1994), nonché la situazione delle corrispondenti erogazioni effettuate dalle Amministrazioni nazionali: ciò consente di rendere noti al Parlamento i dati consolidati sull'entità delle risorse movimentate nel settore degli interventi di politica comunitaria, nonché l'attuazione degli interventi cofinanziati dall'Unione europea, attraverso le erogazioni del Fondo di rotazione. Tali informazioni sono riepilogati nell'Allegato n. 3 Pag. 150del Conto consuntivo del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017.
  Osserva che, dall'esposizione dei flussi finanziari con l'Unione europea, risulta che nel 2017 la quota di contribuzione italiana al bilancio dell'Unione europea relativa alle risorse proprie ammontava, nelle previsioni iniziali, a 15.374 milioni di euro; nelle previsioni definitive l'importo risulta essere pari a 13.770,2 milioni di euro, con una riduzione di 1.604 milioni di euro rispetto alle previsioni iniziali, contribuendo in misura pari all'11,92 per cento del bilancio complessivo dell'Unione europea che ammonta a 115.484 milioni di euro.
  Rileva che i versamenti effettivi al bilancio europeo effettuati dal Ministero dell'economia e delle finanze nel 2017, pari a 15.450,7 milioni di euro, a raffronto con quelli indicati nelle previsioni definitive, evidenziano un incremento di 1.680,5 milioni di euro, pari al 12,2 per cento. Tale incremento è attribuito, in misura prevalente, ad un sensibile aumento della Risorsa reddito nazionale lordo (RNL), pari a 1.647,4 milioni di euro, dovuta principalmente alla contabilizzazione di un conguaglio negativo per l'Italia per gli anni 2014-2015 per l'entrata in vigore con effetto retroattivo della decisione 2014/335/UE sulle risorse proprie, contabilizzato a gennaio 2017, nonché di un conguaglio positivo per l'Italia riferito al bilancio rettificativo 6/2017 che è stato contabilizzato soltanto a gennaio 2018.
  Per quanto riguarda la contribuzione dell'Unione europea in favore dell'Italia, essa consegue alle politiche comuni di sviluppo poste in essere dall'Unione europea in vari settori e si realizza concretamente con gli strumenti finanziari costituiti dai Fondi Strutturali e di Investimento Europei (SIE).
  Osserva che, a tale riguardo, l'Allegato n. 3 del Conto consuntivo del Ministero dell'economia e delle finanze relativo alla situazione dei flussi finanziari Italia-Unione europea evidenzia che, nel corso dell'esercizio 2017, sono stati accreditati all'Italia contributi per 8.137 milioni di euro. Il decremento rispetto agli accrediti registrati nell'anno 2016 risulta pari al 19,24 per cento. La parte più rilevante degli accrediti ha riguardato, come di consueto, il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), che con circa 4.249,1 milioni di euro rappresenta il 52,22 per cento delle entrate totali.
  Rileva che, dal confronto con gli accrediti del 2016, si può notare la riduzione degli introiti del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), con un decremento pari al 75,81 per cento, del Fondo sociale europeo (FSE), con un decremento pari al 22,89 per cento e del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR), con una riduzione del 19,17 per cento.
  Con riguardo all'attuazione degli interventi cofinanziati dall'Unione europea, rileva che l'Allegato n. 3 del Conto consuntivo del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2017 presenta un capitolo dedicato alle erogazioni effettuate dal Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, istituito dall'articolo 5 della legge n. 183 del 1987, che dà un quadro complessivo degli interventi cofinanziati dall'Unione europea: ad esso infatti affluiscono disponibilità provenienti sia dal bilancio comunitario sia dal bilancio nazionale. Precisa che al Fondo di rotazione, nel corso del 2017, sono confluiti complessivamente finanziamenti per 10.259,52 milioni di euro di cui 5.565,75 milioni di euro a carico del bilancio nazionale e 4.693,77 milioni di euro a carico del bilancio comunitario. A fronte di queste risorse, integrate dalle giacenze risultanti all'inizio dell'esercizio, il Fondo ha effettuato nel 2017 erogazioni per finanziare interventi relativi alle finalità individuate in sede comunitaria per complessivi 10.762,17 milioni di euro, di cui 5.730,52 milioni di euro dal conto relativo ai finanziamenti nazionali e 5.031,65 milioni di euro dal conto relativo ai cofinanziamenti comunitari.
