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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 655 di venerdì 11 marzo 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Baldelli, Butti, Colletti, Comaroli, Davide Crippa, D'Inca', D'Uva, Daga, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Fassino, Gregorio Fontana, Forciniti, Frusone, Gebhard, Giachetti, Invernizzi, Lupi, Maggioni, Magi, Marattin, Molinari, Mura, Nardi, Perantoni, Ribolla, Rizzo, Romaniello, Rotta, Scalfarotto, Schullian, Serracchiani e Zanettin sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 97, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza, che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la Comunità “Il Forteto”.

PRESIDENTE. Comunico che in data 8 marzo 2022 la Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto", la senatrice Elena Testor, in sostituzione della senatrice Alessandra Riccardi, dimissionaria.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza volte alla tutela dell'incolumità e dell'attività delle donne pastore, nonché al monitoraggio dell'assegnazione dei fondi europei per la transumanza, alla luce della vicenda di una allevatrice di Vallerotonda, in provincia di Frosinone - n. 2-01442)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Cenni ed altri n. 2-01442 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Susanna Cenni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SUSANNA CENNI (PD). Grazie, Presidente, sottosegretario e colleghi. Questa interpellanza è stata sottoscritta da moltissime colleghe e colleghi e tratta della storia, della vicenda di un'imprenditrice agricola, Assunta Valente, un'allevatrice. È una donna che ha scelto con passione e convinzione di svolgere un lavoro molto duro, complicato e, allo stesso tempo, molto prezioso. Assunta svolge la sua attività a Vallerotonda, in provincia di Frosinone, per scelta, e la fa bene, la fa con amore nei confronti della sua terra, quella che ha comprato e quella di uso civico, per la quale paga un affitto. Assunta ha ricevuto riconoscimenti importanti, come il premio di Legambiente quale ambasciatrice del suo territorio in occasione del III Forum nazionale Agroecologia circolare di Roma. Assunta è stata fra le protagoniste di un bel film documentario dedicato alle donne pastore del nostro Paese, nell'anno in cui la transumanza è diventata patrimonio UNESCO, film che avremmo dovuto proiettare alla Camera nel marzo del

2020, cosa che non è stata possibile a causa del COVID. Assunta, da anni, subisce minacce e danni, anche recentemente. Secondo quanto riportano numerosi organi di informazione, la sua azienda ha subito danneggiamenti di origine dolosa, fra cui palizzate abbattute, gomme del trattore squarciate, tubature spezzate, recinti abbattuti, animali - oltre 25 mucche - avvelenati e spariti, 8 cani sono stati avvelenati e c'è stato persino un avvertimento con la testa di un'agnellina conficcata in un palo, un tipico messaggio mafioso. Gli ingressi dei suoi terreni, per i quali paga un regolare affitto, sono stati resi impraticabili da ignoti per impedirle il pascolo. Sempre secondo molte notizie di stampa, questa imprenditrice verrebbe denigrata e diffamata da alcuni personaggi della comunità locale; infatti, è stata accusata di essere pazza ed esaurita, di inventarsi fandonie per i giornalisti e di non sapersi occupare degli animali perché il suo non è un mestiere da donne.

Del resto, è una donna e fa un mestiere da uomo e, da centinaia di anni, accade nel mondo che le donne che non rientrano nei canoni dati vengano spesso definite pazze; ci sono stati tempi in cui venivano anche internate per questo, perché non rispondevano ai canoni comuni. Si tratterebbe comunque di intimidazioni molto gravi e continue, sulle quali - sempre secondo i media - peserebbe l'ombra inquietante della mafia dei pascoli, cioè di quel fenomeno che vedrebbe grandi aziende occupare vaste aree di terreni con il solo scopo di accedere ai fondi europei, pur senza garantire l'effettiva attività di pascolo degli animali. Quindi, all'origine di questi danni e di queste persecuzioni, ci sarebbe proprio la volontà di ignoti di ottenere, attraverso reati e truffe, fondi dell'Unione europea per i pascoli estesi e per l'allevamento brado, quindi risorse pubbliche, che in realtà dovrebbero essere destinate al sostegno dell'attività pastorale. Questa tesi sembra essere sostenuta anche dalle Forze dell'ordine, che hanno ricevuto le varie denunce di questa imprenditrice, secondo le quali l'obiettivo delle minacce sarebbe proprio quello di indurre la donna ad andar via e ad abbandonare i terreni da pascolo. Va detto che, se in passato la presenza femminile nella pastorizia era concentrata soprattutto al Nord, negli ultimi anni sono tante le donne che hanno riscoperto questa attività e che con generosità si sono messe a svolgerla. Oggi sono tante le titolari di aziende zootecniche al Centro, al Sud e anche nelle isole del nostro Paese.

Queste donne, anche secondo recenti indagini, hanno dato a questo mestiere un'accezione molto rilevante, molto moderna, coniugando l'allevamento con la cura e con il benessere animale, obiettivi che l'Unione europea ci ha dato, da tempo. Lo hanno fatto promuovendo, al tempo stesso, il ripopolamento di zone marginali e la presenza di comunità vivaci negli insediamenti montani. Quindi, credo che sia necessario contrastare ogni tipologia di sopraffazione su queste donne e su queste attività; che occorra salvaguardare le attività e le esperienze come quella di Assunta Valente, perché questo significa non solo contrastare le discriminazioni di genere e tutelare il lavoro, l'incolumità e la dignità di queste donne, ma anche garantire il presidio dei territori, la cura dei pascoli, la preservazione della biodiversità, parola che abbiamo inserito in Costituzione, recentemente. Questa cura, questa presenza è una presenza ancora più necessaria oggi, in una stagione in cui noi dovremo incrementare la nostra presenza nelle aree rurali e la produzione di cibo, anche nel nostro Paese.

Sono, quindi, a chiedere se i Ministeri interpellati intanto siano a conoscenza dei fatti sopra illustrati; quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare l'incolumità e l'attività lavorativa, nello specifico di questa donna, ma direi, più in generale, delle donne pastore nel nostro Paese; se non ritengano anche necessario monitorare, soprattutto in alcune aree del nostro Paese, l'assegnazione dei fondi europei per la transumanza sul territorio nazionale, al fine di contrastare e prevenire eventuali frodi.

Sottosegretario, noi crediamo che questa donna non debba essere lasciata sola; penso che abbia bisogno di sentire che con lei ci sono alcuni grandi alleati e, in modo particolare, lo Stato, la legalità, la giustizia, perché Assunta fa il suo lavoro, ma anche perché produce cibo per tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.

CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente, gentili deputati. I deputati interpellanti prendono spunto dalle minacce rivolte a un'allevatrice del frusinate e chiedono, tra l'altro, iniziative per il monitoraggio dei fondi europei per la transumanza sul territorio nazionale e per la prevenzione di frodi in tale ambito. In ordine alla vicenda specifica, che riguarda un'allevatrice di bestiame operante nel comune di Vallerotonda, il prefetto di Frosinone ha comunicato che la predetta ha presentato denuncia per due episodi di minaccia, nel 2017 e per danneggiamento, nel 2021. Risulta anche che la medesima sia stata oggetto di denunce e querele anche per abbandono di animali nel fondo altrui e per pascolo abusivo, nel 2020 e nel 2021. Dagli elementi acquisiti, emerge che nella zona si sarebbe venuto a creare un contesto conflittuale tra allevatori, legato al reciproco sconfinamento del bestiame, per lo più lasciato allo stato brado sul suolo pubblico e nelle proprietà altrui. Per dirimere le tensioni, nel dicembre dello scorso anno, il comune di Vallerotonda ha promosso un incontro per stigmatizzare la pratica del pascolo incustodito sulle strade, in aree pubbliche o su proprietà private, richiamando l'attenzione degli allevatori sui rischi per la pubblica incolumità.

Infine, circa l'accaparramento di terreni preordinato all'indebito ottenimento di contributi dell'Unione europea, il prefetto di Frosinone ha riferito che nulla di penalmente rilevante risulta agli atti delle Forze di Polizia né dell'autorità giudiziaria, né sono emersi, allo stato attuale, riscontri documentali o acquisizioni investigative concernenti tali illeciti nell'area considerata. Più specificamente, gli elementi raccolti dai carabinieri di Vallerotonda e portati all'attenzione della procura della Repubblica di Cassino sono stati ritenuti privi di significatività penale e afferenti esclusivamente a un ambito interprivatistico.

PRESIDENTE. La deputata Cenni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SUSANNA CENNI (PD). Intanto, ringrazio il sottosegretario. Ovviamente, la sua risposta ci pone anche una serie di quesiti su cui ragionare. Qualche giorno fa, in Commissione agricoltura, noi abbiamo proceduto all'esame, che deve terminare, mancano un paio di articoli, su una proposta di legge che riguarda le tante donne della terra e del mare, in modo particolare quelle che si vedono di meno, ma che comunque sono un presidio fondamentale, per le aree rurali, per le aree montane, dove è difficile fare impresa. Però, credo che questa allevatrice, come Agitu Gudeta, pastora etiope di cui tutti conosciamo, purtroppo, la storia, uccisa nel dicembre del 2020, hanno provato e provano a svolgere questa funzione, perché credo che non sia un fatto personale, ma collettivo la possibilità di lavorare e produrre cibo in queste realtà. Quindi, spero - e sono certa - che l'obiettivo dello Stato, e anche del nostro Governo, sia fare tutto quello che è necessario per garantire la legalità e la tutela di chi lavora in queste aree.

