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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 659 di giovedì 17 marzo 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Caparvi, Casa, Comaroli, Delmastro Delle Vedove, Ehm, Fassino, Gebhard, Giachetti, Grande, Lapia, Liuni, Magi, Migliore, Palmisano, Perantoni, Romaniello, Scoma, Viscomi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 112, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, recante disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina (A.C. 3491-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3491-A: Conversione in legge del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, recante disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,34).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 3491-A.

PRESIDENTE. Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3491-A​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Romaniello. Ne ha facoltà.

CRISTIAN ROMANIELLO (MISTO-EV-VE). Grazie, Presidente. Colleghi, come Europa Verde-Verdi Europei voteremo contro questo decreto e voglio esprimere le ragioni di tale scelta.

Condanniamo fermamente l'aggressione militare della Russia ai danni dell'Ucraina e crediamo che non si debba lasciare il popolo ucraino da solo, perché, come ogni popolo, ha diritto di difendersi e di ricevere aiuto quando è invaso, ha diritto alla libertà.

Ciò che sta accadendo in Ucraina è un dramma per tutta l'umanità e per il mondo civile, un dramma provocato dalla strategia bellica efferata di Putin. Noi non siamo equidistanti, siamo con il popolo ucraino, perché non si può considerare l'invasione e la guerra contro l'Ucraina tollerabile in alcun modo, così come non sono tollerabili le troppe morti civili e, va ribadito, Putin sta commettendo crimini di guerra.

Esprimiamo, altresì, la nostra preoccupazione e indignazione per la decisione della Russia di assoldare e inviare 16 mila mercenari siriani nelle zone di guerra. Purtroppo, abbiamo ancora ben chiari nella nostra memoria il disastro e le violenze perpetrate ai danni della popolazione inerme della città di Aleppo, che è stata in seguito rasa al suolo. Stiamo parlando di tagliagole, 16 mila tagliagole assoldati per organizzare la guerriglia urbana, probabilmente a Kiev e nelle grandi città ucraine, per terrorizzare la popolazione e sfiancare la resistenza.

Tutto questo è inaccettabile e crediamo che per il fine più alto si debbano concentrare tutti i nostri sforzi perché continui, si intensifichi e acceleri il processo negoziale tra le parti in causa, sollecitando con forza il cessate il fuoco immediato e senza condizioni, nonché lo stop all'invio di armi per tutta la durata del processo negoziale tra le delegazioni ucraina e russa.

Per noi il punto di vista da cui partire non può essere altro, se non quello che opera nel più pieno interesse delle vittime ovvero del popolo ucraino. Crediamo che negoziare in modo efficace sia urgente e necessario e, per questo, l'Europa deve farsi carico di individuare una personalità mediatrice di rilievo per tentare di arrivare, al più presto possibile, alla pace.

Allo stesso tempo, dobbiamo aumentare gli sforzi sui corridoi umanitari, che consentono a chi fugge dalla guerra supporti logistici nel viaggio e nell'accoglienza. Soprattutto su quest'ultimo aspetto - quello dell'accoglienza -, siamo convinti che tutti i Paesi dell'Unione europea debbano farsi carico dello spirito solidale che noi abbiamo sempre manifestato.

Voglio esprimere qualche considerazione sul dibattito degli scorsi giorni, che è stato importante per molti aspetti. Abbiamo parlamentarizzato riflessioni importanti, si sono confrontate due posizioni in particolare, tra chi crede che la pace non si raggiunga con le armi e chi crede che aumentare i sistemi di deterrenza possa consentire la conclusione del conflitto. C'è chi ha mostrato più passione degli altri su quest'ultima posizione, ricordando, anche correttamente, che i civili ucraini stanno vivendo nei bunker, terrorizzati dal fragore delle esplosioni. E su questo mi permetto di osservare ancora che non ho memoria della stessa determinazione in relazione a conflitti più distanti da noi, in luoghi dove abbiamo meno interessi, ma dove, comunque, le persone si stringono a ciò che resta loro, mentre sentono le stesse esplosioni, muoiono sotto le bombe, vivono catastrofi umanitarie di cui nemmeno conosciamo l'esistenza o quasi, se non ce ne interessiamo. Mi riferisco ai conflitti in Paesi come Etiopia, Yemen, Nigeria o Myanmar: lì non si mandano armi, non si prova compassione per i civili, non abbastanza. Su questo aspetto vi invito a riaprire le riflessioni.

Tornando al tema dell'invio delle armi e osservando la decisione che è stata assunta, chiediamo che si eserciti un controllo ferreo sulla loro fornitura, anche perché l'Unione europea ha usato per la prima volta lo European peace facility, ma non ha rispettato tutti i criteri di salvaguardia previsti dal fondo né ha analizzato a fondo i rischi dell'invio di armamenti a Kiev, perché manca uno standard comune sulla trasparenza delle informazioni relative al materiale bellico che i singoli Paesi dell'Unione stanno cedendo all'Ucraina. Questo sta limitando le capacità di monitoraggio e controllo di ciò che si invia anche da parte degli organi di informazione e della società civile. Sarò più chiaro: dobbiamo conoscere quali tipi di armi inviamo e dobbiamo evitare la possibilità che esse finiscano nelle mani di gruppi estremisti attivi nel Paese e che rappresentano un problema per la stessa stabilità del Governo ucraino.

Sul punto, mi consenta di tornare su una questione aperta ieri durante l'esame degli ordini del giorno e che - resti agli atti a futura memoria - non è mai stata chiusa. Ho chiesto, in un ordine del giorno a mia prima firma, l'impegno al Governo perché valutasse tutte le iniziative utili al fine di operare un rigoroso controllo per evitare che l'ingresso di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in Ucraina possa avvenire ad opera di intermediari fuori dal controllo delle autorità governative del Paese. Il motivo è semplice, è quasi banale: è noto a tutti che, per consentire l'accesso delle armi e dei materiali che stanno andando in Ucraina, sono attivi degli intermediari, compagnie private, mercenari. Sono state operate tutte le scelte necessarie perché le forniture arrivino alla “resistenza” così come sono inviate o qualcosa viene sottratto? In quest'ultimo caso, si è fatta una previsione su chi terrà nella propria disponibilità quelle armi?

Su quali conflitti o su quali arsenali, gruppi militari o criminali organizzati beneficeranno di queste armi? Il Governo mi ha invitato al ritiro, spiegando che la richiesta di ritiro - ed è meglio che legga fedelmente la risposta, perché non è semplice - è dettata non dall'illogicità, ma dal fatto stesso che i proponenti riconoscono che nulla di quello che non dovrebbe avvenire rispetto all'impegno attualmente non c'è. Questa è la risposta letterale del sottosegretario Mule', che è stato anche molto capace con la tripla negazione per spiegarci meglio: visto che è ipotetico che possano finire nelle mani di intermediari con finalità diverse da quelle della pace, allora, non accogliamo l'ordine del giorno precauzionale. In realtà, si fa tutte le volte che si promuove un provvedimento. Allora, ho chiesto al Governo se sia in grado di garantire che l'accesso delle armi e dei materiali bellici in Ucraina non avverrà nelle modalità che sono state descritte e, dal sottosegretario, giudicate come ipotetiche. Io non ho avuto risposta, quest'Aula non ha avuto risposta, tutti noi non abbiamo avuto risposta. È possibile che nessuno condivida dubbi sensati? Il Governo esprime parere contrario, motivandolo anche in modo singolare e si vota contro. Io questa cosa veramente non l'ho capita, da parte del Governo, ma anche da parte dei colleghi. Abbiamo anche votato contro l'ordine del giorno che impegna il Governo ad aumentare le spese militari. Su quello, gli stessi colleghi che avevano rigettato acriticamente l'ordine del giorno appena descritto, hanno votato serenamente a favore. Anche qui, qualcuno si è domandato a quanto ammonta la spesa sul settore militare dei Paesi dell'Unione? Lo ricordo io, a beneficio di tutti. I 27 Paesi dell'Unione europea, già oggi, secondo i dati SIPRI di Stoccolma, spendono 233 miliardi di dollari l'anno in spese per gli armamenti, che è più del triplo di quello che spende la Russia. In questi anni, le spese militari sono cresciute del 9,6 per cento. Si tratta di una scelta eticamente inaccettabile, di fronte alla grave crisi sociale e ambientale che stiamo vivendo. La Camera, con questa scelta che riteniamo inaccettabile, rinuncia a finanziare e a sostenere la crescita sociale del nostro Paese, prediligendo le armi. Non mi pare la via giusta per costruire una politica estera di difesa comune, non mi pare proprio. Si tratta di una politica estera di difesa comune, tramite un esercito europeo comune, che razionalizzi le forze militari dei Paesi dell'Unione europea. Come Europa Verde, siamo e saremo sempre contro il riarmo, non solo del nostro Paese, ma dell'Europa intera e su questo esprimo una nota di biasimo.

Mi soffermo ancora su un punto, che trova la nostra ferma contrarietà. Riteniamo irragionevole che il Governo abbia voluto inserire la questione dell'energia in una legge che parla di aiuti umanitari e militari all'Ucraina. Tra pochi giorni si dovrà discutere su un decreto-legge specifico; sarebbe dovuta essere quella la sede adatta per trattare del presente e del futuro prossimo energetico del nostro Paese. Si è voluto inserire, in maniera inopportuna e supportandolo con una retorica imbarazzante, l'utilizzo del carbone o dell'olio combustibile come fonte per produrre energia, addirittura derogando ai limiti stabiliti rispetto alle emissioni in atmosfera, mandando al diavolo la transizione ecologica. Serviva, invece, un piano urgente, per sbloccare gli impianti di energie rinnovabili al palo per problemi burocratici, visto che il Governo, le regioni e le province bloccano irresponsabilmente l'attivazione di ben 130 gigawatt per impianti eolici e solari sulla terraferma, ai quali vanno sommati 22,7 gigawatt di richieste per pale eoliche da mettere in mare.

Senza questa norma sull'energia, avremmo potuto valutare una posizione di astensione su questo decreto-legge. Abbiamo fatto del nostro meglio per migliorare questo testo, ma l'orientamento della maggioranza, evidentemente, è troppo diverso dalla nostra visione. Per i motivi esposti in precedenza, esprimo il voto contrario di Europa Verde-Verdi Europei: continueremo a sollecitare la costruzione di una politica europea per la difesa e gli affari esteri, che miri anche alla risoluzione pacifica dei conflitti, un po' a immagine della nostra Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarli. Ne ha facoltà.

DORIANA SARLI (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie Presidente. Non è facile, anzi è veramente difficile, intervenire in quest'Aula e commentare un decreto - che non è un decreto come tutti gli altri - avendo ancora negli occhi l'orrore che questo teatro di guerra ci offre tutti i giorni, senza risparmiare nessuno, adulti e bambini. È difficile mantenere anche una distanza emotiva. Quello che vediamo oggi, colleghi, dovrebbe riportare alle nostre coscienze anche le tante altre guerre, presenti e passate, vicine e lontane, che non abbiamo visto e che non vediamo.

È proprio l'orrore e il dolore che questa guerra porta con sé, che mi fa intervenire oggi, con la nostra posizione fortemente minoritaria in questo Parlamento, che, a larghissima maggioranza, ha già deciso. Intervengo in rappresentanza di tutti quei cittadini - che non sono pochi, non credo siano pochi - contrari alle modalità con cui l'Italia ha deciso di intervenire in questa guerra. Il Premier Draghi, pochi giorni fa, in quest'Aula, con rifermento a Putin, ribadiva l'importanza di ascoltare i cittadini e le sue piazze, che si sono ribellati e continuano a ribellarsi a questa guerra. È giusto, Presidente, ascoltare i cittadini, raccogliere le loro istanze e portarle in Parlamento; è proprio questo il nostro compito ed è proprio quello che dovrebbe fare ogni Governo, compreso il nostro. Tutti stiamo dalla stessa parte, dalla parte di un popolo che sta subendo un pesante attacco militare. Quello che ci divide è con quali strumenti vogliamo intervenire per provare a porre fine a tutto questo. Anche gli italiani nelle piazze sono stati molto presenti. I sondaggi dicono che l'Europa dovrebbe intervenire, ma il 65 per cento dice di non intervenire, mandando armi, ma cercando di lavorare sulla difficile e complessa mediazione diplomatica. Se i cittadini chiedono di mediare per la pace e un chiaro “no” alle armi, perché stiamo andando in direzione esattamente contraria? Non solo il Governo sembra aver deciso di ignorare completamente gli appelli delle piazze, ma addirittura, in alcune dichiarazioni, non si esclude categoricamente una no-fly zone, fortemente richiesta dal Governo ucraino, pure se siamo tutti consapevoli che, di fatto, significherebbe aprire ad una terza guerra mondiale.

Ma torniamo al decreto in discussione oggi. Questo decreto è composto da due decreti, altra anomalia che sta diventando prassi in questa legislatura. Nel primo, si è introdotto un potenziamento di vari dispositivi della NATO, la cessione, a titolo gratuito, di mezzi ed equipaggiamenti militari non letali ed interventi di assistenza e di cooperazione in favore dell'Ucraina. Con il secondo decreto, inglobato dal primo, si è introdotta, in deroga alle leggi dello Stato - leggi dello Stato! - la cessione di mezzi militari ed equipaggiamenti militari, derogando anche, a nostro avviso, al di là di tutte le interpretazioni che ho sentito in quest'Aula, all'articolo 11 della nostra Costituzione, che leggo per intero per non essere di parte: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. “A tale scopo”: non sembra sia quello che stiamo facendo e la nostra azione di sicuro non promuoverà la pace, ma contribuirà ad alimentare questa guerra. Diversi Paesi, come la Turchia e persino Israele, stanno cercando di offrire possibili piattaforme, per dirimere la questione attraverso la via diplomatica, e il nostro Governo approva a larga maggioranza l'invio di armamenti letali, segretandone poi il contenuto e l'utilità. Ma c'è di più: di quei 110 milioni di euro stanziati dall'Italia, il Governo ucraino potrà servirsene a suo piacimento. Perché non vincolarli per l'aiuto diretto alla popolazione? Una popolazione, alla quale servono beni di prima necessità (cibo, acqua, medicine), che noi dovremmo assicurare; non le armi! Sono le stesse armi che, sabato, i lavoratori dell'aeroporto civile di Pisa, da cui sono partiti i carichi di armi e munizioni, hanno rifiutato di caricare, da ringraziare, a mio avviso, per il gesto di protesta, di coraggio, di solidarietà e di pace. Siamo entrati in un'economia di guerra; gli Stati si armano e l'Italia stessa vuole incrementare la spesa militare, dai 25 miliardi attuali ad almeno 38 miliardi l'anno, quindi, ben 104 milioni al giorno. Di qui, l'approvazione dell'ordine del giorno, a prima firma della Lega, sottoscritto dal PD, dal MoVimento 5 Stelle, da Italia Viva, Forza Italia e Fratelli d'Italia. Ieri, è stato votato questo ordine del giorno e solo 19 deputati in quest'Aula hanno votato contro. Cosa volete ottenere? Quali sono i vostri obiettivi?

Infine, permettetemi un ultimo passaggio. Le immagini girate in questi giorni sui social, di bambini armati, fatti passare come patrioti e difensori del Paese hanno inviato, a mio avviso, uno dei peggiori messaggi dell'ultimo secolo. I bambini sono sempre bambini, che siano in Ucraina, in Yemen, in Siria, in Somalia, in Palestina e così via; i bambini non devono armarsi, devono essere protetti. Quei bambini non devono essere lodati come nuovi martiri per la libertà, devono essere portati in salvo. Il nostro è un messaggio di denuncia perché nessun bambino, in nessun luogo del mondo, debba difendersi con le armi, né in Ucraina, né in Siria, né in Afghanistan, né in Yemen.

La guerra è guerra ed è sempre un teatro dell'orrore, con massacri di civili, donne e bambini e questo accade purtroppo anche a telecamere spente, anche per anni, spesso nella nostra totale indifferenza o ignoranza.

Concludo, Presidente, con un obiettivo chiaro per noi: ascoltare le richieste dei cittadini e cercare di esserne portavoce. Per questo, noi di Manifesta, continueremo a chiedere l'impegno del Governo per la diplomazia e la pace. La nostra condanna all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia è assoluta e rigettare l'invio delle armi non è un voler girare la testa dall'altra parte, ma è la ferma convinzione che in nessun conflitto, in nessuna guerra - e ripeto: ce ne sono tante nel mondo, anche se non le viviamo in diretta - le armi sono veramente di aiuto alle popolazioni e questo ce lo insegna la storia.

Per tutte queste ragioni, dichiaro il voto contrario mio e delle colleghe di Manifesta al decreto in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tondo. Ne ha facoltà.

RENZO TONDO (M-NCI-USEI-R-AC). Grazie, Presidente. Credo che ci troviamo a ragionare di cose che, quattro anni fa, quando abbiamo iniziato questa legislatura, nessuno di noi avrebbe potuto pensare potessero accadere. Pensavamo di aver pagato il nostro conto con la storia con le “Torri gemelle”, pensavamo che lì avessimo toccato il fondo, invece siamo qui a parlare di guerra nel cuore dell'Europa pochi anni dopo e a parlarne evidentemente in maniera molto preoccupata. Penso che ciò che sta accadendo segnerà la storia ancora più delle “Torri gemelle” e che ci ritroveremo alla fine di questo percorso con un mondo cambiato, con un cambiamento profondo del mondo e nel mondo.

La democrazia è veramente sotto attacco, non solo come considerazione generale filosofica, ma anche come sistema di governo delle nostre realtà: abbiamo Paesi che non sanno neanche cosa voglia dire e non ritengono neanche di confrontarsi in maniera democratica e ci troviamo di fronte a una realtà aggressiva da parte della Russia nei confronti dell'Ucraina, che non permette, secondo me, nessun tentennamento sulla parte da cui stare.

Noi voteremo ovviamente a favore del decreto-legge in esame oggi perché questo decreto dice apertamente da che parte si colloca il nostro Paese e da che parte si colloca l'Europa; credo che non siano ammessi dubbi su questo.

Nel merito e in sintesi, ovviamente noi stiamo dalla parte dell'aggredito rispetto all'aggressore che, con una forza soverchiante, sta cercando di sottomettere territorialmente e politicamente quel Paese.

Esprimiamo anche un giudizio fortemente critico nei confronti del metodo - per quanto irrilevante rispetto alla sostanza - che è stato usato. Sono stati fatti saltare tutti i canali diplomatici, le proposte che vengono dall'Est sono irricevibili, e credo che, a fronte di questo, bisogna essere realisti.

L'Europa e l'Italia, il nostro Paese, che cosa possono fare rispetto a una situazione di estrema difficoltà come questa? Secondo me, ci sono tre linee di intervento sulle quali cimentare la nostra politica e sono quelle che sostanzialmente stiamo seguendo: da un lato, un Piano importante di solidarietà verso i popoli che soffrono (l'accoglienza verso i profughi dell'Ucraina, l'attenzione verso le famiglie che devono essere aiutate a rimanere nel loro Paese e, sostanzialmente, un intervento generoso da parte di tutta l'Europa nei confronti di questi 50 milioni di abitanti); dall'altra parte, gli interventi a sostegno della nostra economia, che ovviamente patirà le sanzioni che sono state irrogate, che creeranno ovviamente delle conseguenze non solo per la Russia - come noi ci auguriamo e che speriamo siano insopportabili non tanto per quel popolo, ma per quell'economia e quei governanti - ma anche conseguenze non banali sulla nostra economia, sulle imprese che lavoravano con l'Est e anche sull'importazione delle materie prime.

Presidente, lei è della mia regione e sa benissimo cosa voglia dire per la Marcegaglia di San Giorgio di Nogaro, per le imprese che si trovano nella zona triestina e per le imprese che lavorano il ferro nel Friuli non poter accedere alla fornitura dell'acciaio e del ferro necessario.

L'altra vicenda, oltre alle sanzioni e all'accoglienza, che è ancora più delicata e complessa - la citavano anche gli interventi prima di me - è quella della fornitura delle armi all'Ucraina per difendersi.

Innanzitutto, consideriamo che ciascuna di queste tre linee di intervento avrà conseguenze economiche su di noi perché la prima richiede l'investimento di quattrini, di denaro e di risorse, che vanno in qualche modo recuperate, peraltro in un periodo di difficoltà; la seconda, che ha a che fare con l'economia, ovviamente avrà ulteriori scossoni al ribasso, rispetto alla potenziale espressione del PIL; la terza, che riguarda le armi, è ovviamente la più delicata e credo che ognuno di noi debba seriamente riflettere su questo.

Io dico francamente che sono a favore dell'intervento, dopo aver riflettuto a lungo: credo che ciascuno di noi abbia avuto un tentennamento su questo punto, perché, da un lato, c'è la necessità di chiedersi se stiamo facendo la cosa giusta – non sono mai convinto di essere dalla parte del giusto –, ma poi una decisione bisogna prenderla. Mi chiedo che cosa potremmo fare oggi, a fronte di un periodo di guerra di oltre tre settimane, nel quale il popolo ucraino sta eroicamente cercando di difendersi, riuscendo anche a contrastare in maniera apprezzabile e apprezzata l'avanzata dei russi, e credo che questo sia un terreno su cui riflettere. È stato facile pensare, anche per me in alcuni momenti, che forse la cosa migliore fosse di fermarci e di lasciare che Putin avanzasse, però mi chiedo - quando vedo i giovani padri di famiglia ucraini che accompagnano le proprie spose ed i propri figli al confine con la Polonia per mandarli al sicuro e poi rientrano a combattere - se invece queste cose non vadano vissute per quelle che sono e quindi credo che anche l'invio delle armi, che certamente è una cosa che non fa piacere a nessuno, in questo momento sia la cosa giusta.

Dopo aver riflettuto con grande sofferenza - perché non sono mai cose facili - credo che noi dobbiamo farlo. Credo che sia la cosa giusta e che il Governo faccia bene a partecipare a questa missione di fornitura delle armi necessarie a quel popolo per difendersi, perché comunque - non voglio fare recuperi storici dell'Accordo di Monaco e di quanto accadde tanti anni fa con la vicenda della Germania del Terzo Reich - ritengo che ci siano le condizioni per aiutare gli amici ucraini a difendersi rispetto a questa questione. Ripeto che non mi stupisco affatto che questo possa essere un punto divisivo, ma credo che in questo momento davvero sia la cosa più giusta che noi possiamo fare.

Concludo con una considerazione. Al di là di queste che sono le posizioni di Noi con l'Italia-USEI, va continuato il negoziato su tutti i livelli e, se c'è anche un minimo spiraglio, va mantenuto aperto; vanno coinvolti nella possibilità di dialogo tutti gli attori, istituzionali e non, che possono farlo; va tenuto alto il livello del confronto e vanno incoraggiati sia gli ucraini che la parte dialogante della Russia, che credo comunque si stia rafforzando, ad aprire un dialogo che porti almeno ad un cessate il fuoco.

