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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 603 di giovedì 25 novembre 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MARZIO LIUNI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 23 novembre 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascari, Barelli, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Casa, Cavandoli, Colletti, Colucci, Comaroli, Corda, Covolo, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Daga, Fassino, Gregorio Fontana, Gallinella, Gebhard, Giachetti, Giacomoni, Invernizzi, Iovino, Lapia, Lollobrigida, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Marattin, Marin, Migliore, Molinari, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Paita, Parolo, Perantoni, Ribolla, Rizzo, Andrea Romano, Rotta, Ruocco, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Vignaroli, Viscomi, Vito, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 117, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1662 – “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” (Approvato dal Senato) (A.C. 3289​) e delle abbinate proposte di legge: Colletti ed altri; Cataldi; Colletti ed altri; Meloni ed altri; Colletti (A.C. 1424​-1427​-1475​-1961​-2466​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3289: “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” e delle abbinate proposte di legge nn. 1424-1427-1475-1961-2466.

Ricordo che nella seduta di ieri il rappresentante del Governo ha espresso il parere sugli ordini del giorno, ma alcuni erano stati accantonati.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3289​ e abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A). Chiedo la cortesia al sottosegretario di esprimere i restanti pareri.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. L'ordine del giorno n. 9/3289/3 Gadda è accolto come raccomandazione. L'ordine del giorno n. 9/3289/30 Cavandoli è accolto come raccomandazione, previa espunzione degli impegni di cui ai capoversi 5 e 7. L'ordine del giorno n. 9/3289/38 Perantoni è accolto come raccomandazione. L'ordine del giorno n. 9/3289/45 Tateo è accolto come raccomandazione, previa la seguente riformulazione: “a prevedere che, nella riforma dell'ordinamento giudiziario, siano previsti, tra i criteri di valutazione per gli avanzamenti di carriera dei magistrati o nella valutazione di professionalità, benefici per i magistrati che rispettino i calendari di udienza e le scadenze processuali previste a carico degli uffici giudiziari”. Presidente, vorrei fare anche una modifica su un parere espresso ieri sera sull'ordine del giorno n. 9/3289/47 Marrocco.

PRESIDENTE. Sull'ordine del giorno n. 9/3289/47 Marrocco era stato espresso un parere contrario.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Sì, ma, ad un più attento esame, il parere cambia e diventa favorevole con la seguente riformulazione: “impegna il Governo, valutate le istanze di cui in premessa, a valutare l'opportunità di vagliare iniziative legislative, atte a tutelare efficacemente il diritto dei proprietari, possessori e detentori a qualunque titolo di unità immobiliari ad uso abitativo, a rientrare in tempi certi e celeri nel possesso degli immobili abusivamente occupati”.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il collega Sapia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAPIA (MISTO-A). Grazie, Presidente. Vorrei intervenire sull'ordine lavori per quanto riguarda i contagi alla Camera. Abbiamo appreso da organi di stampa della positività, purtroppo, di sette dei nostri colleghi, si dice del Partito Democratico. Si dice anche che i colleghi della Commissione affari costituzionali siano stati invitati a fare il tampone - come è giusto che sia, Presidente - però questa è l'ennesima riprova anche del fatto che misure come il green pass non servono a nulla. Dico ciò, Presidente, anche perché io sono una persona doppiamente vaccinata, ho contratto il virus, ho il green pass e sono stato a casa due mesi per curarmi. È di questo che dovremmo parlare, ne dovremmo parlare qui, in Aula, in maniera democratica e fare un dibattito serio su queste misure che vanno a discriminare i cittadini italiani, anche perché il green pass italiano è discriminatorio e viola l'articolo 36 del regolamento europeo n. 953 del 2021, tra l'altro rettificato il 15 giugno scorso, nella prima versione in lingua italiana. Forse qualche “manina magica” aveva escluso coloro che hanno scelto di non vaccinarsi dal novero dei cittadini da non discriminare. Naturalmente, come sempre, il Ministro della Salute, Roberto Speranza, tace sul punto, tuttavia egli ha annunciato di voler attendere le decisioni dell'Unione europea, prima di indicare una soluzione all'ulteriore discriminazione che si profila con il cosiddetto super green pass tra i turisti stranieri, i quali potrebbero avere più libertà, e i cittadini italiani, già vessati…

PRESIDENTE. Onorevole, mi scusi…

FRANCESCO SAPIA…. dal COVID e ancora discriminati da questo Governo, che non pensa al bene comune, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole, mi scusi, sto parlando io. Intanto le volevo dire che il suo tono impedisce alla Presidenza di capire cosa lei stia dicendo e questo mi sembra discriminante, nel senso che io non capisco quello che lei sta dicendo.

FRANCESCO SAPIA (MISTO-A). Presidente, io sto parlando dei contagi…

PRESIDENTE. Ecco, togliamogli la parola, grazie. La seconda questione è che siamo sull'ordine dei lavori: se ha qualche osservazione sull'ordine dei lavori - e l'incipit del suo intervento faceva sembrare che questo fosse un intervento sull'ordine dei lavori - io sono volentieri qui a discuterne, altrimenti non è che in quest'Aula mancano le occasioni di discutere di decreti sul green pass, mi sembra (Proteste dei deputati Sapia e Trano) e, nell'ambito dei decreti sul green pass, ci sarà una riflessione sull'utilità del green pass. Comunque, rispetto al suo incipit, intanto non c'è un contagio alla Camera, per fortuna; ci sono alcuni colleghi, come accade in tutte (Commenti del collega Sapia)…Collega Sapia, ha fatto il suo intervento, si accomodi, le sto rispondendo. Non ci sono sette contagiati del PD: non so chi siano i contagiati, comunque non ci sono sette contagiati del PD, quindi la rassicuro riguardo alla sua preoccupazione. Per il resto i numeri li ha dati il Presidente nella Conferenza dei capigruppo, dove era presente anche il capogruppo del gruppo Misto.

Peraltro, abbiamo una buona notizia, perché una contagiato si è negativizzato, quindi, ce ne è anche uno di meno.

Ha chiesto di parlare il collega Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Sì, grazie Presidente. Solo un chiarimento. Siccome sembra di vivere nel film Braveheart, dove le notizie vengono ingigantite, passando da montagna a montagna, volevo capire: è stato detto che i membri della Commissione affari costituzionali si devono sottoporre a tampone; facendo parte di quella, a me non risulta. Volevo chiedere se devo andare a tamponarmi o no, perché mi sembra davvero che qua, ormai, le notizie si accavallino in maniera… Facciamo un attimo il punto: siccome faccio parte, insieme ad altri colleghi, di quella Commissione e nessuno mi ha chiesto di fare il tampone, volevo capire se devo andarlo a fare.

PRESIDENTE. No, onorevole Iezzi, se ha piacere di farlo, può farlo, ma non c'è alcun motivo per cui i componenti della I Commissione debbano fare i tamponi; rientra in quelle cose che venivano dette e che io non riuscivo a capire.

Quindi, sospendiamo la seduta, che riprenderà alle ore 9,56, con votazioni.

La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 9,56.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3289​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli ordini del giorno.

Avverto che gli ordini del giorno n. 9/3289/39 Businarolo e n. 9/3289/40 Galizia sono stati ritirati dai presentatori.

Ordine del giorno n. 9/3289/1 Albano: viene accolta la raccomandazione, con riformulazione? C'è qualcuno del gruppo Fratelli d'Italia che mi aiuta? Va bene, grazie.

Ordine del giorno n. 9/3289/2 D'Ettore: va bene la raccomandazione? Se qualcuno mi aiuta… va bene, grazie.

Ordine del giorno n. 9/3289/3 Gadda: va bene la raccomandazione? Sì.

Ordine del giorno n. 9/3289/4 Delmastro Delle Vedove: va bene la riformulazione? Sì.

Ordine del giorno n. 9/3289/5 Frassinetti: va bene la riformulazione? Sì.

Ordine del giorno n. 9/3289/6 Caretta: va bene la riformulazione? Sì.

Sull'ordine del giorno n. 9/3289/7 Bellucci c'è un parere contrario.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/9/3289/7 Bellucci, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Sull'ordine del giorno n. 9/3289/9 Lucaselli il parere è favorevole.

Sull'ordine del giorno n. 9/3289/10 Giovanni Russo il parere è contrario.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanni Russo. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO (FDI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, questo è l'ennesimo decreto farsa dove si ragiona sulla giustizia, si discute sulla giustizia e non c'è il Ministro della Giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), senza nulla togliere alla collega Anna Macina, che ringrazio per l'impegno.

Stiamo discutendo di un ordine del giorno di assoluto buon senso. In particolare, chiedevamo di cambiare la denominazione del tribunale Napoli Nord per denominarlo come la città che lo ospita, cioè Aversa, una città a me molto cara. Non è possibile che venga bocciata una richiesta semplicissima. Aversa è l'unica città d'Italia che ospita un tribunale che non prende il nome della città che lo ospita. È un'indecenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Non possiamo permettere che i cittadini di Aversa, dell'agro aversano e della provincia di Caserta vengano considerati cittadini di “serie b”. Noi continueremo questa battaglia. Voglio ringraziare anche il consigliere comunale Alfonso Oliva e l'avvocato Fausto Ibello che stanno conducendo questa battaglia sui territori, che io oggi ho portato in Parlamento. Continueremo questa battaglia. È già pronta una mia risoluzione per la Commissione giustizia e voglio vedere se questa maggioranza, che boccia un ordine del giorno così importante, continuerà ad abbandonare i cittadini di Aversa, della provincia di Caserta e dell'agro aversano come ha fatto fino ad oggi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/10 Giovanni Russo, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/11 Ferro, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Ordine del giorno n. 9/3289/12, onorevole Maschio, va bene la raccomandazione? Direi di sì.

Sull'ordine del giorno n. 9/3289/13 Trano c'è un parere contrario.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Presidente, intervengo su questo ordine del giorno, come anche sul successivo a mia prima firma, poiché riguarda una vicenda della mia terra, l'Abruzzo, e che ha visto lunedì riunirsi parlamentari del mio territorio, di ogni schieramento e di ogni partito, con il presidente della regione Abruzzo e con i presidenti dei consigli degli ordini degli avvocati di Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto. Tutti i comparenti si sono dichiarati favorevoli a prorogare, se non a stabilizzare completamente, i tribunali abruzzesi che il Governo vorrebbe chiudere mentre, purtroppo, la proroga andrà a scadenza a breve. Bene, io spero che in questi giorni detti comparenti di tutti i partiti abbiano convinto i parlamentari a cui fanno riferimento per votare almeno un ordine del giorno, se non votare nelle Commissioni competenti gli emendamenti che avevamo presentato, al fine di preservare una particolarità della mia terra, l'Abruzzo, che ha una particolarità orografica. L'altra particolarità è che attualmente questi tribunali, non solo sono aperti, ma hanno delle performance di gestione del carico di lavoro di molto superiore a tutti gli altri tribunali abruzzesi, se non italiani. Quindi, la volontà del Governo sarebbe quella di chiudere i tribunali che funzionano, di allontanare la giustizia dai cittadini e, quindi, di non far funzionare nel complesso la giustizia in una regione quale quella abruzzese. Visto che sono intervenuti anche alcuni deputati, in questa riunione di lunedì, chiedo che almeno questi deputati facciano valere il loro peso e il loro confronto in quest'Aula su questa dinamica che si sta portando avanti da svariati anni.

Siamo riusciti ad avere ben 2 proroghe dal Governo, ma è arrivata la necessità non di una ulteriore proroga, ma di una stabilizzazione di questa eccezione, che eccezione non è.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Grazie, Presidente. per essere coerenti e conseguenti con quanto manifestato dai nostri rappresentanti nella regione Abruzzo e anche consultato il presidente, noi condividiamo questo ordine del giorno e personalmente lo sottoscrivo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/13 Trano, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/14 Colletti, con il parere contrario del Governo .

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3289/15 Forciniti, su cui c'è una raccomandazione. Ha chiesto di parlare l'onorevole Forciniti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Grazie, signor Presidente. Non accettiamo la riformulazione, né la raccomandazione. Insistiamo nell'accoglimento integrale di questo ordine del giorno, che, già di per sé, è abbastanza blando e contiene un impegno di buonsenso, ossia quello che il Governo non aumenti le spese di accesso alla giustizia nei prossimi 5 anni. Siamo in un momento storico in cui c'è da garantire l'accesso universale alla giustizia; semmai, impegniamoci ad abbassare le spese dei contributi unificati per l'accesso alla giustizia. Quindi, chiediamo che il Governo rispetti anche la promessa che Mario Draghi ha fatto agli italiani all'atto del suo insediamento, quando disse che questo non è il momento di prendere dalle tasche dei cittadini, ma di dare. Allora, in piena coerenza con quello che lo stesso Draghi si è impegnato a fare, noi chiediamo che le spese di giustizia rimangano stabili nei prossimi 5 anni, anche perché si sta facendo una riforma della giustizia che in teoria dovrebbe avere l'obiettivo di favorire una giustizia celere, una giustizia rapida, quindi non dobbiamo avere il timore di un aumento dei contenziosi da limitare attraverso il subdolo strumento dell'aumento delle tasse e dei contributi che si pagano quando si accede alla giustizia. Semplicemente, se siete convinti della bontà di quello che state facendo, non dovreste avere paura di prendere l'impegno a fare in modo che i costi rimangano stabili nei prossimi anni, perché noi pensiamo che sia una cosa giusta, di buonsenso. Vogliamo, invece, sperare che anche su questo il Governo non si appresti a fare ulteriore macelleria sociale e, anche in questo caso, a tassare, a vessare sempre di più i cittadini, i piccoli e a rendere l'accesso alla giustizia qualcosa di elitario, qualcosa a favore dei forti, qualcosa che sia appannaggio solo dei potenti, così come avete già fatto per quanto riguarda, invece, la giustizia penale. Prendiamo un semplice impegno elementare, invece, a lasciare questi importi, che già negli ultimi anni sono stati rimodulati verso l'alto, uguali, standard per i prossimi 5 anni. Se non lo fate, vuol dire che avete intenzione di aumentarli a breve e questo, ovviamente, non sarebbe un bel segnale per i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/15 Forciniti, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/16 Costanzo, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/3289/17 Maniero, accolto come raccomandazione. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione. Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/17 Maniero, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Ci sono due colleghi in tribuna rettilineo, che pregherei di spostarsi nelle altre tribune, dove mi sembra ci sia sufficiente spazio, per poter fare le votazioni con regolarità, visto che non c'è linea nella tribuna rettilineo.

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Ordine del giorno n. 9/3289/18 Cabras, parere favorevole. Sull'ordine del giorno n. 9/3289/19 Raduzzi, c'è un parere contrario.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/19 Raduzzi, il parere è contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

I colleghi chiedono tempo per spostarsi. Vadano a spostarsi rapidamente, come ho detto qualche minuto fa, si spostino rapidamente nella tribuna. Attenderemo che i colleghi riescano… Si sono spostati tutti, benissimo.

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Ordine del giorno n. 9/3289/20 Giuliodori, accolto come raccomandazione: si accetta? No. Ha chiesto di parlare il collega Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Questo ordine del giorno chiede una cosa molto semplice, ovvero di eliminare il numero di fax all'interno degli atti processuali per consentire di ritornare nel 2021, perché non solo è veramente anacronistico l'inserimento del numero di fax, ma credo che ormai sia anche in disuso. Si spendono miliardi per la transizione ecologica, si spendono tanti soldi per investimenti digitali, però gli avvocati ancora devono segnalare il numero di fax. Io non riesco a capire come il Governo non possa accogliere un ordine del giorno così semplice e così banale e, anzi, debbano continuare tutti i professionisti, tutti gli avvocati, a inserire questo inutile adempimento. Io chiedo davvero, nelle more della transizione digitale, di ritornare al digitale, eliminando questa stupida previsione di inserimento di un numero, che ormai, ripeto, è in disuso. Ormai, siamo nelle tecnologie avanzate e il fax rappresenta uno strumento inutilizzato per i più. Se vogliamo ammodernare il Paese, iniziamo da queste piccole modifiche, almeno da questo impegno, perché poi stiamo discutendo di un ordine del giorno, non stiamo parlando di un emendamento. Chiedo di rivedere il parere e accogliere l'ordine del giorno, perché davvero saremmo anche ridicoli di fronte a tanti Paesi comunitari, che sono molto più digitalizzati rispetto a noi. Noi, invece, utilizziamo ancora questi strumenti obsoleti, come il fax. Quindi, Presidente, chiedo di rivedere il parere su questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Non ci sono richieste dal Governo in tal senso, quindi passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/20 Giuliodori, il parere del Governo è contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Ordine del giorno n. 9/3289/21 Vallascas: si accetta la riformulazione? Colletti dice “sì”, Vallascas dice “no”. Tutte e due dicono “sì”, è accolta la riformulazione.

