CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 novembre 2018
87.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Indagine conoscitiva sulla politica estera energetica dell'Italia tra crisi regionali e rotte transcontinentali.

PROGRAMMA DELL'INDAGINE CONOSCITIVA

  L'indagine intende delineare un quadro coerente ed oggettivo sulla politica estera dell'Italia declinata in chiave di strategia energetica, verificandone priorità ed implicazioni geopolitiche nella prospettiva dell'interesse nazionale.
  L'evoluzione delle relazioni internazionali ha evidenziato una volta per tutte come la tematica energetica, tanto più di un Paese economicamente avanzato come l'Italia, sia parte integrante e qualificante della sua politica estera.
  Il nostro Paese, pur trovandosi in una posizione di prossimità geografica rispetto alle ingenti risorse presenti in Nord Africa, in Medio Oriente e nell'Eurasia, presenta in questo campo profili di vulnerabilità, per lo più connessi all'instabilità che segna ormai da anni il clima geopolitico di tali regioni.
  L'indagine sarà quindi orientata a definire il posizionamento internazionale e regionale dell'Italia rispetto alla sua strategia energetica, valutando le potenzialità del nostro Paese come possibile snodo energetico europeo, in un'ottica di diversificazione e partendo dalle connessioni già esistenti con Paesi della sponda sud del Mediterraneo, come Algeria e Libia, e dall'impatto delle rilevanti scoperte nel bacino del Levante tra Israele, Cipro ed Egitto.
  Anche il versante euroasiatico rappresenterà un focus di approfondimento nella consapevolezza dell'importanza delle relazioni con attori come la Russia e la Cina, sia a livello bilaterale sia in ragione di progetti transcontinentali come la «Nuova Via della Seta», lanciata da Pechino.
  L'attività d'indagine si articolerà principalmente in audizioni di soggetti rilevanti ai fini dei temi trattati e, ove necessario, in sopralluoghi al di fuori della sede parlamentare di cui sarà di volta in volta richiesta l'autorizzazione al Presidente della Camera.

Termine dell'indagine:

31 dicembre 2019

  Soggetti da audire:
   Ministri e rappresentanti dei dicasteri competenti;
   rappresentanti diplomatici italiani ed esteri;
   dirigenti dell'AISE;
   autorità garante per l'energia;
   rappresentanti di imprese multinazionali;
   esponenti della società civile;
   analisti ed esperti.

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ALLEGATO 2

Sugli esiti della missione svolta a New York in occasione della 73a Sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU (24 settembre – 1o ottobre 2018).

COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE

  Una delegazione bicamerale ha preso parte in qualità di osservatrice alla settimana inaugurale della 73a Assemblea Generale dell'ONU, svoltasi a New York dal 24 settembre al 1o ottobre 2018. Per la Camera la delegazione era guidata dalla presidente della III Commissione, Marta grande, ed era composta per la maggioranza da Paolo Formentini, capogruppo della Lega, e per l'opposizione da Lia Quartapelle, capogruppo del Partito Democratico. Per il Senato la delegazione, guidata dalla vicepresidente del Senato, Paola Taverna, ha visto la partecipazione del presidente della 3a Commissione, Enrico Petrocelli, e dei senatori Toni Iwobi (Lega) e Enrico Aimi (Forza Italia).
  Come di consueto, la delegazione ha assistito, insieme alla compagine governativa, agli interventi dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle Nazioni Unite che si sono avvicendati durante tutta la settimana a partire dagli interventi del Brasile, dell'Ecuador e degli Stati Uniti. In parallelo la delegazione ha seguito un'agenda di incontri bilaterali, composta sulla base di richieste concordate d'intesa tra le due Camere, con delegazioni governative o parlamentari di singoli Paesi e con alti funzionari delle Nazioni Unite esponenziali o responsabili di specifiche Agenzie e piattaforme tematiche sviluppate dalle Nazioni Unite. Inoltre, la delegazione, sempre in veste di osservatrice, ha partecipato a taluni side event organizzati o co-sponsorizzati dal Governo italiano.
  Uno degli obiettivi di interesse saliente ai fini della composizione della agenda di incontri della delegazione parlamentare è stata la comprensione della strategia delle Nazioni Unite nella lotta contro il traffico di esseri umani e l'immigrazione illegale in particolare.
  In tale contesto, la delegazione ha incontro il russo Yuri Fedotov, Under-Secretary General e Direttore Esecutivo dell'Agenzia specializzata nella lotta contro il crimine organizzato transnazionale, l'UNODC, cui si deve la pubblicazione nel 2018 del primo rapporto di analisi scientifica sulle reti criminali internazionali che gestiscono l'immigrazione clandestina.
  Nel corso del colloquio con la delegazione, introdotto dalla presidente Grande (che ha ricordato il numero di morti in mare e di arrivi di migranti tra il 2016 e il 2017, con tutte le drammatiche ripercussioni sul piano politico e sociale), il Direttore Fedotov ha sottolineato la centralità dell'Italia per il lavoro dell'Organizzazione, considerato che il nostro Paese rientra tra i cinque maggiori donatori, con 5 milioni di euro versanti per l'anno in corso. Fedotov ha ricordato che la tradizionale vicinanza dell'Italia al lavoro dell'UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) è soprattutto legata alla Convenzione di Palermo, moralmente connessa alla figura del giudice Giovanni Falcone, segnalando che purtroppo taluni Protocolli alla Convenzione non sono ancora del tutto attuati. In vista della Conferenza delle Parti per il replenishment dei fondi, Fedotov ha sostenuto che l'Italia è decisiva per il buon funzionamento di questo strumento di diritto internazionale e ha quindi insistito sul mantenimento di un forte impegno finanziario da parte Pag. 14dell'Italia. Passando al tema dell'immigrazione e del controllo dei confini contro il traffico di esseri umani, temi prioritari per l'UNODC, Fedotov ha lamentato la difficoltà di incidere sullo scenario libico per l'impossibilità di operare in loco per svolgere il compito d'istituto di formazione delle forze dell'ordine locali, dovendo purtroppo operare dall'Egitto. In ogni caso per l'Organizzazione l'impegno nell'azione di contrasto va di pari passo con il rispetto dei diritti umani. Fedotov ha evidenziato il carattere innovativo del Rapporto stilato dall'UNODC, che rappresenta una prima esperienza di ricerca scientifica sul tema. Ha segnalato che l'Organizzazione supporta il Processo di Rabat ed è impegnata nella lotta contro il crimine organizzato transnazionale in quanto precondizione per uno sviluppo sostenibile. Ha, quindi, informato la delegazione che l'Organizzazione sta attraversando una fase di riforma sotto la direzione dell'attuale Segretario Generale delle Nazioni Unite.
  Rispondendo a un quesito dell'onorevole Quartapelle, ha osservato che gli strumenti giuridici contro l'immigrazione illegale sono importanti ma non sono di per sé sufficienti. Essi vanno integrati dalle leve della formazione delle forze preposte al law enforcement, dal capacity building soprattutto nelle regioni di origine e transito, in Africa e in Medioriente.
  Sul tema dei rimpatri, proposto dal senatore Aimi che ha citato la cifra degli oltre 600 mila clandestini presenti in territorio italiano e ha auspicato un sostegno da parte dell'Organizzazione per creare consenso da parte dei Paesi di origine, Fedotov ha sollevato dubbi sulla praticabilità dei rimpatri con la forza degli strumenti internazionali, dovendosi distinguere tra le diverse tipologie di migranti. L'Organizzazione rispetto a questo tema cerca di agire sul terreno della prevenzione.
  Il direttore Fedotov ha, infine, accolto l'invito della presidente Grande a prendere parte con una propria audizione all'indagine conoscitiva sul Mediterraneo, in corso di svolgimento presso la III Commissione della Camera dei deputati.
  La Delegazione ha quindi incontrato i rappresentanti dell'Internet Global Forum (IGF), una piattaforma di cooperazione inaugurata dalle Nazioni Unite nel 2012 nell'ambito dell'ECOSOC. L'incontro è stato introdotto dalla presidente Taverna che ha riferito quanto i temi della digitalizzazione, della regolamentazione del web, della tutela dei dati personali ma anche del contrasto ai crimini di odio tramite internet o alle fake news rappresentino una priorità per l'Italia. Rispetto a tali questioni, cui il presidente Petrocelli ha aggiunto il tema della democrazia diretta, i due rappresentanti dell'IGF hanno dal canto loro riferito di un'attività dell'IGF piuttosto limitata allo studio della gestione dei dati sensibili da parte dei governi e della tutela dei minori online (progetto in collaborazione con UNICEF e cui stanno partecipando molti governi, soprattutto africani e caraibici) e del tutto embrionale sulle questioni evocate dalla delegazione italiana. Quanto all'Italia hanno riferito di un rapporto di collaborazione inaugurato con l'Agenzia Digitale Italiana. Non hanno, invece, potuto fornire elementi di risposta alle richieste di dati, di best practice o di modelli legislativi da trasmettere al nostro Paese per migliorare performance e standard di tutela. È, in sostanza, emerso che il lavoro dell'IGF, nei suoi quattro anni di attività, è consistito quasi esclusivamente in sessioni valutative biennali sulle situazioni Paese e che l'impegno presente è per lo più concentrato sulla promozione della condivisione di dati e informazioni con i governi nazionali, su cui hanno chiesto maggior impegno anche da parte dell'Italia, mentre sono ancora allo studio metodi di contrasto alla diffusione di fake news, su cui è segnalata un positiva collaborazione da parte di Twitter e Facebook, come sperimentato anche da alcuni governi nazionali.

Peacekeeping, Peacebuilding, Conflitti.

