Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 716 di mercoledì 29 giugno 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 9.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO COLUCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 giugno 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 112, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la deputata Yana Chiara Ehm. Ne ha facoltà.

YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Vorrei chiedere, per il suo tramite, al Ministro Guerini di venire a riferire qui in Aula su un possibile nuovo decreto interministeriale per inviare armi in Ucraina. Sembra ormai una routine quella di venire qui a chiedere al Governo di coinvolgere maggiormente il Parlamento in decisioni così importanti.

Ebbene sì, da fonti giornalistiche, risulta che è già pronto un nuovo quarto decreto interministeriale per fornire nuovo materiale bellico: parliamo di equipaggiamento, mezzi blindati, artiglierie pesanti, armi, non soltanto più a media, ma anche a lunga gittata (parliamo di distanze di 30 chilometri, ma anche di 80 chilometri).

Qual è la strategia alla base di tutto questo? Ce la spiega, in un'intervista a La Stampa, Kurt Volker, già ambasciatore USA alla NATO e inviato speciale nel 2019 per i negoziati in Ucraina, che sostiene che la strategia attuale che stiamo proseguendo sia volta a far resistere l'Ucraina ancora per qualche mese, a congelare il conflitto, per poi lanciare una controffensiva, grazie anche alle armi che noi stiamo fornendo.

Ora, Presidente, vorrei ricordare che, innanzitutto, è importante che, su decisioni così rilevanti, siano il Presidente e i Ministri competenti a venire, non soltanto a informare il Parlamento, ma anche a coinvolgerlo, per far sì che le decisioni vengano prese per la popolazione e per il popolo italiano. Voglio anche ribadire quello che ha detto poc'anzi proprio il Presidente Fico, che ha ribadito – cito le testuali parole - che “il dibattito parlamentare è un dibattito importante, perché vi partecipano tutte le forze politiche, in rappresentanza dei cittadini”. Dunque, vorrei chiedere nuovamente al Ministro che venga qui a riferire e a informarci e che il Parlamento sia più coinvolto. Voglio anche ribadire, in questa sede, che i cittadini hanno più volte espresso la loro decisione: “no” alla guerra, “no” all'invio di armi, “no” alla continuazione di questo conflitto e alla distruzione e alla devastazione dell'Ucraina, “sì” alla pace e “sì” al dialogo. Anzi, ci venga a riferire ciò che, in questo momento, il Governo sta facendo, per quanto concerne il dialogo, i negoziati e la pace, perché, finora, si sente soltanto parlare di armi e per niente di pace.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.

MATTEO DALL'OSSO (FI). Grazie, Presidente. Vorrei ricordare a me stesso, a quest'Aula, al Ministro Brunetta e al Ministro Orlando che, dal 1° luglio, per le persone fragili non sarà più possibile lavorare in smart working nel settore pubblico, come previsto dalla legge n. 52 del 2022. Oggi è il 29 giugno, al 1° luglio mancano ancora due giorni. Questi lavoratori fragili già lavoravano in smart working, quindi estendere questa modalità di lavoro non avrebbe alcun costo, anzi per le pubbliche amministrazioni (PA), rappresenterebbe un risparmio. Oggi, peraltro, i contagi stanno aumentando e risalendo.

Se non prorogherete la misura dello smart working, come tutela per i lavoratori fragili, se qualcuno di loro dovesse ammalarsi di COVID o subire danni alla salute, conseguentemente al contagio da COVID, come parlamentare, vi riterrò direttamente responsabili e mi troverò costretto ad azionare tutte le leve che la Costituzione e il diritto prevedono per chiedere la verifica delle vostre responsabilità per discriminazione ed attentato alla salute dei lavoratori fragili. Sono tre giorni che formulo lo stesso appello, che ho sempre consegnato al Governo; lo farò anche questa volta.

PRESIDENTE. Non essendo ancora decorso il termine di preavviso previsto per le votazioni con il procedimento elettronico, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 9,30. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 9,10, è ripresa alle 9,35.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2598 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) (Approvato dal Senato) (A.C. 3656​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3656: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ziello. Ne ha facoltà.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Grazie, Presidente, sull'ordine dei lavori. La questione riguarda il testo sulla riforma della cittadinanza. A noi risulta che il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato da lei alle ore 12 di questa mattina. Le faccio presente che il mandato al relatore è stato conferito dalla Commissione ieri sera alle 21,30. Ieri sera, alle 21,30, come sa, perché era in capigruppo insieme agli altri presidenti di gruppo e ai delegati d'Aula presenti, non abbiamo avuto tempo per depositare i nostri emendamenti perché eravamo impegnati con le attività di Assemblea, che sono durate fino alle 23,30. Questa mattina, naturalmente, saremo impegnati in un altro percorso di votazione che ci rende impossibilitati a depositare i nostri emendamenti. È vero che ci sono emendamenti che abbiamo presentato già in Commissione, ma è chiaro che ogni deputato e ogni deputata ha il diritto di presentare nuovi emendamenti per la stessa Assemblea, considerando il fatto che, prima di conferire il mandato al relatore, è stata apportata una serie di modifiche, dirimenti al testo, che sono funzionali anche a cambiamenti profondi della stessa legge. Quindi, mi sembra alquanto sbagliato fissare come termine le 12; le chiediamo, quantomeno, di allungare questo termine, arrivando anche alla parte pomeridiana, perché, oggettivamente, al di là di qualsiasi questione politica, non ci è consentito presentare emendamenti perché siamo qui, insieme a lei, in Assemblea, signor Presidente.

Considerando il fatto che è un testo su cui noi, ovviamente, faremo tanta opposizione - perché, secondo noi, non è la priorità dell'Italia quella di cambiare la legge sulla cittadinanza, dal momento che il nostro Paese, attualmente, ha altre priorità e non è certamente la priorità dell'Italia quella di modificare il testo sulla cittadinanza per rilasciarla in forma facile, come vorrebbero il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle - le chiediamo, quantomeno, di garantire il nostro diritto parlamentare di cercare di depositare ulteriori emendamenti funzionali a migliorare questo testo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lollobrigida. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Presidente, colgo l'occasione dell'intervento sull'ordine dei lavori del collega della Lega per denunciare un fatto. In queste ore, stiamo frettolosamente discutendo del destino degli italiani; si è discusso evidentemente poco. Nell'ordine del giorno che tra poco verrà discusso, abbiamo richiamato la necessità di trattare in termini strategici la vicenda del Piano - non è ancora stato fatto in questo Parlamento - e chiediamo, ovviamente, di trattare un tema così importante, invitando a calendarizzare, a programmare una discussione approfondita, che è mancata per responsabilità esclusiva di un Governo che agisce per decretazione, non coinvolgendo l'Aula.

Però la cosa più grave che registriamo in queste ore è l'irresponsabilità della maggioranza Draghi - ripeto, l'irresponsabilità della maggioranza Draghi - che, di fronte a una crisi economica, a un aumento dei prezzi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), a una situazione che gli italiani leggono drammatica, porta in Aula, nella giornata di oggi, la liberalizzazione della droga e la cittadinanza agli immigrati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Queste sono le priorità della maggioranza Draghi! Fratelli d'Italia è una forza politica che chiede a questo Parlamento di discutere della realtà economica e rende corresponsabili tutti quelli che appoggiano un Governo e una maggioranza che si è data queste priorità. Noi chiediamo non di emendare, di cancellare dal calendario di quest'Aula questi obbrobri: non è il tempo, non è il momento di parlare di argomenti che non siano le strategie e gli interessi degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Invitiamo le forze che con noi si sono battute contro questi temi ad evitare che, con la loro complicità, passino norme che violano i principi più importanti e sacri della nostra cultura italiana (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3656​)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Ricordo che, nella seduta di ieri, è stato da ultimo accantonato l'ordine del giorno n. 9/3656/47 De Toma.

Passiamo, quindi, all'ordine del giorno n. 9/3656/48 Meloni, accolto dal Governo come raccomandazione. Prego, sottosegretario Sasso.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Solo per comunicare che su tre ordini del giorno il parere è cambiato. Sull'ordine del giorno n. 9/3656/71 Bucalo, il parere diventa favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Lo stesso dicasi per l'ordine del giorno n. 9/3656/72 Frassinetti, il cui parere diventa favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Infine, l'ordine del giorno n. 9/3656/75 Covolo viene accolto come raccomandazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Sull'ordine del giorno n. 9/3656/48 Meloni.

PRESIDENTE. Prego.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Richiamando le parole del nostro capogruppo Lollobrigida circa le priorità che riteniamo essenziale affrontare per la nostra Nazione, chiediamo che questo ordine del giorno venga votato in parti separate, in particolare la premessa separata dall'impegno. Infatti, se comprendiamo il fatto che ci possa essere una diversa sensibilità sulla premessa, non comprenderemmo le diverse sensibilità, invece, sull'impegno che chiede, in maniera netta, al Governo, che dà la possibilità al Governo di andare in sede di Commissione UE a chiedere una rimodulazione degli obiettivi del PNRR per aggiornarli alla crisi che stiamo attraversando (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Il Governo? Deve dire se il parere è favorevole, contrario o se si rimette all'Assemblea.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Mi rimetto all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo quindi ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/48 Meloni, limitatamente al dispositivo, sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Poiché è stato respinto il dispositivo dell'ordine del giorno, non ne saranno messe in votazione le premesse.

Ordine del giorno n. 9/3656/49 Prisco, accolto come raccomandazione.

Ha chiesto di parlare il deputato Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Grazie, Presidente. Io non capisco, signor sottosegretario. Immagino che l'istruttoria sia stata fatta dagli uffici, ma chiedo a lei, come persona intelligente, perché venga accolto come raccomandazione e non accettato un ordine del giorno che sostanzialmente riporta al senso di realtà una trappola burocratica. Io non vorrei che si fermassero i programmi di riqualificazione delle periferie e dei quartieri contro il degrado per favorire la sicurezza in tutte le nostre città a causa, da un lato, dell'aumento dei costi e, dall'altro, di un inceppamento burocratico.

Chiediamo, quindi, di inserire almeno in un ordine del giorno - visto che gli emendamenti non li abbiamo potuti approvare - un'indicazione al Governo per trovare una soluzione che possa dare ai sindaci delle nostre città la possibilità non di avere più risorse ma di utilizzare le risorse che già hanno nei propri bilanci, per continuare nei programmi e nei processi di riqualificazione dei quartieri e delle città e per garantire più sicurezza ai cittadini di tutte le città interessate dal progetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il sottosegretario Sasso. Ne ha facoltà.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Presidente, mi rimetto all'Aula.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/49 Prisco. Il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Ordine del giorno n. 9/3656/50 Lollobrigida, parere favorevole con riformulazione: la accetta? Va bene.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/51 Foti, parere contrario del Governo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/51 Foti, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Ordine del giorno n. 9/3656/52 Gemmato, parere favorevole con riformulazione. Prendo atto che il deputato Gemmato accetta la riformulazione.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/53 Silvestroni.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/53 Silvestroni, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Ordine del giorno n. 9/3656/54 Trancassini, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/3656/55 Osnato, parere contrario.

Ha chiesto di parlare il deputato Osnato. Ne ha facoltà.

MARCO OSNATO (FDI). Lo ritiro.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno n. 9/3656/55 Osnato è ritirato.

Ordine del giorno n. 9/3656/56 Mantovani, accolto come raccomandazione; va bene.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/57 Galantino.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/57 Galantino, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/58 Butti, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Ordine del giorno n. 9/3656/59 Caiata, accolto come raccomandazione; accolta, va bene.

Ordine del giorno n. 9/3656/60 Delmastro Delle Vedove, favorevole con riformulazione; va bene.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/61 Donzelli.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/61 Donzelli, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/62 Ferro, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Ordine del giorno n. 9/3656/63 Lucaselli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/3656/64 Montaruli, accolto come raccomandazione. Si insiste per la votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/64 Montaruli, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Ordine del giorno n. 9/3656/65 Rotelli, accolto come raccomandazione; va bene.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/66 Rachele Silvestri.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/66 Rachele Silvestri, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Ordine del giorno n. 9/3656/67 Vinci: parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/3656/68 Zucconi: parere contrario.

Ha chiesto di parlare il deputato Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Grazie, signor Presidente. Signor sottosegretario, veramente non capiamo il senso generale di questo “no”, anche perché, in questo caso, si tratta di impianti fotovoltaici da installare nelle aziende, in maniera particolare sulle coperture dei capannoni - noi abbiamo migliaia di chilometri quadrati di capannoni in zone artigianali e industriali -, dove si potrebbero tranquillamente allocare impianti fotovoltaici. Sono aziende energivore; in questo caso, si parla, in particolare, di aziende che provvedono allo stoccaggio e immagazzinamento di prodotti alimentari, quindi, sono aziende che consumano molta energia.

All'articolo 24-bis si prevede un contributo in favore di infrastrutture sportive e piscine per la realizzazione di questi impianti, bene; ancora, all'articolo 8 del “decreto Aiuti” si prevede la concessione di aiuti in favore delle imprese del settore agricolo, zootecnico e agroindustriale; è una proposta di Fratelli d'Italia anche quella di sfruttare gli impianti serricoli per andare ad allocare impianti fotovoltaici. Allora, in questo caso si parla di un altro tipo di aziende estremamente energivore, ma si parla di queste aziende come si parla del criterio generale che ci porterebbe, invece, - come fate voi, pare - a seguire, non so, la pubblicità di Amazon che si vanta di realizzare impianti fotovoltaici in terreni agricoli; ecco, invece di andare nel senso del consumo del terreno, proponiamo di andare a usare le coperture dei magazzini artigianali e industriali, intanto, per poter realizzare questi impianti fotovoltaici.

Allora, altro che rivoluzione verde; ci pare che il Governo non riesca ad adottare nessun tipo di logica se non quella di Attila, cioè non deve crescere più neanche un filo d'erba sotto questo profilo, perché certo che sono più convenienti, ma consumano territorio. Allora, perché il Governo dice e si vanta di volere intraprendere la transizione, la rivoluzione verde e, a un semplice ordine del giorno, che prevede di sfruttare le coperture dei capannoni industriali, di contribuire, di aiutare e di agevolare la realizzazione di questi impianti, dice un semplice “no”; non è una raccomandazione, non è un indirizzo generale. Veramente, siete assurdi, com'è assurda la pubblicità di Amazon, uguali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/68 Zucconi, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Ordine del giorno n. 9/3656/69 Bellucci: parere contrario.

Ha chiesto di parlare la deputata Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, siamo un po' sorpresi di questo parere contrario così netto; il tema che trattava l'ordine del giorno è la dispersione scolastica. Abbiamo visto cosa c'è in questo PNRR, e - come sa - il nostro parere è assolutamente contrario rispetto a quello che ha posto in essere il Governo, soprattutto rispetto alla mancanza di un puntuale e certo ascolto delle categorie di settore, delle parti sociali, di tutto quel mondo che si occupa della protezione dei più fragili e nei più fragili ci sono certamente anche i minori.

Con questo ordine del giorno, quindi, al di là e insieme alla materia del reclutamento e della formazione del personale, intendevamo porre alla vostra attenzione il tema della dispersione scolastica; è un dramma che affligge l'Italia, con delle differenze importanti in funzione dell'area geografica; si tratta di una difficoltà che caratterizzava anche il periodo pre-pandemico ma che con la pandemia, lo sappiamo bene, ha raggiunto dei livelli eccezionali.

La povertà educativa si esplica in tanti modi diversi, certamente anche con il problema della dispersione scolastica e, allora, volevamo che lei potesse accogliere questo ordine del giorno per prendere un impegno, come Governo, e, quindi, poter mettere al centro, anche del PNRR, la tematica della dispersione scolastica attraverso una serie di iniziative puntuali che dia spazio e certezza a una problematica che affligge le famiglie, la scuola e i minori. Quindi, auspicavamo un accoglimento nella formula piena, ma chiediamo almeno una riformulazione, se parti di questo ordine del giorno, magari, non sono in piena sintonia; certo, ci sorprendiamo perché diciamo cose di buonsenso; oltretutto, abbiamo anche fatto riferimento a quello che viene proposto dal presidente dell'impresa sociale “Con i Bambini” che ha maturato un'esperienza in tale settore; quindi, eravamo forti non soltanto delle nostre idee, ma anche del confronto con il mondo del Terzo settore, l'associazionismo, la scuola e gli operatori della scuola. Nel caso in cui, però, ci fossero delle divergenze, avremmo comunque auspicato una possibile riformulazione, ma il tema secondo noi non era da rigettare, non era un tema che meritasse un parere contrario tout court.

Quindi, le chiedo, sottosegretario, se vuole, di prendersi un pochino più tempo, sappiamo che a volte gli uffici danno pareri anche con una tempistica che non fa sviscerare bene la materia, se può lo accantoni, altrimenti le chiedo di ripensare comunque a questo parere contrario (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Il Governo?

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Mi rimetto all'Aula.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/69 Bellucci, sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/70 Giovanni Russo, con il parere contrario del Governo.

Ha chiesto di parlare il deputato Giovanni Russo. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO (FDI). Signor Presidente, davvero mi domando come si possa avere un parere contrario al mio ordine del giorno, che mira a rilanciare il Mezzogiorno d'Italia e che, nella premessa, chiede di sfruttare questo momento, perché si tratta di un'occasione da non sprecare per abbattere il gap economico delle regioni del Mezzogiorno d'Italia e per valorizzare al meglio le potenzialità all'interno di una strategia complessiva, finalizzata all'obiettivo di rendere l'Italia l'hub europeo del Mediterraneo.

Mi domando quale disegno perverso possa portare ad avere un parere contrario su questo ordine del giorno. Chiedo l'attenzione del Governo, chiedo l'attenzione del Governo… Per cui chiedo l'accantonamento, una riformulazione; in realtà, chiedo l'accoglimento di questo ordine del giorno, perché non è possibile pensare di lasciare il Mezzogiorno così com'è e non integrarlo all'interno di una strategia che permetta il suo rilancio.

Dobbiamo pensare che il Governo Draghi si rifiuti di portare sviluppo nel Mezzogiorno? Dobbiamo pensare che il Governo Draghi si opponga a qualsiasi strumento di rilancio del Sud Italia? Questo dobbiamo pensare? Pertanto, chiedo a tutti voi, colleghi dell'Aula, di votare in maniera convinta il mio ordine del giorno, perché veramente non è possibile considerare sempre il Sud come la Cenerentola del nostro Paese.

PRESIDENTE. Sottosegretario Sasso?

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Parere contrario.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/70 Giovanni Russo, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Ordine del giorno n. 9/3656/71 Bucalo: parere favorevole con riformulazione. Viene accettata.

Ordine del giorno n. 9/3656/72 Frassinetti: parere favorevole con riformulazione. Viene accettata.

Ordine del giorno n. 9/3656/73 Devis Dori: parere favorevole con riformulazione. Viene accettata.

Ordine del giorno n. 9/3656/74 Tasso: parere favorevole con riformulazione. Non la accetta. Passiamo, quindi, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/74 Tasso, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

L'ordine del giorno n. 9/3656/75 Covolo è accolto come raccomandazione. Va bene.

Sull'ordine del giorno n. 9/3656/76 Alessandro Pagano, il parere è favorevole.

L'ordine del giorno n. 9/3656/77 Patassini è accolto come raccomandazione: va bene.

L'ordine del giorno n. 9/3656/78 Polverini è accolto come raccomandazione. Ha chiesto di parlare il rappresentante del Governo. Ne ha facoltà.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Mi scusi, Presidente, già ieri avevamo modificato il parere sull'ordine del giorno n. 9/3656/78 Polverini in favorevole.

PRESIDENTE. Quindi, il parere cambia in favorevole.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/79 Varchi, accolto come raccomandazione. La deputata Varchi chiede di parlare. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Intervengo su questo ordine del giorno perché credo che al sottosegretario - anche per provenienza territoriale, essendo pure lui di una regione del Sud - sia sfuggito il senso dell'impegno.

In merito agli impegni che ho scritto nel mio ordine del giorno, proprio in quest'Aula, proprio in occasione di un question time con il Ministro per il Sud, ho avuto occasione di confrontarmi con il Governo. Gli impegni di questo ordine del giorno sono volti: a supportare le amministrazioni locali coinvolte nella progettazione ed esecuzione di progetti finanziati con il PNRR; a garantire il soddisfacimento del fabbisogno, indipendentemente dalla previsione di bandi, per ridurre le disparità territoriali e favorire la coesione sociale; a garantire almeno il 50 per cento dei fondi del PNRR al Sud. Sono tutte cose che il Ministro di questo Governo ha assicurato che avrebbe fatto proprio in quest'Aula, rispondendo a un question time che ho avuto occasione di porre.

Purtroppo, però, già dall'espletamento dei primi bandi - ne cito due su tutti: asili nido e impianti sportivi - si è visto che, o per la errata formulazione dei bandi, o per la difficoltà di tanti enti locali del Sud, data la carenza di un organico adeguato per partecipare a questi bandi, di fatto, al Sud è stato destinato o sarà destinato forse poco più del 20 per cento. Non solo lo dicono le numerose inchieste giornalistiche che in queste settimane e in questi mesi hanno riempito i quotidiani che hanno a cuore le sorti del Sud, ma lo ha denunciato anche il presidente di Svimez.

Ciò significa che questo Governo non ha capito che la coesione sociale si avrà soltanto nel momento in cui, in questa occasione unica ed irripetibile del Piano di ripresa e resilienza, saranno colmati i divari che in questo momento affliggono le regioni del Sud.

Quindi, o in questo momento storico si colma questo divario e si consente al Sud di camminare alla stessa velocità delle altre regioni, il che ovviamente significa cambiare marcia per l'intera Nazione, perché i divari a discapito delle regioni del Sud non sono solo un problema per chi quelle regioni le vive, ma sono soprattutto un problema per la Nazione, che ovviamente si trova a correre a due velocità… Però, signor Presidente, io chiedo di essere ascoltata e di poter recuperare questo tempo.

PRESIDENTE. Deputati, per favore…

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Quindi, Presidente, tramite lei, io mi rivolgo al sottosegretario, che so avere a cuore le questioni del Sud, perché l'ho sentito più volte difenderle in quest'Aula e sui territori.

Allora, la mia richiesta è di rivedere il parere dato su questo ordine del giorno - se può servire chiedo anche la votazione per parti separate - perché sono impegni già assunti dal Governo con il labiale in quest'Aula, peraltro anche in diretta Rai, di fronte a milioni di cittadini che ascoltavano.

Quindi, delle due l'una: o quello che viene detto in diretta davanti ai cittadini durante il question time non vale, e poi all'atto pratico questo Governo, attraverso i bandi, attraverso ogni iniziativa, non vuole garantire che al Sud vadano le risorse necessarie per colmare i divari; oppure questo Governo intende farlo, si impegna a rivedere tutto ciò che non ha funzionato - ripeto, ho fatto due esempi eclatanti: asili nido e sport – e, in quel caso, è necessario rivedere il parere sul mio ordine del giorno.

Ripeto, possiamo anche accantonarlo, sono disponibile a chiedere la votazione per parti separate, però, francamente, credo che gli italiani meritino chiarezza. Non è un problema di questione meridionale, ma è una questione che riguarda l'Italia intera.

Quindi, o si utilizzano questi fondi in maniera intelligente per colmare il divario, oppure ancora di più esso aumenterà in maniera - temo - irreversibile, e il Governo Draghi ovviamente avrà tutta la responsabilità politica e storica di questa scelta.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Parere contrario.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/79 Varchi, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Ordine del giorno n. 9/3656/80 Maschio: il parere è favorevole con riformulazione. Viene accettata.

Ordine del giorno n. 9/3656/81 Rampelli: il parere è favorevole.

Ordine del giorno n. 9/3656/82 Baldini: il parere è favorevole con riformulazione. Viene accettata.

Ordine del giorno n. 9/3656/83 Vitiello: accolto come raccomandazione. Va bene.

Ordine del giorno n. 9/3656/84 Caretta: il parere è favorevole con riformulazione. Va bene.

Ordine del giorno n. 9/3656/85 Ciaburro: il parere è favorevole con riformulazione. Va bene.

Ordine del giorno n. 9/3656/86 Sodano: il parere è contrario.

Ha chiesto di parlare il deputato Sodano. Ne ha facoltà.

MICHELE SODANO (MISTO). Grazie, Presidente. Mi stupisco del parere contrario su questo ordine del giorno, perché quello che chiedo è semplicemente di utilizzare i fondi del PNRR per completare la strada statale Palermo-Agrigento e per dare un cronoprogramma, anteponendo questo completamento alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.

Reputo assurdo questo parere contrario, perché voi state dicendo che un'opera che ancora non esiste e di cui bisogna discutere, come un ponte sullo Stretto di Messina - che non è una priorità rispetto ai problemi dei siciliani - deve essere completata prima della Agrigento-Palermo, che, per ricordare, è un'opera i cui lavori di rifacimento sono cominciati nel 2013, quando io avevo 14 anni - adesso ne ho 33, giusto per dare così un orizzonte temporale - ed è una strada fondamentale per un territorio, come quello di Agrigento, sprovvisto di aeroporti e di università. È un problema che vivono quotidianamente non solo i siciliani, ma chiaramente anche tutti coloro che visitano la Sicilia. Quindi, questi soldi del PNRR, questi 204 miliardi, di cui ormai si parla da due anni - vedo che difficilmente si cominciano a spendere, mentre forse sarebbe l'ora - dovrebbero essere destinati prima di tutto alla realizzazione di opere fondamentali per la viabilità di un territorio come quello della Sicilia.

In questo ordine del giorno non vi chiedo di non fare il ponte sullo Stretto di Messina. Facciamo una valutazione dopo, ma, quantomeno, che non sia una priorità rispetto al completamento di un'opera fondamentale come la Palermo-Agrigento, un cantiere - ripeto - aperto dal 2013. Si tratta di 100 chilometri, che in questi anni hanno creato enormi disagi al popolo siciliano e non solo: le strade non sono in sicurezza, ci sono centinaia di morti che bagnano con il loro sangue quelle strade. Prego il Governo di rivalutare il parere di questo ordine del giorno, prego i colleghi parlamentari di condividere con me che, prima del ponte dello Stretto di Messina, bisognerebbe completare le strade fondamentali della regione Sicilia, soprattutto quelle i cui lavori sono partiti nel 2013 (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/86 Sodano, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Ordine del giorno n. 9/3656/87 Zanella: accolto come raccomandazione. Va bene.

Ordine del giorno n. 9/3656/88 Gusmeroli: accolto come raccomandazione. Va bene.

Ordine del giorno n. 9/3656/89 Mollicone: parere favorevole con riformulazione. Ha chiesto di parlare il deputato Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Accetto la riformulazione, ma chiedo il voto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/89 Mollicone, con il parere favorevole del Governo così come riformulato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

Sugli ordini del giorno n. 9/3656/90 Gastaldi e n. 9/3656/91 Viviani, vi è un invito al ritiro: sono stati ritirati.

Ordine del giorno n. 9/3656/92 Cavandoli: parere favorevole con riformulazione. Viene accolta. Ordine del giorno n. 9/3656/93 Bond: parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello: parere contrario.

Ha chiesto di parlare la deputata Siragusa. Ne ha facoltà.

ELISA SIRAGUSA (MISTO-EV-VE). Grazie Presidente, solo per attirare l'attenzione dell'Aula su questo ordine del giorno, su cui vi è parere contrario, che riguarda un tema molto importante: la siccità. Io vengo da una regione, dalla Lombardia, che sappiamo benissimo essere molto colpita dalla siccità. Anche il mio comune, qualche settimana fa, ha fatto un'ordinanza per limitare l'utilizzo dell'acqua. Questo ordine del giorno parla proprio di questo, parla del problema della siccità, parla della situazione idrica. Io penso che meriti l'attenzione del Parlamento e mi auguro che ci possa essere una rivalutazione del parere su questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Mi permetto di sollecitare al Governo una revisione del parere, perché mi pare che il tema sia all'ordine del giorno. Nel testo presentato dai colleghi di Europa Verde non ci sono temi non accettabili e credo che il Governo debba accantonarlo o comunque rivedere il parere.

PRESIDENTE. Governo? Sentiamo prima il Governo.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Parere contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ehm. Ne ha facoltà.

YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie Presidente, innanzitutto per sottoscrivere questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Colleghi! Sta parlando la deputata Ehm, ora segniamo.

YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Per sottoscriverlo e per ricordare che questo ordine del giorno tratta un tema importante. Ne stiamo parlando tutti i giorni: il problema della siccità, il problema di dare risposte concrete, non soltanto a breve termine, ma anche nel medio e lungo termine.

Di fatto, questo ordine del giorno chiede semplicemente di istituire una cabina di regia, di monitorare lo stato di attuazione del PNRR, ma anche di fare in modo che con le risorse del PNRR possano essere avviati interventi strutturali per ridurre l'impatto della siccità in Italia nei prossimi anni. Mi risulta un tema quanto più urgente e quanto più importante, quindi avere un parere prettamente contrario da parte del Governo è assurdo in questo momento, quindi, chiederei al Governo di rivedere il parere.

PRESIDENTE. Chiede di parlare il rappresentante del Governo. Ne ha facoltà.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Presidente, sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello il Governo si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Davide Crippa. Ne ha facoltà.

DAVIDE CRIPPA (M5S). Grazie Presidente, vorrei dichiarare il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle su questo ordine del giorno. Credo anche che rimettersi all'Aula su un tema del genere sia abbastanza preoccupante, in un contesto come quello attuale. Stiamo parlando di un'emergenza idrica trasversale in tutta Italia, che sta colpendo attività produttive e che mette a rischio le culture del nostro Paese e il fabbisogno idrico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Oggi abbiamo la necessità e il dovere di dare risposte in questo senso al tema della siccità. È un tema su cui torneremo sicuramente, anche nel calendario del prossimo trimestre, però non possiamo trattarlo con estrema leggerezza, perché, oggi, a cittadini e popolazione viene razionata l'acqua di notte e parzialmente di giorno. Ci sono comuni che non hanno la capacità di distribuire risorse idriche naturalmente e devono approvvigionarsi con le autobotti. È un tema centrale, per cui io credo opportuno che tutti insieme votiamo favorevolmente su un tema veramente importante, su cui l'azione di Governo deve in maniera puntuale articolarsi con dei piani precisi. Ci sono già anche alcuni elementi chiari nel PNRR, che parlano di bacini e di serbatoi di accumulo, di necessità di pianificare la risorsa idrica. Immaginare lo spreco di acqua pubblica con l'80 per cento di dispersione della risorsa idrica, da quando viene prodotta e accumulata a quando viene poi distribuita, a mio avviso, è una follia.

La carenza di questi giorni, di questo periodo dimostra come un tema, che abbiamo posto da tanto tempo, purtroppo - dico “purtroppo” - diventi centrale nel dibattito pubblico, perché ne viene meno l'approvvigionamento stesso. Quindi, il MoVimento 5 Stelle su questo tema voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA (PD). Grazie, Presidente. Anche il Partito Democratico ritiene opportuno un pronunciamento favorevole sugli impegni che vengono chiesti al Governo. La situazione di estrema criticità legata alla siccità che sta colpendo molte aree del Paese, e in particolare del Nord Italia, richiede un'attenzione specifica, con riferimento alla quale il Governo, il sistema della Protezione civile e il sistema delle regioni stanno discutendo proprio in queste ore per definire i passaggi opportuni e necessari per affrontare la situazione contingente di emergenza, ma anche adottare delle politiche strutturali per fronteggiare la siccità. Mi permetto solo di evidenziare al sottosegretario, che ha deciso di rimettersi al pronunciamento dell'Aula, forse l'opportunità di chiarire nel primo impegno dell'ordine del giorno un passaggio più puntuale sulla definizione dello stato di emergenza.

Sappiamo che non tutto il territorio nazionale si trova nelle stesse condizioni; le procedure per la dichiarazione dello stato di emergenza sono quelle definite dal Codice della Protezione civile, e quindi forse sarebbe più opportuno riformulare l'impegno, chiedendo di adottare le opportune iniziative per dichiarare lo stato di emergenza in funzione delle specifiche situazioni del territorio nazionale. Annuncio comunque il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Maglione. Ne ha facoltà.

PASQUALE MAGLIONE (IPF). Grazie, Presidente. A nome del gruppo Insieme per il Futuro, vorrei dichiarare chiaramente il voto favorevole su questo ordine del giorno, perché, visto il contesto in cui ci troviamo, è naturale e d'obbligo da parte del Parlamento porre un'attenzione importante su questo tema. Il tema della siccità sta condizionando tutte le attività umane in questo momento all'interno della nostra Nazione, quindi è fondamentale avviare sicuramente un piano nazionale perché è necessario e doveroso che vi siano una strategia e una cabina di regia nazionale, ma soprattutto pianificare e valutare come utilizzare le risorse previste all'interno del PNRR. Detto questo, annuncio il voto favorevole e la sottoscrizione dell'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Insieme per il Futuro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Vorrei sottoscrivere, a nome del gruppo Liberi e Uguali, l'ordine del giorno, rinnovando però l'invito che ha rivolto la collega Braga al Governo a modificare la sua decisione con la modifica del primo impegno, e quindi esprimendo parere favorevole, perché credo che nessuno in quest'Aula possa negare l'esistenza dell'emergenza idrica. Non più tardi della scorsa settimana da tutti i banchi è stata chiesta un'informativa del Governo. Credo che negare l'evidenza sia sbagliato in radice.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cortelazzo. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO CORTELAZZO (FI). Presidente, da circa tre anni non appartengo al “partito” degli ordini del giorno, perché ne presentai tre identici e ottenni: un “sì”, una riformulazione e un “no”, per cui ho capito che, per quanto mi riguarda, non è la strada opportuna. Chiaro che voterò e chiederò di votare l'ordine del giorno sull'emergenza idrica, ma dobbiamo anche essere seri e immaginare che, con l'ordine del giorno, non abbiamo risolto assolutamente nulla. E non è riferito ai colleghi dell'opposizione, che non hanno altri strumenti (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Lega-Salvini Premier), ma ci vogliono quattrini, vere azioni per porre in essere infrastrutture idriche, oltre tutti i decaloghi corretti per il risparmio dell'acqua, per il non consumo (non lavare la macchina, ad esempio). Ma già parlare il 29 di giugno di crisi e siccità è una follia, perché, fra due mesi, molto probabilmente, scavalleremo l'estate.

Allora, se siamo seri e vogliamo essere anche conseguenti, predisponendo azioni vere, dobbiamo immaginare strumenti, che non spetta a me trovare, risorse per porre in essere quelle azioni che possano evitare, in prospettiva, di attingere acqua dal Po, dall'Adige, nel caso dei territori del Veneto, ma, scorrendo il percorso del Po, anche Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, altrimenti, se pensiamo di risolvere con lo slogan “abbiamo approvato l'ordine del giorno, abbiamo risolto il problema della siccità idrica”, non abbiamo risolto assolutamente nulla. Ci vogliono soldi, quattrini e idee e, siccome la situazione, nella prospettiva degli anni prossimi, sarà molto probabilmente, se non analoga, peggiore, spero si arrivi ad immaginare un piano di emergenza a marzo, a febbraio, e non in pieno giugno.

Poi mi ricordava il collega Nevi che c'è anche un piano che mi pare i colleghi della Commissione agricoltura avevano anche inoltrato al Governo, come Forza Italia, ma, al di là della bandierina, vanno individuate risorse vere, spendibili domani mattina, perché ci sono tantissimi progetti in giro per l'Italia, seri, che vanno nella direzione di risolvere il problema dell'emergenza idrica, al di là del fatto che poi l'ordine del giorno lo voterò; non lo sottoscrivo per una questione esclusivamente formale, ma invito anche a votarlo. Ma non abbiamo risolto nulla con l'ordine del giorno; abbiamo affrontato, come tante altre volte, il problema, ma ci vogliono quattrini. Mi pare che la Ministra Carfagna abbia anche buone iniziative in tal senso: spero che il Governo e la maggioranza le sostengano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il sottosegretario Sasso. Ne ha facoltà.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Per comunicare la modifica del parere sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello in favorevole con riformulazione: “per valutare l'opportunità di” (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Caiata. Ne ha facoltà.  

SALVATORE CAIATA (FDI). Grazie, Presidente. Per sottoscrivere questo ordine del giorno che, come diceva il collega Cortelazzo, è chiaro che non risolve il problema, però ci dà la dimensione politica del problema. Mi permetta, Presidente, abbiamo assistito in questo momento al teatrino dell'assurdo, perché la Commissione europea, già da marzo, aveva allertato sul tema della siccità, e questo Governo non ha fatto nulla, perché mai nulla si fa prima, se non gestire l'emergenza. E oggi vediamo come questo Governo, che non aveva fatto nulla, si fa richiamare da un ordine del giorno dell'opposizione e poi corre dietro, dichiarando e sostenendo questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) che aveva prima il parere contrario, poi sullo stesso il Governo si è rimesso all'Aula e, poi, davanti a un atteggiamento incomprensibile, diventa favorevole. Per cui noi lo sosteniamo e lo voteremo, però è evidente che c'è una mancanza fondamentale del Governo Draghi sul tema della siccità e su tutto il tema delle reti idriche (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fioramonti. Ne ha facoltà.  

LORENZO FIORAMONTI (M-MAIE-PSI-FE). Grazie, Presidente. Prima di tutto per indicare la volontà di sottoscrivere questo ordine del giorno; poi per sottolineare come, purtroppo, tutti gli ordini del giorno hanno questa poca capacità di incidere, vista la deformazione del percorso politico e istituzionale del nostro Paese. Siamo qui da ieri sera a votare ordini del giorno: se l'opinione condivisa è che gli ordini del giorno non valgono nulla - mi riferisco soprattutto a coloro che hanno applaudito l'intervento precedente - a questo punto vale per tutti gli ordini del giorno, non soltanto per questo. I parlamentari oggi hanno pochi strumenti per incidere, l'ordine del giorno è forse l'unico che permette loro un minimo di voce. Il dibattito di questa mattina dimostra che il Governo non aveva fatto i compiti per casa, perché si sta rendendo conto che aveva espresso un parere negativo su un ordine del giorno, non solo serio, ben costruito, ma anche estremamente attuale; poi dimostra che, se non svolgessimo noi questo dibattito, di certi temi non si parlerebbe proprio. Temi che incidono in maniera così grave sulla vita quotidiana non solo di tanti cittadini italiani, ma, lo dico anche ai colleghi del centrodestra, soprattutto nelle regioni dove loro hanno tanto consenso.

È paradossale che oggi si dica, anche con un applauso, che un ordine del giorno sulla siccità – e abbiamo presentato ordini del giorno su tutti i temi pensabili di questo provvedimento - non valga la pena sostenerlo, quando sono i cittadini, soprattutto del Centro-Nord, a soffrire per il razionamento dell'acqua, quando sono le imprese, soprattutto del Centro-Nord, a soffrire per il razionamento delle risorse idriche e quando viviamo in un Paese che, come è stato detto, disperde ormai da decenni la risorsa più importante, con un sistema infrastrutturale che è fatiscente. Se non è il PNRR, dove ci sono i quattrini, che deve risolvere questi problemi, qual è allora il piano di ripresa e resilienza che può rilanciare questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco)? Quindi, oggi, o si approva questo ordine del giorno, sottosegretario, senza la riformulazione “a valutare l'opportunità di” - anzi, invito lei a valutare la possibilità di chiamare velocemente i suoi referenti in Consiglio dei Ministri e a modificare il parere in un parere favorevole tout court o, al massimo, secondo la riformulazione indicata dai colleghi del Partito Democratico - oppure si vota a favore dell'ordine del giorno così come è stato scritto e lo si vota all'unanimità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco)!

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Silli. Ne ha facoltà.

GIORGIO SILLI (MISTO-VI-ICT). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, associandomi al collega Cortelazzo, in quanto anch'io penso che gli ordini del giorno incidano veramente poco e, ahimè, oggi servano realmente a poco. Ma c'è un'aggravante - l'ho fatto presente già diverse altre volte in Aula - relativa alle questioni che riguardano le interrogazioni pendenti: ci sono interrogazioni parlamentari al Governo e ai vari Ministri pendenti da tre o quattro anni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Faccio una raccomandazione alla Presidenza affinché crei, anche in maniera emergenziale, una sorta di ufficio che vagli tutte le interrogazioni pendenti, in modo che i singoli parlamentari possano portare avanti il loro mandato. Credo che al Governo la risposta a un'interrogazione non costi niente e credo sia buona creanza, se non proprio un obbligo costituzionale, rispondere al singolo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3656​)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Presidente, intervengo per dire che non sottoscriverò un ordine del giorno di questo tipo con la premessa “a valutare l'opportunità di” perché vorrebbe dire “a valutare l'opportunità che ci sia la siccità in questo momento”, smontando punto per punto l'impegno. Lasciamo perdere il riferimento allo stato di emergenza, che doveva essere formulato in altro modo. Presidente, non so se le abbiano riferito di una richiesta unanime che abbiamo avanzato in quest'Aula nei giorni scorsi: noi abbiamo chiesto che venissero i Ministri competenti, che vi fosse una comunicazione del Governo e che la comunicazione si potesse chiudere, come si chiudono le comunicazioni, con una risoluzione e con impegni precisi. Non si è fatto nulla di questo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), il Governo qui non si è visto e non si è visto in Commissione; latita perché non sa cosa dire sul tema. Il vero problema è che noi abbiamo il fiume più lungo d'Italia, il Po, che si è ridotto ormai ad un rigagnolo; chiunque vive al Nord lo sa, lo vede. Conosciamo benissimo i problemi e conosciamo benissimo la situazione delle centrali idroelettriche, che non sono in grado di far fronte alla domanda di energia in questo momento. Di fronte a una crisi di questo tipo, è possibile che il Governo, con tutto il rispetto per il sottosegretario Sasso, cambi idea ad ogni intervento, non conoscendo la materia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Signor Presidente, sta a lei, a questo punto, visto che glielo chiediamo ufficialmente, dire al Governo di battere un colpo almeno su questo tema, che non è solo un tema relativo al PNRR ma rientra nella politica delle dighe - visto che qui si parla di piccoli e medi invasi - che è stata abbandonata negli ultimi anni. Vi è anche un problema di raccordo con le competenze regionali, che non possono non essere tenute presenti nonostante la prevalenza della competenza dello Stato su una materia importante e determinante come quella dell'energia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Chiedo quindi al Governo, per la quarta volta, di riformulare l'ordine del giorno togliendo la inutile perifrasi “a valutare l'opportunità di”. Piuttosto, si voti punto per punto, per parti separate. Il Governo ci dica se propone una riformulazione sul primo impegno ma non si può accettare la riformulazione “a valutare l'opportunità di convocare una cabina di regia”: o la si istituisce o non la si istituisce, o la si convoca, o non la si convoca ma non si può dire che si valuta l'opportunità di farlo. Penso, signor Presidente, che lei debba assumersi la responsabilità di chiedere a un Governo che, sulla fattispecie, si dimostra irresponsabile di venire in quest'Aula a chiarire, una volta per tutte, come vuole affrontare un problema che non è di oggi, che c'è stato anche negli anni passati ma che, questa volta, ha una vastità e una drammaticità che è sotto gli occhi di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (IV). Grazie, Presidente. Il sottosegretario sa che l'unico modo per modificare gli ordini del giorno è quello delle riformulazioni da parte del Governo; quindi, noi non possiamo intervenire. Per me non è cosa importante “valutare l'opportunità”. Il problema è che il primo punto secondo me andrebbe riformulato, come detto dalla collega Braga e dal collega Fornaro, perché secondo me è un punto che andrebbe espunto. Visto che il Governo può proporre delle riformulazioni, suggerirei questo.

Però, vorrei rivolgermi a tutti coloro che sono intervenuti e, in modo particolare, signor Presidente, al collega Davide Crippa, il quale sottoscrive, anche con entusiasmo, un ordine del giorno che pone l'esigenza di istituire una cabina di regia nazionale per l'emergenza idrica, affinché ci sia un monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi del PNRR - benissimo - e si predisponga un piano nazionale di piccoli e medi invasi per lo stoccaggio dell'acqua piovana e per far fronte alla progressiva diminuzione delle piogge. Vorrei comunicare all'onorevole Crippa che è vero che gli ordini del giorno - ha ragione l'onorevole Cortelazzo - non contano moltissimo ma noi siamo oggi a presentare un ordine del giorno perché dobbiamo rincorrere delle decisioni che sono state prese e che ci fanno ricominciare da capo, in modo abbastanza superficiale. Infatti, uno dei primi atti del primo Governo di questa legislatura, il Governo presieduto dal Presidente Conte e sostenuto, insieme, dal MoVimento 5 Stelle e dalla Lega, è stato quello di smantellare una struttura, una cabina di regia nazionale che aveva finanziamenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva), che era organizzata per tutta la parte del dissesto idrogeologico, con una specifica competenza esattamente riguardo alle questioni idriche, agli invasi e compagnia bella. Era una struttura messa in piedi dal Governo Renzi e potenziata dal Governo Gentiloni, nella scorsa legislatura, che aveva esattamente il compito, non di fare quello che chiede l'ordine del giorno, come diceva anche l'onorevole Foti, ma di iniziare a fare qualcosa per evitare che accada quello che è già accaduto riguardo al gas (dieci anni prima, abbiamo bloccato tutti i rigassificatori e poi, improvvisamente, dieci anni dopo, scopriamo che siamo in difficoltà perché non possiamo trattare il gas). Si è verificata la stessa cosa: avevamo una struttura che aveva i soldi, ma quei soldi sono stati tolti e sono stati spostati nei diversi Ministeri. Era una struttura ad hoc, istituita per occuparsi esattamente di queste cose. Il primo atto che ha fatto il primo Governo Conte è stato di smantellarla. Adesso, sentire l'onorevole Crippa che si appassiona al tema e ci dice quanto è importante votare questo ordine del giorno ci fa piacere, per non dire che ci fa ridere (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Vietina. Ne ha facoltà.

SIMONA VIETINA (MISTO-VI-ICT). Grazie, Presidente. Oltre a richiedere la sottoscrizione dell'ordine del giorno, vorrei sottolineare che il problema della siccità si risolve rivalutando i comuni montani, perché sono questi comuni che sono ricchi di risorse idriche ed è nella valorizzazione dei comuni montani che si può risolvere la problematica. Ovviamente, i comuni montani non hanno la capacità autonoma di progettare e programmare risorse. Ecco perché è necessaria una cabina di regia, non soltanto che programmi, ma anche che progetti i nuovi interventi sul territorio. Non sono utili soltanto gli invasi ma devono essere progettate anche grandi dighe, per guardare oltre l'immediato e per riuscire a risolvere tutte quelle necessità di un utilizzo non solo potabile ma anche di un utilizzo plurimo della risorsa, ai fini irrigui per la nostra agricoltura, per l'antincendio e per l'industria.

Quindi, a nome di tutta la componente, chiedo di sottoscrivere l'ordine del giorno, ovviamente togliendo la dicitura che “si valuti l'opportunità di”.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT (PD). Grazie, Presidente. Sul tema della siccità e dell'opportunità della dichiarazione dello stato di emergenza è intervenuta già, per il nostro gruppo, l'onorevole Braga. Io ritengo che in questo ordine del giorno, la cui efficacia è effettivamente relativa, perché gli eventi di siccità sono relativamente prevedibili, nel loro arrivo e nella loro durata, sia opportuno aggiungere un riferimento all'opportunità di - e questo può essere utile come invito verso il Governo - predisporre un piano di monitoraggio tra lo Stato e le regioni per quelle che, tra poche settimane, si presenteranno come precipitazioni catastrofiche. Noi dobbiamo anticipare un evento o eventi effettivamente dannosi e catastrofici legati a doppio filo con la siccità. Non è che non piove più: dopo la siccità, arrivano precipitazioni violente, concentrate in pochi giorni, che possono produrre danni catastrofici. E qui ci sono gli strumenti per anticipare, almeno in parte, questi eventi attraverso interventi di prevenzione, perché le risorse nel PNRR ci sono, ma ci sono soprattutto le risorse nei fondi europei, nei fondi ordinari, nei piani stralci e conosciamo la lentezza della macchina di prevenzione verso il dissesto idrogeologico e la difesa idraulica.

Qui, forse, è opportuno che il Governo predisponga, da oggi, tutti gli strumenti e tutte le azioni più opportune per fare in modo che quelle risorse siano effettivamente utilizzate, che le regioni, le province e i comuni siano messi nelle condizioni, attraverso il potenziamento delle strutture e del personale tecnico, per prevenire, attuando i piani già predisposti dalle autorità distrettuali, di difesa idraulica. Lo dico perché, nel decreto-legge n. 77 del 2021 - il primo che facemmo e che votammo sulle semplificazioni per il PNRR -, furono adottate norme di semplificazione e dati indirizzi per il potenziamento delle strutture e del personale tecnico ai comuni, che possono essere effettivamente messi in moto per tutelare le comunità, che sappiamo come sono insediate, nel nostro Paese, e come sono fatti alcuni territori, in particolare. Quindi, aggiungerei un riferimento brevissimo a questo aspetto che, nel complesso dell'ordine del giorno, può essere effettivamente di spinta e di stimolo all'azione del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Forciniti. Ne ha facoltà. Colleghi, senza commenti.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Noi di Alternativa condividiamo gli obiettivi di questo ordine del giorno, ma riteniamo che il metodo attraverso il quale si vuole raggiungerli possa anche prestarsi ad ambiguità e profili problematici, perché abbiamo capito che la proclamazione di un altro stato di emergenza poi può essere utilizzata per scavalcare le normali procedure democratiche, così come anche istituire una cabina di regia nazionale per ogni cosa in questo Paese, delegittimando sempre di più le istituzioni democratiche, è qualcosa che ci convince poco. Quindi, ci chiedevamo se fosse possibile votare per parti separate questo ordine del giorno per ognuno degli impegni che sono scritti in esso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Direi che su questo ordine del giorno la discussione è passata anche ad altri aspetti. È ovvio che Azione darà un voto favorevole a questo ordine del giorno, però ho ascoltato alcuni colleghi, Presidente - sarò brevissimo - e credo che il problema sia di prendere in considerazione, da parte sua e da parte di chi di dovere, la revisione dello strumento dell'ordine del giorno, in quest'Aula. Passiamo ore e ore, giornate intere, sapendo che sono ordini del giorno che, poi, qualcuno di noi, giustamente, usa sul proprio territorio, ma sapendo anche però che, concretamente, non si tradurranno in dati di fatto veri. Quindi, io credo appunto che ci sia la necessità di rivedere questo strumento.

Aggiungo anche - il collega Morassut mi ha anticipato – una riflessione su quello che è successo ieri, ossia che dalla siccità si passa alla catastrofe, perché, necessariamente, dopo il primo temporale forte che si verifica sul territorio, accadono le catastrofi, come quelle successe ieri in Piemonte e in Lombardia. Allora, è necessario prevedere, successivamente alla siccità, quanto succede sui territori e aggiungo anche, quindi, la cura del territorio, usando anche il personale che riceve vari sussidi, e che non fa nulla se non riceve il sussidio stesso. I comuni hanno bisogno di pulire il proprio territorio, di prepararlo alle disgrazie che capitano con i temporali furiosi che si verificano successivamente a eventi siccitosi.

Allora, io credo, Presidente, che sia necessario rivedere totalmente la problematica relativa non soltanto alla siccità, ma anche, come diceva il collega Morassut, a quello che succederà successivamente a tale fenomeno. È indispensabile farlo, nei confronti dei territori e, in modo particolare, dei comuni montani. Ricordiamoci - e finisco - che l'acqua scende sempre, non sale. Chi vive in città questo non lo capisce, mentre, invece, credo che, vivendo noi, amministratori locali, il territorio “terra terra”, queste siano cose essenziali da capire e su cui lavorare affinché non accadano più disastri come quelli che sono successi ieri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Piera Aiello. Ne ha facoltà.

PIERA AIELLO (MISTO). Intervengo solo per sottoscrivere questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, con riferimento all'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello, su cui il Governo ha cambiato parere in favorevole così come riformulato, chiedo se è accettata la riformulazione. Prego, deputata Siragusa.

ELISA SIRAGUSA (MISTO-EV-VE). Grazie, Presidente. Io condivido - l'ho sempre detto - l'idea che l'ordine del giorno sia lo strumento più debole che ha questo Parlamento. È proprio per questo motivo che non si può, su questo tema, accettare una riformulazione “a valutare l'opportunità di” (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Europa Verde-Verdi Europei). Io non accetterò, su questo ordine del giorno, “valutare l'opportunità di” affrontare questo problema, quindi chiedo di metterlo in votazione così com'è (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Europa Verde-Verdi Europei).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Baldini. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BALDINI (IV). Grazie, Presidente. Intanto, per sottoscrivere questo importante ordine del giorno, ma, soprattutto, per porre all'attenzione del Governo un'altra questione molto importante: non c'è solo l'irrigazione dei campi, ma ci sono problemi igienico-sanitari. Se continua questa siccità, l'acqua presente nei canali potrebbe arrivare al punto di diluire soltanto gli scarichi ad uso civile, con conseguenze problematiche di ordine sanitario; non dimentichiamo, in Lombardia, la legionella, che ha creato moltissimi problemi. Tutte le pandemie, le situazioni infettive dobbiamo studiarle proprio in relazione anche a questa siccità, a questa qualità dell'acqua che viene a mancare. Quindi, l'attenzione sull'aspetto igienico-sanitario è fondamentale (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ferri. Ne ha facoltà. Per sottoscrivere?

COSIMO MARIA FERRI (IV). Grazie, Presidente. Non solo sottoscrivo, ma, elegantemente, in precedenza, il collega Giachetti non si è citato, ma io lo voglio ringraziare, perché non è vero che non parliamo di questi temi. L'altro giorno, ho ascoltato una trasmissione a Radio Leopolda sul tema della siccità, è intervenuto Erasmo De Angelis e volevo rilanciare, anche in questa sede, il tema della siccità. Sottoscrivo; è vero che l'ordine del giorno ha un valore solo politico, però è importante parlarne e penso che sia il momento di un Piano nazionale con finanziamenti per le infrastrutture idriche per ridurre le perdite delle reti idriche, che sono al 42 per cento, rimodulando il PNRR, che stanzia appena il 2 per cento per l'acqua. Serve il riuso delle acque di depurazione, che sono di qualità, ma che buttiamo a mare e che vanno utilizzate sia a livello industriale che a livello urbano - penso al lavaggio delle strade - e, in agricoltura, con metodi di irrigazione, con grande investimento sulle tecnologie per il risparmio idrico.

Il tema è serio, c'è molto da fare, quindi votiamo questo ordine del giorno e iniziamo un dibattito che dia risposte con il PNRR. Penso che il 2 per cento di finanziamenti sia davvero poco (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO (FDI). Presidente, io la ringrazio e vorrei sottoscrivere, se la presentatrice me lo concede, l'ordine del giorno, chiedendo, Presidente, 30 secondi, anche al sottosegretario, di riflessione, perché forse mi pare di essere l'unico, assieme al mio gruppo, qui dentro quest'Aula, a ritenere, invece, questo dibattito che si è creato completamente surreale.

Abbiamo sentito un collega deputato che fa la pubblicità di «Radio Leopolda», abbiamo sentito l'onorevole Fioramonti che dice che qui dentro è giusto ritenere corretto il fatto che si vada a discutere su degli ordini del giorno. Il vero problema, Presidente, è che dentro quest'Aula la democrazia parlamentare, grazie a questo Governo, non c'è più, perché ci fate discutere soltanto di ordini del giorno, che, come tutti sanno, non sono risolutivi, ma sono un mero atto di indicazione nei confronti dell'Esecutivo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Allora, sottosegretario, dovete resettare tutto. Lo dico a lei, sottosegretario, in quanto rappresentante del Governo, e a lei, Presidente Fico, che si era fatto garante - lo ricordo - con un discorso di insediamento qui in Aula rispetto al fatto che il Parlamento doveva discutere. Non ci fate più discutere di qualcosa che dovrebbe essere normale interpretazione per un Parlamento; quindi, parlo non di ordini del giorno ma di emendamenti, di proposte di legge, di Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Invece, ci fate discutere ore su ordini del giorno che il Governo ad un certo punto prende e butta nel cestino (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché vede, caro collega Silli, se le interrogazioni parlamentari non vengono celebrate e non viene data risposta alle interrogazioni parlamentari, che sono un atto di sindacato ispettivo, immagini lei, per suo tramite, Presidente, quanto evidentemente può contare una discussione su un ordine del giorno. È un Governo oramai allo sbando sotto questo punto di vista; è numericamente molto importante, ma politicamente molto debole. Per cortesia, non fateci perdere tempo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Il deputato Forciniti ha chiesto di votare l'ordine del giorno per parti separate. Deputato Forciniti, dato che lei ha chiesto di votare l'ordine del giorno per parti separate, intende la votazione per parti separate su tutti gli impegni?

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Sì, Presidente, votare separatamente ciascuno degli impegni e magari poi anche la premessa.

PRESIDENTE. Quindi, sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello il parere del Governo, sebbene sia stato cambiato in favorevole con una riformulazione che non è stata accettata, automaticamente diventa contrario in fase di votazione. Ha chiesto di parlare il sottosegretario Sasso. Ne ha facoltà.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Presidente, mi rimetto alla volontà dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello, limitatamente al primo capoverso del dispositivo. Il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello, limitatamente al secondo capoverso del dispositivo. Il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello, limitatamente al terzo capoverso del dispositivo. Il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello, limitatamente al quarto capoverso del dispositivo. Il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello, limitatamente al quinto capoverso del dispositivo. Il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/94 Romaniello, limitatamente alle premesse. Il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/95 Albano, accolto come raccomandazione. Ha chiesto di parlare il deputato Trancassini. Ne ha facoltà.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Grazie, Presidente. Preliminarmente, voglio far notare che c'è un ordine del giorno sullo stesso argomento che abbiamo trattato fino adesso ed è l'ordine del giorno n. 9/3656/85 Ciaburro, che è stato accolto, ahimè, con la formula disgraziata di “a valutare l'opportunità di”. Lo dico per registrare l'ennesimo cortocircuito di questa maggioranza. Sull'ordine del giorno n. 9/3656/95 Albano, vista l'importanza, chiedo che sia posto in votazione.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Sull'ordine del giorno n. 9/3656/95 Albano, modifichiamo il parere con la stessa riformulazione dell'ordine del giorno n. 9/3656/85 Ciaburro. Quindi, il parere cambia da accolto come raccomandazione a favorevole con riformulazione.

PRESIDENTE. Allora, sottosegretario Sasso, il parere sull'ordine del giorno n. 9/3656/95 Albano era accolto come raccomandazione. Lei cambia il parere da raccomandazione a parere favorevole con riformulazione. Colleghi!

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Presidente, dico che si stanno mettendo insieme due cose che non stanno insieme e probabilmente è colpa mia. Io ho fatto notare che l'ordine del giorno n. 9/3656/85 Ciaburro è sulla medesima materia, cioè il problema della siccità, ed è stato in precedenza accolto con la formula: “a valutare l'opportunità di”. Quindi, ho fatto notare questo e sarebbe opportuno toglierla anche da quell'ordine del giorno. Questo è un tema.

PRESIDENTE. Questo non è più possibile, perché l'ordine del giorno n. 9/3656/85 Ciaburro è stato già esaminato. Ora andiamo avanti.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Però, vorrei che comunque rimanesse agli atti. Quanto all'ordine del giorno n. 9/3656/95 Albano, su cui c'è un parere favorevole (almeno io ho segnato così), chiedo che venga comunque votato, vista l'importanza della materia.

PRESIDENTE. Allora, il parere è favorevole. Quindi, da questo punto di vista il Governo è favorevole.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/95 Albano. Il parere del Governo è favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

Adesso passiamo all'ordine del giorno n. 9/3656/47 De Toma, che era stato accantonato.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Modifichiamo il parere in favorevole con la riformulazione “a valutare l'opportunità di”.

PRESIDENTE. Deputato De Toma, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3656/47?

MASSIMILIANO DE TOMA (FDI). Grazie, Presidente. “Favorevole a valutare l'opportunità di”, sottosegretario: su questi ordini del giorno mi sembra una giravolta continua. A questo punto, faccio la richiesta, direttamente, che da tutta l'Aula venga assunta la responsabilità – e pongo al voto l'ordine del giorno - di questa valutazione: “favorevole a valutare l'opportunità di”, con un ferreo controllo, sicuramente da parte mia, ma da tutto il Parlamento, perché il Governo attui questa attività nei confronti dei lavoratori fragili. Sottosegretario, quindi, l'impegno è che venga attuata quanto prima, come richiesto, perché la scadenza è domani.

PRESIDENTE. Accetta la riformulazione?

MASSIMILIANO DE TOMA (FDI). La accetto e chiedo il voto.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3656/47 De Toma, come riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 25).

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3656​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Jessica Costanzo. Ne ha facoltà.

JESSICA COSTANZO (MISTO). Presidente, la conversione in legge di questo decreto-legge, legato all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ancora una volta, è stata presentato come la panacea di tutti i mali. Invece, ci rendiamo conto che è il simbolo, l'ennesimo, di una grande restaurazione. Pensiamo, per esempio, agli 8.100 comuni italiani, la cui maggioranza ha una popolazione inferiore ai 5 mila abitanti; ebbene, queste amministrazioni comunali sono in fibrillazione, pensando di poter presentare progetti fino a 50 miliardi di euro, soprattutto in mancanza perenne d'organico: mancano figure e profili tecnici. Ancora, parliamo degli studi che sono stati fatti anche da Unioncamere, legati a quella che dovrebbe essere la spina dorsale del nostro sistema produttivo, costituito dalle micro e piccole imprese: ebbene, uno studio di Unioncamere ci dice che solo il 9 per cento delle micro e piccole imprese ha presentato progetti di investimento, contro il 33 per cento, invece, delle medie e grandi imprese. Questo significa che oltre il 90 per cento delle micro e piccole imprese è tagliato fuori dal PNRR. Vediamo ancora come si affossa continuamente la democrazia, ne abbiamo avuto un esempio anche la scorsa settimana, in Aula, al Senato, dove la maggioranza ha avuto – inaspettatamente, direi - un sussulto non di dignità, ma probabilmente di personalità, perché ha provato ad evitare il vergognoso taglio del personale docente che, purtroppo, è inserito all'interno di questo decreto e sembrava avesse anche ottenuto il benestare da parte del Ministero dell'Economia e delle finanze, ma, all'ultimo momento, è arrivato il “no” secco della Ragioneria dello Stato, simbolo di questa autocrazia comandata da burocrati che non sono stati votati da nessuno e non abbiamo capito ancora, i cittadini italiani non hanno capito perché siano lì, secondo quali criteri.

La scuola, Presidente, è stata tra i punti più devastati da questo Piano ed è il simbolo di come da Bruxelles continuino a chiedere di piegare la testa e obbedire a questi dettami comunitari e conservativi, anche perché per scrivere la riforma del reclutamento e della formazione iniziale e in itinere dei docenti sicuramente sarebbero serviti un confronto, un dialogo e audizioni con la categoria; invece, ancora una volta, questo Governo dei migliori ha preferito tirare avanti, tirare dritto, esattamente come è successo con la “Buona scuola” di Renzi.

A chi importa, poi, se queste scelte ricadono sul futuro dei nostri giovani e, quindi, sul futuro del Paese? La scuola è stata trattata come l'ultima delle priorità ed è stata affossata anche di notte e non è casuale: di notte, come i ladri; anche la fascia oraria ha un significato: è simbolo di codardia e di vergogna nei confronti dei cittadini a cui si opera sistematicamente alle spalle.

Le tempistiche del resto troppo stringenti sono state imposte da “mamma” Bruxelles e non consentono, quindi, di ipotizzare un dibattito. Il Governo avrebbe dovuto fare una sola cosa: cestinare questo Piano nazionale di ripresa e resilienza e pensare, invece, a ripristinare una politica monetaria, economica e industriale.

Nel testo, infatti, da una parte, abbiamo il nulla cosmico, il nulla cosmico per quanto riguarda gli aiuti alle imprese agricole, affossate dalla società, il nulla per quanto riguarda le imprese edili, che, purtroppo, rischiano di fallire, causa il blocco dei crediti di imposta, il nulla per quanto riguarda il tetto al costo della benzina e del gasolio, che, come abbiamo visto, ormai sistematicamente, supera i 2 euro, il nulla in termini di aiuti alle famiglie e alle imprese per quanto riguarda il caro bollette, l'erosione del potere d'acquisto e l'inflazione e, dall'altra, invece, abbiamo enti che vengono rimpolpati e non di poco. Addirittura, vengono raddoppiati, se non triplicati, gli incarichi e i posti. Alcuni esempi. L'articolo 6, comma 5, dispone un'indennità di soggiorno per i dipendenti pubblici che devono operare presso l'Unione europea. Attenzione: sono previsti 400 mila euro per il 2022 e un milione di euro per il 2023. Quindi, il Governo ci sta dicendo che non ci sono soldi per gli insegnanti, per la scuola, per i nostri ospedali e per le imprese, ma bisogna consentire soggiorni, evidentemente anche a cinque stelle, presso l'Unione europea. Non solo. Anche i funzionari delle organizzazioni internazionali, piuttosto che dell'Unione europea, potranno avere incarichi dirigenziali presso le nostre pubbliche amministrazioni. Ovviamente, bisogna accontentare tutti. Vi sono poi deroghe che consentono, tra l'altro, una maggiore discrezionalità nel reclutamento del personale e nella gestione dei contratti pubblici; ad esempio, l'articolo 7, dove si abrogano i limiti che erano stati imposti, tra l'altro, dal decreto legislativo n. 165 del 2001. Del resto, la gestione dei contratti pubblici e il reclutamento del personale sono proprio i luoghi dove si annida maggiormente la corruzione.

Ma vogliamo parlare, poi, dell'articolo 9, comma 3? Come non sentire il bisogno di aumentare di ben tre posizioni dirigenziali la pianta organica della Presidenza del Consiglio, con 330 mila euro nel 2022 e, raddoppiati, 660 mila euro, nel 2023? Non solo. Si prevede anche un aumento di reclutamento del personale per il 2023, sempre in deroga, con 800 mila euro a decorrere, appunto, dal prossimo anno.

L'articolo 10 consente alle amministrazioni di conferire incarichi a chi è in pensione - altro che largo ai giovani – e, soprattutto, si prevede un piano di reclutamento in deroga continuo, quindi, una sorta di liberi tutti: liberi incarichi in libero Stato.

C'è poi la duplicazione di enti, non poteva mancare, del resto, in Italia: l'articolo 27 istituisce il Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici. Quindi, invece di far funzionare il già esistente Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, noi andiamo a replicare un altro ente simile, ovviamente con nuovi incarichi, con un coordinamento che non esisterà mai, e lo sappiamo benissimo. A proposito di trasparenza - e non lo dice certo Italexit, ma Openpolis che, tra l'altro, gestisce e monitora le scadenze che vengono imposte da Bruxelles - Openpolis fa emergere come il Governo abbia realizzato un portale ma, di fatto, non ci siano strumenti di monitoraggio e cosa è emerso da questo studio di Openpolis ? Ebbene, emerge che sulla transizione ecologica l'Italia è in molto in ritardo perché entro giugno, quindi entro la fine di questo mese, avrebbe dovuto essere realizzato ben il 91 per cento delle riforme nel settore.

Siamo al 29 per cento, mancano i piani nazionali per l'economia circolare e per i rifiuti. Peccato che, nel corso della conferenza stampa di Natale, Draghi aveva detto che tutti gli obiettivi erano già stati raggiunti, ma ancora una volta - come di consueto, del resto - le sue parole non corrispondono a verità. Un po' come, non so se vi ricordate, il “se non ti vaccini, ti ammali e muori”. Il monitoraggio Openpolis, quindi, dimostra ancora una volta che ne mancavano una ventina.

Italexit è profondamente contraria al provvedimento in esame, perché il PNRR è stato presentato come una pioggia di miliardi, un mare di liquidità, ma si è dimenticato di dire che sono a prestito e, soprattutto, si tratta di miliardi che non sono poi così tanti, se pensiamo che vengono spalmati in 6 anni e lo Stato dovrà restituirli con gli interessi. Sono soldi, poi, presi dal bilancio dell'Unione europea, di cui l'Italia è il terzo contributore netto, quindi sono soldi anche nostri. Si tratta, per la gran parte, di risorse non aggiuntive, ma sostitutive, quindi non vanno ad aumentare la spesa pubblica ma, di fatto, cambiano la fonte di indebitamento: anziché aumentare, in questo caso, i titoli di Stato, che potrebbero anche essere acquistati dai risparmiatori italiani, ci esponiamo di più verso l'Unione europea, quindi aumenta il vincolo esterno. E, in cambio di questi soldi, cosa dobbiamo fare? Ritorno alla “legge Fornero”, smantellamento del superbonus, cancellazione della “legge anticorruzione”, abbiamo alcune privatizzazioni, lo vedremo poi la prossima settimana, con il “DDL Concorrenza”, in pieno stile Draghi, in cuici sarà l'ulteriore consegna delle nostre spiagge e delle nostre coste alle multinazionali. E, soprattutto, Presidente, abbiamo un commissariamento a tempo indeterminato della democrazia. Diciamo “no”!. Diciamo “no” alla politica dei pochi che decidono per tutti, diciamo “no” a chi continua a nascondere la polvere sotto il tappeto, per non ammettere il suo fallimento, ma soprattutto, Presidente, diciamo “no” alla retorica genuflessione ai burocrati di Bruxelles, che graziosamente concedono l'obolo, in cambio di un bacio alla pantofola e, soprattutto, di un guinzaglio ben stretto al collo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Colucci. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO COLUCCI (M-NCI-USEI-R-AC). Grazie, Presidente. Noi di Con l'Italia-USEI votiamo a favore di questo ulteriore decreto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche se non abbiamo potuto dare il nostro contributo nel merito del decreto; e questo perché, purtroppo, come ha ben ricordato ieri, in dichiarazione di voto sulla fiducia, il mio collega, onorevole Tondo, siamo in un monocameralismo alternato: vuol dire che ogni qualvolta arriva un provvedimento in uno dei due rami del Parlamento, se ne occupa quel ramo, se ne occupa o il Senato o la Camera, ma l'altro deve semplicemente prendere atto di ciò che viene fatto nel primo passaggio, nella cosiddetta prima lettura. Noi crediamo che questo sia un metodo che non può più funzionare, che non dà il corretto ruolo ai parlamentari e alle Assemblee, perché il parlamentare si deve occupare dei problemi del territorio, si deve occupare delle priorità, deve cercare di dare risposte, nel concetto di rappresentatività, a noi molto caro, che dovrebbe esercitare un eletto. Quindi, c'è il rischio di essere percepiti dal territorio e dai cittadini come figure non utili all'interno delle Assemblee, si crea il distacco fra il Parlamento e il territorio, e, poi, si genera quello che abbiamo registrato nelle ultime elezioni amministrative: un astensionismo veramente portato all'eccesso. Non abbiamo mai registrato un'assenza dalle urne così rilevante come è avvenuto nelle recenti elezioni. Dunque, sul metodo siamo certamente critici e crediamo che si debba fare un vero e serio sforzo perché si superi un metodo, che, purtroppo, sta diventando una regola, all'interno del Parlamento.

Per quanto riguarda il merito, siamo d'accordo sul provvedimento ed è per questo che votiamo a favore. Intanto si innescano meccanismi importanti all'interno della pubblica amministrazione. Noi sappiamo che il Piano nazionale di ripresa e resilienza vede protagonisti lo Stato, le regioni e gli enti locali, ed è fondamentale che si preveda un ammodernamento della pubblica amministrazione attraverso il reclutamento di nuovo personale e la formazione di chi è già all'interno della pubblica amministrazione stessa. Infatti, non è un'attività consueta, rispetto a ciò che è stato svolto sino a oggi all'interno delle pubbliche amministrazioni, quella di occuparsi dei progetti relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza.

È poi fondamentale quello che è previsto all'interno del decreto con riferimento alla giustizia: così come, in passato, abbiamo previsto un monitoraggio della giustizia penale, per garantire la velocità, la celerità e, quindi, l'efficienza della magistratura, è bene che questo venga fatto anche per quanto riguarda la giustizia civile. E, infatti, all'interno di questo decreto è stato previsto anche questo importante passaggio. Certamente, noi diamo particolare attenzione alla questione della scuola. I provvedimenti relativi all'abilitazione degli insegnanti e alla formazione, secondo noi, sono fondamentali, però manca un passaggio - e qui avremmo dato il nostro contributo, se avessimo potuto lavorare in questa Camera sul decreto -, manca il tema degli stipendi, che è una questione che abbiamo posto da molto tempo. Siamo uno dei pochi Paesi, anzi, siamo il Paese d'Europa più indietro rispetto alla media degli stipendi europei nel mondo della scuola: 38 mila euro in Italia, quando vi sono Paesi in Europa che erogano 55 mila euro o 78 mila euro di stipendio annuo per gli insegnanti. Il dato dello stipendio che viene dato all'insegnante mette in evidenza quanto un Paese punti sulla formazione, quanto punti su uno dei pilastri per la crescita dei nostri giovani e per guardare al futuro con speranza. Allo stesso modo avremmo dato un contributo importante sul tema dell'energia. Certamente è importante quanto fino a oggi abbiamo affrontato sul fotovoltaico; fondamentale, in questo decreto, è l'aver introdotto il bonus idrogeno verde (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC): ormai è il futuro, è una di quelle iniziative che devono essere avviate per iniziare a emanciparci anche dai Paesi dai quali oggi dipendiamo da un punto di vista energetico. Ma crediamo che una riflessione importante il Governo la debba fare sul nucleare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC). Continuiamo a parlarne tutti, da tempo, ma nessuno si attiva affinché si possa iniziare un percorso. Noi sappiamo che non è immediata la possibilità di creare le condizioni perché in Italia si generi energia da un “nucleare verde”, da un nucleare compatibile con l'ambiente. Ma proprio per questo dobbiamo iniziare subito. La dobbiamo smettere, come Paese, di non occuparci di alcune cose perché non creano un risultato nell'immediato futuro. Le cose vanno programmate, questo deve essere in grado di fare la politica nel tempo. E il nucleare è un lavoro che, se iniziato oggi, forse fra 10 anni possiamo avere la speranza che sia ad un livello sviluppato.

Noi crediamo che tutte le occasioni che capitano al Governo debbano essere utilizzate per intervenire sulle emergenze. Sappiamo qual è la grave e importante crisi economica che stiamo vivendo in conseguenza del COVID e a causa di una guerra in Europa che non avremmo mai voluto, e la sofferenza delle imprese e delle famiglie è pesantissima. Dovremo affrontare con grande responsabilità una situazione critica, che si aggraverà da ora verso la fine dell'anno. Sarà ancora più grave rispetto a quello che stiamo registrando oggi. Allora, ogni provvedimento deve andare in una certa direzione, per aiutare imprese e famiglie, perché tra poco, come rappresentanti del popolo e dei legittimi interessi dei mondi economici, verremo sollecitati sulla grande situazione e preoccupazione, su quello che ha generato il 110 per cento, sull'aumento dei costi dell'energia, sulla difficoltà di reperire materie prime. Sono tutte questioni sulle quali, ogni qualvolta c'è uno strumento a disposizione, va indirizzato nel dare aiuto e sollievo, da questo punto di vista, a imprese e famiglie.

Confermiamo, ovviamente, come abbiamo fatto ieri, la fiducia al Governo, diamo il sostegno a questo provvedimento, ma crediamo che il Parlamento debba diventare centrale, perché tutte queste problematiche possano essere affrontate con la sensibilità che ciascuno di noi rappresenta anche rispetto alla propria identità e alle proprie convinzioni.

In questo modo potremmo dare fiducia ai cittadini del fatto che la politica e il Governo si stanno occupando di problemi reali e, ogni qualvolta c'è un'occasione, utilizzano le risorse e gli strumenti a disposizione per stare accanto al mondo reale, al mondo che ogni giorno si alza con grandi preoccupazioni. Noi dobbiamo dare il segnale che possiamo essere non solo di aiuto, ma anche di conforto rispetto alla loro preoccupazione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Oggi quest'Aula è chiamata a dare il via libero definitivo a un provvedimento fondamentale per l'efficace implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per sintetizzare dirò soltanto Piano nazionale. Dal 2020 il mondo in cui vivevamo e che eravamo abituati a conoscere è repentinamente cambiato. Una pandemia che ha messo in ginocchio l'intero globo prima, ed una violenta e sanguinosa guerra dopo, hanno stravolto i paradigmi che per quasi trent'anni ci hanno guidato nella lettura del mondo. A questi drammatici accadimenti si è affiancata una gravissima crisi economica, la seconda nel volgere di appena dieci anni, che ha imposto a tutti e a ciascuno di noi di assumersi la responsabilità di fare scelte coraggiose, immaginando il Paese che vorremmo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti. La particolare congiuntura economica, sociale e geopolitica ha però uno spiraglio di luce, una speranza di riscossa: il Piano nazionale. L'imponente stanziamento di risorse da parte dell'Unione europea sta consentendo di fare tutte quelle riforme strutturali che per troppi anni sono state lasciate in un cassetto per paura, inerzia o semplicemente mancanza di volontà politica: concorrenza, giustizia, fisco e, ancora, infrastrutture, sanità, innovazione tecnologica. In poco più di un anno questo Esecutivo, grazie alla prestigiosa guida di Mario Draghi - ne abbiamo avuto una riprova estremamente importante ieri al vertice NATO -, si è assunto la responsabilità di fare quelle riforme che nessuno ha avuto il coraggio di fare negli ultimi decenni, scardinando il bieco corporativismo, che per molto tempo vi si è opposto e a causa del quale il nostro Paese non è riuscito a stare al passo con gli altri Paesi del mondo.

Nel corso della discussione generale alcuni colleghi hanno definito il Piano nazionale, di cui questo provvedimento costituisce concreta attuazione, in vario modo: “albero della cuccagna”, “anello del potere”, “MES mascherato”. Ebbene, il pregevole sforzo retorico dei colleghi non corrisponde alla realtà, alla quale mi permetto sommessamente di richiamarvi. Il Piano nazionale non è lo strumento che il Governo o l'Europa matrigna, a secondo dei casi, brandisce contro il Parlamento. Il Piano nazionale, nel caso in cui non fosse ancora chiaro, è l'ultima possibilità che ha l'Italia per essere finalmente traghettata nel futuro, per scardinare, come ho detto, quelle piccole sacche di potere che per anni l'hanno attanagliata, per cancellare gli sprechi, le iniquità e l'arretratezza tecnologica. Tuttavia, il Piano nazionale non funziona come una bacchetta magica, poiché, come ogni riforma, anch'esso cammina sulle gambe degli uomini, talché, ogni volta che se ne rallenta l'implementazione, si fa un danno all'Italia.

Mi permetta, Presidente, di esprimere ampia soddisfazione per due norme, introdotte nel corso dell'esame al Senato e fortemente volute da Azione, che aveva anche presentato due emendamenti in tal senso al “decreto Aiuti”, attualmente all'esame delle Commissioni riunite bilancio e finanze di Montecitorio. Con la prima norma si prevede un incremento di 13 milioni per il 2022 del finanziamento per la convenzione tra l'INPS e i CAF. Sostanzialmente questo permetterà di mantenere gratuita la presentazione da parte dei cittadini delle dichiarazioni sostitutive uniche. In un momento come questo di inflazione ed aumento dei costi, sarebbe stato assolutamente insensato caricare sui cittadini ulteriori spese.

La seconda norma, il nuovo articolo 33-ter del decreto-legge, prevede, una proroga di quattro mesi del termine - norma fortemente voluta dall'ANCI e supportata da Azione - per l'assegnazione dei contributi ai piccoli comuni per la realizzazione di interventi di messa in sicurezza, efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile, di cui parlavamo prima in relazione al problema siccità. Chi, come il sottoscritto, ha fatto il sindaco per lunghi anni non può non apprezzare l'impegno che c'è dietro questa semplice proroga: consentire agli enti, che più direttamente hanno a che fare con i bisogni dei cittadini, di avere il tempo per realizzare quelle opere, che proprio a quei bisogni sono finalizzate a rispondere. D'altro canto, come noto, gli enti territoriali di prossimità avranno - e nei fatti già stanno avendo - un ruolo coessenziale nella concreta messa a terra dei progetti del Piano nazionale. Se si bloccano i comuni, Presidente, il Piano non prosegue. Similmente, se il Piano non prosegue, i comuni non avranno le risorse per realizzare interventi ed investimenti. Questa è la pura e semplice realtà drammaticamente lineare.

Per suo tramite, Presidente, mi consenta anche di rivolgere una richiesta al rappresentante del Governo qui presente. Bene la proroga dei termini per la realizzazione delle opere, di cui ho parlato poc'anzi, ma non è abbastanza. È necessario e indispensabile risolvere quei problemi che strutturalmente interessano i comuni, specialmente i più piccoli. Occorre mettere a disposizione professionisti, tecnici, personale, la mancanza dei quali blocca l'apparato amministrativo di un comune. Continuano a mancare i segretari comunali, difettano - ed è un fatto notissimo - quelle figure tecniche che dovrebbero coadiuvare i funzionari nella predisposizione di progetti, bandi e avvisi. Bene la norma contenuta nel provvedimento che quest'oggi siamo chiamati ad esaminare, ma c'è bisogno di fare molto di più. Mi sia consentito di utilizzare il tempo a disposizione per fare anche una brevissima considerazione politica. Le elezioni amministrative recentemente celebratesi ci offrono uno scenario frastagliato e poco chiaro. Nel frastuono di scissioni e j'accuse reciproci tra ex compagni di partito, campi larghi e prati sterminati, Azione rimane saldamente ancorata ai propri principi. L'esperienza del Governo Draghi va portata avanti e preservata. La forza propulsiva di un riformismo serio, pragmatico, scevro da annacquamenti di varia sorte e promesse irrealizzabili non può e non deve esaurirsi nel 2023; sarebbe una sciagura, un colpo che questo Paese non può permettersi di incassare. Nei mesi che ci separano dalla fine della legislatura, Presidente, chiediamo al Governo, sì, di proseguire nella coraggiosa strada di implementazione del Piano nazionale, ma di assumersi altresì la responsabilità di fare scelte dirompenti, innovative e necessarie. Continueremo a mettere a disposizione di questo Esecutivo esperienza, approfondimenti, serietà e soprattutto concretezza. Continueremo ad avanzare proposte per il bene di questo Paese e dei suoi cittadini. Continueremo a domandare a gran voce di diversificare il mix energetico e diremo che ciò è possibile se e solo se ci scrolleremo di dosso l'ingiustificato integralismo ambientalista e se procederemo finalmente verso il nucleare. Faccio sempre un esempio personale, vivendo e abitando a 100 chilometri da una centrale nucleare francese. In sostanza, continueremo a fare ciò con cui Azione è nata: fornire un'alternativa credibile, seria e concreta al bi-populismo, aggregando quanti - sono molti - credono che la politica sia innanzitutto assunzione di responsabilità e ritengono a ragion veduta che quest'ultima non possa prescindere in alcun modo dalla spiegazione del come fare le cose.

