CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 dicembre 2018
117.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01132 Martino: Applicazione del sistema della fatturazione elettronica alle imprese agricole.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti segnalano le difficoltà che, in particolare, gli imprenditori agricoli con volume d'affari superiore a 7.000 euro dovrebbero affrontare per assolvere agli adempimenti connessi all'obbligo di fatturazione elettronica già a partire dal 1o gennaio 2019.
  Gli Onorevoli richiamano un ordine del giorno, accolto dal Governo, in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 119 del 2018 in cui si impegnava a valutare la possibilità «di adottare misure volte ad attenuare l'impatto della fatturazione elettronica sugli imprenditori agricoli, eventualmente prevedendo un eventuale periodo transitorio».
  Pertanto, gli Onorevoli chiedono quali iniziative intendano adottare per venir incontro alle difficoltà evidenziate in ordine all'attuazione degli obblighi di fatturazione elettronica con particolare riferimento al settore agricolo.
  L'Italia è stata autorizzata con decisione di esecuzione (UE) 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018 a introdurre, per il periodo dal 1o luglio 2018 al 31 dicembre 2021, in deroga agli articoli 218 e 232 della direttiva IVA, n. 2006/112/CE, l'obbligo di fatturazione elettronica per le operazioni che intervengono tra soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano diversi dai soggetti passivi che beneficiano della franchigia per le piccole imprese.
  L'autorizzazione alla deroga è stata chiesta ai fini di lotta alla evasione fiscale, di semplificazione degli adempimenti e di efficientamento della riscossione nonché di modernizzazione del sistema produttivo con conseguente riduzione dei costi amministrativi per le imprese.
  Deve, comunque, precisarsi che già il quadro normativo attuale esenta dall'obbligo di fatturazione elettronica i contribuenti che aderiscono al regime «forfettario», dei «minimi» o le imprese agricole di piccole dimensioni.
  L'estensione dell'obbligo di fatturazione elettronica alle operazioni tra privati e verso i consumatori non rappresenta un aggravio di costi per gli operatori economici né per i consumatori stessi.
  Al fine di dare adeguata informazione sulle novità introdotte, infine, è stata pubblicata sul sito internet dell'Agenzia delle entrate una area tematica dove poter consultare una guida operativa, dei video tutorial e tutta la documentazione normativa e di prassi amministrativa emanata in materia.
  Sono state pertanto poste in essere tutte le iniziative utili al fine di avviare il sistema di fatturazione elettronica per tutti gli operatori IVA dal 1o gennaio 2019.
  Inoltre, l'Agenzia delle entrate ha già sviluppato i servizi necessari per la generazione della fattura, la trasmissione della fattura al sistema di interscambio, e l'archiviazione della stessa e li ha resi disponibili gratuitamente ordine.
  Tanto premesso, è opportuno evidenziare che la fatturazione elettronica integra un processo «simmetrico» che vincola – per norma comunitaria – non solo il soggetto emittente ma anche quello ricevente a gestire come elettronica la fattura.
  L'entrata in vigore «differenziata» per operatori IVA introdurrebbe elementi di Pag. 66notevole complessità per gli operatori stessi nella gestione quotidiana delle fatture e, quindi, nei processi amministrativi e contabili ad esse strettamente correlati, con la necessità di individuare – di volta in volta – se il soggetto emittente ovvero quello ricevente rientri nelle categorie per le quali decorre l'obbligo nonché trattare – sulla base delle norme sopra citate – alcune fatture come elettroniche altre come analogiche.
  Infine, si fa presente che un eventuale rinvio anche parziale, escludendo alcuni settori d'impresa, comporterebbe una riduzione del gettito stimato derivante dall'introduzione di tale adempimento, e, pertanto, necessiterebbe di copertura finanziaria.
  L'Agenzia delle entrate ribadisce il suo costante impegno ad adottare tutte le iniziative utili al fine di supportare tutti gli operatori soggetti agli adempimenti di fatturazione elettronica nonché gli intermediari che li assistono.
  A tal riguardo, tra l'altro, è stata definita una procedura di comunicazione telematica che consente di rendere più agevole le modalità di attribuzione delle deleghe agli intermediari per l'utilizzo dei servizi online per conto del cliente.
