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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 706 di lunedì 13 giugno 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 16,15.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 1° giugno 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 100, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 3 giugno 2022, la deputata Michela Rostan, già iscritta al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente.

La Presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di avere accolto la richiesta.

Discussione della proposta di legge costituzionale: S. 747-2262-2474-2478-2480-2538 - D'iniziativa dei senatori Iannone e Calandrini; Sbrollini ed altri; Biti; Augussori; Garruti ed altri; Gallone ed altri: “Modifica all'articolo 33 della Costituzione, in materia di attività sportiva” (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 3531​) e delle abbinate proposte di legge costituzionali: D'iniziativa del Consiglio regionale delle Marche; Prisco ed altri; Butti e Foti; Versace ed altri; Belotti ed altri; Gagliardi ed altri (A.C. 586​-731​-1436​-2998​-3220​-3536​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale, già approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato, n. 3531: “Modifica all'articolo 33 della Costituzione, in materia di attività sportiva” e delle abbinate proposte di legge costituzionali nn. 586-731-1436-2998-3220-3536.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3531​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Avverto che, con lettera trasmessa in data 8 giugno, il relatore Giuseppe Brescia, presidente della Commissione affari costituzionali, ha comunicato che, nella giornata odierna, nonché in quella di domani, sarà sostituito dal vicepresidente della Commissione, deputato Fausto Raciti, a cui quindi do la parola. Prego, onorevole Raciti.

FAUSTO RACITI, Vicepresidente della I Commissione. Grazie, Presidente. Nella seduta odierna inizia la discussione della proposta di legge costituzionale C. 3531​, approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato, recante modifica all'articolo 33 della Costituzione in materia di attività sportiva, e delle abbinate proposte di legge C. 586​ del Consiglio regionale delle Marche, C. 731​ Prisco, C. 1436​ Butti, C. 2998​ Versace, C. 3220​ Belotti e C. 3536​ Gagliardi.

Si segnala, innanzitutto, come il testo della proposta di legge costituzionale costituisca il frutto della sintesi operata al Senato di sei differenti ma convergenti proposte di legge costituzionale ivi presentate.

Per quanto riguarda il contenuto della proposta di legge costituzionale C. 3531​, che si compone di un unico articolo, essa aggiunge un nuovo ultimo comma all'articolo 33 della Costituzione, stabilendo che la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme.

Si rileva, al riguardo, come la scelta del verbo “riconosce” richiami la formula linguistica dell'articolo 2 della Carta costituzionale, lasciando trasparire la visione dell'attività sportiva come realtà preesistente, in qualche senso pregiuridica, di cui la Repubblica è chiamata a prendere atto, offrendole al contempo tutela e promozione.

In particolare, il riconoscimento del valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva è declinato su tre direttrici, che fra loro non si pongono in rapporto gerarchico, bensì equiordinato e complementare. La collocazione all'articolo 33 ha reso preferibile indicare per primo il valore educativo legato allo sviluppo e alla formazione della persona. A questo si affianca il valore sociale. Lo sport, infatti, rappresenta spesso un fattore di aggregazione e uno strumento di inclusione per individui o cerchie di soggetti in condizioni di svantaggio o marginalità del più vario genere, quali quelli del tipo socio-economico, etnico-culturale o fisico-cognitivo.

Inoltre lo sport ha un'innegabile correlazione con la salute, specie intesa nella sua più moderna concezione del benessere psicofisico integrale della persona, anziché come mera assenza di malattia.

Quanto alla scelta della locuzione da impiegare, l'espressione “attività sportiva” è stata preferita a “sport” perché quest'ultimo, pur essendo un termine ormai entrato nella lingua italiana, è pur sempre una parola straniera, e quindi non si è ritenuto opportuno inserirlo nella Costituzione, come fatto igienico. La formula secondo cui è riconosciuto il valore dell'attività sportiva in tutte le sue forme è volta ad esplicitare che la norma abbraccia lo sport nella sua accezione più ampia, professionistico, dilettantistico, amatoriale, organizzato o non organizzato. Segnalo, inoltre, come il nuovo ultimo comma dell'articolo 33 della Costituzione debba essere letto in combinato disposto con l'articolo 114 della Costituzione, implicando il coinvolgimento di tutti gli enti costitutivi della Repubblica, ciascuno secondo le rispettive competenze, nel riconoscimento dei valori dell'attività sportiva.

Per quanto riguarda i lavori parlamentari sul provvedimento, ricordo che l'esame al Senato della Repubblica degli abbinati disegni di legge S. 747 e S. 2262 è iniziato nella seduta del 15 dicembre 2021 presso la 1ª Commissione affari costituzionali del Senato.

Nella stessa seduta è stato deliberato lo svolgimento di un ciclo di audizioni informali, che si sono tenute nelle sedute del 21 e 22 dicembre 2021. Nel corso dell'esame sono stati congiunti i disegni di legge S. 2474, S. 2478, S. 2480 e S. 2538.

Nella seduta del 22 dicembre 2021 la Commissione ha istituito un Comitato ristretto per l'individuazione di un testo unificato dei disegni di legge in esame. Al termine dei lavori del Comitato, il 16 febbraio 2022, la Commissione ha adottato come testo base per il prosieguo dell'esame il testo unificato presentato dal relatore.

L'esame della Commissione è proseguito nelle sedute del 1° e 2 marzo 2022 per vagliare le undici proposte emendative presentate, al termine delle quali è stato proposto all'Assemblea un testo unificato recante una sola modifica rispetto al testo base.

In particolare, la Commissione ha approvato un emendamento che aggiunge all'espressione “attività sportiva” la specificazione “in tutte le sue forme”, al fine di dare un'accezione quanto più possibile ampia al concetto di attività sportiva.

L'Assemblea del Senato ha approvato quasi all'unanimità il testo unificato proposto dalla Commissione nella seduta del 22 marzo 2022 con 213 voti favorevoli, 5 voti contrari e 13 astenuti.

Con riguardo all'esame in sede referente svolto presso la Commissione affari costituzionali della Camera segnalo, in primo luogo, che la Commissione non ha apportato alcuna modifica al testo approvato al Senato. L'esame della proposta di legge C. 3531​, approvata al Senato, è stato avviato nella seduta del 21 aprile 2022. Nella medesima seduta è stato adottato come testo base per il prosieguo dell'esame la proposta di legge C. 3531​. Al contempo, tutti i gruppi hanno concordato di rinunciare alla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti.

Nella seduta del 27 aprile 2022, preso atto dei pareri favorevoli delle Commissioni VII e XII, la Commissione ha deliberato di conferire al relatore il mandato a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento, nel medesimo testo approvato al Senato.

Passando ad analizzare brevemente il contesto normativo in cui si inserisce l'intervento legislativo, ricordo che, nel testo originale del 1948, la Costituzione non conteneva alcun riferimento all'attività sportiva. A tale esito concorsero verosimilmente due fattori: l'esperienza del fascismo, che dello sport aveva fatto uno dei principali strumenti di propaganda e veicolo della propria ideologia, e le difficili condizioni economiche e sociali lasciate in eredità dal secondo conflitto mondiale. Di entrambi si trova eco nei lavori dell'Assemblea costituente, dove peraltro il dibattito sullo sport fu marginale e per lo più incentrato su interventi pubblici tesi a garantire, tramite la realizzazione e manutenzione delle strutture necessarie, l'attività motoria e la salute dei giovani. In particolare, nella seduta del 19 aprile 1947, in sede di discussione su quello che sarebbe divenuto l'articolo 31, l'onorevole Giuliano Pajetta richiamava l'attenzione sul problema dello sport inteso come garanzia di una gioventù sana, che cresca forte nel nostro Paese. Non si tratta più di fare dello sport una preparazione per la guerra o che la gente ragioni con i muscoli e con i piedi invece che con la testa, ma si tratta di prevenire le malattie che fanno strage nel nostro Paese. Gli unici riferimenti allo sport di rango costituzionale erano previsti, sin dalla loro approvazione con disposizioni tuttora in vigore, da due statuti speciali: quello del Trentino-Alto Adige e quello del Friuli-Venezia Giulia. È solo con la riforma del Titolo V, operata nel 2001, che lo sport trova ingresso in Costituzione, sia pure ai limitati fini del riparto di competenze legislative fra Stato e regioni.

Una caratteristica analoga si rileva per alcuni profili in alcuni atti normativi statali di trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle regioni e agli enti locali. Solo di recente l'accesso alla pratica sportiva e la sua valenza sul piano educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico hanno trovato ampio riconoscimento. Tra le disposizioni legislative vigenti in materia, si segnalano quelle della legge n. 107 del 2015. Nello specifico, la predetta legge intende: garantire nelle istituzioni scolastiche il diritto all'esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore; incentivare l'avviamento all'esercizio della pratica sportiva delle persone disabili, mediante l'uso di ausili per lo sport; perseguire il più generale obiettivo formativo del potenziamento delle discipline motorie e dello sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, anche con quote dedicate alla dotazione organica del personale. Sul fronte delle politiche di inclusione, il decreto-legge n. 185 del 2015 ha istituito il Fondo sport e periferie, finalizzato al potenziamento dell'attività sportiva agonistica nazionale e dello sviluppo della relativa cultura in aree svantaggiate e zone periferiche urbane, con l'obiettivo di rimuovere gli squilibri economico-sociali e incrementare la sicurezza urbana. Successivamente, la legge n. 145 del 2018 ha trasformato la preesistente CONI Servizi Spa in Sport e Salute Spa, ampliandone dotazione e funzioni. Quanto alle politiche sanitarie, fra gli esempi recenti si segnala, altresì, che il 3 novembre 2021 è stato adottato, con accordo Stato-regioni, il documento recante “Linee di indirizzo sull'attività fisica - Revisione delle raccomandazioni per le differenti fasce d'età e situazioni fisiologiche e nuove raccomandazioni per specifiche patologie”, redatto dal tavolo di lavoro per la promozione dell'attività fisica e la tutela della salute nelle attività sportive, istituito con decreto del Ministro della Salute del 25 luglio 2019. In linea di continuità, la legge n. 234 del 2021 ha introdotto l'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria, nelle classi IV e V, da parte di docenti forniti di idoneo titolo di studio, al dichiarato fine di promuovere nei giovani l'assunzione di comportamenti e stili di vita funzionali alla crescita armoniosa, alla salute, al benessere psicofisico e al pieno sviluppo della persona, riconoscendo l'educazione motoria quale espressione di un diritto personale e strumento di apprendimento cognitivo. Da ultimo, il PNRR si è inserito trasversalmente rispetto a molti dei filoni tematici sopra delineati, stanziando per il settore un miliardo di euro.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Maria Valentina Vezzali.

MARIA VALENTINA VEZZALI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, siamo giunti a metà del percorso di questa modifica costituzionale e per questo impegno - e per il sostegno pressoché unanime - volevo ringraziare i due rami del Parlamento. Se i tempi della legislatura ce lo permetteranno, riusciremo a dare dignità al valore educativo dell'attività motoria e al ruolo fondamentale che assume nella crescita e nella formazione della persona. Quello che finora mancava era un riconoscimento dello sport in quanto promotore di valori direttamente connessi ai princìpi costituzionali, quali l'uguaglianza, la solidarietà e l'inclusione. Con questa modifica all'articolo 33 della Costituzione, diventa onere della Repubblica assicurare che l'attività motoria, in tutte le sue forme, sia realmente universale e accessibile a tutti, senza limiti di età, genere e abilità. Un risultato che rende merito all'impegno di milioni di praticanti, associazioni, volontari, che sul territorio svolgono anche funzione di presidio sociale ad un settore che ha generato, nel 2021, 78,8 miliardi di euro di ricavi e rappresenta - secondo l'Osservatorio sullo Sport System italiano, realizzato dall'ufficio studi di Banca Ifis per rispondere alla richiesta della Commissione europea - il 3 per cento del PIL. L'Italia, alla fine di questo percorso, potrà allinearsi ad altri 9 Paesi europei, che già riconoscono il valore dello sport in Costituzione, e uniformarsi all'articolo 165 del Trattato di Lisbona, secondo il quale l'Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport. Auspico che nei prossimi mesi si possa procedere con la medesima celerità all'esame del testo e che questa legislatura possa consentire all'attività sportiva di vedersi attribuire lo stesso valore che hanno già salute e istruzione, visto che l'esperienza francese ci insegna che un euro investito nello sport produce otto euro di risparmio per il Sistema sanitario nazionale. Stiamo per scrivere una bella pagina di storia repubblicana, non fermiamoci adesso.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario Vezzali, mi permetto, prima di iniziare l'intervento sul provvedimento, un inciso come sottolineatura rispetto alla mancanza del raggiungimento del quorum per i referendum, voto popolare di estrema importanza sui temi della giustizia, che, come legislatori, ci impone la necessità di una riforma sostanziale dell'istituto del referendum e che, comunque, ha visto 8 milioni di italiani chiedere una riforma radicale in senso delle garanzie della giustizia. Chiudo qui questa parentesi d'attualità e passo al merito del provvedimento.

Lo sport, in tutte le sue forme, praticato a livello agonistico e dilettantistico, rappresenta, colleghi, un importante strumento formativo di integrazione sociale e di dialogo culturale, nonché un volano per la diffusione dei valori fondamentali, quali la lealtà, l'impegno, lo spirito di squadra e il sacrificio. La diffusione della pratica sportiva in quasi tutte le società del mondo contemporaneo è il segno evidente dell'importanza che lo sport ha assunto da un punto di vista civile, sociale e culturale. Vedete, una concezione largamente diffusa, soprattutto delle Nazioni con maggiore tradizione sportiva, è che lo sport debba essere considerato un mezzo di trasmissione di valori universali, una scuola di vita che insegna a lottare con lealtà per ottenere una giusta ricompensa e che favorisce la socializzazione ed educa al rispetto.

La Costituzione italiana, come insieme di norme e di princìpi fondamentali che regolamentano i diritti e i doveri dei cittadini, nonché i poteri e le funzioni degli organi pubblici, ad oggi non annovera, se non nel riferimento che faceva il relatore, alcun riferimento specifico all'attività sportiva o allo sport in generale. Al contrario, alcune Costituzioni straniere, come citava la sottosegretaria Vezzali, prestano attenzione allo sport, come la Costituzione del Portogallo, che all'articolo 64, che riguarda appunto la salute, indica come il diritto alla stessa sia realizzato, tra l'altro, con la promozione della cultura fisica e sportiva, scolastica e popolare, mentre agli articoli 70 e 79 fa riferimento al diritto alla cultura fisica e sportiva ed al compito dello Stato di orientare e di sostenere la pratica e la diffusione sportiva in collaborazione con le scuole, le associazioni e le organizzazioni sportive.

Anche la Costituzione della Grecia, all'articolo 16, comma 9, recita: “Gli sport sono posti sotto la protezione e l'alta sorveglianza dello Stato. Lo Stato si farà garante e controllerà tutti i tipi di associazioni sportive specificate dalla legge. L'utilizzo dei sussidi, in conformità con i propositi e gli scopi delle associazioni beneficiarie, dovrà essere disciplinato dalla legge”. Quindi, in questa Costituzione si fa esplicito riferimento anche ai sussidi e ai fondi stanziati.

La Costituzione della Turchia statuisce, all'articolo 59: “È dovere dello Stato assumere tutte le misure necessarie per lo sviluppo della salute fisica e morale dei cittadini di tutte le età e di incoraggiare la pratica degli sport fra la popolazione”.

La Costituzione federale della Confederazione svizzera, all'articolo 68, recita: “1. La Confederazione promuove lo sport, in particolare l'educazione sportiva. 2. Gestisce una scuola di sport. 3. Può emanare prescrizioni sullo sport giovanile e dichiarare obbligatorio l'insegnamento dello sport nelle scuole”.

Infine, colleghi, la Costituzione della Spagna, datata - pensate un po' - 1978, all'articolo 43, comma 3, dispone: “I pubblici poteri svilupperanno l'educazione sanitaria, l'educazione fisica e lo sport. Inoltre agevoleranno l'adeguata utilizzazione del tempo libero”.

Riferimenti espliciti allo sport sono presenti anche nelle Costituzioni russa e ungherese.

Molto spazio è dedicato allo sport anche dall'Unione europea, che ha sviluppato un ruolo attivo in tale settore sostenendo, tra l'altro, progetti in favore dell'integrazione dei giovani proprio attraverso le attività sportive, la lotta contro il doping nello sport e una campagna di informazione, a livello scolastico, sui valori etici dello sport (oltre, ovviamente, al Trattato di Lisbona). In molti documenti ufficiali emerge il significato sociale dello sport, come nella dichiarazione sulla specificità dello sport allegata alle conclusioni del Consiglio europeo di Nizza del 2000, concepito all'insegna del rispetto delle diversità culturali e connotato da una forte dimensione sociale. È da sottolineare, in particolare, che il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, come modificato dal Trattato di Lisbona, appunto, del 13 dicembre 2007, ratificato ai sensi della legge n. 130 del 2008, ha aperto la strada a una vera dimensione europea dello sport, facendo sì che nuove disposizioni consentano all'Unione europea di sostenere e di integrare le azioni degli Stati membri promuovendo la neutralità e la trasparenza nelle competizioni sportive, nonché la cooperazione fra organismi sportivi.

Colleghi, questo provvedimento allinea quindi - in ritardo, ma lo fa - anche la nostra Carta rispetto agli standard ormai introdotti nella scrittura delle Costituzioni.

Ritengo doveroso, però, non per primogenitura ma per un tributo all'uomo e al suo impegno civile, ricordare qui oggi il primo tentativo in Parlamento, attraverso una proposta di legge presentata nel 1997 dal senatore Maceratini, allora capogruppo di Alleanza Nazionale, che fu appunto antesignano rispetto a questi. Già la destra politica 25 anni fa - ripeto che sono passati 25 anni dall'approdo in Parlamento del primo disegno di legge in tal senso - aveva intuito che per riformare il sistema sportivo italiano fosse necessario costruire una cornice proprio attraverso una riforma costituzionale. Vi riporto, quindi, l'attualità della pdl depositata nella XIII legislatura, cioè cinque legislature fa. Elevare a livello costituzionale il diritto allo svolgimento dell'attività sportiva intesa come momento ricreativo, ma anche di educazione e rigenerazione spirituale, è proposta che allineerebbe lo Stato italiano ad altri Stati europei, così come ricordato. Questa proposta rappresenta, dunque, una posizione storica della destra italiana, che è stata riproposta più volte anche nelle precedenti legislature e anche in questa dal Vice Presidente Fabio Rampelli, dal collega Prisco e dai colleghi Iannone e Calandrini al Senato. Questo soltanto per dire, come sottolineava il sottosegretario Vezzali, che è importante ovviamente lo spirito bipartisan e quindi costituzionale, ma anche che - e questo permettetecelo - la destra ha sempre sostenuto la necessità dell'inserimento dello sport in Costituzione.

