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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 697 di giovedì 19 maggio 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 125, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 18 maggio 2022, il deputato Stefano Benigni, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente.

La Presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

  Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la deputata Augusta Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Molto brevemente per chiedere la presenza in Aula e l'intervento del Ministro Di Maio, affinché risponda a due nostre domande. Il Ministro Di Maio, in questi giorni, è a New York per fare degli incontri istituzionali relativi al suo ruolo di Governo e noi chiediamo se, in occasione di questi incontri, abbia posto agli Stati Uniti ancora una volta la questione relativa a Chico Forti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché abbiamo la promessa del suo ritorno in Patria e vogliamo che questa promessa sia mantenuta.

La seconda domanda è relativa all'incontro con il suo omologo in Pakistan, proprio nelle ore in cui il GUP italiano, il giudice italiano, ha rinviato a giudizio i genitori di Saman Abbas che, attualmente, sono in Pakistan e su cui pende una richiesta di estradizione. A che punto è la richiesta di estradizione dei genitori di Saman Abbas? Credo sia una questione doverosa che il Governo avrebbe dovuto porre, come primo punto all'ordine del giorno, alle autorità pachistane in occasione degli incontri istituzionali svolti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Montaruli, sarà mia premura riferire la sua richiesta al Presidente Fico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,37).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2564 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, recante misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina (Approvato dal Senato) (A.C. 3609​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3609: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, recante misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina.

Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

Come già preannunciato, secondo le intese intercorse, procederemo ora allo svolgimento delle dichiarazioni di voto finale. La votazione finale avverrà dopo lo svolgimento dell'informativa urgente del Presidente del Consiglio dei Ministri sugli ulteriori sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina, prevista per le ore 11,30.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3609​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sodano, che però non è presente.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ehm. Ne ha facoltà.

YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Noi della componente Manifesta non possiamo che essere contrari al provvedimento in discussione, per motivi che, purtroppo, sono molteplici. Secondo le stime pubblicate dalla Commissione europea, entro la fine dell'anno, la guerra in Ucraina potrebbe costare al nostro Paese oltre 30 miliardi di euro, comportando una diminuzione delle previsioni di crescita del PIL dal 4,1 al 2,4 per cento e sono soggette a possibili ulteriori ribassi.

Si tratta di uno scenario gravissimo, a cui si è aggiunta la rapida crescita dei prezzi delle materie prime e dei costi dell'energia che stiamo registrando dalla fine dello scorso anno e rischia di tradursi in un vero salasso per famiglie ed imprese. Siamo onesti: il rischio di recessione, anche e soprattutto a causa delle scellerate scelte bellicistiche portate avanti ciecamente dal Governo, senza nemmeno interpellare il Parlamento sufficientemente - ricordo che siamo una democrazia parlamentare -, ma, soprattutto, contro la stessa volontà dei cittadini, è più concreto che mai.

Le misure da voi proposte sono assolutamente insufficienti, a partire dal bonus una tantum di 200 euro per una platea di circa 28 milioni di beneficiari, di lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati, con un reddito massimo di 35.000 euro. Certo, di questi tempi ogni aiuto è utile, ma lo sapete cosa stiamo dando? 6 miliardi di briciole, di cerotti che serviranno poco o nulla alla ripresa economica. Avete letto a quanto ammontano le bollette di gas e luce ricevute negli ultimi mesi dai cittadini?

Ci sono famiglie che hanno visto recapitarsi conti anche di 600 o 1.000 euro. E ricordate, Presidente e Governo, le bollette non sono una tantum, come i vostri bonus. Perché non usare questi fondi per misure strutturali di abbattimento dei costi dell'energia e di incentivo per fonti alternative e rinnovabili, anziché piccole boccate d'ossigeno utili soltanto a tamponare una farraginosa ripresa economica che sta facendo acqua da tutte le parti?

A proposito di energia rinnovabile, com'è possibile che un Governo come questo, nato anche, almeno sulla carta, con lo scopo di dirigere il Paese verso una transizione ecologica, decida di far approvare la realizzazione di un inceneritore nella capitale, qui a Roma? Una decisione totalmente in contrasto con i principi della stessa transizione ecologica e con i dettami dell'Unione europea, secondo la quale gli impianti di trattamento con recupero energetico sono al penultimo posto nella gerarchia della tassonomia sui rifiuti, che prevede, in ordine: prevenzione, riuso, riciclo, recupero energetico. Come si può accettarlo? In un solo modo: andando contro il volere della maggioranza dei cittadini, ma, d'altronde, questa è ormai la prassi. Ça va sans dire: 700 milioni di euro, questa è la spesa stimata per un'opera - per usare un eufemismo - a dir poco anacronistica, che, peraltro, richiederebbe tempi lunghissimi di realizzazione, lasciando, nel frattempo, l'emergenza rifiuti irrisolta.

Ma torniamo agli aiuti economici ai cittadini. Le accise per la benzina? Parliamo di un finanziamento già esaurito. I prezzi, nel frattempo, continuano a salire, senza che venga varato alcun provvedimento ad hoc, a differenza di quello che avviene in altri Paesi, come, ad esempio, in Slovenia, meta ormai fissa per moltissimi italiani, dove il Governo ha deciso di fissare e calmierare i prezzi della benzina fino a giugno.

Viviamo ormai in una situazione di costante emergenza, non possiamo negarlo e non possiamo più permetterci di guardare solo a quello che succede dentro i nostri confini nazionali. A guardar fuori, sono migliaia le persone che, ogni giorno, fuggono a decine da conflitti e guerre, cercando rifugio anche in Europa e anche in Italia. È nostro dovere - lo ricordo, proprio qua - accogliere chi scappa dalle guerre, dalle torture, dalla violenza, come sancito dalla nostra Costituzione. Bene, dunque, anzi, benissimo aver optato per una procedura straordinaria per l'accoglienza dei profughi ucraini. Sono queste le misure, infatti, che ci permettono di aiutare le popolazioni già colpite dalla tragedia della guerra. Pare lampante, però, Presidente, che alle belle parole non seguano i fatti e, anzi, parliamo di accoglienza - perché questi sono i fatti - tra profughi di serie “A” e profughi di serie “B”. Gli altri profughi di guerra non hanno diritto di accoglienza? Non è passato nemmeno un anno dalla presa di Kabul, in Afghanistan, dopo 20 anni di feroce guerra, con spese esorbitanti, con le immagini di quelle migliaia di donne, uomini, bambini accalcati all'aeroporto che hanno fatto il giro del mondo e sdegnato l'intero Occidente. “Non vi abbandoneremo, corridoi umanitari, aiuti di ogni tipo, assistenza, accoglienza”: ma, concretamente, cosa abbiamo fatto in questi mesi? È di ieri la notizia, Governo, di 1.200 profughi afgani a cui è stata promessa l'accoglienza in Italia, ma che sono bloccati tra Pakistan e Iran per problemi burocratici, per essere gentili. Tutto questo è inammissibile. I diritti devono valere per tutte e per tutti.

E arrivo a un nuovo paradosso: con una mano, cerchiamo di salvare vite umane in fuga dalla guerra e, con l'altra, finanziamo l'industria delle armi, l'industria bellica, quella stessa industria che non va mai in crisi. In una situazione di crisi mordente, con famiglie e imprese sempre più impoverite, da un lato, e il rischio di escalation mondiale, dall'altro, evidenziamo oggi, ancora una volta, che nessun soldo deve essere più sottratto a sanità, istruzione, lavoro e alla questione della povertà e speso, invece, per il riarmo, per le armi, per la guerra e per basi militari.

Per tutti questi motivi, Presidente, il nostro voto non può che essere un ennesimo, amareggiato, insofferente “no” convinto e ribadisco anche il nostro secco “no” al riarmo, al finanziamento dell'industria bellica, a provvedimenti totalmente insufficienti sotto il profilo degli aiuti a famiglie e a imprese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Plangger. Ne ha facoltà.

ALBRECHT PLANGGER (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Le misure di riduzione delle aliquote di accisa sui carburanti, l'incremento dei contributi alle imprese energivore e alle imprese gasivore e l'estensione della platea dei beneficiari dei bonus sociali per l'energia elettrica e il gas sono misure che appaiono coerenti con l'azione del Governo. Con i 4,4 miliardi di questo provvedimento, l'insieme delle misure adottate in Italia è pari a 19 miliardi complessivi, ai quali devono seguire le ulteriori risorse delineate nel Documento di economia e finanza.

Le previsioni macroeconomiche hanno determinato una revisione al ribasso delle prospettive di crescita, in presenza, fra l'altro, di spinte inflattive determinate dal rincaro dei prezzi. L'incertezza relativa all'impatto economico e sociale di un parziale o totale blocco delle importazioni di gas e petrolio dalla Russia è la ragione fondamentale dei diversi scenari a rischio elaborati dal DEF. Abbiamo apprezzato il carattere pragmatico e realistico dell'impostazione del Documento di economia e finanza, così come ribadiamo l'esigenza di giungere ad un'intesa europea sul costo del gas e alla necessità di rinviare ogni misura restrittiva di finanza pubblica o di politica monetaria, misure che sarebbero del tutto inadeguate nel contesto attuale. Annunciamo il nostro voto a favore di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Romaniello. Ne ha facoltà.

CRISTIAN ROMANIELLO (MISTO-EV-VE). Grazie, Presidente. Colleghi, ieri, il Governo ha potuto festeggiare queste fiducie d'argento, d'oro, non sappiamo bene come si possa dire: è un Governo che è riuscito ad arrivare al record di provvedimenti blindati. Credo sia un'anomalia molto grave, però, visto il raggiungimento di questo obiettivo, volevo anche congratularmi con il Governo, che è riuscito dove nessun altro era mai arrivato; però questo dimostra anche una sgrammaticatura, un allontanamento costante dalla democrazia.

Vi siete fatti chiamare “Governo dei migliori” grazie a una stampa che, a ragione, occupa il cinquantottesimo posto per libertà di stampa. Voglio richiamare l'attenzione su cosa significa “Governo dei migliori”, come è stata utilizzata questa espressione nella storia, quale è il significato storico di “Governo dei migliori”: è aristocrazia, è oligarchia, quindi, è qualcosa che si discosta completamente dalla democrazia. Questo, però, non vuol dire che il Parlamento possa accettare di essere calpestato ogni volta. La fiducia ha un significato, prima di tutto, nella sua parola, ma, poi, anche in quest'Aula: “fiducia” significa avere fede, significa affidarsi. Il meccanismo - su questo chiedo anche l'attenzione dei pochi colleghi in Aula - significa che, sostanzialmente, ci si affida al Governo, che produce un testo e chiede di non modificarlo, non emendarlo, infatti con la fiducia decadono tutti gli emendamenti, tutte le proposte di modifica. È un po' come dire che il Governo, di converso, non si fida del Parlamento, perché non potrebbe affidarsi alle modifiche che i rappresentanti dei cittadini apporterebbero alla norma che viene approvata. Quindi, su questo, credo che ci sia da fare un'enorme di riflessione, nel senso che il Governo è nominato dal Parlamento, ma questo non significa che abbia facoltà di fare tutto quello che vuole, non ha la facoltà di mettere una fiducia alla settimana. Questa è un'enorme anomalia su cui dobbiamo intervenire, però dobbiamo farlo noi, magari mettendo in dubbio qualcosa, magari chiedendo di non mettere la fiducia tutte le volte, magari dialogando con il Governo con un po' più di forza, senza farsi schiacciare costantemente da quello che arriva in Aula. Questa impostazione credo che abbia impattato anche su eventi recenti molto importanti, come, per esempio, il viaggio del Presidente del Consiglio a Washington. Il fatto che non sia passato in quest'Aula a dialogare con noi, a chiedere un mandato, dimostra che non ha bisogno di rappresentare il Parlamento: anche questa è una grossa anomalia, di cui dovremmo chiedere conto oggi stesso al Presidente del Consiglio.

Il Presidente del Consiglio può trovarsi d'accordo con il Presidente americano, ma nel momento in cui va a parlare con Joe Biden, ha bisogno, o meglio, sarebbe giusto che rappresentasse la volontà di chi è stato eletto dai cittadini. E questo non si è verificato, dimostrando ancora una volta quanto ci sia una separazione di questo Governo anche solo dal concetto di democrazia. E credo che su questo tutti noi dobbiamo fare una riflessione, perché il Presidente del Consiglio non è un proconsole, non è un monarca, è un Presidente che riceve un mandato da un Parlamento che esercita la sovranità. E questo dovremmo ricordarlo.

Ad ogni modo, volevo passare un attimo a trattare delle questioni che riguardano il decreto. Quindi, al di là delle valutazioni politiche che mi sono permesso all'inizio di questo intervento, passo al merito del decreto, o meglio dei decreti. Ormai non sono leggi, sono labirinti infiniti, in cui ti perdi e non trovi via d'uscita. Ci sono parti del decreto, come le misure urgenti in materia di accise e IVA sui carburanti, che si vogliono abrogare, quando in Senato sono state approvate disposizioni aggiuntive o modificative al corpo del medesimo decreto-legge in esame, del quale si propone l'abrogazione. Neanche Ionesco, col suo teatro dell'assurdo, potrebbe pensare una cosa tanto contorta. E poi chi spiega ai cittadini cosa stiamo facendo?

Riguardo alla trasparenza dei prezzi, apprezziamo che il decreto-legge si sia finalmente posto il tema, anche grazie all'impegno che il Parlamento ha richiesto approvando un nostro ordine del giorno all'atto di conversione in legge del “decreto Energia” lo scorso mese, ma la soluzione proposta non ci soddisfa. Il Garante per la sorveglianza dei prezzi esiste da anni, ma è sempre rimasto silente. Il suo potenziamento, quanto ad organico e poteri sanzionatori, non è di per sé una garanzia di effettiva incisività. Non essendo un organismo indipendente, la sua attività rischia di essere esposta a condizionamenti. Serve un meccanismo efficace e immediato per rendere pienamente trasparenti le variazioni dei prezzi e come su queste le grandi aziende hanno accumulato enormi extraprofitti. Non basta sorvegliare. I cittadini hanno diritto di sapere perché si trovano a pagare bollette dieci volte maggiori rispetto a sei mesi fa e avrebbero il diritto a non pagare bollette così alte. La rateizzazione non può essere una proposta dei gestori, ma un pieno diritto di chi non riesce più a pagare le bollette.

Resta irrisolta la questione degli extraprofitti: 40 miliardi di euro guadagnati in più dalle compagnie energetiche, speculando. Devono essere rimessi nelle tasche dei cittadini, questi soldi. Certo, il Governo si è posto il problema di correggere alcune storture nei meccanismi di formazione dei prezzi nel mercato elettrico, agendo nei confronti dei produttori di energia da fonti rinnovabili mediante un meccanismo di compensazione che prevede il recupero del 100 per cento degli extraprofitti. Vorremmo sapere perché sulle fonti fossili il Governo abbia deciso un recupero pari solo al 10 per cento. Se si recupera il 100 per cento sulle rinnovabili, significa che si può fare, e allora ci chiediamo come mai ci si limiti al 10 per cento sui grandi gruppi energetici, in gran parte legati alle fossili, che hanno accumulato extraprofitti oltre 26 volte superiori rispetto alle aziende delle rinnovabili. Il Ministro Cingolani, più volte, ha dichiarato che l'accumulo degli extraprofitti da parte delle aziende rappresenta una truffa colossale, quindi il Governo sa bene dove sono i veri extraprofitti, ma si guarda anche bene dal tassare chi ha fatto affari d'oro con il caro bollette, calpestando il settore delle rinnovabili. Se il legame del Governo con ENI e Snam crea questo conflitto, come ha spiegato abbondantemente Report, il Governo non può chiedere al Parlamento di fare lo stesso.

Va poi fatto notare che, durante l'esame del provvedimento in Senato, è stato introdotto l'articolo 7-septies, che introduce una semplificazione della procedura di autorizzazione per l'installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica stabilendo che, nel caso di pali, torri e tralicci, non è necessario produrre la documentazione tecnica relativa alle emissioni elettromagnetiche. È il caso di sottolineare che l'attuale normativa in vigore prevede, per l'autorizzazione e l'installazione di nuove infrastrutture di comunicazione elettronica, una procedura già semplificata, secondo il principio del silenzio assenso, che matura decorsi 90 giorni dalla presentazione dell'istanza, per cui l'intervento previsto dall'articolo che ho citato solleva i soggetti che vogliono installare un nuovo impianto dall'obbligo di comprovare il rispetto degli obblighi di legge in tema di emissioni elettromagnetiche e, in particolare, il rispetto dei seguenti elementi: limiti di esposizione, valori di attenzione, obiettivi di qualità. Più che semplificazione, si tratta di una piena libertà di inquinare.

Cingolani, chiamato Ministro della Transizione ecologica, riceve ordini da Snam ed ENI per portare avanti l'idrogeno del metano, anziché le rinnovabili, e lo stesso Cingolani chiede all'Europa di poter sparare agli uccelli migratori.

Tagliate la sanità e la scuola, non intervenite sulla disoccupazione, soprattutto delle donne e dei giovani, e continuate a complicare le norme, anziché semplificarle. Per quanto tempo credete che possa reggere l'appellativo di “migliori”? Io credo che abbiate cercato di giocare su questo appellativo grazie a quella stampa che occupa degnamente il cinquantottesimo posto per la libertà di stampa. E, allora, votatelo voi, questo provvedimento. Io, a nome di Europa Verde, dichiaro il nostro voto contrario.

PRESIDENTE. Voglio approfittare per dare il benvenuto a studenti e docenti dell'Istituto comprensivo “Polo 2” di Galatina. Grazie, benvenuti, una buona giornata (Applausi).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (M-NCI-USEI-R-AC). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, i deputati di Noi con l'Italia-USEI voteranno convintamente “sì” all'approvazione del decreto posto oggi alla nostra approvazione, il cosiddetto “decreto Ucraina” sulle misure volte ad attenuare le conseguenze economiche sulle famiglie, sulle imprese e su numerosi settori produttivi del nostro Paese di questa guerra senza ragioni. Voteremo “sì” per due motivi. Uno di merito, per il contenuto puntuale dei provvedimenti che questo decreto pone in essere, sui quali - come si è già anche espresso l'onorevole Tondo - siamo sostanzialmente d'accordo e che non sto a ripetere, essendo stati ampiamente illustrati durante la discussione generale. Ma c'è un secondo motivo, secondo me più importante, che ha dalla sua argomenti cogenti, che permettono di superare anche legittime e sensate critiche ai singoli articoli del testo che ci è giunto dal Senato. Ed è una ragione eminentemente politica, che riguarda sia la collocazione internazionale del nostro Paese sia la stabilità del Governo in carica e la tenuta della sua maggioranza, in un momento così delicato e potenzialmente foriero di gravi conseguenze, non solo economiche, ma anche sulla vita sociale e democratica dei Paesi dell'Unione europea.

Il decreto che ci accingiamo a convertire ha certamente ragioni economiche e sociali, sono state ampiamente illustrate nella discussione generale, ma, più profondamente, la sua necessità - ed è questo il passaggio secondo noi fondamentale e delicato - sorge dalla responsabilità internazionale di solidarietà con il popolo ucraino, di cui abbiamo voluto farci carico. Non ci sarebbe stato, ovviamente, un “decreto Taglia prezzi” di aiuto e di sostegno a famiglie ed imprese, se l'Italia, insieme all'Europa e all'Occidente, non si fosse assunta quella grande responsabilità di capire che non erano in gioco solo la libertà di un popolo e la difesa del confine di un Paese, l'Ucraina, ma erano in gioco la libertà e la difesa delle regole internazionali, che, dal dopoguerra in poi, sostengono la vita civile non solo del nostro Paese, ma dell'intero mondo. Assumersi una responsabilità vuol dire essere pronti a sopportarne le conseguenze, sapere che comporta sacrifici, che certo vanno attenuati il più possibile, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione e per la nostra spina dorsale, che sono le imprese e il sistema produttivo. Ma la maturità di una classe politica in queste situazioni - lo dico all'avvocato del popolo, l'ex Presidente del Consiglio, onorevole Conte, non è non è onorevole, ma Presidente Conte - si dimostra nel saper scegliere tra il coraggio e la paura, il coraggio e la responsabilità di prendere posizioni nel merito delle questioni e non, solo e sempre, cercare il posizionamento che offre più rendita di immagine o di consensi.

Non possiamo mettere a rischio la credibilità internazionale del nostro Paese per gli equilibri interni di una forza politica indecisa a tutto. E sul prendere posizioni il Presidente Draghi è stato chiaro sin dall'inizio. Nel suo discorso per la fiducia al Governo ha scandito - e se lo ricordi, il Presidente Conte - chiaramente due termini per aderire a questo Governo e a questa nuova alleanza: europeismo e atlantismo. Nessuno finga di non averle sentite. Anche perché ha veramente dell'incredibile la piega presa dal dibattito pubblico, per cui pare che ci si debba vergognare di essere nella NATO e di essere alleati degli Stati Uniti. C'è una sorta di vergogna di sé, di quello che si è, di quello che si è costruito negli ultimi settant'anni, in una situazione di pace garantita proprio da questa appartenenza. Sembra che ci si debba giustificare di essere ancora leali con chi ha combattuto per la nostra liberazione e sostenuto la nostra libertà sino ad oggi. La rappresentazione della NATO come una piovra che ha allungato i suoi tentacoli sull'Est d'Europa, annettendo uno dopo l'altro i Paesi dell'ex Patto di Varsavia, per minacciare la Russia, oltre che ridicola, è falsa, non corrisponde alla verità storica.

Altra cosa è, come ha sottolineato l'onorevole Tondo, porre il significato della NATO che guarda verso il futuro; altra cosa è poi porre la questione che, mentre poniamo le sanzioni e aiutiamo il popolo ucraino a difendersi, dobbiamo continuare la via della diplomazia; altra cosa ancora è porre delle questioni critiche. Ma mai e poi mai bisogna sentirsi peccatori solo perché si aderisce alla NATO!

Mi fa da testimone di quanto affermo - e voglio usare questo tempo - un protagonista della storia, perché la memoria è corta, ma la storia può aiutarci sempre, non solo a rinfrescare la memoria, ma a vivere il presente e a guardare con fiducia verso il futuro. Come dicevo, mi fa da testimone di quanto affermo un protagonista della liberazione dei Paesi un tempo oltre cortina, Václav Havel. Per i giovani che ancora non lo conoscessero, era uno scrittore perseguitato del regime comunista di Praga, un dissidente a lungo incarcerato e, poi, il leader della “rivoluzione di velluto” che riportò la democrazia in Cecoslovacchia (Applausi del deputato Ungaro), Paese di cui divenne il primo Presidente democratico, nel 1989, dopo quarant'anni di sottomissione al regime sovietico. Ebbene, Havel in una delle sue ultime interviste, alla domanda “quale considera il suo più importante successo politico?”, rispose: “Forse oggi molte persone, soprattutto i più giovani, non sanno cosa fosse il Patto di Varsavia. Per loro rappresenta uno dei tanti fenomeni storici e in molti tendono a credere che questo Patto si sia estinto automaticamente da solo sull'onda degli eventi politici. Non fu così: fu necessario liquidarlo e non fu affatto facile. L'idea dello scioglimento del Patto di Varsavia, fondamentale progetto dell'egemonia sovietica, sembrava troppo azzardata persino agli osservatori più radicali. Gorbaciov non avrebbe mai immaginato che qualcuno potesse chiedere una cosa simile, ma non poteva più intervenire con la forza. L'esercito sovietico lasciava i nostri Paesi lentamente e malvolentieri, ma alla fine ci siamo riusciti”. Allora, il giornalista ha chiesto a Václav Havel: “È stato più facile aderire alla NATO?”. “Niente affatto, direi che è stato persino più difficile. La lotta per l'allargamento della NATO all'Europa orientale è durata sostanzialmente dieci anni. Avevano paura, erano convinti di non conoscerci abbastanza a fondo. Questa era la cautela dei Paesi occidentali”. E il giornalista: “Ma, allora, perché lei insistette?”. “Il motivo più grande del mio impegno era molto semplice: sentivo che l'allargamento della NATO ai Paesi dell'Est avrebbe garantito l'irreversibilità della nuova situazione politica e la pace in Europa”. Allora, il giornalista chiese: “E qual era il pericolo?”. “Un Governo autoritario che, dopo aver accantonato la bandiera rossa, avrebbe sventolato quella nazionale. La rinascita del nazionalismo avrebbe comportato la minaccia di nuovi conflitti. I nazionalisti si somigliano come gocce d'acqua, ma questo non favorisce affatto la fratellanza, bensì esattamente l'opposto: le ideologie nazionaliste sono sostanzialmente ideologie conflittuali”.

È un giudizio purtroppo profetico, quello di Havel, che credo rappresenti bene anche il sentimento e la preoccupazione di Paesi liberi e democratici come la Svezia e la Finlandia. Aderire non vuol dire essere annessi, come ci è toccato sentire per bocca di filosofi, che dimostrano di non conoscere la storia o di non conoscere l'italiano. Annessione fu quello che la Germania hitleriana fece con l'Austria e la Cecoslovacchia invadendole. I fatti oggi sono l'invasione di un Paese indipendente, la sua resistenza e l'aiuto umanitario, diplomatico e materiale, sino all'invio delle armi al Paese aggredito, perché possa resistere; il tutto nel pieno rispetto dell'articolo 11 della nostra Costituzione. Abbiamo deciso, come Governo e come maggioranza che lo sostiene, di aiutare con un voto di questo Parlamento la vittima, l'Ucraina. Niente sofismi su questo: un aiuto è tale se si aiuta concretamente, non se è un paravento verbale, che serve a pulirsi la coscienza coprendo il proprio disimpegno.

Questo aiuto - ed è la ragione del voto positivo e fortemente convinto su questo decreto - comporta dei costi. Comporta i 22 miliardi di euro di stanziamento a cui arriveremo per alleviare le difficoltà in cui stanno dibattendo cittadini e imprese; comporta la fatica del continuare a tenere aperto il dialogo della via della diplomazia e dell'interlocuzione, ma nell'unità e nella compattezza dell'Occidente. Tutto quello che sta accadendo anche qui in Italia, la divisione in politica estera e le discussioni come quelle cui stiamo assistendo, indeboliscono la posizione non solo dell'Italia, ma dell'Europa e dell'intero Occidente. Ribadiamo: il che non vuol dire che l'Italia debba essere in questa fase protagonista in Europa e nel dialogo con l'America all'interno della NATO, perché la tregua e la pace possano diventare l'obiettivo e la strada da percorrere. Per questo sono importanti aiuti, come quelli del decreto che stiamo approvando, perché la libertà e la responsabilità hanno delle conseguenze, che oggi il popolo ucraino sta subendo sulla propria pelle, ma che sta subendo anche ognuno di noi, le nostre famiglie e le nostre imprese. Non possiamo dimenticarcene e dobbiamo con responsabilità e serietà, guidare il Paese, dando risposte e dando certezze, avendo come prima certezza che il Paese sia guidato da una classe politica che ha a cuore innanzitutto il bene comune dei suoi cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Angiola. Ne ha facoltà.

NUNZIO ANGIOLA (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Esponenti del Governo, cari colleghi, non mi soffermerò su discussioni che abbiamo già fatto, riguardanti la compressione dei tempi a disposizione della Camera e la scadenza imminente. Domani scade questo decreto: un'ora di tempo per presentare gli emendamenti, due ore per discuterli e votarli in Commissione finanze. Ecco, è mancato quel confronto che, a prescindere dalla fiducia, può dare stimoli e spunti di riflessione, a noi e anche ai cittadini.

Il decreto, che oggi convertiamo definitivamente in legge, presenta misure importanti per mitigare gli effetti di questa crisi maledetta in Ucraina. Ci sono misure di vario tipo, che possiamo classificare in due tipi: misure di carattere contingente di breve periodo, ma anche misure di carattere strutturale.

