CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 luglio 2021
619.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza
ALLEGATO
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ALLEGATO

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SULLE PROBLEMATICHE CONNESSE ALLE PRATICHE DI CIRCONCISIONE RITUALE DEI MINORI (Doc. XVI-bis, n. 4).

  Premessa.

  La Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza è chiamata dalla legge istitutiva 23 dicembre 1997, n. 451 a svolgere compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti e allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, potendo formulare, nell'esercizio di tali funzioni, osservazioni e proposte alle Camere sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989.
  La Commissione rappresenta quindi uno degli attori istituzionali preposti alla difesa e alla tutela dei minori, ma anche alla promozione dei loro diritti. Un ruolo assolto attraverso indagini volte non solo alla analisi dei fenomeni, ma anche soprattutto alla individuazione di linee di intervento, finalizzate ad orientare l'attività legislativa.
  Nella scelta dei temi da affrontare la Commissione ha individuato, accanto a tematiche di ampia portata e di indubbia complessità, quali la lotta al bullismo e al cyberbullismo e la violenza tra e ai danni di minori, questioni più circoscritte, ma non meno attuali ed importanti, quali il problema della circoncisione rituale minorile oggetto della presente relazione.
  Per l'approfondimento di quest'ultima questione la Commissione ha chiesto l'assegnazione di un affare, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, primo periodo, del Regolamento del Senato.
  Nell'ambito di tale affare la Commissione ha proceduto ad una serie di audizioni, ascoltando esperti in pediatria e i rappresentanti delle comunità islamica ed ebraica.
  La circoncisione rituale maschile, pratica poco in uso nella cultura italiana, ha assunto particolare rilievo nel nostro Paese in seguito all'aumento di famiglie straniere che la eseguono usualmente per motivi religiosi e/o culturali.
  Negli ultimi anni numerosi sono stati i fatti di cronaca che hanno visto tristemente protagonisti bambini che, a causa dell'esecuzione della circoncisione rituale maschile da parte di «circoncisori tradizionali» e in ambiti igienicamente non sicuri, hanno riportato complicanze gravi se non addirittura letali.
  A differenza delle mutilazioni genitali femminili, la cui esecuzione è penalmente perseguibile nel nostro Paese, il Comitato Nazionale per la Bioetica ha espressamente riconosciuto nel 1998 che «le comunità, che per la loro specifica cultura praticano la circoncisione rituale maschile, meritano pieno riconoscimento della legittimità di tale pratica», in accordo con l'articolo 19 della Costituzione italiana e con la legge n. 101 del 1989, recante norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane. Sempre con riguardo alla legittimità di tale pratica si è pronunciata anche la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43646 del 2011. Nella decisione si precisa: «giammai il mohel potrebbe incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione medica e la sua condotta, che oggettivamente integra il reato di lesione personale, è scriminata, se non determina una apprezzabile lesione e non mostra segni di negligenza, imprudenza o imperizia. La circoncisione rituale non sarà in contrasto con il nostro ordinamento e la componente religiosa sovrasterà, a ben guardare, non soltanto quella medica, ma anche quella penale». Pag. 209
  Con la presente Relazione la Commissione oltre ad analizzare il fenomeno della circoncisione sia sotto un profilo storico che medico-clinico e dar conto degli aspetti culturali e religiosi che ancora oggi giustificano questa pratica, intende fornire alcune indicazioni sugli interventi sull'attuale sistema, anche normativo, che si potrebbero rivelare importanti al fine di assicurare l'effettuazione della circoncisione nel pieno rispetto del diritto alla salute dei piccoli pazienti.

1. Le dimensioni del fenomeno in Italia.

  Come evidenziato in premessa la circoncisione è una pratica che sta assumendo progressiva diffusione nel nostro Paese in considerazione dei fenomeni migratori. Questa pratica interessa non solo gli ebrei e i musulmani (c.d. circoncisione «confessionale»), ma anche migranti di religione cristiana (c.d. circoncisione «culturale-religiosa»).
  Non sono disponibili dati ufficiali sulle dimensioni del fenomeno. Alcuni dati possono essere ricavati implicitamente dai numeri dei migranti di alcune aree dell'Africa riportati negli annuali Rapporti immigrazione di Caritas e Migrantes. Secondo le stime dell'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) sarebbero circa 11 mila i bambini circoncisi ogni anno, di cui 5 mila in Italia e di questi il 35 per cento in clandestinità, e 6 mila nei paesi di origine.
  L'assenza dei dati sembra doversi ricondurre ad una serie di fattori. Per quanto concerne gli ebrei, i neonati sono circoncisi nelle strutture comunitarie, mentre gli adulti convertiti eseguono l'operazione privatamente, senza che i dati relativi a tali interventi siano comunicati al di fuori del gruppo confessionale. Con riguardo alla comunità islamica la carenza di dati è strettamente ricollegata alla assenza di dati ufficiali circa la popolazione musulmana residente in Italia. A ciò si aggiunge l'assenza di un vero e proprio «censimento interno» alla comunità religiosa, un albo equiparabile a quello dei battesimi.
  Come si dirà in seguito anche la differente «risposta» del servizio sanitario regionale contribuisce in parte a rendere difficile la comprensione della effettiva diffusione di questa pratica.

