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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 718 di lunedì 4 luglio 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 30 giugno 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 103, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 30 giugno 2022, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla X Commissione (Attività produttive):

“Conversione in legge del decreto-legge 30 giugno 2022, n. 80, recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale per il terzo trimestre 2022 e per garantire la liquidità delle imprese che effettuano stoccaggio di gas naturale” (3662) - Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 30 giugno 2022, il presidente del gruppo parlamentare Lega-Salvini Premier ha reso noto che, in data 29 giugno, l'assemblea del gruppo ha nominato tesoriere il deputato Leonardo Tarantino, in sostituzione del deputato Massimiliano Capitanio, dimessosi dalla carica di deputato.

L'ufficio di presidenza del gruppo è pertanto composto dal presidente, Riccardo Molinari, dal vice presidente vicario, Fabrizio Cecchetti, dai vice presidenti Dimitri Coin, Alessandro Pagano e Ugo Parolo, dal tesoriere, Leonardo Tarantino e dai delegati d'Aula, Simona Bordonali e Edoardo Ziello.

Sulla tragedia del ghiacciaio della Marmolada.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, approfitto dell'ordine dei lavori per esprimere, a nome del gruppo di Fratelli d'Italia e del nostro presidente, Giorgia Meloni, la costernazione e, ovviamente, un senso di profondo lutto e solidarietà ai familiari delle vittime del grave incidente accaduto sul ghiacciaio della Marmolada. È una fatalità, ma non solo. Sappiamo che l'origine è dovuta alle mutazioni climatiche, anche se su questo stanno dibattendo ancora gli scienziati. Il fatto è che decine di persone sono state travolte da un seracco che ha spazzato via quell'allegria, quella gioia della ripresa, finalmente, delle escursioni. Sappiamo quanta importanza abbia per chi ama la montagna poter arrivare a quelle vette. Adesso, è il momento anche della solidarietà con i soccorritori, perché stanno lavorando in situazioni molto difficili; anche a loro va la nostra solidarietà per il loro coraggio. Riteniamo che forse l'Italia, ma questo ovviamente sarà il tempo successivo alla solidarietà e alla costernazione, debba fare un attento monitoraggio e riflessione, se è vero che quel ghiacciaio - che è un ghiacciaio che fa parte della storia italiana, perché c'era la famosa città di ghiaccio degli austriaci, quando era un grande ghiacciaio – scompartirà nel 2042. Io penso di interpretare anche lo spirito dell'Aula nel chiedere un minuto di silenzio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Covolo. Ne ha facoltà.

SILVIA COVOLO (LEGA). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, a nome del gruppo Lega anch'io esprimo cordoglio per la tragedia della Marmolada, avvenuta ieri intorno alle 14, lungo il confine di Veneto e Trentino-Alto Adige, quando il distaccamento del seracco ha causato una vera e propria strage: si parla di 6 morti accertati, che potrebbero salire a 30, se si contano i dispersi, tra cui va annoverato un bimbo di 9 anni, e 9 sono i feriti gravi. Lo stadio del ghiaccio di Canazei, tradizionalmente famoso per hockey e pattinaggio, oggi si è trasformato in una grande camera ardente.

Rimaniamo increduli e sbigottiti di fronte a questo disastro, che sembra del tutto imprevedibile. Esprimiamo vicinanza alle famiglie delle vittime, auspicando nel ritrovamento e nel possibile salvataggio di coloro che mancano all'appello, confidando nella guarigione dei feriti.

Il sincero ringraziamento va a tutti coloro che stanno lavorando incessantemente da ieri, dalla Protezione civile, al soccorso alpino e al gruppo speleologico, al SUEM, al personale sanitario, alle istituzioni coinvolte, in primis la provincia autonoma di Trento, la regione del Veneto e il comune di Canazei. Confidiamo nell'adozione di misure idonee ad evitare ulteriori disastri, visti i movimenti geologici che sono ancora in corso. Confidiamo in indagini approfondite. Riteniamo, tuttavia, che una temperatura di oltre 10 gradi a quota 3 mila metri, in una domenica di luglio, sia sintomo di un disequilibrio che ci deve fare riflettere, come ha ricordato prima il collega Mollicone. Dobbiamo indagare sulle cause dell'evento, con la speranza che questa nefasta vicenda ci induca a riflettere sulle fragilità del nostro pianeta e sulle conseguenze del riscaldamento globale.

PRESIDENTE. Grazie ai colleghi. Rappresento, anche a nome di tutta l'Aula, il cordoglio per le vittime, la preoccupazione per i dispersi e, naturalmente, il grande ringraziamento e la solidarietà a tutti i soccorritori, che, nelle precedenti ore e anche in queste, stanno svolgendo un lavoro assolutamente molto, molto difficile. Naturalmente, le vostre richieste saranno all'attenzione del Governo.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina (A.C. 3614-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3614-A: Conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3614-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire, anche a nome del relatore per la V Commissione (Bilancio), il relatore per la VI Commissione, Alessandro Cattaneo.

ALESSANDRO CATTANEO, Relatore per la VI Commissione. Grazie, Presidente. Cominciamo oggi l'esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina.

Come si desume già dal titolo del decreto-legge, si tratta di un atto normativo dal contenuto assai ampio, con disposizioni riferibili a molteplici materie e ambiti di competenza. Da sottolineare che, nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione, il provvedimento si è ulteriormente arricchito di contenuti, ivi compresa la rifusione nel testo del provvedimento del decreto-legge n. 80 del 2022, attraverso l'approvazione di un emendamento di noi relatori.

Oggi, iniziamo questa discussione, che è sicuramente attesa dal Paese e frutto di un lavoro intenso e positivo, durato diversi giorni e qualche notte in Commissione. Atteso da famiglie e imprese, come dice il nome vuole essere un decreto che porti aiuti concreti a beneficio di chi è in difficoltà per la crisi dovuta all'emergenza del caro energia, caro bollette e quant'altro.

Come relatore, intanto, devo sottolineare che il lavoro nelle Commissioni - come detto, molto intenso - si è svolto in un clima di collaborazione positiva, sia con il Governo - è presente la Vice Ministra Castelli, che ringrazio insieme a tutti gli altri componenti del Governo che hanno accompagnato il dialogo in queste Commissioni -, sia con tutti i partiti di maggioranza e di minoranza che hanno svolto un lavoro importante per arricchire il provvedimento.

Come ha accennato, Presidente, io intervengo anche per il collega Ubaldo Pagano e, quindi, mi limito a fare un excursus generale del provvedimento.

C'erano alcuni temi molto attesi, in primo luogo, quello della liquidità a favore delle imprese. Siamo intervenuti in diversi ambiti, da un lato, intervenendo nuovamente sulla garanzia SACE, laddove l'intervento dello Stato direttamente o indirettamente può portare benefici ad aziende in difficoltà a seguito della crisi economica. Così pure siamo intervenuti per l'aggiornamento dei prezziari, perché il caro materiali è uno di quei temi che sta mettendo in ginocchio il settore edile delle costruzioni e non solo. Diversi sono stati gli emendamenti con alcune riformulazioni, che alla fine sono stati approvati dalla Commissione e che rappresentano un passo in avanti e risposte importanti in più a beneficio delle imprese. Un altro tema fortemente atteso era il superbonus 110 per cento, sul quale non sono mancati i confronti con tutte le forze. Abbiamo fatto passi in avanti, forse ne avremmo voluti fare ancora di più e il dibattito proseguirà anche in altra sede, però, soprattutto sul tema della cessione dei crediti, che sta mettendo in ginocchio tantissime imprese che si trovano in pancia dei crediti nell'impossibilità di cederli e, quindi, nella condizione spesso di portare i libri in tribunale, abbiamo veramente fatto un lavoro entrando nel merito, approfondendo, confrontandoci sui provvedimenti politicamente, ma anche dal punto di vista tecnico, riuscendo ad ampliare le maglie e a dare la possibilità di riaprire la cessione a tutti i soggetti, fatti salvi coloro che per definizione sono consumatori nella definizione europea di tale perimetro. Crediamo che questo possa aiutare a riaprire il mercato dei crediti, che da opportunità si è invece trasformato in un problema per la nostra economia. Rimangono alcuni temi aperti, come quello della responsabilità in solido di colui che per ultimo acquisisce il credito, che rappresentano tavoli e ambiti di lavoro su cui ci siamo applicati e confrontati. Ritengo che abbiamo fatto il massimo, ma è un tema su cui credo si tornerà, con degli ordini del giorno e proseguendo il lavoro in Aula e - perché no - anche in altra sede. Voglio, però, sottolineare che su cessione crediti ci siamo fortemente impegnati e il risultato è comunque un sostanziale passo in avanti rispetto alla situazione che ci siamo trovati ad affrontare. Così anche per il superbonus nel suo complesso, dopo un periodo in cui abbiamo visto luci e ombre di questo provvedimento, siamo convinti sia opportuno prorogare, ma nei termini che già erano contenuti all'interno del Documento di economia e finanza. Questo ambito, quindi, ci ha visto molto impegnati.

Altre tematiche sono tutte quelle legate alla sfera dell'energia in senso ampio. Sappiamo di dover dare un impulso al mercato dell'energia rinnovabile, per favorire le aziende che hanno dei permessi e che vogliono ottenerne. Quindi, il provvedimento è stato arricchito con una serie di emendamenti, che facilitano e sostengono l'iniziativa per nuove realizzazioni in ambito di energie rinnovabili, per tutti unanimemente identificate come una priorità. Parimenti, abbiamo votato alcuni emendamenti rispetto al tema dell'estrazione del gas nazionale e non solo. Quella del gas e delle materie prime è un'emergenza che abbiamo sul tavolo e che anche con questo provvedimento abbiamo voluto affrontare in maniera molto risoluta, per tutto ciò che era in nostro potere fare nell'ambito di questo provvedimento.

Nell'articolo 13 abbiamo affrontato il tema del termovalorizzatore per la capitale d'Italia, sostanzialmente lasciando inalterato l'articolo su cui era stato trovato un accordo precedente. Un altro tema a cui abbiamo tenuto molto è l'aiuto agli enti locali, siano essi comuni o province, nella convinzione che con il caro bollette, in tutti i comuni e le province italiane, senza un nostro intervento, avremmo avuto o un taglio dei servizi o un aumento delle tasse locali. Negli esigui spazi di bilancio abbiamo trovato delle leve per intervenire e lo abbiamo fatto con importanti emendamenti, che vanno a beneficio degli enti locali, recependo peraltro alcune loro proposte. Ci siamo anche concentrati sul tema del lavoro nel suo complesso. Alcune iniziative di carattere regolamentatorio hanno coinvolto il reddito di cittadinanza e non solo, con riformulazioni che permettono di rendere più efficaci i provvedimenti oggi in essere. Nel complesso, quindi, dopo l'intenso lavoro di Commissione, consegniamo all'Aula un provvedimento ricco, molto ampio, su cui si è lavorato tanto e su cui il Parlamento potrà ulteriormente dare contributi significativi determinanti. Faccio, da ultimo, cenno anche al tema della pesca. Tutte le forze di maggioranza si sono trovate concordi nell'identificare questo come un settore particolarmente coinvolto dal caro energia e dal caro gasolio. Quindi, le risorse che erano nella disponibilità del Parlamento e della Commissione sono state messe su questo capitolo di spesa, dando una risposta che ci auguriamo possa essere significativa. È stato fatto il massimo rispetto a ciò che si poteva fare. Con queste premesse e questo inquadramento complessivo, iniziamo oggi l'esame del disegno di legge, auspicando che prosegua il clima di collaborazione che ha attraversato le forze di maggioranza e anche - devo dire - di opposizione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di farlo successivamente. È iscritto a parlare il collega Tasso. Ne ha facoltà.

ANTONIO TASSO (M-MAIE-PSI-FE). Grazie Presidente. Siamo a discutere della conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, il cosiddetto decreto Aiuti, che reca misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina.

È un provvedimento che va anche ad abrogare il decreto-legge 30 giugno 2022 n. 80, che prevedeva misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale per il terzo trimestre 2022 e per garantire la liquidità delle imprese che effettuano stoccaggio di gas naturale, salvandone ovviamente gli effetti pregressi e facendo confluire le disposizioni dello stesso decreto-legge n. 80 nel provvedimento che stiamo discutendo.

In tale articolato - ai 59 articoli originari, si sono aggiunti vari articoli -bis e diversi nuovi commi - si introducono misure in materia di energia con il titolo 1 e in materia di politiche sociali, accoglienza e finanziarie, afferenti al titolo 2.

Quindi, è un ampio spettro di interventi che cerca di affrontare le numerose emergenze del momento poco felice che stiamo vivendo e al quale il sottoscritto - lo dico molto modestamente - ha cercato di dare un contributo con alcuni emendamenti che riguardavano l'ambito dei lavoratori fragili, dei caregiver, grazie alla preziosa collaborazione del gruppo “Lavoratori fragili ed inidonei” e agli ambiti della pesca e dell'agricoltura, dei cui problemi, ahimè, sono a conoscenza provenendo da un territorio che ne soffre particolarmente, la provincia di Foggia, quindi la marineria del golfo di Manfredonia e le imprese agricole del Tavoliere, del Gargano, dei monti Dauni. Temi a cui mi sto dedicando con molta attenzione, devo dire anche con molta passione e che sono stati attenzionati poco o affatto in questo provvedimento.

In riferimento ai lavoratori fragili, vorrei ricordare che in quest'Aula, non più tardi di circa quattro giorni fa probabilmente, il Governo accoglieva un ordine del giorno di un collega in merito alla richiesta di prorogare le tutele dei lavoratori fragili fino al 31 dicembre 2022, con retroattività dal 1° aprile scorso per colmare il vuoto normativo creatosi, sino all'entrata in vigore della legge n. 52 del 2022. L'impegno del Governo, con il solito iter, con la solita formulazione, era di “valutare l'opportunità di”. Io, francamente, rimango basito, stupito del fatto che, dopo 2 anni, e forse anche più, di pandemia, ci sia ancora bisogno di valutare l'opportunità di mettere in protezione i lavoratori più vulnerabili ed esposti a gravissime complicanze in caso di contagio. Ad oggi, tuttavia, rimane disatteso tale impegno in favore dei lavoratori fragili, malgrado i dati allarmanti legati a un notevole incremento dei contagi dovuti alla maggiore trasmissibilità delle varianti Omicron BA.4 e BA.5, alle maggiori occasioni di socialità in concomitanza della stagione estiva e al venir meno, pressoché totale, delle restrizioni anti-contagio.

Io vorrei ricordare, in primis, a me stesso che stiamo parlando di lavoratori immunodepressi, oncologici, trapiantati, con disabilità grave e affetti da patologie gravissime, con riferimento ai quali, dal 1° luglio, sono venute meno tutte le misure a protezione del loro stato di salute e del loro diritto al lavoro. Ricordo sempre a me stesso che i lavoratori fragili, quand'anche vaccinati, senza parlare di chi sia stato esentato dalla vaccinazione anti-COVID per motivi sanitari e non - sottolineo “non” - per sua libera scelta, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno sviluppato un'adeguata risposta immunitaria, perché inficiata dalle specifiche terapie a cui sono sottoposti, ossia da chemioterapia e da altre terapie immunosoppressive. E vi è di più. È dimostrata da autorevoli scienziati a livello mondiale e nazionale che le varianti Omicron BA.4 e BA.5 hanno elevata capacità di evadere la risposta immunologica indotta dal vaccino anti-COVID a cui sono stati sottoposti questi soggetti fragili. A ciò si aggiunga anche il report del 17 giugno 2022 dell'organismo guida per lo studio e la valutazione dei vaccini contro il COVID-19 - organismo facente capo all'OMS -, che recita testualmente: “La traiettoria dell'evoluzione di SARS-CoV-2 rimane incerta, come le caratteristiche genetiche e antigieniche delle varianti future, che non possono ancora essere previste”. A fronte di questi dati scientifici così allarmanti, chiedo, sempre a me stesso, quale è l'atteggiamento adottato in questo provvedimento. Io credo che sia di disinteresse, vorrei dire anche di totale disinteresse.

Questo modo di agire, questo modo di fare, mi lascia esterrefatto, mi lascia mortificato sotto il profilo morale e sotto il profilo giuridico, perché si è scelto deliberatamente, non più prorogando le specifiche tutele dopo il 30 giugno scorso, di non proteggere i lavoratori ipervulnerabili e di aprire la strada a contenziosi in caso di contagio contratto sui luoghi di lavoro. Io dico peccato, perché abbiamo avuto - e mi ci metto anche io - diverse occasioni, diversi strumenti a disposizione per adottare tempestive misure di tutela per i lavoratori fragili, di cui già si conosceva l'imminente scadenza al 30 giugno scorso.

Mi riferisco proprio al decreto in discussione in quest'Aula, perché, nell'esame nelle Commissioni riunite alla Camera, sono stati respinti ben tre miei emendamenti che andavano nella direzione di tutelare questi lavoratori: in particolare, l'emendamento 39.02, con cui chiedevo, fino al 31 dicembre prossimo, il diritto al lavoro agile per i genitori di figli con disabilità grave o bisogni educativi speciali e i caregiver; l'emendamento 39.03, con cui chiedevo di prorogare la misura del lavoro agile fino al 31 dicembre 2022 sia per i lavoratori fragili, di cui al comma 2-bis dell'articolo 26 del “decreto Cura Italia”, sia per quelli ricompresi nella cosiddetta lista dei super fragili del decreto del Ministro della Salute del 4 febbraio 2022, ed estendendo tale diritto anche ai lavoratori giudicati dal medico competente inidonei temporanei alla mansione in presenza, ma idonei al lavoro agile.

Nell'emendamento 39.04 - che riguarda le tutele per i lavoratori fragili incompatibili con la modalità agile della prestazione lavorativa- si chiedeva il ripristino della tutela senza ricovero non conteggiata nel comporto, ai sensi del comma 2 dell'articolo 26 del “decreto Cura Italia”, misura questa che inspiegabilmente non è stata più prorogata dopo il 31 marzo 2022, lasciando, di fatto, scoperti persino i lavoratori oncologici, impossibilitati allo smart working per mansione, che avessero completato la chemioterapia da appena sei mesi ed un giorno. Francamente, non si è agito - in maniera eufemistica - con molta sensibilità in questo caso. In altre parole, restavano privi della tutela dell'assenza fuori comporto quegli stessi lavoratori ai quali, però, era fortemente raccomandata la quarta dose della vaccinazione anti-COVID. Come dire che queste persone sono fragili ad intermittenza, secondo chi, ovviamente, redige questo enorme: iper fragili, tanto da abbisognare della quarta dose, ma non sufficientemente fragili da meritare la protezione delle tutele sanitarie e lavorative. Poi vorrei dire che un altro schiaffo ai lavoratori fragili è rappresentato dall'aggiornamento, risalente al 30 giugno scorso, del “Protocollo condiviso per il contrasto della diffusione di SARS-CoV-2/COVID-19 nei luoghi di lavoro”, sottoscritto dal Ministro Orlando, dal Ministro Speranza e dalle parti sociali, in cui si continua a riconoscere l'utilità del lavoro agile come strumento di contrasto alla diffusione virale, ovviamente soprattutto per i lavoratori fragili, ma, poi, si demanda al datore di lavoro, in particolare al dirigente responsabile del servizio, di organizzare, con la collaborazione del medico competente, le misure di prevenzione.

In pratica, il lavoro agile viene riconosciuto utile dai redattori delle normative, e non solo, ma non reputato come diritto prioritario a tutela dei lavoratori fragili e persino lasciato alla discrezione del datore di lavoro, con immaginabili ripercussioni, anche legali - l'ho accennato prima -, qualora, per un errore di valutazione, il dirigente si rifiuti di concedere lo smart working al lavoratore fragile e quest'ultimo dovesse contrarre sul luogo di lavoro in presenza una forma gravissima di malattia da COVID.

In tutto questo, devo dire, ancora una volta, che mi lascia basito anche l'atteggiamento delle parti sociali convocate, che si sono limitate ad auspicare - hanno solamente auspicato - la proroga delle tutele della legge n. 52 del 2022, continuando così, ancora una volta, a lasciare fuori dalle tutele i lavoratori le cui patologie gravi non sono annoverate nella restrittiva - e lo dico sottolineandolo – e discriminatoria lista di cui al decreto del Ministero della Salute del 4 febbraio 2022. Francamente, con gli auspici e con le raccomandazioni, di certo, non si proteggono i lavoratori più vulnerabili, ma servono norme e decreti-legge ad hoc per tutelarli seriamente. Questi provvedimenti e queste iniziative finora messi in atto sono labili pseudo tutele, sono, come si dice in gergo, pannicelli caldi che non servono molto alla questione critica. Così come la circolare del Ministro Brunetta datata 30 giugno 2022, che si limita anch'essa a dare una mera indicazione nel favorire il ricorso al lavoro agile per i lavoratori fragili nella pubblica amministrazione, ma che, al pari del protocollo condiviso di cui ho accennato poc'anzi, ugualmente demanda ai datori di lavoro e ai dirigenti responsabili, ovviamente del servizio di cui poi ci si riferisce, la responsabilità e la discrezionalità di concederlo o meno al lavoratore fragile.

Questa è una circolare della funzione pubblica, voglio dire una circolare non è una norma, come sanno bene i Ministri Brunetta e Orlando, il Ministro Speranza, la Ministro Stefani e, ovviamente, tutti noi qui presenti; una circolare non ha alcuna validità normativa e non è accettabile che non ci si occupi seriamente di questi problemi, non è possibile ignorarli, non è giusto, non è etico e, a mio parere, non è neanche morale. È come se tutte queste gravi mancanze non fossero abbastanza per qualificare la disattenzione nei confronti dei lavoratori fragili. Mi preme anche sottolineare che il numero dei lavoratori dichiarati inidonei temporanei dal medico competente per aumentato rischio COVID è destinato ad aumentare in queste settimane e per costoro - per i quali non è mai stata prevista alcuna minima forma di tutela, sin dall'inizio della pandemia - la situazione diventa sempre più critica, man mano che andiamo avanti e che i numeri dell'aggravamento dei casi COVID aumentano.

Noi tutti dobbiamo essere consapevoli che il periodo di inidoneità assoluta alla mansione, seppur temporanea, deve essere giustificato dal lavoratore con malattia ordinaria che rientra nel conteggio del comporto - e questo è un altro aspetto che mi preme indicare, sottolineare e rimarcare decisamente - o da ferie o da congedi non retribuiti o da altri istituti contrattuali che sono, in ogni caso, a svantaggio del lavoratore stesso. Perciò, io dico che bisogna farsi carico seriamente anche di questa problematica relativa ai lavoratori inidonei. Lo dico, ma sono certo che sia opinione di tutti, sia opinione condivisa, che i lavoratori fragili sono persone che non si sono scelte la malattia e non si sono scelte neanche la pandemia.

Inoltre, con normative disattente si è stati capaci anche di discriminare tra lavoratori fragili civili e lavoratori fragili militari, poiché la tutela dell'esenzione dal servizio per i militari fragili è cessata il 31 marzo scorso in coincidenza con il termine della dichiarata emergenza sanitaria da COVID-19. Forse - lo chiedo a me stesso, naturalmente - i militari fragili sono fragili di serie B rispetto ai lavoratori fragili civili? Forse - lo chiedo sempre a me stesso - i militari fragili, dal 1° aprile scorso, non corrono più alcun rischio per la loro incolumità sul luogo di lavoro? Tutte queste risposte le dobbiamo alle migliaia di concittadini che quotidianamente mi scrivono; dico migliaia, perché non scrivono solo al sottoscritto, ma a tutti i rappresentanti; io so che tutti i colleghi sono stati interpellati da queste categorie; quindi, sommando tutte le richieste, tutti i messaggi e tutte le segnalazioni, siamo a migliaia di indicazioni che chiedono, giustamente e a gran voce, quanto gli è costituzionalmente garantito o almeno dovrebbe esserlo e cioè il diritto alla salute e il diritto al lavoro, che, invece, ahimè, vengono loro negati.

In tutto questo, devo dire che non ascolto parole di incoraggiamento e di supporto dai Ministri del Lavoro, della Salute e della Pubblica amministrazione, delle Disabilità, della Difesa e di taluni sindacati; eppure, la salvaguardia delle persone più fragili dovrebbe essere in cima alle nostre iniziative e alle nostre priorità di azione. I rappresentanti istituzionali e legislativi debbono assumersi le proprie responsabilità e non scaricarle così, a cuor leggero, sui datori di lavoro, scegliendo, di fatto, la strada comoda dell'omissione. Noi siamo in un Paese civile e ci vantiamo di esserlo e, allora, dobbiamo comportarci di conseguenza.

Io chiedo, pertanto - l'ho chiesto in questo provvedimento e lo farò anche negli altri -, la proroga urgente, fino a fine anno, del diritto al lavoro agile per lavoratori fragili, caregiver, dipendenti pubblici e privati, dell'assenza equiparata al ricovero fuori comporto per il lavoratori immunodepressi, oncologici, in terapia salvavita, con disabilità grave, con malattie gravi e per la lista dei super fragili, tutela, a mio avviso e ad avviso di chi soffre di queste patologie, da estendersi anche ai lavoratori inidonei per aumentato rischio di COVID-19.

Chiedo, inoltre, il ripristino, fino a fine anno, della tutela di esenzione dal servizio per i militari fragili, di cui all'articolo 87 del “decreto Cura Italia”, e chiedo a tutti di non lasciare soli i lavoratori fragili, di appoggiare le azioni necessarie che servono a farli tutelare pienamente, a prescindere dalle nostre idee politiche, che non c'entrano in questo caso; non spegniamo i riflettori su queste persone e vigiliamo sull'operato delle istituzioni, fino a quando non saranno veramente tutelate, nessuna esclusa, perché ritengo che il principale nemico, in questo caso, delle nostre azioni sia la burocrazia.

La burocrazia è il principale nemico dei lavoratori fragili, non sente il lamento di chi ha poca voce o non ne ha affatto, perché la burocrazia è sorda; la burocrazia non capisce le complessità della vita, perché è miope, non capisce che il mondo reale va avanti e ha mutato le proprie esigenze; la burocrazia è egoista, perché non capisce che nella vita si ha bisogno anche di un pizzico di generosità verso gli altri. Mi permetto di dire anche che la burocrazia è ignorante, perché non capisce che risposte ad alcuni problemi possono anche essere risposte multiple. La burocrazia è anche conservatrice, ama vivere dello status quo, perché non capisce che le persone fragili hanno bisogno dell'innovazione tecnologica, dell'innovazione procedurale e hanno bisogno di umanità.

Io, osservando da cittadino la realtà della vita e i suoi problemi, ritengo anche che, alle volte, il nostro modo di fare, il nostro modo di agire e la politica in generale non hanno il coraggio di incidere in una situazione profondamente incarnata nei Ministeri, nei comuni, nelle regioni, negli enti statali e parastatali periferici. Il mondo cambia e le esigenze dei cittadini cambiano con l'evolversi delle situazioni sul piano della realtà e sul piano psicologico. Invece, la burocrazia non cambia, la burocrazia – come ho detto prima – rimane tale, gode della sua staticità. Penso a come, in maniera meritevole, le istituzioni si sono mosse, con grande celerità, in occasioni particolari. Mi viene in mente il crollo del ponte di Genova, quando siamo stati solerti nell'affrontare quella grande problematica e risolverla, credo, nel miglior modo possibile; comunque, in quella occasione è stato fatto tanto per arrivare ad un risultato ottimale. Allo stesso modo, evidenzio come si sburocratizzi l'iter in occasione di provvedimenti economici riguardanti le infrastrutture - provvedimenti che sono in Commissione trasporti -. Per l'alta velocità ferroviaria si va velocemente e, nel caso dell'alta velocità, l'assonanza c'entra. Molte volte, anzi, chiedo scusa, qualche volta non si centra perfettamente l'obiettivo, però comunque si cerca di andare veloci. La nostra azione a volte è liberata da lacci e lacciuoli, altre volte invece resta affogata nella carta bollata e anche questa è deleteria per l'obiettivo che vogliamo raggiungere.

Concludo con un breve cenno sui pescatori e sugli agricoltori, per i quali ho presentato un emendamento che è stato in parte respinto e in parte accolto in una riformulazione generale, in attesa del tetto al costo del carburante, che stiamo cercando di perseguire in Europa. Al riguardo, avevo presentato un emendamento per ricorrere al credito d'imposta nel settore della pesca e nel settore dell'agricoltura. Per il settore della pesca – l'ha ricordato poc'anzi il relatore - è stato accettato un credito del 20 per cento, se non ricordo male, mentre non è stato considerato il credito d'imposta per il settore dell'agricoltura. Voglio ricordare - l'ho detto prima perché ho coscienza diretta di tali problematiche, vivendo in un territorio che sviluppa pesca e sviluppa agricoltura – che, in questi comparti, si arriva al paradosso che il lavoro non produce più reddito perché i costi sono insostenibili. Mi auguro che si possa fare sempre di più e sempre meglio, nel limite delle possibilità, perché comprendo anche che siamo in una situazione - dopo che abbiamo affrontato la pandemia, stiamo affrontando una guerra, è arrivata la siccità e, probabilmente, anche le cavallette ci invaderanno, per cui manca solo che un asteroide colpisca e non ci stiamo facendo mancare nulla - in cui anche le nostre azioni intervengono su un terreno molto scivoloso e molto difficoltoso.

Pertanto, alla fine di questa mia disamina ritengo - come ho detto in apertura del mio intervento - che questo provvedimento comunque contiene tante azioni, tante iniziative, tante importanti misure utili alla vita quotidiana del nostro del nostro Paese. Quindi è un provvedimento che va accolto favorevolmente e lo ribadirò in sede di dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Covolo. Ne ha facoltà.

SILVIA COVOLO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, apprezziamo lo sforzo del Governo per tutte le risorse che sta mettendo a disposizione di famiglie ed imprese reduci da due anni di restrizioni pandemiche a cui si sono aggiunte le conseguenze del mutato contesto geopolitico e internazionale.

Anche se i metodi ci costringono sempre a lavorare in emergenza, come gruppo Lega abbiamo elaborato numerose proposte emendative, molte delle quali accolte con riformulazioni, che riguardano tutti i 59 articoli, suddivisi in 251 commi, in cui si articola questo complesso provvedimento. A poche ore dal conferimento del mandato ai relatori, il Governo ha stanziato ulteriori 3 miliardi di euro contro il caro bollette, tema a noi caro, con un ulteriore “decreto Energia” poi trasfuso come emendamento nel decreto-legge oggi in esame. Mi soffermo ora sulle battaglie che abbiamo condotto, come gruppo Lega, per il miglioramento delle iniziative del Governo, cercando di fornire il nostro contributo con proposte di buonsenso per fronteggiare la tempesta sui prezzi dell'energia e per favorire la ripresa di un sistema economico messo a dura prova dalle circostanze già ricordate.

Parto da famiglie e lavoratori. Le principali forme di supporto previste da questo decreto-legge sono riconducibili al settore dell'energia, con interventi per il contenimento dei prezzi per i consumatori finali. Grazie al sopraccitato decreto-legge n. 80 del 2022, approvato in Consiglio dei Ministri il 30 giugno scorso e poi trasfuso in questo testo normativo, il Governo ha cercato di evitare l'ennesimo aumento delle bollette, che avrebbe potuto raggiungere anche il 40 per cento. Ebbene, questi ulteriori rincari, ormai insostenibili per i cittadini italiani, verranno sterilizzati grazie al contributo di solidarietà chiesto agli operatori del gas, che si aggiunge alla tassazione degli extraprofitti. Le tariffe dell'elettricità subiranno aumenti dello 0,4 per cento, mentre quelle del gas naturale resteranno ferme, grazie all'azzeramento degli oneri di sistema per il terzo trimestre 2022, per l'energia elettrica, e alla riduzione del 5 per cento dell'Iva sul gas. L'azzeramento degli oneri di sistema vale anche per le imprese con utenze superiori a 16,5 chilowattora. Sono inoltre riconosciute agevolazioni tariffarie per la fornitura di energia elettrica e una compensazione per la fornitura di gas naturale - cosiddetti bonus sociali - ai soggetti economicamente svantaggiati e in gravi condizioni di salute. Tali agevolazioni valgono, con effetto retroattivo, per chi abbia una soglia ISEE fino a 12.000 euro, a decorrere dal 1° gennaio 2022. In precedenza, la soglia ISEE era fissata in 8.000 euro, per cui essa è stata ampliata per favorire l'accessibilità della misura. Per i nuclei familiari numerosi la soglia sale a 20.000 euro. In bolletta sarà contenuta l'avvertenza circa la possibilità di fruizione di questo bonus.

