CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 luglio 2018
31.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 21

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 4 luglio 2018. — Presidenza della presidente Giulia SARTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Giustizia, Jacopo Morrone.

  La seduta comincia alle 11.05.

DL 73/2018: Misure urgenti e indifferibili per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il Tribunale di Bari e la Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale.
C. 764 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta del 28 giugno 2018.

  Giulia SARTI, presidente, avverte che, secondo quanto convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi e in assenza di obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  Catello VITIELLO (Misto-MAIE), esprime, in via preliminare, anche alla luce di quanto emerso nel corso delle audizioni informali sul provvedimento in titolo svoltesi nella giornata di ieri, perplessità in ordine al carattere emergenziale dello stesso. Rileva, infatti, come la problematica che il decreto-legge in esame intende risolvere non sia derivata da eventi sismici o da calamità naturali, bensì dalla condotta umana. Nell'evidenziare come non sia questa la sede idonea ad individuare le eventuali responsabilità della situazione che si è venuta a verificare nel territorio barese, ritiene, invece, opportuno Pag. 22comprendere le modalità utilizzate dall'Esecutivo per risolvere tale problematica. Reputa che il decreto-legge in esame sia «monco», in quanto, oltre alla previsione della sospensione dei termini e dei procedimenti penali pendenti dinanzi al tribunale di Bari e alla Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale, lo stesso avrebbe dovuto prevedere anche la requisizione in via d'urgenza di un immobile idoneo a tale funzione da parte del Ministro della giustizia. A tale proposito fa presente che sarebbe stato più opportuno che il Ministro si fosse attribuito poteri straordinari non demandando alle parti in causa tale ricerca. Paventa, infatti, il rischio che, qualora non si individui prontamente un immobile adatto presso il quale trasferire gli uffici del tribunale di Bari, il Governo, il 30 settembre prossimo, allo scadere della sospensione fissata dal decreto-legge, debba intervenire nuovamente. Nel ritenere che la mancanza di una disposizione in tal senso all'interno del decreto-legge metta a repentaglio la giustizia barese, auspica che il Ministro Bonafede intervenga per scongiurare un doppio trasloco. Nell'evidenziare che il ricorso alla decretazione d'urgenza appare, a suo avviso, non corretto in quanto il provvedimento è scaturito da una condotta umana e non da calamità naturali o da eventi sismici, stigmatizza la sospensione sine die del termine della fase visto che, come emerso dalle audizioni informali, la Procura continua ad effettuare le proprie indagini. Ritiene che eventualmente possano essere sospesi i termini di durata della fase delle indagini di cui all'articolo 407, comma 3-bis, del codice di procedura penale. Reputa inoltre che la deroga prevista per la custodia cautelare andrebbe estesa anche alle altre misure cautelari. Evidenzia inoltre la necessità di prevedere un impegno di spesa per le notifiche che la citata sospensione determinerà.

  Cosimo FERRI (PD), nell'evidenziare come nel corso delle audizioni informali svolte nella giornata di ieri siano emerse diverse criticità, a conferma di quanto già espresso in occasione dell'avvio dell'esame del provvedimento, sottolinea che il decreto-legge in questione è, oltre che sbagliato nell'impostazione, anche incompleto nei suoi contenuti. Ricordando in primo luogo l'assenza dei presupposti di necessità ed urgenza, su cui si fonda la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dal Partito democratico, evidenzia inoltre perplessità sulla clausola di invarianza finanziaria, considerato il costo derivante dalle oltre 60.000 notifiche degli atti, che si renderanno necessarie a seguito dell'intervento recato dal provvedimento. Rileva peraltro che, come evidenziato da molti dei soggetti auditi, non vi è alcuna certezza circa l'effettivo reperimento di un immobile allo scadere della data del 30 settembre 2018 indicata dal decreto-legge. Pur senza alcun intento polemico, si domanda perché un intervento di tal genere sia stato operato senza il coinvolgimento di tutte le forze politiche che, analogamente a Governo e maggioranza, hanno a cuore il corretto esercizio della giustizia nel tribunale di Bari. Nel sottolineare la ferma contrarietà degli esponenti del Partito democratico all'eventualità di un doppio trasloco degli uffici del tribunale, rileva che – come evidenziato anche dal dottor Minisci, Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, nel corso dell'audizione – il Ministro si è limitato ad intervenire su un aspetto decisamente residuale, qual è quello della sospensione dei termini e dei procedimenti penali pendenti, rinunciando ad attribuirsi poteri straordinari volti all'individuazione di un immobile idoneo a risolvere definitivamente la situazione. Nel ribadire l'assoluta necessità di fornire una risposta concreta al problema per il decoro del sistema giustizia e la tutela dei diritti di tutte le parti coinvolte, tiene a ricordare in maniera particolare i giovani avvocati della zona che, come evidenziato dal rappresentante della Camera penale di Bari, saranno costretti a chiudere i propri studi professionali e a rinunciare all'esercizio della professione. Evoca il forte rischio che alla fine di settembre si sia costretti a reiterare il provvedimento, se non si interviene in sede di conversione Pag. 23del decreto-legge attribuendo allo stesso Ministro i poteri già citati. Quanto al tema della sospensione dei termini, segnala l'incompletezza del provvedimento, considerato che non vengono prese in considerazione le misure interdittive non custodiali, nonché le misure cautelari reali, quali le misure di allontanamento, con grave danno per esempio per la persecuzione dei reati di stalking nei confronti delle donne. Rilevando a tale proposito che il provvedimento non chiarisce diversi aspetti relativi ai diritti delle persone offese, sollecita tutti i colleghi a cercare soluzioni adeguate, prendendo lo spunto dalle interessanti proposte emendative sottoposte alla Commissione giustizia dagli intervenuti alle audizioni informali. Ricorda, in particolare, la richiesta avanzata dall'avvocato Stefanì, presidente dell'Ordine degli avvocati di Bari, di tutelare i giovani professionisti, sospendendo i contributi e gli oneri a carico dei giovani avvocati, analogamente a quanto previsto in occasione delle emergenze sismiche.

