CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 17 dicembre 2020
495.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Interrogazione a risposta immediata n. 5-05186 Valentini: Sulla dotazione ai consoli onorari dei dispositivi elettronici, meglio conosciuti come «valigette elettroniche».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio l'Onorevole Fitzgerald Nissoli per l'interrogazione, che mi fornisce l'occasione per confermare l'impegno della Farnesina nell'incrementare l'utilizzo e l'efficienza dello strumento delle postazioni per la captazione dei dati biometrici ai fini del rilascio del passaporto per i nostri connazionali all'estero.
  Ricordo che il progetto Funzionario Itinerante Consoli Onorari, sviluppato a partire dal 2018, ha conosciuto una notevole crescita negli ultimi anni: dalle circa 3.600 pratiche effettuate nel 2018 si è passati alle quasi 19.500 del 2019, un valore più che quintuplicato. Per quanto riguarda l'anno in corso, caratterizzato dalla pandemia da COVID-19 e conseguenti difficoltà, sono state effettuate sinora quasi 16.800 pratiche. Un totale dunque di quasi 40.000 pratiche dall'avvio del progetto. Sono al momento dotati di postazione 114 consolati onorari.
  Considerati gli evidenti benefici del progetto per i connazionali all'estero, è in corso un'interlocuzione con l'Istituto Poligrafico Zecca dello Stato per finalizzare l'acquisizione di un'ulteriore dotazione di postazioni per Funzionario Itinerante all'esito della relativa gara, che è ora nella sua fase conclusiva. Ciò consentirà di pianificare l'attività di assegnazione delle postazioni aggiuntive già nei prossimi mesi.
  Le postazioni saranno successivamente distribuite presso le sedi della rete consolare sulla base della effettiva necessità, tenendo conto delle richieste effettuate dalle sedi, al fine di sfruttare nel modo più efficiente possibile la strumentazione disponibile.
  L'utilizzo di questa risorsa si inserisce in un'azione complessiva della Farnesina tesa a offrire servizi sempre migliori all'utenza anche facendo ricorso alle nuove tecnologie.

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ALLEGATO 2

Interrogazione a risposta immediata n. 5-05189 Zoffili: Sulle eventuali infiltrazioni del Partito Comunista Cinese nella rete diplomatico-consolare italiana in Cina.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Al fine di rispondere al quesito posto dal collega Zoffili, occorre innanzitutto precisare che il reclutamento di personale a contratto da parte delle rappresentanze diplomatico-consolari nella Repubblica Popolare Cinese – tra le quali il Consolato Generale d'Italia in Shanghai – avviene tramite una delle due possibili procedure di assunzione, che riassumo qui di seguito:

   1) assunzione di impiegati di cittadinanza italiana o europea: la selezione si svolge secondo una procedura para-concorsuale aperta, vigente per tutta la rete diplomatico-consolare italiana e disciplinata da un Decreto Ministeriale (il numero 655 del 2001). Il rapporto d'impiego è regolato con un contratto individuale di lavoro, sottoscritto tra il Console Generale e il vincitore della selezione;

   2) assunzione di impiegati di cittadinanza cinese: il reclutamento avviene tramite una procedura richiesta dalla legislazione locale, che vincola tutte le Rappresentanze diplomatico-consolari straniere accreditate presso la Repubblica Popolare Cinese, incluse quelle italiane. La necessità di assumere un'unità di personale deve essere segnalata, tramite Nota Verbale, al competente «Dipartimento dei Servizi alle Agenzie Straniere», nel caso in esame, il Dipartimento della Municipalità di Shanghai ovvero lo «Shanghai Foreign Agency Service Department». Tenuto conto dei requisiti indicati, il Dipartimento cinese propone una rosa di candidati che il Consolato Generale seleziona ricorrendo a procedure semplificate (colloqui attitudinali secondo quanto prevede l'articolo 7, comma 5 dello stesso Decreto Ministeriale che avevo citato). Il rapporto d'impiego non è regolato da un contratto individuale di lavoro sottoscritto tra il Console Generale e il vincitore, ma da un Accordo quadro stipulato tra il Consolato Generale e il Dipartimento cinese (cosiddetto contratto collettivo).