  Nell'ambito di un ciclo di incontri dedicati alla gestione delle crisi, la delegazione ha potuto incontrare l’Under-Secretary-General for Peacekeeping Operations, Pag. 15il francese Jean-Pierre Lacroix. Occorre preliminarmente ricordare che le missioni dell'ONU rientranti in questo ambito sono 14 (MINUJUSTH, Haiti; MINURSO, Western Sahara; MINUSCA, Repubblica Centrafricana; MINUSMA, Mali; MONUSCO, Repubblica Democratica del Congo; UNAMID, Darfur; UNDOF, Golan; UNFICYP, Cyprus; UNIFIL, Lebanon; UNISFA, Abyei; UNMIK, Kosovo; UNMISS, South Sudan; UNMOGIP, India e Pakistan; UNTSO, Medioriente), con l'impiego di 110.000 Caschi Blu. Tra queste missioni figura UNIFIL, di cui ha assunto di recente il comando il generale italiano Stefano Dal Col, per il quale Lacroix ha espresso alla delegazione una personale profonda stima.
  Il colloquio, introdotto dal presidente Petrocelli, ha dato modo di comprendere il riconoscimento del ruolo svolto in generale dall'Italia nel sostegno all'azione delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace, con particolare riferimento alla expertise italiana in tema di addestramento (grazie alle strutture dedicate presenti in territorio italiano presso Torino e Vicenza). Lacroix ha sottolineato il valore di questa linea di impegno dell'ONU a fronte di un dibattito internazionale segnato da scetticismo nei confronti del multilateralismo. Nel riconoscere una cifra positiva in tal senso al discorso pronunciato dal Presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte davanti all'Assemblea Generale dell'ONU, ha segnalato il contributo annunciato dall'Italia in occasione del più recente High Level Meeting degli Stati membri. Lacroix ha evidenziato che l'impegno della sua divisione, oltre ai profili di carattere operativo, consiste nella interazione con gli Stati membri per spiegare: le sfide in atto (in tale contesto ha riferito che il 2017 è stato l'anno con il maggior numero di decessi tra i Caschi blu, pari a 61 morti); la portata dell'operato delle missioni ONU anche in termini di formazione, leadership, equipaggiamenti, codici di condotta per la lotta contro gli abusi sessuali, l'esigenza di un sempre maggiore coinvolgimento delle donne ecc.; il ruolo degli Stati membri, senza i quali nessun successo è possibile.
  All'Italia Lacroix ha rivolto richieste assai specifiche, segnalando l'esigenza di più elicotteri, di personale qualificato, con un maggior numero di donne, con ruoli di expertise nel campo del disinnesco di esplosivi e dell’intelligence.
  Lacroix si è poi soffermato sul ruolo delicato di UNIFIL come attore che crea condizioni di pace in una fase di deterioramento del clima di sicurezza, considerato il numero di piccoli incidenti registrati settimanalmente, destinati a peggiorare per numero e qualità in assenza della missione ONU. IL meccanismo tripartito nel quale opera UNIFIL consente di mantenere il dialogo e di fare prevenzione in un conflitto assai difficile.
  Per Lacroix il modello di missione che descrive al meglio il modus operandi delle Nazioni Unite, è quello di MINUSMA in Mali, che opera in un contesto relativamente stabile, in cui si può contribuire positivamente ad attuare gli accordi di pace. La missione è cruciale anche perché fornisce supporto logistico al governo locale nella distribuzione di aiuti umanitari alla popolazione.
  In generale nel Sahel la situazione è più complessa e le Nazioni Unite contribuiscono agli sforzi del formato G5 Sahel anche mediante forze speciali presenti sul terreno. In contesti come la RDC, il Mali o la Repubblica Centrafricana il venir meno delle missioni UNO determinerebbe il collasso di questi Stati.
  Al quesito del presidente Petrocelli per una valutazione sulla missione in Afghanistan, Lacroix ha precisato che, come nel caso dell'Iraq, non trattandosi di una missione ONU, si fornisce supporto tecnico con qualche unità di personale militare. Vi è comunque un dibattito sulle modalità di divisione dei compiti nei casi di missioni ad elevato livello di politicità.
  È stato richiesto un incontro con la delegazione italiana da parte dell'Assistente del Segretario Generale dell'ONU, l'argentino Oscar Fernandez-Taranco, che dirige l'Ufficio di sostegno al Peacebuilding (PBSO), operante a sostegno della Commissione per il Peacebuilding e che amministra il Fondo per il Peacebuilding. Nel Pag. 162014 è stata affidata a taranco dal Segretario Generale Ban Ki Moon la direzione di un settore che è andato incontro ad una crescita di ruolo sempre maggiore fino alla gestione di una vera e propria riforma della strategia di pace e sicurezza del Segretariato, definita sulla base di un processo di consultazione con gli Stati membri. Nel dare subito atto al ruolo dell'Italia quale rilevante Paese finanziatore dell'impegno dell'Onu per pace e sicurezza, ha spiegato il mandato della struttura, che amministra in modo diretto un fondo appositamente istituito dal Segretario Generale. Rispetto allo scenario di instabilità in Africa, di cui i flussi migratori sono il sintomo più eclatante, l'approccio del fondo alle crisi è di tipo politico, rivolto alle cause profonde del problema. L'80 per cento delle iniziative in Sahel sono finalizzate alla ricostruzione della coesione sociale, di un apparato di istituzioni locali funzionanti, di servizi primari, di condizioni per la riconciliazione e per la giustizia. Gli Stati della regione sono infatti accomunati dalla assenza di apparati e infrastrutture che assicurino il controllo del territorio. Su questo aspetto va ad incidere il Fondo che opera in zone ad alto rischio, dove è carente ogni altro tipo di presenza statale o internazionale. In questo lavoro si interagisce direttamente con gli attori locali, che spesso sono le autorità religiose, per intercettare i segmenti sociali più marginalizzati ed esclusi. I progetti che vengono realizzati, cui l'Italia contribuisce meritoriamente, coinvolgono importi