CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 1 agosto 2019
232.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-02660 Cattaneo: Iniziative per attribuire la natura facoltativa agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti lamentano i gravi ritardi che si stanno verificando nella messa a disposizione degli strumenti necessari per l'applicazione degli ISA, ossia degli indici sintetici di affidabilità.
  In particolare, a parere degli Interroganti, devono segnalarsi le ultime anomalie riscontrate in relazione al software di elaborazione degli indici, che potrebbero determinare disagi in ordine agli adempimenti posti a carico dei contribuenti, e, pertanto, in relazione a tali difficoltà, gli Onorevoli chiedono iniziative, anche normative, volte a rendere facoltativa la compilazione dei modelli ISA per il 2019.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova preliminarmente osservare che gli ISA sono gli indici che l'Amministrazione finanziaria ha messo a punto, con la collaborazione delle categorie interessate, al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili, stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti esercenti attività di impresa, arti o professioni e rafforzare la collaborazione tra questi e l'Agenzia delle Entrate.
  L'adempimento dichiarativo, in tema di ISA, si è molto semplificato rispetto al passato.
  Infatti, i modelli ISA, approvati per il periodo di imposta 2018, paragonati ai modelli studi di settore approvati per l'annualità 2015, mostrano una rilevante contrazione delle informazioni richieste.
  Tale percorso di semplificazione rappresenta, peraltro, solo un primo passo verso una più consistente riduzione degli adempimenti, posto che il cosiddetto «decreto crescita» ha previsto che, a partire dal periodo di imposta 2020, dai modelli da utilizzare per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli indici, sono esclusi i dati già contenuti negli altri quadri dei modelli di dichiarazione previsti ai fini delle imposte sui redditi.
  La modulistica relativa ai complessivi 175 ISA, in applicazione per il periodo d'imposta 2018, è stata approvata con Provvedimento del 30 gennaio 2019 ed è stata contestualmente pubblicata sul sito internet dell'Agenzia delle entrate.
  Con Provvedimento 10 maggio 2019, sono stati definiti i termini di accesso al regime premiale, previsto al comma 11 dell'articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 2017, n. 96.
  A partire dal 10 giugno 2019, è stato reso possibile, attraverso i servizi telematici approntati allo scopo, lo scarico, sia puntuale che massivo, degli ulteriori dati (cosiddetti «precalcolati») necessari all'applicazione degli ISA.
  A partire dalla stessa data, è stato pubblicato, sul sito internet dell'Agenzia, il software «Il tuo ISA 2019», successivamente riaggiornato per migliorarne le funzionalità.
  Tanto premesso, in merito alla richiesta degli Onorevoli interroganti di rendere facoltativa l'applicazione degli ISA per il 2019, deve osservarsi che il concetto di «sperimentalità» meglio si addice a strumenti dell'accertamento in essere nel passato, quali gli studi di settore, per i quali, a fronte dell'adempimento formale dichiarativo, non era previsto lo stesso sistema di Pag. 62regole «premiali» che, invece, accompagna i contribuenti soggetti alla dichiarazione ISA, che conseguano punteggi di affidabilità elevati.
  Inoltre, qualora si prevedesse un'applicazione «depotenziata» dello strumento ISA, si determinerebbe un indesiderabile effetto di penalizzazione per i contribuenti più virtuosi e un altrettanto non desiderabile effetto «premiante» per i soggetti con minore affidabilità fiscale.
  In particolare, i primi si vedrebbero privati della possibilità di accedere ai rilevanti benefici premiali previsti dalla norma istitutiva degli ISA, mentre i secondi non sarebbero adeguatamente individuati ai fini dell'analisi del rischio di evasione fiscale, rispetto alla quale gli ISA costituiscono un efficace strumento, utile a definire specifiche strategie di controllo.
  Tale ultima attività rischierebbe, pertanto, di rivolgersi, indistintamente, a tutta la platea dei contribuenti, in essa compresi i contribuenti più virtuosi.
  Da ultimo si sottolinea che, preso atto dei ritardi e dei disagi che con riferimento agli ISA hanno riguardato i contribuenti e gli operatori del settore, nel cosiddetto «decreto crescita», è stata disposta la proroga al 30 settembre 2019 dei termini dei versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, Irap e Iva, in scadenza dal 30 giugno al 30 settembre 2019, dovuti dai soggetti per i quali sono stati approvati gli ISA, compresi i soggetti ai quali si applica il regime forfetario, il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità e per coloro che determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari.