Nel frattempo - e concludo, signor Presidente - occorre tutelare l'economia, la nostra economia: noi abbiamo bisogno di creare ricchezza perché i tempi che ci stanno di fronte sono tempi difficili e credo che il lavoro diventerà centrale rispetto a questo scopo. Dobbiamo garantire il lavoro, dobbiamo garantire che le nostre imprese possano creare sviluppo e che si possa tornare a lavorare presto.

Ne approfitto anche per parlare del green pass per gli over 50: credo che sia giusto rimuoverlo e mi meraviglio che la CGIL continui a pensare di non intervenire in questo senso. Noi dobbiamo ridare la possibilità a tutti di tornare al lavoro - il lavoro è la prima cosa in questo momento - perché dare lavoro vuol dire creare ricchezza, creare l'economia del nostro Paese, vuol dire creare le condizioni per sopportare un momento difficile come quello che questa tragica guerra ci sta presentando e di cui dobbiamo pagare il conto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ermellino. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA ERMELLINO (MISTO-CD). Grazie, Presidente. Ci tengo a ribadire, ancora una volta, che l'unica via percorribile in questa terribile situazione è quella del dialogo e dei negoziati, affinché si fermi questo massacro umano e di valori.

“Purtroppo, non siamo stati capaci di costruire, dopo la caduta del Muro di Berlino, un nuovo sistema di convivenza fra le Nazioni, che andasse al di là delle alleanze militari o delle convenienze economiche”, così, il Cardinale Parolin, Segretario dello Stato vaticano, facendo leva sul bisogno di politiche di diplomazia e, direi, quasi a prescindere dalla sua estrazione religiosa, richiama la nostra attenzione; di alcuni di noi, più avanti negli anni, che possono tornare con la mente ad altri momenti storici in cui il nostro Paese aveva un ruolo internazionale e una credibilità che ha via, via, dissipato, ma riguardo alla mia generazione, a coloro i quali un domani dovranno costituire la nuova classe dirigente del Paese, noi viviamo una fase di transizione e posso dire che scarseggiano davvero gli sherpa in grado di accompagnarci lungo questo percorso.

È così che proprio spunti di riflessione come questo sono un richiamo forte per chi, oggi, è chiamato a servire la Repubblica e continua a credere necessario costruire un'Unione europea con un'anima politica, solidale e condivisa. Attraverso la risoluzione di maggioranza, la scorsa settimana, abbiamo lasciato traccia della ferma volontà di quest'Aula di sostenere ogni iniziativa, multilaterale e bilaterale, utile a una de-escalation militare attraverso un percorso negoziale, anche raccogliendo la disponibilità della Santa Sede, in quanto Stato terzo, a svolgere un'opera di mediazione.

Tuttavia, parallelamente a questi intendimenti, non potevamo lasciare solo il popolo ucraino nel corso della sua eroica resistenza; con gli articoli 2 e 2-bis, il Parlamento, in linea con il Governo, dà prova di interventismo democratico, che poco o nulla ha a che fare con una strumentale interpretazione dell'articolo 11 della nostra Costituzione. Mi permetto di fare un inciso: forse questa speculazione, portata avanti da alcuni nel Parlamento, fuori dal Parlamento o nelle istituzioni, ha fomentato questo clima da psicosi e ha prodotto azioni come quella successa proprio ieri a Taranto in cui, al passaggio della nave Carabiniere attraverso il ponte girevole, un gruppo di cittadini ha ritenuto normale protestare lanciando oggetti verso il picchetto presente sulla nave e verso la nave. Queste azioni sono gravissime, non solo perché non restituiscono l'immagine positiva del rapporto fra Taranto, la Marina militare e i cittadini di Taranto, ma perché non restituiscono neanche la stima di quanti, non solo a Taranto, ma in Italia, ritengono necessario e importante il lavoro svolto dalla Marina e da tutte le Forze armate.

Sono ben conscia che già nel 1961, nel suo discorso di commiato, il Presidente Eisenhower metteva in guardia gli americani dal crescente peso e dagli interessi mastodontici del cosiddetto complesso militare industriale. Si tratta, però, di nodi gordiani, con cui ci si dovrà confrontare tutti, in un mondo sempre più affollato, dalle risorse limitate, consci che la sopravvivenza del genere umano è legata a una pacifica convivenza, funzionale a superare le prossime difficoltà, le prossime sfide - abbiamo l'emergenza energetica e quella dell'approvvigionamento alimentare, l'emergenza dell'acqua – e a un abbassamento delle tensioni globali, ma questo, in questo caso, non significa girarci dall'altra parte di fronte ad un Paese democratico, aggredito da un autocrate in preda a mire espansionistiche davvero mal calcolate.

Sull'accoglienza dei profughi provenienti dall'Ucraina, al di là del plauso alla decisione, presa in sede europea, sull'attivazione della protezione temporanea, e dell'ammirazione nei confronti della rete solidale di volontariato sostenuta dai cittadini, sottolineo la necessità di un maggiore sforzo di concertazione interministeriale, per evitare che questi lodevoli gesti di altruismo e di comunanza vengano compromessi dall'improvvisazione e dalla scarsa avvedutezza di chi, a livello locale, non conosce i necessari passaggi che possono garantire una sufficiente sicurezza e il buon funzionamento della macchina dell'accoglienza. Siamo chiamati, sin da subito a promuovere chiarezza e trasparenza a livello nazionale, in particolare rispetto ai minori non accompagnati, ma non solo, proprio perché a breve potremmo trovarci a subire il carico e l'urgenza dei grandi numeri. Lo dobbiamo innanzitutto agli ucraini e a tutti coloro che scappano dal Paese in guerra, ma anche ai cittadini che, con sacrificio e misericordia, accolgono e donano, nonostante le difficoltà del momento post-pandemico.

Insomma, nessuno merita di subire alcuna speculazione a fine di lucro, una realtà che purtroppo stiamo già avvertendo, come apprendiamo, ad esempio, dalla cronaca che ci viene restituita dal confine fra Polonia e Ucraina, dove sono stati segnalati casi di scomparsa di minori, di tratta di esseri umani e di estorsione nei confronti delle donne. Le competenze a livello centrale coinvolgono vari Ministeri: l'Interno che deve veicolare informazioni puntuali e chiare alle prefetture, e il Ministero della Salute, che deve garantire l'esecuzione di tutte le misure sanitarie, anche e soprattutto fronte COVID e in questo faccio un appello affinché le regioni vengano sollecitate a rispondere con una voce univoca e a seguire le indicazioni che vengono date a livello centrale. Tutto l'apparato dell'educazione e della socialità dovrà essere pronto ad accogliere e integrare, anche a livello linguistico, i minori.

In definitiva, l'ossatura del decreto in discussione ha colto l'urgenza del momento, ma molto andrà fatto per fornire più efficaci misure normative e garantire un utile impiego delle risorse stanziate sul fronte dell'accoglienza.

C'è, poi, in conclusione, la questione dell'approvvigionamento energetico, su cui molto è stato detto e proposto, in queste ultime settimane. Lo scoppio della guerra in Europa, il pericolo che gli interessi commerciali che ci legano alla Russia possano inevitabilmente subire il contraccolpo del conflitto, tutto ciò ha giustamente accelerato il percorso di indipendenza dalle fonti energetiche estere, ma, dato che l'autonomia non è raggiungibile nell'arco di poche settimane e a fronte della realtà che le fonti fossili costituiscono, ad oggi, le soluzioni energetiche maggiormente percorribili nel brevissimo periodo, in quanto elementi reperibili e trasportabili, capisco, seppur non condivido, il significato di alcune affermazioni pubbliche relative alla temporanea riconsiderazione delle centrali a carbone. Capisco, Presidente, ma ad una condizione, ossia che non siano un pretesto per rallentare o, peggio, allontanare il pensiero rinnovabile che ormai da anni accompagna il nostro percorso europeo e nazionale verso la transizione energetica dei modelli produttivi e di consumo civile. Non possiamo permetterci - da pugliese, da tarantina, lo urlo -, non possiamo permetterci di arretrare, di fronte ad anni di lotta sui territori che hanno visto diritti fondamentali come salute, ambiente e lavoro schiacciati dal profitto.

Fatte queste premesse, Presidente, a nome della componente Centro Democratico, dichiaro il voto favorevole alla conversione in legge del decreto che interviene sulla crisi ucraina.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

PINO CABRAS (MISTO-A). Presidente, l'ingresso nelle svolte più drammatiche della storia può dunque avvenire in un modo banale, quasi dalla porta di servizio. L'Italia fornisce armi a un Paese in guerra assieme a tutta l'Unione europea, a sua volta soggetta a una mutazione istituzionale che passa dalla retorica dei 65 anni di pace alla nuova genetica di un'istituzione votata alla guerra. Il Ministro dell'Economia e delle finanze del Paese che ha la Presidenza di turno dell'Unione europea, il francese Le Maire, dice che faremo una guerra economica e finanziaria totale contro la Russia. “Guerra totale”: la locuzione descrive una guerra in cui gli Stati usano la totalità delle loro risorse allo scopo di distruggere l'abilità di un altro Paese di reggere la guerra. È un modo di combattere che coinvolge l'intera popolazione civile, ha come unica misura la rovina completa, la debellatio, e innesca un meccanismo incontrollabile ed estremo di rappresaglie e ritorsioni che potenzialmente portano alla mutua distruzione assicurata. Siccome viviamo in un mondo che ha attraversato la soglia di Hiroshima, cioè la porta che rende possibile all'umanità la sua autodistruzione, non misuriamo più le guerre con le vecchie categorie. Prima di Hiroshima, la specie umana era il dato da cui partire, oggi, la specie umana è solo un possibile, nel senso che il suo spazio è quello della pura contingenza, circoscritta per intero dal potere delle scelte umane. La nostra specie sperimenta questa sua nuova condizione come quotidiana possibilità di morte totale. Questo rischio è stato ben presente nella mente e nel cuore delle generazioni che hanno vissuto la Guerra fredda prima del collasso dell'Unione Sovietica. La fine dell'URSS ha, invece, illuso una nuova generazione di politici sul fatto che lo spazio della razionalità politica potesse fare a meno di considerare l'orizzonte nucleare.

Rimane come consapevolezza nei dirigenti politici delle potenze nucleari che ragionano e agiscono su un piano diverso dai Paesi non nucleari, come il nostro.

Invece, lo spettacolo offerto dal sistema politico italiano nonché dal sistema mediatico in questi giorni è, da questo punto di vista, molto preoccupante: pose guerresche, parole intransigenti, semplificazioni brutali, maccartismo, liste di proscrizione, inviti pugnaci alla belligeranza, sottovalutazioni immani dei contraccolpi. La disponibilità a combattere, sì, ma fino alla vita dell'ultimo ucraino. “Armiamoci e partite”, come nella tradizione interventista che tanti danni ha fatto, il tutto con una voglia pervicace di uno scontro frontale con la Federazione russa.

Lo sottolineavamo ieri in occasione dell'informativa del Ministro Di Maio. Vladimir Vladimirovich Putin, uno di quei capi delle potenze nucleari che partecipa al gioco globale con le regole di quel club, ha giocato una carta tremenda che ha comportato l'aggressione a un Paese sovrano e pur nell'ambito di un wargame noto, dove altri membri del club nucleare si sono spesso concessi aggressioni a Paesi sovrani, nulla appare ordinario. È come il passaggio di livello di un wargame in un ambiente nuovo, con più insidie, più veloci e più indeterminabili, con la differenza decisiva che nel mondo reale si muore davvero.

La responsabilità di questo salto di livello della guerra latente è gravissima e lede il cuore del diritto internazionale. Tuttavia, questo wargame non era imprevedibile. Molti sviluppi erano iscritti in una vicenda complessa, che è stata spinta alle sue peggiori conseguenze. È la crisi internazionale più pericolosa degli ultimi sessant'anni, paragonabile, per portata, alla crisi dei missili di Cuba del 1962. Il terremoto ucraino avviene lungo una delle linee di faglia del confronto strategico planetario, durante un momento in cui, mentre crescono le tendenze di un mondo multipolare, una parte delle classi dirigenti occidentali vorrebbe spegnere la potenza russa riemersa dopo le sue umiliazioni post-sovietiche. Avantieri, un articolo sull'Huffington Post era intitolato: “Sull'Ucraina chi vi dice «ma è più complesso» è complice di Putin”. Noi pensiamo, invece, che ridurre le posizioni a questa polarizzazione sia pura barbarie (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

Nel 2014, agli albori dell'attuale crisi ucraina, in Germania decine di grandi intellettuali politici di tante tendenze, ex Presidenti della Repubblica, giornalisti, esponenti religiosi con ruoli mondiali, lanciarono un appello drammatico in favore della distensione, per non demonizzare la Russia. L'appello si intitolava: “Un'altra guerra in Europa? Non in nostro nome”. Interi settori delle classi dirigenti tedesche vedevano profilarsi il rischio sempre più concreto di una guerra mondiale; assistevano sgomenti alle campagne di isteria antirussa sui media e notavano la subalternità dei governanti tedeschi ed europei che, come un gregge suicida, obbedivano a cattivi pastori egemonizzati dai neocon di Washington e dalle classi dirigenti ipernazionaliste nel frattempo formatesi nell'Est Europa. Le menti più aperte della Germania indicavano le gravi responsabilità dei media, infestati di editorialisti e commentatori che demonizzano intere Nazioni, senza dare sufficiente credito alle loro storie. Ricordavano le elezioni micidiali della storia, che vedono nella Russia una potenza con una funzione dirigente inaggirabile per la vita politica europea.

Sebbene queste eminenti personalità tedesche richiamassero già allora anche le classi dirigenti russe alla necessità della legalità internazionale, il loro dito era puntato contro un tentativo folle e fallimentare, il terzo dopo Napoleone e Hitler, volto a sloggiare la Russia dall'Europa. Lo dicevano personalità che si sono sempre espresse con toni molto moderati. Cosa dicevano? “Nessuno vuole la guerra, ma il Nord America, l'Unione europea e la Russia vi si stanno dirigendo senza scampo, se non si adopereranno per porre fine alla deleteria spirale di minacce e contro minacce. Tutti gli europei, inclusa la Russia, condividono la responsabilità per la pace e la sicurezza. Solo chi non perde di vista questo obiettivo può evitare di imboccare la strada sbagliata”.

Il conflitto in Ucraina dimostra che la sete di potere e di dominio non sono problemi superati. Nel 1990, alla fine della Guerra Fredda, ci avevamo tutti sperato, ma il successo della politica di distensione e delle rivoluzioni pacifiche ci ha reso incauti e sonnolenti, a Est come a Ovest. Sia tra gli americani, sia tra gli europei e i russi si è perso il principio guida di bandire definitivamente la guerra dai loro rapporti. Al centro di questo discorso, il concetto che l'allargamento occidentale verso Est è stato minaccioso per la Russia, in assenza di un contestuale approfondimento dei rapporti di collaborazione con Mosca.

Dal superamento di questa separazione, doveva nascere un duraturo ordine europeo di pace e di sicurezza esteso da Vancouver a Vladivostok, come stabilito nel novembre 1990 da tutti i Capi di Stato e di Governo dei 35 Stati membri dell'OSCE nella Carta di Parigi per una nuova Europa. Sulla base di principi concordati e delle prime concrete misure attuative, bisognava costruire una casa comune europea, in cui ciascuno Stato membro avrebbe potuto godere dello stesso livello di sicurezza.

Questo fondamentale obiettivo della politica del dopoguerra fino ad oggi non è stato raggiunto e gli europei hanno ancora da temere. Fornire armi, che potrebbero finire in mani sbagliate, ci coinvolge irresponsabilmente in un'escalation della guerra e ci consegna pericolosamente agli oltranzismi del mondo polacco, baltico, ucraino e di una parte del mondo anglosassone, che si illudono, da anni, che esista una soluzione basata su una prova di forza militare. Le notizie delle ultime ore sul vertice di alcuni Capi di Governo dell'Est a Kiev sono estremamente preoccupanti, perché ci portano direttamente in un campo di confronto diretto fra NATO e Russia, cioè a pochi minuti dalla mezzanotte nucleare.

Abbiamo bisogno di una nuova politica di distensione per l'Europa e questa ci può essere solo sulla base di un'eguale sicurezza per tutti e fra partner con eguali diritti e rispetto reciproco. La soluzione politica è a portata di mano. Non comporta rese o cedimenti di principio; comporta una generosa negoziazione di un nuovo equilibrio europeo in cui la sicurezza dell'Europa non sia a scapito della Russia e la sicurezza della Federazione russa non sia a scapito dell'Europa. Un trattato che regoli le questioni irrisolte del pluridecennale sommovimento post-sovietico, con garanzie reciproche, territori neutrali, tra cui l'Ucraina, reciproci controlli e visite in situ, con un processo di denuclearizzazione che ha illustri e pratici precedenti. Pertanto, occorrerà trasformare la nostra percezione del mondo e ricostruire la trama diplomatica, che ha ancora molte soluzioni disponibili. Occorrerà trasformare l'Ucraina nel laboratorio dell'interdipendenza, garantendo che sia un Paese neutrale, federale, indipendente, con pieno e garantito multilinguismo e una partnership di sicurezza collettiva fra Russia ed Europa. Il resto è guerra, penuria, insicurezza!

Perciò, come Alternativa, diciamo “no” al decreto di guerra, “no” all'economia di guerra, “no” al riorientamento della vita di noi tutti alla guerra, come vuole il Governo dell'impoverimento. Se vuoi la pace, prepara la pace (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colletti, che non è in Aula; s'intende vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Corda, che non è in Aula. Prendiamo atto della sua rinuncia.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Costanzo. Ne ha facoltà.

JESSICA COSTANZO (MISTO-A). Oggi, Presidente, superate voi stessi riuscendo a convertire un decreto nel decreto. Più che disposizioni urgenti per l'Ucraina, potreste definirlo, senza esagerare, “decreto scatole cinesi” o, per meglio stare in tema, “decreto matrioska”. Sì, perché, oltre a sfornare decreti come il pane e anche a caro prezzo, avete inglobato il secondo solo tre giorni dopo aver emanato il primo. Non serve essere giuristi per accorgersi che, già solo questo, ha creato criticità non di poco conto, che abbiamo provato a spiegarvi anche nelle pregiudiziali di costituzionalità che voi avete prontamente ignorato e poi bocciato. È lampante, infatti, l'estraneità di materie, in contrasto proprio con la decretazione d'urgenza. Siete riusciti a trasformarlo in un decreto omnibus, perché qui si spazia dagli armamenti al rifornimento del gas naturale fino al sostegno degli studenti e dei docenti ucraini.

Ma il cuore del problema, quello che veramente preoccupa i cittadini e preoccupa anche noi, è proprio la fornitura di armi diretta all'Ucraina, in deroga alla normativa vigente, che fa emergere, tra l'altro, tre grossi nodi difficili ormai da sciogliere. Primo: fornire armi ad un Paese belligerante, che non appartiene all'Unione europea e che non appartiene all'Alleanza atlantica, significa, senza giri di parole, spedire l'Italia, dritta dritta, in un conflitto bellico, in contrasto con l'articolo 11, che - vi ripeteremo ancora una volta - recita: “L'Italia ripudia la guerra (…) come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Quindi, la guerra è ammessa solo per difesa ma, dal momento che non c'è una pronuncia del Consiglio di sicurezza dell'ONU, secondo l'articolo 39 della Carta dell'ONU, questa scelta è in contrasto, sia con l'articolo 11 della nostra Costituzione, sia proprio con lo statuto delle Nazioni Unite. Secondo: crea un pericoloso precedente, perché il Governo deroga, in maniera indefinita e illimitata, a qualunque limite, che, tra l'altro, è posto dalla legge, tramite decreto-legge.

Terzo, si stabilisce la cessione di armi e armamenti senza una previa autorizzazione delle Camere, in contrasto proprio con le limitazioni previste dal nostro ordinamento costituzionale. Ma quel che è peggio è che, come testimonia la bocciatura a raffica di tutti i nostri emendamenti proposti, avete smascherato ancora una volta le vostre intenzioni: trascinare i cittadini, dopo due anni di pandemia e restrizioni, in una guerra. Quindi, siamo passati dal terrore sanitario al terrore bellico. La differenza è che in questo caso il rischio di rendersi anche responsabili di un'escalation di violenza e scontrarsi tra l'altro con una potenza nucleare è davvero reale. Abbiamo presentato emendamenti di buonsenso, senza modificare, tra l'altro, la finalità della missione, emendamenti che sposavano semplicemente una linea più prudente che tra l'altro non è solo quella della componente Alternativa, ma è quella che viene difesa e sostenuta anche da esperti di geopolitica che, evidentemente, conoscendo la storia e la complessità anche del contesto internazionale, non sottovalutano i rischi che porterebbero ad un punto di non ritorno, ma, soprattutto, fanno anche tesoro dei fallimenti delle operazioni internazionali passate.

Quindi, a differenza del mondo della politica, questi esperti di geopolitica ricordano che la guerra insanguina l'Ucraina dal 2014 e ha già provocato più di 14 mila morti, con accertate violazioni dei diritti umani da ambo le parti. Volete quindi ignorare cosa è successo in Afghanistan, dove nel 2001 c'erano i talebani, ma nel 2021 sono rimasti i talebani (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Abbiamo proposto, poi, di definire meglio l'uso degli armamenti, vincolandoli esclusivamente a finalità difensive e, tra l'altro, entro i confini dei membri dell'Alleanza atlantica.

L'obiettivo per noi è garantire la non belligeranza dell'Italia. Abbiamo chiesto poi di sostituire l'invio delle armi con il potenziamento degli aiuti umanitari, armandoci quindi non di armi, ma di tutti gli strumenti che siano in grado di rispondere all'esodo dell'ondata di profughi, perché siamo a venti giorni dall'inizio del conflitto e sappiamo che siamo arrivati già a più di 3 milioni di profughi.

Su questo non finiremo mai di ringraziare anche la macchina dell'accoglienza che si è mossa senza aspettare le lungaggini burocratiche, senza aspettare le risorse pubbliche. Ma adesso, come istituzioni, abbiamo il dovere di coordinare, dal livello nazionale al livello locale, potenziando questa macchina e, soprattutto, il dovere di garantire la tracciabilità dei minori stranieri non accompagnati, proprio per evitare problemi in futuro.

Abbiamo fatto nostri poi alcuni emendamenti, presentati nelle Commissioni competenti dalla maggioranza e poi ritirati, che chiedevano semplicemente maggiore trasparenza sulla tipologia di armi inviate e anche sulla spesa totale. Perché poi bisogna dirsela tutta la verità: che cosa si vuole nascondere, se poi questi dati sensibili li si apprendono comodamente il giorno dopo sui giornali, mentre vengono negati invece al Parlamento? Vi siete resi responsabili di avere bocciato proposte che, senza aggiungere o chiedere nuove risorse finanziarie, assicuravano però il sostegno alle imprese italiane più penalizzate dalle sanzioni verso la Russia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), ricordando che l'export della Russia ha un fatturato di 7 miliardi.

