Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 724 di martedì 12 luglio 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO , Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 112, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di un' interpellanza e interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un' interpellanza e interrogazioni.

(Chiarimenti e iniziative di competenza volte a favorire un rapido iter della riforma della proprietà industriale – n. 3-02810)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Squeri n. 3-02810 (Vedi l'allegato A). Il Vice Ministro dello Sviluppo economico, senatore Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Vice Ministro dello Sviluppo economico. Grazie, Presidente e grazie agli onorevoli interroganti. Come ricorda l'onorevole interrogante, con decreto del 23 giugno 2021, il Ministero dello Sviluppo economico ha adottato le “Linee di intervento strategico sulla proprietà industriale per il triennio 2021-2023”. Esse si focalizzano sui seguenti punti cardine: migliorare il sistema di protezione della proprietà industriale; incentivare l'uso della proprietà industriale, in particolare da parte delle PMI; facilitare l'accesso ai brevetti e la loro conoscenza; garantire un rispetto più rigoroso della proprietà industriale; rafforzare il ruolo dell'Italia a livello internazionale.

Le linee strategiche per la proprietà industriale pongono, come primo obiettivo concreto, la predisposizione di un disegno di legge di revisione del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante il Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273. L'obiettivo è aggiornare la cornice normativa di riferimento per il settore e offrire un quadro d'insieme coerente con gli sviluppi attesi e descritti nel documento, rafforzando la protezione dei titoli e semplificando l'azione amministrativa di supporto a beneficio delle imprese.

Le linee strategiche evidenziano la necessità che tale disegno di legge sia strutturato secondo due fondamentali direttrici: il rafforzamento della protezione della proprietà industriale per la competitività del sistema Paese e la semplificazione e digitalizzazione delle procedure.

In tale prospettiva, il Ministero dello Sviluppo economico si è immediatamente attivato per la predisposizione dello schema di disegno di legge in parola e delle prescritte relazioni di accompagnamento. Nel mese di luglio 2021, i testi sono stati trasmessi al Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La riforma normativa in questione ha reso evidentemente necessario acquisire l'avviso di altre amministrazioni, le quali hanno inviato le osservazioni di competenza nei mesi scorsi. All'esito dell'esame e del recepimento delle osservazioni formulate, il testo del provvedimento è stato quindi approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 6 aprile 2022, su proposta del Ministro dello Sviluppo economico. Infine, nella seduta del 6 luglio 2022, la Conferenza unificata ha espresso parere favorevole con alcune osservazioni riportate nel documento unito allo stesso parere. Il disegno di legge risulta ad oggi all'esame del Senato. Specificatamente, in data 5 luglio ultimo scorso è stato incardinato l'esame del disegno di legge n. 2631 presso la X Commissione del Senato, in sede referente.

PRESIDENTE. L'onorevole Squeri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

LUCA SQUERI (FI). Grazie, Presidente. Io mi dichiaro pienamente soddisfatto della risposta, perché è in linea con l'importanza dell'argomento oggetto dell'interrogazione. Sappiamo quanto sia importante il settore della proprietà industriale. Non è un caso che, già dal 1981, esiste un ordine dei consulenti in proprietà industriale. Tra l'altro, siamo in competizione affinché l'Italia possa ospitare il tribunale unificato dei brevetti, istituito da un accordo concluso tra alcuni Stati membri dell'Unione europea. Nella mia interrogazione avevo aggiornato i dati per quanto riguarda i brevetti italiani, in termini sia di design sia di marchi. Il 2019 è stato il quinto anno consecutivo di crescita di richiesta di brevetti. Nel 2020 c'è stato, per ovvi motivi, uno stop nella crescita, per la pandemia, ma già nel 2021 si è registrata un'ulteriore crescita sopra la media europea. L'Italia, come sappiamo, è un Paese in cui l'innovazione e tutto quello che riguarda i marchi e il design hanno una caratteristica prevalente. L'attenzione che già il Ministero ha dimostrato nell'individuare le linee guida di protezione e di semplificazione in materia di brevetti ne è una prova. Sentiamo, poi, che la discussione del disegno di legge è già stata incardinata al Senato e, dunque, immagino che i lavori saranno celeri, affinché arrivi alla Camera e se ne possa chiudere l'iter. Si è in linea tra l'altro con uno degli obiettivi del PNRR, in cui questo argomento è ben presente e ben rappresentato anche in termini di risorse. Per cui - ribadisco - sono soddisfatto della risposta e ringrazio il Vice Ministro Pichetto Fratin.

(Tempi e modalità di erogazione dei contributi previsti dal decreto-legge n. 4 del 2022 a supporto del settore della ristorazione - n. 3-02984)

PRESIDENTE. Il Vice Ministro dello Sviluppo economico, senatore Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Giacometto ed altri n. 3-02984 (Vedi l'allegato A).

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Vice Ministro dello Sviluppo economico. Grazie, Presidente e grazie agli onorevoli interroganti. Gli onorevoli interroganti richiamano la modifica apportata dal decreto-legge n. 73 del 2021, grazie alla quale vengono stanziati, per l'anno 2022, 40 milioni di euro da destinare ad interventi per le imprese che svolgono attività prevalente nel settore della ristorazione, dell'organizzazione di feste e cerimonie, del catering, dei bar e del settore di gestione delle piscine, che hanno subito le riduzioni richiamate dagli onorevoli interroganti e, conseguentemente, chiedono quali siano i tempi di erogazione dei contributi in parola.

Il predetto intervento si pone in un quadro di iniziative più articolato, menzionato dagli stessi onorevoli interroganti, che discendono dall'articolo 1-ter del decreto-legge n. 73 del 2021. Quest'ultimo, infatti, ha introdotto una misura di aiuto a favore delle imprese operanti nel settore del wedding, dell'intrattenimento e dell'organizzazione di feste e cerimonie e del settore HoReCa, prevedendo per tali imprese l'erogazione di contributi a fondo perduto, nel limite di spesa complessivo di 60 milioni di euro per l'anno 2021. Lo stesso articolo 1-ter ha demandato a un decreto del Ministro dello Sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze, la disciplina dei criteri e delle modalità di attuazione della misura.

Il predetto decreto, adottato in data 30 dicembre 2021, ha affidato la gestione dell'intervento all'Agenzia delle entrate, demandando ad un provvedimento del direttore della stessa Agenzia la disciplina delle modalità operative di presentazione dell'istanza da parte dei potenziali beneficiari nonché la precisazione degli ulteriori elementi necessari all'attuazione della misura. Nelle more della messa a punto delle regole operative per le misure in esame, sono intervenute due ulteriori iniziative legislative: il decreto-legge n. 152 del 2021, convertito con legge n. 233 del 2021, che ha introdotto una misura di aiuto a favore di imprese operanti nel settore della ristorazione, prevedendo per le stesse imprese l'erogazione di contributi a fondo perduto nel limite di spesa complessivo di 10 milioni di euro per l'anno 2021, e il decreto-legge n. 4 del 2022.

Stante la molteplicità di misure d'aiuto a favore delle predette imprese e il collegamento funzionale tra esse esistente, si è ritenuto opportuno definire la disciplina attuativa secondo una logica di concentrazione e di coordinamento delle regole e degli schemi attuativi, al fine di consentire alle imprese interessate di agire in un quadro di regole comuni, con contenimento degli oneri a loro carico sia amministrativi sia documentali, e di facilitare il necessario e propedeutico iter autorizzativo da parte della Commissione europea.

Per tale ragione, le tre citate iniziative legislative sono state attuate, da un lato, attraverso una revisione del decreto ministeriale già adottato il 30 dicembre 2021 e, dall'altro, approntando un nuovo decreto, in attuazione del citato decreto-legge n. 152 del 2021, che consente di integrare il medesimo intervento disciplinato dal citato decreto ministeriale. Grazie al confronto tecnico tra i Ministeri interessati, il MiSE, il MEF e il Ministero del Turismo, e il coinvolgimento dell'Agenzia delle entrate, il quadro normativo è stato di volta in volta integrato.

In data 8 giugno 2022, l'Agenzia delle entrate ha emanato un provvedimento, il n. 197396/2022 con il quale sono stati definiti il contenuto informativo, le modalità e i termini di presentazione dell'istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto di cui all'articolo 1-ter, comma 1 del decreto-legge n. 73 del 2021. Il citato provvedimento ha fissato l'apertura dello sportello per la misura, di cui al DM 30 dicembre 2021, dal 9 al 23 giugno 2022.

Secondo i dati forniti dall'Agenzia delle entrate, sono pervenute 32.678 istanze, delle quali risultano ammissibili al contributo 29.404, mentre le restanti 3.274 risultano non accoglibili. Rispetto alla seconda misura, quella prevista dal decreto-legge n. 152 del 2021, si segnala che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 luglio 2022, n. 155, mercoledì scorso, il decreto interministeriale 29 aprile 2022, che integra le risorse destinate al settore della ristorazione, laddove, all'articolo 6, si prevede che per l'attribuzione del predetto contributo “si applicano le procedure di cui al decreto 30 dicembre 2021 e che, a tal fine, il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, di cui all'articolo 6, comma 3, del medesimo decreto è adeguato al fine di tener conto delle previsioni di cui al presente decreto”. Al riguardo, la direzione generale competente del Ministero dello Sviluppo economico ha provveduto ad avviare le necessarie interlocuzioni con l'Agenzia delle entrate. Con riferimento al terzo intervento, quello del decreto n. 4 del 2022, con dotazione di 40 milioni, si informa che il relativo decreto attuativo è al vaglio del Ministero competente per il previsto concerto.

PRESIDENTE. L'onorevole Giacometto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

CARLO GIACOMETTO (FI). Grazie, Presidente Mandelli. Mi dichiaro certamente soddisfatto, perché nella risposta che ci ha fornito il Vice Ministro Gilberto Pichetto ha indicato puntualmente le modalità che, di qui in avanti, anche rispetto all'ultimo decreto, il cosiddetto Sostegni-ter, dovranno essere adottate di concerto dai Ministeri coinvolti.

Come il Vice Ministro sa bene, nella mia esperienza precedente mi dedicavo a verificare, facendo controlli di gestione, che le cose avvenissero; molto spesso, in quest'Aula, facciamo norme molto interessanti, poi, bisogna andare a verificare che queste norme abbiano una loro execution. Diciamo che l'interrogazione che, insieme al collega Palmieri (anzi me l'ha ispirata), ho presentato va proprio in quella direzione, ossia verificare che le norme scritte in quest'Aula abbiano poi una loro concretizzazione effettiva nella realtà.

Qui, si parla di sostegni a un comparto particolarmente colpito dalla crisi pandemica, per via delle restrizioni che nel corso del 2020 e del 2021 sono state decise per quel tipo di attività economica. Abbiamo presentato, quindi, questo testo e siamo contenti e soddisfatti che abbia fornito, forse, un minimo stimolo, con riferimento al “decreto Sostegni-ter, rispetto al decreto interministeriale, che è in itinere. Speriamo veramente che ciò avvenga nei prossimi giorni, perché si tratterebbe di dare risposte a vari settori e attività; cito, ad esempio, i bar senza ristorazione, che avevano trovato, in un primo momento, nelle linee guida, una modalità per ottenere i giusti risarcimenti rispetto alle chiusure che sono state loro imposte, mentre non hanno trovato la stessa soddisfazione nel “decreto Sostegni-ter”.

Credo che questa interrogazione vada in quella direzione; la risposta del Vice Ministro va nella stessa direzione e, pertanto, dichiaro la soddisfazione del gruppo e degli interroganti.

(Iniziative per incentivare l'installazione di impianti fotovoltaici su edifici e fabbricati a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale, anche rivedendo la disciplina applicativa del decreto ministeriale del 25 marzo 2022 – nn. 3-02923 e 3-03073)

PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Nevi ed altri n. 3-02923 e Loss ed altri n. 3-03073 (Vedi l'allegato A). Le interrogazioni, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente. Il sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali, senatore Gian Marco Centinaio, ha facoltà di rispondere.

GIAN MARCO CENTINAIO, Sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, considerata l'analogia delle questioni rappresentate nelle interrogazioni degli onorevoli Nevi e Loss rispondo congiuntamente.

Il decreto ministeriale del 25 marzo 2022, recante interventi per la realizzazione di impianti fotovoltaici da installare su edifici a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale, da finanziare nell'ambito del PNRR, Missione 2, componente 1, investimento 2.2 “Parco Agrisolare”, ha destinato una quota delle risorse disponibili, pari a 1 miliardo e 200 milioni di euro, alla realizzazione degli investimenti in attivi materiali e attivi immateriali nelle aziende agricole connessi alla produzione agricola primaria. La restante quota di fondi, pari a 300 milioni di euro, è stata riservata alla realizzazione di investimenti nel settore della trasformazione di prodotti agricoli e in quello della trasformazione di prodotti agricoli in non agricoli, in esenzione ai sensi del Regolamento (UE) n. 651/2014.

Nel delineare le suddette tipologie di intensità di aiuti, il Ministero ha dovuto tenere obbligatoriamente conto di quanto riportato negli orientamenti dell'Unione europea per gli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali 2014-2020 (prorogati fino alla fine del 2022) in materia di autoconsumo. Mi riferisco, in particolare, al paragrafo 1.1.1.1 relativo agli aiuti in investimenti in attivi materiali e attivi immateriali nelle aziende agricole, connessi alla produzione agricola primaria, e al paragrafo 1.1.1.4 sugli aiuti agli investimenti nel settore della trasformazione di prodotti agricoli.

Rilevo che il punto 137, lettera b), del citato paragrafo 1.1.1.1 dispone che “qualora nelle aziende agricole sia realizzato un investimento per la produzione di energia termica e/o elettrica da fonti rinnovabili, gli impianti di produzione di energia rinnovabile sono ammissibili agli aiuti unicamente se l'obiettivo è soddisfare il fabbisogno energetico dell'azienda e se la loro capacità produttiva non supera il consumo medio annuo combinato di energia termica ed elettrica dell'azienda agricola, compreso quello familiare.

Per quanto riguarda l'elettricità, la vendita di energia elettrica è consentita nella rete purché sia rispettato il limite di autoconsumo annuale”.

Relativamente al paragrafo 1.1.1.4, che non prevede espressamente un divieto analogo, sottolineo che la Commissione europea, cui è stato notificato il decreto in esame ai fini dell'approvazione del relativo regime e avvio della misura, con nota dello scorso 2 maggio, ha chiesto espressamente al Ministero di inserire una clausola che estenda anche alle imprese di trasformazione dei prodotti agricoli la stessa limitazione in materia di autoconsumo prevista per le aziende della produzione agricola primaria, appena esaminata.

Proprio per favorire l'autosufficienza energetica delle imprese agricole, richiamata nell'ambito del PNRR quale obiettivo delle misure rientranti nel pacchetto dell'“Agricoltura sostenibile ed economia circolare”, il menzionato decreto del 25 marzo 2022 ha incluso nel calcolo del consumo medio energetico dell'azienda agricola anche quello familiare.

Inoltre, nell'ambito del medesimo decreto, è espressamente prevista la possibilità di cumulare gli aiuti concessi a valere sulla misura “Parco Agrisolare” con altri aiuti, “compresi quelli de minimis, nel rispetto del divieto del doppio finanziamento e purché tale cumulo non porti al superamento dell'intensità di aiuto stabilita per ciascuna tipologia di investimento di cui al presente decreto. (…) Gli aiuti di cui al presente decreto possono essere altresì cumulati con qualsiasi altra misura di sostegno finanziata con risorse pubbliche, purché tale cumulo non riguardi gli stessi costi ammissibili o le stesse quote parti del costo di uno stesso bene, e non porti al superamento del costo sostenuto per ciascun tipo di intervento di cui al presente decreto".

Inoltre, anche in considerazione della prossima revisione degli orientamenti sugli aiuti di Stato e del connesso negoziato, al fine di incentivare la produzione di energia rinnovabile, cui l'agricoltura può dare un grande contributo senza consumo di suolo, con l'articolo 8 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, il Governo ha autorizzato le imprese del settore agricolo, zootecnico e agroindustriale a produrre elettricità da impianti fotovoltaici in deroga ai limiti dell'autoconsumo medio e a vendere in rete l'eccedenza produttiva. La previsione normativa resta in ogni caso soggetta all'autorizzazione della Commissione europea che ha finora mostrato sul medesimo tema un atteggiamento poco ricettivo, imponendo, in sede di notifica del decreto del 25 marzo 2022, come sopra indicato, l'inclusione del limite dell'autoconsumo anche per le aziende della trasformazione.

Informo, infine, che con la pubblicazione del “decreto Agrisolare” in Gazzetta Ufficiale del 28 giugno 2022, possiamo finalmente iniziare a lavorare per sostenere gli investimenti per la realizzazione degli impianti fotovoltaici sulle coperture delle stalle e dei capannoni delle aziende agricole. Il decreto stanzia 1,5 miliardi di euro a valere sui fondi del PNRR a disposizione dei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale, contribuendo a ridurre i costi e a favorire l'implementazione delle energie rinnovabili per filiere sempre più competitive e al passo con i tempi.

Un importante passo è stato fatto. Continuiamo a lavorare in Europa per superare l'elemento dell'autoconsumo e consentire alle aziende di aumentare la propria capacità produttiva da fonte rinnovabile.

PRESIDENTE. L'onorevole Caon ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

ROBERTO CAON (FI). Sì, sono soddisfatto della risposta, però tengo a sottolineare che il Governo deve veramente lavorare e pungolare la Comunità europea perché ci sia l'estensione. Infatti, è un paradosso che andiamo a occupare il suolo agricolo, per portare il foraggio a quella stalla e la stalla è senza pannelli solari. Abbiamo un tetto da recuperare e, invece di mettere i pannelli solari sul tetto, li mettiamo nel campo. Questo è un paradosso! Sì, l'ho detto in maniera molto semplificata, ma se abbiamo i posti dove poter mettere i pannelli solari, li dobbiamo utilizzare tutti. Uscendo da un discorso di pura zootecnia e agricoltura, metterei i pannelli solari addirittura in tutte le barriere fonoassorbenti delle autostrade e delle ferrovie, tanto per rendere conto del mio punto di vista. Sono convinto che per avere la lavastoviglie, devo avere anche la possibilità di consumare il grano a buon prezzo.

PRESIDENTE. L'onorevole Loss ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

MARTINA LOSS (LEGA). Grazie, Presidente. Ringrazio di cuore il sottosegretario, senatore Centinaio, per la risposta e per la sua presenza qui oggi in Aula. Avevamo avuto modo di sollecitare su questo tema il Ministro Patuanelli, più volte, durante le audizioni in Commissione agricoltura, proprio perché la sollecitazione che ci è pervenuta dalle aziende agricole era di sostenere, oggi, in particolar modo il reddito agricolo a 360 gradi. Quindi, imporre limitazioni non solo vincola l'azienda nel suo investimento, ma frena lo stesso Stato nell'espandere la sua quota di energie rinnovabili nella produzione energetica (il cosiddetto energy mix nazionale). Quindi, ci sembrava un doppio assurdo.

In particolare, il Ministro, nell'audizione del 22 giugno scorso, in qualche modo aveva dato rassicurazioni personali, affermando che era pronto a intervenire, anche con una lettera diretta alla Commissione europea, per consentire l'accoglimento delle nostre richieste. È stato ricordato nella risposta come noi, alla Camera, abbiamo votato ieri l'articolo 8 del “decreto Aiuti”, che ha concesso al Ministero di fare questa deroga alla regola dell'autoconsumo. Noi l'abbiamo votato con convinzione e con la fiducia che possa diventare attuabile in un prossimo futuro.

Ricordiamo che il mondo agricolo ha bisogno di un passaggio di sostenibilità, rilanciando Agricoltura 4.0. La tecnologia c'è, ci sono gli strumenti; i nostri agricoltori hanno solo bisogno di quello spazio per poter investire e, con lo Stato al loro fianco, ciò dev'essere possibile, soprattutto per le aziende più piccole. L'agricoltore delle aree interne e delle zone di montagna è la garanzia non solo della buona custodia del territorio, ma anche del presidio e di un'identità con i prodotti tradizionali. Quindi, sostenere il piccolo agricoltore, anche nel vantaggio a livello energetico in questo momento particolarmente difficile del rincaro delle materie prime e anche dell'energia, deve essere un must che lo Stato e il Ministero devono sentire come prevalente in ogni decisione. Quindi, solleciteremo ancora il Ministro Patuanelli, in modo che la sua azione a livello europeo sia determinante per le nostre aziende.

(Iniziative di competenza volte a garantire i livelli occupazionali dei servizi di call center di Ita Airways – nn. 3-03074, 3-03075, 3-03076 e 3-03077)

PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Rizzetto e Rampelli n. 3-03074, Suriano n. 3-03075, D'Orso ed altri n. 3-03076 e Palazzotto n. 3-03077, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A).

La sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Tiziana Nisini, ha facoltà di rispondere.

TIZIANA NISINI, Sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Il quesito posto dagli onorevoli interroganti riguarda le iniziative di competenza nei confronti della compagnia aerea ITA Airways per salvaguardare i livelli occupazionali del personale già adibito ai servizi di call center di Alitalia.

La società Covisian è stata selezionata quale fornitore del servizio di gestione dell'assistenza clienti ITA. Il 21 ottobre 2021, Almaviva e Covisian hanno sottoscritto un accordo presso il Ministero del Lavoro, obbligandosi ad ottemperare alla clausola sociale prevista dal contratto collettivo del settore telecomunicazioni, al fine di consentire a Covisian l'assunzione dei 543 dipendenti di Almaviva che avrebbero operato su diverse commesse, tra cui quella di ITA.

Tuttavia, il 7 aprile 2022, a seguito del mancato accordo tra Covisian SpA e ITA Airways sulla prosecuzione della fornitura del servizio di contact center in scadenza il 30 aprile 2022, Covisian SpA ha comunicato l'avvio di una procedura di licenziamento collettivo nei confronti di 221 lavoratori occupati presso i siti di Palermo e Rende, addetti ad attività direttamente e indirettamente riferibili alla commessa ITA.

In considerazione delle rilevanti criticità occupazionali conseguenti alla cessazione dell'appalto e delle correlate ripercussioni sull'accordo del 21 ottobre 2021, il Ministero del Lavoro ha avviato un confronto con Almaviva Contact SpA, Covisian SpA, ITA Airways e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, finalizzato alla ricerca di possibili soluzioni occupazionali per i lavoratori interessati. Le trattative sono state difficili. In un primo momento, l'assenza dei vertici di ITA Airways al tavolo ministeriale sembrava impedire qualunque forma di confronto. Successivamente, grazie agli sforzi e all'assiduo impegno del Ministero del Lavoro per garantire la continuità occupazionale di tutto il personale attualmente impiegato nel servizio di contact center di ITA Airways, il 9 giugno scorso è stato convocato uno specifico tavolo con i vertici di ITA Airways, Covisian, Almaviva, i sindacati, il presidente della regione Sicilia e il sindaco di Palermo per proseguire il confronto sulla situazione occupazionale dei lavoratori impiegati.

Nell'ambito di tale confronto, in particolare, il 16 giugno 2022 sono state raggiunte intese importanti. I 520 lavoratori interessati dalla vertenza saranno interamente riassorbiti da Covisian e ITA SpA - ITA Airways entro il 31 dicembre 2022, in linea con quanto previsto dall'accordo dello scorso 21 ottobre. In particolare, ITA si è impegnata ad assumere, a tempo indeterminato, 200 lavoratori del bacino di Palermo e Rende, mentre gli altri saranno progressivamente riassorbiti da Covisian. L'accordo è stato raggiunto grazie alla disponibilità di tutte le aziende coinvolte a contribuire alla risoluzione del problema. L'assunzione di 200 lavoratori da parte di ITA consentirà di accompagnare la crescita del business della compagnia, che sta vedendo aumentare il volume dei passeggeri e il numero di rotte, garantendo un servizio di assistenza al cliente ottimale.

Con particolare riferimento a ITA Airways, l'accordo prevede l'internalizzazione, con contratto a tempo indeterminato, di 200 risorse ex Covisian dedicate alla commessa ITA Airways, che si affiancano ai colleghi già presenti nella sede di Fiumicino, in modalità smart working a Palermo e Rende. ITA Airways si è impegnata inizialmente ad assumere 100 risorse subito e altre 100 entro il dicembre 2022; tuttavia, al fine di accompagnare e sostenere le ottime previsioni di crescita della compagnia, ha deciso di assumere subito 150 risorse, 50 in più rispetto a quanto previsto in un primo momento.

Con riferimento, invece, a Covisian, sulla base degli accordi presi, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali hanno chiesto alla società di attenuare i possibili effetti sul piano occupazionale conseguente all'apertura della procedura di licenziamento collettivo avviata dalla società, valutando il ricorso alle misure di sostegno al reddito previste dalla normativa vigente per il settore dei call center.

Al riguardo, nell'ambito della cosiddetta fase amministrativa di tale procedura, nei giorni 17 e 18 giugno 2022, si sono tenute due riunioni tra i rappresentanti del Ministero del Lavoro, i vertici aziendali di Covisian SpA e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, nel corso delle quali la società, al fine di tutelare il personale precedentemente adibito al servizio di contact center di ITA Airways, è pervenuta alla decisione di ricorrere agli strumenti di sostegno al reddito previsti per i dipendenti di imprese del settore dei call center.

Tale ammortizzatore sociale potrà agevolare il percorso di assorbimento del personale da parte di Covisian e creare le condizioni per la migrazione graduale di alcune attività verso i siti interessati dalla cessazione della commessa ITA, limitando, in tal modo, gli impatti economici sui lavoratori di Palermo e Rende e, contestualmente, raggiungere un equilibrio produttivo e organizzativo che non comprometta la tenuta economica complessiva della società.

In particolare, il confronto dello scorso 28 giugno si è concluso registrando il comune interesse della società e dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali a che il trattamento straordinario di integrazione salariale decorra dal 1° luglio 2022 e con la necessità di aggiornare il confronto finalizzato alla definizione della fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo. Ciò, al fine di consentire alle organizzazioni sindacali territoriali non presenti alla riunione, in rappresentanza dei lavoratori coinvolti dalle sospensioni, di essere pienamente informate sullo strumento di integrazione salariale applicato e sulle modalità di gestione dello stesso.

Concludo, assicurando che l'attenzione e la ricerca del confronto con le parti sociali coinvolte nella vicenda da parte del Ministero del Lavoro continuerà a essere massima.

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente. Buongiorno, sottosegretario Nisini, grazie per la risposta. In pochi secondi, vorrei dire che, da quando il sottoscritto, piuttosto che i colleghi Suriano, D'Orso e Palazzotto, hanno presentato questa interrogazione, mi sembra che le cose siano andate avanti con sufficiente soddisfazione. Ricordo soltanto un passaggio, sottosegretario, e poi mi taccio.

Noi dobbiamo sempre porci nei confronti di questa azienda considerando che si tratta di un'azienda partecipata al 100 per cento dallo Stato, quindi fondamentalmente è la faccia dello Stato. Ora, se un'azienda partecipata al 100 per cento dallo Stato si pone in palese chiusura al confronto, considerato che, come lei ha ricordato, il 20 aprile 2022 non si sono presentati al tavolo con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali rispetto a questo caso, ritenendo di essere - e cito - “parte lesa”, a seguito della “rottura unilaterale” da parte di Covisian del contratto di fornitura, a noi questa cosa non sta bene; nel senso che, quando un'azienda è partecipata al 100 per cento dallo Stato, batte i tacchi e va, evidentemente, nei tavoli di concertazione corretti, chiamati da un Ministero, e chiaramente non dovrebbe - uso il condizionale - neanche intervenire la politica per presentare tre, quattro, cinque o dieci interrogazioni per cercare di dare una mano nel risolvere questo caso.

C'è una cosa che qui dentro abbiamo ben presente, avendola votata, Presidente, nella scorsa legislatura, tra l'altro assieme a coloro - mi permetta la critica, spero costruttiva - che hanno votato all'epoca i licenziamenti collettivi. Perché se qualcuno qui dentro ha votato i licenziamenti collettivi, questa è la parte sinistra dell'Aula. C'è una cosa, le dicevo, che noi abbiamo ben presente di aver votato e che oggi esiste nel nostro ordinamento, ossia il rispetto della clausola sociale. Può piacere o non piacere, però esiste.

Quindi, trattandosi di un'azienda di fatto statale, laddove fondamentalmente lo Stato ha dato mandato all'amministratore di questa azienda di trovare soluzioni e di rilanciarla - come giustamente lei ricordava nel suo intervento, sempre per una maggiore soddisfazione dei clienti e crescita di quote e fasce di mercato, benissimo, ci mancherebbe altro! - ritengo che debba essere l'ultima volta che un'azienda di questo tipo non si presenti al tavolo, considerato che si va a ragionare sulla pelle di oltre 500 persone.

Comunque, ribadisco: spero - e ritengo sia una cosa che farete - che il Ministero del Lavoro seguirà attentamente i vari passaggi di questo iter, e non soltanto il Ministero del Lavoro; penso e spero che tutte le parti politiche che qui oggi sono rappresentate seguano questo percorso, perché di inciampi del genere ne abbiamo già visti e non vorremmo ce ne fossero più.

PRESIDENTE. La deputata D'Orso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario. Siamo abbastanza soddisfatti per l'epilogo della vicenda. Lo siamo prima di tutto, soprattutto, dal punto di vista umano, prima ancora che sotto il profilo politico. Non possiamo tacere, infatti, né dimenticare che questa soluzione arriva dopo tanti mesi, dopo quasi un anno di travaglio, un calvario a cui 522 lavoratori e lavoratrici, con le loro famiglie, sono stati sottoposti.

Sappiamo bene che è stata una vertenza complessa e faticosa. Però, vedete, quando si ha a che fare con la vita delle persone, quando si ha a che fare con il futuro di centinaia di famiglie che non sanno per quanto tempo ancora potranno contare sul reddito che consente loro il sostentamento, ecco, un anno, tanti mesi, insomma, sono un'eternità, e le istituzioni hanno il dovere di dare risposte tempestive.

È doveroso, forse, oggi affermare e ricordare che l'esito della vertenza è dipeso molto, se non soprattutto, dalla tenacia dimostrata da quei lavoratori e da quelle lavoratrici di Almaviva e Covisian, che hanno costantemente pungolato il Governo e l'opinione pubblica con manifestazioni, sempre composte, di protesta. Hanno fatto da pungolo anche a noi parlamentari, ci hanno sostenuto nelle molteplici iniziative che abbiamo intrapreso - interpellanze, interrogazioni, audizioni nelle Commissioni competenti, costanti interlocuzioni - per tenere sempre alta e viva l'attenzione presso i Ministeri coinvolti.

Il MoVimento 5 Stelle è stato sempre al fianco di quei lavoratori e di quelle lavoratrici, e voglio in questa sede ricordare anche l'impegno del collega Adriano Varrica. Quei lavoratori e quelle lavoratrici non si sono mai arresi. Per me quei lavoratori e quelle lavoratrici hanno un volto, io sono di Palermo, non sono mai stati dei numeri. Non si sono arresi neppure quando - lo ricordavamo - le loro speranze e le loro legittime aspettative, accese sulla base dell'accordo ministeriale del 21 ottobre scorso, sono state completamente deluse e disattese, perché quell'accordo è divenuto carta straccia a seguito della cessazione del contratto tra Covisian e ITA Airways.

Non si sono arresi neppure - ricordavamo anche questo episodio - quando ITA Airways non si è presentata, lo scorso aprile, al tavolo istituito e convocato dal Ministero del Lavoro. E questa è una condotta che anche oggi, in questa sede, vale la pena tornare a stigmatizzare.

Nell'interrogazione a mia prima firma, condivisa con altri colleghi parlamentari, che è datata 2 settembre 2021, in un passaggio mi chiedevo una cosa in particolare: mi chiedevo come fosse possibile che proprio un'azienda partecipata dallo Stato, le cui azioni sono possedute dal Ministero dell'Economia e delle finanze, potesse adottare una politica aziendale tale da lasciare per strada centinaia di famiglie. Le aziende a partecipazione pubblica, verrebbe da dire, dovrebbero dare il buon esempio, ed invece! L'azionista pubblico non può voltarsi dall'altra parte, non può stare a guardare, non può rinunciare a dare un indirizzo per il piano industriale e non può consegnarsi alle logiche, spesso troppo cinice, del mercato. Non potevo credere che il Governo non avesse strumenti per impedire tutto questo e sollecitare una soluzione a salvaguardia della continuità occupazionale. Probabilmente, erano domande non solo legittime, ma evidentemente corrette, che trovano oggi una risposta. Finalmente tutti gli attori di questa vertenza stanno facendo la loro parte. ITA Airways oggi sta facendo la sua parte.

A noi spetta il compito di continuare a mantenerci in ascolto dei lavoratori e delle lavoratrici e di vigilare affinchè gli impegni vengano mantenuti. Pare che siamo sulla buona strada, lo ricordava, lei, sottosegretario: alcune scadenze stabilite negli accordi dello scorso 16 giugno sono state rispettate sinora. Altre scadenze sono, tutto sommato, vicine.

Però, non possiamo tacere - e qui concludo - come il comparto dei call center sia comunque un comparto in cui permane una debolezza di fondo, un comparto in continua fibrillazione. Ricordo che proprio a Palermo in questo momento il comparto rimane in difficoltà perché le sedi siciliane di Almaviva Contact hanno visto scadere la commessa TIM ed è in scadenza la commessa per il numero 1500 del Ministero della Salute. E poi ci sono 150 dipendenti del call center Abramo di Palermo, che sono già rimasti senza commesse.

Qualche giorno fa un noto quotidiano nazionale, titolava: “18 mila addetti insidiati dai capricci del mercato”. Ecco, mi chiedo cos'altro si aspetti a riconvocare il tavolo tecnico che fu istituito durante il primo Governo Conte sulle prospettive dell'intero comparto dei call center presso il Ministero dello Sviluppo economico, per affrontare una volta per tutte, in modo organico e strutturale, le problematiche legate al settore, perché non è più possibile e neanche funzionale affrontare le singole vertenze come singole emergenze e contingenze. Occorre avere uno sguardo d'insieme e dare una risposta all'intero comparto.

(Rinvio dell'interpellanza Rampelli - n. 2-01523)

PRESIDENTE. Avverto che lo svolgimento dell'interpellanza Rampelli n. 2-01523 è rinviato ad altra seduta.

È così esaurito lo svolgimento dell' interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 12.

La seduta, sospesa alle 10,20, è ripresa alle 12,04.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Preavviso di votazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.

MATTEO DALL'OSSO (FI). Grazie, Presidente. Oggi è il giorno numero 12 da quando i lavoratori fragili rischiano la vita e i dati sulla diffusione del COVID e delle varianti Omicron sono in costante crescita. Come i Ministri Brunetta e Orlando sanno, sono venute a mancare le tutele per i lavoratori fragili. Come ben sapete, in Commissione bilancio gli emendamenti al “decreto Concorrenza” in favore dei lavoratori fragili da inammissibili sono diventati ammissibili e - lo ricordo a me stesso - ieri si è votato in Aula il “decreto Aiuti”. Questo mi spinge a continuare a portare ogni giorno tale questione in Aula, fino a quando non saranno ripristinate le tutele, senza che, tuttavia, siano posti assurdi limiti di copertura, superati i quali nessuno può essere tutelato. Sapete, la stessa cosa accadde a me, nel 2019, in occasione della Giornata internazionale sulla disabilità: prima, il mio emendamento in Commissione bilancio fu dichiarato inammissibile; poi, dopo il mio intervento, divenne ammissibile; infine, il giorno seguente la Giornata internazionale della disabilità fu bocciato. Vorrei far sapere ai Ministri Orlando, del Partito Democratico, e Brunetta, di Forza Italia, come me, che centinaia di migliaia di cittadini italiani stanno aspettando. I contagi COVID, nelle diverse varianti, hanno superato il milione; parliamo di quelli registrati, mentre si stima che quelli non registrati siano oltre 3 milioni. Ogni giorno si contagiano mediamente 100.000 persone. Vi sono emendamenti al decreto-legge Concorrenza per prorogare le tutele, come avevate già fatto fino al 30 giugno scorso.

A conclusione del mio intervento, consegno questo discorso, come quelli svolti in precedenza, al rappresentante del Governo, che vedo in Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, sempre sull'ordine dei lavori, l'onorevole Trancassini. Ne ha facoltà.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Grazie, Presidente. Nei giorni scorsi il TAR del Lazio ha annullato le elezioni amministrative del comune di Latina, il secondo comune del Lazio. Non sono state ravvisate irregolarità formali - questo scrive il TAR del Lazio nella sentenza - ma gravissime violazioni che hanno inciso sull'esito del voto. In questa sentenza si leggono cose molto preoccupanti; si fa riferimento alla prassi della “scheda ballerina”, ossia la scheda che viene utilizzata non solo per trovare il modo di condizionare il voto ma anche per controllarlo. La scheda viene, infatti, data all'elettore già precompilata, prima dell'ingresso al seggio. Un fatto molto molto grave. A questo associamo i comunicati diramati anche da autorevoli esponenti del Partito Democratico, perché il coordinatore regionale del Lazio del Partito Democratico ha portato la sua solidarietà al sindaco decaduto per queste gravi violazioni. Capisco che l'avversione al voto diventi anche avversione ai controlli sul voto però tutto questo è molto grave sia che avvenga in una città importante sia in assoluto. Pertanto, chiediamo che il Ministro Lamorgese venga a riferire al più presto su questo caso gravissimo perché non vorremmo, Presidente, come accade normalmente nel Lazio, che tutto questo poi venga insabbiato.

Abbiamo visto insabbiate le inchieste sui 14 milioni spariti per le mascherine, abbiamo visto insabbiata “concorsopoli” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e, cioè, la realizzazione di un ufficio di collocamento in quel di Allumiere per tutti gli esponenti e gli amministratori del Partito Democratico. Insomma, registriamo una tendenza a insabbiare fatti gravi. Questo fatto è gravissimo e, per questo, chiediamo che il Ministro Lamorgese venga urgentemente a riferire in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Trizzino. Ne ha facoltà.

GIORGIO TRIZZINO (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Per quanto mi riguarda, voglio ricordare che, tre mesi fa abbondanti, quest'Aula ha votato il provvedimento sul fine vita, sulla morte volontaria assistita. Trasmesso al Senato, non abbiamo alcuna notizia di quanto stia accadendo in quella Camera.

Ricordo che, nonostante questo silenzio, le persone che si trovano in quelle condizioni indicate dalla legge sono riuscite, nonostante tutto, ad applicare su se stesse la norma. Noi vogliamo continuare a non occuparci dei diritti dei cittadini? Comprendo quello che può accadere, ieri ne abbiamo visto una palese dimostrazione: un ostruzionismo su provvedimenti che riguardano, appunto, i diritti civili, lo ius scholae, la cannabis. Io non voglio entrare nel merito, perché, probabilmente, anche su alcuni di questi si possono avere posizioni diverse, però il diritto che ha questo Parlamento di affrontare questi temi, di discuterli, di approvarli o di non approvarli non può negarlo nessuno, né può negarlo un Senato che è assolutamente silente su questo tema. Cosa dobbiamo fare per chiedere alla Presidente del Senato che acceleri questo iter? Siamo ormai molto vicini alla conclusione della legislatura: vogliamo rischiare che almeno quel provvedimento, che riguarda il diritto sacrosanto di quelle persone indicate nei requisiti della Corte costituzionale, possa accedere a quella procedura? Perché non si può andare verso questa soluzione, questa direzione? Io chiedo, per il suo tramite, anche al Governo naturalmente, di individuare le ragioni perché al Senato questo provvedimento non va avanti, per restituire dignità a chi chiede che gli venga riconosciuta la fine della propria vita (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Grazie, Presidente. Brevemente, vorrei unirmi alla richiesta di informativa al Ministro Lamorgese, poc'anzi avanzata dal collega Trancassini, in merito ai fatti di Latina, perché le notizie che giungono sono davvero preoccupanti, allarmanti. Sarebbero avvenute irregolarità in 22 sezioni, su 116 totali, nella seconda città del Lazio. Quindi, credo che vadano dissipate il prima possibile le ombre su cosa sia accaduto in quella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 2021. Ci uniamo, pertanto, alla richiesta di informativa avanzata dal collega Trancassini (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Gerardi. Ne ha facoltà.

FRANCESCA GERARDI (LEGA). Grazie, Presidente. Anche io intervengo sull'ordine dei lavori per unirmi alle richieste che sono state fatte da parte dei colleghi di Forza Italia e di Fratelli d'Italia. Le irregolarità, che si sono registrate immediatamente dopo i risultati del voto a Latina, sono sembrate strane sin dal primo momento. Successivamente, è stato presentato il ricorso da parte del nostro candidato al TAR, che è stato accolto, e adesso si è innescato il processo per il quale si tornerà nuovamente a votare. Quindi, anche noi chiediamo l'intervento del Ministro Lamorgese per porre un faro proprio sui fatti che sono accaduti in questa tornata elettorale e ci auguriamo al più presto di ricevere risposta (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Anch'io mi associo alla richiesta dei colleghi di chiedere un'informativa al Ministro Lamorgese sui fatti di Latina e vorrei anche aggiungere di fare chiarezza sui fatti di Formia, perché, anche alle amministrative di quel comune pontino, c'è stato uno scarto di soli 38 voti che ha assegnato la consiliatura al sindaco Taddeo. Ho anche presentato un'interrogazione scritta, sempre al Ministro Lamorgese, che è rimasta tuttora inevasa.

Quindi, anche su questa fattispecie, vorremmo chiedere un approfondimento per capire se ci sono stati, anche in quel comune, il comune di Formia, situazioni particolari e dovremmo farlo, a mio avviso, anche in maniera abbastanza rapida. Il comune di Latina, infatti, è un comune molto grande, ci sono 126 sezioni, in 22 delle quali sono state riscontrate anomalie. È vero che l'attuale sindaco ha proposto ricorso al Consiglio di Stato, però ci sono fatti che devono essere chiariti, anche perché, sempre nella provincia di Latina, purtroppo, ci sono questo tipo di avvenimenti.

Tra l'altro, noi abbiamo anche richiesto, sempre allo stesso Ministro Lamorgese, di elevare la prefettura di Latina proprio per tutto quello che vi è sul territorio: infiltrazioni camorristiche, che spesso e volentieri, vanno anche a condizionare l'operato dei comuni. Abbiamo fatto anche richiesta al presidente della Commissione antimafia, Nicola Morra di fare un intervento sulla provincia di Latina, perché è un territorio molto delicato, che ha bisogno delle istituzioni, ha bisogno di un rafforzamento dei presidi di controllo e anche in tempi non troppo lontani sono state fatte richieste in ordine alla costituzione di una sezione della DIA proprio sulla città di Formia, proprio per controllare e avere maggiore contezza di quello che accade su quel territorio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mauri. Ne ha facoltà.

MATTEO MAURI (PD). Grazie, Presidente. Ho ascoltato cose gravi, direi, sulla vicenda di Latina. Ho ascoltato frasi offensive nei confronti della magistratura, ho ascoltato frasi offensive nei confronti degli organi dello Stato e, di conseguenza, credo che sia necessario fare chiarezza, anche perché la contestazione è molto dettagliata e, cioè, sostanzialmente, il TAR ha deliberato, con una sentenza - di conseguenza non si può dire che lo Stato non se ne stia occupando - di far rifare le elezioni in 22 sezioni elettorali perché il numero delle schede non vidimate, rintracciate concretamente, non corrisponde, in quei casi, ai numeri riportati sui verbali.

Di conseguenza, in questo momento, è in atto un ricorso per verificare se non sia possibile avere una sospensiva e per ritornare sulla decisione, ma, nel momento in cui si dovesse andare avanti, semplicemente, si inizierà con la procedura che porterà, nei tempi più brevi possibili, ovviamente, a rivotare in quelle sezioni. Cioè, vi sono, in questo momento, in campo tutte le garanzie, dal punto di vista delle varie magistrature, dal punto di vista democratico, per garantire ai cittadini che tutto si svolga regolarmente. Ed è del tutto evidente - perché leggo in sottofondo anche una qualche insinuazione - che non si può ascrivere ad alcuno in particolare quello che è accaduto: può essere accaduto per una svista dei presidenti o degli scrutatori o per altre ragioni, questo non sta a noi, evidentemente, deciderlo. Poi, ci penserà la democrazia, ci penseranno i cittadini, così come ci hanno pensato alcuni mesi fa, quando sono andati al voto e, in maniera molto netta, hanno deciso chi doveva governare e chi doveva andare all'opposizione.

A me, sinceramente, queste sembrano polemiche assolutamente fuori luogo, che tirano in ballo in maniera inaccettabile i vari livelli dello Stato. Io penso che, invece, come sempre, in quest'Aula, soprattutto in quest'Aula, bisognerebbe avere assolutamente tutta la fiducia del caso, la stessa che chiediamo solitamente ai cittadini. Per cui spero che anche di questo non si voglia fare l'ennesima questione di polemica politica, ma si vogliano attendere i tempi naturali e l'evolversi della situazione per, poi, trarre una conclusione finale. Per cui, si possono ascoltare tutti i Ministeri che si vogliono, e ci mancherebbe anche altro, però, nell'interesse di tutti, io terrei, sinceramente, i toni più bassi e molto, molto più istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente. Da persona che abita ad Anzio, quindi, molto vicino a Latina, io l'ho seguita da vicino quella campagna elettorale; la zona di Latina effettivamente è una zona nella quale il centrodestra è molto forte e, nel primo turno elettorale, la coalizione ha ottenuto il 53 per cento dei voti, ma il candidato del centrodestra soltanto il 47 per cento; nel secondo turno, l'alleanza fatta dal Partito Democratico e anche dal MoVimento 5 Stelle, invece, ha avuto un risultato molto netto, che ha portato alla conferma del sindaco Coletta.

Ora, io capisco che il risultato magari per qualcuno non sia gradito, ed è giusto che si verifichi, è assolutamente corretto, ma qui non stiamo parlando di brogli, come qualcuno ha insinuato; stiamo parlando semplicemente di errori formali in una piccola parte delle sezioni. È giusto che si verifichi, il TAR ha parlato, appunto, di verificare; c'è un ricorso al Consiglio di Stato e, come ha spiegato anche molto bene il collega Mauri, dobbiamo avere fiducia nella magistratura, verrà fatta un'indagine e se ci sono stati errori - lo ripeto, Presidente -, errori, non brogli, allora, giustamente potranno essere rifatte le elezioni.

Tuttavia, cerchiamo di evitare di insinuare cose che delegittimano le istituzioni, perché se cominciamo noi, qui, in quest'Aula, a delegittimare le istituzioni, cosa potrebbe succedere fuori da qui? Quindi, piena fiducia nella magistratura, che si possa chiarire tutto quello che c'è da chiarire, ma, al momento, a Latina c'è un sindaco che è il sindaco Coletta e massimo rispetto per queste persone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarli. Ne ha facoltà.

DORIANA SARLI (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Io mi ricollego all'intervento del collega Trizzino e chiedo, per il suo tramite, che il Presidente della Camera possa sollecitare la Presidente del Senato, perché noi ci troviamo davanti a un tema che ha richiesto tanto lavoro in questa Camera, per tre anni, tantissime audizioni, ma non solo per questo, il tema del fine vita è fermo al Senato da 3 mesi e io credo che non sia una questione tanto di rispetto per il lavoro dell'altra Camera, quanto di rispetto per la tantissima gente che sta fuori, che soffre e che chiede da tanto tempo che il Parlamento si assuma la responsabilità di fare una norma in merito. Quindi, sollecito un intervento e chiedo, anche per suo tramite, di sollecitare la Presidente del Senato e, comunque, di fare in modo che i lavori vadano avanti.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta il 12 luglio 2022, il presidente del gruppo parlamentare Misto ha reso noto che il deputato Guido Germano Pettarin è stato nominato vice presidente del gruppo in rappresentanza della componente politica “Vinciamo Italia - Italia al Centro con Toti”, in sostituzione dell'onorevole Marco Marin.

Trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 3532.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di una proposta di legge a Commissione in sede legislativa.

Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento: alla VII Commissione (Cultura): S. 2166. - Senatori DE LUCIA ed altri: "Dichiarazione di monumento nazionale dell'Arco di Traiano di Benevento" (approvata dal Senato) (3532).

Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.

(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione della proposta di legge: Gelmini, Aprea; Invidia; Bucalo, Frassinetti; Toccafondi; Colmellere, Toccalini, Caparvi; Soverini, Di Giorgi, Piccoli Nardelli, Rossi, Prestipino, Lattanzio, Nitti, Orfini, Ciampi, Carnevali: Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 544​-2387​-2692​-2868​-2946​-3014-B​) (ore 12,23).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato, nn. 544-2387-2692-2868-2946-3014-B: Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore.

Ricordo che nella seduta dell'11 luglio si è conclusa la fase dell'illustrazione degli ordini del giorno.

Avverto che il gruppo di Forza Italia ha esaurito i tempi previsti dal contingentamento.

Essendone stata fatta richiesta, la Presidenza concederà a tale gruppo un tempo aggiuntivo pari a un terzo rispetto al tempo originariamente assegnato al gruppo medesimo dal contingentamento.

Ricordo, altresì, che il gruppo della Lega ha esaurito tutti i tempi a sua disposizione previsti dal contingentamento, comprensivi anche dei tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza.

Ricordo, infine, che è esaurito anche l'ulteriore tempo aggiuntivo concesso per gli interventi a titolo personale.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 544-B​)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

PATRIZIO BIANCHI, Ministro dell'Istruzione. Ordine del giorno n. 9/544-B/1 Frassinetti, parere favorevole con la riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/544-B/2 Alaimo, parere favorevole con la riformulazione dell'impegno: “a promuovere, compatibilmente con i vincoli di bilancio”.

Ordine del giorno n. 9/544-B/3 Spena, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/4 Sandra Savino, parere favorevole con la riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di sostenere, compatibilmente con i vincoli di bilancio”. Ordine del giorno n. 9/544-B/5 Anna Lisa Baroni, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/6 Saccani Jotti, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/544-B/7 D'Attis, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/544-B/8 Porchietto, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di individuare, compatibilmente con i vincoli di bilancio”. Ordine del giorno n. 9/544-B/9 Aprea, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a prevedere, compatibilmente con i vincoli di bilancio”.

Ordine del giorno n. 9/544-B/10 Polverini, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/11 Casciello, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di promuovere e sostenere, compatibilmente con i vincoli di bilancio”.

Ordine del giorno n. 9/544-B/12 Palmieri, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/13 Pittalis, parere favorevole con la seguente riformulazione di entrambi gli impegni: “a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di bilancio”. Ordine del giorno n. 9/544-B/14 Zangrillo, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/544-B/15 Novelli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/544-B/16 Squeri, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'intero impegno: “procedere coerentemente con il cronoprogramma e gli impegni assunti in sede europea al riparto delle risorse destinate al potenziamento del sistema ITS”. Ordine del giorno n. 9/544-B/17 Giacometto, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/544-B/18 Mazzetti, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/19 Zanettin, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di individuare” e “nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica”. Ordine del giorno n. 9/544-B/20 Battilocchio, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/544-B/21 Maria Tripodi, parere favorevole con la riformulazione di entrambi gli impegni, nel senso di premettere all'impegno a): “a valutare l'opportunità di” e “compatibilmente con i vincoli di bilancio”; e riformulare l'impegno b) nel seguente modo: “procedere coerentemente con il cronoprogramma e con gli impegni assunti in sede europea al riparto delle risorse destinate al potenziamento degli ITS, con particolare riguardo all'orientamento degli studenti”.

Ordine del giorno n. 9/544-B/22 Pentangelo, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/544-B/23 Gentile, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di adottare iniziative senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ordine del giorno n. 9/544-B/24 Micheli, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di adottare iniziative senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ordine del giorno n. 9/544-B/25 Colla, parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/544-B/26 Covolo, egualmente parere favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/544-B/27 Donina, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/544-B/28 Di Muro, parere contrario.

Ordine del giorno n. 9/544-B/29 Giaccone, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/30 Bisa, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/544-B/31 Invernizzi, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/544-B/32 Gerardi, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/33 Binelli, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/34 Loss, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/35 Paolin, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/36 Murelli, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/544-B/37 Bordonali, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/38 Cavandoli, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/544-B/39 Andreuzza, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/40 Lucchini, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/41 Vanessa Cattoi, parere favorevole con riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di”. Il parere è contrario sugli ordini del giorno n. 9/544-B/42 Tombolato, n. 9/544-B/43 Fiorini, n. 9/544-B/44 Tateo, n. 9/544-B/45 Cecchetti, n. 9/544-B/46 Iezzi e n. 9/544-B/47 Belotti. Il parere è favorevole sull'ordine del giorno n. 9/544-B/48 Basini. Ordini del giorno n. 9/544-B/49 Maccanti, n. 9/544-B/50 Mariani, n. 9/544-B/51 Patelli e n. 9/544-B/52 Racchella, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/544-B/53 Toccalini, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di destinare”. Ordine del giorno n. 9/544-B/54 Bianchi, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/544-B/55 De Angelis, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di stanziare, compatibilmente con i vincoli di bilancio”. Ordini del giorno n. 9/544-B/56 Liuni, n. 9/544-B/57 Colmellere, parere contrario. Il parere è favorevole sugli ordini del giorno n. 9/544-B/58 Fogliani e n. 9/544-B/59 Potenti. Ordini del giorno n. 9/544-B/60 Ziello e n. 9/544-B/61 Tomasi, parere contrario. Il parere è favorevole sugli ordini del giorno n. 9/544-B/62 Furgiuele e n. 9/544-B/63 Ribolla. Ordine del giorno n. 9/544-B/64 Maturi, parere favorevole con riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità di provvedere senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ordini del giorno n. 9/544-B/65 Caretta, n. 9/544-B/66 Ciaburro e n. 9/544-B/67 Mollicone parere favorevole con riformulazione degli impegni: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/544-B/68 Molinari, parere favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Aprea. Su cosa vuole intervenire, onorevole? Sull'ordine dei lavori?

VALENTINA APREA (FI). Non sull'ordine dei lavori, ma sul provvedimento, Presidente. Ringrazio il Ministro, a nome di Forza Italia…

PRESIDENTE. No, onorevole, quando arriva il suo…

VALENTINA APREA (FI). No, Presidente. A nome del gruppo di Forza Italia, accogliamo le riformulazioni, ritiriamo l'ordine del giorno n. 9/544-B/22 Pentangelo e, quindi, siamo soddisfatti della valutazione del Ministro Bianchi.

PRESIDENTE. Onorevole Aprea, lei mi comunica che il gruppo di Forza Italia accetta le riformulazioni e ritira l'ordine del giorno n. 9/544-B/22 Pentangelo.

VALENTINA APREA (FI). Sì, Presidente, l'unico ordine del giorno su cui il Governo ha espresso parere contrario.

PRESIDENTE. Perfetto.

VALENTINA APREA (FI). E ringraziamo il Governo.

PRESIDENTE. Iniziamo dall'ordine del giorno n. 9/544-B/1 Frassinetti, su cui c'è un parere favorevole con riformulazione. La accetta, onorevole? Qualcuno mi fa un segno? Sì, benissimo. Ordine del giorno n. 9/544-B/2 Alaimo, parere favorevole con riformulazione: è accettata. A questo punto abbiamo tutto il blocco degli ordini del giorno di Forza Italia, fino all'ordine del giorno n. 9/544-B/23 Gentile. Ordine del giorno n. 9/544-B/24 Micheli: onorevole accetta la riformulazione? Onorevole mi fa un segno? Sì, la riformulazione è accettata. Ordini del giorno n. 9/544-B/25 Colla e n. 9/544-B/26 Covolo: i pareri sono favorevoli con riformulazioni, che vengono accettate.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/544-B/27 Donina, su cui il Governo ha espresso parere contrario. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ziello. Ne ha facoltà.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Presidente, il gruppo della Lega ritira tutti gli ordini del giorno su cui il Governo ha espresso parere contrario.

PRESIDENTE. Va bene. Ordine del giorno n. 9/544-B/29 Giaccone, parere favorevole. Gli ordini del giorno n. 9/544-B/30 Bisa e n. 9/544-B/31 Invernizzi sono stati ritirati. Sugli ordini del giorno n. 9/544-B/32 Gerardi, n. 9/544-B/33 Binelli, n. 9/544-B/34 Loss e n. 9/544-B/35 Paolin il parere del Governo è favorevole. L'ordine del giorno n. 9/544-B/36 Murelli è stato ritirato. Sull'ordine del giorno n. 9/544-B/37 Bordonali c'è un parere favorevole. L'ordine del giorno n. 9/544-B/38 Cavandoli è stato ritirato. Sugli ordini del giorno n. 9/544-B/39 Andreuzza e n. 9/544-B/40 Lucchini i pareri sono favorevoli. Ordine del giorno n. 9/544-B/41 Vanessa Cattoi, parere favorevole con riformulazione, che viene accettata. Gli ordini del giorno n. 9/544-B/42 Tombolato, n. 9/544-B/43 Fiorini, n. 9/544-B/44 Tateo, n. 9/544-B/45 Cecchetti, n. 9/544-B/46 Iezzi e n. 9/544-B/47 Belotti sono stati ritirati. Ordine del giorno n. 9/544-B/48 Basini, parere favorevole. Gli ordini del giorno n. 9/544-B/49 Maccanti, n. 9/544-B/50 Mariani, n. 9/544-B/51 Patelli e n. 9/544-B/52 Racchella sono stati ritirati. Ordine del giorno n. 9/544-B/52 Toccalini, parere favorevole con riformulazione: viene accettata. L'ordine del giorno n. 9/544-B/54 Bianchi è stato ritirato. Ordine del giorno n. 9/544-B/55 De Angelis, parere favorevole con riformulazione, che viene accettata. Gli ordini del giorno n. 9/544-B/56 Liuni e n. 9/544-B/57 Colmellere sono stati ritirati. Sugli ordini del giorno n. 9/544-B/58 Fogliani e n. 9/544-B/59 Potenti il parere è favorevole. Gli ordini del giorno n. 9/544-B/60 Ziello e n. 9/544-B/61 sono stati ritirati. Ordini del giorno n. 9/544-B/62 Furgiuele e n. 9/544-B/63 Ribolla, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/544-B/64 Maturi, parere favorevole con riformulazione, che viene accettata. Ordine del giorno n. 9/544-B/65 Caretta, parere favorevole con riformulazione. L'onorevole Caretta ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

MARIA CRISTINA CARETTA (FDI). Chiedo gentilmente che sia messo ai voti.

PRESIDENTE. Quindi, accetta la riformulazione e vuole che sia votato? Perfetto.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/544-B/65 Caretta, nel testo riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Ordine del giorno n. 9/544-B/66 Ciaburro, parere favorevole con riformulazione. Viene accettata?

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie, Presidente. Accetto la riformulazione, ma chiedo anch'io che venga posto in votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/544-B/66 Ciaburro, nel testo riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Ordine del giorno n. 9/544-B/67, Mollicone, parere favorevole con riformulazione. La accetta, onorevole?

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Presidente, accetto volentieri, ma chiedo il voto dell'Aula.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/544-B/67 Mollicone, nel testo riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Infine, sull'ultimo ordine del giorno n. 9/544-B/68 Molinari, vi è un parere favorevole.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 544-B​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossini. Ne ha facoltà.

Se qualcuno vuole uscire dall'Aula, lo faccia nella maniera più silenziosa possibile, in modo che l'onorevole Rossini possa fare il suo intervento. Prego onorevole.

EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Stiamo votando un provvedimento molto importante, che va nella direzione di rendere strutturale, programmatico e incardinato sui territori un soggetto specializzante di formazione tecnica superiore, in stretto coordinamento e a filiera con scuole superiori, centri universitari e mondo imprenditoriale. Questo aiuterà molto a creare attrattività per i nostri giovani che cercano qualità della formazione, ma anche esperienze qualificanti sul territorio. Il fatto che questi tre soggetti si coordinino ed esista questa filiera in stretta correlazione con le vocazioni territoriali di ricerca e occupazione è la miglior soluzione e anche l'auspicio.

L'esito che possiamo ottenere è occupazione giovanile, futuro delle imprese che cercano professionisti e attuazione del PNRR. Grazie. La componente Minoranze Linguistiche voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vietina. Ne ha facoltà.