  Carmelo MICELI (PD) fa presente che nel corso delle audizioni informali svolte sul provvedimento in discussione è emersa una questione che potrebbe essere pregiudiziale al seguito dell'esame. Evidenzia infatti che il provvedimento che ha determinato l'urgenza è stato impugnato dinanzi al TAR e che pertanto è attualmente impossibile poter svolgere una valutazione completa del decreto-legge in esame prescindendo dalle ragioni di tale ricorso e dai tempi necessari per lo svolgimento dello stesso. Paventa pertanto il rischio che il Parlamento si accinga a convertire in legge un decreto basato su un atto che, qualora il ricorso posto innanzi al Tribunale amministrativo regionale dovesse trovare accoglimento, verrebbe annullato. Ritiene pertanto necessario che la Commissione prima di approvare il provvedimento in discussione approfondisca tali tematiche anche attraverso l'audizione di rappresentanti dell'INAIL, proprietario dell'immobile destinato a sede del tribunale penale di Bari. Rammenta come nel corso delle audizioni informali svolte nella giornata di ieri ci si sia spesso riferiti alla vicenda in esame come ad «un'annosa questione». Osserva, quindi, che il ricorso alla decretazione d'urgenza non sia corretto, ricordando come già per il decreto-legge sull'esproprio del teatro Petruzzelli la Consulta sancì il principio in base al quale, se la vicenda che il decreto-legge d'urgenza mira a risolvere è, in realtà, «di vecchia data», risulta evidente che lo strumento della decretazione d'urgenza non è appropriato. Rammenta inoltre che nel corso delle audizioni è emerso incontrovertibilmente che, oltre ad essere incompleto, il decreto-legge in esame è «potenzialmente pericoloso», in quanto, come precisato anche dal Presidente del tribunale di Bari, dottor De Facendis, saranno necessari dieci anni prima che possa riprendere la piena funzionalità degli uffici. Rammenta altresì che nella medesima audizione informale il sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha indicato degli immobili che agevolmente potrebbero essere convertiti per la funzionalità richiesta. A tal proposito ritiene opportuno che il Ministro della giustizia assuma poteri straordinari per poter acquisire tali immobili. Con riferimento alle oltre 60 mila notifiche che sarà necessario produrre a seguito della sospensione prevista dal decreto, evidenzia come le stesse necessariamente contrastino con le disposizioni dell'articolo 2 del decreto-legge che reca la clausola dell'invarianza finanziaria. Nel ritenere inoltre necessario destinare ai soggetti che svolgono la professione forense nel territorio di Bari le medesime tutele che sono state destinate ai loro colleghi che esercitavano nei luoghi colpiti dai terremoti, osserva che un provvedimento volto soltanto a «togliere le tende», senza prevedere le necessarie misure idonee a garantire il proseguimento della giustizia, sia utile esclusivamente dal punto di vista mediatico.

  Federico CONTE (LeU) rileva in premessa come la discussione sul provvedimento in esame si sia concentrata su due filoni, uno relativo agli aspetti reali del problema, ed un altro relativo agli aspetti Pag. 24virtuali, vale a dire a ciò che manca nell'intervento legislativo in oggetto. A tale proposito fa riferimento in particolare al fatto che non siano stati attribuiti né al ministro Bonafede né ad altro soggetto poteri straordinari volti a risolvere la situazione emergenziale del distretto di Bari, con gravi ricadute sia operative sia sociali sul settore giudiziario della zona. Pertanto, manifesta il proprio pieno sostegno ad eventuali proposte emendative che dovessero intervenire a correggere tale aspetto. Passando agli aspetti reali della questione, evidenzia in primo luogo come la sospensione dei termini di prescrizione presenti seri profili di legittimità. A tale proposito, sottolinea che, trattandosi di un istituto sostanziale, la prescrizione non può avere effetto retroattivo. In secondo luogo, ricorda ai colleghi la reticenza dimostrata da molti degli auditi in merito alla sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza del provvedimento. Nel ricordare di non aver mai sperimentato nella sua lunga carriera personale una sospensione dei termini in siffatte contingenze, sottolinea che ci si trova di fronte a un fatto non emergenziale, in quanto risalente nel tempo e ampiamente prevedibile, al quale viene data una risposta inaccettabile a danno dei cittadini. Nel rilevare che il contenuto del provvedimento denuncia una evidente incultura quanto a tecnica legislativa, ritiene che la Corte costituzionale possa censurare il decreto-legge in esame con un ulteriore danno a carico dei soggetti interessati e che gli avvocati faranno valere in tutte le sedi l'improprietà della sospensione dei termini della prescrizione in esso contenuta. Da ultimo, rivolge al Governo l'invito a tornare sui suoi passi, ritirando il provvedimento e provvedendo all'attribuzione di poteri straordinari al Ministro o ad altro soggetto, al fine di individuare immediatamente un immobile adeguato da adibire a sede del tribunale di Bari.

