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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 671 di lunedì 4 aprile 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 12,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 1° aprile 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Barelli, Battelli, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Comaroli, Davide Crippa, D'Inca', D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Marattin, Marin, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mule', Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Paita, Parolo, Perantoni, Rizzo, Romaniello, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Speranza, Suriano, Tabacci, Tasso, Tateo, Vignaroli, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 114, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della proposta di legge: Ascari ed altri: Modifica all'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio (A.C. 3200​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 3200: Modifica all'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3200​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Elisa Tripodi.

ELISA TRIPODI , Relatrice. Grazie, Presidente. Il testo della proposta di legge n. 3200, di iniziativa parlamentare, a prima firma Ascari, concernente il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio, di cui l'Assemblea inizia oggi la discussione, è stato approvato dalla Commissione affari costituzionali al termine dell'esame in sede referente senza apportare alcuna modifica al testo iniziale. L'iter in Commissione è iniziato il 21 ottobre 2021 e si è concluso il 9 marzo 2022.

La proposta di legge si compone di un solo articolo, che include il reato di matrimonio forzato, di cui all'articolo 558-bis del codice penale, nell'elenco dei reati che prevedono il rilascio alla vittima del permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica, disciplinato dall'articolo 18-bis del testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.

Al fine di comprendere il quadro normativo in cui si colloca l'intervento legislativo, si ricorda che l'articolo 558-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7 della legge n. 69 del 2019, il cosiddetto codice rosso, punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile o, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell'autorità derivante dall'affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza e custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile. L'evento del reato consiste nella contrazione del matrimonio o dell'unione civile. La disposizione penale stabilisce che il reato è punito anche quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. La pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni 18 ed è da 2 a 7 anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni 14.La norma adempie anche all'obbligo sancito dall'articolo 37 della Convenzione di Istanbul, ratificata con legge n. 77 del 2013, che richiede agli Stati firmatari di prevedere una sanzione penale per le condotte consistenti nel costringere un adulto o un minore a contrarre un matrimonio e nell'attirare un adulto o un minore nel territorio di uno Stato estero diverso da quello in cui risiede con lo scopo di costringerlo a contrarre un matrimonio. In tale contesto, si rileva altresì come l'articolo 18-bis del testo unico sull'immigrazione, introdotto dall'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 93 del 2013, preveda il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di atti di violenza in ambito domestico. La finalità del permesso di soggiorno è consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza. La citata disposizione dell'articolo 18-bis, che ricalca il contenuto dell'articolo 18 del medesimo testo unico, relativo al soggiorno per motivi di protezione sociale, prevede, al comma 1, il rilascio di un permesso di soggiorno allo straniero in presenza di determinati presupposti. Devono, infatti, essere riscontrate violenze domestiche o abusi nei confronti di uno straniero nel corso di operazioni di polizia, indagini o precedenti penali per uno dei seguenti reati: maltrattamenti contro familiari e conviventi ai sensi dell'articolo 572 del codice penale, lesioni personali, semplici o aggravate, ai sensi degli articoli 582 e 583 del codice penale, mutilazione dei genitali femminili ai sensi dell'articolo 583-bis del codice penale, sequestro di persona ai sensi dell'articolo 605 del codice penale, violenza sessuale ai sensi dell'articolo 609-bis del codice penale, atti persecutori ai sensi dell'articolo 612-bis del codice penale, per uno qualsiasi dei delitti per i quali il codice di procedura penale prevede l'arresto obbligatorio in flagranza ai sensi dell'articolo 380 del codice di procedura penale. In presenza di questi presupposti si apre un procedimento che contempla la proposta o il parere favorevole dell'autorità giudiziaria procedente, al questore, di rilascio del permesso di soggiorno. A conclusione del procedimento, il questore rilascia il permesso di soggiorno, se ne ricorrono i presupposti. Ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 18-bis, il permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica reca la dicitura “casi speciali” e ha la durata di un anno. Esso consente l'accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché all'iscrizione nell'elenco anagrafico previsto per i servizi alle persone in cerca di lavoro di cui all'articolo 4 del DPR n. 442 del 2000 o lo svolgimento di lavoro subordinato e autonomo, fatti salvi i requisiti minimi di età. Alla scadenza può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.

Ai sensi del comma 2 del citato articolo 18-bis, nel caso in cui le violenze o gli abusi emergano nel corso di indagini penali sarà l'autorità giudiziaria a comunicare al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno, con particolare riferimento alla gravità e attualità del pericolo per l'incolumità personale. Ai sensi del comma 3, se, invece, la segnalazione proviene dai servizi sociali o anche dai centri antiviolenza, la sussistenza dei presupposti sarà valutata dal questore sulla base della relazione redatta dagli stessi servizi. Anche in questo caso è obbligatorio il parere dell'autorità giudiziaria competente. Infatti, il comma 3 del citato articolo 18-bis prevede che, in alternativa alle operazioni di polizia, indagini o procedimenti penali, le violenze domestiche o gli abusi possano anche emergere nel corso di interventi assistenziali dei centri antiviolenza, dei servizi sociali territoriali o dei servizi sociali specializzati nell'assistenza delle vittime di violenza.

Da tali operazioni, indagini, procedimenti o interventi assistenziali deve emergere che il tentativo di sottrarsi alla violenza, ovvero la collaborazione alle indagini preliminari o al procedimento penale, espongono l'incolumità della persona offesa straniera ad un concreto ed attuale pericolo. Ai sensi del comma 4 del citato articolo 18-bis, il permesso è revocato in caso di condotta dello straniero incompatibile con le finalità del rilascio, ovvero quando vengano meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio. Il comma 4-bis prevede la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione quale misura sanzionatoria nei confronti dello straniero condannato anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di patteggiamento, per uno dei delitti di cui al comma 1 del medesimo articolo 18-bis. Il comma 5 dell'articolo 18-bis precisa che le disposizioni sul permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica si applicano anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea e ai loro familiari.

L'estensione dell'applicazione della disposizione ai cittadini comunitari è presumibilmente finalizzata a consentire a costoro, qualora siano vittime di violenza domestica, la permanenza nel territorio italiano anche in assenza dei requisiti previsti dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 30 del 2007. Tale disposizione, infatti, consente il soggiorno dei cittadini comunitari per un periodo superiore ai 3 mesi solamente se svolgono un'attività lavorativa o sono in stato di disoccupazione involontaria. Al fine di svolgere un'analisi di impatto di genere del provvedimento, si rileva come le vittime dei matrimoni forzati siano in maggioranza donne e straniere. Infatti, secondo il primo rapporto sul fenomeno dei matrimoni forzati in Italia curato dal Ministero dell'Interno, dal 9 agosto 2019, data dell'entrata in vigore della già citata legge n. 69 del 2019, che ha introdotto il nuovo reato, fino al 31 maggio 2021 si sono registrati 24 casi di matrimoni forzati; le vittime di genere femminile sono la maggior parte, ovvero l'85 per cento. L'analisi per fasce di età sul numero totale di vittime mostra che un terzo di esse non raggiunge la maggiore età. In particolare, il 6 per cento è infraquattordicenne, il 27 per cento ha tra i 14 e i 17 anni. Tra le vittime maggiorenni, quelle tra i 18 e i 24 anni risultano nettamente superiori, ovvero il 43 per cento. Le vittime straniere risultano prevalenti, il 59 per cento del totale delle vittime; le più numerose sono le pachistane, seguite dalle albanesi, e, per le altre nazionalità, si registra una sola vittima; si tratta di vittime provenienti da Romania, Nigeria, Croazia, India, Polonia e Bangladesh. Analizzando le segnalazioni a carico dei presunti autori noti del reato, si evince come sia predominante il genere maschile. Per quanto concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, si rileva come la proposta di legge sia riconducibile alla materia immigrazione, che l'articolo 117, secondo comma, lettera b), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Per quanto riguarda i pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva, le Commissioni giustizia e politiche dell'Unione europea hanno espresso parere favorevole sul testo del provvedimento; la Commissione bilancio ha espresso nulla osta all'ulteriore seguito del provvedimento.

In ultimo, mi permetto di evidenziare come questa proposta di legge rechi un intervento di modifica al testo unico sull'immigrazione davvero circoscritto, sia volta a semplificare la lettura interpretativa di alcune norme già vigenti e si inserisca come un ulteriore strumento necessario di contrasto ad ogni forma di violenza nei confronti delle donne vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio.

PRESIDENTE. Prendo atto che il sottosegretario Scalfarotto si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Raciti. Ne ha facoltà.

FAUSTO RACITI (PD). Grazie, signor Presidente. Il provvedimento che oggi arriva alla discussione dell'Aula è estremamente circoscritto, ma, pur essendo circoscritto, ha dignità, importanza e rilievo che meritano di essere sottolineati in sede di discussione generale. Di cosa parliamo? Parliamo della possibilità di offrire il permesso di soggiorno a donne, nell'85 per cento dei casi - o uomini, evidentemente in una minoranza - che sono state soggette a matrimonio forzato, e cioè che sono state costrette e costretti a contrarre il vincolo matrimoniale sotto una pressione ricattatoria, sotto pressione di un abuso di potere, in alcuni casi anche sotto violenza o minaccia di violenza. Questa norma è figlia del fatto che il nostro Paese ha sottoscritto, ormai anni fa, nella scorsa legislatura, la Convenzione di Istanbul, e colma un vuoto legislativo sotto due aspetti fondamentali.

Partiamo dai numeri: parliamo di circa 35 casi conosciuti dal 2019 ad oggi, quindi di un numero fortunatamente abbastanza circoscritto di matrimoni con queste caratteristiche, di matrimoni forzati, chiamiamoli con il loro nome. Questo, ovviamente, è quello che sappiamo, nulla ci può portare ad escludere il fatto che ci siano molti più casi che non sono stati rilevati semplicemente perché non era possibile rilevarli e perché la legislazione italiana non ci ha messo nelle condizioni di farlo. Di questi 35 casi, la maggior parte - l'ho già detto - sono donne, molte di queste sono minorenni, alcune addirittura entro i 14 anni di età, altre di età compresa tra i 15 e i 18 anni, ma comunque minorenni e poi vi è una parte di donne molto giovani, di età inferiore ai 25 anni, che hanno contratto matrimonio sotto una pressione ricattatoria, sotto minacce, come vittime di violenze, e via discorrendo.

La maggior parte di queste donne è straniera e qui c'è il primo elemento di vulnerabilità, nel senso che, fino ad oggi, l'impossibilità di offrire loro il permesso di soggiorno è stata una ulteriore ragione di esposizione a questo tipo di violenza, è stata uno strumento in meno per potersi difendere, è stata un fattore ulteriore di ricattabilità. Intervenire e colmare questa lacuna è la prima cosa che, anche in via preventiva, questa legge ci consente di fare. La seconda lacuna che ci consente di colmare è quella ex post, ossia, una volta contratto il matrimonio, noi offriamo uno strumento a queste donne, a queste ragazze, in molti casi, per potervisi sottrarre, senza rischiare di trovarsi esposte al rischio di rimpatrio.