Per quanto riguarda le misure di breve termine, ci siamo attivati al Senato in qualche modo per fare delle proposte. Abbiamo il bonus carburante per tutti i lavoratori dipendenti per tutto il 2022; l'importo dei buoni di benzina non sarà considerato ai fini della formazione del reddito nei limiti di 200 euro a lavoratore. Abbiamo bonus sociali per le persone e le famiglie più bisognose; il valore ISEE cresce sui bonus sociali elettricità e gas e va da 8.265 euro fino a 12.000 euro, estendendosi quindi fino a 5,2 milioni di famiglie. Gli interventi sui prezzi del gasolio e della benzina vengono riconfermati ed estesi, vi è il taglio delle accise fino all'8 luglio. Sono previsti crediti di imposta per il 2022 per un settore molto fiaccato, prima dalla pandemia e poi dopo dalla crisi in Ucraina, quello delle imprese turistiche, ricettive. I crediti di imposta riguardano anche il settore del comparto fieristico e congressuale, le imprese termali e i parchi tematici, in misura corrispondente al 50 per cento dell'importo versato a titolo di seconda rata dell'IMU per gli immobili rientranti in una apposita categoria catastale (D2), a condizione che i proprietari siano anche gestori delle attività e che abbiano subìto una diminuzione di fatturato e dei corrispettivi, in un periodo prefissato, di almeno il 50 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2019. Abbiamo il rimborso di 100 euro pro capite al giorno, destinato ai comuni che accolgono i minori; quindi, è affrontato anche il tema dell'inclusione e dell'accoglienza, rispetto a tutte queste migliaia, centinaia di migliaia di persone bisognose, perché sono dovute scappare dalla guerra, sono dei rifugiati. Vi è la sospensione dei termini di alcuni versamenti per i soggetti che gestiscono i teatri. Non dobbiamo mai dimenticare che l'Italia si poggia sul turismo, sulla cultura, sul settore agroalimentare e sull'industria manifatturiera; ecco, quindi, gli aiuti a teatri, sale da concerto e altre strutture artistiche. Si sospendono i termini, relativi ai versamenti delle ritenute alla fonte, sui redditi di lavoro dipendente e su quelli assimilati a quelli di lavoro dipendente. Abbiamo misure di proroga, dal 30 aprile 2022 al 30 giugno 2022, delle disposizioni che approvammo nella legge di bilancio per quest'anno, che consentono il pagamento rateizzato delle bollette elettriche e del gas per i clienti domestici. Abbiamo provvedimenti in materia di integrazione salariale; ai datori di lavoro che non possono più ricorrere ai trattamenti ordinari di integrazione salariale è riconosciuto, nel limite di spesa di 150 milioni di euro, un trattamento ordinario di integrazione salariale fino alla fine dell'anno. La disposizione può essere applicata anche alle imprese del settore turistico, che a me è molto caro.

Dal 1° luglio 2023 per beneficiare dei bonus edilizi per i lavori di importo superiore a 516.000 euro occorrerà che le imprese che effettuano i lavori siano provviste della certificazione SOA, finora necessaria alle aziende per partecipare agli appalti pubblici. Ci sono misure per il commercio, bar e ristoranti avranno una preoccupazione di meno: potranno godere di una proroga fino al 30 settembre per mantenere i dehors pagando l'occupazione del suolo pubblico, ma senza richiedere nuove autorizzazioni. Misure per incrementare la produzione di energia elettrica da biogas, autorizzazione alla SACE di concedere garanzie fino al 31 dicembre 2022, garanzie per un impegno complessivo massimo entro i 5 miliardi di euro per finanziamenti, concessi sotto qualsiasi forma, ad imprese che gestiscono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale e ad alto consumo energetico.

Queste sono tutte misure contingenti, di breve periodo, ma molto efficaci. Stiamo facendo di tutto, i cittadini è bene che lo sappiano. Le imprese cui noi, come partito Azione, teniamo particolarmente, è bene che lo sappiano: faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità, faremo tutto quello che è possibile anche nei prossimi provvedimenti. Ci sono anche misure di carattere strutturale. Primo, le semplificazioni burocratiche per l'installazione di impianti fotovoltaici; secondo, le norme per evitare la scalata ostile in settori strategici; terzo, il rafforzamento delle attribuzioni del Garante per la sorveglianza dei prezzi. Queste misure verosimilmente saranno mantenute in vita anche quando sarà superata, speriamo presto, l'emergenza. Riguardo al primo aspetto, cioè le semplificazioni, si tratta di semplificazioni dell'iter per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, che consentono di procedere con la dichiarazione di inizio lavori asseverata anche per impianti fotovoltaici a terra con riguardo agli interventi che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata mediante la sostituzione dei moduli e degli altri componenti, e mediante la modifica del layout dell'impianto, comportino una variazione dell'altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento. Riguardo al secondo aspetto, cioè il tema delle scalate ostili, si tratta di modifiche alla disciplina dei poteri speciali del Governo, il cosiddetto golden power. Questi poteri speciali sono esercitabili per salvaguardare gli assetti proprietari e la gestione delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale, quindi in materia di difesa e sicurezza nazionale, e con riferimento agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Probabilmente negli anni scorsi è mancata l'attenzione nei confronti di settori strategici come quello della difesa, settore che è stato trascurato, tanto è vero che noi convintamente sosteniamo il rafforzamento degli investimenti riguardanti il tema delle spese militari, così come sosteniamo con grande forza la necessità di un'identità energetica chiara, non un'identità energetica debole, fragile, e quindi vulnerabile. Con riguardo al terzo aspetto, quello della sorveglianza dei prezzi, si rafforzano le attribuzioni del Garante per la sorveglianza dei prezzi, prevedendo che lo stesso Garante possa richiedere alle imprese dati, notizie ed elementi specifici sulle motivazioni che hanno determinato le variazioni dei prezzi, pena una sanzione amministrativa pecuniaria pari all'1 per cento del fatturato e comunque non inferiore a 2 mila euro, fino ad un massimo di 200 mila euro. Analoga sanzione si applica nel caso siano comunicati dati, notizie ed elementi non veritieri.

Un tema ci ha molto interessato, che ci ha visti presenti sin dall'inizio della discussione di questa crisi energetica che si è abbattuta sull'Italia: il provvedimento che stiamo discutendo si occupa anche degli extraprofitti e li tassa al 10 per cento; percentuale che poi, come sappiamo, sarà innalzata al 25 per cento nel “decreto Aiuti”. È stata recepita, dunque, la nostra proposta di innalzare la tassazione sugli extraprofitti, pur non arrivando a quel 50 per cento che Azione aveva auspicato. Crediamo non sia abbastanza, si poteva fare di più e si doveva fare di più. Vedremo nei prossimi giorni. Un ulteriore aumento della percentuale di tassazione sugli extraprofitti avrebbe permesso di finanziare misure importanti, e cito, in particolare, quanto già previsto nei nostri emendamenti, sempre collegati all'aumento della tassazione sugli extraprofitti. I nostri emendamenti, che abbiamo presentato al Senato, proponevano il prolungamento e l'innalzamento del credito d'imposta per l'acquisto di energia elettrica e gas da parte delle imprese e di prolungare l'azzeramento degli oneri di sistema, oltre che di innalzare il credito di imposta per l'acquisto di sistemi di accumulo dedicati agli impianti di autoconsumo fotovoltaici delle imprese, con l'obiettivo di quadruplicare, secondo calcoli del nostro centro studi, la capacità installata nel corso del 2021. Grazie, Presidente. Confermo, fatte tutte queste considerazioni, che noi di Azione-+Europa voteremo a favore della conversione in legge del decreto.

PRESIDENTE. Mi corre l'obbligo di ricordare ai colleghi che, a seguito di un'intesa intercorsa tra tutti i gruppi, si è convenuto di concludere le dichiarazioni di voto finale prima dell'inizio dell'informativa urgente del Presidente del Consiglio, prevista per oggi alle ore 11,30. Invito pertanto tutti gli iscritti a regolare la durata dei loro interventi al fine di rispettare questa intesa.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Vallascas. Ne ha facoltà.

ANDREA VALLASCAS (MISTO-A). Grazie, Presidente. Tra una dichiarazione di guerra alla Russia e un inchino a Biden il Governo dei migliori propone l'ennesimo provvedimento tampone per cercare di attenuare una grave crisi economica che con il suo stesso atteggiamento irresponsabile rischia di far degenerare. La gravità della situazione è stata delineata qualche settimana fa dall'Ufficio parlamentare di bilancio, che ha calcolato che il costo di altri tre mesi di guerra potrebbe presto salire sopra i 45 miliardi. Già in precedenza Confindustria aveva stimato che il conflitto comporterà un maggior costo finale della bolletta di circa 68 miliardi su base annua, di cui 27 miliardi saranno sostenuti dalla sola industria manifatturiera. Per l'economia italiana significa un'incidenza dei costi dell'energia di circa il 77 per cento sul totale dei costi di produzione. Tutti i settori saranno colpiti direttamente e indirettamente, dall'industria manifatturiera all'agricoltura, ai servizi, alla pesca, nessuno escluso, perché tutti i settori soffrono della crisi prodotta dall'aumento dei prezzi cui si aggiunge la difficoltà nell'approvvigionarsi di materie prime o di semilavorati, con gravi ripercussioni sui consumatori finali. A pagare il prezzo maggiore sono le realtà più contenute: è stato stimato che le micro e piccole imprese artigiane con consumi annui fino ai 500 megawattora nell'ultimo anno hanno pagato un extra-costo dell'energia elettrica di 6,2 miliardi di euro rispetto alla media della Francia e della Germania. Grave anche la situazione dell'agricoltura, dove il prezzo del gasolio, dei mangimi, dei fertilizzanti e dell'energia elettrica sta mettendo in ginocchio numerose produzioni e allevamenti; con una filiera agroalimentare che assorbe il 10 per cento dei consumi energetici e con l'85 per cento delle merci che, per arrivare sugli scaffali, viaggia su strada, il prezzo del carrello della spesa ha subito una vera e propria impennata. Una situazione oggettivamente drammatica per famiglie e imprese, che viene confermata da tutti gli indicatori economici. Per il mese di aprile l'Istat ha rilevato l'aumento dell'indice generale dei prezzi che si attesta su base annua a più 6,2 per cento. Continuano a crescere i prezzi dei beni energetici, dei trasporti, degli alimentari. Secondo l'Istituto si registra un peggioramento delle attese sull'economia da parte delle imprese manifatturiere e dei servizi, mentre i salari dei lavoratori perderanno il 5 per cento del loro potere d'acquisto. Preoccupante il dato relativo alle nuove registrazioni e ai fallimenti delle imprese del primo trimestre di quest'anno. Le registrazioni risultano in calo in tutti i settori, da meno 16 per cento dei trasporti a meno 0,9 per cento degli esercizi ricettivi e di ristorazione. Particolarmente negativi i risultati nelle costruzioni, meno 12,9 per cento, del commercio, meno 11,5 per cento, dell'industria in senso stretto, meno 6,2 per cento. E per quanto riguarda i fallimenti sono colpite soprattutto le attività del servizio di alloggio e ristorazione, più 22,5 per cento, e nelle costruzioni, più 16,6 per cento.

Confindustria, in un'audizione al Senato, ha parlato di un contesto drammatico, dove su un campione di 2 mila imprese associate oltre il 16 per cento ha dichiarato di aver ridotto la produzione, e, tra queste, tre su dieci hanno registrato un calo superiore al 20 per cento; mentre tra le imprese che non hanno ridotto la produzione una su tre ha dichiarato di poter continuare soltanto 3 mesi senza sostanziali interruzioni. Lo scoppio della guerra in Ucraina non è la causa di questa situazione, ma, come è stato ricordato da alcune associazioni di categoria al Senato, il conflitto ha aggravato la crisi energetica scoppiata nel 2021. L'Italia oggi sconta un prezzo altissimo a causa dell'incapacità del Governo, che non ha saputo predisporre misure tempestive e strutturali di fronte ai primi segnali, peraltro evidentissimi, del rincaro dei prezzi delle materie prime e dell'energia.

Sin dalla fine del 2020, il settore delle costruzioni aveva registrato il rincaro di alcune materie prime, come l'acciaio, più 150 per cento, il polietilene, più 110 per cento, il rame, più 29,8 per cento; a questo si aggiunge il caro energia, che ha prodotto effetti devastanti già dalla seconda metà dello scorso anno.

Confartigianato, in audizione, ha ricordato che la bolletta energetica degli italiani è aumentata di 28 miliardi di euro negli ultimi 12 mesi, a partire da gennaio 2021. Il nostro è il Paese europeo dove si è registrato il maggiore rincaro energetico; evidentemente, solo il Governo non si è accorto o ha fatto finta di non accorgersi di quello che stava accadendo, visto che ha addirittura sovrastimato la crescita per il 2022, nonostante la Nota di aggiornamento del DEF sia stata predisposta a settembre, in piena crisi energetica.

Il provvedimento che ci troviamo a discutere oggi è l'esempio drammatico di questo approccio parziale e approssimativo a una situazione complessa. Tra interventi diretti sul caro bollette e il caro carburanti e quelli indiretti, siamo al sesto provvedimento in materia di contenimento degli effetti dell'aumento dei prezzi. Il Governo, ormai, insegue le emergenze con interventi a macchia di leopardo e privi di un orizzonte temporale che consenta a famiglie e imprese tempi congrui per programmare l'attività. Questo metodo di operare porta a una riduzione dell'efficacia della dotazione finanziaria, che rischia di perdersi in mille rivoli, senza poter garantire aiuti concreti ed efficaci. Oggi, vengono stanziati poco più di 6 miliardi che portano la dotazione complessiva degli interventi sino ad oggi a circa 20 miliardi; nel complesso, si tratta di risorse che le associazioni di categoria considerano inadeguate. anche perché, pur ampliando ed estendendo alcune misure introdotte da precedenti provvedimenti, non sono accompagnate e sostenute da una visione d'insieme. Confindustria ha sottolineato l'urgenza di misure di sostegno non solo mirate, ma, soprattutto, durature e robuste dal punto di vista delle risorse impiegate e questo soprattutto in relazione agli interventi messi in campo da Paesi che sono nostri concorrenti diretti, come Francia e Germania. Viceversa, l'orizzonte temporale di questo Governo non va oltre le scadenze trimestrali o, addirittura, non va oltre il mese, com'è il caso delle accise; ma come si fa a pensare di dare garanzie a un settore, se uno dei provvedimenti principali, la riduzione delle accise, appunto, ha una validità di appena un mese, salvo la proroga disposta con successivo decreto emergenziale?

Questo sistema che vediamo in una serie di misure presenti nel decreto trasforma gli interventi in veri e propri bonus, che, in molti casi, rischiano di rivelarsi solo palliativi momentanei. Questo Paese ha bisogno di strumenti di sostegno per imprese e famiglie che abbiano stabilità nel tempo e, soprattutto, un'adeguata dotazione economica. La stessa consistenza finanziaria del provvedimento presenta molte incertezze, soprattutto sotto il profilo delle coperture garantite dalla tassazione degli extraprofitti delle società energetiche. L'Agenzia internazionale per l'energia aveva invitato gli Stati a controllare e a mettere nel mirino i circa 200 miliardi di profitti inattesi nel settore energetico, perché il caro bollette ha arricchito indebitamente i grandi fornitori di energia. Sul gettito che può derivare dagli extraprofitti, il Governo deve fare chiarezza, soprattutto per quanto riguarda la base imponibile, il livello dell'aliquota e i criteri. Permangono, appunto, molti dubbi, ad esempio, sulla metodologia di calcolo e misurazione degli extraprofitti, ma, evidentemente, lo stesso Governo ha preso atto delle numerose criticità, visto che l'operazione, presentata con grande entusiasmo, prevede una rimodulazione dell'aliquota, nel prossimo decreto, dal 10 al 25 per cento.

Nel complesso, quello all'esame è un provvedimento emergenziale, in linea con lo spirito di un Governo che vive sempre più alla giornata. Anche gli interventi legati alla promozione delle rinnovabili non seguono una programmazione coerente con le risorse a disposizione e le necessità di tutela ambientale, ma sono frutto della fretta dettata dalla situazione di emergenza. Sono interventi destinati a subire gli stop and go che hanno caratterizzato il superbonus 110, sul quale andrebbero fatte valutazioni, vista l'alta percentuale di imprese edili che, secondo l'Istat, ha dichiarato fallimento nel primo trimestre di quest'anno.

Il tema del contenimento dei costi energetici e delle materie prime ha bisogno di misure in grado di incidere realmente nel tessuto produttivo del Paese. In questo senso, gli interventi nazionali devono essere integrati con iniziative e decisioni a livello europeo. Ci sono ambiti che hanno bisogno di un'azione europea, che garantisca una regolamentazione sovranazionale; pensiamo alla questione del contrasto, alle manovre speculative sui mercati energetici e alla necessità di coordinare una politica comune di regolazione dei prezzi.

Noi votiamo contro la conversione di questo decreto, un provvedimento che, secondo il malcostume ormai diventato prassi del monocameralismo a senso unico alternato, non abbiamo avuto la possibilità di esaminare e di correggere; un fatto gravissimo che offende il ruolo di noi parlamentari e che, ancora una volta, imbavaglia le opposizioni, limitando il loro fondamentale ruolo di vigilanza e controllo dell'Esecutivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Timbro. Ne ha facoltà.

MARIA FLAVIA TIMBRO (LEU). Grazie, Presidente. L'obiettivo del provvedimento che oggi ci apprestiamo a convertire in legge è principalmente quello di sostenere cittadini e imprese chiamati a far fronte ai rincari scaturiti dalla crisi internazionale e quello, contestualmente, di provare a contrastare le conseguenze economiche e umanitarie di questa crisi.

La situazione sul mercato del gas naturale e dell'energia elettrica - è stato già detto - è seria e preoccupante; grande attenzione meritano oggi le famiglie più bisognose e le nostre filiere produttive, oggi, certamente tra le più esposte. Questo è un provvedimento che mobilita circa 4 miliardi di euro, somme che si aggiungono ai miliardi già stanziati dalla scorsa estate per contrastare l'aumento dei costi delle energie, cifre certamente importanti, ma che - dobbiamo dircelo - danno vita ancora una volta a misure tampone, misure che possono alleviare, ma non risolvere nel lungo periodo le problematiche di famiglie e imprese, problematiche che, nelle prossime settimane, rischiano di aggravarsi e complicarsi ulteriormente.

È doveroso, quindi, continuare a ripeterci che questa crisi energetica ha radici antiche e proprio per questo, oggi, ha bisogno di risposte nuove, risposte che, fino ad oggi, non siamo ancora stati in grado o, forse, non abbiamo avuto il coraggio di dare.

A questa crisi energetica, bisogna rispondere accelerando il percorso verso la transizione ecologica, bisogna rispondere con uno sforzo potentissimo e inevitabile di semplificazione sulle fonti di energia rinnovabili. Non sono sufficienti soltanto i contributi, i crediti di imposta per andare avanti verso il percorso di transizione ecologica. Non abbiamo ancora risolto la questione degli extraprofitti; abbiamo il dovere e l'esigenza di renderci energeticamente autonomi, in primis, lo abbiamo detto tutti, dal gas russo.

Questo è un decreto, comunque, necessario, insufficiente nel complesso, ma necessario nel contesto che stiamo vivendo, un decreto che va nella stessa direzione anche di altre misure già volute da questo Governo: si allarga la platea dei soggetti raggiunti dalle misure, quindi, di mitigazione degli impatti della crisi, come abbiamo detto, con crediti di imposta per piccole e medie imprese energivore e gasivore; si estende la platea di tutti coloro che potranno usufruire del bonus bollette, un sollievo in più, quindi, per molte famiglie; si prevedono misure per sostenere il settore dell'autotrasporto, con la clausola di adeguamento del corrispettivo o il contributo per i pedaggi, con un fondo stanziato; si prevede un contributo una tantum, certo, non sufficiente, di 200 euro, di cui potrà godere però una platea di circa 30 milioni di italiani, per far fronte ai rincari, rincari che pesano su tutti, famiglie, autonomi, pensionati, giovani professionisti.

Allora, lo ripeto, l'abbiamo già detto: questo provvedimento è positivo laddove interviene sul contenimento dell'aumento dei prezzi dell'energia e dei carburanti, laddove prevede misure in tema di controllo dei prezzi, laddove stanzia sostegni alle imprese. Bene, laddove si occupa, anche grazie al tenace lavoro emendativo dei colleghi del gruppo di Liberi e Uguali al Senato, di consentire la rateizzazione delle bollette fino al prossimo giugno, di estendere e potenziare le misure di accoglienza umanitaria nei confronti di minori non accompagnati provenienti dall'Ucraina e, da ultimo, ma non in ordine di importanza, anche di rendere più efficace ed incisiva l'azione di congelamento dei beni degli oligarchi russi in Italia.

Questo anche perché non sfugga il vero tema che fa da sfondo a tutti questi interventi normativi: la guerra in Ucraina e il ruolo che il nostro Paese deve avere nella costruzione di un percorso negoziale e di pace che porti al cessate il fuoco e alla fine di quel drammatico conflitto.

Allora, è questo il momento in cui dobbiamo dimostrarci all'altezza di questo percorso o nei prossimi mesi saremo chiamati a gestire una situazione sempre più difficile, sul fronte sia bellico, sia economico e sociale, soprattutto nazionale.

Il rischio che il nostro Paese possa essere vittima di una fase di grave recessione è alto, così come alta è la probabilità, per non dire la certezza, che a fare le spese di una simile eventualità saranno le persone più fragili, le famiglie in difficoltà, le piccole imprese produttive di questo Paese. Bene, comunque, nel complesso questo provvedimento che oggi è necessario, bene le tante misure che ha posto in essere; si abbia, però, in futuro il coraggio di andare in una direzione più netta e duratura, se si vuole davvero risolvere la crisi energetica.

C'è ancora tanto da fare. Con questo auspicio e con l'auspicio che, in futuro, i due rami del Parlamento siano chiamati a esprimere di più e meglio le proprie prerogative, soprattutto su provvedimenti imponenti come questo, dichiaro, comunque, il voto favorevole sul provvedimento da parte del gruppo di Liberi e Uguali (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Biancofiore. Ne ha facoltà.

MICHAELA BIANCOFIORE (CI). Grazie, Presidente. Nel corso di una recente intervista, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato apertamente quello che tristemente abbiamo capito tutti, ovvero che dobbiamo prepararci al fatto che la guerra potrebbe durare anni. Uno scenario drammatico che, dal punto di vista economico, avrà ripercussioni pesanti sull'economia di molti Paesi, quella della nostra Italia in primis. Dalla Seconda guerra mondiale, infatti, nessuno scontro ha avuto un impatto così rilevante sulla crescita, l'inflazione, il commercio e le relazioni internazionali. Il tutto è aggravato dalla paralisi socio-psico-economica imposta negli scorsi due anni dall'epidemia da COVID-19. Non a caso l'Unione europea, che non è mai stata di manica larga con noi italiani, in deroga alle norme sugli aiuti di Stato ha approvato proprio ieri un sostegno di 1 miliardo e 200 milioni di euro per il settore agricolo-forestale colpito dall'aumento dei costi di produzione e dalle sanzioni alla Russia, che per noi sono catastrofiche.

Credo che tutti pregheremmo per rimettere indietro le lancette del mondo perché, se e quando tornerà la pace, non mancheranno incognite sul futuro che fanno tremare le vene ai polsi. Quando le ostilità militari saranno concluse si aprirà, comunque, una fase di tensione nei rapporti commerciali e nei mercati delle materie prime, con inevitabili ripercussioni per un'economia fortemente dipendente dall'estero, come la nostra. I mesi che abbiamo davanti saranno difficili non solo per l'Italia. L'aggressione all'Ucraina colpisce il potere di acquisto nei Paesi europei ma fa ancora peggio in Africa, dove si rischia una vera e propria crisi alimentare con un possibile effetto a catena sui flussi migratori. La fame, colleghi, porta al mors tua vita mea e noi sappiamo bene che siamo il primo approdo e che, quindi, siamo a rischio di bomba sociale.

Non da oggi, ritengo che i leader europei dovrebbero adoperarsi per fare entrare in Europa non solo l'Ucraina ma anche la Russia e Israele, in modo da creare uno spazio di mercato sconfinato che coniugherebbe il know-how europeo con le materie prime euroasiatiche e le tecnologie avanzate israeliane e che darebbe respiro al continente. Abbiamo pertanto bisogno di un'Europa che creda e si attivi seriamente per il processo di pace e di neo-costituzione. In questa fase più che mai, occorre l'esercizio della verità da parte delle istituzioni e l'essere lungimiranti, perché a doverci preoccupare non sono solo le conseguenze immediate della guerra ma anche, parafrasando un noto autore, le conseguenze economiche della pace. È per questo che occorre arrivare preparati, perché se gli effetti in termini di minor crescita fanno ancora fatica a farsi sentire quelli sull'inflazione sono già ben visibili. Ciò è dipeso dall'aumento dei prezzi delle materie prime che si è subito scaricato sui costi della benzina e del gasolio, mentre gli effetti della minor crescita hanno tempi di gestazione più lunghi.

Il decreto 21 marzo 2022, n. 21, avente ad oggetto le misure economiche ed umanitarie in conseguenza della guerra in Ucraina, si inserisce proprio in quel percorso di risposta agli impatti economici prodotti dal conflitto che il Governo ha predisposto con una serie di interventi volti a contrastare l'inflazione. L'obiettivo encomiabile del provvedimento è sostenere cittadini e imprese di fronte ai rincari derivanti dalla crisi internazionale in atto sul mercato del gas naturale e dell'energia elettrica, con particolare attenzione alle famiglie più bisognose e alle filiere produttive maggiormente esposte. Per questo non possiamo e non vogliamo sottrarci a dare il nostro parere positivo per senso di responsabilità, anche se riteniamo che non sia un provvedimento coraggioso, Presidente, come auspicheremmo noi tutti del centrodestra; lo dico con la certezza di conoscere bene la propensione liberale e liberista dello schieramento a cui apparteniamo.

Non è tra i nostri valori, infatti, la “bonus economy" che sta disincentivando il lavoro e il fare impresa, che devono tornare a essere il cuore del rilancio del Paese. Non è con l'assistenzialismo sfrenato - seppure al momento necessario, lo capiamo - che riparte il Paese ma con l'economia di mercato. È l'impresa che fa la ripresa, impresa che ha bisogno di non essere affossata da tasse, burocrazia e mancanza di liquidità. È inaudito, per esempio, che il Governo abbia a disposizione 80 miliardi di euro per le rinnovabili - come ha ben messo in evidenza Fratelli d'Italia - che, a dire degli esperti, ci darebbero l'indipendenza energetica in cinque anni ma che, per cavilli burocratici orchestrati ad arte anche contro i Ministri responsabili, non sono ancora utilizzabili. Ancora, ci sono interi settori in ginocchio e il 15 per cento delle famiglie italiane non riuscirà a pagare le bollette. Eppure, al centro dell'agenda il convitato di pietra è l'aumento delle spese militari, unico settore che supponiamo abbia il vento in poppa, a discapito dei popoli che da quelle armi vengono falcidiati. Sempre con criticità costruttiva, riteniamo anche che, oltre a essere poco coraggioso, questo provvedimento sia anche in parte ingiusto, per esempio, sul bonus edilizio, i cui stop and go fanno venir meno il patto di fiducia tra Governo e cittadini, cambiando in corso d'opera le regole per ottenere il credito sul quale anche molte famiglie o microimprese hanno fatto affidamento e oggi rischiano di saltare per aria. Due anni di vita del bonus e 14 modifiche: una ogni 52 giorni e non è ancora finita!

