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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 678 di martedì 19 aprile 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 13 aprile 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Baldelli, Barelli, Battelli, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Inca', D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Marin, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mule', Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Paita, Parolo, Perantoni, Picchi, Rizzo, Romaniello, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Sodano, Spadoni, Speranza, Suriano, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 98, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 15 aprile 2022, la deputata Francesca Troiano, già iscritta al gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritta.

Discussione del disegno di legge: “Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura” (A.C. 2681-A​) e delle abbinate proposte di legge: Ceccanti ed altri; Ceccanti ed altri; Zanettin ed altri; Rossello; Bartolozzi e Prestigiacomo; Dadone; Colletti ed altri; Dadone; Pollastrini ed altri; Sisto e Mule'; Zanettin e Costa; Costa; Costa (A.C. 226​-227​-489​-976​-989​-1156​-1919​-1977​-2233​-2517​-2536​-2691​-3017​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2681-A: “Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura” e delle abbinate proposte di legge nn. 226-227-489-976-989-1156-1919-1977-2233-2517-2536-2691-3017.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi, già inviato ai gruppi parlamentari, è in distribuzione e sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Vedi l'allegato A). Avverto, inoltre, che è in distribuzione l'errata corrige del testo A.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2681-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, collega onorevole Eugenio Saitta. Prego.

EUGENIO SAITTA (M5S), Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente, colleghi deputati e deputate, il disegno di legge di cui oggi l'Assemblea avvia l'esame reca le deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario, per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura.

Il provvedimento, presentato dall'allora Ministro, Alfonso Bonafede, il 28 settembre 2020, e modificato dalla Commissione, contiene disposizioni destinate a incidere sul sistema giustizia nei suoi diversi aspetti, sia con norme immediatamente precettive, sia attraverso la successiva adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Governo, intervenendo sull'assetto ordinamentale della magistratura.

Premetto che la Commissione giustizia, che ha avviato l'esame del provvedimento il 14 ottobre 2020, ha svolto un'articolata e accurata istruttoria legislativa, che l'ha vista impegnata, tra il dicembre 2020 e il marzo 2021, in una serie di audizioni informali.

Conclusa la fase istruttoria, si è proceduto all'adozione del testo base, che è stato individuato nel testo del disegno di legge del Governo a firma Bonafede, ed è stato fissato il termine per la presentazione delle proposte emendative. Nel frattempo, a seguito della formazione del nuovo Governo, la nuova Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha istituito presso l'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia una commissione di studio per elaborare proposte sulla riforma dell'ordinamento giudiziario del CSM, presieduta dal professor Massimo Luciani. All'esito dei lavori di tale commissione, il Governo ha presentato, il 14 marzo scorso, diverse proposte emendative volte a modificare il testo del disegno di legge dell'allora Ministro Bonafede.

In considerazione della portata delle modifiche proposte, la Commissione giustizia ha svolto un supplemento di attività istruttoria attraverso lo svolgimento di ulteriori audizioni aventi ad oggetto il contenuto delle proposte emendative e governative. Il testo al nostro esame, risultante dall'approvazione delle proposte emendative del Governo, dei relatori e di altre proposte emendative e subemendative dei parlamentari, è articolato in sei Capi, il primo dei quali (dall'articolo 1 all'articolo 5) prevede una delega al Governo per la riforma ordinamentale della magistratura. L'articolo 6 chiude il Capo I del disegno di legge relativo alla riforma di specifici profili ordinamentali della magistratura, delegando il Governo a provvedere anche al coordinamento delle disposizioni vigenti con quelle introdotte in sede di riforma.

Il capo II del disegno di legge, che va dall'articolo 7 all'articolo 14, novella alcune disposizioni dell'ordinamento giudiziario. Diversamente dal Capo I, quindi, su alcuni specifici argomenti, il disegno di legge non procede con una delega al Governo, ma modifica direttamente le norme in vigore.

Il Capo III del disegno di legge, composto dagli articoli da 15 a 20, interviene con disposizioni puntuali e immediatamente precettive sulla disciplina dello status dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, con particolare riferimento alla loro eleggibilità, all'assunzione di incarichi di Governo e al loro ricollocamento al termine del mandato. Si tratta, in questo caso, di una svolta epocale, che rimarca pienamente l'impianto pensato dal Ministro Bonafede. In particolare, l'articolo 15 detta disposizioni in materia di eleggibilità dei magistrati, realizzando una più accentuata separazione tra politica e magistratura. Il disegno di legge, infatti, al comma 1, esclude l'eleggibilità, a parlamentare nazionale ed europeo, a consigliere regionale o presidente di regione, nonché l'assunzione di incarico di assessore o di sottosegretario regionale, dei magistrati che prestano servizio, o l'hanno prestato nei 3 anni precedenti la candidatura, in uffici giudiziari aventi giurisdizione, anche parziale, sulla regione nella quale è inclusa la circoscrizione elettorale. Inoltre, tale articolo, al comma 2, esclude l'eleggibilità a sindaco o consigliere comunale, nonché l'assunzione dell'incarico di assessore comunale, dei magistrati che prestano servizio, o l'hanno prestato nei 3 anni precedenti la candidatura, in uffici giudiziari aventi giurisdizione, anche parziale, sulla provincia in cui è compreso il comune, o sulle province limitrofe. Il provvedimento, inoltre, specifica che l'ineleggibilità non opera per i magistrati che, da almeno 3 anni, prestano servizio presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale nazionale. Per coloro che svolgono tale servizio da meno di 3 anni, si deve valutare, ai fini dell'ineleggibilità, la sede presso la quale hanno svolto le precedenti funzioni. La disciplina dell'ineleggibilità si applica anche ai magistrati in posizione fuori ruolo, avendo anche in questo caso riguardo alla sede in cui hanno prestato servizio in precedenza.

L'articolo 16 prescrive che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari non possano assumere l'incarico di componente del Governo, Presidente del Consiglio dei Ministri, o Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato o di assessore regionale o di assessore comunale, se non siano collocati in aspettativa, senza assegni, all'atto dell'assunzione dell'incarico.

L'articolo 17 stabilisce che, durante il mandato elettivo o durante lo svolgimento di incarichi di Governo, il magistrato debba obbligatoriamente trovarsi in aspettativa, in posizione fuori ruolo. Quanto al trattamento economico, il disegno di legge prevede che il magistrato possa scegliere tra la conservazione e il trattamento economico in godimento in magistratura, senza possibile cumulo con altre indennità, e la corresponsione della sola indennità di carica, salvo, in entrambi i casi, il rispetto dei limiti del reddito annualmente previsto per i componenti del Governo. La possibilità di optare per la conservazione del trattamento economico in godimento in magistratura è, peraltro, esclusa per i magistrati che assumono la carica di sindaco, presidente di provincia, presidente del consiglio comunale o provinciale, presidente del consiglio circoscrizionale, presidente di comunità montane o di unione di comuni, membro delle giunte di comuni e province.

L'articolo 18 disciplina il ricollocamento in ruolo dei magistrati che si siano candidati alle elezioni europee, politiche, regionali o amministrative, senza essere stati eletti e prevedendo che essi non possano, per i successivi tre anni, essere ricollocati in ruolo: con assegnazione ad un ufficio avente competenze anche parziali sul territorio di una regione compresa, in tutto o in parte, nella circoscrizione elettorale in cui sono stati candidati; con assegnazione ad un ufficio situato in una regione nel cui territorio ricade il distretto nel quale esercitavano le funzioni al momento della candidatura; con assegnazione delle funzioni di giudice per le indagini preliminari o dell'udienza preliminare o delle funzioni di pubblico ministero; con assunzione di cariche direttive o semidirettive. Per quanto riguarda i magistrati in servizio presso le giurisdizioni superiori o presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale a carattere nazionale, spetterà agli organi di autogoverno individuare le attività non giurisdizionali alle quali destinare tali magistrati per i tre anni successivi alla candidatura.

L'articolo 19 disciplina il ricollocamento dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, che abbiano svolto il mandato elettorale al Parlamento europeo, al Parlamento nazionale, ovvero abbiano ricoperto la carica di componente del Governo, di consigliere regionale o provinciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, di presidente o assessore nelle giunte delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, di sindaco o di consigliere comunale, a prescindere dalla durata del mandato dell'incarico. Il disegno di legge prevede che, alla cessazione del mandato o dell'incarico, i magistrati possano essere collocati fuori ruolo: presso il Ministero di appartenenza per i magistrati ordinari e militari, o presso la Presidenza del Consiglio per i magistrati amministrativi e contabili, o presso l'Avvocatura dello Stato o presso altre amministrazioni, ricollocando i ruoli destinati ai rispettivi organi di autogoverno allo svolgimento di attività non direttamente giurisdizionali, né giudicanti, né requirenti. La nuova disciplina è destinata a trovare applicazione unicamente con riguardo alle cariche assunte dai magistrati successivamente all'entrata in vigore della riforma.

L'articolo 20 disciplina il ricollocamento dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, collocati fuori ruolo per l'assunzione di incarichi politico-amministrativi apicali, a livello nazionale o regionale, e di incarichi di Governo non elettivi. In particolare, per quanto riguarda i magistrati che hanno svolto incarichi politico-amministrativi apicali, ossia capo e vice capo dell'ufficio di Gabinetto, segretario generale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri o di un ministero, capo o vice capo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei ministeri, capo o vice capo del dipartimento presso i consigli e le giunte regionali, il provvedimento, al comma 1, prevede due alternative: il collocamento per un anno in posizione di fuori ruolo presso il ministero di appartenenza o alla Presidenza del Consiglio, oppure presso l'Avvocatura dello Stato o altre amministrazioni, senza che derivino posizioni soprannumerarie, in un ruolo non apicale. Trascorso l'anno, il magistrato potrà tornare a svolgere funzioni giudiziarie, ma non potrà, per i tre anni successivi, assumere incarichi direttivi o semidirettivi. In alternativa, si prevede il collocamento in ruolo e la destinazione ad incarichi non direttamente giurisdizionali, individuati dagli organi di autogoverno. In questa seconda ipotesi, la disposizione non specifica se si tratta di uno status che il magistrato debba conservare fino alla maturazione dell'età per il pensionamento obbligatorio. Anche i magistrati che abbiano svolto incarichi di Governo non elettivi, cioè componente del Governo, assessore regionale o nelle giunte delle province autonome, hanno a disposizione due possibilità: il collocamento in posizione fuori ruolo presso il Ministero di appartenenza o alla Presidenza del Consiglio, oppure presso l'Avvocatura dello Stato o altre amministrazioni. Il comma 3 prevede le disposizioni sul ricollocamento, che non si applicano qualora l'incarico sia cessato stato prima che sia trascorso un anno dall'assunzione, sempre che la cessazione non dipenda da dimissioni volontarie, non conseguenti a ragioni di sicurezza, motivi di salute o altra giustificata ragione.

Il Capo IV del disegno di legge, composto dagli articoli da 21 a 39, contiene disposizioni immediatamente precettive, con le quali il Governo modifica la legge 24 marzo 1958, n. 195, recante “Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura”. Si tratta di un intervento organico, che investe tutti i Capi della suddetta legge, incidendo sulla composizione dell'organizzazione, sulle attribuzioni e sul funzionamento del CSM, sul sistema elettorale per la nomina dei componenti togati, nonché sul loro ricollocamento al termine del mandato.

Il Capo V, recante la delega del Governo per il riassetto delle norme dell'ordinamento giudiziario militare, si compone del solo articolo 40, nel quale sono indicati i princìpi e i criteri direttivi cui il Governo deve conformarsi nell'esercizio della delega, da esercitarsi entro due anni dall'entrata in vigore della legge. Nell'esercizio della delega, il Governo dovrà adeguare la disciplina concernente i magistrati militari a quella dei magistrati ordinari di grado corrispondente, nei limiti di compatibilità tra i due ordinamenti di riferimento, in particolare in materia di accesso alla magistratura, stato giuridico, conferimento di funzioni e requisiti per la nomina di progressione nella valutazione di professionalità.

Infine, il Capo VI contiene, rispettivamente all'articolo 41 e all'articolo 42, le disposizioni finali e finanziarie. In particolare, l'articolo 43 prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire l'altro relatore per la maggioranza, il collega Walter Verini.

WALTER VERINI (PD), Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. La relazione puntuale svolta dal deputato Eugenio Saitta, naturalmente, mi esime dal soffermarmi, come ha fatto molto bene lui, sui contenuti specifici. Voglio, quindi, limitarmi ad alcune considerazioni non solo di merito, ma anche più generali.

Intanto, rilevo, in questo anno, questo Parlamento ha approvato le riforme del processo penale civile e ora vede in dirittura d'arrivo questa dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura. Tutte e tre, avviate con il precedente Governo, sono state completate, e in diverse parti anche sostanzialmente modificate, dal Parlamento, dall'attuale Governo e, naturalmente, dal lavoro importante, paziente e intelligente della Ministra Marta Cartabia. È stato un lavoro lungo e faticoso, che ha visto coinvolti tantissimi, in audizioni e in Commissioni di studio, le principali componenti della giurisdizione, magistratura e avvocatura, come ha ricordato Saitta; un lavoro particolarmente complesso, perché ha dovuto cercare di mettere insieme e di trovare sintesi tra punti di vista anche diametralmente opposti. Per questo il risultato è importante, ma non si tratta di una rivoluzione copernicana, di una panacea per il sistema giustizia, così malandato. Si tratta, però - questo va detto, va valorizzato –, di tre riforme di sistema che questo Paese non conosceva da decenni, almeno da quando la giustizia è stata il principale terreno di scontro politico in questo Paese: la guerra dei trent'anni, è stato detto. Ci sono, su questa guerra dei trent'anni, come si sa, ma anche come è giusto che sia, idee diverse sulle motivazioni, su come e perché da qualche parte si sia cercato di minare il principio costituzionale della separazione dei poteri, dell'indipendenza della magistratura, e su come e perché, d'altra parte, pezzi della magistratura abbiano reagito con invasività e spesso con invasioni di campo del tutto sbagliate; sul perché, insomma, in questi anni si siano fronteggiati (semplifichiamo così), da una parte, una concezione populista della giustizia e poco attenta al cardine della presunzione di innocenza e, dall'altro, un garantismo che di questa così nobile espressione aveva poco, essendo praticato a corrente alternata, à la carte.

Vogliamo andare oltre questi giudizi, perché poi ognuno ha i propri, però quello che intendiamo dire è che queste riforme - e per quello non vogliamo guardare al passato -, che, oggi, l'Aula della Camera inizia a discutere, vanno oltre questa guerra dei trent'anni, cercando di guardare al futuro e di rendere più civile e moderna la giustizia italiana.

A queste riforme aggiungerei anche il recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza, che offre maggiori garanzie, che cerca di frenare il grave fenomeno delle cosiddette gogne mediatiche, anche se nessuno - voglio ribadire anche questo - può pensare che una libera e corretta informazione, libera e corretta, non sia un diritto da tutelare. Non sono riforme a favore di qualcuno o contro qualcuno.

La scommessa è quella di un sistema giudiziario più rispettoso dei principi costituzionali, della durata ragionevole dei processi, delle garanzie per gli indagati e poi, eventualmente, per gli imputati, ma anche per le vittime dei reati, che spesso rimangono un po' troppo sullo sfondo nel dibattito pubblico. La scommessa è anche quella, con la riforma di cui discutiamo, di aiutare la magistratura a ritrovare quella credibilità e autorevolezza di cui essa stessa e il Paese hanno urgentemente bisogno. Sono principi ed esigenze che il Presidente della Repubblica Mattarella ha sempre richiamato con forza in questi difficilissimi anni; anni difficilissimi anche per la magistratura e per lo stesso Consiglio superiore, che ha affrontato questa tempesta anche grazie all'equilibrio e alla misura del vicepresidente Ermini. Questi principi sono stati al centro del forte e applauditissimo discorso pronunciato dallo stesso Sergio Mattarella alle Camere riunite dopo la sua nuova recente elezione a Capo dello Stato. Questa riforma, anche per questo, non può essere, e nessuno vuole che sia, contro la magistratura.

Noi rispettiamo davvero l'indipendenza della magistratura, anche se ci auguriamo che non venga scelta la strada annunciata e ipotizzata dello sciopero, che rischierebbe, a nostro giudizio, tra l'altro di non essere compreso, oggi più che mai, dal Paese. Non condividiamo toni e contenuti di un dissenso così radicale. È vero, c'è stato in giro, c'è in giro chi avrebbe voglia di assestare qualche colpo, qualche colpetto, all'indipendenza della magistratura, di regolare qualche conto, qualche scoria della cosiddetta “guerra dei trent'anni”, però, al di là della volontà soggettiva di singoli parlamentari, che su temi molto sensibili hanno espresso posizioni, presentato o ripresenteranno emendamenti, ai quali non imputo - lo dico sinceramente - nessuna volontà in quel senso, però alcuni rischi paventati di colpire l'indipendenza in questa riforma non ci sono. Magari qualche rischio, secondo alcuni, avrebbe potuto esserci se ci fosse stato contenuto il sorteggio per i candidati; sarebbe stato come certificare “tiriamo a sorte, ogni magistrato vale come un altro, la magistratura non è in grado di saper scegliere i più adatti”, ma questo nella riforma non c'è. Oppure se ci fosse stato un altro tema legittimo di discussione, la responsabilità civile diretta, che per qualcuno avrebbe potuto rappresentare un limite serio all'esercizio dell'azione penale. Questo naturalmente non vuol dire sottovalutare e risarcire i frequenti casi di mala giustizia per dolo o colpa grave, ma anche questo nella riforma non c'è. C'era anche chi - un altro tema di legittimo dibattito, di aperto dibattito da anni - avrebbe voluto azzerare il passaggio di funzioni, in vista di una radicale separazione delle carriere.

Dicevo, posizioni legittime, per noi non condivisibili, perché la cultura della giurisdizione, tutta l'esperienza requirente e giudicante arricchisce e rende più completo il punto di vista di un magistrato. Peraltro non va dimenticato che negli ultimi anni i casi di passaggio di funzione sono stati poco più di 30 ogni anno su oltre 9 mila magistrati. Tutto ciò per dire che anche questo è un tema di grande rilievo politico-culturale, di grande impatto mediatico, ma di limitata consistenza effettiva; e comunque nella riforma quello che per qualcuno avrebbe potuto essere un rischio, l'azzeramento totale, non c'è. Saranno eventualmente altri i momenti che decideranno, con consultazioni popolari, se andare in questa o in altre direzioni.

L'equilibrio trovato, dunque, è accettabile per tutto, e non vedo sinceramente in certi toni, in certe critiche radicali, dei puntuali riferimenti al contenuto della riforma. Però altre critiche, anche forti, per noi invece sono viste come opportunità, come innovazioni. Eugenio Saitta le ha ricordate, ne voglio brevemente specificare alcune. Ci sono norme che premieranno nelle carriere il merito, le prestazioni, senza quegli automatismi che troppe volte hanno promosso magistrati che a valutazioni più attente avrebbero avuto esiti diversi. In questo senso crediamo che sia da guardare come stimolo utile anche la possibilità data all'avvocatura, non ai singoli avvocati, di esprimere con il voto una valutazione dentro i consigli giudiziari. Abbiamo molto sostenuto questa proposta perché non va guardata con timore, ma come un arricchimento dei punti di vista e della collaborazione tra le componenti fondamentali della giurisdizione; e l'avvocatura, come è stato sottolineato, non è certo un ospite nella casa della giustizia.

Lo stesso fascicolo, che di fatto già esiste, rappresenta per noi uno stimolo a valutazioni sempre più fondate sulla professionalità, il rigore, le capacità organizzative e le prestazioni. Noi stessi a riunioni preparatorie abbiamo detto: guai se qualcuno, ove mai, concepisse questo strumento come una schedatura. Se fosse così, questo rischierebbe di burocratizzare il lavoro dei magistrati, di limitare l'esercizio dell'azione penale, ma non è questa l'interpretazione, noi ne diamo una che è quella di stimolare, come dicevo, sempre più il merito, le capacità, la responsabilità, l'interpretazione più efficace delle norme di legge. Nessuna volontà punitiva, dunque, ma stimolo e contributo a svolgere sempre più anche questo fondamentale ruolo per la nostra democrazia con onore e disciplina, capacità e dedizione, trasparenza e assoluto senso dello Stato. Ci sono altre novità importanti per regolamentare meglio il rapporto tra magistratura e impegno nella politica e nelle istituzioni. Qui si è fatto giustamente prevalere il principio dell'imparzialità effettiva e percepita del magistrato; imparzialità che può venire messa in discussione da scelte elettorali politico-partitiche. Si sono trovate soluzioni equilibrate, che distinguono i magistrati che si candidano nei diversi livelli istituzionali o che assumono ruoli politico-istituzionali, ma, anche qui, senza demonizzazioni.

Del resto c'è anche stato chi ha fatto notare come in questo Parlamento alla fine i magistrati siano soltanto tre tra Camera e Senato; per dire, altre categorie, gli avvocati, sono rappresentati in un numero superiore a 140. Il contributo che stanno dando a questo come ad altri provvedimenti è di primissima qualità, quindi non è per fare polemica, ma per dire che il fenomeno va visto nelle sue giuste dimensioni. Tuttavia è stato giusto, perché chi fa il magistrato deve essere percepito come imparziale, come terzo, e la scelta verso un partito, verso una coalizione politica, mina o può minare questa credibilità; ma senza demonizzazioni, dicevamo, distinguendo anche chi sceglie liberamente di esercitare ruoli politico-istituzionali da chi invece, fuori ruolo, svolge e svolgerà funzioni e compiti apicali e dirigenti per un tempo limitato nei gabinetti e negli uffici amministrativi, cioè incarichi non al servizio di un partito, ma della collettività, dello Stato. Altra cosa in questo senso – che io condivido molto - è che si vada a sostenere, a incentivare, a rafforzare la presenza di tutte le culture della giurisdizione e anche degli accademici nelle strutture di supporto ministeriali e dello Stato, ma non c'è dubbio come i limiti contenuti alle cosiddette porte girevoli siano tra le innovazioni da citare in questa riforma.

Ancora, e mi avvio a concludere, c'è da rilevare la novità del sistema elettorale, che, pur riprendendo la formula del sorteggio dei collegi, già sperimentata oltre 20 anni fa, prova a individuare e a sperimentare un sistema misto, tenendo più articolata la rappresentanza, aumentando il numero dei membri del Consiglio superiore. Ciò potrebbe contribuire a combattere non tanto le correnti come tali, quanto le correnti che degenerano nel carrierismo e nel correntismo. E qui mi sia consentito esprimere una soddisfazione particolare, che credo che sia di tutti, per gli elementi normativi e regolamentari introdotti con lo scopo di garantire la parità di genere.

Pure questa è un'innovazione di grande valore, che potrà portare a un CSM più ricco, più articolato, più rappresentativo dal punto di vista anche dei generi, con evidente salto di qualità e di contemporaneità. Non vanno sottovalutate tra le novità anche quelle che riguardano il funzionamento interno del Consiglio. Si è già detto, per esempio, dell'aumento del numero dei membri, che consentirà, tra l'altro, di evitare la contemporanea partecipazione di un membro del CSM alla commissione che si occupa del disciplinare e a quella che si occupa, invece, delle promozioni, delle valutazioni di professionalità degli incarichi direttivi e semidirettivi. Insomma, più in generale, anche il funzionamento del CSM potrà trarre beneficio dai meccanismi di maggiore trasparenza, da criteri di merito e professionalità per le nomine e gli incarichi, anche con lo stop alle cosiddette nomine a pacchetto.

Certo – concludendo -, anche la migliore riforma, la migliore legge elettorale, di per sé, non garantiscono quella necessaria autorigenerazione della magistratura di cui il Paese ha bisogno. Autorigenerazione: è la stessa parola, espressione usata più volte dal Presidente della Repubblica. Ecco perché - lo diciamo con sincero rispetto - ci aspetteremmo dall'ANM, per esempio, un atteggiamento più aperto, più coraggioso, perché in ballo ci sono davvero da difendere principi importanti, ma indipendenza e autonomia, secondo noi, non possono, in alcun modo, coincidere con conservazione, autoconservazione, pigrizie, mantenimento di situazioni che hanno contribuito alla perdita di credibilità. Il Paese, l'ordinamento giudiziario hanno bisogno di una magistratura che ritrovi il meglio delle sue tradizioni e del suo servizio, il meglio dei tanti esempi - lo dico senza retorica, sono patrimonio comune di tutti -, che, pagando anche con la vita, hanno contribuito, ieri o quelli che contribuiscono oggi, a rendere l'Italia migliore, combattendo la attualissima e gravissima penetrazione delle mafie, la piaga attualissima e gravissima della corruzione, il terrorismo, ieri, ma anche oggi, e tanti altri gravissimi fenomeni che colpiscono il nostro Paese.

Questi sono per noi alcuni elementi qualificanti la riforma, le riforme, le tre riforme. L'auspicio è che il Parlamento faccia presto e bene il suo lavoro, garantendo segnali innovativi per il sistema giustizia, eleggendo il nuovo Consiglio superiore con le nuove regole, rispettando anche le scadenze del PNRR, che ammontano, tra l'altro, come finanziamenti per il comparto giustizia, a oltre 3 miliardi e provando a scrivere - io mi auguro che tutti noi ci possiamo riuscire, anche nella polemica, anche nelle diversità di opinioni - una pagina di futuro, ancorata a quel caposaldo di ieri, ma che è ancora attualissimo oggi e che si chiama Costituzione repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Varchi.

MARIA CAROLINA VARCHI, Relatrice di minoranza. Grazie, Presidente. Intervengo come relatore di minoranza per questo provvedimento. Preliminarmente, non posso che denunciare un andamento dei lavori in Commissione giustizia che ho trovato mortificante per il dibattito parlamentare e mortificante non solo per i diritti dell'opposizione, che, evidentemente, in questa mia veste oggi rappresento al di là della mia appartenenza al gruppo di Fratelli d'Italia, ma per la volontà di tutti i parlamentari che avrebbero voluto dare il loro contributo a questa riforma, che meritava una condivisione quanto più ampia possibile.

Del resto, era una condivisione quasi annunciata, dati i numeri della maggioranza, però non si è ben compreso come mai, a fronte di questi numeri, a fronte delle dichiarate intenzioni del Ministro di concedere al Parlamento tutto il tempo necessario per affrontare questa riforma, noi abbiamo avuto una scansione temporale dei lavori della Commissione che è stata sintomatica di un fatto che ho denunciato e che torno a denunciare in quest'Aula.

Questa riforma non è stata scritta in Parlamento, non è stata scritta in Commissione, non è stata scritta dai parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); lo dimostra il fatto che noi, a giugno dello scorso anno, abbiamo depositato gli emendamenti in Commissione giustizia e, poi, nonostante le reiterate richieste al Presidente di calendarizzare il provvedimento, abbiamo atteso circa 9 mesi che il Governo si degnasse di mandare il suo emendamento, le sue proposte emendative.

Questo non solo è un fatto di per sé intollerabile in un provvedimento del genere, che, al contrario, nelle dichiarazioni del Ministro Cartabia, aveva carattere di priorità rispetto a tutte le altre questioni della giustizia, ma lo è ancor di più, se si considera come, a fronte di un'attesa lunga quasi un anno, poi ci è stato imposto di correre. Per carità, non ci siamo tirati indietro, l'opposizione ha dato la disponibilità a svolgere ben due sedute notturne. Si pensi che l'esame degli emendamenti è stato articolato in quattro sedute, due delle quali in notturna: una statistica assolutamente anomala, eppure le opposizioni non si sono sottratte, non hanno fatto ostruzionismo, hanno accettato anche le sedute notturne, lo hanno fatto ben sapendo che non solo c'era stata, a monte, questa richiesta, che sta diventando prassi anche in provvedimenti che storicamente, per la prassi parlamentare, al contrario, non avrebbero mai richiesto l'odiosa pratica della segnalazione degli emendamenti che mortifica, ad esempio, i colleghi parlamentari che, facendo parte dei gruppi più piccoli, non possono, in un provvedimento del genere, articolare tutte le loro proposte, ma che, oltre alla segnalazione, è stato applicato anche il contingentamento dei tempi nell'esame degli emendamenti. Tutto questo in spregio alle dichiarate intenzioni di voler condividere con le opposizioni questa riforma. Questo perché? Perché, evidentemente, le decisioni erano già assunte in altre stanze, che non erano le Aule parlamentari, non era l'aula della Commissione, non è quest'Aula.