SIMONA VIETINA (MISTO-VI-ICT). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, quella al nostro vaglio è una proposta che ha la finalità di far fare agli ITS un salto di qualità che permetta di diffondere la cultura tecnico-scientifico attraverso una didattica che integri lezioni ed esperienza. Quindi, riorganizzare gli ITS per meglio raccordare percorsi di studio con il mondo produttivo e del lavoro è un passo importante, volto anche a risolvere il paradosso, esistente nella nostra società, della coesistenza, da una parte, della disoccupazione giovanile e, dall'altra, la carenza di tecnici specializzati lamentata dalle imprese. Quindi, una formazione superiore affiancata all'istruzione universitaria che sappia concretamente preparare al lavoro, capace di integrare formazione teorica e tecnico-pratica, ma, soprattutto - e qui sta la forza di questo provvedimento -, creando reti di collegamento tra studio, imprese e territorio.

Siamo assolutamente convinti che la ripresa e la ripartenza debbano passare anche attraverso l'istruzione e la creazione di competenze spendibili concretamente e questo provvedimento è sicuramente un passo in avanti in questa direzione. Siamo sulla buona strada per una riforma organica e di lungo respiro, volta a rendere l'istruzione tecnica superiore più moderna e funzionale all'ambito della filiera professionalizzante. Per questi motivi, la nostra componente voterà a favore di questo provvedimento.

Vorrei terminare con l'auspicio che presto si possa permettere un'ampia partecipazione alle fondazioni ITS, soprattutto alle aziende medio-piccole, anche prevedendo incentivi, affinché possano partecipare a queste fondazioni. La motivazione è proprio quella di creare campus ITS Academy capillarmente distribuiti nei territori e non solo nei centri più grandi, affinché si possa permettere a tutti i territori di svilupparsi, assecondando la loro vocazione imprenditoriale, sviluppando poli artigianali di eccellenza e contestualizzando l'insegnamento proprio là dove esiste la specifica domanda di specializzazione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Vinciamo Italia-Italia al Centro con Toti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, intanto un ringraziamento per l'attenzione che, con la sua presenza, ha voluto rivolgere a questo ramo del Parlamento.

Il disegno di legge, che, oggi, andiamo ad approvare, aveva già avuto un passaggio in questo ramo del Parlamento e, successivamente, nel passaggio al Senato, sono state apportate una serie di modifiche significative.

Gli ITS hanno un ruolo fondamentale - questo è indiscutibile – e, non a caso, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza si è previsto lo stanziamento di 1,5 miliardi di euro dal 2022 al 2026, con l'obiettivo di potenziarne le strutture e aumentare il numero degli iscritti.

Si tratta di un provvedimento che, in realtà, nasce dalla sintesi di distinte proposte parlamentari presentate nel corso della legislatura. Nessuno vuole mettere in discussione l'importanza di questo strumento e della sua valorizzazione. È utile anche ricordare che, secondo il monitoraggio nazionale del 2021 dei percorsi ITS, emerge chiaramente che, nel 92 per cento dei casi, i giovani con diploma di istruzione tecnica superiore trovano un'occupazione in un'area coerente con il percorso di studi. È, quindi, uno strumento importante per riuscire a creare quel ponte tra la scuola, la formazione e la realtà dell'impresa.

Quindi, a dieci anni dalla loro nascita, il sistema degli studi tecnici superiori ha dimostrato piena efficacia in termini di occupazione e le modifiche intervenute col provvedimento hanno l'obiettivo di potenziare il sistema per uscire definitivamente dalla fase sperimentale. Non voglio nascondere però, signor Ministro, che permangono, a nostro giudizio, criticità che sono state in qualche modo amplificate anche dal passaggio al Senato, perché il tema è come riuscire a tenere un equilibrio corretto tra le necessità formative e una logica esclusivamente aziendalistica. Da questo punto di vista, c'è uno scivolamento verso una logica esclusivamente aziendalistica, che non ci sentiamo di condividere totalmente e, sempre da questo punto di vista, non si è trovata la possibilità, nel passaggio al Senato, di ascoltare quello che, in realtà, nelle audizioni che erano già avvenute alla Camera le parti sociali avevano chiesto, con forza.

Allo stesso modo, non possiamo non rilevare un altro elemento di criticità che, a nostro giudizio, è l'indebolimento del carattere nazionale unitario del sistema, riducendo ulteriormente la responsabilità statale sul Governo in questa materia e, di fatto, escludendo le scuole dagli organi degli ITS. Pensiamo che, da questo punto di vista, occorra, come dicevo in precedenza, trovare un equilibrio, e la qualità della formazione dei giovani che scelgono questo genere di percorso rimane per noi un elemento assolutamente fondamentale. Quindi, crediamo che gli ITS non possano essere completamente slegati dal sistema scuola e si debbano trovare i necessari collegamenti.

In conclusione, quindi, il rilancio degli ITS - e su questo hanno lavorato molto anche diversi colleghi, che ringrazio - può rappresentare, a nostro giudizio, un punto qualificante della strategia di un Paese che vuole - e deve - uscire da una situazione di bassa crescita, innalzando il livello di studio. Questo è l'obiettivo a cui dobbiamo lavorare tutti e a cui gli ITS possono dare un contributo importante. Bisogna, dunque, favorire la costruzione di quel necessario ponte tra scuola e mondo del lavoro, con un'offerta formativa strettamente integrata e collegata con il mondo economico e produttivo del Paese. Un sistema integrato è, a nostro giudizio, al tempo stesso, dinamico e flessibile da un punto di vista organizzativo e didattico ed è in grado di creare una rete di governance costruita insieme alle imprese e alle forze sociali per intercettare innovazione. Infatti, questa è l'altra questione: il nostro Paese ha bisogno di innovazione, ha bisogno di risorse umane, in questa direzione.

Vado a concludere. La ripartenza del nostro Paese, quindi, ha bisogno di vincere la duplice sfida delle competenze, e l'investimento del PNRR sugli ITS rappresenta una variabile strategica per raggiungere questo obiettivo. Si tratta di un sistema che, nel corso dell'ultimo decennio, come ricordavo in precedenza, ha dimostrato la sua efficacia: è integrato con le imprese, è flessibile ed è capace di innovazione didattica orientata alla qualità.

Ciò detto, nel richiamo alla dimensione nazionale la nostra preoccupazione, ovviamente, è che, poiché i tessuti produttivi non sono gli stessi su tutto il territorio nazionale e ci sono aree più deboli, non si possa lasciare tutto al cosiddetto “libero mercato”. La nostra preoccupazione riguarda, in particolare, le aree marginali e il Sud, dove, quindi, occorrerà, a nostro giudizio - e mi rivolgo, signor Ministro, a lei - non lasciare tutto alla libera determinazione, ma accompagnare. C'è bisogno di una fase di accompagnamento che il Ministero deve fare per riuscire a rendere anche gli ITS in questi territori capaci di svolgere il ruolo che ho provato a delineare.

Quindi, pur in presenza di queste criticità, rimaniamo nello spirito con cui, nel primo passaggio alla Camera ci eravamo astenuti, nella speranza che ci potevano essere miglioramenti, miglioramenti - ripeto - che in parte ci sono stati; in parte, però, continuano a permanere le criticità che ho provato a esprimere; comunque, alla fine, crediamo che sia giusto dare fiducia a questo progetto di rilancio degli ITS, pregando ovviamente che il Parlamento, nel suo complesso, e il Ministero, però, continuino a monitorare e ad accompagnare questo percorso.

Per essere molto chiari, non basta approvare questa norma perché tutto vada bene, occorre, da questo punto di vista, un accompagnamento. Comunque, in ragione delle argomentazioni che ho provato ad esporre, annuncio il voto favorevole delle deputate e dei deputati di Liberi e Uguali (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Berardini. Ne ha facoltà.

FABIO BERARDINI (MISTO-CI). Grazie, Presidente. Noi, oggi, qui siamo a esprimere il nostro voto favorevole a una proposta di legge molto importante. Le parlo da giovane, poiché questa proposta di fatto riguarda la formazione dei giovani, che noi, come Coraggio Italia, vogliamo tutelare e vogliamo spingere, soprattutto in questo momento in cui noi avremo di fronte sfide che riguardano veramente la formazione dei giovani per quanto riguarda la tecnologia, la robotica, in particolare anche la robotica educativa, che sta prendendo grande piede in Italia e in tutto il resto d'Europa. Quindi, una formula innovativa come quella degli ITS Academy può dare una spinta di rilancio al nostro Paese, soprattutto in stretta connessione con il mondo delle imprese, di chi lavora, di chi ha le soluzioni adeguate per permettere una formazione vera ai nostri giovani, per far vedere il lavoro vero che si svolge ogni giorno nelle fabbriche, nelle imprese, in tutti i luoghi di lavoro. E, quindi, questo potrebbe essere veramente uno strumento innovativo, da replicare, chiaramente, su tutto il territorio italiano per far apprezzare le eccellenze, le piccole, le micro, le grandi imprese di cui è composto il nostro Paese, di cui noi siamo orgogliosi e di cui vogliamo rappresentare la voce all'interno di questo Parlamento. Dunque, tutto questo considerato, Presidente, il gruppo di Coraggio Italia voterà convintamente, felicemente e favorevolmente a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Anzaldi. Ne ha facoltà.

MICHELE ANZALDI (IV). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, che addirittura da ieri condivide con noi, in quest'Aula, ostruzionismo e lavori.

La Camera torna ad occuparsi del progetto di legge di riorganizzazione del sistema degli istituti tecnici superiori (ITS), di cui si era occupata lo scorso anno. Il provvedimento torna dal Senato, che lo ha approvato con il titolo “Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore” e con consistenti modifiche rispetto al testo licenziato in prima lettura in questa Camera.

Stiamo discutendo della prima riforma legislativa organica degli istituti tecnici superiori dal 2008: riforma importante, perché figura tra gli impegni previsti nel PNRR. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha affidato, infatti, proprio agli ITS un ruolo fondamentale, prevedendo uno stanziamento di 1 miliardo e mezzo di euro a fondo perduto dal 2022 al 2026, con l'obiettivo di potenziarne le strutture e aumentare il numero degli iscritti. Se l'approveremo, sarà la prima riforma nel campo dell'istruzione ad essere legge.

Oggi gli ITS, che in Paesi come la Francia e la Germania sono una parte essenziale e fondamentale del sistema educativo e dell'economia, hanno bisogno di essere potenziati, perché in futuro svolgeranno un ruolo ancora più importante, con il probabile incremento del fabbisogno di diplomati degli istituti tecnici nell'area digitale ed ambientale. I dati che abbiamo avuto la possibilità di analizzare attestano che nel 92 per cento dei casi i giovani con diploma di istruzione tecnica superiore trovano un'occupazione in un'area attinente con il percorso di studi. Si tratta di un monitoraggio che ha riguardato i diplomati degli ITS nell'anno 2019. Sono trascorsi circa 10 anni dei primi provvedimenti che hanno istituito questa forma di istruzione.

In questo periodo, il sistema degli istituti tecnici superiori ha dimostrato la sua piena validità in termini di occupazione. Con questo provvedimento usciremo definitivamente da una fase sperimentale e si verrà a creare una rete nazionale in grado di riconoscere le specificità territoriali e valorizzarle. Pensiamo che il rinnovo degli ITS possa essere un punto qualificante della formazione per uscire da questo stato di bassa crescita e innalzare il livello di studio, favorendo il collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro. Si vuole offrire al mondo economico e produttivo un sistema integrato che permetta alle imprese di intercettare giovani abili nell'utilizzo delle nuove tecnologie. L'ITS vuole essere il centro del sistema di formazione professionale terziaria, strettamente collegata alla scuola superiore di secondo grado e all'università, così da formare quelle competenze che oggi le aziende non riescono a reperire sul mercato del lavoro. Questo provvedimento garantirà che la formazione specializzata rimanga competenza dello Stato, contrastando possibili idee di privatizzazione del sistema formativo nazionale. Dobbiamo vincere la sfida delle competenze e l'investimento del PNRR sugli ITS ci permetterà di raggiungere questo obiettivo. Parliamo di un sistema che, in questi anni, ha dimostrato la sua validità e l'integrazione con le imprese.

Oggi l'incremento del numero degli allievi necessita di investimenti infrastrutturali per offrire quel sistema di sedi, laboratori e strutture moderne e all'avanguardia, per fare l'atteso salto di qualità. Le risorse che ci offre il Piano nazionale di ripresa e resilienza ci permetteranno di aumentare il numero degli iscritti a questi corsi, potenziare i laboratori con le tecnologie 4.0, formare i docenti affinché siano in grado di adattare i programmi formativi ai fabbisogni delle aziende locali. In ballo non c'è, quindi, solo la mancanza di dialogo tra percorso formativo e imprese, ma l'intero impianto di un sistema che sceglie di investire sullo scambio tra due mondi, scuola e impresa, a beneficio dei singoli, della collettività, dell'economia, del progresso. È questa la sfida che attende il nuovo sistema di istruzione superiore: divenire capace di anticipare i processi di innovazione e favorire la formazione alle nuove tecnologie. Per questo annuncio il voto favorevole del gruppo Italia Viva (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bucalo. Ne ha facoltà.

CARMELA BUCALO (FDI). Grazie, Presidente. Ministro, il provvedimento di oggi è il frutto di un lavoro unificato di sei proposte di legge di iniziativa parlamentare, che ha lo scopo di riorganizzare il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore, anche alla luce degli obiettivi del PNRR che ha destinato a questo sistema una cifra considerevole. Gli ITS esistono da più di 10 anni, rappresentano la formazione ad alta specializzazione tecnologica, strettamente integrati con il mondo economico e produttivo, nati per valorizzare tanto il capitale umano, quanto il sistema produttivo dei territori e questo per sopperire alla mancanza di tecnici specializzati su una serie di settori.

Vi è un dato importante: in Italia c'è una carenza di tecnici specializzati. Da molti anni, purtroppo, la nostra Nazione non ha più una storia nella formazione tecnica e professionale, paragonabile ad altri Paesi europei. Da qui, quindi, la necessità di creare nuovi ingressi nel mondo del lavoro, con una competenza piuttosto elevata e qualificata. Purtroppo, questo sistema di istruzione e formazione è rimasto per lo più sconosciuto, come anche la sua potenzialità di diventare strumento per affrontare più facilmente l'ingresso nel mondo del lavoro. Infatti, questo tipo di indirizzo è da considerarsi una vera e propria risorsa, un'occasione importante al fine di consentire l'interazione tra la comunità scolastica e il sistema delle imprese. Inoltre, è in grado di fornire, attraverso percorsi ben calibrati e una didattica esperienziale incentrata sull'azione diretta e sulla sperimentazione di compiti e ruoli funzionali a quelli della realtà lavorativa, conoscenze, competenze e strategie per affrontare le sfide future in un mondo globalizzato e in continuo cambiamento.

Altro importante passo è considerare questi istituti non solo come unica via, dovendo avere la possibilità di rappresentare anche punti di riferimento ulteriori attraverso l'individuazione di possibili relazioni sinergiche tra il territorio e possibili figure nuove. Su questo punto Fratelli d'Italia ha presentato la propria proposta di legge, per creare nuovi ruoli, nuovi mestieri, nuove professioni di alta qualità e, soprattutto, per valorizzare il made in Italy. Proprio per questo abbiamo previsto l'inserimento dell'alto artigianato artistico, il quale è fortemente collegato con l'identità del territorio italiano e ne caratterizza le diverse specificità. Esso è espressione del grande patrimonio di bellezza che si è sviluppato attraverso le botteghe rinascimentali e che comprende tradizione, tecnica, arte e cultura. Dal Nord al Sud del nostro Paese, isole comprese, rappresenta il fiore all'occhiello della maestria italiana, dalla ceramica alla gioielleria, dai tessuti agli argenti, dagli accessori agli strumenti musicali, dai presepi al vetro, al mosaico e al ferro battuto. Si tratta di un settore che è una grande risorsa e che può contribuire in maniera determinante al rilancio del nostro Paese anche a livello internazionale. Inoltre, sono sempre più richieste figure professionali italiane con specifiche competenze nel settore tecnico dell'alto artigianato artistico.

L'obiettivo della nostra proposta di legge è stato proprio quello di consentire l'istituzione di una figura specialistica attraverso la quale promuovere e commercializzare le creazioni uniche e personalizzate, realizzate da questi grandi maestri d'arte, svelando così la nostra grande tradizione che viene tramandata di generazione in generazione. Si tratta di abilità superiori, simboli di un'eccellenza che rende l'Italia uno dei maggiori punti di riferimento anche attraverso l'individuazione delle esistenti o possibili relazioni sinergiche tra l'alto artigianato artistico e il turismo.

Fratelli d'Italia ha sempre ritenuto che la ricchezza, rappresentata dalle opere dell'alto artigianato, assolutamente unico per valore artistico e culturale, oltre che produttivo, soprattutto in quanto fondamento del nostro miglior made in Italy, è riconosciuta dal mondo intero, che la ammira e la desidera. Ciò che rappresenta al meglio il nostro Paese nel mondo deve essere valorizzato anche e soprattutto nei contesti nazionali e internazionali.

Il profilo professionale in uscita dal percorso presenta competenze innovative, trasversali, in grado di gestire, nel segno della sostenibilità dell'attività produttiva, l'intero ciclo di vita di un prodotto, occupandosi sia delle scelte dei materiali e delle tecniche di lavorazione sia della certificazione in materia di ambiente e sicurezza, fino ad arrivare alle strategie di marketing e a quelle finalizzate ad avere un migliore impatto ambientale.

Il ritorno agli ITS rappresenta la sfida del futuro. In sinergia, impresa, scuola e istituzioni locali possono vincere e permettere ai nostri ragazzi di sfruttare le opportunità offerte dalle aziende che rappresentano l'eccellenza. Gli ITS rappresentano un tassello di un sistema di istruzione che interpreta bene le trasformazioni del mondo del lavoro e che potrà aiutare i nostri ragazzi ad avere una adeguata formazione, coniugata - questo è importante - ad una creatività tale da vincere le sfide del futuro.

Per tutti questi motivi annuncio, veramente con grande gioia, il voto favorevole di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VACCA (IPF). Grazie, Presidente. Ministro Bianchi, oggi credo che sia un giorno molto importante perché, come hanno sottolineato anche i colleghi che mi hanno preceduto, ci troviamo qui a discutere e ci accingiamo ad approvare una delle riforme più importanti, credo, del PNRR. È un giorno importante anche perché oggi dimostriamo che, quando il Parlamento lavora bene, lavora in maniera proficua anche con lo stesso Governo, e i risultati poi sono eccellenti.

Ricordiamo che questa è un'iniziativa parlamentare che nasce da 6 proposte di legge parlamentari e che poi si è legata con il PNRR, in cui la riforma degli ITS è una delle riforme fondamentali previste dal Governo. C'è stato, quindi, un lavoro proficuo da parte di Parlamento e Governo da parte di tutti i gruppi parlamentari, di maggioranza e di opposizione, che ha portato al testo che oggi stiamo per approvare.

Ricordo anche le parole di Draghi che subito parlò degli ITS come pilastro educativo, proprio quando venne in Parlamento, in occasione della prima fiducia al Governo, a testimonianza della grande attenzione da parte dello stesso Governo e del Presidente del Consiglio a questo tema e a tutto il lavoro che è stato fatto dal Ministero dell'Istruzione, durante questi mesi.

Questo credo che sia un argomento centrale non solo per quanto riguarda la formazione e il sistema di istruzione, ma per quanto riguarda il sistema Paese. Stiamo parlando di un asset fondamentale, che non riguarda soltanto il mondo dell'istruzione ma che riguarda la direzione che il Paese deve prendere per raggiungere un benessere socioeconomico sempre maggiore, condiviso e qualificante.

Gli ITS, come è stato detto, sono percorsi di formazione altamente professionalizzanti post-diploma - parliamo di scuole del settore terziario - e di formazione iniziale, ma anche di formazione continua. Anche quest'ultimo ruolo è fondamentale per quanto riguarda il mondo del lavoro, in continua evoluzione.

L'obiettivo principale di questa proposta è rinforzare un segmento del nostro sistema formativo - la formazione professionalizzante - troppo spesso messo ai margini e trascurato. Eppure, se il fine ultimo di ogni tipo di formazione è creare cittadini consapevoli del mondo che li circonda, migliorare anche la formazione professionalizzante, innalzandone la qualità e rendendola organica alle evoluzioni socioeconomiche sempre più rapide, ciò vuol dire fornire ai nostri ragazzi ancora maggiori strumenti e prospettive per vivere nel mondo in maniera autonoma e consapevole. I dati ci dicono che oltre l'80 per cento degli studenti trova lavoro nel settore nel quale si è formato già un anno dopo la conclusione dei percorsi formativi e, in alcuni settori, la percentuale arriva addirittura al 90 per cento e oltre. È un dato importante, che giustifica lo sforzo politico per aumentare il dato, invece, ancora esiguo, ma comunque in crescita, di studenti che frequentano questi percorsi, pari a meno del 2 per cento del totale. Migliorare la formazione altamente professionalizzante vuol dire anche colmare il gap che ci divide dagli altri Paesi europei che, negli ultimi decenni, hanno sviluppato un sistema di formazione professionalizzante secondario e terziario forte e appetibile per gli studenti, ma anche per le stesse imprese e che si è rivelato un elemento qualificante per strutturare sistemi produttivi e resilienti, capaci di affrontare l'evoluzione di un mondo sempre più globale, senza soccombere, ma adeguandosi e puntando su qualità e innovazione. Infatti, quando parliamo di delocalizzazione, avere un sistema, anche formativo, nel quale le imprese compartecipano, che fa innovazione e ricerca, ovviamente ricerca applicata, ad alti livelli, e fornisce personale altamente specializzato è sicuramente un elemento che incentiva le imprese a restare sul territorio e a non delocalizzare.

Gli argomenti principali sono stati affrontati. Ricordo brevemente alcune modifiche apportate al Senato, che non hanno, però, stravolto l'impianto approvato qui, alla Camera, in prima lettura. È stata modificata, innanzitutto, la denominazione: non più “Istituti tecnici superiori”, ma “Istituti tecnologici superiori Academy”; è stata introdotta la suddivisione dei percorsi degli ITS in due livelli, quello di V livello, di durata biennale e quello di VI livello, di durata triennale; il rafforzamento dei raccordi tra ITS Academy, il sistema universitario e il sistema AFAM, anche questo è un elemento molto importante; la ridefinizione dei soggetti fondatori, con il riconoscimento agli istituti dell'alta formazione artistica e musicale di un ruolo paritario rispetto alle università; il rafforzamento della sinergia con le imprese, fra l'altro, mediante l'incremento delle ore di tirocinio e la previsione che l'attività formativa sia svolta, per almeno il 60 per cento del monte ore, da docenti provenienti dal mondo del lavoro, e questo credo che sia un elemento forte, qualificante, non un elemento di debolezza della proposta; il sistema di accreditamento degli ITS Academy quale condizione per l'accesso al finanziamento pubblico; la revoca dell'accreditamento fondato su esiti negativi dell'attività di monitoraggio e valutazione: anche questo è un elemento importante per mantenere uno standard elevato, formativo; istituzione di un fondo ad hoc, destinato a finanziare i percorsi formativi sulla base di criteri, in parte, definiti dal provvedimento in esame secondo una logica di programmazione triennale; il potenziamento degli istituti di diritto allo studio mediante la previsione di borse di studio ad hoc anche per lo svolgimento di tirocini.

Per quanto riguarda l'accesso ai percorsi dei nuovi ITS Academy, bisognerà essere in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale, unitamente a un certificato di specializzazione tecnica superiore conseguito all'esito dei corsi di istruzione e formazione tecnica superiore, della durata di almeno 800 ore.

Presidente, credo, come abbiamo già avuto modo di dire, che oggi sia un momento importante; quando si parla di formazione e di istruzione è sempre un momento importante e, dunque, lo è a maggior ragione oggi che stiamo per votare un provvedimento frutto di un lavoro parlamentare che ha visto la centralità del Parlamento in primo piano, in un rapporto dialogico, costruttivo e importante con il Governo, che porta oggi ad approvare una legge importante per il futuro del nostro Paese.

Per questo, annuncio convintamente il voto favorevole del gruppo Insieme per il Futuro (Applausi dei deputati del gruppo Insieme per il Futuro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA (FI). Grazie, Presidente. Presidente Mandelli, colleghi, Ministro Bianchi, concludiamo, in seconda lettura, l'esame del provvedimento sul sistema terziario di istruzione e formazione tecnologica superiore, che ha conosciuto un lungo iter, avviato lo scorso anno proprio qui, alla Camera, su impulso del gruppo di Forza Italia, che ha chiesto la calendarizzazione della proposta di legge Atto Camera n. 544, a firma Gelmini e Aprea, ma in cui è confluito, nel corso dell'esame, l'intelligente e responsabile contributo di tutte le forze politiche, anche di opposizione, che ringrazio, a partire dal relatore Toccafondi, dalla presidente Casa, fino a tutti i colleghi del comitato ristretto e della Commissione. Tutto ciò ha confermato una volta di più l'urgenza di dotare il nostro Paese di una filiera tecnologica, professionalizzante, terziaria, non accademica, che rilanci e rafforzi il sistema delle regioni, che mantengono un ruolo decisivo in questo campo, in virtù del dettato costituzionale in materia di istruzione e formazione professionale.

In particolare, il passaggio politico dalla Camera al Senato è stato connotato dalla volontà di rafforzare la mission del sistema terziario di istruzione tecnologica superiore, di meglio definire il suo assetto organizzativo e gli strumenti per sostenere la partecipazione delle imprese e di altri soggetti pubblici e privati, attraverso il riconoscimento di crediti di imposta. E, soprattutto, sono state rafforzate significativamente le donazioni mirate allo sviluppo degli ITS Academy nel Mezzogiorno e facilitata la partecipazione degli studenti, attraverso la previsione della corresponsione di borse di studio.

Certamente il Senato, nel percorso di approvazione, colleghi, ha dovuto tener conto del grande lavoro portato avanti all'unanimità da questa Camera. Meritate voi un applauso, meritiamo noi un applauso oggi, perché oggi la legge ritorna con l'impianto che la Camera ha voluto e la Camera ha votato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), a cominciare dalla ridenominazione dei vecchi ITS in ITS Academy e sostituendo l'aggettivo “tecnico” con “tecnologico”, ad indicare la volontà di orientare sempre di più questo sistema verso la costruzione di professionalità, capaci di governare l'innovazione tecnologica a livello industriale.

In particolare, l'aver mantenuto nel nome il riferimento all'academy conferma la volontà emersa alla Camera e confermata, poi, al Senato di assumere, in questo segmento terziario, la vision, il concept delle academy aziendali come scuole d' impresa, impostate come learning organization, dove i giovani possano crescere e apprendere con una visione organizzativa, capace di adattarsi al cambiamento, di cui, soprattutto, le piccole e medie imprese, ossatura del sistema produttivo nazionale, hanno estrema necessità per innovare e competere e anche per rendere gli ITS Academy più attrattivi nei confronti degli studenti e delle famiglie.

Apprezziamo per questo che, nel nuovo segmento di formazione terziario, che torna nel nostro Paese a 50 anni dal suo inopinato smantellamento negli anni Settanta per meri motivi ideologici e corporativi - l'ultimo tentativo fallito lo ricorderà sicuramente il Ministro Bianchi fu del 1973 come filiera nazionale -, la docenza rimanga, invece, per il 50 per cento, composta da professionisti provenienti dal mondo del lavoro e, per una quota di ore di docenza sul totale del monte ore complessivo non inferiore al 60 per cento; così pure qualifica ulteriormente questi nuovi percorsi professionalizzanti per la formazione dei nuovi tecnici e tecnologi l'aver previsto il 35 per cento del percorso stesso in forma di tirocinio aziendale.

La grande novità, poi, che accompagna questa riforma e che ne giustifica la presenza all'interno del PNRR e le risorse fino a un miliardo e mezzo, che il Ministro Bianchi, che il Governo hanno destinato per questa riforma, è relativa all'individuazione delle aree tecnologiche che, sebbene, come prevede la legge, saranno oggetto di un successivo decreto, dovranno fare esplicito riferimento alle principali sfide attuali e linee di sviluppo economico, dalla transizione ecologica a quella digitale, dal made in Italy all'alto artigianato artistico, dalla ricerca chimico-farmaceutica e sanitaria alla meccatronica.

Emerge, insomma, chiaramente l'intento, fortemente condiviso alla Camera, rafforzato al Senato, di dare vita ad un sistema terziario professionalizzante che sia capace di sostenere i fabbisogni richiesti dalle più recenti innovazioni, ma anche di valorizzare il nuovo e le conoscenze di settori più tradizionali che pure rappresentano un elemento di competitività per l'intero Paese.

Il provvedimento, poi - e non è, Presidente, una questione secondaria -, per la prima volta nella storia della Repubblica, definisce un sistema terziario professionalizzante in cui, finalmente, a soggetti privati - le imprese - si riconosce di svolgere una funzione pubblica nelle fondazioni di partecipazione degli ITS Academy. Perché c'è un senso di responsabilità sociale che deve riguardare tutti e non solo il pubblico: tutti, in Italia, devono essere responsabili per il bene comune (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Ecco perché noi abbiamo insistito su questo aspetto e credo sia stato particolarmente apprezzato anche da Serse Soverini del PD, ma lo dirà lui fra qualche secondo.

La legge mantiene la distinzione tra i percorsi di V livello EQF, con almeno 1.800 ore di formazione, e percorsi di VI livello EQF, con durata di almeno 3 mila ore, anche se questi ultimi dovranno essere limitati a figure professionali che richiedono un elevato numero di ore di tirocinio e dovranno essere individuati da un successivo DPCM, che dovrà prevedere un raccordo con il sistema universitario. La sfida, insomma, è quella di tutelare l'autonomia e le particolarità degli ITS Academy, collaborando con le università e valorizzando le specificità degli uni e delle altre.

Altro aspetto rilevante è che si stabilizzano e regolarizzano i finanziamenti, si rafforza il diritto allo studio con borse di studio e residenze per gli studenti. Un valore aggiunto sarà costituito anche dagli ITS Academy multiregionali e multisettoriali. Mi raccomando, Ministro, questo è un aspetto molto importante, come lei sa bene, ne abbiamo parlato tante volte anche con la Conferenza Stato-regioni, in Conferenza Stato-regioni quando siamo stati assessori, è un valore aggiunto. In più gli ITS Academy saranno luoghi di intermediazione per una rapida transizione dei giovani nel mondo del lavoro. Così, si offre uno strumento concreto e diffuso su tutto il territorio nazionale per colmare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro ad alta specializzazione, che ha condizionato pesantemente la competitività delle imprese e l'occupabilità dei giovani fino ad oggi. Il sistema si attuerà attraverso la leale collaborazione tra Stato e regioni; per questo, per tutti i provvedimenti attuativi è prevista l'intesa in Conferenza Stato-regioni. Il Comitato nazionale ITS Academy costituisce, infine, un'importante innovazione di sistema che consentirà l'integrazione strategica tra i piani di interventi dei Ministeri e delle regioni impegnati nella realizzazione del PNRR.

Insomma, Presidente, colleghi, Governo, Ministro, oggi, il Parlamento segna un gol, ma per vincere la partita occorrerà sciogliere in breve tempo i nodi politici che sono ancora sul tavolo. Il nodo politico più rilevante, che prevede il coinvolgimento delle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato nell'espressione del parere sui provvedimenti attuativi, è quello dell'attuazione - Ministro Bianchi - che si configura, come autorevoli commentatori hanno già sottolineato, come un secondo tempo della legge per il numero e la complessità dei decreti che il Ministero dell'Istruzione è chiamato ad adottare, insieme al Ministero dell'Università e della ricerca.

Per questo è necessario un programma, un programma di lavoro concertato con il sistema delle regioni - so che è stato già avviato e me ne compiaccio - e le amministrazioni dello Stato interessate, ispirato ai principi costituzionali di leale collaborazione istituzionale e di sussidiarietà. Occorre che il programma sia definito secondo criteri di semplificazione amministrativa, con un significativo accorpamento delle materie dei decreti attuativi e un metodo idoneo a presidiare e rafforzare l'identità degli ITS Academy, in modo da marcare il ruolo di istituti superiori per le tecnologie con una distinta e autonoma identità che va presidiata nel rapporto con le università. Nel contempo, andrebbero sostenuti i patti federativi università-ITS Academy per il raccordo tra i diversi percorsi in base a specifici progetti tra le fondazioni e le università.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

VALENTINA APREA (FI). Mi avvio alla conclusione. Andrebbe rafforzata la natura pubblica o privata delle fondazioni ITS; andrebbero individuate specifiche misure nazionali e regionali per rafforzare la partecipazione delle imprese, soprattutto delle piccole e medie, e dei centri di ricerca; abbiamo bisogno di investire, come dicevamo ieri, Ministro, ma visto che è stato approvato l'ordine del giorno a mia firma sono fiduciosa in questo, so che ci sono anche dei finanziamenti, quindi aspettiamo di vedere l'attuazione di questi investimenti nelle dotazioni logistiche, strumentali e di personale degli ITS Academy. Vanno promossi e sostenuti i campus residenziali a carattere multiregionale e multisettoriale, ma soprattutto va monitorata l'attuazione della riforma con la previsione di eventuali misure correttive e migliorative condivise con le regioni interessate, comprese task force interessate.

Queste misure dovrebbero - e mi avvio davvero alla conclusione - comprendere anche l'osservazione degli esiti occupazionali, come ha iniziato a fare INDIRE già da qualche anno, naturalmente, di coloro che conseguono il titolo finale, dell'organicità e della stabilità dei collegamenti con il mondo del lavoro e delle professioni, con particolare attenzione all'alto apprendistato.

PRESIDENTE. Deve concludere.

VALENTINA APREA (FI). Bisogna correre. Concludo, davvero. Ora, Ministro Bianchi, abbiamo la bicicletta, ma dobbiamo correre, correre per attuare la legge senza più perdere altro tempo; abbiamo perso, come Paese Italia, cinquant'anni per la legge nazionale, tredici anni dall'istituzione degli ITS a trazione regionale - troppo tempo - due anni per l'approvazione di questa legge. Ora, è tutto chiaro, bisogna solo attuarla ed è per questo che mentre raccogliamo questa sfida…

PRESIDENTE. Concluda.

VALENTINA APREA (FI). Mi faccia fare solo gli auguri. Faccio auguri sinceri di buon lavoro al Governo, a tutti i Ministri e, in particolare, ai Ministri Bianchi, Messa e Gelmini, dichiarando il voto decisamente favorevole di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Soverini. Ne ha facoltà.

SERSE SOVERINI (PD). Grazie, Presidente. Inizio questo mio intervento con dei ringraziamenti, perché il lavoro che abbiamo fatto è unico; stiamo votando una legge all'unanimità, abbiamo lavorato tutti insieme e stiamo celebrando - è così che io chiamo questa legge - “un bene comune”, un bene del Paese, un bene del Parlamento.

Oggi, noi abbiamo l'occasione per fare una bella figura di fronte al Paese e di fronte alle nuove generazioni. Voglio ringraziare il Ministro per aver accettato di lavorare insieme al Parlamento per fare una riforma insieme, una riforma prevista dal PNRR; c'è stato un rapporto di stretta collaborazione, abbiamo avuto un rapporto di stretta collaborazione con i suoi uffici, con il Senato. Insomma, questa è una riforma importante e di questo noi vogliamo parlare; tralasceremo gli aspetti tecnici della legge in questo intervento, perché sono già stati detti, anche meglio di me, dai colleghi e dalla nostra vigorosa collega Valentina Aprea, che ha speso anima e cuore per questa legge, dalla presidente e da tutti i colleghi della Commissione. Vi ricordo che questa legge è il frutto di sei proposte che abbiamo messo insieme.

Ora, come lei sa bene, Ministro, abbiamo cinquant'anni di ritardo su questa legge; abbiamo cinquant'anni di ritardo rispetto alle Fachschule tedesche, che sono nate nel 1970, quando, a un certo punto, ci si è accorti - nella crescente rilevanza che aveva la tecnologia per l'innovazione e la crescita economica - che la competenza era centrale. Siamo in ritardo dal punto di vista della centralità della competenza per la competitività del Paese, ma siamo in ritardo anche su un altro aspetto: fu colta, allora, l'occasione del passaggio dall'università di élite all'università di massa per aprire un canale terziario professionalizzante e ampliare la platea di persone che avevano accesso a livelli alti di studio. Ricordo che il 25 per cento dei laureati in Europa appartiene al canale terziario professionalizzante. Se noi l'avessimo avuto, le stime e le medie del nostro Paese sarebbero adeguate a quelle europee.

Oggi, noi costituiamo il secondo canale, parallelo a quello universitario e io voglio spendere il mio intervento per fare chiarezza, in quest'Aula. Lo dico a tutti; ieri ho sentito alcuni che richiamavano l'utilità degli ITS per i vetrai, per i falegnami; signori, ci decidiamo a fare una riforma della formazione professionale che esiste solo in tre regioni d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Ma non c'entra con gli ITS! E so che il Ministro sta lavorando su questo.

Poi, ho sentito parlare degli istituti tecnici; confondiamo gli ITS con gli ITIS; non è la scuola secondaria; chi frequenta tali istituti ha come sbocco quello del settore dei periti; oggi, noi facciamo una legge per formare una nuova classe di technologist, specialisti che lavorano a un livello diverso. È un percorso di formazione basato sul know-how, diverso da quello accademico, il trasferimento di know-how richiede una combinazione di esperienza pratica e teorica insieme, qualcosa che in Germania è un percorso di 5 anni magistrale; noi partiamo dai 2 anni, con la speranza che l'università ci ascolti per fare anche la triennale e salire, salire; abbiamo centinaia di migliaia di posti in questa fascia di lavoro. Ma non è solo questo; gli ITS sono un crocevia di tante cose. Se non abbiamo quel tessuto tecnico specialistico non c'è innovazione che tenga. Questo è il senso che noi abbiamo voluto dare alla legge: dobbiamo avere una classe, un terreno diffuso di competenze, nel Paese, perché, altrimenti, rimaniamo indietro.

Avevamo chiesto, fin dall'inizio - i colleghi lo sanno - di improntare la legge sul PNRR, perché? Perché siamo sicuri che l'innovazione digitale e green passi attraverso questo tipo di competenze e questo tipo di know-how (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). O portiamo il livello degli studenti pari a quello europeo, oltre il centinaio di migliaia - non raddoppiare, che è giusto; abbiamo messo questo obiettivo per cautela; ma dobbiamo andare oltre - o noi questa rivoluzione, questa transizione, la perderemo. Questa è la centralità degli ITS; è questa la centralità importante. Quindi, di questo noi stiamo parlando.

Io voglio rivendicare la nostra storia; lo ripeto, è una legge condivisa, ma noi - il mio partito, dal 1998, con Romano Prodi - abbiamo fissato questo paletto per iniziare ad avere un percorso e un canale di formazione terziaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il Ministro lo sa bene; siamo partiti con corsi di un anno e siamo arrivati a stabilire gli ITS nel secondo Governo Prodi. Questo è un canale, è un'esperienza, un progetto, una legge che appartiene al DNA del mio partito e in questo noi crediamo fortemente; crediamo negli ITS per l'innovazione, crediamo negli ITS per l'opportunità di mobilità sociale che essi portano al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi lasciamo fuori una quantità di giovani dall'opportunità, non solo di lavorare, ma di esprimersi e di fare un lavoro importante. Vi è - il Ministro lo sa - un tema importantissimo: dobbiamo ridefinire gli indirizzi degli ITS, le famose 6 aree tecnologiche. Ministro, so che lei è molto sensibile e ha espresso parecchie volte questa necessità. Dobbiamo pensare al digitale e al green: in tali ambiti vi è una marea di nuovi lavori, sui quali dobbiamo definire percorsi curriculari e portare i giovani. In particolare - lo dico qui -, mi piacerebbe che si potesse istituire anche una borsa di studio per le ragazze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): dobbiamo dare un'opportunità di mobilità sociale e di mobilità di genere a questo Paese! Non si tratta di una scuola inferiore e voglio pregare quest'Aula di smetterla di parlare dell'esperienza tecnica e della scuola tecnica in questo modo. Noi abbiamo fatto della scuola tecnica in Italia il refugium peccatorum per coloro che non vanno bene a scuola (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e abbiamo fatto un discorso classista, che non è possibile fare, perché in nessun Paese europeo succede questo. Com'è possibile che il nostro Paese - nel quale, negli ultimi vent'anni, c'è stata un'invasione, nella nostra vita, nel lavoro e in tutti gli spazi sociali, della tecnologia - sia arretrato? Abbiamo umiliato la scuola tecnica, l'abbiamo abbandonata, non abbiamo fatto nulla riguardo alla tecnologia. Questo sapete in cosa si traduce? Nel fatto che, nel nostro Paese, si è registrato un calo dei salari, negli ultimi venti o trent'anni, del 3 per cento, mentre in Germania e in Francia sono cresciuti del 30 o del 40 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questa è la storia.

Dagli ITS passa la mobilità sociale, passano gli stipendi, passa l'innovazione di questo Paese. Allora, da ora in poi, chiedo una cosa; prendiamo atto che questo è un bene comune. Abbiamo lavorato su questo provvedimento con questo spirito e - ripeto - lo votiamo all'unanimità: è un bene comune per il sistema Paese e su queste basi noi costruiremo il futuro.

Chiedo anche ai colleghi: abbiamo 1,5 miliardi nel PNRR; benissimo, li spenderemo nei prossimi anni, ma poi cosa faremo? Torneremo ai 48 milioni? Vogliamo destinare a questo sistema un finanziamento decente, pari a quello degli altri Paesi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Possiamo drogare un sistema con il PNRR e poi - finita la festa - tornare ai 48 milioni precedenti? No, questa è una scelta, una scelta strategica, ci dobbiamo credere fino in fondo. Dobbiamo cambiare il Paese e dobbiamo lavorare - Ministro Bianchi, mi appello a lei, che ha l'autorità per farlo - con le università. Dobbiamo assolutamente dire alle università che i crediti di questi due anni sono una grande opportunità per recuperare giovani, per recuperare i drop out, tutti coloro che sono fuoriusciti dall'università. Ora hanno un'altra possibilità di accesso: arrivare a collegarsi all'università e fare un sistema terziario professionalizzante, di altissimo livello. Cara Valentina, con la bicicletta dobbiamo pedalare, non correre. Questo Paese deve correre e puntare sul principio per cui non è possibile che noi guardiamo ai giovani solo in termini di recupero di fasce sociali perdenti. Li dobbiamo mettere in potenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), dobbiamo occuparci di loro in forme positive. Non è possibile che in questo Paese un giovane si senta depresso a 22 anni! Noi abbiamo l'obbligo, nella nostra cultura di centrosinistra, di far vivere la speranza - questo è nel nostro DNA -; noi per questa speranza manterremo la parola e andremo avanti anche dopo la legge, caro Ministro, e saremo al suo fianco, ci teniamo.

Questa legge la dedichiamo a tutti i giovani e le giovani italiane. Per questo, annuncio il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, Ministro, stiamo parlando oggi di formazione professionale e formazione tecnica. Io lo dico: sono un docente universitario di chimica e ho frequentato un istituto tecnico, uno dei vecchi istituti tecnici, specificatamente l'istituto tecnico agrario.

Spieghiamo a chi ci ascolta da casa: noi stiamo riformando gli ITS, ovvero gli istituti tecnologici superiori. Si tratta di un percorso di formazione che arriva dopo la maturità. Purtroppo, nel nostro Paese, sono pochi i ragazzi che proseguono dopo la maturità - abbiamo uno dei tassi di laureati più bassi d'Europa - e questa formazione, che prevede un percorso di due o tre anni, potrebbe colmare il gap della formazione superiore.

Si tratta di una proposta di legge largamente condivisa da tutto l'arco parlamentare che, infatti, rappresenta l'unione di ben sei proposte di legge diverse, tra cui quella del nostro Niccolò Invidia, quindi noi la sosteniamo pienamente.

Parliamo di una proposta che riguarda un percorso che già esisteva: era però sperimentale (una legge del 2008) e oggi, dopo un certo numero di anni, sicuramente dobbiamo procedere a una riforma e a un adeguamento di questo percorso.

Questa riforma è una di quelle cardine del PNRR; infatti, sono stanziati ben 1,5 miliardi per il periodo che va dal 2022 al 2026. Perché pensiamo che investire su questo percorso sia particolarmente utile? Perché i dati ci dicono che chi esce dalla formazione professionale e tecnica e, in particolare, dagli ITS ha un'occupazione, a un anno, dell'80 per cento e, tra l'altro, l'80 per cento è riferito al proprio settore di studi. Questo significa che possiamo creare lavoro. Consideriamo che, in Italia, il 28 per cento è costituito dai NEET, giovani che non sono coinvolti né in percorsi di educazione né in percorsi di formazione e questo è un grave limite per il nostro Paese. Quindi, essenzialmente dobbiamo assolutamente colmare questa mancata corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro, anche considerando che chi nasce oggi probabilmente farà un lavoro che neppure esiste, quindi abbiamo bisogno di uno strumento flessibile che possa parlare al mondo delle imprese.

Il punto qualificante di questa proposta è far uscire il percorso degli ITS dalla fase di sperimentazione e aumentare il numero di ragazzi che entrano in questo percorso. Al momento, abbiamo circa 20.000 ragazzi e l'obiettivo che noi ci poniamo è di arrivare almeno a 40.000.

Ma non si rivolge solo a ragazzi e ragazze: l'ITS potrebbe servire anche ad acquisire competenze per quelle persone che hanno lasciato il percorso formativo e lo vorrebbero riprendere. I lavori cui attengono gli ITS sono quelli della tecnologia e del mondo verde, della transizione ecologica, uno dei cardini del Piano di ripresa e resilienza: questi sono veramente i lavori del futuro.

In particolare, le modifiche introdotte con questa legge sono: innanzitutto la divisione in due livelli - un percorso di due anni e un percorso che può arrivare a tre anni -; una maggiore integrazione con il mondo universitario e anche con quello dell'AFAM; il rafforzamento della sinergia con le imprese. A questo proposito, un aspetto molto positivo è che gli insegnanti, che faranno la formazione negli ITS, almeno per il 50 per cento, verranno dal mondo industriale, dal mondo delle imprese e almeno il 60 per cento del monte ore dovrà essere svolto da insegnanti che vengono dal mondo delle imprese.

Un altro aspetto interessante riguarda l'accreditamento. È vero: noi stiamo mettendo dei soldi di cui beneficeranno anche i privati. Questo non è un qualcosa di sbagliato; è bene che ci sia una sinergia tra pubblico e privato. Però, quando si mettono soldi pubblici, dobbiamo avere un accreditamento il più possibile valido che potrà anche essere revocato.

Infine, un aspetto molto interessante che stiamo introducendo è la possibilità di finanziamento da parte dei privati tramite un credito d'imposta. Quindi: chi paga, chi dà un finanziamento può avere una detrazione dalle proprie tasse che arriva al 30 per cento normalmente, ma in quelle regioni, che hanno un problema maggiore con il mondo del lavoro, si può arrivare fino al 60 per cento.

Non sappiamo se questa riforma possa essere veramente utile a sviluppare il mondo del lavoro, però ci sono tutte le premesse. Pertanto, noi la sosteniamo pienamente e per questo motivo annuncio convintamente il voto del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colmellere. Ne ha facoltà.

ANGELA COLMELLERE (LEGA). Grazie, signor Presidente Mandelli. Onorevoli colleghi e onorevoli Ministri, oggi siamo soddisfatti perché ci accingiamo ad approvare una legge che istituisce il sistema terziario di istruzione tecnologica superiore, che finalmente avrà una propria fonte normativa primaria, a 14 anni dalla sua istituzione.

Come gruppo Lega, noi siamo sempre stati convinti e soddisfatti nel sostenere questa proposta, perché riteniamo che l'Italia abbia estremamente necessità di giovani che siano formati e che siano specializzati tecnologicamente, in modo da poter intervenire in maniera importante per il rilancio della competitività del nostro sistema Paese.

Dalla presentazione del primo provvedimento in materia, nell'aprile 2018, fino all'impegno assunto dal Governo nel PNRR, per una riforma organica e di sistema, abbiamo assistito e partecipato a un'ampia discussione e anche a un ampio confronto politico con le regioni e con le province autonome proprio per riadattare il modello formativo degli ITS Academy in un momento di grande trasformazione sia del sistema istruzione e formazione sia del mercato del lavoro. Il testo oggi all'attenzione di quest'Aula rappresenta il punto di arrivo per la realizzazione di una riforma abilitante con l'investimento di 1,5 miliardi previsti dal PNRR per il sistema ITS, sicuramente anche in anticipo rispetto alla scadenza prevista di dicembre 2022. Si tratta di risorse molto importanti, credo mai viste finora, che devono essere così impegnate e pensate proprio perché non possono andare sprecate e di questo siamo convinti.

Allo stesso tempo, però, rappresenta anche il punto di partenza per la definizione di questi 17 decreti ministeriali che - e mi rivolgo al Ministro Bianchi, proprio nel ricordare quanto importanti per noi siano questi decreti attuativi - dovranno anche avere l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

Occorre, quindi, procedere con celerità, in modo da giungere prima possibile all'obiettivo di raddoppiare il numero degli iscritti e dei diplomati superiori di un sistema terziario che oggi vede coinvolti 120 istituti, con 766 corsi attivi, 19.626 studenti e 3.050 soggetti partner coinvolti, di cui 1.222 imprese e 135 associazioni di imprese, sistema che garantisce, come abbiamo sentito ricordare questa mattina, all'80 per cento di diplomati un lavoro ad un anno dal diploma.

Durante i lavori della VII Commissione, sulla base delle audizioni e delle continue intense interlocuzioni con le stesse regioni e con le associazioni di categoria, come gruppo abbiamo proposto diversi spunti migliorativi, molti dei quali hanno trovato pieno accoglimento. Spiace, invece, il mancato accoglimento di altri emendamenti che non avevano colore politico e che non erano la traslazione legislativa di convinzioni personali; erano, invece, finalizzati a garantire il più alto livello qualitativo del sistema ITS e a preservarne i tratti distintivi rispetto al sistema scolastico per la sua necessaria prossimità alle esigenze del sistema produttivo, a partire proprio da una didattica esperienziale e laboratoriale in contesti lavorativi.

Nel suo ultimo passaggio in Commissione alla Camera abbiamo visto tempi di discussione molto ristretti e proprio per questo motivo, per senso di responsabilità, noi abbiamo rinunciato alla presentazione dei nostri emendamenti non accolti in Senato. In ogni caso, riteniamo che il testo che ci accingiamo a votare riesca comunque ad assicurare un sistema diffuso su tutto il territorio nazionale, soggetto a forme di controllo che assicurino l'alta qualità dei percorsi formativi, l'efficienza, la reale specializzazione e, prima di tutto, l'incontro tra il mondo della formazione e i fabbisogni del mercato.

L'occasione mi è gradita per ringraziare tutti i componenti della VII Commissione, i componenti del Comitato ristretto, la presidente Casa ma, in particolare, anche il relatore, che oggi non è con noi per motivi di salute, che ha svolto un ruolo fondamentale, anche di collegamento, tra tutte le varie parti (Applausi).

Siamo convinti, dunque, della funzione importante dell'ITS Academy e siamo convinti anche che la proposta di legge, così variata, possa assicurare un adeguato ed efficace funzionamento a tutto il nostro sistema Paese.

Per questo motivo, il gruppo Lega-Salvini Premier voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare, per un ringraziamento, il Ministro Bianchi. Ne ha facoltà.

PATRIZIO BIANCHI, Ministro dell'Istruzione. Intervengo, Presidente, appunto per ringraziare. Mi si permetta di ringraziare tutta l'Aula, per i tanti interventi che hanno messo in evidenza il grande lavoro fatto insieme per dare ai nostri ragazzi, alle nostre ragazze e a tutto il Paese un sistema di formazione terziaria superiore che, però, verrà completato con le altre riforme del PNRR e quindi, in particolare, con quella riforma della scuola tecnica e professionale di cui tutti voi avete parlato.

Ringrazio, in particolare, coloro che ormai da molti anni, dal 2018, avevano avanzato la necessità di questi interventi, così come ringrazio tutti coloro che, in questo periodo, hanno messo competenza e passione (Applausi), molta passione, la passione che si mette quando si parla del concretizzarsi dei diritti dei nostri ragazzi, la passione che si mette quando si parla dello sviluppo del nostro Paese e la passione che si deve mettere quando si parla di un intervento che, finalmente, può permettere quella leale collaborazione con le regioni, con gli enti locali, con le università e con le imprese che, ancora una volta, determinano quella capacità del nostro Paese di farsi comunità e di dare, proprio perché comunità, il senso profondo del ruolo del nostro Paese nel mondo.

Grazie, grazie veramente e grazie ancora di più per le cose che sono state ricordate (Applausi). Comincia una nuova fase ma, ancora una volta, sarà insieme, ancora una volta sarà insieme per i 17 decreti che verranno vagliati sicuramente dalla Conferenza.

Grazie a tutti e grazie ancora per questa nuova fase (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per un brevissimo intervento di ringraziamento alla Commissione, la presidente Casa. Ne ha facoltà.

VITTORIA CASA , Relatrice. Sarà davvero brevissimo. Veramente penso che oggi sia stata scritta una pagina importante per il futuro dei nostri giovani, delle nostre studentesse e dei nostri studenti.

Ringrazio veramente tutte le forze politiche per il grande lavoro che è stato fatto in Commissione, perché non dobbiamo dimenticare che questa è una legge d'iniziativa parlamentare.

Ringrazio gli uffici, che ci hanno supportato tantissimo, e, naturalmente, anche il Governo, così come ringrazio anche il relatore nella prima stesura, appunto l'onorevole Toccafondi, che oggi non è potuto essere con noi. Grazie veramente a tutti (Applausi).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il presidente Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, quella che sto per formulare è una richiesta che trova una sua ragione giustificatrice nel fatto che in più occasioni il gruppo di Fratelli d'Italia ha chiesto un'informativa di due Ministri, segnatamente del Ministro Cartabia e del Ministro Giovannini, per due distinte questioni che non possono non essere di interesse di quest'Aula.

La prima richiesta che avevamo visto all'ordine del giorno, in realtà, di questa settimana, e che poi non ha trovato una sua collocazione nel programma definito ieri, è quella dell'informativa del Ministro Cartabia relativa alla mancata concessione dell'estradizione, da parte della giustizia francese, di 10 terroristi, tra i quali Giorgio Pietrostefani, che è stato condannato per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), avvenuto a Milano nel maggio 1972.

La seconda è relativa alla questione che è oggi anche all'attenzione delle agenzie, e cioè la revoca, decisa con decreto-legge da parte del Governo, della concessione autostradale per quanto riguarda la A24 e la A25. Ebbene, il TAR del Lazio - adito indipendentemente dal decreto-legge, perché quel decreto-legge si fondava su un decreto ministeriale che, essendo atto amministrativo, può essere impugnato - proprio questa mattina ha accolto il ricorso del concessionario e, quindi, ha sospeso l'efficacia di quel decreto ministeriale, il quale era stato posto alla base del decreto-legge n. 85, e addirittura il Governo, con un emendamento al Senato, pretendeva di farlo entrare nel decreto-legge n. 68, all'esame appunto del Senato. Ora, è evidente che il Ministro Giovannini non può continuare a fuggire da quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), si deve assumere le responsabilità e chiarire, una volta per tutte, cosa questo Governo imbelle vuole fare su questi temi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Grazie, presidente Foti, per ribadire che il Ministro Cartabia ha dato disponibilità per il 20 luglio, alle ore 9. L'abbiamo annunciato in Aula il 7 luglio. Quindi il Ministro Cartabia verrà - come già comunicato in Aula, ripeto, mercoledì 20 luglio, alle ore 9.

Sulla seconda sua domanda, sarà mia premura sollecitare il Governo.

Si riprende la discussione.

(Votazione finale e approvazione - A.C. 544-B​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 544-B: “Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore” (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 4) (Applausi).

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Comaroli ed altri; Elvira Savino; Serracchiani ed altri; Rizzetto ed altri; Segneri ed altri: Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche (A.C. 2098​-2247​-2392​-2478​-2540-A​) (ore 13,53).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 2098-2247-2392-2478-2540-A: Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 7 luglio 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 7 luglio 2022).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 2098-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento.

La XI Commissione (Lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Giaccone.

Facciamo spazio… presidente Casa se aiuta il relatore a prendere posizione… la ringrazio. Aspettiamo che il Governo prenda posizione… C'è il Governo, onorevole Trancassini, io lo vedo, lei no, ma io lo vedo. Io lo vedo, onorevole Trancassini, c'è un po' di traffico, però adesso la facciamo arrivare. L'onorevole Giaccone sta per prendere posizione, il Governo è al suo posto, siamo quasi pronti. Prego, onorevole Giaccone, se comincia, poi vedrà che l'Aula si silenzia.

ANDREA GIACCONE , Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, riferisco per la XI Commissione (lavoro) su 5 proposte di legge abbinate - le nn. 2098 Comaroli, 2247 Savino, 2392 Serracchiani, 2478 Rizzetto e Lucaselli e 2540 Segneri - tutte accomunate dalla medesima finalità, cioè realizzare il miglior contemperamento possibile tra le esigenze lavorative e il diritto alla salute per i lavoratori affetti da malattie oncologiche invalidanti e croniche. Sono malattie, lo sappiamo, che obbligano a prolungate assenze dal lavoro, anche per l'effettuazione di visite ed esami periodici.

L'esame è iniziato circa un anno fa, il 21 luglio 2021, e il successivo 13 ottobre 2021 è stato costituito un Comitato ristretto per il seguito dell'istruttoria legislativa. I lavori del Comitato ristretto si sono conclusi con la predisposizione di un testo unificato, adottato come testo base dalla Commissione nella seduta del 13 aprile 2022. Lo scorso 7 luglio è stato deliberato il mandato a riferire.

L'intervento legislativo è mosso dall'esigenza di consentire ai lavoratori affetti da gravi patologie di conservare il posto di lavoro per un periodo ulteriore rispetto a quello attualmente previsto, cioè il cosiddetto periodo di comporto, nonché di far fronte alle necessità terapeutiche e ai percorsi di cura, spesso lunghi e complessi, pur proseguendo la propria attività lavorativa.

Quanto al primo aspetto, si rammenta, in premessa, che il nostro ordinamento annovera, all'articolo 2110 del codice civile, fra le cause di sospensione del rapporto di lavoro: l'infortunio, la malattia, la gravidanza e il puerperio. Il lavoratore che non è nelle condizioni di garantire la prestazione lavorativa ha diritto alla corresponsione di una retribuzione o di un'indennità nella misura e per il tempo determinati dalla legge o dalle altre fonti di diritto e alla conservazione del posto di lavoro per un periodo di tempo determinato.

Attualmente, la durata del periodo di comporto è stabilita dalla legge, dai contratti collettivi, ovvero, in mancanza, è determinata dagli usi e secondo equità. Non vi sono, tuttavia, signor Presidente, norme di legge che riconoscano uniformemente a tutti i lavoratori le tutele supplementari di cui necessitano i pazienti affetti da malattie oncologiche o malattie invalidanti o croniche. Da qui, la necessità di un intervento legislativo.

Venendo nel merito, l'articolo 1, comma 1, della proposta di legge riconosce, pertanto, ai lavoratori, sia nel settore pubblico che privato, affetti da malattie oncologiche, invalidanti o croniche, individuate con decreto del Ministro della Salute ai sensi del successivo articolo 3, il diritto a richiedere un periodo di congedo, continuativo o frazionato, fino a 24 mesi. Tale congedo è compatibile con la concorrente fruizione di altri eventuali benefici economici o giuridici e la sua fruizione decorre dall'esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata, a qualunque titolo riconosciuti al dipendente, quali dunque i periodi di congedo già oggi riconosciuti dalla contrattazione collettiva o da norme di legge in via generale per i casi di malattia e infortunio.

Durante il congedo, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Tale congedo, infine, non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali, ma sono comunque fatte salve norme di maggior favore eventualmente previste dai contratti collettivi nazionali di categoria. L'articolo 1, comma 2, precisa che la certificazione di malattia, in questi casi, è rilasciata dal medico di medicina generale o dal medico specialista operante in struttura pubblica o privata convenzionata.

L'articolo 1, comma 4, attribuisce inoltre ai lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, decorso il termine di congedo riconosciuto ai sensi della proposta di legge in esame, l'accesso prioritario alla modalità di lavoro agile, ove possibile, ai sensi della legge n. 81 del 2017.