Ordine del giorno n. 9/3289/22 Leda Volpi, su cui vi è un parere contrario.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/22 Leda Volpi, con parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Ordine del giorno n. 9/3289/23 Corda. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà, ancora qualche minuto, mi sembra. Anche se i tempi della sua componente, Misto-Alternativa sono esauriti, concedo il terzo di tempo aggiuntivo. Prego, onorevole Colletti.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Con questo provvedimento il Governo vorrebbe incentivare la mediazione delegata, ovvero prevedere che un cittadino che chiede giustizia, prima di procedere in tribunale, debba andare in mediazione obbligatoria, pagare le spese di avvio del procedimento di mediazione, nonché le altre spese derivanti dalla stessa mediazione. Parliamo di centinaia di euro oppure, qualche volta, anche un migliaio di euro. Dopo, per andare in causa davanti a un giudice o forse un ausiliario, deve pagare il contributo unificato, quindi un'altra tassa a carico del cittadino. Dopo, il giudice, istruita la causa, lo rimanda a fare un'altra volta una mediazione delegata, perché non si accontenta e, quindi, il cittadino, per la terza volta, deve finanziare una società privata, gli istituti di mediazione, e deve pagare un'ulteriore tassa indiretta a proprio carico, sempre per vedersi tutelato il proprio diritto. Con questo emendamento, visto che i giudici vengono pagati dalle tasse dei cittadini e visto che non è neanche giusto che i giudici facciano carriera non facendo le sentenze, noi chiediamo che, se il giudice si vuole spogliare di una causa e non vuole andare a decisione, è bene che la mediazione delegata - e quindi la tassa sulla giustizia - se la paghi lui. Infatti, viene pagato per lavorare all'interno dei tribunali, viene pagato per emettere provvedimenti e non deve essere pagato per far pagare ulteriori tasse ai cittadini, per finanziare società private. È una cosa semplice.

PRESIDENTE. Non ci sono richieste da parte del Governo, quindi, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/23 Corda, il parere è contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Ordine del giorno n. 9/3289/24 Annibali, favorevole: va bene. Ordine del giorno n. 9/3289/25 Lattanzio, favorevole con una riformulazione: va bene, onorevole Lattanzio? C'è qualcuno del gruppo del PD che mi risponde? Va bene. Ordini del giorno n. 9/3289/26 Ferri e n. 9/3289/27 Bazoli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/3289/28 Ciaburro, su cui vi è un parere contrario.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/28 Ciaburro, con parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Ordine del giorno n. 9/3289/29 Dori, parere favorevole con riformulazione: va bene? Ordine del giorno n. 9/3289/30 Cavandoli, accolto come raccomandazione, se riformulato: benissimo. Ordine del giorno n. 9/3289/31 Giuliano, parere favorevole con riformulazione: va bene. Ordine del giorno n. 9/3289/33 Martinciglio, accolto come raccomandazione: va bene. Ordine del giorno n. 9/3289/34 Sarti, accolto come raccomandazione: va bene. Ordine del giorno n. 9/3289/35 Palmisano, parere favorevole con riformulazione: va bene. Ordine del giorno n. 9/3289/36 D'Orso, parere favorevole con riformulazione: va bene. Ordine del giorno n. 9/3289/37 Alberto Manca, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/3289/38 Perantoni, accolto come raccomandazione: va bene. Ordini del giorno n. 9/3289/41 Saitta, n. 9/3289/42 Corneli, n. 9/3289/43 Morani e n. 9/3289/44 Verini, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/3289/45 Tateo, accolto come raccomandazione, se riformulato. Ordine del giorno n. 9/3289/46 Turri, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/3289/47 Marrocco, parere favorevole con riformulazione. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marrocco. Ne ha facoltà.

PATRIZIA MARROCCO (FI). La ringrazio, Presidente. Ringrazio il Governo per la riformulazione su questo ordine del giorno, che per noi è molto importante…

PRESIDENTE. Onorevole Marrocco, lei può intervenire se non accetta.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Io vorrei che fosse messo in votazione, anche se…

PRESIDENTE. Va bene. La riformulazione proposta dal Governo è stata accolta, ma si chiede comunque che sia posto in votazione.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3289/47 Marrocco, così come riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

Ordine del giorno n. 9/3289/48 Pittalis, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/3289/49 Giannone, parere favorevole con riformulazione: va bene. Ordine del giorno n. 9/3289/50 Mollicone, parere favorevole con riformulazione: va bene. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3289​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Presidente, innanzitutto, vorrei far presente l'emozione che ho ricevuto ascoltando le parole della sottosegretaria Macina ieri sera, un'emozione dettata dal fatto che, in tutta la Commissione giustizia, le parole e la voce del sottosegretario Macina non si sono purtroppo ascoltate. Perché, ahimè, il dibattito in quest'Aula è totalmente surreale, anche le aule di Commissione ormai servono solo ai deputati per alzare la mano a comando e non c'è più quella funzione parlamentare che è necessaria per valutare gli effetti dei disegni di legge del Governo. Noi stiamo valutando non solo gli effetti di un disegno di legge governativo, ma di un disegno di legge delega presentato dal Governo, modificato dal Governo, votato con la fiducia al Senato, votato con la fiducia alla Camera, in cui deleghiamo il Governo a emanare decreti legislativi. In pratica, durante questo periodo, il Parlamento non ha toccato palla e non ha contato beatamente nulla. E non ci rifacciamo solo ai deputati di opposizione, ma, soprattutto, ai deputati di maggioranza, che non hanno neanche potuto presentare emendamenti. Siamo a questo punto noi della storia parlamentare. E, quindi, visto il silenzio del sottosegretario Macina alle mie indicazioni in Commissione sugli emendamenti, forse, dettato da un mal di gola, vista la stagione, oppure da un fioretto, avendo confuso il periodo autunnale e pre-natalizio con il periodo pre-pasquale, ad ogni modo, questa emozione mi fa ancora più sentire quanto sia importante…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Colletti. Colleghi, facciamo maggior silenzio in Aula, cortesemente. Prego.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Ma entriamo nel merito di questo provvedimento e del motivo del “no” deciso di Alternativa a questo provvedimento. La volontà del Governo, è notorio da anni, è di disincentivare le persone ad andare in giudizio e il disincentivo avviene con vari metodi: uno è quello dell'aumento delle tasse; il secondo è di rendere più lontano l'esercizio del diritto, chiudendo, ad esempio, tribunali; il terzo è di renderlo più difficile e più aleatorio, facendo delle leggi che, ad esempio, non si capiscono.

Per quanto riguarda l'aumento delle tasse a carico dei cittadini, questo Governo, con questa legge delega, semplicemente sta dicendo, al comma 4 dell'articolo 1, che si prevede il corrispondente aumento del contributo unificato, che è la tassa a carico dei cittadini. Peraltro, non c'è solo questo aumento del contributo unificato, che già era stato aumentato, all'epoca, durante il Governo Monti, dal Ministro della Giustizia Severino - che tanto lei difende i più ricchi e se ne frega dei più poveri - ma vengono aumentate anche le spese e le indennità spettanti agli organismi di mediazione. Ebbene, c'è questa volontà, ormai da dieci anni, ovvero da quando c'era il vecchio Governo Berlusconi, con il Ministro Alfano, di privatizzare la giustizia attraverso organismi di mediazione, quando è comprovato dalle statistiche ministeriali che la mediazione obbligatoria ha fallito. Allora, Presidente, io mi domando: come mai c'è tutto questo interesse da parte del Governo a incentivare la privatizzazione della giustizia? Non è che, per caso, ci sono interessi da parte dei burocrati ministeriali verso la mediazione? Non è che ci sono interessi di parenti e affini dei dirigenti ministeriali con quote negli istituti di mediazione?

Entrando, invece, nel processo civile vero e proprio, la questione è che, nuovamente, il Governo vuole modificare il rito, quando è notorio, per chi frequenta le aule di tribunale, che il problema della giustizia civile non è rito ma è il merito, è il fatto che non ci sono abbastanza giudici, è il fatto che le corti d'appello sono bloccate, è il fatto che i magistrati, invece di lavorare come magistrati, sono piazzati come componenti di studio all'interno del Ministero, come burocrati ministeriali. Il fatto è che voi così creerete contenzioso, perché avete riattivato un rito societario, che era stato eliminato dopo un paio d'anni perché inefficace e, siccome le cose inutili e dannose questo Governo le promuove, lo state riattivando. Questa è la dimostrazione che coloro che hanno portato avanti questo disegno di legge non sono mai entrati in un tribunale, mai entrati in una cancelleria, mai entrati in un'aula di udienza, non hanno mai parlato con gli organismi forensi di prossimità. Non parlo del consiglio nazionale forense, parlo, magari, dell'ordine degli avvocati o di quegli avvocati che davvero vanno in tribunale e parlano con le persone che chiedono di tutelare i propri diritti, ai sensi dell'articolo 24 della Costituzione. Per questo motivo, Presidente - ma ci sono mille altri motivi che non posso esplicitare in così poco tempo - dichiaro il voto contrario di Alternativa (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Timbro. Ne ha facoltà.

MARIA FLAVIA TIMBRO (LEU). Grazie, Presidente. L'obiettivo cui mira questo provvedimento, lo abbiamo detto tante volte, è un riassetto formale e sostanziale del processo civile. Lo si è cercato mediante riforme alle regole del rito, pensate con gli obiettivi della semplificazione, speditezza e razionalizzazione dello stesso, provando a non venir meno - e questo è fondamentale - al rispetto della garanzia del contraddittorio, sul quale si fonda e deve continuare a fondarsi il nostro ordinamento giuridico. Sappiamo tutti che il rischio, quando si semplifica, è certamente quello di perdere in garanzie e, nel campo della giustizia, è una cosa che davvero non ci si può permettere. Peraltro, la giustizia civile è un mondo complesso, difficile, di difficile lettura e, molto spesso, calamita di luoghi comuni. Non lo si può avvicinare senza mettere al centro l'osservazione di quel mare di domanda di giustizia per il quale, ogni giorno, passa una quota sostanziale di tutti i conflitti sociali ed umani che si accendono nel nostro Paese.

Proprio per questo, nel considerare quanto sia necessario il provvedimento in esame, non possiamo non partire anche da una breve considerazione sui dati, alcuni su tutti indicativi ed esemplificativi dello stato delle cose. Dal 1959, l'anno in cui è stata fondata la Corte europea dei diritti dell'uomo, il nostro è il Paese che conta il maggior numero di condanne (1.202) per violazione del principio della ragionevole durata del processo; seguono solo la Turchia e la Grecia. Alla fine del 2020, i dati sugli arretrati della giustizia civile contavano oltre 500.000 processi pendenti, quindi 500.000 persone, famiglie e imprese in attesa di risposte, non sappiamo da quanto tempo, né tanto meno per quanto tempo ancora. Chi frequenta stabilmente le aule di giustizia sa quanto sia frustrante, amaro, spesso anche doloroso spiegare ai cittadini che la risposta che avranno si deve e si può chiamare giustizia anche se arriva a distanza di 5, 7, 10 anni dall'insorgenza della controversia. Oggi, correttamente, nella visione del PNRR un ruolo fondamentale nel progetto di rilancio del Paese è assegnato all'innovazione organizzativa di questo sistema, perché un Paese moderno, competitivo ed europeo deve avere un sistema giustizia che funzioni.

Ecco che quindi si prospetta l'occasione unica per il nostro Paese, offertaci dal Recovery e dalle risorse che arriveranno, di introdurre nell'immediato futuro anche nuove importanti risorse umane necessarie a favorire il cambiamento, risorse qualificate che possano dare stabilità allo staff del magistrato, risorse qualificate che possano accrescere la qualità dell'innovazione tecnologica e risorse, finalmente, anche materiali e tecnologiche inevitabili per completare il percorso di digitalizzazione che ci consentirà di passare ad un sistema improntato su una più elevata capacità cognitiva e informativa di cui i nostri processi hanno bisogno, per gli operatori della giustizia e per le parti coinvolte.

Non è solo modificando le regole del rito - lo abbiamo detto - che si accorceranno i tempi e si garantirà efficienza, perché il processo di semplificazione non deve comprimere né mettere a rischio i diritti. Questi sono tutti strumenti necessari, ma doverosi, che possono essere e devono essere calati però dentro una visione organica, sistemica, complessiva di un mondo che è fatto e si occupa di persone. Lo abbiamo detto, si interviene sugli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, incentivandoli in realtà, dando la possibilità di usufruire di incentivi fiscali, del credito d'imposta per chi ricorre a questi strumenti, ammettendo il ricorso al gratuito patrocinio e introducendo la delega anche per favorire e incentivare la partecipazione delle parti, estendendo le controversie nelle quali il ricorso agli strumenti alternativi è condizione di procedibilità. Lo si fa sperando che la giustizia del futuro passi invece sempre e comunque per una ricerca, una cultura della conciliazione, che deve essere in tutto e per tutto alternativa alla cultura del contenzioso, del giudizio ad ogni costo.

Questo provvedimento ha tante potenzialità ma ha anche alcune questioni irrisolte. Penso all'istituzione del tribunale unico per le persone, la famiglia e i minorenni, che rischia di sottrarre alla valutazione collegiale di un tribunale composto da esperti multidisciplinari alcune delle questioni più delicate che riguardano minori e famiglia. Ecco perché è bene che una riforma vada fatta, sì, ma è bene anche che nella sua attuazione si provino ad apportare quei correttivi la cui assenza potrebbe rendere il cambiamento un rischio per le garanzie dei più deboli e di coloro che la giustizia è chiamata a rappresentare e, soprattutto, a proteggere. La giustizia è un mondo trasversale, Presidente, riguarda ogni categoria sociale ed è per questo che le riforme che la riguardano sono delicate perché attraversano la nostra società e proprio perché trasversali e macroscopici rischiano di essere i benefici e i danni che possono provocare.

Riportandomi, quindi, a tutte le considerazioni che ho già svolto nell'intervento sulla questione di fiducia e mantenendo le preoccupazioni espresse, e con lo spirito vigile e criticamente costruttivo che ho già annunciato, dichiaro il voto favorevole al provvedimento in esame da parte del gruppo Liberi e Uguali (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. Ho ascoltato in alcuni interventi delle affermazioni in ordine alla formulazione di questa delega nei contenuti e nell'iter di costruzione del provvedimento, accenni anche a norme, genericamente richiamate, che non sarebbero il risultato di interpretazioni o di un lavoro di esperti in materia. Addirittura ho sentito che non ci sarebbero persone o competenti Commissioni che abbiano mai visto i tribunali italiani. Ne ho sentite tante di stupidaggini in quest'Aula, ma questa è la più grande che abbia mai sentito. Questo provvedimento nasce dal lavoro di Commissioni, dal lavoro fatto da esperti, da persone di primissimo piano, da giuristi che non hanno certamente da ascoltare insegnamenti che vengono dal lavoricchio di qualche avvocaticchio.

Detto questo, per capirci e in modo che anche nella comunicazione…

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole D'Ettore. Pregherei maggiore silenzio in Aula e anche l'uso delle mascherine, grazie.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). …esterna si sappia che questa delega, che riguarda il processo civile, l'efficienza del processo civile e la disciplina in revisione degli strumenti delle soluzioni alternative delle controversie, non è il portato di un lavoro di inesperti o di incapaci. Purtroppo, nelle Aule parlamentari, con la democrazia e la sovranità popolare, tutti possono arrivare e tutti possono dire quello che pensano, anche quando non sanno di cosa parlano, per fatto notorio.