  Enrico COSTA (FI) ritiene che il provvedimento in esame sia molto significativo dal punto di vista politico e che quindi sia un errore confinarlo nel limite del solo circondario del tribunale di Bari. Evidenzia come il Ministro Bonafede non sia responsabile della problematica affrontata dal decreto-legge e ritiene che le forze politiche dovrebbero approcciarsi al tema diversamente. La domanda da porsi è, a suo avviso, che cosa abbia fatto chi aveva il dovere di affrontare tale seria problematica già da tempo. Tuttavia non condivide l'approccio dell'Esecutivo che vuole risolvere un problema utilizzando modalità che produrranno effetti negativi, in quanto già oggi appare verosimile l'ipotesi di una proroga del termine previsto dal decreto-legge. Evidenzia la preoccupazione che tale modalità possa essere in futuro applicata anche per altri temi non emergenziali. In merito alla clausola di invarianza prevista dall'articolo 2 del decreto-legge, la definisce un «falso ideologico». In proposito rammenta come nell'audizione informale svoltasi nella giornata di ieri sia stato evidenziato da parte delle Camere penali italiane che dagli oltre 60 mila atti da notificare a seguito della sospensione dei processi potranno derivare anche prevedibili ricorsi da parte degli utenti alle procedure sanzionatorie previste dalla «legge Pinto» contro l'amministrazione della giustizia. Ritiene inoltre che il tema della prescrizione sia molto delicato e che crei un precedente sul quale non può essere d'accordo. Suggerisce, al comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge, la soppressione dell'inciso «ferma restando l'applicazione dell'articolo 159 del codice penale», ritenendo che si debba demandare alla giurisprudenza circa l'applicabilità del primo comma del citato articolo 159. Ribadisce infine che il suo approccio, sia al provvedimento in esame sia a tutti gli altri provvedimenti che il Governo presenterà, sarà sempre costruttivo.

  Maria Carolina VARCHI (FdI), nel considerare sintomatico che in tanti abbiano espresso criticità sul contenuto del provvedimento, ricorda che l'origine del decreto-legge risiede nella visita a Bari da parte del Ministro Bonafede, che, pur non responsabile del problema – determinato da Pag. 25almeno quattro anni di inattività del ministero competente – è tuttavia responsabile delle relative soluzioni. Nel ricordare che, in occasione della citata visita, il Ministro aveva già interloquito con i soggetti auditi dalla Commissione Giustizia nella seduta di ieri, si domanda per quale motivo le considerazioni e gli spunti da loro proposti non abbiano trovato in alcun modo spazio nel provvedimento in esame. In particolare, con riguardo alle misure cautelari, stigmatizza il fatto che il divieto di avvicinamento a tutela delle vittime non rientri nell'ambito di applicazione delle eccezioni alla sospensione. Quanto alla sospensione dei termini di prescrizione, ritiene assolutamente inaccettabile che in un'aula di giustizia si possa applicare una tale misura per un fatto in alcun modo ascrivibile al difensore o all'imputato, peraltro anche per procedimenti eventualmente rinviati in epoca anteriore al provvedimento in esame. Con riguardo ai risvolti economici dell'intervento, segnala in primo luogo l'effettiva invarianza finanziaria del provvedimento, non potendosi sostenere che gli effetti dello stesso saranno a costo zero. In secondo luogo, evidenzia le gravi ricadute economiche determinate dalle misure previste dal decreto-legge per gli avvocati e i magistrati onorari, ricordando peraltro che su quest'ultimo aspetto l'Italia è stata già censurata dalla Corte di giustizia europea. A tale proposito, rileva che, come evidenziato anche dal presidente dell'Ordine degli avvocati di Bari, molti giovani professionisti meditano la cancellazione dall'albo degli avvocati, vanificando così anni di studio e di impegno, nonché notevoli risorse economiche. Da ultimo, esprime la convinzione che a fronte della straordinarietà della situazione, occorra attribuire poteri straordinari per l'individuazione di un immobile adeguato, tanto più che, come risulta da molte fonti di stampa, diversi sarebbero gli edifici destinabili allo scopo. Nel ricordare che Bari è una sede distrettuale, posta in territorio di frontiera, in cui opera anche la Direzione distrettuale antimafia, auspica che il Governo e la maggioranza vogliano ascoltare il grido della cittadinanza barese.

  Eugenio SAITTA (M5S) evidenzia che nelle audizioni informali svoltesi nella giornata di ieri, è emerso come siano presenti i requisiti di necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione per l'emanazione del decreto-legge volto ad assicurare il regolare svolgimento dei processi penali presso il tribunale di Bari, sottolineando come l'emergenza fosse costituita dalla presenza di tendopoli a seguito dello sgombero degli immobili adibiti a tali uffici giudiziari. Sottolinea quindi che il Ministro Bonafede ha agito correttamente prospettando una soluzione che rispecchia i necessari principi di trasparenza e di evidenza pubblica. Nel replicare ai colleghi precedentemente intervenuti, evidenzia che la sofferenza dei giovani avvocati non può essere circoscritta al solo territorio barese, rilevando come, a suo avviso, l'intera classe sia stata negli anni mortificata da una serie di provvedimenti «scellerati», quali ad esempio la riforma della professione forense approvata nella scorsa legislatura.

  David ERMINI (PD) invita i colleghi ad abbandonare i toni da campagna elettorale, anche considerato che la sede della Commissione è più idonea alla risoluzione dei problemi che a proclami, ricordando che sulle eventuali responsabilità per il caso di Bari è in corso un'indagine della Procura della Repubblica. Sottolinea la necessità per il Paese di un Governo che trovi soluzioni e che si astenga dall'illustrarci i problemi dei giovani avvocati. In riferimento alle considerazioni del collega Saitta, secondo cui, se si fossero ascoltati gli avvocati, non si sarebbero adottati provvedimenti scellerati, invita maggioranza e Governo a dare ascolto agli operatori del diritto che, nel corso delle audizioni informali della giornata di ieri, hanno preteso che il Ministro eserciti effettivamente le sue funzioni. Chiede pertanto al rappresentante del Governo e ai colleghi della maggioranza se siano favorevoli a prevedere un commissariamento Pag. 26al fine di requisire immediatamente un immobile quale sede del Tribunale di Bari, preannunciando la presentazione di un emendamento in tal senso. Nel sottolineare le gravi conseguenze di un doppio trasloco reso inevitabile dal mancato intervento del Ministro, evidenzia da ultimo i fondati rischi, ventilati anche nella seduta di ieri, che la Corte costituzionale censuri il provvedimento.