  Procedendo all'illustrazione dei contenuti del disegno di legge di assestamento per il 2018, ricorda che i dati riguardanti le politiche comunitarie – di diretto interesse per la Commissione – sono anch'essi Pag. 151esposti nella Missione 3 – L'Italia nell'Europa e nel mondo, che comprende, come già ricordato, sia il Programma 3.1 – Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE, sia il Programma 3.2 – Politica economica e finanziaria in ambito internazionale.
  Rileva che alla Missione 3 sono stati complessivamente attribuiti – per competenza – 23.359,9 milioni di euro, di cui 22.732,5 milioni di euro al Programma 3.1 – Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito europeo.
  Osserva che, nel disegno di legge di assestamento 2018, viene proposta a carico del Programma 3.1 una variazione negativa di 900 milioni di euro, cui si aggiunge una riduzione di 48,5 milioni di euro dipendente da atti amministrativi. Complessivamente lo stanziamento relativo al Programma 3.1 si attesta su 21.783,9 milioni di euro.
  Rileva che la variazione negativa di 900 milioni di euro proposta dal disegno di legge di assestamento riguarda, in particolare i finanziamenti al bilancio dell'UE a titolo di risorse proprie RNL e IVA, con un decremento di 800 milioni di euro del capitolo 2751, sulla base delle stime di spesa del bilancio dell'Unione europea, e i finanziamenti al bilancio dell'Unione europea a titolo di risorse proprie tradizionali, con un decremento di 100 milioni di euro del relativo capitolo 2752, che deriva dalle stime di minor gettito sui dazi doganali nel bilancio dell'Unione europea.
  Osserva che la riduzione di 48,5 milioni di euro derivante da variazioni dipendenti da atti amministrativi riguarda, invece, il Fondo per il recepimento della normativa europea, con un decremento di 32,4 milioni di euro del capitolo 2815, e gli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea, con un decremento di 16,2 milioni di euro del neoistituito capitolo 2816.
  Ricorda, infine, che nel disegno di legge di assestamento 2018 è altresì riportato lo stanziamento previsto per il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (capitolo 7493) che, rispetto alle previsioni iniziali non registra alcuna variazione; pertanto lo stanziamento iscritto resta confermato di 4.520 milioni di euro.

  Guido Germano PETTARIN (FI) nel rilevare come la Commissione sia chiamata ad esprimersi in un tempo molto ristretto, evidenzia come nel disegno di legge di assestamento 2018, venga proposta a carico del Programma 3.1 una variazione negativa di 900 milioni di euro che riguarda, in particolare, i finanziamenti al bilancio dell'Unione europea. Segnala però che, a fronte della predetta riduzione, non vi è specifica indicazione di altro impiego per le suddette risorse. Ricorda in proposito come il tema della centralità delle risorse proprie per il bilancio dell'Unione sia stato posto con chiarezza dal Ministro per gli affari europei, Paolo Savona, nel corso della sua audizione sulle linee programmatiche della sua azione di governo.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame congiunto ad altra seduta.

DL 87/2018: Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese.