Mi auguro che, a questo punto, il Governo Draghi abbia almeno il decoro di non porre l'ennesima questione di fiducia anche su questo provvedimento, così come mi auguro che, in un eventuale ritorno in Commissione - che nessuno dei relatori di maggioranza ha paventato, ma che tutti i giornali danno ormai per scontato -, non ci si inventi una reductio ad unum, per, poi, porre la questione di fiducia, concentrando 39 articoli in uno solo, perché anche questa sarebbe una prassi ormai adottata per le questioni giustizia, già adottata per la riforma del processo penale, che noi non intendiamo avallare.

Questa riforma ha due sostanziali spinte propulsive: da un lato, uno scandalo che ha fatto il giro del mondo e che ha arrecato una gravissima perdita di immagine e di credibilità alla magistratura italiana, alla magistratura di cui tutti noi andiamo orgogliosi, alla magistratura che ha avuto tra le sue fila, tra le sue toghe, eroi come Falcone e Borsellino (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che hanno dato la vita per combattere la criminalità organizzata, insieme a tanti loro colleghi e che, dall'aldilà, hanno dovuto assistere a questo scempio, a una perdita di credibilità che non ha avuto precedenti nella storia del nostro Paese e che, per il rispetto che tutti noi nutriamo nei confronti della magistratura, il Parlamento aveva il dovere di sanare con una riforma. Io non vorrei che, dietro il paventato sciopero dell'ANM, vi sia, in realtà, un solo problema: la mancata accettazione di quel principio liberale della separazione dei poteri, che è l'architrave del nostro, come di tanti ordinamenti, in virtù del quale, oggi, accade ciò che la magistratura per decenni ha tentato di impedire, cioè il Governo tenta di governare, il Parlamento tenta di legiferare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Ecco, io non vorrei che quello sciopero paventato, in realtà, sia volto ad impedire proprio questo, perché sarebbe francamente inaccettabile.

E allora questa riforma aveva l'obiettivo non solo di garantire l'indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato - indipendenza sacrosanta - ma anche di garantire l'indipendenza di ciascun singolo magistrato dalle correnti della magistratura associata, perché i tribunali e le procure d'Italia sono pieni di tantissimi magistrati che ogni giorno, nel silenzio delle loro stanze e all'interno delle aule d'udienza, lavorano in maniera indefessa per garantire una corretta amministrazione del sistema giustizia. Lo fanno lontano dai riflettori, lo fanno disinteressandosi del carrierismo, lo fanno disinteressandosi di meccanismi di potere come quelli che lo scandalo che prima menzionavo hanno portato alla ribalta. Noi dobbiamo garantire anche l'autonomia, l'indipendenza e l'imparzialità di quei magistrati, i quali chiedevano un meccanismo elettorale che potesse arginare questo fenomeno del correntismo, che ha avuto poi non già una funzione di pluralismo culturale e di arricchimento culturale ma ha avuto, nella sua disfunzione patologica, il connotato di carrierismo inarrestabile. Allora noi, rispetto a questo meccanismo elettorale, vogliamo immediatamente mettere le cose in chiaro. Non è un meccanismo elettorale che riesce ad arginare le correnti ma, al contrario, finisce per suggellare il potere che le correnti hanno, perché prevedere con il sorteggio questi collegi, abbinati in maniera assolutamente casuale, in realtà ha come unico effetto quello di disancorare dal dato territoriale. E, allora, il fenomeno di magistrati che hanno una considerevole autorevolezza sul proprio territorio e, quindi, prendono tantissimi voti in occasione delle elezioni nel proprio territorio non potrà più accadere, perché col sorteggio, con l'abbinamento casuale, ad avere la meglio saranno sempre e solo i magistrati inseriti in un meccanismo correntizio, perché solo le correnti potranno garantire una copertura del consenso indipendentemente dal dato territoriale, da Torino a Catania, da Roma a Milano; soltanto le correnti! Quindi, in realtà, questo meccanismo elettorale, che partiva, almeno nelle indicazioni date dal Governo, per arginare il fenomeno delle correnti, finisce proprio per rafforzare quelle correnti che si dice di voler combattere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Per tali ragioni noi riteniamo allora che questa riforma sia un'occasione perduta. Dicevo prima che questa riforma viene fatta sotto due spinte: da un lato, la necessità di dare credibilità alla magistratura italiana in un momento in cui essa appare oggettivamente appannata; dall'altro, la necessità di una riforma, resasi ormai non più procrastinabile per l'incombere del PNRR. Un fenomeno che ha interessato anche altri interventi del Ministro Cartabia ma che in questo caso, in realtà, rischia di non cogliere nel segno, perché le modifiche in ordine alla valutazione, con l'instaurare - anzi, con il potenziare - di questo fascicolo personale, che di fatto già esiste in seno a tutti i tribunali e alle procure d'Italia, in realtà rischia di privare il magistrato di autonomia se non gestito con criteri di assoluta trasparenza che non solo la pubblicazione sul circuito Intranet può garantire. Ecco il motivo per cui noi avevamo fatto delle proposte. Chi in Commissione trasversalmente ha votato conformemente su determinati emendamenti in realtà aveva degli obiettivi comuni come, ad esempio, introdurre una riforma auspicata e necessaria, che tutti noi parlamentari di centrodestra avevamo addirittura inserito nel nostro programma elettorale, che è quella della separazione delle carriere, di natura ordinamentale.

Questa separazione delle funzioni, così sfumata, in realtà distoglie dall'obiettivo principale che è e rimane quello della separazione delle carriere. Noi avevamo fatto degli emendamenti per renderla ancora più incisiva, pur tenendo conto di questo carattere assolutamente più leggero rispetto a quella riforma ordinamentale che per noi rimane prioritaria, ma i nostri emendamenti sono stati bocciati.

Bene il ruolo degli avvocati, che non solo non sono ospiti nel sistema giustizia ma, mi permetto di dire, che dovrebbero avere lo stesso rango di chi rappresenta l'ufficio del pubblico ministero, eppure questo non accade. Quindi, questo lo consideriamo soltanto un primo passo per l'effettivo riconoscimento del ruolo degli avvocati italiani, che naturalmente passa per la tutela in Costituzione di questa figura importantissima per la nostra Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e dalla riforma della separazione delle carriere.

Abbiamo visto anche un atteggiamento un po' troppo timido con riferimento alla questione dei magistrati che assumono incarichi in staff o incarichi fuori ruolo. Abbiamo visto un atteggiamento molto timido, cosa che in realtà non ci saremmo aspettati, perché, ancorché previsto da una legge, questo piccolo esercito di 200 magistrati fuori ruolo, come è noto e come è stato abbondantemente spiegato nel corso dei lavori della Commissione, va ad incidere - e lo dico, ovviamente, con una nota di amarezza - talvolta più dello stesso Parlamento. Va a incidere più dei parlamentari eletti dal popolo, rispetto a un meccanismo che privilegia l'interlocuzione con il potere esecutivo. Ecco perché rispetto a queste figure dei magistrati fuori ruolo noi ci saremmo aspettati un intervento più deciso.

Però, il problema qual è? Il problema è che, quando una maggioranza è così eterogenea e reca in sé delle visioni diametralmente opposte su come risolvere i problemi della giustizia, è evidente che poi il compromesso non può che essere al ribasso, perché bisogna fare i conti con i numeri dell'Aula e bisogna fare i conti con le vocazioni di ciascun gruppo parlamentare. Si parlava prima di garantismo a corrente alternata o di giustizialismo. Noi non ci iscriviamo a nessuno di questi due partiti; noi vorremmo semplicemente restituire agli italiani una riforma che renda la nostra magistratura davvero terza e imparziale, perché una magistratura non solo deve esserlo - e noi siamo sicuri che in larghissima parte la nostra magistratura lo è - ma lo deve anche apparire, così come insegnava Paolo Borsellino.

Allora, io credo che il nostro sforzo più grande oggi sia quello di tornare ad affrontare determinati argomenti di questa riforma per licenziare un testo più aderente alle aspettative degli italiani, perché un cittadino che ha smesso di avere fiducia nella giustizia è un cittadino che non crede più nella sua Nazione e noi questo non ce lo possiamo permettere. Sia chiaro che non cederemo alle pressioni che giungeranno da un eventuale sciopero annunciato - non so ancora se è confermato - dall'Associazione nazionale magistrati, ma continueremo, con la libertà che ci è propria, a fare le nostre proposte per migliorare questo testo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e della deputata Bartolozzi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo, sottosegretario Sisto, si riserva di intervenire successivamente.

È iscritta a parlare la collega Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Grazie, Presidente, anche per i tre minuti concessi dal Regolamento. Lei mi ha dato qualcosa in più e di questo la ringrazio.

Sottosegretario Sisto, onorevoli colleghi, è difficile condensare in tre minuti cosa penso di questo disegno di legge in ordine a questa legge delega. Certamente, a mio giudizio, non restituisce credibilità alla magistratura e non consegue l'obiettivo che si è prefissato.

Vede, Presidente, io ho sentito più volte, sia in Commissione che in Aula, dire dai colleghi che la riforma ce la chiedeva il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Niente di più inesatto, perché il Consiglio d'Europa ha sicuramente sollecitato l'Italia con più raccomandazioni a incidere sui tempi del processo civile e penale e di mettere giù riforme per combattere la corruzione.

Poi, il piano l'abbiamo scritto noi, l'ha scritto il Governo, e ricordo a me stessa che tra le riforme strutturali non c'era certamente la riforma dell'ordinamento giudiziario, che era semplicemente una cornice.

Ho sentito più volte i colleghi, sia in Commissione sia in Aula, citare il Presidente Mattarella e il suo monito ma, ancora una volta, ricordo a me stessa che lo scandalo Palamara è del maggio 2019 e da quella data sono passati due anni durante i quali il Presidente avrebbe potuto, in maniera efficace, sciogliere il CSM. Il Governo avrebbe dovuto, con un decreto-legge, cambiare il sistema elettorale e innovare così un CSM che è sicuramente delegittimato e che a tutt'oggi vede al suo interno un componente che faceva accordi proprio con il dottor Palamara.

Ho sentito più volte citare, sia in Commissione sia oggi in Aula, le raccomandazioni di Greco. Anche questa cosa è inesatta perché Greco, nelle sue raccomandazioni, non invitava il Parlamento italiano a normare sull'incompatibilità assoluta e, quindi, sul divieto di elettorato passivo per i magistrati. Diceva - cosa santa, cosa sacra e giusta - che non si possono svolgere cumulativamente le due funzioni.

Per un problema di metodo e per un problema di merito non posso essere assolutamente d'accordo con questa riforma.

Sul metodo, Presidente, sarò velocissima. Ha già detto la collega Varchi dei tempi costipati, del disegno di legge della fine del 2020, dell'emendamento Cartabia, dopo un anno, della Commissione che ha dovuto presentare i subemendamenti nell'arco di due settimane e di un esame veramente frettoloso.

Sul merito, io sorrido quando sento che l'ANM, cioè il sindacato delle toghe, preannuncia lo sciopero, Presidente. Questa riforma, infatti, è figlia di una parte della magistratura, della magistratura di corrente, ed è figlia della magistratura di apparato, cioè del potere forte della magistratura. Quindi, mi fa sorridere che l'ANM possa preannunciare uno sciopero. Sono invece con tutti quei magistrati di merito che stanno nei tribunali in silenzio e che di questa riforma sorridono, perché sono ben consapevoli che essa non fa altro che prendere i principi che già il CSM adottava con normazione di secondo grado e trasformarli in legge. Sono amareggiata e delusa per quello che si doveva fare - non che si poteva fare ma che si doveva fare - e non si è fatto. Per questo, il mio auspicio è che il provvedimento, prima dell'esame in Aula, ritorni in Commissione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vinci. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VINCI (FDI). Grazie, Presidente. Continuo a sentire parlare di riforma, in quest'Aula, quando le riforme, a mio avviso, sono qualcosa di più organico, qualcosa che, negli anni, anche i cittadini italiani hanno richiesto e in qualche modo hanno anche visto. Soprattutto, i cittadini capivano cosa ci fosse all'interno di una riforma.

Ho ascoltato con molta attenzione quello che hanno detto e hanno spiegato i relatori di maggioranza nelle loro relazioni iniziali e sinceramente se io fossi un cittadino italiano, e non un membro della Commissione giustizia, farei veramente fatica a capire qual è quella riforma strutturale, quella riforma epocale della quale alcuni purtroppo parlano in quest'Aula. Fuori di qui, non la si comprende e non si ha neanche sentore di cosa questa riforma vada a toccare.

Quello che invece si può notare, vedendo i lavori d'Aula, è che si tratta di tante piccole modifiche, di tanti piccoli accorgimenti che cercano di toccare alcuni temi importanti per il nostro Paese. In realtà, di fatto, da domani, o da quando verrà approvata, nonostante i vari contributi o tentativi di contributi che abbiamo provato a dare, per il momento questa riforma poco tocca per gli addetti ai lavori ma anche rispetto alle richieste del popolo italiano o, almeno, di una buona parte del popolo italiano che da trent'anni aspetta, come è stato ricordato, una riforma della giustizia. Una riforma della giustizia, non perché c'è una lotta, una battaglia interna tra i partiti, ma perché dopo trent'anni sarebbe il caso di affrontare veramente questo tema.

Si può decidere di affrontarlo come ogni partito può fare, con la propria sensibilità, ma quando si parla di separazione delle carriere non si può parlare di riforma se, in qualche modo, c'è solo una separazione di funzioni. Bisogna, infatti, affrontare il problema della separazione delle carriere e questo invece, mi dispiace, non è stato fatto, anche se il relatore quasi se ne vantava qualche minuto fa; il relatore si vantava di non aver fatto nulla del genere. Tuttavia, una riforma richiesta dai cittadini italiani, o da buona parte dei cittadini italiani, non può essere qualcosa che per fortuna non è stata fatta. Affrontiamo il problema, discutiamone e vediamo se si può trovare un'intesa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

La Commissione giustizia ci ha provato, ci abbiamo trascorso due nottate, abbiamo dato la disponibilità a parlare di questo, abbiamo limitato il numero di emendamenti presentati. Però, nulla si è visto, nessun tipo di apertura in questo senso.

Negli ultimi anni, si parla sempre con più forza di responsabilità civile dei magistrati, che non significa mettere alla gogna i magistrati; significa soltanto riportare un po' di responsabilità per le decisioni prese, come accade per tutti i professionisti in Italia, per tutti i lavoratori dipendenti, per qualsiasi cittadino italiano in relazione all'attività che svolge, perfino per i medici, che salvano le vite. Questo non accade per i magistrati: il tema era da affrontare mentre in nessun modo è stato affrontato, in questo provvedimento che viene chiamato “riforma”. Peraltro, fuori di qui, può sembrare che questa riforma sia stata fatta da questo Parlamento ma, sempre in Commissione giustizia, si è visto come sia una riforma che, per metà, è costituita da precetti e, per più della metà, è costituita da una legge delega, quindi con la possibilità per il Governo di emanare decreti.

In realtà, vi sono state continue incursioni del Governo con emendamenti che mi piace chiamare maxiemendamenti, perché erano venti volte più lunghi di un emendamento normale e andavano a modificare intere parti di quella normativa, su richiesta del Governo. Quindi, il Governo andrà a scrivere decreti, quindi norme, i cui ambiti ha deciso di delimitare in quel modo, attraverso gli emendamenti. Stiamo perciò parlando di una riforma creata dal Governo, imposta a questo Parlamento, anche con alcuni screzi all'interno della maggioranza, e, come si è visto, ulteriormente appesantita da un Governo che ha voluto imporre e sta imponendo la sua volontà con i decreti che andrà ad emanare. Insomma, una riformina: chiamiamola così, se proprio vogliamo definire questo testo come una riforma.

Per quello che riguarda un altro tema caldo, cioè togliere i poteri alle correnti del CSM, come ha ben ricordato prima di me la collega Varchi, di fatto i tentativi sono svaniti. Anzi, le correnti saranno rafforzate nel momento in cui i distretti in cui sarà scelto il candidato saranno sorteggiati. Quindi, ci saranno magistrati che si troveranno ad essere eletti in distretti e in collegi lontani dal proprio e avranno bisogno assolutamente del supporto di qualcun altro. Quindi, avranno bisogno ancora più delle correnti.

Se questo è ciò che si dice una riforma, se è quello che vogliamo approvare in questo Parlamento, io direi che è una sconfitta per questo Parlamento. Questa riformetta, chiamiamola così, è fatta dal Governo, non tocca il problema della separazione delle carriere, non tocca il problema della responsabilità civile dei magistrati e, addirittura, rinforza le correnti. Non è ciò che i cittadini italiani vogliono sentirsi dire, quando si parla di una riforma in questo Paese.

L'aspettiamo da trent'anni - è stato ricordato bene – e, allora, facciamo qualcosa che almeno tocchi questi temi e sia frutto di accordi su questi stessi temi; invece, assolutamente nulla di ciò.

Viene poi dato agli avvocati quello che io chiamo un contentino; sì, certamente è utile, ma è veramente poco: la stessa relazione al provvedimento parla di diritto di tribuna con riferimento alla valutazione di professionalità dei magistrati. Come Fratelli d'Italia, abbiamo chiesto di dare anche il diritto di voto agli avvocati, che sono coloro che conoscono meglio il lavoro dei magistrati sul territorio, ma qualcuno della maggioranza ancora considera gli avvocati come un problema e ritiene che siano troppo vicine agli imputati e alla criminalità, invece di considerare l'avvocatura italiana come un presidio di legalità, come constatiamo tutti i giorni, nei nostri tribunali. Questo diritto di voto è stato, dunque, negato e sarà soltanto la magistratura a valutare se stessa, senza che i fruitori – quindi, i cittadini e gli avvocati che li rappresentano, che valutano, e possono ben valutare quello che viene fatto nelle aule dei tribunali - possano intervenire e votare.

Quindi, si tratta veramente di una riforma che non è una riforma, che ha lavorato, di fatto, di cesello sulla normativa attuale, senza incidervi con forza. Mi chiedo cosa verrà raccontato fuori da quest'Aula, perché, anche in questi giorni, ho letto diversi articoli, per constatare come non vi fosse alcun tipo di contenuto, perché anche la maggioranza e il Governo fanno fatica a far uscire, dall'aula di Commissione, e anche da quest'Aula, il reale contenuto di una riforma che, in realtà, a nostro avviso, riforma non è (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Tateo. Ne ha facoltà.

ANNA RITA TATEO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, la Ministra Cartabia pronunciò, in conferenza stampa, quando presentò la delega per la riforma dell'ordinamento giudiziario e del CSM, le seguenti parole: “(…) ineludibile per la scadenza a luglio del Consiglio ora in carica", ma anche "per accompagnare la magistratura in un percorso di recupero della piena fiducia e credibilità". Quindi, una delega che doveva osservare princìpi ben definiti, doveva normare un nuovo sistema elettorale, doveva disciplinare la separazione delle funzioni, doveva valutare la professionalità del magistrato; tutti principi e norme giusti e condivisibili, che, però, mi dispiace dirlo, non sono stati completamente attuati.

Noi, della Lega, avevamo già compreso, da tempo, l'esigenza di apportare modifiche, di imprimere un cambio di passo, con la proposizione, l'estate scorsa, di quesiti referendari. In Commissione, abbiamo presentato emendamenti, ci sono state riunioni di maggioranza, dibattiti, ma che hanno, comunque, prodotto una riforma monca o, meglio, come dice la senatrice Bongiorno, Capo dipartimento della giustizia per la Lega, una riforma annacquata.

Dopo il caso Palamara, ci aspettavamo una riforma epocale, coraggiosa, ma le nostre aspettative sono state disattese e, nonostante tutte queste criticità, anche in questa occasione abbiamo dimostrato, come gruppo Lega, un atteggiamento costruttivo, rimanendo corretti rispetto all'accordo raggiunto con le altre forze di maggioranza.

Il dibattito ora continuerà in Aula e noi, come Lega, presenteremo una serie di emendamenti, al fine di migliorare il testo uscito dalla Commissione. In particolare, vorremmo intervenire in tema di responsabilità civile dei magistrati; nella formulazione attuale della norma, si stabilisce la facoltà, per il cittadino, di agire contro lo Stato, per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, verificandosi la fattispecie del danno ingiusto, subìto per effetto di un comportamento, un atto, un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni. Invece, con la nostra proposta emendativa, vorremmo dare la facoltà al cittadino di agire civilmente e direttamente nei confronti del magistrato responsabile del danno causato nell'esercizio delle sue funzioni. Inoltre, presenteremo un emendamento sulla separazione delle funzioni, giudicanti e requirenti, introducendo la cosiddetta separazione delle funzioni, ovverosia l'esclusione della possibilità, per i magistrati, di passare dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, sopprimendo, quindi, la previsione che il Consiglio superiore della magistratura possa autorizzare, con parere favorevole, un tramutamento, ovverosia un trasferimento di ufficio di un magistrato che comporti il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente o viceversa, sopprimendo la dichiarazione di idoneità del magistrato alle funzioni giudicanti, requirenti o entrambe, da parte della commissione di scrutinio, in materia di promozioni e sopprimendo il riferimento al piano dei corsi per il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. Inoltre, presenteremo un ulteriore emendamento, per introdurre un nuovo sistema elettorale. Tutto questo, sottosegretario, la Lega lo fa non per creare un ostruzionismo in Aula, ma per arricchire il dibattito parlamentare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Sarno. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO DI SARNO (M5S). Grazie, Presidente. La legge delega di riforma del Consiglio superiore della magistratura rappresenta una riforma chiave, insieme alle altre due messe in campo dal Ministro della Giustizia Cartabia, già approvate dal Parlamento.

Senza nulla togliere alle revisioni del processo civile e penale, alle quali è stato affidato l'arduo compito di velocizzare e rendere più efficiente il nostro sistema giudiziario, certamente la riforma del Consiglio superiore della magistratura rappresenta la vera riforma della giustizia. Senza una magistratura libera dai vizi del correntismo, dal protagonismo di alcuni suoi membri e dell'appannamento della sua immagine agli occhi dei cittadini, infatti, non avremo mai un sistema in grado di fornire un buon servizio, né di infondere fiducia agli investitori stranieri. Per coglierne tutta l'importanza, è opportuno ricordare che al Consiglio superiore della magistratura spettano le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Nel novero delle cause del cattivo funzionamento del Consiglio, rientra la cosiddetta politicizzazione dell'organo, che ne ha snaturato le funzioni e, invero, si assiste ad una sempre crescente influenza esercitata dalle correnti, per tali intendendosi una pluralità di associazioni che esprimono orientamenti differenti relativi alla politica della giustizia e al ruolo dei magistrati sul CSM, sia nella fase elettorale, sia nelle attività concrete svolte dal Consiglio riguardanti lo status dei magistrati.

Il Presidente della Repubblica, nonostante sia intervenuto nelle sedute del CSM solo in varie occasioni, più volte ha richiamato l'attenzione dei consiglieri sui condizionamenti esercitati dalle correnti sui lavori dell'organo di autogoverno delle toghe; è significativo, inoltre, che tali richiami siano stati espressi dal Presidente della Repubblica ben prima che emergesse lo scandalo giudiziario che, nel giugno 2019, ha travolto il CSM. Certamente, Presidente, questa riforma ha rappresentato il momento di dimostrare, con coraggio, di voler superare ogni degenerazione del sistema delle correnti, per perseguire autenticamente l'interesse generale ad avere una giustizia efficiente e credibile, ma ribadiamo, anche in questa sede, forti perplessità che il nuovo sistema elettorale possa garantire questo superamento attraverso il sorteggio dei distretti di corte d'appello nella formazione dei collegi, mentre questo sarebbe stato garantito dal sistema proposto dall'ex Ministro Bonafede.

Mi preme subito dire che lo stop alle cosiddette porte girevoli, fortemente voluto dal MoVimento 5 Stelle, costituisce una conquista importante, Presidente; è uno degli aspetti più positivi della riforma e siamo orgogliosi di poter rivendicare il nostro impegno per questa norma. La riforma introduce il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi come, invece, oggi è possibile; i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive, di qualunque tipo, al termine del mandato non possono più tornare a svolgere funzioni giurisdizionali; quelli ordinari vengono collocati fuori ruolo, presso il Ministero di appartenenza e altre amministrazioni ministeriali, oltre che presso l'Avvocatura dello Stato.

Invece, i magistrati che si sono candidati in competizioni elettorali, e non sono stati eletti per tre anni, non possono tornare a lavorare nella regione che ricomprende la circoscrizione elettorale in cui si sono candidati né in quella in cui si trova il distretto dove lavoravano. Inoltre, non possono assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate. Se provenivano da uffici con competenza nazionale, come la Cassazione, non possono svolgere funzioni direttamente giurisdizionali per tre anni.

Apprezzabile, Presidente, è anche il capitolo nomine: infatti, con questa riforma, per gli incarichi ai vertici degli uffici giudiziari direttivi e semidirettivi l'assegnazione si decide in ordine al numero cronologico delle scoperture per evitare le cosiddette nomine a pacchetto. Viene valorizzata molto la formazione: si rendono trasparenti le procedure di selezione, con l'obbligo di audizione di non meno di tre candidati per il posto bandito. Molto utile è anche la stretta sul numero dei magistrati fuori ruolo: oggi se ne contano 200 nel nostro sistema giurisdizionale che paventa una crisi cronica di personale.

Infine, merita un cenno anche il nuovo fascicolo personale che avrà ogni magistrato. Attualmente, ad ogni valutazione di professionalità - richiesta ogni quattro anni fino alla settima valutazione - il magistrato deve produrre al Consiglio giudiziario, e poi al CSM, provvedimenti a campione sull'attività svolta e statistiche relative alle attività proprie e comparate a quelle dell'ufficio di appartenenza. Si tratta di un fascicolo già previsto. Già è prevista l'esistenza di segnalazioni in caso di significative anomalie. La riforma prevede l'implementazione annuale - non più ogni quattro anni - del fascicolo personale del magistrato - dunque, un fascicolo già esistente - con la storia complessiva delle attività svolte. Il fascicolo non contiene valutazioni di merito; inoltre, si propone di aggiornare il fascicolo in modo costante, seguendo anche l'iter dei vari provvedimenti. Dunque, non è altro che una fotografia complessiva del lavoro svolto, non un giudizio sui singoli provvedimenti, quindi nulla di punitivo, Presidente.

Concludo sul ruolo centrale all'interno del provvedimento che assume la riforma del CSM che costituisce il presidio voluto dalla Costituzione a garanzia. Dunque, Presidente, anche la magistratura è chiamata a sostenere il cambiamento avviato per la ripresa del Paese attraverso l'assunzione di un impegno effettivo per la realizzazione degli obiettivi indicati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Le risorse di mezzi e di personale investite nel Piano rappresentano un'occasione irripetibile per migliorare gli strumenti attraverso i quali si esercita la giurisdizione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vitiello. Ne ha facoltà.

CATELLO VITIELLO (IV). Grazie Presidente, si è parlato molto in questi giorni della posizione del gruppo di Italia Viva su questo provvedimento. Se ne è parlato, Presidente, perché abbiamo manifestato fin dal primo momento alcune nostre perplessità. Avremmo voluto che davvero si potesse parlare di provvedimento epocale, così come è stato anche declinato in quest'Aula in qualche intervento prima del mio. Di epocale, Presidente, questo provvedimento ha soltanto una cosa: che non si discuteva di ordinamento giudiziario da svariati anni e non se ne discuterà per altri tantissimi, troppi anni, lasciando inattese le aspettative di chi riteneva che quello che è accaduto nel 2019 dovesse finire in maniera definitiva. Ho apprezzato il modo in cui il relatore Verini ha ritenuto di indicare questa riforma: ha detto che non si tratta di una rivoluzione copernicana e ha ragione, non lo è per niente. Noi oggi discutiamo della riforma Cartabia, quando, in realtà, vi sono stati soltanto alcuni emendamenti rispetto ad una proposta riformativa dell'ex Ministro Bonafede. Avremmo gradito che si potesse ricominciare da capo, quasi un anno e mezzo fa, quando lo si poteva fare - c'erano ancora i tempi per farlo - affinché vi potesse essere davvero una riforma organica che avesse l'obiettivo di restituire credibilità alla magistratura impegnata in funzioni fuori ruolo.