Allo stesso tempo saremmo ingrati e irresponsabili se non ammettessimo che, nonostante al Paese servano riforme strutturali e culturali, gli sforzi del Governo per far fronte alla crisi economica e umanitaria sono stati molteplici, condivisi e coadiuvati da Coraggio Italia, nonostante il Parlamento non abbia potuto apportare migliorie. La cinquantesima fiducia, Presidente, non è grave per lo strumento in sé, che è stato utilizzato da ogni maggioranza (qui dentro si è alla fiera delle ipocrisie), ma perché mette in evidenza che un Governo di unità nazionale e con una maggioranza amplissima vive del sospetto della convenienza politica che, dinanzi a una guerra e a una catastrofe economica e dinanzi all'interesse nazionale, non può e non deve esistere.

Il Governo, viceversa, ha fatto miracoli, partendo dalla riduzione delle accise sulla benzina - faccio presente, per chi non lo sapesse, che in Austria e in Germania, che vengono tanto decantate, la benzina costa molto oltre i 2 euro al litro in questo momento - per giungere al rafforzamento dei poteri speciali in tema di controllo degli investimenti stranieri in Italia, il golden power, aggiungendo, tra questi, i settori della difesa e della sicurezza nazionale tra le operazioni oggetto di notifica. La concorrenza, a tratti anche sleale, l'abbiamo, infatti, tra i nostri maggiori partner europei. I settori coinvolti riguardano anche la comunicazione elettronica a banda larga basata sulla tecnologia 5G e cloud e i settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e altri settori giudicati strategici.

Poi, il credito d'imposta a beneficio delle imprese a forte consumo di energia elettrica - quelle cosiddette energivore - e delle imprese a forte consumo di gas naturale - quelle cosiddette gasivore - e il credito d'imposta IMU per gli operatori del settore turistico, pari al 50 per cento dell'imposta municipale propria, nonché il rifinanziamento di 300 milioni nel 2022 del Fondo centrale di garanzia delle piccole e medie imprese e tante altre misure. Fondamentale, per esempio, per noi di Coraggio Italia, è anche l'aumento delle risorse per i comuni sulla questione dei minori non accompagnati che costituiscono una quota importante dei profughi ucraini. I comuni sono in prima fila nella gestione di un fenomeno straordinariamente delicato dal punto di vista umano, cioè l'integrazione e il supporto materiale e psicologico a ragazzi e bambini che la guerra ha diviso dai propri genitori.

In una fase in cui l'unica certezza è l'assenza di certezze, tale provvedimento arriva in soccorso di famiglie e imprese, le quali devono essere poste nella condizione di poter combattere e sopravvivere a questa seconda tempesta economica. Ma è tattica, Presidente, perché all'Italia serve una strategia economica.

Consapevole del grande lavoro che attende il Governo per evitare che l'Italia resti intrappolata nelle sabbie mobili della stagflazione economica, riteniamo che il provvedimento, oggi al voto di quest'Aula, sia in grado di tamponare l'economia italiana e di non farla soffocare a causa dei vertiginosi aumenti conseguenti al conflitto, di sostenere il turismo e i settori della pesca e dell'agricoltura e di mitigare i rischi della disoccupazione. Siamo oggi chiamati, Governo e Parlamento, a fare il massimo sforzo unitario affinché non esploda la questione sociale.

È per tali ragioni che, nonostante alcune perplessità evidenziate con la consueta sincerità, esprimo, a nome del gruppo di Coraggio Italia, il voto favorevole sulla conversione del presente decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ne approfitto per dare il caloroso benvenuto a docenti e studenti dell'Istituto commerciale “Grado di Malles” di Bolzano. Benvenuti e buona giornata anche a voi (Applausi)!

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Una piccola riflessione: in tanti in quest'Aula si sono molto lamentati - inclusi noi - del fatto che questo ramo del Parlamento non abbia potuto veramente esaminare questo decreto-legge. Io condivido, perché questo mortifica il ruolo del parlamentare, che non riesce a incidere sulle diverse leggi e a portare l'interesse della propria comunità. Allora, riprendiamo il tema vero delle riforme istituzionali, perché questo è un tema che non può più aspettare. Se vogliamo assicurare che il Parlamento esamini ogni provvedimento, c'è solo una via che è quella del monocameralismo. Noi lo abbiamo proposto qualche anno fa con un referendum. Gli italiani l'hanno bocciato, ma riprendiamo questo tema perché, se tutti diciamo che è importante, riusciamo a mettere in pratica qualcosa di concreto su questo fronte.

Vengo al tema del decreto-legge. Il provvedimento mette a disposizione 6 miliardi di euro per combattere il caro energia e il caro bollette. Per aiutare famiglie e imprese vengono ridotte le accise sui carburanti, vengono ripotenziati i crediti di imposta per le aziende energivore, vengono anche introdotti dei bonus sociali e dei bonus carburanti. Sono tutte iniziative meritorie, che vedranno il nostro voto favorevole, che in parte sono finanziate da un contributo straordinario che deriva da una tassazione degli extraprofitti delle aziende energetiche. Noi in teoria siamo a favore ed è giusto. In pratica, però, attenzione!

Facciamo attenzione al metodo di calcolo di questo extraprofitto, perché noi rischiamo di danneggiare seriamente le piccole aziende produttrici di energia, rischiamo di creare disparità tra le aziende dello stesso settore e potremmo darci la zappa sui piedi se queste aziende poi dovessero chiudere o diminuire la produzione. Quindi, invitiamo il Governo a intervenire su questo metodo di calcolo della tassazione degli extra profitti e questo è anche il motivo per il quale abbiamo presentato alcuni emendamenti della collega Moretto, tramite i nostri colleghi del Senato, alcuni dei quali sono stati accolti. Insomma, possiamo ancora fare di più e questo è importante perché rischiamo invece di creare un boomerang. È ovvio però che tutte queste iniziative non sono sostenibili nel lungo termine. Noi non possiamo spendere miliardi e miliardi per ridurre artificialmente in Italia prezzi che sono stabiliti a livello globale: ci serve una politica energetica di lungo termine. Ha detto ieri la collega Moretto che dobbiamo diversificare le nostre fonti di energia, dobbiamo aumentare, ovviamente, le rinnovabili, dobbiamo anche ritornare a investire sui giacimenti di gas nazionale esistenti - questo è fondamentale - però questo presuppone - è facile per tutti dirlo in quest'Aula - una coerenza politica stabile nel tempo, una coerenza che purtroppo è mancata troppo spesso a troppi partiti di questo Paese e quindi non possiamo meravigliarci se ci siamo ritrovati in questa situazione. È emblematico anche il caso di Fratelli d'Italia, che ieri in quest'Aula ha presentato un ordine del giorno per chiedere di nuovo di sbloccare le autorizzazioni esplorative nel mare Adriatico per trovare il gas nazionale. Si tratta dello stesso partito che pochi anni fa aveva fatto una grande campagna per il “sì” al referendum per lo stop alle trivelle e alle trivellazioni.

FABIO RAMPELLI (FDI). Non è vero!

MASSIMO UNGARO (IV). Insomma, sono interessanti questi cambi di atteggiamento a seconda di dove va il vento, per raccattare qualche consenso in più. Questo è un problema, questo è veramente un problema. Mi ricordo molto bene Giorgia Meloni, che diceva: questa legge va abrogata perché non si può continuare a inquinare il nostro mare. È interessante come, anni dopo, si faccia una giravolta a seconda di dove va il vento.

Questa coerenza non fa bene al Paese, neanche ai partiti dell'opposizione. Penso ai nostri amici del MoVimento 5 Stelle, che fortunatamente hanno alla fine cambiato idea sul TAP e adesso i loro esponenti di spicco lodano il TAP. Non vorrei neanche immaginare cosa sarebbe successo se il nostro Paese avesse dovuto affrontare questa crisi senza il TAP e senza appunto un minimo di indipendenza dal gas russo grazie anche al gas azero (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Invece, ci ricordiamo molto bene come, qualche anno, fa crocifiggevano uomini di Governo, come Matteo Renzi o Teresa Bellanova, chiedevano di fermare il TAP e anzi asserivano che, in due settimane, appena fossero stati al Governo, lo avrebbero fermato. Ma siamo contenti che abbiano cambiato idea. Insomma, questa totale mancanza di coerenza della politica italiana danneggia il nostro Paese e non è una sorpresa che appunto la produzione di gas nazionale italiano sia passata da 20 miliardi di metri cubi, all'inizio degli anni Duemila, a meno di 4 miliardi di metri cubi di gas, l'anno scorso. Bisogna cambiare direzione il prima possibile; prima lo capiamo, meglio è.

Nel decreto non parliamo solo di energia, è un decreto omnibus, ci sono tante misure. Mi soffermo su due. C'è, in primo luogo, un tentativo un po' timido, ma buono di cercare di introdurre una vera staffetta generazionale, ossia vengono tagliati i contributi a quelle aziende che hanno lavoratori vicini alla pensione (64 anni), a condizione che assumano lavoratori under 35 per almeno tre anni. Questa misura va bene ma bisogna sicuramente fare un tentativo più serio di staffetta generazionale rispetto alla “quota 100” introdotta dal Governo giallo-verde. Dobbiamo fare molto di più, serve una decontribuzione molto più forte e più potente per cercare veramente di dare una risposta al grave disagio giovanile che abbiamo in Italia e a quei 3 milioni di ragazzi che non studiano e non lavorano, i 3 milioni di NEET, che fanno del nostro Paese quello con il più elevato numero di giovani inattivi di tutta Europa. Un altro tema che il “decreto Ucraina-bis” affronta attiene all'introduzione di misure molto importanti per l'accoglienza del popolo ucraino nel nostro Paese: vengono dati 100 euro al giorno a ogni comune che accoglie un bambino sul proprio territorio e viene data ai medici ucraini e agli operatori sociosanitari la possibilità di operare nel nostro Paese. Tutto questo è buono e giusto perché dobbiamo aiutare quel popolo a difendersi e a sostenere il suo sforzo per la difesa della democrazia e della libertà del proprio Paese. Però, se vogliamo evitare che i “decreti Ucraina” diventino una lunga serie - questo è già il secondo, ma ne arriveranno altri, come abbiamo già visto per i “decreti COVID” - il nostro Paese non può ignorare cosa succede fuori dai confini. Dobbiamo anche introdurre importanti misure di politica estera perché, se non ci occupiamo noi dell'estero, l'estero si occuperà di noi. È per questo motivo che oggi è importante ribadire il nostro “sì” all'adesione alla NATO di Finlandia e Svezia - ha fatto molto bene ieri il nostro Presidente del Consiglio, Mario Draghi, a dirlo e spero lo ribadirà adesso in Aula, tra pochi minuti - e questa è anche un'occasione per ribadire una cosa ai complottisti nostrani: la NATO, per statuto, è un'alleanza difensiva, è un'alleanza a cui aderiscono popoli liberi e democratici e non è colpa della NATO se questa guerra è cominciata. È una cosa che dobbiamo cominciare a ribadire. Io spero anche che, sul punto dell'adesione alla NATO di Finlandia e Svezia, la Lega si ravveda perché qui veramente Salvini rischia di esser superato perfino dal Cremlino. Il Cremlino sta facendo capire che accetta l'adesione di Finlandia e Svezia e io spero che la Lega verrà a più miti consigli sull'adesione dei nostri amici del Nord Europa.

Tra l'altro, riguardo alla Lega, io sono un po' perplesso: da una parte, si predica la pace nel mondo e la contrarietà all'assistenza militare all'Ucraina; dall'altra parte, mi ricordo che, fino a pochi mesi fa, la Lega aveva come bandiera quella di armare tutti i cittadini e asseriva il diritto alla legittima difesa di ogni cittadino. Quindi, io confesso di essere un po' confuso per queste due traiettorie politiche degli amici della Lega.

Concludo dicendo che è fondamentale che l'Italia, con l'Unione europea, si adoperi per il cessate il fuoco, per una via negoziale, ma anche per continuare l'assistenza militare all'Ucraina e per inasprire le sanzioni economiche contro la Russia, qualora questo fosse necessario. Ricordiamoci che la via negoziale e l'assistenza militare sono due facce della medesima medaglia: è il principio della deterrenza. È fondamentale quindi adoperarsi su questa strada ed è inevitabile che l'Italia cerchi di intraprendere un'iniziativa politica per creare una politica comune di difesa a livello europeo - non possiamo più aspettare - e questo non è assolutamente incompatibile con la nostra aderenza alla NATO. La visita di Draghi a Washington dimostra che si può essere europeisti e si può essere atlantisti allo stesso momento, perché l'Europa e l'Alleanza atlantica sono due parti integranti del mondo libero. Questo non vuol dire che non si commettano errori - penso al dramma iracheno commesso vent'anni fa - ma comunque è grazie alle democrazie che noi permettiamo alle persone, che possono anche avanzare teorie strampalate, il diritto di esporle; è grazie alla democrazia e grazie anche allo scudo difensivo della NATO e questo dobbiamo ricordarlo. Infine, Presidente, questa iniziativa non può più aspettare. Ricordiamoci che la democrazia in questo globo è sulla difensiva, c'è una vera e propria crisi della democrazia, abbiamo visto tanti colpi di Stato nel Sahel, in Africa, negli ultimi mesi. Soltanto dieci anni fa, meno del 50 per cento della popolazione mondiale viveva sotto una condizione di dittatura; oggi, è il 70 per cento della popolazione mondiale. Purtroppo siamo stati distratti da crisi finanziarie, da pandemie e da altri problemi più urgenti, ma in realtà le democrazie sono in ritirata e noi la democrazia non possiamo assolutamente darla per scontata. Non diamola per scontata (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Presidente Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio, Presidente Mandelli. Colleghi deputati, sottosegretaria Guerra, ci saremmo attesi certamente una maggiore partecipazione da parte del Governo perché più e più volte questo e altri decreti sono stati definiti da voi stessi decreti esiziali, fondamentali per non cadere in disgrazia, per non trovarsi di fronte a un destino irreversibile per l'Italia e per i nostri connazionali. Invece, siamo qui, more solito, nell'abitudine di un decreto, su cui, more solito, il Governo chiede la fiducia, nell'impossibilità di fare a tutto tondo e con spirito costruttivo il nostro lavoro e soprattutto nell'impossibilità di avere degli interlocutori. Quando la democrazia decide, e quindi è una democrazia efficace, trova comunque un'opposizione e - prima ancora che definire i posizionamenti - trova un Parlamento fatto di forze politiche e di sensibilità sociali che interloquiscono in maniera costruttiva con il Governo e avanzano delle proposte. Poi, se queste proposte sono degne di considerazione vengono semplicemente recepite alla luce del sole. È la storia più normale possibile; invece, qui questa procedura non va mai in onda (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) perché si fa il gioco delle parti. Noi siamo davvero rattristati per questa vostra irresponsabilità ed è per questo - non ve la prendete a male - che non consideriamo questo come il Governo dei migliori, lo consideriamo piuttosto il Governo dei giullari. Non ve la prendete a male perché, nell'antichità, i giullari - termine che proviene dal latino iocularis - erano gli artisti. Siete degli artisti, il Governo degli artisti, artisti che, nella tarda antichità, al confine con l'era moderna, si guadagnavano il pane esibendosi in pubblico (mimi, musicisti, attori, ciarlatani, acrobati, cantastorie, buffoni, giocolieri).

Siete artisti e non ve la prendete a male, perché questi artisti erano, comunque, nobilitati da una cultura di base fondamentale. Quindi, siete giullari, cavalcate l'onda tra la letteratura classica e quella popolare. Infatti, se non foste giullari, se non foste il “Governo dei giullari”, invece che il Governo dei migliori, voi non potreste neanche venire in Parlamento a reiterare, in una fase di crisi, provvedimenti che già avete sperimentato e che sono risultati inefficaci, perché non è serio. Ecco perché siete il “Governo dei giullari”, perché non siete seri.

Quando si parla di materie così complesse, all'indomani di un triennio, ormai, di disperazione e di disgrazia, bisogna portare i fatti, bisogna avere una prospettiva strategica di fronte a sé, bisogna indicare una strada alla Nazione. Voi dentro questi decreti, se sono davvero d'urgenza e se non sono la scorciatoia per bypassare il Parlamento, dovete portarci la sospensione del Piano che irresponsabilmente voi, tutti voi, avete varato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Tutti voi, dal “Conte 1” al “Conte 2” a Draghi. Il PiTESAI, questo Piano che blocca l'attività di coltivazione e di estrazione del gas domestico, l'avete fatto tutti voi, tranne Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! L'avete fatto voi, è stato firmato a febbraio da Draghi! Siete colpevoli del blocco delle estrazioni del gas domestico!

Il MISE, voi, il Governo, le nostre strutture ministeriali, ci dicono che abbiamo 300 miliardi di gas domestico in Italia: non è una mia fonte, lo ha detto ieri in una trasmissione televisiva una collega del MoVimento 5 Stelle. Io ero rimasto a 220 miliardi, una cifra, comunque, importantissima, gigantesca; 220 miliardi, considerando che noi, nel 2021, abbiamo toccato il record di consumo di gas, quasi tutto - diciamo la metà - proveniente dalla Russia e ne abbiamo consumati 70-74 miliardi. Quindi, se c'è una fase di transizione ecologica - il termine è abbastanza chiaro, non bisogna essere degli scienziati per capirlo -, la transizione è una fase che ti porta in un luogo diverso dal quale ti trovi in questo momento. Quindi, potremmo avere una quasi autosufficienza energetica - e lo è certamente dalla Russia -, se aggiungiamo il gas dell'Azerbaigian, quello del Qatar - Di Maio dice che ha trovato il gas nel Qatar e, quindi, forse, ce lo porteranno -, quello dell'Algeria. Non sono democrazie liberali anche quelle, non ci facciamo illusioni, quindi diciamo che chi ha sale in zucca, quando fa geopolitica, sa quali sono gli interlocutori che ha davanti e non si prostra, non si inginocchia, non si fa sottomettere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Infatti, un giorno, qualcuno si potrebbe alzare dal letto con le traveggole e decidere, per esempio, di invadere con i carri armati un'altra Nazione libera, magari, ci può essere - come c'è stata - una reazione internazionale e, se non hai la possibilità di approvvigionarsi di energia o di altre materie prime altrove, ti trovi in difficoltà. Anche questo lo capirebbe persino un bambino.

Noi abbiamo il gas domestico sufficiente, insieme alle altre fonti appena citate, per gestire la transizione senza chiedere il gas a Putin, ma voi, qui, invece, non ci portate la sospensione del PiTESAI, l'acronimo incomprensibile per chi, per decenni quasi, ormai, ha abbaiato alla luna invocando la trasparenza e la comprensibilità delle cose che si decidono qui dentro. Se non sospendete il PiTESAI subito, non possiamo neanche attivare le piattaforme già esistenti, non realizzarne dalle altre (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Non possiamo estrarre quello che esiste e che si potrebbe estrarre domani mattina. Queste notizie vengono dal Governo, dai Ministeri e vengono da Assorisorse, che è il consorzio, federato a Confindustria, di imprese che svolgono attività estrattive. E questo è un capitolo.

Se voi non foste il “Governo dei giullari”, dovreste portare qui la soluzione del problema delle nostre centrali idroelettriche, perché noi produciamo tra il 10 e il 15 per cento di energia per il nostro fabbisogno, dalle nostre centrali idroelettriche, attraverso una fonte rinnovabile! Non serve neanche la transizione ecologica, è già ecologica la modalità di produzione di energia attraverso il sistema idroelettrico. Le montagne sono italiane, l'acqua è italiana, le dighe le abbiamo costruite con i soldi dei cittadini che hanno pagato le tasse, i progetti sono progetti di ingegneria, gli ingegneri italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Per quale motivo voi, in questo decreto, non mettete la soluzione al problema che, di qui a qualche mese, rischia di consegnare la nostra produzione di energia alle multinazionali straniere, senza avere nulla in cambio? Alla faccia della competizione, della concorrenza, del libero mercato: se tu non mi dai nulla in cambio, io non ti do niente. È una legge elementare: o ci si scambiano le risorse, oppure io mi tengo le mie. Ma che libero mercato è quello dove io devo cedere tutto quello che ho, dalle spiagge alle centrali idroelettriche, al petrolio della Basilicata, e tu che hai il bacino carbonifero della Ruhr in Germania, piuttosto che le centrali nucleari in Francia, te le tieni strette e te le gestisci con le tue aziende (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Ma che mondo è quello che avete costruito?

Allora, non avete messo qui dentro il tema della soluzione della gestione delle centrali idroelettriche e, tantomeno, avete previsto la possibilità, di cui tutti parlano - tutti, solo voi non ve ne siete accorti -, di raddoppiare la produzione di energia dalle nostre centrali idroelettriche attraverso la conduzione forzata. Non so se avete presente, nelle vostre città, le fontane come funzionano: per evitare il consumo dell'acqua, il circuito è chiuso. Quindi, noi, dalle nostre centrali idroelettriche, che producono il 10-15 per cento di energia domestica, possiamo raddoppiare semplicemente con pompe che riportano l'acqua esattamente dove stava e la fanno ricadere giù e con le turbine si produce nuova energia.

Ci sono questi provvedimenti qui dentro? No, non ci sono! C'è l'abbassamento delle accise? Sì, senza toccare un capello - mi avvio a concludere, grazie, Presidente -, senza toccare un pelo a coloro i quali hanno fatto cartello, il 10 per cento, sugli extraprofitti. Ma non vi vergognate? Questi signori hanno fatto una speculazione sulla disgrazia umana: stretti tra la pandemia e la guerra, fanno cartello e vendono il carburante o le altre fonti di energia, che hanno accumulato prima di queste disgrazie, a prezzi stracciati, come se li avessero comprati dopo la pandemia e dopo la guerra (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Da vergognarsi! Dovrebbero essere processati nelle aule di tribunale, altro che il 10 per cento di tasse sugli extraprofitti! E non c'è nulla di tutto questo dentro questo provvedimento.

Concludo. Sono andato lungo, ma spero di essere stato chiaro. Voteremo contro e, così come è accaduto nella nostra conferenza programmatica di Milano, voglio terminare questo intervento citando una sorta di filippica orientale, di provenienza di Sheikh Rashid, una personalità importante a Dubai, negli Emirati Arabi: “I tempi difficili creano persone forti, le persone forti creano tempi facili. I tempi facili creano persone deboli, le persone deboli” - voi - “creano tempi difficili” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ma, per fortuna, il 2023 è dietro l'angolo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cattaneo. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CATTANEO (FI). Grazie, signor Presidente. Forza Italia ha lavorato su questo decreto con una visione chiara: stare vicino all'Italia in un momento di difficoltà che non si poteva prevedere e che, per certi versi, supera le difficoltà che abbiamo di fronte, persino in un momento pandemico. Perché i numeri dicono proprio questo: noi stiamo affrontando una crisi, che è un combinato disposto del caro energia, caro materiali, una crisi internazionale alle porte e una instabilità dei mercati finanziari.

Tutto questo si sostanzia oggi in un dramma che attraversano milioni di famiglie e migliaia e migliaia di imprese. Sono tre i decreti su cui si sta lavorando e su cui il Parlamento è chiamato a intervenire: abbiamo lavorato sul “ decreto Energia”, che ha portato in dote al Paese 7,7 miliardi di euro; ora questo, il “decreto Ucraina”, con 5,9 miliardi di euro; e poi verrà discusso, innanzitutto alla Camera, il “decreto Aiuti”, per altri 16,7 miliardi. Insomma, una potenza di fuoco di 30 miliardi per dare risposte. Dare delle risposte come? Come sempre, al di là dei singoli interventi, Forza Italia lavora dentro a una visione complessiva. Identifichiamo diverse aree su cui lavorare: la prima riguarda gli indigenti, le famiglie che non ce la fanno; però - e lo diciamo con forza e senza esitazioni - bisogna pensare di più alle imprese, di più a quel mondo economico che ogni giorno produce, si alza e crea valore per il nostro Paese. Perché se è un dovere stare vicino a chi non ce la fa a pagare una bolletta elettrica o del gas, è altrettanto importante stare vicino a quelle imprese che oggi, senza un aiuto e un nostro intervento, sarebbero destinate a chiudere. E se chiudono quelle aziende, nel momento in cui ci sarà la ripartenza, noi non saremmo in grado di intercettarla. Quindi bisogna tenere accesa la fiammella dell'imprenditoria e del lavoro nel nostro Paese.

Passiamo ora in rassegna gli interventi a cui Forza Italia ha anche lavorato. Il primo tema su cui siamo stati tutti impegnati è quello della riduzione dell'aliquota delle accise sulla benzina fino all'8 luglio: proroghiamo una misura che mira a fare fronte a quella che è una vera e propria emergenza, che colpisce tutti indistintamente e che non poteva non trovare una risposta adeguata. Quella della proroga fino all'8 luglio è una buona notizia. Se saremo chiamati a intervenire ulteriormente, lo faremo senza esitazioni, perché quella è una tassa occulta, è un'inefficienza del sistema che grava su tutti. Il secondo tema concerne le risposte alle categorie più fragili. In questo senso siamo contenti di poter contare sull'aumento a 12 mila euro del tetto ISEE per l'accesso al bonus sociale per elettricità e gas, si applica a ben 5,2 milioni di famiglie. E poi il bonus carburante esentasse da 200 euro per i dipendenti privati, un'altra iniziativa secondo noi significativa e importante. E, lo dico qua, bisogna anche stare vicino ai comuni italiani, perché questi hanno direttamente e indirettamente gli stessi aumenti degli altri, ma hanno su di loro il peso di dare risposte, attraverso il welfare comunale, alle famiglie e ai cittadini. Non dimentichiamocene, dobbiamo intervenire, abbiamo iniziato a farlo, ma dobbiamo fare di più anche per le nostre 8 mila municipalità.

Vengo ora al tema delle imprese, per noi fondamentale. Ascoltiamo il grido di dolore di Confindustria, che chiede a questo Governo di fare di più. Ci sono le aziende energivore, siamo intervenuti con questo decreto, eravamo già intervenuti, Forza Italia si era spesa per il rinnovo dell'Interconnector alla fine dell'anno scorso: senza di quello oggi sarebbero semplicemente chiuse le aziende energivore del nostro Paese. Ci sono, però, anche tutte le altre aziende, che, se non sono energivore, sono colpite altrettanto dal caro bollette. Come si interviene? Si interviene con l'utilizzo della leva fiscale, e noi su questo siamo d'accordo; con il credito d'imposta per il gas, nel secondo semestre del 2022 a beneficio di tutti, e con l'intervento della garanzia SACE per dilazionare le bollette, che altrimenti oggi le aziende non sarebbero in grado di pagare. Voglio citare poi gli interventi in tema di credito d'imposta IMU per il settore turistico, che da sempre sosteniamo con particolare sensibilità. Siamo prossimi alla stagione estiva, che, se l'anno scorso è stata una stagione molto positiva, quest'anno rischierebbe, invece, di farci trovare in ginocchio se non interveniamo. Un altro intervento importante è quello sul carburante a beneficio dei settori dell'agricoltura, della pesca e anche - lo voglio citare - del trasporto. Il mondo del trasporto è evidentemente quello più colpito dal caro carburante e anche in questo settore noi siamo intervenuti con iniziative mirate.

Non voglio dilungarmi più di tanto, mi sembra anche giusto comprimere i tempi per permettere il rispetto degli orari che ci siamo dati per l'arrivo del Presidente del Consiglio. Però voglio rivendicare i risultati che Forza Italia, anche in questo decreto, ha conseguito. In questo anno abbiamo lavorato a fianco delle imprese e ricordo i risultati ottenuti nel mondo automotive. In generale, ricordo che la presenza di Forza Italia è garanzia di una sensibilità particolare in ambito di sviluppo economico, di sostegno alle imprese; mai faremo venire meno questa attitudine. Il momento è grave. Concludo con un richiamo al realismo, a cui ci invitano tutti gli imprenditori in prima linea. Questa crisi è peggio della crisi del COVID, forse non ce ne siamo ancora resi conto. Questi interventi sono utili, ma non risolvono il tema. Noi dobbiamo continuare a lavorare e il “decreto Aiuti” alla Camera sarà un ulteriore banco di prova e dobbiamo lavorare non solo per bonus o per interventi una tantum, ma per riforme strutturali da lasciare all'economia del Paese. Solo così faremo un vero servizio all'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fragomeli. Ne ha facoltà.