2. La circoncisione: un breve excursus storico.

  La circoncisione – dal latino circum («intorno») e caedere («tagliare»), quindi «tagliare intorno», costituisce una pratica antichissima.
  Una operazione già praticata in epoca egizia, come documentato dalla descrizione contenuta nel cosiddetto Papiro di Ebers, reperito a Luxor nel 1862. Papiro questo trovato tra le gambe di una mummia risalente al 3000 a.C. Nel testo sono riportate dettagliate istruzioni circa la tecnica di esecuzione. Ad ulteriore conferma della conoscenza di tale pratica nell'antico Egitto è un bassorilievo visibile sulla parte anteriore della tomba del faraone Ankh-ma-Hor. Ulteriori prove della diffusione di tale pratica possono essere desunte dall'analisi di alcune statue di faraoni circoncisi. Non sono ancora chiare le ragioni sottese a tale pratica ovvero se gli Egizi eseguissero la circoncisione come rito religioso o come misura chirurgica motivata da ragioni igieniche. Se, da un lato, il carattere di trattato medico del papiro di Ebers sembrerebbe indurre a ritenere la circoncisione una misura igienica profilattica praticata per consentire una buona igiene del solco balanoprepuziale, dall'altro lato, non sembrano da escludersi completamente le implicazioni ritualistiche, circostanza confermata dal fatto che soprattutto in epoca più antica, tale pratica fosse riservata solo ai sacerdoti, ai nobili e, ovviamente, ai maschi della casa reale. Successivamente la pratica venne estesa a tutta la popolazione. Non solo, ma anche i viaggiatori stranieri per entrare in Egitto dovevano sottoporsi all'operazione. Infatti Pitagora (VI secolo a.C.) che voleva recarsi in Egitto per studiarvi gli antichi templi, venne ammesso ad entrare soltanto dopo essersi sottoposto alla circoncisione. Forse questa restrizione venne abolita in seguito, infatti non risulta che altri visitatori come Erodoto (circa 490-430 a.C.) e Diodoro Siculo (80-20 a.C.) dovettero Pag. 210 sottoporsi alla stessa circoncisione per potere entrare in Egitto.
  Espressi richiami alla circoncisione sono poi contenuti nella Bibbia. Tale pratica, imposta da Dio ad Abramo, doveva essere praticata da tutti, schiavi compresi, quale simbolo dell'alleanza tra Dio, Abramo e la sua progenie. La circoncisione rappresenta un segno esterno e distintivo della alleanza con Dio oltre che sigillo della sua benedizione per Israele.
  Anche nel mondo greco e romano la circoncisione è una pratica nota. Oltre ad essere citata dallo storico Erodoto, Aulo Cladio Celso (25 a.C.-50 d.C.) nel suo De Medicina descrive dettagliatamente sia l'anatomia che la patologia dei genitali maschili e femminili, in particolare nel trattare della fimosi, distingue la fimosi congenita da quella secondaria ad infiammazioni dovute al fatto che «glande nudari non potest», descrivendo nel contempo la tecnica chirurgica per ovviare alla strettura prepuziale. Sempre secondo Celso, la pratica era talmente diffusa a Roma che non era infrequente che persone poco esperte effettuassero circoncisioni, talvolta incorrendo in complicanze serie quali quella provocata dall'eccessiva ablazione del prepuzio. Proprio per ovviare a tali «danni» venivano praticati interventi riparatori (recutilis) con una trasposizione di cute dalla porzione prossimale dell'asta volta a ricostruire il prepuzio. Tale intervento è peraltro rimasto in uso per almeno 15 secoli risultando ancora in uso nel XVI secolo all'epoca di Gabriele Falloppio e di Fabrizio d'Aquapendente.