Non riesco a condividere alcuni degli interventi che sono stati svolti finora; io che faccio l'avvocato nella vita, fuori dal Palazzo, infatti, non ho mai smesso di credere nella magistratura, nonostante quello che è accaduto nel 2019 - sembrerà strano -, partendo dal presupposto che ciò che è accaduto riguarda gli interna corporis che gli addetti ai lavori conoscono bene. Non ho mai smesso di credere nel valore del magistrato, perché per me l'ideale di magistrato è colui che frequenta le aule di tribunale, che siede dietro lo scranno dove vi è l'intestazione “la legge è uguale per tutti”, che lavora, che fatica, diremmo noi, nella quotidianità dei tribunali. L'esempio del 2019 riguarda una parte della magistratura, quella impegnata in politica. Vorrei al riguardo chiarire subito che non abbiamo mai demonizzato il ruolo delle correnti, perché, all'interno di un qualsiasi consesso, all'interno di una qualsiasi comunità, è doveroso, Presidente, fare politica, è giusto che si gestisca la cosa pubblica in quel settore, quella “cosa” che appartiene a tutta la magistratura, e parlo appunto dell'ordinamento giudiziario, delle carriere all'interno di quell'ordinamento. Ed è giusto che i magistrati abbiano piena autonomia nella gestione. Quello che noi oggi chiamiamo degenerazione delle correnti lo voglio esemplificare, Presidente, e lo faccio qui in fase di discussione generale: non è la politica all'interno del sistema, è la politica oltre il sistema. La politica oltre il sistema! La magistratura che fa politica al suo interno, secondo me, non fa altro che servire la propria funzione; invece, la magistratura che fa politica fuori dal sistema giudiziario serve al singolo magistrato, non serve alla funzione, non serve alla categoria, serve al singolo, ed è quello che avremmo voluto scongiurare con questa riforma ancora una volta. Presidente, il problema è il sintagma che si crea: politica interna e politica istituzionale, politica dei Palazzi. Quando la magistratura oltrepassa il sistema e fa politica per interessi personali del singolo è lì che nasce il vulnus, il bug, direbbero oggi, e noi ci saremmo aspettati proprio questo. Abbiamo avuto la Commissione Luciani che ha lavorato su questo per mesi e ha ottenuto alcuni risultati, lasciando emergere una serie di obiettivi che, Presidente, sono stati quasi tutti completamente disattesi dagli emendamenti messi nero su bianco dalla Ministra Cartabia. Abbiamo fatto lavorare una Commissione su questo problema e poi non abbiamo tirato fuori alcuna delle norme indicate e suggerite dalla Commissione Luciani. In particolare, dal punto di vista del sistema elettorale, come vi spiegherà poi il collega Ferri quando interverrà successivamente sul sistema elettorale. Ecco perché poi abbiamo cominciato a immaginare quale potesse essere la vera riforma della giustizia, dell'ordinamento giudiziario e abbiamo detto, fin dal primo minuto, che gli emendamenti non li avremmo ritirati, perché, Presidente, è giusto e doveroso nei confronti della cittadinanza, che ha delle aspettative, far capire perché, in maggioranza, abbiamo posto dei paletti. La mediazione, Presidente, funziona in due modi: o accontenta tutti, e non è questo il caso, o scontenta tutti ed è quello che è accaduto con la riforma della giustizia.

Ha scontentato tutti: ha mortificato i magistrati, perché si sono creati magistrati di serie A e magistrati di serie B; ha mortificato gli avvocati, perché si sono utilizzati vessilli che rappresentano soltanto etichette che non hanno contenuto, e poi vedremo il perché; ha mortificato i cittadini, perché si aspettavano un revirement fortissimo da parte della politica. Cosa succede alla politica? Perché il problema di cui noi oggi tanto parliamo è la crisi della magistratura? Dobbiamo necessariamente risalire un po' nel tempo e arrivare all'Assemblea costituente, laddove si è costruito il modello di Stato democratico, nel quale noi oggi viviamo, e si è fatta una scelta, dovuta necessariamente a quel cambio radicale, fra monarchia e repubblica. Quando, rispetto all'età repubblicana che si stava per affacciare, si è dovuto scegliere il sistema di Paese che dovevamo avere, Presidente, si è fatta una scelta poco coraggiosa, preferendo, in quel segmento e in quel momento, i partiti alla politica e si è creato uno Stato debole - vedete cosa succede oggi -, mentre avremmo voluto riforme costituzionali importanti e imponenti, che non sono state possibili. Oggi parliamo di Titolo V, ma, in realtà, c'è un problema proprio di tenuta del sistema democratico del nostro Paese e la crisi della giustizia ne è la dimostrazione. Cosa si è detto dell'altro segmento? Stato debole, partiti forti, magistratura indipendente, come in nessun altro Paese al mondo. Ed è giusto. E questo sistema (partiti e magistratura) ha retto fino al 1992, fino alla crisi dei partiti che non hanno saputo in quel contesto far fronte al problema politico di uno Stato debole e a quello della corruttela interna ai partiti che ne hanno definitivamente raso al suolo le fondamenta. Allora, in quel contesto, l'indipendenza della magistratura, anche di quella coinvolta politicamente, ha cominciato, da quel momento in poi, granello dopo granello, a macinare chilometri verso l'autoreferenzialità, cosa che avremmo voluto venisse bocciata in quest'Aula, perché la magistratura è servizio, non esercizio di potere; è servizio verso la collettività; quello che vediamo tutti i giorni nelle aule dei tribunali è servizio. Allora, voglio focalizzare l'attenzione solo su pochi punti, Presidente - nonostante siamo nella fase di discussione generale, si potrebbe parlare ore ed ore dell'ordinamento giudiziario - e innanzitutto sulla separazione delle funzioni. Presidente, chi le parla crede fermamente che la separazione, non delle funzioni, ma delle carriere sia insita nella riforma del processo penale del 1988, allorquando si è deciso di modificare il nostro modello processuale da inquisitorio - in realtà poi queste categorie non sono trattate in maniera assolutistica, però il sistema giudiziario del 1930 era tendenzialmente inquisitorio - ad uno invece ispirato ai valori del diritto di common law, prettamente e squisitamente accusatorio. Non voglio essere eccessivamente tecnico, ma bisogna spiegare il motivo per cui la riforma della separazione delle carriere debba essere insita nella riforma del processo penale. Perché lì esce fuori un meccanismo triadico, nell'ambito del quale il magistrato giudicante deve necessariamente - per forza di cose - avere un rapporto alla pari con i due attori protagonisti, cioè il requirente e la difesa. Un sapore giuridico che poi abbiamo ritrovato finalmente espresso, in maniera molto esplicita, nella riforma costituzionale che ha messo i puntini sulle “i” rispetto alle aspettative della riforma del processo penale. Mi riferisco alla riforma del giusto processo, la riforma dell'articolo 111, di cui alla legge costituzionale del 1999. Infatti, quando si modificò l'articolo 111, si stabilì che la terzietà e l'imparzialità del giudice fossero valori costituzionali, su cui non sarebbe stato possibile scendere a patti. Allora, perché la separazione delle carriere? Perché è inevitabile, in un sistema ispirato ai principi del contraddittorio, della terzietà, dell'imparzialità e della parità delle armi, avere due protagonisti visti dal giudice alla pari, senza alcuna possibilità di commistione. Parlavo di vessilli all'avvocatura: io sono fra quelli che hanno firmato, nell'ambito della raccolta di firme per la proposta di legge ad iniziativa popolare, per la separazione delle carriere. Non sono dell'idea che il magistrato del pubblico ministero debba essere riportato sotto la guida, la direzione o tantomeno la vigilanza del Ministero, ma sono dell'idea che la formula potrebbe essere quella del Portogallo del 1974, cioè di due CSM, un Consiglio superiore della magistratura giudicante e un Consiglio superiore della magistratura requirente, in modo da lasciare intatta questa autonomia e questa indipendenza. Del resto, andando indietro nel tempo, Presidente, e guardando alla nostra esperienza e ai codici preunitari, questa differenza fra l'autonomia del giudicante e l'autonomia del magistrato requirente c'era e soltanto il pubblico ministero era sottoposto alla vigilanza del Ministero della Giustizia, a patto di qualche eccezione. Vede, Presidente, studiando, ho verificato che quelle eccezioni erano figlie dell'idea che il re dovesse mettere bocca anche nella funzione giudicante. Allora, questo fa capire, con un esempio al contrario, che quella commistione rappresenta un pericolo di degenerazione. Perché questa separazione delle carriere entra a gamba tesa nel discorso sull'ordinamento giudiziario? Perché, Presidente, qui abbiamo un problema: quello che è accaduto nel 2019 non avrebbe destato particolare attenzione nell'opinione pubblica se avesse riguardato soltanto un aspetto della magistratura; se tutto questo fosse rimasto, ad esempio, all'interno dell'alveo della magistratura requirente, non avrebbe avuto lo stesso livello di scandalo. Il problema invece è quando questa commistione giudicante-requirente non si riesce a rendere trasparente, a vedere in maniera critica e non si riesce a separare la doppia funzione. Allora, è chiaro che il correntismo e il carrierismo provocano necessariamente un vulnus nelle dinamiche della quotidianità giudiziaria; infatti, chi decide sulla carriera di chi? È chiaro che, in maniera alternata e a seconda della corrente di turno, un giorno sarà il giudicante a decidere della carriera del pubblico ministero, un altro giorno sarà il pubblico ministero a decidere della carriera di quel giudicante. Allora, immaginerete qual è l'aspetto più peloso di questa vicenda: quando, nella loro quotidianità, si incontrano - per processi che hanno più o meno eco dal punto di vista giudiziario, dell'informazione o dei mass media - il giudicante, che decide sulla carriera del requirente, e viceversa. Ma quale giusto processo? E quale contraddittorio? Prima si è detto che occorre percepire l'imparzialità, ma noi non la percepiamo in questo sistema.

Prima non c'era questo problema, perché la funzione del pubblico ministero era molto simile a quella del giudice istruttore. Nel sistema inquisitorio - per farla breve e per non dilungarmi in cose che non appartengono a questo tema specifico -, chi investiga decide; nella cultura accusatoria, chi investiga deve limitarsi ad investigare e non decide. Se c'è commistione, inevitabilmente, c'è una potenziale, latente, poco credibile influenza sulla decisione. Questo è il tema della separazione delle carriere, questo è il motivo per cui la separazione delle funzioni non ha senso ed è un vessillo, un'etichetta.

Secondo tema, sulle porte girevoli. La nostra azione si era ispirata ad una proposta di legge della legislatura che ha preceduto questa, nel 2014; il caso voleva e vuole oggi che i protagonisti di quella vicenda legislativa siano seduti in Aula, oggi, con noi. All'epoca, i relatori erano il sottosegretario Sisto - al quale va tutto il mio apprezzamento, perché ha cercato di portare avanti, in questa legislatura, in un'altra veste, un argomento difficile, in una maggioranza così composita - e il collega Verini. La nostra azione era ispirata a quella proposta, perché non si facevano differenze fra magistrati. Ha detto bene il collega Di Sarno: il numero dei fuori ruolo è eccessivo, ma il problema non riguarda soltanto il numero dei fuori ruolo, ma anche quello che poi faranno questi fuori ruolo: rientreranno o no ad esercitare funzioni giudiziarie, vuoi come requirente o vuoi come giudicante? Rientreranno nella quotidianità di quei tribunali a cui facevo riferimento? Nel sistema precedente, in realtà ancora attuale, certo, ci tornano. E noi avremmo voluto che per tutti i fuori ruolo… perché, badate, qui non si tratta di verificare quanto pesa il condizionamento politico nella scelta di un capo di Gabinetto, rispetto all'elezione nella quale il magistrato si cimenta, non è un problema di coinvolgimento, di condizionamento politico, ma il fuori ruolo è espressione di funzioni non proprie della magistratura! È questa non appartenenza che doveva essere guardata con maggiore attenzione e noi avremmo voluto che venisse trattata allo stesso modo, senza disparità di trattamento. Invece, cosa accadrà, Presidente, con questa riforma? Che ancora di più ci sarà la differenza fra il magistrato di “serie A” e il magistrato di “serie B”, già attuale, perché io prima ho fatto riferimento ad una magistratura che lavora e a una magistratura politicizzata e purtroppo, ahimè, quella che lavora è di “serie B”. Oggi, invece, si vogliono creare ulteriori categorie all'interno di quella politicizzata, e non è giusto, Presidente, è una disparità di trattamento.

Vedete, qui si è tanto parlato di norme potenzialmente incostituzionali, si è fatto riferimento, in Commissione, nelle riunioni, a questo articolo 51. L'articolo 51 della Costituzione presuppone che il dipendente pubblico, votato alla politica, possa mantenere il proprio posto di lavoro. Allora si dice: per alcuni magistrati quell'articolo 51 possiamo boicottarlo, non è incostituzionale. Se, invece, diciamo che per tutti quanti deve essere così, per tutti quanti, alla luce di quell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, il principio di uguaglianza sostanziale - non formale, sostanziale! -, allora, vediamo una porta chiusa nel momento in cui si dice: no, mi dispiace, ma i capi di Gabinetto sono dei tecnici. Io non voglio scomodare la letteratura recente, Presidente, ma un libro di un capo di Gabinetto, in questa legislatura, che, in realtà, ha fatto il capo di Gabinetto nella Prima Repubblica, nella Seconda Repubblica e anche in questa Repubblica, ci racconta delle cose. In un passaggio, si dice: io non è che faccio politica, io sono politica. Che meraviglia, Presidente! Che espressione “io sono politica”! E non c'è nulla di male, si badi, non c'è nulla di male, io non ci vedo niente di male, perché il lavoro della magistratura all'interno delle istituzioni è un lavoro prezioso, Presidente, è un lavoro fondamentale. A me non interessa il numero, perché, se è un numero altamente qualificato, è giusto che siano nelle istituzioni, però non prendeteci in giro! Non prendeteci in giro, perché è quello che sta accadendo con questa riforma, laddove si dice che l'eletto si tratterà in un modo e il capo di Gabinetto, il capo di qualsiasi altro dipartimento, verrà trattato in un altro modo.

Ma quel rapporto fiduciario che peso ha? Se abbiamo l'eletto che si cimenta, e lo fa in trasparenza di una campagna elettorale, tu lo vedi che fa politica e sceglie, naturalmente, un partito, perché si candida in un partito, però vi chiedo: avete letto - spero di sì - l'ultimo libro di Luciano Violante, Senza vendette? Ve lo consiglio, perché lui racconta di quando è sceso in campo. In un passaggio di questo libro, si dice che, nel 1976, gli propongono la candidatura e lui risponde “no”, per non tradire le funzioni del magistrato, però, nel 1977, accetta di sedere all'interno di un ministero per cominciare a familiarizzare con quell'ambiente politico, e, nel 1979, si candida. Straordinario! Quell'esempio la dice lunga su cosa significhi “fuori dalla funzione”, “fuori dal ruolo”.

Io voglio concludere, Presidente, perché sicuramente ho preso tutto il tempo a me destinato, con un passaggio velocissimo sul sorteggio dei distretti di Corte d'appello, dei collegi. Io penso che davvero sia l'ultima goccia per evitare che le correnti possano influire sulle sorti di quella elezione del CSM. E, allora, in questo caso, diciamo, come si è detto nel Seicento: tanto rumore per nulla, Presidente, tanto rumore per nulla, perché nulla è questa riforma.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pittalis. Ne ha facoltà.

PIETRO PITTALIS (FI). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, pochi mesi fa, proprio in questo emiciclo, abbiamo tutti applaudito con vigore il monito del Presidente Mattarella, il quale, all'atto del suo giuramento, indicava come oramai improcrastinabile l'avvio di un processo riformatore sul fronte della giustizia, da troppo tempo divenuta terreno di scontro non solo tra le forze politiche opposte, ma tra la stessa politica e la magistratura, come dimostra anche la recente presa di posizione dell'Associazione nazionale dei magistrati, la quale, mi sia consentito, senza alcun pudore, riaffermando una posizione corporativistica ed autoreferenziale, arriva addirittura a minacciare uno sciopero, evidentemente, per salvaguardare e preservare uno status di privilegio e di intoccabilità.

C'è uno spirito di autoconservazione, soprattutto da parte di alcune correnti politicizzate, volto a impedire al Parlamento di introdurre quelle modifiche necessarie, nel rispetto dei princìpi costituzionali, per restituire prestigio e credibilità alla magistratura, che vive una crisi che non ha precedenti nella sua storia e che i fatti di cronaca di questi ultimi anni non fanno altro che confermare.

Il cosiddetto caso Palamara è solo la punta dell'iceberg di una situazione, che, per la verità, non coinvolge tutta la magistratura, ma una parte, che, anche se minoritaria, ha gravemente minato la credibilità dell'intera categoria. Si avvertono, anche in quella vicenda, i gravissimi sintomi di una patologia del sistema giustizia e non sarà sufficiente, a mio avviso, la riforma del Consiglio superiore della magistratura per risollevarne il discredito. Il ben noto e collaudato sistema di conferimento degli incarichi, l'uso a orologeria della giustizia, il distorto pilotaggio delle indagini verso vicende selezionate nei confronti di esponenti politici poco graditi, tutto questo rivela un sistema di collusioni assai ampio e profondo, in grado di condizionare direttamente o indirettamente l'azione di settori essenziali della magistratura secondo quello che, senza timore di smentite, può definirsi un surrettizio e inammissibile esercizio politico della funzione giurisdizionale.

E non è un caso che sempre il Presidente Mattarella abbia richiamato la magistratura a recuperare l'etica nell'esercizio della funzione proprio perché la giustizia è un bene di tutti. Credo che in questa fase della legislatura, così come è accaduto per la riforma penale, stiano riprendendo vigore i principi costituzionali, convinti da sempre, noi di Forza Italia, che la giustizia, per essere giusta, deve muoversi nel perimetro e nel rispetto di quei principi che detta la Costituzione. Principi irrinunciabili quali la presunzione di innocenza, la centralità del diritto di difesa, la terzietà del giudice, la ragionevole durata del processo, la ragionevolezza e la proporzionalità delle pene. Ecco perché noi riteniamo di avere contribuito, in questo difficile lavoro di sintesi di opposte visioni, ad introdurre modifiche che rappresentano delle novità nel panorama della giustizia italiana e che, se anche non rappresentano, come ha detto il sottosegretario Sisto e ha ripetuto il relatore Verini questa mattina, una rivoluzione copernicana, costituiscono certamente però una significativa inversione di tendenza per restituire alla magistratura terzietà, imparzialità e indipendenza.

E, proprio nell'ottica di salvaguardare i principi di autonomia e di indipendenza della magistratura, l'ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della magistratura devono, oggi più che mai, corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità. Il Consiglio superiore della magistratura deve svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse professionalità sulle quali la magistratura può contare e superando, al contempo, logiche che per dettato costituzionale devono rimanere estranee all'ordine giudiziario. La correntocrazia, quel sistema che si traduce in uno strapotere vergognoso delle correnti e che impedisce ai magistrati, quelli bravi, quelli seri, quelli che lavorano in silenzio, ma che lavorano con i provvedimenti, di fare carriera, impone risposte chiare. Per noi di Forza Italia uno dei modi per iniziare a spezzare il legame fra magistrato e correnti era e rimane - questo credo sia più che noto - l'introduzione, nel procedimento elettorale della componente togata del CSM, di un sistema che consenta quantomeno la possibilità di candidarsi anche a quei magistrati non supportati dalla corrente di turno. Parlo, ovviamente, del sorteggio temperato. Non è stato possibile ottenere sul punto la benché minima apertura, ma questo per noi sarà certamente un obiettivo da perseguire valutato l'esito di questa riforma, che mi auguro possa dare i risultati sperati, anche perché abbiamo dovuto rinunciare a tanti emendamenti, a tante nostre proposte, proprio perché si trattava di operare una sintesi tra diverse posizioni. Per noi rimane un provvedimento che, per certi versi, apporta delle innovazioni utili, fra le quali ricordo, per quanto ci riguarda, alcuni obiettivi storici, che è stato possibile conseguire con uno straordinario impegno nel lavoro in Commissione: stop alle porte girevoli tra magistratura e politica, nuova legge elettorale del CSM con sorteggio dei collegi, ruolo degli avvocati nei consigli giudiziari, fascicolo di valutazione del magistrato, separazione delle funzioni con possibilità di passare da requirenti a giudicanti o viceversa una sola volta nella carriera, nuovi illeciti disciplinari, tra cui quelli per la violazione del decreto legislativo sulla presunzione di innocenza, nuove regole sulle nomine, istruttoria pubblica, divieto di nomine a pacchetto e criteri codificati: gli incarichi verranno assegnati al CSM in ordine cronologico proprio per evitare il mercato di scambio delle nomine tra le correnti.

Non sono d'accordo sulla posizione rispettabile degli amici e colleghi di Italia Viva, che sostengono che si tratti di modifiche inutili. Non sono inutili, colleghi, le modifiche alle progressioni di carriera dei magistrati, fino ad oggi un procedimento di carattere squisitamente autoreferenziale, quasi una partenogenesi, che vede i valutati artefici della propria positiva, quasi sempre, valutazione; una sorta di omologazione, meriti e demeriti non vengono tenuti in considerazione. Con le modifiche che si vogliono apportare, ai fini della carriera i magistrati civili e penali saranno valutati in base ai criteri di produttività predeterminati per legge, tenendo conto della qualità dei provvedimenti e tenendo conto soprattutto delle gravi anomalie. Il giudice serio e laborioso non deve temere di essere giudicato attraverso i provvedimenti che emette, evitando l'attuale appiattimento delle valutazioni; così come non mi pare inutile l'attribuzione di un ruolo attivo, e non più di spettatore muto, in seno ai consigli giudiziari alla componente degli avvocati, ai quali è stata data voce tramite l'espressione di un voto unitario. E ciò non solo per esprimere ciò che non va, ma anche ciò che funziona. Abbiamo poi perseguito uno dei nostri obiettivi storici, la separazione delle funzioni fra magistratura giudicante e requirente. Non siamo certo di fronte alla separazione delle carriere, per la quale continueremo a batterci in sede referendaria, ma è un punto di partenza. Con disposizione immediatamente precettiva e non oggetto di delega è stato previsto che il tramutamento dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti possa essere effettuato una sola volta nel corso della carriera entro 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni. Dunque non è difficile comprendere la portata di questa innovazione per quanti, come me, frequentano le aule giudiziarie penali. Come è noto, il sistema disegnato dalle vigenti norme dell'ordinamento giudiziario prevede che i magistrati a semplice domanda, previo parere favorevole del consiglio giudiziario e su delibera del CSM, possano indistintamente transitare nel corso della loro carriera per quattro volte dall'esercizio delle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. In relazione alla domanda di passaggio da una carriera all'altra non esistono limiti temporali speciali di previa permanenza nella funzione da cui si proviene, salvo quelli ordinari e generali previsti dalla legge di legittimazione a proporre domanda di trasferimento ad altra sede o di tramutamento da una funzione all'altra.

Impedendo che i magistrati cambino casacca tramutando le proprie funzioni, abbiamo contribuito a ristabilire una reale cultura della giurisdizione, lo dico all'amico e collega Catello Vitiello, perché il giudice non può e non deve ispirarsi alla cultura dell'azione, che è propria dell'organo titolare dell'accusa. Altro punto di non secondario momento è quello concernente le porte girevoli, ovvero il cruciale nodo dei rapporti tra politica e magistratura. Paese sfortunato quello in cui un magistrato, tornato in ruolo dopo essersi candidato senza successo, può svolgere al contempo le funzioni di consigliere comunale nella stessa città e quelle di consigliere di corte d'appello in un vicino distretto.

Paese sfortunato il nostro che, fino a oggi, ha tollerato che lo stesso magistrato potesse citare una schiera nutrita di predecessori e rivendicare la piena legittimità dell'anomalo convergere nella sua persona di compiti politico-giudiziari metodologicamente agli antipodi, purché esercitati in territori diversi; l'uno improntato a criteri di discrezionalità piena nell'individuare gli effetti desiderati e i mezzi più idonei per conseguirli; l'altro vincolato esclusivamente alla corretta applicazione della legge sostanziale e processuale, come gli impone l'articolo 101 della Costituzione, senza farsi carico delle conseguenze del suo decidere. Paese sfortunato, appunto, perché ha avuto, fino a oggi, un legislatore distratto o, evidentemente, compiacente.

Oggi siamo, però, in un Paese in cui il legislatore si è interessato della sorte del magistrato che abbia svolto compiti politicamente sensibili, ricoprendo, in ambito nazionale o locale, cariche elettive o di governo oppure ruoli che implicano uno stretto rapporto fiduciario con vertici politici. Oggi i magistrati che, a vari livelli, si sono esposti politicamente, con questo provvedimento e grazie a questo provvedimento, non potranno tornare a esercitare le funzioni giudiziarie svolte in precedenza. Quante volte ci siamo trovati di fronte a una richiesta di rinvio a giudizio o alla condanna di un imputato politicamente impegnato da parte di un giudice ascritto, a torto o a ragione, alla contrapposizione tra schieramenti, quando provengono da un magistrato che ha alle spalle un percorso di militanza in campo opposto; così come, all'inverso, la richiesta di archiviazione o l'assoluzione nei confronti di un accusato ideologicamente affine sono state fatalmente correlate a benevole sintonie.

La posta in gioco è di quelle decisive per la tenuta sociale: intrapresa la china della delegittimazione giudiziaria, essa ha finito per corrodere ineluttabilmente il rapporto di fiducia tra collettività e giustizia amministrata in suo nome, che è condizione indefettibile per la stabilità democratica di un Paese. Ritenere che una decisione di assoluzione o di condanna sia stata influenzata da moventi politici equivale, infatti, a degradarla da pronuncia di un giudice imparziale destinata a valere pro veritate a determinazione adottata da un organo sprovvisto del presupposto minimo della giurisdizione. Lo ricordava bene Piero Calamandrei, in uno suo noto scritto: “I giudici, per goder la fiducia del popolo, non basta che siano giusti, ma occorre anche che si comportino in modo da apparire tali: il magistrato che è salito sulla tribuna di un comizio elettorale a sostenere le idee di un partito, non potrà sperare mai più, come giudice, di avere la fiducia degli appartenenti al partito avverso. L'opinione pubblica è convinta, e forse non a torto, che prender parte nella politica voglia dire, per i giudici, rinunciare all'imparzialità nella giustizia”. L'indipendenza e l'autonomia della magistratura sono principi preziosi e basilari della Costituzione, ma il loro presidio risiede nella coscienza dei cittadini. Questo sentimento è fortemente indebolito e credo che si siano creati buoni presupposti per recuperarlo. I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia, e non diffidenza, verso la giustizia e l'ordine giudiziario, neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la doverosa certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone. Dunque, riteniamo di aver contribuito a sciogliere alcuni di quei nodi che, come ho detto, minavano l'autonomia, l'indipendenza e l'imparzialità dell'ordine giudiziario, e lo abbiamo fatto nella consapevolezza che dalle risposte che stiamo cercando di dare con questo provvedimento tanto dipenderà la qualità della nostra democrazia.

Concludo, confermando che, nell'ottica di un accordo che è stato preso tra le forze politiche che hanno lavorato a questo provvedimento, noi non presenteremo emendamenti in Aula.

Mi preme, in conclusione, ancora sottolineare un punto, richiamando le parole del presidente Silvio Berlusconi: Forza Italia non vuole una riforma punitiva verso la magistratura, Forza Italia vuole una riforma che valorizzi il lavoro dei tanti magistrati seri e per bene, finora ostaggio di gruppi di potere organizzati e ideologicamente orientati. Al tempo stesso, Forza Italia vuole una riforma che restituisca ai cittadini le garanzie proprie di una democrazia liberale. Con questo spirito, Forza Italia lavorerà, anche in Aula, per esitare in tempi celeri questo provvedimento tanto atteso non solo dagli addetti ai lavori, ma, soprattutto, dai cittadini che sono, poi, i destinatari, i veri fruitori del sistema giustizia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bazoli. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI (PD). Grazie, Presidente. Si è già espresso molto bene, prima di me, il nostro relatore Verini sulla valutazione complessiva, politica di questa riforma, con parole che io mi sento di condividere integralmente e che mi consentono anche di svolgere un intervento un po' più leggero e breve di quello che avevo immaginato, solo per ribadire alcune delle nostre convinzioni, che abbiamo espresso a più riprese quando abbiamo parlato di riforma della giustizia, non solo di riforma del CSM e dell'ordinamento giudiziario.

