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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 624 di lunedì 10 gennaio 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 12,05.

PRESIDENTE. Buongiorno e buon anno. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 30 dicembre 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Barelli, Bergamini, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Carabetta, Carfagna, Casa, Castelli, Cataldi, Cavandoli, Cirielli, Comaroli, Cominardi, Davide Crippa, D'Inca', D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Fassino, Federico, Fiorini, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Lorenzo Fontana, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giannone, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Marattin, Marin, Molinari, Molteni, Morelli, Mule', Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Paita, Parolo, Pastorino, Perantoni, Rizzo, Rosato, Emanuela Rossini, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tasso, Varrica, Vignaroli, Leda Volpi, Zanella, Zanichelli e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 105, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Comunico che il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 7 gennaio 2022, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla XII Commissione (Affari sociali):

“Conversione in legge del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore” (3434) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, VII, IX, X, XI e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Annunzio della convocazione del Parlamento in seduta comune con la partecipazione dei delegati regionali.

PRESIDENTE. Comunico che, a norma dell'articolo 85, secondo comma, della Costituzione, la Presidenza ha convocato la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica in seduta comune, con la partecipazione dei delegati regionali, per lunedì 24 gennaio 2022, alle ore 15, per procedere alla elezione del Presidente della Repubblica.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Fregolent; Madia; Francesco Silvestri: Disciplina dell'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi (A.C. 196-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 196-721-1827-A: Disciplina dell'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 28 dicembre 2021 (Vedi l'allegato A della seduta del 28 dicembre 2021).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 196-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Vittoria Baldino.

VITTORIA BALDINO , Relatrice. Grazie, Presidente. Auguri di buon anno anche a lei e a tutta l'Assemblea.

Oggi l'Assemblea avvia la discussione di un provvedimento che il nostro Paese attende da mezzo secolo. Dopo cinquant'anni e ben 97 disegni di legge volti a regolamentare i rapporti tra i portatori di interesse e i decisori pubblici, è la prima volta che un testo riesce ad approdare in Aula dopo aver completato il suo iter in Commissione.

Ci tengo, quindi, già in premessa, a ringraziare tutti coloro che si sono adoperati perché questa proposta di legge vedesse la luce in questa Assemblea, i primi firmatari delle proposte di legge abbinate, Francesco Silvestri, Silvia Fregolent e Maria Anna Madia, il presidente della I Commissione, Giuseppe Brescia, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, la sottosegretaria Bergamini e tutti i colleghi di tutti i gruppi che hanno dato il loro contributo fattivo e costruttivo, anche in fase emendativa.

La I Commissione ha esaminato, in sede referente, le tre proposte di legge in modo particolarmente attento, lungo l'arco di oltre due anni, svolgendo un'ampia serie di audizioni, al termine della quale la Commissione ha adottato, su mia proposta in qualità di relatrice, un testo unificato delle proposte di legge abbinate, le quali testimoniavano già un'attenzione diffusa a una tematica tanto rilevante e delicata.

La regolamentazione dell'attività di lobbying, infatti, si inserisce tra la salvaguardia del diritto alla libertà di associazione e alla partecipazione e l'eliminazione delle opportunità di corruzione. Il lobbying è un atto legittimo di partecipazione politica, importante per promuovere il pluralismo. È uno strumento per contribuire al miglioramento del processo decisionale nel settore pubblico, in estrema sintesi al miglioramento del processo democratico, dove per democrazia non si intende solo l'atto elettorale.

L'attività di lobbying rientra anche nella più ampia definizione di advocacy, adottata da organizzazioni della società civile e da gruppi senza scopo di lucro o di attivismo, che è una risposta della cittadinanza alle decisioni delle autorità pubbliche. Tuttavia, l'accesso impari e non trasparente ai decisori pubblici, ha portato il lobbying ad essere percepito, talvolta, anche come l'influenza sul processo decisionale da parte di interessi potenti. Infatti, il ritardo con cui il legislatore è intervenuto sulla regolamentazione dell'attività di rappresentanza di interessi, nonostante le numerose raccomandazioni formulate all'indirizzo del nostro Paese negli anni, a cominciare dall'OCSE, dal GRECO e dall'OSCE, ha contribuito a mantenere opaco un processo, quello della formazione delle decisioni pubbliche, che invece dovrebbe essere aperto, trasparente e il più inclusivo possibile.

Questa opacità ha contribuito anche a demonizzare un'attività che, invece, è legittima e parte integrante della democrazia, perché il fatto che diversi gruppi di interesse, sia privati che della società civile, cerchino di influenzare le scelte dei decisori pubblici, fa parte del processo democratico. Soltanto il confronto tra i diversi punti di vista può generare un dibattito informato sui temi di interesse collettivo.

“Giova deliberare senza conoscere? Si domandava Einaudi nelle sue Prediche Inutili. “Non conosce chi cerca, bensì colui che sa cercare”. Regolamentare il diritto di rappresentanza degli interessi, estenderlo e tutelarlo, e rendere i processi decisionali più inclusivi, vuol dire aiutare a saper cercare, consentendo a tutti di influire, alle stesse condizioni, alle decisioni pubbliche, quindi di contribuire ad una deliberazione maggiormente partecipata e consapevole, promuovendo la conoscenza e la trasparenza di informazioni fondamentali per il processo decisionale.

Nel nostro ordinamento, ad oggi, non esiste una definizione di lobbismo. Non esiste, nel nostro ordinamento, una disciplina organica dell'attività di rappresentanza di interessi, tant'è che il Report di Transparency International assegna al nostro Paese una valutazione molto bassa proprio a causa degli scarsi livelli di trasparenza, integrità e parità di accesso al decisore.

Oggi, colleghi, siamo chiamati a colmare questo ritardo, questo gap, questa colpevole lacuna normativa, allineando il nostro Paese agli standard europei quanto a trasparenza, inclusione e partecipazione alle decisioni pubbliche, che hanno un impatto nella vita di tutti noi e di tutta la comunità.

Anche l'OSCE ha dato parere positivo, accogliendo con favore la regolamentazione delle attività di lobbying in Italia, reputandola uno strumento importante della lotta alla corruzione e garanzia di trasparenza e integrità nelle decisioni pubbliche.

Vengo ora al contenuto del provvedimento, con la precisazione che il testo approvato dalla Commissione ha tradotto la volontà di individuare soluzioni legislative il più possibile condivise da tutte le forze politiche, rinunciando ad imporre visioni unilaterali e perseguendo, invece, l'obiettivo di trovare un assetto normativo efficace ed equilibrato, che realizzi, nel prioritario interesse del Paese, la comune esigenza di trasparenza sottesa a tutte le proposte di legge presentate. In coerenza con questa impostazione, anche l'esame delle proposte emendative è stato condotto, sia da me, come relatrice, sia dal Governo, dedicando massima attenzione a tutti gli spunti e le indicazioni provenienti dalle forze politiche, sia di maggioranza, sia di opposizione.

In quest'ottica, è stato possibile svolgere un dibattito franco e aperto, in alcuni momenti anche acceso, nel corso del quale credo tutti abbiano compiuto il massimo sforzo politico per coniugare le proprie personali convinzioni su temi specifici, con l'esigenza di individuare soluzioni normative il più possibile condivise. In tale spirito sono state approvate numerose proposte emendative, che hanno consentito di affinare ulteriormente il testo.

In estrema sintesi, il testo definito dalla Commissione prevede, in primo luogo, la definizione dell'attività di rappresentanza di interessi, secondo i princìpi ispiratori di pubblicità, partecipazione democratica, trasparenza e conoscibilità dei processi decisionali; definisce, altresì, la categoria dei rappresentanti degli interessi, ai fini della legge, e quella dei decisori pubblici, presso i quali i rappresentati di interessi svolgono l'attività oggetto di disciplina. Rientrano in tale categoria: in primo luogo, i membri degli organi di rappresentanza di Governo nazionale, ossia i membri del Parlamento e i membri del Governo; in secondo luogo, i membri degli organi delle autonomie territoriali; in terzo luogo, le prescrizioni della proposta di legge si applicano anche ai presidenti e ai componenti delle Autorità indipendenti, agli organi di vertice degli enti statali, ai titolari degli incarichi di vertice degli enti territoriali e degli altri enti pubblici; infine, sono equiparati ai decisori pubblici anche i responsabili degli uffici di diretta collaborazione degli organi sopraindicati.

Ma il fulcro dell'intervento è l'istituzione di un registro dei soggetti che svolgono attività di rappresentanza di interessi, denominato registro per la trasparenza dell'attività di rappresentanza di interessi, al quale sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che intendano svolgere attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi. Il registro è istituito presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, è tenuto in forma digitale ed è articolato in due parti: una parte ad accesso riservato ai soggetti iscritti alle amministrazioni pubbliche e una parte ad accesso pubblico, consultabile per via telematica; i dati sono caricati sul portale in modalità open data, consultabile da chiunque tramite SPID o carta d'identità elettronica.

Dopo aver stabilito l'obbligo, da parte dei rappresentanti di interessi, di iscriversi al registro, si individua una serie di categorie di persone e di soggetti che non possono iscriversi, in particolare prevedendo un periodo di raffreddamento di un anno, successivo alla cessazione del mandato, per chi ha ricoperto incarichi di governo nazionale o regionale.

Oltre al registro, si istituisce l'agenda degli incontri tra i rappresentanti di interessi iscritti al registro e i decisori pubblici, prevedendo l'obbligo, da parte di ciascun rappresentante di interessi, di tenere ed aggiornare, con cadenza settimanale, una propria agenda degli incontri, i cui dati sono pubblicati in formato aperto e riutilizzabile nella parte del registro aperta alla pubblica consultazione, previo procedimento di comunicazione ed eventuale opposizione da parte dei decisori pubblici alla pubblicazione di informazioni non veritiere.

Sempre presso l'Autorità, è istituito un Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici, presieduto da un membro del CNEL e composto anche da un magistrato della Corte di cassazione e da un magistrato della Corte dei conti, cui sono attribuite le funzioni di controllo e di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal decreto, a cui spetta, altresì, l'adozione di un codice deontologico, che stabilisce le modalità di comportamento cui devono attenersi coloro che svolgono l'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi.

Con riferimento alle attività parlamentari, le funzioni di Comitato di sorveglianza sono svolte da una Commissione bicamerale composta da 5 deputati e 5 senatori ed è rimesso all'autonomia degli organi costituzionali l'adeguamento dei propri ordinamenti alle previsioni della legge.

Il provvedimento individua, inoltre, alcuni diritti e obblighi in capo agli iscritti al registro e regolamenta la procedura di consultazione, che ciascun decisore pubblico può indire qualora intenda proporre o adottare un atto normativo o regolatorio di carattere generale, che deve essere pubblicata nella parte ad accesso pubblico del registro.

Per l'eventuale violazione di obblighi stabiliti dalla legge nei confronti del rappresentante di interessi si prevede una disciplina sanzionatoria, modulata in relazione alle singole fattispecie e alla gravità della condotta. Le sanzioni vanno dall'ammonizione alla cancellazione dal registro in caso di inosservanza delle modalità di partecipazione alla consultazione, mentre, nei casi di violazione degli obblighi previsti dal codice deontologico, le sanzioni previste sono: la censura, la sospensione o anche, in questo caso, la cancellazione dal registro. La falsità od omissione delle informazioni, nonché la mancata ottemperanza alle richieste di integrazione sono punite con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5 mila a 15 mila euro. Le sanzioni sono irrogate dal comitato di sorveglianza e, in tutte le ipotesi di cancellazione dal registro, si prevede che il rappresentante di interessi non possa chiedere una nuova iscrizione prima che siano decorsi 2 anni dalla data del provvedimento di cancellazione.

Infine, si prevede che l'Istituto nazionale di statistica provveda a integrare la classificazione delle attività economiche Ateco, inserendo un codice specifico per l'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Alle regioni e alle province autonome è demandato l'adeguamento dei propri ordinamenti alle norme fondamentali della legge, entro 6 mesi.

Colleghi, si tratta di un provvedimento che apre una strada fino ad ora sterrata, un provvedimento frutto di un fitto confronto politico tra posizioni inizialmente non del tutto convergenti, dove ciascuno ha dovuto fare passi verso l'altro - siano passi indietro o in avanti, che dir si voglia -, e finalizzato al perseguimento di un obiettivo storico. Non nascondo, quindi, la soddisfazione per il lavoro di sintesi svolto e per il mandato conferitomi, di presentare la relazione che ho testé illustrato. Ringrazio il dottor Profili, la dottoressa Stella e gli uffici della I Commissione, per il supporto tecnico garantito durante tutto il lungo iter di approvazione in sede referente. Auguro a tutti buon lavoro, rimango a disposizione dei colleghi per qualsivoglia confronto, precisazione o chiarimento (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la sottosegretaria Bergamini, se lo ritiene: rinuncia.

È iscritto a parlare il deputato Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. Discutiamo oggi di regolamentazione del lobbying: è un segno di crescita, la società civile è cresciuta, è più indipendente dai partiti e chiede di incidere sulle decisioni. Per questo è giusto, come abbiamo provato a fare in Commissione e come ha riassunto, poco fa, la relatrice, regolamentare, dare trasparenza, onde tenere ben distinti i ruoli ed evitare asimmetrie anomale, oltre che conflitti di interesse, anomalie favorite dall'oscurità, dalla mancanza di regole, senza pretese eccessive, sproporzionate. Negli ambiti, infatti, in cui quelle realtà - che, dal punto di vista politologico, sulla base di un'accezione ampia ed estensiva, sono considerate gruppi di pressione - trovano già un punto di equilibrio, come quello delle realtà datoriali e sindacali o come quello dei rapporti con le confessioni religiose, è bene che una nuova legge specifica si astenga dall'intervenire, come appunto abbiamo fatto, però credo che, in questa fase finale della legislatura, non per benaltrismo, dobbiamo dirci un'altra verità. Qui noi regoliamo chi preme sulle istituzioni, ma le istituzioni su cui si preme sono adeguate? Se regoliamo anche benissimo la domanda, possiamo disinteressarci dell'offerta? Possiamo farlo noi che, pro tempore, agiamo qui, sul lato dell'offerta? Chi ha continuamente da preoccuparsi della sopravvivenza immediata, politica ed istituzionale è, comunque, più debole rispetto a qualsiasi interesse costituito, anche se regolato in maniera severa e rigorosa. È anche per questo che l'elezione imminente dell'unico organo del trittico Parlamento-Governo-Capo dello Stato che ha una durata garantita rispetto ai frequenti cambi degli Esecutivi e ai costanti, conseguenti dubbi di scioglimenti anticipati delle Camere, si presenta difficile: si caricano su di essa tante aspettative, in un pessimismo di fondo sul rendimento delle altre istituzioni.

Abbiamo ancora a disposizione l'anno finale della legislatura: facciamo bene ora a regolare chi preme, ma dobbiamo, poi, occuparci di cosa accade alle istituzioni che ricevono le pressioni, perché abbiano la propria forza e autonomia nel filtrarle, nel dar loro coerenza e prospettiva. Il lavoro di oggi acquista pieno senso solo con questo serio, ulteriore impegno, a partire da possibili aggiornamenti alla parte organizzativa della Carta costituzionale, che sono ancora nelle nostre mani. Parlare del lobbying è, quindi, oggi anche un impegno per parlare dello stato di salute delle nostre istituzioni e per migliorarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, sottosegretario Bergamini, in primo luogo, svolgerò un'analisi di metodo, in secondo luogo, una valutazione di natura generale e, in terzo luogo, un commento particolare alle disposizioni e alle norme di questo testo.

Veniamo al metodo. Colleghi, dopo molti mesi - anni direi - arriva in Aula una proposta di legge di iniziativa parlamentare dopo 35 posizioni di questioni di fiducia, solo sotto il Governo Draghi e, sempre per la prima volta, arriva in Aula un provvedimento per regolare l'attività di rappresentanza di interessi.

La regolamentazione del fenomeno lobbistico è stata, come dice la letteratura scientifica in materia, ad andamento schizofrenico: non esiste una legge organica sulla rappresentanza degli interessi, anche se, dal 1976 ad oggi, colleghi, sono stati presentati ben 97 disegni di legge volti a regolamentare questi rapporti; ci sono, invece, oltre 450 disposizioni normative, spesso disapplicate e frammentarie, che prevedono obblighi di trasparenza. La mancanza, quindi, di un quadro normativo onnicomprensivo sulla materia, da un lato, ha fatto sì che la rappresentanza degli interessi continuasse ad essere priva di un perimetro di regole che aiuterebbe a renderla più efficace ed efficiente, dall'altro lato, ha permesso che ciascun livello istituzionale, dal legislativo a quello esecutivo, sia nazionale che locale, ovvero quello regolatorio, procedesse all'emanazione di misure indipendenti le une dalle altre, aumentando in modo significativo la frammentarietà e l'asimmetria del sistema, rendendo di fatto ancora più complesso il lavoro ai rappresentanti di interesse, causando vere e proprie sacche di incongruità. Possiamo citare i registri dei lobbisti di alcuni Ministeri, come il Mise; a livello regionale, la Toscana, il Molise, l'Abruzzo, la Calabria, la Lombardia e la Puglia hanno adottato misure in questa direzione; anche la Camera dei deputati, in autodichia, si è dotata di un registro, come sappiamo, dalla scorsa legislatura.

Colleghi, oltre a segnalare la totale inefficienza del registro - due tesserini a società, e perché? Accesso solo in legge di bilancio, e perché? Che senso ha? -, sottolineiamo come alcuni colleghi della scorsa legislatura in precedenza criminalizzavano il fenomeno del lobbying, addirittura con la deprecabile usanza di fotografare i ragazzi che facevano il proprio lavoro, e addirittura davanti alle Commissioni, per poi metterli alla gogna, come se fosse una vergogna fare il proprio lavoro presso queste società.

Molti di questi ora sono in cerca di lavoro per la prossima legislatura (per usare un eufemismo gentile, perché se molti colleghi dei 5 Stelle sono stimabili, qualcun altro magari è un po' più incoerente, però non ce l'abbiamo con alcuno) e, guarda caso, proprio in quell'indotto che fino alla legislatura precedente avevano criminalizzato. Queste sono le incoerenze di un movimento che chiedeva trasparenza e il massimo accesso a tutte le informazioni. Addirittura, per avere lo streaming durante l'ultima legge di bilancio, imposta a questo Parlamento, in Commissione bilancio è dovuto intervenire un intero Partito, un'intera forza politica, ovviamente Fratelli d'Italia, e rivolgere una preghiera al Presidente, che, regalmente - il Presidente Fico - ha concesso questo streaming, come fosse un privilegio, e non un diritto dei cittadini avere accesso a queste informazioni e al lavoro delle nostre Commissioni. È su queste incoerenze, quindi, che noi basiamo il nostro giudizio critico sul risultato di questa legge.

Siamo, quindi, oggi a valutare un testo che dagli aspetti generali lascia molte perplessità. Colleghi, l'etimologia delle parole è importante, perché svela il contenuto ermeneutico delle stesse. Lobby viene da laubia, il chiostro. È la stessa etimologia della parola “loggia” che ha, però, valenza negativa. Lobby è sinonimo, anche in Italia, purtroppo, di opacità, di malaffare, di “sottobraccisti”, di film come Miss Sloane o di serie TV famigerate come House of Cards. Un immaginario negativo che cozza con lo spirito stesso del pluralismo democratico e dei rispettivi e legittimi interessi delle categorie. Per i giudici costituzionali, infatti, l'attività finalizzata a influenzare il decisore pubblico specialmente quello politico - ovviamente con mezzi leciti e trasparenti, che Fratelli d'Italia ha rivendicato anche in Commissione - è l'esercizio di un diritto costituzionale, che può essere riassunto in: se c'è democrazia, c'è lobby. I lobbisti, colleghi, sono professionisti e il lobbista aiuta anche il decisore a valutare le opzioni e a semplificare l'analisi del provvedimento, fermo restando che dall'altra parte ci sia un politico, ossia un rappresentante del popolo, preparato e in grado di farlo perché se, invece, questo non accade e uno vale uno bisogna fare attenzione alle persone che si fanno eleggere in Parlamento.