Concludo, Presidente, annunciando tanto il voto favorevole della componente Azione-+Europa-Radicali Italiani al provvedimento, quanto il rinnovo della fiducia al Governo. Come abbiamo già detto molte volte, se sceglierete di percorrere il sentiero del coraggio, delle riforme e della serietà, ci troverete lì, come Azione, come leali compagni di viaggio (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Massimo Enrico Baroni. Non è presente: si intende che vi abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare il deputato Cabras. Ne ha facoltà.

PINO CABRAS (MISTO-A). Grazie, Presidente. I nodi di quello che è davvero il PNRR stanno venendo al pettine. I Parlamenti di tutti gli Stati dell'Unione europea e anche questo Parlamento sono stati completamente esautorati da questa vicenda. Siamo già in era post-democratica, tutto si decide a livello di Esecutivo. Il Parlamento si limita ad ascoltare il resoconto del Governo, le sue proposte blindate e soggette alla mannaia della fiducia in blocco e poi, forse, ad avviare su tutto questo uno sterile dibattito che resta agli atti, in cui noi, sparuti oppositori, muoviamo critiche, anche accese, che nessuno mai nella maggioranza ascolterà, con qualche eccezione, e tanti devoti parlamentari di maggioranza spolvereranno la loro retorica di circostanza per descrivere le magnifiche sorti e progressive del Paese in mezzo all'ipotetica, solo ipotetica, montagna di miliardi; punto e basta. Del resto, il vero approvatore di queste opache manovre non si trova più neanche a Roma, ma tra Bruxelles e Francoforte. Il plenipotenziario esterno, con occhio da sultano, vigila da Palazzo Chigi.

Nella vulgata ufficiale il PNRR sarebbe una sferzata di risorse a un corpo dissanguato, infiacchito da una crisi che non ha precedenti in tutta la storia moderna. Già, la grande crisi, la crisi dalla quale non si esce più, nonostante i rimbalzi tecnici; la crisi che ora peggiora con la postura bellicista assunta rispetto alla guerra in Ucraina. Davvero fantastico il Draghi del G7, l'altro giorno, quando dice: le sanzioni non funzionano, allora mettiamone di più. Altro che Draghistan, siamo nel Tafazzistan! Sullo sfondo rimane questo pezzo di programmazione sottratto al controllo democratico, relegato a una tecnocrazia che sceglie i suoi obiettivi a dispetto delle vere esigenze del nostro popolo e della nostra economia.

Come ricorda l'economista Massimo Costa, questa crisi economica è stata deliberatamente acuita, e in buona misura lo è ancora, da scelte volutamente sbagliate, volte a fiaccare definitivamente la capacità autopropulsiva dei sistemi economici, soprattutto di quelli realmente resilienti alle sollecitazioni esterne, come quelli dei Paesi mediterranei fondati sull'impresa media e piccola. Questo tessuto spontaneo di imprese che dà o dava lavoro, reddito, gettito, resistente alla maggior parte delle sollecitazioni esterne benché fiaccato da politiche diserbanti decennali, fondate su dissennati avanzi primari, tagli alla spesa, saccheggio fiscale ai limiti dell'esproprio e aumento esponenziale della burocrazia a ogni livello, in alcuni Paesi, come l'Italia, era ancora relativamente forte. Al punto che nessuno avrebbe accettato condizioni capestro come quelle dei vecchi trattati europei paralleli all'Unione europea tipo il MES, per intenderci. Lì il trucco era stato da tempo scoperto e i malumori contro la UE, acuiti dalla Brexit, erano dovunque crescenti.

Dopo aver mostrato il suo vero volto disumano con la Grecia, sulla quale si sono avventati gli artigli e le zanne degli avvoltoi internazionali, senza che nessuno avesse un briciolo di pietà per quel disgraziato Paese, nessuno avrebbe mai più accettato un aiuto - aiuto! - dall'Europa. Ci voleva qualcosa di più grosso, una vera grossa crisi che mettesse tutti in ginocchio e facesse accettare ciò che fino a due anni fa sarebbe stato per tutti semplicemente inaccettabile. La crisi è arrivata e in Italia siamo stati particolarmente bravi a gestire in modo estremo e irrazionale, unico al mondo, una vera e propria anomalia, la crisi COVID, il che è equivalso a un bombardamento aereo di una potenza nemica. Con il passare dei mesi e poi degli anni le restrizioni sono diventate sempre più folli, devastanti, assurde, contraddittorie. Se anche ora sono in via di smantellamento, le condizioni del sistema economico sono talmente compromesse che non solo non si può tornare al passato ma il processo di degenerazione e soprattutto di chiusura delle piccole attività può andare avanti. Laddove le restrizioni sono state minori, ad esempio in Svezia o nel Regno Unito, senza apprezzabili differenze sul piano sanitario, oggi si ha un'economia più robusta, meno condizionabile da ricatti esterni; laddove, invece, si è creduto fino in fondo alla narrazione di regime, il sistema economico è stato bastonato, piegato, e ora siamo con il cappello in mano a chiedere l'elemosina ai nostri stessi carnefici. In pratica è esattamente come nella metafora del mafioso che fa il danneggiamento e subito dopo offre protezione, o magari l'acquisto del negozio a prezzi stracciati. Siamo dentro un aggravamento del vincolo esterno, che ci rende più dipendenti. La classe politica si accontenta di intermediare le briciole, in attesa di far pagare alla ricchezza nazionale, ai patrimoni, alle case, alle aziende, trascurando le risorse strategiche, scuola e sanità in primis, che continuano a vedere tagli e degenerazione. Lo ricorda ancora il professor Costa. Qualcuno dirà: almeno un po' di soldi ce li danno. No, non fidatevi di serpenti e rettili vari, dei loro doni, non ci stanno proprio dando neanche un bel fico secco. Intanto, nel progetto hanno legato anche risorse esterne. Alcune sono fondi europei che potevano essere spesi diversamente, e ora sono legati a doppio filo alle condizionalità richieste dall'Europa, e altri sono fondi statali, i quali, una volta legati al PNRR, sono legati a condizionalità europee, pur essendo fondi che in astratto avremmo potuto spendere come volevamo. Ma, venendo al cuore del finanziamento, si scopre che una gran parte di esso è nient'altro che un prestito, che comunque dovrà essere restituito con gli interessi, e non è detto che in questo momento le stesse risorse non si sarebbero potute reperire sui mercati a un tasso migliore. La UE non ha meccanismi perequativi veri che garantiscano la coesione economica e sociale, pur proclamata, che ha nelle proprie carte istitutive. In genere ci si limita a prestare fondi a usura, condizionando il prestito a una perdita di sovranità; quelle perdite di sovranità che vari Capi di Stato, di Governo e di partito poi osannano nei discorsi ufficiali, senza forse neanche capire di che cosa stanno realmente parlando. C'è una parte di trasferimento, è vero, un trasferimento grant, ma questa è sistematicamente inferiore a quanto diamo all'Europa. Se l'Unione europea avesse veramente voluto farci riprendere, avrebbe iniettato miliardi in un sistema depresso creandoli dal nulla con l'helicopter money, ma non lo fa; ne immette bene o li presta e poi chiede la condizionalità. Quali condizionalità? Ogni rata semestrale è legata al rispetto del raggiungimento di determinati target, che sono di tipo economico-sociale, cioè riguardano un modello imposto di società e nulla hanno a che vedere con la ripresa, e al raggiungimento di determinati milestones, cioè di tappe intermedie. Hai privatizzato quel servizio che ti ho detto? Bene, ti stacco l'assegno. Non lo hai fatto? Mi restituisci i soldi. Capito perché sono tutti d'accordo nel sostenere Draghi? Capito perché non fiata nessuno? Sono d'accordo perché aspettano che venga staccato l'assegno, ma l'assegno lo si stacca se si fa tutto quello che viene ordinato dai comitati d'affari, dalle lobby che rappresentano la reale governance dell'Unione europea, altro che MES. Il Governo ogni sei mesi presenta la relazione al Parlamento, che è completamente esautorato, ma soprattutto presenta i risultati a un comitato europeo in cui entrano commissari europei e banchieri centrali, i quali diventano i veri padroni e ci dicono cosa fare e cosa non fare. Poi, per assicurarsi che non ci sia troppa democrazia in fase esecutiva, i fondi sono gestiti unicamente a livello centrale, violando ogni competenza regionale, ordinaria o speciale, o degli enti locali.

La politica locale e regionale è completamente esautorata e dipendente. I risultati si vedono: il piatto piange, tutta la retorica sulla sanità non produce un centesimo e le regioni sono sole con le spese aumentate e non ripagate. Quel che funzionava e che ancora poteva funzionare viene lasciato deperire, come accade nel caso del superbonus del 110 per cento, e si capisce: non poteva piacere a Draghi una misura che valeva diversi punti di PIL, che migliorava la resa energetica delle case, che creava modelli monetari che non rispondevano alla dittatura dello spread. La sua maggioranza docilmente lascia che il superbonus sparisca e che decine di migliaia di aziende sane - sane - siano letteralmente messe sul lastrico perché si erano fidate dallo Stato. Noi di Alternativa siamo al fianco degli imprenditori e dei lavoratori massacrati dai parassiti del Draghistan, siamo a fianco dei cittadini che vedono benissimo i legami tra la corsa alla guerra e le terribili prospettive economiche in termini di carovita, disoccupazione, distruzione della manifattura, subordinazione dell'Italia a nuovi vassallaggi transatlantici.

Tutto questo vostro provvedimento è un'autostrada verso un maggiore declino. Non saremo i vostri complici. Noi di Alternativa vi diciamo di no, l'alternativa economica c'è (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Colletti; non è presente, si intende vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare la deputata Corda; non è presente, si intende vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare il deputato Forciniti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Grazie, Presidente. È assai singolare e sarebbe persino divertente - se non ci fosse invece da piangere - che uno strumento dipinto come la panacea di tutti i mali, come l'albero della cuccagna, come quel grande strumento capace di contrastare, in chiave anticiclica, la recessione post-COVID, sia, invece, uno strumento che persegue un obiettivo esattamente contrario a quello dichiarato, ossia far fare la cura dimagrante allo Stato e riportarci a una stagione molto simile a quella montiana, della macelleria sociale, dei tagli, della contrazione della spesa pubblica, in nome di questo neoliberismo che impera in Europa ormai da decenni e che ci impone di trasformare tutto in merce, di fare in modo che tutto venga gettato fra le braccia del mercato e che ogni diritto venga messo in discussione, un pezzetto alla volta. Tutto questo in nome di prestiti: si tratta di prestiti di un importo anche abbastanza esiguo, che dovremo restituire e che non aggiungono nulla all'economia reale, perché si tratta di risorse sostitutive, che vengono compensate da emissioni di meno titoli di Stato, quindi non ci sono risorse in più nell'economia: i prestiti del PNRR sostituiscono altri prestiti che avremmo chiesto al mercato, magari ai risparmiatori italiani; quindi ci sono meno vincoli verso i risparmiatori italiani e più vincoli verso le istituzioni sovranazionali. In nome di tutto questo, si sta avallando una politica che, di fatto, smantella i diritti sociali e ci riporta - in base a tutte le riforme di contorno - ai tempi della “legge Fornero” perché, in nome del PNRR e delle condizionalità da rispettare, abbiamo di nuovo macellato i diritti dei pensionati; ci riporta alla stagione delle privatizzazioni, perché il disegno di legge sulla concorrenza e sul mercato imporrà agli enti locali di gettare fra le braccia del mercato anche i servizi essenziali, quali acqua, trasporto pubblico, rifiuti, riscossione dei tributi: tutto diventa merce, tutto è assoggettato alla logica del profitto. Pensiamo anche alla nuova aziendalizzazione della scuola e alla sanità pubblica, che viene definanziata, nonostante usciamo da un'emergenza sanitaria. Penso alla “riforma Cartabia” che, in nome del PNRR, ci ha riportati alla stagione berlusconiana del “liberi tutti”, con questo nuovo strumento dell'improcedibilità, che sostituisce la prescrizione, quindi, se non è zuppa, è pan bagnato.

Tutto questo però dicendoci che questo PNRR serve a dare un'iniezione di liquidità, a pompare miliardi nell'economia reale, miliardi che a oggi nessuno ha visto, perché io vorrei chiedere a un solo cittadino italiano, a quasi due anni e mezzo dallo scoppio della pandemia, se ha visto un centesimo di questo PNRR messo a terra. Io non sono un economista, ma ho nozioni basilari di economia, avendo fatto comunque anche studi tecnici, e so che, quando c'è una recessione, pompare nell'economia reale risorse in chiave anticiclica deve essere un intervento immediato; non si può, dopo due anni e mezzo, ancora ragionare su come attuare il PNRR, attraverso le cabine di regia tecnocratiche, le strutture e le assunzioni che vengono fatte nei Ministeri, asfaltando ogni procedura, anche concorsuale; noi ancora, dopo due anni e mezzo, siamo qui, blindati in questo Parlamento, a dover ratificare la volontà del Governo, che scrive questi decreti su come attuare il PNRR a sua immagine e somiglianza. Nel frattempo, però, queste risorse gli italiani non le vedono; quello che si vede è tutto quello che c'è di contorno, che determina il ritorno alla macelleria sociale montiana. Ricordo che, quando Draghi arrivò, ci fu presentato come un grande genio che avrebbe portato l'Italia fuori dalle secche - mi ricordo per esempio che qualcuno lo paragonò a Cristiano Ronaldo o a Ibrahimovic, per capire anche il livello di servilismo di certa stampa -; ci fu presentato come un grande genio perché aveva coniato una massima che, se voi ci pensate bene, è molto banale, ma sembrava qualcosa di veramente incredibile. Tutti gli italiani dicevano: “Caspita questo ci capisce, perché ha detto che c'è un debito buono e c'è un debito cattivo”; ma questa è una cosa che qualunque padre o madre di famiglia sa. Tutti sanno che, quando si amministrano delle risorse pubbliche, ci sono voci di spesa che magari aiutano a creare benessere e condizioni positive e ci sono altre voci di spesa che sono totalmente inutili, se non persino dannose, perché non permettono di garantire e assicurare benessere e magari servono solo ad attribuire qualche prebenda agli amici degli amici.

Vorrei chiedere ora a Draghi - se lui fosse qui glielo chiederei - se pensa che costruire questi elefanti burocratici, con un decreto dopo l'altro, che commissariano di fatto la democrazia, sia debito buono o debito cattivo e se sia un bene spendere centinaia di milioni di euro, se non miliardi, a questo punto - sarebbe interessante fare anche la somma dei vari decreti PNRR, con tutto quello che questi comportano proprio dal punto vista organizzativo - per l'organizzazione della macchina burocratica, che deve commissariare il Parlamento. Ci chiediamo quanto, invece, delle risorse arriverà a terra e con quali tempistiche. Infatti, è evidente a tutti, a questo punto, che non c'è un euro di questi soldi del PNRR che è già finito a terra; c'è però un obiettivo, abbastanza subdolo, che è quello di commissariare una parte di spesa pubblica, sottraendola al sindacato del Parlamento, perché ovviamente questo Piano, questo PNRR, viene gestito in maniera padronale da Draghi e dai suoi tecnici e viene, quindi, sottratto al sindacato del Parlamento. Invece, ovviamente, se si fosse trattato di risorse pubbliche genericamente provenienti da titoli di Stato o da altre fonti di indebitamento - come è logico che sia -, ci sarebbe stata tutta la fase della sessione di bilancio e tutta quella parte di spesa pubblica sarebbe stata ancora sotto il controllo di noi parlamentari. Non è più così perché noi ci limitiamo a ratificare questi decreti con i quali Draghi commissaria la democrazia, istituisce queste cabine di regia, queste strutture tecnocratiche e questi carrozzoni che vengono infarciti poi con persone spesso scelte senza procedure di selezione concorsuale, quindi a chiamata diretta. Si assiste, anche in questo caso, all'aziendalizzazione della pubblica amministrazione, perché il Ministro Brunetta vuole avere le mani totalmente libere anche nel precarizzare la PA: io l'ho definito una sorta di Jobs Act della pubblica amministrazione perché, per la prima volta, noi ci rendiamo conto che sono più le assunzioni a tempo determinato, che non quelle a tempo indeterminato. Infatti, il PNRR dura 6 anni - se dura 6 anni, perché già ne sono passati due anni e mezzo e ancora non abbiamo visto un euro - però le riforme di contorno e anche i precedenti che noi stiamo creando restano, anche dopo questi 6 anni. Quindi, in cambio di qualche prestito, di due spiccioli di prestito che noi prendiamo per un periodo di tempo molto circoscritto, ci siamo impegnati a fare riforme strutturali, che si tradurranno in macelleria sociale per i decenni a venire e che sanciscono il trionfo di quell'ideologia neoliberista, che questa legislatura doveva mettere almeno da parte o almeno ridimensionare. Quando il 33 per cento degli italiani, infatti, vota una forza politica che si dichiara contro l'austerity e contro le ingiustizie sociali di un mercato, che spesso lascia indietro troppe persone, con le sue regole ipercompetitive, quando tutto questo inizia nel 2018 con un disegno di cambiamento che i cittadini sposano e approvano, votando forze che si professano antisistema e, poi, si ritrovano quelle forze antisistema a reggere il sacco ai banchieri che tornano, con più prepotenza di prima, a commissariare le istituzioni democratiche, mi chiedo perché i cittadini dovrebbero tornare a votare. Allora, si verificano tutti quei fenomeni anche di astensionismo che noi purtroppo stiamo vedendo e ci si interroga ipocritamente sul perché gli italiani non vadano a votare: chissà, forse perché noi stessi abbiamo accettato che queste istituzioni diventassero inutili e venissero commissariate. Allora, capisco benissimo gli italiani che non riescono più a credere in nulla, dopo avere dato il 33 per cento dei voti a una forza antisistema - per certi versi, anche la Lega si era proposta come forza, sotto alcuni punti di vista, antisistema - e avere visto questa legislatura iniziare all'insegna della democrazia diretta, mi ricordo che c'era anche un Ministero pomposamente chiamato “Ministero della democrazia diretta”, ve lo ricordate? È iniziata così questa legislatura, oggi siamo arrivati, invece, all'inconsistenza e alla morte cerebrale di questo Parlamento. Allora, mi chiedo perché un cittadino italiano dovrebbe ritornare a votare? Capisco perfettamente chi non lo fa. Noi, da parte nostra, nel nostro piccolo, stiamo provando a colmare questo vuoto di rappresentanza. Siamo ovviamente contro questa tecnocrazia che commissaria le istituzioni democratiche, che volta le spalle ai cittadini che, ogni volta, in nome dell'emergenza di turno, cancella sistematicamente, un pezzetto alla volta, la Costituzione.

La nostra Costituzione era un equilibrio bellissimo fra il principio della libera iniziativa economica, in virtù del quale lo Stato lascia al cittadino la possibilità di giocarsi le sue carte in un'economia e in una società regolata anche dal mercato e da quelle regole competitive e l'articolo 3, il principio di uguaglianza sostanziale, in virtù del quale lo Stato consente sì al cittadino di giocarsi le sue carte in una società competitiva regolata dal mercato, ma poi rimuove quegli ostacoli di ordine economico e sociale, ogni qualvolta queste regole del mercato, tanto competitive, lasciano indietro qualcuno.

Oggi, questo Governo Draghi sta cancellando sia il principio della libera iniziativa economica, perché sta privatizzando tutto, sta praticamente commissariando tutto, sta massacrando la piccola e media impresa; dall'altra parte, anche quelle tutele sociali che erano ancora sopravvissute a trent'anni di neoliberismo stanno venendo meno un po' alla volta, con addirittura il disegno di legge Concorrenza, che proibirà quasi ai comuni di gestire i servizi in house senza gettarli in pasto al mercato. Ricordo anche la sua storia, Presidente Fico: lei è molto sensibile anche a quello che riguarda l'acqua pubblica e la gestione delle reti idriche; ebbene, tutto questo oggi sta venendo meno sotto i colpi di un'oligarchia che sta concretizzando veramente un commissariamento della nostra democrazia. Allora, noi continueremo a porci contro tutto questo.

Ovviamente siamo qui in Aula a fare le nostre dichiarazioni di voto. Lasciamo almeno agli atti che non ci renderemo complici di questa truffa ai danni degli italiani che credono in un PNRR che sia un albero della cuccagna, mentre, invece, è sotto i loro occhi un indebolimento, un depotenziamento delle istituzioni democratiche, nonché un commissariamento della democrazia parlamentare italiana (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giuliodori. Ne ha facoltà.

PAOLO GIULIODORI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Da dove possiamo iniziare? Possiamo, intanto, parlare di una questione di metodo? L'ennesima fiducia chiesta sia al Senato che alla Camera, perché tanto si va avanti solo così. Abbiamo un Governo che possiamo definire totalitario, autoritario; non c'è alcuno spazio di manovra, anzi, al Senato, addirittura, c'è stata una totale confusione sia in Commissione che in Aula: in modo direi alquanto miracoloso, la maggioranza era riuscita a tornare indietro sull'ennesima porcata di questo decreto, quella riguardante la chiusura di 10 mila cattedre scolastiche per i prossimi 3 anni; aveva proposto un emendamento, erano tutti d'accordo, era d'accordo addirittura il Ministero dell'Economia e finanze e, poi, arriva la Ragioneria generale dello Stato che, sostanzialmente, canna l'emendamento. Quindi, la domanda viene abbastanza spontanea: chi decide le norme all'interno di questo Paese? Nemmeno una maggioranza così larga, in cui non esiste opposizione, se non noi di Alternativa. Erano tutti d'accordo, anche i tecnici del Ministero erano tutti d'accordo, poi arriva la Ragioneria che taglia tutto. Chi decide? È più importante di un parlamentare eletto democraticamente con migliaia e migliaia di voti - magari, perché non abbiamo le preferenze, quindi nemmeno questo si può dire -, o dei partiti, che sono stati eletti con milioni di voti? Non valgono niente: vale più un funzionario, un contabile che sta all'interno di un palazzo, magari in qualche angolo buio, non ha contatti con nessuno, se non magari con qualcuno di importante che, ovviamente, non risponde all'interesse dei cittadini italiani e fa quello che gli dicono queste persone. Questo è rappresentativo dello stato di salute della democrazia all'interno di queste Aule, ma direi del Paese; questo è assolutamente emblematico.

Poi possiamo parlare anche del merito, oltre che del metodo. Sul merito si possono dire veramente parecchie cose, a partire da che cos'è il PNRR. I miei colleghi di Alternativa hanno parlato molto, ci tengo a ribadirlo perché è una cosa che, purtroppo, viene trasmessa h24 su tutte le televisioni - viene esposta in tutti i giornali, come se fosse un salvataggio necessario, dell'ultima ora, dell'ultimo minuto - ossia che l'Italia ha assolutamente bisogno di questi soldi, cosa che non è assolutamente vera. E, quindi, questi soldi, questa pioggia di miliardi dovrebbe, in qualche modo, riportare l'Italia ai livelli di prosperità degli scorsi anni. Tra l'altro, ricordo che, in termini di PIL, non abbiamo nemmeno recuperato il PIL che abbiamo perso nella crisi del 2011. Quindi, figuriamoci quanto siamo indietro: dobbiamo recuperare quello del 2011 e, a ciò, si è aggiunta anche la perdita di PIL del 2020, del 2021 e questa situazione continuerà assolutamente perché il trend non è per niente positivo. Quindi, con questa pioggia di miliardi dovremmo recuperare tutto quello che non abbiamo recuperato in questi dieci anni.

Questo non lo dico io, ma viene certificato dallo stesso Ministero dell'Economia che ci dice, sostanzialmente, che questi miliardi serviranno poco o a nulla in termini di crescita e di prosperità. Stiamo parlando di soldi che, innanzitutto, sono in prestito - non vengono regalati - e che serviranno marginalmente per il recupero della crescita; in più, per avere questi soldi in prestito, dobbiamo fare i compiti a casa: riforme assolutamente vergognose, come, ad esempio, la “riforma Cartabia”, che abbiamo votato qualche mese fa, ed altre, in serie, che non faranno altro che depotenziare questo Paese e svilirlo ulteriormente. Possiamo anche banalmente pensare alle cosiddette semplificazioni, che semplificazioni non sono state; anzi, sostanzialmente è stato uno sdoganare, cancellare tutte le norme di tutela ambientale, di tutela culturale, di controllo sugli appalti che avevamo, con la scusa del passaggio all'energia rinnovabile: obiettivo assolutamente condivisibile, ma i modi non erano quelli. Anche l'interesse reale che si pone dietro queste norme non è quello di passare a una società realmente ecosostenibile, ma di favorire certi tipi d'affari che, anche in questo caso, non rappresentano gli interessi italiani o, perlomeno, rappresentano quelli di una piccolissima parte degli italiani.

Quindi, tutto questo non farà altro che tenere incatenato il Paese Italia a strutture sovranazionali, come quella europea, strutture che non hanno niente del concetto di comunità, non hanno niente del concetto di aiuto, di aiuto reciproco, ma sono semplicemente istituzioni in cui i Paesi possono combattersi, in maniera più o meno pacifica, e portare avanti i loro interessi. Lo sta facendo la Germania, lo sta facendo la Francia; gli unici che non lo stanno facendo siamo noi, perché abbiamo un Governo che non rappresenta e non ha a cuore gli interessi degli italiani, ma, bensì, ha altri interessi. Tra l'altro, è stato descritto come il Governo dei migliori che ci avrebbe salvato, che ci avrebbe portato fuori e, poi, ci ritroviamo addirittura uno spread altissimo, con interessi sui titoli di Stato altissimi che non vedevamo da anni, nemmeno con il tanto condannato Governo 5 Stelle-Lega.

Una delle tante questioni contenute in questo decreto, che ho seguito in particolare, rappresenta l'assurdità di questo decreto, ma anche di tutti i decreti precedenti: stiamo parlando dello spostamento - mettiamola così - dei reparti di informatica all'interno di tre enti nazionali, che sono Istat, INAIL e INPS. Queste strutture dovrebbero essere - vedremo poi come - spostate all'interno di una sorta di società privata a capitale pubblico, 100 per cento pubblico, che viene definita “3-I SpA”. Vi sono molte domande e interrogativi aperti su questa questione. Prima di tutto, che senso ha avere un doppione, perché - lo ricordo per l'ennesima volta, anche all'interno di quest'Aula - abbiamo già una società, Sogei SpA, che, allo stesso modo, è di forma privata, partecipata pubblica al 100 per cento, dal Ministero dell'Economia e finanze, che ha già tutte queste competenze in ambito informatico, sia di sviluppo software sia di servizi, come, per esempio, la collazione di dati, quindi ha vari data center; tra l'altro, ha investito moltissimo sulla sicurezza di questi data center, sulle competenze interne, anche in termini, per esempio, di cybersecurity, che sarà un tema importantissimo nei prossimi anni, ma lo è già tuttora.

Abbiamo già questa sorta di enorme partecipata pubblica, con competenze e dipendenti - possono ovviamente essere ampliati senza dubbio - per poter accogliere questi dipartimenti relativi al mondo dell'informatica all'interno di questi enti. Eppure, non si capisce perché sia stata creata questa nuova società che, tra l'altro, è un gioco a somma zero, è un po' il gioco delle tre carte, perché non ci sono nemmeno nuovi investimenti: si tolgono 15 milioni a testa da tutti e tre questi enti e si danno 45 milioni a questa società. Poi, tra l'altro, in tutto questo, non si sa nemmeno che fine faranno, per esempio, i lavoratori che si occupano di questi temi all'interno di questi tre enti. Che senso ha avere questo doppione? L'unica motivazione che mi viene in mente è che serve una sorta di poltronificio. Magari volevate spostare qualcuno all'interno di INAIL, INPS e Istat, non sapevate come fare, quindi avete detto: “facciamo questa cosa qui, li togliamo da là, lasciamo solo quelli che, in qualche modo, politicamente ci sono vicini e, magari, assumiamo qualche altro nuovo dirigente all'interno di questa 3-I Spa. Quindi, dato che abbiamo tagliato i parlamentari, tanto vale concedere un lavoro a questi, magari in una partecipata pubblica, come potrebbe essere, per esempio, 3-I Spa”.

Questa è la mangiatoia, questo è il vero concetto di mangiatoia.

Mi viene anche un altro dubbio, ossia quello dei dati. Siamo costantemente attaccati e lo vediamo anche nel futuro cloud di Stato quanto i nostri dati potrebbero essere in costante controllo di Nazioni che non sono il nostro Paese. Quindi, che fine faranno i dati gestiti da questa società (tra l'altro, dati importantissimi, perché stiamo parlando di INPS, INAIL e, appunto, anche di quelli dell'Istat)? Che fine faranno? Da chi verranno gestiti? Verranno concessi appalti esterni, magari a società americane che rispondono a tutt'altra legislazione? Questo non si sa e c'è tutta una serie di questioni. Noi di Alternativa ci opponiamo a tutto questo modo di operare, che va avanti, purtroppo, ormai da un anno e mezzo. Però, noi non demordiamo e siamo qui a continuare a intervenire, dopo un anno e mezzo, sempre sulle stesse cose, a ripetere sempre le stesse cose, a vedere sempre gli stessi errori ma che errori non sono, anzi sono dei veri e propri delitti. Ma noi non molliamo e voteremo contro anche su questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Maniero. Non c'è. S'intende che abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare il deputato Raduzzi. Ne ha facoltà.

RAPHAEL RADUZZI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Eccoci qui: mercoledì 29 giugno, con la questione di fiducia n. 51 posta da questo Governo dei peggiori. È dei peggiori perché, oltre al merito di quello che ci proponete, che ogni volta è veramente invotabile, siete anche un po' cialtroni, nel senso che se in queste Aule ci fosse qualcuno a fare vera opposizione, oltre a noi, probabilmente questo Governo…

PRESIDENTE. Deputato Raduzzi, usi termini adeguati.

RAPHAEL RADUZZI (MISTO-A). “Cialtrone” non mi sembra un insulto. È una definizione di fatto di quello che è questo Governo. Quindi, non mi sembra di essere stato particolarmente offensivo (Commenti della deputata Boldrini).

PRESIDENTE. Deputata Boldrini!

Deputato Raduzzi, usi termini adeguati.

RAPHAEL RADUZZI (MISTO-A). Comunque, questo Governo arriva all'ultimo e pone la questione di fiducia, perché questo decreto decade domani e, quindi, se non venisse approvato non ci arriverebbero i “prestitini” dell'Unione europea che tanto piacciono a voi della maggioranza, anche alla Lega che era entrata qui dentro brandendo il vessillo “No Euro!”.

Noi abbiamo letto questo decreto e abbiamo trovato una serie di punti, che spiegava anche il mio collega, che vanno da carrozzoni pubblici ad aumento degli stipendi presso la Presidenza del Consiglio e assunzioni nei Ministeri. Abbiamo trovato tutti quei vincoli che l'Unione europea ci chiede, da tempo; dobbiamo spiegare e fare una piccola operazione verità: il PNRR non è una doccia in oro che l'Unione europea ci regala - o, meglio, in qualche altro senso potrebbe esserlo -, ma è un vincolo esterno alla massima potenza, perché ogni sei mesi questo Parlamento si trova costretto ad approvare qualche decreto del Governo, che approva pedissequamente tutte le raccomandazioni europee. Quindi, abbiamo visto, nelle ultime settimane e nell'ultimo mese, approvata la riforma sul catasto, quella che Salvini non avrebbe mai dovuto, e voluto, votare, che è sostanzialmente rimasta identica a quanto votato dal Consiglio dei Ministri sei mesi fa. Abbiamo visto la “riforma Cartabia” e vedremo altre lacrime e sangue, nei prossimi mesi. Il PNRR funziona così: se tu non fai i compitini l'Unione europea non ti dà il prestito.

Oltre a questa regolamentazione, che già di per sé è abbastanza astrusa, qualche buon olandese o qualche buon nordico è riuscito a inserire nel regolamento sul PNRR questo cosiddetto freno di emergenza, di cui nessuno parla mai, che è al capoverso n. 52 del regolamento istitutivo del Recovery Fund. Ve lo leggo brevemente, giusto per capire anche la sintassi con cui le normative europee vengono redatte: “L'erogazione dei fondi nell'ambito del dispositivo è subordinata al conseguimento soddisfacente da parte degli Stati membri dei pertinenti traguardi e obiettivi quali stabiliti nei piani per la ripresa e la resilienza. Dopo che la valutazione di tali piani è stata approvata dal Consiglio, prima di adottare una decisione che autorizzi l'erogazione del contributo finanziario e, se del caso, del prestito, la Commissione dovrebbe chiedere al Comitato economico e finanziario di esprimere un parere sul conseguimento soddisfacente dei pertinenti traguardi e obiettivi da parte degli Stati membri, sulla base di una valutazione preliminare da parte della Commissione.

Affinché la Commissione possa tenerne conto per la sua valutazione, il parere del Comitato economico e finanziario dovrebbe essere presentato entro quattro settimane dal ricevimento della valutazione preliminare da parte della Commissione. Nelle sue deliberazioni il Comitato economico e finanziario deve adoperarsi per raggiungere un consenso. Qualora, in via eccezionale, uno o più Stati membri ritengano che vi siano gravi scostamenti dal conseguimento soddisfacente dei pertinenti traguardi e obiettivi, essi possono chiedere che il Presidente del Consiglio europeo rinvii la questione al successivo Consiglio europeo. I rispettivi Stati membri dovrebbero, inoltre, informare senza indugio il Consiglio e il Consiglio dovrebbe a sua volta informare immediatamente il Parlamento europeo. In tali circostanze eccezionali, nessuna decisione che autorizzi l'erogazione del contributo finanziario e, se del caso, del prestito dovrebbe essere presa, fino a quando il successivo Consiglio europeo non avrà discusso in modo esaustivo la questione. Di norma, tale processo non dovrebbe richiedere più di tre mesi dal momento in cui la Commissione ha chiesto il parere del Comitato economico e finanziario”. A me questa procedura ricorda un po' i film di Benny Hill, quei film comici, perché è astrusa. Penso, tra l'altro, che veramente pochi tra coloro che siedono in questo Parlamento abbiano contezza di come funzioni il freno d'emergenza, che dà la possibilità a un qualche burocrate olandese di alzare il ditino e dire: “No! Il Piano di resilienza e gli obiettivi che voi portate ogni 6 mesi non sono stati raggiunti”, rimandando, quindi, la palla al Consiglio europeo, che dovrebbe discuterne in modo esaustivo - cosa vuol dire “in modo esaustivo”? - e di norma questo processo non dovrebbe richiedere più di tre mesi (di norma!). Un'aleatorietà totale, che lascia spazi giganteschi per cercare di opprimere qualunque Paese cerchi di portare avanti delle politiche che magari vanno verso i cittadini. Abbiamo constatato all'inizio di questa legislatura cos'è successo con l'Unione europea, quando si è fatta “quota 100” e quando si è fatto il reddito di cittadinanza, ossia misure che andavano verso i bisogni sociali dei cittadini. Allora, voi cosa fate? Presentate il compitino per casa, che, appunto, arriva all'ultimo minuto. Vedremo se tra 6 mesi riuscirete a raggiungere tutte le milestone, tutti gli obiettivi fissati, perché questo è un Piano, il PNRR, che fa invidia ai Piani quinquennali dell'Unione Sovietica. È flessibile come un palo di calcestruzzo e lo stiamo vedendo, in questa fase di crisi, che problemi sta creando avere un Piano quinquennale del genere, che è veramente inflessibile. Adesso abbiamo difficoltà enormi che ci arrivano da questa situazione di guerra in Ucraina, con problemi relativi all'aumento dei costi delle materie prime. Quindi, tutti gli appalti dovranno essere rivisti e ci sarà un susseguirsi di riformulazioni di nuovi bandi, di sistemazioni di tante situazioni e questo Piano non vi sta dietro, lo ripeto, non vi sta dietro. Penso che i prossimi obiettivi non verranno raggiunti dal nostro Paese, perché noi dobbiamo anche riflettere sul fatto che 70 miliardi del PNRR erano già progetti in stato di avanzamento e, quindi, ci è andata bene - diciamo così - in quest'anno, in cui siamo riusciti, bene o male, a raggiungere gli obiettivi, arrancando e piallando totalmente le prerogative del Parlamento, con decreti su decreti.

Guardate, non voglio fare la Cassandra, ma i prossimi obiettivi saranno difficilmente raggiungibili dal nostro Paese. Noi dovremmo davvero pensare ad alternative e, in questo senso, voi cosa state facendo? State distruggendo ogni altro meccanismo economico che stava iniziando a funzionare, come, ad esempio, il super-ecobonus. Lo stiamo vedendo: anche ieri le indiscrezioni della stampa ci dicevano che il Governo non è intenzionato minimamente a prorogare questa misura che ha dato ossigeno alle imprese e ha rimesso in moto l'economia italiana, perché quel 6 per cento di rimbalzo che c'è stato l'anno scorso - un po' il rimbalzo del gatto morto - in larga parte era dovuto all'edilizia. E voi cosa fate?

Ovviamente, dovete demolire il super ecobonus perché ve lo chiede Draghi. Questa, purtroppo, è la chiusura del cerchio, con un decreto che, lo ripeto, oltre a creare dei carrozzoni, aumenta gli stipendi ai vostri amici ai Ministeri. Io mi sono soffermato l'altro ieri sull'articolo 6, comma 7, che prevede il conferimento di incarichi dirigenziali a funzionari di organizzazioni internazionali o dell'Unione europea; praticamente, si prevede di poter dare incarichi dirigenziali - attenzione, dirigenziali - nella pubblica amministrazione a funzionari europei. Mi chiedo sinceramente se ci possa essere un'altra definizione diversa da colonia per un Paese che non ha alcuna sovranità, nemmeno sulla propria burocrazia, sul proprio Stato profondo, nel momento in cui arriviamo al punto di doverci prendere i funzionari dell'Unione europea e metterli come dirigenti in deroga, tra l'altro. Infatti, c'è anche questo, c'è una deroga sui limiti stabiliti per il conferimento di incarichi esterni a personale privo della qualifica di dirigente, fino al 2026. Il MES è acqua fresca al confronto perché con il MES arrivavano funzionari che, per un certo periodo, sostituivano praticamente i vari dirigenti del Ministero dell'Economia. In questo caso, invece, noi li prendiamo direttamente come dirigenti, siamo oltre il ridicolo. Questo fa il paio con gli accordi che voi fate con gli amici francesi, con i Ministri che vengono direttamente in Consiglio dei Ministri ad assistere alle riunioni. Si tratta di un commissariamento totale del nostro Paese da parte di forze, come Lega e MoVimento 5 Stelle, che dovevano rappresentare istanze antisistema. Invece, si sono adeguate totalmente. Siete i primi, col vostro ministro D'Inca', a venire ogni volta in Aula a porre la questione di fiducia. Veramente, vi siete rivelati il peggio del peggio della politica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Sapia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAPIA (MISTO-A). Grazie, Presidente. Sottosegretario, mentre gli italiani sono con l'acqua alla gola e non arrivano a fine mese, mentre aumentano i prezzi del gas, della benzina, del pane e dei generi di sopravvivenza, delle materie prime e dei trasporti, mentre le imprese chiudono, la disoccupazione cresce, le famiglie e i lavoratori sono disperati, mentre il G7 decide di mandare ancora armi per la guerra in Ucraina, mentre la sanità pubblica affonda, il Parlamento è ridotto a organo di ratifica della volontà di una élite. Mentre accade tutto questo, il Governo dei migliori, a detta della stampa prezzolata, cosa fa? Pone ancora la fiducia su un nuovo decreto legato al PNRR, che è una gigantesca bufala a danno dei bambini, dei giovani, degli anziani, delle famiglie e dei comuni mortali.

Con questo nuovo decreto, il Governo mette una montagna di soldi per le gitarelle dei burocrati in Europa, per assumere consulenti a destra e a manca nell'attuazione del PNRR, per derogare alle regole sul reclutamento nel pubblico impiego e allargare nel merito gli spazi di discrezionalità, a tutto vantaggio della politica e dei partiti. È chiaramente un'operazione perfetta di campagna elettorale, naturalmente fatta con soldi pubblici prestati dall'Europa, che dovranno essere restituiti con il sudore dei precari e dei giovani, spremuti all'estremo e senza nemmeno la certezza della pensione. Complimenti ai migliori.

La pandemia si è trasformata in uno strumento perfetto di asservimento di masse incolpevoli, private dei diritti fondamentali attraverso i tagli che il Governo sta disponendo per ridare questo prestito miliardario ad un'Europa spietata e tiranna, la quale abusa delle parole democrazia e libertà per opprimere i popoli e schiavizzarli a piacimento. Se non bastasse, il decreto in questione mette anche il bavaglio ai dipendenti pubblici, che sui social non potranno più esprimere liberamente il loro pensiero, alla faccia dell'articolo 21 della nostra Costituzione, della Carta europea dei diritti fondamentali e dei principi in materia di libertà di parola, stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Insomma, tutto è disposto per la grande abbuffata a spese del popolo italiano, che dovrà anche tacere nell'ambito del pubblico impiego. La tavola è imbandita, la museruola è pronta e i cani sono legati, al massimo potranno ricevere briciole e qualche osso. L'aspetto altrettanto grave è che queste decisioni sono assunte sotto la guida di un Presidente del Consiglio che nessuno ha eletto, il quale, per l'ennesima volta, scavalca il Parlamento e ne cancella la funzione di controllo sancita dalla Costituzione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI (ore 12,18)

FRANCESCO SAPIA (MISTO-A). Noi di Alternativa continueremo a denunciare queste storture e siamo certi che gli italiani si ribelleranno, perché ormai non hanno più niente da perdere. Queste misure vergognose non potranno essere imposte ancora a lungo. Approfittate pure della distrazione dovuta all'estate, al caldo e al bisogno di socialità, dopo i due anni di arresti domiciliari che avete imposto con la scusa del COVID. L'autunno è vicino e le piazze torneranno a ripopolarsi in maniera civile per la democrazia, la libertà vera e la difesa dei diritti fondamentali; anzitutto, il diritto di vivere in maniera dignitosa. Per tutte queste verità, dichiaro il voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Spessotto. Ne ha facoltà.

ARIANNA SPESSOTTO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Ci troviamo, ancora una volta, ad affrontare la conversione di un decreto-legge omnibus, che contiene norme per i più svariati settori, dall'ambiente alla scuola, dalla giustizia al turismo. L'esame del contenuto da parte del Parlamento, come avviene ormai di consueto, è stato compresso in poche sedute al Senato, dove il Governo è intervenuto anche con un maxiemendamento sostitutivo di tutto il testo, che la maggioranza del Senato ha diligentemente ratificato; invece, alla Camera non c'è nemmeno stato il tempo per leggere il testo ed è stata posta la cinquantunesima questione di fiducia, costringendo questa Camera ad accettare un pacchetto blindato, senza alcuna possibilità di discussione. In queste condizioni, è quasi superfluo sottolineare lo svilimento del Parlamento, ormai depurato completamente della funzione legislativa e relegato al ruolo di spettatore di scelte compiute altrove. Il sistema democratico e i rapporti istituzionali - come è evidente - sono ormai allo sbando nel nostro Paese ma, a parte uno sparuto gruppo di parlamentari di opposizione, questo sembra non interessare a nessuno in questo consesso. Di fronte a questa allarmante situazione, forse, è il caso che il Presidente Mattarella rispedisca a questo Governo la lettera che aveva scritto quando pensava che avrebbe finito il suo primo settennato. Forse non lo ricordate o lo avete dimenticato, ma il Presidente della Repubblica qualche mese fa, in una lettera rivolta anche al Presidente di questa Camera, chiedeva di smetterla con la decretazione d'urgenza e con testi omnibus e implicitamente esortava tutti noi a non perdere di vista le regole fondanti della nostra democrazia: c'è un Parlamento eletto dai cittadini italiani che ha diritto di dire la sua su tutti questi provvedimenti governativi che, però, devono essere un'eccezione, non la regola, poiché la funzione legislativa deve tornare in capo al Parlamento. Scriveva il Presidente Mattarella: “Inserimenti di norme con queste modalità, oltre ad alterare la natura della legge di conversione, recano pregiudizio alla qualità della legislazione, possono determinare incertezze interpretative, sovrapposizione di interventi, provocando complicazioni per la vita dei cittadini e delle imprese, nonché una crescita non ordinata e poco efficiente della spesa pubblica”. È lo stesso Presidente che c'è oggi al Quirinale; possibile che non abbia nulla da dire su questo decreto-legge che verrà approvato con ben due fiducie, senza che la Camera abbia avuto il tempo di aprirlo e il giorno prima della sua scadenza? Continuava nella sua lettera: “Occorre dunque modificare l'attuale tendenza. I decreti-legge devono presentare ab origine un oggetto il più possibile definito e circoscritto per materia”. E aggiungeva: “Formulo, pertanto, un invito al Parlamento e al Governo a riconsiderare le modalità di esercizio della decretazione d'urgenza, con l'intento di ovviare ai profili critici da tempo ampiamente evidenziati dalla Corte costituzionale, nonché nelle stesse sedi parlamentari, oltre che in dottrina, e che hanno ormai assunto dimensioni e prodotto effetti difficilmente sostenibili”. Sono sempre pensieri e parole del Presidente Mattarella. Si tratta di richieste condivisibili che, però, sono rimaste sulla carta, nonostante il Presidente Fico si dica attento a queste istanze.

In questo decreto, sul quale avete chiesto per ben due volte la fiducia al Parlamento, si mette mano alla scuola, alla pubblica amministrazione, al turismo, alla giustizia, al commercio, tutto sotto la copertura del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. In Senato sono state fatte tutte le forzature possibili e ci è arrivato alla Camera un testo prendere o lasciare. È chiaro che noi lasciamo. Chi di noi potrebbe ancora sentirsi degno del proprio ruolo, dopo essere stato ridotto a un “sì” o a un “no” senza discernimento alcuno, senza un minimo di dibattito: pacchetto blindato e con anche la fiducia. Ma dove siamo? Siamo nella macchina del tempo, siamo tornati indietro di un secolo, per caso? Qui dentro si fa a pezzi il sistema della scuola e, soprattutto, si rende sempre meno interessante partecipare a un concorso pubblico.

Vi inventate addirittura che, dopo aver vinto un concorso pubblico, bisognerà sottoporsi a un periodo di prova in servizio di un anno, che si concluderà però con un ulteriore test finale, cioè si prevede un esame ulteriore dopo aver terminato le prove concorsuali. A che pro? Va bene che la scuola deve essere un luogo di sperimentazione, ma qui ci troviamo di fronte ad un unicum non solo giuridico, ma anche logico. Avremo sempre meno insegnanti qualificati, avremo sempre più insegnanti che hanno ripiegato e non saranno motivati, avremo una scuola sempre più indecente. Del resto, una società così invecchiata come la nostra se ne può ampiamente fregare della scuola, no? Ma forse non avete pensato che proprio il fatto di fare sempre meno figli è una delle massime manifestazioni di sfiducia degli italiani e delle italiane nei vostri confronti. A che pro scommettere sul futuro, con un Governo come questo che punta sulla guerra e sacrifica una delle parti migliori della propria società?

Dico questo, cari colleghi e care colleghe, perché le responsabilità relative ai meccanismi di selezione del personale scolastico sono anzitutto politiche. Il nostro Paese si sta abituando, in materia scolastica, ad un trend per cui una riforma non fa neanche in tempo ad entrare in vigore che già una nuova è alle porte, pronta a spazzare via la precedente e a riscrivere da capo le regole del sistema. La scuola avrebbe urgente bisogno, invece, di norme chiare, certe e soprattutto stabili. Si parla da anni di una riscrittura del testo unico della scuola, il DPR n. 297 del 1994, di cui non si vede traccia. Con la “buona scuola” renziana sembrava che il sistema avesse toccato il fondo, tanto che uno dei nostri punti programmatici era proprio l'archiviazione immediata di quella riforma, con lo scopo di ridare una dignità perduta alla professione del docente, riportare al centro del sistema la questione della didattica e aumentare i salari agli insegnanti. Bisognava insistere su questi punti e non cedere ai ricatti degli alleati prima di destra e poi di sinistra, che volevano che la scuola divenisse un luogo di mera stabilizzazione del personale, senza passare per i concorsi pubblici, o che l'attività didattica fosse in larga parte sostituita dalle progettualità extracurriculari. Bisognava cambiare passo, altro che decreti blindati! Non credo che la maggioranza dei docenti del nostro Paese sentisse l'esigenza di vedere istituita una scuola specifica per l'alta formazione o misure che incentivassero la partecipazione ad attività formative fuori dall'orario di insegnamento. Questa nuova ulteriore ed inutile riforma del sistema scolastico, tra l'altro, non è a costo zero, ma per il finanziamento del nuovo Piano di formazione dei docenti italiani è prevista una riduzione sia dell'organico, con tagli che arriveranno negli anni a quasi 10 mila cattedre, sia della Carta del docente. Quello che è certo è che tutto quanto previsto da questo decreto-legge non ridarà slancio al sistema scolastico nel nostro Paese. E i tagli all'organico di diritto nei prossimi anni, come emerge dalla relazione tecnica allegata al decreto, non lasciano presagire nulla di buono. Impressiona e preoccupa, anzitutto, la scelta del metodo del decreto per riorganizzare in modo verticistico temi tanto complessi e nevralgici. Anche se uno dei motivi del ricorso alla decretazione d'urgenza sta nel ritardo finora accumulato dall'Italia in alcune riforme richieste dall'UE per l'utilizzo dei finanziamenti del PNRR, i contenuti del decreto, proprio perché tantissimi e variegati, avrebbero meritato adeguate riflessioni e confronti con i vari soggetti soprattutto del mondo della scuola o, quanto meno, l'esplicitazione delle motivazioni ufficiali per far comprendere a tutti il disegno e gli scopi impliciti di una tale riforma. La realtà è che si sta spacciando il Recovery Fund per qualcosa che non è. Da mesi il Governo e i media, tutti allineati, ripetono che sono in arrivo miliardi di euro dall'Europa, che faranno ripartire l'economia del Paese, ma la realtà dei fatti è ben diversa. Noi di Alternativa lo abbiamo sempre detto fin dall'inizio: questo PNRR è un MES con l'ombretto. I miliardi di prestiti in arrivo - perché si tratta in gran parte di prestiti - andranno ad aumentare vertiginosamente il rapporto debito-PIL e quando il Patto di stabilità di verrà di nuovo cogente, per usare quei soldi dovremo ridurre violentemente questo rapporto. La Commissione europea, che gestisce l'erogazione dei fondi del PNRR, chiede ai singoli Paesi un piano di riforme strutturali, le cosiddette condizionalità, ed è qui che stanno i veri problemi. Nel PNRR gli Stati membri anticipano i soldi per i progetti con fondi propri e presentano due volte l'anno alla Commissione una richiesta di pagamento dei contributi finanziari a Bruxelles. Tale richiesta è sempre soggetta alla valutazione, da parte della Commissione, dell'avvenuto raggiungimento dei traguardi e obiettivi concordati indicati nel PRRR approvato. Ora, la domanda che tutti dovrebbero porsi è se sia normale per uno Stato indipendente doversi sottoporre al rigoroso rispetto di tutta una serie di paletti per poter finanziare la propria spesa pubblica. Ma il PNRR paleserà tutta la sua insostenibilità quando verrà riattivato il Patto di stabilità, poiché per usare i fondi del PNRR dovremo tagliare la spesa pubblica in modo drastico e per ridurre il rapporto debito-PIL dall'attuale 155 per cento al 60 per cento saranno necessarie manovre che devasteranno la nostra economia, il nostro tessuto produttivo e le famiglie: taglio delle pensioni, nuova tassazione sulle case, nuove privatizzazioni, partendo dalla sanità, e ulteriore flessibilizzazione del lavoro. E la Commissione europea potrà sospendere e ritirare finanziamenti qualora uno Stato membro non abbia adempiuto al programma di aggiustamento macroeconomico. Le condizionalità legate ai prestiti del PNRR sono peggiori di quelle del MES e l'Italia non avrebbe mai dovuto accettarle.

Concludo con una famosa citazione: “Non si può nominare Presidente del Consiglio dei Ministri chi è stato socio della Goldman & Sachs. È il liquidatore” - dopo la famosa crociera sul Britannia - dell'industria pubblica italiana. E immaginate cosa farebbe da Presidente del Consiglio dei Ministri: svenderebbe quel che rimane e certamente ai suoi «comparuzzi» di Goldman & Sachs. Purtroppo, quell'ipotesi oggi è realtà. La maggioranza di questo Parlamento ne è complice. Alternativa non lo sarà (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Testamento. Ne ha facoltà. Non c'è, quindi ritengo vi abbia rinunciato; vedo l'onorevole Trano che fa segno di sì. Ha chiesto di parlare l'onorevole Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Prima di iniziare la discussione vorrei fare una doverosa premessa, perché quello che è avvenuto in questo decreto non ha precedenti. Mi riferisco alle lagnanze che sono state poste dai senatori che hanno lavorato nell'altro ramo del Parlamento a questo provvedimento: loro hanno segnalato che c'è stata una forte ingerenza da parte di un apparato dello Stato, rispetto a una volontà politica che è ben tutelata dalla Costituzione. E allora io credo che si sia toccato nuovamente il fondo e questo rappresenta anche un pericoloso precedente, perché, se il relatore, un relatore senatore, che aveva in consegna questo provvedimento, ha fatto una denuncia così forte, dicendo che la Ragioneria generale dello Stato ha, come dire, posto delle forti interferenze su delle scelte politiche e su delle quadre politiche, significa che noi stiamo andando indietro e non stiamo andando avanti. Invece, per entrare un pochino più nel merito del provvedimento, che ovviamente non è stato lavorato da quest'altro ramo del Parlamento, che ha visto un suo veloce decorso in meno di due giorni, vorrei segnalare che io non so come e dove tutti i colleghi di questa maggioranza capestro riescano a trovare questa fiducia illimitata nelle capacità taumaturgiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che, come dicono e come asseriscono, rappresenta un'opportunità unica per rilanciare il Paese, per gettare basi solide di una crescita robusta, sostenibile ed inclusiva dell'economia, e ancora che permetterebbe di risolvere in un sol colpo i problemi dell'economia italiana, che sono noti a tutti e che sono la bassa crescita, i ritardi nella transizione ecologica, i ritardi nella transizione digitale, l'inclusione sociale. Però, come è stato anche ribadito più volte dai miei colleghi di Alternativa, questo Piano non è l'albero della cuccagna, non è un pranzo di gala, mentre tutto il mainstream non fa altro che ripetere come sia l'occasione della vita, unica e irripetibile, del nostro Paese. A noi tocca anche il compito di dover spiegare bene agli italiani che le cose non stanno così, perché in realtà questo non è un albero della cuccagna e non è gratis: parliamo di risorse che per la maggior parte sono state prese a debito e che andranno, quindi, restituite in un modo o nell'altro, e soprattutto con la parte di sovvenzione che sarà ripagata con i contributi dei Paesi dell'Unione europea, ossia con le entrate fiscali di ciascun Paese. E qui subito torna alla memoria quello che è stato fatto con legge delega fiscale, con questa veemenza da parte del Governo di voler subito approvare la riforma delle rendite catastali per potersi garantire gettito, per potersi garantire nuove tasse, utilizzando la rendita ai valori commerciali. E quindi dal 2026 il conto salato di questo Piano lo pagheranno gli italiani, con nuove e future tasse da applicare sulla propria abitazione, anche per l'abitazione principale. Noi siamo stati finora contributori netti del bilancio europeo, non è ancora chiaro se continueremo ad esserlo, ma quel che è certo è che di gratuito, in questo Piano nazionale di ripresa e resilienza c'è davvero ben poco. Perché? Perché l'Italia ha scelto il commissariamento e quindi, siccome qui la verità non emerge mai, noi abbiamo questa assunzione di responsabilità nel dire la verità agli italiani.

E, siccome il Governo ha un rapporto conflittuale con la verità, ci pensiamo noi di Alternativa a stabilire un minimo di principio di realtà a tutta la narrazione nella quale il Paese è stato immerso. L'Italia ha scelto la strada del commissariamento in cambio di risorse prese a prestito, non più dei mercati, ma dalla Commissione europea. Si è trattato, quindi, di una scelta di cui gli italiani devono essere informati. Di avere ceduto ogni potere decisionale proprio della sovranità democratica in cambio di prestiti sicuri io onestamente non me ne vanterei, al vostro posto. Facciamo anche qualche esempio concreto, come le concessioni balneari, che sono rientrate negli impegni della legge sulla concorrenza, con buona pace delle proteste dei colleghi di centrodestra. Un altro esempio in ambito fiscale riguarda le lettere di conformità, secondo quanto stabilito dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che dovranno generare un gettito di 2,8 miliardi entro il 2024. Questo è un grande interrogativo e vorremmo capire come si realizzerà questo gettito così importante. Nei loro piani parlano di questa omessa o inesatta presentazione della comunicazione trimestrale dei dati delle fatture ai fini IVA o versamenti IVA, tardivi, incompleti o omessi. Quindi, l'aver inserito tra gli obiettivi specifici del Piano il numero di lettere e il maggior gettito da conseguire rischia di trasformare lo strumento in una pericolosa clava fiscale e, anche a questo proposito, mi domando come i colleghi del centrodestra possano accettare tutto ciò. Come non parlare, infine, della riforma del catasto, vergognosamente approvata da tutte le forze di maggioranza, a esclusione di noi di Alternativa, che spiana la strada a futuri aumenti della tassazione sulla casa. Anche qui il legame con il Piano nazionale è evidente, con il riferimento alle raccomandazioni della Commissione, che ci chiedono testualmente di ridurre la pressione fiscale sul lavoro e di compensare tale riduzione con una revisione delle agevolazioni fiscali, una riforma dei valori catastali non aggiornati, nonché il contrasto all'evasione, in particolare nella forma dell'omessa fatturazione. Quindi, è una bella sfida che si pone.

Detto questo, per citare solo alcuni esempi, questo decreto ha fornito il pretesto per creare nuovi carrozzoni, e la grande scorpacciata che si sono fatti i partiti di maggioranza è bella ampia. Cito alcuni esempi. Articolo 6, comma 5: i dipendenti pubblici distaccati presso l'Unione europea avranno un'indennità di soggiorno pari a 400.000 euro nel 2022 e ad 1 milione di euro annui a decorrere dal 2023, quindi i funzionari dell'Unione europea e delle organizzazioni internazionali potranno avere incarichi presso le nostre pubbliche amministrazioni. L'articolo 7 introduce la discrezionalità delle amministrazioni centrali nel reclutare personale dipendente e incarichi di collaborazione, con una serie di deroghe al decreto legislativo n. 165 del 2001. Con l'articolo 10 si dà la possibilità di conferire incarichi ai soggetti in pensione, ovviamente a scapito dei giovani: veramente ridicolo, se si pensa che questo è un Paese di vecchi. Curiosamente, l'articolo 36 consente agli enti ecclesiastici – enti ecclesiastici, lo ripeto - deroghe in materia di assunzioni e di appalti pubblici, assimilandoli agli stessi criteri concessi dal Piano nazionale di ripresa. L'articolo 9, comma 3, poi, concede alla Presidenza del Consiglio di usufruire di incarichi per tre posizioni da 330.000 euro nel 2022 e da 660.000 a decorrere dal 2023; la Presidenza del Consiglio potrà inoltre reclutare personale sempre in deroga - sottolineo “sempre in deroga” - alle normative vigenti per 800.000 euro, un bel regalo che si è fatto Draghi con i suoi accoliti. In pratica, in tema di incarichi e di concorsi si introduce questa deroga vistosa, che non si era mai vista prima. In questo minestrone c'è anche spazio per le limitazioni del diritto di espressione dei dipendenti pubblici, che, da oggi in poi, dovranno porre maggiore attenzione a non far capire troppo sui social network quando i propri dirigenti sbagliano. Certo, è curioso come questo si concili con la possibilità attuale per un dipendente pubblico di poter fare politica.

Poi, c'è un altro tema che a me sta molto a cuore, che è scomparso dai radar. L'articolo 22 istituisce un fondo per le spese di gestione dei beni confiscati alla mafia, da trasferire all'Agenzia per la coesione territoriale, mentre si è persa l'occasione di sostenerne la battaglia contro la chiusura, come avevo proposto io, insieme alla collega Piera Aiello. Quindi, il tema della legalità questo Governo non sa proprio dove sta di casa. Con il precedente decreto, avevate indebolito l'operatività delle prefetture e le conseguenze sono note a tutti, perché il numero delle interdittive cresce esponenzialmente, così come gli scioglimenti dei comuni. Questi sono segnali molto chiari: invece di andare a rafforzare questi presidi, si tende a indebolirli.

Allora, tutto torna, perché alla fine questo PNRR è, in realtà, un MES mascherato, al quale abbiamo messo questo ombretto, questo trucco per abbellirlo, ma che mantiene ugualmente forti condizionalità, che ci preoccupano non poco per il futuro del nostro Paese, se si pensa anche che il Governo è commissariato circa l'impiego di questi fondi. Infatti, se non raggiungiamo gli obiettivi che Bruxelles ci impone, i fondi non arriveranno, ed è per senso di responsabilità verso il Paese che noi non voteremo questo ennesimo scempio, fatto a danno della Repubblica italiana, che prevede soltanto assunzioni e l'istituzione di nuovi carrozzoni. Già abbiamo parlato oggi dell'alta formazione, che costerà agli italiani oltre 2 milioni di euro e anche quell'altro carrozzone della 3-I SpA, su cui anche qualche collega di maggioranza ha avanzato forti criticità.

Questo è quello che si sta facendo: per tenere insieme tutta questa accozzaglia di partiti di maggioranza; si dividono le risorse e si cerca di dare una parvenza che questo Piano sarà la panacea di tutti i mali, quando, in realtà, questo Piano serve a fare ben altro, ovvero a fornire poltrone a chi nel 2023 non sarà più rieletto alla Camera e al Senato e, quindi, a indebolire ulteriormente le istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vallascas. Ne ha facoltà.

ANDREA VALLASCAS (MISTO-A). Grazie, Presidente. Con questo provvedimento si consolida l'arrogante prassi del Governo dei migliori di scippare a un ramo del Parlamento, a turno, le sue prerogative costituzionali, impedendo di fatto alle due Camere di esercitare collettivamente la funzione legislativa come sancito dall'articolo 70 della Costituzione. Questo Governo, di fatto, non sa che farsene del libero confronto democratico, delle critiche e, anche più semplicemente, delle opinioni di chi la pensa diversamente. Continuiamo ad assistere con preoccupazione, ma senza rassegnarci, alla lunga notte della Repubblica, a quella che accompagna oggi l'azione di un Governo prono ai desiderata della NATO. Non solo la sostanza della democrazia è compromessa, ma ormai non si cerca più neanche di salvaguardare la forma; qui manca il rispetto delle più elementari regole della correttezza istituzionale. Il decreto-legge all'esame scade oggi e il disegno di legge di conversione è stato trasmesso dal Senato alla Camera nella serata del 23 giugno scorso. Così, non solo questo ramo del Parlamento non ha avuto il tempo materiale di esaminare l'atto con serenità, per formulare le sue valutazioni, ma non c'è stato neanche il tempo per una rapida lettura. Stiamo parlando di un provvedimento destinato a incidere in modo significativo sugli sviluppi e sulla gestione di interventi che prevedono risorse che ammontano complessivamente a 191 miliardi di euro, tra investimenti, pari a 122,6 miliardi, e contributi, pari a 68,88 miliardi.

La realtà è che questo decreto è stato ostaggio per quasi 60 giorni di una bega tra Governo e maggioranza sul tema della scuola, senza peraltro mantenere gli impegni presi. Si tratta di un modo di operare inaccettabile, considerato che stiamo parlando di un complesso di misure volte proprio a creare una struttura amministrativa capace, efficiente ed in grado di attuare in tempi rapidi i progetti del PNRR, una struttura in grado, soprattutto, di colmare le disparità tra le regioni ed evitare che i fondi del Piano vadano alle realtà maggiormente attrezzate sotto il profilo amministrativo e con una maggiore capacità progettuale.

Se questi, però, sono i presupposti del futuro sviluppo e della futura realizzazione del PNRR, c'è da preoccuparsi ulteriormente sul destino che questo Governo sta scrivendo per il Paese, ma, come abbiamo già visto, il Governo dei migliori si è rivelato, da tempo, il Governo dei peggiori. Da tempo, l'Esecutivo ha gettato la maschera, dimostrando incapacità e incertezza nell'affrontare le difficoltà di questa fase storica, spesso prendendo decisioni che, lungi dal risolvere i problemi, ne hanno accentuato gli esiti negativi. Adesso con il PNRR il Governo rischia di replicare drammaticamente errori e ritardi, a cui abbiamo assistito in questo anno e mezzo: dal caro materiali, dalla crisi energetica ed economica e dalle posizioni irresponsabili assunte nei confronti della guerra russo-ucraina.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è uno strumento che ha l'ambizione di incidere significativamente sull'ammodernamento del Paese, in termini soprattutto di maggiore sostenibilità e di maggiore competitività in diverse aree della vita economica e sociale. Per compiere la transizione non basta, però, la prospettiva di una serie di cantieri da inaugurare e di nastri da tagliare.

È necessario dotarsi di un'organizzazione dello Stato all'altezza della sfida attraverso una pubblica amministrazione, centrale e periferica, capace, efficiente e che crei le condizioni perché i progetti si possano realizzare in tempi accettabili e secondo le scadenze del Piano. Se questo non dovesse avvenire, il Piano rischia di presentare una serie di insidie, anche in considerazione del fatto che una buona parte dei fondi disponibili, quindi 122 miliardi su 191, è rappresentata da investimenti, quindi sono risorse da restituire, e incidono sul debito già elevato del Paese. Ed è proprio sulla macchina amministrativa chiamata a dare gambe ai progetti che vorrei fare alcune riflessioni per quanto riguarda la gestione centralizzata e periferica e quella territoriale degli interventi. Per quanto riguarda il coordinamento centrale, ricordo che, nel mese di maggio, l'Osservatorio delle Associazioni europee di professionisti e imprese, AEPI, ha formulato alcuni giudizi particolarmente negativi sulla tempistica e sulle modalità di attuazione dei progetti del PNRR.

In particolare, l'Associazione ha predisposto un documento in relazione agli obiettivi dei progetti presentati, dal quale è emerso un quadro molto incerto sulla futura attuazione del Piano. Se, da un lato, alcuni traguardi risultano raggiunti, dall'altro, invece, si rilevano gravi criticità legate ai ritardi del progetto, soprattutto quelli riferiti alle energie rinnovabili, all'idrogeno, alla rete e alla mobilità sostenibile.

L'Associazione lamentava che proprio sui temi delle infrastrutturazioni del Paese - la parte più impegnativa sotto il profilo degli investimenti - il Governo non avesse ancora avviato iniziative significative e questo a causa della mancanza di una visione d'insieme e dell'assenza di un coordinamento in grado di accelerare gli interventi previsti per sostenere settori produttivi e investitori. Soprattutto, stanno mancando una condivisione dei progetti, uno scambio di informazioni con le aziende, protagoniste della transizione, che oggi si trovano impossibilitate, proprio a causa di una situazione di incertezza, a programmare investimenti, all'aggiornamento professionale e al rinnovo tecnologico. Questa situazione di incertezza si trasferisce pericolosamente dal livello centrale a quello periferico, dove alle amministrazioni locali sono demandati compiti e funzioni senza avere molto spesso un'adeguata dotazione di personale qualificato e risorse economiche per organizzare i bandi.

Ricordo il concorso farsa dello scorso anno con il quale il Governo è riuscito, in un colpo solo, a umiliare migliaia di professionisti del Sud e a lasciare scoperti più della metà dei profili richiesti; un fallimento che questo Governo ha gestito nel peggiore dei modi, tra ritardi, sedi mancanti ed errori grossolani nei testi. Un concorso per specialisti in politiche europee da destinare proprio alla gestione delle risorse del Recovery Fund nelle regioni del Sud, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Così quella che sarebbe dovuta essere un'opportunità di sviluppo territoriale e di occupazione si è rilevata un'umiliante farsa per migliaia di giovani professionisti, senza che si riuscisse, peraltro, a colmare i posti vacanti. Questa situazione rischia di creare anche una disparità di opportunità tra le regioni del Paese, tra quelle che riusciranno ad ottenere maggiori risorse, perché dotate di pubbliche amministrazioni più strutturate, e quelle che rischiano, invece, di essere tagliate fuori.

La Missione 1, Componente 1, del Piano è dedicata alla digitalizzazione, innovazione e sicurezza della pubblica amministrazione, e porterà ingenti risorse nei diversi territori, con l'obiettivo di trasformare in profondità la pubblica amministrazione del Paese. Se non si risolvono, però, le disparità in partenza, in termini di dotazioni strumentali e di personale, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, invece di colmare le distanze tra le regioni italiane, rischia di accentuare ulteriormente quelle già esistenti e rese più insidiose dalle emergenze di questi anni e di questi mesi.

E questo provvedimento non colma i ritardi dell'ammodernamento della pubblica amministrazione del Paese, ma rischia di lasciare le amministrazioni locali sole e senza strumenti a gestire in breve tempo interventi troppo complessi. Dobbiamo anche tenere conto che le condizioni dell'Italia di oggi non sono le stesse condizioni in cui si trovava il Paese quando è stato pensato il PNRR. Nell'arco dell'ultimo anno e mezzo, la situazione economica è precipitata: l'aumento dei prezzi delle materie prime e il rincaro delle fonti energetiche stanno avendo ripercussioni, anche gravi, sui diversi settori dell'economia del Paese, mettendo a rischio numerose filiere produttive, indebolendo ulteriormente il tessuto produttivo e sociale, già fortemente provato dalla pandemia. Questa situazione sta causando evidenti contraccolpi sul PNRR. È di qualche settimana fa l'allarme dell'ANCI, l'Associazione nazionale dei comuni italiani, a cui ha fatto seguito quello dell'Associazione dei costruttori, in merito al rapporto tra aumento dei prezzi dei materiali e fuga dagli appalti pubblici.

Secondo l'ANCI, sono molte le gare che stanno andando deserte oppure quelle a cui si presenta un solo partecipante e vi sono casi in cui non si riesce nemmeno a dare seguito alle gare già aggiudicate, perché le aziende si rifiutano di firmare i contratti per l'assegnazione dei lavori, dal momento che i prezzi dei materiali da costruzione sono ormai alle stelle rispetto a quelli dei capitolati d'appalto. Questa è solo l'anticamera di quello che potrebbe accadere con il PNRR. Per questo, voteremo contro questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vianello; non è presente, si intende vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Volpi; non è presente, si intende vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Vorrei dividere il mio intervento in due parti, innanzitutto sottolineando una questione di metodo, di rispetto della democrazia costituzionale: il fatto che non sia la prima volta che ci troviamo di fronte ad una menomazione delle funzioni del Parlamento - nel senso che anche questa volta stiamo convertendo in legge un decreto esaminato soltanto dal Senato - non vuol dire che la situazione sia accettabile, né che ci rassegniamo a questo dato di realtà. Quindi, la prego di riferire anche al Presidente Fico la gravità dell'ennesimo passaggio in cui, su un provvedimento molto rilevante, ancora una volta, funzioniamo come monocameralismo alternato. È un dato di fatto rispetto al quale è necessario intervenire e che il Governo deve considerare nella programmazione degli interventi.

Aver ricevuto, come è scritto nel frontespizio del disegno di legge, il provvedimento giovedì sera, per poi conferire mandato ai relatori venerdì mattina, è evidentemente l'indicatore di un cortocircuito insostenibile, che va affrontato non solo con una retorica denuncia, ma va affrontato dal Governo con una capacità di programmazione rispetto agli interventi da fare, tanto più in una fase difficile come quella che stiamo attraversando.

Nel merito, il provvedimento è importante perché si concentra su un punto estremamente delicato, quello della capacità amministrativa. Ho ascoltato tanti interventi prima di me che hanno ridimensionato, anche con qualche elemento di ragione, l'enfasi che ogni giorno ascoltiamo intorno al PNRR.

È vero, non è una grande bacchetta magica; è vero, ci sono condizionalità anche pesanti; è vero che siamo l'unico grande Paese dell'Unione europea ad avere attinto anche dai crediti e non soltanto dai trasferimenti a fondo perduto. Dopodiché, però, è anche vero che vi sono risorse importanti, meno di quelle che appaiono, perché larga parte, un terzo delle risorse è comunque debito sostitutivo, cioè debito a minor costo che prendiamo dalle risorse europee e che dovremo restituire, ma con un costo inferiore rispetto a quello che sarebbe stato. Quindi, vi sono criticità rilevanti e poco considerate, ma è anche vero che vi sono opportunità importanti.

Al riguardo, il decreto che andiamo a convertire interviene su un punto fondamentale, quello della capacità amministrativa che non è un problema recente.

Il maltrattamento delle pubbliche amministrazioni è andato avanti per troppo tempo nella retorica anti-burocrazia, nella retorica che comunque il privato, meno è interferito dall'intervento pubblico, meglio sta. Quindi, ci troviamo di fronte a carenze molto rilevanti, che il decreto incomincia a coprire con delle misure emergenziali, che dobbiamo sempre più fare in modo che non siano delle parentesi, degli interventi una tantum, ma che irrobustiscano in modo sistematico la capacità amministrativa dei vari livelli di governo della nostra Repubblica, a cominciare da quello più vicino ai territori, che è quello appunto dei comuni, in una prospettiva - questo è il dato politico, a mio avviso molto rilevante - in cui si torna finalmente a riconoscere che vi è una necessità insostituibile, ai fini del funzionamento del settore privato, della qualità dell'intervento pubblico. Diventa fondamentale, ai fini dello sviluppo, ai fini dell'equità, ai fini della garanzia dei diritti, un decente funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Questo è vero in generale - nel decreto vi sono interventi articolati per i diversi Ministeri - ed è vero in particolare per il nostro Mezzogiorno, dove c'è un punto estremamente delicato, perché i vincoli di tempo per l'utilizzo dei fondi del PNRR rischiano di portare a una sottrazione di risorse allocate per le politiche del Mezzogiorno, con il risultato paradossale che un Piano, finalizzato a ridurre le distanze tra le aree del Paese, finisce per aggravarle. Infatti le realtà che hanno una relativamente migliore capacità amministrativa, che sono al Centro Nord - dovuta al fatto che hanno avuto meno vincoli anche nel reclutamento del personale e maggiori risorse che derivano anche dal maggior PIL pro capite che in quei territori si genera - possono poi appunto utilizzare maggiori risorse a scapito di un'altra area del Paese. Su questo vi sono importanti interventi che però ritengo vadano ancora rafforzati e vadano assistiti da una funzione sostitutiva delle amministrazioni centrali, nel momento in cui le amministrazioni territoriali non riescono a far fronte alle scadenze che devono rispettare. Nel decreto vi sono anche i punti che abbiamo condiviso meno, ad esempio l'articolo 28, dove si prevede la nascita di un'azienda pubblica denominata 3-I, dove I è l'iniziale di INPS, INAIL e Istat, un'azienda pubblica per la gestione dell'informatica e dei dati delle tre amministrazioni coinvolte. Ora, non abbiamo avuto modo di fare audizioni, non mi pare che al Senato su questo abbiano avuto il tempo per approfondire quanto necessario, ma sarebbe stato interessante chiedere al Ministro Colao le ragioni per le quali Sogei, che è una società - come sapete - pubblica, che gestisce dati importanti della pubblica amministrazione, non potrebbe svolgere le funzioni che vengono attribuite alla 3-I. Sarebbe stato anche utile chiedere al Ministro Colao perché l'Istat, che gestisce dati qualitativamente diversi rispetto a INPS e INAIL, debba far parte del perimetro della 3-I. Su questo, insieme alla collega Polverini, abbiamo presentato due ordini del giorno, sui quali il Governo ha espresso parere favorevole - e mi avvio a chiudere Presidente -, nei quali abbiamo messo in chiaro un punto: nella definizione dello statuto della società vanno salvaguardate le specifiche esigenze di ciascuna delle tre amministrazioni, in particolare la riservatezza e la qualità dei dati e l'indipendenza nella gestione dei dati da parte dell'Istat.

Finisco, Presidente, con la scuola, un punto che mi sta molto a cuore. Una delle ragioni per quali siamo arrivati all'ultimo minuto nella conversione del decreto è perché c'è stato un confronto molto complicato al Senato tra la maggioranza e il Governo, un confronto durante il quale vi è stato anche uno sciopero generale della scuola perché le norme erano state introdotte senza un adeguato confronto con i diretti interessati. Questo è un punto politico estremamente rilevante: è necessario il dialogo sociale; più è necessario intervenire in modo incisivo, più si deve dialogare con chi rappresenta le lavoratrici, i lavoratori e gli operatori del settore. Così non è stato e questo ha complicato il passaggio. Questa è la ragione per la quale siamo arrivati così in ritardo, in un quadro in cui, dal Ministero competente, non è venuta la necessaria attenzione politica alle esigenze che venivano poste dalla maggioranza al Senato. Chiudo, Presidente. Nonostante i problemi seri che ho provato a ricordare, sul piano della democrazia costituzionale e anche sul piano del merito, il provvedimento ovviamente, su 50 articoli, ha tanti aspetti positivi ed è un tassello importante. Quindi, con grande senso di responsabilità, che tuttavia non è infinito, annuncio il voto favorevole del gruppo Liberi e Uguali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (IV). Grazie, Presidente e onorevoli colleghi. È la seconda volta che affrontiamo misure urgenti per l'attuazione del PNRR, segno che il PNRR viaggia come una locomotiva su binari sicuri e il Parlamento è chiamato a ratificare quello che il Governo propone e, come in questo caso, ad intervenire purtroppo solo al Senato, non avendo avuto noi modo di dire la nostra e anche su questo vorrei tornare. Tuttavia credo che sia fondamentale riflettere su cosa rappresenti il PNRR per il nostro Paese. Innanzitutto, per noi rappresenta lo spartiacque dal quale abbiamo iniziato a imboccare la strada giusta: con l'arrivo del Governo Draghi, vi è stata la trasformazione di un PNRR, fatto dallo svuotamento di cassetti, a un Piano che prova a guardare alla sostenibilità futura, pubblica e privata, dell'Italia. Questo è stato il primo passo. Ora - come sappiamo - si prosegue dando attuazione a quel Piano e mirando ai target. Ma la domanda fondamentale che dobbiamo porci è: questo Piano, che è un piano per uscire da un'emergenza, l'emergenza COVID, che già ci stiamo dimenticando, superata da altre emergenze, è un piano ancora attuale, ma soprattutto è un Piano di ripresa e resilienza, o è un Piano che stiamo affrontando solo per resistere a un urto e a uno stress per poi tornare come prima? Questo sarebbe un errore fatale. Ebbene, la resilienza comporta l'attuazione di un cambiamento strutturale, che metta il nostro Paese nelle condizioni poi di sostenere il nuovo modello di sviluppo. Dal punto di vista economico, significa che tutta la spesa pubblica che noi avremo investito dovrà essere in grado di trasformarsi in produttività; dal punto di vista sociale e ambientale, dovremo aver prodotto un profondo cambiamento. Questo dobbiamo chiederci e non più, come nella vecchia impostazione, solo se saremo in grado di spendere i soldi e dove. Già nella verifica da parte dell'Europa sull'attuazione del PNRR non sarà quello il criterio, ma soprattutto nella verifica post 2026, quella che lasciamo alle prossime generazioni, il criterio sarà quello della sostenibilità, parola sulla bocca di tutti, ma che pochi sanno declinare. Non dobbiamo sbagliare a declinare la parola “sostenibilità” quando affrontiamo il PNRR e quindi dobbiamo traguardare al 2026 con questo tipo di attenzione.

Allora, domandiamoci se, dentro queste linee guida per l'attuazione del PNRR, stiamo andando nella direzione della resilienza, cioè di un cambiamento sostenibile o, semplicemente, ci stiamo chiudendo in una sorta di resistenza al trauma e agli stress.

Ci siamo lamentati giustamente perché la Camera non è potuta intervenire: questo è già un primo elemento di cambiamento, cambiare il sistema istituzionale perché sia sostenibile. Abbiamo sbagliato in passato, abbiamo avuto un'occasione con il referendum del 2016 e molti di noi, qui, si sono opposti in maniera strumentale. Oggi la lezione che ci dà la storia è che questo sarà il primo cambiamento a cui dovremmo tendere: l'efficienza delle istituzioni.

Ma proviamo ad entrare nel dettaglio, per capire se il PNRR può essere il vaccino al populismo, anzi, siccome la malattia l'abbiamo già avuta, l'antidoto al populismo, oppure se è solo il tentativo di resistere e far passare la nottata.

I temi affrontati sono tantissimi: pubblica amministrazione, università e ricerca, ambiente, fonti rinnovabili, efficientamento energetico, salute, sanità, infrastrutture, zone economiche speciali; potremmo continuare perché l'elenco è lunghissimo. In questo elenco, balza all'occhio, laddove si voglia trovare un cambiamento strutturale resiliente, una norma di cui si parla poco, ad esempio, quella a favore dell'equilibrio di genere in ambito lavorativo. Questa determinerà un cambiamento sociale nel mondo dell'economia resiliente, sostenibile. Molto bene ha fatto il Governo a prevedere, dopo la certificazione della parità di genere, il premio nei bandi pubblici per quelle imprese che l'attueranno.

Ma, scorrendo sempre gli interventi di questa attuazione del PNRR, balza all'occhio anche il tema della scuola. Anche qui, è una questione dirimente per il futuro del Paese che tipo di scuola e di formazione avremo. Ebbene, non possiamo non notare come si torni al reclutamento con obbligatorietà di tirocinio, cioè si torna al percorso formativo che avevamo delineato a suo tempo con la “Buona scuola”, con buona pace di chi vi si era opposto. È uno dei segni che, probabilmente, con questa svolta impressa dal Governo Draghi con il nuovo PNRR si sta effettivamente imboccando una strada di cambiamento resiliente del Paese.

Ma, sempre nella scuola, si torna anche al concetto di merito con questo provvedimento, laddove parte delle risorse sono date agli insegnanti per la propria formazione e, quindi, chi si forma ha delle risorse aggiuntive. Abbiamo, quindi, il tirocinio iniziale e il merito, che erano elementi che avevamo inserito a suo tempo quando pensavamo di essere in grado di affrontare il cambiamento resiliente del Paese senza che l'emergenza COVID dovesse darci una sonora lezione. È stato scongiurato al Senato anche il tentativo di decurtazione di un quarto della carta del docente e questo è il segno di come permanga fortunatamente quel ruolo del Parlamento, che va a migliorare quanto il Governo ci propone.

Del tema dell'energia abbiamo già parlato ampiamente nelle scorse settimane: quanti errori abbiamo fatto nell'epoca populista, che finalmente sta tramontando, e che oggi ci consegnano un Paese in forte ritardo. Con il PNRR, ma, soprattutto, con le misure che il Ministro Cingolani ha dovuto aggiungere in via urgente, stiamo cercando di rimediare a questi errori per consegnare, dal punto di vista energetico, un Paese resiliente e non resistente.