Quello che approda in Aula oggi è il terzo tassello di una complessiva riforma che questo Governo ha cercato di attuare non solo per andare incontro alle richieste che ha fatto l'Unione europea al nostro Paese in relazione all'erogazione dei fondi del PNRR, ma, ancor prima e soprattutto, per provare a risolvere uno dei problemi endemici del funzionamento nel nostro Paese, che è, appunto, quello di una giustizia inefficiente e inefficace. Un problema con il quale si sono cimentati, prima di questo, tanti altri Governi - e tante altre maggioranze -, ma che, forse, oggi abbiamo la possibilità di affrontare e, non so se di risolvere, ma di avviare a soluzione, anche per il fatto che ci troviamo in circostanze eccezionali e, forse, irripetibili, perché abbiamo a disposizione i fondi del PNRR. Ricordo che una parte di questi fondi sono stati destinati proprio alla giustizia: più di 2 miliardi di euro, che andranno a coprire esigenze di personale anche attraverso l'ufficio del processo, con l'innesto di ulteriori forze che andranno ad aiutare i magistrati nel loro lavoro. Abbiamo affrontato questo tema attraverso il tentativo di riforme organiche, perché, appunto, questa è la terza riforma: abbiamo affrontato la giustizia penale, con una riforma organica, poi la giustizia civile, con una riforma organica e questo è il terzo grande tassello. È una riforma complessa e complicata, ci arriviamo dopo una lunga discussione in Commissione, non semplice: abbiamo fatto lunghe discussioni e lunghe nottate anche in Commissione, come era inevitabile, perché la maggioranza è molto larga, è molto composita, si partiva da punti di vista, spesso, molto diversi tra loro. Ma io credo che questa sia anche una buona occasione, anche da questo punto di vista, per riformare la giustizia, perché io penso che, quando si affrontano temi che hanno questo rilievo - anche da un punto di vista istituzionale, anche per i loro riflessi sui valori costituzionali, sulla vita del nostro Paese, sulla vita civile complessiva del nostro Paese - sia un bene che questi temi, così rilevanti, si affrontino con maggioranze larghe, con maggioranze anche composite, perché la sintesi che ne deriva può anche avere l'ambizione di reggere all'urto del tempo, ossia può essere una sintesi che consente alle riforme che si fanno di avere gambe più solide.

Io penso che questa sia l'ambizione che ci ha mosso, che certamente rende complicato il percorso delle riforme. È stata complicata la riforma del processo penale, forse un po' meno quella del processo civile, ma è stato, anche quello, un percorso non semplicissimo, ed è stata complicata questa.

È una riforma che, come tutte le riforme che sono fatte attraverso compromessi, scontenta molti e crea qualche insoddisfazione, ma penso sia una strada che può avere gambe solide, perché ha cercato di mettere insieme punti di vista diversi e questo, secondo me, è un buon metodo di legiferare, quando si legifera su temi e questioni di tale rilevanza. È per questo motivo che noi riteniamo che sia una buona riforma per il merito e per i suoi contenuti e non condividiamo le due polarità dei giudizi che sono stati dati su questa riforma che si possono condensare, da un lato, in chi dice che è una riforma inutile e, dall'altro, in chi dice che è una riforma gravemente lesiva delle prerogative della magistratura, tanto da giustificare addirittura uno sciopero dei magistrati. Noi non riteniamo che sia corretta né l'una né l'altra valutazione, ma che la valutazione corretta sia, invece, quella di un tentativo serio di innovare profondamente il funzionamento del CSM e dell'ordinamento giudiziario, secondo le indicazioni, le aspirazioni e gli appelli che ripetutamente ha fatto anche il Presidente della Repubblica, anche da qui, quando è intervenuto nel suo discorso di insediamento per il secondo mandato, perché sappiamo che di questo intervento c'era e c'è fortemente bisogno, perché anche gli scandali recenti che hanno colpito il CSM e il funzionamento dell'ordinamento giudiziario hanno testimoniato questa necessità e questa esigenza. Quindi, riteniamo che si sia intrapresa una strada virtuosa e non condividiamo le critiche che abbiamo letto in questi giorni.

Pensiamo sia stato utile intervenire sul sistema elettorale del CSM, ma abbiamo sempre detto e ripetuto che siamo consapevoli che non è attraverso una modifica del sistema elettorale del CSM che si possa scardinare il correntismo che ha afflitto il funzionamento del CSM in questi anni. Lo sappiamo, perché le correnti sono in grado di gestire qualunque sistema elettorale. Per noi neanche il sorteggio temperato avrebbe messo al riparo dal rischio delle correnti di riuscire a influire pesantemente sul risultato delle elezioni. Semplicemente, per noi il sorteggio, anche temperato, era un'evidente manifestazione di sfiducia nei confronti della magistratura, ingiustificata, oltre che incostituzionale, e, su questo, condividiamo le riserve che ha avuto anche la Ministra. Non è, quindi, il sistema elettorale che possa mettere al riparo dai vizi del correntismo.

Abbiamo sempre detto che questa riforma non aveva come obiettivo quello di eliminare le correnti interne alla magistratura. Non è questo il problema, perché le correnti ci saranno sempre ed è giusto anche che ci siano correnti che esprimono opzioni di politica giudiziaria, magari diverse tra di loro, e sensibilità diverse. È un arricchimento della magistratura! Il problema non sono le correnti; il problema si ha quando le correnti diventano talmente potenti e talmente incisive nel funzionamento dell'organo di autogoverno della magistratura, il CSM, da condizionare pesantemente tutte le scelte che vengono fatte dal CSM, al di là dei meriti, delle qualità e delle valutazioni oggettive che devono riguardare i singoli magistrati nella progressione delle loro carriere. È questo il problema che va affrontato e che deve essere affrontato!

Noi riteniamo che, con i meccanismi nuovi che sono stati introdotti, con questo disegno di legge, nel funzionamento del CSM e nella valutazioni dei magistrati, questa degenerazione sia in qualche modo contenuta e si possa aiutare a disinnescare questa degenerazione correntizia, cioè questa modalità attraverso la quale le correnti hanno condizionato così pesantemente la vita dei magistrati italiani, cosa che è stata mostrata in maniera palese anche dai recenti scandali.

Noi lo riteniamo possibile attraverso criteri di valutazione più trasparenti del lavoro dei magistrati. Il fascicolo del magistrato, che tanto ha destato scandalo, è nient'altro che il tentativo di inserire in un fascicolo che contiene le attività dei magistrati tutti gli elementi oggettivi che possano consentire una valutazione delle performance e delle qualità di un magistrato utili a valutare, non solo la progressione di carriera, ma anche, per esempio, le qualità che servono per assumere un ruolo all'interno di un ufficio giudiziario.

Il capo di un ufficio giudiziario: questo è valutato più oggettivamente se c'è un fascicolo che contiene le attività e che consente di capire come lavora un certo magistrato. Questo è utile! Non è una schedatura, come qualcuno ha detto; è semplicemente una modalità attraverso la quale si può consentire di valutare il lavoro di un magistrato, cosa che io penso sia utile per far emergere le qualità, per far emergere meglio le differenze che ci sono, come in qualunque lavoro, tra magistrati che lavorano bene e magistrati che lavorano male.

Per quanto riguarda la separazione delle funzioni, che è stata tanto evocata come un rischio di snaturare anche l'unità della giurisdizione, che è contenuta anche nei principi costituzionali, penso sia un problema anche questo largamente sopravvalutato ed è stato già detto da tanti. Noi, con lo scorso Governo, avevamo già pensato di ridurre da quattro a due i passaggi di funzione. Con questa riforma, si riduce a uno solo, ma noi sappiamo benissimo che la stragrande maggioranza dei magistrati italiani già oggi fa non più di un passaggio di funzioni nell'ambito della propria carriera e qualcuno non lo fa neanche. Quindi, stiamo parlando di una disciplina che non innova in maniera straordinaria da questo punto di vista. Dunque, credo sia un tema, anche questo, largamente sopravvalutato, anche se pensiamo che un passaggio di funzione possa aiutare quella specializzazione nelle carriere dei magistrati che può anche disinnescare alcune polemiche che, in questi anni, si sono registrate sotto questo profilo.

Poi le porte girevoli. Pensiamo che uno stop a questo passaggio così diretto tra funzioni politiche e ruolo di magistrato sia una cosa utile. Anche questa, non riteniamo che sia una cosa che cambierà i destini della magistratura, perché sappiamo che riguarda pochi casi e, quindi, non è così diffusa, però pensiamo che, per tutelare l'immagine della magistratura, di terzietà della magistratura, sia importante intervenire anche su questo e io penso che l'abbiamo fatto in maniera molto rigorosa e anche rispettosa del ruolo dei magistrati.

Insomma, pensiamo di aver fatto un lavoro che può aiutare a smontare i vizi che abbiamo visto in questi anni nel funzionamento del CSM e dell'ordinamento giudiziario e che possa aiutare a recuperare alla magistratura quel suo status di autorevolezza e anche a ridare all'opinione pubblica un po' di fiducia in una istituzione che, purtroppo, ha perduto molta di questa sua autorevolezza e fiducia in questi anni. Pensiamo che sia stato fatto un buon lavoro e che sia una riforma che può aiutare ad andare in questa direzione. Ci auguriamo che i prossimi passaggi in Aula garantiscano la tenuta di questo equilibrato complesso di norme che abbiamo approvato in Commissione e che - siamo convinti - sia un modo per consentire alla magistratura di fare un passo in avanti e di completare una riforma della giustizia organica di cui questo Paese aveva e ha molto bisogno e che, forse, può davvero essere un grande spartiacque nel funzionamento della giustizia nel nostro Paese, di cui il nostro Paese ha molto bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà. Dopo il suo intervento, sospenderò la seduta.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Mi rivolgo al rappresentante del Governo da avvocato, prima ancora che da parlamentare, e da cittadino, prima ancora che da giurista. Questa discussione non può infatti non iniziare con una considerazione che, dal nostro punto di vista, è basilare, cioè dall'unico dato certo che noi abbiamo acquisito discutendo in Commissione di questo testo: questa non è una riforma, non è una vera riforma, è semplicemente un'illusione di riforma. Questo lo dico, Presidente, perché anche in questa occasione, su un provvedimento che avrebbe dovuto segnare il cambio epocale delle maglie contraddittorie della giustizia italiana, si è preferito invece creare l'illusione del cambiamento piuttosto che attuarlo realmente. Non è sicuramente attraverso il testo che leggiamo che si può pensare davvero di parlare di una riforma vera della giustizia, che sia a 360 gradi, che abbia affrontato i problemi veri della giustizia italiana. Non è sicuramente attraverso il testo che abbiamo letto in Commissione e che arriverà in Aula - sperando di poterlo modificare - che si può immaginare di cambiare le teste e la cultura dell'Italia in tema di giustizia e di rapporto fra poteri. Serviva indubbiamente rimettere in equilibrio il potere giudiziario con le altre istituzioni democratiche e con le funzioni previste dalla Costituzione ma tutto questo, cioè un serio dibattito sui temi della giustizia italiana, andava affrontato con serietà, prima ancora che con la voglia di raccontare all'Europa che una riforma della giustizia in Italia stava arrivando. Con questa serietà avremmo dovuto affrontare un tema che in Italia è sentito ed è percepito, non da oggi, da anni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Noi siamo consapevoli dei limiti della giustizia italiana e, sino a qualche tempo fa, soprattutto nel centrodestra, eravamo tutti assolutamente d'accordo e condividevamo il principio che molte cose andassero modificate. Ora che quella occasione ci sarebbe davvero, in realtà la stiamo perdendo. Queste considerazioni sono ancora più evidenti se ripercorriamo brevemente il metodo che è stato utilizzato. Noi siamo in una legislatura in cui i Governi, dal primo all'ultimo, hanno fatto un ricorso imbarazzante allo strumento del decreto-legge e, nel momento in cui invece ci troviamo a discutere di una riforma di cui il Paese ha bisogno, si decide di ricorrere alla legge delega, esautorando di fatto il Parlamento delle sue prerogative (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Non è tutto. Vorrei ricordare, proprio parlando del metodo, che noi parlamentari abbiamo aspettato quasi un anno e mezzo prima che il Ministro Cartabia proponesse i propri emendamenti, mentre ai deputati e ai parlamentari delle Commissioni non solo sono stati imposti termini inadeguati per la presentazione delle proposte subemendative ma poi sono stati ulteriormente compressi perché è stato ridotto il numero degli emendamenti, attraverso il sistema della segnalazione. Per predisporre una riforma epocale, il Ministro ha bisogno di un anno per arrivare a presentare le proprie proposte e per trovare una quadra all'interno della maggioranza e i parlamentari hanno solo pochi emendamenti per poter modificare quel testo e, soprattutto, non hanno i tempi giusti per poterlo fare. Questo non è serio rispetto a un tema che invece lo è, ed è centrale all'interno della vita sociale e politica del nostro Paese.

Veniamo ora ai temi che questa riforma affronta. Iniziamo dal sistema elettorale del CSM. Non ripercorro quanto è scritto all'interno del testo. È stato previsto il sistema binominale con la quota proporzionale, si prevede il sorteggio dei distretti di corte d'appello, non sono più previste le liste ma candidature individuali. Insomma, nella parte procedurale sono state apportate alcune modifiche. La domanda, che rivolgo al rappresentante del Governo e soprattutto ai colleghi della maggioranza, è molto semplice e banale e richiederebbe a questo punto una risposta: siamo davvero certi che questo sistema elettorale è quello che garantisce poi l'indipendenza delle correnti dei magistrati? Modificando una parte procedurale, voi pensate veramente che il problema sia risolto? Se è così e se lo pensate davvero - mi piacerebbe avere prima o poi una risposta sincera e non politica - allora delle due l'una: o noi non abbiamo assolutamente capito quali sono i problemi delle correnti all'interno della magistratura italiana, oppure, ancora una volta, siamo di fronte alla illusione di cui parlavo all'inizio della discussione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e della deputata Bartolozzi). Per noi di Fratelli d'Italia non è questa la risposta. Noi siamo sempre stati convinti che il vero cambiamento si può ottenere e lo si può fare unicamente introducendo una componente di imprevedibilità nelle elezioni del CSM. Non c'è bisogno di ritornare su tutto quello che è accaduto nella storia della magistratura italiana perché tutti ne siamo consapevoli e a conoscenza. Allora, se vogliamo veramente impedire che ci siano clientelismi, lottizzazioni delle cariche, avanzamenti di carriera legate all'appartenenza politica, se vogliamo veramente che ci sia la neutralità e l'efficienza della magistratura dovremmo evitare che il CSM diventi un mini-Parlamento, così come evidentemente è stato sino a questo momento; un mini-Parlamento all'interno del quale albergano divisioni per gruppi, faziosità, lotte, accaparramento di voti per interessi di parte, il mercato delle nomine e dei favori. Questo era il motivo per il quale Fratelli d'Italia aveva proposto il sorteggio temperato: prima si verifica la presenza dei requisiti, poi si procede al sorteggio che definirà un paniere di candidati e, alla fine, si vota su quelli. Imprevedibilità: fino a quando questo concetto non entrerà nella elezione dei componenti del CSM tutto il resto sarà un'illusione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e della deputata Bartolozzi)! C'è poi un'altra considerazione da fare. Davvero non ho capito quale necessità sia stata avvertita da parte del Governo quando ha deciso di aumentare i componenti del CSM. Siamo infatti passati da 24 a 30 e tutto questo in totale controtendenza rispetto a quello che si fa fuori. Abbiamo scelto il taglio dei parlamentari, abbiamo parlato per mesi, anzi per anni, di rendere complessivamente più agile il meccanismo burocratico-amministrativo, quindi anche quello del CSM, per renderlo più agile per lo svolgimento delle funzioni. Il CSM, invece, in questo momento - non si capisce per quale motivo - aumenta i propri componenti e aumenta ovviamente anche i propri ausiliari.

Passiamo alla separazione delle carriere. Questo è un tema che mi tocca, da avvocato, da cittadino. Non posso soprassedere su un concetto di base: chi parla di separazione delle carriere attraverso questa riforma prende in giro gli italiani. È una presa in giro tanto più grave quanto più noi siamo consapevoli di quanto l'Italia avesse bisogno della separazione delle carriere. Almeno il buongusto di non parlare di separazione delle carriere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e della deputata Bartolozzi)! Riguardo al tema del passaggio tra le funzioni requirente e giudicante penale - ricordo anche che c'è un limite che non opera per il passaggio al settore civile o dal settore civile alle funzioni requirenti, che è previsto dalla norma - questo passaggio non rappresenta la separazione delle carriere e chi grida al successo, lo ribadisco, prende in giro gli italiani.

È difficile immaginare che si possa considerare un successo l'applicazione di un principio che, di fatto, era già nelle cose, perché noi sappiamo benissimo che l'attuale sistema, che prevedeva i quattro passaggi, in realtà non veniva mai utilizzato dai magistrati, quindi sostanzialmente stiamo parlando di niente, stiamo parlando di una modifica che non ha modificato alcunché, nella sostanza. Però, si è raccontato che questo rappresenta il raggiungimento dell'obiettivo, mediato, della separazione delle carriere; no, le carriere sono separate se si fanno concorsi separati, carriere separate, CSM separati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e della deputata Bartolozzi), questo vuol dire separazione; se non entriamo in quest'ottica, per la quale non si può passare da un ruolo all'altro e non si possono creare legami fra un ruolo e l'altro, che devono – devono –, per la tutela dei diritti dei cittadini, rimanere separati, se non facciamo questo, abbiate il buon gusto almeno di non parlare di separazione delle carriere, perché è un insulto all'intelligenza dei cittadini italiani e di chi, in quei tribunali, ci lavora, magistrati e avvocati compresi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E, poi, c'è il tema dei rapporti fra magistratura e politica, le cosiddette porte girevoli; questa discussione ha coperto completamente il tema fondamentale, che era fare una riforma vera della giustizia; nel testo che abbiamo letto scatta il divieto di esercitare in contemporanea le funzioni giurisdizionali e di ricoprire gli incarichi elettivi e governativi come, invece, è possibile oggi; ci sono vari stop che vengono inseriti per gli incarichi di governo nazionali, regionali e locali, ci sono alcuni divieti, non ripercorro tutto il testo, ma anche in questo caso cerco di fare semplicemente qualche domanda, al fine di sollecitare un po' il dibattito vero, quello che avremmo voluto vedere in Commissione e quello che speriamo di vedere in Aula, perché il tema, anche in questo caso, non è stato centrato. Anche in questo caso si è, purtroppo, raccontato qualcosa che questa riforma non fa, ma soprattutto non è stato risolto alcun problema. E vengo al punto, perché per noi di Fratelli d'Italia, oltre alla diversità di trattamento tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, ci si deve chiedere se la collocazione fuori ruolo al Ministero della Giustizia sia confacente allo scopo; la vera domanda è questa. È importante evitare che il magistrato eserciti le funzioni laddove si è speso per farsi eleggere, ma, anche in questo caso, altrettanto importante è evitare il perpetuarsi di una condizione di visibilità o di cointeressenza nei circuiti di potere, ossia il tema è: per quale ragione la porta girevole deve aprire al magistrato che rientra nella politica partitica opportunità che ad altri magistrati, invece, non sono concesse?

E c'è anche un'altra questione che non è stata affrontata, a parte che da noi di Fratelli d'Italia: noi abbiamo chiesto quanti e quali compiti sono demandati dal Ministero della Giustizia solo ed esclusivamente a magistrati. Ma siamo veramente capaci di pensare che ci siano funzioni, all'interno del Ministero, che sono prerogativa assoluta solo ed esclusivamente di magistrati? Ma perché? Ma chi lo dice? Anche questo tema andava scardinato. E, invece no; “tutto cambi perché nulla cambi” pare di poter di poter dire. Qualcuno, a parte Fratelli d'Italia, si è posto queste domande? Non mi pare. Non mi pare di averle sentite in Commissione, a parte che da qualche collega.

Nessuno ha sollevato la questione sui magistrati fuori ruolo. Quando un magistrato è fuori ruolo crea una incompatibilità, e, allora, quanti fuori ruolo sono compatibili con l'esigenza di tutelare l'immagine di imparzialità del magistrato? Ci siamo fatti queste domande? Perché il tema politico è tutto lì, ripeto, il tema politico è tutto lì.

Io ho riletto alcune parole del presidente del Centro Studi Rosario Livatino, il professor Mauro Ronco, e ve le riporto, perché credo siano assolutamente pertinenti al tema: “Costituisce (…) un grave segno di confusione tra i poteri dello Stato la circostanza che la magistratura, tramite le nomine compiute dal CSM, si sia appropriata dell'integrale controllo del Ministero della Giustizia, introducendo presenze importanti anche in altri Ministeri e nelle sedi internazionali delle istituzioni. Il Ministro della Giustizia ha una responsabilità politica cruciale in ordine all'attuazione delle istanze dell'intero Paese, tanto che la Costituzione gli riconosce la facoltà di ‘promuovere l'azione disciplinare' (…)”. Non continuo perché credo che già solo questo sia sufficiente per darci la percezione chiara di come, anche in questo caso, il testo non sia rispondente alle aspettative, non solo alle aspettative dei parlamentari o delle forze politiche, ma soprattutto dei cittadini italiani.

E, poi, c'è un altro tema, il grande assente di questa riforma, perché è davvero difficile immaginare di poter parlare della riforma dell'ordinamento della giustizia se, ancora una volta, dimentichiamo di intervenire sugli organici, così da rendere adeguato il numero dei magistrati e del personale ausiliario, rispetto alle funzioni che devono svolgere.

Il tema di questa riforma doveva essere la legittima indipendenza della magistratura, l'autonomia rispetto agli altri poteri dello Stato; questa riforma doveva avere come obiettivo quello di rafforzare l'autorevolezza e la credibilità della magistratura di fronte al corpo sociale, doveva restituire alla magistratura la propria funzione, efficace e puntuale, di potere che tutela i cittadini e tutela, in realtà, anche gli altri poteri. Invece, tutto questo non è successo; troppe cose sono andate fuori posto, in questi anni, e anche nell'elaborazione di questo testo il ruolo del magistrato è, senza dubbio, la prima cosa a essere uscita dai binari di una fisiologia sana, per diventare un fattore di turbativa del sistema giudiziario e di quello democratico, che in quei binari doveva essere riportato da questo testo, cosa che il testo evidentemente non fa. Noi dobbiamo riportare la magistratura alle proprie responsabilità, e lo si può fare solo attraverso la riorganizzazione, vera, seria e profonda del CSM, nel tentativo di togliere peso alle correnti politiche al suo interno, per limitare la politicizzazione del CSM, la lottizzazione delle nomine e stabilire le condizioni da rispettare per i magistrati che vogliono entrare in politica, ma tutta questa parte va riscritta, tutta questa parte va riletta.

E, allora, Presidente, e concludo, torno al concetto che ho espresso in apertura del mio intervento: questa non è una riforma; è l'illusione di essa; anzi, meglio, è un aforisma, con il quale si dice tutto e il contrario di tutto, dando l'illusione della verità.

Per la vera riforma della giustizia probabilmente dobbiamo aspettare di avere un Governo forte, capace e determinato, che, però, evidentemente non è questo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e della deputata Bartolozzi).

PRESIDENTE. Sospendiamo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, la deputata Tateo è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 99, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 2681-A e abbinate.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 2681-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del disegno di legge n. 2681-A. È iscritto a parlare il deputato Cosimo Maria Ferri. Ne ha facoltà.

COSIMO MARIA FERRI (IV). Grazie, Presidente. In discussione generale, è già intervenuto, per il nostro gruppo parlamentare, il collega Vitiello, pertanto cercherò di affrontare gli altri punti del provvedimento.

Vorrei svolgere una premessa generale, rivolgendomi a tutte le forze politiche e al Parlamento, in un momento in cui si parla da tanto tempo di rapporti tra politica e magistratura e si cerca di capire l'equilibrio corretto, anche dal punto di vista costituzionale, tra i poteri dello Stato, per trovare la giusta linea e portare politica e magistratura a parlarsi senza pregiudizi, in maniera corretta e nel rispetto dei loro poteri.

Oggi, si è chiamati a fare politica con la “P” maiuscola, a dare, quindi, al Paese una riforma che possa incidere e cambiarne l'assetto, ma che certamente non deve essere punitiva, perché le riforme si fanno non per punire, ma per garantire ai cittadini una giustizia giusta, equilibrata, imparziale, terza e veloce: questo deve essere l'obiettivo. La politica ne aveva oggi l'occasione, con un Governo qualificato, come quello presieduto dal Presidente Draghi, nel quale il gruppo di Italia Viva ha sempre creduto, dal primo giorno, e che ancora appoggia con grande determinazione; vediamo, infatti, come ha gestito la crisi pandemica e come sta gestendo questo difficile momento internazionale. Quindi, si poteva dare una svolta anche sulla riforma della giustizia, ma così non è stato. La Ministra Cartabia ha scelto un'altra strada, quella del rafforzamento delle correnti, senza iniziare una riflessione seria per quanto riguarda i rapporti tra politica e magistratura; ha rinunciato anche a rafforzare, con riferimento ad alcuni punti, ciò che la Carta costituzionale riconosce da tempo. Questo è il grande rammarico del gruppo di Italia Viva, una delle forze che più crede in questo Governo e che più si aspettava proprio dal Governo Draghi e, soprattutto, dalla Ministra Cartabia. Non capiamo il motivo per cui abbia rinunciato a varare una riforma dell'ordinamento giudiziario, del CSM, forte, incisiva, efficace, che guardasse alle vere nicchie di inefficienza, portando alla luce gli effetti degenerativi del correntismo, così come tanti altri problemi che non erano stati risolti.

Questo Governo e la Ministra Cartabia potevano dare alla luce anche una riforma costituzionale, perché la maggioranza lo consente; è una maggioranza ampia, quindi, che avrebbe potuto legare il proprio nome ad una riforma che da tanto si aspettava e che avrebbe potuto toccare l'assetto anche costituzionale - quindi, davvero una svolta nei rapporti tra politica e magistratura -, ascoltando la voce di tanti operatori del diritto, avvocati, mondo universitario, gli stessi magistrati. Da quanto la magistratura parla di rinnovamento, di autorganizzazione e di autoriforma, proprio per anticipare la politica! Quindi, sarebbe stato anche un modo per aiutare la magistratura, gli addetti ai lavori ad avviare quel percorso.

Invece, mi dispiace dirlo, è un provvedimento che va a rafforzare il peso delle correnti, che investe sulle correnti, non come movimento di pensiero, come associazionismo, come contributo al dibattito, ma come momento di espressione di potere, come luogo per quel carrierismo su cui la stessa magistratura tante volte aveva aperto una riflessione e, soprattutto, la base dei magistrati; basta vedere i ricorsi che i magistrati presentano al TAR e al Consiglio di Stato di fronte alle decisioni del Consiglio superiore della magistratura.

Ebbene, non c'è stato questo coraggio; si è voluto seguire questa linea e non lo si riconosce. Prima ho ascoltato tanti interventi, ma nessuno riesce a spiegare, signor Presidente, a lei e a chi ci ascolta, il perché, con questo sistema elettorale del CSM, con questa riforma diminuirebbe il potere delle correnti: nessuno lo spiega, perché non è così. Lo riconoscono gli stessi magistrati, la stessa opinione pubblica: il sistema elettorale creato è un correttivo rispetto a quello già individuato dalle leggi “Castelli”, “Mastella”; aggiunge poco, anzi peggiora, in qualche modo, perché ne accentua il potere, in quanto aver inserito, come ha spiegato bene il collega Vitiello nel suo intervento, l'idea del sorteggio dei collegi obbliga il magistrato ad affidarsi, una volta delineato il collegio dove andare a prendere i voti, necessariamente a gruppi di correnti organizzati, che in due mesi riescono ad organizzare la campagna elettorale.

Questo è un esempio, ma ve ne sono tanti altri; anche per quanto riguarda la struttura del CSM, per chi ha vissuto l'esperienza consiliare e la conosce sa che non ci sono i posti necessari per aumentare l'organico della struttura amministrativa. Tale provvedimento, per quanto riguarda il funzionamento del CSM, con tutti i problemi che ha la giustizia, anche con riferimento al reclutamento del personale e ai vuoti di organici dei magistrati, prevede di aumentare l'organico: prevediamo 62 posti nella struttura amministrativa, tra segreteria del vice-presidente, ufficio studi, collaborazioni esterne; è anche un messaggio sbagliato e non so nemmeno dove le metteranno queste persone.

Questi sono i temi di cui certamente il Paese non aveva bisogno, ma nemmeno lo stesso CSM; al contrario, avrebbe bisogno di efficienza, di snellezza nelle procedure, di tempi certi nella definizione.

Poi quello che sorprende in questa riforma è l'idea di creare principi, alcuni di questi certamente condivisibili, e poi prevedere deroghe. Ne elenco velocemente alcune, perché sono indicative; per esempio, si adotta il principio - giustissimo - di evitare le norme a pacchetto; ne hanno parlato altri colleghi. Evitiamo le norme a pacchetto per non consentire accordi tra le correnti e, per far questo, si crea un ordine cronologico nella trattazione, che era già una regola che alcuni consigli, anche nel passato, si erano dati, anche se poi era stata disattesa. Si crea l'ordine cronologico, ma si prevede immediatamente una deroga a questo principio e, quindi, per gravi motivi, il CSM può derogare anche a questo principio, sul quale, tra l'altro, si era soffermato anche il Presidente della Repubblica, Mattarella. Quindi, vi è sempre questa idea di intervenire, attribuendo al CSM la discrezionalità in ordine alla facoltà di derogare.