Nelle democrazie moderne, colleghi, l'indirizzo politico è costituito da una pluralità di attori e di portatori di singole istanze che il decisore pubblico, nella definizione dell'interesse generale, è chiamato a sintetizzare. La XVIII legislatura - questa - ha compiuto passi rilevanti sicuramente per il sistema politico nazionale, modificandone le modalità di partecipazione politica, sia con la recrudescenza del reato di traffico di influenze che con l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. In questo senso non comprendiamo, però, esattamente l'intersezione della legge che oggi esaminiamo con l'illecito sul traffico di influenze, sulla cui qualità abbiamo molti dubbi, data la fumosità del reato e rispetto all'aggressione delle garanzie che, attraverso questo fumoso reato, viene fatta ai rappresentanti politici, cioè ai rappresentanti del popolo, a tutti i livelli. È un reato assolutamente fumoso, come l'associazione esterna nelle aggregazioni mafiose. Quindi, bisogna riuscire a perseguire gli interessi illegittimi e le influenze illegittime, ma bisogna anche rispettare le garanzie del giusto processo. Da altra parte, la normativa in materia di finanziamento privato della politica, senza una buona regolamentazione del lobbying, consegnerà, colleghi, la politica nelle mani dei grandi gruppi di interesse economicamente più forti.

Da questi presupposti, quindi, veniamo all'impianto della norma che oggi esaminiamo. Il percorso parlamentare, come è stato detto anche dalla relatrice, è stato lungo, con un lavoro istruttorio che ha attraversato il COVID e un ampio ciclo di audizioni. La tassonomia di chi è rappresentante di interessi e di chi è decisore pubblico è manchevole, però, colleghi, in molti aspetti, nonostante il grande lavoro che avete svolto. La legge, infatti, non prevede che il lobbista possa essere un lavoratore subordinato, come nella stragrande maggioranza dei casi, o, comunque, rappresentante di società o di agenzie di lobby. Questo è dirimente, colleghi, per la questione della responsabilità e delle sanzioni. Immaginate casi specifici e concreti: invito una società a una cena di autofinanziamento di un candidato o di un partito. Chi è che non può andarci? Il lobbista o il CEO delle aziende multinazionali? Il lobbista non può andarci, mentre il CEO delle aziende multinazionali vi può andare.

Sui decisori pubblici non sono contemplati nella norma, ad esempio, i vertici amministrativi dello Stato, le tecnostrutture, dal capo di gabinetto al direttore generale del Ministero, comune o regione che, come è noto, colleghi, sono i veri detentori del processo decisionale pubblico e che hanno l'unico vero potere presente in Italia, ossia il potere di firma. Attenzione: questo è un aspetto molto sensibile che questa legge non ha minimamente affrontato. Quindi, si colpisce chi rappresenta, alla luce del sole e per lavoro, determinati interessi, ma non si vigila sul decisore pubblico, sui suoi congiunti, su chi potrebbe avere reali conflitti d'interesse.

Permettetemi, dunque, una chiosa storica, che i colleghi del Partito Democratico sicuramente apprezzeranno. Tutta questa situazione di squilibrio dei poteri effettivi tra indirizzo e potere reale, decisionale e di firma, nasce con la “legge Bassanini”, esponente storico del Partito Democratico, di quello che era all'epoca, perché è lui che spostò il potere decisionale di firma sui grandi direttori (i direttori generali, i capi di gabinetto e così via). Questo che cosa ha comportato? Ha comportato uno spostamento della pressione di interesse. Quindi, colleghi, dal momento che, giustamente, il Parlamento italiano fa una legge per gestire le rappresentanze di interesse, perché non va a occuparsi degli unici che in Italia hanno il potere effettivo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), cioè i direttori generali, i capi di gabinetto e coloro che sono, materialmente, i possessori del potere di firma? È su costoro che va attivata, semmai, la vigilanza, non sui politici, che, come sappiamo, possono fare ormai, quando gli viene concesso dal Governo Draghi, solo attività emendativa, di proposta e di indirizzo politico, ma non certo decisionale.

Non ci sono, poi, i riferimenti specifici alle società partecipate pubbliche - e quelle sì che sono corazzate portatrici di interessi -, né dal punto di vista della rappresentanza né dal punto di vista delle responsabilità intrinseche.

Va chiarita, poi, la nozione di enti pubblici, che non è stata definita adeguatamente. Tutte le aziende con partecipazione pubblica svolgono attività di lobbying e rappresentanza di interessi, legittimamente, sia direttamente che indirettamente (tramite esternalizzazione di servizi, perché molto spesso si rivolgono a società di lobbying). Però, escludere dalla registrazione questi soggetti significa spingere nell'opacità e nel cono d'ombra una larghissima parte dell'attività di rappresentanza di interessi, tra cui quella di grandi società pubbliche come Cassa depositi e prestiti, che gestisce il tesoro degli italiani, quindi, miliardi di euro.

Non ci sono riferimenti a chi ha rapporti o rappresenta Stati stranieri, colleghi, e questo è un punto molto sensibile, a cui teniamo molto come Fratelli d'Italia, come sapete. Già nella fase emendativa, con i colleghi Prisco e Montaruli della Commissione, abbiamo chiesto l'abrogazione dell'esclusione dalla registrazione a chi rappresenta Stati stranieri. Il motivo è lapalissiano, colleghi: ne va della sicurezza nazionale.

Non possono essere più ignorate, ad esempio, le prove o comunque la notizia di presunti finanziamenti illeciti, come raccontati anche da il Riformista, che sarebbero giunti a un partito della maggioranza direttamente dalle tasche del Governo dittatoriale venezuelano, che, come sappiamo, affama il popolo, costringendolo a esodi di massa. Le parole del suo braccio destro ed ex capo dell'intelligence chavista alla polizia spagnola lasciano poco spazio all'interpretazione, ma siamo garantisti, colleghi, e lo siamo con tutti, quindi dovrebbe occuparsene la magistratura italiana.

È stato dichiarato un illecito di 3 milioni e mezzo che, se fosse confermato, sarebbe una notizia di un certo imbarazzo e di influenza straniera di un certo rilievo. Il MoVimento 5 Stelle, che, come sappiamo, e questo è pubblico, sostiene la dittatura chavista, dovrebbe forse fare chiarezza su questa influenza straniera e sui rapporti che ha avuto con l'ambasciata venezuelana.

Non è accettabile poi che il Governo italiano abbia al suo interno un partito di fatto affiliato, che sostiene questi regimi, dalla Repubblica popolare cinese al Venezuela di Maduro, anche alla Cuba castrista.

Riteniamo sia necessario garantire un meccanismo come il Foreign Agents Registration Act degli Stati Uniti, che garantisca la trasparenza e la legalità nei confronti di chi, come in questo caso, porta avanti con tutta evidenza interessi stranieri, in cambio di cosa spetterebbe alla magistratura determinare, e sui rapporti di quello che è il guru di una forza della maggioranza, il comico Beppe Grillo, con l'ambasciatore cinese che, ricordo a quest'Aula, si permise non solo di influenzare, ma di minacciare, oltre al sottoscritto, esponenti della Lega, esponenti anche del Partito Democratico, che si erano permessi - permessi! - di invitare Joshua Wong a fare una teleconferenza al Senato con il collega Malan ed altri colleghi.

Ebbene, questa influenza degli agenti stranieri perché non è stata inserita in questo registro, colleghi? Questa è una domanda che rivolgiamo, per il tramite del sottosegretario Bergamini, al Presidente Draghi e ovviamente a tutta la filiera che garantisce la sicurezza nazionale, o dovrebbe, del Governo.

Il centro del provvedimento, colleghi, è sostanzialmente la costituzione del famoso registro pubblico per la trasparenza dell'attività di relazione per la rappresentanza di interessi. Quest'ultimo però - e questo è il vulnus principale di questa legge - sarà gestito dall'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, e al registro dovranno iscriversi i lobbisti per svolgere la propria attività. Nel testo unificato è previsto inoltre il divieto di finanziare in qualsiasi modo i decisori, e questo è abbastanza ovvio e pletorico. A questo registro, secondo il testo approvato in Commissione, non potranno iscriversi né i parlamentari durante il mandato né chi ha avuto incarichi di governo nazionale o regionale per un anno dalla cessazione del mandato, il cosiddetto periodo di cooling off, come giustamente ricordava la relatrice.

Ma notiamo le prime criticità: non viene minimamente risolto il confine tra riservatezza, ovvero il segreto industriale coperto da NDA, e trasparenza, e non viene fatto nessun riferimento alla legge n. 231 e alla conflittualità oggettiva, come le policy interne di multinazionali e non solo, che poi possono essere eluse, pur nel rispetto della legge, con fornitori esterni di servizi di lobby. La regolamentazione quindi è necessaria; tuttavia la natura obbligatoria, senza sanzioni da un lato e la premialità dall'altro, genererà un incentivo a eludere la norma, ovviamente.

La rendicontazione dei lobbisti avverrà settimanalmente: una gravosità enorme per un'azienda. Alla fin fine succederà quello che i decisori e i lobbisti stanno già facendo, colleghi, e non vorrei fare il nome di un noto ristorante della zona, dove ho visto anche molti di voi andare in piena libertà, che sta in una bellissima piazzetta qui vicino, che è diventata, di fatto, la sala lobby della Camera dei deputati. E questo che cos'è? È indice che neanche questa legge, affrontata così, potrà risolvere il problema.

Quindi andremo, andrete, perché io non è che ci vada spesso, ma comunque andrete tutti a mangiare dell'ottima carne in questa piazzetta per incontrare i portatori di interessi, perché ovviamente qui, alla Camera, non ci vengono. Ma è una difesa, questa, legittima, noi lo diciamo per iperbole, ma è una difesa ovviamente legittima, e di fatto, quindi, sfuggirà a qualsiasi controllo. Si metteranno d'accordo su come e cosa rendicontare poi nel registro, quindi le registrazioni saranno assolutamente concordate, pilotate, gestite in maniera formale, come del resto è già oggi, peraltro, con la Camera dei deputati. Ogni pubblica amministrazione definirà poi le forme e le modalità di esercizio della facoltà di presentazione della documentazione e di accesso alle sedi, e questa è l'altra fortissima criticità. Cioè, o la legge è uguale per tutti, e soprattutto per la pubblica amministrazione, o immaginate che deregulation, che caos gestionale, per cui ogni pubblica amministrazione creerà uno spazio per i lobbisti! Ma voi ce li vedete i ministeri che fanno la sala lobby?

È necessario, quindi, individuare le soluzioni tecnico-giuridiche che consentano di definire una proposta di legge che valga per tutte le istituzioni centrali e territoriali. Colleghi, è fondamentale superare il problema generato proprio dall'autodichia. C'è poi un punto centrale, e su questo Fratelli d'Italia aveva fatto una proposta alta e nobile, che è stata - riconosciamo - accolta in parte e simbolicamente, e di questo vi ringraziamo, ma che comunque non è stata risolta e, di fatto, nella sua applicazione stravolta. L'allocazione del registro all'Antitrust appare infatti simbolicamente ingiusta. Dall'altro, le disposizioni finali del provvedimento prevedono una clausola di invarianza finanziaria per cui il registro dovrà essere predisposto, istituito, gestito e finanziato con le risorse esistenti.

A noi sarebbe parso più adatto, colleghi, per la natura stessa degli interessi generali rappresentati e per le troppe polemiche per l'ente, affidare al CNEL la gestione, e su questo avevamo presentato infatti uno specifico emendamento che prevedeva anche come regolamentare questa allocazione presso il CNEL. Il lavoro di Commissione ha poi fatto sì - e di questo vi ringraziamo - che un componente del CNEL venisse integrato, su nostra proposta, nel comitato di sorveglianza, che ha compiti sanzionatori nei confronti degli iscritti al registro, dove siedono, sempre con uno spirito, colleghi, giustizialista - e mi rivolgo soprattutto ai colleghi di centrodestra della maggioranza, che hanno, sappiamo, una sensibilità storica garantista…il comitato di sorveglianza già inquieta, colleghi, ma comunque poi diventa un organo paragiudiziario se ci mettiamo un magistrato della Corte di cassazione, un magistrato contabile. Manca solo la Guardia di finanza e il comitato di sorveglianza diventa un tribunale, quindi arrivando alla presunzione che comunque non ci possa essere autoregolamentazione, con il CNEL che sinceramente sarebbe la sede più normale, naturale, perché ha il rapporto con tutte le categorie e rappresenta tutte le categorie, e invece senza che poi queste possano essere rappresentate e questo registro possa essere gestito così, fermo restando gli apparati sanzionatori.

Ma, anche qui, perché ancora questo vizio di mettere magistrati ovunque per lavarsi la coscienza? La relatrice aveva iniziato dicendo che questa è una legge che non criminalizza più, legittima i portatori di interesse. Poi nel comitato di sorveglianza scopriamo che c'è un tribunale effettivo, di fatto, che li giudicherà come se fossero colpevoli di chissà quali reati, come di fatto - è stato anche citato - ha rilevato anche l'OCSE. Il disegno di legge presenta uno sbilanciamento in termini di obblighi per i portatori di interesse, siano essi soggetti privati, imprese o ONG. Quindi non lo dice Fratelli d'Italia, e l'OCSE va citato anche per le critiche che fa a questa legge. Prendendo poi a modello l'impianto normativo adottato in sede europea da Commissione e Parlamento nel 2011, colleghi, e nel 2014, vorrei sottolineare l'importanza di un approccio premiale nella disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi.

L'accordo tra le due istituzioni europee, infatti, prevede esplicitamente che, dalla registrazione come portatori di interessi, discenda il riconoscimento come interlocutori agli occhi del decisore pubblico, permettendo quindi, tra le altre, la partecipazione ad audizioni e l'organizzazione di eventi all'interno delle sedi istituzionali, facilitando l'accesso alle stesse.

Colleghi, noi ci asterremo su questa proposta di legge, perché è comunque almeno il segnale di una sensibilità differente rispetto alle criminalizzazioni del passato, ma non potevamo non lasciare agli atti e non evidenziare di rilevare queste strutturali criticità e queste aporie nella strutturazione lessicale del testo normativo.

Riteniamo sia necessario costruire un rapporto più trasparente e fluido tra rappresentanza degli interessi e decisore pubblico e, dall'altro lato, separare coloro che svolgono questa professione secondo i canoni di etica trasparenza e responsabilità - che sono la maggioranza - da coloro i quali sfruttano l'opacità del sistema per trarne il profitto in modo indebito, screditando la figura del rappresentante degli interessi e – permettetemi - di noi politici, in quanto rappresentanti della polis e del popolo. Trasparenza e inclusività non sono valori fine a se stessi: contribuiscono a rendere più compiuta la nostra democrazia e legittimano le decisioni pubbliche, che, altrimenti, come spesso accade, corrono il rischio di essere ritenute opache, influenzate da chissà chi, e al servizio di interessi oscuri.

Colleghi, la democrazia è una cabina di vetro. Per questo, per dirla con chi qualche secolo fa aveva già analizzato questi meccanismi e, cioè, il rapporto tra il consigliere del principe e il principe stesso e, cioè, Niccolò Machiavelli, “Non è di poca importanza a uno principe la elezione de' ministri, e' quali sono buoni o no, secondo la prudenza del principe. E la prima coniettura che si fa del cervello d'uno signore è vedere li uomini che lui ha d'intorno”. Ecco, bisogna tornare a far avere alla politica il ruolo di privilegio, non inteso in senso ovviamente esclusivo, ma di privilegio dell'etica sulla trasparenza, dando la possibilità a chi fa un lavoro legittimo di poterlo svolgere senza essere pre-giudicati, come portatori di chissà quali interessi oscuri. Questa, colleghi, è per noi la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Corneli. Ne ha facoltà.

VALENTINA CORNELI (M5S). Grazie Presidente. Cari colleghi, siamo oggi qui riuniti, credo, per fare qualcosa di veramente storico, come ha anticipato la relatrice. Oggi si compie forse un piccolo miracolo per l'Italia, che purtroppo per tanti aspetti non è e non è mai stata un Paese, tra virgolette, normale. Oggi, qui alla Camera dei deputati, quindi nel Parlamento italiano, iniziamo a discutere una legge che regolamenta il lobbismo. Sappiamo bene che la rappresentanza clientelare, quindi in qualche modo orientata alla difesa puntuale e circostanziata di interessi settoriali, è un vulnus per la democrazia. È un vulnus per la democrazia perché inquina la democrazia, perché contrasta con la ratio essendi stessa dei partiti, che, alla stregua della nostra Costituzione ma anche del codice civile, sono enti a fini generali, che quindi devono essere volti alla tutela di interessi pubblici, della collettività, e non di interessi particolari. Ma in Italia il lobbismo non è mai stato regolamentato. In sostanza, quel processo di informazione e influenza sulla decisione pubblica è sempre stato completamente opaco. E se vige il far west, succede che il soggetto più forte, più potente e anche più spregiudicato e più scorretto può effettivamente influire e influenzare le decisioni pubbliche.

È per questo che noi, con questa proposta di legge, introduciamo il registro pubblico obbligatorio per i lobbisti, cosicché chiunque voglia esercitare questa attività deve farlo in maniera pubblica, deve rispettare un codice etico di comportamento, deve essere in possesso di stringenti e specifici requisiti morali, tecnici, professionali.

Con questa proposta di legge, introduciamo l'agenda pubblica degli incontri, perché gli incontri devono avvenire in piena trasparenza. Quindi, sia da parte del politico che da parte del lobbista, deve essere comunicata la data dell'incontro, il tema trattato e la documentazione depositata.

Chiediamo, inoltre, l'inasprimento delle sanzioni per comportamenti illeciti, sia da parte del politico che da parte del lobbista, e vogliamo che le consultazioni avvengano in maniera pubblica, avvengano in maniera trasparente. Bisogna capire qual è il campo sul quale ci stiamo muovendo, perché, come MoVimento 5 Stelle, con la legge anticorruzione, la cosiddetta Spazzacorrotti, noi abbiamo già previsto che i partiti politici devono rendere pubblici i finanziamenti che ricevono da parte di privati: il cittadino deve verificare, deve controllare, deve seguire i soldi, deve sapere chi finanzia un partito politico prima di votarlo. Questo è importante e già dice molto. Ma questo è un altro tema. Come un altro tema è quello che ho sentito introdurre da altri colleghi, che sono intervenuti e che hanno parlato di comportamenti di rilevanza penale; alcuni magari hanno anche parlato di ricostruzioni un po' fantasiose e, a mio avviso, un po' surreali, ma ci sono comunque delle inchieste in corso. Ad esempio, dell'inchiesta sulla fondazione Open se ne è parlato tanto oppure della tristemente nota lobby nera, che riguarda i partiti di estrema destra neofascisti. Ma questo è un altro tema ancora. Come un altro tema ancora è il conflitto di interessi. Io non lo porterei su questo tavolo oggi, perché sicuramente parte della nostra storia. Sappiamo le conseguenze di aver avuto Governi che agivano in conflitto di interessi. Ma, ripeto, non stiamo parlando di questo.

Oggi stiamo parlando di una zona d'ombra, di una zona lecita, ma non regolamentata, che dobbiamo appunto regolamentare. Questa è la strada segnata anche dalla Corte costituzionale. Ricordo, ad esempio, la sentenza n. 379 del 2004, in cui la Corte diceva che bisognava migliorare e bisognava rendere trasparenti quei processi di interlocuzione, quei processi di raccordo, tra organi rappresentativi e soggetti particolarmente interessati a delle decisioni pubblici, quindi, sostanzialmente, portatori di interessi, appunto, perché tutto questo fa parte del processo democratico, se esiste una regolamentazione. Per questo ce lo chiede da così tanto tempo anche l'Europa, ce lo chiede l'OCSE, ce lo chiede l'OSCE, ce lo chiede il Greco, il gruppo dei Paesi contro la corruzione del Consiglio d'Europa, ce lo chiedono tutti gli stessi addetti ai lavori, ce lo chiedono i cittadini da più di trent'anni! Come ha ricordato la relatrice, sono cinquant'anni di tentativi falliti e, quindi, oggi non si può veramente più aspettare. Oggi questa legge deve essere portata a termine; bisogna dotare il Paese di una legge che regolamenti il lobbismo. Oggi questa è un'emergenza vera e propria con i soldi del PNRR - che sappiamo il Presidente Conte aver portato in Italia -, che devono essere utilizzati nell'interesse di tutti e nell'interesse delle future generazioni e non più ad appannaggio di pochi. Non siamo contentissimi che in parte il testo sia stato annacquato da emendamenti trasversali, cosiddetti emendamenti salva Confindustria oppure quegli emendamenti che hanno ridotto l'efficacia e la portata di quel meccanismo di cooling off, di raffreddamento di chi ha agito nel settore politico e poi è passato a quello privato e viceversa; però un testo può essere perfezionato, può essere in un secondo momento modificato, ma oggi deve essere approvato. Oggi questo deve essere il nostro obiettivo ed è un obiettivo che dobbiamo assolutamente raggiungere, perché bisogna dare un segnale forte e chiaro ai cittadini, che, mai come ora, hanno bisogno di tornare a fidarsi delle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie Presidente. Il progetto di legge in discussione vuole disciplinare l'attività delle relazioni istituzionali e della rappresentanza di interessi.