GIAN MARIO FRAGOMELI (PD). Grazie, Presidente Mandelli. Rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, il DL n. 21, recante “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”, identifica e riassume compiutamente nel titolo il carattere congiunturale sul lato economico, ed eccezionale sugli aspetti umanitari, e di sostegno senza ambiguità alcuna contro l'invasione militare da parte della Russia verso un altro Stato sovrano, l'Ucraina.

Noi, da questo punto di vista, abbiamo lavorato, in particolare al Senato, e approviamo oggi misure importanti in questo decreto. Per noi democratici la misura più cara e forse non particolarmente evidenziata è proprio il potenziamento del bonus sociale per l'energia elettrica e il gas, non dimensionata su una platea di destinatari generalizzata, ma indirizzata a chi sta soffrendo di più la crisi energetica: le persone con reddito ISEE fino a 12 mila euro, contro i precedenti 8.265. Un intervento, dicevo, non innovativo, ma che ha voluto potenziare e salvaguardare l'accesso energetico ad oltre 5,2 milioni di famiglie italiane meno abbienti, più bisognose, presupposto imprescindibile per noi del Partito Democratico per uno sviluppo socialmente sostenibile.

Così come la proroga al 30 giugno del pagamento rateizzato delle bollette elettriche e del gas delle famiglie non strutturalmente in difficoltà, ma interessate da uno scenario inedito ed economicamente complicato. Abbiamo approvato misure importanti, anche queste generalizzate, sulla riduzione delle accise sui carburante - nella prima versione per solo un mese, poi, grazie agli emendamenti approvati in Parlamento, fino all'8 luglio - che, badate, riconsegna vicinanza e attenzione tra lo Stato e gli italiani, spaventati nelle scorse settimane da una corsa accelerata al rialzo dei prezzi, registrata quotidianamente nei tabelloni delle stazioni di servizio con importi che varcavano strutturalmente la soglia dei 2 euro, oggi abbattuti di oltre 30 centesimi. Così come la previsione di maggiori poteri di controllo al Garante per la sorveglianza dei prezzi. Abbiamo lavorato anche per misure di contrasto all'aumento del costo carburante sul lavoro, perché anche questo è importante: la gratuità dei buoni carburante fino a 200 euro, che non concorrono quindi alla formazione del reddito. Abbiamo lavorato anche, per la prima volta, per le imprese non energivore, quelle che magari erano dimenticate nei precedenti provvedimenti, prevedendo un credito d'imposta del 12 per cento sulla spesa dell'energia elettrica se l'incremento della stessa sia superiore al 30 per cento rispetto al medesimo trimestre 2019. Ricordo poi il credito d'imposta per il gas, sempre per le imprese non gasivore, introducendo anche qui lo strumento della cessione del credito, fondamentale per dare una risposta non solo economica, ma anche tempistica, perché nelle crisi le aziende hanno bisogno di liquidità e hanno bisogno, quindi, di interventi anche molto celeri. Abbiamo lavorato, poi, per riproporre e maggiorare anche i crediti d'imposta per le imprese energivore e gasivore, perché anche queste hanno subito fortemente gli effetti dell'aumento del costo dell'approvvigionamento energetico. Ci siamo occupati di settori fondamentali come quelli della pesca, delle attività agricole, anche qui inserendo crediti d'imposta sulle spese del carburante.

Abbiamo lavorato anche per quelle attività ricettive turistiche, che, sul finire dell'anno, hanno subìto comunque rallentamenti della loro attività, intervenendo con un'importante decurtazione del pagamento della seconda rata IMU 2021, sempre a fronte, però, di una diminuzione, sempre del 50 per cento, del fatturato e dei corrispettivi rispetto al periodo precedente.

Siamo intervenuti su un'altra questione, che dovremmo approfondire anche nei prossimi decreti, relativa al credito alle imprese, che fa memoria sulla contiguità della crisi pandemica e di quella legata agli effetti della guerra, prorogando i tempi per la restituzione della quota capitale sui prestiti garantiti dallo Stato in periodo COVID; così pure i 9 miliardi di garanzia SACE per la rateizzazione delle bollette energetiche, dando altri 24 mesi alle imprese che vivono una forte difficoltà.

Non ci siamo dimenticati dell'estensione del golden power. Ho sentito prima colleghi parlare di poteri speciali, di quanto questo Governo non si occupi di questo aspetto. Siamo voluti intervenire e estendere quanto già fatto nel “decreto Liquidità”, quindi oltre al tema importante dei servizi bancari e assicurativi, abbiamo aggiunto anche le grandi derivazioni idroelettriche, perché ci crediamo ancora di più oggi: l'approvvigionamento e la maggiore autonomia energetica sono una priorità non solo nazionale, ma europea.

Come dicevo, anche le misure di carattere umanitario trovano esplicitazione nel coadiuvare e supportare il grande cuore dell'associazionismo italiano e dei nostri comuni nell'assistenza e nell'accoglienza dei rifugiati, rendendo l'Italia protagonista su un tema che – permettetemi, da democratico - riteniamo molto caro: l'accoglienza di chi fugge dalle guerre e dalle persecuzioni, a prescindere dalle coordinate geografiche del Paese di origine (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Importante è la previsione di un contributo di 100 euro al giorno pro capite per i comuni, nel sostenere affidamenti familiari ai minori ucraini non accompagnati, fin dai primi giorni di quella tremenda invasione. Si tratta di misure che danno attuazione a politiche sanzionatorie di carattere europeo ed internazionale, prevedendo la gestione di beni congelati a seguito della crisi ucraina. Non ci siamo dimenticati, però, di dare maggior agio e spazio ai nostri comuni e abbiamo lavorato per rendere utilizzabili i cosiddetti avanzi di amministrazioni, risorse che i comuni hanno pronte, e per poterli utilizzare per coprire i pesanti aumenti della spesa energetica che hanno interessato anche loro.

Presidente, mi avvio a concludere, perché abbiamo tempi contingentati, ma, a lei, alla sottosegretaria Guerra e a tutti voi, voglio ribadire che a noi, del Partito Democratico, non è mai sfuggito, né il segno, né la pesante misura della crisi pandemica sull'economia nazionale, spesso riassunti in quella rilevazione nel 2020 di un fondamentale indicatore: il PIL in caduta dell'8,9 per cento. Ce ne siamo assunti la piena responsabilità di Governo per superarla, così come oggi non ci sfuggono le conseguenze della guerra e della crisi energetica, segnata da un altro importante indicatore economico e sociale, l'inflazione stimata nel 2022 al 6 per cento, con la conseguente riduzione della capacità di acquisizione di beni e servizi degli italiani. Una preoccupazione, quest'ultima, che vedrà il Partito Democratico sempre in prima linea, attento nell'individuare risposte concrete e di sostegno per il sistema delle imprese e per le famiglie, con un particolare sguardo alle famiglie meno abbienti.

È nel riconoscimento dello sforzo finanziario di oltre 28 miliardi, messo in campo dal Governo, per contrastare gli effetti della guerra con i decreti “Energia”, “Taglia prezzi” e il prossimo “decreto Aiuti” (che arriverà in discussione alla Camera) che annuncio il convinto voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Approfitto per salutare docenti e studenti dell'Istituto magistrale “A.G. Roncalli” di Manfredonia: benvenuti e una buona giornata (Applausi).

Ha chiesto di intervenire l'onorevole Covolo. Ne ha facoltà.

SILVIA COVOLO (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, dopo l'emergenza COVID, un'altra situazione del tutto inedita, legata al conflitto russo-ucraino, ci costringe ad affidarci ancora a misure urgenti, decretate dal Governo per far fronte alle conseguenze socio-economiche causate dal mutato contesto geopolitico. Spiace dovere sempre rincorrere le emergenze e non potere parlare di misure strutturali, ma l'attuale momento storico lascia ben poco spazio alle riforme di più ampio respiro. Inoltre, siamo i primi a riconoscere che la conversione di decreti-legge possa essere avvilente e mortificante per un deputato, specie quando un testo normativo viene approvato in prima lettura al Senato, come in questo caso. Tuttavia, non faremo mancare il nostro voto favorevole alle misure approntate per venire incontro alle necessità di famiglie e imprese, gravate da una dinamica inflattiva legata in parte alla rapida ripresa post-COVID, ma soprattutto all'aumento dei prezzi dei beni energetici per la diminuzione delle importazioni di gas russo, dal quale dobbiamo affrancarci, anche in adesione alle sanzioni stabilite a livello europeo, di cui condividiamo la finalità, senza temere il cosiddetto suicidio energetico, che è stato minacciato.

Negli ultimi mesi, la Lega ha condotto una vera e propria battaglia contro il caro bollette. Con il “decreto-legge Ucraina-bis” la vediamo tradursi in azioni concrete, che vanno dal credito d'imposta, per le imprese energivore e per le imprese gasivore, al bonus sociale elettricità e gas, con innalzamento del limite ISEE fino a 12.000 euro, passando per la rateizzazione delle bollette elettriche e del gas e per le fatture non pagate dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2022.

In particolare, è merito di un lavoro del Ministro Giancarlo Giorgetti, se con il “decreto Aiuti” il bonus sociale elettricità e gas - già previsto da precedenti decreti-legge per il quarto trimestre 2021 e per i primi due trimestri 2022 - è stato esteso anche al terzo trimestre 2022, rendendo retroattiva la misura per i soggetti che non avessero presentato per tempo l'ISEE.

La Lega, del resto, si prodiga da sempre per la tutela delle fasce più deboli della popolazione e, proprio per questo, ha voluto depositare un atto di indirizzo al Governo, perché promuova un'efficace campagna di informazione sulle modalità di accesso ai bonus destinati ai soggetti più fragili. Vediamo positivamente anche la rimodulazione delle aliquote sul prezzo dei carburanti e il buono carburante di 200 euro, che potrà essere fornito ai dipendenti dai datori di lavoro senza aggravi sul reddito, nonché i contributi al settore dell'autotrasporto.

Tali interventi sono finanziati, in parte, con il prelievo sugli extraprofitti delle società energetiche, che pur potranno diluire il pagamento del dovuto in due tranche. Ovviamente, il provvedimento che ci accingiamo ad approvare deve essere letto contestualmente al cosiddetto “decreto Aiuti”, che contiene ulteriori interventi in chiave anti-rincari e che è appena stato bollinato nella sua versione finale, stanziando ulteriori 16,7 miliardi di sostegno alla nostra economia, ora in sofferenza anche per i danni da guerra. L'intento deve rimanere quello di destinare risorse, “whatever it takes”, per supportare i nostri cittadini e i nostri settori produttivi.

Pure la proroga del superbonus 110 per cento per le villette è riconducibile al pressing del gruppo Lega sull'Esecutivo. Siamo soddisfatti della concessione della nuova scadenza del 30 settembre per il completamento del 30 per cento dei lavori sulle case unifamiliari. Tuttavia, invitiamo il Governo - lo abbiamo fatto in Commissione finanze e con un ordine del giorno a questo decreto - a non appesantire la situazione delle imprese che eseguono i lavori. Andare a creare ulteriori vincoli burocratici ci sembra contrastare con la finalità del superbonus, che deve essere uno strumento di rilancio della nostra economia. Sebbene la lotta all'evasione ci veda tutti concordi, reputiamo che l'estensione dell'attestazione SOA alle imprese che operano nel settore privato, per lavori di importo superiore a 516.000 euro, significhi escludere dal mercato della riqualificazione edilizia l'80 per cento dei possibili partecipanti, salvo appesantirli di ulteriori costi e oneri, con l'unico vantaggio di favorire le società abilitate al rilascio di certificazioni. Ci facciamo, quindi, portavoce del grido di allarme lanciato da molte associazioni di categoria, come Confartigianato e CNA, che lamentano oltretutto di non potere sempre rincorrere i cambiamenti normativi e di non potere trovarsi di fronte a disposizioni oscure, di difficile interpretazione e mutevoli, come quelle sulla cessione dei crediti sui bonus edilizi, cambiate per l'ennesima volta con il “decreto Aiuti”. C'è bisogno di certezza dei tempi, di certezza e di semplificazione delle procedure e non smetteremo mai di ripeterlo. Lo stesso deve valere per gli enti locali, che non possono essere continuamente oberati di nuovi adempimenti inutili, che sottraggono tempo ed energie agli uffici, impiegabili per dare risposte concrete ai cittadini.

Ben venga che il decreto-legge Ucraina abbia previsto la rettifica degli allegati al rendiconto di gestione 2021 per i comuni; tuttavia, per molti di essi è stato impossibile, stante il periodo emergenziale, rispettare la scadenza del termine di approvazione del consuntivo del 30 aprile, che, anche con un nostro ordine del giorno, invochiamo venga differito almeno al 31 maggio. Anche la ripresa del settore turistico, uno dei più penalizzati dalle limitazioni COVID degli ultimi due anni, è un tema caro alla Lega; finalmente vediamo i risultati dell'intenso lavoro del Ministro Garavaglia. Il credito d'imposta IMU per gli operatori del comparto non può che vederci favorevoli, così come la proroga delle semplificazioni per la concessione del suolo pubblico. Del pari, anche il settore teatrale riceve con questo decreto misure di sostegno, considerate le restrizioni sofferte per l'emergenza pandemica. Il “decreto Aiuti” interviene invece a supporto della riapertura delle sale cinematografiche, anch'esse duramente colpite dal lockdown. Esprimiamo soddisfazione, considerata la nostra vicinanza al mondo delle partite IVA, per aver anticipato al 31 gennaio 2020 la sospensione degli adempimenti verso la PA dei professionisti colpiti dal COVID.

Consapevoli del fatto che l'arresto della ripresa non potrà ripercuotersi sulle aziende e sui loro dipendenti, esprimiamo il nostro plauso per gli esoneri contributivi per l'assunzione di lavoratori provenienti da imprese in crisi, ovvero la spinta al ricambio generazionale attraverso la surroga dell'INPS nel pagamento dei contributi previdenziali dei sessantaquattrenni per tutti quei datori di lavoro che assumono gli under 35. In ultima istanza, mi sia consentito esprimere un auspicio: che le semplificazioni e le misure di sostegno, previste da questo decreto-legge e dal “decreto Aiuti” per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, tra i quali ci auguriamo vengano ricomprese a pieno titolo anche le biomasse, e per l'installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, non rimangano solo un rimedio straordinario, dettato dall'emergenza, ma diventino l'ordinario, aprendo la strada ad un nuovo modo di pensare l'azione amministrativa in tutti i settori e a tutti i livelli (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Perconti. Ne ha facoltà.

FILIPPO GIUSEPPE PERCONTI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, davanti all'impennata dei prezzi di bollette e carburanti il Governo è intervenuto per raffreddare gli aumenti connessi alla guerra in Ucraina e al rischio di blocco delle forniture. La parola d'ordine è agire in fretta, con misure efficaci per famiglie ed imprese, ma affiancando, come abbiamo sempre ribadito, interventi strutturali ai necessari interventi in emergenza. Il cosiddetto decreto Taglia prezzi è una delle risposte di cui fanno parte anche il decreto-legge Bollette, già convertito, e il decreto-legge Aiuti, approvato dal Consiglio dei Ministri e fra poco alla Camera per l'inizio dell'iter di conversione. In particolare, il provvedimento che stiamo discutendo deve essere letto in stretto legame con il “decreto Aiuti”, visto che molte delle agevolazioni e delle misure a favore di famiglie e imprese contenute nel primo sono state nel frattempo potenziate all'interno del secondo.

Complessivamente, il decreto-legge Taglia prezzi vale 4,4 miliardi di euro, quasi integralmente coperti dal gettito che dovrebbe arrivare da quello che nel provvedimento era ancora un contributo del 10 per cento sugli extraprofitti delle società energetiche; contributo nel frattempo salito al 25 per cento, come chiesto dal MoVimento 5 Stelle, all'interno del decreto-legge Aiuti. Nel dettaglio, i contenuti principali sono: riduzione delle accise sulla benzina fino al 21 aprile, nel frattempo prorogata all'8 luglio dal decreto-legge Accise (misura contenuta in un emendamento, che è stato approvato, allo stesso decreto-legge Taglia prezzi); bonus carburante da 200 euro per i dipendenti di datori di lavoro privati; proroga dal 30 aprile al 30 giugno della possibilità di pagare a rate le bollette per i clienti domestici; credito d'imposta al 12 per cento per l'acquisto di energia elettrica a beneficio delle imprese con potenza superiore ai 16,5 chilowatt, aumentato al 15 per cento dal decreto-legge Aiuti; credito d'imposta al 20 per cento per l'acquisto di gas a beneficio delle imprese non gasivore, aumentato al 25 per cento dal decreto-legge Aiuti; aumento dal 20 al 25 per cento del credito di imposta per le imprese energivore; credito d'imposta al 20 per cento a beneficio di agricoltori e pescatori per l'acquisto di carburante. A ciò si aggiungono: la rateizzazione delle bollette fino a 24 mesi per le imprese che acquistano energia elettrica o gas con garanzia SACE; il rifinanziamento di 300 milioni nel 2022 del Fondo centrale di garanzia delle PMI; un Fondo da 500 milioni per l'autotrasporto nel 2022; l'esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori provenienti da imprese in crisi e misure assistenziali per profughi ucraini e minori.

Il decreto-legge Taglia prezzi, visto nel suo sviluppo all'interno del decreto-legge Aiuti, ha una fortissima impronta del MoVimento 5 Stelle. Tutti i nostri principali emendamenti presentati sono diventati norme nel decreto-legge Aiuti, destinati quindi ad entrare subito in vigore. Ecco i principali esempi: proroga al 30 settembre del 30 per cento dello stato di avanzamento dei lavori per fruire del superbonus sulle case unifamiliari; possibilità per le banche di cedere subito i crediti d'imposta da superbonus ai propri clienti professionali; aumento del credito d'imposta per le imprese gasivore; aumento dal 10 al 25 per cento del contributo sugli extraprofitti delle imprese energetiche; proroga del taglio delle accise sui carburanti decisa dal decreto-legge Accise, poi diventato emendamento al decreto-legge Taglia prezzi.

Le misure appena elencate, il loro spirito e la loro portata, visti, come dicevamo, in relazione agli altri provvedimenti adottati in questa difficile fase, vanno nella direzione da noi auspicata. Questo decreto contiene una parte delle risposte necessarie ad affrontare la pandemia energetica, le conseguenze della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina e, non da ultimo, per continuare a perseguire la traiettoria della transizione energetica ed ecologica. Per tutte queste ragioni, esprimo il voto favorevole del gruppo del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Labriola. Ne ha facoltà.

VINCENZA LABRIOLA (FI). Presidente, onorevoli colleghi, vorrei che rimanesse agli atti il motivo del mio voto di astensione sul provvedimento in esame. Il problema non è l'impianto del decreto, ma è la norma su Acciaierie d'Italia che è irricevibile e inaccettabile. Quello che avverrà con questo decreto è una rapina ai danni dei tarantini. La crisi ex Ilva non si è acuita con l'aggressione scellerata all'Ucraina, ma deriva dalla mancanza di coraggio e intervento politico che noi abbiamo sempre denunciato. L'acciaieria e la sua crisi sono state lasciate scivolare su un piano inclinato, fino a quando sono emersi tutti i nodi e la mancanza di risorse. In quest'Aula ieri si è parlato di piano industriale. Ma che piano industriale, se il nuovo contratto tra Ilva in amministrazione straordinaria e Acciaierie d'Italia non è possibile per il mancato dissequestro degli impianti? Per non parlare, poi, dei punti critici del negoziato che riguardano gli aspetti economici, che sono un'ulteriore beffa. ArcelorMittal chiede una riduzione di 200 milioni sul prezzo di acquisto, una riduzione ulteriore del 25 per cento del canone dopo che è stato già dimezzato nel marzo 2020. Lo dovrebbero sapere i cari colleghi dei 5 Stelle. Resta critico il rapporto di Acciaierie d'Italia e indotto a causa dei mancati pagamenti da parte del committente, per non parlare poi di tutte le questioni legate all'inquinamento, alle mancate bonifiche, al rilancio dell'azienda.

Chiudo rivolgendomi al Governo, perché un ordine del giorno, così anche come è stato riformulato, diventa ancora più una beffa ai danni dei tarantini. Per questo, semplicemente, sottosegretario, ieri poteva riformulare l'ordine del giorno dicendo che il Governo, quando fosse stato pronto a metterci la faccia, sarebbe venuto in Aula a svolgere un'informativa urgente sulla questione, perché, è vero, questo articolo ha portato di nuovo uno pseudo dibattito sulla crisi industriale ex Ilva in quest'Aula, ma il problema è che c'è un quadro normativo molto ingarbugliato e tutti ne siamo consapevoli.

La crisi dell'ex Ilva non è facile da risolvere, ma è anche impensabile che si possa risolvere solo nei momenti di urgenza e con urgenza. Ci sono dodici decreti che sono passati, c'è una vendita che adesso non sappiamo come andrà a finire per il mancato dissequestro, c'è una nuova sentenza da parte della CEDU nei confronti dell'Italia - questa è la quarta - perché il Governo, anche per ammissione del Ministro Cingolani, non ha avuto un piano di reale bonifica. E quei 150 milioni, anche se fossero residui di portafoglio, andrebbero rivolti verso i tarantini, verso i lavoratori, verso l'indotto, che hanno mantenuto aperta quell'azienda nel momento peggiore, nel momento del commissariamento; e, guarda caso, avanzano proprio 150 milioni. Purtroppo, il MiSE vuole essere pagato prima. Un comparto messo in crisi, che per l'Italia è fondamentale, per mancanza di coraggio della politica è veramente inaccettabile.

Mi spiace per questa astensione, perché l'impianto del provvedimento è adeguato alla crisi che stiamo vivendo, però, questo è l'ennesimo scippo che non possiamo permettere ai cittadini di Taranto che stanno ancora cercando un connubio tra salute e lavoro e non si può continuare ad andare avanti con il ricatto occupazionale (Applausi di deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale. Sospendiamo, quindi, l'esame del provvedimento, che riprenderà per la votazione finale dopo lo svolgimento dell'informativa urgente del Presidente del Consiglio dei Ministri sugli ulteriori sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina.

La seduta è sospesa e riprenderà alle ore 11,35.

La seduta, sospesa alle 11,30, è ripresa alle 11,45.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

Informativa urgente del Presidente del Consiglio dei Ministri sugli ulteriori sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una informativa urgente del Presidente del Consiglio dei Ministri sugli ulteriori sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina.

Dopo l'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri interverranno i rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, con un tempo di 10 minuti per gruppo e di 13 minuti per il gruppo di Fratelli d'Italia. Un tempo specifico è attribuito al gruppo Misto; alle componenti politiche di opposizione è stato attribuito un tempo aggiuntivo.

(Intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi.

MARIO DRAGHI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Signor Presidente, onorevoli deputate e deputati, l'informativa di oggi intende approfondire i principali aspetti legati alla guerra in Ucraina. In particolare, mi soffermerò sulla situazione militare sul terreno, sulle conseguenze del conflitto dal punto di vista umanitario, alimentare, strategico, sullo sforzo italiano di sostegno all'Ucraina, sulle sanzioni nei confronti della Federazione Russa, sulle iniziative negoziali in corso e sull'azione del Governo in tema di diversificazione delle forniture energetiche e di aiuto alimentare ai Paesi più vulnerabili.

La guerra in Ucraina è giunta al suo ottantacinquesimo giorno. La speranza da parte dell'esercito russo di conquistare vaste aree del Paese in tempi brevi si è scontrata con la convinta resistenza da parte del popolo ucraino. La Federazione Russa si è ritirata da ampie porzioni del terreno ucraino per concentrare le sue forze nell'area orientale del Paese. Anche qui l'avanzata russa procede molto più lentamente del previsto.

Nell'ultima settimana, le forze ucraine hanno ripreso il controllo di Charkiv, nell'est del Paese, la seconda città per popolazione in Ucraina. L'esercito ucraino ha finora respinto i tentativi da parte russa di attraversare il fiume Severskij Donec e, quindi, di accerchiare Severodonetsk, a circa 100 chilometri a nord-ovest di Lugansk. Nel sud-est dell'Ucraina l'offensiva russa si è trasformata in un'occupazione militare. A Cherson le forze russe hanno lasciato alla guardia nazionale russa il presidio dell'area. Il 1° maggio la città ha adottato il rublo russo ed è stata agganciata alla rete di telecomunicazioni russa Rostelecom: un segnale di progressivo radicamento della Russia nell'area.

L'attività dell'aviazione e i lanci missilistici russi continuano su Mariupol e nell'area del Donbass. Secondo lo stato maggiore ucraino le forze russe stanno cercando di annettere nuovi territori negli oblast di Donetsk e Lugansk. Il costo dell'invasione russa in termini di vite umane è terribile. Le ricostruzioni con immagini satellitari hanno individuato 9 mila corpi in quattro fosse comuni nei dintorni della città di Mariupol. La scorsa settimana sono state ritrovate fosse comuni a Kiev, dopo quelle scoperte in altri luoghi liberati dall'occupazione russa, ad esempio, a Bucha e a Borodjanka. L'Italia ha offerto il suo sostegno al Governo ucraino per indagare su possibili crimini di guerra. In questo contesto, la nostra ambasciata ha ripreso, comunque, le sue attività a Kiev. Ringrazio ancora una volta l'ambasciatore Zazo e tutto il personale dell'ambasciata (Applausi) per lo spirito di servizio, la professionalità e il grande coraggio dimostrati.

Al 3 maggio il numero di sfollati interni è arrivato a 7,7 milioni di persone. Secondo l'Alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite, circa 6 milioni di persone, soprattutto donne e minori, hanno lasciato l'Ucraina dall'inizio delle ostilità per andare in Paesi vicini. Se si sommano queste due cifre, sono quasi 14 milioni i residenti in Ucraina che hanno dovuto lasciare le loro case, quasi un cittadino su tre. Oltre 116 mila ucraini sono arrivati in Italia, di cui 4 mila minori non accompagnati. Sinora abbiamo inserito circa 22.792 studenti ucraini nelle scuole italiane. Desidero ringraziare il Ministro Bianchi, il personale della scuola e tutte le bambine e i bambini per questa meravigliosa manifestazione di amore (Applausi) e di efficienza collettiva.

Voglio anche ringraziare la Protezione civile, gli enti del Terzo settore e tutti i cittadini italiani che sono impegnati nell'accoglienza dei rifugiati. L'Italia è orgogliosa di voi, della vostra umanità, della vostra solidarietà, della vostra accoglienza (Applausi).

Alla crisi umanitaria dovuta all'invasione russa rischia ora di aggiungersi una crisi alimentare. Russia e Ucraina sono tra i principali fornitori di cereali a livello globale. Da soli sono responsabili di più del 25 per cento delle esportazioni globali di grano e 26 Paesi dipendono da loro per più di metà del loro fabbisogno. Le devastazioni belliche hanno colpito la capacità produttiva di vaste aree dell'Ucraina. A ciò si aggiunge il blocco, da parte dell'esercito russo, di milioni di tonnellate di cereali nei porti ucraini del Mar Nero e del Mar d'Azov.