  La procedura, che consente ad un intermediario di acquisire – in forma massiva e automatizzata – l'abilitazione ai servizi online per conto di tutti i suoi clienti, è stata resa operativa a partire dagli inizi di novembre.

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ALLEGATO 2

5-01133 Trano: Applicazione delle disposizioni volte alla definizione dei debiti con modalità agevolate.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante segnala la sussistenza di incertezza in ordine al perimetro applicativo della disposizione di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 anche agli agenti della riscossione, diversi dall'Agenzia delle Entrate-Riscossione e, pertanto, chiede di chiarire se detta disposizione si applichi «a tutti gli agenti della riscossione, ivi compresi quelli abilitati alla gestione delle attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni».
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 prevede e disciplina la definizione agevolata dei debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1o gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, consentendone l'estinzione, mediante versamento – in unica soluzione ovvero in un massimo di dieci rate – delle sole somme dovute a titolo di capitale e interessi e quelle maturate a favore dell'agente della riscossione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento; non vanno corrisposte, invece, le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
  Ciò posto, con riferimento alla problematica in esame, in relazione alle entrate degli enti territoriali, deve ritenersi che i «carichi» di cui al citato articolo 3 sono solo ed esclusivamente quelli affidati agli Agenti della riscossione, e non anche ai soggetti privati iscritti all'Albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, che agiscono avvalendosi dello strumento dell'ingiunzione fiscale, di cui al regio decreto n. 639 del 1910.
  Pertanto, gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria precisano che la definizione agevolata di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 riguarda le cartelle di pagamento relative ai tributi locali solo nel caso in cui l'ente territoriale abbia affidato l'attività di riscossione agli Agenti della riscossione, quali l'Agenzia entrate riscossione.

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ALLEGATO 3

5-01134 Cavandoli: Procedure di immatricolazione dei veicoli attraverso i modelli F24.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, dopo aver evidenziato le problematiche di alcune categorie di rivenditori di caravan e camper derivanti dalla lunghezza della procedura di immatricolazione dei veicoli (tra 20 e 40 giorni), chiedono di conoscere quali misure si intendano adottare affinché l'Agenzia delle entrate accorci i lunghi tempi di trasferimento dei modelli F24 alla Motorizzazione Civile nei casi in cui i rivenditori, non in possesso del codice di antifalsificazione, siano costretti a ricorrere alla procedura di immatricolazione tramite F24.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Al fine di contrastare il fenomeno delle frodi IVA nel settore del commercio intracomunitario dei veicoli, l'articolo 1, commi da 9 a 11, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, ha previsto che l'immatricolazione in Italia dei veicoli ai quali si riferisce l'interrogazione sia subordinata alla dimostrazione dell'avvenuto versamento dell'IVA. L'Agenzia delle entrate, dunque, mette a disposizione della Motorizzazione Civile i modelli F24 comprovanti il pagamento dell'imposta rappresentando questo un requisito necessario ai fini dell'immatricolazione dei veicoli.
  Con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 25 ottobre 2007, sono state approvate le modalità operative per l'applicazione delle citate disposizioni, prevedendo, tra l'altro, che il versamento dell'IVA avvenga tramite modello F24 nel quale è indicato anche il numero di telaio del veicolo in modo da correlare univocamente al medesimo veicolo il pagamento dell'IVA dovuta.
  In proposito, il medesimo provvedimento, al punto 1.2, prevede che i versamenti debbano essere effettuati entro il nono giorno lavorativo antecedente alla richiesta di immatricolazione del veicolo, individuando sostanzialmente in nove giorni lavorativi il tempo per procedere al trasferimento dei dati alla Motorizzazione.
  Al riguardo, si fa presente che la procedura di verifica del pagamento dell'IVA da parte dell'Agenzia delle entrate non può che iniziare dopo che gli intermediari della riscossione (banche, Poste, agenti della riscossione e altri prestatori di servizi di pagamento) abbiano trasmesso all'Agenzia delle entrate i flussi informativi telematici contenenti i dati analitici dei modelli F24 presentati dai contribuenti.
  Ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, la trasmissione dei suddetti flussi informativi deve avvenire entro il quinto giorno lavorativo dalla data di presentazione del modello F24 da parte del contribuente. L'elaborazione dei modelli F24, la verifica della congruità del pagamento dell'IVA e lo scambio dati con la Motorizzazione Civile da parte dell'Agenzia delle entrate vengono effettuati entro i due giorni lavorativi successivi alla trasmissione dei flussi da parte degli intermediari.
  Pertanto, lo svolgimento della procedura è effettuato complessivamente, di norma, in sette giorni lavorativi, meno, Pag. 69dunque, dei nove giorni individuati dal provvedimento citato.
  La tempistica descritta non può, pertanto, essere ulteriormente ridotta in quanto cinque giorni lavorativi sono riservati, come precisato, alla rendicontazione dei modelli F24 da parte degli intermediari e gli altri due giorni lavorativi rappresentano tempi tecnici incomprimibili per lo svolgimento delle procedure informatiche.

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ALLEGATO 4

5-01114 Osnato: Responsabilità dell'operatore doganale con rappresentanza indiretta per dichiarazioni d'intento false o incomplete.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, nel richiamare la precedente interrogazione in Commissione Finanze n. 5-00653 in tema di responsabilità del rappresentante indiretto per dichiarazione d'intento falsa o incompleta per operazioni doganali, chiedono, in merito, ulteriori chiarimenti anche con riferimento all'accessibilità alla banca dati delle dichiarazioni d'intento che l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli al fine di dispensare dalla consegna in dogana della documentazione cartacea relativa alle dichiarazioni medesime.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Con riferimento all'articolo 77 del Codice Doganale Unionale – che a parere degli Onorevoli interroganti si riferirebbe unicamente ai dazi doganali e non anche all'IVA all'importazione – si ribadisce che, a prescindere dalla chiara definizione data dall'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973 secondo il quale sono diritti doganali tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge in relazione alle operazioni doganali (il che comporta l'inclusione dell'IVA all'importazione tra i diritti doganali), l'articolo 89 del citato CDU precisa che la garanzia per l'obbligazione doganale deve coprire «... l'importo del dazio all'importazione o all'esportazione e gli altri oneri dovuti in relazione all'importazione o all'esportazione delle merci...».
  L'IVA all'importazione è, dunque, un diritto doganale ed il rappresentante indiretto ne risponde in via principale a titolo di debitore, seppur in solido con il soggetto rappresentato, ai sensi di quanto previsto dal citato articolo 77 del CDU, ex articolo 201, punto 3, del Regolamento (CE) n. 2913/1992.
  In ordine, poi, alla corretta interpretazione dell'articolo 8, comma 3, della legge n. 213 del 2000 citato nella risposta all'atto di sindacato ispettivo precedentemente fornita, non può che richiamarsi quanto affermato dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, da ultimo Cass. Civ. sez. V, Ordinanza n. 9455 del 18 aprile 2018.
  Nella pronuncia in esame, i giudici di legittimità hanno precisato che, in presenza di una dichiarazione di intento rivelatasi mendace, la responsabilità, ai fini impositivi, è ascrivibile non solo all'importatore, ma anche al suo rappresentante indiretto, posto che «... l'obbligazione IVA deriva dall'importazione e non dalla dichiarazione di intenti e, dunque, ha ad oggetto un diritto di confine, che deve essere accertato e riscosso al momento in cui si verifica il presupposto impositivo, costituito dall'importazione, mentre la sospensione di imposta di cui al citato articolo 8 [ndr articolo 8, comma 1, lettera c) e comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972] non riguarda la sussistenza del debito IVA (la sua responsabilità) poiché attiene esclusivamente alla sua esecutività (ossia alla possibilità di essere soddisfatta mediante compensazione)».
  Quanto alle criticità legate alla corretta funzionalità del sistema telematico gestito dall'Agenzia delle entrate per la trasmissione delle dichiarazioni d'intento ed alla Pag. 71disponibilità della relativa banca dati da parte dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli appare opportuno fornire i seguenti chiarimenti.