  Tenuto anche conto della specifica legislazione cinese, mi pare opportuno precisare che gli impiegati di cittadinanza cinese reclutati tramite il Foreign Agency Service Department non possono in nessun caso, e in alcun modo, avere accesso a documentazione classificata.
  Occorre infine tenere presente che le limitazioni dell'accesso del personale a contratto alle informazioni non strettamente necessarie allo svolgimento delle loro funzioni e alle aree riservate rientrano tra le responsabilità del Capo Missione e seguono regole precise che vengono regolarmente verificate e ribadite in occasione delle visite ispettive.

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ALLEGATO 3

Interrogazione a risposta immediata n. 5-05187 Lupi: Sulle misure da adottare in merito alle violazioni dei diritti umani in Bielorussia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Dall'indomani delle elezioni presidenziali svoltesi in Bielorussia il 9 agosto scorso, l'Italia ha aderito alla posizione concordata al più alto livello dall'Unione europea che ne ha disconosciuto l'esito e ha richiesto la cessazione di ogni repressione, la liberazione dei detenuti politici, l'avvio di un dialogo tra Governo e opposizioni e la tenuta di nuove elezioni libere e regolari. Anche tramite le dichiarazioni dell'Alto Rappresentante UE, abbiamo espresso ripetutamente la nostra ferma condanna per le violazioni commesse dal regime del Presidente Lukashenko, chiedendo la cessazione di ogni violenza e indagini sugli abusi rilevati.
  Il perdurare delle violenze a Minsk ha motivato il nostro consenso all'adozione di due pacchetti di sanzioni individuali mirate (visa ban e asset freeze) nei confronti di un totale, ad oggi, di 55 individui, tra cui lo stesso Presidente Lukashenko, nonché appartenenti agli apparati di sicurezza e alla commissione elettorale, e ritenute a vario titolo responsabili, rispettivamente, delle repressioni e di frode elettorale. Un terzo pacchetto sanzionatorio ha ricevuto avallo a livello politico ed è attualmente in via di finalizzazione nei competenti gruppi di lavoro consiliari UE.
  L'Italia ha, inoltre, sostenuto il consenso dell'Unione europea, esplicitato nella dichiarazione del 24 settembre dell'Alto Rappresentante Borrell a nome dei 27 e nelle conclusioni del Consiglio Affari Esteri del 12 ottobre, secondo cui Lukashenko manca di «legittimazione democratica». Si tratta di una posizione politica chiara, che consente peraltro di non compromettere del tutto i potenziali canali di comunicazione con Minsk, evitando prese di posizione dalle implicazioni politiche e giuridiche incerte.
  Merita ricordare che Polonia e Lituania hanno richiesto a tutti gli Stati Membri di ritirare i propri Ambasciatori in segno di solidarietà, a seguito del richiamo dei rispettivi Ambasciatori loro imposto da Minsk (oltre ad un obbligo di riduzione del personale in sede). A tale proposito in ambito UE sono state concordate diverse iniziative, lasciando ai singoli Stati Membri la facoltà di determinare le modalità di espressione della propria solidarietà. L'Italia ha sostenuto alcune iniziative di sostegno pubblico alla solidarietà e coesione dell'UE, accettando in parallelo la richiesta polacca di assumere presso la nostra Ambasciata a Minsk la responsabilità del rilascio dei visti d'affari bielorussi per la Polonia.
  Sebbene alcuni partner UE abbiano effettivamente scelto di ritirare il proprio Capo Missione da Minsk, peraltro in via esplicitamente «temporanea» (sono tutti rientrati dopo qualche settimana), da parte italiana si è preferito evitare di contribuire ad una spirale escalatoria con il regime, anche allo scopo preservare la presenza ed il ruolo dell'Italia in Belarus. Una posizione analoga a quella dell'Italia è stata assunta da Svezia, Austria, Finlandia, Paesi Bassi, Ungheria, oltre che dalla stessa Unione europea, la quale non ha fatto stato di contemplare il ritiro del Capo Delegazione a Minsk, proprio per mantenere la propria operatività nel Paese in questa fase molto delicata.