3. La circoncisione: le ragioni sottese alla diffusione di tale pratica.

  3.1. La circoncisione come rito religioso.

  La circoncisione rappresenta una pratica diffusa già presso gli antichi Arabi dove a motivazioni profilattico-sanitarie si accompagnano ben più importanti ragioni rituali-religiose. Si deve proprio agli Arabi la diffusione di tale pratica, come segno distintivo musulmano, fra tutte le popolazioni da loro sottomesse sulle coste orientali africane e malesi. Presso le popolazioni che già eseguivano la circoncisione, la dominazione araba comportò un mutamento nei rituali e nella tempistica di esecuzione. Il Khitan, così definiscono i Musulmani tale pratica, non è obbligatoria su base coranica, ma giustificata da una summa profetica per cui, alcuni giuristi islamici la considerano una pratica decisamente meritoria. Per il mondo islamico i riti religiosi, oltre a prendere forma nelle preghiere canoniche svolte in orari e modalità stabiliti, assumono anche la forma di sacralizzazione di determinati atti della vita quotidiana. È il caso della circoncisione rituale maschile, argomento delicato con implicazioni legate alla salute, all'infanzia e alla corporeità. Aspetti che insieme creano una complessità nella gestione della pratica stessa, nell'informazione circa il suo corretto svolgimento e la sua ragion d'essere.
  Le motivazioni igienico-sanitarie addotte per dare legittimità a tale rito rischiano, talvolta, di svilirne il valore simbolico. Come ha sottolineato l'Imam Pallavicini, nel corso dell'audizione svolta in Commissione nell'ambito dell'esame dell'affare assegnato già citato, il modello del Profeta Abramo può essere una chiave per la comprensione della circoncisione come segno della ricerca da parte dell'uomo di una purezza per servire Dio. L'attenzione al benessere del corpo è un sostegno nell'adorazione di Dio e un riflesso dello statuto primordiale in cui gli esseri umani sono stati originati (fitra).
  Tra le fonti islamiche che si riferiscono alla circoncisione rituale vi è una tradizione (hadith) del Profeta Muhammad che la iscrive tra le pratiche necessarie per mantenere il corpo conforme allo stato primordiale insieme al tagliarsi i baffi, portare la barba, usare il siwak per la pulizia dei denti, pulirsi il naso con l'acqua, tagliarsi le unghie, lavare gli spazi interdigitali, depilarsi le ascelle, rasarsi il pube, sciacquarsi con acqua dopo le necessità fisiologiche. Le quattro scuole giuridiche sunnite, hanafita, malikita, hanbalita, shafiita, considerano la pratica della circoncisione maschile all'interno della sunna, il comportamento del profeta Muhammad che Pag. 211il credente è tenuto a emulare per trovare un beneficio spirituale interiore ed esteriore nella fedeltà profetica. Soltanto la scuola shafiita considera la circoncisone una pratica obbligatoria.
  Sul significato di tale atto spesso si sorvola proprio perché si tende a farlo rientrare nelle consuetudini e nei riti di passaggio dall'età infantile a quella adulta. Tuttavia il gesto di Abramo che si circoncide all'età di ottanta anni, secondo la tradizione islamica, sembrerebbe ampliare il valore della circoncisione. Se l'Ebraismo vede in tale atto il simbolo dell'ingresso nella comunità ebraica e dell'alleanza tra l'uomo e Dio, l'Islam ricorda che il patto primordiale è avvenuto all'origine della Creazione, mentre l'ingresso nella comunità islamica avviene attraverso la grande chiamata alla preghiera, adhan, sussurrata all'orecchio del neonato. Abramo viene descritto dalla dottrina islamica come hanif, puro adoratore del Dio Unico, una qualità ereditata dal Profeta Muhammad. Dunque, la circoncisione come simbolo della dedizione a Dio.
  Come accennato, per gli Ebrei, la pratica della circoncisione in uso da oltre tremila anni, è stata ed è uno degli aspetti primari e fondanti della religione ebraica stessa. Tramandata di generazione in generazione la circoncisione rappresenta l'identità essenziale ed indissolubile dell'appartenenza al Popolo ebraico, legato a questa dal Patto del Brith Milà, stabilito dal primo Patriarca Avraham (Abramo) con L'Eterno (vedi amplius infra). Tale pratica diffusa fra gli Ebrei di tutto il mondo, è eseguita con modalità e con riti che solo marginalmente differiscono tra le varie comunità ebraiche.
  Nella comunità romana ebraica è in uso una cerimonia detta Mishmara (guardia/vigilanza). Si tratta di un rito le cui origini risalgono a tre secoli fa anche se la maggior parte dei testi che trattano della circoncisione non richiamano tale cerimonia. La Mishmara si svolge solitamente la sera prima della circoncisione (ottavo giorno dalla nascita); i membri della famiglia e gli amici si riuniscono nella casa del neonato per un banchetto. Gli uomini recitano salmi, versetti della Genesi, inni liturgici. I Rabbini sono invitati a fare una lezione o ad organizzare uno studio (limud) di legge ebraica (Torà). La serata si conclude con la preghiera notturna, recitata accanto alla culla del neonato. Le donne sono presenti alla cerimonia ma la loro partecipazione è limitata agli aspetti sociali della serata, come la distribuzione di dolci agli ospiti, tra cui la «pizza» (duro impasto con pezzi di frutta candita), dolce tradizionale della Mishmara.
  Presso gli ebrei ashkenaziti discendenti delle comunità ebraiche medievali della regione franco-tedesca del Reno, alla vigilia della circoncisione, bambini in età scolare vengono accompagnati a casa dei genitori del neonato, per recitare accanto a lui le preghiere solitamente dette prima di coricarsi. I bambini vengono poi ricompensati con dolci. II padre del neonato rimane sveglio tutta la notte, recitando passi tratti dalla Kabbalah e salmi. Lo scopo della veglia è di salvaguardare il bimbo dalle forze maligne che cercano di causargli del male e di impedirgli di entrare nel patto di Abramo. Anche il circoncisore, il padrino, parenti stretti e amici si ritrovano in casa dei genitori per recitare salmi e preghiere. II circoncisore visita il bambino per stabilire se è pronto per l'operazione. Sotto il materasso del neonato viene posta una Torà, mentre i genitori leggono la preghiera propiziatoria affinché il figlio metta in pratica tutti gli insegnamenti biblici. II bambino viene vegliato almeno fino a dopo la mezzanotte. Anche in questa occasione vengono serviti vino e cibi prelibati. II coltello del circoncisore viene posto sotto il cuscino su cui il bimbo sta dormendo, fino alla mattina successiva. Questo serve come protezione contro le forze del male. Un altro motivo è che, qualora la circoncisione cada di Shabbat, il coltello deve essere portato prima della festa nel luogo dove il bambino verrà circonciso. Ponendolo sotto il cuscino, potrà essere spostato da un luogo all'altro insieme al bambino, senza trasgredire a nessun divieto dello Shabbat.
  Gli ebrei Chassidim usano vegliare solo la vigilia. Senza un invito formale, i parenti maschi si raccolgono nella casa dei genitori, per studiare la Torà e consumare un Pag. 212piatto a base di ceci, recitando salmi e passaggi biblici. II pasto di ceci è un simbolo tradizionale di lutto e tale connotato viene rafforzato dall'assenza di un invito formale. A ben vedere il bambino in attesa della circoncisione è considerato in lutto. La tradizione riportata dal Talmud Babilonese racconta infatti che un angelo insegna tutta la legge scritta (Torà) al bambino mentre si trova ancora nel grembo materno, ma, al momento della nascita, gli tocca il labbro con un dito, facendogli dimenticare tutto il sapere; la perdita di tale conoscenza equivale alla perdita di un parente stretto.
  Secondo il rito dei Falascià (gli ebrei neri d'Etiopia) la circoncisione deve essere eseguita non rigorosamente l'ottavo giorno (soprattutto nel caso in cui l'ottavo giorno sia un sabato), ma rigorosamente entro gli otto giorni dalla nascita. Quando il gezrat (rito della circoncisione) non sia compiuto entro tale termine, vale in tutto il suo vigore la sanzione biblica secondo la quale quell'anima sarà tagliata fuori dai suoi popoli e i Falascià interpretano che il bambino che muore incirconciso oltre l'ottavo giorno di vita non è contato tra i figli di Israele e resta escluso dal Giardino dell'Eden.

  3.2 La circoncisione come strumento di rappresentazione di riti tribali.

  La circoncisione costituisce presso alcuni popoli uno strumento di rappresentazione di riti tribali. In particolare nel Benin nord-occidentale è insediata (fra le altre) la tribù dei Biyobè considerati fondamentalmente come «coloro che fanno la circoncisione». Presso i Biyobè la circoncisione, da un lato, è un rito di iniziazione (per i giovani iniziati la circoncisione è una prova di coraggio che offrono alla loro comunità per essere da questa accolti come «veri Biyobè») e, dall'altro, è legata al mito della creazione del popolo Biyobè che viene rivissuto ciclicamente dalla collettività nel «sacrificio» dei singoli iniziati. Stando al mito delle origini, i Biyobè furono generati dalla circoncisione, nel senso che essi nacquero come popolo soltanto in seguito a tale operazione.
  La pratica è diffusa anche in Kenya tra il popolo Kikuyu. Pure in questo caso la circoncisione si inserisce nell'ambito di un più ampio rito di iniziazione che segna l'ingresso nella società (e l'acquisto dei diritti) del giovane Kikuyu. L'iniziazione consiste, oltre che in un periodo di isolamento, nella circoncisione e nell'insegnamento dei diritti e dei doveri. I Kikuyu riconoscono nella circoncisione una caratteristica tribale imprescindibile. I membri della stessa classe di età diventano come fratelli tra loro.