Altri punti della riforma prevedono alcuni principi, recependo la giurisprudenza consiliare del CSM, quindi valorizzandone tutta l'attività; poi non mi si dica che si vuole discontinuità con il CSM, perché se ne valorizzano le circolari, diventano, quindi, norme proprio i contenuti delle circolari e mi riferisco alla valutazione di professionalità, ai progetti tabellari.

Per esempio, per quanto riguarda l'approvazione o meno delle tabelle, che sarebbero il documento organizzativo dei tribunali, già valutate dal CSM come un momento in cui confermare o meno quell'incarico direttivo e quel presidente, già avveniva così; era un modello già utilizzato, a seconda di chi capitava sotto, e oggi viene inserito nella norma: quindi, si tratta di principi che già esistono nella prassi consiliare e che si inseriscono nella normativa. Questo per far capire come questa riforma sia in linea con tutto quello che ha prodotto il Consiglio superiore della magistratura. Allora, bisogna dirlo senza ipocrisia: valorizziamo il Consiglio superiore della magistratura! Valorizziamolo, non in quanto organo di autogoverno, ma in quanto correttamente riconosciuto dalla riforma, sia con riguardo agli incarichi direttivi e semidirettivi - perché i criteri rimangono questi -, sia con riguardo alla valutazione di professionalità. Per esempio, sulla valutazione di professionalità dei magistrati si diceva: è possibile che i magistrati, dopo 28 anni di carriera, non siano più valutati? Era un interrogativo. Oggi, nel nostro sistema, le valutazioni di professionalità sono sette e sono ogni quattro anni, quindi quando hai raggiunto la settima, se non fai domande per incarichi direttivi e semidirettivi, non hai più l'obbligo di essere valutato. Allora, si dice: nel momento in cui fai la riforma, prevedi una valutazione di professionalità per tutta la carriera, non dopo i 28 anni. Invece, questo tema non si tocca, ci si ferma alla settima valutazione e si toccano altri temi, come quello - l'ho detto già in altre occasioni, anche in Commissione – del fascicolo del magistrato, che attiene a un'altra norma già scritta. Infatti - lo dico anche all'ANM e a chi utilizza questa norma per accentuare la non bontà e l'inutilità di questa riforma -, in realtà, anche quella sul fascicolo del magistrato è una norma inutile, uno slogan, che vuol quasi dire: “non ho paura dei magistrati e inserisco il fascicolo”, quando in realtà questa norma era stata già inserita nella “riforma Castelli-Mastella” con l'articolo 11. Infatti, sfido tutti gli operatori e i cittadini ad andarsi a leggere l'articolo 11, che parla di capacità, laboriosità, diligenza ed impegno dei magistrati (questi i parametri della valutazione di professionalità) e inserisce tutti i documenti, le statistiche, i tempi del deposito - che sono cari ai cittadini, perché è chiaro che i tempi di risposta del giudice, il fattore tempo, come ci chiede anche l'Europa, sono determinanti -, le segnalazioni del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, l'obbligo dei dirigenti di segnalare i ritardi (se nel loro ufficio i magistrati depositano le sentenze in ritardo), oppure di prendere nota delle segnalazioni che provengono da terzi. Si tratta di una serie di parametri e di documenti che sono necessari e che ci sono già nella riforma del 2006, con successive modifiche. Quindi, anche su questo, non ci sono novità. Però, va detto e non possiamo accettare che alcune forze politiche della maggioranza vogliano far vedere che c'è stato un cambiamento e che si inverte la rotta. Prima un relatore diceva che, dopo trent'anni di guerra, finalmente è arrivata la “riforma Cartabia”. La “riforma Cartabia” segue l'indicazione della “riforma Castelli” su alcuni punti, non aggiunge niente, anzi. C'è stato un emendamento del MoVimento 5 Stelle, che abbiamo fatto nostro, per quanto riguarda l'Aula, sulla gerarchizzazione delle procure, che attiene a un altro tema importante, ossia al rapporto tra il procuratore e i sostituti: se accentuare l'autonomia dei singoli sostituti o lasciare il capo, come unico titolare dell'azione penale - quello non era in discussione -, con un'autonomia maggiore dei singoli sostituti. Si tratta di un altro dei grandi temi di cui si parla all'interno della magistratura, ma niente, non c'è stato il coraggio di discuterlo, c'è stato il ritiro dell'emendamento, seguendo quella impostazione della gerarchizzazione e non lasciando all'Aula e anche alla Commissione un dibattito importante su questi grandi temi.

Ce ne sono tanti altri. La grande novità nel conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi della “riforma Cartabia” è quella di fare le audizioni, che già si svolgono al CSM per i posti più delicati; la grande novità della “riforma Cartabia” è di rendere obbligatorie le audizioni e poi di limitarle a tre, a seconda del numero, e di prevedere, prima di nominare il dirigente di un tribunale o di una procura, di sentire i dipendenti del tribunale (cancellieri e assistenti), i singoli magistrati e poi gli avvocati, che, tra l'altro, hanno già il potere di fare segnalazioni, di intervenire, di lamentarsi. Quindi, ci sono già gli organi preposti da attivare; purtroppo, la realtà è che, a volte, nessuno ha il coraggio di fare segnalazioni e di metterle per iscritto. Quindi, il problema non è quello di prevedere una norma, che c'è già; quello che manca - se andiamo a vedere cosa è successo negli anni, dalla riforma in poi - sono i controlli, perché ci sono già le ispezioni, c'è già la possibilità di aumentare le ispezioni e di organizzare un ispettorato con una funzione, non solo punitiva, ma collaborativa nei confronti degli uffici giudiziari - e ci vogliono quindi le risorse -, ma, di fatto, vi è stata una difficoltà nell'applicazione di queste norme. Oggi, con la “riforma Cartabia”, ripetiamo le stesse norme. Ho fatto qualche esempio che sta negli atti: ho fatto l'esempio delle audizioni per farlo capire anche ai non addetti ai lavori, ma anche quello dei pareri. Vi sembra una grande novità? A parte il fatto che anche oggi un dipendente potrebbe segnalare la grande scorrettezza di un magistrato o di un dirigente e questa verrebbe valutata, se ci fosse la nota - non c'è bisogno di scriverlo -, però si può facilmente intuire come non sia facile poi in concreto – nonostante, sia stato inserito nella “riforma Cartabia” - acquisire tutti questi documenti in un tribunale: o ci sarà un tutti contro tutti, oppure nessuno farà segnalazioni per il quieto vivere.

Allora, diciamocele queste cose! Inoltre, sulle doppie indennità ai magistrati fuori ruolo, ho detto prima con riguardo al CSM, che addirittura prevede una pianta organica di 62 persone in più: è una riforma che crea e rafforza i privilegi, oltre a rafforzare il peso delle correnti e a non cambiare. Rafforza i privilegi, perché aumenta i posti al CSM, non solo dei componenti laici e togati, ma anche della struttura amministrativa e aggiunge 62 posti. Noi abbiamo proposto e votato un emendamento in Commissione, a prima firma della collega Bartolozzi, per l'eliminazione delle indennità, delle doppie indennità, in un momento in cui le famiglie non riescono a pagare le bollette: non è populismo, ma è senso di responsabilità. E non possiamo, in un momento come questo - quando c'è un emendamento, che anch'io poi ho cofirmato, che prevede di togliere le doppie indennità, che vuol dire ridurre stipendi da 267.000 euro annui e portarli a 130.000, mantenendo giustamente la propria indennità da magistrato per chi va fuori ruolo - non dare una spiegazione credibile e bocciare l'emendamento, con il parere contrario del Governo e conservare la doppia indennità per questi incarichi apicali nei Ministeri. Non solo: anche nell'affrontare il tema dei fuori ruolo, delle porte girevoli e del rapporto tra politica e magistratura - come ha detto oggi bene il collega Vitiello e quindi non entro nel meccanismo - si puniscono solo alcuni magistrati e non si parla in tutta la legge dei capi degli uffici legislativi, non si citano mai. Si citano, con una disciplina diversa, i capi di Gabinetto e i capi Dipartimento e si lascia che queste figure apicali vengano scelte dalla politica, senza nemmeno una competizione elettorale.

Quindi, si lascia la doppia indennità e si lascia un percorso diverso, agevolato e di protezione rispetto agli altri magistrati che si candidano o che non vengono eletti. E tra l'altro, anche nella distinzione all'interno degli incarichi di Governo o non, eletti o non eletti, il Governo ha cambiato marcia dopo che anche noi, come gruppo di Italia Viva, ma non solo, anche altre forze politiche, infatti, hanno lavorato per equiparare, però poi non hanno lasciato queste figure di magistrati.

Tuttavia, a parte la disciplina diversa e di favore anche per quelli che, per esempio, hanno un incarico per meno di un anno, come se il fatto di fare nove mesi e non dodici mesi e un giorno ti consentisse di essere un magistrato diverso, non chiamato dalla politica, rispetto a chi invece supera l'anno per pochi mesi. Quindi, vi è anche una disparità di trattamento nel disciplinare questi princìpi, che possono essere anche condivisibili. C'è chi dice, a proposito di Costituzione: non garantire l'elettorato passivo non è giusto, neanche ai magistrati, però capisco che il tema delle porte girevoli sia molto sentito all'interno dell'opinione pubblica, si accetta quella strada e quindi si condivide.

La proposta Italia Viva non è quella di tornare indietro e seguire quella strada, ma di compiere una giustizia a 360 gradi, che valga per tutti, senza eccezioni. Invece, questo provvedimento è un provvedimento che ti dà princìpi e ti regala eccezioni, e così vale anche per i fuori ruolo. In Commissione, a notte non dico inoltrata, ma verso le 22,30, per non dire le 23, i relatori hanno riformulato un emendamento sul tema magistrati negli uffici giudiziari o magistrati fuori ruolo, per vedere quale far prevalere anche nella valutazione e nel periodo di durata dell'incarico. Ebbene, anche su questo tema dei magistrati fuori ruolo, il Governo ha dato parere favorevole nel riformulare un emendamento dei relatori che tutelava quelli che stavano in alcune posizioni e che allargava il periodo: hanno messo la deroga non per alcuni specifici incarichi, ma per tutti gli organi di Governo, cambiando l'impostazione iniziale. Quindi, anche su questo - fatto il principio, che può essere condivisibile, sulla durata del fuori ruolo - è stata creata un'eccezione. Nella riforma, purtroppo, ci sono tante deroghe e tante eccezioni, ed è un altro tema che noi non condividiamo.

PRESIDENTE. Concluda.

COSIMO MARIA FERRI (IV). Chiudo chiedendo all'Aula di cercare di far scrivere alla politica una pagina di una riforma, accogliendo… Noi non abbiamo rinunciato ai nostri emendamenti, li abbiamo ripresentati per contribuire al dibattito, per migliorare la riforma, per dare una linea, e siamo disponibili, per esempio, sul sorteggio temperato, che abbiamo proposto e che è l'unico modo per spezzare questo legame di gestione del potere delle correnti. Abbiamo proposto, per esempio, anche lo schema del sistema elettorale della Commissione Luciani, che non è una Commissione di Italia Viva, ma è la Commissione istituita presso il Ministero della Giustizia. Quindi da parte nostra c'è la buona volontà a collaborare, a migliorare, a togliere i privilegi, a togliere le ingiustizie, a togliere le disparità che crea questa norma, e a dare al Paese e ai cittadini una giustizia davvero di qualità.

E non è vero del tutto che questa riforma ce la chiede l'Europa…

PRESIDENTE. Concluda.

COSIMO MARIA FERRI (IV). …perché l'Europa ci chiede di accelerare la risposta di giustizia, di lavorare sul fattore tempo, di lavorare sulle deleghe della riforma civile e penale, di dare degli strumenti essenziali…

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore. È scaduto il tempo.

COSIMO MARIA FERRI (IV). Chiudo, veramente. Sempre a proposito dei conflitti di interesse, si è letto tanto in questi giorni sui giornali. Spero tanto che al tavolo di questa maggioranza e in questi giorni di trattative, che ci sono state anche con la maggioranza, alla fine non dobbiamo vedere di aver trovato qui il vice presidente del CSM. Quello sì che sarebbe un conflitto d'interessi, come quello - che nessuno vuole dire - che questa riforma è scritta da molti magistrati. E per questo chiedo anche all'ANM di pigliarsela, questo sì, difendo il Governo…

PRESIDENTE. La ringrazio. Ha esaurito il tempo.

COSIMO MARIA FERRI (IV). …prima di pigliarsela con chi l'ha scritta (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)…

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Federico Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Onorevoli colleghi, signor Presidente, rappresentante del Governo, sarebbe sufficiente sottoscrivere per intero l'intervento del collega Cosimo Ferri, il quale, al di là della sua appartenenza alla maggioranza, conosce sicuramente bene il sistema giudiziario e il sistema della magistratura. Sincronicamente, in realtà, a pochi giorni dall'approdo in Aula di questo provvedimento, Sabino Cassese - che certo, anch'egli, s'intende del sistema giudiziario italiano - pubblica un emblematico libro dal titolo Il governo dei giudici.

Gli scandali che hanno coinvolto la magistratura, prima col caso Palamara e poi con la seconda puntata della Loggia Ungheria, sarebbero stati un terremoto per qualunque democrazia del pianeta. È sconcertante, invece, come su questi scandali sia calata la cappa di silenzio, a dimostrazione dello strapotere di certi pezzi del potere giudiziario. Grazie a Dio non tutta la magistratura è così.

Mentre in quest'Aula ci divertiamo in una gattopardesca riforma della giustizia, alla vigilia di una stagione referendaria di cui non parla nessuno - e su questo hanno ragione da vendere i Radicali, perché giustamente lamentano l'assenza totale di pubblicità e comunicazione su questi referendum -, a poche ore di auto da qui si combatte ferocemente sotto le bombe. E la nostra solidarietà doverosa, la nostra concentrazione e la nostra vigilanza vanno, anche ora, anche in questi momenti, al popolo ucraino che sta combattendo, casa per casa, acciaieria per acciaieria, a Mariupol nel Donbass, per difendere la propria vita, la propria esistenza e la propria terra! Ebbene, noi siamo qui, invece, a parlare di una riforma, colleghi, che poteva essere una riforma, ma che invece è soltanto, lapalissianamente, una rivisitazione del sistema attuale.

Cassese concentra la propria attenzione sul processo di giudiziarizzazione della vita pubblica, con un rilievo chiave importante: l'ordine giudiziario è diventato parte del sistema di Governo nazionale, invadendo il campo della politica e dell'economia. In qualche occasione, alcuni settori della magistratura hanno cercato di fare le veci della politica, quale camera di compensazione dei diversi orientamenti socioculturali, stabilendo rapporti diretti con l'opinione pubblica e con i mezzi di comunicazione. Se da un lato si assiste a una dilatazione del ruolo dei magistrati, dall'altro si ha a che fare con una crescente inefficacia del sistema giudiziario e disaffezione nei suoi confronti da parte dei cittadini. In questo contesto, allora, è un particolare tipo di magistrato a risultare davvero protagonista della Repubblica, che potremmo definire Repubblica giudiziaria: il rappresentante della pubblica accusa, assurto a figura chiave della vita pubblica italiana, tanto per un'esposizione mediatica senza precedenti, quanto a causa di una politica sempre meno capace di essere autorevole, incapace di far valere le proprie prerogative costituzionali e incline a delegare la composizione delle questioni e dei conflitti sociali ai tribunali stessi. Piero Calamandrei, che certo non si può includere nella schiera di Fratelli d'Italia come riferimento storico tradizionale, ebbe modo di dire che: quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra. E non possiamo che essere d'accordo con questo tagliente giudizio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Possiamo far coincidere l'avvio di questo processo degenerativo, storicamente, sicuramente con Mani Pulite, che tutti noi avevamo pensato potesse essere una sorta di lavacro in nome della giustizia e dell'onestà, anche nella politica, e che poi abbiamo capito essere uno strumento di una parte di un potere contro la politica. È ormai chiaro a tanti che l'indagine su Tangentopoli ha prodotto uno sbilanciamento senza precedenti nei rapporti tra politica e magistratura, un terremoto che ha condotto a quello straripamento del potere giudiziario, il quale si è nutrito anche di una malintesa concezione di autonomia e indipendenza, trasformatasi - e cito Cassese, ancora - in assenza di controllo e di responsabilità.

Cassese poi si concentra anche sul familismo e sull'ereditarietà di certe nomine e certe cariche: ci si attendeva giustizia e si sono avuti giustizieri. La giustizia arriva troppo in ritardo per essere una giustizia equa, e questo è sempre Cassese a sottolinearlo. Per non parlare delle ripercussioni sull'economia con i mancati investimenti stranieri: è di queste ore la notizia di un'altra importante multinazionale che scappa dall'Italia per le lungaggini burocratiche, dopo avere fatto milioni di euro di investimento, e si sposta in altri Paesi dove c'è più velocità anche nella giustizia. Ormai si parla di una Repubblica dei pubblici ministeri. Il CSM poi, colleghi, è diventato un organismo paraparlamentare, incistato dalle correnti; un organo, la magistratura, che ci costa un occhio della testa, ma non produce poi tanto in termini di redditività amministrativa.

Tant'è - ricorda ancora Cassese - che a metà 2020 i procedimenti pendenti civili e penali erano quasi 6 milioni. Poi sicuramente c'è il sistema che non funziona, ci sono le carenze di organico, c'è tutta una serie di degenerazioni su cui forse questa riforma poteva anche intervenire. Cito quindi uno stralcio del saggio di Luciano Violante, uomo di sinistra e notoriamente magistrato, che nel suo libro dal titolo Magistrati scrisse: “Le correnti si sono con il tempo trasformate da luoghi di discussione e approfondimento in ben oleate macchine di potere interno. Basti considerare che prima o poi tutti i capi delle correnti sono eletti al CSM. La conseguenza è che oggi, come denunciato da molti magistrati, chi non appartenga ad una corrente o non sia eletto da un partito difficilmente arriva a ricoprire incarichi rilevanti.

In pratica, spiace dirlo, bisogna difendere l'indipendenza dei magistrati dalle componenti dell'ANM e bisogna trovare il modo di superare quel corporativismo che i costituenti speravano di avere eluso stabilendo che un terzo dei componenti fosse eletto dal Parlamento”, firmato Luciano Violante.

Colleghi, veniamo nello specifico al provvedimento. La nostra è stata, anche con la collega Varchi, con i colleghi che mi hanno preceduto, Lucaselli e Vinci, una critica di metodo e una di merito. Innanzitutto bisogna precisare che ciò che pomposamente viene definito “riforma Cartabia”, come giustamente, in maniera derisoria, metteva in evidenza prima Ferri di Italia Viva, è molto più riduttivamente la proposta emendativa del Ministro rispetto al ddl 2435, cosiddetto “riforma Bonafede”. Almeno questo lo abbiamo ottenuto, almeno la sostituzione del Ministro Bonafede.

Gli interventi emendativi hanno talmente modificato gli aspetti più salienti della riforma da costituire la controprova a posteriori della correttezza della proposta iniziale di Fratelli d'Italia di stralciare la legge delega iniziale, che fissava un percorso che, viceversa, doveva essere rivisto e superato. Per dirla con una battuta, citando Giorgia Meloni, la riforma del Ministro Cartabia è iniziata in maniera pretenziosa con la volontà di essere una riforma complessiva e, come diciamo noi a Roma, è terminata con una “romanella”, cioè quando si dipingono di bianco le pareti per far finta di avere fatto una ristrutturazione totale. E su questo, colleghi, come hanno denunciato anche i colleghi di Fratelli d'Italia in Commissione giustizia, Varchi, Maschio e Vinci, la dinamica parlamentare di questo provvedimento ha visto una maggioranza balcanizzata, e lo abbiamo sentito dagli interventi che mi hanno preceduto, che ha prodotto una vera e propria Via crucis - e questo certo è il momento giusto - per la riforma, proiettata in un compromesso al ribasso.

Anni di dibattito che sono stati strozzati e ridotti in una notte, persino con i tempi contingentati, mentre si riformava l'organo di autogoverno della magistratura, ovvero l'organo più importante del potere giudiziario. Fa specie pensare all'azione parlamentare di forze di maggioranza come Italia Viva, che si asterrà, e della Lega, che in occasioni varie ha creato un asse con l'opposizione nei lavori in Commissione perché contraria alla visione riduttiva di questa “riforma Cartabia”. Colleghi, l'Italia, come sappiamo, risulta ultima in Europa per i tempi della giustizia civile, in particolare per l'ultimo grado di giudizio, e la richiesta di riforma del CSM è stata una chiara indicazione europea. Il Governo si ricordi che non può essere europeista a giorni alterni, anche questo Governo, il Governo dei sedicenti migliori.

In particolare, riteniamo che la scelta di questo sistema di sorteggio in realtà rafforzi, come diceva anche il collega Ferri, la presenza delle correnti all'interno del CSM, che troveranno comunque il modo di far sentire il proprio peso. Giudichiamo quindi un errore non aver voluto scegliere un sistema di sorteggio maggiormente temperato. L'utilizzo del sorteggio dei collegi, invece che debellare la piaga che divora il governo autonomo della magistratura, la aggraverà; è un salto indietro alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, ossia un ritorno al pieno splendore della correntocrazia. Assegnare collegi dei distretti più grandi, forza trainante, unitamente a una legge elettorale di tipo maggioritario vuol dire consegnare dolosamente il Consiglio superiore della magistratura allo strapotere dei gruppi associativi, che agiscono come veri e propri partiti politici, nella migliore delle ipotesi. Dispiace, quindi, che alcuni colleghi abbiano voluto questo sistema di sorteggio a collegi, meccanismo che favorirà le correnti più strutturate, generalmente quelle progressiste.

Questa proiezione al ribasso si vede anche poi negli aspetti delle porte girevoli, su cui l'Italia sta ancora pagando una procedura di infrazione, che opera una distinzione di trattamento fra i magistrati che ricoprono cariche elettive e i magistrati che collaborano con il Governo in ruoli apicali. L'unico miglioramento in questo senso, colleghi, è la decisione di rendere possibile un solo passaggio fra le funzioni di magistrato giudicante e requirente. Le correnti però restano intatte nei loro privilegi e nella loro libertà di manovrare carriere e promozioni. Anche la riforma del sistema elettorale del CSM lascia la situazione praticamente inalterata. Ci chiediamo, quindi, a cosa serva uno sciopero dei magistrati, che giustamente, come rilevava qualche opinionista sui giornali questa mattina, è anche un po' inquietante proprio come scelta. Fa piacere sapere che il referendum comunque si terrà nel silenzio più assoluto; è vero che il rischio di non raggiungere il quorum è alto proprio per questo e la confusione con le amministrative è certa.

Sui referendum si può ritagliare e configurare un fronte, magari per riformare davvero la giustizia, quando gli equilibri di quest'Aula nella XIX legislatura cambieranno. Noi appoggeremo il referendum sulla riforma del CSM e quello sulla separazione delle funzioni per arrivare al vero equo processo richiamato dalla nostra Costituzione. La statistica sulle performance e sugli errori è sì un primo passo, ma va considerato il peso anche di un solo caso. I casi di mala giustizia distruggono vite e ledono la fiducia verso le istituzioni. Mi permetto un inciso: nel mosaico delle riforme della giustizia la necessità di utilizzare i fondi del PNRR per l'edilizia carceraria appare urgente e necessaria per superare il sovraffollamento e garantire migliori condizioni per le Forze dell'ordine. Siamo quindi a favore prioritariamente dell'aumento della qualità del lavoro degli agenti di Polizia penitenziaria, ovviamente, così come però della visione costituzionale della retribuzione della pena, garantendo, così come dimostrano le statistiche, un abbassamento radicale della recidiva anche tramite percorsi di reinserimento innovativi. Su questo faccio un esempio per tutti, ma ce ne sarebbero a decine, ancora insufficienti: cito il progetto il progetto Rework di Linkem, utilizzato anche nella vicina Rebibbia e a Palermo; un vero e proprio contratto di lavoro nel settore digitale, un esempio virtuoso di economia carceraria per il reinserimento e la rieducazione dei detenuti basato su una visione di economia circolare per il recupero di apparati innovativi ormai desueti e obsoleti che vengono reimmessi sul mercato o cannibalizzati per dare vita a nuova tecnologia.

Questo può essere, in questo deserto che purtroppo sono i percorsi di reinserimento nelle nostre carceri, un esempio, ma ce ne sono sicuramente tanti altri. Colleghi, sappiamo dai boatos che la posizione di fiducia non dovrebbe avvenire e non si dovrebbe alzare per l'ennesima volta il collega D'Inca'. Anche il fatto che non sia qui ora significa forse che riusciremo a portare a termine un provvedimento senza che si alzi e dica le fatidiche parole “pongo la fiducia, come richiesto dal Governo”, con la grande stima che ho ovviamente per il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, ma la sua assenza ci fa ben sperare. Il Governo chiederebbe la fiducia sul perimetro delle norme votate dal Parlamento che poi il Governo dovrà redigere, e quindi saremmo fuori da qualsiasi grammatica istituzionale; per questo non verrà posta probabilmente la fiducia.

Quest'Aula parlamentare, quindi, ristabilisca ancora una volta - questo è l'appello che vi facciamo - soprattutto sulla riforma della giustizia la propria sovranità popolare, nel segno di un magistrato che scelse questo mestiere per amore e per rabbia.

Nel segno di Paolo Borsellino, che ebbi l'onore di conoscere da ragazzo a Siracusa e con cui mi fa piacere concludere questo intervento, con parole che ci segnano e ci segnarono per tutta la nostra militanza politica: “Io accetto, ho sempre accettato più che il rischio (…) le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio. Lo accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall'inizio che dovevo correre questi pericoli”. Nel nome di Paolo Borsellino (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2681-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori per la maggioranza, la relatrice di minoranza e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinvitato ad altra seduta.

Discussione della mozione Cillis ed altri n. 1-00609 concernente iniziative a sostegno del settore agroalimentare in relazione alla crisi ucraina.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Cillis ed altri n. 1-00609 (Nuova formulazione) concernente iniziative a sostegno del settore agroalimentare in relazione alla crisi ucraina (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate le mozioni Incerti ed altri n. 1-00627, Meloni ed altri n. 1-00629,Viviani ed altri n. 1-00630, Spena ed altri n. 1-00631, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare il deputato L'Abbate, che illustrerà anche la mozione n. 1-00609, di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE L'ABBATE (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, per essere oggi qui, dove discutiamo la presentazione di queste mozioni importanti per il settore agroalimentare. Il settore agroalimentare è stato fondamentale durante il periodo della pandemia da COVID e ha affrontato il periodo pandemico non senza problemi importanti. Ricordiamo quei giorni in cui il Paese era in totale lockdown e c'era il rischio di non trovare generi alimentari all'interno dei supermercati, perché il COVID colpiva chiunque, ma il settore agroalimentare è rimasto attivo, ha continuato a lavorare, ha garantito l'approvvigionamento dei prodotti nei supermercati e questo ha garantito la stabilità sociale del Paese intero. C'erano problemi per quanto riguarda la manodopera: ricordiamo i voli, i treni bloccati che non davano la possibilità alla manodopera, anche straniera, di raggiungere il nostro Paese, che abitualmente la riceve per poter portare avanti le lavorazioni nei campi.

Quindi, il settore ha affrontato in maniera egregia la pandemia, ha superato quel periodo veramente difficile e, oggi, si trova ad affrontare una nuova crisi, che però era già annunciata, infatti i primi sintomi sono stati avvertiti già a settembre e ottobre dello scorso anno. Siamo di fronte ad uno shock economico dal lato dell'offerta, perché i postumi della pandemia, ovvero il fatto che le catene di approvvigionamento, quindi i vari colli di bottiglia che si sono creati e l'enorme liquidità messa in campo da parte degli Stati per fronteggiare i problemi del COVID hanno creato i presupposti per avere un periodo di inflazione.