Altra misura degna di nota è il cosiddetto bonus anti-inflazione che prevede l'erogazione di una indennità una tantum di 200 euro nel mese di luglio 2022 in favore di diversi soggetti tra cui i lavoratori dipendenti con una retribuzione imponibile lorda, su 13 mensilità, non superiore a 2.692 euro al mese e i pensionati con un reddito personale non superiore a 35.000 euro annui, oltre ad altre categorie previste dagli articoli 31 e 32 del decreto, come i lavoratori stagionali e i lavoratori domestici.

Siamo perfettamente consapevoli del fatto che 200 euro sono una cifra simbolica, più di incoraggiamento che di sostanza, che certamente non aiuta una persona a risollevare i bilanci familiari che piangono per l'aumento generalizzato del costo della vita. Per fronteggiare gli aumenti sarebbero necessarie misure molto più incisive, possibilmente derivanti dal confronto tra Governo, parti sindacali e associazioni rappresentative come Confindustria, misure come il taglio del cuneo fiscale oppure la defiscalizzazione di premi e incentivi, che alcuni imprenditori lungimiranti stanno già elargendo ai propri dipendenti. Siamo fermamente contrari alla logica assistenzialista innescata da bonus e forme di agevolazioni che, anziché stimolare i cittadini a migliorare la propria posizione lavorativa e sociale, si sono spesso tradotte in scuse e pretesti per rifiutare offerte di lavoro. Mi riferisco al reddito di cittadinanza, da noi sostenuto durante il Governo Conte 1 perché avrebbe dovuto fungere da misura utile a creare occasioni di occupazione.

Per contro, esso si è trasformato in un disincentivo al lavoro che sta giocando un ruolo importante nella carenza di personale in alcuni settori, come quelli dell'agricoltura o del turismo che, grazie all'apprezzabile lavoro del Ministro Garavaglia, sta vivendo un momento particolarmente florido.

Meglio sarebbe dirottare quelle risorse al taglio del cuneo fiscale o all'aumento dei salari, considerata l'impennata inflazionistica, che impone una seria riflessione sulle politiche di sostegno ai lavoratori. In quest'ottica, penso sia un grande successo l'accoglimento dell'emendamento del gruppo Lega che mira a eliminare le distorsioni del sistema e a modificare i criteri per la percezione del reddito di cittadinanza; constatata l'inefficienza del sistema di chiamata tramite navigator e centri per l'impiego, è ora prevista la perdita del beneficio di fronte al rifiuto di un'offerta proveniente direttamente da datori di lavoro privati, qualora ritenuta congrua rispetto a parametri che saranno stabiliti dal Ministero del Lavoro. In questo modo, verranno smascherati tutti coloro che vogliono soltanto un sussidio senza alcuna propensione al lavoro.

Passando alle misure di sostegno in favore delle imprese, non possiamo che esprimere soddisfazione per le misure di supporto a un altro settore cardine del made in Italy duramente colpito dal caro gasolio, quello della pesca. Infatti, grazie all'accoglimento di una nostra proposta emendativa e conseguente riformulazione, sono stati stanziati 23 milioni di euro, prorogando il credito d'imposta del 20 per cento della spesa effettuata anche per il secondo trimestre 2022, per favorire gli operatori e gli investimenti in questo ambito.

Sempre in tema di energia, grazie ad un emendamento del gruppo Lega, ci saranno semplificazioni per le utenze elettriche e del gas delle imprese non energivore, per favorire l'utilizzo del credito di imposta anche per il secondo trimestre 2022; sarà infatti sufficiente che il fornitore di energia o di gas comunichi gratuitamente, su semplice richiesta, entro 60 giorni dalla scadenza del periodo entro cui spetta il beneficio fiscale, i dati utili ad ottenere la detrazione fiscale, a condizione che il fornitore sia lo stesso nei primi due trimestri di quest'anno.

Novità positive riguarderanno anche le società sportive, sia professionistiche che dilettantistiche; in un comparto che annovera 100 mila società, 5 milioni di praticanti assidui e 7 milioni di praticanti saltuari e che è stato messo a dura prova dall'emergenza pandemica, è sempre grazie alla Lega che viene stabilito il rinvio al 30 novembre 2022 del pagamento di imposte e contributi per il mondo dello sport, senza applicazione di more e interessi, garantendo maggiore liquidità e potere economico a imprese che rivestono un ruolo centrale per la formazione e l'aggregazione dei giovani, oltre che per il benessere psicofisico degli adulti.

Da sempre, il gruppo Lega è sensibile alle problematiche degli appaltatori che si sono trovati a fronteggiare l'aumento dei costi dovuto ai rincari dei materiali da costruzione, dei carburanti e dei beni energetici; sul tema, sono state presentate anche numerose interrogazioni circa possibili revisioni dei contratti d'appalto in essere. L'articolo 26 contiene proprio specifiche disposizioni contro gli aumenti eccezionali dei prezzi per le aggiudicazioni avvenute in base a offerte presentate entro il 31 dicembre 2021. La carenza di materie prime e l'aumento dei prezzi dell'energia avrebbero potuto mettere a rischio anche il completamento dei cantieri legati alle prossime Olimpiadi Milano-Cortina 2026, per le quali i governatori Zaia e Fontana si sono molto prodigati; ci conforta, quindi, sapere che, con il comma 5-bis dello stesso articolo, è stata autorizzata una maggiore spesa per i lavori del tratto viario della strada statale n. 36; la società Milano-Cortina 2020-2026 SpA rientrerà, inoltre, tra i soggetti che potranno accedere al Fondo istituito presso il Ministero dell'Economia e delle finanze per l'avvio di opere indifferibili, anche in relazione agli interventi necessari alla realizzazione delle infrastrutture connesse alle Olimpiadi.

Per quel che riguarda gli enti locali, sono degne di menzione alcune misure concrete poste e fortemente sostenute dal gruppo Lega. In primis, richiamo l'attenzione sull'emendamento che consente a comuni, città metropolitane e unioni di comuni e province di destinare alla copertura dei maggiori costi per i servizi energetici, per il solo anno 2022, i profitti incassati dalle multe e le entrate provenienti dalla riscossione delle somme dovute per la sosta nei parcheggi a pagamento, fermo restando che, per il nostro gruppo, queste somme andrebbero reinvestite sulla sicurezza stradale. L'emergenza straordinaria connessa al caro energia non può lasciarci indifferenti, per le inevitabili conseguenze che potrebbe sortire sui bilanci degli enti locali.

Ci ha visti assolutamente concordi anche l'emendamento volto a chiudere una battaglia interpretativa sorta, negli ultimi due mesi, in relazione agli effetti dell'inflazione sulla Tari, dato che il piano economico-finanziario su cui si fonda la tariffa rifiuti deve coprire integralmente i costi, ora aumentati. Sul punto, i comuni potranno decidere, entro il 31 luglio 2022, eventuali sconti sulla Tari, finanziandoli con gli avanzi dei fondi straordinari COVID 2020 e 2021, evitando così pesanti e pregiudizievoli ricadute sui cittadini, grazie all'utilizzo del cosiddetto “fondone” che, diversamente, avrebbe dovuto essere restituito allo Stato per la parte non impiegata.

Positivo è anche il differimento del termine di approvazione del piano economico-finanziario delle tariffe e dei regolamenti Tari a data successiva al 30 aprile dell'anno di riferimento, qualora il termine di approvazione del bilancio di previsione venga prorogato, in modo da allineare i vari adempimenti. I comuni potranno tirare un respiro di sollievo anche in riferimento alla possibilità, in via eccezionale per l'anno 2022, di approvare il bilancio di previsione con l'applicazione della quota libera dell'avanzo di amministrazione accertato con il rendiconto 2021, per fronteggiare le presumibili minori entrate tributarie e le maggiori spese connesse alla crisi ucraina e all'emergenza COVID.

Mi avvio alle conclusioni, Presidente, anche se molti temi andrebbero dibattuti e approfonditi, come il voto favorevole di quello che resta del MoVimento 5 Stelle su un emendamento della componente del gruppo Misto, Alternativa, che mirava a modificare l'articolo 13, escludendo dai poteri del Commissario straordinario per il Giubileo 2025 la realizzazione del termovalorizzatore di Roma, come se non fosse sotto gli occhi di tutti l'emergenza ambientale ed ecologica che sta vivendo la capitale d'Italia, tale da vanificare tutti gli sforzi del Ministro Garavaglia per attirare più turisti nel nostro Paese, e come se il PD e il MoVimento 5 Stelle facessero parte di due maggioranze diverse.

Dedico le mie ultime riflessioni a un altro tema particolarmente caro al MoVimento, ovvero quello del superbonus 110 per cento. Sebbene il gruppo Lega abbia votato a favore della riformulazione dell'articolo 57 proposto dal Governo in tema di cessione del credito, riteniamo che vada fatto molto di più a supporto di cittadini e imprese rispetto alle misure previste dal “decreto-legge Aiuti”; lo ha ricordato, poco fa, anche il relatore Cattaneo: non si possono correggere le distorsioni di disposizioni legislative oscure, come quelle previste dal Governo “Conte 2” nel maggio 2020, con disposizioni altrettanto complicate e con lo stop and go normativo degli ultimi mesi, che ha messo a rischio i 47 mila addetti delle imprese edili che si trovano a fronteggiare 5 miliardi di euro di crediti incagliati nei cassetti fiscali, in prevalenza legati al superbonus. Ora va fatto tutto il possibile per non creare una serie di incompiute e per non bloccare strumenti che, a detta di Confartigianato, dovrebbero favorire la transizione ecologica del nostro Paese.

Apprezziamo che sia stato chiarito che la percentuale del 30 per cento dei lavori, da realizzarsi entro il 30 settembre 2022, vada riferita a tutti i lavori, nel loro complesso, e non solo a quelli agevolati. Tuttavia – ripeto - va mantenuta alta l'attenzione su questo argomento, per evitare il fallimento di molte piccole e medie imprese edili, oltre che per evitare di precludere ai cittadini onesti la possibilità di vedere compiuti e realizzati i lavori sui quali hanno investito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Colgo, per un attimo, l'occasione per esprimere cordoglio alle famiglie delle vittime della Marmolada di ieri sera. La tragedia ci ricorda l'importanza della lotta contro il riscaldamento climatico, che, come abbiamo constatato ieri, non è una battaglia per radical-chic, ma deve rimanere per il nostro Paese una priorità assoluta, anche nel contesto di provvedimenti di emergenza contro l'inflazione e contro il caro bollette, come quelli che stiamo intraprendendo. È fondamentale mantenere il nostro Paese in una chiara traiettoria di lotta al riscaldamento climatico, anche per evitare che tragedie come quella di ieri accadano ancora.

Vengo al provvedimento in esame oggi. Il “decreto Aiuti” è un provvedimento molto imponente: 16 miliardi di euro di aiuti per imprese e famiglie, che diventano quasi 20 miliardi, perché, come sappiamo, un altro decreto è stato aggiunto a questo in discussione per fornire aiuti, aggiungere risorse e combattere contro il “caro energia”.

In questo decreto andiamo a sostenere, quindi, i lavoratori e le imprese per far fronte al “caro bollette”, ma anche alle conseguenze economiche della guerra in Ucraina. Nel provvedimento viene erogata un'indennità una tantum di 200 euro per lavoratori e pensionati, che hanno un ISEE fino a 35 mila euro; viene potenziato il sistema di garanzie SACE, del fondo PMI per tutte quelle imprese che hanno subito perdite a causa del conflitto in Ucraina; viene potenziato anche il sistema di accoglienza dei profughi che arrivano dall'Ucraina, mentre, sul lato energetico, vengono adottate una serie di misure per potenziare la produzione di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, o anche da rigassificatore e, quindi, da fonti alternative di gas.

E' anche importante ricordare a chi ci ascolta che, con l'ultimo decreto approvato dal Consiglio dei Ministri, vengono prorogate, anche nel terzo trimestre di quest'anno, l'azzeramento degli oneri di sistema per l'energia elettrica e la riduzione dell'IVA sul gas, tutte misure fondamentali per andare incontro alle famiglie e alle imprese, e vengono anche attuate misure per facilitare lo stoccaggio di gas naturale in previsione dell'inverno.

Vi sono tante misure in questo decreto omnibus; mi soffermo soltanto su quelle più importanti politicamente. Credo sarà molto importante, nella fase parlamentare, agire su alcuni punti e comincio dal primo. Occorre innanzitutto respingere gli emendamenti soppressivi, che saboterebbero l'avviamento del termovalorizzatore qui a Roma. Credo che i cittadini romani siano stufi di vedere la città affogare nell'immondizia nel nome di uno sterile, ideologico, pseudo ambientalismo, soprattutto quando ci sono tanti Paesi europei del nord Europa che hanno termovalorizzatori nel centro delle loro città. Quindi è fondamentale che a Roma questo possa avviarsi. Per questo, complimenti al sindaco Gualtieri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): finalmente ha adottato questa scelta, quindi buon lavoro al sindaco Gualtieri! Spero che possa implementare il termovalorizzatore a Roma il prima possibile, come noi di Italia Viva abbiamo chiesto da tempo.

Inoltre, in questo provvedimento c'è una modifica molto importante che riguarda il reddito di cittadinanza, come diceva la collega Covolo poco fa: chi, tra i beneficiari del reddito, rifiuterà un'offerta di lavoro congrua anche da datori di lavoro privati, non soltanto dai centri dell'impiego, perderà il beneficio. Questa misura è fondamentale: non dobbiamo confondere le politiche contro la povertà con le politiche attive per il mercato del lavoro; abbiamo visto che il reddito di cittadinanza è stato un disastro, un vero scempio - nel mercato del lavoro c'è una difficoltà gigantesca a trovare lavoratori; abbiamo visto tante aziende che non trovano lavoratori - e crea di per sé un grande disincentivo alla partecipazione al mondo del lavoro. Quindi, più che un reddito di cittadinanza, è una certezza di disoccupazione: andrebbe abolito nella sua forma. Questa è una modifica che va nella direzione giusta e che, come Italia Viva, abbiamo sostenuto con forza; anche se vorremmo un'abolizione totale del reddito di cittadinanza nella sua forma attuale, ci rallegriamo di questa modifica.

Un altro punto politico importante in questo decreto è il miglioramento della normativa sul superbonus; vengono allargate le maglie per quanto riguarda la tipologia di enti a cui possono essere donati crediti fiscali da parte delle banche; questo dovrebbe aiutare lo smaltimento del pregresso e quindi l'accumulo di tutti questi crediti fiscali che, con il superbonus, le banche hanno appunto acquisito da imprese e famiglie; è un bene. Non crediamo, purtroppo, che sarà un intervento risolutivo, ma sicuramente è necessario e va nella giusta direzione. Però al riguardo, Presidente, vorrei esprimere una riflessione: magari, la prossima volta, facciamo attenzione, quando introduciamo questi crediti fiscali, non soltanto con riferimento al tema delle truffe e delle frodi, che abbiamo già messo in luce, ma, soprattutto, per il fatto che migliaia di cittadini e di imprese rischiano il fallimento semplicemente perché si sono fidati dello Stato. Questo non deve più accadere e spero veramente che lo Stato sarà qui per andare incontro a questi cittadini e a queste imprese. Ci ricordiamo molto bene di chi andava in giro a promettere alla gente, dicendo: “Lo Stato vi pagherà i lavori della casa gratuitamente, sarà lo Stato a farsene carico”. Ci ricordiamo molto bene questi leader politici che lo dicevano pubblicamente e ora siamo qui davanti a una tragedia completamente autoprodotta dalla politica e spero ovviamente che questi cittadini, che si sono fidati dello Stato, non verranno lasciati soli.

Inoltre, una modifica importante, approvata a maggioranza in questo decreto, riguarda l'introduzione di un credito d'imposta per i pescatori, con riferimento alle spese per i carburanti per chi ha svolto attività di pesca: come sappiamo, è settore che è stato, come altri, forse di più, duramente colpito dall'aumento dei prezzi dell'energia.

Questi, Presidente, sono i quattro punti specifici sui quali mi volevo soffermare. Come Italia Viva poi ci siamo concentrati su una serie di misure; abbiamo cercato di massimizzare l'efficacia dello sforzo economico del provvedimento in esame, concentrandoci sui motivi di maggior sofferenza per i cittadini e, al contempo, andando a colpire i fattori che più incidono sulla produttività delle imprese: fisco, energia e investimenti.

Per quanto riguarda il fisco, abbiamo ottenuto l'approvazione di un emendamento, sul quale abbiamo insistito molto, per andare incontro ai cittadini con ingenti debiti fiscali: abbiamo raddoppiato il limite massimo con riferimento al quale i cittadini possono chiedere la rateizzazione dei debiti fiscali. Il massimo va da 60 mila a 120 mila euro, che possono essere rateizzati in 72 rate (quindi, per sei anni) e viene anche aumentato il numero di rate non pagate per cui si decade dal beneficio: per decadere dal beneficio bisogna non pagarne 8, non più 5; anche questo per venire incontro appunto a cittadini o imprese che magari sono in difficoltà con il fisco. Quindi aumenta la fiducia verso i contribuenti, si diminuisce la burocrazia, in cambio però si richiede un aumento di serietà nel senso che, una volta che si decade dal beneficio, sarà impossibile accedere al beneficio della rateizzazione. Questo credo che sia un passo importante verso la costruzione di un fisco amico e di un nuovo patto tra i contribuenti e lo Stato.

Sempre sul fronte fiscale, abbiamo fatto approvare un emendamento per evitare che la maggiorazione dei costi per l'incremento dei prezzi del gas si traduca in un aumento di imposte locali; infine, sempre sul lato fiscale, siamo andati incontro al mondo dello sport: abbiamo chiesto una proroga della sospensione dei versamenti fiscali delle federazioni, delle società e degli enti sportivi professionistici e dilettantistici, messi a dura prova dalla pandemia, cercando di portare loro l'ossigeno necessario per sopravvivere alla dura prova dell'inflazione.

Sul lato dell'energia, invece, vi sono poi due emendamenti importanti delle colleghe Fregolent e Moretto, volti a incrementare la capacità di rigassificazione di terminali esistenti, con i rigassificatori GNL. Quindi l'Italia potrà aumentare le fonti di approvvigionamento di gas in modo alternativo a Paesi ostili o poco democratici e credo che questi siano emendamenti molto importanti. Inoltre, viene facilitata la capacità di finanziamento per le società energivore e si contrasta l'aumento dei costi dei materiali nei settori speciali: acqua, gas, elettricità, trasporto, posta, estrazioni. Infine, abbiamo esteso da uno a tre anni dalla data di rilascio la durata del titolo abilitativo a costruire impianti di produzione di energia elettrica, alimentati da fonti rinnovabili.

Sempre sulle energie, Presidente, mi consenta una riflessione: oggi stiamo vivendo una situazione difficile; c'è una guerra in atto in Paesi che producono energia; l'inflazione è un fenomeno globale, ma questa situazione è anche per colpa di scelte sbagliate del passato. E' notizia di oggi lo stop alle trivelle, che alcune forze politiche hanno voluto fermamente in questo Paese pochi anni fa; questo ci costa otto miliardi di euro, come riporta Il Messaggero oggi. Quindi, sono tante le decisioni che hanno causato questa situazione difficile e noi dobbiamo assolutamente invertire la tendenza, ricominciare a investire sui giacimenti di gas nazionale, fare una riflessione seria sul nucleare; ne parleremo in quest'Aula nei prossimi giorni, sapendo che ovviamente bisogna aumentare le rinnovabili, ma ricordiamoci che le rinnovabili hanno dei limiti fisici. Per quanto riguarda l'idroelettrico siamo arrivati al massimo in Italia - abbiamo poco vento - mentre sul fotovoltaico abbiamo veri e propri colli di bottiglia con i sistemi di accumulo; quindi, dobbiamo anche pensare in termini realistici e riformistici, se vogliamo.

Il tempo è galantuomo e smascheriamo tante forze populiste che ieri predicavano lo stop alle trivelle e, oggi, ci ritroviamo in braghe di tela a dover finanziare un'emorragia di soldi e di risorse per far fronte all'aumento delle bollette. Pensiamoci meglio e soprattutto in un'ottica di lungo termine con riferimento alla politica energetica nazionale.

Mi avvio alla conclusione, svolgendo due riflessioni, Presidente.

Con i nostri emendamenti siamo intervenuti anche su un terzo fondo, quello relativo agli investimenti, per evitare che l'aumento dei costi dei materiali rischi di ostacolare i lavori del PNRR o di altre opere pubbliche fondamentali. Con il nostro emendamento si permette anche ai concessionari di lavori pubblici di aggiornare i prezzi dei materiali, ai fini della realizzazione del progetto in esecuzione. Mi avvio a conclusione appunto con due riflessioni su due temi che non siamo riusciti a cambiare nel provvedimento.

Il mio invito è rivolto al Governo, soprattutto, alla vice ministra Castelli, che vedo in Aula: esprimo un po' di rammarico per il fatto che il tema del contributo di solidarietà di extra profitti, che noi condividiamo, non sia stato affinato meglio, nel senso che non abbiamo tolto dal calcolo del contributo, le accise.

Quindi, si creerà una situazione paradossale per cui tante imprese in Italia dovranno pagare le tasse sulle tasse che hanno già pagato; una situazione paradossale e surreale che rischia di diventare un boomerang. Infatti, se molti piccoli o medi produttori di energia elettrica dovranno chiudere e avranno problemi a investire, il risultato finale sarà che ci sarà meno produzione di energia elettrica e questo sarà un vero problema.

Noi abbiamo presentato una serie emendamenti, che non sono stati accolti, ma spero che ci siano future possibilità di affinamento di questa politica, che ci sia la possibilità di fare attenzione anche a questo tema e di affinare almeno il metodo di calcolo della tassazione degli extra profitti.

E, infine, l'ultima misura che avremmo dovuto calibrare un po' meglio è il bonus pensionati, che esclude i cittadini italiani residenti all'estero. Il bonus pensionati è di 200 euro per aiutare i lavoratori pensionati a far fronte all'inflazione e prevede il requisito di essere cittadini residenti in Italia. Abbiamo centinaia di migliaia di cittadini che hanno pagato i contributi in Italia, ma che, per una ragione o per un'altra, sono andati all'estero: non sono Paperon de' Paperoni, non sono andati all'estero per gli incentivi fiscali, perché - ricordo a tutti - la condizione per ricevere questo bonus è avere un ISEE di 35 mila euro. Quindi, non stiamo parlando di Paperon de' Paperoni, stiamo parlando di cittadini normali, che sono all'estero e che, comunque, devono far fronte all'inflazione - perché l'inflazione è un fenomeno globale, è presente non solo in Italia - e che non potranno usufruire di questo bonus. Questo è sbagliato, perché così si creano pensionati di “serie A”, quelli che abitano in Italia, e pensionati di “serie B”, quelli che abitano all'estero, che sono, comunque, cittadini italiani che hanno, comunque, pagato i contributi, che ricevono la stessa pensione e che non sono Paperon de' Paperoni. Questa, veramente, è una misura sbagliata. Spero che, in futuro, il Governo potrà intervenire e ricalibrare questa politica.

PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare in tribuna la collega Mariana Cusnir, collega della Repubblica di Moldova, che è venuta a trovarci, accompagnata dalla collega Gadda. Quindi, la salutiamo e la accogliamo (Applausi). Questa per noi è una giornata di discussioni generali e, quindi, generalmente siamo di più.

È iscritto a parlare l'onorevole Mancini. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MANCINI (PD). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, esponenti del Governo, il Partito Democratico voterà a favore di questa legge di conversione del cosiddetto decreto Aiuti, per le importanti misure in materia di energia, di sostegno alle imprese e agli investimenti e di politiche sociali, che contiene.

Voglio esprimere il nostro apprezzamento per il lavoro che è stato fatto in Commissione, che all'Aula è stato illustrato dall'onorevole Cattaneo, il quale ha ricordato anche le modifiche, le riformulazioni e i contributi - provenienti da tutte le forze politiche di maggioranza, con attenzione anche al contributo delle forze di opposizione - che ci consentono di presentare un provvedimento ampiamente discusso e che riteniamo sarà apprezzato.

Mi si consentirà, Presidente, di soffermarmi particolarmente sulle norme relative alle pubbliche amministrazioni locali e alle città metropolitane, in particolare su quelle relative a Roma Capitale, con particolare attenzione all'articolo 13, relativo ai poteri straordinari in materia di rifiuti del commissario straordinario per il Giubileo 2025.

Voglio subito dire che per noi, grazie alla conversione del “decreto Aiuti”, Roma potrà finalmente predisporre il proprio Piano dei rifiuti. Gli impianti, pronti per il Giubileo, daranno autonomia alla città, raggiungendo il 65 per cento di raccolta differenziata e chiudendo il ciclo con un impianto di termovalorizzazione, come avviene in tante città italiane ed europee. Un Piano con le migliori tecnologie disponibili, con l'obiettivo di abbassare la TARI, che oggi è la più alta d'Italia, e migliorare il servizio, che oggi è il peggiore d'Italia.

L'autosufficienza di Roma sui rifiuti, probabilmente, non piace a chi, oggi, guadagna dall'inefficienza del sistema, ma piace di certo ai cittadini di tutti gli orientamenti politici. È, infatti, intollerabile per i cittadini della capitale d'Italia, e credo per tutti gli italiani, che la città di Roma sia considerata un problema irrisolvibile per la pulizia e il decoro della città. Roma è, infatti, inevitabilmente, la cartina tornasole dello stato di salute del Paese. Per questo, dev'essere sostenuta e supportata, affinché possa essere all'altezza di rappresentare la Nazione, ma anche di garantire un adeguato livello di servizi ai suoi cittadini, e possa essere attrattiva per gli investimenti pubblici e privati, che caratterizzeranno i grandi centri urbani italiani ed europei nei prossimi anni e che saranno il volano di una crescita di produzione di servizi e il terreno vero della competizione tra le grandi città e le grandi capitali.

Noi, per essere all'altezza di questa sfida e per attrarre investimenti che siano frutto di innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale, dobbiamo necessariamente affrontare il problema dei rifiuti. Ne va della credibilità della città, della capitale e del Paese.

Il Governo Draghi, su questo, è stato chiaro sin dall'inizio e ha dimostrato, attraverso i fatti, con grande soddisfazione del Partito Democratico, come questa volontà sia centrale nel suo operato, a partire dal supporto alla candidatura di Roma per l'EXPO 2030, avviata dalla precedente amministrazione comunale, sottoscritta in campagna elettorale da tutti i candidati a sindaco e sostenuta da tutte le forze politiche, fino alla preparazione per il Giubileo, che ha visto anch'essa, in quest'Aula, in diversi passaggi, un'ampia convergenza di posizioni per sostenere la preparazione della città in vista del 2025.

Questa prospettiva per Roma, arricchita dai finanziamenti del PNRR e dalle opportunità di trasformazione urbana, è un'occasione più unica che rara e noi abbiamo il dovere di coglierla. Lo sanno bene il Governo e il Parlamento, che, a partire dalla legge di bilancio dello scorso anno, hanno assicurato alla città di Roma un fondo per più di 1 miliardo di euro per il Giubileo. È notizia di questi giorni la costituzione della società a supporto del commissario di Governo per l'attuazione degli interventi. Noi auspichiamo che con queste risorse si possa fare una profonda manutenzione straordinaria della città e si facciano interventi che vadano a sanare ferite antiche del tessuto urbano. Un'attenzione, quella del Governo, che è continuata con il decreto-legge n. 68 del 16 giugno 2022, al centro del quale vi è il tema delle infrastrutture per la mobilità e che permetterà, proprio rispetto al Giubileo, un'accelerazione delle procedure al fine di rendere la città accogliente per i visitatori, con un miglioramento della viabilità attraverso interventi diretti e la possibilità di stipulare convenzioni ad hoc con ANAS. Un percorso utile a migliorare le prospettive future di Roma Capitale, in termini di crescita e di benessere per i suoi cittadini e per il Paese, che oggi ha nel provvedimento in esame un passaggio fondamentale. Tanti sono, infatti, gli articoli che permetteranno a Roma, e alla sua città metropolitana, come ad altre pubbliche amministrazioni locali, di favorire la creazione di opportunità di crescita per il Paese e per migliorare l'offerta di servizi.

Va in questa direzione l'articolo 40, per esempio, che istituisce un fondo per le città metropolitane in grado di compensare i mancati introiti dovuti al calo del gettito sull'imposta sull'IPT e l'RC Auto. Per questo, saranno creati due fondi, rispettivamente di 20 e 60 milioni l'anno, per le annualità 2022, 2023 e 2024. Di questi due fondi, uno è specifico per Roma Capitale e va a sanare le difficoltà di bilancio dell'ente della città metropolitana; il secondo, quello da 20 milioni, richiede, a nostro avviso, un ulteriore sforzo nei prossimi provvedimenti per rafforzare questo finanziamento, perché questa difficoltà di gettito riguarda le province in maniera più ampia, come è stato segnalato anche dall'UPI.

Nella direzione di supportare questo lavoro degli enti locali, si muove anche l'articolo 42, che istituisce un fondo con una dotazione complessiva di 665 milioni per gli anni dal 2023 al 2026, al fine di rafforzare gli interventi del PNRR nei comuni con più di 500 mila abitanti. Si è discusso forse poco di questo articolo, che a nostro avviso riveste grande importanza. I sindaci delle grandi città metropolitane negli scorsi mesi avevano sollevato il problema di una insufficiente dotazione di risorse del PNRR, attraverso i bandi per le grandi aree urbane. Questo non è frutto di una bulimia di richieste di finanziamenti, ma è centrale, a nostro avviso; è l'obiettivo, che deve cogliere il PNRR, di produrre una crescita di opportunità economiche nelle grandi città, che, come ho già detto, saranno il volano della competizione internazionale.

L'attuale provvedimento sarà dunque centrale per tante amministrazioni territoriali e lo sarà per Roma Capitale.

Anche l'articolo 52 tocca un punto decisivo, a nostro avviso. Riguarda la trasformazione della società Milano-Cortina in soggetto attuatore per quell'evento, un fatto importante che introduce anche un'innovazione, strumenti speciali utilizzati in occasione dei grandi eventi, che forse andrà valutata più avanti anche relativamente al Giubileo del 2025.

Vorrei qui adesso approfondire i contenuti dell'articolo 13, relativamente alla norma che garantisce al commissario straordinario del Governo, limitatamente al periodo del mandato, nel territorio di Roma Capitale di esercitare le competenze assegnate alla regione, ai sensi degli articoli 196 e 207 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Ciò permetterà di predisporre e adottare il piano di gestione dei rifiuti di Roma Capitale, di regolamentarne le attività di gestione dei rifiuti, di elaborare il piano della bonifica delle aree inquinate, di approvare i progetti di nuovi impianti, di autorizzare l'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti. Tanto si è discusso dei poteri di Roma Capitale in quest'Aula, in tante occasioni e questo è il primo provvedimento che concretamente attribuisce alla città di Roma i poteri regionali. Tanto si è discusso delle funzioni e del rapporto tra la regione e la città e oggi si fa un passo storico per la Capitale (Applausi del deputato Casu). Il collega Casu è parlamentare romano, come me, che sostiene il momento.

PRESIDENTE. Lo comprendiamo.

CLAUDIO MANCINI (PD). Intorno a questa norma - è inutile nascondercelo - nelle ultime settimane si è aperto un dibattito vivace che, a nostro avviso, ha anche avuto delle drammatizzazioni immotivate, che noi pensiamo possano essere superate attraverso un confronto, un dialogo, un ascolto delle ragioni di ciascuno. La discussione di oggi può rappresentare un aspetto e un momento di questo dibattito. Per questo io - mi consentirà, Presidente - vorrei ripercorrere anche alcuni altri elementi di contenuto relativi all'articolo 13.