Questa attività rappresenta, a nostro avviso, un importante contributo alla formazione delle decisioni pubbliche che i rappresentanti di interessi particolari, legittimamente, devono portare all'attenzione delle istituzioni. Obiettivo del testo in esame che è uscito dalla Commissione, nonché della prima proposta di legge sul tema, presentata in questa legislatura dalla collega Fregolent - a cui se ne sono, poi, aggiunte altre, da cui è scaturita questa proposta di testo che sottoponiamo all'Aula - è proprio assicurare che tale attività venga svolta nel pieno rispetto della legge e dell'autonomia delle istituzioni e, soprattutto, con lealtà verso di esse. Regole e procedure che disciplinano il rapporto tra la politica e i gruppi di pressione sono già state oggetto di intervento da parte dell'Unione europea fin dal 2005, quando, nell'ambito dell'iniziativa europea per la trasparenza, ha pubblicato il Libro verde. Qui si definisce il lobbismo come una componente legittima dei sistemi democratici, a prescindere se sia svolto da singoli cittadini o società, da organizzazioni della società civile e altri gruppi di interesse o ditte che lavorano per conto terzi, quindi esperti di affari pubblici, centri studi, avvocati, eccetera. Si riconosce a queste attività la possibilità di contribuire a richiamare l'attenzione delle istituzioni europee su alcuni problemi importanti, ritenendo, nello stesso tempo, opportuno evitare che venga esercitata una pressione indebita sulle istituzioni europee attraverso un uso scorretto delle pratiche lobbistiche. Si tratta di principi che sono perfettamente ascrivibili anche a ciò che deve essere fatto nel nostro ordinamento nazionale; infatti, nell'ottica di una continuità operativa e di intenti con l'Unione europea, di cui siamo orgogliosamente Stato membro e, ancor prima, Stato fondatore, riteniamo che una regolamentazione dell'attività di rappresentanza degli interessi particolari sia necessaria al fine di garantire l'interesse generale, anche attraverso il confronto tra le due tipologie di interessi. A questo scopo, con il testo uscito dal lavoro della Commissione affari costituzionali, a cui il gruppo di Italia Viva ha fornito un contributo significativo, con gli emendamenti presentati dalla collega Fregolent e dal sottoscritto, si dà vita ad un “Registro per la trasparenza dell'attività di relazione per la rappresentanza di interessi” presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con l'iscrizione obbligatoria per i soggetti che intendano svolgere attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi. Nasce, poi, un comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici, con funzioni di controllo e di irrogazione delle sanzioni amministrative, previste dal testo di legge, il quale definisce specifici diritti e obblighi in capo ai rappresentanti di interessi per finalità di trasparenza dell'attività svolta e, quindi, anche di tracciamento e di riconoscibilità da parte dei cittadini.

Con riferimento, invece, all'attività parlamentare, le funzioni del comitato di sorveglianza vengono svolte da una Commissione bicamerale, composta da 5 deputati e 5 senatori, e, ovviamente, come previsto dalla nostra Carta, è rimesso all'autonomia degli organi costituzionali l'adeguamento dei propri ordinamenti alle previsioni di legge.

Viene, poi, disposta l'istituzione di un registro dei soggetti che svolgono questa attività, come segnalato, tenuto in forma digitale e articolato in due parti: una parte ad accesso riservato ai soggetti iscritti alle amministrazioni pubbliche, e l'altra ad accesso pubblico, consultabile in via telematica.

La discussione che abbiamo svolto durante l'esame in Commissione, a tratti, è stata anche molto accesa, per la passione che suscita questo argomento, il quale può sembrare lontano dalla vita quotidiana dei cittadini: in realtà, quando parliamo di come disciplinare le modalità attraverso le quali uno degli attori del processo di formazione delle politiche pubbliche si relaziona con le istituzioni, parliamo di un aspetto che incide concretamente anche sulla qualità delle politiche pubbliche stesse. Questa discussione ha consentito, grazie anche al nostro contributo determinante, di migliorare il testo iniziale e di superare una logica che, inizialmente, ritenevamo fosse eccessivamente punitiva verso chi ricopre incarichi pubblici, partendo da una presunzione, ossia che chi ha un ruolo pubblico e istituzionale è qualcuno che, a prescindere dall'appartenenza, cerca di accaparrare benefici propri e personali; una logica ovviamente che non possiamo in alcun modo condividere, poiché è contraria ad una visione liberale delle nostre istituzioni e della funzione parlamentare. Riteniamo giusto che per tutto il periodo del mandato parlamentare vi siano nette distinzioni di ruoli e che vi siano limitazioni maggiori per i membri di Governo che hanno anche un ruolo esecutivo e di maggior potere di intervento in determinate tematiche, ma queste limitazioni ovviamente non possono essere infinite.

Riteniamo, quindi, che l'equilibrio raggiunto nel testo della Commissione - ribadisco con il contributo importante che abbiamo fornito come forza politica - sia soddisfacente, poiché tiene insieme l'esigenza di garantire la necessaria autonomia decisionale e separazione di ruoli tra pubblico e privato, senza porre, nello stesso tempo, le persone che svolgono e ricoprono cariche pubbliche nella condizione di essere in qualche modo additate in maniera negativa o tramite pregiudizi ormai superati dai tempi. Vorrei fare un piccolo inciso: ci piacerebbe che una così netta distinzione di ruoli e un così forte e acceso impegno nel metterla in evidenza - ovviamente questo aspetto non poteva essere oggetto del provvedimento in esame, lo chiarisco subito, però riteniamo giusto, in fase di discussione generale, porlo all'attenzione dell'Aula e dei colleghi - fossero altrettanto netti e chiari anche per il mondo della giustizia, in particolare della magistratura. Pensiamo sia arrivato il momento di porre un freno alle porte girevoli tra magistratura e politica, per quanto riguarda il fatto di limitare per via costituzionale - ovviamente non lo si può e non lo si poteva fare, ribadisco, con questo provvedimento - l'accesso alle cariche pubbliche locali e nazionali per coloro che scelgono di servire lo Stato tramite la magistratura, perché è di chiara evidenza un fatto: un uomo e una donna, che hanno avuto incarichi di rilievo nell'ambito della magistratura in una comunità o a livello nazionale, che poi passano direttamente a candidature a cariche pubbliche o a ruoli di primo piano nelle istituzioni, hanno un peso, un'influenza e un bagaglio informativo indisponibile a qualsiasi altro cittadino che provenga da altre esperienze professionali; un bagaglio di conoscenze e di informazioni che non sempre, come è noto, viene tenuto da parte e nettamente distinto rispetto al proprio obiettivo politico. Anzi, più di una volta, dai livelli territoriali regionali e locali a quelli nazionali, abbiamo assistito al nascere di carriere politiche propiziate proprio dal ruolo che precedentemente era rivestito da quel determinato soggetto in magistratura; questo ovviamente è un argomento - lo ribadisco per l'ennesima volta - che non tocca e non poteva toccare questa proposta di legge, ma, nell'ambito della discussione che stiamo facendo e come componente della Commissione affari costituzionali, penso sia giusto porre all'attenzione.

Tornando al merito del provvedimento, Italia Viva ha condotto una battaglia politica per escludere dal novero delle attività a cui si applicano le norme del provvedimento di legge in discussione quella svolta da organizzazioni sindacali e imprenditoriali. Questo non perché, come è stato sostenuto da parte di qualcuno, riteniamo esista un'attività di lobby buona e un'attività di lobby cattiva; l'attività di lobby che si svolge nella legalità è tutta buona e non ci permettiamo di dare giudizi. Semplicemente, però, si tratta di organizzazioni - quelle sindacali e quelle datoriali - che hanno anche un riconoscimento, una legittimazione di rango costituzionale e che svolgono un'attività che, nella stragrande maggioranza dei casi, è di rappresentanza di interessi collettivi di ampie categorie di persone, non di un singolo soggetto privato o di un ristretto gruppo di soggetti privati. Mettere sullo stesso piano la rappresentanza, ad esempio, degli agricoltori, dei lavoratori di una determinata categoria o degli artigiani, rappresentanza peraltro, lo ribadiamo, sancita e prevista dalla Costituzione, e quella di una grande multinazionale o della singola impresa, che legittimamente, però, deve avere la propria rappresentanza di interesse nel dialogo con le istituzioni, ci sembrava obiettivamente inopportuno. Chiunque viva la società, nelle sue infinite e diversificate articolazioni territoriali, sa bene che si tratta di soggetti che sono sottoposti a dinamiche completamente diverse. Quindi, equiparare organizzazioni sindacali e di categoria ad attività lobbistiche a favore di singole aziende private sarebbe stato sbagliato; dire questo non è giudicare le une positive e le altre negative, ma semplicemente riconoscere una distinzione che persino la nostra Costituzione mette in evidenza.

Siamo soddisfatti della circostanza che, grazie anche al contributo fornito dal gruppo di Italia Viva, e ricordo ancora una volta che la prima proposta di legge presentata in questa legislatura sul tema porta la firma della collega Silvia Fregolent - si arrivi finalmente all'esame in Aula di una proposta di legge che affronta questi temi. Non era mai accaduto in oltre 70 anni di vita repubblicana - sono già state citate le oltre 97 proposte di legge presentate dal 1976 ad oggi su questo tema - e oggi, finalmente, si arriva ad una discussione in Aula.

Ora, si tratta di dare seguito a questo lavoro, promuovendo anche un cambio culturale che veda nell'azione di lobbying non un mostro da contrastare e da combattere, ma un interlocutore al pari di altri soggetti esterni alle istituzioni, che ha diritto di essere riconosciuto e adeguatamente regolamentato, perché concorre assieme ad altri nel ciclo di formazione delle politiche pubbliche. Continuare a negare questa evidenza sarebbe un errore e siamo contenti anche del fatto che coloro che in passato non volevano riconoscere questa presenza, oggi, obiettivamente, vanno a riconoscerla, e questo è un passo in avanti positivo per la qualità della nostra democrazia; ora, dobbiamo darvi seguito, appunto, attuando questo provvedimento e portando avanti, parallelamente, un cambio di approccio culturale che deve essere necessario anche per affrontare queste tematiche e i temi che ad esse sono connessi, che riguardano appunto la qualità delle decisioni pubbliche, in maniera più tranquilla e senza le polemiche troppo ideologizzate che spesso abbiamo visto, in quest'Aula e fuori da quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Tripodi. Ne ha facoltà.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, nessuno ignora il fatto che le decisioni pubbliche, assunte a tutti i livelli nel nostro sistema istituzionale, siano il frutto di una negoziazione tra interessi differenti, la cui sintesi spetta al decisore. L'influenza sulle decisioni parlamentari da parte di interessi organizzati estranei alla dinamica della rappresentanza politica è un fenomeno tipico dei sistemi liberaldemocratici; ciò che rileva in democrazia, infatti, è che le decisioni dei parlamentari possano essere il risultato di composizione di interessi e di opinioni. In tal senso, le lobby rivestono un ruolo molto importante, quali canali di informazione per le istituzioni, per far scoprire interessi sommersi o punti di vista che non erano emersi nel dibattito parlamentare. Tuttavia, queste sono spesso considerate un elemento disfunzionale della democrazia e la causa principale della scarsa trasparenza nei meccanismi decisionali; infatti, c'è una convinzione diffusa che ci porta fuori strada, colleghi, quando affrontiamo il tema della rappresentanza degli interessi; si tratta di posizioni che, per quanto isolate, scontano una visione giacobina del processo decisionale, fondata sull'idea che il decisore in quanto tale sappia, ancora prima di decidere, cosa sia l'interesse generale e possa, di conseguenza, decidere senza alcun confronto con i destinatari della decisione. Tale idea non sembra trovare alcun riscontro fattuale, però; l'elaborazione di politiche pubbliche efficaci, coerenti e significative richiede un continuo e costante confronto con le controparti in causa, per permettere al legislatore di usufruire di competenze dei portatori di interesse e di acquisire informazioni ex ante ed expertise di cui i processi decisionali necessitano. D'altro canto, l'istruttoria legislativa in Commissione, le audizioni formali e informali che ne sono conseguite e la stessa creazione delle Commissioni parlamentari permanenti rispondono, per certi versi, alla stessa logica e allo stesso bisogno di sapere. È evidente che chiunque sia chiamato ad assumere una qualche decisione di rilevanza pubblica debba non solo acquisire informazioni, specialmente quelle di natura tecnica, da chi opera nel settore oggetto di regolazione, ma anche verificare preventivamente l'impatto della decisione sui suoi destinatari naturali, così da evitarne effetti indesiderati e finanche inintenzionali.

Pertanto, colleghi, è opportuno diffondere l'abitudine di avvalersi di esperti che rappresentino le criticità di un settore in modo chiaro e obiettivo, anche attraverso un confronto libero, trasparente e partecipato con i soggetti coinvolti. In qualità di interlocutori, le lobby sarebbero capaci di aggiungere elementi di valutazione e di discussione utili per meglio costruire la legislazione, renderla più semplice da applicare e più efficace in riferimento ai risultati che ci si prefigge di ottenere. Signor Presidente, questo processo che già si svolge, mediante l'approvazione del presente testo, viene portato alla luce del sole con beneficio anche per la credibilità delle istituzioni, parlamentari in primo luogo: concepire il lobbying come momento di partecipazione democratica significa davvero impegnarsi in una ridefinizione degli ambiti, delle finalità e delle modalità stesse di esercizio di quest'azione sociale, che assume così rilevanza istituzionale e non più soltanto privatistica. Onorevoli colleghi, intendendo il lobbying come azione di partecipazione democratica, si opera una rivoluzione concettuale di grande rilievo che comporta una serie di conseguenze ed è in questo senso che abbiamo lavorato anche in Commissione al fine di introdurre regole positive, non basate solo su divieti, che incanalino l'azione lobbistica nell'alveo delle attività che hanno come fine una migliore qualità della normazione e una più vivace e intensa vita democratica, volte all'imposizione della trasparenza e della correttezza reciproca sia ai rappresentanti di interesse che ai decisori pubblici, allo scopo di attivare un circuito virtuoso tra mondo degli interessi e istituzioni.

Dunque, con l'approvazione di tale testo, conseguiamo l'obiettivo di identificare precisamente il fenomeno del lobbying, muovendo dalla consapevolezza che fino a quando quest'ultimo sarà confinato nel settore delle attività economiche o no-profit si resterà prigionieri di uno schema che confligge con una visione moderna della democrazia pluralistica e partecipativa. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Silvestri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente. Prima, ovviamente, di iniziare questa storica discussione, banalmente storica, perché è la prima volta che arriva in quest'Aula, visto che è la prima occasione che abbiamo, vorrei augurare buon anno a tutta la Presidenza, a tutti i funzionari della Camera dei deputati, a tutto il personale che, nonostante tutte le complicanze che il COVID ci mette davanti, ci permette di lavorare in sicurezza e ovviamente buon anno a tutto il Paese, soprattutto a quella parte, quella fascia che sta soffrendo di più gli effetti di questa maledetta, anzi, stramaledetta, oserei dire, pandemia.

Fatta questa doverosa parentesi, vorrei iniziare ed entrare subito nel merito di questa discussione, rispondendo a una domanda che molti fuori da quest'Aula mi hanno fatto e che credo interessi chi stia seguendo, in questo momento, questa discussione, ovvero, perché in questo momento, dove c'è un'emergenza pandemica e dove tutta l'attenzione mediatica è concentrata su “green pass sì”, “green pass no” o sui ristori per le imprese in difficoltà, il MoVimento 5 Stelle, a livello parlamentare, si concentra su di una legge che promuove la trasparenza e la partecipazione. Questa è una domanda molto semplice per me, a cui poter rispondere, ma molto importante per la comprensione di tutto l'impianto. Inizio da risposte più periferiche, ma comunque molto importanti: intanto, perché siamo uno dei pochi Paesi in Europa che non ha ancora regolamentato un fenomeno che è ormai tipico dei sistemi liberaldemocratici e questo l'Europa ce lo ricorda in ogni forma, in ogni sede, in ogni documento che, in questi anni, ha caratterizzato la sua attività di commento al ruolo dell'Italia all'interno dell'Europa per quanto riguarda trasparenza e partecipazione, e lo fa, come dicevo, proprio tramite la Commissione europea, ovvero il Commissario europeo per la giustizia e i report annuali che si fanno sullo stato del diritto dei Paesi membri, lo fa attraverso il GRECO, il gruppo anticorruzione del Consiglio d'Europa, lo fa attraverso l'OSCE, al quale abbiamo chiesto anche un parere, come Commissione affari costituzionali, che è arrivato il 21 settembre.

Quindi, qui, mi permetto anche una piccola nota personale, emozionale, perché questo è anche il risultato del mio e del lavoro di tanti altri colleghi e cito testualmente la sua risposta in parte della relazione: “Questa legge e molte delle sue disposizioni sono strumenti importanti nella lotta alla corruzione e per la trasparenza e l'integrità del processo decisionale pubblico”. Questo è stato il commento per quanto riguarda il testo in discussione in questo momento.

Un altro dei motivi è perché l'assenza di questa normativa ha generato una autoregolamentazione schizofrenica all'interno del Paese. Che cosa voglio intendere? Intendo dire che regioni, Ministeri ed enti locali hanno cominciato a regolamentarsi da soli, in assenza di una normativa nazionale, creando un problema per chi vuole esercitare la professione con correttezza e professionalità. Quindi, il lobbista viene considerato tale in una regione, in una regione vicina non lo è mentre nell'altra regione vicina, invece, sì; analogamente, in un Ministero viene considerato lobbista mentre in un altro Ministero non viene considerato tale, e questo riguarda anche i comuni. Quindi, c'è una difficoltà per chi vuole distinguersi dal faccendiere di turno - che è una necessità del settore, che opera in tutt'altra maniera - e una difficoltà nell'esercitare la professione. Questo è qualcosa che dobbiamo impedire e che stiamo impedendo attraverso questa legge.

Poi c'è un altro punto che merita, a mio avviso, una riflessione più ampia ed è quello della forza dei partiti politici che, a prescindere dal colore, stanno vivendo un momento di difficoltà oggettiva, vuoi perché la contingenza attuale porta all'utilizzo della tecnica di comprimere sempre di più la forza propulsiva delle idee politiche, vuoi perché le istanze sociali che i partiti rappresentano si sono complicate e, quindi, anche i rapporti con le comunità che le rappresentano, vuoi perché è cambiata la forma con la quale ottenere il consenso, con riferimento ad una popolazione che sempre di più ha capito, si è post ideologizzata e, quindi, non è più legata ad appartenenze ideologiche ma a fattori variabili, come quelli della comunicazione mediatica e della comunicazione social. In un Paese in cui i partiti politici si sono indeboliti, si rafforza automaticamente il ruolo di chi può influenzare la decisione pubblica. Ecco perché serve che questi processi siano monitorati con molta attenzione e con molta partecipazione e con molta trasparenza.

Poi vengo al motivo probabilmente più importante, quello che mi ha spinto, appena ho cominciato la mia attività, la mia legislatura, a iniziare a lavorare su questa legge. La storia dell'impatto che questa legge ha avuto nei Paesi in cui è in vigore ci dice una cosa inequivocabile, ci dice una cosa chiara ovvero che la qualità delle leggi, dove questa legge esiste, è migliore. Se uniamo questo alla contingenza attuale dei fondi che dobbiamo spendere per il PNRR capiamo come questa legge diventi fondamentale. L'attuazione del PNRR, che prevede miliardi di euro da spendere, introduce subito un altro elemento di novità che il MoVimento 5 Stelle ha portato per quanto riguarda queste proposte di legge, ovvero allargare la trasparenza e l'applicazione di questa legge non solo ai parlamentari, non solo ai membri del Governo ma anche alle giunte regionali, anche alle giunte comunali e anche alle loro assemblee. Fondamentalmente, per quanto riguarda le giunte regionali è una necessità contingente che ha tuttavia radici almeno ventennali, cioè da quando si è cominciata la regionalizzazione del nostro Paese dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, che è diventata una realtà. Le giunte regionali hanno preso, ovviamente, più poteri, entrando nella gestione della sanità pubblica, e quindi c'era bisogno di una legge che aumentasse la trasparenza nel percorso decisionale. Stesso discorso può valere e vale, assolutamente, per i comuni. Ecco perché abbiamo esteso la applicazione di questa legge ai comuni che sono chiamati ad un livello di efficacia in questa fase non solo per spendere i soldi ma anche per rappresentare e per la loro progettazione.