  3.3 La circoncisione per ragioni di tipo igienico-profilattico.

  Come è emerso anche dal brevissimo excursus storico non sono da trascurare anche le motivazioni igieniche e profilattiche che giustificano il ricorso alla circoncisione.
  È opportuno in proposito segnalare come nel Nord America la circoncisione sia divenuta una pratica assolutamente generalizzata fino all'inizio degli anni Settanta, quando la American Academy of Pediatrics (AAP) nel 1971 e nel 1975 sostenne l'inesistenza di valide motivazioni mediche per la circoncisione profilattica neonatale. Successivamente, a partire dagli anni '80, l'AAP ha rivisto parzialmente le proprie precedenti posizioni, riconoscendo i potenziali benefici e vantaggi derivanti dalla circoncisione, pur tenendo conto dei possibili rischi legati a tale procedura.
  Nonostante i rischi e i potenziali benefici della circoncisione profilattica siano stati largamente studiati, attualmente, non esiste ancora a livello medico-scientifico un consenso unanime sulla reale utilità della circoncisione neonatale. I dati riportati in letteratura risultano estremamente discordanti tra loro. Secondo uno studio condotto nel 2000 su soggetti dell'Africa sub-sahariana i soggetti circoncisi avrebbero un minor rischio di contrarre l'infezione da HIV. Ulteriori studi hanno poi evidenziato che la probabilità di trasmissione dell'HIV al partner femminile di uomini con HIV è più bassa se il partner maschile è circonciso. Pag. 213
  Dal punto di vista igienico si ritiene che l'assenza del prepuzio consenta una miglior pulizia soprattutto a livello del solco balano-prepuziale; inoltre nei circoncisi si riscontra una minor produzione di smegma (materiale di secrezione e di desquamazione del prepuzio). In alcuni casi, lo smegma può essere causa di balanopostiti (infiammazioni del prepuzio e del glande), mentre alcuni studi hanno messo in relazione la sua produzione e il suo accumulo con un'aumentata incidenza di tumore del pene.

  3.4 La circoncisione terapeutica.

  Da ultimo occorre ricordare che in alcuni casi il ricorso alla circoncisione è giustificato da ragioni medico-terapeutiche. Possono motivare un intervento di postectomia la presenza di balanopostiti ricorrenti (infiammazioni che interessano il glande ed il prepuzio); di ricorrenti infezioni urinarie soprattutto quando queste coesistono con la presenza di situazioni che possono favorire la risalita dell'infezione mettendo a rischio la funzionalità renale; di parafimosi (il prepuzio resta a lungo retratto dietro al glande non potendo più riprendere la posizione iniziale) o infine di un reflusso vescico-ureterale.

4. I profili sanitari della circoncisione.

  La circoncisione è una metodica chirurgica che consiste nella rimozione totale o parziale del prepuzio, il lembo di pelle scorrevole che riveste il glande. Le procedure chirurgiche per la circoncisione comprendono non solo interventi chirurgici convenzionali, ma anche il ricorso a strumenti e dispositivi specifici. Durante il periodo neonatale (meno di 2 mesi di età), quasi tutte le circoncisioni vengono eseguite da medici generici che utilizzano uno dei tre strumenti chirurgici più comuni; negli Stati Uniti, la clamp Gomco è lo strumento più utilizzato, seguito dalla clamp Mogen e da Plastibell. Le complicazioni possono includere sanguinamento, infezione e una rimozione troppo piccola o troppo grande di tessuto. I decessi come conseguenza sono rari.
  Dopo il periodo neonatale, la circoncisione presenta un maggior rischio di complicanze, in particolare quelle relative a possibili emorragie o complicanze correlate all'anestesia. La maggior parte delle circoncisioni viene eseguita utilizzando uno dei tre metodi chirurgici aperti. Il metodo guidato dal forcipe, il metodo della fessura dorsale e il metodo di resezione della manica; tutte metodiche ben descritte dall'Organizzazione mondiale della sanità nel manuale per la circoncisione maschile in anestesia locale. La clamp Gomco e la clamp Mogen sono talvolta utilizzate dopo il periodo neonatale, in combinazione con suture o cianoacrilati adesivi per prevenire il sanguinamento post-operatorio.

5. La circoncisione rituale maschile nella religione ebraica e musulmana oggi.

  5.1 Le audizioni dei rappresentanti delle Comunità.

  La Commissione ha ritenuto, come accennato, di approfondire la questione della circoncisione rituale minorile, ascoltando anche i rappresentanti delle comunità religiose sia islamica che ebraica.
  Per quanto concerne il mondo ebraico la dottoressa Noemi Di Segni, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, ha ricordato come la milah, il nome con il quale è chiamata la circoncisione rituale ebraica, debba essere eseguita all'ottavo giorno dalla nascita. Nel popolo ebraico da secoli esiste la figura del mohel, circoncisore, a cui viene demandato il compito di eseguire questo atto rituale. I mohalim devono seguire un corso superato il quale in alcuni paesi (Regno Unito, Francia ed Israele) godono anche di una copertura assicurativa.
  Il Rabbino di Roma, dottor Riccardo Shemuel Di Segni, ha inoltre ribadito come per l'Ebraismo la circoncisione maschile, da effettuarsi entro l'ottavo giorno dalla nascita, sia il simbolo dell'ingresso nella comunità ebraica e dell'alleanza tra l'uomo e Dio. Ha inoltre evidenziato che l'Unione delle comunità ebraiche italiane in collaborazione con l'Assemblea dei rabbini d'Italia Pag. 214 e l'Associazione Medica Ebraica ha definito di comune accordo i requisiti necessari affinché i circoncisori, i Mohalim, possano eseguire le circoncisioni rituali in assoluta sicurezza sanitaria, istituendo, all'uopo un apposito Albo nazionale dei circoncisori rituali autorizzati. La circoncisione rituale dei neonati ebrei non può essere eseguita quindi da soli medici, ma occorre che questi siano anche ministri di culto.
  Anche per il mondo islamico la circoncisione rituale maschile costituisce un rito religioso, lecito prima della pubertà e considerato una pratica da seguire secondo le quattro scuole giuridiche sunnite, hanafita, malikita, hanbalita, shafiita e una pratica addirittura obbligatoria secondo la scuola shafiita. A differenza della Comunità ebraica quella islamica – come ha rilevato l'Imam Yahyâ S. Y. Pallavicini – con riguardo alla circoncisione rituale non solo non ha predisposto protocolli di esecuzione, ma non dispone neanche di un adeguato numero di professionisti medici con competenze specifiche in grado da poter assolvere il ruolo di circoncisore. È per questa ragione che la Comunità religiosa islamica italiana si è dichiarata in linea di principio non contraria alla sottoscrizione di accordi o convenzioni con strutture ospedaliere per l'effettuazione in ambito clinico di tale pratica ovvero alla effettuazione di circoncisioni rituali da parte di Mohalim.