Ma andando avanti, veniamo anche a temi di più stretta attualità: l'acqua. Parliamo di crisi, ogni settimana se ne presenta una nuova. Abbiamo parlato lungamente, anche nella discussione degli ordini del giorno, della crisi idrica. Anche qui, non è la lezione che ci dà il momento contingente che stiamo vivendo. Già nella scorsa legislatura, con la creazione della struttura di missione “Italia sicura”, avevamo imboccato la strada giusta, avevamo imboccato la strada che si occupava del dissesto idrogeologico, delle infrastrutture, che creava punti di riferimento su cui spendere i soldi e avevamo assegnato anche 8,4 miliardi di risorse che, all'inizio di questa legislatura, il Governo “Conte 1” ha pensato bene di togliere di mezzo, perché il nuovo corso populista doveva portare sorti magnifiche e progressive al Paese. Ancora una volta, la crisi COVID ci ha messo di fronte alla dura realtà; il PNRR ci offre una prospettiva, una via d'uscita, ma, ancora una volta, ahinoi, dobbiamo rimarcare gli errori del passato, e lo facciamo solo perché non vengano più commessi.

Ebbene, sull'acqua - una volta rimarcato che ci avevamo provato, ci stavamo provando, saremmo anche capaci, come Nazione, come popolo, come istituzioni, di farlo, di provarci - voglio leggervi un passaggio su Il Foglio della settimana scorsa, scritto da Giulio Boccaletti, che è un esperto mondiale sul tema delle acque. Lo scriveva 4 giorni fa: il problema dell'acqua non è tanto quello dell'acqua potabile, sebbene noi ne sprechiamo gran parte, sebbene noi stiamo pagando perché abbiamo chiuso le strutture di cui vi ho parlato, 120 milioni all'anno perché non depuriamo abbastanza le acque. Il problema delle acque è, soprattutto, in agricoltura. La pioggia non cade quando serve all'agricoltura: dei 300 miliardi di metri cubi di acqua che piovono dal cielo, 60 cadono in aprile e dicembre. La soluzione - dice sempre Boccaletti - richiede riforme strutturali e investimenti. Dobbiamo portare la nostra capacità di invasi, che ora è di 10 miliardi di metri cubi a fronte di un fabbisogno irriguo di 20 miliardi, più vicina a quella della Spagna che, con lo stesso fabbisogno irriguo, stocca 50 miliardi.

Ebbene, la conclusione è quella dello stesso giornalista: “ Cosa riusciremo a fare con le risorse che avremo richiederà istituzioni in grado di proporre scelte adeguate e una cittadinanza in grado di conferire a quelle scelte legittimità politica”.

Quindi, il PNRR rappresenta lo strumento e la via d'uscita, ma, senza una cittadinanza che conferisca alla parte politica che fa le scelte giuste la legittimità che le serve, questo non sarà sufficiente. Il PNRR riporta il Paese sulla rotta che noi, più di altri, gli avevamo impresso. Per questo motivo, dichiaro convintamente il voto favorevole di Italia Viva (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bucalo. Ne ha facoltà.

CARMELA BUCALO (FDI). Grazie, Presidente. Oggi, con la chiusura di questo provvedimento, il Governo ha sprecato un'occasione importante per il futuro della nostra Nazione. Per il raggiungimento degli obiettivi e dei traguardi del PNRR, le cui tappe fondamentali sono previste entro il 30 giugno del 2022, ha utilizzato un iter inaccettabile, sia nei metodi che nei contenuti.

I metodi sono sempre gli stessi: il ricorso ormai abituale alla prassi del maxiemendamento, che rimodula completamente il testo da approvare in sede di conversione, su cui, poi, pone la questione di fiducia.

È difficile da parte vostra sostenere che in questo provvedimento c'è omogeneità di contenuti, che spaziano dal fisco all'organizzazione amministrativa, dal turismo alla giustizia, all'ambiente, all'istruzione, insomma misure relative a numerosi settori produttivi, affiancate anche da ulteriori interventi di riorganizzazione amministrativa.

Così come non si può accettare la giustificazione di questo calderone dove si trova di tutto scaturita solo dalla necessità di dare una risposta rapida e ad ampio spettro.

La sola verità, purtroppo, è che votare in blocco un provvedimento blindato con la fiducia permette a questo Governo di tenere insieme i pezzi di questa maggioranza così frammentata, dove ogni componente ha ottenuto qualcosa, una piccola medaglia, per, poi, spenderla in campagna elettorale o al momento giusto e in modo tale da garantire la sopravvivenza e, quindi, la continuazione di questo Governo.

E poco importa se tutto ciò ha alterato i rapporti istituzionali tra Governo e Parlamento, perdendo la prerogativa di analizzare, discutere e approvare questo provvedimento. Non esistono più i diritti delle minoranze parlamentari, alle quali è stata del tutto preclusa la possibilità di partecipare in modo costruttivo nell'interesse della popolazione.

Di fatto, siamo in uno Stato di monocameralismo alternato che, con il comportamento di una Ragioneria dello Stato che va oltre le sue competenze e che pone condizioni e veti alle decisioni parlamentari, ci porta inesorabilmente verso un sistema tecnocratico, e tutto va bene. Perché? Perché, alla fine, a pagare il prezzo più alto sono gli italiani, che subiscono le conseguenze di tutto ciò, costretti ad accettare norme frutto di decisioni che certamente non fanno i loro interessi, ma gli interessi di pochi.

Entrando nel merito delle misure apportate, sugli svariati temi oggetto di questo provvedimento, va evidenziata l'assenza di misure importanti, innovative e utili per dare risposte soddisfacenti alle problematiche esistenti e alle esigenze provenienti dai vari mondi del settore produttivo, del lavoro e da una pubblica amministrazione che necessita di un rinnovamento, ma un rinnovamento serio, un rinnovamento capace, un rinnovamento chiaro, che non sono le varie deroghe previste alle procedure selettive che sono state ampliate anche al di fuori degli interventi attuativi del Piano, il che si traduce in un “siete liberi”, siete liberi di assumere chi volete, di attribuire incarichi a chi volete e soprattutto di attribuire incarichi retribuiti. Certamente, è una pubblica amministrazione che non guarda al futuro né tutela il futuro dei giovani.

Lo ribadisco: queste non sono le misure idonee per giungere alla realizzazione di quell'ambizioso progetto di riforme che aveva l'obiettivo di rendere questa Nazione più moderna ed efficiente, così come descritto nel PNRR e presentato dal Presidente Draghi.

Per la parte più strategica di questo decreto, che riguarda il settore istruzione, che rappresenta il vero pilastro della nostra società, ma che è stato quello più colpito, avete previsto tutto quello che era possibile per distruggere il futuro della scuola e delle nuove generazioni. Si è imposta una riforma che investe materie importanti, come la disciplina del rapporto di lavoro, il salario, la formazione, lo sviluppo professionale, senza un confronto con il Parlamento, ma, soprattutto, senza tenere conto dei reali bisogni di questa istituzione e di chi la vive e la conosce ogni giorno. È una riforma che non ha alcuna visione di rilancio del sistema scolastico, più aderente ai nuovi bisogni educativi e formativi degli studenti, che si autofinanzia con le esigue risorse previste, visto che il DEF per i prossimi 3 anni prevede addirittura una diminuzione degli investimenti per la scuola, pari allo 0,5 del PIL, portando la scuola e la spesa ai livelli di 10 anni fa.

Poi, per ridurre l'impatto di una crescente denatalità con urgenti e mirati interventi, questo Governo cosa fa? L'unica soluzione che trova facile - certo facile, ma quanto fallimentare? - è un taglio di 10 mila cattedre dal 2027, che dimostra quanto non sia così prioritario veramente, per questo Governo, investire nel futuro di questa Nazione. Il reclutamento dei nuovi docenti ideato dai burocrati ministeriali è un percorso tortuoso e lungo, che li allontana sempre più dal mondo del lavoro. Creerà ancora più precariato, lasciando irrisolto il problema della stabilizzazione del personale precario storico. Non ci sono aumenti stipendiali, se non di qualche decina di euro, né possibili sviluppi professionali per il personale scolastico. Questi punti - ribadisco - sono tutti contemplati negli obiettivi del PNRR. Tuttavia, viene dirottato il finanziamento di quei pochi spiccioli per la scuola alla formazione, attraverso la nascita di un organismo chiamato Scuola di alta formazione del sistema nazionale pubblico di istruzione. Eravamo tutti in attesa: il mondo della scuola era in attesa della nascita di questa grande istituzione, di questo grande ente. È un apparato imponente, che sarà il luogo per pochi eletti, che sperpererà 2 milioni di euro l'anno, con un presidente e un direttore generale che percepiranno stipendi per oltre 500 mila euro. Ma non è finita: c'è bisogno di un dirigente di seconda fascia e di 12 funzionari. In tutto, 14 persone si spartiranno, ogni anno, un milione 187 mila euro, a fronte dei 70 euro netti di aumento previsti per i docenti, che hanno gli stipendi più bassi previsti in Europa, stipendi ancora più bassi grazie all'applicazione della riforma fiscale introdotta dalla legge di bilancio. Una vera vergogna! Davanti a questa vergogna io mi chiedo - e chiedo anche a questo Governo, Presidente - dov'era la Ragioneria di Stato, così puntuale e certosina a “tagliare” gli organici, decidendo, quindi, del futuro dei nostri figli, e ad abbassare tutto quello che era previsto? Invece, fa passare questa vergogna sulla pelle del mondo della scuola (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Questi grandi maestri che, insieme a altri due carrozzoni, INDIRE e Invalsi, ci costano 7 milioni di euro l'anno! Questi carrozzoni andranno a gestire tutta la formazione dei docenti, questi docenti che, secondo le ultime dichiarazioni del Ministro Bianchi, devono essere riaddestrati; vado alla conclusione, Presidente; mi conceda un attimo di tempo. Certo, riaddestrati; siamo degli animali! Bisogna riaddestrarli questi docenti, per andare a fare una scuola sempre più subordinata alle esigenze del mercato, della produzione e del consumo, come quella digitale.

Concludo, Presidente. Continuate a dire che era necessario procedere a questa riforma perché richiesta dall'Europa, ma così come è strutturata, senza investimenti, con tagli ai dipendenti, che non elimina la precarietà del lavoro né valorizza l'esperienza professionale, senza una crescita per la nostra Nazione, né per le future generazioni, non può essere accettata! Il Governo fa il forte con il proprio popolo e si inchina ai diktat europei, sacrificando il futuro dei nostri giovani.! Per questi motivi annuncio il voto contrario di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Adelizzi. Ne ha facoltà.

COSIMO ADELIZZI (IPF). Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretaria, oggi siamo chiamati a votare un decreto veramente importante, indispensabile per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. È, dunque, un passaggio fondamentale, sia per quello che riguarda l'attività del Parlamento sia per ciò che attiene agli obiettivi del Paese. Si tratta di obiettivi ambiziosi, che stiamo cercando di raggiungere con il massimo impegno e il massimo senso di responsabilità nei confronti dei cittadini italiani. Signor Presidente, responsabilità credo sia la parola chiave che rappresenta in maniera perfetta questo testo che oggi siamo chiamati a valutare.

A seguito dell'emergenza pandemica, abbiamo fortemente voluto il PNRR e gli investimenti sul Next Generation EU, per sostenere la ripartenza e consentire al nostro Paese di costruire un modello di sviluppo differente per le nuove generazioni. Ecco perché mai come oggi, in un contesto economico e sociale repentinamente mutato e reso incerto dalla pandemia prima e dalla guerra poi, l'atteggiamento dell'intero Parlamento deve essere votato alla massima responsabilità istituzionale. Sostenere tale intervento significa sostenere la ripresa economica, stimolare la transizione ecologica e digitale, contrastare le diseguaglianze territoriali e favorire un cambiamento strutturale della nostra economia. È per questo che riteniamo che, in un quadro internazionale come quello attuale, abbiamo il dovere di sostenere l'operato del Governo e farci trovare sempre pronti per garantire la tenuta economica del Paese e per dare risposte concrete alle cogenti necessità di cittadini e imprese, posti di fronte a sfide e sacrifici che potrebbero altrimenti rivelarsi insormontabili.

Il Piano, nella sua articolata complessità, nei suoi multiformi indirizzi e campi di applicazione, ha proprio questa funzione e può rappresentare l'autentico volano per rilanciare il nostro Paese, ma occorrono impegno, collaborazione e, appunto, responsabilità.

Nonostante l'incertezza dello scenario globale, infatti, per il Governo resta imprescindibile operare in questa direzione, continuando a promuovere una crescita economica sostenibile e a intervenire in favore dell'Italia che vogliamo. Il primo modo per farlo è, appunto, garantire la piena attuazione di tutti gli interventi e gli obiettivi fissati dal PNRR, secondo le cadenze previste; su questo fronte, non possiamo permetterci rallentamenti (Applausi dei deputati del gruppo Insieme per il Futuro).

Negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto si è posta l'attenzione su diversi punti del provvedimento in esame intervengono in maniera importante su un gran numero di settori economici. All'interno dei 50 articoli del testo, si trovano ulteriori misure urgenti per l'attuazione del PNRR, con interventi in materia di scuola e università, lavoro, pubblica amministrazione, sanità, ambiente, ricerca e innovazione. Un punto che mi sta particolarmente a cuore, da campano, è quello relativo ai fondi riservati al Mezzogiorno; è uno stanziamento davvero rilevante, si tratta di risorse che potranno essere fondamentali per ridurre, finalmente, il gap attualmente esistente tra le diverse aree del nostro Paese. Rafforzare gli interventi a sostegno della ripresa economica nelle aree svantaggiate è e sarà prioritario, per evitare che la crisi finisca addirittura per aumentare le disparità. Sarà nostro compito, dunque, lavorare per garantire tutto il sostegno possibile alle amministrazioni territoriali e a tutti gli altri soggetti coinvolti nella realizzazione del Piano, nonché vigilare affinché non ci siano ingerenze che possano, in qualche modo, danneggiare la realizzazione dei progetti e, in sostanza, la ripresa economica dei nostri territori.

I fondi del PNRR devono essere spesi in modo oculato; questo vale per qualsiasi settore d'intervento e, a maggior ragione, per la sanità pubblica. Questi anni di emergenza sanitaria devono averci insegnato qualcosa; non possiamo più ritrovarci nella condizione di vulnerabilità in cui ci siamo trovati a inizio pandemia. Ecco perché nel testo in esame assume una forte rilevanza l'istituzione del Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici; si definisce, inoltre, un nuovo modello organizzativo, dove assumono un'importanza strategica l'assistenza e la medicina territoriale.

Tuttavia, gli interventi normativi previsti sono tanti e molto vari, indirizzati in gran parte a velocizzare le procedure della pubblica amministrazione nella realizzazione del Piano. Una particolare menzione la meritano alcuni interventi previsti nel settore dell'istruzione e dell'università. L'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza impone quotidianamente la ricerca di soluzioni che puntino ad innalzare la qualità dell'insegnamento, a tutela del diritto allo studio di studentesse e studenti; percorsi seri di formazione e abilitazione degli insegnanti, da affrontare già durante la laurea, vanno in tale direzione. Bisogna aprire le porte ai giovani e rendere attrattiva la professione di insegnante. I nostri insegnanti sono i meno pagati in Europa; questa maggioranza ha lavorato per far sì che non venissero ulteriormente penalizzati, ma c'è ancora molto da fare (Applausi dei deputati del gruppo Insieme per il Futuro).

Occorre cambiare il punto di vista quando si affronta il tema dell'istruzione, mettersi nei panni di ragazze e ragazzi, guardare con serietà e fiducia al loro futuro: saranno la nuova classe dirigente del Paese. Ecco, perché in ogni intervento, già a partire da questo decreto, l'obiettivo è e sarà quello di fornire risposte adeguate ai bisogni di formazione degli studenti, avendo chiari due principi portanti: qualità e merito, qualità dell'offerta formativa, dell'insegnamento e delle strutture e merito nella selezione e nel consentire ai capaci e meritevoli, come sancisce la nostra Costituzione, indipendentemente dall'appartenenza sociale, di raggiungere i più alti gradi degli studi. Se la politica farà propri questi principi con maggior vigore rispetto al passato, renderà un grande servizio al futuro dell'Italia.

È importante perciò capire e ribadire, signor Presidente, che il PNRR può rappresentare davvero un cambio di passo per rendere competitivo e contemporaneo il sistema Italia. Tra i tanti, questi provvedimenti citati ne sono un esempio emblematico. L'operazione del PNRR va avanti nel rispetto del contratto che abbiamo sottoscritto con l'Europa dopo le risoluzioni del Parlamento, perché questa è la strada da seguire per un vero rilancio del nostro Paese. Si tratta di un obiettivo che dovrebbe vederci uniti tutti, maggioranza e opposizione, perché stiamo parlando di impegnare un gran numero di risorse per risolvere problemi atavici, per superare le emergenze in atto, per dare una prospettiva concreta a milioni di cittadini e per consegnare meritatamente ai nostri giovani un futuro migliore.

Noi ci crediamo e riteniamo che sia questo il motivo principale per il quale occorra serrare le fila all'interno della maggioranza, piuttosto che creare ogni giorno fibrillazioni al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Insieme per il Futuro). Torna, infatti, come accennato all'inizio, il tema della responsabilità istituzionale. Se, oggi, di fronte alla crisi sanitaria, alla guerra, alla crisi energetica e all'inflazione non si va tutti in un'unica direzione, come potrà dire questa politica di aver fatto tutto il possibile per dare sostegno agli italiani? Non è più il tempo delle chiacchiere e degli slogan, ma dei fatti, Presidente. Il bene del Paese deve superare gli interessi dei singoli gruppi e dei singoli partiti; il momento che stiamo vivendo definisce e determina scelte politiche ed economiche importantissime, che richiedono un confronto aperto e costruttivo con il Governo e una reale volontà di collaborare per il bene comune. In questo senso, crediamo che il decreto sia strategico, in quanto contiene provvedimenti di grande rilevanza politica, coniugando le esigenze dei cittadini, la governance del Paese e le raccomandazioni che ci arrivano dall'Europa.

Mi accingo a concludere, Presidente, ma prima vorrei ringraziare, proprio per i motivi appena esposti, tutti i membri della maggioranza che hanno lavorato con il Governo e con l'opposizione per raggiungere questo risultato. È un bene essere stati capaci di abbandonare alcune proposte di bandiera pur di raggiungere obiettivi più alti (Applausi dei deputati del gruppo Insieme per il Futuro). È questa la strada che dobbiamo continuare a perseguire; è questo il giusto atteggiamento istituzionale e sono questi gli interventi da finanziare per garantire al Paese una ripartenza rapida e una crescita costante e duratura. Crediamo fortemente che il decreto-legge arrivato all'esame di quest'Aula vada incontro alle esigenze dell'Italia, incentivando lo sviluppo e dando una spinta innovativa che partirà dai giovani, per trasformare il nostro Paese, restituirgli competitività e renderlo capace di affrontare le enormi sfide della transizione digitale ed ecologica.

Per tutte queste ragioni, Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo Insieme per il futuro (Applausi dei deputati del gruppo Insieme per il Futuro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zangrillo. Ne ha facoltà.

PAOLO ZANGRILLO (FI). Presidente Mandelli, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, siamo giunti al voto su questo importante decreto, seguendo un percorso francamente discutibile, perché, ancora una volta, un ramo del Parlamento non ha avuto l'opportunità di approfondire e di confrontarsi sul testo di un provvedimento così importante. Non dichiararlo, far finta di niente non sarebbe corretto e questo lo dico soprattutto guardando al futuro e, quindi, auspicando che non ci sia replica a queste modalità di conduzione dei lavori parlamentari.

Se guardiamo, invece, al merito di questo provvedimento, credo che non ci si possa esimere da esprimere un giudizio estremamente positivo. Il mio gruppo sicuramente ha dato un grande contributo, soprattutto nelle attività al Senato, per riuscire a rendere ancora più corposo e ancora più smart questo provvedimento.

Viviamo tempi molto difficili e, probabilmente, quando torneremo dalle vacanze, in autunno, la situazione sarà peggiorata. Abbiamo la guerra nel centro dell'Europa e un'economia di guerra che è senza soluzione di continuità rispetto ad una situazione economica già drammatica, come conseguenza della pandemia. Quindi, ancora di più, dobbiamo ricordare come questo provvedimento, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia una grande opportunità per il nostro Paese che non possiamo permetterci di perdere.

Il PNRR è come un treno ad alta velocità, un treno che ha una destinazione precisa, che è il futuro del Paese, ma ha anche un timing che deve essere assolutamente rispettato. Per questo ha bisogno di binari solidi e quindi noi abbiamo la responsabilità di accompagnare il viaggio di questo treno. Questo decreto ha una finalità molto chiara, quella di rendere disponibili tutte le misure attuative del Piano nazionale di ripresa e resilienza. È proprio in questa chiave che noi dobbiamo leggere e interpretare i decreti come questo, come quelli che sono già arrivati e come quelli che arriveranno in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

La pubblica amministrazione, a livello statale, a livello regionale e a livello locale, ha un ruolo fondamentale nel poter garantire la piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e, per poterlo fare, ha bisogno di risorse. Non mi riferisco solo alle risorse finanziarie, ha bisogno di risorse umane, di competenze, ha bisogno di semplificazioni, ha bisogno di capacità decisionale, ha bisogno di innovazione tecnologica.

Nel Capo I di questo provvedimento ci sono molte e importanti misure che vanno esattamente in questo senso e quindi non possiamo disconoscere l'ottimo lavoro svolto dal Ministero per la Pubblica amministrazione, dal professor Brunetta e dalla sua squadra. Vi sono diverse misure che intendo sottolineare. Incomincerei con il portale unico del reclutamento, che si appresta a diventare l'hub digitale dell'incontro, del match tra domanda e offerta di lavoro nel settore pubblico a tutti i livelli. Questo è un provvedimento molto importante. Questo hub troverà raccolti in un'unica fonte tutti i concorsi che saranno banditi e le successive informazioni. Ciò significa che chi in futuro avrà la necessità di partecipare ad un concorso non sarà costretto, come succede oggi, ad impegnarsi in una sorta di slalom speciale tra Gazzetta Ufficiale, siti dei Ministeri ed enti pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Una settimana fa, giusto in quest'Aula, nel corso del question-time, riguardo al reddito di cittadinanza ho ribadito al Ministro Orlando, il Ministro del Lavoro, un tema che già conosce molto bene e che è la inefficienza, la completa inefficienza del provvedimento del reddito di cittadinanza come politica attiva del lavoro. Auspico che il modello del portale unico di reclutamento diventi uno degli strumenti a disposizione delle agenzie per il lavoro e che dia la possibilità di verificare, con riferimento ai percettori di reddito di cittadinanza, se effettivamente vogliono lavorare, se effettivamente sono interessati ad avere un lavoro, o se invece vogliono soltanto percepire a vita un sussidio. Ci sono anche una quarantina di assunzioni previste in questo decreto per l'ANPAL, l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, e io interpreto questa misura come un buon auspicio per intervenire in modo pesante sulla riorganizzazione dei centri per l'impiego, per cercare di portarli ai livelli degli altri Paesi europei, dove queste strutture funzionano.

Tornando al contenuto del decreto, rimanendo sempre in tema di efficientamento della pubblica amministrazione, non possiamo non citare l'intervento volto ad incentivare la mobilità orizzontale rispetto al sistema dei comandi: è quello che consentirà con più facilità alle pubbliche amministrazioni di ricorrere alle collaborazioni e alle consulenze del personale in quiescenza, per poter recuperare quel know-how e quelle competenze che sono fondamentali per la realizzazione dei progetti del PNRR.

In questo provvedimento, oltre agli interventi in tema di pubblica amministrazione che sono senz'altro il nucleo centrale, troviamo però altre misure di grande rilevanza. Sempre sul tema del lavoro si interviene sul sommerso, anche in questo caso con l'istituzione di un apposito portale, e si interviene in materia di sicurezza sul lavoro, dando norme specifiche su un tema che è cruciale e che è estremamente critico nel nostro Paese, ossia quello della prevenzione degli infortuni. C'è poi la transizione digitale, la cybersicurezza e lo spazio, con una riorganizzazione profonda dell'Agenzia spaziale italiana. Presidente, si tratta di misure che guardano lontano, guardano a settori che già oggi, ma sempre di più in futuro, saranno strategici per assicurare lo sviluppo di un Paese che vuole e che ha la capacità di guardare alle sfide della modernità. Sono disposizioni importanti. Altre ne sono state adottate con riferimento ai comparti delle Forze dell'ordine e della sicurezza, con la previsione di un ampliamento degli organici sia della Polizia sia dei Vigili del fuoco.

Avviandomi alla conclusione, Presidente, io vorrei citare un altro provvedimento sul quale il nostro partito, Forza Italia, si è mosso con grande determinazione. Mi riferisco all'intervento operato sull'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza. È un'Autorità, questa, che svolge funzioni rilevanti ai fini della tutela dei minori. È stata istituita nel 2011, ma fino ad oggi non ha avuto a disposizione strutture e, soprattutto, risorse umane e competenze per poter operare efficacemente. Con il nuovo articolo 15-ter del decreto-legge in esame colmiamo finalmente questa lacuna (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Fino ad oggi il personale a disposizione dell'Autorità non poteva superare le 10 unità ed era personale, tra l'altro, in comando da altre amministrazioni. Da domani verrà istituito uno specifico ruolo di personale e le risorse umane a disposizione raddoppieranno. Però, non dobbiamo interpretarla come una semplice misura burocratica di modifica della pianta organica di questa Agenzia, è un intervento volto a rafforzare un tema cruciale per un Paese moderno, che è la tutela dei nostri bambini, la tutela dei nostri ragazzi.

Signor Presidente, la settimana scorsa è stata una settimana non semplice per il Governo perché, oltre ai gravi problemi che sono sul tappeto, si è aggiunta una modifica della geografia della maggioranza parlamentare. Potrei dire che si è creato un caos calmo, nel quale si sono liquefatti, come era ampiamente prevedibile, alcuni gruppi e altri si sono scissi, diciamo, per questioni di potere ammantate da divergenze sulla politica estera. In questo contesto, lo voglio sottolineare con orgoglio, Forza Italia è quella forza moderata che sostiene e continua a sostenere con convinzione e con lealtà il Governo, soprattutto quando ci sono da assumere decisioni difficili. Lo abbiamo fatto con il green pass, lo abbiamo fatto con tutte le misure per contrastare la pandemia, lo stiamo facendo con il sostegno all'Esecutivo su tutte le misure che sono intese ad affrontare la guerra tra Russia ed Ucraina e siamo pronti a farlo e lo stiamo facendo sui costi dell'energia, sulle bollette, sulla siccità. Forza Italia, lo ribadisco, ha un unico obiettivo: l'interesse del Paese e l'interesse degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). È per questo che, convintamente, abbiamo dato il nostro voto a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lacarra. Ne ha facoltà.

MARCO LACARRA (PD). Grazie, signor Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, l'abbiamo ripetuto tante volte, il Piano nazionale di ripresa e resilienza è il disegno dell'Italia di domani, l'orizzonte di sviluppo per le prossime generazioni. Assicurare la sua piena attuazione deve essere ogni giorno la nostra prima preoccupazione. Questo provvedimento ci aiuta a raggiungere numerosi traguardi: ben 45 obiettivi che il nostro Paese ha centrato entro il previsto termine del 30 giugno 2022.

Però, in tema di scadenze, mi sia consentito, signor Presidente, di fare una breve considerazione, che ricalca quanto scritto dai presidenti delle Commissioni referenti dei giorni scorsi: mai come in tale circostanza questa Camera ha dovuto comprimere i tempi per svolgere le sue funzioni per l'esame in Assemblea. Un vulnus che si traduce nell'assoluta impossibilità, per le deputate e i deputati, di conoscere e discutere adeguatamente i contenuti del decreto che oggi convertiamo in legge. Se è vero che questo provvedimento porta con sé disposizioni importantissime e urgenti per rispettare le tempistiche dei nostri impegni con l'Europa e con il Paese, è altrettanto vero che questo Parlamento merita di poter esercitare le sue funzioni col medesimo rispetto che giustamente riserviamo a queste iniziative.

Venendo ai contenuti del decreto, come dicevo in apertura e come hanno ricordato molti colleghi prima di me, questo provvedimento ci consente di fare numerosi passi in avanti in tutte le direzioni, a partire dalle amministrazioni pubbliche e dalle riforme che in diversi ambiti stiamo portando avanti.

Con le novità in materia di reclutamento, che vanno a completare l'opera di riforma portata avanti nell'ultimo anno, il fattore umano torna al centro del progetto del Paese, dopo anni di trascuratezza, sia in termini di organico che di gratificazione economica. Ammoderniamo il modo di assumere il personale della pubblica amministrazione, senza rinunciare alla ricerca di quelle competenze che sono sempre più indispensabili per rispondere con efficacia alle esigenze di cittadini e imprese. Accorciamo i tempi, assorbiamo il precariato, favoriamo la parità di genere e, soprattutto, signor Presidente, diamo il “la” a un altro piccolo pezzo di quella rivoluzione, che serve a cambiare radicalmente l'immagine dell'amministrazione pubblica, da zavorra per lo sviluppo, come spesso è apostrofata, a elemento di stimolo che diventa esso stesso un fattore di crescita.

Abbiamo poi norme che ci aiutano ad accelerare quella che è una delle sfide più grandi del PNRR, l'estensione della banda ultra larga su tutto il territorio nazionale, una infrastruttura senza la quale non potremo parlare di digitalizzazione della pubblica amministrazione, di innovazione del sistema imprenditoriale, di modernizzazione della scuola, di telemedicina e di smart working. Abbiamo disposizioni che insistono su un altro grande capitolo del Piano, quello della sostenibilità, intervenendo per ampliare l'uso di energia green e ridurre lo spreco di risorse naturali, sempre nell'ottica di un modello economico più attento alla questione ambientale. Abbiamo, ancora, le importantissime misure per dare nuova linfa alle zone economiche speciali, ulteriori fondi per intercettare gli investimenti in queste aree, nuove semplificazioni amministrative e agevolazioni fiscali, per fare di questo strumento un vero volano per il Mezzogiorno.

Vi sono ancora due temi, che stanno molto a cuore al Partito Democratico, quello della sanità e quello della scuola. In materia sanitaria, diamo vita a un innovativo sistema per migliorare e armonizzare le politiche e le strategie messe in atto dal Servizio sanitario nazionale per la prevenzione, il controllo e la cura delle malattie associate a rischi ambientali e climatici. Conosciamo sempre di più e sempre meglio i rischi dei cambiamenti climatici e quanto intenso sia il legame tra l'ambiente e la salute umana. Questo organismo ci aiuterà a comprendere e anticipare i pericoli che corriamo, in una prospettiva sempre più organica e integrata.

Infine, la scuola, l'università e la ricerca, su cui il giudizio del Partito Democratico resta sospeso a metà tra la soddisfazione e il rammarico. La soddisfazione è per quanto fatto per i ricercatori, dove si archivia finalmente l'era degli assegni di ricerca e si dà il via ad una vera e stabile valorizzazione delle donne e degli uomini della ricerca. Il rammarico è riservato, invece, a quanto accaduto sul capitolo scuola al Senato, come è stato ampiamente raccontato in questi giorni. Non voglio ancora tornare sull'argomento, ma il Partito Democratico è stato chiaro attraverso le sue voci. È più che positivo avere avviato riforme importanti e attese, come quella sul reclutamento e la formazione degli insegnanti, perché siamo convinti che solo investendo nella scuola e nella qualità del nostro insegnamento potremo preparare le prossime generazioni alle sfide che verranno. Tuttavia, sarà inevitabile tornare ad affrontare le questioni del rinnovo contrattuale degli insegnanti, del taglio dei docenti nel prossimo decennio e dei necessari nuovi investimenti, di cui la scuola ha urgente bisogno, e tutto ciò affinché anche negli anni successivi al PNRR la scuola possa sostenersi su un modello solido e inclusivo.

Il PNRR è diventato sinonimo di futuro, o, meglio, di un'idea di futuro tutta da realizzare, che abbracci l'equità sociale e la sostenibilità ambientale e chiuda, una volta per tutte, i dolorosi divari tra Nord e Sud del Paese, tra centri e periferie delle nostre città. Questo decreto, come detto, ci aiuta ad avvicinarci a quella idea e a renderla un po' più reale.

Vorrei utilizzare questo tempo, signor Presidente, per omaggiare due italiani, che nei giorni scorsi sono tristemente venuti a mancare. In un caso, si tratta di un operaio di sessant'anni di Treviglio, Graziano Chiari, ennesima vittima di un incidente sul lavoro che ne ha causato la morte, dopo una caduta di 15 metri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Nell'altro caso, si tratta di una personalità nota a tutti, che ha fatto la storia dell'imprenditoria del nostro Paese. Mi riferisco a Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica, scomparso lunedì mattina (Applausi). Ebbene, io vorrei ricordarli insieme in quest'Aula perché rappresentano, secondo me, ciò che da un lato l'Italia non deve e dall'altro lato, quello che deve essere. Quella del signor Chiari è, purtroppo, la stessa drammatica storia di più di mille persone, che, ogni anno, nel nostro Paese perdono la vita sul luogo di lavoro, per mancanza di standard di sicurezza, per modalità, tempi e ritmi, spesso estenuanti, per una formazione che è assente o inadeguata, insomma, per una organizzazione del lavoro che non è sufficientemente attenta alla tutela della salute e alla sicurezza dei lavoratori. L'Italia non può più tollerare storie come questa, non può più restare inerme di fronte alla morte di chi ha passato tutta la sua vita su un cantiere, per morirci, a pochi passi dalla meritata pensione: quella del signor Chiari è l'Italia che non vogliamo e non dobbiamo più essere.

Poi c'è, dall'altra parte, una storia profondamente diversa, quella di un uomo partito da zero, figlio di emigranti meridionali, che è cresciuto senza padre, in un orfanotrofio di Milano, lontano dalla propria famiglia e in condizioni tutt'altro che agevoli. Un uomo che ha lavorato tanto, si è fatto da solo, da garzone ad operaio, da piccolo imprenditore a capo di un impero che oggi rappresenta un fiore all'occhiello del made in Italy nel mondo. Leonardo Del Vecchio è la storia che vogliamo essere, quel modello a cui il Paese deve ambire, non tanto per l'enorme successo economico della sua avventura imprenditoriale, ma per l'idea che vi è dietro e che è tremendamente attuale, sebbene nata decenni fa. È quell'idea di iniziativa economica che non si sazia della libertà e dei profitti di chi la mette in moto, ma che, al contrario, si nutre del benessere che riesce a generare, del valore che crea sul territorio, della soddisfazione e della felicità di chi ci lavora. Nel solco di quella storia e di quell'esempio il nostro Paese deve costruire il suo futuro, un'Italia che sa farsi forza nelle avversità e che riesce a risollevarsi, a innovare, a crescere, un Paese che finalmente si è dato una prospettiva, che persegue una visione e che, con il duro lavoro, scioglie i suoi nodi, ricuce i divari tra i territori, abbatte le profonde e diverse differenze sociali e si proietta nel futuro.

Questo decreto, su cui dichiaro il voto favorevole del Partito Democratico, ci avvicina di qualche passo a questa idea straordinaria, che tutti noi agogniamo di poter tradurre in realtà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cubeddu. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO CUBEDDU (M5S). Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo tutti in quest'Aula sappiano e si rendano conto che, dal corretto, concreto e sensato impiego delle ingenti risorse che ci sono pervenute dal Recovery Fund - oltre 200 miliardi, per attuare o, come si dice, per la messa a terra del PNRR - dipende il futuro del nostro Paese. Se sapremo spendere questi soldi con sapienza, se non permetteremo sperperi, se controlleremo e vigileremo sul corretto impiego di queste risorse, solo in questo modo potremo dare ossigeno al nostro Paese, per farlo riprendere e solo così potremo farlo competere con gli altri Paesi europei, che riceveranno sempre una forza economica tale da permettere loro velocemente di competere. Noi non dobbiamo rimanere indietro, ma perché ciò accada il Parlamento deve avere le condizioni per poter verificare investimenti, spesa ed efficacia delle scelte compiute, deve avere cioè preventive e necessarie informazioni nonché, soprattutto, il rispetto dei tempi, per potere operare le opportune valutazioni e verifiche. Alla Camera, in questo caso, non è accaduto. Il cosiddetto “decreto PNRR-2”, che stiamo esaminando, è stato votato in Senato il 23 giugno e quella è stata la prima lettura in Parlamento, 6 giorni fa. Poi è arrivato alla Camera dei deputati, come una folata di vento, in queste caldissime ore di inizio estate.

Si pone prima di tutto, quindi, un problema di metodo: questo non deve più accadere, perché la messa a terra del PNRR è una cosa importante e fondamentale per questo Paese e per la sua ripresa.

Detto questo ed entrando nel merito del provvedimento - un provvedimento certamente necessario e indispensabile - occorrerebbe però che gli interventi previsti fossero accompagnati anche da un rinnovamento culturale. E mi spiego: c'è, ad esempio, un'importante innovazione all'articolo 2, che introduce la disciplina centralizzata delle procedure di assunzione nella pubblica amministrazione attraverso il portale unico inPA, che comprende anche regioni ed enti locali. Ciò dovrebbe semplificare e agevolare l'accesso alla pubblica amministrazione, ma occorre sostenere queste riforme con un approccio culturale diverso e veramente innovativo, questo sì: come rendere agile il lavoro, la vita lavorativa, con una maggiore flessibilità su orari e qualifiche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Lo smart working, ad esempio, non è un rapporto percentuale in base al quale consentire o meno questa modalità di esplicazione del lavoro; è una visione di lavoro, di risultato, di programmazione e qualità della vita lavorativa, oltre che un risparmio.

Ecco allora che alla spesa, all'investimento del PNRR si deve accompagnare quello che chiamavo appunto un rinnovamento culturale, un approccio diverso.

Importante è anche l'articolo 6, che proroga il termine al 30 settembre per la cosiddetta stabilizzazione di chi svolge lavori socialmente utili o di pubblica utilità.

Ma la svolta culturale deve essere in generale contro ogni forma di precarizzazione del rapporto di lavoro e della vita lavorativa. E la precarietà non è data solo dall'apposizione di una clausola di termine al rapporto di lavoro, ma anche da un'iniqua retribuzione. I lavoratori poveri sono un urlo nel deserto in questo Paese, che abbiamo nella coscienza e che non aspettano altro che l'introduzione di un salario minimo che dia dignità alle loro retribuzioni. L'impegno deve essere, quindi, rivolto al rispetto dei diritti, al rispetto della persona, e anche a combattere quelle forme di lavoro che non si rendono visibili, il lavoro sommerso. A tal proposito, è importante l'articolo 19, che introduce un portale unico nazionale del sommerso; è importante questa previsione perché incide anche sulla sicurezza dei lavoratori.

Di rilievo è l'articolo 12, e così anche il capo VIII del decreto, che mira a potenziare la scuola. La scuola è la nostra cultura, è il nostro futuro. Trovo particolarmente importanti, poi, le previsioni concernenti il bonus idrogeno per favorire la strada di una transizione ecologica, la ricerca di energie alternative, ma anche investimenti sulla digitalizzazione, sulla giustizia, il potenziamento della sanità e della prossimità territoriale, degli ospedali e del personale sanitario.

Tutto questo dovrà essere accompagnato da riforme che non riguardino solo gli investimenti di risorse finanziarie, ma soprattutto il cambiamento di noi stessi, del nostro approccio culturale, che conduca realmente a un miglioramento della nostra amata Italia, ad una vera transizione ecologica, ad una rapida digitalizzazione delle procedure e dei servizi e ad una maggiore sicurezza per l'accesso al lavoro, per il lavoro e durante il lavoro, perché si possa tornare a casa dai propri cari, alla fine di una giornata lavorativa, con un'equa distribuzione della ricchezza, una riduzione delle distanze tra i territori, tra i generi.

La ricchezza è qualcosa che va vista con gli occhi della cultura. Noi purtroppo, e questa è l'ultima considerazione che faccio, viviamo una decadenza culturale che lascia spazio, anche attraverso i media, a dichiarazioni del tipo: “non ho mai visto un povero produrre ricchezza”. Questa è la deriva culturale, una deriva culturale che non può affermarsi ritenendo che la dignità umana e il valore della persona sia misurabile sulla base di una capacità a produrre ricchezza. Questa non è cultura, questa è involuzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

E voglio ricordare che un povero, un grande povero come San Francesco d'Assisi, a mio modo di vedere, ha prodotto più ricchezza di quanta ne abbia prodotta chi ha fatto questa affermazione. Per comprendere questo basta leggere un testo che trovo prezioso, Actus beati Francisci et sociorum eius, il cosiddetto Floretum; lì, forse, si ritrovano le tracce della vera ricchezza a cui dobbiamo guardare anche in quest'Aula per volgere lo sguardo verso l'alto e verso la dignità dell'uomo.

Per questi motivi, sperando che a questi interventi relativi ai decreti sul PNRR corrisponda anche un rinnovamento culturale, dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Patassini. Ne ha facoltà.

TULLIO PATASSINI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, il provvedimento che presentiamo oggi sul PNRR contiene una serie di norme per velocizzare la ripartenza del sistema Italia, per mettere a terra tutta una serie di iniziative che il Governo e il Parlamento stanno mettendo in campo dopo la crisi derivante dal COVID e nel pieno di una crisi energetica e della guerra in Ucraina. Sono eventi che, nel 2020, hanno portato un calo del PIL di circa 9 punti e che nel 2021 e 2022 stiamo recuperando velocemente.

Siamo in un momento di grande slancio per il nostro Paese, in cui c'è questo importante piano che è il Recovery Plan, che ha in serbo 191 miliardi di euro per l'Italia e sul quale il Governo ha deciso di investire ulteriormente risorse del nostro Paese per oltre 30 miliardi al fine di poter essere più vicini alle fasce più deboli della popolazione e rilanciare il nostro sistema produttivo.

Abbiamo una serie di interventi che vanno dalla digitalizzazione all'inclusione sociale, all'istruzione, alla ricerca, alle infrastrutture e agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico. Qual è il nostro compito? Il nostro compito fondamentale è semplificare a tutti i livelli per rendere facile - più facile - la messa a terra.

Siamo in una fase di rilancio, di riforme importanti per il nostro Paese, e abbiamo una serie di target e di obiettivi serrati da raggiungere e che stiamo raggiungendo. Addirittura, è notizia di stamattina che abbiamo già raggiunto, per il primo semestre 2022, i primi 45 traguardi ed obiettivi, per cui il Governo ha già richiesto la seconda tranche di 24 miliardi di euro alla Commissione europea. Qual è il futuro dell'Italia? Lo condivido in quest'Aula insieme a tanti colleghi: il futuro dell'Italia è, ancora una volta, basato sulla nostra creatività, che oggi si chiama innovazione; innovazione di prodotto, di processo, non solo nel comparto high tech, ma in tutti i settori del nostro Paese.

E la creatività è in mano a giovani talenti. Quindi, compito di questo Governo, compito del sistema Paese è far sì che il nostro sistema Italia torni ad essere attrattivo per lavoratori ed investitori.

Sappiamo tutti i dati della fuga all'estero di lavoratori per 80 mila persone l'anno, di cui 25 mila sono laureati - laureati in materie scientifiche e in materie STEM - che possono e devono portare un importante contributo per la crescita del nostro Paese. Questo è un costo sociale, un costo economico, ma è soprattutto una mancanza di opportunità per il nostro sistema Paese.

Noi dobbiamo impegnarci su questo in maniera forte per far sì che i nostri giovani talenti rendano il nostro Paese più forte, più bello, e abbiano occasione di crescere e sviluppare in Italia.

Abbiamo una stima, in base alla quale solo il rientro, in questi anni, di 5.000 talenti ha portato a un impatto positivo sul PIL di 500 milioni di euro. Per questo, in questo provvedimento, c'è una grande attenzione al mondo della ricerca, che sia svolta nelle università o in tutti gli enti di ricerca del nostro Paese. Noi abbiamo l'obiettivo forte di far rientrare ogni tipo di ricercatore e di talento, sia quelli insigniti già a livello europeo, con il seal of excellence (il sigillo di eccellenza), sia coloro che hanno vinto programmi di ricerca europei.

Tutti questi ricercatori possono tornare in Italia e credere in un futuro migliore, supportando progetti di ricerca ad altissimo rischio, quelli che possono guardare lontano, quelli su tecnologie innovative, quelli su nuove soluzioni produttive. Sono progetti su cui lo Stato e gli investitori possono veramente lavorare per il nostro Paese, in qualsiasi campo della scienza. Nel PNRR è prevista la valorizzazione di 2.100 giovani ricercatori, a cui dare la responsabilità di progetti di ricerca, da qui al 2026, o, addirittura, la possibilità di acquisire, nel nostro Paese, ricercatori con documentata esperienza.

Su questo aspetto, è importante la riforma della ricerca e dell'università, che reputiamo, ancora oggi, il luogo principe dove il sistema Italia può fare ricerca, in sinergia con tanti enti ed istituzioni nazionali e internazionali. I contratti di ricerca, via via, sostituiranno gli assegni di ricerca, per far sì che, dopo il dottorato e prima dell'insegnamento, vi siano giovani talenti che possano investire il 100 per cento del loro tempo nella ricerca.

In questo filone, rientra perfettamente il riordino dell'Agenzia spaziale italiana, perché lo spazio è la nuova frontiera economica, ma è anche il luogo dove si fa sperimentazione industriale ad altissimo livello. Per questo, l'Agenzia spaziale italiana va valorizzata e supportata in ogni modo possibile. Stiamo apprezzando con favore l'apertura di tanti cluster regionali sull'argomento aerospazio. Io mi permetto di ricordare che, anche le Marche, nel 2022, hanno visto la nascita del Cluster Exploore Aerospazio Marche, costituito dalle quattro università marchigiane e da tante realtà industriali che già oggi lavorano nell'altissima tecnologia.

Per questo, va implementato, in ogni modo, il Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale, perché la digitalizzazione passa per settori innovativi, ma passa anche per settori tradizionali, quali possono essere l'agricoltura, laddove si può migliorare il sistema agricolo attraverso l'agricoltura di precisione, attraverso un miglior controllo delle foreste e della risorsa forestale (che, in Italia, assume un ruolo fondamentale) e, in particolare, attraverso tutto ciò che riguarda la digitalizzazione, la meccanizzazione e l'utilizzo di tecnologie innovative nel sistema agricolo. Io faccio solo un esempio: c'è una pdl che è in discussione in Commissione agricoltura proprio sull'utilizzo dei droni in agricoltura, per una migliore qualità del servizio, per un miglior controllo del territorio, ma anche per l'utilizzo in agricoltura di tecnologie innovative, come quelle dei droni. I droni sono fondamentali anche nella gestione delle risorse idriche, perché la digitalizzazione è fondamentale, come lo sono gli invasi: in quest'Aula, oggi, abbiamo visto quanto sia strategico e fondamentale affrontare la questione siccità; una questione che può essere risolta, in parte, attraverso un miglior utilizzo degli invasi, con la realizzazione di nuovi bacini e attraverso un miglior controllo delle derivazioni idroelettriche per ridurre le perdite. Quindi, la tecnologia interviene anche in settori che apparentemente sembrano meno coinvolti nell'innovazione tecnologica. Parliamo di tecnologia, ma parliamo di acqua, di centrali idroelettriche e anche di innovazione nel campo energetico, come l'idrogeno.

In questo PNRR, c'è un'attenzione all'idrogeno verde e a come realizzare idrogeno da impianti di energia rinnovabile. Come abbiamo evidenziato più vol in quest'Aula, per noi l'idrogeno è una frontiera importante, ma non possiamo trascurare altre fonti di produzione dell'idrogeno, “l'idrogeno blu” o “l'idrogeno grigio”, perché, se l'idrogeno deve essere una fonte di sviluppo, non possiamo trascurare qualunque tipo di fonte.

Dobbiamo permettere la realizzazione, sia degli impianti all'idrogeno, sia di tutto ciò che concerne le reti di distribuzione e le attività di autorizzazione, come addirittura è previsto nella direttiva RED II, che, recentemente, nel 2021, abbiamo recepito nel nostro ordinamento.

Siamo in piena fase di sviluppo energetico europeo: c'è il REPowerEU, che propone di incrementare, ancora di più, e di rendere più sfidanti gli obiettivi 2030 di decarbonizzazione, sui quale chiediamo cautela. Chiediamo cautela perché possiamo raggiungere qualunque obiettivo di decarbonizzazione del nostro Paese, ma a quale prezzo? Un esempio: abbiamo visto - su questo ci stiamo battendo a ogni livello - lo stop, nel 2035, delle auto a gas, a benzina e a diesel, ma questo cosa comporta, per il nostro sistema economico? Attenzione: la decarbonizzazione deve continuare a essere sostenibile. Noi accettiamo le auto elettriche, le auto elettriche saranno il futuro – Presidente, vado verso la conclusione -, ma attenzione a non passare dalla dipendenza dal mercato russo, alla dipendenza dalle produzioni e dalle terre rare cinesi e su questo noi saremo attenti.

Vi è la valorizzazione dell'energia elettrica da biomasse, perché anche le biomasse diventano uno strumento strategico per la decarbonizzazione del nostro Paese, come i bioliquidi e come, al tempo stesso, ogni fonte alternativa al carbon fossile.

Questo provvedimento - mi avvio alle conclusioni - interviene anche sulle Zone economiche speciali (ZES), che sono importanti occasioni di sviluppo per il nostro Paese - e su questo abbiamo presentato un ordine del giorno per il quale nelle ZES si tenga adeguata valorizzazione delle aree interne e soprattutto delle aree appenniniche del nostro Paese – e abbiamo apprezzato con favore, finalmente, ancora una volta, l'attenzione per le aree terremotate. Abbiamo ancora da fare; dobbiamo rilanciare, da un punto di vista economico, quelle aree, ma già il fatto che una parte della Tari che i comuni non hanno incassato venga rimborsata è importante.

In una situazione internazionale complessa - e mi avvio alla conclusione, Presidente -, nel pieno di una crisi energetica e delle materie prime aggravata dalla guerra in Ucraina, i nostri cittadini chiedono sicurezza sociale, stabilità, unità di intenti nel sistema Paese. Ci sono momenti della storia - e solitamente sono quelli più critici - in cui è necessario assumersi le responsabilità di Governo con coraggio e determinazione per il bene del Paese e fare scelte difficili e necessarie. Non serve, oggi, avere posizioni di grande impatto mediatico, ma nei fatti concretamente sterili, bisogna agire ogni giorno con costanza, costruendo faticosamente il futuro del nostro Paese, anche attraverso le opportunità che il PNRR offre, come lo è stato con il Piano Marshall che ha reso possibile il boom economico del dopoguerra. Per questo, confermo il voto favorevole del gruppo della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

Come convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, sospendiamo, a questo punto, l'esame del provvedimento. La votazione finale avrà luogo alle ore 16,30.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Misto, con lettera in data 29 giugno 2022, ha reso noto che il deputato Marco Marin è stato nominato vicepresidente del gruppo, in rappresentanza della componente politica “Vinciamo Italia-Italia al Centro con Toti”.

La seduta è sospesa e riprenderà alle 15, per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno la Ministra per gli Affari regionali e le autonomie, il Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale e la Ministra per le Disabilità.

Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Chiarimenti in merito alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, anche al fine di garantirne l'omogeneità su tutto il territorio nazionale, in relazione alle prospettate iniziative legislative in materia di autonomia differenziata – n. 3-03047)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Federico ed altri n. 3-03047 (Vedi l'allegato A). La deputata Elisa Tripodi ha facoltà di illustrare l'interrogazione, di cui è cofirmataria.

ELISA TRIPODI (M5S). Grazie, Presidente. Io partirei da una premessa e da concetti molto semplici per illustrare questa interrogazione, che sono i seguenti: non ci può essere autonomia senza unità, non ci può essere autonomia senza solidarietà e non ci può essere autonomia senza inclusione. Questa d'altronde è la strada ci viene tracciata, in materia di autonomie, anche dall'articolo 5 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica italiana è una e indivisibile e il riconoscimento delle autonomie locali, che è sacrosanto, e la loro promozione non possono essere avulsi dal contesto di unità. Autonomia e unità devono quindi andare di pari passo; autonomia deve significare garanzia di diritti.

Fatte queste premesse e considerando la bozza del disegno di legge sull'autonomia differenziata, noi chiediamo al Governo se non intenda indicare puntualmente la tempistica dei LEP, i relativi finanziamenti e la definizione di strumenti normativi che vadano a preservare l'unità giuridica ed economica del Paese.

PRESIDENTE. La Ministra per gli Affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, ha facoltà di rispondere.

MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli Affari regionali e le autonomie. Ringrazio l'onorevole interrogante per l'opportunità che mi viene data di spiegare i contenuti della legge quadro sull'autonomia. Premetto che il disegno di legge sull'autonomia, già nell'ottobre del 2021, è stato inserito fra i collegati alla manovra di bilancio. Riteniamo che sia un tema importante, atteso che non sono più solo alcune regioni a chiedere l'autonomia - penso alla Lombardia, al Veneto e all'Emilia-Romagna - ma la richiesta di maggiore autonomia è stata ora annunciata anche da altre quali, per esempio, la Toscana, la Liguria e il Piemonte.

L'obiettivo principale del Governo, oggi, è quello di mettere a terra le risorse del PNRR, che sappiamo essere finalizzate a ridurre le diseguaglianze, ad accorciare le distanze e a superare il divario Nord-Sud. Per noi, il rilancio del Mezzogiorno è al centro delle politiche del Governo e, quindi, è chiaro che non può esistere autonomia se non coniugata con questo obiettivo contenuto all'interno del PNRR e delle politiche più ampie del Governo. L'obiettivo principale della legge è, quindi, quello di ribadire il rispetto assoluto della cornice costituzionale dei principi che lei prima evocava, contenuti nella Costituzione stessa, garantendo il più ampio ruolo del Parlamento. Come gli stessi interroganti riconoscono, la bozza di disegno di legge assicura il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni. Si prevede che, nelle 4 materie - sanità, istruzione, trasporti e sociale - le regioni non possano essere destinatarie di funzioni ulteriori fin quando i LEP non saranno definiti.

Per quanto riguarda la necessità di fissare un tempo, nella proposta che è stata elaborata, il passaggio ai costi standard e, quindi, il rispetto dei livelli essenziali di prestazione dovrebbe effettuarsi entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge. Personalmente, condivido la preoccupazione manifestata dall'interrogante che il finanziamento dei LEP possa essere ritardato o rinviato sine die e non può, quindi, sfuggire come il problema non sia di natura politica ma di natura finanziaria.

Ciò detto, sono d'accordo sul fatto che vada posto in sede politica il tema di un credibile e realistico cronoprogramma di definizione dei LEP. Questo è un punto oggetto di un confronto con il Ministero dell'Economia. Non vi è, dunque, alcuna volontà di cristallizzare l'esistente, cioè la spesa storica. Anzi, nelle molte interlocuzioni con il MEF, ho chiesto che, in parallelo con l'avvio dell'autonomia differenziata, si trovino le risorse per finanziare alcuni LEP sin da subito, come è accaduto per gli asili nido, e che possa dunque realizzarsi una conciliazione fra le istanze dei territori più svantaggiati e le aspettative delle regioni che chiedono l'autonomia.

PRESIDENTE. Il deputato Federico ha facoltà di replicare.

ANTONIO FEDERICO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il Ministro per la risposta. Innanzitutto, ritengo fondamentale quello che il Ministro ha ribadito poc'anzi, cioè il coinvolgimento del Parlamento in tutte le fasi, sia di stesura, sia di attuazione di una legge quadro in materia di autonomie differenziate. Le previsioni costituzionali dell'articolo 116 non possono essere relegate alle sole intese tra Governo e regioni.

Raccolgo, poi, con soddisfazione quanto dice il Ministro, anche a conferma dei contenuti che trapelano all'interno del disegno di legge o, comunque, delle bozze che sono circolate. Condizione necessaria per il trasferimento di funzioni aggiuntive è la definizione dei LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, per tutte quelle materie indicate dal decreto legislativo n. 68, ovvero sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico. Tuttavia, affinché possano essere attuati questi livelli essenziali - qui raccolgo anche la sollecitazione del Ministro: quindi, ce ne facciamo carico anche da un punto di vista politico - è necessario che questi livelli essenziali siano adeguatamente finanziati, altrimenti non riusciamo ad attuarli, superando, però, qualsiasi rimando a riferimenti alla spesa storica anche in una fase iniziale dell'attuazione delle autonomie. Perché questo? Perché l'attuazione del regionalismo differenziato, per il MoVimento 5 Stelle, non dovrà e non potrà mai essere occasione per accentuare le differenze tra Nord e Sud del Paese, tra le aree metropolitane e le aree interne a rischio di spopolamento. I principi di unità, universalità e solidarietà previsti dalla Costituzione sono ben saldi all'interno della nostra azione politica e netta sarà la nostra posizione: non possono esserci autonomie differenziate senza prima aver definito i LEP e averli finanziati.

(Chiarimenti in ordine allo stato dei lavori e ai tempi per la presentazione alle Camere del disegno di legge in materia di autonomia differenziata – n. 3-03048)

PRESIDENTE. Il deputato Stefani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03048 (Vedi l'allegato A).

ALBERTO STEFANI (LEGA). Grazie, Presidente. Gentile Ministro, sono passati ormai 5 anni dai referendum che sono stati celebrati, dapprima in Veneto e in Lombardia, per l'autonomia; referendum che sono stati apripista per il processo di regionalismo differenziato ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, ai quali si sono poi agganciate anche altre regioni. Recentemente, abbiamo avuto notizia di un suo incontro con i presidenti delle giunte regionali delle regioni interessate e siamo, quindi, a chiederle quale sia lo stato di attuazione della legge quadro, quali siano gli intendimenti del Governo e, soprattutto, quali siano i tempi di presentazione di questa legge alle Camere.

PRESIDENTE. La Ministra per gli Affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, ha facoltà di rispondere.

MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli Affari regionali e le autonomie. Il tema del regionalismo differenziato non è certo nuovo, come ha sottolineato l'onorevole interrogante. Fin dal 2017, regioni come la Lombardia, il Veneto e l'Emilia-Romagna presentarono al Governo una proposta per avviare il negoziato finalizzato al conferimento di forme ulteriori e condizioni particolari di autonomia. Purtroppo, le aspettative di queste tre regioni sono state totalmente disattese e ad esse si è unita, come ricordavo poc'anzi, la richiesta più recente di altre tre regioni.

L'autonomia differenziata diventa, quindi, un tema non più di contrapposizione tra Nord e Sud, ma ha assunto la dimensione di una questione nazionale, una questione di cui il Governo ha mostrato di volersi occupare, vedendola come una grande opportunità di efficientamento della spesa pubblica, di semplificazione e di sburocratizzazione, lontano da una lettura ideologica conflittuale.

L'autonomia differenziata così intesa non attribuisce - lo voglio sottolineare anche per convincere coloro che sono più refrattari alla proposta - alle regioni richiedenti risorse maggiori rispetto a quelle di cui attualmente dispongono, né toglie alcunché alle regioni che non abbiano avanzato alcuna richiesta di autonomia; ha piuttosto l'obiettivo di responsabilizzare le classi dirigenti, le quali, chiedendo più autonomia, raccolgono la sfida di poter esercitare, in condizioni di maggiore efficienza ed economicità, funzioni oggi svolte dallo Stato. Si vincolano così coloro che chiedono l'autonomia a un uso efficiente e razionale delle risorse e a una massimizzazione del rapporto fra costi e risultati.

Questa è in sintesi la ratio, il modello di autonomia che emerge dal disegno di legge che è mio intendimento portare quanto prima all'esame del Consiglio dei Ministri. Il lavoro istruttorio, d'altronde, è stato approfondito e ha visto il coinvolgimento di una commissione di esperti, presieduta dal compianto professor Beniamino Caravita di Toritto, che ha fornito agli uffici del Ministero analisi e spunti utili a una prima definizione del testo. Successivamente, tale bozza è stata oggetto di vaste interlocuzioni dapprima con le regioni che, voglio ricordare, nel febbraio 2018 avevano siglato accordi preliminari all'attuazione dell'autonomia differenziata e che hanno accettato di rinegoziare le intese, inquadrandole nella cornice della legge quadro. In seguito l'istruttoria ha riguardato il confronto con il Ministero del Sud che ha formulato buone osservazioni, già in parte recepite e in parte oggetto di approfondimento e di analisi. Il confronto si è allargato agli enti di ricerca, come, per esempio, allo Svimez e nel mese di aprile 2022 il testo è stato oggetto di un'interlocuzione con il MEF che ha richiesto alcune modifiche che sono state integralmente recepite. Quindi, il disegno di legge è oggetto oggi di ulteriori limature e aperture a modifiche migliorative, ma è pronto e mi auguro che possa essere valutato nel suo complesso in tempi rapidi all'interno del Consiglio dei Ministri…

PRESIDENTE. La ringrazio.

MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli Affari regionali e le autonomie. …anche alla luce dell'attuazione del federalismo fiscale che rientra nelle riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza da completare entro il 2026.

PRESIDENTE. Il deputato Stefani ha facoltà di replicare.

ALBERTO STEFANI (LEGA). Grazie per la risposta, Ministro. I parlamentari della Lega verificheranno giorno per giorno lo stato di attuazione della legge quadro. È un tema che noi consideriamo prioritario e centrale nell'agenda politica del nostro Paese, perché per noi l'autonomia non è soltanto un'espressione giuridico-costituzionale ma è l'espressione di un territorio. Per noi autonomia è efficienza, per noi autonomia è produttività, per noi autonomia è semplificazione, per noi autonomia è coraggio e voglia di guardare avanti. Per noi l'autonomia è la strada di quei territori che scelgono apertamente di assumersi la responsabilità di decidere nelle proprie competenze; è la strada di quei territori che vogliono guardare avanti e che hanno il diritto di farlo perché hanno la legittimazione dei propri cittadini che hanno chiesto un percorso di regionalismo differenziato e di autonomia.

Allora, Presidente e Ministro, è per questo che, come gruppo della Lega, noi attueremo tutti gli strumenti parlamentari possibili affinché questa legge quadro possa andare in porto il prima possibile, affinché si vinca questa sfida, che è una sfida che non deve dividere ma deve unire: deve unire partiti, deve unire sensibilità politiche, deve unire i territori, deve unire gli amministratori e non possiamo scappare da questa sfida. Vedremo così, in questo modo allora, chi, al di là della destra e della sinistra, sceglierà di rispondere alle esigenze dei propri cittadini, chi sceglierà di rispondere alle esigenze dei propri territori e chi, invece, sceglierà di ostacolare questo percorso. A noi della Lega, Ministro, ci troverà sempre nella stessa posizione, sempre nello stesso campo: quello delle regioni, quello dell'autonomia, quello dei territori, quello del futuro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

(Iniziative volte a valorizzare il ruolo del Parlamento e a procedere alla ricognizione dei fabbisogni effettivi ai fini della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, in relazione alle prospettate iniziative legislative in materia di autonomia differenziata – n. 3-03049)

PRESIDENTE. Il deputato Conte ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03049 (Vedi l'allegato A).

FEDERICO CONTE (LEU). Grazie, Presidente. Ministra, la bozza di disegno di legge che è circolata è per noi irricevibile, per il modo con cui è stata affacciata al dibattito politico, ed è inaccettabile nel merito, per i contenuti che, secondo noi, vanno assolutamente ribaltati, perché il ruolo del Parlamento deve essere centrale non soltanto, come veniva rilevato, nel processo legislativo della legge quadro - questo è inevitabile e non c'è alcuna concessione - ma deve essere centrale nella definizione delle intese tra lo Stato e le regioni, che non possono essere affidate a una concertazione bilaterale, né il Parlamento può essere condizionato a rendere uno striminzito parere.

Sul piano del merito, riteniamo che il Governo debba procedere a un monitoraggio su tutto il territorio nazionale degli standard e dei fabbisogni reali che si riferiscono ai servizi essenziali che si vogliono devolvere e rispetto a quelli programmare degli investimenti reali per ridurre i gap - e non solo il PNRR, che per questo è stato concepito, perché si tratterebbe (questa sì) di una forma di perequazione irreale - e, una volta realizzata questa perequazione, realizzare, strutturare e verificare i LEP…

PRESIDENTE. Concluda.

FEDERICO CONTE (LEU). …che allora saranno, sì, uguali su tutto il territorio nazionale. Le chiedo allora, rispetto a questa nostra preoccupazione e a questa nostra istanza, cosa intenda fare per farsene carico.

PRESIDENTE. La Ministra per gli Affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, ha facoltà di rispondere.

MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli Affari regionali e le autonomie. Premetto che il ricorso alla legge quadro nasce direi principalmente dalla volontà di coinvolgere il Parlamento. Se non ci fosse il desiderio di un protagonismo del Parlamento, alla luce del dettato costituzionale, potremmo procedere anche in assenza di una legge quadro. Al contrario, abbiamo scelto la strada di approvare una legge cornice, perché si tratta di una scelta non scontata ma che parte dalla volontà di assegnare un adeguato ruolo di confronto e di esame, anche decisionale, da parte del Parlamento.

Del resto, basterà ricordare che, nel febbraio 2018, tutte le tre regioni che fecero formale richiesta di maggiore autonomia siglarono con il Governo di allora, il Governo Gentiloni, accordi preliminari in assenza di una legge quadro a schema libero. Non è, quindi, banale avere oggi raccolto consenso almeno su questo elemento, ovvero che la legge quadro sia un punto fermo e imprescindibile. Il protagonismo del Parlamento comincia da qui: non termina con la legge quadro, ma comincia dalla legge quadro, dal poter modellare i contorni del disegno di legge a cui tutte le intese tra Governo e regioni dovranno conformarsi.

Ma non basta, perché il coinvolgimento del Parlamento si esplica anche nel procedimento di approvazione delle intese, dapprima attraverso la Commissione bicamerale per le questioni regionali, sede competente, e poi ovviamente all'interno. Non è ribadito nella legge, ma i regolamenti parlamentari sono vigenti e, quindi, è chiaro che le pre-intese verranno valutate all'interno di tutte le Commissioni parlamentari competenti. In questa fase, la Commissione bicamerale, sentite le Commissioni parlamentari competenti, potrà formulare rilievi sulla bozza di intesa fra Governo e regioni, i quali dovranno accogliere le modifiche che il Parlamento considera imprescindibili per non esporsi al rischio di una bocciatura dell'intesa in sede di votazione finale. Toccherà a questo punto a Governo e regione proporre una nuova formulazione che possa superare il voto delle Aule.

Come si vede l'intervento del Parlamento non è affatto notarile. Al contrario, esso garantisce sostanza politica all'intervento delle Camere, senza però intaccare il vincolo costituzionale dell'inemendabilità dell'intesa in sede di votazione finale, che non è una presa di posizione del Governo, ma è quanto emerso durante il Governo Gentiloni ed è un punto affermato in maniera unanime dalla dottrina costituzionale.

Per quanto riguarda gli strumenti e le modalità di finanziamento dell'autonomia differenziata, mi riferisco al tema della perequazione; è chiaro che il provvedimento non modifica l'articolo 119, che è sovraordinato, e quindi il fondo perequativo è assolutamente compreso, perché non è di pertinenza della legge sull'autonomia differenziata integrare il disegno costituzionale di decentramento, ma di certo il compito che può avere l'autonomia è quello di avvicinare l'approvazione della riforma del federalismo fiscale contenuta all'interno delle riforme previste dal PNRR da approvare entro il 2026.

PRESIDENTE. Il deputato Fassina ha facoltà di replicare.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Signora Ministra, mi lasci dire che è preoccupante la sua risposta alla nostra interrogazione. Ma, prima di motivare le ragioni della preoccupazione, vorrei sottolineare che da questa parte non vi è alcuna particolare degenerazione centralistica.

Noi rimaniamo totalmente fedeli all'articolo 5 della nostra Costituzione che, come lei sa meglio di me, “(…) promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”, ma, nelle prime parole, recita che la Repubblica è “una e indivisibile”, questo è il punto.

Siamo preoccupati, Ministra, perché lei fa riferimento a intese siglate durante gli ultimi giorni del Governo Gentiloni che, dietro lo scudo dell'autonomia, in realtà, realizzano o avrebbero voluto realizzare un'appropriazione indebita di risorse della comunità nazionale per specifici territori. L'efficienza, la maggiore efficienza, il maggior decentramento non c'entrano nulla e, allora, mi lasci dire che per quanto ci riguarda quello non è il benchmark al quale adeguarsi o misurare eventuali miglioramenti; la legge quadro non è una gentile concessione; è, a nostro avviso, un imprescindibile punto politico in una Repubblica parlamentare.

Mi lasci anche dire che prevedere semplicemente il parere da parte del Parlamento non è coinvolgimento; l'intesa “prendere o lasciare” è un'operazione politica rischiosissima, perché mette in contrapposizione o rischia di mettere in contrapposizione il Parlamento nazionale con dei territori.

Allora, auspichiamo che, prima di presentare in Consiglio dei Ministri il disegno di legge, lei abbia un confronto con tutti i presidenti di regione; tenga conto delle istanze che arrivano dal Parlamento, che arrivano da forze politiche, lo ripeto, che vogliono realizzare l'autonomia costituzionale, ma la vogliono realizzare affinché l'Italia diventi sempre più una Repubblica, una e indivisibile.

(Tempi per l'adozione del decreto attuativo concernente la piattaforma digitale per la raccolta delle firme degli elettori necessarie per promuovere i referendum e per presentare le proposte di legge di iniziativa popolare – n. 3-03050)

PRESIDENTE. Il deputato Magi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03050 (Vedi l'allegato A).

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). La ringrazio, Presidente. Interroghiamo il Governo, nella persona del Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale su una questione che sta tanto a cuore a chi vi parla quanto sappiamo stare a cuore al Ministro Colao: la realizzazione di una piattaforma digitale per la raccolta delle firme dei cittadini necessarie per i referendum e per le leggi di iniziativa popolare.

La legge n. 178 del 2020, poi, modificata con il “decreto Semplificazioni”, impegna la Presidenza del Consiglio a realizzare questa piattaforma o, meglio, la impegnava a realizzarla, entro il 31 dicembre 2021 e, poi, successivamente, con decreto adottato di concerto col Ministero della Giustizia e sentito il Garante, a definirne le caratteristiche, le modalità con cui i promotori mettono a disposizione dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione le firme e i vari aspetti e dettagli tecnici.

Avevamo precedentemente chiesto al Governo un aggiornamento nel marzo del 2022 con un'interpellanza e avevamo ottenuto una rassicurazione. Successivamente, però, c'è stato un parere negativo del Garante della privacy, che in qualche modo ci ha sorpreso. Chiediamo, quindi, ulteriori informazioni e rassicurazioni al Governo, anche in questa sede.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO COLAO, Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Grazie, Presidente. Ringrazio l'interrogante che mi offre l'occasione di fornire ulteriori aggiornamenti sullo stato di attuazione di un progetto che il Parlamento ci ha affidato e che, come lei ha ricordato, mi sta particolarmente a cuore. Come ricordato dallo stesso interrogante, rispetto all'iter che avevamo programmato per l'adozione del decreto, sono intervenute due novità che ci hanno imposto una serie di approfondimenti; in particolare, la prima è quella già menzionata, da parte del Garante per la protezione dei dati personali e, poi, nell'ambito del procedimento di acquisizione del concerto, anche il Ministero di Giustizia ha reso alcune osservazioni tecniche che abbiamo ricevuto il 25 maggio del 2022.

Sia il Garante sia il Ministero della Giustizia hanno svolto una serie di considerazioni più generali in ordine ad esigenze di maggiore coordinamento normativo tra la disciplina della raccolta firme mediante la cosiddetta piattaforma referendum e l'intero processo analogico regolato dalla legge 25 maggio 1970 sui referendum previsti e sull'iniziativa legislativa.

Allora, qui, io vorrei essere chiaro: il dettato normativo garantisce solo la digitalizzazione della raccolta firme, che è il segmento iniziale del processo di promozione dell'iniziativa, ma non consente una completa digitalizzazione, estesa, per esempio, all'autenticazione delle firme o alla raccolta dei certificati elettorali che sono disciplinate ancora in maniera analogica. Tali considerazioni esulano dall'ambito propriamente tecnico nostro e del decreto in corso di elaborazione e rimangono affidate alle prerogative del legislatore. Quindi, è solo un pezzo, non è tutto il processo.

Nello specifico, invece, per quel che riguarda da vicino le mie competenze tecniche e la redazione del decreto di funzionamento della piattaforma, i pareri del Garante e le osservazioni del Ministero della Giustizia hanno raccomandato alcuni interventi tecnici diretti, da una parte, a migliorare l'interazione e la coerenza tra il processo analogico di raccolta firme e quello elettronico, dall'altra, ad agevolare e semplificare il compito degli uffici della Suprema corte nell'assicurare gli adempimenti successivi.

Noi abbiamo recepito queste osservazioni, abbiamo predisposto una versione aggiornata dello schema di decreto e stiamo di nuovo per inviarlo, per conoscenza, al Garante e al Ministero della Giustizia, per il loro concerto, unitamente a un manuale operativo che contiene già tutte le specifiche tecniche di funzionamento. Con questo noi contiamo di accelerare i tempi, inserendo nel manuale, per esempio, le caratteristiche tecniche, le modalità di funzionamento, i requisiti di sicurezza, le prestazioni di qualità.

Approvato come allegato al decreto, questo manuale permetterà in tempi più brevi di mettere in esercizio l'infrastruttura; infrastruttura che, ci tengo a ribadire, è deputata solo al processo di raccolta firme e non al processo completo.

PRESIDENTE. Il deputato Magi ha facoltà di replicare.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Ovviamente, mi riservo di approfondire alcuni aspetti tecnici che, come è evidente, non sono semplicissimi. Però, mi preme qui sottolineare due questioni.

Io spero che tutti noi - e con questo intendo ovviamente anche il Parlamento - abbiamo presente quanto sia importante che l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione siano messe al servizio dell'esercizio dei diritti politici dei cittadini e, quindi, non siano solamente un aspetto che riguarda ovviamente la maggiore efficacia e la maggiore efficienza dei processi amministrativi. Questo è un punto dirimente su cui abbiamo, sin da subito, trovato una massima corrispondenza e una massima comprensione proprio da parte del Ministro Colao. E, quindi, se dovesse esserci la necessità anche di apportare a livello legislativo miglioramenti rispetto a un procedimento che, nel momento in cui si passa alla fase attuativa, dovesse richiedere ulteriori interventi legislativi, c'è la massima disponibilità.

Mi preme anche ricordare che il Governo italiano, in sede di interlocuzione con il Comitato per i diritti umani dell'ONU, ha presentato la realizzazione di questa piattaforma come un rimedio al superamento degli ostacoli frapposti all'esercizio del diritto referendario da parte dei cittadini.

Infine, credo che dobbiamo fare davvero di tutto per evitare che accada quanto spesso accade nel nostro Paese nei tentativi di digitalizzazione e di innovazione tecnologica, e cioè che, di fronte a diversi soggetti istituzionali, dei quali ognuno ha le sue competenze, ognuno ha la voce in capitolo per intervenire, alla fine il cittadino si ritrovi disarmato e, nei fatti, quella che è una riforma tanto attesa e che sarebbe risolutiva, non veda la luce. Spero non sia questo il caso.

(Iniziative di competenza volte ad accelerare la realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza in materia di transizione digitale, con particolare riferimento allo snellimento degli iter autorizzativi e all'utilizzo di personale specializzato – n. 3-03051)

PRESIDENTE. La deputata Raffaella Paita ha facoltà di illustrare l'interrogazione Nobili ed altri n. 3-03051 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria.

RAFFAELLA PAITA (IV). Grazie, Presidente. Signor Ministro, il Piano nazionale di ripresa e resilienza è importante per tanti ambiti e, in particolare, per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. Alla realizzazione delle reti a banda larga e 5G è finalizzato l'investimento 3, che ha l'obiettivo di completare la rete nazionale ultraveloce di telecomunicazioni 5G su tutto il territorio nazionale. Ora, la maggior parte degli interventi del Governo è andata a buon fine, sia sulla realizzazione che sull'assegnazione, ad eccezione del bando più complesso per le nuove infrastrutture 5G. In realtà, in questo momento ci preoccupano maggiormente due questioni: gli iter autorizzativi e la mancanza di personale, da mettere nella condizione di realizzare le infrastrutture programmate. Proprio per questa ragione abbiamo deciso di interpellarla per sapere - sappiamo che il Governo sta facendo già delle cose buone - come intendiate affrontare le due questioni che abbiamo fatto emergere, nonché per verificare se la soluzione dell'individuazione di commissari dedicati a questo tipo di accelerazione e velocizzazione possa essere presa in considerazione dal Governo.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO COLAO, Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Ringrazio gli interroganti perché mi danno l'opportunità di parlare di un tema molto importante dell'azione di Governo e della mia personale, e anche di correggere parzialmente con notizie di ieri sera parte di quello che è stato detto. E parto da questo. Innanzitutto, sono contento di annunciare che abbiamo concluso tutte le assegnazioni dei bandi per la strategia italiana per la banda ultra larga, abbiamo chiuso la fibra “Italia a 1 giga”, 15 lotti, 8 a Open Fiber e 7 a Tim, 3 miliardi e mezzo di euro, incluse Trento e Bolzano. Abbiamo chiuso “Scuole connesse” e “Sanità connessa”: Tim, Vodafone, Fastweb, Intred hanno avuto un complessivo di 480 milioni. E poi il bando “Isole minori”, che inizialmente era andato deserto: 45 milioni alla società Elettra Tlc. E per il bando 5G da lei citato, abbiamo chiuso l'iniziativa backhauling con la società Tim, che si è aggiudicata 725 milioni. E ieri sera - quindi è notizia fresca - abbiamo anche chiuso la parte di copertura 5G di aree rurali con le società Inwit-Tim-Vodafone che si sono aggiudicate un importo di circa 345 milioni. Quindi, a dodici mesi dalla partenza, abbiamo chiuso tutti i bandi e siamo perfettamente in linea con la scadenza, con la milestone, che era dopodomani.

Adesso, però, sollevate una questione molto importante perché bisogna realizzarle, queste infrastrutture. Parto dalla prima. Abbiamo messo il massimo impegno, ovviamente, e anche il Parlamento ha contribuito al tema della semplificazione, penso al decreto-legge n. 36 del 2022. Abbiamo ridotto a 90 giorni il termine della durata dei procedimenti autorizzativi per la realizzazione delle infrastrutture, introducendo il silenzio-assenso e un meccanismo commissariale, quale quello a cui lei accenna, per superare eventuali stalli decisionali sulla parte ambientale e paesaggistica. E abbiamo molto semplificato l'iter relativo alla posa dei cavi con le micro trincee, quello relativo alle modifiche e al rinnovamento degli impianti esistenti, per i quali abbiamo introdotto una liberalizzazione. A queste misure il Parlamento ha poi aggiunto ulteriori semplificazioni - da ultimo in sede di conversione del decreto-legge n. 36 del 2022 -, come quella relativa all'iter semplificato per le strutture portanti, quindi fondamentalmente i pali e i tralicci, o quella per l'esenzione di alcuni passaggi burocratici. Adesso dobbiamo avviare il monitoraggio di questi interventi che contiamo di fare assieme ai comuni, agli enti locali e agli operatori privati per garantire che questi tempi, che abbiamo promesso, poi siano quelli effettivi.

Ribadisco anche che abbiamo l'impegno di considerare altre nuove misure che il Governo o il Parlamento identifichino per correggere eventuali scostamenti.

Sul secondo punto, con riferimento alla forza lavoro, il settore sta attivando scuole e formatori, sta stipulando accordi con altri settori, soprattutto relativi alla costruzione, e accelerando i piani di formazione. Quindi, tra la fine del 2022 e il 2026, dovremmo vedere una grande opportunità per i lavoratori disoccupati. Anche questo è un tema che dobbiamo sottoporre a monitoraggio. Quindi, sia per la parte dei lavori, sia per la parte di assunzione, stabiliremo meccanismi di monitoraggio e conterei di venire a riferire in Parlamento a sei mesi da oggi.

PRESIDENTE. Il deputato Nobili ha facoltà di replicare.

LUCIANO NOBILI (IV). Grazie, Ministro. Come lei ben sa, Italia Viva ha sostenuto sin dall'inizio la strategia che, come Governo, ha costruito per la transizione digitale nel nostro Paese; una strategia che abbiamo definito insieme ambiziosa - con l'anticipo degli obiettivi europei del 2030 al 2026, per unirla al PNRR - e insieme molto pragmatica, basata su concreta infrastrutturazione, semplificazioni, neutralità tecnologica. L'abbiamo sostenuta e continuiamo a farlo, e siamo felici che proprio oggi il Governo Draghi abbia potuto annunciare il raggiungimento dei 45 milestone, dei traguardi previsti per questo semestre del PNRR. Sappiamo che tra questi ci sono quelli raggiunti dal suo Ministero, con la sostanziale chiusura, che non potevamo sapere che proprio ieri sera, come immagina, si concludesse, anche con una cifra peraltro ridotta; quindi, c'è un risparmio di risorse, poi capiremo magari insieme come possono essere destinate, magari a favorire la domanda o a lavorare ancora sulle competenze digitali, altro tema importante. Però, nonostante le oggettive difficoltà riscontrate, tutti i bandi sono stati assegnati in tempo utile.

Tuttavia, lei sa bene che questo è solo il primo passo del percorso che ci aspetta, come abbiamo detto, e che il cronoprogramma del PNRR prevede adesso la più difficile execution: una effettiva realizzazione dell'infrastruttura. E vediamo i due grandi pericoli che le abbiamo accennato: da un lato, iter che possono continuare ad essere lunghi, nonostante il lavoro semplificatorio che è stato fatto (penso al silenzio assenso, ci abbiamo lavorato anche insieme in Parlamento), e, dall'altro, l'assenza di manodopera, nonostante le cose meritorie che si stanno avviando su questo tema. Cito anche il lavoro che si è fatto sui detenuti per contribuire a coinvolgere chi può diventare forza lavoro.

Però, con grande forza, come abbiamo fatto e ottenuto per quello che riguarda l'infrastrutturazione fisica del nostro Paese, come Italia Viva le ricordiamo e sosteniamo con forza la possibilità, che è già prevista, di ricorrere a commissari, qualora su alcune delle opere si dovessero riscontrare, come è possibile, ritardi, figli soprattutto di queste due cause. Perché sa, Ministro, condividiamo con lei che da questo obiettivo, ossia da una effettiva digitalizzazione del Paese - c'è tanto ancora da fare in termini di cybersicurezza, penso ai limiti delle missioni sulle quali dovremmo incidere - non passa solo il raggiungimento dei prossimi traguardi del PNRR, ma più in generale l'intero futuro del nostro Paese e, soprattutto, la sua capacità di affrontare e resistere a crisi molto importanti, come quella che abbiamo vissuto - e che speriamo di non incontrare di nuovo - negli ultimi due anni.