Come ricordiamo, infatti, lo stanziamento dei fondi del PNRR è legato all'avanzamento dei lavori e, quindi, laddove ci fosse un caso di scarsa capacità amministrativa o, comunque, di capacità amministrativa non eccellente, e si ricevessero esternamente progetti o percorsi di spesa, lo Stato dovrebbe avere strumenti fattivi pratici, reali, per poter controllare la bontà di questi progetti. Ecco perché questa legge diventa anche un arma dello Stato per essere presente nei fondi che finanziano gli enti locali.

C'è stata anche un'altra innovazione che abbiamo portato, quella di istituire presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) il registro della trasparenza e delle attività. Questo lo abbiamo fatto - è stata una scelta molto ragionata e molto ponderata – perché, prima di tutto, si tratta di un'autorità amministrativa indipendente che svolge le sue attività e prende decisioni in maniera completamente autonoma. Questo per noi era un elemento di garanzia. Inoltre, lo abbiamo fatto affinché la rappresentanza di interessi parta da un presupposto non ideologico, non legato alle proposte passate, che consegnavano il registro all'Anticorruzione, e sia un elemento di libera concorrenza. Ecco perché siamo andati a immettere questa novità in questa proposta di legge che è stata recepita nel testo unico. Probabilmente, dobbiamo anche aggiornare l'idea che abbiamo degli attori che sono i rappresentanti di interessi in discussione. Questo lo vediamo, ad esempio, nel registro europeo. Vi cito semplicemente quali sono le componenti degli iscritti al registro europeo a Bruxelles: parliamo di circa 12.000 attori, di cui 6.000 sono industrie e imprese, 3.000 sono ONG e associazioni di consumatori, 1.100 sono società di consulenza, 913 sono istituti accademici di ricerca, 576 sono enti pubblici e 50 sono organizzazioni religiose. Comprendiamo quindi che il soggetto considerato come portatore di interessi ha una sua varietà.

Un altro punto che mi preme sottolineare è il percorso che abbiamo fatto in Commissione, un'esperienza che giudico positiva perché è stata un esercizio di democrazia parlamentare molto importante. Noi ci siamo trovati - è inutile negarlo - davanti alla discussione di una legge considerata molto divisiva, perché ogni partito legittimamente si approcciava ad essa con basi culturali, ideologiche e tecniche completamente diverse. Il MoVimento 5 Stelle in questo aveva una cultura ampia ed è per questo che si è battuto con forza per tanti principi. Visto che questo è un qualcosa che si riproporrà nel corso di questa legislatura e della prossima, probabilmente le forze politiche dovrebbero anche fare bene ad abituarsi a discutere di elementi divisivi, o in alcuni casi fintamente tali, altrimenti non si riuscirà mai a portare avanti leggi di iniziativa parlamentare. È stata un'esperienza importante e il MoVimento 5 Stelle, comunque, non può fare a meno di sottolineare delle criticità rispetto al testo finale che avrebbe voluto, come ogni partito, molto simile alla propria visione. Se l'impianto generale, che è stato preso dal testo unico, ci vede molto soddisfatti, tuttavia ci sono due aspetti che riguardano la non applicazione per quanto riguarda i portatori di interessi generali che il MoVimento 5 Stelle avrebbe evitato, anche perché in questo senso avevamo accettato un emendamento che in qualche modo semplificava, per questi soggetti, tutte le procedure di iscrizione al registro e delle applicazioni.

C'è poi un tema molto importante e molto dibattuto dalle associazioni legate alla trasparenza, quello delle “porte girevoli”. È un tema anche molto mediatico che molti conoscono sotto il nome di revolving doors.

Si tratta sostanzialmente - lo dico per farlo comprendere a chi ci sta ascoltando - di quel fenomeno per cui alcuni membri del Governo o parlamentari passano da un ruolo pubblico ad un ruolo presso un ente privato, o, comunque, si iscrivono a quello che sarà il registro dei portatori di interesse. Questo è stato un lunghissimo dibattito in Commissione. Io ci tengo a sottolineare quella che è stata la ratio di come il MoVimento 5 Stelle si è comportato, ovvero: affermare che questo principio, che è stato recepito nella legge, non è un elemento punitivo nei confronti di chi esercita il ruolo di Governo, anche con molta passione, trasparenza e bontà, ma è un elemento di “raffreddamento” di un anno - si parla di distanza di 12 mesi da quando uno lascia l'incarico di Governo a quando può iscriversi a quello che sarà il prossimo registro di portatori di interesse – per i rapporti che sono maturati, per il ruolo che rappresentava; e non solo quei rapporti, ma anche tutte le informazioni che sono preziose per lo Stato e che potrebbero andare a vantaggio di un'azienda piuttosto che di un'altra, minando il principio di neutralità e di concorrenza del mercato.

Quindi - è importante affermarlo - con questa legge, abbiamo dato e vorremmo dare al Paese anche un registro dei portatori di interesse, un'agenda digitale, dove le persone possono vedere in totale trasparenza il dibattito tra il portatore di interesse e il decisore pubblico.

E questo perché sappiamo - e concludo - che il concetto di democrazia in un Paese non si misura solamente attraverso l'affermazione del principio di elezioni libere e giuste, ma anche attraverso la partecipazione collettiva ai processi. Questo ce lo dice anche l'articolo 25 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, che dice espressamente - cito - che ogni cittadino ha il diritto e l'opportunità, senza alcuna distinzione e senza restrizioni irragionevoli, di “partecipare alla gestione degli affari pubblici, personalmente o attraverso rappresentanti liberamente scelti”.

E quindi è proprio per garantire e poterci continuare a definire un Paese democratico che continuiamo a stimolare l'iter di questa legge, perché vogliamo, alla fine di questa legislatura, portarla a termine. E io dico che, proprio vista la contingenza attuale dei fondi del PNRR, non riuscire a portare a compimento questa legge sarebbe un atto di irresponsabilità parlamentare dal quale ci vorremmo sottrarre e ovviamente vorremmo regalare al Paese degli elementi di trasparenza e partecipazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fausto Raciti. Ne ha facoltà.

FAUSTO RACITI (PD). Grazie, Presidente. Intanto per ricambiare gli auguri di buon anno che lei cortesemente ci ha posto. Io devo iniziare questo mio intervento al contrario, dai ringraziamenti, che mi sento di rivolgere in particolare alla relatrice di questa norma e al Governo, per il metodo che hanno scelto di privilegiare in sede di discussione, in sede referente, in Commissione.

Infatti, la scelta di ricorrere al dialogo parlamentare, alla lenta limatura della legge in oggetto, la disponibilità al dialogo di merito su una materia che esula abbondantemente - e per questo è di iniziativa parlamentare - dal mandato stretto che la maggioranza di Governo si è data, ha portato oggi in discussione in quest'Aula non solo una legge buona, ma soprattutto una legge giusta. Non era un risultato scontato, soprattutto alla luce delle distanze che allontanavano, e in parte allontanano ancora, i gruppi parlamentari su una materia così così delicata.

Questa legge definisce un campo. Non era semplice farlo, perché è un campo che si muove tra due spazi già occupati: da un lato, quello della rappresentanza di interessi generali - penso alla funzione che svolgono, secondo la nostra Costituzione, i cittadini che si organizzano in partito, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni datoriali, che hanno un ruolo che viene loro riconosciuto dalla Costituzione - e, dall'altro lato, l'interesse privato illegittimo, cioè quello che noi definiamo, attraverso gli strumenti del Codice penale, nella disciplina del traffico di influenze.

Questa legge delimita il campo della rappresentanza degli interessi legittimi e soprattutto lo regola, rendendolo accessibile; regola un mercato - questo, in fondo, fa davvero questa legge - rendendo accessibile il rapporto tra legislatore e rappresentanza di interessi, rendendolo trasparente, rendendolo comprensibile. In un sistema politico-istituzionale che ha ancora su questo tema molti elementi di confusione, poi ci arriverò brevemente, questa legge svolge una funzione di semplificazione e di chiarimento, che io credo sia importante valorizzare.

Ci sono stati punti di conflitto nel corso della discussione, che in particolare hanno riguardato la disciplina delle esclusioni e la disciplina del cosiddetto raffreddamento, cioè in quale misura e quale tipo di decisore debba essere oggetto di un divieto di accesso al registro in oggetto della legge, per un certo periodo di tempo, sulla base delle sue caratteristiche. Quello che ne è venuto fuori è un compromesso positivo, che distingue tra legislatori e membri dei rami esecutivi, e che consente soprattutto di differenziare il rapporto tra parlamentari, membri del Governo, portatori di interessi generali e portatori di interessi privati, seppur ovviamente legittimi.

Cosa manca? Lo diceva il mio collega in precedenza: manca molto quello che non è oggetto della presente legge, perché questa è una legge completa, buona e che merita una rapida approvazione anche nell'altro ramo del Parlamento, nel quale auspicabilmente arriverà in discussione dopo che l'avremo approvata alla Camera.

Noi siamo un Paese che ha, di fatto, abolito il finanziamento pubblico alla politica e che tende a criminalizzare il finanziamento privato. Questo è un problema che noi abbiamo da legislatori e che avremmo dovuto affrontare auspicabilmente in questa legislatura, ma non abbiamo avuto la forza di affrontare. Siamo un Paese nel quale vige una normativa sul traffico di influenze, che - è stato sottolineato anche da alcuni membri dell'opposizione - definire controversa è eufemistico, sulla quale ancora non abbiamo avuto la capacità di intervenire. Soprattutto, siamo un sistema politico e agiamo in un sistema politico che ha progressivamente delegittimato partiti e Parlamento, che sono passati ad essere, nella percezione generale, da interlocutore forte ad interlocutore debole degli interessi privati, e che meritano una attenzione e un intervento di carattere legislativo che provi a invertire una tendenza, che certo non è data da ieri ma è data almeno dall'inizio degli anni Novanta e che ha progressivamente prodotto una crisi - che oggi rischia di apparire quasi irreversibile - del nostro sistema politico.

Quindi, noi mettiamo oggi la tessera di un mosaico ancora largamente incompleto e su cui, non c'è dubbio, molte sono le differenze che attraversano le forze politiche anche al loro interno.

Ma mettiamo una tessera del mosaico giusta, buona, speriamo che sia la prima (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 196-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, se lo desidera, la relatrice, deputata Baldino: rinuncia.

Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, sottosegretaria Bergamini: rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ferrari ed altri; Deidda ed altri; Giovanni Russo ed altri; Del Monaco ed altri; Del Monaco ed altri; Ferrari ed altri: Disposizioni di revisione del modello di Forze armate interamente professionali, di proroga del termine per la riduzione delle dotazioni dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, nonché in materia di avanzamento degli ufficiali. Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale (A.C. 1870-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1870-1934-2045-2051-2802-2993-A: Disposizioni di revisione del modello di Forze armate interamente professionali, di proroga del termine per la riduzione delle dotazioni dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, nonché in materia di avanzamento degli ufficiali. Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 28 dicembre 2021 (Vedi l'allegato A della seduta del 28 dicembre 2021).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 1870-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La IV Commissione (Difesa) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Ferrari.

ROBERTO PAOLO FERRARI, Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il Testo unificato all'esame oggi dell'Aula è il frutto di un lavoro condiviso svolto dalla Commissione difesa e da tutte le forze politiche che la compongono. Il testo nasce dall'abbinamento di due tematiche originariamente istruite in maniera separata: la prima concerne la revisione del modello di reclutamento professionale delle Forze armate e su tale materia sono state presentate 3 proposte di legge - atti Camera nn. 1870, 2045 e il 2051 -, anche in seguito alla conclusione dell'indagine conoscitiva, svolta in IV Commissione, sul modello vigente di reclutamento e sulle sue problematicità.

In estrema sintesi, allo stato, la ferma prefissata è strutturata su base modulare. I volontari in ferma annuale, al termine della ferma, possono concorrere per l'immissione nella ferma quadriennale (i cosiddetti VFP4) delle Forze armate. I volontari risultati idonei, se non vincitori, del concorso per VFP4 potranno essere ammessi a domanda e, nel limite dei posti disponibili, a 2 successivi periodi di rafferma della durata di un anno ciascuno. A loro volta, i volontari in ferma quadriennale, esaurita la ferma quadriennale stessa ovvero la rafferma biennale (in totale possono essere due) e giudicati idonei, utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito, sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente, con conseguente mutamento dello status di volontario a quello di graduato. Il servizio svolto quale volontario in ferma prefissata costituisce, pertanto, la premessa e il presupposto indefettibile per transitare, tramite concorso per titoli ed esami, nei ruoli del servizio permanente.

Come accennavo, la Commissione ha svolto un'indagine conoscitiva sul modello attualmente in vigore, rilevando, nel documento conclusivo, come occorresse procedere all'aggiornamento di alcuni istituti inseriti nell'ordinamento giuridico militare a seguito della sospensione della leva obbligatoria, con particolare riferimento alla figura dei volontari in ferma prefissata.

Voglio ricordare in questa occasione anche come lo spunto a questa indagine conoscitiva nacque dall'esigenza manifestata dall'allora Capo di stato maggiore dell'Esercito, il generale Salvatore Farina che, durante la sua audizione di fronte alla Commissione difesa, da poco insediata all'inizio di questa legislatura, seppe trasmettere questa necessità e come, poi, tutti i Capi di stato maggiore abbiano evidenziato l'urgenza di procedere nella direzione di un aggiornamento di questo istituto.

L'attuale modello di difesa, infatti, ha registrato, nel corso degli ultimi anni, un calo di interesse proprio con riferimento al reclutamento nella fase iniziale del percorso di vita e professionale nelle Forze armate. L'ampia platea dei soggetti ascoltati nel corso dell'indagine ha, al riguardo, attribuito un ruolo significativo alle incerte possibilità di carriera offerte ai volontari in ferma breve, causa le difficoltà di transito nel servizio permanente. Come ulteriore elemento di criticità sono state sottolineate le difficoltà che i volontari congedati incontrano al momento della loro ricollocazione nel mondo del lavoro, dovute anche allo scarso successo di alcuni istituti che avrebbero dovuto assicurare tale ricollocazione.

La seconda tematica che il testo unificato affronta riguarda, invece, la rideterminazione delle dotazioni organiche stabilite dalla legge n. 244 del 2012, da attuare sia posticipando i termini per il completamento di tale riorganizzazione sia prefigurando, in connessione, un progetto di riforma complessiva delle Forze armate attraverso l'enucleazione di principi e criteri direttivi contenuti in una norma di delega, da attuare attraverso la successiva emanazione di uno o più decreti legislativi. Tre le proposte di legge presentate sul tema: l'A.C. 1934, il 2802 e il 2993.

A tal proposito, in estrema sintesi, ricordo che la legge n. 244 del 2012, da inquadrare all'interno di una serie di provvedimenti di revisione della spesa pubblica adottati sul finire della XVI legislatura, ha infatti previsto di ridurre, entro l'anno 2024, 30 mila unità tra le Forze armate (da 190 mila a 150 mila) e 10 mila unità di personale civile della difesa (da 30 mila unità a 20 mila unità), anche al fine di riequilibrare il bilancio della funzione Difesa, ripartendolo, orientativamente, in 50 per cento nella spesa del personale, 25 per cento per l'esercizio e 25 per cento per gli investimenti. Dopo un'iniziale esame separato delle due questioni, la Commissione difesa ha deciso, considerate le connessioni tra di esse e la necessità di un'analisi unitaria, di proseguire con un iter unitario, abbinando tutte le proposte presentate e lavorando, poi, in comitato ristretto, per l'elaborazione di un testo unificato.

Il provvedimento è stato sottoposto, come di consueto, all'esame delle Commissioni assegnatarie del parere in sede consultiva. Al riguardo, hanno espresso il parere la I Commissione (Affari costituzionali), la II Commissione (Giustizia), la V Commissione (Finanze), la VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione), l'XI Commissione (Lavoro), la XII Commissione (Affari sociali), la Commissione per le questioni regionali e il Comitato per la legislazione. Le Commissioni giustizia, finanze, lavoro e affari sociali hanno espresso parere favorevole sul provvedimento; la V Commissione (Bilancio) fornirà il prescritto parere direttamente all'Assemblea.

La I Commissione, la Commissione per le questioni regionali e il Comitato per la legislazione hanno chiesto di sopprimere il richiamo all'intesa della Conferenza unificata nel principio di delega contenuta nella lettera i) dell'articolo 9, relativo all'aumento della percentuale di riserva di posti in favore del personale delle Forze armate nei concorsi per le assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni, in considerazione della già prevista intesa richiesta, in generale, ai fini dell'adozione dei decreti legislativi emanati ai sensi della delega conferita dal citato articolo 9. L'osservazione è stata puntualmente accolta dalla IV Commissione.

Quanto alle sollecitazioni contenute nel parere del Comitato per la legislazione, la IV Commissione ha recepito con specifici emendamenti le seguenti richieste: ha approvato una migliore definizione della procedura e degli effetti del giudizio di idoneità all'avanzamento espresso dalla Commissione di vertice di ciascuna Forza armata, contenuta nel capoverso articolo 1094-bis della lettera b) del comma 1 dell'articolo 8, inserendo, a tal fine, il riferimento all'articolo 1058, comma secondo, del Codice dell'ordinamento militare, che disciplina tale Commissione, e all'articolo 710 del regolamento attuativo.

È stato, poi, meglio specificato il principio di delega, di cui alla lettera b), del primo comma dell'articolo 9, relativo alla revisione delle misure per conseguire, entro il 2030, il progressivo raggiungimento delle dotazioni organiche complessive del personale militare, in modo che esso si configuri meglio come criterio direttivo, piuttosto che come oggetto di delega.

Infine, è stata aggiunta, alla lettera m), secondo comma, dell'articolo 9, contenente il principio direttivo relativo alla possibilità di utilizzo, da parte di qualsiasi Forza armata, del fascicolo sanitario contenente gli accertamenti sanitari espletati nel corso delle procedure concorsuali, la specifica che la relativa disciplina dovrà essere conforme, naturalmente, alla normativa sui dati personali. Passo ora la parola al collega Aresta, che proseguirà nella relazione.

PRESIDENTE. La parola gliela passiamo noi.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Giovanni Luca Aresta.

GIOVANNI LUCA ARESTA, Relatore. La ringrazio, Presidente. È altresì doveroso il ringraziamento al collega, onorevole Ferrari, che mi ha preceduto e che, insieme a me, ha l'onere e l'onore di relazionare oggi, innanzi a questo altissimo consesso del Parlamento della Repubblica.

Onorevoli colleghi e Governo, come si è già accennato la IV Commissione (Difesa) ha svolto, nel corso di questa legislatura, un'indagine conoscitiva sul modello Difesa attualmente in vigore nel nostro sistema rilevando, con cognizione di causa e maturità politica, come occorresse procedere all'aggiornamento di alcuni istituti inseriti nell'ordinamento giuridico militare a seguito della sospensione della leva obbligatoria, con particolare riferimento alla figura dei volontari in ferma prefissata. L'attuale modello di Difesa ha notoriamente registrato nel corso degli ultimi anni un calo di interesse - è stato riferito - proprio con riferimento al reclutamento nella fase iniziale del percorso di vita professionale nelle Forze armate. La platea dei soggetti auditi nel corso dell'indagine ha attribuito un ruolo significativo, proprio rispetto al calo di interesse, alle incerte possibilità di carriera offerte ai volontari in ferma breve, a causa delle difficoltà - lo abbiamo sentito - di transito nel servizio permanente. Un ulteriore forte elemento di criticità si è riscontrato nella oggettiva difficoltà che i volontari congedati incontrano nel momento della loro ricollocazione nel mondo del lavoro, dovuta anche allo scarso successo di alcuni istituti.

Altra tematica - anche questa trattata dal collega Ferrari - di fondamentale rilievo che il testo affronta è quella relativa ai complessi assetti dello strumento militare nazionale, ossia, come già evidenziato, la rideterminazione delle dotazioni organiche, stabilita nella legge n. 244 del 2012, da attuare sia posticipando i termini per il completamento di tale riorganizzazione sia prefigurando in connessione un progetto di riforma complessiva delle Forze armate.