  È inoltre utile ricordare che il Governo italiano mantiene opportuni contatti con esponenti delle opposizioni bielorusse, come segnalato da ultimo dal cordiale e costruttivo colloquio avuto dal Sottosegretario Scalfarotto con i noti esponenti del Consiglio di Coordinamento delle opposizioni bielorusse, Svetlana Tikhanovskaya e Pavel Latushko. Pag. 81
  Con riguardo alla richiesta sui visti, l'ordinamento italiano non prevede una tipologia di visto specifica per consentire di far ingresso in territorio nazionale esclusivamente al fine di presentare domanda di protezione internazionale.
  L'esistenza o meno di tale tipologia (cosiddetto «visto umanitario» o «V.T.L. per motivi umanitari») è stata oggetto di un intenso dibattito in ambito UE in merito alla portata dell'articolo 25 del Codice comunitario dei visti, che prevede, in presenza di determinate fattispecie di urgenza, inclusi «motivi umanitari o di interesse nazionale», la possibilità del rilascio di un visto Schengen di breve soggiorno a validità territoriale limitata allo Stato Schengen emittente.
  La Corte di Giustizia dell'Unione europea in una pronuncia resa il 7 marzo 2017 [C-638/16 PPU] non ha tuttavia ritenuto conforme al diritto dell'Unione europea l'interpretazione secondo cui l'articolo 25 del Codice comunitario dei visti consentirebbe di presentare presso un'ambasciata o una rappresentanza consolare di uno Stato membro una domanda di visto al fine di poter viaggiare in piena sicurezza e legalità verso lo Stato in questione per poi presentarvi domanda d'asilo conformemente alla normativa nazionale.
  Allo stato attuale le autorità consolari italiane rilasciano V.T.L. per motivi umanitari ex articolo 25 in casi estremamente circoscritti, nell'ambito di progetti strutturati (cosiddetti complementary legal pathways) volti al reinsediamento in Italia di soggetti particolarmente vulnerabili, individuati in paesi di primo asilo con il coinvolgimento di UNHCR e OIM e spesso già presenti in campi di accoglienza da loro gestiti.
  Segnalo che non risultano al momento specifiche richieste di protezione umanitaria da parte di cittadini bielorussi. Continueremo comunque a valutare gli sviluppi della situazione anche al fine di favorire, in coordinamento con i partner UE, eventuali misure di accoglienza e protezione nei confronti dei cittadini bielorussi costretti a lasciare il Paese per sfuggire alla repressione.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-05010 Fitzgerald Nissoli: Sulle misure di sostegno ai connazionali in condizioni di indigenza residenti nel Nord e Centro America.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come ricordato dall'interrogante, l'ammontare destinato dal Governo all'assistenza dei nostri connazionali all'estero in risposta all'emergenza da Covid-19 è pari complessivamente a 6 milioni di euro: i 4 milioni originariamente previsti dal Decreto «Cura Italia» sono infatti stati innalzati a 6 milioni dal «Decreto Rilancio». Si tratta di uno strumento importante, a sostegno della Comunità di connazionali all'estero, cui il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha garantito adeguata visibilità, attraverso diversi strumenti.
  Innanzitutto, l'Amministrazione Centrale, con messaggio circolare del 29 luglio 2020, ha informato tutta la rete estera delle disposizioni normative che, in via eccezionale, allargano la possibilità di concedere sussidi anche ai cittadini italiani non residenti nella circoscrizione consolare, e dell'introduzione di una «casistica allargata» di aiuti, che contempla cinque nuove modalità di impiego delle risorse che vanno ad aggiungersi alle misure ordinarie di assistenza finanziaria per cittadini italiani all'estero indigenti o in difficoltà. Le nuove modalità di impiego delle risorse sono le seguenti:

   1) aiuti economici in favore di connazionali titolari di piccole/micro imprese che abbiano subito un danno dal blocco totale o dalla riduzione della propria attività a causa delle restrizioni collegate alla pandemia;

   2) bonus sussidio per il rimpatrio in favore dei connazionali all'estero che decidano di rientrare definitivamente in Italia;

   3) stipula di convenzioni o contratti con Enti e Istituti pubblici o privati al fine di fornire adeguata assistenza sanitaria (visite mediche, tamponi, esami sierologici, farmaci) ai connazionali in stato di necessità, colpiti da Coronavirus o altre patologie. La misura è destinata a chi non abbia accesso alla sanità privata e non possa contare su strutture sanitarie pubbliche in grado di offrire cure adeguate. Queste convenzioni posso essere stipulate anche per erogare sussidi sotto forma di buoni pasto o pacchi alimentari nei casi in cui il connazionale e il rispettivo nucleo familiare siano obbligati a rispettare la quarantena con isolamento domiciliare;

   4) sostegno all'apprendimento: al fine di garantire l'accesso all'istruzione per i figli in età scolare di famiglie italiane bisognose, nel caso in cui le istituzioni scolastiche locali abbiano adottato la didattica a distanza, le Sedi diplomatico-consolari possono erogare sussidi finalizzati all'acquisto di strumentazione informatica quali PC, laptop, tablet, smartphone o comunque sistemi che consentano la connessione a internet;

   5) promozione di programmi di riqualificazione professionale di cui possono giovarsi i connazionali che, a causa della crisi da Coronavirus, abbiano perso il lavoro.

  Si tratta quindi di nuove casistiche pensate per intercettare i differenti bisogni della Comunità di italiani all'estero, che si aggiungono alle modalità di spesa ordinaria dei fondi destinati all'assistenza ai connazionali in stato di indigenza o di difficoltà, che, come noto, sono le seguenti:

   1) i sussidi, normalmente destinati agli italiani stabilmente residenti nella circoscrizione consolare, previo accertamento del loro stato di indigenza;

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   2) i prestiti con promessa di restituzione, destinati ai connazionali residenti in Italia e temporaneamente all'estero e che si trovino in una situazione di occasionale necessità;

   3) i sussidi ai detenuti all'estero non sufficientemente sostenuti dai familiari, qualora abbiano bisogno di viveri, generi di prima necessità, acquisto di farmaci o altre spese mediche;

   4) i pacchi dono, contenenti prevalentemente generi alimentari e distribuiti in occasione di festività quali quelle natalizie;

   5) le convenzioni con enti pubblici o privati per l'erogazione ai connazionali di servizi sanitari generici, legali, geriatrici (convenzioni con case di riposo), servizi di assistenza sociale e fornitura di beni di prima necessità;

   6) i contributi per le spese funebri o per rimpatri, anche sanitari.