Il provvedimento in esame, in modo analogo alla riforma del processo penale, ha un duplice contenuto. Vi è la delega al Governo per la riforma del processo civile, che detta ovviamente specifici principi e criteri direttivi in ordine al quadro della riforma. Da un'altra parte, questo provvedimento si caratterizza perché modifica direttamente alcune disposizioni sostanziali e processuali relative ai procedimenti in materia di diritto di famiglia, esecuzione forzata, accertamento dello stato di cittadinanza. Quindi, vi è un ampio spettro, un modello di intervento normativo articolato: da un lato, delega di quadro generale, dall'altro, contenuti specifici normativi, cioè norme che chiaramente si interessano di alcuni settori. Questo provvedimento, va ricordato, riguarda, in qualche modo e in via generale, la più ampia questione della riforma del sistema giudiziario, incentrata su un obiettivo. Vediamo qual è la ratio e l'obiettivo della delega, prima di parlare a caso. È la riduzione del tempo del giudizio, che è inserita, ricordo, nel PNRR tra le cosiddette riforme “orizzontali” o di contesto, ossia innovazioni strutturali dell'ordinamento giuridico italiano, rinnovato e strutturato in riforme di contesto diversamente da quello che era lo stato dell'ordinamento prima della delega. Queste innovazioni che riformano l'ordinamento, certamente in materia processuale, ma anche sostanziale, visto il richiamo che facevo in precedenza, sono tali da interessare in modo trasversale tutti i settori di intervento del Piano. Per raggiungere cosa? Gli obiettivi del Governo, individuati in una serie di ambiti di intervento prioritari, fra i quali la riforma del processo civile. Ecco quindi svelato, per alcuni lettori umili e inadeguati, l'obiettivo della riforma, perché continuare a parlare nelle Aule parlamentari di temi come la riforma del processo civile e sentire quello che ho sentito da alcuni interventi significa non conoscere la materia, non sapere di cosa si sta parlando e dare messaggi all'esterno del tutto distorti (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia). E non è più possibile, perché ogni volta che trattiamo questi argomenti c'è qualcuno che si alza e pensa di saperne più degli altri, giustamente, perché la sovranità popolare lo ha portato, a volte a caso, all'interno delle Aule parlamentari, e ci racconta e spara una serie di stupidaggini (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia)!

È ora di farla finita, e qui è il contesto politico, è ora di smetterla con questo metodo, di ritenere che nel Governo i Ministri, i sottosegretari, le Commissioni che sono state costituite, il lavoro dei parlamentari nelle Commissioni giustizia sia tutto nullo, sia tutto volto a chissà quali obiettivi. Gli obiettivi sono chiaramente determinati e il lavoro che ha fatto il Ministro Cartabia - ringrazio anche il sottosegretario per il lavoro che ha svolto nelle Commissioni - è di primissimo piano ed è giustamente approvato da questa maggioranza, perché era ciò che era necessario in questo momento storico della riforma dell'ordinamento anche processual-civilistico (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia). Ciò perché bisogna comunicare, è vero, è compito dell'opposizione dire tutto quello che ritiene non congruente, non utile a una riforma, purché, però, quando si parla di materia tecnica, si parta dal presupposto della conoscenza (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia)! E non delle stupidaggini! Perché è ora di farla finita, visto che non parliamo mai e non replichiamo, ebbene, ora, in sede di dichiarazione di voto finale è bene dirlo, così anche all'esterno si comprende un po' di più quello che facciamo.

Per quanto riguarda il provvedimento, considerati i tempi che abbiamo, se ne può fare solo una sintesi; mi sarebbe piaciuto poter parlare, ma avremo occasione anche in altri momenti, di aspetti più tecnici e veramente molto interessanti della materia processual-civilistica, ma, in sintesi, alcune cose si possono dire. Vengono potenziati - ne sentivo parlare anche in precedenza - gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, da esperire anche con modalità telematiche, incentivando la mediazione civile e commerciale; chiunque sia stato nei tribunali e frequenti veramente i tribunali, sapendo cosa fa, e non conoscendo solo l'usciere per andare a pigliarsi il caffè in tribunale, sa che la materia delle misure alternative è una importante, da incentivare ed è necessario che questa materia venga anche cesellata in tutti i suoi aspetti, perché, spesso, ci sono stati “fallimenti” in ordine alla mediazione civile e commerciale, per un modello organizzativo non del tutto efficiente e che non teneva conto delle esigenze tipiche, processuali, della mediazione civile e commerciale, degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, che sono una materia a sé stante, sulle quali l'ordinamento italiano è leggermente in ritardo, anche da un punto di vista concettuale e culturale, sul piano giuridico, perché ancora è un modello che non è stato completamente assorbito nell'ambito dell'attività propria di carattere mediatrice.

Interviene, quindi, anche questo provvedimento, sulla disciplina dell'arbitrato, prevedendo, tra l'altro, anche l'inserimento di norme in tema di arbitrato societario all'interno del codice di procedura civile; era atteso, anche ciò, in qualche modo, per far ripartire l'arbitrato societario che ha notevolissima importanza anche in questo momento, perché consente di avere un modello di intervento chiaro, in ambito societario, e di risoluzione di controversie che difficilmente possono essere solo affrontate nella decisionalità propria del processo davanti al giudice. E, quindi, c'è la necessità che si trovino modelli in cui le esigenze proprie delle attività societarie e la complessità di quelle attività possano trovare risoluzione e mediazione.

Vi è, poi, una serie di modifiche al processo civile - e concludo - riguardante il primo grado, al fine di migliorare l'efficienza della giustizia. Si interviene sulla disciplina del giudizio d'appello, potenziando il filtro di ammissibilità - ne ho già parlato, in altri miei interventi - e semplificando la fase istruttoria del procedimento. Si introduce la possibilità per il giudice di merito di proporre il cosiddetto rinvio pregiudiziale. Tutte norme, tutte questioni - e altre ancora - che aiutano, finalmente, ad affrontare la materia del processo civile in modo coerente e in modo sistematico. Per questo motivo il nostro gruppo esprimerà un voto favorevole e siamo certi anche che non è finito il processo di adeguamento della materia processual-civilistica, a cui noi vogliamo collaborare e a cui siamo pronti a dare il nostro contributo (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (IV). Signor Presidente, signora Ministra, oggi votiamo un provvedimento importante e atteso. Il processo civile è stato sottoposto, negli anni, a molteplici interventi, ma questa riforma, a nostro avviso, gode oggi, anche grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza, delle condizioni necessarie per raggiungere gli obiettivi che si è prefissata.

Come in ogni provvedimento che ha l'ambizione di riformare materie così complesse, ci sono elementi che convincono di più e altri che convincono meno, ma il dato certo è che questo Governo, ancora una volta, sta mantenendo gli impegni assunti nei confronti del Paese e dell'Europa e questo vogliamo sottolinearlo con forza (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). La riforma del processo civile, infatti, è una delle riforme orizzontali - già è stato detto - del PNRR, ossia, di interesse trasversale a tutte le missioni del Piano, che assegna all'innovazione della giustizia e, in particolare, della giustizia civile un ruolo centrale nel rilancio del Paese duramente colpito dalla pandemia. L'impostazione della riforma ruota attorno agli impegni assunti dal Governo con l'Europa, con l'obiettivo principale della riduzione dei tempi del processo e del recupero complessivo di una sua efficienza; ma, accanto all'impegno assunto con l'Europa, c'è soprattutto la necessità di recuperare il ruolo fondamentale che la giustizia civile ha nel tutelare le istanze e i diritti di cittadini e operatori economici, perché la giustizia civile rappresenta il terreno di contatto quotidiano tra il cittadino e l'amministrazione della giustizia e la sua inefficienza pesa in maniera decisiva e diretta sul senso di sfiducia nel sistema giudiziario e nei vari soggetti che compongono la giurisdizione. Una giustizia civile efficiente è un fattore di crescita, misurabile anche in termini di PIL e di benessere complessivo; una giustizia lenta e inefficiente, al contrario, mortifica la crescita con un costo sociale enorme.

Come già detto e illustrato nei giorni scorsi in Aula, si tratta di una riforma molto articolata e, quindi, mi soffermerò soltanto sulle novità più significative. Una delle strade percorse per cercare di diminuire il contenzioso è quella di incentivare e potenziare gli istituti di risoluzione alternativa delle controversie, come la mediazione, la negoziazione assistita e l'arbitrato. Sono stati ampliati i casi in cui è necessario esperire un tentativo di conciliazione prima di poter ricorrere al giudice e sono stati previsti incentivi e benefici fiscali. Specifici principi e criteri direttivi sono dettati per la riforma del processo di cognizione di primo grado davanti al tribunale in composizione monocratica, con una serie di disposizioni che lo rendono più semplice. Interventi sono previsti anche con riguardo al regime dell'impugnazione, con principi e criteri direttivi che modificano la disciplina dell'appello, del ricorso in Cassazione e della revocazione.

La riforma contiene anche disposizioni volte ad ammodernare la giustizia sotto il profilo tecnologico, facendo tesoro dell'esperienza maturata durante la pandemia. Vengono stabilizzate le innovazioni telematiche introdotte durante l'emergenza e si dà spazio alle udienze a trattazione scritta e a quelle da remoto; si interviene sui procedimenti di notifica, incentivando il ricorso allo strumento informatico. Anche il processo esecutivo viene reso più celere e funzionale. Novità sono previste anche per le controversie in materia di lavoro.

Altre modifiche importanti e necessarie riguardano il profilo organizzativo con l'intervento sulla disciplina dell'ufficio per il processo, al fine di portarlo a piena attuazione; un cambiamento importante, questo, nel modo di organizzare e condurre il lavoro giudiziario. Particolarmente incisivi e importanti sono gli interventi riformatori riguardanti il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie; misure sulla cui approvazione in Senato vi è stata la convergenza da parte di tutte le forze politiche. Si istituisce un unico organo giurisdizionale dedicato alla famiglia, che concentra competenze, unifica e rende omogenei i riti, semplifica e ottimizza i tempi delle procedure e realizza, al contempo, sia la specializzazione del giudice, sia la giustizia di prossimità, superando, dunque, l'attuale sistema nel quale le competenze civili risultano distribuite tra tribunale per i minorenni e tribunale ordinario. Si tratta di un impianto, quindi, volto a dare omogeneità a decisioni spesso complesse e molto delicate, su cui però sono state sollevate alcune preoccupazioni, come è emerso anche dalle audizioni che abbiamo svolto in Commissione giustizia. In particolare, si è sottolineato il fatto che la scelta di privilegiare la composizione monocratica del tribunale sembri sottovalutare il valore della collegialità e della multidisciplinarietà in alcuni ambiti particolarmente delicati, come avviene per l'area della tutela dei minori dalle situazioni che possono arrecare loro pregiudizio. Positivo, allora, in questo senso, è l'accoglimento da parte del Governo di un ordine del giorno da me sottoscritto e anche dalla collega Fregolent che va nella direzione di accogliere proprio queste sollecitazioni.

Il provvedimento, grazie poi alle indicazioni e al lavoro svolto dalla Commissione d'inchiesta sul femminicidio, ha introdotto numerosi principi e criteri di delega per migliorare l'attuale sistema della giustizia civile, nel quale la violenza contro le donne e domestica non è adeguatamente riconosciuta, spesso sottovalutata e derubricata a conflitto familiare, rendendo, di fatto, meno efficaci le misure di repressione e di prevenzione, in particolare, per escludere il ricorso all'alienazione parentale, sempre più utilizzata in sede giudiziale dalle CTU quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche e malevoli per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Ci sono vari interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità.

La riforma prevede, inoltre, che i giudici dovranno sentire e accertare con urgenza le cause del rifiuto del minore di vedere uno dei genitori, considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli e degli incontri con i figli. Una serie, dunque, di disposizioni con cui si dà pieno riconoscimento alla Convenzione di Istanbul e si consente alla giustizia di difendere meglio donne e minori.

Concludendo, Ministra, con la riforma civile oggi aggiungiamo un altro tassello importante, dopo l'approvazione della riforma sul processo penale, nel cammino verso una giustizia più efficiente ed efficace quale risorsa fondamentale per la crescita civile ed economica del nostro Paese. Una sfida importante dentro il più ampio disegno di riformare l'Italia e favorirne lo sviluppo che, grazie a questo Governo, oggi è finalmente possibile realizzare. Dichiaro il voto favorevole del mio gruppo Italia Viva (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, caliamo un velo pietoso sull'ennesimo voto di fiducia - è il ventottesimo di questo Governo e il settantanovesimo dall'inizio della legislatura - che conferma quello che purtroppo diciamo, cioè che il Parlamento viene esautorato, è ridotto semplicemente a un luogo di ratifica di decisioni commissariali prese altrove, senza alcuna possibilità in Aula di intervenire per migliorare il testo. Non c'erano migliaia di emendamenti ostruzionistici e non c'erano neanche al Senato; c'erano alcuni emendamenti mirati, presentati in modo responsabile dal nostro gruppo e da altri gruppi, che sicuramente, con solo qualche giorno in più di lavoro alla Camera e al Senato, potevano consentire di rimediare ad alcune lacune evidenti, di migliorare il testo e, quindi, di fare una riforma fatta bene e non una riforma fatta solo per far vedere all'Europa che si fa una riforma (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Doveva essere la grande riforma, la più importante, la condizione forse principale per l'Italia per accedere ai fondi del PNRR alla luce di una situazione, quella della giustizia, che è nota a tutti: la durata dei processi, la durata media dei processi, il sovraccarico dei ruoli e dei fascicoli sul giudice, gli squilibri enormi, anche territoriali, tra alcuni distretti e tra alcuni tribunali e altri. I dati oggettivi li conosciamo tutti e tutti indicavano la necessità di una riforma efficace, importante e che potesse effettivamente risolvere il problema. Alla luce di quanto emerge, nel merito non si vede quasi nulla di tutto questo.

Ci sono sicuramente alcuni apprezzabili miglioramenti: la riorganizzazione della procedura civile sul diritto di famiglia è sicuramente un passo avanti; l'incentivo, seppure con qualche perplessità, verso i metodi alternativi di risoluzione delle controversie ha ovviamente una finalità deflattiva e risolutiva che può essere condivisa; una riorganizzazione del processo esecutivo è sicuramente apprezzabile, anche se non siete riusciti a spingervi oltre nel processo esecutivo per dare una tutela ancora più efficace e incisiva alla questione ormai drammatica dei proprietari di immobili (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che vedono i procedimenti di esecuzione e di rilascio per sfratto totalmente inapplicabili e questo è sotto gli occhi di tutti.

Su questo non avete, nella procedura, risolto il problema.

Ne emerge quindi, come ha rilevato anche il Consiglio nazionale forense, un processo macchinoso. L'arretramento delle preclusioni istruttorie e la contrazione fortissima dei tempi, con preclusioni stringenti a carico della difesa e a carico dei cittadini, sono assolutamente ingiustificati e non bilanciati da un analogo stringente meccanismo di accelerazione nei confronti del giudice che poi deve emettere la sentenza dopo averla trattenuta in decisione. Abbiamo l'inserimento di termini per le memorie per definire il thema decidendum e il thema probandum tra gli atti introduttivi della prima udienza e ciò comporterà un allungamento dei termini per comparire e, quindi, la fissazione della prima udienza verrà a slittare molto più avanti di quanto avviene oggi, quindi sarà molto più lontana dalla notificazione dell'atto di citazione. Sarebbe stato più logico che alcune preclusioni istruttorie potessero scattare dopo che il thema decidendum fosse stato meglio definito, anche per evitare un inutile spreco di attività che si svolgono senza l'attento controllo del giudice che, al contrario, potrebbe monitorare e invitare le parti a definire bene il tema. Per cui, di fatto le parti devono svolgere in pieno tutte le domande, tutti i mezzi istruttori e tutte le istanze senza avere sostanzialmente possibilità di dettagliarle meglio in seguito, cioè al buio e prima che il thema decidendum sia effettivamente chiarito e sia data la possibilità alle parti di sviluppare tutte le proprie domande e contro dedurre in modo effettivamente pertinente all'oggetto della causa e non in modo scollegato da questo.

Sicuramente si rendono più sommari gli accertamenti e si aumentano in modo iniquo le sanzioni a carico delle parti, senza, invece, intervenire sui ritardi dell'organizzazione degli uffici e del ruolo del magistrato.

Tutto questo, che non si può sviluppare nei minimi dettagli, perché non avete voluto un dibattito parlamentare, si sintetizza in un inutile appesantimento degli interventi sul rito, che è figlio di un errore di fondo che si tramanda da generazioni, che è l'attesa messianica delle modifiche del rito come magica soluzione dei problemi del sovraccarico della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Basta vedere l'andamento del processo civile dal 1865 ad oggi e, in particolar modo, vedere la curva relativa al numero di sopravvenienze e di sovraccarico inevaso dei ruoli dei magistrati e si riscontra un'impennata del numero del contenzioso e della domanda di giustizia in Italia attorno agli anni Settanta. Il legislatore è rimasto sostanzialmente inerte fino agli anni Novanta, con micro-riforme e controriforme che non hanno risolto nulla. L'unico intervento che ha parzialmente migliorato la situazione è stato, negli anni Novanta, l'introduzione del giudice di pace, del processo monocratico e delle sezioni stralcio, che hanno contribuito a smaltire una parte di quel sovraccarico che era stato accumulato per l'insipienza di chi aveva governato in quegli anni e in tutti i 20 anni precedenti. In seguito, ulteriori, continue e contraddittorie proposte di intervento sul rito, come quella sul rito societario, introdotto nel 2005, abolito nel 2009 e adesso reintrodotto nuovamente di fatto con questa riforma, che va semplicemente, come una sorta di flipper impazzito, a riproporre soluzioni che non hanno risolto il problema negli anni o nei decenni precedenti.