Pag. 63

ALLEGATO 2

5-02661 Pastorino: Fiscalità agevolata per l'assunzione dei lavoratori domestici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante evidenzia che negli ultimi anni i lavoratori domestici sono cresciuti del 26 per cento a causa della grande presenza di anziani che necessitano di assistenza da parte di badanti e al contempo aumentano anche i cosiddetti caregiver, soggetti spesso invisibili alle istituzioni, che assistono in casa familiari gravemente malati, disabili e affetti da emergenze sociali.
  Pertanto, alla luce di quanto suesposto, l'Onorevole chiede di sapere se, «alla luce di quanto esposto in premessa intenda apportare le modifiche normative in materia fiscale volte a introdurre sgravi contributivi e incentivi fiscali a favore di coloro che assumono badanti, valutando a tal fine anche l'estensione alle famiglie degli incentivi all'assunzione di percettori di reddito di cittadinanza che rappresenterebbe un'ottima misura sia per i datori di lavoro sia per il bilancio dello Stato».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'attuale sistema normativo prevede all'articolo 10, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) una deducibilità dal reddito complessivo, per un importo massimo di 1.549,37 euro l'anno, dei contributi previdenziali ed assistenziali effettivamente versati per gli addetti ai servizi domestici ed all'assistenza personale o familiare, per la parte rimasta a carico del datore di lavoro.
  Deve precisarsi che non è deducibile l'intero importo ma solo la quota rimasta a carico del datore di lavoro dichiarante, al netto della quota contributiva a carico del collaboratore domestico familiare.
  È previsto, inoltre, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera i-septies) del citato TUIR una detrazione dall'imposta lorda pari al 19 per cento delle spese sostenute, per un importo massimo di 2.100 euro l'anno, per gli addetti all'assistenza di persone non autosufficienti. La detrazione spetta al soggetto che ha sostenuto la spesa – anche se non è titolare del contratto di lavoro del personale addetto all'assistenza – per le spese sostenute per gli addetti all'assistenza personale propria o di uno o più familiari indicati nell'articolo 433 del codice civile, anche se non fiscalmente a carico del contribuente.
  Per usufruire dell'agevolazione sono necessari il certificato medico che attesti la condizione di non autosufficienza, da esibire a richiesta dell'amministrazione finanziaria, e le ricevute delle retribuzioni erogate, firmate dall'assistente familiare. Si può usufruire della detrazione se il reddito complessivo è inferiore a 40.000 euro ed anche se le prestazioni di assistenza sono rese da:
   una casa di cura o di riposo;
   una cooperativa di servizi;
   un'agenzia interinale.