(Elementi e iniziative in merito alla ripartizione delle risorse finanziarie a favore delle persone con disabilità, con particolare riferimento alle persone con disturbi dello spettro autistico - n. 3-03052)

PRESIDENTE. Il deputato Siani ha facoltà di illustrare l'interrogazione Carnevali ed altri n. 3-03052 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

PAOLO SIANI (PD). Grazie, Presidente. Grazie, signora Ministra. Il disturbo dello spettro autistico, sappiamo, è un insieme eterogeneo di disturbi dello sviluppo. È un disturbo che mette a dura prova non solo l'ammalato, ma tutta la famiglia. Ormai siamo in grado di fare diagnosi molto precoci, ma non siamo ancora in grado di offrire un sostegno adeguato a tutte queste famiglie; famiglie che la pandemia ha messo ancora più in difficoltà. Sono i pazienti che, più di tutti, hanno sofferto per la pandemia e per tutte le conseguenze. Si può fare molto, però, per migliorare la qualità della vita di queste famiglie, ma è necessaria un'azione incisiva e concreta per rispondere ai tanti bisogni che sono ancora, ahimè, inevasi con politiche e programmi efficaci e continuativi.

Quest'Aula spesso si è occupata del problema in vari momenti. Oggi, signor Ministro, le chiediamo di conoscere l'iter degli atti necessari alla ripartizione delle risorse aggiuntive previste per gli anni 2021-2022, risorse che dovranno servire a incrementare i servizi per i bambini con autismo. Inoltre, chiediamo, più in generale, di conoscere a che punto sia la ripartizione delle risorse previste in tutte le leggi di bilancio per le famiglie con disabilità.

PRESIDENTE. La Ministra per le Disabilità, Erika Stefani, ha facoltà di rispondere.

ERIKA STEFANI, Ministra per le Disabilità. Grazie, Presidente, grazie agli onorevoli interroganti per i quesiti posti. Quella dell'autismo è una tematica che sta molto a cuore a tutti, anche al Governo, e sulla quale sto cercando di impegnarmi, affinché sia data la giusta attenzione a questa particolare forma di disabilità.

Partendo proprio dal quesito sul riparto delle risorse destinate all'autismo, insieme al Ministro della Salute abbiamo voluto la modifica normativa relativa alla gestione del fondo autismo e lo abbiamo fatto con l'articolo 14-bis del decreto-legge n. 24 del 2022, grazie anche alla collaborazione degli onorevoli parlamentari. Tale misura, oltre ad avere modificato le percentuali di riparto dello stanziamento di 50 milioni, ha anche previsto una modifica dell'iter di attuazione, prevedendo uno strumento più snello, che è quello del decreto interministeriale. L'iter di adozione dei decreti necessari alla ripartizione delle risorse è, quindi, in fase di conclusione. Proprio lo scorso 21 giugno si è svolta una riunione di confronto con il Ministero della Salute, dove eravamo seduti io e il sottosegretario Sileri, che ringrazio, per concordare le migliori modalità di riparto, in relazione alle finalità specifiche prescritte dalla norma e tenendo conto della necessità di un rafforzamento delle capacità dei servizi regionali.

A ulteriore dimostrazione dell'impegno - già anticipo -, posso annunciare che abbiamo deciso di utilizzare le risorse del Fondo per l'inclusione delle persone con disabilità con una dotazione di 50 milioni per il 2022 e di 50 milioni per il 2023, proprio per finanziare interventi diretti a favorire iniziative dedicate alle persone con disturbi dello spettro autistico e tutto ciò sotto il profilo socio-assistenziale, non solo sanitario. Le risorse saranno destinate alle regioni per finanziare interventi e progetti aggiuntivi rispetto alla programmazione regionale, attuati da soggetti pubblici o privati. Questo decreto di riparto sarà sottoposto alla prossima seduta della Conferenza unificata, che è stata convocata per il 6 luglio. Colgo poi l'occasione - speriamo di averne il tempo - per aggiornare sullo stato del riparto degli altri fondi.

Per quanto riguarda, in particolare, ad esempio, le risorse destinate agli interventi per l'offerta turistica delle persone con disabilità, con il Ministro Garavaglia abbiamo adottato il decreto di riparto, il 15 aprile scorso, destinando le risorse alla certificazione delle strutture ricettive che si adegueranno agli standard qualitativi europei di accessibilità. I decreti di riparto dei 200 milioni, destinati a regioni e comuni per gli assistenti alla comunicazione, sono in fase di finalizzazione e saranno sottoposti alla Conferenza Stato-città e alla Conferenza unificata le prossime sedute, già previste e convocate sempre per il 6 luglio. Infine, mi preme anche evidenziare e ricordare che, con l'ultimo decreto-legge del Governo, abbiamo stanziato, proprio utilizzando un fondo presso l'ufficio per le disabilità, 136 milioni di euro per incrementare e adeguare gli importi dell'assegno unico. Questo è destinato per i nuclei familiari con persone con disabilità.

PRESIDENTE. La deputata Carnevali ha facoltà di replicare.

ELENA CARNEVALI (PD). Grazie Presidente. Grazie Ministra Stefani, per la risposta esaustiva e il quadro ricognitivo, relativo ai fondi e alle misure destinate alle persone con disabilità. L'emergenza pandemica non solo ha determinato la sospensione e il rallentamento delle attività sanitarie non COVID, ma ha avuto un impatto importante sull'offerta dei servizi, con conseguenze rilevanti per le persone e le famiglie con spettro autistico.

Bene che si stia quindi procedendo alla distribuzione dei 50 milioni di euro. Sappiamo che sono cinque gli obiettivi, di cui gli ultimi hanno due sotto-obiettivi. I progetti di vita individuale e gli interventi socioassistenziali e sociosanitari sono fondamentali per rispondere a tutte le esigenze, sia quelle dell'inclusione scolastica, che lavorativa e sociale, e sono un obiettivo primario. Positivi i 50 milioni aggiuntivi per il 2022 e per il 2023, che assicurano continuità, diversamente da quello che riguarda, invece, il fondo sull'autismo, di cui, invece, chiediamo qui a lei. Per noi, per il Partito Democratico, è essenziale che queste risorse siano già contenute nella predisposizione della legge di bilancio. Bene anche il finanziamento dei progetti a soggetti pubblici e soggetti privati. Vogliamo - e siamo certi - che una particolare attenzione venga data alla garanzia che nei progetti di questi enti ci siano standard di qualità garantita, soprattutto nei progetti destinati alle persone con disabilità. L'impegno per correggere gli importi dell'assegno unico per le famiglie con disabilità è stato davvero una battaglia del Partito Democratico, per riuscire a correggere quei pochi difetti che questa misura fondamentale ha. Credo che lo abbiamo dimostrato, sia nel parere del decreto, che nel question time, e condividiamo, quindi, la soddisfazione.

Un'ultima riflessione. Io penso che tutta l'Aula, tutto il Parlamento, sia disponibile a fare una riflessione sulla parcellizzazione dei fondi. Credo sia necessario ragionare su un progetto di carattere unitario, perché ora che, come diciamo noi, “pianano a terra” e, quindi, diventano servizi davvero fruibili, spesso questo impone – e si vede - un rallentamento. Quindi, grazie davvero dell'impegno: troverà nel Partito Democratico determinazione e sostegno, come abbiamo dimostrato in questi anni.

(Iniziative per incrementare l'importo dell'assegno mensile per l'assistenza degli invalidi civili parziali, nel quadro di interventi di politica sociale – n. 3-03053)

PRESIDENTE. Il deputato De Toma ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lollobrigida ed altri n. 3-03053 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

MASSIMILIANO DE TOMA (FDI). Signora Ministra, ben trovata. Le mandano i loro saluti i lavoratori fragili, per ricordarle che dal 1° luglio cessano le tutele a garanzia della loro salute. Mi auguro, quindi, Ministro, che lei e il suo Governo mettiate in atto la doverosa proroga delle tutele a garanzia della salute dei lavoratori fragili.

Per quanto concerne la materia di cui all'interrogazione urgente del gruppo di Fratelli d'Italia, invero, si tratta di chiedere al Governo di aumentare le pensioni per tutti coloro ai quali non è riconosciuto il 100 per cento di invalidità, ovvero per coloro che ne hanno diritto con percentuali di invalidità sino al 99 per cento e che percepiscono cifre mensili che non consentono loro di vivere con dignità. Ovviamente, il limite di 4.900 euro per ulteriori piccoli redditi, oltre il quale si perde il diritto alla pensione, è l'ennesimo insulto di questo Governo, di cui lei fa parte, signora Ministro, posto che, sulla disabilità, questo stesso Governo ha prodotto molte parole e pochi fatti concreti per migliorare le condizioni di queste persone e di queste famiglie.

Si chiede, pertanto, al Governo – concludo - se e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per incrementare l'importo dell'assegno mensile per l'assistenza degli invalidi civili parziali, di cui all'articolo 13 della legge n. 118 del 1971, sostituendo interventi meramente assistenziali, come il reddito di cittadinanza, con interventi di politica sociale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. La Ministra per le Disabilità, Erika Stefani, ha facoltà di rispondere.

ERIKA STEFANI, Ministra per le Disabilità. Grazie, mi dà l'occasione, anche qui, di intervenire su questo tema. Ricordo, che sulle pensioni e sull'eventuale cumulo - lo faccio per inciso - c'è stata una modifica normativa nel “decreto Fiscale” n. 146 del 2021, fortemente voluta anche da noi, grazie alla quale il Governo è riuscito a superare un problema interpretativo sull'assegno delle persone con invalidità parziale, consentendo l'erogazione anche a coloro che prestano attività lavorativa con reddito inferiore ai limiti previsti dalla legge.

Quanto, invece, alla questione relativa all'incremento delle pensioni di invalidità o all'adeguamento delle stesse, ricordo che, durante l'esame della legge di bilancio, avevo anche condiviso e sostenuto gli emendamenti che proponevano un incremento delle pensioni di invalidità parziale dal 79 al 99 per cento.

Come è noto, la sentenza n. 152 del 2020 della Corte Costituzionale ha disposto il cosiddetto “incremento al milione” per gli importi percepiti dagli invalidi civili totali, dai ciechi assoluti e dai sordi. Tuttavia, tali incrementi non riguardano coloro che, pur non essendo invalidi al 100 per cento, sono in condizioni svantaggiate. Pertanto, per fare fronte a questa situazione, mi sono attivata insieme al Ministro del Lavoro, inserendo nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2022, tra i disegni di legge collegati al bilancio, una delega legislativa volta al riordino e all'incremento delle pensioni di invalidità proprio di questo range. Della questione avevamo anche interessato l'INPS, che ha convenuto sulla necessità di procedere anche a una sistemazione. Ciò si inserisce, ovviamente, in un contesto di maggiore attenzione da parte del Governo alle politiche in favore delle persone con disabilità, un impegno che penso sia stato dimostrato, che è riscontrabile non solo in un crescente impiego di risorse, ma anche in tutte le iniziative che abbiamo adottato.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la deputata Bellucci.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI).   Grazie, Presidente. Ministro, siamo assolutamente insoddisfatti. Stiamo aspettando da anni che finalmente lo Stato riconosca il valore degli aiuti alle persone con disabilità, e in particolare a quegli invalidi civili parziali che vengono umiliati con 287 euro al mese. Lei parlava dei passi indietro che si rischiava di fare, addirittura annullando quei 287 euro. Noi chiediamo allo Stato di fare passi avanti, non di conservare quei diritti che umiliano le persone con disabilità. Ministro, il valore di uno Stato si misura dalla capacità di proteggere i più fragili (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), ed è ingiusto uno Stato che garantisce fino a 780 euro a persone abili, che possono lavorare, e invece umilia, e quindi discrimina, le persone con disabilità con 287 euro. Questo è inaccettabile, Fratelli d'Italia continuerà a battersi per una politica che sia veramente nobile, che protegga le persone, che spazzi via le discriminazioni e che faccia sì che gli aiuti e i giusti aiuti arrivino alle persone più fragili, smantellando il reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), garantendo a chi ha difficoltà la dignità della vita e facendo lavorare e andare al lavoro chi ha braccia, gambe, menti e corpi per poter essere la classe produttiva del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

(Iniziative volte a dare piena attuazione al diritto all'accessibilità dei prodotti e servizi informatici e chiarimenti in merito ai tempi di pubblicazione del decreto legislativo di recepimento della direttiva europea in materia – n. 3-03054)

PRESIDENTE. Il deputato Palmieri ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03054 (Vedi l'allegato A).

ANTONIO PALMIERI (FI). Grazie, Presidente. Gentile Ministra Stefani, buon pomeriggio. Parliamo di accessibilità digitale, lo dico a beneficio di chi ci ascolta: l'accessibilità digitale riguarda la rimozione delle barriere architettoniche, definiamole così, digitali, che impediscono alle persone che hanno difficoltà visive e uditive di avere un pieno accesso agli strumenti dell'era digitale. Nello specifico, il punto su cui interroghiamo il Governo è la mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di recepimento della direttiva europea sull'accessibilità, nella quale il Parlamento ha introdotto una norma che aiuta le imprese ad avere un tempo congruo per potersi mettere in regola rispetto agli obblighi di accessibilità previsti dalla legge. Questo è il focus, il centro della nostra interrogazione, che ci dà l'opportunità di parlare di un tema, l'accessibilità digitale, che normalmente viene assai poco considerato e che noi, invece, riteniamo sia molto importante, e concludo, per garantire a tutti i cittadini un pieno accesso nell'era digitale.

PRESIDENTE. La Ministra per le Disabilità, Erika Stefani, ha facoltà di rispondere.

ERIKA STEFANI, Ministra per le Disabilità. Grazie, Presidente, grazie ai colleghi e agli onorevoli interroganti. Il quesito posto mi consente anche di comunicare, anche con un po' di soddisfazione, che il decreto di recepimento della direttiva 2019/882, cosiddetta Accessibility Act, è in fase di pubblicazione. Lo schema di decreto è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, in seconda lettura, il 26 maggio scorso, in recepimento anche dell'ottimo lavoro svolto dalle Commissioni parlamentari, che ancora ringrazio, e risulta che sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale venerdì prossimo, avendo già ricevuto la firma del Presidente della Repubblica e il visto del Guardasigilli.

Come evidenziato dall'interrogante, l'articolo 29 del decreto-legge n. 76 del 2020 ha determinato una modifica della cosiddetta “legge Stanca”, la legge n. 4 del 2004, estendendo l'ambito di applicazione della norma ai soggetti privati che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a 500 milioni di euro. Allo stesso modo, è stato previsto anche per tali soggetti il divieto di stipula, a pena di nullità, di contratti per la realizzazione e la modifica di siti web o applicazioni mobili quando non è previsto che detti siti e applicazioni rispettino i requisiti di accessibilità stabiliti dalle linee guida. Per i soggetti privati il termine di adeguamento alle linee guida sull'accessibilità dei loro siti web o applicazioni mobili era già stato prorogato al 28 giugno 2022, consci della necessità di consentire ai soggetti privati di disporre degli strumenti tecnici necessari. Con l'articolo 25 del testo definitivo del decreto legislativo di recepimento della direttiva n. 882 è stata modificata la “legge Stanca”, spostando il termine di operatività dell'articolo 4 per i soggetti privati al 5 novembre 2022, cioè a 6 mesi dall'emanazione delle linee guida già pubblicate dall'AgID il 5 maggio 2022. In tal modo si è accolta la condizione parlamentare di rinviare la normativa entro 6 mesi dall'emanazione delle linee guida, fissando una data certa, proprio in considerazione del fatto che, nelle more, AgID ha emanato le suddette linee guida, e si concede alle aziende un margine di tempo per assicurare le implementazioni tecniche e procedurali. È, comunque, un atto veramente molto importante perché veramente quelli che saranno i nuovi strumenti tecnologici che noi abbiamo dovranno garantire proprio l'accessibilità a tutti. Grazie ancora all'onorevole Palmieri.

PRESIDENTE. Il deputato Palmieri ha facoltà di replicare.

ANTONIO PALMIERI (FI). Grazie, Presidente. Nuovamente, anch'io ringrazio la Ministra, perché questa è una buona notizia, non tanto o soltanto per noi interroganti, ma per tutti, e quindi siamo contenti di averla potuta ascoltare da lei.

Il motivo dell'interrogazione era questo, ma è anche la possibilità, l'opportunità di poter ribadire due concetti fondamentali. Il primo, noi dobbiamo far comprendere che l'accessibilità per le imprese, ma anche per la pubblica amministrazione, non è un costo, ma è un'opportunità. È un'opportunità di offrire servizi digitali migliori per tutti i cittadini, in modo realmente inclusivo, in modo tale che nessuno sia escluso appunto dalle grandi opportunità dell'era digitale. Il secondo punto risale per me a un'attività iniziata vent'anni fa. Venti anni fa, nel 2002, la “legge Stanca” ha avuto origine da una proposta di legge a prima firma del deputato Cesare Campa, di Forza Italia, che approfitto per salutare, e la seconda firma era la mia. Abbiamo messo in moto un meccanismo che ha portato l'Italia a essere il primo Paese in Europa ad avere una legge sull'accessibilità digitale. È una legge che fu approvata all'unanimità nei tempi in cui, governando Berlusconi, vigeva, purtroppo, un bipolarismo assolutamente muscolare, nel quale si guardava non la bontà delle proposte, ma chi era il proponente. Quindi, a quel tempo, quando andammo in giro per l'Italia a presentare la “legge Stanca”, e concludo, Presidente, noi dicevamo che, fatta la legge, cominciava il lavoro. Quel lavoro, e termino realmente, è ancora da fare, perché il tema dell'accessibilità è, prima di tutto, un tema di consapevolezza culturale, il fatto che un sito web o un'App accessibile sia una App o un sito usabile in modo migliore da parte di tutti, non solo da coloro i quali hanno difficoltà, quindi grazie e buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,30.

La seduta è sospesa.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 16,30.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 114, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 3656.

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame del disegno di legge di conversione n. 3656.

(Votazione finale e approvazione – A.C. 3656​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 3656: S. 2598 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)" (Approvato dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

Sui lavori dell'Assemblea, calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di luglio 2022 e programma dei lavori per i mesi di agosto e settembre 2022.

PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura degli esiti della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

ALESSANDRO COLUCCI, Segretario. Comunico che, secondo quanto stabilito nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 3614 - Conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina (da inviare al Senato e convertire entro il 16 luglio prossimo), è rinviata a lunedì 4 luglio.

Conseguentemente, sarà iscritto all'ordine del giorno della seduta di domani, alle ore 9, il seguito dell'esame degli altri argomenti già previsti dal calendario per tale giornata.

Quanto alla proposta di legge n. 105-194-221-222-717-920-2269-2981-3511-A - Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza, ove la relativa discussione sulle linee generali non si concluda entro le ore 24 di oggi, essa proseguirà nella seduta di domani, al termine delle votazioni. Solo in tale evenienza, il seguito dell'esame di tale proposta di legge non sarà iscritto all'ordine del giorno della seduta di domani.

Comunico altresì che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di luglio 2022:

Lunedì 4 luglio (ore 10 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 3614 - Conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina (da inviare al Senato – scadenza: 16 luglio 2022);

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 544-2387-2692-2868-2946-3014-B - Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore (approvata in un testo unificato dalla Camera e modificata dal Senato).

Martedì 5 luglio (ore 9.30)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Martedì 5 (ore 12-14.30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24), mercoledì 6 (ore 9.30-13.30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24) e giovedì 7 luglio (ore 9.30-13.30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24 e nella giornata di venerdì 8 luglio)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 3614 - Conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina (da inviare al Senato – scadenza: 16 luglio 2022);

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 544-2387-2692-2868-2946-3014-B - Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore (approvata in un testo unificato dalla Camera e modificata dal Senato);

Seguito dell'esame delle mozioni Lollobrigida ed altri n. 1-00671, Manzo ed altri n. 1-00672, Andreuzza ed altri n. 1-00673 e Bonomo ed altri n. 1-00677 concernenti iniziative per sopperire alla carenza di personale nei settori del turismo e dell'agricoltura e per sostenere le relative filiere produttive (ove non concluso nel calendario di giugno);

Seguito dell'esame delle mozioni Lupi, Squeri e Schullian n. 1-00540, Vianello ed altri n. 1-00545, Masi ed altri n. 1-00614, Binelli ed altri n. 1-00628, Foti ed altri n. 1-00641, Dori ed altri n. 1-00649 e Ruffino ed altri n. 1-00664 concernenti iniziative in materia di energia nucleare di nuova generazione (ove non concluso nel calendario di giugno);

Seguito dell'esame delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610, Raduzzi ed altri n. 1-00620 e Lollobrigida ed altri n. 1-00632 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea (ove non concluso nel calendario di giugno);

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1059-A/R Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività (ove non concluso nel calendario di giugno);

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 2493-2804-A - Disciplina del volo da diporto o sportivo (ove non concluso nel calendario di giugno);

Seguito dell'esame della proposta costituzionale n. 1854, 3118 e abbinate-A - Modifica all'articolo 114 della Costituzione, in materia di ordinamento e poteri della Città di Roma, capitale della Repubblica (ove non concluso nel calendario di giugno);

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 2307-2965-A - Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati (ove non concluso nel calendario di giugno);

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 105-194-221-222-717-920-2269-2981-3511-A - Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza (ove non concluso nel calendario di giugno).

Mercoledì 6 luglio (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 8 luglio (ore 9.30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Lunedì 11 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 3653 - Conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, recante misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali (da inviare al Senato – scadenza: 20 agosto 2022);

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 2098-2247-2392-2478-2540 - Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche;

Discussione sulle linee generali del Doc XXII, n. 63 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati;

Discussione sulle linee generali della mozione Comaroli ed altri n. 1-00681 concernente iniziative a sostegno delle residenze sanitarie assistenziali e delle case di riposo, con particolare riferimento all'aumento dei costi dell'energia e alla carenza di personale infermieristico;

Discussione sulle linee generali delle mozioni Daga ed altri n. 1-00675, Federico ed altri n. 1-00679 e Nevi ed altri n. 1-00680 concernenti iniziative volte al contrasto della siccità e ad un efficiente utilizzo delle risorse idriche.

Martedì 12 luglio (ore 9.30)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Martedì 12 (ore 12-14.30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24), mercoledì 13 (ore 9.30-13.30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24) e giovedì 14 luglio (ore 9.30-13.30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24 e nella giornata di venerdì 15 luglio)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 3653 - Conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, recante misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali (da inviare al Senato – scadenza: 20 agosto 2022);

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 2098-2247-2392-2478-2540 - Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche;

Seguito dell'esame del Doc XXII, n. 63 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati;

Seguito dell'esame della mozione Comaroli ed altri n. 1-00681 concernente iniziative a sostegno delle residenze sanitarie assistenziali e delle case di riposo, con particolare riferimento all'aumento dei costi dell'energia e alla carenza di personale infermieristico;

Seguito dell'esame delle mozioni Daga ed altri n. 1-00675, Federico ed altri n. 1-00679 e Nevi ed altri n. 1-00680 concernenti iniziative volte al contrasto della siccità e ad un efficiente utilizzo delle risorse idriche.

Nella seduta di mercoledì 13 luglio, alle ore 16, avrà luogo la votazione sulle dimissioni del deputato Elio Vito.

Mercoledì 13 luglio (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 15 luglio (ore 9.30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Lunedì 18 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussioni sulle linee generali del disegno di legge n. 3634 - Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (approvato dal Senato) (collegato alla manovra di finanza pubblica);

Discussioni sulle linee generali della proposta di legge n. 1321 - Modifiche alla legge 8 marzo 2017, n. 24, al codice di procedura civile e alle disposizioni per la sua attuazione nonché alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, in materia di responsabilità sanitaria;

Discussioni sulle linee generali della proposta di legge costituzionale n. 3353-B - Modifica all'articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità (approvata, in seconda deliberazione, dal Senato con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, già approvata, in prima deliberazione, dal Senato e dalla Camera).

Martedì 19 luglio (ore 10 -13.30)

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi;

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1321- Modifiche alla legge 8 marzo 2017, n. 24, al codice di procedura civile e alle disposizioni per la sua attuazione nonché alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, in materia di responsabilità sanitaria;

Seguito dell'esame della proposta di legge costituzionale n. 3353-B - Modifica all'articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità (approvata, in seconda deliberazione, dal Senato con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, già approvata, in prima deliberazione, dal Senato e dalla Camera).

Martedì 19 luglio (ore 16)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Mercoledì 20 (ore 9.30-13.30 e 16.20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24) giovedì 21 e venerdì 22 luglio (ore 9.30-13.30 e 15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 3634 - Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (approvato dal Senato) (collegato alla manovra di finanza pubblica) (con deliberazione finale entro venerdì 22 luglio) (è stato convenuto di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti nella giornata di lunedì 18 alle ore 9);

Seguito dell'esame degli argomenti previsti nella giornata di martedì 19 e non conclusi.

Mercoledì 20 luglio (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 22 luglio (al termine delle votazioni dell'Assemblea ovvero - in assenza di sedute con votazioni - ore 9.30 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione congiunta del Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2021 e del Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2022 (il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 16 di venerdì 22 luglio);

Lunedì 25 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussioni sulle linee generali della proposta di legge n. 1714 e abbinate - Disposizioni per l'esercizio del diritto di voto in un comune diverso da quello di residenza, in caso di assenza per motivi di studio, lavoro o cura, e delega al Governo per la sperimentazione di sistemi telematici di votazione;

Discussioni sulle linee generali del disegno di legge n. 3580 - Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi (approvato dal Senato);

Discussioni sulle linee generali della proposta di legge n. 1972 e abbinate - Interventi per la prevenzione e la lotta contro l'HIV, l'AIDS, l'HPV e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale.

Martedì 26 luglio (ore 9.30)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Martedì 26 (ore 15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24), mercoledì 27 (ore 9.30-13.30 e 16-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24), e giovedì 28 luglio (ore 9.30-13.30 e 15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21.30 alle 24 e nella giornata di venerdì 29 luglio)

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1714 e abbinate - Disposizioni per l'esercizio del diritto di voto in un comune diverso da quello di residenza, in caso di assenza per motivi di studio, lavoro o cura, e delega al Governo per la sperimentazione di sistemi telematici di votazione;

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 3580 - Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi (approvato dal Senato);

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1972 e abbinate - Interventi per la prevenzione e la lotta contro l'HIV, l'AIDS, l'HPV e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale.

Nella seduta di giovedì 28 luglio, avrà luogo il seguito dell'esame del Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2021 e del Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2022.

Mercoledì 27 luglio (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 29 luglio (ore 9.30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario dei lavori l'esame di progetti di legge di ratifica deliberati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario sarà pubblicata nell'Allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

L'organizzazione dei tempi per l'esame dei progetti di legge n. 2098-2247-2392-2478-2540, n. 3634, n. 1321, n. 1714 e abbinate, n. 3580, n. 1972 e abbinate e del DOC. XXII, n. 63 sarà definita dopo la conclusione dell'esame in sede referente.

Comunico che è stato altresì stabilito, ai sensi dell'articolo 23, comma 6, primo periodo, del Regolamento, il seguente programma dei lavori per i mesi di agosto e di settembre:

Mese di AGOSTO

Eventuale seguito dell'esame dei disegni di legge di conversione dei decreti–legge previsti nel calendario di luglio e non conclusi;

Disegno di legge S. 2646 - Conversione in legge del decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68, recante disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 15 agosto 2022);

Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2021 e disposizioni per l'Assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2022 (ove deliberati dal Consiglio dei ministri e presentati alla Camera).

Mese di SETTEMBRE

Disegno di legge di ratifica n. 3039 - Convenzioni: a) Convenzione sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, n. 155, fatta a Ginevra il 22 giugno 1981, e relativo Protocollo, fatto a Ginevra il 20 giugno 2002; b) Convenzione sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, n. 187, fatta a Ginevra il 15 giugno 2006 (Approvato dal Senato);

Disegno di legge di ratifica n. 3043 - Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato plurinazionale di Bolivia, fatto a La Paz il 3 marzo 2010 (Approvato dal Senato);

Disegno di legge di ratifica n. 3044 - Adesione al Protocollo addizionale alla Carta europea dell'autonomia locale sul diritto di partecipare agli affari delle collettività locali, fatto a Utrecht il 16 novembre 2009 (Approvato dal Senato);

Disegno di legge di ratifica n. 3301 - Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping, fatto a Varsavia il 12 settembre 2002;

Disegno di legge di ratifica n. 3307 - Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione sul controllo e la marchiatura degli oggetti in metalli preziosi, con Allegati, fatta a Vienna il 15 novembre 1972;

Disegno di legge di ratifica n. 3322 - Protocollo emendativo dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Armenia sull'autotrasporto internazionale di passeggeri e di merci, firmato il 7 agosto 1999, fatto a Jerevan il 31 luglio 2018 (Approvato dal Senato);

Disegno di legge di ratifica n. 3325 - Accordo di partenariato strategico tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Giappone, dall'altra, fatto a Tokyo il 17 luglio 2018 (Approvato dal Senato):

Disegno di legge di ratifica n. 3417 - Protocollo emendativo dell'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, con Allegato, del 5 marzo 2008, fatto a Roma il 27 settembre 2021;

Disegno di legge di ratifica n. 3539 - Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Moldova in materia di sicurezza sociale, con Allegato, fatto a Roma il 18 giugno 2021;

Disegno di legge n. 3625 e abbinate - Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo (approvato dal Senato) (collegato alla manovra di finanza pubblica 2021-2023);

Proposta di legge n. 3157 - Modifiche alla disciplina dell'istituto del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111 (approvata, in un testo unificato, dal Senato);

Proposta di legge n. 2282-2417-2667-2685-2817-2851- 2870-2908-3027-3150 Disposizioni in materia di lavoro agile;

Proposta di legge n. 3151 - Disposizioni per la valorizzazione del melodramma italiano

Proposta di legge n. 306 e abbinata - Modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 49, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano;

Mozione Spena e altri n. 1-00601 e Grippa ed altri n. 1-00602 concernenti iniziative in materia di accoglienza dei rifugiati provenienti dall'Ucraina, con particolare riferimento ai minori;

Mozione Giarrizzo ed altri n. 1-00678 concernente iniziative per un efficace sistema di tutela dei minori con riguardo agli effetti lesivi derivanti dall'uso improprio delle reti sociali telematiche e dall'esposizione ai contenuti pornografici;

Proposta di legge n. 1239-2411-2739 - Disposizioni per la promozione delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali, incentivi agli investimenti e all'occupazione e misure di semplificazione;

Proposta di legge n. 1741-1722-2311-3328 - Disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle molestie morali e delle violenze psicologiche in ambito lavorativo;

Disegno di legge n. 2427 - Nuove norme in materia di illeciti agro-alimentari;

Disegno di legge n. 3628 - Disposizioni per lo sviluppo e la valorizzazione delle zone montane (collegato alla manovra di bilancio 2022);

Proposta di legge n. 1874 - Modifica all'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178, in materia di revoca delle onorificenze dell'Ordine al merito della Repubblica italiana;

Proposta di legge n. 3595 - Istituzione della Giornata dedicata alla memoria dei caduti del “Grande Torino”;

Mozioni D'Orso ed altri n. 1-00633 e Braga ed altri n. 1-00676 concernenti iniziative in materia di politiche abitative;

Proposta di legge n. 2514 - Modifica all'articolo 315 del codice di procedura penale, in materia di trasmissione del provvedimento che accoglie la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della valutazione disciplinare dei magistrati;

Proposta di legge n. 1915 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause della mancata individuazione dei responsabili della strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992, nella quale furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta;

Proposta di legge n. 1752 - Introduzione sperimentale del metodo del budget di salute per la realizzazione di progetti terapeutici riabilitativi individualizzati;

Mozione Raciti ed altri n. 1-00682 concernente iniziative volte al riconoscimento dell'Holodomor come genocidio:

Proposta di legge costituzionale n. 3429 - Istituzione di una Convenzione costituente per la revisione della parte II della Costituzione;

Proposta di legge n. 3622 - Disposizioni in materia di elezione diretta dei sindaci metropolitani e dei componenti dei consigli metropolitani;

Proposta di legge n. 3393 - Introduzione del titolo II-bis del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi prodotti con tecniche di editing genomico mediante mutagenesi sito-diretta o di cisgenesi a fini sperimentali e scientifici;

Proposta di legge n. 1634 - Soppressione del pubblico registro automobilistico e disposizioni concernenti il regime giuridico degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi;

Nel mese di settembre potrà essere convocato, sentita la Presidente del Senato, il Parlamento in seduta comune per l'elezione di 10 componenti del Consiglio superiore della Magistratura.

Nel mese di settembre potranno altresì avere luogo le votazioni segrete – mediante procedimento elettronico - per l'elezione di due componenti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, di due componenti il Consiglio di presidenza della Corte dei Conti e di due componenti il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

Nell'ambito del programma, potrà essere inserito, in relazione all'andamento dei lavori della Giunta per il Regolamento, l'esame degli adeguamenti regolamentari conseguenti alla riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari.

Nell'ambito del programma è altresì previsto lo svolgimento di atti di sindacato ispettivo e potranno essere inseriti ulteriori progetti di legge di ratifica deliberati dalle Commissioni e documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Magi ed altri; Licatini ed altri: Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati. (A.C. 2307​-2965-A​) (ore 16,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 2307-2965-A: Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 28 giugno 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 28 giugno 2022).

(Discussione sulle linee generali – Testo unificato – A.C. 2307-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, presidente della Commissione giustizia, deputato Mario Perantoni.

MARIO PERANTONI, Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del testo unificato delle abbinate proposte di legge nn. 2307 e 2965-A, che reca modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati. Mi sia consentito dire, anzitutto, che quella di oggi è certamente una giornata storica per questo Parlamento e che per me è un grande privilegio poter illustrare questa proposta di legge, anche perché sento di dare voce a quei 630 mila cittadini che la scorsa estate, in soli venti giorni, sottoscrissero e sostennero la proposta referendaria sul tema che oggi finalmente affrontiamo.

Nel nostro Paese, i forti contrasti prevalentemente fondati su presupposti ideologici hanno impedito un approccio laico all'argomento e le politiche antidroga hanno da sempre privilegiato una legislazione orientata per lo più alla repressione penalistica del fenomeno, ponendo in secondo piano l'aspetto preventivo. A questo proposito ricordo che, al 31/12/2021, su 54.134 detenuti, 18.884 lo erano per violazione del DPR n. 309 del 1990, pari a circa il 35 per cento della popolazione totale; un terzo di questi sono tossicodipendenti.

In riferimento al consumo e alla coltivazione della cannabis e della canapa in genere, mentre in Europa e nel resto del mondo si supera il retropensiero del proibizionismo tout court, nel nostro Paese si fa fatica ad abbandonare la tendenza alla criminalizzazione, in evidente contrasto con più realistiche politiche di lotta alle mafie, di sviluppo sostenibile e di potenziamento del settore agricolo, anche in funzione della salvaguardia dell'ambiente e degli ecosistemi. E ciò, nonostante la recente decisione della Commissione ONU sugli stupefacenti, che, su raccomandazione dell'Organizzazione mondiale della sanità e con il voto favorevole anche dell'Italia, ha rimosso la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, e ciò, nonostante la storia insegni che la mera repressione e il gretto proibizionismo non debellano il mercato né riducono la platea dei consumatori, ma alimentano i traffici e i proventi illeciti delle organizzazioni criminali e mafiose.

I dati, anche quelli più recenti, dimostrano che una legislazione incentrata sulla repressione penale non consente di arginare un fenomeno dalle profonde radici sociali. I fenomeni diffusi vanno regolamentati, non vanno vietati. Infatti, è proprio la regolamentazione che consente il controllo da parte dello Stato così come è sempre avvenuto per alcol e tabacco, il cui consumo, certamente più dannoso e dai costi sociali enormemente superiori rispetto a quelli del consumo di cannabis, è sempre stato regolamentato e largamente pubblicizzato.

Con questo provvedimento si è voluto affrontare il tema nel modo più laico, pragmatico e concreto possibile, al di là di posizioni estreme o ideologiche. Ricordo, prima di tutto a me stesso, ovviamente, che attualmente il consumo e la detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti non hanno rilevanza penale, grazie all'esito del referendum del 1993. La detenzione per uso personale, invece, può essere oggetto di sanzione amministrativa, ai sensi dell'articolo 75 del DPR n. 309 del 1990.

Come certamente ricorderete tutti, il referendum popolare del 1993 vide un'ampia partecipazione, con il 77 per cento degli aventi diritto che parteciparono al voto e con il 55,3 per cento - quindi, oltre 19 milioni di cittadini - che si espresse contro la repressione penale del consumo. Viceversa, è ancora sanzionata penalmente la coltivazione di piante dalle quali possono estrarsi sostanze stupefacenti e ciò, con riferimento alla cannabis, ha comportato e comporta il rischio che, anche nei casi di coltivazione domestica effettuata con finalità di autoconsumo anche terapeutico, possa essere instaurato un procedimento penale, con tutte le conseguenze del caso. A questo proposito, non posso non ricordare la battaglia personale e di civiltà di Walter De Benedetto, a cui oggi va il mio pensiero. Walter era malato di artrite reumatoide da lungo tempo. Dapprima è stato indagato ma poi assolto, perché il fatto non sussiste, dall'accusa di coltivazione di sostanze stupefacenti. È morto a soli 50 anni, lo scorso 9 maggio, in attesa di una legge sull'autocoltivazione che consentisse, a persone come lui, l'approvvigionamento autonomo per la terapia e per alleviare dolori e sofferenze. Peraltro, prima del legislatore, è intervenuta la giurisprudenza della Suprema Corte che, in forza del principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale per cui una condotta non può avere rilevanza penale se non offende alcun bene giuridicamente protetto, afferma, con principio anch'esso consolidato, che, ai fini della configurabilità del reato, non è sufficiente la mera coltivazione di una pianta conforme al tipo botanico vietato, ma è altresì necessario verificare se tale attività sia concretamente idonea a ledere la salute pubblica. In sostanza, le attività di minima coltivazione non sono riconducibili nell'ambito di rilevanza penale perché prive di offensività, esattamente come avviene nelle ipotesi del consumo e della detenzione per uso personale. È, quindi, giunto il momento che anche il legislatore intervenga per adeguare la normativa alle istanze sociali rimaste, secondo molti e anche secondo il sottoscritto, parzialmente disattese fin dal 1993; per garantire il diritto alla cura di quei pazienti che non riescono ad accedere agevolmente e adeguatamente alla cannabis terapeutica; per escludere finalmente la criminalizzazione di una condotta che non viene ritenuta illecita dalla maggioranza dei consociati e che difetta degli elementi costitutivi del fatto tipico, perché, se la condotta non è idonea a ledere la salute pubblica, la coltivazione domestica di poche piante di cannabis non può essere considerata reato; per evitare, quindi, processi inutili, lunghi e dispendiosi che ledono la dignità della persona coinvolta e sottraggono risorse alle casse pubbliche che ben potrebbero essere impiegate più utilmente; per interrompere il rapporto tra il consumatore e la fonte di approvvigionamento illecita e sottrarre alle organizzazioni criminali ingenti fonti di guadagno, come più volte evidenziato dalla stessa Direzione nazionale antimafia, consentendo agli investigatori di utilizzare le risorse disponibili di uomini e mezzi per contrastare le vere attività criminali legate allo spaccio e al traffico nazionale e internazionale di sostanze stupefacenti.

Si è detto - e probabilmente si dirà anche nel corso di questa seduta - che questo sarebbe un intervento normativo scoordinato, parziale, disorganico e propagandistico. Nulla di più infondato, signor Presidente. Il testo base è stato largamente modificato e migliorato in fase emendativa grazie al contributo di tutti i commissari, che ringrazio per l'importante lavoro svolto. È stata abbandonata, ad esempio, l'ipotesi di abrogare le sanzioni amministrative, di cui all'articolo 75, per coordinarle, invece, con le novità introdotte ed è stata prevista l'istituzione nelle scuole di una Giornata nazionale contro i danni da sostanze stupefacenti, alcolismo e tabagismo. In particolare, il testo si compone di otto articoli ed è volto ad affermare la liceità della coltivazione di non oltre quattro piante femmine di cannabis e della detenzione per uso personale del relativo prodotto, condotta che non dovrà più essere considerata illecita neanche dal punto di vista amministrativo. Viene razionalizzata la disciplina sanzionatoria delle varie condotte illecite previste dall'articolo 73, in alcuni casi armonizzando i limiti edittali. Si prevede una disciplina autonoma per i fatti di lieve entità e viene ridotta la pena edittale per il piccolo spaccio di cannabis, escludendosi, in tal modo, l'arresto facoltativo in flagranza. Viene escluso che possa configurarsi il fatto di lieve entità in tutti i casi in cui la sostanza stupefacente sia ceduta o, comunque, venga destinata da persona maggiorenne a persona minorenne. Si stabilisce che può costituire illecito amministrativo la detenzione di prodotto derivante dalla coltivazione domestica di oltre quattro piante qualora si accerti che sia per uso esclusivamente personale.

Come ho detto, il testo di legge oggi in esame vuole anche sostenere con forza il diritto alla cura e, con ciò, supportare i malati, mettendoli nella condizione di avere un approvvigionamento autonomo e far sì che per il futuro il loro legittimo esercizio del diritto non debba essere accertato da un giudice penale dopo lunghi e umilianti processi.

Ci tengo poi a sottolineare, ancora una volta, l'impatto positivo in termini di lotta alla criminalità e di minor pressione sul sistema della giustizia che deriverà dalla decriminalizzazione della coltivazione domestica per uso personale. Questa normativa consentirà di sottrarre una rilevante fetta di mercato alle mafie, con un giro d'affari, per la sola cannabis, che ad oggi ammonta ad oltre 6,3 miliardi di euro all'anno, pari al 39 per cento del volume d'affari totale illecito, secondo quanto dicono i dati contenuti nella relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia. Al tempo stesso, comporterà notevoli risparmi per lo Stato, pari a circa 600 milioni l'anno, per spese per Forze di Polizia, processi e spese carcerarie, risorse che ben potranno essere investite per contrastare la vera criminalità legata al traffico degli stupefacenti.

Vale la pena ricordare, in tal senso, non solo le conclusioni della VI Conferenza nazionale sulle dipendenze, svoltasi lo scorso novembre a Genova, dopo ben dodici anni, grazie all'impegno profuso dalla nostra Ministra Fabiana Dadone, ma anche le indicazioni più volte espresse di recente dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Cafiero de Raho e, prima di lui, da Franco Roberti. Anche la Suprema Corte, nella già ricordata sentenza n. 20238 del maggio scorso, ha avuto modo di osservare che dal punto di vista meramente economico la produzione di un bene per il suo esclusivo autoconsumo è fattore che, lungi dall'incrementare la vivacità di un mercato, tende invece a deprimerlo.

Dicevo che ci sarà certamente la riduzione dei procedimenti amministrativi e penali, evitando attività inutili all'autorità giudiziaria e alle Forze di Polizia. A questo proposito ricordo, solo per dare un'idea del carico di lavoro per le sole sanzioni amministrative, che sono ogni anno tra i 30 e i 40 mila i consumatori segnalati alle prefetture. Sono stati 31.016 per tutto l'arco del 2020 e fino al 15 marzo 2021 e dal 1990 le segnalazioni sono state più di un milione e 300 mila.

Signor Presidente, per i dati tecnici più approfonditi e per l'iter che ha seguito il provvedimento in Commissione mi rimetto alla relazione che, con il suo permesso, vado a depositare.

PRESIDENTE. Quindi, è autorizzata la pubblicazione della relazione in calce al resoconto della seduta odierna.

Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia a intervenire.

È iscritto a parlare il deputato Michele Sodano. Ne ha facoltà.

MICHELE SODANO (MISTO). Grazie, Presidente. Da parlamentare indipendente, purtroppo, ho solamente tre minuti per discutere di questo provvedimento ed è un peccato perché, per esempio, vorrei esporre quella visione che magari oggi non appartiene ad alcun partito politico. Questa legge è fondamentale per l'autocoltivazione, ma è chiaro che dobbiamo guardare anche oltre, al libero mercato della cannabis. Io ho depositato un testo di legge, un manifesto collettivo che andava proprio in quella direzione.

In questo poco tempo, prima di tutto, voglio fare una cosa che non ha fatto mai nessuno, ossia ringraziare e salutare gli otto milioni di cittadini italiani che ci hanno chiesto, dopo tanti anni, di fare qualcosa sulla cannabis. Abbiamo fatto un tentativo coraggioso, che è stato quello di raccogliere le firme, ben 600 mila in pochi giorni; speravamo di potere votare con l'istituto principe della democrazia, il referendum, ma ci è stato impedito. Allora, questa Camera deve assolutamente approvare almeno questo testo il prima possibile; le forze progressiste non possono scherzare, devono andare dritte, forti, convinte e non finisce qui, perché non scordiamoci naturalmente che dovremo passare, una volta approvato, al Senato, dove l'iter ricomincerà; c'è poco tempo, quindi, la politica deve essere pienamente convinta e determinata nel portare avanti questo testo di legge. Sono qui per ascoltare le opposizioni, perché vorrei che si facesse un discorso non polarizzato, vorrei che si trovasse un punto di caduta, perché una cosa diciamola subito, per allargare un po' il dibattito e fare in modo che non rimanga sempre una cosa un po' nazionale, stanno regolamentando la cannabis in tutto il mondo, dalla Tailandia al Messico, da Malta al Lussemburgo e, quindi, oggi, le evidenze scientifiche, le evidenze sul piano economico e sociale ci portano tutte a dire che, in alcun modo, chiaramente, noi dobbiamo incoraggiare l'uso della cannabis, non è questo il punto, anche se spesso vedo molti politici che magari incoraggiano, per esempio, l'uso dell'alcol che è una sostanza che anche l'Organizzazione mondiale della sanità ha definito più pericolosa della cannabis, ma dobbiamo regolamentare questo settore, dobbiamo permettere ai milioni di cittadini italiani che la consumano di non essere trattati come dei criminali dal nostro Paese; oggi c'è la sospensione della patente per la coltivazione, oggi si può anche ricevere una pena di sei anni. Dobbiamo, quindi, in questo senso, poter procedere per dare una sicurezza ai cittadini italiani, nella loro rappresentanza e poi, ovviamente, si apre tutto il capitolo del libero mercato, del cercare, come hanno fatto tanti altri Paesi del mondo, di generare anche un gettito, argomento che purtroppo non è presente nella legge che stiamo discutendo oggi. Tuttavia, mi permetto di dire che è un punto assolutamente fondamentale.

PRESIDENTE. Concluda.

MICHELE SODANO (MISTO). Ho poco tempo, lo so, dico subito che è ovvio che, in questi quattro anni di Parlamento, ho provato in tutti i modi a far andare avanti questo discorso, a condividere con voi cosa significherebbe per l'Italia regolamentare la cannabis: significherebbe dare un pugno alle mafie, un colpo serrato alle mafie, significherebbe avere un gettito importante di nuovo fisco, di lavoro, nel nostro Paese, di tante persone che potrebbero coltivare la terra, significherebbe anche svuotare le carceri e, così, velocizzare un po' il nostro sistema giuridico. Tuttavia, mi rendo conto che ci sono le opposizioni e questo lo voglio dire subito, è chiaro che oggi da una parte sicuramente - mi assumo la responsabilità di ciò che dico - le multinazionali del tabacco, le multinazionali dell'alcol e le Big Pharma stanno remando contro questo tipo di regolamentazione, perché hanno un pieno conflitto di interessi, così come le mafie, il nostro purtroppo è un Paese ad alta infiltrazione mafiosa e noi dobbiamo assolutamente colpire la mafia anche lì, nella regolamentazione della cannabis. Non voglio assolutamente credere che in questo Parlamento queste forze possano condizionare il nostro futuro. Stanno regolamentando la cannabis in ogni Paese del mondo. Vi prego di ascoltare quella che è l'istanza dei cittadini, l'istanza della scienza e di portare a termine questo percorso, non solo qui alla Camera…

PRESIDENTE. Deve concludere.

MICHELE SODANO (MISTO). Chiudo, Presidente Fico. Soprattutto, vi prego di spingere perché venga calendarizzato al Senato lo stesso disegno di legge, perché non possiamo aspettare un'altra legislatura, non possiamo aspettare che su questo tema si faccia altra campagna elettorale e propaganda. La Nazione ha bisogno di risposte adesso.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). La ringrazio, Presidente. Come è stato detto, effettivamente è una giornata storica oggi perché c'è la possibilità di discutere in Aula, a Montecitorio, di un grande fenomeno sociale che riguarda milioni di consumatori - sono stimati, direi, sottostimati, nel nostro Paese, 6 milioni di consumatori – e un mercato illegale che viene stimato complessivamente, relativamente alle sostanze stupefacenti, in 16,2 miliardi di euro, questo ci dice l'ultima relazione al Parlamento sugli stupefacenti e di questo mercato una percentuale di circa il 40 per cento riguarda la cannabis. Qui, sfatiamo già una prima bufala quando si dice che, in realtà, la cannabis riguarda una percentuale minima del mercato degli stupefacenti e, quindi, del mercato che è completamente in mano alle organizzazioni criminali: il 40 per cento che corrisponde a circa 6,3 miliardi. Tuttavia, questo grande fenomeno sociale viene di solito affrontato rimuovendolo dal dibattito pubblico e dando, quindi, per scontato un approccio che è al contempo un approccio etico; e dicendo un approccio etico non voglio dire qualcosa che lo sminuisca, è importante ovviamente l'etica nella valutazione di tutti i fenomeni, purché non si rimuovano completamente i dati di fatto, i dati che misurano gli effetti delle politiche che nel nostro Paese oggi sono unicamente repressive. Questo ha portato il nostro Paese ad essere, in Europa, tra quelli che hanno la normativa più repressiva rispetto al fenomeno degli stupefacenti e, quindi, anche della cannabis, senza ottenere risultati o, meglio, guardando che al contempo le carceri, come è stato detto, si riempiono, i tribunali si intasano, migliaia e migliaia di uomini delle Forze dell'ordine vengono impiegate in operazioni di polizia completamente inutili, perché? Non perché lo diciamo noi e ne abbiamo una percezione, ma perché la circolazione e il consumo delle sostanze stupefacenti continuano ad aumentare in maniera esponenziale; cioè, nei decenni sono aumentati molto di più rispetto al ritmo dell'aumento della popolazione nel mondo. Allora, questo ci deve portare a fare considerazioni che, per fortuna, per noi legislatori, possono non essere unicamente basate sui nostri desiderata, sulle nostre volontà, sul nostro approccio ideologico, sui nostri pregiudizi o sulle convinzioni che in buona fede abbiamo. Possono essere basate sulle esperienze di altri Paesi così, ad esempio, se ci fosse qualcuno che nel dibattito pubblico affrontasse il tema, penso ad esempio al dibattito televisivo - quando riusciamo ad assistere a un dibattito televisivo in prima serata basato sui dati, sul fenomeno delle politiche sulle droghe, magari portando quello che accade negli altri Paesi, in più della metà degli Stati degli Stati Uniti, nei quali si è arrivati per via referendaria o per via parlamentare a riforme di legalizzazione della cannabis e dei suoi derivati, oppure in Canada, oppure a Malta, oppure negli altri Paesi che sono stati citati dai colleghi prima - noteremmo che in quei Paesi non è accaduto nulla di ciò che il fronte proibizionista paventa e con il quale vuole spaventare i cittadini. Non sono aumentati i consumi, c'è stata una riduzione dei fatti di criminalità e microcriminalità legati allo spaccio, c'è stata una sostituzione di un mercato legale al mercato illegale, c'è stato, quindi, attraverso questa regolamentazione delle sostanze, un beneficio per la salute dei cittadini, c'è stata un'efficacia maggiore nel combattere la criminalità che ha come prima fonte di provento esattamente il mercato degli stupefacenti. Allora, resterebbero veramente pochi argomenti, lo ripeto, resterebbero veramente pochi argomenti se non quelli dell'ideologia, se non quelli del pregiudizio, se non quelli della volontà di non far vivere, anche all'interno di questo Parlamento, la democrazia che noi vogliamo che viva, quella democrazia che ha spinto in poche settimane, in dieci giorni, più di 600 mila cittadini a chiedere che ci fosse una riforma di legalizzazione della cannabis. Ora, noi che cosa facciamo?

Concludo, Presidente, nel poco tempo che ho a disposizione. Vorrei aggiungere moltissime cose e spero che ne avremo modo durante la discussione. Cosa facciamo? Facciamo qualcosa di piccolo, non quella riforma strutturale, quella riforma delle politiche sulle droghe che vorremmo. Ma cominciamo ad associare nel nostro Paese l'espressione “è lecita” all'espressione “cannabis”; cioè, facciamo qualcosa che rompe un muro psicologico e anche culturale e anche giuridico e politico. La smettiamo di criminalizzare milioni di persone che nel nostro Paese non compiono delitti contro nessuno! A nessuno in quest'Aula verrebbe in mente di criminalizzare chi semplicemente esercita la facoltà di assumere una sostanza che ha degli effetti come ce li hanno tante altre sostanze, come ce l'ha l'alcol, come ce l'hanno molte sostanze che sono del tutto legali e rispetto alle quali bisogna diffondere un uso responsabile, libero perché responsabile. Ma vietare non è mai stata una soluzione.

Mi lasci dire - e concludo davvero, Presidente - che solo un rischio noi abbiamo davanti a questo punto: davanti al Paese, in questo momento, su alcuni canali social, ci sono migliaia di persone che stanno seguendo questa discussione, perché sono interessati a che il nostro Paese faccia un passo avanti. Il rischio è che dopo questa discussione generale, questo provvedimento sparisca dall'agenda, sparisca dal calendario dei lavori parlamentari. Questo rischio dobbiamo sventarlo tutti insieme. Dobbiamo assumerci la responsabilità, tutte le forze riformatrici e le forze progressiste che sono in questo Parlamento, di portare fino in fondo la discussione, fino al voto finale. Lo dobbiamo alla centralità del Parlamento, alla democrazia e anche a quel referendum che la Corte costituzionale ha impedito che si tenesse (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Grazie, Presidente. Oggi è un pomeriggio d'estate del 29 giugno, l'Italia è nella morsa di una crisi economica molto pesante, c'è una crisi energetica, c'è il caro bollette, c'è il costo smisurato dei carburanti, c'è la carenza di materie prime, comprese quelle della produzione agricola. E in tutto questo scenario, quali sono le priorità di questa maggioranza parlamentare? Dedicare tempo e lavori di quest'Aula, oggi, alla cittadinanza facile con lo ius scholae e all'incentivo all'uso delle droghe leggere con la proposta di oggi. Se, come risulta dalla scienza e dalla psicologia, l'uso della cannabis ha tra gli effetti, come sostanza psicotropa, anche quello dell'astrazione dalla realtà, credo che in questo caso chi ha in mente queste priorità per l'Italia oggi, probabilmente ha già dei fenomeni di alterazione della percezione della realtà, senza neanche bisogno di dover produrre e assumere sostanze stupefacenti. Io sono francamente basito che si dedichi attenzione con questo accanimento a questo tema, quando oggi la realtà e l'agenda quotidiana degli italiani sono concentrate su ben altre emergenze e su ben altre priorità.

Venendo al merito, il testo unificato proposto ed imposto all'agenda di oggi è finalizzato alla modifica del testo unico sulle sostanze stupefacenti in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati. In sostanza, il testo unificato in esame è finalizzato ad affermare la liceità della coltivazione e detenzione per uso personale di non oltre quattro piantine femmine di cannabis. Addirittura, inizialmente, si pensava anche che non costituisse più illecito amministrativo sulle sanzioni amministrative accessorie e solo grazie a Fratelli d'Italia e al centrodestra si è stralciata questa parte. Si vuole, in sostanza, introdurre una disciplina autonoma sulla produzione, l'acquisto e la cessione di illeciti di lieve entità di sostanze stupefacenti, con una serie di indici sull'uso personale che consentano l'applicazione di sanzioni amministrative in luogo delle sanzioni penali.

Come sappiamo, attualmente l'impianto normativo in materia di stupefacenti, a seguito anche di numerose modifiche normative e dell'intervento di diverse sentenze della Corte costituzionale, oggi porta ad un quadro che è abbastanza chiaro: si è puniti con la reclusione da 6 a 20 anni e con multa da 25 mila a 258 mila euro, quando vi sono condotte illecite che riguardano droghe pesanti; con la reclusione da 8 a 22 anni, quando il traffico illecito di droghe pesanti sia effettuato da un soggetto autorizzato; con la reclusione da 2 a 6 anni e multa da 5 mila a 77 mila euro, quando le condotte illecite riguardano le cosiddette droghe leggere; con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e multa da 1.032 a 10.329 euro, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, quando le condotte di produzione, traffico, detenzione per i mezzi, le modalità e le circostanze dell'azione, o per la qualità e quantità delle sostanze, siano di lieve entità. Questo è il quadro normativo attuale che, per quanto ci riguarda, riteniamo sia corretto ed efficace.

Nella proposta in esame oggi, nel testo unificato, si propone in sostanza, tra le altre cose, di abrogare i commi quinto, quinto-bis e quinto-ter dell'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti. L'abrogazione del comma quinto prevedrebbe la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da 1.032 a 10.329 euro, quando le condotte siano di lieve entità. Si vuole, sostanzialmente, depenalizzare e rendere lecita la produzione, la detenzione e l'uso personale della cosiddetta lieve entità per determinate sostanze. Noi riteniamo che questa proposta, questa modifica, sia uno strumento, e anche un incentivo, per indurre implicitamente, con la legalizzazione della detenzione, produzione e uso personale delle sostanze, ad una più facile diffusione e utilizzo, da parte della cittadinanza, di queste sostanze.

Noi riteniamo, da questo punto di vista, che questa proposta sarebbe pericolosa, fortemente diseducativa e potrebbe portare a delle conseguenze molto pericolose nella nostra popolazione, sui più giovani e non solo. È un dato di fatto oggettivo che le droghe leggere, l'uso delle cosiddette droghe leggere sia il primo step per qualunque utilizzatore, per arrivare poi ad utilizzare droghe più pesanti, ancora più devastanti e pericolose. E se è vero che non tutti coloro che usano droghe leggere poi finiscono per utilizzare le droghe pesanti, è comunque altrettanto vero che l'inizio con l'utilizzo di droghe leggere può portare poi a un'escalation, che va a sperimentare e a consumare, in modo poi continuativo con dipendenza, droghe pesanti, la cui pericolosità è ancora maggiore delle droghe leggere.

E ancora, è un dato di fatto oggettivo e confermato dalla scienza che anche l'uso di sostanze psicotrope cosiddette leggere provochi comunque dei gravi danni alla salute, provochi dipendenza fisica e psicologica, pari e superiore su alcuni elementi all'utilizzo del fumo, delle sigarette normali o dell'alcol, e quindi si tratta di sostanze che fanno male alla salute, non di sostanze che fanno stare bene le persone. Quindi, questi due motivi, quello di non incentivare la cittadinanza all'uso delle droghe leggere, che in quanto tali comunque sono nocive, e ancor più di incentivare i giovani, attraverso il primo step delle droghe leggere, ad arrivare poi all'utilizzo di sostanze psicotrope ancora più pericolose, credo che siano due motivi oggettivi per giustificare una soglia di attenzione molto alta. Tutti gli esempi spesso citati, penso ad esempio al modello olandese, di legalizzazioni esagerate ed esasperate delle droghe leggere hanno portato a una diffusione molto maggiore, con conseguenze sociali, economiche e di disagio molto, molto gravi, e non hanno al contempo fermato e impedito i fenomeni di criminalità.

Siamo, quindi, contrari per quanto ci riguarda, sia per il principio, sia per gli effetti concreti, ad aprire le porte e a dare il “la” a una depenalizzazione e a una legalizzazione di fatto delle droghe leggere, che è figlia di una ideologia cosiddetta antiproibizionista, che di fatto è semplicemente connessa alla cultura della morte, alla cultura dello sballo, alla cultura della diffusione della droga e di tutto il modello sociale comportamentale ad essa connesso.

Noi riteniamo che lo Stato non debba incentivare, ma mantenere invece una soglia di attenzione molto alta e non debba, inoltre, abbassare questa soglia dell'attenzione nemmeno nei confronti delle cosiddette droghe leggere. Fra l'altro, per come sono costruite le proposte e le norme - penso ad esempio alla modalità di detenzione e coltivazione per uso personale di non oltre quattro piantine femmine di cannabis, in quanto le piantine femmine hanno una percentuale di sostanza stupefacente molto più alta rispetto alle piantine maschili - tutta la gestione della coltivazione di queste piante sarebbe di difficile individuazione, identificazione, monitoraggio e controllo da parte delle Forze dell'ordine. Sarebbe abbastanza facile diversificare la distribuzione del numero di piantine minime e massime consentite tra diversi familiari, mischiando quelle maschili o femminili con quelle non ancora mature per la produzione della sostanza, ma in uno stadio ancora iniziale della produzione. Sostanzialmente ci sarebbe la possibilità, con infinità di escamotage, di incentivare una produzione molto più intensa e numerosa rispetto alle quattro piantine, considerate da questa proposta di legge, che fa un po' la sintesi tra diverse sentenze della Cassazione rispetto a quello che, secondo i proponenti, potrebbe essere un numero consentito.

Come dicevo prima, la proposta intendeva addirittura abolire e abrogare le sanzioni amministrative connesse, come ad esempio quelle legate al ritiro e alla sospensione della patente e dei documenti per l'espatrio, che generalmente sono irrogate dal prefetto in caso di reiterazione. Grazie a Dio, siamo riusciti quantomeno a stralciare questa parte che sembrava un “liberi tutti” a fare qualsiasi cosa, nella impunità totale senza alcuna cura delle conseguenze, soprattutto per i nostri giovani e per le persone più a disagio che non hanno gli strumenti per fare un uso, secondo qualcuno, responsabile e controllato di queste sostanze.

C'è poi un'altra norma proposta, che sembra una presa in giro, che è l'istituzione della Giornata nazionale sui danni derivanti dalle dipendenze, ovvero con un articolo depenalizzi e abroghi le norme che puniscono la produzione, la detenzione e il consumo di sostanze stupefacenti, invitando, quindi, le persone a consumarle più facilmente, e con la norma successiva vai a istituire una giornata per informare sui danni derivati dalle dipendenze che stai incentivando con la stessa legge. È un cortocircuito anche questo, una contraddizione assolutamente demenziale, che riteniamo non possa essere approvata e consentita. Quindi, Presidente, per non dilungarmi in questa sede, auspico, a differenza di altri, che questo provvedimento non venga liquidato velocemente a ranghi serrati, ma venga approfondito con calma in quest'Aula ancora a lungo, per evitare di approvare in fretta un provvedimento fatto male e pericoloso.

Noi riteniamo che non si possa approvare questo testo così com'è. Riteniamo che non si possano in alcun modo approvare norme che incentivino la detenzione e l'uso di sostanze psicotrope che deresponsabilizzino la cittadinanza sulla gravità dell'utilizzo di queste sostanze, che diano, di fatto, un via libera a tutti ad un utilizzo indiscriminato, ben consapevoli - perché lo dice la proposta di legge stessa - che le dipendenze da sostanze psicotrope causano danni gravi alla popolazione e, quindi, non si può sicuramente fare una legge che incentivi l'uso di sostanze che provocano danni alla popolazione. Quindi, Presidente, siamo fortemente contrari e auspichiamo che la maggioranza parlamentare, composta da diverse forze, non tutte figlie di questa cultura della droga libera, rifletta, ragioni e si fermi, finché siamo in tempo, riportando l'agenda dei nostri lavori parlamentari sulle priorità e sulle emergenze vere che oggi stanno a cuore agli italiani, ai nostri giovani, alle famiglie e alle imprese, non continuando ad inseguire realtà parallele, come lo ius soli, come lo ius scholae, come la liberalizzazione delle droghe leggere e come il disegno di legge Zan, che non rappresentano in questo momento un'esigenza, un'emergenza e una priorità per il nostro Paese. Non possiamo sprecare il poco tempo che abbiamo a disposizione in questa legislatura per favorire la droga libera, quando invece dobbiamo mettere in sicurezza i bisogni fondamentali dei cittadini della nostra Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Conte. Ne ha facoltà.

FEDERICO CONTE (LEU). Grazie, Presidente. Il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere è datato, vecchio, va avanti da cinquant'anni e, purtroppo, si è sviluppato su uno schema di radicalizzazione di argomentazioni. In particolare, hanno polarizzato l'attenzione la spinta verso la liberalizzazione, da un lato, e il proibizionismo, dall'altro. Questa radicalizzazione ha impedito di cogliere aspetti, sviluppi e articolazioni di un fenomeno di dimensioni sociali molto significativo che meritava di essere guardato, trattato da diverse angolature, le quali avrebbero potuto favorire una visione più laica del problema e l'idea che la forma più qualificata e stabile di controllo si possa trovare addirittura nell'autoregolamentazione nell'uso della cannabis.

Non è una tesi originale né di parte, ma è quanto ci viene rassegnato dal progetto New approaches in harm reduction policies and practices, che è stato favorito dall'Unione europea e coordinato dal Forum droghe. Che cosa ci dice questo studio? Ci dice che lo schema non deve essere svolto tra affermazione e negazione, tra liberalizzazione e proibizionismo, ma tra uso e abuso delle sostanze. Si tratta delle sostanze in generali e, evidentemente, è un ragionamento che non riguarda soltanto la cannabis o le altre droghe leggere, ma riguarda, ad esempio, anche l'alcol. Su questo segnalo che il dibattito è spesso stato caratterizzato da un uso semantico improprio di alcuni termini. Ad esempio, la parola “stupefacente”, che si ritiene impropriamente avere un valore scientifico, ha un valore politico, perché lo stupefacente è la sostanza che determina lo stupor, ossia quella condizione di assopimento e d'incapacità di reazione, determinata dagli oppiacei, ma anche appunto dall'alcol, che però è una sostanza legale, determinata dai barbiturici, e non invece dalla cocaina, che pure viene ritenuta uno stupefacente. Così pure il termine “droghe” non è di rilevanza scientifica, perché lo erano le spezie e lo sono i medicinali (“drug” significa farmaco nella lingua anglosassone), mentre noi identifichiamo il comparto degli stupefacenti in generale. Questo studio, promosso dall'Unione europea e coordinato dal Forum droghe, smentisce anche un po' di luoghi comuni, che ho sentito adesso dal collega di Fratelli d'Italia rievocare, ovvero il fatto che sia inevitabile e necessitata un'escalation dell'uso delle droghe pesanti per chi ha iniziato ad utilizzare le droghe leggere. Ciò appartiene sempre all'idea che non vi sia la possibilità di autocontrollo nell'uso di queste sostanze. Questo studio ci dice soprattutto che è un grave errore sociale il proibizionismo immotivato e socialmente non sensibile a fenomeni di larga dimensione quantitativa, perché determina un effetto di criminalizzazione e di patologizzazione del consumatore.

Il consumatore più a rischio è quello che per procurarsi la droga leggera è costretto ad avere a che fare con un pusher che, prima o poi, gli proporrà anche la droga pesante. Non corre lo stesso rischio, perché non riceve la stessa offerta, il consumatore che può accedere alla droga leggera in un rito di consumo che, essendo sociale, è di per sé sotto controllo in maniera più ordinaria, fisiologica. E qui viene incontro l'esperienza dei cannabis social club, che sono luoghi dove si fa uso di cannabinoidi per finalità ricreative, un'esperienza molto diffusa, come sappiamo, nei Paesi Bassi, ma anche in Spagna, a Barcellona, e che ha trovato molta diffusione a Malta, dove è stata legalizzata la droga leggera e dove è stato inaugurato il principio quantitativo che, con questa PdL proviamo a mutuare, cioè quello delle 4 piantine come limite di piantine coltivabili in maniera penalmente non rilevante.

C'è anche qui da recuperare un'esperienza estera che smentisce il luogo comune dell'aumento del consumo ed è quella canadese, con riferimento alla quale sappiamo che le droghe leggere sono state legalizzate. Dopo un piccolo balzo in avanti, tra il 2019 e il 2020, infatti, le persone che hanno fatto uso di cannabis almeno una volta si sono ridotte dal 27 al 25 per cento nell'anno successivo, e questo è avvenuto - ed è un dato di particolare rilevanza - soprattutto tra i minorenni, tra i 16 e i 19 anni. La quota dei consumatori è scesa dal 44 al 37 per cento, e quindi il consumo è tornato a livelli più bassi di quelli precedenti alla legalizzazione della cannabis, con il dato, inoltre, che l'approvvigionamento legale è salito, in un solo anno, dal 43 per cento al 72 per cento. Sono questi dati molto significativi che ci possono consentire di fare chiarezza nella discussione, troppo condizionata, dicevo, anche da appartenenze politiche e da schieramenti di posizione.

Questo vale anche per un altro frammento di discussione che, a tratti, è sembrato assorbirla tutta, ossia quello riguardante l'uso terapeutico della cannabis. Sappiamo che vi è un uso terapeutico dei cannabinoidi, vi sono fatti, episodi e casi di particolare rilevanza; tutti ricorderanno la vicenda del signor Walter De Benedetto, affetto da artrite reumatoide, che si curava facendo ricorso alla cannabis, procurandosela oltre le sue possibilità di farlo legalmente, anche per vie illegali; è stato processato ed è stato assolto proprio perché si è dimostrato, in maniera in quel caso drammatica e poi tragica, perché ha perso la vita, che ne facesse solo uso personale. Bene, anche l'uso terapeutico è uno spunto di riflessione. Nei Paesi Bassi la cannabis viene venduta da un bureau nazionale a cinque società farmaceutiche che sono state selezionate con una procedura di evidenza pubblica, che la distribuiscono alle ASL, dove è possibile attingere a questa risorsa curativa. In Italia il meccanismo è molto più ridotto: della produzione della cannabis per finalità terapeutiche si occupa soltanto uno stabilimento a Firenze, sotto il controllo del Ministero della Difesa, che riesce a fornire al Paese un numero molto ridotto di prodotto rispetto al fabbisogno.

Rispetto al fenomeno legale o, se vogliamo, criminale dell'uso delle droghe leggere, che cosa potrebbe aiutarci a capire quello che è successo nel Paese? Segnalare le sentenze che nei decenni hanno fatto stato sulla materia. La prima è la n. 360 del 1995 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione: l'uso di sostanze stupefacenti, anche cosiddette leggere, è reato di pericolo presunto, cioè è reato e basta, a prescindere dal riscontro di una effettiva capacità lesiva dello stupefacente di cui si tratta. Un principio assoluto che la giurisprudenza penalistica, ispirata al principio di offensività, ossia al fatto che una condotta debba mettere a repentaglio il bene giuridico tutelato, in questo caso la salute, ha portato poi a un ravvedimento della giurisprudenza che, tredici anni dopo, ribalta il suo orientamento e, con la sentenza a Sezioni Unite del 2008, n. 28605, dice sì, sono punite le condotte che si riferiscono alla droga leggera, tutte, però, attenzione, il giudice in concreto deve verificare se quel quantitativo di droga contenga una quantità di principio attivo tale da offendere il bene giuridico tutelato, cioè da mettere in pericolo in concreto la salute.

Chi, come me, fa l'avvocato da un po' di tempo ricorda molti processi in cui lo stupefacente sequestrato veniva sottoposto a una perizia per verificare il principio attivo. Anche questa posizione della giurisprudenza è stata soggetta alla revisione, fisiologicamente critica, del tempo, ma soprattutto determinata dai continui e successivi arresti scientifici sulla materia. E arriviamo rapidamente alla sentenza a Sezioni Unite n. 12346 del 2019 che afferma, riprendendo la primigenia giurisprudenza: è evidentemente reato porre in essere una delle condotte contemplate dal testo unico sugli stupefacenti per il solo fatto che si tratta di una pianta riconducibile al tipo botanico individuato, a prescindere dal principio attivo che contiene, perché anche un principio attivo basso può potenzialmente mettere a rischio il bene della salute, però, attenzione, dice la Cassazione, dobbiamo prendere atto della realtà che ci dice che vi sono coltivazioni di minime dimensioni, svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore.

Questa sentenza a Sezioni Unite scrimina, quindi, la coltivazione e l'uso personale di una modestissima quantità di prodotto in un contesto così come l'ho descritto, e apre un nuovo scenario giurisprudenziale, detta i principi, detta il quadro di riferimento; non detta, però, le norme precettive specifiche, tant'è che la giurisprudenza, dopo questa sentenza a Sezioni Unite, oscilla subito. Quindi abbiamo che, nel 2020 e nel 2021, due diverse sezioni della Corte di cassazione considerano, rispettivamente, di lieve entità, quindi non rilevante penalmente, e non di lieve entità, quindi rilevante penalmente, la coltivazione nello stesso appartamento, sullo stesso balconcino, di 11 piantine di cannabis. Qui si apre la fase che ci vede direttamente interessati, perché non vorrei né mortificare l'enfasi di chi accompagna questo provvedimento, rivendicando la vittoria di una battaglia storica, né deludere gli oppositori che, sulla stessa lunghezza d'onda, provano di nuovo a radicalizzare la contestazione e a paventare il rischio catastrofico che il Paese sta correndo, ma questa norma di legge, che proviamo ad approvare, non fa altro che riportare sul piano legislativo, come spesso avviene, un arresto giurisprudenziale qualificato, strutturato e ormai stratificatosi nella giurisprudenza.

Infatti, non ci occupiamo di liberalizzazioni, perché non interveniamo sul mercato, non ci occupiamo di cannabis con finalità curativa, perché non c'è alcun articolo di questa legge che si inserisce in quel contesto; semplicemente diciamo, mettendolo per iscritto nel testo unico sugli stupefacenti, all'articolo 26, che quella lieve entità, che la giurisprudenza ha individuato, secondo noi è relativa a 4 piantine, così come ha fatto prima di noi la piccola Malta. Coltivare con le caratteristiche rudimentali che definiamo domestiche 4 piantine per uso personale, lo scriviamo nella legge, come ci ha indicato la Cassazione, non è più penalmente rilevante e non integra nemmeno il caso di un illecito amministrativo. Oltre a questa statuizione, nella legge troviamo interventi che stravolgono il quadro giuridico di riferimento? La risposta è “no”, perché non ci sono, come pure viene falsamente paventato dall'opposizione di destra, riduzioni di pena, e anzi, qualche aumento, seppur lieve, di pena è stato previsto per le condotte di quelli che, avendo avuto un'autorizzazione dello Stato, violano il regolamento a cui si sono sottoposti per la produzione di sostanze cannabinoidi.

Si alzano alcune pene che riguardano le droghe pesanti e l'attività associativa. Sul piano strettamente giuridico, più tecnico, e quindi forse meno appassionante dal punto di vista del dibattito politico, la cosa più qualificata che abbiamo provato a fare è trasformare quella che era un'attenuante, l'attenuante della lieve entità, in una fattispecie autonoma.

Il famoso quinto comma dell'articolo 73 consentiva ai giudici, che sono stati chiamati dalla “Fini-Giovanardi” a considerare sullo stesso piano - una scelta politicamente impropria e giuridicamente improvvida - le droghe leggere e le droghe pesanti, di modulare, con minore gravità o maggiore gravità, condotte che invece apparivano più lievi.

Anziché lasciarla in quel contesto, questa attenuante l'abbiamo trasformata in una fattispecie autonoma e abbiamo voluto precisare che una cosa è la lieve entità per la cocaina o l'eroina e altra cosa è la lieve entità per la cannabis, ciò perché è più corretto che lo schema edittale previsto, tra 6 mesi e 4 anni, resti soltanto per le droghe cosiddette pesanti e che, invece, per le droghe leggere un fatto, pure penalmente rilevante – quindi, siamo fuori dal perimetro che ci siamo incaricati di affidare a questo provvedimento di legge -, possa essere sanzionato con una pena tra 2 mesi e 2 anni e che questa pena possa essere poi scontata, se accertata, con forme di lavoro di pubblica utilità collegate e condizionate a programmi terapeutici di recupero.

Si tratta, quindi, di poche e opportune previsioni di accompagnamento di corollario a una scelta legislativa che viene dall'indicazione giurisprudenziale e che, dal punto di vista politico, credo che, più correttamente, debba essere qualificato come il primo passo verso una riflessione più meditata, più scientificamente strutturata e più equilibrata sull'uso delle droghe leggere nel nostro ordinamento (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Grazie, Presidente. Intervenire su questo provvedimento è sempre interessante, per il semplice fatto che molte cose sono state dette, ma alcune non sono state dette, addirittura in istruttoria. Quindi oserei chiedere al relatore di riportare il provvedimento in Commissione, per affrontare un tema che non mi pare essere stato minimamente toccato, ossia la questione della percentuale di THC presente nella cannabis geneticamente modificata. Il legislatore, cioè noi, avremmo individuato - noi chiaramente saremmo contro - individuato in quattro piante femmina il quantitativo massimo coltivabile dal privato cittadino, senza incorrere in alcuna sanzione. Ma una pianta di marijuana per chi, come me, ci ha avuto a che fare - non come consumatore, ma come difensore - se coltivata male, può produrre quasi zero di principio attivo, quindi ancorare la norma solo al numero di piante femmina è un non senso dal punto di vista scientifico, perché quel che conta non è il numero di piante, ma il principio attivo. Ora, sappiamo tutti - chi ha studiato la materia, naturalmente - che la cannabis geneticamente modificata ha una capacità produttiva di THC da 10 a 15 volte superiore; tradotto in termini pratici, quattro piante naturali producono “x”, quattro piante geneticamente modificate possono produrre l'equivalente di 40 o 60 piante normali, diciamo così, naturali. Quindi, se il legislatore ha messo questo limite qual è la sua ratio? Far sì che uno produca un principio attivo necessario e sufficiente al consumo personale, ma non ad un utilizzo diverso. Se noi, però, non distinguiamo, ad esempio, tra cannabis naturale e cannabis geneticamente modificata, noi consentiamo a un signore che sia creativo - e ve ne saranno - di coltivare quattro piantine che varranno per 40 o 60; questo è un problema che, collega Perantoni, non mi pare sia stato minimamente affrontato nell'analisi della Commissione. Quindi, credo che sarebbe anche opportuno addirittura far tornare il provvedimento in istruttoria.

Aggiungo che noi, come Lega, abbiamo presentato tre o quattro emendamenti che verranno discussi proprio per far sì che sia sancito quanto meno il divieto assoluto di coltivazione di cannabis geneticamente modificata, perché quella è la nuova frontiera. Stiamo facendo una battaglia di retroguardia; parliamo di cannabis che non c'è più da vent'anni sul mercato illegale; solo lo scorso anno, in Sardegna - il presidente Perantoni lo sa bene, perché è sardo - è stato effettuato un sequestro di un ingentissimo quantitativo di piante geneticamente modificate, 8.860, e 350 chili di marijuana già tagliata. Ora, qualcuno dice che la battaglia contro la cannabis è di retroguardia, perché chi si batte contro la diffusione delle droghe sarebbe un retrogrado, dal momento che non si può impedire una cosa che già avviene nella società. Se usiamo questo ragionamento per mille altre cose dovremmo applicarlo anche ad altre fattispecie.

Ad esempio, siccome già esistono le rapine, togliamo anche le pene per le rapine, perché esistono già nella società. È chiaro che una società che vuole ridurre il tasso di diffusione di una cosa negativa, oggettivamente negativa, come lo è anche l'alcol, sia chiaro, e come è certamente la droga cosiddetta leggera (e poi facciamo attenzione alla cannabis geneticamente modificata, che tanto leggera non è), lo fa; noi vogliamo impedirne la legalizzazione perché, signori, di questo si tratta, è una legalizzazione camuffata. Non si ha il coraggio di dire: noi facciamo la cannabis libera in libero Stato, che poi è il sogno di tanti, da tanto tempo; e allora si dice: ma no, uno la coltiva per sé, uno lo coltiva per curarsi, perché se uno oggi la vuole legalmente, per motivi terapeutici, non la ottiene dal Servizio sanitario nazionale? Qualcuno ha il coraggio di sostenere che se uno ha bisogno della cannabis per motivi sanitari oggi non la trova nei canali legali? Quindi è chiaro che si fa riferimento alla cura, ma, in realtà, si strizza l'occhio all'aspetto ludico e io temo - spero di sbagliare, ma sono certo di non sbagliare - si incrementerà il mercato di tale sostanza. Allora, in vari interventi precedenti ho ascoltato che questo spiazzerà le mafie internazionali; infatti, in questi giorni immagino che i canali di ascolto e la DDA saranno pieni di intercettazioni di gente che dice: accidenti, liberalizzano la cannabis, a Roma, e noi avremo problemi economici. La cannabis legale aumenterà il mercato, questo è un dato oggettivo che risulta, ad esempio, dal World Report dell'ONU, che dice che la percezione di legalità aumenta il desiderio legittimo di provare e, quindi, la diffusione di un mercato che inevitabilmente porterà, poi, molte più persone all'uso di droghe più pesanti, quelle sì ancora più pericolose. Faccio un riferimento, che è venuto fuori anche nei lavori della Commissione. In alcuni Stati degli Stati Uniti è stata liberalizzata. Non la metà più uno degli Stati, collega Magi, ma 9 l'hanno liberalizzata, altri 26 l'hanno depenalizzata, insomma lì ci sono molte sfumature, perché ogni Stato è sovrano e quindi, in certi casi è vietata, ma la sanzione è solo amministrativa, ci sono 100 dollari di multa, in qualche altro Stato ne è consentito l'uso, ma solo se si hanno più di 21 anni. Quindi, parlare di Stati Uniti vuol dire quello che uno vuole affermare, perché tanti Stati hanno appunto legislazioni assolutamente diverse in materia. Detto ciò, è stato portato, in Commissione, l'esempio il Colorado, che 5 anni fa ha legalizzato la produzione e la vendita di cannabis; attenzione, però, non è che lì coltiva il primo che si sveglia la mattina; lì ci sono coltivatori autorizzati. Leggo un dato riportato da il Fatto Quotidiano del 29 ottobre 2019 che dice che i coltivatori sono passati da 192 a 590 – in verità, avevo letto anche gli atti in lingua originale, e la normativa è molto molto rigida al riguardo - e che la legalizzazione ha prodotto tanti posti di lavoro, tanti altri incrementi. Ma c'è un piccolo dettaglio, colleghi: essa ha prodotto anche un aumento di cinque volte delle cure e delle visite psichiatriche e il raddoppio secco degli incidenti mortali in cui sono coinvolti almeno un conducente che fa uso di cannabis. Quindi, se uno ha un'ottica puramente mercantilistica, dirà: che bello, aumentiamo il lavoro, e i ricavi; sì, ma aumentano anche le persone con problemi psichiatrici. Quindi, si vede l'effetto positivo nell'immediato, con un lieve incremento di reddito e certamente di occupazione, ma nel futuro si avranno più persone disabili che in precedenza avevano una proficua attività lavorativa e anche una bella qualità di vita personale, a causa dell'incremento dell'uso di queste sostanze, che forse non fanno così male come qualcuno ipotizza, ma certamente bene non fanno, credo che su questo siamo tutti d'accordo.

Dunque, perché noi siamo contrari? In primo luogo perché la liberalizzazione, come detto, inevitabilmente allarga il mercato; chi, come me, ha avuto a che fare, per ragioni di lavoro, con persone che erano cadute nelle maglie della giustizia a causa della droga, può testimoniare, senza tema di smentita, che non c'è un solo soggetto che è passato alle droghe pesanti che non sia partito prima dalle droghe leggere.

Quindi, se si drogano in 100 in modo leggero, probabilmente, saranno 20 che passeranno alle droghe pesanti, se sono 1.000, saranno 200. Questa è statistica, non è un'opinione più o meno vaga.