L'errore di fondo è questo, non è la modifica del rito la soluzione ai problemi della giustizia. Il problema vero della giustizia non è - ciò valeva anche per la parte penale - mettere preclusioni draconiane a carico delle parti, denegando l'accesso alla giustizia spesso all'inizio del procedimento; il vero collo di bottiglia, dove si strozzano e si intasano numerosi fascicoli, con cause che si protraggono nel tempo, è dalla fase in cui il fascicolo è trattenuto in decisione all'emissione della sentenza. Fisicamente, se un giudice ha 1.200 o 1.500 e oltre fascicoli l'anno da gestire, non può fisicamente evadere questo carico (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Concludo, Presidente - mi serve un minuto -: un altro grande errore di fondo è il mito dell'ufficio del processo. C'è un circolo vizioso: dobbiamo far vedere all'Europa che si fa una riforma per accedere ai fondi del PNRR che, per la voce giustizia, sono insufficienti - perché 2,5 miliardi sugli oltre 200 è una percentuale irrisoria -, ma quei pochi vengono anche spesi male, perché sono spesi quasi tutti per l'ufficio del processo, cioè per assumere 16.000 neolaureati a tempo determinato per 3 anni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che sono quindi precari già annunciati, che dovrebbero affiancare il giudice, non si sa bene organizzandosi come, perché ci vorranno 2 o 3 anni solo per imparare a farlo e per smaltire il carico di lavoro. La soluzione è assolutamente fallimentare, tant'è vero che è sfuggito al PD, ieri, negli interventi in Aula, che già vi ponete la questione che in qualche modo forse riuscirete a stabilizzare, fra 3 anni, una parte di questi 16.000 neolaureati precari. Non ci crede nessuno, perché non siete stati capaci di risolvere il problema di poche migliaia di giudici onorari in questi anni, figuriamoci se saprete stabilizzare 16.000 neolaureati precari. Concludo, Presidente, dicendo che non serve questo: servono più giudici, serve più personale amministrativo nel Ministero della Giustizia, serve un monitoraggio efficiente del Ministero della Giustizia per la ripartizione, la distribuzione e l'organizzazione degli uffici…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Maschio.

CIRO MASCHIO (FDI). Pochi secondi e concludo.

PRESIDENTE. È già a un minuto in più, come lei aveva chiesto.

CIRO MASCHIO (FDI). …monitorare la distribuzione, in modo migliore, dei ruoli e dei giudici tra il civile e penale nel territorio, all'interno dei vari livelli di giudizio. Se non si fa questo, non si risolve il problema (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). La ringrazio, Presidente, per la parola. Onorevole Ministra, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, Forza Italia voterà convintamente questa importante riforma del processo civile, che ha soprattutto la finalità di abbattere i tempi dell'amministrazione della giustizia. Chi parla, in tante occasioni in quest'Aula, ha parlato di efficienza della giustizia, soprattutto civile, come fattore della competitività economica di un territorio e di un Paese. È un obiettivo che cerchiamo di perseguire da anni. L'inefficienza del nostro sistema giudiziario, sia per quanto riguarda i tempi sia per quanto riguarda l'aleatorietà delle decisioni, scoraggia gli investimenti, soprattutto esteri, aumenta il costo del credito e riduce il tasso di occupazione e di partecipazione al mercato del lavoro. Va riconosciuto che, soprattutto nell'ultimo decennio, alcuni progressi si sono registrati, ma siamo ancora molto lontani da un risultato soddisfacente. Infatti, secondo l'ultimo rapporto della Commissione europea per l'efficacia della giustizia, il numero dei procedimenti civili pendenti in Italia si è progressivamente ridotto, sia come durata sia come numero. Ciononostante, la nostra giustizia resta la più lenta d'Europa: siamo ancora gli ultimi nel terzo grado di giudizio e siamo i penultimi, sia in primo che in secondo grado, precedendo, in questa certamente non invidiabile graduatoria, solo Malta e Grecia -, non ci possiamo più permettere una classifica da zona retrocessione -, quindi il nostro Paese è da tempo sorvegliato speciale in Europa e, per questo, il comparto giustizia è destinatario di significativi interventi nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

È noto, inoltre, che l'approvazione di questa riforma entro la fine di quest'anno è anche condizione per l'erogazione della prima tranche dei finanziamenti europei e questo, da solo, spiega il fatto che un disegno di legge governativo così importante passi in entrambi i rami del Parlamento con il voto di fiducia e che questa Camera abbia potuto solo ratificare il testo pervenuto dal Senato. Certamente la riforma, che oggi viene portata all'esame di questa Camera, va nella giusta direzione e per questo la sosterremo con il nostro voto, ma non illudiamoci, signora Ministra: questa riforma non sarà risolutiva. Come più volte ho già detto, il problema della giustizia non è solo un problema di carattere normativo, ma piuttosto di risorse e soprattutto di organizzazione. Dopo tanti anni di vacche magre, finalmente le risorse sono arrivate e dovranno essere spese con oculatezza per progetti strutturali. Voglio richiamare, invece, la sua attenzione oggi sul tema dell'organizzazione giudiziaria, che mi sta particolarmente a cuore. Come lei ben sa, sul territorio registriamo situazioni a macchia di leopardo. Le differenti performance dei distretti non sempre trovano convincenti spiegazioni: rinveniamo infatti uffici giudiziari, magari dirimpettai, che operano in contesti socio-economici similari e con analoghe percentuali di scopertura di organici, che hanno però tempi e risultati assolutamente divergenti, uffici giudiziari virtuosi, accanto ad altri inspiegabilmente inefficienti ed improduttivi. Molto dipende - io credo, signora Ministra - da chi guida i singoli uffici giudiziari; va sviluppata una vera cultura dell'organizzazione giudiziaria e del controllo di gestione anche nel settore della giustizia. Incarichi direttivi, quindi, concepiti non come premio alla carriera - come ancora oggi troppo spesso accade - ma piuttosto come valorizzazione di professionalità, valutate in modo assolutamente meritocratico. Spero che di questo si potrà discutere più approfonditamente in occasione della prossima riforma dell'ordinamento giudiziario.

Passiamo ad alcuni aspetti, non dico critici, ma certamente problematici della riforma. Anche questa riforma prosegue nel solco della valorizzazione del processo di primo grado; ormai, con le sempre più insidiose tagliole delle inammissibilità, che accompagnano il processo di appello e quello di legittimità, il giudice di primo grado diventa il vero arbitro della decisione di merito della controversia, da cui, a mio giudizio, l'esigenza di monitorare sempre più la qualità delle sentenze di primo grado. Si avverte forse l'esigenza di una rivoluzione culturale, quasi copernicana. La invito, signora Ministro, ad una riflessione di carattere generale. Storicamente, al primo grado, venivano destinati i giudici più giovani ed inesperti, all'appello quelli più maturi, in Cassazione i più bravi: magari questa è una semplificazione ma credo renda l'idea. Forse oggi, invece, abbiamo bisogno di pensare a una soluzione inversa: probabilmente oggi i giudici più bravi e preparati servono in primo grado, dove, con tutta probabilità si concentrano le decisioni di merito. Del resto, se le sentenze appaiono ben motivate, le parti ci penseranno due volte ad impugnarle e l'effetto deflattivo è assicurato in radice. Altro fenomeno, che dovrà essere attenzionato, è quello delle pronunce in rito. Anche nel giudizio di primo grado la riforma introduce nuovi termini decadenziali e di improcedibilità sempre più insidiosi. Ho chiesto, nei giorni scorsi, al suo Ministero se sono disponibili i dati percentuali delle pronunce di rito rispetto a quelle di merito: mi è stato detto che purtroppo oggi questi dati non ci sono. Ma, da avvocato del libero foro, ho l'impressione che, in forza di decadenze, preclusioni e improcedibilità, ormai troppo spesso il giudice sia indotto al commodus discessus della pronuncia sul rito, piuttosto che a quella, certamente più complicata da argomentare, sul merito della causa. Ormai, la sentenza di merito rischia di apparire, per le parti del processo, un traguardo da raggiungere dopo uno slalom tra sempre più complicate insidie processuali. Qui mi rivolgo all'ex Presidente della Consulta, di cui è nota la tensione anche morale ed etica. Il rischio di troppe pronunce di rito non finisce per tradire la giustizia sostanziale? Chi non potrà avvalersi di avvocati molto professionali ed organizzati, non rischia, ogni giorno di più, di perdere la causa anche quando ha ragione? Passo in conclusione al tema, che mi è parimenti caro, della collegialità delle decisioni e dico subito di aver apprezzato il parere favorevole del Governo sull'ordine del giorno sulla collegialità delle decisioni in materia di limitazione della potestà genitoriale.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO (ore 11,12)

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Sul punto non vorrei passare per un laudator temporis acti, ormai è chiaro che la collegialità è un lusso che non ci possiamo più permettere. Ma parimenti, possiamo dimenticare che la formazione dei magistrati una volta avveniva attivamente ed efficacemente partecipando alle camere di consiglio? Non sarebbe il caso di pensare anche oggi a camere di consiglio guidate dal presidente di sezione, pur in presenza di giudizi monocratici? L'esperienza ci insegna che questa buona pratica viene adottata già oggi da capi ufficio particolarmente attenti e sensibili alla omogeneità e qualità della giurisprudenza della propria sezione. Ho voluto introdurre in questa mia dichiarazione di voto finale alcune riflessioni di portata generale, che spero siano apprezzate e che credo potranno essere utili in sede di attuazione della delega. Rimane, comunque, il giudizio positivo sul complesso del provvedimento, che avvia il nostro Paese in un contesto di giustizia europea, in merito al quale riconfermo il voto favorevole del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Franco Vazio. Ne ha facoltà.

FRANCO VAZIO (PD). Signor Presidente, Ministra, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la riforma del processo penale, del processo civile e del processo tributario è una delle condizioni che l'Europa pone all'Italia per l'accesso ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Di fronte ad una pandemia che ha devastato persone, imprese e rapporti sociali, mai come oggi abbiamo il dovere di cogliere questa straordinaria opportunità, mai come oggi non possiamo fallire. In particolare, la riforma del processo civile è questione doverosa, non solo per la tutela dei diritti delle persone, ma anche strategica per le imprese e per l'economia del nostro Paese, per sostenere la ripresa e favorire gli investimenti anche provenienti dall'estero. Un Paese che ha 3 milioni di cause arretrate non è un luogo appetibile per investire. Un Paese dove per avere giustizia un cittadino a volte deve attendere oltre dieci anni, è un Paese che non tutela il diritto e l'equità. Se è vero che ci sono circoscrizioni e tribunali più virtuosi, è altrettanto vero che il quadro che la giustizia offre nel suo complesso ha tratti, per certi versi, preoccupanti. Tutto ciò accade nonostante una stagione in cui le parti del processo - giudice, avvocati, personale e funzionari di cancelleria - si sono spese per migliorare il funzionamento del sistema. Tutto ciò si verifica nonostante una crescente digitalizzazione della giustizia sia iniziata già nella precedente legislatura, quando l'allora Ministro Orlando volle l'introduzione e poi il rafforzamento del processo telematico. Sappiamo però che, per dare un forte e reale impulso all'accelerazione del processo civile, non è sufficiente modificare e migliorare solo le regole del gioco. Servono, infatti, anche risorse, uomini e donne, che possano dare le gambe e le idee ad una giustizia con la lettera maiuscola. Era il momento di farlo e lo stiamo facendo. A questo proposito è doveroso porgere un plauso all'equilibrio, al coraggio e alla tenacia della Ministra Marta Cartabia, che, anche per quanto riguarda il processo civile, ha voluto percorrere una strada contraddistinta dall'innovazione e dal confronto, che ha saputo coniugare un sobrio protagonismo di sostegno alla riforma con l'apertura alla magistratura e alle professioni forensi.

Il lavoro portato a termine dalla Commissione Luiso è un esempio di questo percorso. Sarebbe riduttivo parlare solo di esperti, in quanto ci troviamo di fronte a personalità di altissimo profilo, che sono universalmente riconosciute ed apprezzate per la loro esperienza e capacità. Mi preme rivolgere a costoro un sentito ringraziamento per il lavoro svolto, senza il quale sarebbe stato difficile approvare una riforma organica e di sistema come quella che ci accingiamo a votare.

Entrando ora nel merito della riforma, essa si muove su chiare direttrici e si poggia su risorse, uomini e strutture, che ad essa attribuiscono forza e coerenza.

Una direttrice fondamentale di intervento riguarda l'introduzione del processo, insomma l'avvio della causa. Da subito, verranno forniti al giudice tutti gli elementi della controversia. L'atto introduttivo e la comparsa di risposta, analogamente a quanto già avviene nel processo del lavoro, dovranno contenere tutte le difese e tutte le prove documentali e testimoniali che si vogliano offrire al giudice per la sua decisione. Saranno eliminati i tempi morti e verrà rafforzata e valorizzata la prima udienza di comparizione, incentivando la partecipazione personale delle parti.

Un'altra fondamentale direttrice della riforma riguarda il rafforzamento della digitalizzazione del processo: spina dorsale di un processo moderno, dai tempi ragionevolmente brevi. Si tratta di un potenziamento non solo normativo, ma anche strutturato con importanti risorse: 140 milioni di euro messi a disposizione della giustizia. Tutto ciò in un quadro di garanzie, dove anche i meno abbienti possano trovare tutele per i loro diritti. Le udienze a trattazione scritta e le udienze da remoto diventeranno strutturali e, quindi, non più eventualità e modalità eccezionali.

La terza direttrice qualificante riguarda l'ulteriore potenziamento e incentivazione delle ADR, cioè le procedure di risoluzione alternativa delle controversie. Tali interventi avranno come fine quello di indicare, nella mediazione, nella negoziazione assistita e nell'arbitrato, una giustizia di “serie A” e non di ripiego. Ciò avverrà attraverso l'adozione di un testo unico delle ADR, che renderà le stesse più comprensibili e vicine ai cittadini e agli operatori. Ci saranno incentivi fiscali, sarà esteso alle ADR il gratuito patrocinio e, infine, sarà rafforzata la formazione e garantita l'imparzialità. A tale proposito, Ministra, è giusto però affermare che si deve fare di più, intervenendo sui costi di accesso, per evitare che tali procedimenti possano essere utilizzati solo da soggetti e imprese benestanti.

La previsione del tribunale della famiglia costituisce una scelta coraggiosa: istituire un procedimento unitario per tutte le controversie in materia di stato e capacità delle persone e della famiglia - sia pur ovviamente differenziando, a seconda dell'oggetto del processo, diritti disponibili, diritti indisponibili, interesse del minore o dell'incapace - rappresenta una grande sfida. Il tribunale della famiglia consentirà di realizzare congiuntamente, sia la specializzazione del giudice, sia quella giustizia di prossimità che, in questa materia, è richiesta da tempo. Accanto al plauso di chi, da tempo, si batteva per una riforma con tale indirizzo, in queste settimane abbiamo raccolto anche alcune preoccupazioni da parte di operatori del settore e di alcune associazioni. Mi sento di dare rassicurazioni al riguardo: a costoro va garantita la nostra più alta attenzione, volta a verificare in concreto l'applicazione della riforma, anche perché, in questo caso, si parla di persone fragili e vulnerabili.

L'ultima direttrice è quella delle strutture, degli uomini e delle donne che daranno gambe e scienza alla riforma. Parliamo dell'ufficio del processo e di misure strutturali. Non si tratta di semplici ausiliari e collaboratori del giudice, ma di una vera e propria rivoluzione, un pool di esperti di economia, di scienze sociali, di organizzazione. Parliamo di 2 miliardi e 300 milioni di euro, di oltre 16 mila assunzioni, di cui 8.171 già messe a bando e che entreranno in ruolo a partire dal prossimo mese di febbraio.

I fondi del PNRR garantiscono uno sforzo di assunzioni straordinario, che consente di affermare che si tratta non di una riforma a costo zero, ma di un investimento che garantisce giustizia, equità e tempi rapidi per avere una risposta giudiziale.

Avrei bisogno di ore per illustrare tutte le misure di garanzia, per esempio per i soggetti esecutati, e di contrasto alla criminalità organizzata nell'ambito delle procedure esecutive; le direttrici a tutela delle vittime di violenza nella cornice delle cautele della Convenzione di Istanbul; le norme che consentiranno il ricorso pregiudiziale alla Corte di cassazione per questioni di diritto sostanziale e processuale che si presentino come nuove e foriere di interpretazioni contrastanti. Mi limito a dire che la riforma rappresenta una sfida e, al tempo stesso, una risposta reale e forte, per evitare che l'esito di un processo civile sia imprevedibile, per quanto riguarda sia il suo esito, sia i suoi tempi.