Quindi, già da settembre-ottobre c'erano i primi campanelli d'allarme, vedevamo già la curva dei prezzi dei mangimi e dei fertilizzanti crescere. Poi, è arrivata la guerra, purtroppo ad opera di un Paese, di un dittatore, Putin, che ha preso questa scelta assurda e scellerata di invadere un Paese e che, quindi, ha accelerato questo processo inflattivo che sta travolgendo tutti i Paesi. Le imprese agricole oggi si trovano, quindi, ad affrontare questo problema enorme, perché molti settori, in particolare, il settore zootecnico, stanno andando in grande difficoltà, perché, per come sono organizzate, le nostre imprese zootecniche vedono un aumento vertiginoso dei prezzi dei mangimi, dei prezzi dei fertilizzanti, dei prezzi del gasolio e, quindi, vedono gli utili che diventano sempre più sottili e la difficoltà di restare sul mercato. Bisogna, allora, fare degli interventi importanti e decisivi, poiché non possiamo permetterci di perdere tutto il nostro patrimonio produttivo. D'altra parte, anche i cittadini, a cascata, iniziano a vedere e a subire gli aumenti dei prezzi dovuti all'inflazione.

Innanzitutto, non dobbiamo commettere l'errore di dare delle risposte sul lato della domanda, perché non faremmo nient'altro che alimentare ancora di più l'inflazione, ma dobbiamo mettere in atto quelle misure che consentano al nostro Paese ancora di crescere, altrimenti il rischio all'orizzonte è di avere un periodo di stagflazione - che abbiamo vissuto in modo simile negli anni Settanta - e questo sarebbe completamente deleterio per la nostra economia, per l'economia italiana.

Dobbiamo fare tutti insieme una riflessione, a livello europeo, per raggiungere la sicurezza alimentare. Purtroppo, negli ultimi anni, anche l'Europa è caduta in scelte che, forse, si sono rivelate un po' troppo ideologiche, lo vediamo oggi con il problema dei carburanti e dell'approvvigionamento di gas. Forse, aver fatto scelte un po' spinte ha portato l'Europa a legarsi troppo ad un Paese che non è neanche democratico, come la Russia, e anche le scelte fatte nell'ambito del Piano, del Green Deal e, poi, anche della PAC, che si innesta all'interno di questo Piano, forse, sono un po' troppo ambiziose per quella che è la situazione attuale. Bisognerebbe allora rimettere alcune scelte in discussione: i terreni devono essere utilizzati per produrre. L'Unione europea deve raggiungere una sicurezza alimentare tale da non dover dipendere, per prodotti come i cereali, come le proteine, da Paesi terzi su cui non possiamo fare grande affidamento. Questa situazione sta mettendo in difficoltà anche molti Paesi in via di sviluppo, perché l'Ucraina, che forniva grandi quantitativi di cereali, oggi, purtroppo, non potendo produrre, mette in crisi anche questi Paesi.

Quindi, gli scenari che abbiamo di fronte a noi sono veramente preoccupanti. Noi dobbiamo lavorare, queste mozioni presentate servono proprio per chiedere degli impegni importanti al Governo sul fronte di alcune modifiche all'interno della PAC, per poter coltivare quanto più possibile i terreni, evitando che non vengano coltivati per alcuni periodi, e aumentare, quindi, la nostra produzione. Perché ciò che noi dobbiamo raggiungere, gli obiettivi che la PAC deve raggiungere, devono essere quelli di garantire la sostenibilità economica delle aziende.

Se un'azienda agricola o un imprenditore agricolo raggiunge la sostenibilità economica, a cascata, raggiungiamo anche la sostenibilità sociale, perché un territorio che cresce dal punto di vista economico è un territorio che vive meglio. Nel momento in cui raggiungiamo la sostenibilità economica e quella sociale, in automatico, raggiungiamo anche la sostenibilità ambientale, perché l'agricoltura è parte attiva della transizione ecologica. L'agricoltura non è nemica dell'ambiente, ma è amica dell'ambiente, perché consente di fissare il carbonio e consente di combattere i cambiamenti climatici che sono in atto. Questi devono essere i grandi obiettivi da raggiungere e vanno raggiunti seguendo principi anche scientifici e abbandonando un po' di ideologia.

Allora, all'interno delle mozioni ci sono impegni, come, ad esempio, l'impegno di ridurre la burocrazia per le imprese. Ecco, uno dei grandi ostacoli dal punto di vista economico è l'enorme burocrazia. Forse ce lo siamo sempre detti: spesso la burocrazia è nella nostra testa e ragioniamo noi in maniera burocratica. Allora, bisogna fare quegli interventi per trasformare Agea in un modello virtuoso. Spesso, quando agli agricoltori si parla di Agea, tutti rabbrividiscono, perché l'avvertono come un carrozzone. Deve essere, invece, un sistema efficiente: quindi, agevolare i pagamenti, riuscire a dare gli anticipi, come è stato fatto durante il COVID, e rendere queste misure strutturali e stabili, in modo tale da poter garantire la liquidità alle aziende.

Dobbiamo fare interventi importanti in ambito logistico. La logistica è fondamentale per accrescere la produttività e aumentare il valore aggiunto delle nostre imprese. C'è un impegno all'interno della mozione proprio per aumentare anche gli stoccaggi: la possibilità di stoccare i prodotti nel nostro Paese e di farlo - ad esempio, per il grano - in maniera differenziata, in modo tale da poter dare valore alle produzioni. La logistica diventa fondamentale per poter raggiungere in maniera più efficiente, dal punto di vista, sia della tempistica, sia economico, gli altri Paesi dove esportiamo. Riuscire a spostare le nostre merci e i prodotti in maniera efficiente consente all'impresa di avere meno costi sulle proprie spalle e, quindi, di essere più competitiva sul mercato.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI (ore 15,30)

GIUSEPPE L'ABBATE (M5S). L'accesso al credito è fondamentale. Le imprese agricole per troppo tempo sono state escluse dal credito. Gli istituti bancari non avevano la capacità di dialogare con le imprese agricole, che sono imprese differenti rispetto alle classiche imprese manifatturiere o alle altre che sono presenti nel nostro Paese. Per poter accedere al credito sono state messe in atto misure importanti durante il periodo della pandemia, come l'accesso diretto al Fondo di garanzia, che ha consentito di dare liquidità e di finanziare per 5 miliardi di euro le imprese. Questo che cosa significa? Significa che dobbiamo dare all'imprenditore la possibilità di presentare un progetto di sviluppo, di fare investimenti per la propria impresa, di ricevere un credito e così andare avanti. Fino ad oggi, questo non era stato possibile, ma tanto si può fare ancora e tanto dobbiamo fare.

Nella mozione, chiediamo un impegno specifico al Governo, per mettere in piedi ulteriori strumenti per poter oggi combattere questa crisi economica che ci troviamo ad affrontare e che le imprese agricole si trovano ad affrontare. Quindi, riuscire ad avere liquidità, senza, però, gravare sull'indebitamento delle imprese, per poter condurre la propria azienda e, nel lungo periodo, accesso al credito per poter fare investimenti. Le imprese agricole non vogliono e non hanno bisogno di avere sussidi; vogliono essere messe nelle condizioni di poter fare investimenti e andare sulle proprie gambe.

L'internazionalizzazione è fondamentale.

Con l'embargo che è stato imposto alla Russia - già il settore agricolo risultava penalizzato dai precedenti embarghi introdotti nel 2014 - c'è la necessità di trovare nuovi mercati. Quindi, sostenere le imprese, che devono essere messe nelle condizioni di trovare ulteriori mercati, è fondamentale per dare loro la possibilità di continuare e sopperire alle vendite, che, oggi, purtroppo, saranno inferiori.

Dell'innovazione e della ricerca, purtroppo, troppo spesso in questo Paese se ne parla, ma poi, quando ci sono da portare avanti le grandi sfide, spesso ci tiriamo indietro. Oggi, dobbiamo puntare assolutamente verso le colture fuori suolo per avere maggiore valore aggiunto, consumare anche meno suolo e aumentare le produzioni. Inoltre, dobbiamo incentivare la sperimentazione sulle TEA, le tecnologie di evoluzione assistita, quindi il nuovo modello di genome editing, che consente di avere piante più performanti e più resistenti alle malattie e aumentare la produttività. La ricerca e l'innovazione sono tutto in un Paese. Oggi, è il momento di essere decisivi su questa partita, anche perché, se non lo facciamo noi, lo faranno gli altri Paesi e quei prodotti arriveranno sui nostri mercati, perché sono completamente indistinguibili da tutti gli altri prodotti della stessa specie.

Quindi, perdere quel treno di innovazione significa lasciare indietro le nostre imprese e, quindi, essere meno competitivi rispetto a tutti gli altri.

Il tema energia è fondamentale. Oggi, i costi energetici per le nostre imprese sono saliti tragicamente. Allora, dobbiamo mettere il nostro sistema agricolo in protezione e consentire così - e questo viene fatto anche con gli 1,5 miliardi stanziati per il Piano nazionale di ripresa e resilienza per la misura dell'agrivoltaico - l'installazione di pannelli fotovoltaici e anche la produzione di biogas e biometano tramite gli impianti di biometano, che consentono, quindi, di chiudere il cerchio e di andare verso una vera e propria economia circolare.

Questi sono i punti più importanti che sono inseriti all'interno della mozione che chiede impegni al Governo. Adesso, è il momento di fare scelte importanti. La situazione economica, purtroppo, è molto critica e sbagliare scelte in questo momento significa creare problemi che pagheremo nel prossimo futuro in termini economici e, quindi, in termini anche di posti di lavoro. Dobbiamo tutelare il nostro settore agroalimentare, fiore all'occhiello del nostro Paese (il 15 per cento del PIL proviene da questo settore), e quindi lavorare in questo senso è fondamentale. Siamo certi che il Governo accoglierà gli impegni e porterà avanti questi temi fondamentali per il nostro settore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Incerti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00627. Ne ha facoltà.

ANTONELLA INCERTI (PD). La ringrazio, signor Presidente, e grazie, signor Ministro, anche per la sua presenza. Come Partito Democratico, con questa mozione vogliamo tenere alta l'attenzione rispetto al nostro sistema agroalimentare, che, sicuramente, è un settore strategico, ma, ovviamente, è pieno di fragilità.

Come veniva ricordato, sono stati due anni caratterizzati da effetti economici e sociali molto gravi causati dalla pandemia. Ora, le conseguenze dirette ed indirette della guerra inferta dalla Russia all'Ucraina riportano al centro del dibattito - ma abbiamo avuto anche occasione recentemente di parlarne, in occasione della sua informativa del 29 marzo scorso - la capacità del nostro sistema agroalimentare di essere resiliente e di affrontare in modo efficace e tempestivo le dinamiche innestate dal repentino mutamento del contesto economico e geopolitico.

In questi ultimi due anni, come abbiamo ricordato in tante occasioni, i nostri produttori hanno costantemente assicurato cibo di qualità ad un prezzo equo. Ora, con la crisi che si è aperta con la guerra russo-ucraina il nostro sistema agroalimentare rischia di subire un contraccolpo, con fattori gravi di instabilità. È veramente difficile prevedere un graduale ritorno alla normalità, considerato l'aumento generalizzato del prezzo di tutte le materie prime e dell'energia, fattori che, oltre a mettere a rischio la sicurezza alimentare, stanno rapidamente erodendo la redditività economica per le nostre imprese per tutta la filiera ma, in particolare, per l'anello più debole, i nostri agricoltori.

Voglio citare anche, brevemente, alcuni dati che ha fornito la FAO sui prezzi mondiali dei prodotti alimentari, che hanno subito un'impennata molto forte, raggiungendo i livelli più alti da sempre, con il diffondersi, in particolare, della guerra nella regione del Mar Nero, che ha travolto i mercati, in particolare quello dei cereali di base e degli olii vegetali. L'indice FAO dei prezzi si è assestato su una media di 159 punti, con un aumento del 12,6 per cento rispetto a febbraio, mese in cui aveva già raggiunto il massimo livello dalla creazione dell'indice. In particolare, per ricordarne alcuni, cito l'aumento del prezzo dei cereali, che ha superato del 17 per cento il prezzo di febbraio, sotto la spinta dei prezzi del grano e dei cereali secondari a causa della guerra. Inoltre, nel mese di marzo i prezzi del grano duro sono aumentati di quasi il 20 per cento. Potrei aggiungere, sullo stesso livello, l'aumento dei prezzi del mais, dell'orzo e del sorgo così come di quello degli olii vegetali che, sempre secondo l'indice FAO, ha subìto un aumento del 23 per cento a causa proprio dell'innalzamento delle quotazioni dei semi di girasole di cui, come sappiamo, l'Ucraina è il principale esportatore mondiale. Lo stesso vale anche per i prezzi di altre materie prime, quali lo zucchero e la carne, ma anche di quelli del settore lattiero-caseario, che hanno registrato un aumento considerevole, il 23 per cento in più rispetto a marzo dello scorso anno.

Potremmo continuare col prezzo dei fertilizzanti, dei concimi, delle sementi. Ricordo anche l'aumento dei prezzi dei mangimi, con il rischio di non poter garantire in modo adeguato l'alimentazione degli animali e con conseguente riduzione dell'offerta e addirittura interruzione di alcuni cicli produttivi. A ciò potremmo aggiungere le limitazioni al commercio internazionale da parte dei Paesi dell'ex area sovietica e anche degli stessi paesi membri dell'Unione europea. Tutto ciò rischia di compromettere fortemente il mercato degli approvvigionamenti europei. Tra l'altro, non mancano fenomeni di speculazione sulle quotazioni internazionali di cereali e semi oleosi. Il CREA ha stimato che l'impatto sulle nostre aziende sarà tra i 15.000 ed i 16.000 euro di aumento medio e, come lei stesso ha ricordato nell'informativa, il complessivo aumento supera i 9 miliardi. L'Europa ha preso atto di questa situazione e dei rischi, con obiettivi a breve e anche a medio termine, ha attivato per la prima volta il fondo di riserva di crisi, prevedendo un pacchetto di 500 milioni di euro per sostenere più direttamente le filiere più colpite, con la possibilità di finanziamento e di cofinanziamento del nostro Paese, come lei stesso ha ricordato, fino alla possibilità di arrivare, dai 48 milioni previsti per il nostro Paese, a 144 milioni, al fine di aumentare il potenziale produttivo europeo.

La Commissione ha poi derogato su alcune norme di attuazione della PAC che prevedono di destinare almeno il 5 per cento delle superfici agricole e seminali ad aree ecologiche, con atto delegato che tuttavia deve essere ancora attivato. È chiaro che sono azioni di primo impatto che sicuramente hanno un buon effetto ma certamente non possono essere sufficienti per una crisi di questa portata. Inoltre, voglio ricordare alcuni interventi come quello del decreto-legge n. 21 del 21 marzo 2022, il “decreto Crisi Ucraina”, che ha fornito una prima risposta, certamente non esaustiva, sul tema della liquidità, come è già stato ricordato. Si prevede infatti la possibilità di rinegoziare e ristrutturare i mutui fino a 25 anni, che saranno assistiti gratuitamente da ISMEA allo scopo di garantire una cosa essenziale per le nostre imprese, cioè l'accesso al credito. Bene anche il beneficio pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto di carburante, solo nel primo trimestre 2022.

Misure, signor Ministro, certamente importanti e utili, almeno nell'immediato. Però pensiamo che il nostro Paese debba e possa fare di più, mettendo in campo altre azioni che possano accrescere la nostra autonomia alimentare, possano diversificare i mercati di importazione, possano supportare il nostro export nell'individuare ulteriori mercati, possano rafforzare i sistemi alimentari locali, compresi quelli di distretto. Quindi è necessaria la costruzione di un orizzonte strategico di medio periodo, anche condizionando i principali strumenti che sostengono l'agricoltura e la pesca verso una maggiore produzione nazionale e quindi di rafforzamento delle filiere, senza tuttavia smarrire alcuni obiettivi che sono propri del Green New Deal. Per questo sono importanti - noi lo ribadiamo nella mozione - alcuni impegni che chiediamo al Governo. Sempre con attenzione ai temi ambientali, va aggiornata la politica agricola comunitaria 2022, va incrementata la produzione agricola per sopperire meglio al fabbisogno interno, vanno incentivate le nuove messe a coltura, cosa che tra l'altro si sta prevedendo, così come la deroga di altri vincoli, va aumentato il plafond da destinare agli aiuti accoppiati e da destinare soprattutto alle colture proteiche, cerealicole e ai semi oleosi e vanno prolungate queste deroghe anche all'anno 2023. Inoltre, va garantita maggiore efficienza ai sistemi irrigui. Per questo va non solo incrementata la dotazione finanziaria ma deve essere favorita, oltre alle grandi opere, soprattutto la realizzazione di piccole strutture di accumulo che sono necessarie al sostegno della capacità produttiva delle aziende agricole che operano in condizioni climatiche molto difficili. Ancora, vanno prorogate le agevolazioni contributive che sono state attuate in modo da favorire il rilancio produttivo ed occupazionale del settore.

Vanno rafforzati i meccanismi di monitoraggio e di controllo dei prezzi, anche per consentire una salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie, soprattutto relativamente ai consumi alimentari delle fasce più deboli. Sappiamo che alcuni Paesi già stanno provvedendo - faccio riferimento alla Francia – e per noi questo è un tema assolutamente fondamentale. Vanno ovviamente favoriti l'ammodernamento, attraverso la combinazione di incentivi a fondo perduto e agevolazioni di carattere fiscale, il rinnovo degli strumenti sia dell'agricoltura sia della pesca, in modo da garantire maggiore efficienza, e va anche accelerata la erogazione delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Infine, insieme ad altri punti, è necessario mettere a disposizione delle organizzazioni internazionali le risorse per fronteggiare le emergenze alimentari nei Paesi in via di sviluppo.

Questo perché la guerra e le povertà in un mondo interdipendente stanno generando effetti devastanti, rendendo ancora più squilibrati i sistemi elementari, già non equi e sostenibili.

Come parlamentari, e con questa mozione, continuiamo sollecitare e sosteniamo - e sosterremo - un'azione del Governo, affinché i nostri agricoltori possano continuare a produrre e a vivere, come aziende e, naturalmente, a poter garantire cibo sano per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ciaburro, che illustrerà anche la mozione n. 1-00629, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie, Presidente. Ministro, veniamo da due anni estremamente complessi, difficili e, a tratti, apparentemente insormontabili. La nostra economia ne è uscita provata e compromessa, con una generale disaffezione dei cittadini verso il futuro, ma anche verso lo Stato. Con la caduta dell'Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda, le economie occidentali e del resto del mondo si sono fatte sempre più interconnesse; abbiamo iniziato a costruire utilizzando materie prime e materiali lavorati o semilavorati altrove, creando sistemi industriali fortemente diversificati.

Il comparto agroalimentare, in questo, non fa eccezione; ancora prima dell'interdipendenza economica, però, la produzione agricola era strategica e, in quanto tale, essenziale e imprescindibile per la sopravvivenza stessa di un determinato popolo. Non è un caso che, da subito, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con la nascita della Comunità economica europea, una delle priorità in seno al progetto di integrazione europea – sebbene, ai tempi, i Paesi membri fossero solo 6 - era proprio la creazione di una politica agricola comune, per assicurare cibo a tutti gli europei. L'idea principale, poi evolutasi, naturalmente, nel tempo, era di mantenere ritmi produttivi costanti, in modo tale da garantire un'autoproduzione alimentare europea e, al contempo, una certa redditività per gli operatori del comparto agroalimentare. Recuperando quanto scritto sul portale informatico della Commissione europea, la PAC ha come obiettivo di aiutare gli agricoltori a produrre quantità di cibo sufficienti per l'Europa, garantire cibi sicuri e di qualità, a prezzi accessibili, assicurare un tenore di vita equo agli agricoltori, proteggendoli da un'eccessiva volatilità dei prezzi, dalle crisi di mercato e dagli squilibri all'interno della filiera alimentare, investendo nell'ammodernamento delle loro fattorie, mantenendo comunità rurali prospere in tutta l'Unione europea, nonché creare e conservare posti di lavoro nell'industria alimentare.

Mi rendo conto che il tema odierno non riguarda strettamente la PAC, quanto più una situazione di scenario, ma credo sia importante tenere in forte considerazione che le istanze che, con questa mozione, si intendono sostenere mutuano, in qualche modo, posizioni che, ragionevolmente, sono appoggiate, quantomeno a parole, anche dalla politica agricola comune dell'Unione europea. Stiamo vivendo quella che molti definirebbero la tempesta perfetta. Da un lato, il nostro sistema Paese è, più o meno, sopravvissuto a due anni di crisi pandemica, che hanno completamente chiuso i canali distributivi nel settore agroalimentare e portato numerose attività a rimodulare al ribasso la propria programmazione produttiva; dall'altro, proprio la natura della crisi economica globale causata dal COVID ha riportato sulla cresta dell'onda il tema dell'inflazione, che tutti speravamo essere definitivamente sparito e, con l'inflazione, i rincari, la saturazione economica, i costi dell'energia e delle materie prime.

La guerra tra Federazione Russa e Ucraina rappresenta, in tutto questo, l'estrema esasperazione, aggiungendo a uno scenario di per sé già abbastanza complesso la dissoluzione delle moderne catene di fornitura, il blocco alle esportazioni di materie prime, con conseguenti rincari su tutto il nostro sistema economico, dalla filiera produttiva a quella distributiva e, infine, ai consumatori.

Che il nostro sistema Paese fosse particolarmente esposto e fragile di fronte a una dinamica rialzista dei mercati è stato segnalato, a più riprese, già tra la fine del 2020 e del 2021, trovando poi spazio anche in atti parlamentari di Fratelli d'Italia, proprio nel corso del 2021. Insomma, la guerra ha lasciato tutti sorpresi, ma che la situazione non fosse delle più rosee non era un mistero, ma è stato volontariamente scelto di non fare assolutamente - o quasi – nulla.

Con il primo impegno di questa mozione, signor Presidente, Ministro, intendiamo impegnare il Governo a sostenere le filiere agroalimentari nazionali, puntando sull'autoapprovvigionamento e garantendo il reddito degli agricoltori italiani, provvedendo, inoltre, a diversificare le fonti di approvvigionamento di materie prime agricole con riferimento a grano duro e tenero, mais fertilizzanti e a tutte le materie prime per le quali sia presente una sostanziale quota di importazioni. Non credo ci sia bisogno di fare nomi, ma ci sono altri Paesi, nell'Unione europea, che, già da tempo, ma ora in modo particolare, hanno puntato sulla costruzione di filiere e reti di fornitura differenziate, scommettendo sull'autoproduzione.

Parlavamo di PAC. La nuova programmazione 2021-2027 sarà, in realtà, una programmazione 2023-2027, in quanto gli anni 2021 e 2022 sono considerati di transizione. In questo senso, i vecchi paradigmi, orientati alla riduzione della produzione, devono essere superati, alla luce del nuovo scenario internazionale; questo è il secondo impegno di questa mozione: impegnare il Governo a farsi carico della richiesta di rimodulazione degli obiettivi strategici e dei paradigmi sottesi alla politica agricola comune, affinché torni a essere uno strumento a supporto del comparto agroalimentare europeo, e non l'ennesima testa di ponte della decrescita felice (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Proprio per questo, con il terzo impegno, chiediamo al Governo di arrestare l'entrata in vigore di tutte le misure della PAC con effetti distorsivi e riduttivi nei confronti delle produzioni agricole nazionali, anche con riferimento a pratiche come la rotazione delle colture o la messa a riposo dei terreni che, di fatto, impediscono di disporre della massima superficie agricola utilizzabile, a fronte di un'esigenza produttiva non più trascurabile.

In scia con questo terzo impegno, il quarto chiede l'utilizzo delle aree ecologiche ad oggi non coltivate, delle aree lasciate a riposo e di tutte le altre aree coltivabili, ma non coltivate, per rilanciare la produzione agricola nazionale. In questa direzione, va anche - e senza dubbio - il “via libera” dell'Unione europea alla semina di altri 200 mila ettari, in Italia, ma non è possibile avere una gestione delle emergenze e delle politiche agricole basata unicamente sul chiedere il permesso a Bruxelles per fare qualsiasi cosa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Il quinto impegno riguarda gli strumenti di finanza agevolata per le aziende agricole. Questo tema fu sollevato da Fratelli d'Italia già nel corso dell'esame del Piano nazionale di ripresa resilienza, il cosiddetto PNRR. Il potenziamento della finanza agevolata per il comparto agroalimentare può essere un utile strumento di propulsione e stimolo per il rilancio e la riconversione di attività esistenti, e anche per la nascita di nuove. La proposta, allora, come tante altre nostre, non fu presa minimamente in considerazione, ma, alla luce della recente crisi, fornire strumenti di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle aziende agricole - anche per sostenere i costi di lancio di nuove attività produttive e di sostegno ai costi energetici - è quanto di più necessario, soprattutto per farle continuare a vivere.

Con riferimento ai costi energetici, considerando che, secondo dati Ismea, la loro componente è aumentata, in ambito agricolo, di oltre il 129 per cento, con il sesto impegno si chiede al Governo di calmierare, nel breve periodo, il costo dei carburanti utilizzati dalle imprese agricole almeno per tutto il 2022 o, comunque, sino a quando permane l'emergenza, prevedendo una revisione del regime legato ai sussidi ambientalmente dannosi, per ridurre ulteriormente una voce di costo che, per le nostre aziende, rappresenta un grave problema.

Con il settimo impegno, si intende chiedere al Governo di rimuovere tutti i vincoli di stampo normativo, almeno in deroga, che comportino un rallentamento della produttività delle aziende agroalimentari, andando a rilanciare i ritmi produttivi con i necessari contributi atti a potenziare le filiere produttive di materie agricole di rilevanza strategica per il nostro Paese.

Con l'ottavo impegno, si rappresenta una opportunità, quella di poter riformare l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, per agevolare e velocizzare l'erogazione dei pagamenti agli agricoltori, spesso tenuti ostaggio di ritardi tecnici incomprensibili, ma che mettono in ginocchio tutte le aziende.

La guerra tra la Russia e l'Ucraina, con il conseguente blocco delle esportazioni e il rincaro dei processi produttivi, ha reso tristemente evidente la nostra dipendenza dalla Russia per l'approvvigionamento di fertilizzanti.

Come riporta Ismea, il costo dei fertilizzanti è aumentato di oltre il 170 per cento. Certi materiali sono diventati introvabili o estremamente costosi e nella prima metà dell'anno questo significa ostacolare la fase di programmazione delle attività di semina, con ripercussioni per tutte quelle aziende legate alla mangimistica che possono portare a morte certa il comparto. Per questo, con il nono impegno, vogliamo portare il Governo a farsi portavoce di questa emergenza, avviando in Italia ed in Europa una strategia di lungo periodo per la creazione di filiere produttive e distributive di fertilizzanti, per ridurre ai minimi termini la nostra dipendenza da operatori stranieri una volta per tutte. RePower EU è la strategia con cui la Commissione europea intende ridurre la dipendenza energetica dell'Unione dalla Russia; dovrebbe, quindi, almeno nella teoria, andare incontro alle esigenze industriali dei Paesi membri.

Tale strategia, se messa insieme ad alcuni obiettivi della PAC, del Next Generation EU, quindi del Recovery Fund, del Green New Deal, non pare destinata ad un grande successo, visto che gran parte delle strategie economico-industriali europee punta a soluzioni di transizione verde e decarbonizzazione, figlie di un principio di decrescita felice che non tutti possono, purtroppo, permettersi. Per questo, con il decimo impegno, vogliamo che il Governo, con realismo, ponga questo tema sui tavoli europei prima che sia troppo tardi, in modo da chiedere l'abbandono di strategie energetiche eccessivamente irrealistiche ed anti-industriali, considerando, inoltre, che i costi di queste crisi ricadono sempre e comunque sui meno abbienti. Con l'ultimo impegno della nostra mozione vogliamo mettere l'accento sul tema geopolitico, evidenziato in questi giorni anche dal Presidente francese, Macron. Il blocco delle esportazioni alimentari russe in Africa, continente che dipende in modo molto marcato da Mosca per i propri approvvigionamenti alimentari, rischia di lasciare un vuoto di potere a favore della Cina, regalandole praticamente l'egemonia sul continente africano, con eventuali ripercussioni sui flussi migratori. Una crisi alimentare, e relative carestie in Africa nelle aree delle rotte migratorie ed al confine con l'Italia e l'Europa, significherebbe un nuovo esodo che non riusciremmo mai a permetterci sia per la quantità che per la qualità del fenomeno. È il momento che l'Europa smetta di essere solo un'ipotesi o uno strumento retorico e che l'Italia torni al suo ruolo di cuore dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); è il momento di creare e potenziare le nostre industrie agroalimentari e di sostenere il continente africano in una fase di grande crisi, riducendo gli spazi dove la piovra cinese può inserirsi nella sua lotta internazionale con gli Stati Uniti.