Con riferimento al lavoro autonomo, l'articolo 1, comma 3, prevede, al ricorrere delle suddette malattie, la possibilità per il lavoratore autonomo di sospendere l'esecuzione della prestazione dell'attività svolta in via continuativa per il committente per un periodo fino a 300 giorni per anno solo solare. Questo è un elemento di innovazione perché la legge n. 81 del 2017, all'articolo 14, comma 1, prevedeva 150 giorni.

L'articolo 2 interviene quindi in materia di permessi di lavoro per visite, esami strumentali e cure mediche.

L'articolo 2, comma 1, conferisce ai dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati affetti da malattie oncologiche, invalidanti o croniche, individuate con decreto del Ministro della Salute ai sensi del successivo articolo 3, previa prescrizione del proprio medico di medicina generale o medico specialista operante in struttura pubblica o privata convenzionata, il diritto di fruire di un numero fino a 10 ore annuali di permesso retribuito per visite, esami strumentali e cure mediche frequenti ulteriori rispetto a quelle riconosciute dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Nel caso di pazienti di minore età i permessi sono attribuiti al genitore che li accompagna alle visite di controllo.

L'articolo 2, comma 2, dispone che per la fruizione delle ore di permesso aggiuntive nel settore privato il datore di lavoro chieda il rimborso degli oneri a suo carico all'ente previdenziale. Nel settore pubblico le Amministrazioni sono chiamate a provvedere alla sostituzione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche nonché del personale per il quale sarà prevista la sostituzione obbligatoria dai provvedimenti di cui all'articolo 3 della proposta di legge, attuativi della norma in esame nel rispetto della contrattazione collettiva nazionale.

Ai sensi dell'articolo 2, comma 3, agli oneri conseguenti, stimati in 52 milioni di euro a decorrere dal 2022, si provvede tramite corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014 n. 190

Secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 4, nell'ipotesi di fruizione irregolare le somme revocate e riscosse sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla medesima finalità di spesa.

L'articolo 3, comma 1, prevede l'applicazione delle disposizioni contenute nella proposta di legge ai casi di malattie oncologiche sin dalla data della sua entrata in vigore. L'elenco delle malattie invalidanti o croniche al cui sussistere sono riconosciuti i congedi e i permessi è individuato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge da un decreto del Ministro della Salute adottato di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro della Pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. La medesima procedura è prevista per la modificazione e integrazione del decreto.

L'articolo 3, comma 2, dispone che con decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali venga adottata la disciplina attuativa delle nuove disposizioni in materia di permessi di lavoro prevedendo, in particolare: i requisiti e i presupposti per la fruizione delle ore di permesso; la non cumulabilità del beneficio con altri benefici riconosciuti per la medesima ragione; i limiti massimi, per persone e per datore di lavoro, di ore o giornate ammissibili al beneficio, differenziati in base alla malattia e alle esigenze terapeutiche; gli oneri a carico del datore di lavoro privato; le sostituzioni obbligatorie nella pubblica amministrazione e le modalità di controllo e revoca dei benefìci irregolarmente fruiti.

Anche l'emanazione di quest'ultimo decreto è prevista entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il provvedimento è adottato dal Ministro del Lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro per la Pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. La medesima procedura è prevista per la modificazione e l'integrazione del decreto attuativo.

Nel concludere, signor Presidente, voglio ringraziare tutti i colleghi che hanno partecipato in modo propositivo alla discussione del provvedimento in Commissione e anche i colleghi che, nel corso dell'esame in sede referente, hanno ritirato alcuni emendamenti. Mi riferisco, in particolare, alle proposte emendative sui lavoratori autonomi, sugli autonomi iscritti alla gestione separata che certo restano alla nostra attenzione ma la cui situazione sarà considerata in prossimi provvedimenti legislativi. Lo stesso vale per gli emendamenti volti al riconoscimento di una contribuzione figurativa e per quelli sul cosiddetto diritto all'oblio, volto a cancellare la traccia della malattia per coloro che sono guariti da oltre dieci anni, per evitare che la pregressa patologia limiti i loro diritti a stipulare contratti bancari o assicurativi. È chiaro che noi comprendiamo la nobiltà della proposta. L'emendamento, in parte, è estraneo alla materia che stiamo trattando e, in parte, è pregiudizievole per le statistiche sanitarie e per le politiche di profilassi. Mi auguro davvero che questo testo possa celermente guadagnare la riva dell'approvazione qui alla Camera, in modo tale che il Senato lo approvi a sua volta, anche perché la fine della legislatura non è lontanissima. Questo provvedimento è atteso da centinaia di migliaia di nostri concittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Prendo atto che il sottosegretario Nisini si riserva di intervenire. È iscritta a parlare l'onorevole Elvira Savino. Ne ha facoltà.

ELVIRA SAVINO (FI). Grazie, signor Presidente. Colleghi, oggi ci troviamo ad esaminare il testo unificato A.C. 2098​ e abbinate, approvato dalla XI Commissione (Lavoro), che reca disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da gravi malattie oncologiche, invalidanti o croniche. Questo provvedimento è stato approvato dalla Commissione lavoro e nasce dall'unione di 5 proposte di legge dei colleghi Comaroli, Serracchiani, Rizzetto, Segneri e della sottoscritta. Questo intervento legislativo trova la sua ratio nell'esigenza di consentire ai lavoratori affetti da gravi malattie oncologiche o invalidanti di conservare il posto di lavoro per un periodo ulteriore rispetto a quello attualmente previsto dalla legge, in modo da poter far fronte alle necessità terapeutiche e ai percorsi di cura che, come sappiamo, sono spesso molto lunghi, molto complessi e anche molto dolorosi. La Costituzione, all'articolo 32, tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse prioritario della collettività, inserendola tra i diritti fondamentali della persona. La salute, dunque, deve essere tutelata in ogni ambito, compreso quello lavorativo ove infatti vige il principio secondo il quale un lavoratore non può essere danneggiato o rischiare di perdere il posto nel caso in cui contragga malattia o infortunio. Per questo motivo, negli anni il legislatore, i contratti collettivi nazionali di lavoro hanno disciplinato, nell'ambito della normativa dedicata al rapporto di lavoro, il cosiddetto periodo di comporto, ossia il periodo di tempo che viene concesso al lavoratore per assentarsi a causa di malattia, infortunio, gravidanza o puerperio. Questo periodo viene concesso per motivi strettamente collegati alla salute della persona, la quale ovviamente non può essere posta in secondo piano rispetto al lavoro, conformemente al principio secondo il quale in ambito lavorativo, come ovviamente in ogni altro ambito, occorre che la salute venga tutelata in via prioritaria. Le persone affette da una patologia grave, come sono appunto le malattie oncologiche, le malattie invalidanti o le malattie croniche, devono essere poste sempre nelle condizioni di conservare il proprio posto di lavoro ed essere tutelate in relazione alle proprie necessità terapeutiche e ad eventuali esigenze particolari nelle quali potrebbero incorrere per un periodo maggiore rispetto a quello che viene previsto attualmente dalla legge. Nel corso dell'esame in Commissione, dopo un lungo ciclo di audizioni, è stata approvata una serie di emendamenti che, sicuramente, ha migliorato il testo iniziale, senza però stravolgerne l'impostazione, la natura e il contenuto. In tale sede, sono state introdotte due importanti novità rispetto alla normativa attuale. La prima consiste in un congedo non retribuito della durata massima di due anni, che può essere fruito, in maniera continuata oppure frazionata: il lavoratore accede a questo congedo, quando ha esaurito tutte le assenze giustificate per malattia previste adesso dalla legge e dai contratti collettivi nazionali; in questo periodo, però, è sospeso il versamento dei contributi e il loro computo ai fini dell'anzianità lavorativa. Al termine, si prevede che il lavoratore abbia diritto all'accesso prioritario allo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile o smart working, ove, ovviamente, la natura del lavoro svolto lo consenta. La seconda innovazione consiste nel prevedere un pacchetto di 10 ore di permesso retribuite aggiuntive rispetto a quelle già previste dai contratti nazionali collettivi, per effettuare visite, esami strumentali, cure mediche e, grazie a un emendamento presentato da me e dal collega Zangrillo, nel caso in cui il paziente fosse un minore, le ore di permesso sono riconosciute al genitore che lo accompagna.

L'elenco delle malattie invalidanti o croniche che consentono di usufruire del congedo e delle ore aggiuntive di permesso, introdotte da questa legge, saranno individuate con un decreto del Ministro della Salute, che dovrà essere adottato entro 90 giorni dall'entrata in vigore di questa legge. Sempre a un decreto, questa volta però dei Ministri del Lavoro e dell'Economia, sono demandate le modalità attuative della fruizione di ore aggiuntive di permessi retribuiti. Ritengo che in Commissione lavoro sia stato svolto un importante lavoro, un lavoro eccellente. Certamente, i gruppi parlamentari che hanno affrontato questa tematica hanno manifestato uno spirito di grandissima collaborazione, di impegno e di volontà di migliorare il provvedimento e di renderlo fattibile. Un importante ringraziamento va rivolto al lavoro svolto dal relatore, il collega Giaccone, che ha cercato di limare le parti che più rischiavano di impedire al testo di proseguire il suo iter all'interno in Commissione, come spesso accade, quando ci sono proposte di iniziativa parlamentare, rispetto alle quali bisogna limare e superare scogli. Devo rivolgere anche un ringraziamento all'Associazione Salute Donna ONLUS, che sempre ci sollecita, ci segnala e ci aiuta nell'individuare le problematiche e le tematiche più stringenti rispetto alle necessità dei pazienti affetti da malattie gravi, e a tutte le associazioni di pazienti, perché, anche grazie al loro impegno, anche con le audizioni che sono state svolte e grazie al loro contributo, si è potuto dare avvio a questo iter legislativo, ottenendo un risultato ampiamente trasversale che vede il favore e l'approvazione di tutte le forze politiche.

Concludendo, signor Presidente, voglio dire che essere giunti con questo provvedimento in quest'Aula rappresenta sicuramente un risultato molto importante. Bisogna affrontare l'ultimo miglio, perché si faccia in modo che questa proposta divenga legge, perché deve passare in Commissione bilancio, poi al Senato, per l'approvazione definitiva. Quindi, mi auguro che, oltre al consenso di tutte le forze politiche, che, come ho detto, già c'è, non manchi il sostegno del Ministro del Lavoro, che sarà fondamentale quando questo testo passerà in Commissione bilancio nei prossimi giorni.

Ricordo a me stessa che l'articolo 1 della nostra splendida Costituzione recita che “L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro (…)” e, come ho detto in precedenza, la nostra Costituzione, all'articolo 32, riconosce il diritto alla salute come diritto fondamentale dell'individuo. In Italia, non si può chiedere a nessuno di scegliere tra salute e lavoro; deve essere lo Stato a impedire, in tutti i casi possibili, che questa dicotomia possa avvenire.

Questa proposta di legge assolve a questo compito, ossia rendere possibile la compatibilità tra salute e lavoro; quindi, penso che la si debba approvare il prima possibile. Mi auguro che questo avvenga (Applausi Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente. Quando ci siamo apprestati a scrivere e a portare avanti queste proposte, secondo me, fondamentalmente, avremmo detto che non sarebbero neanche servite, nel senso che si tratta di una cosa ovvia, ovvero il legittimo mantenimento del posto di lavoro e i permessi retribuiti per le persone che devono fare esami e cure mediche, quindi, per le persone affette soprattutto da malattie oncologiche invalidanti e croniche. Questo è un solco di iniziativa parlamentare, come può constatare, sottosegretario, ampiamente trasversale tra le forze politiche qui oggi rappresentate, che oserei dire essere costituzionale. Non ce ne sarebbe neanche stato bisogno; diciamo che c'è stato questo bisogno da colmare, ma, lo ripeto e lo rinnovo, queste sono parole scritte in 4, 5 proposte di legge che già esistono nella nostra Carta costituzionale, nei confronti, Presidente, di persone che per un periodo, ci si augura breve, della propria vita non riescono a lavorare, ma devono fare altro: devono pensare alla propria vita, devono pensare a fare esami, devono pensare a curarsi. È l'articolo 4 della nostra Carta costituzionale che prevede che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto di lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo tale diritto. È l'articolo 32 della nostra Carta costituzionale che sancisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e come interesse della collettività. È l'articolo 34 della nostra Carta costituzionale che dispone che la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. È l'articolo 38, infine, che dispone che per quei lavoratori che si trovano in queste situazioni siano previsti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, in caso di malattia.

Quindi, Presidente, questo è forse il passaggio più importante e più interessante che vi è oggi in questa Camera: sottosegretario, andiamo esattamente nel solco di quanto, non uno, ma almeno quattro articoli della nostra Carta costituzionale vanno a definire. E, di questo, il Parlamento immagino debba essere assolutamente felice. Concordo con il collega e relatore Giaccone quando dice: a questo punto una volta celebrata la discussione, questo rituale giusto, corretto, della discussione generale, qui in Aula, cerchiamo di andare veloci, cerchiamo di votare una proposta che - mi pare assolutamente evidente - è, come è giusto che sia, completamente trasversale rispetto al Parlamento.

Su questa proposta, non ci sono, fortunatamente, divisioni politiche, perché quando abbiamo a che fare con la salute soprattutto di una determinata categoria di persone che vogliono mantenere il proprio posto di lavoro, io penso e ritengo, Presidente, che non debbano esserci diversità politiche di alcun genere. Ci sono proposte di legge, tra cui una a prima firma dei componenti la Commissione lavoro e non soltanto la Commissione lavoro, ma anche della collega Lucaselli, di Fratelli d'Italia, in Commissione lavoro in questa Camera e tutte vanno a prevedere un periodo di congedo utile alla conservazione del posto di lavoro, come detto, ed un periodo di sospensione dell'attività lavorativa per gli autonomi. Perché, vedete, sembra che in questo Paese, effettivamente, un certo tipo di tutela, legittima e virtuosa, ci mancherebbe altro, debba essere estesa soltanto a lavoratori subordinati e parasubordinati, ma, da questo punto di vista, la Commissione, questa volta, ha operato bene, nel senso che anche gli autonomi vengono inseriti in questo contesto. Tanto per essere ancora più chiari, fare l'autonomo, probabilmente, sino a qualche tempo fa, significava, in un periodo di drammatica pandemia, perdere il lavoro; peggio quando queste persone, purtroppo, vengono colpite anche da malattie invalidanti od oncologiche, in tal caso hanno proprio perso ogni tipo di attività lavorativa. E, quindi, giusto dare la possibilità, Presidente, a queste persone di sottoporsi a cure, a terapie necessarie per contrastare il loro male. Nello specifico, lo rinnovo, lo ha già citato il relatore Giaccone, all'articolo 1 si va, fondamentalmente, a circoscrivere il diritto a richiedere un periodo di congedo strutturato, sotto questo punto di vista, continuativo o frazionato, entro i 24 mesi. Si poteva fare di più? Sicuramente sì, io immagino che questo possa essere un primo passo, da tale punto di vista. Ed è un congedo compatibile con la concorrente fruizione di altri eventuali benefici, economici o giuridici, e la sua fruizione decorre, in questo caso – come disposto dall'articolo 1 - dall'esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata riconosciuti al dipendente. Durante il congedo, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro; inoltre, tale congedo non è computato nell'anzianità di servizio - questo è un passaggio importante - né ai fini previdenziali. Sono fatte salve le norme, in questo caso, contenute nei contratti collettivi nazionali di categoria, che sono a maggiore favore. Quindi, eventualmente ed evidentemente, quando c'è da andare verso il meglio, in questo caso, c'è la possibilità di poterlo fare.

Di importanza, rilevante, al comma 4 dell'articolo 1, si rappresenta un'ipotesi di utilizzo virtuoso del lavoro agile, del cosiddetto smart working - ma, italianizzando il termine, appunto del lavoro agile -, prevedendo che, decorso il termine di congedo, il lavoratore possa svolgere la propria attività lavorativa accedendo prioritariamente a questa modalità di lavoro, ovviamente se compatibile con i criteri previsti dalla legge in materia, l'oramai famosa legge n. 81 del 2017. E noi, sottosegretario, abbiamo bisogno di questo passaggio. Quante volte, in questi ultimi giorni, in queste ultime ore, abbiamo sollecitato alcuni Ministeri rispetto all'applicazione giusta, corretta, virtuosa del lavoro agile, al netto del fatto che, probabilmente, non possiamo ancora parlare di lavoro agile o di smart working nel nostro Paese, ma di una sorta di coda di quello che, sino a 20 anni fa, era il telelavoro? Però, sotto quel punto di vista, dobbiamo fare passi da gigante; io ritengo che, purtroppo, la pandemia, a questo proposito, non ci abbia insegnato ancora abbastanza. È un fatto positivo quando, prioritariamente, questa categoria di lavoratori può accedere al lavoro agile, considerato che, in quel periodo della propria vita, sono essi lavoratori fragili.

Prendo trenta secondi in più, Presidente, per cercare di rilanciare un appello al Parlamento proprio in funzione di questo e proprio andando a ricordare che oggi il lavoro agile può salvare la vita delle persone che sono in un periodo di fragilità e, quindi, dobbiamo fare passi avanti da tale punto di vista, questo è fuori da ogni discussione.

Oggi, tra l'altro, di fronte ai casi conclamati, importanti in termini di numeri, con la pandemia che sta continuando, purtroppo, a galoppare, i lavoratori fragili devono essere tutelati. Quindi, in Commissione, le proposte di legge hanno, di fatto, certificato, come prima ricordato, al comma 4 dell'articolo 1, l'accesso in modo prioritario a questo modalità di lavoro.

Si è, poi, compiuto - devo dire in modo, forse, anche inaspettato, ma interessante - un grande passo avanti rispetto alla tutela dei lavoratori autonomi, riconoscendo, in caso di gravi malattie, il periodo di sospensione dalla prestazione lavorativa in via continuativa e per il committente sino a 300 giorni. Al riguardo, mi posso permettere di dire che Fratelli d'Italia ha spinto molto su alcuni emendamenti in questo senso: con un nostro emendamento che è stato accettato (e ringrazio i colleghi della Commissione e, in questo caso, anche la maggioranza), siamo almeno riusciti a portare questo periodo da 250 giorni ai 300 per anno solare; in via generale, invece, ciò è previsto per un periodo non superiore ai 150 giorni in caso di malattia, gravidanza o infortunio. Quindi, siamo soddisfatti di questo passaggio perché siamo riusciti a far capire - ma non ne avevo alcun dubbio - a tutta la Commissione che effettivamente il lavoro autonomo va tutelato anche e, soprattutto, sotto questo punto di vista.

L'articolo 2 riguarda i permessi di lavoro per le visite, gli esami strumentali, le cure mediche, approcciandosi a un modus operandi che, sottosegretario, in molti Paesi hanno, ma che qui da noi è ancora, poco normato. Alcune experience di altri Paesi dicono addirittura che un blocco di lavoratori può cedere ferie solidali a persone che stanno meno bene, ad esempio, o a persone che hanno altre esigenze che ne beneficiano; quindi - lo rinnovo - ferie solidali che vengono scambiate. Questo è un argomento che, secondo me, dovrebbe essere tenuto bene in considerazione da parte sia della Commissione sia della politica, perché è una buona esperienza che i lavoratori e che le associazioni dei lavoratori possono trasferirci. Dicevo, si può fruire di un numero annuale di ore di permesso retribuito per le visite, per gli esami strumentali, cure mediche frequenti, oltre a quanto previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali, fino ad un aumento massimo di dieci ore; anche in questo caso, quindi, abbiamo cercato di fare un passo avanti. Tra l'altro, un profilo molto importante riguarda il caso in cui il paziente sia, purtroppo, un minore di età: questi permessi vengono giustamente trasferiti ed attribuiti ai genitori che accompagnano il minore alle visite di controllo.

Per non andare a gravare sulle aziende - ed anche questo è un altro punto che sottolineo in modo specifico -, è stato previsto che, per la fruizione delle ore di permesso aggiuntive nel settore privato, il datore di lavoro chieda il rimborso degli oneri a suo carico all'ente previdenziale. Infatti, molto spesso, ciò poteva rappresentare un piccolo inciampo in un percorso che, invece, dovrebbe essere - lo ripeto - virtuoso ma, in questo caso, il datore di lavoro può chiedere il rimborso degli oneri a suo carico.

Infine, l'articolo 3 di questo testo - è un testo unificato di cinque proposte di legge - prevede che le disposizioni di questa legge si applicheranno, per le malattie oncologiche, con la sua entrata in vigore. Ed è proprio per questo che cerchiamo, a questo punto, di sollecitare la calendarizzazione, oltre che della discussione generale, del voto in Aula, anche nell'altro ramo del Parlamento, perché serve questo passaggio e serve farlo in assoluta velocità.

In conclusione, sottosegretario, questo testo è il frutto dell'abbinamento di cinque proposte di legge; abbiamo ottenuto un compromesso, cercando, nel nostro piccolo, di far capire anche alle persone che vogliono seguire la politica che, quando ci sono temi così importanti, forse le bandiere devono essere accantonate e la politica può abbracciare fondamentalmente il bene comune dei nostri concittadini, non discutendo oltre il tempo dovuto per ottenere un'approvazione veloce di questo testo unificato. Soprattutto, abbiamo cercato di fare un passaggio ulteriore, Presidente: di fronte a situazioni di disagio così profonde, per cui per il lavoratore, subordinato o autonomo che sia, il lavoro diventa addirittura un qualcosa di secondario - perché le cose primarie in quel momento sono la propria vita, le proprie cure - penso indubbiamente la politica abbia scritto una pagina incisiva, in seno a questa legislatura, poiché sono stati votati favorevolmente emendamenti di buonsenso rispetto ad un percorso fatto assieme.

Ecco che diamo la possibilità di scavalcare anche piccoli ostacoli chenon dovrebbero costituzionalmente esserci, già prima lo ricordavo; abbiamo fatto un passo in avanti nei confronti di persone, di donne, di uomini e, soprattutto, anche, ogni tanto, di ragazzi, che, in un determinato periodo della propria esistenza, hanno altro a cui pensare oltre al dramma della perdita di un posto di lavoro.

Noi sappiamo, Presidente, quanto sia importante, anche per una ripresa fisica e psicologica delle persone, riprendere a lavorare, riprendere un'attività, riprendere a frequentare i propri colleghi, riprendere a sentirsi attivi, dopo momenti in cui si hanno molti pensieri, non solo con riferimento allo stipendio alla fine del mese; in questo senso, si aiutano in termini di sostentamento mensile le persone una volta che hanno superato, fortunatamente si spera, questi momenti.

È altrettanto chiaro che chiederemo, lo rinnovo e chiudo, ringraziandovi, la calendarizzazione immediata, quanto meno immediata - qualora non dovesse esserci già, non ho controllato - di questa proposta, perché, quando proposte del genere vengono accettate a trecentosessanta gradi da tutte le forze politiche, con un buon lavoro di Commissione, penso si possa e si debba correre a livello politico, soprattutto nei confronti di persone che, in determinati periodi della propria vita, evidentemente soffrono e la politica a questo punto dovrà dare risposte. Vi ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

ROMINA MURA (PD). Grazie, signor Presidente. Il testo base che oggi arriva in Aula, in merito alla conservazione del posto di lavoro e ai permessi retribuiti per i lavoratori affetti da patologie oncologiche e da malattie croniche invalidanti è, come hanno già detto bene il relatore Giaccone e gli altri colleghi che mi hanno preceduto, per noi componenti della Commissione lavoro, gruppi politici dalla Commissione lavoro, un motivo di orgoglio. Come dicevano i colleghi, abbiamo lavorato insieme e abbiamo lavorato, mettendo dentro tutte quelle che sono le sensibilità rispetto al tema della rivisitazione e dell'ampliamento del sistema di rete sociale, di rete di promozione e protezione sociale.

Oggi, arriviamo in Aula, vi arriviamo con un testo che non risolve totalmente le aspettative di chi ci guarda da fuori, ma anche le nostre, rispetto a un tema così ampio, però, è un punto di partenza importante, che può consentire - lo auspichiamo - un'accelerazione anche del voto, sia dalla Camera sia del lavoro al Senato, di dare risposte importanti, senza rinunciare a portare a termine, possibilmente in questa legislatura, anche il raggiungimento di alcuni obiettivi che per motivi di tempo o di risorse - e poi dirò perché - non siamo riusciti a contenere dentro questo testo.

Io ritengo che affrontare questo tema, che apparentemente può riguardare un target piccolo della popolazione italiana - ma così non è, perché i numeri dicono altro - ci fa stare dentro il ragionamento di riforma che noi stiamo provando a realizzare, più complessivamente, appunto, al sistema di protezione e di promozione sociale del nostro Paese, al nostro sistema di welfare, secondo un approccio universalistico, quindi, rinunciando a quell'impronta categoriale che riguarda, ahimè, il nostro sistema di welfare e avendo chiaro l'obiettivo da raggiungere: l'equità. Nel caso specifico trattiamo di una condizione complessa e delicata, quella delle lavoratrici e dei lavoratori che durante il proprio percorso professionale e di vita incontrano la malattia oncologica.

L'Associazione italiana registri tumori stima che in Italia, ogni giorno, si scoprano circa mille nuovi casi di cancro, 377 mila nuove diagnosi di tumore ogni anno, di cui 195 mila riguardano uomini e 182 mila donne. Nel corso della vita, praticamente - i dati ci dicono questo - circa un uomo su due e una donna su tre incontreranno, si ammaleranno di tumore e, nonostante il cancro sia ancora la seconda causa di morte, la sopravvivenza per fortuna e grazie al progresso della medicina e della scienza è aumentata negli anni. La sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi di un tumore maligno è oggi del 59,4 per cento fra gli uomini e del 65 per cento fra le donne. E 3 milioni e mezzo di persone, di cui circa un terzo in età lavorativa, sopravvivono dopo la diagnosi di tumore, con un incremento del 37 per cento rispetto a dieci anni fa, secondo i dati forniti dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia.

Ci sono, poi, oltre alle oncologiche, anche le malattie croniche invalidanti che spesso sfuggono ai riflettori e all'attenzione diffusa e che, spesso, non sono sufficientemente riconosciute, oltre che nella loro dimensione invalidante, anche rispetto a quello che rappresentano dal punto di vista dell'impatto relazionale, psicologico e sociale e che in molti casi, troppi casi, finiscono anche queste, quindi le malattie croniche e invalidanti, con l'attivare o ampliare disuguaglianze e marginalità preesistenti.

Penso, in particolare, voglio fare un accenno, all'endometriosi: ci sono 3 milioni di donne in Italia affette da questa patologia; sono 33 milioni le giornate di lavoro annue perse quando si soffre di endometriosi ed è pari a 126 milioni di euro la spesa annua in farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale. Parliamo, quindi, in generale, di situazioni molto particolari di grande fragilità, che giustamente vanno trattate con delicatezza e specialità, ma che rientrano, devono rientrare, quanto ad approccio di intervento, in quel complessivo sforzo - come dicevo all'inizio - per rendere equo un sistema di protezione e promozione sociale che oggi equo non è e che rientra e deve rientrare in quel percorso di strutturazione di politiche e strumenti a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, in particolare, rispetto ai momenti in cui si realizza la fattispecie dell'impossibilità di svolgere la prestazione lavorativa, per cause non imputabili alla volontà e a prescindere - e questa è l'ambizione che noi porteremo oltre questo progetto di legge - anche dalla formula giuridica con cui è classificato il prestatore che, appunto, è affetto da queste patologie, considerando, quindi, quali valori da proteggere la salute, la sicurezza e la persona.

Nonostante i tanti passi avanti fatti attraverso gli interventi legislativi dalla contrattazione collettiva, sia quella nazionale sia quella di secondo livello, e devo dire anche rispetto a esperienze aziendali che hanno imboccato la strada giusta, le disuguaglianze che minano il significato più profondo del patto di cittadinanza che sta alla base della nostra Repubblica, una e indivisibile, si declinano e sono forti e drammatiche anche nel momento in cui, di fronte alla malattia che irrompe nella quotidianità del lavoratore, quel sistema solidaristico e di protezione sociale a cui fanno riferimento gli articoli 32 e 38 della Costituzione dovrebbe esplicitare al meglio la propria azione. Queste sono norme fondamentali che il legislatore ha voluto rendere solenni quali principi fondamentali della Costituzione. Proprio dalla lettura combinata degli articoli 32 e 38 della Costituzione, quale declinazione dei due principi appena accennati, derivano i diritti di cui noi abbiamo trattato nelle proposte di legge presentate, poi confluite nel testo base, che sono e si annoverano fra quelli più qualificanti della nostra cultura giuridica: la continuità della retribuzione o l'erogazione di un'indennità equivalente e la conservazione del posto di lavoro. Questi - badate - sono strumenti fondamentali per migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici sopravvissuti, come intitola il Piano europeo di lotta contro il cancro presentato nel 2021 perché - come cita il rapporto - è possibile che i sopravvissuti, le loro famiglie e chi si prende cura di loro debbano affrontare situazioni difficili, che spesso potrebbero essere evitate o alleviate dalla cooperazione fra i sistemi di assistenza sanitaria e sociale con i datori di lavoro. In quest'ottica - continua il Piano europeo di lotta contro il cancro -, non dovremo più concentrarci soltanto su quanto vivono le persone dopo la diagnosi, ma piuttosto su come e quanto vivono. Il Piano europeo di lotta contro il cancro mira, non solo a garantire che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia, ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui. I sopravvissuti al cancro incontrano anche ostacoli sul lavoro e gli studi indicano - sto continuando a citare questo passaggio del Piano europeo di lotta contro il cancro - che la situazione professionale delle persone a cui viene diagnosticato il cancro spesso peggiora sensibilmente anni dopo la diagnosi. Le misure per facilitare l'integrazione sociale e il reinserimento nel luogo di lavoro, compresa una valutazione iniziale e l'adattamento delle condizioni di lavoro per i malati di cancro, dovrebbero essere parti integranti del percorso dei pazienti.

Questo concetto e questa riflessione, ben rappresentata nel Piano che ho citato, sono diventati la base concettuale che ci ha portato poi a produrre il nostro testo base, che - come diceva bene il relatore Giaccone, che voglio anche ringraziare per l'ottimo lavoro che ha fatto - rappresenta una sintesi parlamentare alta, che intercetta questa aspettativa, come hanno detto bene i rappresentanti delle associazioni di malati che abbiamo audito in Commissione, di inclusione e di equità, in un momento decisivo per la cura del cancro e di altre malattie croniche e invalidanti.

Le malattie oncologiche e quelle croniche e invalidanti richiedono quindi, oltre a una cura medica, un intervento del sistema di protezione e promozione sociale, che sia comprensivo, totale e ampliato, così come abbiamo fatto nel nostro testo base affrontato in Commissione, e che abbia anche un carattere universalistico. Io ritengo che gli elementi di novità introdotti, quindi l'ampliamento del periodo di comporto e gli ulteriori giorni di permesso retribuito anche per il lavoro privato, vadano in questa direzione.

Certo, non raggiungono tutti gli obiettivi che noi ci eravamo posti, però la strada imboccata finalmente è quella giusta. Ritengo che, oltre a questi elementi di ampliamento del periodo di comporto e dei permessi retributivi, abbiamo posto elementi di chiarezza anche rispetto ad altri aspetti, come per esempio, la particolare importanza del ruolo del medico generale e dello specialista, provando in questo modo a sburocratizzare e a umanizzare il rapporto stretto fra medico e paziente, in qualche modo quindi cercando di mettere al centro la persona, più che il prestatore di lavoro, la persona e il medico che si occupa della persona e che non cura solo la malattia. Quindi, abbiamo anche provato a valorizzare il ruolo del medico di medicina generale e dello specialista, provando a costruire le condizioni per raggiungere questo obiettivo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 14,30)

ROMINA MURA (PD). Altri due elementi che ugualmente abbiamo introdotto in Commissione riguardano la possibilità di rendere strutturale la previsione di accesso prioritario al lavoro agile per i lavoratori di cui si tratta. Quindi, una volta conclusi i termini di congedo di 24 mesi, abbiamo previsto la possibilità di provare a utilizzare il lavoro agile come modalità flessibile di organizzazione del lavoro, che venga incontro alle esigenze del lavoratore affetto da queste patologie. Qui si apre anche il tema dei lavoratori fragili e noi riteniamo che, attraverso questa previsione, si potrebbe proprio rendere strutturale l'attenzione rispetto ai lavoratori fragili, quanto alle modalità di organizzazione della prestazione di lavoro.

L'altro elemento su cui ugualmente abbiamo fatto una scelta precisa è stabilire che, per i malati oncologici, la normativa prevista nel testo base sia immediatamente operativa, mentre abbiamo delegato al Ministero della Salute l'individuazione puntuale delle altre patologie croniche e invalidanti che in qualche modo attivino gli strumenti previsti nella legge.

Abbiamo fatto molto, ma non abbiamo fatto tutto - lo ha detto bene il collega Giaccone – perché, se è vero che il sia il cancro sia le altre patologie di cui si tratta in questa proposta di legge agiscono in maniera totalmente democratica, nel senso che colpiscono tutti e tutte indifferentemente, non tutti i lavoratori e le lavoratrici sono nelle condizioni di affrontare allo stesso modo il percorso di malattia: alcuni sono più tutelati, mentre altri, per la professione che svolgono - gli autonomi, di cui parlava bene il collega Rizzetto, oppure perché, per esempio, sono lavoratori poveri o non hanno un lavoro - si trovano nella situazione in cui potrebbero anche usufruire degli strumenti e delle misure che abbiamo previsto in questa proposta di legge, ma, non avendo un reddito, né un sostegno, rischiano di dover rinunciare, dovendo scegliere fra vita, cura e lavoro.

Allora, rispetto a questo noi - tutti i gruppi in Commissione - avevamo fatto alcune proposte: quella, per esempio, di riconoscere la contribuzione figurativa rapportata alla NASpI, quella di riconoscere un'indennità ai lavoratori autonomi e ai lavoratori della gestione separata, considerata la particolare fragilità di questo mondo.

Questi emendamenti, come ha detto bene il collega Giaccone - ci tengo, e su questo voglio anche chiudere, a sottolineare questo aspetto - li abbiamo ritirati, concordemente anche con il Governo - e ringrazio per l'attenzione la sottosegretaria Nisini -, non perché ci siamo convinti che quegli aspetti non meritino tutela, ma semplicemente perché vogliamo provare a fare quel primo passo e a portare a casa un testo di legge che ampli i diritti e le possibilità. Ma rispetto a quei temi noi non rinunciamo a fare una battaglia, anzi, io mi aspetto che, anche nel dibattito in Aula che si avrà a breve, il Governo, non solo sposi il testo base che abbiamo approvato in Commissione, considerato che l'abbiamo anche approvato all'unanimità - quindi al riguardo invito il Governo a prestare particolare attenzione a questa iniziativa di legge parlamentare, che ha una grande valenza sia per ciò che tratta, sia per come è stata trattata -, ma spero che ci siano anche gli spazi - se non ora, magari in legge di bilancio - per affrontare gli altri temi che noi - ripeto - abbiamo scelto di non inserire in questo percorso, ma rispetto ai quali non rinunciamo a fare una battaglia, perché l'equità si costruisce così.

Se è vero che noi stiamo andando incontro, attraverso tutti gli atti di riforma che stiamo facendo, alla costruzione di un sistema di tutele universali - il che significa che tutti possono accedervi, ciascuno con la modalità propria anche del tipo di lavoro e di condizioni -, ritengo che il tema del sostegno del lavoratore e della lavoratrice durante il periodo di malattia debba rientrare in questo contesto e non possa essere trascurato, perché l'equità - ricordiamocelo - si costruisce, non trattando tutti allo stesso modo, ma trattando ciascuno a seconda delle particolari condizioni di cui è portatore.

Quindi, si pone al centro la persona e - speriamo che questa legge sia un'occasione per evidenziare il cambio di passo - si rinuncia a questo approccio categoriale, testimoniato anche dal rapporto INPS, che è alla base di disuguaglianze pesanti fra garantiti e non garantiti, tutelati e non tutelati. Concludo proprio su questo, chiedendo al Governo particolare attenzione e confidando nel fatto che questo tassello di battaglia contro le disuguaglianze venga accolto e accompagnato e, magari, anche implementato ulteriormente dall'intervento del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolin. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PAOLIN (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretaria Nisini, il testo unificato delle proposte di legge a prima firma della collega Comaroli, e abbinate, approvato dall'XI Commissione, prevede disposizioni concernenti il diritto ai congedi e alla conservazione del posto di lavoro e ai permessi retribuiti per esami e cure mediche, in favore dei lavoratori affetti da patologie oncologiche o altre gravi malattie temporaneamente invalidanti o croniche.

È una proposta di legge che abbiamo esaminato, per quanto di competenza, anche in XII Commissione, in sede consultiva, esprimendo ovviamente parere favorevole. L'intervento legislativo si giustifica, infatti, in ragione di un'esigenza ormai non più rinviabile, ovvero l'esigenza di consentire ai lavoratori che soffrono di queste gravi patologie di conservare il posto di lavoro, per un periodo ulteriore rispetto a quello attualmente previsto, nonché di far fronte alle necessità terapeutiche e dei percorsi di cura, che possono rilevarsi lunghi e complessi, nonostante i progressi che sono stati fatti dalla scienza medica, negli ultimi anni. I principi che la proposta di legge si propone di attuare e declinare in questa materia specifica sono quindi quelli dell'articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

In materia di lavoro il bilanciamento tra questi principi è disciplinato dal codice civile, che prevede, all'articolo 2110 che, in caso di malattia, il rapporto di lavoro venga sospeso e che il datore di lavoro non possa licenziare il dipendente malato fino alla scadenza del periodo di comporto. Questo periodo di comporto, che, di fatto, è il totale delle assenze per malattia effettuate da un lavoratore dipendente, una sorta di schermo protettivo per i lavoratori, è generalmente stabilito dalla legge e regolato dai contratti collettivi e ha una durata che può variare in funzione di diversi fattori, tra i quali la tipologia di impiego e l'anzianità lavorativa. Può accadere, tuttavia - e accade, purtroppo -, che al termine del periodo di comporto il lavoratore possa essere licenziato, anche se gravemente malato. Ricordiamo tutti il caso di Steven Babbi, l'operaio di Cesenatico, il ragazzo che ha lottato contro il sarcoma di Ewing, un tumore che interessa tutte le età, ma è più frequente negli adolescenti e nei giovani adulti e che colpisce il tessuto osseo. Questo tumore ha provocato la morte di Steven all'età di 24 anni, lo scorso 14 febbraio 2020. La sua vicenda è diventata il simbolo di un'ingiustizia sociale, perché nel 2017, con il superamento dei 6 mesi di assenza previsti dalla legge, l'INPS decise di sospendere l'erogazione dell'indennità di malattia, nonostante la gravità del tumore. In quel caso - lo ricordiamo - intervennero i titolari e colleghi dell'azienda dove il ragazzo lavorava, la Siropack. I titolari decisero di continuare a retribuire Steven, che poté così contare su di un sostegno economico per il resto della sua vita. Per questo gesto di solidarietà, Barbara Burioli e Rocco De Lucia, i datori di lavoro di Steven - che voglio citare e ringraziare anch'io personalmente - furono premiati con una delle massime onorificenze, quella di Cavaliere dell'ordine al merito della Repubblica Italiana, per la straordinaria prova di umana generosità e sensibilità a sostegno di un loro dipendente gravemente malato e privo della copertura previdenziale.

Anche da questa storia toccante, che ancora una volta dimostra come spesso, anzi sempre più spesso, il privato fa molto di più di quanto debba fare lo Stato, si comprende bene la necessità di approvare in tempi rapidi una legge che miri a tutelare i lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, affinché conservino il posto di lavoro per tutto il periodo necessario alle cure e ai trattamenti. Nella maggior parte dei casi, infatti, i lavoratori affetti da gravi patologie, al superamento del famigerato periodo di comporto, finiscono per rimanere nell'ombra e privi di tutele. I lavoratori si trovano in un certo punto a dover combattere non solo contro la malattia, ma anche a dover soffrire per le ripercussioni subite dal punto di vista economico-lavorativo e per il conseguente blocco dei progetti di vita. Per ovviare a questa situazione, l'articolo 1 della proposta di legge riconosce ai lavoratori pubblici e privati, affetti da malattie oncologiche, invalidanti o croniche, individuate con il decreto del Ministro della Salute, il diritto a richiedere un periodo di congedo continuativo o frazionato per una durata massima fino a 24 mesi. Tale congedo è compatibile con la concorrente fruizione di altri eventuali benefici, economici o giuridici, e la sua fruizione decorre dall'esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata, a qualunque titolo riconosciuti al dipendente. Lo stesso articolo 1 riconosce, inoltre, al lavoratore l'accesso prioritario al lavoro agile, ove possibile, ai sensi della legge n. 81 del 2017, una volta concluso il termine del congedo.

Importante e attesa da tempo è anche la misura prevista dall'articolo 2 della proposta di legge. Tale norma, infatti, prevede che i lavoratori in esame, previa prescrizione del proprio medico di medicina generale o medico specialista operante in struttura pubblica o privata convenzionata, possano fruire di un numero annuale di ore di permesso retribuito per visite, esami strumentali e cure mediche frequenti, in aggiunta a quanto previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino a un aumento massimo di dieci ore. Nel caso di paziente di minore età, inoltre, le ore di permesso sono attribuite al genitore che lo accompagna.

L'articolo 3 disciplina i criteri che il Ministro della Salute dovrà seguire per assicurare la corretta attuazione della legge, anche dal punto di vista dell'individuazione dei lavoratori beneficiari tramite l'elenco delle malattie invalidanti o croniche, per cui sono riconosciuti i congedi e i permessi. Il decreto del lavoro e della previdenza sociale dovrà quindi prevedere in particolare tra l'altro: i requisiti per la fruizione delle ore di permesso; la non cumulabilità del beneficio con altri benefici riconosciuti per la medesima ragione: i limiti massimi per persona e per datore di lavoro di ore e giornate ammissibili a beneficio, differenziati in base alla malattia e alle esigenze terapeutiche; le sostituzioni obbligatorie nella pubblica amministrazione; gli oneri a carico del datore di lavoro privato; le modalità di controllo dei benefici irregolarmente fruiti, che chiaramente dovranno essere mirati per evitare fenomeni di truffa o abuso ai danni dei datori di lavoro e dello Stato.

Finalmente - aggiungo - diamo un segnale positivo ai malati oncologici, dimenticati durante questi anni di emergenza COVID. Preoccupati solo di chiudere tutto, di limitare gli accessi alle strutture, di blindare la sanità, di concentrare tutte le risorse e gli interventi sul COVID, ci siamo dimenticati di coloro che, malati di tumore, necessitano di terapie salvavita; ci siamo dimenticati anche degli screening e degli esami di controllo che, in molti casi, hanno subito ritardi che pagheremo purtroppo nei prossimi anni. Ogni giorno in Italia si diagnosticano circa 1.000 nuovi casi di tumore, un dato che dovrebbe far molto più notizia dei bollettini sul COVID e che, invece, non viene ricordato e considerato.

Concludo, Presidente, con un collegamento importante, che la proposta di legge mi consente di fare, alla questione dei lavoratori fragili, di cui all'articolo 26 del decreto-legge Cura Italia, per i quali, come sappiamo, sono nuovamente venute a scadere le tutele. Come Lega abbiamo presentato una proposta emendativa al decreto-legge Semplificazioni, che inizialmente era stata dichiarata inammissibile e poi, nella giornata di venerdì, è stata riammessa su nostro ricorso. Si tratta dell'emendamento 35.10, a prima firma della collega Foscolo, controfirmato da tutti i componenti della Lega della XII Commissione. Il mio auspicio è che la discussione su questa proposta di legge possa promuovere una riflessione consapevole anche sulla parallela questione dei lavoratori fragili già nel corso dell'esame in sede referente del “decreto Semplificazioni”. Lo dobbiamo nei confronti di migliaia di persone immunodepresse, con disabilità o altre gravi patologie, anche oncologiche, alle quali non possiamo chiedere di scegliere tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Enrica Segneri. Ne ha facoltà.

ENRICA SEGNERI (M5S). Grazie. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, ci sono molte cause che determinano la perdita del posto di lavoro ma una, in particolare, necessita della nostra attenzione in un momento storico quale quello attuale, connotato da una pandemia che ha reso tutti più sensibili e più attenti dinanzi alla malattia. Purtroppo, soprattutto nel caso di patologie gravissime, le tutele attualmente approntate dall'ordinamento giuridico sono insufficienti. Si tratta, in particolare, delle patologie oncologiche e delle altre gravi malattie temporaneamente invalidanti. Con questa proposta di legge si introducono misure che rafforzeranno ulteriormente il diritto al lavoro e alla retribuzione dei malati gravi e alla conservazione del posto di lavoro, in particolare per quelli oncologici. La legge non prevede una disciplina unica del periodo di comporto per malattia con riferimento ai soggetti affetti da patologie oncologiche, rinviando alla contrattazione collettiva la regolamentazione nonché la previsione di casi di esclusione.

Per quanto concerne il settore pubblico, la tutela dei soggetti affetti da patologie oncologiche si inserisce in un quadro più ampio. La contrattazione, infatti, riconosce determinate agevolazioni ai dipendenti affetti da patologie gravi, non solo oncologiche, che richiedono terapia salvavita. In linea generale i lavoratori pubblici hanno diritto alla conservazione del posto per un periodo di 18 mesi nel triennio, con retribuzione intera per i primi nove mesi, decurtata del 10 per cento nei successivi tre mesi e del 50 per cento negli ultimi sei mesi, nonché di un ulteriore periodo di 18 mesi senza retribuzione, con la garanzia del mantenimento del posto di lavoro. Dal computo del periodo di conservazione del posto di lavoro sono esclusi i giorni di assenza per malattia dovuti a ricovero ospedaliero, day hospital e a terapie salvavita, compresa la chemioterapia.

Nel settore privato per gli impiegati, fatte salve le disposizioni più favorevoli contenute nei contratti collettivi secondo l'articolo 6, quarto comma, del regio decreto-legge n. 1825 del 1924, convertito dalla legge n. 562 del 1926, si dispone la conservazione del posto di lavoro per un periodo di tre mesi, se l'impiegato ha un'anzianità di servizio non superiore a dieci anni, e di sei mesi, se l'impiegato ha un'anzianità di servizio di oltre dieci anni. Anche in questo caso, la legge non prevede espressamente una durata differenziata del periodo di comporto nel caso di patologia oncologica, demandando all'autonomia negoziale la possibilità di estendere tale periodo in ipotesi particolari di gravi patologie. È poi disposto che i contratti collettivi possano riconoscere ai lavoratori il diritto di chiedere al datore di lavoro il godimento di un ulteriore periodo di aspettativa non retribuita, utilizzabile anche in caso di malattia di durata superiore al periodo di comporto e computato successivamente a quest'ultimo. Tale possibilità serve per limitare il licenziamento per superamento del periodo di comporto, ai sensi dell'articolo 2110 del codice civile.

La proposta di legge in esame prevede il diritto a un periodo di congedo di complessivi 24 mesi, sia in forma continuativa che frazionata, fatte comunque salve le previsioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva o dalla disciplina applicabile al proprio rapporto di lavoro. È prevista la conservazione del posto di lavoro - cosiddetto periodo di comporto - per i lavoratori affetti da patologie oncologiche o da altre gravi malattie temporaneamente invalidanti e croniche, individuate con decreto del Ministero della Salute, nonché norme concernenti permessi di lavoro per visite, esami strumentali e cure mediche. Tale congedo, che è compatibile con la concorrente fruizione di altri benefici e la cui fruizione decorre dall'esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata, non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali, salva la facoltà di riscatto. Si dispone, inoltre, il rilascio della certificazione della malattia da parte del medico di medicina generale o del medico specialista, operante in struttura pubblica o privata convenzionata, che ha in cura il lavoratore.

Il comma 3 prevede che, al ricorrere delle suddette malattie, l'esecuzione delle prestazioni e delle attività svolte in via continuativa per il committente da parte dei lavoratori autonomi sia sospesa per un periodo non superiore a 300 giorni per anno solare, rispetto ai 150 giorni riconosciuti dall'articolo 14 della legge n. 81 del 2017 per i casi di malattia, gravidanza e infortunio. Il comma 3-bis prevede che, decorso il termine del congedo, il lavoratore dipendente abbia, ove possibile, accesso prioritario alla modalità di lavoro agile.

L'articolo 2 dispone che i lavoratori dipendenti affetti da malattie oncologiche, invalidanti o croniche individuate con decreto del Ministero della Salute possano fruire di un numero annuale di ore di permesso retribuito per visite, esami strumentali e cure mediche frequenti, aggiuntive rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad un aumento massimo di 10 ore annue.

Nel caso di pazienti di minore età, i permessi sono attribuiti ai genitori che li accompagnano alle visite di controllo.

Il comma 2 dispone che, per la fruizione delle ore di permesso aggiuntive nel settore privato, il datore di lavoro chieda il rimborso degli oneri a suo carico all'ente previdenziale, mentre nel settore pubblico le amministrazioni provvedano alla sostituzione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario nelle istituzioni scolastiche, nonché del personale per il quale, nel rispetto della contrattazione collettiva nazionale, sarà prevista la sostituzione obbligatoria dai provvedimenti di cui all'articolo 3 attuativi della norma in esame.

Il comma 4 prevede che, nell'ipotesi di fruizione irregolare, le somme revocate e riscosse siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla medesima finalità di spesa.

Le disposizioni recate dal provvedimento si applicano ai casi di malattie oncologiche dalla data della loro entrata in vigore e si rinvia, inoltre, a un decreto del Ministero della Salute l'elencazione delle malattie invalidanti o croniche al cui sussistere sono riconosciuti i congedi e i permessi di cui agli articoli 1 e 2.

Il comma 2 dispone che, tramite decreto del Ministro del Lavoro, venga fissata la disciplina attuativa dell'articolo 2, prevedendo, in particolare: i requisiti e i presupposti per la fruizione delle ore di permesso; la non cumulabilità del beneficio con altri benefici riconosciuti per la medesima ragione; i limiti massimi per persona e per datore di lavoro di ore o giornate ammissibili al beneficio, differenziati in base alla malattia e alle esigenze terapeutiche; gli oneri a carico del datore di lavoro privato; le sostituzioni obbligatorie della pubblica amministrazione; le modalità di controllo e revoca dei benefici irregolarmente fruiti.

Signor Presidente, questo testo unificato sicuramente ha visto un grande impegno - che anche io sottolineo - da parte del relatore per la sua stesura e ha visto, ovviamente, il lavoro e la concertazione di tutte le parti politiche, sia della maggioranza sia dell'opposizione.

È chiaro che, come è stato detto anche dai colleghi che mi hanno preceduto, questo testo di legge è solo un primo passo per quanto concerne la tutela dei lavoratori oncologici. Spero vivamente che il testo arriverà in Aula il più presto possibile e, anzi, auspico che possa anche essere ulteriormente migliorato in fase di discussione in Aula, anche perché sono stati presentati emendamenti che possono andare ulteriormente a vantaggio dei lavoratori malati oncologici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Lepri. Ne ha facoltà.

STEFANO LEPRI (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il dibattito ha già ampiamente esaminato e sviscerato tutti gli aspetti di questa importante legge. Quindi, credo che non sia opportuno ripetere le sue caratteristiche, così ben illustrate da chi mi ha preceduto.

Voglio, quindi, provare a fare alcune sottolineature nel mio intervento, anzitutto evidenziando il fatto che si tratta di una norma di civiltà, una norma che tiene conto di vicende che possono colpire ognuno di noi; vicende di sofferenza e di dolore che improvvisamente cambiano la vita, le prospettive delle persone e dei cari a loro più vicini.

Di fronte a vicende come l'essere colpiti da una malattia oncologica, invalidante o cronica, è compito del Parlamento entrare nei panni, vivere questa esperienza così faticosa e poter in qualche modo contribuire ad alleviarla e a renderla meno pesante.

Da questo punto di vista, è anche importante - lo hanno già sottolineato i colleghi - poter rendere meno problematico il rapporto con il lavoro, che diventa difficile perché non lo si può svolgere, perché siamo chiamati a visite e controlli continui, e perché le forze, talvolta, progressivamente mancano. Ecco allora che quella preoccupazione si assomma a quella della salute e il circolo perverso che ne esce, spesso, è davvero drammatico.

Sembra incredibile, ma finora non vi era una certezza di fronte a questo rischio di perdita progressiva del rapporto di lavoro. O meglio, c'è già un importante sistema di garanzie che assicura una certa forma di protezione, ma questa, come è stato già ben detto, a un certo punto rischia di finire.

Il periodo di comporto - termine un po' complicato da riportare - significa che è garantita la conservazione del posto di lavoro per chi è colpito da malattie come quelle che ho ricordato e per un certo periodo, che cambia a seconda dei settori, come già detto; viene garantita la possibilità di congedo, a cui magari si può far seguire un'aspettativa e anche una forma di retribuzione in tutto o in parte progressivamente discendente dopo un certo periodo. Ogni settore ha una sua regolamentazione, o per legge o per contratto collettivo di lavoro, e quindi è inutile riportare una casistica così variegata. Tuttavia, non vi sono finora sufficientemente garanzie con riferimento a ciò che accade dopo che quel periodo (12, 18 o 24 mesi) di tutela parziale e progressivamente discendente finisce.

Intanto, in questi anni, c'è stato un lavoro importante, anche giurisprudenziale, che ha permesso di prendere atto che non è possibile un licenziamento per il superamento del periodo di comporto. Ci sono sentenze che vanno in questa direzione. Solo per giusta causa è possibile procedere, dopo il periodo di comporto, al licenziamento. Tuttavia, se la strada del licenziamento per termine del periodo di comporto non è praticabile, c'è il rischio che il datore di lavoro proceda per motivi economici al termine del periodo. Questo può avvenire soprattutto laddove ci sono piccole imprese, dove l'assenza di un lavoratore pesa molto sul complesso della forza lavoro e laddove la responsabilità sociale d'impresa del datore di lavoro non è particolarmente significativa, diciamo così. E quindi c'è, evidentemente, un conflitto anche non voluto tra datore di lavoro e lavoratore, che si manifesta al termine del periodo di comporto. Per questa ragione contiamo che il legislatore e il Parlamento tutto insieme possa e voglia intervenire attraverso l'individuazione e la previsione di un periodo di congedo fino a 24 mesi, in aggiunta agli altri periodi di assenza giustificata e con ulteriori benefici già previsti.

È veramente una novità importante, che in qualche modo allunga il periodo di protezione garantito al lavoratore e può, in qualche modo, aiutarlo a definire meglio anche il suo eventuale percorso futuro di ripresa, come è augurabile, qualora risolva la sua condizione di salute, o comunque possa in qualche modo anche valutare soluzioni quali l'avvicinamento alla pensione, se evidentemente l'età lo consente.

Da questo punto di vista, ci sono elementi importanti - e concludo - nella proposta di legge, quali: la possibilità di riscattare il periodo di congedo versando i contributi e quindi contribuendo a completare i versamenti utili a ottenere la pensione; il fatto che sia possibile, dopo il periodo di comporto e di congedo, ottenere il diritto al lavoro agile e quindi lavorare al proprio domicilio, non perdendo il posto di lavoro e magari alternando anche il lavoro a casa e il lavoro presso l'ufficio o la fabbrica; ulteriori 10 ore di permesso di lavoro, che sono l'oggetto dell'articolo 2, un elemento anche questo importante, coperto con fondi dello Stato che i datori di lavoro possono ottenere dall'INPS.

Vi è un'ulteriore tutela che vogliamo sottolineare, perché, nel 2017, il lavoro fatto per introdurre tutele a favore del lavoro autonomo è stato oggetto di particolare iniziativa da parte del Partito Democratico: la legge n. 81 del 2017 già prevedeva la sospensione senza prestazione e senza corrispettivo del lavoratore autonomo, colpito da malattie gravi o invalidità. Ora vi è un ulteriore passaggio che non era previsto nella legge del 2017: la definizione del numero massimo di giornate di cui si può godere, potendo appunto sospendere la prestazione senza corrispettivo, ossia fino a 300 giorni all'anno.

In conclusione, siamo di fronte ad una scelta importante di tutto il Parlamento che punta a garantire maggiori tutele a persone fragili, colpite da malattie molto gravi, provando anche - e credo riuscendoci - a trovare un nuovo equilibrio tra le attese e le aspettative dei lavoratori e dei datori di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elena Murelli. Ne ha facoltà.

ELENA MURELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la tutela del diritto alla salute costituisce uno dei principi cardine della nostra Costituzione e deve essere garantito e assicurato attraverso l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico di norme mirate e circostanziate. Lo dice chiaro l'articolo 1 della nostra Costituzione che ricorda che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro. Lo dice chiaro anche l'articolo 32 della nostra Costituzione che definisce la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività.

La salvaguardia dell'integrità fisica della persona nel contesto lavorativo rappresenta certamente un'azione condivisibile, così come la promozione di iniziative volte ad agevolare i soggetti che versano in condizioni di salute di particolare gravità. Tre milioni e 300 mila sono le persone, tanti in Italia sono i pazienti che convivono con il cancro, ben il 5 per cento della nostra popolazione. Ogni giorno in Italia si diagnosticano più di mille nuovi casi di cancro. Si stima, infatti, che nel nostro Paese vi siano nel corso dell'anno circa 377 mila nuove diagnosi, di cui 195 mila fra gli uomini e 182 mila fra le donne: un dato che evidenzia come ormai questa malattia possa essere tenuta sotto controllo attraverso il lavoro e un approccio che coinvolga tutto il Sistema sanitario nazionale. In ossequio alla Costituzione, la normativa italiana ha fissato i criteri di base con i quali devono essere disciplinate le singole fattispecie, che passano dal codice civile alla legislazione statale, fino ad arrivare alla contrattazione collettiva che fornisce regolamentazioni mirate rispetto ai diversi contesti lavorativi.

Il nostro ordinamento, in realtà, contempla fra le cause di sospensione del rapporto di lavoro - all'articolo 2110 del codice civile, applicabile sia ai dipendenti pubblici sia ai lavoratori del settore privato - l'infortunio, la malattia, la gravidanza e il puerperio. Il lavoratore, che non è nelle condizioni di garantire la prestazione lavorativa, ha diritto alla corresponsione di una retribuzione o di un'indennità, nella misura e per il tempo determinati dalla legge o da altre fonti di diritto, o alla conservazione del posto di lavoro per un periodo che viene definito, appunto, periodo di comporto.

Nel settore privato, fatte salve le disposizioni favorevoli contenute nei contratti collettivi di lavoro, solo per gli impiegati la durata del comporto è regolamentata e differenziata in relazione all'anzianità di servizio del lavoratore: 3 mesi, se l'impiegato ha una anzianità di servizio non superiore ai 10 anni; 6 mesi, se l'impiegato ha una anzianità di servizio oltre i 10 anni.

Per gli operai, invece, la durata del periodo di comporto è stabilita dalla contrattazione collettiva. Per i lavoratori autonomi, l'articolo 14, comma 1, della legge n. 81 del 2017 prevede che in tali casi il rapporto di lavoro non si estingua, se il lavoratore presta la sua attività in via continuativa per il committente. A meno che non venga meno l'interesse del committente, il lavoratore può richiedere la sospensione, senza diritto al corrispettivo, dell'esecuzione del rapporto di lavoro per un periodo non superiore a 150 giorni per anno solare. Rispetto alle gravi patologie la legislazione statale non prevede espressamente una durata differenziata del periodo di comporto nel caso di malattia oncologica. Pertanto, pur essendo vigenti tutele dei lavoratori come la possibilità del passaggio a part-time, prevista dalla legge n. 81 del 2015, l'iniziativa legislativa mira a integrare la legislazione sul tema.

Le proposte di legge, presentate alla Commissione lavoro, e il testo unico, a cui siamo arrivati dopo un'attenta analisi in Commissione lavoro e con una grande collaborazione, nascevano dall'esigenza di consentire ai lavoratori affetti da gravi patologie di conservare il posto di lavoro per un periodo ulteriore rispetto a quello attualmente previsto e di far fronte alle necessità terapeutiche e ai percorsi di cura, spesso lunghi e complessi. L'obiettivo è alleviare le già precarie e gravose condizioni in cui versano queste persone, colpite nel bene primario, la salute, garantendo equità di trattamento fra tutti i lavoratori. La pandemia ha portato alla luce difficoltà amplificate dai lockdown che hanno messo in seria difficoltà, non solo i malati oncologici, ma anche gli invalidi cronici, le fasce più fragili della popolazione, ed ha anche messo in croce il Sistema sanitario nazionale che doveva dare supporto a questi malati oncologici.