Io penso che questa sia una norma di civiltà, una norma giusta, non a caso è stata una norma che non ha implicato alcun dibattito, alcuna tensione in Commissione. La speranza con la quale noi la portiamo alla discussione di oggi non è solo di approvarla, ma è anche di vedere operare questa norma a garanzia di queste donne, delle donne di cui sappiamo e delle molte di cui, ancora oggi, probabilmente, non sappiamo nulla, ma che dall'approvazione di questa norma avranno uno strumento in più per sottrarsi alla violenza, alla costrizione che, a volte, per carità, procede anche per canali familiari ed è figlia dei residui tribali ma, a volte, è frutto del cinismo e della disponibilità ad approfittare di situazioni di debolezza, da parte di nostri concittadini, per i quali noi proviamo vergogna.

Quindi, l'auspicio con il quale concludo il mio intervento è che questa norma possa trovare il consenso di tutto il Parlamento e non ho ragioni di dubitare che così sarà, ringraziando la relatrice, per il lavoro che ha fatto e i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione, per il consenso che hanno dimostrato nei confronti di una norma, piccola, ma che testimonia una sensibilità da parte di questo Parlamento che non era affatto scontata (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Come ricordava la relatrice, qui il Codice rosso ha introdotto nel nostro Paese, nel 2019, il reato di chi costringe un'altra persona a contrarre un matrimonio in via forzata e, quindi, il reato di matrimonio forzato. Con questa proposta di legge, a prima firma della collega Ascari, si dà il permesso di soggiorno per motivi umanitari alle persone vittime di matrimonio forzato, in ottemperanza - lo diceva poco fa il collega Raciti - all'articolo 59 della Convenzione di Istanbul, che, appunto, prevede l'erogazione di un titolo di soggiorno autonomo per le vittime di violenza domestica; proposta di legge che noi appoggiamo, sosteniamo e che è stata sottoscritta anche dalla mia collega Annibali.

I dati li ha citati già la relatrice, riprendo solo quelli più salienti, perché è importante insistervi: nel nostro Paese abbiamo già registrato fino a 35 casi di matrimoni forzati, ma, parliamoci chiaro, questa è la punta di un iceberg, perché la verità è che è molto difficile scoprire, per le Forze di polizia, tutti i casi di matrimoni forzati, di matrimoni combinati. Nell'85 per cento dei casi si tratta donne, in un terzo dei casi si tratta di minorenni; tra l'altro, è prevista anche un'aggravante di pena del reato all'articolo 558-bis, introdotto dal Codice rosso, che prevede che la reclusione da 1 a 5 anni passi da 2 a 7 anni qualora una minorenne o un minorenne vengano costretti al matrimonio.

Ricordiamoci che il 60 per cento dei casi riguarda cittadini stranieri, il 40 per cento dei casi cittadini italiani. Nel 70 per cento dei casi, si tratta di reati commessi da uomini e questo è importante, secondo me, perché denota che sono reati che avvengono in famiglie con una forte cultura patriarcale.

Questa proposta di legge, dunque, pone rimedio a una lacuna normativa, che impediva al nostro Paese di venire incontro a queste vittime, che, spesso, anche se vivono in Italia, o sono nate in Italia, non sono cittadine italiane e, quindi, questo rende ancora più difficili la loro tutela e la loro difesa. Il tragico caso di Saman Abbas ci ha messo tutti in allerta su questa lacuna normativa e, quindi, è importante che l'Italia, dando protezione umanitaria e permesso di soggiorno, possa venire incontro alle vittime e liberarle dai loro aguzzini che le obbligano a questi matrimoni forzati, mettendole, quindi, nella condizione di emanciparsi, anche perché, senza documenti propri, queste donne e queste ragazze si sentono, da una parte, abbandonate dallo Stato in cui abitano, il nostro, e, dall'altra, senza via d'uscita e obbligate, magari, a ritornare nel loro Paese di origine. Quindi, si tratta di una norma di civiltà, che viene incontro ai diritti delle donne nel nostro Paese ed è importante che venga approvata il prima possibile, per dimostrare che la Repubblica è al fianco di tutte le donne vittime di matrimoni forzati. Non siete sole, e questo è il messaggio che quest'Aula deve dare in maniera unanime.

Parliamoci chiaro, i matrimoni forzati equivalgono a una sorta di legalizzazione dello stupro, dove il consenso è estorto con la forza. A questo equivalgono i matrimoni forzati: sono dei veri e propri stupri e da noi non ci può essere alcuna tolleranza per questo tipo di reato. È fondamentale difendere le vittime, non soltanto dando loro protezione e il permesso di soggiorno, dobbiamo difendere queste donne anche dando loro un vero accesso all'educazione e all'istruzione e metterle in condizione di rendersi finanziariamente autonome e indipendenti; riprendo anche le parole della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti. Io credo che questo sia un fenomeno che potrebbe crescere negli anni a venire; ci sono diversi studi che mostrano che, con il COVID, c'è stato un aumento dei casi di matrimoni forzati.

È anche importante, secondo me, mettere al bando qualsiasi tipo di matrimonio sotto i 18 anni. La legge italiana prevede, ancora oggi, la possibilità di contrarre matrimonio per i minori 18 anni, fino a 16 anni, per casi speciali. Forse sarebbe il caso di modificare la legge in modo da impedire che anche questi casi possano dare una scorciatoia o una possibilità a chi cerca di contrarre matrimoni forzati. Il Regno Unito ha appena approvato una legge in questo senso, pochi mesi fa, ma su questo mi consenta, Presidente, di avviare due riflessioni, secondo me, importanti.

La prima è che, come nel caso di Saman Abbas, come anche nei casi di tante altre cittadine vittime di questi matrimoni forzati, si tratta di italiane, nel senso che sono nate qui, studiano nelle nostre scuole, parlano la nostra lingua, magari nel loro Paese d'origine non ci sono mai state, ma per la legge italiana non sono cittadine, rimangono straniere e il loro status, quindi, rimane collegato a quello, magari, del loro aguzzino, del patriarca che poi le obbliga a contrarre un matrimonio in maniera forzata. Quindi, è molto importante anche intervenire sul lato della cittadinanza, Presidente, perché, lo sappiamo molto bene, se noi consideriamo altri Paesi europei - penso alla Francia, al Regno Unito, ma anche alla Germania, per certi versi -, il vero problema, in termini di identità, arriva con le seconde generazioni, non con la prima generazione, ma con la seconda generazione, per cui, se questa non viene coinvolta e non viene tenuta collegata, con la cittadinanza, allo Stato, emerge una frammentazione problematica che, poi, porta a un disagio, che noi vediamo molto forte in altri Paesi che, magari, sono più avanti in termini di multiculturalità.

Abbiamo un milione di ragazzi nati nel nostro Paese che ancora non sono italiani, e noi abbiamo solo dieci, vent'anni per rimediare a questa lacuna e farli diventare quello che sono anche legalmente, perché sono cittadini italiani. In questo modo riusciremo anche a difendere più facilmente le Saman di oggi e di domani, se, appunto daremo loro la cittadinanza. È molto importante ribadire che italiani si diventa, italiani non si nasce, italiani si diventa, e su questo tema spero riusciremo a modificare questo paradosso italiano per cui, da una parte, abbiamo persone che vivono qui da anni e che fino a 18 anni non possono diventare italiani e, dall'altra, abbiamo, invece, discendenti di italiani che abitano all'estero, che l'Italia l'hanno vista solo in cartolina, che non parlano italiano, ma che possono provare che un loro trisavolo era italiano e, in questo modo, possono diventare italiani. Questo è un paradosso. L'unico Paese al mondo che ha una legge sulla cittadinanza così schizofrenica come l'Italia è solo questo, è solo l'Italia. Quindi, spero che ci sarà un modo di ovviare a questo enorme paradosso nella nostra legge di cittadinanza, con un provvedimento che, tra l'altro, è in esame adesso in I Commissione.

La seconda riflessione che volevo condividere con i colleghi è che il patriarcato è ovunque, il patriarcato esiste in ogni società, non è che noi siamo più evoluti e loro sono meno evoluti, questo è sbagliato. Ricordiamoci che anche in Italia ci sono stati tanti casi di matrimoni forzati; a onore di cronaca, ricordo, ad esempio, il tentativo di matrimonio forzato, “riparatore”, di Franca Viola, nel 1966, quindi è un evento che ancora può succedere e avviene in alcuni contesti rurali. Ricordiamoci che molti Paesi combattono, essi stessi, contro il patriarcato: voglio citare il caso di successo del numero di emergenza 999 del Bangladesh, a cui le ragazze possono rivolgersi e denunciare se sono state oggetto di pressione e di costrizione per contrarre un matrimonio. Quindi, è molto importante l'idea che la cultura sia scambio e innovazione, che non ci sia nessuna incompatibilità tra la cultura italiana e la cultura degli immigrati da altri Paesi che stanno arrivando e che tutte le culture siano le benvenute nel nostro Paese. Ovviamente, chiediamo il rispetto di una serie di valori universali minimi, volti a difendere i valori umani e, soprattutto, i valori della donna (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Patrizia Marrocco. Ne ha facoltà.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la violenza contro le donne è una delle più vergognose violazioni dei diritti umani e i matrimoni precoci e forzati sono solo alcuni degli esempi più noti di pratiche dannose alle quali sono sottoposte le donne in tutto il mondo, sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli industrializzati.

Nel mondo, ogni anno sono circa 12 milioni le bambine e adolescenti costrette a contrarre matrimonio prima del compimento del diciottesimo anno di vita, venendo derubate della loro infanzia e del loro futuro, vedendosi negato il proprio diritto all'educazione, a una vita senza violenza. Diversamente da quanto si è soliti pensare, tale fenomeno non è circoscritto solo a realtà lontane dalla nostra, ma riguarda da vicino anche bambini e adolescenti che vivono in Italia, dove i matrimoni precoci sono più di 150 l'anno.

A prescindere dalle peculiarità culturali dei Paesi interessati, la questione dei matrimoni forzati affonda, evidentemente, le sue radici in un unico sostrato comune, costituito dalla disuguaglianza di genere, che si traduce in discriminazione nei confronti delle donne, obbligate ad adeguarsi a decisioni prese con totale noncuranza della loro approvazione e alle quali non possono ribellarsi. Le conseguenze di tale fenomeno sono numerose: abbandono scolastico, problemi di salute, spesso legati alla gravidanza e al parto, violenze di genere minacciate e perpetrate, esclusione sociale che conduce a depressione e, a volte, al suicidio, limitazione della libertà di movimento, dunque una limitazione dell'incapacità di autodeterminarsi delle donne.