mai superiori ai 200 milioni di dollari ed un limitato numero di funzionari. Gli operatori del Fondo sono anche presenti anche in Libia, pur prediligendo conflitti più localizzati. Taranco ha portato ad esempio un progetto di tipo transnazionale, che coinvolge Niger, Mali e Burkina Faso, nelle aree di maggior rischio, laddove la popolazione è priva di ogni sostegno di carattere umanitario. L'obiettivo del progetto è prevenire il più possibile le partenze dei giovani migranti che prediligono percorsi in cui le strutture dello Stato sono assenti. Ha quindi spiegato quanto il nuovo Segretario Generale Guterres si sia concentrato sul tema dei rifugiati rispetto ai quali la risposta dell'ONU e delle strutture preposte al peacebuilding non è di tipo assistenziale, non intende creare dipendenza dagli aiuti internazionali ma condizioni di protezione civile. Taranco ha quindi dato conto della cooperazione stretta con il Polo delle Nazioni basato a Roma, che include la Base logistica di Brindisi, che serve il continente africano, pronosticando un aggravamento della situazione attuale a causa degli effetti dei cambiamenti climatici su zone ad alto rischio povertà ed instabilità sempre più antropizzate. Per tali ragioni il Fondo è soprattutto impegnato sulle donne e sui giovani. Nel fare presente le positive esperienze maturate in Colombia, nella soluzione del conflitto con le FARC, ha dato valore alla complementarietà tra peacebuilding e progetti pubblici, e all'esigenza che laddove la comunità internazionale sia presente militarmente siano comunque assicurati strategie e progetti per lo sviluppo. Taranco ha concluso la sua presentazione auspicando il mantenimento da parte dell'Italia di un elevato livello di impegno finanziario.
  Al quesito sollevato dalla vicepresidente Taverna sull'impegno a favore delle donne in quanto soggetti più vulnerabili, Taranco ha spiegato che i progetti in Sahel sono gender marked, cioè non possono essere aperte linee di budget che non presentino una linea di intervento a favore delle donne, che sono cruciali leve di sviluppo e di pacificazione. Taranco ha rappresentato i limiti dello strumento del microcredito, che tende a creare indebitamento e impoverimento, mentre gli operatori del Fondo per il peacebuilding assicurano grants senza tassi di interessi e assicurano il coinvolgimento delle donne nei processi decisionali a livello locale. Le donne sono inoltre un importante baluardo e aiuto nel prevenire il reclutamento da parte dei gruppi terroristici.
  In generale, ha spiegato quanto il peacebuilding rappresenti un processo tutto politico, che è alla fine il compito profondo della comunità internazionale. Laddove mancano risposte di tipo politico, gli Pag. 17interventi sono destinati a fallire. Ha quindi portato l'esempio negativo della missione internazionale in Mali, che rappresenta un problema in quanto contestata dal governo locale. Ha, infine, segnalato uno studio in collaborazione con la Banca Mondiale finalizzato ad evidenziare i risparmi derivanti da una ben calibrata azione di prevenzione dei conflitti.
  Restando in ambito di gestione dei conflitti, sul terreno bilaterale la delegazione ha incontrato il Ministro degli esteri dello Yemen, Khaled Al-Yamani, cui la presidente Grande ha riferito del proprio incontro con l'Ambasciatrice yemenita a Roma, la quale ha riferito degli esiti deludenti della Conferenza di Ginevra svoltasi il 6-7 settembre scorsi e delle decine di migliaia di morti che il conflitto ha provocato ad oggi. Il Ministro ha motivato il fallimento della Conferenza di Ginevra con l'assenza di alcuni attori rilevanti per il negoziato ed ha dato risalto alle risalenti e profonde relazioni bilaterali, ulteriormente corroborate dalla solidarietà che giunge dall'Italia sui temi di carattere umanitario. La presidente Grande ha evocato gli stanziamenti dell'Italia a sostegno dello Yemen, manifestando l'attenzione del Parlamento evidenziata da atti di indirizzo e da audizioni con esperti sul conflitto in corso. Da parte del ministro yemenita è emersa stima nei confronti del rappresentate diplomatico a Roma, attivo nel tenere informata l'opinione pubblica italiana. Ha, quindi, riferito che il 30 per cento dei componenti del governo yemenita è rappresentato da donne: si tratta di un dato che deve essere incrementato, considerata la prevalete responsabilità maschile rispetto alle atrocità commesse durante il conflitto. Quanto al negoziato di pace in corso a Ginevra, ha riferito che gli incontri più recenti hanno avuto ad oggetto unicamente tematiche umanitarie. Il governo legittimo ha acconsentito ad un accordo sul rilascio di prigionieri: è stata concordata la liberazione di 600 criminali a fronte della liberazione di 1.400 esponenti della società civile. L'accordo raggiunto è stato accettato malgrado i rischi nella consapevolezza del coinvolgimento di migliaia di persone, la cui sussistenza è legata ai detenuti liberati. Quanto al futuro del negoziato, restano in primo piano i temi umanitari unitamente all'impegno per fermare i signori della guerra. Ha quindi segnalato la disponibilità del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale per un sostegno allo Yemen, con particolare riferimento al finanziamento degli stipendi per gli insegnanti, così da assicurare la necessaria istruzione ai bambini yemeniti. Quanto al ruolo di altri attori regionali, il ministro ha segnalato che l'Oman è impegnato ma in stretta sinergia con l'Iran che rappresenta invece una seria minaccia per la regione, non essendo neanche parte ufficiale del processo di pace. Il presidente Petrocelli ha auspicato i raggiungimenti di risultati sul terreno della ricostruzione della fiducia grazie all'azione dell'Inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite. Occorre lavorare per il mantenimento dell'integrità territoriale dello Yemen scongiurando guerre per procura e derive di carattere terroristico.