Torniamo alle questioni: modificazioni genetiche, abbiamo affrontato questo tema. Noi abbiamo proposto un emendamento, che speriamo che l'Aula accolga, per cui è sempre vietata la coltivazione di piante geneticamente modificate che hanno un altro vantaggio per i produttori e, quindi, anche per i mafiosi, perché non immaginiamo che legalizzare quattro piantine a casa toglierà dal mercato le grandi organizzazioni, che non solo faranno prezzi ancora più bassi, quindi non inciderà per niente sul mercato illegale ma, addirittura, produrranno sostanze migliori dal punto di vista tecnico, perché sono dei professionisti. E, quindi, anche quello che inizialmente pensava “me la produco in casa”, nella stragrande maggioranza dei casi, poi, tornerà a quel mercato illegale che produce migliore qualità, forse, a prezzi anche più bassi.

Si è detto anche che evitiamo molti processi. Vero, certamente: se abolisci il reato di furto, se abolisci la rapina, se abolisci i reati, le carceri si svuotano. Prima il collega, il presidente Perantoni ha ricordato che, su 54 mila detenuti attuali, circa 18 mila sono dentro per droga, il 35 per cento. Vero, ma quelli sono spacciatori, quindi, teoricamente, quel provvedimento che noi andiamo ad approvare non inciderà minimamente su quel numero, a meno che, come certamente avverrà, tutti gli spacciatori che vediamo tutti i giorni avranno a casa il loro bell'orticello e diranno “io sono uno che coltiva, sai, oggi avevo bisogno”, perché diventerà una sorta di alibi generalizzato che renderà ancora più difficile l'accertamento della penale responsabilità di coloro che con questo metodo vivono. Questo è un altro punto.

Un altro dettaglio - leggo sempre da quel Drug Report dell'ONU - dice che, negli ultimi anni, il dibattito sull'uso medico della cannabis e le misure che consentono l'uso non medico della cannabis negli Stati Uniti e altrove hanno portato gli adolescenti a percepire la cannabis come meno dannosa di quanto non la percepissero in precedenza. È difficile determinare quanto questa ridotta percezione della nocività spieghi l'aumento a lungo termine del consumo di cannabis tra adolescenti. È chiaro, tuttavia, che esiste un'associazione tra una minore percezione del rischio e un maggiore uso di cannabis, come osservato negli Stati Uniti, in Europa, in America latina e nei Caraibi. Allora, vediamo, ad esempio, i tedeschi, che sono molto più attenti, visto che, ripeto, questo legislatore sul tema cannabis geneticamente modificata non mi pare abbia minimamente approfondito. In Germania, leggevo che hanno fatto una legge analoga a quella che vogliamo fare noi, ma hanno fissato nello 0,2 per cento la percentuale di THC che è consentita in piante che vengono coltivate. È chiaro che lì c'è un legislatore, forse, un po' più attento o, forse, meno ideologicamente orientato verso un risultato diverso da quello che si dichiara, per cui ha detto “amico, va bene, io ti consento di coltivare le tue belle piantine, 4 in alcuni casi, 5 in un altro, ma devono essere piantine che producono quella tot percentuale di THC”, e non piantine che ne producono, oggi, da 10 a 15, ma domani potrebbe essere da 20. Anzi, leggevo, sempre in un articolo che riguarda un sequestro importante avvenuto in Sardegna, che addirittura questa banda di malfattori coltivava la cannabis geneticamente modificata nell'ambito di un impianto autorizzato. Perché, tra le altre caratteristiche, la cannabis modificata ha una cosa che è interessante ai fini dell'occultamento della piantagione, che viene, come sapete, scoperta il più delle volte con vari droni o elicotteri che hanno dei sensori che rivelano la natura delle piante che stanno sorvolando. Ebbene, producono molto più il principio attivo, ma sono anche molto più piccole e, quindi, è più facile camuffarle; quindi tu le puoi tranquillamente sistemare all'interno di una piantagione di altro senza che la Guardia di finanza o, comunque, le forze di Polizia abbiano facilità a rilevarle. Ecco perché il discorso cannabis geneticamente modificata andava, a mio avviso, trattato in questo studio, in questa istruttoria su questa legge. Noi abbiamo presentato alcuni emendamenti, che speriamo che almeno l'Aula accolga, per far sì che si faccia chiarezza su questo punto. Perché dobbiamo essere inferiori ai tedeschi e non accorgerci di questo problema che è importante?

Possiamo anche dire un'ultima cosa, prima di chiudere, quindi esprimendo la nostra contrarietà. Primo, una riduzione delle pene, che, in alcuni casi, diventa solo teorica, perché 2 anni e 2 mesi sappiamo tutti che si traducono, all'atto pratico, in nulla. Un'altra cosa che ci tengo rimanga agli atti è che noi abbiamo presentato un emendamento - anzi, più di uno - nel quale si chiede chiarezza sulla notifica. Partiamo dal presupposto che qui abbiamo tutte persone che non vedono l'ora di coltivare la cannabis in proprio per curarsi meglio, per togliere soldi alle mafie: ma perché queste persone non devono dichiarare esattamente dove, chi e da quando iniziano questa attività? È un'attività lecita, persino per una rivendita di lupini noi dobbiamo comunicare al comune che da quel giorno, in quel posto, apriremo un negozio di lupini. In un mio emendamento, in particolare, si era proposta una riformulazione di questo tenore. Io chiedevo, quando uno inizia, mi deve dire dove è esattamente la pianta, perché immaginiamo una famiglia con sei fratelli, quattro nonni, tre o quattro case in campagna: la stessa persona pianta quattro piantine lì, quattro là, quattro là, quattro su e, alla fine della giostra, potrebbe averne un numero indeterminato, potendo dire, ogni volta che vengono scoperte “ma quello è l'unico blocco di piante che io coltivo”. È bene dire “caro signor Paolini, io dichiaro che le mie quattro femmine di cannabis sono uscite in via Rossi 3 e con me convivono quattro persone”, perché, altrimenti, diventa facile il giochetto, in caso di ispezioni “non sono mie, sono del nonno, non sono mie, sono della sorellina” magari minorenne.

Su questo si è proposta una riformulazione, che io ho rifiutato, perché totalmente evasiva del problema, anziché comunicarlo a prefetture in un registro riservato. Chiaramente, non è che tutti devono sapere che Paolini coltiva le sue quattro piantine a quell'indirizzo lì, ma la prefettura sì, in modo che qualche controllo “randomizzato” potrebbe essere utile. E la pena, la conseguenza deve essere, salvo che il fatto costituisca più grave reato sotto il profilo del falso in atto pubblico o false dichiarazioni in un atto pubblico, quantomeno una sanzione seria, non 250 euro, come proponeva l'emendamento riformulato. E, quindi, anche da questo dettaglio, noi deriviamo che lo scopo non è quello di cercare di fare chiarezza, noi deriviamo da questo il fatto che si voglia, invece, fare quello che da sempre taluni soggetti politici sognano, cioè liberalizzare l'uso della marijuana. No, è una corrente di pensiero, un obiettivo che, specie in questo momento, pare francamente non di prioritaria urgenza.

Vado a concludere, colleghi, chiedendo, innanzitutto, che, sul profilo del THC, ci si ripensi e si ritorni un attimo a fare un po' di istruttoria, perché non mi pare che questo problema sia stato chiarito. In secondo luogo, noi auspichiamo che alcuni emendamenti, che non sono puramente folcloristici, ma sono sostanziali a meglio configurare le problematiche del settore, vengano accolti, riservandoci, naturalmente, all'esito il voto finale ma, come noto, la Lega è contro da sempre - non da oggi - l'uso di ogni droga, perché, comunque, è un fatto dannoso per la salute. E non è vero che è un fatto solo individuale, perché, se nel Colorado gli incidenti mortali sono raddoppiati - incidenti mortali in cui è coinvolto almeno uno dei due antagonisti che fa uso di droghe leggere -, ebbene, se c'è un 50 per cento in più di persone che sono morte a causa, probabilmente, di conducenti che guidavano sotto l'effetto di stupefacenti, per quelle persone è diventato o no un fatto personale il fatto che si siano liberalizzati il commercio e l'uso? Poi si dirà, e chiudo veramente, “beh, ma c'è lo stesso”. Sì, ma tutti i reati ci sono lo stesso, ragionando così.

È chiaro, però, che se rendiamo una cosa illecita, io sono convinto - ma non solo io, ci sono ampi studi che lo dimostrano - che molte persone in meno si avvicineranno a quel mondo. Quando una cosa è legittima tendenzialmente, in ogni settore, si è portati ad avvicinarcisi. Inevitabilmente questa norma allargherà il mercato e quindi favorirà le mafie che forniscono ben altri prodotti. Lo ripeto, non esiste - non l'ho mai visto nella mia attività professionale - un drogato pesante che non sia partito dalle droghe leggere. Bisogna ridurre il mercato del droghe leggere, renderlo meno appetibile anche sul piano morale. Una cosa illegale si tende comunque a evitarla, ecco. Ritengo quindi necessario un ripensamento generale su questo provvedimento, quantomeno su alcuni aspetti caratterizzanti, e confidiamo che questo Parlamento lo attui (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI (PD). Grazie, Presidente. Non c'è dubbio che questa discussione, finalmente approdata in Aula, costituisca un tema delicato. Però, un Parlamento democratico non può e non deve temere di affrontare temi delicati e controversi. Per questo, dico subito che vanno evitati, secondo noi, toni sbagliati di scontro ideologico. Non siamo a un derby e non debbono affrontarsi curve di tifoserie. Ho letto dichiarazioni catastrofiste di Salvini e di Meloni su questi temi; Salvini minaccia addirittura crisi di Governo. Questo significa fare, a mio giudizio, esattamente l'opposto di quello che un Parlamento democratico dovrebbe fare davanti a temi come questi. Noi pensiamo invece che il Parlamento, oggi, stia provando a sintonizzarsi meglio con la realtà, con la vita vera, e a dare risposte serie a problemi che le attendono da anni. In parte le ha fornite la Corte di cassazione con sentenze innovative, ma è giusto che sia un Parlamento a offrire risposte più organiche. Una spinta popolare forte sarebbe potuta venire dal referendum su un quesito vicino ma non coincidente con il contenuto di questa legge, un quesito che era stato proposto da oltre un milione di cittadini, a differenza di quelli ammessi e poi bocciati che, come ricorderemo, erano stati proposti da nove consigli regionali. Tuttavia, la Consulta, come è noto e come veniva ricordato durante i precedenti interventi, non ha ammesso questo quesito. Quindi, è il Parlamento che è chiamato a fare la sua parte.

Solo per la cronaca, ricordo che un sondaggio SWG del febbraio scorso - non è il Vangelo ma è un indicatore - ha calcolato nel 67 per cento la quota di cittadini che avrebbero votato a favore di quel referendum sulla cannabis, che prevedeva una legalizzazione molto più ampia di quella che prevede il provvedimento che stiamo esaminando.

La Commissione giustizia della Camera la sua parte l'ha fatta, in modo non ideologico però, vogliamo dirlo, anche senza ipocrisia. Con questo testo infatti - anche questo vogliamo dirlo con chiarezza - non si liberalizzano le droghe, non si sdogana la cultura dello sballo, per usare un termine forse un po' abusato. Al contrario, viene istituita anche, su proposta del gruppo PD con un emendamento a prima firma Di Giorgi, una giornata di informazione e prevenzione su ogni tipo di abuso e dipendenza da contrastare, siano sostanze psicotrope, alcolismo, tabagismo. Queste piaghe, queste dipendenze le vogliamo prevenire e contrastare e su questo occorre un grande sforzo di formazione e informazione, indirizzato soprattutto verso i giovani, coinvolgendo scuola, mezzi di comunicazione e famiglie, senza inefficaci proibizionismi e perbenismi ma puntando su responsabilità, consapevolezza e dialogo.

Dicevo che con questa proposta non si liberalizza proprio niente.

Al contrario, si rende legale la coltivazione per uso personale e terapeutico fino a 4 piantine - questo è il limite, 4 piantine di cannabis - senza correre il rischio di subire conseguenze penali, sequestri o sanzioni amministrative. Questo significa, tra l'altro, contribuire a evitare che vi sia nelle carceri oltre un terzo - quasi il 35 per cento - di detenuti per droghe, il doppio della media europea e molto di più di quella mondiale, che è del 21,6 per cento. Tanta parte di questi detenuti è rappresentata da tossicodipendenti che esercitano questa attività illegale proprio perché tossicodipendenti, persone che non dovrebbero stare in carcere, ma essere curati e riabilitati nelle comunità, eliminando così anche la piaga del sovraffollamento carcerario e recuperandoli, dando loro una nuova chance di vita, perché, dando loro questa chance di vita nuova, si evita anche che tornino a delinquere.

È ipocrita allora dire un “no” categorico e pregiudiziale alla legalizzazione e un “no” ai termini di legalizzazione proposti da questa legge che stiamo discutendo. Perché dico che è ipocrita? Perché oggi la cannabis non sarà legale, ma è liberalizzata di fatto; è questa l'ipocrisia che io vorrei denunciare. Si può acquistare a ogni angolo di strada, davanti alle scuole, nelle discoteche e troppo spesso ad essere purtroppo liberalizzate sono anche droghe pesanti che provocano pesanti conseguenze di dipendenza e danni a tante persone, a tanti giovani. La strada per contrastare questa realtà, lo ripetiamo, non è il proibizionismo. Ce lo dice la storia, ce lo dice la realtà. Le ricette proibizioniste hanno fallito ovunque. Dietro lo spaccio di droghe ci sono poi quasi sempre organizzazioni criminali, narcotrafficanti che con questo smercio producono per sé colossali guadagni illeciti che vengono riciclati e reinvestiti nell'economia, nella finanza, nel welfare criminale. È la 'ndrangheta a farla da padrona, con una capacità invasiva ed espansiva allarmante.

La recentissima relazione annuale, di questi giorni, della Direzione centrale per i servizi antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza rileva una permanente, pericolosa presenza anche di altre mafie, da Cosa nostra alle organizzazioni e ai clan camorristici. Nel 2021 sono state 91 le tonnellate di droga sequestrate, 32 in più rispetto all'anno precedente. Si tratta, in gran parte, di droghe pesanti, in primis cocaina ed eroina, e pure di nuove e terribili droghe chimiche. Sono raddoppiati anche i sequestri che hanno riguardato sostanze legate alla cannabis, traffici sempre gestiti dalle mafie. Del resto, è stato l'ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho a sostenere come l'attuale legislazione in materia sia vetusta e che la legalizzazione delle droghe leggere potrebbe sottrarre terreno al traffico internazionale e avrebbe il vantaggio di far concentrare la fase investigativa sul livello alto delle organizzazioni criminali e sulla filiera economica che ne deriva. Il suo predecessore, Franco Roberti, oggi europarlamentare, ha aggiunto che questo tipo di legalizzazione potrebbe portare, tra l'altro, alla liberazione di risorse da comparti dell'amministrazione della Giustizia, a una perdita secca di importanti risorse finanziarie per le mafie, al prosciugamento di risorse per il terrorismo integralista che controlla la produzione afgana di cannabis e, infine, a porre fine a un'azione repressiva che si è rivelata del tutto inefficace.

La legge dunque ha anche questo fondamentale obiettivo: provare a colpire meglio le organizzazioni criminali. Non farei troppe ironie, come ho sentito fare, anche perché, francamente, mi fido molto di più, su questo terreno, delle parole di personalità come Cafiero de Raho, come lo stesso Roberti o come Raffaele Cantone, che ha espresso concetti analoghi, piuttosto che delle ironie di qualcuno qui dentro.

Per tale ragione, questa legge introduce distinzioni tra sostanze leggere e pesanti, riduce la pena massima per reati di lieve entità connessi alla cannabis, elimina l'arresto in flagranza per chi viene trovato con una modica quantità di cannabis per i motivi che richiamavo prima e continua a colpire lo spaccio.

Questa, dunque, non è liberalizzazione ma legalizzazione in certe limitate e circoscritte modalità. La sua approvazione prima alla Camera e poi al Senato secondo noi rappresenterebbe anche un dovere morale nei confronti di quelle persone - anche questo è stato ricordato da qualche intervento - che la usano a scopo terapeutico. Sì, anche noi pensiamo innanzitutto a Walter De Benedetto, morto dopo tante sofferenze un mese e mezzo fa, che usava la cannabis per lenire i suoi dolori derivanti dalla sua drammatica condizione di malattia. Quando mancava la cannabis terapeutica, che gli forniva l'ASL - e, troppo spesso, quella cannabis terapeutica prodotta dallo stabilimento di Firenze non copre il fabbisogno di cui il Paese necessita -, in quel caso, quando mancava, Walter De Benedetto la usava e usava quella coltivata a casa sua. Per questo, verso la fine della sua vita, è stato processato, ma è stato anche assolto con una sentenza giusta e coraggiosa, ma non si può affidare ai singoli uffici giudiziari la soluzione del problema; spetta al Parlamento anche per evitare possibili discriminazioni tra cittadini e tra diverse realtà del Paese, legate magari a diverse interpretazioni della legge. Decidere in questa direzione significa, quindi, anche secondo noi, compiere un atto di giustizia e di riconoscenza verso persone come Walter De Benedetto. Erano queste le cose che fondamentalmente volevamo dire, ribadendo l'auspicio formulato all'inizio. Si tratta di temi seri, davanti ai quali non si può e non si devono chiudere gli occhi o, come ha detto, riferendosi anche ad altri temi dei diritti, poche ore fa il nostro deputato Filippo Sensi, che non si fanno barricate sui diritti e quindi sulla pelle delle persone.

Noi abbiamo lavorato con questo approccio serio e non riusciamo a comprendere il motivo di tutta questa ostilità preconcetta, di questi pregiudizi ideologici delle forze politiche della destra. Ogni volta che si tratta e si parla di rispettare, insieme alle emergenze e ai diritti sociali, anche i diritti civili, come quelli sulla cittadinanza dei quali si discuterà dopo, come quelli legati alla “legge Zan”, scatta un riflesso pavloviano, un riflesso condizionato, come se facessero venire l'orticaria i diritti civili e i diritti delle persone. Ma non è vero, è una mistificazione dire che questo Parlamento e la politica non si occupa di diritti sociali, perché, mentre noi siamo qui e parliamo di un tema che riguarda migliaia e migliaia di persone, ci sono le Commissioni bilancio e finanze che stanno discutendo del “decreto Aiuti”; abbiamo licenziato ieri il decreto sul PNRR, si sta parlando in queste ore di interventi sulle bollette per le imprese, per aiutare le famiglie ad arrivare alla fine del mese, stiamo parlando come PD di cuneo fiscale, di aiuti alle imprese, insomma ci occupiamo di diritti sociali ogni giorno in questo drammatico momento. Ma come si fa a dire che i diritti civili, i diritti delle persone sono in contrasto con i diritti sociali? Una visione un po' medievale - mi sia consentito - di certe forze di destra, da parte di esponenti come Giorgia Meloni e come Salvini, è assolutamente da evitare, perché rischierebbe di far arretrare questo Paese. Insomma, ogni volta che si deve far avanzare di un po', di un passo il costume civile di questo Paese a queste forze scatta questo riflesso pavloviano, una reazione di chiusura cieca e pregiudiziale, da società chiusa. Penso, però, che essere innamorati del passato e temere il futuro sia un'impresa vana perché - per dirla con il poeta - il futuro entra dentro noi prima che accada, fatevene una ragione.

Una politica matura questi temi li prova ad affrontare in Parlamento, confrontandosi con posizioni diverse e battendosi anche per soluzioni diverse, ma lavorando per queste soluzioni, senza fare ostruzionismi, non mettendo la testa sotto la sabbia e non rifugiandosi dietro quelle linee proibizionistiche che hanno dimostrato tutto il proprio fallimento, ma guardando semmai a tante esperienze, a tante legislazioni europee, nelle quali il contrasto alle dipendenze ha conosciuto importanti risultati. È per questi motivi che abbiamo voluto partecipare a questa discussione generale in questa giornata che segna l'approdo in Aula di un lavoro importante fatto da tante persone, da tanti movimenti, anche esterni a questo Parlamento, in Commissione giustizia innanzitutto. Mi auguro che questo sia solo un primo passo per far avanzare, con questo provvedimento, anche un po' di più il livello civile del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bagnasco. Prego, ne ha facoltà.

ROBERTO BAGNASCO (FI). Grazie, Presidente e colleghi, pochi, e mi dispiace, perché diciamo che è una mancanza di presenze che riguarda un po' tutto l'emiciclo; evidentemente, nella mia frase non c'è alcuna speculazione ma solo la constatazione che una tematica così importante, così delicata interessa non nel modo giusto questa Assemblea. Di questo, chiaramente, non posso che dolermene.

Ho ascoltato con interesse tutti gli interventi dei quali ho apprezzato le motivazioni, soprattutto coloro i quali hanno cercato di fare ragionamenti compiuti, non portati a scelte pregiudiziali, ma ad un esame concreto di questo provvedimento in materia di cannabis. Ho ascoltato l'ultimo intervento, quello dell'onorevole Verini, che mi ha fatto più paura degli altri perché, sotto l'apparenza, che poi non era apparenza, almeno sul piano formale, di un discorso molto pacato chiude di fatto alla possibilità che questo Parlamento possa, in un campo così importante, così significativo, così delicato, così determinante per il futuro di tante persone, soprattutto di tanti giovani, portare un ulteriore aiuto. In Commissione il centrodestra - sto parlando soprattutto dalla mia parte politica - ha cercato di dare, in particolare Forza Italia, un contributo di equilibrio, un contributo che non partisse da posizioni pregiudiziali antiproibizioniste, cercando di fare un discorso basato sulla realtà, soprattutto sulle conoscenze scientifiche che oggi sono molto diverse di quelle di dieci, quindici, vent'anni fa sull'uso di queste droghe.

Il provvedimento che stiamo esaminando riguarda l'uso personale della cannabis. Qualcuno ha parlato anche di uso terapeutico: sì, c'è anche l'uso terapeutico, però in questo caso, e voi tutti lo sapete, tutti noi lo sappiamo, è estremamente limitato nella quantità rispetto alle previsioni della legge per quanto riguarda l'uso personale, le scelte di ciascuna persona. Con riferimento all'uso terapeutico, come è stato ricordato, l'Istituto farmaceutico di Firenze dispone di straordinarie capacità scientifiche e, tra l'altro, mette sul mercato una cannabis assolutamente straordinaria sul piano scientifico, che dovremmo, quindi, usare di più e meglio rispetto a quanto abbiamo fatto fino ad oggi.

Avrei pensato e sperato che, da parte dei miei colleghi, vi fosse stato l'invito a potenziare questo istituto; un istituto che ha una storia importante, che non è nato ieri e ha dato risultati importanti e significativi; un istituto che ha lavorato moltissimo anche in questi ultimi anni, purtroppo, nella lotta contro il COVID, ma che, evidentemente, come giustamente è stato ricordato, ha bisogno di essere aiutato sul piano del potenziamento del personale che, ad oggi, è insufficiente.

Se il problema è quello della cannabis ad uso terapeutico, non c'è bisogno di tante discussioni, di tante elucubrazioni scientifiche: potenziamo il nostro istituto farmaceutico di Firenze e il problema è risolto. È chiaro che questo non è assolutamente vero. La motivazione, quindi, è per uso personale.

La proposta di legge in discussione è volta ad affermare la liceità dell'uso personale di cannabis che non dovrà e non potrà più essere un illecito, anche solo di tipo amministrativo.

Il provvedimento consente la coltivazione e la detenzione dell'uso personale di quattro piante femmine di cannabis, senza autorizzazione; modifica la disciplina sanzionatoria penale della produzione e del traffico di cannabis e dell'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti; introduce una disciplina autonoma della produzione e della cessione di lieve entità di sostanze stupefacenti. Quindi, di fatto, viene consentito un uso personale, seppur ad oggi abbastanza limitato - diciamo le cose come sono -, ma, sicuramente, limitato per persona, ma non nel numero delle persone che potranno fare uso di questa normativa.

Il referendum del '93, da cui parte tutto questo discorso, riguardante non solamente la cannabis, ma l'uso delle droghe, ha portato, come conseguenza, la necessità di una riforma organica della normativa ed è per questo che il Parlamento, in questo momento, sta esaminando questa PdL.

Alla base della scelta chiara di Forza Italia, che, in Commissione, abbiamo argomentato - come dice bene l'onorevole Verini -, senza pregiudiziali, senza interventi scomposti, vi è un'analisi della situazione attuale e soprattutto della situazione secondo le ultime conoscenze scientifiche; non per questo è una scelta meno chiara da parte di Forza Italia su questa proposta di legge che noi confutiamo, soprattutto, dal punto di vista scientifico. Intanto, una prima constatazione che potrebbe essere una banalità - credo però ne abbiano parlato tutti - è che si è fatta una differenza assolutamente sbagliata dal punto di vista scientifico; è un fatto molto grave che persone, che hanno studiato e approfondito questi temi, facciano una differenziazione tra droghe leggere e pesanti. Si tratta di una differenziazione che assolutamente non può e non deve essere accettata. Non c'è differenziazione - lo hanno detto gli scienziati - tra droghe leggere e pesanti.

Per molte persone, lo spinello è un qualcosa che porta al contenimento del dolore in qualche caso a piccole e piacevoli trasgressioni, mentre è appurato scientificamente che vi siano danni cerebrali anche per piccolissime dosi - e ora con la cannabis geneticamente modificata, vi assicuro, cari colleghi, non si parla di piccolissime dosi -, danni cerebrali spesso irreversibili, danni che si determinano in giovane età e che vengono portati avanti, nel migliore dei casi, per tantissimi anni, per tutta la vita. Il principio attivo della cannabis, acronimo delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) è presente, secondo la rilevazione del 2021 (sono più o meno le ultime; forse ce ne erano altre, ma non le ho trovate), con percentuali del 25 per cento, contro l'1 per cento o il 2 per cento di trent'anni fa.

Rendiamoci conto: la cannabis di venticinque, trent'anni fa: 1 per cento. La cannabis di oggi: 25 per cento. Questo dovrebbe far pensare. Sono argomentazioni di tipo scientifico, cari amici, non sono pregiudiziali ideologiche. Parliamo di scienza e coscienza, di usare la scienza nel miglior modo possibile, anche se i nuovi, ultimi sequestri di marijuana raggiungono percentuali del 39 per cento; prima erano percentuali molto diverse da oggi.

Qualificare “leggero” un derivato della cannabis (torniamo al discorso leggero/pesante), con il 25 per cento di principio attivo ha del paradossale; è qualcosa di assolutamente non sostenibile. Lo ripeto: col 25 per cento di principio attivo, qualificare la cannabis come una droga leggera è assolutamente sbagliato e non sostenibile. Dai dati del 2019, risulta che i ricoveri ospedalieri attribuibili a diagnosi di droga, correlata, in particolare, alla cannabis, sono passati dal 2,8 del 2010 al 5,3 del 2019; quindi, siamo in un discorso chiaramente ascendente.

Una delle osservazioni che vengono portate avanti più spesso dai fautori della droga libera (forse è un termine che ho usato, ma che potrei anche ritirare; forse droga libera è un'espressione anche eccessiva, mi piace essere sempre equilibrato, quando cerco di argomentare le mie tesi) è che l'alcol e il tabacco sono in vendita liberamente rispetto alla droga. Quindi, dicono: se l'alcol e il tabacco si possono usare liberamente, usiamo anche la cannabis, usiamo la marijuana. Mi sembra una considerazione che, all'apparenza, può anche essere di facile comprensione da parte di molti, quindi, comprensibilmente, può aiutare la tesi di coloro i quali sono per una liberalizzazione del mercato della droga. Tuttavia, la risposta, anche in questo caso, è piuttosto semplice: quando le cose sono chiare, sono anche semplici. Chiarezza e semplicità, molto spesso, si possono, in qualche modo, collegare. L'alcol e il tabacco sono soggetti a limiti di età; intanto non puoi acquistare prima di una certa età l'alcol in un negozio, non puoi farlo neanche per quanto riguarda il tabacco. Nei locali chiusi, certamente, non si può fumare. La gradazione dell'alcol è anche un altro elemento: vi è l'impossibilità di condurre veicoli, anche con una piccolissima dose di alcol assunta. Ricordo la “legge Sirchia” sul fumo; ricordo molto volentieri il Ministro Sirchia, un Ministro di Forza Italia che ha saputo portare avanti e far approvare dal Parlamento una legge che evidentemente aveva molti avversari. Quando si è parlato, a proposito della “legge Sirchia”, di vietare il fumo nei locali chiusi, credo ci sia voluto molto coraggio da parte di quel Parlamento, molto coraggio da parte di quel Presidente del Consiglio, molto coraggio, cari amici, da parte di quel Ministro e sono orgoglioso di poter dire che era un Ministro di Forza Italia. Quindi, posizioni sempre positive, non negative, quelle che provengono dal nostro partito.

Molto interessante e indicativo quanto ha scritto il professor Luigi Janiri del Policlinico Gemelli di Roma. Siamo vicini, possiamo averne un riscontro anche abbastanza facilmente: l'alcol è in grado di determinare effetti nocivi sulla salute sia fisica che psichica.

È un dato accertato, però, che questo avvenga per dosi progressivamente crescenti di alcol e in un tempo molto più lungo. Come vedete, cari colleghi, sto parlando sempre di dati scientifici e non di posizioni, come qualcuno vuole far credere, di tipo pregiudiziale.

L'altra differenza importante rispetto alla cannabis risiede nel fatto che gli episodi psicotici transitori di cui è responsabile la cannabis - e anche questo è un fatto molto importante dal punto di vista scientifico, Presidente - non si verificano con l'alcol. Con l'alcol non si verificano - e questo è un dato di fatto difficilmente confutabile - episodi psicotici transitori. Un episodio psicotico transitorio si può verificare, invece, in una persona anche alla prima assunzione di cannabis e mai si verifica, evidentemente, alla prima assunzione di alcol. Queste sono le differenze. Ciò non vuol dire che l'alcol non fa male; l'alcol dev'essere usato in maniera intelligente, in maniera appropriata e anche in maniera, come abbiamo visto, cari colleghi, controllata.

Poi, lo smaltimento fisico di una canna è molto più lento: dura 15-20 giorni rispetto a una sbronza (tanto per capirci bene).

Per quanto riguarda il tabacco, assodati i danni, la differenza è che la cannabis fa perdere - e questo è un altro fatto importante - l'autocontrollo e questo per uno Stato non è tollerabile. La perdita dell'autocontrollo è un qualcosa che lo Stato non può e non deve tollerare.

Altra motivazione a favore della legalizzazione è che è un antidoto al crimine organizzato, cosa che viene smentita nelle Nazioni in cui questo processo è più avanzato. Ho sentito parlare evidentemente anche questa sera di tante Nazioni, di processi di liberalizzazioni, dell'America, in cui, come qualcuno ha notato, ci sono Stati che si comportano in maniera diversa. Voglio ricordare, però, che tra gli Stati più vicini, più conosciuti e più facilmente riscontrabili, c'è stato un clamoroso cambiamento di indirizzo da parte dell'Inghilterra, che si è anche scusata, in qualche modo, per avere clamorosamente sbagliato quando è stata portata avanti una determinata normativa troppo liberalizzatrice.

Potrei dire ancora molto e vorrei dire anche tante altre cose, ma credo che sia meglio finire questo intervento chiarendo quindi - e mi riferisco soprattutto a coloro i quali hanno chiesto un dibattito di tipo non pregiudiziale, ma un dibattito di tipo serio e propositivo - che Forza Italia, nel “no” assoluto e totale a questo tipo di pdl, anche in questo caso però, si propone come un partito che ha cercato di dare un contributo positivo e che evidentemente, grazie alla miopia - consentitemi - di tanti altri partiti, non ha potuto dare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cataldi. Ne ha facoltà.

ROBERTO CATALDI (M5S). Grazie, Presidente. Ho ascoltato con interesse il dibattito in Aula in merito a questa tematica, che riguarda la coltivazione domestica della cannabis. Però, Presidente, io vorrei provare un po' a spostare la tematica dall'argomentazione politica e provare a trattarla sotto il profilo giuridico. Vorrei parlare più come giurista, che come politico e questo perché a me sembra che le divergenze che ci sono nel mondo politico non credo che trovino la stessa rilevanza nella popolazione rappresentata dal mondo politico.

Come giurista vorrei porre l'attenzione su due elementi fondamentali, cioè spostare dal tema ideologico al tema giuridico il provvedimento che stiamo esaminando in Aula. Il primo elemento che vorrei evidenziare è che il mondo del diritto nasce innanzitutto da un ordinamento giuridico fatto di regole di carattere generale e astratto e da una giurisprudenza che, interpretando queste norme, riesce un po' a colmare quella distanza che esiste tra i principi generali e il caso concreto.

Ma il mondo del diritto ha anche bisogno di certezza del diritto.

Abbiamo bisogno di certezza perché se dovessimo lasciare tutto al mondo dell'interpretazione non faremmo altro che riempire i nostri tribunali di contenzioso o di procedimenti penali, finendo poi per far apparire la popolazione italiana come una popolazione particolarmente litigiosa in ambito civile e particolarmente dedita ad attività illecite nell'ambito penale.

Allora, perché parlo di un elemento fondamentale di carattere non politico ma giuridico? Perché la certezza del diritto prevede anche che, laddove esistano possibili interpretazioni divergenti e laddove esista il pericolo che la giurisprudenza possa esprimersi in maniera non del tutto uniforme, è compito del legislatore colmare questa differenza e fissare dei principi che siano certi e inequivocabili. C'è stata una sentenza delle sezioni unite del 2019, che poi è stata depositata nel 2020, e questa sentenza non ha scandalizzato nessuno. È una sentenza che ha riconosciuto che la coltivazione domestica di quantità modeste di canapa non può costituire un illecito penale, ma chiaramente siamo ancora nell'ambito di un'interpretazione che non esclude la possibilità che magari altre persone che si trovano nella stessa posizione possano ottenere magari un risultato diverso. Rimarrebbe sempre, comunque, un ampio margine di discrezionalità. Dunque, quello che ha voluto fare il legislatore in questo caso è qualcosa di molto semplice, cioè fissare un criterio per stabilire con certezza cosa si può fare e cosa non si può fare. Credo che sia un diritto del cittadino sapere se una condotta può essere considerata lecita o meno e saperlo in base a una norma e non in base all'esito di un lungo procedimento, che magari finisce addirittura in Cassazione. Questo è il primo argomento di natura strettamente giuridica.

Le divergenze è normale che ci siano ed è bene che ci siano, però proviamo anche a parlare di un altro aspetto che riguarda il mondo del diritto. Il diritto deve rispondere anche a un criterio di coerenza normativa. Noi abbiamo tante sostanze che possono essere dannose per la salute e che possono avere effetti psicotropi. Però, non tutte sono vietate: alcune sono lecite e alcune non lo sono per una scelta del legislatore. Ma la scelta del legislatore deve essere basata su dei criteri uniformi; non si può andare a simpatia, né si può andare in base a dei pregiudizi. Vorrei, allora, provare a tentare di abbozzare dei criteri. Proviamo, sulla base di questi criteri, a fare dei confronti. Ho sentito dire poco fa, ad esempio dal collega Bagnasco, che tutte le droghe sono tali e che, comunque, non si possono fare distinzioni tra droghe leggere e droghe pesanti. Però, esistono degli effetti che vanno valutati e possiamo pensare, ad esempio, al pericolo di morte. Pensiamo a sostanze che costituiscono indubbiamente un pericolo, perché ci sono, ad esempio, sostanze stupefacenti, come la cocaina o l'eroina, dove è facile anche sbagliare il dosaggio ed è facile che si verifichi un'overdose. L'alcol può portare anche a un coma etilico, però è un po' più difficile, perché anche lì conta anche la quantità della sostanza alcolica che viene ingerita. Sulla cannabis non mi sembra che ci sia un pericolo così evidente e, quindi, se dovessimo fissare, ad esempio, come uno dei criteri quello relativo al pericolo di morte, allora noi dovremmo dire che, se abbiamo dato il via libera all'utilizzo dell'alcol, per la cannabis invece, che da questo punto di vista ha un rischio quasi pari allo zero, direi che non ci sarebbe quella coerenza normativa che il giurista si deve porre prima ancora del politico.

Prendiamo un altro elemento che spesso diventa oggetto di discussione: la condotta antisociale. Guardate che qui la condotta antisociale si può avere in tanti ambiti: la può dare la cannabis, la può dare l'utilizzo di sostanze alcoliche e la può dare l'utilizzo della cocaina. Però, io non so quale possa essere la maggiore preoccupazione per un cittadino: è più preoccupante avere a che fare con un ubriaco molesto o con un fumatore che magari sta ridendo per strada, preso dalle risarella e dall'euforia indotta, appunto, dall'uso della sostanza? La condotta antisociale esiste, esiste anche per l'alcol e non si vede perché questo eventuale elemento possa consentire di decidere se vietare una sostanza o un'altra. Anche questa non è un'argomentazione politica ma è un'argomentazione più legata al mondo del diritto.

Vogliamo prendere un altro elemento, sempre tornando alla salute? La dipendenza. Allora, esistono vari livelli di dipendenza, non è vero che tutte le droghe sono uguali, sapete che, se c'è una dipendenza dalla cocaina o dell'eroina, uscirne non è così semplice, bisogna seguire un percorso terapeutico, che va seguito, perché non si può interrompere all'improvviso e non si può togliere immediatamente l'uso della sostanza a chi ha una dipendenza così forte; la stessa cosa vale per l'alcol, anche l'alcol può dare dipendenza e il percorso è abbastanza complesso. A quanto pare, sulla cannabis, ci può essere una dipendenza psicologica, ma l'interruzione improvvisa dell'uso di cannabis indubbiamente non comporta gli stessi problemi che comporterebbe l'interruzione improvvisa di altre sostanze. Quindi, anche qui, se inseriamo questo criterio, facciamo attenzione, perché nel mondo del diritto esiste il principio che situazioni uguali meritano un trattamento uguale. Quando noi andiamo a normare e a decidere le linee di confine, dobbiamo tenere conto di questo, a prescindere dalla nostra simpatia o antipatia per una sostanza o per l'altra.

Quindi, se noi, Presidente, riconduciamo il tema non più a un discorso strettamente ideologico, ma a un discorso strettamente giuridico, forse possiamo iniziare a scandalizzarci un po' meno per qualcosa che, oggi, probabilmente, non scandalizza più nessuno; lo sanno anche i nostri amici spagnoli: in Spagna, la liberalizzazione è arrivata prima che in Italia; la Germania ci sta già lavorando; ci sono Paesi, anche fuori dall'Unione europea, che il problema non se lo stanno ponendo più. Poi, ognuno di noi può avere le simpatie o antipatie che vuole, però, noi dobbiamo parlare intanto di diritti.

Detto questo, questa era una questione di merito; vorrei ora anche rispondere a una delle principali accuse che si stanno facendo in questi giorni per la calendarizzazione che è avvenuta in Commissione e in Aula in relazione al tema della coltivazione domestica della cannabis. Presidente, non vorrei che il discorso delle priorità diventasse, poi, una scusa per non parlare mai dei diritti minori. Ora, il MoVimento 5 Stelle ha sempre puntato sulle priorità, perché vorrei ricordare che noi, fin dall'inizio, abbiamo affrontato temi particolarmente rilevanti: in Commissione giustizia abbiamo iniziato dalla legge anticorruzione, abbiamo lavorato sulla semplificazione della giustizia, che era un tema fondamentale, non soltanto, per riconoscere un diritto ai cittadini ad avere una giustizia in tempi rapidi, ma anche per non scoraggiare gli investimenti esteri perché, ovviamente, una giustizia lenta faceva sì che non ci fossero più investimenti. Quindi, il MoVimento ha dato attenzione prima a queste priorità; questo, però, non significa non dedicare spazi anche a dei diritti minori; il Parlamento ha questo dovere ed è proprio per questo che il MoVimento, inizialmente, tramite la richiesta del capogruppo in Commissione giustizia, Eugenio Saitta, e, poi, del capogruppo Davide Crippa, ha chiesto la calendarizzazione, prima, in Commissione giustizia e, poi, qui, in Aula. Chiaramente, non ha dimenticato le altre priorità e sta ancora lavorando su altri temi che si augura trovino spazio nella maggioranza.

Il MoVimento si sta facendo portavoce di tantissime iniziative, soprattutto, in questo momento, anche per lo sviluppo economico, e vi ricordo che di iniziative ce ne sono tantissime anche per quanto riguarda alcune aree particolarmente disagiate; ci sono delle proposte di legge del MoVimento che riguardano, ad esempio, le aree di crisi industriale complessa, sono temi che devono essere affrontati. Questo non significa che se il MoVimento si batte per questi temi, non si batterà anche per gli altri diritti, considerati minori, ma non di minore importanza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tonelli. Ne ha facoltà.

GIANNI TONELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Agganciandomi al collega del MoVimento 5 Stelle che ha appena parlato, qualche perplessità e qualche dubbio sulla calendarizzazione di provvedimenti, che - in un momento di emergenza come quello che sta vivendo il nostro Paese, e non soltanto il nostro Paese, ma tutto il mondo - debbono riguardare lo ius scholae oppure la liberalizzazione della coltivazione domestica della cannabis, io ce li ho.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 18,46)

GIANNI TONELLI (LEGA). Detto questo, desideravo intervenire su questo argomento, perché è una materia con la quale mi sono sempre dovuto misurare in tutto il mio percorso professionale, per quasi quarant'anni, nelle Forze dell'ordine e nella Polizia di Stato, perché chiaramente quello della lotta allo spaccio di sostanze stupefacenti è uno dei problemi principali con il quale ci siamo misurati ed è chiaro che, quindi, questo approccio professionale mi ha portato ad interrogarmi più volte su quelle che potevano essere delle strategie utili da parte dello Stato per combattere questo fenomeno.

Prima di entrare nel merito, però, desideravo rilevare che, per quanto contrario a questo disegno di legge, credo che il mio pensiero e quello della Lega abbiano pari dignità rispetto a quelli degli altri, di chi è favorevole. Ho percepito, non dico una sorta di censura, ma di bollo di disdicevolezza rispetto a un atteggiamento contrario e questo penso che sia scorretto. Si è chiesto anche di dover evitare - come hanno fatto notare prima il collega Paolini, del mio gruppo, e il collega Bagnasco - una ideologizzazione del dibattito; assolutamente, anzi, mi sembra esattamente il contrario: mi sembra che su questo argomento vi sia da sempre, da decenni, un atteggiamento ideologico e che, da quell'altra parte, vi sia un atteggiamento che in maniera pragmatica, ragionevole e razionale voglia affrontare un problema e tentare, se è possibile, di dare una soluzione.

Però, vorrei dire anche alcune cosettine. Si è parlato, qui, o si è fatto intendere, per sostenere questo disegno di legge, quasi, che l'uso personale sia vietato; ma l'uso personale non è sanzionato in alcun modo penalmente, oggi, come neppure l'uso terapeutico, pensiamo alla morfina, è normalmente il trattamento che viene utilizzato da tutte le persone che escono dalla sala operatoria, da sempre. E vorrei anche dire che mi ha fatto, non dico, impressione, ma mi ha sorpreso molto l'atteggiamento di un collega che ha richiamato la bontà di questo provvedimento, perché ratifica un indirizzo giurisprudenziale che, oramai, ha definito con il termine “stratificato”. Quando approcciavo gli studi all'università di giurisprudenza, la prima cosa che mi hanno insegnato è la gerarchia delle fonti e che la giurisprudenza non è fonte, neppure indiretta, di diritto, in un sistema come il nostro di civil law. Quindi, non credo che noi dobbiamo correre dietro alla giurisprudenza; anzi, forse, dovremmo richiamare a volte spinte eccessive di interpretazioni creative delle norme che creano indirizzi giurisprudenziali che non sono assolutamente legittimati e sostenuti da un tessuto normativo e su questo forse ci dovremmo interrogare.

Nel mio percorso professionale mi sono interrogato e devo dire la verità, confesso una cosa: che i primi anni, sclerotizzato da quello che era il compito professionale di combattere il fenomeno dello spaccio, avevo accarezzato persino l'idea che forse la legalizzazione poteva essere una soluzione. Ma, ben presto, mi sono reso conto della miopia di questa visione delle cose e del fatto che, in alcun modo, poteva la comunità arrivare a un simile compromesso. Innanzitutto, mi viene da sorridere quando si sostiene che la coltivazione della cannabis domestica, quindi, di queste quattro piantine, consentirà un risparmio enorme di energie pubbliche da parte delle Forze di polizia e da parte della magistratura e del sistema carcerario. Ebbene, sappiate che per uno spinello in carcere io non ho mai visto andarci nessuno, da poliziotto, sulla strada. Quindi, togliamoci questa idea, perché, salvo che uccidendo qualcuno, in carcere si fa fatica ad andarci, oggi, e questo è un dato oggettivo, incontrovertibile.

Seconda cosa, ho sentito affermare, anche dal presidente della Commissione, che più volte anche Cafiero De Raho avrebbe quasi auspicato la liberalizzazione delle droghe leggere. Io non l'ho mai sentito fare un'affermazione del genere, forse, ha sostenuto che il traffico di sostanze stupefacenti è uno degli affari maggiori delle associazioni criminali e, in questo caso, ad esempio, l'associazione criminale più potente, quasi, a livello mondiale è la 'ndrangheta e il dottor Gratteri ha sempre messo in guardia su questo errore.

Quindi, non si tratta di fare un ragionamento di cosa al bar una persona possa pensare, anche al bar dei magistrati o al bar della Camera o al bar dei poliziotti; qui si tratta di fare valutazioni che vanno ben al di là, perché, per un parere che va in un modo, ce ne sono dieci che vanno esattamente al contrario, altrettanto autorevoli. Io credo che questo non sia il modo per combattere, perché, intanto, rispetto alla cannabis, a queste quattro piantine, la diminuzione del traffico, del narcotraffico, sarà talmente lieve che non apporterà alcun beneficio di spesa pubblica: nessuno. Quindi, possiamo anche evitare di dover impegnare quei soldi perché non ci saranno. Ma, soprattutto, possiamo pensare che, se un fenomeno viene giudicato da una comunità negativo e meritevole di essere avversato, lo si debba legalizzare per un risparmio economico? Allora, perché non legalizziamo il furto? Così evitiamo il problema dei ladri. È un ragionamento da accettare? La ratio della norma che sanziona la coltivazione, il traffico e lo spaccio, macro o micro, di sostanze stupefacenti è quella di sanzionare lo spacciatore o è quella di evitare un fenomeno che è considerato nocivo per la comunità? La droga fa male. Non ripeterò i dati che hanno prima enumerato il collega Paolini e il collega Bagnasco o che sono facilmente accessibili a tutti sulla rete e, quindi, assolutamente incontestabili. Le sostanze stupefacenti sono nocive alla salute. Ma io vado più in là: ciò che mi preoccupa - e qui parlo anche da genitore, non solo da poliziotto - non è solo il problema del danno fisico, ma del danno culturale. Lo Stato non può accettare di promuovere la cultura dello sballo, la cultura del carpe diem, del vivere alla giornata. Non può mettere in soffitta la formica a favore della cicala, perché non è questo il modo di educare le nuove generazioni. Questo è il danno grave. E noi con questa norma alziamo l'asticella fra il bene e il male, togliamo quell'alone di censura, sì, di censura verso un atteggiamento: il consumo delle sostanze stupefacenti, che è negativo per i giovani e per gli anziani. È verissimo, ho sentito dire prima che non tutti coloro, anzi, posso anche dire una parte non dico residuale, ma non certamente maggioritaria, che si avvia al consumo di sostanze stupefacenti, come la cannabis, arrivi poi all'eroina o alla cocaina, ma posso altrettanto affermare per esperienza professionale - ed è scientificamente oramai dimostrato da tutte le comunità - che chi arriva all'eroina e alla cocaina, giungendo a uno stato di cronica intossicazione da sostanze stupefacenti, è passato dalla cannabis o dalle droghe leggere. Questo è un dato incontrovertibile. Allora qui si tratta di fare una scelta. Certo che questa non è la rivoluzione della normativa che disciplina lo spaccio delle sostanze stupefacenti o, comunque, le sostanze stupefacenti o psicotrope, ma è la strategia dei piccoli passi, come quella che discuteremo questa sera con lo ius scholae, cioè si cerca di arrivare ad un obiettivo. Visto che la comunità del Paese non lo accetterebbe, allora si cerca di mistificare dietro campagne con dati fasulli e, a volte, farlocchi, perché ho sentito tante riflessioni meritevoli di essere considerate tali e, riferendomi non al pensiero, perché tutti i pensieri hanno pari dignità, ma alle citazioni di dati, anche stupidaggini per sostenere la tesi a favore di questo. È pienamente legittimo che qualcuno pensi - anch'io ho accarezzato il pensiero, l'ho detto prima, in giovane età, nei primi anni professionali - che, forse, la liberalizzazione potrebbe essere una scelta per combattere un fenomeno criminale, ma mi rendevo conto, e lo ripeto, che era una miopia assoluta. Per cui, per carità di Dio, chi vuole coltivare questa miopia ha tutto il mio rispetto; non è detto che sia tale, ma ne sono fermamente convinto. Sfortuna mia, la mia testa bianca e questo percorso di vita di quarant'anni a contatto con questo fenomeno hanno forgiato questo tipo di pensiero, che non accarezzo oggi perché devo sostenere un'idea politica o un atteggiamento di un gruppo politico, ma perché è fortemente convinto e radicato in me.

Io non posso accettare, da genitore, che la formica, ripeto, venga messa in soffitta a favore della cicala. Non posso pensare che un giovane possa essere indirizzato alla cultura dello sballo, del carpe diem e della vita frivola del momento. Bisogna guardare avanti, perché, altrimenti, arriveremo - scusate la deformazione, qualcuno la potrà considerare forse eccessiva - a promuovere la norma per cui, a 16 anni, tutti devono andare a lavorare: è più facile, da ragazzo, mi compro la macchina a 18 anni, vado in giro con le ragazzine, posso pagare loro la cena, posso concedermi un livello di vita. È questo il modo di guardare al futuro? E da cristiano, dico anche che considero questa vita un passaggio, quindi figuriamoci se mi voglio abbandonare alla cultura dello sballo e del vivere alla giornata. Credo che lo Stato, senza dover cadere nell'errore dello Stato etico, debba porsi un problema anche educativo rispetto alle generazioni future e, comunque, rispetto alla disciplina della vita intera. E non credo che questo passi per la legalizzazione delle sostanze stupefacenti, partendo, anche a piccoli passi, con quella della cannabis - la chiameremo - domestica.

Vorrei dire un'ultima cosa e poi concludo, Presidente. È sempre stata una grandissima corsa ad ostacoli, in questo caso parlo proprio da poliziotto. Avevi un sistema, infatti, che ti remava contro: da una parte, ti chiedeva di censurare; lo Stato, il legislatore, mi diceva che dovevo perseguire lo spaccio delle sostanze stupefacenti e chi lo esercitava; dall'altra, poi, mi trovavo, ci trovavamo - e si trovano tuttora - una serie infinite di ostacoli, una corsa, un labirinto. Non se ne esce. Non voglia poi che qualcuno ci dia un pestone in un piede quando viene arrestato, perché automaticamente si diventa imputati in un procedimento connesso, immediatamente, al punto tale che abbiamo chiesto le telecamere su tutte le divise proprio per certificare la genuinità del nostro operato. Ma uscendo da questo, dico, questo paletto, questa possibilità ulteriore, ci toglie potenzialità operative infinite, perché chiunque potrà andare in giro, qualsiasi spacciatore che non spaccia solo marijuana, perché spacciano di tutto, potrà andare in giro tranquillamente con le dosi in tasca per lo spaccio, dicendo: ma io l'ho coltivata a casa mia, è la mia marijuana per uso domestico, pienamente legittima e lecita.

PRESIDENTE. Concluda.

GIANNI TONELLI (LEGA). Presidente, e concludo, non credo che possiamo prenderci in giro su queste questioni, perché vanno ben al di là del pollice verde o meno o di chi coltiverà. È qualcosa di più importante che riguarda il nostro tessuto valoriale e di come approcciamo la vita e, soprattutto, il futuro o di come vogliamo pensare di educare le nuove generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Caterina Licatini. Ne ha facoltà.

CATERINA LICATINI (IPF). Grazie, Presidente. Quella che oggi siamo finalmente chiamati a discutere in quest'Aula è una legge che può segnare un primo passo verso una svolta epocale per il nostro Paese. Siamo davanti a un intervento che non solo può dare risposta a problemi, disagi e questioni rimaste troppo a lungo inascoltate, ma che può anche comprovare la lucidità di un Parlamento, capace finalmente di riconoscere la realtà di un fenomeno, di comprenderne tutti gli aspetti con attenzione, senza lasciarsi influenzare dai limiti di una mentalità votata al pregiudizio.

Un Parlamento che, infine, decide di smetterla di voltarsi dall'altra parte davanti a fatti, evidenze ed esperienze concrete, che riguardano il consumo di cannabis in Italia, e si assume la responsabilità di iniziare a dettare una regolamentazione consapevole sul tema. Questa legge che, come sapete, include anche la mia proposta assieme a quella del collega Magi, al contrario di quanto molti tentano di far credere, non incoraggia il consumo di droga né sollecita gli abusi né mette in pericolo le persone. Ciò che fa questa legge è l'esatto contrario, tutelando tra i 6 e i 7 milioni di consumatori italiani, di cui finora nessuno si è interessato e che, anzi, sono stati abbandonati nelle mani della criminalità organizzata e a volte ingiustamente processati. Infatti, ricordo al collega che forse qualcuno non si è fatto nemmeno un giorno di carcere, ma ha vissuto un processo alle spalle. Mantenere intatti i tabù sulla cannabis significa ignorare o far finta di ignorare che il tema in Italia è tutt'altro che marginale. Non è così e lo sappiamo, sia in termini di consumi, perché come ho detto parliamo di 6-7 milioni di consumatori, sia in termini di consensi. Voglio ricordare che sono circa 620 mila le firme raccolte per il referendum sulla cannabis, grazie a una campagna che ha avuto un trend considerevole, superando 500 mila firme e sottoscrizioni in appena una settimana. Se da una parte il quesito di quel referendum mostrava criticità, che la Corte costituzionale ha ritenuto causa di inammissibilità - e noi ovviamente accettiamo e rispettiamo la valutazione dei giudici della Consulta -, dall'altra parte, non possiamo ignorare che ben oltre mezzo milione di cittadini ha espresso la volontà di una nuova legislazione che apra le porte alla cannabis legale.

Se non è stato possibile accontentare per via referendaria questa enorme volontà popolare, allora è questo Parlamento che ha ancor di più il dovere inderogabile di ascoltare, interpretare e soddisfare per via legislativa la volontà dei cittadini. Ed è una volontà che corrisponde a una realtà sociale e concreta. Uno dei nostri obiettivi intanto è quello di infliggere, con l'autocoltivazione di cannabis, anche un colpo senza precedenti alla criminalità organizzata. Per comprendere l'importanza di questa finalità basta fare un paio di conti. Secondo il rapporto 2021 del Dipartimento delle politiche antidroga, nel corso del 2020 il traffico illecito di cannabis ha rappresentato quasi il 40 per cento dell'intero commercio degli stupefacenti, generando un valore pari a 6,3 miliardi, un importo stratosferico che finisce dritto nelle tasche della mafia. A ciò si aggiunge che, secondo i calcoli effettuati sui benefici finanziari - ad esempio, uno studio è quello dell'Università di Messina, tra gli altri, con il professor Ferdinando Ofria -, se l'Italia liberalizzasse le droghe leggere, le casse pubbliche potrebbero guadagnare fino a 8,5 miliardi di euro all'anno, cifre enormi. Complimenti al proibizionismo, verrebbe da dire, se dopo tutti questi anni gli incassi della malavita sono ancora da capogiro. In Italia ci sono milioni e milioni di consumatori e lo Stato si lascia sfuggire un profitto gigantesco che potrebbe essere impiegato per infiniti scopi, non ultimo la rimodulazione delle imposte e l'abbassamento della pressione fiscale. Davanti a questi dati c'è da chiedersi quali siano state le virtù del proibizionismo e in che modo esattamente questo avrebbe potuto tutelare le persone, scoraggiare gli abusi e combattere i traffici illeciti, perché questo non è avvenuto. La verità è che, dati alla mano, l'unico potere del proibizionismo è quello di fare arricchire sempre di più la criminalità organizzata, danneggiando solo e soltanto i cittadini. Persone che non hanno nulla di cui vergognarsi rischiano processi assurdi e vengono trattati come delinquenti, mentre chi vive nell'illegalità vede gonfiare sempre di più il portafogli. L'ex procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho ha detto a chiare lettere che la coltivazione domestica assesterebbe un duro colpo alle economie criminali e stiamo parlando di un uomo di Stato, un servitore delle istituzioni che si è occupato di antimafia dalla mattina alla sera. Bisogna mettere le cose in chiaro: la legge sull'autocoltivazione di cannabis non riguarda soltanto gli scopi terapeutici, perché chi afferma questo dice una bugia e commette per di più un'imprecisione storica. Infatti, in Italia l'uso terapeutico della cannabis è legale dal 2007 e corrisponde a un preciso e legittimo diritto alle cure; è compito dello Stato garantire le condizioni affinché tale diritto venga soddisfatto. Tuttavia, anche questo aspetto aiuta a comprendere quanto siano paradossali e inique le implicazioni del proibizionismo sulla società. In Italia, le gravi carenze della produzione di medicinali a base di cannabis - che, per la cronaca, a distanza di 15 anni dalla legge sull'uso terapeutico non copre nemmeno il 50 per cento del fabbisogno nazionale -costringono molte persone, affette da terribili malattie, ad affrontare una scelta allucinante. Infatti, se un paziente o un consumatore non ha alternative alla piazza di spaccio, se non quella di coltivare cannabis in casa, commettendo comunque un reato, vista la normativa vigente, allora è vittima di qualcosa che può essere definito in un solo modo: un ricatto. Non c'è altro modo di definirlo; questo è un ricatto con cui migliaia di consumatori, che non ci stanno a dare soldi alla mafia, sono, di fatto, costretti ad accettare il rischio di un processo per produzione illecita, che di base è assurdo e diventa grottesco quando sul banco degli imputati c'è un paziente al quale non è stata garantita la continuità terapeutica. Il caso emblematico è quello di Walter De Benedetto, affetto da una grave forma di artrite reumatoide in cura con la cannabis e mandato a processo per avere coltivato quella sostanza che lo Stato non ha saputo garantirgli. Questa è una follia, una follia da cui Walter è uscito assolto, con una sentenza che ha dimostrato la posizione favorevole di una buona parte della magistratura italiana sull'argomento. Walter, come sappiamo, non è più tra noi, ma continua a rappresentare i veri valori di legalità, di giustizia e di umanità che questa legge intende tutelare.

Esiste un altro aspetto ancora più importante, Presidente, che forse potrebbe sconvolgere i più scettici. Secondo le ultime relazioni al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, negli ultimi anni si registra un incremento sul consumo di cannabis tra i giovanissimi, l'ennesima sconfitta che si aggiunge alla chilometrica lista di fallimenti del proibizionismo. Noi possiamo, però, dire con assoluta fermezza che un sistema regolamentato, come quello previsto dalla legge sull'autocoltivazione legale non soltanto non sprona, ma anzi scoraggia il consumo da parte dei più giovani. Non sono soltanto parole, perché a dimostrarlo sono i numeri degli altri Paesi, i Paesi che si sono già avviati a questo processo di regolamentazione e che hanno evidenziato una significativa diminuzione del consumo da parte dei giovani. Infatti, un regime di cannabis legale non solo incentiva la formazione di un consumo più responsabile, perché consapevole e controllato, ma consente anche di diffondere una corretta informazione sulla sostanza, dove per corretta informazione non si intende quella fondata sul dogma lapidario che tutte le droghe fanno male, ma quella che dica chiaramente alla gente e soprattutto ai giovani quali sono i meccanismi d'azione, i rischi, gli effetti collaterali e le controindicazioni delle droghe che oggi si trovano nelle piazze di spaccio, a cominciare dal crack, che oggi è largamente diffuso nelle nostre piazze e i cui effetti sono gravi e non reversibili.

Bisogna dire ai nostri giovani come stanno le cose, bisogna distinguere le sostanze tra di loro, chiarire come agiscono, qual è la loro composizione e quali sono i loro effetti sull'organismo, perché questo è l'unico modo per distinguere anche diversi indici di pericolosità. Alimentare la retorica delle droghe tutte uguali, mettendo ogni sostanza sullo stesso piano, non aumenta l'allerta sulle droghe leggere e i dati sul consumo giovanile lo dimostrano. Al contrario, innesca una psicologia inversa che induce a derubricare le droghe pesanti e a sottovalutarne la dannosità, una conseguenza inaccettabile sull'educazione dei giovani che dimostra l'irresponsabilità di chi continua a dire che tutte le droghe sono uguali. Non è così, alcune uccidono e dobbiamo dirlo chiaramente. Tra l'altro, continuare a sostenere che la cannabis vada considerata alla stregua delle droghe pesanti significa anche disinteressarsi in maniera del tutto ingiustificata agli studi e alle decisioni della Commissione droghe dell'ONU che il 2 dicembre 2020 ha riconosciuto ufficialmente le proprietà benefiche e curative della cannabis, declassificandola e rimuovendola dall'elenco delle sostanze dannose.

In tutti questi anni di proibizionismo, invece, anziché allinearci fino in fondo alle indicazioni delle Nazioni Unite e promuovere la sicurezza dei cittadini, è stato fatto ben altro. Voglio concludere, Presidente: difendere i cittadini ingiustamente processati non è pensare alle canne; sostenere un'informazione corretta e responsabile sugli stupefacenti non è pensare alle canne, così come non lo è nemmeno una legge che consentirebbe nuove possibilità di crescita economica, così come non lo è riconoscere la manifesta inutilità del proibizionismo o la necessità di combattere seriamente i traffici illeciti della mafia.

Se per qualcuno tutto questo può essere condensato in un semplice pensare alle canne, non posso che allargare le braccia ma, a meno che non abbiamo intenzione di apostrofare come drogati centinaia di migliaia di cittadini che chiedono soltanto una legge seria, matura e al passo con i tempi, oggi dobbiamo riconoscere la complessità del fenomeno e l'esigenza di approvare questa legge. E oggi abbiamo l'opportunità di scrivere una pagina fondamentale della nostra storia con un provvedimento che pone fine al proibizionismo che per anni ha danneggiato i deboli, favorito i criminali e allontanato la politica dalle sue responsabilità. Ora, però, i cittadini ci chiedono questa responsabilità e pretendono risposte attive a una questione che, come l'esperienza di mezzo mondo dimostra, non può essere risolta a suon di sanzioni e bigottismo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 2307-A​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.    

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Boldrini ed altri; Fitzgerald Nissoli; La Marca; La Marca; Polverini e Vito; Orfini e Schiro'; Siragusa ed altri; Sangregorio ed altri; Ungaro e Migliore: Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza (A.C. 105​-194​-221​-222​-717​-920​-2269​-2981​-3511-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 105-194-221-222-717-920-2269-2981-3511-A: Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 28 giugno 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 28 giugno 2022).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 105-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, presidente della Commissione affari costituzionali, deputato Giuseppe Brescia.

GIUSEPPE BRESCIA, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Quella che stiamo discutendo sullo ius scholae è una legge che consentirà di acquistare la cittadinanza italiana a chi è nato in Italia da genitori stranieri o vi è arrivato entro il dodicesimo anno di età, purché vi risieda legalmente e abbia frequentato regolarmente, per almeno cinque anni, nel territorio nazionale, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale d'istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. È una legge che fotografa la situazione odierna della nostra società; una società che è cambiata in maniera profonda rispetto a trent'anni fa, quando la legge n. 91 del 1992 fu varata dal Parlamento. Era una legge che cercava di legare al nostro Paese tutti i nostri concittadini che emigravano verso l'America, verso l'Oceania, in cerca di una vita migliore attraverso il principio dello ius sanguinis.

Un principio assolutamente anacronistico a guardarlo oggi, che permette a centinaia di migliaia di persone che nella quasi totalità dei casi non sono mai state in Italia, non conoscono la lingua italiana, solo perché nel loro albero genealogico riescono ad individuare un avo di sangue italiano, di ottenere la cittadinanza italiana. Una problematica, questa, alla quale si sarebbe potuto porre rimedio anche con questo testo, ma che abbiamo scelto di lasciare fuori proprio perché le condizioni politiche in cui svolgiamo questa discussione, in cui stiamo cercando di approvare lo ius scholae, non ci permettono, non ci consentono, purtroppo, di allargare il perimetro della nostra azione. In questi trent'anni il nostro Paese ha accolto centinaia di migliaia di stranieri che hanno deciso di stabilirsi in Italia, costruire qui il proprio percorso di vita, lavorando qui, contribuendo, pagando le tasse, mandando qui i loro figli a scuola. Minori, questi ultimi che di fatto, al contrario di coloro ai quali concediamo troppo facilmente la cittadinanza con lo ius sanguinis, in molti casi non hanno mai visto il Paese di origine dei loro genitori, hanno sempre vissuto qui in Italia, studiano con i nostri figli, parlano solo in italiano, pensano e sognano in italiano, e ai quali, di fatto, non viene riconosciuto il sacrosanto diritto di far parte al 100 per cento di quella che a tutti gli effetti è la loro comunità.

È una situazione, questa, alla quale si deve porre rimedio, e si sta cercando di farlo con questa modifica alla legge della cittadinanza, che è una modifica - permettetemi di sottolinearlo - assolutamente moderata, ma che risponde ad un'esigenza molto sentita e condivisa dall'opinione pubblica, che è quella appunto di riconoscere a pieno titolo tutti questi minori. Si parla di circa 900 mila studenti, il 10 per cento del totale, e due terzi di essi fanno parte delle cosiddette seconde generazioni, che, dopo l'approvazione di questa legge, potranno accedere più facilmente alla cittadinanza, e quindi affrontare le proprie esistenze e le loro scelte future con più serenità. Sì, perché non è vero che questa sia una norma inutile, come hanno provato a sostenere le forze politiche che la avversano, perché risponde anche a esigenze pratiche che oggi i giovani stranieri devono affrontare, come non poter accedere ad un concorso pubblico nel momento in cui diventano maggiorenni o non poter partecipare attivamente alla vita politica del proprio Paese. Tutte problematiche, queste, che verrebbero risolte dall'approvazione definitiva di questa legge di civiltà e giustizia.

Così come non è vero che questa legge sia inopportuna: negli ultimi nove anni in cui ho frequentato la Camera dei deputati ho sentito troppe volte troppi colleghi utilizzare la retorica “benaltrista” per evitare di affrontare questioni cruciali. Naturalmente, anche in questa occasione abbiamo ascoltato sostenere la solita tesi: ma come, siamo appena usciti da una pandemia; ma come, con una guerra in corso, eccetera, eccetera.

Penso che chi sostiene queste argomentazioni lo faccia in modo strumentale perché non posso credere che così tanti colleghi abbiano così poca fiducia nelle capacità del Parlamento italiano di dare risposte all'altezza a più questioni complesse contemporaneamente. Io ne sono profondamente convinto, così come sono profondamente convinto che garantire i diritti debba sempre essere una priorità. Questa legge, poi, fa un'altra cosa molto importante: mette al centro del percorso di cittadinanza il ruolo della scuola come potente fattore di inclusione. Si riconosce il lavoro svolto nelle scuole italiane da educatori, insegnanti e dirigenti scolastici, tra mille difficoltà; un lavoro fatto di grande professionalità, di studio, di dedizione giornaliera che mira sicuramente ad includere il più possibile i minori stranieri, a farli sentire davvero pari rispetto ai loro compagni, a costruire cittadinanza, che è anche cultura dei diritti e dei doveri.

Sicuramente l'approvazione di questa legge andrebbe a supportare queste dinamiche virtuose, che sono già presenti nelle nostre città, tant'è che questo modello ha già ricevuto il plauso e il sostegno convinto delle Società scientifiche italiane di pediatria e pedagogia, che ringrazio per il contributo competente al dibattito. Poi trovo possa essere questa la sede opportuna per rispondere a tante sollecitazioni giunte da chi si oppone all'approvazione di questa legge.

Nel dibattito in Commissione alcuni colleghi hanno detto che questa legge è addirittura pericolosa, perché l'acquisizione della cittadinanza sarebbe un automatismo, cosa del tutto priva di fondamento. Infatti, basta leggere il testo per rendersi conto che c'è bisogno di fare un'esplicita dichiarazione di volontà da parte di un genitore. Si è detto che questa legge concederebbe automaticamente anche ai genitori di questi minori la cittadinanza italiana, e ovviamente questo fatto non è vero semplicemente perché non vi è alcuna disposizione in merito. Ancora, si è detto che questa legge non è conforme al nostro ordinamento nel momento in cui si permette ad un solo genitore di fare richiesta di cittadinanza per il proprio figlio, e anche questo è falso, perché sappiamo perfettamente che già funziona così per i naturalizzati: i loro figli acquistano la cittadinanza italiana anche se è un solo genitore ad acquistarla, dopo aver risieduto legalmente nel nostro Paese per dieci anni.

Si è detto anche che questa legge non rispetti e non consideri la volontà dei minori, quando invece, si legge, sempre nel testo, che al diciottesimo anno di età la persona che diventa cittadino italiano può optare per la rinuncia alla cittadinanza italiana. qualora lo volesse.

Passando ora a ripercorrere l'andamento dell'esame in sede referente svolto dalla I Commissione, ricordo innanzitutto che esso si è sviluppato lungo quasi tutto l'arco della legislatura in corso, dal 24 ottobre 2018 al 28 giugno 2022, per un totale di 25 sedute di esame, di cui 17 sedute di votazioni, per circa 28 ore di sedute, di cui 25 ore e 30 minuti circa di votazioni. Abbiamo svolto, dunque, un lavoro molto approfondito, che ci ha visti impegnati anche in diverse ore di audizioni, sviluppatesi per ben 19 sedute, in cui abbiamo sentito i pareri favorevoli di una lunga serie di associazioni ed esperti, tra i quali ricordo, ad esempio, Save the children, CIR (Consiglio italiano per i rifugiati), ASGI (Associazione Studi giuridici sull'immigrazione), Comunità di Sant'Egidio, Cittadinanzattiva, Libera, Centro Astalli, UNICEF, ANCI e tanti altri ancora. Siamo stati poi supportati da uno studio comparato con le altre realtà europee, che ci ha restituito una fotografia abbastanza chiara rispetto alla necessità di innovare il nostro ordinamento in materia; in Germania, ad esempio, la prima grande riforma del diritto sulla cittadinanza è entrata in vigore il 1° gennaio 2000; a seguito di questa riforma acquistano automaticamente la cittadinanza tedesca non solo i figli dei cittadini tedeschi, ovviamente, ma anche i figli di stranieri che nascono in Germania, purché almeno uno dei genitori risieda abitualmente e legalmente nel Paese da 8 anni, mentre da noi ce ne vogliono 10; oppure, in Spagna dove, tra le altre possibilità, esiste quella dell'acquisizione della cittadinanza con requisito di residenza su concessione del Ministro della Giustizia; il requisito fondamentale per la richiesta, in base alla residenza, è quello, come da noi, della residenza legale e continuata per un periodo di 10 anni come regola generale, ma, stabilito questo criterio di base, sono tuttavia presenti alcune eccezioni favorevoli, tra cui – udite, udite -, per coloro che sono nati in Spagna, un solo anno di residenza.

Ora, noi non stiamo, con questa legge, stabilendo un principio così spinto come quello vigente in Spagna; stiamo dicendo semplicemente che un bambino che risiede legalmente in Italia con la sua famiglia e che frequenta 5 anni di scuola, che quindi è radicato sul nostro territorio, e ha, in questi 5 anni acquisito la conoscenza della lingua italiana, degli usi, dei costumi, di tutti gli elementi della nostra cultura, si possa ritenere a tutti gli effetti italiano.

Ma la domanda che pongo a quest'Aula, Presidente è la seguente: dov'è il pericolo nel riconoscere questo dato di fatto? A chi stiamo togliendo qualcosa nel riconoscere questa realtà, così evidente? A me pare che non ci sia alcun rischio, a me pare che non si tolga nulla a nessuno, a me pare, anzi, che si aggiunga qualcosa, qualcosa di importante per le nostre comunità.

Mi avvio a conclusione e dico che, nel corso delle ultime legislature, è stato dedicato ampio spazio all'esame delle proposte di riforma della legge sulla cittadinanza, senza tuttavia giungere all'approvazione di un testo definitivo. Non possiamo permetterci un altro fallimento, non possiamo deludere le aspettative di tutti quei ragazzi che aspettano una risposta forte dalla politica e, per questo, spero che si riesca a svolgere un dibattito costruttivo nei due rami del Parlamento e si arrivi ad approvare in via definitiva questa legge entro la fine della legislatura.

Per tutti gli aspetti più tecnici, sia relativi all'iter in Commissione che all'articolato, rimando, con il suo permesso, a una relazione, che deposito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Igor Iezzi.

IGOR GIANCARLO IEZZI, Relatore di minoranza. Sì, grazie, Presidente. Inizia oggi la discussione di questa sorta di ius soli mascherato, un provvedimento folle che - lo dico con chiarezza - mette a rischio la stessa presenza della Lega all'interno di questa maggioranza.

In poche parole, questo provvedimento lo possiamo definire non prioritario, divisivo, inutile pericoloso e che pone anche seri problemi di legittimità costituzionale, non prioritario. Beh, forse voi non ve ne siete resi conto, ma nel momento in cui noi, nelle stesse ore, negli stessi minuti, negli stessi istanti in cui noi discutiamo, in quest'Aula, di droga libera e cittadinanza facile, fuori c'è una popolazione che ha difficoltà a far la spesa, che ha difficoltà a fare il pieno della macchina e c'è un Paese che deve fronteggiare il terribile e drammatico problema della siccità (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), e noi siamo qui a discutere di cose che non sono affatto prioritarie. È divisivo, è divisivo per il motivo che vi dicevo in precedenza, pone in gioco la presenza della Lega all'interno della questa maggioranza e spacca in due il Parlamento perché, a differenza di quello che avete tentato di fare, il centrodestra su questa riforma è compattamente contrario (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia); a differenza di quello che avete previsto voi, Forza Italia, considerata la vostra arroganza nel dire “no” a qualsiasi ipotesi di cambiamento, ha detto che non voterà a favore di questo provvedimento. È inutile, è inutile perché nel nostro Paese una legge sulla cittadinanza c'è già, è una legge che funziona e che rende il nostro Paese, in Europa, il secondo Paese per numero di cittadinanze concesse.

Quindi, la legge sulla cittadinanza nel nostro Paese funziona ed è inutile perché i minori nel nostro Paese non subiscono alcun tipo di discriminazione (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia), i minori possono andare a scuola, i minori possono andare in gita all'estero, i minori possono essere curati, i minori possono fare sport, i minori hanno le stesse identiche possibilità di qualsiasi cittadino italiano. È pericoloso, sì, è pericoloso, perché grazie a questo provvedimento i genitori non diventeranno cittadini, come è stato detto, ma diventerà impossibile espellerli (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia), diventerà impossibile espellere un genitore di un minore italiano, per un motivo ovvio, perché il nostro Paese tutela l'unicità della famiglia e, quindi, se un genitore commetterà un qualsiasi tipo di reato o gli scadrà, per qualsiasi motivo, il permesso di stare nel nostro Paese, non potrà comunque essere espulso, ed è pericoloso perché, a differenza di quello che è stato detto, crea automatismi; il problema è che l'automatismo non viene negato dal fatto che un genitore possa presentare la domanda, l'automatismo è dovuto al fatto che i ragazzi di Peschiera del Garda, quelli che hanno distrutto una città sventolando la bandiera marocchina e urlando e inneggiando all'orgoglio africano e che poi sono saliti su un treno e hanno tentato di abusare, di stuprare delle ragazze urlando loro dietro che non potevano salire su quel treno perché erano ragazze di pelle bianca, a quei ragazzi sarà impossibile impedire di dare la cittadinanza, perché voi non avete previsto alcuna condizione ostativa; l'unica condizione per ottenere la cittadinanza, per un ragazzo minore nel nostro Paese, è fare 5 anni di scuola e siccome quei ragazzi che ho citato, di Peschiera del Garda - come quello che è salito sul treno nel tentativo di stuprare una ragazza urlandole “tu sei di pelle bianca” - molto probabilmente frequentavano le nostre scuole non gli si potrà negare la cittadinanza, perché voi non avete previsto alcun meccanismo di diniego e c'è una sorta di automatismo diretto rispetto alla frequenza delle nostre scuole.

Inoltre, questo provvedimento pone seri problemi di legittimità costituzionale. Voi, in tutto il percorso per l'ottenimento della cittadinanza, non avete previsto un momento di condivisione da parte del ragazzo. Voi, che dite di essere i difensori dei ragazzi, con questi ragazzi, i cui genitori chiederanno la cittadinanza, non avete previsto una fase di ascolto, decideranno solo i loro genitori e, attenzione, questo è proprio il contrario di quello che dice la nostra Costituzione e di quello che dicono centinaia di atti, di leggi nel nostro Paese, di Convenzioni che noi abbiamo sottoscritto; vi faccio solo alcuni esempi: la normativa sulla privacy prevede che un minore che ha compiuto i 14 anni può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali; pensate, in una cosa così poco importante - il che non è vero – come il trattamento dei dati personali, il minore viene interpellato, mentre sulla sua cittadinanza il minore non viene interpellato. Altra questione: l'ascolto personale del minore, in linea con i principi internazionali, in primis fissati dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, è una costante normativa, dettata dalla necessità di attribuire rilievo alla sua volontà rispetto ai procedimenti che lo riguardano, di essere informato e di esprimere le proprie opinioni per la estesa valutazione del suo interesse.

Chi lo dice? Non lo dico io, ma lo dice la Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al secondo comma dell'articolo 12, che prevede che si darà, in particolare al fanciullo, la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale. Non solo, l'articolo 315-bis del codice civile, introdotto dalla legge 10 dicembre del 2012, prevede il diritto del minorenne che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Non solo, l'articolo 336-bis del codice civile, relativo all'ascolto del minore, prevede che il minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, sia ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Queste sono tutte leggi che voi violate, tutte convenzioni che voi violate. Non solo c'è il problema della parità tra uomo e donna, del rispetto dei due genitori, perché, in una prima fase del provvedimento, voi avevate previsto che entrambi i genitori dovessero dare il consenso, poi l'avete modificato, prevedendo che un solo genitore possa dare il consenso. Quindi siamo al paradosso per cui non solo non difendete la libertà del ragazzo, ma non difendete neanche la libertà dell'altro genitore che può dare o meno il consenso a questa cosa. Cosa succederà? Che il padre-padrone, in tante famiglie, potrà decidere per il figlio e per la madre. Difendiamo la possibilità del ragazzo di decidere per suo conto, difendiamo la possibilità per entrambi i genitori di condividere questo percorso. E, anche qui, credo che sia inutile citarvi tutti i riferimenti normativi che voi state violando, dal principio di uguaglianza dell'articolo 3 della Costituzione, che è un principio che, per consolidata giurisprudenza, deve ispirare, fra tutti, anche i rapporti genitoriali. Non solo, l'articolo 316 del codice civile dispone che entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale, che è esercitata di comune accordo. Non solo, l'articolo 5 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali recita parità tra i coniugi.

Insomma, avete fatto un pastrocchio e io credo che sia fondamentale da parte vostra ammetterlo. Io so benissimo che voi su alcuni di questi temi interverrete, perché alcuni di voi, alcuni nella vostra maggioranza si sono accorti di quello che avete combinato; il problema è che oramai il danno è fatto, il danno è irreparabile. Difendiamo i diritti anche di quei ragazzi che non vogliono diventare cittadini italiani e che, magari, sono costretti dai loro genitori a farlo per i motivi che ho esposto prima e che non hanno voce in capitolo. Voi avete tolto la possibilità ai minori e alle madri di esprimersi, perché questo succederà. La vostra è una legge liberticida, la vostra è una sorta di principio della sharia che avete introdotto nell'ordinamento italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo è quello che avete fatto e sono sicuro che, prima di farlo, avrete chiesto, probabilmente, l'autorizzazione a qualche imam vostro amico (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il sottosegretario Scalfarotto, se lo ritiene: si riserva di farlo successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Migliore. Ne ha facoltà. Abbiamo problemi di microfono, provi a cambiare postazione. Prego, l'ascoltiamo.

GENNARO MIGLIORE (IV). Grazie, signor Presidente. Ho trovato molto interessanti gli interventi che mi hanno preceduto dei due relatori. La velocità con la quale ha parlato il collega Iezzi: sembrava di ascoltare, quando si è in autostrada, AISCAT-Autostrade per l'Italia, pur di affastellare una serie di improbabili riferimenti normativi, rispetto ai quali, secondo la sua opinione, rispettabile, ma, ovviamente, non condivisibile, questa norma confliggerebbe. Io penso che dovremmo cercare di svelenire il clima e di ragionare delle vicende che riguardano persone in carne ed ossa.

Di uno vi voglio parlare all'inizio: non so quanti di voi conoscano Paolo Napoleon James Banchero. Non so quanti di voi lo conoscono, un ragazzo di 19 anni che, 2 anni fa, ha fatto la scelta di diventare italiano, di prendere la cittadinanza italiana, perché figlio di italiani. Probabilmente, molti di noi faranno il tifo per questo ragazzo, perché è una stella dell'NBA, già lo starà diventando. È stato la prima scelta, dopo il suo passaggio alla Duke University, di una squadra dell'NBA e ha deciso - ha fatto delle belle interviste anche sul Corriere dello Sport - di vestire la maglia azzurra. Nell'intervista diceva “non vedo l'ora di venire la prima volta in Italia, perché il mio bisnonno è venuto in America, si sono stabiliti a Seattle e io, dai racconti di mio padre e di mio nonno, ho deciso di diventare italiano”. Questo ragazzo, che penso diventerà un idolo di tanti altri ragazzi - e anche mio, che amo tanto il basket - l'Italia non la conosce, eppure sarà una gloria nazionale, sarà uno di quelli che, magari, verrà vantato come un esempio mirabile di che cosa vuol dire la presenza e la cittadinanza italiana.

Vorrei capire per quale motivo un ragazzo che, invece, è cresciuto nel nostro Paese - c'è stata addirittura una discussione, che ho trovato anche un po' surreale, sullo ius soli sportivo -, che ha avuto la possibilità di crescere, di formarsi di diventare un cittadino modello talvolta e talvolta non un cittadino modello, perché ciascuno deve rispondere personalmente delle proprie azioni e dei propri comportamenti e le leggi servono per punire non le categorie, ma le persone, qualora si violino le leggi; e, quindi, l'idea di considerare chi viola una norma rappresentante di una categoria addirittura - lo ha detto il relatore per la maggioranza - che riguarda 800 mila ragazzi minori che sono nel nostro Paese e che, teoricamente, secondo questa legge, a mio giudizio giustamente, avrebbero il diritto, il 10 per cento degli studenti di questo Paese, di essere considerati cittadini, in realtà non lo sono.