Avevo iniziato il mio intervento, affermando che l'Europa poneva la riforma quale condizione per l'accesso ai fondi del PNRR. In realtà, questa riforma, onorevoli colleghi, ci viene richiesta innanzitutto dal Paese, dai cittadini, dalle imprese; è a loro che dobbiamo guardare, è a loro che dobbiamo fornire una soluzione che ponga definitivo rimedio ai tempi inaccettabilmente lunghi di un processo civile. Onorevoli colleghi, per tutto ciò non servono referendum e non servono neppure proclami; abbiamo bisogno, invece, di norme e di risorse che migliorino la vita dei cittadini, delle famiglie e delle imprese. In scienza e coscienza, quanto voteremo tra poco è tutto questo. Per queste ragioni, il Partito Democratico ha lavorato e sostenuto con forza questa riforma, sia al Senato, sia alla Camera. Per queste ragioni, annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Tateo. Ne ha facoltà.

ANNA RITA TATEO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, Ministra Cartabia, sottosegretari, oggi l'Italia si trova ad affrontare una grave crisi sanitaria, economica e sociale e per il nostro Paese abbiamo il dovere di trasformare questa crisi in una opportunità di rilancio e di rinnovamento. Finalmente, l'Italia sta mettendo in atto profonde riforme strutturali e di sistema come mai fatto prima. Abbiamo già approvato la delega al processo penale ed oggi, con questo ultimo voto, approveremo la delega per la riforma al processo civile, che prevede requisiti di semplificazione, rapidità e razionalizzazione. Questo comporterà più ricchezza e più investimenti, perché il ritardo della giustizia civile spaventa non solo gli investitori stranieri, ma anche e, soprattutto, i nostri imprenditori e i nostri cittadini. Quindi, questo è un provvedimento coraggioso, ma soprattutto organicamente completo, perché semplifica la normativa, riduce i riti, riordina e codifica per materia, organizza il sistema e l'ordinamento. È una riforma che interviene sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie, quindi sulla mediazione, sulla negoziazione assistita, sull'arbitrato; modifica profondamente il processo civile di primo grado, il giudizio di appello e la disciplina del processo esecutivo. Permettetemi, Presidente, colleghe e colleghi, di ringraziare la Ministra Cartabia, perché con questa riforma è stata accolta una battaglia che la Lega sta portando avanti da oltre vent'anni in questo Parlamento, ossia l'istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per la famiglia. Per questi motivi, la Lega voterà favorevolmente su questo provvedimento, non perché lo chiede l'Europa, non perché lo chiede il PNRR, ma perché lo chiedono i nostri cittadini, che vogliono avere una giustizia giusta (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE (M5S). Grazie, Presidente.

Ministra, l'approvazione della riforma del processo civile oggi è un fatto positivo, molto importante, un segnale forte ai cittadini e alle nostre imprese, il segnale che il Paese vuole e deve ripartire. Ministra, secondo me è importante ripercorrere la storia di questo progetto che oggi arriva all'approvazione. Oggi approviamo un disegno di legge a mia prima firma, approvato in Consiglio dei Ministri nel Governo “Conte 2”, poi successivamente emendato, modificato con nuove aggiunte - entreremo a breve nel merito delle medesime - e oggi arriva qui nell'ambito di un percorso nel corso del quale tante voci autorevoli hanno avuto la possibilità di esprimersi. E' importante raccontare quel percorso anche per sfatare il luogo comune di un Paese, come l'Italia, che si sveglierebbe per le riforme soltanto su sollecitazione dell'Europa. La velocizzazione della giustizia civile non è diventata urgente dopo la pandemia; era urgente già prima della pandemia ed è stato, semmai, importante - quando l'allora Presidente Conte andò in Europa per ottenere il Recovery Plan - raccontare che l'Italia aveva già approvato in Consiglio dei Ministri una riforma del processo civile, che era già all'esame del Parlamento.

Ministra, mi fa piacere ricordare che questo progetto affonda le sue radici in un tavolo aperto nel 2018 al Ministero in cui vennero coinvolte tutte le associazioni più rappresentative dell'avvocatura e della magistratura; lì fu già un approccio nuovo, perché ci si rivolgeva a coloro che tutti i giorni lavorano nelle aule giudiziarie, a coloro che di solito vengono chiamati nella fase importantissima dell'audizione nelle Commissioni, quando, però, il progetto è già formato; qui avevano la possibilità di portare il loro bagaglio di esperienza e di esigenza prima che il progetto si formasse. Fu subito chiaro in quel tavolo che non poteva esserci l'ennesima riforma a costo zero, perché la cosa su cui siamo tutti d'accordo è che, se vogliamo velocizzare la giustizia, bisogna investire sulla giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) con nuovi mezzi e nuove risorse umane.

Oggi questa riforma del processo civile viene approvata nel contesto di un processo civile telematico la cui opera di digitalizzazione ha subito un'accelerazione importante anche a causa della pandemia. In questi ultimi tre anni è stato portato avanti un piano assunzionale ordinario di 18 mila unità che non ha precedenti, a cui si è aggiunto con il PNRR - concepito e scritto dal Governo Conte e portato avanti con una scelta che abbiamo pubblicamente apprezzato dal Governo Draghi - un piano assunzionale straordinario di 21 mila unità. Dico un fatto che ci trova sicuramente d'accordo, ossia la scelta di cominciare a concretizzare quelle assunzioni anche nella riforma che oggi approviamo, in particolare nella parte dedicata all'ufficio per il processo che rappresenterà un'iniezione di energia importante per il nostro processo civile. Sull'implementazione e l'organizzazione dell'ufficio del processo quello che fin da ora chiediamo è che venga coinvolta e ascoltata anche l'avvocatura. Dicevo, Ministra, è importante il fatto che adesso questa riforma del processo civile venga approvata in un quadro che possiamo definire solido in termini di risorse. Sicuramente è stato mantenuto nell'ultima versione un approccio che mira a considerare il processo, la via giudiziaria, come l'estrema ratio quando le parti non riescono a mettersi d'accordo prima; ma le parti devono essere messe nelle condizioni di potersi mettere d'accordo prima e per questo è importante la possibilità che hanno gli avvocati, il cui ruolo viene valorizzato, di portare avanti nella negoziazione assistita un'attività istruttoria che possa consentire alle parti di conoscere davvero i margini per arrivare ad un accordo prima, in via stragiudiziale. Tra l'altro, abbiamo apprezzato il fatto che vi sia stato uno sforzo in questa nuova versione, nell'ultima versione, uno sforzo economico che porta incentivi fiscali alla mediazione. Riteniamo, Ministra, che in futuro quello sforzo debba essere esteso anche alla negoziazione assistita e all'arbitrato.

Altro elemento positivo, del tutto nuovo, voluto proprio nell'ultima versione dal Governo Draghi e da lei, Ministra, è l'introduzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, in cui sarà possibile concentrare e coordinare tutte le attività e le tutele a favore dei minori che prima viaggiavano su binari paralleli, che spesso non comunicavano tra di loro. È un passo avanti importante e sarà importante anche conservare quella vicinanza che il nostro tribunale dei minorenni ha dimostrato rispetto alla dimensione dei minori e che ha reso, comunque, il nostro tribunale per i minorenni un esempio e un punto di riferimento a livello europeo. Come lei sa, eravamo preoccupati per la mancanza di collegialità nelle sezioni circondariali del nuovo tribunale, ma su questo, come MoVimento 5 Stelle, abbiamo chiesto e ottenuto un impegno preciso del Governo a ripristinare tale collegialità. Ad ogni modo, su questo aspetto del tutto nuovo, che abbiamo accolto con favore, c'è stata determinazione. Direi quella determinazione che, secondo noi, è parzialmente mancata nella parte della riforma che opera una semplificazione del processo di cognizione di primo grado. Su questo aspetto ci siamo già confrontati. Il MoVimento 5 Stelle ritiene che, quando i cittadini e le imprese si trovano in tribunale in primo grado sia importante avere - nell'impianto originario era previsto un unico rito, un unico atto introduttivo, il ricorso, tra l'altro perfettamente in linea con le dinamiche del processo civile telematico - un rito che sia lineare, semplice, capace di essere, come io dico sempre, un po' a fisarmonica, cioè con tempi brevi rispetto a cause che sono di agevole trattazione e più lunghi rispetto a cause che necessitano una trattazione più ampia. Un processo libero da formalismi, capace di dare spazio davvero alla sostanza del contenzioso. Da questo punto di vista, riteniamo vi siano stati passi avanti, ma anche passi indietro rispetto al progetto originario, per esempio, nella misura in cui è stato conservato il procedimento sommario di cognizione, seppur con un nome differente, perché riteniamo ancora che, rispetto alla scelta dei riti, vi sia sempre un margine di incertezza che sia meglio eliminare - ripeto - con un unico rito più semplice e più lineare.

Inoltre, per quanto riguarda un altro esempio di norme che rischiano di complicare il processo civile, vi è la possibilità per il giudice di emettere un'ordinanza provvisoria - faccio un esempio, perché chiaramente bisognerebbe parlarne per tanto tempo - di accoglimento della domanda, quando, previa istanza di parte, i fatti costitutivi siano provati e le difese del convenuto appaiano manifestamente infondate. Poi quell'ordinanza può essere oggetto di reclamo e, in caso di accoglimento di reclamo, il procedimento di merito deve essere proseguito dinanzi ad un magistrato diverso che dovrà studiarsi la causa daccapo. Ministra, sarebbe stato più semplice concepire, in quell'unico rito, la possibilità per il giudice, nel caso in cui vi siano i presupposti, di respingere le istanze istruttorie del convenuto e, con sentenza, procedere all'accoglimento della domanda. Così come un'altra norma, che secondo noi rischia di appesantire il processo civile, è quella che prevede che il giudice di merito possa rivolgersi alla corte di cassazione, con determinati presupposti, per dirimere questioni interpretative.

Sono norme che fanno trasparire un approccio che, dal nostro punto di vista, rischia di essere troppo teorico e astratto e che, sicuramente, perde quell'approccio concreto, che anima la riforma del processo civile che oggi approviamo e che ha animato, in particolare, il progetto originario. Da questo punto di vista, è una occasione persa per una semplificazione più drastica, di cui il nostro processo civile ha bisogno.

Oggi, Ministra, dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle, con l'auspicio che le sollecitazioni e i contributi che sono arrivati, non solo dal MoVimento 5 Stelle, ma anche da tanti addetti ai lavori, possano trovare spazio nella fase di attuazione della delega. In quella fase, Ministra, così come anche nella prossima riforma che ci aspetta, quella del Consiglio superiore della magistratura, sulla cui urgenza c'è stato un richiamo anche del Presidente della Repubblica Mattarella, sarà necessario avere coraggio e determinazione. Infatti, Ministra, secondo il MoVimento 5 Stelle, le divisioni sulla giustizia non si superano con i compromessi, ma con progetti ambiziosi, capaci di far sentire ai cittadini che lo Stato è concretamente presente negli uffici giudiziari, nel momento in cui i cittadini chiedono che vengano tutelati i loro diritti, perché questa è la vera essenza dello Stato di diritto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3289​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 3289:

S. 1662 – “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” (Approvato dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 15) (Applausi).

Risultano così assorbite le proposte di legge nn. 1424, 1427, 1475, 1961 e 2466.

Seguito della discussione della proposta di legge: Pella ed altri: “Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limitazione del mandato dei sindaci e di controllo di gestione nei comuni di minori dimensioni, nonché al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità di incarichi negli enti privati in controllo pubblico” (A.C. 1356-A​) e delle abbinate proposte di legge: Silvestroni ed altri; Ciaburro ed altri (A.C. 2071​-2240​) (ore 11,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 1356-A: “Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limitazione del mandato dei sindaci e di controllo di gestione nei comuni di minori dimensioni, nonché al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità di incarichi negli enti privati in controllo pubblico” e delle abbinate proposte di legge nn. 2071 e 2240.   

Ricordo che, nella seduta dell'8 novembre, si è conclusa la discussione generale e il relatore per la V Commissione (Bilancio), deputato Massimo Bitonci, è intervenuto in sede di replica, mentre il rappresentante del Governo vi ha rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 1356-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge e degli emendamenti ad essi presentati (Vedi l'allegato A).

Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento, in quanto estraneo rispetto alle materie trattate del provvedimento, l'articolo aggiuntivo Ciaburro 2.0105, non previamente presentato nelle Commissioni, volto a prevedere l'istituzione di un fondo per il contenimento degli oneri per gli accessi stradali.

Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazione per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.

A tal fine, il gruppo Fratelli d'Italia è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1356-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

FRANCESCO BERTI , Relatore per la I Commissione. Grazie, Presidente. Sull'emendamento 1.100 Maschio, parere contrario, così come sull'articolo aggiuntivo 1.0100 Ciaburro, parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Pareri tutti contrari; parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.100 Maschio.

Ha chiesto di parlare il deputato Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, questo emendamento, all'articolo 7, commi 1 e 2, del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, la famosa “Severino”, propone di aggiungere le seguenti diciture: le parole: “nei due anni precedenti”, sono sostituite dalle parole: “nei due mesi precedenti” e, le parole: “nell'anno precedente”, sono sostituite dalle parole: “nel mese precedente”. In sostanza, Presidente, questo emendamento è frutto di un costante monitoraggio del territorio da parte di chi vive e conosce la situazione degli amministratori locali. Chi ha scritto le norme della “Severino”, che prevedono i cosiddetti due anni di raffreddamento, affinché un amministratore che sia stato consigliere comunale, provinciale, regionale, eccetera, possa essere nominato in una azienda o ente partecipati nell'ambito della regione in cui risiede, non ha mai visto un consiglio comunale, un consiglio provinciale, un'azienda partecipata in vita sua; ha scritto queste norme nel chiuso di uno studio senza nessuna conoscenza di come funziona la pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Secondo questa norma, se tu sei stato assessore alle aziende partecipate di un comune e, nel mandato successivo, non fai più l'assessore, non ti candidi, non vieni eletto, fai altre scelte, ma viene chiesta la tua professionalità, conoscenza e competenza di come funziona la macchina amministrativa delle aziende partecipate e ti si propone di essere nominato, ad esempio, presidente o componente del consiglio di amministrazione di una delle partecipate della tua provincia o del tuo comune, non puoi essere nominato, sei inconferibile per almeno due anni. Mentre, invece - lo dico con tutto il rispetto, ovviamente - se hai la terza media, sei disoccupato, prendi il reddito di cittadinanza e non hai mai visto un'azienda partecipata in vita tua, puoi fare il presidente della più importante municipalizzata del tuo territorio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

È una norma che è assolutamente fuori dalla realtà, che si basa su un pregiudizio che è offensivo per le migliaia di amministratori che si impegnano ogni giorno, in trincea, in tutta Italia, perché presuppone, in via preventiva, che, se sei stato assessore alle partecipate o consigliere comunale in un comune, hai un conflitto di interesse nell'esercizio del ruolo di componente di un consiglio d'amministrazione nell'azienda in cui, un domani, potrai essere nominato.

È una norma che, fra l'altro, rappresenta un'ulteriore sconfitta della politica rispetto a presunti tecnici che, in realtà, spesso, dimostrano di non essere affatto più capaci nel gestire la pubblica amministrazione, perché non c'è una migliore competenza tecnica. E manca anche la visione politica, perché chi è stato amministratore in un comune o in una provincia e lo ha fatto con impegno, ha una visione politica e amministra un'azienda avendo anche una visione più ampia di quella relativa alla sola contabilità dell'azienda ed ha una visione di come mettere in rete questa azienda o questo ente con le altre realtà del territorio; una visione che è un valore aggiunto, non è un handicap (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Non si può pensare che un pubblico amministratore sia considerato presuntivamente in conflitto di interesse e gli venga impedito di ricoprire ruoli che probabilmente potrebbe conoscere molto meglio di tanti presunti tecnici improvvisati che, spesso, vengono buttati nei consigli di amministrazione al posto di chi non è conferibile.

