CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 26 maggio 2021
595.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-06077 Rizzetto: Tutela occupazionale dei lavoratori dei Disney Store a seguito della messa in liquidazione della società.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio l'onorevole Rizzetto per aver posto all'attenzione del Governo la crisi occupazionale derivante dalla chiusura dei Disney Store in Italia.
  Effettivamente risulterebbe che la celebre catena internazionale di negozi specializzati nella vendita di prodotti Disney abbia deciso di chiudere per sempre i suoi 15 punti vendita, con gravissimo pregiudizio per la sorte di più di 230 dipendenti e relative famiglie.
  Sembrerebbe inoltre che la notizia della chiusura di tutti i Disney Store in Italia e della connessa procedura di licenziamento collettivo sia arrivata senza preavviso alcuno.
  Innanzitutto, sarà cura di questo Ministero verificare quali siano stati i presupposti che hanno determinato la scelta aziendale che – a quanto risulta – sarebbe stata assunta repentinamente e senza essere accompagnata da prospettive per la tutela occupazionale dei numerosi lavoratori.
  Tanto più oggi, in un contesto sociale ed economico che permane fortemente critico, decisioni di tale natura non possono prescindere dalla considerazione dell'impatto occupazionale, in quanto ne risulta coinvolta la vita dei lavoratori e delle loro famiglie, che rischiano di essere ulteriormente penalizzati dalle dinamiche avverse della congiuntura economica. Occorre inoltre far presente, che trattandosi di chiusura di attività, la società non può avere accesso ai trattamenti di integrazione salariale con causale COVID.
  Non risulta ancora alle amministrazioni interessate la richiesta di attivazione di un confronto tra le parti. Assicuro, al riguardo, il massimo impegno del Ministero che rappresento a mettere in campo, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, tutte le iniziative necessarie al fine di consentire alle parti sociali di pervenire a soluzioni condivise per la salvaguardia dei posti di lavoro.

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ALLEGATO 2

5-06078 Carla Cantone: Trattamento delle assenze dei lavoratori per la somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole interrogante chiede di sapere se il Governo intende assumere iniziative per superare l'attuale situazione di disparità di trattamento tra lavoratori che possono usufruire della vaccinazione in azienda e coloro che, dovendo rivolgersi a strutture sanitarie accreditate, sono invece costretti ad utilizzare le ferie o i permessi.
  Il Protocollo per le vaccinazioni nei luoghi di lavoro prevede che il lavoratore che decide di prendere parte alla campagna vaccinale promossa dalla propria azienda non dovrà chiedere ferie o permessi qualora la somministrazione avvenga nel luogo e durante l'orario di lavoro.
  Il Legislatore, con l'articolo 31, comma 5, del decreto-legge n. 41 del 2021, ha introdotto uno specifico regime per regolare l'assenza del personale scolastico che intenda sottoporsi alla vaccinazione contro il COVID-19.
  Viene infatti previsto che tale assenza sia giustificata in ragione della particolare motivazione che l'ha determinata e che essa non comporti per il lavoratore alcuna decurtazione di carattere economico.
  Per gli altri lavoratori, invece, allo stato occorre fare riferimento agli istituti normativi ordinari per giustificare l'assenza dal lavoro qualora la somministrazione del vaccino sia stata fissata in concomitanza con l'orario di lavoro.
  In linea generale, si rileva che i contratti collettivi rendono disponibili:

   a) permessi retribuiti, per visita medica (con certificazione anche oraria della stessa) o, in alternativa, l'imputazione delle ore di assenza al monte ore di permessi spettanti a fronte della riduzione dell'orario di lavoro o delle ex-festività;

   b) permessi non retribuiti.

  Qualora il lavoratore, successivamente alla somministrazione, per effetto di eventuali reazioni alla vaccinazione non sia in condizioni di riprendere l'attività lavorativa, potrà invece assentarsi previa presentazione di certificato medico rilasciato dall'autorità sanitaria competente (tra cui il medico di famiglia).
  Certamente la questione merita particolare attenzione, al fine di evitare disparità di trattamento tra i lavoratori che si vaccinano in azienda e quelli che si vaccinano in strutture sanitarie accreditate. A tal fine, assicuro l'impegno del Ministero del lavoro a valutare l'introduzione di un regime di carattere generale che assicuri una specifica tutela in favore di tutti i lavoratori che debbano assentarsi dal lavoro per sottoporsi alla vaccinazione.