Il “Cura Italia” era già intervenuto sul tema, riconoscendo fino al 30 giugno 2021 il diritto al lavoro agile in favore dei dipendenti pubblici e privati fragili, ossia in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante, appunto, la disabilità grave, il rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita. Il compito è quello di garantire una condizione di occupabilità o employability anche per i soggetti affetti da patologie oncologiche, da malattie invalidanti o da malattie croniche. Proprio il termine occupabilità o employability rappresenta un insieme di condizioni, quali l'abilità, la capacità di comprensione e le attitudini personali, che rende i soggetti più propensi a svolgere un determinato lavoro e avere successo nelle occupazioni attribuite a vantaggio di se stessi, dei colleghi di lavoro, della comunità e dell'economia stessa. La disabilità definisce la persona che ha una menomazione fisica o mentale con effetto negativo sostanziale e a lungo termine sulla sua capacità di svolgere le normali attività quotidiane, compresa l'attività lavorativa.

Lo scopo di chi si occupa di gestire l'employability è quello di aumentare l'applicabilità delle persone con una disabilità definita dalle prescrizioni di idoneità alle mansioni formulate dai medici del lavoro attraverso una road map di soluzioni pratiche e obiettivi raggiungibili per garantire a tutti i lavoratori di essere inclusi nel processo di lavoro, garantendo benessere e produttività. Tuttavia, esistono situazioni cliniche che richiedono lunghi periodi di supporto diagnostico e terapeutico prima della loro stabilizzazione e della ricomparsa di una condizione di idoneità generica al lavoro. L'articolo 42 della legge n. 81 del 2008 prevede che il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge del 12 marzo 1999, n, 68, attui le misure indicate dal medico competente e, qualora le stesse prevedano una idoneità alla mansione specifica, ne ristabilisca direttamente la mansione oppure il reintegro all'interno del lavoro. La norma introduce il principio “ove possibile” che, sulla base della nostra esperienza, risulta quasi sempre applicabile nelle aziende di medio-grandi dimensioni ma diventa difficile in quei settori in cui ci sono piccole e medie imprese, in quelli in cui si rischia la perdita del posto di lavoro per giusta causa. Ciò crea una condizione di grave imbarazzo al medico competente che si sente in qualche modo responsabile dell'evento, in quanto sottoscrittore del giudizio di non idoneità alla mansione specifica.

La collega è quindi molto contenta che la sua proposta per la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, con l'introduzione del prolungamento del periodo di comporto a 24 mesi sia stata accettata.

Riteniamo sia necessaria anche l'introduzione di un sistema legislativo che favorisca l'employability, considerando l'importanza del ruolo e del ritorno al lavoro, per una migliore qualità di vita, per i soggetti affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche. Esistono, infatti, condizioni cliniche che ipotizzano la possibilità di ritorno al lavoro e che possono portare le figure professionali preposte ad attestare la sussistenza dell'idoneità generica al lavoro. A questo punto, entra in gioco quanto previsto dall'articolo 41 del decreto legislativo n. 81 del 2008, ossia la visita medica precedente alla ripresa del lavoro. In questa fase, il medico competente deve valutare l'idoneità specifica e deve valutare direttamente le attitudini fisiche e psicologiche della persona. La valutazione dell'idoneità alla mansione richiede, quindi, un approccio complesso, per verificare quali possono essere gli effetti dell'ambiente di lavoro sulle condizioni di salute del lavoratore. Appare pertanto chiara la differenza tra idoneità generica e idoneità specifica. Può dunque accadere che il lavoratore affetto da malattie oncologiche, invalidanti e croniche venga considerato, dallo specialista o dal medico curante, idoneo al ritorno al lavoro e che il medico competente, all'atto della visita del rientro, lo consideri, invece, almeno temporaneamente, ancora non idoneo alla mansione. Pertanto, è opportuno che, qualora non sia possibile identificare una mansione alternativa compatibile con lo stato di salute del lavoratore, anche al lavoratore affetto da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, che si trovi nelle condizioni sopra descritte, siano garantite le tutele previste dalla proposta di legge. In questo caso, l'onere della certificazione è a carico del medico competente, a seguito della formulazione del giudizio di un'idoneità alla mansione specifica e alla verifica della mancata possibilità di employability presso l'azienda da cui dipende il lavoratore.

Infine, la proposta di legge prevede la creazione di un elenco delle malattie gravi, non solo oncologiche, da parte del Ministero della Salute, periodicamente suscettibile di aggiornamento, che dovrebbero essere oggetto di specifica attenzione da parte della contrattazione collettiva, la quale avrebbe la responsabilità e il compito di individuare la specifica disciplina e un quadro di misure agevolative per il dipendente che possa rappresentare un punto di equilibrio tra le esigenze del lavoratore e le proposte concrete dell'impresa. Non si può affrontare con coerenza il problema senza intervenire con politiche pubbliche di sostegno alla persona malata e ai suoi familiari, nell'ambito dei servizi sanitari, di assistenza sociale e di orientamento, e informazioni relative ai loro diritti e alle procedure da seguire per ottenerli.

Sotto questo aspetto, riteniamo sicuramente auspicabili forme di incentivazione alle imprese, volte a favorire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Per quanto attiene al reinserimento e alla convivenza in azienda del lavoratore affetto da una patologia oncologica, i vari istituti giuridici previsti e in gran parte contemplati nella contrattazione collettiva, quali, per esempio, lo smart working, il telelavoro, il part-time o il cambio di mansione, andrebbero sostenuti con incentivi economici, anche mediante forme di defiscalizzazione.

Concludo, Presidente, dicendo che, come Lega, siamo molto contenti che con questa proposta di legge, che viene portata in Aula, si dia una stretta su una questione fondamentale, il diritto alla tutela del posto di lavoro, attesa da milioni di uomini e donne che, nel corso della loro vita, hanno ricevuto una diagnosi di cancro e che la pandemia da COVID-19 ha reso ancora più fragili e dipendenti dal proprio lavoro. Essa presenta un suo punto di forza, ma tutti convergono sull'obiettivo di un allungamento del periodo di comporto, una misura che sarà fondamentale per gli oltre 3,2 milioni di pazienti affetti da cancro e per gli altri pazienti fragili, in un'era in cui il COVID ha tolto prospettive di sviluppo a chi è più debole e che non ha potuto curarsi con continuità.

Restituiamo, quindi, dignità ai lavoratori che hanno problemi di salute e non possono più far fronte alla propria sussistenza e a quella delle loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 2098-A​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e la rappresentante del Governo rinunciano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Fornaro ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati (Doc XXII, n. 63-A) (ore 15,28).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di inchiesta parlamentare (Doc XXII, n. 63-A): Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 7 luglio 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 7 luglio 2022).

(Discussione sulle linee generali – Doc XXII, n. 63-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire, in sostituzione del relatore, la deputata Rossana Boldi, vicepresidente della XII Commissione.

ROSSANA BOLDI, Vicepresidente della XII Commissione. Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, oggi l'Assemblea avvia l'esame di una proposta di istituzione di una Commissione parlamentare monocamerale d'inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati.

Nel corso dell'esame in sede referente, svoltosi presso la XII Commissione, si è registrata una convergenza, da parte delle diverse forze politiche, sul tema in oggetto della proposta di inchiesta parlamentare, in considerazione della situazione attuale, ben descritta nella relazione illustrativa, che vede tuttora, a trent'anni dall'approvazione della legge n. 257 del 1992, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto, la presenza di grandi quantità di amianto da bonificare nel nostro Paese, con tutte le conseguenze connesse.

Faccio una piccola nota: il tempo di latenza con il quale si manifestano le situazioni patologiche che derivano dall'aver respirato il polverino di amianto è molto, molto lungo, tanto che, a titolo esemplificativo, nel 2020, si sono registrati ancora 125 mesoteliomi e, nel 2019, ancora 140 mesoteliomi; questo spiega perché, anche a distanza di così tanto tempo, è necessario approfondire l'argomento.

Faccio presente che, nel corso dell'iter del provvedimento, in Commissione è stata presentata una sola proposta emendativa, accolta dal relatore e recepita, quindi, nel testo, sul quale è stato espresso un parere favorevole da parte di tutte le Commissioni competenti in sede consultiva, con un nulla osta da parte della Commissione bilancio.

La proposta in oggetto si compone di 5 articoli.

L'articolo 1 istituisce la predetta Commissione, attribuendole il compito di accertare (e valutare) la dimensione del fenomeno della presenza dell'amianto nel territorio nazionale, nonché gli eventuali casi di impiego illecito o di smaltimento illegale di detto minerale; valutare l'idoneità dei controlli sull'attuazione della legislazione vigente in materia di amianto e sulle attività di bonifica dei siti, in relazione ai danni per la salute e la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori operanti nel comparto, analizzando le problematiche di diversa natura che rendono difficoltosa la realizzazione degli interventi e individuando le possibili soluzioni operative per superarle, anche attraverso lo studio e la valorizzazione di modelli territoriali virtuosi, che prevedono strategie di collaborazione con i privati (proprio quest'ultima parte è stata aggiunta in sede referente), indagare su eventuali collusioni tra soggetti operanti nelle amministrazioni pubbliche o in imprese private e organizzazioni criminali, anche sotto il profilo della gestione dei rifiuti contenenti amianto, e dell'opera di bonifica di siti effettivamente o potenzialmente contaminati; valutare la situazione igienico-sanitaria e ambientale dei siti di interesse nazionale insalubri e contaminati, l'efficacia della legislazione vigente in materia, anche con riguardo all'idoneità ed effettività della rete di controllo sulla corretta applicazione delle normative stesse e delle procedure; verificare gli interventi messi in atto dal Ministero della Salute e dalle regioni in tema di prevenzione, di cura e di ricerca medico-scientifica. È con un pochino di orgoglio che devo aggiungere che l'ospedale di Alessandria ha la biobanca biologica del mesotelioma più grande che esiste in Italia, che è partita dal 1989, ed è stata, via via, implementata.

L'articolo 2 disciplina la composizione e la durata della Commissione monocamerale, prevedendo che essa debba concludere i propri lavori entro sei mesi dalla costituzione, con la presentazione di una relazione alla Camera, e che sia formata da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando, comunque, la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo. Tale articolo disciplina, inoltre, la tempistica e le modalità di elezione dell'ufficio di Presidenza della Commissione che deve essere costituito entro dieci giorni dalla nomina dei commissari ed è composto dal presidente, da un vicepresidente e da due segretari.

I poteri e i limiti della Commissione sono disciplinati dall'articolo 3, ai sensi del quale la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Non possono essere adottati provvedimenti attinenti alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo, di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.

La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. Il medesimo articolo reca, inoltre, disposizioni in materia di regime di segretezza degli atti e dei documenti inerenti ai lavori della Commissione.

L'articolo 4 disciplina l'obbligo del segreto da parte dei componenti la Commissione e del personale di qualsiasi ordine e grado ad essa addetto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti inerenti ai lavori della Commissione.

Per quanto concerne l'organizzazione dei lavori, l'articolo 5 demanda la disciplina dell'attività e del funzionamento della Commissione a un apposito regolamento interno da approvarsi prima dell'avvio dell'attività di inchiesta da parte della Commissione medesima.

Si specifica che la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di Polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.

Per l'adempimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati. Le spese di funzionamento sono previste nella misura pari a euro 40 mila per l'anno 2022 e sono poste a carico del bilancio interno della Camera.

In conclusione, è necessario portare alla luce il complesso delle cause di varia natura che hanno impedito di affrontare, in modo efficace, il problema della rimozione dei materiali contenenti amianto, tanto che, ancora oggi, non esiste una mappatura integrale e omogenea della presenza di detto minerale e dei conseguenti rischi, prolungando le situazioni di esposizione all'amianto che hanno provocato e continuano a provocare numerosi decessi.

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

È iscritta a parlare la deputata Michela Rostan. Ne ha facoltà.

MICHELA ROSTAN (FI). Grazie, Presidente. L'Italia è stato uno dei Paesi capaci di creare una normativa per il divieto dell'utilizzo e della produzione dei manufatti con amianto prima di tutti. La nostra legge, infatti, la n. 257 del 27 marzo 1992, anticipa di molto, di almeno 13 anni, il divieto che poi è stato introdotto dall'Unione europea.

Sappiamo che, dal 1° luglio del 2025, tutti gli Stati membri dell'Unione europea dovranno aver provveduto all'eliminazione dei prodotti di amianto; al tempo stesso, lotta e cura delle malattie correlate all'amianto rientrano fra le priorità ambiente e salute dell'Organizzazione mondiale della sanità, per il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Il fatto che ci sia una legge fin dal 1992 non cancella ovviamente l'enormità di questo problema. Fino a quel momento, infatti, questo materiale è stato usato ampiamente sul nostro territorio: usi industriali ed usi civili, a causa della perfida duttilità di questo elemento, che, per sua natura, si prestava ad una pluralità di circostanze.

Proprio l'enorme problema della sua diffusione lascia del tutto aperto il tema della rimozione e della bonifica dei siti dove è ancora presente. Con la legge del 1992 è rimasto aperto tutto il problema dei danni già fatti, con la grande questione di salute pubblica che all'amianto è correlata.

Tutte le tipologie di amianto, lo sappiamo, sono cancerogene per l'uomo e causano principalmente il mesotelioma, come veniva ricordato poco fa. La maggior parte dei casi di mesotelioma è causata da esposizione ad amianto in ambito lavorativo, ma gli effetti di esposizioni ambientali sono riconosciuti, con una stima a livello globale dei casi di mesotelioma ambientali, fra il 5 e il 20 per cento di quelli totali. Si calcolano in circa 4.400 i decessi all'anno dovuti all'esposizione ad amianto nel periodo 2010-2016 e, per quanto sia sempre difficile stabilire correlazioni esatte nell'insorgenza di patologie comunque complesse, appare elevato il numero di malati attribuibile ad esposizione ad amianto nel nostro Paese.

E, dunque, l'istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta, composta da 20 deputati, sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati, di cui oggi stiamo discutendo, è quanto mai opportuna rispetto alla serietà e alla vastità del problema. Per questo la condividiamo totalmente nelle sue finalità e abbiamo votato favorevolmente già in Commissione.

Tuttavia, non si può non rilevare, anche in questa sede, come un tema di questa portata appaia confinato, come è, nell'ultimissimo scorcio della legislatura e come sia troppo grande per poter essere fronteggiato adeguatamente da una Commissione monocamerale, che avrà, giocoforza, pochi mesi di vita, stretta, peraltro, fra la legge di bilancio dell'autunno e, poi, la destinazione dritta verso la fine della legislatura. Una debolezza nei tempi ed anche nel contesto, nel clima, che, purtroppo, rende complesso il raggiungimento degli obiettivi della Commissione stessa; obiettivi che, però, appaiono giustamente ambiziosi: indagare sul fenomeno relativo alla presenza, allo smaltimento e agli effetti nocivi; verificare l'efficacia dei controlli sull'attuazione della legislazione vigente; verificare le attività di bonifica dei siti; accertare i danni cagionati alla salute di cittadini e lavoratori.

Sappiamo già che le inadempienze rispetto alla legge ci sono, soprattutto sui versanti delle competenze regionali sui piani di smaltimento e bonifica e sappiamo che c'è molto da lavorare; in qualche caso, mancano perfino i censimenti e le mappature dei siti a rischio.

Siamo all'anno zero, altro che bonifiche! Si calcolano in 30-35 mila le aree ancora a rischio e in attesa di bonifica in Italia e serviranno più di 80 anni - sì, più di 80 anni! - per dismettere gli oltre 30 milioni di tonnellate di materiale presenti nel Paese.

La necessità, quindi, di un approfondimento c'è e questa proposta ne coglie appieno il bisogno; per questo motivo non può non avere il nostro consenso. Ma, ripeto, come già detto, resta il rammarico di una Commissione che arriva tardi e rischia di non riuscire a sviluppare il suo potenziale nel poco e complicato tempo che resta alla legislatura (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gemmato. Ne ha facoltà.

MARCELLO GEMMATO (FDI). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, sono qui a rappresentare il voto positivo già espresso in Commissione sull'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati. Questo voto avviene convintamente, non prima, però, di aver effettuato una riflessione sulla inopportunità - mi permetto di dire -, di incardinare un provvedimento così importante a termine legislatura. Una Commissione così importante avrebbe dovuto avere un orizzonte più lungo, più largo, più arioso, proprio per rendere anche giustizia ai tanti morti e alle loro famiglie, a coloro che continuano a morire, purtroppo, affetti da una terribile malattia come il cancro, il tumore che colpisce la pleura, il peritoneo, che mina dall'interno l'organismo delle persone che sono sottoposte alle polveri sottili dell'amianto, che, quindi, avrebbero meritato un'attenzione maggiore del nostro Palazzo.

Ma, come mi piace spesso ricordare, molte volte, il meglio è nemico del bene e, quindi, tante volte, è meglio fare una cosa ristretta che non farla proprio.

Quindi, nei pochi mesi che ci separano dalla fine di questa tormentosa legislatura, cercheremo diligentemente di fare del nostro meglio. Lo faremo partendo da alcuni presupposti: come si ricordava, la legge che abolisce l'utilizzo dell'amianto è del 1992 e, quindi, è molto datata; lo faremo anche pensando al fatto che l'Italia, dal dopoguerra fino al 1992, ha impiegato 3,5 milioni di tonnellate di amianto; lo faremo pensando e confrontandoci con il fatto che il 75 per cento delle altre Nazioni del mondo non ha una produzione di legge uguale alla nostra; ciò significa che non c'è stato il divieto, l'utilizzo così restrittivo dell'amianto.

Tutto questo contribuisce a creare un unicum rispetto al quale il gruppo di Fratelli d'Italia, evidentemente, vuole dare il proprio contributo, in maniera forte, partendo dall'assunto che l'amianto c'è e continua ad esserci, i siti inquinanti ci sono e continuano ad esserci; purtroppo, all'orizzonte di tutto questo, c'è anche il tema delle bonifiche e, quindi, dell'ingerenza delle ecomafie che vi sono laddove vi è un business strutturato. E, quindi, il nostro contributo non può non essere un contributo di profondità. Lo faremo cercando anche di migliorare il provvedimento, portando le nostre considerazioni e lo faccio da farmacista. Nella mia tesi di farmacista ospedaliero, ho fatto una ricerca sull'utilizzo dei farmaci divisi per ATC, per area anatomico, terapeutica e chimica. Sostanzialmente, in questo studio si evidenziava come il particolare utilizzo di particolari farmaci denotava in un territorio un inquinamento. Allora, monitorare il consumo della classe ATC R, quella respiratoria, potrebbe proprio servire ad evidenziare la sussistenza di siti inquinati da amianto e, quindi, accendere il campanello d'allarme. Lo dobbiamo fare partendo da un presupposto per cui - lo voglio ricordare -, se assunto per via orale, l'amianto non determina patologie.

L'Istituto superiore di sanità ci racconta che sono noti soltanto alcuni polipi benigni, non maligni, quindi neoformazioni benigne. Se, invece, cosa diversa, l'amianto, la silice sono assunti tramite il respiro, possono provocare tutta una serie di tumori che poco fa vi ho elencato. Il pensiero non può non andare alle vittime e, per questo, la nostra puntuale azione di approfondimento deve essere, in questi sei mesi, puntuale e costante, partendo dal presupposto che una Commissione parlamentare di inchiesta ha i poteri e i limiti della magistratura, quindi abbiamo anche strumenti forti da mettere in campo per poter fare emergere la realtà, per poter far emergere ciò che negli anni non è stato fatto, per poter fare emergere, come ricordavo, l'ingerenza anche della malavita organizzata a che queste bonifiche avvenissero o a che queste bonifiche non avvenissero. Lo dobbiamo fare senza infingimenti, lo dovremmo fare, giocoforza, andandoci a scontrare con realtà ed amministrazioni locali che, probabilmente, non hanno fatto il massimo per bonificare le zone, per verificare lo stato dell'arte; lo dobbiamo fare - lo dico soprattutto ai colleghi - spogliandoci anche dell'appartenenza partitica e sanzionando, quantomeno verbalmente e con atti scritto, quelle amministrazioni che sono state negligenti, perché, lo dicevo, noi dobbiamo rendere verità e giustizia ai tanti morti che, purtroppo, non sono più con noi e lo sono solo per insipienza, per il fatto che, dal 1992 ad oggi, non è avvenuta una bonifica completa dei siti compromessi dalla presenza di amianto; lo dobbiamo fare perché chi fa politica deve fare questo.

Noi lo faremo puntualmente, lo faremo applicandoci e dando anche notazioni di carattere tecnico-scientifico, cercheremo di alzare l'asticella di una Commissione che poteva e doveva essere bicamerale, ma che, evidentemente, per motivi di spazio e di tempo, non lo è, però, in questi mesi, una Camera sola immagino possa provvedere a sviluppare un atto e, quindi, risultanze importanti. Noi, così come previsto dal Regolamento, redigeremo, anche laddove ve ne fosse bisogno, una relazione di minoranza, ma ritengo che dal lavoro condiviso della nostra Commissione - così come sempre avviene quando ci sono tematiche di carattere superiore, che non portano la divisione, ma che fanno unire la Commissione - potremo svolgere un ottimo lavoro unitario (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Romina Mura. Ne ha facoltà.

ROMINA MURA (PD). Signor Presidente, Governo, colleghi, come presidente della Commissione lavoro e anche come deputata del Partito Democratico condivido totalmente e condividiamo, lo dico anche a nome dei miei colleghi di gruppo, la proposta Fornaro di istituire una Commissione d'inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati. Considerato il perdurare degli effetti sia sulla salute, sia sull'ambiente, sia in termini di sicurezza nei luoghi di lavoro e degli effetti di questa fibra, nonostante siano trascorsi tanti anni dalla sua messa al bando, con la legge del 1992, riteniamo che questa Commissione d'inchiesta possa aiutare, non solo, a far luce su quanto c'è da fare, ma anche, ad andare a verificare il funzionamento degli strumenti legislativi, le fragilità, le zone d'ombra. Anche se la legislatura volge al termine, se vogliamo, con il clima e con l'approccio, di cui parlava anche il collega di Fratelli d'Italia, ritengo che possiamo essere anche in grado, appunto, con un'unità d'intenti che, su questo tema, c'è sempre stata ed è d'obbligo anche ora, di inserire tutta una serie di modifiche, sia legislativa, sia anche in termini di aumento delle risorse, rispetto per esempio al Fondo vittime dell'amianto, anche attraverso la legge di bilancio, e possiamo migliorare il sistema di intervento rispetto a questo problema. Quindi, il fattore tempo, se siamo tutti d'accordo, ritengo non sia un problema, nonostante la fine della legislatura sia prossima.

Devo dire che, rispetto a questo tema, qualche mese fa, in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, ho avuto l'occasione di partecipare a un importante convegno organizzato dall'ANMIL, a Ottana, in provincia di Nuoro, dove si parlava di amianto e il titolo di questo convegno era molto evocativo, così come i suoi contenuti, di cui dirò qualcosa ugualmente; il titolo era: “Ripartire dall'ex Enichem per rilanciare la lotta ad amianto e tumori”. L'ex Enichem è un cimitero industriale della Sardegna centrale, che oltre a rappresentare anche simbolicamente il fallimento di una strategia industriale, in quel territorio, come in tante altre parti d'Italia, rappresenta anche il sacrificio che centinaia di lavoratori hanno fatto e hanno pagato anche con il prezzo della vita rispetto all'utilizzo di questa fibra. Come è stato ben detto dalla relatrice e dai colleghi che sono intervenuti prima di me, considerato il perdurare degli effetti dell'amianto, dopo tanto tempo, i morti non solo ce li lasciamo alle spalle, ma ci sono tuttora; i dati lo dicono chiaro.

Mi riferisco, quindi, sia ai morti che ci sono per le esposizioni passate, addirittura ci sono degli under 50 che sono morti, perché da bambini, come dicono i dati dell'Istat, sono vissuti in famiglie di lavoratori esposti all'amianto, quindi, morti per un'esposizione indiretta, sia, poi, ai morti o comunque ammalati professionali a causa dell'amianto residuo, perché come mette bene in evidenza la richiesta della Commissione d'inchiesta, in quelle che sono le motivazioni, e come dicono anche i dati, penso al dossier “Liberi dall'amianto?” di Legambiente, sono ancora tante, 370 mila, le strutture contenenti amianto e la cosa peggiore è che parte di queste strutture sono anche strutture pubbliche, tra cui molte scuole, per cui c'è un'esposizione di insegnanti e di studenti all'amianto che non è certamente degna di un Paese civile come il nostro.

Perciò è importante che ci dotiamo di questo strumento, è importante che mettiamo insieme tutti gli interventi e tutto il lavoro che si è fatto anche in questa legislatura; in Commissione Lavoro, per esempio, abbiamo approvato, all'inizio dello scorso anno, diverse risoluzioni che mettevano in fila tutti gli interventi che noi stessi ci siamo impegnati a costruire, ma rispetto ai quali chiedevamo un impegno del Governo, per provare a migliorare anche la legislazione, sia rispetto alla tutela, sia rispetto agli aspetti risarcitori e sia rispetto, anche, agli aspetti previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto.

Certo, dobbiamo dire, come è stato già detto, che insomma, trent'anni dopo la legge che ha messo al bando l'utilizzo dell'amianto, molti passi avanti sono stati fatti in termini di tutela della salute, di tutela dell'ambiente, di strumenti e iniziative per aumentare la sicurezza nei posti di lavoro, però, purtroppo i dati ci inducono e ci costringono, devono obbligarci, a concentrarci ulteriormente su questo tema. Interviene, adesso, anche una risoluzione del Parlamento europeo, dell'ottobre del 2021, che appunto fissa e declina tutta una serie di impegni e di obiettivi da perseguire, fra i quali la strategia europea per la rimozione dell'amianto e l'aggiornamento della direttiva 2009/148/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro. Ecco, quindi, anche l'attenzione da parte dell'Unione europea. Ricordiamo che l'Italia anticipò di tredici anni l'Unione europea nel porre il divieto all'utilizzo dell'amianto; ricordiamo anche il percorso, come si dice giustamente nel testo di legge di proposta della Commissione d'inchiesta, cioè noi abbiamo anche tutta una serie di prassi, di buone prassi territoriali che possono essere anche utilizzate e messe a disposizione della costruzione di un sistema che operi su tutto il territorio nazionale. Anche nella legge di bilancio 2021, l'ultima che abbiamo fatto qui alla Camera, ricordo che intervenimmo per esempio sulla rideterminazione delle indennità, sull'ampliamento delle stesse anche ai lavoratori esposti indirettamente; insomma, è da anni che si fa questo lavoro, adesso abbiamo bisogno di metterlo a punto, di provare a migliorare e a ottimizzare anche il funzionamento degli strumenti legislativi, perché, purtroppo - e questo è uno dei temi che anche come Commissione Lavoro ci interessa di più – rileviamo, anche da delle considerazioni, da delle lettere che abbiamo ricevuto in questi giorni, che comunque ci sono dei dinieghi e delle lentezze eccessive anche nel riconoscimento sia delle malattie professionali, sia delle rendite ai superstiti.

Quindi, ecco, in quel lavoro di cui si tratta anche nell'ambito della Commissione d'inchiesta, occorre provare a sistemare, a migliorare i meccanismi legislativi per riconoscere diritti e prerogative a questi lavoratori. Io credo che nell'ambito di questo lavoro che faremo nella Commissione d'inchiesta potrebbe essere interessante anche provare a riformare i meccanismi di funzionamento del Fondo per le vittime dell'amianto. Ci sono esperienze, per esempio, quella francese, che è molto interessante e che ci potrebbe fornire tutta una serie di spunti per provare a migliorare il funzionamento del Fondo per le vittime dell'amianto.

Altra cosa su cui ritengo dovremmo tentare di fare un passo avanti è l'accesso pensionistico anticipato, previsto dalla legge del 1992: si tratta di riaprire i termini perché, a partire dal giugno del 2015, il diritto previsto da quella legge, quindi l'anticipo pensionistico, non è più esigibile. Quindi, noi dovremmo anche porci questo tema perché - come abbiamo detto - l'amianto crea vittime, lascia superstiti, crea malati professionali, lavoratori che quindi hanno bisogno di fruire ancora di questa misura. Poi - vado anche a concludere - non c'è solo la necessità di intervenire sulla mappatura dei siti che contengono amianto e che quindi sono ancora pericolosi, ma c'è anche il problema di smaltire l'amianto: nel nostro Paese c'è il grande problema di avere siti attrezzati adeguatamente, nel rispetto insomma di tutti i parametri ambientali, affinché l'amianto si possa anche smaltire; anche questo è un tema sul quale dobbiamo ragionare attentamente. Apro un'altra parentesi - perché ricevo ogni giorno la sollecitazione dei rappresentanti e dei militari delle Forze armate, in particolare degli imbarcati -: anche in tale ambito dobbiamo in qualche modo provare a capire perché ancora non siamo riusciti a dare tutte le risposte che avremmo dovuto dare. Tornando - e chiudo davvero - al convegno ANMIL di Ottana, a cui ho partecipato ad aprile, mi ha colpito molto un operaio, che è intervenuto rappresentando tanti altri lavoratori, alcuni dei quali morti. Lui ha detto una cosa, che mi è rimasta impressa, ma che insomma credo faccia parte dell'approccio che noi stiamo utilizzando anche rispetto a questo provvedimento. Il lavoratore, che si chiama Francesco Tolu, ha detto - parlando ovviamente dell'esperienza di Ottana e dei ritardi che ci sono stati nel riconoscimento della pericolosità di quei processi produttivi e di quei siti -: “Purtroppo in quegli anni la difesa della fabbrica prevalse sulla difesa della sicurezza e della salute dei lavoratori”. Ecco, noi siamo in una fase di ripresa e di ricostruzione nel nostro Paese, sebbene la guerra in Ucraina abbia di nuovo rallentato il percorso e siamo in una fase in cui, ancora una volta, come successe lì a Ottana, l'accelerazione dei processi produttivi giustamente e la corsa verso la ripresa dello sviluppo stanno lasciando troppe vittime sul campo. Penso a tutti gli operai edili che muoiono ogni giorno nei nostri cantieri. Quindi questo richiamo, questo grido di dolore, di Francesco Tolu, credo che ci debba accompagnare sia nel realizzare i lavori di questa Commissione d'inchiesta, sia rispetto a tutti gli altri interventi e a tutti gli altri percorsi di investimento che stiamo facendo anche con il PNRR. Stiamo attenti e costruiamo le condizioni affinché la giusta e sacrosanta ripresa, la giusta e sacrosanta corsa verso lo sviluppo, non sacrifichi i lavoratori. Stiamo attenti che la difesa giustamente dei meccanismi dello sviluppo non diventi prioritaria anche inconsapevolmente, anche senza dirlo, rispetto ad una tutela dei lavoratori, ad una tutela della sicurezza e ad una garanzia della sicurezza dei lavoratori che sono - lo voglio ricordare - le gambe e le braccia attraverso le quali poi questo sviluppo effettivamente avviene (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Teresa Baldini. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BALDINI (IV). Presidente, l'amianto è senza dubbio il principale fattore di rischio per il mesotelioma, cioè un tumore raro, per fortuna, che però…

PRESIDENTE. Deputata Baldini, le chiedo scusa, però se potesse cambiare microfono sarebbe cosa giusta perché c'è un disturbo con quello che sta usando adesso. Proviamo con un altro microfono.

MARIA TERESA BALDINI (IV). Mi sente?

PRESIDENTE. Sì, prego.

MARIA TERESA BALDINI (IV). Presidente, l'amianto è senza dubbio il principale fattore di rischio del mesotelioma, un tumore raro, che non riguarda soltanto la pleura, ma anche il peritoneo, il pericardio, la tunica vaginale dei testicoli. Si tratta di tumori che dovrebbero far riflettere sulla permeabilità di questa sostanza in tutto il corpo.

In Italia, la lavorazione e l'utilizzo dell'amianto risalgono al 1992 e sono regolati con precise modalità per quanto riguarda la rimozione e il controllo di persone che, per ragioni professionali, siano state esposte all'amianto. La diagnosi, purtroppo, di questo tumore è spesso tardiva e frequentemente si raggiunge quando la malattia ha superato gli stadi iniziali, quindi con una prognosi molto devastante, proprio per la tardività della diagnosi.

Sono importanti lo studio e la prevenzione di questo grave tumore - raro per fortuna - in relazione al quale l'immunoterapia e i farmaci biologici rivestono un ruolo terapeutico importante. Occorre sostenere prevenzione e ricerca per tutti coloro che sono stati esposti, anche inconsapevolmente, all'amianto. Più di 11 milioni di euro sono stati stanziati con la legge 23 marzo 2001, n. 93, per la mappatura di siti con amianto per interventi urgenti di bonifica. Già nel 1992 si è proceduto a normare lo smaltimento controllato, con piani regionali, di amianto. Il decreto ministeriale Ambiente del 18 marzo 2003, n. 101, ha affidato alle regioni e alle province autonome il compito della mappatura dell'amianto. Le regioni non hanno però criteri omogenei: molte aree importanti da bonificare non rientrano tra i dati censiti. Da Nord a Sud, esistono siti importanti da bonificare ed è importante intervenire proprio dove l'amianto costituisce il principale inquinante. Nel 2013, il Piano nazionale amianto ha definito obiettivi e azioni da intraprendere a tutti i livelli, sia nazionali che locali. Con il PNRR sono stati stanziati 500 milioni per modifiche specifiche a favore di interventi di modifica dei siti contaminati da amianto. Quindi, ambiente e salute vanno di pari passo sempre e, in questo caso, è evidente come l'esposizione ambientale all'amianto sia correlata con dati certi proprio alla cancerogenesi. Amianto come sostanza pericolosa per tutti e, in particolare, per i lavoratori addetti alla manutenzione, alla rimozione, allo smaltimento ed al trattamento dei rifiuti con amianto, nonché proprio per quelli deputati alla bonifica. Quello che è fondamentale sottolineare è il piano di sorveglianza sanitaria, in base al quale i livelli di amianto presente devono essere segnalati alla ASL o ATS di competenza, piano che deve riguardare non solo i datori di lavoro, ma tutte le istituzioni. La domanda è se ogni comune abbia il quadro preciso della presenza di amianto e soprattutto di chi sia poi la responsabilità di azione o di omissione. Dovremmo valutare e approfondire il tema della tutela sanitaria. Il tavolo interistituzionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio per la gestione delle problematiche relative all'amianto, nasce concettualmente dalla necessità di risposte in termini epidemiologici, di sorveglianza sanitaria, e alla ricerca di base e clinica per la diagnosi e la cura delle malattie provocate dall'amianto. Credo che sia giunto il momento di risposte chiare e azioni concrete e di un'azione sanitaria che responsabilizzi istituzioni e cittadini su questo tema, un tema di ambiente e salute che deve andare avanti in termini di ricerca. Penso alle fibre di amianto nell'acqua, fibre che, se ingerite, provocano un fenomeno infiammatorio che sappiamo potrebbe innestare dei fenomeni, quindi displasici, ma anche arrivare alla cancerogenesi vera. L'ONA, l'Associazione nazionale amianto, chiede la bonifica delle tubature in amianto, le tubature dell'acqua potabile costituite prima dell'aprile 1993 - sono moltissime quelle realizzate in cemento-amianto -: sono tubature realizzate prima dell'entrata in vigore del divieto di cui all'articolo 1 della legge n. 257 del 1992. Esistono prove di cancerogenicità dell'amianto in relazione al mesotelioma pleurico (il tumore polmonare), al mesotelioma della faringe e dell'ovaio, della guaina vaginale del testicolo, ma ci sono delle associazioni positive tra esposizione ad amianto e cancro dello stomaco, della faringe e del colon-retto. Quindi, è necessaria una importante Commissione parlamentare d'inchiesta sull'amianto per tutelare la salute di tutti. Occorre bonificare totalmente il Paese, con interventi di responsabilizzazione. Non è accettabile parlare di prevenzione a tutti i livelli, quando sappiamo con certezza quale sia l'agente cancerogeno su cui dobbiamo intervenire con modalità capillari ed omogenee su tutto il territorio nazionale. Occorre lavorare e cercare di recuperare quel tempo perduto, sempre nel ricordo delle persone che ci hanno lasciato, ma anche di coloro che si ammalano in continuazione proprio per questa problematica (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Villani. Ne ha facoltà.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, il Doc. XXII, n. 63-A, approdato oggi in quest'Aula, prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati. La proposta, già approvata all'unanimità da tutte le forze politiche in Commissione affari sociali, di cui faccio parte, evidenzia la grande sensibilità di questo Parlamento verso questa importante problematica, che colpisce interi territori e ampie fasce della popolazione. L'amianto, colleghi, è uno dei fattori ambientali singoli più pericolosi, è la causa di innumerevoli decessi sul lavoro ed è considerato come la principale sfida per le politiche sanitarie a livello nazionale. Nel 1992, con la legge n. 257, l'Italia è diventato il primo Paese europeo a introdurre la messa a bando totale dell'amianto, prevista in attuazione del DM del 1994 che ha delineato le procedure di accesso all'area di lavoro, le tecniche di rimozione del materiale, di decontaminazione interne ed esterne all'area e le misure di sicurezza anti-infortunistiche. Probabilmente, però, è ancora molto poco, visto che nonostante la legge e nonostante la direttiva europea sulla protezione dei lavoratori dai rischi legati all'esposizione all'amianto, esso è ancora il cancerogeno numero uno nel mondo del lavoro. L'amianto, purtroppo, è stato per anni ed è ancora il materiale più utilizzato in vari settori, nonostante la certezza della sua pericolosità. Purtroppo, vi sono ancora tantissimi siti contaminati che attendono di essere bonificati. Secondo le stime di gennaio 2022 del CNR e dell'Ispesl, nel nostro Paese vi sono ancora 38 milioni di tonnellate di amianto compatto e 8 milioni di tonnellate di amianto friabile. Parliamo di 50 mila siti industriali rilevanti, un milione di siti contaminati, tra i quali edifici pubblici e privati, 40 siti di interesse nazionale, tra i quali ci sono anche 10 scuole e 10 che sono solo di amianto come la Fibronit di Broni e di Bari o l'Eternit di Casale Monferrato, l'Isochimica di Avellino e altri. Abbiamo ancora 1.000 biblioteche, 250 ospedali e 2.400 scuole, dove vivono più di 352.000 alunni e 50.000 fra personale docente e non docente, tutti esposti all'amianto. Per non parlare poi della nostra rete idrica, che ha la presenza di amianto per ben 300.000 chilometri di tubature. Si tratta di un rischio ancora molto presente, anche perché, prima che venissero bandite, le fibre killer avevano già minato la salute di molti lavoratori, incubandosi lentamente nei loro polmoni, per manifestarsi, come nel caso del mesotelioma pleurico, anche a distanza di trenta o quarant'anni. Di fatto, secondo il Libro bianco delle morti di amianto in Italia, a cura dell'Osservatorio nazionale amianto, nel 2017 i morti per esposizioni professionale, ambientale e domestica all'amianto sono stati 6.000 e sono destinati a crescere nel futuro. I dati, dunque, sono allarmanti. Nel 2021, il numero dei decessi per le patologie da asbestosi è salito a 7.000 e il picco delle malattie è previsto tra il 2025 il 2030. Questo a causa, come detto prima, della lunga latenza della malattia nei polmoni e in altri organi legati all'asbesto. Per questo riteniamo che l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sia veramente un atto importante. Daremo a questo Parlamento la possibilità di fare maggiore chiarezza sui siti di interesse nazionale inquinati e di verificare l'efficacia della legislazione vigente in materia e la bontà degli interventi in materia sanitaria. È fondamentale inoltre che la Commissione si occupi soprattutto della tutela dei lavoratori, oggetto anche di una mia proposta di legge che disciplina la materia sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, alla luce delle numerose vicende di cronaca sulle cosiddette morti bianche. Sono convinta, Presidente, che solo un'indagine istituzionale attenta potrà fare piena luce su un quadro di questioni istituzionali, ambientali, sociali, economiche e giudiziarie molto complesse, che in passato hanno portato alla morte di migliaia di persone a causa proprio dell'esposizione all'amianto. Alle vittime dell'amianto è dedicata anche una giornata, il 28 aprile, che cade lo stesso giorno della giornata delle vittime sul lavoro. È anche per loro che questa Commissione dovrà fare bene e velocemente il suo lavoro, affinché simili tragedie non si ripetano più.

Infine mi consenta, Presidente, di esprimere tutta la mia vicinanza e la mia solidarietà a quei cittadini e alle associazioni della Valle dell'Irno, a Salerno, che proprio ieri pomeriggio hanno organizzato un flash mob per denunciare tutto il loro disagio per i veleni che sono costretti a respirare emanati dalle fonderie Pisano, che da decenni immettono senza sosta veleni nell'aria di Salerno (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, intervengo innanzitutto per ringraziare tutte le forze politiche e tutti i colleghi che in XII Commissione hanno portato avanti l'iter di questo provvedimento, che è a mia prima firma. Gli interventi che mi hanno preceduto hanno colto in pieno l'attualità, purtroppo, di questa materia e anche la necessità di approfondire i vari aspetti, che sono stati ricordati dalla relatrice Boldi - che ringrazio -, che sono gli obiettivi di questa Commissione.

Non nascondo che la volontà di costituire la Commissione nasce anche dall'esperienza e dalla conoscenza di un territorio che ha pagato più di altri questo dramma, che è la città di Casale Monferrato, che, come tutti voi sapete, ha combattuto una lunghissima battaglia. È stata giustamente ricordata in questa sede la legislazione nazionale, cioè la legge del 1992 per la messa al bando. Mi consentirete di ricordare, in realtà, un atto che viene ancora prima, un atto di grande coraggio, che fece il sindaco di Casale Monferrato dell'epoca, Riccardo Coppo, scomparso qualche anno fa, che il 2 dicembre 1987 vietò, con un'ordinanza comunale, la lavorazione dell'amianto sul territorio comunale. Voi immaginate il carattere anche rivoluzionario di un atto come questo nel suo contesto, per il contrasto tra le esigenze di tutela della salute e quelle del lavoro, in una città di 50.000 abitanti o poco più, di una grande azienda, di una grande multinazionale, come la Eternit. In quel contesto ci fu quel gesto di coraggio che diede inizio a questa battaglia, una battaglia che, come è stato giustamente ricordato, dura ancora oggi, nel senso che ancora oggi abbiamo morti a Casale Monferrato. Quasi tutte le settimane si riscontra un caso nuovo di mesotelioma. Perché? Non c'è più la lavorazione, non ci sono più i lavoratori, non ci sono più le madri e le mogli che a casa lavavano i vestiti con cui gli operai lavoravano. Ma che cosa succedeva in quella città? Per darvi l'idea di come Eternit, l'amianto, era dentro la città, uno dei benefit che venivano dati gli operai era quello di portarsi a casa il “polverino”, da usare nei giardini come aggregante e nei camminamenti. Mi riferisco ai bambini, quelli della mia generazione. Paolo Filippi, è stato presidente della provincia, aveva la mia età, è mancato non per mesotelioma, ma mi raccontava che lui e suo fratello giocavano nel “polverino”, come i bambini giocavano e giocano oggi sulla spiaggia. Questa città sta ancora pagando un prezzo altissimo, ha investito moltissimo nelle bonifiche e qualche anno fa è venuto anche il Presidente Mattarella. Rossana Boldi ha giustamente ricordato lo sforzo importante compiuto dall'ASL e dalle strutture sanitarie per dare una risposta al mesotelioma. Come è stato ricordato dalla collega Baldini, è una forma rara e, come tale, non appetibile per la ricerca scientifica: i numeri son troppo piccoli. Ciò nonostante, si continua e si prova a fare ricerca, per dare una risposta a questo tipo di tumore, che rimane silente per decine di anni e poi velocemente porta alla morte. Ho voluto dire questo per contestualizzare; poi ci sono ovviamente anche altre città che hanno pagato e stanno pagando. L'obiettivo però - lo dico con grande trasparenza - non è quello di guardare indietro. La magistratura sta facendo il suo lavoro, purtroppo in mezzo a mille ostacoli e a problematiche legate anche alle prescrizioni che hanno lasciato tanta amarezza nei familiari delle vittime, ma è per guardare all'oggi e al futuro, cioè fare un check della normativa, dello stato dell'arte per quel che riguarda il mondo del lavoro, per quel che riguarda le bonifiche e per quel che riguarda l'attività di prevenzione e cura da parte del Servizio sanitario nazionale. Questo è l'obiettivo su cui credo e spero che la Commissione lavori, che fondamentalmente non è quello di trovare il colpevole (nelle Commissioni di inchiesta spesso si trova il colpevole). Qui sappiamo chi è il colpevole. Bisogna capire come noi rispondiamo a questa che è un'emergenza, che rimane un'emergenza per dimensioni e anche - queste cose sono state anche ricordate da chi mi ha prima preceduto - per il numero spaventoso di tonnellate di amianto non bonificate che sono ancora sul territorio. Quindi, questo è l'auspicio.

Preannuncio la presentazione - lo dico - di due emendamenti che sono, però, due emendamenti di tipo ordinamentale, perché inizialmente la proposta di legge era di tipo bicamerale, poi è stata portata nel monocamerale e bisogna soltanto fare due aggiustamenti. Quindi, credo che non ci sia un problema e nello spirito - dunque, ringraziando ancora per l'adesione tutti i gruppi politici - l'invito è quello di fare in fretta, nel senso che questo è un passaggio e sappiamo che il passaggio successivo - lo dico alla Presidenza - è ovviamente quello del voto sugli emendamenti e del voto finale. Se riuscissimo a farlo prima di fine luglio riusciremmo a costituire la Commissione prima della pausa festiva, in modo tale che i primi di settembre possa essere operativa; se, invece, andiamo a settembre, rischiamo di essere quasi fuori tempo massimo. Questi, quindi, sono l'invito e la sollecitazione che mi sento di dare, cioè se vi fosse, da questo punto di vista, il sostegno da parte di tutti i colleghi dei gruppi. Questo è l'invito che io faccio e pongo all'attenzione della Presidenza, perché nel calendario si possa trovare uno spazio - poi rimarrebbero le dichiarazioni di voto e gli emendamenti, insomma - e, per dirlo in maniera molto pragmatica, un paio d'ore, in modo tale da avviare questa Commissione già prima delle ferie.

Quindi, ancora un ringraziamento per l'attenzione e soprattutto - lo devo dire - per aver colto fino in fondo lo spirito con cui - lasciatemi ancora dire questo - con Guglielmo Epifani avevamo pensato a questa Commissione. Guglielmo è mancato un anno fa; pochi giorni fa è stato il suo primo anniversario. Questa sarebbe stata la sua Commissione, ma credo che anche nel suo ricordo si possa fare, io credo, certamente un buon lavoro (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sara Foscolo. Ne ha facoltà.

SARA FOSCOLO (LEGA). Grazie. Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, sottosegretario Costa, la proposta in oggetto è volta a istituire una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati. L'amianto, o asbesto, è un minerale, un silicato che ha una struttura fibrosa utilizzato a lungo per le sue particolari caratteristiche di resistenza al fuoco e al calore. Il termine “amianto”, infatti, deriva dal greco amìantos, cioè “incorruttibile”, mentre il sinonimo “asbesto” deriva sempre dal greco àsbestos, cioè “inestinguibile”. Infatti, è un materiale che ha un'elevata resistenza alla corrosione, alla temperatura e all'usura e per questo motivo ho trovato un vasto impiego, fino agli anni Ottanta, per la coibentazione di edifici, tetti, navi, treni e come materiale da costruzione per l'edilizia sotto forma di un composito fibro-cementizio che era noto con il nome commerciale di Eternit, utilizzato per fabbricare tegole, pavimenti, tubazioni, vernici e canne fumarie. Inoltre, è nelle tute dei vigili del fuoco e nelle auto: nelle vernici, nelle parti meccaniche, nelle frizioni e nei freni, ma anche per la fabbricazione di corde, plastica e cartone. Quindi, era un materiale che trovavamo ovunque.

È ormai appurato da molti anni, però, che è un materiale altamente nocivo e che è cancerogeno per l'uomo. La fibra di amianto è considerata un materiale pericoloso nel momento in cui diventa friabile, cioè si rompe in piccoli pezzi, in polveri, con le sue fibre che vengono rilasciate nell'aria e queste fibre, se inalate, possono fermarsi nei bronchi proprio per incastro, dalla punta della fibra nella loro parete, oppure raggiungere e depositarsi negli alveoli polmonari e nella pleura o arrivare anche in altre parti del corpo.

Il loro accumulo provoca, quindi, infiammazioni, fibrosi, quali placche pleuriche, ispessimenti pleurici, asbestosi, che possono poi evolvere in neoplasie delle vie respiratorie, come il mesotelioma pleurico, il tumore della laringe, il tumore del polmone, ma anche tumori maligni dell'ovaio e nel peritoneo.

Circa il 70 per cento dei tumori deriva da esposizione professionale, ma le conseguenze sulla salute dovute alla contaminazione non hanno coinvolto solo i lavoratori ma anche le loro famiglie, le loro mogli e i loro figli, che sono venuti in contatto con questo materiale fibroso. Un 15-20 per cento poi riguarda le popolazioni che abitano attorno a un'azienda o a una miniera, ma il rischio colpisce l'intera popolazione data proprio la grande diffusione di questo materiale. Inoltre, non esiste un limite al di sotto del quale l'amianto può essere considerato innocuo: anche a basse concentrazioni è pericoloso e può provocare malattie anche a distanza di quarant'anni dall'esposizione.

Il primo Paese al mondo a usare cautela contro la natura cancerogena dell'amianto, tramite condotti di ventilazione e canali di sfogo, fu il Regno Unito nel 1930, in seguito a studi medici che dimostrarono proprio il rapporto diretto tra l'utilizzo dell'amianto e l'insorgenza dei tumori. Nel 1943 fu la Germania a riconoscere la correlazione tra inalazione dell'asbesto e l'insorgenza del cancro al polmone e mesoteliomi e a prevedere un risarcimento per i lavoratori colpiti. Il primo Stato a bandire l'amianto fu l'Islanda nel 1983 e attualmente oltre 50 Paesi nel mondo hanno bandito l'amianto. In Italia la produzione, la lavorazione e la vendita dell'amianto sono fuorilegge dal 1992 con la legge n. 257, che, oltre a stabilire termini e procedure per la dismissione delle attività inerenti all'estrazione e alla lavorazione dell'asbesto, è stata la prima a occuparsi anche dei lavoratori esposti all'amianto, introducendo alcuni benefici consistenti sostanzialmente in una rivalutazione contributiva del 50 per cento ai fini pensionistici dei periodi lavorativi comportanti un'esposizione al minerale nocivo.

In questi trent'anni sono stati fatti dei passi in avanti sia per la salute che per l'ambiente, ma nonostante questo l'amianto è ancora molto diffuso in Italia e ancora tanti siti contaminati devono essere bonificati. Si stima la presenza di 32 milioni di tonnellate di amianto compatto e di 8 milioni di tonnellate di amianto friabile ancora disperse per il Paese ed è assurdo che ancora oggi, nonostante la sua messa al bando trent'anni fa, si rinvenga amianto in tanti edifici, negli edifici scolastici, negli edifici pubblici, nei giocattoli, in alcuni articoli per fumatori, nelle vernici, nelle pitture. Solo 13 regioni hanno approvato un piano regionale per la bonifica e anche in queste regioni, purtroppo, spesso mancano gli interventi che lo dovrebbero attuare, come la mappatura dei manufatti contaminati.

Purtroppo, di amianto si muore ancora oggi. Nel 2017 si sono stimati circa 6 mila morti per l'amianto, per esposizione professionale, ambientale o domestica. Inoltre, in Italia sono ancora attivi numerosi siti estrattivi di particolari pietre, pietre verdi, che contengono fibre di amianto, lavorate o utilizzate per realizzare i vialetti per giardini nelle abitazione private, muriccioli oppure acciottolati per le ferrovie e i sottofondi stradali. Gli eventi sismici e le calamità naturali ci pongono la questione dello smaltimento dell'amianto negli edifici che stanno per crollare totalmente o parzialmente.

Occorre, quindi, analizzare quanto è già stato fatto, ma soprattutto ciò che non è ancora stato fatto per evitare le morti bianche avvenute in aree di impiego civile, commerciale, militare o industriale altamente contaminate. È importante capire dove la legislazione non ha funzionato. È inoltre importante analizzare il tema del controllo da parte della criminalità organizzata nel sistema dello smaltimento irregolare dei rifiuti contenenti anche amianto.

La Commissione dovrà, quindi, accertare la dimensione del fenomeno della presenza dell'amianto nel territorio nazionale, gli eventuali casi di impiego illecito o di smaltimento illegale di detto minerale e, grazie a un emendamento della Lega a prima firma del collega Panizzut, non solo analizzare le problematiche tecniche, economiche e normative che rendono difficoltosa la realizzazione degli interventi ma anche individuare le possibili soluzioni per superarle, anche studiando e valorizzando modelli virtuosi come quello, ad esempio, del Friuli-Venezia Giulia.

Compito della Commissione sarà quello di indagare su eventuali collusioni con organizzazioni criminali operanti nel settore della bonifica dei siti contaminati e nella gestione dei rifiuti contenenti amianto, di verificare la situazione igienico-sanitaria e ambientale dei siti di interesse nazionale insalubri e contaminati, di valutare l'efficacia della legislazione vigente in materia di divieto di impiego dell'amianto e in materia di smaltimento dei materiali contenenti amianto e del sistema dei controlli. Anche questa, come altri provvedimenti che arrivano in quest'Aula, è una proposta di buonsenso, che deve trovare e ha trovato la totale condivisione da parte di tutte le forze politiche. Il Paese merita delle risposte concrete. Le vittime e le loro famiglie meritano delle risposte concrete. È una battaglia di civiltà.

Come ha detto il collega di Fratelli d'Italia che mi ha preceduto, forse avrebbe dovuto essere istituita prima, ma comunque cerchiamo di utilizzare al meglio - e mi aggancio anche a quello che ha detto il collega Fornaro - questi mesi che ci separano dalla fine della legislatura. Quindi io ringrazio i colleghi che hanno proposto l'istituzione di questa Commissione, in primis il collega Fornaro, che è il primo firmatario della proposta, e auspico che nel più breve tempo possibile questa Commissione possa essere istituita e possa iniziare a lavorare (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Moschioni. Ne ha facoltà.

DANIELE MOSCHIONI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, innanzitutto, prima di iniziare questo mio intervento sull'argomento che stiamo trattando oggi, volevo ringraziare il collega Fornaro per aver voluto questa Commissione, ma soprattutto volevo ringraziare, visto che lo ha nominato prima, anche il collega Epifani, con cui eravamo assieme in Commissione lavoro. E faccio una proposta al Parlamento e a questa Assemblea: magari, questa legge, chiamarla Epifani, perché in Commissione lavoro si parlava di dare il giusto titolo a una persona che ha dato tanto alla gente e alle persone, ma soprattutto ai lavoratori del nostro Paese. Quindi, visto che si è interessato anche di questa Commissione (Applausi) - questo applauso va al collega Epifani - sarebbe opportuno intitolare questa nuova legge, mi auguro in tempi brevi, al collega Epifani.

Sebbene l'amianto in Italia sia al bando dal 1992, sono ancora evidenti sia gli effetti ambientali che quelli sanitari conseguenti alla sua presenza su tutto il territorio nazionale. Secondo ricerche recenti, ad oggi sarebbero oltre 1500 i casi di mesotelioma maligno nel polmone, che vengono registrati normalmente nel nostro Paese. Più precisamente, secondo quanto elaborato dall'Istituto superiore di sanità, tra il 2010 e il 2016 ci sarebbero stati ben 4.400 casi di decessi all'anno attribuibili a esposizione all'amianto, mentre in Europa si toccherebbe la soglia delle 80 mila persone. Io credo che questi siano dati preoccupanti, nonché allarmanti. I tumori, oltre a interessare i polmoni o le ovaie, coinvolgerebbero altri organi, quali la faringe, lo stomaco, il colon retto, malattie che non è possibile prevenire se non attraverso l'eliminazione delle fibre nocive nell'aria che respiriamo. Infatti, se quasi il 70 per cento - un altro dato, secondo me importante, che va valutato - dei casi è riconducibile a coloro che hanno lavorato in ambienti di lavoro contaminati, il 10 per cento è stato identificato, invece, tra chi ha respirato amianto solo per aver convissuto in ambito familiare; quello a cui si riferiva prima il collega Fornaro, ossia ai bambini che giocavano, ma non solo: io penso alle persone che partivano alle 6 di mattina per andare al lavoro, ritornavano alle 8 di sera e, solo per abbracciare i propri figli e per stare insieme ai propri figli, magari sono stati contaminati. Quindi questa è una cosa veramente preoccupante. Il restante 20 per cento è riferibile a un ambito di esposizione ancora completamente ignoto.

Il lunghissimo tempo di latenza prima dell'insorgenza delle neoplasie - che possono manifestarsi in un periodo tra i 20 e i 40 anni dall'esposizione ambientale alla polvere d'amianto - rende impossibile ogni altra forma di prevenzione. È preoccupante, a tal proposito, una ricerca dell'INAIL, che conferma come tra i lavoratori maggiormente colpiti ci siano gli edili, ma aggiunge che vi sarebbe un trend crescente di mesoteliomi tra i lavoratori nel settore delle costruzioni, che è passato - anche questo è un altro dato che deve farci riflettere - dal 15,8 per cento dei casi nel periodo tra il 1992 e il 1998, al 23,9 per cento (non dico il doppio, ma quasi) tra il 2014 e il 2018. Se questo dato fosse confermato, dimostrerebbe quanto la lotta all'amianto non sia un problema residuale, ma quanto mai attuale e stringente. Il nostro Paese, che pur si è mosso presto, prima di tanti altri Paesi, nella messa al bando dell'amianto, ha comunque perso tempo prezioso, come è stato detto da qualcuno negli interventi che mi hanno preceduto.

Infatti, in seguito agli studi dei primi anni Settanta sulla cancerogenicità dell'amianto, per i lavoratori si sarebbe potuta verificare una svolta con una repentina messa al bando. In realtà si trattò di una cesura mancata, dal momento che le ricerche non sortirono effetti immediati, nemmeno nell'adozione di accorgimenti e precauzioni. Solo a partire dalla seconda metà del decennio prese via una lenta e troppo graduale fuoriuscita dall'uso dell'amianto. Anche tutt'oggi il problema è ancora troppo sottostimato. L'accertamento della dimensione del fenomeno della presenza dell'amianto, nonostante il materiale sia facilmente riconoscibile e sia normalmente visibile, è ancora difficile a causa delle difficoltà da parte delle amministrazioni di intervenire prontamente e in sicurezza per rimuoverlo e smaltirlo. Troppo pochi sono i siti preordinati alla sua raccolta e alla sua custodia e sicurezza, e troppo numerosi sono ancora gli interventi illegali, che vanno dal suo reimpiego al suo smaltimento illecito.

Qui mi soffermo, per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni. Io credo che si sarebbe potuto fare molto di più, ma prima il Patto di stabilità ha ingessato le amministrazioni pubbliche, poi la pandemia, e ad oggi la guerra in Ucraina, che vede le pubbliche amministrazioni dover rimpinguare i propri capitoli per le spese dell'energia elettrica e del gas, ma non solo, anche per le spese dei materiali che sono aumentate. Alcuni studi ci aiutano a individuare le aree dove, per concentrazione del materiale, si potrebbero concentrare i maggiori e più urgenti interventi. È nei Quaderni del Ministero della Salute che furono elaborati i dati provenienti dal Registro nazionale dei mesoteliomi e attraverso i tassi grezzi di incidenza del tumore per 100 mila residenti, furono identificati i 61 comuni in Italia con i maggiori tassi relativi. Nella graduatoria si trovano diverse aree caratterizzate dalla presenza della cantieristica navale. E qui voglio fare solo un cenno per mettere a conoscenza il Parlamento del fatto che, su 61 comuni, 6 sono nella Venezia Giulia, nell'area giuliana del Friuli-Venezia Giulia. Sappiamo benissimo che il Friuli-Venezia Giulia è talmente piccolo come regione: 6 comuni su 61 sono lì, tra i quali Monfalcone, Trieste, Muggia, San Canzian d'Isonzo, Ronchi dei Legionari e Staranzano, tutta l'area giuliana del Friuli-Venezia Giulia.