  L'obbligo di trasmissione telematica per il prestatore o cedente, che riceve dal proprio cliente una dichiarazione d'intento, è stato introdotto nel nostro ordinamento dall'articolo 1, comma 381, dalla legge 30 dicembre 2004 n. 311, con la specifica finalità di contrastare i fenomeni di frode, «facendo in modo che il cedente dia notizia all'ufficio finanziario delle cessioni che effettua senza applicazione dell'imposta nei confronti dei propri clienti». Tale disciplina è stata, successivamente, modificata dall'articolo 20 del decreto legislativo 21 novembre 2014 n. 175 che, per esigenze di semplificazione fiscale, ha spostato l'adempimento di trasmissione sul soggetto cessionario, con obbligo di verifica telematica da parte del cedente, pena una sanzione amministrativa in misura fissa da 250 a 2000 euro.
  Coerentemente con la finalità della norma, l'invio della dichiarazione d'intento consente all'amministrazione finanziaria di conoscere, in tempo reale, gli esportatori abituali, o presunti tali, che richiedono l'emissione di fatture ex articolo 8, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e tale circostanza agevola la tempestività dell'attività di controllo.
  Il protocollo di ricezione rilasciato dall'Agenzia delle entrate al momento della trasmissione è funzionale, quindi, solo alla verifica, da parte del cedente, dell'effettiva trasmissione della dichiarazione da parte del cessionario, ma non equivale ad un'autorizzazione e non presume alcun tipo di controllo a priori sull'eventuale plafond disponibile o sulla reale qualifica di esportatore abituale.
  Per la verifica della legittimità della dichiarazione d'intento presentata occorre necessariamente un controllo contabile, mirato a verificare la sussistenza, in capo al soggetto cessionario, dei requisiti di cui all'articolo 1, primo comma, lettera a) del decreto-legge 26 dicembre 1983, n. 746 e l'entità del relativo plafond disponibile.
  In merito alla disponibilità della banca dati delle dichiarazioni di intento in favore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, l'Agenzia delle entrate, nel rispetto dei termini di legge, ha reso disponibile detta banca dati, quotidianamente aggiornata con le dichiarazioni trasmesse tramite i servizi telematici dell'Agenzia delle Entrate, alla quale accedono costantemente i servizi di consultazione dell'Agenzia delle Dogane.

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ALLEGATO 5

5-01112 Bignami: Criticità nella gestione delle fatture elettroniche emesse dai consulenti tecnici d'ufficio (CTU).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli onorevoli interroganti segnalano talune criticità concernenti le procedure di emissione e pagamento delle fatture da parte dei consulenti tecnici d'ufficio, chiamati ad assistere il giudice nelle controversie giudiziarie.
  Gli interroganti rappresentano che, con circolare n. 9/E del 7 maggio 2018, l'Agenzia delle entrate ha indicato le nuove modalità di fatturazione dei compensi dei consulenti tecnici d'ufficio (CTU). Da tale interpretazione, emerge che tutte le fatture emesse dal CTU per il pagamento degli onorari stabiliti dal giudice, sia a società ed enti pubblici, sia a privati, devono essere intestate all'amministrazione della giustizia (il tribunale di riferimento), committente non esecutrice del pagamento, con « solutio» a carico della parte onerata dal giudice.
  Tuttavia, dalle segnalazioni pervenute al Ministero della giustizia, risulta che tali modalità creano numerose criticità, in quanto tali fatture, che pervengono agli uffici giudiziari con sistema di gestione contabile SICOGE, risultano come crediti inestinti, poiché pagate da terzi. Il sistema SICOGE consente, infatti, la chiusura automatica delle fatture pagate, ma non di quelle non pagate, le quali devono essere chiuse tramite operazione manuale. Ciò affinché il relativo credito possa risultare estinto sulla piattaforma del credito (Pcc) gestita dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono quali siano le tempistiche per risolvere le criticità di cui in premessa, nonché quali siano le soluzioni operative individuate per superare tali evidenti criticità.