È noto che il tema legato alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti per la Capitale parte da un dato: attualmente, il ciclo dei rifiuti a Roma, trattato nel territorio del comune di Roma, ha una quota pari al 2 per cento dei rifiuti prodotti. Cioè, l'attuale impiantistica del comune di Roma smaltisce il 2 per cento dei rifiuti prodotti nel territorio comunale. Il restante 98 per cento dei rifiuti prodotti a Roma è trattato e smaltito fuori dal territorio del comune di Roma. Questo contrasta con le norme esistenti, contrasta con la convenienza economica della città, con il buonsenso, perché i livelli di inquinamento e di emissioni che il sistema di trasporti fuori dalla città produce sono evidentemente un saldo di inquinamento superiore a quello che sarebbe logico aspettarsi. Allo stesso tempo, lo smaltimento fuori dalla città produce un aumento dei costi che incide direttamente, attraverso la Tari, sulla tassazione a carico dei cittadini romani che hanno - è bene ricordarlo - la tariffa più alta d'Italia e il servizio peggiore d'Italia. Quindi, Presidente - mi avvio a concludere - noi riteniamo che con questo provvedimento, oggi, con l'approvazione dell'articolo 13, con i poteri straordinari che vengono conferiti al commissario di Governo, con la scelta del Governo Draghi di affidare al sindaco di Roma la funzione di commissario, si creano le condizioni potenziali per affrontare e risolvere la questione del ciclo dei rifiuti.

Noi riteniamo, come Partito Democratico, che questo sforzo vada sostenuto e apprezziamo i toni del dibattito, perché comunque nessuna forza politica ha messo in discussione - anche chi non condivide la scelta del termovalorizzatore - la necessità dei poteri straordinari affidati al sindaco per affrontare questo problema, la cui emergenza e la cui necessità è sotto gli occhi di tutti.

Noi siamo convinti che fra tre anni, in occasione del Giubileo del 2025, la città di Roma si farà trovare pronta per accogliere milioni di visitatori; si farà trovare pronta perché si possa dare un messaggio universale di pace e di speranza alla comunità internazionale, si farà trovare pronta per rappresentare al meglio l'Italia e noi potremo festeggiare, tra le altre cose, la conclusione dell'emergenza dei rifiuti in questa città (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gallo. Ne ha facoltà.

LUIGI GALLO (M5S). Grazie, Presidente. Oggi analizziamo il “decreto Aiuti” in questa discussione generale, un decreto che il MoVimento 5 Stelle ha chiesto a gran voce, non appena le sofferenze delle imprese e dei cittadini sono diventate forti per due principali difficoltà: il tema dei prezzi, che hanno colpito imprese e cittadini, ma anche il tema dell'effetto delle sanzioni nella guerra che persevera in Europa tra Russia e Ucraina, nell'aggressione russa all'Ucraina. In tutto questo, abbiamo proposto da subito una soluzione, chiedendo un intervento sugli extraprofitti. Infatti, è vero che siamo in un momento difficile per l'economia e dal punto di vista sociale, però, all'interno di questo momento difficile, ci sono realtà che hanno realizzato degli extraprofitti. La nostra proposta è stata accolta e probabilmente non avrebbe avuto questa forza senza di noi. Probabilmente, viste anche le dichiarazioni in questa discussione generale, per esempio, degli esponenti della Lega, avrebbero preso le risorse dal reddito di cittadinanza, avrebbero tagliato magari risorse pubbliche alla scuola e alla sanità per intervenire con gli aiuti per imprese e cittadini. Questa misura può bastare? Saremmo contenti se fosse così; in realtà, sappiamo benissimo che il Paese vive un problema molto grave con l'inflazione, che da molti economisti viene definita la tassa per i poveri e per i più deboli. Senza un'adeguata risposta da parte del Governo sui salari e sui redditi, c'è un problema grave di disuguaglianza. L'Istat ha misurato che per giugno l'inflazione è salita all'8 per cento. Il tempo di fare questo decreto e le emergenze naturalmente non sono terminate. In queste settimane abbiamo visto che anche i pescatori si sono fermati, hanno fermato i loro motopescherecci, perché, con questo decreto, sarebbe finita la misura d'intervento già in questo mese di luglio. Per questo, vari operatori e varie imprese guardavano con angoscia i prossimi mesi. Per fortuna siamo intervenuti sia in Parlamento, con uno stanziamento di 23 milioni per una proroga al credito d'imposta e per fronteggiare il caro gasolio per i pescatori, sia a livello di Governo, con un intervento aggiuntivo a questi 14 miliardi. Quindi, con 3 miliardi del “decreto Caro-bollette”, che in Commissione abbiamo convertito e inserito all'interno di questo decreto, siamo riusciti ad intervenire sul costo del gas e dell'energia elettrica anche per il terzo trimestre, fermando gli aumenti previsti, del 45 per cento per il gas e del 15 per cento per l'elettricità.

È chiaro che in questo decreto, però, non si affrontano i temi in maniera strutturale.

Li stiamo affrontando ancora in una logica emergenziale, come nella composizione delle bollette, visto che, in questo momento, ci sono problemi che quest'ultima si trascina. E stiamo affrontando in maniera emergenziale anche il tema, che esiste, delle speculazioni sui prezzi delle materie prime e sui prezzi dell'energia. Noi ci aspettiamo interventi più strutturali, perché, se interveniamo sempre a tamponare con misure emergenziali, rischiamo di bruciare miliardi, senza risolvere a fondo i problemi del Paese e i problemi che causano questi rincari.

Ma, come accennavo prima, c'è anche il tema dei salari. Finora, alla proposta di un intervento sui salari minimi, noi abbiamo trovato un muro da una parte delle forze politiche, ma anche un'assenza di proposte da parte del Governo, eppure abbiamo un momento in cui tanti lavoratori vengono ancora pagati per pochi euro all'ora. Bisogna fare un intervento normativo e bisogna intervenire anche sulla riduzione del cuneo fiscale, riportando tutti i vantaggi ai lavoratori, perché, se il reddito di cittadinanza in questo Paese fa concorrenza ad uno stipendio, significa che in questo Paese si cercano schiavi e non lavoratori. Allora dobbiamo fare in modo che i centri per l'impiego, che sono un servizio pubblico del Paese che dipende dalle regioni, funzionino perché possano permettere l'incontro tra l'imprenditore che cerca il lavoratore e il lavoratore che cerca occupazione. Ma se il Governo stanzia risorse per l'assunzione di 12 mila lavoratori per i centri per l'impiego e le stesse forze politiche che accusano il reddito di cittadinanza di non funzionare sulle politiche del lavoro, poi, non assumono questi lavoratori nei centri per l'impiego, non li fanno funzionare, li boicottano, boicottano un servizio pubblico, è chiaro che chi si sta opponendo alle politiche del lavoro sono quelle stesse regioni che hanno la titolarità su queste politiche del lavoro.

Ma andiamo anche alle altre misure del decreto. Noi abbiamo ingaggiato un'importante battaglia sul superbonus 110 per cento - altri colleghi - la collega Angela Masi, il collega Fraccaro interverranno con maggior dettaglio su questa misura -, ma dobbiamo ricordare che quando è stata varata la misura, cioè nel lontano maggio 2020, nel “decreto Rilancio” avevamo una misura che funzionava a pieno regime, che ha accelerato la transizione energetica, perché riduce la necessità di energia all'interno delle abitazioni e ha fatto crescere le PMI di questo Paese, oltre che il PIL e l'occupazione. Ebbene, prima ho sentito una critica sulle politiche energetiche: noi ci saremmo aspettati da chi ha governato prima di noi che le misure sul rilancio delle energie rinnovabili o lo stoccaggio che serve a permettere una continuità nella produzione di energia elettrica fossero fatti ben prima del 2018, però, purtroppo, questo non è accaduto. Con una misura che funzionava, si è deciso di bloccarla e di screditarla, quindi questo ha fermato un mercato, ha messo a rischio le imprese e ha bloccato i cantieri dei cittadini. Un primo passo lo abbiamo raggiunto con le votazioni nelle Commissioni bilancio e finanze, perché siamo riusciti ad ampliare il mercato della cessione del credito, tuttavia c'è il rischio che non avvenga un vero sblocco perché rimane ancora la responsabilità in capo a chi cede il credito fiscale e questo potrebbe, ancora una volta, bloccare il mercato dei crediti e, quindi, bloccare un intero settore e produrre degli effetti negativi su imprese e cittadini.

Risultati importanti in questo decreto, che voglio sottolineare, arrivano anche da misure di supporto a chi sta in difficoltà, come il buono, che può arrivare fino a 60 euro, per gli abbonamenti ai trasporti nazionali e al trasporto pubblico locale per chi ha un reddito sotto i 35 mila euro, ma anche il bonus sociale, che viene allargato al terzo trimestre per imprese e cittadini, per redditi sotto i 12 mila euro. Quindi, la qualità dei nostri interventi noi la leggiamo nella misura in cui riusciamo a ridurre le disuguaglianze nel Paese.

Ci sono misure importanti anche per gli enti locali all'interno di questo decreto. È da tempo che con i nostri Governi abbiamo cancellato la politica dell'austerity che stringeva le maglie dei bilanci degli enti locali. Da pochi giorni fatto dei colloqui con diversi dirigenti delle politiche sociali, che non ricordavano prima investimenti in politiche sociali tali da avere assistenti, personale, capacità di fondo di intervenire con i diversi servizi sociali, compreso - lo voglio ricordare - il bonus spesa, che è stata una misura molto apprezzata durante la pandemia, in un momento molto difficile per il Paese. Quindi, delle misure di contrasto alla povertà esistono, finalmente, vengono finanziate anche in maniera molto più seria negli enti locali: questo decreto prevede 45 milioni in più per le province e 170 milioni come contributo straordinario per gli enti locali.

Ci sono anche i risultati, di cui andiamo fieri, sulla cultura. I miei colleghi Bella e Orrico sono intervenuti nel decreto con una misura aggiuntiva, introducendo un credito d'imposta per 2 anni per le sale cinematografiche, la ristrutturazione e l'adeguamento tecnologico, con l'aggiunta di 10 milioni per rafforzare l'offerta del cinema italiano, accompagnandolo con campagne promozionali, anche per i piccoli cinema in quei comuni dove risultano un presidio culturale importante per le nostre comunità. Ci sono i 200 euro per l'indennità dei lavoratori dello spettacolo che hanno avuto 50 giorni di contributi e hanno un reddito inferiore a 35 mila euro. E un'altra misura che il MoVimento 5 Stelle ha voluto in questo decreto, in sostegno ai problemi del lavoro del nostro Paese, è quella che ha previsto la mobilità in deroga per i lavoratori di Gela e Termini e, quindi, un sostegno al reddito in un'area di crisi industriale complessa; è un emendamento del collega Aiello.

Allora, in questo decreto, il contributo sul lavoro, sul reddito, sul contrasto alle disuguaglianze, sull'aiutare le piccole e medie imprese e sull'avere giusta transizione ecologica, quella che incentiva le energie rinnovabili e riduce il consumo, sono contributi che noi abbiamo dato e rivendichiamo con molto piacere. Non perdiamo la rotta anche in momenti difficili del Paese, come questo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, oggi siamo qui per affrontare il disegno di legge n. 3614 definito “Aiuti”, ma, forse, dovremmo chiamarlo “aiuto” - “aiuto!” come esclamazione - perché, in realtà, è un provvedimento d'urgenza che va ad evidenziare, innanzitutto, una questione di natura generale. Questo era stato presentato come il Governo dei migliori, ragazzi: stiamo rincorrendo le emergenze, da quella internazionale a quella interna, con una maggioranza a più teste, che si continuano a mordere l'una con l'altra.

E oggi penso che andrà in scena un'altra di queste sceneggiate - permetteteci di chiamarle così - in cui una ex prima forza politica parlamentare cercherà di darsi un senso e manifestare la propria esistenza nel cercare di minacciare una crisi che poi, forse, rientrerà per un alto impegno, un'alta sicurezza nei confronti del Governo dei migliori. Noi pensiamo che tutto questo teatrino sia, in realtà, l'epilogo di un fallimento, il fallimento del Governo dei migliori, del Governo Draghi; tra poco, analizzando il provvedimento, andrò anche a evidenziarne alcuni aspetti peculiari.

Una ricognizione, innanzitutto, dello stato delle cose è necessaria per inquadrare i temi, che abbiamo posto come Fratelli d'Italia e porremo anche nei prossimi mesi nell'azione parlamentare, relativi proprio alle politiche energetiche della Nazione. Abbiamo messo al centro, più volte, la necessità del Parlamento, necessità e centralità che sono sempre state ignorate da questa maggioranza, come vedremo probabilmente anche oggi. Ormai, è diventato un passacarte, uno di quegli uffici polverosi di quelle amministrazioni di qualche paese periferico dove passavi e c'era l'impiegato svogliato che metteva un timbro. Questo è diventato il Parlamento italiano. Ormai, abbiamo un Consiglio dei Ministri che è, di fatto, un CdA: un CdA composto dal suo AD, che è il Presidente Draghi, e da questa multicolore maggioranza che dice tutto e il contrario di tutto e ha creato, di fatto, un vulnus antidemocratico e un monocameralismo di fatto, sul quale, se fosse stato realizzato, potevamo essere anche d'accordo, per accelerare e abbattere la burocrazia; in realtà, fino a quando ci saranno due Camere non si capisce il motivo per cui una decide e l'altra ratifica e basta. Anche questa volta si impedirà, di fatto, ai colleghi senatori, come è successo a noi per molti altri provvedimenti, come la delega dello spettacolo che andremo a discutere in questi giorni in Commissione e stiamo discutendo, qualsiasi genere di coinvolgimento nella formazione del provvedimento.

Partiamo dall'analisi internazionale che ha prodotto questa situazione di cose e da cui nasce questo provvedimento: ovviamente, ci riferiamo alla guerra in Ucraina, alla guerra in Europa, segno di una svolta nella storia, perché è la prima volta che viene invasa una democrazia occidentale, criticabile - e lo abbiamo fatto anche noi - quanto si vuole, ma comunque sicuramente più democratica della Russia e, soprattutto, rappresentante del territorio europeo, non tanto nella sua adesione formale, quanto nella manifestazione geografica del territorio.

Allora, quando esisteva l'URSS, l'Armata Rossa non era mai intervenuta all'interno dell'area del Patto di Varsavia, mentre in questo caso si interviene per cancellare una libertà democratica dal momento che Putin teme l'espandersi, non tanto della NATO, ma delle libertà occidentali all'interno della sua sfera di influenza. Proprio quest'oggi inizia il vertice di Lugano, colleghi, mentre noi stiamo qui e facciamo finta di esercitare il lessico parlamentare della democrazia, si svolge il vertice di Lugano “per la ricostruzione dell'Ucraina”; cioè, qualcuno sta già pianificando la ricostruzione e ci chiediamo quale sarà il ruolo dell'Italia anche in questo caso. L'ordine globale in questa fase si trova a un crocevia decisivo; sono saltati tutti gli schemi che tenevano anche solo minimamente coeso il sistema mondo. Il risveglio del conflitto in Europa, la guerra economico-valutaria totale, il ruolo delle terze parti che stanno a guardare e l'uso a fini offensivi delle risorse da parte della Russia, con la guerra dell'energia e del gas lasciano presagire che qualcosa si è rotto, si è spostato l'asse geopolitico mondiale. Anche l'ordine economico rischia la volatilità di fronte a crisi energetica, inflazione e guerra economica. Per dirla – e qui sorprenderò il collega Sensi - con Antonio Gramsci, un ordine globale è tramontato, ma ancora non si vede ciò che ci sarà dopo l'Ucraina.

Veniamo, però, ai dati nazionali e al Governo dei migliori – così si dice, qualcuno ancora lo scrive sui giornali, ha l'ardire di scrivere e definirlo così -: l'inflazione ha aggravato una situazione già drammatica, dove tuttavia c'è chi ha perso anche tutto e c'è chi ha guadagnato anche molto di più.

Con il COVID sono aumentate le diseguaglianze ed è un dato che ci preoccupa molto; sono anche aumentate le famiglie con lavoratori che versano in condizioni di povertà assoluta.

Ricordo alcuni dati allarmanti su cui porremo la nostra attenzione: l'inflazione registra un più 6,4 per cento per il 2022, a giugno l'indice nazionale dei prezzi al consumo ha infatti registrato un aumento dell'1,2 per cento su base mensile e dell'8 per cento rispetto al 2021. Colleghi, si tratta di un livello che non si registrava dal gennaio 1986, anno in cui si registrava l'8,2 per cento di inflazione. Primi restano i beni energetici non regolamentati, più 39,9 per cento, ma guadagnano i beni alimentari lavorati, più 8,2 per cento, e non lavorati, più 9,6 per cento; seguono, poi, i prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, più 5 per cento, e infine i servizi relativi ai trasporti, più 7,2 per cento. Il prezzo spot del gas naturale al TTF, il mercato di riferimento europeo per il gas naturale, è aumentato da gennaio a dicembre di quest'anno di quasi il 500 per cento, da 21 euro a 120 euro/megawatt nei valori medi mensili (Applausi del deputato Galantino). Che cosa faceva il Governo dei migliori in questo frangente?

Nello stesso periodo il prezzo della CO2 è più che raddoppiato, da 33 euro a 79 euro; la componente del prezzo della CO2 influenzata alle politiche green perseguite dalla Commissione europea senza riguardo per la crisi in corso continuerà a essere un fattore di incremento dei prezzi anche a guerra finita e ipotizzando l'assenza - improbabile - di future tensioni nelle forniture.

Vedete, colleghi, il prezzo dell'elettricità, poi, secondo ARERA passerebbe dai 61 euro del 2021 ai 288 euro/megawatt mensili del nuovo anno. È una follia. Secondo Confindustria, il 16 per cento delle imprese italiane manifatturiere, già ora, ha sospeso o ridotto le produzioni e nei tre mesi successivi, permanendo questa situazione, un ulteriore 30 per cento delle imprese finirà nella stessa situazione. L'Italia, con quasi tre quarti dell'energia importata, è tra i Paesi più dipendenti dall'estero, con un valore superiore alla media UE del 57 per cento. Il nostro approvvigionamento, inoltre, presenta una forte concentrazione in un numero limitato di Paesi, caratterizzati da elevati profili di rischio geopolitico. Lo scrisse Cassa depositi e prestiti nel rapporto “Sicurezza energetica: quali prospettive oltre l'emergenza?”, dedicato proprio alle ripercussioni energetiche della guerra in Ucraina e agli scenari futuri. “Le forniture dall'estero ricevute dall'Italia - si legge - sono assicurate da cinque gasdotti con sei punti di ingresso nella rete nazionale e da tre terminali di rigassificazione che complessivamente garantiscono una capacità nominale di importazione pari a circa 130 miliardi di metri cubi all'anno. Sebbene il tasso di utilizzo delle infrastrutture negli ultimi anni risulti inferiore al 60 per cento, nelle più recenti simulazioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti, il nostro Paese risulta vicino alla soglia critica di inadeguatezza” e questo non lo dice e non lo denuncia Fratelli d'Italia, ma Cassa depositi e prestiti, l'anima finanziaria dei risparmi e la cassaforte degli italiani. “Fenomeni come le caratteristiche degli impianti, il progressivo esaurimento dei giacimenti di alcune aree strategiche e le difficoltà legate al pieno esercizio di alcuni contratti di fornitura - spiega inoltre CDP - hanno influenzato negativamente il sistema italiano. Il rapporto invita, allora, l'Italia a perseguire una strategia che miri contemporaneamente ad arginare l'emergenza nel breve periodo e investire sullo sviluppo di sicurezza energetica nel medio e lungo periodo in chiave sostenibile.

Colleghi, è quello che Fratelli d'Italia va dicendo da anni, ancora prima di questa legislatura (Applausi del deputato Galantino); lo diceva nella passata legislatura e lo diceva ancora prima la destra italiana e lo diceva - pensate un po' - ancora prima, Enrico Mattei, che certo non è stato un esponente della destra italiana, ma che, con grande preveggenza e lungimiranza, osò rivendicare la necessità per l'Italia di un mix energetico, già all'epoca, già nel dopoguerra, perché intuì - e all'epoca c'era il problema dell'egemonia sul petrolio, che in parte sussiste ancora - che il futuro geopolitico dell'Italia potesse affermarsi esclusivamente con l'indipendenza energetica.

Ancora oggi, le sue analisi e i suoi tentativi di mix energetico sono attuali come previsione e come scenario, e noi siamo ancora qui a dire se sia giusto o no - ce lo ricorda adesso anche Cassa depositi e prestiti - rivendicare questa indipendenza, questa sovranità energetica.

Bene, colleghi, forse per alcune forze della maggioranza è un po' tardi, dopo che ci si è attardati con le cozze di Taranto e con l'ambientalismo di maniera. Vedete, noi rivendichiamo la nostra origine e la nostra natura ambientalista ma si tratta di un ambientalismo pragmatico, di un ambientalismo che comunque va di pari passo con l'interesse nazionale e non di un ambientalismo inteso come target elettorale. Adesso si sono unite due piccole forze politiche residuali che, ancora una volta, riemergono andando a cavalcare tragedie ambientali nazionali per raggiungere altri segmenti elettorali. Non fate dell'ambientalismo un target elettorale, fatene un destino per una Nazione, quello che fa Fratelli d'Italia.

La dipendenza dall'estero per la copertura dei fabbisogni e il relativo impatto sulla bolletta energetica sono temi di natura strutturale che affondano le radici nelle logiche geopolitiche ed economiche delineatesi intorno agli anni sessanta e settanta, esattamente gli anni in cui lavorò Mattei. Questo si legge sempre nel rapporto di Cassa depositi e prestiti. Storicamente, l'Europa nel suo complesso si approvvigiona di materie prime energetiche da regioni e Paesi limitrofi come Russia, Medio Oriente e Nord Africa ma anche dagli Stati Uniti, secondo Paese per export di combustibili fossili verso la UE. Quindi, capite bene l'interesse geopolitico degli USA e degli alleati USA ma anche qui bisogna ragionare in termini nazionali. Nel documento di CDP si legge inoltre che le infrastrutture oggi utilizzate per il gas sono particolarmente strategiche perché già si prestano ad un utilizzo con un mix di altri vettori, quali idrogeno e biogas, e, con investimenti mirati all'adeguamento tecnologico, potrebbero diventare le reti del futuro. Quindi, Fratelli d'Italia aveva anticipato lo scenario energetico e di dipendenza geopolitica dell'Italia, come fosse una forza di Governo, pur stando all'opposizione. L'analisi delle infrastrutture - continua CDP -, di approvvigionamento esistenti evidenzia come l'Italia risulti vicino alla soglia critica di inadeguatezza. Il sistema, infatti, incontrerebbe serie difficoltà a soddisfare la domanda massima giornaliera di gas nel caso in cui dovesse interrompersi totalmente il flusso in corrispondenza del principale punto d'ingresso sulla rete nazionale, il metanodotto che trasporta il gas russo, appunto.

Ma parliamo anche di altri temi che ci riguardano e che riguardano questo provvedimento omnibus, come ha fatto prima il collega Mancini. Quanto al termovalorizzatore di Roma, ad esempio, nel programma elettorale del centrodestra per il Campidoglio ci siamo dichiarati contrari alla politica di bruciatori perché sul territorio esistono già impianti a combustione e, probabilmente, basta rafforzare le linee di quelli già esistenti nel Lazio. Più esattamente, nei programmi elettorali per le amministrative del 2016 e del 2021 abbiamo perorato la causa dei rifiuti zero, sul modello di San Francisco, con forti investimenti per riprendersi le materie prime, oggi ancora più carenti e preziose di ieri, attraverso il recupero, il riciclo e il riuso, con una legislazione che metta al bando le produzioni non riciclabili, favorisca la politica del vuoto a rendere, avanguardia in tutte le Nazioni industrializzate a vocazione verde, che investa sul risparmio in maniera massiccia, senza assecondare altri appetiti che, invece, si fondano su profitti privati derivati dagli sprechi, facendo pagare poi la gestione e la raccolta e il trattamento ai cittadini. Questa, colleghi, è una visione ambientalista di valorizzazione del ciclo rifiuti intesi come risorsa e ci sorprende che ci sia un grande assente in questo dibattito, che è proprio il Partito Democratico che, invece, sembra aver sposato il partito dei termovalorizzatori. Questo significa foraggiare la raccolta differenziata spinta a potenziare le filiere industriali del recupero, non come viene fatto in maniera risibile dall'AMA, oggi, con la gestione Gualtieri e, prima, con la gestione Raggi.

Bisogna emulare i tanti comuni virtuosi che sono giunti alle cifre record tra il 70 e l'85 per cento di differenziata, senza vanificarne gli sforzi. Conseguentemente, impianti aventi questo preciso indirizzo vanno valorizzati sconfiggendo le infondate resistenze dei cittadini, che sono dovute alla inefficienza della raccolta differenziata e alla mancanza di informazione e sensibilizzazione. Infine, bisogna individuare la tecnologia meno impattante e meno inquinante per chiudere il ciclo. Per capirsi, se si fa il contrario, si finisce per bruciare tutto, disperdendo le materie prime in atmosfera come sontuosi micro residui della combustione. Questo accadrà con la politica dei cinque ambiti perorata dal PD, perché si sarà portati a realizzare cinque inceneritori per chiudere il ciclo, mentre ne basterebbero due in tutto il Lazio. Sarebbe questa un'inversione di rotta clamorosa, in totale contrasto con la riduzione delle emissioni di CO2, per la quale stiamo facendo enormi sacrifici, bloccando persino la produzione di energia da fonti fossili.

Occorre anche dire, colleghi, che allo stato la chiusura del ciclo fatta attraverso le antiche discariche e i vecchi termocombustori conviene solo ai possessori di terreni e ai beneficiari degli aiuti di Stato CIP6. Si sa chi sono e, guarda caso, pare che siano vicini al PD. L'obiettivo strategico è invece portare la differenziata più in alto possibile con politiche interattive, ridurre i rifiuti e chiudere il ciclo con tecnologie adeguate e poco inquinanti. Questa è la nostra posizione, la posizione di Fratelli d'Italia. Su questo, ripeto, il Partito Democratico ha una particolare insensibilità dovuta, probabilmente, al contesto industriale, diciamo così, in cui si muove. Quanto allo sport, colleghi (Commenti del deputato Sensi)

Io sto facendo una valutazione politica, non sto accusando nessuno. È una valutazione politica, il collega Sensi se la prenda. Se vuole, mi risponderà nel suo intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Sensi, il deputato Mollicone ha legittimità a fare il suo intervento. Dopodiché, lei gli risponderà senz'altro (Commenti del deputato Sensi).

FEDERICO MOLLICONE (FDI). È una valutazione politica.

PRESIDENTE. Onorevole Mollicone, stia sul tema e andiamo avanti.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Non ho accusato di illegalità nessuno e stavo sul tema, perché si parla di questo.

PRESIDENTE. Di termovalorizzatori. I termovalorizzatori sono nel decreto-legge.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Passiamo, invece, allo sport, in crisi anche per il caro energia. Pensate a tutta l'impiantistica. Esiste un'attività energivora, come la piscina, con metri cubi d'acqua e volumi enormi da scaldare, per cui il caro bolletta è davvero un colpo di grazia.

Permettetemi a questo riguardo di esprimere l'entusiasmo e l'orgoglio di appartenenza rispetto ai grandissimi risultati che hanno ottenuto i nostri azzurri di nuoto ai Mondiali. È stato veramente un grandissimo onore essere rappresentati in questo modo.

Però poi bisogna valorizzare lo sport di base; bisogna valorizzare la rigenerazione dell'impiantistica e sostenerlo nella ripartenza, perché lo sport è ancora in ripartenza. Se prima l'incidenza delle spese energetiche era del 30 per cento sul totale delle spese, ora siamo al 70 per cento. Lo dicono i gestori degli impianti a cui va la solidarietà di Fratelli d'Italia. Per questo ci siamo battuti su ogni provvedimento e per questo ci siamo battuti anche in questo provvedimento.

La nostra azione politica tuttavia non si ferma qui ed è volta, come sappiamo, all'interesse nazionale verso la produzione, verso il riorientamento della politica energetica e la definizione di linee energetiche strategiche per rinvigorire il sistema nazionale.

Nel frattempo, proprio in questi giorni sono emerse inquietanti novità. Penso al pacchetto europeo per il clima che sostanzialmente per l'industria dell'automotive del vecchio continente si traduce nell'addio alle motorizzazioni endotermiche. A questo proposito, giova però ricordare che l'8 per cento del PIL dell'Unione europea è rappresentato dai ricavi generati dal comparto auto, con l'11,5 per cento della forza lavoro manifatturiera e ben il 6,6 per cento della forza lavoro complessiva in Europa coinvolta nel settore. Nell'ultima riunione, il Consiglio europeo ambiente, che si compone appunto dei Ministri dell'ambiente dei 27 Paesi membri dell'Unione europea, oltre ad aver bocciato la proposta dell'Italia di rinviare al 2040 il termine ultimo per l'azzeramento delle emissioni clima alteranti, ha adottato una posizione comune in vista dell'avvio delle trattative con l'Europarlamento e la Commissione sulla cosiddetta neutralità tecnologica, aprendo la porta anche a biocarburanti e alle tecnologie intermedie, come l'ibrido plug-in.

Come ha detto il nostro responsabile ambiente, Procaccini, anche deputato europeo, le misure sulla riduzione di CO2 che sembravano poter essere approvate, tenendo conto del giusto equilibrio con la sostenibilità economica e sociale, si sono invece connotate di un socialismo ammantato da difesa dell'ambiente. In realtà, ciò che è destinato ad accadere se il pacchetto Fit for 55 non sarà rivisto dal Consiglio europeo, è che verranno gravemente danneggiate le produzioni industriali europee senza alcun beneficio in termini ambientali. Le emissioni di CO2, già oggi relativamente basse, prodotte all'interno della UE, saranno infatti prodotte in quantità persino maggiore al di fuori dell'Unione europea. Immaginate dove: in Cina, guarda caso. Inoltre, diventerà più difficile produrre energia pregiudicando la nostra sicurezza e a poco servirà il Fondo sociale per il clima, che è stato approvato anche con il nostro voto favorevole, nel contenere l'impatto che tali misure avranno soprattutto sulle fasce più povere della popolazione europea. Do you remember operai, cara sinistra? Gli operai, ecco, quelli.

Mi fa piacere citare poi anche il presidente Marsilio, della regione Abruzzo, che ci rappresenta nel Comitato delle regioni: “Il termine del 2035 per la transizione esporrebbe l'intero settore a rischio di perdere migliaia di posti di lavoro. Per questo ci auguriamo che il Consiglio possa modificare in maniera significativa la proposta della Commissione”. Secondo il Presidente Marsilio, non possiamo passare dalla dipendenza dal gas e dal petrolio russo, dalla quale ci stiamo faticosamente liberando, per affidarci al capriccio di Paesi comunque ostili o inaffidabili, come la Cina, che monopolizzano il mercato delle batterie elettriche, prodotte però con l'industria dell'Ottocento, quindi con grande produzione di CO2, dai quali già dipendiamo per microchip e semiconduttori che sono, oggi, il principale motivo del blocco delle attività produttive.

I nostri emendamenti, colleghi, sono stati diretti a questo: a coniugare le esigenze dello sviluppo economico con quelle ambientali, in un nuovo patto fra uomo e pianeta, anche tutelando i posti di lavoro, e ve lo dice uno che gira da 10 anni in elettrico totale. E rispetto a questo faccio anche un appello, perché faccio parte dell'intergruppo sulla mobilità elettrica, fondato da Chiazzese, e segnalo che le ricariche delle colonnine sono aumentate in maniera esponenziale, non parlo ovviamente di noi, ma parlo di tutti gli utenti che usano la macchina elettrica o il mezzo elettrico per andare al lavoro tutti i giorni e, quindi, forse un'attenzione andrebbe rivolta anche su questo, sulla ricarica elettrica che di fatto è gestita da un monopolista nella rete di distribuzione, e sappiamo tutti che la gestisce; forse anche su questo un calmiere andrebbe introdotto.