C. 924 Governo.
(Parere alle Commissioni VI e XI).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Sergio BATTELLI, presidente, avverte preliminarmente che, qualora a seguito dell'esame degli emendamenti che si svolgerà presso le Commissioni di merito dovessero essere apportate al testo modifiche rilevanti per le competenze della XIV Commissione, potrà essere necessario riconvocare la Commissione per l'espressione di un secondo parere sul nuovo testo.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, ricorda che il testo si compone di cinque Pag. 152Capi per un totale di 15 articoli. Il Capo I contiene misure per il contrasto al precariato (articoli 1-3), norme per il differimento del termine di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali in tema di diplomati magistrali (articolo 4). Il Capo II reca misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali; in particolare l'articolo 5 prevede limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie degli aiuti mentre l'articolo 6 prevede la tutela dell'occupazione per le imprese che hanno beneficiato degli aiuti; l'articolo 7 prevede il recupero del beneficio dell'iperammortamento, spettante ai beni agevolabili destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale, in caso di cessione o delocalizzazione degli investimenti e l'articolo 8 stabilisce misure di credito d'imposta ricerca e sviluppo per acquisto da fonti esterne di beni immateriali. Il Capo III reca misure per il contrasto alla ludopatia prevedendo all'articolo 9 il divieto di pubblicità di giochi e scommesse. Il Capo IV contiene misure in materia di semplificazione fiscale innovando le disposizioni in materia di redditometro (articolo 10), di invio dei dati delle fatture emesse e ricevute (articolo 11) e, all'articolo 12, di pagamento dell'IVA per le pubbliche amministrazioni acquirenti di beni e servizi. Il Capo V, intitolato disposizioni finali e di coordinamento, reca norme destinate alle Società sportive dilettantistiche (articolo 13), nonché le norme di copertura finanziaria (articolo 14) e dei termini per l'entrata in vigore del provvedimento (articolo 15). Sottolinea che gli ambiti di interesse e competenza della Commissione XIV concernono principalmente gli articoli 5, 6 e 7, contenuti nel Capo II, che, come accennato, contengono disposizioni volte a introdurre, rispettivamente, limiti alla delocalizzazione per le imprese che abbiano beneficiato di aiuti di Stato, a salvaguardare i livelli occupazionali e in materia di recupero dell'iperammortamento in caso di delocalizzazione. Più specificamente, rileva che l'articolo 5 contiene norme volte a introdurre limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti agli investimenti produttivi, intervenendo su quanto previsto in materia dall'articolo 1, commi 60 e 61, della legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147). Segnala che la relazione illustrativa al provvedimento motiva l'introduzione della nuova disciplina sui limiti alla delocalizzazione in ragione della scarsa efficacia e del ridotto ambito di applicazione dei divieti previsti dalle citate disposizioni della legge di stabilità 2014. Segnala che il richiamato articolo 5, al comma 1, dispone che le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell'attribuzione del beneficio, decadono dal beneficio stesso qualora l'attività economica interessata o una parte di essa venga delocalizzata in Stati non appartenenti all'Unione europea, ad eccezione degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata. Segnala che, in caso di decadenza, l'amministrazione titolare della misura di aiuto, anche se priva di articolazioni periferiche, applica anche la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di importo da 2 a 4 volte quello dell'aiuto fruito. Sottolinea che il comma 1 sanziona con la revoca del beneficio la delocalizzazione degli investimenti produttivi effettuata in paesi extra Unione europea, operando in modo più estensivo rispetto a quanto previsto dal citato articolo 1, comma 60, della legge di stabilità 2014, il quale pone come presupposto della revoca dei contributi pubblici, oltre ad un limite di tempo pari a tre anni, anche la riduzione del livello occupazionale, pari ad almeno il 50 per cento, in conseguenza della delocalizzazione produttiva dal territorio interessato dal beneficio. Rileva che il medesimo comma 1, fa salvi in ogni caso i vincoli derivanti da accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese. Osserva che il comma 2 dell'articolo 5 dispone che, fuori dai casi previsti dal comma 1, le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede Pag. 153l'effettuazione di investimenti produttivi specificamente localizzati ai fini dell'attribuzione del beneficio, decadono dal beneficio stesso qualora l'attività economica interessata o una parte di essa venga delocalizzata dal sito incentivato in favore di unità produttive situate al di fuori dell'ambito territoriale del predetto sito, in ambito nazionale, dell'Unione europea e degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa o del completamento dell'investimento agevolato. Evidenzia che il comma 2 fa in ogni caso salvi i vincoli derivanti dalla normativa europea. A tal proposito, osserva che il diritto dell'Unione europea già conosce e legittima forme di sostegno e di aiuto ad investimenti produttivi a destinazione territoriale specifica. La ratio stessa della politica di coesione dell'Unione europea è infatti quella di ridurre le disparità di sviluppo fra le regioni degli Stati membri e rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale, attraverso la destinazione delle risorse