CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 novembre 2020
481.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
Pag. 126

ALLEGATO 1

5-05079 Currò: Chiarimenti sulle modalità
di fruizione del
sismabonus.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante richiama le disposizioni del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto Decreto Rilancio) che hanno incrementato al 110 per cento l'aliquota della detrazione delle spese sostenute a fronte di specifici interventi nell'ambito della efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico.
  Le cennate disposizioni si aggiungono a quelle già vigenti in materia di detrazione dal 50 all'85 per cento delle spese sostenute in relazione ad interventi di recupero del patrimonio edilizio ai fini della riduzione del rischio sismico di cui all'articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013.
  Con particolare riferimento all'applicazione del beneficio del cosiddetto sismabonus, l'Onorevole segnala che sono arrivate numerose segnalazioni da parte di imprese di costruzione, che hanno eseguito lavori di ristrutturazione edilizia, ultimati nel 2019, con interventi volti al miglioramento del rischio sismico su immobili ubicati in zona sismica 3, e che sono in procinto di cedere gli immobili a terzi acquirenti.
  Le suddette imprese evidenziano che, ai fini della fruizione del sismabonus, occorre esibire, all'atto della presentazione della segnalazione certificata di inizio attività, una opportuna relazione tecnica che asseveri la classe di rischio dell'edificio sia prima che dopo l'esecuzione dell'intervento.
  L'Agenzia delle entrate, con le risposte ad istanza di interpello n. 195 e n. 196 del 2020, con riferimento alla fruizione del «sismabonus», di cui all'articolo 16, comma 1-septies, del decreto-legge n. 63 del 2013, ha precisato che l'agevolazione spetta agli acquirenti delle unità immobiliari ubicati nelle zone sismiche 2 e 3, oggetto di interventi le cui procedure autorizzatorie siano iniziate dopo il 1° gennaio 2017 ma prima del 1° maggio 2019, anche se l'asseverazione di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 28 febbraio 2017 non sia stata presentata contestualmente alla richiesta del titolo abilitativo. Tale asseverazione deve essere, tuttavia, presentata dall'impresa prima della stipula del rogito.
  Tanto premesso, l'Onorevole interrogante chiede al Ministro dell'economia e delle finanze, se ritenga di chiarire se, depositando oggi, dopo la fine dei lavori, l'asseverazione ai sensi del decreto ministeriale n. 58 del 2017 da parte di un tecnico abilitato – che ha già verificato, peraltro, la sussistenza dei requisiti tecnici per il «sismabonus» – gli acquirenti delle unità abitative, oggetto di interventi, possano fruire della detrazione fiscale del 75 per cento sul prezzo di vendita ovvero sullo stesso prezzo di vendita parametrato ai costi specifici per i lavori antisismici o, infine, sull'importo dei soli lavori d'intervento antisismico.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova richiamare preliminarmente il quadro normativo di riferimento.
  I commi da 1-bis a 1-septies dell'articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013 recano una disciplina delle detrazioni fiscali previste per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche.
  In particolare, il comma 1-septies del citato articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013, introdotto dall'articolo 46-quater del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, è stato modificato dall'articolo 8 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, che ne ha esteso l'ambito applicativo – in origine limitato ai fabbricati ubicati in zona 1 – anche agli immobili ubicati in zona sismica 2 e 3. Pag. 127
  Il menzionato comma prevede che «qualora gli interventi di cui al comma 1-quater siano realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3 (...) mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all'edificio preesistente, ove le norme urbanistiche vigenti consentano tale aumento, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che provvedano, entro diciotto mesi dalla data di conclusione dei lavori, alla successiva alienazione dell'immobile, le detrazioni dall'imposta di cui al primo e al secondo periodo del medesimo comma 1-quater spettano all'acquirente delle unità immobiliari, rispettivamente nella misura del 75 per cento e dell'85 per cento del prezzo della singola unità immobiliare, risultante nell'atto pubblico di compravendita e comunque, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96 mila euro per ciascuna unità immobiliare».