  Marzia FERRAIOLI (FI), precisando di intervenire in chiave costruttiva, evidenzia come non sia accettabile creare un disagio ad un indagato o ad un imputato, presumibilmente innocente fino ad una sentenza definitiva di condanna, allungando il termine per la prescrizione del reato a causa dell'incuria di organi che avrebbero dovuto già 20 anni fa svolgere gli opportuni controlli. Sottolinea come sia necessario tutelare i diritti e la libertà delle persone e non «scaricare» su tali soggetti il disagio o l'inefficienza dello Stato.

  Carla GIULIANO (M5S), relatrice, interviene per replicare ai diversi rilievi sollevati dai colleghi. Con riguardo alla mancanza dei presupposti di straordinarietà ed urgenza, evidenzia che tali presupposti sono fondati sulla revoca dell'agibilità della sede del Tribunale di Bari con la conseguente impossibilità di condurre la normale attività giudiziaria. Sottolinea inoltre come non si sia trattato di un evento prevedibile dal momento che, come evidenziato da molti dei soggetti auditi, i problemi strutturali dell'immobile sono emersi nel corso delle due perizie del 2018, che hanno indotto il sindaco ad intervenire con il provvedimento di revoca dell'agibilità. Pertanto, ritiene che il provvedimento fosse assolutamente indifferibile al fine di garantire il normale svolgimento dell'azione giudiziaria del distretto di Bari. Rileva inoltre la sussistenza di una seconda emergenza rappresentata dall'utilizzo della tendopoli messa a disposizione dalla Protezione civile. Evidenzia peraltro la contraddizione degli interventi dei colleghi, che richiedono il conferimento di poteri straordinari pur in una situazione da essi stessi non considerata emergenziale. Intervenendo sul tema della sospensione dei termini di prescrizione, ritiene doveroso evidenziare che, come l'ordinanza della Corte costituzionale n. 452 del 1999 ha illustrato in maniera esauriente, due sono gli aspetti principali della prescrizione. Quanto al primo, fa notare che la prescrizione è un istituto di diritto sostanziale, che pertanto soggiace alla previsione di cui all'articolo 157 del codice penale, in base al quale «la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge». Diverso è il caso disciplinato dal comma 1 dell'articolo 159, relativo alla sospensione della prescrizione in conseguenza della sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare imposta da una particolare disposizione di legge. Su tali basi, esprime la convinzione che non sussistano questioni di incostituzionalità del provvedimento che opera un ottimo bilanciamento tra la sospensione dei procedimenti e la correlata sospensione dei processi. Con riguardo al caso del Teatro Petruzzelli, cui ha fatto riferimento il collega Miceli, ricorda che il decreto-legge in questione fu dichiarato incostituzionale per ragioni completamente diverse da quelle qui sostenute, in quanto la relativa disposizione era stata introdotta impropriamente in un provvedimento originariamente contenente esclusivamente misure di carattere fiscale e tributario. Infine, con riferimento all'eventuale vulnus all'articolo 111 della Costituzione, rileva come in assenza del decreto-legge in esame la situazione sarebbe rimasta inalterata, configurando in questo caso un danno effettivo e gravissimo dei diritti e delle tutele delle parti interessate.

  Il sottosegretario Jacopo MORRONE assicura che il Governo valuterà con la dovuta attenzione tutti i contributi emersi nel corso della presente seduta. Desidera intanto precisare che già nella giornata del 10 luglio prossimo dovrebbe essere possibile l'individuazione della soluzione da percorrere relativamente all'immobile da Pag. 27adibire a Tribunale di Bari e alla Procura. Nel sottolineare l'impegno del Governo a risolvere entro i termini previsti dal decreto-legge la problematica relativa all'edilizia giudiziaria per il Tribunale di Bari, fa notare come gli attuali presupposti facciano auspicare una rapida soluzione.

  Giulia SARTI, presidente, dichiara concluso l'esame preliminare del provvedimento e comunica che, come convenuto in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, il termine per la presentazione di eventuali proposte emendative al decreto-legge in esame è fissato alle ore 17 della giornata odierna.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.25.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 4 luglio 2018. — Presidenza della presidente Giulia SARTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Giustizia, Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 12.25.

Schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario.
Atto n. 17.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta del 28 giugno 2018.

  Maria Carolina VARCHI (FdI) chiede che la Commissione svolga sul provvedimento in titolo l'audizione di rappresentanti sindacali della Polizia penitenziaria e del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.

  Giulia SARTI, presidente e relatrice, nel sottolineare come al termine della scorsa legislatura la Commissione giustizia abbia svolto un approfondito ciclo di audizioni sull'argomento i cui atti sono a disposizione dei commissari, informa che al termine della presente seduta si svolgerà l'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti del gruppi, nel quale sarà possibile valutare anche la richiesta della collega Varchi.

  David ERMINI (PD) rammenta come durante la recente campagna elettorale gli esponenti della maggioranza avessero più volte invocato la «cancellazione» della riforma dell'ordinamento penitenziario. Evidenziando l'importanza di comprendere l'effettiva volontà dell'Esecutivo, ritiene che sia necessario un chiarimento in tal senso sottolineando come il parere approvato dalla Commissione giustizia in data 7 febbraio 2018 recepisse molti dei rilievi e delle osservazioni sollevati dai commissari del Movimento 5 Stelle.