Africa.

1) Corno d'Africa.
  Il primo incontro con una delegazione governativa nazionale ha riguardato la Ministra della salute della Somalia, Fawziya Abikar Nur, accompagnata dall'ambasciatore somalo presso l'Unione europea. Il presidente Petrocelli ha introdotto lo scambio di opinioni dando atto all'interlocutore dei tanti passi in avanti realizzati dalla Somalia in anni difficili per la regione e prospettando una fase di rilancio decisivo del ruolo internazionale della Somalia anche grazie all'importante accordo di pace raggiunto da Etiopia ed Eritrea. Ha segnalato la piena disponibilità del Parlamento italiano a rilanciare in modo significativo le relazioni bilaterali, come testimoniato dall'affare assegnato in corso di trattazione al Senato sul Corno d'Africa, invitando il presidente del Parlamento somalo a recarsi a Roma. Ha quindi auspicato una collaborazione dell'Italia e della Somalia con le Pag. 18grandi potenze internazionale il cui ruolo è essenziale per il Corno d'Africa, come la Cina nel pieno rispetto del foro interno di ogni Paese e con una gestione dello strumento dell'aiuto allo sviluppo che sia scevro da ogni impostazione di tipo neocoloniale.
  Da parte del Ministro somalo è giunto un richiamo all'Italia, affinché rafforzi considerevolmente il proprio rapporto bilaterale e la propria presenza in Somalia, auspicando la riapertura di un'ambasciata italiana nella città di Mogadiscio. Ha ringraziato il nostro Paese per i 3 milioni di dollari donati per progetti concernenti la protezione materno-infantile in Somalia, ricordando l'Ospedale De Martino, il primo ospedale costruito dopo l'indipendenza con l'aiuto dell'Italia. Ha manifestato una forte domanda di Italia in termini di investimenti e di rilancio degli scambi commerciali, riconoscendo come la diplomazia parlamentare sia di grande aiuto la costruzione di relazioni di fiducia.
  Il presidente Petrocelli ha anche ricordato i 44 milioni di euro spesi negli ultimi due anni per progetti nel campo della zootecnia, dello sviluppo agricolo e dell'istruzione superiore. Anche il senatore Iwobi è intervenuto per sottolineare che sulla situazione in Somalia le forze politiche italiane condividono una visione bipartisan mentre l'onorevole Quartapelle ha dato risalto all'impegno italiano in Somalia con gli strumenti della cooperazione allo sviluppo, sottolineando che oggi il ruolo geopolitico rafforzato del Paese va meglio compreso nella sua dinamica regionale, in connessione con l'azione svolta da Paesi come lo Yemen, la Turchia e gli Stati del Golfo. Quartapelle ha dato atto all'interlocutore somalo della necessità di incrementare l'interscambio commerciale.
  Nel contesto degli incontri con delegazioni di paesi africani di area Sahariana o del Corno d'Africa la delegazione ha avuto un colloquio con il ministro degli esteri dell'Eritrea, Osman Saleh, al quale la presidente Grande ha subito espresso soddisfazione per l'accordo di pace siglato con l'Etiopia. Il ministro ha rappresentato il nuovo clima di pace che si registra in tutta la regione e anche nei rapporti con la Somalia e Gibuti. Il nuovo clima di stabilità e sicurezza ha tratto ulteriore giovamento dall'accordo trilaterale siglato ad Asmara dai tre stati dell'Africa orientale, che include rilevanti profili di carattere economico. È stato istituito un comitato congiunto per dare seguito agli accordi sul terreno dell'integrazione economica, degli investimenti infrastrutturali, soprattutto per la ricostruzione della rete stradale. Si sono immediatamente riallacciati rapporti diretti tra i cittadini dei tre paesi e saranno presto ripristinati voli diretti tra Asmara e Addis Abeba. La cooperazione sarà anche rivolta a promuovere l'interscambio commerciale al di fuori della regione. Il presidente Petrocelli ha riferito degli importanti contatti che il parlamento italiano intrattiene con la comunità eritrea in Italia e con le ONG che si occupano dei rifugiati eritrei. L'Italia contribuisce alla riconciliazione tra Etiopia ed Eritrea nelle strutture disponibili nella comunità internazionale. L'aspettativa dell'Italia è che il nuovo corso possa comportare il superamento dello stato di emergenza e del servizio militare coatto, tuttora vigente in Eritrea. Occorre collaborare con buona volontà e determinazione per favorire la piena reintegrazione dell'Eritrea nella comunità internazionale. Alla richiesta della vicepresidente Taverna sulle aspettative dell'Eritrea nei confronti dell'Italia, il ministro degli esteri ha risposto ricordando la lunga storia di presenza economica dell'Italia in Eritrea anche in quanto potenza coloniale. I due paesi condividono alcuni valori, che sono rimasti intatti malgrado il contributo negativo dell'Amministrazione britannica che ha governato il paese dopo il secondo conflitto mondiale in termini di distruzione delle infrastrutture ferroviarie e di comunicazione costruite dall'Italia. La successiva storia di sofferenza dell'Eritrea è nota, considerati i tre decenni di guerre alle spalle. Quanto al servizio militare il ministro degli esteri ha obiettato che si tratta di un servizio nazionale che è volto a promuovere sviluppo e la realizzazione di progetti regionali. La dichiarazione di guerra del 1998 ha imposto all'Eritrea di imbracciare le armi Pag. 19per difendersi e per assicurare la sovranità e la sopravvivenza territoriale dello Stato. Gli studenti eritrei impegnati nel servizio nazionale ricevono peraltro una retribuzione significativa che assicura condizioni dignitose anche alle loro famiglie. Di fronte alle accuse che l'Unione europea rivolge ad Asmara su questo terreno sono comunque superate dall'apertura delle frontiere e dalla libera circolazione dei cittadini tra Eritrea ed Etiopia. Ha chiesto quindi all'Italia di inaugurare una politica più aperta in tema di visti per contrastare il fenomeno dell'immigrazione illegale. Ha quindi espresso apprezzamento per la visita del presidente Conte in Corno d'Africa, auspicando la rimozione delle sanzioni internazionali all'Eritrea che fino ad oggi hanno impedito lo sfruttamento delle risorse naturali del paese. L'Eritrea è in ogni caso interessata a porre fine al drenaggio di giovani derivante dal fenomeno migratorio su vasta scala. L'onorevole Formentini ha preannunciato la trattazione di un atto di indirizzo presso il parlamento italiano per promuovere una riflessione sulle sanzioni in Eritrea e l'onorevole Quartapelle ha, di contro, osservato che il ministro eritreo non ha sciolto la questione del servizio militare e che l'Eritrea deve contribuire positivamente al consolidamento della stabilità e della pace nella regione. L'onorevole Quartapelle ha manifestato a nome dei gruppi di opposizione preoccupazione per la condizione del paese anche per quanto riguarda il dibattito sulle riforme istituzionali, sui diritti e sulle libertà fondamentali. Ciò detto, l'accordo di pace rappresenta una svolta assai positiva per la quale occorre tempo e un convinto e perdurante impegno da parte delle leadership dei tre paesi del Corno d'Africa.