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ALLEGATO 3

5-06075 Frate: Iniziative per il riconoscimento di trattamenti di Cassa integrazione guadagni in favore dei lavoratori delle società Officine meccaniche Giovanni Cerutti Spa e Cerutti Packaging Equipment Spa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Ministero del lavoro sta seguendo con attenzione l'evoluzione di questa complessa crisi aziendale del Gruppo Cerutti di Casale Monferrato.
  Come noto, negli ultimi anni la situazione del Gruppo Cerutti è stata caratterizzata da frequenti momenti di crisi finanziaria che hanno comportato, dapprima, l'utilizzo di ammortizzatori sociali fino alla decisione di cessare ogni attività.
  In passato, a quanto risulta, sono state rivolte al Gruppo manifestazioni di interesse da parte di investitori internazionali, che – probabilmente anche a causa del clima di incertezza conseguente alla crisi pandemica – non si sono ad oggi concretizzate.
  Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali già erogati al Gruppo, ricordo che l'impresa Officine Meccaniche Giovanni Cerutti Spa ha richiesto l'autorizzazione al trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) per crisi aziendale, per cessazione di attività per la durata di dodici mesi (a decorrere dal 1° febbraio 2020) ai sensi dell'articolo 44 del decreto-legge n. 109 del 2018.
  Successivamente, a seguito della dichiarazione di fallimento della società, la curatela ha presentato richiesta di subentro del Fallimento nel programma di CIGS per cessazione di attività, a far data dalla dichiarazione di fallimento (1° ottobre 2020) e fino alla scadenza di tale ammortizzatore.
  La richiesta della cassa COVID-19 deve quindi essere avanzata dalla curatela, che ha effettivamente chiesto tale ammortizzatore anche per il mese di aprile e può richiederne l'eventuale prosecuzione.
  Il Tribunale di Vercelli ha accordato la CIG per tutto il mese di aprile, nelle more della scadenza dei termini dell'asta fallimentare, fissata per lo scorso 3 maggio.
  Come riportato dagli organi di informazione negli ultimi giorni, un gruppo di imprenditori avrebbe presentato un'offerta di acquisto per rilevare dal fallimento i due rami d'azienda (Officine meccaniche Cerutti Spa di Casale Monferrato e Cerutti Packaging Spa di Vercelli) e, al riguardo, proprio nella giornata di oggi – secondo quanto ci è stato comunicato dal è stato convocato dalla curatela fallimentare un incontro, durante il quale verrà affrontato anche il problema dell'eventuale proroga di due mesi della cassa integrazione, proposta dalla curatela e subordinata alla convalida da parte del Tribunale.
  Alla questione della proroga per altri due mesi della cassa COVID-19, si affianca il problema delle possibili soluzioni occupazionali, che, si auspica, possano permettere a tutti i lavoratori di non perdere il posto di lavoro.
  Al riguardo, faccio presente che il decreto «Sostegni 1», già convertito in legge, ha prorogato le misure di protezione dei lavoratori fino al 30 giugno, per le imprese che possono usufruire della CIGO e alla CIGS. Il decreto «Sostegni 2» approvato dal Consiglio dei ministri prevede una serie di misure, quali il contratto di rioccupazione, il potenziamento del contratto di espansione e dei contratti di solidarietà, nonché misure di decontribuzione per le aziende che non utilizzano la Cassa, dirette a sostenere in maniera espansiva l'attività delle imprese, mantenendone i livelli occupazionali.
  Sono consapevole della delicatezza della situazione, che coinvolge il destino di questi lavoratori e incide sul tessuto sociale ed economico di un territorio già fortemente Pag. 160colpito dagli effetti della pandemia e sul quale insistono altre situazioni critiche legate a realtà aziendali.
  In tal senso il Ministero del lavoro, in raccordo col Ministero dello sviluppo economico, conferma la più ampia disponibilità per fornire ogni utile attività di mediazione tra i possibili acquirenti e le parti sociali e ogni possibile soluzione che salvaguardi i livelli occupazionali dell'azienda.