A causa della pandemia, tale pratica ha subito un notevole incremento. Infatti, le misure restrittive messe in atto al fine di contenere l'emergenza sanitaria in corso hanno reso ancor più difficile l'accesso ai servizi sociali e, di conseguenza, è cresciuto il tasso di abbandono scolastico delle ragazze e il rischio, da parte delle famiglie, all'induzione ai matrimoni combinati. Pertanto 10 milioni di matrimoni infantili in più, rispetto ai 100 milioni già previsti, potrebbero verificarsi prima della fine del decennio: 110 milioni di bambine e adolescenti a rischio matrimonio forzato entro il 2030, questi sono i dati.

Ad ogni modo oggi in quest'Aula, siamo chiamati, ancora una volta, a discutere una proposta di legge volta a limitare il ricorso a tale pratica. Sì, colleghi, ancora una volta, perché il delitto di costrizione e induzione al matrimonio, proprio per contrastare il fenomeno dei matrimoni forzati e delle spose bambine, è già stato introdotto in Italia con la legge n. 69 del 2019, il cosiddetto Codice rosso, ed è punito con la reclusione da 1 a 5 anni, e volevo ricordare che è stato introdotto da un emendamento fortemente voluto da Forza Italia, a prima firma del Ministro Mara Carfagna. È in questo quadro normativo che si inserisce la presente proposta, al fine di completarla, prevedendo che sia consentito il rilascio immediato del permesso di soggiorno nel caso in cui il soggetto interessato sia nella condizione di vittima del reato di matrimonio forzato.

Sappiamo che non è abbastanza, perché è necessario un profondo lavoro culturale sul costume dei rapporti uomo-donna del nostro Paese, anche in relazione ai nuovi innesti culturali che vengono dall'estero e che spesso indicano nuove problematiche nei rapporti con le donne. È necessario che sia posto al centro della programmazione di politiche sociali e di investimenti seri e mirati, volti ad accrescere consapevolezza e a fornire alle ragazze gli strumenti necessari a fare scelte più libere. Sono imprescindibili iniziative nelle scuole, volte alla formazione degli studenti, per prevenire la violenza nei confronti delle donne.

Ci sono tante cose ancora da fare per salvaguardare e tutelare i nostri diritti, i diritti di tutte noi, donne, e sicuramente questa proposta è un ulteriore segnale di questo Parlamento in tal senso. Infatti, colleghi, oggi stiamo disegnando una nuova pagina di buona politica nel contrasto a ogni forma di violenza. Dobbiamo - e vogliamo - costruire un mondo dove nessuna rischi la vita perché è donna, dove nessuna bambina o donna sia costretta a sposarsi, un mondo dove il matrimonio sia un sogno incentrato solo sull'amore, un mondo dove le donne siano considerate esseri umani, e non di proprietà di qualcuno. Attiviamo questa norma di civiltà e diamo alle donne il diritto di scegliere, spezzando le catene della loro terribile prigione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Carelli. Ne ha facoltà.

EMILIO CARELLI (CI). Grazie, Presidente. Colleghi, sottosegretario Scalfarotto, il mio intervento parte da un dato reale: secondo il primo report sulla costrizione o induzione al matrimonio in Italia, che è stato realizzato dal Ministero dell'Interno e pubblicato nel 2021, dal 9 agosto 2019, data di entrata in vigore del Codice rosso, al 31 maggio 2021, nel nostro Paese si sono registrati 24 casi di matrimoni forzati, 9 dei quali solo nei primi 5 mesi. Il report rileva che una percentuale pari all'85 per cento dei reati riguarda le donne; in un terzo dei casi le vittime sono addirittura minorenni e nel 73 per cento dei casi gli autori del reato sono stati uomini, quasi sempre stranieri. Ebbene, opporsi a queste unioni, per queste donne può significare anche dover pagare un prezzo altissimo, quello della propria vita, come il caso della diciottenne pachistana Saman Abbas. Le vittime sono quasi sempre ragazze giovani, che crescono in famiglie dalla cultura patriarcale, misogina, dove nascere femmine significa spesso vivere in una condizione di subordinazione all'uomo, senza la possibilità di scegliere e costruire il proprio futuro; ragazze che hanno paura di denunciare, perché sanno a cosa andrebbero incontro.

Prevenire e perseguire il reato di matrimonio forzato si è finora dimostrato particolarmente complesso in quanto, nella maggior parte dei casi, questo reato si consuma tra le mura domestiche, assieme a violenze, maltrattamenti, lesioni e anche segregazioni. La pandemia, poi, ha aumentato il disagio e l'isolamento sociale di queste donne e, in alcuni casi, ha trasformato la casa in una sorta di trappola.

Coraggio Italia guarda con favore a questa proposta di legge. Permettere il rilascio di un permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione e induzione al matrimonio è una scelta di civiltà, che sancisce e tutela la libertà e l'autonomia della donna. Indispensabili, inoltre, le norme introdotte nei confronti del condannato per il reato di matrimonio forzato, ovvero la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dall'Italia. Sarà un forte deterrente nei confronti di chi commette questo reato.

Nel caso che abbiamo citato, Saman Abbas, la vittima, aveva avuto il coraggio di denunciare la sua famiglia che la obbligava a un matrimonio ed era, quindi, stata accolta in una casa rifugio. Undici mesi fa, la notte del 30 aprile 2021, si era dovuta recare nuovamente a casa dei genitori per recuperare i propri documenti per poi, però, sparire nel nulla. Secondo le disposizioni di legge in discussione oggi, per i casi di violenza come questo, la vittima avrebbe avuto e avrà diritto al rilascio del permesso di soggiorno grazie all'inserimento di un richiamo al reato di matrimonio forzato nell'articolo 18-bis del testo unico, colmando così anche una lacuna normativa che ha impedito che a Saman venisse rilasciato il documento che, molto probabilmente, le avrebbe consentito di sottrarsi alla violenza.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Vittoria Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente. La proposta di legge che arriva oggi in Aula - come è stato ricordato dal collega Raciti – è circoscritta, perché consta di un solo articolo che, di fatto, recepisce l'introduzione di un nuovo reato, introdotto nel nostro codice penale con la legge Codice rosso, l'articolo 558-bis. Ai tempi, si decise di introdurre questo articolo in ossequio a quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul, all'articolo 37, recepita dal nostro Paese, perché la portata del fenomeno di cui oggi stiamo parlando è globale e si è deciso di porvi un argine, facendo in modo che tutti gli Stati aderenti alla Convenzione potessero adottare iniziative legislative volte a tutelare soprattutto le giovani donne da questa pratica disumana, mi verrebbe da dire.

Questa proposta di legge prende le mosse dal tristissimo caso della giovane donna pachistana, Saman Abbas. Un anno fa, Saman era ancora tra noi, era ancora viva; poi, il 30 aprile scomparve, si persero le sue tracce e, ancora oggi, gli inquirenti stanno cercando il suo corpo; si presume che sia stata uccisa dalla sua famiglia, la famiglia che si è macchiata del sangue del suo stesso sangue, perché Saman, più volte, aveva rifiutato di sottoporsi ad un matrimonio combinato, una pratica, purtroppo, diffusa in alcuni territori e, in particolare, in alcune zone rurali del Pakistan. Questa è la difficoltà che incontrano molte giovani donne, anche quelle che si trasferiscono e vivono nel nostro Paese, in Paesi civili, ma che, comunque, vivono con famiglie intrise di una cultura patriarcale e misogina.

Ecco, dobbiamo fare in modo che queste giovani donne, soprattutto nel nostro Paese, si sentano protette. Purtroppo, fino ad oggi, si spera fino a domani o, insomma, alle prossime settimane, quando questa legge troverà l'applicazione definitiva - questa è la prima lettura, dovrà andare anche in Senato -, nel nostro ordinamento c'era una lacuna, cioè non era previsto il nuovo reato introdotto con il codice rosso tra quei reati che danno diritto all'acquisizione del permesso di soggiorno. Nessuno di noi può dire se Saman, qualora quel reato fosse stato previsto all'articolo 18-bis del testo unico sull'immigrazione, si sarebbe potuta salvare, nessuno di noi lo può dire, però, analizzare la vicenda della giovane donna pachistana, sinceramente, fa venire i brividi, perché Saman, rispetto a molte altre giovani donne, aveva avuto il coraggio di denunciare, era stata allontanata dalla propria famiglia, però, aveva bisogno di quei documenti, documenti che, in molti casi, sono la chiave per la libertà e che per Saman sarebbero stati la chiave della propria vita. Quindi, è dovuta tornare nella casa dalla quale era scappata e lì, probabilmente, ha trovato la morte.

Voglio ringraziare, in primis, la collega, deputata Stefania Ascari, per la sensibilità che dimostra rispetto al tema della condizione dello straniero e che ha scritto e firmato questa proposta di legge e voglio ringraziare la relatrice, Elisa Tripodi, e tutte le forze politiche che hanno dato un contributo a questa proposta di legge. Dispiace che in Commissione non si sia avuta l'unanimità per l'approvazione, ma mi auguro che nel corso della prima lettura qui alla Camera si possa raggiungere questo obiettivo. Sono state formulate alcune riserve legittime da parte di una forza politica, però, non credo che le critiche mosse siano sostanziali, credo che siano più critiche politiche, siano più critiche mosse da una posizione ideologica. Quindi, faccio un appello a tutte le forze politiche, perché questa legge sia approvata senza alcun voto contrario, perché è una legge di civiltà e perché noi dobbiamo dire a coloro che arrivano nel nostro Paese che arrivano in un Paese civile, un Paese che previene il verificarsi di alcuni fenomeni, di questi fenomeni, e che accompagna le potenziali vittime di questa pratica assurda.

Aderisco all'appello del collega Ungaro, perché, come riporta anche la relazione illustrativa della mia collega Ascari che, a sua volta, fa riferimento al quadro che emerge dal report La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo 2020, povertà, insicurezza e accesso limitato a un'istruzione di qualità e a valide opportunità di lavoro fanno sì che il matrimonio sia visto come una scelta vantaggiosa per le ragazze, come un modo per i genitori di mitigare le difficoltà economiche della famiglia. Per prevenire questo fenomeno, dobbiamo fare in modo che nessuno si trovi in condizioni di povertà, insicurezza e accesso limitato all'istruzione di qualità, perché sono queste le condizioni che pongono le persone particolarmente vulnerabili in una condizione di ulteriore debolezza che le costringe poi ad accettare quello che gli viene propinato, a volte, dalla propria stessa famiglia.

Quindi, voglio concludere sempre con le parole della collega Ascari: “Non abbiamo potuto salvare Saman, ma siamo ancora in tempo per porre in essere dei rimedi a tutela di altre donne che si trovano a vivere una situazione simile così difficile. Occorre intervenire con fermezza, colmando tale grave vuoto normativo e dando sostegno a questa battaglia, che è una battaglia di civiltà per i diritti di tutti. Dobbiamo dimostrare di essere al fianco di tutte le donne che sono costrette o indotte ai matrimoni forzati”.