  Giusi BARTOLOZZI (FI) si associa alle considerazioni del collega Ermini ed evidenzia come al Senato, nella seduta della Commissione giustizia di ieri, il senatore Giarrusso, nello svolgere la relazione illustrativa sul medesimo schema di decreto legislativo, abbia sottolineato come, in considerazione della complessità delle problematiche, dei limiti derivanti dall'impostazione della legge di delegazione e dei ridotti tempi per un approfondimento, sarebbe preferibile considerare l'opzione che la Commissione suggerisca al Governo di non esercitare la delega legislativa, e ciò onde consentire una adeguata e inclusiva successiva istruttoria, preliminare ad un qualsiasi ulteriore intervento normativo.

  Giulia SARTI, presidente e relatrice, nell'evidenziare come ciascun ramo del Parlamento effettui un percorso autonomo, rammenta che il parere espresso dalla Commissione giustizia del Senato sullo schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario conteneva Pag. 28numerose osservazioni e condizioni non accolte dal Governo.

  Walter VERINI (PD) preannunzia ai colleghi che il prossimo 17 luglio presso la Camera verrà proiettato il film «Fare fuoco» realizzato da sei detenuti del carcere di Terni, alla presenza del Presidente della Camera e con la partecipazione dell'ex Ministro della giustizia, Andrea Orlando, del Garante dei diritti dei detenuti dell'Umbria e del Lazio, Stefano Anastasia, peraltro tra i fondatori dell'associazione Antigone, nonché della direttrice del carcere di Terni, Chiara Pellegrini. Pertanto, pur non intervenendo nel merito, anticipa la sua posizione favorevole alla riforma dell'ordinamento penitenziario in esame, caldeggiando la presenza di tutti i colleghi alla citata proiezione.

  Manfredi POTENTI (Lega), nel replicare al collega Ermini, osserva che non è interesse della maggioranza e dell'Esecutivo demolire i provvedimenti già adottati, ricordando comunque come il precedente Governo abbia inanellato una serie di provvedimenti tesi tutti a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario. Osserva che non è intenzione della maggioranza risolvere tale problema attraverso il ricorso a provvedimenti «svuota carceri» o ad indulti o ad amnistie, bensì investendo per il miglioramento delle strutture carcerarie esistenti che ricorda, in molti casi, risalire addirittura ad epoca medioevale. Ritiene inoltre che, a suo avviso, il sovraffollamento carcerario si potrebbe ridurre anche destinando le carceri ai soli cittadini italiani che delinquono, e non anche agli stranieri che potrebbero invece scontare la loro pena nel Paese di origine.

  Alessia MORANI (PD) ricorda a tutti e in particolare a chi è critico verso il provvedimento in esame – a suo parere, uno degli interventi migliori operati dal Governo precedente – che con la presente riforma dell'ordinamento penitenziario non si è inteso affrontare l'annosa questione del sovraffollamento delle carceri. Ricorda altresì che il piano carceri, all'epoca prospettato come soluzione, ha prodotto esclusivamente inchieste giudiziarie senza addivenire ad alcun risultato, tanto da provocare il messaggio alle Camere dell'allora Presidente della Repubblica, anche allo scopo di evitare una ulteriore condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti umani, del tenore della sentenza Torreggiani. Chiede a tale proposito quale sia la strategia del nuovo Governo per risolvere la questione del sovraffollamento, posto che l'ex Ministro Orlando ha recuperato ben 6 mila posti nelle carceri e che la maggioranza presenta opinioni e sensibilità diverse sull'argomento. Nel segnalare a tale proposito il richiamo del Presidente della Camera in merito alla riforma dell'ordinamento penitenziario, sottolinea che la questione riguarda, da un lato, il rispetto dei diritti umani dei detenuti e, dall'altro, la sicurezza del nostro Paese.

  Franco VAZIO (PD), nel replicare al collega Potenti, sottolinea che il provvedimento all'esame della Commissione non costituisce assolutamente un provvedimento «svuota carceri», bensì la riforma della gestione carceraria, un tema che certamente ha registrato sensibilità differenti anche all'interno della stessa Polizia penitenziaria e della magistratura, ma che tuttavia costituisce il frutto di un lavoro enorme condotto da molteplici soggetti operanti nel settore. Fa presente inoltre che un Paese democratico deve puntare alla riabilitazione del detenuto al fine di evitare la recidiva. Rammenta che in Italia esistono molti istituti penitenziari dove l'attività riabilitativa è molto significativa e che le statistiche dimostrano che i detenuti che escono da tali strutture non tornano a delinquere. Ritiene, inoltre, che coloro che auspicano «di chiudere a quattro mandate chi delinque» non abbiano avuto esperienza, né in ragione del mandato parlamentare né della professione forense, di cosa avvenga nelle carceri. Concordando con il collega Ermini, ritiene che sia necessario che su tale questione la maggioranza espliciti la propria volontà.