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  La prestazione del consulente tecnico d'ufficio (CTU) è commissionata dal giudice, il quale liquida il compenso con apposito decreto, che dispone il pagamento della relativa somma a carico delle parti in giudizio, dando mandato alla cancelleria di notificare detto decreto al CTU stesso e alle parti interessate.
  In merito alla liquidazione degli onorari, delle indennità e delle spese per il CTU, nonostante la disciplina normativa, nel tempo, abbia subito diverse modifiche, non sono stati intaccati i principi ispiratori della disciplina stessa, individuati in svariate pronunce giurisprudenziali in cui è stata ribadita la prevalenza della natura pubblicistica dell'incarico (Cass., 22 settembre 2011, n. 19399, Cass., 6 agosto 2014, n. 17708, Cass. 15 ottobre 2015, n. 20878).
  In linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza, l'Amministrazione finanziaria, nella circolare n. 9 del 19 febbraio 1982 ha chiarito che il CTU deve ritenersi obbligato ad esercitare la rivalsa ex articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e ad emettere fattura ai sensi del successivo articolo 21 del citato Presidente della Repubblica n. 633 nei confronti dell'Amministrazione della giustizia. In altre parole, il CTU, a norma degli articoli 18 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, deve emettere fattura nei confronti del Tribunale (o altro Pag. 73organo dell'Amministrazione giudiziaria) dal quale ha ricevuto il mandato professionale, avendo cura di evidenziare nella quietanza della fattura che il pagamento dell'ammontare è effettuato dalle parti (o dalla parte) individuata con provvedimento del giudice.
  Ponendosi nel solco della precedente prassi, con riferimento alla disciplina della scissione dei pagamenti (cosiddetto split payment), la circolare n. 9 del 7 maggio 2018 dell'Agenzia delle entrate ha precisato che, nel caso della consulenza tecnica d'ufficio disposta dal giudice, la PA (Amministrazione della Giustizia), pur essendo riconducibile nell'ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del CTU. Tale circostanza, nonché esigenze di semplificazione dei pagamenti spettanti al CTU, hanno indotto ad escludere l'applicabilità nelle fattispecie in esame della disciplina della scissione dei pagamenti di cui all'articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  L'orientamento dell'Amministrazione Finanziaria, sopra riportato, è stato confermato dal Ministero della giustizia.
  Tuttavia, come sopra evidenziato dagli Onorevoli interroganti, nella circolare del 26 settembre 2018, il Ministero della giustizia ha rappresentato di essere stato destinatario di numerose segnalazioni, pervenute, sia da parte degli uffici giudiziari sia da parte dei CTU, con riferimento a criticità nella gestione delle fatture elettroniche mediante il sistema SICOGE.
  Alla luce di quanto rappresentato, posto che le problematiche sollevate non attengono a profili di natura prettamente fiscale, bensì di natura ragionieristica-contabile, l'Agenzia delle entrate ha prontamente interpellato sul tema il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, per operare congiuntamente al fine di individuare soluzioni che consentano il superamento delle difficoltà operative che il sistema contabile SICOGE ha manifestato nella gestione delle fatture dei CTU.
  Pertanto, sono attualmente in corso le necessarie interlocuzioni tra i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria ed il Ministero della giustizia, al fine di risolvere al più presto le criticità prospettate dagli Onorevoli interroganti.

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ALLEGATO 6

5-01113 Ruggiero: Iniziative in materia di educazione finanziaria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Nell'ambito del Censimento 2018 sulle iniziative di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale in Italia, le evidenze preliminari (i dati sono riferiti al 24 settembre 2018) hanno messo in luce, in relazione al triennio 2015-2017, che si è ottenuta un'offerta di quasi 200 iniziative, prodotte con il coinvolgimento di circa 225 soggetti.
  Il censimento è stato promosso dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria nell'ambito dell'attuazione della Strategia Nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Tra i principali promotori, rilevano gli intermediari, il terzo settore e il settore pubblico (che ricomprende le Autorità di supervisione).
  La raccolta dei dati, avviata ad aprile 2018, è ora in fase conclusiva.
  Delle iniziative segnalate, il 47 per cento è stato indirizzato ad adulti, il 43 per cento a studenti e le restanti a imprese e lavoratori. Il principale target nei programmi scolastici sono gli studenti delle scuole superiori, mentre le iniziative per gli adulti sono principalmente rivolte a una platea generalista.