Va anche detto che ci sono stati fermenti culturali che hanno accelerato l'iter del provvedimento. Di questo va dato atto a due associazioni, Cultura Italiae e Sport Italiae, che hanno riunito i componenti di tutte le forze politiche trasversalmente e che poi hanno fatto lobby positiva, trasponendo questa sintesi nella proiezione parlamentare. Un ringraziamento lo dobbiamo anche al sottosegretario Vezzali che ha apprezzato e accelerato l'iter raccogliendo questo spirito bipartisan.

L'inserimento dello sport in Costituzione, però, non ci deve far dimenticare - e il sottosegretario lo sa bene, perché ne abbiamo parlato recentemente in audizione sempre con uno spirito propositivo e collaborativo - quello che succede nel mondo dello sport, oggi, alla ripartenza. Da una parte gli effetti economici della pandemia hanno devastato i consumi sportivi di adulti e ragazzi, dall'altra, le chiusure delle attività hanno portato a una riduzione degli introiti delle organizzazioni sportive, dovuta al minor periodo di apertura e alla riduzione dei tesserati, a fronte di un carico fiscale rimasto invariato. A questo dobbiamo aggiungere, colleghi, che la conseguente maggiore sedentarietà della popolazione ha esternalità negative in termini di salute pubblica e coesione sociale, oltre che nel peso della sanità pubblica, con effetti particolarmente rilevanti sulle periferie e sulle aree meno agiate del Paese, dove l'attività sportiva svolge una insostituibile funzione di aggregazione e di inclusione sociale.

Penso poi alle questioni delle SSD, costrette a riformare la propria contrattualistica. Per questo proporremo già in un ordine del giorno che stiamo depositando - e invitiamo tutti i colleghi a sottoscriverlo, in particolare i colleghi della Commissione che si occupa di attività sportive - la detrazione dei consumi sportivi individuali, come gli abbonamenti nelle palestre e ai corsi, così da rilanciare la domanda. Abbiamo trovato, anche nel corso dell'ultima audizione, il sottosegretario Vezzali particolarmente sensibile a questa proposta e la presenteremo anche in legge di bilancio.

Altra battaglia storica è l'introduzione dell'insegnante di educazione fisica nelle scuole primarie, che è stata citata, per garantire la trasmissione dei valori dello sport. Su questo sicuramente un rammarico va all'abolizione dei Giochi della Gioventù, storicamente avvenuta nel tempo, perché erano un esempio di collaborazione e di coinvolgimento comunitario di tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Colleghi, lo sport, come sappiamo, è economia ed è coesione sociale. La nostra solidarietà va a chi ora è in crisi, e pensiamo ai gestori degli impianti, a chi ha una palestra, a chi è libero professionista, alle società sportive dilettantistiche, agli enti di promozione sportiva, a chi insegna e a chi studia per lavorare nello sport. Su questo troveranno sempre il nostro appoggio e lo hanno trovato anche durante la pandemia perché siamo stati in piazza, devo dire anche con molti colleghi della maggioranza, per sostenere le ragioni di chi si vedeva chiudere l'impianto e non aveva la possibilità poi di riaprirlo.

Noi pensiamo che tutta la filiera sportiva sia come una grande comunità, che non ci debba essere questa diatriba interna tra lo sport professionistico, quello dilettantistico e le associazioni sportive e che anzi la fiscalità di queste ultime debba essere semplificata. Sui finanziamenti mettiamo a disposizione i nostri voti, anche se siamo all'opposizione del Governo e della maggioranza, perché si faccia un piano di emergenza per la ripartenza dello sport.

Sicuramente il PNRR, come abbiamo visto, ha introdotto delle economie, ma sappiamo, sottosegretario Vezzali, che non sono ancora strutturali per una situazione economica come quella dello sport italiano, che è assolutamente in ginocchio.

Vedo con grande piacere e anche con grande stupore l'entusiasmo di tutti i festival sportivi, le manifestazioni sportive che stanno ripartendo con il volontariato e la passione di chi ha trovato nello sport il proprio destino, ma questo destino va sostenuto dallo Stato italiano proprio ora che inseriremo nella Costituzione il riconoscimento dello sport, perché non rimangano soltanto delle parole o dei principi.

Vorrei chiudere con la riflessione che, appunto, faceva Ezra Pound sul riconoscimento delle uniche idee che poi diventano azioni. Ecco, colleghi, facciamolo insieme con il Governo e con il Parlamento tutto e facciamo in modo che queste idee bellissime, scritte a lettere d'oro nella nostra Costituzione, non rimangano soltanto parole vuote, ma diventino azione e facciano ripartire lo sport italiano.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Versace. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA VERSACE (FI). Grazie, Presidente. Oggi sono anche particolarmente emozionata per questo importante traguardo che stiamo per raggiungere; sono felice e ringrazio anche della sua presenza il sottosegretario Vezzali. Voglio dire a tutti gli onorevoli colleghi che, finalmente, 74 anni dopo l'entrata in vigore della nostra Costituzione, abbiamo l'occasione per garantire davvero il pieno riconoscimento del diritto alla pratica sportiva come diritto individuale fondamentale al pari dell'istruzione o della salute. Al riguardo devo dire che io, già nel 2018, sin dal mio ingresso in Parlamento, iniziai a riflettere proprio sul fatto che lo sport non fosse neanche menzionato all'interno della nostra Carta costituzionale. In quel periodo ebbi il privilegio di essere coinvolta in un convegno a Messina, voluto proprio dall'amico, purtroppo scomparso alla fine del 2020, avvocato Francesco Marullo di Condojanni. In quell'occasione, mi ricordo che parlammo a lungo della necessità di riconoscere questo diritto ed egli stesso mi sollecitò a elaborare una proposta di legge che andasse in questa direzione, soprattutto pensando all'oggettiva difficoltà che molte persone con disabilità incontrano anche per via dei costi elevati di protesi e ausili per la pratica sportiva che tutt'oggi, purtroppo, il sistema sanitario nazionale non copre; per molti di loro, purtroppo, ancora oggi, lo sport rappresenta un lusso, quando invece dovrebbe essere veramente un diritto. Quindi, l'inserimento del diritto alla pratica sportiva all'interno della nostra Carta forse può rappresentare una grande opportunità anche per queste persone più svantaggiate. Marullo è stato un civilista colto e raffinato, già componente del Consiglio nazionale forense oltre che presidente dell'Ordine degli avvocati e dell'Unione dei fori siciliani, amico umile e attento che voglio ricordare perché lui mi ha sempre spinta a non mollare e a perseguire questo ambizioso obiettivo, qualcosa che sembrava impossibile e, invece, oggi, ci rendiamo conto che forse era solo difficile. Voglio dedicare questo mio intervento anche alla sua memoria, certa del fatto che oggi sarebbe fiero di questo importante traguardo che in modo assolutamente trasversale stiamo raggiungendo. Il 6 aprile dello scorso anno, a seguito di lunghi e numerosi confronti con esperti giuristi e costituzionalisti, ho depositato io stessa una proposta di legge costituzionale per il riconoscimento del diritto allo sport da inserire con un comma aggiuntivo all'interno dell'articolo 32 della nostra Costituzione, che riconosce e tutela il diritto alla salute di cui lo sport è, a tutti gli effetti, componente imprescindibile. Ecco, in questo non posso che ringraziare anche la pazienza degli avvocati Lucisano e De Lungo che mi hanno, per un anno, anche supportata nel cercare di comprendere l'esatta collocazione di questo diritto allo sport, perché su questo siamo tutti d'accordo - sul fatto che lo sport vada inserito in Costituzione - il dibattito nasceva più che altro sull'esatta collocazione. Devo dire che rispetto alla Camera, i colleghi senatori sono stati più rapidi nell'esaminare le proposte di legge su questo argomento e, quindi, devo qui ringraziare il mio gruppo di Forza Italia al Senato e, in particolare, la presidente Bernini, le senatrici Gallone e Toffanin, i senatori Galliani e Perosino per aver fatto abbinare al testo, poi approvato, un disegno di legge che riprendeva testualmente proprio la mia proposta.

Non si contano gli studi e le ricerche di carattere medico-scientifico e statistico che abbiano comprovato quanto la pratica sportiva sia fonte indiscussa di una serie di benefici individuali e sociali: un miglioramento generale dello stato di salute psicofisico della popolazione, lo sviluppo sociale ed economico, la promozione di valori positivi quali l'onestà, l'impegno, la condivisione, il rispetto delle regole, l'uguaglianza, lo spirito di comunità e di solidarietà, l'aumento della percezione positiva del proprio controllo, dell'autostima; è uno strumento preziosissimo per ridurre stress, ansia e depressione. Ecco, tutti questi aspetti contribuiscono decisamente anche a contrastare fenomeni discriminatori, come il razzismo, l'omofobia, il bullismo e il cyberbullismo, l'abilismo, tutti, purtroppo, all'ordine del giorno. D'altronde, il legame tra sport e salute ha origini antiche e basti pensare alle motivazioni per le quali, subito dopo il secondo conflitto mondiale, il neurochirurgo tedesco Ludwig Guttmann, direttore di un centro per lesioni spinali a Stoke Mandeville, nel sud-est dell'Inghilterra, valorizzò il ruolo dello sport come formidabile strumento di cura e di integrazione delle persone con disabilità, introducendo un'innovativa tecnica di sport-terapia che inizialmente aveva il solo scopo di agevolare la partecipazione dei suoi pazienti alla riabilitazione, per lo più militari, reduci di guerra con lesioni midollari e amputazioni. Egli comprese subito che il movimento e lo sport assicuravano miglioramenti sul piano muscolare e respiratorio, conferivano maggiore equilibrio e abilità motoria e, inoltre, rivelò che i soggetti paraplegici dimostravano una più elevata competenza e velocità nell'uso della carrozzina, utile non soltanto nell'esercizio sportivo, ma anche nella vita quotidiana.

Questo metodo così rivoluzionario spinse Guttmann nel 1948 a organizzare i primi giochi sportivi per paraplegici a Stoke Mandeville. Ispirandosi proprio a Guttmann un nostro italiano, il dottor Antonio Maglio, medico dell'INAIL, nel 1957, sperimentò al Centro paraplegici di Villa Marina di Ostia nuove tecniche e metodologie per la riabilitazione; la principale di queste tecniche fu, certamente, proprio lo sport. Grazie al suo intuito e alla sua caparbietà, nel 1960, a Roma, si tennero, subito dopo le Olimpiadi - e questa fu la sua grande intuizione -, i primi veri giochi Paralimpici della storia, riconosciuti come tali proprio dal Comitato Paralimpico Internazionale, diffondendo così lo sport paralimpico in tutto il mondo. Ecco, proprio Maglio io stessa, prima di tutto da atleta, poi da cittadina e da parlamentare, non posso che ringraziare per la sua determinazione e per tutto il lavoro che questo grande uomo ha fatto e che oggi, di fatto, ci permette anche di gioire e di entusiasmarci nel vedere le vittorie dei nostri atleti paralimpici. Dietro ognuno di loro c'è una storia e proprio la storia di Maglio ha ispirato un film recentemente trasmesso su Rai Uno, A muso duro - Campioni di vita, di Marco Pontecorvo, un film che ha contribuito sicuramente a far conoscere al grande pubblico la storia di questo medico italiano. Proprio la settimana scorsa ho avuto l'onore e il privilegio di sottolineare, nel corso di una giornata proprio dedicata a Maglio, presso la direzione generale di INAIL, insieme alla moglie, Maria Stella Calà Maglio, ad atleti e amici, ad alcuni dei suoi colleghi e a parte del cast, quanto la sua visione e le sue tecniche forse rivoluzionarie dell'epoca siano tuttora attuali e necessarie per garantire un pieno reinserimento sociale di tutte le persone con disabilità.

Grazie a Guttmann, a Maglio e, negli ultimi vent'anni, anche al grande lavoro svolto dal Comitato Paralimpico, la sport-terapia si è diffusa in tutto il mondo, via via che cresceva la consapevolezza del legame indissolubile tra sport e salute, innalzando, poi, ovviamente, in maniera anche importante, il livello agonistico degli stessi atleti paralimpici che oggi, grazie alle loro imprese, hanno contribuito a migliorare anche l'approccio culturale della nostra società, che non guarda più a queste persone come a dei poverini, ma come a degli atleti. Ecco il grande potere dello sport, ecco perché è importante, oggi più che mai, che trovi il suo giusto spazio all'interno della nostra Carta ed è proprio anche per queste ragioni che avrei preferito - e non sono la sola - che il diritto alla pratica sportiva fosse inserito all'interno dell'articolo 32, tutela della salute, e non all'articolo 33, promozione dell'arte e tutela dell'istruzione, come riportato nel testo unificato votato in Senato e di cui oggi iniziamo l'esame alla Camera, però, riconosco che è certamente una svolta culturale storica, sicuramente importante, di cui tutto il Parlamento deve andare fiero, perché inserire lo sport nella nostra Carta costituzionale può rappresentare una grande opportunità anche per una svolta culturale importante, oggi più che mai necessaria. Certo, non intendo stare qui a fare lezioni di storia con tutti questi riferimenti, tuttavia è opportuno anche ricordare a tutti i colleghi e a coloro che seguono i lavori d'Aula da casa le ragioni per le quali fino ad oggi è mancato nella nostra Costituzione un riferimento esplicito allo sport, perché fino ad oggi la nostra Costituzione non parlava in maniera diretta di sport. La ragione storica dell'esclusione dello sport dalla nostra Carta si può spiegare con il contesto in cui nasceva la Repubblica e, in particolare, con la visione assunta dal regime fascista nei riguardi della pratica sportiva intesa, ai tempi, come forma di militarizzazione, anche con ottica razzista; ma oggi i tempi sono decisamente maturi, cambiati, migliorati ed è assolutamente necessario superare ogni remora riguardo al tema ed è anche il momento giusto per inserire il diritto allo sport nella nostra Carta, attivando così un processo positivo di coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali, proprio con il fine di garantire, soprattutto alle categorie più svantaggiate, come ho appena espresso, il diritto all'attività sportiva. Negli ultimi decenni, del resto, tale diritto è stato già inserito in numerosi ordinamenti costituzionali democratici, come quelli spagnolo, portoghese e greco, nonché in norme e convenzioni internazionali già ratificate dal nostro Paese.

Mi sento di citare giusto le principali. Non posso non citare la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, in particolare l'articolo 30, rubricato “Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi e allo sport”. La Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità vi ha dedicato un intero articolo e, nel sancire il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza alla vita culturale e a sviluppare e realizzare il proprio potenziale creativo, artistico e intellettuale, pone al centro, quale elemento basilare di inclusione e di progresso, lo sport e la pratica delle attività sportive ordinarie a tutti i livelli.

Cito ancora la Carta europea dello sport per tutti, adottata dal Consiglio d'Europa nel 1976, nella quale sono compendiati i principi che devono presiedere alle azioni concrete degli Stati membri per una politica di sport per tutti, affermando che chiunque ha il diritto di praticare lo sport in quanto fattore importante per lo sviluppo umano. Per quanto riguarda la legislazione italiana, basti citare alcune norme, come la legge sul lavoro sportivo, la n. 91 del 1981, che ha sancito la libertà dell'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, con ciò di fatto considerandola una esplicazione della personalità dell'individuo meritevole di promozione e di tutela. Ancora più esplicita è la direttiva emanata nel novembre del 2003, dall'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che, nell'istituire la Giornata nazionale dello sport da celebrarsi ogni prima domenica di giugno, invita il CONI e le altre amministrazioni pubbliche ad assumere iniziative volte a promuovere e valorizzare la funzione educativa e sociale dello sport, quale fondamentale fattore di crescita e di arricchimento della personalità dell'individuo, di preservazione della salute, di miglioramento della qualità della vita, di responsabilizzazione e rafforzamento della società civile.

Quanto fosse importante il riconoscimento del diritto allo sport lo abbiamo compreso meglio tutti durante questi anni della pandemia dovuta al COVID-19, che non ha risparmiato certamente il mondo dello sport, un importante comparto, anche economico, messo in ginocchio dalle necessarie restrizioni sanitarie. Purtroppo, proprio in questa fase, ci siamo tutti resi conto di quanto fosse necessario tutelare e garantire questo diritto per la salute e il benessere di ciascuno. Adesso è giunto il momento di affermare questo diritto in maniera chiara, esplicita e inequivocabile, elevando anche a livello costituzionale il diritto all'attività sportiva, intesa sia come momento ludico-ricreativo, ma anche in chiave educativa e, soprattutto, di promozione della salute. Oggi possiamo scrivere una pagina importante di storia per il nostro Paese, dando finalmente il giusto riconoscimento a un diritto primario come lo sport, un bene irrinunciabile per la vita quotidiana, un mezzo rilevante per l'intervento sociale, al fine anche di migliorare l'inclusione sociale, l'integrazione sociale, la coesione in termini più generali e la qualità sociale. Tale diritto deve essere costantemente promosso e garantito per tutti, a partire - consentitemi di ribadirlo nuovamente - dalle persone con disabilità fisiche, sensoriali e intellettive. Per molti di questi ragazzi lo sport rappresenta anche solo la banale scusa di uscire di casa, di alzare l'asticella, di confrontarsi con gli altri, di sentirsi parte del mondo e non una parte del mondo.

Non posso che ringraziare davvero tutti gli attori e i colleghi che si sono mossi, rendendo trasversale questo importante traguardo, questo gol che porta il nome di tutti noi. Mi permetto di ringraziare a titolo personale l'amico Mauro Berruto, gli amici di Cultura Italia e Sportitalia, ma anche il senatore Pellegrini e tutti i miei colleghi di Forza Italia e il sottosegretario Vezzali che fin da subito si è battuta anche insieme a noi per cercare di raggiungere questo importante traguardo: una squadra!

In chiusura, auspicando che presto la nostra Costituzione possa arricchirsi del riferimento al diritto allo sport quale prolungamento, espressione e strumento dello sviluppo della persona e del diritto alla salute, non posso non ricordare per me delle parole che sono state un faro, quelle di Nelson Mandela: “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di ricongiungere le persone come poche altre cose sanno fare. Ha il potere di risvegliare la speranza dove prima c'era solo disperazione” (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH (PD). Grazie Presidente. Grazie sottosegretaria, gentili colleghi, noi oggi, qui, come parlamentari, a seguire a stretto giro i nostri colleghi senatori, stiamo scrivendo una pagina molto importante della storia di questa Repubblica.