Pag. 29

  Roberto CASSINELLI (FI) ricorda che già nel 2008, nel corso della sua prima legislatura come deputato della Repubblica italiana, l'allora Ministro della giustizia, Angelino Alfano, presentò una relazione sulla situazione carceraria italiana, denunciandone la gravità. Sottolinea che, appassionatosi al tema, da allora in poi ha visitato diverse carceri, verificando di persona lo stato inaccettabile in cui vivono i detenuti ed operano le forze di polizia carceraria. Nell'evidenziare come la situazione si sia mantenuta inalterata nel corso degli anni senza che sia stato raggiunto alcun risultato significativo, sottolinea come il livello di civiltà di un Paese si misuri anche dallo stato delle sue carceri. Fatte queste premesse, ritiene che si debba agire su vari fronti, in primo luogo investendo in nuove strutture edilizie, da realizzarsi anche con procedure di urgenza, che rispondano alle esigenze di recupero dei detenuti espressamente previste dalla Costituzione. Segnala inoltre la necessità di assegnare adeguate risorse finanziarie al settore della polizia giudiziaria, che opera da tempo con un organico largamente insufficiente. Ritiene inoltre che ulteriori interventi debbano riguardare la depenalizzazione di alcuni reati, nonché la diffusa introduzione dei braccialetti elettronici. Nell'associarsi alle considerazioni di carattere generale espresse dal collega Vazio, invita il Governo ad impegnarsi sul tema, assicurando il suo sostegno se l'intervento andrà nelle direzioni auspicate.