Colleghi, signor Presidente, Ministro, c'è ancora molto da fare per rilanciare il nostro Paese, per garantire una vera sovranità alimentare a beneficio dei cittadini. Il momento è critico e l'ora è indubbiamente buia, ma, come Fratelli d'Italia, ma anche a titolo personale credo che, nelle crisi, quel motto di Einaudi - conoscere per deliberare - valga ancora di più, perché il dialogo, il dibattito diventa uno strumento per pervenire non ad un compromesso al ribasso, come vediamo tutti i giorni, ma ad una sintesi, ad una soluzione vera a problemi che attanagliano i nostri cittadini. C'è ancora da considerare una cosa: nel momento in cui anche le nostre aziende non potranno esportare con quei Paesi a cui erano abituati, bisogna mettere sul tavolo trattative, accordi per trovare nuovi mercati a cui rivolgersi, altrimenti producono ma non possono più avere mercati di riferimento. Dunque, è con questo spirito critico che mi auguro i colleghi sappiano accogliere le nostre proposte, le nostre critiche, i nostri suggerimenti, i nostri stimoli, come sempre ha fatto Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lorenzo Viviani, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00630. Ne ha facoltà.

LORENZO VIVIANI (LEGA). Grazie, Presidente. Ministro, fa piacere ed è stimolante la discussione oggi imbastita qui in Aula; la ritengo fondamentale perché, se, da un certo punto di vista, il tema del caro energia ha riempito i giornali, quello dell'emergenza alimentare, del caro energia per le nostre imprese agricole è stato più sottopelle, avvertito più dagli addetti ai lavori. Invece, è un aspetto fondamentale che deve essere oggetto di studio e di partecipazione da parte nostra. Facciamo un po' di cronistoria. Purtroppo, la follia di questa guerra ha fatto riscoprire un'Europa debole dal punto di vista energetico; ci siamo trovati praticamente senza alcun'arma di difesa rispetto alle speculazioni su gas e petrolio. Anche per quanto riguarda le materie prime concernente gli alimenti, ci siamo riscoperti deboli; e ciò è ancora peggio. Se da una parte era difficile per noi pianificare o avere una strategia con riferimento a qualche combustibile fossile, che finché non verrà tecnologicamente sostituito saremo dipendenti, dall'altra aver perso dei presidi dal punto di vista alimentare è stato ancora più grave, perché esistevano, perché erano presenti ed abbiamo avuto un calo di produzione negli anni. Questo non è dovuto al fatto che i nostri agricoltori non vogliano lavorare o che i nostri pescatori non vogliano andare in mare. È un problema di strategie, è stato fatto scientemente a livello europeo. I nostri agricoltori sono stati pagati per tenere i campi incolti. Sono state incentivate filosofie che poi sono state declinate in ultimo nel Green Deal e nel Farm to fork che, di per sé, dicono cose sacrosante e giuste: chi non vuole la rivoluzione verde? Chi non vuole una strategia dal produttore al consumatore? Ma se le stesse vengono declinate sui territori, sui nostri agricoltori, vuol dire la scomparsa di alcuni presidi. Ricordiamoci che mantenere quei presidi - e lo vediamo in questo momento - vuol dire mantenere la sussistenza alimentare del nostro Paese. Purtroppo, i nostri agricoltori, i nostri pescatori hanno subito regolamenti sicuramente molto stringenti. Parlando solamente di pesca, negli ultimi dieci anni, da quando è entrato in vigore il regolamento europeo sulla pesca, è sparita gran parte della marineria italiana. Abbiamo avuto una crisi del comparto, con l'allontanamento di tanti pescatori dal settore, tant'è che, appena sarà possibile accedere alla demolizione, ci sarà una corsa in tal senso con una perdita della nostra marineria. Questo calo non è dovuto però alla diminuzione della risorsa ittica, ma perché scientemente si è riscontrata la volontà di ridurre il settore. Questo lo potremmo dire, in maniera diversa, anche per il settore agricolo: c'è stata la volontà di traguardare, magari con una filosofia di base giusta, verso una rivoluzione green, ponendo in essere regolamenti solo per i nostri agricoltori, solo per i nostri produttori, i quali devono sopperire a regolamenti più stringenti rispetto ai colleghi UE e soprattutto extra UE. È mancato anche il principio fondamentale della reciprocità: il prodotto che arriva nel nostro Paese, dovrebbe avere standard qualitativi uguali al nostro. Abbiamo avuto, quindi, una concorrenza sleale per quanto riguarda la nostra agricoltura e la nostra pesca. Ad esempio, con riferimento ai fitofarmaci, arrivano dei prodotti extra UE che sono stati trattati, con sostanze, magari non presenti nei residui, che da noi sono illegali da 20-30 anni. Si potrebbe parlare poi dello sfruttamento del lavoro che avviene in alcuni Paesi, molte zone del Sud-Est asiatico, da dove arriva il riso o altre zone del sud America, dove si utilizza lavoro minorile, dove non c'è rispetto del diritti ai lavoratori. Qui sarebbe da aprire una pagina che dovrebbe riguardare tutto il nostro settore, anche manifatturiero, la nostra industria. Il problema è proprio questo: si creano regolamenti, standard produttivi elevatissimi per i nostri produttori, che poi vengono lasciati senza difese rispetto a prodotti che arrivano sulle nostre tavole, che magari non rispettano quelle regole. Bisogna essere molto attenti ad una cosa, faccio una postilla perché qualcuno ha detto: apriamo il mercato, dato che non troviamo delle fonti di mercato, per quanto riguarda le commodity, anche se potremmo avere standard qualitativi minori, cioè tolleriamo dei residui in più. Ma niente di più sbagliato, signor Ministro, perché vuol dire aprire ad un classismo anche alimentare. Nel momento in cui salvaguardiamo per legge degli standard, che garantiamo agli italiani, poi li dobbiamo garantire a tutti. Naturalmente, come in tutte le cose, già c'è chi si può permettere un prodotto bio, un prodotto di qualità, e chi invece non lo può scegliere, ma addirittura abbassare la guardia sul fatto di avere dei residui diversi o comunque delle regole diverse e delle normative, quindi aprendo il mercato e legalizzando quella concorrenza sleale, che dicevamo primo, può essere molto pericoloso. Per quanto riguarda il caro energia, le nostre imprese, dopo due anni di COVID, si trovano in una certa situazione. Ricordo, e ringrazio naturalmente, come hanno fatto i colleghi, il settore dell'agroalimentare che non si è mai fermato, anche quando, all'inizio della pandemia, non esistevano ancora le regole. Non si capiva quando si doveva mettere la mascherina, quando non la si doveva mettere, come ti dovevi comportare. Eravamo nelle prime fasi; l'agricoltura, la pesca, il settore della trasformazione non si sono fermati, hanno continuato a produrre, e non hanno causato quelle prime scintille di panico, che ci sono state invece all'inizio, proprio quando invece si pensava che si bloccasse il settore. Quindi, si è continuato a dare assistenza alimentare al nostro Paese.

Adesso, sono sotto assedio non solo rispetto a quello che dicevamo prima, ma anche con riferimento alla parte che riguarda il caro energia, quindi parliamo del gas, del gasolio, dei fertilizzanti. La nostra poca lungimiranza, il fatto di aver perso, comunque sia, ad esempio, alcune produzioni, che naturalmente funzionano anch'esse a metano, per produrre i fertilizzanti, ci ha reso dipendenti da Paesi che sono adesso in piena guerra, come la Russia, per i fertilizzanti, con aumenti del 300 per cento. Come si può parlare - questa è una riflessione che travalica naturalmente tutto l'aspetto agricolo - di politica estera, quando il nostro Paese, purtroppo, dipende tantissimo dall'estero, come ha detto anche il Presidente Draghi, citando le forme di combustibile, l'energia, il gas ed i condizionatori? Ma il problema grave non è solo quello, ma riguarda i nostri alimenti, il fabbisogno per la nostra agricoltura; ecco perché pensiamo sia importantissimo riuscire a salvaguardarli e ringrazio il Ministro per aver messo in atto comunque misure immediate e urgenti e spero che il messaggio, che arriva da quest'Aula, sia un messaggio reale di unione. Ora sono state presentate cinque mozioni, ma spero che veramente vi sia la forza di mettersi a un tavolo e di trovare non solo una mozione di maggioranza, ma una mozione unitaria del Parlamento, perché è giusto dare mandato al Governo e al Ministro, che è presente qui in Aula, per andare in Europa, a Bruxelles e dare non solo un input importante in questo momento per chiedere maggiori risorse e un sostentamento maggiore del nostro comparto dell'agroalimentare, ma anche per creare una nuova strategia per le nostre produzioni e per permettere agli agricoltori di fare gli agricoltori, ai pescatori di fare i pescatori e agli allevatori di fare il loro mestiere.

I costi di produzione, in questo momento, sono insostenibili: certo, produrre il latte costa di più rispetto a quello che viene dato all'allevatore in questo momento, perché sono aumentati i costi dei mangimi, ma ciò perché siamo rimasti dipendenti e abbiamo perso in dieci anni un terzo della produzione di mais, che è alla base del settore zootecnico. Allora, veramente bisogna ripensare alla politica. Ripeto: bene che ci sia stata la parte della deroga per quanto riguarda i terreni incolti per riuscire a recuperare quei 4 milioni di ettari in Europa o quei 200.000 ettari in Italia, che permettano di sviluppare colture proteiche, mais e grano per riuscire a sopperire a questi fabbisogni, però - è una cosa importante - cerchiamo di far sì che non sia solamente una deroga, ma che ci sia una strategia dopo. Adesso va bene la deroga, adesso va bene derogare alla PAC, ma dobbiamo anche fare interventi che determinino strutturalmente un cambiamento da questo punto di vista.

Sui terreni incolti, un'altra partita importantissima è quella che riguarda la composizione fondiaria: l'Italia è un coriandolo di proprietà diverse, soprattutto quando ci spostiamo dalle pianure alle colline e ai territori montuosi e dobbiamo realmente mettere mano anche a questo perché è importante riuscire a pianificare. Molte volte, anche un agricoltore che vuole investire non riesce perché è talmente parcellizzato il territorio che non si riesce a rendere produttivo un determinato terreno.

Si è parlato di ricerca e ha detto bene qualcuno prima di me che abbiamo il fior fiore della ricerca in Italia nel campo agricolo; abbiamo i migliori - ora non voglio essere sempre quello che si batte il petto per quanto riguarda la bravura degli italiani -, ma abbiamo veramente dei professori universitari, come ad esempio a Verona o in tante altre parti d'Italia, che studiano le nuove tecnologie di evoluzione assistita. Non sono OGM - diciamolo chiaramente -, quindi cerchiamo di trovare una soluzione. È assurdo che la maggior parte di queste sperimentazioni poi debbano essere fatte in Paesi diversi extra UE perché non si riesce a comprendere che, da una parte, vi è l'induzione di una mutazione, dall'altra parte, invece abbiamo proprio l'OGM che vuol dire mettere materiale esogeno all'interno del DNA di un organismo, quindi è un'altra partita. Come facciamo ad inseguire allora realmente una rivoluzione verde, senza pensare di utilizzare alcune tecnologie che ci permetterebbero di abbassare realmente il quantitativo di fitofarmaci che i nostri agricoltori immettono nell'ambiente? Queste sono le partite vere, anche perché poi in realtà - e lo diceva qualcuno anche prima di me - abbiamo la possibilità di ascoltare chi produce in questo momento, di restargli vicino, di creare un rapporto con queste categorie, che sono veramente i guardiani del territorio.

Quando parliamo di agricoltura, faccio sempre l'esempio del mio territorio, il territorio ligure, ma potrei parlare di tutta l'Italia: è un territorio fragilissimo, come abbiamo visto negli ultimi anni. Dovremmo avere un geologo in ogni comune e un presidio H24. Non abbiamo tutto questo, ma lo dovremmo avere: ricordiamoci i disastri che, purtroppo, vi sono stati nel nostro Paese. Ripeto, sono uomo delle Cinque Terre e l'ho passato sulla mia pelle. Abbiamo, comunque, un presidio che paradossalmente viene fatto in maniera implicita, che è quello degli agricoltori.

I nostri agricoltori sono veramente un presidio di Protezione civile tutti i giorni sul territorio, sono un paletto, sono quelli che ci irreggimentano le acque, sono quelli che ci danno i primi segnali sul territorio, sono quelli che salvaguardano il nostro ambiente e ce lo lasciano come l'abbiamo conosciuto, perché, in tante aree, anche protette, il territorio è una fotografia dell'incontro fra uomo e natura. Ecco, perché bisogna ritornare a queste basi.

Parlando di dati, alcuni settori, come il florovivaismo (e parlo sempre da ligure), hanno registrato impennate di prezzi del 30 per cento e parliamo di un settore con 200.000 addetti che lavora nelle serre: anche lì bisogna investire, trovando fonti di approvvigionamento diverse e cercando di far funzionare le serre diversamente, ma l'emergenza si avverte adesso, in questo momento. Purtroppo, ci siamo ritrovati scoperti e non abbiamo fatto quella transizione che invece era necessaria: penso al fatto di poter cambiare i motori e renderli meno inquinanti, allo sviluppo delle biomasse e a tutti quegli ausili che, invece, sono fondamentali e saranno fondamentali per il settore agricolo.

Vado alle conclusioni e non mi dilungo perché già è stato detto tanto prima di me ed è inutile ripetere il solito tema all'infinito, ma, in questo momento, realmente, purtroppo, viene da dire che eravamo in pochi che ne parlavamo ed ora - è brutto dirlo - sembra che, quasi quasi, ci si risvegli da un sonno, Presidente. Erano anni che dicevamo che la PAC non andava così declinata e che c'erano cose non giuste, se messe in pratica. L'Italia fortunatamente si è svegliata, anzi “brutalmente” si è svegliata: non si può dire “fortunatamente” perché naturalmente la follia della guerra è qualcosa di raccapricciante, ma la guerra è stata purtroppo la scintilla che ha fatto riscoprire veramente la debolezza del nostro Paese e l'ha fatto risvegliare da una mentalità da basso impero, in virtù della quale ci andavamo veramente a preoccupare di piccole cose senza vedere la luna, cioè il pericolo di ritrovarci senza materie prime. Quindi, mi avvio alla conclusione, dicendo, Ministro, che noi siamo qui davanti - e ne approfitto della sua presenza in Aula per citarla - per riuscire a trovare una soluzione e comunque dare un impegno forte del Parlamento alla risoluzione di questa tematica.

Non è una tematica facile, è una tematica che andrà sviluppata nei prossimi anni sicuramente, con battaglie che sarà fondamentale svolgere a livello di Bruxelles, perché va cambiata la mentalità e vanno cambiati i paradigmi. La Lega su questi temi c'è e ci sarà sempre, come c'era prima. Il Parlamento deve riuscire ad arrivare a una mozione condivisa perché il segnale forte deve essere quello di essere uniti e di stare al fianco degli agricoltori e dei pescatori, che abbiamo sempre trattato come se dovessero vivere di sussistenza, mentre invece sono gli attori principali sicuramente di una svolta economica del nostro Paese, ma soprattutto della sussistenza alimentare dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Spena, che illustrerà anche la sua mozione 1-00631. Ne ha facoltà.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente e grazie, signor Ministro, per la sua presenza. La premessa è sempre la stessa, una premessa univoca e inconfutabile, quella della centralità della nostra agricoltura, un'agricoltura che ha saputo combattere, che ha saputo essere resiliente e resistente rispetto alla pandemia, a ciò che sta accadendo nella nostra Europa, al conflitto russo-ucraino, che, al tempo stesso, ci ha fatto vedere anche la fragilità di un sistema che ha un forte approccio globale nelle catene di approvvigionamento e una forte specializzazione geografica.

Lo sappiamo, l'abbiamo visto con riferimento alla questione della mancanza di grano tenero, quando l'Ungheria ha bloccato le esportazioni, sia del grano tenero che del mais. Dobbiamo pensare anche che l'Ucraina esporta appena il 6 per cento di questo frumento, però si tratta dell'intero sistema, quindi di un rallentamento che le esportazioni di grano tenero, ucraino e russo, possono avere nel mondo. In questo senso, in questi giorni, si sta parlando spesso anche dell'effetto negativo che questa globalizzazione può avere anche nei confronti dei Paesi africani, di quei Paesi più deboli. Il rischio è che non sia soltanto una crisi del gas, per cui si prevedono corridoi umanitari; occorre pensare anche alla possibilità di corridoi alimentari, quindi corridoi che sfamino le popolazioni più povere e più fragili dei Paesi dell'Africa.

Abbiamo visto, signor Ministro, già nel 2021, quanto questo sistema di interdipendenza globale sia fragile, nel caso dell'approvvigionamento del grano duro. Noi eravamo il più grande Paese produttore al mondo dopo il Canada, poi siamo passati in una seconda posizione, importiamo dal Canada il 46 per cento del fabbisogno nazionale, e abbiamo visto, quando c'è stata la carestia in Canada che ha visto crollare la produzione del grano duro, l'impennata dei prezzi per la mancanza di una materia prima fondamentale per la nostra Nazione e per l'industria pastaia, che fa grande il nostro Paese nel mondo.

Nonostante questo, però, il problema è un altro: noi dobbiamo incentivare - ed è questo anche l'oggetto di questa mozione, per questo Forza Italia ne ha presentata una propria -, perché, nonostante l'importanza della coltivazione del grano duro, nonostante la crisi del 2021 e, adesso, anche del 2022, non si è incentivata la produzione interna. La produzione interna non è aumentata, tant'è vero che siamo a meno 1,5 per cento rispetto anche ad una flessione degli anni 2010 e 2019 del 3,7 per cento. Quindi, serve assolutamente un'inversione di rotta e la guerra in Ucraina dovrebbe aver fatto scattare un campanello d'allarme per capirlo, così come, lo abbiamo visto, anche per il mais e per l'olio di girasole, del quale siamo importatori addirittura per l'80 per cento dall'Ucraina.

Intanto, dobbiamo iniziare ad alzare la voce, in futuro, se dovesse capitare ancora che, in un Paese europeo, come è accaduto per l'Ungheria, si dovesse passare dalle parole ai fatti su un blocco di esportazione di grano tenero e mais. E, quindi, noi abbiamo proposto la necessità di prevedere un passaggio cruciale: la creazione di un sistema di stoccaggio europeo per le materie prime agricole, che possa costituire una riserva solidaristica per i Paesi comunitari che potrebbero trovarsi a fronteggiare difficoltà improvvise. Quindi, è una proposta che chiediamo al Governo di portare al tavolo comunitario.

Messi alle strette dalle conseguenze di una eccessiva dipendenza dalle importazioni di materie prime agricole, l'obiettivo prioritario da raggiungere dev'essere quello dell'autosufficienza alimentare. Per farlo, Ministro, sappiamo che non ci sono alternative. Questo è il momento di aumentare la produzione agricola nazionale, lo ha capito anche l'Unione europea con la deroga temporanea per consentire le colture che erano a riposo.

Lei ha fatto anche un decreto, quello dell'8 aprile, di cui chiaramente ho preso visione, anche perché, se si ricorda, ne parlammo proprio poche settimane fa qui, con un nostro question time. Quindi, abbiamo superato la rotazione colturale, che tiene conto del 10 per cento delle superficie agricole utilizzabili. Quindi, andiamo bene avanti così. Però, affinché questa deroga non si riveli tardiva, abbiamo bisogno di ulteriori passaggi in avanti, come quello del fotovoltaico a terra, ne abbiamo parlato già varie volte. Dobbiamo immediatamente indicare le cosiddette aree idonee e, quindi, sollecitare le regioni a prevederle, affinché non venga mangiato terreno all'agricoltura e quindi alla produzione. Così come le tecnologie di evoluzione assistita (TEA): è inutile che mi dilungo, qui, signor Ministro, perché, anche in altre occasioni in cui ne abbiamo parlato in Aula, vedevo che lei era pronto a far sentire la nostra voce in Europa, affinché sia fatto un intervento normativo ad hoc.

E poi bisogna anche pensare alla formazione: non so se gli altri colleghi abbiano posto l'attenzione su questo, che ritengo un punto fondamentale, perché noi parliamo di un'agricoltura avanzata, di una tecnologia 4.0, di quella che sarà la futura transizione ecologica, dove l'agricoltura avrà chiaramente un ruolo fondamentale, ma poi chi porterà a termine tutto questo? Noi dobbiamo formare, oggi, quelli che saranno i professionisti del domani. Quindi, dobbiamo incentivare, all'interno degli istituti tecnici-professionali e delle università agrarie, insegnamenti strumentali, come quelli dell'agromeccanica. Io ho presentato un ordine del giorno, approvato qui alla Camera, quando si parlava della riforma degli ITS, ma andremo avanti anche con proposte ancora più incisive.

Non per ultimo, signor Ministro, e poi mi avvio alla conclusione, queste misure saranno oggetto anche di prossimi provvedimenti da parte del gruppo di Forza Italia. È chiaro che, in questo momento, gli agricoltori sono i più colpiti da questa tempesta perfetta che si è abbattuta sul nostro settore: aumenti energetici, mancanza di materie prime, impennata dei prezzi dei fertilizzanti. Bisogna intervenire su tre voci di costo: energia, fertilizzanti e mangimi. Per questo, chiediamo al Governo di prendere in considerazione l'estensione del credito d'imposta del 20 per cento sull'acquisto del gas e del carburante, previsto per il primo trimestre, anche per il secondo il secondo trimestre. Così come pensiamo sia indispensabile intervenire per diminuire gli elevati costi dei fertilizzanti, introducendo un credito d'imposta sulla falsariga di quello dei carburanti.

Così come anche sulla tecnologia 4.0, avremo modo, anche nella prossima legge di bilancio, di migliorare alcuni aspetti sui crediti d'imposta, rispetto alla tecnologia 4.0 che, fino al 2025, ha visto diminuire i finanziamenti.

Ministro, io ripeto ciò che abbiamo detto anche durante il question-time: il mantra dev'essere quello di produrre di più e importare di meno, perché non possiamo più pensare di aspettare che gli altri producano al nostro posto. Noi abbiamo tutte quante le carte in regola per portare avanti una produzione di eccellenza e la nostra agricoltura deve essere al centro e volano della nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Grazie, Presidente. Signor Ministro, credo che le ultime tragedie che abbiamo vissuto ci abbiano disvelato nuove verità e ci abbiano anche un po' costretto a riflettere in maniera più approfondita su alcuni temi. La dico in questi termini: il COVID-19 ci ha insegnato a considerare il Ministero della Salute non più solo come un ente erogatore di servizi, ma come un asset strategico per il nostro Paese. E, poi, l'aggressione della Russia all'Ucraina ci ha messo di fronte a un'altra verità: quanto sia importante investire nel comparto della difesa e della sicurezza per presidiare le nostre democrazie, che non sono un destino, ma sono una scelta che ogni giorno va rinnovata; e, quindi, ci ha portato a considerare l'importanza degli investimenti in questo settore.

L'aggressione della Russia all'Ucraina ci ha anche insegnato a guardare al settore energetico e al settore agroalimentare, oggetto della discussione di oggi, come asset assolutamente strategici per il nostro Paese, anche perché leggiamo e ascoltiamo previsioni quasi apocalittiche rispetto all'approvvigionamento dei cereali, come è stato già detto bene da chi mi ha preceduto. Il crescere dell'interconnessione delle economie, in un mercato sempre più globalizzato, forse ha messo anche un po' in evidenza la crisi delle catene del valore, facendoci trovare alle prese con le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Quindi, forse dovremmo cominciare a ripensare un po' la filiera agricola e alimentare, e capire quali azioni davvero vogliamo porre in essere per il nostro Paese. È stato già detto, il COVID prima e la guerra dopo hanno portato un po' alla paralisi della spinta verso la ripresa che era assolutamente necessaria, facendoci correre il rischio di un blocco della produzione, e noi dobbiamo assolutamente scongiurare questo rischio.

Quindi, è giusto parlare di questi temi oggi, perché stiamo assistendo a una spirale rialzista dei prezzi dell'energia e delle materie prime; tutto ciò chiaramente comporta un'instabilità eccessiva e un turbamento nella nostra economia, e questo fa male soprattutto, come è stato già detto oggi, al settore agroalimentare, che poi è stato il supporto fondamentale anche per la ripresa durante la pandemia da COVID-19, rispetto non solo alla crisi sanitaria, ma anche a quella economica.

La guerra oggi forse ci fa anche riflettere su quanto sia importante il pane e quanto sia davvero complicato e tortuoso il percorso che lo porta sulle nostre tavole. Dunque, diciamo che lo scenario attuale sta amplificando notevolmente le difficoltà che stanno attraversando soprattutto le aziende agricole, lo hanno già detto i miei colleghi, e il comparto industriale della trasformazione. Il settore agroalimentare fa fatica a redistribuire gli aumenti su tutta la filiera produttiva, erodendo quindi la redditività dell'attività economica del nostro Paese, ma noi siamo sì un Paese trasformatore, ma siamo anche, e soprattutto, un Paese di produttori. Dobbiamo rivendicare il nostro made in Italy, che è proprio la prova di questa grande sinergia ed è il driver del successo economico dell'Italia nel mondo.

L'Italia ha anche investito moltissimo sulla produzione alimentare, in questi anni, sulla qualità e anche sulla biodiversità, però forse, Ministro, questo è il momento di pensare a quali scelte strategiche vogliamo fare per il nostro Paese. Anche questo è stato già detto: il COVID prima e la guerra ora hanno messo in evidenza le grandi criticità di questo settore, forse perché non abbiamo fatto i giusti investimenti. Mi riferisco, ad esempio, al settore cerealicolo. Dobbiamo, ora che dipendiamo troppo dall'Ucraina o da Paesi come la Russia, pensare a quanto sia importante la sovranità alimentare, per liberarci dai vincoli della dipendenza e per ridare slancio al settore agroalimentare, che è uno dei perni fondamentali della nostra economia.

Quindi, a questo punto, è assolutamente indispensabile pensare a un piano strategico complesso e strutturato, non di emergenza, che riguardi proprio il nostro settore agroalimentare e che possa essere anche il motore della riqualificazione soprattutto delle aree del Sud. Provengo da una regione del Sud, il Molise, in cui l'agricoltura è fondamentale, è il polmone dell'economia, il polmone della nostra terra. E, allora, penso, per esempio, all'imprenditoria giovanile e all'imprenditoria femminile nell'ambito del settore agroalimentare, che può davvero diventare il traino per la ripresa economica del Sud, e, quindi, dell'intero Paese Italia. D'altra parte - anche questo è stato già detto, lo ribadisco brevemente -, il settore agroalimentare intercetta le grandi sfide complesse a cui siamo chiamati a rispondere: quella dei cambiamenti climatici, ma anche quella del settore energia, che deve essere assolutamente ripensato, anche perché mi fa piacere avere ascoltato prima che sono stati i “no” ideologici e i limiti ideologici a porci nella situazione di difficoltà che stiamo vivendo. Ministro, voglio dirlo, non possiamo pensare che il gas e il petrolio inquinano, che il nucleare è un demone, che le energie alternative rinnovabili deturpano il paesaggio, dire “no” alle trivelle, “no” al TAP, e poi, però, lamentarci perché non abbiamo una nostra autonomia e siamo costretti a dipendere da altri Paesi.

Questo è il momento di ripensare anche a quei limiti, a quei paletti ideologici, e a ripensare all'intero complesso sistema agroalimentare. Noi abbiamo anche immaginato un piano shock per le politiche agroalimentari e questo può essere uno strumento valido anche per inserire l'innovazione tecnologica all'interno del settore agroalimentare, perché, lo abbiamo detto, è necessario investire innovando. Mi riferisco, ad esempio, alle infrastrutture idriche: soprattutto il Sud, ma anche il Nord, perde la gran parte dell'«oro blu», dell'acqua, e non solo dell'acqua, per l'obsolescenza delle infrastrutture idriche, ma perde in questo modo anche grandi superfici dedite, e da dedicare, all'agricoltura, e noi dobbiamo scongiurare questo.

E poi - anche questo è stato già detto, ma mi piace ribadirlo - l'agricoltore è un po' l'alleato, deve essere considerato l'alleato nella sfida dei grandi cambiamenti della nostra epoca, e il settore agroalimentare deve essere inserito nel ciclo virtuoso dell'economia circolare, oltre che in quello della transizione energetica. Ecco perché ritengo che anche il mondo dell'agricoltura abbia bisogno dell'energia rinnovabile, e quindi è assolutamente necessario accelerare gli iter autorizzativi che vanno in questa direzione. Penso anche che la nuova geografia politica che forse si sta delineando e che è nella mente della Russia, come della Cina - proprio quella di spostare l'asse della geopolitica più a Est - ci deve far riflettere su quanto sia importante, oltre preservare, lo ribadisco, l'autonomia e la sovranità alimentare, la necessità di considerare accordi commerciali strutturati e strutturali che possano portarci anche a ragionare, appunto in termini di intese, con l'America e con i Paesi dell'Africa, anche perché su questo si innesta, secondo me, un altro problema su cui forse dovremmo riflettere (o, comunque, lo stiamo facendo, e ben venga il lavoro di quest'Aula, oggi). Il diritto di accesso al cibo è un grande risolutore dei problemi della disuguaglianza, perché il cibo è legato al welfare, al benessere, e non possiamo pensare di non impostare politiche agroalimentari che considerino anche questi fenomeni, oltre quello dell'immigrazione, che comporta anch'esso, ovviamente, un impegno del nostro Governo ad andare nella direzione di garantire l'accesso al cibo a tutti, per evitare disuguaglianze e anche per frenare quei processi migratori che poi portano anche a forme di disuguaglianza all'interno del nostro territorio.