2) Sahel.
  La delegazione ha avuto un incontro con il mauritano Ibrahim Thiaw, Special Adviser del Segretario Generale dell'ONU per il Sahel, ai fini di un inquadramento della situazione regionale soprattutto dal punto di vista della gestione dei flussi migratori. Val la pena di ricordare che l'Italia ha fin dall'inizio assicurato un sostegno specifico al nuovo Special Adviser nell'obiettivo di far sì che il Sahel sia non solo terreno di presenza militare, ma soprattutto di impegno economico ed ambientale.
  Thiaw ha stilato un quadro della condizione del Sahel, regione che include dieci Paesi e una popolazione di circa trecento milioni di abitanti, di cui in maggior parte giovani di età compresa tra i 16 e i 18 anni, destinata a quadruplicarsi alla fine del secolo. Sul piano economico negli ultimi dieci anni la regione è cresciuta ad un ritmo del 4,7 per cento annuo, percentuale superiore alla media africana. In generale l'Africa ha dato prova nel suo complesso di maggiore stabilità rispetto alle aree del mondo in stato di crisi e ciò grazie alle sue risorse, soprattutto minerarie. Quanto ai flussi migratori, essi preoccupano innanzitutto gli Stati africani di origine e transito perché coinvolgono la parte più colta e dinamica delle giovani generazioni. Considerato che i giovani migranti, una volta giunti fortunosamente in Europa, sono destinati a svolgere lavori ben al di sotto del loro livello di formazione, il fenomeno rappresenta una doppia perdita di capitale umano sia per l'Africa sia per l'Europa. Occorre quindi inaugurare una alleanza euro-africana per rendere meno attraente il migrare. D'altra parte il Sahel, essendo ricco di petrolio, di gas, di risorse minerarie o ittiche, detiene tutto il potenziale necessario a modificare in profondo il proprio assetto. Occorre quindi cambiare prospettiva e restituire al Sahel quello che ha pagato in passato per contribuire al benessere dell'Europa. Occorre, dunque, stimolare i processi a livello locale, promuovere industrializzazione, pmi e opportunità per i giovani. Il tempo per invertire la tendenza non è infinto, si tratta di un ciclo di quindici-vent'anni al massimo che il Piano per il Sahel, inaugurato dal nuovo SG delle Nazioni Unite, considera come proprio orizzonte.
  Thiaw ha ringraziato il Governo italiano per lo speciale sostegno finanziario assicurato e che si spinge fino alla prossima istituzione a Roma di un «Centro africano per lo Sviluppo sostenibile». Ha Pag. 20quindi concluso la sua presentazione indicando tre fattori che devono coesistere per la stabilizzazione del Sahel: la governance nazionale, la mobilitazione del settore privato (qui ha ricordato che l'Italia è il primo investitore al mondo in Africa e che soprattutto il settore energetico rappresenta un investimento remunerativo se si considera che in Sahel il 70 per cento della popolazione non ha accesso all'energia) e un più convinto finanziamento da parte di attori pubblici.
  Nel confronto con la delegazione è emersa da parte dei senatori Iwobi e Aimi la richiesta affinché lo Special Advisor contribuisca a creare consenso da parte degli Stati saheliano rispetto al tema dei rimpatri. Da parte della deputata Quartapelle è stato invece sollevato il tema della fragilità dell'ambiente saheliano rispetto alla prospettiva di sfruttamento intensivo delle risorse del sottosuolo. In tema di rimpatri Thiaw, nel rinviare a successivi colloqui con l'ambasciatore d'Italia in Senegal e con l'Organizzazione Mondiale delle Migrazioni, ha sottolineato che i rimpatri non possono che essere su base volontario e che la immigrazione illegale rappresenta una sfida comune tenuto conto che il 20 per cento di migranti di origine saheliana resta in Africa. Quanto alle sfide di carattere ambientale, connesse ai cambiamenti climatici, si tratta di una questione molto seria per la regione, affrontabile solo a fronte di ingenti investimenti di carattere tecnologico.
  La delegazione ha incontrato, quindi, una rappresentanza parlamentare del Niger, composta dal vicepresidente dell'Assemblea Nazionale e dal Presidente della Commissione esteri, con cui ha discusso il tema dell'immigrazione, considerato il ruolo del Niger in quanto paese di accoglienza transitoria dei migranti. Gli interlocutori nigerini hanno rappresentato un forte convincimento sull'opportunità di bloccare il fenomeno e cooperare con i paesi di origine e di destinazione, agendo soprattutto su povertà e terrorismo quali principali fattori scatenanti del fenomeno. Tali fattori hanno infatti comportato lo spopolamento di parti rilevanti del territorio del Sael, impedendo sviluppo e creando insicurezza. Conseguentemente il Niger si è associato ai cinque paesi della regione coinvolti dal problema ed è impegnato nella istituzione di un esercito regionale e nella costruzione di una strategia di sviluppo in collaborazione con le organizzazioni internazionali e con l'Unione europea in particolar. Le attività del G5Sael vedono coinvolto il parlamento nigerino che ha svolto nello scorso mese di agosto una riunione interparlamentare aperta a sedici paesi interessati ad un confronto rafforzato sull'immigrazione. Ne è derivato un progetto di costruzione di una dimensione parlamentare del formato G5Sael, suscettibile di ulteriori ampliamenti. I parlamenti sono fondamentali per sensibilizzare soprattutto i giovani rispetto ai rischi connessi ai traffici illegali. I parlamentari nigerini hanno espresso un forte apprezzamento alle Forze armate italiane presenti in Niger, con la precisazione che spetta tuttavia alle Forze armate dei paesi del G5Sael lottare contro il terrorismo. Al quesito del senatore Iwobi circa la disponibilità del Niger di accogliere le richieste di rimpatrio provenienti dall'Italia, gli interlocutori hanno dato rassicurazioni sulla disponibilità del loro paese ad assecondare la richiesta italiana che è coerente con l'esigenza del Niger di riappropriarsi di risorse umane essenziali per progettare lo sviluppo pacifico del Niger. Hanno quindi chiesto sostegno per il negoziato in corso a Bruxelles, in cui è in gioco la credibilità dell'Unione europea. Sono state infine avanzate proposte per il rilancio del legame di amicizia interparlamentare tra Italia e Niger, da costruire anche in occasione di una possibile visita di scambio, da tenere in prima battuta a Roma. Il Senatore Aimi ha concluso l'incontro insistendo sulla esigenza che la cooperazione interparlamentare si concentri sul tema dei rimpatri.