Si noterà come nel testo non vi sia specifico riferimento alle dotazioni organiche del personale civile della Difesa di livello nazionale, poiché si ritiene che gli obiettivi imposti dalla vigente normativa di riferimento, quindi, la legge n. 244 del 2012, siano stati già raggiunti. In questa ottica, sarà dunque necessario provvedere in separata sede all'attuazione del piano di assunzioni del personale civile della Difesa, a cui già il Ministero, anche e soprattutto su impulso parlamentare, ha più volte comunicato essere in itinere un piano assunzionale.

Mi accingo, quindi, a illustrare, nel rispetto dei tempi, il dettaglio del contenuto del provvedimento, che si compone di nove articoli.

L'articolo 1 proroga, in alcuni casi dal 2024 al 2030, e in altri dal 2025 al 2031, alcune disposizioni del codice dell'ordinamento militare introdotte per garantire l'attuazione degli obiettivi di riduzione degli organici del personale militare della Difesa, previsti dalla legge n. 244 del 2012, cosiddetta “legge Di Paola”, nonché per definire la data entro la quale la riduzione prevista del personale civile delle Forze armate dev'essere realizzata. Ai sensi del comma 2 dell'articolo 1, continua ad applicarsi quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, della legge n. 244 del 2012, in base al quale il termine per la riduzione può essere prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

L'articolo 2 prevede un aumento delle dotazioni organiche dei sottufficiali e dei volontari dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo della capitaneria di porto, e dell'Aeronautica militare.

L'articolo 3 interviene sul reclutamento, lo stato giuridico, l'avanzamento e l'impiego dei volontari in ferma prefissata, la cui disciplina viene ridefinita attraverso una serie di novelle al capo VII del titolo II del libro IV del codice dell'ordinamento militare. Nello specifico, viene previsto che le ferme siano in numero di due: la prima di 3 anni, denominata ferma prefissata iniziale; la seconda sempre di 3 anni, definita ferma prefissata triennale. Per accedere alla ferma prefissata iniziale sarà necessario avere un'età non superiore a 24 anni, rispetto agli attuali 25, il diploma di istruzione secondaria di primo grado e l'idoneità fisica e psicoattitudinale stabilita per la ferma permanente. Potranno, poi, partecipare ai concorsi in ferma prefissata triennale i volontari che abbiano fatto la ferma iniziale o siano in rafferma annuale, ai quali è riservato il 70 per cento dei posti, in servizio da almeno 24 mesi o in congedo da non oltre 12 mesi, ai quali è riservato non più del 30 per cento dei posti, che abbiano un'età non superiore ai 28 anni e che abbiano superato con esito positivo il corso di base di formazione iniziale. Al termine della ferma triennale i volontari sono immessi nel ruolo dei volontari in servizio permanente. Per quanto concerne il meccanismo delle rafferme, i volontari in ferma prefissata iniziale possono essere ammessi a domanda a un successivo periodo di rafferma della durata di un anno. La rafferma potrà, inoltre, essere prolungata con il consenso degli interessati per il tempo strettamente necessario al completamento dell'iter concorsuale di coloro che hanno presentato domanda per il reclutamento nei volontari in ferma prefissata triennale.

Con riferimento alla disciplina delle riserve dei posti per l'accesso nelle carriere iniziali delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la nuova formulazione dell'articolo 703 del codice conferma le attuali percentuali previste, precisando che le medesime riguardano i volontari in ferma prefissata, in servizio o in congedo, di età non superiore ai 25 anni, i quali abbiano completato almeno 12 mesi di servizio in qualità di volontario in ferma prefissata iniziale e che siano in possesso degli ulteriori requisiti per l'accesso alle predette cariche previsti dai rispettivi ordinamenti.

In relazione alle procedure di selezione per l'immissione dei volontari nelle carriere iniziali delle Forze di Polizia o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si dispone che le medesime siano determinate da ciascuna delle amministrazioni interessate con decreto adottato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro della Difesa, e si concludano con la formazione delle graduatorie di merito. Si specifica che nella formazione delle graduatorie le amministrazioni dovranno tenere conto quali titoli di merito del periodo di servizio svolto e delle attività affini a quelle proprie della carriera per cui è stata fatta domanda di accesso, nonché delle specializzazioni acquisite durante la ferma prefissata considerate utili. L'attuazione delle predette procedure viene affidata all'esclusiva competenza delle singole amministrazioni interessate. L'attuale formulazione del comma 3 affida, invece, a un decreto interministeriale del Ministro della Difesa e dei Ministri interessati il compito di stabilire le modalità attuative riguardanti l'immissione dei volontari nelle carriere iniziali delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

L'articolo 4 stabilisce il trattamento economico da corrispondere ai volontari in ferma prefissata. Nello specifico, ai volontari in ferma prefissata iniziale e raffermati con la qualifica di soldato comune di seconda classe e di aviere è corrisposta una paga lorda giornaliera determinata nella misura percentuale dell'81,50 per cento riferito al valore giornaliero dello stipendio iniziale lordo e dell'indennità integrativa speciale costituenti la retribuzione mensile del grado iniziale dei volontari in servizio permanente. In aggiunta al trattamento economico richiamato, ai volontari in ferma prefissata iniziale e raffermati che prestino servizio nei reparti alpini è attribuito un assegno mensile di 50 euro. A sua volta, ai volontari in ferma prefissata triennale sono attribuiti uno stipendio, calcolato in misura pari all'80 per cento del parametro stipendiale spettante al grado iniziale dei volontari in servizio permanente, e assegni a carattere fisso e continuativo, calcolati in misura pari all'80 per cento di quelli spettanti al grado iniziale dei volontari in servizio permanente. Ricordo, al riguardo, che attualmente ai volontari in ferma prefissata di un anno con la qualifica di soldato comune di seconda classe e di aviere è corrisposta una paga netta giornaliera determinata nella misura percentuale del 64 per cento riferita al valore giornaliero dello stipendio iniziale lordo e dell'indennità integrativa speciale costituenti l'attribuzione mensile del grado iniziale dei volontari in servizio permanente. La misura percentuale è pari al 74 per cento per i volontari in ferma annuale e quadriennale, per i volontari in ferma prefissata.

In aggiunta al trattamento economico di cui ai commi 1 e 2, ai volontari in ferma prefissata di un anno e rafferma annuale che prestano servizio nei reparti alpini è attribuito un assegno mensile di 50 euro. Ai volontari in ferma prefissata quadriennale e in rafferma biennale sono attribuiti il parametro stipendiale e gli assegni a carattere fisso e continuativo spettanti al grado iniziale dei volontari in servizio permanente. Dalla data di attribuzione del predetto trattamento economico cessa la corresponsione dell'indennità prevista dall'articolo 1792, comma 1. L'articolo 5 detta la disciplina transitoria da applicare alle attuali categorie dei volontari in ferma prefissata VFP1, VFP4 e raffermati, fino al loro completo esaurimento. In particolare, si prevede che i bandi per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno possano essere emanati sino al 31 dicembre 2022.

Fino al 31 dicembre 2026 i volontari in ferma prefissata di un anno, raffermati e in congedo possono partecipare ai concorsi per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata triennale. L'articolo 6 consente, nelle more dell'adeguamento del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, l'applicazione delle relative disposizioni alle nuove categorie di volontari in ferma prefissata. L'articolo 7 reca la determinazione delle qualifiche dei sergenti, dei gradi e delle qualifiche dei volontari in servizio permanente. L'articolo 8 detta disposizioni in materia di avanzamento degli ufficiali.

L'articolo 9 prevede che il Governo sia delegato a rivedere lo strumento militare nazionale di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 in base ai seguenti principi e criteri direttivi: ridefinizione, secondo criteri di valorizzazione delle professionalità dei reparti operativi e sulla base della rivalutazione delle esigenze di impiego nelle operazioni nazionali e internazionali, della ripartizione delle dotazioni organiche del personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, da conseguire gradualmente entro l'anno 2030, fermo restando le dotazioni organiche complessive fissate a 150 mila unità; revisione delle misure volte a conseguire, secondo criteri di efficienza e organicità, entro l'anno 2030 il progressivo raggiungimento delle dotazioni organiche complessive del personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, di cui all'articolo 798, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2010 e successive modificazioni; previsione di un contingente aggiuntivo in soprannumero, non superiore a 5 mila unità, di personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare ad alta specializzazione, in particolare medici, personale delle professioni sanitarie, tecnici di laboratorio, ingegneri, genieri, logisti dei trasporti e dei materiali, informatici e commissari, in servizio permanente, da impiegare anche con compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in situazioni di straordinaria necessità e urgenza; istituzione di una riserva ausiliaria dello Stato, non superiore a 10 mila unità di personale volontario, ripartito in nuclei operativi di livello regionale posti alle dipendenze delle autorità militari individuate con decreto del Ministro della Difesa, impiegabile nei casi in tempo di guerra o di gravi crisi internazionali, in caso di deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale ovvero in forma complementare in attività in campo logistico e di cooperazione civile e militare, disciplinandone a tali fini la struttura organizzativa, le modalità di funzionamento, nonché lo stato giuridico militare e le modalità di reclutamento, addestramento, collocamento in congedo e richiamo in servizio del relativo personale; la possibilità, inoltre, per il personale delle Forze armate di transitare a domanda anche in altra pubblica amministrazione ovvero di essere collocato in un ruolo complementare da istituire in soprannumero agli organici delle Forze armate; previsione della possibilità, per i volontari in ferma prefissata, di partecipare ai concorsi per il reclutamento nelle altre categorie di personale delle Forze Armate ovvero introduzione o incremento delle riserve di posti a loro favore nei medesimi concorsi.

Viene prevista l'iniziativa per disciplinare la formazione dei volontari in ferma prefissata triennale, associando all'addestramento militare di base e specialistico, incluso quello relativo a operazioni cibernetiche, attività di studio e di qualificazione professionale volte all'acquisizione di competenze polifunzionali utilizzabili anche nel mercato del lavoro, nonché mediante l'ottimizzazione dell'offerta formativa del catalogo dei corsi della Difesa. Si stabilisce l'implementazione delle misure di agevolazione per il reinserimento dei volontari delle Forze armate congedati senza demerito nel mondo del lavoro, prevedendo misure agevolative, anche di carattere fiscale, contributivo o di altra natura, che ne favoriscano l'assunzione da parte delle imprese private. Aumento delle percentuali di riserva dei posti in favore dei volontari in ferma breve e ferma prefissata delle Forze armate congedati senza demerito ovvero durante il periodo di rafferma, nonché dei volontari in servizio permanente nei concorsi per le assunzioni di personale nelle amministrazioni pubbliche ivi previste, con particolare riferimento alle assunzioni nei corpi di Polizia locale.

Revisione della struttura organizzativa e ordinativa del Servizio sanitario militare. Istituzione - cosa importante - di fascicoli sanitari relativi agli accertamenti sanitari effettuati nell'ambito di una procedura concorsuale di una qualsiasi Forza armata, prevedendo che ad essi sia riconosciuta validità in riferimento a ulteriori procedure concorsuali della stessa o di altra Forza armata, per un arco temporale prestabilito, nel rispetto della normativa sui dati personali e senza alcuna esplicita richiesta da parte dell'interessato. I commi da 2 a 6 dell'articolo 9 attengono al procedimento di formazione dei decreti legislativi delegati. Al riguardo, si prevede che i medesimi siano adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della Difesa, di concerto con i Ministri per la Pubblica amministrazione e dell'Economia e delle finanze, nonché, per i profili di competenza, con il Ministro della Salute, dell'Istruzione e del Lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata e acquisizione del parere del Consiglio di Stato.

Gli schemi dei decreti legislativi dovranno infine essere trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, le quali dovranno esprimere il proprio parere entro 60 giorni dalla data della trasmissione; decorso tale termine, i decreti potranno essere adottati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei 30 giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal comma 1, 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, o successivamente, quest'ultimo termine è prorogato di 90 giorni. Ai sensi del comma 3, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive con le modalità e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi. Si specifica inoltre che, nel caso di onerosità dei decreti legislativi in esame, i medesimi potranno essere emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. Per quanto attiene alla tecnica legislativa, il comma 5 prevede che gli interventi normativi previsti dalle disposizioni dei decreti legislativi abbiano luogo attraverso novelle al codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010.

Ai sensi del comma 6 il Governo è autorizzato ad apportare al testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di un ordinamento militare le modificazioni necessarie. A conclusione dell'esposizione del complessivo articolato, vorrei segnalare che è altissima l'attesa per questa riforma da parte del personale della Difesa. D'altronde i mutati e più gravosi compiti assegnati alle nostre Forze armate, sia nel contesto internazionale sia in quello di contrasto alla pandemia, impongono una rivisitazione delle previsioni di riduzione del personale civile e militare della Difesa che era il cuore della riforma Di Paola. È compito del Parlamento adeguare e aggiornare il nostro sistema di difesa qualora, come è evidente, le previsioni di riduzione di questo fondamentale strumento non siano più rispondenti alle necessità della nazione. Una rivisitazione che facciamo con razionalità, avendo ben chiara l'esigenza del contenimento della spesa pubblica, ma anche l'irrinunciabilità di avere un sistema di difesa adeguato ai tempi.

L'adesione unanime di tutti i gruppi in Commissione difesa al testo che abbiamo avuto l'onore di esporre in questa sede ci dice che siamo sulla strada giusta. Un grazie di cuore, Presidente, mi sia consentito, al presidente della IV Commissione difesa, onorevole Gianluca Rizzo, e a tutti i componenti della Commissione difesa che con noi hanno lavorato e condiviso questo testo. Grazie Presidente, ho concluso (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario Mule', che si riserva di intervenire successivamente.

È iscritta a parlare la deputata Maria Tripodi. Ne ha facoltà.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario, mi sia permesso cominciare questo mio intervento con un sincero ringraziamento a tutti gli uomini e alle donne della Difesa, che, ovunque impegnati, lavorano senza risparmio di energie, con impegno, dedizione, orgoglio e grande professionalità, per la nostra sicurezza e nell'interesse nazionale. Nello scenario internazionale, il posizionamento del nostro Paese non può che partire dal nostro ruolo in seno alla NATO e all'Unione europea, entrambe impegnate in un processo di adattamento strategico, nell'ambito del quale il contributo italiano è sostanziale.

La cosiddetta bussola strategica dovrà fungere da guida operativa per lo sviluppo di politiche comuni di sicurezza e difesa e del processo decisionale ad esse legato e sarà il naturale e coerente rafforzamento del pilastro europeo dell'Alleanza atlantica. Dunque, signor Presidente, la nostra Difesa è chiamata sempre più, negli anni a venire, ad essere protagonista assoluta, per la strategicità e la postura internazionale dell'Italia. Contestualmente al mutato contesto che noi viviamo, diventa indispensabile procedere al completamento del processo di riforma della Difesa in senso unitario e interforze, in linea con i dettami della legge n. 25 del 1997, effettuando una verifica e una complessiva rimodulazione della legge n. 244 del 2012, la cosiddetta “legge Di Paola”, di cui oggi dibattiamo. Questa legge, approvata sul finire della XVI legislatura, ha previsto di ridurre, entro l'anno 2024, 30 mila unità delle Forze Armate e 10 mila unità di personale civile della Difesa, per giungere a un comparto costituito da 150 mila militari e 20 mila civili. Questa legge ha inciso profondamente sul funzionamento e sull'organizzazione delle nostre Forze armate e aveva l'obiettivo di realizzare uno strumento militare di dimensioni più contenute, ma capace di esprimere un'operatività più qualificata rispetto al passato e pienamente integrata e integrabile nel contesto dell'Unione europea e della NATO. Veniva conferita, all'epoca, al Governo, una delega per il complessivo riordino dello strumento militare, con significative implicazioni sia sulla dotazione strumentale che su quella organica del personale militare e civile. Il provvedimento individuava diversi settori di intervento oggetto di revisione in termini riduttivi, dall'assetto strutturale e organizzativo del Dicastero alle dotazioni organiche complessive del personale e alle dotazioni del personale civile del Ministero stesso.

Questa legge ebbe un iter lungo e complesso, come si sa, e fu seguita da una serie di ulteriori provvedimenti integrativi e correttivi, negli anni seguenti. Ne cito solo alcuni. Essa aveva sospeso la leva obbligatoria in favore di un modello su basi interamente volontaria e professionale, che non era più sostenibile economicamente; si decise poi di optare per una riduzione del personale militare e civile, con una scelta, agli occhi odierni, troppo drastica, ma che almeno inizialmente era accompagnata dalla previsione che i risparmi ottenuti sarebbero rimasti all'interno del perimetro della difesa, cosa che poi non avvenne. Con il decreto-legge n. 95 del 2012, la cosiddetta spending review, si introdusse una rapida diminuzione degli organici, da conseguire entro il 1° gennaio 2016, ma i risparmi previsti non andarono, come già detto, a beneficio della Difesa, vanificando quindi buona parte degli effetti positivi previsti dalla legge n. 244 del 2012.

Arriviamo ad oggi. Il mutato quadro di riferimento, rispetto all'epoca in cui venne varata questa legge, ha imposto una opportuna riflessione. La legge n. 244 del 2012, che il Parlamento aveva pensato soltanto pochi anni fa, si è rivelata inadeguata. Si registrano, infatti, molteplici deficienze, soprattutto nelle due Forze armate più piccole, nella Marina e nell'Aeronautica, prima ancora che nell'Esercito. Finalmente, però, Presidente, si è diffusa la consapevolezza che, nella riduzione del personale così come realizzata, c'è stato un impatto fortemente negativo, in particolare sulle componenti operative dello strumento militare, determinando criticità, associate anche a un progressivo invecchiamento del personale, sia militare che civile. Questa comune consapevolezza fa sì che, nel provvedimento che siamo chiamati a esaminare, bisogna attuare una riflessione ancora più generale. In particolare, si interviene prorogando il termine per la riduzione delle dotazioni dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, si pone mano alle disposizioni riguardanti l'avanzamento degli ufficiali e si conferisce al Governo una delega per la revisione dello strumento militare nazionale. C'è il rischio concreto di disperdere le capacità tecniche e le esperienze acquisite negli anni del servizio in armi, che, invece, potrebbero essere proficuamente impiegate anche nel settore privato.

Inoltre - e questa è una cosa molto importante - occorre modificare lo stato giuridico, l'avanzamento e l'impiego dei volontari in ferma prefissata, agevolando quanto più il passaggio dei volontari nel servizio permanente e semplificando le procedure amministrative per l'ammissione nei ruoli. Il progetto di legge alla nostra attenzione istituisce una figura di volontario in ferma prefissata triennale, in luogo delle esistenti figure di volontario in ferma prefissata di un anno e quadriennale; vi è, poi, la previsione di una sola rafferma triennale, in sostituzione delle vigenti rafferme annuali e biennali. Questo provvedimento mette mano alla figura del volontario in ferma prefissata di un anno, creata a imitazione del precedente militare di leva in ferma annuale, ma che ha palesato più difetti che pregi, a cominciare dai criteri di selezione iniziale delle domande. Si tratta di una revisione del sistema di reclutamento dei militari di truppa che adotta nuove soluzioni, volte a rispondere a tre problematiche stringenti: la selezione di candidati più idonei e motivati; un abbassamento, in prospettiva, dell'età dei graduati; una riduzione del precariato militare.

Vengono poi previste due ferme: la prima di tre anni, denominata ferma prefissata iniziale; la seconda, sempre di tre anni, definita ferma prefissata triennale. Per accedere alla ferma prefissata iniziale, occorrerà avere un'età non superiore a 24 anni, rispetto agli attuali 25, il diploma di istruzione di primo grado e, ovviamente, l'idoneità psico-fisica e attitudinale, stabilita per la ferma permanente. Modifiche, inoltre, sono state introdotte anche al meccanismo delle rafferme. I volontari in ferma prefissata iniziale possono essere ammessi, a domanda, ad un successivo periodo di rafferma della durata di un anno, che potrà essere prolungata, con il consenso ovviamente degli interessati.

Per quanto attiene alla disciplina delle risorse di posti per l'accesso nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, vengono confermate le percentuali previste dalla normativa vigente. Alle disposizioni relative al rinvio del termine del 2024 per il modello a 150 mila effettivi e a quelle per la riforma delle carriere iniziali, volte a razionalizzare le figure professionali dei volontari di truppa, si affianca la delega al Governo per rivedere lo strumento militare nazionale, che consenta di intervenire su molteplici aspetti, evitando inutili sclerotizzazioni e ricercando le giuste soluzioni.