  Tuttavia, tale detrazione non spetta per le spese sostenute per i lavoratori domestici (colf) che hanno un inquadramento contrattuale diverso dagli addetti all'assistenza personale e per i contributi previdenziali che sono deducibili dal reddito ai Pag. 64sensi dell'articolo 10, comma 2, del TUIR, sopra richiamato.
  Ciò posto, si rappresenta che, l'eventuale approvazione di modifiche normative volte a introdurre ulteriori incentivi fiscali a favore di coloro che assumono badanti, come auspicato dall'Onorevole interrogante, dovrà tenere conto degli opportuni coordinamenti con le disposizioni normative vigenti.
  Con riguardo alla richiesta di estensione alle famiglie degli incentivi contributivi all'assunzione di percettori di reddito di cittadinanza, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali fa presente che, in via generale nell'ambito del lavoro domestico, appare in parte di difficile attuazione il rispetto delle condizioni per la fruizione dell'incentivo previste dal decreto-legge n. 4 del 2019 e dei principi generali in materia di incentivi all'assunzione.
  L'esclusione del lavoro domestico dalle agevolazioni contributive è tra l'altro fondata sulle particolari caratteristiche fiduciarie di questo tipo di rapporti di lavoro che non favoriscono la stabilità e la continuità dell'occupazione con particolare riguardo alla possibilità di recesso unilaterale del datore di lavoro. Peraltro, nel vigente assetto normativo delle assicurazioni obbligatorie, il lavoro domestico presenta già livelli contributivi significativamente più bassi rispetto al lavoro ordinario.
  Deve, da ultimo, sottolinearsi che le disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019 non prevedono la possibilità di sgravi contributivi anche in caso di assunzioni di lavoratori domestici effettuate a tempo pieno e indeterminato. Ciò perché tra le condizioni legittimanti la fruizione dell'agevolazione l'articolo 8, comma 6 del decreto-legge n. 4 del 2019 espressamente prevede il rispetto delle disposizioni e dei limiti introdotti dai Regolamenti (UE) n. 1407 e 1408 del 2013 e n. 717 del 2014 sugli aiuti di importanza minore.
  Tenuto conto che per gli aiuti di Stato ciò che rileva è che il datore di lavoro beneficiario dello sgravio possa essere considerato, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita, un soggetto che eserciti un'attività economica, si evidenzia che per i datori di lavoro domestico tale condizione di legittimità non risulta applicabile.

Pag. 65

ALLEGATO 3

5-02662 Centemero: Applicazione delle sanzioni iscritte a ruolo da parte dell'Agenzia delle entrate per l'impiego di lavoratori non regolari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito all'ambito di applicazione della definizione agevolata, la cosiddetta rottamazione, con particolare riferimento alla possibilità di ricorrere a tale disciplina nel caso di sanzioni applicate al datore di lavoro per l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalla documentazione obbligatoriamente richiesta per legge.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 2016, n. 225, concernente «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili», disciplina la definizione agevolata (cosiddetta rottamazione) che ha riconosciuto al debitore la facoltà di estinguere il debito contenuto nei carichi affidati agli Agenti della riscossione dal 2000 al 2017, corrispondendo le somme dovute a titolo di capitale ed interessi e di remunerazione degli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione, senza il versamento delle sanzioni comprese in detti carichi e degli interessi di mora.
  La definizione agevolata consente, dunque, l'estinzione del debito contenuto nel singolo carico iscritto o affidato attraverso il pagamento di capitale e interessi, nonché dell'aggio proporzionalmente dovuto su tali somme da pagare e delle spese dovute all'Agente della riscossione per le procedure esecutive e per la notifica degli atti di riscossione; è venuto meno, invece, l'obbligo di pagamento delle sanzioni e degli interessi di mora, configurandosi così un notevole beneficio per il debitore in conseguenza del perfezionamento della definizione.
  Ciò premesso, per quanto di interesse, assume rilievo il comma 10 del richiamato articolo 6, il quale elenca i carichi che non rientrano nell'ambito applicativo della definizione.
  Occorre, al riguardo, tenere conto che ai fini della definibilità di una sanzione iscritta a ruolo – con riferimento alla disciplina relativa alla definizione agevolata – non rileva l'ente creditore (Agenzia delle entrate o altro soggetto) che ha affidato il carico all'agente della riscossione, bensì, esclusivamente la natura della sanzione stessa.
  Il comma 10, dunque, annovera tra i casi in cui non è possibile per il debitore avvalersi della definizione agevolata, alla lettera a), i carichi affidati agli Agenti della riscossione recanti «le risorse proprie tradizionali previste dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE/Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE/Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione», e, alla lettera b), i carichi affidati agli Agenti della Riscossione recanti «le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) n. 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015».
  Sono esclusi, altresì, dalla rottamazione, ai sensi delle lettere c) e d) dello stesso comma 10, i carichi affidati agli Agenti della riscossione recanti rispettivamente i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti e le multe, Pag. 66le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna.
  Infine, la lettera e-bis) – inserita nel testo del medesimo comma 10 in sede di conversione del decreto-legge n. 193 del 2016 – dispone che sono esclusi dalla definizione in parola i carichi affidati all'Agente della riscossione recanti «le altre sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali».
  Da ciò si può desumere che il legislatore ha inteso comprendere nell'ambito di applicazione della definizione agevolata i carichi recanti solo sanzioni pecuniarie amministrativo-tributarie, con conseguente esclusione di quelle non direttamente collegate alle violazioni di norme disciplinanti il rapporto tributario seppur affidate all'Agenzia delle entrate.
  Ne deriva, dunque che non rientrano nell'ambito di applicazione dell'istituto definitorio in parola i carichi relativi a sanzioni irrogate ai sensi della legge n. 689/1981, tra le quali quelle comminate per l'impiego irregolare di lavoro subordinato.
  Al fine di individuare le sanzioni amministrative non tributarie escluse dalla definizione, giova, in ogni caso, evidenziare che l'Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 2/E dell'8 marzo 2017, ha fornito chiarimenti in merito alle modalità di applicazione della disciplina della definizione agevolata, precisando che «non sono definibili le sanzioni amministrative che non appartengono alla giurisdizione tributaria, come circoscritta dalla Corte costituzionale» nella sentenza 14 maggio 2008, n. 130.
  In particolare, con la pronuncia in parola la Consulta – nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria – ha chiarito che «la giurisdizione tributaria deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto e che la medesima non può essere ancorata al solo dato formale e soggettivo, relativo all'ufficio competente ad irrogare la sanzione».
  Alla luce dei suddetti chiarimenti, l'Agenzia delle Entrate nella richiamata circolare, ha incluso fra le sanzioni pecuniarie amministrative non tributarie, e, dunque, non «definibili», le sanzioni ai sensi dei commi 3 e 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, relative all'impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato.