(Iniziative di competenza volte ad un adeguato sostegno al comune di Cinisi in relazione ad un procedimento per la restituzione di un bene trasferito al comune dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata - n. 2-01445)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente D'Uva ed altri n. 2-01445 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole D'Uva se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCO D'UVA (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Oggi siamo qui per illustrare un'assurda vicenda giudiziaria. Parliamo di un casolare sequestrato nel 1985 a Badalamenti e che da un decennio è destinato ad attività sociali e culturali. Cerchiamo, però, di dare un contesto storico: questo casolare è stato sequestrato - chi è Badalamenti? - a colui che è stato anche il capo della commissione di Cosa Nostra, il cosiddetto, direbbero fuori da qui, “capo dei capi” - questo negli anni Settanta – che, con il traffico di stupefacenti, aveva accumulato un enorme patrimonio, che poi fu sequestrato durante il maxiprocesso di Palermo, ovviamente. Questo patrimonio, che era anche intestato a familiari e prestanomi - su questa cosa tornerò più avanti, e capiremo perché -, fu anche la causa della guerra di mafia negli anni Ottanta, perché i corleonesi vedevano che la vecchia guardia di Cosa Nostra riusciva ad arricchirsi in un modo molto forte; quella, dunque, fu la causa.

Devo dire che Badalamenti è anche la persona - lo voglio dire perché ero membro della Commissione antimafia quando abbiamo fatto questo lavoro - che aveva gestito la vendita della Natività del Caravaggio che era stata trafugata a Palermo negli anni Sessanta. Questo è Gaetano Badalamenti.

Ma torniamo al fabbricato: il fabbricato rurale è situato in contrada Uliveto, a Cinisi. Nel 2010 il rudere viene trasferito dall'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati al comune di Cinisi, per scopi sociali e istituzionali. Questo, con l'uso dei finanziamenti europei, viene ristrutturato, per centinaia di migliaia di euro. Quindi, il comune prende il bene, un rudere combinato malissimo, e vi investe centinaia di migliaia di euro per ristrutturarlo. Nel gennaio 2021, quindi davvero recentemente, il comune di Cinisi sottoscrive un accordo con l'associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato per diffondere la cultura della legalità.

Penso che la maggior parte delle persone in quest'Aula sappiano - tutti sappiamo - chi era Peppino Impastato, però voglio comunque dirlo per chi forse ha bisogno di rinfrescarsi la memoria. Chi era Peppino Impastato? Era un giovane militante politico, ha lottato contro la mafia nel suo paese, Cinisi, e anche nella sua famiglia, perché Peppino Impastato veniva da una famiglia mafiosa. Cosa fa? Fonda Radio Aut, fa controinformazione, denuncia la speculazione edilizia nel suo comune e il traffico di eroina. Ma la cosa più grave, agli occhi della mafia, è che fa satira, prende in giro i potenti, prende in giro il boss Gaetano Badalamenti, che non chiama più Tano Badalamenti, ma chiama Tano Seduto, e Cinisi diventa la città di Mafiopoli, e inizia a parlare di queste cose. Qualcosa di troppo grave, così viene ucciso; viene ucciso in un casolare e poi i resti vengono trovati a seguito di un'esplosione, quindi si parla di una persona che è stata imbottita di tritolo, nella linea ferrata Trapani-Palermo. Siamo nella notte tra l'8 e 9 maggio 1978: questa data ci dice tanto, perché è anche la data in cui, in via Caetani, a Roma, venne ritrovato il corpo di Aldo Moro. Una cosa che devo dire è che “i pezzi si rinvengono in un raggio di 300 metri dalla linea ferrata”, questo virgolettato lo riprendo dalla relazione della Commissione antimafia del 2000 che ha fatto luce sul caso Impastato; lo riprendo non per il gusto del macabro, ma per capire la ferocia dei mandanti e degli esecutori di questo omicidio.

Ovviamente, siamo in pieno periodo di depistaggio. Quello che si dice è che Peppino Impastato, essendo un militante politico, esploso su una linea ferrata, ovviamente era un terrorista, che quello lì è stato un atto di terrorismo. Questa è la prima cosa che viene detta; poi, viene detto: no, era suicidio. Iniziano ad esserci queste versioni. La verità verrà soltanto dopo l'impegno di Felicia e Giovanni, ovvero della madre di Peppino e del fratello di Peppino, che portano finalmente alla verità: omicidio mafioso. Per questo omicidio mafioso Gaetano Badalamenti verrà condannato nel 2002 all'ergastolo, due anni dopo che la Commissione parlamentare antimafia ha fatto luce su quella che è la verità storica, perché fa una relazione in cui dice: vedete che Peppino Impastato è stato ucciso dalla mafia. Quindi, fatemi dire che il Parlamento, la politica è arrivata anche prima della giustizia e questo non sempre avviene, quindi lo rivendico con orgoglio, come membro di questa Aula parlamentare.

Io devo dire che una cosa che mi ha colpito è che, anche se la famiglia Impastato ha vissuto per decenni un travaglio frustrante, non ha mai perso il senso delle istituzioni, e questo ce l'ha detto Giovanni Impastato due anni fa, qui, alla Camera dei deputati. Avevamo presentato un suo libro, Oltre i cento passi, in cui si parlava, appunto, del suo impegno oltre tutto quello che è avvenuto dopo. È stato anche un bel modo, fatemelo dire, per sanare, in un certo senso, una ferita che si era creata tra la famiglia e le istituzioni, portare Giovanni Impastato proprio dentro la Camera dei deputati, che, di fatto, è la casa di tutti gli italiani e, soprattutto, sua.

Oggi perché siamo qui? Ho rievocato un contesto storico forse un po' troppo ampio, però credo sia importante per capire che siamo qui per un'istanza di Leonardo Badalamenti, uno dei figli del boss Gaetano Badalamenti di cui ho appena parlato. Ebbene, su sua istanza, è stata revocata la confisca del casolare in gestione all'associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, e questo a seguito di una complicatissima vicenda giudiziaria.

Il prossimo 29 aprile - ci siamo quasi - il comune di Cinisi e l'associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato devono restituire le chiavi alla famiglia Badalamenti. Siamo qui per questo: chi è Leonardo Badalamenti? Uno potrebbe dire: beh, anche Peppino Impastato era figlio di un mafioso, non vuol dire che, per questo, era mafioso pure lui, quindi, per carità, però andiamo a vedere il curriculum di Leonardo Badalamenti. Cito: “ha preso parte agli utili e ai vantaggi dell'attività illecita del padre - questo secondo la sentenza -, aveva intestate quote di alcune società finanziarie ed è stato condannato in via definitiva, in Brasile, a 5 anni e 10 mesi per traffico di sostanze stupefacenti, è stato anche rinviato a giudizio per aver tentato di occupare l'immobile di cui stiamo parlando e anche per calunnia nei confronti del sindaco Gianni Palazzolo”.

Presidente, membri del Governo, sottosegretario, la mafia vive di simboli. Nella lotta alla mafia i simboli sono tutto. La restituzione di un immobile come questo non sarebbe soltanto una ferita terribile per la famiglia Impastato, ma sarebbe la sconfitta di tutti, di 40 anni di lotta. Io voglio citarvi alcune parole che ha detto don Luigi Ciotti, il 23 febbraio, in occasione della presentazione di un libro di Danilo Sulis, uno dei compagni di Peppino Impastato, uno di quelli che ha combattuto insieme alla famiglia per arrivare alla verità sull'omicidio Impastato. Don Ciotti ha dichiarato che un momento fondamentale è stato il 9 maggio 2013, quando Radio 100 passi ha iniziato a trasmettere - questo è un passaggio molto importante - dalla casa di Gaetano Badalamenti, il mandante dell'omicidio di Peppino Impastato; la voce di Peppino torna idealmente a parlare proprio dal quartier generale di chi quella voce si era illuso di spegnere per sempre. Non sono riusciti a spegnere la voce di Peppino Impastato, perché da lì, idealmente, continua a parlare.