  5.2 La Comunità ebraica: l'istituzione dell'Albo Nazionale dei Mohalim e il protocollo operativo.

  L'UCEI in collaborazione con l'ARI e l'AME, Associazione Medica Ebraica ha definito di comune accordo i requisiti necessari affinché i Mohalim possano eseguire le circoncisioni rituali nell'ambito delle Comunità ebraiche italiane in assoluta sicurezza sanitaria.
  A tale scopo è stato istituito un Albo nazionale dei circoncisori rituali autorizzati. L'Albo è depositato presso la sede dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e pubblicato sui relativi mezzi di informazione, affinché siano riconosciuti pubblicamente coloro che detengono la certificazione completa e l'autorizzazione ad operare in accordo con la Rabbanut e nel rispetto della sicurezza sanitaria.
  L'iscrizione all'Albo è approvata, a domanda dell'interessato dal consiglio dell'ARI, sentito il parere di un rappresentante dell'UCEI e dell'Associazione Medica Ebraica, che dovranno accertare il possesso di una serie requisiti: dal curriculum formativo con certificazione rilasciata da riconosciuti organismi ebraici internazionali (es. OU, UME, Initiation Society, Rabbinato centrale di Israele,) e accertata esperienza pratica all'abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo (che costituisce titolo preferenziale), dalla condotta religiosa ebraica alla iscrizione all'Unione dei mohalim europei (UME), dall'impegno all'osservanza del protocollo operativo all'iscrizione presso una Comunità Ebraica italiana.
  Il consiglio dell'ARI può decidere, in caso di mancanza dei requisiti indicati o della non ottemperanza alle presenti istruzioni, la sospensione/cancellazione dell'iscrizione all'Albo.
  Il Mohel si impegna a seguire una procedura operativa prestabilita che prevede prima della circoncisione: la visita del neonato con verifica delle sue condizioni di salute che consentono l'intervento e contestualmente di informare entrambi i genitori sulle modalità della circoncisione e per acquisirne il consenso informato; l'obbligo di informare il pediatra che segue il neonato della prossima circoncisione e verificare assieme le condizioni di salute permettenti l'intervento; l'acquisizione del consenso informato firmato da parte di entrambi i genitori ed infine l'obbligo di comunicazione alla Comunità di appartenenza della famiglia del neonato dell'incarico ricevuto. Durante la circoncisione il Mohel è tenuto a rispettare tutte le norme e precauzioni al fine di garantire la sicurezza dei neonati (asepsi, controllo sanguinamento ecc.) e ad utilizzare strumenti sterili o monouso. Il protocollo sconsiglia la suzione diretta (Metzitzà): tale modalità può essere consentita solo previo accertamento diagnostico dello stato di salute infettivo del neonato e del circoncisore. Pag. 215
  Ulteriori incombenze gravano sul Mohel dopo l'intervento di circoncisione. Questi infatti è tenuto a garantire la reperibilità nelle 24 ore successive alla circoncisione; a seguire il neonato fino a cicatrizzazione avvenuta e completa guarigione; a tenere un registro delle circoncisioni (accessibile per controllo) con schede che attestino il consenso ricevuto e il rispetto di tutte le norme e condizioni igienico sanitarie ed eventuali complicanze ed infine ad inviare alla Comunità di appartenenza del neonato, a guarigione avvenuta, il certificato di avvenuta circoncisione.

  5.3 Il punto di vista della comunità islamica.

  A differenza dell'Ebraismo che individua nell'ottavo giorno dalla nascita il limite entro cui praticare la circoncisione, l'Islam la considera lecita prima della pubertà. Un lasso di tempo così ampio che, talvolta, pone dei problemi per la salute del bambino e per la coscienza circa la percezione del suo corpo. All'interno della comunità islamica, a causa della mancanza di un'intesa con lo Stato italiano, deve ancora profilarsi in modo chiaro una prassi per l'effettuazione «in sicurezza» di tale pratica. Come ha rilevato l'Imam Pallavicini nel corso dell'audizione in Commissione, la collaborazione tra operatori sanitari, responsabili religiosi e istituzioni potrebbe favorire una maggior informazione sul tema, evitando situazioni che mettano a repentaglio la salute e la vita dei bambini. Si tratta di un'esigenza particolarmente avvertita tenuto conto del fatto che, da un lato, la comunità islamica, ben più numerosa di quella ebraica, non presenta un adeguato numero di circoncisori con competenze mediche in grado di effettuare in sicurezza questa pratica e, dall'altro, come si dirà più ampiamente in seguito, il Servizio Sanitario Nazionale non garantisce in modo omogeneo sul territorio italiano la possibilità di usufruire della circoncisione con costi accessibili.
  La Comunità Religiosa Islamica Italiana – ha evidenziato sempre l'Imam – sta portando avanti un'opera di sensibilizzazione spingendo i genitori che intendono far circoncidere i propri figli ad effettuare questa pratica solo in strutture sanitarie, da personale medico e nelle prime settimane di vita del neonato. Purtroppo da parte di alcuni musulmani ci sono stati negli anni, anche qui in Italia, comportamenti riprovevoli che hanno mostrato l'ignoranza delle proprie tradizioni piuttosto che una loro applicazione responsabile.