  Ciò detto, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 28 febbraio 2017, n. 58 – come modificato dal successivo decreto ministeriale del 7 marzo 2017, n. 65 e, da ultimo dal decreto ministeriale del 9 gennaio 2020 n. 24, per accedere alla detrazione in esame occorre depositare, contestualmente al titolo edilizio abilitativo dei lavori antisismici, l'asseverazione relativa alla classe di rischio sismico precedente all'intervento e quella raggiungibile a fine lavori.
  Con il citato decreto sono definite le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni, nonché le modalità di attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell'efficacia degli interventi realizzati.
  In particolare, l'articolo 3, comma 2, del decreto ministeriale 28 febbraio 2017, n. 58, prevede che «Il progettista dell'intervento strutturale, ad integrazione di quanto già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dal (...) decreto 14 gennaio 2008, assevera, secondo i contenuti delle allegate linee guida, la classe di rischio dell'edificio precedente l'intervento e quella conseguibile a seguito dell'esecuzione dell'intervento progettato».
  Il successivo comma 3 stabilisce che «conformemente alle disposizioni regionali, il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico e l'asseverazione di cui al comma 2, devono essere allegati alla segnalazione certificata di inizio attività o alla richiesta di permesso di costruire, al momento della presentazione allo sportello unico competente di cui all'articolo 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 per i successivi adempimenti, tempestivamente e comunque prima dell'inizio dei lavori».
  Infine il comma 5 del medesimo articolo 3, statuisce, espressamente, che: «l'asseverazione di cui al comma 2 e le attestazioni di cui al comma 4 sono depositate presso il suddetto sportello unico e consegnate in copia al committente, per l'ottenimento dei benefìci fiscali di cui all'articolo 16, comma 1-quater, del citato decreto-legge n. 63 del 2013».
  Tanto premesso, l'estensione della detrazione fiscale in oggetto anche agli acquisti di unità immobiliari site in zone a rischio sismico 2 e 3 è avvenuta soltanto grazie alle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 34 del 2019 (cosiddetto Decreto Crescita), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, entrato in vigore il 1° maggio 2019 e quindi successivamente all'emanazione del Decreto MIT n. 58 del 28 febbraio 2017.
  L'Agenzia delle entrate, in relazione all'ipotesi in cui, al momento dell'inizio dei lavori il comune, nel cui territorio sia avvenuto l'intervento di demolizione e ricostruzione con miglioramento sismico, non rientri tra quelli per cui era possibile fruire della detrazione di cui al comma 1-septies dell'articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013, al fine di non escludere dal beneficio i contribuenti che non avevano effettuato l'adempimento in parola, in quanto non destinatari dell'agevolazione in base alle disposizioni pro tempore vigenti, ha acquisito il parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Al riguardo, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici Servizio tecnico centrale ha Pag. 128chiarito che il comma 1-septies dell'articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013 «tenuto conto della circostanza che l'estensione alle zone 2 e 3 è intervenuta successivamente al decreto ministeriale n. 58 del 2017, ha inteso concedere la possibilità che i benefìci fiscali previsti dal cosiddetto sismabonus, nel caso di imprese che, ai fini della successiva alienazione, avessero realizzato, dopo il 10 gennaio 2011, delle ristrutturazioni o ricostruzioni, mediante demolizione, di immobili – con documentato miglioramento sismico di una o più classi – siano estesi agli acquirenti delle predette unità immobiliari».
  Tale parere è stato recepito dall'Agenzia delle entrate nelle risposte alle istanze di interpello n. 195 e 196 del 30 giugno 2020, richiamate in premessa, e con la risoluzione 3 luglio 2020, n. 38/E.
  Deve, pertanto, ribadirsi che il riconoscimento del beneficio fiscale spetta anche agli acquirenti delle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche 2 e 3 oggetto di interventi, le cui procedure autorizzatorie siano iniziate dopo il 1° gennaio 2017 ma prima del 1° maggio 2019, ossia prima della data di entrata in vigore della modifica apportata al suddetto comma 1-septies dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, che, come anzidetto, ha esteso la detrazione di cui al comma 1-septies anche agli interventi di riduzione del rischio sismico eseguiti su immobili ubicati nelle zone sismiche 2 e 3.
  Il beneficio si applica anche nel caso in cui l'asseverazione non sia presentata contestualmente alla richiesta del titolo abilitativo ma sia acquisita entro la data di stipula del rogito, con cui si acquista l'immobile oggetto degli interventi di riduzione del rischio sismico.
  È opportuno, altresì, precisare che la suddetta detrazione spetta agli acquirenti sul prezzo di acquisto della singola unità immobiliare.