Detto questo, quello che facciamo noi interpellanti è sollecitare il Governo ad intervenire con ogni mezzo, perché è un dovere a cui siamo richiamati ogni giorno, noi parlamentari, entrando proprio qui, a Montecitorio, perché, all'ingresso principale, quando si entra, c'è una targa marmorea che ricorda la morte di Pio La Torre. Pio La Torre è stato l'unico parlamentare in carica ucciso dalla mafia. Tra poco saranno quarant'anni da quell'omicidio, lo dico perché, secondo me, sarebbe anche interessante sollecitare un ricordo dell'assassinio, il prossimo 30 aprile, proprio qui alla Camera dei deputati; lo dico a lei, Presidente, se possiamo anche sollecitare la Presidenza affinché questo possa essere fatto. Nella targa è scritto: “Il valore della sua testimonianza e del suo sacrificio rimane vivo nella memoria di tutti gli italiani e sostiene l'azione del Parlamento contro ogni forma di criminalità organizzata”. Sono anche quarant'anni dalla “legge Rognoni-La Torre” che, di fatto, è l'architrave della legislazione antimafia in Italia e modello per l'Europa, per quell'Europa che, comunque, vuole combattere questo fenomeno. Parliamo dell'articolo 416-bis, quindi dell'associazione mafiosa, e del sequestro e della confisca dei beni mafiosi. Credo sia un passaggio fondamentale e anche, al momento, quasi unico in Europa, perché è l'inversione dell'onere della prova, di fatto: intanto io ti sequestro tutto, poi devi essere tu a dimostrarmi che quello che ti ho sequestrato l'hai ottenuto per via lecita; io, nel dubbio, ti tolgo tutto. Questa cosa ha combattuto veramente la mafia ed è molto importante. Questo lo dico anche perché, Presidente, la storia della lotta alla mafia è una storia parlamentare. Poco fa, citavo la relazione della Commissione antimafia, che ha anticipato la condanna di Badalamenti all'ergastolo, ma non è l'unica, perché la prima Commissione antimafia è nata nel 1963, poi c'è stata la “legge Rognoni-La Torre”, poi tutta la legislazione antimafia, fino al codice antimafia e, ovviamente, le relazioni che citavo prima.

Oggi, Presidente, va difeso il sistema della lotta ai patrimoni mafiosi, inteso come valore civile e, direi, costituzionale del nostro Paese. Non possono, ad avviso di noi interpellanti, i formalismi giudiziari vanificare tali valori: sarebbe una sconfitta. Le soluzioni possibili le lascio ai tecnici, per carità, però c'è l'articolo 46 del codice antimafia che prevede che, in caso di revoca della confisca, la sola restituzione per equivalente, sulla base del valore del bene al momento del sequestro, è possibile. Il comune ha già deliberato in tal senso, ma non va lasciato solo. Serve una mobilitazione di tutti: parlo dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, penso all'Avvocatura generale dello Stato, penso a noi parlamentari, a noi Parlamento e, ovviamente, al Governo.

Per cui, sottosegretario Sibilia, noi chiediamo il sostegno, chiediamo l'applicazione dell'articolo 46 e chiediamo soprattutto che, qualora ci debba essere questa corresponsione, la cifra debba essere irrisoria perché, di fatto, quello era soltanto un rudere, prima che il comune con i finanziamenti europei lo facesse diventare quello che è oggi: un luogo importante per tutta la comunità di Cinisi e di tutta Italia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.

CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Signor Presidente, gentili deputati, la vicenda oggetto dell'odierna interpellanza riguarda un compendio immobiliare sito nel comune di Cinisi, già appartenente al boss mafioso Gaetano Badalamenti, deceduto nel 2004. Detto insieme di beni, che comprendeva un fabbricato rurale e alcuni terreni, veniva confiscato con provvedimento della corte d'assise di appello di Palermo, divenuto definitivo il 4 novembre 2009. Nel marzo 2010, il comune di Cinisi manifestava l'interesse ad acquisirlo e, nel maggio dello stesso anno, l'Agenzia per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata operava il trasferimento del bene all'ente locale, destinandolo a scopi sociali e istituzionali. Successivamente, nel 2018, Leonardo Badalamenti, erede del predetto capomafia, promuoveva un incidente di esecuzione, per ottenere la revoca della confisca di vari beni, tra i quali il citato fabbricato rurale. All'esito del relativo iter processuale, il 4 agosto 2021, la corte di appello di Palermo, con propria ordinanza, decretando l'illegittimità della procedura ablativa posta in essere, ordinava la restituzione del bene confiscato agli eredi. Alla base della decisione vi sarebbe stata l'errata individuazione della particella catastale entro la quale il bene si trovava, che avrebbe, a sua volta, ha generato l'erronea identificazione del proprietario, da individuarsi non in Gaetano Badalamenti, ma in una sorella, alla quale il bene sarebbe pervenuto per donazione. La data per l'esecuzione delle conseguenti operazioni di immissione nel possesso del bene degli aventi diritto, inizialmente fissata al 25 febbraio, è stata, poi, rinviata al prossimo 29 aprile, per definire con precisione il confine tra il citato fabbricato e il resto dell'area circostante, che resta confiscata. Con delibera del 23 febbraio 2022, il comune decideva di avvalersi della facoltà di cui all'articolo 46 del decreto legislativo n. 159 del 2011, che consente la restituzione per equivalente del bene confiscato quando alla sua restituzione materiale ostino ragioni di pubblico interesse. In questo contesto è, inoltre, da tener presente che, a mente dell'articolo 48 del citato decreto legislativo, il valore del bene, determinato dal tribunale, va depurato delle migliorie apportate e rivalutato per tener conto dell'inflazione e anche della rivalutazione delle rendite catastali.

Giova rappresentare che l'Agenzia, sin dal principio del complesso contenzioso, si era resa disponibile a fornire supporto tecnico alla citata amministrazione comunale, pur dovendo restare estranea al procedimento in quanto l'Avvocatura dello Stato, interessata ai fini della costituzione in giudizio, ne aveva riscontrato la carenza di legittimazione processuale. Circa i recenti sviluppi dell'intricata vicenda, il prefetto di Palermo ha riferito di aver ospitato lo scorso 1° marzo una riunione a cui hanno partecipato sia il direttore della sede di Palermo dell'Agenzia dei beni sequestrati e confiscati sia il sindaco di Cinisi per individuare un percorso condiviso per la più efficace tutela degli interessi pubblici coinvolti nell'utilizzazione del bene in questione. Da ultimo, in data 9 marzo il sindaco di Cinisi, con propria nota indirizzata all'Agenzia, ha confermato l'intendimento del comune di ricorrere all'istituto della restituzione per equivalente, ribadendo la propria disponibilità ad avviare con urgenza la pertinente procedura, tenuto conto dell'approssimarsi della data prevista per la procedura di rilascio, fissata, come detto, per il 29 aprile prossimo. In relazione a tanto, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha offerto al comune di Cinisi la propria assistenza tecnica nella procedura di restituzione per equivalente. A tale scopo, il direttore dell'Agenzia ha richiesto all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo un confronto, per individuare le modalità più appropriate per addivenire ad una definizione positiva della vicenda. Ribadisco, pertanto, che da parte del Ministero che rappresento c'è stata e ci sarà tutta la disponibilità e l'attenzione per supportare il comune di Cinisi, pur nel rispetto delle reciproche competenze. Mi preme, infine, ribadire che il tema del contrasto ai patrimoni della criminalità organizzata rappresenta una priorità assoluta del Governo, in quanto costituisce un elemento chiave della strategia di prevenzione e contrasto dell'inquinamento dell'economia da parte della criminalità organizzata e che anche a livello internazionale rappresenta un modello avanzato e riconosciuto di contrasto alla criminalità organizzata.

PRESIDENTE. L'onorevole Francesco D'Uva ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCO D'UVA (M5S). Presidente, grazie. Voglio ringraziare il sottosegretario Sibilia mi dichiaro soddisfatto. Mi ritengo soddisfatto perché l'impegno che il Ministero dell'Interno prende in quest'Aula credo che sia molto importante. Non avevo dubbi in realtà, perché devo dire che la sensibilità di chi sta in quel Ministero - e parlo, ovviamente, sia del sottosegretario che del Ministro Lamorgese - è massima. Io dico chiaramente che bisogna seguire sino alla fine questa vicenda, sia con l'Avvocatura dello Stato, che ha seguito il giudizio, sia con tutte le articolazioni centrali e periferiche dello Stato.