  L'indagine documenta una frammentazione ed una eterogeneità dell'offerta, come riportato nella relazione sullo stato di attuazione della strategia nazionale per l'educazione finanziaria – già trasmessa ai Presidenti delle Camere dal Ministro Tria in data 12 ottobre 2018, alla quale si rimanda per specifici dettagli – in linea con quanto emerso anche per il triennio precedente: circa i tre quarti delle iniziative hanno raggiunto un numero di beneficiari inferiore alle 1.000 unità.
  La valutazione di efficacia dei programmi resta un punto da affinare per la bontà dell'offerta; circa la metà delle iniziative, infatti, è soggetta a monitoraggio, che tuttavia si limita, in molti casi, alla rilevazione del solo numero dei partecipanti o del loro gradimento dell'iniziativa.
  Si segnala che, una volta completata l'analisi dei dati, l'elenco completo delle iniziative e il rapporto verranno pubblicati sul portale nazionale dell'educazione finanziaria http://www.quellocheconta.gov.it.
  È interessante mettere un accento sul primo «Mese dell'educazione finanziaria», svoltosi nello scorso mese di ottobre, grazie al quale è stato possibile sperimentare una prima forma di coordinamento, anche auspicato dagli onorevoli interroganti, che nel 2018 ha registrato 350 iniziative in 120 città diverse, con il coinvolgimento di 197 istituzioni e organizzazioni pubbliche e private.
  Anche il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, interpellato al riguardo, ha sottolineato che nel corso di tale mese sono state realizzate in tutta Italia, molte azioni di informazione e sensibilizzazione sui comportamenti corretti nella gestione e programmazione delle risorse personali e familiari.
  Il Mese si è aperto con la Settimana mondiale dell'investitore (« World Investor Week») ed è terminato il 31 ottobre, giornata mondiale del risparmio. Si sono svolti incontri, workshop, seminari e lezioni focalizzati sui temi del risparmio, degli investimenti, delle assicurazioni e della previdenza e rivolti a una diversificata categorie di persone. Tra gli eventi con un focus specifico, quasi 60 quelli destinati alle donne e 189 agli studenti.Pag. 75
  Come si evince, infine, dalla citata relazione al Parlamento, confrontandosi con le esperienze di analoghe istituzioni avviate in altri Paesi, si sta valutando la possibilità di istituire una struttura permanente quale segreteria tecnico-amministrativa del Comitato, senza oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche, per dare un migliore coordinamento alle iniziative ed alle strategie nazionali adottate per l'auspicato accrescimento del livello di alfabetizzazione finanziaria nella popolazione.

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ALLEGATO 7

5-01115 Ungaro: Estensione di benefici fiscali ai lavoratori impatriati.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alla disciplina fiscale di favore prevista dalla legge con la legge 30 dicembre 2010, n. 238 per richiamare in Italia i «talenti che lavoravano all'estero».
  Gli Onorevoli evidenziano che con il decreto legislativo n. 147 del 2015 è stato ha introdotto un «regime speciale per i lavoratori impatriati», meno conveniente rispetto a quello declinato nella cennata legge n. 238 e, pertanto, chiedono al Governo «se non ritenga opportuno promuovere una semplificazione del regime agevolativo descritto in premessa adottando iniziative per estendere i benefici fiscali come già previsti dalla legge n. 238 del 2010, ad oggi parzialmente abrogata, anche ai cittadini in possesso di diploma di studio di scuola media di II grado e ampliando i beneficiari con riferimento ai casi in cui si acquisti un immobile da destinare ad abitazione principale, ovvero si contragga matrimonio o unione civile, al fine di incentivare chi realmente intende trascorrere la propria vita nel nostro Paese».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova preliminarmente richiamare il quadro normativo di riferimento.