Rispetto a questa sintesi tra la semplificazione e il momento di crisi energetica e geopolitica e la accelerazione sulle rinnovabili, sono stati approvati due emendamenti a mia prima firma, volti proprio all'accelerazione dei processi di transizione energetica, così da garantire un mix energetico più efficace. Il primo interviene sul punto 2 dell'allegato II, progetti di competenza statale, parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, al fine di chiarire che, ai fini dell'attribuzione della potestà autorizzativa degli impianti allo Stato ovvero alle regioni, la potenza complessiva degli impianti eolici per la produzione di energia elettrica, nonché degli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, debba essere calcolata sulla base del solo progetto sottoposto a valutazione, escludendo pertanto eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che abbiano un medesimo centro di interesse o un medesimo punto di connessione e per i quali è già in corso una valutazione di impatto ambientale o è già stato rilasciato un parere o una determina, oppure anche un decreto di compatibilità ambientale.

Un'altra proposta, colleghi, è relativa ai procedimenti autorizzativi; la proposta interviene sull'articolo 15 del DPR n. 380 del 2001 al fine di portare da uno a tre anni dalla data del rilascio la durata del titolo abilitativo a costruire di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387. Tale modifica si rende necessaria in quanto, alla luce delle attuali tempistiche entro cui possono essere promosse eventuali impugnative innanzi al tribunale amministrativo regionale e al Presidente della Repubblica da parte di qualsiasi soggetto pubblico o privato, possibilmente impattato dall'attività di costruzione dell'impianto, gli operatori non possono, nella pratica, usufruire dell'autorizzazione loro rilasciata nei primi quattro mesi.

L'Italia deve produrre autonomamente, deve investire nel fotovoltaico e nell'eolico ma, per fare questo, deve farlo salvaguardando il paesaggio, come ci ricordano sempre il collega Sgarbi e il collega Rampelli, che sono decani in questa battaglia in difesa del paesaggio.

Quindi, “sì” alle rinnovabili, “sì” al fotovoltaico e all'eolico ma, almeno da adesso in poi, nella pianificazione andiamo a evitare l'orrida deturpazione dei nostri paesaggi e dei terreni agricoli e proponiamo formule di rigenerazione urbana con pannelli fotovoltaici e impianti eolici marini, pannelli fotovoltaici sulle aree industriali da riconfigurare e da rigenerare, laddove ci sono superfici e tetti dove si possono collocare senza impatto ulteriore sull'ambiente, senza sottrarre terreno agricolo in una modalità che sta diventando una vera e propria deturpazione del nostro paesaggio. Lo stesso vale sull'eolico: perché non investiamo e perché il Governo non approfitta di questa emergenza per riconfigurare quelli non ancora messi a terra, non ancora cantierizzati, per compensarli con l'eolico marino? Anche questa sarebbe una svolta ambientale vera, che andrebbe a tutelare il nostro paesaggio. Siamo il primo Paese al mondo per potenziale dell'eolico off-shore e questo non viene sfruttato, se non in maniera residuale.

Un Governo che guarda nel lungo periodo, colleghi, dovrebbe infatti guardare proprio al sistema energetico; il gas, che oggi è la fonte energetica primaria, dovrà avere il ruolo di accompagnatore per i prossimi anni, ma è necessario diversificare, non dipendere più - come sappiamo ormai e avete capito tutti - da una sola potenza geopolitica; sorpresa, essere liberi e indipendenti conviene sempre. Anche per questo stiamo presentando ulteriori, specifici emendamenti in questo senso.

Colleghi, l'Italia è l'unico Paese dell'Eurozona in cui i salari reali sono diminuiti, negli ultimi vent'anni. Dobbiamo ancora recuperare il PIL pre-pandemia, stiamo correndo verso la recessione, mentre l'inflazione sta erodendo i risparmi dei cittadini e il loro potere d'acquisto; occorre, quindi, una riduzione dei costi del lavoro, parallelamente a uno smantellamento del dannoso strumento del reddito di cittadinanza, per permettere ai datori di lavoro di assumere, a paghe adeguate, facendo ripartire l'economia e tutelando tutti i cittadini. Lo dobbiamo all'Italia e lo dobbiamo agli italiani, creando una vera riduzione del cuneo fiscale che abbatta il costo del lavoro, che permetta di avere salari adeguati ma, soprattutto, che faccia alzare da quei divani i nostri ragazzi che, soprattutto nel Centro-Sud, attraverso il reddito di cittadinanza hanno trovato un disincentivo al lavoro, come ci ricorda e ci ammonisce anche il Premio Nobel Yunus, che non è certo un esponente di Fratelli d'Italia, che criticò duramente - rispetto a una domanda che gli venne fatta da un giornalista di la Repubblica - il reddito di cittadinanza, perché era un disincentivo al lavoro, quando esiste l'etica del lavoro. Yunus, ricordo, è colui che ha ricevuto il Premio Nobel proprio per il microcredito, per dare la possibilità anche alle persone più povere di diventare imprenditori di se stessi e di riscattarsi attraverso l'etica del lavoro, non certo stando abbandonati su un divano e, magari, esposti alla criminalità oppure, peggio, al lavoro nero.

Colleghi, dobbiamo, quindi intervenire sui temi ambientali senza essere talebani dell'ecologismo. Il filosofo conservatore Scruton lo sapeva bene, lo declinava con il linguaggio della contemporaneità: “La ricerca della bellezza non è solo un capriccio privato, un'infinità preoccupazione per le specie naturali, bensì, al contrario, il modo in cui ci si sforza di adattare il mondo alle nostre esigenze e le nostre esigenze al mondo”. Ci vuole responsabilità, ci vuole equilibrio; come vuole Fratelli d'Italia, ci vogliono interventi urgenti - ora e subito - per difendere la nostra Nazione e per tirarla fuori dalla crisi geopolitica in cui è entrata, ma, soprattutto, per aiutare il popolo, quello che ora sta soffrendo, le imprese e creare sviluppo, in un equilibrio e in un'armonia tra ambiente e futuro della Nazione (Applausi del deputato Galantino).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fraccaro. Ne ha facoltà.

RICCARDO FRACCARO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, stiamo affrontando oggi l'ennesimo decreto che contiene aiuti per le nostra famiglie e per le nostre imprese, e non può essere diversamente; oggettivamente, non sarà nemmeno l'ultimo, perché? Perché viviamo un'epoca storica estremamente complessa e che sta vivendo crisi drammatiche, epocali; anzi, abbiamo di fronte un periodo storico sfidante. Penso che dovremmo essere tutti consapevoli addirittura del fatto che le difficoltà che dovremo superare nei prossimi mesi e nei prossimi anni se non verranno affrontate adeguatamente, non ci permetteranno di ritornare sui nostri passi. E quando si affronta l'ennesimo “decreto Aiuti”, che contiene doverose misure per permettere ai nostri concittadini di tirare avanti, dovremmo forse fare un passo indietro o, comunque, cercare di recuperare una visione d'insieme, per capire se la direzione che stiamo prendendo sia quella giusta e, soprattutto, per analizzare le sfide e le cause della difficoltà del nostro Paese e dell'intero pianeta e che ci costringono ogni mese, ogni settimana, a vedere Consigli dei Ministri in cui si stanziano miliardi, per sopravvivere, spesso.

Secondo me, un'analisi, una riflessione su queste crisi storiche che stiamo vivendo è doverosa.

La prima crisi che sta determinando il momento storico in cui viviamo è quella legata alla guerra in Ucraina, causata dall'invasione della Russia: è una guerra che è alle porte dell'Unione europea, è dentro l'Europa, e che sta causando effetti devastanti, prima di tutto dal punto di vista umanitario, poi dal punto di vista alimentare ed energetico.

Se vogliamo guardare agli effetti più immediati sull'economia del nostro Paese è la crisi energetica quella che ci sta colpendo maggiormente, non tanto con una carenza di energia in questo momento, ma con un aumento dei costi vertiginosi dell'energia, che determina un aumento dell'inflazione incontrollata nel nostro Paese. L'inflazione, soprattutto se causata da motivi esogeni, non interni, è difficilmente contrastabile. E' uno dei fenomeni economici più devastanti per un'economia, perché determina povertà, può essere causa di rivoluzioni, di instabilità sociale ed è ciò che dobbiamo scongiurare in questo momento.

Che prospettive allora ci possiamo attendere da questo conflitto, che tanto ci sta danneggiando e sta danneggiando l'equilibrio geopolitico dell'intero pianeta? Vedo tre scenari di fronte a noi: il primo, quello auspicabile, è una guerra che trovi finalmente uno sbocco in un trattato o in un accordo di pace, che ponga fine a queste tensioni internazionali e, quindi, riapra i rapporti, soprattutto, tra l'Occidente e Russia, nonché gli scambi commerciali e quelli energetici. Questo è lo scenario più auspicabile ma, purtroppo, è quello meno probabile. L'altro scenario che abbiamo di fronte è un'escalation che può portare ad un conflitto mondiale, quindi alla Terza guerra mondiale. E' lo scenario meno auspicabile, che dobbiamo tutti contrastare con il massimo impegno, in qualunque sede, in qualunque modo. Mi auguro che non sia uno scenario realmente probabile e chi ci siano chance che non si avveri. Lo scenario che, invece, vedo più probabile in questo momento storico è quello che alcuni analisti definiscono la nuova cortina d'acciaio, neanche più di ferro: mi riferisco a una dinamica geopolitico globale per cui, indipendentemente dalle vicende e dall'esito dei rapporti di forza nel territorio ucraino, la tensione tra Occidente e Russia continuerà ad aumentare, ad acuirsi fino a un totale distaccamento o ad una totale incomunicabilità, o quasi.

Perché vedo questo scenario come quello più probabile, anche se non quello certo più auspicabile? Perché questa tensione geopolitica con la Russia, in realtà, è solo prodromica a un'altra grande tensione, ad un altro grande grande scontro che abbiamo di fronte: quello tra l'Occidente e la Cina. Secondo molti analisti e secondo la mia opinione, i prossimi anni, i prossimi dieci anni saranno determinati da uno scontro, in particolare, tra Cina e Stati Uniti, che si giocheranno la supremazia sull'intero scenario geopolitico globale. Quando due potenze, due imperi si scontrano, storicamente gli esiti non sono mai pacifici e positivi, almeno finché non si trova un nuovo ordine globale.

Quindi, ciò che abbiamo di fronte è un mondo che rischia di spaccarsi in due, come abbiamo già visto durante gli anni della Guerra fredda: da una parte, l'Occidente e, dall'altra, a differenza degli anni della Guerra fredda, non più solo la Russia, ma la Russia, più la Cina, forse anche l'India, l'Iran; quindi, lo scenario che si sta prospettando è molto più complesso e molto più difficile rispetto a quello che abbiamo vissuto negli anni Settanta, Ottanta, durante gli anni della Guerra fredda. Perché? Perché, dall'altra parte della cortina d'acciaio, in questo caso, c'è uno spazio molto più ampio rispetto a quello che abbiamo conosciuto. C'è una contrapposizione con una parte del pianeta che ha una popolazione molto più numerosa e molto più giovane e con risorse e materie prime in misura maggiore rispetto a noi. Soprattutto, non si tratta più di uno scontro tra capitalismo e comunismo. Sono due mercati che si conoscono, anche dall'altra parte c'è il capitalismo, anche se sotto dittatura. Quindi, questa è la domanda che mi pongo: in questo scenario, che ritengo il più probabile, l'Occidente quali chance ha di successo e di vittoria? E' difficile rispondere, ma credo che in questo momento storico le possibilità di successo non siano così rosee come durante la Guerra fredda.

L'altra grande crisi che stiamo vivendo, sotto gli occhi di tutti, non è quella della guerra, ma è ancora più profonda e drammatica del conflitto a cui oggi assistiamo: è la crisi legata al cambiamento climatico. Anzi, Presidente, l'espressione “cambiamento climatico” credo sia sbagliata; è stata coniata dai repubblicani, negli Stati Uniti, per cercare di spaventare meno la popolazione. Cambiamento climatico è un cambiamento né positivo, né negativo. In realtà, non siamo di fronte a un cambiamento climatico, ma ad un surriscaldamento, ad un riscaldamento globale e lo vediamo tutti i giorni. Solo ieri abbiamo assistito alla tragedia della Marmolada: esprimiamo, tra l'altro, come gruppo parlamentare, lei lo ha ricordato anche a nome di tutta l'Aula, la nostra vicinanza alle vittime di un disastro che è un disastro climatico e, Presidente, purtroppo ne vedremo sempre di più. Sulla vetta della Marmolada c'erano dieci gradi: la media è sette, quindi tre gradi in più. Tre gradi in più che oggi hanno determinato la morte di tante persone; speriamo che i numeri rimangano quelli che conosciamo, ma ci sono ancora ricerche in corso.

Per capire la portata della gravità del riscaldamento globale, questi tre gradi di differenza di temperatura riscontrati in questi giorni rispetto alla media storica in vetta alla Marmolada sono determinanti e vi chiedo di seguirmi attentamente. Gli scienziati di tutto il mondo ci dicono di non superare l'aumento di un grado e mezzo; probabilmente, questa misura di un grado e mezzo o quella dei tre gradi sulla Marmolada non danno immediatamente il senso della gravità, perché noi prendiamo a riferimento la temperatura esterna. Pensiamo: cosa volete che siano tre gradi in più o un grado e mezzo in più? Un'estate o una primavera un po' più calde? Un inverno meno rigido? Anziché 30 gradi, 33 o 31 gradi e mezzo? Non cambia niente, ma è un paragone sbagliato. Se volete capire la gravità della situazione, legata ai cambiamenti climatici, dovete valutare l'aumento della temperatura rispetto a quella del corpo umano: la temperatura di un corpo umano sano è di 36 gradi e mezzo. Aggiungeteci un grado e mezzo. Quanto fa? Trentotto gradi. Quanto può un essere umano sopravvivere a 38 gradi di temperatura corporea? Se hai 38, hai la febbre e stai a casa. Reggi una settimana, forse un mese, ma poi muori. Immaginate di aumentarla di tre gradi: non duri una settimana. Il nostro pianeta è così: sta aumentando la propria temperatura di oltre un grado e mezzo e non morirà il pianeta, moriremo noi!

Tutto ciò a cui stiamo assistendo non riguarda solo l'Italia: l'anno scorso sono stati registrati 50 gradi in Canada e 20 al Polo Sud. Quest'anno in Italia il Po è prosciugato. Non c'è acqua per irrigare. Non c'è acqua! C'è razionamento in casa delle famiglie italiane. I ghiacciai si stanno esaurendo, ci sono 40 gradi a giugno, temperature inaccettabili e insostenibili, siccità e carestia: questo è solo l'inizio di quello che ci aspetta.

Lo scenario è apocalittico. Noi abbiamo di fronte uno scenario, una prospettiva di futuro in cui il mondo si spacca in due, Occidente verso resto del mondo, e una temperatura globale che si sta surriscaldando e sta mettendo a rischio la sopravvivenza della specie umana. Come facciamo a vincere queste sfide? Io vedo solo una possibilità: l'Occidente. Tra l'altro, lasciatemelo dire, la fortuna che abbiamo di vivere in questa parte del mondo è enorme, ma ci dà anche, forse, qualche responsabilità. E allora, Presidente, forse l'unico modo di vincere queste sfide è fare dell'Occidente non più un modello vincente perché è la parte ricca del pianeta, ma magari un modello vincente perché è la parte sostenibile del pianeta, la parte del pianeta che riesce a trasformare il proprio modello di società in una società che può permettere la vita su questo pianeta. Allora forse riusciamo a vincere le nostre sfide.

Come farlo? Ci sono due strade che dobbiamo percorrere contemporaneamente. La prima: per trasformare il modello della nostra società in un modello sostenibile, dobbiamo ridurre le emissioni di CO2 drasticamente. Vede, Presidente, se noi guardiamo, oggi, grazie alle nuove tecnologie e ai centri di ricerca sparsi in tutto il mondo, possiamo sapere, ogni giorno, qual è la percentuale di CO2 presente nell'aria. Ovviamente il riscaldamento, lo sappiamo tutti, l'aumento della temperatura sono dovuti proprio alla presenza di gas climalteranti che aumentano la temperatura sulla superficie terrestre. E ogni giorno noi possiamo vedere quant'è la percentuale di CO2 presente nell'atmosfera. Se noi andiamo indietro per secoli, vedremo che questa percentuale è sempre la stessa: 280 parti per milione. Dalla rivoluzione industriale in poi è schizzata verso l'infinito e oggi siamo a 420 parti per milione. Ovviamente non è la prima volta che se ne parla. L'intera comunità internazionale, la comunità scientifica, ma anche la comunità politica, almeno dagli anni Ottanta-Novanta ne stanno parlando. Abbiamo fatto riunioni di qualsiasi tipo, vertici internazionali, G7, G20, le Conferenze di Rio, Parigi, Copenaghen, Glasgow, abbiamo fatto piani meravigliosi. Allora andiamo a verificare se ha avuto qualche effetto, questo nostro impegno, finora. Andiamo a vedere se c'è stato un anno in cui la percentuale di CO2 nell'atmosfera, non dico sia diminuita, ma non è aumentata. Non c'è stato. Anzi, negli ultimi anni è addirittura aumentata la crescita della percentuale di CO2 presente nell'atmosfera. Dagli anni Novanta agli anni Duemila è aumentata di una parte per milione ogni anno, dal 2000 al 2010 di una parte e mezza per milione ogni anno, dal 2010 al 2020 di due parti per milione ogni anno, cioè ogni anno questo dramma si sta acuendo. Poi vediamo che arriva una ragazzina, che si chiama Greta, che bacchetta tutto il mondo e i politici di tutto il mondo con questo bla bla bla, che ha offeso molti. Però ha ragione: noi stiamo solamente facendo bla bla bla, perché non c'è stato un momento nella storia in cui noi viviamo, in cui la percentuale di CO2 sia diminuita. Stiamo segnando il nostro destino. Dobbiamo ridurre drasticamente queste emissioni. E dico questo perché? Perché nel “decreto Aiuti” qualcosa c'è, che finalmente va in questa direzione. Non è forse sufficiente, ma è un passo.

Sa, Presidente, qual è il settore che è responsabile dell'emissione di CO2 nell'atmosfera in Italia? È il settore dell'edilizia. Per questo abbiamo fatto il Superbonus. Voglio che sia chiara una cosa su questo tema: non mi interessa minimamente difendere la misura, noi vogliamo difendere gli effetti e gli obiettivi di quella misura, cioè ridurre le emissioni di CO2. E uno dei settori più inquinanti - il 40 per cento dell'inquinamento deriva dalle abitazioni, il 35 per cento delle emissioni climalteranti - è proprio il settore dell'edilizia. Se il Governo ha un'idea alternativa al Superbonus per intervenire sull'edilizia pubblica e privata e riqualificarla dal punto di vista energetico a ritmi adeguati alla sfida che abbiamo di fronte, ce lo dica. Cancelliamo il Superbonus e facciamo una nuova misura.

Ma finché non c'è un'alternativa, bloccare il Superbonus è semplicemente una follia. Credo che anche il Governo se ne sia accorto e la misura che è contenuta sul Superbonus in questo decreto è una misura che va nella giusta direzione, ma, purtroppo, lo sappiamo tutti in questo emiciclo, non è sufficiente. E vi spiego perché tecnicamente, perché poi dietro ci sono anche famiglie e lavoratori. Il Governo, con i suoi interventi degli ultimi mesi, ha semplicemente bloccato il meccanismo della cessione, ha tolto dal mercato due operatori pubblici, come CDP e Poste, e ha circoscritto il mercato dei crediti d'imposta, che fanno funzionare il Superbonus e che permettono il recupero e la riqualificazione energetica e sismica degli edifici, solamente all'ambito bancario. Le banche hanno esaurito in tempi rapidissimi il loro plafond e adesso non comprano più crediti: migliaia di imprese e famiglie bloccate, con i crediti in pancia per i lavori già fatti. Anche se non avessimo degli obiettivi etici e ambientali, questo sarebbe un dramma in un'economia come quella italiana. È una misura da terzo mondo, cambiare le carte in regola e far fallire le imprese dopo che hanno fatto i lavori, perché non riescono più ad essere di fatto pagate.

Ma al di là di questo, il Governo si è accorto che dobbiamo ampliare le maglie, e come ha deciso di fare? Non facendo intervenire nuovamente operatori pubblici nel mercato, come Poste e CDP, ma permettendo alle banche di vendere i crediti a imprese e partite IVA, così da liberare il proprio spazio fiscale. Il problema è che, se noi limitiamo il meccanismo di crediti al mercato, il meccanismo può funzionare, come sempre nel mercato - e credo che questo Governo lo sappia meglio di me -, se c'è fiducia. Il problema è che questo Governo ha creato sfiducia sul mondo dei crediti, con i successivi interventi, anche pubblici, contro il meccanismo del Superbonus. Quindi, se questa misura che abbiamo inserito non viene accompagnata da una misura che dà fiducia al mercato - e in particolare quale può essere questa misura che noi proponiamo? Quella di sollevare l'ultimo acquirente da responsabilità in solido in caso di verifiche sulla regolarità del credito, che rimane in capo alle banche in ogni caso -, se non avviene questo, anche questo meccanismo non funziona, questa apertura non funziona e faremo l'ennesima norma su cui dobbiamo tornare fra due settimane. La Vice Ministra Castelli sa bene quanti interventi abbiamo fatto per cercare di rimediare e aprire di nuovo le maglie, che non hanno funzionato perché non sono mai stati presi in maniera ampia e definitiva, coinvolgendo gli operatori e chiedendo agli operatori se funziona. Siamo qui a dirvi: anche questo non funziona.

Ma al di là del Superbonus, su cui lavoreremo anche nelle prossime ore perché probabilmente ci sarà un ritorno in Commissione, questo è solo un aspetto della società che dobbiamo trasformare. Se noi vogliamo smetterla di determinare una concentrazione di CO2 nell'aria, dobbiamo trasformare tutta la società, ogni aspetto della nostra società, ed è un lavoro immenso. Abbiamo parlato di edifici, ma provate a pensare alla prima ora della vostra vita, quando vi alzate dal letto, non so, la prima cosa fate è accendere la luce? Bene, ma la luce, quella luce che voi state utilizzando, da dove viene? Da fonti rinnovabili o da fonti fossili? Andrete in bagno? Vi laverete i denti con lo spazzolino, e quello spazzolino com'è? È di plastica? E come è stato prodotto? Poi andrete a fare colazione, e i cereali che mangiate come sono stati prodotti? In maniera biologica o sono stati utilizzati dei diserbanti che inquinano ulteriormente? E i trattori che hanno arato quel campo, sono mezzi che utilizzano fonti fossili o ambientalmente sostenibili? È un'intera società completamente da rivoluzionare e l'unico modo per rivoluzionare la nostra società è fare politica industriale. Ed è questo che manca, secondo me, in questo decreto. È chiaro, questo è un “decreto Aiuti”, ma quello che manca in questo momento nel nostro Paese è una strategia industriale radicale. Non abbiamo bisogno, Presidente, di radicalità nei toni e nelle posizioni, abbiamo bisogno di una politica industriale radicale, consapevoli che, se facciamo questo percorso di trasformazione radicale della nostra società attraverso una visione, riusciremo a creare ricchezza e posti di lavoro.

Dirò di più: non basta nemmeno trasformare la nostra città in modo che non produca o limiti la produzione di CO2; dobbiamo iniziare a rimuovere la CO2 dall'aria. E come facciamo a rimuovere la CO2 dall'aria? Questo è la seconda gamba dell'intervento che dovremmo fare a livello globale. Non so, forse farà ridere qualcuno, ma esiste una cosa che da sempre, prima ancora che esistesse l'uomo sulla Terra, prima che apparisse l'uomo sulla Terra, che stocca la CO2, da sempre, in maniera gratuita e naturale, a costo bassissimo: sono le piante, sono gli alberi.

Non solo dalla rivoluzione industriale noi abbiamo immesso enormi quantità di CO2 nell'aria, ma, dalla rivoluzione industriale in poi, abbiamo tagliato 2.000 miliardi di piante. La quantità di CO2 presente nell'aria oggi non è determinata solamente dalle emissioni, ma anche dai mancati assorbimenti, perché abbiamo tagliato 2.000 miliardi di piante! Anzi, dirò di più: dalla rivoluzione agricola, da quando l'uomo ha imparato a lavorare la terra, abbiamo tagliato 3.000 miliardi di alberi. È l'unico modo per recuperare e iniziare a togliere la CO2 nell'aria, perché, se noi riduciamo la CO2 che immettiamo nell'atmosfera, semplicemente aumentiamo di meno, ma aumenteremo comunque la presenza di CO2. Noi dobbiamo toglierla e dobbiamo piantare alberi: questa è politica industriale.

Voglio dire una cosa a favore invece di questo Governo, che ha fatto una cosa epocale, perché proprio il Governo Draghi, proprio il Presidente Draghi, all'ultimo G20, tenutosi a Roma, insieme al Ministro degli Affari esteri, Luigi Di Maio, ha inserito negli impegni del G20 una frase che secondo me è storica. Ha inserito l'impegno di piantare 1.000 miliardi di alberi. Questa è la strada! Il problema è che non stiamo piantando abbastanza alberi nel nostro Paese. Se noi ridistribuiamo questo impegno per i Paesi del nostro pianeta, in base alla popolazione, l'Italia dovrebbe piantarne 6 miliardi. Se noi consideriamo le terre abbandonate dall'agricoltura attualmente non utilizzate possiamo piantarne 9 miliardi. È fattibile.

Faccio un'altra osservazione: se noi iniziamo a piantare alberi, oltre che un'aria più pulita, meno CO2 in atmosfera, meno bolle di calore, cosa creiamo? Creiamo lavoro! Il settore del legno in Italia genera un PIL di 44 miliardi. Sapete quanto legno importiamo di quello che trasformiamo e poi rivendiamo? L'80 per cento. Allora, perché non piantiamo alberi, creiamo posti di lavoro, trasformiamo il nostro legno italiano e iniziamo a salvare il pianeta? È solo politica industriale. Politica industriale che manca, perché non c'è una condivisione tra Parlamento e Governo sulle linee di politica industriale.

Faccio un altro esempio, l'ultimo. Noi stiamo investendo un sacco di soldi sul settore dell'auto in aiuti, tra l'altro, secondo me, senza effetti positivi, perché la maggior parte delle auto non si vendono perché in questo momento storico non ci sono. Non ci sono e si deve aspettare mesi prima di avere un'auto, proprio perché mancano microchip, materie prime eccetera. Quindi, che cosa abbiamo fatto? Giustamente, abbiamo aiutato il settore dell'auto, ma, in realtà, sono semplicemente aumentati i costi delle automobili, mentre la quantità di auto vendute tutto sommato è rimasta la stessa, quindi, hanno incassato di più le aziende. Stiamo investendo per fare mega factory sulle batterie. Le batterie hanno il litio come materia prima e noi il litio non ce l'abbiamo. Qual è la tecnologia per produrre energia da fonti rinnovabili, più facilmente e rapidamente installabile e in maniera distribuita? Il solare, i pannelli fotovoltaici. Perché non stiamo lavorando, in Europa e in Italia, per farci una filiera di produzione di pannelli fotovoltaici? Perché non riempiamo congiuntamente, con una risistemazione, con un upgrade della rete elettrica, i tetti delle aziende italiane e delle case italiane con pannelli fotovoltaici, come se non ci fosse un domani? Non sarebbe un modo strutturale per aiutare le nostre imprese e le nostre famiglie? Non creeremo lavoro in una filiera? E perché vi dico la filiera del fotovoltaico in Italia e in Europa? Perché il fotovoltaico si basa sul silicio e questo è una delle materie più diffuse sulla Terra. Quindi, quando mi vengono a dire che poi siamo dipendenti dalla Cina, se usiamo le energie rinnovabili, la risposta è “sì”, se parlate di batterie, ma non se parlate di fotovoltaico o di altri strumenti. È solo una volontà politica. Poi dovremmo proteggere la nostra filiera industriale dalla concorrenza sleale, certo. E che ci sta a fare la politica, se non per questo?

Presidente, noi supportiamo il Governo in tutti questi decreti che danno aiuti alle imprese, ma questa è una visione miope, doverosa. Avremo altri decreti e li voteremo entro la fine della legislatura, molti altri, perché le imprese hanno costi insostenibili, come pure le famiglie, e non possono farcela da sole, senza l'aiuto del Governo e del Paese. Ma senza una visione di lungo periodo, che abbia chiaro dove debba andare questo nostro Paese, questa nostra società, e come si debbano trasformare, non vinceremo le sfide geopolitiche e non vinceremo la sfida del cambiamento climatico. Come definire la società che vogliamo? Qualcuno la definisce una società “verde”, “green”. A me piace questa parola, però dobbiamo capirci su cosa intendo io per “green”. Quando parliamo di verde non significa più, a mio modo di vedere, una società che protegge la natura. Non ha senso questo: la natura si protegge da sola, non ha bisogno di noi. Una società “verde” è una società che cura la natura per salvare se stessa e di questo abbiamo bisogno oggi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Davide Crippa. Ne ha facoltà.

DAVIDE CRIPPA (M5S). Grazie Presidente. Interverrò brevemente sul tema della questione energetica e dei provvedimenti inseriti all'interno di questo decreto, che da un lato danno un sospiro, o meglio, un piccolo aiuto alle famiglie e alle imprese, azzerando gli oneri di sistema anche per il terzo trimestre del 2022. Credo, però, che sia necessario lasciare traccia evidente di cosa non va.

Noi siamo arrivati oggi, per la terza volta, per il terzo trimestre del 2022, a lasciare l'autorità per l'energia elettrica e il gas ad indicizzare il prezzo dell'energia per i clienti vulnerabili, ancora una volta, al famoso mercato olandese del TTF. Questo, a mio avviso, anche disapplicando una norma dello Stato, inserita nel “decreto Energia” precedente, dove il Parlamento aveva votato all'unanimità che l'Autorità - all'interno dei principi cardini che avevamo inserito - doveva fissare il prezzo di fornitura sul reale costo della materia prima. Non l'ha detto il MoVimento 5 Stelle, non lo ha detto il sottoscritto, ma più volte sia il Ministro Cingolani sia il Premier Draghi hanno fatto riferimento al mercato olandese TTF come un mercato speculativo, un mercato che non rappresenta i reali transiti di volumi e di prezzo.

Con questa premessa, purtroppo, ci ritroviamo che, ancora una volta, i cittadini avranno un prezzo di fornitura del gas indicizzato a un mercato speculativo e le settimane precedenti sicuramente non sono state gentili per fissare il prezzo per il prossimo trimestre. Quindi, noi ribadiamo che siamo anche un po' sconcertati dal fatto che nel decreto attuale sia stata inserita questa norma che copre gli oneri di sistema e, di fatto, grazie ad ulteriori stanziamenti da parte del Governo centrale - siamo nell'ordine di 2,4 miliardi per la copertura degli oneri -, il cittadino non avrà degli aumenti. Però, questi aumenti sono coperti dal bilancio dello Stato e sono coperti per una cifra così elevata perché, dall'altro lato, il prezzo è stato indicizzato in base alla borsa olandese e non al reale costo della materia prima. Noi abbiamo l'Agenzia delle dogane che fissa periodicamente dei prezzi di importazione. I prezzi delle importazioni doganali sarebbero un parametro da considerare: lo abbiamo presentato anche come proposta emendativa e il Governo, all'inizio, ci ha detto che questa soluzione andava bene e che la stavano già attuando, con una modalità leggermente diversa, all'interno dell'articolo 3 del famoso decreto poi confluito all'interno di questo “decreto Aiuti”.

Peccato che, giovedì mattina, in un Consiglio dei Ministri straordinario, questa norma sia stata stralciata, cioè è stata stralciata la norma che prevedeva di restituire ai consumatori le eccedenze di chi aveva venduto a un prezzo superiore rispetto al suo reale costo d'importazione. Cosa faceva la norma inserita dal Governo, quindi non dal MoVimento 5 Stelle, nella prima approvazione in Consiglio dei Ministri? Diceva: se il prezzo dell'energia d'importazione è inferiore rispetto al prezzo che è stato fissato dall'Autorità, facendo magari 100, fissato 80 quello reale, i 20 andavano in percentuale ridistribuiti. Possiamo discutere della percentuale - 50, 20, 30,80 -, ma è sparito proprio un impianto. E, dopo che abbiamo trasferito e autorizzato l'Autorità ad assumere 20 persone aggiuntive, mi sembra doveroso dargli un compito successivo. Cioè, una volta che hanno i contratti in mano, possiamo andare a vedere in quei contratti realmente che prezzo dell'energia pagano gli importatori? Sì e, conseguentemente, l'azione successiva è “il delta me lo restituisci”.