6. Circoncisione rituale e libertà religiosa.

  Nell'ordinamento giuridico italiano la libertà religiosa è riconosciuta e tutelata tanto da norme costituzionali, quanto da disposizioni di legge ordinaria. Si tratta di un diritto 'inviolabile' e indisponibile che non può essere compresso dal legislatore ordinario o limitato da provvedimenti governativi e non può nemmeno costituire oggetto di rinunce o transazioni.
  La libertà religiosa non si sostanzia unicamente nella libertà di credo, ma ricomprende anche la libertà di non compiere nessuna scelta di carattere religioso (c.d. libertà religiosa negativa).
  Discussa a livello dottrinale è la questione se tale libertà possa essere riconosciuta anche al minore d'età. Si tratta di un tema di non poco conto. In caso di risposta affermativa, è necessario interrogarsi infatti su come il diritto di libertà religiosa del minore possa raccordarsi col diritto dei genitori alla trasmissione di una linea educativa di tipo confessionale. In caso di risposta negativa invece si pone il problema di determinare quali siano le legittime modalità di esercizio dei diritti dei genitori e i limiti invalicabili della responsabilità genitoriale.
  L'articolo 147 del codice civile non fornisce una precisa formulazione dei poteri spettanti ai genitori in materia di educazione religiosa della prole.
  Tuttavia, sempre secondo la dottrina prevalente, il riferimento nel codice civile al «rispetto delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni dei figli» può contribuire ad una rivalutazione della figura del minore d'età, nel senso di legittimare il divieto a carico dei genitori di ostacolare la libertà religiosa, o più in generale ideologica, della Pag. 216prole. Ne consegue che la possibilità per i genitori di impartire una determinata educazione di tipo confessionale si fermerebbe dinnanzi alla volontà dei figli, anche minori d'età, di pretendere un diverso indirizzo religioso.
  Per quanto riguarda direttamente la circoncisione, nell'ordinamento italiano, tale pratica non risulta disciplinata da una legge ad hoc. Tuttavia la disciplina delle sue diverse tipologie è rinvenibile nel diritto positivo vigente, e prima ancora nei princìpi costituzionali, così come autorevolmente interpretati dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. Si è correttamente rilevato, in dottrina, che il ragionamento e le soluzioni espresse dalla Cassazione nella ricordata pronuncia n. 43646 del 2011 sono di tale pregio da potere «estendersi per analogia in bonam partem a ogni tipo di circoncisione confessionale-religiosa, inclusa quella musulmana, mentre potrebbe essere diverso il caso della circoncisione culturale».
  Nel nostro ordinamento, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» (art. 32 Cost.) e che non ammette, di norma, eccezioni motivate da ragioni religiose ai divieti o alle prescrizioni di carattere generale dettate a tutela di quel bene, è difficile immaginare che possa trovare piena legittimazione una pratica religiosa di cui fossero noti e accertati gli effetti negativi sullo stato di benessere psicofisico del bambino (e poi dell'adulto). Più in generale sia la circoncisione «rituale» sia quella «tradizionale» sono considerate liberamente praticabili, a condizione che siano eseguite da un medico nel rispetto degli standard di sicurezza e di igiene previsti per questo tipo di interventi e con il consenso dei genitori del bambino.
  Sulla liceità di tale pratica è peraltro intervenuto, come accennato in premessa, anche il Comitato Nazionale di Bioetica nel documento «La circoncisione: profili bioetici», del 1998 nel quale ha dichiarato che «la circoncisione rituale maschile appare in sé pienamente compatibile con il disposto dell'articolo 19 della Costituzione italiana che, salvo sempre il rispetto del limite formalmente previsto, riconosce completa libertà di espressione cultuale e rituale sia a livello individuale sia a livello collettivo».
  A livello sovranazionale, con la Risoluzione 1952/2013 e la Raccomandazione 2023/2013 concernenti «Il diritto dei bambini all'integrità fisica», l'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa dell'1 ottobre 2013 ha invitato gli Stati membri a definire chiaramente le condizioni mediche e sanitarie in relazione ad alcune pratiche assai diffuse in determinate comunità religiose, fra le quali, appunto, la circoncisione dei bambini priva di giustificazione medica, con la raccomandazione di rafforzare la tutela dei diritti dei bambini e il benessere a livello europeo. L'Assemblea Parlamentare ha invitato quindi a rispettare il diritto dei bambini all'integrità fisica, in particolare per quanto concerne la lotta contro ogni forma di violenza nei loro confronti e la promozione della loro partecipazione alle decisioni che li riguardano.
  La questione della circoncisione rituale minorile è stata oggetto di intervento anche da parte dell'autorità giudiziaria sia di merito che di legittimità.
  Dall'analisi complessiva della giurisprudenza sembra in primo luogo potersi affermare che la circoncisione, pur essendo un atto di disposizione del proprio corpo, debba essere considerata non incompatibile con l'articolo 5 codice civile, nella parte in cui essa non determina una menomazione irreversibile con indebolimento permanente e non modifica sostanzialmente il modo di essere dell'individuo sotto il profilo funzionale e relazionale.
  Come ha espressamente affermato il Tribunale di Bari, nella sentenza 21 maggio 2009, (con riguardo ad un caso di circoncisione non rituale eseguita da un soggetto non abilitato che ha portato alla morte del neonato) non si può ritenere vietata neppure la circoncisione priva di ragioni religiose in considerazione del fatto che la normativa vigente si limita a vietare unicamente le mutilazioni genitali femminili, senza alcun cenno alla circoncisione maschile.
  La Cassazione ha però specificato che quando la circoncisione è praticata per Pag. 217ragioni rituali, essa acquisterebbe un preminente significato religioso, diventando atto a «preminente valenza religiosa che sovrasta quella medica», distinguendo, in altre parole, la circoncisione rituale (quella ebraica e quella islamica) dalla circoncisione culturale o etnica, quella in cui i motivi «religioso» e, ancor più, «confessionale» non sarebbero chiaramente invocabili. Con specifico riguardo alla circoncisione ebraica il giudice di legittimità ha evidenziato come tale pratica debba essere garantita nella sua valenza religiosa, in quanto ritenuta implicitamente accolta dalla legge di approvazione n. 101 del 1989 che ne sancirebbe la conformità rispetto ai principi dell'ordinamento giuridico italiano, inquadrandola tra le facoltà derivanti dagli artt. 19 e 30 della Costituzione. Per la Cassazione, pertanto, nel caso di circoncisione rituale (ebraica), è possibile invocare la scriminante del consenso dell'avente diritto (articolo 50 del codice penale) e quella dell'esercizio del diritto di professare liberamente la propria fede religiosa (articolo 51 del codice penale) per giustificare, da un lato, coloro che esercitano la responsabilità sui beni giuridici protetti che chiedono il rito e, dall'altro, il circoncisore che lo esegua nel caso in cui non sia un medico.
  Se tale ricostruzione può ritenersi applicabile anche alla circoncisione confessionale musulmana non altrettanto sembra potersi affermare con riguardo alla circoncisione culturale.
  In questi casi secondo la Cassazione penale, sezione VI, sentenza 24 novembre 2011, n. 43646, altro «non è invocabile ...l'esercizio del diritto di professare liberamente la propria fede religiosa» e, «a differenza di quanto previsto per il rito religioso ebraico, (...) non può che operare la “riserva professionale” (...) di cui all'articolo 348 del codice penale». La circoncisione culturale, in quanto da ricondursi a gruppi non sempre ben inquadrabili all'interno delle tipologie regolanti l'esercizio collettivo del diritto di libertà religiosa potrebbe non vedersi riconosciuta immediata e diretta valenza religiosa, con la conseguente esclusione del ricorso all'esimente dell'esercizio del diritto di libertà religiosa, e la obbligatoria necessità che l'intervento sia sempre eseguito da un medico la cui condotta, che integra astrattamente il reato di lesioni, può essere scriminata solo dal consenso dell'avente diritto.