Il secondo punto riguarda l'istituzione di una riserva ausiliaria dello Stato, come illustrato in precedenza dal relatore, non superiore a 10 mila unità di personale volontario, impiegabile all'occorrenza in tempo di guerra o di grave crisi internazionale. Si tratta di quella Forza di riserva che, alla pari di quello che avviene in tutti i maggiori Paesi europei, è costituita da ragazze e ragazzi che, terminata la ferma, rimangono legati al mondo della Difesa, pur essendo lasciata loro la possibilità di svolgere qualunque altro lavoro.

In questo modo, si permette almeno a una certa aliquota di personale che lascia il servizio, di non disperdere il proprio bagaglio di competenze ed esperienze, restando a disposizione appunto come riservista.

Gli altri punti della delega riguardano aspetti altrettanto importanti, che si inquadrano in un completamento del riordino del modello delle Forze armate, alcuni dei quali già previsti, ma non portati a compimento negli scorsi interventi. Tra questi, ricordo la previsione della possibilità per il personale delle Forze armate di transitare, a domanda, in altre amministrazioni pubbliche, con un aumento delle percentuali di riserva nei concorsi o di partecipare ai concorsi per il reclutamento nelle altre categorie di personale delle Forze armate, la revisione degli strumenti di formazione e addestramento, prevedendo attività di studio e di qualificazione professionale e l'incentivazione di forme di reinserimento nel mondo del lavoro dei volontari congedati senza demerito.

Signor Presidente, avviandomi alla conclusione, il provvedimento al nostro esame introduce, quindi, quei correttivi che mirano al completamento del percorso già avviato dalla legge n. 244 del 2012, ma opportunamente integrato da ulteriori interventi che tengono in debito conto il mutato scenario nazionale e internazionale. La revisione, dunque, del modello delle Forze armate non può prescindere dalla definizione di un quadro finanziario all'insegna di risorse adeguate e stabili nel tempo; le risorse servono per alimentare le nuove professionalità e per superare quei gap capacitivi che le Forze armate, ancora oggi, sono costrette ad affrontare. Ritengo che, senza alcuna garanzia di un rapido, nonché duraturo, incremento di risorse, ogni riforma rischia di rimanere azzoppata, perché, Presidente, se è vero come è vero che le riforme devono essere fatte per essere poi attuate, alle stesse occorre anche dare giusti profili finanziari che possano poi renderle appunto attuabili. Credo che le nostre Forze armate meritino questo, e altro. In questo caso, la Commissione difesa ha cercato di lavorare in tal senso per sostenerle e supportarle.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Mule', buon pomeriggio.

Presidente, mi lasci dire che, quando il Parlamento sovrano opera nell'interesse degli italiani senza l'ingerenza del Governo, quando il Parlamento opera in autonomia, ne risultano proposte di legge come quella che stiamo discutendo, frutto di un grande lavoro di condivisione in Commissione difesa. Dico questo, Presidente, perché trovo davvero difficile che un Parlamento, eletto dal proprio popolo, possa mai – e, sottolineo, mai - emanare atti indecenti e vergognosi come l'ultimo decreto-legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Sono convinto, infatti, che sarà un Governo fortemente sostenuto dal popolo a poter cancellare gli atti più vergognosi scritti dalla storia recente. Anche la legge che stiamo discutendo è un provvedimento che il Parlamento sovrano varerà per correggere gli errori fatti dai Governi precedenti; ciò perché se negli ultimi decenni si fosse parlato più di sicurezza e meno di chiacchiere, probabilmente oggi avremmo avuto una Difesa molto più efficiente di quel che è e molto più preparata ad affrontare situazioni emergenziali come una pandemia, visto che i nostri militari sempre più spesso sono coloro che devono “ripulire” gli errori della politica. Oggi lo stiamo vedendo con il generale Figliuolo che deve riparare gli errori del suo predecessore, Arcuri, ma sono passati due anni e ancora il Governo scarica le proprie responsabilità sui cittadini italiani, nonostante decine e decine di miliardi che gli italiani stanno spendendo per uscire da questa emergenza, miliardi che vengono amministrati dal Governo e, allora, quel Governo, anziché perseguire quei pochi milioni di italiani che si oppongono, perché non si fidano o perché hanno dubbi o semplicemente perché hanno il terrore, si faccia alcune domande, provi a chiedersi perché molti italiani non hanno fiducia nell'attuale Governo: questa è la cosa più grave. Non faccio certe affermazioni per andare fuori tema; siamo perfettamente in tema: se, infatti, in passato, i Governi avessero pensato a potenziare la nostra difesa nazionale, anziché tagliare risorse e personale, oggi quella Difesa ci avrebbe permesso di approcciare in maniera diversa ad una pandemia di questa portata.

Passo al punto del provvedimento. Il punto cruciale del testo unificato proroga dal 2024 al 2030 l'attuazione degli obiettivi di riduzione del personale militare della Difesa, previsti dalla “legge Di Paola”, esponente, quest'ultimo, che naturalmente faceva parte di un altro Governo tecnico. Ricordo che la legge n. 244 del 2012 è da inquadrare all'interno di una serie di provvedimenti di revisione della spesa pubblica, con la previsione di ridurre entro l'anno 2024, quindi entro due anni da oggi, da 190 mila a 150 mila le unità delle Forze armate e da 30 mila a 20 mila le unità del personale civile.

Noi di Fratelli d'Italia chiediamo dall'inizio di questa legislatura di rivedere questa assurdità, considerato che la perseguita riduzione della spesa e del personale, con particolare riferimento alle nostre donne e ai nostri uomini in uniforme, sta incidendo in maniera assolutamente negativa sull'intero comparto. E questo in un periodo nel quale, al contrario, proprio in ragione del complicato quadro nazionale e internazionale, l'amministrazione della Difesa avrebbe dovuto pensare di dotarsi di un numero di uomini e di donne ben superiore a quello attualmente previsto, garantendo, al contempo, un costante avvicendamento tra vecchie e nuove generazioni.

Si interviene sul reclutamento, sull'avanzamento, sull'impiego dei volontari in ferma prefissata, la cui disciplina viene ridefinita attraverso modifiche al codice dell'ordinamento militare. In estrema sintesi, viene previsto che le ferme siano essenzialmente due: la prima, di 3 anni e, la seconda, sempre di 3 anni, dicendo finalmente: “Basta al precariato nelle Forze armate”. Per questo, ci tengo a ringraziare il presidente Rizzo, i colleghi della Lega, in particolare l'onorevole Roberto Ferrari, che ha fatto sintesi delle richieste provenienti dai vari gruppi, con i quali in Commissione si è aperto un confronto costruttivo e collaborativo sull'argomento.

Per accedere alla ferma prefissata iniziale, occorrerà avere un'età non superiore a 24 anni, anziché agli attuali 25. Stesso abbassamento dell'età vale per l'accesso al servizio permanente e ciò significa che si andrà ad abbassare l'età media del personale, ringiovanendo di fatto il comparto difesa.

A questo provvedimento manca solo una cosa, sottosegretario, e sarebbe stata la ciliegina sulla torta: la garanzia di una pensione dignitosa per i nostri militari, ma devo constatare, almeno stando all'ultima legge di bilancio, che, finalmente, viene istituito un Fondo per la progressiva perequazione del regime previdenziale del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Parliamo di un piccolo Fondo: 20 milioni di euro per l'anno 2022, che andranno ad aumentare progressivamente fino a 40 nel 2023 e a 60 nel 2024. Sembrerebbe, quindi, che il Ministro abbia recepito la nostra proposta di legge e le nostre risoluzioni in Commissione, che hanno proprio lo scopo di incrementare finalmente le pensioni dei nostri militari, in particolare delle categorie meno privilegiate. Non è assolutamente accettabile che, dopo una vita al servizio della Patria, si prenda una pensione di poco più di 1.000 euro al mese, dopo aver regolarmente pagato tutti i contributi, considerando che oggi ci sono persone che percepiscono, attraverso il reddito di cittadinanza, quasi la stessa somma, senza aver mai lavorato un giorno nella loro vita. Attualmente, i militari, per godere di una vita dignitosa, dopo anni di servizio, tendono a sottoscrivere fondi pensionistici complementari, esponendosi a banche e ad assicurazioni, con i relativi rischi annessi alle operazioni. È da quando siamo stati eletti che ci battiamo per garantire, soprattutto al personale con sistema pensionistico contributivo puro o misto, una pensione migliore. Lo ricordo particolarmente, perché la relativa risoluzione è stata il primo atto di indirizzo presentato congiuntamente con il nostro capogruppo Salvatore Deidda che, già dall'inizio della legislatura, si è speso in favore dei militari, soprattutto dei gradi più bassi. Oggi e nei prossimi giorni, fino al momento del voto, stiamo scrivendo una nuova pagina di storia, e questo, come militare o, come mi piace definirmi, deputato con le stellette, non può che rendermi orgoglioso.

Quindi, adesso si lavori per diffondere una cultura della sicurezza. Non smetterò mai di ripetere, in tutte le occasioni che mi si presenteranno, che, in Italia, manca una cultura della sicurezza globale perché, quando si parla di sicurezza, i cittadini chiedono più presenza fisica di Polizia, di Carabinieri o addirittura servizi di videosorveglianza, ma la sicurezza è una questione globale, perché, laddove c'è una crisi umanitaria, c'è un popolo pronto a lasciare la propria terra, con tutti i rischi che ne conseguono: aumento del traffico di esseri umani, aumento della criminalità in Patria, considerando il traffico di droga, la prostituzione, l'accattonaggio e la mafia nigeriana.

Invece, la presenza dei militari, all'estero o in Patria, significa meno conflitti, meno crisi umanitarie e più sicurezza per la vita dei cittadini italiani.

I nostri militari nelle missioni internazionali portano avanti attività di cooperazione civile e militare, la cosiddetta Cimic, e realizzano progetti di elevato impatto sulla popolazione: costruzione di infrastrutture sanitarie, operazioni di assistenza umanitaria, interventi nei settori dell'istruzione e dei servizi di pubblica utilità.

Oggi, in quest'Aula, a miglioramento della qualità della vita dei soldati, stiamo facendo un piccolo passo con la proroga della legge che porterà a ridurre il personale militare e all'abbassamento dell'età dei nostri militari. Continuiamo a lavorare in questo modo, cercando il consenso nel popolo italiano senza, ovviamente, fare i populisti, senza chiedere ai cittadini se spenderebbero più soldi nelle scuole anziché in caccia bombardieri, perché la risposta sarebbe scontata. Istruzione e difesa devono coesistere per fare grande una nazione e il percorso della ricerca del consenso in Italia è stato avviato proprio da noi, nella persona di Ignazio La Russa, quando era Ministro della Difesa, con l'operazione Strade sicure e quell'operazione ancora oggi fa capire agli italiani l'importanza della presenza dei militari sulle nostre strade.

Concludo, semplicemente dicendo che se i precedenti Governi avessero pensato a potenziare la difesa piuttosto che usare la difesa per risparmiare denaro, oggi, probabilmente non staremmo a parlare di COVID, ma di altre cose, perché ritengo che l'organizzazione militare possa fare davvero la differenza nel nostro Paese, lo dico per esperienza acquisita sia nel comparto, sia nella mia più breve esperienza politica. Quindi, noi, come gruppo di Fratelli d'Italia, saremo sempre dalla loro parte, a disposizione anche dell'ultimo soldato che abbia delle proposte di buonsenso finalizzate a migliorare il sistema difesa e aumentare la sicurezza dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giuseppina Occhionero. Ne ha facoltà.

Sta entrando ora, quindi, portiamo qualche secondo di pazienza.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Presidente, sottosegretario, colleghi, la proposta di legge che ci accingiamo a valutare in un testo unificato tocca un tema di grandissima importanza per tutto il nostro Paese che pone rimedio ad anni di inerzia sul merito. L'attuale modello di reclutamento del personale volontario di truppa delle Forze armate risale al 2000, quando, con la scelta di sospendere la coscrizione obbligatoria, si è passati ad uno strumento militare composto interamente da professionisti. Ebbene, da allora è intervenuta soltanto la norma che qui andiamo a prorogare dal 2004… Presidente, chiedo scusa, posso sospendere un attimo?

PRESIDENTE. Vogliamo provare a far intervenire il deputato Losacco? Va bene? Prego, a lei la parola, deputato Losacco, grazie della cortesia.

ALBERTO LOSACCO (PD). Grazie, Presidente. Il testo che oggi siamo chiamati ad esaminare, all'esito del contributo dei gruppi parlamentari che compongono la Commissione difesa, è frutto di un'ampia collaborazione, al di là delle posizioni di maggioranza e opposizione al Governo che, come sappiamo bene, nel corso del tempo, si sono anche profondamente modificate. Intendo proporre all'attenzione dell'Assemblea alcune valutazioni, al di là di quello che hanno già detto i colleghi, a partire dal fatto che questo lavoro trova la sua premessa in un'indagine conoscitiva iniziata nel 2018 sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate. L'esigenza di condurre un'indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle Forze armate è collegato a due fattori: le illustrazioni delle linee programmatiche dei Capi di stato maggiore rese davanti alle Commissioni difesa di Camera e Senato all'inizio di questa legislatura e le istanze presentate da coloro che hanno fatto parte delle Forze armate stesse anche con funzioni di pubblica sicurezza.

Nell'audizione resa dall'allora Capo di stato maggiore della Difesa, il generale Claudio Graziano ha ricordato come il processo di trasformazione che interessa le Forze armate italiane duri ormai ininterrottamente dalla fine degli anni Novanta, aggiungendo come il quadro geopolitico sia completamente cambiato e oggi risulti particolarmente complicato valutare minacce e rischi in un'ottica decennale. Nella medesima audizione il Capo di stato maggiore della Difesa ha sottolineato come il modello professionale del Duemila avesse imposto, all'epoca, l'esigenza di ricorrere rapidamente a flussi di reclutamento consistenti che erano basati su un volume organico maggiore e come ciò avesse determinato un'ulteriore causa di invecchiamento. Questo problema è particolarmente presente nell'Esercito, come è stato confermato in audizione dal Capo di stato maggiore, il generale di corpo d'armata Salvatore Farina, che ha evidenziato l'elevata età media, di ben 37 anni, dei volontari in servizio permanente e indicato come necessarie almeno 10 mila giovani leve. L'allora Capo di stato maggiore dell'Aeronautica, generale di squadra aerea Enzo Vecciarelli, ha invece espresso la necessità di formare manutentori di sistemi sofisticati e figure in grado di analizzare le immagini acquisite in volo in un'ottica di intelligence. Il Capo di stato maggiore della Marina, Valter Girardelli, ha evidenziato come la Marina risenta già ora di una ridotta capacità di effettuare la rotazione del personale fra impieghi a bordo e impieghi a terra.

È utile ricordare che, dal gennaio 2005, le Forze armate si sono dotate di personale interamente professionale, in parte composto da ufficiali, sottufficiali e personale di truppa in servizio permanente, in ruoli normali e in ruoli speciali, ed in parte composto da personale assunto a tempo determinato che nel caso degli allievi ufficiali e allievi sottufficiali sono ausiliari in ferma prefissata e nel caso della truppa sono personale in ferma prefissata, quindi, volontari per uno o per quattro anni. Si è così determinata una profonda trasformazione delle procedure di reclutamento del personale di truppa che ha visto il suo punto nevralgico nella nuova figura dei volontari in ferma prefissata di un anno, VFP1, e dei volontari in ferma prefissata di 4 anni, VFP4. Questi ultimi, in particolare, costituiscono il bacino esclusivo di alimentazione del personale in servizio permanente e attingono a loro volta a specifiche battute di alimentazione di VFP1. Al termine della ferma quadriennale, una percentuale di VFP4 incorporati ha avuto l'opportunità di transitare direttamente nel servizio permanente, mentre il restante personale risultato idoneo, ma non utilmente collocato in graduatoria, è stato ammesso a domanda a due successivi periodi di rafferma, ciascuno della durata di due anni, avendo la possibilità di concorrere, al termine di ciascun anno delle rafferme, per il transito nel ruolo dei volontari nel servizio permanente. Si è trattato di un cambiamento epocale per il mondo militare e civile, caratterizzato anche e finalmente dall'ingresso delle donne nelle Forze armate.

Va poi ricordato che, nel corso degli ultimi anni, sono state adottate numerose misure di revisione della spesa pubblica che hanno inciso in maniera significativa soprattutto sulla componente “Funzione Difesa”, imponendo conseguentemente l'adozione di importanti misure di revisione dello strumento militare, comprese quelle in senso riduttivo del personale militare. In particolare, il ridimensionamento del personale, per effetto delle leggi che hanno portato gli organici dal cosiddetto modello a 190 mila uomini, punto di arrivo di un lungo percorso di riforma iniziato a metà degli anni Ottanta, al cosiddetto modello a 150 mila uomini, come delineato nella legge n. 244 del 2012, la cosiddetta legge di revisione dello strumento militare. Queste misure hanno comportato un numero inferiore di arruolamenti, accelerando il processo di innalzamento dell'età media. A metà del percorso previsto dalla legge di revisione dello strumento militare, per la prima volta dalla professionalizzazione delle Forze armate, si riscontra qualche criticità nel reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno. Ciò è dovuto anche, in parte, all'assenza di uno sbocco professionale, in considerazione del fatto che è venuto meno l'istituto della riserva assoluta che prevedeva il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare a favore dei volontari in ferma prefissata per uno o quattro anni ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alle carriere delle Forze di polizia.

Alla luce di queste considerazioni, il profilo del volontario a ferma prefissata appare non più attrattivo in quanto, negli ultimi anni, non ha facilitato l'inserimento dei volontari stessi nella pubblica amministrazione né in quei settori che richiedono specifiche professionalità attinenti alla sicurezza e alla difesa. In questo lungo periodo, sono state reclutate decine di migliaia di uomini e donne nei ruoli della truppa e soltanto una piccola parte di essi è riuscita a transitare nel servizio permanente effettivo. Si è trattato di una selezione dolorosa che, per forza di cose, prescinde anche dal merito. Tant'è che la formula con cui decine di migliaia di volontari, uomini e donne, vengono congedati è “congedati senza demerito”; potremmo forse meglio dire “costretti al congedo per assenza di posti in organico” e, quindi, nonostante i meriti. Con questo provvedimento interveniamo sulle modalità di reclutamento di questi giovani, sostituendo la ferma volontaria di un anno, alla quale seguivano quasi sempre due anni di rafferma, e la ferma quadriennale, seguita anch'essa da altre rafferme, al termine delle quali per troppi di loro c'era, appunto, il congedo senza demerito, con due ferme triennali. La prima viene definita “ferma prefissata iniziale” e la seconda “ferma prefissata triennale”. Vengono inoltre confermate le possibilità di accesso nelle carriere iniziali nei diversi corpi e nell'Arma dei carabinieri e le riserve di posti per i volontari in ferma prefissata, determinate come è stato già illustrato negli interventi che mi hanno preceduto. Si tratta di posti ai quali si accederà per concorso, a condizione di non aver compiuto i 25 anni. Quindi, un criterio di merito e un criterio basato sull'età. L'esperienza ci dirà quanti riusciranno a conquistare il passaggio nei corpi di Polizia a ordinamento civile e militare e nei Vigili del fuoco. Il provvedimento definisce i requisiti di idoneità e le modalità di accesso e fortunatamente prevede il passaggio, dopo il secondo triennio, nel servizio permanente effettivo.

C'è però un aspetto molto significativo che non va taciuto e deve essere assolutamente considerato: il provvedimento non ha accolto la richiesta, avanzata anche dai capi delle Forze armate, di un aumento degli organici dei ruoli dei graduati della truppa. Si faranno i concorsi con il rischio di avere un numero troppo elevato di idonei non vincitori. Mi auguro che su questa delicata questione, che riguarda il futuro di migliaia di giovani facenti parte, anche loro, della Next Generation EU, si possa intervenire il più rapidamente possibile, riducendo e, se possibile, azzerando il precariato tra i soldati, per scongiurare il rischio di avere un esercito di volontari chiamati ad un servizio quasi di leva, ancorché volontario e retribuito, e per realizzare invece, finalmente, compiutamente un esercito professionale. Non si tratta di un passaggio da poco, comporta costi significativi. Ritengo che sia utile, se non indispensabile, iniziare a considerarli come investimenti necessari, fruttuosi e, quindi, sostenibili.

Con queste riflessioni dichiaro fin d'ora il voto favorevole del gruppo Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Recuperiamo l'intervento della deputata Occhionero. Colleghi, chiedo scusa. Le rammento che, se non se la sente, può sempre consegnare il testo.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). La ringrazio, Presidente, grazie mille soprattutto per la comprensione. A volte, gli aspetti umani si sovrappongono anche agli impegni professionali e, quindi, c'è un po' di emozione. Ma andiamo avanti.