3) Temi trasversali.
  La delegazione ha incontrato l'Under-Secretary General, l'avvocata mauriziana Pramila Patten, nominata nell'aprile del Pag. 212017 Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale in conflitto. Patten, che è stata componente della Commissione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), ha presieduto il gruppo di lavoro sulla raccomandazione generale n. 30 su «Le donne in situazioni di prevenzione dei conflitti, conflitti e post-conflitto» ed ha operato nel gruppo consultivo ad alto livello sull'attuazione della risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su donne, pace e sicurezza.
  Occorre evidenziare che la tematica, al centro di un impegno di carattere anche culturale e mediatico da parte delle Nazioni Unite, ha ricevuto rafforzamento dal conferimento del Premio Nobel per la pace 2018, il 5 ottobre scorso, al medico ginecologo congolese Denis Mukwege e alla yazida Nadia Murad per i loro sforzi nel porre fine all'uso della violenza sessuale come arma di guerra nei conflitti armati.
  L'incontro è stato finalizzato a comprendere l'operato concreto di una struttura di recente istituzione cui è stato affidato un mandato di particolare difficoltà in termine di azione di prevenzione, che ne rappresenta il compito fondamentale. Patten ha riferito dell'impegno profuso durante la crisi tra governo birmano e minoranza Royinga o nel nord est della Nigeria rispetto alle donne rilasciate da Boko Haram.
  L'impegno per la prevenzione si declina per Patten nello strumento della justice accountability, o prevedibilità della pena, con funzione di deterrente, e nella gestione delle condizioni di marginalizzazione e di ineguaglianza connesse al genere. Ha riferito della istituzione di un centro per i sopravvissuti, che include un numero sempre crescente di vittime di sesso maschile.
  La presidente Grande ha riferito di quanto la sensibilità sul tema sia condivisa da tutte le forze politiche italiane e ha chiesto di meglio comprendere le modalità con cui la struttura riesce ad essere presente sul terreno, se direttamente o per il tramite di ong. Ha inoltre invitato la rappresentante Speciale a prendere parte ad una audizione presso la Commissione esteri.
  Patten ha descritto un modello di impegno diretto sul terreno del team UN senza soggetti mediatori pur se in collaborazione con la società civile locale. Indubbiamente le condizioni migliori si realizzano quando c’è collaborazione da parte dei governi che, attraverso lo strumento dei comunicati congiunti, condividono con le Nazioni Unite la definizione degli spazi di intervento. Il lavoro viene realizzato anche in collaborazione con le strutture civili e militari in ambito del peacekeeping e può comportare la adozione di sanzioni individuali o per interi gruppi. Inoltre si provvede a dotare le comunità locali di corti mobili, di contingenti speciali rappresentati da donne che formano le locali forze dell'ordine, i giudici e i procuratori e realizzano programmi di protezione per le vittime. Con l'aiuto di psicologi si lavora soprattutto sul terreno dello stigma sociale post violenza. Nel caso delle atrocità commesse da Daesh, si promuove la sanzione di reati ulteriori oltre a quelli di terrorismo, con particolare attenzione ai reati sessuali. La struttura promuove da parte degli Stati l'inserimento nei propri ordinamenti di fattispecie penali ad hoc. Quanto alla presenza in Libia, richiesta dalla vicepresidente Taverna, Patten si è rammaricata di riconoscere che non è possibile essere presenti in quel territorio anche se è stato definito un pacchetto di sostegno alle vittime. La Libia presenta un quadro politico assai confuso dove non è sempre agevole distinguere tra aggressori statuali e non. 
  La delegazione della Camera dei deputati ha incontrato Rachel Kyte, Chief Executive Officer di Sustainable Energy for All (SEforAll) e Special Representative del Segretario Generale for Sustainable Energy for All. L'incontro ha permesso di approfondire i temi dell'Agenda 2030 con riferimento all'impegno per l'accesso all'energia soprattutto in area subsahariana e saheliana. Kyte ha spiegato l'importanza di una sinergia tra UN e attori privati, come i giganti italiani ENI ed ENEL. Nei contesti di crisi l'impegno di questa piattaforma Pag. 22tematica si limita oggi all'approvvigionamento delle capitali di Paesi come il Niger o il Burkina Faso con fonti tradizionali. Tuttavia, si va diffondendo una cultura diffusa basta su una visione integrata tra fonti rinnovabili e fonti tradizionali. Kyte ha poi portato l'esempio della Libia pre-conflitto, un Paese che dipendeva in toto dall'estrazione di idrocarburi e che aveva come priorità il mantenimento di bassi costi, necessari per la filiera preposta al processo trasformativo. Il Marocco è un modello positivo, in quanto è passato da una situazione di grande arretratezza all'essere un Paese esportatore di energia grazie allo sfruttamento dell'energia eolica. Anche il Cile è un caso da segnalare, in quanto grazie a politiche lungimiranti e alla riduzione di tariffe sono state raggiunte le comunità rurali. Nel Sahel un ostacolo importante è rappresentato dalla corruzione delle leadership locali. Per questo l'azione delle Nazioni Unite in questo contesto prevede progetti integrati incentrati su energia, agricoltura e sanità. Kyte ha quindi indicato nelle donne i maggiori attori per la promozione di energia pulita, basata su fonti rinnovabili. Il colloquio si è concluso con l'invito della presidente affinché la Special Representative contribuisca ai filoni istruttori inaugurati dalla Commissione per i quali la questione energetica assume rilievo centrale.

Europa.