Quindi, mi rivolgo soprattutto - e concludo, Presidente - ai tanti colleghi della Lega, di Forza Italia, di Coraggio Italia, anche del PD, che hanno migliaia di amministratori nel territorio: parlate con i vostri amministratori e tutti vi diranno che queste norme sulla inconferibilità delle cariche agli amministratori locali sono una fesseria pazzesca (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), figlia della “Severino”, che dovrebbe essere abrogata o almeno migliorata, come propone questo emendamento, sostituendo - e concludo - il periodo di raffreddamento di due anni a quello, accettabile, di due mesi o di un mese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, la deputata Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Io sono firmataria di questo emendamento del collega Maschio e desidero portare all'attenzione di quest'Aula una circostanza: la norma che chiediamo di modificare non solo è figlia della peggiore antipolitica, ma è quell'antipolitica che diventa presunzione automatica di collusione, di colpevolezza, di incapacità amministrativa nei confronti di coloro che hanno avuto un ruolo all'interno delle nostre pubbliche amministrazioni. Io credo che questo sia, francamente, inaccettabile. In Parlamento ci sono tantissimi colleghi, validissimi colleghi, che sono stati bravi amministratori; proviamo per un attimo ad immaginare, se qualcuno di loro non fosse stato eletto e il proprio partito, legittimamente, avesse ritenuto di mettere la loro professionalità al servizio della cosa pubblica, non avrebbe potuto farlo. Allora c'è un tema che, secondo me, è giunto il momento di affrontare, che è quello di smetterla con l'ipocrisia dell'antipolitica a basso costo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Stumpo. Ne ha facoltà.

NICOLA STUMPO (LEU). Grazie, Presidente. Il principio da cui muove l'emendamento…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, un po' di silenzio, non si riesce ad ascoltare.

NICOLA STUMPO (LEU). … che è quello della non sovrapposizione nell'arco dei due anni e che vale per gli amministratori e per i parlamentari, equamente sulle questioni nazionali, ha, a mio avviso, la necessità di essere rivisto, e sono d'accordo; è stato fatto in un momento in cui, probabilmente, c'era una discussione, che io non condividevo, non ho condiviso e non condivido.

Bisogna, però - lo dico, tramite lei, al collega Maschio - utilizzare bene e meglio le ragioni. Infatti, un assessore con grandi capacità può tranquillamente essere una persona che ha studiato fino alla terza media, che ha fatto politica per tanti anni, che conosce l'amministrazione perfettamente e questo non significa, come è stato detto, che, poi, uno con la terza media non possa fare questa cosa. Lo dico condividendo il senso e la logica dell'intervento, però chiedo che non ci sia sempre una discussione in cui bisogna controbattere su chi ha preso il reddito di cittadinanza e chi no, chi è laureato e chi no, perché qui stiamo parlando della pubblica amministrazione, del diritto di ogni singolo cittadino a poterla esercitare e non del titolo di studio. Se su queste cose si vuole fare chiarezza, allora bisogna essere chiari fino in fondo e anche avere l'attenzione di non fare battaglie politiche di altra natura su questioni che hanno una loro importanza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Grazie, Presidente. Con il consenso dei presentatori, intervengo per sottoscrivere l'emendamento e per invitare - ho sentito il parere contrario espresso sull'emendamento e capisco anche gli accordi di maggioranza - l'Aula a una riflessione profonda su un tema non più rinviabile, Presidente.

La “legge Severino” va rivista, e non solo a tutela degli amministratori locali (Applausi di deputati dei gruppi Misto e Forza Italia-Berlusconi Presidente), ma a tutela di tutti coloro che svolgono attività politica, quindi anche tra noi parlamentari. Forse sarebbe stato il caso di non dare un parere contrario a questo emendamento, di soffermarsi. L'emendamento è buono, propone di sostituire “due anni” con “due mesi” precedenti alla condanna con riferimento alla impossibilità della candidatura. Presidente, forse sarebbe stata l'occasione corretta per ripensare e per riflettere su una legge che non è più attuale e che non è più aderente al nostro tessuto sociale.

Quindi, il mio voto sarà favorevole all'emendamento (Applausi di deputati dei gruppi Misto e Fratelli d'Italia); nonostante un accordo di maggioranza, credo che sia un atto dovuto - e chiudo, Presidente - rispetto a tutti coloro che in Italia svolgono funzioni, e quindi sono impegnati nella pubblica amministrazione, e a tutti coloro che in politica si impegnano ogni giorno con sacrificio, costanza e che devono essere liberi di poterlo fare perché vige nel nostro sistema un principio, che è quello consacrato dall'articolo 27 della Costituzione, che è la presunzione di non colpevolezza sino a pronuncia definitiva (Applausi di deputati dei gruppi Misto e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Alessandro. Ne ha facoltà.

CAMILLO D'ALESSANDRO (IV). Grazie, Presidente. Intanto credo che sia giusto costruire un ragionamento con una premessa che deve essere chiara: il merito, le ragioni, le argomentazioni che indicano la necessità di superare la “Severino”, in particolare su questa norma, sono sacrosante. Non c'è una ragione per la quale un eletto ad ogni livello sia considerato una sorta di appestato (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia); cioè, uno scelto dai cittadini, una volta che è scelto dai cittadini, ha una sorta di colpa da scontare in due anni. È una cosa assurda, quella norma è figlia di un altro tipo di populismo, il populismo da salotto, non urlato, che però ha messo in campo una norma che non ha alcun senso e dignità. Perché, però, mi adeguo al parere del Governo? Perché credo che sia presente il sottosegretario Scalfarotto, con delle deleghe importanti, che sta lavorando alla riforma organica del testo unico degli enti locali, ed è lì che noi dobbiamo inserirci per superare tutti questi limiti e tutti questi vincoli.

Credo che quest'Aula debba proprio indirizzare al sottosegretario questo auspicio; se neanche in quell'occasione riuscissimo a superare questi limiti allucinanti, credo che sarebbe un errore clamoroso. Infatti, se ci pensate, sulla “Severino” interviene anche un progetto di legge di iniziativa del Partito Democratico che tende a superare un altro limite di cui ieri dava conto la stampa: la storia della sospensione degli amministratori che non hanno ricevuto una condanna definitiva, però sono costretti a dimettersi temporaneamente dalla funzione fino a quando non matura sentenza definitiva, capovolgendo un po' il principio del terzo grado di giudizio.

Ci sono molti limiti, credo che l'iniziativa portata avanti dal gruppo di Fratelli d'Italia sia giusta nel merito; cerchiamo di collocarla nel luogo giusto, che è la riforma del testo unico degli enti locali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI (CI). Grazie, Presidente. Non è per sottoscrivere l'emendamento del collega di Fratelli d'Italia, e mi permetta un piccolo ragionamento per chi ha fatto il sindaco per 27 anni. Siamo arrivati ad un punto dopo tanti anni di contraddizione tra la “legge Severino” e la “legge Bassanini”.

È da eliminare la legge Bassanini, che è in contraddizione (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia e Fratelli d'Italia), e questo Parlamento deve avere il coraggio di farlo perché la legge Bassanini era stata fatta perché i politici rubavano e i tecnici invece non rubavano; con tutto il rispetto, si è dimostrato tutto infondato. Quindi è da eliminare la cosiddetta legge Bassanini. Aggiungo anche una proposta, con profondo rispetto della magistratura: i tempi sono cambiati, inviterei veramente anche questo Parlamento e la stessa magistratura, i nuovi magistrati ad effettuare un corso di formazione professionale, vicino al segretario comunale, su cosa vuol dire fare per sei mesi il sindaco (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia e di deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia), perché in quei sei mesi si troverebbero in una contraddizione e in un traffico di influenze che sarebbe enorme. Infatti, quando ci si trova con una mamma il cui figlio è senza lavoro e che, in ufficio, dice che vorrebbe trovare un lavoro al proprio ragazzo, nel rispondere “adesso guardo, vedo” in quel momento si potrebbe essere accusati di traffico di influenze (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Se fosse un magistrato, direbbe: “Esca fuori dalla porta!”. Non lo si fa per acquistare un voto, lo si fa perché si capiscono le problematiche sociali di quella famiglia. Allora credo che questo Parlamento dovrebbe rimettere mano complessivamente a queste problematiche e lo dico con profondo rispetto - lo ripeto - perché c'è necessità di cambiare, serve un modo diverso di vedere la pubblica amministrazione e di difendere anche gli amministratori, politici o civici che siano, nella propria funzione (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia e di deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il sottosegretario Scalfarotto. Ne ha facoltà.

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Ho ascoltato con grande attenzione tutti gli interventi, non ultimo quello del collega onorevole Napoli, e vorrei soprattutto dare un contributo di metodo, più che di merito. Ascolteremo probabilmente oggi, in Aula, moltissime osservazioni pertinenti e darò parere contrario a tutti gli emendamenti, non perché il Governo sia contrario nel merito ad alcune questioni che saranno sollevate ma perché, come ampiamente riportato dagli organi di stampa e anche da altri autorevoli esponenti del Governo, in quest'Aula, a partire dalla Ministra Lamorgese, in questo momento il Governo è impegnato, a 21 anni dall'entrata in vigore del testo unico degli enti locali, in una riforma organica di un testo che sicuramente è stato importante ma che mostra tutti i segni del tempo.

Voglio ricordare che soltanto pochi mesi dopo l'entrata in vigore del testo unico fu approvato il nuovo Titolo V della Costituzione e voglio ricordare i numerosissimi, direi gli innumerevoli interventi puntuativi che il Parlamento ha fatto su quel testo di legge, su quel decreto legislativo, e che hanno sicuramente talvolta contribuito a migliorare quel testo ma qualche volta lo hanno però sbilanciato. La realtà è molto cambiata negli ultimi 21 anni, manco a dirlo, per cui, devo dire, non soltanto questo Governo, ma i due Governi precedenti e i miei due predecessori, il senatore Candiani e Achille Variati, che hanno avuto le deleghe agli enti locali nei due Governi precedenti, hanno lavorato a una revisione di questo testo. È stata nominata un'importante commissione di autorevolissimi giuristi che ha fatto alcune proposte e il testo è attualmente in discussione con l'Associazione nazionale dei comuni italiani - vedo il vicepresidente vicario Roberto Pella seduto proprio davanti a me –, con l'Unione delle province, con la Conferenza delle regioni e con i partiti della maggioranza.

È un dibattito che è arrivato anche sui giornali e noi riteniamo che la sede più opportuna, più ordinata proprio per rimettere ordine in un testo estremamente complesso, che spesso ha controlli e bilanciamenti che vanno tenuti insieme, sia appunto quella. Per questo è più una questione di metodo che di merito e quindi il mio invito a tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, è di utilizzare questo strumento, che sarà il momento di un esame molto approfondito e olistico dell'intera materia, per poter sollevare tutte le questioni di cui probabilmente anche oggi parleremo. Lo dico semplicemente per chiarezza, anche per dare il giusto significato al nostro parere contrario: è un parere contrario, diciamo così, di metodo, che chiede al Parlamento di lavorare in quella sede, che ci sembra quella più opportuna, per mettere mano a una riforma che da lungo tempo è stata attesa e sulla quale si sta lavorando con la collaborazione anche degli enti locali, nella convinzione che enti locali efficienti ed efficaci siano sempre fondamentali ma mai come oggi, in un momento in cui il Paese deve ripartire ed è impegnato in un ambiziosissimo piano di riforme e di investimenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ruffino. Ne ha facoltà.

DANIELA RUFFINO (CI). Presidente, mi rivolgo a lei e, per suo tramite, al Governo: ammetto che fatico a comprendere il metodo di cui ha parlato ora il sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), fatico a comprendere questo metodo da parlamentare, ma anche da amministratore locale. Sono stata sindaco e conosco bene le aspettative dei sindaci e degli amministratori che non hanno compreso questo metodo e obiettivamente io non sono riuscita a spiegarglielo. Spero davvero che questo lungo tempo, impegnato a partorire qualcosa di veramente risibile, cessi e che le parole del sottosegretario abbiano un seguito in tempi brevi, perché non è più sufficiente dire che i sindaci sono il nostro riferimento e, poi, puntualmente, accantonare esigenze richieste da tempo (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Concordo con il sottosegretario Scalfarotto. Noi, qui, abbiamo fatto un lavoro di minimo comun denominatore che ha individuato tre norme. Per il resto, i gruppi hanno varie e legittime sollecitazioni. Anche noi, ieri, abbiamo depositato un testo che tocca il problema della sospensione degli amministratori in seguito a condanne non definitive, che è un punto scoperto dell'attuale disciplina. Però, teniamoci questo minimo comun denominatore in questa sede e lavoriamo insieme, tutti quanti, per arrivare a una riforma organica condivisa del TUEL (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Presidente, comprendo che questo è un periodo di restaurazione della politica italiana, ovvero che stanno ritornando indietro tutte le volontà e i presupposti che negli ultimi anni sono stati combattuti ed è per questo che noi di Alternativa voteremo contro questo emendamento proposto da Fratelli d'Italia, proprio perché il rischio è quello di inquinare gli enti locali attraverso la politica. Permettere le cosiddette porte girevoli, le sliding doors, a coloro che hanno avuto incarichi, tre mesi prima, all'interno, ad esempio, di una regione o di una provincia e che, tre mesi dopo, potrebbero tornare a fare i dirigenti all'interno della stessa regione, non fa comprendere quali siano le priorità perché non fa comprendere, in realtà, quanto fuori della politica vi siano competenze che la politica dovrebbe utilizzare. Non è minimamente corretto, nei confronti della generalità dei cittadini, che gli stessi politici decidano di fare una corte esclusiva, nella quale i gangli dell'amministrazione delle società pubbliche vengano gestiti solo ed esclusivamente dai politici. Ci sono commercialisti, ingegneri e avvocati fuori dalle aule consiliari, dalle aule regionali e dal Parlamento: utilizziamo le migliori competenze. Le amministrazioni pubbliche, le regioni, ma anche le amministrazioni private, le società private a controllo pubblico non devono essere e non devono appartenere agli appetiti dei partiti politici. È per questo che noi voteremo sicuramente contro questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Trancassini. Ne ha facoltà.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Presidente, mi sarei aspettato da lei una presa di posizione nei confronti di quello che ha appena detto il sottosegretario Scalfarotto, perché noi non siamo alla bocciofila o a un circolo ricreativo, questo è il Parlamento, e sentir dire al Governo che non è questa la sede (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché da altre parti si affronterà il problema, è di una gravità inaudita. Il Governo può dirci che è una scelta politica, anche su questo argomento e sugli argomenti più caldi, più divisivi ma, per la verità, per riallacciarmi a quanto detto dal collega Ceccanti, io non ho assistito a risse in Commissione ma a punti di vista che, con sfumature diverse, vanno tutti nella stessa direzione, cioè la necessità di intervenire su questo e su altri argomenti.

Il fatto che il sottosegretario, a fronte di una trasversale presa di posizione a favore del nostro emendamento, dica: sì, ma non è questa la sede, perché ci stiamo lavorando con il Governo, è un fatto gravissimo ed è la conferma di una deriva antidemocratica, alla quale noi non ci prestiamo, ma tanto meno si dovrebbe prestare lei, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Presidente, due considerazioni, una di merito e una di metodo, poi, magari, visto anche l'emergere di una trasversale disponibilità ad accogliere questo emendamento, le proporrei di accantonarlo, per valutare una riflessione aggiuntiva e provare a mettere mano a una norma che, oggi, tutto il Parlamento sta rappresentando come assurda. Ma mi consenta, al suo posto, se me lo permette, di fare una considerazione su quanto detto dal sottosegretario Scalfarotto. Io non ho motivo di dubitare della bontà e della buona fede delle intenzioni del sottosegretario Scalfarotto, ma non mi si può dire che non si discute della modifica degli enti locali che interessa i comuni, gli amministratori e i servizi ai cittadini, perché il Governo, forse, un giorno, depositerà un testo di modifica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Se il Governo ha un testo di modifica, lo depositi alle Camere, perché è il Parlamento che approva le leggi in questa Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Lei, Presidente, avrebbe dovuto difendere le prerogative di questo Parlamento.

Quindi, non c'è alcun testo ad oggi esistente, né votato dal Consiglio dei Ministri, né depositato alle Camere, né di modifica del testo unico, né, tanto meno, di revisione della legge Severino. Il Governo e il Ministero dell'Interno, visto che non si impegnano a fermare l'immigrazione clandestina e i rave party, almeno il testo unico degli enti locali lo depositino come modifica a queste Camere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Chiedo di sottoscrivere l'emendamento, ma trovo grave anche che il sottosegretario abbia detto che di questo testo, prima del Parlamento o delle Commissioni competenti, sia stata informata la stampa. Quindi, dice che è sbagliato il metodo di Fratelli d'Italia, che è presente nelle Commissioni, nelle Camere, e viene qui a dibattere con voi - e ringrazio i colleghi, anche chi ha espresso parere contrario -, però, noi dobbiamo apprendere le notizie dalla stampa, non dal Ministro, non dal sottosegretario che, poi, viene a darci qui lezioni sul metodo dei lavori parlamentari. Mi dispiace, perché lui ha più esperienza di me come parlamentare, ha fatto anche opposizione, e dovrebbe mostrare più rispetto per il lavoro dell'opposizione. Quando interviene, dovrebbe almeno ringraziare i colleghi che si sono messi a lavorare su questo emendamento e non dire che è un lavoro inutile, perché tanto ci sono altre sedi e il Governo sta lavorando (il Parlamento lavora, i parlamentari lavorano); e mostri più rispetto per il lavoro di ogni singolo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Maniero. Ne ha facoltà.