Si è detto che questa norma poteva portare strutture per il sistema di caricamento degli stoccaggi. Io rimango ancora più basito, perché, dopo aver messo 5 euro a megawattora in più a favore dei soggetti che possono riempire gli stoccaggi, ricordo a me stesso, in primis, che tra i soggetti che riempiono gli stoccaggi ci sono due partecipate dello Stato. E un minimo di governance bisognerebbe mantenerla, soprattutto per dirgli, prioritariamente, di riempire gli stoccaggi italiani, ma solo perché siamo all'interno di un perimetro di una norma che ci dice che fino al 31 dicembre siamo in emergenza energetica e, quindi, le regole anche di un azionista di maggioranza possono essere quelle di bussare e chiedere: noi abbiamo bisogno, come sistema Paese, del riempimento degli stoccaggi, e non devi farlo solo se ti è conveniente.

L'altro tema è quello degli oneri e del perché noi mettiamo, ancora una volta, 2,4 miliardi a disposizione della Cassa per i servizi energetici per pagare e azzerare gli oneri di sistema per le bollette. Presidente, vede, la Cassa per i servizi energetici, chiamata in audizione presso la X Commissione, ha riportato dei dati, che sono pubblici, perché sono pubblicati sul sito durante l'audizione. La Cassa per i servizi energetici ci dice: io ho una fotografia al 30 maggio, con un disavanzo, in negativo, di 1,2 miliardi, quindi non ho giacenze per 1,2 miliardi. Alla slide successiva, lo Stato doveva oneri non incassati, cioè lo Stato doveva versare alla Cassa 4,9 miliardi. Se io faccio: meno 1,2 più 4,9, a casa mia, fa più 3,7, che, teoricamente, sono 3,7 miliardi di giacenze sul conto della Cassa per i servizi energetici. Vogliamo non usare 3,7 miliardi? Però, potenzialmente, facendo un calcolo, se volete, sciocco, sommario e sbagliato, mi sento di dire che avremmo potuto azzerare gli oneri del terzo trimestre delle bollette senza andare a mettere delle risorse che sono state tolte ad altre voci dello Stato. E il MEF in questo senso ha un dovere principale: quello per cui, essendo nella governance della Cassa per i servizi energetici, guardi dentro i dati veri, cerchi di tirare fuori i numeri veri. Io sono certo che quei soldi non possano essere distratti a qualsiasi altro utilizzo, ma nemmeno posso immaginare che, in un periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo, noi raccontiamo ai cittadini che c'è un'Autorità - in questo caso, una Cassa per i servizi energetici, che è una sorta di banca al servizio dell'Autorità - che tiene in giacenza 3 miliardi, così, come provviste. In un momento come questo, non credo sia ammissibile in questo contesto.

Vede, Presidente, la differenza si è rilevata anche rispetto ad articoli di stampa, sia al direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli Minenna, che ad autorevoli professori, come il professor Tabarelli di Nomisma, come, in alcuni casi, anche a riviste specializzate, che hanno evidenziato come ci sia una diversità di costi tra il costo di importazione del gas alle dogane e quello che viene fatto pagare al cittadino. Si tratta di costi enormi, tant'è che la stessa Autorità dice: abbiamo visto i contratti e dai contratti, in effetti, sono molto più bassi dei contratti di importazione, però gli operatori ci dicono - e questo, a mio avviso, è ancora più allarmante, lato Autorità, il “ci dicono” dovrebbe essere, in qualche modo, documentato, testimoniato rispetto ai contratti in essere - che ci sono delle voci di scommessa - chiamiamole scommesse, ma per dire di assicurazione, forse con un termine più adeguato -, di assicurazione del valore che si aggiungono al prezzo di importazione. Quindi, noi facciamo finta di considerare, all'interno del costo della materia prima, l'assicurazione sul prezzo di un operatore, che fa per coprire i suoi interessi, le sue fluttuazioni aziendali. E noi la mettiamo nel costo unitario al metro cubo, quindi garantiamo totalmente gli interessi di un'azienda. Il rischio di impresa non c'è più, è inglobato dentro un'assicurazione che viene, in qualche modo, presa per buona. Io, su questo tema, credo si debba, anche qui, andare nel dettaglio, vedere bene. A mio avviso, questo non è un costo reale della materia prima, ma è un costo che l'azienda sostiene per azzerare il suo rischio di impresa, che non può essere la voce di costo reale del gas della signora Maria a casa sua. E, guardate, che questo sulla maggior tutela del gas è un benchmark: hanno detto molti studiosi che il prezzo della maggior tutela del gas sarebbe un prezzo di un benchmark. Allora, mettiamo un elemento in più, perché non indicizziamo per il resto del periodo dell'emergenza al prezzo doganale e, se qualcuno non ci sta dentro, lo dimostra all'Autorità e l'Autorità ristora, come ha sempre fatto? Prima del 2013, l'Autorità cosa faceva per fare il prezzo? Prendeva tutti i contratti degli operatori che fornivano i clienti di maggior tutela e diceva: bene, facciamo la media per quanti clienti ognuno e per quale prezzo ognuno. Facevi la media ponderata e usciva un prezzo, chi stava sotto quel prezzo e chi stava sopra: chi stava sopra e spendeva di più veniva remunerato in compensazione. Semplicissimo. Da un certo punto in poi, l'Autorità ha scelto di non seguire più questo percorso. Fino a quando il TTF è stato un mercato molto più credibile rispetto a quello dell'ultimo anno, non si è vista questa differenza, oggi questa differenza è sistematica ed estremamente rilevante. Lo dico perché abbiamo davanti luglio, agosto e settembre, poi riparte la stagione del riscaldamento (ottobre, novembre e dicembre) e credo che, visti gli scenari energetici e i costi - Nord Stream 2 che oggi chiude, l'aumento ancora del prezzo del gas -, questa situazione non farà altro che andare ad aggravarsi.

Ci vuole veramente un'azione puntuale, precisa del Governo per andare a vedere dentro questi numeri. Non possiamo soltanto azzerare gli oneri di sistema, trimestre per trimestre, e non andare dentro a vedere perché gli altri Paesi pagano meno l'energia. Sapete che c'è un differenziale di prezzo pagato dalle imprese italiane, su cui si basa il regime dell'interconnector: abbiamo un interconnector, un sistema di incentivazione che prevede di dare il delta di prezzo rispetto al minor prezzo europeo. Tra Germania e Italia il delta di prezzo per le imprese è enorme. Perché non andiamo a vedere come mai il nostro sistema e il nostro indice di prezzo del PUN non rispondono in maniera più agile, più flessibile, come altre Borse europee stanno facendo?

Chiudo dicendo questo. C'è un documento della Commissione europea che adesso, ai primi di luglio, verrà aggiornato con il successivo trimestre del 2022. Pensate che, in quel documento, veniva detto che l'Italia ha il prezzo di importazione del gas più basso a livello europeo, in media. Con quella voce di prezzo siamo, invece, quelli che hanno il secondo prezzo più alto per il consumatore domestico. Allora, su questo tema credo veramente dobbiamo stare molto attenti, perché non si può andare avanti con le bende sugli occhi, con 300 euro in media a famiglia in più al mese per i costi energetici.

Se possiamo e dobbiamo mettervi mano lo dobbiamo fare senza scrupoli di andare a intaccare interessi aziendali, lo dobbiamo fare per il benessere dei cittadini e delle imprese che necessitano di un prezzo reale dell'energia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Masi. Non è presente in Aula, si intende che vi abbia rinunciato. È iscritta a parlare l'onorevole Flati. Ne ha facoltà. Dopo l'onorevole Flati faremo un'interruzione.

FRANCESCA FLATI (M5S). Grazie, Presidente. Oggi, ci troviamo in discussione generale per parlare del “decreto Aiuti”, un decreto molto importante, perché, come sappiamo, com'è stato detto e ripetuto anche in quest'Aula più volte, sui media e così via, contiene miliardi e miliardi di aiuti per imprese, famiglie e lavoratori, per affrontare la crisi che stiamo purtroppo vivendo proprio in questo periodo, dopo due anni di pandemia, quindi, due anni in cui già siamo stati attanagliati da molte difficoltà, sia sanitarie sia economiche, e purtroppo lo scenario geopolitico adesso sta ulteriormente aggravando il quadro e, quindi, ulteriormente creando delle difficoltà, anche di approvvigionamento delle materie prime.

È necessario, dunque, che il Governo intervenga, che le istituzioni e lo Stato si facciano sentire vicini e presenti nei confronti dei cittadini. Peraltro, si tratta di un decreto che abbiamo fortemente voluto e chiesto noi del MoVimento 5 Stelle. Molte delle misure che sono state inserite derivano proprio da richieste specifiche che sono state fatte da parte della mia forza politica, proprio per aiutare tutti i cittadini che in questo momento si trovano in difficoltà; di certo c'è da fare molto di più, questo decreto non è che una prima risposta, non è che un primo passo a questa ulteriore crisi che stiamo affrontando; non ci si può fermare qui, è chiaro che ci saranno altri interventi e altre misure anche nel prossimo futuro.

Noi abbiamo chiesto l'inserimento della redistribuzione degli extraprofitti che sono stati fatti da parte di alcune aziende e abbiamo chiesto l'inserimento di misure specifiche, che sono state raccontate anche dai colleghi che mi hanno preceduto, dal collega Gallo, dal collega Fraccaro e dal collega Crippa che hanno approfondito molto bene diversi interventi e diverse misure che sono presenti nel provvedimento. Io mi concentrerò, invece, su una misura in particolare, perché all'interno di questo provvedimento, Presidente, è stata inserita anche una materia che, in realtà, non c'entra assolutamente nulla con gli aiuti alle famiglie, con gli aiuti alle imprese e, quindi, con il nucleo principale di questo provvedimento; mi riferisco al fatto che sono stati inseriti dei poteri speciali per il commissario che, poi, ovviamente sarà il sindaco di Roma, per la gestione del tema dei rifiuti nella capitale d'Italia. Ora, come tutti sanno, il MoVimento 5 Stelle non è contro maggiori poteri per il sindaco di Roma, anzi, ci siamo battuti tantissimo anche nei mesi scorsi e negli anni scorsi per cercare di garantire a Roma un'agibilità diversa, perché oggi il sindaco di Roma si trova a dover lavorare con gli stessi poteri di un sindaco di un comune molto piccolo e questo è impossibile visto che parliamo della capitale d'Italia e parliamo anche di una città che conta, fra abitanti, residenti e pendolari, 4 milioni circa di persone, che gravitano intorno alla città di Roma. Tuttavia, i poteri che sono stati inseriti all'interno di questo decreto non riguardano maggiori fondi, accesso diretto ai fondi, possibilità di risolvere i problemi dei cittadini, ma riguardano semplicemente la possibilità di costruire un inceneritore, cosa che è stata dichiarata ed è stata così annunciata, con grande contentezza, da parte del sindaco di Roma, come se potesse essere la soluzione dei problemi della capitale d'Italia.

Questa proposta, questa richiesta, in realtà, è del tutto irricevibile; prima di tutto, abbiamo cercato di far presente la difficoltà in cui ci siamo trovati nel momento in cui bisognava andare a lavorare sul decreto in Consiglio dei Ministri e, infatti, i nostri Ministri non hanno partecipato al voto, proprio perché non si può inserire una norma che non c'entra nulla con la materia di cui si sta trattando all'interno dello stesso provvedimento e, soprattutto, lo ripeto, di un provvedimento che è stato fortemente voluto da noi e che ha avuto l'inserimento di una norma che, invece, per noi risulta davvero irricevibile. Oltretutto, parliamo di un inceneritore per la gestione del problema dei rifiuti, quindi, di una soluzione del tutto vecchia e anacronistica rispetto a quelle che si potrebbero attuare oggi e rispetto a quelle, soprattutto, che dovranno essere attuate nel futuro; stiamo parlando di una soluzione che non è più neanche attuale. Andiamo poi a vedere anche come si delinea e, quindi, davvero, a capire se può o meno risolvere il problema e io dico che, a fronte dei dati, a fronte delle analisi, il problema non si risolverà.

Peraltro, per renderlo un po' più digeribile, questo impianto, si parla spesso di termovalorizzatore, ma è la stessa Accademia della Crusca che dal 2008 ci dice che la parola “termovalorizzatore” non esiste, perché in realtà si chiama inceneritore. Poi, che ne derivi, ne possa derivare un po' di energia, parliamo comunque di un saldo molto negativo dell'energia, perché si tratta di poche decine di punti percentuali, il 18 o 20 per cento massimo; questo bisogna dirlo ai cittadini per evitare di dare informazioni sbagliate. Ribadisco che non è una soluzione attuale ai problemi dei rifiuti di Roma, che purtroppo esistono ed esistono a partire dal 2013 quando è stata chiusa la discarica più grande d'Europa, cioè Malagrotta, che è stata chiusa perché ci è valsa, purtroppo, anche un'infrazione europea e, quindi, doveva essere chiusa, però, da lì, occorreva una previsione, occorreva fare un piano dei rifiuti, affinché oggi non ci dovessimo trovare ancora in condizioni di difficoltà. Allora, perché dico che l'inceneritore non è la soluzione? Prima di tutto per una questione di tempi, perché la scusa per inserire questa misura all'interno del decreto è stata quella di dover risolvere il problema dei rifiuti entro il 2025, cioè entro l'anno giubilare, però, non possiamo dimenticare che per costruire un impianto di questo tipo, per avviare tutti gli iter autorizzativi affinché vengano poi date le autorizzazioni e fatti periodi di collaudo passano almeno sei o sette anni, quindi, per il 2025, di certo, l'impianto non sarà pronto e non sarà funzionante.

Allora, prima di tutto, questa è una simpatica presa in giro per i cittadini, perché gli si dice che entro il 2025 si risolveranno i problemi, quando peraltro i problemi esistono oggi, ma, in realtà, entro il 2025, non si risolverà comunque un bel niente. Poi c'è un problema di costi, perché si è parlato di 700 milioni di euro di costo per la costruzione di questo impianto. Ebbene, noi dobbiamo anche ricordare che in Italia, quando si parla di opere pubbliche, i costi lievitano e lievitano in maniera incontrollata, quindi, potremmo arrivare addirittura a un miliardo di euro di costo per costruire una cosa che non è né risolutiva né attuale. Peraltro, proprio perché in questo momento c'è difficoltà di reperimento delle materie prime, non è neanche detto che non ci siano ulteriori difficoltà nell'approvvigionamento delle materie prime stesse per la costruzione dell'inceneritore, con, poi, ovviamente, a cascata, tutto ciò che ne consegue.

Tuttavia, la cosa più grave e più importante riguarda proprio la salute dei cittadini, perché per quanto si voglia dire che gli inceneritori non creano problemi, che gli inceneritori nei chilometri intorno a dove esistono gli impianti possono essere sostenibili da un punto di vista della salute, in realtà i dati e gli studi ci dicono l'esatto contrario; esistono molti studi, anche autorevoli, come, per esempio, quello di Zero Waste Europe, che ci dicono come le persone, i cittadini e le famiglie che sono vicino agli inceneritori hanno purtroppo un'incidenza di tumori molto più grande rispetto a persone che non hanno questo tipo di impianti a fianco della loro abitazione. Quando dico a fianco, ovviamente, parlo di chilometri, non parlo di semplici metri, ma di decine di chilometri.

Peraltro, noi ci stiamo inserendo all'interno di un contesto in cui vediamo purtroppo benissimo, ogni giorno, i danni e gli effetti della crisi climatica e, quindi, noi andiamo ulteriormente a creare problemi all'ambiente; come è stato detto anche in quest'Aula, oggi stesso, l'ambiente comunque sopravvivrà ai problemi dell'uomo, ai problemi causati dall'uomo o ai problemi a cui invece l'uomo non riuscirà a sopravvivere, quindi, dobbiamo prenderci cura dell'ambiente e dobbiamo avviare un processo diverso di approccio e di gestione dei rifiuti.

Dobbiamo mettere in pratica quello di cui si sta parlando da tanti anni - noi ne parliamo da più di dieci anni -, cioè il riciclo, il riuso e il recupero, anche perché, vista la scarsità di materie prime, oggi recuperare la materia prima secondaria ci consente di portare avanti l'economia e uno stile di vita a cui ormai siamo abituati, altrimenti, avremo veramente molte difficoltà a reperire le materie che ci servono nella vita quotidiana.

Quando si parla di inceneritori, si fa sempre il grande esempio dell'inceneritore di Copenaghen, che ha la pista da sci sopra l'impianto. Tuttavia, non è l'unico inceneritore presente in Europa (sicuramente, è quello più nominato); tutti in Europa stanno tornando indietro. Settimane fa, proprio mentre stavamo discutendo sull'inserimento o meno di questa norma all'interno del provvedimento, prima che arrivasse in Consiglio dei Ministri, il Ministro dell'Ambiente della Danimarca ha espressamente detto che in quel Paese stanno tornando indietro, perché si sono resi conto che l'inceneritore non sta funzionando come dovrebbe, in quanto le persone si sono disabituate a fare la differenziata e sono state, invece, incentivate a gettare tutto così come capita; soprattutto, sono state incentivate a produrre rifiuti. Questo sta creando problemi al Paese che, invece, ha bisogno di immettere rifiuti anche dalle altre parti di Europa. Ricordiamo, infatti, dato che forse non tutti lo sanno, che gli inceneritori funzionano solo se sono costantemente alimentati di rifiuti. Certamente, non possiamo permettere che Roma diventi la pattumiera d'Italia, oltretutto considerando quanto costi in termini di CO2 e di energia il trasporto dei rifiuti da una parte all'altra.

In sede parlamentare, abbiamo lavorato su un emendamento, per cercare di dirimere questa problematica, di andare incontro al Governo e di risolvere il problema di una norma che, secondo noi, non poteva essere considerata valida.

Abbiamo cercato di dare il nostro contributo in maniera molto aperta, senza grandi stravolgimenti, ma imponendo richieste ben precise, ben specifiche e anche molto di buonsenso, cioè il richiamo a normative europee e nazionali che già esistono. Non ce le siamo inventate noi nel momento in cui abbiamo costruito, scritto ed elaborato l'emendamento, ma già esistono e noi abbiamo solamente fatto riferimento a quelle.

Dobbiamo ricordare, proprio in merito alle normative europee, che l'inceneritore è inserito tra i gradini più bassi della scala gerarchica del ciclo dei rifiuti: peggiore dell'inceneritore è solo la discarica. Anche qui, forse non tutti sanno che, comunque, a valle dell'inceneritore, c'è bisogno di una discarica. Noi stiamo creando un problema di salute, senza risolvere effettivamente il problema dei rifiuti.

Abbiamo fatto un altro richiamo importante che, anche in questo caso, non abbiamo inventato noi da zero. Abbiamo fatto un richiamo al Piano rifiuti della regione Lazio, che finalmente è stato varato ed approvato nel 2020, dopo diversi anni di attesa. Si sarebbe dovuta trovare una quadra, una soluzione a quella che per Roma, purtroppo, per troppo tempo, è stata un'emergenza. Il Piano regionale dei rifiuti ci dice che, nella regione Lazio, non servono altri inceneritori, perché si può chiudere il ciclo dei rifiuti con la configurazione ad oggi esistente. Bisogna fare altri tipi di impianti, ma non gli inceneritori. Infatti, lo stesso sindaco Gualtieri in campagna elettorale ha detto che gli inceneritori non servivano, che l'inceneritore per Roma non serviva. I cittadini lo hanno votato sulla base di affermazioni che poi non sono state mantenute. Cosa devono pensare i cittadini nel momento in cui si promette loro qualcosa in campagna elettorale e poi, una volta che si diventa sindaci, si cambia completamente idea? Su una cosa così importante oltretutto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Presidente, abbiamo presentato questo emendamento e abbiamo cercato di lavorarci con la massima collaborazione, ma da parte del Governo abbiamo ricevuto un fermo “no” e una totale chiusura, tanto che è arrivato un parere contrario, senza alcun tipo di possibilità di dialogo. Ci siamo trovati di fronte un vero muro e non ce lo saremmo mai aspettato, proprio perché abbiamo costruito un emendamento con la volontà non di creare chissà quale problema o dissapore, ma semplicemente di richiamare norme che già esistono.

Quello che davvero serve a Roma – come emerge da tutto ciò che ho detto, ma basta andarsi a studiare un po' i documenti - non è l'inceneritore, ma è investire nella raccolta differenziata, che, oggi, è al 44 per cento e può e deve migliorare ancora, anche perché ci sono obiettivi europei da raggiungere, che si attestano intorno al 60-70 per cento.

Qualcuno, spesso, recrimina e ci chiede, perché, nei cinque anni precedenti, con una giunta MoVimento 5 Stelle, non siamo riusciti ad aumentare e a migliorare la performance della raccolta differenziata. Intanto, questo non è del tutto vero, perché in alcune zone di Roma si è fatto un grandissimo salto di qualità. Prima di tutto, dobbiamo ricordare che la giunta Raggi è stata l'unica che, in più di dieci anni, si è accorta che i bilanci in AMA erano falsi e che c'erano 250 milioni di euro di buco, di debito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Questo ha impedito di fare investimenti, ha impedito di spingere sulla raccolta differenziata, perché quest'ultima richiede molto più personale, molte più macchine, molte più vetture. Non si può fare una raccolta differenziata senza soldi e con un buco di bilancio di AMA da 250 milioni di euro! Qualcuno ha anche avuto l'ardire a volte di rispondere, di fronte a questa critica: non ce se ne poteva accorgere prima? I sindaci precedenti non si potevano accorgere che dal 2003 fino al 2016 i bilanci di AMA erano falsi? Questa è una cosa gravissima! La giunta Raggi, quella degli incompetenti, non solo ha scoperto che c'era questo debito, ma ha anche trovato le risorse per elaborare un piano industriale di AMA che potesse finalmente risolvere il problema, tanto che ha lasciato all'attuale amministrazione 340 milioni di euro di piano industriale di AMA, a cui si aggiungono ulteriori 100 milioni che sono stati trovati e che potrebbero essere investiti sempre all'interno del piano industriale di AMA.

C'è un anche altro tema: questa richiesta dell' inceneritore, come dicevo, non considera i tempi. Il problema dei rifiuti è oggi e va risolto in questo momento, in queste ore e i cittadini hanno effettivamente bisogno di risposte. Chiunque abiti a Roma e, magari, viva non solo il centro, ma anche le altre zone della città (si tratta di un territorio vastissimo), si rende conto delle reali difficoltà che stanno affrontando i cittadini e della necessità di trovare soluzioni oggi, non fra cinque anni e neanche solo per il Giubileo. Non si può ricorrere ad una soluzione che non solo non rientrerà nei tempi, ma oltretutto è già vecchia, perché, quando entrerà in funzione, sarà molto più che superata.

Ricordiamo anche un'altra cosa: il problema dei rifiuti a Roma, purtroppo, non è solo un problema tal quale, ma ci sono dietro evidentemente interessi molto forti. Ricordo che, nel 2018, ad aggravare la situazione dei rifiuti, che, in quel momento, non era neanche così particolarmente preoccupante, è stato un incendio nell'impianto di trattamento meccanico-biologico del salario; poi è toccato a quello di Rocca Cencia. Di qualche giorno fa, è l'incendio all'impianto di Malagrotta, con tutto ciò che ne consegue. Abbiamo visto, proprio nei giorni scorsi, un'ordinanza da parte del Sindaco, secondo la quale chi abitava vicino a quell'impianto non poteva tenere le finestre aperte e anzi ha dovuto chiudersi in casa, con le finestre chiuse e con una temperatura incredibile fuori. Immagino i poveri cittadini cosa hanno dovuto patire in quei giorni e tutto, perché non siamo in grado di risolvere veramente il problema a favore dei cittadini, ma dobbiamo sempre trovare soluzioni che poi dimostrano di non funzionare.

Ho sentito dire in quest'Aula oggi stesso, ma anche in Commissione, che finalmente questo inceneritore risolverà il problema dei rifiuti. Per tutto quello che ho detto, effettivamente, questo inceneritore non risolverà un bel niente! Stiamo solo prendendo in giro i cittadini e bisognerebbe smetterla di proporre slogan.

Bisognerebbe cominciare a pensare alle soluzioni concrete che risolvono veramente i problemi delle persone che sono qui fuori, che sono fuori dal Palazzo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Per tutte queste ragioni che ho cercato di elencare, noi continuiamo a considerare quella norma sulla possibilità di costruire l'inceneritore a Roma veramente inaccettabile e, detto questo, verificheremo poi anche insieme agli altri colleghi. Ci sarà la possibilità di raccontare anche le altre misure, che sono tante, inserite in questo decreto. Io ho preferito concentrarmi su questa, che per noi è veramente incredibile e irricevibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sospendiamo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 13,45.

La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 13,45.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 106, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 3614-A.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 3614-A​)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente. Oggi, in aula, continuiamo l'esame del “decreto Aiuti”, che prevede ben 20 miliardi di euro a sostegno di famiglie e imprese, ma che i nostri Ministri, con grande dolore, sono stati costretti a non votare in Consiglio dei Ministri; questo è avvenuto a causa dell'articolo 13, inserito contro il parere di una delle principali forze di maggioranza, l'articolo che permette al sindaco di Roma di costruire un nuovo inceneritore.

Presidente, ai cittadini e alle cittadine va detta la verità; non vanno rassicurati, senza certezze: l'inceneritore rappresenta una minaccia per la loro salute e per l'ambiente e, da professore di chimica, mi permetta di dire che nulla si crea e nulla si distrugge, l'inceneritore trasforma i rifiuti in qualcos'altro, in ceneri che rimangono nella camera di combustione - il 20 per cento -, in ceneri fini - il 3 per cento - ed emette tutta una serie di sostanze, ma neppure le conosciamo, tutte le sostanze che emette, perché la combustione è un processo molto complesso. Tra queste sostanze, vi sono sicuramente le diossine, che sono sostanze tossiche; inoltre, non va dimenticato che l'inceneritore emette una tonnellata di anidride carbonica per tonnellata di rifiuti bruciati, che è un gas climalterante. Presidente, ma perché usare una tecnologia potenzialmente pericolosa, quando vi potrebbero essere soluzioni migliori? Ha senso spendere i soldi dei cittadini, perché è una minaccia per la salute? Sempre per dire la verità, usiamo la parola inceneritore e non il termine di greenwashing, termovalorizzatore; questo impianto produce ceneri, per cui è un inceneritore, punto. Questo è il discorso; non serve a nulla tranquillizzare, non serve a nulla dire “andrà tutto bene”, quando non si hanno certezze. L'unica certezza che, invece, abbiamo è che per il Giubileo, ossia tra solo tre anni, questo impianto non sarà assolutamente terminato. È assurdo tutto questo, perché ricordiamo che l'articolo 13 è stato introdotto proprio per risolvere l'emergenza rifiuti per il Giubileo; questo, lo diciamo molto chiaramente, non avverrà.

Ho ascoltato argomentazioni sensate, persino dai colleghi di Forza Italia o dal collega Mollicone; quest'ultimo diceva, giustamente, di fare attenzione, poiché non chiuderà il ciclo dei rifiuti.

Presidente, io non vorrei fare un discorso sulle competenze, perché quando i politici dicono “non è mia competenza”, ai cittadini non fa molto piacere, ma lo dobbiamo fare; il piano rifiuti è proprio di competenza regionale e, come si immagina, questo piano è basato su studi tecnico-scientifici. Tale piano, approvato nel 2020, quindi due anni fa, non prevedeva la costruzione di nuovi inceneritori nel Lazio. Un sindaco non può, di norma, autonomamente decidere di costruire un inceneritore; tuttavia, dopo l'annuncio mediatico da parte del sindaco Gualtieri riguardo la costruzione dell'inceneritore, il Governo gli è venuto in soccorso, introducendo un articolo che gli permette di superare il piano regionale rifiuti; questo, Presidente, per noi è inaccettabile; noi non siamo il MoVimento del “no”, siamo il MoVimento che fa le cose e si prende le sue responsabilità per aiutare i cittadini. Siamo d'accordo che il sindaco di Roma debba avere poteri speciali, questo non lo discutiamo; siamo consapevoli dell'emergenza rifiuti, che, però, lo ricordiamo bene, è iniziata dopo la chiusura, sacrosanta, della discarica a Malagrotta; e siamo consapevoli che nessun sindaco, con gli strumenti a disposizione, riesce a fronteggiare tale emergenza; però, non siamo d'accordo che si debba costruire di nuovo un maxi-inceneritore, non termovalorizzatore: si tratta di un impianto concettualmente di vecchissima generazione. L'emergenza rifiuti c'è, la vediamo tutti, magari sarà sparita dalle prime pagine dei giornali, ma c'è, immutata come prima, il disagio dei cittadini c'è, e lo capisco pienamente, ma, va detto molto chiaramente: questo impianto i problemi non solo non li risolverà a breve, ma, addirittura, li potrebbe peggiorare. Qualcuno mi dice: va bene, ci sono tanti inceneritori in Europa. Questi impianti però sono stati progettati quando, purtroppo, non c'era la consapevolezza dei danni all'ambiente e del loro contributo al cambiamento climatico. Si stanno proponendo soluzioni già vecchie venti anni fa per tentare di risolvere - fra dieci anni, quando, forse, questo impianto entrerà in funzione - i problemi dei prossimi trenta, che sono ben diversi. Qui stiamo parlando di costruire un maxi-impianto - maxi perché gli inceneritori a recupero energetico, per essere economicamente sostenibili, possono essere soltanto grandi - che brucerà 600 mila tonnellate annue di rifiuti. Sorgerà all'estrema periferia di Roma, vicino alla città di Pomezia, una città, mi permetta di ricordare, amministrata dal MoVimento 5 Stelle, che ha portato la raccolta differenziata, in pochi anni, al 70 per cento. Il sindaco di Pomezia, Adriano Zuccalà, ha detto che, se davvero l'inceneritore non causasse problemi all'ambiente e alla salute, allora si potrebbe costruire davanti al Colosseo. Questa ovviamente è una provocazione, ma illustra bene le criticità reali; la zona che sarebbe stata prescelta, quella di Santa Palomba, ha già una viabilità veramente problematica. L'inceneritore interesserebbe una vasta area densamente abitata: penso al comune di Pomezia, alla frazione di Pavona, alla zona dei Castelli, alla Laurentina, a Trigoria, al Divino Amore. Già solo il processo di costruzione di questo impianto avrà un impatto significativo sulla salute e sulla qualità di vita di tantissime persone, ma l'inceneritore rappresenta un errore anche culturale. I rifiuti contengono materiali preziosi che non possono essere bruciati via. L'Unione europea ci impone, comunque, di portare la raccolta differenziata almeno al 65 per cento e Roma si pone adesso tra il 42 e il 47 per cento. La strategia che ci consiglia fortemente l'Unione europea non è certo quella di bruciare tutto, come novelli Nerone. Mi consenta, Presidente, io vengo da Anzio, che è la città natale di Nerone, quindi, sappiamo bene che a Nerone bruciare tutto non è che abbia portato proprio fortuna. L'Europa ci dice che dobbiamo ridurre i rifiuti, riusare, riciclare, e, mi permetta, tra l'altro, era proprio il programma elettorale del candidato sindaco Gualtieri, il quale escludeva, pochi mesi fa, di costruire inceneritori o termovalorizzatori che dir si voglia. Poi l'Unione europea ha detto che, eventualmente, per ultimo, nell'ambito della strategia, si possono anche usare inceneritori e discariche. Ma pensiamo davvero che la plastica dei rifiuti urbani, che per il 95 per cento è costituita da imballaggi, non si possa ridurre? Davvero pensiamo che non siamo in grado di fare questo? Tra l'altro, più aumenta la raccolta differenziata, meno l'inceneritore diventa conveniente. La plastica, infatti, è il componente più energetico, quando si bruciano i rifiuti; un inceneritore con recupero energetico, come vorrebbe costruire il sindaco Gualtieri, si troverebbe privo delle cose che bruciano meglio, ma, se togliamo la plastica o la carta, che sono le frazioni che meglio si riciclano, è chiaro che questo inceneritore diventa sempre meno economicamente sostenibile e lo diventerà ancora meno, perché gli inceneritori verranno tolti dal mercato dell'ETS (Emission trading system), secondo l'Unione Europea. Questa è la raccomandazione. Per cui verranno tassati per l'anidride carbonica che producono. L'inceneritore di Copenaghen, quello con la pista da sci sopra (mi dica lei qual è il senso di costruire una pista da sci lì, se non per motivi di propaganda), quello che di verde ha soltanto la plastica che ricopre la pista da sci, secondo la BBC, nel 2025, per funzionare sarà costretto a importare il 50 per cento dei rifiuti dall'estero. Questo semplicemente perché non c'è abbastanza spazzatura con potere energetico adeguato in Danimarca. Guarda caso, la stessa cosa è successa nei Paesi Bassi per quanto riguarda l'inceneritore Reststoffen Energie Centrale, il loro più nuovo. Inizialmente, voleva bruciare soltanto i rifiuti della regione della Frisia, ma poi, alla fine, per funzionare, è stato costretto ad attrarre spazzatura da tutta la Nazione. A Roma, anzi non a Roma, perché lo volete fare a Pomezia, accadrà la stessa cosa.