In queste settimane, seguite dopo l'approvazione del Senato - e, quindi, dopo il primo tassello di questa riforma costituzionale, - più volte sono stato oggetto di alcune richieste, anzi di una grande richiesta, che rientra in un modello di educazione civica che dobbiamo portare alla luce in questo Paese: a cosa serve inserire lo sport, l'attività sportiva? A cosa serve, per me, questo straordinario risultato? Io ho risposto con una considerazione abbastanza semplice, quasi banale: inserire l'attività sportiva nella nostra Costituzione, che come tutti riconosciamo è lo strumento fondamentale che regola la vita fra noi in questo Paese, e, quindi, consolidare e rendere ancora più forte il principio e l'importanza dell'educazione e dello sport, dell'attività sportiva delle nostre società e del mondo dei ragazzi, deve avere un grande effetto, ovvero rimuovere tutti gli ostacoli che oggi non rendono l'attività sportiva realmente e fino in fondo un'attività universale e accessibile a tutti. Se l'inserimento in Costituzione porterà a questo grande risultato, noi avremo dato un'Italia migliore di quella che abbiamo trovato. Dal 1948 arriviamo, forse, con un po' di ritardo in questo inserimento, anzi sicuramente con un po' di ritardo, ma in quegli anni, nella ricostruzione storica, le priorità forse erano altre. Probabilmente negli anni successivi doveva essere subito maturata una riflessione che sarebbe dovuta partire anche da quel 2001, anno in cui, con la riforma del Titolo V, abbiamo iniziato a parlare di sport, di attività sportiva, di organizzazioni sportive, di pianificazione e di impiantistica sportiva e, con il principio delle materie concorrenti, abbiamo introdotto anche un rapporto spesso non lineare fra lo Stato centrale, le regioni e i comuni. Oggi, per questo motivo, per me il momento è fondamentale, perché abbiamo l'occasione, consolidando il principio nella Costituzione, di rimuovere tutti gli ostacoli. Sono contento di intervenire dopo la collega, perché il primo ostacolo da rimuovere è sicuramente quello dei diversamente abili, della disabilità. Non è pensabile che oggi ci siano sport diversi e ci siano diversi modi di fare sport: lo sport deve essere accessibile per tutti! La Costituzione può aiutare a rendere ancora più operativo il nostro Stato, anche in considerazione delle situazioni economiche diverse: non è possibile che oggi lo sport, soprattutto alcuni sport, possa essere praticato solo da persone che magari hanno la capacità economica di affrontare le sfide dello sport. L'inserimento in Costituzione obbliga tutti quanti noi da domani - da ieri spero - a venire incontro su questo punto.

Cito anche un altro terzo grande ostacolo da rimuovere e che mi è particolarmente a cuore per la mia provenienza, una zona di montagna. Le aree interne del nostro Paese sono un altro ostacolo da rimuovere. Deve essere possibile praticare sport dappertutto nel territorio italiano e non solo dove ci sono i grandi centri di eccellenza e le grandi metropoli. Lo sport deve essere accessibile a tutti, come dicevo, anche nei territori più lontani dai centri, anche nelle cosiddette aree interne. Allora, alla domanda che più volte mi pongono, come quando, in questo ultimo weekend, a un torneo di calcio per esordienti giovanissimi: “lunedì vai a fare l'intervento, ma a cosa serve?”, io rispondo: “a rimuovere questi ostacoli, a fare in modo che anche in montagna ci possano essere impianti e condizioni per cui lo sport possa essere praticato da tutti. E perché è importante? Ce lo dice la norma, perché riconoscere il valore educativo dello sport è riconoscere che nelle tante agenzie importanti educative per i nostri ragazzi lo sport è un valore fondamentale, aiuta a crescere, aiuta a formare donne e uomini per il futuro, anche al di là della pratica di livello agonistico, anzi anche a soprattutto al di là della pratica agonistica e di livello.

Ha semplicemente un valore sociale fondamentale - lo vediamo anche qui - per motivi diversi: nelle periferie, da una parte, dove è un elemento di aggregazione straordinaria, ma anche nelle grandi metropoli, dove le periferie degradate vengono risanate, sempre e soprattutto grazie anche al vettore dello sport, e la sottosegretaria lo sa, considerato che abbiamo fatto una visita insieme a uno di quei centri importanti che riporta alla luce la parte più bella dei nostri ragazzi che crescono. Ma io dico che il valore educativo e sociale insieme risiede non soltanto in coloro che praticano lo sport, ma anche nelle strutture che lo fanno praticare, ossia nella platea enorme delle società sportive, dei dirigenti, degli allenatori, in Italia. Non mi riferisco a coloro che praticano lo sport di élite, di livello; mi riferisco soprattutto a coloro che entrano, anche oggi, in contatto con i nostri ragazzi e li educano lo sport nelle società di periferia: ecco, il valore educativo e sociale è straordinario, lo ripeto, direttamente, nella pratica sportiva, ma anche indirettamente, nella creazione di una comunità che si rafforza. Inoltre, il testo cita aspetti quasi banali: il benessere e la salute. Oggi, fare sport vuol dire anche abbattere notevolmente il rischio di tantissime malattie, e su questo credo che noi possiamo fare molto, molto di più, perché quando lei, giustamente, parlava del 3 per cento del PIL credo che, se noi fossimo in grado di computarli anche in termini economici, e non soltanto sociali e educativi, i benefici che lo sport trasmette indirettamente in tutti questi campi, quella percentuale sia molto, molto maggiore. Allora, io credo, e ripeto che questa riforma straordinaria serve anche a rendere ancora più chiaro il compito che ha lo Stato. In questo Paese, noi viviamo sempre una grande confusione nei ruoli; lo Stato ha un grande compito, quello di dettare le norme fondamentali, di enunciare i principi che devono dare indirizzi, ma anche di orientare gli investimenti, e lo vedremo nel prossime settimane e mesi con il grande sforzo che faremo tutti assieme sul PNRR. Poi ci sono le regioni che hanno un compito altrettanto importante, di coordinamento rispetto alle azioni che noi dovremmo dettare a livello nazionale e un compito ancora più importante, quando questo coordinamento consente di costruire le reti delle infrastrutture e le reti delle società sportive; questo è un elemento fondamentale; non possiamo pensare che, nel nostro Paese, possiamo fare tutto dappertutto. Dobbiamo essere anche onesti con noi stessi, però possiamo pensare che uno Stato efficace possa, anche in campo sportivo, costruire la rete degli impianti, a beneficio delle province, ma soprattutto dei comuni, che devono essere il braccio più operativo, quello di prossimità, quello che mette a frutto le iniziative che abbiamo coordinato nei vari livelli di governo. Ho citato questi tre livelli di governo, lo Stato, le regioni e i comuni perché su quell'asse anche il mondo dello sport deve confrontarsi, lasciando una grande indipendenza alla parte più sportiva, alla parte agonistica, alle federazioni a chi sta lavorando da anni, ma, dall'altra parte, coordinando in maniera importante le attività dell'insieme delle autonomie, perché abbiamo una sfida cogente, immediata, che si chiama PNRR, con investimenti importanti che ci consentiranno di ridurre anche un gap sulle infrastrutture. A cosa serve, continuo a dire, l'inserimento in Costituzione? Esso dovrà servire a stimolare il Governo, le regioni e i comuni anche sul grande fronte che si chiama spesa corrente, si chiama gestione pratica quotidiana dell'impiantistica sportiva, gestione pratica quotidiana degli introiti e delle spese che si devono sostenere per la manutenzione e per la gestione di un impianto, ma una gestione per cui, se vogliamo rimuovere gli ostacoli che ad essa si frappongono, dovremo mettere nelle condizioni le amministrazioni locali anche di costruire strumenti come i bonus, perché se vi sono ragazzi che non possono permettersi di frequentare la piscina, il campo da calcio, il campo di atletica o di avere la bicicletta e via seguitando, dovremmo venire loro incontro. E queste sono le spese più complicate da finanziare per lo Stato, lo sappiamo: si chiamano spese correnti. Un sistema Paese come l'Italia, nel campo dello sport, permettetemi non di uscire dal seminato, ma di ampliare la discussione sul provvedimento in esame, vive anche tante contraddizioni; vi è un sistema di eccellenza - voglio sottolinearlo, come vicepresidente della Commissione difesa, ricordando che abbiamo condotto un'indagine conoscitiva in merito - che ci viene invidiato da tutti i Paesi del mondo, anche e soprattutto quando ci sono gli appuntamenti internazionali di livello mondiale come le Olimpiadi; è il sistema dei gruppi sportivi militari e civili; e sicuramente in quel campo l'Italia è una palestra e una scuola di eccellenza. Credo, per essere di stimolo, che l'inserimento in Costituzione ci possa far migliorare: se, da una parte, abbiamo l'eccellenza nel rapporto con questi gruppi sportivi militari e civili, dall'altra, dobbiamo migliorare il rapporto con la scuola - e dobbiamo dircelo - e allora, la risposta alla domanda che mi è stata rivolta sabato pomeriggio “a cosa serve questo inserimento dello sport in Costituzione?” è che serve a migliorare questo rapporto, a renderlo più stabile, a fare sì che, se un ragazzo è dotato sia a scuola che nel mondo dello sport e deve coordinare i propri orari, la scuola sia accogliente da questo punto di vista. Oggi dobbiamo ancora lavorare per arrivare a questo risultato come l'abbiamo fatto negli scorsi anni, inserendo in maniera importante l'attività sportiva nelle scuole fin dalle primarie; su questo è chiaro che dobbiamo diventare operativi da tale punto di vista, dobbiamo farlo perché è un passaggio fondamentale per ridare dignità all'educazione sportiva nelle scuole, ma soprattutto per confermare quello che abbiamo scritto oggi in Costituzione. Dunque, io credo che a questo serva l'inserimento dello sport in Costituzione; non è un esercizio di stile, deve diventare una pratica operativa per esaltare la qualità dello sport italiano e per risolvere i problemi dello sport italiano. Se noi riuscissimo, tutti assieme, a fare in modo che, nei prossimi anni, a quella domanda che qualcuno ci fa in queste ore, si possa rispondere: guarda che oggi nelle nostre scuole primarie lo sport c'è in maniera importante, a parità educativa rispetto alle altre materie, e oggi lo sport può essere praticato con uguale dignità dal disabile, dal ragazzo che vive in una periferia degradata del nostro Paese, dal ragazzo che vive in montagna a cento chilometri da un centro urbano, allora avremmo fatto il nostro dovere, allora questa riforma diventerebbe operativa ed estremamente importante.

Non ho dubbi che questo sarà uno stimolo importante e per questo motivo io credo che, in maniera trasversale, vadano ringraziati tutti; ovviamente, da chi oggi ha la responsabilità di guidare il Dicastero dello sport, da lei, sottosegretaria, e credo che oltre a lei, dobbiamo ringraziare tutti coloro che questa mattina alle 8 hanno aperto le sedi, tutti coloro che questa mattina alle 8 hanno iniziato, oggi che è finita la scuola, in tante delle nostre regioni, a lavorare nei campus estivi, dove lo sport è un elemento fondamentale, con attività quali il montare le reti per la pallavolo, dobbiamo ringraziare tutti costoro, e questo credo sia un riconoscimento a quel lavoro, a lavoro della base e rispetto quel riconoscimento - lo ripeto e chiudo su questo - noi dobbiamo essere conseguenti. Ci sono azioni molto pratiche che possiamo portare a compimento introducendo norme che possano ridurre e rimuovere determinati ostacoli, e ciò con un unico spirito, che non è né di destra né di sinistra; io credo che qui, oggi, nessuno debba porre in essere il tentativo di piantare la propria bandierina; ci deve essere, invece il tentativo fattivo di riconoscere l'importanza dell'attività sportiva e di essere conseguenti ogni giorno, noi che siamo qui dentro, come il legislatore regionale, come ognuno dei nostri tantissimi sindaci e mandiamo un abbraccio a coloro che hanno appena concluso una campagna elettorale, con le elezioni che si sono tenute ieri. Noi dobbiamo essere conseguenti verso quei mondi, costruendo le norme adatte per rimuovere tutti gli ostacoli presenti e facendo in modo che lo sport sia veramente un'attività universale, a vantaggio di tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Prestipino. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Grazie, Presidente e sottosegretaria. Sappiamo che, dall'entrata in vigore della nostra Costituzione, il testo ha subito numerose modifiche, ma non è stato mai modificato in modo sostanziale l'ordinamento costituzionale della Repubblica o il funzionamento delle sue istituzioni.

Mutamenti profondi si sarebbero verificati con le innovazioni del 2004, prima, e del 2016, dopo, ma in entrambe le circostanze abbiamo visto come è andata a finire. Perché faccio questa premessa? Perché è necessaria per sottolineare come anche in questa occasione sia proprio una maggiore sensibilità verso principi già consolidati della quotidianità a rendere necessario questo intervento sulla nostra Costituzione; perché con questa proposta di legge costituzionale si intende inserire l'attività sportiva tra i principi della Costituzione italiana, una Costituzione quindi che vede lo Stato come garante dello sviluppo anche dei valori personali e collettivi del nostro Paese. I costituenti evitarono riferimenti espliciti allo sport; forse, su questa scelta gravarono motivazioni di carattere sociale - uscivamo dalla guerra: chi aveva tempo e soldi per dedicarsi allo sport, quando bisognava pensare a sbarcare il lunario? - o, forse, anche di carattere politico - chissà - però non vi furono riferimenti nemmeno a profili regolamentari e organizzativi fino alla riforma, attuata nel 2001, di cui parlava il mio collega De Menech, che modificò poi la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni, ricomprendendo l'organizzazione sportiva tra le competenze concorrenti. Però, pur in assenza di tali riferimenti, lo sport ha sempre trovato comunque una sua copertura costituzionale negli articoli che tutelano la libertà personale, le formazioni sociali o la salute stessa. A questo poi bisogna aggiungere una considerazione: riflessioni autorevolissime avevano già riconosciuto dignità e autonomia all'ordinamento sportivo, ancora prima dell'avvento della Repubblica e penso, per esempio, alla teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici di Santi Romano. Ma anche nel dibattito dell'Assemblea costituente vi furono interventi diretti allo sport: siamo andati a spulciare e abbiamo scoperto che il deputato Lami Starnuti, per esempio, propose di inserire nell'originario articolo 117 lo sport e l'educazione fisica, e che Giuliano Pajetta, in riferimento alla tutela della famiglia, propose la formulazione: “La Repubblica cura lo sviluppo fisico della gioventù”. Sì, la gioventù, che oggi per noi è rappresentata dai nostri studenti, dai nostri giovani, dai nostri ragazzi. Insomma, il silenzio dei costituenti è stato il frutto di una scelta consapevole, da contestualizzare alla luce di quel particolare periodo storico, che non nega l'importanza che lo sport da sempre riveste nella nostra società.

Nel 1946 il Governo Parri nominò Giulio Onesti commissario straordinario del CONI, con l'intento di liquidarlo, ma fu proprio Onesti a rilanciare il CONI nell'Italia democratica, tant'è che De Gasperi in seguito nominò lo stesso Onesti presidente del CONI: colui che doveva liquidarlo fu colui che lo rilanciò di fatto e, in sostanza, in pochi anni ne fece il più potente e autorevole dei Comitati olimpici internazionali, incassando le Olimpiadi invernali di Cortina, e mi rivolgo al mio collega De Menech, nel 1956, se non erro - le Olimpiadi torneranno a Cortina nel 2026, soprattutto grazie allo straordinario impegno delle giunte regionali, dei comuni competenti e, lasciatemelo dire, anche dell'attuale presidente Giovanni Malagò che si è impegnato strenuamente per questo risultato - e quelle di Roma del 1960, dove, a differenza di Cortina, ahimè, le Olimpiadi non sono tornate e non torneranno perché un'amministrazione capitolina miope e affatto lungimirante non ha avuto il coraggio di puntare su questo straordinario evento. Chiudo qui la triste parentesi.

Già le Costituzioni di altri Paesi contengono il termine “sport”, così come l'ordinamento comunitario ha riconosciuto la rilevanza economica dello sport nonché la necessità di tutela del diritto di libera circolazione dei lavoratori sportivi e l'applicazione della disciplina comunitaria della concorrenza. Ancora di più, dagli anni Novanta, è stata posta in primo piano la dimensione sociale ed educativa dello sport: mi riferisco al Codice europeo di etica sportiva che comprende l'enunciazione del fair play quale componente essenziale di ogni attività sportiva, e al Libro bianco sullo sport.

Ancora: con il Trattato di Lisbona del 2007 è stato dato riconoscimento formale allo sport quale materia oggetto di un'autonoma disciplina. Proprio il riconoscimento formale dello sport è l'oggetto dell'aggiunta di un ultimo comma all'articolo 33 della Costituzione, che già tutela l'arte, la scienza, l'istruzione e la cultura: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme”. Parole non casuali, che mettono in evidenza proprio la multidimensionalità dello sport e che sono il prodotto di una sintesi di una serie di differenti proposte di legge costituzionale. Però l'inserimento dell'attività sportiva all'interno della Costituzione non si deve limitare - hanno detto bene il mio collega e gli altri colleghi prima di me - a un'affermazione semplice di principio: occorrono interventi finanziari e sociali per consentire l'effettiva partecipazione all'attività sportiva in tutte le sue forme (sport professionistico, dilettantistico ed amatoriale).

Si è parlato giustamente di PNRR e la sottosegretaria Vezzali è venuta più di una volta in Commissione a rilanciare i progetti inseriti nel PNRR e a spiegare cosa andrà alle scuole, cosa andrà ai comuni e i fondi che ci sono. È importante che queste cose diventino presto realtà, perché l'articolo si andrebbe a sostanziare di atti pratici, pragmatici a favore delle nostre comunità.

Proprio perché conosco il mondo dello sport e comprendo l'importanza che riveste all'interno della nostra società, ci siamo battuti, come Partito Democratico, proprio per la tutela dei lavoratori sportivi, delle associazioni, delle società sportive nonché per un maggiore riconoscimento del ruolo fondamentale dello sport di base e, non appena le condizioni lo hanno consentito, anche per la riapertura in sicurezza degli impianti sportivi.

A breve, si interverrà anche a tutela dei lavoratori sportivi, ma occorre non dimenticare il difficile binomio sport-maternità, sottosegretaria, oppure le precarie condizioni delle palestre scolastiche, o ancora la non accessibilità a tutti della pratica sportiva perché - è stato ben detto - purtroppo lo sport a parole è per tutti, ma di fatto non lo è. Non dobbiamo, inoltre, dimenticare lo stato di abbandono in cui versano tanti impianti: io sono di Roma, ho fatto l'assessore allo Sport a Roma e vi assicuro che vi sono impianti eccellenti, come ben sa la sottosegretaria Vezzali, che, purtroppo, ancora versano in uno stato di degrado e di abbandono; peccato, perché hanno anche una storia molto particolare dal punto di vista culturale, urbanistico e urbano. Seppure sia fuori discussione la consapevolezza che l'attività sportiva rappresenti una componente fondamentale per la formazione e la crescita della persona, l'educazione fisica a scuola, purtroppo, viene considerata ancora una materia di serie B: ve lo dice una persona che, anche se insegna lettere classiche, ha visto, a volte, l'educazione fisica ridotta a una sorta di momento di babysitteraggio, invece che di educazione fisica. Eppure, questa insegna a rispettare le regole, gli avversari, a relazionarsi con gli altri, a saper vincere, ad accettare una sconfitta, così come a capire come si possano sfruttare le proprie capacità e a impegnarsi per superare i limiti personali. Infine, mi preme sottolineare che lo sport è occasione di unione e crea uno spirito di appartenenza che supera ogni barriera culturale, sociale ed economica e che non deve mai diventare strumento di divisione sociale e politica. A questo proposito, anche Papa Francesco, in una sua bellissima enciclica, pronunciò parole che vale la pena ricordare, per esempio: “Dire sport è dire riscatto, possibilità di redenzione per tutti gli uomini. Non basta sognare il successo, occorre svegliarsi e lavorare sodo. E' per questo che lo sport è pieno di gente che, col sudore della fronte, ha battuto chi era nato con il talento in tasca. Sono queste le vittorie che ci hanno fatto più commuovere nella nostra vita”. O ancora: “I giochi, da sempre, sono segno di inclusione, contrapposta alla cultura del razzismo. Certamente le Olimpiadi” - sta parlando sempre Papa Francesco – “di cui ho sempre apprezzato il desiderio innato di costruire ponti invece che muri, possono rappresentare anche simbolicamente il segno di una partenza nuova con un cuore nuovo”.