Vede collega Iezzi è quel “possono” che io trovo odioso: possono essere curati, possono andare a scuola, possono, possono, possono. Mi dispiace dirle e darle una brutta notizia, ma, in questo Paese, devono andare a scuola, devono essere curati, devono essere rispettati come tutti gli altri cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

È questa è la differenza che, talvolta, si cerca di mistificare attraverso una serie di inerpicate intorno alla burocrazia. La burocrazia, talvolta, può essere l'elemento attraverso il quale si cela una battaglia politica, che, però, ha un risentimento più profondo. Perché noi parliamo di cittadinanza, io voglio parlare di stranieri. Chi è straniero? Mi vengono in mente le parole di don Milani, che diceva: se voi avete il diritto di dividere in stranieri e cittadini, allora io ho il diritto di considerare gli oppressi la mia patria e gli oppressori i miei stranieri. Un uomo che ha lavorato tutta la vita fianco a fianco con le generazioni nuove, quelle che dovevano costruire l'Italia migliore. Allora vi invito ad andare nelle scuole, piuttosto che nei talk show televisivi, a chiedere agli insegnanti - mia moglie fa l'insegnante, quindi parlo anche per esperienza diretta - ai dirigenti scolastici, ai compagni di scuola se quei ragazzi sono stranieri; non se non hanno la cittadinanza su un pezzo di carta, dietro la quale voi vi nascondete come se fosse una foglia di fico, ma se sono stranieri, visto che hanno lo stesso accento, magari tifano le stesse squadre, magari sono persone che stanno dando un contributo e contribuiranno, probabilmente, al nostro Paese.

Invece voi dovete combattere qualche battaglia che vi porterà qualche voto in più. Ormai la questione dell'immigrazione, ve lo voglio dire con grande chiarezza, non è più al centro della narrazione della destra neanche in altri Paesi. Voi avete bisogno ancora di raccontare questa storia che c'è un pericolo. Addirittura, le ultime parole non le cito neppure perché, francamente, mi hanno anche infastidito per il riferimento culturale e religioso offensivo, oltraggioso nei confronti di tanti di noi. Mi riferisco a tanti cittadini e non a noi di centrosinistra che siamo in quest'Aula a proporre una legge ragionevole. La legge funziona bene e voi avete stabilito un principio secondo il quale questa legge funziona benissimo. Secondo voi non funzionava benissimo. Io ricordo quando il Ministro dell'Interno Salvini ha tentato in tutti i modi di modificarla in peggio, magari mettendoci qualche cavillo con i decreti sicurezza. Ricordo quando non sono state date le comunicazioni per tempo - mentre questa legge lo prevede - dall'ufficio anagrafe agli aventi diritto entro i mesi necessari per poter fare la domanda, entro i diciotto anni perché dopo i diciott'anni non c'era più la possibilità, se non lo facevi entro un tempo ragionevole. Perché vi accanite? Non c'è niente per cui accanirsi se non trasportare una bandiera che prima o poi si scolorirà nelle vostre mani. Questi ragazzi sono, talvolta, i nostri portabandiera e, talvolta, invece no, sono cittadini e i cittadini hanno diritto alla cittadinanza.

Voi volete affrontare un tema così complesso mettendolo nel novero delle reazioni retoriche di una destra ormai ripetitiva che oggi ha parlato di droga in libertà mentre invece stavamo parlando di un principio. Certo, quello può essere un elemento più divisivo, lo capisco. Io sono un antiproibizionista ma capisco chi magari ha sincere preoccupazioni. Quando c'è un diritto che riguarda una singola persona, che riguarda il vissuto di quella persona, che riguarda il rapporto essenziale che esiste tra la comunità e quella persona, voi non avete un alcun diritto di chiamarlo straniero. Per me questi ragazzi non sono stranieri, non lo sono per i loro insegnanti, non lo sono per i loro amici, non lo sono per i miei figli. Penso che questa debba essere la logica attraverso la quale noi ragioniamo e che metteremo anche in campo. È necessario - ne abbiamo discusso prima anche con altri colleghi - qualsiasi elemento che possa essere di chiarificazione, per esempio, rispetto alla concessione di un solo genitore. È vero, bisogna dirlo, su questo c'è bisogno di contemperare le esigenze perché è evidente che per un minore è importante anche capire quale sia l'equilibrio delle responsabilità. Certamente, la prima formulazione non andava bene perché parlava di una contestuale permanenza di entrambi i genitori e noi sappiamo che spesso i ragazzi che sono qui in Italia magari hanno solo un genitore residente regolarmente sul nostro territorio. Parliamo di questo, di rendere più chiaro un dispositivo normativo che peraltro può servire ad un'intera collettività, e non di queste assurdità che io ho sentito - non voglio usare parole pesanti - rispetto al fatto che ci sarebbe un attentato alla nostra comunità nazionale. Vorrei che questa considerazione non partisse dal diciottesimo anno. Non è vero che non ci sono problemi, ci sono problemi per quanto riguarda i viaggi all'estero, ci sono problemi per quanto riguarda la presenza all'interno di alcune condizioni che devono essere rispettate.

Non sempre con la legge attuale si possono fare, per esempio, i concorsi pubblici perché passa del tempo. Ci sono problemi che riguardano la vita di persone che contribuiscono alla ricchezza nazionale, che ne potrebbero essere promotori e addirittura esserne campioni.

Non voglio fare un intervento molto lungo ma sento l'esigenza di dirvi che questa non può diventare una battaglia divisiva nel Paese. Voi la volete utilizzare come campagna elettorale e, tra l'altro, non capisco quale motivo ci sia di associarla a legittime preoccupazioni e sofferenze. A qualcuno che ha sete devi dare l'acqua, non devi togliere la cittadinanza al suo vicino di casa; Dovete essere capaci, anche perché siete al Governo, cari colleghi della Lega, di dare un contributo in più rispetto ai problemi che dovremo affrontare di qui in avanti. Bisogna essere sinceri con quelli che sono con noi, non scaricare il problema, non deviare l'attenzione. Quelli che deviano l'attenzione siete voi. Questa legge, che voi dite non necessaria e dannosa, è una legge che aspettiamo da vent'anni, come minimo, da quando si è iniziata questa discussione con numerose sedute all'interno di questo Parlamento. Noi aspettiamo una legge, non perché vi sia un diritto che viene tolto a qualcuno di coloro i quali voi vi sentite legittimi rappresentanti, ma perché aumenta la capacità di integrazione della nostra società. Un problema serio come quello dell'integrazione non può essere affrontato seminando uova di serpente e odio perché queste uova di serpente, prima o poi, si schiudono e voi, come nel principio classico di coloro i quali utilizzano un elemento sempre ricorsivo per dire di male in peggio, direte che è stata colpa della apertura e della tolleranza. Invece bisognava prevenire. Il buon padre di famiglia - lo dico a chi usa termini come famiglia e buon padre all'interno di una destra cosiddetta tradizionalista - si occupa di prevenire, non di impaurire. Preferisco avere la buona coscienza di affrontare questo tema per tempo e di rendermi conto che esiste uno strumento lecito che viene utilizzato in tanti altri Paesi. Abbiamo parlato prima degli Stati Uniti che, secondo il quattordicesimo emendamento della loro Costituzione, prevedono uno ius soli assoluto. Altri Paesi prevedono uno ius soli temperato: in Portogallo è più semplice, in Germania meno e anche in Francia esiste. Ci sono tantissimi Paesi che adottano misure temperate per riconoscere la cittadinanza. Noi vogliamo essere uno di questi. È una mediazione rispetto allo ius soli assoluto ma è anche un passo in avanti rispetto alla civiltà e alla comunità nella quale ci troviamo. Penso che possiamo fare un buon lavoro, credo che questo Parlamento ne abbia il diritto e credo che in questo, come si suol dire, i bambini ci guardano e noi dobbiamo dare il buon esempio (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mollicone. Avevo capito che c'era una richiesta di consegna di un intervento. Peraltro, i colleghi che volessero fare altrettanto possono segnalarlo. Prego, deputato Mollicone.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, per sapere se i lavori finiranno alle 20, dopo l'intervento della collega Montaruli.

PRESIDENTE. Non c'è un orario fissato. È prevista la discussione generale e si va avanti per esteso finché non si esauriscono gli interventi nel loro minutaggio.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Va bene, allora aspetto.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Presidente, davanti alle parole del collega che mi ha preceduto - non il collega Mollicone ma il collega Migliore, che peraltro rispetto - e cioè che i bambini ci guardano, francamente mi chiedo quale problema abbia la sinistra con i bambini e lo dico ancora una volta su questo provvedimento.

I bambini ci guardano, sì, e spero che qualcuno ci stia ascoltando; oggi mi voglio rivolgere soprattutto a loro, ai bambini stranieri che sono in Italia e che state utilizzando come una bandierina in maniera strumentale per una proposta di legge assolutamente ideologica e strumentale agli interessi, ancora una volta, così come avviene per determinati altri temi, degli adulti. Presidente, credo che i bambini che ci guardano vogliono vivere, anche quelli stranieri, in un Paese che affronta i temi prioritari dove certamente c'è il loro destino, ma il loro destino è se vivono in un contesto che sa affrontare le emergenze del momento. Invece, si ritrovano, i bambini che ci guardano, con un Parlamento in cui, nel giorno in cui il prezzo della benzina schizza ancora una volta alle stelle e la crisi internazionale ricade sulle nostre teste, incutendo terrore non soltanto ai cittadini italiani ma anche a molti stranieri perbene, si parla non solo dello ius scholae ma anche della cannabis libera. Voglio proprio vedere se quei bambini che ci guardano e le loro famiglie sono tanto contenti di vedere che la proposta di legge che voi sbandierate a loro favore è portata avanti dalle stesse forze politiche che regalano la droga per le strade. Non credo che questo parallelismo vi faccia tanto bene, amici della sinistra, non credo proprio. Credo che oggi apriranno gli occhi, a maggior ragione apriranno gli occhi i cittadini italiani rispetto a quello che fanno alcune forze di maggioranza in questo Parlamento, apriranno gli occhi sul modo strumentale in cui portate avanti proposte di legge tirando per la giacchetta i bambini e i cittadini che ci sono in questa Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Noi chiediamo che entrambi i provvedimenti, portati avanti strumentalmente in quest'Aula, vengano espulsi dal calendario di questa Assemblea e lo chiediamo in maniera particolare proprio oggi perché, ancora una volta, come ho già detto, questo parallelismo e questo dibattito avviene in maniera strumentale. Alle forze che si dichiarano di centrodestra presenti in quest'Aula voglio dire solo una cosa: non avete fatto questo Governo probabilmente per approvare lo ius soli mascherato, non avete fatto questo Governo per approvare la cannabis libera, non avete fatto questo Governo per dare spazio come ho sentito alla sharia, allora staccate la spina, fuori dal Governo! Questo Governo deve andare a casa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

Arrivando al merito del provvedimento, basterebbe riascoltare sia l'intervento del relatore sia del collega Migliore, che hanno dato supporto al provvedimento, per capire cosa c'è dietro. Entrambi i colleghi a sostegno dello ius scholae hanno motivato il loro supporto richiamando gli italiani all'estero, quasi minacciando di togliere la cittadinanza agli italiani all'estero e criticando lo ius sanguinis. Questo è stato l'incipit e questo è stato il modo in cui hanno introdotto il loro sostegno allo ius scholae e hanno così gettato la maschera del loro sentimento fortemente anti-italiano. Infatti, questo è un provvedimento anti-italiano; e la condotta che viene assunta in quest'Aula è profondamente anti-italiana nel momento in cui si chiede di discutere questi due provvedimenti di fronte al contesto generale che sta attraversando l'Italia.

Si è detto anche: no, possiamo discuterlo questo provvedimento, questa questione di urgenza che pongono Fratelli d'Italia - ho sentito adesso i colleghi della Lega - non modifica il calendario e la possibilità di discutere altri provvedimenti che in tema di emergenze. Benissimo, allora non abbiate più la faccia di porre questioni di fiducia richiamando l'urgenza e la mancanza dei tempi, non abbiate più la faccia di porre ancora una volta un ricatto nei confronti dei parlamentari ponendo questioni di fiducia, perché alla prossima questione di fiducia verranno fuori ancora una volta le vostre bugie.

Ho sentito parlare di discriminazione, ho sentito il presidente Brescia dire: ma a chi toglie? Ancora, ho sentito dire che il nostro è un Paese che ha accolto tanti stranieri che hanno costruito in Italia la propria casa, la propria famiglia. Sì, ma non ha accolto soltanto loro, purtroppo noi tutti i giorni sulle nostre coste vediamo un'Italia che accoglie tutti, che non fa differenze sul rispetto delle regole, che non distingue lo straniero che sta in Italia e che lavora, che paga le tasse e che manda i figli a scuola, da quello che invece non lo fa. Allora la prima discriminazione viene proprio da chi non fa questa distinzione; i primi discriminati sono proprio gli stranieri che hanno fatto un lungo percorso di integrazione.

Sento anche tanta saccenteria rispetto a questo tema, come se la verità fosse sempre soltanto dall'altra parte e noi fossimo persone zotiche e brutte, che assolutamente non vivono la realtà di molte persone straniere che vivono in Italia. Io riporto qui in quest'Aula un'affermazione che mi ha fatto proprio una cittadina straniera, una persona straniera divenuta cittadina che mi ha detto: uno non basta, uno che rispetta le regole non basta per riconoscere un processo d'integrazione compiuto in Italia. Allo stesso tempo io dico: la cittadinanza non basta, non è la cittadinanza che fa l'integrazione; è l'integrazione che fa il cittadino e fa la cittadinanza. Ed è vero, collega Migliore, che questo è un Paese che deve garantire il percorso scolastico, deve garantire cure gratuite, deve garantire l'accesso ai servizi essenziali, garantisce addirittura il reddito di cittadinanza a chi cittadino non è. L'Italia il suo, lo fa! Però, come sempre avviene, quando un Paese – e l'Italia è una grande Nazione - dà ospitalità e accoglie sul proprio territorio, serve anche riconoscere quanto il Paese ospitante sta facendo nei tuoi confronti. Ed è qui uno dei punti principali che ci divide. Le forze di sinistra, insieme al Movimento 5 Stelle, stanno di fatto e l'hanno detto demolendo la struttura dello ius sanguinis, ritenendola obsoleta e sostenendo che debba esserci uno ius soli, ma lo ius sanguinis incarna concettualmente il più grande concetto di patria: la patria, infatti, è la terra dei padri, non è la terra in cui nasci magari casualmente; è la terra dei padri, quindi c'è un vincolo, sì, di sangue, tra la patria e, quindi, la Nazione di provenienza e te stesso e il tuo destino. Questo essere terra dei padri si coniuga con un'altra cosa: la lingua madre. Quand'è che noi non ci sentiamo esclusi? Quando noi comprendiamo perfettamente la lingua, comprendendo la lingua capiamo tutto ciò che ci circonda e le sue dinamiche. Il connubio, il matrimonio tra il padre e la madre, questo matrimonio, ci rende autenticamente cittadini.

L'altro giorno in piazza Capranica è stato inscenato un matrimonio a sostegno di questa legge. Io sono andata ad approfondire il flash mob che è stato realizzato e la prima osservazione che è naturale fare è che, in Italia, ci si sposa a 18 anni - perché? - e, soprattutto, non ci si sposa per procura, perché un genitore lo chiede per te.

Allora, oltre ad essere impropria l'iniziativa in sé rispetto alla tematica, questo ci introduce nelle grandi criticità di questo provvedimento, perché è stato detto un po' di tutto. Anch'io ho sentito scorrettezze rispetto al contenuto di questo provvedimento. Intanto, questo provvedimento non prevede che il minore frequenti cicli scolastici; può frequentare uno o più cicli scolastici, ma può anche frequentare un qualsiasi corso di formazione, perché maturi i cinque anni per acquisire la cittadinanza italiana. E questo non è ius scholae, perché lo ius scholae prevedrebbe, come minimo, la scuola dell'obbligo. Questo prevedrebbe lo ius scholae! Voi non prevedete la scuola dell'obbligo e, quindi, questo non può essere definito uno ius scholae e il percorso di acquisizione della cittadinanza non può essere associato alla frequentazione della scuola dell'obbligo, perché non è un requisito richiesto. Sono richiesti cinque anni di frequentazione di un qualsiasi corso. Facciamo chiarezza. Quindi, visto che i bambini ci vedono, voi non fate distinzione tra il bambino che inizia le scuole elementari, che va alle medie e continua al liceo e il ragazzo che entra nel nostro territorio, non conosce la lingua italiana e fa cinque anni di un qualsiasi corso di formazione per poter acquisire la cittadinanza. Voi, questo, non lo fate. Senza fare discriminazioni, questo è. Quindi, non distinguete il percorso dal non percorso. E ancora di più: nemmeno fate una valutazione nel merito. Avete provato con un emendamento raffazzonato a dire che, dopo cinque anni di elementari, bisogna uscire dalle elementari per avere la cittadinanza. Va bene se nei cinque anni sono computate le scuole elementari, ma se nei cinque anni non si maturano gli anni di scuola elementare, ma si maturano gli anni di un qualsiasi corso, non c'è alcuna valutazione. Non è verificato se conosce o meno la lingua italiana, non è verificato se conosce la nostra Costituzione che è alla base del nostro ordinamento. Niente di tutto questo, ripeto, niente di tutto questo.

Avete detto che è un provvedimento che riguarda i ragazzi, che è fatto per i ragazzi: no, no! È fatto per gli adulti. Mi spiegate che senso ha - in una Nazione che deve garantire la scuola dell'obbligo, che deve garantire il welfare, che deve garantire cure gratuite e, giustamente, la socialità - anticipare la soglia dell'acquisizione della cittadinanza dai 18 anni a un momento in cui il diretto interessato è ancora minore? Perché? Perché, acquisendo il minore la cittadinanza, il genitore, che è soggetto a un provvedimento di espulsione o che potrebbe essere soggetto a un procedimento di espulsione, non verrà espulso! E voi state utilizzando i minori per questo motivo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Bisogna dirlo agli italiani chiaro e tondo! Perché, altrimenti, non si capirebbe come mai non volete che l'acquisizione della cittadinanza avvenga ai 18 anni, che coincide proprio con il momento in cui si matura il diritto di voto. Non è neanche per dare il diritto di voto ed eventualmente garantirlo ai minori, perché i minori non possono votare. Quindi, non è come dite, come avete paventato voi.

Altra maschera che viene gettata! È minore. Perché voi non lo fate per i minori? Semplice (si vede, leggendo il testo), perché non chiedete neanche che venga ascoltato il diretto interessato di un diritto-dovere fondamentale, come quello della cittadinanza; in un contesto in cui essere italiani dovrebbe essere una scelta quotidiana, voi neanche vi ponete il problema di ascoltare il parere del minore, perché per voi il minore è zero. Bambini guardateci: per loro, il minore è zero! Per loro, i vostri diritti sono zero! I bambini ci guardano: guardateli, neanche chiederanno il vostro parere. Ma a chi lo relegheranno? Ai genitori. All'inizio erano entrambi i genitori, poi con un emendamento, così, pensavano che non ne tenessimo troppo conto ed è diventato un solo genitore, ripeto, un solo genitore! E questo è un altro colpo gravissimo al nostro ordinamento che si fonda sulla parità genitoriale, dove il papà e la mamma hanno gli stessi strumenti e la stessa potestà nei confronti dei figli. La parità genitoriale vale per tutto quello che riguarda i minori, tranne per un diritto così importante come la cittadinanza, e come mai? Un colpo al nostro diritto di famiglia, un colpo alla parità all'interno della famiglia, un favore a quei contesti che, invece, dovremmo combattere, dove c'è un soggetto debole che subisce e un altro che, invece, la fa da padrone all'interno della famiglia e soggioga tutti gli altri componenti. E non venitemi a dire quello che ho sentito in Commissione, ossia che, finalmente, le donne potranno andare, in maniera indipendente, a chiedere la cittadinanza per il proprio figlio. E certo, perché una donna soggiogata esce di casa, va a chiedere la cittadinanza per il proprio figlio, pensa che il marito, che prova a metterla in una situazione di inferiorità, non se ne accorga e torna a casa tranquilla e serena. No. Questo dove avviene? Nel Paese di Bambi? Perché nella nostra Italia questo non avviene, ve lo comunico, non avviene. Mi chiedo dove siano le femministe, perché loro, eventualmente, dovrebbero difendere il fatto che ci deve essere una parità genitoriale. No. Lo facciamo noi e ci crediamo. Parità genitoriale, ripeto, parità genitoriale. E anche se ci fosse nuovamente la volontà di entrambi i genitori, il minore, ripeto, non verrebbe ascoltato, motivo per cui dico a quei ragazzi che hanno fatto quel flash mob e a chi ci guarda che, su un diritto così importante, deve essere il diretto interessato ad avere l'ultima parola in capitolo.

Quindi, o è ascoltato prima o, altrimenti, si aspettano i 18 anni, quando viene riconosciuto il suo volere giuridicamente con un valore forte all'interno del nostro ordinamento.

In Italia, non ci si sposa al di sotto dei 18 anni e questo ha un motivo, perché, al compimento dei 18 anni, viene ritenuto maturo e consapevole delle conseguenze delle scelte e lo stesso deve avvenire per la cittadinanza, altrimenti non è un matrimonio, è un matrimonio combinato, quei matrimoni combinati che in Italia non vorremmo più vedere. Chi è che rimane escluso?

Rimangono esclusi e presi in giro tutti coloro a cui, in queste settimane, oggettivamente, è stato raccontato un altro provvedimento. Addirittura, ho letto che il Presidente Fico - addirittura il Presidente Fico! - nel giustificare questo provvedimento…

PRESIDENTE. Concluda, collega Montaruli.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). …ha detto - e concludo - davanti ad alcuni ragazzi: questi ragazzi hanno dieci anni, hanno fatto le scuole dell'obbligo e non capisco perché non debbano diventare cittadini italiani e perché non debba passare lo ius scholae. È semplice: perché questo ius scholae non è uno ius scholae, non prevede la scuola dell'obbligo e non prevede che i ragazzi debbano stare da dieci anni in Italia. Neanche il Presidente Fico conosceva correttamente questo provvedimento. Questo la dice lunga su cosa avete raccontato agli italiani in questi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Magi. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. La giornata parlamentare di oggi, in una fase di grave crisi istituzionale, di crisi del Parlamento, della rappresentanza, dei corpi intermedi e anche dello Stato di diritto e dei diritti (basta guardare a cosa è accaduto negli Stati Uniti con la recente sentenza della Corte suprema), rappresenta un'occasione rara per questo Parlamento e un'occasione da non sprecare, anche perché si tratta dell'esame di due proposte - questa e quella che abbiamo trattato nella discussione generale che ha preceduto la discussione in corso - di iniziativa parlamentare che sono un oggetto raro in questa legislatura, come anche nelle precedenti ma in questa in particolare.

Vorrei subito dire, a chi evidentemente con l'arrivo dell'estate sente l'irresistibile attrazione per i Papeete o per il Papeete, che ci si può occupare di questioni che riguardano da vicino la vita delle persone, come la concessione della cittadinanza e anche la cannabis e, quindi, le ricadute sulla giustizia, cioè gli aspetti relativi all'amministrazione della giustizia, gli aspetti penitenziari, gli aspetti della salute dei cittadini e, al contempo, occuparsi delle bollette. Le due cose non sono necessariamente disgiunte e non è detto che chi neghi la necessità di occuparsi di cittadinanza e di cannabis non trovi anche il modo migliore per occuparsi di bollette.

Dicevo che la legge che noi intendiamo modificare ha più di trent'anni. Il contesto del 1992 è cambiato, per non parlare di quello della precedente legge del 1912, e in quel momento il legislatore decise di adottare una normativa, tenendo presenti le condizioni di contesto sociale e storico, che non dipendono dalla volontà dei partiti, anzi i partiti dovrebbero tenerne conto nel legiferare. In quel momento, il nostro Paese era una terra di emigrazione molto di più che di immigrazione qual è ora, qual è, in realtà, almeno a partire dalla metà degli anni Settanta, e quella disciplina era stata ispirata prevalentemente dall'esigenza di mantenere un legame tra italiani emigrati all'estero e il Paese di origine. A distanza di trent'anni, l'esigenza della politica, che vuole stare al passo con i tempi, come si dice, e con la società, dev'essere, invece, quella, a nostro avviso, di garantire a persone che hanno una diversa origine gli stessi diritti, indipendentemente dal luogo in cui sono nate e dal colore della pelle.

In altre parole, per rispondere, per il suo tramite, alla collega Montaruli, che ripeteva un po' ossessivamente: “Pensate ai bambini, pensate ai bambini!”, pensare oggi di modificare la legge sulla cittadinanza significa guardare al futuro di questo Paese, né più né meno. Capisco che possa risultare inaccettabile per alcuni in quest'Aula, che hanno fatto dell'immigrazione un tema su cui sin dall'inizio di questa legislatura operare in maniera ossessiva e strumentale, con una demagogia martellante e con la retorica dell'invasione, ma, in realtà, oggi modificare e riformare la legge italiana sulla cittadinanza significa dare un futuro a questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), significa guardare al futuro di questo Paese tenendo i piedi ben saldi nella realtà demografica, sociale e storica attuale.

Per comprenderlo basterebbe vedere le tre riforme della legge sulla cittadinanza che sono state fatte in Francia negli ultimi decenni (nell'ultimo secolo e mezzo).

Quindi, davvero non si tratta retoricamente di pensare ai bambini, ma si tratta di pensare da legislatori. Dovrebbe essere scontato che un ragazzino o una ragazzina minorenni nati in Italia o presenti nel territorio da prima che compissero 12 anni, che abbiano frequentato le stesse scuole, le stesse classi, gli stessi ambienti e le stesse amicizie dei vostri e dei nostri figli siano italiani a tutti gli effetti, nel caso in cui lo vogliano. Noi ci metteremo tutto il nostro impegno e speriamo di trovare, con l'impegno, anche i numeri e le condizioni parlamentari perché questa legge arrivi in porto.

Ringraziamo il presidente e relatore e tutti i membri della Commissione che hanno consentito di arrivare a questo punto.

PRESIDENTE. Concluda.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). Concludo davvero, Presidente. Soprattutto, vogliamo contrastare la retorica di chi dipinge questo provvedimento come qualcosa di superfluo. È qualcosa che attiene - ripeto - al futuro del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rina De Lorenzo. Ne ha facoltà.

RINA DE LORENZO (LEU). La ringrazio, Presidente. La proposta di legge che questa Camera discute oggi arriva a trent'anni di distanza dall'approvazione della legge n. 91 del 1992. Esattamente trent'anni fa, nel febbraio del 1992, il Parlamento italiano emanava una legge sulla cittadinanza, aggiornando un sistema di norme e di regole sul tema - immaginate: nel 1912, durante la cosiddetta età giolittiana - per stabilire chi e come potesse diventare cittadino italiano. In altre parole, una legge tuttora in vigore, legata a un'idea che oramai appartiene al passato, cioè l'Italia intesa come un Paese di emigrazione più che di immigrazione. Trent'anni segnati da grandi cambiamenti sociali, culturali e antropologici in Italia e nel mondo intero e interpretati mirabilmente dalla comunità educante che non ha mai smesso di introdurre modelli innovativi di integrazione per rispondere ai bisogni differenziati dei minori studenti con background migratorio.

Il provvedimento in discussione si sintonizza, dunque, con la realtà, entra in connessione con essa, si fa interprete delle profonde trasformazioni avvenute nella società italiana e di fatto aggiorna le norme in materia di cittadinanza, riconoscendo il ruolo fondamentale della scuola nella costruzione di percorsi culturali di integrazione e di inclusione dei minori, di tutti i minori. Con questa proposta di legge si permette di richiedere, infatti, la cittadinanza alla fine del compimento di almeno un ciclo scolastico negli istituti italiani o se si è nati qui o arrivati entro i 12 anni e si hanno entrambi i genitori regolarmente presenti. Si riconosce, quindi, a tutti quei giovani, che di fatto sono italiani, il diritto alla cittadinanza, quel diritto che taluni vogliono negare.

In questi mesi, in cui si è avviato il dibattito e la discussione sul tema, diversi sono stati i contributi e gli impulsi che sono arrivati e giunti dalla società civile e dalle associazioni, con il sostegno qualificato delle associazioni dei pedagogisti e dei pediatri. Tutti hanno sottolineato quanto sia difficile dire che chi studia con i nostri figli non sia italiano. Con questa legge il Parlamento prende semplicemente atto della realtà, di una società multiculturale italiana che nella scuola ha gettato le sue fondamenta.

E' un provvedimento che trasla sul piano legislativo un dato di realtà, fotografato ogni giorno, ogni momento, nelle aule delle nostre scuole, in cui c'è un approccio culturale universalistico verso l'inclusione che riguarda tutti e che tutti siamo chiamati a disegnare attraverso un orizzonte che è in continuo dinamismo, perché la nostra è una società complessa, eterogenea; le stesse complessità ed eterogeneità che noi ritroviamo all'interno delle aule.

Proprio quei modelli pedagogico-didattici, organizzativi, normativi e sociali sono riprodotti nella scuola che contribuisce al cambiamento della società, giorno dopo giorno. È una società, la nostra, che registra la presenza di circa un milione di studenti di cittadinanza non italiana presente nelle nostre scuole, alunni che studiano fianco a fianco con i loro coetanei, cittadini italiani, e che tuttavia rischiano di essere percepiti come soggetti di serie B. Nelle scuole, nella classi nessuno è straniero dell'altro e questo provvedimento, quello appunto per il quale è in corso questa discussione, ha la finalità di mettere al centro il ruolo della scuola come potente fattore di integrazione, come luogo aperto a tutti, come dice la nostra Carta costituzionale.

È un provvedimento, dunque, che non può prestare il fianco a manipolazioni, a strumentalizzazioni politiche, a distorsioni mediatiche che alimentano soltanto la propaganda. È un provvedimento che riconosce il diritto alla cittadinanza, agganciandolo al percorso di almeno cinque anni nelle scuole italiane, dove, grazie ad una serie di interventi normativi importanti e consistenti, è già intervenuto un cambiamento di stile linguistico. Se pensiamo a tutti gli interventi operati al fine di migliorare il processo di integrazione e di inclusione, arriviamo al documento del 2022 in cui sono cancellate le parole “alunni stranieri” e questi termini hanno lasciato il posto all'espressione “alunni provenienti da contesti migratori”. Lo straniero, a scuola, non esiste e la scuola è una delle cellule fondamentali della nostra società.

La proposta di legge in discussione sfugge dunque alle dinamiche ius sanguinis e ius soli per approdare a un'interpretazione originale della questione della cittadinanza che fa perno, appunto, sul concetto di ius scholae. È italiano non solo chi è nato tale, ma anche chi lo diventa, frequentando regolarmente, per almeno cinque anni, un ciclo presso istituti del sistema nazionale di istruzione.

Quando ci giriamo intorno, raccogliamo le indicazioni che ci arrivano dai nostri figli e dai nostri nipoti e, attraverso le loro parole, riusciamo a vedere come, proprio a scuola, i bambini, i ragazzi, gli adolescenti, figli di stranieri, vivono già da italiani, parlano già da italiani. I loro sogni li fanno da italiani.

La riforma della cittadinanza pone dunque la scuola al centro del processo di formazione dell'identità nazionale e, così facendo, rende giustizia al lavoro appassionato di decine di migliaia di lavoratori dell'istruzione, docenti e dirigenti scolastici che, ogni giorno, prestano la loro attività insostituibile per la costruzione di una comunità educante, di una collettività ispirata al principio della solidarietà. Molti studenti sono figli di immigrati di seconda generazione, a volte parlano l'italiano, con le inflessioni locali dei nostri bei dialetti regionali.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Istat, il numero di minori stranieri che abitano nel nostro Paese supera addirittura il milione; si tratta, circa, dell'11 per cento della popolazione residente al di sotto dei 18 anni e, secondo le stime riportate dal report del Ministero dell'Istruzione, rispetto agli anni 2019 e 2020, gli alunni con cittadinanza straniera nelle scuole di ogni ordine e grado, quindi, dalla scuola dell'infanzia alla secondaria di secondo grado, sono oltre 870 mila. Per loro la scuola italiana ha risposto con professionalità e anche con un suo modello, grazie, come dicevo, appunto, alle competenze degli insegnanti, ma anche alla creatività delle autonomie scolastiche, a cui il legislatore ha offerto una cornice legislativa.

Dunque, quel cambiamento - che, quotidianamente, si registra nella scuola, luogo di arricchimento e di crescita per eccellenza, laboratorio di comunità, dove le ragazze e i ragazzi si sentono parte di un “noi” più grande, la scuola che è porta di accesso all'essere cittadine e cittadini - deve avvenire anche nelle istituzioni.

Questa legge diventa davvero uno strumento indispensabile per fotografare una realtà ed evitare che la politica, ancora una volta, dimostri di essere scollata da quelle che sono le dinamiche quotidiane che viviamo tutti quanti nel Paese reale.

Il testo in discussione prevede che possa acquistare su richiesta la cittadinanza il minore straniero nato in Italia, che abbia risieduto legalmente senza interruzioni in Italia, che abbia frequentato regolarmente nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici. Tale possibilità è aperta anche al minore straniero che ha fatto ingresso in Italia entro il compimento del dodicesimo anno di età. Si tratta di una cittadinanza che si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà entro il compimento della maggiore età dell'interessato, resa dai genitori legalmente residenti in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale.

Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l'interessato può naturalmente rinunciare alla cittadinanza italiana e, qualora non sia stata espressa tale dichiarazione di volontà, l'interessato acquista la cittadinanza, se ne fa richiesta all'ufficiale di stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età.

Questo è il contenuto della proposta di legge in discussione alla Camera che recepisce, di fatto, le storie dei ragazzi e delle ragazze, dei figli e delle figlie di immigrati, giovani di seconda generazione, un milione, dicevamo, che il nostro Paese non può far finta di non vedere. Dunque, lo ius scholae deve essere il primo passo nel campo dei diritti, perché il riconoscimento di un diritto non impedisce agli altri di giovare di diritti già esistenti nel nostro Stato democratico. È dunque giunto il tempo di nuovi diritti riconosciuti ai bambini e ai ragazzi che vivono in Italia, che frequentano le scuole italiane, ma che non possono toccare la terra dei diritti, soltanto sfiorarla, perché, appunto, secondo la legge attualmente vigente, non sono italiani a tutti gli effetti; eppure, sono ragazzi e ragazze con competenze, con energie, con risorse personali e anche con piena consapevolezza politica, a cui è negata la possibilità di contribuire allo sviluppo del nostro Paese, quel Paese che poi è anche loro, perché, insieme ai nostri figli, stanno contribuendo a costruirlo.

Lo ius scholae è dunque un provvedimento di civiltà, un provvedimento che trasforma un privilegio in un diritto, quello alla cittadinanza, ed è un traguardo che questo Parlamento deve impegnarsi a raggiungere perché può cambiare la storia del nostro Paese, che finalmente eliminerà l'assurdità di una palese violazione dell'articolo 3 della nostra Costituzione, perché nelle scuole, ancora oggi, per la legge italiana esistono studenti di “serie A” e studenti di “serie B”. Sono convinta che la scuola, e non il sangue, sia il principale agente di costruzione dell'identità. È la scuola a renderci italiani. Ed avendo tutti quanti noi frequentato la scuola, siamo tutti figli della scuola, godiamo tutti quanti di un vasto e diffuso ius scholae. È proprio per questo motivo che sosterremo fortemente questo provvedimento, perché questa è l'Italia che vogliamo, questa è la storia che vogliamo essere, questa è la storia che vogliamo scrivere per un'Italia che si proietta nel futuro, all'insegna dei valori di eguaglianza, di solidarietà, di tolleranza, di integrazione e di inclusione (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali, Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Matteo Mauri. Ne ha facoltà.

MATTEO MAURI (PD). Grazie, Presidente. Ci sono tanti modi per iniziare a parlare di questa legge sulla cittadinanza, però tante cose, anche nel merito, sono state già dette da alcuni colleghi che hanno illustrato nei particolari questa norma, su cui abbiamo lavorato in questi lunghi mesi. Perciò io scelgo di iniziare dai numeri, perché i numeri sono importanti per capire. Trenta: trenta sono gli anni di anzianità dell'attuale legge italiana sulla cittadinanza; 800 mila: almeno 800 mila - e sto basso - sono le ragazze e i ragazzi, le bambine e i bambini, che potrebbero beneficiare di questa nuova legge. Trent'anni: trent'anni sono tantissimi, soprattutto se nel frattempo la società è profondamente cambiata. Le leggi di un Paese devono essere sempre in sintonia con la realtà, altrimenti si producono danni. E ormai quella legge è molto distante dalla realtà. E se è così, siamo noi, qui, noi legislatori, che abbiamo il dovere di aggiornarla, se no poi non possiamo lamentarci che lo farà qualcun altro al posto nostro.

E guardate, non siamo più nel 1992, anno di questa legge, quando in Italia il fenomeno migratorio era agli inizi - è vero che abbiamo poca memoria, ma ogni tanto degli sprazzi ci possono tornare -, quando il numero dei giovani era assolutamente minimo, quasi irrisorio, quando noi eravamo più occupati, con quella legge, a riconoscere la cittadinanza ai discendenti degli italiani all'estero, piuttosto che ai nuovi italiani qui. E allora abbiamo un dovere colleghi: portare quella legge nella contemporaneità. Abbiamo un dovere: non dobbiamo far compiere nemmeno un anno in più a quella legge. Trenta candeline sono anche troppe (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E lo dobbiamo fare nell'interesse di queste ragazze e di questi ragazzi, che sono già in tutto e per tutto italiani, se non per un piccolo particolare: non lo sono per la legge. E lo dobbiamo fare per loro, ma lo dobbiamo fare anche nell'interesse della società nel suo complesso. Ci troviamo, cioè, in una classica situazione win-win, o meglio, ci troviamo in quella situazione per chi lo vuole capire e per chi vuole andare oltre la propaganda. Per queste persone è così. C'è un vizio ideologico deteriore che ha contagiato alcuni, in realtà non pochi, e che fa mettere sullo stesso piano la cittadinanza per i ragazzi, figli di stranieri, cresciuti in Italia, con il tema dell'immigrazione. Ma questo è un errore. È un errore da tutti i punti di vista, anche logico, mettere sullo stesso piano le politiche sui fenomeni migratori - su cui già la pensiamo sufficientemente in maniera diversa, ma lasciamo stare - con i diritti dei bambini. Provare a lucrare qualche voto, opponendosi a un loro diritto, non è accettabile. Ho sentito anche in questa sede qualcuno dire che saremmo noi a usare strumentalmente, politicamente, elettoralmente, i bambini e i ragazzi. Ecco, bene, allora mettiamola così: sostenere questa legge significa difendere quei bambini e quei ragazzi, e difendere soprattutto il loro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Qualcun altro, invece, lo dico con grande chiarezza, vuole rendere loro la vita più difficile, e su questo voglio dire una cosa: abbiamo assistito a un dibattito in Commissione, a tratti surreale, che però disvela questo pensiero di fondo molto radicato. E guardate che non mi sto riferendo al fatto che si vorrebbe pretendere che per diventare cittadini italiani si debba conoscere la sagra o le usanze di Roccacannuccia, località amena tra l'altro del leccese, o altre cose simili, questo è colore, mi scivola via. Mi riferisco al fatto, ben più grave, che qualcuno sia proprio convinto che bisogna rendere la vita il più possibile difficile a questi ragazzi. Meglio che non possano partecipare ad alcuni concorsi pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che oggi sarebbero preclusi loro per legge o per consuetudine! Meglio creare loro problemi per andare a lavorare o a studiare all'estero! Meglio impedire loro di affermarsi sportivamente a livello internazionale! Meglio farli sentire diversi! Meglio! Meglio far sentire loro che sono considerati un po' meno dei loro amici, o compagni di scuola, o compagni di giochi! Meglio togliere loro qualche opportunità! Meglio mettere ostacoli alla piena inclusione nella società, per poi magari parlare a sproposito della necessità di favorire l'integrazione, quando invece gli stessi che pensano queste cose hanno imposto i decreti in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) per tagliare le risorse all'accoglienza o per escludere dagli SPRAR i richiedenti asilo, altro che favorire l'integrazione! Oppure anche - fatemi dire, perché ogni tanto bisogna sapersi anche guardare indietro - mentre a Lodi una sindaca, pardon, un'ex sindaca (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), si inventava regole per rendere la vita ancora più difficile a 130 bambini, figli di stranieri, per la mensa scolastica o per lo scuolabus, facendo tra l'altro condannare il comune di Lodi dal tribunale, anche in appello, per condotta discriminatoria. Per me è una vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

È così che dimostrate che vi sta a cuore l'integrazione? Che vi stanno a cuore i bambini e quello che pensano quando ci vedono? I bambini ci vedono sempre, e non perché sono su RAI Parlamento, ma perché ci guardano, ci osservano e capiscono molto di più di quello che noi pensiamo che loro possano capire. Cosa avranno pensato, allora, mi chiedo, quelle bambine e quei bambini dello Stato italiano, che erano costretti ad andare a scuola a piedi, mentre i loro compagni erano sull'autobus? Cosa avranno pensato mentre i loro compagni di banco potevano mangiare un piatto caldo in mensa, che a loro era negato? Si saranno sentiti più o meno accettati? Più o meno integrati? Che idea avranno avuto, in quel momento, dello Stato italiano? E cosa avrà pensato quella bambina che, qualche anno fa, nel veronese - anche lì avete avuto dei problemi - è stata costretta a pasteggiare a cracker? Io vi posso dire cosa ha fatto, perché non so cosa ha pensato, ma so cosa ha fatto: si è messa a piangere, disperata. Perché? Perché non capiva la ragione. E vi confesso che non la capisco nemmeno io (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Ma mi chiedo: cosa c'è di più bello di una nuova generazione di veri italiani, che sia nelle condizioni di dare il meglio di sé, affinché ognuno di loro possa dare il meglio di se stesso per se stesso e per l'Italia? Una generazione messa nelle migliori condizioni possibili per potersi realizzare nella vita, nell'interesse di ognuno di loro e dell'intera società italiana? Noi qua dentro, non solo perché è giusto, ma perché ce lo dice la Costituzione, dobbiamo rimuovere gli ostacoli, non mettere gli ostacoli. Qualcuno ha anche detto che in questo modo la cittadinanza si trasferirebbe anche ai loro genitori, cosa assolutamente non vera. L'ho letta anche sui giornali e lo dico così, solo come nota a margine: se un genitore acquisisce la cittadinanza e ha un figlio minore convivente, l'acquista anche il minore, ma non vale il contrario, giusto perché sia messo agli atti. Quello che dovrebbe essere chiaro a tutti è che su questo punto c'è una grande sintonia nel Paese, non tra gli addetti ai lavori, ma proprio tra i cittadini italiani, tra quei milioni di genitori e nonni che vivono la nuova realtà ogni giorno, per i quali le differenze non fanno nessun effetto, né quelle di accento magari un po' strano, né quelle di colore, per così dire, di graduazione cromatica. Le ritengono semplicemente la normalità i tantissimi italiani, che non trovano strano che gli amici dei loro figli possano diventare cittadini italiani, gli italiani che al contrario trovano strano che non lo siano già. Questa è la maggioranza dei cittadini italiani, molto diversamente dal racconto che si vuol fare in alcune occasioni e molto diversamente da alcuni comportamenti che si tengono qua dentro.

Vi è poi un altro aspetto. Quello che noi facciamo con questa legge è offrire una possibilità, non un obbligo. Ogni genitore è libero poi di scegliere se chiedere per il proprio figlio la cittadinanza o se non farlo, così come quel figlio è libero di chiedere di non averla più oppure di richiederla se i genitori non l'hanno fatto. Non c'è nessun obbligo, nessun tipo di obbligo. E anche questa raffigurazione caricaturale delle famiglie non italiane, come se fossero tutti dei covi in cui vive e regna il sopruso e la limitazione delle libertà: le famiglie sono le famiglie. Anzi, magari, da cronaca in giro, dovremmo fare qualche riflessione in più sulla famiglia tradizionale classica italiana e su quello che succede al suo interno, visto che spesso questo viene riportato dalla cronaca nera (Applausi della deputata Boldrini). In famiglia ci si parla, non è che gli stranieri con i bambini non parlano o tra di loro non parlano. O forse questo è appannaggio di chi? Degli occidentali? Ma certo che c'è un confronto! Non si dà la libertà ai ragazzi? Ma devono decidere i genitori; dal punto di vista educativo, e non solo, decidono i genitori e poi ne parlano con i ragazzi. Ci sarà quello che ne parla di più e quello che ne parla di meno, ma grazie al cielo è esattamente quello che succede in tutte le famiglie di tutto il mondo, compresa l'Italia.

Poi c'è un altro tema: la centralità del Parlamento. Questo Parlamento è libero di legiferare o no? Si fanno tante polemiche spesso sull'invasività del Governo, ma, nel momento in cui c'è una legge di iniziativa popolare, che si discute da quattro anni, che cerca una maggioranza al proprio interno, siamo liberi come Parlamento di andare avanti sulla nostra strada, misurando maggioranze e minoranze, senza chiedere a nessuno l'obbligo di rispettare una linea, oppure no? Io sono tra quelli che da sempre difende la libertà e l'autonomia del Parlamento e spero che questo non sia un passaggio, in cui politicamente si prova a spostare tutto su un altro terreno per provare a non far realizzare una cosa, che io ritengo positiva, ma che, se non deve essere realizzata, si deve misurare con i numeri e non con altro. Qualcuno prima diceva - e mi avvio a concludere velocemente - e lo abbiamo sentito molto anche in questi mesi che questi ragazzi hanno già tutto e hanno addirittura le cure mediche. Vorrei vedere il contrario: o qualcuno pensa che forse sia un po' un eccesso oppure mi sembra la normalità. È chiaro che alcuni diritti fondamentali sono garantiti a tutti in questo Paese, perché in questo Paese si sono avvicendati maggioranze e Governi che hanno garantito questo, ma non è che sia scontato di per sé.

È giusto ed è stato garantito, ma non è sufficiente. La materialità non è sufficiente, c'è molto di più, c'è anche un sentirsi accettati. Questa dinamica, che è molto psicologica, per me che ho cinquant'anni vale fino a un certo punto, ma per un bambino, per un ragazzino e soprattutto per un adolescente, è fondamentale. Chi ha figli adolescenti, senza fare grandissimi sforzi, dovrebbe capirlo da solo.

Vi è poi un altro punto. Si è posto un tema, su cui io sono per riflettere. Mi riferisco a quello che è accaduto a Peschiera del Garda. A Peschiera del Garda è successa una cosa gravissima, che non può in nessun modo essere messa sotto il tappeto. È successa una cosa criminale, che deve essere condannata da tutti i punti di vista: quello che è accaduto su quei treni. Ma qui la questione è un'altra: per l'atteggiamento criminale di qualcuno, noi vogliamo criminalizzare una generazione? Vogliamo riproporre, dopo un po' di anni, la logica di Minority Report, in cui c'è qualcuno che sa già che uno potrebbe delinquere? Io credo che dobbiamo avere fiducia nei giovani: se non abbiamo fiducia nei giovani, in chi possiamo avere fiducia?

Poi vi è questo “benaltrismo”: quando non si sa cosa dire, si dice che c'è altro. Abbiamo fretta? Dobbiamo fare tante cose? Va bene, facciamo passare la legge, così guadagniamo del tempo e recuperiamo anche i quattro mesi passati, se è una questione di tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

In conclusione, colleghi, vorrei dire solo questo: allargare le opportunità ed aumentare i diritti è sempre un vantaggio per tutti. Poi ognuno deciderà se usarli o meno, ma già la possibilità di avere una scelta è libertà, quella libertà di cui tanto ci vantiamo, giustamente, e di cui in alcuni casi ci riempiamo la bocca. Ecco, la libertà: la libertà di dare agli altri un'opportunità per una società migliore per tutti, tutti, tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Attis. Ne ha facoltà.

MAURO D'ATTIS (FI). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, cerco di fare un intervento per spiegare la posizione del gruppo, spiegare il dibattito anche all'interno del gruppo di Forza Italia, fare un ragionamento non da curva nord o da curva sud. Credo che su questi argomenti, negli interventi che si sono susseguiti anche negli anni, a volte le lezioni si siano sprecate e qui noi non intendiamo dare lezioni a nessuno. Voglio rassicurare - me lo consentirà - il collega Iezzi che Forza Italia è in grado di esprimere la propria posizione, senza essere rappresentata dagli alleati della coalizione. Ma sicuramente immagino che il collega l'abbia fatto per dire che ci sono anche gruppi, che, appartenendo a una coalizione, possono avere tanti elementi in comune - e noi ce li abbiamo -, ma possono avere anche differenze di vedute. Questo accade ovunque ed è un segnale di maturità. Per questo intervengo su come noi vediamo il punto che stiamo discutendo, partendo dal significato di cittadinanza. Se dobbiamo considerarla per quello che è, si tratta dell'appartenenza di un individuo a una comunità politica statale e dell'insieme di diritti e doveri che da essa deriva. Questo significa, care colleghe e cari colleghi, che non è e non può assolutamente essere un mezzo d'integrazione, ma deve rappresentare piuttosto la conclusione di un percorso d'integrazione, come qualcuno ha anche accennato negli interventi che mi hanno preceduto.

In altre parole, la cittadinanza non può essere pensata solo come un complesso di benefici di cui gode il singolo, ma è qualcosa che richiede qualcosa in più, che richiede una certa adesione ai principi fondamentali del nostro ordinamento, principi con un forte contenuto di valore, di interessi, di esigenze che uniscono tutti i cittadini, da cui discende poi una comune etica della responsabilità, e cioè una irrinunciabile condivisione di diritti e di doveri.

Quindi le diverse modalità di riconoscimento della cittadinanza sono pienamente giustificate dal suo essere strumento anche di salvaguardia del sistema valoriale che costituisce la struttura, lo scheletro imprescindibile socioculturale proprio di ogni nazione, altrimenti stiamo parlando di altro, di un sistema che viene continuamente attentato da aspirazioni riformiste, a volte rivoluzionarie, prive di una visione di insieme, di progettualità, basate spesso su una logica del prendere o lasciare, scevra da ogni e qualsiasi spirito di collaborazione e di costruzione vera.

Spesso poi, non ne parliamo, sono le campagne elettorali ad aumentarne gli effetti negativi. In altre parole, dinanzi ad una riforma così importante, che riguarda le regole di convivenza civile della società presente e futura, è auspicabile la massima convergenza possibile sui punti chiave del testo, anziché un'attività di trincea, e lo dico alle opposte tifoserie dietro la forza dei numeri o dell'ideologia o della presunzione del possesso o della proprietà della verità assoluta.

Il nostro approccio iniziale al tema, parlando di Parlamento, siccome è stata richiamata la centralità del dibattito parlamentare, è stato del tutto costruttivo, e lo dicono gli atti parlamentari, come lo dimostra il fatto che abbiamo votato, Forza Italia ha votato in Commissione a favore dell'adozione del testo base. Tuttavia, dietro il nostro sì vi erano delle condizionalità necessarie per disegnare un modello d'integrazione al riparo da condizionamenti ideologici, rispettoso dei valori fondanti dell'essere cittadini italiani. Come gruppo, pur ritenendo valido il principio dello ius scholae, abbiamo posto l'attenzione sulla necessità di precisarne meglio il perimetro di operatività, per evitare che la norma potesse dar luogo a fenomeni distorsivi.

A tal fine, abbiamo presentato diverse proposte emendative, volte a garantire che l'attribuzione della cittadinanza facesse seguito all'effettiva integrazione raggiunta rispetto ai modelli di comportamento diffusi nella comunità che ne ha ospitato i percorsi di formazione culturale. Non è un delitto pensare questo e non è razzismo dire questo. Mi riferisco all'esigenza di legare lo ius scholae al completamento di almeno un ciclo scolastico; è infatti fondamentale, ai fini di un'integrazione culturale del minore straniero, portare a termine i cicli scolastici che si frequentano, con l'acquisizione non solo della conoscenza della lingua, ma anche di elementi storici e culturali in generale, se sempre di cittadinanza stiamo parlando. Abbiamo creduto nella possibilità di affrontare in maniera costruttiva un tema che coincide con una problematica reale del Paese, ponendo delle condizioni per condividere un percorso basato sulla serietà ed effettività delle norme da adottare, prevedendo lo ius scholae come completamento, quindi, di un percorso formativo di accrescimento. Tuttavia, abbiamo constatato con delusione il fatto che non sia stata avvertita l'esigenza di prevedere il conseguimento di importanti obiettivi di tipo culturale, nonostante le richieste avanzate dal nostro gruppo in questo senso. E allora, in base alla stesura della norma, il riconoscimento della cittadinanza avrebbe luogo in favore del minore che abbia frequentato un percorso di istruzione e di formazione professionalizzante, a prescindere dal grado di integrazione culturale raggiunto dallo stesso, per effetto della sua formazione all'interno del sistema di istruzione o formativo italiano.

Sarebbe stato quantomeno opportuno precisare l'obbligo di avere frequentato regolarmente e concluso positivamente il primo ciclo di istruzione composto da cinque anni di scuola primaria, le cosiddette elementari, più tre anni di scuola secondaria di primo grado, le cosiddette scuole medie, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. È in questo senso, quindi, che ci siamo mossi in Commissione per conseguire l'obiettivo di valorizzare realmente il percorso di studi del minore, e così facendo garantire la reale integrazione nel tessuto sociale e culturale italiano dello stesso, e quindi la cittadinanza. Altro discorso, invece, è la formazione: abbiamo accolto la proposta di riformulazione di un nostro emendamento dal momento che essa, nel rispetto della competenza residuale delle regioni in tale settore, ha definito i requisiti essenziali che i percorsi di istruzione e formazione professionale devono possedere ai fini dell'idoneità di questi percorsi a costituire titolo per l'acquisto della cittadinanza.

Nell'ambito della formazione professionale è necessario svolgere una previa verifica, dal momento che accanto ad alcune eccellenze si affiancano anche altre realtà nelle quali è diffusa una certa opacità e anche illegalità. Dunque, colleghi, noi di Forza Italia crediamo ancora nella possibilità di affrontare in maniera costruttiva un tema che coincide con una problematica reale del Paese. Non siamo in curva sud o in curva nord, come ho detto. Per questo motivo abbiamo presentato anche qui, in Aula, delle proposte emendative che pongono condizioni necessarie per condividere un percorso basato sulla serietà ed effettività delle norme da adottare, prevedendo lo ius scholae come completamento di un percorso formativo di accrescimento. Signor Presidente, concludo: la nostra esigenza è quella di prevedere il conseguimento di importanti obiettivi di tipo culturale, e a tal fine auspichiamo che maturi davvero in questo Parlamento, prima ancora che nel nostro Paese, una nuova fase di inclusione, di dialogo, ma anche di orgoglioso riconoscimento delle nostre radici, che non guasta, e che vada oltre ogni forzatura ideologica.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Presidente, colleghi, la nozione di cittadinanza ha assunto nel tempo un'accezione sempre diversa, ancorata di volta in volta all'evoluzione sociale, culturale e storica del mondo. La formulazione tradizionale delineata da Marshall, ancorata alla presenza di un certo popolo corrispondente a una specifica nazionalità e legato a un determinato territorio, una formulazione quindi escludente, ha lasciato il passo, a partire dal secolo scorso, dopo l'avvento dei totalitarismi, a una nozione che assunto via via maggiormente i connotati di un nucleo essenziale intorno al quale sviluppare altre sfere di diritti e libertà che vanno ad accrescere il corredo dei diritti umani, ossia come una sorta di patrimonio della persona che si espande man mano che si amplia la sua sfera di libertà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI (ore 21)

VITTORIA BALDINO (M5S). Oggi il concetto di cittadinanza assume significati diversi: è stato detto che è un concetto polisemico, perché rinvia a categorie come diritti, doveri, partecipazione e identità. Quindi, per riprendere le parole di Zincone, risulta essere un osservatorio privilegiato per analizzare i sistemi democratici in cui viviamo, un osservatorio collocato in basso, perché dal basso si guarda alle persone. Il processo di trasformazione della nozione di cittadinanza è stato accompagnato e accelerato dall'intensificarsi della velocità e della portata dei processi di globalizzazione e di scambio, di flusso di persone, di idee, di cose, di beni. Oggi i confini statali non costituiscono più delle rigide demarcazioni, la mobilità sociale è molto intensa, la società tende a caratterizzarsi come multietnica ed il fenomeno multiculturale è in continuo sviluppo. Il fenomeno delle migrazioni ha assunto una connotazione stabile, basti guardare il numero di stranieri presenti nel nostro Paese nel 1991 e il numero di stranieri presenti nel nostro Paese oggi. Anche la nostra società sta diventando sempre più culturalmente plurale.

Bisogna, quindi, considerare il concetto di cittadinanza con un'accezione ancora più inclusiva e uscire finalmente fuori dalla logica della propaganda politica, fuori dalle strumentalizzazioni di sorta, fuori dalla sterile retorica partitica che ha contribuito a mantenere questo tema - quello dell'acquisto dello status di cittadino italiano - in un perenne limbo; un limbo nel quale si trovano confinati decine, centinaia di ragazzi e ragazze che vivono nel nostro Paese, vivono il nostro Paese, vivono la nostra cultura e si sentono italiani, ma per lo Stato non lo sono; non lo sono perché una legge che quest'anno ha compiuto trent'anni, che risulta addirittura più restrittiva di quella previgente, ha reso il percorso per l'ottenimento dello status di cittadini di cittadino un percorso a ostacoli.

Presidente, non ci fu alcun dibattito in quest'Aula quando trent'anni fa questo ramo del Parlamento approvò definitivamente la legge n. 91 del 1992 che ancora oggi, appunto disciplina le modalità di acquisto e concessione della cittadinanza. La legge venne approvata direttamente in sede legislativa, in Commissione affari costituzionali, all'unanimità dei presenti, dopo una sola seduta di discussione. Alle perplessità avanzate dai diversi gruppi, il presidente della Commissione all'epoca replicò dicendo che quello era un modesto testo di ricognizione dell'esistente e alcuni commissari poi sottolinearono il valore delle norme per gli italiani all'estero. La legge, quindi, quella legge, nacque vecchia e da quel momento in poi è stata modificata con decreti-legge all'interno di provvedimenti legati alla sicurezza o con emendamenti all'interno di provvedimenti legati alla sicurezza e all'immigrazione. È proprio da questi temi, invece, che va sganciato un dibattito razionale, per una nuova, necessaria legge sulla cittadinanza. Ogni riforma sulla cittadinanza deve partire da una considerazione: il contrario di cittadino non è straniero, ma suddito e ogni riforma deve tenere conto di un paradosso figlio del quadro normativo vigente, lo dico con le parole del professor Paolo Morozzo della Rocca, della Comunità di Sant'Egidio, audito in Commissione prima dello scoppio della pandemia. Egli disse, quel giorno: “Con la legge vigente si potrebbe benissimo essere italiani senza sapere dove l'Italia e appartenendo magari a una comunità antropofaga dell'Oceania dove un avo italiano esploratore si invaghì, nel 1800 della trisnonna, concependovi un figlio creolo, cresciuto senza nemmeno sapere di essere italiano”. E questo fatto, che è stato più volte ribadito, anche in Commissione, deve far riflettere i difensori della purezza della cittadinanza. In questi mesi migliaia di ragazzi si sono battuti nelle piazze, con ogni possibile mezzo, per farci capire quanto e perché serva una nuova legge sulla cittadinanza. Vogliono spezzare il limbo giuridico e burocratico in cui vivono e vogliono vedere riconosciuto il loro percorso di appartenenza e inclusione nel nostro Paese. A loro i sostenitori di questa legge, anche nell'altro ramo del Parlamento, devono garantire il massimo impegno per andare fino in fondo e a loro gli oppositori di questa legge possono rivolgersi guardandoli negli occhi per toccare con mano la realtà e mettere alla prova ideologiche convinzioni e, come ha scritto la sociologa Chiara Saraceno, è stupefacente che, dopo trent'anni di proposte mai giunte a conclusione e di speranze alimentate e tradite, molti continuino ancora a chiedere di essere accolti come italiani.

E, allora, Presidente, da dove ripartiamo? Ripartiamo da questo testo, un testo di due articoli che stabilisce un principio molto semplice che, sì, si rivolge a ragazzi e ragazzi, si rivolge a bambini e bambine; noi non li strumentalizziamo, noi li tuteliamo: acquista la cittadinanza italiana il minore straniero nato in Italia o giunto nel nostro Paese entro il dodicesimo anno di età e che abbia frequentato almeno 5 anni di scuola nel nostro Paese. Ed è bene sin da ora a sfatare alcuni falsi miti, per una più chiara informazione utile a chi ci sta ascoltando. Per esempio, non ci sarà alcun automatismo e la cittadinanza non si trasmetterà ai genitori; l'iter per l'acquisto della cittadinanza partirà da una dichiarazione di volontà da parte di un genitore. Questo modello, che abbiamo definito ius scholae, intende mettere fine alle guerre e alle divisioni del passato, perché, Presidente il fatto stesso che alcuni temi vengano considerati appannaggio della destra o della sinistra ha fatto in modo che su questi temi ci sia stato un sostanziale immobilismo, in questi trent'anni, se vogliamo parlare, ad esempio, proprio della legge sulla cittadinanza. E per questo voglio sottolineare il ruolo fondamentale che ha avuto il MoVimento 5 Stelle per l'approvazione, almeno fino ad ora in Commissione, di questa legge e per questo voglio ringraziare il relatore e presidente della I Commissione, Giuseppe Brescia, per l'impegno profuso, anche di mediazione, durante i lavori in sede referente per l'approvazione di questa legge. Lo ius scholae è un'idea di società; è una proposta a zero propaganda, perché prende atto di ciò che accade ogni giorno intorno a noi. Lo ius scholae è una proposta che vuole unire nel nostro Paese circa 900 mila studenti che sono di cittadinanza straniera; sono il 10 per cento del totale e due terzi di loro fanno parte delle cosiddette seconde generazioni, sono nati in Italia e tanti di loro non conoscono nemmeno il Paese di origine dei loro genitori, nel loro cammino di vita non hanno nulla di concretamente diverso dai nostri figli e, una volta cresciuti, possono essere influencer, sportivi, ma anche aspiranti medici, infermieri, professionisti, poliziotti, poeti, navigatori o qualsiasi altra cosa che li realizzi. Tutti condividono un forte desiderio di normalità e di identificazione con il nostro Paese.

Con lo ius scholae mettiamo al centro del percorso di cittadinanza il ruolo della scuola come fattore potente di integrazione. La scuola, è stato detto poco fa, per Costituzione è aperta a tutti, ogni giorno docenti e dirigenti scolastici sono impegnati in classe per costruire cittadinanza, che è anche cultura dei diritti e dei doveri. Questo modello ha avuto un plauso e il sostegno convinto delle Società scientifiche italiane di pediatria e pedagogia, che ringrazio per il contributo competente al dibattito.

La bellezza di alcune battaglie di civiltà come questa genera entusiasmo, coinvolgimento e passione; c'è molta voglia di partecipazione da parte dei comuni, ci sono molta curiosità e interesse nelle scuole e nelle università. E, poi, ci siamo noi, c'è il Parlamento, il Parlamento che sembra essere un mondo a parte, ma che oggi ha un'occasione storica. Chi, sin dall'inizio, si è opposto a questa legge ha detto che il Parlamento aveva altre priorità, l'ho sentito dire anche oggi, sia nelle dichiarazioni alla stampa sia anche in quest'Aula, salvo poi occupare la Commissione per decine di sedute e di ore con centinaia di emendamenti ostruzionistici su questo provvedimento. Chi, sin dall'inizio, si è opposto a questa legge l'ha definita, senza molto approfondimento, uno ius soli mascherato; però, a ben guardare, Presidente, le maschere stanno sul viso di quei partiti che contro lo ius soli hanno usato lo slogan “L'Italia a chi la ama” e oggi sono in difficoltà davanti a questa proposta, fino a mettere in dubbio lo stesso ruolo della scuola. Le maschere stanno sui visi di chi sa che il 25 per cento degli studenti non italiani si trova in Lombardia e che in Veneto il 72 per cento degli studenti stranieri è nato in Italia. C'è, dunque, Presidente una politica del visore che proietta una realtà che non esiste, per sovrascrivere la vita vera; questo visore, autoimposto, è anche un po' ipocrita, impedisce di vedere fino in fondo gli orientamenti della propria base elettorale, è una politica che mette gli uni contro gli altri, innalza totem e simulacri di presunta rappresentanza, cancella la coscienza. Su questo tema poi, a volte, sentiamo anche compilare una sorta di hit parade della cittadinanza: al primo posto gli italiani di sangue, poco importa se la traccia ematica risale fino a qualche anno lontano nel tempo, sperduto magari anche nello spazio; poi gli italiani per matrimonio, a patto che l'amore sia puro; al terzo posto gli italiani, ma solo dopo i diciott'anni, una cittadinanza hard insomma, vietata ai minori perché chi se ne importa dei tuoi progetti di vita, dei concorsi e delle gite che non puoi fare, dei documenti che ogni volta devi dimostrare anche se nasci, vivi e cresci in Italia; infine, all'ultimo posto, la cittadinanza medaglia o pacca, destinata solo a chi compie gesti spettacolari o simbolici; se salvi i suoi compagni dal dirottamento di un autobus, beh meriti di essere un cittadino italiano, augurati quindi di ritrovarti in un dirottamento.

Nel 1984, in piena Guerra Fredda, il Presidente degli Stati Uniti, Reagan citò le parole del Presidente Kennedy: “Non siamo ciechi di fronte alle nostre differenze, ma rivolgiamo anche l'attenzione ai nostri interessi comuni e ai mezzi con cui queste differenze possono essere risolte e, se le differenze toccano i grandi sistemi, gli interessi comuni hanno a che fare con la vita quotidiana delle persone”. In quel discorso Reagan immaginò l'incontro tra Ivan e Anja, una coppia russa e Jim e Sally, una coppia americana, un incontro tutto concentrato solo sul confronto su figli, hobby, musica e lavoro, e non sulle differenze tra i Governi dei loro Paesi, un incontro che dimostra che i cittadini non vogliono le guerre, ma la felicità, la propria realizzazione e che gli interessi comuni attraversano tutti i confini.

Combattiamo, dunque, insieme questa battaglia di libertà, senza paura di lasciare le nostre piccole patrie: in ballo c'è il primato della legge e della politica, entrambe in crisi.

Lo insegna, ad esempio, la questione del doppio cognome: mentre il Senato non decide, centinaia di bambini nascono con il doppio cognome o con una scelta secondo le volontà dei genitori, grazie a una sentenza della Corte costituzionale. Mentre la società avanza, il Parlamento arretra, da fermo, impantanato nelle sue liti e nei suoi riti.

Con questa proposta di legge pragmatica vogliamo cancellare distanze e ritardi, mentre chi si oppone brandisce strumentalmente e senza senso la cronaca. Chi la promuove guarda alla storia e alle storie di questi ragazzi: devono essere loro, con le loro difficoltà e le loro aspettative, i protagonisti di questa tanto attesa discussione generale. Dopo ternt'anni e con numerosi fallimenti e ferite alle spalle, è tempo di rimediare, Presidente. Non è politica, è vita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Invernizzi. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Grazie, signor Presidente. Diciamo che era tanto che non sentivo una marea di “pulzellate”, definiamole così, riferite al mio partito, alla Lega perché, se qualcuno si collegasse adesso e cominciasse ad ascoltare, penserebbe di trovarsi di fronte ad un Parlamento in cui è in discussione una proposta di legge portata avanti dalla Lega per impedire a chiunque non fosse di razza pura, bianca e di origine assolutamente occidentale di diventare cittadino italiano. Ricordo a chi ci ascolta che oggi, in Italia, si può diventare cittadini anche se non si è di pura razza bianca, anche se non si parlano i dialetti, anche se non si è nati in Italia. Ed è una legge, quella che vige in Italia, che ha permesso al nostro Paese, negli ultimi anni, di essere ai primi posti, addirittura al secondo posto, quando governava anche Salvini - quindi che cavolo c'entreranno mai i “decreti Salvini” con quello di cui stiamo parlando oggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), però parliamo di quegli anni lì - di essere ai primi posti per le naturalizzazioni. Cosa sono le naturalizzazioni? Cittadini extracomunitari che, dopo 10 anni di residenza ininterrotta in Italia, chiedono di diventare cittadini italiani oppure sposano un cittadino italiano e lo diventano. Tutto ciò è avvenuto in Italia negli ultimi anni, anche quando governavamo noi. Ha ricordato prima la collega Baldino - non riesco a capire, quasi come arma retorica nei nostri confronti - che, in Lombardia e in Veneto, dove governano da anni leghisti (in Veneto, poi, con percentuali più che bulgare), vi è un sistema di integrazione tale che addirittura il 72 per cento dagli studenti è figlio di extracomunitari (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Questo avviene nel cattivo Veneto governato da quei razzisti di leghisti. Quindi, perché ho definito “pulzellate” quello che ho sentito finora? Perché fare allusioni rispetto alla posizione di coloro che, in Commissione, hanno fatto ostruzionismo, stupendosene - tra l'altro, parlano quelli dei 5 Stelle che hanno fatto dell'ostruzionismo, quando non erano al Governo, la ragione della loro attività politica -, affermare, quindi, che qualcuno in Commissione ha fatto ostruzionismo su una legge che, fin dall'inizio, ha detto di non condividere, paragonandola quasi ad un atto antidemocratico, razzista e quanto di conseguenza, è evidentemente una motivazione stupida, se vuoi attaccare chi, in una situazione come questa, a livello parlamentare, si trova oggi, per quanto riguarda questo, in minoranza. Non è razzismo: non avete utilizzato il termine “fascista”, perché non siamo ancora troppo vicino alle elezioni, perché la sinistra utilizza il termine “fascista” quando mancano quattro mesi alle elezioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), dopodiché basta, il termine non viene più utilizzato; però diciamo che non è stato utilizzato perché si pensa che manchi ancora un po' alle elezioni.

Cosa c'è in discussione? C'è in discussione una legge che non dà nuovi diritti, ma che semplicemente modifica la possibilità di arrivare comunque a quei diritti, perché oggi, in Italia, se un bambino extracomunitario nasce in Italia, se un bambino extracomunitario arriva in Italia anche prima dei 12 anni, non è che non potrà mai diventare cittadino italiano: lo potrà diventare sulle basi delle regole che, ripeto, hanno portato l'Italia a realizzare il maggior numero di naturalizzazioni in Europa. Quindi, tutto quello che state dicendo crolla di fronte a questo. Ci sono due visioni differenti della società, vivaddio, speriamo che almeno questo ce lo concediate ancora; ci sono due visioni profondamente differenti della comunità e, anche questo, mi auguro che ci venga ancora consentito ed è qualcosa che noi facciamo non per lucrare qualche voto, perché si lucra quando si cambia posizione.

La posizione della Lega su questi discorsi è sempre stata chiara, cristallina e limpida e lo è stata al punto tale che, si ricordava prima, gli esempi migliori di integrazione vengono realizzati, guarda caso, proprio lì dove la Lega governa da anni, a dimostrazione che non vi è un atteggiamento razzista nei confronti di chi non è italiano. E ne approfitto per dire ai bambini che ci stanno ascoltando, come dicevate prima: attenzione se volete diventare cittadini italiani, perché molte volte capita in Italia che, se sei cittadino italiano, sei meno protetto rispetto a un extracomunitario (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Si ricordava prima il caso Lodi, parlando di 130 bambini a cui non è stato dato da mangiare e a cui è stato impedito di prendere il bus. Perché è capitato questo? Perché qualcuno, cioè i loro genitori, non pagavano la mensa e non pagavano il bus. Ora, se non sei cittadino (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)… Io sono stato in silenzio e, anche se non sono di sinistra, gradirei di poter parlare, almeno fino a che i cittadini me lo permettono, grazie. Se tu, invece, padre di famiglia di Lodi, cittadino italiano, la mensa non la paghi, stai tranquillo che qualcuno i soldi te li viene a chiedere. Per cui, occhio a voler diventare cittadini italiani, soprattutto oggi: infatti - e mi auguro che su questo vi sia l'unione di tutto il Parlamento - se sei cittadino italiano e vieni ucciso in Italia da terroristi rossi e scappi in Francia, in questa Europa, ripeto, se sei cittadino italiano e sei stato ucciso o rapito o hai parenti a cui è successo tutto questo, il rischio è che qualcuno in Francia dica che se ne frega assolutamente del fatto che i cittadini italiani vengono massacrati per questioni ideologiche (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e che, quindi, i loro assassini non possono essere puniti.

Se vogliamo veramente far passare un concetto di cittadinanza, è su questo che dobbiamo fare una battaglia comune in Europa, è su questo che noi dobbiamo convincere coloro, che, magari, cittadini italiani non sono, a diventare cittadini italiani. Perché, se facciamo passare il messaggio che, se diventi cittadino italiano, ci sono doveri, per cui pagare la mensa e il bus dei propri figli è un dovere di cittadinanza, e ci sono anche diritti, tipo il fatto che, qualunque cosa ti succeda, sia chiaro che lo Stato italiano non permetterà mai che tu resti impunito, tu o i tuoi parenti, allora su questo concetto di cittadinanza, cari amici del PD - che ci vedete solo ed esclusivamente come dei razzisti - vi dico che possiamo trovare un accordo. E, soprattutto, sempre a questi bambini che ci stanno guardando, io dico: occhio a diventare cittadino italiano, se sei di colore, perché, se sei di colore e diventi cittadino italiano e, magari arrivi al Senato, se sei della Lega, rischi che, nel migliore dei casi, ti danno dello “zio Tom” e, nel peggiore dei casi, dell'“utile idiota” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), come capita spesso al nostro senatore di origine nigeriana, cittadino italiano, Toni Iwobi.

Quindi, quando si parla e si punta il dito - e non riusciamo nemmeno a capire, mi avvio alla conclusione, per quale motivo - contro coloro che sarebbero arretrati, contro coloro che sarebbero staccati dalla realtà, contro coloro che non capirebbero le differenze che stanno arrivando, io dico: occhio, perché, forse, un approccio semplicistico alla questione lo state dando voi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Noi un ragionamento chiaro sul concetto della cittadinanza ce l'abbiamo e riteniamo che la cittadinanza sia l'esito di un processo di accettazione dei valori che hanno fatto del nostro Paese quello che non è un diritto acquisito, che spetta a chiunque lo voglia. No, non è un diritto la cittadinanza, non è un diritto naturale, non è un diritto civile, è un diritto che dietro, però, ha dei doveri. Fino a che quei doveri tu dimostri ai cittadini italiani di non volerli portare avanti, mi dispiace tanto, ma, per quanto riguarda noi, non puoi diventare cittadino italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Anzaldi. Ne ha facoltà.

MICHELE ANZALDI (IV). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, colleghi, oggi la Camera dei deputati avvia la discussione sulla proposta di legge sulla cittadinanza che mira a introdurre lo ius scholae, ovvero dare la cittadinanza italiana ai bambini figli di extracomunitari, legalmente residenti nati in Italia o che siano arrivati, entro il compimento di 12 anni di età, che abbiano frequentato almeno un ciclo scolastico in Italia, senza che debbano aspettare il compimento dei 18 anni.

Dopo anni di attesa, finalmente potremmo essere di fronte a un traguardo storico che vuole eliminare l'assurdità di avere bambini di serie A e bambini di serie B nelle nostre scuole. Dico “potremmo” perché anche nella passata legislatura si era lavorato un provvedimento analogo. In quest'Aula già nella scorsa legislatura ho avuto la fortuna di esserci e ho già votato un provvedimento analogo. Anche allora c'era la fretta, si discuteva del “sì” e del “no”, di come ci fossero questioni più importanti e poi al Senato si è bloccato. Adesso io non vorrei che succedesse la stessa cosa. Il tempo o, meglio, la sensibilità di comprendere l'utilità e la necessità di questo provvedimento secondo me adesso è attuale, come lo era parecchio tempo fa. Secondo me non possiamo, anche questa volta, non approvarlo. Invito tutti i colleghi a prestare un'attenzione particolare a questo provvedimento per due motivi. Il primo è quello dei numeri. Come già alcuni miei colleghi hanno ricordato, si parla di 876 mila bambini, quasi un milione, cioè gli abitanti di una città, di cui 573 mila, cioè quasi 600 mila, vale a dire gli abitanti di una città bella grande, sono nati già in Italia, sono italiani, sono bambini che mangiano cibo italiano, ascoltano musica italiana, parlano i dialetti italiani. Già sono tra di noi e stanno nel nostro mondo, lo abbiamo visto negli spettacoli che vanno da Sanremo agli eventi sportivi. Adesso stiamo discutendo come di una cosa nuovissima ma la società, cioè la vita, già ci ha superato. Il secondo motivo è che ci troviamo dinnanzi a uno di quei provvedimenti che entrerà prepotentemente nelle case degli italiani, che coinvolgerà i nostri figli, i genitori e gli insegnanti. Per la prima volta le nostre famiglie ci vedranno discutere di un problema di cui a casa hanno conoscenza. Stiamo parlando di un provvedimento che riguarda i compagni e gli amici dei nostri figli, quelli con cui dividono il tempo dei compiti, del divertimento, del gioco, la vita quotidiana. I nostri figli dividono già la vita quotidiana con questi ragazzi. In quest'Aula spesso capita di dire che fuori ci stanno guardando. Questa volta ci stanno seguendo davvero, non fuori ma nelle famiglie, e chi ci segue conosce il problema nei dettagli forse assai meglio di ognuno di noi, per il semplice motivo che lo vive tutti i giorni e in tutti i campi, dallo studio allo sport, in ogni piccolo o grande problema quotidiano. Ci si scontra con quella diversità normativa che penalizza solo i migliori, quelli che sono già esempio d'integrazione, che ogni mattina vanno a scuola con i nostri figli e che convivono già nelle nostre società. Per assurdo quelli sono i più penalizzati. Oggi il problema necessita di una soluzione anche perché alle vecchie ingiustizie se ne sono aggiunte di nuove e inaspettate. Ne cito una che mi sta a cuore: la bella storia umana della Tam Tam Basketball. È la storia di una squadra giovanile di basket di Castel Volturno città dal forte disagio sociale e con la più alta incidenza di extra comunitari in Italia, quasi tutti di provenienza africana e con problemi di inserimento. In questa situazione, un uomo pieno di ideali anche sportivi, uno di quelli che non ha mai smesso di indossare la divisa sportiva, Massimo Antonelli, allenatore ed ex campione di pallacanestro, decide di fare qualcosa, decide di utilizzare l'amore per lo sport per innescare un meccanismo di inclusione e riscatto. I ragazzi, però, pur nati e cresciuti in Italia e integrati sono considerati stranieri. Quei ragazzi per la legge non possono giocare, non possono iscriversi al campionato, non possono giocare a palla. Poco fa alcuni colleghi dicevano che non vi è nessuna differenza mentre questa è stata una grande differenza. Poi, parliamo di integrazione. Quei ragazzi, che erano integrati, di colpo hanno detto: noi non possiamo partecipare. Tutti sanno quanto sia importante permettere a quei giovani di giocare a pallacanestro, tenerli impegnati e, nello stesso tempo, tutelarli da un territorio con un contesto pericoloso per la crescita di un minore.

Nel 2017, come vedete si va indietro nel tempo, l'allora Governo Gentiloni, su proposta dell'allora Segretario del PD Renzi, dovette apportare una modifica alla legge di bilancio per inserire una norma, ribattezzata “Tam Tam”, che proprio da quell'anno consente a tutti i figli di stranieri capaci di dimostrare la frequenza scolastica nella scuola italiana di praticare qualsiasi tipo di sport senza alcuna limitazione. Una norma che riguarda ben 500 mila ragazzi in tutta Italia, una legge di civiltà che ha permesso a decine di migliaia di giovani figli di stranieri di praticare lo sport al pari dei loro coetanei. La storia non finisce qui perché, per ironia della sorte, la Tam tam basketball in quell'anno, come in un film, ha vinto il campionato regionale. A quel punto ai ragazzi è stata nuovamente negata la possibilità di iscriversi al campionato successivo, perché stranieri. È dovuto intervenire nuovamente il Governo, è dovuto intervenire il Presidente Draghi in prima persona per consentire a questi ragazzi di Castel Volturno di continuare a praticare il loro sport, al pari di tutti i loro concittadini italiani. È una storia triste ma avvincente di cui si sono occupati anche i media italiani e stranieri. Addirittura la TV straniera Al Jazeera ha deciso di produrre, per la sua piattaforma, un docu-film sulla storia della Tam Tam Basketball in italiano e in inglese. A riprova del fatto che fuori ci seguono, poco fa mi è arrivato un messaggio del regista di Al Jazeera che mi ha detto che si stanno appassionando al dibattito che c'è in quest'Aula, in Parlamento, e che hanno deciso di fare l'anteprima domenica qui a Roma di questo docu-film.

Questo provvedimento non regala nulla a nessuno, non è una sorta di ius soli, è un provvedimento che richiede impegno, frequentazione con dedizione nell'istituzione più funzionante che vi è in Italia: la scuola. Il corpo insegnanti, dal nido sino agli istituti professionali, garantisce la vera unità del nostro Paese. Non dimentichiamolo: come testimoniano famosi film o fiction, vi sono ancora ampie porzioni del nostro territorio in cui il dialetto la fa da padrone e l'unico collegamento tra i giovani, la cultura e la lingua italiana è garantito proprio dalla scuola e dal suo corpo docente. Tutti noi, discendenti di un Paese di emigrazione in Paesi lontani, alle volte a lontanissimi, abbiamo la possibilità, prima che finisca questa legislatura, di dare finalmente uguali diritti a tutti quei bambini figli di cittadini regolarmente immigrati nel nostro Paese, di esserne titolari grazie a una norma di civiltà che tarda da troppo tempo e la cui assenza fino ad oggi ha gravato sui compagni di scuola dei nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, l'approdo in Aula di una proposta di legge sulla materia della cittadinanza così come è stata formulata è per noi inaccettabile, così come inaccettabili sono state le prassi nelle Commissioni, come è avvenuto in Commissione cultura dove la presidenza ha di fatto imposto una votazione, senza dibattito, su un parere consultivo sul testo base oggi in esame. Di questo se ne sono occupati anche i media grazie a un video rubato. Noi peraltro non ci lamentiamo. Io avrei preferito che fosse stata ripresa tutta la discussione e abbiamo sempre chiesto lo streaming in Commissione. Evidentemente, chi professava di aprire il Parlamento come una scatola di tonno in realtà preferisce fare i lavori a porte chiuse. Se si fossero seguiti tutti i lavori di quella Commissione si sarebbe visto che, da una parte, c'era il centrodestra che protestava, tanto che ha fatto un comunicato congiunto e una lettera al Presidente Fico - che si deve ancora esprimere - per ripetere la votazione e, dall'altra, c'erano il Partito Democratico e il nuovo gruppo appena costituito, che è maggioranza già nel agli ex MoVimento 5 Stelle, che eseguendo gli ordini del partito democratico andava al voto senza rispettare né la dialettica parlamentare né le prassi né i regolamenti di Commissione.