Pag. 67

ALLEGATO 4

5-02663 Ungaro: Interventi sui piani individuali di risparmio (PIR).

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riscontro alle richieste ed alle osservazioni degli onorevoli interroganti, si ricorda, preliminarmente, che i Piani di Risparmio a lungo termine (PIR) sono stati introdotti dalla legge di bilancio per il 2017, laddove sono stati previsti importanti incentivi fiscali a favore degli investitori persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, in relazione ai redditi di natura finanziaria, conseguiti al di fuori dell'esercizio di un'attività di impresa commerciale e derivanti da investimenti detenuti, per almeno cinque anni, nell'ambito di PIR.
  La Legge di Bilancio per il 2019, come noto, prevede per i PIR, costituiti a decorrere dal 1o gennaio 2019, obblighi diversi dalla precedente normativa e, in particolare, due ulteriori vincoli all'investimento. A seguito di tali modifiche gli investimenti cosiddetti «PIR conformi» devono essere composti per almeno il 70 per cento da strumenti finanziari di imprese radicate nel territorio dello Stato, di cui:
   per almeno il 5 per cento in strumenti finanziari, ammessi alle negoziazioni sui sistemi multilaterali di negoziazione, emessi da piccole e medie imprese (PMI);
   per almeno il 5 per cento in quote o azioni di fondi per il venture capital che investono il 70 per cento dei capitali raccolti in PMI;
   per almeno il 30 per cento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.

  Si sottolinea, pertanto, che la finalità delle disposizioni è proprio quella di indirizzare il risparmio delle famiglie verso il finanziamento delle PMI, in quanto lo strumento dei PIR, nella versione originaria, pur canalizzando il predetto risparmio verso le imprese radicate in Italia, aveva raggiunto solo in minima parte le PMI.
  Si evidenzia, inoltre, per quanto riguarda le preoccupazioni circa eventuali conseguenze negative della disciplina in argomento, nonché la richiesta di iniziative per riconsiderare la disciplina in argomento, che il decreto del Ministero dello sviluppo economico, emanato il 30 aprile u.s. (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 maggio) e richiamato dagli onorevoli interroganti prevede, all'articolo 6, che il Ministero stesso, decorsi sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto, provvederà al monitoraggio degli effetti prodotti dalla misura in argomento, dell'entità della raccolta e del numero delle negoziazioni, anche al fine di valutare l'opportunità di ulteriori interventi normativi.