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ALLEGATO 2

5-05080 Fragomeli: Effetti finanziari derivanti dalla riduzione dell'IVA per i prodotti di protezione dell'igiene femminile.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, richiamando alcune ricerche effettuate nel passato dai promotori di un emendamento riguardante la riduzione dell'aliquota IVA (dal 22 per cento al 5 per cento) su tutti i prodotti di protezione dell'igiene femminile nonché ulteriori e più recenti ricerche svolte dalla Associazione «we world», chiedono che vengano forniti maggiori dettagli circa gli effetti finanziari, in termini di cassa e competenza, generati dalla proposta in argomento.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato dall'articolo 32-ter del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha introdotto, in linea con l'articolo 98 della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 nonché con l'elencazione contenuta nell'Allegato III, categoria 3 della medesima direttiva, l'aliquota IVA ridotta del 5 per cento unicamente alle cessioni di «prodotti per la protezione dell'igiene femminile compostabili secondo la norma UNI EN13432: 2002 o lavabili» e alle «coppette mestruali», requisito quello della compostabilità, che appare collegato a una scelta destinata a stimolarne l'utilizzo in coerenza con esigenze di politica ambientale considerate ugualmente meritevoli.
  Ciò premesso, le ricerche richiamate dagli Onorevoli interroganti ascrivono alla proposta auspicata dagli Onorevoli interroganti una perdita di gettito di circa 60 milioni di euro annui ovvero di circa 72 milioni di euro annui con riferimento alla ricerca svolta dalla Associazione «we world», perdita calcolata sulla base dei dati della società Nielsen e confermati anche dall'ISTAT.
  Deve, tuttavia, evidenziarsi che, con riferimento alle proposte emendative di riduzione dell'aliquota IVA per tutti i prodotti per la protezione dell'igiene femminile, i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria hanno stimato una perdita di gettito valutata in circa 300 milioni di euro annui.
  A tale riguardo si evidenzia che il valore della perdita derivante dalla riduzione delle aliquote sugli assorbenti è stato calcolato a partire da un'indagine in cui si indicava in oltre 22 euro l'importo IVA pagato annualmente da ogni donna in età fertile. Tale valore medio annuo è stato applicato a tutte le donne in età fertile (censimento ISTAT popolazione).
  Pertanto, ai fini dell'accoglimento della proposta auspicata dagli Onorevoli interroganti, sarà necessario trovare idonea copertura degli oneri quantificati dall'Amministrazione finanziaria a carico della finanza pubblica.