E, poi, c'è un impegno, che abbiamo già voluto ribadire nel “decreto Energia”, ma che ben si innesta anche nella discussione di oggi, che è quello delle imprese energivore, che devono essere assolutamente supportate.

Devono essere supportate affinché diventino sempre più competitive e, quindi, valorizzino sempre di più il nostro made in Italy che, come ho detto prima, è il driver del nostro successo nel mondo.

Concludo, Ministro, perché ormai è stato già detto tutto. Intervengo per ultima in questa discussione ma avevo piacere di portare anche il pensiero di Italia Viva. Noi siamo accanto al Governo per tutte quelle azioni di sostegno e di supporto efficace e concreto alle aziende del settore, perché davvero crediamo che al centro del nostro motore economico ci sia il settore agroalimentare.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il signor Ministro mi ha comunicato, per le vie brevi, che si riserva la facoltà di intervenire successivamente.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Biancofiore ed altri n. 1-00557 concernente iniziative normative volte al ripristino della festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate (ore 16,37).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Biancofiore ed altri n. 1-00557 concernente iniziative normative volte al ripristino della festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che è stata presentata la mozione Maria Tripodi ed altri n. 1-00626 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare l'onorevole Carelli, che illustrerà anche la mozione Biancofiore ed altri n. 1-00557, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

EMILIO CARELLI (CI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il 4 novembre 1918 entrò in vigore l'armistizio di Villa Giusti, che consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste e di portare a compimento il processo di unificazione nazionale avviato in epoca risorgimentale. Nella medesima giornata del 1921, per onorare i sacrifici dei soldati caduti in difesa della Patria, ebbe luogo la tumulazione del Milite ignoto nel sacello dell'Altare della Patria, a Roma. Giornate che, di fatto, hanno forgiato il percorso democratico del nostro Paese, segnando una sorta di crinale cronologico tra passato e futuro.

L'epica vittoria nel Primo conflitto mondiale ha cementato una Nazione che per secoli era stata divisa e frammentata, con diverse realtà territoriali e, spesso, lacerata da interessi locali. Quelli del 1915-1918 furono gli anni in cui gli italiani scoprirono, finalmente, cosa fosse l'identità di un popolo e, cioè, la Patria, anni durante i quali, per la prima volta, ci trovammo uniti, da Nord a Sud, a combattere per una Nazione finalmente coesa attorno ad un unico ideale. Per conseguire quella vittoria, la nostra Patria ha versato un enorme tributo: 650.000 morti fra i militari, oltre ai mutilati e ai civili, giovani morti sul campo di battaglia.

Per molti decenni, la ricorrenza del 4 novembre, che era stata istituita all'indomani della vittoria di Vittorio Veneto del 1918, è stata celebrata come festa nazionale, una giornata che univa tutto il popolo italiano che, in quella precisa circostanza, ricordava e celebrava la vittoria nella Prima guerra mondiale e il raggiungimento dell'unità nazionale del nostro Paese.

Ci sono date nella storia del mondo che hanno segnato per sempre l'umanità: ricordarle e celebrarle solennemente è un obbligo innanzitutto morale, in quanto testimoniano l'evoluzione dell'uomo, la ricerca costante di un miglioramento, l'anelito insopprimibile alla libertà, per un futuro libero dall'oppressione straniera, la tensione verso ideali e valori superiori che travalicano l'esistenza degli individui e la vita stessa. Ma la ricorrenza del 4 novembre non richiama alla memoria solo rilevanti fatti storici. Infatti, ricordare e celebrare, coinvolgendo l'intera popolazione e non solo le istituzioni, comporta anche la necessità di riconnettere quelle imprese epiche che riuscirono per la prima volta ad unire il nostro Paese, dopo la Prima guerra mondiale, ai valori fondanti del nostro Paese e ancora attuali: il valore dell'unità nazionale e il contributo imprescindibile della difesa per riaffermare pace, stabilità e sicurezza.

L'Italia fu la prima Nazione a istituire una giornata per commemorare la fine della Grande guerra: significativo, seppure implicito, invito a una riflessione su quel conflitto. Nel ricordare tutte le vittime che hanno combattuto per conquistare la libertà e la pace, si celebrano anche le nostre Forze armate.

La festa nazionale del 4 novembre è stata soppressa nel 1997 semplicemente per recuperare una giornata lavorativa, scelta che, con il tempo, appare ai nostri occhi inappropriata e non condivisibile, soprattutto in un momento storico, quale quello che stiamo vivendo, non solo in Italia ma nel continente europeo e anche a livello globale, contrassegnato da una crisi pandemica, prima, durante la quale particolarmente apprezzato - lo ricordiamo - è stato l'operato delle Forze armate, che hanno agito con grande professionalità per sostenere la campagna vaccinale e per fronteggiare le situazioni logisticamente più disagevoli, e attualmente anche, però, da momenti di forte instabilità geopolitica, con un conflitto in corso in Ucraina che ci conferma l'importanza dell'unità, del valore dell'unità nazionale e della difesa del territorio, del nostro territorio, e che impatta pesantemente anche a livello socioeconomico.

Secondo noi, i cittadini chiedono riferimenti forti, radici, reintegro di valori culturali universali capaci di difendere le conquiste di libertà e democrazia e, quindi, anche di ridare un senso di appartenenza comune. Le Forze armate della Repubblica sono un esempio di responsabilità, di coesione, di senso del dovere. I cittadini in uniforme dimostrano quotidianamente di essere una risorsa preziosa per l'Italia. Non si può, dunque, disconoscere il forte significato simbolico che gli eventi del 4 novembre rappresentano e la necessità di restituire a questa ricorrenza una valenza di giorno solenne, di festa nazionale, che veda la partecipazione e la presa di coscienza di tutto il popolo italiano.

Concludendo, per tutte queste ragioni, noi di Coraggio Italia chiediamo a quest'Aula di impegnare il Governo affinché adotti iniziative normative volte a ripristinare la festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate, con lo scopo di riconoscere in modo solenne il principio dell'unità della Repubblica e la memoria dei nostri connazionali che si sono sacrificati per la Patria, portando a compimento i valori del nostro Risorgimento e di rendere, nella medesima Giornata, un ringraziamento solenne ai caduti delle nostre Forze armate, in particolare durante la strage di Nassiriya del 2003 e durante tutte le operazioni militari che sono state compiute per garantire il mantenimento della stabilità e della pace a livello internazionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pittalis, che illustrerà anche la mozione Maria Tripodi ed altri n. 1-00626, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

PIETRO PITTALIS (FI). Grazie, Presidente. Signora rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, lo scorso 4 novembre, ci siamo ritrovati in quest'Aula per celebrare, oltre alla festa delle nostre Forze armate, a 103 anni dall'entrata in vigore dell'armistizio di Villa Giusti che pose fine alla Prima guerra mondiale, sancendo la nostra vittoria, il centenario della tumulazione, avvenuta nel 1921, del Milite ignoto presso l'Altare della Patria.

Con l'armistizio cessò lo stato di belligeranza e gli italiani rientrarono nei territori di Trento e Trieste, portando a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale. Quella vittoria costò al nostro Paese un enorme tributo, con 650.000 morti tra i militari, oltre ai mutilati e ai civili. Migliaia di giovani morirono sul campo di battaglia.

Va ricordato che la celebrazione dell'evento avvenne, per la prima volta, il 4 novembre 1921 presso il sacello dell'Altare della Patria a Roma e, il 23 ottobre dell'anno successivo, grazie al regio decreto n. 1354, il medesimo giorno divenne festa nazionale, dedicato alla commemorazione della fine della Prima guerra mondiale nel nostro Paese e alla celebrazione dell'unità nazionale.

In questa giornata si ricordano tutti coloro che, anche giovanissimi, hanno sacrificato il bene supremo della vita o hanno riportato invalidità permanenti per un ideale di patria e di attaccamento al dovere. Il 28 ottobre 1921 nella basilica di Aquileia Maria Bergamas, una madre simbolo delle madri di tanti caduti ignoti, sfilò davanti a undici bare che contenevano i resti di altrettanti soldati deceduti nei luoghi simbolo della Prima guerra mondiale e si fermò di fronte a una di esse che, apposta su un affusto di cannone, su un treno venne portata fino a Roma.

Lungo il tragitto migliaia e migliaia di connazionali si accostarono ai binari tributando un doveroso omaggio a quel milite ignoto la cui salma è tuttora custodita nel Vittoriano, ad imperitura memoria dell'eroismo e dell'abnegazione del soldato italiano. La traslazione del milite ignoto rappresentò una delle poche manifestazioni collettive a cui gli italiani presero parte sotto la stessa bandiera, sentendosi un popolo unico e unito nel dolore, provato per la ferita ancora aperta causata dalla perdita di migliaia di uomini morti sul fronte durante la Grande Guerra.

Fino al 1976 il 4 novembre, Giorno dell'Unità nazionale e Giornata delle Forze armate, era un giorno festivo a tutti gli effetti. L'anno successivo, in pieno clima di austerity e con lo scopo di togliere qualche giorno di vacanza, la legge 5 marzo 1977, n. 54, stabilì che cessavano di essere considerate festive agli effetti civili diverse festività religiose: l'Epifania, San Giuseppe, l'Ascensione, il Corpus Domini, i santissimi apostoli Pietro e Paolo e che la celebrazione della festa nazionale della Repubblica e quella della festa dell'Unità nazionale avrebbero avuto luogo, rispettivamente, nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di novembre. Cessavano, pertanto, di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre. Per quest'ultima data è rimasta la tradizione che vede i Presidenti della Repubblica recarsi all'Altare della Patria per rendere omaggio alla tomba del milite ignoto.

Fin dal primo momento, queste decisioni hanno profondamente turbato il sentimento religioso e civile degli italiani. Ma è solo otto anni dopo, con la firma del nuovo Concordato, che almeno sul versante delle festività religiose qualcosa cominciò a cambiare. Dobbiamo, infatti, al DPR 28 dicembre 1985, n. 792, che, dando attuazione all'intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, si è previsto il ripristino delle festività dell'Epifania e, per la sola capitale, di quella dei patroni, i santi Pietro e Paolo, il 29 giugno. Bisognerà attendere, invece, la legge 20 novembre 2000, n. 336, per vedere ristabilita, a decorrere dal 2001, la celebrazione della Festa nazionale della Repubblica del 2 giugno, ripristinata come giorno festivo. La reintroduzione della Festa della Repubblica, con tanto di parata militare ai Fori Imperiali, fu frutto anche dell'impegno dell'allora Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, volto a sensibilizzare l'opinione pubblica sul valore delle ricorrenze e a ricucire quel distacco verso quell'idea di patria che unisce anche attraverso simboli e occasioni.

Quel 2 giugno 2001 il Presidente, nella sua dichiarazione per la Festa della Repubblica e ricordando la sua prima salita all'Altare della Patria da Capo dello Stato, ebbe a dire: “Avevo davanti agli occhi le due scritte che coronano quel monumento: All'unità della Patria. Alla libertà dei cittadini.

Sono questi gli ideali per cui gli italiani si sono battuti a partire dai primi moti del Risorgimento, due secoli fa”. E poco dopo aggiungeva: “Abbiamo contribuito da protagonisti a creare l'Unione europea: una realtà dove popoli per secoli nemici vivono in pace, per costruire insieme una società fondata su ideali di democrazia, di giustizia, di libertà”. Mai come oggi, con quanto accade alle porte dell'Unione europea e con gli sconvolgimenti che attraversano il mondo, queste parole ci chiamano a mettere in campo ogni iniziativa per far sì che quegli ideali continuino a prevalere sulle forze disgregatrici, che tacciano le armi e cessi lo spargimento del sangue di innocenti aggrediti e di giovani militari aggressori, ancora una volta utilizzati come carne da cannone per soddisfare le mire egemoniche dell'autocrate di turno.

Anche per la Festa del 4 novembre fin dalla sua cancellazione iniziarono campagne di sensibilizzazione per il suo ripristino, con in prima linea le associazioni combattentistiche e d'arma. Diverse sono le proposte di legge depositate che mirano a riaggregare in tale data un profondo sentimento nazionale attorno alla propria storia, alle proprie tradizioni e alla propria memoria. Ripristinare la Festa nazionale del 4 novembre, al fine di commemorare i nostri caduti di tutte le guerre, significa ridare dignità al valore storico, politico e sociale di uno dei momenti più importanti della storia del nostro Paese, a riconoscere rispetto e gratitudine verso i nostri caduti e sostenere le donne e gli uomini che hanno combattuto al servizio dell'Italia, non solo verso quelli delle guerre d'indipendenza o delle guerre del XX secolo ma anche verso chi, nell'epoca repubblicana, ha sacrificato la propria vita nei più diversi scenari internazionali: penso al Congo negli anni Sessanta, al Libano negli anni Ottanta, alla Somalia e, in questo secolo, all'Iraq e all'Afghanistan.

Presidente, colleghe e colleghi, ripristinare la Festa del 4 novembre significa anche onorare degnamente tutti i nostri militari impegnati in Italia per la nostra sicurezza e nell'ambito delle missioni internazionali a salvaguardia della pace, a difesa dei diritti umani e a sostegno dei più deboli. Siamo di fronte ad un quadro internazionale caratterizzato da situazioni di instabilità e di insicurezza che minacciano la convivenza libera e democratica dei popoli a livello globale. Le nostre Forze armate sono pronte a contrastare queste minacce operando giorno dopo giorno, con profondo senso del dovere e spirito di sacrificio, per la promozione della sicurezza internazionale e la salvaguardia degli interessi del nostro Paese. Alle nostre donne e ai nostri uomini in divisa impegnati all'estero tutti riconoscono professionalità, spirito di sacrificio, umanità e profondo rispetto per la dignità e le culture altrui, un approccio che fa delle nostre Forze armate un modello unanimemente apprezzato nel mondo.

A questi militari si affiancano coloro che in patria quotidianamente operano, in concorso con le Forze dell'ordine, nel contrastare le organizzazioni criminali nonché in soccorso alla popolazione in caso di calamità naturali e, come è accaduto in questi ultimi anni, nell'immane impegno che ci ha consentito di contenere la pandemia da COVID-19. Dobbiamo prendere esempio dalla professionalità, dall'abnegazione e dal senso di solidarietà e di umanità con cui le donne e gli uomini delle nostre Forze armate assolvono ai loro doveri, nel rispetto del giuramento di fedeltà alla Repubblica e ai valori della Costituzione. Per questo non possiamo che chiedere che venga ripristinata la festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, Fratelli d'Italia non può che essere d'accordo nel ripristinare la festività del 4 novembre. La destra italiana l'ha sempre considerata come la vera festa dell'Italia, del popolo italiano. Ricorderò sempre che, anche negli anni Ottanta e gli anni Novanta, i giovani della destra italiana portavano uno striscione su cui era scritto che il 4 novembre è la festa di un popolo e non si può dimenticare. È per questo che siamo favorevoli a riportare alla luce e a consegnare alle giovani generazioni una festa, la festa delle Forze armate, la festa di un popolo, anche per spiegare che le Forze armate italiane non hanno mai aggredito altri popoli, ma sono andate in quelle trincee per difendere il popolo italiano, per riunire il popolo italiano contro un aggressore e ripristinare l'unità italiana, per riconsegnare la fratellanza e unire i fratelli d'Italia.

Quelle terre reclamavano la presenza dell'Italia, chiedevano la presenza dell'Italia e non riguardava solo il Nord. Fu il sacrificio di tanti giovani. Come è stato detto da qualcuno, non c'era un uomo, non una famiglia che non partecipasse a quella grande guerra, in quelle terre lontane dove si parlavano dialetti diversi, lingue diverse. Però si capivano, capivano che dovevano lottare e sacrificarsi.

Noi vorremmo che, al di là della festività del 4 novembre, con cui si ricorda quello che è accaduto, si raccontassero anche le gesta di quei giovani militari perché poi, purtroppo, il tempo, la crisi economica, ma anche la teoria di chi vuole cancellare le identità nazionali, hanno raccontato di troppi giovani che erano stati costretti da uno Stato cattivo ad andare in quelle frontiere. No, noi vogliamo fare uno sforzo, uno sforzo piacevole, raccontare di Alberto Riva Villa Santa, l'ultimo caduto, il 4 novembre del 1918, in quella frontiera. Era un giovane che si arruolò quand'era minorenne e fu rimandato indietro, a casa, ma appena compiuto 18 anni riandò al fronte. Nomino anche Attilio Deffenu ed Eligio Porcu, partiti dalla Sardegna, da una terra lontana, che nelle loro lettere raccontavano la bellezza e la paura che provavano, nello stesso momento, in quelle trincee.

Noi dovremmo vedere nei canali TV, almeno quelli finanziati dallo Stato, nei programmi culturali o nei programmi delle TV via satellite, i film in cui si raccontano le gesta di questi soldati, non vedere invece che vengono esaltati i clan e gli spacciatori o i criminali delle nostre città. Vengono raffigurati come grandi bellezze, come se la vita dello spacciatore fosse bella. I nostri giovani si sono sacrificati, son quelli che fuggivano da scuola per andare al fronte, per dichiarare che l'Italia doveva essere unita. Bisogna anche raccontare le Forze armate italiane. Io son cresciuto andando alle manifestazioni e alle iniziative del 4 novembre, quando vedevo, dentro le caserme o quando sfilavano in piazza, i volti dei militari, degli uomini e adesso anche delle donne. Forse qualcuno vedrebbe che sono padri e madri di famiglia e che non sono guerrafondai, non sono persone che amano andare in guerra ma son padri e madri di famiglia che mettono se stessi al servizio della Patria. Forse si potrebbe vedere come sono entrati da giovani vestendo quella divisa e oggi sono più anziani. Sottosegretario, come lei sa, noi stiamo combattendo anche contro qualcuno che dice che è inutile investire nella Difesa. Forse servirebbe far vedere che a cinquant'anni questi militari hanno l'efficienza fisica per andare in missione ma che forse sarebbe un loro diritto non andare in missione e vedere i giovani che prendono il loro posto e che vanno a vestire la divisa. Ci sono giovani che si vogliono arruolare, ma ci sono stati tagli al bilancio negli anni, perché la difesa veniva vista e le forze armate vengono viste come inutili. Sono stati ridotti gli organici e oggi sono ridotti all'osso. Ebbene, il 4 novembre deve essere questo: una festa con la quale si ricorda il sacrificio di tanti giovani, di tante famiglie, il sacrificio fatto con la volontà di unire la Patria. La volontà è quella di festeggiare le Forze armate che lavorano al servizio del popolo italiano.

Sottosegretario, quando giustamente all'unanimità in quest'Aula - con il Governo d'accordo, anzi promotore del ricordo del Milite ignoto - è stata portata in vari comuni la mozione per darvi cittadinanza, una parte politica - ad esempio, a Cagliari - non ha votato a favore di tale mozione, con la motivazione che era retorica patriottarda e militarista. Ebbene, in tali contesti il Partito Democratico evidentemente non ha ascoltato il proprio Ministro e i progressisti hanno perso una buona occasione; a Pomezia hanno accusato la mamma del Milite ignoto di essere fascista, perché si era candidata nelle liste del Movimento sociale italiano.

Allora, forse c'è bisogno di raccontare come in quelle trincee non ci fossero divisioni politiche non ci fossero divisioni culturali, non ci fossero divisioni dovute a regionalismi; quei militi erano tutti uniti dalla volontà di unire l'Italia. Il 4 novembre è questo e forse, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui c'è una crisi economica e sociale devastante e c'è una crisi internazionale dovuta a una guerra, dobbiamo recuperare quello spirito. Raccontare quanto è accaduto in quelle trincee servirà a far capire che il sacrificio che hanno fatto i nostri militari non è stato vano. Si ricorda, sottosegretario? Qualcuno esultò quando ci siamo ritirati dall'Afghanistan, disse che era stato tutto inutile, che erano stati soldi buttati e che avevamo obbedito a ordini stranieri; io riferisco sempre che un ragazzo afgano, per fortuna arrivato a Cagliari dopo la fuga dal suo Paese, ha raccontato di essere nato dopo l'intervento degli italiani ad Herat; lui oggi ha 21 anni e non ha mai conosciuto la dittatura talebana, grazie alla presenza degli italiani; lui ha potuto studiare, andare a scuola e all'università; certo non era in uno Stato sicuro, c'era il pericolo di attentati, ma gli italiani garantivano un benessere e una normalità di vita. Quel ragazzo, all'Università di Cagliari, raccontò che non si riconosceva nelle contestazioni - a volte, nelle pretese - di molti ragazzi che oggi si lamentano della crisi economica, perché a lui bastava avere un'Università in cui andare a studiare, quella era la sua grande conquista, e quella grande conquista è stata possibile grazie ai militari italiani. Quando parliamo, quindi, dei militari italiani, delle missioni, della loro utilità, ricordiamoci che oggi noi viviamo in pace - relativamente in pace, almeno in Italia -, abbiamo vissuto un lungo periodo di pace perché abbiamo militari delle Forze armate italiane che hanno garantito questa pace, hanno garantito questo nostro benessere e quando tali militari vanno a compiere alcune missioni internazionali, quali quella nel Golfo di Guinea, lo fanno per permettere ai corrieri commerciali di far arrivare qui le merci di cui noi usufruiamo, perché ci sono pirati che vogliono dirottare le navi commerciali o vogliono rubarne il carico, tanto prezioso. Quindi, ringraziamoli, ripristiniamo la Festa del 4 novembre, ricordiamoci che appartenere alle Forze armate italiane non vuol dire andare a fare la guerra, ma vuol dire vuol dire fare la pace, vuol dire garantire la pace e la serenità, non solo del popolo italiano, ma dei popoli che ne hanno bisogno (Applausi).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Prego, sottosegretaria Pucciarelli.

STEFANIA PUCCIARELLI, Sottosegretaria di Stato per la Difesa. Io ringrazio, intanto, gli intervenuti, anche perché mi hanno dato modo di tornare un po' indietro con gli anni, poiché io sono nipote di un bersagliere, classe 1894; nel 1915 è partito per la guerra, assieme ai fratelli, qualcuno di loro non è tornato; mio nonno è stato fatto prigioniero, ha avuto un fenomeno di congelamento che gli ha lasciato postumi per tutta la vita. Mio nonno è morto il 4 novembre 1982. Grazie a lui io ho ricordi di quello che è stata la guerra, perché ha avuto modo di raccontarmi la sua esperienza.

Quello che è evidente, oggi, è il poter parlare di questi temi, così importanti, quali il valore dell'unità nazionale, il contributo necessario della difesa per ristabilire la pace e la sicurezza, in ricordo delle vittime che hanno combattuto per conquistare la libertà, quella libertà di cui noi oggi usufruiamo, grazie al sacrificio di tutti i giovani che hanno dato la propria vita, per regalarci quella meravigliosa Nazione che è l'Italia. È doveroso parlare delle nostre Forze armate, con il cui lavoro quotidiano esse continuano a garantirci la pace e la sicurezza.

Continuano a garantirla a noi, ma anche in quei contesti internazionali, laddove vanno a svolgere quelle missioni, che spesso sono per il mantenimento della pace e per la ricostruzione post guerra.

Ebbene, oggi possiamo riparlare di questi valori fondamentali, che forse davamo per scontati. E questi valori fondamentali, dati per scontati, sono stati di nuovo resi vitali grazie, ahimè, ad una guerra che è alle porte di casa. Oggi, parlare di questo è veramente di estrema attualità. E proprio per garantire ciò alle future generazioni, che non hanno avuto il privilegio di avere un nonno che ha insegnato loro quali sono questi temi, forse, oggi, è arrivato il momento di fermarci e di capire se effettivamente dobbiamo ripartire anche con l'istituzione di una festa nazionale per il 4 novembre, così come abbiamo fatto per il centenario della traslazione della salma del Milite Ignoto, che, comunque, ha riportato valori che, anche in quel contesto, magari, non ci ricordavamo più, e abbiamo ritrovato quell'unità nazionale nel trasferimento di questa salma da Aquileia fino all'Altare della Patria.

Prima di esprimere il parere sulle due mozioni, che renderò nella prossima seduta d'Aula, desidero svolgere una riflessione, che deve essere fatta da tutti; effettivamente, deve essere fatta anche da chi critica le nostre Forze armate e quelle persone che, ancora oggi, perdono la vita per continuare a garantirci la verità: a loro va dato il nostro referente omaggio quotidiano e il nostro grazie per tutto quello che fanno, in Italia e all'estero; quelle Forze armate che, l'abbiamo visto anche durante l'emergenza COVID, si sono rese immediatamente disponibili a supportare questa emergenza che non era in capo alla Difesa, ma hanno prontamente risposto a questa richiesta di aiuto da parte dell'Italia (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinvitato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 20 aprile 2022 - Ore 9:

1. Discussione del Documento di economia e finanza 2022 (Doc. LVII, n. 5).

Relatore: ADELIZZI.

(ore 15)

2. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

(ore 16)

3. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FERRARI ed altri; DEIDDA ed altri; GIOVANNI RUSSO ed altri; DEL MONACO ed altri; DEL MONACO ed altri; FERRARI ed altri: Disposizioni di revisione del modello di Forze armate interamente professionali, di proroga del termine per la riduzione delle dotazioni dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, nonché in materia di avanzamento degli ufficiali. Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale. (C. 1870​-1934​-2045​-2051​-2802​-2993-A​)

Relatori: ARESTA e FERRARI.

4. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FIANO ed altri; PEREGO DI CREMNAGO ed altri: Misure per la prevenzione dei fenomeni eversivi di radicalizzazione violenta, inclusi i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 243​-3357-A​)

Relatore: FIANO.

5. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

MELONI ed altri: Modifiche alla parte II della Costituzione concernenti l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. (C. 716-A​)

Relatori: BRESCIA, per la maggioranza; PRISCO, di minoranza.

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

CORDA ed altri: Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato). (C. 875-B​)

Relatore: ARESTA.

7. Seguito della discussione delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610 e Raduzzi ed altri n. 1-00620 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea .

8. Seguito della discussione delle mozioni Gadda ed altri n. 1-00573, Baldino ed altri n. 1-00611, Bonomo ed altri n. 1-00612, Bellucci ed altri n. 1-00619 e Gentile ed altri n. 1-00625 concernenti iniziative in materia di Servizio civile universale .

9. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

FORNARO ed altri: Modifica all'articolo 57 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica. (C. 2238-A​)

Relatore: FORNARO.

10. Seguito della discussione delle mozioni Lupi e Schullian n. 1-00540, Vianello ed altri n. 1-00545, Masi ed altri n. 1-00614 e Binelli ed altri n. 1-00628 concernenti iniziative in materia di energia nucleare di nuova generazione .

11. Seguito della discussione del disegno di legge:

Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. (C. 2681-A​)

e delle abbinate proposte di legge: CECCANTI ed altri; CECCANTI ed altri; ZANETTIN ed altri; ROSSELLO; BARTOLOZZI e PRESTIGIACOMO; DADONE; COLLETTI ed altri; DADONE; POLLASTRINI ed altri; SISTO e MULE'; ZANETTIN e COSTA; COSTA; COSTA. (C. 226​-227​-489​-976​-989​-1156​-1919​-1977​-2233​-2517​-2536​-2691​-3017​)

Relatori: SAITTA e VERINI, per la maggioranza; VARCHI, di minoranza.

12. Seguito della discussione delle mozioni Cillis ed altri n. 1-00609, Incerti ed altri n. 1-00627, Meloni ed altri n. 1-00629, Viviani ed altri n. 1-00630 e Spena ed altri n. 1-00631 concernenti iniziative a sostegno del settore agroalimentare in relazione alla crisi ucraina .

13. Seguito della discussione delle mozioni Biancofiore ed altri n. 1-00557 e Maria Tripodi ed altri n. 1-00626 concernenti iniziative normative volte al ripristino della festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate .

14. Seguito della discussione della proposta di legge:

FOTI ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. (C. 1059-A/R​)

La seduta termina alle 17,10.