dei Fondi strutturali, unitamente a quote di cofinanziamento nazionale alle regioni meno sviluppate e alle cosiddette regioni in transizione. In proposito, ricorda che il regolamento (UE) n. 1303/2013 che contiene le regole di programmazione dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) applicabili al periodo 2014-2020, all'articolo 70, dispone che le operazioni sostenute dai fondi SIE, fatte salve talune deroghe e le norme specifiche di ciascun fondo, sono ubicati nell'area del programma. Ai sensi del successivo articolo 71, nel caso di un'operazione che comporta investimenti in infrastrutture o investimenti produttivi, il contributo fornito dai fondi SIE è rimborsato laddove, entro cinque anni dal pagamento finale al beneficiario o entro il termine stabilito nella normativa sugli aiuti di Stato, ove applicabile, si verifichi, per quanto di interesse, la cessazione o rilocalizzazione di un'attività produttiva al di fuori dell'area del programma. La richiamata disposizione consente agli Stati membri di ridurre tale termine a tre anni per le PMI. Anche la disciplina degli aiuti di Stato a finalità regionale, ed in particolare il regolamento UE n. 651/2014 General Block Exemption Regulations – GBER prevede, invero, un obbligo di mantenimento dell'investimento nel territorio per un periodo di almeno tre anni per le PMI e di cinque anni per le grandi imprese. Osserva che, in sede di modifica della disciplina degli aiuti in esenzione, la Commissione europea ha introdotto disposizioni specifiche per i processi di «delocalizzazione» operati nell'ambito dello Spazio economico europeo (SEE). Il regolamento (UE) n. 2017/1084 del 14 giugno 2017 ha modificato il regolamento (UE) n. 651/2014. Per quanto riguarda gli aiuti a finalità regionale, segnala che il regolamento prevede l'inserimento di un obbligo per i beneficiari che presentino domanda agli investimenti ai sensi dell'articolo 14 del regolamento generale di esenzione di confermare che essi non hanno effettuato una delocalizzazione verso lo stabilimento in cui deve svolgersi l'investimento iniziale per il quale è richiesto l'aiuto nei due anni precedenti la domanda di aiuto e di impegnarsi a non effettuare tale delocalizzazione nei due anni successivi al completamento dell'investimento iniziale per il quale è richiesto l'aiuto. Sottolinea che nei casi testé citati, la normativa europea già prevede quindi la revoca e la restituzione del beneficio nei casi di delocalizzazione, che è configurata come condizione ostativa ai fini dell'accesso all'aiuto, nell'intento di contrastare il fenomeno della «caccia alla sovvenzione» e di scongiurare il rischio che la politica di coesione europea contribuisca ad incentivare la stessa delocalizzazione. Rileva inoltre che, anche la normativa nazionale, che disciplina la concessione di agevolazioni alle attività produttive in specifiche zone territoriali – come quelle in crisi o colpite da calamità – per il recupero e lo sviluppo del tessuto imprenditoriale nelle zone stesse, prevede la revoca dei benefici nel caso di trasferimento all'estero dell'attività di impresa prima che sia trascorso un periodo di tempo determinato dalla data di ultimazione del programma di investimenti. Osserva che l'articolo 5, al successivo comma Pag. 1543 demanda a ciascuna amministrazione – per i bandi ed i contratti relativi alle misure di aiuto di propria competenza – la definizione dei tempi e delle modalità per il controllo del rispetto del vincolo di cui ai commi 1 e 2, nonché per la restituzione dei benefici fruiti in caso di accertamento della decadenza. L'importo del beneficio da restituire per effetto della decadenza è, comunque, maggiorato di un tasso di interesse pari al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di erogazione o fruizione dell'aiuto, maggiorato di cinque punti percentuali. Il comma 4 mantiene ferma l'applicazione, per i benefici già concessi o banditi, nonché per gli investimenti agevolati già avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, della disciplina vigente anteriormente alla medesima data, inclusa, nei casi ivi previsti la disciplina di cui all'articolo 1, comma 60, della legge di stabilità 2014. Il comma 5 dispone, inoltre, l'applicazione di quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, che istituisce il privilegio dello Stato sui crediti derivanti dalla restituzione dei benefici, ne disciplina le modalità di recupero mediante iscrizione a ruolo e prevede che le stesse somme recuperate affluiscano all'entrata del bilancio statale per essere interamente riassegnate e destinate a incrementare la disponibilità della misura di aiuto. Il comma 6, infine, reca la definizione di delocalizzazione, intesa come il trasferimento di attività economica o di una sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito, da parte della medesima impresa beneficiaria dell'aiuto o di altra impresa con la quale vi sia un rapporto di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. Infine, segnala che le relazioni allegate al provvedimento evidenziano che la norma in esame non comporta nuovi oneri per il bilancio dello Stato, in quanto essa viene attuata da ciascuna amministrazione pubblica che gestisce la misura interessata con le risorse umane e strumentali già dedicate alla medesima misura. Passando all'articolo 6, volto a salvaguardare i livelli occupazionali, segnala che esso prevede la decadenza dalla fruizione di specifici benefici per le imprese – italiane ed estere, ma operanti nel territorio italiano – che, avendo beneficiato di aiuti di Stato che prevedano una valutazione dell'impatto occupazionale, non abbiano garantito il