La guerra in Ucraina minaccia la sicurezza alimentare di milioni di persone, anche perché si aggiunge alle criticità già emerse durante la pandemia. L'indice dei prezzi dei prodotti alimentari è salito nel corso del 2021 e ha toccato a marzo i massimi storici. La riduzione delle forniture di cereali e il conseguente aumento dei prezzi rischia di avere effetti disastrosi, in particolare per alcuni Paesi dell'Africa e del Medio Oriente dove cresce il pericolo di crisi umanitarie ma anche di crisi politiche e sociali.

La guerra ha avuto anche degli effetti significativi sul mercato energetico aumentando l'incertezza. In realtà, i prezzi del gas erano già alti prima della guerra, però l'incertezza generale sulla sicurezza degli approvvigionamenti è certamente aumentata. A causa delle difficoltà tecniche legate al conflitto, è stato interrotto il flusso di gas russo verso l'Europa attraverso il gasdotto Sokharanivka, da cui passa circa un terzo del totale. I prezzi restano a livelli molto alti rispetto ai valori storici e sono anche soggetti a forte volatilità.

Fin dall'inizio dell'invasione il Governo si è mosso con convinzione per sostenere l'Ucraina. Abbiamo stanziato oltre 800 milioni di euro nell'assistenza per i profughi. Circa 300 milioni fanno parte dell'ultimo “decreto Aiuti”. Rafforziamo la capacità di accoglienza dei rifugiati e forniamo ai profughi l'accesso all'assistenza sanitaria pubblica.

Siamo un Paese ospitale. Lo stiamo dimostrando e intendiamo continuare a farlo.

L'Italia ha inoltre stanziato 110 milioni di euro in sovvenzioni al bilancio generale del Governo ucraino per la gestione dell'emergenza, a cui si aggiungono fino a 200 milioni in prestiti. Finanziamo con 26 milioni di euro le attività di varie organizzazioni internazionali attive in Ucraina e anche nei Paesi limitrofi. Nel quadro del meccanismo europeo di protezione civile è stato organizzato un trasporto umanitario di circa 20 tonnellate di materiali umanitari della cooperazione italiana e il servizio della Protezione civile ha donato beni come letti da campo, tende, medicinali e apparecchiature mediche all'Ucraina, ma ha offerto assistenza anche a Slovacchia e a Moldova.

Per impedire che la crisi umanitaria continui ad aggravarsi dobbiamo raggiungere il prima possibile un cessate il fuoco e far ripartire con forza i negoziati. È la posizione dell'Italia ed è un'aspirazione europea che ho condiviso con il Presidente Biden e con i leader politici del Congresso durante la mia recente visita a Washington.

In questi incontri ho riscontrato un apprezzamento universale per la solidità della posizione italiana fermamente ancorata nel campo transatlantico e nell'Unione europea (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Italia Viva, Coraggio Italia, Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Misto). È questa posizione che ci permette di essere in prima linea, con credibilità e senza ambiguità, nella ricerca della pace. Da questo punto di vista il colloquio del Capo del Pentagono Austin con il Ministro della Difesa russo Shoigu, avvenuto il 13 maggio, rappresenta un segnale incoraggiante. Si tratta della prima telefonata dall'inizio della guerra.

Nella giornata di ieri la Federazione russa ha comunicato al nostro ambasciatore a Mosca l'espulsione di 24 diplomatici italiani. È un atto ostile che ricalca decisioni simili prese nei confronti di altri Paesi europei e che risponde a espulsioni di diplomatici russi da parte dell'Italia e di altri Stati membri dell'Unione europea. È essenziale, comunque, tenere aperti i canali diplomatici con la Federazione russa, perché è soltanto da questi canali che potrà emergere una soluzione negoziale.

L'Italia si muoverà a livello bilaterale e insieme ai partner europei e agli alleati per cercare ogni possibile opportunità di mediazione, ma dovrà essere l'Ucraina e nessun altro a decidere che pace accettare (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Italia Viva, Coraggio Italia, Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Misto).

A fine giugno si terrà il Consiglio europeo in cui affronteremo anche la questione dell'adesione dell'Ucraina all'Unione europea. Come ho detto già in quest'Aula, l'Italia è favorevole al suo ingresso. A inizio luglio sarò ad Ankara per il vertice bilaterale con la Turchia, il primo di questo tipo in dieci anni. In questo incontro discuteremo delle prospettive negoziali e diplomatiche del conflitto, oltre ovviamente al rafforzamento dei rapporti tra Italia e Turchia.

Se oggi possiamo parlare di un tentativo di dialogo è grazie al fatto che l'Ucraina è riuscita a difendersi in questi mesi di guerra (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Italia Viva, Coraggio Italia, Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Misto). L'Italia continuerà a sostenere il Governo ucraino nei suoi sforzi per respingere l'invasione russa; lo faremo in stretto coordinamento con i nostri partner europei. Ne va non solo della solidità del nostro legame transatlantico ma anche della nostra lealtà verso l'Unione europea (Applausi).

Il Governo ha riferito più volte sul tema al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che ha sempre riscontrato la coerenza del sostegno offerto rispetto alle indicazioni e agli indirizzi dettati dal Parlamento. Al tempo stesso, dobbiamo continuare a mantenere alta la pressione sulla Russia, attraverso le sanzioni, per portare Mosca al tavolo dei negoziati. Le misure restrittive fin qui approvati dall'Unione Europea e dal G7 hanno già avuto un impatto significativo sull'economia russa, che sarà ancora più forte nei prossimi mesi ed è previsto che, durante l'estate, acquisisca forse il suo massimo impatto.

Secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale, il prodotto interno lordo russo calerà dell'8,5 per cento quest'anno e il tasso di inflazione raggiungerà il 21,3 per cento. L'indice della Borsa di Mosca ha perso un terzo del valore rispetto a metà febbraio prima dell'invasione e, per fermare la fuga dei capitali, la Banca centrale russa ha aumentato i tassi di interesse al 14 per cento e ha introdotto tutta una serie di controlli sui movimenti di capitali e decisioni amministrative di vario tipo per impedire e controllare soprattutto i deflussi. l'Unione europea è al lavoro sul sesto pacchetto di sanzioni che l'Italia sosterrà con convinzione. La lista di interventi comprende misure legate al petrolio, restrizioni per alcuni istituti finanziari e l'ampliamento della lista degli individui sanzionati.

L'attività di deterrenza nei confronti della Russia comprende anche l'intensificarsi delle operazioni dell'Alleanza atlantica. Il comandante supremo alleato ha rafforzato il livello di risposta lungo il fianco orientale, uno sforzo a cui l'Italia contribuisce con 2.500 unità. Nel medio periodo, siamo pronti a rafforzare ulteriormente il nostro contributo in Ungheria e Bulgaria, rispettivamente con 250 e 750 unità, in linea con l'azione dei nostri alleati. Valutiamo infine la possibilità di sostenere la Romania nelle attività di sminamento marittimo nel Mar Nero e la Slovacchia nella difesa antiaerea.

Il crescere della minaccia russa ha spinto la Svezia e la Finlandia a fare domanda per aderire alla NATO: l'Italia appoggia con convinzione questa richiesta, come ho avuto modo di dire ieri alla Premier finlandese, Sanna Marin, durante il nostro incontro bilaterale (Applausi). E' necessario affiancare alla NATO una vera e propria difesa comune europea complementare all'Alleanza atlantica. Il primo passo deve essere però la razionalizzazione della spesa militare in Europa, la cui distribuzione è sicuramente inefficiente.

Nel mio recente intervento al Parlamento europeo di Strasburgo ho lanciato la proposta di una conferenza europea che abbia l'obiettivo di iniziare un coordinamento per i nostri investimenti in sicurezza. Ma migliorare le nostre capacità di difesa non basta per costruire una pace duratura e una coesistenza pacifica. Come dichiarato dal Presidente Mattarella, nel lungo termine, servirà anche uno sforzo creativo per arrivare a una conferenza internazionale sul modello degli accordi di Helsinki del 1975 (Applausi). Una volta ottenuto il cessate il fuoco e conclusi i negoziati tra Kiev e Mosca, occorrerà costruire un quadro internazionale “rispettoso e condiviso”, usando le parole del Presidente Mattarella. Questa Conferenza dovrà avere l'obiettivo, come fu per Helsinki, di avvicinare i Paesi che oggi sono distanti e rendere duraturo il processo di distensione.

Tra i princìpi di Helsinki c'erano il rispetto del diritto all'autodeterminazione dei popoli, il non ricorso alla minaccia o all'uso della forza contro l'integrità territoriale e l'indipendenza politica di qualsiasi Stato. Sono valori con cui l'Italia si identifica pienamente e sono valori che vogliamo vedere al centro della vita del continente europeo e del mondo.

Il Governo ha intenzione di continuare a impegnarsi per far fronte anche alle altre crisi che derivano o sono aggravate dalla guerra in Ucraina. Il conflitto ha messo in luce le fragilità della politica energetica italiana degli ultimi anni e reso ancora più evidente la necessità di diversificare i nostri fornitori. Ci siamo mossi rapidamente per ridurre la quota di gas naturale che importiamo dalla Russia, che nel 2021 è stata circa il 40 per cento del totale.

Il nostro obiettivo è non solo incrementare le forniture di gas naturale, di cui abbiamo bisogno come combustibile di transizione - e qui voglio ripetere “di transizione” -, ma anche investire in questi Paesi per aumentare la produzione di energia rinnovabile. L'intesa che abbiamo firmato ad aprile con l'Algeria, ad esempio, prevede un sostegno allo sviluppo di energia rinnovabile e di tecnologie innovative a basse emissioni di carbonio. Prevede inoltre lo sviluppo di progetti di reti di trasmissione dell'energia elettrica in Algeria e di interconnessione elettrica tra Italia e Algeria. Il Governo si è poi mosso con la massima determinazione per eliminare i vincoli burocratici che limitano l'espansione delle rinnovabili in Italia. Continueremo a farlo, continueremo a cercare di abbattere questi vincoli. L'energia rinnovabile resta, infatti, l'unica strada per affrancarci dalle importazioni di combustibili fossili e per raggiungere un modello di crescita davvero sostenibile. Le stime del Governo indicano che potremmo renderci indipendenti dal gas russo nel secondo semestre del 2024. I primi effetti si vedranno però già a fine 2022, cioè alla fine di quest'anno. Durante la mia visita a Washington ho condiviso con il Presidente Biden la strategia energetica italiana e ci siamo detti d'accordo sull'importanza di preservare gli obiettivi sul clima, un impegno che l'Italia intende mantenere. Il Governo ha adottato misure molto significative per tutelare le imprese e le famiglie dai rincari energetici. I provvedimenti ammontano a 30 miliardi di euro solo per quest'anno, per mitigare gli aumenti dei prezzi dei carburanti e moderare le bollette. Abbiamo destinato i nostri aiuti soprattutto alle fasce più vulnerabili della popolazione, in particolare le famiglie a basso reddito e abbiamo aiutato i settori produttivi più in difficoltà, come le imprese ad alta intensità energetica. Ora, però, è importante che si trovino, a livello europeo, soluzioni strutturali, che superino le distorsioni presenti nei mercati dell'energia. La Commissione europea ha presentato ieri il Piano RePower EU, che sarà al centro del prossimo Consiglio europeo straordinario. Ma c'è bisogno di risposte coraggiose e immediate per alleviare l'impatto della crisi sulle nostre economie. Dobbiamo poi agire con la massima urgenza per evitare che il conflitto in Ucraina provochi crisi alimentari. Durante la mia recente visita negli Stati Uniti, ho discusso con il Presidente Biden dell'urgenza di un'azione coordinata, un tema sollevato anche dalla Presidenza tedesca del G7. Al Presidente ho chiesto sostegno per un'iniziativa condivisa tra tutte le parti, che sblocchi immediatamente i milioni di tonnellate di grano bloccate nei porti del Sud dell'Ucraina. Qui, nella sostanza, occorrerebbe lasciare passare le navi che portano questo grano e per far questo ci si dice che il porto è stato minato. Quindi, occorrerebbe organizzare una collaborazione tra Federazione Russa e Ucraina per poter far uscire queste navi perché arrivino a portare questi grani alle popolazioni più povere del mondo.

La settimana scorsa, la Commissione ha presentato un piano per realizzare corridoi di solidarietà che facilitino il passaggio di merci da e per l'Ucraina. L'Italia ha promosso un dialogo ministeriale con i Paesi del Mediterraneo, in collaborazione con la FAO, per delineare delle misure di intervento per la regione; analoghe iniziative sono state intraprese dalla Germania, dalla Francia, dagli Stati Uniti.

Voglio, infine, ringraziare il Parlamento, la maggioranza e anche la principale forza di opposizione, per il sostegno che avete dato al Governo nell'affrontare questa crisi. La risoluzione, approvata a larghissima maggioranza, che ha impegnato il Governo, tra l'altro, a sostenere, dal punto di vista, umanitario, finanziario e militare l'Ucraina, a tenere alta la pressione sulla Russia, anche attraverso sanzioni, a ricercare una soluzione negoziale, ha guidato in modo molto chiaro l'azione di Governo e ha rafforzato la nostra posizione a livello internazionale (Applausi). Il Governo intende continuare a muoversi nel solco di questa risoluzione (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Italia Viva, Coraggio Italia, Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Misto).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto. Ha chiesto di parlare il deputato Davide Crippa. Ne ha facoltà.

DAVIDE CRIPPA (M5S). Grazie, Presidente. Presidente Draghi, colleghe e colleghi, siamo all'ottantacinquesimo giorno di una scellerata guerra, ottantacinque giorni da quando la Russia di Putin ha invaso l'Ucraina, ottantacinque giorni da quando ci siamo schierati a fianco di Kiev. Il MoVimento 5 Stelle ha chiesto che venisse a riferire in Aula in vista della sua importante visita a Washington perché riteniamo doveroso che al Parlamento sia riconosciuta la sua centralità. Presidente Draghi, glielo dico con schiettezza, com'è abitudine e consuetudine fare: il passaggio parlamentare non mira a indebolire il Governo, ma ne vuole rafforzare e consolidare la linea politica e di indirizzo, come si conviene in una democrazia parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Entrando nel merito delle sue dichiarazioni, con soddisfazione notiamo che si va nella direzione giusta, ossia quella del consolidamento della via diplomatica, così come l'idea di un'Italia protagonista a livello internazionale nell'impegno per la risoluzione del conflitto. A nome del MoVimento 5 Stelle, la ringrazio per aver ascoltato le nostre sollecitazioni. Nei giorni scorsi, tuttavia, nel dibattito politico e istituzionale, sembra aver prevalso il tema del potenziamento dell'invio delle armi, offuscando quello dei negoziati per la ricomposizione del conflitto per via diplomatica. Abbiamo assistito ad un crescente e preoccupante clima di irrigidimento delle posizioni e di escalation militare che rischia di allontanare il primario obiettivo da raggiungere: la pace. La scorsa settimana, gli USA hanno annunciato più di 20 miliardi di dollari di aiuti in armi, a cui si aggiungono altri 13,6 miliardi già in bilancio: il più grande pacchetto di aiuti esteri stanziato dal Congresso americano a un Paese straniero in almeno due decenni. A ciò, ovviamente, si aggiungono gli aiuti degli altri Paesi alleati. Nello stesso momento, il Premier britannico Johnson ha ventilato l'idea di sconfinare addirittura sul territorio russo, tanto che, a livello internazionale, si è parlato di regime change in Russia e di armi come unica soluzione.

Spetta all'Ucraina definire le condizioni per i negoziati con la Russia, ma la Russia non va umiliata.

A scanso di equivoci, vista la corsa giornalistica strumentale dell'ultimo periodo di allungare la lista dei putiniani, dico subito che le parole che ho appena letto e citato sono quelle dichiarate pochi giorni fa da Macron a Strasburgo e che penso meritino una riflessione. Una guerra infinita in Ucraina alle porte dell'Europa avrebbe conseguenze insostenibili per la popolazione civile e l'economia italiana ed europea. Uno scenario che dobbiamo scongiurare con ogni mezzo a nostra disposizione, anche con azioni eccezionali, se necessario. Lo diciamo con fermezza: l'obiettivo del nostro Paese è esclusivamente la pace. Dopo tre decreti sull'invio di mezzi e strumenti di difesa militare, riteniamo indispensabile, Presidente, un confronto politico per analizzare i risultati oggi raggiunti e disegnare in modo unitario un nuovo quadro di intervento. L'Italia ha già dato il suo contributo, come diceva lei poc'anzi, sotto il profilo del sostegno economico, umanitario e militare. Ora, Presidente, si lavori verso l'unica direzione oggi possibile: quella della diplomazia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Il 1° marzo abbiamo votato l'invio delle armi, perché andava sostenuta la resistenza Ucraina dall'aggressione di Putin. Senza l'intervento nostro e dell'Occidente, avremmo visto Kiev capitolare dopo poche settimane, nella più classica “guerra lampo”, ma, in quella risoluzione, alla quale tanti fanno costantemente riferimento negli ultimi giorni per polemizzare con il MoVimento 5 Stelle, era previsto espressamente che gli sforzi del Governo fossero indirizzati - leggo testualmente - ad una de-escalation militare e alla ripresa di un percorso negoziale tra Kiev e Mosca. Sempre in quella risoluzione, il Governo si impegnava a prevedere misure di sostegno alle imprese per i maggiori oneri derivanti dall'applicazione delle sanzioni. E spiace dire che, su questo punto, si è fatto troppo poco, soprattutto a livello europeo: oggi, un'impresa su 4 è a rischio chiusura per il caro energia e l'impennata dell'inflazione.

D'altra parte, rispetto a quel 1° marzo, la situazione è profondamente mutata e le ricadute del conflitto stanno varcando i confini europei, andando a rendere maggiormente instabili anche quei Paesi nordafricani che dalle zone di conflitto traggono le risorse alimentari per il sostentamento della propria popolazione. La prima conseguenza di un deficit alimentare sarà l'aumento dei flussi migratori verso l'Europa. Il rischio, insomma, è quello di trovarsi in una tempesta perfetta, in una somma di emergenze senza precedenti, militare, umanitaria, energetica, economica e migratoria. Le conseguenze del conflitto e delle sanzioni sull'economia dei Paesi europei e, soprattutto, su quella italiana, del resto, sono sotto gli occhi di tutti: bollette quadruplicate, costi aziendali energetici insostenibili, caro delle materie prime, inflazione che divora il potere d'acquisto delle famiglie. Insomma, quella che con chiarezza si può definire un'economia di guerra, citando le parole del Ministro Cingolani.

Presidente, in questo scenario, bisogna fare di più e più presto. Le abbiamo chiesto a più riprese di battersi in Europa per ottenere un energy fund, per mettere in campo risorse a sostegno e a difesa di famiglie e imprese. Ieri, la Commissione europea ha presentato il RePower EU, che sembra andare in questa direzione. Le chiediamo di lavorare al prossimo Consiglio europeo per ampliare il RePower EU con strumenti e risorse che possano soddisfare le urgenti necessità del nostro Paese.

È questa la direzione da seguire e per questo, da mesi, chiediamo uno strumento condiviso dei Paesi dell'Unione europea, per combattere gli aumenti e accelerare la transizione. Il principio da adottare - lo abbiamo detto e ridetto, lo ridiciamo ancora oggi - sono sanzioni comuni, ma anche conseguenze comuni. Abbiamo garantito lealtà e coesione l'Europa, ora l'Europa deve garantire un'azione unitaria e coesa a supporto del nostro Paese, come abbiamo chiesto e ottenuto durante la pandemia con il Next Generation EU. Questo per noi vuol dire anche, da parte dell'Unione europea, essere leali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Al momento, lo sforzo comune profuso sembra debole rispetto alle resistenze dei soliti “Paesi frugali” o di chi oggi, esportando gas verso gli altri Paesi europei, bada egoisticamente ai propri interessi rispetto a una gestione complessiva. In questo contesto, le chiediamo di far sentire in Europa la voce dell'Italia.

Sul piano internazionale siamo certi di una cosa, Presidente: gli interessi strategici dell'Unione europea non sempre sono coincidenti con quelli degli altri Paesi dell'Alleanza atlantica, soprattutto in campo energetico. Non dimentichiamo le comunicazioni al Congressi del Presidente Biden, che tranquillizzava gli americani sul fatto che la guerra non avrebbe avuto ripercussioni sull'economia americana. Sia chiaro, la nostra appartenenza alla NATO non è mai stata in discussione, ma allo stesso tempo è da notare come, ad esempio, le vendite del GNL americano (fonte dei dati Commissione europea-DG Energy) siano triplicate da dicembre 2021 ad aprile 2022.

Presidente, lei dice di aver condiviso con Washington una strategia energetica italiana, forse prioritario è ridefinire la nostra strategia energetica all'interno del Paese e dell'Unione europea, poi eventualmente confrontarla a livello internazionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Le sue dichiarazioni circa il fatto che l'affrancamento dal gas russo passi prioritariamente per le rinnovabili, le condividiamo a tal punto da invitarla con forza a portarle sui tavoli europei, evitando che si ritirino fuori dai cassetti, come sta avvenendo, vecchi progetti di gasdotti che hanno tempi di realizzazione non coerenti con gli obiettivi di phase out dal gas russo. Le chiediamo, Presidente, di promuovere, nel quadro del RePower EU, un vero e proprio progetto di phace out dal gas, con tempi chiari e risorse comuni adeguate.

Colgo l'occasione per ricordare come abbiamo fornito un ulteriore strumento al Governo e all'Autorità per l'energia, per calmierare le bollette di famiglie e imprese, fissando il prezzo del gas al reale costo di approvvigionamento della materia prima, senza seguire le indicizzazioni speculative del TTF olandese. Dall'analisi dei contratti di approvvigionamenti forniti al MiTE e all'Autorità, visti i dati dichiarati dalla Commissione europea, emerge come il nostro Paese, l'Italia, abbia i prezzi all'import tra i più bassi in Europa di gas, cari colleghi. Peccato che, però, abbia poi, nello stesso report, le bollette più alte d'Europa per quanto attiene i consumatori. Servono coraggio e tempestività, è a rischio la tenuta sociale del nostro Paese.

Basta ostilità, serve ormai una Conferenza mondiale per la pace, con il coinvolgimento dei principali attori internazionali, compresa la Cina. Non c'è più tempo da perdere, l'Unione europea deve farsi promotrice di questo processo e guidarlo possibilmente da capofila. E lei, Presidente, deve fare in modo che l'Italia sia protagonista tra i Paesi europei. Di sicuro lo strumento dell'invio delle armi, stando ai risultati ottenuti dopo 85 giorni, possiamo dirlo senza dubbio, non è efficace per costruire la pace. Meritano una riflessione in tal senso i moniti del Papa: stiamo veramente ricercando la pace? C'è volontà di evitare una continua escalation militare e verbale? Si sta facendo tutto il possibile perché le armi tacciano? Ovviamente le prendiamo in prestito, queste parole. Questo è il motivo per cui chiediamo che presto quest'Aula possa esprimersi nuovamente con un voto. Il confronto parlamentare non deve essere visto come un ostacolo o un impedimento, Siamo certi, ripeto, che un voto parlamentare possa solo rafforzare e non indebolire l'azione politica del Governo. A lei, Presidente Draghi, chiediamo, su questo, coraggio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Grazie, signor Presidente del Consiglio per aver portato a Washington quelle parole di pace che questo Parlamento le ha chiesto di portare. Grazie di cuore, perché il nostro Paese è il Paese della mediazione, è il Paese che sa far parlare anche chi ci odia. Lo abbiamo dimostrato per secoli. Noi siamo gli eredi dell'umanesimo, non dobbiamo mai dimenticarlo. Non dobbiamo mai dimenticarlo perché, sennò, scordiamo cos'è l'Occidente. Oggi tanto si parla di Occidente, ma mi lasci riflettere su questo concetto d'Occidente: quale Occidente ci può essere se si cancellano le radici? Quelle radici giudaico-cristiane che non sono state riconosciute dall'Unione europea e che la Lega ha sempre chiesto con forza di riconoscere, quelle radici che la cancel culture vuole svellere come le statue di Cristoforo Colombo, che invece dovrebbe essere un simbolo dell'unità transatlantica.

Quindi, qual è l'Occidente? Cos'è l'Occidente? Con forza possiamo dire che noi siamo l'Occidente, noi democrazie, noi due sponde dell'Atlantico, noi l'Europa dei popoli. E dico tutto ciò perché, tornando alle radici, noi possiamo portare quello spirito di dialogo e di pace nella trattativa verso il cessate il fuoco. Dalla mancata comprensione, dal mancato dialogo, si è originata questa guerra, come tutte le guerre. Noi dobbiamo tornare, invece, a parlare.

Ha citato l'incontro tra Austin e l'omologo Shoigu, il 13 maggio scorso, un fatto importantissimo, la prima volta dall'inizio delle ostilità. In quella direzione bisogna continuare ad andare, ma l'Italia deve avere un ruolo che solo lei può portare avanti, con il rispetto internazionale del quale gode, per far riscoprire agli italiani, agli europei, ma anche a tutto l'Occidente l'orgoglio di essere occidentali.

Non dobbiamo imporre la democrazia, non dobbiamo esportare la democrazia, ma dobbiamo con l'esempio dimostrare che cos'è la libertà. Dobbiamo ritornare allo spirito dei padri fondatori, a quel grande sogno che quattrocento anni fa ha fatto nascere tutto. Dobbiamo farlo anche rinsaldando il legame profondo che ci lega con gli italo-americani, un legame dimenticato, e torno a Colombo che deve essere il simbolo di questo Transatlantic Bond. Ma in questo legame ribadito, sentito, vissuto, dobbiamo anche portare quello che più sappiamo portare: il rispetto della storia. Matteo Salvini, intervenendo prima al Senato, ha ricordato come 14 risoluzioni su 20 di condanna, approvate l'anno scorso, fossero risoluzioni di condanna di Israele. L'ONU si occupa di queste cose. Una ONU penetrata dalla Cina. Una ONU che non sa più essere garante dello Stato di diritto, delle libertà. Una ONU smarrita che, infatti, non riesce ad avere un ruolo in questa crisi. E allora torniamo alle radici: Odessa, ha detto Matteo Salvini, si è candidata per EXPO 2030. Serve un suo intervento, signor Presidente del Consiglio, perché Mosca ritiri la propria candidatura e quella città martire, che ospitava prima della seconda guerra mondiale una grande comunità di 180 mila ebrei (allora erano il 30 per cento della popolazione, oggi sono solo il 3 per cento), possa essere un simbolo di rinascita nella riscoperta delle radici dell'Occidente tutto.

E un pensiero va rivolto quindi all'Organizzazione delle Nazioni Unite, nata con una grande ambizione, quella di portare la pace nel mondo, di portare la libertà, di diffondere la democrazia. Oggi, purtroppo, con la penetrazione della Cina, vediamo che non solo l'ONU, ma anche l'OMS, per esempio, non riescono più a prendere queste posizioni. E allora oggi è Kiev e domani chissà, potrebbe essere Taiwan, quella Taiwan, Taipei, che non può partecipare ai lavori dell'Assemblea generale dell'OMS. Anche qui, come Italia, dovremmo cercare di portare la voce della libertà e della democrazia, quella in cui tutti noi crediamo. Solo così potremo tornare davvero a quella sicurezza alimentare, a pensare all'Africa che soffre e soffrirà ancora di più in seguito a questa crisi, a quei 200 milioni di africani che faranno la fame nei prossimi mesi e cercheranno di arrivare in Europa attraverso il deserto, attraverso il mare, morendo a migliaia. Impediamo tutto questo. Possiamo impedirlo solo se si riesce a far sedere al tavolo Russia e Ucraina e tutto l'Occidente, affinché sostenga questi due Paesi nello sforzo il cui simbolo iniziale potrebbe essere, come giustamente ha detto, lo sminamento del Mar Nero e finalmente riaprire l'export dal porto di Odessa. Questo dobbiamo fare: essere concreti. La Lega sa essere concreta, lo è sempre stata. I tanti “no” che abbiamo sentito in questo Parlamento non appartengono alla Lega. La Lega è la Lega del fare, la Lega che oggi dice: cerchiamo l'energia secondo tutti i canali e le fonti che abbiamo, non solo tramite gli occhi coperti da fette di salame dell'ideologia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); quell'ideologia che ci vuol dire che, già oggi, solo con le rinnovabili potremmo essere indipendenti. Non lo saremo. Adesso ci serve il gas, non bisogna avere paura di dirlo, bisogna anzi ribadirlo con forza, ed è per questo che in Commissione affari esteri stiamo facendo una battaglia con una risoluzione a favore del gasdotto EastMed che unirebbe tre democrazie, anche qui una novità di rilievo nel panorama dell'approvvigionamento energetico nazionale.