7. Circoncisione rituale e Servizio Sanitario Nazionale.

  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recante «definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza»(LEA) non prevede la circoncisone rituale minorile tra le prestazioni assicurate dal Servizio sanitario nazionale nell'ambito dei LEA, con la conseguenza che ad oggi, i genitori che, per motivi religiosi e/o culturali, intendono far circoncidere il proprio figlio trovano risposte diverse nell'ambito dei diversi Servizi sanitari regionali (SSR). Si rileva una evidente eterogeneità nelle modalità di accesso alla pratica all'interno dei diversi SSR, dal riconoscimento nell'ambito dei LEA nella Regione Toscana e nella Regione Marche alla richiesta di una compartecipazione alla spesa alla completa assenza di risposta da parte di alcune Regioni.

  7.1 L'esperienza nelle diverse realtà regionali.

  La Società Italiana di Pediatria (SIP), in collaborazione con il GdS Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Migrante (GLNBM), ambedue ascoltati dalla Commissione nel corso dell'affare assegnato, ha promosso il «Monitoraggio GLNBM SIP sulla Circoncisione Rituale Maschile (CRM): l'esperienza nelle diverse realtà regionali». Al questionario disponibile su piattaforma Google, hanno risposto tutte le Sezioni Regionali della SIP. Per alcune Regioni in particolare, al fine di verificare la reale implementazione delle prassi predisposte a livello regionale o aziendale, ci si è avvalsi della collaborazione dei colleghi dei Gruppi Immigrazione e Salute della SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni).
  Il monitoraggio – come hanno evidenziato gli auditi – ha come valore aggiunto aver fatto chiarezza e sistematizzato le Pag. 218informazioni già disponibili al riguardo, anche al fine di supportare azioni e proposte per il futuro sulla scorta delle buone prassi già sperimentate.
  Il quadro che emerge anche dal monitoraggio mostra una eterogeneità nell'offerta all'interno dei diversi SSR (e nella stessa Regione tra le diverse aziende sanitarie) e quindi nelle modalità di accesso. Infatti, si va dalla Regioni dove non è proprio possibile eseguire la circoncisione (Calabria, Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna, Molise, Abruzzo, Liguria, Lombardia, Trentino, Valle d'Aosta), se non in alcuni casi con l'escamotage della fimosi (per definizione improprio e comunque non «di sistema») a quelle dove è possibile accedere alla procedura per motivazione rituale (religiosa e/o culturale), ma con le differenze di seguito descritte nel dettaglio.
  Escluse le Regioni Toscana e Marche (è previsto il pagamento di un ticket qualora il minore non sia esente dalla compartecipazione alla spesa sanitaria) dove la procedura inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) è a totale carico del SSR, nelle altre Regioni (Piemonte, Veneto, FVG, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Sicilia) si accede o con impegnativa e comunque compartecipazione alla spesa (che varia dai 150-280 del Piemonte ai 400-450 euro del Veneto), oppure in libera professione con un costo per l'utenza spesso ancora più oneroso (sempre >400 euro in Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Sicilia fino a >1.000 euro del FVG).
  Altrettanta eterogeneità si osserva nel tipo di percorso assistenziale previsto nelle diverse Aziende Sanitarie. La procedura di CRM, infatti, viene eseguita: in ricovero ordinario (Toscana), oppure in Day Surgery (per Piemonte, FVG, Veneto, Toscana, Umbria, Sicilia) o ancora in regime ambulatoriale (Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Lazio). Così come sono diversificate le professionalità coinvolte in fase pre e post-operatoria (dai pediatri ai chirurghi/urologi, anestesisti e infermieri pediatrici), gli accertamenti diagnostico-strumentali pre-intervento e infine le modalità del follow-up. Pochi i dati relativi al numero dei bambini sottoposti a circoncisione (da <50 in Piemonte, FVG, Umbria e Sicilia a oltre 200 bambini all'anno sempre in Piemonte e Veneto in Aziende sanitarie diverse) e alle provenienze per etnia e/o motivazione religiosa o culturale (Africa, Medio Oriente, ...) e comunque certamente sottostimati.
  Riguardo all'età media dei bambini sottoposti alla procedura si va dai 0-6 mesi in Piemonte, FVG ed Emilia Romagna, ai 6-12 mesi nel Lazio, ai 12-24 mesi in Piemonte, Veneto e Umbria, e quindi ai 2-6 anni in Veneto (Verona). Sarebbe risultato interessante, anche se complesso e verosimilmente non realizzabile nella pratica, verificare dalle SDO (Schede di Dimissione Ospedaliera) attraverso i DRG (Diagnosis-Related Group) «pediatrici» e«chirurgici pediatrici» quelle che possono essere state le complicanze legate a procedure eseguite in modo «tradizionale» (casalingo) e quindi non sicuro (dagli esiti cicatriziali alle emorragie e alle infezioni post-intervento fino al decesso).

8. La posizione dei pediatri.

  La Commissione ha ritenuto opportuno audire, come su ricordato, anche alcuni autorevoli esperti in pediatria. In particolare il professor Nicola Capozza, presidente della Società italiana di urologia pediatrica e responsabile del dipartimento di chirurgia urologica dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, si è dichiarato fortemente contrario alla circoncisione eseguita per motivazioni che non siano strettamente medico-sanitarie. Il contrasto all'esecuzione clandestina delle circoncisioni rituali non può, secondo il professor Capozza, passare per l'inserimento di tale pratica nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) o per una riduzione del costo di esecuzione, sarebbero invece da preferire campagne di sensibilizzazione rivolte ai genitori e finalizzate a scoraggiare ed eradicare gradualmente tale pratica in tutti i casi in cui sia motivata da ragioni culturali.
  Una posizione nettamente diversa è stata espressa dalla dottoressa Simona La Placa, medico presso il Policlinico «P. Giaccone» di Palermo e segretario del Gruppo di lavoro nazionale per il bambino migrante Pag. 219della Società italiana di pediatria e dal professor Mario Lima, docente di chirurgia pediatrica presso l'Università degli Studi di Bologna e presidente della Società italiana di chirurgia pediatrica. Questi hanno sottolineato come molteplici siano le ragioni che favoriscono l'esecuzione di tale pratica in condizioni non sicure dal punto di vista sanitario: dalla disomogeneità nell'ambito dei diversi servizi sanitari regionali, alla mancanza di un supporto adeguato da parte della Comunità di appartenenza, dalla scarsa disponibilità economica alla assenza di un'adeguata informazione delle famiglie.
  Preso atto dell'ampia diffusione del ricorso a tale pratica e dei rischi per la salute dei minori derivanti dalla esecuzione in condizioni sanitarie non sicure, la dottoressa La Placa e il professor Lima hanno sottolineato, tenuto conto della liceità in Italia di tale pratica, l'esigenza non più procrastinabile di emanare esplicite direttive a livello nazionale atte ad assicurare ai genitori, che intendono sottoporre a circoncisione il proprio figlio, la possibilità di accesso alle strutture sanitarie pubbliche e/o convenzionate del sistema sanitario nazionale con percorsi definiti e con costi accessibili alla famiglia richiedente, nel rispetto delle vigenti norme di tutela della privacy. Ogni intervento, per poter essere davvero efficace non può, a loro parere, disgiungersi dal coinvolgimento delle varie comunità religiose e di immigrati in Italia, dall'attività di informazione e sensibilizzazione delle famiglie nelle scuole e nei servizi sanitari e soprattutto dalla formazione degli operatori socio sanitari in ambito materno infantile.