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ALLEGATO 4

5-06076 Invidia: Iniziative di competenza per consentire il riconoscimento dell'indennità NASpI ai docenti che partecipino al Piano scuola estate.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il tema sollevato dall'onorevole interrogante riguarda l'ipotesi di sospensione per i docenti precari della scuola dell'indennità NASpI nel caso di eventuale partecipazione al cosiddetto «Piano scuola estate».
  Per i profili di competenza del Ministero del lavoro, occorre richiamare la disciplina generale in materia di NASpI, recata dagli articoli 9 e 10 del decreto legislativo n. 22 del 2015, la quale non prevede una generale incompatibilità tra la prestazione di disoccupazione e un nuovo impiego. Infatti, la compatibilità della Naspi con una nuova occupazione dipende dall'ammontare del reddito percepito dal disoccupato.
  Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale (quindi 8.000 euro) decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tale caso la prestazione è sospesa d'ufficio per la durata del rapporto di lavoro. Diversamente, il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione conserva il diritto alla prestazione, ridotta di un importo pari all'80 per cento del reddito previsto, a condizione che comunichi all'INPS entro trenta giorni dall'inizio dell'attività il reddito annuo previsto e che il datore di lavoro o, qualora il lavoratore sia impiegato con contratto di somministrazione, l'utilizzatore, siano diversi dal datore di lavoro o dall'utilizzatore per i quali il lavoratore prestava la sua attività quando è cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto alla NASpI.
  Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI intraprenda un'attività lavorativa autonoma, dalla quale ricava un reddito che corrisponde a un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell'articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (quindi 4.800 euro) deve informare l'INPS entro un mese dall'inizio dell'attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne. In tal caso, la NASpI è ridotta di un importo pari all'80 per cento del reddito previsto.
  Per quanto riguarda il caso di specie relativo all'utilizzazione dei docenti precari nell'ambito del cosiddetto Piano scuola estate, occorrerebbe verificare la sussistenza dei requisiti per la conservazione dell'indennità di disoccupazione, che certamente sono connessi al carattere e al livello retributivo della prestazione lavorativa richiesta.
  Nell'attribuire la massima considerazione al tema sollevato, faccio presente che ogni valutazione in ordine alla possibilità di agevolare gli insegnanti «precari» alla partecipazione al cosiddetto Piano scuola estate, evitando una sospensione della NASpI che avrebbe conseguenze penalizzanti per quanto riguarda il trattamento economico, dovrà necessariamente essere condotta e condivisa con il Ministero dell'istruzione, che ha competenza prevalente in tale materia.

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ALLEGATO 5

5-06079 Giaccone: Interventi per impedire l'indebita percezione del Reddito di cittadinanza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il quesito pone il tema dei controlli sui requisiti di accesso al reddito di cittadinanza.
  Ai sensi dell'articolo 5, comma 5 del decreto-legge n. 4 del 2019, mentre i requisiti economici sono verificati prima dell'avvio dell'erogazione del beneficio, gli altri requisiti auto-dichiarati, tra cui in particolare quello di residenza, si considerano posseduti sino a quando non intervenga una comunicazione contraria da parte delle amministrazioni competenti alla verifica degli stessi.
  Questa previsione normativa consente la tempestiva erogazione del beneficio, ad esempio, nei casi in cui la verifica del requisito di residenza in Italia per almeno dieci anni, per cittadini che hanno cambiato più volte il comune di residenza, richieda dei tempi lunghi, dovendosi procedere a ritroso con la consultazione dei comuni di precedente residenza fino al raggiungimento del periodo richiesto.
  I controlli sui requisiti di residenza e cittadinanza sono previsti per la totalità dei richiedenti la misura, mentre può essere limitata al 5 per cento la sola verifica sull'effettiva composizione del nucleo familiare rispetto a quanto comunicato ai fini ISEE.
  Secondo quanto riportato dall'INPS, nello svolgimento delle ordinarie attività di controllo, nel mese di novembre 2020, in collaborazione con la Guardia di finanza, sono state intercettate circa 10 mila posizioni di cittadini rumeni non in possesso dei requisiti anagrafici, che avevano presentato istanza tra il mese di ottobre e novembre 2020, procedendo al blocco dei pagamenti e all'avvio di ulteriori attività di verifica.
  Alla luce delle frodi riscontrate, al fine di arginare il fenomeno delle prestazioni erogate indebitamente per i quali emerga solo successivamente al riconoscimento del beneficio l'assenza dei requisiti, l'INPS, attraverso la propria struttura dedicata, la Direzione centrale Antifrode, anticorruzione e trasparenza, e in sinergia con la Guardia di finanza, ha definito, con il nulla osta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nuove modalità per intercettare preventivamente i fenomeni di indebito accesso al beneficio, al fine di prevenire le difficoltà connesse al recupero delle percezioni indebite. Sono stati pertanto introdotti a partire dal mese di dicembre 2020 controlli sincroni sui requisiti di residenza e di soggiorno antecedenti al riconoscimento del beneficio.
  L'INPS ha comunicato altresì che alla data odierna risultano sospese, in attesa dell'esito dei controlli, più di 5 mila domande, per le quali non si sta pagando la prestazione.
  Nel primo trimestre dell'anno in corso è stato revocato il beneficio a circa 38 mila nuclei familiari, a 26 mila nell'anno 2020. I motivi per cui è possibile che il beneficio venga revocato sono molteplici: l'accertamento della «mancanza del requisito di residenza/cittadinanza» ha avuto un ruolo importante in entrambi gli anni considerati; in particolare nell'anno 2020 ha rappresentato il 74 per cento dei casi di revoca.
  Segnalo altresì che l'INPS ha reso noto che sono in corso di definizione i provvedimenti per il recupero delle somme indebitamente percepite e non al momento ancora esattamente quantificabile l'ammontare delle somme pagate in via di recupero.
  Certamente quanto segnalato dall'onorevole interrogante richiama la necessità di implementare il sistema dei controlli e di introdurre criteri di valutazione sistematica Pag. 163 sia dell'impatto dell'istituto del reddito sulla riduzione e sul recupero delle situazioni di disagio sociale e povertà, sia delle possibili distorsioni e degli abusi che in fase applicativa si siano potuti verificare.
  È per questo che è stato istituito il Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza, con l'obiettivo di valutare la resa dell'istituto, introdurre eventuali correzioni che permettano di superare le criticità e le contraddizioni evidenziate e di individuare le azioni necessarie per collegarlo più efficacemente al sistema delle politiche attive del lavoro.