Purtroppo, il tempo è poco, però, ho voluto argomentare con lei, perché sono convinto che, solo tornando alle radici, l'Italia potrà tornare ad essere il Paese della pace, del lavoro e di una ripresa economica senza pari. Grazie per tutto quello che ha fatto e continuiamo insieme a difendere l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Serracchiani. Ne ha facoltà.

DEBORA SERRACCHIANI (PD). Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, dal 24 febbraio sono trascorsi - lo abbiamo ricordato - 85 giorni, da quell'alba tragica in cui, con un discorso che è un capolavoro di menzogne e un formidabile esercizio di realtà capovolta, il capo di una superpotenza nucleare ordina ai suoi carri armati di invadere un Paese sovrano. Il popolo ucraino resiste e combatte per difendere la propria libertà e la nostra libertà: difendere la forza del diritto contro il diritto della forza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), contro chi vuole riaprire le porte del peggiore Novecento, quello dei massacri sul suolo europeo. I quotidiani del 25 febbraio, il giorno dopo, avevano in prima pagina una foto scioccante: il volto bendato, insanguinato, di Olena Kurilo, un'insegnante di 52 anni; i missili russi le hanno appena distrutto la casa in un villaggio non lontano da Kiev. La disperata incredulità del suo sguardo racconta tutto. Nello spazio di poche ore la sua vita è stata stravolta, così come è stata stravolta la storia. Quella foto sarebbe stata, ahimè, solo la prima di una serie infinita di scatti e immagini che ci hanno mostrato la tragedia scatenata da Putin e l'indicibile sofferenza imposta a milioni di donne, bambini, anziani e giovani. Voglio rivolgere un sincero ringraziamento ai giornalisti, agli inviati che stanno documentando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), a rischio di perdere la vita - come purtroppo è accaduto -, quanto avviene in quelle città e aree martoriate. Grazie dal profondo del cuore. Il loro lavoro, coraggioso e infaticabile, è prezioso, unico e ci aiuta nella comprensione della verità. Da italiana, colgo l'occasione - lo ha fatto anche lei, Presidente, e mi permetta di farlo anche a nome del Partito Democratico - per ringraziare un nostro straordinario concittadino, l'ambasciatore Pier Francesco Zazo, ultimo diplomatico a chiudere la sede di Kiev e tra i primi a riaprirla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Si è speso per la sicurezza dei nostri connazionali e per aiutare quanti, anche non italiani, si sono rivolti all'ambasciata. A lui e a tutto il personale dell'ambasciata va la nostra gratitudine.

Signor Presidente, il 1° marzo, in quest'Aula, lei disse che l'Italia non si sarebbe voltata dall'altra parte, ricevendo dal Parlamento, pressoché unanime, questo preciso indirizzo. Ora mi sento di dire che il Governo sta adempiendo a questo mandato. La nostra vicinanza all'Ucraina, negli aiuti umanitari, nell'accoglienza degli oltre 100.000 profughi giunti fin qui e nell'aiuto alla resistenza attraverso l'invio di equipaggiamenti militari e armi, ha contribuito, nel quadro delle decisioni assunte dall'Unione europea e dai partner occidentali, a vanificare il disegno imperialista di Putin. Voleva cancellare l'Ucraina dalle cartine geografiche, con farneticanti motivazioni del tipo “invadiamo per difenderci” e affermare che nelle relazioni internazionali non contano regole, trattati e leggi, ma i carri armati, meno che mai le istituzioni multilaterali, come mostra plasticamente la cinica decisione di umiliare l'ONU, bombardando Kiev, proprio nelle ore in cui il Segretario generale Guterres incontrava il Presidente Zelensky (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sulla resistenza ucraina si sta infrangendo il sogno neozarista del Capo del Cremlino, ma vorrei ricordare anche ai colleghi che la guerra non è finita, che in Ucraina si continua a morire e che, come detto, a causa del blocco russo dei porti ucraini, che impedisce l'esportazione del grano, la fame potrebbe mietere a breve centinaia di migliaia di vittime nei Paesi africani, asiatici e nel Medioriente.

La sua relazione, signor Presidente, è da noi pienamente condivisa. Lo voglio ribadire: non c'è stata alcuna ebbrezza bellicista, non ci sono guerrafondai in quest'Aula. La guerra è una malattia mortale dell'umanità. Sin dall'inizio, sin dal 25 febbraio, abbiamo motivato le nostre decisioni con l'obiettivo di porre fine alla voce delle armi. Costruire la pace è nostro dovere politico e morale, ma questo non poteva significare e non ha significato equidistanza. Ci sono un aggredito e un aggressore, e chi ama la pace non poteva lasciare inascoltato l'appello degli ucraini alla difesa dall'aggressione russa. Combattono per la loro libertà e occorre aiutarli, anche militarmente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

La pace, infatti, non è la capitolazione di fronte all'aggressore. Tutti insieme abbiamo sostenuto questa decisione il 1° marzo ed è importante che, responsabilmente, questa unità di intenti continui. In gioco ci sono la credibilità e la sicurezza del nostro Paese. Noi democratici crediamo che si debba essere orgogliosi della risposta italiana all'aggressione di Putin. Tutto ciò che stiamo facendo accanto al popolo ucraino, a quel popolo che si è dovuto fare esercito per difendersi dall'aggressione russa, ha questa finalità: giungere alla pace. L'Italia ha dato prova di essere un grande Paese europeista, che ha fatto la propria parte con coraggio e con determinazione, guadagnandosi, anche in questo caso, il rispetto della comunità internazionale e dell'Unione europea e difendendo, anche in questo modo, l'interesse nazionale.

Come dicevo, però, la guerra non è ancora finita. Una grande preoccupazione che dobbiamo avere in questo momento è che ci si abitui alla guerra. Non dobbiamo abituarci al fatto che con la violenza e con la sopraffazione si regolino i confini internazionali. Pace vuol dire essere in grado oggi di spingere, perché si arrivi nelle condizioni in cui questo sia realizzabile. Sarà l'Ucraina, come ha detto anche lei e non altri, a decidere quale pace possibile. Noi pensiamo, a differenza di altri, che se oggi ci sono le condizioni per avviare un percorso di pace, è grazie alle scelte che abbiamo fatto negli ultimi tre mesi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), scelte difficili, forti, anche sofferte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), scelte che hanno consentito anche a lei, Presidente, negli ultimi incontri internazionali, non ultimo quello con il Presidente Biden, di mettere l'accento sul fatto che, proprio in nome della solidità dell'alleanza euro-atlantica, è giusto favorire un maggiore protagonismo dell'Europa, una grande determinazione ad evitare incontrollabili escalation del conflitto, un convinto sforzo di far partire finalmente il tavolo del negoziato. Credo che debba fare da bussola a tutti i protagonisti il monito di Robert Schuman, ricordato dal Presidente Mattarella nel recente intervento all'assemblea del Consiglio d'Europa: “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”. Nello stesso discorso, il nostro Presidente Mattarella dà una chiara indicazione della rotta - lo abbiamo ricordato anche oggi - di costruzione della pace: “Infine, Helsinki, non Yalta: dialogo, non prove di forza tra grandi potenze che devono comprendere di essere sempre meno tali”. Credo anche che, in questa fase tanto delicata e drammatica, ma anche importante per quello che sarà domani, per ciò che sarà dopo la guerra il nostro continente, e non solo, occorra una chiara leadership europea.

Veniamo, quindi, all'Europa, Presidente. Dallo scoppio della guerra, l'Unione ha saputo rispondere con unità, con determinazione e con rapidità. L'Europa di oggi non è più quella dell'austerity e delle regole di bilancio prima di tutto. Con l'invio delle armi, l'accoglienza, le intese per ridurre la dipendenza energetica, le sanzioni, la risposta è arrivata immediata. Di queste ore è il piano RePower EU, il programma con il quale la Commissione indica la strada per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi entro il 2027, con una mobilitazione di 300 miliardi, e poi i passi verso una politica di difesa e sicurezza comune. Un altro fallimento del calcolo di Putin: contava di dividere l'Unione e ha ottenuto l'opposto e anche la disintegrazione del gruppo di Visegrád, il più sensibile fino a ieri alle sirene nazionaliste che arrivavano dal vento dell'Est. Come pure, grazie alla guerra scatenata con lo scopo di tenere lontana la NATO dai suoi confini, è riuscito a creare le condizioni perché Finlandia e Svezia superassero la storica neutralità, chiedendo di aderire all'Alleanza atlantica. E noi diamo loro il caldo benvenuto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma proprio le difficoltà di questi giorni sul sesto pacchetto di sanzioni, con la contrarietà dell'Ungheria di Orban all'introduzione dell'embargo sul petrolio russo, stanno mostrando i limiti dell'architettura europea e la sua fragilità. Noi democratici pensiamo che questo sia il momento per far fare all'Europa un salto di qualità: la modifica dei Trattati non può più essere un tabù. Ammoniva Jean Monnet: l'Europa si costruisce con le sue crisi. L'Europa va cambiata e resa all'altezza della sua missione. Soprattutto, va liberata dal cappio del diritto di veto che ne impedisce l'evoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Va in questa direzione anche la proposta, lanciata dal nostro segretario, di una confederazione che unisca i 27 Paesi membri con gli Stati candidati all'ingresso, corrispondendo così in maniera più rapida al desiderio dell'Ucraina di aderire alla famiglia europea. Questo è il momento di recuperare lo spirito pionieristico dei padri fondatori, avendo ben presente che in 65 anni il mondo è profondamente mutato. In questo progetto di sviluppo dello spirito di Ventotene, dobbiamo mettere cuore e ambizione, come ha fatto e come ci spingeva a fare David Sassoli, che - ne sono certa - dovremo annoverare fra i padri fondatori della nuova Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Signor Presidente, le conseguenze della guerra hanno ingigantito la difficoltà per l'economia internazionale e anche per l'Italia e gli italiani: il caro bollette, l'aumento del prezzo delle materie prime, l'inflazione. Con il decreto del 2 maggio si è andati nella direzione giusta per aiutare lavoratori, pensionati e aziende ad affrontare questa crisi. Occorre prestare la massima attenzione per evitare che sul Paese si abbatta una nuova recessione, annullando i positivi effetti dell'anno scorso. Tassando gli extraprofitti di pochi si è intervenuti su 31 milioni di persone; oltre metà degli italiani così potrà ricevere 200 euro nella busta paga e nel cedolino della pensione.

Un intervento di redistribuzione che avevamo immediatamente sollecitato. Redistribuzione, aiuto alle fasce più deboli, intervento sugli affitti e il trasporto pubblico: è la strada giusta, signor Presidente. Siamo certi che il Governo continuerà a muoversi per difendere il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, le attività dei lavoratori autonomi e delle imprese. Vada avanti, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Valentini. Ne ha facoltà.

VALENTINO VALENTINI (FI). Grazie. La visita del Presidente Draghi si colloca nel quadro dell'intensa attività diplomatica intrapresa dall'amministrazione Biden che, in contrasto con l'amministrazione precedente, si è riposizionata al centro della tradizionale rete di rapporti e di alleanze degli Stati Uniti, che ora tiene ben serrata per affrontare la crisi globale scatenata dall'invasione dell'Ucraina.

Nella liturgia delle visite washingtoniane, il peso di un Paese e la sua eventuale influenza relativa sulle scelte dell'amministrazione derivano dalla sua credibilità, ovvero dalla capacità di mantenere la parola data, e questa è condizionata da tre fattori: l'autorevolezza personale del Presidente del Consiglio, le dimensioni della maggioranza che lo sostiene e la compattezza della maggioranza stessa. Sono tre parametri ineludibili, sui quali si viene misurati su quella sedia. Il Presidente Draghi non ha bisogno di presentazioni e con il Presidente Biden, che egli chiama Joe, gode di un rapporto di stima reciproca consolidato. Ben altra cosa rispetto ad altri tempi! Le dimensioni della maggioranza sono quelle ampie di un Governo di unità nazionale. Il punto di debolezza è la tenuta della maggioranza su questioni difficili e controverse.

Cari colleghi, poche settimane fa in quest'Aula abbiamo deciso di aiutare l'Ucraina? Abbiamo deciso di non voltare la faccia dall'altra parte? Abbiamo votato compatti nelle due Camere? E allora perché abbiamo chiesto un altro voto, irrituale, prima di un viaggio di consultazioni a Washington (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) nel quale non sono stati assunti impegni formali? Perché si continua ad insistere per un voto? Abbiamo cambiato idea? Ci abbiamo ripensato? Oppure si tratta di andare a piantare bandierine ideologiche, assecondare le paure di pancia dell'opinione pubblica o cercare di affermare una leadership di partito incrinata? Siamo tornati la solita Italietta inaffidabile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Delimitare la libertà di manovra del Premier per calcoli di politica interna all'estero viene letto soltanto in un modo: inaffidabilità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

Invece, la nostra decisione di sostenere l'Ucraina è e deve rimanere strategica e non può essere sottoposta a revisioni a seconda dell'andamento sul terreno o degli umori della rete. Mi compiaccio di scoprire colleghi che, da esperti virologi che contestavano vaccinazioni e mascherine, adesso sono diventati astuti strateghi, che pretendono di monitorare le necessità tattiche e di centellinare minuziosamente le forniture militari. A loro il Capo di stato maggiore russo Gerasimov fa un baffo o, forse, dovrebbe fare un monumento! Si dice: dobbiamo ridefinire i tipi di armamenti, solo armi difensive. Ma chi la stabilisce questa distinzione dietro la quale ci nascondiamo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Le nostre Forze armate, la nostra intelligence, di concerto con gli altri Paesi che rispondono a richieste di un Paese aggredito e che poi riferiscono al Copasir? O ci dobbiamo affidare all'idea che qualcuno si è fatto sull'andamento del conflitto, un conflitto che è avvolto, come direbbe von Clausewitz, nelle nebbie della guerra, rese ancora più fitte dalle nebbie di una guerra di propaganda, e pretende di avere un quadro più preciso? Su quali presupposti? Sulla scorta di quello che legge su Twitter, su Telegram o su Tik Tok (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)?

L'unica cosa che si ottiene in questo modo è indebolire la posizione del nostro Paese e del nostro Premier, nonché la sua capacità, la nostra capacità di affermare una visione politica che non sembri dettata da una convenienza di breve respiro, ma che rappresenti una legittima preoccupazione di fondo e che come tale venga presa in considerazione. Solo così il Presidente Draghi ha potuto mettere in evidenza l'inquietudine della nostra opinione pubblica, che ha espresso anche il Presidente Berlusconi, per le conseguenze delle sanzioni, per la crisi alimentare mondiale, la necessità di moderare l'escalation verbale, così come la necessità di non umiliare la Russia - anche Macron lo aveva detto -, per procedere sulla strada del negoziato e venire preso in considerazione. Il nostro ruolo è di mediazione, al quale abbiamo naturale vocazione, ma che è possibile soltanto con l'affidabilità, non con la volubilità. Presidente Draghi, siamo in una fase cruciale del conflitto; stiamo andando verso una lenta guerra di attrito, nella quale a fare la differenza sarà la disponibilità di mezzi e di munizioni. Solo così si potrà portare la Russia a negoziare. Se adesso lasciamo la fionda di Davide senza pietre, le assicuro che Golia gli farà fare una brutta fine, portando a termine il suo disegno, aggiungendo alla devastazione la beffa di una NATO minata al suo interno. O c'è qualcuno che ancora crede davvero che, se la Russia avesse preso il controllo dell'Ucraina manu militari e noi fossimo rimasti lì a guardare senza fare nulla, adesso saremmo tutti più sicuri? Il Presidente Putin è riuscito nell'impresa di forgiare una Nazione ucraina, ha fatto il miracolo di resuscitare la NATO dalla morte celebrale diagnosticata da Macron e dall'obsolescenza citata da Trump, ma soprattutto è riuscito nell'impresa di mettere fine alla finlandizzazione, un termine peggiorativo per indicare un Paese costretto a soffocare la propria sovranità, che si applica una politica di autocensura; un concetto che uno storico Presidente finlandese, Mauno Koivisto, disse di spiegare con una parola sola: sopravvivenza. Ebbene, il Primo Ministro finlandese, che ieri è venuto a incontrare il nostro Premier, ha dichiarato: non possiamo fidarci più che ci potrà essere un futuro pacifico da soli al di fuori della Russia. Cioè, non possiamo continuare a pensare di sopravvivere ai confini della sfera di influenza russa. Svezia e Finlandia hanno capito che la neutralità è un lusso che non si possono più permettere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). È vero, esistono sfere di influenza, ma in quella occidentale i Paesi la scelgono, le altre invece vengono imposte con la forza, e mi sembra che qui stia tutta la differenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). I Paesi scandinavi hanno operato questa scelta, paradossalmente, non per ragioni di forza della Russia, ma per ragioni della sua debolezza. Finlandia e Svezia hanno paura della debolezza di una Russia resa imprevedibile dai rovesci subiti nel conflitto in Ucraina e hanno paura di una politica di potenza nel Baltico, per cui è meglio rifugiarsi sotto l'ombrello protettivo della NATO, che rimanere da soli. Invece di una finlandizzazione dell'Ucraina, come postulavano alcuni leader per evitare il conflitto, Putin è riuscito a compiere l'ucrainizzazione della Finlandia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). E il pericolo maggiore della minacciosa imprevedibilità della Russia di Putin è il possibile uso di missili Iskander, armati con testate nucleari, collocati nella enclave di Kaliningrad.

Non siamo il partito della guerra, noi siamo il partito della pace, ma non si può piegare la testa perché non siamo più preparati sul piano psicologico o politico al fatto che esista una minaccia nucleare, perché non soltanto la Russia potrà brandirla ogni qualvolta che vedrà contrariati i propri disegni - e lo dico anche poi agli amici qua che sempre guardano verso Oriente -, perché la Corea del Nord ci guarda, la Cina studia attentamente questa crisi e ogni nostra reazione. Temo che il novero dei Paesi dotati di atomica sia destinato a proliferare prima che si riesca a nuovamente a mettervi freno. L'America rispetta l'affidabilità, la Russia rispetta la forza. Sull'Europa si prospetta l'ombra di una guerra lunga, che nessuno si può permettere, la Russia soprattutto, frenata sul campo di battaglia dal sostegno che abbiamo dato all'Ucraina e indebolita economicamente dalle sanzioni. Quanto prima le forze in campo ne prenderanno atto, tanto prima giungeremo a una vera trattativa; e là, se saremo bravi, dovremo essere noi. Ma non illudiamoci, la storia ha aperto un nuovo capitolo e nulla tornerà come prima.

Presidente, colleghi, i finlandesi hanno abbandonato la vecchia paura per una paura più grande, e noi invece, per la stessa grande paura, vogliamo finlandizzarci da soli? È questo l'atteggiamento giusto? Chi piega il capo ora, poi non riuscirà ad alzarlo. E a questo atteggiamento si può e si deve rispondere soltanto con le parole del Presidente Roosevelt: “L'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa” (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, le immagini che abbiamo visto, queste vergognose fosse comuni, le barbarie reiterate, quelli che lei ha definito correttamente, a mio avviso e ad avviso di Fratelli d'Italia, crimini di guerra, l'esodo di milioni di persone e la paventata crisi alimentare sono tutti elementi che ci fanno dire, da patrioti italiani, che non possiamo non dirci anche un po' ucraini, in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E lo diciamo perché, al di là e al di sopra di tutte le vicende politiche, ciò che emerge in questa guerra, in questo conflitto è il fatto che non c'è stato alcun rispetto neppure per coloro i quali non hanno alcuna colpa se non quella di essere dei bambini.

Signor Presidente, noi prendiamo atto delle sue dichiarazioni, però ci consenta di fare un rilievo non di carattere regolamentare, ma politico; se lei oggi avesse reso delle comunicazioni al Parlamento probabilmente la sua maggioranza si sarebbe dovuta pronunciare su qualche cosa, perché gli interventi che ci hanno preceduto, e sono interventi che rappresentano i quattro quinti ed oltre della maggioranza pantagruelica che la sostiene, non hanno suonato la stessa musica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Signor Presidente, chiarezza e coerenza sono due elementi importanti in questa fase, perché senza di questi, non vi può essere quella politica della fermezza che ha dimostrato nei fatti che paga, perché se noi non avessimo assunto da subito le posizioni che Fratelli d'Italia per primo ha indicato, ebbene, statene certi, magari avremmo avuto centinaia di cortei, magari avremmo avuto tante, tante persone che avrebbero sventolato la bandierina della pace convinte di aver risolto il problema, ma in realtà se l'Ucraina ha resistito e non è capitolata è perché vi è stata un'azione decisa per la prima volta, forse dell'Europa e, forse, anche dell'Italia, sotto l'impulso e sotto la spinta di Fratelli d'Italia e dei Conservatori europei (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Signor Presidente, proprio perché la fase è oggi delicata, ci sia consentito di ricordarle la conferenza stampa dell'ex Presidente Conte, una persona che in questo Parlamento ha avuto la fiducia di tutti i gruppi parlamentari, meno che quella di Fratelli d'Italia, seppure in contrapposti Governi: “No al quarto invio di armi”. Le ricordo anche quanto dichiarato dal Presidente Salvini: “Stop a invio armi, l'ho detto a Draghi”. Signor Presidente, lei giustamente, a mio avviso e a nostro avviso, ha fatto riferimento a quella risoluzione del Parlamento, laddove non vi era lo spirito di maggioranza o di opposizione, ma vi era lo spirito di chi difende l'Italia e difende un'Europa che vuole andare a testa alta in Occidente e chi, minoranza estrema, preferiva invece una posizione ambigua, non distinguendo tra aggressore e aggredito. Ebbene, signor Presidente, queste sono affermazioni che sul piano politico pesano, perché la politica della fermezza con queste affermazioni non sta più in piedi. Noi allora le chiediamo, signor Presidente, di assumere un'iniziativa per un chiarimento all'interno della sua maggioranza.

Infatti, ci sono due modi per andare avanti: tirare a campare, perché si dice che è meglio di tirare le cuoia, oppure far finta di avere un Governo in crisi, piuttosto che stare ad una crisi di Governo; ma un Governo in crisi non produce cose buone, signor Presidente, e in Europa lei, proprio per la sua autorevolezza, deve cercare di far capire come le miopie del passato non possano trovare ancora un seguito.

Apro una parentesi per ricordare che l'Europa nasce da un embrione che si chiama Comunità europea del carbone e dell'acciaio e dopo settant'anni la crisi dell'Europa è sulla materia energetica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); già questo ci dovrebbe far riflettere. E quando lei ha parlato dell'energia e delle prospettive future, noi ci permettiamo di dirle, a proposito delle rinnovabili: sì alle rinnovabili, ma se c'è una filiera anche italiana delle rinnovabili (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché se questa filiera italiana non c'è trasferiamo solo la dipendenza per materia.

Ancora, signor Presidente, perché serve in Europa autorevolezza? Perché l'Europa, nonostante l'impegno italiano, non ha ancora deciso sul primo obiettivo: la mancata definizione del tetto del prezzo del gas. Ci è stata detta come una priorità, ma non è stata raggiunta. Ad oggi, c'è il mancato accordo per l'embargo del petrolio russo e - attenzione - con le attuali sanzioni gli operatori economici, dovendo rispettare i contratti a suo tempo sottoscritti, salvo dover pagare delle penali, si ritrovano anche a pagare in rubli, che era una di quelle opzioni che dall'inizio si escludeva. Eppure, come lei sa meglio di me, vi sono anche importanti società italiane che, proprio in ragione di quei contratti e non avendo altra copertura, dovranno così attrezzarsi.

Allora, signor Presidente, io penso che sia opportuno, in questo momento, che, anziché affidarsi alla politica delle burocrazie europee, sia la politica a tornare al centro della vita dell'Europa. Perché in questo momento a me pare che vi siano dei vuoti e una tendenza a trovare un accordo fra singoli, un movimentismo di alcuni suoi colleghi Presidenti del Consiglio, che non lascia ben sperare, laddove si confonde protagonismo personale con cooperazione. E proprio perché ci vuole chiarezza in Europa, a maggior ragione ci vuole chiarezza in Italia.

Signor Presidente del Consiglio, alla sua sinistra siede il Ministro degli Affari esteri, sicuramente uno dei Ministri in questo momento più importanti per la carica in ragione della crisi che stiamo attraversando. Ci può spiegare come si può avere il Ministro degli Affari esteri, che dovrebbe rappresentare la politica per quanto riguarda anche la fornitura delle armi all'Ucraina, che è dipendente, sotto il profilo politico, da un segretario, onorevole Conte, il quale dice: basta con l'invio di armi in Ucraina (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)?

Come si possano conciliare queste due posizioni antitetiche? Quindi, proprio per queste ragioni, Fratelli d'Italia sicuramente non contraddice le posizioni a suo tempo assunte.

Signor Presidente del Consiglio, si parla molto del quarto invio di armi; se ne parla e se ne parla un po' anche all'insegna della confusione, perché la confusione politica pare in alcuni punti, secondo alcune note che vengono pubblicate, accompagnarsi anche a motivazioni tecniche. Ma davvero l'Italia rischia di non poter fare il quarto invio di armi perché diversamente, come scrivono alcune fonti - ma bisognerebbe anche smentirle - andremmo a intaccare le nostre riserve sotto le quali non possiamo minimamente andare? Io le dico, signor Presidente del Consiglio, che questa voce, se non c'è, va smentita, perché è pericolosa per l'Italia, per l'Europa e anche per il popolo ucraino, che evidentemente fa conto su quello che potrà essere un ulteriore aiuto a favore della nostra sicurezza.

Mai come oggi io penso di poter dire - e Fratelli d'Italia lo afferma chiaramente - che la politica della fermezza ha pagato, perché oggi la Russia non ha vinto e l'Ucraina non ha vinto; ha resistito, ma non ha vinto. Oggi ci sono le condizioni nel segno di quello che lei ha detto, cioè non la pace decisa dall'invasore ma la pace che vede protagonista il vinto o l'invaso, signor Presidente del Consiglio, perché è lì che si gioca la partita. Se vogliamo arrivare alla pace, la condizione essenziale era creare una situazione di stallo; infatti, se non ci fosse stata questa, state tranquilli che la Russia non avrebbe mai pensato di sedersi a un tavolo così come oggi, invece, dovrebbe e potrebbe essere costretta a fare.

In tutta questa politica non è che l'Italia non stia pagando un prezzo. Però, aggiungo una cosa: abbiamo parlato molto di Europa e di Italia, ma forse bisogna iniziare a parlare anche di Occidente. Infatti, se si crede a una politica autenticamente occidentale, allora - sia ben chiaro - non è che con la crisi ucraina ci sono alcuni Paesi dell'Occidente che rischiano di stare meglio e altri Paesi dell'Occidente, come l'Italia, che rischiano, invece, di pagare tutti i costi di questa crisi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ci vuole un fondo economico dell'Occidente che vada ad aiutare quei Paesi che, per la loro posizione, per le loro decisioni e anche per la loro economia, in questo momento rischiano di pagare più di ogni altro il prezzo di una guerra che non è stata né cercata né voluta.