ALVISE MANIERO (MISTO-A). Presidente, ovviamente, condivido la perplessità di chi sente il Governo cercare di dissuadere il Parlamento dallo svolgere un ruolo che, ahimè, la Costituzione ci assegna e, quindi, scusateci se vorremmo svolgerlo. Al di là, di questa condivisione, nel merito dell'emendamento, devo dire che anch'io mi trovo contrario e mi trovo contrario, peraltro, sulla scorta anche della mia esperienza personale, da ex sindaco. Se c'è una cosa che, almeno, la Bassanini cercava di fare, era di creare una separazione tra parte politica e parte gestionale - secondo me, l'ha fatta molto male e non ha risolto molti dei problemi, è sicuramente da completare e da migliorare, e quella separazione, in molti casi, è illusoria, in altri casi, crea una classe di funzionari che non risponde assolutamente a nessuno, tanto meno all'amministrazione - però, questo emendamento, secondo me, è sbagliato: noi ci troveremo con sindaci e con amministratori che cessano il mandato e due mesi dopo vanno a ricoprire quei ruoli tecnici, gestionali, che, invece, in una bilancia di garanzia, dovrebbero andare a controllare l'equilibrio di alcune gestioni. Questo è proprio un episodio da porte girevoli; ne abbiamo già tantissime e di tante altre forme, non ce ne servono altre, io credo che sarebbe dannoso (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Presidente, ribadisco quello che diceva il collega D'Alessandro rispetto alla nostra posizione di merito, cioè siamo d'accordo nel rivedere la legge Severino, in particolare in riferimento ai sindaci però, il sottosegretario Scalfarotto, in apertura del suo intervento, ha ricordato una presa di posizione fatta in quest'Aula, ancor prima che sulla stampa, dal Governo, a proposito della volontà di mettere mano a una riforma organica del testo unico degli enti locali. In quella sede, in quella sede legislativa e non in quella sede intesa come Parlamento - è ovvio che dovremo discutere in Parlamento, anche quando il Governo approverà il testo di riforma del testo unico degli enti locali - è in quella sede, dicevo, cioè nel testo di revisione del testo unico degli enti locali, che noi dovremo andare a inserire questo elemento e tanti altri che non sono disciplinati dal disegno di legge che stiamo discutendo. Quindi, noi troviamo questa polemica assolutamente surreale. Il rispetto delle opposizioni e del ruolo del Parlamento è pienamente garantito in questo provvedimento e non solo, ovviamente, e siamo d'accordo anche sull'affrontare questo delicatissimo argomento. Evidentemente, i colleghi di Alternativa non hanno mai fatto esperienze di politica territoriale, non hanno mai amministrato un comune, non hanno mai amministrato qualcosa che avesse a che fare anche con un piccolo paese sperduto nelle nostre montagne, perché è evidente che quella norma penalizza, in maniera eccessiva, chi si assume l'onere di amministrare. Però, dev'essere inserita in un contesto più ampio, perché non possiamo continuare a fare modifiche al nostro ordinamento a pezzettini. Dobbiamo metterle insieme in un unico disegno di revisione e di rafforzamento delle autonomie locali, di rafforzamento della loro capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini e in grado anche di rispondere ad alcune storture, tra cui questa, che sono state introdotte in una fase politica del nostro Paese in cui imperava un populismo di cui finalmente pian piano ci stiamo liberando (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Presidente, c'era la richiesta di accantonamento da valutare.

PRESIDENTE. Sentiamo il relatore sulla richiesta di accantonamento. Prego.

FRANCESCO BERTI , Relatore per la I Commissione. Contrario.

PRESIDENTE. Se insiste sulla richiesta di accantonamento, darò la parola a un deputato contro e a uno a favore e poi andremo al voto. Insiste con la richiesta di accantonamento, deputato Prisco? Ha chiesto di parlare a favore il deputato Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Grazie, Presidente. Parlo a favore della richiesta di accantonamento, perché, dal dibattito odierno, emerge che questo emendamento è assolutamente fondato su una situazione reale che tantissimi di noi riscontrano, conoscendo la realtà delle amministrazioni locali in tutta Italia. Quindi, vedo che anche in diversi gruppi c'è una sensibilità e la necessità di una riflessione sul tema. Allora, noi siamo il Parlamento e possiamo dare un indirizzo. Mi rendo conto che, adesso, evidentemente, non c'è lo spazio, in pochi centesimi di secondo, di sviluppare una riflessione, ma se accantoniamo l'emendamento e proviamo a fare un ultimo tentativo per svolgere un momento di riflessione, prima di metterlo in votazione, credo che, con il buonsenso, si potrebbe aggiungere qualcosa a questo provvedimento, senza nulla togliere all'opportunità per il Governo di intervenire successivamente in modo più ampio sulla riforma degli enti locali. Quindi, vista l'ampia sensibilità sul tema, prendiamoci una breve pausa di riflessione, per fare un ultimo tentativo insieme, trasversalmente, perché non è un emendamento di partito, non è un emendamento ideologico, ma è un emendamento di buonsenso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. C'è qualche deputato che vuole parlare contro la richiesta di accantonamento? Non ci sono altri interventi e il parere del relatore rimane contrario sulla richiesta di accantonamento.

Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di accantonamento dell'emendamento 1.100 Maschio.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge per 301 voti di differenza.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 Maschio, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 1.0100 Ciaburro.

Ha chiesto di parlare la deputata Ciaburro. Ne ha facoltà.

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie, Presidente. Questa proposta emendativa di nuovo pone l'attenzione, anche con riferimento a tutte quelle proposte che abbiamo fatto, ad esempio la PdL di Fratelli d'Italia a mia prima firma, sui piccoli comuni, perché l'articolo parla di assunzioni straordinarie di personale. In determinate situazioni comunali non è più una questione straordinaria ma diventa un problema ordinario. Pertanto, si è andati a declinare - da 1 a 1.000 abitanti, da 1.000 a 3.000 e da 3.000 a 5.000 - possibilità in più in termini di assunzioni, oltretutto considerando quella parte di persone che lavorano all'interno di un comune nel quale magari c'è soltanto un addetto che va in pensione e chi subentra deve assolvere a tutte le funzioni senza aver avuto nemmeno un giorno di affiancamento.

Quindi, è importante prevedere nel piano del fabbisogno la possibilità - con riferimento a questa fattispecie che si sta evidenziando molto frequentemente, ahimè, nei piccoli comuni - di assumere personale aggiuntivo che poi succederà a quello che va in pensione, con un affiancamento di almeno 6 mesi. Credo sia una proposta di assoluto buonsenso, se si vuole pensare a comuni efficaci ed efficienti che offrono servizi alle comunità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.0100 Ciaburro, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 1356-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

FRANCESCO BERTI , Relatore per la I Commissione. Il parere è contrario su tutte le proposte emendative presentate, anche sugli articoli aggiuntivi 2.0102 e 2.0105 Ciaburro.

PRESIDENTE. L'articolo aggiuntivo Ciaburro 2.0105 è inammissibile. Il Governo?

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Il parere è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.101 Silvestroni.

Ha chiesto di parlare il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Presidente, intanto chiedo l'autorizzazione a sottoscrivere questo emendamento e oltretutto vorrei capire perché il relatore oggi esprima parere contrario. In realtà, è un emendamento che serve soprattutto alle carceri italiane. Le vorrei spiegare cosa succede nei piccoli comuni sotto i 1.000 abitanti, dove, purtroppo, si presentano liste che fanno riferimento a persone che non hanno visto questi comuni neanche con il binocolo. Perché vengono presentate queste liste? Vengono presentate perché, grazie alla presentazione di queste liste, soprattutto il personale della Polizia penitenziaria può non recarsi al lavoro nei 30 giorni precedenti alle elezioni, mettendo in gravissima difficoltà l'amministrazione penitenziaria, ma anche le stesse intere carceri; ovviamente, questo accade se questo personale di Polizia penitenziaria non si presenta, perché esentato dalla legge e soprattutto perché nei comuni sotto i 1.000 abitanti non si devono neanche raccogliere le firme. Noi vorremmo invece essere dalla parte di tutto il personale della Polizia penitenziaria che si reca al lavoro e che ama il proprio lavoro, con tutte le difficoltà che esprime il lavoro all'interno delle carceri che evidentemente questa maggioranza e questo Governo non comprende. Almeno, vorrei avere un motivo, da parte del relatore Berti, del parere contrario poiché le faccio presente - lo abbiamo visto anche in quest'ultima tornata - relatore, che, proprio in questa ultima tornata, in un comune montano della mia provincia di 200 abitanti si sono presentate 4 liste e ben 2 erano costituite da persone neanche lontanamente residenti nello stesso comune. A questo punto, vorrei capire il perché del parere contrario: noi stiamo facendo un favore a coloro che non vogliono recarsi al lavoro, soprattutto all'interno delle carceri, e che quindi sfruttano la lacuna di una norma. In questo caso, ringrazio Fratelli d'Italia per aver presentato questo emendamento perché permette di mettere una pezza sull'attuale legge, anche con riferimento a come viene sfruttata da alcuni l'attuale legge (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)

PRESIDENTE. Relatore Berti?

FRANCESCO BERTI , Relatore per la I Commissione. Indipendentemente dal merito dell'intervento del deputato Colletti, faccio notare che stiamo parlando dell'emendamento 2.101 Silvestroni e non dell'articolo aggiuntivo 3.0105 Colletti.

PRESIDENTE. Sì, però il deputato Colletti l'ha sottoscritto.

Deputato Colletti, su cosa vuole intervenire?

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Sull'ordine dei lavori. Innanzitutto, vorrei chiedere l'accantonamento dell'emendamento, così che il relatore possa leggere l'emendamento che evidentemente non ha capito (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), perché, nella confusione di 15 emendamenti, nemmeno sapeva di quale si stesse discutendo. Io sono intervenuto proprio sull'emendamento 2.101 Silvestroni, non sul mio e ho chiesto appositamente di sottoscriverlo per poter parlare. Quindi, sarebbe comodo magari fare una pausa per far leggere al relatore gli emendamenti e anche la legge; se proprio non si vuole fare una pausa per far leggere al relatore gli emendamenti, almeno accantoniamo questo e discutiamolo successivamente, magari dopo una preparazione sull'emendamento.

PRESIDENTE. Quindi, la sua è una richiesta di accantonamento dell'emendamento. Chiediamo al relatore un parere sulla richiesta di accantonamento. Il parere del relatore Berti è contrario sulla richiesta di accantonamento. Chi vuole parlare a favore dell'accantonamento? Prego, Colletti.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Presidente, la richiesta è stata fatta solo per permettere al relatore di leggersi l'emendamento, solo per questo. Non so se il Governo se lo sia letto, perché ha espresso parere conforme al relatore, il quale non si è letto l'emendamento, quindi posso immaginare che il Governo non abbia letto l'emendamento. Mi aspettavo dal relatore o dal Governo - visto che nel mio intervento sono stato abbastanza specifico sulle dinamiche che accadono soprattutto nei piccoli comuni e che coinvolgono il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e tutte le carceri italiane che sono in estrema difficoltà - almeno una pausa, grazie all'accantonamento, per poter corrispondere direttamente, per far comprendere, magari anche nelle stanze del Governo presenti in questo Parlamento, le problematiche reali del Paese in questo caso e soprattutto dell'amministrazione penitenziaria.

Una piccola pausa, un piccolo accantonamento non fa sicuramente male, tanto riusciremo a votare questa proposta di legge - penso - in un'oretta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare contro la richiesta di accantonamento il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Io credo che su questo tema valga il ragionamento che è stato fatto sull'emendamento precedente, quello del collega Maschio. La questione esiste - è vero -, al punto che mi risulta che al Senato sia stata approvata in prima lettura una norma che introduce di nuovo le firme per quel che riguarda la presentazione delle liste nei comuni sotto i mille abitanti. Nello specifico, quindi, io credo che valga il ragionamento che è stato fatto. Questa previsione deve essere oggetto del testo unico; mi permetto, tra l'altro, di osservare che l'emendamento, scritto così, non risolve il problema. Parlare genericamente di firme di elettori nei piccoli comuni non risolve la questione perché il problema è che devono essere elettori del comune, quindi non elettori generici. Infatti, è vero che, soprattutto durante elezioni non generali, che cioè vedono impegnati meno comuni, c'è stato spesso l'intervento che andava nella direzione che ha ricordato prima il collega Colletti e che in altri comuni alcuni partiti dell'estrema destra hanno utilizzato questo per poter dire che avevano “x” consiglieri comunali. Quindi, così come è scritto, oggettivamente l'emendamento non risolve il problema e invece credo che la questione sia da affrontare nei termini con cui è stata già affrontata al Senato. Per queste ragioni, l'accantonamento non ha senso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di accantonamento dell'emendamento 2.101 Silvestroni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge per 292 voti di differenza.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.101 Silvestroni, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.0102 Ciaburro, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 21).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 1356-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Avverto che l'articolo aggiuntivo 3.0108 Giovanni Russo è stato ritirato dal presentatore. Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere.

FRANCESCO BERTI , Relatore per la I Commissione. Sull'emendamento 3.104 Ciaburro il parere è contrario. Sugli articoli aggiuntivi 3.0104 Donzelli e 3.0105 Colletti il parere è contrario. L'articolo aggiuntivo 3.0108 Giovanni Russo è stato ritirato…

PRESIDENTE. Sì, è stato ritirato. Andiamo avanti.

FRANCESCO BERTI , Relatore per la I Commissione. Sugli articoli aggiuntivi 3.0113 Ciaburro, 3.0110 e 3.0111 Silvestroni, il parere è contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.104 Ciaburro. Ha chiesto di parlare la deputata Ciaburro. Ne ha facoltà.

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie, Presidente. Anche qui un ragionamento rispetto a quello che è stato tutto l'iter di questa PDL: alla fine, di sostanza, c'è stata l'immissione del terzo mandato per i sindaci dei comuni fino a 5 mila abitanti, senza però andare a compensare quello che già c'era, ossia il terzo mandato nei comuni fino a 3 mila abitanti. Allora, la domanda è: se il terzo mandato era già necessario nei comuni fino a 3 mila abitanti proprio per carenza di persone che si dedicano e sempre meno si trovano, tanto da far portare a 5 mila questa esigenza, in qualche modo andava compensato quello che già esisteva, portando al quarto mandato i comuni fino a 3 mila abitanti. Questo è il senso di questo emendamento, che, come sempre, in modo costruttivo, vuole cercare di dare l'occasione anche al Governo e a quest'Aula di andare incontro alle esigenze di questi comuni che sono numericamente più bassi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Se non ci sono altri colleghi che intendono intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.104 Ciaburro, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.0104 Donzelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 24).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 3.0105 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo. Ha chiesto di parlare il deputato Forciniti. Ne ha facoltà. Colleghi, senza brusii.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Un semplice emendamento di buon senso per provare a rendere più “pulite” le competizioni elettorali nelle elezioni amministrative. Cosa vogliamo fare? Vogliamo introdurre un limite massimo di liste in sostegno ai candidati sindaco in base alla popolazione di quel comune. Quindi, nei comuni sino a 30 mila abitanti, ogni candidato sindaco può dichiarare il collegamento con massimo due liste; nei comuni fra 30 mila e 100 mila abitanti massimo tre liste; fra 100 mila e 300 mila abitanti, massimo quattro liste; oltre 300 mila abitanti, massimo cinque liste.

Vorremmo in questo modo evitare quel proliferare di liste civetta, che vengono costituite appositamente per le elezioni comunali, nelle quali poi vengono imboscati parenti e amici che prendono quei 30, 40, 50, 10, 5 voti, che spaccano le famiglie e che in questo modo influenzano anche le dinamiche elettorali che spesso e volentieri, quindi, sono meno libere; infatti, sappiamo che, anche nelle piccole realtà comunali, spesso queste liste vengono messe in piedi semplicemente per provare un po' ad alterare il risultato elettorale.

Se noi, invece, mettessimo un limite massimo di liste collegate a ogni candidato sindaco, probabilmente otterremmo il risultato di avere delle liste di qualità e delle candidature più consapevoli, che quindi, secondo me, alzerebbero anche il livello del confronto politico e la consapevolezza degli elettori. E questi ultimi, magari, non si ritroverebbero confusi fra mille simboli e simboletti che nascono al momento delle elezioni e un proliferare enorme di candidati, parenti e amici, che vengono a chiedere il voto, magari semplicemente per il gusto di farlo, e che spesso poi finiscono per portare acqua al mulino dei candidati a sindaco con liste, ripeto, che non hanno dietro un percorso o un progetto politico e non hanno consapevolezza.