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ALLEGATO 3

5-05082 Ungaro: Innalzamento del limite patrimoniale delle Società di investimento semplice.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In relazione al QT in riferimento, inerente alle Società di investimento semplice, si rappresenta quanto di seguito esposto.
  Come noto, l'introduzione nel nostro ordinamento delle Società di Investimento Semplice (SIS) risponde all'esigenza di offrire agli investitori uno strumento di investimento dedicato alla classe di attività del venture capital.
  Esse, infatti, si inseriscono tra gli interventi del legislatore volti ad attrarre sempre di più il mondo del private capital verso il tessuto delle piccole e medie imprese e di quelle in fase di crescita.
  Nello specifico, la struttura della SiS è quella tipica di un fondo di investimento alternativo (cosiddetto FIA) costituito in forma di società di investimento a capitale fisso (cosiddetto Sicaf), che gestisce direttamente ed investe il patrimonio raccolto in PMI non quotate, non facendo ricorso alla leva finanziaria, il tutto disponendo di un capitale sociale almeno pari a quello previsto dal codice civile per le S.p.A. (50.000 euro) ed un patrimonio netto non eccedente la soglia di 25 milioni di euro.
  Trattasi, dunque, di un OICR – organismo di investimento collettivo del risparmio – «sotto-soglia» di tipo chiuso, caratterizzato da una minor complessità operativa, garantita, tra l'altro, anche dalla previsione del richiamato limite di patrimonio netto (che è anche limite di investimento), in ragione della quale la SiS beneficia di un particolare regime di esenzione rispetto alla ordinaria disciplina regolamentare vigente ed applicabile alle Sicaf autorizzate in Italia ai sensi del TUF.
  Nello specifico:

   il Testo Unico dell'intermediazione Finanziaria (TUF), come novellato in seguito all'introduzione della figura della SiS, prevede la disapplicazione, per tale gestore, delle disposizioni attuative di Banca d'Italia e Consob rivolte ai gestori di OICR;

   il set regolamentare cui le SIS sono chiamate a conformarsi risulta sensibilmente più snello rispetto a quanto ordinariamente previsto per i gestori di OICR alternativi, sia «ordinari» (cioè soggetti ad autorizzazione «piena»), sia sotto-soglia (ossia soggetti a deroghe rispetto ai gestori ordinari, in ragione delle ridotte dimensioni dei portafogli gestiti dai medesimi, che non superano la soglia di 100 milioni di euro);

   il suddetto notevole snellimento della disciplina applicabile alle SIS – anche rispetto alla figura semplificata dei gestori sotto-soglia – risulta, in particolare, giustificato dalle esigue dimensioni della raccolta (come detto, patrimonio massimo pari a 25 milioni di euro). Al riguardo, la Relazione Illustrativa all'articolo 27 del Decreto Crescita rappresenta che «in considerazione delle dimensioni ridotte e dei vincoli di operatività, si prevede l'applicazione alla SIS di un regime agevolato rispetto alle altre forme di investimento collettivo disciplinate nel TUF».

  In altri termini, prevedendosi tale limite patrimoniale e, quindi, di investimento, si è voluto prevedere che tali gestori sotto-soglia, almeno inizialmente, mantenessero dimensioni e meccanismi operatività di investimento tali da garantire il mantenimento di quella flessibilità organizzativa e snellezza operativa necessari al miglior perseguimento del loro oggetto sociale tipico.
  Parimenti, qualora si fosse optato per un limite patrimoniale più elevato, sarebbe stato necessario prevedere una differente e più onerosa disciplina circa l'organizzazione e le funzioni interne, deviando dall'intento Pag. 131 per il quale il nuovo veicolo è stato concepito.
  Ciò premesso e considerato, fermo il costante impegno del Governo a prevedere misure che consentano una più agevole e diversificata raccolta di capitali in particolare a favore delle piccole e medie imprese, non è escluso in futuro, una volta avuti dati circa la raccolta ed i risultati conseguiti su un arco temporale significativo, di prevedere modifiche alla disciplina in materia, laddove le stesse possano risultare effettivamente idonee a consentire una maggiore e più efficace capitalizzazione delle PMI.