Non avevo dubbi perché la sensibilità del Dicastero in questo Governo è abbastanza alta su questo tema. Penso anche alla sensibilità che ha avuto il Ministro Lamorgese, ad esempio, su un emendamento che non avevo potuto presentare - di fatto, l'avevo pensato io -, ma che è stato depositato al Senato insieme con la collega Matrisciano, che riguarda la reversibilità dell'assegno che viene dato ai testimoni di giustizia, le persone che vedono un reato mafioso e vengono poste sotto protezione e difese dallo Stato. In quell'occasione, purtroppo, l'emendamento non fu approvato, perché sappiamo come vengono approvate le leggi di bilancio, cosa molto complicata. Però, l'impegno del Dicastero fu massimo, del Ministero dell'Interno perlomeno. Quell'emendamento lo definirei, più che “emendamento D'Uva” o “emendamento Matrisciano”, “emendamento Nava”, perché era dedicato proprio al testimone di giustizia, il primo testimone di giustizia che vide coi suoi occhi l'omicidio del giudice Livatino. Ma tornando al casolare - scusate la digressione -, c'è un problema di fondo: chi paga? Cioè, un comune prende un bene immobile dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata per farci attività sociali, si ritrova la revoca e che cosa fa? Deve metterci, il comune, i soldi? In effetti, è un po' complicato, fatemi dire. Questo, secondo me, è anche uno dei motivi per cui a volte i comuni hanno delle ritrosie ad accettare beni dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Cosa si deve fare? Su questo non mi lancio io a dare una soluzione perché l'ha già fatto la Commissione antimafia nel corso di questa legislatura, che ha approvato una relazione in cui suggerisce di utilizzare le risorse del Fondo unico giustizia, perché, di fatto, è lì che vanno anche le somme sequestrate tramite i procedimenti di prevenzione. Quella potrebbe essere una soluzione che già è stata scritta, già approvata in Parlamento e, forse, dovrebbe essere presa in considerazione per farne una legge.

La vicenda, in particolare, dell'Associazione “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” sollecita un intervento legislativo di modifica dell'istituto della confisca. Questo affinché lo Stato possa difendere le battaglie vinte contro la mafia e i simboli, che sono dei traguardi veri e propri, così come abbiamo spiegato, l'ho spiegato nell'illustrazione.

Presidente, io ne approfitto: consentitemi un appello, in questa sede, a tutte le forze politiche per fare qualcosa di più, per avviare una modifica costituzionale, questa dedicata non all'ordinamento della Repubblica, come è successo recentemente, bensì ai suoi principi fondamentali, ai rapporti tra cittadini. Questo lo dico da persona giovane, da siciliano, da parlamentare e anche da esponente di una forza politica che, comunque, ha fatto della legalità un suo valore fondante. Io ritengo sia giusto discutere dell'introduzione in Costituzione del valore della prevenzione e del contrasto alla criminalità organizzata, come principio dell'ordinamento giuridico italiano e presidio dei diritti e doveri civili, sociali, economici e politici dei cittadini italiani e mi auguro in futuro - tanto presto - anche di tutti i cittadini europei.

Per questo propongo la costituzionalizzazione del principio della destinazione a uso sociale dei beni sequestrati o confiscati alla criminalità organizzata. Mi accingo a depositare una proposta di legge costituzionale che, mi auguro, abbia ampia condivisione e - perché no? - possa essere approvata entro la fine della legislatura.

(Iniziative di competenza, anche normative, volte a garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti nelle carceri, con particolare riferimento al diritto alla salute - n. 2-01372)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Marrocco e D'Attis n. 2-01372 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Marrocco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Sisto, grazie per la sua disponibilità a essere qui con noi oggi. Nelle carceri italiane si assiste quotidianamente a un forte decadimento delle condizioni di vita dei detenuti: oltre 3.200 fino ad oggi sono le persone detenute morte in carcere; tra queste, oltre 1.200 sono decessi di carattere suicidario il cui numero, ogni settimana, avanza di circa tre persone. L'Organizzazione mondiale della sanità ha indicato i detenuti quale gruppo con il più elevato rischio suicidario.

Forza Italia da sempre si è battuta per uno Stato improntato a valori di tipo liberale. Come spesso abbiamo ribadito nei nostri interventi, noi siamo e continuiamo a essere lo Stato di Beccaria. È anche il caso di rammentare che il nostro Paese, dopo la nota sentenza pilota Torreggiani, è stato nuovamente condannato dalla Corte europea di Strasburgo proprio per le condizioni di sovraffollamento del nostro sistema carcerario, incompatibili con il rispetto della dignità umana. Quello del sovraffollamento non è solo un problema di spazio vitale individuale, ma produce effetti negativi sul processo di reintegrazione, sulla possibilità di recidiva e sulla catena della sicurezza della comunità esterna.

L'invivibilità del carcere acutizza e provoca patologie psicofisiche: produce insonnia, depressione, anoressia e induce i detenuti a forme di reazioni estreme, come lo sciopero della fame e della sete o addirittura al suicidio. Il crescente numero di suicidi all'interno degli istituti di pena italiani, oltre a rappresentare un episodio altamente drammatico sotto il profilo umano, costituisce un dato allarmante, sintomatico proprio della gravissima condizione di sovraffollamento delle carceri. Proprio l'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, disponendo che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, sottolinea l'inviolabilità della vita e dell'integrità psicofisica del condannato. Conseguentemente, la garanzia della tutela della salute psicofisica e sociale diventa basilare, costituendo il presupposto per qualsiasi attività di recupero e di reinserimento sociale. Sono consapevole che molto è stato fatto da questo Governo, che ha invertito nettamente la pericolosissima deriva identitaria “manettara” e giustizialista impressa dal MoVimento 5 Stelle alla gestione del delicatissimo sistema giustizia, concepito come sistema carcere-centrico. Un plauso va sicuramente alla Ministra Cartabia, al suo Ministero e a lei, sottosegretario, per la sua professionalità, competenza e tenacia.

La recente riforma del procedimento penale, infatti, prevede un sistema con meno carcere e più pene alternative alla detenzione: domiciliari, semilibertà, lavori socialmente utili e poi più spazio alla cosiddetta giustizia riparativa: chi ha commesso il reato ripara il danno causato alla vittima - e su questo fronte Forza Italia le è sempre stata a fianco, poiché il garantismo fa parte del DNA del nostro partito.

Reputo, tuttavia, che sia nostro dovere riflettere ulteriormente sulle cause profonde delle condizioni di ormai endemico sovraffollamento delle carceri italiane, oggi pari al 113 per cento, e del connesso fenomeno dei suicidi; si possono e si debbono porre in essere fatti tempestivi e azioni ampie e di lungo periodo, affinché tutto ciò non accada più.

Le criticità del sistema carcerario italiano sono, ad oggi, così complesse che tentare di ragionarci in termini squisitamente filosofici, ripensando alla funzione della pena e della restrizione della libertà, finirebbe per concludersi in mere disquisizioni accademiche.

I numeri, particolarmente drammatici, devono riportarci alla concretezza e alla conclusione che, per quanto si possano sognare riforme figlie di progresso e di civiltà, le emergenze pretendono soluzioni pragmatiche. Per questo noi, in tal senso, le chiediamo quali iniziative di competenza, di carattere normativo e amministrativo, intende porre in essere al fine di garantire il diritto alla salute per i detenuti ristretti nelle carceri italiane, assicurando il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Ringrazio la collega Marrocco per la puntuale interpellanza, sintonizzata alla ricerca, nel nostro sistema carcerario, delle tracce dei princìpi costituzionali. Dirò subito che ha ragione, quando fa riferimento al sistema del trattamento e al sistema delle tutele e delle garanzie, in sinergia fra sicurezza e rieducazione: due pilastri che la nostra Carta disegna in modo inequivoco e che vanno tenuti in costante equilibrio perché l'una non pregiudichi l'altra, anzi insieme possano garantire il miglior rapporto fra la pena, che in qualche modo deve essere certamente rieducazione, e la pena, che comunque deve essere sicurezza ed espiazione.

Il quesito posto richiede una risposta che segua i princìpi terapeutici del diritto alla salute: anamnesi, diagnosi, prognosi e terapia.

Sotto il profilo della anamnesi, quattro sono i quadranti che il sistema, sollecitato dall'interpellanza, ha bisogno siano puntualizzati. Va evidenziata la centralità dell'obiettivo miglioramento delle condizioni delle carceri, con direttrici di intervento che passino per la riduzione del sovraffollamento, l'implementazione dell'edilizia penitenziaria e degli organici degli operatori, e infine un'adeguata ed efficace offerta di assistenza sanitaria. Questo è il sistema che anamnesticamente va disegnato e su questi quattro quadranti gli interventi possono essere individuati. Per prevenire il tristissimo fenomeno dei suicidi in carcere, va detto subito che il DAP ha messo in atto azioni finalizzate all'accoglienza, in particolare dei detenuti alla prima esperienza detentiva, per cui, contestualmente alla visita medica obbligatoria e all'ingresso in istituto, ciascuna persona detenuta o internata sostiene un colloquio psicologico, affidato a un esperto dell'osservazione e trattamento, proprio “per verificare se, ed eventualmente con quali cautele, possa affrontare adeguatamente lo stato di restrizione”, con obbligo poi di comunicare il risultato ai fini dell'osservazione e trattamento, ma anche di segnalare alla magistratura di sorveglianza gli eventuali profili di rischio.