Per concludere, il riconoscimento costituzionale al valore dell'attività sportiva, dato dalla modifica dell'articolo 33, è quindi oggi il segno di una chiara volontà trasversale di promuovere una diffusa cultura dello sport. A questo spero seguano iniziative volte a concretizzare obiettivi costituzionalmente già riconosciuti, come l'aspetto educativo e sociale dello sport e il benessere psicofisico, oggi ritenuto uno degli indicatori più importanti della qualità della nostra vita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3531​ e abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che il deputato Raciti, vicepresidente della I Commissione, che sostituisce il relatore, e il rappresentante del Governo rinunciano alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Discussione delle mozioni Bologna ed altri n. 1-00444, Lapia ed altri n. 1-00427 e Vanessa Cattoi ed altri n. 1-00464 concernenti iniziative in materia di prevenzione e cura delle malattie oncologiche, anche nel quadro del Piano europeo di lotta contro il cancro (ore 17,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Bologna ed altri n. 1-00444, Lapia ed altri n. 1-00427 e Vanessa Cattoi ed altri n. 1-00464 concernenti iniziative in materia di prevenzione e cura delle malattie oncologiche, anche nel quadro del Piano europeo di lotta contro il cancro (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate nuove formulazioni delle mozioni Bologna ed altri n. 1-00444 e Vanessa Cattoi ed altri n. 1-00464 (Vedi l'allegato A).

Avverto, altresì, che sono state presentate le mozioni Villani ed altri n. 1-00660, Trizzino e Schullian n. 1-00661 e Carnevali ed altri n. 1-00663 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. È iscritta a parlare l'onorevole Lapia, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00427. Ne ha facoltà.

MARA LAPIA (MISTO-CD). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, oggi la prima parola che mi viene in mente è “finalmente”. Finalmente, dopo oltre un anno, questo Parlamento è riuscito a portare il testo di questa mia mozione in Aula e ad aprire una discussione nel merito di quello che il nostro Paese può e deve fare per implementare e rafforzare la lotta contro il cancro. Una battaglia di civiltà che, alla luce di un mutato contesto storico, sociale e sanitario, ha ragione di inserirsi in un contesto ben più ampio; un contesto non più nazionale, ma europeo. In questa mozione ho inteso rappresentare innanzitutto quelli che sono i numeri del cancro in Italia e nel resto d'Europa: nel nostro Paese per tutto il 2020 l'Associazione italiana di oncologia medica ha stimato ben 377 mila nuove diagnosi di tumore. A meno che non si intervenga ora con decisione, si prevede che i casi di cancro aumenteranno del 24 per cento entro il 2035, diventando la principale causa di morte dell'Unione europea. Oggi rischiamo un'emergenza sanitaria che ci ha visti e ci vede tuttora coinvolti, rischiando di generare una nuova pandemia, ben più aggressiva e con numeri decisamente più preoccupanti. In alcune regioni, in particolar modo in quelle dove non esiste un sistema adeguato di rete oncologica operativa - penso per esempio alla mia regione, la Sardegna - si sono registrati casi, oltre che di ritardata diagnosi, anche di sospensione della continuità diagnostica, terapeutica, addirittura di mancata somministrazione delle terapie e degli screening. In altre realtà regionali, invece, grazie a reti oncologiche attive ed efficienti sono stati costituiti nuovi e diversi modelli organizzativi per la prevenzione del tumore e la presa in carico del paziente. Tutto ciò descrive dunque un processo di lotta al cancro e gestione dei pazienti decisamente non uniforme, ovvero a doppia velocità, diversa da regione a regione. Un modello organizzativo che va dunque ripensato sia su scala nazionale che a livello europeo. Nell'attuale situazione di disomogeneità di risposta assistenziale non stupisce allora che l'Europa intenda farsi promotrice di un rinnovato impegno a favore della prevenzione del cancro, sfruttando questo importante momento di totale rivoluzione dei sistemi sanitari regionali e anche di quello nazionale, puntando a modelli di trattamento e assistenza dei pazienti oncologici che siano moderni ed adeguati alle nuove sfide. Per far ciò una prima importante risposta è stata fornita con il nuovo Piano europeo di lotta contro il cancro. Non avrei materialmente il tempo di elencare tutte le misure in esso previste e contenute; pertanto resto fiduciosa che i colleghi ne abbiano preso visione e mi limito dunque a riferire in quest'Aula gli impegni che questa mia mozione, a mia prima firma e sottoscritta da molti colleghi, che approfitto per ringraziare, contiene.

Al Governo ho chiesto di adottare iniziative nelle sedi competenti per l'immediata attivazione delle principali misure contenute nel Piano oncologico contro il cancro dell'Unione europea e farsi promotore e parte attiva del gruppo di attuazione del Piano stesso che verrà istituito nel prossimo futuro; assumere tutte le iniziative opportune tese a colmare le differenze dei servizi assistenziali per la cura del cancro tra le regioni caratterizzate dall'esistenza di reti oncologiche efficienti e all'avanguardia e quelle regioni caratterizzate da un'eccessiva mobilità passiva sull'oncologia; adottare iniziative finalizzate ad omogeneizzare in tutto il contesto nazionale gli interventi in materia di rafforzamento dell'assistenza territoriale e di potenziamento delle reti della telemedicina; promuovere ogni campagna di prevenzione necessaria a prevenire nuove diagnosi di cancro; promuovere l'adeguamento dei servizi e dei percorsi terapeutici assistenziali alle esigenze dei pazienti affetti da neoplasie, compresi i processi relativi alle cure palliative, sostenendo le reti locali degli hospice e utilizzando altresì modelli centrati sulle esigenze individuali, unitamente ai nuovi strumenti della medicina personalizzata; sostenere la lotta al cancro infantile, facendone assoluta priorità e valutando l'istituzione di un fondo permanente a sostegno dei più piccoli.

Presidente, questo è un discorso che a me preme veramente tanto. Negli ultimi anni mi è capitato di lottare tanto proprio per gli strumenti politici a disposizione del cancro infantile. Nell'ultima legge del “Milleproroghe” ho dovuto lottare per far stanziare 2 milioni di euro per quanto riguarda un fondo destinato ai pazienti oncologici pediatrici. Colgo questa occasione per ribadire a quest'Aula che spero non accada mai più che si debba lottare, perché debba sembrare un'elemosina. Spero che vi sia finalmente uno scatto di dignità e si decida di rendere permanente quel fondo, e di garantire la massima tutela e dignità ai piccoli pazienti e alle loro famiglie, ai caregiver e a tutti coloro che quotidianamente affrontano queste battaglie. Presidente, mi permetta di dedicare questo mio lavoro al mio amico Michele Siotto che oggi compie 50 anni e che, come un guerriero, vivendo sempre a colori, lotta da tanto tempo contro questa malattia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolin, che illustrerà anche la mozione Vanessa Cattoi ed altri n. 1-00464 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE PAOLIN (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Costa, le mozioni in discussione affrontano - possiamo dirlo - una delle maggiori sfide sanitarie che si pongono a livello europeo. Si torna a parlare con decisione di lotta al cancro, di prevenzione e di cura delle malattie oncologiche. In quest'Aula l'ultima discussione sul tema risale ormai a diversi anni fa: dobbiamo riportare le lancette al 2019, al luglio 2019 per l'esattezza, quando vennero approvate le mozioni concernenti iniziative per la cura dei pazienti oncologici, anche a firma della collega Lazzarini. Da lì in avanti - spiace dirlo - è stato fatto poco, molto poco, almeno a livello nazionale. L'avvento della pandemia ha generato una sorta di buco nero che ha inghiottito qualsiasi iniziativa sanitaria che non gravitasse direttamente attorno al COVID. Abbiamo avuto ritardi negli screening, ritardi nelle diagnosi, ritardi nelle visite specialistiche. Secondo le prime stime sarebbero addirittura un milione i casi di cancro in Europa che sono passati inosservati a causa del COVID, cento milioni gli screening oncologici non eseguiti. Fino a una persona su due con potenziali sintomi di cancro non è stata inviata urgentemente per una diagnosi. Anche a livello nazionale i dati lasciano poco spazio alle interpretazioni: 2,8 milioni di screening saltati nei primi 17 mesi di pandemia. Risultato, più neoplasie che verranno scoperte in fase avanzata. Abbiamo accumulato uno svantaggio nella lotta contro il cancro che adesso dobbiamo recuperare con il massimo impegno. La lotta ai tumori deve tornare ad essere una priorità come lo era prima del COVID. Per questo motivo ringrazio i colleghi firmatari delle mozioni per avere riportato l'attenzione su un tema così importante, che non possiamo relegare in secondo piano.

Gli impegni previsti nell'ambito delle mozioni sono, del resto, estremamente importanti e degni di nota. Si concentra, innanzitutto, l'attenzione sul Piano europeo di lotta contro il cancro, approvato dal Parlamento europeo lo scorso 15 febbraio, articolato in quattro principali aree di intervento, integrate e complementari tra loro: si parla di prevenzione, diagnosi precoce, accesso alle cure e qualità della vita dei pazienti oncologici. Si richiama, in secondo luogo, il Piano SAMIRA, presentato il 5 febbraio 2021, che prevede un pacchetto di azioni finalizzate a garantire l'accesso alle tecnologie radiologiche e nucleari di alta qualità, nel rispetto dei più elevati standard in termini di efficacia e sicurezza. Di qui, allora, la proposta, che sottoscriviamo in pieno, di sostenere l'attuazione dei predetti piani e declinare gli stessi in un Piano oncologico nazionale, che coinvolga attivamente il Ministero della Salute, le regioni e le province autonome, in un'ottica veramente One Health.

Le mozioni affrontano anche un altro tema, che ritengo fondamentale e che riguarda segnatamente la promozione e il sostegno della ricerca. È un tema del quale abbiamo discusso anche recentemente in occasione del disegno di legge sugli IRCCS. L'Italia presenta indubbiamente delle punte di eccellenza: penso, per rimanere alle notizie più recenti, all'Istituto oncologico veneto, che in prima mondiale assoluta ha messo a punto un protocollo terapeutico per i pazienti affetti da glioblastoma, un raro tumore celebrale particolarmente aggressivo. Lo studio sperimentale di fase 1, autorizzato dall'Agenzia italiana del farmaco, è iniziato da poche settimane, il 27 maggio scorso. Mi sia consentito, quindi, un ringraziamento ai medici, ai ricercatori e a tutti i professionisti di questo, ma anche di altri importanti istituti che contribuiscono, con il loro impegno quotidiano, a portare prestigio al nostro Paese.

Da valutare con favore è anche il richiamo, operato nelle mozioni, ai farmaci oncologici innovativi: immunoterapia, CAR-T, terapia radiocellulare e altri innovativi approcci di cura devono essere promossi con fondi adeguati, anche al fine di attrarre investimenti presso le eccellenze scientifiche del nostro Paese. In questa direzione occorre, inoltre, incentivare la medicina di precisione, attraverso l'adozione dei test NGS, il sequenziamento di nuova generazione, rivolti a caratterizzare la neoplasia e ad assicurare trattamenti personalizzati. Ancora, nelle mozioni c'è il riferimento alla prevenzione: è indispensabile promuovere campagne per riavvicinare i cittadini ai programmi di screening oncologici, garantiti dai livelli essenziali di assistenza. Quando parliamo di cancro, prevenire la malattia o identificarla il prima possibile significa veramente salvare la vita, come è stato dimostrato, ad esempio, per i tumori della cervice uterina, del seno, del colon retto. La prevenzione ci consente anche di gestire in maniera ottimale le risorse del nostro servizio sanitario, perché l'esecuzione di un test, così come la promozione di un corretto stile di vita, hanno costi ovviamente non paragonabili a quelli del trattamento della malattia.

Tutte queste misure - e mi rivolgo adesso al Governo - dovranno essere attuate nel più breve tempo possibile per recuperare lo svantaggio accumulato nelle fasi più dure della pandemia. Ci auguriamo che, almeno su questi temi che hanno a che fare con la salute e la vita dei nostri concittadini, non si parli di condizionamenti di natura finanziaria, anche perché, in materia di sanità, come in molti altri ambiti, tagliare le risorse in nome dei vincoli di bilancio comporta spesso, nel lungo periodo, un costo maggiore rispetto ai risparmi ottenuti. La politica dell'austerità non può e non deve essere affiancata la parola salute, e questo forse il COVID ce lo ha insegnato, forse è l'unica eredità positiva che potrà lasciarci questa drammatica pandemia.

Il mio auspicio, dunque, è che le mozioni in esame possano registrare la massima convergenza e che le stesse possano costituire una base di partenza per riportare finalmente la lotta al cancro, in tutte le sue principali linee di azione, al centro della politica nazionale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Villani, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00660. Ne ha facoltà.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghe, colleghi, l'argomento delle mozioni che oggi discutiamo in Aula è sicuramente uno dei più sentiti in campo sanitario nell'ultimo periodo. È ormai evidente, infatti, come l'emergenza da COVID-19 abbia provocato ritardi significativi nella prevenzione e nell'erogazione di prestazioni sanitarie e cure, obbligando il nostro Servizio sanitario nazionale a investire la maggior parte delle energie e delle risorse nel contrasto al virus. Il peso di questi ritardi è stato devastante soprattutto per i pazienti oncologici: 1 milione di casi di cancro non sarebbero stati diagnosticati a causa di circa 100 milioni di test di screening non effettuati in Europa; 1 paziente oncologico su 100 non ha ricevuto in tempo il trattamento chirurgico o chemioterapico di cui aveva bisogno. Questo scenario drammatico ha comportato effetti sulle diagnosi precoci di molte patologie oncologiche, tanto che la tardiva prevenzione dei tumori ha causato, purtroppo, la morte di persone che forse potevano essere salvate. Basti pensare che, nel marzo 2021, a un anno dall'inizio della pandemia, le nuove diagnosi di tumore risultavano ridotte dell'11 per cento, i nuovi trattamenti farmacologici del 13 per cento e gli interventi chirurgici del 18 per cento. Ad oggi, le malattie oncologiche sono in Europa la seconda causa di morte: nel 2020 circa 3 milioni di persone si sono ammalate di cancro, di queste 1 milione e 270 mila sono decedute. Ciò ha destato non poche preoccupazioni riguardo alla possibilità di registrare, in un prossimo futuro, una vera e propria epidemia di cancro. Si prevede che i casi di cancro, infatti, aumenteranno del 24 per cento entro il 2035, diventando la principale causa di morte in Europa.

È bene, tuttavia, anche rilevare che l'efficacia delle campagne di prevenzione, già adottate nel nostro Paese negli ultimi anni pre-pandemia, e l'utilizzo delle terapie innovative messe a disposizione dalla ricerca scientifica contro il cancro, hanno fatto registrare un importante incremento del numero di guarigioni. Molte sono le donne e gli uomini che sopravvivono alla diagnosi di tumore: si parla di un incremento del 37 per cento rispetto a 10 anni fa, è aumentato il tasso di guarigione e sempre più persone tornano ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale.

Per definire un quadro normativo organico a supporto della registrazione dei tumori in Italia, nella seduta del 12 marzo 2019 questa Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge n. 29, d'iniziativa del MoVimento 5 Stelle, che istituisce la Rete nazionale del registro tumori, a titolarità del Ministero della Salute, in collegamento con i servizi di sorveglianza regionali. Il Parlamento italiano si è, altresì, espresso, tramite la legge di bilancio del 2020, per lo stanziamento di 1 milione di euro per la valutazione dello stato di salute complessivo della popolazione. Nella legge di bilancio 2021 è stato istituito un fondo di 20 milioni di euro annui per il rimborso di test genomici per il carcinoma mammario ormonoresponsivo in stato precoce. La legge di bilancio 2022 ha istituito, ancora, un fondo di 5 milioni di euro per il 2022-2023, per effettuare test di profilazione genomica per i tumori. Inoltre, per favorire il recupero delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche, il Ministero della Salute ha promosso un finanziamento straordinario di circa mezzo miliardo, mettendolo a disposizione delle regioni. Nel decreto-legge “Sostegni-bis” la durata di tale intervento è stata estesa anche a tutto il 2021.

Certamente è stato fatto molto, tantissimo, ma non è ancora sufficiente. Occorre accelerare il percorso istitutivo del Registro tumori nazionali e della Rete dei registri regionali, che ad oggi non risulta ancora completato. Già la Commissione europea si è pronunciata in tal senso, inviando al Parlamento europeo e al Consiglio europeo il nuovo Piano europeo di lotta contro il cancro. Tramite questo documento, la Commissione propone de facto di sostenere, coordinare e integrare gli sforzi profusi da tutti gli Stati membri per ridurre le conseguenze causate dal cancro sui pazienti e sulle loro famiglie. Il documento rappresenta un impegno politico forte per invertire la tendenza e costituisce un ulteriore passo avanti verso un'Unione europea della salute, più forte e più sicura, meglio preparata e più resiliente. Il Piano europeo di lotta contro il cancro disporrà di 4 miliardi di euro di finanziamenti. La necessità, dunque, di tornare a investire nella lotta contro il cancro è oggi più che mai fondamentale e la spinta in questa direzione ha portato proprio in questi giorni alla finalizzazione della stesura del Piano oncologico nazionale 2022-2027, di cui il Ministro Speranza ha annunciato la pubblicazione proprio qualche giorno fa.

Si tratta di un piano molto atteso sia per la delicatezza dell'argomento sia perché in esso vengono recepite le indicazioni del Piano europeo contro il cancro, di cui abbiamo parlato poc'anzi. Il documento è pronto per l'esame in Conferenza Stato-regioni ai fini dell'adozione mediante intesa. Con la nostra mozione auspichiamo un'approvazione e un'intesa in tempi rapidi del documento, seppure, però, solleviamo due legittime urgenze: la prima è quella di definire l'attuazione del Piano oncologico nazionale in maniera integrata rispetto alla Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza; la seconda è quella di capire se a regime saranno disponibili risorse per il suo finanziamento, poiché nel Piano non si prevedono risorse in più rispetto a quelle già previste dal Fondo sanitario nazionale, dal PNRR e da altri fondi europei. Certamente, mai come ora nel Servizio sanitario nazionale sono stati investiti tanti soldi, ma, come per altri piani, senza risorse aggiuntive e soprattutto senza uno stretto monitoraggio della sua applicazione il rischio che tutto si trasformi solo in splendide parole è molto attuale. Per questo avvertiamo forte il dovere di chiedere l'impegno del nostro Esecutivo, attraverso i 14 punti della nostra mozione, affinché si possa adottare al più presto il testo definitivo del Piano nazionale oncologico, in linea con quello europeo, completando così il percorso istitutivo del Registro nazionale tumori e della rete dei registri regionali, al fine di assicurare un corretto conferimento dei dati regionali in un unico e funzionale database nazionale.