  Per fornire adeguata visibilità a queste iniziative, le Sedi hanno naturalmente coinvolto gli organismi rappresentativi degli italiani all'estero (i Com.It.Es. in particolare) e le associazioni presenti sul territorio, affinché contribuissero a diffondere l'informativa e presentassero agli Uffici consolari proposte di progetto o segnalassero i nominativi (in molti casi liste di nominativi) dei connazionali più in difficoltà. Ogni Sede, inoltre, sul proprio sito istituzionale ha una sezione assistenza ove vengono dettagliatamente spiegate le modalità di richiesta e i requisiti di ottenimento degli aiuti finanziari.
  Sempre sotto il profilo della comunicazione, mi sembra opportuno ricordare che agli strumenti di sostegno dei connazionali all'estero è stato dedicato uno specifico episodio sul canale podcast «Voci dalla Farnesina», lanciato su tutti i social del Ministero degli esteri (Facebook, Twitter ed Instagram) e disponibile sulle principali piattaforme online (da Spreaker, a Google sino a Spotify). L'episodio è stato il secondo più ascoltato dopo quello di lancio del canale e il primo per numero di download e ascolti, presumibilmente per l'impatto pratico e diretto che le misure descritte hanno sulla vita dei nostri connazionali all'estero più colpiti dalla crisi socio-sanitaria ancora in atto. Si tratta inoltre di un'ulteriore conferma dell'importanza di affidare anche ai social media la diramazione di queste iniziative e strumenti.
  Per quanto riguarda invece la ripartizione dei fondi, dei sei milioni di euro resi disponibili dai Decreti «Cura Italia» e «Rilancio», al 6 novembre 2020 era stato distribuito circa un milione e ottocentomila euro dall'Amministrazione Centrale alle Sedi diplomatico-consolari, in risposta alle singole richieste pervenute dalle Sedi. Alle Sedi dei Paesi dell'America Settentrionale e Centrale sono andati 607.009 euro di questi fondi erogati su richiesta, ossia quasi il 34 per cento. Dei 4,2 milioni di euro residui, 480.225 euro, pari all'11,4 per cento dei fondi complessivi residui, sono stati assegnati all'America Settentrionale e Centrale. Nel dettaglio, 355.182 euro sono andati alle Sedi dell'America Centrale, mentre 125.043 euro alle Sedi dell'America Settentrionale. In totale, alla rete diplomatico-consolare in America Settentrionale e Centrale è stato dunque assegnato oltre 1 milione di euro (oltre il 18 per cento di tutti i fondi).
  Per quanto attiene infine alla quota già erogata dagli uffici all'estero nel corso del 2020, le Sedi delle reti canadese e statunitense avevano speso, al 10 dicembre 2020, 52.978 euro in 44 interventi di aiuto (contro i 18 interventi di aiuto del 2019), mentre le Sedi centro-americane avevano speso, al 10 dicembre 2020, 287.920 euro in 466 distinti interventi di aiuto (contro i 146 dell'intero 2019).
  Questi fondi, occorre sottolineare, potranno essere spesi anche nel corso del 2021, secondo le modalità eccezionali menzionate precedentemente (inclusione dei cittadini italiani non residenti tra i beneficiari e casistica allargata delle modalità di impiego).
  I fondi stanziati permetteranno quindi di sostenere anche nei prossimi mesi i bisogni dei connazionali più colpiti da una pandemia che continua, purtroppo, a mietere vittime e danni.

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ALLEGATO 5

Risoluzione n. 7-00588 Ehm: Sulla revoca e sulla sospensione delle licenze all'esportazione di armamenti destinati a Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen.

Risoluzione n. 7-00589 Quartapelle Procopio: Sulla sospensione delle licenze per l'esportazione di armamenti destinati a Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen.

PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO PRESENTATO DALLE DEPUTATE EHM E QUARTAPELLE PROCOPIO

   La III Commissione,

   premesso che:

    dal marzo 2015 è in corso un conflitto armato in Yemen tra la coalizione internazionale guidata dall'Arabia Saudita e le forze dell'alleanza militare composta dal gruppo armato Houthi, seguito inoltre da forti tensioni e scontri tra le forze del Governo legittimo e dalle milizie del «Southern Transitional Council», movimento con chiari connotati autonomisti;

    nello Stato yemenita la popolazione è vittima di una crisi umanitaria di livello mondiale e la guerra ha distrutto gran parte dei mezzi di sussistenza. Ad oggi, più di 24 milioni di persone su una popolazione totale di 28 milioni, dipende completamente da aiuti umanitari. Inoltre, la pandemia del coronavirus, va ad aggiungersi alla più grave epidemia di colera di sempre in un Paese dove metà degli ospedali sono stati distrutti e i pochi in funzione non hanno mezzi e personale per rispondere ai crescenti bisogni di cure;

    secondo quanto affermato dall'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Un-Ocha), in Yemen si è di fronte alla «peggiore crisi umanitaria del pianeta»;

    in particolare, i bambini e le donne pagano il prezzo più alto di più di cinque anni di guerra e, secondo recenti dati, nel Paese due milioni di minori sotto i cinque anni ed un milione di donne in stato interessante, patiscono quotidianamente fame e malnutrizione;