Sotto questo profilo, nel tempo - perché bisogna dare atto di come questo principio sia stato sviluppato - sono state molteplici le circolari emanate, tutte volte a specificare modelli operativi, volti appunto alla prevenzione del rischio suicidario, di atti di autolesionismo e, in generale, alla tutela della vita e della salute delle persone detenute. Negli ultimi anni, tale attenzione si è maggiormente consolidata - secondo un principio naturale di sinergia, perché è indispensabile che tutti questi interventi siano sintonizzati con le varie competenze nell'ambito delle istituzioni - ed è stata condivisa con l'Amministrazione della Salute, tant'è che, a partire addirittura dal 2012, in seno alla Conferenza unificata Stato-regioni, è stato sancito l'accordo tra il Governo le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento intitolato Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale (Repertorio Atti n. 5/CU del 19/01/2012; Allegato A) e nel 2017 è stato sottoscritto il “Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti”.

Diciamo che le interpellanze, qualche volta, sono proprio l'occasione per riepilogare quello che è stato fatto e anche, per il Ministero, per verificare in che misura, con quale cadenza e con quale efficacia, i provvedimenti poi siano stati accompagnati dalla loro realizzazione. Il 27 luglio 2017 è stato adottato il Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti da parte della Conferenza unificata. In questo frangente, il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali hanno stabilito un modello organizzativo in tre livelli, in cui sono costantemente rappresentate le istituzioni sanitarie e penitenziarie, con azioni vincolanti per le varie articolazioni e indicazioni di indirizzo che coinvolgono tutti gli attori del sistema, compresa la componente detenuta, al fine di attivare una rete - questa è l'espressione che io credo possa essere più utilmente utilizzata - che consenta di rilevare eventuali segnali di disagio e sofferenza emotiva del recluso, in correlazione con un rischio suicidario, le modalità di segnalazione di tale disagio alle componenti specialistiche e la predisposizione, da parte di queste ultime, degli interventi più opportuni. In sostanza, è stato promosso l'impegno impegno congiunto di tutte le figure professionali che operano all'interno degli istituti penitenziari, di guisa che, attraverso sollecite segnalazioni del personale sanitario, di Polizia penitenziaria o altro, dei casi considerati a rischio, possano intervenire tempestivamente. I dati derivanti da tali interventi congiunti dovranno essere raccolti da un sistema locale, regionale e nazionale, e monitorati al fine del miglioramento della prevenzione e della conoscenza del fenomeno suicidiario.

Con circolare del 3 maggio 2019, recante: “Interventi urgenti in ordine all'acuirsi di problematiche in tema di sicurezza interna riconducibili al disagio psichico”, l'amministrazione penitenziaria ha inteso ribadire i concetti sopra espressi, evidenziando la necessità di una fattiva collaborazione delle varie amministrazioni, con coinvolgimento di figure molto importanti quali i garanti delle persone private della libertà personale e delle autorità giudiziarie, che, attraverso un tavolo paritetico, possano avere un confronto congiunto sulle tematiche derivanti dal disagio dei ristretti, con l'obiettivo di migliorare l'agire comune. Infine, si menziona, la nota 2 luglio 2020, a firma del direttore generale dei detenuti e del trattamento, indirizzata alle direzioni e ai provveditorati regionali, con la quale si raccomanda massima prudenza e attenzione nella percezione di possibili segni di disagio psichico o, comunque, di alterazione comportamentale dei ristretti, prevedendo un'assistenza psicologica più ampia. Come vede, la narrazione di quanto accaduto è proprio in linea con le sensibilità che sono manifestate da lei, molto correttamente, nell'interpellanza.

Tornando al tema generale della tutela della salute in carcere, va evidenziato che il Ministero della Giustizia, tramite il preposto DAP, ha sempre dedicato il massimo impegno alla tutela della salute delle persone detenute, anche successivamente al 2008 (ricordo il decreto legislativo n. 230 del 1999 e il DPCM del 1° aprile 2008, con cui le funzioni sanitarie penitenziarie sono state trasferite dal Ministero della Giustizia alle regioni e alle aziende sanitarie locali), attraverso la ricerca costante delle migliori forme di collaborazione proprio con il Servizio sanitario nazionale, nella consapevolezza che gli interventi di carattere sanitario, pur nella completa autonomia di programmazione e gestione da parte del Servizio sanitario nazionale, non possono essere considerati avulsi dal complesso di azioni e di iniziative che coinvolgono la persona detenuta nel percorso penitenziario.

Dirò, con molto pragmatismo che, proprio nelle visite agli istituti penitenziari, la presenza dei responsabili ASL è stata da me richiesta come indispensabile per comprendere correttamente il rapporto fra l'istituto penitenziario e la salute dei detenuti. L'amministrazione penitenziaria, pertanto, ha partecipato fin da subito ai lavori del tavolo di consultazione permanente per la sanità penitenziaria, organo tecnico della Conferenza unificata, per verificare e monitorare l'attuazione della riforma sull'intero territorio nazionale, per dare attuazione alle linee di intervento del Servizio sanitario nazionale in materia di tutela della salute dei detenuti e degli internati, per garantire l'uniformità degli interventi e delle prestazioni sanitarie e trattamentali nei confronti dei detenuti e per svolgere le attività istruttorie relative ai provvedimenti da sottoporre all'esame della Conferenza unificata.

Nel tempo, numerosi sono stati i documenti approvati dalla Conferenza unificata in materia di sanità penitenziaria. In particolare, ricordo le Linee guida in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti; implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali.

Con queste linee guida si forniscono indicazioni alle regioni e alle ASL per assicurare l'assistenza sanitaria alle persone detenute negli istituti penitenziari del territorio, attraverso un sistema articolato di servizi sanitari con caratteristiche di complessità organizzative e funzionali crescenti, integrati con il sistema sanitario regionale.

Ricordo ancora gli accordi approvati in Conferenza unificata il 13 ottobre 2011 e il 22 gennaio 2015, con cui è stato dato impulso all'attivazione all'interno degli istituti penitenziari di apposite sezioni con prevalente attività sanitaria psichiatrica, denominate “articolazioni per la tutela della salute mentale” (ATSM), che vedono coinvolte questa amministrazione riguardo gli spazi detentivi idonei, e le regioni relativamente alla dotazione organica del personale sanitario.

È naturalmente intendimento continuare a sviluppare la progettualità appena descritta nonché, attraverso la riattivazione dei lavori del tavolo di consultazione permanente per la sanità penitenziaria presso la Conferenza unificata, condividere con il Ministero della Salute e le regioni la definizione di un regolamento organizzativo delle articolazioni per la tutela della salute mentale con l'obiettivo dell'implementazione dell'assistenza psichiatrica negli istituti penitenziari e dell'omogeneità dei criteri di ammissione dei detenuti negli ATSM e della uniformità dell'assistenza sul territorio nazionale. Pertanto, il suddetto tavolo acquisisce una funzione strategica nell'elaborazione di qualsiasi documento di programmazione sanitaria nelle carceri e deve essere necessariamente concordato con le amministrazioni centrali dello Stato componenti del tavolo, in particolare con il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria presso il Ministero della Giustizia.

Nell'anno 2021, per venire ai nostri giorni e a tempi più recenti, sono stati istituiti cinque sottogruppi interistituzionali, cui partecipano rappresentanti del DAP addetti a ciascuna area tematica di interesse per la salute in ambito penitenziario. Il confronto, come vede, è una delle caratteristiche, forse il nuovo corso di questa fase del Governo e, in particolare, del Ministero della Giustizia. È attualmente in corso a cura dei citati sottogruppi l'esame congiunto dei documenti proposti dalle regioni: 1) linee di indirizzo in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti; 2) linee di indirizzo per il funzionamento delle articolazioni per la tutela della salute mentale negli istituti penitenziari per adulti (ATSM); 3) linee di indirizzo per il funzionamento delle articolazioni REMS e percorsi di presa in carico; 4) linee di indirizzo per la tutela della privacy in carcere; 5) linee di indirizzo per la gestione della salute in ambito minorile.

Va segnalato ancora - e non è secondario - il rapporto finale stilato dalla Commissione per l'innovazione del sistema penitenziario, i cui esiti ora sono al vaglio dei competenti uffici del Ministero e del DAP, per cercare di rendere operativi, a mezzo di interventi sulla normativa primaria e secondaria ovvero di circolari amministrative, l'obiettivo o gli obiettivi di migliorare la qualità della vita delle persone recluse e di coloro che operano all'interno di istituti penitenziari, nella prospettiva del compiuto rafforzamento dei principi costituzionali e degli standard internazionali, sempre presenti nelle riflessioni del Ministero.

Di recente istituzione è, infine, a mezzo del decreto del Ministro della Salute del 22 settembre 2021, l'organismo di coordinamento relativo al processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), che vede la partecipazione dei Ministeri della Salute e della Giustizia e delle regioni, con l'obiettivo di esercitare funzioni di monitoraggio e di coordinamento delle attività delle regioni e province autonome, finalizzate a garantire il completamento del processo di superamento degli OPG con particolare attenzione alle attività delle REMS.