Colleghi, è indispensabile colmare il gap che è sotto gli occhi di tutti tra le 21 diverse sanità regionali che esistono nel nostro Paese, con regioni che corrono più velocemente di altre, lasciando indietro i più fragili e i più indifesi della nostra società, ovvero i malati. Non possiamo più permettere che tra i cittadini italiani ci siano disparità nell'accesso alle cure, costringendoli molto spesso a spostarsi da una regione all'altra. A conclusione del mio intervento, Presidente, mi piace sottolineare che nella mia mozione abbiamo evidenziato l'importanza del quarto ambito di intervento del Piano europeo contro il cancro, quello, cioè, di migliorare la vita dei pazienti oncologici sopravvissuti alla malattia. Molte persone, benché guarite dal tumore, devono spesso affrontare ostacoli e discriminazioni dovuti per lo più a una sorta di stigma sociale che impedisce loro di accedere ad alcuni servizi considerati quasi un privilegio per persone sane. Il Piano europeo di lotta contro il cancro, nello specifico, mira non solo a garantire che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui. Riconoscere il diritto della persona guarita, ad esempio, ad accedere a servizi bancari, finanziari e assicurativi è un atto di assoluta civiltà per un Paese e lo si può raggiungere impedendo che possano essere richieste informazioni sullo stato di salute relative a malattie oncologiche pregresse quando sia trascorso un certo periodo di tempo, da individuare dalla fine del trattamento attivo, e in assenza di recidive o ricadute della patologia. Negli ultimi tre anni, Presidente, tra aprile 2019 e febbraio 2022 ben cinque Paesi europei hanno approvato norme che garantiscono agli ex pazienti oncologici il diritto a non essere discriminati, a non essere rappresentati dalla malattia. Belgio, Portogallo, Francia e Olanda hanno varato appositi provvedimenti legislativi. Il Lussemburgo ha previsto, invece, una convenzione stipulata tra il Ministero della Salute e l'associazione delle compagnie assicurative. In ambito europeo una risoluzione del Parlamento europeo del febbraio 2022 su “Rafforzare l'Europa nella lotta contro il cancro - Verso una strategia globale e coordinata”, al paragrafo 125 chiede che entro il 2025 - al più tardi - tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all'oblio dei pazienti europei. Nel nostro Paese occorre considerare l'istituzione di una commissione per la tutela dei diritti delle persone guarite dal cancro presso il Ministero della Salute, cui attribuire compiti finalizzati a garantire la parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche e tutelare e vigilare sull'osservanza delle norme, da parte degli istituti bancari e di credito, e sulle loro procedure di adozione. Si tratta, Presidente, di una scelta di civiltà a cui non possiamo assolutamente rinunciare.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lorenzin, che illustrerà anche la mozione Carnevali ed altri n. 1-00663, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN (PD). Presidente, onorevoli colleghi, finalmente il Parlamento si trova con questa mozione - e per questo ringrazio tutti i colleghi che hanno lavorato nelle diverse mozioni ma che si ritrovano poi in uno spirito comune e questo credo, visto il tema, sia estremamente importante - a parlare di cancro in una seduta, cancro che, ricordiamoci, è una malattia che colpisce milioni di persone e che le statistiche ormai ci danno, anche nelle simulazioni per il prossimo futuro, come una patologia che a vari livelli nel corso della vita potrebbe colpire due persone su tre. Quindi, è un numero impressionante. Possiamo dire che il cancro arriva nelle nostre vite o nelle nostre famiglie prima o poi a tutti quanti. È talmente impattante come patologia che merita un'attenzione particolare da parte del Parlamento, anche perché quando si mette mano alle azioni e alle misure per contrastare il tumore ai suoi vari livelli, in realtà si affrontano tutti i nodi della filiera della catena della sanità pubblica italiana, cioè prevenzione, programmazione, ricerca, innovazione, assistenza, presa in carico del paziente, differenze territoriali, diseguaglianze tra i territori nell'accesso alle terapie o nell'accesso alle diagnosi o all'assistenza di cui il malato ha bisogno, di cui necessita durante la malattia, assistenza non solo sanitaria ma anche sociale e psicologica. Pensiamo a chi si ammala nella terza età, a chi è solo, a chi ha bisogno anche di essere assistito nella propria vita comune e normale, dunque non soltanto come malato ma proprio come persona. Il dibattito sul cancro, però, è fermo ormai da molti anni. È dal 2016, infatti, che si attende un nuovo piano nazionale sul cancro, di cui abbiamo anche parlato più volte in varie interpellanze o question time in quest'Aula. Dopo i due anni di COVID i numeri ci dicono che non c'è più tempo da perdere, anche perché purtroppo sappiamo benissimo che - lo hanno detto anche i colleghi che mi hanno preceduto e sicuramente lo dirà chi parlerà dopo di me - abbiamo perso alla diagnosi centinaia di migliaia - se non milioni - di persone e un malato perso alla diagnosi purtroppo è un malato che arriva al Servizio sanitario nazionale con una situazione molto compromessa.

Stamattina ero in visita a un noto IRCCS romano e parlando con alcuni oncologi questi mi dicevano che ci troviamo di fronte a una situazione che non vedevamo da vent'anni. Cioè, pazienti che arrivano con una patologia così avanzata e, quindi, dove è difficile anche intervenire, come è stato fatto negli ultimi anni con i nuovi farmaci, nella fase iniziale della malattia. “Non vedevamo pazienti così”, aggiungono, “in queste condizioni da quasi due decenni”. Questo significa che, dopo l'emergenza del COVID, abbiamo strisciante una nuova emergenza che è proprio quella del cancro. Per affrontarla in modo razionale dobbiamo essere convinti - che è quello che faremo sicuramente in quest'Aula - di una serie di misure che vanno prese subito e queste misure devono essere top agenda. Io arrivo alla fine della mia conclusione e poi la descriveremo nell'arco dell'intervento. Ma cosa significa top agenda? Che queste misure vanno finanziate e dobbiamo essere certi, quindi, che il nuovo piano nazionale sul cancro, che sta per essere presentato e speriamo approvato dal Ministero e poi dalla Conferenza Stato-regioni, sia poi adeguatamente supportato nella prossima legge di bilancio. Lo dico anche per esperienza personale, perché poi se i piani non sono sostenuti economicamente e finanziariamente purtroppo poi i pazienti non li vedono o finisce che li vedono i pazienti di quelle regioni che soffrono di meno dal punto di vista economico-finanziario. Quindi, questa diga, ahimè, enorme e gigantesca di divario e di diseguaglianze che sussiste ancora oggi nell'accesso alle terapie e alle diagnosi nel nostro Paese diventa ancora più ampia e ancora più forte.

Tanto per citare qualche numero - alcuni sono già stati richiamati - abbiamo visto che essendo in Europa il cancro la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari che, ricordiamocelo, però, rimangono sempre la prima, abbiamo due grandi famiglie di patologie: quelle date dalle malattie cardiovascolari e quelle date dal cancro. L'Europa ha predisposto un importantissimo Piano contro il cancro nel 2020, che è stato anche adottato e che prevede una serie di programmi importanti. Si tratta di programmi di screening e diagnosi del cancro inclusivi, parità di accesso alle cure oncologiche verso cure della massima qualità, parità di accesso alle cure e ai medicinali oncologici all'interno dell'Unione europea - su questo l'Italia rispetto ad altri Paesi è avanti -, parità di accesso alle cure oncologiche multidisciplinari e di qualità, verso una migliore risposta all'impatto delle crisi sanitarie sui pazienti oncologici, forte sostegno ai pazienti oncologici sopravvissuti alla malattia e ai prestatori di assistenza, alle sfide dei tumori infantili che sono un altro pezzo importantissimo della rete oncologica italiana ed europea e alle sfide dei tumori rari in età adulta. Sugli strumenti, ovviamente, di azione, oltre che la ricerca e le conoscenze condivise, abbiamo il finanziamento del Piano europeo che è stato presentato il 3 febbraio 2021 ed è stato approvato, che prevede, tra le altre cose, una provvista molto importante di risorse di quasi 5 miliardi che si aggiunge alle risorse già implementate nel fondo sanitario nazionale; abbiamo la parte sui farmaci innovativi che è stata ulteriormente incrementata e la parte sulla diagnostica che avevano messo nella legge di bilancio un anno fa.

Questo insieme di provviste finanziarie importantissime, in questo momento, non può essere trascurato, né possiamo perdere neanche un euro, considerando il numero di pazienti persi alla diagnosi, di cui parlavamo prima. In particolare, pensate che la sospensione degli screening durante il 2020 è stata pari al 33 per cento per lo screening cervicale, al 31,8 per cento per quello colon-rettale e al 26,6 per cento per quello mammografico. Ciò significa che, per quanto riguarda i tre principali screening a disposizione della popolazione italiana per la prevenzione dei tumori che ci hanno permesso, su questi tipi di tumori, sul cancro alla mammella e al collo dell'utero, di intervenire in modo tempestivo negli ultimi dieci anni e, quindi, di cambiare la storia della malattia, purtroppo, un potenziale paziente su tre non ha aderito nell'arco del 2020 e abbiamo dei numeri, per il 2021, ancora più grandi.

Accanto a questo abbiamo il tema, per quanto riguarda i bambini, della possibilità di accesso ad alcune vaccinazioni che hanno poi, negli anni, segnato una prevenzione dal cancro, come la vaccinazione contro l'HPV, così come quella contro il virus dell'epatite B, per evitare il cancro del fegato. Anche qui abbiamo avuto una perdita di questi che sono strumenti di prevenzione di massa molto importante e che, invece, devono essere riproposti con urgenza ai genitori e alla popolazione. Quindi, accanto a queste notizie che certamente e purtroppo non sono molto positive, abbiamo le notizie positive, cioè che, comunque, l'andamento delle guarigioni dal cancro negli ultimi 10 o 15 anni, dopo la rivoluzione dei farmaci innovativi, è sicuramente importante e con un tasso di guarigione che non era minimamente neanche registrabile prima del 2008: immaginatevi che nel 2008 i decessi erano circa un terzo di quelli registrati nei primi anni Settanta e, oggi, circa l'80 per cento dei pazienti guarisce. Questi sono numeri che dobbiamo sempre dare, perché possiamo arrivare a questo tasso di guarigione e a una dimensione di cronicizzazione di questa malattia se riusciamo a far comprendere alla popolazione, ma anche noi, nei nostri processi decisionali, alle reti organizzative sui territori, l'importanza della prevenzione.

L'importanza della prevenzione è su due livelli: l'importanza della prevenzione primaria e di quella secondaria, cioè quelli che sono i corretti stili di vita, un fattore fondamentale che noi, purtroppo, continuiamo a sottovalutare nel dibattito pubblico e anche nel dibattito mediatico. L'alimentazione, lo sport, il fumo, quindi, non fumare, bere con moderazione, non usare sostanze sono le azioni che aiutano a guadagnare anni in salute e, quindi, a prevenire questa malattia. Ma direi di più che se uno purtroppo si ammala e sta bene, il suo organismo sta bene, la capacità di reazione alla malattia e alle terapie è migliore; sembra una banalità, ma purtroppo queste banalità poi si traducono in casistiche; abbiamo visto come il COVID abbia colpito, per esempio, pazienti con comorbilità in modo diverso dal paziente sano. Quindi, uno degli obiettivi di prevenzione di uno Stato che ha un Servizio sanitario nazionale come il nostro, è proprio cercare di mantenere le persone sane il più a lungo possibile e questo si fa sin da subito, sin dall'infanzia, con un corretto stile di vita, con l'educazione, aiutando sia le strutture, cioè le scuole, a promuovere la buona salute, sia, anche, le famiglie ad avere possibilità e strumenti per garantire un corretto stile di vita e, quindi, per educare all'alimentazione e alla corretta nutrizione.

La seconda, lo dicevamo, è quella degli screening ed è la diagnostica di secondo livello. Per quanto riguarda il cancro, oggi, rispetto a tutto il mondo delle “omiche”, cioè all'aspetto della genomica, della possibilità di accesso a nuovi processi terapeutici, è ovvio che lo screening è tutto: soltanto se noi abbiamo una capacità di lavorare in pool, di avere le piattaforme di analisi genomica, di poter analizzare il famoso vetrino, capire e fare un test genico di quel vetrino, potremo garantire a quel paziente il massimo della terapia possibile, ovunque esso sia, cioè ovunque abiti e a qualsiasi latitudine del nostro Paese. Ovviamente, in questo concetto di medicina e di approccio di combattimento al cancro non è più il paziente che si muove, è il vetrino che si muove, è il suo campione che si muove e intorno a quello si organizzano pool di medici che sono in grado non solo di fare una corretta diagnosi, ma anche di individuare la corretta terapia e garantire l'accesso a questa terapia o l'accesso a trial sperimentali a tutti e non solo a chi ha la fortuna di vivere in una regione con un grosso IRCCS o più IRCCS oncologici che hanno accesso a queste terapie.

Cosa diversa, invece, per esempio, diversa in parte, riguarda il tema dei tumori pediatrici, dove noi abbiamo la necessità di seguire il paziente nell'arco della sua vita; guardate, non mi riferisco solo all'accesso alla formazione pediatrica, alla diagnosi precoce e, poi, alla terapia, visti i numeri dei bambini, ma anche dei bambini che guariscono oggi. Abbiamo anche un tema legato a un passaggio molto delicato del bambino oncologico, cioè quando esce dal reparto dove è stato trattato fino ai 18 anni e, poi, c'è un altro pezzettino; cioè cosa succede a queste migliaia e migliaia di pazienti con più di diciott'anni quando escono dal loro reparto? Ecco, credo che lì ci sia la necessità, sempre più, di organizzare la pediatria oncologica in raccordo e in rapporto con l'oncologia adulta, anche con dei luoghi di passaggio cuscinetto su questi pazienti, considerando anche le diversità di esigenze, ad esempio, tra il bambino e l'adulto.

Per tutti questi motivi, abbiamo presentato una serie di punti - sono ben 15 - a cui aggiungo, sentendo la collega che è intervenuta prima, un punto, cioè quello del diritto all'oblio; abbiamo la legge della collega Boldrini presentata al Senato e anche altre proposte che speriamo divengano presto leggi. Infatti, quella è un'altra grande legge di civiltà che permette alle persone guarite dal cancro di uscire da una bolla che le tiene strette in un ambito di malattia e che le discrimina e le penalizza rispetto a chi il cancro non ce l'ha, che oggi è una concezione assurda in un mondo come il nostro.

Tra i nostri 16 punti, molti dei quali anche in comune, credo che sia estremamente importante, in primo luogo, la realizzazione del Piano nazionale, che tutti vogliamo vedere al più presto. Abbiamo infatti bisogno di uno strumento operativo su cui lavorare, perché altrimenti rischiamo una difformità di azioni e di non mettere a sistema le grandi possibilità che la ricerca oggi ci offre, reti oncologiche, linee guida, registri e tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ma soprattutto applicazione di strumenti di prevenzione e di screening. Abbiamo approvato il Molecular Tumor Board nell'ambito delle reti oncologiche e li vogliamo vedere attuati perché, se questo Parlamento fa le leggi e ci mette i soldi, poi vorremmo anche che nelle regioni queste cose prendessero piede e sostanza. Poi abbiamo tutto il tema dei LEA, dell'aggiornamento dei LEA, sia degli screening che delle terapie, tutto un tema legato all'accesso ai nuovi farmaci e all'organizzazione.

In conclusione, in questa settimana voteremo questa mozione, una mozione importante e spero che poi sia unificata, che a breve ne avremo una unica, dove tutto il Parlamento, con un'unica voce, sia fermo nel dire che vuole uscire con un nuovo Piano nazionale contro il cancro, finanziato, sostenibile e che elimini le diseguaglianze di accesso alle terapie che ci sono oggi nei nostri territori regionali, che sono insopportabili, insopportabili quando stai male, insopportabili per le famiglie, insopportabili quando soltanto il fatto di vivere a una latitudine piuttosto che a un'altra ti pone a volte nell'impossibilità di avere qualche anno di vita in più o addirittura una qualità della vita molto migliore.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Elvira. Savino. Ne ha facoltà.