Abbiamo questa opportunità, dobbiamo onorare la memoria di Saman per fare in modo che, nel nostro Paese, non ci sia più nessun'altra Saman e se possiamo fare qualcosina, possiamo mettere un piccolo tassello per salvare anche solo una giovane donna, abbiamo fatto metà del nostro dovere (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Presidente, purtroppo, quando si affrontano questi temi che toccano la pancia - direbbe chi lavora nella comunicazione -, è inevitabile che si faccia un po' di confusione, che il buonismo abbia il sopravvento sulla normativa, su quello che già c'è. Allora, dobbiamo un po' riportare questo dibattito sul binario che gli compete perché, se davvero dobbiamo preoccuparci di salvare giovani donne, donne in generale, allora, dobbiamo iniziare a capire che l'ideologia, che il buonismo, che cambiare le norme, anche quando non vengono cambiate in meglio, ma sostanzialmente non modificano lo stato delle cose, non serve assolutamente a niente. Per poter fare qualcosa, bisogna realmente cambiare le cose. Allora, noi di Fratelli d'Italia abbiamo presentato diversi emendamenti puntualmente bocciati e non discussi. Speriamo di poterli riproporre in Aula e di poterne discutere, perché siamo assolutamente convinti che temi come questi, che sono importantissimi, debbano essere affrontati in modo serio e facendo un confronto reale con la realtà.

In Italia, infatti, una normativa esiste e, al riguardo, faccio riferimento a quello che ha detto prima la collega: “se avesse avuto i documenti (…)”.

Ebbene, in realtà, la normativa per ottenere i documenti rivolgendosi semplicemente all'autorità c'è, quindi, il tema non è l'assenza dei documenti. Il tema è che, se non ci preoccupiamo di allontanare in maniera definitiva i carnefici, si continuerà, con o senza questa norma, purtroppo, a piangere giovani donne come Saman che, sì, aveva avuto il coraggio di allontanarsi, e, sì, aveva avuto il coraggio di ribellarsi e di denunciare.

Allora, questo è il motivo per il quale, guardando la realtà, eliminando la parte buonista di questa discussione e cercando di fare davvero qualcosa, il gruppo di Fratelli d'Italia, in Commissione, ha chiesto, ad esempio, di trasformare l'ipotesi dell'espulsione e dell'allontanamento dell'indagato per i reati di violenza domestica - e, ovviamente, anche in relazione al matrimonio combinato - in un vero e proprio obbligo, con la possibilità di espulsione immediata. Infatti, il tema è che, quando si affrontano questioni come queste, bisogna partire dal presupposto che, chi applica violenza, ancor di più non aderendo al nostro paradigma culturale, ma professando, ad esempio, una forma di islamismo estremo che vuole la donna costretta e mai libera, va assolutamente eliminato dal nostro ordinamento. Questi comportamenti non possono trovare spazio in Italia ed è a questo che dobbiamo pensare quando facciamo le norme. È il carnefice che va immediatamente allontanato ed espulso, anche quando c'è ancora un'indagine in corso, perché, nel bilanciamento tra il diritto di un potenziale carnefice a permanere sul nostro territorio e il diritto della vittima ad essere realmente protetta, deve prevalere indiscutibilmente e senza buonismo né retorica il secondo, sempre e assolutamente.

Allora, in quest'Aula, Fratelli d'Italia riproporrà gli emendamenti e ci auguriamo che, proprio con il volto e la storia di Saman negli occhi e nel cuore, trasformeremo una proposta inefficace in qualcosa che, invece, può effettivamente aiutare giovani donne e che possa dare uno slancio verso una normativa di futuro alla nostra Nazione, che dia il senso di come lo Stato protegga. Ecco, questo è l'obiettivo di Fratelli d'Italia e noi continueremo a perseverare, affinché questo accada.

Non condivido la ricostruzione che viene fatta intorno a questa norma, proprio perché l'esempio che è stato preso in considerazione è quello di Saman Abbas. Le indagini preliminari sulla vicenda si sono finalmente concluse due giorni fa e riportano lo spaccato di una realtà drammatica che va sicuramente combattuto in Italia. Però, dobbiamo continuare a chiederci se questo unico articolo, di fatto, cambi la situazione. Così non è; così non è perché sappiamo che Saman, a seguito della denuncia, è stata ospitata in una casa protetta che, diventata maggiorenne, aveva deciso di farsi una vita propria e che, a causa dell'assenza dei documenti, non è riuscita a staccarsi dal nucleo familiare principale. Però la norma esiste, la norma c'è già. Quindi, se vogliamo realmente parlare di come salvare giovani vite, dobbiamo fare in modo, da un lato, che quelle norme vengano applicate e considerate cogenti e che ci sia la possibilità da parte dello Stato di applicare le norme che ci sono già, e, dall'altro, che vengano introdotte nuove norme che oggi davvero mancano, che oggi davvero non ci sono e che possano dare una risposta. Forse, se le norme vigenti fossero state correttamente applicate, oggi Saman sarebbe viva; forse, se i carnefici fossero stati immediatamente espulsi ed allontanati alle prime avvisaglie, oggi Saman sarebbe una donna felice, serena e libera nello Stato italiano.

Quindi - e concludo, Presidente - il mio auspicio è che anche queste norme non vengano trasformate in bandiere di propaganda, che non diventino oggetto di buonismo diffuso solo per toccare la pancia di qualcuno o per recuperare consensi elettorali, perché questo non è dignitoso nel rispetto di una giovane donna che è veramente morta.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3200​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, se lo ritiene, la relatrice, deputata Tripodi, che si riserva di farlo successivamente.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Murelli ed altri n. 1-00563 concernente iniziative in materia di allergie e intolleranze alimentari, con particolare riferimento alla celiachia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Murelli ed altri n. 1-00563, concernente iniziative in materia di allergie e intolleranze alimentari, con particolare riferimento alla celiachia (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate le mozioni Nappi e altri n. 1-00621, Ianaro e altri n. 1-00622 e Marrocco e altri n. 1-00623 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritta a parlare la deputata Angela Ianaro, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00622. A lei la parola.

ANGELA IANARO (PD). Grazie, Presidente. Riconosciuta come malattia sociale dalla legge 4 luglio 2005, n. 123, la celiachia conta oggi oltre 230 mila pazienti effettivamente diagnosticati, pari all'1 per cento della popolazione, con una media annuale di nuove diagnosi pari a circa 9 mila.

Si tratta di una patologia cronica, permanente, autoimmune con base genetica che colpisce prevalentemente la popolazione femminile. È una condizione che si scatena quando il sistema immunitario deputato alla difesa comincia per errore ad aggredire il glutine e la transglutaminasi tissutale presente nelle cellule dell'organismo. La dieta aglutinata è l'unica terapia disponibile e va eseguita con rigore per tutta la vita. Le persone celiache devono escludere rigorosamente tutti gli alimenti che contengano glutine e ridurre il più possibile le contaminazioni e i rischi di assunzione nascosta che comportamenti errati possono provocare.

L'educazione alimentare, pertanto, svolge un ruolo primario, soprattutto tra alcune fasce di popolazione più a rischio di trasgressione volontaria della dieta. Sussistono, infatti, difficoltà ad accettare la propria condizione cronica, specie tra gli adolescenti, che, spesso, vivono in modo drammatico una diagnosi di celiachia per paura di essere esclusi o di considerare se stessi diversi dagli altri, con risvolti quali rabbia, negazione o ritiro sociale.

Se non trattata, la celiachia può rappresentare un serio rischio per la salute della persona, pertanto, la diagnosi precoce è fondamentale. La patologia può essere identificata con assoluta certezza attraverso la ricerca sierologica e la biopsia della mucosa duodenale. Tuttavia, quando si manifesta nell'adulto, la celiachia può presentarsi con un ampio spettro di sintomi, difficili da inquadrare immediatamente, che spesso spingono i pazienti a consultare diversi specialisti o ad affrontare i veri e propri calvari terapeutici.

Si stima che in media siano richiesti ancora oggi sei anni per giungere ad una diagnosi dall'inizio dei sintomi. Dal 2012 le nuove raccomandazioni della società europea di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica consentono di procedere con la diagnosi senza la necessità di eseguire la biopsia nei casi pediatrici in cui sussistano determinate condizioni, consentendo pertanto di escludere analisi strumentali altamente invasive. L'estrema diffusione della patologia a livello mondiale unitamente al carico sociale, economico e psicologico che essa comporta ha indotto la comunità scientifica a lavorare costantemente per semplificare e favorire l'approccio clinico-diagnostico. Il nostro Sistema sanitario nazionale ha inserito gli alimenti privi di glutine, classificabili come specificamente formulati per persone intolleranti al glutine, in un apposito registro nazionale garantendo al contempo un supporto economico mensile per il loro acquisto. Con il decreto 10 agosto 2018 del Ministero della Salute si è proceduto ad un aggiornamento dei tetti di spesa per l'acquisto degli alimenti agglutinati attraverso l'utilizzo dei buoni erogati dal sistema i cui importi scaturivano dai LARN, i livelli di assunzione di riferimento dei nutrienti, stabiliti dalla Società di nutrizione umana tenendo conto di parametri quali l'età, il sesso e la relativa differenza in termini di fabbisogni calorici.