Quanto agli organici della Polizia penitenziaria - tema che sta particolarmente a cuore al sottoscritto che ha la delega per la Polizia penitenziaria - , come riferito in altre occasioni, si sta lavorando su vari versanti dalla rivisitazione delle attuali piante organiche alla più congrua ed efficace riallocazione delle risorse umane del corpo, anche con la collaborazione attiva - devo dire - dei sindacati, che non fanno mai mancare la loro presenza e soprattutto il flusso informativo, che consente di confrontare i dati del Ministero con quelli che vengono dalla base proprio della Polizia penitenziaria. Sono in corso - va detto subito - sotto il profilo del reclutamento plurime procedure inerenti il personale del Corpo della Polizia penitenziaria e relative alle varie figure degli allievi agenti, dagli ispettori ai commissari. Questo è un input che proprio questa fase del Governo ha inequivocabilmente incrementato.

Nell'arco del quinquennio 2021-2025 oltre il turn-over è altresì autorizzata l'assunzione straordinaria di complessive 2.804 unità per corroborare il forte impegno che il Ministero in questa fase profonde sul tema.

Quanto alle procedure concorsuali interne al DAP, si comunica che si è conclusa la procedura a complessivi 2.851 posti per la nomina alla qualifica iniziale dei sovrintendenti del Corpo della Polizia penitenziaria; sono state approvate (4 ottobre 2021) le graduatorie definitive, inerenti a 691 posti di ispettori; è stata approvata la graduatoria definitiva (22 settembre 2021) del concorso a complessivi 150 posti di sostituto commissario; sono iniziate (ottobre 2021) le valutazioni relative alla procedura per 583 posti di vice sovrintendente. Infatti, è evidente che l'organico della Polizia penitenziaria è direttamente proporzionale proprio a quel binomio cui ho fatto cenno all'inizio, ovvero il rapporto fra sicurezza e rieducazione.

Più che un rendiconto, onorevole Marrocco, questo vuole essere una prospettazione di un dialogo che è in corso, perché nessuno degli stakeholders di questa obbligazione di sinergia fra sicurezza e rieducazione deve chiedere all'altro una sorta di rendiconto, ma tutti, a mio avviso, sono compagni di viaggio, nella consapevolezza - ripeto - del rapporto tra sicurezza e rieducazione. In questo anche la prospettata nomina del nuovo capo DAP si colloca esattamente in questa linea di equilibrio, fra la necessità ineludibile della sicurezza e comunque la tendenza costituzionalmente ineludibile, ex articolo 27, alla rieducazione, nella certezza che siamo di fronte a due canali stereofonici di un unico sistema insostituibile e - mi farà passare l'apparente romanticheria, ma deriva dal DNA che ciascuno di noi ha nella propria esperienza - nella consapevolezza di dover privilegiare un libriccino piccolo, ma immenso, che è la nostra Costituzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Marrocco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie Presidente. Sì sono molto soddisfatta del resoconto, che resoconto non è, del sottosegretario Sisto. Soprattutto voglio ringraziarlo per l'attenzione che ha posto con estrema umanità soprattutto, oltre che professionalità, per l'aver messo un faro su queste figure essenziali e, soprattutto, per il confronto periodico che normalmente, con queste figure si svolge solo durante l'ingresso dei detenuti. Mi riferisco soprattutto alle figure degli psicologi: normalmente con l'arrivo in carcere nel primo incontro c'è questa analisi; dopodiché non c'è un contatto periodico con queste figure. Invece, mi sembra di aver capito che stiamo andando in una direzione completamente diversa. È nostro dovere realizzare un sistema penitenziario con capacità di intercettare e trattare con tempestività gli stati di disagio psicologico e di disturbo psichico o di altri tipi di fragilità, attivando un coordinamento funzionale, come lei diceva poc'anzi, delle diverse figure professionali presenti. Capacità, quindi, di migliorare le interazioni e le sinergie funzionali tra i diversi operatori, con il comune obiettivo di mettere in atto misure di contenimento del rischio suicidiario e di arrivare a una reale diminuzione dei comportamenti autolesivi e dei suicidi da parte delle persone detenute ed internate e dei minori privati della propria libertà personale.

Questo è un punto che mi sta molto a cuore: i minori. Il Ministro Cartabia diceva: mai più un bambino dietro le sbarre. Oggi lei con le sue parole mi ha rassicurato, però noi, anche come Commissione bicamerale infanzia e adolescenza, non perdiamo mai occasione di andare a fare visita dove è possibile, per vedere appunto lo stato dei minori e soprattutto di madre e figlio. Quindi, veramente è un appello accorato, seppur conoscendo la sensibilità che ha il Ministro Cartabia - e so che le sta molto a cuore questa tematica -, di fare ancora di più per questi ragazzi, perché comunque i minori vanno protetti e tutelati in ogni sede, soprattutto nella sede carceraria. Molte volte sono lì non per loro volere: ma perché sono lì? Sono lì per le madri. Mi auguro che ci sia sempre di più la possibilità che questi ragazzi possano essere in famiglie protette, piuttosto che dietro le sbarre. Quindi, faccio anch'io mia la frase della Ministra Cartabia: mai più un bambino dietro alle sbarre. Grazie, sottosegretario.

(Elementi ed iniziative di competenza, nel quadro della disciplina sugli aiuti di Stato, in merito all'agevolazione cosiddetta “Decontribuzione Sud”, ai fini del rilancio strutturale dell'occupazione nel Mezzogiorno - n. 2-01429)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galizia ed altri n. 2-01429 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Galizia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCA GALIZIA (M5S). Grazie, Presidente. La “Decontribuzione Sud” rappresenta una delle misure principali messe in campo dal Governo Conte per prevenire un possibile ampliamento del divario territoriale tra il Nord e il Sud, a seguito anche della crisi economica legata alla pandemia da COVID-19, quindi all'emergenza sanitaria, e al fine di contenere appunto quelli che erano gli effetti negativi legati alla crisi economica che ne è sopraggiunta in queste aree del Paese, ovvero il Sud d'Italia, da sempre caratterizzato da un tessuto socio-economico molto più fragile rispetto al Nord. L'agevolazione contributiva per l'occupazione in aree svantaggiate è stata introdotta dall'articolo 27 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, il cosiddetto decreto Agosto, che prevedeva - per il periodo dal 1° ottobre 2020 al 31 dicembre 2020 - un esonero contributivo parziale, pari al 30 per cento dei contributi a carico dei datori di lavoro privati - con esclusione del settore agricolo e del settore del lavoro domestico -, operanti nelle regioni che, con riferimento al 2018, presentavano un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 90 per cento di quello medio dei 27 Paesi dell'Unione. Quindi, le regioni che rientravano nel beneficio ovviamente erano quelle del Sud, l'Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia. L'obiettivo della misura “Decontribuzione Sud” era di tutelare i livelli occupazionali, riducendo gli effetti negativi determinati dalla pandemia soprattutto sul lavoro dipendente, perché quello è il settore a cui si rivolge. Nella legge di bilancio 2021 si è esteso questo esonero contributivo fino al 31 dicembre 2029, con graduale riduzione nel tempo del beneficio, che resta invariato fino al 2025, per poi passare dal 30 per cento al 20 per cento, poi al 10 per cento tra il 2026 e il 2029. Nello specifico, l'esonero è pari al 30 per cento della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'INAIL fino al 31 dicembre 2025 e questa regola vale per tutti gli altri anni a seguire. Ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la Commissione europea ha autorizzato il suddetto sgravio fino al 31 dicembre 2021, prorogandone in seguito l'applicabilità fino al 30 giugno 2022, termine finale di operatività di quello che è il quadro temporaneo di aiuti di Stato, ovvero il Temporary Framework. L'INPS ha quindi rinviato l'emanazione delle istruzioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi all'agevolazione contributiva, relative al periodo 1° gennaio 2022-31 dicembre 2029, all'esito del procedimento di autorizzazione della Commissione europea, ai sensi appunto dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Le chiedo, pertanto, sottosegretario Nesci, se il Governo possa fornire dati aggiornati in merito allo stato delle nuove assunzioni dei settori imprenditoriali che maggiormente hanno potuto beneficiare della decontribuzione al Sud e delle agevolazioni contributive nel 2021 e se e quali ulteriori iniziative di competenza del Governo si intenda promuovere per assicurare la prosecuzione dei benefici derivanti dall'applicazione dell'esonero contributivo, anche nel medio periodo, in un'ottica di sostegno strutturale al rilancio occupazionale del Mezzogiorno, in particolare - come sappiamo - dei giovani e delle donne che sono coloro che maggiormente vivono una situazione di difficoltà nel Sud Italia, nel rispetto ovviamente dei limiti e delle condizioni di cui il Temporary Framework.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dalila Nesci, ha facoltà di rispondere.

DALILA NESCI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie Presidente, come evidenziato dall'onorevole interpellante, l'agevolazione contributiva “Decontribuzione Sud” rappresenta una delle misure più rilevanti messe in campo dal Governo al fine di sostenere l'occupazione in aree svantaggiate. La misura, attivata nel 2020, in piena pandemia, per aiutare l'occupazione nelle regioni del Mezzogiorno attraverso un abbattimento del costo del lavoro pari al 30 per cento dei contributi dovuti, ha dato risultati positivi in termini di stabilità occupazionale e sostegno al tessuto produttivo del Sud. In generale, è possibile avere una conferma dell'effetto espansivo della norma sulla domanda di lavoro nel Mezzogiorno.