Ci siamo battuti, direi in maniera virile, come si vede da alcuni video che sono trapelati in Commissione, proprio perché riteniamo che la democrazia abbia ancora un senso, che si possa parlare di tutto e si debba parlare di tutto in Parlamento a patto che poi però si possa modificare quello che viene discusso e non come il sedicente «Governo dei migliori» sta facendo ogni volta a colpi di fiducia. Adesso, addirittura, introducendo due provvedimenti lo ius scholae e la liberalizzazione della cannabis quando gli italiani hanno problemi di emergenza energetica, di aumento dei costi delle utenze, del caro benzina, della crisi interna ed esterna, dell'inflazione galoppante. Noi stiamo qui ad occuparci di tetrapiloctomia come direbbe Umberto Eco: l'arte di tagliare il capello in quattro, perché il Partito Democratico avrà sbattuto i pugni su qualche tavolo segreto, non certo in Consiglio dei Ministri o qui in Parlamento. Avrà detto: adesso vogliamo lo ius scholae e la cannabis perché altrimenti usciamo dal Governo e non andiamo avanti e, quindi, tutti lì pedissequamente a eseguire questi diktat.

Ci siamo battuti in Commissione difendendo le prerogative parlamentari e qualcuno, come ho detto, ha registrato anche un video grazie al quale la questione è diventata di pubblico dominio; anche se la Commissione ha deciso di evitare persino il circuito chiuso, come abbiamo riferito, noi abbiamo, con tutto il centrodestra, fatto fronte comune su questa vicenda. Sullo ius scholae il centrodestra è rinato in Commissione cultura e questa è la dimostrazione che sui valori di strategia, sul diorama valoriale, il centrodestra poi si risveglia. Questo, forse, è l'unico aspetto positivo.

Il termine cittadinanza indica il rapporto tra un individuo e lo Stato, in particolare uno status denominato appunto civitatis al quale l'ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici. In Italia il moderno concetto di cittadinanza nasce al momento della costituzione dello Stato unitario ed è attualmente, come sappiamo, disciplinata dalla legge del 5 febbraio 1992, n. 91. Il sistema vigente in Italia per l'acquisto della cittadinanza è misto, dove il principio dello ius sanguinis è il cardine per l'acquisto della cittadinanza, mentre lo ius soli resta un'ipotesi eccezionale e residuale. La normativa italiana sulla cittadinanza non è più restrittiva di quella in vigore negli altri Stati europei, anzi è per molti aspetti più generosa. In nessun grande Stato europeo è in vigore lo ius soli nella forma in cui la sinistra vorrebbe introdurlo in Italia. Ad esempio, in Francia, Paese che è stato citato, lo ius soli puro non esiste e chi nasce nel territorio francese non è automaticamente cittadino francese, ottiene la cittadinanza il ragazzo nato da genitori stranieri quando compie la maggiore età se in quel momento ha vissuto stabilmente in Francia per un periodo di almeno cinque anni; inoltre ottiene la cittadinanza chi ha il figlio legittimo naturale nato in Francia di una coppia quando uno dei due genitori sia nato in Francia, indipendentemente dalla cittadinanza. In Germania il sistema in vigore è uno ius sanguinis temperato; la legge prevede che diventino cittadini tedeschi i figli di stranieri nati in Germania a condizione che uno dei due genitori risieda stabilmente in Germania da almeno otto anni e sia in possesso di regolare autorizzazione di soggiorno o permesso di soggiorno.

Colleghi, partiamo con delle considerazioni preliminari. Come evidenziato anche dal nostro ufficio studi, che ringraziamo per gli approfonditi dossier che produce, occorre rappresentare che la normativa italiana sulla cittadinanza, come già detto, non è più restrittiva di quella in vigore negli altri Stati europei, anzi è per molti aspetti la più generosa. L'Italia è al primo posto in Europa per la concessione di cittadinanze.

Nel 2017 colleghi, ma lo sapete perfettamente visto che sbandierate sempre il numero dei bambini che attendono questa cittadinanza, le cittadinanze concesse sono state 825.400, si tratta di coloro che hanno acquisito la cittadinanza di uno Stato membro dell'UE; registrando inoltre il maggior numero di persone che hanno acquisito la cittadinanza nel 2017: 146.600 pari al 18 per cento del totale dell'UE, seguita da Regno Unito 123.100, dalla Germania 115.400, dalla Francia 114.300, dalla Svezia 68.900. Quindi, colleghi, a sorpresa la normativa italiana è già più che generosa. Se l'Italia continua a concedere con questa facilità la cittadinanza si rischia di avere grandi problemi in ambito europeo, considerato, infatti, che un cittadino di uno Stato membro UE acquisisce anche la cittadinanza europea e a ciò conseguono una serie di diritti connessi. Se un qualunque Stato membro abusasse della concessione alla cittadinanza, come già successo per altri motivi con i golden passport maltesi, già contestati dalla Commissione, rischierebbe di infastidire gli altri Stati membri, cosa che sta già avvenendo: gli si concede la cittadinanza in maniera agevolata in cambio di investimenti a individui che poco hanno a che fare con i valori ad essa connessi. In questo caso, invece, si tratta chiaramente della visione di chi vuole distruggere l'identità nazionale di un popolo perché svincola l'ottenimento della cittadinanza dalla adesione ad una comunità nazionale con un chiaro insieme di valori e di identità: quella che il sociologo tedesco Tönnies chiamava Gemeinschaft che opponeva alla Gesellschaft. La visione di Fratelli d'Italia è esattamente l'opposto; la cittadinanza italiana deve essere la condivisione di un insieme fatto di valori, tradizioni, identità e sistema sociale di leggi condivise. Per noi la cittadinanza deve essere sempre e comunque richiesta, atto intenzionale, meritata e celebrata, il punto di arrivo di un percorso e non certo il punto di partenza. In questo contesto di riferimento è anche opportuno rilevare che proprio Giorgia Meloni da Ministro della Gioventù durante il Governo Berlusconi aveva proposto una formula che valorizzasse percorsi di formazione scolastici al fine di renderli dirimenti per l'agevolazione dell'ottenimento della cittadinanza. Dunque, su questi concetti, colleghi, Fratelli d'Italia costituisce un'avanguardia e non una retroguardia. Noi abbiamo una posizione chiara e trasparente. In primo luogo, si ritiene che la cittadinanza debba essere legata a quella del nucleo familiare di appartenenza, anche per questioni di ordine pratico, atteso che molti Stati esteri non riconoscono la doppia cittadinanza e dunque questo potrebbe pregiudicare il minore stesso che arrivi ad ottenerla per mera nascita. Ma non si esclude che possano configurarsi ipotesi in cui riconoscere ai bambini nati in Italia e qui vissuti e cresciuti la possibilità di veder riconosciuto il percorso scolastico come qualificante ai fini di un precoce ottenimento della cittadinanza. Quindi, abbiamo una visione elastica. In quest'ottica, ci poniamo invece favorevolmente sull'eliminazione di ogni ostacolo che si interpone all'ottenimento della cittadinanza per quei ragazzi nati e cresciuti in Italia una volta compiuto il diciottesimo anno di età. Ancora oggi sussistono problemi proprio al compimento del diciottesimo anno di età per l'ottenimento della cittadinanza tra cui, ad esempio, in maniera surreale e incredibile, i limiti reddituali, che vengono richiesti per esitare positivamente la pratica oppure la continuità della residenza sul territorio nazionale, con questo non intendendo la effettiva presenza fisica sul suolo nazionale, che resta imprescindibile, ma la residenza che può per determinati periodi e per fattori non legati alla volontà del richiedente - trasferimento dei genitori e problemi burocratici da ciò derivanti - venire a mancare. Ebbene, colleghi, su questi aspetti Fratelli d'Italia è pronta a portare il proprio contributo, in applicazione piena dei principi sopraesposti. Si fa presente, tuttavia, che nella norma oggi in esame nulla di tutto questo è previsto. Dunque, per ciò che più specificamente attiene al testo sullo ius scholae appena licenziato dalla Commissione, come anche dichiarato dai colleghi Prisco e Montaruli, in conseguenza dell'approvazione del testo base, si ritiene che questo sia totalmente inadeguato. Infatti, in primo luogo, si ritiene assolutamente insufficiente la previsione di un solo quinquennio di scuola per la concessione della cittadinanza; è ben noto che l'obbligo scolastico in Italia è pari a dieci anni, ossia al completamento dei due cicli primari e del biennio del ciclo di scuola secondaria, ciò in quanto l'ordinamento ritiene che un cittadino italiano sia completamente ed adeguatamente formato dopo il compimento di questo lasso di tempo. Perché allora cinque anni colleghi? Perché non completare il ciclo della scuola dell'obbligo? Ebbene, se è vero che un cittadino italiano si ritiene sufficientemente formato e istruito dopo dieci anni, non si comprende perché per un cittadino straniero, con tutte le difficoltà dell'inserimento e della lingua – peraltro, presumibilmente vive in un contesto in cui la formazione avviene quasi prevalentemente a scuola, perché la famiglia è straniera e quindi mantiene il contesto di provenienza - possano essere sufficienti solo cinque anni per ritenere che sia acquisito il necessario bagaglio di competenze culturali per l'ottenimento della cittadinanza.

Questa è la forzatura più inaccettabile, che stravolge tutto il senso di questo provvedimento su cui si poteva trovare una sintesi, colleghi, una sintesi fatta nel bene di quei bambini che, in maniera anche retorica e stucchevole, continuate a evocare in quest'Aula, quando poi saranno le prime vittime di questo inserimento forzato, con le conseguenze della forzatura voluta ed estesa ai genitori o a un genitore.

Il principio dello ius sanguinis non è mai stato nella civiltà romana, come nella cultura italiana, connesso a una questione di natura etnica, come sappiamo, bensì di condivisione culturale e valoriale, di accettazione dei costumi tradizionali della Roma, che ti accettava come figlio della propria cultura. Il figlio di un italiano è per noi italiano, perché si presuppone che erediti della famiglia un bagaglio di civiltà culturale e valoriale.

Secondo questa logica, un minore che, pur non essendo nato in Italia, vive qui e fa l'intero ciclo di studi della scuola dell'obbligo, si può considerare italiano dal momento che si presume abbia acquisito i tratti necessari nella nostra cittadinanza, proprio grazie alla scuola. Purtroppo, come spesso accade con la sinistra, colleghi, un principio di buonsenso, sul quale si sarebbe potuto pure ragionare (quindi, se non lo si fa e non si trova una sintesi, la responsabilità è solo vostra), è stato utilizzato come pretesto per ideologizzare questa battaglia e farne una battaglia sull'immigrazione che, alla fine, sta andando a penalizzare proprio quei ragazzi di cui vi riempite la bocca a ogni piè sospinto e che potrebbero usufruire, invece, del vero ius culturae semplicemente facendo un percorso equivalente a quello di uno studente italiano.

Certo, colleghi, non credevamo fosse possibile peggiorare ulteriormente il testo, al vaglio della prima Commissione, sullo ius scholae, ma ci siete riusciti. La riformulazione della maggioranza, che permette addirittura la richiesta di cittadinanza su istanza di un solo genitore, è un grave passo indietro, che lascia spazio a ulteriori abusi. Ancora una volta, non si considera minimamente il volere del minore, cioè di quei bambini di cui vi riempite la bocca. Ancora una volta, si favorisce una stortura verso lo status del minore che, come minimo, dovrebbe essere sempre rimesso al volere di entrambi i genitori; sapete la parità genitoriale forse è un valore. Invece, ancora una volta, soprattutto non si tiene in considerazione la realtà in cui vivono moltissime famiglie straniere in Italia, dove tutti sono sotto il controllo di un unico soggetto che decide, senza neppure chiedere il parere dell'altro coniuge e senza tener conto del volere del minore e questo sapete bene a cosa fa riferimento.

Per questo, Fratelli d'Italia ha sempre chiesto che sia il maggiorenne a chiedere la cittadinanza all'esito di un effettivo percorso individuale di reale e consapevole integrazione e che non sia uno dei genitori a scegliere per lui; ma è in questi paradossi che si perde la sinistra italiana. In questo modo, si rafforza il forte e si tolgono strumenti ai più deboli, proprio a quei minori che dite di voler difendere e alle donne a cui dite di voler fare ottenere le pari opportunità.

Dire che le donne saranno emancipate è una favola della sinistra radical chic che non ha contezza di cosa avvenga nelle nostre città ma, colleghi, abbiamo spiegato, penso in maniera approfondita e anche in maniera tecnica e ragionevole, le ragioni di Fratelli d'Italia, abbiamo spiegato il motivo della nostra contrarietà, lo avremmo voluto fare anche in Commissione cultura, di cui sono capogruppo, ma non ce lo avete permesso.

Concludo con una citazione di Roger Scruton, che parlava proprio del rapporto fra Stato e territorio, come di un noi al plurale, e diceva che la cittadinanza (mi fa piacere citarlo) è il “dono principale delle giurisdizioni nazionali”, quelle che voi non volete rispettare.

Noi siamo dalla parte di quei minori, di quei ragazzi che vogliono essere italiani. Voi fate soltanto demagogia per qualche manciata di voti in più (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la presidente Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD). Grazie, Presidente. Finalmente siamo in Aula con un provvedimento che punta a cambiare, seppure solo in parte, l'attuale normativa in materia di conferimento della cittadinanza, una normativa, è stato detto, che risale al 1992. Dunque, si tratta di una normativa vecchia, fuori dai tempi, non più adatta, non contemporanea. Trent'anni sono un'era geologica dal punto di vista dei mutamenti sociali che sono intervenuti, sia nella nostra società sia nel mondo; c'è stata la globalizzazione e la globalizzazione ha portato all'accelerazione della mobilità umana, ma anche a un cambiamento radicale degli stili di vita. Immagino che anche i colleghi e le colleghe conoscano famiglie che si sono spostate dal loro paese d'origine, che hanno avuto figli e, magari, i figli sono nati in Paesi diversi e hanno cittadinanze diverse.

Dunque, per questo, ritenevo e ritengo che sia importante riuscire a fare una riforma complessiva di tutta questa materia, perché anche per gli adulti, e non solo per i piccoli, il mondo è cambiato. Proprio a una riforma complessiva della cittadinanza puntavano, infatti, altre proposte che sono state presentate in Commissione affari costituzionali, compresa quella a mia prima firma che riproponeva sostanzialmente il testo di una proposta di legge di iniziativa popolare che, nel 2012, raccolse ben 200 mila firme e la campagna si chiamava “L'Italia sono anch'io”. A sostenerla erano molte associazioni, Presidente, associazioni della società civile, cattoliche, non cattoliche, c'erano tutti i sindacati, c'erano realtà piccole e grandi.

Ecco, nella scorsa legislatura, qui, alla Camera, nel 2015, venne approvata la riforma della legge sulla cittadinanza. Facemmo questo esame qui, alla Camera, ma poi al Senato, purtroppo, i lavori si arenarono e le conseguenze di questo furono cocenti: vi era un sentimento di delusione verso tutte quelle associazioni che, lo ripeto, avevano lavorato a lungo. Infatti, raccogliere le firme nelle piazze, nelle strade, nelle iniziative, nelle parrocchie, non è facile, vuol dire crederci, metterci entusiasmo, metterci passione. Ecco loro l'avevano fatto, avevano raccolto queste 200 mila firme, quindi, era la loro delusione ma, soprattutto, era la delusione di quelle centinaia di migliaia di bambini e bambine, ragazzini e ragazzine che avevano creduto alla nostra promessa di diventare anche loro cittadini e cittadine di questo Paese, erano orgogliosi, non vedevano l'ora, facevano il conto alla rovescia, perché glielo avevamo promesso.

Ecco, in questa legislatura, vede, proprio perché siamo molto pragmatici, stante appunto il carattere eccezionalmente - sottolineo, eccezionalmente - composito dell'attuale maggioranza, nel tentativo forse un po' naïf, non lo nego, di trovare un punto di caduta condivisibile con i nostri partner di maggioranza, con le altre forze politiche - ma, evidentemente, dagli interventi, Presidente, abbiamo capito che non ci siamo proprio riusciti, abbiamo avuto questo slancio di ottimismo mal riposto -, si è deciso di procedere verso un obiettivo più mirato, più contenuto che riguardasse essenzialmente ed esclusivamente i giovani, i ragazzi e le ragazze, che facesse perno sulla scuola, sui percorsi formativi, perché la scuola è lì, è a scuola che si diventa cittadini e cittadine, non è, come diceva la collega prima, con la goccia di sangue in più o in meno, è a scuola. Ma resta comunque l'esigenza di una riforma più complessiva. Anche se abbiamo fatto questa scelta e siamo contenti di averla fatta, resta questa esigenza, anche perché c'è il tema importante degli italiani all'estero e qui, Presidente, penso che dovremmo tutti fare una seria riflessione. La famosa legge n. 91 del 1992 che fa, rispetto agli italiani all'estero? Ebbene, quella legge dice che iure sanguinis la cittadinanza si trasmette senza limiti generazionali, una, due, tre, cinque, otto, dieci generazioni: persone che non hanno mai visitato il nostro Paese, non parlano una parola di italiano, non sanno neanche chi è il Presidente della Repubblica, siccome hanno una goccia di sangue italiano, allora, sì, quelle persone sono veri italiani. Ecco, allora, questi criteri vigenti esulano anche da quelli praticati in altri Paesi europei.

Dunque, forse vale la pena o no di andare un attimo a rivedere questi criteri? Perché, come ci è stato detto, si rischia anche - la collega Baldino prima l'ha detto - di isolarci, appunto, a dare cittadinanze a persone completamente lontane dalla nostra cultura e anche dalla nostra realtà nazionale.

Ma torno al testo in esame. Dunque, dicevo che si è fatta la scelta dopo un lungo confronto in Commissione. Presidente, abbiamo audito tutti e non sapevamo più chi audire, mi creda. L'approfondimento c'è stato, c'è stato anche lo scambio e, allora, si è deciso di convergere sul testo che è stato presentato dal presidente Brescia, che si chiama, appunto, ius scholae. Cosa prevede lo ius scholae? È stato detto, ma lo ribadisco: parliamo di conferire la cittadinanza a bambini e bambine, bambini e bambine che sono nati in Italia oppure che sono arrivati da noi prima del dodicesimo anno di età; poi, devono aver vissuto regolarmente, devono aver vissuto in Italia senza interruzioni e devono anche aver frequentato un corso di istruzione di almeno cinque anni. Vedete quante sono le condizioni prima di acquisire la cittadinanza?

Allora, io ve lo chiedo, colleghi e colleghe della Lega e di Fratelli d'Italia: ma di cosa avete paura? Che cosa vi fa sentire così sotto minaccia? Che cosa? Non giova alla coesione nazionale e alla sicurezza, non giova! Infatti, credo che sia ovvio e palese che escludere migliaia di giovani da una comunità nazionale non giova, perché quelle persone si sentiranno rifiutate e respinte e allora sì che avranno sentimenti di ostilità. Quindi, ostacolare un percorso di inclusione è veramente non solo un'ingiustizia ma rappresenta una visione miope, una visione totalmente autolesionista. Io davvero, Presidente, non riesco a capire che cosa temano i colleghi della Lega e i colleghi di Fratelli d'Italia che, anche di fronte a una proposta di legge così misurata e così rigorosa, hanno scelto la strada dell'ostruzionismo, presentando centinaia di emendamenti. Guardate, a volte sono veramente difficili da qualificare: li vogliamo qualificare strumentali? Come provocatori? Non so più come dire, non lo so: forse possiamo qualificarli grotteschi. Ci è toccato anche esaminare emendamenti che prevedevano che per l'acquisizione della cittadinanza italiana fosse essenziale l'esame sulle sagre locali. Io sarei bocciata e ve lo dico subito; sulle feste regionali sarei bocciata, ve lo dico subito. Poi, sulle canzoni popolari; sembra che stiamo raccontando una barzelletta, Presidente! Sui costumi romani: i costumi romani, capito? E c'è anche chi è arrivato a dire - anche oggi l'ha ripetuto - che questa legge è una prova tecnica di sharia. Ma che pena, colleghi e colleghe, che pena (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! C'era l'occasione per fare un discorso serio e, invece, l'avete sprecata ancora una volta.

Prima hanno detto che questa roba qui, cioè regolare la cittadinanza, per noi era un esercizio per darla a tutti quanti. Tutti, appena arrivavano, avrebbero preso la cittadinanza: falso, Presidente, è ovvio. Poi un'altra scusa, cioè che praticamente la legge sarebbe inutile e, quindi, a noi piace perdere tempo. Sarebbe inutile, perché tanto ai bambini vengono garantiti tutti i diritti. E già: secondo loro questa legge non cambierebbe nulla. Ma siete sicuri che sia così? Bisognerebbe chiederlo ai diretti interessati, a quelli che sono sprovvisti della cittadinanza. Chiedetelo a quei ragazzi che aspettano da vent'anni. Alcuni di loro sono qui, in tribuna: chiedetelo un po' a loro.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LAURA BOLDRINI (PD). Grazie, Presidente; mi dia solo venti secondi. Cambia, Presidente, avere o no la cittadinanza? Cambia eccome! Cambia anche se sei un bambino o una bambina - è stato detto - che andavi a scuola, per fortuna prima, a Lodi. Cambia, perché non la fate franca. Infatti, se le famiglie di questi bambini di origine straniera non possono documentare il loro stato patrimoniale nel Paese di origine voi imponevate a quelle famiglie di pagare la quota piena per la scuola e quelle famiglie non potevano permetterselo e, dunque, non potevano mandare i figli alla mensa scolastica. Cambia anche per il concorso pubblico, Presidente, perché a 18 anni non ce l'hai la cittadinanza, non ce l'hai.

PRESIDENTE. Concluda.

LAURA BOLDRINI (PD). Concludo, Presidente. Devi aspettare i tempi dello Stato e i tempi dello Stato vogliono dire che perdi l'Erasmus, vogliono dire che non puoi fare il concorso pubblico, vogliono dire che non puoi competere per l'Italia in quanto non hai la cittadinanza italiana.

PRESIDENTE. Concluda.

LAURA BOLDRINI (PD). Concludo in questo modo: il Paese la vuole questa legge, Presidente. La vuole e i recenti sondaggi lo dimostrano. Anche l'elettorato di centrodestra la vuole. Allora, io penso che lo Stato si debba mettere in sintonia con il Paese e oggi, Presidente, abbiamo l'occasione per farlo e dobbiamo andare fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Fucsia Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI (FI). Colleghi, mi perdonerete se oggi, per trattare un tema a me caro e che affronto da molti anni, inizierò questo mio intervento in un modo un po' inusuale. Inizio con una domanda: avete idea della tristezza che provoca un abbandono? Quel velo che rimane negli occhi delle persone afflitte da questo problema e che va oltre uno sguardo spesso forzosamente sorridente? Certamente vi sono vari tipi di abbandono più o meno gravi, più o meno coinvolgenti, ma di qualunque tipo si tratti generano un sentimento difficile da dimenticare. Domando: vi piacerebbe essere abbandonati, talvolta dagli amici, nel momento del bisogno o ancora dagli affetti o persino dal vostro Paese, quello che vi ha dato i natali e per il quale si prova innegabilmente un senso di appartenenza profondo e dal quale si nutrono legittime aspettative? Ebbene, credetemi, essere abbandonati dal proprio Paese può essere un'esperienza che ti segna. Certamente puoi andare oltre, ma rimarrai per sempre con l'idea, la sensazione e il peso di essere stato abbandonato.

Entro nel merito. Il testo unificato della legge ius scholae cita: “Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che abbia risieduto legalmente senza interruzioni in Italia e che, ai sensi della normativa vigente, abbia frequentato regolarmente nel territorio nazionale per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale d'istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale acquista la cittadinanza italiana”. Che belle parole! Si evince l'idea di un mondo dove i confini non esistono e si vuole garantire anche ai giovani stranieri il diritto ad acquisire una cittadinanza. Un pensiero positivo e non limitativo. Invece, colleghi, non è così. Non vi è alcuna volontà di riconoscere un diritto, perché altrimenti si applicherebbe una regola basilare: uguali diritti per tutti! Al contrario, però, quando ho presentato un emendamento, che non è neppure stato discusso in Commissione, nel quale si chiedeva di permettere a chi è nato in Italia e ha perso la cittadinanza in seguito ad espatrio di riacquistarla con una semplice richiesta amministrativa presso il competente consolato di residenza estera, ho visto cadere nel vuoto una richiesta di garantire a tutti il medesimo diritto e la cosa ancora più incredibile è che non ho capito il perché. Mi è stato detto che non si può allargare l'orizzonte della ius scholae a chi vive all'estero. Stiamo discriminando chi ha origini italiane? Ma che senso ha? Il tema, comunque, non è se abbia senso o meno riconoscere la cittadinanza ai cittadini stranieri sulla base della loro persistenza nel territorio senza in alcun modo considerare l'educazione e gli esempi che questi giovani ricevono quotidianamente nella famiglia. Non si tratta di verificare se tale diritto si debba legare all'effettiva accettazione di quel modello culturale liberale, europeista e democratico che abbiamo ottenuto con guerre e sacrifici dai nostri padri. Non si tratta neanche di comprendere se questi futuri cittadini, a cui vogliamo garantire diritti, abbiano una visione chiara dei diritti che devono rispettare all'atto di essere cittadini italiani, primo fra tutti il rispetto per le donne (solo per citarne uno). Diamo per scontato che qualche anno di scuola garantisca una visione e una cultura corrette per integrarsi in una società che, come dicevo, ha conquistato questi diritti anche a costo della vita.

Però, colleghi, io sto semplicemente chiedendo pari diritti in favore di persone che sono nate in Italia e che hanno studiato in Italia.

Taluni hanno persino fatto il servizio militare e hanno lavorato e pagato le tasse nel nostro Paese, qui, in Italia. Hanno quindi le medesime caratteristiche richieste ai minori stranieri, l'unica discriminante - e uso questo termine non a caso - è che si tratta di nostri connazionali, di cittadini italiani, come me, come voi, di persone educate e cresciute nella stessa visione sociale e culturale di cui parlavo poc'anzi, patrimonio di ciascuno di noi e di ciascuno di voi.

Lo sarebbero anche per la legge ma, quando vi è stata la possibilità di riacquistare la cittadinanza, dopo il varo della legge Bossi-Fini, non erano informati e non sono venuti a conoscenza di questa possibilità, neanche in occasione delle proroghe accordate prima del 2000; francamente vi domando: ci siamo accertati di comunicare debitamente questa opportunità all'estero e alle nostre comunità? Ci definiamo uno Stato di diritto e pare che anche con questa legge lo vogliamo dimostrare; vogliamo difendere i diritti dei cittadini ucraini, cosa, per inciso, che mi vede assolutamente concorde; ho conosciuto imprenditori che durante la pausa estiva vanno in Africa a lavorare per costruire scuole, pozzi e infrastrutture per aiutare chi ne ha bisogno; non possiamo contare i sacerdoti e le suore uccisi in vari continenti per aiutare i più deboli e potrei continuare anche considerando la società civile, per ore, elencando la nostra visione di accoglienza, una visione storica ed io che sono in parte siciliana ne ho contezza nelle architetture di questa straordinaria terra che ha accettato e inglobato culture e persone che vanno dall'estremo nord dell'Europa all'Africa. Tutto quanto vi sto esponendo sinteticamente e con meri esempi è parte della cultura e della conoscenza di cittadini come voi, in particolare, come me, che vedono in questo rifiuto a considerarli cittadini di diritto un abbandono, non un abbandono dalla burocrazia, ma dalle istituzioni, dalla politica, da tutti noi e da tutti noi colleghi in Aula. Non serve che vi dica che chi assiste a tutto questo inerme si sente abbandonato dal proprio Paese. La mia battaglia, colleghi, è in parte egoistica, e non perché sono una di loro, ma perché non voglio in alcun modo sentirmi il peso e la responsabilità di questo abbandono. Potrei parlarvi di quanto sia giusto, e l'ho fatto, ma anche di quanto sia opportuno nell'interesse del Paese, di quanto sia coerente con la nostra storia e cultura o più semplicemente di come sia alla base della nostra cultura cattolica. Però, la vera questione è un'altra: volete davvero essere responsabili di un atto di abbandono verso una collettività di nostri connazionali? Credo e spero che sarà la vostra sensibilità a guidarvi nella risposta, perché qui, oggi, non parliamo di numeri, ma di persone, di nostri connazionali e di nostri parenti. Spero davvero che il buonsenso e la ragionevolezza prendano il sopravvento, perché siamo in un momento molto delicato, e questi sono giorni tristi per tutti, servono coesione, solidarietà, saggezza e responsabilità, siamo tutti italiani e come tali dobbiamo rispettare anche chi ha dovuto lasciare la nostra patria per necessità, ma è rimasto italiano nel cuore, nella quotidianità, e le traversie della vita, incastrate con norme non sempre conosciute, lo hanno portato a non poter essere cittadino secondo la legge. Quindi, penso che sia arrivato il momento che la legge e la realtà tornino a coincidere.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente. Finalmente siamo in Aula, siamo riusciti a portare questa proposta di legge in Aula, anche se è un po' un'ora tarda, siamo un po' stanchi, ma noi ci crediamo molto, noi stiamo combattendo per dare i diritti a quasi 900 mila ragazzi, che sono italiani ma non hanno la cittadinanza. Questi ragazzi vivono coi nostri figli, nelle scuole, sono circa il 10 per cento della popolazione scolastica, frequentano le nostre scuole, ma a un certo punto per la legislazione italiana attuale, quando compiono 18 anni, per loro incomincia una serie di problemi e non ha senso rendere la vita difficile alle persone. Non è che togliendo i diritti a qualcuno, rendendogli la vita difficile, miglioreremo la vita degli altri. Soprattutto, non parliamo soltanto di queste 900 mila persone, ma parliamo di 60 milioni di persone, perché quando in una comunità si colpisce una parte di questa è tutta la comunità che soffre, quindi, questa è una legge che vuole dare diritti, vuole aiutare tutti, vuole portare una ricchezza; queste sono persone che lavorano e pagano le tasse e, quindi, devono sentirsi integrate. Nelle lunghe ore di dibattito in Commissione, nella quale siamo stati con il presidente Brescia, abbiamo sentito delle argomentazioni un po' strumentali e abbiamo sentito tante volte l'argomentazione che c'è chi commette dei reati; certo, i reati vanno puniti, come per esempio i fatti di Riva del Garda ma, Presidente, le vorrei dire che questi ragazzi, se noi non li facciamo sentire italiani, qualcun altro li farà sentire qualcos'altro e i reati, a quel punto, aumenteranno. Sono qui, cerchiamo di integrarli, cerchiamo di farli sentire parte della nostra comunità. E per questo, perché riteniamo che sia importante questa legge, sono stati fatti tanti sforzi, tante ore di dibattito in Commissione e perché ci sono state tutte queste ore di dibattito? Perché, purtroppo, alcune forze politiche hanno detto: questa legge non la vogliamo far passare, forse per un tornaconto elettorale, visto che ci stiamo avvicinando alle elezioni. Giustamente, l'opposizione ha diritto di fare opposizione, per carità, ci mancherebbe altro e gli strumenti che hanno usato sono stati una serie di emendamenti, centinaia di emendamenti ma, Presidente, io non vorrei leggerle tutte le centinaia di emendamenti che noi abbiamo dovuto esaminare in Commissione, ma mi permetterà, se arrivati a quest'ora della sera, gliene leggo qualcuno, perché per dare la cittadinanza, uno dei requisiti che veniva chiesto era l'aver conseguito una votazione non inferiore a 90 centesimi all'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, all'esame di maturità, semplifico. Ma lo sanno alcuni colleghi della principale forza parlamentare, al momento, che con questo requisito la cittadinanza non sarebbe potuta andare al loro leader, Matteo Salvini? Cioè, Matteo Salvini non avrebbe potuto essere cittadino italiano se avessimo approvato la loro proposta. Poi, c'era di meglio, c'era - la collega Boldrini l'ha ricordato - per esempio: usi e costumi italiani, mediante prova orale sulle tradizioni popolari più rinomate (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

LAURA RAVETTO (LEGA). Ma di cosa parla! Stiamo facendo un dibattito o qualcos'altro?

MARCO BELLA (M5S). Sì, li avete scritti, questi li avete scritti voi, io li sto semplicemente leggendo, mi limito a leggere gli emendamenti, che noi ovviamente abbiamo ascoltato in Commissione. Un altro requisito per la cittadinanza, che fortunatamente è stato bocciato, era l'attestazione della conoscenza degli usi e dei costumi italiani, mediante prova orale – orale, eh - sulle sagre tipiche italiane. Qui, forse, il leader Matteo Salvini penso che ce l'avrebbe fatta; qui, penso che ci siamo. Poi, va bene, insomma, ricordo la prova sulle tradizioni campane per la cittadinanza italiana, la prova sulle tradizioni laziali, ecco altri emendamenti erano questi, e qui arriviamo, insomma, ad altri ancora, come questo, Presidente: il superamento di una prova scritta in lingua italiana vertente sul significato del presepe in Italia. Ora, per quanto riguarda il significato, le posso chiedere perché ci stanno il bue e l'asinello nel presepe? Perché, sa, nei Vangeli non ci sono, eh… va bene, okay. Quindi, il significato del presepe potrebbe mettere in difficoltà tante persone. Ma, poi, arriviamo al top assoluto e leggo l'emendamento, lo leggo perché magari viene ripresentato in Aula, quindi, noi oggi, a tarda sera, possiamo anticipare il dibattito: esito positivo di una prova scritta consistente in test sui prodotti tipici gastronomici italiani. Ora cerchiamo un attimo di capire le parole. Allora, qui ci deve essere prima un test sui prodotti gastronomici italiani; immaginiamo questo test; prendiamo dei ragazzi, e gli facciamo assaggiare un'amatriciana: c'è la pancetta o c'è il guanciale? Devono assaggiare questa amatriciana. A quel punto dobbiamo fare un tema o un test scritto: ma l'amatriciana si fa con la pancetta o col guanciale? Questa è l'interpretazione di quello che c'è scritto qua, né più né meno; l'avete fatto voi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Comunque, queste sono le cose che ascoltano i ragazzi lassù nelle tribune, che sono gli italiani senza cittadinanza, e qualcuno dice: va bene, ma tanto a che cosa serve questa legge?

Presidente, lo sa che alcuni di questi ragazzi, pur avendo il permesso di soggiorno, non hanno un passaporto, per esempio, di un Paese Schengen, e quindi non sarebbero potuti entrare? È stato grazie allo sforzo degli uffici di questa istituzione - che ringrazio - che loro possono assistere a questo dibattito, il dibattito per la loro legge. Certo, questa legge vuole evitare che si verifichino casi come i loro, però loro sono qui e io veramente vorrei mandare loro un grande abbraccio. Oltre a mandare loro un grande abbraccio - e ricordiamoci che lassù non possono fare alcun segno di approvazione o disapprovazione - vorrei raccontare loro qualche storia. Voi dite che la cittadinanza va bene, ho sentito qualcuno dire tante volte in Commissione: “ma perché volete cambiare questa legge sulla cittadinanza, visto che diamo tante cittadinanze?”. Forse perché siamo uno dei Paesi più grandi in Europa, ecco, semplicemente per questo.

Vi volevo raccontare la storia di Amin. Amin a 4 anni forse ha vissuto più di quanto abbia vissuto io a 50, perché lui nasce a Mogadiscio e arriva in Eritrea sulle spalle del nonno; lui conosceva tutte le armi a 4 anni e allora la mamma e la zia gli dicono: andiamo in Italia, perché lì non ci sono le armi. Lui aveva paura delle armi. E lui arriva all'aeroporto di Fiumicino e ci sta un carabiniere, che ovviamente ha le armi, e lui dice: allora mi avete ingannato? Cosa avete fatto? Comunque, arriva qua in Italia, fa tutte le scuole qua in Italia, studia, e ovviamente lui, essendo in una situazione particolare perché è un profugo, a 18 anni chiede la cittadinanza. E a questo punto entra in un loop pazzesco per cui, semplificando, chiede il permesso di soggiorno, dopodiché adesso sono dieci anni che lavora qui e speriamo che presto la possa avere. Tra l'altro, Amin ha fatto una cosa bellissima insieme alla sua ragazza, Diana, che è anche lei lì. È un documentarista, è regista e dice: voglio partecipare al David di Donatello, ma non può perché non ha la cittadinanza italiana, allora l'ha chiesto come attivista; ha detto: datemi la possibilità di partecipare. E allora la giuria del David ha accettato non di far partecipare tutti quelli senza cittadinanza, ma soltanto per la sezione cortometraggi. Ma tutto sommato la storia di Amin è una storia quasi a lieto fine; d'accordo, sono 13 anni, tanti anni che sta qui, adesso ha quasi 34 anni, se non erro.

Ma c'è un'altra storia, quella di Sonny Oulumati. Cosa fa Sonny? Sonny nasce qua in Italia, i genitori sono nigeriani, ma lui nasce qua. A 4 mesi i genitori si separano e lui incomincia ad essere sbattuto, purtroppo, in quel percorso difficile di case famiglia. A 7 anni, finalmente, riesce a ricongiungersi con la mamma e a 18 anni dice: io chiedo la cittadinanza, ho fatto tutte le scuole qua… e invece no! Perché? E qui la criticità della legge è che lui, non potendo provare la residenza, perché, ovviamente non per colpa sua, per colpa delle situazioni… e quindi, di fatto, a 37 anni, lavora, fa dei documentari, fa dei pezzi bellissimi, però la cittadinanza ancora non ce l'ha. Ha un permesso di soggiorno, che scadrà a dicembre, quindi speriamo che poi non debba andare via.

Poi c'è la storia - forse quella più emblematica di tutte, di cui abbiamo parlato anche - di Luca Neves. Luca è qua, ma in questo caso devo ringraziare i colleghi della Lega, perché senza il loro ostruzionismo non potrebbe essere qua. Perché? Perché non aveva neanche il permesso di soggiorno: a 33 anni, nato a Roma, vissuto a Roma, parla romano bene, ha fatto tutte le scuole qua. Tra i 18 e i 19 anni, in una situazione familiare complessa, ritarda di due giorni soli - due giorni soli! - la presentazione della domanda di cittadinanza. A quel punto, Luca Neves diventa un fantasma. Del suo caso ha parlato anche The Guardian. I giornali ne hanno parlato. Egli praticamente non esisteva! Cioè, per due volte mi ha raccontato: mi ha fermato la polizia, mi hanno messo in un centro anziani, mi volevano mandare a Capo Verde, ma io non ci sono mai stato a Capo Verde, non so nemmeno la lingua, io sono italiano. Cioè, non esiste!

Non avere il permesso di soggiorno significa che non puoi lavorare, che non puoi prenotare una visita medica, certo ci sono le urgenze al pronto soccorso, ma la visita medica non la puoi prenotare. Ma se uno non può lavorare, come può sostenersi? Quindi quando diciamo: vogliamo abbassare il livello, rendere i cittadini più sicuri… Rendere i cittadini più sicuri vuol dire includere, vuol dire riconoscere qualcosa che già esiste. E comunque Luca, mi sembra, due settimane fa, riesce finalmente ad avere questo permesso di soggiorno con cui fra dieci anni, forse, potrà diventare cittadino italiano.

Tra l'altro, perché vi parlo di Luca? Perché è una persona che rispetta le regole. Avrebbe una scorciatoia: insieme a Luca c'è Helene, la sua ragazza, italiana, italo-francese a dire il vero. Bastava che si sposasse e i suoi problemi erano risolti. Però dice: no, io non posso fare questo, non posso fare un matrimonio perché sono forzato, perché non sarebbe rispettoso verso i miei genitori, per ogni penna che hanno comprato i miei genitori, per ogni sacrificio che hanno fatto i miei genitori, io vorrei che mi sia riconosciuto un diritto. E in questo percorso è un po' un simbolo. Luca finalmente sta lì, è potuto finalmente entrare, perché senza il permesso di soggiorno qua non entrava. Eppure abbiamo anche Luca.

A questo punto, Presidente, qualcuno dice: è il discorso del “benaltrismo”. Ci sono le bollette, ci sono i problemi, ci sono tante cose, davvero dovete pensare alla cittadinanza? Questi sono i motivi per cui pensiamo alla cittadinanza, questi sono i motivi per cui oggi, che a Roma è festa, stiamo qua a discutere, e se servirà rimarremo tutto il tempo che serve, questo sia ben chiaro.

Per concludere, Presidente, che le posso dire? Abbiamo questi ragazzi qua, lei sa benissimo quali sono le regole della Camera, non possono fare neppure un cenno. Però, io vorrei dirvi: noi li possiamo applaudire e allora vorrei che chiudessimo così: applaudiamoli questi ragazzi (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Italia Viva)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ziello. Ne ha facoltà.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Grazie, Presidente. Mi sarei aspettato, da parte dei rappresentanti del Partito Democratico e del MoVimento 5 Stelle, degli interventi sul tema, ovvero sulla riforma della cittadinanza che si ostinano a portare avanti, e non sulle storie più disparate, come ha poc'anzi fatto l'esponente del MoVimento 5 Stelle, anche perché qui siamo alla Camera dei deputati e non certamente nel meetup del Movimento 5 Stelle o nel blog di Beppe Grillo. Insomma, una storia che si sta per chiudere per il bene dell'Italia intera. Ma al di là di questo noi siamo in una situazione che caratterizza l'Italia da una serie di fondamentali, da un punto di vista economico: abbiamo 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, il 5,8 per cento di inflazione e il 9 per cento di tasso di disoccupazione. E la priorità del Partito Democratico e del MoVimento 5 Stelle è quella, ovviamente, non di dare delle risposte al Paese profondo, quel Paese profondo che non vi vota più, perché ormai il vostro recinto è quello delle ZTL. Non esiste un campo largo, ditelo al vostro segretario nazionale Enrico Letta. Voi rappresentate il campo ristretto, quello delle zone a traffico limitato e infatti molto probabilmente non siete in sintonia con il Paese, se di fronte ad una situazione così drammatica da un punto di vista economico e sociale non portate come proposte di iniziativa parlamentare delle iniziative funzionali a dare delle risposte alla popolazione italiana. Ma ovviamente vi interessate a portare una riforma funzionale alla modifica delle regole per il rilascio della cittadinanza, come se nel nostro Paese si negassero dei diritti a quelle persone, come se l'Italia fosse una Repubblica con emergenza cittadinanza, come se il nostro Paese quasi non riuscisse a dare le cittadinanze.

Abbiamo ricordato anche al relatore, nonché presidente della Commissione, onorevole Brescia - che tra l'altro rappresenta l'ex primo partito da un punto di vista numerico all'interno della Camera dei deputati e anche all'interno del Senato della Repubblica - che sostanzialmente è un provvedimento completamente fuori da ogni priorità per l'Italia. Infatti, modificare la cittadinanza in uno scenario drammatico come questo significa offendere milioni di italiani in difficoltà, milioni di italiani che non riescono ad arrivare alla fine del mese e milioni di italiani che ancora non si sono ripresi dall'emergenza economica causata dalla pandemia e che sono strozzati dall'aumento di queste bollette, il cui aumento è generato dalla situazione geopolitica che si sta registrando a livello internazionale. È chiaro, quindi, che un partito come il nostro, che è di fatto l'unico sindacato territoriale rimasto in Italia, farà ostruzionismo a questa vostra proposta e iniziativa, non per motivi ideologici, ma semplicemente perché, in questo Governo, noi intendiamo pensare alla vita reale del Paese. Non faremo certamente gli interessi del palazzo, non faremo gli interessi di quelle persone che hanno cercato, per esempio, di fermare Matteo Salvini, quando era Ministro dell'Interno, i cui numeri ricorderete da un punto di vista governativo. Io mi ricordo, quando abbiamo portato i primi decreti sicurezza in quest'Aula, le proteste del Partito Democratico con maschere bianche, a testimoniare delle morti nel Mediterraneo che con il nostro Ministro non sono aumentate, ma sono diminuite drasticamente. Questo è l'esempio della Lega al Governo, cari colleghi del Partito Democratico, che mettete questi temi in cima all'agenda politica, inevitabilmente del Governo. Perché questo è il punto: il Governo che si rimette all'Aula, al di là della funzione da Ponzio Pilato, di fatto, è come se esprimesse inevitabilmente un parere favorevole a questa proposta. È per questo che il nostro segretario federale Matteo Salvini ha chiesto con urgenza un chiarimento politico da questo punto di vista. Perché, in una situazione emergenziale di questo tipo, se c'è qualcuno che sta cercando di far saltare il Governo e di alterare gli schemi di questa maggioranza, è sicuramente il Partito Democratico, che si ostina a portare avanti dei provvedimenti evidentemente divisivi, che andranno paradossalmente a creare delle problematiche dirimenti in molte città che amministrano. Abbiamo visto che cosa è successo, per esempio, a Peschiera del Garda. Abbiamo visto con i nostri occhi le notizie dei fatti drammatici che ci arrivano da quel territorio dell'economia profonda del nostro Paese. Abbiamo visto che non è certamente con il rilascio di una cittadinanza facile che si può risolvere il problema dell'integrazione. L'integrazione si fa attraverso un percorso, un percorso profondo, un percorso funzionale anche alla dimostrazione di un amore verso il nostro Paese, con una conoscenza della lingua, una conoscenza delle tradizioni, una conoscenza, quindi, anche delle feste popolari del nostro territorio. Per questo non capiamo come sia stato possibile da parte del presidente della Commissione, nonché relatore, dire che i nostri emendamenti, che chiedevano semplicemente di dimostrare da parte del richiedente di conoscere le tradizioni del nostro Paese, potessero essere un'offesa e un'umiliazione (secondo l'idea di questo relatore, che non ha fatto un giorno di consigliere comunale) per chi intende richiedere la cittadinanza. Questo è il problema di quando non si fa un percorso amministrativo a livello territoriale: si portano questi provvedimenti e non si pensa minimamente alle conseguenze che possono causare, paradossalmente, da un punto di vista numerico, anche ai tanti amministratori locali, che attraverso quest'Aula rappresentiamo quasi tutti. In particolare, anche il Partito Democratico ha una grande rappresentanza a livello comunale di sindaci. Da questo provvedimento, nel caso in cui dovesse passare, si creeranno dei seri problemi, si creerà una lacerazione netta in molte città del tessuto sociale. Infatti, quando si rilasciano delle cittadinanze in modo semplice con uno o più cicli scolastici, automaticamente - per questo ho fatto riferimento poc'anzi ai fatti di Peschiera del Garda - si possono rilasciare anche a quelle figure che attualmente si dilettano in molte città italiane a comporre le baby gang. Baby gang che poi creano i famosi branchi, branchi con i quali si vanno a porre in essere i reati più efferati all'interno del nostro Paese, addirittura con urla del tipo: “Qui si comanda noi”, “si comanda noi, i bianchi non comandano più”. Fermatevi di fronte a questi fatti, perché simili scene possono essere il preludio di un'emergenza sicurezza, che un provvedimento come questo andrebbe inevitabilmente ad innescare.

Gli elettori sapranno bene di chi ovviamente sarà la colpa di una conseguenza di questo tipo. Rilasciare cittadinanze, per esempio, in un caso come quello di Peschiera del Garda, non avrebbe sicuramente garantito l'integrazione all'interno del nostro Paese. Così pure altri fatti di cronaca nera, sempre da parte dei soliti immigrati più o meno regolari, testimoniano e dimostrano ancora una volta come il ciclo scolastico non possa minimamente dimostrare un'integrazione avvenuta all'interno del nostro Paese. Chi lo pensa e chi lo porta avanti ovviamente lo fa - mi riferisco al Partito Democratico, che ha esperienza amministrativa - da un punto di vista ideologico; il MoVimento 5 Stelle non si rende minimamente conto, invece, di quello che sta facendo, perché, non avendo nessuna esperienza e nessuna contezza da un punto di vista amministrativo, non può certamente comprendere le gravissime conseguenze che si registreranno nel caso in cui questo provvedimento dovesse diventare legge, anche se ho i miei dubbi. Quindi, vi ostinate ancora una volta in questo tentativo particolarmente maldestro. Si sente dire da parte del vostro segretario nazionale - mi riferisco per il suo tramite, Presidente, sempre agli esponenti del Partito Democratico - che il PD sarebbe il partito della responsabilità e della serietà e poi, di fronte a degli emendamenti della Lega, che chiedono in questo provvedimento di avere, per esempio, da parte del richiedente la cittadinanza una posizione in regola col fisco c'è un parere contrario da parte degli stessi esponenti del Partito Democratico; e il Governo stranamente su questo ha dato lo stesso parere contrario. Ma come? Il Ministero dell'Economia e delle finanze, quando un'iniziativa parlamentare va comunque sia a causare un aumento di spesa, molto spesso dà parere contrario; quando invece c'è un'iniziativa parlamentare che va nella direzione di garantire il rigore fiscale, che va nella direzione di garantire anche la stabilità dei conti, di solito dà un parere favorevole. Non si capisce se il sottosegretario Scalfarotto abbia agito di propria iniziativa o attraverso una condivisione da un punto di vista ministeriale. È evidente che c'è una piccola anomalia, come c'è un'altra anomalia sempre da parte del Partito Democratico - che secondo alcuni sarebbe il partito della legalità –, da parte di alcuni esponenti del PD che si riempiono la bocca di grandi frasi sulla legalità, di quanto è importante contrastare la mafia, le associazioni a delinquere e quant'altro. E poi? Di fronte ad un emendamento, sempre della Lega, nel quale si chiede semplicemente, sempre da parte del richiedente, di non avere carichi penali in corso, si dà ovviamente un parere contrario. Perché questo? Per la politica generale, forse urlata in modo becero, bisogna dire che sia il partito della legalità e, poi, quando si applica forse lo stesso principio, però a questioni che riguardano l'immigrazione, si è un po' più blandi. È questo il paradosso del Partito Democratico: si è forti con i deboli, che in questo caso saremmo noi, cittadini italiani (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)... E, certo, è inutile che cercate di fermarmi nel mio intervento. Molto probabilmente ho colpito un nervo scoperto: siete forti con i deboli, ovvero con i cittadini italiani che non arrivano alla fine del mese, e siete deboli quasi come neve al sole, signori deputati, di fronte agli immigrati (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), da chi arriva dall'altra parte del mondo il giorno prima. Infatti, anche questo vostro difendere sempre quel Ministro dell'Interno (Ministro: diciamo formalmente Ministro dell'Interno) che ci sta riempiendo di immigrati dall'inizio dell'anno - siamo già quasi a 27.000 persone sbarcate - dimostra semplicemente qual è la vostra tendenza. La vostra tendenza è quella di sostituire sostanzialmente una parte della nostra società, perché quella parte di società non vi vota più (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché siete all'interno sempre di questo campo stretto, all'interno di questa ZTL, che vi prende sempre di più e vi scaglia sempre più in profondità in quella parte di città, e perché dovete sostituire le campagne e le zone più periferiche del nostro Paese con nuove risorse da sfruttare. Ma, di fronte a questo schema, ci sarà sempre la Lega che difenderà il nostro Paese, perché mette sempre gli italiani al primo posto. Quando questo provvedimento arriverà in Aula, ve ne accorgete molto presto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI (PD). Grazie Presidente. Siamo finalmente in Aula e in fondo mi ha interessato sentire anche questa sera le colleghe e i colleghi che la pensano in un modo direi non diverso, ma opposto, nettamente opposto rispetto a noi.

E in questo devo dare ragione al collega della Lega che è intervenuto precedentemente: è vero, in fondo su questa materia si stanno misurando due visioni del mondo; ma non due ideologie, due visioni del mondo e soprattutto due idee delle persone che hai innanzi, in questi casi ragazze, ragazzi, bambini, bambine, e dell'idea della vita che hai, della visione della vita, del futuro. Poi penso che, se dovessi mettere qualcosa sul podio dei diritti, nel loro intreccio indissolubile, cangiante e permanente, metterei un diritto che attiene a questa legge insieme alla sua concretezza, che è quello alla speranza, perché poi in sostanza dipende da come ti svegli la mattina e da quali occhiali hai, e chi non ha gli occhiali da quali occhi hai, per guardare ciò che c'è davanti a te. Se vedi questi ragazzi, queste ragazze, che o sono nati qui oppure hanno fatto un ciclo scolastico, come l'alba, come una risorsa, se li vedi come una persona, o se li vedi - mi sembra di avere capito questa sera, e devo dire che in parte lo avevo già sentito in Commissione, ascoltando con il massimo rispetto, chi mi conosce lo sa, e lo avevo sentito anche lì - con un cupore, con un pessimismo che non può appartenere a chi vuole cambiare in meglio la società, il mondo e ciò che abbiamo innanzi. E soprattutto che non appartiene - ecco la cosa che mi premeva sottolineare, per cui ho perso il filo della mia scaletta, e mi scuserete tutti se non sono così lucida e lineare - proprio a quelli più giovani, proprio alle ragazze e ai ragazzi, a cui tutto va tolto, tranne la speranza.

Dicevo sì, è vero, due visioni del mondo. Non credo che ci ascoltino in tanti questa sera fuori da qui, non ci ascoltano certo i ragazzi, che si sono appropriati tutti di altri linguaggi - vedo qui la collega Flavia, Rosa, gli amici e i colleghi della Commissione cultura - da anni si sono appropriati di altri linguaggi, si sono appropriati di musiche, di colori. Non ci ascolteranno loro, quelli nati qui da sempre, con generazioni di nonni e di nonne alle spalle, e quelli che si sentono cittadini italiani. Però, se ci ascoltasse anche uno solo - non credo neanche questo - degli opinionisti più riflessivi, che scrivono sui giornali e che dicono che sono superati alcuni concetti, ad esempio la differenza fra i progressisti, i conservatori, i democratici, la destra e la sinistra, capirebbero questa sera che alla fine quei concetti non sono superati.

Appartengono al futuro, perché sono, come dite voi, è vero, due visioni del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Voi avete una convinzione. Permettetemi di dire però - lo dico al collega che è appena intervenuto, visto che lui si è rivolto tanto a questi banchi, a questa parte del Parlamento a cui mi onoro di appartenere, come voi vi onorerete di appartenere, com'è evidente, alla vostra - che noi non siamo in splendida solitudine, non solo per quello che ricordava il collega Matteo Mauri nel suo bell'intervento o in quello che ricordava il presidente Brescia nella sua relazione. No, perché, se guardate, per quello che contano - lo so, poco, ma valgono per voi come valgono per noi -, sondaggi, inchieste e studi, vi dicono che anche di recente oltre il 60 per cento degli italiani e delle italiane pensano che sia utile una legge di cittadinanza. Sono quegli stessi italiani e italiane che, come noi qui, più di noi qui, perché sono meno privilegiati di noi qui, sanno di avere il problema delle bollette, che vogliamo risolvere, sanno di avere il problema dell'affitto, della casa, sanno di avere il problema del lavoro, ma, più di quello che avete detto, sanno che i diritti camminano insieme. E non è contrapponendo il diritto, non è scatenando la guerra fra gli ultimi, fra chi sa e chi non sa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), chi è più italiano dell'altro, che si risolvono i problemi, ma in un incontro virtuoso si fa comunità. Questa parola meravigliosa che dovrebbe davvero appartenere a tutti, in un incontro virtuoso di contaminazione si fa comunità. E mi faccia finire, signor Presidente: sempre i colleghi della Lega - mi rivolgo a loro perché obiettivamente loro sono qui, come noi in tanti siamo qui, e vogliamo fino alla fine discutere - ci richiamavano ad altre cose, ci richiamavano al fatto che noi non rappresenteremmo abbastanza. Allora dico che tutti noi, in questo Parlamento, dopo trent'anni - facevano riferimento a questo sempre il collega Mauri, il presidente Brescia, altri interventi, la collega Boldrini - dalla prima legge di cittadinanza, chi abbiamo la presunzione, tutti noi e tutte noi, di rappresentare, visto che non siamo riusciti a fare una legge finora che dicesse a quelle ragazze e a quei ragazzi banalmente una cosa semplice, ma vera: vi vediamo, vi riconosciamo. Sapete qual è l'altra differenza? È una differenza storica, la stessa che c'è fra lo Statuto Albertino e la Costituzione italiana: un conto sono le concessioni, un conto sono i permessi, e un conto è il diritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), il diritto, sono i diritti. Attenzione, attenzione, perché sull'idea di diritti, sui valori e principi di diritti si sta ridefinendo la geopolitica, si sta ridefinendo l'Europa, l'Europa insanguinata, come si dice, sofferente per l'aggressione all'Ucraina.

L'Europa in cui quel popolo lotta per la libertà. Voi dite: cosa c'entra? Ma tutto questo avviene in nome di quella parola, i diritti, che non sono mai una concessione, ma intendono un'idea di mondo, di Europa in quel caso, un'idea di etica pubblica, di doveri, perché soltanto nella casa dei diritti ci sarà la casa dei doveri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché soltanto nella casa dei diritti crescerà la responsabilità comune. Perché, e ho finito, noi, che avremmo voluto - almeno parlo per me, il mio gruppo forse è molto più serio e più capace di me - uno ius soli temperato, abbiamo detto sì a un tentativo di mediazione, a questa proposta? Non per mancanza di coraggio, perché, se fosse come dite voi, che vogliamo sollevare una bandierina, avremmo proposto lo ius soli netto, senza neanche il temperato. Abbiamo voluto una mediazione e abbiamo sostenuto il presidente Brescia perché tentavamo su questa idea di comunità di contaminare, di verificare le condizioni fra punti di vista che sappiamo diversi. Lo so io che sono diversi, lo sapete voi, e si confronteranno alle elezioni politiche perché ci sarà chi è di qua e chi è di là, lo voglio dire.

Ma intanto abbiamo un dovere, trent'anni sono tanti, è cambiato tutto. Non ci sono più sigle di partiti, sono cambiati i Presidenti, sono cambiati i Governi, la Crusca ha immesso i linguaggi di queste nuove generazioni. Trent'anni e noi non sentiamo il dovere di cercare una soluzione? Contrapponiamo chi deve pagare una bolletta a un ragazzo che vuole essere semplicemente visto, che è andato a scuola, che è stato accolto da quegli insegnanti? No, no, non è degno di questo Parlamento, no (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Ecco perché vogliamo continuare, e farlo con una legge saggia, mite. Fino alla fine difenderemo le nostre idee, fino alla fine cercheremo il confronto, ma fino alla fine non verremo meno a un dovere che è un banale dovere di costruzione dell'etica pubblica e di trionfo di un principio, quello di diritti, sì, che è quella cosa straordinaria per cui generazioni hanno lottato.

Tutti qui abbiamo applaudito il Presidente Mattarella quando è venuto la seconda volta, tutti, ma quale era la parola che risuonava dieci volte, quindici volte? La parola era dignità! E allora noi siamo per promuovere la dignità, per allargare la dignità, per valorizzare la dignità, e per questo credo che la prima cosa che faremo - almeno io sento e noi sentiamo - è credere che nell'altro, nell'altra, tanto più se è un bambino e una bambina, c'è qualcosa di buono, di davvero buono, che noi abbiamo il dovere di fare crescere, di vedere e di curare davvero come il più bello dei fiori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tonelli. Ne ha facoltà.

GIANNI TONELLI (LEGA). Grazie, Presidente. È giusto che ci sia l'applauso… però, dopo mi dà il tempo, Presidente…

PRESIDENTE. Non si preoccupi, onorevole, lei ha 12 minuti.

GIANNI TONELLI (LEGA). Oggi apriamo la discussione generale sul cosiddetto ius scholae. La Lega ritiene che, dietro questo termine, si celi unicamente un obiettivo di carattere ideologico. La comunità del Paese non conosce per nulla i contenuti di questo provvedimento e, soprattutto, non li conoscono gli elettori dei proponenti. Ius scholae è una definizione dietro la quale si nasconde un intendimento chiarissimo: regalare la cittadinanza a tutti coloro che la richiedono senza pretendere alcun requisito e senza sottoporre la concessione di quest'ultima a nessuna verifica. Secondo questa visione, accedere alla cittadinanza è sostanzialmente un diritto naturale ossia un diritto non scritto, considerato universale e necessario, preesistente e non sempre coincidente con il diritto positivo che fa parte del patrimonio etico, razionale e religioso di ogni individuo o comunità. Il sostenere, come fanno i proponenti, che il riconoscimento della cittadinanza italiana sia il presupposto per la fruizione piena di tutti i diritti è una menzogna: al bambino che nasce in Italia o arriva in Italia sono riconosciuti tutti i diritti, dalla frequentazione scolastica e sportiva all'assistenza sanitaria, e la piena partecipazione alla vita sociale della comunità. È, quindi, una menzogna sostenere che la mancanza del riconoscimento dello status di cittadino inibisce la fruizione di altri diritti.

Altra menzogna per sostenere lo ius scholae è quella di sostenere che l'acquisizione della cittadinanza non può essere una sorta di privilegio da elargire discrezionalmente, magari a seguito di un tortuoso percorso burocratico, ma deve essere concepita come il naturale coronamento di una legittima aspirazione del richiedente. Questa affermazione è quanto mai assurda e surreale. Forse l'ottenimento della qualifica e dello status di chirurgo, di avvocato, di professore può essere considerato un privilegio se non concesso a tutti coloro che aspirerebbero a ciò, escludendo coloro che non ne hanno i requisiti? Essere cittadino italiano non è un'astrazione concettuale: il cittadino italiano è colui che si sente cittadino italiano, è colui che ha deciso di aderire alla comunità italiana e di riconoscere come propria la gerarchia dei valori su cui si fonda la comunità italiana (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); accedere a questo status significa mostrarsi ed essere riconosciuti come tale dall'intera comunità.

Cercherò di parlare a nuora perché suocera intenda e, nel fare ciò, parlerò a lei, Presidente, e ai colleghi proponenti di questo scellerato provvedimento, affinché, a casa, gli italiani siano in grado di comprendere e percepire realmente ciò a cui mirano i partiti e i sostenitori dello ius scholae. Questo ius scholae altro non è che il passepartout per la cittadinanza il bypass universale per far accedere alla cittadinanza italiana tutti coloro che lo desiderano e, soprattutto, senza vincoli, filtri o riscontri. Tre sono solamente i requisiti richiesti: che il minore sia entrato nel territorio italiano prima del compimento del dodicesimo anno di età, che vi abbia risieduto per almeno 5 anni, durante i quali abbia seguito un corso professionale, triennale o quadriennale, poco importa se farlocco, reale, in presenza oppure online e senza alcun tipo di verifica finale per rilevare se sia servito a qualcosa, se l'interessato abbia appreso qualcosa, se sappia leggere, ascoltare o parlare italiano e se abbia seguito realmente questo corso.

La cosa veramente illuminante, relativamente alle intenzioni dei proponenti, al di là del teatrino del collega Bella su quelli che potevano essere certamente degli emendamenti strumentali ai fini di rendere opposizione concreta a questo provvedimento, è rappresentata dall'infinita quantità di emendamenti proposti dalla Lega e miseramente bocciati senza motivazione alcuna, unicamente perché proponevano verifiche, suggerivano la previsione di criteri etico-morali o richiedevano un reale percorso formativo alla italianità. Una persona, se è un delinquente, rimane tale anche se è entrata in Italia prima del compimento del dodicesimo anno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), anche se è rimasta in Italia 5 anni e anche se ha seguito un corso professionale farlocco online di 3 anni. Secondo voi, un delinquente acclarato ha titolo ad accedere alla cittadinanza italiana?

Non solo, se concediamo la cittadinanza ad un delinquente acclarato, accettiamo anche che tale fatto elargisca benefici a tutti i familiari entro il secondo grado, magari in clandestinità, con l' inespellibilità di questi ultimi, anche se stupratori, rapinatori o associati a mafie straniere, quale quella nigeriana. Credo di non esagerare e non essere offensivo nei confronti di nessuno nel sostenere che tutto ciò sia un'aberrazione; è un'aberrazione soprattutto se si tiene in considerazione che la disciplina normativa della legge n. 91 del 1992 garantisce un'infinita generosità relativamente alla concessione di cittadinanza italiana.

Cari colleghi della sinistra italiana, cari colleghi dei 5 Stelle, voi non avete informato i vostri elettori sul fatto che l'Italia, nel decennio 2010-2019, ha concesso un milione e 180 mila cittadinanze italiane, dimostrandosi uno dei Paesi, se non il Paese più prodigo in Europa nell'accoglienza e nella concessione delle cittadinanze. Per questo stigmatizzo fortemente l'atteggiamento da voi tenuto e finalizzato a sottacere questi dati alla comunità del Paese per far apparire l'Italia come una nazione chiusa su se stessa, dove la speranza di accedere formalmente alla comunità nazionale mediante la cittadinanza sia una chimera per qualsiasi straniero di buona volontà, a causa di un vuoto normativo, di sentimenti razzisti che, come da voi affermato più volte, determinano un allontanamento dai parametri di civiltà a cui dovremmo ben uniformarci. Beh, i numeri smentiscono categoricamente, oggettivamente e incontrovertibilmente queste affermazioni e questa narrazione del problema. Ammesso e non concesso che il numero delle cittadinanze elargite fosse parametro di civiltà, beh, allora l'Italia risulta essere uno dei Paesi più civili ed evoluti del continente europeo e del mondo intero. Voi, in malafede, avete proposto una fasulla rappresentazione della realtà. Cari cittadini italiani, su questo tema, sulla concessione della cittadinanza mediante lo strumento dello ius scholae vi stanno prendendo in giro, la narrativa è fasulla nei presupposti e negli strumenti. Sostengono che questo è un provvedimento necessario perché l'attuale normativa risulta essere estremamente penalizzante e carente, mentre, per contro, i numeri ci dicono esattamente il contrario.

La Lega in alcun modo è prevenuta sulla concessione della cittadinanza agli stranieri meritevoli. In alcun modo. E la prova del nove, la cartina al tornasole è il fatto che non ha promosso mai provvedimenti per restringere tale possibilità, ma non può accettare che il riconoscimento di questo status debba essere concesso senza alcuna verifica né può prendere in considerazione in alcun modo il concetto di vendita degnità. Degnità: bisogna essere degni di questa grande opportunità, opportunità che noi in Italia non neghiamo a nessuno, ma non possiamo considerare la cittadinanza come un diritto naturale. Non possiamo pensare che sia sufficiente un'aspirazione in tale direzione, soprattutto, quando quest'ultima prescinde totalmente dalla condivisione del nostro essere, della nostra gerarchia di valori, dei nostri principi, del nostro concetto di bene e di male, di giusto e di sbagliato, ossia del nostro processo di civilizzazione culturale. Ciò che è accaduto a Peschiera sul Garda pochi giorni fa dimostra chiaramente che molti stranieri in Italia non intendono in alcun modo aver rispetto per l'italianità per ciò che siamo, per ciò che rappresentiamo, per quella che è la nostra visione del futuro. Il nostro mondo non è il loro o, quantomeno, non lo è per tutti, e qui sta la differenza: la cittadinanza è un riconoscimento che va guadagnato e che va condiviso nella sostanza, non solamente per accedere ai benefici che il nostro Paese garantisce grazie all'opera dei sacrifici degli italiani di oggi e del passato.

Non è vero che questo provvedimento risolve una questione che già c'è da 30 anni sul tappeto, è una farloccheria: questo problema è un problema ideologico, che nasce con l'Internazionale oltre un secolo fa e, da allora, si coltiva questo tipo di modello di visione del futuro. Non è un problema di trent'anni, un problema del genere non può essere valutato unicamente con lenti polarizzate ideologicamente. Credo sia necessario avere maggiore rispetto per il proprio Paese e per la propria comunità e per il futuro di chi oggi ancora non è tra di noi: penso ai miei nipoti. Per evidenziare l'assurdità dell'obiettivo perseguito dai proponenti, mi richiamai, durante i lavori in Commissione, a quanto accaduto nella città modenese di Carpi, dove bande giovanili di stranieri si erano affrontate a colpi di machete. E, allora, se un ragazzo entra prima del compimento del dodicesimo anno, al compimento del quattordicesimo e, quindi, della parziale imputabilità, taglia la testa con un machete a qualcuno, mostrando un'attitudine criminale non secondaria e a seguito di ciò viene relegato in un istituto di detenzione per minori, dove frequenterà farloccamente un corso professionale online di 3 anni, accederà alla cittadinanza italiana, perché una legge assurda - questa - lo consentirà. È ragionevole questo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)?

Ditemi, è ragionevole? Non abbiamo pregiudizi nei confronti di qualsiasi procedimento o di una revisione della legge n. 91 del 1992, ma non è accettabile un tipo di atteggiamento del genere, solo e squisitamente un distillato ideologico. Non solo, queste proposte intervengono sui pilastri socioculturali della nostra società. Questi temi dovevano essere ben spiegati agli italiani, dovevano essere condivisi con la comunità del Paese. Sono i temi sui quali ci si doveva confrontare in campagna elettorale, assumendosi le relative responsabilità politiche. Non credo che i partiti oggi impegnati a sostenere questa proposta siano stati chiari con il proprio elettorato. Dubito che tutti gli elettori dei partiti proponenti condividano l'obiettivo di questa legge per quella che realmente risulta essere, ossia regalare la cittadinanza a un tagliatore di teste, come a Carpi, o a uno stupratore come a Peschiera sul Garda. Noi della Lega non ci crediamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e faremo di tutto per notiziare l'elettorato dei proponenti relativamente alla disonestà con la quale è stato affrontato il tema che non è emergenziale ma totalmente prevedibile, contrariamente a quanto sono state la emergenza sanitaria COVID e la guerra in Ucraina. Di immigrazione e di cittadinanza se ne parla in Italia da decenni e allora bisogna essere chiari nei confronti della comunità del Paese e del proprio elettorato, assumendosi le proprie responsabilità.

In conclusione, Presidente, ripeto che l'attuale normativa ha consentito a 1.180.000 stranieri in dieci anni di acquisire lo status di cittadini italiani, ponendoci ai primi posti in Europa e nel mondo, proiettando il nostro Paese ai vertici europei e mondiali nella graduatoria di Nazione generosa e ospitale, certificando in tal modo la totale inutilità di questo disegno di legge che persegue solo un obiettivo ideologico. Un obiettivo di carattere ideologico comunque non può prescindere da un dovere di responsabilità, di buon senso, di giustizia e di amore per l'Italia e per il proprio Paese, elementi che rileviamo totalmente assenti in questo disegno di legge. Per questo faremo il possibile affinché non solo la comunità del Paese sia informata ma affinché questo disegno di legge sia ritardato o bloccato (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ciampi. Ne ha facoltà.

LUCIA CIAMPI (PD). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, il nome tecnico del provvedimento che discutiamo oggi in Aula è modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza. Dietro questi tecnicismi si nasconde una legge di civiltà, una legge prioritaria e non un'arma di distrazione di massa, come ama ripetere da tempo la destra; l'abbiamo sentito anche nell'ultimo intervento. Perché forzare la mano per portare il testo in Aula, nonostante il dibattito di Commissione non fosse concluso? Come è stato ripetuto in questi giorni, per due motivi principali. Partiamo dal primo. Dopo quasi quattro anni di discussioni in Commissione, era doveroso tentare di salvare questa proposta, sottraendola ai veti ideologici di alcune forze politiche. Il testo è semplice, anzi semplicissimo: i figli di cittadini stranieri residenti in Italia che sono nati in Italia o vi si sono trasferiti entro i 12 anni di età e che abbiano frequentato regolarmente, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici devono essere riconosciuti cittadini italiani; lo ripeto, devono essere riconosciuti cittadini italiani. Oggi, nel nostro Paese ci sono migliaia di bambini e ragazzi che nonostante siano nati in Italia o trasferiti da piccolissimi, nonostante seguano gli stessi studi dei loro compagni italiani, nonostante parlino la stessa lingua e nonostante abbiano le stesse passioni vivono ancora in una condizione di precarietà esistenziale legata al fatto di non sentirsi cittadini italiani. È una condizione che genera inevitabilmente discriminazioni e disuguaglianze inaccettabili a fronte del processo di integrazione sociale e culturale e dei cambiamenti che sono intervenuti nel nostro Paese. Un presupposto che discredita di fatto anche l'istituzione scolastica, a cui dovrebbe essere invece riconosciuto un ruolo fondamentale nel processo di integrazione.

Per anni il dibattito di Commissione è stato rallentato da tatticismi incomprensibili, da comportamenti insopportabili ma soprattutto da proposte emendative inaccettabili. In quest'Aula - faccio pochi esempi, ma potrei dilungarmi a lungo - siede oggi chi ha chiesto che i bambini figli di stranieri, per poter essere italiani, debbano aver superato l'esame di terza media solo - lo sottolineo, solo - con il massimo dei voti, debbano sostenere prove scritte e orali sulle tradizioni popolari più rinomate, sulle sagre tipiche italiane o sui prodotti tipici gastronomici italiani, debbano addirittura effettuare prove scritte consistenti in un riassunto di un brano sulla musica italiana o una prova scritta vertente sulle tradizioni valdostane, piemontesi, abruzzesi, marchigiane. Sì, cari colleghi, è successo questo e di fronte a questa vergogna portare il testo in Aula era indispensabile, per salvaguardare almeno la dignità del Parlamento, perché su questi temi ci sono limiti che non si possono superare.

Passiamo poi al secondo motivo. Perché portare il testo in Aula? Per fare chiarezza, per far capire agli italiani che ci sono forze politiche che su alcuni argomenti sono completamente agli antipodi, come diceva la mia collega Pollastrini e io lo condivido. Per alcuni partiti è naturale che un figlio di genitori stranieri nato in Italia o arrivato nel nostro Paese entro il dodicesimo anno di età, se ha frequentato per cinque anni la scuola italiana o dei percorsi professionalizzanti più brevi, sia automaticamente cittadino italiano. Per altri è invece naturale mettere in relazione i rincari dovuti all'aggressione della Russia e lo ius scholae, l'immigrazione e il diritto di cittadinanza - purtroppo, in questi giorni abbiamo sentito anche questo - senza mai entrare nel merito della discussione, capaci solo di proporre nostalgici slogan sovranisti, accusando tutti gli altri di non essere patrioti. Per quegli stessi partiti è normale fare propaganda sulla pelle dei bambini e dei ragazzi, senza però avere mai il coraggio di guardarli negli occhi quei bambini e quei ragazzi. Chi voterà contro questa legge dovrebbe avere almeno la sensibilità e la correttezza di andare nelle scuole a spiegare ai bambini che, anche se si comporteranno bene, se studieranno, se conseguiranno risultati didattici, non potranno essere comunque considerati cittadini italiani come i loro compagni, solo perché i loro genitori sono stranieri. Mi permetto infine di inviare un ringraziamento a tutti quei partiti che invece si sono dimostrati leali, seri e coerenti nel perseguire e difendere una soluzione condivisa, a chi quindi non ha avuto dubbi nel barattare qualche punto nei sondaggi o la propria carriera politica con il futuro di migliaia di giovani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zennaro. Ne ha facoltà.

ANTONIO ZENNARO (LEGA). Grazie, Presidente. Sono le ore ventitré di una giornata fine giugno e ci occupiamo di riforma della cittadinanza italiana. Presidente, mi viene in mente la fotografia di circa due anni fa. Mentre eravamo in pandemia mondiale, con le persone chiuse in casa e con le restrizioni, il Governo Conte bis con uno dei primi atti andava a smontare i decreti Salvini. Cosa ha provocato questo? Dopo due anni bisogna fare anche un bilancio. Da quando sono stati smontati i decreti Salvini - ci dicevano che questo accadeva perché non funzionavano, perché chi arrivava in Italia andava salvato e c'era un problema con i centri di accoglienza - il flusso di clandestini che sono sbarcati in Italia non è raddoppiato, non è triplicato ma, a fine anno, se le cose andranno così, i flussi rispetto quando Salvini era Ministro dell'Interno saranno di otto volte superiori.

Otto volte! Ecco perché oggi in questo momento storico si parla di questo progetto di legge fatto dalla sinistra di iniziativa parlamentare Pd, 5 Stelle, LeU, no, ma è fatto per i bambini, è fatto per i più piccoli. Questo progetto di riforma della cittadinanza, fatto in questo momento, non è altro che un messaggio dato a livello internazionale: venite, venite in Italia, vi accoglieremo a braccia aperte.

Cittadinanza facile, dopo qualche anno, reddito di cittadinanza facile: noi creeremo una nuova classe di italiani che andrà sostanzialmente a sostituire noi italiani. E' una strategia che si porta avanti da qualche anno. Ricordo le parole dell'ex Presidente della Camera Boldrini: gli immigrati sono l'avanguardia del nostro futuro, del nostro futuro stile di vita. Se questa è l'avanguardia, noi diciamo di no, diciamo di no (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), se il messaggio è venite, perché, sapete, gli italiani non fanno più figli, sono vecchi e qualche membro dell'élite italiota pensa che, a questo punto, non servano più gli italiani, cambiamo, ora la cittadinanza è fluida, oggi, sei il marocchino (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), domani sei italiano e dopodomani sei francese: a questo, noi diciamo di no, nel merito, nei contenuti e nel contesto storico.

Olio di semi: più 70 per cento; burro: più 22 per cento; farina: più 18 per cento; energia: più 73 per cento; gas: più 66 per cento; gasolio: più 47 per cento; biglietti aerei: più 100 per cento; GPL: più 43 per cento: noi di questo ci dobbiamo occupare! Di questo ci dobbiamo occupare, no di cittadinanza facile (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! E non me ne vogliano i 5 Stelle, adesso gli scudieri del PD: Conte, no, che è diventato il nuovo protagonista dei progressisti. 2018, campagna elettorale, nel programma c'era scritto: sbarchi zero, sbarchi zero (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Beppe Grillo, 2012, no la cittadinanza ai figli di stranieri. Ecco, ok, adesso va bene tutto, per qualche collegio si svende la dignità, va bene, ma ricordatevi che presto andremo a votare e presto i cittadini italiani sapranno chi ha lavorato dalla parte di italiani e chi ha lavorato contro gli italiani.

Per concludere, Presidente, i miei colleghi sono entrati molto addentro anche sulle proposte che abbiamo fatto che ci hanno rigettato, lasciamo, quindi, agli atti della Camera un messaggio chiaro, un messaggio chiaro anche per il Governo: la Lega dice no, no all'Eurabia, no a questa proposta di legge che non è lo ius scholae non è neanche lo ius soli ma è lo “ius sola” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché si prendono in giro gli italiani! Diremo di no a tutti i livelli! Proteggeremo gli italiani da questa vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Orfini. Ne ha facoltà.

MATTEO ORFINI (PD). Grazie Presidente, prima di cominciare volevo segnalare all'onorevole Tonelli che stiamo discutendo lo ius scholae e non lo “ius schola”: lo dico perché, se avessimo approvato gli emendamenti della Lega, che richiedono la conoscenza della nostra cultura, trattandosi di latino, all'onorevole Tonelli la dovremmo levare, la cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), ma per sua fortuna il Partito Democratico ha bocciato quegli emendamenti e, quindi, può mantenere…

PRESIDENTE. Rimaniamo nel tema, onorevole Orfini.

MATTEO ORFINI (PD). …la sua cittadinanza. Entro subito nel tema per dire (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

GIANNI TONELLI (LEGA). Poveretto (Commenti del deputato Sensi)!

PRESIDENTE. Ho chiesto all'onorevole di rimanere nel tema! Fatelo parlare, l'ho già richiamato io a stare nel tema.

MATTEO ORFINI (PD). … che questa non è la legge che voleva (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

PRESIDENTE. La democrazia è fatta di ascolto, quindi, cercate di ascoltarlo, ognuno dice la sua. È inutile provocare, vista la situazione. Prosegua, onorevole Orfini.

MATTEO ORFINI (PD). Ci tenevo a dire che questa non è la legge che il Partito Democratico avrebbe voluto. Noi avevamo lavorato e costruito un testo di legge molto più articolato, molto più complesso, lo ha ricordato la presidente Boldrini. Il Presidente Brescia - e lo ringrazio per questo - ha cercato, in uno sforzo enorme di mediazione, di ridurre i testi dai quali eravamo partiti a un testo molto scarno, molto semplice, di due semplici articoli, proprio per cercare di venire incontro a chi non ha mai voluto affrontare seriamente questa discussione.

Ci abbiamo provato in Commissione, tanto che abbiamo anche contribuito ad approvare emendamenti di una parte del centrodestra che hanno cambiato considerevolmente il testo di questa legge, inserendo elementi di innovazione importante. Eppure, ci ritroviamo all'inizio della discussione tra le polemiche: onorevole Iezzi, l'introduzione della sharia mi pare onestamente un po' forte, come il racconto di questa legge, che ha ostruzionismo. Addirittura leggo dalle agenzie che il senatore Salvini minaccia la crisi di Governo. Cosa c'entra il Governo? Stiamo discutendo su una legge di iniziativa parlamentare, che nulla c'entra con la maggioranza di Governo, ma soprattutto mi chiedo: mette più a rischio il Governo chi chiede di discutere, secondo le regole della politica e delle istituzioni, una legge di iniziativa parlamentare o chi approva in Consiglio dei Ministri provvedimenti per poi venire in Aula e votare contro i provvedimenti che ha approvato in Consiglio dei Ministri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), come avete fatto voi in più di un'occasione in questi mesi? Ci dite che non è questo il momento, d'accordo, ce lo dite da dieci anni, anzi, è la mia seconda legislatura, ma temo lo diceste anche da prima: mi pare davvero curioso che, in questi dieci anni, per la Lega e per Fratelli d'Italia non ci sia mai stato un giorno buono per discutere di cittadinanza. Non è mai il momento, c'è sempre un'altra priorità, oltre al fatto che, grazie al cielo, il Parlamento è anche organizzato per fare più cose contemporaneamente, come stiamo facendo in questi giorni, come abbiamo fatto anche oggi, occupandoci dei problemi degli italiani, quelli di cui parlate voi, in Commissione, in Aula, e affrontando i problemi di altri italiani, come stiamo provando a fare qui, oggi.

Il problema è che voi questa legge non la volete, non è che non la volete ora, non la volete né ora né domani né ieri, non la volete e non la vorrete mai. Allora, almeno risparmiateci l'ipocrisia del non è questo il momento e andiamo al nodo del problema: voi questa norma non la volete approvare.

Leggo Giorgia Meloni oggi dire che questa è una legge fuori dal mondo, un'offesa agli italiani; è la stessa Giorgia Meloni che è solita ricordarci con enfasi in varie lingue, perché l'abbiamo visto fare in italiano, in spagnolo, di essere una madre, di essere cristiana, raccontando queste caratteristiche, non come dati di fatto, ma come elementi identitari di una cultura politica che definiscono un'appartenenza politica. Io a lungo mi sono interrogato su questo e davvero faccio fatica a capire come la rivendicazione di quelle caratteristiche, di quegli elementi possa essere declinata con una così pervicace volontà di continuare a discriminare bambini e ragazzi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché quello di cui noi oggi stiamo parlando: di porre fine a un'odiosa orrenda inaccettabile discriminazione. Di questo si tratta, di bambini e di ragazzi che studiano, che giocano, che crescono, che amano, come i nostri figli e lo fanno con i nostri figli, nelle nostre scuole. Noi abbiamo messo al centro di questa proposta il ruolo della scuola, alcuni di voi ci hanno risposto che la scuola non serve a creare i cittadini, ma quale sfiducia c'è in questa frase, in questa affermazione, nel lavoro di tanti nostri bravissimi insegnanti e nel ruolo dell'istituzione scolastica, che è il luogo dove si crea la cittadinanza, dove si crea l'integrazione? Come si può pensare che quello non sia il luogo dove avvengono i processi di integrazione? Come si può parlare di sicurezza, non vedendo che è la negazione di un diritto che crea emarginazione e che, quindi, attraverso quel senso di emarginazione, quel sentirsi respinti, può produrre sacche di difficoltà e anche di ribellismo? Noi, attraverso il riconoscimento di quei diritti, oggi, cerchiamo anche di dare una risposta a quei problemi che voi avete posto.