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ALLEGATO 6

5-06080 D'Alessandro: Cumulo dei trattamenti riconosciuti per invalidità civile totale e parziale in caso di applicazione del cosiddetto «incremento al milione».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il decreto-legge n. 104 del 2020, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 23 giugno 2020, ha esteso il diritto alla maggiorazione previsto dalla legge n. 448 del 2001 (cosiddetto «incremento al milione»), finora spettante ai soggetti con più di sessanta anni, agli invalidi civili totali, ciechi civili assoluti e sordi titolari di pensione o che siano titolari di pensione di inabilità prevista dall'articolo 2 della legge 12 giugno 1984, n. 222, di età compresa tra i diciotto e i sessanta anni.
  Tale maggiorazione è riconosciuta a condizione che vengano rispettati i limiti di reddito personali previsti dalla norma (8.469,63 euro per i beneficiari non coniugati e 14.447,42 euro, cumulati con quelli del coniuge, per quelli coniugati).
  A seguito dell'emanazione del citato decreto-legge, l'INPS ha emanato la circolare n. 107 del 23 settembre 2020, nella quale ha indicato il riconoscimento d'ufficio della maggiorazione entro i limiti reddituali, che da ultimo, per l'anno 2020, sono i seguenti:

   a) il beneficiario non coniugato deve possedere redditi propri non superiori a 8.469,63 euro (pari all'importo massimo moltiplicato per tredici mensilità);

   b) il beneficiario coniugato (non effettivamente e legalmente separato) deve possedere:

    redditi propri di importo non superiore a 8.469,63 euro;

    redditi cumulati con quello del coniuge di importo annuo non superiore a 14.447,42 euro.

  Se entrambi i coniugi hanno diritto all'incremento, questo concorre al calcolo reddituale.
  Pertanto, nel caso in cui l'attribuzione del beneficio a uno dei due comporti il raggiungimento del limite di reddito cumulato, nulla è dovuto all'altro coniuge.
  Se invece il limite non viene raggiunto, l'importo dell'aumento da corrispondere a un coniuge deve tener conto del reddito cumulato comprensivo dell'aumento già riconosciuto all'altro.
  Ai fini della valutazione del requisito reddituale concorrono i redditi di qualsiasi natura, ossia i redditi assoggettabili ad IRPEF, sia a tassazione corrente che a tassazione separata, i redditi tassati alla fonte, i redditi esenti da IRPEF, sia del titolare che del coniuge.
  Il limite reddituale di 8.469,63 è dato dal prodotto mensile di euro 651,51 per tredici mensilità. A titolo di esempio se un invalido non ha altri redditi ed è titolare di due pensioni, la misura economica di entrambe le prestazioni costituisce reddito che potrà essere maggiorato, per differenza, fino a euro 651,51.
  Al contrario, non concorrono al calcolo reddituale i seguenti redditi: il reddito della casa di abitazione, le pensioni di guerra, l'indennità di accompagnamento, l'importo aggiuntivo di 300.000 lire (154,94 euro) previsto dal comma 7 dell'articolo 70 della legge n. 388 del 2000, i trattamenti di famiglia, l'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.
  Si evidenzia invece, ai fini di quanto richiesto dall'interrogante, che – a legislazione vigente – per il raggiungimento del limite reddituale concorrono le pensioni Pag. 165possedute a qualsiasi titolo dal titolare e dal coniuge.
  Ciò premesso, ritengo che il tema sollevato sia meritevole della massima attenzione, trattandosi di soggetti svantaggiati per le quali occorre garantire il massimo livello di tutela e di sostegno. Al riguardo, ritenendo certamente condivisibile la finalità sottesa alla richiesta di cumulabilità delle pensioni di invalidità, assicuro l'impegno del Ministero del lavoro a considerare la fattibilità di un intervento in tale senso, facendo presente comunque che dovrà essere oggetto di una valutazione più complessiva, che tenga conto anche dei debiti criteri di sostenibilità finanziaria e di omogeneità con l'intero sistema assistenziale e previdenziale.