  Giulia SARTI, presidente e relatrice, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario.
Atto n. 16.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Stefania ASCARI (M5S), relatrice, fa presente che la Commissione è oggi chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del prescritto parere, lo schema di decreto legislativo che, in attuazione della delega della legge 23 giugno 2017, n. 103, reca la riforma dell'ordinamento penitenziario in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario.
  Evidenzia, in particolare, che il provvedimento in esame dà espressa attuazione ai princìpi di delega contenuti all'articolo 1, commi 82, 83 e 85 della citata legge di delega, con riguardo: all'incremento delle opportunità di lavoro retribuito, sia intramurario sia esterno, nonché di attività di volontariato individuale e di reinserimento sociale dei condannati, anche attraverso il potenziamento del ricorso al lavoro domestico e a quello con committenza esterna, aggiornando quanto il detenuto deve a titolo di mantenimento (comma 85, lettera g)), nonché alla maggiore valorizzazione del volontariato, sia all'interno del carcere sia in collaborazione con gli uffici di esecuzione penale esterna (comma 85, lettera h)); al miglioramento della vita carceraria, attraverso la previsione di norme volte al rispetto della dignità umana mediante la responsabilizzazione dei detenuti, la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna (comma 85, lettera r)).
  Come specificato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, rammenta che la riforma di questa parte dell'ordinamento penitenziario si è resa necessaria sia per rendere più attuale la disciplina in materia (dettata dalla legge 26 luglio 1975, n. 354), sia in virtù dell'esigenza di adeguarla agli innovativi orientamenti della giurisprudenza costituzionale, di legittimità, nonché delle Corti europee.
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per una dettagliata disamina del contenuto del provvedimento, si limita ad illustrare sinteticamente lo schema di decreto in discussione che si compone di 5 articoli, suddivisi in 2 capi dedicati rispettivamente alla vita e al lavoro penitenziario. Il Capo I, costituito Pag. 30dal solo articolo 1, in attuazione del criterio di delega di cui alla citata lettera r), modifica alcune disposizioni della legge n. 354 del 1975 in tema di trattamento penitenziario al fine di rafforzare i diritti dei detenuti e internati, prevedendo norme volte al rispetto della dignità umana attraverso la responsabilizzazione dei detenuti, la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna nonché la sorveglianza dinamica.
  Sottolinea, in particolare, che la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema interviene sull'articolo 5 della legge sull'ordinamento penitenziario al fine di trasformare gli istituti penitenziari in insediamenti integrati, nei quali si possano svolgere tutte le attività che caratterizzano la vita quotidiana all'esterno. A tal fine la disposizione come modificata prevede che gli edifici siano dotati di locali per le esigenze di vita individuale e di locali per lo svolgimento di attività lavorative, formative, artigianali, sportive, di culto e di socializzazione. Nella relazione illustrativa si rileva come tali modifiche siano legate anche all'esigenza di coordinare le previsioni in questione con la nuova disciplina prevista in materia di colloqui familiari e con i minori dallo schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario (Atto del Governo n. 17, anch'esso all'esame della II Commissione).
  Osserva che la successiva lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema in esame sostituisce l'articolo 6 dell'ordinamento penitenziario, in tema di locali di soggiorno e pernottamento, confermando – con qualche ulteriore precisazione- i requisiti di adeguatezza già richiesti dalla legge vigente e cioè: ampiezza sufficiente, illuminazione con luce naturale e artificiale, tale da permettere il lavoro e la lettura, aerazione, riscaldamento, dotazione di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale, buono stato di conservazione e di pulizia. Con riguardo al riscaldamento dei locali lo schema precisa che i locali debbano essere riscaldati «per il tempo in cui» le condizioni climatiche lo esigono. In tal modo si intende precisare che l'adozione di opportuni accorgimenti nelle camere detentive debba interessare tutti gli istituti penitenziari a prescindere dalla loro collocazione geografica, così da assicurare l'attivazione del riscaldamento sempre secondo il bisogno.
  Rammenta che il provvedimento prevede poi che le aree residenziali siano dotate di spazi comuni al fine di consentire ai detenuti e agli internati una gestione cooperativa della vita quotidiana nella sfera domestica.
  Evidenzia che si richiede inoltre particolare cura nella scelta di quei soggetti che sono collocati per il pernottamento in camere a più posti. Sia per i detenuti condannati all'ergastolo che per gli imputati si prevede la normale attribuzione di camere individuali. La puntualizzazione relativa agli ergastolani risponde all'esigenza di assicurare loro, a causa dell'entità della pena da espiare, condizioni di vita maggiormente compatibili a tutelare la loro salute fisica e mentale. Tale attribuzione risulta derogabile nel caso in cui vi ostino le prescrizioni mediche ovvero particolari situazioni dell'istituto non lo consentano (sia relative alla capienza che all'architettura dell'edificio). Ai condannati alla pena dell'ergastolo è riconosciuta peraltro la possibilità di chiedere l'assegnazione a camere a più posti.
  Osserva che, mentre la lettera c) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema, novellando l'articolo 8 dell'ordinamento penitenziario, mira all'eliminazione dagli istituti italiani dei servizi igienici cosiddetti «a vista» e alla obbligatoria fornitura di acqua calda per le docce, la successiva lettera d) interviene sull'articolo 12, dedicato alle attrezzature per attività di lavoro, di istruzione e di ricreazione. Con tale intervento si inserisce espressamente tra i materiali che devono essere forniti dalle biblioteche carcerarie anche il riferimento agli audiolibri, che possono costituire un valido ausilio, ad esempio, per gli stranieri o per persone con disabilità. Si tratta di una previsione, come si sottolinea nella relazione tecnica, già operativa. Nella medesima prospettiva la disposizione specifica che, nella formazione del fondo librario, Pag. 31si deve tener conto del carattere multiculturale della società libera nella quale, in prospettiva, si dovrà realizzare il ricollocamento sociale delle persone detenute e internate. In un'ottica di responsabilizzazione, la novella stabilisce che, ai fini di provvedere alla dotazione delle biblioteche carcerarie la commissione prevista dal secondo comma dell'articolo 16 dell'ordinamento penitenziario sia integrata da un rappresentante dei detenuti.
  Ricorda che la riscrittura dell'articolo 26 dell'ordinamento penitenziario, in materia di religione e pratiche di culto – operata dalla lettera e) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema – intende dare effettività all'affermazione, già ivi contenuta, che «i detenuti e gli internati hanno libertà di professare la propria fede religiosa, di istruirsi in essa e di praticarne il culto», in piena conformità con il primo comma dell'articolo 8 della Costituzione, secondo cui «tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge». È pertanto espressamente previsto il compito dell'amministrazione di predisporre locali idonei e strumenti che rendano più facile l'effettivo esercizio delle pratiche di culto. In particolare, considerato che l'attuale disposizione, fotografando la situazione di fatto del 1975, fa riferimento alla presenza soltanto dei cappellani di culto cattolico, è necessario prevedere la presenza di ministri e guide di culto di tutte le confessioni che abbiano stipulato intese o accordi con le amministrazioni dello Stato italiano. Il nuovo quarto comma prescrive, inoltre, che i ministri e le guide di culto di tutte le religioni, pur nell'autonomia delle proprie prerogative e funzioni, si coordinino al fine di agevolare il dialogo interreligioso. Come previsto dal comma 2, per le finalità di cui all'articolo 1 è autorizzata la spesa di 2.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
  Passando al Capo II, fa presente che l'articolo 2 – in attuazione del criterio di delega di cui all'articolo 1, comma 85, lettere g) e h) della legge n. 103 del 2017 – reca modifiche agli articoli da 20 a 25-bis dell'ordinamento penitenziario in materia di lavoro penitenziario.