Dovremo andare a prendere i rifiuti da tutto il Paese per farlo funzionare perché - chiariamolo bene ai cittadini - nell'inceneritore mica ci bruci quello che vuoi tu! Ma è questo quello che vogliamo per la periferia della nostra Capitale? Ci rendiamo conto che l'inceneritore, oltre il 20 per cento di ceneri e il 3 per cento di ceneri volanti, emette nell'atmosfera - ogni tonnellata di rifiuto bruciato genera una tonnellata di anidride carbonica - lo ripetiamo di nuovo, 600 mila tonnellate di gas climalteranti ogni anno? Li vediamo i problemi che creano i gas serra nel nostro pianeta? Non vediamo questo caldo anomalo persino qui? Non vediamo la siccità o i ghiacciai che si sciolgono? Questa estate stiamo soffrendo tutti, ma le dico che, forse, questa sarà una delle più fresche nei prossimi anni, una di quelle meno calde. Quello che ci aspetta è peggio. Allora, che cosa stiamo facendo per questo pianeta? Che diciamo ai ragazzi di Fridays for Future? Che diciamo a Greta? Che continuiamo a bruciare, come se nulla fosse. Capisco il disagio dei romani nel vedere i rifiuti per terra, ma mi permetto di dire e di ribadire che non è cambiato assolutamente nulla rispetto alle difficoltà che ha dovuto affrontare la sindaca Raggi perché il problema è oggettivo. L'inceneritore non è la soluzione, soprattutto dal punto di vista culturale. Pensi, Presidente, le faccio soltanto un esempio: nel mese di maggio di quest'anno la produzione di rifiuti è aumentata di ben 6 mila tonnellate rispetto al mese di maggio dell'anno scorso e di ben 2 mila tonnellate persino rispetto al periodo pre pandemia, nel 2019. Questo è l'effetto dell'inceneritore. Si dice: bruceremo tutto e, allora, nessuno farà più la raccolta differenziata. E' un potentissimo disincentivo. Pensi che la Danimarca, che viene sempre vista come un Paese leader nella gestione dei rifiuti, il Paese che brucia più rifiuti di tutti: 400 chilogrammi di rifiuti per abitante all'anno, ma, guarda caso, è anche il Paese che ne produce di più, 900 chilogrammi all'anno. Il secondo Paese, in entrambe le classifiche, è il Lussemburgo. L'Italia, di contro, brucia 100 chilogrammi di rifiuti per abitante all'anno e ne produce 500, questo perché gli inceneritori sono avidi di rifiuti: più si usano, più si stimola la produzione di rifiuti e, se non bastano, si vanno a cercare altrove. Anzi si è costretti ad andare a cercarli altrove. Qualcuno a questo punto mi dirà: a Roma c'eravate voi! Che avete fatto voi del Movimento?

Innanzitutto, nel 2018, abbiamo portato la nuova raccolta differenziata nel VI e nel X municipio. In tutto, parliamo di mezzo milione di abitanti, come una grande città italiana. I municipi di Roma sono immensi, in questi municipi la raccolta differenziata raggiungeva il 70 per cento; quindi, anche a Roma, in realtà, si può fare, benché non sia semplicissimo, perché, ogni municipio, all'interno ha tanti quartieri, ha una conformazione urbanistica diversa e necessita di una tipologia di raccolta diversa. C'era un cronoprogramma per implementare i tre ulteriori municipi e questo avrebbe consentito di portare a Roma tra il 60 e 70 per cento della differenziata. Poi è successo che, nel 2018, l'impianto del TMB Salario, l'impianto di trattamento meccanico biologico, è andato a fuoco e ancora non ne conosciamo le cause. Tre mesi dopo anche l'impianto di Rocca Cencia stava andando a fuoco, ma quello, fortunatamente, grazie all'intervento del personale di vigilanza, si è riuscito a fermare e, a quel punto si è dovuto chiamare il personale che faceva la differenziata per pulire la città. L'impianto, TMB Salario, trattava un quarto dei rifiuti di Roma. Adesso il sindaco Gualtieri si trova nella stessa situazione con l'incendio accaduto a Malagrotta, d'accordo? Purtroppo, questi incendi mettono veramente in crisi. Non voglio speculare su questa situazione, do tutta la mia solidarietà rispetto a quello che è successo, però aumentare la differenziata si può fare e ancor di più oggi che, dopo il risanamento di AMA, è stato possibile assume 409 addetti dopo che, pensi Presidente, nessun ingresso in ruolo era avvenuto dal 2009 ad oggi. Il MoVimento 5 Stelle si è opposto a qualcosa che era contro la salute dei cittadini, contro l'ambiente. Però, l'emendamento che ha presentato a prima firma la collega Flati è stato bocciato da tutte le forze politiche.

Io però, a questo punto, certo, questa cosa non è bella, ma mi permetto di lanciare un appello al sindaco Gualtieri. L'articolo approvato, l'articolo 13, permette di costruire nuovi impianti e siamo tutti d'accordo che i nuovi impianti servano, soprattutto servono quelli che tolgono la frazione organica dalle strade, che è quella che poi crea più disagio. Tuttavia, non è che quell'articolo obbliga il sindaco a costruire proprio un inceneritore, ci sono altre soluzioni, le abbiamo viste. Per esempio, si può pensare alla tecnologia dell'ossicombustione senza fiamma. È una tecnologia sviluppata nell'impianto di Gioia del Colle, qua in Italia, ed è considerata dall'Unione europea BAT: best available technology. È stata anche oggetto di protezione del Governo italiano con una procedura di golden share. Si tratta di qualcosa di prezioso e di interessante, sviluppato qui, nel nostro Paese. Valorizziamola, se è possibile. È una tecnologia che, agendo in presenza di ossigeno a pressione, pietrifica i rifiuti producendo un solido inerte, piuttosto che ceneri, che poi, presto o tardi, andranno in contatto con l'acqua e rilasceranno i metalli pesanti in esse contenute. Inoltre, questa tecnologia produce anche un'anidride carbonica che è particolarmente pura e che, eventualmente, potrebbe essere riutilizzata: pensiamo agli estintori, alle serre, alla produzione di ghiaccio secco. Ma, per quanto possa sembrare assurdo con la crisi climatica che abbiamo, l'anidride carbonica per uso industriale noi la produciamo, essenzialmente noi la estraiamo dai pozzi e incrementiamo l'effetto serra. Ovviamente questa è una tecnologia da valutare, faccio semplicemente un esempio perché noi le proposte le facciamo, ma ci sono anche altre tecnologie innovative. Meglio valutare questo, piuttosto che sposare per i prossimi cinquant'anni, dopo una conferenza stampa, una tecnologia, quella degli inceneritori, che già adesso è vecchia.

L'appello al Sindaco Gualtieri, ribadisco, è quello di valutare, perché è vero che ci sono tanti inceneritori in Europa, ma se dobbiamo necessariamente aumentare la raccolta differenziata, potremmo scoprire che gli inceneritori che già abbiamo non solo sono sufficienti, e non serve far spendere centinaia di milioni di euro ai cittadini per costruirne un altro inutile, ma addirittura gli inceneritori che già abbiamo sono troppi. E allora è errata, forse, l'idea di costruire, oggi, un nuovo inceneritore, un impianto che entrerà in funzione forse nel 2030, visto che, Presidente, l'inceneritore di Copenaghen, diciamolo chiaramente, lo hanno fatto in 5 anni e chissà quanto di più ci vorrà in Italia con tutte le autorizzazioni, chissà quanto di più ci vorrà con la crisi dei materiali che deriva dalla guerra in Ucraina. Quindi, entriamo nell'incognito. Ma lei, Presidente, ritiene che si possa far prima? Molto probabilmente no.

Quando, Presidente, vedo che c'è un rappresentante del Governo, mi permetto anche di rivolgergli un appello, per suo tramite. Noi siamo una forza politica responsabile, ma se si vuole stare insieme allora bisogna rispettarsi e quello che è successo in questo caso non è stato un rispetto reciproco. D'accordo? Di fronte a dei danni più che probabili a salute e ambiente, noi non possiamo tacere. Siamo entrati in un Governo, che non è quello dei nostri sogni, per realizzare tutti insieme la transizione ecologica, ma non certo per realizzare un maxi inceneritore. Il nostro pianeta non lo abbiamo ereditato dai nostri genitori, l'abbiamo preso in prestito dai nostri figli e glielo dovremmo restituire meglio di prima. L'articolo 13 di questo decreto non lo possiamo approvare e bocciare il nostro emendamento, che avrebbe sicuramente migliorato il decreto, ha causato una ferita profonda. Nonostante questo, noi non smetteremo mai di credere che il mondo e anche questo Palazzo possano essere dei posti migliori.

Quando si tratta di migliorare le misure, per esempio quella del reddito di cittadinanza, sbloccare il Superbonus e finalmente discutere di salario minimo, noi ci siamo.

E per confermare che noi siamo una forza politica che lavora per i cittadini, mi permetta di parlare brevemente anche di un altro emendamento. Infatti, Presidente, è stato approvato un emendamento che ha migliorato il decreto, a firma mia e della collega Anna Laura Orrico, che ha permesso di destinare 10 milioni alle sale cinematografiche italiane. I cinema sono reduci da un periodo veramente difficile. Il credito d'imposta previsto dalla legge, infatti, verrà innalzato al 60 per cento a favore delle piccole e medie imprese dell'esercizio cinematografico, in particolare la detrazione fiscale varrà per la realizzazione di nuove sale, il ripristino di quelle chiuse e l'adeguamento tecnologico delle stesse. I cinema sono un presidio culturale e sociale importante per il Paese, soprattutto quelli piccoli che operano spesso in contesti lontani dai grandi centri, nelle periferie. Sono, come direbbe Gramsci, un servizio essenziale intellettuale. Le sale italiane hanno sofferto la crisi dovuta all'emergenza sanitaria in maniera più intensa rispetto ad altre categorie dell'industria culturale. Inoltre, in Commissione è stato approvato un finanziamento di 10 milioni di euro riservato all'attività di promozione delle sale cinematografiche, volto a incentivare e sostenere il ritorno del pubblico nei cinema italiani. Siamo i primi ad essere consapevoli che non è tanto, che non è tutto quello che hanno perso, anzi è una piccola parte, che i problemi sono grandissimi per gli esercenti, ma intanto almeno questo è un risultato importante. Ecco, Presidente, quando si tratta di dare il nostro contributo per iniziative meritorie di questo tipo, noi ci siamo. E quando si tratterà di aiutare i cittadini, noi ci saremo sempre. Quando si tratta di mettere a rischio salute e ambiente, noi assolutamente ci opporremo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lovecchio. Ne ha facoltà.

GIORGIO LOVECCHIO (M5S). Grazie, Presidente. In questo momento stiamo discutendo del “decreto Aiuti”, un decreto che va nella direzione dell'aiuto alle imprese e alle famiglie in difficoltà. Si è parlato di bonus di 200 euro per le famiglie, per far fronte all'aumento di costi energetici. Però, in realtà, dobbiamo vedere un po' qual è il problema. Noi stiamo lavorando su un “decreto Aiuti” che sarà sicuramente non l'unico, ma uno dei tanti che dovranno essere adottati, perché stiamo mettendo solo una toppa al problema che stiamo affrontando. Si è parlato anche di dare un tetto massimo al costo del gas, io direi di dare anche un tetto massimo al costo dei carburanti. Guardando, ad esempio, al 2008, noi abbiamo avuto una crisi energetica - ci fu la guerra in Libia - e il costo del barile a 180 dollari, ma avevamo un costo alla colonnina pari a 1,56 per la benzina verde, 1,41 per il gasolio, mentre il metano era addirittura a 0,40 centesimi di euro al chilo. Avevamo le stesse accise, non avevamo accise diverse. Poi, con l'inizio della guerra, abbiamo visto un aumento dei costi del carburante e non eravamo ancora intervenuti sul costo delle accise, ma il costo dei carburanti era sempre a 2 euro al litro. Oggi abbiamo un costo del barile a 125 dollari, ma abbiamo la benzina verde a 2,07, il gasolio a 2,02 e il metano a 2,22. Abbiamo ridotto il costo delle accise, abbiamo ridotto il costo dell'IVA sul metano, ma non è bastato perché comunque il costo continua a crescere.

Tutto questo trova una sola definizione, che non è “guerra in Ucraina”, bensì “speculazione da parte di aziende petrolifere nei confronti del popolo italiano”. Non è possibile pensare che stiamo riducendo il costo delle accise sui carburanti e, comunque sia, al popolo italiano poco arriva. Per chi viaggia, il costo del metano per autotrazione lo troviamo in alcuni distributori a 1,13 euro, in altri a 2,60, in altri a 2,40. Una spiegazione logica non c'è. Allora, il Governo deve intervenire seriamente e, oltre che con la riduzione del costo del carburante e delle accise, deve intervenire su quelle aziende che in questo momento stanno facendo una speculazione enorme, che va a ricadere su tutte le imprese e tutti i cittadini, che non possono fare altro che acquistare a quel prezzo e che non hanno alcuno strumento per potersi tutelare. Il bonus che è stato previsto di 200 euro è pari a zero, se andiamo a considerare il costo dei carburanti e il costo delle materie, per quanto è aumentato. Ecco perché, come dicevo, sarà uno dei tanti provvedimenti che dobbiamo mettere in campo, per far fronte alla situazione e dare un aiuto concreto a quelle aziende, che stanno veramente in difficoltà con il costo energetico che sta aumentando. Andando sul concreto, ci sono aziende, come un normale bar, che prima pagavano 400 euro al mese per l'energia elettrica e adesso si trovano a pagare 1.200-1.300 euro, se non addirittura 1.500. È quadruplicato il costo energetico, quindi non possono farvi fronte. E su chi ricade questo? Ricade sui cittadini, perché naturalmente dovrà essere aumentato tutto: tutto aumenterà, mentre i salari restano sempre gli stessi.

Nel “decreto Aiuti” si è parlato anche di superbonus, una misura molto criticata da questo Governo, perché è una misura che nasce nel Governo “Conte 2”, per far sì che ci fosse un rilancio dell'economia, cosa che abbiamo realmente visto. A questo Governo non piaceva, perché c'erano delle truffe, c'era qualcuno che aveva truffato. Invece di combattere i truffatori che si sono arricchiti con questa misura, si sono andate a colpire tutte quelle imprese che hanno agito seguendo le regole imposte da questo Governo e dallo Stato. Non si può pensare di giocare una partita e in corso d'opera cambiare le regole, perché altrimenti diventa una partita che nessuno vincerà, ma che vinceranno sempre gli stessi. Dobbiamo combattere le truffe sul superbonus, sì, ma non dobbiamo bloccare tutto quel tessuto produttivo e di quelle aziende che stanno lavorando, anche perché, anche in questo caso, chi ne pagherà le conseguenze sono i cittadini che hanno incominciato dei lavori nei loro condomini, nei loro appartamenti, nelle loro ville, nei caseggiati. Si sono affidati, credendo in una legge dello Stato, e adesso si trovano con i lavori bloccati, perché le aziende non hanno disponibilità economica per potere andare avanti, ma non per colpa delle aziende, ma per colpa di questo Governo che cambia in continuazione le regole del gioco. Dobbiamo combattere i truffatori, non le aziende.

Poi, in questo decreto si è parlato di reddito di cittadinanza. Negli ultimi mesi è ormai diventato un mantra andare contro il reddito di cittadinanza. Ebbene, non c'è stata mai un'informazione, da parte degli organi di stampa, per spiegare a tutte quelle imprese che non trovavano personale che, se avessero alzato il telefono e chiamato un centro per l'impiego con una richiesta di personale, forse, i centri per l'impiego avrebbero attuato quei canali di ricerca nei percettori di reddito e, forse, a quest'ora molti percettori di reddito avrebbero perso il reddito di cittadinanza, perché avrebbero avuto quella seconda offerta di lavoro - che non è mai arrivata. Quindi, lo avrebbero perso (Applausi del deputato Zolezzi) e, viceversa, non erano coinvolti in questa ricerca. Allora, invece di fare un'informazione sana sul reddito di cittadinanza, si è cercato sempre di demonizzare il reddito di cittadinanza.

Adesso, nel “decreto Aiuti”, è stato approvato un emendamento che dà la possibilità alle imprese di segnalare ai centri per l'impiego, se il lavoratore rifiuta a una loro offerta congrua; se l'offerta congrua non è stata accettata dal lavoratore anche la seconda volta, il lavoratore perde il reddito. Bene! E perché non lo hanno fatto prima, di cercare manodopera tramite i centri per l'impiego? Perché alle regioni è stato dato un miliardo di euro per la riorganizzazione dei centri per l'impiego, cosa che non hanno mai fatto? Regioni di destra, di sinistra, di tutti i colori, non hanno mai fatto una vera riforma dei centri per l'impiego. Li hanno sempre tenuti in quella maniera, che non funziona. Sappiamo benissimo che i centri per l'impiego non funzionano, ma le regioni hanno avuto soldi per poter riorganizzare i centri per l'impiego!

Non si è cercata una soluzione per far sì che il reddito andasse effettivamente alle persone che ne hanno bisogno, alle persone inabili al lavoro o che non riescono a trovare un lavoro o che non hanno mai ricevuto un'offerta di lavoro. Non si è cercato di fare una pubblicità, per spiegare alle aziende che, per la ricerca del personale, la richiesta va fatta ai centri per l'impiego e non con una contrattazione diretta, perché non c'è un report che documenti che al percettore del reddito di cittadinanza sia arrivata un'offerta di lavoro e che lo stesso l'abbia rifiutata. Dobbiamo stare attenti, invece che demonizzare una misura, che, comunque, come abbiamo visto, in epoca di pandemia, ha tenuto saldo il tessuto sociale, che era ormai allo sbando, perché le imprese erano costrette a chiudere. Ci sono aziende che hanno chiuso per colpa del COVID e il reddito si è insinuato in quella fascia di persone che si sono trovate in difficoltà e che sono riuscite ad avere un reddito per poter portare avanti la famiglia e dare da mangiare qualcosa ai loro figli.

In conclusione, ora più che mai, visto e considerato che ci sono lavoratori che non hanno diritto al reddito di cittadinanza, ma che sono costretti a lavorare con paghe orarie da 2-3 euro ora - ogni giorno escono di questi casi -, lo Stato e il Governo devono impegnarsi insieme a noi, a portare avanti il salario minimo garantito, perché solo così, garantendo un salario minimo a tutti i lavoratori, possiamo pian piano dire addio alla povertà e dare un reddito congruo a tutte quelle persone che, quando per necessità sono costrette a lavorare, non percepiscono quanto dovuto e quanto gli spetta.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie Presidente. Questo decreto è decisamente importante. Io parlerò dei commi relativi a due articoli, che credo siano collegati.

Con riferimento all'articolo 14, parlerò degli incentivi per l'elettrificazione dei mezzi pesanti, il concetto di retrofit. Con una proposta emendativa, di cui ho avuto l'onore di essere il primo firmatario con la collega Grippa, siamo riusciti a estendere a tempo indeterminato la possibilità di eseguire il retrofit dei mezzi pesanti sopra le 3,5 tonnellate, quindi per far passare all'elettrico anche i mezzi pesanti. Questo si integra con il decreto ministeriale n. 461 del 2021, che stanzia 50 milioni di euro per l'elettrificazione delle flotte aziendali. Questa possibilità normativa anche per mezzi pesanti e commerciali può realizzare un doppio incentivo.

Tutto questo porterà a un bonus di un massimo di 24.000 euro per i mezzi sopra le 7 tonnellate e per 50 milioni totali. Peraltro, il bonus non è solo per cambiare i mezzi aziendali e i mezzi commerciali privati, ma anche per acquistare i dispositivi idonei ad eseguire il retrofit e la riconversione stessa degli autoveicoli per il trasporto merci a motorizzazione termica in veicoli a trazione elettrica.

In sostanza, queste categorie N2 e N3, finalmente, possono investire, perché il provvedimento esisteva, a titolo sperimentale, fino alla fine del 2022, però, chiaramente, parlando di cifre importanti, pochi avevano iniziato questo percorso. È chiaro che, poi, andrà valutato il ciclo vita dei mezzi pesanti elettrici, le dimensioni delle batterie, però, soprattutto per la logistica dell'ultimo miglio, questo può essere un provvedimento molto importante. Se potenzieremo, raddoppieremo le ferrovie in molte zone d'Italia dove è necessario, se riusciremo a passare le merci su ferro, con questo provvedimento, per l'ultimo miglio, si potranno utilizzare camion elettrificati, con un riutilizzo possibile delle batterie, riduzione delle emissioni, ma, soprattutto, riutilizzo dell'acciaio e delle altre materie con cui si fanno i mezzi pesanti. Con questa carenza di materie, è importante recuperare, anche in termini di mancata produzione di rifiuti.

In Italia, abbiamo decine di migliaia di veicoli piccoli, medi e grandi, anche commerciali, radiati in maniera non adeguata, che, spesso, finiscono all'estero; finiscono all'estero i veicoli e, quindi, le materie che l'Italia, poi, deve reimportare per costruire altri veicoli.

Questo articolo, si collega, secondo me, all'articolo 13 di cui voglio parlare. Inizio a parlare di inceneritori, ricordando che, con l'articolo 27 del decreto-legge n. 36 del 2022, recante misure di attuazione del PNRR, è stato istituito il Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici, con l'integrazione dei dati sulla salute, l'approccio “One health” che, in qualche modo, è stato anche imposto dall'Europa.

Attuazione del PNRR: i fondi del PNRR non prevedono di finanziare nuovi inceneritori. La stessa Unione europea include gli inceneritori nella tassonomia negativa, non si possono finanziare e saranno conteggiati, dal 2026, nel sistema ETS delle emissioni. Per cui, dobbiamo chiederci se siamo europeisti, se vogliamo ancora investire nell'incenerimento dei rifiuti. E, poi, quanti sono questi inceneritori? Si parla sempre di 37, in realtà sono 37 per i soli rifiuti urbani; 80 per i rifiuti urbani e speciali da attività produttive; sono 300 gli impianti che bruciano rifiuti nell'ambito di attività produttive con il coincenerimento (cementifici, cartiere e quant'altro). In Italia, abbiamo oltre 400 inceneritori - sono diminuiti dal 2018, da quando il MoVimento 5 Stelle ha tolto gli incentivi all'incenerimento -, e abbiamo almeno 2 milioni di tonnellate di capacità residua (quindi, abbiamo inceneritori in eccesso), e, considerando il massimo carico termico, almeno 3 milioni.

L'emendamento è stato già descritto: volevamo dare, sì, questi poteri aggiuntivi al sindaco di Roma, ma nel perimetro del Piano regionale rifiuti. Addirittura, questo emendamento, che il MoVimento 5 Stelle ha votato favorevolmente, ha visto l'uscita dalla Commissione al momento del voto di alcuni gruppi politici e credo che sia stato molto grave, perché bisogna assumersi un po' la responsabilità di quello che si fa. È stata indicata come zona di costruzione di questo eventuale inceneritore - non è stata smentita dal sindaco di Roma - la zona di Santa Palomba, una zona di eccellenza, conosciuta in tutto il mondo per le eccellenze agroalimentari, vicino ad Ariccia: ci sono eccellenze, produzioni suinicole, produzioni di uova, la base delle ricette più quotate di tutto il Lazio, la pasta all'amatriciana, la carbonara, la porchetta. Praticamente, si troverebbero invendibili i prodotti della zona del cuore agroalimentare del Lazio a causa delle diossine, delle sostanze perfluoroalchiliche emesse dall'inceneritore. Zero Waste Europe, per 6 chilometri, ha trovato uova e prodotti alimentari contaminati per l'83 per cento oltre la soglia di assunzione settimanale anche a Kaunas, dove l'inceneritore di ultima generazione è partito a fine 2019.

Quindi Roma si priverebbe delle sue eccellenze, perché i prodotti diverrebbero sporchi ed invendibili. Per cosa? Per avere una cosa che è sostituibile con molto altro. Ricordiamo che l'85 per cento dell'inquinamento da incenerimento di rifiuti viene assunto dall'uomo tramite il cibo, non tramite l'aria, e questa Agenzia a cui ho fatto riferimento di protezione della salute porterà ulteriori dati.

Stanno aumentando i dati sui danni derivanti dalla gestione rifiuti: adesso anche molti procuratori stanno lavorando a un report, che credo uscirà prima del mese di agosto, e forse, almeno, si avranno dati da più fonti. Perché non deve essere un comitato, ma, se la scienza ti dice che rischi di mangiare cose che ti fanno venire il cancro, forse si riesce a capire che non bisogna bruciare i rifiuti, ma bisogna fare altro.

Poi, appunto, la zona in cui dovrebbe sorgere l'inceneritore è una zona di campagna, una zona agricola di eccellenza. Voglio ricordare che una delle teorie sul nome “Montecitorio” è quella che sostiene che questo luogo si chiamasse Mons Acceptorius storicamente. Mons Acceptorius sembra fosse una vera e propria discarica: si veniva qui, si inalavano i vapori dei rifiuti organici, gli acidi solfidrici; si veniva ispirati, si parlava, si pronunziavano orazioni e quant'altro. Allora, se questa era una discarica, facciamolo da queste parti l'inceneritore, se proprio dobbiamo (Applausi della deputata Cunial). Ma, forse, c'era qualcosa che non andava, perché, se lo facciamo da queste parti, le dobbiamo respirare noi le emissioni dell'inceneritore, devono respirarle i nostri figli. Io ai miei figli le emissioni dell'inceneritore non voglio farle respirare; il nostro Presidente ha detto “io ai miei figli non voglio far respirare le emissioni dell'inceneritore”. Quello che non vogliamo fare ai nostri figli, forse non dobbiamo farlo neanche in altre zone, che sono di periferia, ma sono abitate da migliaia di persone e c'è, comunque, una filiera: se il cibo viene inquinato lì, poi viene mangiato da altre parti.

Ricordiamoci che la richiesta di rifiuti, e di gestire male i rifiuti, in Italia, è fatta troppo spesso, ancora, dalle mafie. Roma è la capitale d'Italia: il 25 per cento dei rifiuti è legato al turismo e il turismo è cresciuto del 19 per cento durante il mandato di Virginia Raggi, perché Roma è diventata più attrattiva. Un cittadino italiano, se è patriota, dovrebbe riconoscere l'eccellenza della capitale italiana nel mondo e non scandalizzarsi per gestioni di prossimità dei rifiuti, ma, magari, non nel territorio della capitale. Ricordo anch'io i bilanci di Roma: dal 2003 bilanci al limite dell'illecito, vi sono ancora aperte indagini in merito. La sindaca ha scoperto comunque alcune truffe, ha risolto e ha azzerato debiti occulti e impostato un piano economico e industriale da 350 milioni di euro, con oltre 400 assunzioni, che sono già fatte, e se ne possono fare altre, perché bisogna raccogliere i rifiuti in maniera differenziata, sennò non se ne esce.

Alle 2 di notte, io sono stato svegliato dai camion dei pompieri che stavano intervenendo, in zona Termini ed Esquilino, perché erano stati messi a fuoco vari cassonetti. La raccolta dei rifiuti non può essere stradale, non ce lo possiamo più permettere, deve essere porta a porta, si riducono del 30 per cento i rifiuti e residui. Le famose 900 mila tonnellate residue della raccolta differenziata, solo con la raccolta porta a porta, sarebbero ridotte a 270 mila tonnellate. Ricordo che la raccolta porta a porta, a regime, nelle regioni dove è stata fatta, nelle città, riduce del 20,3 per cento il costo di gestione, non lo aumenta. È chiaro che, inizialmente, bisogna assumere, costruire e dotarsi degli impianti di raccolta, ma, poi, a regime, ti fa risparmiare, perché recuperi meglio le varie frazioni.

Virginia Raggi ha superato il 70 per cento di raccolta differenziata nei municipi in cui ha impostato la raccolta porta a porta; poi c'è stato un incendio, mafioso, dell'impianto TMB del Salario, che ha bloccato tutto e obbligato a spostare il personale, ma non dobbiamo temere di parlare di mafia. Ricordo che la raccolta stradale è un rischio per la salute. Vi sono decine di migliaia di cinghiali, alcuni affetti da peste suina: questa può circolare di più se ci sono i bidoni per strada, perché diventano un punto noto dove un cinghiale trova cibo. Con la raccolta stradale si rischiano epidemie, con la temperatura che raggiunge i 40 gradi centigradi, si rischia il colera. Bisogna togliere questi bidoni dalla strada: noi ci abbiamo provato, poi c'è stato questo attacco, però si era iniziato e, adesso, con i bilanci, si può fare.

Ricordo che c'è la tariffa puntuale, ARERA la sta impostando su tutto il territorio nazionale. Si ridurrebbero i rifiuti di altre 90 mila tonnellate - dove è stata applicata è stato così -, 10 per cento di rifiuto residuo in meno; 90 mila tonnellate in meno del rifiuto residuo. Ci sono 2 impianti di gestione dell'organico autorizzati e finanziati dalla Raggi, a Cesano e Casal Selce: sono 160 mila tonnellate di organico, che è la frazione più critica.

Ricordo poi che, oltre i grandi impianti di compostaggio industriale, si possono mettere impianti di gestione dell'organico nei parchi, con compostiere elettromeccaniche per gestire gli sfalci e le potature e qualche utenza con convenzione, per spiegare anche ai bambini che cos'è il compostaggio, che l'organico non è un rifiuto, però è la frazione che crea problemi. Invece, cosa succede nei parchi di Roma? Dopo che sono stati finanziati e riqualificati decine di parchi di Roma, adesso c'è l'incarico a Roma Capitale: faccio l'esempio di piazza Vittorio Emanuele, una delle piazze più grandi di Roma. Cosa è successo? Con il parere dell'assessore all'ambiente, Alfonsi, si è occupata mezza piazza, da pochi giorni, con un bar e con i tavolini, invece che mettere la gestione dei rifiuti. Lì, in quella piazza riqualificata, dove, finalmente, dopo decine di anni, si poteva giocare, i bambini potevano giocare e andare in bicicletta, l'assessore Alfonsi ha dato il parere favorevole a riempire tutto con centinaia di tavolini e ciò, appunto, in piazza Vittorio, che è riconoscibile, era un luogo del cuore, un luogo dove le persone potevano andare, anche chi, magari, non ha i soldi, parliamoci chiaro, per andare a bere al bar. Adesso la piazza, così grande, è piena di tavolini, di cui non c'era bisogno, perché c'era già un bar convenzionato. Questo è l'assessore Alfonsi; l'assessore Alfonsi deve essere l'assessore all'ambiente, l'ambiente è casa nostra, se uno mette i tavolini in mezzo alla piazza e non fa giocare i bambini non pensa al futuro! Più che a casa nostra, forse è l'assessore a Cosa nostra ,e questo lo voglio dire chiaramente (Applausi della deputata Cunial).