Come le trovavamo queste risorse? Semplice, con la stessa facilità con cui voi le avete trovate per le esercitazioni della NATO. Semplicemente noi chiedevamo di spostare questi 12 milioni di euro proprio a sostegno delle imprese, perché c'è un grosso rischio che queste armi vadano paradossalmente a finire in mano russa e sicuramente ad armare anche ex detenuti. Adesso sì che c'è un'emergenza del made in Italy, ma a voi, evidentemente, sembra secondaria. In questo decreto nel decreto sono andate perse anche tante occasioni per rivendicare la centralità del Parlamento, soprattutto nelle Commissioni competenti.

Passiamo al tema dell'approvvigionamento del gas naturale: anche qui, abbiamo smascherato il vostro greenwashing di facciata (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), perché, a prescindere dal livello di emergenza - lo sottolineo e lo ripeto, a prescindere dal livello di emergenza - le centrali a carbone potranno superare, legittimate da voi, i limiti imposti di emissione nazionale e regionale, con l'alto rischio che i costi di funzionamento e manutenzione, perché si tratta comunque di strutture piuttosto obsolete e a scarsa efficienza, vengano scaricati sull'utente, quindi sulle bollette, quindi sul cittadino.

Un altro paradosso tutto italiano, a cui però noi non ci abitueremo mai, è la normalità dell'emergenza. Vi abbiamo chiesto e proposto di collegare la necessità di potenziare queste centrali a carbone proprio con il livello di emergenza, perché, Presidente, una domanda: ma come mai, se si va in deroga, a tutela di norme sull'ambiente in nome dell'emergenza, poi, ad emergenza finita, questa deroga continua ad esistere?

Presidente, ci accusate di pacifismo generico. Noi facciamo semplicemente un invito alla prudenza, ma state ignorando e beffando la stragrande maggioranza degli italiani, il cui 40 per cento è contrario all'invio di armi all'Ucraina e il 60 per cento è convinto che la vera soluzione sia la via diplomatica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), proprio per evitare ISIS naziste. Quando si combatte una guerra, Presidente, la verità è sicuramente la prima sconfitta, ma anche la capacità di ragionare senza finire invischiati nella logica del tutto bianco o del tutto nero.

L'intervento armato o qualsiasi contributo affinché le armi arrivino sul suolo ucraino proprio asseconda questa logica manichea del tutto bianco o del tutto nero. Noi non mettiamo in discussione se stare o no con il popolo ucraino, ci mancherebbe, ma vi abbiamo chiesto di interrogarvi come stare con il popolo ucraino (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). E l'unica soluzione è concentrare ogni sforzo politico e diplomatico verso un cessate il fuoco immediato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Forciniti, che è assente; si intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Giuliodori. Ne ha facoltà.

PAOLO GIULIODORI (MISTO-A). Grazie, Presidente. “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Questo è l'articolo 11 della nostra Costituzione, articolo calpestato ad ogni occasione utile (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Ripeto, l'Italia ripudia la guerra. Ripudia, una parola forte, chiara, inequivocabile. E promuove un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Pace e giustizia, non aggressività, risentimento e superbia. Ecco cosa dice la nostra Costituzione, niente di più chiaro e semplice. Invece, ancora una volta, assistiamo all'ipocrisia di questo Governo e del Parlamento tutto.

Siamo bravi a predicare la pace, a scendere in piazza, a dimostrarci ovunque solidali con il popolo ucraino, giustamente, per carità, sia chiaro, mi sembra anche assurdo dover specificare di essere contro la guerra, qualsiasi guerra, in ogni parte del mondo.

Quella di Putin è un'aggressione, un'invasione assolutamente da condannare, ma, allo stesso tempo, siamo i primi ad alimentare odio e risentimento e a soffiare sul fuoco; a consegnare al popolo ucraino armi per mandarlo a morire.

Armiamoci e partite, questo è il gioco di cui ci stiamo rendendo complici. Se alle bombe rispondiamo con le bombe, alimentiamo solo morte e distruzione. Mai come in questo momento è necessaria un'azione diplomatica coesa, seria e credibile; non c'è altra soluzione che la diplomazia e i negoziati, ma negoziati senza pregiudizi, aperti a concessioni reciproche.

Non dobbiamo alimentare il noi contro loro, non dobbiamo dividere il mondo in due. La guerra ci ha insegnato che le colpe non sono mai da una parte sola.

L'Europa, però, deve tornare ad essere protagonista, non la vittima sacrificale degli Stati Uniti. Abbiamo la guerra in casa nostra, l'Ucraina è a pochi chilometri da noi. E badate bene, le sanzioni saranno probabilmente solo un enorme boomerang dal punto di vista economico; il conto lo paghiamo e lo pagheremo noi.

Se pensiamo che le sanzioni siano l'unica alternativa al conflitto armato o l'unico metodo per porre fine al conflitto, siamo proprio fuori strada. Per decenni non siamo stati capaci di essere autonomi e indipendenti come Stato riguardo a energia, ma non solo. Le nostre forniture, infatti, dipendono in buona parte da fonti russe.

Siamo uno Stato sovrano e come tale dobbiamo agire, ma è sempre il solito problema: non abbiamo sovranità.

Vorrei poi puntualizzare alcune cose per inquadrare bene il contesto storico e geopolitico.

Faccio mie le parole del generale Fabio Mini, generale di Corpo d'armata dell'Esercito italiano, già Capo di stato maggiore del comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo, di certo non l'ultimo arrivato. Nel primo punto del suo discorso parla proprio di ipocrisia, propaganda e falsità. Cito testualmente: “Il falso è che la guerra sia cominciata con l'invasione russa dell'Ucraina. Questo in realtà è un atto nemmeno finale di una guerra tra Russia e Ucraina cominciata nel 2014 con l'insurrezione delle provincie del Donbass, poi dichiaratesi indipendenti. (…) L'ipocrisia è l'atteggiamento della propaganda occidentale (…) che, prendendo atto che esiste una guerra, finge di non sapere chi e che cosa l'ha causata (…).”

Qui da noi basta dire che la Russia di Putin vuole tornare all'Impero zarista per liquidare velocemente la questione e chiunque provi ad analizzare e ad approfondire la questione viene marchiato con infame etichetta di filo-russo. Ma per analizzare problemi complessi la superficialità è molto pericolosa. Continua così il generale Mini: “Ipocrisia ancor più grave della propaganda è il silenzio omertoso di coloro che tacciono sul fatto che dal 2014 Stati Uniti e NATO hanno riversato miliardi in aiuti quasi interamente destinati ad armare l'Ucraina e migliaia di professionisti della guerra” tra i quali anche battaglioni “neo-nazisti”. Il punto, infatti, è che la questione ucraina “è stata volutamente indirizzata verso la trasformazione graduale del Paese in un avamposto contro la Russia, a prescindere dalla sua ammissione alla NATO”.

Dobbiamo quindi chiarire un fatto: la causa storica di questa guerra è la strategia ostinata USA di espandere la NATO ad est: espansione che inizia negli anni Novanta, con l'amministrazione Clinton, dopo il crollo dell'URSS, sono più di venticinque anni che va avanti. Un'espansione a cui, inizialmente, la Russia non ha potuto opporsi per vari motivi, fino a che la NATO non è andata troppo oltre. Per la Russia trovarsi Georgia e Ucraina nella NATO è ovviamente inaccettabile, sarebbe circondata da bastioni militari occidentali alla frontiera, dal Baltico al Mar Nero. Non a caso, la Russia è intervenuta militarmente in Georgia e poi, nel 2014, il colpo di Stato USA in Ucraina, dove hanno insediato un Governo a loro gradito. Da allora le forze ucraine hanno martoriato la popolazione russofona.

Nella trattativa diplomatica tra Russia e USA, la proposta russa è firmare un trattato a garanzia che l'Ucraina non entrerà nella NATO. Gli Stati Uniti si rifiutano di garantirlo per iscritto, ma chiariscono che non interverranno militarmente a difesa dell'Ucraina in caso di attacco russo. E in effetti è logico: una grande potenza nucleare affronta sul campo un'altra grande potenza nucleare solo quando la posta in gioco è interesse vitale di entrambe. E se l'Ucraina è un interesse vitale russo, non lo è di certo per gli Stati Uniti.

Ora, l'obiettivo strategico russo è molto chiaro, è sempre stato chiaro: non è la conquista del Paese, ma il riconoscimento delle Repubbliche del Donbass, la Crimea, la smilitarizzazione dell'Ucraina e, soprattutto, la sua neutralità. Chi conosce un minimo la storia, sa quanto i Paesi neutrali, cosiddetti Paesi cuscinetto, siano importanti. Intanto gli USA stanno attuando una strategia bellica indiretta, utilizzando come strumento politico i Paesi europei. Le mosse vengono decise a Washington e vengono eseguite fedelmente dai Paesi europei.

Ma veniamo a noi. Stiamo parlando di inviare armi e uomini all'Ucraina. Cosa pensiamo succederà con questa mossa? Stiamo attuando misure molto forti, simili a dichiarazioni di guerra. Le armi che l'Italia sta inviando non potranno incidere sulle sorti del conflitto, lo renderanno solo più cruento, sanguinoso e lungo, alimentando un'escalation molto pericolosa, soprattutto per noi europei, perché diventa una provocazione rivolta alla Russia, sapendo perfettamente che un'azione militare contro uno dei Paesi NATO causerebbe un conflitto aperto.

L'intento della provocazione è dimostrare l'impotenza russa.

Di tutta risposta, il Governo russo ha dichiarato l'allerta nucleare e c'è addirittura chi a gran voce chiede un intervento ancora più impegnato e diretto, a cominciare dalla cosiddetta no-fly zone, ma la dichiarazione di no-fly zone nei cieli della Russia sarebbe solo un modo per accelerare il disastro. Non dobbiamo cedere a questa tentazione perversa, soprattutto in momenti come questi, quando le emozioni soffocano la ragione. Ormai è piuttosto chiaro che la Russia non può fare marcia indietro, quindi il punto è l'atteggiamento dei Paesi europei che sta mettendo in grave pericolo tutta l'Europa.

Cosa dovrebbe fare, allora, il Governo italiano e, più in generale, l'Europa? Cito ancora testualmente le parole del generale: “Negoziare, finirla con il pensiero unico e la propaganda, aiutare l'Ucraina a ritrovare la ragione e la Russia ad uscire dal tunnel della sindrome da accerchiamento, non con le chiacchiere ma con atti concreti. E quando la crisi sarà superata, sperando” - ovviamente - “di essere ancora vivi, Italia ed Europa dovranno impegnarsi seriamente a conquistare quella autonomia, dignità e indipendenza strategica che garantisca la sicurezza europea a prescindere dagli interessi altrui”. Interessi altrui che sarebbero, chiaramente, gli interessi degli Stati Uniti.

Lo dico ancora più chiaro: stiamo assistendo all'ennesima dimostrazione di forza, l'ennesimo braccio di ferro tra USA e Russia e i costi li paghiamo noi europei, noi scendiletto europei (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

Presidente, Alternativa non sarà complice del vostro comportamento guerrafondaio, non sarà complice del vostro fanatismo, non sarà complice del vostro delirio, un delirio inutile e pericoloso, quindi non possiamo che votare contro questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maniero, che non c'è. Si intende che abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Raduzzi. Ne ha facoltà.

RAPHAEL RADUZZI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Oggi siamo chiamati a discutere e votare questo decreto sull'Ucraina, a cui noi diremo di no e lo diremo per svariate ragioni: in primis per come è stata impostata la risposta, non solo italiana, ma europea e del mondo occidentale, alla crisi, alla profonda crisi e alla guerra che sta attraversando l'Ucraina. Una risposta che si è incentrata su sanzioni: per carità, noi non siamo contrari a prescindere, ma dobbiamo vedere quali sono gli effetti di queste sanzioni. Si è parlato molto della crisi energetica, che ci porterà, che sta già portando degli effetti terribili sul costo del carburante, sulle bollette, sul costo dell'energia e che sta mandando fuori mercato tante aziende italiane. A gennaio, pensate un po', i prezzi per la produzione sono aumentati del 40 per cento in Italia: questo avrà degli effetti terribili per le imprese, per l'occupazione, per i lavoratori.

Non abbiamo, però, parlato di tanti altri aspetti che colpiranno l'economia italiana, un'economia che esportava circa 7 miliardi verso la Russia. Non abbiamo parlato del problema che avrà una parte della finanza italiana, che è la più esposta, con 25 miliardi verso la Russia. UniCredit - dove tra l'altro è presidente l'ex Ministro dell'Economia, Padoan, del Partito Democratico - è esposta per circa 14 miliardi verso la Russia e UniCredit, guardate un po', nell'ultimo mese ha perso circa il 33 per cento in Borsa, un terzo del suo valore. E noi sappiamo cosa è successo in Italia e le crisi bancarie che abbiamo avuto negli ultimi cinque anni: non dobbiamo scordarci i risparmiatori che perdevano gli investimenti di una vita.

Oltre a questo, non si è parlato del problema agroalimentare, del fatto che la Russia e l'Ucraina, il granaio d'Europa, esportano circa il 30-40 per cento del grano che arriva anche in Italia, e che la Russia, come contro-sanzione, eviterà di esportare i fertilizzanti. Questo vuol dire costi che aumentano, sia per i produttori, sia per i consumatori finali. Non abbiamo parlato di quello che è l'export delle aziende, che non sono solo nel calzaturiero o in altri comparti che alle volte vengono descritti in maniera minore, ma anche nel manifatturiero, nel Nord- Est del nostro Paese, nelle zone più produttive. Questo colpirà la nostra economia.

Si prevede che in Russia il PIL si ridurrà attorno al 7 per cento secondo le stime di Bloomberg; infatti, anche loro verranno colpiti duramente da queste sanzioni: è vero, non lo neghiamo. Ma gli effetti per l'Europa quali saranno? Noi dobbiamo ricordare che il nostro Paese non è ancora uscito dalla crisi del 2020, causata dal COVID, che ci ha fatto perdere il 9 per cento del PIL, che è ancora più basso rispetto ai valori del 2008. Quindi, stiamo oltre vent'anni indietro, abbiamo perso oltre vent'anni di crescita.

Poi, Presidente, ci sono ancora altre cose che non vengono mai menzionate: le sanzioni e la no-fly zone che viene fatta sulla Russia, cioè i nostri vettori che non possono più fare scalo a Mosca o in altre grandi città della Russia.

Questo comporterà un aumento dei costi anche qui. Non possiamo semplicemente pensare di prendere e, con un tratto di penna, cancellare un territorio di oltre 17 milioni di chilometri quadrati, ossia il Paese più grande al mondo. Un volo da Londra a Tokyo costerà circa 20-25 mila euro in più a tratta e questi saranno costi che, poi, finiranno per gravare sui nostri cittadini e sulle nostre imprese. Quindi, una riflessione sull'impianto delle sanzioni va fatto, perché anche le sanzioni finanziarie sulla Banca centrale e sul sistema SWIFT stanno portando la Russia, a livello finanziario, in bocca alla Cina. È questo quello che vogliamo? Vogliamo che venga creato un nuovo ordine e un nuovo sistema monetario globale? Una nuova Bretton Woods, come alcuni quotidiani di settore stanno già scrivendo? Perché si parla di vendere il petrolio arabo in yuan: questo vuol dire che il dollaro non rimane più l'unica valuta di riserva globale. Ci rendiamo conto di quello che comporterà questo fatto? Ci stiamo dirigendo in una nuova Guerra fredda, con tutte le conseguenze del caso.

E, poi, Presidente, noi abbiamo fatto una strenua opposizione sull'articolo 2, sull'articolo con cui si dà il via libera all'esportazione di armi in Ucraina; non si va ad esportarle, si va a regalare armi all'Ucraina, con i soldi dei cittadini italiani, di quelle imprese che, in questo momento, sono in difficoltà e non riescono a pagare i costi stratosferici dell'energia. Ebbene, Gratteri, l'altro giorno, ha detto che queste armi finiranno, a costo di saldo, alle mafie internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Questo è un fatto, come è un fatto che la Russia, ormai, controlla un terzo del Paese e sta avanzando, sta tagliando in due, da Kiev a Nikolaev, sta prendendo in una sacca l'esercito ucraino nel Donbass e quelle armi finiranno nell'arsenale bellico russo nel giro di qualche settimana, come è successo in Afghanistan. Lo potete constatare cercando su Google “parata militare Afghanistan” e vedrete i talebani che se ne vanno belli in giro con le jeep, con i carri armati, addirittura con gli elicotteri degli Stati Uniti, della NATO, dei Paesi occidentali. È questo quello che vogliamo per la Russia? Io non penso. Allora, facciamo una riflessione sull'export delle armi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa); noi vi abbiamo proposto diverse soluzioni; vi abbiamo chiesto di non esportare fino al 31 dicembre 2022, come prevede questa norma, in deroga alla legge del 9 luglio 1990 che vieta l'export di armi ai Paesi che sono in guerra, perché, se noi esportiamo fino a dicembre armi, vuol dire che questa non è più una soluzione di brevissimo periodo, una soluzione tampone, come dite voi, per armare il popolo ucraino; tra l'altro, riceveranno armi anche gli ex detenuti, pensate un po' a chi stiamo dando le armi. Questa non diventerà più una soluzione tampone, sarà una soluzione di medio periodo, se noi continuiamo a foraggiare armi fino a dicembre. Allora, vi avevamo proposto di rivedere i termini, fino a giugno, fino a maggio, fino ad aprile, speriamo che tra un mese, quantomeno il prima possibile, vi sia una soluzione diplomatica per il cessate il fuoco. Eppure ci avete detto “no”, come ci avete detto “no” all'emendamento che chiedeva di non usare i contractor. Questo è gravissimo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). I contractor sono mercenari moderni e voi avete detto “no”, come avete detto “no” agli emendamenti per la trasparenza. Chi è venuto qui, in queste Aule, promettendo che questa sarebbe diventata la casa di vetro degli italiani sta negando al Parlamento italiano la possibilità di sapere con certezza quali armi, a chi andranno, quale sarà il costo preciso per i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)! E noi vi abbiamo chiesto anche, addirittura, una cosa minima, il minimo veramente, di sapere tutte queste cose, quando sarà finito il conflitto, con un report alle Commissioni parlamentari competenti. E voi ci avete detto “no”! Ma, allora, cosa stiamo a fare qui? Dovreste vergognarvi.

Un ultimo pensiero lo rivolgo alle modalità in cui è narrata questa guerra, perché, qualcuno lo diceva, in guerra la prima a perdersi è la verità: purtroppo, è vero e da noi viene narrata solo da una parte, la parte che è stata aggredita, a cui va la nostra piena solidarietà, lo diciamo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), ma non possiamo negare che le cose sono sempre complesse, addirittura, in una guerra, maggiormente complesse. Ieri abbiamo visto il titolo di uno dei quotidiani più importanti d'Italia, con una foto di un uomo che si disperava vedendo la moglie morta, con una scritta: “La carneficina”. Ebbene, quella foto veniva dal Donbass e quei missili erano ucraini; come se non ci fossero le stesse immagini a Kiev. Io mi chiedo perché andare a mistificare la verità in quel modo? E vi voglio leggere cosa scrive un reporter italiano, Rangeloni, che in quelle zone sta, da tanti anni, a documentare i massacri da ambo le parti: penso al massacro di Odessa, una cosa veramente vergognosa, se uno si va a leggere i dettagli di cosa è avvenuto lì. Ebbene, egli scrive: “Oggi mi è stata segnalata la prima pagina di un noto quotidiano italiano. Inizialmente non ho notato nulla di strano: il titolo ‘La carneficina' in sovraimpressione all'immagine di un uomo disperato di fronte al cadavere della moglie è la descrizione di una scena che non ho ancora digerito, ho ancora ben stampata in mente. Quell'uomo, smarrito e scioccato, l'ho visto e sentito piangere. Difficile dimenticare scene simili. Poi ho prestato attenzione alle varie descrizioni attorno a quella immagine: ‘traumi dei bimbi a Leopoli', ‘ostaggi a Mariupol', ‘Kiev sotto bombardamenti incessanti'. Nemmeno una parola su Donetsk, il luogo dove è avvenuta la carneficina. Ieri, sul luogo della tragedia ho fotografato un foglio…

PRESIDENTE. Onorevole Raduzzi, lei ha esaurito il suo tempo.

RAPHAEL RADUZZI (MISTO-A). …su cui erano scritte le parole: ‘Perché nessuno ascolta Donetsk?'. Se l'immagine da Donetsk è giunta in Italia, significa che qualcuno ha ascoltato. Ma in che modo?”

Allora, io dico non esistono morti di serie A e morti di serie B (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Raduzzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Sapia: risulta abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare l'onorevole Spessotto: risulta abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare l'onorevole Testamento: risulta abbia rinunciato.

FRANCESCO SAPIA (MISTO-A). Presidente!

PRESIDENTE. Prego, onorevole Sapia.

FRANCESCO SAPIA (MISTO-A). Grazie, Presidente. La cessione di armi all'Ucraina non è una soluzione, non ferma la guerra, non risparmia morti, né profughi e non evita tragedie umane; al contrario, mandare armi è un tentativo di lavarci la coscienza, di occultare il fallimento italiano sul terreno diplomatico, significa provare a nascondere le responsabilità dell'Italia, che non ha una politica estera e non ha un ruolo autonomo nelle relazioni internazionali.

Lo scorso 24 febbraio, il Ministro Di Maio si affrettò a pubblicare un tweet, scopiazzando le parole del Presidente Biden, ossia “guerra premeditata e non provocata”. Poi, il Ministro Di Maio ha definito il Presidente Putin un “animale”, dimenticando di essere il capo della diplomazia italiana. Questi errori clamorosi sono emblematici, Presidente. La guerra è sempre orrore, è dolore, è terrore, è ingiustizia, è crimine, è disumanità, quindi davanti alla guerra non si può essere irrazionali, impulsivi e in cerca di visibilità mediatica. Le imbarazzanti affermazioni del Ministro Di Maio non si sono fermate qui. Il Ministro ha parlato di sanzioni, l'ha fatto con toni muscolari e perfino divertiti, come se le sanzioni non avessero alcun impatto sull'economia italiana, come se non obbligassero a riscrivere il PNRR, a fronteggiare una recessione micidiale che colpirà, soprattutto, i più deboli.