Presidente, sottosegretario, Governo e colleghi tutti, questa proposta di legge tocca un tema di grandissima importanza per il nostro Paese e pone rimedio ad anni di inerzia su un tema che ci sta particolarmente a cuore. L'attuale modello di reclutamento del personale volontario di truppa delle Forze armate risale al 2000, quando si è passati ad uno strumento militare composto interamente da professionisti. Ebbene, da allora è intervenuta solamente la norma - che andiamo a prorogare dal 2024 al 2030 - contenuta nella legge Di Paola, la legge n. 244 del 2012, che ha conferito al Governo una delega legislativa, da attuare mediante l'adozione di decreti legislativi, per realizzare, entro il 2024, la riduzione delle dotazioni delle Forze armate, esclusa l'Arma dei carabinieri, di 40.000 unità, portando i contingenti militari da 190.000 a 150.000, e di quelle del personale civile dell'amministrazione della difesa di 10.000 unità, portando gli organici del personale civile da 30.000 a 20.000 unità.

Con questa legge si è anche voluto prevedere un riequilibrio delle componenti di spesa relative alla funzione difesa, ripartendo la destinazione del 50 per cento della spesa per il settore del personale, per il 25 per cento, per l'esercizio delle funzioni di istituto e, per il 25 per cento restante, per le attività di investimento. Il combinato disposto delle norme in esame, il farraginoso sistema della ferma prefissata, nelle sue varie forme temporali fin qui previste, e il collo di bottiglia che si è venuto a creare nell'ambito del sistema di reclutamento hanno comportato un progressivo invecchiamento delle unità che compongono le nostre Forze armate e un preoccupante aumento dell'età media. Era quindi indispensabile intervenire legislativamente, mettendo mano alle criticità che avevano comportato questo processo e semplificando il processo di reclutamento, garantendo però stabilità a quelle figure che si trovano all'interno di esse, e rivedere complessivamente tutto il processo organizzativo dell'esercito italiano, in modo da garantire un sistema efficiente e giovane ma anche in grado di garantire carriera e sicurezza a chi vi appartiene. In primo luogo, la proroga delle disposizioni - che ho citato - contenute nella legge n. 244 del 2012 consentirà nuovi reclutamenti e un aumento delle dotazioni organiche dei sottufficiali, consentendo l'inserimento di nuovi giovani nei reparti del nostro esercito, mentre con le disposizioni contenute nell'articolo 3, che interviene sul reclutamento ma anche sullo stato giuridico e l'impiego dei volontari in ferma prefissata, si pone rimedio a un sistema che creava difficoltà all'inserimento in organico di truppe fresche e, nel contempo, si garantisce una adeguata prospettiva ai giovani che verso le Forze armate intendono orientare la propria carriera e la propria attività nei prossimi anni.

Si mira poi, sulla stessa linea, con l'articolo 4, ad adeguare il trattamento economico dei volontari in ferma prefissata, avvicinandolo a quello dei loro colleghi in servizio permanente.

Con il successivo articolo 5 si prevede una disciplina transitoria da applicare agli attuali raffermati provenienti da VFP1 a VFP4 e si prevede altresì che i nuovi bandi consentano, fino al 31 dicembre del 2026, ai volontari in ferma prefissata di un anno raffermati e in congedo la partecipazione ai concorsi per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata triennale.

Tutte le norme fin qui esaminate consentiranno di porre rimedio nell'immediato alla situazione di emergenza ma è necessario prevedere una complessiva e compiuta riforma dello strumento militare nazionale, modificando ulteriormente il decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, ovvero il codice dell'ordinamento militare. La legge che ci accingiamo a esaminare mira a raggiungere questo obiettivo attraverso una delega che l'articolo 9 conferisce al Governo e che prevede nel dettaglio una compiuta ridefinizione delle dotazioni organiche. Forse, sarebbe auspicabile che non fosse vincolata al numero delle dotazioni organiche complessive ad oggi fissate a 150.000 unità, tenendo sicuramente conto delle professionalità che le compongono e delle esigenze che il loro impiego, anche nelle missioni internazionali, comporta.

La norma prevede anche che il Governo, nell'esercizio della delega, riveda le misure che mirano a conseguire, entro la nuova data del 2030, il raggiungimento delle dotazioni previste per Esercito, Marina e Aeronautica e preveda un nuovo contingente aggiuntivo in soprannumero, limitato ad un massimo di 5.000 unità ad alta specializzazione che potranno essere impiegate anche in caso di calamità nazionali e situazioni di emergenza e urgenza; parliamo di medici, tecnici di laboratorio, ingegneri, addetti alla logistica ma anche informatici e commissari.

È anche importante che il Governo istituisca una riserva ausiliaria dello Stato, con una consistenza massima di 10.000 unità, che sia ripartita in nuclei operativi di livello regionale e posta alle dipendenze delle autorità militari che svolgono attività in campo logistico e di cooperazione civile e militare, e ne disciplini la struttura organizzativa, le modalità di funzionamento, lo stato giuridico militare e le modalità di reclutamento, addestramento, collocamento in congedo e richiamo in servizio. Queste nuove riserve e contingenti garantiranno una maggiore efficienza del sistema operativo delle nostre Forze armate e metteranno i vertici in grado di operare con uomini e mezzi sempre più all'altezza dei tempi e dei nuovi sistemi e protocolli operativi e di ingaggio. Vi è poi un aumento delle percentuali di riserva, nuove iniziative di formazione dei volontari, la possibilità per i volontari in ferma prefissata di partecipare ai concorsi per il reclutamento nelle altre categorie di personale delle Forze armate.

Si prevede, inoltre, l'incremento dei posti a loro favore nei concorsi, unitamente alla revisione della struttura organizzativa e ordinativa del servizio sanitario militare, anche attraverso l'istituzione di fascicoli sanitari relativi agli accertamenti sanitari effettuati nell'ambito di una procedura concorsuale di una qualsiasi Forza armata, prevedendo che ad essi sia riconosciuta la validità in riferimento a ulteriori procedure concorsuali della stessa o di altra Forza armata, per un arco temporale prestabilito e senza alcuna esplicita richiesta da parte dell'interessato. Tutto ciò favorirà i reclutamenti, diminuiranno certamente i costi di formazione e verrà garantita una prospettiva più certa agli operatori volontari in ferma prefissata.

Una riforma importante, una legge necessaria, che ci auguriamo riceva il benestare della Commissione bilancio e che, se approvata, il Governo porrà in essere in tempi brevi, riguardo all'esercizio della delega che già gli è conferita; tutto ciò, nell'interesse delle Forze armate e in definitiva nel superiore interesse del nostro Paese, a favore e in rappresentanza del quale esse operano sempre con professionalità e abnegazione (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Tiziana Piccolo. Ne ha facoltà.

TIZIANA PICCOLO (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, intervengo con soddisfazione, visto il lungo e approfondito lavoro svolto in Commissione difesa su questo provvedimento, di cui iniziamo oggi l'esame in Assemblea, ma che è frutto di un lavoro di anni della Commissione difesa.

Nei primi mesi della legislatura, come Lega, abbiamo pensato di proporre un'indagine conoscitiva per fare il punto sullo stato del reclutamento delle carriere iniziali delle Forze armate. Ci sembrava, infatti, di capire che l'attuale modello di reclutamento del personale volontario di truppa delle Forze armate avesse necessità di una messa a punto, risalendo lo stesso al 2000, quando, con la scelta di sospendere la coscrizione obbligatoria, si è passati ad uno strumento militare composto interamente da professionisti.

In data 28 novembre 2018, la Commissione difesa ha, pertanto, deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate, indagine che si è protratta per circa un anno. Le audizioni sono state ad ampio spettro ed hanno coinvolto: il direttore generale per il personale militare (PERSOMIL), i rappresentanti del COCER Interforze, il capo del I reparto affari giuridici ed economici del personale dello Stato maggiore dell'Esercito, il capo di stato maggiore del comando scuole dell'Aeronautica militare, il comandante della scuola sottufficiali della Marina militare di Taranto, il direttore del Centro nazionale di selezione e reclutamento del comando generale dell'Arma dei carabinieri, il Capo di stato maggiore della Difesa, il capo ufficio reclutamento e addestramento del I reparto del personale del comando generale della Guardia di finanza, il capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, il capo di stato maggiore della Marina militare, il capo di stato maggiore dell'Esercito, il Ministro della Difesa, il direttore del I reparto del segretariato generale e direzione nazionale degli armamenti, il Capo del 3° ufficio del segretariato generale della Difesa, che si occupa del sostegno alla ricollocazione professionale dei volontari congedati.

Al di là delle specifiche audizioni in sede di indagine conoscitiva, gli spunti sono arrivati anche da audizioni in Parlamento dei vertici delle Forze armate, ascoltati in altri ambiti.

Il quadro che ne è uscito ha indicato come l'adesione al modello professionale, nel soddisfare un'esigenza di operatività, abbia prodotto alcune significative criticità, tra le quali l'innalzamento dell'età media di tutto il personale della Difesa e la necessità di ricollocamento professionale dei volontari al termine del periodo di ferma, cui si collega l'esigenza di una più ampia e concreta gamma di sbocchi lavorativi per i volontari stessi.

L'età media del personale militare si attesta ormai intorno ai 38 anni. Dal 2000 ad oggi, l'età media del personale dell'Arma dei carabinieri, ad esempio, è passata da 35 anni e mezzo a 43 anni e mezzo, e oltre 71 mila militari, pari a circa il 65 per cento della forza complessiva dell'Arma, hanno oggi un'età superiore ai 40 anni. Da questo quadro è nata l'esigenza di risolvere alcune criticità attraverso lo strumento legislativo, al fine di reimpostare il reclutamento. Si è, pertanto, reso necessario intervenire per ottenere una rapida riduzione dell'età media del personale, in ragione non solo dell'evidente collegamento tra i requisiti fisici e l'efficienza operativa, ma anche per le maggiori difficoltà nell'impiego e nella mobilità del personale, connesse all'età e alle responsabilità familiari a cui esse naturalmente si accompagnano. La riduzione dell'età massima di volontari per la partecipazione ai concorsi per la ferma triennale potrebbe aiutare anche il passaggio agli altri comparti della pubblica amministrazione, in particolare quelli della sicurezza e degli enti locali. Allineare il parametro anagrafico degli arruolati, indipendentemente dal bacino di provenienza, significa poter conoscere tutti i fattori, attuali e potenziali, utili a valutare, avendo a riferimento un più ampio arco temporale, l'idoneità dei candidati allo svolgimento di compiti specifici. Si prevedono anche riserve di posti in tutti i concorsi interni e pubblici per i ruoli dei sergenti e dei marescialli, estendendo così una misura oggi già contemplata dal Codice dell'ordinamento militare.

Allo scopo di ovviare alla minore attrattiva della figura del volontario, registrata negli ultimi anni, sono percorribili ipotesi diverse, che devono, comunque, corrispondere all'esigenza di tutelare gli interessi dell'intero comparto militare della Difesa.

Pur nella consapevolezza delle difficoltà che il mercato del lavoro incontra nel garantire opportunità occupazionali, riteniamo che si debba offrire una reale possibilità di impiego ai volontari congedati senza demerito che per qualsiasi motivo non proseguano le esperienze di servizio presso le Forze armate, nell'Arma dei carabinieri o nelle altre Forze di polizia. Le competenze, anche di carattere trasversale, acquisite negli anni del servizio in armi, consentono infatti ai volontari di essere proficuamente impiegati, sia nell'ampia gamma di opportunità lavorative collegate agli ambiti professionali della Sicurezza e della Protezione civile, certamente prossimi all'esperienza maturata, sia nell'ancor più ampio ventaglio di professioni qualificanti anche nel settore privato e riconducibili alla funzione di incaricato di pubblico servizio.

Le Forze armate, infatti, sono ordinariamente impegnate anche in attività quali, ad esempio, i soccorsi in mare e in montagna, i trasporti sanitari d'urgenza, la meteorologia e climatologia, l'assistenza al volo e alla navigazione civile, la difesa cibernetica, la bonifica del territorio da residuati bellici, la cartografia e l'idro-oceanografia, la difesa nucleare, chimica e biologica, cui corrispondono competenze trasversali di sicuro interesse per il mercato del lavoro, non solo nel settore pubblico, ma anche nel privato, cui potrebbero essere riconosciute concrete misure premiali di ordine fiscale, finalizzate proprio al ricollocamento dei volontari, adattando, ad esempio, le misure già in vigore al fine di agevolare l'occupazione giovanile.

Sempre allo scopo di ovviare alla minore attrattiva della figura del volontario, il provvedimento dispone che ai volontari in ferma prefissata iniziale e raffermati con la qualifica di soldato comune di seconda classe e aviere, sia corrisposta una paga lorda giornaliera determinata nella misura percentuale dell'81,50 per cento, riferita al valore giornaliero dello stipendio iniziale lordo e dell'indennità integrativa speciale, costituenti la retribuzione mensile del grado iniziale di volontari in servizio permanente.

In aggiunta al trattamento economico di cui sopra, ai volontari in ferma prefissata iniziale e raffermati che prestano servizio nei reparti alpini, è attribuito un assegno mensile di 50 euro. A loro volta, ai volontari in ferma prefissata triennale sono attribuiti: a) uno stipendio calcolato in misura pari all'80 per cento del parametro stipendiale spettante al grado iniziale di volontari in servizio permanente; b) gli assegni a carattere fisso e continuativo, calcolati in misura pari all'80 per cento di quelli spettanti al grado iniziale di volontari in servizio permanente.

Attualmente, ai volontari in ferma prefissata di un anno con la qualifica di soldato comune di seconda classe e aviere è corrisposta una paga netta giornaliera determinata nella misura percentuale del 64 per cento e riferita al valore giornaliero dello stipendio iniziale lordo e dell'indennità integrativa speciale costituenti la retribuzione mensile del grado iniziale di volontario in servizio permanente. La misura percentuale è pari al 74 per cento per i volontari in rafferma annuale e per i volontari in ferma prefissata quadriennale.

Ci siamo soffermati non solo sullo stato del reclutamento delle carriere iniziali delle Forze armate, ma anche sulla necessità di rivedere i tempi nei quali portare a termine la riduzione delle dotazioni dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto e dell'Aeronautica militare. La cosiddetta “legge Di Paola” in materia di revisione dello strumento militare aveva dettato tempi che non si sono potuti rispettare, principalmente per il mutare della situazione internazionale, che ha visto l'Italia coinvolta in modo determinante in molte missioni internazionali a carattere militare.

Le norme contenute nel provvedimento oggi al nostro esame prorogano dal 2024 al 2030 i termini previsti da specifiche disposizioni del decreto legislativo n. 66 del 2010, ovvero del codice dell'ordinamento militare, concernenti la conclusione della revisione in senso riduttivo fino ad un contingente di 150 mila unità complessive dello strumento militare dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare. Tale legge aveva conferito al Governo una delega legislativa da attuare mediante l'adozione di uno o più decreti legislativi, al fine di realizzare, entro il 2024, tra le altre cose, la riduzione delle dotazioni delle Forze armate, esclusa l'Arma dei carabinieri, di 40 mila unità, portando i contingenti militari da 190 mila a 150 mila unità, e di quelle del personale civile della dell'Amministrazione della Difesa di 10 mila unità, portando gli organici del personale civile da 30 mila a 20 mila unità. Tale legge aveva, altresì, previsto un riequilibrio delle componenti di spese relative alla funzione Difesa, fissando programmaticamente la destinazione del 50 per cento della spesa per il settore del personale, del 25 per cento per l'esercizio delle funzioni di istituto e del 25 per cento per le attività di investimento.

Il testo attuale ridetermina la ripartizione delle dotazioni organiche complessive delle Forze armate e delega, inoltre, il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi per la revisione dello strumento militare, nel rispetto, tra gli altri, dei seguenti principi e criteri direttivi: la ridefinizione della ripartizione delle dotazioni organiche del personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, da conseguire gradualmente entro il 2030, ferme restando le dotazioni organiche complessive, fissate a 150 mila unità; la previsione di un contingente aggiuntivo in soprannumero non superiore a 5 mila unità di personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare, ad alta specializzazione, in particolare medici, personale delle professioni sanitarie e tecnici di laboratorio, ingegneri, genieri, logistici dei trasporti e dei materiali informatici e commissari in servizio permanente; l'istituzione di una riserva ausiliare dello Stato, non superiore a 10 mila unità di personale volontario, ripartite in nuclei operativi di livello regionale posti alle dipendenze delle autorità militari individuate con decreto ministeriale, disciplinandone la struttura organizzativa, le modalità di funzionamento, nonché lo stato giuridico militare, le modalità di reclutamento, addestramento, collocamento in congedo e richiamo in servizio del relativo personale; la previsione della possibilità, per il personale delle Forze armate giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni, dipendenti o meno da causa di servizio, di transitare, a domanda, in altre pubbliche amministrazioni, ovvero di essere collocato in un ruolo complementare, da istituire in soprannumero agli organici delle Forze armate; la previsione di iniziative di formazione dei volontari in ferma prefissata triennale, al fine dell'acquisizione di competenze polifunzionali utilizzabili anche nel mercato del lavoro; l'implementazione di misure di agevolazione per il reinserimento nel mondo del lavoro dei volontari delle Forze armate congedati senza demerito, prevedendo misure agevolative, anche di carattere fiscale, contributivo o di altra natura; la revisione della struttura organizzativa e ordinativa del Servizio sanitario militare, prevedendo l'adeguamento delle strutture e delle risorse strumentali; la costituzione di un contingente aggiuntivo in soprannumero, complessivamente pari a 450 unità di ufficiali medici in servizio permanente e a 675 unità di marescialli graduati, appuntati e carabinieri in servizio permanente da destinare alle professioni sanitarie, nonché la possibilità per i medici militari e il personale militare delle professioni sanitarie di esercitare l'attività libero professionale intramuraria; l'istituzione di fascicoli sanitari relativi agli accertamenti sanitari effettuati nell'ambito di una procedura concorsuale di una qualsiasi Forza armata, prevedendo che ad essi sia riconosciuta validità in riferimento a ulteriori procedure concorsuali della stessa o di altra Forza armata, per un arco temporale prestabilito e senza alcuna esplicita richiesta da parte dell'interessato. Quest'ultima disposizione è stata particolarmente voluta dalla Lega, al fine di sburocratizzare il percorso di coloro che vogliono far parte delle Forze armate e che, per accedervi, si sottopongono a viaggi onerosi, quanto spesso inutili, perché spesso l'Amministrazione è già in possesso dei dati medici dei candidati, risultanti da recenti partecipazioni a concorsi simili. Ci sembrava, insomma, utile proporre un modello che non intervenisse su singole parti del codice dell'ordinamento militare, ma che, pur valutandole separatamente, provvedesse a proporre modifiche in maniera organica. È anche per questo che abbiamo lavorato proficuamente con tutti i colleghi della Commissione difesa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – Testo unificato - A.C. 1870-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Roberto Paolo Ferrari, se desidera: rinuncia. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Giovanni Luca Aresta.

GIOVANNI LUCA ARESTA, Relatore. Rinuncio.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il sottosegretario Mule'.

GIORGIO MULE', Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Soltanto pochi minuti, per sottolineare come, su questa proposta di legge, il Parlamento, come è stato notato in quest'Aula, si riappropri in toto del suo ruolo, nel senso che sa leggere la realtà, interviene per correggere la rotta e delinea il prossimo futuro. Tutti gli interventi degli onorevoli deputati, che ringrazio, sottolineano come, da una parte, l'inadeguatezza della norma presupponesse un intervento immediato, che, soprattutto nella parte della delega - al di là dei sacrosanti principi fissati negli articoli precedenti e, quindi, dall'articolo 9 - delinea quella che deve essere la struttura, fondata sulla cultura della sicurezza, che significa anche competenze e conoscenze, laddove, soprattutto per i volontari in ferma prefissata, si presuppone un percorso nel quale, accanto a quello che viene costituito come fondante - e, quindi, alle nozioni legate alle competenze militari - si affiancano percorsi formativi che già adesso - volevo trasferire questo aspetto all'Aula - sono in essere, a cura del Ministro della Difesa, e sono rivolti ai nostri volontari in ferma prefissata, per prepararli ad essere assorbiti all'esterno, dalle aziende.