Oggi cosa mi ha fatto davvero impressione della vostra posizione? Non è che voi siete venuti qui, sui giornali e nel dibattito fuori, a dirci semplicemente, come è legittimo, che c'è una differenza tra destra e sinistra. Secondo alcuni non ci sono più differenze, ma vediamo che c'è una grande differenza tra destra e sinistra e ne siamo tutti consapevoli.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MATTEO ORFINI (PD). Ho finito. Voi non ci state dicendo che siete contrari: voi ci state chiedendo di cancellare questo dibattito dall'agenda della Camera dei deputati; voi ci state dicendo che dei diritti di quei ragazzi e di quei bambini voi qui dentro non volete proprio che se ne parli e questo francamente per noi è inaccettabile e noi a questa vostra richiesta non possiamo che rispondere di no: noi faremo di tutto perché qui si discuta. A quei ragazzi e a quei bambini e a chi oggi è nelle tribune di quest'Aula ad ascoltare il nostro dibattito voglio dire due cose (ho finito davvero): innanzitutto scusateci. Scusateci - e lo dico anche per chi ha usato parole di odio nei vostri confronti - e soprattutto scusateci per non essere ancora riusciti, dopo dieci anni e anche più, a risolvere questo problema. Poi vi dico che ancora una volta proveremo a fare di tutto per riuscirci entro la fine di questa legislatura. Questo è un impegno del Partito Democratico. Ci proveremo con tutte le nostre forze e cercheremo di farlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO (LEGA). Grazie, Presidente. Collega Orfini, anzi Presidente per il collega Orfini, la minaccia al Governo la fate voi di sinistra che portate in Aula temi divisivi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), che sapete benissimo mettere a rischio una maggioranza che è nata per discutere i temi voluti dagli italiani, che sono le tasse, che sono i salari, che sono il caro benzina. Voi state minacciando questo Governo! Poi, non ho capito. Il collega Orfini dice: “Provvedimenti fatti dal Governo da noi non votati”. Mi piacerebbe sapere quali esempi, perché, se si riferisce alla mancata attualizzazione del catasto e, quindi, alla mancata patrimoniale che volevate imporre voi agli italiani, sì, è vero, abbiamo votato contro, sia qui sia in Consiglio dei Ministri (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Ma parliamo di ius soli, perché è di questo che stiamo parlando: ius soli e non ius scholae. La sinistra non ha avuto il coraggio di chiamarlo così, perché neanche nel suo elettorato probabilmente detto così sarebbe stato accettato e, quindi, ha preferito proporre una legge sbagliata, pasticciata e non prioritaria che ci blocca qui a dibatterne, senza dare, appunto, priorità ai temi che ci sono stati chiesti dagli italiani. In questo dibattito di tre ore ho sentito dai colleghi, Presidente, delle cose che voglio riprendere. Inizio con la collega Boldrini: la Boldrini ha detto che questa legge la vuole il Paese. Ma la Boldrini è entrata recentemente in qualche bar (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)? Ha sentito per caso le persone che si dannavano sul tema della cittadinanza o si dannavano sul tema del caro benzina? Poi, Migliore: “Questa distinzione che fate voi tra possono andare a scuola e devono andare a scuola”. No, i bambini devono andare a scuola e anche se non sono cittadini italiani per noi devono andare a scuola, devono e possono andare a scuola! Peccato, però, che c'è qualche padre di immigrazione di prima e di seconda generazione che non consente alle proprie figlie di andare a scuola perché le vuole tenere chiusa in casa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché magari vuole che si mettano il velo e che non si confrontino con le loro compagne di scuola. Poi, Ciampi; ho scritto Ciampi ma adesso non so se la collega che ha parlato prima di me si chiama proprio così…

PRESIDENTE. Sì, onorevole.

LAURA RAVETTO (LEGA). La collega Ciampi, rivolgendosi a noi, ha detto: “Voi fate propaganda sulla pelle dei bambini”. Noi? Ma questa è una legge frutto di propaganda sulla pelle dei bambini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché, al netto della vostra retorica, che ho sentito in queste ore, e della vostra mistificazione, non c'è un deputato del PD o dei 5 Stelle che sia intervenuto e abbia spiegato qual è il vantaggio reale differente rispetto a quelli che già ora ha un bambino non cittadino italiano nel nostro Paese. Non ho sentito un esempio! Può essere curato meglio se è cittadino rispetto a un non cittadino? Grazie a Dio no, perché siamo un Paese serio e accogliente. Da noi i bambini vengono curati, che siano o che non siano cittadini. Può andare a scuola? Può avere lezioni differenti? Grazie a Dio no, perché siamo in un Paese - e io ne vado orgogliosa - dove chiunque ha il diritto di andare a scuola, cittadino o non cittadino. Allora, qual è la differenza? Perché non avete fatto un esempio e avete fatto solo retorica. Migliore: “L'aspettavamo da vent'anni”. Da trenta? Do loro una notizia: da quando sono in Parlamento hanno governato almeno sette anni su quindici che sono qui (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Non lo potevano fare? Boldrini: “Ho conoscenza di ragazzi che da vent'anni aspettano di diventare cittadini italiani”. Vi do un'altra notizia: nel nostro Paese, grazie a Dio, compiuti i 18 anni se sei residente da dieci anni puoi diventare cittadino italiano e non è necessario che ne aspetti venti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). A 18 anni diventi cittadino italiano. Boldrini: “Non possono fare concorsi pubblici”. È una mistificazione e ve l'abbiamo dimostrato in Commissione: possono partecipare ai concorsi pubblici. Boldrini: “Pagano i ritardi della burocrazia”. Non è vero (ormai c'è giurisprudenza consolidata): se si dimostra che c'è un ritardo da parte della burocrazia nel rilascio dell'attestato di cittadinanza sulla base di requisiti esistenti, vengono decurtati gli anni che eventualmente si sono persi per ragioni burocratiche. Poi, c'è Bella. No, con Bella non ce la faccio e ho difficoltà. Cioè, Bella ci ha spiegato praticamente che nel caso di taluni, al di là delle scuole che hanno fatto, anche se sono nati da cittadini italiani però poi non saranno cittadini d'Italia. Il nostro è un sistema molto chiaro, è un sistema molto equo, è un sistema che ci pone nella classifica alta dei Paesi che concedono cittadinanze e naturalizzazioni, perché è un sistema che ha un senso. Non è stata un'invenzione casuale. È un sistema che ti dice che quando tu hai compiuto i 18 anni e sei residente da almeno dieci anni nel nostro Paese puoi diventare cittadino italiano. Non è un numero a caso, perché si considera che quei dieci anni sono un tempo congruo e opportuno per il soggetto di comprendere se veramente vuole diventare cittadino italiano, perché rammento a tutti che non sempre c'è la possibilità di avere una doppia cittadinanza per i soggetti e molto spesso un soggetto che chiede la cittadinanza italiana deve anche rinunciare a quella d'origine e, quindi, magari ci vuole una riflessione da parte sua. Non tutti sono d'accordo magari nel dimenticare le origini per avere un'altra cittadinanza. Poi, sono dieci anni necessari anche alla società per valutare se effettivamente ci sia stata una reale integrazione. In più è un sistema dove se tu sei figlio di cittadini italiani automaticamente diventi cittadino italiano. Dunque, è un sistema assolutamente equo. Allora, perché insistere su questo provvedimento da parte della maggioranza? Lo dico io il perché: perché, visto che le politiche di integrazione della sinistra hanno fallito, voi state vendendo questa propaganda al vostro elettorato, facendo credere che con questo provvedimento compenserete questo fallimento e facendolo credere al vostro elettorato, illudendolo e illudendo anche tutti coloro che sperano di integrarsi nel nostro sistema che dando loro la cittadinanza verranno automaticamente integrati, creando di nuovo delle illusioni nei confronti di persone che non saranno integrate perché cittadini. Vi faccio degli esempi chiari: i ragazzi di Peschiera del Garda. Abbiamo dato tutti per scontato che magari non fossero cittadini italiani. Certamente, se passasse questo provvedimento lo diventerebbero praticamente in automatico e noi questo lo impediremo (lo vorremmo perlomeno impedire), ma magari erano già cittadini italiani. Vi sembra che fossero integrati? Vi sembra che dei ragazzi… non ce la faccio a dire ragazzi, guardate; vorrei dire qualche bestialità, perché parliamo di persone che hanno violentato delle ragazze italiane e hanno detto loro che le bianche non salgono sui treni. Vi sembravano integrati? Probabilmente sono cittadini italiani, certamente sono persone che vanno a scuola. Vi sembrano integrati? No, perché la verità è che la cittadinanza non può che essere il frutto di un percorso di integrazione che dev'essere verificato. Dobbiamo smettere di parlare di integrazione virtuale e dobbiamo iniziare a parlare di integrazione reale, che non significa accedere alla mangiatoia dell'assistenzialismo ma significa verificare che il soggetto ha la volontà di rimanere nel nostro Paese secondo le nostre regole e rispettandole, perché altrimenti non deve essergli consentito di stare qui. Dev'essere un soggetto che non disprezza l'Italia, come abbiamo ascoltato nelle intercettazioni di Peschiera del Garda, dicendo che è un Paese orrendo, e che non mitizza il Paese di provenienza, perché magari ha visto i suoi genitori che, sempre illusi dalla sinistra con la politica dei porti aperti, sono stati fatti venire e poi non hanno trovato quel Bengodi, quella situazione dorata, quei fantastici lavori che si aspettavano.

Magari questi ragazzi vedono le loro madri frustrate, perché fanno lavori molto umili, o i loro padri frustrati, perché sono sfruttati nell'ambito, per esempio, della raccolta nei campi e, magari, mitizzano i Paesi di provenienza ed iniziano ad odiare noi. È questa la formula di integrazione che vogliamo? Pensate che dando la cittadinanza in maniera automatica e senza verificarla a questi soggetti avremo realizzato l'integrazione nel nostro Paese? Noi pensiamo di no. Questo è il primo motivo: perché avete fallito le politiche di integrazione.

Il secondo motivo è perché voi state utilizzando i bambini per arrivare agli adulti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), ciò è di tutta evidenza, ve lo dico da madre, mia figlia va in una scuola internazionale, io conosco tante madri con tanti figli che vanno in scuole (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)… scusate, ma non dovete ridicolizzare, io capisco che possiate ridicolizzare (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)… ma, vi do una notizia, è una scuola pubblica; do una notizia alla sinistra, è una scuola pubblica, ma probabilmente sono talmente ignoranti che devono ridicolizzare e pensare che le scuole internazionali siano solo scuole private dove vanno, non so, i figli dei calciatori che loro mitizzano (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)

PRESIDENTE. Fate parlare l'onorevole Ravetto...

LAURA RAVETTO (LEGA). È una scuola pubblica, è una scuola pubblica internazionale, quindi, pochi sorrisini e, comunque, anche fosse stata privata (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)

PRESIDENTE. Fate parlare l'onorevole Ravetto…

EMANUELE FIANO (PD). Se lei Presidente la richiama, noi smettiamo!

PRESIDENTE. Allora, questa non è la maniera di comportarsi con la Presidenza. Ignoranti, vuol dire che ignorano, non è detto che intendesse l'accezione che dà lei (Proteste del deputato Fiano). Faccia parlare, perché è inaccettabile interrompere. Taccia, è la prima volta che la richiamo. La richiamo per la seconda volta (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico – Proteste del deputato Fiano)? …. No, assolutamente, no. In italiano significa “ignorare”. Quindi, faccia intervenire l'onorevole Ravetto. Assolutamente, non mi è mai capitato e lo sa benissimo, lei ha interrotto in maniera sgarbata l'onorevole Ravetto. Faccia finire l'onorevole Ravetto. È la seconda volta che la richiamo. La terza volta la caccio, ok?

EMANUELE FIANO (PD). Stia attento, Presidente!

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Siamo arrivati alle minacce!

PRESIDENTE. Questo è intollerabile. O chiede scusa alla Presidenza o sono costretto ad allontanarla dall'Aula.

EMANUELE FIANO (PD). Mi scuso.

LAURA RAVETTO (LEGA). Ha chiesto scusa, il collega Fiano?

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Ravetto.

LAURA RAVETTO (LEGA). Bene, grazie, sono contenta, anche perché la Presidenza va tutelata ed effettivamente intendevo ignoranti nel senso che ignorate, secondo me, ma sarò più delicata, non sapete forse che ci sono anche scuole internazionali pubbliche. Ma al di là di questo, anche se fosse stata privata, faccio un po' quello che voglio con mia figlia. Il punto non era questo, il punto era un altro, il punto è che, se entriamo in una scuola qualunque, in una classe qualunque e ascoltiamo dei ragazzi fino ai 12 anni, i bambini non vi diranno che come prima esigenza hanno quella della cittadinanza, hanno come prima esigenza sicuramente quella, tutti, di sentirsi integrati, di sentirsi tutti rispettati e, invece, probabilmente, qualcuno dei loro genitori potrebbe averne l'esigenza, perché è di tutta evidenza che utilizzando i bambini, rendendo la cittadinanza automatica, il vostro reale scopo è quello di consentire a quei genitori adulti che magari non sono regolarizzati di ottenerla più facilmente o, magari, di non essere espulsi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e di non essere espulsi neanche nel caso in cui avessero commesso qualche reato e vi dico il perché, perché noi vi abbiamo riempito di emendamenti in cui vi chiedevamo almeno che i soggetti, genitori di questi bambini, a cui tra l'altro attribuite il potere di richiedere la cittadinanza senza chiedere effettivamente che cosa ne pensino i figli, fossero almeno puliti nella fedina penale, fossero per lo meno in regola nei confronti dello Stato, ma anche in questo caso ci avete detto di “no”, perché lì si capisce il vero scopo e, poi, c'è un terzo scopo, l'ha detto la Boldrini in Commissione…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

LAURA RAVETTO (LEGA). Ho già finito il tempo? Va bene, allora, andrò più velocemente. Il terzo scopo è relativo alla possibilità del voto, ma magari lo affronterà, poi, qualche altro collega. Volevo dire che, poi, c'è un tema molto politico; il tema politico è questo: non è che qui noi si insista per l'integrazione in senso reale, perché siamo brutti e cattivi e non vogliamo gli automatismi, perché siamo delle persone chiuse o delle persone che non hanno rispetto per i diritti; è che noi, al contrario di voi, viviamo nel mondo reale, ormai, purtroppo, la sinistra ha abbandonato la popolazione e, soprattutto, la popolazione che non è abbiente e si è dimenticata di capire che avere un perimetro, un percorso di reale integrazione fattibile, tutela non soltanto i soggetti destinatari di questa integrazione, ma anche il tessuto sociale che altrimenti può vedersi minacciato. Ma questo voi non lo comprendete più, perché vi siete distanziati dalle reali esigenze del popolo.

Ma concludo, Presidente, per dire che ho sentito dire da Orfini: “tanto è inutile che ce la raccontiate. Voi, la cittadinanza così automatica non la vorrete mai”. Orfini ha ragione: noi della Lega non la vorremmo mai. Ma se la volete voi, la mettete in un programma, portate il programma al vostro elettorato, vi fate votare, magari vincete le elezioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e poi la proponete in Aula…

PRESIDENTE. Concluda.

LAURA RAVETTO (LEGA). …non ne discutete agli sgoccioli di una legislatura che era nata su altri presupposti e che vede una maggioranza allargata sul Governo tecnico (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). La ringrazio, Presidente. Mi scuso ancora, ma vede, io rispetto le opinioni della collega Ravetto e non le darei mai dell'ignorante e neanche della deficiente, anche se il verbo deficere è un verbo che il dizionario italiano comprende; e non direi mai ignorante o deficiente al collega Iezzi, o alla collega Bordonali, perché penso che il linguaggio in quest'Aula debba rispettare il fatto che, molto semplicemente, come ha ben spiegato la collega Pollastrini, noi abbiamo una visione del mondo diversa. E non c'è niente di male ad avere una visione del mondo diversa.

Capisco meno - e dopo ci tornerò - che voi parliate del fatto che noi non siamo compresi e voi sì, diciamo che questo non è successo recentemente a Verona, a Parma, a Lodi, a Monza, a Padova, ad Alessandria, a Riccione, a Cuneo, a Catanzaro, a Piacenza e a Crema. Ma comunque, se voi siete contenti così. Noi siamo perché i diritti della persona siano sempre una priorità, il che non vorrà mai dire per noi che non ci possano essere molte priorità insieme, dipende dalla visione complessiva che si ha. E non permetteremo che non ci sia mai, come diceva il collega Orfini, questo tempo per i diritti civili o per i diritti di cittadinanza. Si può scegliere che non ci siano mai, ma non è il nostro caso, perché per noi la persona umana, l'individuo - e secondo me è un bene che se ne sia dibattuto in quest'Aula, questa sera, anche se bisogna dire tra pochi, comunque noi c'eravamo, i colleghi della Lega c'erano e pochi altri - deve essere considerato come dotato di un diritto complessivo che abbraccia la sua dimensione sociale, la sua dimensione economica, la sua dimensione lavorativa e la sua dimensione culturale. Per noi è la democrazia, il Governo del popolo, la forma più alta di espressione che abbiamo elaborato nella storia per difendere i diritti di ciascuno e di tutti, e non conosciamo altro metodo. E devo dire, a me ha fatto particolare impressione che, nella giornata di oggi, molte delle cose che ho sentito da chi avversa questa legge, abbiano parlato della democrazia parlamentare. Ma io non comprendo, a parte la nostra diversità di opinioni… ma quale forma più alta della democrazia parlamentare c'è, che una legge di iniziativa parlamentare che viene discussa in Parlamento? Che cos'è la somma complessiva dell'idea di democrazia, se non il popolo che elegge dei rappresentanti e li delega ed elaborare dei provvedimenti di norma, che vengono discussi nel Parlamento e approvati oppure bocciati? Noi non conosciamo altro metodo. Anzi, è proprio in questi mesi - colleghi della Lega, mi rivolgo a voi - che forse, mai come adesso, per questa generazione, oggi in Parlamento abbiamo toccato con mano, per lo scenario internazionale, la differenza tra democrazie e non democrazie, che a qualcuno di voi sono piaciute tanto. Le democrazie sono il luogo dove gli individui sono uno eguale all'altro, sotto il profilo dei diritti individuali, civili e politici. Questo è il succo della democrazia. Oggi la Lega di Matteo Salvini, e anche Forza Italia, hanno minacciato la crisi di Governo, lo abbiamo sentito direttamente nella Conferenza dei capigruppo, se noi e se gli altri voteremo lo ius scholae e anche la legalizzazione della cannabis in questo Parlamento, in quest'Aula. Che cosa è successo? È successo - questa è la mia valutazione politica - che la destra parlamentare, nel mentre di questa lunghissima discussione sulla legge sullo ius scholae, ha perso nel frattempo molti ballottaggi, molte competizioni, diciamo molte di più di quelle che erano previste nelle città che prima citavo, a Verona, a Parma, Lodi, a Monza, a Padova, ad Alessandra, a Riccione, a Cuneo, a Catanzaro, a Piacenza, a Crema e in molti altri posti. E potrei continuare. Questo non vuol dire che noi non abbiamo avuto le nostre sconfitte, ma è più facile, invece che fare i conti veramente con le ragioni per le quali un partito, una volta vince, una volta perde, oggi è capitato di più in queste città a voi.

È difficile, più difficile, analizzare l'andamento di queste sconfitte; è troppo pesante affrontare la vera competizione con lo stato di salute del vostro alleato, Fratelli d'Italia, è troppo rischioso. Allora, è meglio deviare l'attenzione in queste ore, meglio montare la panna della possibile crisi di Governo, meglio alzare l'attenzione, meglio fare cambiare i titoli dei giornali domani, non per parlare delle divisioni interne del centrodestra, non per continuare a parlare di quelle sconfitte, ma affinché ci si scordi di quei risultati. È meglio trovare un nemico da additare, succede sempre nella storia. È successo migliaia di volte nella storia che si cambia, si devia, ci si sposta per non parlare di quello che è successo, come dite voi, per il giudizio degli elettori in queste elezioni amministrative. È meglio anche trovare un nemico da additare. Voi lo avete trovato in questa legge, meglio ancora se questa legge riguarda qualcuno socialmente debole, più difficilmente difendibile come soggetto, come sono i bambini o i ragazzi stranieri, che studiano nel nostro Paese o che sono nati nel nostro Paese e che fino a 18 anni non hanno la possibilità di essere identicamente uguali nei loro diritti ai loro compagni di banco italiani. Infatti, questa affermazione è innegabile: i diritti vengono sempre dopo per voi, per la destra italiana, dopo tutto, meglio ancora se in alcuni casi non vengono mai, come voi vorreste da trent'anni su questo argomento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Poi vorrei sapere che cosa c'entra Peschiera del Garda, che voi citate sempre. Che cosa c'entrano quei criminali che volevano violentare o che hanno molestato quelle povere ragazze, che hanno detto quelle frasi inaccettabili, vergognose che non si possono che esecrare? Noi vogliamo che la giustizia faccia il suo corso contro i crimini commessi da questi ragazzi. Che cosa c'entra? Perché voi pensate che, se non avessero avuto la cittadinanza, non avrebbero commesso quegli atti? Perché non ci dite di quell'episodio, che ha fatto molto bene il mio collega Matteo Mauri a ricordare, quell'episodio spaventoso della ex sindaca di Lodi che voleva negare la mensa ai bambini, i cui genitori non riuscivano a ritrovare i documenti del reddito dei Paesi provenienti di origine, dai quali magari erano scappati in condizioni disumane, oppure di quell'altro episodio che ha citato, della ragazza di Verona che mangiava crackers? Infatti, al fondo c'è la sensibilità, oltre che il merito della legge. Io non ho capito se, nel rispetto che ci dobbiamo reciprocamente, come giustamente ha improntato il suo intervento Barbara Pollastrini, voi pensiate al fondo di quell'episodio o di quei due episodi di Lodi e Verona, - per citarne due, due città nelle quali è cambiata l'amministrazione -, che cosa abbiano pensato alla fine quei bambini, che fino a cinque minuti prima giocavano con i loro compagni di banco e cinque minuti dopo non potevano mangiare con i loro compagni di banco. Alla fine il diritto è una questione umana, non sono delle parole che si scrivono in una legge: è come si sente un essere umano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) vicino ad un altro essere umano. Al centro della nostra attenzione c'è la condizione umana, che riguarda centinaia di migliaia di ragazzi nel nostro Paese. Non è ideologia, questo è umanesimo: pensare all'essere umano. Può essere che noi ci sbagliamo, ma io voglio lanciarvi questo messaggio: pensateci!

Io vengo da una storia millenaria, sono il meno titolato a citarla, questa storia. La parola “ebreo” deriva dall'ebraico biblico e vuol dire “colui che è passato”. Abramo 'ibhri si trova nel testo ebraico dell'Antico Testamento, colui che veniva dall'altrove. L'ebreo, quando viene citato per la prima volta nella storia dell'umanità, è colui che viene dall'altrove, l'altro.

Non c'è nessuna polemica con voi; a me la storia del mio popolo ha insegnato a sapere che noi siamo “l'altro” dall'inizio della nostra storia e chi è stato “l'altro” nel corso di questi millenni deve avere le antenne molto alte quando guarda gli “altri”, perché sa che cosa significhi avere una condizione minorata, minoritaria: avere meno di te, perché viene da un'altra parte; avere meno diritti di te, perché viene da un'altra parte. È questo che a noi interessa, non c'è l'ideologia dietro queste cose. E vorrei anche dirvi, perché qui si ricorda poco questo episodio, voi fate molto i puri, qualcuno ha citato, Zennaro, i decreti Salvini - ho finito, Presidente - per il contrasto all'immigrazione, per la riduzione del numero di persone che venivano da noi. Matteo Mauri ha citato i vostri tagli al sistema dell'integrazione, io voglio citare un'altra cosa. Ricordatevelo, sono i Governi Berlusconi che in due occasioni hanno sanato un milione di persone in questo Paese che facevano le badanti. Allora si vede che ci sono delle volte in cui conviene sanare ope legis le posizioni, e altre volte, quando si hanno degli interessi o degli obiettivi elettorali, non conviene guardare ai diritti della persona. Per noi, invece, il diritto della persona viene prima di tutto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fiano, ho preso atto delle scuse che ha rivolto alla Presidenza.

È iscritta a parlare l'onorevole Bordonali. Ne ha facoltà.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Oggi è una giornata abbastanza surreale per quest'Aula: sono le 23,40 di sera, abbiamo iniziato stamattina alle 9. Stamattina alle 9 abbiamo iniziato con la discussione del PNRR, abbiamo votato gli ordini del giorno, c'era una maggioranza, quella maggioranza che sostiene questo Governo, quella maggioranza che si è formata in un periodo difficile, che è stato quello della pandemia, e si è creata, nonostante le posizioni molto eterogenee al proprio interno, proprio per far fronte a quella crisi pandemica, quella crisi economica, che è rimasta maggioranza perché quella crisi economica, ahimè, sta continuando, perché dovevano essere fatte quelle riforme importanti per ottenere le risorse del PNRR. E questo fino alle ore 16,30 di oggi.

Da quel momento in poi tutto si è trasformato (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e questo clima è diventato totalmente e assolutamente surreale. È vero che è una discussione parlamentare su delle proposte parlamentari, ma è anche vero che, siccome c'è una maggioranza della quale facciamo parte noi, forze politiche molto eterogenee tra loro, ma che hanno un obiettivo, che è quello di portare a casa dei risultati importanti per i cittadini italiani, invece questa unione, questa maggioranza improvvisamente scompare.

Scompare perché c'è l'arroganza e la presunzione di una parte di questa maggioranza che prosegue con quelle proposte - per di più qua stiamo parlando di una proposta parlamentare che è stata presentata ancora durante il “Conte 2”, quindi in un momento in cui non c'era questo tipo di maggioranza -, si è presentata e con questa arroganza procede imperterrita. E poi accusa la Lega, quando si sa benissimo qual è stata la posizione della Lega nei confronti dello ius scholae, della cittadinanza, della cannabis, perché prima di questo provvedimento abbiamo parlato della liberalizzazione della cannabis, e viene accusata la Lega, che minaccia di uscire dal Governo se si procede con questa discussione.

Presidente, mi rivolgo a lei per rivolgermi ai colleghi del PD: quando una maggioranza è unita per un obiettivo, dovrebbe rimanere sempre maggioranza di Governo, a prescindere dalle diverse ideologie. Ma, quando c'è questa arroganza da una parte di questa maggioranza, che impone determinati percorsi all'altra parte, è normale che possa venire messa in discussione quell'unione che oggi ci tiene insieme. Ma non la mette in discussione solo la Lega, perché, non so se è stato un lapsus da parte del collega Bella, ma, nel momento in cui il collega Bella dice che l'opposizione ha il diritto di fare l'opposizione, collega Bella, stiamo facendo opposizione a questo provvedimento, ma almeno fino adesso - non so cosa sarà domani, non so che cosa sarà nei prossimi giorni - noi siamo ancora in questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Mi dispiace per lei, ma le ricordo che noi siamo ancora il primo partito all'interno di questo emiciclo.

Ormai voi non lo siete più, avete perso un po' di componenti del vostro gruppo. Però mi rivolgo ai colleghi del PD, che con questa arroganza hanno voluto portare avanti questo provvedimento, continuando a dire che il Paese lo chiede, che c'è la necessità di arrivare a votare questa legge, che stiamo aspettando da trent'anni. Ribadisco quello che ha detto la collega Ravetto: perché non l'avete fatta quando governavate voi da soli (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)?

Avevate i numeri, non è ancora chiaro perché la volete fare adesso dividendo questa maggioranza. Ma non abbiamo ancora capito quale è la necessità di questo provvedimento, perché, dopo le richieste che sono arrivate da tutti i colleghi che hanno parlato prima di me, diteci perché volete questo provvedimento. In soldi spicci, in esempi concreti, cosa guadagna in più un ragazzo straniero nel momento in cui ha la cittadinanza? Ve lo dico io, perché voi non l'avete detto: lui guadagna solo un nome, “cittadino italiano” sul passaporto italiano, niente di più, niente di più. Io ho sentito sia dal collega Mauri che dal collega Migliore che è per l'integrazione. Avere la dicitura “cittadino italiano” sul passaporto italiano permette una maggiore integrazione. Allora, colleghi, vi informo che una dicitura su un passaporto italiano non risolve i veri problemi che hanno questi ragazzi, perché ve l'ho ribadito più volte, anche in Commissione, in questi mesi: con riferimento all'integrazione, i problemi che hanno i giovani stranieri oggi sono altri e voi non vi siete resi disponibili a risolverli. Noi ve l'abbiamo detto più volte, un giovane straniero, diversamente dal cittadino italiano, ha un problema: il primo problema di un bambino che arriva nel nostro Paese, che non è in grado di parlare la lingua italiana, che non è in grado di fare il percorso scolastico come un bambino italiano, il vero problema è quello dell'integrazione scolastica. E vi do una notizia: la notizia è che la maggior parte della dispersione scolastica la si ha, guarda caso, per i cittadini stranieri, perché se i cittadini italiani hanno l'11,3 per cento (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico)… andate a vedervi i dati! Se l'11,3 per cento di ragazzi italiani (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico)… scusi, Presidente, ho ascoltato tutti in silenzio…

PRESIDENTE. Non si può interrompere un intervento, sta esprimendo un concetto, non ha offeso nessuno. Fatela parlare, non capisco quale sia il problema.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Andate a vedervi i dati. Per l'11,3 per cento dei giovani italiani, durante il percorso scolastico, c'è la dispersione scolastica, a fronte del 36,5 per cento. Stiamo parlando di percentuali, non di numeri assoluti, perché, se guardate i numeri assoluti, ovviamente sono più i ragazzi italiani, ma stiamo parlando delle percentuali di stranieri sugli stranieri e di percentuali di italiani sui ragazzi italiani. E perché c'è questa dispersione scolastica? Perché ci sono le barriere linguistiche, perché ci sono le barriere culturali ed è lì che dobbiamo andare ad intervenire, non andiamo ad intervenire sulla dicitura di un passaporto che non serve a niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! D'altronde, cosa ci aspettiamo da chi vuole portare avanti lo ius scholae? Mi sembra che il partito del relatore di questo provvedimento sia quello che ha ideato i banchi a rotelle, quindi figuriamoci quanto interessi l'integrazione scolastica a chi ha buttato via soldi per i banchi a rotelle e non veramente per l'integrazione.

Si è parlato di svelenire il clima e parlare di persone in carne e ossa e si è parlato, citando nomi definiti chiari, delle situazioni molto chiare. Io le ho ascoltate attentamente e ho pensato, se ci fosse stata questa legge sulla cittadinanza, se quelle situazioni che avete elencato non si sarebbero manifestate comunque. Ma l'avete analizzato anche voi? Perché si sarebbero manifestate comunque, perché ci sono stati dei ritardi nelle richieste, perché ci sono stati dei problemi della burocrazia. E, quindi, è lì che bisogna intervenire, nei ritardi della burocrazia, se ci sono stati, non con una legge che non apporta niente di nuovo rispetto ai diritti dei ragazzi stranieri, perché il concetto, Presidente, è questo: ribadisco, fortunatamente, meno male che è così, il nostro è un Paese civile, perché tutto ciò che ha un bambino italiano è garantito anche a un bambino straniero, è la civiltà del nostro Paese che garantisce questo e niente di più viene aggiunto con questa legge. E, allora, abbiamo continuato a chiedere perché la volete approvare.

Poi ho sentito parlare alcuni miei colleghi e mi sembrava di sentir parlare persone che la legge sulla cittadinanza non l'hanno mai letta neanche una volta e che non hanno mai parlato realmente con i cittadini stranieri che si sono integrati e son diventati cittadini italiani. Molti di loro - parlo ovviamente di quelli del PD perché quelli del MoVimento 5 Stelle non sono pervenuti in tal senso - sono stati amministratori locali, molti di loro quindi avranno fatto anche delle cittadinanze. Sapete benissimo che dopo dieci anni si diventa cittadini italiani e, se una coppia di genitori è in Italia da dieci anni e ha la fortuna di avere un figlio, quel figlio automaticamente avrà la cittadinanza italiana e ce l'avrà prima dei diciotto anni. Quindi, smettetela di dire che oggi i ragazzi italiani non sono cittadini italiani fino ai 18 anni perché state prendendo per il naso i cittadini che ci ascoltano fuori da qui (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Li state prendendo per il naso, non è così. Oggi i giovani possono diventare cittadini italiani in qualsiasi momento se i loro genitori sono presenti sul territorio italiano da almeno dieci anni.

Allora, entriamo nel merito di questa legge. Sono vari i passaggi che abbiamo contestato più volte in Commissione. L'avete chiamata ius scholae. L'ho pronunciato bene, professor Orsini (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Mi correggo: Orfini; scusi, professor Orfini, non l'ho mai vista in Commissione a discutere di questo…

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Bordonali.

SIMONA BORDONALI (LEGA). L'avete chiamata ius scholae. Allora, mi dovete spiegare perché all'interno di questa proposta di legge voi prevedete cinque anni di scuola, senza definire esattamente quali corsi scolastici. Se volevate chiamarla ius scholae, dovevate almeno mettere l'obbligatorietà della scuola primaria, della scuola dell'obbligo, del percorso che oggi i ragazzi italiani sono obbligati a frequentare. Anche in questo senso, non date un bel segnale perché a questi ragazzi state dicendo: fate i cinque anni, tanto la cittadinanza ve la diamo e poi, se volete abbandonare la scuola, chi se ne frega, tanto avete ottenuto la cittadinanza. No, avreste dovuto indicare almeno la frequenza della scuola dell'obbligo per intero.

Avete tolto un diritto fondamentale, il diritto del minore. Voi non date la possibilità al minore di decidere se vuole o non vuole diventare cittadino italiano. Si è parlato tanto di quei ragazzi di Peschiera; io ne parlo in un altro senso. Secondo voi quei ragazzi di Peschiera, che a tutti gli effetti potrebbero diventare cittadini italiani, vogliono diventarlo? Nel momento in cui urlavano “orgoglio africano” io penso che non lo vogliono diventare. Devono comunque avere il diritto, e noi lo auspichiamo, di non diventare mai cittadini italiani.

Avete buttato alle ortiche cinquant'anni di diritto della famiglia, avete tolto la possibilità a padre e madre di avere gli stessi diritti della potestà genitoriale. È una cosa vergognosa! Avete contestato il Iezzi perché ha parlato della Sharia: voi state creando un precedente pericoloso, state legittimando quei padri-padroni che possono decidere tutto della vita dei loro figli senza consultare la madre, la moglie deve stare zitta in un angolo, il minore deve stare zitto in un angolo e il padre padrone decide tutto. Voi alla fine volete approvare questa legge per estendere la cittadinanza ma non ai minori. Voi li state usando i minori, noi li stiamo difendendo perché lottiamo per la vera integrazione, che non è una dicitura sul passaporto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato – A.C. 105-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Iezzi, per un minuto.

IGOR GIANCARLO IEZZI, Relatore di minoranza. Ho cercato di intervenire nel merito, invece ho sentito da parte della sinistra delle questioni ideologiche. Migliore, che ha capito poco di quello che ho detto, ci dice che secondo lui l'unica che difende i diritti è la sinistra. Ho sentito l'onorevole Pollastrini, che ho ascoltato con molto interesse, parlare di dignità, parlare di speranza, dire che un conto sono le concessioni e un conto sono i diritti. Avete ragione, tutto condivisibile.

Allora, perché non avete tutelato il diritto dei minori di essere ascoltati? Perché in tutto questo percorso il minore non può dire una parola (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e deve sottostare al parere dei genitori? A voi dei minori non interessa nulla!

Ricordo all'onorevole Fiano una serie di comuni che evidentemente si è dimenticato: Palermo, Genova, Messina, Barletta, Pistoia, Sesto San Giovanni, Asti, L'Aquila e La Spezia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ricordo un'ultima cosa all'onorevole Mauri: quando si fanno gli elenchi è sempre pericoloso. Lei ha fatto un elenco di cose che lei considerava aberranti; si è dimenticato di Daisy Osakue, la ragazza che è stata aggredita nel Torinese ed è stata aggredita dal figlio di un consigliere comunale del Partito Democratico. Noi da voi non accettiamo lezioni di morale: sia chiaro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, il presidente della Commissione affari costituzionali, deputato Giuseppe Brescia, che rinuncia.

Prendo atto che il sottosegretario Scalfarotto rinuncia alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Russo, che non vedo; s'intende che abbia rinunciato.

L'onorevole Boldrini mi ha comunicato per le vie brevi che ha rinunciato al suo intervento.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Covolo. Ne ha facoltà.

SILVIA COVOLO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, anche il gruppo Lega desidera rendere omaggio a Leonardo Del Vecchio, un imprenditore visionario che tutto il nostro Paese rimpiange e ricorda con commozione. Milanese di origine pugliese, arrivato tra le montagne del Bellunese negli anni Sessanta per avviare la sua attività, è riuscito più di ogni altro a rappresentare lo spirito di sacrificio, l'intraprendenza e l'iniziativa imprenditoriale di quel Veneto laborioso e produttivo che ha contribuito allo sviluppo industriale italiano.

Localizzando la propria azienda in un territorio che all'epoca si presentava povero e desolato, ha concorso ad arrestare il fenomeno migratorio della popolazione locale, creando occupazione e favorendo la formazione di altri imprenditori, che in alcuni casi hanno creato società satelliti alla Luxottica, impresa leader nel mondo per la produzione e la commercializzazione di occhiali.

Ci uniamo virtualmente alle migliaia di persone che ormai oggi, 30 giugno, saranno presenti ad Agordo per la cerimonia funebre, soprattutto ai suoi dipendenti senza i quali non avrebbe raggiunto il successo, perché non si può costruire un impero senza fare squadra, senza identificarsi in una comunità e senza trasmettere dei valori solidi quali quelli del lavoro e dell'impegno costante, nonché della capacità di trasformare ogni situazione di difficoltà in una grande opportunità e occasione di crescita. La storia della sua vita lo insegna. Quindi, auspichiamo che la sua figura venga conosciuta e imitata anche dalle nuove generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 30 giugno 2022 - Ore 9:

1. Seguito della discussione delle mozioni Lupi, Squeri e Schullian n. 1-00540, Vianello ed altri n. 1-00545, Masi ed altri n. 1-00614, Binelli ed altri n. 1-00628, Foti ed altri n. 1-00641, Dori ed altri n. 1-00649 e Ruffino ed altri 1-00664 concernenti iniziative in materia di energia nucleare di nuova generazione .

2. Seguito della discussione delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610, Raduzzi ed altri n. 1-00620 e Lollobrigida ed altri n. 1-00632 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea .

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

FOTI ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. (C. 1059-A/R​)

Relatori: DEIANA, per la maggioranza; FOTI, di minoranza.

4. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

BENDINELLI ed altri; MASCHIO ed altri: Disciplina del volo da diporto o sportivo. (C. 2493​-2804-A​)

Relatore: BENDINELLI.

5. Seguito della discussione delle mozioni Lollobrigida ed altri n. 1-00671, Manzo ed altri n. 1-00672, Andreuzza ed altri n. 1-00673 e Bonomo ed altri n. 1-00677 concernenti iniziative per sopperire alla carenza di personale nei settori del turismo e dell'agricoltura e per sostenere le relative filiere produttive .

6. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

BARELLI ed altri: Modifica all'articolo 114 della Costituzione, in materia di ordinamento e poteri della Città di Roma, capitale della Repubblica. (C. 1854-A​)

e delle abbinate proposte di legge costituzionali: MORASSUT ed altri; CECCANTI; MELONI ed altri. (C. 2938​-2961​-3118​)

Relatori: CECCANTI e CALABRIA.

7. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

MAGI ed altri; LICATINI ed altri: Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati. (C. 2307​-2965-A​)

Relatore: PERANTONI.

8. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

BOLDRINI ed altri; FITZGERALD NISSOLI; LA MARCA; LA MARCA; POLVERINI e VITO; ORFINI e SCHIRO'; SIRAGUSA ed altri; SANGREGORIO ed altri; UNGARO e MIGLIORE: Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza. (C. 105​-194​-221​-222​-717​-920​-2269​-2981​-3511-A​)

Relatori: BRESCIA, per la maggioranza; IEZZI, di minoranza.

La seduta termina alle 23,56.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MARIO PERANTONI (A.C. 2307​-2965-A​)

MARIO PERANTONI, Relatore. (Relazione - A.C. 2307​-2965-A​). Grazie Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del testo unificato delle abbinate proposte di legge C. 2307​ e 2965-A che reca modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati.

Mi sia consentito dire, anzitutto, che quella di oggi è certamente una giornata storica per questo Parlamento e che per me è un grande privilegio poter illustrare questa proposta di legge, anche perché sento di dare voce a quei 630.000 cittadini che la scorsa estate in soli venti giorni sottoscrissero e sostennero la proposta referendaria sul tema che oggi finalmente discutiamo.

Nel nostro Paese, i forti contrasti prevalentemente fondati su presupposti ideologici, hanno impedito un approccio laico all'argomento e le politiche antidroga hanno da sempre privilegiato una legislazione orientata per lo più alla repressione penalistica del fenomeno, ponendo in secondo piano l'aspetto preventivo.

A questo proposito ricordo che al 31 12 2021 su 54.134 detenuti, 18.884 lo erano per violazione del DPR 309/90, pari a circa il 35%: un terzo di questi sono tossicodipendenti.

In riferimento al consumo e alla coltivazione della cannabis e della canapa in genere, mentre in Europa e nel resto del mondo si supera il retropensiero del proibizionismo tout court, nel nostro Paese si fa fatica ad abbandonare la tendenza alla criminalizzazione, in evidente contrasto con più realistiche politiche di lotta alle mafie, di sviluppo sostenibile e di potenziamento del settore agricolo anche in funzione della salvaguardia dell'ambiente e degli ecosistemi.

E ciò nonostante la recente decisione della Commissione ONU sugli stupefacenti che, su raccomandazione dell'OMS e con il voto favorevole anche dell'Italia, ha rimosso la cannabis dalla tabella IV della convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 e nonostante la storia insegni che la mera repressione e il gretto proibizionismo non debellano il mercato né riducono la platea dei consumatori, ma alimentano anzi i traffici e i proventi illeciti delle organizzazioni criminali e mafiose.

I dati, anche quelli più recenti, dimostrano che una legislazione incentrata sulla repressione penale non consente di arginare un fenomeno dalle profonde radici sociali: i fenomeni diffusi vanno regolamentati, non vietati. Ed è proprio la regolamentazione che consente il controllo da parte dello Stato, così come è sempre avvenuto per alcol e tabacco, il cui consumo - certamente più dannoso e dai costi sociali enormemente superiori rispetto a quelli del consumo di cannabis - è sempre stato regolamentato e largamente pubblicizzato.

Con questo provvedimento si è voluto affrontare il tema nel modo più laico, pragmatico e concreto possibile, al di là di posizioni estreme o ideologiche.

Ricordo prima di tutto a me stesso che attualmente il consumo e la detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti non hanno rilevanza penale grazie all'esito del referendum del 1993; mentre la detenzione per uso personale può essere oggetto di sanzione amministrativa ai sensi dell'art. 75 del DPR 309/90.

Come certamente ricorderete, il referendum popolare del 18 aprile 1993, vide un'ampia partecipazione con il 77,0% degli aventi diritto che parteciparono al voto, il 55,3% dei quali, oltre 19.000.000 di cittadini, si espresse contro la repressione penale del consumo.

Viceversa è ancora sanzionata penalmente la coltivazione di piante dalle quali possano estrarsi sostanze stupefacenti e ciò, con riferimento alla cannabis, ha comportato e comporta il rischio che anche nei casi di coltivazione domestica effettuata con finalità di autoconsumo, anche terapeutico, possa essere instaurato un procedimento penale, con tutte le conseguenze del caso.

Non posso a questo proposito non ricordare la battaglia personale e di civiltà di Walter De Benedetto, a cui oggi va il mio pensiero. Walter era malato di artrite reumatoide da lungo tempo, dapprima indagato e poi assolto perché il fatto non sussiste dall'accusa di coltivazione di sostanze stupefacenti, morto a soli 50 anni lo scorso 9 maggio in attesa di una legge sull'autocoltivazione che consentisse a persone come lui l'approvvigionamento autonomo per la terapia e per alleviare dolori e sofferenze.

Peraltro, prima del legislatore è intervenuta la giurisprudenza della Suprema Corte che, in forza del principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale per cui una condotta non può avere rilevanza penale se non offende alcun bene giuridicamente protetto, afferma con principio anch'esso consolidato che “ai fini della configurabilità del reato non è sufficiente la mera coltivazione di una pianta conforme al tipo botanico vietato, ma è altresì necessario verificare se tale attività sia concretamente idonea a ledere la saluta pubblica” (cfr. Sez. Un. n. 12348/2020; terza sezione penale 20238/22).”

In sostanza, le attività di minima coltivazione non sono riconducibili nell'ambito di rilevanza penale perché prive di offensività, esattamente come avviene nelle ipotesi del consumo e della detenzione per uso personale di sostanza stupefacente.

È quindi giunto il momento che anche il legislatore intervenga:

- per adeguare la normativa alle istanze sociali, rimaste secondo molti e anche secondo il sottoscritto parzialmente disattese fin dal 1993;

- per garantire il diritto alla cura di quei pazienti che non riescono ad accedere agevolmente ed adeguatamente alla cannabis terapeutica;

- per escludere finalmente la criminalizzazione di una condotta che non viene ritenuta illecita dalla maggioranza dei consociati e che difetta degli elementi costitutivi del fatto tipico perché se la condotta non è idonea a ledere la salute pubblica, la coltivazione domestica di poche piante di cannabis non può essere considerata reato;

- per evitare quindi processi inutili, lunghi e dispendiosi che ledono la dignità della persona coinvolta e sottraggono risorse alle casse pubbliche che ben potrebbero essere impiegate più utilmente;

- per interrompere il rapporto tra il consumatore e la fonte di approvvigionamento illecita e sottrarre alle organizzazioni criminali ingenti fonti di guadagno, come più volte evidenziato dalla stessa Direzione Nazionale Antimafia, consentendo agli investigatori di utilizzare le risorse disponibili di uomini e mezzi per contrastare le vere attività criminali legate allo spaccio, nazionale ed internazionale, di sostanze stupefacenti.

Si è detto e probabilmente si dirà anche nel corso di questa seduta che questo sarebbe un intervento normativo scoordinato, parziale, disorganico e propagandistico.

Nulla di più infondato. Il testo base è stato largamente modificato e migliorato in fase emendativa grazie al contributo di tutti i commissari, che ringrazio per l'importante lavoro svolto: è stata abbandonata tra l'altro l'ipotesi iniziale di abrogare le sanzioni amministrative di cui all'art. 75 per coordinarle invece con la novità introdotta ed è stata prevista l'istituzione di una giornata nazionale contro i danni da sostanze stupefacenti, alcolismo e tabagismo nelle scuole.

In particolare, il testo si compone di 8 articoli ed è volto ad affermare la liceità della coltivazione di non oltre 4 piante femmine di cannabis e della detenzione per uso personale del relativo prodotto, condotta che non dovrà più essere considerata illecita neanche dal punto di vista amministrativo.

Viene razionalizzata la disciplina sanzionatoria delle varie condotte illecite previste dall'art. 73, in alcuni casi armonizzando i limiti edittali.

Si prevede una disciplina autonoma per i fatti di lieve entità e viene ridotta la pena edittale per il piccolo spaccio di cannabis escludendosi in tal modo l'arresto facoltativo in flagranza.

Viene escluso che possa configurarsi fatto di lieve entità in tutti i casi in cui la sostanza stupefacente sia ceduta o comunque venga destinata da persone maggiorenni a minorenni.

Si stabilisce che può costituire illecito amministrativo la detenzione di prodotto derivante dalla coltivazione domestica di oltre quattro piante qualora si accerti che sia per uso esclusivamente personale.

Come detto, il disegno di legge oggi in esame vuole anche sostenere con forza il diritto alla cura ed in ciò supportare i malati, mettendoli nella condizione di avere un approvvigionamento autonomo e far sì per il futuro che il legittimo esercizio del loro diritto non debba essere accertato da un giudice penale dopo lunghi e umilianti processi.

Ci tengo poi a sottolineare ancora una volta l'impatto positivo in termini di lotta alla criminalità e di minore pressione sul sistema della giustizia che deriverà dalla decriminalizzazione della coltivazione domestica per uso personale.

Questa normativa consentirà di sottrarre una rilevante fetta di mercato alle mafie - per la sola cannabis un giro d'affari che, ricordo, ad oggi ammonta ad oltre 6,3 miliardi di euro all'anno pari al 39% del volume d'affari illecito, secondo i dati contenuti nella relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia – e al tempo stesso comporterà notevoli risparmi per lo Stato, pari a circa 600 milioni l'anno tra spese per forze di polizia, processi e carceri, risorse che ben potranno essere investite (più proficuamente) per contrastare la vera criminalità legata al traffico di stupefacenti.

Val la pena ricordare in tal senso non solo le conclusioni della VI Conferenza nazionale sulle dipendenze svoltasi lo scorso novembre a Genova dopo ben dodici anni grazie all'impegno profuso dalla nostra ministra Fabiana Dadone, ma anche le indicazioni più volte espresse dal Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo Cafiero de Raho e da Franco Roberti prima di lui.

Anche la Suprema Corte, nella già ricordata sentenza del maggio scorso (n. 20238/2022), ha avuto modo di osservare che “…dal punto di vista meramente economico, la produzione di un bene per il suo esclusivo autoconsumo è fattore che, lungi dall'incrementare la vivacità di un mercato, tende a deprimerlo…”.

Dicevo che vi sarà certamente la riduzione di procedimenti amministrativi e processi penali, evitando attività inutili all'autorità giudiziaria e alle forze di polizia.

A tal proposito ricordo, solo per dare un'idea del carico di lavoro per le sole sanzioni amministrative, che sono ogni anno tra i 30 e i 40.000 i consumatori segnalati alle prefetture (31.016 dal 2020 al 15 marzo 2021) e che dal 1990 le segnalazioni sono state più di 1.300.000.

Con riguardo all'iter dell'esame in sede referente, faccio presente che esso ha avuto inizio il 4 dicembre 2019 con l'incardinamento della proposta di legge C. 2160​ Molinari, alla quale sono state successivamente abbinate le proposte di legge C. 2307​ Magi e C. 2965​ Licatini. Dopo un'articolata e accurata istruttoria legislativa, che ha vista impegnata la Commissione tra febbraio 2020 e gennaio 2021 in una serie di audizioni informali nel corso delle quali sono stati auditi, tra l'altro, il Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, il Direttore centrale per i servizi antidroga presso il Ministero dell'Interno, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, oltre ai rappresentanti delle Unione delle Camere Penali e di diverse associazioni e comunità terapeutiche impegnate nel settore, nonché esponenti della magistratura, docenti e ricercatori universitari, è stato adottato come testo base un testo unificato delle proposte di legge C. 2307​ e C. 2965​, avendo la Lega richiesto il disabbinamento della proposta di legge Molinari C. 2160​.

Nel corso dell'esame in sede referente, al testo unificato adottato come testo base sono state apportate diverse modifiche, passando da cinque a otto articoli.

Nel dettaglio, l'articolo 1 interviene sul testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, per consentire la coltivazione di massimo 4 piante femmine di cannabis idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente e la detenzione del relativo prodotto per uso esclusivamente personale.

In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 interviene sull'articolo 17 del citato testo unico sugli stupefacenti per specificare che l'autorizzazione, obbligatoria per chiunque intenda coltivare sostanze stupefacenti, non è richiesta quando la coltivazione riguardi quattro piante femmine di cannabis, la cui coltivazione è consentita dall'articolo 26, comma 1-bis del medesimo testo unico, inserito dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 1, proprio per consentire a persone maggiorenni la coltivazione e la detenzione esclusivamente per uso personale di non oltre 4 piante femmine di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente, e del prodotto da esse ottenuto.

Tale coltivazione – attraverso la modifica del comma 1 dell'articolo 26 operata dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 - è conseguentemente inserita tra le eccezioni ai divieti di coltivazione.

L'articolo 2 del testo in esame interviene invece sull'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti, che punisce la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope. In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 sostituisce il comma 2 dell'articolo 73, che attualmente punisce con la reclusione da 8 a 22 anni e con la multa da 25.822 a 309.874 euro chiunque, munito dell'autorizzazione, cede, mette o procura che altri metta in commercio, droghe "pesanti" (di cui alle tabelle I e III), prevedendo una modifica delle pene, con la riduzione da 22 a 20 anni della pena detentiva massima, l'aumento da 25.822 a 31.000 euro della pena pecuniaria minima e la riduzione da 309.874 a 301.000 euro della pena pecuniaria massima.

La lettera b) del comma 1 dell'articolo 2 inserisce nell'articolo 73 del testo unico il comma 2-bis per prevedere la reclusione da 3 a 8 anni e la multa da 15.000 a 150.000 euro per chiunque, munito di autorizzazione, cede, mette o procura che altri metta in commercio, droghe "leggere" (di cui alle tabelle II e IV). Si introduce così un significativo aumento della pena attualmente prevista (reclusione da 2 a 6 anni e multa da 5.164 a 77.468 euro).

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 2 sostituisce il comma 3 del medesimo articolo 73 per prevedere che le pene previste dai commi 2 e 2-bis si applichino anche quando il soggetto è autorizzato alla produzione di sostanze stupefacenti ma coltiva, produce o fabbrica sostanze di specie diversa.

La lettera d) del comma 1 dell'articolo 2 sostituisce il comma 4 dell'articolo 73 per prevedere che quando le condotte di cui al comma 1 relative alle droghe pesanti (coltivazione, produzione, traffico, detenzione in assenza di autorizzazione) riguardano le droghe leggere ("sostanze di cui alle Tabelle II e IV"), si applica la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 5.000 a 80.000 euro. Rispetto alla disciplina vigente, dunque, il provvedimento conferma la pena detentiva e rimodula la pena pecuniaria (attualmente multa da 5.164 a 77.468 euro). Inoltre, la disposizione precisa che non costituisce reato la detenzione ad uso esclusivamente personale del prodotto derivante dalla coltivazione di 4 piante femmine di cannabis.

Le lettere e) ed f) del comma 1 dell'articolo 2 abrogano i commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 73 del testo unico, dal momento che le disposizioni in materia di condotte di produzione, traffico e detenzione di lieve entità nonché in materia di trattamento sanzionatorio dei reati commessi dal tossicodipendente in essi contenute sono oggetto del nuovo articolo 73-bis introdotto al testo unico dal successivo articolo 3 del provvedimento in esame.

La lettera g) del comma 1 dell'articolo 2 sostituisce il comma 7 dell'articolo 73, che disciplina l'attenuante (con diminuzione delle pene dalla metà ai due terzi) per quanti cooperano con le autorità, aggiungendo alle attività che ne consentono l'applicazione l'aiuto concreto alle autorità di polizia o all'autorità giudiziaria nell'individuazione o nella cattura dei concorrenti.

La modifica apportata dalla lettera h) al comma 7-bis dell'articolo 73 è volta a coordinarne il testo alla luce della soppressione del comma 5.

Come anticipato, l'articolo 3, comma 1, del provvedimento in esame inserisce nel testo unico stupefacenti l'articolo 73-bis, per punire la produzione, l'acquisto e la cessione illeciti di lieve entità di sostanze stupefacenti o psicotrope, collocandovi le disposizioni attualmente contenute nei commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 73.

In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 73-bis prevede che, se il fatto non costituisce più grave reato, chiunque commette un reato di produzione, detenzione e traffico di stupefacenti di cui all'articolo 73 del testo unico che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la quantità delle sostanze, è di lieve entità, soggiace alle seguenti pene:

- reclusione da 6 mesi a 4 anni e multa fino a 10.000 euro, nel caso di condotte relative a droghe cosiddette pesanti (nei casi di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 73);

- reclusione da 2 mesi a 2 anni e multa fino a 2.000 euro, nel caso di condotte relative a droghe cosiddette leggere (nei casi di cui ai commi 2-bis e 4 dell'articolo 73).

Rispetto alla normativa vigente, che non distingue tra stupefacenti, indifferentemente applicando ai fatti di lieve entità la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni e della multa da 1.032 a 10.329 euro, il testo unificato distingue le droghe pesanti dalle droghe leggere prevedendo limiti edittali inferiori agli attuali per le sole droghe leggere.

Il comma 2 del nuovo articolo 73-bis prevede l'applicabilità, anche ai fatti di lieve entità, dell'attenuante prevista dall'articolo 73, comma 7, del TU, per quanti collaborino con le autorità: le pene previste dal comma 1 potranno quindi essere diminuite dalla metà a due terzi.

I commi 3 e 4 dell'articolo 73-bis sostanzialmente ricalcano i contenuti degli attuali commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 73 del testo unico. Si tratta infatti della previsione per cui, quando la fattispecie lieve è commessa da un tossicodipendente, il giudice può applicare, in luogo delle pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità per una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva (comma 3). Analogamente si procede quando un tossicodipendente commette, in relazione alla propria condizione di dipendenza, un reato diverso dai fatti di lieve entità relativi agli stupefacenti (purché non sia un reato contro la persona o uno dei gravi delitti per i quali è consentita una più lunga durata delle indagini preliminari), per il quale il giudice infligga una pena non superiore a un anno di detenzione (comma 4).

Rispetto alla normativa vigente, le nuove disposizioni richiedono che la condizione di tossicodipendenza, necessaria per la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, sia certificata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata autorizzata a svolgere attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di soggetti tossicodipendenti. Inoltre, è necessario che al lavoro di pubblica utilità si accompagni la frequentazione di un programma terapeutico di recupero.

Infine, con previsione innovativa, il comma 5 specifica che non può essere considerato un fatto di lieve entità, e che dunque non si applicano le pene ridotte, lo spaccio di stupefacenti a minorenni da parte di un maggiorenne.

Il comma 2 dell'articolo 3 del testo unificato interviene sul codice di procedura penale per apportare una modifica di coordinamento. In particolare, all'articolo 380 del codice di procedura penale, che prevede l'arresto obbligatorio in fragranza di uno dei reati previsti dall'articolo 73 del testo unico stupefacenti, viene soppresso l'inciso che esclude tale misura restrittiva in caso di lieve entità. L'arresto obbligatorio in fragranza resta escluso per i fatti di lieve entità, ma non è più necessaria la clausola di salvezza, avendo spostato la relativa disciplina in un articolo diverso.

L'articolo 4 del provvedimento in esame apporta tre modifiche al delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.

In primo luogo, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 4, intervenendo sul comma 2 dell'articolo 74 del testo unico, individua in 8 anni la pena minima applicabile al partecipante all'associazione (attualmente il minimo è 10 anni di reclusione) e fissa in 15 anni la pena massima (attualmente non è fissato un massimo di pena).

In secondo luogo, la lettera b) del comma 1 dell'articolo 4 abroga il comma 6 dell'articolo 74, che prevede l'applicazione delle pene previste dall'articolo 416 del codice penale per la semplice associazione a delinquere (reclusione da 3 a 7 anni per i promotori e reclusione da 1 a 5 anni per i partecipanti) all'associazione finalizzata a commettere un fatto di lieve entità.

Infine, analogamente a quanto fatto per l'attenuante prevista all'articolo 73 e al nuovo articolo 73-bis del testo unico, il provvedimento in esame (con la lettera c) del comma 1 dell'articolo 4) specifica che la collaborazione può concretizzarsi anche in condotte di ausilio alla identificazione o alla cattura dei concorrenti o degli associati. Viene a tal fine integrato il comma 7 dell'articolo 74 del testo unico.

L'articolo 5 del provvedimento in esame interviene sull'articolo 75 del testo unico, che prevede l'applicazione di sanzioni amministrative quando i fatti illeciti di importazione, esportazione, acquisto, coltivazione, ricezione o detenzione di stupefacenti siano volti a farne uso personale.

Rammento, a tale proposito, che con la modifica introdotta all'articolo 26, comma 1-bis, del testo unico, la proposta di legge stabilisce che la coltivazione e la detenzione da parte di un maggiorenne di non oltre 4 piante femmine di cannabis per uso personale, non rappresentano più un illecito, neanche di tipo amministrativo. Il consumo della cannabis derivante da tale coltivazione non comporta dunque l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 75 del testo unico stupefacenti. Tali sanzioni amministrative continueranno invece a trovare applicazione per le ulteriori e diverse ipotesi di uso personale di cannabis, per le quali la proposta di legge individua specifiche circostanze da considerare al fine di distinguere i casi penalmente rilevanti da quelli rilevanti solo dal punto di vista amministrativo.

A tal fine, il provvedimento interviene sul comma 1-bis dell'articolo 75, che individua le circostanze delle quali tenere conto ai fini dell'accertamento della destinazione ad uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente, inserendovi criteri specifici da applicare alla cannabis. In particolare, l'uso potrà essere considerato personale quando le inflorescenze e le resine detenute siano il prodotto di una coltivazione domestica di cannabis che presenti le seguenti caratteristiche: minima dimensione; rudimentalità delle tecniche utilizzate; scarso numero di piante (anche se superiore al limite di 4 previsto dall'articolo 26, comma 1-bis); assenza di indici di inserimento nel mercato degli stupefacenti.

L'articolo 6 del provvedimento in esame interviene sull'articolo 77 del testo unico stupefacenti, che configura come illecito amministrativo l'abbandono, in un luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero in un luogo privato di comune o altrui uso, di siringhe o di altri strumenti pericolosi utilizzati per l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, tale da mettere a rischio l'incolumità altrui. Il provvedimento in esame raddoppia la sanzione amministrativa pecuniaria, attualmente del pagamento di una somma da 51 a 516 euro, quando i fatti siano commessi all'interno o in prossimità di scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti.

L'articolo 7 interviene sull'articolo 104 del testo unico, relativo alla promozione e al coordinamento, a livello nazionale, delle attività di educazione ed informazione. Inserendo il comma 2-bis, il provvedimento demanda al Ministero dell'Istruzione la promozione, all'inizio di ogni anno scolastico, nelle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione, di una giornata nazionale sui danni derivanti da alcolismo, tabagismo e uso delle sostanze stupefacenti o psicotrope.

Infine, l'articolo 8 interviene sull'articolo 114 del testo unico, relativo agli obiettivi di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti posti a carico dei comuni, per specificare che gli enti locali dovranno predisporre anche interventi di inserimento socio-lavorativo e occupazionale.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GIUSEPPE BRESCIA (A.C. 105​-194​-221​-222​-717​-920​-2269​-2981​-3511-A​)

GIUSEPPE BRESCIA, Relatore per la maggioranza. (Relazione – A.C. 105​-194​-221​-222​-717​-920​-2269​-2981​-3511-A​). L'Assemblea della Camera avvia oggi la discussione del testo unificato delle proposte di legge C. 105​ Boldrini, C. 194​ Fitzgerald Nissoli, C. 221​ La Marca, C. 222​ La Marca, C. 717​ Polverini, C. 920​ Orfini, C. 2269​ Siragusa, C. 2981​ Sangregorio e C. 3511​ Ungaro, recante Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza, come risultante dalle modifiche apportate nel corso dell'esame in sede referente.

Illustrando il contenuto del testo elaborato dalla Commissione, l'articolo 1 introduce una nuova fattispecie di acquisto della cittadinanza in seguito ad un percorso scolastico (c.d. ius scholae), mediante modifiche ed integrazioni alla legge n. 91 del 1992, che attualmente detta la disciplina della materia.

Si ricorda innanzitutto che la normativa italiana sulla cittadinanza è basata sul principio del cosiddetto ius sanguinis, in base al quale acquista di diritto la cittadinanza alla nascita colui che sia nato da madre o padre cittadini italiani. Il diritto alla cittadinanza per ius soli - in virtù del quale l'acquisizione della cittadinanza di un dato paese è conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio - è garantito solamente in alcune situazioni particolari, caratterizzate dalla impossibilità per il bambino di avere alcuna cittadinanza a causa di filiazione da parte di genitori privi di cittadinanza (apolidi) o ignoti, ovvero in presenza di norme del Paese di provenienza che impedisce l'acquisizione della cittadinanza dei genitori.

Nel corso delle ultime legislature è stato dedicato ampio spazio all'esame delle proposte di riforma della legge sulla cittadinanza, senza tuttavia giungere all'approvazione di un testo definitivo.

In particolare, nel corso della XVII legislatura la Camera dei deputati era giunta all'approvazione di una proposta di riforma che si concentrava sulla questione della tutela dell'acquisto della cittadinanza da parte dei minori. La proposta è stata approvata dall'Assemblea della Camera il 13 ottobre 2015, per poi essere trasmessa al Senato, dove tuttavia l'esame non ha concluso il proprio iter entro lo scioglimento delle Camere (A.S. 2092).

Il testo elaborato dalla Commissione ha contenuto analogo a quanto stabilito nel testo di riforma della scorsa legislatura.

In particolare, l'articolo 1, al comma 1, lettera a), introduce alcune integrazioni all'articolo 4 della legge n. 91 del 1992, tese a favorire l'acquisizione della cittadinanza ai minori stranieri, nati o entrati in Italia nei primi anni di vita.

Si ricorda in proposito che la disciplina vigente, di cui all'articolo 4, comma 2, della citata legge n. 91, prevede che lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data (c.d. ius domicilii).

Inoltre il decreto-legge c.d. "del fare" (decreto – legge n. 69 del 2013), all'articolo 33 ha introdotto una disposizione di semplificazione del procedimento per l'acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia, secondo il quale ai fini di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 91 , all'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della pubblica amministrazione ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.

Inoltre, gli ufficiali di stato civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all'interessato la possibilità di esercitare tale diritto entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data.

Nel dettaglio, l'articolo 1, comma 1, lettera a), introducendo un nuovo comma 2-bis nell'articolo 4 della legge n. 91, prevede che acquista la cittadinanza italiana il minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che risieda legalmente in Italia, qualora abbia frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale.

Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, nel corso dell'esame in sede referente si è specificato che è necessario aver concluso positivamente il corso medesimo.

Inoltre, con riferimento ai percorsi di istruzione e formazione professionale, nel corso dell'esame in sede referente si è precisato che con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'istruzione e previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, saranno definiti i requisiti essenziali che i percorsi di istruzione e formazione devono possedere per essere idonei a costituire titolo pe l'acquisto della cittadinanza.

In relazione ai requisiti soggettivi, si ricorda come il regolamento di attuazione della legge n. 91 chiarisca che per l'acquisto della cittadinanza italiana viene considerato legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d'iscrizione anagrafica.

Pertanto, l'acquisizione della cittadinanza da parte del minore straniero è subordinata al requisito della frequenza regolare per almeno cinque anni di uno o più cicli scolastici o percorsi di istruzione e formazione professionale.

Quanto alla normativa nazionale in materia di istruzione che qui interessa, si ricorda che il nostro ordinamento prevede due cicli di istruzione. Il primo dura 8 anni e ricomprende la scuola primaria (per alunni da 6 a 11 anni) e la scuola secondaria di primo grado (per alunni da 11 a 14 anni). Il secondo ciclo prevede due tipi di percorsi di durata variabile da 3 a 5 anni: la scuola secondaria di secondo grado (quinquennale per gli studenti da 14 a 19 anni) e i percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) di competenza regionale (di 3 o 4 anni), rivolti a coloro che hanno concluso positivamente il primo ciclo di istruzione.

Secondo il vigente quadro normativo, tanto nella scuola secondaria di primo grado, quanto nella scuola secondaria di secondo grado, ai fini della validità dell'anno scolastico e per la valutazione degli alunni, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale personalizzato ai sensi dell'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2004.

Tuttavia, le istituzioni scolastiche possono stabilire, per casi eccezionali, per entrambi i cicli scolastici, motivate e straordinarie deroghe al suddetto limite. Le motivate deroghe in casi eccezionali, previsti dal medesimo comma 1, sono deliberate dal collegio dei docenti, a condizione che le assenze documentate e continuative complessivamente non pregiudichino, a giudizio del consiglio di classe, la possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati. L'impossibilità di accedere alla valutazione comporta la non ammissione alla classe successiva o all'esame finale del ciclo. Il mancato conseguimento del limite minimo di frequenza, comprensivo delle deroghe riconosciute, comporta l'esclusione dallo scrutinio finale e la non ammissione alla classe successiva o all'esame finale di ciclo.

Ancora in relazione alla frequenza scolastica è opportuno ricordare altresì quanto richiamato dal Governo nel corso dell'istruttoria del provvedimento nella relazione trasmessa alla Commissione nella seduta del 10 maggio 2022 a proposito delle procedure di iscrizione scolastica dei minori stranieri.

A tale riguardo la norma di riferimento è rappresentata dall'articolo 45 del DPR 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento attuativo del Testo unico dell'immigrazione), che attribuisce ai minori stranieri presenti sul territorio nazionale il diritto dovere all'istruzione alla stessa stregua dei cittadini italiani, indipendentemente dalla regolarità in ordine al loro soggiorno: gli alunni privi di documentazione anagrafica o in posizione di irregolarità sono iscritti con riserva in attesa della regolarizzazione e l'iscrizione può essere richiesta in qualsiasi momento dell'anno scolastico.

Per decidere a quale classe iscrivere il minore straniero appena arrivato in Italia occorre tener presente una serie di fattori:

- l'età anagrafica;

- il livello di competenze nei saperi essenziali, anzitutto nella lingua italiana;

- la scolarizzazione nel paese di origine.

Il collegio dei docenti ha il compito di attivare interventi iniziali di prima alfabetizzazione e/o di consolidamento delle competenze linguistiche, nonché formulare proposte al consiglio d'istituto per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi.

Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni, specifici interventi individualizzati o per gruppi per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola: ad esempio, nella scuola secondaria di primo grado, è possibile utilizzare le due ore settimanali di insegnamento della seconda lingua straniera per l'apprendimento dell'italiano come lingua veicolare.

Quando manca del tutto la conoscenza della lingua italiana può essere valutato l'inserimento nella classe precedente rispetto a quella anagrafica, allungando in tal modo la durata del ciclo di studi.

La medesima tutela è garantita ai minori richiedenti protezione internazionale e ai minori figli di richiedenti protezione internazionale, nonché ai minori stranieri non accompagnati per i quali è prevista la predisposizione di progetti specifici che si avvalgano del ricorso o del coordinamento di mediatori culturali.

Il predetto nuovo comma 2-bis dell'articolo 4 della legge n. 91, introdotto dal testo della Commissione, stabilisce che, in presenza dei requisiti sopra indicati, la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà, resa entro il compimento della maggiore età dell'interessato da un genitore legalmente residente in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale, all'ufficiale dello stato civile del comune di residenza del minore.

Ai fini della presentazione della dichiarazione da parte dei genitori o da chi esercita la responsabilità genitoriale, è dunque richiesta la residenza legale di almeno uno di essi, che presuppone la regolarità del relativo soggiorno.

L'interessato può rinunciare alla cittadinanza acquisita entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, purché in possesso di altra cittadinanza.

Inoltre, ai sensi del nuovo comma 2-ter dell'articolo 4 della legge n. 91, introdotto a sua volta dal testo della Commissione, l'interessato può fare richiesta di acquisto della cittadinanza all'ufficiale di stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, ove non sia stata resa la dichiarazione di volontà.

Con una seconda modifica alla legge n. 91 del 1992, l'articolo 1, al comma 1, lettera b), inserisce nella medesima legge n. 91 un nuovo articolo 23-bis.

Il primo comma del nuovo articolo 23-bis, con una disposizione generale di carattere interpretativo, specifica che il requisito della minore età si considera riferito al momento della presentazione dell'istanza o della richiesta da parte di uno dei genitori o di chi esercita la responsabilità genitoriale. Tale specificazione vale ai fini dell'intera legge n. 91 del 1992 per le disposizioni in cui venga in rilievo il requisito della minore età.

In proposito si ricorda che l'articolo 9-bis della legge n. 91 afferma che “Ai fini dell'elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza, all'istanza o dichiarazione dell'interessato deve essere comunque allegata la certificazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti per legge”; in tal senso, la legge sembra quindi distinguere la fattispecie della “dichiarazione” da quella dell'”istanza”.

Il secondo comma dello stesso nuovo articolo 23-bis dispone l'obbligo per gli ufficiali di anagrafe di comunicare ai residenti di cittadinanza straniera, nei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la facoltà di acquisto del diritto di cittadinanza ai sensi dell'articolo 4, comma 2, e del nuovo comma 2-bis, introdotto dalla proposta in commento, indicando i relativi presupposti e le modalità di acquisto. L'inadempimento di tale obbligo di informazione sospende i termini di decadenza per la dichiarazione di elezione della cittadinanza.

Tale disposizione riprende, estendendone la portata, quanto già previsto - per l'acquisto della cittadinanza per ius soli in base alla normativa vigente - dall'articolo 33, comma 2, del decreto-legge n. 69 del 2013, che viene conseguentemente abrogato dall'articolo 2, comma 1.

In particolare, la riformulazione estende l'obbligo degli ufficiali di anagrafe anche in favore dei minori che potranno esercitare lo ius culturae ai sensi della nuova normativa. Inoltre, introduce la sospensione dei termini di decadenza per la dichiarazione di elezione della cittadinanza in caso di inottemperanza dell'ufficiale, mentre attualmente si dispone che in mancanza di comunicazione, il diritto può essere esercitato anche oltre i termini previsti dalla legge.

L'articolo 2, al comma 1, dispone l'abrogazione dell'articolo 33, comma 2, del decreto-legge n. 69 del 2013, il quale stabilisce l'obbligo per gli ufficiali di stato civile di comunicare all'interessato, nel corso dei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, la possibilità di acquistare la cittadinanza iure domicilii esercitando il diritto di cui al comma 2 del citato articolo 4 della legge n. 91 del 1992 entro il compimento del diciannovesimo anno di età.

Tale abrogazione è correlata alla previsione di analoga disposizione nel corpo della legge n. 91 del 1992, al nuovo articolo 23-bis, comma 2, introdotto dall'articolo 1.

Il comma 2 autorizza il coordinamento, riordino e accorpamento in un unico testo delle disposizioni di natura regolamentare vigenti in materia di cittadinanza, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

A tal fine è previsto si provveda con regolamento governativo di esecuzione, adottato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere nel termine di quarantacinque giorni dalla trasmissione. Per l'espressione del parere del Consiglio di Stato è stabilito un termine di trenta giorni.

Passando a ripercorrere l'andamento dell'esame in sede referente svolto dalla I Commissione, ricordo innanzitutto che esso si è sviluppato lungo quasi tutto l'arco della Legislatura in corso, dal 24 ottobre 2018 al 28 giugno 2022, per un totale di 25 sedute di esame, di cui 17 sedute di votazioni, per circa 28 ore di sedute (di cui 25 ore e 30 minuti circa di votazioni).

Nel corso dell'istruttoria legislativa, la Commissione ha deliberato lo svolgimento di un ampio ciclo di audizioni informali sul provvedimento, sviluppatosi per ben 19 sedute, durante il quale sono stati ascoltati i seguenti soggetti:

- rappresentanti di Save the children,

- rappresentanti di Rete G2 - Seconde Generazioni,

- rappresentanti di Italiani senza cittadinanza,

- rappresentanti di CoNNGI - Coordinamento nazionale nuove generazioni italiane,

- rappresentanti del Consiglio italiano per i rifugiati (CIR),

- rappresentanti dell'Associazione QuestaèRoma - Contro le discriminazioni,

- rappresentanti dell'Associazione ricreativa culturale italiana (ARCI),

- rappresentanti dell'Associazione Studi giuridici sull'immigrazione (ASGI),

- rappresentanti della Comunità di S. Egidio,

- rappresentanti dell'Associazione Cittadinanzattiva,

- rappresentanti dell'Associazione Libera,

- rappresentanti dell'Associazione Neri italiani - Black italians (NIBI),

- rappresentanti dell'Associazione Centro Astalli,

- rappresentanti del Comitato italiano per l'UNICEF,

- rappresentanti del Tavolo interassociativo Saltamuri,

- Daniele Porena, Professore di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Perugia,

- il Prefetto Michele Di Bari, allora Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno,

- rappresentanti dell'ANCI,

- rappresentanti delle Associazioni cristiane lavoratori italiani (ACLI) e della Fondazione Migrantes della CEI.

Nel prosieguo dell'esame sono state abbinate ulteriori proposte di legge vertenti sulla medesima materia.

Nella seduta del 9 marzo 2022 la Commissione ha adottato come testo base il testo unificato proposto dal relatore, il cui perimetro è circoscritto alla previsione di una nuova forma di acquisizione della cittadinanza da parte dei minori che presuppone lo svolgimento di corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale per ottenere una qualifica professionale (c.d. ius scholae).

Al testo unificato sono stati presentati 727 emendamenti, di cui 227 inammissibili: di essi è stato possibile votare 186 emendamenti, in ragione della durata e della numerosità degli interventi in dichiarazione di voto su ciascuna singola proposta emendativa, mentre i restanti emendamenti sono stati respinti in blocco a seguito del conferimento del mandato al relatore, che è avvenuto nella seduta del 28 giugno 2022.

Quanto ai profili procedurali tengo a sottolineare che nel corso dell'esame delle proposte emendative la Presidenza ha favorito il più ampio dibattito sulle proposte emendative, consentendo a tutti i deputati che ne hanno fatto richiesta di intervenire, anche più volte, sul medesimo emendamento, senza alcun limite temporale, nella consapevolezza della rilevanza politica del provvedimento, sul quale si registrano posizioni politiche molto diversificate.

Nel momento in cui è stata fissata una data di avvio della discussione in Assemblea del provvedimento, entro cui era necessario concludere i lavori, la Presidenza ha doverosamente definito una tempistica di esame degli emendamenti tale da ridurre la durata e il numero degli interventi, prima invitando i gruppi a intervenire solo sulle proposte emendative ritenute più rilevanti, nonché a contenere i loro interventi in dichiarazione di voto a non più di 5 minuti per gruppo per ciascun emendamento, e quindi definendo una durata massima degli interventi in dichiarazione di voto su ciascun emendamento, consentendo, ai sensi dell'articolo 85, comma 7, del Regolamento, un intervento per gruppo su ciascun emendamento posto in votazione, per una durata non superiore a 5 minuti per intervento,

In proposito tengo a precisare che l'applicazione di tali modalità risultava necessaria per assicurare il rispetto del dettato dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento, secondo cui le Commissioni in sede referente organizzano i loro lavori secondo principi di economia procedurale, nonché in ottemperanza all'obbligo, gravante sulla Presidenza ai sensi del medesimo articolo 79, comma 1, di organizzare i lavori in sede referente in termini tali da consentire l'ordinato svolgimento dell'esame e il rispetto della data di avvio della discussione in Assemblea del provvedimento stabilita dalla Conferenza dei Presidenti dei gruppi.

Inoltre, risultando diverse serie di emendamenti riconducibili al medesimo principio emendativo comune, nonché diverse serie di emendamenti che presentano differenze dovute esclusivamente a variazioni a scalare di cifre o durate temporali, la Presidenza ha in alcune occasioni proceduto a votazioni per principio e a scalare.

Nei giorni precedenti all'avvio della discussione in Assemblea, che, peraltro, è stata con consenso unanime posticipata dal 24 al 29 giugno, in seno all'Ufficio di Presidenza della Commissione si è stabilito di concludere l'esame in sede referente entro le ore 22 del 28 giugno; sulla scorta di tale decisione la Presidenza ha conseguentemente avvertito che, qualora non risultasse possibile concludere l'esame di tutte le proposte emendative presentate, una volta giunti al momento in cui si era stabilito di concludere l'esame in sede referente, la Presidenza avrebbe posto in votazione la proposta di conferire il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento, risultando conseguentemente respinte le proposte emendative non ancora esaminate a quel momento.

Tale scelta ha rappresentato per la Presidenza una scelta necessitata, atteso che risultavano ancora da esaminare ancora circa 300 emendamenti e che non restava più alcuno spazio di lavoro a disposizione della Commissione.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 2 il deputato Pella ha segnalato che ha erroneamente votato contro, mentre avrebbero voluto votare a favore;

nella votazione n. 12 il deputato Mariani ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbero voluto votare a favore;

nella votazione n. 25 il deputato Rospi ha segnalato che ha erroneamente votato contro, mentre avrebbero voluto votare a favore;

nella votazione n. 26 il deputato Rizzo Nervo si è erroneamente astenuto, mentre avrebbero voluto votare a favore.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 3656 - odg n. 48 - I p. 354 348 6 175 43 305 101 Resp.
2 Nominale odg 9/3656/49 359 347 12 174 35 312 101 Resp.
3 Nominale odg 9/3656/51 360 355 5 178 41 314 101 Resp.
4 Nominale odg 9/3656/53 357 354 3 178 41 313 99 Resp.
5 Nominale odg 9/3656/57 371 364 7 183 41 323 99 Resp.
6 Nominale odg 9/3656/58 366 356 10 179 37 319 99 Resp.
7 Nominale odg 9/3656/61 370 359 11 180 36 323 99 Resp.
8 Nominale odg 9/3656/62 378 360 18 181 31 329 99 Resp.
9 Nominale odg 9/3656/64 381 366 15 184 33 333 99 Resp.
10 Nominale odg 9/3656/66 385 368 17 185 32 336 99 Resp.
11 Nominale odg 9/3656/68 386 381 5 191 46 335 99 Resp.
12 Nominale odg 9/3656/69 389 382 7 192 146 236 99 Resp.
13 Nominale odg 9/3656/70 385 381 4 191 42 339 98 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale odg 9/3656/74 384 381 3 191 48 333 98 Resp.
15 Nominale odg 9/3656/79 386 381 5 191 53 328 97 Resp.
16 Nominale odg 9/3656/86 392 389 3 195 26 363 96 Resp.
17 Nominale odg 9/3656/89 rif. 387 383 4 192 376 7 96 Appr.
18 Nominale odg 9/3656/94 - I p. 388 371 17 186 367 4 96 Appr.
19 Nominale odg 9/3656/94 - II p. 393 378 15 190 376 2 96 Appr.
20 Nominale odg 9/3656/94 - III p. 386 384 2 193 384 0 96 Appr.
21 Nominale odg 9/3656/94 - IV p. 391 388 3 195 387 1 96 Appr.
22 Nominale odg 9/3656/94 - V p. 393 391 2 196 390 1 96 Appr.
23 Nominale odg 9/3656/94 - VI p. 396 387 9 194 384 3 96 Appr.
24 Nominale odg 9/3656/95 385 382 3 192 382 0 96 Appr.
25 Nominale odg 9/3656/47 rif. 385 384 1 193 383 1 96 Appr.
26 Nominale Ddl 3656 - voto finale 341 340 1 171 316 24 85 Appr.