Intanto, la Commissaria europea von der Leyen dimostra di non avere polso, né visione. Nel frattempo, l'Europa si sgretola sul debito comune, che andrebbe deliberato per affrontare la crisi. Fiat iustitia et pereat mundus, sia fatta giustizia, muoia il mondo: questa è la logica assurda che il Governo sta seguendo, giocando sulla commozione generale a distanza, contando sull'appoggio di commentatori che la fanno facile, che raccontano la guerra come la lotta tra il bene e il male, omettendo dettagli rilevanti. Intanto, l'imperialismo americano, di cui siamo servitori, non è meno truce di quello russo. Possiamo dire che non c'entriamo con l'Iraq, i Balcani e la Libia? Possiamo dire che non abbiamo mai venduto le armi all'estero? Possiamo dire che non sapevamo che la NATO era in Ucraina da tempo e stava fornendo armi e compiendo addestramenti militari? Possiamo negare che, a Yavoriv, si era tenuta l'operazione Rapid Trident, un'esercitazione militare che aveva impegnato 4 mila soldati ucraini e 2 mila militari di 12 Paesi della NATO? E, se lo ammettiamo, siamo anche noi oligarchi russi o infiltrati del servizio segreto FSB (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)? Possiamo ricordare che la Costituzione italiana ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali? Possiamo dubitare che le che le armi spedite in Ucraina arrivino a destinazione? Possiamo ipotizzare che anche su queste forniture nascano speculazioni, nello specifico da parte di prezzolati contractor mercenari? Possiamo temere che la guerra in Ucraina si trasformi in conflitto atomico tra Occidente e Oriente?

Possiamo avere un'opinione diversa e non indossare l'elmetto, come tanti giornalisti e politici italiani che hanno abbandonato la virologia, per intonare il peana al calduccio delle loro postazioni? Se, come il Papa, diciamo che va fermato il massacro della guerra, siamo da sanzionare come gli artisti e gli intellettuali russi che contestano l'aggressione militare ai danni dell'Ucraina? Possiamo osservare che l'Italia resta all'angolo e Macron, Schulz, Bennett e perfino il terribile Erdoğan sono, invece, attivi sul fronte diplomatico (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)? Possiamo ritenere che la guerra non si debba combattere con la guerra e che il comportamento dell'Italia dimostra che abbiamo dimenticato l'altezza di uomini come Giorgio La Pira ed Enrico Mattei? Possiamo dichiararci né con la NATO né con la Russia, perché temiamo un'escalation militare che trascini anche il Medioriente?

Presidente, siccome noi non abbiamo certezze, se non che la guerra vada vinta con il dialogo e l'unità della diplomazia, non sosteniamo questo disegno di legge criminale, anche perché si tratta di un passo per il riarmo dell'Italia e dell'Europa, di un passo per un disegno imperialista, ancora più grande e ben nascosto, tendente all'omologazione e alla schiavizzazione planetaria. Noi siamo per un mondo in cui i popoli si parlano e si rispettano. Pertanto, annuncio voto contrario di Alternativa al disegno di legge che autorizza l'invio di armi italiane in Ucraina. Presidente, la pace non si fa con la guerra (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Spessotto: risulta vi abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare l'onorevole Testamento: risulta vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Vallascas. Ne ha facoltà.

ANDREA VALLASCAS (MISTO-A). Grazie Presidente. Dopo due anni, nei quali la gestione della pandemia ha significato la drammatica sospensione di alcuni diritti fondamentali dei cittadini, oggi il Governo smantella anche uno dei capisaldi della Costituzione, l'articolo 11, che recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (…)”. L'articolo 11 è alla base della rinascita di un popolo, che intendeva marcare una distanza netta nei confronti di una fase storica e politica culminata nella tragedia della seconda guerra mondiale. Non è, quindi, una semplice dichiarazione di intenti e non è uno slogan da utilizzare nei cortei per la pace o nelle ricorrenze solenni all'Altare della Patria. L'articolo 11 è l'architrave della nostra Carta fondamentale, anche perché i padri costituenti, che avevano conosciuto gli orrori della guerra, hanno indicato, nella costruzione di solidi rapporti e relazioni internazionali, la strada per salvaguardare la pace tra i popoli. Questo perché il ripudio della guerra non basta: è necessario accompagnare la condanna con azioni concrete, volte a rimuovere gli ostacoli alla realizzazione della pace. È con questo scopo, la cooperazione pacifica tra le Nazioni, che sono stati creati gli organismi sovranazionali, come l'Unione europea.

Invece di lavorare per scongiurare una degenerazione della crisi russa-ucraina, questo Governo è passato velocemente da una gestione armata della pandemia a una guerra vera. Non è un caso che il generale Figliuolo abbia già annunciato che, dopo il 31 marzo, lascerà la gestione dell'emergenza COVID per dedicarsi alla crisi ucraina. Allo stesso modo, Ministri con qualche debito scolastico in geografia hanno gonfiato il petto e scambiato una drammatica crisi internazionale per una prova di forza muscolare. Questo provvedimento è un evidente esempio di come questo Governo intenda lavorare per la pace: invece di adoperarsi per il cessate il fuoco in Ucraina, stanzia risorse ed invia armamenti e uomini che rischiano di aggravare ulteriormente i termini del conflitto. Invece dell'acqua si getta benzina, indifferenti all'escalation che siamo noi stessi ad alimentare, che è destinata a ritorcersi contro di noi.

Ci sono, tra l'altro, molte incertezze che trapelano dal provvedimento all'esame oggi. La Camera, infatti, sta convertendo in legge due decreti, firmati appena tre giorni di distanza l'uno dall'altro. Questo è il decreto n. 14, approvato il 25 febbraio, mentre il 28 febbraio il Governo è tornato sulla crisi ucraina con un ulteriore provvedimento, il decreto n. 16, poi confluito con un emendamento nel decreto all'esame. Proprio con quest'ultimo decreto è stata disposta la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, nonché una deroga alle disposizioni che vietano al nostro Paese di esportare armi e materiali d'armamento. Soprattutto il pericolo è che, ancora una volta, questa maggioranza si faccia complice di un Governo che ha ridotto il ruolo del Parlamento, massima espressione della volontà popolare, a quello di un anonimo passacarte dei desiderata dell'Esecutivo. Una scelta scellerata, questa, destinata a indebolire il già precario equilibrio tra i poteri, equilibrio sistematicamente minato in due anni di pandemia. In questo caso, il Governo ha voluto replicare le stesse modalità di esercizio del potere e lo stesso malcostume istituzionale di bypassare sistematicamente i rappresentanti del popolo. Lo ha fatto sulla questione della lista degli armamenti da inviare in Ucraina, lista negata alle Commissioni parlamentari competenti, ma trapelata nei giornali. Questa è una guerra vera, non quella simulata durante la pandemia, quando, in nome della lotta al virus, l'Esecutivo è arrivato a comprimere i diritti di libertà, impedendo, ancora oggi, agli ultracinquantenni non vaccinati di lavorare! Oggi, rincari dell'energia e delle materie prime si abbattono su un tessuto produttivo e sociale, che non è in grado di far fronte senza sostegni alla nuova ondata di crisi che si annuncia di ampia portata. Il capo del Servizio struttura economica della Banca d'Italia, Fabrizio Balassone, in audizione alla Camera, ha detto che, dall'inizio del conflitto, si è registrato un aumento del prezzo del gas (più 40 per cento) e un raddoppio di quello di energia elettrica. Ma lo shock dei prezzi medi riguarda le materie prime non solo energetiche, ma anche non energetiche, come il legno (più 21 per cento) e alcuni metalli, come nichel (più 40 per cento), acciaio (più 17 per cento) e alluminio (più 15 per cento). Si tratta di una crisi che sta investendo tutti i settori dell'economia del Paese, dall'industria agli allevamenti, all'agroalimentare e ai beni di prima necessità. Ricordo che questa situazione si abbatte su un tessuto produttivo, nel quale sono stati letteralmente smontati pezzi cruciali del sistema manufatturiero e ampie superfici agricole sono state dismesse, in nome della minore onerosità delle importazioni di beni fondamentali e di vincoli europei. È il caso dei cereali, che oggi provengono dall'estero per il 60 per cento, e di molte materie prime, importate per il 90 per cento. A questo, si aggiunge la carenza a causa del conflitto di fertilizzanti, che renderà critiche le coltivazioni, mentre il prezzo del mais alle stelle sarà impossibile per l'allevamento. In pratica, siamo di fronte a una tempesta economica che si combina a una crisi alimentare. Nonostante questa situazione, l'Italia sta intervenendo in un conflitto bellico, i cui esiti sono difficili da prevedere, ma che già hanno creato forti turbolenze e forti speculazioni nei mercati internazionali. Anche il Ministro Cingolani, seppur con grave ritardo, si è accorto che c'è qualcosa di anomalo nell'aumento dei prezzi delle fonti energetiche. Il Ministro si è reso conto che la guerra e le crisi internazionali sono il campo dove proliferano le speculazioni; e noi ci siamo dentro. La Componente Alternativa vota contro questo provvedimento, un provvedimento di cui il Governo dovrà assumersi tutte le responsabilità, perché, con questo atto, rischiamo di compromettere definitivamente una situazione molto grave (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vianello. Ne ha facoltà.

GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Grazie Presidente. Voterò contro questo decreto, come tutta la componente Alternativa voterà contro questo decreto che invia armi. Le armi non sono uno strumento di difesa: le armi sono uno strumento di morte (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)! Le invia in Ucraina senza alcun controllo ed è ovvio che fine faranno queste armi: se non verranno intercettate prima dai russi, queste armi finiranno, inevitabilmente, per esser poi cedute, acquistate, rubate da gruppi terroristici o dalla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Queste non sono supposizioni, questa è la realtà di quello che succede quando si inviano delle armi. Non comprendere questo vuol dire non imparare nulla dalla storia. Ma voi lo sapete bene che sarà questa la fine delle armi. Nonostante ciò, state ugualmente avallando l'invio delle armi, ma soprattutto anche senza rendere noto al Paese e al Parlamento quali saranno i costi. Noi ve l'abbiamo chiesto, ve l'abbiamo proposto e voi avete detto di no! Il Parlamento non può sapere quale sarà il costo di questo invio delle armi! Alla faccia della trasparenza.

Questo invio delle armi è una palese violazione della Costituzione italiana. La si può interpretare come si vuole, ma è palesemente incostituzionale. Questo decreto è incostituzionale, non solo perché l'Italia ripudia la guerra, su cui abbiamo sentito in quest'Aula diverse interpretazioni, ma perché l'Italia tutela anche l'ambiente e questo decreto, invece, non tutela l'ambiente.

Quindi è incostituzionale per due motivi e, su quest'altro punto, nessuno è riuscito a trovare una giustificazione. Sapete che è incostituzionale ma, nonostante ciò, gli state dando credito e lo state approvando. Presidente, noi dobbiamo tutti - noi l'abbiamo fatto sin dal primo momento - condannare l'aggressione all'Ucraina: è qualcosa di disumano, è qualcosa che non può essere tollerato. Noi abbiamo criticato e condannato l'atteggiamento di Putin, ma non l'abbiamo fatto solo in questo caso, l'abbiamo fatto anche precedentemente, lo facciamo da anni perché in Russia è risaputo che i diritti civili non possono essere esercitati e goduti dai propri cittadini proprio per l'atteggiamento del Governo russo. Noi questo lo dicevamo, però voi vi siete girati sempre dall'altra parte e ora che vi diciamo di non inviare le armi perché non è la soluzione per dirimere il conflitto, che anzi si inasprirà ancora di più, voi ci state dicendo che ci giriamo dall'altra parte, voi che vi siete girati per anni rispetto a quello che succedeva in Donbass e in Crimea, dove è stata tagliata l'acqua, che vi siete girati e vi continuate a girare rispetto a ciò che succede in Palestina e rispetto alla ventina di conflitti che ci sono nel mondo. Voi state dicendo a noi, che siamo contrari all'invio delle armi, che ci stiamo girando dall'altra parte o che siamo dei vigliacchi, sono le solite argomentazioni che chi promuove la guerra utilizza contro chi vuole la pace (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Le abbiamo sentite da anni, memorabili quelle di George W. Bush: “Noi amiamo la pace e, per fare la pace, facciamo la guerra”. Questa è la logica che ha pervaso il Governo e purtroppo anche il Parlamento italiano, nettamente in contrasto con quella che è la volontà dei cittadini manifestata in più occasioni. Potevamo agire diversamente, Presidente, certamente, perché il ruolo di mediatori adesso lo stanno svolgendo la Turchia e la Cina - non sono certo queste grandi democrazie -, mentre potevamo svolgerlo noi; invece no, inviamo le armi in violazione della Costituzione e soprattutto applichiamo anche delle sanzioni. Ora apprendiamo dal Governo che queste sanzioni stanno mettendo in crisi la Russia - vedremo - ma quello che mi sembra di capire e di vedere è che, mentre si sta chiudendo un mercato di 700 milioni di persone, cioè quello dell'Europa, stiamo spingendo la Russia verso un mercato, quello della Cina e dell'India, di 3 miliardi di persone (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa) e mi sembra che la Russia si stia già organizzando, da tempo lo stava facendo. Che nessuno si sia accorto di questa cosa è grave perché queste sanzioni, più che gravare sulla Russia, mi sembra che avranno delle ripercussioni sugli europei e sugli italiani. Lo stiamo già vedendo con gli aumenti perché era prevedibile che, dopo le sanzioni, i prezzi delle fonti fossili sarebbero schizzati alle stelle; si sapeva, lo sapevamo, i mercati ce lo stavano dicendo già da settimane. Nonostante ciò, si è andati avanti e vedremo chi arriverà purtroppo al più alto livello di sopportazione, perché a questo stiamo spingendo le imprese. Invece no, inviamo le armi.

Questo decreto – dicevamo poi - è incostituzionale soprattutto per la questione ambientale ed energetica. È stato inserito - abbiamo visto - furbescamente un emendamento del Governo, che dà la possibilità alle centrali a carbone di bruciare più carbone per produrre più energia, a prescindere dal livello di emergenza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), con costi che vengono poi scaricati sulle bollette dei cittadini, in deroga ai limiti di emissione nazionali, regionali e alle autorizzazioni integrate ambientali (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Chi vive in quei posti, dove stanno le centrali a carbone, sa benissimo cos'è una prescrizione ambientale, un'AIA, che ora viene derogata. Ecco come si viola la Costituzione, come il Parlamento e il Governo stanno violando la Costituzione, sotto scroscianti applausi, perché ci saranno scroscianti applausi quando approverete questo decreto, che è una vergogna a livello umano (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), perché la guerra è una questione personale, non solo politica, perché sono le persone che muoiono. I civili sono i primi a morire e l'invio di queste armi inevitabilmente farà anche vittime civili e lo sapete benissimo, la storia ce lo insegna. Ma, ritornando alla questione energetica - perché è ciò che mi preme sottolineare -, stiamo vedendo delle cose incredibili. Purtroppo, tramite questo conflitto, stanno nascendo delle narrazioni, in base alle quali dobbiamo costruire nuovi terminal di rigassificazione - ne abbiamo bisogno - e nuovi gasdotti. Meno male che la nostra Intelligence ci ha detto chiaramente che la nostra infrastrutturazione è già adeguatamente “ridondante” - ha utilizzato questo termine - per soddisfare la capacità di consumo di gas, anche senza il gas russo: nonostante ciò, si sta continuando ad andare avanti. Un terzo dei rigassificatori italiani è vuoto e voi ne volete costruire altri. Per cosa? Non per la questione energetica, ma per far avverare questo vecchio mantra: “Italia hub del gas”, perché dal Governo Monti in poi si è andati avanti. Questa politica ha fatto sì che l'Italia si legasse eccessivamente al gas e le industrie e le imprese italiane inevitabilmente, avendo incentivi sul consumo del gas, si sono legate al gas e oggi piangiamo tutti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)! Questa è la scelta politica nefasta che questo Governo sta perpetrando!

Ho molto rispetto, credetemi, per i miei ex colleghi del MoVimento 5 Stelle e per il mio ex capo politico, Di Maio - che è l'unico mio ex capo politico, perché Conte non è mai stato e non è capo politico del MoVimento 5 Stelle - però il Ministro Di Maio, che è andato con l'amministratore delegato Descalzi a stringere nuovi contratti a lungo termine da altre parti per la sostituzione del gas russo, non ci ha spiegato come ci svincoliamo dai contratti a lungo termine che abbiamo adesso con la Russia. Questa cosa non ci è stata spiegata, né da lui, né da Cingolani, ed è questa la questione che poi andremo a pagare ulteriormente, su cui ora tutto tace. Ma soprattutto, a proposito di Descalzi - che poi è stato rinominato con il “Governo Conte 2”-, non abbiamo mai saputo chi sia stato l'autore ed il vero promotore di questa nomina, se sia stato l'ex Ministro Fraccaro, non l'abbiamo mai saputo e mai nessuno si è preso la responsabilità di questa nomina. Tuttavia, io volevo chiedere al Ministro Di Maio se, quando era in giro con Descalzi, ha trovato cinque minuti di tempo per chiedergli come mai il petrolio e il gas che estrae l'ENI in Italia vengano venduti allo stesso costo, se non maggiorato, rispetto alle altre pompe di benzina (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Facciamo nomi e cognomi, Presidente: ENI estrae petrolio in Val d'Agri, lo trasporta non con i TIR, ma con un oleodotto dell'ENI alla raffineria ENI di Taranto, che poi lo distribuisce ai distributori ENI del Sud Italia e il costo è addirittura a volte più alto rispetto alla media nazionale, questo è tutto documentato! Allora, se Cingolani parla di abusi e di truffe colossali, il Governo italiano ha chiesto alla sua partecipata se sappia qualcosa di questi abusi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)? Anche la narrazione, la famosa narrazione, svela che estrarre più idrocarburi in Italia ci farà pagare di meno: non è vero niente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa) e questa è la dimostrazione dei fatti, perché questo decreto e la logica emergenziale che sta portando avanti il Governo - in relazione al quale purtroppo il Parlamento dovrebbe fare gli interessi dei cittadini - in realtà sta andando a tutelare proprio le industrie inquinanti, ma soprattutto le multinazionali del petrolio e delle energie fossili. Presidente, concludo questo intervento, però spero - perché sapete, colleghi parlamentari di tutte le forze politiche, che è sbagliato questo decreto - che vi mettiate una mano sul cuore e vi guardiate allo specchio prima di votare, perché non possiamo approvare questo decreto disumano (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leda Volpi, ma essendo assente s'intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente, signora sottosegretaria, colleghe e colleghi.

Ci accingiamo, dopo una discussione ampia, per una volta - mi verrebbe da dire -, ad approvare il decreto avente per oggetto disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina. Devo confessare però che la possibilità di discutere il decreto, a differenza di quando il Governo pone la fiducia, non ha reso un grande servizio alla verità. Ad ascoltare molti interventi - se qualcuno non conoscesse le vicende - si sarebbe portati a dire che noi siamo entrati in guerra. Io credo che bisogna avere in questa fase grande attenzione alle parole: mai, come in momenti come questi, nei giorni bui in cui l'aggressione della Federazione Russa a uno Stato libero e democratico, come l'Ucraina, ci ha ributtato, devono comportare un sovrappiù di responsabilità anche nei nostri confronti. Parlare di decreto “disumano”, come ho sentito poc'anzi, francamente non mi sembra corrisponda alla realtà.

Poi si possono avere giudizi politici e geopolitici differenti, ma qui ci siamo trovati di fronte a una situazione totalmente nuova. Non lo immaginavamo. Nessuno a gennaio poteva immaginare di ritrovarsi, il 24 di febbraio, nella situazione in cui ci siamo ritrovati. Ci siamo ritrovati di fronte a un Paese libero, a una nazione libera, come l'Ucraina, che chiedeva aiuto, e chiedeva aiuto perché era stata aggredita.

Anche in quest'Aula ho sentito molti discorsi in cui, alla fine, si faceva fatica a comprendere chi era l'aggressore e chi era l'aggredito. Questo, però, è fondamentale per dare giudizi di valore e per dare anche un giudizio sulle risposte e, da questo punto di vista, la risposta italiana è data a un Governo aggredito, che vuole difendersi, e lo fa, quindi, all'interno dell'articolo 11 della Costituzione e non in violazione dell'articolo 11. Si può valutare se questo sia utile o no, ma certamente il fil rouge che guida le decisioni del nostro Governo, che noi condividiamo, è che c'erano, come dicevo, un Paese aggressore e uno aggredito, ci sono le vittime e ci sono i carnefici e, quindi, non potevamo girarci dall'altra parte, perché altrimenti avremmo ignorato l'esistenza di un conflitto e, soprattutto, non evidenziato anche le responsabilità.

Ricordo, pensando alla risoluzione che abbiamo votato qualche giorno fa, dopo le comunicazioni del Presidente del Consiglio, che si tratta di armi di difesa consegnate nell'ambito di un'azione comune dell'Unione europea; questo vorrei sottolinearlo, perché altrimenti, lo ripeto, qualcuno può pensare che siamo entrati in guerra e così non è. Ed è proprio perché non siamo entrati in guerra, proprio perché c'è un sostegno, non solo morale, all'Ucraina, che crediamo debba essere intensificato.

L'ho detto ieri dopo l'informativa del Ministro Di Maio: noi crediamo che non si possa assolutamente confondere il ruolo di deterrenza militare svolto dalla NATO – con un'operazione in atto la cui nostra partecipazione è oggetto di un articolo specifico di questo decreto – che, come dicevo è utile e fondamentale in questa fase per evitare ulteriori ampliamenti del conflitto, e, dall'altra parte, però, il ruolo di un'Unione europea che deve riprendere con più forza e con più energia uno sforzo di carattere diplomatico.

Come è stato detto ieri, una delle conseguenze di questa guerra di aggressione che non trova giustificazioni - al di là delle valutazioni geopolitiche, che però dovranno intervenire una volta che sia definita una tregua e che le armi possano tacere - è che essa sta producendo, come tutte le guerre in realtà, una catastrofe umanitaria, e il decreto giustamente pone l'attenzione sulla questione dei profughi. Da questo punto di vista, noi sottolineiamo l'esigenza che ci sia una risposta di sistema, che ci sia, quindi, uno sforzo di coordinamento tra i vari settori dello Stato impegnati su questo e il fondamentale ruolo del volontariato e del terzo settore. Avvertiamo il rischio che si finisca, poi, però, per lasciare da soli i comuni di fronte a queste emergenze e, soprattutto, che ci siano iniziative lodevoli di carattere umanitario da parte di organizzazioni del terzo settore e di volontariato che però vanno coordinate all'interno di un sistema di accoglienza, per dare una risposta civile a una popolazione in fuga dalla guerra - e non è la sola, purtroppo, in questo martoriato mondo -, una popolazione composta in prevalenza da donne e bambini.

C'è, credo, una parte relativa alle questioni energetiche. I nodi vengono al pettine: il tema dell'eccessiva dipendenza dell'Italia dal gas russo era stato denunciato a più riprese negli scorsi anni, c'era la necessità di una maggiore diversificazione e credo che, anche da questo punto di vista, qualche autocritica da parte delle aziende e dell'azienda ENI, in particolare, forse la si dovrebbe sentire con maggiore forza.