Per tutte le ragioni appena esposte, il Parlamento ha sentito la necessità di istituire questa Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati, che dovrà perseguire alcuni obiettivi di massima.

In primo luogo, tracciare in maniera più dettagliata possibile la reale estensione della presenza dell'amianto in Italia, nonché il volume dei traffici illeciti - ed è la terza volta che dico “illecito” - che lo riguardano, nella specie il suo riutilizzo e suo smaltimento non a norma di legge. In questo ambito va anche ricompresa la verifica della situazione igienico-sanitaria e ambientale dei siti di interesse nazionale insalubri e contaminati, e le possibili azioni di recupero.

Il secondo obiettivo sarà quello di vagliare l'idoneità e l'efficacia della vigente legislazione in materia di amianto. A tal fine, la Commissione potrà sentire i portatori di interesse, quali le organizzazioni, le imprese e le pubbliche amministrazioni che operano nel settore o che sono direttamente coinvolte nelle procedure di controllo e smaltimento, per raccogliere informazioni e suggerimenti sul modo di operare, perché è importantissimo sentire le associazioni di categoria e le imprese per trovare la soluzione a questo problema, ma anche su eventuali metodi di contrasto alle organizzazioni criminali, anche con riguardo all'idoneità ed effettività della rete di controllo, nonché sulla corretta applicazione delle normative stesse e delle procedure.

Un terzo obiettivo sarà favorire il ruolo attivo delle vittime: importante passaggio in tali procedure di riconoscimento delle malattie legate all'amianto per poter accedere alle informazioni di cui hanno bisogno e far sentire la propria voce. Le vittime dell'amianto devono poter ricevere sostegno giuridico, finanziario e personale. In questo modo è possibile alleviare l'onere a carico delle vittime nell'ambito di tali procedure di riconoscimento, che va sempre sommato alla sofferenza personale provocata dalla malattia. Lo abbiamo sentito prima, nel provvedimento precedente a questo, sui malati oncologici. Dobbiamo stare loro vicino e dobbiamo sostenerli, perché anche questa malattia va sostenuta in tutte le maniere possibili.

L'opera della Commissione potrà, quindi, essere utile per adottare un approccio comune e semplificato per il riconoscimento e il risarcimento delle malattie professionali legate all'amianto. Questi tre eterogenei profili ci dimostrano come la lotta contro l'amianto sia un tema complesso e dal profilo sfaccettato. Riguarda il settore della tutela dell'ambiente, la salute collettiva e individuale così come la sicurezza del lavoro ma anche la lotta alla criminalità organizzata. Per questo motivo, la valutazione dell'efficacia della legislazione vigente in materia di divieto di impiego dell'amianto e in materia di smaltimento di materiali contenenti amianto così come la verifica degli interventi da parte del Ministero della Salute e delle regioni, competenti in materia di prevenzione, di cura e di ricerca medico-scientifica - prima è stato detto dalla collega Foscolo dell'importante passo in avanti che ha fatto il Friuli Venezia Giulia su questo tema - rappresentano forse la sfida più importante e l'obiettivo che noi abbiamo. Ci sono alcuni problemi pratici che la Commissione d'inchiesta dovrà affrontare tra i quali, ad esempio, quello dei criteri da adottare per l'identificazione dei siti contenenti amianto, che producono ad oggi database su scala regionale che poi confluiscono in quello nazionale, realizzato secondo criteri univoci sull'intero territorio. Bisognerà capire se questo modo di procedere può bastare. Ad esempio, in alcuni ambiti di intervento, quali gli edifici pubblici o aperti al pubblico, il database fa riferimento alle autodichiarazioni dei soggetti che hanno compilato il questionario, i quali non sempre sono a conoscenza del fatto che nei propri edifici potevano trovarsi materiali contenenti amianto. Anche in questo dobbiamo essere vicini alle amministrazioni ma anche alle imprese che vogliono magari acquisire qualche sito. In questa prospettiva ci vengono in aiuto le migliori pratiche in fatto di orientamenti e prassi nazionali, anche se un fondamentale aiuto ci proviene dal contesto comunitario. Questa proposta di legge - come già detto e lo ricordiamo - segue di pochissimo e, anzi, è diretta conseguenza della risoluzione emessa lo scorso ottobre dal Parlamento europeo, a partire dalla quale si imposta una strategia europea per la rimozione dell'amianto e per la lotta al suo riutilizzo e riciclo. Si impone tra le altre cose una sorveglianza epidemiologica sui lavoratori edili e su tutti coloro che per vari motivi ne sono e ne saranno ancora a contatto. Si ricorda che la rimozione sicura dell'amianto è un esempio della necessità di applicare il principio della salute. Si invita la Commissione europea a proporre una corrispondente revisione della pertinente legislazione dell'Unione in materia di rifiuti. Il Parlamento invita l'Unione europea e gli Stati membri a collaborare con le parti sociali e gli altri soggetti interessati a livello europeo, nazionale e regionale per elaborare e condividere piani d'azione destinati alla gestione e rimozione dell'amianto. Tali piani dovrebbero includere i seguenti aspetti: istruzione e informazione, formazione dei dipendenti pubblici, formazione nazionale e internazionale, programmi di finanziamento della rimozione dell'amianto, attività di sensibilizzazione alla rimozione dell'amianto e dei prodotti contenenti amianto, pulizia di immobili e costruzione di impianti per la distruzione dell'amianto e del materiale di risulta contenenti amianto, monitoraggio dell'efficacia dei requisiti legislativi vigenti, valutazione dell'esposizione del personale a rischio e protezione della salute. Si tratta di linee d'azione chiare che possono costituire basi importanti per impostare il lavoro della Commissione d'inchiesta, la quale però sarà tenuta a valutare altri profili più specifici e operativi.

Ci sono poi profili marcatamente sociali di cui la Commissione d'inchiesta di cui si discute dovrà tenere conto nella valutazione normativa e delle politiche sull'amianto: è la circostanza che l'introduzione di requisiti per la rimozione sicura dell'amianto deve essere socialmente equa e accompagnata da misure adeguate per aiutare i proprietari di immobili a sostenere finanziariamente le ristrutturazioni necessarie. Mi soffermo su questo perché prima il collega Fornaro – scusi, collega, se la cito sempre – ha parlato della zona del Piemonte. Però, anche da noi in Friuli, proprio nella zona da cui io provengo, il cosiddetto triangolo della sedia che, per anni, è stato il maggior produttore a livello mondiale di sedute in legno, ci sono tanti siti e ci sono tante strutture con le coperture di amianto - che, purtroppo, a suo tempo sembrava fosse un materiale innovativo - ed edifici che ormai, grazie anche a contributi che a suo tempo qualcuno ha dato per la delocalizzazione, sono strutture chiuse e sono fatiscenti.

Tutte queste strutture - non credo solo nella mia zona ma in tutta Italia - presentano coperture in amianto. Il lavoro che si prospetta alla Commissione è arduo ma è necessario e, soprattutto, dirimente perché, come dimostrano i dati appena descritti, il fenomeno, se non affrontato in maniera sistematica, non sembra intenzionato a diminuire d'intensità quanto piuttosto ad aggravarsi. L'obiettivo è eliminare completamente l'amianto entro la fine del 2032 ma finora tra i nostri vicini europei solo la Polonia ha adottato un piano d'azione sostenuto finanziariamente per la rimozione di tutti i materiali ancora esistenti che contengono amianto. Il caso polacco può costituire un valido esempio anche per noi e - io aggiungo – anche per gli altri Stati europei. È inutile che noi e la Polonia facciamo le modifiche e cerchiamo di dare strutture migliori, soprattutto in termini di salute, ai nostri cittadini e poi sui nostri confini fanno tutt'altro. Si tratta di un valido esempio anche per noi e, innanzitutto, ci insegna che è indispensabile disporre di sufficienti risorse finanziarie pubbliche per la rimozione dell'amianto sia in via diretta, che in via indiretta. In questo secondo caso, ad esempio, bisognerebbe accertarsi che i finanziamenti e gli incentivi statali e comunitari destinati al miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici siano collegati anche alla rimozione sicura dell'amianto da tali edifici. Il caso polacco ci dimostra, poi, come sia possibile superare la soluzione provvisoria del confinamento in discarica, promuovendo in maniera sistemica tecniche sicure per la distruzione o trasformazione dell'amianto. Attraverso la fusione, è infatti possibile ottenere un prodotto inerte.

A monte di tutte queste considerazioni e di tutte queste suggestioni, che pure troveranno l'interesse del lavoro della Commissione, sembra arrivato finalmente il momento di farsi carico di uno studio sistematico del problema per l'elaborazione di una strategia di coordinamento più attuale e organica nella lotta contro l'amianto.

Per questi motivi auspichiamo che una rapida approvazione della presente proposta di legge di istituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare porti a questi risultati.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Doc XXII, n. 63-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che la deputata Rossana Boldi, vicepresidente della Commissione, e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ricordo che, secondo gli accordi intercorsi in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, prevedono che alle ore 19,30 termini la seduta di oggi, dedicata alla discussione generale sui provvedimenti all'ordine del giorno.

Ricordo anche che abbiamo due mozioni e un disegno di legge delega ancora da discutere, con diversi iscritti a parlare nelle discussioni generali. Ovviamente, io faccio da arbitro e quindi soltanto rammento quali fossero gli accordi e qual è lo stato dell'arte. Alle 19,30 chiuderemo comunque la seduta, come da decisioni intercorse.

Discussione delle mozioni Comaroli ed altri n. 1-00681, Mandelli ed altri n. 1-00684, Sapia ed altri n. 1-00688 e Carnevali ed altri n. 1-00689 concernenti iniziative a sostegno delle residenze sanitarie assistenziali e delle case di riposo, con particolare riferimento all'aumento dei costi dell'energia e alla carenza di personale infermieristico (ore 16,47).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Comaroli ed altri n. 1-00681, Mandelli ed altri n. 1-00684, Sapia ed altri n. 1-00688 e Carnevali ed altri n. 1-00689 concernenti iniziative a sostegno delle residenze sanitarie assistenziali e delle case di riposo, con particolare riferimento all'aumento dei costi dell'energia e alla carenza di personale infermieristico (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 7 luglio 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 7 luglio 2022).

Avverto che in data odierna è stata presentata la mozione D'Arrando e altri n. 1-00692 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritta a parlare la deputata Comaroli, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00681. Ne ha facoltà.

SILVANA ANDREINA COMAROLI (LEGA). Grazie, Presidente Rampelli. Vedete il problema delle RSA è un problema di estrema attualità, se noi consideriamo che, nel 2017, c'erano 13 milioni di persone over 65, nel 2021 14 milioni e nel 2050 sono previsti 20 milioni di over 65. Perché dico questo? Perché il nostro futuro è importante e noi dobbiamo preoccuparci del nostro futuro. In questo futuro, diventerà essenziale tutto il settore assistenziale, perché saranno sempre più al centro quelle misure necessarie per far sì che tutta la nostra società si possa definire una società civile.

Vedete, è un po' anche la nostra evoluzione: anche nel passato c'erano gli anziani, ma le famiglie erano numerose, c'erano diversi figli che si occupavano di loro. Oggi, purtroppo, facciamo sempre meno figli e, quando saremo anziani, ci saranno meno familiari che potranno occuparsi di noi. Quindi, diventa fondamentale che una società che possa definirsi tale si prenda cura di queste persone.

In Italia, il 44 per cento degli over 65 con difficoltà dichiara di non avere adeguati ausili o una adeguata assistenza, perché chi non ha le risorse economiche per permettersi cure adeguate, ha un problema. Ecco perché il mondo sociosanitario diventa fondamentale per rispondere ai bisogni legati all'invecchiamento o alla fragilità della popolazione.

Le RSA sono un mondo che magari tanti non conoscono; hanno una vecchia concezione di cosa siano. Nel passato, probabilmente, non c'era il problema dell'assistenza, perché tutti noi morivano prima. Solo nel 1600 sono sorti i primi ospizi, più che altro per affrontare la questione della povertà. Lo Stato comincia veramente a interessarsi di questo mondo nel 1988, quando effettivamente lo Stato mette a disposizione notevoli risorse per realizzare tutte queste strutture extra ospedaliere per anziani. Nel 1997 si definiscono le dimensioni minime e i requisiti strutturali e così via. Tuttavia, le RSA, in questi anni, si sono specializzate e diversificano la loro offerta, sono sia semiresidenziali, sia a domicilio. Lo scorso decennio, addirittura, cambia proprio questa concezione di RSA e diventa multiservizio, che è uno snodo di prossimità o di riferimento proprio per le persone fragili e per l'intera comunità.

Oggi, le RSA sono popolate da persone molto anziane con quadri polipatologici e di disabilità, Ma le RSA devono rispondere soprattutto all'ampio bisogno dei nostri concittadini, con nuove competenze e professionalità. Per farvi un esempio, la RSA non è solo un posto dove mettere gli anziani che hanno bisogno; ci sono le residenze sanitarie assistenziali, le semi residenze, le RSD, che fanno residenza sanitaria per disabili, centri diurni, la ADI, l'assistenza domiciliare integrata, RSA aperta proprio per dare quell'offerta agli anziani presso il loro domicilio, ci sono le case di comunità, l'ospedale di comunità, i centri Alzheimer, i poliambulatori, i punti prelievo, gli studi infermieristici, i pasti a domicilio, i reparti di subacuti. Per quanto riguarda i possibili sviluppi di questa realtà, questa ampia offerta a una parte importante della nostra popolazione deve essere vissuta come l'occasione di vedere questi centri come multiservice, una filiera di servizi, che affiancano tutto il comparto della sanità.

Deve essere un presidio dei territori, dove, effettivamente, c'è questa offerta a livello territoriale, quindi di prossimità al bisogno dei cittadini. È appunto questo snodo nevralgico che si deve integrare con la medicina territoriale e l'ospedale. Le RSA, tra l'altro, devono essere il luogo dove l'ospite non solo trova risposte ai propri bisogni clinici, ma soddisfa i bisogni relazionali e affettivi; l'anziano, quando deve andare in una RSA, deve sentirsi il più possibile a casa propria. La casa propria diventa un concetto fondamentale. È per questo che abbiamo presentato questa mozione, proprio per sottoporre all'attenzione del Governo un tema che, purtroppo, è stato trascurato, se si pensa anche a tutto quello che hanno subito. Ricordo che, nel 2020, con la pandemia, è stato chiesto a tutti noi uno sforzo, e noi abbiamo partecipato, facendo sacrifici, addirittura sacrificando i nostri diritti costituzionali. Chi, dunque, è stato più colpito durante la pandemia da COVID-19? Sono stati gli anziani. E relativamente alla distribuzione per classi, ad esempio, nel 2020, sui più anziani, gli ultraottantenni, la pandemia ha determinato un impatto maggiore in termini di mortalità. Nonostante siano stati gli anziani i soggetti maggiormente colpiti dalla pandemia, nessuno si è mai concretamente interessato del loro stato nei mesi in cui dilagava la pandemia. Proprio quelle strutture, che si occupano dell'assistenza agli anziani, quelle che più di tutte avrebbero dovuto vedersi riconosciute, con la pandemia in corso, la loro funzione sociale di tutela della salute pubblica, sono state messe da parte. Il COVID-19, dunque, ha colpito gli anziani, ma non meno di quanto abbia colpito le strutture presso cui loro ormai risiedono. Molteplici sono state le criticità riscontrate dagli operatori stessi delle residenze sanitarie durante quei mesi e ogni criticità riscontrata nelle residenze sanitarie assistenziali si riversa sugli stessi ospiti.

L'emergenza epidemiologica, infatti, ha portato ad un esponenziale aumento dei costi di gestione delle strutture. Considerato che - come detto - il Governo non ha mai predisposto specifici ristori economici, se non acconsentendo a qualche emendamento, che, per fortuna, è venuto dal Parlamento, molte residenze sanitarie assistenziali si sono trovate costrette ad aumentare le rette. Ma anche quando si è tentato di evidenziare questa problematica, mai nessuno ha prestato ascolto, nessuno che abbia ascoltato l'Unione regionale istituzioni e iniziative pubbliche e private di assistenza agli anziani, quando, più volte, ha sottoposto il Governo l'emergenza che si stava verificando nelle RSA, come, per esempio, la carenza di personale infermieristico. Poiché la carenza degli infermieri è proprio una di queste problematicità, tra l'altro più volte sono stati presentati ordini del giorno sul tema, ma mai nessuno ha dato una risposta concreta, eppure si tratta di una vera crisi strutturale.

Secondo il rapporto dell'OSCE, infatti, nel nostro Paese vi sono 5,7 infermieri ogni mille abitanti, percentuale inferiore alla media OSCE, dove invece rileva 8,2 infermieri per 1000 abitanti. Se poi guardiamo agli Stati del nord Europa, troviamo che ci sono 10 infermieri ogni 1.000 abitanti, più del doppio, rispetto a noi. Tutte queste criticità sono state ravvisate e confermate nei vari rapporti illustrati. E se non si trattasse di una crisi strutturale, la carenza di personale infermieristico non sarebbe stata denunciata a più riprese anche dalla Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche, rammentandoci che ad oggi, nel nostro Paese, mancano all'appello circa 63 mila infermieri. Ma si tratta di un vuoto enorme che, nei prossimi anni, è destinato ad aggravarsi per effetto dei pensionamenti e del maggior fabbisogno di personale che si renderà necessario per attuare la riforma dell'assistenza territoriale. Tutto ciò porterà, dunque, al fallimento della maggior parte delle residenze sanitarie assistenziali, perché ogni residenza sanitaria assistenziale deve garantire per ogni ospite un minutaggio specifico di cure assistenziali e, se, poi, mancano gli infermieri, quei pochi che rimangono sono obbligati ad orari di lavoro insostenibili. Ma, aumentando il carico di lavoro, quegli stessi infermieri sono inevitabilmente portati ad abbandonare il lavoro e a svuotare così del tutto le RSA e, quindi, l'assistenza ai nostri nonni. Tutto ciò non potrà che portare, come estrema conseguenza, addirittura, la riduzione dei numeri di posti letto delle residenze sanitarie, lasciando per strada anziani che non avranno la possibilità di adeguarsi agli inevitabili aumenti delle rette.

Oltre a questa problematica degli infermieri, c'è un'altra problematica che, anche qui, era già stata sollevata con degli ordini del giorno: il problema dei rincari di luce e gas. Giusto per farvi un esempio, quando io, due mesi fa, ho illustrato il mio ordine del giorno, già evidenziavo rincari delle bollette del 300 per cento. Fate conto che oggi, per megawatt, siamo a 395 euro; un mese fa era 206. Stessa cosa per il problema del gas: siamo a 174 euro per megawattora. A fronte di tutti questi aumenti esponenziali, purtroppo, le varie case di riposo, le varie fondazioni che esercitano questa attività di assistenza, per poter garantire la continuità dell'offerta, si vedono costrette ad aumentare le rette ai propri ospiti. E, credetemi, diventa veramente difficoltoso aumentare le rette agli ospiti, soprattutto quando si ha coscienza della tipologia che rappresentano la maggior parte di questi ospiti delle RSA: sono tutte persone che hanno lavorato una vita e che non prendono delle pensioni stratosferiche, perché chi prende, magari, pensioni stratosferiche si può permettere le cure e l'assistenza al proprio domicilio. Queste persone fanno fatica e, purtroppo, ci sarà questo inevitabile aumento delle rette se tutti insieme non facciamo qualcosa, che è una cosa, secondo me, di buonsenso e di responsabilità civica verso chi veramente ha lavorato per una vita. A supporto di questi dati, ci sono le varie associazioni - l'Uneba, l'Arsac e tutte le altre - che evidenziano che, in modo particolare, la regione Lombardia ha deliberato un aumento del 3,7 per cento della quota sanitaria delle tariffe, ma nonostante tutto questo aumento, siamo ancora lontani dal poter sopperire all'aumento dei costi avuto.

Lo scenario che si prospetta è drammatico, almeno dalle attuali previsioni, e molte strutture avranno proprio queste enormi difficoltà a redigere i bilanci preventivi del 2022, fra l'altro, in una situazione economica aziendale che non ha ancora del tutto recuperato i grossi deficit generati dalla pandemia relativi agli anni 2020 e 2021. Ammettiamo, tuttavia, nostro malgrado, che questa sembra ormai essere una prassi consolidata.

Giustamente pensiamo che il Governo si sia occupato delle famiglie, delle imprese, dei problemi veri che hanno. L'unica cosa che chiediamo è di non dimenticare, oltre a queste categorie, le RSA e i nonni loro ospiti. Abbiamo tentato in vari modi di fare proposte perché le risorse c'erano e anche gli strumenti. Ricordo che con il decreto del 27 gennaio 2022 sono stati stanziati per i rincari delle bollette 5,5 miliardi di euro, come anche nell'ultimo provvedimento, quello del 17 maggio, e in quello del 30 giugno. Proprio qui si erano fatte proposte con riferimento alle disposizioni relative al bonus sociale che, ricordo, è una norma introdotta nel 2009, il cui obiettivo è il contenimento della spesa delle famiglie in situazioni di disagio, legate a problemi economici o fisici. Ebbene, non capiamo perché gli ospiti delle RSA non possano essere equiparati ai beneficiari di questo provvedimento, perché lo sono anche loro, hanno semplicemente spostato la loro residenza dalla loro casa di una vita ad un'altra casa e, quindi, non si capisce perché in questa nuova casa non possano beneficiare ugualmente delle agevolazioni previste dalla norma introdotta nel 2009.

A tutto ciò - e dispiace dirlo - si aggiunge un ulteriore problema: questi ospiti devono sopportare la questione di un'IVA spropositata, perché gli anziani ospiti delle RSA, oltre al rincaro delle energie, eccetera, si vedono applicare anche un'IVA del 22 per cento, che è più del doppio rispetto a quella del 10 per cento che, invece, avrebbero corrisposto qualora fossero stati in grado di vivere in modo autonomo nella propria abitazione. Ricordo, a questo proposito, la normativa vigente, la Tabella A, Parte III, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che, infatti, menziona espressamente al n. 103 che, tra i beni e i servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento, c'è la fornitura di energia elettrica per uso domestico. Persino l'Amministrazione finanziaria, con la circolare del Ministro delle Finanze, aveva osservato che la nozione di uso domestico, di cui alla sopracitata disposizione, non riguarda solamente le ipotesi di impiego dell'energia all'interno delle proprie case e abitazioni, ma anche gli impieghi diretti a soddisfare i bisogni di ambienti diversi da queste, purché caratterizzati dal requisito della residenzialità. Appunto, gli ospiti delle RSA sono residenti in queste strutture e, quindi, noi riteniamo che sia più che corretto che sia applicato anche a questa tipologia di fornitura l'aliquota del 10 per cento. Purtroppo, non tutti la pensiamo in questo modo, tant'è che l'Agenzia delle entrate, invece, ha smentito questa interpretazione, perché la risoluzione del 19 gennaio 2017 è pervenuta alla conclusione opposta. Gli anziani, però, subiscono così, oltre al danno del rincaro delle bollette, anche la beffa di vedersi applicata un'aliquota superiore quasi del doppio rispetto a quella che avrebbero diritto a pagare qualora fossero stati in grado di vivere in modo autonomo nella propria abitazione. Nessuno che si preoccupi delle residenze sanitarie assistenziali, nessuno che abbia cercato di estendere loro il bonus sociale, nessuna iniziativa volta a garantire l'applicazione dell'aliquota IVA del 10 per cento, nessun tentativo di arginare la grave carenza di infermieri, personale delle professioni sanitarie e operatori sociosanitari che si riscontra nel territorio nazionale. Nessuno pensa più agli anziani: significa che la pandemia non ci ha insegnato nulla. Se continuiamo così, significa che la pandemia non ci ha insegnato proprio nulla e, allora, che abbiamo fallito come persone, prima ancora che come rappresentanti del popolo. Ed è proprio per questo che noi non vogliamo che succeda questo; è proprio per questo che abbiamo presentato una mozione che veramente mi auguro che abbia la massima condivisione, visto che anche gli altri gruppi hanno presentate analoghe mozioni, perché deve esserci una voce unanime da questo Parlamento, che espliciti l'importanza notevole - che purtroppo il Governo non sta riscontrando come tale - che hanno tutte quelle strutture che forniscono questa tipologia di servizi ai nostri nonni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Michela Rostan. Ne ha facoltà.

MICHELA ROSTAN (FI). Grazie, Presidente. La pandemia che pensavamo essere alle spalle, mentre ancora agita e preoccupa il mondo, ha scoperto tutte le fragilità delle persone; è stata come uno tsunami di verità, ci ha messo di fronte ai limiti, alle carenze, alle insufficienze e agli incompiuti che il nostro sistema sociale e personale ha dentro di sé; ha agito con una precisione chirurgica sui più deboli, indebolendoli ancora di più e questo è accaduto sui sistemi, sulle società, sulle persone e sugli stessi malati. Quante volte abbiamo visto, in questi due anni, il virus comportarsi in maniera differente a seconda della persona che andava a colpire; quante contraddizioni, quante stranezze, non soltanto le differenze fra i giovani e gli anziani, ma le differenze interne alle stesse classi anagrafiche. Quanti giovani hanno sofferto col virus e quanti no, quanti anziani hanno pagato un prezzo alto, altissimo e quanti, invece, tutto sommato, se la sono cavata. È evidente, dunque, che ci siamo trovati di fronte a una vicenda complessa, che ha seminato, anche in questa inedita e inattesa impennata di contagi con il caldo, tanti dubbi e poche certezze; però, una certezza ce l'ha data: i più deboli sono quelli che se la vedono peggio. Ciò vale per le persone fisiche, perché chi è più debilitato subisce maggiormente l'aggressione dell'infezione, mentre chi è in buona salute la subisce meno, ma vale anche per la società: chi ha più mezzi economici ha sopportato meglio le chiusure, i contraccolpi finanziari di chi, invece, aveva già situazioni di crisi e di delicato equilibrio ed è stato spesso travolto.

Nel grande dramma dei deboli che nella pandemia diventano ancora più deboli, degli svantaggiati che diventano ancora più svantaggiati, abbiamo un capitolo di cui si è parlato troppo poco e spesso solo per vicende di cronaca e ancora più spesso anche a sproposito, direi. Si tratta delle residenze sanitarie assistenziali, le note RSA, destinate per lo più agli anziani, e delle residenze sanitarie per disabili, denominate RSD. Sono strutture che erogano servizi che non possiamo considerare solo sanitari o solo sociali, ma che definirei, accanto al concetto di socio-sanitari, come servizi esistenziali, cioè servizi alla vita stessa delle persone, senza i quali l'esistenza degli ospiti viene messa a rischio. È la presa in carico di una vita intera il servizio che svolgono queste strutture, già solo questo ne descrive l'assoluta centralità, il carattere fondamentale della loro funzione.

Durante la pandemia, come sappiamo, le RSA e le RSD hanno vissuto, soprattutto con la prima ondata, una vera tempesta; il virus si è insinuato nelle sale, negli edifici e spesso, trovando corpi deboli e fragili, ha seminato dolore e morte, con numeri e situazioni a volte impressionanti e, poi, come in tutto il Paese, anche in queste strutture ci si è organizzati, ma giocoforza trasformando in ancora più recluse forme di vita che già in loro hanno molti caratteri di limitazione, vuoi per le patologie, per la tarda età, per le condizioni fisiche.

Per tenere il virus fuori, si sono tenute fuori le persone, i familiari, i contatti, quel filo di vita che entra nelle strutture e dà ancora un senso alle cose. Tuttavia, però, dopo lo stordimento iniziale, con uno straordinario sforzo del personale, anche questi luoghi hanno cercato modi, strutturato percorsi e preso tutte le misure rispetto a una pandemia che si è sentita e si sente ancora moltissimo sui carichi di lavoro, sulle attrezzature e sullo stato degli ospiti stessi.

Poi, nel febbraio scorso, ma con qualche segnale sui mercati già da gennaio, il conflitto in Ucraina e la complessa situazione internazionale hanno portato, come sappiamo, a livelli alti di inflazione e soprattutto a un rincaro enorme delle materie energetiche, luce e gas innanzitutto. Questo si è ribaltato, come un ulteriore fattore di peso e di costo, su tutta l'economia, già provata dalle chiusure e dagli sforzi pandemici, ma in modo particolare sulle RSA e sulle RSD. Si calcola che l'ondata di rincari abbia portato a un aumento del costo giornaliero di un solo posto letto di circa 12 euro e ciò significa che una struttura con cento posti letto ha un rincaro di circa 438 mila euro l'anno, un costo in più enorme. E, allora, come affrontare un costo di questo tipo dopo quanto già sostenuto in pandemia e con una situazione difficile per il reperimento delle figure sanitarie che occorrono e che non sempre sono disponibili? Di certo, appare difficile per le caratteristiche delle strutture stesse immaginare forme di risparmio; riscaldare i luoghi d'inverno o refrigerarli d'estate è un elemento fondamentale della cura stessa; gli anziani, i malati, i fragili e i disabili che sono lì hanno, proprio in ragione della loro vulnerabilità, un bisogno essenziale di elementi di benessere, mentre noi che siamo in discrete condizioni di salute possiamo fare anche uno sforzo per sopportare il caldo d'estate o il freddo d'inverno, possiamo attrezzarci in qualche modo; un anziano o un malato non possono essere sottoposti ad alcuno stress di questo tipo.

Le RSA e le RSD, quindi, non possono certo lesinare sui costi energetici che, per altro verso, servono anche per i macchinari, le cucine ed altre situazioni indispensabili in quelle che sono residenze a tutti gli effetti. Come fare fronte, quindi, a questi costi che in molti casi potrebbero determinarne la chiusura? L'aumento delle rette in linea con quello che sta accadendo sul mercato sembrerebbe essere la prima risposta, ma è uno sbocco da scongiurare assolutamente, almeno in un suo sviluppo lineare, ricordandoci che, se il pubblico fa la sua parte, anche le famiglie sono chiamate a sforzi economici che non sempre sono in grado di affrontare. Allora, occorre un'azione del Governo netta, chiara, che è la radice dell'impegno che con la nostra mozione chiediamo alla Camera di indicare all'Esecutivo, un impegno forte ad avviare urgentemente un tavolo di confronto con le associazioni e i soggetti coinvolti, al fine di individuare insieme, nel dialogo, le iniziative più opportune per far fronte all'incremento generalizzato dei prezzi di beni e servizi, a cominciare proprio dai rincari energetici. È un tavolo fondamentale che va aperto subito, prima che la situazione degeneri e precipiti.

Nella mozione facciamo anche riferimento alla necessità di mettere mano al tema delle professioni sanitarie, soprattutto quelle impegnate nelle RSA. Lo sappiamo, la nostra è una società che invecchia, la fascia over 75 è numerosa, anche e soprattutto a causa della denatalità, ma per l'allungamento, inoltre, dell'aspettativa di vita; questo significa che dovremo attrezzarci per tempo a una società più anziana, con più cronicizzazioni, con più bisogno di assistenza e sostegno. Il numero di medici in rapporto alla popolazione anziana in Italia è inferiore rispetto a quello della media dei Paesi europei, ancora di più quello degli infermieri. Allo stato attuale, mancherebbero all'appello circa 17 mila medici e 350 mila infermieri. Anche su questo tema, chiediamo di impegnare il Governo ad azioni urgenti che dettagliamo nella nostra mozione: più posti nelle scuole di specializzazione per la professione infermieristica; provvedimenti legislativi che invoglino il personale in quiescenza a continuare il servizio nelle strutture e nei servizi extra ospedalieri, a fronte di sgravi fiscali che non vadano a incidere sul reddito degli infermieri in quiescenza; parità di diritti fra tutti i professionisti della sanità, visto che la normativa vigente prevede, per esempio, che solo ad alcuni dipendenti del Servizio sanitario sia consentito di esercitare l'opzione libero professionale intramoenia, mentre questa non è prevista per le professioni sanitarie.

Sono impegni precisi, non impossibili, ma direi necessari e indispensabili per costruire da subito una strategia di supporto e contenimento dei disagi che, nelle RSA e nelle RSD, stanno maturando e rischiano di esplodere in maniera ancora più significativa. Noi siamo certi che il Governo saprà valutare con attenzione queste argomentazioni e le proposte della mozione e che essa potrà diventare, unitamente al lavoro e al contributo di tutti i gruppi, una base per offrire a chi dà tanto a categorie svantaggiate, quantomeno una strada per continuare la loro azione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Sapia, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00688. Non è presente in Aula, quindi si intende che vi abbia rinunziato.

È iscritto a parlare il deputato Stefano Lepri, che illustrerà anche la mozione Carnevali ed altri n. 1-00689, di cui è cofirmatario.

STEFANO LEPRI (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, questa mozione è molto importante perché le residenze sanitarie assistenziali stanno vivendo quella che potremmo definire una tempesta perfetta. Si potrebbe dire, guardando la domanda che c'è di cura da parte di tanti anziani non autosufficienti, che le RSA hanno di fronte un grande spazio per rispondere al progressivo invecchiamento della popolazione e anche all'incremento delle patologie con decadimento cognitivo. Eppure, non c'è questo incremento nell'offerta da parte delle RSA e anzi siamo di fronte a una riduzione del numero di persone che ne beneficiano, sia in residenzialità, ma anche in domiciliarità. Peraltro - e questo non è un problema di oggi -, in Italia siamo di fronte ad una disomogenea presenza delle RSA sul territorio nazionale, molto concentrate al Nord - addirittura l'80 per cento se guardiamo quelle rivolte solo ai non autosufficienti e la metà se guardiamo l'intera presenza delle strutture residenziali per anziani -, quindi c'è un grande problema di equilibrio territoriale. La pandemia - come è noto e come già ricordato dai colleghi - ha colpito duramente queste strutture, sia perché purtroppo sono mancate molte persone, solo in parte sostituite, sia perché le prescrizioni necessariamente imposte hanno costretto le strutture a un surplus di obblighi e di costi, solo in parte rimborsati e considerati. In più - possiamo dirlo perché in qualche modo siamo tutti responsabili in quest'Aula -, probabilmente non c'è stata finora l'attenzione che queste strutture meritavano. Ricordo due misure che sono state adottate: il “decreto Rilancio” con 40 milioni e il “decreto Sostegni-bis” con 20: sono però cifre sicuramente inferiori a quelle di molti altri comparti che ne hanno maggiormente beneficiato. Tutto questo si somma ad altri limiti che anche i colleghi hanno segnalato. Non si tratta qui di fare classifiche o valutazioni di parte, ma possiamo dire generalmente, salvo eccezioni, che per la programmazione regionale in molti casi le residenze sanitarie assistenziali sono l'ultimo dei problemi e che ce ne sono molti altri forse più urgenti. Forse gli anziani non hanno voce, fatto sta che, da troppo tempo, gli inserimenti languono, sono sicuramente inferiori al numero delle persone che decedono e c'è anche, da troppo tempo, uno stop agli adeguamenti tariffari, uno stop cronico non legato solo la pandemia: da troppi anni, salvo modesti adeguamenti, le tariffe sono rimaste stabili e la quota sanitaria non è variata. Gli unici aumenti sono stati purtroppo a carico delle famiglie dei beneficiari o dei fruitori del servizio, con uno sbilanciamento anche verso la quota alberghiera rispetto alla quota sanitaria.

Tutto questo ha determinato l'assenza di rinnovi contrattuali, con il risultato che gli operatori delle strutture guadagnano molto meno di quanto guadagnino nelle stesse strutture gestite, ad esempio, direttamente dal Servizio sanitario nazionale o guadagnano molto meno di colleghi con pari ruolo e pari professione impegnati in altri comparti del Servizio sanitario nazionale.

Quindi, c'è un effetto migrazione di queste professionalità, che hanno trovato evidentemente più conveniente, soprattutto di fronte alla grande richiesta determinata dalla pandemia, trasferirsi in altri campi. Il risultato è stato un depauperamento del personale delle strutture residenziali, che oggi fanno una grande fatica a reperire, in modo particolare, le professionalità infermieristiche, ma anche gli operatori sociosanitari.

Aggiungiamoci anche “quota 100”, che ha spinto non poche persone, infermieri in particolare, a beneficiarne e anche la lentezza nella dichiarazione di equipollenza, che il Ministero della Salute riconosce alle professioni che giungono dall'estero e anche dell'iter che, una volta riconosciuta l'equipollenza, consente appunto il trasferimento in Italia di queste figure.

Non dimentichiamo poi, in questa tempesta perfetta, i costi energetici, che sono quasi raddoppiati: solo in un anno il costo delle materie prime è almeno un 10 per cento in più. Tutto questo sta portando ad un grande grido d'allarme, che abbiamo voluto cogliere con questa mozione unitaria, al punto che molte strutture rischiano di chiudere o comunque di imporre, pur di sopravvivere, costi esorbitanti alle famiglie e agli utenti.

Va detto, anche per non esentare completamente le strutture, a onore del vero, che le difficoltà che le strutture residenziali per anziani - e non solo - stanno manifestando sono riconducibili anche talvolta ad un modello non sempre convincente. La scelta della massima dimensione per ottenere economie di scala, pur comprensibile, rischia di determinare una spersonalizzazione dell'offerta o una eccessiva standardizzazione, con il rischio appunto di non considerare l'originalità e la peculiarità di ogni ospite e delle sue esigenze. Non sono molte le realtà che garantiscono soluzioni modulari aperte al territorio, che quindi possono consentire anche una diversificazione delle entrate anche un equilibrio economico.

A questo si aggiungono anche problemi legati alla questione, nel caso del Terzo settore, della applicazione piena della riforma, con l'esigenza, ad esempio, di trasmigrare verso il Registro unico, alla trasformazione delle ONLUS in altre forme giuridiche, alla possibilità - preclusa finora per via delle difficoltà nell'applicazione della riforma fiscale - di adottare la formula dell'impresa sociale, che potrebbe sicuramente, in molti casi, meglio adattarsi a queste realtà. Passiamo alle sfide che vogliamo rappresentare e su cui vogliamo provare ad impegnare tutto il Parlamento e il Governo. Anzitutto, bisogna riportare attenzione e centralità a queste realtà, che sono importanti, che garantiscono a centinaia di migliaia di nostri anziani una protezione, soprattutto a coloro i quali non possono contare su protezioni e reti familiari e che quindi, in qualche modo, scelgono questa soluzione residenziale. Più risorse quindi sulla cronicità e sulla non autosufficienza a domicilio certamente - questa è una grande sfida - ma anche, quando serve, in residenzialità e, quando serve, anche in soluzioni diurne, non essendo queste soluzioni certamente alternative, ma invece complementari.

Le RSA diventino degli hub. È una grande sfida, che sono ben consapevoli di interpretare, ma probabilmente vanno aiutate. Si intende hub del territorio, capaci di garantire una pluralità di offerta, ma di essere anche un punto di riferimento da cui possono partire i servizi, come quelli infermieristici a domicilio, la telemedicina, i servizi di lavanderia, il bagno assistito, il telesoccorso e tante attività importanti, che possano consentire il mantenimento del domicilio, potendo contare su un punto di smistamento e di riferimento.

Si intervenga come Stato, come Governo, per riconoscere maggiormente ristori per il rincaro delle bollette e delle materie prime. È un'emergenza che non può essere trascurata e non si capisce perché questo settore sia meno considerato di altri, se non forse perché non ha abbastanza voce: noi vogliamo dargliela.

Le regioni mettano la questione, non dico tra le priorità, perché mi sembra piuttosto improbabile, ma almeno al pari di molte altre, perché non merita meno attenzioni. Il fatto che le persone che ne beneficiano siano persone che non hanno voce non giustifica la trascuratezza a cui spesso sono destinate. Soprattutto le regioni non trovino scorciatoie. Sappiamo, ad esempio, di ipotesi di utilizzare i fondi europei per poter riconoscere dei voucher, che tra l'altro introdurrebbero dei meccanismi diversi da quelli previsti dai LEA, per finanziare nuovi ingressi. È una soluzione abborracciata, che non ci convince, che, appunto, ci pare una scorciatoia da non praticare. Si trovino risorse vere, quelle della quota sanitaria che è prevista e che va applicata in riferimento ai livelli essenziali di assistenza.

In ultimo, ma non meno importante, si ripensi anche agli standard gestionali e strutturali, magari anche con una regia - lo dico ai rappresentanti del Governo e del Ministero - da parte dello stesso Ministero. Sappiamo bene che la titolarità degli standard è regionale, ma vi può essere un'indicazione importante in coordinamento da parte del Ministero della Salute, perché - lo dico con uno slogan molto semplice - forse serve essere un po' meno attenti ai centimetri della stanza e un po' più attenti alla qualità delle relazioni e al rapporto delle strutture con la loro comunità. Ciò significa un ripensamento complessivo degli standard, che evidentemente non abbiamo il tempo di poter approfondire, ma ci basta consegnare alla discussione questa importante suggestione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Celeste D'Arrando, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00692. Ne ha facoltà.

CELESTE D'ARRANDO (M5S). Grazie, Presidente. Gentili colleghe e gentili colleghe, dall'esplosione della pandemia da COVID-19 fino alle più recenti ondate e all'aumento di contagi di questi ultimi giorni, sono state sempre le categorie dei più fragili a subirne le conseguenze peggiori e gli anziani che risiedono nelle RSA sono l'emblema di questa condizione di fragilità, non solo per questioni di età anagrafica, ma anche perché affetti da una o più patologie croniche. Durante la primavera di quest'anno poi, come se non bastasse, la guerra esplosa in Ucraina ha peggiorato la situazione già precaria anche in ambito economico, provocando un aumento dei costi dell'energia e delle materie prime senza precedenti. Ma, raccontandovi questo, ho solo accennato all'enorme problema di fronte al quale ci troviamo.

È doveroso sottolineare, infatti, che non tutte le RSA hanno pagato le medesime conseguenze: esistono realtà più resilienti ed altre totalmente incapaci di reagire alle conseguenze di queste emergenze tuttora in corso. Questo dipende dal fatto che non tutte le strutture sociosanitarie e socioassistenziali dislocate sul territorio nazionale versano nelle medesime condizioni. È certamente vero che tutte le strutture, per essere accreditate, devono rispondere a dei requisiti strutturali minimi. Il punto è capire se queste condizioni minime previste sulla carta siano in realtà appropriate nella pratica. Allo stato attuale, infatti, la situazione delle RSA in Italia non può essere definita omogenea, anche perché gestione e controllo sono in mano alle singole regioni che agiscono in modo autonomo e differente le une dalle altre.

Come emerge dall'indagine pubblicata dall'Associazione Italia Longeva dal titolo “Anno 2020, stress-test della long-term care: riflettori accesi su malattie croniche e fragilità”, è necessario e urgente migliorare gli standard assistenziali nelle strutture residenziali, oltre che prevedere l'inclusione delle medesime nel PNRR, anche perché il numero di persone anziane con quadri ezio-patologici complessi continuerà ad aumentare nei prossimi anni. Non solo: è necessario proseguire, così come già previsto nella riforma dell'assistenza territoriale, nel privilegiare la casa come primo luogo di cura, in un approccio che si basi sull'integrazione sociosanitaria. Secondo quanto emerso da una recente previsione dell'Istat sulla popolazione residente e le famiglie, in Italia il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3 nel 2050. Questo significa che la popolazione in età attiva e lavorativa tenderà a diminuire sempre di più, mentre aumenteranno le persone di cui dovremo prenderci cura, con il rischio di un ulteriore peggioramento di una situazione già drammatica: carenza di personale ed elevata richiesta di assistenza.

Proprio per delineare lo stato dell'arte e comprendere quali siano gli interventi necessari, il 19 maggio del 2021 il Ministero della Salute e l'Arma dei carabinieri hanno siglato un protocollo di intesa, recante ricognizione delle strutture socioassistenziali presenti sul territorio nazionale, proprio con l'obiettivo di effettuare un censimento delle strutture residenziali.

È senza dubbio urgente, Presidente, adottare le misure necessarie per: arginare la grave carenza di infermieri, ma non solo, anche di professionisti sanitari e sociosanitari; superare il vincolo di esclusività che lega l'infermiere e il personale delle professioni sanitarie; valorizzare la professione infermieristica anche nelle strutture sociosanitarie territoriali; ampliare i posti disponibili nelle facoltà in ambito sanitario a numero chiuso, in funzione del reale fabbisogno di professionisti sanitari e sociosanitari; definire le modalità di controllo e vigilanza sul rispetto dei requisiti minimi strutturali organizzativi e professionali per il personale; l'attivazione e l'organizzazione delle cure intermedie e nelle residenze (RSA) e di bassa intensità assistenziale; definire le modalità di controllo e vigilanza sul rispetto delle condizioni idonee a garantire permanentemente il diritto di visita di familiari e visitatori in strutture di ospitalità e di lungodegenza, residenze sanitarie assistite, hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani anche non autosufficienti), e in strutture socioassistenziali su tutto il territorio nazionale.

Tuttavia, a questi interventi ritengo sia necessario aggiungerne altri altrettanto urgenti. È importante pensare ad attuare iniziative che possano ridurre il gap contrattuale e il dumping salariale che sussiste tra chi opera nelle strutture sanitarie sociosanitarie e socioassistenziali private, convenzionate e accreditate e chi, invece, opera nelle strutture sanitarie pubbliche, affinché per il medesimo lavoro svolto, in contesto sanitario pubblico o privato, il salario, i diritti e le tutele siano gli stessi, proprio anche a fronte di quanto diceva la collega Comaroli sul minutaggio. A nostro avviso, non ci dovrebbe essere un minutaggio per assistere i nostri nonni e le nostre nonne, ma ci dovrebbe essere al centro la persona.

Inoltre, con i prossimi interventi normativi, nei limiti delle risorse disponibili e tenuto conto delle misure già adottate, sarà necessario adottare misure volte anche a colmare la cosiddetta gobba pensionistica e l'imbuto formativo dei professionisti della sanità, dai medici specialisti agli infermieri fino ai medici di medicina generale. Sarà possibile puntare in questa direzione, sia attraverso un aumento delle disponibilità di accesso ai corsi di formazione universitaria, che prevedendo risorse adeguate a garantire una valorizzazione economica di tali professioni. Tornando alle RSA, è necessario anche promuovere, nell'ambito dell'attuazione delle riforme previste dal PNRR, il potenziamento degli standard organizzativi, strutturali e tecnologici delle strutture residenziali e delle strutture analoghe e che esse vengano considerate parte integrante della complessa riforma dell'assistenza territoriale, comprendendo la rete dei servizi e delle residenze sociosanitarie accreditate con il Sistema sanitario nazionale, con riferimento alla popolazione anziana non autosufficiente con disabilità e disagio mentale. Tutti servizi necessari a garantire la continuità assistenziale, che, come previsto nella Missione 6 del PNRR, deve essere attuata incrementando il ruolo delle comunità locali, degli ambiti territoriali e del Terzo settore, nella coprogrammazione e coprogettazione degli interventi e dei programmi di salute.

In ultimo, ma non ultimo per importanza, e vado a chiudere, è fondamentale sottolineare che è necessario anche assicurare la presenza di una rappresentanza delle case di riposo, delle RSA, del mondo del sociale e del Terzo settore nell'ambito delle Commissioni e dei gruppi di lavoro che a livello ministeriale e interministeriale stanno trattando queste tematiche, ma anche delle stesse persone anziane e dei propri familiari. Questi ultimi devono essere coinvolti nei processi di pianificazione e nelle decisioni che incidono ad ogni livello sulla loro vita e su quella dei loro familiari.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marcello Gemmato. Ne ha facoltà.

MARCELLO GEMMATO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, parto con questo mio intervento che non vuole essere polemico ma non può non evidenziare alcuni aspetti critici nella gestione dell'operatività dell'Aula e anche, se vogliamo, della democrazia nel nostro Paese.

Il testo in discussione è una mozione concernente - leggo testualmente - “iniziative a sostegno delle residenze sanitarie assistenziali e delle case di riposo, con particolare riferimento agli aumenti dei costi dell'energia e alla carenza di personale infermieristico”, cioè problemi cogenti. Il fatto che sia aumentato il costo dell'energia è un problema reale, il fatto che non vi siano infermieri è un problema realissimo e peraltro evidenziato, stressato e amplificato durante il periodo del COVID. Questo Parlamento che cosa decide di fare e quale strumento approccia per risolvere questo problema? La mozione!

Io voglio ricordare a tutti quanti i colleghi dell'Aula che la mozione è un atto, un semplice atto di indirizzo al Governo, e che a produrre la mozione sono stati tutti i partiti della maggioranza: il PD, il MoVimento 5 Stelle, la Lega e Forza Italia, ovviamente tutti animati da motivi e da un orgoglio nobilissimi nel voler affrontare il destino dei nostri anziani, nella fattispecie. Però, voglio ricordare che si tratta di una mozione, cioè di un atto di indirizzo al Governo e non di un atto cogente. Se voi volete risolvere il problema degli anziani nelle case di cura, oggetto della mozione, non dovete far altro che chiamare le vostre espressioni di Governo e dirgli che nella iper-proliferazioni di decreti del nostro Governo devono inserire due articoli o due commi nei quali magari dal 22 per cento si passa al 10 per cento dell'IVA per l'energia o si aumenta il personale infermieristico con strumenti che da mesi e da anni noi ripetiamo in queste Aule, ma qui viene ribadito in una mozione (peraltro, in più mozioni). Cioè, ogni partito del Governo ha spacchettato e segmentato, dividendosi anche su una mozione, l'intendimento per risolvere il problema.

Non a caso Fratelli d'Italia non ha presentato e non intende presentare una mozione, perché è evidente che è una presa in giro. Faremmo un torto a noi stessi se, per l'ennesima volta e in maniera stanca, rivitalizzassimo questo teatrino nel quale noi parliamo di tante cose, parliamo dei massimi sistemi, parliamo dei punti inseriti in questi nostri scritti, nei quali noi vogliamo e facciamo, ma poi alla fine tutto rimane lettera morta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché noi per tante volte abbiamo inserito questo tipo di intendimento all'interno delle nostre risoluzioni e sono rimasti tali, cioè lettere morte.

Allora, io le dico che questo Parlamento dovrebbe e deve avere un sussulto di orgoglio anche in questo momento. Basta! C'era una mozione meritoriamente - dico - presentata dai colleghi della Lega, i quali evidenziavano il problema. Bastava fare una mozione unitaria e magari discuterla, però consegnarla nelle mani delle vostre espressioni di Governo e farla tramutare immediatamente in un atto pratico, in un decreto che portasse poi alla risoluzione del problema. Poi, non ci dobbiamo lamentare se gli italiani non vanno a votare, se il nostro modo di approcciare i problemi è questo. Non ci possiamo meravigliare di tutto questo!

Il tema della carenza di infermieri - lo ricordavo poc'anzi - non è legato a un fatto eccezionale, come può essere quello dell'energia, straordinario e occasionale. No, perché ne parliamo da due anni! Da quando, purtroppo, la pandemia ha colpito la nostra Nazione, ci siamo resi conto della fragilità del nostro sistema sanitario nazionale e in questa fragilità punto essenziale era la mancanza di professionisti.

Per questo non capiamo e ci chiediamo il perché nel PNRR, Missione 6 (Salute), 15,6 miliardi, si parli di strutture, di 1.350 case di comunità di 605 COT (centri operativi territoriali), di 400 ospedali di comunità, ma non di professioni e di professionisti. Quindi, si insegue un modello declaratorio, pubblicistico, di pubblicità. Si vuol far vedere che c'è tanto, ma poi i professionisti dove sono e cosa si sta facendo per fare in modo che gli infermieri possano curare i nostri malati?

Anche in questo caso ritengo che il dibattito su questo tema non dovrebbe avvenire in questo momento, ma in occasione della discussione del “DM 71” sulla sanità territoriale e la sua riorganizzazione e presenza capillare, anche con riferimento a modelli sociali nuovi, come si ricordava prima. Non è un caso che le case di cura e le residenze per anziani siano concentrate nell'80 per cento al Nord e al Sud siano poche: evidentemente, fra le tante storture che esistono, ci sono punti di eccellenza. C'è ancora il culto della famiglia, il culto dell'anziano che deve rimanere a casa e con fatica deve essere assistito per consentirgli di esalare l'ultimo respiro a casa. Si insegue, dunque, questo tipo di modello, che è il nostro modello meridionale e che è il modello nazionale italiano che pone la famiglia al centro. Di questo non ne parliamo: non ne parliamo nel “DM 71” e nel PNRR, come ricordavo, perché si parla di strutture, di questi modelli fantasmagorici, peraltro già inseguiti; voglio ricordare che le case della salute, ai sensi del “decreto Balduzzi”, che scimmiottano le case di comunità o, meglio, sono la loro fotocopia, ad oggi sono presenti soltanto in dieci regioni su venti, a più di dieci anni da quel decreto.

Allora, pensavamo che, nella ristrutturazione complessiva del Sistema sanitario nazionale pubblico, il dibattito dovesse avvenire in maniera puntuale all'atto di concertazione del “DM 71”, cosa che peraltro non è avvenuta. Registro che vi è stata soltanto una presenza del Ministro Speranza in Commissione. Poi, evidentemente, questo decreto viene immaginato, viene pensato, viene strutturato e “messo a terra”, come si suole dire altrove, quindi a parte e a latere da questo Parlamento. Ritengo che l'esercizio delle mozioni che discutiamo oggi che - ripeto - sono atti d'indirizzo, sia un “vorrei ma non posso” di questo Parlamento che, non potendo intervenire nei centri e nei gangli decisionali, si ritaglia uno spazio, un piccolo spazio stanco e desueto in quest'Aula, per poter dire la propria su tematiche importanti, peraltro non avendo una visione globale della sanità pubblica, ma prendendo pezzetto per pezzetto. “Toh! Mancano gli infermieri nelle RSA: che facciamo?” e ci interroghiamo sulla carenza degli infermieri nelle RSA. Dopodomani: “Toh! Mancano i medici di medicina generale per la gobba pensionistica: che facciamo?”. Invece, dovremmo avere un approccio olistico rispetto alla gestione della nostra sanità, prendendo ogni pezzo, declinandolo e portandolo a termine, perché la nostra sanità nazionale - lo voglio ricordare - già prima della pandemia da Coronavirus, era un modello di riferimento. Bloomberg posizionava al quarto posto al mondo sotto diversi parametri il nostro sistema sanitario nazionale pubblico. Dobbiamo continuare a difendere questo sistema sanitario nazionale pubblico, ma sicuramente non lo difendiamo in queste sedi e, soprattutto, con questi strumenti perché - lo ricordo - la mozione è un semplice atto di indirizzo: non è un decreto, non è una legge, non è nulla! Peraltro, sarebbe curioso vedere - e stimolo i colleghi a una riflessione al riguardo - quante volte abbiamo detto queste cose in atti di indirizzo al Governo e quante volte le cose che abbiamo detto in atti di indirizzo al Governo poi si sono tramutate in atti concreti. Lo dobbiamo fare per amore di verità, lo dobbiamo fare perché siamo stati designati dal popolo italiano a risolvere i loro problemi, ma non ritengo che questo sia il modo giusto per approcciare il tutto.

Dobbiamo riflettere sul fatto che, negli ultimi dieci anni, prima della pandemia, siano stati sottratti 37 miliardi alla sanità pubblica. Questo ha determinato probabilmente - anzi, aggiungo, sicuramente - insieme al “DM 70”, la desertificazione dell'assistenza sanitaria pubblica e la chiusura di ospedali, senza attrezzare il territorio.

Questo fatto, i 37 miliardi, con il “DM 70”, “matchati”, a mio avviso, anche con il regionalismo sanitario, ha portato a uno sfibramento della resa del nostro sistema sanitario sul territorio. In merito a ciò, non ci confrontiamo: non ci confrontiamo in Parlamento, non ci confrontiamo in Aula, non ci confrontiamo nelle Commissioni, non ci confrontiamo nel dibattito politico nazionale che dovrebbe considerare, come primo aspetto, in questo momento storico, la tenuta del nostro sistema nazionale sanitario pubblico. Lo abbiamo capito, è bastato un vento forte, in realtà, un vento molto forte, e parlo evidentemente della pandemia, per dimostrare la fragilità del nostro sistema sanitario nazionale. Se non ne discutiamo oggi, quando ne dobbiamo discutere? Quando ne discuteremo? Quando porteremo a termine tutta una serie di misure che abbiamo in mente e che vorremmo, come forza patriottica nazionale, mettere a disposizione di questo Parlamento, della nostra Nazione? Ciò, per fare in modo che quel sistema sanitario nazionale pubblico, che è stato per anni il fiore all'occhiello della nostra Nazione, possa tornare ad esserlo e anche in un momento difficile come questo, in cui c'è la guerra e, correlata a questa, quell'economia di guerra che porta ai tanti aumenti che riscontriamo. Lo possiamo e lo dobbiamo fare soprattutto perché la nostra popolazione aumenta; grazie a Dio, l'aspettativa di vita si allunga, tutti quanti noi diventeremo anziani. Lo dobbiamo fare per noi stessi e lo dobbiamo fare per i nostri figli; però ritengo che non sia questa la giusta maniera di approcciare al problema. Quindi, lo ribadisco: l'intenzione è buona, lo strumento è sbagliato; non sono le mozioni che porteranno risultati al nostro sistema sanitario nazionale o un risultato concreto per i nostri anziani che, in questo momento, purtroppo hanno in alcune parti d'Italia come unico momento da vivere, quel decadimento cognitivo che - lo voglio ricordare, forse qualche collega lo ha ricordato - è legato anche al momento pandemico; nel momento della pandemia abbiamo messo sotto una campana di vetro i nostri anziani e questa mancanza di relazioni sociali ha provocato un decadimento di carattere cognitivo. Su questo tema ci dobbiamo confrontare e prendere le nostre decisioni: l'Aula che è sovrana, dovrebbe avere - e concludo, Presidente - un impeto di orgoglio e riportare la politica al centro della sua attenzione. Occorre, soprattutto, riportare le decisioni al centro di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giuseppe Paolin. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PAOLIN (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentate del Governo la mozione all'esame dell'Aula affronta un tema molto delicato, che abbiamo cercato di sottoporre più volte all'attenzione del Ministro Speranza, senza, purtroppo, ricevere la dovuta attenzione. Parliamo delle strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali che erogano prestazioni in favore di anziani e persone con disabilità, anche non autosufficienti. Tra queste, menzioniamo le RSA, le case di riposo, ma vi rientrano ovviamente le strutture di lungodegenza, le strutture riabilitative e, in generale, tutte le strutture di cui al Capo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui livelli essenziali di assistenza.

La mozione si concentra, soprattutto, sull'aumento dei costi energetici che, come sappiamo, è una diretta ripercussione del conflitto in Ucraina; ma già prima di questa contingenza, le condizioni e il contesto di riferimento non erano affatto semplici; anzi, c'erano criticità strutturali, figlie degli errori del passato, alle quali la questione del caro energia si è andata ad aggiungere, aggravando una situazione che era già di per sé complessa. Penso innanzitutto al nodo del personale, un altro dei temi che viene trattato dalla mozione, assieme a quello del caro energia.

Abbiamo parlato più volte della carenza di medici, in particolare specialisti. Qualcosa è stato fatto, ma ci è voluta una pandemia per aprire gli occhi ai piani alti di Governo, per dare finalmente un po' di ossigeno con le risorse; e quando le risorse sono arrivate purtroppo ci si è accorti che era troppo tardi e che l'imbuto formativo aveva raggiunto dimensioni incolmabili e che sono in arrivo ondate di pensionamenti, e questa credo sia una lezione importante, che dovremmo essere bravi a tenere a mente, una lezione che ci insegna che sulla sanità, in particolare sul capitale umano della nostra sanità, la logica dei tagli lineari alla spesa non funziona, perché non porta a risparmi; porta alla formazione di immensi vuoti, che poi risultano difficili da colmare, se non con il doppio del tempo e delle risorse che si credeva di avere risparmiato.

Per un decennio abbiamo impedito ai medici laureati nelle nostre università di specializzarsi, di lavorare e di dare il loro contributo e, in molti casi, questi giovani sono andati all'estero, dove, a differenza nostra, li hanno accolti a braccia aperte, offrendo stipendi e prospettive migliori. Speriamo finalmente che qualcosa possa cambiare; la scorsa legge di bilancio ha dato un segnale in questa direzione, auspichiamo che sia il primo di una lunga serie e non l'ultimo.