Grazie alla dematerializzazione dei buoni di acquisto, la loro digitalizzazione, circolarità e spendibilità in tutto il territorio nazionale, possiamo contribuire enormemente a semplificare la vita dei pazienti e a garantire concretamente l'accesso alla terapia; tuttavia, i sistemi territoriali di erogazione degli alimenti senza glutine e i canali di acquisto utilizzabili non sono ancora totalmente omogenei nell'intero Paese, generando gravi disuguaglianze tra i pazienti. In alcune regioni, infatti, il valore dei buoni mensili è caricato sulla carta sanitaria ed è spendibile sia nelle farmacie che nei negozi specializzati; in altre, invece, il sistema è ancora caratterizzato dai buoni cartacei, spesso utilizzabili in un unico servizio o farmacia e in un'unica volta senza la possibilità per il paziente di ritirare gli alimenti in base al fabbisogno, come avviene per le necessità alimentari comuni. Per superare tali disomogeneità il Ministero della Salute in raccordo con il Ministero dell'Economia e delle finanze e le regioni sta lavorando ad un sistema informatizzato e regolamentato che consenta la circolarità dei buoni all'interno dei sistemi regionali. Tutto ciò premesso, con questa mozione a mia prima firma intendiamo impegnare il Governo in azioni concrete che garantiscano la completa inclusione sociale dei pazienti che soffrono di celiachia, una patologia, lo voglio ricordare, con una forte incidenza sulla popolazione con grandi ripercussioni sociali e psicologiche. Essendo una malattia cronica a rischio di severe complicanze, il costo della prevenzione è sicuramente inferiore a quello dei ricoveri e cure ed è quindi fondamentale investire in informazione e diagnosi precoce e omogeneità di assistenza e risorse su tutto il territorio nazionale. Infatti, uno degli impegni da noi proposto è proprio quello che richiede che siano inseriti nei LEA anche gli esami diagnostici; dal 2017 gli esami di follow-up sono inseriti nei LEA con esenzione del pagamento del ticket, ma non quelli relativi alla diagnosi. Abbiamo più volte ricordato come sia fondamentale una diagnosi precoce non soltanto per la salute del paziente affetto da questa patologia, ma anche proprio per ridurre i costi a carico del Sistema sanitario nazionale. Intendiamo, inoltre, predisporre percorsi mirati per una corretta educazione alla celiachia e le abitudini alimentari che essa comporta in tutte le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, perché siamo convinti che in un simile contesto le scuole possano svolgere un ruolo cruciale per promuovere tra i giovani la tutela della salute e la conoscenza sulle specificità alimentari e le relative necessità che caratterizzano la celiachia. Aderenza alla dieta e benessere psicologico devono proseguire di pari passo; per questo motivo crediamo che apposite campagne di sensibilizzazione e di informazione siano necessarie per aumentare la consapevolezza dei cittadini sul tema della celiachia e per creare un ambiente che sia in grado di includere le esigenze specifiche di chi ne soffre. Anche la formazione degli operatori del settore alimentare può favorire l'inclusione sociale delle persone affette da celiachia, potendo contare su strumenti utili a garantire elevati livelli di qualità e sicurezza nella produzione alimentare e nei servizi di ristorazione e incrementare nelle diete delle mense scolastiche e aziendali delle vere alternative alimentari con cibi privi di glutine. Impegniamo il Governo a portare a compimento su tutto il territorio nazionale l'informatizzazione del processo per rendere i buoni acquisto dematerializzati, digitalizzati e spendibili in maniera frazionata consentendo la spesa degli alimenti senza glutine in più canali di vendita e al di fuori del territorio nazionale, eliminando in questo modo le disparità ancora oggi esistenti. Grazie alla ricerca scientifica è stato possibile procedere con l'avanzamento nella pratica clinica, la prossimità alla cura e il miglioramento della qualità di vita. Chiediamo, quindi, di sostenere la ricerca e di accrescerne gli investimenti incentivando i programmi che possano garantire una diagnosi precoce e un migliore monitoraggio dell'aderenza alla dieta. La celiachia se non riconosciuta e curata tempestivamente rischia di produrre conseguenze negative a distanza sulla salute e sulla qualità della vita.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elena Murelli, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00563. Ne ha facoltà.

ELENA MURELLI (LEGA). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, ho voluto portare questa mozione in Aula in materia di intolleranze alimentari e alla celiachia proprio per portare questo argomento a conoscenza di tutti i colleghi parlamentari. Ho presentato una proposta di legge ad ottobre del 2018 ma non è stata ancora calendarizzata in Commissione a causa dell'alta densità di proposte in corso di esame, specialmente in materia di pandemia. Ho voluto invece enfatizzare questa parte all'interno dell'Aula soffermandomi sulla parte dell'educazione alimentare. Perché? Perché secondo le statistiche nazionali negli ultimi quarant'anni sono triplicati i soggetti allergici e intolleranti ad alcuni tipi di alimenti. Le categorie delle intolleranze sono varie; ci sono le intolleranze al glutine, ai cereali, alle carni, bianche e rosse, agli ortaggi, come tuberi, funghi e legumi, al pesce e ai crostacei, alla frutta secca o alle spezie; poi ci sono le intolleranze al lattosio, all'uovo, al lievito, al miele, alla caffeina, ma anche alla teina. Queste indicate sono le più comuni e diffuse. Vi sono poi le intolleranze particolari, rare e specifiche, difficili da poter raccogliere in una catalogazione precisa.

I dati Istat riferiscono che negli anni Ottanta ne soffriva solo il 2,9 per cento della popolazione; ad oggi, fonti Istat relative al 2019, indicano che il dato è salito al 12,7 per cento, circa 7 milioni di italiani, oltre 300 mila sono cittadini allergici al latte, 1,1 milioni allergici al lattosio, 3 milioni al glutine, oltre 300 mila sono i celiaci. Sono censiti anche 5 milioni di cittadini allergici al nichel, metallo contenuto in vari alimenti e oltre 100 mila persone intolleranti agli additivi alimentari. La maggiore consapevolezza relativa alle intolleranze e allergie, in base alle analisi dell'Osservatorio Immagino di GS1 Italy, realizzate in collaborazione con Nielsen, hanno rilevato un impatto economico nel settore del Free From pari a 6,9 miliardi di euro: questi dati sono relativi al periodo giugno 2019-giugno 2020 e registrano una crescita del 2,2 per cento rispetto all'anno precedente.

La celiachia rappresenta l'intolleranza alimentare permanente più frequente e colpisce circa l'un per cento della popolazione; è stato calcolato che in Italia il numero teorico dei celiaci si aggiri intorno a 600 mila persone, contro i 233 mila realmente diagnosticati. Questi dati sono contenuti nella relazione che l'Associazione italiana celiachia ha fatto pervenire al Parlamento proprio nell'anno 2020, con un numero netto in aumento di 11.179 nuove diagnosi, cifra superiore alla media dell'incremento annuo delle nuove diagnosi che negli ultimi anni è stata di poco meno di 9 mila. Dal 2005 la celiachia è considerata “malattia sociale”, in quanto a incidere maggiormente sulla vita delle persone celiache, intolleranti e allergiche, oltre alla modifica del regime alimentare - nel caso dei celiaci è terapia permanente -, è la relazione con gli altri in contesti che prevedono pasti fuori casa: dalla scuola al lavoro, dal viaggio ai momenti di svago con gli amici.

La malattia celiaca o celiachia è la malattia immunomediata, provocata dall'ingestione di glutine che, in soggetti geneticamente predisposti, determina un processo infiammatorio nell'intestino tenue, con conseguente malassorbimento e manifestazioni extraintestinali, scatenando altresì una forte reazione immunitaria. È questa incontrollata risposta infiammatoria a condurre all'atrofia dei villi intestinali, minuscole sporgenze digitiformi che ricoprono la parete del piccolo intestino e principali vie di assorbimento delle sostanze nutritive contenute negli alimenti. L'intestino, così danneggiato, perde per buona parte la sua capacità di assimilare nutrimenti e l'individuo celiaco manifesta un disturbo caratterizzato da diarrea, ritardo di crescita e deficit nutrizionale.

Il glutine è una sostanza proteica presente in frumento, orzo, segale e in alcuni cereali minori come il farro, il kamut, la spelta e il triticale. La prolamina è una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine ed è la responsabile dell'effetto tossico per il celiaco.

Per curare la celiachia attualmente occorre escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni quali il pane, la pizza, la pasta, i biscotti, ma anche eliminare le piccole tracce di farina - le briciole - da ogni piatto, nonché la contaminazione. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti, l'assunzione del glutine, anche in piccole dosi, può procurare seri danni. Le complicanze che possono sopraggiungere sono imputabili a una diagnosi arrivata in ritardo e al mancato rispetto della dieta senza glutine in un celiaco diagnosticato. Come da qualsiasi malattia autoimmune, però, dalla celiachia non si guarisce, ma si cerca di ottenere la remissione del paziente. Cosa vuol dire? Vuol dire attenuare progressivamente e far scomparire i sintomi legati all'assunzione del glutine che scatena la risposta immunitaria nel nostro corpo. Questo implica che un celiaco dovrà convivere tutta la vita con un corretto e attento regime alimentare senza glutine e potrà stare bene.

La celiachia è stata classicamente descritta come una sindrome da malassorbimento che si verifica precocemente in età pediatrica in seguito all'introduzione del glutine nella dieta. La prima descrizione della malattia fu fatta nel 1888 da Samuel Gee, che osservò i classici sintomi, quali, appunto, diarrea ed arresto della crescita, e ipotizzò che la causa di questa indigestione cronica potesse essere legata all'alimentazione. Da allora, le conoscenze sulla malattia celiaca sono notevolmente cambiate ed è attualmente riconosciuto che si tratta di una malattia multisistemica, a patogenesi autoimmune, le cui manifestazioni cliniche sono estremamente variabili. La celiachia può presentarsi a qualsiasi età e può talora essere clinicamente silente.

L'entità delle patologie correlate alla malattia celiaca è senza dubbio superiore a quanto si potesse pensare e da ciò nasce il crescente interesse alla dimensione sociale di questa condizione. Attualmente, è sempre più frequente incorrere nelle forme di celiachia ad esordio tardivo. Quando la celiachia si manifesta nell'adulto può presentarsi con un ampio spettro di sintomi difficili da inquadrare immediatamente, che spesso spingono i pazienti a consultare diversi specialisti o ad affrontare veri e propri calvari terapeutici, senza trovare soluzione al problema. Negli ultimi anni, è stata descritta una tendenza generale all'esordio più tardivo della sintomatologia della malattia celiaca interessando i bambini più grandi, tra i 5 e i 7 anni di età. In queste forme i bambini non mostrano chiari segni di malassorbimento, ma presentano manifestazioni extraintestinali e possono lamentare vaghi disturbi intestinali. Anche in questa forma i test sierologici sono positivi e all'esame istologico delle biopsie duodenali è presente il tipico danno mucosale rappresentato dall'atrofia dei villi. Tuttavia, poiché il duodeno presenta notevoli riserve funzionali, molti individui possono non avere sintomi o segni clinici di malassorbimento. Numerosi organi e apparati possono essere interessati, isolati o in associazione tra loro.

La celiachia è una malattia cronica a rischio di complicanze, in caso di diagnosi errate o tardive. Il costo per la prevenzione è di gran lunga più affrontabile rispetto ai costi necessari per ricoveri e cure. Dunque, è fondamentale sostenere i celiaci nel percorso diagnostico e in quello alimentare. Si tratta di una sfida ambiziosa, considerando il numero crescente delle diagnosi, come appunto illustrato in premessa. Il Servizio sanitario nazionale prevede particolari forme di tutela per le persone affette da celiachia, tra cui l'erogazione gratuita dei prodotti entro un limite di spesa. In particolare, l'articolo 3 della legge n. 123 del 2005 disciplina l'attività istituzionale di diagnosi precoce e l'articolo 4 reca la normativa riguardante l'erogazione gratuita dei prodotti senza glutine ai soggetti affetti da celiachia. Attualmente, la legge nazionale detta, appunto, disposizioni generali che devono essere poi tradotte in normative regionali. Purtroppo, il Ministero della Salute non si è mai avvalso della facoltà attribuitagli dall'articolo 4 di definire le modalità organizzative per l'erogazione di tali prodotti, per cui l'applicazione delle norme quadro nazionali avviene in modo diversificato da regione a regione.