Noi diciamo con chiarezza, però, che questa vicenda, questo problema reale non può essere la giustificazione per tornare indietro rispetto alla riconversione ecologica. Le lobby fossili sono in azione, a questo bisogna dare la risposta che ha dato il Presidente Draghi e che ripeto in questa occasione, cioè che non si torna indietro sulla riconversione ecologica; così come nel question time con il Ministro Patuanelli abbiamo messo in evidenza l'esistenza di fenomeni diffusi di speculazione, non soltanto sul costo del carburante, ma anche sui prodotti utili all'agricoltura; penso ai fertilizzanti o, ovviamente, al tema delle bollette elettriche, che stanno ricadendo sulle spalle dei consumatori con un aumento dei prezzi di molti prodotti alimentari.

Ricordo che, alla fine, sono sempre i più poveri a pagarne il prezzo, perché le fasce di povertà spendono circa il 75 per cento del loro reddito per alimentarsi. Quindi, questa è una richiesta di attenzione, un alert molto forte che abbiamo rivolto al Governo, affinché si blocchino le speculazioni. Come ho detto ieri, la storia ci dice che, quando si innestano fasi acute di guerra, iniziano a muoversi nel mare e nella melma, in alcuni casi, che è prodotta dalla guerra, i pescecani e, quindi, come dire, dobbiamo essere molto attenti.

Mi avvio a concludere su un aspetto di tipo regolamentare, se mi è consentito, Presidente. Non ho fatto un richiamo al Regolamento, ma questo è, e invito il Governo ad ascoltarmi su questo punto. Ieri, è stato posto in votazione un ordine del giorno riguardante l'incremento delle spese per la difesa con un parere favorevole, a differenza di quanto è avvenuto e avviene da sempre, perlomeno negli ultimi quattro anni, da quando sono in quest'Aula; cioè, in presenza di elementi e impegni che determinano aumenti di spesa, ci sono sempre due scorciatoie: “a valutare l'opportunità di”, ormai l'abbiamo imparata a memoria, oppure, “nell'ambito” o “nei limiti della finanza pubblica”. Mi chiedo, signora sottosegretaria - so che non è lei la responsabile, ma in realtà è il collega Mule' - come sia possibile aver dato un parere favorevole ad un impegno al Governo ad avviare l'incremento delle spese per la difesa verso il traguardo del 2 per cento, cioè sostanzialmente dando un via libera a un aumento di costi nell'ordine di miliardi di euro. Io credo che, qui, o gli ordini del giorno sono tutti uguali, oppure ce n'è qualcuno più uguale degli altri e questo a noi non va bene. Non abbiamo sottoscritto quell'ordine del giorno, riteniamo che sia una presa in giro degli italiani e del buonsenso aver fatto passare l'idea che, attraverso l'approvazione di quell'ordine del giorno, automaticamente questo Parlamento abbia autorizzato l'aumento di spesa al 2 per cento. È chiaro che c'è un tema: i nuovi equilibri, la nuova tensione, una nuova Guerra Fredda, chiamiamola come vogliamo, comporteranno un cambio di registro. È un tema che si deve affrontare…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

FEDERICO FORNARO (LEU). Concludo, signor Presidente, chiedo scusa, rispetto sempre i tempi, ma le chiedo dieci secondi soltanto per dire con chiarezza che non è attraverso un ordine del giorno che si può affrontare un tema così delicato, perché quelli che hanno scritto e sottoscritto questo ordine del giorno devono dire anche dove si trovano i soldi, perché sono gli stessi che poi dicono che non bisogna aumentare le tasse. Spiegatemi dove si trovano. Chiedo scusa, Presidente, annuncio il voto favorevole del nostro gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Biancofiore. Ne ha facoltà.

MICHAELA BIANCOFIORE (CI). Presidente, onorevoli colleghi, nell'annunciare il voto positivo di Coraggio Italia, non ripeterò quello che sta accadendo in Ucraina.

Mentre noi siamo qui a sciorinare fiumi di parole, conta dire solo che in Ucraina si muore all'istante e non è una di quelle fiction che forse ci hanno assuefatto alla violenza.

La morte è, purtroppo, trasversale, non discerne tra chi è l'invaso e l'invasore: il sangue ucraino sul terreno si mischia con quello dei soldati russi e degli anziani di Donetsk o dei giornalisti colpiti in servizio.

Un fiume di orrore inaccettabile per noi che crediamo sempre nei valori dell'atlantismo che è utile ricordare, perché molti ne parlano e pochi li conoscono: libertà individuale, democrazia, economia di mercato, Stato di diritto e, dunque, pace, un principio che abbiamo dato colpevolmente per scontato, ovvero tutto ciò per cui il popolo ucraino si sta vocando all'estremo sacrificio e che, forse, noi non comprendiamo fino in fondo, chiamandolo sbrigativamente patriottismo, magari, anche un po' perplessi sul perché non si arrendano.

Abbiamo perso la libertà per il lockdown e l'abbiamo chiamata impropriamente “guerra”. Siamo impazziti in un pomeriggio perché non funzionava WhatsApp. Gli ucraini lottano, viceversa, per difendersi dalle bombe, che non mirano ad uccidere solo i corpi, ma che hanno uno scopo più simbolico: uccidere le libertà radici delle nostre democrazie, alle quali ogni uomo anela per sua natura, quei valori che noi consideriamo non negoziabili dalla comoda poltrona di casa, però. Dopo averne assaporato il sapore a seguito del disfacimento dell'Unione Sovietica, gli ucraini resistono perché quella è la terra dei loro padri e perché non vogliono tornare all'oscurantismo.

Al discorso che mi accingo ad esporre si potrebbe dare il titolo “È sempre il popolo a pagare”, come ha ricordato ieri Papa Francesco. Jean-Paul Sartre asseriva che quando i ricchi fanno la guerra sono gli innocenti e i poveri che pagano. Questo conflitto travalica, infatti, il campo di battaglia ucraino. È una guerra sulla pelle di un popolo a noi fratello, per la supremazia energetica, però, e per il riassetto geopolitico dei Paesi ricchi, armati e potenti, che coinvolge l'Europa, ma anche Israele, l'Iran, il Venezuela, la Cina, gli Stati Uniti e la democraticissima - tra virgolette - Turchia, che riguarda e tocca, ad esempio, l'accordo sul nucleare, che si sarebbe dovuto firmare a Vienna nei prossimi giorni. Se l'Italia vuole avere una visione, per una volta, sottosegretario, dovrebbe proporre di sostituirsi proprio alla Russia.

In questa disperazione a pagare, ovviamente, è il popolo ucraino, massacrato, deportato, affamato, umiliato, smarrito, costretto ad emigrare senza sapere se mai potrà tornare nelle proprie case e rivedere vivi i propri congiunti, senza potersi dare pace sulle ragioni dell'aver perso tutto, depredato del diritto più importante dell'uomo, cioè il diritto alla vita. Segue il popolo russo, non bombardato, ma imbavagliato, che sarà indotto in povertà e che sta soffrendo l'ignominia internazionale per decisioni devastanti prese sulla sua testa alle quali non ha nemmeno il diritto di ribellarsi (eppure lo sta facendo, rischiando la vita). Infine, i popoli europei, ma soprattutto il nostro popolo italiano, colleghi, già devastato psicologicamente ed economicamente da due anni di pandemia e ora trascinato nella spirale della violenza e della paura della guerra alle porte di casa e dell'annunciata recessione.

Ben vengano le misure previste da questo decreto-legge, da quelle sull'energia e sugli altri aiuti che dovremo necessariamente predisporre, ma lo Stato non può coprire tutti i danni, i fallimenti diretti e indiretti delle imprese e dell'export che verrà meno, del caro bollette, del carburante alle stelle, della mancanza di materie prime, dell'energia che pagheremo il triplo, perché non siamo stati capaci di produrre un piano energetico nazionale, pur avendo nostre risorse nel sottosuolo. Serve sostenere le imprese, perché senza impresa non c'è ripresa, non c'è lavoro e non ci sono consumi. Mi chiedo poi di chi sia la colpa per quelle 712 piattaforme di estrazione del gas ferme da anni nei nostri mari e chi, tanto per cambiare, ha speculato e fatto gli interessi delle proprie tasche nel puntare all'approvvigionamento quasi esclusivo del gas russo. Spero che la magistratura indaghi anche su questa truffa. Così come sarebbe interessante capire, sottosegretario, chi abbia avuto l'idea di ordinare l'antivirus straniero Kaspersky, casualmente russo, per la nostra pubblica amministrazione, soggetta, quindi, ad essere spiata.

Credo che gli italiani, in questa fase ultra-delicata, si aspettino fatti, velocità e verità che non vorrei fossero raccontate da Putin, con nomi e cognomi di cui magari potrebbero sorprenderci. Come è noto, detesto i sepolcri imbiancati che oggi additano gli avversari di putinismo, quando qui dentro, fino a venti giorni fa, la maggior parte dei partiti aveva rapporti con gli oligarchi russi, che, non a caso, possiedono mezza Italia, appunto, e vantavano amicizie e intese con Putin. La mia solidarietà a Matteo Salvini, pertanto, sia per il coraggioso viaggio in Polonia tra i profughi, che dovremmo fare tutti per portare assistenza concreta e magari recuperare credibilità tra gli italiani, ma, soprattutto, per l'assurda etichetta di putiniano - per una maglietta - che gli è stata addossata, mentre c'era chi era stipendiato dalla Russia. Non ricordo una foto di lui con Putin; invece, mi ricordo tante di tanti altri leader che hanno avuto incarichi di Governo ai più alti livelli.

E mi preme qui sottolineare che Putin non è precisamente ascrivibile nell'area politica del centrodestra e che, se così fosse stato, già si sarebbe gridato all'allarme fascista. Ma noi siamo dei signori e crediamo che innanzi ad una guerra che può arrivarci in casa l'unità sia fondamentale altrettanto quanto l'iniziativa politica, che in questo momento latita.

Siamo al traino delle decisioni dell'Unione europea a trazione francese, dimenticando che loro hanno scorte energetiche che non mi pare al momento abbiamo messo a disposizione, e della NATO, decisioni alle quali ovviamente ci allineiamo, ma avremmo potuto giocare il ruolo di mediatore naturale che la storia e i buoni rapporti diplomatici ci affidavano. Italiano era l'inviato dell'OSCE in Transnistria e Moldavia, l'ex Ministro Franco Frattini, e italiano è l'unico ex Premier, Berlusconi, che è riuscito a garantire dieci anni di pace, mettendo allo stesso tavolo Stati Uniti e Russia. Li teniamo in naftalina, sostituendoli con le armi di difesa, certamente indispensabili all'Ucraina, che, però, ha più bisogno di ritrovare pace, quindi vita, oggi, qui e subito. Chi soffia e specula sulla guerra non è migliore di chi la fa.

La NATO e l'Occidente, cioè tutti noi, hanno tante responsabilità in questa guerra, che - non finirò mai di sgolarmi - si doveva evitare con un surplus di dose di diplomazia. Non mi do pace per quegli oltre cento bambini già morti dall'inizio del conflitto. Come ha recentemente ricordato il compianto amico Antonio Martino, presidente onorario dell'istituto internazionale Milton Friedman, al quale appartengo, la Russia sarebbe stata utilissima, se inserita in un'organizzazione per la sicurezza. I citati accordi di Pratica di Mare sull'auspicabile avvicinamento della Russia all'Unione europea e alla NATO sarebbero stati una cosa saggia, e Martino era un atlantista e un filoamericano. Se si fossero concretizzati, oggi non parleremmo di guerra, morte, distruzione e pericolo di terza guerra mondiale, ma di uno sconfinato mercato interno che arriverebbe allo stretto di Bering, con un interscambio perfetto tra know-how europeo e materie prime russe. Quindi, sì all'Ucraina in Europa, ma anche alla Russia. Abbiamo una colpa soprattutto, perché, nonostante la nostra forza politica, tecnologica, militare e di intelligence, non abbiamo capito - o, peggio, non abbiamo voluto capire, sacrificando l'umanità al dio denaro - che Putin era un sanguinario senz'anima, che avrebbe fatto ciò che minacciava e che sarebbe stato in grado di far ripiombare il mondo in un clima di terrore bellico e nucleare.

Coraggio Italia, Presidente, sta, senza se e senza ma, con il coraggioso e indomito popolo ucraino, con il suo strazio, con il suo dolore, con le mamme, le nonne, i bambini, i giovani e gli uomini costretti a lasciare le famiglie e a tornare al fronte. Speriamo che la Russia abbia la forza di “deputinizzarsi”, ma non ci sottraiamo alla verità che, di solito, è la prima vittima della guerra. A me hanno fatto sinceramente inorridire le immagini del battaglione Azov, in forza agli ucraini, che, accanto alla svastica nazista, accosta la bandiera della NATO. Bande di pericolosi delinquenti non devono sporcare la lotta legittima del popolo ucraino. Pertanto - e questa è un'opinione personale -, per me eroico è solo il popolo ucraino, costretto a difendersi a mani nude. Non erigerei altri dei facilmente, vizio boomerang dell'Occidente. Qualunque concessione farà oggi il Presidente Zelensky a Putin, come ammettere in queste ore che l'Ucraina non entrerà mai nella NATO, forse doveva farla prima, per evitare il calvario al suo popolo. C'erano gli alert di tutte le intelligence. Io, al suo posto, non avrei portato il mio popolo in guerra. L'Ucraina non era preparata alla guerra, posto che qualche Nazione lo sia. Non è una Nazione ricca, anche se è ricca di materie prime che i governanti che si sono succeduti non hanno sfruttato, dediti alla più pervicace corruzione.

Prima dell'invasione, gli ucraini erano liberi, ma per lo più poveri. Non godremmo dell'aiuto domestico e dell'assistenza sanitaria di migliaia di donne originarie, che lasciano i loro figli per venire a lavorare in Italia e dare loro un futuro, se così fosse stato. Per ricoverarsi in ospedale, devono portare le lenzuola da casa, per diventare medici devono pagare le tangenti, per varcare il confine con un cane dovevano dare un conquibus. Ho mille testimonianze in questo senso, avendo molti amici nella comunità ucraina. Uno, un giovane imprenditore che dà lavoro a molti italiani, ora è al fronte a Kiev e mi scrive ogni giorno, disperato, che i civili lottano con le scarpe da ginnastica, senza elmetti, giubbotti antiproiettile e materiali protettivi e non è giusto (vorrei sapere dove finiranno quegli armamenti, sottosegretario). Zelensky, a mio parere, doveva scongiurare la guerra ad ogni costo, che i suoi non combattono con i social, con i selfie e i video pubblicitari strazianti, volti a colpevolizzare paradossalmente la NATO che non entra in guerra. Il suo popolo sta morendo armato del solo orgoglio di resistere all'invasore, senza le protezioni di cui gode un Presidente.

Quindi, ben vengano i negoziati tra Stati Uniti e Cina - e concludo - e la mediazione di Israele, ma mi auguro che la mia Europa, che è finalmente indotta a darsi una politica estera e di difesa comune e prima ancora un'anima, consigli a Zelensky che, per salvare il suo popolo dallo sterminio, non si può far scoppiare la terza guerra mondiale, ma si deve passare a proposte concrete per il cessate il fuoco e il ritiro della Russia. Anch'io cito Martin Luther King, come ha fatto il Presidente Zelensky…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole…

MICHAELA BIANCOFIORE (CI). …che, però, sosteneva una verità lapalissiana (concludo, Presidente): “Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano” (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (IV). Signor Presidente, signora Ministra, colleghi, preliminarmente vorrei mettere in evidenza che c'è qualcosa di positivo nel voto di oggi, e cioè che ci troviamo di fronte a un provvedimento votato a larga maggioranza. Non è un fatto scontato, Presidente, non era un fatto scontato. Sono anni, probabilmente, che la politica non riesce a individuare dei punti da sottrarre al costante e quotidiano scontro politico e che rappresentino effettivamente un elemento di unità, e quindi credo che questo vada sottolineato.

Questo decreto, Presidente, contiene sostanzialmente quattro capitoli. Il primo riguarda il potenziamento del personale italiano nelle esercitazioni della NATO, il secondo riguarda l'invio delle armi, il terzo riguarda i profughi e il quarto riguarda l'energia. Gli ultimi due inevitabilmente avranno bisogno di ulteriori provvedimenti, e infatti ce n'è già all'ordine del giorno uno per quanto riguarda la questione energetica, e sicuramente anche rispetto all'accoglienza.

Ciononostante, noi voteremo a favore di questo decreto, anche perché abbiamo raggiunto, attraverso la nostra capacità emendativa, degli obiettivi che ci stavano a cuore. Il primo fra tutti è che il Parlamento, nel protrarsi di questa situazione, sia periodicamente informato dello stato dell'arte. D'altra parte sono stati approvati anche nostri emendamenti. Mi lasci sottolineare quello della collega Noja, il quale prevede che, in caso di allungamento dei tempi del conflitto, nella politica di integrazione e assistenza ai profughi ci sia anche un riguardo particolare nel caso di malattie o immunodepressioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva) che qualificano alcuni dei profughi quali soggetti fragili, e che quindi necessitano di attenzioni e cure particolari.

Presidente, è del tutto evidente che il dibattito inevitabilmente si è allargato, anche perché rispecchia un dibattito che c'è nel nostro Paese, e non solo nel nostro Paese, c'è in Europa, c'è in tutto il mondo. È un dibattito che secondo me è anche interessante, perché mette in evidenza posizioni diverse. Poi ci sono delle farneticazioni, ma queste purtroppo le troviamo nella società e inevitabilmente le troviamo anche qui dentro. Vorrei, però, approfittare di questa dichiarazione di voto per cercare di mettere, almeno per quel che penso, in chiaro alcune questioni. Presidente, qui, soprattutto sentendo alcuni interventi, sembra che vi sia un conflitto tra due nazioni. Non c'è un conflitto tra due nazioni, Presidente: c'è una brutale invasione da parte della Russia (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva), con la precisa volontà di annettersi l'Ucraina, questa è la realtà che noi abbiamo di fronte. E non c'è, per essere chiari, alcun pericolo per la Federazione russa rappresentato dall'Ucraina, perché, se la Federazione russa non fosse andata ai confini per poi invadere l'Ucraina, l'Ucraina, dopo un'elezione democraticamente amplissima di un presidente, viveva la sua storia e lo avrebbe continuato a fare tranquillamente. C'è un Paese, l'Ucraina - e qui interviene la nostra azione -, che tenta di resistere; c'è in corso una resistenza, cioè l'esigenza di un popolo di non essere invaso e calpestato da un'altra nazione, questa è la fotografia della realtà.

Noi, con il nostro provvedimento, non combattiamo contro un aggressore; stiamo cercando di aiutare una resistenza, questo è quello che abbiamo di fronte (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)! E ora, Presidente, proprio noi abbiamo una data, il 25 aprile, che è una data per noi molto importante, che esattamente rappresenta la Festa della Liberazione legata alla Resistenza. Sono andato a cercarmi la definizione di Resistenza. Cito: il fenomeno che è passato alla storia come Resistenza italiana, una delle più note e complesse in tutta Europa, fu una guerra civile e patriottica di liberazione nazionale dallo straniero che unì comunisti, liberali, azionisti, democratici cristiani e anche monarchici. Per questa ragione ebbe una più marcata caratteristica di sollevazione popolare, perché coinvolse direttamente i cittadini. Ed è esattamente quello che sta accadendo in Ucraina. Probabilmente, Presidente, colleghi, se l'Ucraina si fosse dovuta affidare esclusivamente al suo esercito, oggi non saremmo in queste condizioni.

La forza di ciò che sta accadendo della resistenza ucraina è che esattamente diffusa nel popolo. Sono i civili che loro sponte vogliono difendere la loro patria e la loro libertà, e non capisco, soprattutto a sinistra, come si possa mettere in discussione un aiuto a una resistenza che, in un contesto diverso, non è molto diversa da quella che i nostri padri e i nostri nonni hanno vissuto a suo tempo (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)! Lo dico, perché non lo vedo in Aula, al mio amico e collega Fratoianni, persona che stimo molto. Nel finale del suo intervento, preso proprio dallo stenografico del suo intervento dell'altro giorno, ha detto la seguente frase: è chiaro che, se fossimo ucraini, avremmo un altro punto di vista perché..eccetera, eccetera. E perché è chiaro, collega Fratoianni? E perché, se noi fossimo stati ucraini, era legittimo avere un punto di vista diverso, e siccome siamo italiani non possiamo avere quel punto di vista, o perché siamo europei non possiamo avere quel punto di vista? Non è il punto di vista della salvaguardia di un diritto internazionale che un Paese deve essere libero di autodeterminarsi e non c'è il diritto di un altro Paese a violarlo (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)?

E se accadesse in Italia? E mi rivolgo anche al mio amico e collega Librandi, che ieri ha posto un problema nel suo intervento. A un certo punto ha detto: ragazzi, attenti, perché noi non dobbiamo scherzare troppo con la Russia perché ha 86 mila, non so quante, bombe atomiche, 8 mila bombe atomiche. È il principio del diritto internazionale che si ribalta, colleghi, dobbiamo esserne consapevoli, perché, se basta il fatto che uno abbia 1, 10, 100 o 400 bombe atomiche per consentirgli impunemente di aggredire e invadere un altro Paese, salta qualunque equilibrio e principio internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)!

Da domani può accadere a tutti, può accadere anche a noi o può accadere alla Polonia. Può essere questo un ragionamento? Non penso che possa essere questo il ragionamento, ma non penso neanche che il ragionamento possa essere quello al quale ci volete vincolare, come se tutti quanti qua dentro, appena si è presentata l'occasione, avessimo detto “che bello, la guerra, diamo un aiuto alla guerra”, e via dicendo. Non è la storia di ciò che è successo. Il livello diplomatico-negoziale è cominciato addirittura prima, lo sappiamo tutti perfettamente, che la Russia facesse il suo passo; ha continuato, è andato avanti, e ancora in queste ore i colloqui bilaterali, il tentativo di portare avanti il dialogo e giungere ad una soluzione, che certamente non può essere vista con la soluzione della guerra, è certamente un impegno che ha riguardato tutti. Noi, per esempio, abbiamo detto che probabilmente sarebbe più efficace un dialogo che riuscisse a tenere insieme la posizione dell'Occidente, e in particolare dell'Unione europea e della NATO, attraverso un inviato speciale, una persona che possa parlare con una sola voce. Quella persona noi l'abbiamo indicata in Angela Merkel. Può piacere, non piacere, ma è un tentativo costante che viene prima di qualunque altra conseguenza, perché lo sappiamo perfettamente e perché nessuno di noi è appassionato alla guerra, al risiko e a quelle storie lì.

A noi sta a cuore che effettivamente vi sia un cessate il fuoco e vi sia la pace; tuttavia dobbiamo sapere, cari colleghi, che, se non ci fosse stata la resistenza dell'Ucraina, non ci sarebbe stata alcuna pace, non ci sarebbe stato probabilmente nessun fuoco, perché semplicemente sarebbe stata autorizzata.

PRESIDENTE. Concluda.