Altro problema, forse ancora più urgente, è la carenza di infermieri. Riferisco qualche dato, già citato in quest'Aula, giusto per renderci l'idea: l'Italia è il secondo Paese più longevo al mondo, ha un rapporto di appena 6 infermieri ogni 1.000 abitanti, inferiore alla media OCSE, di 8 infermieri ogni 1.000 abitanti e quasi la metà rispetto alla media del Nord Europa, in cui i Paesi si collocano tutti al di sopra dei 10 infermieri ogni 1.000 abitanti.

Troppo lenti sono anche i nostri tempi di risposta; dovremmo recuperare, formare, investire e, invece, siamo al quartultimo posto fra i Paesi OCSE per numero di posti a disposizione degli infermieri negli atenei. Abbiamo presentato emendamenti per cercare di sbloccare questa situazione; allargare le maglie del numero chiuso o, quantomeno, riprogrammare gli accessi in maniera adeguata ai fabbisogni, ma, per il momento, non abbiamo avuto nessuna risposta. La carenza è stata denunciata anche dalla Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche, secondo cui, ad oggi, nel nostro Paese, mancano all'appello i “famosi” 63 mila infermieri circa; un vuoto enorme che nei prossimi anni è destinato, peraltro, ad aggravarsi per effetto dei pensionamenti e del maggiore fabbisogno del personale che inevitabilmente si renderà necessario per attuare la riforma dell'assistenza territoriale. Analoghe considerazioni possono essere estese agli operatori sociosanitari, per i quali le nuove assunzioni non sono assolutamente sufficienti a coprire la domanda di fabbisogno.

In questo scenario, fortemente critico, è sopraggiunta la pandemia e, ovviamente, è stata la tempesta perfetta; C'è chi si è sorpreso delle difficoltà che alcune di queste strutture hanno riscontrato, c'è chi ha puntato il dito contro le RSA; a mio modo di vedere, le questioni che andrebbero poste sono altre; perché, mi chiedo, non c'è stato un sostegno da parte del Governo nel corso delle prime fasi della pandemia? Perché non si è pensato di mettere subito in sicurezza le RSA, fornendo gli strumenti necessari quando si è capito - perché lo si era capito immediatamente - che la popolazione anziana, in particolare con patologie pregresse, era quella che correva i maggiori rischi derivanti dall'infezione da COVID? La risposta a queste domande dovrebbero darcela Arcuri e, mi dispiace dirlo, anche il Ministro Speranza, che, in queste fasi, erano sempre in ritardo, puntualmente in ritardo - concedetemi questa espressione -, con i dispositivi di protezione, con le mascherine, con i tamponi e, poi, anche con i vaccini, fino al subentro provvidenziale del generale Figliuolo; la loro unica risposta è stata quella di inviare i NAS presso le RSA per cercare i colpevoli, non si sa di cosa; questo è stato l'aiuto e il supporto che ha dato il precedente Governo alle RSA, i luoghi che più di qualsiasi altri dovevano essere tutelati e, invece, sono stati abbandonati a se stessi. Adesso che c'erano finalmente le condizioni per una ripresa, per un cambio di rotta, è arrivata l'ennesima crisi, con l'aumento eccezionale del costo dell'energia e del gas. Abbiamo citato, nella mozione, gli appelli di alcune tra le associazioni più rappresentative: URIPA, Uneba, Arsac. Gli appelli di queste associazioni non devono cadere nel vuoto. Dobbiamo intervenire subito per scongiurare gli aumenti delle rette, aumenti che peserebbero sui bilanci di milioni di famiglie in un momento, peraltro, estremamente delicato, nel quale già si osserva un balzo senza precedenti dell'inflazione. Quello che viene svolto dalle RSA è un servizio essenziale, ricompreso nei livelli essenziali di assistenza, e in quanto tale dobbiamo assicurarne la sostenibilità, sia da parte degli enti gestori, sia naturalmente dalla parte degli ospiti e delle loro famiglie. Sui temi dell'assistenza alle persone anziane non autosufficienti e con disabilità si misura la civiltà di un Paese, e allora riportiamo questi temi al centro dell'agenda politica.

Colgo l'occasione di questo intervento per riallacciare anche il filo conduttore con il PNRR e l'attuazione delle riforme ad esso connesse. Mi riferisco, in particolare, alla riforma sulla non autosufficienza. Sono mesi che la legge delega viene data per pronta, sono state nominate commissioni presso il Ministero del Lavoro, commissioni presso il Ministero della Salute, commissioni interministeriali per coordinare i lavori dell'uno e dell'altro versante, ma il testo ancora non c'è. E non c'è stato, a quanto pare, neppure un coinvolgimento diretto delle RSA e delle loro associazioni, che non ci risultano invitate ai tavoli di riferimento. Non mi pare francamente un approccio corretto. Non vorrei che si innestasse una contrapposizione tra domiciliarità e residenzialità, come quella che fu innestata a suo tempo tra assistenza territoriale e ospedaliera, con i risultati catastrofici che tutti conosciamo.

I due livelli sono e vanno interpretati come complementari, rispondono a due target diversi: l'uno non esclude l'altro. Quindi, sì al potenziamento dell'assistenza domiciliare, sicuramente, ma che questo non significhi uno smantellamento delle RSA e delle strutture analoghe. I dati e le tendenze demografiche, del resto, non ce lo permettono. L'Italia conta oggi un'offerta assolutamente insufficiente di appena 19 posti letto nelle RSA ogni 1000 abitanti over 65: meno della metà della media dei Paesi OCSE. Prevedere ulteriori tagli sarebbe un errore di programmazione imperdonabile.

PRESIDENTE. Concluda.

GIUSEPPE PAOLIN (LEGA). Concludo, Presidente, con una considerazione sulla forma delle mozioni che abbiamo approvato negli ultimi mesi in materia sanitaria e sociale: mozioni con 20, 30 e 40 impegni; mozioni che, nel loro essere prolisse, finiscono per smarrire il proprio senso e significato. Auspico che, in questo caso, si segua un approccio differente. Il tema che abbiamo posto è volutamente specifico e vorremmo che rimanga tale, anche per avere un impegno altrettanto specifico e concreto da parte del Governo su di esso (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a titolo personale, il deputato Domenico Furgiuele. Ne ha facoltà.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Grazie, Presidente. Intervengo a titolo personale perché reputo sia giusto e doveroso dare spazio alle situazioni comuni, che vivono diverse RSA della mia regione, della Calabria, in realtà condizioni di criticità che sono comuni a tutte le RSA del nostro Paese. È giusto dare spazio a queste strutture per la funzione e per il ruolo che svolgono in modo meritorio, soprattutto in un contesto nel quale i tecnici della materia COVID ci indicano che, sempre più prepotentemente, questo virus sta attaccando i nostri anziani ed è molto contagioso soprattutto per loro. In Calabria esistono delle strutture importanti come il Betania a Catanzaro, come il Tamburelli a Lamezia Terme, delle strutture che, nonostante tutte le difficoltà che insistono dal punto di vista del caro energia, del carovita e dell'inflazione, riescono a garantire comunque un'assistenza di livello per gli anziani.

È importante, però, che questa mozione - che noi andiamo a discutere e che è comunque un atto di indirizzo - vada ad incidere ancora di più per quanto riguarda il caro energia e per quanto riguarda il pacchetto di incentivi sull'IVA e sul fisco in generale. Perché? Perché bisogna scongiurare che aumentino le rette, relativamente a quello che bisogna pagare, per le famiglie, per gli indigenti e per i comuni, che, stante la norma vigente, devono impegnarsi eventualmente a compartecipare alle rette delle persone meno abbienti. Va bene, quindi, l'indirizzo. Il mio auspicio è, signor Presidente, che il Ministero di competenza, oltre a prendere spunto da questo atto di indirizzo del Parlamento, si impegni a porre in essere dei provvedimenti che siano concreti, reali e imminenti, per garantire a queste strutture di poter assumere il personale di cui hanno bisogno e per poter ridare dignità al personale in essere, che, nei giorni pieni della pandemia, ha dimostrato coraggio, dedizione e, soprattutto, ha dato una lezione all'intero panorama sanitario, cioè quella che non è personale di “serie B” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Si riserva.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Daga ed altri n. 1-00675, Federico ed altri n. 1-00679, Nevi ed altri n. 1-00680, Molinari ed altri n. 1-00685, Lollobrigida ed altri n. 1-00686, Fregolent ed altri n. 1-00687 e Pellicani ed altri n. 1-00690 concernenti iniziative volte al contrasto della siccità e ad un efficiente utilizzo delle risorse idriche (ore 18,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Daga ed altri n. 1-00675, Federico ed altri n. 1-00679, Nevi ed altri n. 1-00680, Molinari ed altri n. 1-00685, Lollobrigida ed altri n. 1-00686, Fregolent ed altri n. 1-00687 e Pellicani ed altri n. 1-00690, concernenti iniziative volte al contrasto della siccità e ad un efficiente utilizzo delle risorse idriche (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 7 luglio 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 7 luglio 2022).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritta a parlare Federica Daga, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00675. Ne ha facoltà.

FEDERICA DAGA (IPF). La ringrazio, Presidente. Negli ultimi vent'anni abbiamo avuto più di una crisi idrica, non è semplicemente quest'anno che esce fuori questo problema, ne abbiamo avute molte altre dal 2000 in avanti e la nostra memoria di parlamentari della scorsa legislatura mi porta a raccontare un po' quello che avevamo fatto già 5 anni fa.

Nel 2017 il settore più in crisi era stato quello potabile, non tanto quello agricolo, e in quel momento 12 regioni avevano chiesto lo stato di emergenza. Con lo stato di emergenza si erano messi a disposizione una serie di fondi regionali e nazionali, in modo da recuperare quelle che erano le mancanze sulle forniture alla cittadinanza. Abbiamo voluto dare vita a una indagine conoscitiva come Commissione ambiente, in quel periodo. Ne è scaturito un documento finale, che si può visionare, quindi inviterei anche i colleghi di quest'Aula a dare un'occhiata, prima di passare alla votazione delle mozioni che stiamo presentando oggi qui in Aula, perché ci sono dati interessanti da tenere ancora da conto. C'è stato un miglioramento da quel momento ad oggi sulle perdite idriche del potabile, ma ad oggi la situazione è abbastanza drammatica e, quindi, ci siamo sentiti un po' tutti in dovere di depositare mozioni in Aula o risoluzioni in Commissione.

Sule risoluzioni in Commissione, che più o meno hanno gli stessi contenuti, questa mattina si è svolta una serie di audizioni e già i primi soggetti ci hanno dato suggerimenti sulle cose che potrebbe essere necessario fare in questo momento. Le audizioni parlano di una richiesta di fondi per riuscire a mantenere le acque quando piove, per fare nuovi invasi, per fare la ricerca perdite, per avere un potere decisionale centrale. Chiedono un potere decisionale centrale. È importante questo, per dire: non aspettiamo lo stato di emergenza e la dichiarazione di stato di emergenza per prendere decisioni sulle priorità degli usi idrici e riuscire ad accontentare tutti gli usi, che vanno dal potabile, all'agricolo, all'industriale.

A seconda delle territorialità e a seconda delle esigenze territoriali, abbiamo un Paese che è molto diverso, da provincia a provincia, da regione a regione. I distretti idrografici sono differenti tra di loro e hanno esigenze differenti. Anche l'approvvigionamento idrico è diverso e gli utilizzi lo sono altrettanto.

È stata chiesta attenzione sulla pianificazione a lungo termine e sulla progettazione. Questi punti erano già stati discussi anche cinque anni fa, in occasione della precedente crisi, quando queste dodici regioni chiesero lo stato di emergenza. Nella sostanza, gli osservatori questa mattina ci hanno dato un quadro non tanto favorevole e in peggioramento costante e continuo. Perché non leggere quel documento che riguardava un'indagine conoscitiva che è durata un bel po' di tempo? Abbiamo ascoltato moltissimi soggetti sulle necessità territoriali e sulle esigenze. Il grave problema, spesso e volentieri, è che ci manca una visione di lungo termine sulla progettazione e programmazione, per riuscire a mantenere le acque che abbiamo, per riuscire a non perderle nella rete di distribuzione, per riuscire a utilizzarle al meglio in agricoltura.

Elenco qualcuno degli impegni che abbiamo inserito nella nostra mozione. Sono tanti perché si ci sono molte cose da fare e se ne possono fare altrettante.

La mozione chiede investimenti per migliorare lo stoccaggio e il risparmio idrico. E' necessario incrementare capacità di raccolta dell'acqua piovana - sono cose che comunque sentiamo - la realizzazione di nuovi invasi o di piccoli laghetti diffusi che diano una mano all'agricoltura locale e agli usi idrici ove necessari. La digitalizzazione per la ricerca delle perdite, la misurazione dei consumi e la manutenzione delle reti, il potenziamento degli osservatori sulla crisi idrica, sono fondamentali e lo sono stati da quando sono stati creati, perché ci hanno dato il quadro della situazione reale in tutti i nostri distretti di bacino e i dati sulla quantità di acqua presente nelle falde. Si chiedono inoltre nuovi fondi, che siano del PNRR oppure da inserire nel Piano nazionale per gli interventi nel settore idrico. Si tratta di un fondo che ha cambiato nome tre volte. Nasceva, dopo l'indagine conoscitiva del 2017, come Piano invasi e acquedotti e serviva a dare una mano per evitare di caricare sulle bollette delle persone anche questo tipo di investimenti necessari. Le reti sono un po' vecchie, hanno una vita di circa 50 anni.

Come ultima richiesta inserita nella mozione c'è la creazione di un'Agenzia permanente dell'acqua. Che cosa può fare un soggetto di questo tipo? L'agenzia è un soggetto che esiste in altri Paesi europei con una funzione più alta, di raggruppamento dei vari Ministeri e delle varie competenze che esistono sull'acqua, che siano dei comuni, le federazioni, delle communautés. C'è una serie di Paesi, tra cui Francia, Germania, Spagna e Portogallo, ognuno con una declinazione di agenzia per l'acqua differente. Essi fanno progettazione e programmazione e definiscono la distribuzione dei fondi nazionali, quindi dei fondi pubblici, per tutti gli usi idrici e danno una mano per progettare, per mettere insieme tutti quei soggetti che sono competenti per materia. Data la richiesta arrivata anche questa mattina dagli osservatori della crisi idrica, perché non provare a discutere anche di questo, della creazione di un'agenzia che metta insieme tutti i nostri Ministeri, che li faccia parlare tutti insieme? Infatti, ce n'è più d'uno competente per le infrastrutture, per l'acqua e per la parte agricola. Questa agenzia dovrebbe mettere insieme tutti questi osservatori, i distretti di bacino, le competenze regionali, le competenze provinciali e dei comuni. È ramificatissima la competenza in materia di acqua e riuscire ad avere un organo centrale che possa decidere in un momento critico magari ci può evitare lo stato di emergenza e la necessità di chiamare un commissario straordinario.

Sappiamo che c'è la possibilità che sia emanato un decreto sulla siccità. Ben venga in questo momento, perché abbiamo effettivamente bisogno sia di nuovi fondi, sia di una progettazione e una programmazione, nell'immediato e nel prossimo futuro. Però, è importante riuscire ad avere su questo tema una visione a lungo termine. Le crisi idriche che ci sono state già negli ultimi vent'anni fanno capire quanto sia fondamentale la programmazione a lungo termine, la visione a lungo termine. É un po' come quando uno dei vari gestori dell'acqua si mette a fare il piano industriale e aziendale. Il piano industriale, in realtà, è semplicemente la programmazione di tutti i lavori che si devono fare durante il periodo di gestione da parte di un gestore per manutenere, per migliorare le reti, per fare tutti i lavori necessari. È quello che fanno tutti i sindaci messi insieme. In questo momento, in cui la crisi idrica è davvero pesante - non è semplicemente quello che è successo nel 2017 ma è andata oltre - proviamo insieme a costruire qualcos'altro, proviamo a metterci insieme e a guardare a lungo termine.

L'acqua non ha un colore politico. Questo penso, l'ho sempre pensato e l'ho sempre detto e io sono convinta che tutte le proposte che sono state già presentate o le proposte che verranno presentate avranno tutti punti ottimi per provare a risolvere il problema. Sono convinta che una mozione di maggioranza possa essere il segnale più bello che quest'Aula, questo ramo del Parlamento possa dare, anche nei confronti della cittadinanza. Saremo sicuramente in grado di portare al voto un documento di maggioranza il più completo possibile, in accordo con il Governo. È un'esigenza che abbiamo oggi, ma è un'esigenza che avremo ormai nei prossimi anni e dobbiamo assolutamente garantire l'acqua alle generazioni future.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zolezzi, che illustrerà anche la mozione Federico ed altri n. 1-00679, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Per provare a introdurre il tema della mozione parto da un aspetto forse più comprensibile, quello della bolletta dell'acqua. Si parla spesso di bolletta del gas che, sicuramente, in questo momento è davvero preoccupante, come la bolletta elettrica, ma anche la bolletta dell'acqua è preoccupante. Si è trattato di oltre 450 euro a famiglia l'anno scorso e vedremo quest'anno. Sono dati importanti. La bolletta dell'acqua è aumentata di quattro volte dal 1995. Quella del gas è aumentata tutta insieme, però questa è la dimostrazione che c'è un problema anche economico che si ripercuote sulle famiglie e sulla nostra vita. Dobbiamo tenere conto che di questi 450 euro circa un terzo è destinato alla depurazione dell'acqua, quando un cittadino su due in Italia non ha una depurazione adeguata, secondo quello che ci ha detto in Aula il Ministro Cingolani. C'è un problema non solo di quantità e di scarsità, ma anche di qualità dell'acqua. Si paga per un'acqua di buona qualità e inizia a essere in dubbio anche la qualità dell'acqua.

Le mozioni parlano nello specifico di siccità. La siccità è una temporanea riduzione delle disponibilità idriche, un fenomeno che può essere naturale come l'assenza di piogge per un determinato periodo. La carenza idrica si verifica invece quando la domanda di acqua supera la disponibilità idrica ed è di solito connessa a scelte politiche e istituzionali, non è solo un fenomeno naturale. In sostanza, gli effetti della siccità naturale possono essere amplificati dall'intreccio di interventi economici e istituzionali sviluppati sul territorio italiano e, in particolar modo, padano. Da tre anni e, in particolare, da luglio 2021 e, ancora di più, dall'inizio del 2022, l'Osservatorio per la siccità dell'Istituto di bioeconomia del CNR ha verificato come si manifesti una siccità estrema nelle regioni del Nord Ovest italiano ma anche sulla costa tirrenica, nel Lazio e in una parte della Campania. C'è questa novità del Nord siccitoso. Le precipitazioni sono state in effetti scarsissime: i famosi 110 giorni senza piovosità e una primavera che ha avuto piogge più scarse. Tutti i vari indici di questo Osservatorio, come l'indice di precipitazione standard e l'indice di temperatura sono sovvertiti in queste parti d'Italia che ho ricordato. Poi c'è un indice, che si chiama indice di stress evaporativo, che mostra che la quantità d'acqua che traspira è ridotta e, quindi, c'è il ciclo idrico sovvertito; ci sono poi temperature e vento elevati che alterano il tasso traspirativo. Un macro clima, un clima che, in qualche modo, è cambiato, e un microclima - e, in particolare, in alcune regioni italiane nel Sud, ma, a questo punto, anche in Pianura Padana - che consentono, purtroppo, un avvio verso una vera e propria desertificazione. Abbiamo una siccità idrologica con scarsità di innevamento invernale, scarsità di precipitazioni, con ARPA che rileva che, nel bacino padano, da 4 miliardi di metri cubi del 2015, di acqua disponibile fra neve, invasi e laghi, si è passati a 2,6 miliardi nel 2018 e 1,5 miliardi nel febbraio del 2022. Questa desertificazione è visibile anche con le foto satellitari. Il professor Zardi dell'Università di Trento si occupa di questi dati come meteorologo e mostra che c'è un progressivo cambiamento cromatico del suolo padano. Addirittura a Torino abbiamo avuto precipitazioni pari al 15 per cento della media degli ultimi anni.

Abbiamo però sottovalutato il tema, perché già cinque mesi fa riviste internazionali, come quella della Società americana di meteorologia, prevedevano, come tendenza pluviometrica, una situazione molto grave. Cinque mesi fa, per esempio, si potevano differenziare le semine, per privilegiare il cibo umano e non solo l'export di proteine animali. In questi giorni, il Po è a un quinto della portata rispetto agli anni precedenti, abbiamo lo stop della cessione idrica di acqua dal lago d'Idro verso il fiume Chiese, lo stop del canale Arnò nell'alto mantovano: sono cose senza precedenti che portano a non avere acqua su distretti produttivi importanti. E abbiamo, in sostanza, una popolazione esposta a rischio siccità che, dal 2,3 per cento classico del breve periodo, negli ultimi anni, arriverà al 30 per cento in Italia: un aspetto quantitativo molto importante, ma che si rifà anche sull'aspetto qualitativo. Della qualità dell'acqua se ne parla poco, ma, adesso, con la falda a metà, rischiamo che inquinanti, come i nitrati, possano salire. Il bacino padano, secondo molte fonti accademiche, potrebbe ricevere un terzo degli effluenti della zootecnia rispetto a quello che sta ricevendo: da 120 milioni di animali allevati, bisognerebbe scendere a 40; adesso che abbiamo la falda ridotta, questo dato è ancora peggiorato. La zootecnia, chiaramente, non è un problema ideologico, però bisogna tener conto della situazione di emergenza, di stress bellico, pandemico, climatico e che la zootecnia non è strettamente essenziale alla dieta umana; l'ha detto il professore Umberto Veronesi: non c'è nessuna fase della vita umana dove la carne non sia sostituibile da qualche cos'altro.

Abbiamo appunto infrazioni per i nitrati e un raddoppio delle falde in eutrofizzazione tra il 2015 e il 2019, secondo i dati di ARPA Lombardia. Questi sono dati di rapida compromissione della qualità e della quantità delle acque, che vuol dire anche un suolo meno fertile, meno produttivo, anche proprio per l'eccesso di effluenti; da un lato, voglio produrre ancora di più, ho meno acqua per il clima, che è derivato anche dalle emissioni, e poi mi trovo in questo circolo vizioso.

Il suolo ha bisogno - pare - anche di mille anni per essere generato, però, con riferimento a questo stress, che riduce la fertilità, son bastati pochi anni di uso intensivo per avere questa eutrofizzazione così diffusa.

I nitrati alti sopra i 50 milligrammi su litro si iniziano ad avere nella bassa bresciana e nell'alto mantovano, in zone dell'Emilia Romagna, quindi, acqua che non è potabile per gli adulti; chissà com'è per i bambini dove i nitrati dovrebbero essere sotto a 10 milligrammi per litro e non c'è alcun obbligo di pubblicare in tempi rapidi, settimanalmente, i nitrati nell'acqua del rubinetto. Su questo mi rivolgo ai Ministri competenti, perché, se non devono bere l'acqua potabile i bambini in questa fase, cautelativamente, bisogna che qualcuno glielo faccia sapere.

In Italia, qualcuno si preoccupa dei 70 miliardi di metri cubi di gas importati, però ci sono 60 miliardi di metri cubi di acqua importati, come acqua virtuale: in tutto consumiamo 130 miliardi di metri cubi di acqua e, chiaramente, circa la metà va alla zootecnia; questo comunque è un dato di fatto di cui bisogna tener conto. La water footprint è calcolata dal WWF ogni cinque anni; gli ultimi dati sono il cinque anni fa.

Importiamo quasi più acqua che gas. Senza acqua non si vive per più di tre giorni. I corsi d'acqua vengono derivati per i vari utilizzi. Adesso, sono entrato nella normativa nazionale: il deflusso minimo vitale per garantire una portata istantanea minima a valle delle derivazioni è anche un deflusso ecologico per garantire obiettivi ambientali indicati dalla direttiva comunitaria. Sono stati istituiti osservatori per la gestione delle risorse idriche, con informazioni relative agli scenari climatici, monitoraggi della disponibilità dei consumi idrici e proposta da parte degli osservatori di linee strategiche di reimpiego stagionale delle risorse idriche. È importante mitigare la siccità, incrementando le disponibilità idriche, riducendo le domande, mitigando gli effetti negativi della siccità stessa. Se non vengono attuate, un episodio di siccità si può trasformare in un episodio di carenza idrica. Ci sono poi altre dinamiche: la stessa forestazione. L'abbandono del territorio collinare e montano, con un'eccessiva forestazione, in qualche modo, è stata negativa per il ciclo dell'acqua, perché l'acqua poi viene trattenuta su quei territori. L'abbandono del territorio è molto pesante (studi come quello di Vicente-Serrano del 2021). Una diminuzione del flusso idrico nell'Europa meridionale è stata legata all'eccesso di forestazione in zone abbandonate; questo vuol dire che la forestazione è importante, ma va fatta in maniera omogenea, anche in zone di pianura, ove, chiaramente, l'agricoltura intensiva non è più sostenibile. Alcuni dati me li ha forniti il professor Marco Borga, del dipartimento Suolo ambiente e agricoltura, dell'Università degli studi di Padova.

E' necessario migliorare lo studio e la mitigazione del rischio di siccità e non solo quello di alluvione. Ci sono attività di bonifica ed irrigazione nella bassa e media Pianura padana, legate spesso a enti privati. Ci sono 880 milioni di metri cubi di acqua per la zootecnia che, chiaramente, erano storici, ma adesso non sono più sostenibili.

È necessario il monitoraggio della siccità, la gestione del rischio di carenza idrica; bene la rete di piccoli invasi, a basso impatto paesaggistico. Concordo con alcune parole del Ministro: questa insufficienza di invasi in qualche modo deve essere ovviata, la loro mancata manutenzione, il degrado della rete deve essere migliorato, le perdite superiori al 40 per cento; sono necessarie tecniche di irrigazione agricola più efficienti. Ci sono, forse è vero, troppi enti gestori, però, attenzione, il problema non è tanto il fatto che siano tanti, ma che ci siano tanti enti diversi ad operare sullo stesso tema (consorzio di bonifica, consorzi di miglioramento fondiario e associazioni private). Nella sola Lombardia, ci sono 16 enti irrigui regionali e tre interregionali, a cui si affiancano consorzi di secondo grado per la gestione dei canali e altri enti gestori di canali privati. Tutti questi enti, spesso, non si coordinano. Esiste ancora, nelle aree sudorientali lombarde, come a Mantova, dove vivo, l'irrigazione non strutturata: gli agricoltori accedono direttamente e liberamente al prelievo di acqua dai canali consortili. Questa pratica, quando c'è buona disponibilità di risorsa idrica, può andare bene, adesso è un fattore di vulnerabilità del sistema, in caso di scarsità idrica.

Il Governo sta predisponendo - lo attendiamo - questo decreto urgente, in cui si parlerà anche di acque reflue e qui voglio fare il discorso sulla qualità, perché gestire le acque reflue va bene, ma non si può pensare di sostituire al letto di un fiume con solamente le acque reflue; le acque reflue vanno diluite e sanificate. Quello che è successo nel fiume Chiese, dove si vogliono gettare tutti i reflui dei comuni del Garda, che è un altro bacino, rischia di ripetere quello che sullo stesso fiume Chiese era successo, con un'epidemia di legionella da mille casi, una polmonite molto grave. Per adesso non c'è contagio da uomo a uomo, ma il rischio c'è. Ieri abbiamo visto le foto del fiume Chiese morto, perché dal lago non arriva più acqua e ci sono già sedici casi di legionella non lontano in Val Seriana.

La gestione di tutti i reflui va fatta, va ottimizzata: grazie al “decreto Genova” erano stati sparsi 75 milioni di tonnellate di fanghi dal 92 al 2018 senza cercare idrocarburi; adesso questi vengono cercati e limitati, e l'Italia è l'unica Nazione europea che lo fa, quindi, abbiamo un po' migliorato, ma dobbiamo stare attenti a tracciare tutto quello che parte come fango, che magari diventa correttivo gesso di defecazione. Dobbiamo ricordare il ciclo del carbonio; il carbonio aiuta a trattenere i liquidi e abbiamo questo eccesso di bioenergia e 7 milioni di tonnellate di digestato all'anno nella sola Lombardia che ha un bassissimo rapporto carbonio-azoto. Queste sono cose che vanno studiate; non ci sono ancora studi definitivi e pensare adesso di equiparare il digestato ai fertilizzanti può essere un rischio di stress idrico ulteriore.

Nature e l'Agenzia europea dell'ambiente mettono in guardia dai cosiddetti biocarburanti, che possono incrementare gas serra e le emissioni di carbonio dal suolo; il carbonio trattiene acqua, è una delle difese del suolo. Per cui, ricordiamoci tutto quello che emette gas serra: un inceneritore che emette doppi gas serra rispetto alle emissioni della produzione energetica media italiana è un inceneritore che favorisce la siccità e favorisce la carenza idrica, bisogna cercare di tenerlo ben lontano.

Ricordiamo l'importanza di quello che il PNRR ha stanziato, il PNRR voluto e ottenuto dal Presidente Conte: ben 4,4 miliardi di euro, 600 milioni di investimenti per la depurazione delle acque reflue, 900 milioni per la digitalizzazione, il monitoraggio e la riparazione delle reti idriche, 2 miliardi per le nuove infrastrutture idriche primarie, 900 milioni per l'ammodernamento del sistema irriguo agricolo. Chiaramente deve essere finalizzato ad un'agricoltura di precisione, a colture meno esigenti; il mais per il foraggio per le bioenergie è la coltura più idrovora.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI (ore 18,30)

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). La mozione di Antonio Federico vuole impegnare a migliorare l'azione degli Osservatori permanenti sugli utilizzi idrici nei distretti idrografici, che oggi sono affidati ai protocolli di intesa e hanno una struttura pressoché volontaristica, di tipo sussidiario. Questa mozione vuole istituire un catasto a scala distrettuale delle concessioni e delle utilizzazioni delle acque pubbliche, per conoscere la ripartizione idrica tra i diversi usi e assumere decisioni per la gestione dell'eventuale emergenza insieme alla Protezione civile e alle altre autorità competenti; vuole eseguire una ricognizione puntuale degli scopi delle principali captazioni idriche; monitorare il completamento sulle sperimentazioni del deflusso ecologico; rendere pubblici i dati relativi alla concentrazione dei nitrati nelle acque potabili erogate. Sarebbe da riflettere anche sul ciclo del carbonio e sugli effluenti ricchi di carbonio al suolo e poveri di nitrati mobili e sulla riforestazione, che deve tornare anche in pianura.

Dal fiume Oglio sono emerse palafitte preistoriche, è emerso un dinosauro, un megacero e altri fossili vicino a Bondeno: questi sono segnali che ci riporta alla mente estinzioni di massa. Dobbiamo ridurre, prima di tutto, le emissioni serra, studiare seriamente, pena il rischio di estinzione per tutta la nostra specie.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Sandra Savino, che illustrerà anche la mozione Nevi ed altri n. 1-00680, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

SANDRA SAVINO (FI). Grazie, Presidente. Quella attuale è la peggiore siccità degli ultimi 70 anni. Catastrofismo? No. Secondo i dati del CNR, nei primi 5 mesi del 2022, in Italia, è caduta circa la metà della pioggia rispetto alla media degli ultimi 30 anni. Sommato alla diminuzione delle precipitazioni nevose durante l'inverno e a una temperatura media superiore di circa 3 gradi alla media del periodo, ecco che va configurandosi uno scenario allarmante, che richiede soluzioni di breve, medio e lungo periodo.

Molte regioni, tra cui il mio Friuli-Venezia Giulia, sono intervenute con misure di diversa natura per cercare di limitare le conseguenze, ma c'è una distorsione di fondo, quasi semantica: la diminuzione delle precipitazioni è un fenomeno che non si è presentato a sorpresa quest'anno, ma che periodicamente si presenta, con maggiore o minore intensità, ma si presenta. E, allora, non chiamiamola “emergenza”, perché il problema è emerso da tempo e abbiamo il dovere di adottare misure strutturali, non emergenziali, in grado di permettere al sistema Paese di affrontare e risolvere le sfide del futuro, al netto degli estremismi sui cambiamenti climatici e delle narrazioni eccessivamente ideologizzate. Se nel breve periodo, giocoforza, sono necessari interventi emergenziali, nel medio e nel lungo, abbiamo il dovere, a livello nazionale ed europeo, di intervenire su quelle che sono le falle del sistema. E dico “falle” non a caso, ma ci tornerò in seguito.

Prima consentitemi di fare un passaggio apparentemente secondario, ma, a mio avviso, necessario perché si crei una consapevolezza diffusa della rilevanza del fenomeno di cui stiamo dibattendo. Un passaggio dedicato a due fake news o, più per l'esattezza, a una castroneria che si inserisce nel solco del complottismo da social, questa: come è possibile che, in Italia ci sia un'emergenza siccità visto che siamo un Paese circondato dal mare? Sono i “no-sic”, degni eredi dei “no-vax” e della compagnia di persone che vedono, dietro ogni problema, un falso problema. Per questi negazionisti non ci sarebbe nessuna siccità e l'allarme sarebbe funzionale a decisioni politiche che vanno nell'interesse di non si sa chi. Perché citarli e dar loro visibilità? Perché vanno messi a tacere con i fatti, con i numeri, con le conseguenze devastanti che la siccità di quest'anno sta causando: oltre 2 miliardi per il solo settore agricolo quest'anno, oltre 15 miliardi dal 2000 ad oggi.

Ma c'è un'altra tesi che fa discutere e che merita di essere approfondita: quella relativa alle colpe della carenza idrica, da imputare proprio agli agricoltori, rei di consumare troppa acqua. Vero è che l'uso irriguo è consistente, ma è altrettanto vero che stiamo vivendo un momento di enorme difficoltà per l'approvvigionamento idrico. La colpa non è degli agricoltori. Innanzitutto, vogliamo ricordare che l'acqua utilizzata per uso irriguo non fuoriesce dal ciclo, ma viene restituita al sistema ambientale. Inoltre, le imprese agricole stanno progressivamente adottando tecnologie di precisione che permettono di ridurre il consumo d'acqua. Infine, si sta lavorando - e ci tornerò in seguito, perché è uno dei punti contenuti nella mozione di Forza Italia - a colture bisognose di una quantità d'acqua minore rispetto ad oggi, acqua necessaria per produzioni che rappresentano parte consistente del nostro made in Italy. Vogliamo colpire questo settore imputandogli colpe che non ha? Assolutamente no.

E, allora, chi spreca l'acqua? La risposta è ben nascosta, ma sin troppo evidente - passatemi il gioco di parole-, ben nascosta nelle falle delle condotte, perché il problema è la fatiscenza delle reti di distribuzione. Gli ultimi dati Istat disponibili - ovvero un po' datati - ci dicono che 3,5 miliardi di metri cubi di acqua - ripeto: 3,5 miliardi di metri cubi d'acqua - risultano sprecati a causa di condutture vetuste e soggette a frequenti rotture. Ad ammetterlo è anche il Ministro Cingolani in un suo intervento apparso ieri su La Stampa.

Cosa abbiamo fatto nel frattempo? Poco, dobbiamo ammetterlo. Siamo tra gli ultimi in Europa per investimenti nel rinnovamento delle infrastrutture idriche e, come se non bastasse, oltre alle perdite, registriamo limiti inaccettabili nella capacità di trattenere l'acqua piovana. Recuperiamo solo l'11 per cento, il restante se ne va. In pratica, piove meno, quella poca acqua che cade non siamo in grado di trattenerla, se non in minima parte e quasi la metà di quella pochissima acqua che riusciamo a recuperare lasciamo che fuoriesca dalle crepe e dalle giunture di tubature vetuste. Questo innesca un circolo vizioso, perché spinge a sfruttare le falde acquifere, che non solo non risolve il problema, se non nel contingente, ma peggiora la situazione nel medio e lungo periodo. Allora che fare? Forza Italia, su iniziativa del responsabile agricoltura Raffaele Nevi e con il sostegno del nostro coordinatore nazionale Antonio Tajani - perché il ruolo dell'Unione europea è e sarà decisivo -, ha presentato un piano di interventi concreto a 360 gradi, in grado di creare le condizioni per poter affrontare in futuro fenomeni di scarsità d'acqua, preservare le falde acquifere, sostenere l'agricoltura.

Nel suo citato intervento sul Corriere, il Ministro parla di un poderoso rafforzamento previsto dal PNRR: 4,4 miliardi di euro, per 4 linee di intervento, finalizzate - parole di Cingolani - a riparare al più presto le trascuratezze e gli errori strategici di decenni. Noi lo speriamo. Nel frattempo, con questa mozione, che va oltre le linee di intervento delineate dal Ministro, Forza Italia intende offrire un contributo concreto, che raccoglie le sollecitazioni di una pluralità di soggetti, pubblici e privati, con l'obiettivo di efficientare gli invasi esistenti, ammodernare la rete di distribuzione, realizzare invasi, bacini e dighe, come, ad esempio, previsto dal Piano laghetti. Questo è il punto intorno a cui muovere tutto: diminuire i prelievi dalle falde, aumentando il numero di invasi per la raccolta dell'acqua piovana. Serve inoltre un Recovery Fund dedicato al settore primario, per accelerare la realizzazione di progetti strategici, di infrastrutturazione e sviluppo economico, produttivo e imprenditoriale, come sono gli invasi e le altre infrastrutture idrauliche di cui necessita il Paese.

A proposito di interventi in prospettiva e al ruolo dell'Europa, come non pensare alle tecnologie di evoluzione assistita, da non confondersi assolutamente con gli OGM, finalizzate a sperimentare nuove piante più resistenti alla siccità e ai parassiti. Infine, un piano completo di ristori che possa compensare le consistenti perdite subite da aziende e lavoratori.

A margine, ma non contemplato nella mozione di Forza Italia, ricordo che nei giorni scorsi, nella mia Trieste, l'ambasciatore d'Israele ha ricordato come quel Paese, che conosce la siccità come costante in gran parte del territorio, abbia affrontato e risolto il problema senza penalizzare l'agricoltura o la popolazione, attraverso il potenziamento delle tecnologie d'irrigazione e la realizzazione di dissalatori. Questo per dire che, forse, i “no-sic”, che parlano della siccità come di una montatura perché l'Italia è circondata dal mare, involontariamente una ragione potrebbero averla. Mi avvio a concludere. Quelli sinteticamente esposti sono solo alcuni dei punti contenuti nella mozione di Forza Italia, una mozione che, voglio ripeterlo, non mira a gestire la contingenza, ma a porre le basi per un piano di interventi per il presente ed il futuro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Golinelli, che illustrerà anche la mozione Molinari ed altri n. 1-00685, di cui è cofirmatario.

GUGLIELMO GOLINELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Il tema ovviamente è complesso e non è neanche riconducibile alla sola emergenza di quest'anno; sono oltre vent'anni che abbiamo dei problemi climatici, sia in termini di aumento delle precipitazioni in un breve lasso di tempo, sia in termini di estati estremamente siccitose; questa segue quella del 2008 che fu altrettanto critica. La questione è sicuramente non affrontare in maniera ideologica e a livello di “eurofollia” la questione. Abbiamo sentito, qui, un collega vegano attaccare in modo immotivato gli allevamenti, quando è la stessa ISPRA a dirci che nelle regioni Lombardia, Emilia e Veneto, dove c'è la maggior pressione zootecnica, questi sono responsabili del 10 per cento dell'inquinamento da nitrati delle acque sotterranee, o attaccare anche una risorsa che sarà fondamentale nel preservare la fertilità dei terreni e la struttura glomerulare del terreno, quindi, la struttura corretta per il trattenimento dell'acqua e del carbonio, data proprio dagli effluenti zootecnici oppure dall'utilizzo del digestato che questo Parlamento ha recentemente equiparato, ben facendo, al fertilizzante che ci permetterà anche di evitare la desertificazione in enormi zone del Paese che stanno soffrendo questo problema.

Come dicevo, la problematica della siccità ha radici profonde, che possono essere individuate in una rete idrica nazionale in grado di trattenere solo l'11 per cento delle precipitazioni, oppure nella rete degli acquedotti, che ha un'età media di 63 anni e una perdita che va tra il 40 e il 50 per cento mediamente all'interno del Paese, negli investimenti mai fatti a livello di infrastrutture irrigue, torrenti e fiumi, con una normativa che impedisce la pulizia dei letti, la sistemazione degli alvei, con ambientalisti che quando ci sono da fare degli interventi infrastrutturali importanti, pensiamo alla regimazione del Po, si sono opposti, lato Emilia-Romagna, dicendo che ciò avrebbe compromesso l'ambiente fluviale, danneggiando la flora e l'avifauna.

Ecco, quando noi diciamo che la questione è da affrontare in maniera non ideologica, diciamo che se il Paese ha bisogno di interventi strutturali sulle reti idriche e sulle infrastrutture irrigue, questi interventi si devono fare e deve prevalere il buonsenso a discapito di piccole minoranze rumorose che sono per il “no” dappertutto, sono poi gli stessi del “no” agli allevamenti, del “no-TAV”, del “no-TAP”, che vediamo barcamenarsi in comitati contrari anche quando ci sono da fare importanti investimenti di cui il Paese ha bisogno.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 18,45)

GUGLIELMO GOLINELLI (LEGA). La nostra mozione è un atto pratico per attuare quelle cose che in questi ultimi vent'anni era necessario fare e non sono state realizzate, e anche per dare un po' di equilibrio alle “eurofollie” climatiche che abbiamo visto a livello europeo.

Sappiamo che l'Italia è responsabile dello 0,7 per cento delle emissioni globali, per cui se noi facessimo anche tutti gli sforzi possibili e immaginabili di riduzione delle emissioni, e lo stesso facessimo anche a livello europeo, davanti a una Cina, a un'India o a un'Africa, che invece non fanno nulla dal punto di vista climatico, sappiamo benissimo che i nostri sforzi sarebbero solo una castrazione fisica della nostra economia, delle nostre imprese e, al contempo, una perdita di competitività, senza effetti climatici rilevanti perché poi questi Paesi, che rappresentano oltre il 50 per cento della popolazione globale, non avrebbero mosso un dito davanti alla crisi climatica e davanti agli effetti negativi che questa può avere.

Pertanto, nella nostra mozione chiediamo che la risposta sia innanzitutto globale, cioè che l'Europa sia portavoce a livello di WTO, di FAO, di tutti i consessi internazionali, di un'impostazione non solo europea, ma, appunto, globale e che questo avvenga in modo sostenibile, per evitare - come ho detto prima - il rischio che corriamo con una riconversione energetica forzata sulle nostre imprese; arrivare al 2035 con l'abbandono dei mezzi termici o al 2050 con una riduzione drastica delle emissioni di CO2 rischia di mandare fuori dal mercato le nostre imprese. Poi, qualcuno, magari, sarà contento, perché i dipendenti di queste imprese lasciati a casa prenderanno il reddito di cittadinanza, così ci sarà modo di mandarlo avanti e di continuare con questo scempio. La verità, invece, è che c'è bisogno di lavoro e c'è bisogno di tutelare le nostre imprese anche davanti alla riconversione energetica e davanti alla transizione ecologica; quindi, tempi e modi sostenibili per le nostre imprese.

Arriviamo ai passaggi che possono inserirsi nelle misure che si possono mettere in atto per contrastare questa emergenza siccità e per operare al meglio.

Sicuramente, occorre istituire, a livello di Presidenza del Consiglio dei Ministri, un tavolo tecnico per affrontare nel modo corretto le misure, gli interventi e le operazioni atte a contrastare questa emergenza siccità; un tavolo tecnico cui devono partecipare i ministeri competenti, per cui il Ministero della Transizione ecologica, il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, mi verrebbe da dire anche il Ministero dello Sviluppo economico, essendo le imprese chiaramente coinvolte all'interno dell'emergenza siccità - ci sono molte imprese che fanno uso di acqua e che attingono dai bacini e dai canali al pari dell'agricoltura - e in cui inserire poi le autorità di bacino, l'Associazione nazionale delle bonifiche italiane e le principali associazioni agricole. Questo credo sia il punto più importante che avevamo presentato anche nel “decreto Aiuti” e che speriamo possa trovare accoglimento in quella che potrebbe essere una mozione unitaria. Sicuramente, in questo momento, occorrono gli aiuti economici. Se pensiamo che normalmente un agricoltore per una coltivazione fa due o tre irrigazioni all'anno, perché, poi, soprattutto nei mesi di maggio e giugno e nei primi giorni di luglio di solito piove, ecco, questa condizione è andata scemando; quindi, gli agricoltori, ad esempio, hanno dovuto irrigare per far nascere il mais, per farlo germinare e le tre irrigazioni che si sarebbero fatte (e che sono quelle, a livello di agronomia, ritenute economicamente sostenibili per portare a casa un reddito accettabile) rischiano di essere poche, perché, di fatto, questo caldo e questa siccità hanno aumentato il grado di maturazione del mais in modo esponenziale e c'è bisogno sicuramente di irrigare. Pertanto, occorrono risorse economiche per pagare il gasolio, che ha raddoppiato il proprio prezzo, un aumento del buono concesso agli agricoltori per l'utilizzo del gasolio agricolo nella loro attività e sostegni economici per i cali delle produzioni che le imprese hanno subito.

Abbiamo visto, con riguardo al frumento - che è una coltivazione autunno-vernina, che in teoria non avrebbe bisogno di acqua - che la scarsità di precipitazioni che c'è stata a marzo, ad aprile e a maggio ha determinato un calo del 20 per cento della produzione per cui, se vogliamo che le imprese rimangano aperte, che onorino i mutui, che paghino i fornitori e soprattutto che paghino i dipendenti, è sicuramente necessario andar loro incontro con dei ristori economici perché il bilancio, alla fine dell'annata agraria, sarà estremamente negativo se non ci sarà un intervento da parte dello Stato. Sicuramente, una cosa da fare - noi siamo stati i primi a parlarne a livello di Commissione e anche a livello di politica nazionale - è adoperarsi per un miglioramento della genetica agricola. Dal miglioramento della genetica vegetale deriva sicuramente la possibilità di avere piante più resistenti alla siccità, che ci possano mettere nella condizione di produrre meglio anche in annate sfavorevoli, come questa. Lo abbiamo chiesto a più riprese nei decreti che si sono succeduti in quest'Aula. È necessario andare in Europa e sbloccare la questione delle nuove tecnologie genetiche vegetali e mettere i nostri imprenditori agricoli nelle condizioni di produrre di più e meglio. Quindi, evviva l'agricoltura intensiva, per produrre di più e in modo più sostenibile! Chi parla di decrescita felice anche in ambito agricolo, probabilmente non ha ben capito da che parte è girato.

C'è sicuramente bisogno di migliorare il sistema agricolo irriguo, legato ai consorzi di bonifica, di andare verso impianti irrigui collettivi, di proseguire con l'agricoltura 4.0 per utilizzare nelle nostre imprese agricole impianti più efficienti, che sprechino meno acqua, che consumino meno gasolio e che abbiano un'efficienza irrigua superiore.

Come dicevo prima, davanti soltanto all'11 per cento di acqua stoccata, è necessario andare verso un sistema di vasche di laminazione, di piccoli e medi invasi, in modo da accumulare l'acqua nei mesi più piovosi ed evitare che vada al mare perché, quando l'acqua dai fiumi va verso il mare, diventa acqua persa. Ecco, noi dobbiamo rallentare questo ciclo.

Qui mi collego anche a una battaglia storica che ha fatto la Lega e che - come dicevo prima - è stata abbandonata a causa dell'ambientalismo della regione Emilia-Romagna: mi riferisco alla regimazione del fiume Po. Il percorso è stato abbandonato, andando verso una semplice navigabilità del fiume, quando invece la regimazione, cioè la costruzione di più sbarramenti lungo il corso del fiume avrebbe permesso di rallentare il flusso dell'acqua, di tenerlo a un livello costante per un periodo più lungo. Fonti tecniche sostengono che questo andrebbe a rallentare il flusso dell'acqua di dieci giorni che, in un momento come questo, sarebbe un qualcosa di eccezionale e porterebbe alla produzione di energia idroelettrica. Pensate che il progetto, sottoposto al Ministero delle Infrastrutture e alle Commissioni ambiente e lavori pubblici di Camera e Senato, prevedeva che esso si sarebbe autofinanziato grazie alle concessioni per la produzione di energia idroelettrica e, allora, con l'utilizzo di turbine lungo questi sbarramenti, avrebbe permesso di produrre il 3 per cento dell'energia elettrica dell'intero Paese, cioè tantissimo. Con la tecnologia che è andata avanti, con turbine sempre più efficienti, immagino che, se si riprendesse in mano il progetto di regimazione del Po che abbiamo inserito nella nostra mozione, esso potrebbe portare a una produzione del 5 per cento dell'energia elettrica di cui il Paese ha bisogno. In questa fase, davanti al rincaro di tutte le materie prime ed alla crisi energetica, sicuramente un'ipotesi del genere non è da scartare.

Si parlava prima anche dei comportamenti che gli ambientalisti da salotto hanno tenuto in questi anni nella manutenzione dei fiumi. Pensiamo che è vietato fare il dragaggio e utilizzare come fosse terreno - perché tale è: terra - il fondale dei fiumi e dei canali.

Anche da questo punto di vista è necessario, per una migliore capacità di invaso dei fiumi e per una miglior scorrevolezza dell'acqua, togliere quei lacciuoli che non permettono di fare un'adeguata pulizia del letto dei fiumi, che poi sono stati anche devastati dalla presenza dei gamberi e degli animali fossori. Quindi, dobbiamo tornare a fare come facevano i nostri nonni: una seria pulizia e manutenzione dei nostri fiumi perché, quando di acqua ne viene troppa - io provengo dalla provincia di Modena, dove nel 2014 è esondato il fiume Secchia - abbiamo bisogno di convogliare quest'acqua per evitare le alluvioni e il dissesto idrogeologico, accumularla per i mesi estivi e rilasciarla lentamente, in modo da dare la possibilità all'agricoltura e all'industria di avere accesso alla risorsa idrica e, come succede poi per molti canali, come per il Canale Emiliano Romagnolo, addirittura di dare acqua potabile a tutta la bassa Romagna. Infatti, con le infrastrutture agricole - per evidenziare le connessioni in questo sistema -, si riesce persino a dare l'acqua potabile ai cittadini, ovviamente previo uso di sistemi di potabilizzazione: questo vuol dire che l'acqua che è dentro i nostri canali è acqua pulita. Dobbiamo quindi tornare a quel buon senso pratico di manutenzione delle infrastrutture e del territorio, perché poi i danni che paghiamo, quando ci sono alluvioni, frane o dissesti idrogeologici, vanno a esuberare rispetto alla corretta programmazione e al corretto intervento sul territorio delle nostre infrastrutture. Altra cosa che occorre sicuramente fare è un ammodernamento di tutto il sistema degli acquedotti che è troppo vecchio (è presente anche nel PNRR), un ammodernamento di tutto il sistema di depurazione dell'acqua, perché le acque grigie, ossia le acque sporche e inquinate, se opportunamente trattate, possono restituirci acqua utilizzabile sia a scopi agricoli che a scopi industriali. Quindi, davanti ai cambiamenti climatici e ai periodi siccitosi che si prospettano, abbiamo la necessità di non buttar via nemmeno un grammo di acqua, per cui andiamo avanti con il discorso della depurazione e con l'ammodernamento dei depuratori che, spesso, sono sottodimensionati o completamente inesistenti.

Un'altra opportunità è quella della desalinizzazione delle acque: alcuni Paesi, come Israele ed i Paesi arabi, in cui non c'è acqua, sono riusciti a creare un Eden all'interno dei deserti proprio grazie alla desalinizzazione dell'acqua; questo tornerebbe sicuramente utile in quelle parti del Paese che sono, in modo sistematico e cronico, in deficit idrico. Vista la situazione di quest'anno, che ahimè rischia di riproporsi anche nei prossimi anni, quello sulla desalinizzazione diventerà un ragionamento importante anche nel Nord Italia.

Arriviamo anche agli investimenti. Abbiamo parlato della rete delle infrastrutture idriche, dei canali e degli invasi, ma avevamo consorzi di bonifica in grado di “cantierare” immediatamente fino a 4,5 miliardi di interventi: invece, ahimè, nel PNRR, gli interventi per le infrastrutture irrigue del comparto agricolo sono di soli 900 milioni di euro per cui, dal momento che molte delle opere preventivate nel PNRR - causa materie prime, causa assenza di tecnici, causa assenza di imprese - probabilmente non saranno cantierabili, l'invito che facciamo è quello di dirottare le risorse, che non verranno utilizzate, nelle infrastrutture irrigue agricole, dove c'è la possibilità di far partire immediatamente dei cantieri, con il sistema dei consorzi che ha già le strutture, i mezzi e le competenze per far partire questi lavori quanto prima (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ciaburro, che illustrerà anche la mozione n. 1-00686, di cui è cofirmataria.

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie Presidente, una raffinata maledizione cinese cita “che tu possa vivere in tempi interessanti”, considerando questo termine “interessanti” qualcosa di complesso, qualcosa che fa perdere ogni tipo di riferimento, ogni tipo di certezza; mai come oggi possiamo tranquillamente dire che stiamo vivendo questi tempi interessanti forse da fin troppo tempo. Siamo, infatti, reduci da un susseguirsi di emergenze - COVID, peste suina, carovita, costi fissi, attività turistica, agricoltura, guerra russo-ucraina, inflazione, potenziale recessione -, tutto nell'arco di poco più di due anni. Alcune di queste, come il COVID, erano giocoforza imprevedibili, anche se poi, ahimè, sono state gestite in modo del tutto disastroso; altre erano invece perfettamente contenibili e potenzialmente evitabili. È il caso della peste suina, ma anche il caso della siccità - oggetto di questa mozione presentata anche da Fratelli d'Italia - o quantomeno delle sue ripercussioni sul nostro sistema Paese.

Per chi ha la memoria lunga, le emergenze più recenti risalgono rispettivamente al 2017 e al 2003, mentre il fenomeno attuale rappresenta la più grave siccità degli ultimi 70 anni. In mezzo a questo scenario fa invece riflettere come l'Italia sia il Paese europeo con più piogge e corsi d'acqua di qualsiasi altro Paese dell'Unione; il nostro Paese vanta circa 7.596 corpi idrici, tra fluviali e lacustri, e vanta volumi di precipitazioni potenzialmente più intensi rispetto a quelli di Paesi come Belgio e Regno Unito, noti per essere estremamente piovosi.

I più si chiederanno: come mai ci troviamo in una situazione di crisi conclamata, di un problema di razionamento dell'acqua? A titolo infrastrutturale, in Italia sono presenti 526 grandi dighe, circa 20 mila piccoli invasi, per una rete idrica di 500 mila chilometri; infrastrutture, però, che soffrono il peso degli anni, appartenendo ad una stagione di investimenti e di infrastrutturazioni che non ci appartiene più, perché risalenti ad oltre trent'anni fa e alcune anche a cinquant'anni fa. Così, queste infrastrutture sono passate da immagazzinare il 15 per cento dell'acqua all'11 per cento, con una perdita di oltre il 42 per cento dell'acqua trasportata. Di tutte le fonti di risorsa idrica che abbiamo a disposizione non riusciamo ad incanalare e distribuire praticamente nulla. Abbiamo poi una gestione della risorsa idrica frammentata e schiava di burocrazie completamente incomprensibili, al punto che l'acqua potabile è talvolta utilizzata persino per il raffreddamento degli impianti industriali ma, al contempo, l'acqua potabile non è generata tramite desalinizzazione, nonostante l'Italia sia letteralmente una piattaforma slanciata sul Mediterraneo e, in questo caso, si potrebbe pianificare una strategia che permetterebbe di recuperare zone già compromesse in cui magari sono ubicati impianti che potrebbero essere riconvertiti. Da piemontese cuneese il tema mi tocca profondamente. Il fiume Po ha raggiunto una portata d'acqua inferiore del 72 per cento rispetto alla media, con ripercussioni sugli affluenti nel territorio che poi si sono diffuse su Lombardia, Veneto, ma anche Emilia-Romagna. Questo significa meno acqua e politiche di triage, di pronto soccorso, quindi razionamento e meno risorse da destinare all'agricoltura e all'idroelettrico. Questo significa anche che, in alcuni territori, sono in azione autobotti per l'approvvigionamento di acqua, visto che i serbatoi locali fanno riferimento a risorse che ormai non sono più disponibili, anche grazie alle poche nevicate che abbiamo avuto quest'inverno. La portata di questa crisi è totale: colpisce tanto l'agricoltura quanto l'industria, il tenore di vita dei nostri cittadini ed anche le abitudini che avevamo nell'aprire il rubinetto dell'acqua. L'idroelettrico è tra le principali fonti di energia rinnovabile in Italia e dipende in larga parte dalla produzione energetica derivante dal fiume Po, produzione che, da gennaio a maggio dell'anno in corso, è diminuita del 40 per cento. In prospettiva, questo significa non solo meno energia, ma anche utenze più care proprio in un periodo in cui di rincari ne abbiamo visti a sufficienza e continuiamo a vederne.

L'acqua è fonte di vita e fonte principale della nostra produzione agroalimentare: l'85 per cento della nostra produzione nazionale deriva proprio da colture irrigue; il 60 per cento della risorsa idrica nazionale è destinata ad uso agricolo. Il fatto che il Po sia in sofferenza pone in sofferenza l'intero settore agroalimentare italiano, visto che questo corso d'acqua vale il 30 per cento della produzione agricola nazionale ed il 50 per cento delle attività zootecniche.

Avere il Po in secca significa avere oltre un quarto del territorio nazionale a rischio desertificazione, che significa anche desertificazione economica e sociale.

Il cuneo salino nel Po è risalito a 15-20 chilometri e questo significa desertificazione e distruzione poiché interviene su territori che dovrebbero essere fertilizzati dall'acqua dolce di fiume e che invece verranno seccati dall'acqua di mare. A livello nazionale il cuneo salino sta penetrando per 15-20 chilometri con il 20 per cento della fascia costiera già completamente desertificato e non più destinabile ad uso agricolo. Negli ultimi vent'anni la siccità ha provocato danni all'agricoltura italiana superiori a 15 miliardi di euro e nel solo 2022 ha provocato danni per ben 2 miliardi. Il 30-40 per cento delle colture agricole di riso e mais rischiano di scomparire; si stima un crollo del 50 per cento con una resa di 40-50 quintali per ettaro, a livelli simili, se non peggiori, della resa del 2003.

Per quanto riguarda il riso, siamo il primo produttore europeo con produzioni di eccellenza già messe in difficoltà dalla concorrenza sleale dei Paesi asiatici, che non fanno riferimento al diritto del lavoro ma alla schiavitù per stimolare le proprie produzioni. Con questa crisi non si fa che assistere a un'ulteriore sofferenza di un comparto che chiede aiuto e che noi dovevamo aiutare non oggi ma già uno o due anni fa quando si parlava di rimuovere i dazi a livello europeo proprio da quei Paesi asiatici che oggi ci fanno concorrenza sleale. Rischiamo di perdere il mais di cui siamo deficitari in un periodo - è inutile ricordarlo qui a voi – in cui ogni materia prima agricola è fondamentale ed essenziale. I territori si desertificano, la resa delle colture è in perdita, termineremo l'anno con prodotti sempre più cari e sempre meno soldi per poterli acquistare.