ELVIRA SAVINO (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, le mozioni che l'Aula si appresta a discutere e a votare domani affrontano un tema estremamente rilevante per la nostra sanità pubblica e per tutti i cittadini, che è quello della lotta e della prevenzione delle malattie oncologiche. Devo dire che questa Aula e questo Parlamento se ne sono occupati e se ne occupano spesso. È un tema che mi sta particolarmente a cuore; già, per esempio, lo scorso aprile, durante un question time, avevo chiesto al Ministro Speranza di adottare iniziative e di destinare risorse per realizzare tempestivamente un piano straordinario di recupero dell'oncologia, perché, come si è detto, la pandemia ha determinato una situazione drammatica per quanto riguarda i malati oncologici, determinando ritardi gravissimi nella diagnosi e nella cura. Un'emergenza molto, molto, molto grave, che va assolutamente affrontata e queste risorse devono essere anche destinate a conservare e mantenere l'eccellenza della nostra attività oncologica ospedaliera, che non va assolutamente dispersa. La pandemia, come abbiamo detto, ha avuto delle conseguenze molto negative sulla cura del cancro in Italia, ma oltre questo, ancora, 377 mila persone ogni anno si ammalano di tumore. Che cosa è successo durante la pandemia? Che il personale, come è noto, è stato destinato alla cura dei pazienti affetti da COVID e il timore di contrarre il virus nelle strutture ospedaliere ha indotto molti pazienti a non sottoporsi agli esami. Questo ha determinato gravissimi ritardi nella diagnosi e, come ha molto chiaramente e correttamente evidenziato, in precedenza, l'onorevole Lorenzin, tutto questo ha determinato una situazione particolarmente rilevante per quanto riguarda queste diagnosi tardive, perché si osservano neoplasie in condizioni che non si erano mai viste prima della pandemia o, come ricordava l'onorevole Lorenzin, addirittura gli oncologi dicono fino a vent'anni fa. Si tratta di quadri clinici molto, molto compromessi, con carico tumorale maggiore, metastasi diffuse, insomma, una situazione - ripeto - mai osservata prima e questo ritardo evidentemente ha fatto sì che si siano sottratti alle cure soggetti che magari sarebbero potuti guarire, se la diagnosi fosse avvenuta prima. Il Ministro mi aveva rassicurata sulla volontà di implementare questo Piano straordinario di recupero dell'oncologia. Inoltre, abbiamo anche le risorse a disposizione. in un'altra mozione, di cui abbiamo discusso a maggio scorso, relativa al riordino del servizio sanitario territoriale, Si era evidenziato come il PNRR destini risorse notevoli alla sanità nazionale, circa 20 miliardi, previsti per investimenti in strutture, in ricerca, diagnosi precoce, screening e cure. Siamo in un certo senso obbligati a raggiungere questi obiettivi, a implementare tali risorse e, come diceva appunto l'onorevole Lorenzin, a non disperdere nemmeno un euro, perché sono la premessa per ottenere i 191 miliardi previsti per l'Italia dal PNRR. Quindi, abbiamo risorse e dobbiamo assolutamente utilizzarle per recuperare questi ritardi e migliorare ancora la pratica clinica nel nostro Paese. Tra l'altro - e questo è un dato positivo -, nel non disperdere il nostro importante patrimonio di eccellenza ospedaliera, intesa sia come pratica clinica che come ricerca, non possiamo non evidenziare che i livelli di mortalità da tumore nel nostro Paese si sono ridotti addirittura dell'8 per cento nelle donne e del 10 per cento negli uomini. Questo ha determinato un miglioramento dei livelli di sopravvivenza. Tale miglioramento delle prospettive di vita è una conseguenza non solo del miglioramento delle tecnologie diagnostiche, ma anche delle importantissime campagne di screening che questo Paese ha realizzato prima dell'emergenza pandemica, messe in atto dal nostro Servizio sanitario nazionale. Lo screening, come sappiamo, è uno strumento decisivo per potere individuare un tumore sia in presenza della patologia sia in coloro che non presentano sintomi e, quindi, per la diagnosi precoce. Per alcuni tipi di tumore lo screening può assolutamente salvare una vita e consente di adottare anche terapie meno aggressive. Quindi, se è vero che oggi una diagnosi di tumore non è più, come era in passato, una condanna senza appello, è anche vero che, quando il tumore viene diagnosticato, c'è bisogno di un percorso di cura che richiede assistenza, difficile e impegnativo, rispetto al quale abbiamo l'obbligo di aiutare i cittadini affetti da questa patologia. È stato detto, e lo ribadisco - ed è un tema trattato in queste mozioni - che sussistono e persistono ancora delle disparità territoriali, che non sono accettabili in un Paese moderno, che riguardano soprattutto anche le neoplasie infantili, con qualità delle prestazioni molto diverse, nonostante gli screening siano previsti nei LEA, nei livelli essenziali di assistenza, e quindi dovrebbero essere uniformi su tutto il territorio. Invece, c'è ancora una forte di differenza tra il Centro-Nord e il Sud. Quindi, il miglioramento degli screening è uno degli aspetti sui quali si deve sicuramente migliorare. Abbiamo detto che il COVID ha avuto conseguenze negative sulla erogazione delle cure e sulla diagnosi e ne ha avute anche sugli screening, come detto, indispensabili per intercettare in tempo il tumore.

Voglio sottolineare un altro aspetto contenuto nella mozione sul quale, come si è ricordato, questo Parlamento ha lavorato molto, riuscendo finalmente in questa legislatura ad approvare la legge che ha istituito il Registro nazionale dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione, uno strumento assolutamente decisivo per la lotta al cancro.

Si tratta di una legge che aspettavamo da tanto tempo, che integra e mette in rete i diversi registri tumori che sono operativi in molte regioni e province del nostro Paese, creandolo presso il Ministero della Salute ed è questo un riferimento titolato alla raccolta e al trattamento di tutti i dati che evita evidentemente duplicazioni di banche dati sanitarie.

Per quanto riguarda, invece, l'ambito europeo, voglio segnalare, come era stato già fatto, anche il Piano europeo di lotta contro il cancro adottato a febbraio 2021, che la Commissione europea ha inviato al Parlamento europeo e ai Consigli europei e che rappresenta la priorità fondamentale della Commissione nel settore della salute; vengono previste 10 iniziative fondamentali e altre di supporto: per realizzarle saranno attivati strumenti finanziari importanti, con uno stanziamento complessivo di 4 miliardi destinati appunto ad azioni di lotta contro il cancro, a cui si aggiungeranno altri fondi europei. Questo è un impegno richiesto dall'Europa a tutti i Paesi membri, evidentemente anche al nostro, per migliorare e rendere sempre più efficaci le azioni di contrasto alle malattie oncologiche, sebbene, come si è detto, il nostro Paese rappresenti sicuramente un'eccellenza; ciò su cui appunto bisogna assolutamente lavorare sono le disparità territoriali che – ripeto - non sono accettabili in un Paese moderno. Quindi, bisognerà lavorare anche sull'assistenza e sulla sanità territoriale. Un altro aspetto che va sicuramente implementato e di cui si è spesso parlato è la telemedicina, su cui bisognerà investire risorse - le abbiamo, quelle dell'Unione europea; dobbiamo utilizzarle al meglio - e gran parte degli impegni presenti nella nostra e nelle altre mozioni presentate vanno in questa direzione, quindi mi auguro che il Governo le accolga interamente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Partirò da dati positivi. Fino a prima della pandemia, in circa 10 anni, era aumentata la speranza di vita e la guarigione del 37 per cento e una persona su quattro con malattia oncologica guariva completamente, sviluppava cioè la stessa aspettativa di vita della popolazione generale. Questi sono risultati meravigliosi, che appartengono agli operatori sanitari, al mondo della ricerca scientifica, a tutti quegli uomini e quelle donne che si sono dedicati a poter garantire non soltanto la guarigione, ma anche la qualità della vita, quindi il rispetto della dignità dell'essere umano anche in una fase così terribile come quella della malattia per una problematica oncologica. Parto dai dati positivi perché ritengo sia fondamentale sottolineare questi aspetti, che sono segno di verità e che danno fiducia e speranza, fiducia e speranza a tutti coloro i quali hanno il diritto di vedere protetta la loro salute e hanno anche il diritto di vedere uno Stato che mette tra le proprie priorità proprio la salvaguardia della salute e, in particolare, in questo caso che stiamo trattando oggi nelle mozioni in esame, delle persone che hanno una problematica oncologica. Ciò è fondamentale perché fino a diciamo trent'anni fa la parola tumore faceva paura soltanto a proferirla, non si diceva neanche, spesso sì ci si riferiva al tumore dicendo “quella brutta malattia” “quel male incurabile”, forse si arrivava a questo; era così difficile pronunciarla perché, in realtà, la quantità di morti era effettivamente ben diversa da quella che, invece, abbiamo potuto constatare con gli investimenti nella ricerca scientifica, nella prevenzione e nella diagnosi precoce, nel trattamento, nella guarigione e poi, infine, proprio anche nella qualità della vita.

Quindi oggi dire che si ha il tumore che si ha il cancro non è più così difficile come trent'anni fa, le persone ne possono parlare, lo possono condividere e in questo si sentono certamente meno sole; per questo mi permetto di dire - proprio con l'unico obiettivo di dare fiducia alle persone e anche di spronare le istituzioni, a tutti i livelli, ad investire in ricerca, in prevenzione, in trattamenti, in farmaci innovativi - che io stessa sono figlia di questi progressi della ricerca scientifica; sono viva proprio grazie a quello che molti uomini e donne hanno fatto dedicando la loro professione e la loro esistenza a salvare altre vite umane. Ho avuto il cancro tantissimi anni fa, era un cancro aggressivo, ero molto giovane, la possibilità di morire era tanto, tanto vicina e l'unica cosa che mi ha permesso oggi di essere qui a parlarne è che ho incontrato operatori sanitari che mi hanno accompagnato nelle cure, nei trattamenti e anche nel tenere dentro di me la fiducia che sarebbe andato tutto bene e che, quindi, mi hanno permesso di poter non soltanto sopravvivere, ma vivere; io sono una di quelle quattro persone che oggi ha la stessa probabilità di ammalarsi di chi non ha mai avuto il cancro. Quindi, ci si può riuscire? Sì. La ricerca c'è? Sì. I farmaci ci sono? Sì. E allora tutto questo dovrebbe fugare ogni dubbio alle istituzioni rispetto all'investire nel trattamento delle malattie oncologiche, nelle campagne di prevenzione, nella diagnosi precoce, nella diffusione dei farmaci innovativi e, quindi, poi nel diritto di poter continuare a vivere. Questo perché si può fare, le vite umane possono essere salvate, in questo caso più che in altri: è anche per questo che quello che è accaduto durante la pandemia è così terribile; i miei colleghi, in precedenza, lo dicevano; 100 milioni gli screening mancanti nel 2020; 2 milioni e mezzo di esami saltati; difficoltà nella medicina territoriale per arrivare alle persone.

Vi devo dire che io mi sono immedesimata, in questi due anni, nelle persone che hanno incontrato il cancro nella loro vita; mi sono immedesimata, perché ho pensato: ma se io avessi avuto il cancro in questi due anni, oggi effettivamente potrei parlare qui, a distanza di tempo dalla mia diagnosi? Avrei avuto le stesse occasioni? Avrei avuto la stessa possibilità di ricevere cure tempestive? Perché, per esempio, nel mio caso la differenza è stata proprio quella di avere una diagnosi precoce, perché a trent'anni di cancro si muore, si è così giovani, il cancro è così aggressivo. Quindi, se non avessi avuto la diagnosi precoce e il trattamento precoce, la chemioterapia, la radioterapia nei giusti tempi, sarei potuta sopravvivere? Questo è uno degli interrogativi che mi ha accompagnato in questi due anni, e vi dico la risposta: molto probabilmente, no; no, io non sarei sopravvissuta al cancro, non l'avrei sconfitto, non avrei vinto io, perché non avrei avuto gli strumenti per farlo; probabilmente la forza di volontà sì l'avrei anche avuta, ma anche quella, a un certo punto, sarebbe vacillata nel vedere che quegli operatori sanitari non mi potevano accompagnare in un percorso di certezza e di assistenza.

E, allora, oggi non dobbiamo indugiare; io mi unisco alle mozioni sottoscritte dai colleghi in quest'Aula.

Certamente, Fratelli d'Italia sarà qui a sostenere qualsiasi intervento finalizzato a garantire le giuste cure a persone che si trovano in uno stato di estrema fragilità, come i pazienti oncologici. Lo faremo, certo, come forza di opposizione, ma non ci opporremo mai a iniziative e a misure giuste che affrontano problematiche reali e, in questo caso, certamente c'è una problematica reale di cui prendersi cura, perché la situazione post pandemica che stiamo vivendo è assolutamente drammatica e ha compromesso in maniera determinante i grandi progressi che si erano acquisiti nella ricerca scientifica nonché nel trattamento e nella cura delle malattie oncologiche, unitamente alle campagne di prevenzione.

Oggi ci troviamo ad affrontare un problema cruciale e c'è bisogno del contributo di tutti, nessuno escluso, per rimettere al centro le campagne di prevenzione, i farmaci innovativi, le reti oncologiche, per supportare la sanità territoriale, per incentivare la sanità digitale, la telemedicina e la teleassistenza - molto si può fare per arrivare nelle case delle persone e portare loro cura e conforto - e poi certamente occorre inserire tra le priorità la questione dell'oblio oncologico. La campagna, lanciata dall'AIOM, “Io non sono il mio tumore”, deve essere assolutamente oggetto di attenzione da parte di tutti all'interno di questo Parlamento: una persona guarita non può continuare a camminare nel corso della propria esistenza come se fosse la sua malattia. Già non deve essere così quando si ha la malattia: io non sono il mio tumore, il tumore è una parte di me che posso mettere da parte se appartengo a una comunità che mi aiuta a farlo; quando sono guarita, continuo a non essere il mio tumore e, certamente, non ho alcun tipo di rischio che devo portarmi dietro rispetto al fatto di accendere un mutuo, sottoscrivere un'assicurazione o adottare un bimbo. Anche in questo caso, un bimbo certamente ha bisogno di un genitore che lo accompagni il più possibile nella sua esistenza - si spera all'età adulta -, ma una persona con una malattia oncologica, che guarisce, ha superato quel problema e, quindi, la malattia non è una questione che deve rimanere nella sua identità preclusiva. Quindi, anche questa è una legge di civiltà che questo Parlamento dovrebbe assolutamente mettere tra le proprie priorità. Pertanto - e chiudo - sono contenta che sia stata calendarizzata questa mozione e, come Fratelli d'Italia, daremo il nostro contributo. Certamente sosterremo iniziative di questo tipo e contribuiremo a far sì che in Italia si ritorni a coltivare quella speranza che diventi anche certezza di sopravvivenza e di vita, successivamente ad una malattia oncologica (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo si riserva di intervenire successivamente. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Romaniello, Azzolina, Delrio, Cappellacci, Ferri, Bersani, Carelli, Vianello, Trizzino, Cecconi, Ehm ed altri n. 1-00536 concernente iniziative per una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Romaniello, Azzolina, Delrio, Cappellacci, Ferri, Bersani, Carelli, Vianello, Trizzino, Cecconi, Ehm ed altri n. 1-00536 concernente iniziative per una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio (Vedi l'allegato A). La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che è stata presentata una nuova formulazione della mozione 1-00536, che è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dai deputati Panizzut e Sapia che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventano rispettivamente il terzo e il nono firmatario (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare l'onorevole Romaniello, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00536 (Nuova formulazione). Ne ha facoltà.

CRISTIAN ROMANIELLO (MISTO-EV-VE). Presidente, la ringrazio e ringrazio gli onorevoli e le onorevoli colleghe in Aula e tutti coloro che stanno seguendo i lavori.

Stiamo finalmente parlando di uno dei temi più respingenti in assoluto, un tema che ci fa paura e quasi ci invita al silenzio, il suicidio. Siamo in ritardo, perché anche in questi ultimi mesi e anni abbiamo subito crisi economiche, pandemiche e adesso belliche. Tutti coloro che si occupano di suicidio sanno quanto le crisi siano un fattore importantissimo nell'aumento dei suicidi; pertanto, sono contento che arriviamo nella fase appena successiva al COVID e riusciamo anche a precedere quella bellica - o, in qualche modo, ci arriviamo contemporaneamente - con una mozione unitaria del Parlamento su questo tema.

Il suicidio è un fenomeno psicosociale, sensibile a numerosi aspetti individuali, culturali, demografici, economici e legislativi. L'aspetto caratterizzante del suicidio, riprendendo uno dei massimi esperti del settore, il professor De Leo, è l'intenzionalità dell'atto suicidario, che lo definisce come un gesto individuale, volontario, connotato da un certo grado di consapevolezza e la cui paternità è inequivocabile. Nel nostro Paese, in tempi ordinari, considerando l'inadeguatezza della raccolta dei dati, siamo in grado di stimare circa 4.000 suicidi l'anno. Questo elemento non tiene conto però del dato sommerso, composto da tutti i suicidi che non possiamo considerare per assenza di strumenti adeguati. Il suicidio, rispetto ad altre cause di morte, risulta più incline a subire processi di errata classificazione; tuttavia, considerando i soli 4.000 suicidi l'anno, possiamo affermare che ogni anno ci sono più vittime del suicidio che vittime della strada: ogni dieci anni è come se una testata nucleare distruggesse una città di medie dimensioni. Nel mondo, in più, si registra un suicidio ogni 40 secondi. Le ho chiamate vittime di suicidio poiché, facendo mie le parole del professor Francesconi, sono persone che spesso si suicidano per non morire, vittime perché, sebbene ci sia il margine di piena e autentica libertà nell'ultimo atto, il suicidio è determinato all'interno della nostra sinapsi sociale, la nostra identità umana più profonda, quella che ci determina, non come singoli, ma come spazio, come ciò che ci lega e ciò che ci divide. Ciò che può devastare non è solo dentro di noi, è spesso fuori da noi e, in questo spazio, spesso non parliamo di ciò che ci distrugge, viviamo in un mondo che disabitua a chiedere a chi sta vicino a noi se è felice. Allora, se non ci viene da fare una domanda così semplice, quanto è difficile sapere se qualcuno vicino a noi pensa al suicidio?

In riferimento ai suicidi in adolescenza, una grande piaga del nostro Paese, considerando che il suicidio è tra le primissime cause di morte tra i giovani, la seconda per i giovani adulti in particolare, il presidente della fondazione Minotauro, il professor Matteo Lancini, ci richiama a quanto sia importante parlare e non banalizzare alcun segno di rischio e ci ricorda quanto la sofferenza giovanile vada, al contrario, espressa, accolta e addirittura monumentalizzata. Il suicidio presenta diverse cause; avrei piacere di spendere ore qui con voi a trattarle tutte, però posso solamente citarle. Il pregiudizio, le violenze e gli abusi, la concorrenza con patologie organiche o psichiatriche invalidanti, l'incertezza professionale, l'insoddisfazione professionale e le difficoltà economiche, problemi legati alla scuola, problemi legali, la stessa povertà, il disagio conseguente al contesto sociale dove si risiede, problemi economici, situazioni di vita particolarmente stressanti come pignoramenti, sentimenti di impotenza o vergogna, alcuni contesti particolari, come per esempio le carceri, la contrazione di debiti, l'assenza di una dimora, la disponibilità di armi in ambiente domestico o in un ambiente accessibile e molte altre situazioni sono alla base di un atto irreversibile, un atto che può condurre ad un vero e proprio contagio, tra gli effetti più duri del suicidio. Sappiamo che il primo fattore di rischio suicidario è rappresentato dai precedenti tentativi di suicidio, ma subito dopo c'è questo fattore contagio: un suicidio accaduto nella cerchia ristretta di una persona - ma in realtà non solo -, o comunque in una cerchia ristretta di relazioni può condurre a considerare il suicidio, perché quell'atto può essere una soluzione che non era stata considerata.

Per ragioni di tempo non potremo approfondire questi aspetti, quindi mi dirigo ad evidenziare i criteri attraverso i quali il Governo dovrà istituire una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio, compiendo una grande innovazione dal punto di vista politico e sociale, perché l'Italia è ancora l'unica, tra i Paesi davvero avanzati, a non avere un tale strumento.

Sarà fondamentale ampliare la capacità di analisi del suicidio nel nostro Paese e anche dei fenomeni ad esso collegati attraverso un centro studi, un osservatorio pubblico che operi per conseguire un efficace monitoraggio dei dati su tutto il territorio della Repubblica, ponendo la debita attenzione all'andamento delle condizioni dello stato psicologico dei cittadini e costruendo una rete di supporto per i soggetti più vulnerabili e a rischio. Coloro che decidono di suicidarsi, prima di farlo, cercano dei qualcosa che non li costringano a sentirsi già morti. Dobbiamo dotare il nostro sistema di un numero verde telefonico di emergenza suicidi gratuito per la presa in carico dei soggetti a rischio. Tale numero rappresenta il primo dei qualcosa ulteriori che potranno ancorare i soggetti a rischio alla propria vita. Esperienze anche in Italia, e penso al servizio “inOltre della regione Veneto, dimostrano che l'efficacia di questo servizio è determinante, e di questo mi complimento con il servizio “inOltre e con la regione Veneto.