ROBERTO GIACHETTI (IV). Scusatemi, è già passato il tempo, Presidente. Il tema dell'accoglienza e dei profughi, qui mi rivolgo ai colleghi della destra: trovo ripugnante, ve lo dico con molta franchezza, continuare a sentire, di fronte a ciò che vediamo, la distinzione tra profughi veri e profughi non veri o clandestini (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)! È ripugnante, anche perché su questa distinzione, se la guardiamo dal punto di vista della protezione dell'Europa, per esempio, molti degli ucraini sono veri profughi grazie al fatto che finalmente è stata applicata una direttiva del 2000 che dà la protezione temporanea. Se dessimo la protezione temporanea e avessimo potuto utilizzare questa delibera anche per altri profughi che non vengono dall'Ucraina, probabilmente già quella condizione sarebbe diversa.

Ma vi prego di riflettere che le ragioni dei migranti si riferiscono ovviamente ai conflitti, come in Ucraina, si riferiscono ai cambiamenti climatici, non i problemi che abbiamo in Italia o nei nostri Paesi, quello che travolge e sconvolge il territorio di determinati Paesi, la fame e la povertà, e anche il cercare di fuggire dalla sottomissione islamica!

PRESIDENTE. Concluda.

ROBERTO GIACHETTI (IV). Ho finito, Presidente. Cari colleghi della destra, in Africa la differenza è che hanno la pelle nera, spesso e volentieri, ma sono in una situazione drammatica. Anzi, c'è una tempesta perfetta in Africa, perché, mentre in Ucraina abbiamo il problema della guerra, in Africa è tutto questo insieme, i cambiamenti climatici, la fame, la povertà, le guerre (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico), che portano, attraverso la Libia, gente dal Sahel, gente da Paesi poveri, gente dall'Etiopia, che viene qui a cercare speranza…

PRESIDENTE. Deve concludere…

ROBERTO GIACHETTI (IV). Ho concluso, Presidente. Non possiamo pensare di dire - ed è bellissimo che noi oggi lo diciamo - accogliamoli a casa nostra, quelli dell'Ucraina. Certo, accogliamoli a casa nostra, anzi cerchiamo di rivedere il Trattato di Dublino e facciamo un'accoglienza sistemica, come diceva giustamente l'onorevole Fornaro…

PRESIDENTE. Grazie…

ROBERTO GIACHETTI (IV). …ma accogliamoli a casa nostra perché sono in quella situazione (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)

PRESIDENTE. Hanno automatizzato il mio grazie con il toglierle la parola. Grazie, collega Giachetti.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. La posizione di Fratelli d'Italia è nota, in quest'Aula. Lo è stata all'indomani del 24 febbraio, quando il mondo è cambiato. Non avremmo mai immaginato, a inizio legislatura, e non avremmo mai voluto, a inizio legislatura, doverci confrontare su un tema che, qualunque sia la posizione che i singoli gruppi assumono, fa riflettere, che induce a più di un pensiero, che induce talvolta anche a sofferenze interiori nelle scelte che si debbono fare. Non avremmo mai pensato che, nel corso di questa legislatura, avremmo potuto sentire riecheggiare in quest'Aula le parole guerra, intervento militare, intervento anche solo di invio di armi. Però, tanto è accaduto.

Fratelli d'Italia ritiene che le democrazie occidentali qualche cosa abbiano sbagliato nel rapporto con la Russia. Fratelli d'Italia da tempo ha criticato un'Europa, gigante economico, ma nano politico, incapace di intessere un rapporto con la Russia, per ingaggiarla alle ragioni delle democrazie occidentali, per contrarre con la Russia una pace secolare, per comprendere le paure di una Russia che sempre più si avverte come retrovia strategica della Via della Seta e ormai schiacciata su Xi Jinping e sulla Cina, vero e proprio nemico frontale di questa civiltà.

Noi tutte queste cose le abbiamo sempre dette, ma evidentemente il 24 febbraio è cambiato lo scenario, così come sino a prima del 24 febbraio, sull'orlo del precipizio di questa crisi, prima diplomatica e che poi fatalmente si sarebbe tramutata in guerra, abbiamo criticato anche il contegno del nostro Presidente del Consiglio, un leader dallo standing internazionale, che, la prima volta che davvero avrebbe dovuto e avrebbe potuto dare prova del suo standing internazionale, ha scelto la via dell'inabissamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Veniva invocato come uomo che poteva dare un suo contributo alla soluzione della crisi, si inabissava come uno di quei sottomarini che ora vediamo nelle acque del Mediterraneo.

Ancora, non abbiamo lesinato critiche alla postura, in particolar modo, dell'ultimo scorcio della diplomazia americana, quella che dimenticava ciò che diceva il Dipartimento di Stato americano solo qualche anno fa, quando raccontava la necessità di contrarre con la Russia una pace secolare, di dare una dimensione strategica alla Russia, di coinvolgerla, di rubarle, sotto certi aspetti, l'anima, di recuperarla alle ragioni dell'Occidente, in una guerra che era una guerra economica, contro un modello, quello del Sud-Est asiatico, che cancella i diritti, penetra i nostri mercati e ci mette in enorme difficoltà.

Poi però, il 24 febbraio è accaduta una cosa che, per un partito nazionalista come Fratelli d'Italia, è un momento di discrimine, cessano i motivi delle legittime critiche alla nostra civiltà, perché è la nostra civiltà che ci chiama in causa: o di qui, o di là. Il 24 febbraio, a seguito di un unilaterale attacco militare su larga scala messo in campo dalla Federazione russa contro l'Ucraina, il cui popolo è sovrano, libero e indipendente, noi oggi non abbiamo avuto nemmeno per un attimo dubbi su quale fosse la parte in cui militare, la trincea e in cui stare: è quella della sovranità e dell'indipendenza dei popoli, nella cornice atlantica, nel blocco delle democrazie occidentali, in quel blocco che ci ha insegnato che le risoluzioni ai conflitti internazionali transitano dal diritto internazionale, non dalle azioni militari che calpestano il diritto internazionale.

Noi non abbiamo avuto nemmeno per un attimo il dubbio se schierarci con l'aggredito o con l'aggressore. Non possiamo dubitare se siamo per l'indipendenza e la sovranità dei popoli o per l'imperialismo, di matrice russa o di qualunque altra matrice esso sia. Non abbiamo avuto alcun dubbio a schierarci con chi, eroicamente, resiste in trincea per il diritto ad avere una sua identità, ad avere l'indipendenza della sua Nazione, la sovranità del suo popolo, per avere il diritto ad avere un futuro per i propri figli, un futuro che abbia il lemma ucraino e non il tallone russo sulla propria testa. Non abbiamo potuto avere alcun dubbio.

E allora, pur ritenendo che quelle critiche allora fossero fondate, abbiamo immediatamente compreso che questo non è più il tempo di dubitare. È il tempo di chiedersi quale sia la nostra fatale trincea, ed è quella della cornice euro-atlantica, è quella delle democrazie occidentali. Ma ancor più, ce ne siamo convinti nel corso di questo dibattito. Ci siamo svegliati, il 24 febbraio, in un mondo più sanguinario: ha fatto irruzione, senza chiedere permesso, senza bussare, l'orrore nelle nostre vite. Abbiamo scoperto che la storia ancora è contrassegnata dal sangue. Eravamo, ovviamente, atterriti. Ma ci siamo anche risvegliati in un mondo capovolto: abbiamo scoperto che oggi il pacifismo è ciò che giustifica il diritto dell'aggressore di sterminare l'aggredito. Per la prima volta abbiamo scoperto che viviamo in un mondo così capovolto per cui i pacifisti stanno al fianco di colui che ha perpetrato un'azione militare unilaterale, su larga scala, su un popolo inerme (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), confidando su una soverchiante forza militare che lo avrebbe sterminato. Poi se la storia sta scrivendo qualcosa di diverso, vedremo come finirà. Ma che pacifismo è quello che replica la grammatica, la retorica e la propaganda in termini di ragioni storico-ancestrali ad invadere una nazione libera e sovrana dal 1991?

Ancora, abbiamo scoperto, in questo mondo capovolto, che saremmo noi a poter invocare il diritto alla resa. Il diritto alla resa, eventualmente, lo invoca, legittimamente, il popolo ucraino. Ma se il popolo ucraino, al posto di arrendersi, resiste eroicamente, perché gli uomini accompagnano le donne e i bambini al confine per tornare in Patria a difendere la propria identità nazionale, il proprio futuro, la propria dignità nazionale, come possiamo noi invocare, al posto loro, il diritto alla resa? Questo dibattito ci ha ulteriormente convinto delle nostre posizioni. Come si fa ad essere così tanto in disarmo morale, mentale, prima ancora che bellico e materiale, da suggerire la resa? O forse, chi suggerisce la resa, la vuole imporre esattamente come Putin: non ti diamo le armi, così la guerra non si prolunga. Vero, assioma indiscutibile. È altrettanto vero, però, che la somma potrebbe essere: non ti diamo le armi, così accerteremo, garantiremo e accelereremo la carneficina ai danni del popolo ucraino. E noi non possiamo essere equidistanti, perché non esiste equidistanza. Quando cessa, purtroppo, l'arma della diplomazia e crepitano le armi, dobbiamo scegliere da che parte stare. Noi di Fratelli d'Italia riteniamo che l'aggredito abbia il diritto alla legittima difesa. Noi di Fratelli d'Italia riteniamo che l'aggredito debba trovare solidarietà da parte delle democrazie occidentali, se quell'aggredito sta difendendo, indirettamente, la mia costituzione genetica, che è fatta di diritto internazionale contro guerra, che è fatta di sovranità e indipendenza dei popoli contro azioni militari, avventuristiche e di carattere imperiale. Non potevamo che stare da quella parte.

E, ancora, abbiamo sentito nel dibattito in quest'Aula riecheggiare qualche cosa che è veramente il concentrato di quel disarmo morale occidentale su cui puntava Putin.

Attenzione: Putin è così tanto forte come aggressore, che non solo ha il diritto di calpestare l'Ucraina, e noi dobbiamo farci gli affari nostri, ma non dobbiamo neanche essere contigui all'Ucraina, perché è così tanto forte questo aggressore, che potrebbe sparare, che potrebbe avercela anche con l'Occidente, cioè il diritto alla vigliaccheria internazionale. Io credo che non ci sia spazio per questo.

In questo decreto c'è tanto che manca. Noi avevamo chiesto la difesa immediata. Dato che siamo in un'economia di guerra e quell'economia di guerra non deve essere pagata dal popolo italiano, avevamo chiesto un intervento immediato sul caro bollette per tutelare le imprese energivore, che oggi chiudono non perché manca la domanda, ma perché produrre costa più di quanto realizzano vendendo. Avevamo chiesto un intervento sul caro bollette per le famiglie; avevamo chiesto un intervento per le imprese esportatrici nei confronti della Russia e dell'Ucraina; avevamo chiesto un intervento immediato per le imprese agricole che subiscono un danno terrificante dal rimbalzo economico delle sanzioni, perché mais e grano non arrivano più; avevamo chiesto, sostanzialmente, in un'economia di guerra, di non scaricare tutto sull'economia reale italiana, ma di ergersi come diga, noi, come Stato, per difendere la nostra economia. Manca, manca, clamorosamente manca. Ma una cosa c'è: c'è che l'Occidente non si volta dall'altra parte, c'è che noi siamo nella cornice euroatlantica, c'è che noi siamo dalla parte del blocco delle democrazie occidentali, c'è che Fratelli d'Italia difende le sovranità nazionali, difende i confini, sta al fianco di chi difende la sua casa, i suoi figli, la sua dignità nazionale, di chi combatte per non arrendersi di fronte ad un'aggressione militare unilaterale. Non potevamo essere in un'altra trincea e in quella ottimamente stiamo noi di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi, come in tutta la nostra storia, quando siamo stati al Governo e quando siano stati all'opposizione, Forza Italia è dalla parte della Nazione, delle Forze armate, della bandiera. Quando i soldati italiani sono impegnati all'estero, quando sono in gioco la vita e l'onore dei nostri militari, è il momento dell'unità nazionale, al di là di ogni possibile divergenza. Ma questa volta, evidentemente, onorevoli colleghi, la questione è di ben più ampia portata.

Questo inverno del 2022 segna uno spartiacque nella storia delle relazioni internazionali, riportando, nel cuore dell'Europa, la linea di frattura non solo militare, ma anche politica e sistemica che ci eravamo illusi fosse superata con il crollo dell'Unione sovietica e del muro di Berlino. Molti hanno ritenuto allora che le nuove e pericolose sfide fossero quelle portate dall'integralismo islamico; del resto, il XXI secolo è stato inaugurato dalla tragedia delle Torri gemelle. Abbiamo creduto che i venti di guerra e di repressione potessero venire da qualche pericoloso dittatore - la dinastia Kim a Pyongyang, Maduro in Venezuela -, soprattutto ci siamo posti il problema della grande sfida sistemica portata dalla Cina, che rimane, qualunque cosa accada, il vero competitore del XXI secolo sul piano demografico, economico e tecnologico. Alcuni hanno creduto e sperato - e noi eravamo fra questi - che l'Europa e l'Occidente potessero rispondere insieme a queste sfide sistemiche, che sono sfide ai nostri valori, alla nostra cultura, al nostro modo di vivere, e che quest'idea di Europa e di Occidente si potesse estendere a tutti i popoli e a tutte le nazioni di tradizione greco-romana e giudaico-cristiana, anche a quelli liberati dal giogo della dittatura comunista.

Di questa cultura e di questa tradizione, la Russia è parte integrante, come lo sono i Paesi europei che, dal 1945, si erano trovati al di là della cortina di ferro calata da Stettino a Trieste. E, in effetti, le vecchie e nobili capitali delle quali parlava Churchill nel suo celebre discorso - Vilnius, Riga, Tallinn, Budapest, Praga, Varsavia, Bucarest, Bratislava, Sofia - hanno cercato nell'Alleanza atlantica e nell'Europa non soltanto un ombrello protettivo, ma anche una comunità di valori basata sul metodo della democrazia liberale. Vi è stata una fase nella quale era legittimo sperare che il conflitto Est-Ovest fosse da chiudere nei libri di storia del Novecento, insieme all'impalcatura ideologica sulla quale questo conflitto si fondava. Quella fase ha avuto il momento più alto nel 2002, con l'Accordo di Pratica di Mare, quando, lo ricordo, su iniziativa del presidente Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), fra i Paesi della NATO e la Russia si erano poste le basi per una convergenza di prospettive ed interessi strategici.

Da allora, il quadro si è progressivamente deteriorato per responsabilità diverse. Certo, non ha fatto bene a nessuno la sensazione, da almeno un decennio a questa parte, della mancanza di leadership politica nell'Occidente, di chiarezza di idee e di fermezza negli atteggiamenti del mondo libero in diversi teatri di crisi. Ha pesato l'assenza di una politica estera e di difesa comune dell'Europa, integrata nell'Alleanza atlantica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), chiesta, ormai da anni, per primo proprio dal Presidente Berlusconi. Il confuso ritiro dall'Afghanistan è stato l'ultima tappa di un percorso che non ci ha reso credibili.

A questo, ha corrisposto un progressivo allontanamento della Russia dell'Occidente, una crescente contrapposizione di interessi strategici, il sostegno a regimi illiberali, come Cuba e il Venezuela, una svolta repressiva nella politica interna. Tutto ciò ha reso sempre più difficile la definizione di conflitti, come quello ucraino, che, evidentemente, potevano, e devono ancora oggi, essere risolti solo in chiave di compromesso per ragioni diverse.

Il tema del rapporto fra Russia ed Europa, onorevoli colleghi, non nasce certo nel XXI secolo. Ha origine, addirittura, nel 1400, con il mito fondante della “Terza Roma”, con la continuità con l'Impero bizantino rivendicata da Ivan il Grande. Ma è, soprattutto, all'epoca di Pietro il Grande che la Russia guarda a Occidente in termini, allo stesso tempo, compartecipi e competitivi. Le splendide architetture di San Pietroburgo costruite da architetti italiani sono il simbolo del profondo legame con l'Europa, ma anche della volontà degli zar di spostare il baricentro verso Ovest, verso il Baltico, verso l'Europa centrale.

Tre secoli di storia europea parlano di questa tensione strategica irrisolta, che solo in pochi momenti ha trovato un punto di equilibrio, grazie al genio diplomatico di Metternich e, poi, di Bismarck, un punto di equilibrio spezzato per sempre dalla catastrofe della Prima guerra mondiale, nata anche per effetto delle nefaste pulsioni panslaviste che hanno condizionato la politica russa dalla fine dell'Ottocento; la stessa prospettiva strategica che ha portato Stalin, prima, all'accordo con la Germania di Hitler per controllare la Polonia e i Paesi Baltici, poi alla spartizione di Yalta, che ha realizzato l'antico sogno zarista dell'egemonia sull'Europa orientale.

Ora il tema si ripropone, aggravato dal retaggio di una memoria storica fatta di oppressione, di invasione, di repressione, che le macerie del sistema comunista hanno lasciato dietro di sé. Chi ricorda l'holodomor, la carestia artificiale con la quale Stalin massacrò milioni di ucraini, chi ricorda la spietata repressione della resistenza patriottica anticomunista in Lituania, chi ricorda i carri armati russi a Budapest e a Praga può ben capire la radicata a differenza di quei popoli non solo verso il sistema comunista, ma verso il Paese che con quel sistema si identificava. Quei popoli hanno scelto la libertà, la democrazia, si sono rivolti a noi chiedendo di essere parte della nostra comunità di popoli liberi e noi abbiamo il dovere di essere dalla loro parte, con chi ha aderito all'Alleanza atlantica e con chi, come l'Ucraina, con l'Alleanza atlantica e con l'Europa stava costruendo un rapporto importante (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), un rapporto, sia chiaro, che non doveva avere alcun significato ostile verso la Russia e che non si sarebbe mai tradotto, in un futuro prevedibile, nell'ingresso dell'Ucraina nella NATO o nell'Unione europea.

Questo significa che la Russia, in questa contesa, non abbia nessuna ragione? Naturalmente, non è così. C'è chi dice - e probabilmente ha ragione - che ci sono anche gruppi neonazisti in Ucraina, c'è chi dice - e, forse, ha ragione – che, in alcune zone dell'Ucraina, le minoranze russe sono discriminate, ma resta il fatto che Putin ha invaso un Paese sovrano, uccidendo migliaia di persone e centinaia di bambini e riportando la guerra nel cuore dell'Europa. Facendo questo, la Russia è venuta meno ad ogni buon diritto e ci ha messo di fronte al dovere di scegliere da che parte stare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). La nostra parte, onorevoli colleghi, non può che essere quella dell'Occidente, dell'Europa, degli Stati Uniti, dell'Alleanza atlantica, la parte della libertà. Mi preoccupa aver sentito in quest'Aula qualche voce, per quanto largamente minoritaria, che ha messo in dubbio il nostro diritto e il nostro dovere di farlo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), come se 75 anni di scelta di libertà, fin dalle elezioni del 1948, non significassero nulla, come se la Costituzione davvero ci imponesse di essere neutrali fra aggressore e aggredito, come se ci fosse un modo più efficace di ripudiare la guerra che essere pronti a combatterla.

Del resto, noi non vogliamo considerare la Russia un nemico; la Russia è una grande e civile Nazione, con la quale prima o poi si dovrà ritrovare un modo costruttivo di convivere. Prima questo avverrà, minore sarà il prezzo economico e politico di questa crisi; soprattutto, prima questo avverrà, prima si fermerà l'orrenda strage che insanguina il cuore dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). L'Italia deve impegnarsi per questo! Ma, perché questo possa avvenire, è necessario che la Russia abbia ben chiaro quello su cui non siamo disposti a transigere. Quella che si consuma in Ucraina non è solo la sacrosanta lotta di un popolo per la propria libertà: è la linea di confine fra il diritto e la forza bruta. Parafrasando Ugo La Malfa, oggi la libertà dell'Occidente si difende sulle mura di Kiev assediata, come spesso nella storia recente si è difesa sulle mura di Gerusalemme.

Per tutte queste ragioni Forza Italia è con il Governo, è con la Nazione, è con l'Europa, è con l'Alleanza atlantica, anche se questo significa per il nostro Paese pagare un prezzo, al quale questo decreto offre una prima e ancora parziale risposta. Molto altro vi sarà da fare, per evitare che questa crisi blocchi sul nascere la difficile ripresa economica dopo i due anni drammatici del COVID. Molti di questi problemi si sarebbero potuti evitare, se decenni di scelte sbagliate o di mancate scelte, dalla rinuncia al nucleare a quella ai rigassificatori, non ci avessero reso così esposti a forniture instabili e a ricatti energetici. Su tutto questo occorre lavorare in termini di strategie di medio periodo, ma prima di tutto con interventi immediati per tagliare le imposte sull'energia, come ha chiesto anche in Europa il Presidente Berlusconi. Tutto questo non può influenzare la scelta di fondo dell'Italia, la scelta dalla parte della libertà e del diritto. Ne va del nostro interesse nazionale, ne va dei nostri principi fondanti, ne va della nostra stessa coscienza di donne e di uomini liberi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH (PD). Grazie Presidente. Nella notte del 24 febbraio, la Federazione Russa ha lanciato un'offensiva militare nei confronti dell'Ucraina. Nelle settimane precedenti, ai confini dell'Ucraina, si sono svolte per giorni e giorni esercitazioni di notevoli dimensioni. Questi sono i fatti, questo è il perché di questo provvedimento! Un decreto che - credo di poter dire a nome di tutti - nessuno di noi avrebbe voluto approvare, un decreto che parla di una guerra scoppiata a poche migliaia di chilometri da noi. La politica deve essere in grado di affrontare temi tanto delicati, quanto complessi, senza mai scendere a un clima da tifoseria, come ho spesso visto in queste giornate. Una realtà che non esito a definire sconcertante, poiché nessuno si aspettava una guerra nel cuore dell'Europa. In questi giorni ho sentito tante volte ripetere la parola “illusione”. Ebbene sì, anch'io mi ero illuso come tanti, come già detto dal nostro Presidente Draghi, che l'integrazione politica ed economica, che avevamo perseguito con la creazione dell'Unione europea, ci mettesse al riparo dalle violenze, che le istituzioni multilaterali create dopo la seconda guerra mondiale fossero destinate a proteggerci per sempre, in altre parole, che potessimo dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza e benessere, che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Invece, le immagini e i suoni che arrivano dall'Ucraina ci hanno costretto ad un brusco risveglio da questa illusione, costringendoci a fare i conti con la guerra. Una guerra non certamente diversa dalle altre 31 che attualmente si stanno combattendo nel mondo, ma che sicuramente ci colpisce maggiormente, perché è un assalto nel cuore dell'Europa proprio a quei valori, tra gli altri, la democrazia, la libertà e il rispetto dei diritti umani, che l'Unione europea ha coltivato fin dall'inizio. Troppe volte la storia ci ha sorpresi, ma, almeno in questa occasione, non è possibile sostenere che l'inizio di questa guerra non fosse stato assolutamente prevedibile. Eppure, quando le truppe russe hanno violato i confini ucraini, il mondo è sembrato essere colto di sorpresa. Il fatto in sé proponeva un evento sempre possibile, ma che l'opinione pubblica europea riteneva ormai cancellato dai propri destini, una guerra che non è iniziata adesso, ma otto anni fa, nel 2014, con la crisi in Crimea e in Donbass. A quella crisi si è risposto con la diplomazia e il dialogo. Forse, l'Occidente e l'Europa avrebbero potuto fare di più, ma a quelle proposte di dialogo la Russia ha risposto, oggi, con l'aggressione all'Ucraina. Con l'aggravante che in troppi, in tutti questi anni, hanno strizzato l'occhio a Putin; questo oggi non è più possibile. Fondamentale è fare la giusta chiarezza e dire da che parte stiamo.