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ALLEGATO 4

5-05083 Covolo: Rinvio dell'applicazione del nuovo metodo di calcolo della Tari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alle disposizioni concernenti il termine per la determinazione delle tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva, ossia l'articolo 1, comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e l'articolo 107, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
  In particolare, gli interroganti si soffermano sul comma 5, del medesimo articolo 107, ai sensi del quale «i comuni possono, in deroga all'articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l'anno 2019, anche per l'anno 2020, provvedendo entro il 31 dicembre 2020 alla determinazione e approvazione del piano economico finanziario del servizio rifiuti (PEF) per il 2020. L'eventuale conguaglio tra i costi risultanti dal PEF per il 2020 ed i costi determinati per l'anno 2019 può essere ripartito in tre anni, a decorrere dal 2021».
  Gli Onorevoli interroganti segnalano che ARERA, con la deliberazione n. 158 del 2020 ha adottato delle misure di tutela per le utenze non domestiche soggette a sospensione, prevedendo la riduzione della quota variabile della tariffa, agevolazioni tariffarie per altre utenze non domestiche non soggette a sospensione, nonché misure di tutela per le utenze domestiche disagiate.
  I gestori del servizio dovranno redigere il PEF secondo la nuova metodologia di ARERA di cui alla delibera n. 443 del 2019 e tenere conto della menzionata delibera n. 158 del 2020, mentre i comuni dovranno validare il Piano in tempo utile per l'approvazione delle tariffe entro il termine stabilito, pena sanzione amministrativa.
  Gli Onorevoli interroganti rappresentano altresì che la disposizione contenuta nel predetto articolo 107 del decreto-legge n. 18 del 2020 configura «una ripartizione dei conguagli tra costi effettivi e sostenuti e costi determinati in tre anni dal 2021» e conseguentemente «obbliga all'esborso di un servizio maggiorato quest'anno, così trascurando il periodo di emergenza in corso».
  Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono se non si intenda rinviare l'applicazione del nuovo Metodo Tariffario Rifiuti (MTR) e quali misure si intendono intraprendere per l'anno in corso, al fine di evitare che la riduzione prevista per le attività produttive non gravi sui bilanci familiari, comunali e dei gestori del servizio.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si osserva quanto segue.
  Giova, preliminarmente, osservare che, in merito alle misure volte a evitare che la riduzione prevista per le attività produttive non risulti eccessivamente gravosa, la stessa ARERA nella citata Delibera n. 158, adottando le opportune misure di tutela per le utenze non domestiche soggette a sospensione per emergenza COVID-19, ha comunque evidenziato che restano ferme «le prerogative già attribuite dalla legge 147/13 agli Enti locali in materia di riduzioni ed esenzioni tariffarie».
  Resta impregiudicata quindi la possibilità, già riconosciuta ai comuni dal comma 660 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, di deliberare con proprio regolamento riduzioni ed esenzioni la cui relativa copertura va, però, assicurata attraverso il ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale degli stessi enti.
  Occorre, anche, ricordare che le misure di tutela di cui alla citata Delibera n. 158 Pag. 133possono essere coperte attraverso il ricorso alla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA), utilizzando lo strumento dell'anticipazione sul 2020 dell'importo relativo al minor gettito derivante dall'applicazione da dette misure, anticipazione da restituire entro un periodo massimo prestabilito comunque non superiore a 3 anni. Pertanto, l'applicazione delle misure previste da ARERA potrebbe determinare la necessità di ripartire sulla platea dei contribuenti il minor gettito connesso alla riduzione della parte variabile.
  Per quanto riguarda il riferimento alla «ripartizione dei conguagli tra costi effettivi e sostenuti e costi determinati in tre anni dal 2021», prevista dal comma 5, ultimo periodo, del citato articolo 107 del decreto-legge n. 18 del 2020, che, a parere degli Onorevoli interroganti determinerebbe l'esborso di un servizio maggiorato quest'anno, così trascurando il periodo di emergenza in corso, deve rilevarsi che l'articolo 106 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha istituito un fondo anche per i comuni proprio al fine di concorrere ad assicurare agli enti locali le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali per l'anno 2020, tenendo conto della possibile perdita di entrate connesse all'emergenza COVID-19, compresa la TARI.
  Dette somme, quindi, proprio in considerazione dell'emergenza in corso, consentono ai comuni di mantenere in equilibrio il PEF 2020 e conseguentemente di ridurre il relativo onere a carico sugli utenti TARI, nelle annualità successive, in sede di determinazione e ripartizione dei conguagli nei tre anni successivi, ai sensi del menzionato articolo 107 del decreto-legge n. 18 del 2020.