  La menzionata legge n. 238 del 2010, nel disciplinare le agevolazioni fiscali per il rientro dei lavoratori e degli studenti in Italia, aveva previsto una riduzione dell'imponibile con riferimento ai redditi di lavoro dipendente, d'impresa e di lavoro autonomo nella misura dell'80 per cento per le donne e del 70 per cento per gli uomini, a beneficio di cittadini dell'Unione europea che, a partire dal 20 gennaio 2009 fossero rientrati in Italia, trasferendovi la propria residenza e il proprio domicilio entro 3 mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività, in presenza di precise condizioni espressamente dettagliate dal legislatore.
  Le predette agevolazioni fiscali sono state concepite comunque come transitorie.
  Infatti, il termine originario era stato fissato al 2013 e, successivamente, è stato prorogato al 2015 dall'articolo 29, comma 16-quinquies, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (cosiddetto decreto «Milleproroghe»).
  Da ultimo, è intervenuto l'articolo 10, comma 12-octies, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 al fine di prorogare, ulteriormente, sino al 2017, il termine di vigenza delle agevolazioni in commento.
  Detta disciplina è stato tuttavia abrogata dall'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo n. 147 del 2015, che, contestualmente, ha introdotto un nuovo regime agevolativo in base al quale, a decorrere dall'anno di imposta 2016, verificandosi le condizioni richieste dalla medesima disposizione, il reddito prodotto in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 70 per cento del suo ammontare per l'anno di imposta 2016 e al 50 per cento del suo ammontare a partire dall'anno di imposta 2017, in virtù della novella contenuta nell'articolo 1, comma 150, lettera a), n. 2, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.Pag. 77
  Il comma 4 dell'articolo 16 ha previsto, inoltre, un regime transitorio per i soggetti beneficiari delle agevolazioni di cui alla predetta legge n. 238 del 2010 stabilendo che gli stessi continuano ad applicare, per il biennio 2016-2017, come regime naturale, le disposizioni di cui alla medesima legge n. 238 e alle condizioni ivi stabilite, purché siano rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015; in alternativa e su opzione, i medesimi soggetti possono applicare il «regime degli impatriati» di cui al predetto articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 per il quinquennio 2016-2020.
  La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017), riscrivendo il citato articolo 16, oltre ad incrementare al 50 per cento la misura dell'abbattimento, ha previsto che l'agevolazione in esame si renda applicabile anche sui redditi di lavoro autonomo estendendo altresì l'agevolazione ai soggetti extracomunitari in possesso di un diploma di laurea che hanno svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o d'impresa fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi, ovvero che hanno svolto continuativamente un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream.
  Da ultimo, con l'articolo 8-bis del decreto-legge n. 148 del 2017, convertito dalla legge n. 172 del 2017, derogando alle disposizioni contenute nel secondo periodo del comma 4 del citato articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, è stato stabilito che, per il periodo d'imposta 2016, restano applicabili le disposizioni di cui alla legge 30 dicembre 2010, n. 238 e che l'opzione esercitata ai sensi del comma 4 dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 produce effetti per il quadriennio 2017-2020.
  Ciò posto, si rappresenta che la richiesta degli Onorevoli interroganti di adottare iniziative per estendere i benefìci fiscali dalla legge n. 238 del 2010 anche ai cittadini italiani in possesso di diploma di studio di scuola media di II grado, nonché nei casi in cui si acquisti un immobile da destinare ad abitazione principale, ovvero si contragga matrimonio o unione civile presenterebbe non poche criticità applicative tenuto conto della necessità di definire la platea dei destinatari dell'agevolazione.
  Occorrere chiarire se i benefìci riguardino i soli cittadini rientrati in Italia fino al 2015, oppure si riferiscano anche a coloro che vi fanno rientro a partire dal 2016.
  In questa seconda ipotesi, la richiesta degli Onorevoli interroganti comporterebbe di fatto il venir meno del «regime degli impatriati» di cui al decreto legislativo n. 147 del 2015, in quanto meno favorevole.
  Peraltro, in merito alle agevolazioni contenute nella legge n. 238 del 2010, è opportuno segnalare che la Commissione europea ha sollevato delle censure per violazione del principio di eguaglianza tra uomini e donne, dal momento che la disciplina in questione prevede una diversa percentuale di non concorrenza del reddito alla formazione della base imponibile dell'IRPEF fra uomini e donne.