Secondo quanto reso noto dall'INPS, l'esonero contributivo ha trovato applicazione in 2.649.782 rapporti di lavoro, per complessivi 368.307 datori di lavoro. Per quanto concerne lo stato delle nuove assunzioni e i settori imprenditoriali che più hanno beneficiato di questa misura, come richiesto dall'onorevole Galizia, si rileva che, nel periodo compreso tra il gennaio e il novembre 2021, i rapporti di lavoro incentivati si sono attestati complessivamente a 1.207. 522, di cui 1.121.414 assunzioni e 86.108 trasformazioni ed hanno interessato essenzialmente i seguenti settori: commercio (41 per cento), attività professionali e amministrative (circa 16 per cento), costruzioni (circa 15 per cento) e attività manifatturiere (circa 13 per cento). Si tratta quindi di numeri significativi, che confermano l'efficacia della misura, volta a contenere gli effetti negativi sull'occupazione, dovuti alla crisi economica in quelle aree più fragili del Paese, già caratterizzate da situazioni di disagio socio-economico. Come è noto, anche in ragione del perdurare degli effetti della crisi pandemica, la Commissione europea ha esteso, in parallelo con la proroga del Quadro temporaneo degli aiuti di Stato, il Temporary Framework, l'intervento agevolativo al 30 giugno 2022, all'esito del quale l'INPS ha successivamente diffuso, con il messaggio n. 403 del 26 gennaio 2022, indicazioni e istruzioni per la gestione degli adempimenti previdenziali. Un traguardo importante, che il Ministero per il Sud intende rafforzare, adottando ulteriori iniziative volte in particolare ad avviare un confronto con la Commissione europea, finalizzato a rendere stabile l'intervento nel medio periodo - quindi anche dopo la fine del Quadro temporaneo degli aiuti di Stato, anche individuando un'altra base giuridica - e a farlo diventare un sostegno strutturale al rilancio dell'occupazione nel Mezzogiorno, in particolare - come si diceva - di quella giovanile e femminile.

PRESIDENTE. La deputata Francesca Galizia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCA GALIZIA (M5S). Grazie, Presidente. Sì, mi ritengo molto soddisfatta di questa risposta, perché tenere alta l'attenzione sulle misure di sostegno occupazionale al Sud credo che sia fondamentale. Ci siamo più volte ripetuti in quest'Aula che l'Italia non può ripartire, se non riparte tutta compatta, tutta insieme e se non riparte il Sud in generale. Ecco, io credo che questo strumento che abbiamo messo in piedi, come MoVimento 5 Stelle, con il “Governo Conte 2” sia sicuramente uno strumento utile che porta i suoi risultati e che sicuramente dà delle risposte concrete alle aziende che operano sul nostro territorio e che possono anche vantare delle eccellenze, perché noi al Sud - è vero - abbiamo diverse difficoltà, ma abbiamo anche tante eccellenze, che devono continuare a crescere e devono diventare il motore trainante dell'economia del Sud. Io ho ascoltato i dati che ci ha fornito, sottosegretario, mi rimangono però delle perplessità, non certamente legate a questa domanda, ma a una strategia di sviluppo del Sud. È vero che queste decontribuzioni funzionano, ma è anche vero che il precariato è il problema vero del Sud Italia e purtroppo ci sono tanti settori in cui il precariato rimane sempre dominante. Allora, io credo che questo Governo si debba attivare ancora di più - e lo dobbiamo fare anche attraverso le risorse del PNRR - sicuramente per dare delle risposte a quei settori che invece necessitano di strumenti più strutturali e di un forte interscambio sul know-how. Parlo quindi di investire sull'università e la ricerca, perché le aziende che dobbiamo avere nel nostro Sud non devono essere solo quei settori precari legati all'edilizia, al turismo o ai servizi in generale, sui quali - come sappiamo - è più facile investire, ma che poi alla fine creano sempre situazioni di lavoro precario. Dobbiamo investire davvero su imprese che hanno un alto contenuto tecnologico: lo possiamo fare, perché noi abbiamo tante risorse umane di grande valore; lo dobbiamo fare e dobbiamo cercare di incentivare queste relazioni tra le università e le imprese presenti sui nostri territori. È vero che abbiamo ancora certi svantaggi legati alle infrastrutture sul nostro territorio, che permettono con difficoltà alle nostre aziende di crescere, ma adesso siamo in un momento storico particolarmente importante, grazie alle risorse del PNRR.

Dobbiamo pensare a fare investimenti sui nostri territori. E' anche vero che i nostri comuni del Sud hanno difficoltà a realizzare progettualità per questo PNRR, però credo che si debba spingere ancora di più su questa questione, perché davvero dobbiamo pensare a realizzare un progetto che abbia una lunga veduta, che sappia guardare ben oltre le contingenze temporanee. Al tema delle donne e dei giovani tengo particolarmente, perché solo il 33 per cento di occupazione femminile, secondo me, è un dato che non possiamo più accettare; non lo possiamo accettare in questo momento storico, non lo possiamo accettare, perché significa che tante donne, che sono grandi risorse per il nostro territorio, non vengono utilizzate.

Noi invece dobbiamo fare in modo che questo avvenga, e mi auguro che tutti i progetti che verranno messi in piedi prossimamente, nel più breve tempo possibile, siano rivolti a questa categoria. Mi rendo conto che stiamo vivendo un momento particolarmente difficile, legato alla questione della guerra in Ucraina, e quindi molte aziende sono in forte difficoltà. Per questo, mi auguro che ci siano degli aiuti concreti per le nostre aziende che operano in settori particolari e che maggiormente soffrono dell'aumento del costo dell'energia; penso alle aziende ad alto livello tecnologico, quindi con specializzazione. Cerchiamo di trovare gli strumenti che possano supportarle in questo momento storico così delicato, altrimenti rischiamo chiusure e che i nostri dati, oggi così belli e interessanti, si trasformino in qualcosa di molto triste da leggere.

(Iniziative di competenza volte alla salvaguardia dell'occupazione con riguardo allo stabilimento Pfizer di Catania, anche attraverso l'apertura di un tavolo di crisi - n. 2-01444)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Paxia e Schullian n. 2-01444 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Paxia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA LAURA PAXIA (MISTO). Illustro, grazie. Presidente, sono qui a interpellare il Ministero dello Sviluppo economico per la grave situazione che ha colpito la Pfizer, in particolare lo stabilimento di Catania. Tutti conosciamo la Pfizer; negli ultimi mesi, ormai potremmo dire negli ultimi anni, abbiamo sentito parlare molto di questa azienda, che ha prodotto vaccini per tutto il mondo e che, a causa della pandemia da COVID-19, ad oggi vanta un patrimonio che supera i 250 miliardi di euro. Un colosso farmaceutico che ha potuto conseguire tanti meriti grazie a migliaia di lavoratori che hanno messo al primo posto competenza, disponibilità e sacrificio per il bene dell'umanità. Da un lato, ci sono gli utili che ammontano a cifre a nove zeri e, dall'altro, ci sono i lavoratori dello stabilimento di Catania, e precisamente i 210 lavoratori che non solo hanno svolto la propria attività lavorativa, anche in condizioni deprecabili, ma che, ad oggi, vedono andare in frantumi tutto ciò che hanno costruito negli anni.

Partiamo da qui, da un'azienda farmaceutica che, in un solo trimestre, ha portato a casa 21 miliardi di euro; ed è la stessa azienda che tout court ha deciso di mettere per strada 210 famiglie. Non solo tutto ciò appare come una follia, ma è del tutto inaccettabile. Pfizer, in primo luogo, ha narrato la storia della produzione e dell'indotto catanese come fosse una realtà che d'improvviso lo ha fatto apparire obsoleto, non al passo con i tempi, vetusto ed incompatibile con i nuovi standard di produzione, sia per tipologie di prodotto che per modalità di produzione. Poi, in secondo luogo, ha deciso di affidare allo stabilimento di Ascoli la produzione della nuova pillola anti-COVID, promettendo per quella sede ben 400 nuove assunzioni. A Catania, i macchinari sostituiranno gli uomini, che, semplicemente, non lavoreranno più.

Ma il discorso è apparso subito stonato, perché non aveva senso licenziare, non aveva senso sgravarsi la coscienza, dando la colpa al tempo che passa, che, ad uno sguardo esterno e superficiale, potrebbe, sì, apparire per l'appunto obsoleto, ma che nell'ottica più squisitamente imprenditoriale farebbe immediatamente pensare a nuove soluzioni diametralmente opposte, ad esempio, pianificando investimenti in biotecnologie ed impianti strategici. Ma di investimenti non si parla, oppure se ne parla con numeri senza senso e che, allo stato, risultano dimezzati rispetto alla programmazione degli anni precedenti. Dunque, perché non investire piuttosto che licenziare? Ma forse domanda più giusta sarebbe: perché non investire a Catania piuttosto che puntare sul sito di Ascoli? Perché licenziare a Catania ed assumere ad Ascoli? Si è, dunque, immediatamente levato il grido di disperazione dei lavoratori, che si sono fatti sentire attraverso tavoli informali, incontri, sit-in, scioperi.