Ci sono, poi, altri provvedimenti da mettere in campo, c'è il vuoto a rendere, ci sono i sistemi che il collega Penna sta cercando di trattare, c'è la campagna “A buon rendere”; si passa dal 47 al 94 per cento di raccolta degli imballaggi, con il vuoto a rendere; questo va fatto. Poi, mettendo insieme queste cose, la raccolta porta a porta, la tariffa puntuale e l'intercettazione dell'organico, si arriva, al massimo, a 400 mila tonnellate di residuo da gestire negli impianti di trattamento; una volta trattati si arriva a 240 mila tonnellate di residuo, meno di quello che oggi viene trattato dall'inceneritore di San Vittore, perché, do una notizia a quest'Aula, a San Vittore c'è già l'inceneritore di Roma, lo comunico anche al sindaco Gualtieri che, se vuole, può andare a inaugurarlo, dato che pare non sappia che esiste. Questo impianto ha trattato 330 mila tonnellate negli ultimi anni, ricorrendo anche al massimo carico termico, perché non recupera energia in maniera significativa, oltre gli indici di legge; si tratta dell'impianto di San Vittore, di Caltagirone, altra persona che nessuno nomina, da queste parti. Oltre alle 330 mila tonnellate che brucia ogni anno, ha una linea autorizzata ulteriore, per altre 200 mila, anche modulabili, e anche di più tonnellate di rifiuti l'anno. Anche San Vittore deve, gradualmente, essere spento, perché i cittadini hanno il diritto alla riduzione di questa quota di diossina e di schifezze che subiscono. La linea ulteriore non va attivata, il suolo di San Vittore è saturo di diossine, che, comunque non vengono dosate con attenzione, mi risulta che le cerchino a mezzo metro di profondità, quando, in realtà, si devono cercare nei primi centimetri.

Roma, se avesse questo mega-inceneritore da 600 mila tonnellate, più la linea di San Vittore, diventerebbe la capitale dei rifiuti, con circa un milione di tonnellate di rifiuti bruciati. Questo decreto, appunto, dice che consente, ma, appunto, il fatto che consenta ci indica che non è assolutamente un obbligo; non si è obbligati a diventare schiavi di diktat lobbistici o, forse, peggio, anche mafiosi. L'inceneritore non si farà perché, i tempi per costruirlo, ben oltre il Giubileo, contando anche il costo e l'approvvigionamento delle materie prime per realizzarlo, sono lievitati all'infinito.

Una cosa che ha fatto la giunta Raggi, ricordo l'assessore Lemmetti, è cercare le utenze fantasma; ne ha scovate 20 mila, prima della pandemia. Queste utenze fantasma erano 20 mila botteghe, 20 mila botteghe sotto Tari, erano oltre 20 milioni che non venivano versati, ogni anno, di Tari, con bidoni che spesso vengono riempiti all'improvviso da negozi e attività commerciali non censiti; poi, il povero cittadino che arriva lì con il suo sacchettino di immondizia trova il bidone occupato e, quindi, lo deve lasciare fuori, creando appunto i disagi e le molestie che ben conosciamo. Questa evasione di Tari va ulteriormente indagata; bisogna cercare nuovamente le utenze che sono state cercate prima della pandemia ma, poi, è stato difficile capire quali attività fossero in corso e quali no.

L'Italia, sotto i Governi del MoVimento 5 Stelle, ha chiuso un grande inceneritore, da 600 mila tonnellate. Si sono bruciate 9,9 milioni di tonnellate nel 2017 e 9,3 milioni di tonnellate nel 2020, secondo i rapporti dell'ISPRA, quindi, 600 mila tonnellate in meno. Con il Ministro Costa, sono state intraprese strategie semplici e antimafia: quattro decreti ministeriali end of waste, di prodotti assorbenti, pannolini, carta e fresato di asfalto. La raccolta differenziata è salita, in tutta Italia, dal 55 al 63 per cento e sta salendo ancora. Il riciclo è ai vertici dell'Unione europea, perciò, bisogna cercare di andare su questa strada. Treviso, che ha 30 chilogrammi di rifiuto residuo a persona, sta andando pian piano verso i 10; si arriverà, tra pochi anni, prima che venga costruito questo eventuale inceneritore, a 600 mila tonnellate di residuo in tutta Italia, il che vuol dire un solo inceneritore, non ne servono 37 e neanche 400. Mi risulta che anche il Ministro Cingolani stia lavorando ad altri decreti ministeriali end of waste, a ottimizzare quello su prodotti assorbenti, costruzioni e rifiuti da costruzione e demolizione.

Ricordiamoci, poi, il discorso delle emissioni di gas serra: 600, 700 grammi di CO2 per chilowatt prodotto bruciando i rifiuti. Il mix energetico italiano e quello europeo sono intorno ai 250 grammi di anidride carbonica per chilowatt, quindi, bruciando rifiuti, peggiora nettamente l'effetto serra.

Ho già detto che gli inceneritori saranno inseriti nel sistema ETS nel 2026. L'Unione europea ci dice di spegnere gli inceneritori. Quello che è successo ieri con la Marmolada, che tragicamente ha visto un crollo importante su decine di persone, ci dice che dobbiamo comunque ridurre le emissioni di gas serra verso obiettivi importanti, non verso il paragone che vedo fare a Roma: “sì, perché metto di più, perché adesso (…)” e via dicendo. Non devo pensare a questo, devo pensare a cosa posso fare a livello ottimale, pensando che i romani si sono messi le mascherine quando ce n'è stato bisogno e faranno la raccolta differenziata; non c'è nessun problema antropologico. In Sicilia hanno aumentato la raccolta differenziata e gli italiani sono un popolo che tutela l'ambiente; tutti saranno disposti a farla, se chiaramente ci sono spiegazioni chiare, se c'è un'impiantistica chiara. Perché, sennò, davvero, c'è da pensare che queste aziende mafiose che vengono fuori ogni tanto siano davvero quelle che muovono alle spalle, che stanno ancora nei subappalti e che fanno fare queste scelte.

Fare politica, oggi, è semplicissimo: dobbiamo scegliere se esistere ancora come specie o se bruciare a 45 gradi, senza energia per i condizionatori, che con il superbonus abbiamo iniziato a garantire; dobbiamo proseguire in Italia e in Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Alemanno. Ne ha facoltà.

MARIA SOAVE ALEMANNO (M5S). Presidente, colleghe e colleghi, membri del Governo, il decreto-legge n. 50 del 2022, cosiddetto “decreto Aiuti”, nasce per sostenere le lavoratrici e i lavoratori, le imprese e le famiglie alle prese con i pesanti effetti della crisi o, meglio, delle crisi che, una dopo l'altra, hanno minato l'intensità della ripresa economica. Continuano ad essere necessari interventi tempestivi ed efficaci e il MoVimento 5 Stelle non ha mai smesso di dare il suo apporto alla loro messa a punto.

Il decreto all'esame di quest'Aula interviene in materia di energia con importanti misure, tra cui il bonus sociale elettricità e gas e una riduzione delle spese sulle bollette per tutti gli utenti domestici e non domestici in condizioni economicamente svantaggiate; a questo si aggiunge l'incremento dei crediti d'imposta in favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e di gas naturale.

Riguardo, invece, alle politiche sociali, il provvedimento prevede diversi interventi, che comprendono indennità una tantum per i lavoratori dipendenti, i pensionati, i percettori di NASpI e DIS-COLL, i beneficiari dell'indennità di disoccupazione agricola, i lavoratori stagionali a tempo determinato e intermittenti, i lavoratori iscritti al Fondo pensione, i lavoratori dello spettacolo, i lavoratori autonomi privi di partita IVA, gli incaricati alle vendite a domicilio e i nuclei di beneficiari del reddito di cittadinanza, ma anche bonus per il sostegno alle famiglie per la fruizione di servizi di trasporto pubblico. Ci sono anche misure diversificate per il sostegno della liquidità delle imprese danneggiate dalla guerra in Ucraina, con contributi e fondi per il sostegno, il potenziamento e l'attrazione degli investimenti esteri.

Si tratta di un decreto corposo, dunque, dal valore di oltre 16 miliardi di euro che costituisce un'occasione importante per dare risposte concrete agli italiani e alle italiane in questo complicatissimo scenario.

Non posso, però, non cogliere alcune contraddizioni che si sono evidenziate nel corso dei lavori in Commissione. Mi riferisco, in particolare, alle norme che riguardano il reddito di cittadinanza, che senza dubbio avrebbero necessitato di un'analisi più approfondita e basata sui dati. Proverò, qui, in estrema sintesi, a ricostruire il lavoro che, come MoVimento 5 Stelle, abbiamo provato a portare avanti, perché trovasse applicazione anche nel “decreto Aiuti”.

Non serve, o forse sì, a questo punto, ribadire in quest'Aula quale sia stato il contributo fornito dal reddito di cittadinanza negli oltre due anni che abbiamo alle spalle. Se abbiamo impedito che nuove sacche di povertà assoluta si generassero nel nostro Paese lo dobbiamo a questa nostra misura.

Quando entrò in vigore, nel 2019, pochissimo tempo prima che l'Italia e il mondo fossero profondamente sconvolti dalla pandemia, il reddito di cittadinanza costituiva una novità assoluta e nessuno ha avuto la presunzione di pensare che uno strumento di tale portata fosse perfetto fin dal principio; era chiaro a tutti che una misura così complessa avesse bisogno di un tempo di attenta osservazione per fare emergere punti di forza ed eventuali margini di miglioramento.

Dei punti di forza abbiamo già detto. Senza il reddito di cittadinanza, la pandemia, la crisi energetica e poi la guerra avrebbero generato nel nostro Paese conseguenze sociali devastanti. Eppure, chi attacca ferocemente questa misura nei talk show, sui social media e dalle pagine dei giornali sembra ignorare questo dato, spesso focalizzando l'attenzione soltanto sulla difficoltà di collocazione dei percettori nel mondo del lavoro.

Ma affrontiamo in modo concreto il tema e partiamo dai dati. Complessivamente, il reddito di cittadinanza ha rappresentato un'ancora di salvezza per 1,8 milioni di famiglie, arrivando a coinvolgere oltre 3,8 milioni di persone. Il 46 per cento degli occupabili risulta occupato ma con impieghi i cui guadagni sono sotto la soglia della povertà assoluta e il reddito di cittadinanza per costoro è dunque uno strumento che aiuta a raggiungere la soglia della sussistenza; il 26 per cento è costituito da minorenni, il 5 per cento da anziani e il 3 per cento da persone con disabilità, tutti non occupabili.

Soltanto un terzo dei beneficiari è quindi abile al lavoro e, di questi, il 39,9 per cento ha dichiarato di essere stato contattato dai centri per l'impiego. Quali sono, a questo punto, i motivi per cui molte proposte sono state rifiutate? Impiego troppo distante dal luogo di residenza, impiego non attinente alle proprie competenze o titolo di studio, retribuzione troppo bassa.

Attualmente, la domanda e l'offerta di lavoro si incrociano attraverso la piattaforma MyANPAL a cura dei centri per l'impiego. Quindi, chi offre lavoro si deve registrare sul portale, inserire le professionalità ricercate e attendere che il centro per l'impiego elabori la richiesta incrociandola con la banca dati creata dai navigator, i quali hanno profilato ovvero intervistato e censito i percettori di reddito di cittadinanza, specificandone capacità e propensioni.

Di rimando, il centro per l'impiego fornisce al richiedente forza lavoro le personalità che corrispondono ai requisiti richiesti. A questo punto, si procede con il vero e proprio colloquio di lavoro, che si può concludere con la firma del contratto o il diniego di una delle due parti. Il procedimento che ho appena descritto sembrerebbe lineare ma ci sono giunte infinite segnalazioni che lamentano un'eccessiva burocrazia nella registrazione delle imprese, nessun riscontro al matching tra domanda e offerta e, di conseguenza, nessuna segnalazione di accoglimento o diniego dell'offerta da parte dei percettori.

In questo contesto si inserisce la proposta che, come MoVimento 5 Stelle, abbiamo presentato in sede di esame del “decreto Aiuti”. L'idea è quella di trasferire la gestione dell'offerta di lavoro ai percettori di reddito di cittadinanza sulla piattaforma che è già in uso presso i centri per l'impiego, dove transitano tutte le offerte di lavoro, creando però una sezione specifica dedicata ai soli percettori e destinando invece l'attuale piattaforma denominata MyANPAL ad eventuali altri servizi.

L'approvazione del nostro emendamento avrebbe reso la procedura più snella per tutti, sia per le imprese che offrono lavoro sia per i centri per l'impiego che, ricordiamo, denunciano costantemente una forte carenza di organico.

Su questo punto, peraltro, confidiamo che le regioni utilizzino al meglio e in tempi rapidi le ingenti risorse messe in campo dalla legge di bilancio 2022 per le assunzioni nei centri per l'impiego di tutta Italia.

Il Governo ha certificato i ritardi nell'attuazione del piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego inserito nella legge istitutiva del reddito di cittadinanza, che si sarebbe dovuto concludere entro il 2021, e le regioni, che hanno la competenza della gestione dei centri, hanno finora assunto circa un quarto del totale dei nuovi operatori.

Il nostro emendamento ha proprio l'intento di mantenere centrale il ruolo dei centri per l'impiego come garanti del processo di incontro tra domanda e offerta. Ricordo poi che, in caso di diniego di un posto di lavoro da parte di un percettore, i centri per l'impiego devono avviare le conseguenti segnalazioni che comportano, dapprima, un décalage dell'importo corrisposto e poi, al secondo rifiuto, la cessazione dell'erogazione del reddito di cittadinanza.

In questo decreto-legge la nostra proposta non ha trovato accoglimento ma continueremo a tenere aperto il confronto col Governo e tutti i soggetti coinvolti.

Cogliamo, infatti, al riguardo, come dicevo poc'anzi, una forte contraddizione con l'approvazione di un emendamento che invece va in direzione contraria e determina la perdita del contributo anche in caso di mancata accettazione di un'offerta di lavoro proveniente da un privato. È evidente che i rapporti di forza in queste relazioni rischiano di essere sproporzionati: chi stabilisce la congruità, convenienza o affidabilità dell'offerta, senza che ci sia un soggetto pubblico a fare da garante della correttezza del processo? Non è certo questo il modo di potenziare e migliorare il reddito di cittadinanza. In un mondo in rapida evoluzione, come quello attuale, dobbiamo accompagnare il cambiamento proteggendo i più fragili, riqualificando chi perde o non trova lavoro e garantendo condizioni dignitose a lavoratrici e lavoratori, anche con l'introduzione del salario minimo.

Presidente, come legislatori abbiamo il sacrosanto dovere, oggi e non domani, di essere al fianco dei nostri ragazzi e ragazze che devono entrare nel mercato del lavoro con pieni diritti e dignità, anche perché sulle loro spalle si reggerà poi il sistema produttivo del nostro Paese. D'altra parte, non dobbiamo dimenticare che ci sono tanti padri e tante madri di famiglia che, anche dopo tanti anni di sacrificio, si sono improvvisamente trovati esclusi dal mercato del lavoro e dobbiamo essere consapevoli che la rivoluzione tecnologica in corso continuerà a determinare il declino di alcune filiere produttive e sicuramente la nascita di nuove filiere. È proprio davanti a questa sfida che lo Stato deve mostrare di esserci e di funzionare. Aiutare chi perde il lavoro, fornirgli nuove competenze e formazione per trovare al più presto un'altra occupazione, fare in modo che questa occupazione sia duratura e non vada ad alimentare le file dei cosiddetti working poors: è questa la transizione giusta che dobbiamo mettere in campo e, al centro di questo processo, non può che esserci lo Stato, nel pieno rispetto della libertà di impresa e dell'articolo 41 della Costituzione. Le istituzioni tutte, a partire da quella che rappresentiamo in quest'Aula, non possono e non devono sottrarsi a questo dovere di accompagnare il cambiamento, tutelare i più vulnerabili e rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono lo sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica e sociale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3614-A​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il Governo rinunciano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Gelmini, Aprea; Invidia; Bucalo, Frassinetti; Toccafondi; Colmellere, Toccalini, Caparvi; Soverini, Di Giorgi, Piccoli Nardelli, Rossi, Prestipino, Lattanzio, Nitti, Orfini, Ciampi, Carnevali: Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 544​-2387​-2692​-2868​-2946​-3014-B​) (ore 14,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato, nn. 544-2387-2692-2868-2946-3014-B: Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 29 giugno 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 29 giugno 2022).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 544-B​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire, in sostituzione del relatore, la presidente della Commissione cultura, onorevole Casa.

VITTORIA CASA, Presidente della VII Commissione. Grazie, Presidente. Oggi è una data importante per questa riforma che possiamo definire epocale, perché finalmente si mette mano al sistema di istruzione tecnologica. Questa proposta di legge di iniziativa parlamentare è già stata esitata dalla Camera in prima lettura, poi è passata al Senato, dove sono state apportate importanti modifiche, e adesso ritorna alla Camera. Con questa legge dobbiamo recuperare un gap molto importante che si è creato nella formazione terziaria dei nostri giovani. Sicuramente, con questo strumento, e anche con un investimento importante previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, questo gap sarà assolutamente colmato. Esprimo tutta la mia profonda soddisfazione anche come presidente della Commissione cultura della Camera, atteso anche che in questo momento sostituisco l'onorevole Toccafondi che è stato relatore in prima lettura di questo provvedimento. Sicuramente ci saranno tempo e modo per valutare e verificare l'impatto che sulle nuove generazioni questa profonda riforma avrà. Quindi, esprimo la nostra totale soddisfazione per questo testo che è stato sempre approvato all'unanimità e che ha visto il concorso di tutte le forze politiche. È una bella pagina di lavoro che la Commissione cultura ha svolto e ringrazio tutti per il contributo apportato.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente. È iscritto a parlare il collega Mariani. Ne ha facoltà.

FELICE MARIANI (LEGA). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, membri del Governo, il testo che arriva oggi in quest'Aula è stato costruito al Senato di comune accordo con la VII Commissione di questa Camera. Insieme, abbiamo voluto arricchire la riforma con una serie di suggerimenti provenienti dal mondo associativo, non soltanto da Confindustria ma anche dal mondo sindacale, dalle regioni e quant'altro. Obiettivo di questo intervento è consentire a una percentuale molto alta di ragazzi e ragazze che, provenendo dagli istituti professionali, scelgono di iscriversi all'università di avere un attracco definitivo su materie che possano valorizzarli e siano effettivamente in grado di offrire loro una professionalità richiesta dal mercato del lavoro. Il nuovo testo ha rafforzato una cabina di regia centrale, senza devitalizzare - tutt'altro - il ruolo delle regioni, ha confermato la relazione, ma in disparità, tra ITS e università, mantenendo quindi un asse di collegamento ma due orientamenti di studio decisamente diversi, e ha sfoltito i decreti attuativi che questa Camera aveva previsto. L'altro criterio, l'ultimo, è stato evitare la proliferazione di ITS, oggi che il PNRR prevede circa un miliardo e mezzo di fondi da destinare alla valorizzazione di questo mondo. Apprezziamo che sia stato previsto un welfare per gli studenti meritevoli che si trovino in condizione di bisogno, a cominciare dalle borse di studio per gli studenti e dall'obbligo di tirocini e di stage all'estero naturalmente retribuiti all'interno della normativa esistente, e che siano state introdotte norme per la parità di genere; un altro punto riguarda infatti la disparità assoluta di presenze negli ITS esistenti. Si è aumentata fino al 35 per cento la possibilità di tenere tirocini e abbiamo reso ancora più stretto il rapporto tra pubblico e privato. Sono state inoltre inserite erogazioni liberali, sotto forma di credito d'imposta del 30 per cento, per le imprese che investono negli ITS. Tale percentuale viene raddoppiata, e sale al 60 per cento, per le imprese che operano in zone d'Italia con un livello di disoccupazione particolarmente elevato. Infine, è stato previsto un fondo premiale che riguarda non solo il numero dei diplomati ma anche la capacità di tali diplomati di trovare lavoro negli ambiti relativi alle materie che hanno studiato. Gli ITS, quindi, costituiscono il segmento di formazione terziaria non universitaria che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione e rappresentano un'opportunità di assoluto rilievo nel panorama formativo italiano, in quanto espressione di una strategia nuova, fondata sulla connessione delle politiche di istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali, con l'obiettivo di sostenere gli interventi destinati ai settori produttivi, con particolare riferimento ai fabbisogni di innovazione e di trasformazione tecnologica delle piccole e medie imprese. È chiaro, quindi, che i corsi degli ITS sono costruiti attraverso una progettazione condivisa e partecipata da tutti i soggetti interessati e, particolare non di poco conto, sono cofinanziati dal Programma operativo regionale e dal Fondo sociale europeo. Dunque, possiamo dirci ancora più soddisfatti di questo testo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente. Presidente della VII Commissione, colleghi, torna da noi, in questo ramo del Parlamento, la riforma degli istituti tecnici superiori, in terza lettura, dopo il “via libera” del Senato.

Abbiamo, più volte, ribadito l'importanza di questa legge, che rafforza il canale terziario professionalizzante non accademico, quindi dà agli studenti non vogliono iscriversi all'università la possibilità di avere un percorso di studi molto qualificato, a orientamento tecnico, ma non solo. Fratelli d'Italia ha votato, già nel precedente passaggio, a favore di questo provvedimento, pur apportando, con la proposta di legge sull'alto artigianato, una parte significativa a questa legge.

Il nostro voto favorevole è fondato sul fatto che c'è bisogno, come in altre Nazioni europee, di sviluppare questo percorso di formazione superiore, in Italia molto sconosciuto, soprattutto in alcuni territori; purtroppo, vi è un divario tra le regioni del Nord quelle e quelle del Sud, che si spera di colmare con questa riforma. È sicuramente un quadro complesso; abbiamo cercato di contemperare le esigenze delle regioni, che sono importantissime per quanto riguarda la formazione sul territorio, le esigenze delle imprese, che devono essere lo sbocco naturale e più prossimo degli studenti dopo questo percorso di istruzione superiore e anche le università, che hanno un ruolo di coordinamento sicuramente non secondario in questo procedimento.

I dati delle Nazioni vicine a noi sono molto buoni: la Germania ha 900 mila studenti, la Francia 240 mila; quindi, anche noi dobbiamo assolutamente mettere a regime questo sistema che, paradossalmente, molte volte è stato ignorato laddove la disoccupazione giovanile si è mostrata più grave, e questo indirizzo verso il basso sicuramente non ha comprensione.

L'emergenza esiste, se pensiamo che, in Italia, solo il 28 per cento dei giovani di età inferiore ai 34 anni possiede una laurea, magistrale o triennale, quindi un titolo di studio di terzo livello, contro una media europea del 44 per cento. Vi è, inoltre, un calo di iscritti, anche provenienti dagli altri atenei e un tasso di abbandono scolastico del 14 per cento delle scuole superiori e, addirittura, del 40 per cento delle immatricolazioni, un tasso di abbandono che ci preoccupa. Pertanto, non si può che vedere con soddisfazione e ottimismo questo altro percorso di studio, così particolare, che ci apprestiamo a ristrutturare, perché già esisteva, un po' in ombra, spesso confuso con gli istituti tecnici, che sono scuole secondarie superiori, e non di terziario; questo per fare un esempio di come tale percorso di studi terziario fosse stato un po' troppo sconosciuto fino a oggi.

C'è da fare un lavoro di coordinamento per queste accademie ITS, che sono che sono importanti; sul punto c'è un cospicuo intervento del PNRR, che assegna un considerevole importo (un miliardo e mezzo); quindi, ora si tratta di far fruttare queste risorse, affinché non vengano erogate a pioggia, ma siano il motore, o, meglio, la benzina per mettere a regime soprattutto gli istituti superiori, laddove sono indietro, laddove non sono riusciti a costruire un collante virtuoso con le imprese e laddove il territorio intorno a loro è completamente desertificato da un punto di vista della formazione. La politica deve vigilare anche e soprattutto sui molti fondi destinati allo scopo.

Come dicevo, esiste questo compito, di verificare l'armonia tra i tanti attori che interagiscono. Noi abbiamo svolto anche audizioni con la Conferenza Stato-regioni, nel corso delle quali sono emerse problematiche che proprio le regioni ci hanno sottoposto.

Quindi, questo collegamento con il territorio - lo ribadiamo - è molto importante, come lo è l'interazione con le imprese, che dovranno poi essere lo sbocco finale per l'occupazione. Infatti, quando l'ITS è veramente ben strutturato, è anche propedeutico alle attività territoriali che danno sicuramente molte opportunità lavorative.

Prima facevo accenno alla differenziazione dell'offerta formativa e alla proposta di legge di Fratelli d'Italia, su cui voglio soffermarmi, per valorizzare, anche in questa sede, il made in Italy che per noi è molto importante e deve essere oggetto di materia di studio per i nostri giovani. Quindi, l'inserimento nei percorsi ITS dell'alto artigianato artistico non può che essere un ampliamento dell'offerta formativa. Siamo molto orgogliosi di questa proposta, perché riteniamo che questo settore sia una grande risorsa che può contribuire, in maniera determinante, al rilancio dell'Italia a livello internazionale. Inoltre, sono sempre più richieste queste figure professionali specialistiche, queste eccellenze, competenti in settori tecnici che sono proprio quelli dell'alto artigianato artistico.

Con questo obiettivo, vogliamo anche rivitalizzare figure storiche, come i librai antichi, i vetrai e tanti altri mestieri particolari che rischiano, altrimenti, di scomparire dalla scena. Anche dal punto di vista artistico, sarebbe stato veramente un fatto molto negativo. Quindi, opportunità lavorative in più, legate al territorio, alla storia e all'identità.

Mi avvio alla conclusione, dicendo che questo provvedimento sicuramente avrebbe potuto avere un iter più veloce al Senato, è inutile che ce lo nascondiamo: c'è stato un impantanamento molte volte insensato, senza un vero motivo, rischiando anche di vanificare la distribuzione delle risorse ingenti del PNRR, come dicevo prima. Ora abbiamo davanti una scommessa che è quella di riuscire a far coesistere questi diversi attori che, in alcuni casi, sono andati anche in conflitto tra loro, ma bisogna riuscirci, perché è l'unico modo per mettere a regime questo sistema, è l'unico modo, anche se non è facile, di dare opportunità maggiori ai nostri giovani, in un periodo così difficile per il lavoro e per il loro percorso di scuola, sia superiore, sia universitaria.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente. Oggi, intervengo di nuovo in quest'Aula per trattare di un tema che, invece, presenta un'ampia condivisione, quello della riforma degli ITS o degli istituti tecnici superiori. Precisiamo che gli istituti tecnici superiori non sono quelli per cui si consegue il diploma, ma quelli che vengono dopo l'esame di maturità, per intenderci. Tra l'altro, ci tengo a ricordare che vengo proprio dalla formazione tecnica; anche se sono un professore di chimica, sono diplomato, con sessanta sessantesimi, come perito agrario e ne vado orgoglioso. E' importante la formazione professionale e questo disegno di legge riprende una norma primaria, il DPCM del 25 gennaio 2008, e l'attualizza. Sono passati tanti anni e gli ITS non hanno avuto quello sviluppo che ci aspettavamo, però per gli ITS sono stati stanziati ben 1,5 miliardi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Questa è una delle riforme, per cui siamo al Governo, importanti del nostro Paese. Questa riforma prevede di rafforzare gli ITS attraverso il potenziamento del modello organizzativo e didattico, di integrare il sistema ITS con quello del sistema delle lauree professionalizzanti; soprattutto, prevede misure per rafforzare le competenze STEM, che mancano molto nel nostro Paese, nonché l'obiettivo di incentivare le iscrizioni ai curricula scientifici terziari, in particolare per le donne.

In questo provvedimento legislativo, questi istituti vengono chiamati ITS Academy. Questa forse è l'unica nota sulla quale non sono totalmente d'accordo, perché l'uso o abuso dei termini inglesi non è il massimo. Però, a parte questo, il cuore della riforma è totalmente condivisibile.

Si tratta di uno sbocco terziario, per i corsi di istruzione e formazione tecnica, e la competenza sarà essenzialmente regionale, quindi non statale. Questa competenza regionale ci potrebbe in un certo senso garantire una maggior snellezza.

La differenza principale tra Università e ITS Academy è che, mentre l'Università ha il compito di formare scienziati e specialisti ed è una formazione che dura di più (4 o 5 anni), gli ITS, invece, dovranno formare prevalentemente tecnici e professionisti attuatori e integratori e capi intermedi che dovrebbero occuparsi di gestire i processi ad alta complessità. Questo è particolarmente utile, Presidente, perché molti dei nostri figli, dei nostri ragazzi, forse, faranno lavori che adesso neppure esistono, quindi sviluppare competenze nuove è fondamentale.

La nostra forza politica, il Movimento 5 Stelle, ha contribuito alla scrittura del testo unificato; è stato presentato anche un testo dal collega Invidia, quindi c'è stata una forte condivisione del lavoro sia in Commissione sia in Aula. Erano sei le proposte presentate, per cui è stato sviluppato un testo unificato che ha raggruppato tutte le sensibilità e, sicuramente, a distanza di dieci anni dalla prima legge, andavano introdotti elementi di flessibilità, anche con riferimento alla semplificazione della governance, per accrescere le potenzialità di questi istituti.

Con questo provvedimento, che discutiamo oggi, viene definitivamente sancita l'importanza del dialogo territorio-istruzione per le professioni tecniche.

Abbiamo già detto che le risorse sono importanti: sono un miliardo e mezzo. Gli obiettivi di queste risorse è di aumentare almeno del cento per cento, quindi raddoppiare il numero degli iscritti ITS e di ridurre il fenomeno dei NEET, un indicatore che rappresenta i giovani che non lavorano: not in education, employment or training. In Italia, sono tantissimi (il 28 per cento), quindi, se possiamo dargli anche minimamente uno sbocco, sarebbe importantissimo per il nostro Paese, perché le persone sono al massimo della loro produttività, nel mondo del lavoro, quando sono giovani, quindi pensare che ci sono giovani a casa non è qualcosa di buono per il nostro Paese.

Tra i punti più qualificanti, introdotti in questa proposta di legge, vi è l'introduzione delle nuove aree tecnologiche, rispetto a quelle che caratterizzano gli attuali ITS, con la suddivisione in due livelli. Il fatto che l'attività formativa sia svolta, per almeno il 60 per cento del monte ore, da docenti provenienti dal mondo del lavoro, testimonia in un certo senso la connessione forte con il mondo produttivo e delle imprese.

Un aspetto che a me piace molto è la revoca dell'accreditamento, fondato sugli esiti negativi dell'attività di monitoraggio e di valutazione. Se gli ITS non svolgono il loro lavoro, almeno teoricamente, deve essere possibile revocarli.

Ma il punto che mi piace di più ricordare è la promozione di erogazioni liberali: ovvero anche noi, anche i privati possono finanziare gli ITS con un credito di imposta del 30 per cento, che viene aumentato a ben il 60 per cento in quei territori più problematici del nostro Paese, dove è alto il tasso di disoccupazione, in particolare quelli dove il tasso disoccupazione supera la media. Per i provvedimenti del genere, il Movimento 5 Stelle c'è e assolutamente sostiene lo sforzo del Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, un saluto particolare anche alla presidente della Commissione, onorevole Casa, che ha accompagnato e ha coordinato bene, come le altre volte per carità, ma questa occasione, come diceva giustamente nel suo intervento, è importante, se non storica, sicuramente fondamentale per la riforma della formazione dei nostri giovani.

Oggi, come ha detto l'onorevole Bella che mi ha preceduto, ci troviamo ad esaminare in seconda lettura questo provvedimento in materia di istruzione superiore, il cui esame è iniziato prima del diffondersi della pandemia su impulso - mi fa piacere ricordarlo - del nostro gruppo, Forza Italia, che ha chiesto la calendarizzazione della proposta di legge delle colleghe Gelmini e Aprea, presentata già nella scorsa legislatura e che conteneva una visione moderna e proiettata nel futuro del sistema di formazione superiore.