Non sono tollerabili tentennamenti. In questo senso il Governo ha lavorato fin dall'inizio con chiarezza e determinazione in base a quello che stava succedendo: c'è un Paese aggredito e uno che invade; Putin sta bombardando una Nazione che non aveva bombardato la sua (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Oggi ci sono morti, militari e civili, giornalisti che perdono la vita esercitando il proprio lavoro. Questa è la realtà! La realtà è l'attacco effettuato al teatro a Mariupol, proprio ieri, da jet russi su un obiettivo civile, un'evidente violazione dei diritti internazionali. Eccoci ancora una volta con una guerra dentro il continente europeo, un conflitto che, accanto ai volti innocenti delle vittime di sempre di ogni guerra - penso soprattutto alle donne e ai bambini -, assume una connotazione nuova per come è stata preceduta da un attacco cibernetico capillare, che ha paralizzato di fatto i sistemi governativi ucraini. Dobbiamo ricordare che Putin, con la stessa violenza, oggi sta colpendo anche qualsiasi forma di protesta interna al popolo russo. A quello che protesta e che si oppone alla guerra va il nostro sostegno. Per questo l'Unione europea ha risposto con prontezza e unità, sia nel sostegno all'Ucraina che nelle sanzioni molto onerose per la Russia, che hanno colpito non soltanto le imprese e le banche di quel Paese, ma la stessa attività della Banca centrale russa, con il congelamento delle riserve economiche e le restrizioni all'export verso la Russia. Dal punto di vista normativo, proprio con questo testo, anche l'Italia fa la sua parte per ribadire il sostegno all'Ucraina e la ferma condanna all'aggressione russa.

Quindi, semplificando, cosa possiamo fare concretamente oggi, anche rispetto al dibattito? A mio modo di vedere, cercando di semplificare, tre erano le opzioni in campo: l'intervento militare diretto, ovviamente opzione scartata, da ritenersi l'anticamera della terza guerra mondiale; lasciare andare la crisi, ovvero il più forte vince, girarsi dall'altra parte, opzione ovviamente e giustamente scartata per il rispetto che dobbiamo al popolo ucraino e ai principi che ci hanno sempre animato; sostenere l'Ucraina, come Stato libero che si autodetermina, continuando con determinazione la ricerca della soluzione diplomatica e tenendo aperti tutti i tavoli per favorire la fine del conflitto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che è esattamente quello che Europa, NATO, ONU e l'Italia stanno facendo.

Sul tavolo delle trattative di pace non possiamo lasciare soli Ucraina e Russia. Non si tratta di una mera regolazione dei confini, l'approccio deve essere multilaterale e l'Europa deve avere un ruolo determinante, condizione necessaria affinché venga risolto il conflitto oggi, ma base fondamentale perché la pace e la stabilità di quella parte del pianeta sia stabile e duratura. L'Unione europea ha reagito con fermezza, cercando di mantenere, in un difficile equilibrio, la necessità di evitare un allargamento del conflitto e quella di sostenere il popolo ucraino in fuga aprendo senza riserve le proprie frontiere, di fornire aiuti alla resistenza Ucraina e di insistere sul terreno dell'iniziativa diplomatica per fermare la guerra. Poteva fare di più? Non lo so, ma questa volta è l'emergenza a ricordare i ritardi che affliggono l'Unione nel tentativo di costruire uno strumento di difesa comune, che appare, oggi come non mai, ancor più necessario e urgente. Una difesa europea che deve essere impostata in senso cooperativo e non competitivo rispetto alle altre istituzioni multilaterali. Attenzione, il problema di questa difesa comune europea è tutto politico; una politica europea che deve avere la volontà di costruire strategie comuni con determinazione. In questo senso va ringraziato il paziente lavoro del nostro Governo, con in testa il Ministro Guerini, che spero veda presto i frutti sperati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Il decreto, che stiamo per approvare, tenta di mettere in campo le opportune strategie per consentire esattamente di riportare il conflitto sul tavolo del dialogo e della diplomazia, chiedendo con forza l'immediato cessate il fuoco. Scorrendo i contenuti del decreto, val la pena sottolineare alcuni provvedimenti. Vi è la partecipazione di personale militare difensivo alle iniziative della NATO. In questo senso un forte grazie va dato alle nostre Forze armate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), donne e uomini che tengono alto il nome del nostro Paese in tutte le missioni di pace in cui sono impiegati. Poi vi sono la cessione di mezzi ed equipaggiamenti militari all'Ucraina, la semplificazione delle procedure per l'assistenza e la cooperazione in favore dell'Ucraina, il potenziamento e la sicurezza degli uffici del personale all'estero e il potenziamento dell'Unità di crisi del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Si tratta di un insieme di misure che operano su due terreni diversi: un rafforzamento del dispositivo militare della NATO difensivo - sottolineo “difensivo” - nelle aree di crisi e interventi straordinari di assistenza e di cooperazione in favore dell'Ucraina, al fine di tutelare fiumi di profughi, ormai misurabili a milioni, che cercano rifugio e assistenza in quasi tutti i Paesi dell'Unione europea. Sottolineo le molteplici iniziative di solidarietà degli italiani per sostenere la popolazione ucraina.

Il nostro stesso partito, il Partito Democratico, con il nostro segretario Letta in testa, ha messo a disposizione i suoi 5.000 circoli per la logistica e per la raccolta del materiale. Il mondo cattolico, il Terzo settore, le scuole, tantissime associazioni sono già fortemente impegnate per organizzare l'accoglienza: grazie veramente a tutti. In questo senso, rimane fondamentale sostenere i nostri comuni, come sempre in prima linea sul tema dell'accoglienza. È assolutamente necessario accelerare le procedure per lo stanziamento e l'erogazione del contributo per i profughi ospitati in Italia, pensando a percorsi chiari e sicuri, in particolare per le bambine e i bambini ucraini, che sono purtroppo le prime vittime di questa guerra inaccettabile.

Sono state varate decisioni che prevedono - come sappiamo - il sostegno militare all'autodifesa dell'Ucraina, uno Stato sovrano che - lo ricordo, ancora una volta - è stato aggredito, senza nessuna ragione plausibile. Si tratta di una misura che ha visto unita l'Unione europea, ma avverto anch'io tutte le difficoltà di questa decisione. Rispetto i colleghi, quelli in buona fede, quelli che credono veramente alla risoluzione del problema, che hanno espresso dubbi e paure per la conseguenza di questa scelta. Credo che nessuno in quest'Aula sia felice del momento storico che stiamo vivendo, ma c'è un popolo aggredito che vuole difendersi e noi lo stiamo aiutando ad esercitare la propria legittima difesa e lo facciamo nel rispetto dell'articolo 11 della Costituzione e nell'ambito dei trattati internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Abbiamo introdotto per questo un emendamento, a prima firma PD, che, ai sensi del comma 2-bis, chiede al Governo, ed in particolare ai Ministri della Difesa e degli Affari esteri, con cadenza almeno trimestrale, di riferire alle Camere proprio sull'evoluzione della crisi. Nessuno, poi, può - e deve - sottovalutare la grave crisi economica ed energetica che stiamo vivendo. In questo senso, il Governo deve continuare con il provvedimento, in aiuto a famiglie ed imprese.

La cronaca di queste ore ci restituisce un racconto fatto di bombe e disperazione, di tentativi e fallimenti di trattative, che purtroppo ci mettono di fronte alla realtà che la risoluzione di questo conflitto non è di oggi. Non sappiamo come e quando finirà, ma sappiamo che dobbiamo fare la nostra parte e questo decreto è solo il primo passo. In questo momento di grande difficoltà, dobbiamo essere orgogliosi della risposta italiana all'aggressione russa, una risposta che continua a fondarsi su fermezza e disponibilità al dialogo, una risposta che non accetta compromessi al ribasso sui principi fondamentali quali la libertà, la democrazia e lo Stato di diritto, una risposta europeista e per la pace. Ed è proprio per questo, con l'intento di riportare la pace in quei luoghi, che il Partito Democratico vota con determinazione a favore della conversione in legge di questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

ROBERTO PAOLO FERRARI (LEGA). Grazie, signor Presidente, onorevoli colleghi, illustre sottosegretario Mule'. Mi accingo a questo intervento facendo una premessa, non tanto doverosa, quanto però necessaria, visto il livello di bassezze, cui abbiamo dovuto assistere nei giorni passati nei confronti del segretario della Lega, Matteo Salvini, che sono continuate anche in questi giorni. Una premessa - dicevo - che vuole ribadire come la Lega, come testimonia tutta la sua storia in situazioni di conflitti, abbia sempre perseguito un unico obiettivo, la pace, che passa attraverso il cessate il fuoco, che porti ad interrompere quelle azioni foriere di lutti e violenze verso i civili, che quotidianamente vediamo dalle immagini televisive e sui social media, una interruzione delle ostilità che, conseguentemente, permetta un dialogo, senza la minaccia delle armi e che conduca al ristabilimento della pace. Questo è stato, fin dalle prime ore del conflitto, il messaggio che, come Lega, abbiamo lanciato e pervicacemente perseguito, anche con il dileggio delle opposte tifoserie. Pace perché cessi questa inutile strage, pace perché nulla è perduto con essa, mentre tutto lo è con la guerra. Questa ostinata volontà di mai desistere dall'indicare quale unica via quella della cessazione dell'uso delle armi e della trattativa non ci impedisce di denunciare a voce alta - come abbiamo avuto il coraggio di fare anche in passati conflitti, allora unica voce che gridava nel deserto - che in questo quadro di ostilità vi è una Nazione, uno Stato sovrano, l'Ucraina, di cui sono stati violati i confini, oggetto di un'aggressione ingiustificata da parte di un altro Stato, la Federazione russa che, per scelta del proprio vertice politico e militare, sta attuando una intollerabile azione di guerra.

Vi è un popolo, quello ucraino, che sta patendo indicibili sofferenze e lutti in patria o è costretto a trovare rifugio fuggendo all'estero, e quello russo, che pagherà pesantemente le conseguenze delle sciagurate azioni del suo Presidente. Per entrambi questi popoli e per i popoli dell'Europa intera l'auspicio, la preghiera è che possano, in futuro, tornare a rinsaldarsi i legami di amicizia, ritrovando in quella comune radice culturale europea e cristiana la via unificante di questo continente e dei suoi cittadini. Un inquadramento, il mio, che sarebbe stato pleonastico se, nel nostro Paese, non vi fossero pennivendoli, votati alla mistificazione e alla demonizzazione dell'avversario, degni della migliore tradizione sovietica, di cui il senatore Salvini e la Lega sono il bersaglio prediletto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Lo sono anche quando parlano di pace e si adoperano per accogliere chi realmente fugge dalla guerra. Mi permetta, Presidente, in questo caso, di sottolineare al collega Giachetti come non abbiamo timore e paura di accogliere chi realmente fugge, chi è un profugo, diversamente migrante, a prescindere dal colore della pelle e ricordo che l'unico senatore della Repubblica di pelle nera è stato eletto nelle file della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Ciò detto, lo scoppio del conflitto in Ucraina, tolti gli aspetti contingibili e urgenti affrontati da questo primo decreto, che ci accingiamo a convertire in legge, con il nostro voto favorevole, ci deve inevitabilmente portare ad effettuare alcune prime riflessioni. Come fu per la pandemia, questa crisi ci ha colti, ancora una volta, impreparati, come fu per l'emergenza sanitaria e i tagli draconiani operati alla sanità da parte del Governo Monti e dai Governi della sinistra, che si sono succeduti fino al 2018 e , nel momento dell'estrema necessità, ad avere un sistema sanitario indebolito e non in grado, nonostante l'abnegazione degli operatori, a far fronte all'onda travolgente dell'epidemia. Oggi, di fronte a questo conflitto, ci si scopre fragili e dipendenti, in modo quasi totalizzante, da una fonte di approvvigionamento energetico, il gas, e legati per quasi la metà di questo approvvigionamento ad un unico fornitore, una dipendenza accentuata da scelte condizionate spesso un fanatismo ambientalista, che ha limitato lo sfruttamento delle nostre risorse, aumentando la dipendenza dall'estero e impedito lo sviluppo delle fonti energetiche legate all'energia nucleare prodotta da centrali di ultima generazione, mentre, però, ipocritamente, importiamo l'energia da tale fonte prodotta in altri Paesi.

Oggi, di fronte a questo conflitto, ci si rende bruscamente conto di come i nostri investimenti nel settore della difesa, al pari di quelli per la salute, siano stati sacrificati da scelte per nulla lungimiranti e ci abbiano resi più vulnerabili a condizioni come quella attuale, in cui la mancata capacità di una credibile deterrenza è una delle concause della crisi. Si tratta di mancati investimenti in un settore vitale, quello della difesa appunto, riconosciuti anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Draghi, da ultimo nella sua comunicazione alle Camere lo scorso 1° marzo. La crisi che stiamo vivendo non avrà certo durata breve ed investire risorse nella difesa significherà avere gli strumenti per governare le tensioni, significherà avere la capacità di tutelare i nostri interessi strategici, anche energetici, significherà investire in ricerca ad altissimo livello, con ricadute positive su tutto il sistema Paese. Per fare ciò, dobbiamo però tutelare le nostre eccellenze, costruire alleanze strategiche a livello continentale, senza sudditanza nei confronti di alcuno. Dobbiamo avere la forza di rivendicare che gli investimenti in questo settore, a livello europeo, debbono prescindere dai vincoli del Patto di stabilità. Abbiamo bisogno di unità e risorse a sostegno di questo strategico settore, non abbiamo bisogno di improvvisati mediatori - già Presidenti del Consiglio - che interagiscono con manager pubblici per lucrare una commissione, per qualcosa che le strutture del Dicastero della Difesa fanno per istituto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

L'imperativo è che, auspicabilmente nei prossimi provvedimenti, ma ineluttabilmente dalla prossima legge di bilancio, come peraltro il Governo si è impegnato a fare attraverso l'accoglimento dell'ordine del giorno a mia prima firma a questo provvedimento, approvato ieri a stragrande maggioranza da questa Camera, si trovino le indispensabili risorse per attuare quanto il Presidente del Consiglio e le risultanze del vertice europeo di Versailles hanno indicato come strategico, ma che, purtroppo, per ora, in questo provvedimento non ha trovato spazio. Il 2 per cento del PIL per la difesa non può essere più un auspicio; lo ripeto, è un imperativo.

Questo nostro piccolo mondo - che, dopo Yalta, sapevamo diviso in due blocchi, dopo la caduta del Muro di Berlino, pensavamo ormai guidato da un'unica superpotenza, dopo l'11 settembre, abbiamo scoperto vulnerabile alla minaccia del terrorismo islamico, ai conflitti regionali e alla guerra ibrida e che negli ultimi anni abbiamo scoperto condizionato dalle tensioni provenienti dall'Indo-Pacifico, per la crescente assertività del dragone cinese - dopo l'invasione dell'Ucraina lo troviamo ulteriormente sconvolto, con un quadro che appare la summa di tutte le tensioni precedenti e conseguentemente dobbiamo attrezzarci.

A seguito di questa crisi, anche la nostra postura internazionale subisce inevitabilmente un cambio di paradigma. La tutela dei nostri interessi, quando vengono violati il diritto internazionale e le regole delle organizzazioni a cui apparteniamo, non potrà più essere evitata. Lo spazio, che nel recente passato abbiamo lasciato vuoto in Libia, ha aperto la strada ad altri attori, compresa la Russia. Oggi, con le scelte che si stanno adottando, anche questo scenario cambia; il primo banco di prova sarà la prossima delibera sulle missioni internazionali. La Lega è pronta a queste sfide; è da tempo che le avevamo preconizzate.

Come sempre sappiamo dove stare: nel consesso delle Nazioni democratiche, a tutela dei nostri interessi, dei nostri valori occidentali e cristiani, ma tenendo sempre aperto il canale del dialogo verso tutti che è il punto di partenza per la risoluzione dei conflitti e per il mantenimento del bene supremo della pace (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Stasio. Ne ha facoltà.

IOLANDA DI STASIO (M5S). Presidente, colleghi e colleghe, dall'Ucraina arrivano immagini strazianti, morti, feriti, bombardamenti, distruzione.

Dopo due anni di pandemia, nel 2022, siamo qui costretti a parlare di guerra, una terribile, folle guerra alle porte dell'Europa e se ciò avviene è per l'aggressione ingiustificata e ingiustificabile della Russia. Questo va detto, Presidente, con assoluta risolutezza: il responsabile della guerra ha un nome e cognome ed è quello di Vladimir Putin (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

La notte tra il 23 e il 24 febbraio, l'invasione armata del territorio ucraino da parte delle truppe russe ha inferto un duro colpo alle speranze di vedere un'Europa unita sotto i valori della pace e della libertà a cui una serie di Paesi hanno convintamente aderito. Oggi, Putin sta negando all'Ucraina il diritto alla pace e alla prosperità, ma forse i conti sono stati fatti male, perché chi pensava ad una guerra lampo ha dovuto ricredersi e questo lo dobbiamo alla resistenza del popolo ucraino che si sta battendo per difendersi da una brutale e folle aggressione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Oggi, l'Italia ha una grande responsabilità nei confronti di chi lotta per la propria libertà e per la propria vita; non possiamo girarci dall'altra parte ed ignorare il dramma umano e sociale; ogni giorno ci sono uomini e donne in fuga per salvare la vita dei loro bambini, ogni giorno molti, troppi, non ce la fanno; sono cento ad oggi i bambini uccisi e quasi cento quelli feriti in conseguenza dell'invasione.

Le immagini del bombardamento dell'ospedale pediatrico di Mariupol ci hanno sconvolto: una donna trasportata via in barella, estratta dalle macerie dell'ospedale, è morta insieme al suo bambino. Non era un'attrice come era stata definita e non era una fake news come qualcuno ha osato dire in maniera sconsiderata, era tutto tragicamente vero. Così come sono vere le immagini della giornalista russa Marina Ovsyannikova che ha interrotto il telegiornale della TV di Stato, esponendo un cartellone contro la guerra, e quelle delle migliaia di russi che manifestano a Mosca, a San Pietroburgo e in altre città per condannare l'invasione. Sì, perché la Russia non sta tutta con Putin ed è nostro dovere sostenere chi osa sfidarlo, scendendo in piazza e rischiando la privazione della propria libertà (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), così come è doveroso in quest'Aula, Presidente, omaggiare tutti coloro che hanno perso la vita, perché impiegati a informarci e a documentare lo scempio di questa guerra. A loro deve andare il nostro riconoscimento.

Questa è una tragedia umana, straziante, che coinvolge tutti e di fronte a tale scenario non possiamo certamente voltarci dall'altra parte. Abbiamo il dovere di assicurare al popolo ucraino misure di sostegno e assistenza; sono necessari corridoi umanitari e misure di integrazione forti. Nei giorni scorsi abbiamo approvato emendamenti che vanno in questa direzione, sia dal punto di vista della formazione e dell'istruzione, sia dal punto di vista dell'accoglienza e dell'assistenza sanitaria.

Questo decreto ha previsto una serie di interventi di assistenza e di cooperazione in favore dell'Ucraina, oltre a un potenziamento delle funzionalità e della sicurezza per i nostri uffici e personale all'estero. Qui, rivolgo un plauso anche al nostro Corpo militare impiegato all'estero, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Serve uno sforzo di solidarietà concreta e non a parole; in tal senso, come Paese, abbiamo già destinato 110 milioni di euro al popolo ucraino e inviato circa 20 tonnellate di beni di prima necessità. Dobbiamo continuare su questa strada, perché sarebbe disumano lasciare solo il popolo ucraino.

L'Italia è in prima linea a fianco di Kiev per ottenere quanto prima il cessate il fuoco. La via diplomatica e quella dei negoziati devono prevalere.

Poi, Presidente, ci sono tutte le gravi ricadute economiche che questa guerra sta causando anche al nostro Paese. L'economia mondiale si è arrestata sotto i colpi di questi attacchi. Il vertiginoso aumento dei prezzi del carburante, l'aumento del costo dell'energia e delle materie prime sta colpendo migliaia di famiglie italiane. Questi aumenti, infatti, si ripercuotono in maniera significativa sul prezzo dei generi alimentari, anche quelli più essenziali. Questo non possiamo permetterlo, dobbiamo mettere in campo tutte quelle misure necessarie per contrastare questi aumenti e garantire una vita dignitosa alle famiglie italiane. Dobbiamo contenere ed arrestare l'impennata dei costi in bolletta, non possiamo ricadere in quel baratro da cui lentamente, dopo due anni di pandemia, abbiamo con fatica provato ad uscire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dall'altro lato, in politica estera, dobbiamo agire per ampliare la rosa dei nostri fornitori di risorse energetiche per non subire i ricatti di nessuno e rimediare agli errori fatti dal passato. L'azione diplomatica del Ministro Di Maio, che in questi giorni si è recato in missione in vari Paesi dell'Africa settentrionale e subsahariana, mira a liberarci proprio da questi ricatti. Infine, l'approvvigionamento di grano e cereali, essenziali per la produzione di farine e derivati, elementi centrali della nostra alimentazione quotidiana, è un fattore importante anche per l'indotto della filiera agroalimentare, bandiera di eccellenza del nostro export, già messo in dura difficoltà da questo conflitto. È in questa direzione che si inserisce l'emendamento che abbiamo fortemente voluto per ristorare tutte quelle aziende con frequenti relazioni commerciali con Ucraina, Russia e Bielorussia.

Presidente, questo decreto contiene tutto quello che abbiamo condiviso con i nostri alleati; questo decreto è una presa di posizione netta ed inequivocabile; questo decreto definisce la nostra collocazione nel mondo, non dobbiamo trincerarci dietro ai non detti.

Con questo decreto che ci apprestiamo a votare nel Parlamento offriamo al popolo ucraino tutta una serie di aiuti, anche militari, e lo facciamo nella profonda convinzione che questo sia giusto e doveroso; non possiamo permettere che il popolo ucraino venga annientato, non solo perché non possiamo stare semplicemente ad assistere inermi a una carneficina annunciata, ma anche perché questo pregiudicherebbe inevitabilmente qualsiasi negoziazione e, quindi, qualsiasi soluzione diplomatica soddisfacente per il popolo ucraino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Il Presidente Zelensky ha ammesso che l'Ucraina non entrerà a far parte della NATO e ha fatto anche un'apertura molto chiara sulla questione territoriale del Donbass e della Crimea, chiari segnali verso un possibile negoziato che noi tutti auspichiamo, ma Putin sta dimostrando ancora una volta di non volere la pace.