Hanno parlato con le istituzioni e hanno ricevuto tante porte in faccia, tante delusioni. Facendo un passo indietro, mi preme sottolineare la breve cronistoria dei fatti: all'interno dello stabilimento Pfizer di Catania prestano la propria attività lavorativa circa mille dipendenti specializzati, sia nella produzione di farmaci, sia in altri settori altamente tecnologici e di grande responsabilità. Purtroppo, però, la multinazionale il 7 febbraio scorso trasmetteva ai sindacati l'elenco dei 130 dipendenti a tempo indeterminato che, a breve, sarebbero stati licenziati e dei 110 interinali a cui non sarebbe stato rinnovato il contratto di lavoro facenti parte dell'indotto catanese. Successivamente, e siamo al 18 febbraio, è stato aperto un tavolo di crisi informale, da cui era nata la necessità di stabilire un incontro formale per dirimere la controversia, che si è svolto il 25 febbraio in Confindustria, a Catania, con Pfizer e le parti sociali, che si erano date un'ulteriore data finale per la proposizione da parte del colosso farmaceutico di un pacchetto di misure che avrebbe potuto mettere d'accordo tutti.

Arrivati al 7 marzo, si svolgeva l'incontro fiume, durato circa dieci ore, tra parti sociali, sindacati e Pfizer, all'interno del quale, purtroppo, non si addiveniva ad alcun risultato, se non quello di inasprire ancora di più il dialogo. Questo incontro, che avrebbe dovuto avere, come fine, quello di evitare i licenziamenti, di approntare un piano di sviluppo, anche prevedendo eventuali fuoriuscite o accompagnamento all'esodo di alcuni lavoratori, ma nell'ambito di una prospettiva di un piano di rilancio aziendale, dunque è andato sprecato. Due giorni dopo, la regione ha deciso di aprire un tavolo di crisi, che, ad oggi, vede, nella data del 18 marzo, la sua prima convocazione.

Oggi, siamo qui per chiedere a questo Governo di monitorare in primis che il tavolo regionale venga effettivamente portato avanti, perché non c'è più tempo da perdere, e di impegnarsi ad essere solerte anche nel costruire un tavolo di lavoro in caso di ulteriore esito negativo del tavolo regionale per scongiurare i licenziamenti del sito catanese, che andrebbero a gravare su una situazione economica, quella del Sud, quella siciliana nello specifico, che stenta a risollevarsi, dove la logica dello sfruttamento di risorse e di capitale umano ha segnato profonde ferite al territorio e alle famiglie.

Dunque, chiediamo e auspichiamo che il Governo prenda a cuore queste famiglie, questi lavoratori; che questo Governo pensi al Sud, al suo patrimonio culturale ed economico, ed inizi a vigilare con sguardo attento ed acuto all'ennesimo colosso che tenta di fare terra bruciata ai danni delle industrie del Mezzogiorno, ed in particolare dell'industria farmaceutica catanese, che rappresenta un distretto industriale forte, qualificato e di grande competenza.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dalila Nesci, ha facoltà di rispondere.

DALILA NESCI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Gli onorevoli interpellanti, con l'interpellanza in parola, evidenziano la situazione occupazionale dello stabilimento della Wyeth Lederle Spa di Catania, specializzato nella produzione di antibiotici parenterali di prima linea per uso ospedaliero, penicillinici e non penicillinici per uso ospedaliero, che, attualmente, hanno subito un calo di richiesta. Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, che sono quelli del Ministero dello Sviluppo economico, si rappresenta quanto segue: il piano di ridimensionamento dell'organico che la multinazionale statunitense Pfizer ha deciso di attuare in Italia lo scorso 3 febbraio durante un incontro è relativo a circa 210 unità, delle quali 130 sono dipendenti diretti di Pfizer. La vertenza, fino ad oggi, è stata seguita a livello locale, sia dalla prefettura che da Confindustria Catania.

Ai sensi della direttiva del Ministro dello Sviluppo economico del 14 ottobre 2021, l'articolo 1 stabilisce quali sono i requisiti per l'istituzione di un tavolo di crisi a livello nazionale, i quali non ricorrerebbero nel caso di specie. Nel corso degli incontri del citato tavolo regionale, dunque, il rappresentante dell'azienda avrebbe precisato che la propria strategia non prevede la dismissione del suddetto stabilimento, e che, peraltro, saranno effettuati investimenti per un intervento di modernizzazione per la ristrutturazione del sito.

Come è noto, lo scorso 7 marzo, presso la sede di Confindustria di Catania, nell'ambito delle relazioni industriali, non si è riusciti a raggiungere un accordo con i sindacati, che hanno lamentato l'assenza, da parte della Pfizer, di precise informazioni in merito alla questione sollevata. Il tavolo regionale, già attivato presso la medesima regione, potrà, dunque, essere riconvocato al fine di valutare le possibili soluzioni e i più opportuni strumenti da attivare per gestire positivamente la vicenda.

Si informa, infine, che, sentito al riguardo anche il Ministro del Lavoro, lo stesso ha informato che, ad oggi, le proprie strutture non hanno ricevuto alcuna comunicazione, né richiesta di intervento.

In conclusione, si rappresenta che le opportune iniziative per garantire la continuità produttiva e per tutelare, al contempo, gli attuali livelli occupazionali del sito potranno essere valutate nell'ambito di un nuovo incontro del tavolo di crisi regionale.

PRESIDENTE. La deputata Paxia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA LAURA PAXIA (MISTO). Grazie, Presidente. Grazie sottosegretario, per la risposta, non mi posso ritenere soddisfatta, per la semplice ragione che avevo interpellato e, attraverso vari atti, anche con interrogazioni, ho più volte sollecitato il Ministero dello Sviluppo economico a fornire delle risposte, anche le stesse risposte che oggi, qui, la sottosegretaria Nesci ci ha fornito, ma, se non sbaglio, la sottosegretaria fa parte del Ministero per il Sud. L'assenza del Ministero dello Sviluppo economico, a cui si rivolgeva la mia interpellanza, indica, in qualche modo, una mancata presa in carico del problema.

Passando al merito della risposta, che abbiamo dovuto ascoltare dalla voce del sottosegretario Nesci, non ci sono le condizioni per aprire un tavolo di crisi al Ministero. Come ribadisco, mi sarebbe piaciuto ascoltare questa risposta direttamente dal Ministero, ma entriamo nel merito. Quello che ci dice oggi la sottosegretaria è che, in ogni caso, i timori dei lavoratori di Pfizer possono essere scongiurati perché la Pfizer non vuole chiudere lo stabilimento di Catania, al punto che prevede alcuni investimenti. Tutto questo, però, appare molto strano, visto e considerato che gli investimenti, così come vi ho riportato, che sono stati messi in campo quest'anno sono molto meno di quelli degli anni precedenti, e non solo, e se, da una parte, si vuole ingrandire o sviluppare lo stabilimento di Catania, dall'altra parte, si licenziano alcuni lavoratori.

Ora io mi auguro che il tavolo di crisi aperto dalla regione possa, in qualche modo, cercare di gestire la controversia che si è venuta a creare e sarebbe, comunque, importante che il Ministero dello Sviluppo economico seguisse, anche a distanza, questo tavolo di crisi.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 11 marzo 2022, il deputato Claudio Pedrazzini, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire alla componente politica “Azione -+Europa-Radicali Italiani” del gruppo parlamentare Misto.

Il rappresentante di tale componente, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Organizzazione dei tempi di esame di un testo unificato di proposte di legge.

PRESIDENTE. Avverto che, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame del testo unificato delle proposte di legge recante misure per la prevenzione dei fenomeni eversivi di radicalizzazione violenta, inclusi i fenomeni di radicalizzazione e diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista (Vedi l'allegato A).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 14 marzo 2022 - Ore 12,30:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, recante disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina. (C. 3491-A​)

Relatori: QUARTAPELLE PROCOPIO, per la III Commissione; ARESTA, per la IV Commissione.

2. Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:

FIANO ed altri; PEREGO DI CREMNAGO ed altri: Misure per la prevenzione dei fenomeni eversivi di radicalizzazione violenta, inclusi i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 243​-3357-A​)

Relatore: FIANO.

3. Discussione sulle linee generali della proposta di legge costituzionale:

S. 865 - D'INIZIATIVA POPOLARE: Modifica all'articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità. (Approvata, in prima deliberazione, dal Senato). (C. 3353​)

Relatrice: ALAIMO.

La seduta termina alle 10,55.