mantenimento di determinati livelli occupazionali. Rileva che la decadenza, che comporta la revoca, totale o parziale, dei benefici concessi (comma 1), è disposta qualora, ad esclusione dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo, le imprese richiamate riducano i livelli occupazionali degli addetti all'unità produttiva o all'attività interessata dal beneficio nei cinque anni successivi alla data di completamento dell'investimento in una percentuale superiore al 10 per cento. La decadenza dal beneficio è disposta in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale ed è comunque totale in caso di riduzione superiore al 50 per cento. Rileva che, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, per le restituzioni dei benefici si applicano le disposizioni di cui al precedente articolo 5, commi 3 e 5. Osserva quindi che l'articolo 6, comma 3, prevede che le disposizioni previste si applicano ai benefici concessi successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Segnala che l'articolo 7 subordina l'applicazione dell'iperammortamento fiscale alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, su cui si fonda l'agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio nazionale, ivi incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti. In particolare, ai sensi del comma 2, se nel periodo di fruizione del beneficio i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dell'iperammortamento. Tale recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d'imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione degli investimenti agevolati, per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento Pag. 155complessivamente dedotte nei precedenti periodi d'imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi. Osserva che il comma 3 fissa la decorrenza delle norme suesposte: esse si applicano agli investimenti effettuati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ovvero successivamente al 14 luglio 2018. Rileva che il comma 4 dell'articolo intende coordinare le nuove disposizioni con la disciplina dei cosiddetti investimenti sostituivi, quelli relativi alla sostituzione di beni originariamente agevolabile viene sostituito nel tempo con un bene materiale strumentale nuovo, purché il nuovo abbia caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori e siano soddisfatte le altre condizioni di legge. Nel caso di tali investimenti, il comma 4 in esame impedisce che si applichi la revoca dell'agevolazione (di cui al comma 2), anche in caso di delocalizzazione. Sottolinea quindi come la stessa disciplina europea ammetta dei vincoli alle imprese nella materia degli aiuti di Stato, sul presupposto logico e giuridico che essi costituiscono in senso proprio «oneri» al fine di beneficiare del sussidio pubblico e non quindi «obblighi» che comprimono ingiustificatamente la libertà di impresa nelle sue varie espressioni. Osserva che lo Stato membro adottare disposizioni anche più restrittive rispetto alle norme europee o condizioni particolari che, peraltro, nel caso di specie appaiono del tutto coerenti con l'attenzione manifestata dalla stessa Unione europea, in sede di disciplina come di dibattito nei diversi consessi istituzionali.

  Guido Germano PETTARIN (FI) osservando che la normativa proposta in materia di recupero dei benefici concessi alle imprese in caso di decadenza ricalca quella in vigore che prevede il privilegio dello Stato sui relativi crediti, chiede se la problematica collegata anche al regime dell'opponibilità dei soggetti percossi dalla decadenza dai benefici sia stata adeguatamente analizzata ritenendo utile un suo serio approfondimento.

  Piero DE LUCA (PD) sottolinea che il provvedimento in esame sembra incidere sulle imprese che hanno fatto investimenti programmati anche sulla base dell'affidamento costituito dalla possibilità di contare su benefici e misure incentivanti per il medio e lungo periodo. Su tale punto si chiede se sia stato condotto uno studio sull'impatto delle norme proposte e, in caso positivo, chiede di poterne conoscere gli esiti. Ritiene che la definizione di delocalizzazione recata nel decreto-legge sia alquanto estesa e che tale ampiezza possa generare un'eterogenesi finendo con il comprimere, di fatto, la libertà di impresa, e comunque lo sviluppo delle attività imprenditoriale, con le conseguenti ricadute negative in ambito occupazionale. Segnala, inoltre, che l'estensione da tre a cinque anni del periodo durante il quale un'eventuale parziale o totale delocalizzazione comporta la decadenza dai benefici riconosciuti potrebbe essere incompatibile con i regolamenti dell'Unione europea che disciplinano la materia e a cui l'Italia non può derogare.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, replicando al collega Pettarin, conferma che per quanto riguarda la recuperabilità delle somme dovute a seguito di decadenza dai benefici il decreto-legge richiama norme già in vigore da tempo, si riserva di fornire gli approfondimenti da lui richiesti nel corso della prossima seduta dedicata al provvedimento. Per quanto riguarda gli effetti sulla programmazione delle imprese, ricorda al collega De Luca che quanto recato nel decreto-legge ha effetto solo dal giorno della sua entrata in vigore con la conseguenza che le imprese hanno tutti gli elementi per la programmazione della loro futura attività. Sottolinea che, a suo avviso, eccessive delocalizzazioni rappresentano comunque un danno per l'Italia e che pertanto è opportuno porvi un freno, non al fine di danneggiare il mondo imprenditoriale ma di avvantaggiare il Paese e il sistema industriale nazionale nel suo complesso.