Le differenze nelle erogazioni sono spesso correlate anche alla complessiva capacità economica di risposta da parte dei servizi sanitari regionali, con il risultato finale di inaccettabili differenze di livello qualitativo delle prestazioni nelle singole regioni e di conseguenti sostanziali restrizioni della libera circolazione dei cittadini sul territorio nazionale, in relazione alla differente tutela nella quotidianità che viene loro fornita in regioni diverse da quelle di abituale residenza. Le diverse modalità di erogazione dei prodotti incidono, ovviamente, anche nella catena della produzione, nella distribuzione e nella vendita dei prodotti per celiaci, creando ulteriori disomogeneità di gestione dei prodotti e di erogazione dei servizi nelle diverse regioni. Alcune regioni hanno recentemente avviato nuovi sistemi procedurali informatici per garantire la migliore fruizione delle agevolazioni previste per i celiaci e per favorire, quindi, la distribuzione dei prodotti senza glutine.

Come per tutte le patologie croniche, l'aderenza quotidiana alla terapia, cioè la dieta senza glutine per tutta la vita, presenta difficoltà per chi soffre, appunto, di celiachia. Vi è, però, da considerare che l'importanza, per un celiaco, di seguire questa dieta priva di glutine è vitale, ma al tempo stesso difficile da realizzare fuori dalle mura domestiche. Questo impatta pesantemente sull'aspetto sociale e, quindi, psicologico di un celiaco, al punto che molti, in particolare gli asintomatici, pur di continuare ad avere una vita sociale ingeriscono cibi contaminati dal glutine o, addirittura, contenenti glutine, compromettendo il proprio stato di salute. Ciò avviene a causa dell'assenza di una normativa che imponga agli esercizi di ristorazione di avere garantiti, nei propri menù, uno o più piatti senza glutine per celiaci. Ad oggi, la possibilità di avere piatti gluten free è a discrezione del ristoratore, che può decidere volontariamente di non garantire pietanze per celiaci, libere dal rischio di contaminazione.

L'attuale normativa, il regolamento UE 828/2014, pur applicandosi anche al settore della ristorazione non contempla atti di esecuzione dedicati al settore, con il risultato che il rispetto della norma nella ristorazione è molto lacunoso e a macchia di leopardo ed è frequente incorrere in ristoratori che, pur definendo senza glutine un piatto, non mettono in atto le necessarie precauzioni per garantire l'assenza di contaminazione. Questo comporta un grave rischio sociale per il celiaco, che si trova a limitare significativamente la propria vita, lavorativa e di studio, non potendosi recare in qualsiasi locale della ristorazione, ma solo in quelli in cui viene fornita garanzia sulla sicurezza dei pasti; oppure - ancora peggio - ciò comporta un rischio per la sua salute, quando si trova a dover consumare un pasto in un locale che non offre sufficienti garanzie di sicurezza.

Il problema emerge in modo ancora più rilevante quando si viaggia o ci si sposta con mezzi pubblici. Aeroporti, stazioni, bar, distributori automatici; dentro gli ospedali, le scuole, le università; i servizi di ristorazione nei treni e negli aerei: quasi tutti questi luoghi - quasi tutti - sono sprovvisti o hanno pochissime quantità di alimenti senza glutine. Oppure, per esempio, andiamo al bar e prendiamo un cappuccino; molto semplicemente un celiaco non può avere una garanzia di bere un cappuccino liberamente, perché se la macchina del caffè eroga anche il caffè d'orzo per un celiaco non è possibile consumarlo. Sembra una cosa molto banale, ma così è la realtà. Se il soggetto celiaco si trova costretto a viaggiare all'improvviso, senza poter organizzare preventivamente la propria alimentazione autonomamente, rischia di non trovare in alcun esercizio di ristorazione alimenti senza glutine. Conseguentemente, diventa fondamentale garantire che la ristorazione sita in un luogo pubblico debba garantire anche cibi senza glutine, anche preconfezionati, come brioche, pane e salumi, o piatti pronti, anche surgelati e attrezzandosi anche con un fornetto, magari preferendo gli artigianali, che non comportano ordini in grandi quantitativi e rischi di scadenza bensì un ottimo rapporto qualità-prezzo.

I soggetti affetti da celiachia devono rispettare un regime alimentare estremamente rigoroso, escludendo dalla propria dieta tutti gli alimenti a base di cereali contenenti glutine, compresi quelli nei quali il glutine è aggiunto come additivo durante i processi industriali di trasformazione e per contaminazione. E proprio l'adolescenza è il periodo più critico per il rischio di esclusione sociale, ma anche per il possibile rifiuto del regime alimentare, diventando soggetti a rischio di trasgressione, con gravi ripercussioni per la salute. Uno studio dello psicologo Leonardo Sacrato dell'ospedale Sant'Orsola di giugno-dicembre 2020 ha fatto emergere la crescita del disagio psicologico tra gli adolescenti a Bologna a causa della pandemia e ha anche rilevato un aumento del 18 per cento di richieste di aiuto per disturbi alimentari. L'importanza, quindi, dell'educazione alimentare, richiamata all'interno della legge recante l'introduzione dell'insegnamento scolastico dell'educazione civica, legge 20 agosto 2019, n. 92, rappresenta il primo ed efficace strumento di prevenzione a tutela della salute, tanto come azione, quanto come prevenzione, in quanto le abitudini nutrizionali si instaurano, infatti, molto presto nella vita dell'individuo e hanno un chiaro effetto sul destino metabolico, non solo del bambino, ma anche dell'adulto.

Con la presente mozione, quindi, vogliamo porre sul tavolo del Governo la necessità di informare e sensibilizzare la popolazione sin dalla giovane età ad una corretta educazione sulle intolleranze alimentari e sulla celiachia in particolare, al fine, sia di supportare chi ne è affetto, sia di permettere a giovani e alle loro famiglie di riconoscere eventuali sintomatologie latenti e avviare idoneo screening per scongiurare la compromissione della salute generale del soggetto. Ci sono, infatti, semplici problematiche che si possono risolvere, in modo da favorire il normale inserimento nella vita sociale dei soggetti affetti da celiachia, prevedendo la necessità di una preparazione e aggiornamenti professionali del personale non solo sanitario, ma anche di quello del settore della ristorazione, del turismo e alberghiero.

Il Ministero della Salute si potrebbe impegnare, prevedendo il miglioramento della diffusione di un aggiornato protocollo di diagnosi da inserirsi nei piani sanitari regionali per una corretta e precoce diagnosi della celiachia. Per quanto riguarda, invece, le modalità di erogazione dei prodotti senza glutine, tutte le regioni - ora ne mancano 4 - devono predisporre l'attivazione tramite le tessere sanitarie dell'acquisto di prodotti senza glutine nelle farmacie e presso tutti gli esercizi commerciali. In più, sarebbe bene avere la possibilità di usare questo buono mensile indistintamente su tutto il territorio nazionale e in tutti gli esercizi commerciali. Pensate a una famiglia, quando va in vacanza e deve prevedere di fare la spesa nella sua città, perché non le è possibile usare il buono in un altro territorio regionale; o a una persona che viaggia per lavoro, sostando qualche mese e alternando varie regioni, che deve farsi spedire i pacchi da casa con gli alimenti senza glutine; oppure allo stesso studente che fa l'università in un'altra città, fuori dalla sua regione, che torna a casa per il weekend e, saltuariamente, deve o prender i pasti da casa oppure farseli spedire.

La mozione che portiamo in Aula questa settimana - arrivo alle conclusioni - ha lo scopo di impegnare il Governo a provvedere all'istituzione delle diverse attività per fare informazione alle persone, educazione alimentare per i giovani, formazione per i ristoratori. In particolare, chiediamo l'introduzione di una giornata informativa sulle intolleranze alimentari, in particolare sulla celiachia, nella cui ricorrenza gli enti pubblici promuovano incontri ed eventi di sensibilizzazione, assicurando massima risonanza agli stessi. È importante che il Governo vigili affinché in tutte le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado vengano avviati percorsi per una corretta educazione sulle intolleranze alimentari e sulla celiachia, nell'ambito di quanto già previsto dalla legge 20 agosto 2019, n. 92, che trovino il proprio culmine durante la giornata informativa suddetta.

Esistono già corsi SIAN organizzati dalle regioni per la formazione degli albergatori, dei ristoratori e degli esercenti attività alimentari specifici per le intolleranze alimentari, e per questo chiediamo al Governo di garantire l'inserimento di appositi moduli formativi sulla celiachia nei corsi di aggiornamento professionale rivolti a ristoratori e a albergatori, o addirittura prevedere corsi obbligatori per il rilascio dell'HACCP sulle procedure, sulle allergie e intolleranze, e in particolare sulla celiachia.

Infine, chiediamo l'impegno del Ministero dell'Istruzione di prevedere nei programmi di studio degli istituti professionali per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera appositi moduli specifici su questa problematica.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Marrocco, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00623. Ne ha facoltà.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie, Presidente. L'Aula della Camera si trova oggi a discutere le mozioni concernenti le allergie e le intolleranze alimentari e, in particolare, le problematiche riguardanti una delle più diffuse, la celiachia. Parliamo di una malattia infiammatoria permanente dell'intestino scatenata dal consumo di alimenti contenenti glutine. Le stime ci dicono che la celiachia interessa circa l'1 per cento della popolazione generale a livello globale; ne consegue che, in Italia, i celiaci sono stimati in circa 600 mila persone, anche se la gran parte sono però celiaci non diagnosticati, che però, usando quotidianamente il glutine, presentano i disturbi della malattia e rischiano di andare incontro a complicazioni. I celiaci diagnosticati in Italia, invece, sono oltre 233 mila, di cui il 70 per cento appartenente alla popolazione femminile e il 30 a quella maschile.

Parliamo di una malattia che può manifestarsi a qualunque età e con segni e sintomi estremamente variabili. Al momento, l'unica cura disponibile per la celiachia è una permanente rigorosa dieta priva di glutine; se non trattata adeguatamente, la celiachia può, comunque, portare allo sviluppo di altre malattie. Nelle donne, per esempio, se non trattata con la dieta, aumenta il rischio di sviluppare disturbi della fertilità, endometriosi e complicanze in gravidanza. Proprio per queste ragioni, è raccomandata l'esecuzione di screening nelle persone cosiddette a rischio. La celiachia, infatti, è una malattia a rischio di complicanze in caso di diagnosi errate o tardive. Per queste ragioni sono fondamentali una diagnosi precoce e gli screening; per questo, un ruolo decisivo può e deve essere svolto dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta che pongono il sospetto diagnostico in base all'anamnesi e all'esame obiettivo.