Nel dispositivo ricoprono grande importanza la presenza e la preparazione dei professionisti nelle reti sanitarie territoriali, così come la capacità diagnostica e predittiva relativa ai casi di suicidio, che può migliorare attraverso i moderni sistemi identificativi esistenti esposti nella premessa del testo. Sul mondo della scuola c'è molto: il personale scolastico, in contatto con alcune tra le fasce più sensibili della popolazione, necessita di preparazione sul tema, e voglio ringraziare i colleghi per avere integrato molto l'approccio al mondo della scuola all'interno di questo provvedimento attraverso i riferimenti all'educazione emotiva, alla piaga del bullismo e dei fenomeni ad esso collegati, alla necessità dei programmi di supporto tra pari. Sempre secondo il dispositivo la ricerca scientifica di settore dovrà essere debitamente sostenuta e finanziata, mentre il mondo della salute dovrà garantire maggiore accesso alle cure, incentivare la presa in carico dei soggetti che necessitano di un intervento immediato di follow-up e anche i servizi di postvention. Questi servizi di postvention, la prevenzione secondaria, rispondono a ciò che ho anticipato, per esempio il fenomeno del contagio. Dobbiamo dare la possibilità a genitori, fratelli, sorelle, parenti e amici di tentatori di suicidio di essere presi in carico al fine di evitare questo effetto contagio. Come anticipavo, è un fattore tutt'altro che raro. Occorre seguire i minori anche adottando iniziative per disincentivare il fenomeno dell'istigazione al suicidio, impedendo l'accesso ai siti web che incoraggiano il ricorso a pratiche di autolesionismo, ma anche consentendo un confronto con i servizi dedicati attraverso le risorse disponibili o attivabili come App specifiche di supporto e di guida. Un discorso separato sarebbe da fare sulle armi: la disponibilità delle armi aumenta il rischio suicidario. È dimostrato scientificamente che, dove le armi vengono ridotte, oltre ad altri fenomeni violenti, diminuiscono i suicidi condotti sia con armi da fuoco che con altre modalità. A importante tutela, specialmente dei giovani, prevediamo di realizzare una campagna informativa volta alla promozione delle migliori misure di detenzione delle armi e della consapevolezza del rischio suicidario da esse derivanti, monitorando gli aggiornamenti scientifici e le migliori pratiche politiche condotte a livello internazionale.

Avrà particolare attenzione l'approfondimento delle categorie più a rischio di incorrere in pratica autolesioniste e anche suicidali, le categorie più vulnerabili ai fenomeni discriminatori o a barriere che non consentono una vita serena, che rischiano aggressione, emarginazione, esclusione, per esempio il mondo LGBT, il mondo delle carceri. Anche in riferimento alle Forze armate, contesti ove il rischio suicidario è più alto rispetto alla popolazione generale, saranno adottate iniziative affinché si attivino servizi di intervento psicologico attraverso risorse già operanti all'interno delle Forze armate e dei Corpi di polizia, ma anche all'esterno di esse, per evitare l'effetto stigma presente, ma modificabile con la cultura della prevenzione. Anche le esperienze internazionali di supporto tra pari attraverso applicazioni digitali si dimostrano positive e promettenti. Pertanto, impegniamo il Governo ad adottare anche questo tipo di misure.

Voglio fare un sentito ringraziamento alle associazioni di volontariato, ai gruppi di auto mutuo aiuto, alle altre iniziative di carattere umanitario che operano nel settore della prevenzione del suicidio e che molto stanno facendo per conseguire obiettivi concreti. Anche per loro chiediamo di valutare la possibilità di un supporto concreto. Inoltre chiediamo al Ministro della Salute di relazionare in Aula ogni anno sugli avanzamenti della normativa e sullo stato dell'arte. Stiamo cercando di creare le condizioni perché si soccorrano tutti coloro che vivono questa prigione di sofferenza quasi irreversibile. Il “quasi” fa tutta la differenza, e questa differenza possiamo farla e la possiamo fare perché ogni vita conta. Ringrazio quindi tutti i colleghi, la Presidenza, i colleghi anche all'esterno di quest'Aula, quindi parlo di colleghi miei e di altri colleghi di quest'Aula esperti di salute mentale, che combattono da anni, da decenni sulla salute mentale. Anche qui mi viene da citare il professor Pompili, la task force istituita al Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi che per la prima volta ha organicamente preso in carico questo genere di aspetti, ed è veramente molto importante. Ancora, le associazioni di volontariato, tra cui cito l'associazione Paninabella, l'A.M.A. Ceprano e la Tazza blu, il nascente osservatorio di Biella e tutti coloro che si impegnano per contrastare un male silenzioso che possiamo completamente abbattere. Quindi, ringraziandovi della possibilità di aver potuto portare in Aula un tema che mi è davvero molto caro e di avere avuto questa condivisione così larga, che in tutta onestà non mi aspettavo, tengo davvero a fare un ringraziamento sentito a tutti voi presenti e a chi sarà presente alla votazione di questo provvedimento perché potrà cambiare la faccia del Paese per chi non ce la fa, per quelle persone che davvero soffrono così tanto da arrivare a rinunciare al bene più caro che hanno, che è proprio la vita che gli è stata donata, che va preservata a tutti i costi (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Nappi. Ne ha facoltà.

SILVANA NAPPI (M5S). Presidente, sottosegretario, colleghi, colleghe, l'Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un allarme per i dati in crescita dei suicidi, fenomeno legato anche alle conseguenze della crisi sanitaria, sociale ed economica causata dal COVID. I motivi che portano le persone a stati d'animo depressivi e di ansia sono molteplici, e possono essere talmente invasivi per chi li vive da non vedere altra via di uscita se non la morte. Si tratta di problemi che, in effetti, sono presenti nella vita dell'uomo da sempre, ma in questo momento storico hanno una diffusione e un impatto di notevole portata. La pandemia ha infatti creato nel corso delle diverse ondate un ambiente nel quale i determinanti del peggioramento dello stato psichico sono stati esacerbati da vari fattori, tra cui il lockdown, il distanziamento fisico, le restrizioni proprio dei contatti sociali, che hanno cambiato per tutti lo stile di vita a cui noi eravamo abituati. Anche la chiusura delle scuole ha creato nei bambini isolati un deterioramento della salute mentale, con un aumento dell'ansia e dei disturbi dell'umore, come dimostra uno studio recente che ha coinvolto genitori di bambini e di adolescenti di Paesi come l'Italia, la Spagna e il Portogallo. I dati sono allarmanti anche tra le vittime di violenza e anche tra gli imprenditori, che è una categoria maggiormente colpita in questo periodo per le gravi crisi economiche che stiamo vivendo. Si pensi che tra ottobre 2020 e gennaio 2021 presso l'unità operativa complessa di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma si è registrato un incremento del 30 per cento, portando a un'occupazione di posti letto del 100 per cento, al contrario degli anni precedenti, quando erano occupati solo al 70 per cento. Come si evince nel dossier elaborato dal centro studi dell'Osservatorio nazionale suicidi, il consumo dei farmaci antidepressivi può essere un indicatore della salute mentale di una Nazione, e la depressione, come anche altre malattie psichiatriche, può portare a gesti anticonservativi. Quindi massima attenzione a queste situazioni perché oggi hanno un'incidenza estremamente alta tra le persone comprese nella fascia di età tra i 18 e i 64 anni, mettendo in risalto proprio la correlazione con il periodo storico che abbiamo vissuto per il COVID. L'aumento della prevalenza del disturbo depressivo e dei disturbi legati all'ansia ha raggiunto più di 53 milioni di nuovi casi in tutto il mondo. Quindi, veramente una situazione allarmante. Questi disturbi sono anche troppo spesso sottovalutati e poco riconosciuti, anche a causa dello stigma che porta a non parlarne e a non richiedere aiuto; per cui il numero di persone che sono affette da questo problema forse è sottostimato rispetto al numero reale.

Le statistiche ci dicono che i tassi di mortalità per suicidio sono più elevati tra gli anziani ma ne sono colpiti anche i giovani, anzi, è la seconda causa di morte tra i 15 e i 29 anni. Molto probabilmente è legato a vari fenomeni, quali possono essere il bullismo o il cyberbullismo, che determinano una vittimizzazione negli adolescenti, ma anche ad avversità familiari, a traumi come violenza fisica, sessuale o emotiva, o anche a discriminazioni razziali e sessuali. Il tutto determina grandi ricadute sul sistema, non solo nel contesto sociale e familiare ma anche nella sanità pubblica. Emerge spesso che il suicida non si è mai rivolto ai servizi sanitari e sociosanitari, che le persone che vivono in zone rurali hanno maggiore possibilità di suicidarsi e che, rispetto ai loro coetanei eterosessuali, gli uomini e le donne omosessuali hanno il doppio della possibilità di morire di suicidio. Queste condizioni mettono in risalto che l'emarginazione è una delle cause scatenanti di questo gesto inconsulto.

Un altro aspetto critico - come precedentemente detto dal collega Romaniello - del fenomeno suicidario è quello del cosiddetto contagio, ovvero un fenomeno comune che si manifesta con l'aumento dell'incidenza nel periodo immediatamente successivo ad un episodio suicidario e con disturbi collegati molto probabilmente allo stress legato all'evento traumatico. Attualmente il nostro Paese non investe in interventi mirati al supporto delle famiglie e delle persone vicine alle vittime di condotta con fine suicidario.

L'ideazione suicidaria è sia associativa sia predittiva di psicopatologie soprattutto legate all'umore, all'ansia, all'uso di sostanze stupefacenti. Tra febbraio 2020 e febbraio 2021, è stato registrato un aumento del 32 per cento delle richieste legate alla salute mentale. Questo è stato messo in evidenza grazie al Dipartimento per le politiche della famiglia, con il punto telefonico di emergenza infanzia, curato da Telefono azzurro.

La riduzione del tasso di suicidi è uno degli obiettivi dell'Agenda delle Nazioni Unite 2030; però, purtroppo, ad oggi solo 38 Paesi hanno aderito alla strategia di prevenzione del suicidio e solo pochi possono attuare, in questo momento, una strategia nazionale di prevenzione. Risulta, quindi, importante il monitoraggio dell'andamento delle condizioni di sanità mentale della popolazione e la realizzazione di una rete di supporto per i soggetti più vulnerabili e a rischio. Il nostro Sistema sanitario nazionale nel campo della salute mentale risulta, in termini di numeri di posti letto, un po' carente, ma lo è anche per quanto riguarda le attività di day hospital e ambulatoriali, proprio in termini di investimento sui servizi territoriali, residenziali e domiciliari. Eppure, i suicidi sono prevedibili, sono eventi puntuali, basati su evidenze che possono essere rilevate anche a basso costo. Poiché non si arriva in tempo, poi le risposte sono quelle che sono, con un'incidenza molto alta; però, la strategia di prevenzione dovrebbe essere multisettoriale e globale, in modo tale da tenere sotto osservazione i fenomeni che si possono verificare.

Nel corso della giornata mondiale per la prevenzione, svoltasi presso l'azienda ospedaliera universitaria Sant'Andrea di Roma, è emerso che la prevenzione è possibile e riguarda tutti. Bisogna informare l'opinione pubblica, aiutare i familiari e gli amici a riconoscere i segnali allarmanti e, quindi, sfatare anche tutti i miti su chi tenta di compiere un gesto estremo e contrastare lo stigma, al fine proprio di dimezzare questo fenomeno.

Il primo aspetto fondamentale connesso alla prevenzione è rappresentato proprio dalla necessità di raccogliere i dati, perché oggi non abbiamo neanche dati precisi su quanti possano essere i suicidi: abbiamo dati su quelli che vengono a portati a termine, che vengono conclusi, ma non li abbiamo riguardo ai suicidi tentati. Quindi, sarebbe giusto anche avere questi dati.

È noto a livello internazionale che le linee telefoniche di aiuto rappresentano un supporto importante, in grado di ridurre l'ideazione suicidaria e la tendenza agli atti di autolesionismo. Oggi in Italia ci sono anche iniziative di aiuto in questo senso portate avanti da organizzazioni di volontariato. Tuttavia, non esiste un numero verde nazionale né una struttura specifica dotata di personale qualificato in grado di occuparsi delle situazioni di emergenza, quindi di presa in carico, di supporto, di indagine, di follow-up e di postvention. La formazione del personale, in questo caso, risulta avere un ruolo fondamentale ed è quindi indiscutibile che ci si debbano prefiggere degli obiettivi che sono quelli di rendere tutto il personale in grado di individuare precocemente i pazienti con fattori di rischio suicidario e che si debbano adottare comportamenti adeguati affinché questi pazienti a rischio di suicidio vengano trattati, all'inizio, anche con una terapia farmacologica, proprio per alleviare i sintomi, e, dopo questa fase iniziale, attraverso un percorso di psicoterapia e un programma riabilitativo per ripristinare la normale routine.

Inoltre, nelle scuole di ogni ordine e grado è necessario conoscere il rischio suicidario, per offrire strumenti di intervento e controlli ad ogni operatore scolastico, così come agli studenti e ai genitori, per intervenire precocemente ed interrompere segnali allarmanti come l'autolesionismo, su cui si ha una scarsa attenzione.

Per quanto esposto, il fenomeno deve essere riconosciuto e trattato come un serio problema di salute, sanitario. Con questa mozione chiediamo al Governo di realizzare una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio attraverso iniziative volte a creare gli strumenti idonei al contrasto del fenomeno, favorendo una cultura della vita e della responsabilità collettiva, promuovendo attività con finalità socializzanti e formative aperte alla popolazione e favorendo l'informazione attraverso eventi pubblici e la predisposizione di training specifici per tutti gli operatori scolastici, in modo da individuare precocemente i soggetti a rischio. Inoltre, bisognerebbe istituire un centro studi-osservatorio per monitorare i dati su tutto il territorio nazionale e sull'andamento delle condizioni di salute mentale degli italiani e procedere alla costruzione di una rete di supporto per i soggetti più vulnerabili e a rischio, anche istituendo un numero verde telefonico di emergenza - come diceva precedentemente Romaniello - che sia gratuito e funzionante 24 ore su 24. È importante anche promuovere campagne di sensibilizzazione e prevenzione all'interno delle scuole, a partire dalla scuola primaria, con l'inserimento, all'interno della programmazione scolastica, dell'educazione all'alfabetizzazione emotiva e alla costruzione di una classe empatica, per ridurre disagi e comportamenti autolesivi, e attraverso la promozione di una cultura della vita e di una salute che non sia solo fisica ma anche mentale.

Ci deve essere uno stanziamento specifico di risorse da destinare all'ampliamento della presenza di professionisti all'interno del Servizio sanitario nazionale, figure professionali oggi troppo limitate, per consentire la possibilità di accesso alle cure a un numero sempre maggiore di cittadini, e anche di professionisti per la ricerca scientifica in questo settore troppo poco studiato. Importante è anche valutare l'istituzione di un tavolo di lavoro specifico con il coinvolgimento delle associazioni e di altri enti che si occupano in modo specifico delle persone più sensibili alla tematica, cioè adolescenti, vittime del bullismo, imprenditori in crisi, persone economicamente vulnerabili, membri della comunità LGBT e persone con problemi di dipendenza da alcol e da sostanze stupefacenti. Anche per i detenuti nelle carceri ci sarebbe da occuparsi, perché anche lì vi è un'incidenza estremamente alta di suicidi.

Concludo con l'augurio che gli impegni richiesti al Governo possano essere accolti ed attuati al più presto per far fronte a questo fenomeno che è diventato veramente un problema sociale e sanitario.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Affrontiamo un tema estremamente complesso come quello del suicidio. Innanzitutto, vi è la difficoltà di parlarne. Questo è ancora visto come qualcosa di cui vergognarsi. C'è uno stigma anche sociale, quindi c'è la difficoltà per le persone che si trovano a viverlo, come i familiari, che è davvero drammatica. A questo fanno eco le istituzioni, perché certamente l'Italia è manchevole in termini di piano strategico nazionale, in termini di un osservatorio nazionale, in termini di raccolta di dati, in termini di campagne di prevenzione, in termini di cura, trattamento e di supporto psicologico delle persone e anche dei familiari tutti, perché poi la questione del suicidio è una questione che non riguarda soltanto la persona che arriva a compiere l'atto estremo, quello di togliersi la vita, ma riguarda anche chi rimane, ossia mogli, mariti, figli e genitori che impotenti vivono le conseguenze di questo atto. Probabilmente la difficoltà anche delle istituzioni di porre al centro delle proprie politiche un'attenzione a campagne di prevenzione per il suicidio è proprio legata allo stigma sociale che ancora permane e avvolge questo fenomeno.

Certamente le motivazioni non sono nelle statistiche. Se in alcuni casi, come per esempio quello delle malattie rare, abbiamo visto che la politica ha aspettato tanti anni per adottare provvedimenti che potessero dare attenzione in termini di cure, anche in ragione dell'esiguità dei numeri - che certamente, però non devono essere distrazione della politica e delle istituzioni - tuttavia in questo caso non parliamo di un fenomeno che riguarda pochi perché, seppure ai più è sconosciuto questo dato, in realtà il suicidio è causa di morte maggiore rispetto ad alcune patologie oncologiche come il cancro della mammella, di cui sappiamo quanto sia diffuso. Quindi, non possiamo dire che le istituzioni sono distratte oppure si concentrano su altre priorità perché questo riguarda pochi e pochissimi e, quindi, in una scala gerarchica dettata dai numeri - che penso che, però, non possa mai tracciare la verità - non ci si occupa del suicidio per questo motivo. No! Purtroppo, il suicidio riguarda tanti, tantissimi, molti di più di quanto molti possano immaginare. Per questo apprezzo l'iniziativa del collega che ha voluto depositare una mozione ed evidentemente si è impegnato per farla calendarizzare, perché dobbiamo constatare che ha trattato un fenomeno che ha un notevole disinteresse da parte delle politiche pubbliche. Ha fatto bene, perché questo fenomeno riguarda molti, perché questo fenomeno, dopo la pandemia, purtroppo riguarda ancora più persone, perché questo fenomeno riguarda anche i più piccoli. La seconda causa di morte nella popolazione tra i 15 e i 29 anni è dovuta al suicidio! È la prima causa di morte in questo target di età nelle ragazze! Durante la pandemia abbiamo raccolto la richiesta d'aiuto proveniente dal Bambin Gesù e dal reparto di neuropsichiatria infantile per un aumento del 30 per cento dei casi di suicidio e di atti di autolesionismo nelle persone di minore età, cioè nei più piccoli. A questo si aggiunge la problematica proveniente dalle nuove tecnologie, dai social. Le challenge, le challenge estreme, sono purtroppo una realtà. Le vittime sono piccolissimi. Infatti, colpiscono soprattutto minori tra gli 11 e i 14 anni che si tolgono la vita, quindi si suicidano perché entrano nella perversione di orchi malevoli che li accompagnano ad atti di autolesionismo sempre più estremi fino a richiedere di sfidare la vita stessa, togliendosi, quindi, la vita. Anche di queste challenge estreme si parla troppo poco. Eppure in questi anni abbiamo visto minori morire attraverso il soffocamento, cioè stringendosi delle cinture al collo e poi impiccandosi, oppure buttandosi dal balcone. Queste sfide si chiamino, per esempio, blackout (quella del soffocamento) o blue whale, che riguarda, appunto, gli atti di autolesionismo, oppure anche le altre che riguardano i selfie estremi, cioè quei selfie fatti in condizioni tali, magari ai bordi di una cascata e in posizione sempre più a rischio, tanto che poi le persone muoiono. Ma anche quello è un suicidio, perché è il confrontarsi con il rischio ed è il limite massimo del rischio che evidentemente pone le condizioni per togliersi la vita. Quindi, da una parte abbiamo un fenomeno con caratteristiche vecchie, nel senso che esiste da decenni, e dall'altra abbiamo una trasformazione di quello stesso fenomeno che prende sempre più spazio e piede anche attraverso i nuovi rischi e, quindi, le nuove tecnologie, i social, e, quindi, l'istigazione che viene perpetrata a danno dei più piccoli.