Vado alla conclusione dicendo soltanto una cosa. Tante volte ci è stato detto: ma voi siete atlantisti? Non siete atlantisti? Siete europei? Non siete europei? Vede, Fratelli d'Italia ha una storia di destra che dice chiaramente che quando c'è stata da fare una scelta a favore dell'atlantismo l'abbiamo fatta e quando c'è stata da fare una scelta a favore dell'Europa l'abbiamo fatta. Soprattutto, noi faremo sempre una scelta a favore della libertà dei popoli come il popolo ucraino.

È proprio per questa ragione che noi le diciamo che quella mozione, che venne approvata dal Parlamento col nostro voto e con alcune nostre indicazioni, è una mozione che noi non soltanto non rinneghiamo ma rivendichiamo anche oggi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO (IV). Grazie, signor Presidente. Grazie, Presidente Draghi. Il suo intervento e le sue parole sono da noi completamente condivise. Sono state molto nette e molto chiare, utili non solo alla comunicazione in quest'Aula ma utili al Paese che sta attraversando giornate in cui le persone naturalmente si interrogano e si preoccupano. I nostri concittadini vedono questa guerra, che non è tanto lontana dai nostri confini, con la paura che tutto questo possa scatenare qualcosa di cui non si conoscono i confini, di cui si è vista la drammaticità dalle immagini televisive ma, soprattutto, di cui non si conosce la fine.

In questo è importante vedere che le istituzioni, il Paese e il Governo hanno una voce sola, una voce netta, e che il nostro contributo sul tavolo della pace e su quello del sostegno all'Ucraina è molto netto e riconosciuto in maniera internazionale.

Noi non vogliamo rassegnarci, Presidente, all'idea che questa guerra vada avanti, perdendo la concretezza e la consapevolezza di quello che sta accadendo in quel Paese. Oggi, dopo 85 giorni, la situazione non è cambiata o migliorata. I carri armati continuano a combattere e, anzi, forse, c'è un inasprimento del conflitto e di questo dobbiamo tener conto quando ragioniamo su come e cosa dobbiamo fare per sostenere quel popolo.

Le scelte fatte dall'Unione europea sono scelte corrette - e per la prima volta, forse, abbiamo visto un'Europa che sa reagire in maniera coesa -, così come le scelte fatte non solo dalla NATO, ma anche da tutti gli altri Paesi occidentali che, intorno alla NATO, hanno costruito un'alleanza. Ma, su questo, dobbiamo avere la consapevolezza che, se non entriamo nel merito dei motivi che hanno scatenato questa guerra, difficilmente troveremo le soluzioni per portare a un tavolo di pace, per costringere Putin a un tavolo di pace.

Il problema non era l'accerchiamento della NATO e questo è evidente. Basta guardare la cartina geografica e si capisce che la Russia non è mai stata accerchiata dalla NATO. Il problema era la democrazia ai confini europei della Russia, quella democrazia che le dittature temono più di qualsiasi altra cosa. Adesso, ci sono i T-72, che attraversano i confini della Russia. Nel passato, abbiamo avuto i T-55, che andavano a Budapest e a Praga. Erano le stesse motivazioni che portarono a quelle invasioni. Prima c'era il Patto di Varsavia che le faceva; adesso l'ha fatta la Russia, con la complicità della Bielorussia, ma le motivazioni sono le stesse. Poi, non dimentichiamo che il Donbass è una terra ricca: c'è gas per sostenere le forniture dell'Italia per quarant'anni; ci sono 1.100 milioni di tonnellate di carbone; c'è uranio; ci sono le terre rare. L'acqua per rifornire la Crimea viene dal Nord e il controllo della costa sul Mare d'Azov interessa la Russia.

Le motivazioni per questa guerra sono, prima di tutto, economiche. La Russia ha invaso per conquistare terre e ricchezze e l'Ucraina difende la sua casa e la sua terra. Quando la reazione dei Paesi occidentali è stata determinata, è stata determinata nella maniera più giusta per una democrazia. Abbiamo fatto le quattro cose indispensabili e le abbiamo fatte con una presa di posizione che questo Parlamento ha assunto, praticamente, all'unanimità e quella posizione, che è stata assunta dal Parlamento, oggi è ancora valida in tutti i suoi dettagli. Provare a ridiscutere quella decisione serve solo a sviare e a mostrare questo Paese meno compatto di quello che è (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

Presidente, lei ha ricordato numeri drammatici sull'accoglienza, numeri drammatici che ci hanno anche dimostrato come ci sia un'Europa che non conoscevamo. La Moldavia, piccolo Paese, ha accolto oltre 100 mila persone che si sono fermate lì (la Moldavia ha 2,5 milioni di abitanti). Il 95 per cento di quelle persone è stato accolto nelle case. In Polonia ci sono milioni di profughi. Un flusso migratorio enorme, gigantesco, un flusso migratorio di persone che vogliono tornare a casa loro, che non vogliono restare qui, né in Italia né negli altri Paesi.

Abbiamo avuto la consapevolezza che le sanzioni costano e io penso che, su questo, dobbiamo avere la coscienza di ricordarlo, quando parliamo di sanzioni. Le sanzioni non costano solo alla Russia; le sanzioni costano anche a noi e lo vediamo sulle nostre bollette e lo vedono le nostre imprese, ma le sanzioni sono il primo strumento che ha una democrazia per reagire. È uno strumento efficace, che serve non solo ad intervenire sull'economia e indebolire l'economia russa - lei ha ricordato i numeri -, ma anche a dimostrare all'opinione pubblica di quel Paese che l'isolamento politico costa e che quello che raccontano i mezzi di comunicazione di quel Paese non è la realtà. Abbiamo bisogno di continuare sulla strada delle sanzioni con ancora maggiore forza e determinazione: queste sono lo strumento più forte e più utile che abbiamo. Poi, Presidente, si è aperto un dibattito sulle armi da inviare, sul tipo di armi: quando vedo le immagini di un carro armato russo che viene distrutto da un missile occidentale, non riesco ad applaudire, non riesco ad esultare, perché penso che, in quel carro armato, c'è un papà di famiglia o un figlio che non torna a casa, ma penso che quell'esercito è stato mandato colpevolmente ad invadere una terra in cui ci sono persone che hanno il diritto di difendersi - lo faremmo anche noi per difendere la nostra Patria - e non ci si difende senza armi, non ci si difende con armi che sparano poco o con armi che sparano male; ci si difende con gli strumenti più moderni a disposizione. Tutte le forze occidentali sono state attente a non mandare strumenti militari o armi che potessero alzare il livello del conflitto. C'è stata un'attenzione da parte di tutti i Paesi ed io penso che questo sia un elemento che dobbiamo sempre ricordare nella trattativa politica cui dobbiamo costringere Putin. Si costringe Putin alla trattativa politica, non evitando di armare l'Ucraina, perché, se si indeboliscono le difese dell'Ucraina, semplicemente si accelera l'avanzata dei russi, non si ottiene un altro risultato (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). E' evidente che Putin non ha attaccato l'Ucraina per andare a un tavolo di pace, ma l'ha fatto per cercare di invaderla, completamente. Allora, qui, non può esistere una discussione per capire chi di noi sia più o meno pacifista; questa discussione può andar bene in altri contesti, ma non può andar bene in questo contesto, perché qui siamo di fronte a una situazione diversa da tante altre che pure abbiamo vissuto, siamo di fronte a una situazione in cui c'è un Paese aggressore che vuole arrivare fino in fondo. Le minacce alla Moldovia non sono assurde; la Svezia e la Finlandia entrano nella NATO dopo che per settimane gli aerei russi hanno superato i loro confini e sono entrati nello spazio aereo di quei Paesi (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Allora, Presidente, io penso che la prima scelta nostra debba continuare a essere quella della diplomazia e questo Governo ha cominciato ad utilizzare la diplomazia non negli ultimi giorni, ha cominciato a farlo prima del 24 febbraio e tutti i membri del Governo lo hanno fatto - il primo è stato lei - e lo ha fatto il Presidente della Repubblica in tutte le sedi. Continuiamo sulla strada della diplomazia, ma dobbiamo sapere che, per sedersi a un tavolo di pace, non basta che ci sediamo noi, non basta che si sieda il Presidente Zelensky, bisogna che ci si sieda anche chi ha cominciato la guerra. Fin quando chi ha cominciato la guerra non deciderà che è il momento di finirla, noi dobbiamo continuare a sostenere lo sforzo del popolo ucraino a difendere il proprio Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

Presidente, noi vorremmo che questa fosse una discussione che completiamo, perché, dopo la tragedia del COVID, pensavamo di aver esaurito i drammi e, invece, ci siamo trovati in questa tragedia ancora più grande. Prima, almeno, avevamo tutta l'umanità che combatteva contro il COVID, adesso siamo qui a discutere di sangue, di guerra e di bambini che restano orfani. Presidente, facciamo tutti gli sforzi, ma facciamoli con la consapevolezza che la politica farà bene il suo mestiere, se, anche in questo Paese, non metterà bandierine, non farà discussioni per avvantaggiare una parte o l'altra nel dibattito politico interno, ma saprà essere unita nella consapevolezza che questo Governo è il miglior supporto che noi possiamo dare alla soluzione di pace per la quale tutti i nostri partner si aspettano un contributo forte e importante da parte dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marin. Ne ha facoltà.

MARCO MARIN (CI). Grazie, Presidente. Presidente del Consiglio, membri del Governo, colleghe e colleghi. Oggi, Presidente, dopo 85 giorni di conflitto, di guerra - non di operazioni speciali, come vengono dipinte in Russia – dall'aggressione proditoria, dalla dichiarazione di guerra a uno Stato sovrano, ci ha aggiornato e ci ha relazionato su questo film dell'orrore - una guerra è sempre un film dell'orrore - e ha fatto il fermo immagine di oggi. Noi desideriamo ringraziarla, Presidente, per l'equilibrio, il coraggio e la determinazione che ha portato avanti in queste giornate di guerra (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia), seguendo i punti che il Parlamento, in quella risoluzione, praticamente all'unanimità, le ha dato. Abbiamo detto di permettere all'Ucraina e agli ucraini di difendersi e abbiamo detto di ricercare la pace e di evitare la prosecuzione della guerra, perché l'obiettivo nostro è sempre stato quello di permettere a chi è stato aggredito di difendersi e anche di andare verso la pace. Ho sentito prima in Aula, quasi come un ammonimento al Governo e al Parlamento italiano, che le armi non possono essere l'unica soluzione: non va detta qui questa frase - noi stiamo ricercando la pace -, questo ammonimento va spedito in Russia, a Mosca, andrebbe detto alla Duma. Le armi come unica soluzione sono la soluzione dell'autocrazia, non delle democrazie; sono la soluzione dell'oscurantismo, non della libertà (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia) e noi siamo forti in questi valori, come siamo forti, Presidente e colleghi, nei valori che ci richiamano all'Occidente, che ci richiamano all'atlantismo e che ci richiamano alla nostra storia. La memoria non può mai essere troppo corta - come quella che qualcuno, forse per vantaggio politico, sembra avere in questi giorni - perché la storia è lunga, la storia ci insegna e la storia richiama al futuro. Noi siamo, con il Governo Draghi, dalla parte giusta della storia e lo stiamo dimostrando. Certo, in un periodo come questo, che arriva dopo la pandemia, gli aspetti che ci colpiscono, che colpiscono l'Europa, il mondo occidentale e tutto il mondo – dovremo poi occuparci della crisi alimentare che arriverà probabilmente anche in Africa - sono vari. Il primo che voglio affrontare è quello umanitario e voglio associarmi al ringraziamento per quello che sta facendo il mondo del volontariato (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia), la nostra Protezione civile, gli enti locali e la Caritas. Io credo - non voglio sbagliare i dati – che, a due giorni fa, abbiamo accolto – lei richiamava, in precedenza, i bambini - circa 40 mila bambini e 120 mila persone dall'Ucraina. Stiamo facendo molto, perché anche questa è la storia del nostro Paese e anche questo è molto importante. Poi ci sono gli aspetti - li ricordava sempre lei – alimentari, e voglio dire che è vero che ci sono e che le navi sono bloccate, ma veniamo anche da un periodo difficile e ricordo che già con la pandemia, dall'aprile 2019 all'aprile 2022, i prezzi del frumento (tenero e duro), della soia, del mais e del grano - di cui ci parlava lei - sono raddoppiati, e questo non per la volontà italiana di difendere un Paese aggredito, non per la volontà italiana di stare con l'Europa, con la NATO, con l'Occidente o con i nostri alleati storici americani. Questo, purtroppo, si inserisce in un periodo molto difficile che il mondo sta attraversando, a cui si è aggiunta - ripeto - una dichiarazione di guerra da chi pensa - l'autocrazia - che i problemi si risolvono con le armi. Ma questa non è mai stata la nostra posizione (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia): noi abbiamo sempre scelto la pace, ma - come diceva il Presidente Mattarella - la pace non si ottiene con la resa, la pace la si ottiene volendo farla in due. Come lei ci diceva, nella sua informativa precedente, evidentemente c'è qualcuno che non voleva sedersi al tavolo e, se noi non avessimo permesso agli ucraini di difendersi e di difendere la loro terra, quegli spiragli di pace, che oggi spero si possano vedere, non ci sarebbero stati. Quegli spiragli si sono visti soprattutto dopo il suo viaggio a Washington. Io non so se è un caso - ma credo raramente al caso –, ma ho visto che, dopo il suo viaggio a Washington, c'è stato il primo contatto fra l'amministrazione americana e l'amministrazione russa. Mi piace pensare che il nostro Paese stia giocando un ruolo da protagonista, come ritengo stia facendo. Lo giochiamo da soli o lo giochiamo con l'Europa? Ci sentiamo gelosi se una volta parla Scholz, una volta parla Draghi, una volta parla Macron? Come potremmo parlare, come potremmo inserirci - se l'Europa non fosse unita - fra le superpotenze del mondo? Questa è l'occasione. Io ho sentito parlare di debolezze europee: le cose vanno migliorate sicuramente, ma l'Europa in questa occasione ha saputo dimostrare, come mai prima, un'unità a cui non riuscivo nemmeno a pensare, per la velocità della risposta. Questa deve essere la nostra scelta e la scelta della UE. E, se un Paese chiede - certo, rispettando termini, tempi, modi e regole - di entrare nell'Unione europea o chiede di entrare nella NATO, questo giustifica, e può giustificare - perché ho sentito dire che la guerra in Ucraina è stata provocata -, nel 2022, un'aggressione militare (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia)? Quindi, è da apprezzare anche la sua chiara risposta alla Finlandia e alla Svezia, due democrazie compiute. Rispetto a molti aspetti, con riferimento ai Paesi scandinavi, abbiamo da imparare, come loro hanno da imparare da noi per altri aspetti, in una comunità internazionale che, ripeto, vuole la pace. Abbiamo fatto bene, se una democrazia chiede di potersi unire a una comunità, che non vuole la guerra, che cerca sempre la pace, è bene che la risposta sia chiara. In questo momento in cui, ripeto, la democrazia è aggredita dall'autocrazia, anche una risposta chiara alla volontà di entrare nella NATO di due Paesi che, fino ad oggi, avevano scelto di non farlo – ne ha parlato lei, l'ho sentito dire in Aula, della “finlandizzazione”, che si legge anche nei libri di storia -, è una risposta che noi stiamo dando a chi pensa di risolvere la crisi con la guerra; noi non permetteremo a nessuno di aggredire i più deboli, perché la nostra risposta sarà forte e sarà unita.

Presidente Draghi, lei ricordava la questione energetica: questa deve diventare, e vuole diventare, una grande occasione per ripensare i piani energetici del nostro Paese. È da apprezzare anche la politica dell'Europa, con i 300 miliardi che stanno arrivando, che ci permetteranno di agire; su questo, poi, ci confronteremo in Parlamento, possiamo avere idee diverse. Il nucleare pulito, secondo noi, è un'opportunità e, d'altronde, i piemontesi ce l'hanno a 50, 60, 20 chilometri, ce l'hanno sulla porta di casa, vedremo come fare; certo ci sono le energie rinnovabili. Stiamo correggendo anche errori che non dipendono dalla guerra o dalla pandemia, ma da vecchie politiche energetiche che sono state ideologiche e che noi vogliamo ripensare (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

Poi c'è l'aspetto finanziario. Il sesto intervento che farà l'Europa, che si identifica soprattutto sul petrolio e sul gas, io penso che arriverà, io credo che l'Europa lo farà ancora una volta in modo unitario. Si parla del fatto che il PIL italiano sta diminuendo: ci aspettavamo dei numeri e saranno ridotti rispetto ai numeri che aspettavamo, certo, ma anche la Russia ha un PIL che sta crollando, naturalmente, e questo grazie alle sanzioni. Ciò proprio per dire che noi non vogliamo la guerra, abbiamo cercato le sanzioni, abbiamo permesso a un popolo di difendersi. Con riferimento alle armi, non mi piace fare distinguo pelosi fra difesa e attacco, perché, francamente, non sarei in grado di farlo: un'arma è un'arma, come una guerra è una guerra. Detto questo, la stessa cosa vale per le sanzioni: fra le armi e la difesa dell'Ucraina e le sanzioni che sono state adottate, siamo arrivati a intravedere qualche spiraglio di pace.

Presidente Draghi, io penso che la strada che stiamo percorrendo sia quella giusta, la stiamo percorrendo con equilibrio. Sono anche certo che, se ci sarà da venire in Parlamento, lei deciderà di venire in Parlamento, perché voglio vedere chi, in Parlamento, che rappresenta il popolo italiano, dovesse mai avere il coraggio - non la forza, ma la debolezza, il coraggio che sarebbe in questo caso debolezza - di schierarsi non con l'Europa, non con l'Occidente, non con la NATO. Infatti, la strada che lei ha segnato, che il Governo italiano, il Parlamento italiano, votando quasi all'unanimità, hanno segnato è quella giusta, è la via giusta. Certo, siamo amici di tutti, nel mondo, ma la nostra tradizione e i nostri valori sono quelli giusti.

Se qualcuno pensa di prendere la Via della seta, la prenderà da solo, Presidente, perché la storia dell'Italia non è quella (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia) e noi rivendichiamo la storia del nostro Paese, i valori e la capacità dei popoli di autodeterminarsi, come stanno facendo. Allora, Presidente Draghi, la strada che ha segnato è quella giusta: noi ci eravamo ieri, ci siamo oggi e ci saremo domani (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Presidente Draghi, signori Ministri, colleghi, noi riteniamo che questo passaggio parlamentare possa, e debba, essere molto utile per far crescere la consapevolezza che stiamo entrando, dopo 85 giorni di guerra, in una fase nuova. Lo dico senza infingimenti: il 24 febbraio è stato giusto raccogliere il grido d'aiuto di una nazione libera, aggredita dalla Federazione russa al di fuori di qualsiasi logica di diritto internazionale ed è stato giusto fornire aiuti economici e militari per aiutare l'Ucraina a difendersi, così come sono state giuste le sanzioni.

Oggi, però, dobbiamo avere la consapevolezza di essere entrati in un'altra fase. Tra poco, come è già stato ripetuto più volte, saranno tre mesi dall'inizio della guerra; c'era chi vaticinava pochi giorni, una durata breve, una guerra lampo e c'è chi, forse, anche nell'opinione pubblica europea, avrebbe preferito che l'Europa e l'Italia si fossero girate dall'altra parte, come facemmo nel 2014, quando fu annessa la Crimea.

Oggi - e mi sembra un dato incontrovertibile - abbiamo messo l'Ucraina nelle condizioni di potersi sedere ad un tavolo di pace ancora in piedi, ma di sedersi ad un tavolo di pace non per rendere cronica la guerra.

Questo è il passaggio di fase che crediamo sia importante, su cui auspichiamo che il Governo lavori, come sta facendo, anche alla luce del suo resoconto sulla sua visita negli Stati Uniti. Bisogna lavorare per costruire faticosamente - perché la diplomazia è faticosa - uno scenario di pace, nel breve, con un cessate il fuoco, e nel lungo periodo. Ciò che non è accettabile è che ci sia, in diverse realtà, chi, invece, preferirebbe un altro scenario, lo scenario di una lunga guerra di logoramento, i cui danni e le cui conseguenze sarebbero disastrosi, non solo per i Paesi in guerra, ma anche, come dimostrano i dati che anche lei oggi ci ha illustrato, per l'Europa e per l'intero mondo.

Occorre, quindi, un'azione diplomatica più forte, occorre un ruolo più forte dell'Unione europea e dei leader dell'Unione europea. Lo abbiamo detto con una battuta, lo ripeto anche in questa sede: se vogliamo uscire da questa situazione ed entrare in uno scenario di pace, è fondamentale che la NATO faccia la NATO e l'Unione europea faccia l'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Partito Democratico). C'è un ruolo politico che va rafforzato, anche rispetto all'asse che è evidente, da un punto di vista politico-militare, tra Washington e Londra. Lo dico, anche qui, con chiarezza: dobbiamo essere alleati leali, non fedeli. Nella lealtà, occorre dire che gli effetti di una lunga guerra, di una cronicizzazione della guerra ricadrebbero fondamentalmente sugli europei e non certo su chi, a distanza di migliaia di chilometri, guarda a quello che avviene sul teatro europeo, giustamente, con la distanza che esiste. L'obiettivo di fondo, a cui le chiediamo di lavorare, signor Presidente del Consiglio, lo ha detto lei e lo condividiamo totalmente, riferendosi all'intervento del Presidente Mattarella, che, di recente, ha detto che l'obiettivo a cui lavorare è quello di una nuova Helsinki, di un nuovo patto, di una nuova stagione di distensione, di pace e sicurezza per il continente europeo.

È in questo quadro - lo diciamo con chiarezza - che va inserita la questione che qui abbiamo tratteggiato, ma che è stata oggetto anche delle dichiarazioni di questi minuti, cioè la questione dell'invio delle armi o della prosecuzione dell'invio delle armi. Signor Presidente, crediamo che occorra dire con chiarezza che non ci può essere un immediato automatismo, perché, altrimenti, il rischio sarebbe quello di un'escalation. Occorre inquadrare anche l'invio delle armi in una revisione strategica del sostegno all'Ucraina e, quindi, in una prospettiva di pace e non di una cronicizzazione della guerra. Questo è il lavoro che le chiediamo. Bene, quindi, il Piano del Governo che abbiamo visto sui giornali, presentato ieri dal Ministro degli Affari esteri all'ONU. Vorrei soffermarmi su questo: la consapevolezza che deve crescere anche nella nostra opinione pubblica è che, dopo una guerra, che ha messo in evidenza tutta la sua atrocità (forse lo ricorderà, signor Presidente, dissi, nella prima informativa, che mai dobbiamo dimenticarci che la guerra è una montagna di sterco, e, purtroppo, le immagini che abbiamo visto in questi mesi ce lo hanno tristemente confermato), c'è un dopoguerra, che non può essere la prosecuzione della guerra in altre forme; ritrovare le ragioni del dialogo, mettere in evidenza, come abbiamo fatto più volte, che un conto è l'arroganza del potere e lo spregio di tutte le regole messe in atto da Putin, altro è il popolo russo. Da questo punto di vista, occorre fare quello a cui lei, signor Presidente, ha accennato e che deve diventare, a nostro giudizio, il cuore dell'azione italiana, e non solo, dei prossimi mesi. Occorre fare un salto di qualità nella realizzazione di una politica estera e di difesa comune dell'Unione europea. Ed è in questo contesto che va inserito il tema della spesa militare e abbiamo apprezzato l'espressione che lei ha usato di razionalizzazione della spesa militare: bisogna migliorare l'efficienza e la capacità di difesa da parte dell'Unione nel suo complesso.

Inoltre, e mi avvio alla conclusione, c'è la questione di una politica energetica comune: il tema di un tetto al prezzo e il tema di acquisti comuni da parte dell'Europa stentano a prendere corpo. In molte Nazioni europee, continua a prevalere un egoismo di fondo: pensare che, in questo contesto, ci si possa difendere in una logica nazionale o, ancor peggio, nazionalista.

Questa guerra ci dimostra che c'è bisogno dell'esatto contrario: c'è bisogno di aprire, di mettere insieme, di mettere a fattore comune e di riuscire a trasformare un grande player economico, uno dei più grandi del mondo, in un soggetto in grado di determinare una propria autonoma politica estera e di difesa comune. E può essere anche l'occasione di un rilancio dell'azione delle organizzazioni dell'ONU, candidando proprio l'ONU a gestire la tregua e la fase di transizione post guerra. Da questo punto di vista, l'obiettivo non può che essere quello di lavorare per una coesistenza pacifica, così come è stato in questi settant'anni, ad eccezione della triste vicenda della guerra in Jugoslavia.

Questo è ciò a cui dobbiamo lavorare, non si può pensare di tornare indietro. È vero che il 24 febbraio è cambiato il mondo, ma non si può pensare di tornare indietro, né rispetto a uno scenario di pace in Europa, né sui temi della transizione ecologica.

Ci vuole coraggio, fermezza, credibilità, che l'Italia ha dimostrato di avere. Oggi più che mai dobbiamo lavorare per costruire uno scenario di pace e non arrenderci all'idea di una guerra che non abbia fine (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e di deputati del Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cabras. Ne ha facoltà.

PINO CABRAS (MISTO-A). Grazie, Presidente. “Qui, Radio Mosca”: così ci dipingono le liste di proscrizione, saremmo terribili filorussi e quindi voi sareste temibili Stoltenberg, come se tutto si risolvesse in questa visione manichea. Noi pensiamo, in realtà, agli interessi del popolo di questa Repubblica. Basta propaganda e maccartismo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). In un'Italia alternativa, il Presidente del Consiglio italiano indica agli alleati europei la risoluzione pacifica di un conflitto assurdo alle porte dell'Europa, non invia armi trascinandoci verso la mezzanotte nucleare, chiede il cessate il fuoco, frena l'ingresso nella NATO di Finlandia e Svezia per non gettare benzina su quel fuoco, organizza una conferenza di pace qui, a Roma, una città con la vocazione giusta e con la Costituzione adatta. Ma la realtà è ben diversa e il Presidente del Consiglio scappa dal Parlamento e fugge a Washington per farsi mettere la mano sulla spalla da Biden. Il popolo può attendere.

Siamo all'oscuro delle armi inviate e sulla strategia interventista. Siamo all'oscuro sul reale peso della nostra debolissima politica estera. A chi vanno quelle armi? Certo, in un pezzo della catena del traffico ci sarà un nostro ufficiale in divisa, che consegna le armi a un suo omologo di un battaglione ucraino, tutti in divisa; ma, poi, quelle armi dove vanno a finire, visti i troppi eserciti sfaldati negli ultimi trent'anni? C'è troppo estremismo. Ci sono troppe mafie pronte ad approfittarsi e ad alimentarsi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa e di deputati del gruppo Misto) con gli effetti diretti e indiretti del riarmo.

Stiamo esportando e importando la guerra, non ci bastano più la guerra interna qui nel nostro Paese e una crisi economica e sanitaria che toglie la speranza alle famiglie. No, signori, contro il volere del popolo, come nel 1915, pochi Ministri ci menano al disastro, prezzi alle stelle dentro un Mediterraneo affamato dalle sanzioni boomerang.

La questione dell'allargamento della NATO a Svezia e Finlandia ha un effetto che molti stanno ignorando. La trasformazione del Mar Baltico in un golfo ostile alla Russia crea una catena di conseguenze che sono sottovalutate. Certo, le ha sottovalutate Putin, ma direi tutti i dirigenti europei.

Tre secoli fa, la costruzione della città di San Pietroburgo da parte di Pietro il Grande fu una scelta deliberata di aprire una enorme finestra sull'Occidente da parte della Russia, che si sentiva ancora troppo legata al suo enorme retroterra asiatico e che vedeva troppe chiusure culturali, fisiche e geografiche nei confronti dell'Occidente. Una Russia aperta su un Baltico non ostile o neutrale ha avuto effetti plurisecolari di una funzione co-dirigente della Russia nello spazio europeo. Chi ha tentato di rimuovere questa funzione dirigente della Russia sono stati Napoleone e Hitler, con gli esiti e i prezzi umani che conosciamo.