Vorrei citare qui, in quest'Aula, le parole dello scrittore Erri De Luca che interpreta il sentire di tanti italiani ed europei: “Questo conflitto, questo tipo di confronto militare può risolversi in un modo non favorevole alla Russia solo se l'aggredito riesce a sostenere una resistenza efficace. (…) C'è un diritto supremo alla libertà e a difendere la propria casa, la propria bandiera, la propria dignità. Con tutti i mezzi. (…) Quale scelta di campo è mai possibile? Rifornire di armi l'Ucraina senza prendervi direttamente parte è solo uno degli impegni dell'Unione europea. Aiutarla, va da sé, nell'accoglimento dei profughi, nella solidarietà umanitaria, ma con l'applicazione di sanzioni economiche che sono finalmente puntuali ed efficaci. (…) Cosa diciamo agli ucraini: alzate bandiera bianca?”.

No, Presidente, noi non diremo agli ucraini di arrendersi, non diremo loro neanche cosa fare, perché sono un popolo che sa quello che vuole, ma ci impegniamo qui ed oggi a sostenere la loro resistenza per la libertà, perché loro, noi tutti e i Paesi di questo continente che li stanno sostenendo con tutti i mezzi utilizzabili siamo veramente un unico popolo, il popolo europeo. Grazie, Presidente, esprimo a nome del MoVimento voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.

MATTEO DALL'OSSO (FI). Grazie, Presidente. Presidente, ringrazio Forza Italia e voi tutti. Dichiaro il mio voto contrario e, quindi, a favore dell'interesse del popolo italiano e della sovranità italiana, oggi 17 marzo, anniversario dell'Unità d'Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Segneri. Ne ha facoltà.

ENRICA SEGNERI (M5S). Grazie, Presidente. Io intervengo in quest'Aula innanzitutto per dichiarare il mio voto contrario rispetto al mio gruppo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Posso aggiungere: chi può negare che ci sia in atto un'invasione da parte della Russia in Ucraina? Chi può negare che ci sia una guerra fatta di uccisioni di civili innocenti? Chi può negare che, ad oggi, ci siano oltre 3 milioni di profughi che stanno fuggendo dal proprio territorio e dalla guerra annunciata dalla Russia, cercando un luogo sicuro? Credo nessuno!

Però, io non voglio scivolare in quello che potrebbe essere un pericoloso manicheismo che relega semplicemente buoni e cattivi. Purtroppo, nel momento in cui individuiamo i buoni e i cattivi, dove noi siamo i buoni e tutti gli altri sono i cattivi, questo ci potrebbe condurre addirittura nella pericolosa situazione di legittimare una terza guerra mondiale. Infatti, a questo punto nessuno potrebbe vietarci, in alcun modo, di intervenire militarmente su quei territori. Perché non lo facciamo? Non lo facciamo, perché la realtà, purtroppo, è molto, molto più complessa. La realtà è più complessa, perché, in questo scenario di guerra, purtroppo, non intervengono solo due soggetti che, come è stato ricordato in quest'Aula, intervengono in una situazione che c'è già dal 2014, cioè la Russia e l'Ucraina, ma c'è anche il coinvolgimento dell'Unione europea, che negli anni ha cercato una soluzione diplomatica per trovare un rimedio a questo conflitto; in più, c'è il ruolo importante svolto dagli Stati Uniti.

Purtroppo, non sono sfuggite ad alcuno le ultime parole che sono state pronunciate da Biden ieri. Ricordo che è da più di un anno che gli Stati Uniti forniscono armi all'Ucraina. Questo ci impone, ovviamente, una riflessione molto più ampia sul fatto che anche gli Stati Uniti hanno un peso importante in questa situazione. È evidente che l'Unione europea, purtroppo, si trova schiacciata, da più di otto anni, in una situazione che vede, da una parte, la potenza degli Stati Uniti e, dall'altra, la Russia.

Io mi voglio rifare anche alle parole del Cancelliere tedesco, Scholz, che ieri ha dichiarato che l'Unione europea deve diventare più sovrana e resiliente. È evidente, infatti, che la situazione in cui ci troviamo, purtroppo, fa emergere un'azione molto poco efficace dell'Unione europea.

Ci troviamo, quindi, di fronte a uno scenario, a mio avviso, drammatico: la Russia che ripropone le istanze del 2014 con il Trattato di Minsk; Zelenski che, per sua stessa ammissione, non vuole assolutamente cedere i territori del Donbass e vuole, per sua stessa ammissione, tramite le parole della Vice Presidente, riannettere la Crimea.

A questo punto, mi domando cosa debba fare l'Unione Europea, se sia lecito o meno l'invio delle armi, se sarà una soluzione l'invio delle armi. Io penso che quello che è accaduto qualche giorno fa alle porte dell'Europa o, meglio, sul fronte Ovest polacco, vicino a Leopoli, a Yavoriv, sia un chiaro segnale di avvertimento da parte della Russia, in quanto in quella base, c'è stato un bombardamento, proprio perché da lì arrivano gli armamenti forniti dagli Stati Uniti e dai membri della NATO. Inoltre, ci sono anche volontari - chiamiamoli “volontari”, chiamiamoli “contractor”, chiamiamoli “mercenari stranieri” - che supportano gli ucraini.

Io credo che l'Italia, in questo momento, debba domandarsi se effettivamente l'invio di armi non possa, invece, metterla in serio rischio. Ovviamente, ciò vale non solo per l'Italia, ma anche per l'Europa, però mi voglio soffermare sul ruolo strategico che ha l'Italia, in quanto l'Italia, a Niscemi, accoglie il MUOS, che è una stazione di telecomunicazioni della NATO, una delle più importanti del mondo (sono quattro in totale: una alle Hawaii, una in Virginia, una a Niscemi e una in Australia). Quindi, ci espone tantissimo - tantissimo! - ad eventuali bersagli. Siamo, in realtà, un obiettivo molto sensibile!

Io credo che solo la strada della diplomazia possa portate a un reale cessate il fuoco, sempre tenendo in mente l'articolo 11 della Costituzione. Auspico anche un forte ruolo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, così come auspicato anche da Guterres ultimamente. Spero che ci sia un ruolo forte dei mediatori e che la diplomazia diventi veramente lo strumento per arrivare a una soluzione reale del conflitto.

Voglio anche esprimere - e concludo - la solidarietà nei confronti dei lavoratori dell'aeroporto di Pisa, che si sono opposti a caricare armi dirette all'Ucraina, pensando che non fossero aiuti umanitari. Credo, dunque, che, alla luce di quanto espresso, l'invio delle armi non sia risolutivo affatto - e non ci dovremmo esporre in questo modo -, e che quella della diplomazia sia l'unica strada da percorrere (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gabriele Lorenzoni. Ne ha facoltà.

GABRIELE LORENZONI (M5S). Grazie, Presidente…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Lorenzoni. Colleghi, chiederei maggiore silenzio in Aula! Colleghi, chiederei maggiore silenzio in Aula!

GABRIELE LORENZONI (M5S). Grazie, Presidente. Innanzitutto, io devo fare una premessa. La premessa è che chi mi conosce sa che io sono la persona più moderata e più riflessiva del mondo, critica nel giudizio, e tutte le volte che ho parlato qui alla Camera, con la mia bocca - e non con la penna di qualcuno che voleva screditarmi -, nessuno ha mai potuto trovare una parola per attaccarmi, perché le parole erano tutte pesate. Quindi, leggere, con riferimento a me, che sono una persona arrogante, una persona che ha la verità in tasca, è stato quanto di più lontano possa essere possibile dalla mia persona. Io non sono putiniano! È un'etichetta che io respingo e che oggi potrebbe anche avere risvolti gravi nei miei confronti, sulla mia sicurezza e su quella dei miei cari. L'intervista è infarcita di virgolettati falsi e lo dimostrerò in sede di giudizio, perché l'ho registrata.

Fatta questa premessa, voglio ribadire tutta la mia solidarietà ai profughi ucraini, la mia ferma condanna dell'invasione russa e la mia preoccupazione che questo sia solo l'inizio e che le conseguenze peggiori debbano ancora arrivare.

In genere, quando faccio queste profezie in quest'Aula, come sull'arrivo dell'ondata che avrebbe lacerato e discriminato il tessuto sociale dell'Italia, mi dovete dare atto che le mie preoccupazioni sono fondate. Allora, oggi non c'è un dibattito tra interventisti e neutralisti, come poteva essere nel 1914; oggi c'è un pensiero unico, per cui chi osa ragionare in maniera critica viene criminalizzato, addirittura etichettato come putiniano.

PRESIDENTE. Onorevole Mollicone! Onorevole Mollicone, la mascherina!

GABRIELE LORENZONI (M5S). Avrei votato anche favorevolmente alla conversione in legge di questo decreto, perché prevede aiuti umanitari, giustissimi, ma è proprio questo inserimento dell'articolo 2-bis che è avvenuto dopo, ossia l'invio delle armi letali, che mi impedisce di votare favorevole. Nell'articolo c'è scritto proprio che si deroga alla normativa italiana sull'invio delle armi nei Paesi in conflitto, e quindi si deroga all'articolo 11 della Costituzione, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Dunque, sono contrario a questo neo-interventismo di questi neo-interventisti con le ciabatte, che vogliono fare una guerra per procura; vanno bene le sanzioni, quindi va bene schierarsi in questo senso, ma inviare le armi in Ucraina è il contrario della diplomazia, è il preludio di una dichiarazione di guerra, è un modo per trasformarla nell'Afghanistan d'Europa e non va a favore degli interessi né dell'Europa, né dell'Ucraina, né della pace.

Qualcuno dice che nella Seconda guerra mondiale i partigiani imbracciavano le armi, è vero, e non i fiori, ma combattevano sul campo insieme agli americani; non erano lasciati soli, con il rischio di essere massacrati dall'invasore. Voglio, inoltre, ricordare che la Corte di cassazione ha riconosciuto ad un cittadino ucraino lo status di rifugiato per essere fuggito dal suo Paese, per avere disertato, evitando il servizio militare. La Suprema Corte di cassazione, sezione civile I, ordinanza n. 7047 del 3 marzo 2022, evidenzia la presenza di gravi violazioni e crimini di guerra commessi da entrambe le parti in conflitto in riferimento alla guerra civile nel Donbass tra esercito ucraino e ribelli filorussi, che ha provocato 14 mila morti, tra civili e militari. La Cassazione sentenzia - sentenza definitiva - che lo status di rifugiato politico va concesso a chi rifiuti di prestare il servizio militare nello Stato di origine, laddove vi sia un conflitto caratterizzato dalla commissione di crimini di guerra e contro l'umanità. La sanzione penale prevista dall'ordinamento straniero per il rifiuto di prestare il servizio di leva costituisce atto di persecuzione. Quindi, il cittadino ucraino aveva richiesto la protezione in quanto, obiettore di coscienza, si è rifiutato di arruolarsi nell'esercito ucraino. Lo Stato italiano gli ha dato ragione! Quindi, noi oggi votiamo non solo per andare in deroga alla legge italiana sull'invio delle armi in Paesi in conflitto, non solo contro l'articolo 11 della Costituzione, ma abbiamo anche la sentenza definitiva della Cassazione sul fatto che, inviando queste armi, rischiamo che esse vadano ad alimentare crimini di guerra e contro l'umanità.

Per questi motivi, dichiaro il mio voto contrario alla conversione in legge del decreto in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI (LEU). Grazie, signor Presidente. Ho avuto modo, in questi giorni, di intervenire più volte, quindi risparmierò a quest'Aula un discorso troppo lungo.

Voglio solo ribadire le ragioni di un voto contrario. Ho ascoltato con grande attenzione il dibattito di questi giorni; l'ho detto ieri, ho provato a farmi carico, sinceramente, di quella che considero una lacerazione vera. Credo che chi fa una scelta diversa dalla mia non lo faccia a cuor leggero e sono convinto che chi oggi pensa che l'invio delle armi all'Ucraina sia non solo un dovere, ma la soluzione migliore per garantire libertà quel popolo e per garantire una soluzione a questa guerra, lo faccia in buona fede. Credo che sia, però, un drammatico errore. Ho il dovere di dirlo qui, in quest'Aula, perché credo che quello che il dibattito di questi giorni continua a confermare è lo slittamento drammatico, perfino delle parole, in una riduzione binaria assai pericolosa. La dialettica amico-nemico è una dialettica pericolosa non perché ci impedisca di vedere le responsabilità, che pure, invece, dobbiamo saper indicare con chiarezza. L'aggressione russa all'Ucraina è un'aggressione in violazione di ogni norma del diritto internazionale, va condannata senza alcuna ambiguità, ma la dialettica amico-nemico rischia di rimuovere dalla scena la questione fondamentale di cui noi dovremmo occuparci in quest'Aula, di cui l'Europa dovrebbe occuparsi: qual è il ruolo dell'Europa, il ruolo che l'Europa dovrebbe costruire per arrivare il prima possibile alla fine di una guerra che produce ogni giorno una catena infinita di lutti e di tragedie sui civili inermi che vediamo ogni giorno scorrere nelle immagini dei nostri telegiornali.

Come non vedere, colleghi e colleghe, l'assenza drammatica di un protagonismo dell'Europa, l'assenza di una parola, di una capacità di iniziativa. Qual è la proposta di pace dell'Europa? Qual è la proposta diplomatica? Che piano proponiamo? Che cosa diciamo sui punti che oggi quelle due delegazioni discutono, in una drammatica solitudine? Il Financial Times ieri ci ha informato di un piano in quindici punti; di quei punti discutono, in solitudine, ucraini e russi, in una condizione di evidente sproporzione delle forze, ma su questo l'Europa è muta, e anche il nostro dibattito è drammaticamente carente. Lo avverto come un peso, non lo avvertite questo peso anche voi e non vedete quanto la scelta eccessivamente concentrata sulla dinamica militare rischi di favorire l'indebolimento di questo punto di vista?

E anche sulle parole, colleghi e colleghe, vi prego di fare attenzione. Definire Putin il nuovo Hitler non è sbagliato sul piano di un esercizio retorico, dell'analisi storica; è pericoloso perché, se qualcuno dice che lì c'è Hitler, badate, la risposta è secca: se c'è Hitler, bisogna andare in guerra, tutti e tutte, contro Hitler, subito (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). La dimensione binaria è pericolosa perché non fa i conti con le contraddizioni che l'Ucraina, aggredita, ci mette di fronte ad ogni piè sospinto. Loro chiedono no-fly zone, jet, ed è ovvio che lo chiedano; e noi diciamo no perché c'è la guerra, e la guerra contro la Russia è guerra mondiale e nucleare. Noi non siamo nella condizione di applicare le sanzioni più dure che, quelle sì, subito costringerebbero a qualche maggior difficoltà la Russia putiniana, perché dichiariamo, senza imbarazzo, che non possiamo chiudere il rubinetto del petrolio e del gas russo, perché salterebbe il nostro sistema di impresa. Ed è un problema serio, colleghi, non è che si può prendere così, alla leggera. Ma, siccome è serio, dobbiamo affrontarlo nella sua dimensione, drammaticamente problematica. Come non vedere, allora, che forse occorre correggere, prima che sia tardi, una strada che rischia di fare dell'Europa una vittima, sul piano politico della sua prospettiva. E se l'Europa scompare, anche per l'Ucraina, aggredita e offesa da una guerra di aggressione, non è una buona notizia. Pensiamo a questa dimensione del problema, nella sua drammaticità e anche nella sua complessità. Il mio invito al Parlamento è questo, l'ho detto, nel rispetto delle posizioni; per favore, senza tifoserie, senza banalizzazioni; è troppo grande la questione per permetterci di trattarla come il terreno di uno scontro superficiale e un po' offensivo. Assumiamo questa dimensione del problema, perché c'è ancora bisogno, e ci sarà finché le bombe non smettono di cadere, ma anche dopo, di un protagonismo politico dell'Europa, che oggi ancora, purtroppo, non vediamo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Anche il sottoscritto ha avuto modo, già nella discussione sulla risoluzione sull'Ucraina, di esprimere una preoccupazione insieme a tanti dubbi. Spero non ci sia bisogno di ribadire che chi ha una visione diversa sull'invio delle armi all'Ucraina non ha una posizione diversa su dove stare nel conflitto che si è aperto, non ha dubbi su chi sia l'aggressore e su chi sia l'aggredito, non ha dubbi che Putin e l'esercito russo non abbiano alcuna giustificazione per l'invasione di uno Stato sovrano. Quindi, non è per astratto pacifismo o per pacifismo da salotto, come se quelli che, invece, sono a favore dell'invio delle armi stessero sul campo, e non nei salotti, come quelli che fanno i pacifisti, ma è per una ragione puramente pratica; ritengo che l'invio delle armi, in un quadro in cui c'è un'asimmetria così profonda nei rapporti di forza militari, non aiuti il popolo ucraino, non avvicini l'obiettivo di una pace, non consenta di anticipare i risultati di una trattativa.

Infatti, nel momento in cui si rafforza il popolo ucraino che combatte, l'esercito ucraino che combatte, dall'altra parte abbiamo qualcuno spregiudicato che non ci pensa due volte a moltiplicare la capacità offensiva dei suoi armamenti. Quindi, è una condanna senza “se” e senza “ma” dell'invasione, però poi anche tanti dubbi: ho ascoltato gli interventi e in tanti interventi ho trovato posizioni serie, quindi tanti dubbi, ma anche la consapevolezza che l'etica e la politica sono due dimensioni diverse. Tutto quello che vorremmo fare sul terreno etico, purtroppo, non possiamo permettercelo sul terreno politico, perché la politica deve anche fare i conti con le conseguenze delle scelte che si fanno.

A me pare - lo diceva prima il collega Fratoianni - che ci sia un deficit di realismo politico, che non vuol dire giustificazionismo, non vuol dire riconoscere le posizioni e le ragioni che porta Putin, ma vuol dire tenere conto dei dati di realtà. Dov'è la trattativa? Dov'è l'Unione europea? Perché sono andati tre Presidenti del Consiglio, in ordine sparso, l'altro giorno, a Kiev, senza mandato del Consiglio europeo? Dove è un'offensiva per coinvolgere la Cina, che è il player decisivo? Quella della Cina è una scelta decisiva ai fini della soluzione equa di questo conflitto. Perché non li abbiamo coinvolti? Perché ancora non li coinvolgiamo? La Cina deve capire che il terreno sul quale ha costruito la sua potenza in questi vent'anni viene meno, il suo sfacciato mercantilismo troverà chiusure nel momento in cui non sceglie da che parte stare in una vicenda come questa. Io credo che noi, quando diciamo che vogliamo una trattativa, dobbiamo essere conseguenti, perché è un'affermazione troppo generica. Trattativa vuol dire inasprire ulteriormente le sanzioni. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare in termini di sanzioni economiche? No, non è così! Il blocco del sistema dei pagamenti SWIFT riguarda soltanto il 25 per cento delle banche russe ed è stato implementato con dieci giorni di ritardo, consentendo alle banche bloccate di poter spostare le operazioni in valuta sulle banche che possono ancora utilizzare il sistema SWIFT. E poi, quel nemico così terribile riceve quasi un miliardo di dollari al giorno da noi, è un dato di realtà. Allora la trattativa vuol dire mettere in campo tutti i mezzi che hai, non militari. Per queste ragioni - e chiudo, Presidente - ritengo che oggi la scelta di inviare le armi non sia una scelta utile all'obiettivo che tutti vogliamo perseguire. Dopodiché, il testo che andiamo a convertire è un testo che contiene misure importanti, che riguardano l'assistenza ai rifugiati, aspetto che sta molto a cuore a tutti, contiene l'assistenza alle imprese italiane che esportano in Russia, Bielorussia e Ucraina, contiene assistenza agli studenti e ricercatori ucraini che operano in Italia. Quindi, è un testo rispetto al quale non posso votare contro, ma la presenza dell'articolo 2-bis mi impone di non poter votare a favore. Per questo, a differenza del mio gruppo, mi asterrò sulla legge di conversione del provvedimento.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 3491-A​)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3491-A​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 3491-A: “Conversione in legge del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, recante disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina”.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno della seduta odierna, è rinviato alla prossima settimana.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 16 marzo 2022, il deputato Osvaldo Napoli e la deputata Daniela Ruffino, già iscritti al gruppo parlamentare Coraggio Italia, hanno dichiarato di aderire alla componente politica “Azione-+Europa-Radicali Italiani” del gruppo parlamentare Misto.

Il rappresentante di tale componente, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paternoster. Ne ha facoltà.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Grazie, Presidente. Sabato 19 marzo c'è la mobilitazione nazionale dell'autotrasporto, che, come sappiamo bene, vive un momento di grave difficoltà a causa del caro carburanti. Il giorno 4 aprile, invece, c'è il fermo nazionale e i camion spegneranno definitivamente i motori per il caro gasolio. Ora, le categorie apprezzano l'attività svolta dal sottosegretario Bellanova, però la proposta del Governo, fino ad oggi, è assolutamente insoddisfacente. Non servono le riduzioni di 10, 20 o 30 centesimi dell'accisa, perché la problematica in questo momento non è tanto data da un aumento spropositato del costo dei carburanti a causa della guerra, ma è data da una speculazione incredibile, mai registrata prima, che ha fatto schizzare il prezzo dei carburanti a livelli mai raggiunti prima. Ora, le categorie dell'autotrasporto cosa chiedono per cercare di risolvere una volta per tutte questa problematica? Che il Governo intervenga immediatamente con un provvedimento - che può fare, se vuole - che mantenga stabile, fisso e duraturo per almeno sei mesi il prezzo del gasolio, chiaramente ad un costo accessibile, che, sappiamo tutti, è intorno a 1,50 euro a litro, in modo che questa categoria, che è la catena fondamentale dell'industria italiana con oltre 80 mila aziende in tutta Italia, possa finalmente lavorare con precisione e con dedizione. Ricordo che i camionisti, proprio due anni fa, nel periodo più difficile della pandemia, sono stati una di quelle categorie, insieme ai medici, agli infermieri e al personale sanitario, che hanno garantito l'approvvigionamento costante nei supermercati di beni alimentari e farmaceutici. Molti di loro sono morti, purtroppo, a causa del COVID per questo servizio. Non dobbiamo dimenticarci di loro. E quindi un prezzo costante, fisso, e che sia finita questa mobilitazione, questo fermo, che provocherebbe un grave danno a tutta la nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 18 marzo 2022 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interpellanze urgenti .

La seduta termina alle 13.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 i deputati Durigon, Martino, Capitanio e Colmellere hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 3491-A - voto finale 397 392 5 197 367 25 78 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.