Conclusioni.

  La Circoncisione Rituale Maschile (CRM) ha assunto particolare rilievo in Italia a causa dell'incremento della presenza di famiglie straniere che, per motivi religiosi o come simbolo di identità culturale, intendono far circoncidere il proprio figlio. Dall'attività conoscitiva svolta dalla Commissione è emersa con evidenza una chiara disomogeneità nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, eterogeneità che si osserva non solo fra i vari sistemi regionali, ma anche nel tipo di percorso assistenziale previsto nelle diverse Aziende Sanitarie. La procedura di CRM, infatti, viene eseguita: in ricovero ordinario, oppure in Day Surgery o ancora in regime ambulatoriale. Altrettanto diversificate sono le professionalità coinvolte in fase pre e post-operatoria (dai pediatri ai chirurghi/urologi, anestesisti e infermieri pediatrici), gli accertamenti diagnostico-strumentali pre-intervento e infine le modalità del follow-up, nonché le forme di supporto anche economico da parte delle Comunità religiose di appartenenza.
  Questo contesto, associato alla scarsa disponibilità economica della famiglia ovvero semplicemente all'assenza di informazioni mediche specifiche al riguardo, ha favorito l'esecuzione di tale pratica in ambito casalingo da parte di persone senza competenze di tipo sanitario e in precarie condizioni igieniche, determinando gravi rischi per la salute dei bambini. Nonostante queste indicazioni, il 35 per cento delle circoncisioni praticate in Italia è ancora effettuato clandestinamente, con gravi rischi per la salute e per la vita dei bambini. Infatti, l'esclusione della circoncisione non terapeutica all'interno dei LEA induce molte famiglie – in particolare quelle che non sono nella condizione di poter affrontare i costi dell'intervento – a tornare nel paese di origine o ad affidarsi a persone non qualificate.
  Purtroppo, negli ultimi anni numerosi sono stati i fatti di cronaca che hanno visto tristemente protagonisti bambini che, a causa dell'esecuzione della CRM da parte di circoncisori tradizionali privi di adeguata formazione medica e in ambiti igienicamente non sicuri, hanno riportato complicanze gravi se non addirittura letali.
  È opportuno ricordare come per la pratica della circoncisione, ritenuta funzionale anche per la garanzia di favorevoli condizioni igieniche, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) nell'affermare il dovere di rispettare la pluralità delle culture, abbia precisato con chiarezza che le comunità, che per loro specifica cultura praticano la circoncisione rituale maschile, meritano Pag. 220 pieno riconoscimento della legittimità di tale pratica, in quanto forma di esercizio della libertà religiosa garantita dall'articolo 19 della Costituzione e rientrante nei margini di «disponibilità» riconosciuti ai genitori in ambito educativo ai sensi dell'articolo 30 della Costituzione.
  Alla luce della attività istruttoria svolta la Commissione ritiene quindi che il tema della circoncisione rituale minorile debba essere oggetto di un intervento, al fine di evitare interventi chirurgici in clandestinità che mettano a repentaglio la salute di tanti minori.
  A parere della Commissione sarebbe opportuno promuovere, in un quadro di leale collaborazione con i competenti organismi nazionali e gli enti territoriali e nel rispetto delle comunità religiose interessate, la conclusione di accordi con le strutture sanitarie pubbliche finalizzate ad assicurare agli utenti che ne facciano richiesta la possibilità di effettuare in ambito ospedaliero le pratiche di circoncisione rituale secondo un tariffario concordato che tenga conto dell'intero percorso assistenziale dalle attività di analgesia, sedazione, asepsi alla tecnica chirurgica.
  Tenendo anche conto di quanto previsto nell'Intesa conclusa tra lo Stato italiano e le comunità ebraiche italiane, sarebbe opportuno prevedere garanzie minime di sicurezza sanitaria in relazione alle prestazioni di circoncisione rituale, assicurando una uniformità a livello nazionale in ordine alle modalità di accesso alla pratica, alla individuazione delle professionalità coinvolte, nonché agli eventuali accertamenti diagnostico-strumentali pre-intervento e alle modalità del follow-up. Sarebbe in altre parole auspicabile un diffuso incoraggiamento della ospedalizzazione pubblica della circoncisione non terapeutica, fatti salvi ovviamente i casi, nei quali, come accade con riguardo alla Comunità ebraica, l'esecuzione delle circoncisioni rituali avviene già nel rispetto di protocolli medico-sanitari e in situazione di sicurezza. Tale soluzione, da un lato, rappresenterebbe un importante strumento per assicurare la tutela del bene primario della salute, ma, dall'altro, permetterebbe anche di garantire il diritto di libertà religiosa il quale impone allo Stato non solo di riconoscere ma anche di rimuovere tutti quegli ostacoli di vario genere che ne impediscono concretamente la fruizione a livello individuale, collettivo e istituzionale. Ogni intervento non può prescindere dall'adozione di esplicite direttive a livello nazionale atte ad assicurare ai genitori, che intendono sottoporre a CRM il proprio figlio, la possibilità di accesso alle strutture sanitarie pubbliche e/o convenzionate del nostro SSN con percorsi definiti e con costi accessibili alla famiglia richiedente, nel rispetto delle vigenti norme di tutela della privacy.
  Infine, per la Commissione altrettanto importante, considerando la scarsità di dati disponibili, sarebbe l'avvio di una attività di monitoraggio a livello di Ministero della salute al fine di dare una corretta dimensione alla questione in oggetto ma anche al fine di una adeguata programmazione di risorse, umane e materiali, da impiegare, assicurando una adeguata collaborazione anche con le comunità religiose e comunità di stranieri presenti in Italia, per la promozione e tutela della salute di tutti i bambini.