  Piero DE LUCA (PD) rileva come la normativa attualmente in vigore colpisca i casi di delocalizzazione collegati ad un Pag. 156decremento dei livelli occupazionali, mentre le norme proposte incidono negativamente sulla programmazione dell'attività economica delle imprese. Rileva inoltre come le sanzioni previste appaiano molto forti e rischino di rappresentare un danno eccessivo per le imprese. Osserva che, per come è concepito, il provvedimento in titolo rappresenterebbe in definitiva un ostacolo per le imprese che decidano di espandere l'attività in altri ambiti geografici pur mantenendo i livelli occupazionali. Segnala quindi come, a suo avviso, la nozione di «trasferimento dell'attività economica» recata nella definizione di delocalizzazione rilevante ai fini del decreto-legge in esame non sia chiara.

  Guido Germano PETTARIN (FI) richiama l'attenzione sul punto che l'apparato e il sistema sanzionatorio previsto nel decreto-legge potrebbe essere in contrasto il principio di irretroattività della legge. Andrebbe, quindi, a suo avviso approfondito il quadro normativo generale nel cui ambito si articolano e si applicano le misure in questione. Per quanto riguarda più in generale la nozione di delocalizzazione, ricorda che la recente esperienza testimonia che molti investitori che avevano spostato attività nei Paesi europei dell'Est sono nel corso del tempo tornati in Italia. Rileva comunque come la tematica del legittimo affidamento delle imprese sia sicuramente rilevante nell'esame delle norme in questione.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, per quanto riguarda la connessione tra la decadenza dal beneficio e il decremento dei livelli occupazionali, osserva come a suo avviso dovrebbero essere tenute in considerazioni percentuali di riduzione anche più basse di quelle previste dalla normativa vigente. Conferma, inoltre, che può essere esclusa la retroattività delle norme in esame.

  Giuseppina OCCHIONERO (LEU) chiede al relatore se per quanto riguarda la delocalizzazione in ambito nazionale si debba tenere in considerazione la sede legale dell'impresa ovvero la sede delle attività produttive.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, sottolinea che oggetto delle misure del decreto-legge sono le attività produttive. A suo avviso, non dovrebbe essere quindi coinvolta la nozione di sede legale aziendale.

  Maria Edera SPADONI (M5S) con riferimento alle osservazioni dei deputati De Luca e Pettarin, ricorda che l'articolo 5, comma 4, e 6, comma 1, del decreto-legge in esame escludono espressamente l'applicazione delle nuove regole agli aiuti erogati prima dell'entrata in vigore del decreto stesso.

  Emanuela ROSSINI (Misto-Min.Ling) ritiene che quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 5 del provvedimento in titolo, circa la decadenza dal beneficio, andrebbe analizzato anche in una prospettiva propria delle attività imprenditoriali transfrontaliere, giacché la norma può collidere con la realtà economica esistente. In tal senso, porta l'esempio di quelle imprese che investono in settori merceologici che non possono prescindere dalla collocazione territoriale connessa alla produzione, richiamando in proposito la produzione di funghi che spesso necessita di raccolta in paesi diversi. Con riferimento al parametro dei livelli occupazionali, osserva come andrebbe superato il riferimento al quinquennio precedente, dovendosi porre obiettivi maggiormente ambiziosi.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, si riserva di fornire gli approfondimenti richiesti dai membri della Commissione nel corso prosieguo dell'esame nella prossima seduta.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.