Questo significa avere una visione che vada al di là della singola persona, ma che la veda come centrale nella sua realizzazione attraverso un'intelligente implementazione con il mondo esterno, attraverso certamente una serie di accordi che già sono in essere con associazioni di categoria e imprese, ma soprattutto con la consapevolezza che soltanto una formazione che è disegnata sull'uomo possa contribuire poi al suo posizionamento. Mi sembrava giusto sottolinearlo, a riprova dell'eccellente lavoro fatto dalla Commissione difesa e dal Parlamento in generale (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei progetti di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge di ratifica nn. 2655, 3308 e 3326.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 22 dicembre 2021 (Vedi l'allegato A della seduta del 22 dicembre 2021).

Discussione del disegno di legge: S. 1220 - Ratifica ed esecuzione dell'Emendamento al Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, adottato a Kigali il 15 ottobre 2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 2655​) (ore 15,11).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2655: Ratifica ed esecuzione dell'Emendamento al Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, adottato a Kigali il 15 ottobre 2016.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2655​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Iolanda Di Stasio.

IOLANDA DI STASIO , Relatrice. Grazie, Presidente. Colleghi, rappresentante del Governo, il Protocollo di Montreal, adottato nel 1987 in attuazione della Convenzione di Vienna del 1985 per la protezione dello strato di ozono, ratificato ad oggi da 198 Paesi ed entrato in vigore nel gennaio 1989, è lo strumento operativo del programma ambientale delle Nazioni Unite per la protezione dell'ozono stratosferico. Seguendo la finalità di riduzione del livello di surriscaldamento globale, il Protocollo stabilisce i termini di scadenza entro cui le parti firmatarie si impegnano a contenere i livelli di produzione e di consumo delle sostanze dannose per la fascia d'ozono stratosferico (denominate ODS). Il Protocollo disciplina altresì gli scambi commerciali e la comunicazione dei dati di monitoraggio, l'attività di ricerca, lo scambio di informazioni e l'assistenza tecnica ai Paesi in via di sviluppo. La riunione delle parti contraenti del Protocollo è l'organo preposto a valutare la validità e l'efficacia delle misure di controllo imposte dal Protocollo, ad aggiornare le norme di applicazione e, ove necessario, ad apportare modifiche al Protocollo attraverso decisioni, aggiustamenti ed emendamenti.

Ciò premesso, nell'ottobre 2016 la riunione delle parti contraenti, tenutasi a Kigali in Ruanda, ha approvato l'Emendamento al testo del Protocollo relativo alla riduzione degli idrofluorocarburi  elencati in un apposito allegato, sostanze utilizzate in particolare nei settori della refrigerazione e del condizionamento dell'aria che, pur non avendo un impatto sullo strato dell'ozono atmosferico, possono determinare un elevato potenziale di riscaldamento globale. Più in dettaglio, l'Emendamento al Protocollo oggetto del provvedimento di ratifica al nostro esame, oltre a introdurre specifici dettagli in materia di riduzione graduale degli HFC, esplicita l'impegno ad applicare nei confronti di tale sostanza gli obblighi e le prescrizioni introdotte nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e del relativo Protocollo di Kyoto.

L'Emendamento individua tre gruppi di Paesi in funzione della data entro la quale devono congelare la produzione e il consumo di HFC. Per i Paesi sviluppati (Paesi A2), gli impegni di riduzione delle emissioni del 10 per cento rispetto alla loro quota base, assunti a partire dal 2019, devono essere adempiuti entro il 2036, data alla quale deve essere realizzata una riduzione complessiva pari all'85 per cento. Quanto agli altri Stati, essi sono tenuti a consumare e a produrre non più del 15-20 per cento rispetto alle loro rispettive quote base, rispettivamente entro l'anno 2045 per i Paesi in via di sviluppo del gruppo 1 ed entro il 2047 per i Paesi in via di sviluppo del gruppo 2. L'Emendamento obbliga, inoltre, ciascuna parte ad istituire, entro il 1° gennaio 2019 o entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dell'Emendamento, un sistema per il rilascio di licenze per l'importazione e l'esportazione degli HFC, controllati dal Protocollo ed elencati in un apposito allegato, siano tali sostanze vergini, recuperate, riciclate o rigenerate.

Mi preme segnalare che la ratifica dell'Emendamento in esame da parte del nostro Paese non imporrà obblighi addizionali per le amministrazioni centrali e le imprese, dal momento che i sistemi giuridici nazionale e dell'Unione europea risultano già conformi alle disposizioni introdotte dall'Emendamento in ragione del fatto che il regolamento (UE) n. 517/2014 ha introdotto misure persino più restrittive rispetto a quelle previste dall'Emendamento medesimo. Mi pare opportuno evidenziare che il disegno di legge di ratifica, già approvato dall'altro ramo del Parlamento, reca le consuete clausole di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione, nonché la norma di copertura finanziaria legata all'impegno a seguito della decisione assunta dalla Conferenza delle Parti tenutasi nel novembre 2017 di contribuire pro-quota all'apposito fondo multilaterale per 2.118.432 euro annui, a decorrere dal 2020.

A tale fine segnalo, e mi avvio alla conclusione, che il parere favorevole espresso dalla Commissione bilancio teneva conto del fatto che, da un lato, il provvedimento stesso, quanto alla copertura degli oneri relativi al 2020, risultava inserito nell'elenco degli slittamenti di cui all'articolo 18, comma 3, della legge 31 dicembre 2019, n. 196, e, dall'altro, che il richiamo all'utilizzo dei fondi speciali per il triennio 2020-2022 dovesse conseguentemente intendersi riferito, in relazione alla copertura degli oneri a regime a decorrere dall'anno 2021, al nuovo bilancio triennale 2021-2022. Pertanto, Presidente, auspico il completamento dell'iter di ratifica di questo provvedimento, al netto del fatto che l'Italia, insieme anche a Spagna e Malta, siano gli unici Paesi a non avere ancora ratificato questo disegno di legge.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo che si riserva.

Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sull'estinzione dei trattati bilaterali di investimento tra Stati membri dell'Unione europea, fatto a Bruxelles il 5 maggio 2020 (A.C. 3308​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3308: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sull'estinzione dei trattati bilaterali di investimento tra Stati membri dell'Unione europea, fatto a Bruxelles il 5 maggio 2020.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3308​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Andrea Orsini.

ANDREA ORSINI , Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, il provvedimento all'ordine del giorno prevede la ratifica dell'Accordo sull'estinzione dei trattati bilaterali di investimento fra Stati membri dell'Unione europea. A questo riguardo considero necessaria qualche premessa. Vorrei chiarire innanzitutto che per trattato bilaterale per gli investimenti si intende un accordo internazionale che disciplina i termini e le condizioni per gli investimenti privati da parte di cittadini e aziende di un altro Stato nel territorio dello Stato che ospita l'investimento. Voglio anche ricordare che la Corte di giustizia dell'Unione europea, nella sentenza dell'8 settembre 2009, aveva stabilito che le disposizioni di un accordo internazionale concluso fra due Stati membri non possono applicarsi nei rapporti fra questi Stati, qualora esse si rivelino in contrasto con i trattati dell'Unione.

Ciò, nel rispetto della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, in particolare dell'articolo 59 sull'estinzione di un trattato o sulla sospensione della sua applicazione che derivano implicitamente dalla conclusione di un trattato successivo. Successivamente, con la sentenza del 6 marzo 2018 che riguarda direttamente la materia di cui parliamo, la medesima Corte ha anche stabilito che le clausole compromissorie per investitori e Stati che prevedono il procedimento arbitrale e che sono contenute nei trattati bilaterali di investimento fra Stati membri dell'Unione europea sono in contrasto con i trattati dell'Unione. Per effetto di tale incompatibilità, si legge nella sentenza che questi atti risultano inapplicabili a decorrere dalla data in cui l'ultima delle parti del trattato bilaterale di investimento è diventata Stato membro dell'Unione. Tali clausole non possono, di conseguenza, fungere da base giuridica per i procedimenti arbitrali. Poiché gli Stati membri hanno l'obbligo di conformare i rispettivi ordinamenti giuridici al diritto dell'Unione, alcuni trattati bilaterali di investimento interni all'Unione sono già stati denunciati bilateralmente, e con ciò è venuta meno anche la relativa clausola di caducità, clausola che estende per un ulteriore periodo di tempo la tutela degli investimenti che sono stati effettuati prima della data di estinzione di un trattato bilaterale di investimento. Altri trattati di questo tipo sono stati denunciati in modo unilaterale ed è scaduto il periodo di vigenza della loro clausola di caducità. Alla luce di questo complesso scenario, gli Stati membri dell'Unione europea hanno sottoscritto a Bruxelles nel 2020 l'Accordo che quest'Aula è chiamata a ratificare; un Accordo finalizzato ad estinguere tutti i trattati bilaterali di investimento residui, comprese le relative clausole compromissorie e di caducità.

Oltre a questo, l'Accordo prevede anche misure transitorie afferenti ai procedimenti arbitrali pendenti.

L'Accordo, composto di quattro sezioni, suddivise in 18 articoli introdotti da un preambolo, contiene due allegati. Il primo, l'allegato A, reca l'elenco dei trattati bilaterali di investimento estinti dall'Accordo, in cui non figurano accordi sottoscritti dal nostro Paese. L'allegato B, che invece ci riguarda più direttamente, raccoglie l'elenco dei trattati bilaterali di investimento che sono stati dichiarati estinti e in cui, tuttavia, può essere in vigore una clausola di caducità. In questa seconda elencazione figurano tre accordi bilaterali di promozione e protezione reciproca degli investimenti, che sono stati sottoscritti dal nostro Paese rispettivamente con Malta (firmato nel 1967 ed estinto nel 2008), con la Bulgaria (siglato nel 1988 e denunciato nel 2008) e con la Slovenia (firmato nel 2000 ed estinto nel 2008). La pratica dimostra che, malgrado l'implicita estinzione, tali trattati non cessano di produrre effetti giuridici. Essi vengono infatti considerati come base giuridica per gli arbitrati e, dal canto loro, gli investitori continuano a fare affidamento sulle clausole di caducità. Dunque, il principio della certezza del diritto nell'Unione europea impone di dichiararne l'estinzione in modo formale. Peraltro, occorre ricordare quello che ha opportunamente evidenziato il Vice Ministro Sereni nel corso dell'esame in sede referente: al momento rimane in vigore solamente la clausola di caducità prevista dall'Accordo con la Bulgaria nel 1988, clausola che si estinguerà con la ratifica del presente Accordo. Presidente, quanto tempo ho ancora? Sentivo che accennava a scampanellare.

PRESIDENTE. Trenta secondi.

ANDREA ORSINI , Relatore. Posso chiederle un minuto o due in più?

PRESIDENTE. Se vuole può consegnare il testo dell'intervento. Insomma, un po' di tolleranza c'è, ma senza andare fuori dalle regole.

ANDREA ORSINI , Relatore. Taglio molto. Particolare rilievo assume, quindi, l'articolo 4, in base al quale le clausole compromissorie di trattati bilaterali di investimento interni all'Unione europea, che sono in contrasto con i trattati dell'Europa, diventano inapplicabili, fatti salvi tuttavia i procedimenti arbitrali che sono stati conclusi e le composizioni amichevoli di una controversia che sono state promosse prima del 6 marzo 2018. Per effetto dell'incompatibilità prevista dall'articolo 4, dunque, la clausola compromissoria non può fungere da base giuridica per l'ordinamento attuale.

Salto alcuni passaggi, in omaggio alla tirannia dei tempi, ma voglio ricordare un tema importante, che devo segnalare all'Assemblea. Il 9 dicembre scorso il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per le Politiche e gli affari europei ha comunicato alle Presidenze delle due Camere l'avvio di una procedura d'infrazione da parte della Commissione europea nei confronti del nostro Paese. Tale procedura riguarda precisamente la materia oggetto di questo provvedimento di ratifica. La Commissione europea contesta all'Italia la violazione del diritto dell'Unione, in relazione ai trattati bilaterali di investimento firmati dalla Repubblica italiana con Stati membri dell'Unione europea, nello specifico, come ricordato, la Bulgaria, Malta e la Slovenia. Anche per questa specifica ragione…

PRESIDENTE. Concluda: siamo un minuto fuori. Deve chiudere.

ANDREA ORSINI , Relatore. …concludo esprimendo un convinto auspicio che questa Camera proceda celermente nell'approvazione di questa ratifica, affinché l'iter complessivo del provvedimento possa concludersi definitivamente in tempi rapidi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva di farlo successivamente.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 2065 - D'iniziativa del senatore Ferrara: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, fatta a Nicosia il 19 maggio 2017 (Approvata dal Senato) (A.C. 3326​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 3326: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, fatta a Nicosia il 19 maggio 2017.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3326​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Iolanda Di Stasio.

IOLANDA DI STASIO , Relatrice. Grazie, Presidente. Il progetto di legge di iniziativa parlamentare al nostro esame, già approvato dal Senato, reca la ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, conclusa a Nicosia il 19 maggio 2017 e destinata a sostituire la Convenzione di Delfi, inerente allo stesso tema, risalente al giugno del 1985, ma mai entrata in vigore per il mancato raggiungimento del numero di ratifiche necessarie.

La Convenzione di Nicosia, frutto di un lavoro preparatorio svolto in seno all'istituzione paneuropea, con la collaborazione di numerose organizzazioni sovranazionali ed internazionali, quali l'Unione europea, l'Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato, l'Unesco e l'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, è volta a prevenire e a combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali, nel quadro dell'azione dell'organizzazione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata.

Aperta alla firma di tutti gli Stati del mondo, sottoscritta ad oggi da tredici Stati e ratificata da cinque, la Convenzione è altresì finalizzata a promuovere la cooperazione nazionale e internazionale nella lotta contro i reati riguardanti i beni culturali, istituendo diverse fattispecie penali, tra cui il furto, gli scavi illegali, l'importazione e l'esportazione illegali, nonché l'acquisizione e la commercializzazione dei beni così ottenuti. Il testo convenzionale riconosce inoltre come reati la falsificazione di documenti e la distribuzione o il danneggiamento intenzionale dei beni culturali.

Più nel dettaglio, la Convenzione, composta da un preambolo e da 32 articoli, definisce innanzitutto lo scopo e l'ambito di applicazione, riconducendoli alla prevenzione e alla lotta contro i reati relativi a beni culturali tangibili, mobili o immobili, che rientrano nella definizione di beni culturali, anche ai sensi della Convenzione dell'Unesco in materia.

Il capitolo 2 disciplina aspetti relativi alla norma di diritto penale sostanziale, obbligando gli Stati ad assicurare che il furto e le altre forme di appropriazione illegale della proprietà, previste dal diritto penale nazionale, si applichino anche ai beni culturali mobili, nonché a qualificare come reati lo scavo di terreni, la rimozione e la ritenzione intenzionali, non autorizzate, di beni culturali, l'importazione e l'esportazione illegali di beni culturali mobili oltre che l'acquisizione e l'immissione sul mercato di beni culturali mobili rubati.

Reati devono essere considerati anche la falsificazione di documenti relativi ai beni culturali, se volta a nasconderne la provenienza illecita oltre che la distribuzione ed i danni intenzionale ad essi recati. Viene inoltre imposto alle parti l'obbligo di disciplinare il concorso e il tentativo di commettere uno dei reati previsti dalla Convenzione ed esercitare la propria competenza giurisdizionale per reati commessi sul suo territorio, su navi e aeromobili di bandiera o da uno dei suoi cittadini.

La Convenzione riconosce altresì la responsabilità penale delle persone giuridiche per i reati commessi da persone fisiche e impegna gli Stati parti alla Convenzione a punire i reati previsti con sanzioni e misure efficaci, proporzionate e dissuasive, a disciplinare le circostanze aggravanti e a prevedere la possibilità di considerare come precedenti le sentenze adottate da una e dall'altra parte.

Raccomando una rapida conclusione dell'iter di approvazione definitiva di questo provvedimento che assume un peculiare significato, dal momento che l'Italia ha assunto il 17 novembre scorso la presidenza semestrale del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, ponendo tra le priorità del semestre la tutela dei diritti delle donne e dei minori e la salvaguardia dei beni culturali, consolidando la spinta a quel multilateralismo concreto ed efficace che caratterizza la politica estera del nostro Paese.

Mi preme infine richiamare in quest'Aula che attualmente è all'esame della Commissione giustizia la proposta di legge, a prima firma Orlando e Franceschini, recante disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale, approvata dalla Camera e modificata dal Senato, finalizzata ad introdurre nel nostro ordinamento la fattispecie di natura penale, prevista dalla Convenzione, cui provvede a dare compiuta attuazione.

Auspico, pertanto, Presidente che anche l'iter di tale provvedimento possa proseguire in maniera celere.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, il rappresentante del Governo. Prendo atto che si riserva di farlo successivamente.

Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare il deputato Filippo Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. E' mancata qualche ora fa Silvia Tortora, a soli 59 anni, la stessa età in cui scomparve il padre Enzo, nel cui segno Silvia ha combattuto per tanti anni, fino alla fine direi, per la memoria e la dignità di una persona onesta, aggredita dalla peggiore infamia, dalla peggiore viltà, quella di un Paese, troppo spesso incapace di distinguere.

Silvia Tortora, come il padre, sapeva invece distinguere, senza perdere il sorriso, ma distinguere: bene, male, giusto o sbagliato, nel corso di una carriera giornalistica fatta di tanti programmi televisivi, di successo - Mixer, Big - del lavoro in un settimanale rimpianto come Epoca, dei tanti libri scritti, dei riconoscimenti ricevuti.

Saper distinguere significa, Presidente, a mio avviso, tener cara la decenza e la grazia di sé e degli altri, evitare la luce che acceca e ad essa preferire il lume, rispettare sempre le persone anche quando costa molto, amare il passo indietro e la pazienza che è la forma più mite, così umana, di determinazione. Ai suoi familiari, al marito, ai figli, a Gaia, il cordoglio di questa Camera, che - diciamolo così, Presidente - dovrebbe essere sempre all'altezza del rigore, della pulizia, della discrezione e della sprezzatura di una persona perbene - sì, perbene - come Silvia Tortora (Applausi).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 11 gennaio 2022 - Ore 15:

1. Seguito della discussione delle mozioni Prestigiacomo, Fregolent, Galli, Ruffino ed altri n. 1-00542, Pezzopane ed altri n. 1-00561, Foti ed altri n. 1-00562 e Davide Crippa ed altri n. 1-00565 concernenti iniziative volte al sostegno dei settori produttivi maggiormente interessati dai processi di transizione ecologica .

2. Seguito della discussione delle mozioni Giarrizzo ed altri n. 1-00424, Lollobrigida ed altri n. 1-00466, Capitanio ed altri n. 1-00467, Bruno Bossio ed altri n. 1-00468 e Giuliodori ed altri n. 1-00479 in materia di infrastrutture digitali efficienti e sicure per la conservazione e l'utilizzo dei dati della pubblica amministrazione .

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

LUPI ed altri: Introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi delle istituzioni scolastiche e dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti, nonché nei percorsi di istruzione e formazione professionale. (C. 2372-A​)

Relatore: LATTANZIO.

4. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FREGOLENT; MADIA; FRANCESCO SILVESTRI: Disciplina dell'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi.

(C. 196​-721​-1827-A​)

Relatrice: BALDINO.

5. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FERRARI ed altri; DEIDDA ed altri; GIOVANNI RUSSO ed altri; DEL MONACO ed altri; DEL MONACO ed altri; FERRARI ed altri: Disposizioni di revisione del modello di Forze armate interamente professionali, di proroga del termine per la riduzione delle dotazioni dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, nonché in materia di avanzamento degli ufficiali. Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale. (C. 1870​-1934​-2045​-2051​-2802​-2993-A​)

Relatori: ARESTA e FERRARI.

6. Seguito della discussione dei progetti di legge:

S. 1220 - Ratifica ed esecuzione dell'Emendamento al Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, adottato a Kigali il 15 ottobre 2016 (Approvato dal Senato). (C. 2655​)

Relatrice: DI STASIO.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sull'estinzione dei trattati bilaterali di investimento tra Stati membri dell'Unione europea, fatto a Bruxelles il 5 maggio 2020. (C. 3308​)

Relatore: ORSINI.

S. 2065 - D'INIZIATIVA DEL SENATORE FERRARA: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, fatta a Nicosia il 19 maggio 2017 (Approvata dal Senato). (C. 3326​)

Relatrice: DI STASIO.

7. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'utilizzo di captazioni informatiche nei confronti del deputato Ferri. (Doc. IV, n. 10-A)

Relatore: PITTALIS.

La seduta termina alle 15,30.