Con la legge n. 123 del 4 luglio 2005 lo Stato ha previsto una serie di interventi per favorire il normale inserimento nella vita sociale dei soggetti affetti da celiachia e dal 2017 con la revisione dei livelli essenziali di assistenza, la celiachia rientra tra le malattie croniche invalidanti. Per i soggetti affetti da tale patologia è previsto il regime di esenzione per le prestazioni sanitarie successive alla diagnosi e un supporto economico all'acquisto degli alimenti senza glutine di base. La mozione che abbiamo presentato oggi chiede una serie di impegni al Governo, indispensabili per migliorare e garantire una maggiore assistenza sanitaria alle tante persone che convivono con questa patologia. Intanto è fondamentale prevedere effettivi interventi di sensibilizzazione e di potenziamento della formazione degli operatori sanitari e, in particolare, dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta per poter arrivare a una diagnosi precoce della patologia, la celiachia e di altre allergie e intolleranze alimentari a vantaggio della salute stessa dei pazienti interessati.

E sempre per consentire una diagnosi precoce della celiachia è necessario garantire nel caso di presenza della malattia all'interno di una famiglia, data la sua caratteristica trasmissione genetica, le attività di screening degli anticorpi in tutti i parenti di primo grado del celiaco. È, altresì, necessario avviare adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulle allergie e intolleranze alimentari, con particolare riguardo alla celiachia, anche prevedendo opportuni spazi nella programmazione radiotelevisiva e multimediale, anche della società concessionaria del servizio pubblico, al fine di consentire una maggiore sensibilizzazione in materia di educazione alimentare e di informazione in materia di allergie e intolleranze alimentari. Così come una campagna di sensibilizzazione è necessaria all'interno delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, informando i giovani sull'importanza di una corretta educazione alimentare e sulle allergie e intolleranze alimentari, con particolare riguardo alla celiachia.

Questo consentirebbe, tra l'altro, di poter intercettare il prima possibile il soggetto che ne soffre e ridurre conseguentemente i rischi di complicanze connesse a diagnosi tardive.

Infine, ma non meno importante, è necessario che il Governo solleciti le regioni a mettere in atto una maggiore formazione e aggiornamento professionale degli operatori del settore alimentare, necessari a garantire un più elevato livello di sicurezza e di qualità nella produzione alimentare e nei servizi di ristorazione, prevedendo un più diffuso impegno in tutte le regioni nella predisposizione dei corsi di formazione dedicati alla celiachia.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghe e colleghi, non mi soffermerò sugli aspetti tecnici oggetto della mozione di cui stiamo discutendo, perché lo hanno fatto in maniera egregia le colleghe che mi hanno preceduto e che ringrazio per questo.

È chiaro, la celiachia è una patologia che riguarda il cibo ed è definita dalla legge come malattia sociale. Ritengo che sia importante e interessante riflettere su questo - la celiachia come malattia sociale - perché la sociologia moderna, in realtà, ci dice che il cibo è socialità e, quindi, tutte le patologie che riguardano il mondo del cibo sono necessariamente da considerarsi patologie sociali, che devono essere “attenzionate” dal Parlamento.

Quindi, ben vengano azioni di questo tipo da parte nostra e gli impegni del Governo che vanno in tale direzione; proprio per evitare e ridurre quelle emarginazioni sociali e quelle disuguaglianze sociali che possono nascere da tutte le patologie che attengono al cibo, vanno nella giusta direzione, per garantire quella necessaria inclusione sociale che oggi ancora più diventa fondamentale, posto che veniamo da un periodo pregresso complicato, in cui la pandemia aveva già, in realtà, inasprito disuguaglianze sociali e creato sacche di emarginazione sociale, dovute anche ai rapporti con il cibo.

Così come oggi il conflitto tra Russia e Ucraina ci dice che probabilmente una grave ricaduta l'avremo proprio sui fattori delle materie prime, del cibo e, quindi, anche da qui, l'attenzione necessaria ad evitare che tutto ciò che riguarda il mondo del cibo possa portare a discriminazioni sociali o emarginazioni sociali.

Dunque, la politica deve interessarsi e deve garantire un diritto all'accessibilità del cibo uguale per tutti, senza discriminazioni e in questo percorso si muovono le mozioni in discussione di cui apprezzo l'importanza e l'impegno. È emerso, infatti, dagli interventi di chi mi ha preceduto quanto il cibo e le patologie legate al cibo servano, poi, per studiare e per approfondire quei rapporti di causa-effetto nella dinamica tra individuo e gruppi sociali. È stato già detto e lo ribadisco velocemente: il problema della celiachia riguarda molto probabilmente più da vicino gli adolescenti che, attraverso il percorso sensoriale del cibo, rappresentano anche un po' la loro emotività. E un'influenza positiva sull'emotività degli adolescenti crea sicuramente degli equilibri maggiori e dei risultati migliori a livello scolastico, così come per gli adulti - visto che si tratta di una patologia che riguarda anche il mondo degli adulti - garantisce una maggiore competitività anche nel contesto lavorativo. Da qui nasce l'esigenza di occuparsi di questa patologia anche - è stato già detto e lo ribadisco velocemente - per garantire un'equità di trattamento sul territorio nazionale che, ad oggi, in realtà, non si verifica, perché è demandata anche alle regioni la capacità di individuare tetti di spesa rispetto ai prodotti utilizzati dai soggetti affetti da questa patologia, dalla celiachia, che devono seguire una dieta rigorosissima.

Quindi, riteniamo assolutamente necessario che il Governo si impegni a garantire un'uniformità di trattamento, proprio al fine di evitare quelle disparità emerse nel corso del dibattito fino ad ora. E ritengo sostanzialmente importante impegnare anche la scuola, quindi il mondo della formazione e dell'educazione, rispetto a quelle che sono le buone abitudini alimentari, fra cui, appunto, l'educazione all'alimentazione.

Sostengo fortemente la necessità di inserire nei piani scolastici - dalle scuole primarie alle secondarie di primo e secondo grado - l'attenzione all'educazione alimentare e, quindi, alle patologie che riguardano il mondo del cibo, perché questo significa promuovere la salute; e promuovere la salute significa occuparsi del benessere collettivo, anche in termini di riduzione dei costi sanitari, oltre che sociali.

Ben venga, quindi, l'informazione, la necessità di informarci, di informare e, quindi, le campagne di sensibilizzazione che possono essere giornate deputate alla consapevolezza della celiachia. Dunque, la formazione è importante anche - come è stato già detto da chi mi ha preceduto - rispetto agli operatori della ristorazione collettiva, sia per garantire un accesso al cibo senza glutine nelle mense scolastiche o nei posti di lavoro, sia rispetto ad una ristorazione collettiva esterna; perché, poi, diciamoci anche la verità, ad oggi, i cibi senza glutine sono più facilmente rinvenibili nell'alta ristorazione e, quindi, anche questo potrebbe causare un discorso di disparità sociale che noi, Parlamento insieme al Governo, dobbiamo assolutamente evitare.

Ritengo fondamentale, affinché si agisca nella giusta direzione rispetto alla possibilità di arginare i danni gravi, soprattutto, conseguenti a diagnosi tardive della celiachia, l'estensione della categoria degli alimenti di cui al decreto 10 agosto del 2018, perché, ad oggi, secondo me, è inspiegabilmente ristretta ad una cerchia di prodotti che, però, non garantiscono la completezza dei beni di cui i soggetti affetti da celiachia devono disporre. E poi - è stato già detto e lo riporto solo brevemente - anche per noi è assolutamente fondamentale puntare sulla diagnosi precoce, sia per evitare la drammaticità degli effetti della celiachia e garantire terapie più efficaci, sia per ridurre i rischi importanti che si possono determinare da una diagnosi tardiva di questa patologia. Quindi, ben venga l'impegno che noi chiediamo al Governo di inserire nei LEA le prestazioni per la diagnosi precoce.

Concludo, Presidente, dicendo che per me ogni volta che si discute in quest'Aula di patologie legate al mondo dell'alimentazione è un segnale importante che diamo anche all'esterno, perché l'azione politica deve essere sfidante, soprattutto rispetto a quelli che sono i diritti all'inclusione sociale, e parlare di patologie legate al mondo dell'alimentazione e, quindi, al cibo significa fare questo e andare nella giusta direzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Penna, che illustrerà anche la mozione Nappi ed altri n. 1-00621, di cui è cofirmatario.

LEONARDO SALVATORE PENNA (M5S). Grazie, Presidente. Presidente, colleghi, oggi parliamo di un problema, quello delle allergie e delle intolleranze alimentari e in particolare della celiachia, troppo a lungo dimenticato. È molto positivo che il Parlamento dedichi la sua attenzione a questo tema: abbiamo l'opportunità di ascoltare le richieste dei pazienti, di elaborare nuovi indirizzi in materia, fermi ormai da tempo. Oggi tutti sanno cos'è la celiachia, ma fino a qualche decennio fa non c'erano troppe informazioni. La celiachia viene definita come un'enteropatia infiammatoria che colpisce l'1 per cento della popolazione e si sviluppa in soggetti geneticamente predisposti, con produzione da parte del sistema immunitario di autoanticorpi all'assunzione del glutine nella dieta.

Sappiamo quanti italiani ne soffrono, cioè oltre 250 mila, in grande maggioranza donne. Si tratta purtroppo di un trend in crescita: un tempo il medico di base prescriveva l'esame per la celiachia solo ai soggetti in cui la malattia era ormai conclamata. Aumentando il numero della popolazione sottoposta agli esami e con l'introduzione dei test ematici, questa percentuale è ovviamente cresciuta e continuerà a crescere.

Parliamo di una malattia i cui meccanismi sono stati individuati solo alla metà del secolo scorso: sebbene la condizione fosse già nota nell'antichità, solo nel 1945, il pediatra olandese Dicke identificò nella farina di frumento l'agente responsabile dei sintomi nei bambini celiaci. Purtroppo, non esiste una vera e propria cura: l'unica terapia per le persone affette è una rigorosa dieta senza glutine per evitare l'infiammazione e le eventuali complicanze a livello sistemico che si vengono a determinare consumando prodotti con glutine.

Il primo tema su cui è opportuno avviare una riflessione è quello delle diagnosi tardive. Purtroppo, quello della diagnosi è un percorso molto complicato. Il primo step è l'accertamento della presenza di anticorpi indicativi della possibile diagnosi. In caso di alti valori, dieci volte superiori al normale, si passa all'indagine genetica. In caso di doppia positività, si viene sottoposti a una valutazione delle condizioni generali e a una biopsia. Proprio per questo, in molti casi la celiachia viene diagnosticata in ritardo nei più piccoli e ciò porta a danni a volte irreparabili a livello intestinale e non solo.

Bisogna ricordare che, oltre alla celiachia conclamata, esiste un problema abbastanza grave rappresentato dalle intolleranze gravi al glutine che non vengono mai conclamate come celiachia nelle analisi, anche se presentano quasi le stesse sintomatologie e gli effetti negativi sugli organismi e, quindi, sugli individui che ne sono vittima. Questa è una delle cose che dovremmo investigare perché si persegue l'indagine sulla celiachia, mentre si sorvola sulle intolleranze che hanno una diagnosi più complicata, ma presentano sempre le stesse condizioni negative. Ciò fa ascendere il numero dei soggetti che hanno problemi con il glutine dai 250 mila dei dati ufficiali ad un numero molto più alto.