C'è poi il tema del PNRR, panacea di tutti i mali, che però per il solo piano invasi prevede 400 milioni di euro, quando già ARERA nel 2020, ben due anni fa, evidenziò la necessità di investire almeno 10 miliardi, non milioni, per l'adeguamento delle infrastrutture di raccolta, trasporto e gestione della risorsa idrica. Rispetto a 30-50 anni fa abbiamo dalla nostra la tecnologia che se opportunamente impiegata ci può permettere di colmare l'enorme divario che abbiamo accumulato negli anni. Investire in tecnologia significa prendere il PNRR, il Next Generation UE e stanziare più risorse e progettualità, abbattere la burocrazia, razionalizzare la governance della risorsa idrica e scommettere su meccanismi a doppio invaso, pompaggio idroelettrico e tecnologie fondamentali come gli impianti di desalinizzazione. Però, fare questa scommessa significa anche fare prima pace con il cervello perché non è possibile dire “sì” all'acqua, adoperarsi per rilanciare la risorsa idrica e poi lasciare intonso un testo come il DDL “salvamare” che ostacola in modo incomprensibile e illogico la costruzione di impianti di desalinizzazione. Questa mozione di Fratelli d'Italia rappresenta quindi la nostra ricetta per affrontare le emergenze in corso, tosto che purtroppo ogni intervento sarà sempre tardivo visto che la prima causa di questa situazione è proprio la passività di una politica malata ancorata all'interesse particolare e disinteressata verso l'interesse generale e ben lontana da quella che è l'economia reale e quelli che sono i problemi contingenti, sapendoli, con quella capacità e visione, anticipare nelle risposte. Con il primo impegno si chiede al Governo di adoperarsi per ridurre l'impatto della siccità sul territorio nazionale stanziando tutte quelle risorse economiche necessarie per sostenere i comparti penalizzati dalla siccità, dal comparto agricolo, al turistico, all'energetico, anche per contenere ulteriori rincari delle utenze su cittadini e imprese. Con il secondo impegno si chiede al Governo di operare in modo da incrementare le risorse del Next Generation EU prevedendo anche un'apposita strategia di gestione della siccità con maggiori finanziamenti per le infrastrutture idriche, tali da garantire la sovranità alimentare dell'Italia e dei Paesi membri. Con il terzo impegno si vuole recuperare quanto proposto in origine nel PNRR, realizzare e potenziare un piano invasi strategico nazionale, ammodernare la gestione della risorsa idrica e di investire in nuove tecnologie dal doppio invaso al pompaggio idroelettrico, agli impianti di desalinizzazione. Con il quarto impegno si chiede al Governo di scongiurare l'adozione di misure di razionamento tali da comportare disagio e danno al tenore di vita dei cittadini. Con il quinto impegno si chiede al Governo di richiedere alla Commissione europea più ampi margini di manovra nell'ambito della normativa degli aiuti di Stato in modo da poter sostenere i settori colpiti dall'emergenza ed agevolare gli investimenti in infrastrutture tecnologiche e moderne.

Il sesto impegno intende sollecitare il Governo a cooperare con le regioni per la realizzazione di barriere antisale nei principali corsi d'acqua, in modo da contenere la risalita del cuneo salino. Con il settimo punto si impegna il Governo a realizzare la razionalizzazione normativa necessaria non solo per migliorare la gestione della risorsa idrica, ma per permettere l'installazione di infrastrutture moderne e tecnologicamente avanzate, inclusi i dissalatori. L'ottavo impegno guarda all'agricoltura, chiedendo al Governo uno sforzo per favorire ulteriormente lo sviluppo dell'agricoltura di precisione, in modo che il comparto agricolo possa continuare a ridurre il proprio impatto sull'uso della risorsa idrica, come d'altro canto sta facendo con grande successo da qualche anno.

Con il nono punto si intende impegnare il Governo a favorire lo sviluppo di infrastrutture e tecnologie, che possano salvaguardare ed agevolare la ricarica gestita delle falde acquifere e favorire lo sviluppo di tecnologie che possano contenere le conseguenze di scarsità di acqua nelle aree del Paese con scarsità strutturale di risorsa idrica.

Il decimo punto impegna il Governo a sviluppare strategie finalizzate a un migliore stoccaggio e allo sfruttamento della risorsa idrica, con riferimento all'irrigazione sotterranea e di precisione, nonché alla realizzazione di nuovi bacini di stoccaggio.

L'undicesimo punto è un impegno per individuare, a stretto giro con le organizzazioni sindacali del settore agricolo, tutte quelle pratiche sostenibili che comportino un minore consumo della risorsa idrica e permettano un recupero delle acque reflue per fini irrigui.

Il dodicesimo punto impegna il Governo ad adottare tutte le iniziative necessarie per potenziare il riutilizzo dell'acqua piovana, sia per scopi industriali che irrigui.

Il tredicesimo punto costituisce un impegno a potenziare le autorità di bacino, in modo da rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse economiche già stanziate e migliorare la realizzazione degli investimenti.

L'ultimo punto, infine, costituisce un impegno a sfruttare i canali diplomatici nazionali, per poter mutuare pratiche virtuose di gestione ed ottimizzazione della risorsa idrica dai partner internazionali che da anni si sono ormai distinti come eccellenze per l'utilizzo ottimale dell'acqua in condizioni climatiche avverse o proibitive.

Colleghi, non dobbiamo dimenticarci che la sostenibilità non deve avere un carattere esclusivamente ambientale, ma deve essere in equilibrio anche con uno sviluppo economico e sociale. Già lo scorso marzo sono emerse le prime avvisaglie di un'emergenza, tema sul quale ho presentato a suo tempo anche un ordine del giorno, ma abbiamo dovuto aspettare luglio inoltrato per discuterne. Anche qua non si capisce perché. Effettivamente ragionare su mozioni, che sono atti di indirizzo al Governo, certo per il nostro gruppo che è all'opposizione ha un senso, ma che lo facciano i gruppi che sono in maggioranza e che possano riferirsi direttamente al Governo, con provvedimenti che non sono atti di indirizzo, ma che possono avere veramente una ricaduta concreta e reale, al bisogno degli italiani, questo è anche abbastanza inconsueto e inconcepibile.

Colleghi, per il bene di questa Nazione e del futuro dei nostri cittadini, rincorrere le emergenze non è più accettabile. Con questa mozione Fratelli d'Italia vuole fare la sua parte, come ha sempre fatto, nel fornire una ricetta responsabile, matura e di buon senso, per dare risposta ad un problema che speriamo tutti diventi un lontano ricordo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Fregolent, che illustrerà anche la mozione n. 1-00687, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie signor Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, non è la prima volta che in quest'Aula parliamo di acqua. Lo facciamo sempre quando le condizioni sono estreme o quando ci sono alluvioni improvvise, che devastano il nostro Paese, come in questo caso, dopo mesi eterni di mancanza di pioggia: un inverno poco nevoso, una primavera poco piovosa, quest'estate altrettanto poco piovosa, con il rischio, come è avvenuto in queste settimane e negli scorsi giorni nel Nord Italia, che appena piove si ha una tragedia in corso, perché non è una pioggia normale. Quasi sempre sono dei piccoli tornado e uragani e a farne di nuovo le spese sono la collettività e la comunità, con danni e risarcimenti a culture, a persone e cose. Forse, bisogna ritornare a quel lontano 2018, quando è stata in maniera inspiegabile cancellata l'unità di missione “Italia sicura”, che aveva quella come missione, cioè monitorare costantemente i corsi d'acqua, fare quelle infrastrutture necessarie che servivano per la manutenzione dei corsi d'acqua, ma anche per avere effettivamente una risorsa idrica a portata di mano costantemente e fare quella manodopera, che per molto tempo in questo Paese non si è fatta.

È incomprensibile che, come prima azione del Governo gialloverde “Conte 1” sia stata proprio cancellata una cosa che serviva. Per ricollegarmi a quanto detto dalla collega che mi ha preceduto di Fratelli d'Italia e da alcuni miei colleghi nei primi interventi, l'acqua non ha colore politico: le buone pratiche, le pratiche che funzionano, dovrebbero essere mantenute e anzi rifinanziate. Invece, una unità di missione, che funzionava, tra le tante che magari potevano essere rivisitate, è stata cancellata. Allora, a noi preme guardare in avanti. Abbiamo risorse importantissime che il PNRR ci ha dato. Nella fase di presentazione chiesi sia al Ministro Giovannini che al Ministro Cingolani interventi puntuali per quanto riguardava l'acqua, perché non basta dire che faremo la manutenzione sugli impianti idrici esistenti, che come tutti sappiamo hanno delle criticità consistenti. Bisogna radicalmente rivedere l'utilizzo dell'acqua in questo Paese. Prima ascoltavo con molto interesse il collega Zolezzi parlare della qualità della nostra acqua e dire che ci sono molti nitrati dovuti alla presenza di allevamenti intensivi. Io, però, prima che guardare a questo, guarderei cosa c'è nei servizi igienici delle nostre case. Abbiamo l'acqua potabile, siamo l'unico Paese in Europa - perché ormai la Germania, la Francia e i Paesi del Nord Europa fanno uso e riuso di acque grigie – ad utilizzare l'acqua potabile nel bagno, che è una cosa inquietante, Infatti, poi, andiamo a parlare della qualità dell'acqua, ma l'acqua di falda noi la utilizziamo per i nostri servizi igienici! Allora, forse, dovremmo incominciare a rivedere l'uso delle acque grigie, come avviene nel resto d'Europa, appunto in Germania, dove insieme al risparmio energetico si parla costantemente di impianti di risparmio idrico per le nuove costruzioni - cosa che noi non facciamo - con l'uso e riuso delle acque grigie, ovviamente, non per l'utilizzo del lavaggio della persona o della cucina, ma per tutto il resto. Anche per esempio per bagnare gli orti e i giardini comunali, noi continuiamo a usare l'acqua potabile e gli altri Paesi no. L'agricoltura viene sempre presa come imputata: insieme alle associazioni di agricoltori, è ora di fare un piano vero per un nuovo tipo di agricoltura. Le giovani generazioni già lo fanno, non può essere qualcosa di spontaneo e di non organizzato. Basta vedere, per esempio, cosa ha fatto Israele negli anni: strappare il deserto con l'irrigazione a goccia è qualcosa di miracoloso. Perché ancora nel nostro Paese questo non avviene? Basta, non so, fare un viaggio con l'alta velocità, per vedere i nostri bellissimi campi della pianura padana ancora adesso irrorati a cascata con l'acqua, di nuovo, potabile.

Con questa mozione Italia Viva pone in essere alcuni punti essenziali. Si tratta innanzitutto di ripristinare l'unità di missione “Italia sicura”. Se non la vogliamo chiamare “Italia sicura”, diamole un altro nome, ma occorre individuare un soggetto unico, che serva a dare quella spinta di manutenzione, come avvenne, appunto, nel periodo 2016-2018. In secondo luogo, occorre riguardare l'infrastruttura del nostro Paese, non soltanto attraverso la manutenzione degli acquedotti, rendendoli finalmente all'onor del mondo e non quel colabrodo che tutti noi vediamo costantemente, ma anche attraverso l'uso e riuso delle acque grigie, attraverso un nuovo tipo di irrigazione in agricoltura, andando verso un sistema più semplificato. Infatti, sono troppi i sistemi gestori in questo Paese, che spesso fanno concorrenza sui prezzi, ma non sulla qualità delle acque. Occorre andare verso una depurazione maggiore delle nostre acque, anche per fare bene ai nostri mari. Si può arrivare anche a impianti di dissalazione, ma con un risparmio idrico avremmo già abbastanza, per non sprecare e non avere queste emergenze. Occorre fare invasi dove servono. Non è una parolaccia, bisogna sdoganare questo tabù. È inutile dirlo, la montagna quest'anno è riuscita ad avere i turisti - ad esempio la mia montagna, quella torinese - grazie agli invasi fatti durante le Olimpiadi 2006, altrimenti non ci sarebbe stata la neve artificiale. Credo che questo Paese debba fare un serio “piano invasi”, dove servono, magari manutenere quelli abbandonati nel tempo e rivedere, quindi, il sistema nel suo complesso. In conclusione, mi sembra abbastanza bizzarro che nel “ decreto Concorrenza” ci sia una norma che metta a bando di gara la possibilità di produrre energia elettrica attraverso, appunto, i bacini idrici. Io credo sia stata una scelta un po' avventata e spero che il Governo si ravveda, non soltanto perché in questo periodo noi parliamo di autosufficienza energetica - e sembra abbastanza bizzarro dare a gara l'energia - ma anche perché in questo periodo stiamo parlando dell'emergenza acqua e noi metteremo a gara anche il bene acqua. Allora, è vero che abbiamo scritto la norma sul golden power, ma temo che sia un po' troppo delicato da far rientrare in un sistema così complesso come quello del golden power di servizi. Essendo noi l'unica Nazione che ha messo a bando di gara la produzione di energia da fonti idroelettriche, diventerebbe un po' complicato farla valere nei confronti degli altri Stati europei, ma spero, appunto, che quando arriveremo al “Concorrenza” si abbia la possibilità, almeno in discussione generale, di affrontare il tema presente.

Con questa mozione speriamo di aver dato di nuovo un input al Ministro Giovannini e al Ministro Cingolani affinché nel PNRR le risorse stanziate vengano previste a 360 gradi, appunto verso nuove frontiere per l'utilizzo dell'acqua e del risparmio idrico, cosa che, invece, è più timidamente abbozzata nell'attuale piano che noi abbiamo conosciuto.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Antonella Incerti, che illustrerà anche la mozione n. 1-00690. Ne ha facoltà.

ANTONELLA INCERTI (PD). La ringrazio. Signor Presidente, colleghi, sottosegretaria Fontana, il cambiamento climatico è stato spesso raccontato anche con retorica e comunicato come un problema che comporterà conseguenze serie, sì, ma forse fra qualche anno. Così si dice, anche giustamente, che il nostro dovere è di pensare alle generazioni future. Eppure il cambiamento climatico è già qui, è ora e riguarda il nostro presente: la tragedia ultima della Marmolada, che ha causato la morte di 11 persone, ci ricorda che il tempo di agire è qui e ora e la crisi idrica, l'ennesima perché non è un'estate anomala ma già ne abbiamo avute altre, ci dice con evidenza che il cambiamento climatico è assolutamente in atto.

È una crisi idrica che sta impattando su un Paese come il nostro, che è già stato classificato da tempo come un Paese fortemente soggetto a stress idrico medio-alto. Quindi, è vero: ci sono le alterazioni del ciclo idrogeologico, l'aumento delle temperature, la riduzione della copertura nevosa, l'alta variabilità stagionale delle precipitazioni, però dobbiamo anche aggiungere un uso del nostro territorio con una diffusa impermeabilizzazione dei suoli che ha minato nel tempo la capacità di regolazione dei flussi idrici, alterazioni che stanno producendo conseguenze sulla sicurezza idrica, sulle famiglie, sulle imprese ma anche sulla tutela del nostro ambiente e sulla biodiversità. Come hanno già ricordato in molti prima di me, in molte zone del Paese - soprattutto al Nord - c'è una situazione che non possiamo più considerare anomala ma davvero preoccupante, così come si evince da molte note informative. L'ultima è quella pubblicata dall'Autorità di bacino del fiume Po sulla secca del più grande fiume d'Italia che è la peggiore da settant'anni a questa parte. Sempre a proposito del Po, la risalita del cuneo salino, che è causata dall'erosione della costa, ha accentuato la siccità e ha ridotto l'apporto idrico, anche a causa di errate opere di drenaggio che hanno ridotto l'apporto della materia naturale dei fiumi, andando nell'entroterra e mettendo a rischio migliaia di ettari, anche di coltivazione, di aziende agricole che operano nel territorio verso la costa, soprattutto nel delta del Po, a causa della maggiore salinità sia delle acque necessarie per l'irrigazione così come delle falde, che sono altrettanto importanti.

Dunque, anche con questa nostra mozione del Partito Democratico, peraltro preceduta anche da una risoluzione nelle Commissioni ambiente e agricoltura, si evidenzia che servono soluzioni immediate certo, ma soprattutto servono politiche di sistema a medio e lungo termine. Serve una programmazione che non c'è stata in questi decenni. Quindi, va bene aver proclamato lo stato d'emergenza per le cinque regioni colpite dalla siccità, la previsione di uno stanziamento di supporto e la nomina di un commissario, ma l'impegno che chiediamo al Governo è maggiore e deve estendersi a una serie di interventi molto più consistenti, a partire dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che certo ha messo in campo 880 milioni ma che non sono sufficienti, perché occorrono più risorse. Soprattutto, devono partire al più presto i lavori, che sono già stati previsti grazie anche alla progettazione dei nostri consorzi di bonifica, e vanno anticipati quelli che vanno a efficientare la rete idrica. È stato ricordato che tratteniamo solo l'11 per cento dell'acqua, ciò vuol dire che più dell'80 per cento viene disperso. Vanno snellite alcune procedure per la realizzazione immediata di questi lavori.

Nella mozione chiediamo, quindi, impegni per la realizzazione delle infrastrutture di accumulo idrico, per il recupero delle acque piovane a fini di usi industriali ma anche irrigui e domestici. Serve, come abbiamo ribadito in tante occasioni e anche in questi anni attraverso interrogazioni in Commissione, la realizzazione di nuovi invasi, anche piccoli invasi interaziendali, a servizio delle imprese agricole. È mancata spesso la manutenzione. Molti di questi invasi non sono stati manutenuti in questi anni e, quindi, hanno perso la loro capacità di fornire acqua.

A proposito del settore agricolo, vanno individuate - certo anche con l'ausilio della ricerca - varietà di colture che possono resistere maggiormente e utilizzare i sistemi dell'agricoltura di precisione, che possono dare un contributo in questo senso proprio per il risparmio di acqua sulle colture. Sempre nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza vanno realizzate infrastrutture agricole proprio per il riutilizzo dell'acqua nella direzione che è stata indicata dalla Corte dei conti europea, che ha sollecitato gli Stati membri dell'Unione a intervenire proprio in tal senso.

Vanno anche “rinaturalizzati” i corsi d'acqua e ripristinata la capacità di contenimento in caso di eventi meteorologici estremi, quali alluvioni e precipitazioni. Serve anche capacità di spesa per gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentandone anche la capacità tecnica e progettuale.

Bisogna, quindi, uscire dall'approccio emergenziale e, come dicevo prima, avere una seria programmazione, utilizzando anche risorse e progetti in modo maggiormente coordinato, proprio per migliorare l'approvvigionamento idrico, per risanare il sistema fluviale, per migliorare la capacità previsionale, per anticipare la disponibilità naturale della risorsa e ottimizzare, quindi, il volume immagazzinato.

Serve soprattutto un luogo di coordinamento vero in cui tutte le competenze e le conoscenze, che oggi sono frammentate fra vari enti, possano davvero fare un'opera di programmazione coordinata per avere sempre un rapido monitoraggio dei bacini idrografici e, quindi, essere in grado di intervenire con un coordinamento razionale, che ancora non è avvenuto.

Questo è ciò che è necessario e che chiediamo nella nostra mozione, anche perché - è vero e certamente è stato ribadito più volte - l'acqua è una risorsa strategica per la popolazione, per le nostre imprese e per le nostre imprese agricole, ma l'acqua, soprattutto e prima di tutto, è vita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elena Murelli. Ne ha facoltà.

ELENA MURELLI (LEGA). Grazie, Presidente. In tema di mozione sulla siccità, vorrei iniziare portando direttamente in quest'Aula, per darvi un'idea, alcuni dati sulla situazione del piacentino, il territorio da cui provengo. Per la diga del Molato, in Alta Val Tidone, la stagione irrigua è iniziata con una carenza di 4,5 milioni di metri cubi di acqua; la diga di Mignano ha aperto la stagione irrigua con quasi 7 milioni di metri cubi d'acqua presenti, pari al 70 per cento, quindi mancavano circa 2,9 milioni di metri cubi d'acqua; la situazione è drammatica anche in Val Trebbia e, proprio alla luce della criticità dello scenario idrico, il consorzio di bonifica ha chiesto l'inizio dell'erogazione dell'acqua alla diga del Brugneto in anticipo di quasi un mese; per non dire che il fiume Po è al di sotto del livello di 8 metri e, nel piacentino, Enel Green Power Italia è costretta a spegnere temporaneamente le turbine della centrale idroelettrica di Isola Serafini di San Nazzaro; la centrale funziona appunto grazie all'acqua del Po, che viene deviata dal suo corso e fatta confluire all'interno delle turbine che, muovendo i loro meccanismi, producono energia; quindi, fino a quando non saranno ripristinate le condizioni idrauliche sufficienti all'esercizio, l'impianto rimarrà chiuso.

Voglio portare all'attenzione dell'Aula anche il tema dell'innalzamento del cuneo salino nella zona del delta del Po, che ci impone l'individuazione di soluzioni importanti, tempestive e necessarie a contrastare i fenomeni di desertificazione in corso.

La situazione idrica, salvo piogge, non migliorerà nelle prossime settimane; le temperature potranno toccare anche i 40 gradi, secondo le previsioni; a risentirne non è solo l'agricoltura, ma un intero sistema economico, alla cui base c'è il comparto agroalimentare, con il cibo che arriva sulle nostre tavole e un'articolata filiera produttiva e occupazionale.

Grazie al sottosegretario Centinaio, che è stato il primo a richiedere lo stato di emergenza, rispetto al quale poi si sono formalizzate le richieste da parte delle regioni, tra cui anche quella della regione Emilia-Romagna, il 21 giugno; e un ringraziamento particolare va alle istituzioni, ai consorzi, ai consorziati, ai tecnici, agli acquaioli, al lavoro continuo - giorno e notte - per gestire al meglio i turni irrigui, perché senza la collaborazione di tutti l'intero sistema sarebbe a rischio. Quanto sta accadendo ci fa capire, ancora una volta, che dobbiamo riprendere a fare scelte coraggiose e programmare nuove opere che ci consentano di rispondere alle esigenze di sicurezza e crescita del territorio. Rischiamo gravissimi danni alle produzioni orticole e frutticole. Servono quanto prima risorse per investire in infrastrutture idriche e costruire invasi per conservare l'acqua quando è disponibile, per poterla poi utilizzare nei periodi siccitosi. La realizzazione di infrastrutture deve essere una priorità nazionale e occorre semplificare le procedure amministrative per poter velocizzare il più possibile i percorsi progettuali e la realizzazione.

La regione Emilia-Romagna, come le altre regioni, ha messo a bando la realizzazione di progetti per invasi aziendali, ma occorrono anche invasi territoriali per aumentare sensibilmente la capacità di stoccaggio, utilizzando al meglio anche le importanti risorse del Piano nazionale di riprese resilienza che sono già disponibili.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI (ore 19,30)

ELENA MURELLI (LEGA). Gli agricoltori hanno bisogno di acqua; occorrono una deroga immediata al deflusso minimo vitale, che in Emilia-Romagna è applicato in modo molto stringente e che di fatto impedisce prelievi irrigui consoni alle esigenze delle colture, e uno snellimento delle procedure per l'ottenimento di deroghe, uniti a misure strutturali senza ulteriori indugi e mediazioni. Applicare il deflusso minimo vitale, in particolare a torrenti e fiumi, come abbiamo più volte rimarcato, è una regola assurda per tutti i fiumi che sono a sud del Po che, non essendo alimentati da laghi e avendo un carattere torrentizio, troppo spesso vanno in secca. Periodi di siccità come quello che abbiamo vissuto in questi mesi dimostrano l'assurdità di un metodo di calcolo del deflusso minimo vitale come attualmente strutturato.

Il mondo agricolo non può aspettare, i terreni e le colture non seguono i tempi degli accordi politici; siamo nel bel mezzo di una crisi alimentare e sociale e occorre dare risposte rapide e concrete. I nostri nonni creavano invasi e raccoglievano l'acqua piovana. Nei Paesi del Golfo la temperatura media è di 30-40 gradi in estate e di 20 gradi in inverno, eppure non hanno un problema di siccità; sapete quanti giorni piove, tra maggio e ottobre? Zero. Hanno potenti sistemi di desalinizzazione, altamente tecnologici e innovativi, da fonti rinnovabili, tra l'altro costruiti anche da imprese italiane; perché costruiscono là e non in Italia? Fatevi una domanda e date una risposta. L'agricoltura non può aspettare i tempi della politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare l'onorevole Bubisutti. Ne ha facoltà.

AURELIA BUBISUTTI (LEGA). Grazie, Presidente. Sottosegretario, oggi la Lega ha presentato una mozione che, a mio giudizio, è complessa, ampia e puntuale, dove ha descritto i fatti, con un'attenzione ai problemi, ma, soprattutto, ha dato risposte e soluzioni.

Il mio intervento oggi, però, è tutto incentrato sul territorio da cui provengo, il Friuli-Venezia Giulia . Perché lo faccio? Perché pare un paradosso: il Friuli-Venezia Giulia - e voi lo sapete - soprattutto la zona montana, dove io vivo, è sempre stata considerata una regione piovosa, il mio territorio particolarmente piovoso; eppure, 15 giorni fa c'era stata la possibilità che, se non avesse piovuto, probabilmente si sarebbero dovute fare arrivare le autobotti in montagna a portare l'acqua; per fortuna è arrivata l'acqua, però non è stata sufficiente da eliminare i problemi che ci sono.

Parlavo della mia zona; perché voglio parlarvene? Perché credo che alcune scelte che andremo a fare e che dovremo fare debbano poggiare su un patto forte tra lo Stato e i territori, nella consapevolezza che l'impatto dell'acqua nella storia dell'uomo va letto attraverso il ciclo continuo e il suo adattamento, quindi catastrofi e rimedi; questa è la storia dell'uomo, è la storia dell'acqua. E tanto è accaduto.

Oggi siamo qui a parlare di emergenza. La mia regione, infatti, è in uno stato di emergenza. Io vorrei, in particolare, soffermarmi sulle cose concrete. Parlando della montagna, l'UNCEM, l'Unione nazionale comunità montane ha posto 5 punti per trovare soluzioni immediate per risolvere i problemi non solo della montagna; ciò perché, nel momento in cui noi risolviamo i problemi della montagna, risolviamo anche i problemi della collina, della pianura e degli altri territori. Cosa dice l'UNCEM? L'UNCEM dice innanzitutto: efficienza. Occorre subito efficientare le reti idriche, che hanno perso dal 20 al 60 per cento della loro capacità; non è ammissibile mettere in rete le reti comunali che, in moltissimi casi, non sono in relazione, anche per effetti di campanilismi, da vincere. Noi lo sappiamo molto bene, noi montanari, perché almeno da noi sono nati molti comitati a favore dell'acqua, comitati che si sono messi contro quelle società concessionarie che hanno prelevato l'acqua, hanno utilizzato l'acqua non solo per la produzione idroelettrica ma anche e soprattutto per interessi economici importanti. Quindi, efficientare le reti dei comuni significa realizzare i depuratori dove non esistono, nei paesi e nelle città che ne sono sprovvisti, con un piano di investimenti dello Stato. Pianificare invasi vuol dire investire nella relazione tra acqua e forza di gravità, tra chi produce e chi consuma il bene, dando, dunque, pieno ruolo ai territori montani.

Il tema dei nuovi invasi, senza semplificazione retorica, deve rientrare nelle partite del rinnovo delle concessioni idroelettriche delle grandi derivazioni, perché serve una pianificazione territoriale vasta, oltre i singoli municipi. Nelle valli alpine la risorsa idrica quasi ovunque è stata sfruttata; dove facciamo oggi gli invasi, se abbiamo condotte che attraversano longitudinalmente valli intere? Se si pianificano invasi occorre ripensare dove va e come è usata la risorsa, considerato che l'acqua disponibile è completamente sottesa. Per quanto riguarda le grandi derivazioni, la regione Friuli-Venezia Giulia nel 2020 ha varato una legge, la regionale n. 21, in cui si parla del rinnovo delle grandi derivazioni idroelettriche. Nel momento in cui queste concessioni termineranno, la nostra regione ha stabilito di costituire una società idroelettrica, dove la maggioranza delle azioni rimanga in mano alla regione, mentre la società in minoranza andrà a gara. Questo fa pensare e soprattutto fa riflettere, perché credo che la mia regione abbia avuto il coraggio di responsabilizzarsi, sapendo che il tema acqua è un tema che riguarda tutti, non soltanto i privati. Perché dico che fa riflettere? Perché io auspico e spero che, quando queste concessioni finiranno, quando si creeranno queste società, le società che andranno a gestire siano società competenti, capaci, serie. Soprattutto credo che il ruolo della nostra regione, e delle regioni e dello Stato, sia quello di controllo. Credo che questa sia la parte più importante, perché non possiamo permetterci più di lasciare che società concessionarie facciano quello che vogliono su un territorio. Su questo io mi auguro davvero che anche lo Stato, non solo nella regione Friuli-Venezia Giulia, ma in tutto il nostro Paese, riprenda questo controllo, che non è soltanto in questo campo, ma in tutti i campi. Incentivare: ripartiamo dalle case e dagli edifici pubblici. Rendiamo efficiente l'uso della risorsa idrica negli immobili delle pubbliche amministrazioni, a partire dalle scuole. Installiamo un meccanismo per il recupero e il riuso delle acque, magari introducendo un credito d'imposta al 100 per cento per l'acquisto e l'installazione di questi sistemi tecnologicamente avanzati, controllati digitalmente, dotati anche di intelligenza artificiale.

Sempre il Friuli-Venezia Giulia, con gli enti gestori del ciclo delle acque, ha fatto un progetto pilota. Ho sentito parlare del Piano nazionale, che ha messo moltissime risorse su questo settore. Bene, il Friuli-Venezia Giulia ha fatto questo progetto pilota per migliorare il servizio delle acque delle aree interne.

PRESIDENTE. Concluda.

AURELIA BUBISUTTI (LEGA). Ho quasi finito. Cosa significa? Noi, soprattutto nelle zone montane, abbiamo acquedotti rurali, piccoli, dove l'acqua è in superficie, dove di solito durante l'inverno gela e durante l'estate si secca. Con questo progetto pilota ci sarà la possibilità di monitorare sempre, anche da remoto, con sistemi digitali, gli acquedotti, vedere come funzionano, vedere la situazione dell'acqua, ma soprattutto seguire quelle che sono le dispersioni dell'acqua. Perché vi dico questo? Perché questi sono progetti importanti, economicamente importanti. E ritorno a quello che ho detto prima. Mai come in questo momento è importante il rapporto tra Stato e territorio. Quando arrivano questi progetti, io mi auguro davvero che i ministeri abbiano la capacità e la velocità di finanziarli subito, perché non c'è più tempo da perdere (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo si riserva di intervenire successivamente e quindi il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Avviso che, secondo le intese intercorse tra tutti i gruppi, lo svolgimento delle discussione sulle linee generali previste nella seduta odierna proseguirà sino alla loro conclusione.

Discussione del disegno di legge: S. 2318 - Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo (Approvato dal Senato) (A.C. 3625​) e delle abbinate proposte di legge: Mollicone ed altri; Gribaudo ed altri; Racchella ed altri (A.C. 1985​-2658​-2885​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3625: “Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo” e delle abbinate proposte di legge nn. 1985-2658-2885.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 7 luglio 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 7 luglio 2022).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3625​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni VII (Cultura) e XI (Lavoro) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza per la Commissione cultura, onorevole Alessandra Carbonaro.

ALESSANDRA CARBONARO , Relatrice per la maggioranza per la VII Commissione. Grazie, Presidente. Il disegno di legge n. 3625 del Governo, recante “Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo”, significativamente ampliato nei contenuti durante l'esame in prima lettura del Senato della Repubblica, rappresenta sicuramente un risultato importante per tanti lavoratori e lavoratrici dello spettacolo, che, da troppo tempo, attendevano l'introduzione di specifiche misure di riconoscimento e di tutela. Per troppo tempo, infatti, lo spettacolo è stato considerato come un fattore marginale nel processo di sviluppo complessivo della società. Da ciò è derivata una scarsa attenzione verso le specificità relative alle dinamiche del lavoro e del sistema previdenziale, eppure nel settore operano migliaia di lavoratori che contribuiscono ad arricchire la vita delle nostre comunità, svolgendo un mestiere faticoso e altamente impegnativo. La realtà quotidiana di questi professionisti è caratterizzata da tipologie di lavoro atipiche e con scarsissime tutele. Il mancato riconoscimento delle professionalità ha condannato nel tempo migliaia di artisti e tecnici a operare, purtroppo, nel sommerso e deprimendo l'enorme potenziale di accrescimento culturale per le nostre società. Questo provvedimento colma finalmente un vuoto giuridico non più tollerabile. Pertanto, è con una certa emozione che andrò ad illustrare i contenuti del disegno di legge, per i profili di competenza della VII Commissione, mentre per quanto riguarda i profili relativi alla parte giuslavoristica, se ne occuperà la collega Gribaudo.

Il provvedimento, che definisce un nuovo assetto normativo del lavoro dello spettacolo, ponendo le fondamenta per una vera riforma strutturale, è uno dei disegni di legge collegati alla manovra di bilancio per il triennio 2023-2025, a norma dell'articolo 7, comma 2, lettera f), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, elencati nel Documento di economia e finanza.

Mi preme sottolineare che il testo è frutto non solo della proficua collaborazione delle diverse forze politiche che hanno contribuito al suo arricchimento - ringrazio, infatti, il grande lavoro che è stato fatto al Senato dai relatori e dalle Commissioni cultura e lavoro - ma anche dell'ascolto delle numerose voci dei rappresentanti del settore, che sono intervenuti in audizione nel corso dell'indagine conoscitiva che le Commissioni riunite, cultura e lavoro, hanno condotto nel corso dell'attuale legislatura, al termine della quale è stato approvato un documento conclusivo che evidenzia le principali criticità riscontrate nel settore e alcune possibili proposte di soluzione.

Il testo trasmesso alla Camera dei deputati, assegnato alle Commissioni VII e XI, è stato abbinato alla proposta di legge n. 2885, recante “Disposizioni concernenti il riconoscimento della qualifica, l'istituzione del registro nazionale e la tutela previdenziale e sociale degli attori professionisti, nonché concessione di un credito d'imposta per le produzioni teatrali e istituzione del liceo delle arti e dei mestieri dello spettacolo”. Quest'ultima presenta un perimetro meno ampio, ma nel suo nucleo essenziale è coincidente con il disegno di legge approvato dal Senato (riferirò in merito dopo).

Passando ad analizzare le parti di competenza della VII Commissione del disegno di legge, richiamo l'attenzione sul contenuto dell'articolo 1, che interviene sull'articolo 1, comma 1, della legge n. 175 del 2017. In particolare, viene integrato il quadro dei princìpi nell'ambito dei quali la Repubblica è chiamata ad esercitare le proprie azioni in materia di spettacolo, aggiungendo ai riferimenti normativi presenti nel testo vigente: la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 e ratificata dalla legge 1° ottobre 2020, n. 133, e la risoluzione del Parlamento europeo del 7 giugno 2007 sullo statuto sociale degli artisti.

L'articolo 2 reca delega al Governo per il riordino delle disposizioni che regolano il settore. Per quanto di competenza della VII Commissione, segnalo che il comma 1 delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi, sia per il coordinamento e il riordino delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di attività, organizzazione e gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché degli enti di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, sia per la riforma, la revisione e il riassetto della vigente disciplina nei settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche.

Il Governo, nell'esercizio della delega, è chiamato alla redazione di un unico testo normativo, denominato “Codice dello spettacolo”, al fine di conferire al settore dello spettacolo un assetto più efficace, organico e conforme ai princìpi di semplificazione delle procedure amministrative e ottimizzazione della spesa, di migliorare la qualità artistico-culturale delle attività e di promuovere il riequilibrio di genere, con ciò favorendo la produzione, l'innovazione, nonché la fruizione da parte della collettività, con particolare riguardo all'educazione permanente.

Nel dare attuazione alla delega, il Governo dovrà tenere in considerazione i principi sanciti dall'articolo 1 della legge n. 175 del 2017, come modificato dall'articolo 1 del provvedimento in esame. Tra questi: promozione e sostegno dello spettacolo nella pluralità delle sue diverse espressioni quale fattore indispensabile per lo sviluppo della cultura ed elemento di coesione e di identità nazionale, strumento di diffusione della conoscenza della cultura e dell'arte italiana in Europa e nel mondo nonché quale componente dell'imprenditoria culturale e creativa e dell'offerta turistica nazionale; riconoscimento del valore formativo ed educativo dello spettacolo e della sua utilità sociale; riconoscimento della peculiarità del settore; promozione e sostegno dei lavoratori dello spettacolo; riconoscimento del ruolo sociale dei lavoratori e dei professionisti dello spettacolo; promozione e sostegno dello spettacolo in tutte le sue forme.

Quanto ai principi e ai criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi nell'esercizio della delega, il comma 1 rinvia all'articolo 2, commi 2, 3 e 4, della medesima legge n. 175 del 2017 che non sto qui ad elencare e che ovviamente sono riportati nel vecchio codice dello spettacolo.

Il comma 2 introduce con riferimento all'esercizio della delega in relazione alle fondazioni lirico-sinfoniche specifici principi e criteri direttivi, ulteriori rispetto a quelli richiamati al comma 1. I decreti legislativi sono tenuti a rivedere i requisiti necessari per il reclutamento del sovrintendente e del direttore artistico, attraverso nuove procedure che prevedono, in particolare, l'assenza di conflitto di interessi con le funzioni svolte all'interno delle fondazioni dal sovrintendente e dal direttore artistico nonché da tutti i componenti degli organi di gestione delle fondazioni e la previsione di bandi pubblici anche internazionali che consentono la consultazione pubblica del curriculum dei partecipanti del medesimo bando.

Il comma 3 stabilisce che i decreti legislativi introducono disposizioni per il riconoscimento dei live club quali soggetti che operano in modo prevalente per la promozione e diffusione di produzioni musicali contemporanee, vocali o strumentali, dal vivo nonché disposizioni per il sostegno di tale attività. Ricordo che il tema del riconoscimento giuridico dei live club era stato oggetto, tra l'altro, di un atto d'indirizzo presentato in sede di esame presso la Camera dei deputati del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 52 del 2021. In quell'occasione il Governo accolse tale ordine del giorno volto ad impegnare l'Esecutivo a valutare l'opportunità di disporre misure per il riconoscimento giuridico dei live club sul modello degli esistenti esempi europei.

L'articolo 5 è un articolo molto importante. Istituisce presso il Ministero della Cultura l'Osservatorio della spettacolo con la finalità di promuovere le iniziative del settore dello spettacolo. Esiste già un osservatorio ma verrà proprio sostituito l'articolo della precedente legge istitutiva dell'Osservatorio con un articolo che implementa le funzioni di tale Osservatorio, che è tenuto a raccogliere e pubblicare nel proprio sito internet istituzionale dati e informazioni relativi all'andamento delle attività di spettacolo, alla spesa annua complessiva in Italia destinata al sostegno e all'incentivazione dello spettacolo, alla normativa in materia di settore, alle procedure per l'organizzazione e lo svolgimento degli spettacoli in Italia e all'estero e informazioni riguardanti l'andamento del mercato del lavoro. L'Osservatorio ha inoltre la funzione di elaborare i documenti di raccolta e analisi dei dati suddetti. Presso l'Osservatorio inoltre è istituita una commissione tecnica alla quale è attribuito il compito di provvedere alla tenuta del Registro nazionale dei professionisti operanti nel settore dello spettacolo, di cui all'articolo 3. Sono demandati a uno o più decreti del Ministro della Cultura, adottati di concerto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per i quali è previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti, la definizione della composizione e della modalità di funzionamento dell'Osservatorio, l'individuazione delle modalità di raccolta e pubblicazione dei dati e delle informazioni, la definizione delle modalità di tenuta del Registro nazionale dei professionisti operanti nel settore dello spettacolo, l'indicazione delle modalità operative di realizzazione, gestione e funzionamento del sistema informativo nazionale dello spettacolo, la disciplina della composizione e delle modalità di funzionamento, senza oneri per la finanza pubblica, della Commissione tecnica.

Il comma 7 prevede che l'Osservatorio possa avvalersi di un numero massimo di dieci esperti, a ciascuno dei quali è corrisposto un compenso annuo complessivo pari a 7.000 euro, al lordo degli oneri fiscali e contributivi, a carico dell'amministrazione. L'Osservatorio può altresì stipulare convenzioni di collaborazione con enti pubblici e privati nonché con le Università e le istituzioni AFAM, finalizzate allo svolgimento presso l'Osservatorio di tirocini formativi curriculari rivolti a studenti iscritti a corsi di laurea o post laurea e a percorsi di alta formazione artistica musicale e coreutica. Le spese per lo svolgimento dei compiti dell'Osservatorio nonché per gli incarichi degli esperti e le collaborazioni sono poste a carico del Fondo unico per lo spettacolo.

L'Osservatorio dello spettacolo attualmente esistente - come dicevo prima - di cui all'articolo 5 della legge n. 163 del 1985 resta operante fino all'entrata in funzione del nuovo organo.

L'articolo 6 istituisce il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo del quale fanno parte l'Osservatorio dello spettacolo, di cui all'articolo 5, e gli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'articolo 7. Fino ad oggi, il quadro normativo risultava privo di alcuni fondamentali strumenti di analisi e di coordinamento delle politiche pubbliche in materia di spettacolo. Tale misura nasce pertanto dall'esigenza di mettere a sistema le risorse disponibili per razionalizzare gli interventi in funzione di una maggiore efficacia della spesa, anche attraverso il monitoraggio dell'offerta culturale del territorio, dell'impatto economico, sociale e occupazionale nonché dello scambio reciproco di conoscenze e informazioni. In questo senso va sottolineata l'importanza di considerare il sistema degli osservatori come strumento a sostegno dell'azione di Governo, sede di raccolta ed elaborazione dei dati di analisi e di ricerca al fine di valutare l'andamento del settore e consentire una programmazione più efficace degli interventi pubblici nonché la previsione di nuove strategie e politiche adeguate. La definizione delle modalità di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale è demandata a un decreto del Ministro della Cultura che dovrà stabilire altresì le modalità operative per lo svolgimento di attività a supporto degli osservatori regionali o in collaborazione con essi nel territorio di rispettiva competenza, le modalità, gli strumenti e i criteri per il monitoraggio delle attività dello spettacolo, nonché per la raccolta e la valutazione e l'analisi dei relativi dati, anche a supporto delle attività di programmazione, monitoraggio e valutazione degli interventi e le modalità operative di realizzazione e funzionamento del sistema nazionale. Sull'attività svolta nell'anno precedente dal Sistema nazionale sarà predisposta dall'Osservatorio dello spettacolo, previo parere del Consiglio superiore dello spettacolo, una relazione annuale che sarà trasmessa alle Camere e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

L'articolo 7 disciplina il concorso delle regioni all'attuazione dei principi generali di cui all'articolo 1 della legge n. 175 del 2017. In particolare, si prevede che le regioni concorrano all'attuazione dei suddetti principi nell'ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente nonché in conformità ai principi di sussidiarietà, adeguatezza, prossimità ed efficacia. Alle regioni è attribuita la promozione dell'istituzione di osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attività dello spettacolo dal vivo; la verifica, anche mediante gli osservatori regionali dello spettacolo, dell'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio alla luce dei risultati conseguiti, anche mediante l'attività di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l'Osservatorio dello spettacolo; la promozione e il sostegno, attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle città metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, delle attività dello spettacolo.

Mi preme dire una cosa molto importante relativa a questo articolo e cioè che devono essere fatte salve le competenze dello Stato e delle regioni. In questa direzione presenteremo anche un ordine del giorno. Naturalmente è importante che tutto avvenga sempre nel rispetto del riparto di competenze tra lo Stato e le regioni.

L'articolo 11 consente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di promuovere l'attivazione di tirocini formativi e di orientamento, anche mediante la stipula di apposite convenzioni con gli operatori del settore della moda e dello spettacolo, in favore di giovani che abbiano conseguito il diploma di istruzione secondaria superiore presso gli istituti professionali con indirizzo servizi culturali e spettacolo.

L'articolo 12 integra i criteri di riparto del Fondo unico per lo spettacolo. A tal fine prevede che i decreti del Ministro della Cultura di riparto dei contributi a valere sul FUS tengano conto del criterio integrativo riguardante la promozione dell'equilibrio di genere e il riconoscimento di una premialità per le istituzioni che impiegano nelle rappresentazioni liriche giovani talenti italiani in misura pari ad almeno il 75 per cento degli artisti scritturati. Resta ferma poi - tanto altro dirà la collega in materia giuslavoristica - una osservazione di fondo, cioè che il miglioramento del welfare per lo spettacolo non può prescindere dalla consapevolezza della fragilità economica del settore, composto da imprese dipendenti dal finanziamento pubblico e da altre piccolissime imprese di lavoratori che non dispongono di risorse necessarie per sostenere il costo del lavoro. È fondamentale che ci sia un investimento da questo punto di vista. La cultura deve essere considerata come un settore strategico alla base di una ripresa sostenibile e duratura, nella quale il valore della leva culturale possa emergere in maniera sempre più diffusa anche con riferimento agli obiettivi di coesione sociale, integrazione, creatività, innovazione e benessere. Pertanto, è assolutamente necessario avviare una stagione di investimenti nel settore, investimenti che saranno ampiamente ripagati dai molteplici effetti positivi che verranno poi prodotti sui territori. Il nostro immenso patrimonio culturale, fatto di storia, arte, musica e teatro, dispiegherà appieno il suo potenziale solo quando sarà pienamente riconosciuto quale fattore imprescindibile per lo sviluppo integrale della nostra società e del nostro sistema democratico, quindi anche e soprattutto dalla qualità delle tutele di chi opera in questo settore.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza per la Commissione lavoro, l'onorevole Chiara Gribaudo.

CHIARA GRIBAUDO, Relatrice per la maggioranza per la XI Commissione. La ringrazio, Presidente. Governo, colleghe e colleghi, la crisi sanitaria ed economica legata alla pandemia da COVID-19 ha reso lampante l'assenza di tutele adeguate per i professionisti dello spettacolo, artisti, ma anche tecnici, autori del settore audiovisivo e dello spettacolo dal vivo; sono stati tra i lavoratori e le lavoratrici più colpiti dalle misure di prevenzione del contagio e hanno subito il distanziamento sociale per un periodo più lungo di quello subito dagli altri lavoratori, infatti, sono stati i primi a sospendere l'attività e gli ultimi a riprenderla.

Il sistema assicurativo e previdenziale, che già prima dell'emergenza sanitaria non garantiva diritti e tutele adeguati ai lavoratori e ai professionisti dello spettacolo, con il lockdown è decisamente imploso. La frammentazione della professione, la precarietà, la discontinuità intrinseca ad alcune figure e la forte presenza di contratti atipici rendono questa categoria un microcosmo dei problemi dei lavoratori precari e autonomi, per non parlare del lavoro sommerso. Ecco perché anche prima della pandemia era necessario intervenire, ma lo è ancora di più ora che sono ricominciati i live, la ripresa di una socialità, condita all'italiana da polemiche che non voglio nemmeno commentare in quest'Aula, ma che dimostrano come in questo Paese si faccia fatica ad uscire dalla retorica della conservazione e di un paternalismo nei confronti dei più giovani. Ma lasciamo perdere queste polemiche, che si qualificano da sé. Fatemi dire che era indispensabile intervenire per mettere ordine nel disordine; era indispensabile intervenire in questo comparto, non solo per ciò che dicevo, ma per dare finalmente riconoscibilità sociale e sostanziale alle lavoratrici e ai lavoratori.

Ecco perché oggi è molto importante dare dignità a chi lavora in qualunque ruolo nel mondo dello spettacolo e lo dico con forza in quest'Aula, perché ancora brucia, quando qualcuno, anni fa, disse che, con la cultura, non si mangia, come a negare o, meglio, a rendere invisibili centinaia di migliaia di persone, uomini e donne altamente formati, parte di un mondo, quello della cultura e del mondo dello spettacolo, nello specifico, che rappresenta e crea ricchezza, coscienza civile, coesione sociale e identità condivisa, uomini e donne che rappresentano un pezzo fondamentale anche della nostra economia e della nostra proiezione come Paese a livello internazionale.

La cultura non è qualcosa di secondario o addirittura un costo per la comunità; semmai la tutela e la valorizzazione culturale si fanno anche e soprattutto con il lavoro. Ecco perché questa era la centralità da cui ripartire. Quei lavoratori e lavoratrici arricchiscono la vita di ciascuno di noi svolgendo un mestiere faticoso e impegnativo e troppo spesso povero e soprattutto precario. Ce lo ricordava uno studio che rimane un punto di riferimento e di partenza ovvero la ricerca “Vita da artisti”, realizzata e voluta dalla Fondazione Di Vittorio, che, lo voglio ricordare in quest'Aula, era dedicata a Davide Imola, sindacalista scomparso prematuramente, sindacalista visionario, innovatore a cui tanto dobbiamo rispetto ai metodi con cui abbiamo affrontato il tema del lavoro autonomo e atipico in questi anni: il metodo partecipativo che usava Davide Imola.

E' ora che tutti questi lavori, nessuno escluso, vengano riconosciuti e che tutti abbiano diritti tutele dignità; fare cultura, fare spettacolo, fare arte è un lavoro e come tale va riconosciuto, retribuito e protetto. Ecco perché è importante che facciamo tesoro, come abbiamo fatto con le proposte di legge a partire dall'autunno del 2020: penso alla proposta legge n. 2658 a mia prima firma e a firma della collega Carbonaro, ma penso anche al lavoro del collega Orfini, del collega Verducci, al Senato; penso alle proposte dell'opposizione (vedo qui il collega Mollicone). Insomma, si tratta di un lavoro che, in qualche modo, oggi, è abbinato al testo del Governo.

Infatti, in questa delega c'è tanto lavoro di ascolto e condivisione dei bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici, del comparto dello spettacolo, quell'ascolto sempre più indispensabile per ridare speranza e fiducia nelle istituzioni, quella speranza che può solo riaccendersi se i Governi, se la politica, tutta, si mettono in gioco e partono dalle esigenze, se si fanno carico e si prendono cura della necessità dei lavoratori e dei cittadini tutti.

Vedete, colleghi e colleghe, il provvedimento che stiamo per esaminare si situa, dunque, all'intersezione tra due grandi valori costituzionali: il diritto al lavoro, di cui agli articoli 4, 35 e 36, e la promozione e la diffusione culturale, di cui agli articoli 9 e 33, sapendo che è indispensabile un'organica riforma del welfare e con la legge delega il Governo intende dare una risposta per il versante dello spettacolo, visto che, per la parte editoria, vi sono già stati interventi legislativi nel corso della legislatura.

Parto, quindi, dall'articolo 1, già toccato dalla collega Carbonaro, che dispone l'integrazione dei principi della disciplina in materia di spettacolo e attribuisce alla Repubblica ulteriori nuovi compiti in materia; in particolare, si tratta della promozione e sostegno dei lavoratori e dei professionisti dello spettacolo nella pluralità delle diverse modalità e forme espressive e del riconoscimento del ruolo sociale dei lavoratori e dei professionisti dello spettacolo, quale fattore indispensabile per lo sviluppo della cultura e strumento di diffusione della conoscenza della cultura e dell'arte italiane, della flessibilità, mobilità e discontinuità, quali elementi propri delle professioni dello spettacolo e l'adeguamento a tali condizioni delle tutele per i lavoratori del settore, al fine di renderle effettive, della specificità delle prestazioni di lavoro nel settore dello spettacolo, ancorché rese in un breve intervallo di tempo, in quanto esigono tempi di formazione e preparazione di norma superiori alla durata della singola prestazione o alla successione di prestazioni analoghe, della rilevanza dei periodi di preparazione di prova, che costituiscono ore di lavoro a ogni effetto nella carriera dei lavoratori e dei professionisti dello spettacolo. Come risulta da tale elenco, si tratta di aspetti salienti nel settore dello spettacolo ed evidenziati anche dall'indagine conoscitiva svolta dalle Commissioni Cultura e Lavoro della Camera, che citava anche la collega Carbonaro poc'anzi, e che non avevano ricevuto, fino ad oggi, alcun riconoscimento normativo e la cui rilevanza anzi costituisce un fattore di discriminazione e ingiustizia per i lavoratori del settore inquadrati in cornici normative del tutto sganciate dalla peculiarità del lavoro e alla base di condizioni di lavoro punitive e prive di prospettive anche dal punto di vista previdenziale e pensionistico, restando mortificati, così, gli articoli 4, 36 e 33 della Costituzione.

L'articolo 2 reca delega al Governo per il riordino delle disposizioni che regolano il settore. Segnalo, in particolare, che il comma 4 delega il Governo all'adozione di un decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratti di lavoro nel settore dello spettacolo ed elenca i seguenti principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega medesima: riconoscimento delle specificità del lavoro e del carattere strutturalmente discontinuo delle prestazioni lavorative nel settore dello spettacolo, indipendentemente dalla qualificazione autonoma o subordinata del rapporto e dalla tipologia del contratto di lavoro sottoscritto dalle parti; riconoscimento di un'indennità giornaliera, quale elemento distinto e aggiuntivo del compenso e della retribuzione (ci tengo a sottolineare questo passaggio). Poi c'è il comma 5 che reca la delega al Governo per la disciplina dell'equo compenso (so che è un tema caro non solo a me, ma anche al Presidente) per i lavoratori autonomi, compresi gli agenti e i rappresentanti dello spettacolo dal vivo, elencando i principi e i criteri direttivi per il suo esercizio: determinazione di parametri retributivi diretti ad assicurare un equo compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto, alle caratteristiche e alla complessità della prestazione e obbligo per le amministrazioni pubbliche di retribuire ogni prestazione di lavoro autonomo nello spettacolo derivante da bandi o procedure selettive. In questo contesto, non meno importante la delega al Governo per il riordino e la revisione degli ammortizzatori e delle indennità e soprattutto ciò che chiedevano i lavoratori e le lavoratrici e che noi avevamo anche messo nelle nostre proposte di legge, ovvero l'introduzione di un'indennità di discontinuità che è un punto estremamente qualificante del lavoro che facciamo qui oggi quale indennità strutturale e permanente in favore dei lavoratori a tempo determinato, dipendenti o autonomi, che prestino attività artistica o tecnica direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli, nonché in favore dei lavoratori discontinui, dipendenti o autonomi, che prestino nel settore dello spettacolo altre attività a tempo determinato, individuate mediante un apposito decreto ministeriale.

Tenendo conto del carattere strutturalmente discontinuo delle prestazioni lavorative, nell'esercizio della delega, il Governo dovrà attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi: aggiornamento e definizione dei requisiti di accesso agli strumenti di sostegno fondati su un limite massimo annuo di reddito riferito all'anno solare precedente, su un limite minimo di prestazioni lavorative effettive nell'anno solare precedente, nonché sul reddito derivante in misura prevalente dalle prestazioni lavorative rese nel settore dello spettacolo; determinazione dei criteri di calcolo dell'indennità giornaliera, della sua entità massima su base giornaliera e del numero massimo di giornate indennizzabili e oggetto di tutela economica e previdenziale, nel limite delle risorse di cui al successivo comma 7 (lettera b)); incompatibilità con eventuali sostegni, indennità e assicurazioni già esistenti (lettera c)); misure dirette a favorire percorsi di formazione e di aggiornamento per i percettori dei sostegni; determinazione degli oneri contributivi a carico dei datori di lavoro, nonché di un contributo di solidarietà a carico dei soli lavoratori che percepiscono retribuzioni o compensi superiori al massimale contributivo per gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, per la sola quota di retribuzione o compensi eccedente il predetto massimale.

L'articolo 3 dispone l'istituzione, presso il Ministero della Cultura, del registro nazionale dei lavoratori operanti nel settore dello spettacolo, articolato in sezioni, secondo le categorie professionali degli iscritti. L'individuazione dei requisiti e delle modalità di iscrizione è rinviata a uno specifico decreto del Ministero della Cultura, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, sentite la Conferenza Stato-regioni e le associazioni professionali dei lavoratori e degli operatori del settore. Come disposto dalla norma, l'iscrizione al registro non costituisce condizione per l'esercizio delle attività professionali ed al registro possono attingere alle istituzioni scolastiche pubbliche per individuare i professionisti per il supporto ad attività extracurriculari.

L'articolo 4 riconosce e disciplina la professione di agente o rappresentante per lo spettacolo dal vivo, la cui attività è definita, al comma 1, quale attività di rappresentanza di artisti e di produzione di spettacoli. Come disposto dal comma 2, l'agente, sulla base di un contratto scritto di procura con firma autenticata, rappresenta gli artisti, gli esecutori, gli interpreti nei confronti di terzi, allo scopo di: promuovere, trattare e definire i programmi, i luoghi e le date delle prestazioni e delle relative clausole contrattuali; sottoscrivere i contratti che regolano le prestazioni in norme e per conto del lavoratore di cui ha la rappresentanza in base a un mandato espresso; prestare consulenza ai propri mandanti per gli adempimenti di legge, anche di natura previdenziale e assistenziale, relativi o conseguenti al contratto di prestazione artistica; ricevere le comunicazioni che riguardano le prestazioni artistiche dei propri mandanti e provvedere a quanto necessario alla gestione degli affari inerenti alla loro attività professionale; organizzare la programmazione e la distribuzione di eventi nell'interesse del mandante o proponente. La norma, inoltre, dispone l'incompatibilità dell'attività di agente con carica apicale in enti del settore artistico destinatari di finanziamenti pubblici superiori a 100 mila euro. Infine, si prevede l'istituzione presso il Ministero della cultura del registro nazionale degli agenti o rappresentanti per lo spettacolo dal vivo.

L'articolo 8 dispone l'attivazione, da parte dell'INPS, di specifici servizi di informazione e comunicazione in favore degli iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, al fine di agevolare l'accesso alle prestazioni e ai servizi telematici, inclusa la consultazione dell'estratto conto contributivo, anche in riferimento alle attività svolte all'estero. In particolare, la norma prevede l'attivazione in forma telematica di un canale denominato “Sportello unico per lo spettacolo”, anche al fine di semplificare l'accesso al certificato di agibilità da parte dei soggetti che non hanno come scopo istituzionale o sociale o quale attività principale la produzione, l'organizzazione e la diffusione di spettacoli o lo svolgimento di attività pedagogica legata al mondo dello spettacolo e che si avvalgono delle prestazioni di lavoratori a tempo determinato.

L'articolo 9 dispone l'istituzione presso il Ministero della Cultura del Tavolo permanente per lo spettacolo, che persegue, in particolare, alcuni obiettivi, che rimando alla vostra lettura.

L'articolo 10 dispone l'aumento, dal 1° luglio del 2022, da 100 euro a 120 euro del limite massimo di importo giornaliero per la contribuzione e la base di calcolo relative ai trattamenti di malattia e di maternità o di paternità, ivi compresi quello per il congedo parentale dei lavoratori dello spettacolo, dipendenti o autonomi, a tempo determinato.

Come avranno colto i colleghi e le colleghe, si tratta di un intervento molto corposo, una riforma storica, che necessita, dopo il voto che avverrà, spero nonostante gli ostruzionismi di questi giorni, il più velocemente possibile, perché, poi, i Ministri Franceschini e Orlando dovranno lavorare molto e celermente per rendere attuative le deleghe, lavoro che auspico avvenga con spirito concertativo e di ascolto con tutti i mondi della rappresentanza. È un'urgenza nell'emergenza, perché non vogliamo fare un lavoro a metà e perché, se c'è qualcosa che abbiamo imparato, è che la mortificazione della cultura e dell'arte è ciò che, in questi anni, ci ha reso più ignoranti, più disposti all'individualismo, più pregnanti di egoismo. Eppure, mai come in questo momento, con una pandemia globale non ancora terminata, una crisi climatica che mette in discussione e stili di vita e sopravvivenza della società stessa, una guerra nel cuore dell'Europa, abbiamo bisogno non di meno, ma di più cultura, e non solo dei grandi eventi, ma nell'idea che è nella cultura diffusa che nasce e cresce la capacità di sentirsi comunità, perché è nella cultura diffusa che cresce e si alimenta la coesione e la capacità di generare innovazione, creare economie e garantire, appunto, maggior coesione sociale. Mi auguro, dunque, che si possa procedere senza rallentamenti strumentali e inutili, anzi, dannosi per il Paese. La cultura è PIL, la cultura è vita e chi lavora nello spettacolo aspetta risposte che la politica rinvia già da troppo tempo. È ora di dare queste risposte.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la Commissione cultura, l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE, Relatore di minoranza per la VII Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretaria Borgonzoni… se ha la compiacenza di attaccare il telefono, grazie.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Mollicone.