  Osserva che, nel dettaglio, con riguardo all'articolo 20 il comma 1, lettera a) dello schema: estende anche ai soggetti ospitati nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, (REMS), quali strutture nelle quali sono eseguite misure privative della libertà, la possibilità di fruire dell'elemento trattamentale del lavoro; specifica che l'amministrazione penitenziaria può organizzare e gestire attività di produzione di beni o servizi, sia all'interno che all'esterno dell'istituto; elimina la previsione del lavoro come «obbligo», atteso che la previsione di un tale obbligo stride con il principio del libero consenso al trattamento penitenziario, quale necessario presupposto per l'effettivo successo del percorso di reinserimento del condannato.
  Rammenta che viene inoltre ridisegnata la composizione della commissione istituita presso ogni istituto penitenziario per l'avviamento al lavoro, prevedendo che alle riunioni partecipi, senza potere deliberativo, un rappresentante dei detenuti e degli internati. Per quanto concerne i compiti, la Commissione: procede alla redazione degli elenchi per l'assegnazione al lavoro dei detenuti e degli internati (per ragioni di sicurezza il direttore può derogare a tali criteri di assegnazione); individua le attività lavorative o i posti di lavoro ai quali, per motivi di sicurezza, sono assegnati detenuti o internati, in deroga agli elenchi; stabilisce i criteri per l'avvicendamento nei posti di lavoro alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, nel rispetto delle direttive emanate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
  Fa presente che con la riscrittura dell'articolo 20 si prevede, inoltre, la possibilità per gli organi centrali e territoriali dell'amministrazione penitenziaria di stipulare apposite convenzioni di inserimento lavorativo con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire opportunità di lavoro a detenuti e internati. Ulteriori modifiche introdotte prevedono che: i prodotti delle lavorazioni penitenziarie o i servizi delle prestazioni Pag. 32dei detenuti e degli internati possano essere venduti a prezzo pari o anche inferiore al loro costo, tenuto conto, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti o servizi corrispondenti nella zona in cui è situato l'istituto. Finalità dell'intervento è quello di consentire di reinvestire gli introiti delle lavorazioni penitenziarie e quelle relative alle prestazioni di servizi, così da garantire maggiori risorse da destinare sia al lavoro che alla formazione dei detenuti e degli internati; i detenuti o internati possano esercitare attività di produzione di beni da destinare all'autoconsumo, anche in alternativa alla normale attività lavorativa. Le modalità di svolgimento dell'attività in autoconsumo è demandata ad un successivo decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; ai detenuti e agli internati, in considerazione delle loro attitudini, sia consentito di esercitare per proprio conto attività artigianali, intellettuali o artistiche, nell'ambito del programma di trattamento. Mentre la lettera b) del comma 1 dell'articolo 2 dello schema si limita ad una modifica di coordinamento del testo della legge sull'ordinamento penitenziario, la successiva lettera c) introduce un nuovo articolo 20-ter, in materia di lavoro di pubblica utilità. Come si evidenzia nella relazione illustrativa, le modifiche apportate mirano a valorizzare l'istituto in questione come strumento di risocializzazione e quale possibile mezzo per «integrare l'offerta avente ad oggetto il lavoro in senso proprio». A tal fine, la disciplina dei progetti di pubblica utilità viene riscritta: dettando una regolamentazione più compiuta rispetto a quella vigente; sganciandone l'operatività dall'ambito del lavoro esterno; configurando il coinvolgimento dei detenuti nel progetto anche come contributo ideativo, progettuale e organizzativo; ricollegando alla partecipazione a tali progetti un aumento dello sconto di pena riconosciuto a titolo di liberazione anticipata.
  Ricorda che le successive lettere d) ed e) dell'articolo 2 dello schema recano modifiche di coordinamento al comma 4-ter dell'articolo 21 dell'ordinamento penitenziario, la lettera f) riscrive l'articolo 22, prevedendo che la remunerazione per ciascuna categoria di detenuti e internati che lavorano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria venga determinata in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato, in misura pari ai 2/3 del trattamento economico di cui ai contratti collettivi. La lettera g), attraverso un intervento sull'articolo 25-bis dell'ordinamento penitenziario, modifica la composizione delle Commissioni regionali per il lavoro penitenziario. La lettera h) invece introduce una ulteriore disposizione in materia di assistenza per l'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali, prevedendo che l'amministrazione penitenziaria debba rendere disponibile a favore dei detenuti e degli internati, anche attraverso convenzioni non onerose con enti pubblici e privati, un servizio di assistenza all'espletamento delle pratiche per il conseguimento di prestazioni assistenziali e previdenziali e l'erogazione di servizi e misure di politica attiva del lavoro. La lettera i) del comma 1 dell'articolo 2 dello schema, integrando l'articolo 46 dell'ordinamento penitenziario, estende anche agli ex detenuti e internati, disoccupati, la possibilità di beneficiare dell'assegno di ricollocazione. Più nel dettaglio coloro che hanno terminato l'espiazione della pena o che non sono più sottoposti a misura di sicurezza detentiva e che versano in stato di disoccupazione accedono, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente all'assegno di ricollocazione, se ne fanno richiesta nel termine di sei mesi dalla data della dimissione.
  Osserva che con la lettera l) si modifica quindi l'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario, in tema di liberazione anticipata, prevedendo che la proficua partecipazione a progetti di pubblica utilità abbia conseguenze premiali. La detrazione di pena concessa ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 54 per la piena partecipazione all'opera di rieducazione (pari a 45 giorni per ogni singolo semestre di pena scontata) viene infatti incrementata nella misura di un giorno per ogni cinque di Pag. 33partecipazione al progetto. Per ogni semestre di detenzione la maggior detrazione disposta non può comunque eccedere i quindici giorni. La lettera m) del comma 1 dell'articolo 2 dello schema dispone modifiche di coordinamento dell'articolo 74 dell'ordinamento penitenziario.
  Per le finalità connesse alla copertura degli obblighi assicurativi contro le malattie e gli infortuni in favore gli detenuti e degli internati impegnati in lavori di pubblica utilità, ricorda che il comma 2 dell'articolo 2 dello schema incrementa di 3 milioni di euro a decorrere dal 2020 il Fondo di cui all'articolo 1, comma 312 della legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208).
  Fa presente che il comma 3 dell'articolo 2 dello schema modifica l'articolo 6, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 444 del 1992, prevedendo che la pianificazione e l'attuazione dei programmi di intervento sia effettuata dai provveditorati regionali dell'Amministrazione penitenziaria d'intesa con l'ANPAL (Agenzia nazionale politiche attive lavoro). La formulazione vigente fa invece riferimento all'intesa con gli organi periferici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i quali sono stati soppressi ai sensi del decreto legislativo n. 149 del 2015. Il comma 4 dell'articolo 2 dello schema integra l'articolo 9-bis del decreto-legge n. 510 del 1996 (convertito nella legge 28 novembre 1996, n. 608), recante disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale, prevedendo che, anche nel caso di assunzione, proroga, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro con i detenuti e gli internati che prestano la loro attività all'interno degli istituti penitenziari, i datori di lavoro privati e l'amministrazione penitenziaria siano tenuti ad effettuare le relative comunicazioni obbligatorie.
  Rammenta che l'articolo 3 dello schema in esame introduce una disposizione transitoria finalizzata a consentire che l'ulteriore detrazione di pena (di cui alla precedente lettera l) del comma 1 dell'articolo 2) sia applicata retroattivamente anche a coloro che hanno partecipato a progetti di pubblica utilità attivati a partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94), che ha introdotto il lavoro di pubblica utilità nell'ordinamento penitenziario.
  Segnala che l'articolo 4 dispone – conseguentemente alle modifiche apportate dal presente schema all'articolo 20 dell'ordinamento penitenziario – l'abrogazione dell'articolo 126, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, il quale prevede che i proventi delle manifatture carcerarie, introitati in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, vengono riassegnati, all'apposita unità previsionale di base del Ministero della giustizia e successivamente versate al bilancio della Cassa delle ammende nella misura prevista dalle disposizioni legislative. L'articolo 5 contiene infine disposizioni di carattere finanziario.

  Giulia SARTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 4 luglio 2018.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.50 alle 13.10.