Questi sono alcuni dei motivi che non dovrebbero lasciare dubbi alla politica rispetto al dare attenzione a tutto questo, facendo, come hanno detto alcuni miei colleghi prima e come c'è scritto anche in questa mozione che abbiamo letto attentamente come Fratelli d'Italia, un piano nazionale strategico, inserendo un osservatorio, aprendo un numero verde, dando maggiormente assistenza e garanzia di assistenza psicologica, perché c'è un disagio in queste persone. Infatti, l'atto di suicidio non è mai il primo atto; è l'atto successivo rispetto ad altri tentativi o ad altri comportamenti a rischio che si sono manifestati e che potrebbero essere raccolti per mettere quella persona in protezione. Certo, servono degli operatori specializzati e, quindi, serve anche una rete di assistenza psicologica di cui l'Italia oggi è totalmente priva.

Abbiamo uno psicologo ogni 12 mila abitanti, quando, nella media europea, ce n'è uno ogni 5 mila abitanti e, quindi, un'assenza totale di assistenza psicologica nell'assistenza territoriale, nella capillarità dell'assistenza territoriale. Evidentemente - e vado a chiudere - c'è la necessità di porre al centro dell'attenzione di questo Parlamento il fenomeno del suicidio come prioritario e, certamente, ci sono tante iniziative che si potrebbero portare avanti, perché tante sono le mancanze delle istituzioni, oggi, rispetto all'affrontare la problematica suicidaria in Italia. Quindi, come Fratelli d'Italia seguiremo la trattazione di questa mozione, daremo un nostro contributo e certamente sosterremo le iniziative portate avanti per salvare il bene più prezioso, che è la vita, la vita di quelle persone che sono a rischio e che arrivano a togliersela, ma la vita anche di tutti quei familiari che poi vengono piegati da quest'atto e che, inevitabilmente, vedono la loro esistenza schiacciata dalla problematica suicidaria (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, l'illustrazione della mozione da parte del suo primo firmatario, il deputato Romaniello che ha avuto il garbo di chiedermi di sottoscrivere la sua proposta, cosa che ho fatto, come si usa dire, con convinzione, non lascia esitazioni né dubbi sull'urgenza, l'importanza e la vastità del fenomeno del suicidio in Italia, sulla sua diffusione, in particolare tra i giovani, anche in conseguenza degli anni torvi che abbiamo appena alle spalle e che continuano a guardarci dritto negli occhi, come un maleficio, un risentimento. Stiamo male, deputate e deputati? Sì. Stiamo peggio? Sì, purtroppo, stiamo peggio, senza neanche il pretesto della nostalgia, senza il suo conforto, senza terra dove andare e spaesati, siamo quotidianamente infilzati da numeri, dati e statistiche drammatiche sulla prova psicologica, dunque fisica, di questi due anni. Non mette conto, in questa sede, di impilare le disgrazie, le colpe, le sciagure e le responsabilità; alcune cose capitano, altre ce le cerchiamo, la somma fa questo tempo qui, quello che viviamo.

Abbiamo pensato, ci siamo illusi che la contabilità del COVID fosse solo quella, spietata, dei pronto soccorso, delle terapie intensive, dei caschi per respirare; presi dal capire come salvare più vite possibile non abbiamo visto arrivare un'ombra lunga e non meno insidiosa del virus, quella dell'anima, quella psicologica, una marea salita inesorabile, con una forza non minore della pandemia, capace di portare giù migliaia e migliaia di persone, giovani soprattutto, inghiottite dall'ansia, dalla depressione, da tendenze suicidarie, come è stato detto, da comportamenti autolesionistici, apatia, fobie e paure che restano attaccate al nostro fondo e che non sembrano andare via. Una terra desolata psicologica che sperimentiamo nelle nostre vite, quando torniamo a casa, quando stiamo in famiglia, quando parliamo con gli amici, quando ci muoviamo sui mezzi o giriamo per la città e che, tuttavia, sembriamo dimenticare, anzi, rimuovere, questa è la parola esatta, “rimuovere”, quando veniamo qui in quest'Aula a fare il nostro lavoro di parlamentari, dove ci occupiamo di tante cose concretissime e urgenti, ci mancherebbe, ma poco assai di come stiamo, di dove stiamo, di dove siamo finiti, a volte colati a picco, a proposito del famigerato scollamento tra “palazzo” e vita, quella minuta, quella quotidiana, vissuta da ognuno di noi.

Se c'è un merito della mozione che discutiamo oggi è esattamente questo, ovviamente con i mezzi e le risorse a disposizione, con prescrizioni che vorremmo ancora più stringenti e salvifiche, certo, e tuttavia con il merito, si diceva, di portare qui dentro, in quest'Aula, quello che ognuno di noi sperimenta nella sua vita personale, presso i suoi affetti più cari, tra le persone che ama, nella sua famiglia, questo alone nascosto. Si dirà: ma come pretendi di affrontare un tema come quello del suicidio? Una dismisura impossibile da scolmare, darsi la morte, con una App o con un numero verde, come osi, come osate? Però, Presidente, è esattamente questo che siamo chiamati a fare in quest'Aula e nel nostro lavoro in Parlamento, io la penso così: trovare strumenti, fragili, certo, esili, insufficienti, perfettibili, spesso inadeguati, che non siano una risposta, ma una prima approssimazione della domanda che li esige, che li pretende.

Sogniamo tutti misure tempestive ed efficaci, in grado di rispondere qui e ora a un problema e ci troviamo il più delle volte di fronte a un'afasia, all'incapacità non solo di dare risposte, ma anche solo di prendere voce, di proferire verbo, di articolare una sillaba. Io penso che questo esercizio disperante, poco comprensibile e ancor meno compreso sia, però, colleghi, quello che chiamiamo democrazia: fare il possibile di fronte all'impossibile. E, badate, non lo dico a giustificazione, a scusante o, peggio, ad attenuante di un giudizio politico o, addirittura, etico sull'attività che svolgiamo; lo dico avendo lavorato in questi anni alla ricerca, all'individuazione di risposte possibili, di provvedimenti utili, di misure che arrivassero dritte alle persone, nelle loro mani, nella loro disponibilità immediata.

Fatemi dire questa cosa personale, mi rivolgo al collega Romaniello: abbiamo molto lavorato, come Partito Democratico, assieme a colleghi di tutti i gruppi, alla realizzazione del cosiddetto bonus psicologo, una misura di sostegno psicologico per un numero, purtroppo limitato, di persone. È stata una battaglia, come si dice con un certo compiacimento in politica, iniziata al Senato, grazie all'iniziativa della collega Caterina Biti, poi, stoppata, infine ripartita alla Camera, portata a casa contra spem e oggi in procinto di diventare realtà, dopo una definizione, direi, piuttosto rapida, dei decreti attuativi. Ci siamo quasi, finalmente. L'altro giorno, però, caro Cristian, stavo davanti al computer e mi sono imbattuto in un articolo di un giornale online che perorava la causa non più rinviabile della salute mentale per la politica, sottolineando, tuttavia, dopo, il fallimento del bonus psicologo, che non è ancora partito; cioè il bonus nel quale ho messo molte forze, Presidente, non è ancora partito, non c'è ancora la piattaforma per richiederlo e già era dato per fallito, andato, morto, finito.

Allora: provare e riprovare, lo so che non è sexy, capisco che non si venda bene in campagna elettorale, ammetto che non lo confesserei in una trasmissione TV, ma la democrazia è esattamente questo, tutto qui? Questo è il riformismo, che - corsi e ricorsi - viene sempre rimproverato di non cambiare il mondo, di non rivoluzionare le vite delle persone, di lasciarle camuse, appese, deluse, ma questo è ciò che fa una buona democrazia, una democrazia solida: provare e riprovare, naufragium feci, bene navigavi, come questa proposta di legge di fronte alla frattura di senso del suicidio, al suo salto logico, alla battuta mancata o, meglio, alla sua grammatica alternativa, al suo linguaggio segreto, alla sua letterale oscenità. Come osi, Cristian, come osate? Così, facendolo, con la stessa fragilità che si vorrebbe irrobustire, con la stessa incompiutezza di fronte al farla finita, con le stesse inquietudini e perplessità di chi si è stancato delle risposte, ma chiede, forse, e attende nuove domande.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Elvira Savino. Ne ha facoltà.

ELVIRA SAVINO (FI). Grazie, Presidente. Nonostante la prevenzione del suicidio sia uno dei temi più complessi per chi si occupa di politiche sanitarie, in particolare, di salute mentale, non disponiamo, in Italia, di dati aggiornati statistici, aggregati, disaggregati, relativi a questo fenomeno. Sappiamo che in Italia ogni anno circa 4 mila persone muoiono per suicidio, sappiamo che il 79 per cento sono uomini e che questo fenomeno è maggiormente diffuso al Nord, rispetto al Sud. Questo è quello che sappiamo e sappiamo che i tassi di suicidio sono evidentemente più elevati tra le persone anziane. Il dato che, però, ci deve indurre a riflettere e che lascia basiti riguarda i tassi di mortalità da suicidio tra i giovani che sono drammaticamente, lo ripeto, drammaticamente, alti. L'Organizzazione mondiale della sanità ci dice che il suicidio rappresenta la seconda causa di morte nei giovani tra i 15 e i 19 anni, preceduta soltanto dagli incidenti stradali.

Ora, questo dato, a mio avviso, mostra plasticamente la drammaticità di questa situazione e ci dice probabilmente che, se i giovani non riescono a trovare motivazioni interiori per amare la vita, per desiderare di guardare al futuro e credere in qualcosa, se non rifiutano e non aborrono l'idea della morte, è evidente che questa società, il sistema educativo, formativo, valoriale, socio-assistenziale e anche familiare probabilmente hanno fallito. È un dato sul quale riflettere profondamente, a mio avviso, ed è la ragione per la quale questa mozione è assolutamente rilevante, importante, va approvata con volontà, con forza e attuata. Infatti, se è vero che, in generale, nella gran parte dei suicidi si evidenzia la presenza di un disturbo mentale, di un disturbo depressivo, in generale, o anche severo, è anche vero che questi dati sono in aumento e sono troppo gravi. Inoltre, i dati ci dicono che i pazienti che hanno un disturbo dell'umore - e, per questo, va attuata una politica di prevenzione che deve essere assolutamente implementata, rispetto alla quale non si possono più avere ritardi - tentano di togliersi la vita almeno una volta nel corso della loro esistenza. Quindi, l'OMS riconosce il suicidio come priorità di salute pubblica e chiede ai Paesi di rafforzare le politiche di prevenzione rispetto ai tentativi suicidari, con un approccio sanitario che deve essere necessariamente ed evidentemente multisettoriale, quindi, non soltanto sanitario, dovendo riguardare tutti gli ambiti e i fattori di rischio del soggetto, che possono essere di tipo sociale, economico, familiare, contestuale.

Nonostante questo, a livello internazionale pochi Paesi hanno adottato piani precisi, specifici e adeguati di prevenzione del suicidio. Purtroppo, l'Italia non è tra questi Paesi. Peraltro, il fenomeno dei suicidi legati ai disturbi mentali - è inutile sottolinearlo - si è evidentemente enormemente acuito in questi anni di lockdown, soprattutto nel primo periodo. Il COVID ha determinato ritardi per quanto riguarda la prevenzione e la cura di molte malattie e ne ha determinate altre altrettanto gravi, come quelle legate alla salute mentale, alle depressioni e agli stati d'animo. I casi di depressione, che portano all'azione estrema del suicidio, sono aumentati in questo periodo e, quindi, l'impatto del COVID è stato enorme. Le ragioni sono evidenti: il distanziamento, l'isolamento, i drammi economici che hanno vissuto molte persone, quando hanno visto chiudere le loro attività senza avere possibilità anche materiali di sopravvivenza. Si tratta di un dramma che si è inserito nel dramma e le persone più fragili, ovviamente, hanno subito i danni maggiori.

Poi ci sono anche i limiti, come è avvenuto per altre malattie - l'abbiamo detto poco fa relativamente a quelle oncologiche -, relativi all'accesso alle strutture sanitarie che, purtroppo, hanno ridotto i livelli di cura anche di questo tipo di malattie. Perché? Perché la pandemia ha prodotto una pressione senza precedenti sul Servizio sanitario nazionale che non è riuscito a far fronte a tutte queste esigenze. Anche gli adolescenti durante il periodo di lockdown - e i casi di suicidio sono in aumento - si sono rivolti ai pronto soccorso in ragione di disturbi della personalità, malattie psicotiche, tentativi di suicidio, atti di autolesionismo. Sono tutte situazioni sulle quali bisogna assolutamente intervenire. Ovviamente, poi, il nostro Paese si è trovato di fronte a questa emergenza con un sistema sanitario già particolarmente stressato.

Ricordo che nei dipartimenti di salute mentale manca il personale sanitario, il 20 per cento degli psicologi, degli psichiatri, degli assistenti sociali, tutte quelle figure che possano rispondere efficacemente a queste esigenze di supporto e di aiuto nei confronti di coloro che sono soggetti a questa particolare fragilità. Peraltro, questi rischi erano stati segnalati dagli esperti delle associazioni sanitarie mondiali, dall'OMS, perché è un dato statistico noto ed è evidenziato dagli studi scientifici che, all'indomani di emergenze nazionali o globali, aumentano i casi di disturbi mentali, psicologici e psicosomatici, e poi anche i fenomeni suicidari. Purtroppo, poco è stato fatto per monitorare questo fenomeno, quindi credo sia arrivato il momento di intervenire. Tra l'altro, come ho detto, la mancanza di dati statistici aggiornati, aggregati e disaggregati aveva indotto l'Istituto superiore di sanità a sollecitare l'attivazione di un osservatorio epidemiologico sui suicidi e sui tentativi di suicidio, annuncio al quale, però, non sono seguiti fatti o azioni adeguate. È evidente che il fenomeno del suicidio è complesso e richiede l'interazione di più soggetti e di più settori nonché la collaborazione tra il settore sanitario, l'istruzione, il lavoro, la politica e il monitoraggio dei mezzi di comunicazione. Questi sforzi devono essere tutti integrati, perché nessun approccio da solo consente di gestire la complessità di questo fenomeno. È importante rafforzare la medicina territoriale, i centri di salute mentale nonché la collaborazione tra i medici di medicina generale e gli specialisti che sono coinvolti nella cura, perché spesso la depressione, soprattutto la depressione maggiore, è l'anticamera di azioni suicidarie, ma non viene individuata. Spesso i medici di medicina generale, ma a volte anche gli specialisti, non hanno la formazione adeguata per individuare gli epifenomeni di questo fenomeno. Per affrontarlo è necessario conoscerlo adeguatamente, ma questo purtroppo non avviene. Quello che auspichiamo con questa mozione è un monitoraggio attivo, vero, reale di questo fenomeno nel nostro Paese, con un programma che rilevi adeguatamente i dati statistici a fini preventivi. Su questo e su diversi aspetti la mozione chiede impegni specifici al Governo, così come ce li chiede l'Europa e anche l'Organizzazione mondiale della sanità, affinché anche il nostro Paese finalmente introduca la prevenzione del suicidio tra le priorità sanitarie nazionali e adotti una strategia efficace per contrastare questo gravissimo fenomeno, soprattutto tra i giovani.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito della discussione è, quindi, rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 14 giugno 2022 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 12)

2. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

S. 747-2262-2474-2478-2480-2538 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI IANNONE e CALANDRINI; SBROLLINI ed altri; BITI; AUGUSSORI; GARRUTI ed altri; GALLONE ed altri: Modifica all'articolo 33 della Costituzione, in materia di attività sportiva (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato). (C. 3531​)

e delle abbinate proposte di legge costituzionali: D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE; PRISCO ed altri; BUTTI e FOTI; VERSACE ed altri; BELOTTI ed altri; GAGLIARDI ed altri. (C. 586​-731​-1436​-2998​-3220​-3536​)

Relatore: BRESCIA.

3. Seguito della discussione delle mozioni Bologna ed altri n. 1-00444, Lapia ed altri n. 1-00427, Vanessa Cattoi ed altri n. 1-00464, Villani ed altri n. 1-00660, Trizzino e Schullian 1-00661, Carnevali ed altri n. 1-00663 e Noja ed altri n. 1-00665 concernenti iniziative in materia di prevenzione e cura delle malattie oncologiche, anche nel quadro del Piano europeo di lotta contro il cancro .

4. Seguito della discussione della mozione Romaniello, Azzolina, Panizzut, Delrio, Cappellacci, Ferri, Bersani, Carelli, Sapia, Trizzino, Cecconi, Ehm ed altri n. 1-00536 concernente iniziative per una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio .

5. Seguito della discussione delle mozioni Lupi, Squeri e Schullian n. 1-00540, Vianello ed altri n. 1-00545, Masi ed altri n. 1-00614, Binelli ed altri n. 1-00628, Foti ed altri n. 1-00641, Dori ed altri n. 1-00649 e Ruffino ed altri n. 1-00664 concernenti iniziative in materia di energia nucleare di nuova generazione .

6. Seguito della discussione delle mozioni Nappi ed altri n. 1-00618, Carnevali ed altri n. 1-00643, Gemmato ed altri n. 1-00645, Mandelli ed altri n. 1-00647, Panizzut ed altri n. 1-00648, Menga ed altri n. 1-00651 e Sapia ed altri n. 1-00654 concernenti iniziative per la riorganizzazione dell'assistenza sanitaria territoriale .

7. Seguito della discussione delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00639, Incerti, Fornaro ed altri n. 1-00642, Lollobrigida ed altri n. 1-00644, Nevi ed altri n. 1-00646 e Siragusa ed altri n. 1-00653 concernenti iniziative volte ad incrementare le misure per il contrasto della peste suina africana e per il sostegno della filiera suinicola .

8. Seguito della discussione delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610, Raduzzi ed altri n. 1-00620 e Lollobrigida ed altri n. 1-00632 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea .

9. Seguito della discussione della proposta di legge:

FOTI ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. (C. 1059-A/R​)

Relatori: DEIANA, per la maggioranza; FOTI, di minoranza.

10. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

BENDINELLI ed altri; MASCHIO ed altri: Disciplina del volo da diporto o sportivo. (C. 2493​-2804-A​)

Relatore: BENDINELLI.

La seduta termina alle 19,20.