FEDERICO MOLLICONE, Relatore di minoranza per la VII Commissione. Grazie. Riferisco per la VII Commissione in qualità di relatore di minoranza e questo ci inorgoglisce non poco, perché dimostra come Fratelli d'Italia, in questa legislatura che volge al termine, speriamo il più presto possibile, abbia rappresentato la prima linea dell'opposizione, anche sempre in maniera costruttiva. Siamo stati i primi, durante la pandemia, a proporre un testo di risoluzione, poi diventato un testo unitario; e di questo ci vantiamo, del fatto che sia diventato trasversale, non di averlo presentato per primi. Siamo stati i primi a presentare un testo sull'assistenza agli artisti ucraini e sulla ricostruzione, e anche questo è diventato un testo unitario. Siamo stati i primi, colleghi, a presentare un progetto di riforma complessivo dello spettacolo dal vivo, con la proposta di legge che vedete qui incardinata, come primo testo, la n. 1985 del luglio 2019. E questo che cosa dimostra? Dimostra la sensibilità, la passione che abbiamo voluto mettere nel rappresentare lo spettacolo dal vivo. Ma perché? Perché siamo l'Italia, siamo la patria delle arti, siamo la patria della lirica, della danza, delle arti performative, del teatro, del cinema, siamo la patria della bellezza. E, per questo, riteniamo che la giornata di oggi, al di là, poi, del voto che esprimeremo, segni sicuramente una tappa fondamentale sulla strada della costituzione di un nuovo quadro normativo a tutela, come è stato detto, degli operatori dello spettacolo, degli artisti, degli attori, che devono essere riconosciuti come lavoratori.

Grazie a una serie di strumenti potranno, infatti, essere riconosciuti e garantiti, finalmente, il giusto sostegno e la dignità al lavoro. Quindi, mi unisco anche io ai ringraziamenti, già formulati da chi mi ha preceduto, agli uffici, al lavoro politico e parlamentare di tutti. Se oggi siamo qui in maniera così accelerata, come sappiamo, per tecnica parlamentare, lo si deve all'unanimità in Capigruppo, proprio espressa da Fratelli d'Italia. Al di là delle rispettive posizioni, infatti, l'unità di intenti sul tema è emersa dopo l'indagine conoscitiva che, con la collega Carbonaro - anche qui, per primi, rispetto anche al Senato - e anche con la collega Gribaudo per quanto riguarda la Commissione lavoro, abbiamo voluto in VII Commissione per affrontare la vacuità delle norme di tutela del settore. È dallo scorso anno che le Commissioni cultura e lavoro - noi con il collega capogruppo Rizzetto, la collega Bucalo e, ovviamente, la nostra vice presidente Frassinetti - lavorano in sede congiunta e, prima, in Senato sono andati ad approfondire una serie di problematiche da risolvere, con l'obiettivo di dare un certo ordine e una giusta tutela ai lavoratori dello spettacolo, dal riconoscimento della figura professionale dell'artista alle tematiche più strettamente contrattuali, dai compensi alla disciplina per una tutela previdenziale e assicurativa che avesse un senso.

Si è trattato di un lavoro lungo, che ci ha impegnato, come Parlamento, per diversi mesi; siamo, infine, giunti oggi alla discussione in Aula del disegno di legge proposto dal Governo che prevede, appunto, tra le altre, le seguenti novità: la riapertura della delega al Governo in materia di riordino delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di spettacolo, le deleghe al Governo per il riordino e la revisione degli ammortizzatori e delle indennità per l'introduzione di un'indennità di discontinuità, quale indennità strutturale permanente per i contratti di lavoro, nonché per l'equo compenso per i lavoratori autonomi; sono inoltre previsti il riconoscimento della professione di agente dello spettacolo dal vivo, il rafforzamento e l'ampliamento dell'Osservatorio dello spettacolo e l'istituzione, molto importante e attesa e, devo dire, anche questa merito dell'opposizione, di Fratelli d'Italia, di un tavolo permanente del settore dello spettacolo, all'articolo 9. Può sembrare una banalità, ma in una nazione come l'Italia, non sembrava scontato che il Ministro potesse sedersi, come succede magari in altri Ministeri, al tavolo della cultura e dello spettacolo con tutte le categorie. Ebbene, c'è voluta una battaglia di Fratelli d'Italia; prima, durante la pandemia, devo riconoscere al Ministro Franceschini di averlo istituito già con un decreto, e ora addirittura diventa legge e diventa quindi una conquista per tutto il mondo dello spettacolo che non dovrà più piatire un appuntamento, una telefonata o una mail da questo direttore generale, da quel direttore di settore, da quel funzionario, ma semplicemente ci saranno delle convocazioni tematiche e ci sarà, quindi, la possibilità di confrontarsi faccia a faccia con il Ministro.

Ebbene, noi ve lo diciamo subito, uno dei motivi dell'astensione sarà proprio la difesa che facciamo di tutto il mondo circense e, a questo proposito, una delle prime categorie per cui chiederemo la convocazione di quel tavolo sarà proprio in difesa del mondo circense, a cui la nostra proposta di legge aveva dedicato ben quattro articoli, tra cui, appunto, il riconoscimento dell'arte circense come patrimonio nazionale, il riconoscimento delle accademie circensi, la facilitazione per gli spettacoli viaggianti, ovviamente, tutto nel rispetto del benessere animale, che vogliamo tutti, primi fra tutti proprio chi organizza i circhi nella legge. Lo ricordo, è uno spettacolo popolare e secolare quello che noi difendiamo.

Quindi, chiederemo subito una di queste convocazioni e chiederemo che le convocazioni siano per segmenti e non come adesso per agiografia, una sorta di assemblea generale. Il tavolo ha senso se sarà per tematiche e per categorie, perché sia un tavolo di lavoro.

Nel disegno di legge, colleghi, è poi prevista l'istituzione del registro nazionale dei lavoratori dello spettacolo e questo è un traguardo comune. Si dispone, poi, che l'INPS attivi specifici servizi di informazione e comunicazione in favore degli iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo proprio per agevolare l'accesso alle prestazioni e ai servizi telematici. Riguardo all'indennità di discontinuità, uno degli emendamenti dei relatori, c'è stata su questo un'ampia convergenza anche di Fratelli d'Italia al Senato, con i colleghi Iannone e Calandrini.

Sono tutti temi, questi, evidenziati nei vari disegni di legge presentati in Commissione sull'argomento, con l'intento di ottenere un testo unificato che rispondesse alle varie esigenze messe in evidenza dai lavoratori dello spettacolo. Si tratta di esigenze che anche Fratelli d'Italia, con il suo testo, sempre il disegno di legge n. 1985, ha proprio centrato, con una visione più ampia, e questo è un altro motivo fondamentale di astensione critica che Fratelli d'Italia pone a questo provvedimento, cioè la mancata visione di riforma generale del FUS. Era un'occasione storica, un'occasione che il Ministro Franceschini ha perso, ma su questo rassicuriamo il Governo e i colleghi dell'attuale maggioranza, perché tra qualche mese probabilmente un altro Governo potrà affrontarlo e finalmente sarà un Governo di centrodestra. Su questo noi critichiamo in particolare il meccanismo di regolazione del finanziamento pubblico che lo Stato utilizza per fornire il sostegno finanziario a enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti proprio nel settore del cinema, della musica, della danza, del teatro, del circo e dello spettacolo viaggiante.

La delega opera, come sappiamo, anche sui temi dei diritti del lavoro. Per questo motivo, pure, ci asterremo; siamo certamente favorevoli, in linea di principio, ma ci voleva di più, con maggiori dotazioni economiche e una strategia più ampia, quindi, diciamo sufficit, ma non basta.

Proprio questa mattina, poi, ai focus di ascolto di Piazza Italia, la manifestazione di Fratelli d'Italia con le categorie, abbiamo ribadito, incontrandole, le nostre proposte, che sintetizzo e verso le quali, devo dire - e lo ringrazio, perché è qui presente -, il sottosegretario Borgonzoni ha fatto più di una apertura, anche accogliendo, in seconda lettura, anche alla Camera, gli emendamenti che abbiamo ripresentato proprio su queste tematiche, in particolare sulla detrazione del consumo culturale che, ormai, per noi è un evergreen, lo diciamo - e io ormai ho perso la voce a ricordarlo - dal 2018, dall'inizio della legislatura, ancora prima di me Rampelli dalla fondazione di Fratelli d'Italia nel 2013; quindi, sono anni che a fianco delle categorie lo diciamo, ce lo hanno richiesto anche questa mattina incontrandole: detrazione al consumo culturale; abbassamento dell'IVA al 4 per cento, e vi ricordo che l'Europa ha accettato l'aliquota del 5 per cento da più di un anno e dovremo recepire anche quello; la riforma del FUS come Fondo delle arti nazionali; l'estensione del tax-credit del cinema allo spettacolo dal vivo e al teatro, perché se si può fare per il cinema, e siamo d'accordo, non si capisce perché non si possa fare per il teatro; e sempre un maggiore impegno dei privati nei contesti dell'esercizio teatrale. Colleghi, concludo, quindi, confermando la nostra astensione a questo provvedimento, ma certamente vigileremo sui decreti attuativi che dovranno trovare il rispetto del Parlamento e troveranno sicuramente un Governo più autorevole e più interessato a difendere gli interessi dello spettacolo dal vivo e del mondo della cultura.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire.

È iscritto a parlare l'onorevole Melicchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MELICCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Sono felice di discutere un testo che permette di intervenire in maniera significativa in materia di spettacolo, un provvedimento a lungo atteso dagli addetti ai lavori. Sono molte le cose positive e da apprezzare, che sono un primo traguardo per l'estensione dei diritti e delle tutele alle lavoratrici e ai lavoratori del settore. Spero si possa fare in fretta anche con i decreti legislativi per portare a compimento una battaglia che sta molto a cuore al MoVimento 5 Stelle e che restituisce finalmente dignità ai lavoratori dello spettacolo.

Ci è voluto tanto tempo, perché da troppo il settore dello spettacolo necessita di una sistemazione organica. Per questo mi sento di ringraziare anche la collega Carbonaro che, con competenza e costanza, se ne occupa da molto tempo, anche portando avanti un'importante indagine conoscitiva nella VII Commissione cultura della Camera.

Lo spettacolo è un settore che conta più di 300 mila lavoratori e lavoratrici, la cui retribuzione annuale media si attesta intorno ai 10 mila euro lordi. Si tratta di un comparto estremamente diseguale al suo interno; sebbene vi sia un nucleo di artiste e artisti che riesce a stipulare contratti a cifre significative, la maggior parte degli impieghi è precario, intermittente e con basso salario.

È al contempo un ambito fortemente individualizzato e talvolta molto competitivo. Uno dei tratti peculiari è la frammentazione tra una pluralità di imprese, agenzie, teatri e altro ancora; inoltre, vi è una notevole dispersione geografica, infatti, le attività dello spettacolo implicano spesso lo spostamento per seguire festival, tournée, eventi o set cinematografici lontani dalla propria città di residenza.

L'emergenza COVID-19 ha poi evidenziato tutta la fragilità del settore dello spettacolo dal vivo, precipitato in una fase di profonda crisi a livello europeo. Secondo uno studio commissionato dal Consiglio d'Europa, alcuni settori del comparto dello spettacolo avrebbero perso fino all'80 per cento del proprio fatturato.

La profonda crisi del settore ha coinvolto anche l'Italia, dove la chiusura dell'intera filiera produttiva degli spettacoli ha messo in ginocchio un settore pur ritenuto strategico per il Paese. Il mondo dello spettacolo ha sofferto di più gli effetti della pandemia, essendo quello che ha chiuso prima e che ha riaperto dopo tutti gli altri nel nostro Paese.

Le prolungate chiusure e le parziali riaperture hanno avuto un forte impatto, tanto sull'economia dello spettacolo, che ha perso 8 miliardi di euro tra il 2019 e il 2021, quanto sui suoi lavoratori che in alcuni periodi si sono trovati non solo fermi, ma anche senza accesso a tutele o a sostegni economici. La crisi ha colpito soprattutto le donne e i lavoratori fra i 30 e i 50 anni, con una famiglia a carico o con un mutuo. Un maggiore tasso di abbandono del lavoro si è osservato per coloro che lavoravano nei settori produzioni, allestimenti di scenografie e strutture e nei settori più colpiti dalla pandemia a causa delle continue chiusure, cioè eventi live e teatro. Ma anche nell'ultimo trentennio l'impatto economico e occupazionale della cultura e dello spettacolo si è profondamente modificato: se sul fronte quantitativo questa trasformazione ha comportato l'espansione del settore e l'aumento degli occupati, sul fronte qualitativo i cambiamenti debbono ricondursi alla nascita di nuove professioni o alla trasformazione di quelle esistenti. Ciononostante, la crescita dell'occupazione non ha dato luogo alla predisposizione di tutele occupazionali e sociali adeguate; al contrario, il lavoro nello spettacolo è stato attraversato da processi di precarizzazione e informalizzazione.

Anche sul lato aziendale, l'espansione del settore non ha significato il rafforzamento della struttura produttiva, che continua invece a caratterizzarsi per la persistenza di imprese fragili, di piccole dimensioni, instabili e a scarsa capitalizzazione. Da questo breve quadro, si intuisce come anche il comparto dello spettacolo presenti diverse peculiarità nel mercato del lavoro e nella struttura produttiva italiana.

A distinguere tuttavia lo spettacolo da altri comparti e a farne per molti versi un settore ancora più vulnerabile vi sono delle specificità che riguardano sia le caratteristiche stesse delle attività artistiche, sia i profili lavorativi e occupazionali. In primo luogo, i lavoratori dello spettacolo sono una categoria molto vasta ed eterogenea, segnata da una forte pluralizzazione dei profili contrattuali, dall'ampia diversificazione delle figure artistiche e professionali e infine dalla persistenza di frammentazioni, che originano dalla divisione tecnica e funzionale del lavoro. La messa in opera di uno spettacolo richiede infatti l'utilizzo e la cooperazione di diverse maestranze.

Un'altra caratteristica che contraddistingue l'occupazione nello spettacolo è l'elevata propensione dei lavoratori alla combinazione e a volte alla sovrapposizione di diverse attività lavorative, spesso svolte nell'ambito di regimi contrattuali e previdenziali differenti. Di fatto, la saltuarietà dell'impiego è una caratteristica ontologica delle professioni dello spettacolo. Basti pensare che, secondo i dati dell'INPS relativi all'anno 2020, il gruppo professionale più consistente iscritto alla Cassa, il gruppo attori con circa 80.000 professionisti, registra solo 15 giornate retributive annue, dato molto inferiore al minimo richiesto per l'accesso agli ammortizzatori sociali. A tal riguardo, riporto le parole di un lavoratore dello spettacolo che mi hanno profondamente colpito. Egli dice: “Quello che è successo è che tutti si sono resi conto che noi siamo lavoratori intermittenti, senza che nessuno ce lo riconosca. Noi non produciamo sempre: noi abbiamo dei momenti di incubazione. La creazione dello spettacolo prevede dei tempi di gestazione che non risultano da nessuna parte e non ti vengono pagati”. E ancora: “In Francia chi fa il nostro lavoro e sta fermo sei mesi può accedere a dei canali che sostengono il suo lavoro, che magari è il momento della produzione. Da noi non hai nessun modo per sostenerti”. Questo provvedimento dunque è una tappa fondamentale sulla strada della definizione di una nuova cornice normativa a tutela degli operatori dello spettacolo, ai quali potrà finalmente essere riconosciuto e garantito il giusto sostegno. Le migliaia di professionisti della lirica, della musica, del teatro, del cinema, della danza e di tutte le arti performative potranno contare su nuove garanzie grazie a questa riforma del settore. Poi mi piace ricordare la novità principale di questo provvedimento, l'istituzione tra l'altro dell'indennità di discontinuità, intesa come strutturale e permanente per gli operatori del mondo dello spettacolo, un sostegno che punta a coprire i lavoratori dello spettacolo nei momenti di inattività o durante i periodi di studio e formazione. Tutte circostanze essenziali nelle professioni artistiche che, allo stato attuale, non consentono agli operatori del settore di percepire un reddito stabile o di versare i contributi previdenziale in maniera continuativa. L'introduzione dell'indennità di discontinuità segna decisamente uno spartiacque fra il prima e il dopo per le lavoratrici e i lavoratori delle arti creative e dello spettacolo dal vivo.

Per la prima volta, quindi, viene riconosciuta la natura intermittente delle professioni dello spettacolo dal vivo. Non posso, poi, non ricordare la promozione e il sostegno dello spettacolo come riconoscimento del suo valore formativo ed educativo, unitamente alla tutela dei lavoratori del settore e come riconoscimento dell'utilità sociale dello spettacolo. Poi aspetteremo tutti con fiducia la redazione di un vero codice dello spettacolo. È importante anche voler puntare finalmente a valorizzare la funzione sociale della musica originale, eseguita dal vivo, e degli spazi in cui questa forma d'arte performativa si realizza, con il riconoscimento dei live club, quali soggetti che operano in modo prevalente per la promozione e diffusione di produzioni musicali contemporanee, vocali o strumentali, dal vivo e per il sostegno delle medesime attività.

Il testo prevede anche l'istituzione presso il Ministero della Cultura di un Registro unico dei lavoratori che operano nel mondo dello spettacolo, con il riconoscimento della professione di agente o rappresentante per lo spettacolo dal vivo. Sempre presso il Ministero verrà avviato un tavolo permanente per monitorare la situazione del settore e favorire il dialogo tra i vari operatori, un nuovo osservatorio dello spettacolo, al quale sono attribuiti anche compiti di coordinamento con le attività degli osservatori regionali dello spettacolo e la facoltà di stipulare convenzioni con le università per l'effettuazione di tirocini formativi curricolari e rivolti a studenti iscritti a corsi di laurea o post-laurea.

Infine, ricordo anche l'attivazione da parte dell'INPS di più servizi per gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo e di un canale di accesso, chiamato Sportello unico per lo spettacolo per semplificare le operazioni dei soggetti - enti pubblici o privati, imprese o associazioni - che si avvalgono delle prestazioni di lavoro dello spettacolo.

Devo dire che tanti altri miglioramenti avremmo potuto proporli anche qui, alla Camera, ma non ci è stato possibile emendare questo provvedimento, per volontà dichiarata del Governo. Su questo non posso che far mie le parole del presidente Conte, che ha rivendicato la centralità del Parlamento: l'assetto costituzionale è un valore da proteggere, sempre e comunque.

Mi associo, quindi, alle istanze fatte dal MoVimento 5 Stelle al Premier Draghi, con una richiesta trasparente e lineare su un maggior coinvolgimento del Parlamento su iniziative decisive per determinati settori, come quello in esame.

“Il vigore e la vitalità della creazione artistica dipendono soprattutto dal benessere materiale e intellettuale degli artisti, in quanto individui e in quanto collettività”: questo recita la risoluzione della Commissione cultura del Parlamento europeo del 25 febbraio 1999, precisando che, in questa definizione, rientrano gli artisti, gli interpreti, gli artigiani e tutti i professionisti della creatività e dello spettacolo che, con il loro estro e la loro capacità, partecipano alla realizzazione della produzione artistica. La raccomandazione continua dicendo che la società non ha solamente il dovere, ma tutto l'interesse a sostenere gli artisti, tenuto conto del ruolo indispensabile che essi svolgono per migliorare la qualità della vita della società e del contributo che forniscono per il consolidamento della democrazia. Oggi, quindi, è, più che mai necessario dar seguito all'articolo 38 della nostra Costituzione, per cui i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria, facendo sì che anche i lavoratori di un settore straordinario come quello dello spettacolo abbiano accesso ai diritti ordinari che spettano a tutti i lavoratori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO (FDI). La ringrazio, Presidente. Voglio dire grazie alla Commissione, che “ospita” questo mio intervento, anche se nello specifico, io non ho contribuito ai lavori di questa Commissione. Grazie anche al collega Mollicone che, di fatto, andando fuori dagli accordi, ha bruciato la parte più solida dal mio intervento, annunciando lui un'astensione; fa nulla. Rispetto a quanto ho ascoltato, sottosegretario, riteniamo - e ritengo - che la delega dello spettacolo introduca certamente elementi nuovi anche se, secondo noi, non esattamente risolutivi, rispetto, ad esempio, alla precarietà dei lavoratori dello spettacolo e alla necessità di garantire il settore culturale.

Dice bene la collega Gribaudo quando ricorda che di cultura in Italia si può e, secondo me, sotto alcuni aspetti, si deve vivere; dovremmo dare, quindi, la possibilità anche a chi si occupa di cultura di poter vivere della stessa. Molto spesso, come lei mi insegna, non è ancora così. Di fatto, questo è un provvedimento che fornisce una risposta piuttosto limitata, una sorta di panno tiepido, ai problemi che le Commissioni di Camera e Senato hanno, in modo virtuoso, studiato in questi anni. Io mi permetto, se posso, in pochi minuti, una critica, spero costruttiva, prima nel merito e poi nel metodo di come si sono svolti i lavori, passando dalla tecnicalità alle questioni più meramente politiche.

Fratelli d'Italia ha presentato, ad esempio, emendamenti per la riforma del Fondo unico per lo spettacolo, un Fondo per le arti nazionali. Ricordo che è presente in Parlamento, a firma del collega Mollicone, che è il nostro responsabile cultura per Fratelli d'Italia, una proposta di legge per la revisione del FUS, che elimina in particolare il ruolo distorsivo delle commissioni consultive, come richiesto dalle categorie, come il Movimento Spettacolo dal Vivo; così come l'introduzione della detrazione del consumo culturale, necessaria per rilanciare la domanda di cultura che riproporremo alla Camera e su cui anche qui esiste una specifica proposta di legge. Diciamo che una certa area di quest'Aula, di centrosinistra nello specifico, si dice sempre favorevole alla detrazione del consumo culturale, ma poi non lo vota mai. Questo è, quindi, un inedito che si sta riproponendo alla Camera da molto, molto tempo.

Sono temi su cui Fratelli d'Italia, ma non solo, è sempre stata in prima linea con le categorie, come Federculture, tanto da inserire gli incentivi alla domanda di cultura - la detrazione del consumo culturale e l'abbassamento dell'IVA del 4 per cento sui prodotti culturali - nel programma, sin dalla sua fondazione. Ci poniamo, quindi, favorevolmente sul riconoscimento della professione della gente di spettacolo dal vivo, così come sul rafforzamento e l'ampliamento delle funzioni dell'Osservatorio dello spettacolo e l'istituzione del tavolo permanente del settore spettacolo, precedentemente introdotto grazie a un nostro ordine del giorno, perlomeno abbiamo cercato di introdurlo con un'indicazione al Governo.

Va segnalato che la delega poco si rivolge al settore dei live club, che comunque creano, anche a livello territoriale, un indotto molto importante, così come non specifica il ruolo dello spettatore dal vivo come impresa culturale, eppure nonostante la nostra azione emendativa di buon senso, all'opposizione è stata spesso esclusa e poco, purtroppo, ascoltata.

Mi ripeto e ci ripetiamo, noi ci asterremo, in modo costruttivamente critico, per i motivi che abbiamo spiegato, ma saremo sempre al fianco di coloro che si occupano, fanno cultura, musica e spettacolo, possibilmente dando loro la possibilità di poterci vivere (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto l'onorevole Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Presidente, tranquillizzo anche i colleghi, non prenderò tutto il tempo che è previsto in discussione generale. Colleghi, colleghe, sottosegretaria Bergonzoni, non voglio togliere la soddisfazione al collega Mollicone di primogeniture ed altro, però, in Commissione cultura penso abbiamo fatto tutti molto per il mondo dello spettacolo. Soprattutto nel periodo della pandemia abbiamo avvertito con grande urgenza la difficoltà di un settore che più di altri pativa le chiusure e l'impossibilità reale di lavorare. Tra le altre cose, proprio in quel periodo Forza Italia ha presentato un progetto di legge, a mia prima firma, a tutela dei lavoratori dello spettacolo, con particolare riferimento alla tutela previdenziale, al riconoscimento e al superamento dell'intermittenza. Tutti temi che ritroviamo, in parte, anche in questa legge delega.

Siamo convinti, anche alla luce dell'emergenza pandemica, della necessità di accelerare finalmente i tempi per una riorganizzazione totale, di una revisione normativa fondamentale per l'intero settore.

Il provvedimento struttura finalmente un sistema di welfare dello spettacolo; ricordo che il singolo lavoratore che svolge la sua attività in questo settore vede alternarsi nella sua vita professionale periodi di intenso lavoro a periodi di pausa, la famosa intermittenza.

Pensiamo al fatto che ogni singola performance richiede periodi di studio e di prova che spesso non vengono riconosciuti e pagati, eppure quei periodi di studio e di prova sono parte integrante e inscindibile del prodotto finale al quale poi assistiamo, del quale godiamo, con il quale nutriamo la nostra vita culturale. Non solo, coloro che esercitano la loro attività artistica nel mondo dello spettacolo spesso devono costantemente curare la loro preparazione: pensiamo a un musicista che non può smettere di suonare, a un cantante che non può smettere di allenare la voce, a un danzatore, ad una ballerina, ad un artista circense, lavoratori che curano quotidianamente la loro passione che è poi anche la fonte del loro sostentamento. Da qui la necessità di una tutela tout court della preparazione della loro attività.

Avremmo voluto fare di più; interverrò domani nel dettaglio nel corso della dichiarazione di voto finale ricordando specificamente alcuni aspetti degli articoli della legge delega che ci sembrano fondamentali, sui quali riteniamo che il Governo, specificamente il Ministero competente, debba fare una riflessione profonda. Mi riferisco all'albo professionale, in particolare - anche su questo entrerò nel dettaglio maggiormente domani - alla sua non obbligatorietà.

Se noi sottolineiamo la non obbligatorietà, probabilmente vanifichiamo anche la necessità di un albo. Avremmo, ripeto, voluto fare di più, siamo certi che le riforme passino anche attraverso l'indicazione dello stanziamento di importanti risorse economiche; in questo senso la nostra attenzione rimarrà elemento costante dell'azione non solo nelle aule parlamentari e in Commissione, per quanto di competenza della VII Commissione, in sede di approvazione di provvedimenti di natura economica che possano e debbano riguardare il settore dello spettacolo.

Siamo consapevoli del momento critico: la pandemia e il conseguente indebitamento con il PNRR, che costituisce però anche una fondamentale risorsa, la crisi internazionale e tutto quanto sta inquietando e investendo anche il nostro Paese, possono avere inevitabilmente delle ripercussioni, nuovamente drammatiche, anche dal punto di vista professionale, sui lavoratori di questo settore. Ecco perché è una delega fondamentale, una delega sulla quale bisognerà continuare a lavorare perché i lavoratori del mondo dello spettacolo sono non solo un'occasione per accrescere e determinare una crescita culturale del Paese, ma sono, secondo noi, un riferimento fondamentale anche per le nuove professionalità, per i nostri giovani, per tutti. Abbiamo approvato la nuova legge sugli ITS, ma il mondo non è solo di tecnici, è anche di creatività e di artisti (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Orfini. Ne ha facoltà.

MATTEO ORFINI (PD). Grazie Presidente, quello che discutiamo oggi è un provvedimento importante, frutto di un lavoro lungo, faticoso per certi versi, che è arrivato al termine anche grazie a un rapporto virtuoso tra il Governo e il Parlamento fatto di momenti più semplici, altri difficili, ma di un dialogo costante per il quale voglio ringraziare il Governo che ha portato a un risultato importante. È un provvedimento che ha dentro tante cose, ma il cui cuore è la costruzione di un sistema innovativo di tutele per le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo dal vivo. Un sistema innovativo che ha il merito di affermare un principio che dovrebbe essere scontato, ma purtroppo, nel nostro Paese, non lo è stato, ossia che chi fa cultura è prima di tutto un lavoratore. Detta così sembra banale, ma, per le norme e la mancanza di tutele e di diritti in cui hanno vissuto per decenni queste lavoratrici e questi lavoratori, in Italia così non era. Con questo provvedimento noi in qualche modo riconnettiamo idealmente i tanti articoli della nostra Costituzione che parlano della centralità del lavoro, a cominciare dall'articolo 1, come anche l'articolo 9 della nostra Costituzione, affermando un principio semplice: per promuovere la cultura bisogna prima di tutto tutelare le lavoratrici e i lavoratori che in questo settore orbitano. Quello della necessità di tutelare i diritti dei lavoratori è un principio valido sempre, ma - permettetemi di dire - lo è forse ancor di più in questo settore, perché un Paese dove la cultura è diffusa e forte, è un Paese migliore, un Paese in cui la democrazia è più forte. Ma, perché questo accada davvero, perché sia vero, c'è bisogno che la cultura sia libera. Se la cultura è precaria, se i diritti e le tutele dei lavoratori sono negati, quella libertà corre il rischio di diventare non una condizione riconosciuta a tutti, ma un lusso per pochi e, quindi, di mettere in discussione quel principio di cui parlavo. Oggi con questo provvedimento noi riconosciamo lo specifico di una professione, anzi tante professioni ormai molto particolari - ne hanno parlato nel dettaglio le relatrici e Gribaudo e Carbonaro, che ringrazio per il lavoro che hanno fatto - uno specifico che aveva bisogno di un sistema di tutela, disegnato su quelle specificità. Noi non potevamo - anche se ci è stato detto da alcuni - applicare ai lavoratori di questo settore le misure già esistenti e già previste come elementi di tutela dei lavoratori, perché siamo di fronte a qualcosa di differente. Noi cosa facciamo nella sostanza con questo provvedimento? Riconosciamo il fatto che quei lavoratori non stanno lavorando solo nel momento in cui c'è un evento o sono su un palco, ma che anche i momenti di studio, di creazione, di ideazione e di preparazione di quel momento sono da considerare lavoro e, quindi, in quanto tali, devono essere retribuiti e devono essere considerati anche ai fini del raggiungimento del trattamento pensionistico. Lo facciamo attraverso uno strumento innovativo, che abbiamo chiamato indennità di discontinuità. Ovviamente non è tutto risolto e, nel momento in cui rivendichiamo un provvedimento importante, dobbiamo riconoscerlo, perché questa è una legge delega.

Si è scelto - giustamente a mio avviso - questo strumento, che si è sovrapposto a un lavoro parlamentare che era già iniziato, anche per garantire che si potesse arrivare al termine di questo lavoro. Però, molto dipenderà da come il Governo redigerà i decreti attuativi di questa legge delega: quello sarà un momento importante. Esattamente come un momento importante sarà la prossima legge di bilancio, in cui noi dovremo garantire risorse necessarie per far sì che quello che abbiamo scritto in questa norma abbia davvero un effetto sulla vita di tante centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori. Io credo sia importante che non si interrompa un metodo, che è stato quello dell'incontro, del confronto e del dialogo che ha portato a questo risultato, perché, se siamo arrivati fin qui, è anche - anzi, direi forse soprattutto - per quel metodo, anche perché veniamo da anni atroci per questo settore. Ormai sono quasi tre anni, sono stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire.

Come è stato ricordato anche oggi, appena c'è un problema, vengono stigmatizzati ingiustamente come un pericolo. I lavoratori e le lavoratrici di questo settore sono stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire. Io ricordo le primissime riunioni durante il primo lockdown, ovviamente on-line, quando ancora non eravamo nemmeno abituati a quegli strumenti che oggi sono diventati usuali nella nostra attività politica. Ricordo incontri con rappresentanti di questi settori che ci chiedevano sostegno immediati per affrontare la crisi, ma non si limitavano a questo; ci chiedevano sostegni, ma anche riforme. Non era scontato, perché, nel momento della massima difficoltà, non si sono limitati alla richiesta di una soluzione emergenziale, ma hanno immaginato e chiesto alla politica di rifondare e ripensare l'intero sistema normativo che regge e regola questo settore.

Credo sia uno degli effetti più preziosi di questo percorso che abbiamo alle spalle, cioè una unità, un'unione tra lavoratrici e lavoratori, che non si sono limitati a fare una battaglia per i loro diritti, ma sono diventati protagonisti del processo legislativo, perché queste norme noi le abbiamo scritte insieme a loro, sono state scritte anche, se non soprattutto, da loro.

Oggi, nel momento in cui siamo chiamati ad approvarle, siamo convinti che siano e che saranno delle buone norme, anche perché sono state concordate e scritte insieme a coloro che ne subiranno gli effetti. A quelle lavoratrici e a quei lavoratori - ovviamente oltre a ringraziarli - voglio dire di non fermarsi, perché un settore che in questi anni era stato molto diviso, che aveva vissuto una rappresentanza molto parcellizzata, ha invece trovato una forte sintesi e ha saputo diventare un soggetto unitario, che si è relazionato nel modo giusto alla politica e ha ottenuto dei successi.

Se oggi noi siamo qui è grazie a quei lavoratori. Penso a quelle prime riunioni, con “La musica che gira”, con UNITA con i “Bauli in piazza” con le organizzazioni sindacali, con tutte quelle realtà che abbiamo conosciuto in questi momenti drammatici e che ci hanno aiutato ad arrivare fin qui. Oggi è un momento importante - lo dicevo all'inizio - per noi, perché mettiamo un punto a un lavoro di più di due anni e lo facciamo ottenendo un risultato positivo.

Nel momento in cui lo rivendichiamo, dobbiamo però essere anche consapevoli che in questi due anni qualcosa si è perso, anzi molto si è perso, perché tante di quelle lavoratrici e tanti di quei lavoratori hanno smesso di fare questo mestiere, perché la crisi ha portato anche a questo, al fatto che molti hanno smesso, che molti luoghi della cultura, piccoli teatri, live club e luoghi vari, dove si faceva cultura hanno chiuso e probabilmente non riusciranno a riaprire.

Questo non è un dramma solo per chi ha dovuto rinunciare al proprio progetto di vita, alla propria passione e al proprio lavoro, ma significa anche il rischio di desertificazione culturale per il nostro Paese: è un problema per noi, non solo per loro, è un problema per le istituzioni. Allora, queste riforme, che noi oggi discutiamo e che credo approveremo, in qualche modo spero aiutino anche a ritrovare la speranza a chi ha smesso di fare questo lavoro, magari a ricominciare a farlo in una condizione di maggiore certezza e sicurezza, con tutele e con più diritti. Spero che anche da questa occasione cresca la consapevolezza in tutti noi, nelle classi dirigenti del Paese, che la forza del nostro Paese, la capacità migliore di uscire dalla fine di questa pandemia, è anche legata alla capacità di riannodare quel filo spezzato in questi anni tra cultura e lavoro. Oggi facciamo un primo passo importante e, però, abbiamo il dovere di dire a quelle lavoratrici e a quei lavoratori che non ci fermeremo e che, insieme a loro, continueremo a cercare di dare a questo settore le riforme che merita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Patelli. Ne ha facoltà.

CRISTINA PATELLI (LEGA). Grazie Presidente. Sottosegretario Borgonzoni, onorevoli colleghi, questo provvedimento è uno dei disegni di legge collegati alla manovra di bilancio per il triennio 2023 -2025 e definisce il nuovo assetto normativo, con riferimento alla materia che riguarda i lavoratori dello spettacolo, come vengono genericamente nominati, ponendo le fondamenta per una vera e propria riforma strutturale dell'intero settore. È stato nel corso della pandemia che ci si è resi conto della necessità e dell'urgenza di approfondire gli studi, a proposito di questo comparto così articolato e complesso, che senza dubbio alcuno è stato quello in cui i lavoratori sono stati tra i più penalizzati dal lockdown e dalla crisi, legati alla pandemia. L'analisi della situazione, finalmente più consapevole che nel passato, ha restituito un panorama poco incoraggiante, ovvero una legislazione alluvionale, carente, comunque in alcuni frangenti contraddittoria, capace di offrire garanzie superficiali e rimedi inefficaci, ma non quelle misure che servirebbero per affrontare le patologie e le crisi dei rapporti di collaborazione professionale di lavoro di chi opera nel cosiddetto mondo dello spettacolo, che è una vera e propria industry e, come tale, non può né deve tollerare norme lacunose e scarse tutele.

Con questo provvedimento si posa il primo mattone di un edificio che deve essere ben più saldo. In ragione di ciò, si delega il Governo a prevedere misure atte a realizzare il riordino delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spettacolo, nonché il riordino e la revisione degli ammortizzatori, delle indennità e degli strumenti di sostegno economico temporaneo in favore dei lavoratori del settore iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo.

Si introduce per la prima volta la previsione dell'equo compenso per i lavoratori del comparto, l'indennità di discontinuità per i lavoratori a tempo determinato, i cosiddetti discontinui, la revisione dei requisiti di accesso agli strumenti di sostegno e la determinazione degli oneri contributivi e dei contributi di solidarietà secondo principi di vera tutela. Insomma, una prima importante riforma del welfare di settore e una riforma di cui c'è un'urgenza.

Per quanto attiene, più in particolare, i temi di competenza della VII Commissione, sui quali desidero insistere, l'articolo 2 reca deleghe al Governo per il riordino delle disposizioni che regolano il settore. Il comma 1 del predetto articolo delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi sia per il coordinamento e il riordino delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di attività, organizzazione e gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche nonché degli enti di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 31, sia per la riforma, la revisione e il riassetto della vigente disciplina nei settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche.

Il Governo, nell'esercizio della delega, è chiamato alla redazione di un unico testo normativo denominato codice dello spettacolo, al fine di conferire al settore dello spettacolo un assetto più efficace, organico e conforme ai principi di semplificazione delle procedure amministrative e ottimizzazione della spesa, anche al fine di migliorare la qualità artistico-culturale delle attività e di promuovere il riequilibrio di genere.

Nel dare attuazione, quindi, alla predetta delega il Governo dovrà tenere in considerazione alcuni principi e tra questi: promozione e sostegno dello spettacolo nella pluralità delle sue diverse espressioni quale fattore indispensabile per lo sviluppo della cultura ed elemento di coesione e di identità nazionale, strumento di diffusione della conoscenza, della cultura e dell'arte italiana in Europa e nel mondo, nonché quale componente dell'imprenditoria culturale creativa e dell'offerta turistica nazionale; riconoscimento del valore formativo ed educativo dello spettacolo e della sua utilità sociale; riconoscimento della peculiarità del settore; promozione e sostegno dei lavoratori dello spettacolo; riconoscimento del ruolo sociale dei lavoratori e dei professionisti dello spettacolo; promozione e sostegno dello spettacolo in tutte le sue forme.

Con specifico riguardo alle fondazioni lirico-sinfoniche, il vertice del sistema nazionale musicale, il disegno di legge di delega dovrà attenersi ad alcuni principi e in particolare: prevedere il rafforzamento della responsabilità del sovrintendente nella gestione economico-finanziaria delle singole fondazioni; la revisione delle modalità di nomina e dei requisiti del sovrintendente e del direttore artistico, prevedendo in particolare, nei casi di responsabilità accertata per lo scorretto svolgimento delle funzioni relative alla gestione economico-finanziaria, che al sovrintendente sia preclusa la possibilità di essere nominato per lo stesso ruolo o ruoli affini anche in altre fondazioni; realizzazione di coproduzioni nazionali ed internazionali; la promozione e la diffusione della cultura lirica, con particolare riguardo alle aree disagiate.

Con specifico riguardo ai settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche, si dovrà cercare di raggiungere l'ottimizzazione dell'organizzazione del funzionamento dei diversi settori sulla base dei principi di tutela e valorizzazione professionale dei lavoratori, di efficienza, corretta gestione, economicità, imprenditorialità e sinergia tra i diversi enti e soggetti operanti in ciascun settore o nell'ambito di settori diversi, anche al fine di favorire l'intervento congiunto di soggetti pubblici e privati, sostenendo la capacità di operare in rete tra soggetti e strutture del sistema artistico e culturale, adeguando il quadro delle disposizioni legislative alla pluralità dei linguaggi e delle espressioni dello spettacolo contemporaneo.

In relazione al settore della danza, la revisione della normativa in materia di promozione delle attività di danza dovrà essere d'intesa con le altre amministrazioni competenti, con l'introduzione di disposizioni finalizzate a dare impulso alle opere di ricostruzione del repertorio coreutico classico e contemporaneo, alla produzione artistica e alla sperimentazione.

Quanto, invece, alle norme procedurali per l'esercizio della delega, il comma 2 introduce, sempre con riferimento all'esercizio della delega, in relazione alle fondazioni lirico-sinfoniche, specifici principi e criteri direttivi: i decreti legislativi sono così tenuti a rivedere i requisiti necessari per il reclutamento del sovrintendente del direttore artistico attraverso nuove procedure che prevedano, in particolare l'assenza di conflitto di interessi con le funzioni svolte all'interno della fondazione dal sovrintendente e dal direttore artistico, nonché da tutti i componenti gli organi di gestione delle fondazioni e la previsione di bandi pubblici, anche internazionali che consentano la consultazione pubblica dei curricula dei partecipanti al medesimo bando.

In proposito, con riferimento alla lettera a), il gruppo della Lega per Salvini Premier si è battuta nelle sedi istituzionali – e, in particolare proprio in VII Commissione, e ancora insiste - affinché il Governo, nell'esercizio della delega non trascuri quanto segue, ma anzi raccolga le sollecitazioni che riguardano le migliori pratiche gestionali, anche in ragione dell'esperienza nell'osservazione delle criticità che affliggono il sistema. Con riferimento appunto alla lettera a), sarebbe meglio, anzi, sarebbe doveroso, prevedere anche l'esclusività dell'impegno a favore dell'istituzione lirico-sinfonica che si dirige, oltre all'assenza del conflitto d'interessi con le funzioni svolte all'interno delle fondazioni dal sovrintendente e dal direttore artistico, nonché da tutti i componenti gli organi di gestione delle fondazioni.

Ancora riguardo alle fondazioni lirico-sinfoniche, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, comma 3 della legge 22 novembre 2017, n. 175, i decreti legislativi di cui al comma 1 andrebbero adottati altresì secondo i seguenti principi e criteri direttivi: provvedere a garantire la determinazione su base triennale delle quote di riparto del Fondo unico per lo spettacolo di pertinenza delle fondazioni lirico-sinfoniche; istituire un tavolo tecnico al fine di approntare nuovi e più attuali criteri, eventualmente in aggiunta agli attuali, necessari alla determinazione, in concorrenza fra loro, delle singole quote di pertinenza delle fondazioni lirico-sinfoniche, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo; utilizzare il patrimonio di conoscenza e di metodo acquisiti dalla struttura del Commissario straordinario del Governo per il risanamento delle gestioni e il rilancio delle attività delle fondazioni lirico-sinfoniche, valorizzandola oltre l'attuale funzione di monitoraggio, nell'ottica dell'accompagnamento verso il raggiungimento - e, poi, con l'obiettivo del mantenimento - della sostenibilità economica dell'intero sistema, patrimonio di conoscenze e di professionalità enorme, ma che altrimenti andrebbe perduto; favorire un modello organizzativo e gestionale delle fondazioni lirico-sinfoniche ispirato a principi di sostenibilità, allo scopo di raggiungere la capacità dell'ente di durare nel tempo, senza ricorrere in modo patologico al sostegno economico di terzi, incoraggiando l'equilibrio reddituale, l'equilibrio monetario, l'efficienza e la remunerazione congrua di tutti i fattori della produzione, mantenendo il sovrintendente quale unico organo di gestione della fondazione lirico-sinfonica; e, ancora; consolidare l'adozione della contabilità economico-patrimoniale, mantenendo il richiamo della vigente legge speciale che dispone il rinvio, in quanto applicabili, alle norme del codice relative al bilancio di esercizio delle società di capitali che consentono di assumere rilievo anche alle indicazioni delle organizzazioni contabili operanti a livello nazionale, come l'Organismo italiano di contabilità, e internazionale, come i princìpi IFRS, in ragione del presupposto che solo questa tipologia di contabilità permette processi di maggiore efficienza ai livelli crescenti di delega e responsabilizzazione finalizzata al monitoraggio, a livello generale, dell'equilibrio economico e di quello patrimoniale, e che si presta a essere integrata anche con altri strumenti, come il rendiconto finanziario, il budget finanziario, per supportare anche il monitoraggio dell'equilibrio finanziario, dinamico e monetario; e ancora, valorizzare i corpi di ballo e pensare all'istituzione delle scuole di danza, ragionando circa l'attribuzione al balletto con orchestra realizzato da una fondazione lirico-sinfonica con il proprio corpo di ballo, eventualmente integrato nei medesimi punteggi attribuiti all'opera lirica, nonché allo scopo di attribuire una maggiorazione del contributo alle fondazioni che disporranno di una scuola di danza; promuovere la stretta collaborazione delle fondazioni con i teatri di tradizione, sia per quanto attiene al decentramento delle produzioni liriche, concerti e spettacoli di danza, che nell'individuazione e realizzazione di altre iniziative, anche a livello didattico formativo, volte a maggior partecipazione di pubblico, nonché degli stessi teatri, con i conservatori di musica, per un maggiore coinvolgimento degli allievi e per favorire il loro sbocco professionale; prevedere l'obbligo, per le fondazioni e i teatri di tradizione, di pubblicare, tramite le proprie pagine dell'amministrazione trasparente, l'elenco dettagliato dei materiali e degli accessori conservati, allo scopo di favorire le attività di noleggio e di vendita delle proprie scenografie fra teatri che operano nel medesimo sistema, impegnandosi inoltre ad incrementare, nel sistema finanziario pubblico, agevolazioni e meccanismi premiali previsti per le fondazioni lirico-sinfoniche che producono in circuito fra loro e con teatri di tradizione.

Il comma 3, tornando alla delega, stabilisce, poi, che i decreti legislativi introducano disposizioni per il riconoscimento dei live club, quali soggetti che operano in modo prevalente per la promozione e diffusione di produzioni musicali contemporanee, vocali o strumentali, dal vivo, nonché disposizioni per il sostegno di tale attività.

Viene istituito, presso il Ministero della Cultura, l'osservatorio dello spettacolo, con la finalità di promuovere iniziative nel settore dello spettacolo. L'osservatorio è tenuto a raccogliere e pubblicare nel proprio sito Internet istituzionale dati e informazioni relativi all'andamento dell'attività di spettacolo, alla spesa annua complessiva in Italia destinata al sostegno e all'incentivazione dello spettacolo, alla normativa in materia di settore, alle procedure per l'organizzazione e lo svolgimento degli spettacoli in Italia e all'estero.

Un'altra novità è rappresentata dall'istituzione del sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo, del quale fanno parte l'osservatorio dello spettacolo e gli osservatori regionali dello spettacolo.

Il disegno di legge consente alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano di promuovere l'attivazione di tirocini formativi e di orientamento, anche mediante la stipula di apposite convenzioni con gli operatori del settore della moda e dello spettacolo, in favore di giovani che abbiano conseguito il diploma di istruzione secondaria superiore presso gli istituti professionali con indirizzo servizi culturali e spettacolo.

L'articolo 12, infine, integra i criteri di riparto del Fondo unico per lo spettacolo. A tal fine prevede che i decreti del Ministro della Cultura, di riparto dei contributi a valere sul FUS, tengano conto del criterio integrativo riguardante la promozione dell'equilibrio di genere e il riconoscimento di una premialità per le istituzioni che impiegano nelle rappresentazioni liriche giovani talenti italiani in misura pari almeno al 75 per cento per gli artisti scritturati.

Questo testo è frutto non solo della proficua collaborazione delle diverse forze politiche che hanno contribuito al suo arricchimento, ma anche dell'ascolto delle numerose voci dei rappresentanti del settore, che sono intervenuti in audizione nel corso dell'indagine conoscitiva che le Commissioni riunite VII e XI hanno condotto nel corso dell'attuale legislatura, al termine della quale è stato approvato un documento conclusivo che evidenzia le principali criticità riscontrate nel settore e alcune possibili proposte di soluzione (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 3625​ e abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, che aveva i tempi, ma non lo vedo.

Ha facoltà di replicare la relatrice per la maggioranza per la VII Commissione, onorevole Carbonaro.

ALESSANDRA CARBONARO, Relatrice per la maggioranza per la VII Commissione. Grazie, Presidente. Rapidamente, per ringraziare i colleghi del dibattito e il Governo, che ha seguito tutta la discussione generale. Una piccola puntualizzazione per correttezza di informazione: prima, nel proporre la mia relazione, avevo dimenticato di aggiungere tra le leggi abbinate la n. 2658, a firma Gribaudo, Carbonaro ed altri, e la n. 1985, Mollicone ed altri, e avevo solamente citato la n. 2885 dell'onorevole Racchella.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Gribaudo, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il sottosegretario.

LUCIA BORGONZONI, Sottosegretaria di Stato per la Cultura. Grazie, sarò brevissima. Vorrei ringraziare le Commissioni congiunte per il lavoro fatto, come tutto il Parlamento e tutti i gruppi.

Spiace che la discussione non sia partita dalla Camera, perché, sicuramente, sarebbe stata più interessante e avremmo potuto arricchire la discussione, perché, come è stato detto in Commissione, questo è un primo passo, a cui seguiranno - perché è perfettibile - tanti altri interventi che faremo in Parlamento e su cui lavoreremo tutti, alcuni dei quali erano contenuti anche nei disegni di legge presentati - non so chi per primo e non so chi per secondo - da tanti gruppi parlamentari.

Ritengo sia importante, perché farlo oggi vuol dire portare finalmente a casa un risultato fondamentale per i lavoratori del mondo dello spettacolo e dell'arte; rimandarlo voleva dire, forse, non vedere mai la luce di un provvedimento rispetto al quale, giustamente, come è stato detto prima da Orfini, fino a non tanto tempo fa – probabilmente, fino a prima del COVID -, quando si parlava di lavoratori dell'arte (e penso capitasse anche a tutti voi)- la risposta era: “perché non parli dell'operaio, perché non parli, magari, di uno che lavora in un negozio”, senza capire che, in realtà, anche questi sono lavoratori e devono avere le stesse tutele degli altri lavoratori; in più, fanno parte di un mondo che, in parte, forse, con il COVID l'abbiamo perso.

È un grande dramma, perché chi smette di lavorare nell'arte è difficile che torni a fare quello, perché va a fare qualcos'altro e rischia di perdere quello che, in modo più commerciale, viene chiamato il know-how del nostro Paese, quello che fa grandi anche tutti i prodotti del nostro del nostro Paese, quelli più commerciali, perché è quello che noi siamo, è la nostra cultura, è quello che ci rende grandi nelle tante diversità che ci sono.

Sicuramente - e mi spiace che non ci sia Fratelli d'Italia -, per quanto riguarda la questione dei live club, i fondi sono stati dati durante l'emergenza. Sicuramente, i live club, come in altre Nazioni (penso lo condividiamo tutti), dovrebbero avere una collocazione e un'importanza completamente diverse, perché si fa cultura, come giustamente è stato detto anche qua, negli interventi, ma come anche in un ordine del giorno, che chi è stato votato, dalla collega Carbonaro, mi sembra.

Per quanto riguarda la questione - rispondo sempre a Fratelli d'Italia – relativa al FUS e alla detrazione del consumo culturale, sulla detrazione del consumo culturale penso che abbiamo votato tantissimi ordini del giorno. Sarebbe bello che, su quello, ci fosse una spinta, su cui vi appoggio più che volentieri, perché credo sia un passaggio fondamentale; è rimasto poco tempo, possiamo però iniziare a incardinare qualcosa e provare a vedere se (probabilmente, in questa legislatura, visti i tempi, considerato che arriverà la legge di bilancio, non si potrà fare) si possa dare il la, per chi verrà dopo. Ritengo, infatti, che, mentre il FUS (per me andrebbe cambiato, ma questa è una mia vecchia battaglia già nel Conte 1) può essere divisivo, quella della detrazione del consumo culturale sia una misura che unisce tutti. Per cui, mi auguro che inizieremo a lavorare su questo. Grazie ancora per il grande lavoro che avete fatto.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 12 luglio 2022, il deputato Emilio Carelli, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Insieme per il Futuro.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in data 12 luglio 2022, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Ricordo che, nella seduta di domani, alle ore 13, avrà luogo la commemorazione dell'ex deputato Francesco Nucara.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanichelli, che non vedo, quindi si intende che vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Giuliano. Ne ha facoltà.

CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente, il 12 luglio di 21 anni fa moriva Michele Fazio, un ragazzo di appena 15 anni, ucciso per errore nei vicoli di Bari vecchia, nel corso di un regolamento di conti tra clan rivali.

Io ho avuto l'onore di conoscere il papà di Michele Fazio, Pinuccio Fazio, che ha trasformato il dolore per la perdita del figlio in un grido di testimonianza e di speranza. La sua è diventata, da oltre 20 anni, una vera e propria missione nelle scuole, nelle associazioni e nelle piazze d'Italia e la sua testimonianza ci ricorda che, di fronte alla mafia, non si può mai tacere e la memoria deve essere sempre tenuta viva.

Io vengo da un territorio, la provincia di Foggia, funestato dalla criminalità organizzata; proprio ieri c'è stato l'ennesimo omicidio. E, allora, come istituzioni, abbiamo il dovere di non lasciare questi territori abbandonati a loro stessi, abbiamo il dovere di dare risposte concrete, di giustizia, aumentando i tribunali e i presidi di giustizia presenti in questi territori e creando un tessuto economico, sociale e culturale che possa strappare i nostri giovani, che possa strappare i nostri cittadini dalla morsa della mafia. In questo senso io mi appello, come sempre faccio, a tutte le forze politiche in Parlamento, perché noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo fatto di questa lotta una nostra bandiera e abbiamo delle proposte di legge in questo senso. E il miglior modo per rendere omaggio a tutte le vittime innocenti di mafia e a tutte le vittime di mafia è quello di agire tempestivamente con azioni concrete (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ehm. Ne ha facoltà.

YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Pochi in quest'Aula ricorderanno quel 9 luglio 2021: un anno fa, quel fatidico venerdì, 422 operai della Gkn di Campi Bisenzio venivano improvvisamente licenziati con una semplice mail. Nessun preavviso, alcun confronto, i cancelli chiusi. Il Governo forse non ricorderà, ma, in seguito a quei licenziamenti, la mobilitazione fu straordinaria: parliamo di 20, 30, 40 mila persone a sostegno della vertenza Gkn contro tutte le delocalizzazioni, contro il precariato, per un lavoro dignitoso, per il rispetto dei diritti. La maggioranza e, forse, nemmeno i colleghi toscani lo ricorderanno, ma il 6 ottobre scorso veniva depositata una proposta di legge anti-delocalizzazioni, firmata da oltre 30 colleghi, scritta con i lavoratori Gkn e con esperti del settore, tutt'oggi in attesa di essere incardinata, discussa, approvata. Il Governo forse non lo ricorderà, ma sino ad oggi, dopo oltre un anno, quei lavoratori sono ancora lì in attesa di conferme e risposte concrete. Il Governo non ricorderà, ma la maggioranza forse non ricorda nemmeno. Noi di Manifesta, invece, ricordiamo e continueremo a batterci dentro e fuori le Aule parlamentari. Ho qui un'interrogazione che depositerò, l'ennesima interrogazione, Presidente. Quali le risposte del Governo? Quali le azioni nel Parlamento? Non occorre che ne rispondiate a me, ma, sì, occorre che rispondiate ai lavoratori e alle lavoratrici dell'ex Gkn, come occorre che rispondiate al Paese intero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lovecchio: non lo vedo, quindi si intende che abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Frailis. Ne ha facoltà.

ANDREA FRAILIS (PD). Grazie, Presidente. In questo mio intervento, mi voglio occupare della situazione dell'Ersu dell'Università di Cagliari, è l'ente regionale per il diritto allo studio. È una situazione di difficile operatività, quasi al limite della paralisi, del collasso, perché il consiglio di amministrazione dell'Ersu, cioè l'organo che sovraintende alla sua attività è bloccato. È perché è bloccato? È bloccato perché è incompleto, ed incompleto perché il presidente della regione Solinas non ha ancora nominato il rappresentante regionale all'interno di questo organismo e questo non da giorni e nemmeno da settimane o da mesi, ma, oramai, da anni.

Nel concreto questo che cosa comporta? Comporta una grave lesione del diritto allo studio di molti studenti, perché senza un CdA nel pieno possesso dei suoi poteri e, quindi, pienamente operativo, non possono essere finanziati i bandi per le borse di studio, non possono essere erogate le risorse per gli affitti. Ricordo che molti ragazzi, molti studenti vivono in centri anche lontani dalla città di Cagliari. Non può essere completato il nuovo campus, la casa dello studente, che non è qualcosa campato per aria nella mente di chi lo ha proposto, ma è quasi ultimato, mancano soltanto gli arredi. Quindi molti ragazzi non avranno fisicamente un posto dove stare, dove vivere e hanno un rischio grave: quello di interrompere, se non di abbandonare gli studi. Venerdì gli studenti scenderanno in piazza a Cagliari per ricordare al presidente Solinas quel che deve fare per uscire da una situazione che non soltanto è grave, ma anche paradossale.

Venerdì gli studenti scenderanno in piazza a Cagliari per ricordare al presidente Solinas quel che deve fare per uscire da una situazione che non soltanto è grave, ma è anche paradossale. Venerdì noi saremo in piazza con loro, con questi ragazzi, con questi studenti, per difendere un loro sacrosanto diritto, quello di studiare e di costruire il loro futuro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Poco meno di due settimane fa, il Premier Draghi, al termine di una conferenza stampa, aveva detto quanto segue: “Stiamo vivendo la crisi idrica più grave degli ultimi 70 anni, registriamo perdite straordinarie attorno al 30 per cento della risorsa, mentre in Israele la percentuale è del 3 per cento e in altri Paesi europei si aggira tra il 5 e l'8 per cento. Per questo è necessaria la realizzazione di un piano di emergenza”.

Ora, io vorrei segnalare al Premier Draghi che a 50 chilometri da Palazzo Chigi c'è la provincia di Latina, che ha tassi di dispersione sulle infrastrutture idriche pari al 70 per cento. Allora, se per il Premier Draghi è grave il 30 per cento di dispersione, figuriamoci lì, in quella provincia, che cosa si dovrebbe fare? Si dovrebbe chiamare l'esercito, allora? Lì c'è una società che si chiama Acqualatina, della quale, come è noto, il 51 per cento è in mano all'ATO 4 dei comuni e il 49 per cento, invece, in mano la francese Veolia, e di investimenti di questa società sulla rete non se ne sono visti, come non si sono viste le risposte alle mie interrogazioni sui costi dell'emergenza idrica del 2017 lì nel Sud pontino.

Aggiungiamoci anche che da poco Acqualatina ha appena aumentato nuovamente le tariffe agli utenti ed è diventata sostanzialmente una situazione insostenibile. Allora, lo sconvolto Mario Draghi potrebbe andare a Latina e appurare qual è la mala gestio di una società che per anni è stata un “assumificio” della politica a danno di un bene comune come l'acqua, che dovrebbe essere pubblica per volere di 26 milioni di cittadini italiani che hanno chiesto a gran voce acqua pubblica e non carrozzoni inutili, inefficienti, costosi e dannosi per la città.

Quindi, Presidente, se il Premier volesse farsi una passeggiata lì si renderebbe conto che il 30 per cento che lui ha decantato è nulla, rispetto a un'emergenza ben più pesante.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 13 luglio 2022 - Ore 9,30:

(ore 9,30 e al termine del punto 6)

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 2318 - Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo (Approvato dal Senato). (C. 3625​)

e delle abbinate proposte di legge: MOLLICONE ed altri; GRIBAUDO ed altri; RACCHELLA ed altri. (C. 1985​-2658​-2885​)

Relatori: CARBONARO (per la VII Commissione) e GRIBAUDO (per la XI Commissione), per la maggioranza; MOLLICONE (per la VII Commissione), di minoranza.

2. Seguito della discussione della proposta di legge:

FOTI ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. (C. 1059-A/R​)

Relatori: DEIANA, per la maggioranza; FOTI, di minoranza.

3. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

BARELLI ed altri: Modifica all'articolo 114 della Costituzione, in materia di ordinamento e poteri della Città di Roma, capitale della Repubblica. (C. 1854-A​)

e delle abbinate proposte di legge costituzionali: MORASSUT ed altri; CECCANTI; MELONI ed altri. (C. 2938​-2961​-3118​)

Relatori: CECCANTI e CALABRIA.

(ore 12,30)

4. Dimissioni del deputato Elio Vito.

(ore 15)

5. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

(ore 16,15)

6. Informativa urgente del Governo sulle iniziative in relazione all'emergenza siccità, con particolare riferimento al settore dell'agricoltura.

La seduta termina alle 21,25.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nelle votazioni nn. 1, 2 e 3 i deputati Giorgis e De Girolamo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

nelle votazioni nn. 1, 2 e 3 la deputata Termini ha segnalato che non è riuscita ad astenersi dal voto;

nella votazione n. 3 il deputato Prisco ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 3 il deputato Marchetti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 4 i deputati Battilocchio e Pezzopane hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 4)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl 544-B - odg. n. 9/65 rif. 372 357 15 179 357 0 97 Appr.
2 Nominale odg 9/544-B/66 rif. 370 356 14 179 356 0 96 Appr.
3 Nominale odg 9/544-B/67 rif. 371 356 15 179 356 0 96 Appr.
4 Nominale Pdl 544-B - voto finale 393 387 6 194 387 0 91 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.