    considerata la drammatica situazione, già evidenziata nella Risoluzione del Parlamento europeo del 4 ottobre 2018 nella quale si esortano «tutti gli Stati membri dell'UE ad astenersi dal vendere armi e attrezzature militari all'Arabia Saudita, agli Emirati arabi uniti e a qualsiasi membro della coalizione internazionale, nonché al governo yemenita e ad altre parti del conflitto»;

   considerato che i più recenti dati dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) mostrano che l'Unione europea a 28 è il secondo esportatore di armi sia all'Arabia Saudita che agli Emirati arabi uniti (EAU) e che in taluni casi, come riferito dalle organizzazioni non governative, le armi esportate verso tali Paesi sono state utilizzate nello Yemen;

    vista la posizione del Parlamento europeo, chiarita con l'approvazione della risoluzione del 17 settembre 2020 sull'esportazione di armi e in applicazione della posizione comune 2008/944/PESC;

    i Governi di Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Paesi Bassi e Svezia hanno disposto l'adozione di misure restrittive concernenti le loro esportazioni di armi verso i Paesi membri della coalizione a guida saudita coinvolti nel conflitto yemenita;

   considerato che la Camera dei deputati ha approvato in data 26 giugno 2019 Pag. 85una mozione in cui impegna il Governo: «a valutare l'avvio e la realizzazione di iniziative finalizzate alla futura adozione, da parte dell'Unione europea, di un embargo mirato alla vendita di armamenti verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, prevedendo al contempo consultazioni con gli altri Stati membri dei consorzi internazionali in relazione ai programmi di coproduzione industriale intergovernativi attualmente in essere» e «a continuare ad assicurare un'applicazione rigorosa delle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e, ad adottare gli atti necessari a sospendere le esportazioni di bombe d'aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile così come la loro componentistica verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen»;

    tenuto conto che il Governo italiano ha adottato, a fine luglio 2019, gli atti necessari per consentire all'Autorità nazionale che si occupa dell'export di armamenti (Uama) la sospensione di tutte le licenze relative l'esportazione di bombe d'aereo e loro componenti che possano essere utilizzate dall'Arabia Saudita o dagli Emirati arabi nel conflitto in Yemen;

    tale provvedimento deciso dal Governo italiano ha durata di 18 mesi e scadrà a fine gennaio 2021,

impegna il Governo:

   ad adottare gli atti necessari per revocare le licenze in essere, relative alle esportazioni verso i Paesi dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti di bombe d'aereo e missili, che possono essere utilizzate per colpire la popolazione civile, e della loro componentistica;

   a mantenere la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi e a valutare la possibilità di estendere tale sospensione anche ad altre tipologie di armamenti, sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace;

   a valutare la possibilità di adottare mirate misure sospensive nei confronti di ogni altro Paese attivamente coinvolto nel conflitto in Yemen;

   a proseguire, con i partner internazionali, nell'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite per alleviare le sofferenze della popolazione, e a valutare la possibilità di ulteriori iniziative in ambito umanitario e sanitario a sostegno del Piano di risposta umanitario delle Nazioni Unite alla crisi dello Yemen;

   ad operare uno sforzo politico e diplomatico in sede multilaterale per rilanciare il processo politico e raggiungere una soluzione diplomatica e multilaterale del conflitto in corso in Yemen, attraverso un maggiore sostegno dei negoziati di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite e dell'inviato speciale per lo Yemen Martin Griffiths, e di un intervento immediato per garantire il cessate il fuoco, come più volte auspicato dallo stesso;

   a sostenere in sede di Consiglio dell'Unione europea ogni iniziativa politica volta anche a rafforzare le capacità degli Stati membri di continuare ad attuare procedure rigorose per monitorare il rispetto degli embarghi sulle armi da parte di tutti gli Stati membri;

   a sostenere, anche nel ruolo di membro eletto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, la prosecuzione di indagini efficaci e indipendenti sulle violazioni e sui crimini commessi in Yemen dalle parti in conflitto.