Questa riforma legislativa organica degli istituti tecnici superiori (ITS), sino ad oggi disciplinati con fonte di rango secondario, con DPCM del 25 gennaio 2008, si propone, infatti, di potenziare e definire in maniera più strutturata i percorsi post diploma secondario, di carattere non accademico, al fine di formare tecnici specializzati, in sinergia con il mondo imprenditoriale e con le università e gli enti di ricerca. E mi auguro che questa sia anche l'occasione per dissipare quella che è una polemica antica su come il sistema scolastico, quindi precedente agli ITS, debba formare i giovani al lavoro. La scuola deve formare l'uomo e le competenze sono, sì, importanti, ma secondarie e successive.

Ecco perché, nell'individuazione di una riforma degli ITS, diventa fondamentale anche restituire il ruolo, secondo me, agli stessi istituti tecnici secondari, che è quello di formare culturalmente, di passare dalla speranza alla concretezza, alla responsabilità - a questo serve la scuola -, superando questa che, secondo me, è sempre stata, soprattutto negli ultimi decenni, una anomalia del dibattito sul ruolo della formazione verso il mondo del lavoro.

Comunque, nell'introdurre e definire un'alternativa all'università, questo provvedimento apre altre strade e altre possibilità di formazione per le ragazze e i ragazzi che concludono le scuole superiori, e contribuisce a una maggiore diffusione nel nostro Paese della cultura scientifica e tecnologica, così come avviene già in altri Paesi europei. Gli ITS Academy - anche per me l'unica cosa sulla quale si poteva usare maggiore fantasia e creatività era l'individuazione di una indicazione in lingua italiana, piuttosto che Academy - porteranno il nostro Paese ai livelli degli altri Paesi europei.

Il Senato ha apportato numerose e consistenti modifiche e lo ha approvato con il nuovo titolo: “Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore”. Ma, al di là dell'indicazione, vediamo cosa è accaduto, e poi parleremo anche delle modifiche apportate dal Senato.

Quanto è accaduto negli ultimi due anni a seguito dell'emergenza pandemica, ha agito da stimolo sicuramente e ha dato un forte impulso a questa riforma, che figura fra gli impegni previsti nel PNRR. Infatti, il PNRR ha destinato allo sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria 1,5 miliardi di euro, con l'obiettivo di raddoppiare il numero degli attuali iscritti ai percorsi entro il 2026, anche in risposta alle raccomandazioni della Commissione europea all'Italia per migliorare le competenze di base, ridurre le distanze tra istruzione e lavoro, simulare gli studi in campi attinenti ai settori ad alta intensità di conoscenza, che poi era lo spirito della proposta di legge che avevamo già presentato come Forza Italia nella scorsa legislatura.

Con la definizione degli ITS Academy, quindi, non solo stiamo riformando il sistema degli istituti terziari, ma riconosciamo ad essi un ruolo determinante e fondamentale, e piena dignità nell'ambito del complessivo sistema di formazione dei nostri giovani, nell'ottica di mettere maggiormente in collegamento il mondo dell'istruzione e quello del lavoro, nel momento giusto, aggiungo io, dopo una formazione scolastica adeguata.

Con questo provvedimento, infatti, si definisce una nuova governance degli ITS, si acquisiscono finanziamenti stabili, si predispone un accurato sistema di monitoraggio, si riconosce un ruolo più rilevante alle imprese.

Solo per citare alcune tra le principali modifiche introdotte al Senato, ricordo che gli ITS cambiano la denominazione di Istituti tecnologici superiori, come dicevo prima, in ITS Academy, proprio per segnare l'importanza dell'innovazione tecnologica in questo percorso. Si amplia, infatti, il numero delle aree in cui possono svilupparsi, rispetto a quelle poste alla base dello sviluppo iniziale degli ITS, che saranno quindi individuate con successivo decreto ministeriale.

Altra rilevante novità è costituita dalla possibilità che possa far parte della Fondazione ITS anche una scuola, che però non sia un istituto tecnico-professionale, purché l'offerta formativa sia coerente con l'area tecnologica di riferimento dell'ITS Academy.

Inoltre, possono far parte della Fondazione non solo le università, ma anche le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Riteniamo di estrema importanza che stage aziendali e tirocini debbano costituire, anzi dovranno costituire almeno il 35 per cento del monte orario complessivo. Inoltre, a sottolineare il forte collegamento con il mondo imprenditoriale, l'attività formativa dovrà essere svolta, per almeno il 60 per cento del monte orario complessivo, da docenti provenienti dal mondo del lavoro e detti docenti dovranno costituire almeno il 50 per cento del complessivo corpo docente, a conferma che l'esperienza e la formazione sul campo e nel mondo del lavoro specifico e tecnologico diventano fondamentale per la formazione.

Inoltre, la riforma prevede un credito d'imposta del 30 per cento per le imprese che decidano di investire negli ITS, credito che arriva al 60 per cento se l'erogazione avviene nelle province in cui il tasso di disoccupazione è superiore a quello medio nazionale. Ed è chiaro che, anche da uomo del Sud, mi auguro che tale opportunità venga colta dalle aziende del Mezzogiorno. Così come è chiaro che, in questa prospettiva, diventa fondamentale l'apporto e il coinvolgimento delle organizzazioni di categoria, anche di quelle sindacali, ma soprattutto delle aziende di categoria; penso alle organizzazioni come Confindustria, Confcommercio, le Camere di commercio. Consideriamo positivamente, quindi, l'introduzione della promozione di reti di coordinamento di settore e territoriali, per lo scambio di buone pratiche, la condivisione di laboratorio e la promozione di gemellaggi tra Fondazioni ITS Academy di regioni diverse, dove la contaminazione delle esperienze imprenditoriali sicuramente potrà dare un'opportunità ulteriore ai nostri giovani.

Secondo i più recenti dati Eurostat sull'avanzamento dell'istruzione terziaria nei Paesi membri dell'Unione europea, l'Italia, con il 28 per cento di giovani laureati tra i 24 e i 34 anni, si colloca al penultimo posto, ben al di sotto della media europea che, nel 2021, si è attestata al 41 per cento, e ben lontana dai Paesi più virtuosi, come il Lussemburgo e l'Irlanda, che registrano rispettivamente il 63 e il 62 per cento. Quindi, c'è molto da fare e proprio questa riforma può aiutare a recuperare gli spazi e il tempo perduto. Inoltre, sempre secondo i dati Eurostat, quasi la metà degli Stati membri ha già raggiunto l'obiettivo, prefissato al 2030, di aumentare al 45 per cento la quota della popolazione di età compresa tra 25 e 34 anni che abbia completato l'istruzione terziaria. In Italia paghiamo il divario tra la domanda di lavoratori qualificati e la domanda di manodopera qualificata da parte delle imprese: è una carenza che ci trasciniamo da anni, che riguarda soprattutto i giovani e che dispiega le sue conseguenze sulla crescita sociale, ancora prima che economica, individuale e collettiva del nostro Paese. E questo è tanto più vero quando pensiamo al Sud e alla disoccupazione giovanile, ma da questo punto di vista, anche con l'intervento del PNRR e con la quota del 40 per cento - che, grazie al Ministro del Sud, è diventata più che un'opportunità, un'esigenza, un risultato conseguito - il gap in termini di tempo e di spazi può essere recuperato. Quindi, la scelta di investire significativamente sul segmento della formazione terziaria professionalizzante, sia in termini di risorse che di riforma della governance e del funzionamento del sistema ITS, vuol dire cogliere le disfide del futuro, vuol dire investire sul futuro, vuol dire investire sulla conoscenza e sulla preparazione e lasciare che tutto si muova secondo le prerogative di ogni spazio del sistema formativo. Dunque, alla scuola, la necessità, come dicevo, quasi in apertura, di formare l'uomo e di lasciare che le competenze vengano dopo, e ad iniziative come questa, che oggi ci avviamo ad approvare, la necessità di formare e di adeguare al mondo che è cambiato non solo le nuove forze lavoro, ma soprattutto i nostri giovani.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. È già passato un anno da quando abbiamo approvato, in quest'Aula, questa legge: il 20 luglio 2021. Oggi ritorna dopo un po' di mesi, dopo essere stata ferma in sosta e poi approvata al Senato con modifiche sostanziali.

Si tratta di una legge estremamente importante che va a rilanciare il sistema degli ITS che prima si riferivano all'istruzione tecnica superiore. Adesso cambiano nome e diventano “istituti tecnologici superiori” in un sistema di formazione professionale parallela all'università, con percorsi biennali o triennali di formazione professionale, che gli studenti affrontano dopo il diploma, però comunicanti con essa, perché gli studenti che finiscono il biennio possono comunque proseguire l'università, se così vogliono fare. Si tratta, quindi, di una formazione tecnico-professionale di alto livello, gestita da fondazioni che coinvolgono diversi attori di un determinato territorio (scuole, imprese, agenzie formative accreditate ed enti di ricerca) dove gli studenti si cimentano con tirocini formativi e lezioni di teoria impartite in laboratorio. È un sistema che ha un altissimo indice di occupabilità, che supera l'80 per cento, un indice di occupabilità molto superiore all'indice dell'università dei laureati. È un sistema che, quindi, funziona, permette ai ragazzi giovani di formarsi e trovare lavoro, perché risponde alla richiesta delle imprese di personale tecnico altamente qualificato che sa cimentarsi, per esempio, con le tecnologie abilitanti di industria 4.0. Già oggi gli iscritti degli ITS si specializzano in diversi settori, nelle professioni legate alla meccanica, alla moda, alla mobilità sostenibile, alle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, alle biotecnologie, al settore dell'efficienza energetica, alle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e il turismo, solo per citare alcuni esempi dei diversi ambiti in cui gli ITS offrono percorsi di studio e di formazione. È un sistema formativo che scommette su quei settori che, in questi anni, hanno trainato la crescita, un sistema che dunque occorre replicare e potenziare, in modo da avere non decine, ma potenzialmente centinaia di migliaia di diplomati ogni anno, come fanno altre potenze industriali europee, come la Germania e la Francia. Per questo motivo, nel PNRR sono stati stanziati 1,5 miliardi di euro da qui al 2026, con l'obiettivo di triplicare il numero di diplomati, fino almeno a 50.000 diplomati entro il 2026. L'unica via per rilanciare l'occupazione giovanile passa dall'investimento sulle competenze e la formazione e, per questo, non esistono soltanto le università. Sia chiaro che l'Italia ha comunque pochi laureati, troppo pochi, e ancora troppo poche sono le risorse che il nostro Paese dedica al suo sistema universitario, alla ricerca di base e applicata, al diritto allo studio. Tuttavia, l'università non è un percorso fatto per tutti ed è anche una delle ragioni che portano ai dati spaventosi sull'abbandono scolastico ed universitario nel nostro Paese. L'università non è l'unica strada per consentire ai giovani di emanciparsi, di rendersi autonomi e di uscire dalla precarietà. Esiste anche l'alta formazione tecnico-professionale che il nostro Paese ha ignorato per troppo tempo. Siamo in ritardo su questo fronte e il provvedimento in esame ci consente di recuperare terreno. È anche un fattore positivo che la prima riforma del PNRR, nel settore dell'istruzione e della scuola, sia di iniziativa parlamentare, una legge che nasce in Parlamento, che, appunto, è stata plasmata dallo stesso. Credo sia qualcosa di estremamente importante da sottolineare.

Vorrei anche ricordare che al Senato è stata fatta una serie di modifiche importanti. Ne cito solo alcune, quelle con maggior impatto, oltre al nome. L'accesso ai percorsi è rivolto a giovani e adulti che saranno in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale. La scuola, tra l'altro, che può fare parte della fondazione, non deve necessariamente essere una scuola tecnica o professionale, ma può anche essere un'altra scuola; l'importante è che l'offerta formativa sia coerente con l'area tecnologica di riferimento degli ITS Academy. Possono far parte della fondazione non solo le università, ma anche le istituzioni AFAM (le istituzioni che propongono una formazione artistica, musicale e coreutica) e gli istituti di ricovero a carattere scientifico e gli enti pubblici di ricerca. L'attività formativa sarà svolta per almeno il 60 per cento del monte orario dai docenti provenienti dal mondo del lavoro, che dovranno costituire almeno il 50 per cento dei docenti. Gli stage aziendali e i tirocini dovranno essere almeno il 35 per cento del monte orario complessivo. Qui sarà fondamentale anche offrire tirocini di qualità, in modo che ci sia un alto contenuto formativo dei tirocini curriculari. C'è anche una proposta di legge, che stiamo attualmente esaminando nelle Commissioni cultura e lavoro e sarà molto importante l'abbinamento con gli ITS, perché, appunto, sarà fondamentale garantire un'alta qualità degli stage. È anche importante ricordare che, in attesa che le regioni si conformino, il riconoscimento, l'accreditamento e la revoca saranno competenza del Ministro dell'Istruzione e le risorse non saranno più assegnate alle fondazioni, ma alle regioni, che le riverseranno sulle fondazioni accreditate.

Speriamo che non ci siano ritardi. Sarà fondamentale assicurare la stessa qualità formativa su tutto il territorio nazionale, evitando possibili effetti distorsivi del cosiddetto centralismo regionale, come abbiamo constatato, purtroppo, con il COVID e il Servizio sanitario nazionale. Quindi, speriamo che questi problemi non si verificheranno anche per il sistema degli ITS.

Il Comitato nazionale viene sostituito dal Coordinamento nazionale, che avrà compiti di consulenza e proposta, nonché di consultazione con le associazioni di rappresentanza delle imprese, delle organizzazioni datoriali e sindacali, degli studenti e delle fondazioni ITS. Infine, una quota del 5 per cento delle risorse premiali (che sono appunto il 30 per cento del totale), sarà assegnato, tenendo conto del numero di studentesse iscritte e di quelle diplomate, con un'attenzione, quindi, anche alla parità di genere.

In conclusione, credo sia una riforma molto importante a cui Italia Viva ha dato un grande contributo. I due relatori, il collega Toccafondi in questa Camera e il collega Nencini al Senato, hanno dato grande contributo appunto come relatori, inoltre, una delle sei proposte di legge iniziali era a prima firma sempre del collega Toccafondi. Per noi si tratta di una legge estremamente importante, che rilancerà un sistema che permetterà di formare giovani altamente specializzati, che arriveranno sul mondo del lavoro in età molto giovane - parliamo di persone di 21, 22, 23 anni - con un sistema formativo che ha dimostrato di saper funzionare, considerato l'alto indice di occupabilità, ma che, soprattutto, nasce dalle esigenze delle aziende. Non ci sarà un ITS che nasce su un territorio senza aver prima coinvolto le aziende o chiesto quali sono le richieste di competenze specifiche da parte delle stesse aziende. Quindi, si vanno veramente a creare le competenze che le aziende richiedono, perché sappiamo che nel nostro Paese, da un lato, abbiamo 3 milioni di NEET, come diceva in precedenza il collega Bella, di ragazzi che non stanno né studiano, né lavorando, Sono 3 milioni, è il numero più alto d'Europa e dobbiamo ricordarlo, in ogni sede. Dall'altro lato, il nostro Paese ha anche un enorme a tasso di skills mismatch - scusate l'anglicismo - di asimmetria tra la domanda e l'offerta di competenze richieste nel mondo del lavoro. Tante aziende non trovano lavoratori. Non li trovano. O, almeno, non trovano i lavoratori con le competenze che richiedono. È un paradosso gigantesco in cui si trova il nostro Paese e questa è la prima grande riforma, il più grande investimento, che il nostro Paese sta facendo per rispondere a questa situazione. Infatti, l'università da sola non basta. Abbiamo constatato che il numero dei laureati è basso, ma, soprattutto, la cosa assurda del sistema universitario italiano è che le retribuzioni dei laureati non sono così tanto più elevate di quelle di chi non è laureato. Quindi, l'incentivo a laurearsi è abbastanza ridotto in Italia. Questo cosa ci evidenzia? Ci sottolinea, forse, che le competenze risultanti dal sistema universitario non sono quelle richieste da un sistema produttivo. La riforma in esame va esattamente nella direzione di rispondere a questo problema, di rispondere a questo paradosso. È una riforma impregnata di riformismo puro, perché, appunto, non si tratta di sussidi, ma di incentivi per le aziende che assumeranno dagli ITS - che riceveranno sotto forma di crediti di imposta -, per ragazzi che vogliono darsi da fare, che non sono né choosy, né bamboccioni, ma che, appunto, vogliono studiare e mettersi al lavoro. Si tratta di una grande riforma, fatta nel silenzio dei media, ma che è stata approvata all'unanimità da Camera e Senato e che adesso, finalmente, dopo questo secondo passaggio, vedrà la luce.

Le grandi sfide sono due, e finisco con questo, Presidente. La prima sfida è aumentare la quantità e la capacità del sistema, senza diminuirne la qualità, perché noi passeremo da 20.000 diplomati l'anno a 100.000 diplomati sempre l'anno, se tutto va bene, nei prossimi 5 anni, quindi sarà molto importante mantenere un indice di occupabilità elevato.

La seconda sfida - è l'appello che rivolgo soprattutto alle regioni - è non moltiplicare il numero di fondazioni. Adesso bisogna moltiplicare il numero di corsi e avere un alto livello di qualità dei corsi stessi, ma, per favore, non facciamo quello che abbiamo fatto con l'università 30-40 anni fa, quando in ogni provincia d'Italia abbiamo istituito un'università locale, che in molti casi è diventata una specie di prolungamento del liceo. Sarà importante mantenere ristretto il numero di fondazioni, in modo da controllarle meglio e di garantire una elevata qualità della formazione. Dunque, cerchiamo di potenziare e aumentare il numero di corsi, non delle fondazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Soverini. Ne ha facoltà.

SERSE SOVERINI (PD). Grazie, Presidente. Come Partito Democratico, siamo molto contenti di celebrare questo momento - parlo proprio in forma solenne - di un provvedimento che significa tantissimo per il nostro Paese. Siamo qui perché intendiamo sottolineare la rilevanza che ha questa legge per il sistema Italia, ma mi duole partire da alcune amare considerazioni, per poi fare una conclusione piena di speranza e di fiducia nel futuro.

Noi siamo in ritardo di cinquant'anni, rispetto a questa legge, 50 anni di assenza o di interventi fatti con un rango giuridico inferiore rispetto a quanto è stato fatto negli altri Paesi. Le Fachschulen tedesche sono state fondate nel 1970; sono state fondate, da una parte, perché c'era l'interesse a creare un sistema professionalizzante rispondente all'innovazione tecnologica, perché l'innovazione tecnologica è un flusso in corso, forse, anche da più di un secolo o due, ma, negli anni Settanta, si è ritenuto di costruire un canale che rispondesse in maniera più appropriata all'innovazione tecnologica del tempo. Ma non solo, perché nell'apertura universitaria, nell'accesso universitario, ossia in quello che negli anni Settanta veniva indicato come il passaggio epocale da un'università dell'élite a un'università di massa, il sistema professionalizzante significava tantissimo, insieme a quello accademico; era il secondo canale che assicurava accesso alla stragrande maggioranza della popolazione. Siamo, quindi, in ritardo di 50 anni e, finalmente, oggi - come dicevo in precedenza -, in forma solenne, possiamo celebrare; siamo a un passo dal riconoscimento di legge, ossia esiste, finalmente, in Italia - finalmente, ripeto - un canale terziario professionalizzante riconosciuto, parallelo a quello universitario.

Parlavo della Germania, ma tutti i Paesi europei, da decenni, possiedono un sistema di formazione terziaria. La Germania ha un sistema universitario speciale, triennale e, poi, anche quinquennale, parallelo; altri Paesi come la Francia, hanno seguito i bienni. Noi, se devo dire la verità, siamo più su questo orizzonte, su un orizzonte francese, abbiamo un biennio. Io mi auguro, però, che questo biennio non rimanga isolato, non sia collegato, poi, a ulteriori finestre verso il sistema universitario. Questo è importante, perché ci dobbiamo ricordare che in Europa, tra i giovani che hanno un titolo di studio superiore terziario, il 25 per cento ce l'ha all'interno di un sistema professionalizzante terziario; quindi, anche il basso tasso di laureati che abbiamo in Italia è legato all'assenza di questo canale, che viene conteggiato, invece, negli altri Stati europei. Senza contare il fatto che, non essendoci un canale del genere, diventa poco attrattivo per i diplomati - questo è importante - e, in ultima analisi, rende ancora più complesso il recupero dell'abbandono universitario, dei famosi drop out dei ragazzi che impattano con il sistema dell'istruzione accademica, mentre potrebbero essere recuperati all'interno di un canale professionalizzante e, comunque, portati a un livello di istruzione più elevato.

Perché in Italia abbiamo resistito tanto? Abbiamo prodotto questo risultato, con effetti anche dannosi, non solo per il tasso di frequenza degli studenti, non solo per la questione dell'abbandono scolastico, ma anche per la produttività delle imprese. In altre parole, noi abbiamo vissuto gli ultimi 20 anni con un'invasione tecnologica senza precedenti, un impatto tecnologico enorme, che ha cambiato non solo il sistema produttivo, come accadeva nel passato, ma, addirittura, la nostra vita. Abbiamo conosciuto una trasformazione tecnologica senza precedenti e, a fronte di questo, al contrario di quanto hanno fatto tutti i Paesi del mondo, abbiamo screditato ogni percorso di sapere tecnologico e tecnico. Addirittura, abbiamo fatto passare la formazione tecnica come fosse scollegata anche dalla tecnologia, relegandola a un livello molto inferiore. Questa è, veramente, una domanda che ci dobbiamo porre: cosa c'è nel nostro Paese che ci impedisce di capire il valore di quest'ambito? Perché scolleghiamo la tecnologia dalla tecnica?

Voglio solo segnalare qui - è un'occasione per dirlo - che sono decenni che noi, in alcuni casi malamente, facciamo riferimento al cosiddetto know-how, il famoso sapere che passa non per via orale; lo usiamo dappertutto il know-how. Invece è esattamente questo il know-how: un sapere tacito che si passa con l'esperienza diretta, che è anche affiancato, però, da momenti teorici. Ecco, questi sono gli istituti tecnici superiori. Perché citiamo questo termine ovunque, in qualsiasi ambito e, però, consideriamo, nel campo istruttivo, questo tipo di percorso basato su teoria e know-how un percorso inferiore? Questa è una domanda culturale che noi dobbiamo porci, è un problema culturale.

In questo anno e mezzo – approfitto per ringraziare i miei colleghi, i colleghi del mio partito che mi hanno sostenuto moltissimo per il lavoro fatto - mi sono reso conto che, in questo Paese, noi abbiamo un problema enorme su questo tema. Ancora oggi, non siamo riusciti a fare la distinzione tra un diplomato ITS e un operaio. Io sento in giro cose tremende: fare gli ITS per le gelaterie, fare gli ITS per gli autisti. Non è così. Noi stiamo producendo un canale decisivo per il nostro sistema produttivo. Lo voglio dire: smettiamola una volta per tutte di legare la competenza allo sfruttamento in questo Paese, perché la competenza è un diritto delle persone che fanno sacrifici per studiare. Perché abbiamo screditato la competenza? Perché, soprattutto in quest'ambito?

Noi dobbiamo sapere che il famoso know-how, quello che viene citato spesso, anche malamente, in Italia è fondamentale per affrontare una trasformazione tecnologica. Sappiate che, per esempio, nel sistema a conoscenza intensa - per non usare termini inglesi - negli ultimi 10 anni l'arruolamento - l'assunzione, per essere più precisi - delle persone con un'alta specializzazione, tipicamente ITS, professionale terziaria è cresciuto del 3 per cento in Europa e dello 0,5 in Italia. Noi abbiamo creato un corto circuito: non formiamo personale specializzato e le imprese non investono in tecnologie avanzate. Questo è il motivo - come dimostra la Banca d'Italia - della bassa produttività in Italia. Allora, guarda un po', il problema, ormai anche questo decennale, della bassa produttività in Italia passa dalle persone. Abbiamo parlato di tutto, di investimenti in tecnologie, continuiamo a comprare macchine, continuiamo a comprare tecnologie e non sappiamo, invece, che la chiave - l'abbiamo detto a Lisbona, ma abbiamo mancato quell'appuntamento - è la conoscenza. Ma la conoscenza, in questo Paese, dobbiamo smettere di relegarla all'ambito scientifico dove, fra l'altro, non siamo, neanche lì, tanto bravi.

Come pensiamo di andare avanti in questo Paese? Costruendo mura di cristallo tra diversi saperi, tra ambiti scolastici, stabilendo anche i livelli di classe sociale? No, non è possibile. Noi dobbiamo fare un discorso in cui finalmente ci rendiamo conto di cosa parliamo quando parliamo di formazione terziaria, ci rendiamo conto di quanto questa formazione interessi per la crescita del Paese. Una volta per tutte diciamolo, perché questo è un Paese a mobilità sociale bloccata: lì è la chiave della mobilità sociale, è nell'accesso a questi percorsi. Noi lo dobbiamo ai giovani italiani, alle imprese, lo dobbiamo a tutto il Paese questo sforzo. Per questo il mio tono è così enfatico e solenne: noi non stiamo parlando della scuola professionale, non stiamo parlando dei ragazzi che non riescono a studiare, che, in qualche modo, dobbiamo sistemare. Io chiedo, in questo Parlamento, che si smetta di intendere, quando si parla di ITS, di intendere questo. Non è così, anche se abbiamo un problema enorme, perché abbiamo la scuola professionale solo in alcune regioni d'Italia; e qui ci sarebbe un altro discorso da fare.

Oggi vogliamo dire, con questa legge, una volta per tutte, che, quando parliamo di ITS, parliamo di alta competenza, di giovani con carriere brillanti, creatività, conoscenza, dignità del lavoro. Bisogna che in questo Paese ci scrolliamo di dosso pregiudizi insopportabili per un Paese che vuole crescere, vuole parlare di avanzamento tecnologico e vuole parlare di avanzamento sociale. Lo dobbiamo fare. In questa legge - di cui oggi non ho intenzione di parlare, perché è già stata ben descritta dai colleghi che mi hanno preceduto - ho voluto cercare di trasmettere lo spirito di quello che abbiamo fatto e su cui ci siamo impegnati moltissimo.

Concludo, dicendo che questa legge, guardate, all'articolo 1 cita il PNRR. Non so quante leggi ci siano in circolazione con una citazione così importante. Noi questo l'abbiamo chiesto. Abbiamo inteso collegare lo sviluppo di questo settore alla trasformazione e innovazione europea, digitale e green. Se noi non facciamo gli ITS, non li facciamo bene e non li facciamo crescere, noi siamo fuori dall'innovazione tecnologica del PNRR. Questa è la posta in gioco e questo è il motivo per cui poniamo un'enfasi così importante su questo settore (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 544-B​)

PRESIDENTE. Prendo atto che la presidente della VII Commissione e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare la collega Flati. Ne ha facoltà.

FRANCESCA FLATI (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo in quest'Aula per far presente una situazione che si è venuta a creare per i randagi del salernitano, perché la situazione è veramente molto, molto critica, soprattutto a livello sanitario. Abbiamo appreso - a noi è stato segnalato, ma poi i giornali lo hanno riportato - che i distretti veterinari delle ASL non hanno farmaci ed anestetici per gli animali e questo significa che sono state sospese anche le sterilizzazioni. Questa è una situazione che va avanti addirittura da febbraio 2022. È inutile che dica quanto sia grave questa situazione perché, ovviamente, se mancano le sterilizzazioni, c'è purtroppo il rischio reale e concreto di avere delle cucciolate incontrollate e, quindi, un ulteriore aggravio del fenomeno del randagismo. Questo significa non solo dolore per gli animali, ma anche un aumento dei costi per quel che riguarda non solo per i comuni ma anche le associazioni animaliste che purtroppo si trovano a dover affrontare questi interventi attraverso strutture private e con pagamento in proprio. Ovviamente, anche i canili, che sono al collasso, hanno un ulteriore aggravio di criticità.

Io ricordo che proprio nell'ultima legge di bilancio, grazie a un lavoro che personalmente ho fatto, con grande pressione, siamo riusciti a stanziare 2 milioni per rifinanziare il fondo per il randagismo, istituito dalla legge n. 281 del 1991, e ho chiesto, attraverso un'interrogazione, al Ministro Speranza di intervenire per risolvere questa situazione e soprattutto per evitare che avvenga in altre aree del Paese. Vorrei semplicemente chiedere una risposta al più presto e di tutelare al massimo i nostri compagni di vita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.

MATTEO DALL'OSSO (FI). Grazie, Presidente. Oggi, è il quarto giorno da quando i lavoratori fragili sono stati lasciati soli. I Ministri Brunetta e Orlando sanno, in quanto Ministri, che sono venute a mancare le tutele per i lavoratori fragili. Per ripristinarle sarebbe sufficiente dare continuità alle previsioni dell'articolo 26, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge n. 18 del 2020, come prorogate con il richiamo del DM del 4 febbraio 2022, e degli articoli 10, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge n. 24 del 2022, convertito con modificazioni nella legge n. 52 del 2022.

I contagi da COVID, nelle sue varianti, hanno superato il milione. Parliamo di quelli registrati, mentre si stima che quelli non registrati siano anche oltre i 3 milioni. I lavoratori fragili, Presidente, non si possono proteggere da soli, non si possono tutelare da soli. Voi, invece, potete farlo, potete semplicemente prorogare la legge per le tutele a loro destinate.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 5 luglio 2022 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 12)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina. (C. 3614-A​)

Relatori: UBALDO PAGANO, per la V Commissione; CATTANEO, per la VI Commissione.

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

GELMINI, APREA; INVIDIA; BUCALO, FRASSINETTI; TOCCAFONDI; COLMELLERE, TOCCALINI, CAPARVI; SOVERINI, DI GIORGI, PICCOLI NARDELLI, ROSSI, PRESTIPINO, LATTANZIO, NITTI, ORFINI, CIAMPI, CARNEVALI: Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato). (C. 544​-2387​-2692​-2868​-2946​-3014-B​)

Relatore: TOCCAFONDI.

4. Seguito della discussione delle mozioni Lollobrigida ed altri n. 1-00671, Manzo ed altri n. 1-00672, Andreuzza ed altri n. 1-00673 e Bonomo ed altri n. 1-00677 concernenti iniziative per sopperire alla carenza di personale nei settori del turismo e dell'agricoltura e per sostenere le relative filiere produttive .

5. Seguito della discussione delle mozioni Lupi, Squeri e Schullian n. 1-00540, Vianello ed altri n. 1-00545, Masi ed altri n. 1-00614, Binelli ed altri n. 1-00628, Foti ed altri n. 1-00641, Dori ed altri n. 1-00649 e Ruffino ed altri 1-00664 concernenti iniziative in materia di energia nucleare di nuova generazione .

6. Seguito della discussione delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610, Raduzzi ed altri n. 1-00620 e Lollobrigida ed altri n. 1-00632 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea .

7. Seguito della discussione della proposta di legge:

FOTI ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. (C. 1059-A/R​)

Relatori: DEIANA, per la maggioranza; FOTI, di minoranza.

8. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

BENDINELLI ed altri; MASCHIO ed altri: Disciplina del volo da diporto o sportivo. (C. 2493​-2804-A​)

Relatore: BENDINELLI.

9. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

BARELLI ed altri: Modifica all'articolo 114 della Costituzione, in materia di ordinamento e poteri della Città di Roma, capitale della Repubblica. (C. 1854-A​)

e delle abbinate proposte di legge costituzionali: MORASSUT ed altri; CECCANTI; MELONI ed altri. (C. 2938​-2961​-3118​)

Relatori: CECCANTI e CALABRIA.

10. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

MAGI ed altri; LICATINI ed altri: Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati. (C. 2307​-2965-A​)

Relatore: PERANTONI.

11. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

BOLDRINI ed altri; FITZGERALD NISSOLI; LA MARCA; LA MARCA; POLVERINI e VITO; ORFINI e SCHIRO'; SIRAGUSA ed altri; SANGREGORIO ed altri; UNGARO e MIGLIORE: Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza. (C. 105​-194​-221​-222​-717​-920​-2269​-2981​-3511-A​)

Relatori: BRESCIA, per la maggioranza; IEZZI, di minoranza.

La seduta termina alle 15,45.