Non si ripetano quegli errori. Se chiudiamo definitivamente la finestra della Russia verso ovest, il contraccolpo per l'Europa e la sua economia sarà traumatico, nessuna transizione energetica è possibile in quel contesto. Male reagire a una circostanza particolare come la guerra in Ucraina con il suicidio dell'Europa.

Ricordo, inoltre, che la Federazione russa è il 30 per cento dell'Europa e per molti anni anche molti di quelli che sono seduti qui dentro l'hanno ritenuta parte dell'interdipendenza europea in ogni campo. Pensate che tutto questo non meriti una soluzione politica, una via pacifica? È diritto di questo Parlamento e dell'opinione pubblica incidere a fondo su episodi che cambiano gli assetti dell'Europa e per sempre. È nostro diritto e dovere evitare che l'Unione europea belligerante diventi il fratello scemo della NATO, quando anche la NATO va verso il baratro.

Che il momento storico sia delicato si evince anche dall'insieme di contraddizioni dei partiti, che avvertono la difficoltà di sostenere una posizione di appoggio all'invio di armi. Quasi tutti, qui dentro, votano per la belligeranza, per il coinvolgimento diretto in guerra, in contrasto con un sentimento popolare larghissimamente contrario alla guerra in ogni forma, compresi i giochi di guerra in Sardegna.

Cari partiti, la vostra risposta a tutti i sondaggi che vedono gli italiani esasperati dalle scelte di questo Governo e fermamente contrari alla guerra, è fatta di goffi equilibrismi retorici, appesi a parole d'ordine che possono avere un suono pacifista vago, di correzione delle posizioni del Presidente del Consiglio. Mi riferisco, in particolare, al capo politico del MoVimento 5 Stelle, o al leader della Lega, o ad alcuni cenni che ci sono stati da altri colleghi. Poi, qui in Aula, vi allineate, fedeli fedeli, e le vostre posizioni reali, i vostri voti non coincidono con il sentimento che diffondete sui media. Invocate una pax europea, ma siete dei no-pax (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa e di deputati del gruppo Misto). Quali sono le vostre reali intenzioni? Non esiste una via di mezzo: o si è contrari alla guerra, o si è promotori. Noi di Alternativa non vediamo i vostri volti accanto ai nostri nelle piazze e nelle votazioni in questa Camera. Sabato saremo in piazza a Genova, poi ovunque, a manifestare per la pace.

Con molta ipocrisia credete che gli italiani ci caschino ancora una volta, ma il vento sta cambiando. E non è il vento di guerra in cui sperate voi, l'alternativa è la pace (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa e di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il dibattito in corso nel nostro Paese sul conflitto russo-ucraino è sempre più dettato da esigenze di posizionamento politico elettorale delle forze politiche. Esigenze legittime, ma che dovrebbero trovare altri ambiti e altre modalità per dispiegarsi. Riteniamo che sia un problema, che teatro e oggetto di questi posizionamenti siano le scelte politiche di fondo di politica estera, a maggior ragione di fronte a un conflitto che ha sconvolto l'agenda politica delle democrazie.

Crediamo che, di fronte alla scelta della Russia di invadere l'Ucraina con le armi e con colonne di carri armati, con la finalità di rovesciare il Governo di un Paese sovrano e sostanzialmente annetterlo, sarebbe necessario sgombrare il campo da ogni ambiguità e, invece, il dibattito politico italiano ne produce quotidianamente.

La scelta della Russia nasce con il marchio della violazione del diritto internazionale e ha prodotto in territorio ucraino tragiche e disumane violazioni dei diritti umani. Chi, come il sottoscritto, partecipando insieme alla collega Lia Quartapelle Procopio a una delegazione di parlamentari europei di diversi Paesi, su invito del Parlamento di Kiev, ha potuto vedere la distruzione prodotta dall'accanirsi su obiettivi civili, le fosse comuni, la brutalità dell'attacco e della ritirata russa, chi ha visitato i luoghi che lei oggi ha citato, mentre ancora è in corso il riconoscimento delle vittime e mentre ancora a migliaia se ne trovano di nuove, non ha dubbi sul fatto che l'obiettivo putiniano della denazificazione sia sinonimo di de-ucrainizzazione, cioè di annullamento di una soggettività storico-politica sovrana e di annientamento di chi non vuole sottomettersi. Prenderne atto non significa non volere il negoziato: significa restare attaccati alla realtà.

Non ci sarà dialogo e non ci sarà negoziato, colleghi, se l'Ucraina dovesse soccombere. E non ci sarà pace: ci saranno il silenzio e il vuoto della distruzione e della morte. Ma davvero qualcuno può credere che, se vi fosse stato un ingresso trionfale dell'armata russa a Kiev, senza la capacità di resistenza efficace che l'Ucraina ha messo in campo, ciò avrebbe significato pace? Davvero vogliamo fare finta di non sapere che quella sarebbe stata una minaccia concreta, che quello avrebbe innescato più di ogni altra cosa l'escalation tanto paventata? Noi dobbiamo nutrire la consapevolezza che la pace si costruisce con il diritto e con la democrazia e l'invio di armi a sostegno dell'autodifesa dell'Ucraina trova basi nel diritto e nella democrazia.

Colleghi, dobbiamo piantarla di citare gli articoli a metà, l'articolo 11 della nostra Costituzione, così come l'articolo 51 della Carta dell'ONU (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!

Presidente Draghi, noi vogliamo ringraziarla per la guida che ha saputo assumere di un'azione politica chiara e decisa sin dall'inizio. Intendiamo rinnovarle il nostro sostegno politico e la nostra fiducia, ma, in particolare, vogliamo sottolineare il valore politico del suo modo di agire, che è sempre stato improntato alla ricerca di decisioni e di responsabilità comuni e condivise con i partner dell'Unione europea. Ciò ha un enorme valore, non solo nell'affrontare questa tragica sfida, ma in prospettiva nella costruzione di quel federalismo pragmatico e ideale, che è l'unica strada, l'unica possibilità, che noi abbiamo davanti anche per costruire la difesa comune. Infatti, non avremo difesa comune, senza una politica estera comune.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). Infine, mi consenta di concludere, Presidente, ricordando che il 19 maggio di sei anni fa ci lasciava Marco Pannella. Marco Pannella è stato l'unico leader politico europeo e l'unico membro di un'istituzione europea - in quel momento era un parlamentare europeo - a recarsi a Mosca ai funerali di Anna Politkovskaja, a ringraziarla a Mosca e, poi, nel Parlamento europeo per il lavoro che stava facendo, per aprire gli occhi di tanti, che non li avevano voluti aprire, sulla trasformazione del regime russo vieppiù in regime totalitario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lapia. Ne ha facoltà.

MARA LAPIA (MISTO-CD). Presidente Draghi, apprezziamo l'attenzione del Governo sulla questione dell'approvvigionamento alimentare, non solo per le ricadute immediate che può avere sui cittadini italiani, ma anche per le possibili implicazioni, in futuro, sui Paesi del Mediterraneo e sul mondo intero.

Tuttavia, Presidente Draghi, ancora una volta, come già accaduto in passato, la mia isola, la Sardegna, si sta trasformando in queste ore in un palcoscenico di guerra. Più di 4 mila uomini di sette Nazioni NATO, con 65 mezzi navali e aerei, si divertono a fare esercitazioni di guerra presso le coste della Sardegna. Il tutto è avvenuto in maniera repentina con un'ordinanza dello Stato maggiore della Difesa, che ha decretato il divieto d'accesso in 15 aree a mare, di fronte alle aree più importanti delle spiagge più belle della Sardegna.

Presidente Draghi, come ben sa, la mia isola si avvicina alla stagione estiva e i nostri operatori turistici dovrebbero, finalmente, avere l'opportunità di svolgere il loro lavoro, soprattutto dopo l'emergenza sanitaria. Non bastava, in Sardegna, vivere nella sede dei poligoni più grandi d'Europa e più importanti, luogo in cui siamo sempre stati schiacciati dalle servitù militari che raggiungono percentuali incredibili? Adesso ci tocca anche assistere alla più importante e imponente esercitazione militare messa in campo nel nostro mare. Presidente Draghi, io sono figlia delle lotte di Pratobello. Non creiamo di nuovo - lo dico anche a lei, Ministro Lamorgese - una lotta interna nella nostra terra, nella nostra Sardegna. Noi non vogliamo essere un bersaglio sensibile, se si dovesse allargare questo clima di guerra all'interno del conflitto europeo e del conflitto mondiale. In quest'Aula mi faccio portavoce della rabbia e del disagio dei miei concittadini; in questo momento vogliamo essere liberati immediatamente da questo insensato atto di violenza nei confronti della mia terra. Presidente Draghi, fermi immediatamente questa sciagura (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico e di deputati del gruppo Misto)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Romaniello. Ne ha facoltà.

CRISTIAN ROMANIELLO (MISTO-EV-VE). Grazie, Presidente. Presidente Draghi, riguardo la sua visita a Washington, lei non aveva l'obbligo di passare dal Parlamento, dunque, non posso attribuirle un difetto di forma, ma di sostanza sì. Ha pronunciato, tuttavia, parole importanti in conferenza stampa e anche alle Camere; ha detto che occorre sostenere l'Ucraina e fare pressioni su Mosca. E, poi, ha detto che occorre cominciare a chiedersi come costruire la pace. Dopo tre mesi: l'ha detto dopo tre mesi! Da settimane il Presidente francese Macron e il Cancelliere Scholz parlavano di sostenere Kiev, ma di dialogare con Mosca; parlavano di evitare di porsi in stato di cobelligeranza. Se lei fosse passato dal Parlamento, prima di andare a Washington, forse avrebbe avuto un indirizzo aderente a queste posizioni e, forse, se avesse rispettato una grammatica istituzionale, non avrebbe trovato il Parlamento europeo vuoto. Si rende conto di quanto avremmo potuto rafforzare lei e l'Unione europea intera? Oggi ha detto che l'Italia appoggia l'ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO. Io credo che lei abbia ragione, ma non può prendersi questa responsabilità. Non può stabilire lei se il Parlamento ratificherà il Trattato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Europa Verde-Verdi Europei): in questo caso non salva nemmeno la forma. Potrei estendere il ragionamento sulla cinquantesima fiducia posta ieri dal suo Governo, che ha affermato, ancora una volta, che non si fida delle modifiche con le quali il Parlamento interviene per migliorare i vostri decreti. Forse, a questa maggioranza va bene che lei si comporti in questo modo, ma credo che alla Costituzione non vada così bene. La prego di rispettare la grammatica istituzionale, perché è suo dovere farlo.

Non posso evitare di sottolineare altre contraddizioni. Ha parlato di investire in rinnovabili; ma non fate abbastanza per sbloccare le autorizzazioni, non fate abbastanza sui sistemi di accumulo. Queste azioni consentirebbero di non dover scegliere tra pace e condizionatore acceso. Non bastano i 200 euro una tantum per aiutare i cittadini a vivere oggi e a programmare il futuro. Serve un investimento senza precedenti sulle energie rinnovabili, serve iniziare dai 200 gigawatt da sbloccare immediatamente, servono energie di pace, energie pulite. Io ho l'impressione che il suo Ministro della Transizione ecologica Cingolani stia facendo esattamente il contrario: gli attuali ritmi di autorizzazione sulle rinnovabili servono a raggiungere gli obiettivi con vent'anni di ritardo. Spero che il suo Ministro della Transizione ecologica l'abbia informata di questo.

Presidente, oggi serve investire sul welfare. Abbiamo sanità, istruzione e ricerca in difficoltà e li state definanziando ulteriormente con scuse assurde. Mi viene in mente il calo demografico per l'istruzione. Ma lei ha visto il sovraffollamento delle classi, le cosiddette classi pollaio, le liste d'attesa? Ha visto il sottodimensionamento degli organici dei nostri settori, della ricerca, della salute, dell'istruzione? Presidente, la pace si fa così, creando una forte sinapsi sociale, non aumentando le spese militari. Presidente, la prego, rispetti il Parlamento e persegua la pace (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Europa Verde-Verdi Europei e di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (M-NCI-USEI-R-AC). Grazie, signor Presidente. Signor Presidente del Consiglio, cari colleghi, la maturità di una classe politica si misura nei momenti di crisi e nei momenti di crisi si dimostra sapendo scegliere tra il coraggio e la paura, tra la responsabilità di prendere decisioni nel merito - c'è un aggredito e un aggressore, c'è chi ha violato le regole internazionali - e il puro inseguimento del consenso.

Avere coraggio e responsabilità vuol dire essere pronti a sopportarne le conseguenze, sapere che ciò comporta sacrifici che vanno attenuati, soprattutto, per famiglie e imprese. Mettere a rischio la credibilità internazionale del nostro Paese per equilibri interni di una forza politica indecisa su tutto è da irresponsabili. Sulla politica estera è da irresponsabili dividersi: nelle tempeste internazionali si sta con il proprio Paese. Lei, signor Presidente del Consiglio, è stato molto chiaro nell'insediamento del suo Governo: il primo pilastro della sua maggioranza era europeismo e atlantismo. Nessuno finga di non averlo sentito quando ha votato la fiducia a questo Governo. Sanzioni, aiuto all'Ucraina a difendersi con l'invio delle armi, diplomazia. L'obiettivo è la tregua per arrivare alla pace, questa è la strada votata dal Parlamento il 2 marzo ed è la strada che continuiamo a seguire.

Contemporaneamente, mi permetta, concludendo, di ricordare un pezzo della storia di questo Paese: eravamo nel 1981-1982, Governo Spadolini, si arrivava ad uno scontro in una tensione incredibile. La Russia schierò le testate nucleari ai confini del Patto Atlantico. L'Italia scelse, su richiesta della NATO, di schierare a Comiso i missili Pershing e le testate nucleari (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC).

Craxi, che non veniva dalla mia forza politica e dalla mia cultura, scelse con coraggio questa strada. Da quel segno e da quel gesto - concludo - per chi non se lo ricorda, e la storia deve insegnare, si aprì la grande possibilità di discutere e di dialogare per il disarmo nucleare. Lei ha detto con chiarezza: se la Russia si siederà al tavolo è perché l'Ucraina ha resistito. Questa è la strada da percorrere, tutti insieme, senza divisioni e con coerenza, dalla parte dell'Ucraina, dalla parte dei regolamenti internazionali, del diritto internazionale, dalla parte dell'Europa e dell'atlantismo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Suriano. Ne ha facoltà.

SIMONA SURIANO (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Presidente Draghi, lei oggi viene qui a fare l'ennesima passerella mediatica, fingendo di informare il Parlamento. Si ricordi, però, che non dovremmo essere noi a chiederle di venire qui, ma dovrebbe essere suo interesse farsi dare un mandato parlamentare, magari anche con un voto, per missioni così importanti come quella appena conclusasi negli Stati Uniti.

Lei, insieme al suo Governo e alla sua maggioranza, sta giocando alla guerra come i bambini giocano con i soldatini, ma qui siamo un Paese democratico, dove la nostra Costituzione è lì, come una pietra miliare, a indicarle che nessun Governo in Italia può svuotare dei poteri le Camere e governare esclusivamente a colpi di decreti, esautorando così completamente il ruolo del Parlamento.

Primo Ministro Draghi, l'invio di armi, secretato e reiterato nel tempo, a un Paese vicino al nostro, che pregiudica anche la nostra sicurezza, è configurabile come una dichiarazione di guerra, e non può prescindere da un mandato parlamentare periodico e puntuale. Noi lo chiediamo da marzo e ci fa piacere che anche nella maggioranza qualcuno cominci a dirlo, ma a cosa serve lasciare dichiarazioni per poi abbassare la testa in Aula? Siamo stanchi di questi calcoli elettorali sulla pelle di milioni di vite umane. Gli italiani in questi anni di pandemia hanno subito le scelte del Governo, un autoritarismo che non trova precedenti in 76 anni di Repubblica e che ha allontanato i cittadini dai palazzi. Adesso avete scelto di imporre, con un blitz militare, le vostre scelte, quelle che porteranno al conflitto globale, se non ci si ferma adesso.

Il luogo del dialogo è qui, in quest'Aula. Come credete di voler indicare la via del dialogo a ucraini e russi se non volete percorrerla neanche qui in Italia? Infatti, sempre in più persone comincia a sorgere un dubbio angosciante: ma la volete davvero questa pace? Avete inviato armi di cui non abbiamo diritto nemmeno di conoscerne la portata e, a quanto pare, siete pronti a inviarne altre.

Lei, Primo Ministro, è volato negli Stati Uniti da Biden per farsi indicare la strada, ma sarebbe anche ora di cominciare a guardare gli interessi del nostro Paese e dell'Europa, senza i suggerimenti di chi vive dall'altra parte del mondo, ben lontano dal conflitto e con una politica estera fortemente interventista.

Abbiamo espulso i diplomatici russi e ora, in risposta, loro hanno espulso i nostri. Ma è questa la via del dialogo che voi volete intraprendere? Abbia il coraggio di fare un passo indietro, di rispettare il Parlamento e tutti i cittadini che non si vedono più rappresentati e che non vogliono che il proprio Governo alimenti venti di guerra. Si fermi, chieda una conferenza di pace qui, in Italia, con la fine delle ostilità. Conceda ai popoli in guerra una tregua, non inviando più le nostre sanguinose armi. Siamo capaci di dare agli ucraini il giusto aiuto senza mettere l'elmetto alla nostra Repubblica?

Come Manifesta, vorremmo presentare una mozione in cui chiediamo iniziative concrete e vere di pace a questo Governo; e chiediamo a chi oggi si è unito al fronte pacifista, ai colleghi, di firmarla, di scriverla insieme e cambiare insieme la rotta, per evitare l'ingresso in un conflitto globale che non avrà né vinti né vincitori (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Deputati del gruppo Misto espongono cartelli recanti le scritte: “No alla guerra”; “Non in nostro nome”; “Sì alla pace”; “Stop all'invio di armi”).

PRESIDENTE. Abbassate i cartelli, chiedo agli assistenti di intervenire (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente). Ha chiesto di parlare la deputata Gebhard. Prego, deputata Gebhard. Colleghi, per favore!

RENATE GEBHARD (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Il contesto di guerra in atto richiede molto a tutti noi: se vuoi la pace, preparati alla guerra. Purtroppo, Putin ci ha dimostrato in maniera evidente che questo detto latino ha tutt'oggi il suo significato. Occorre essere chiari e determinati, nessuno è contrario a un processo di pace, anzi, tutte e tutti lo vogliamo, ma nessuno può seriamente supporre che i negoziati possano tollerare le violazioni all'ordine internazionale delle quali la Russia è responsabile. La pace ad ogni costo, che qualcuno rivendica, è un principio incompatibile con il diritto internazionale e con la stessa unità dell'Europa, perché equivale ad una resa.

Siamo con lei, signor Presidente del Consiglio, quando afferma che dobbiamo operare per negoziati credibili dinanzi alla straordinarietà di quanto è accaduto. È, dunque, giusto e condivisibile fare tutto il possibile per raggiungere un cessate il fuoco e una pace duratura. Come lei ha affermato, le scelte che la UE deve affrontare sono brutalmente semplici: possiamo essere padroni del nostro destino oppure schiavi di decisioni altrui. Facciamo nostra, nella politica italiana, questa discriminante e comportiamoci di conseguenza. Buon lavoro a lei, con l'augurio e la convinzione che, per giungere alla pace, il sostegno all'Ucraina, in ogni forma, sia una condizione non negoziabile, in Europa e in Italia.

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 3609.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge n. 3609. Ricordo che prima dell'informativa urgente del Presidente del Consiglio dei Ministri si sono conclusi gli interventi per dichiarazione di voto finale.

(Votazione finale e approvazione – A.C. 3609​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 3609: S. 2564 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, recante misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina" (Approvato dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1) (Applausi).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI (ore 14)

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse, l'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato ad altra seduta.

Avverto che il presidente della Commissione lavoro, con lettera in data 17 maggio, e i presidenti delle Commissioni giustizia e affari costituzionali, con distinte lettere in data 19 maggio, hanno rappresentato l'esigenza, condivisa all'unanimità dai rappresentanti dei gruppi delle Commissioni medesime, di posticipare al prossimo calendario l'inizio dell'esame in Assemblea delle seguenti proposte di legge, la cui discussione generale è prevista dal vigente calendario dei lavori per lunedì 23 maggio: testo unificato delle proposte di legge n. 2098, 2247, 2392, 2478, 2540, recante disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche invalidanti e croniche; proposte di legge n. 306 e 2599, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano; proposta di legge costituzionale n. 1854 ed abbinate, di modifica dell'articolo 114 della Costituzione, in materia di ordinamento e poteri della città di Roma.

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, pertanto, l'esame delle proposte di legge sopra citate non sarà iscritto all'ordine del giorno delle sedute dell'Assemblea previste per la prossima settimana.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo ora agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD). Presidente, la ringrazio. Aspettavo un attimo che i colleghi potessero defluire. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, prendo brevemente la parola perché penso che sia giusto e persino doveroso che nell'Aula della Camera dei deputati risuoni il nome di Shireen Abu Akleh, cronista palestinese, cristiana, con passaporto giordano e statunitense, per 25 anni voce e volto delle notizie sulla Palestina attraverso la TV araba Al Jazeera.

Shireen Abu Akleh è stata uccisa una settimana fa, Presidente, mercoledì 11 maggio, a Jenin, nonostante indossasse il giubbotto antiproiettile e il casco con la scritta “Press”, mentre documentava un raid delle unità speciali israeliane. La notizia della sua morte ha scosso il popolo palestinese e il mondo intero. Tanta gente è accorsa ai suoi funerali, decine di migliaia di persone in modo composto e pacifico hanno accompagnato Shireen per tutto il tragitto, da Sheikh Jarrah fino alla chiesa e poi al cimitero cristiano nella città vecchia di Gerusalemme. Ma ci è toccato vedere una scena che non avremmo mai voluto vedere, quella di poliziotti israeliani in assetto antisommossa che prendevano a randellate e a manganellate i partecipanti alle esequie, perfino quelli che portavano sulle spalle il feretro di Shireen, rischiando più volte di farlo cadere: neanche il minimo rispetto per chi è morto e per chi piange la sua scomparsa. La nostra tristezza fa piangere le pietre, scrive Susan Abulhawa, nel suo bellissimo libro Ogni mattina a Jenin.

Dunque, impegniamoci di più, tutte e tutti noi, Governo, Parlamento, Unione europea, affinché la morte di Shireen produca uno scatto di responsabilità e di iniziativa politica per giungere a quell'obiettivo di pace tanto atteso: uno Stato di Palestina che conviva nella sicurezza reciproca e in amicizia con lo Stato di Israele. Presidente, due popoli, due Stati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ehm. Ne ha facoltà.

YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Ringrazio la Presidente Boldrini per le parole spese per Shireen Abu Akleh. Vorrei accodarmi alle sue parole e ricordare appunto ciò che è accaduto soltanto una settimana fa, quando si sono viste scene drammatiche: da una parte, le immagini drammatiche di una giornalista uccisa e, nei giorni scorsi, le immagini dei raid, degli attacchi da parte di soldati israeliani durante i funerali della giornalista Shireen. Vorrei altresì cogliere questa occasione affinché non solo il suo nome sia ricordato ma sia ricordato anche il suo mestiere, quello del giornalista che, in uno scenario difficilissimo, quello di Jenin, quello delle zone occupate palestinesi, si occupa di fare informazione, di notificare quello che sta accadendo. Come lei ci sono tantissime e tantissimi altri giornalisti. Vorrei dunque ribadire la necessità di proteggere ancor di più coloro che ricoprono questo ruolo estremamente importante: fare informazione, fare in modo che noi, tutte e tutti, siamo informati di quello che accade nel mondo. Vorrei ricordare altresì, tramite questa bruttissima notizia, il conflitto che Shireen, appunto, documentava e che va avanti da oltre 70 anni. In questo ricordo, anch'io esorto quest'Aula, tutte e tutti noi, affinché vi possa essere un impegno per Shireen, per tutte e tutti, affinché l'attenzione sia universale, affinché possano esserci il rispetto dei diritti umani ma anche un passo importante in avanti verso due popoli e due Stati - uno Stato di Palestina che abbia gli stessi diritti dello Stato di Israele - che possano vivere in amicizia e in pace insieme. Per Shireen questo passo in avanti va fatto e noi dobbiamo e vogliamo in questo caso impegnarci (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Presidente, ringrazio la Presidente Boldrini e la collega Ehm per aver ricordato una vicenda che non possiamo archiviare come un fatto di cronaca come tanti altri. L'uccisione di Shireen Abu Akleh a Jenin è un fatto estremamente grave, perché era una giornalista, oltre che una donna, con cittadinanza americana e palestinese, una giornalista che documentava quello che avviene: una violenza che non possiamo continuare a far finta che non esista. In questi mesi siamo stati tutti concentrati sulla terribile guerra in Ucraina ma non possiamo rassegnarci all'assenza della politica in una regione che ha già visto troppe morti ed è condannata, se non interviene la politica, se non interviene la comunità internazionale, se non interviene l'Unione europea, ad una prospettiva buia.

Allora, se l'uccisione di Shireen può avere una conseguenza, oltre quella del dolore, che apra anche una prospettiva positiva per quella regione, noi dobbiamo fare in modo che riprenda l'attenzione politica sulla questione israeliano-palestinese: due popoli e due Stati che vivano in pace e in sicurezza. Oggi, però, non possiamo archiviare - lo ripeto - come un fatto di cronaca l'uccisione di Abu Akleh da parte dell'esercito israeliano occupante Jenin. È necessario che anche il nostro Governo si pronunci per un'indagine internazionale, per un'inchiesta internazionale indipendente per riconoscere la responsabilità dei fatti, per avere le conseguenze necessarie sui colpevoli e per fare in modo che da questa vicenda possa ripartire un processo di pace (Applausi delle deputate Boldrini e Ehm).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). La ringrazio, Presidente. In Italia troppo spesso si va in carcere per sbaglio e prima del processo. Sono di 180 milioni in quattro anni i costi per lo Stato a titolo di risarcimenti pagati per equa riparazione di errori giudiziari. È su questo tema che il 12 giugno gli italiani potranno esprimersi, votando per il quarto dei quesiti referendari, che ha proprio a che fare con la custodia cautelare in carcere.

Sono somme di rilievo quelle che lo Stato ha pagato (pensate che, nel 2020, si parla di 43 milioni di euro). La Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, ci informa che le azioni di rivalsa dello Stato nei confronti dei giudici a cui tali errori sono imputabili mancano del tutto. Non solo: esiste anche una disomogeneità territoriale degli indennizzi. Si pensi che alcune ordinanze della corte d'appello di Catania hanno quantificato il costo giornaliero di vita in carcere per un detenuto ingiustamente posto agli arresti in 117 euro; a Catanzaro il costo è di 791 euro.

Tredici sono le azioni di responsabilità disciplinare promosse nei confronti di magistrati e mancano del tutto - parole della Corte dei conti - informazioni sulle azioni di recupero dello Stato, per l'ingiusta detenzione, verso i responsabili.

Quindi, l'invito ai cittadini italiani è di recarsi al voto il 12 giugno, per votare sui referendum in materia di giustizia, soprattutto il quarto, quello in materia di misure cautelari. Dobbiamo fermare questo triste fenomeno e dobbiamo altresì chiamare alla responsabilità coloro che sbagliano. Quindi, il 12 giugno votiamo “sì” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 20 maggio 2022 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interpellanze urgenti .

La seduta termina alle 14,10.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 3609 - voto finale 389 387 2 194 336 51 93 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.