  La delegazione ha avuto un cordiale colloquio con il Ministro degli affari esteri dell'Armenia, Armen Sarkissian Zohrab Mnatsakanyan, con il quale la Presidente Grande ha ricordato la recente visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Jerevan e i più che riconosciuti sforzi dell'attuale ambasciatrice armena in Italia per il rilancio del rapporto bilaterale. È emerso da parte del ministro armeno un apprezzamento per la conduzione italiana della presidenza dell'OSCE, che si conferma piattaforma interstatuale di grande importanza per il mantenimento della pace e della sicurezza anche in area caucasica. Il ministro ha riferito degli importati progressi compiuti dall'Armenia sul terreno della buona governance e del rafforzamento dello Stato di diritto, presupposti necessari per assicurare un contesto di fiducia ad investitori importanti come l'Italia. Il ministro ha anche dato risalto alla presenza italiana in Armenia e all'importanza che il nostro Paese possa unirsi alla schiera di quegli Stati che, come la Francia, la Germania e gli Stati Uniti, hanno riconosciuto in modo formale la verità storica del genocidio armeno. Sul punto l'onorevole Formentini ha prospettato possibili evoluzioni su iniziativa dei gruppi parlamentari di maggioranza, tenuto conto che quella vicenda è ancora sentita anche dalle giovani generazioni italiane poiché rappresenta una storia di giustizia negata il cui riconoscimento contribuirebbe positivamente alla prevenzione di altri genocidi.
  Il presidente Petrocelli ha quindi avuto un breve scambio di vedute con l'omologo presidente della Commissione esteri del Consiglio Federale russo, senatore Konstatin Kosachev, con riferimento ai lavori in corso al Senato sull'atto assegnato sul futuro delle relazioni tra l'Italia e la Federazione Russa. Il presidente Kosachev, nel dare conto di una positiva esperienza maturata con il Parlamento francese, ha auspicato una prossima visita a Mosca da parte di una numerosa delegazione parlamentare italiana che includa possibilmente rappresentanti di più Commissioni permanenti. Al colloquio sono intervenuti l'onorevole Formentini per rappresentare l'auspicio che anche la Duma possa avviare un analogo rapporto di cooperazione con la Camera dei deputati, da cui potrebbe derivare un approfondimento della riflessione in corso in Italia sul tema delle sanzioni. La presidente Grande ha ricordato il significativo lavoro svolto in passato dalla Grande Commissione parlamentare Italia-Russia, di prossima ricostituzione nell'ambito del Protocollo di cooperazione tra Duma e Camera dei deputati. Quanto ai lavori della Commissione esteri della Camera, la presidente Grande ha dato Pag. 23conto di un approccio metodologico più di tipo tematico che geografico rispetto all'altro ramo del Parlamento, incentrato ad esempio su temi quale lo studio delle rotte energetiche e le relative connessioni di carattere geopolitico.

Considerazioni conclusive.

  Nel corso di un incontro di sintesi sui risultati della missione, che la delegazione ha avuto con la Rappresentante Permanente d'Italia presso le Nazioni Unite, Ambasciatrice Mariangela Zappia, è emerso l'apprezzamento da parte del sistema ONU sulla presenza e sul ruolo svolto dall'Italia, come testimoniato anche dalla particolare accoglienza assicurata al presidente Conte, unico capo di Governo ad avere partecipato, accanto al presidente Donald Trump, ad un evento conviviale di alto livello destinato a Capi di Stato. Quanto alla delegazione parlamentare, l'agenda ha pienamente valorizzato l'importanza della diplomazia parlamentare nel sostegno dell'azione del Governo.
  L'Italia è un più che apprezzato Stato membro dell'ONU per qualità e quantità del nostro apporto soprattutto sul versante del peacekeeping, con la missione a guida italiana UNIFIL. Oggi il concept del Segretario Generale Guterres si è fortemente sbilanciato a favore dei tempi del peacebuilding e del sostegno politico a processi di pacificazione e di sviluppo. Si tratta di una impostazione già definita dal predecessore Ban Ki Moon che Guterres ha ulteriormente rafforzato durante il suo mandato, improntato a favore di un approccio riformista. Dopo le polemiche delle settimane passate, il ruolo dell'Italia è considerato in modo positivo anche sul terreno dell'impegno per i diritti umani alla luce delle parole pronunciate del Presidente Conte in vista del Migration Compact, che si celebrerà a Marrakesh a dicembre. L'Italia è uno dei Paesi che si spende sul terreno valoriale a sostegno del principio della responsabilità condivisa, del lavoro in partnership con gli altri Paesi e per un approccio multilaterale soprattutto sui temi globali. Il Polo Onu basato a Roma gioca un ruolo essenziale ed è emersa l'importanza di valorizzare la Base logistica di Brindisi, contesa all'Italia da alcuni Paesi africani.
  Il presidente Petrocelli ha manifestato soddisfazione per un'agenda di incontri di straordinaria intensità rispetto agli anni precedenti con un unico elemento di delusione rappresentato dalla piattaforma dell'Internet Global Forum, che non ha purtroppo corrisposto alle aspettative della delegazione. Il lavoro svolto durante la missione è destinato a produrre effetti significativi sull'agenda delle Commissioni esteri dei due rami del Parlamento, ad esempio per quanto riguarda il futuro lavoro in tema di missioni internazionali di pace.
  Per la presidente Grande il modello rappresentato dal Fondo per il peacebuilding costituisce un elemento di novità e di modernità rispetto al passato. In generale, la missione contribuisce ogni anno ad aggiornare le competenze delle Commissioni esteri sui temi della politica internazionale e costituisce un momento di crescita cui il nuovo Parlamento italiano intende avvalersi con grande impegno, anche nel rispetto delle aspettative di rigore e di serietà da parte dei cittadini.
  Per l'onorevole Quartapelle la missione ha consentito di valorizzare la stagione di riforme che le Nazioni Unite stanno attraversando e di fare emergere alcuni punti di convergenza tra la maggioranza e l'opposizione su temi come l'immigrazione ma anche la gestione della forte domanda di Italia che c’è nel mondo ai fini dell'impegno per l'aiuto allo sviluppo.
  L'onorevole Formentini ha manifestato una valutazione più cauta in generale, con punte di scetticismo per la gestione poco concreta da parte delle specifiche strutture ONU di questioni con la prevenzione degli stupri di guerra ma anche di apprezzamento per l'impegno sul terreno del peacekeeping.