Il secondo aspetto è rappresentato dalle complicanze sul piano sociale. Mangiare fuori casa può essere ancora problematico, soprattutto dal punto di vista psicologico. Spesso può capitare di non riuscire ad accettare facilmente la nuova situazione, vissuta come un limite, soprattutto per chi ama la socialità del cibo. Può capitare di sentirsi discriminati, esclusi, diversi perché non si ha più la libertà di scegliere come prima e può mancare spesso la “normalità”. Un celiaco non può recarsi liberamente in un locale pubblico qualsiasi e consumare liberamente un pasto, una pizza, una colazione o anche solo un semplice aperitivo. A questo proposito, bisognerebbe affrontare il problema della celiachia nello stesso modo in cui si è affrontato e risolto il problema dell'accesso ai servizi igienici negli esercizi pubblici: c'è stato l'obbligo di introdurre almeno un bagno per garantire l'accesso ai servizi igienici ai disabili e così probabilmente dovremmo riuscire a fare con gli esercizi pubblici, attraverso una forma di persuasione con le loro rappresentanze sindacali o un vero e proprio obbligo di introdurre nei propri menu almeno un piatto per tipologia di prodotti senza glutine, in modo che chi è affetto da celiachia non abbia il problema di recarsi in un locale, perché saprà che in quel locale, comunque, qualcosa troverà.

A volte non basta nemmeno evitare pane e pasta per stare alla larga dal glutine: la proteina è spesso nascosta anche in prodotti insospettabili, come affettati o, addirittura, farmaci. L'unico modo è sempre quello di leggere con estrema attenzione le etichette.

La vita di un celiaco è, dunque, spesso appesa a un'etichetta ed è sempre contrassegnata dalla paura di stare male; nelle forme più gravi può portare anche a degli shock. E' una condizione sicuramente invalidante di cui il legislatore deve tenere conto.

Essere celiaci può anche comportare problemi da un punto di vista professionale: infatti, la celiachia è inserita tra le imperfezioni e le infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare o, altresì, di non idoneità all'arruolamento nelle Forze armate.

Tutto ciò ha conseguenze non trascurabili dal punto di vista psicologico. Sia i giovani che gli adulti possono affrontare con molto disagio la diagnosi di celiachia. Gli adolescenti spesso possono apparire più vulnerabili rispetto a come i genitori sono abituati a vederli da bambini.

Tali caratteristiche possono amplificarsi quando viene diagnosticata una patologia cronica; la consapevolezza dell'irreversibilità della diagnosi può portare l'adolescente a sentirsi diverso ed estraneo e, quindi, creare un problema nel già fragile equilibrio della famiglia. Se la diagnosi viene comunicata in età adulta la difficoltà di accettare e attuare un cambiamento, dopo che per tanto tempo si aveva un determinato stile alimentare, è spesso difficile da gestire, anche in termini pratici. L'ansia e la tristezza, la rabbia per il dover seguire una dieta possono portare a sentimenti di inadeguatezza, chiusura, passività con conseguente ritiro dalle relazioni sociali e dai momenti di socialità. Con il tempo l'adulto deve imparare a fare la spesa, a conoscere i migliori prodotti gluten free, a cucinare senza glutine, a mangiare fuori casa negli esercizi informati, sentendosi in sicurezza. Questi passaggi non sono facili.

Alla luce di tutto questo dobbiamo chiederci, dunque, cosa fanno lo Stato e le istituzioni per i celiaci. Forse troppo poco. Pensiamo che è solo dal 2017 che è prevista l'esenzione dal ticket per gli esami di follow-up che possono essere prescritti dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, sulla base delle linee guida del Ministero della Salute.

Gli esami per la diagnosi, invece, sono totalmente a carico dei pazienti, fatta salva la possibilità per le regioni e province autonome di porre a carico del Servizio sanitario regionale, anche in compartecipazione, la diagnosi di celiachia o i percorsi dedicati.

È invece dal 2005 che è stata emanata una norma per tutelare i soggetti celiaci anche fuori casa, prevedendo fondi specifici per garantire la somministrazione, su richiesta, di pasti senza glutine nelle mense delle strutture scolastiche. Proprio per questo, come ribadivo poc'anzi, non sarebbe male che gli esercizi pubblici che somministrano pasti ai clienti prendessero l'impegno, attraverso una forma di persuasione e di induzione da parte delle istituzioni, ad assicurare che nei propri menu ci siano anche piatti che possono essere scelti dai celiaci o dagli intolleranti.

Non possiamo nasconderci che ciò non è sufficiente, serve più attenzione. È evidente che la celiachia è una malattia cronica a rischio di complicanze, dove il costo della prevenzione è di gran lunga più affrontabile rispetto ai costi necessari per ricoveri e cure. Dunque è fondamentale investire sul percorso diagnostico e supportare il celiaco nel follow-up, considerato il numero sempre crescente delle diagnosi e le difficoltà di assicurare un sistema di assistenza omogeneo sul territorio.

Sono fondamentali poi la formazione e l'aggiornamento professionale degli operatori del settore alimentare al fine di garantire un alto livello di sicurezza e di qualità nella produzione alimentare e nei servizi di ristorazione. Sebbene molti ristoratori siano oggi attrezzati per rispondere alle esigenze dei celiaci, ancora oggi non è impossibile imbattersi in qualcuno che non sappia bene in cosa consiste la celiachia o che abbia una reale cognizione di dove sia possibile trovare il glutine o addirittura - aggiungo - che passi ad una sorta di irrisione del soggetto che vuole mangiare senza glutine. Questa sarebbe un'opportuna riflessione che il Parlamento dovrebbe fare. Occorre, inoltre, quanto prima porre rimedio alla grande ingiustizia a cui sono sottoposte le persone con celiachia che di fatto non hanno accesso alla dieta senza glutine in tutto il territorio nazionale, ma solo nella regione di loro appartenenza, salvo qualche eccezione: una delle tante incongruenze a cui ci sottopone la regionalizzazione della sanità.

È anche per questo che l'Associazione Italiana Celiachia (AIC) chiede di attuare un nuovo modello organizzativo dell'assistenza ai pazienti celiaci, digitalizzando il buono per la terapia senza glutine in tutte le regioni italiane, permettendo così la reale circolarità di tutti i canali distributivi della terapia (farmacie, supermercati e negozi specializzati). Oggi, purtroppo, non tutti i supermercati sono convenzionati, un oggettivo limite e un'ulteriore complicazione per i celiaci.

Altro tema è il tetto di spesa per l'acquisto di alimenti erogabili al celiaco dal Sistema sanitario nazionale, fissato in 110 euro per gli uomini e 90 euro per le donne adulte. I buoni mensili hanno l'obiettivo di coprire parte del fabbisogno energetico individuale derivante da carboidrati senza glutine. Il celiaco, infatti, deve seguire una dieta varia ed equilibrata con un apporto energetico giornaliero da carboidrati di almeno il 55 per cento: circa il 35 per cento dell'apporto energetico totale deve derivare da alimenti senza glutine, il restante 20 per cento da alimenti naturalmente privi di glutine come riso, mais, patate e legumi.

La cifra erogata dal Sistema sanitario, nonostante sia stata rimodulata al ribasso nel 2018 in seguito al calo del costo di alcune materie prime, appare congrua, ma le cose potrebbero presto cambiare, considerando l'aumento dell'inflazione e del costo delle materie prime.

In conclusione, dobbiamo ricordarci che quando parliamo di salute abbiamo una stella polare da seguire: l'articolo 32 della Costituzione che “tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Il COVID, purtroppo, ci ha posto di fronte a scelte difficili; è stata un'emergenza di salute pubblica che ha di fatto monopolizzato l'attenzione della pubblica opinione e questo, purtroppo, ha portato giocoforza ad attenuare l'attenzione verso altre patologie, come questa. Sappiamo che milioni di visite mediche ed esami sono stati rinviati e tutto ciò ha danneggiato anche chi soffre di allergie e intolleranze alimentari. Oggi, non abbiamo più scuse, non possono esistere pazienti di serie A pazienti di serie B, regioni in cui si viene curati e altre dove non ci sono i servizi adeguati. Ora è il momento di usare le risorse che abbiamo a disposizione, a partire da quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per colmare quelle lacune che pure ci sono nel nostro Servizio sanitario nazionale. E se le risorse non dovessero essere sufficienti, dobbiamo avere il coraggio di trovare nuovi fondi, magari distraendoli da attività i cui benefici sono opinabili. Dopo la pandemia, ormai, è chiaro a tutti che le risorse stanziate per la sanità non sono un costo, ma un investimento per il Paese, e su questa strada dobbiamo proseguire.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Il Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 5 aprile 2022 - Ore 11:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 15)

2. Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione a un conflitto di attribuzione elevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale di Torino, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 35 del 2022.

3. Deliberazione in merito alla proposta di elevazione di un conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale nei confronti dell'autorità giudiziaria (Sezione Commerciale del Tribunale di Lecce).

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

ASCARI ed altri: Modifica all'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio. (C. 3200​)

Relatrice: ELISA TRIPODI.

5. Seguito della discussione delle mozioni Murelli ed altri n. 1-00563, Nappi ed altri n. 1-00621, Ianaro ed altri n. 1-00622 e Marrocco ed altri n. 1-00623 concernenti iniziative in materia di allergie e intolleranze alimentari, con particolare riferimento alla celiachia .

6. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FERRARI ed altri; DEIDDA ed altri; GIOVANNI RUSSO ed altri; DEL MONACO ed altri; DEL MONACO ed altri; FERRARI ed altri: Disposizioni di revisione del modello di Forze armate interamente professionali, di proroga del termine per la riduzione delle dotazioni dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, nonché in materia di avanzamento degli ufficiali. Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale. (C. 1870​-1934​-2045​-2051​-2802​-2993-A​)

Relatori: ARESTA e FERRARI.

7. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FIANO ed altri; PEREGO DI CREMNAGO ed altri: Misure per la prevenzione dei fenomeni eversivi di radicalizzazione violenta, inclusi i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 243​-3357-A​)

Relatore: FIANO.

8. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

MELONI ed altri: Modifiche alla parte II della Costituzione concernenti l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. (C. 716-A​)

Relatori: BRESCIA, per la maggioranza; PRISCO, di minoranza.

9. Seguito della discussione della proposta di legge:

CORDA ed altri: Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato). (C. 875-B​)

Relatore: ARESTA.

10. Seguito della discussione delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610 e Raduzzi ed altri n. 1-00620 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea .

(al termine delle votazioni)

11. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 2533 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana (PSA) (Approvato dal Senato). (C. 3547​)

La seduta termina alle 13,55.