Ci sembra semplicemente una proposta di buon senso, molto simile anche a quello che era il pensiero del MoVimento 5 Stelle. Ricordo che alle comunali, se non sbaglio, ci fu proprio una proposta di legge del MoVimento 5 Stelle, addirittura più integralista di questa perché mirava a porre un limite ancora più estremo, mi pare addirittura una o due liste al massimo per candidato sindaco; noi, invece, stiamo dicendo che nei comuni grandi si può andare non oltre le cinque liste.

Quindi, mi farebbe piacere vedere il voto favorevole di un movimento che ha sempre provato a rendere anche più pulite e trasparenti le elezioni, a partire da quelle comunali (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.0105 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.0113 Ciaburro, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 26).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.0110 Silvestroni, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 3.0111 Silvestroni. Ha chiesto di intervenire il deputato Trancassini. Ne ha facoltà.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Grazie, Presidente. Il 7 aprile del 2014 - a proposito di populismo, onorevole Di Maio - avete raccontato alla Nazione che venivano abolite le province. In realtà, veniva abolita semplicemente per i cittadini la possibilità di votare il presidente della provincia e i consiglieri provinciali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Avete lasciato la vigenza di questo ente, gli avete lasciato competenze importanti, come quelle della viabilità e della scuola, e avete ideato una genialata vera e propria: far votare i consigli provinciali e i presidenti delle province da un secondo livello. A parte che c'era da capire qual è il primo e qual è il secondo livello, perché che la politica dica a se stessa di essere di secondo livello rispetto ai cittadini io la trovo già un'aberrazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); infatti, per noi, in una democrazia, il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto livello è sempre quello di affidarsi al voto dei cittadini; ma, insomma, avete fatto questa genialata di inventarvi il secondo livello e, quindi, di fatto non avete abolito le province: avete semplicemente abolito per i cittadini la possibilità di scegliersi i consiglieri provinciali.

Questa cosa ha provocato una montagna di problemi. Mi ricordo, da sindaco, che non riuscii a spiegare ai miei cittadini che la provincia esisteva, ma, di fatto, non esisteva per loro la possibilità di votare i propri consiglieri provinciali.

Con questo emendamento, signor Presidente, noi vorremmo ripristinare questa democrazia sospesa, perché questa è; cioè, in questo momento, i consigli provinciali non vengono scelti dai cittadini.

Approfitto di questa possibilità pubblica per farlo sapere alla Nazione. È una cosa che i cittadini normali non sanno, onorevole Stumpo, non quelli con la terza media, quelli con la laurea, tutti i cittadini italiani – tutti! - non sanno che, da qui a pochi giorni, si voterà per il rinnovo dei consigli provinciali in quasi tutte le province e non sanno che, in questo momento, i partiti politici stanno lavorando per scegliere i consiglieri provinciali, quelli a cui il cittadino, poi, dovrà rivolgersi per sapere se apre o meno la propria scuola (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), se verranno fatti quei lavori di manutenzione stradale: lo sta decidendo la politica, chiusa e asserragliata nei palazzi dei consigli comunali, dei consigli regionali e del Parlamento.

Questo noi lo troviamo un fatto molto grave e sono anche convinto, signor Presidente, che siamo tutti d'accordo che è una cosa che non deve essere fatta. Sfido i colleghi del Partito Democratico e anche i colleghi di Italia Viva. Mi farebbe piacere, a distanza di tanti anni, - ne sono passati sette - che qualcuno di voi spiegasse a me, sindaco di allora, questa scelta. Ma davvero c'è ancora qualcuno di voi che pensa che sia saggio far scegliere i consigli provinciali ai consiglieri comunali e non ai cittadini? Perché io questo lo trovo assurdo e impossibile, è contro la ragione.

Allora, vede, signor Presidente - tramite lei mi rivolgo al sottosegretario Scalfarotto - questo è il momento, questo è il luogo, non abbiamo una scadenza, non c'è un decreto che cessa la sua vigenza. Questo è uno dei rari momenti di confronto democratico, parliamo di un tema molto serio, parliamo della sottrazione della democrazia nei confronti dei nostri cittadini e abbiamo, signor Presidente, una grande fortuna; abbiamo lei come Presidente, abbiamo una istituzione che, nel momento del suo insediamento, ci ha ricordato la centralità del Parlamento.

Lei è, tra l'altro, appartenente al partito di maggioranza relativa che credo non possa essere d'accordo che la politica scelga se stessa, che la casta - se la vogliamo chiamare come la chiamavate prima che voi diventaste casta - scelga se stessa. Allora, è una grande occasione, siamo sostanzialmente d'accordo tutti, abbiamo visto che è un fallimento, è una espropriazione della democrazia e abbiamo lei, come Presidente. Ecco, faccio appello a tutto il Parlamento, mi auguro che questo emendamento venga approvato. In subordine, Presidente, non chiedo l'accantonamento, chiedo almeno il rispetto e la soddisfazione da parte di un esponente della maggioranza che, in un minuto, mi spiegasse perché è giusto che i cittadini non votino per la provincia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ci sono altri interventi? Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferro. Ne ha facoltà. Poi, l'onorevole Napoli.

WANDA FERRO (FDI). Grazie, Presidente. Intervento per sottoscrivere questo emendamento che dovrebbe finalmente eliminare quella stortura, che, qualche anno fa, fu decisa sulla base di una legge, per quanto ci riguarda immotivata, ingiusta e incomprensibile, ossia che ci fossero enti più utili e meno inutili. Parlo della capacità di chi interpreta il ruolo come nella storiche province, che hanno sempre potuto essere quel trait d'union di raccordo tra le regioni, le esigenze dei comuni stessi, ancor di più svuotate delle competenze, dove il personale è rimasto posteggiato, dove non c'è stata alcune riduzione di costo, solo un grande schiaffo alla politica, ma quella qualità amministrativa dovrebbe ritornare in campo solo attraverso quello che Fratelli d'Italia chiede a tutti i livelli: il potere del popolo sovrano, una parola in questo emiciclo sconosciuta, rispetto ai tanti Governi che si susseguono, ovviamente, non sulla base della scelta del popolo. Proviamo a farlo almeno con le province, tornando indietro e ammettendo che è stato un gravissimo errore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI (CI). Grazie, Presidente. A titolo personale, non vi sono dubbi, sottoscrivo quanto riferito dal collega Trancassini, ma lo sottoscrivo, perché ha ragione, Presidente. è un'elezione di secondo livello in una situazione come questa, dove - lo dico a tutti i colleghi -, questa volta, arriveranno tante di quelle risorse sul piano territoriale nell'area metropolitana di qualsiasi parte d'Italia attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che mai tanti soldi ci sono da mettere sul territorio. Vede, lo dico con profondo rispetto, ma come fa il sindaco di Torino o di Milano ad essere anche sindaco dell'area metropolitana e riuscire a seguire quanto avviene - faccio un esempio - da Torino a Ceresole Reale (2.500 metri di altitudine), a 150 chilometri di distanza, oppure da Torino e a Sestriere, che non hanno nulla a che fare sotto tutti gli aspetti? Credo che avremmo dovuto fare una legge e guardare complessivamente la situazione. Allora, dico soltanto che è una situazione di ripetizione del consiglio provinciale, ma di secondo livello. Credo che con riferimento ai soldi che arriveranno - lo sappiamo tutti, e meno male che arrivano - e che saranno usati, sarebbe stato meglio che fossero decisi e usati direttamente dalla gente, non, invece, da chi viene eletto dalla politica. Credo che avremmo fatto un buon lavoro e - lo dico al sottosegretario Scalfarotto, che certamente è attento a queste problematiche - credo sia necessario riprendere questo aspetto su cui voteremo oggi - voterò a favore -, ma è limitato con riguardo a tutta la parte degli enti locali. Sono passati anni – anni e anni - e non abbiamo modificato nulla né abbiamo il coraggio di modificare alcunché. I problemi di oggi rappresentano una piccola parte rispetto a tutte le problematiche. Abbiamo il coraggio di presentarla in Parlamento prima della fine della legislatura e di approvarla; è un dovere da parte nostra.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.0111 Silvestroni, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1356-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Avverto che gli ordini del giorno n. 9/1356-A/1 Torto, n. 9/1356-A/4 De Luca e n. 9/1356-A/5 Miceli sono stati ritirati dai rispettivi presentatori.

Se nessun chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo a esprimere i pareri.

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie Presidente. Per considerazioni del tutto analoghe a quelle che ho fatto nel mio intervento precedente, nel ringraziare i colleghi deputati che hanno già ritirato i loro ordini del giorno, esprimo un invito al ritiro di tutti gli ordini del giorno presentati da Fratelli d'Italia: in subordine, naturalmente, il parere sarà contrario, però con rammarico.

PRESIDENTE. Quindi, l'ordine del giorno n. 9/1356-A/1 Torto è stato ritirato. Sull'ordine del giorno n. 9/1356-A/2 Caretta, vi è un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario. Lo pongo in votazione?

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1356-A/2 Caretta, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 29).

Sull'ordine del giorno n. 9/1356-A/3 Ciaburro vi è un invito al ritiro.

Ha chiesto di parlare la deputata Ciaburro. Ne ha facoltà.

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie Presidente. Vorrei solo chiedere una cosa. Se davvero, come ha detto il sottosegretario, c'è “l'intenzione a” e, quindi, nel metodo, tutte queste problematiche che fa emergere Fratelli d'Italia sono condivisibili, non capisco perché “con rammarico” bisogna bocciare tutti gli ordini del giorno. Sinceramente, non mi è chiaro.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1356-A/3 Ciaburro, con parere il contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 30).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/1356-A/6 Maschio.

Ha chiesto di parlare il deputato Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Grazie Presidente. In occasione dell'emendamento sulla inconferibilità prevista dalla “legge Severino” nei confronti di chi ha ricoperto la carica di amministratore locale, abbiamo visto che c'è una ampia riflessione in corso da parte di diverse forze politiche. Il sottosegretario ci ha detto che è sostanzialmente condivisibile la ratio di questo emendamento, ma non poteva essere in ogni caso accolto o votato e ha mantenuto il parere contrario, perché vi sarebbe un tavolo di lavoro, a livello governativo, per riorganizzare l'intero testo unico degli enti locali. Ebbene, per essere coerenti e conseguenti a tutto questo, considerato che l'emendamento è stato bocciato, ma che c'è un'ampia condivisione sulla ratio della questione, credo che un ordine del giorno, che non vincola nessuno alla modifica di un testo legislativo, ma che ribadisce un indirizzo per cui, a parole, nei vostri interventi, quando avete votato contro l'emendamento - a parole - avete annunciato di condividerne gli obiettivi, sia nulla di più semplice per ribadire questa linea e dare un indirizzo al Governo e alla maggioranza, in vista di del futuro intervento che verrà svolto sul testo unico degli enti locali, nonché per ribadire questo concetto. Questo ordine del giorno propone e chiede di adottare iniziative volte a sopprimere o almeno ridurre ad un massimo di due mesi i tempi previsti dall'articolo 7 della “legge Severino” che attualmente stabilisce due anni di inconferibilità, nelle cariche di presidente o amministratore di qualche azienda o ente partecipato, per chi ha avuto la maledizione, a questo punto, di essere un buon amministratore, eletto dai cittadini. Magari ha avuto la maledizione di aver fatto il sindaco, l'assessore alle partecipate, di aver sviluppato una competenza e una conoscenza. Ma si è anche ai confini con riferimento alla violazione del principio di eguaglianza dell'articolo 3 della Costituzione: tutti i cittadini che ne abbiano i requisiti possono essere nominati in qualche azienda o ente locale, ma, se sei un amministratore, hai una maledizione e non lo puoi fare. È un pregiudizio, frutto di un qualunquismo antipolitico - che è stato tradotto poi, nel 2013, nella “legge Severino” -, al quale il buonsenso dovrebbe finalmente porre rimedio. Quindi, rivolgo un appello a tutte le forze politiche e a tutti i colleghi che hanno condiviso la ratio dell'emendamento, non potendo, non volendo votarlo a favore: almeno sull'ordine del giorno diamo un indirizzo per i futuri lavori, quando metteremo mano al testo unico degli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Grazie Presidente. Per sottoscrivere questo ordine del giorno e aggiungere una considerazione che è emersa anche nei lavori della Commissione su questo ed altri temi. Il collega Maschio l'ha posto con termini anche garbati ma, francamente, all'equiparazione del criminale con il consigliere comunale sinceramente non riesco a starci (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Norme che precludano, al pari del condannato, oltre due anni, a chi ha fatto politica di poter mettere a disposizione la propria professionalità anche in enti terzi o partecipati, sinceramente le ritengo ingiuste. Mi auguro che, con l'accoglimento di questo ordine del giorno, così come auspicato dal sottosegretario Scalfarotto, il Governo possa attivarsi quanto prima e portare in quest'Aula anche una modifica e una rivisitazione della “legge Severino”.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1356-A/6 Maschio, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1356-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Rappresentante del Governo, è stato più volte sottolineato nel dibattito su alcuni emendamenti che questo provvedimento, ovviamente, non può e non ha neppure l'ambizione, dopo i numerosi emendamenti soppressivi in Commissione, di essere esaustivo, però va riconosciuto, in particolare al collega Pella, un impegno vero per cercare di intervenire su alcune questioni.

Con riferimento ai tre articoli, il primo è dedicato all'inconferibilità di incarichi presso gli enti di diritto privato in controllo pubblico. È un tema che merita, certamente, di essere ulteriormente approfondito - più in generale, il tema delle cosiddette “porte girevoli” - perché, se da un lato, è giusto e condivisibile evitare una criminalizzazione di chi ha svolto, magari anche per un solo mandato, un ruolo di servizio pubblico da consigliere comunale, spesso neanche retribuito, al tempo stesso, c'è un principio legato alle “porte girevoli” in quasi tutte le normative che riguardano gli enti locali nel resto dei Paesi europei; c'è una logica, bisogna trovare un equilibrio.

Io vorrei sottolineare, in particolare, il nostro favore rispetto all'articolo 2. C'era da tempo una domanda nei piccoli comuni per la semplificazione in materia di controllo di gestione, perché, evidentemente, sui piccoli comuni, a normativa vigente, c'era un carico eccessivo, spesso burocratico e non sostanziale, pari esattamente a quello di un comune come Roma. Quindi, da questo punto di vista, individuare, a seconda della dimensione del comune, obblighi differenti è corretto.

Mi permetto di aggiungere - credo che i colleghi saranno d'accordo - che dovremmo trovare il modo, sottosegretario, anche di intervenire sulla reportistica, cioè i piccoli comuni sono soggetti periodicamente a reportistiche, spesso raddoppiando le stesse informazioni a seconda dei Ministeri che le richiedono, a seconda delle normative esistenti. Credo che questo sia un ulteriore elemento che vada sottolineato.

Infine, vi è la questione dell'aumento del numero di mandati da due a tre nei comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti. Anche su questo, credo che ci voglia chiarezza. Noi condividiamo questa impostazione: l'innalzamento da due a tre mandati per i comuni fino a 3 mila abitanti era stato introdotto con la legge n. 56 del 2014; io fui tra coloro che sostennero questa modifica dell'epoca. Portare la cifra da 3 fino a 5 mila abitanti, sostanzialmente, non modifica la sostanza. Vedrei, invece, con preoccupazione un ulteriore innalzamento del terzo mandato in comuni più grandi, ma, soprattutto, come ho espresso in Commissione, è mia intima convinzione che sia assolutamente da rigettare la proposta, che arriva da una parte dei piccolissimi comuni, di abolire il tetto dei mandati fino a 3 mila abitanti. Il tetto dei mandati - lo ricordo - è una norma di contrappeso, di bilanciamento che venne introdotta quando si passò all'elezione diretta dei sindaci. Io credo sia giusto che il sistema sia bilanciato e la nostra Costituzione ha molta cura nei bilanciamenti. Allo stesso modo, si può ragionevolmente portare da due a tre nei comuni fino a 5 mila. Non sarebbe - spero che esca fuori dall'agenda - invece da considerare l'ipotesi di cancellazione del numero di mandati per i comuni fino a 3 mila.

Ho provato molto brevemente a esporre le ragioni che ci portano a votare a favore del provvedimento, ringraziando tutti i colleghi che ci hanno lavorato e, in particolare, il collega Pella che è stato il promotore. Resta, ovviamente, la questione delle questioni, mi perdoneranno sia il collega Pella che il collega Scalfarotto, ma è evidente che il tema è la riforma del TUEL. In quell'occasione, credo che dovremmo riaffrontare molte delle questioni, cercando, però - e chiudo su questo -, di dargli organicità. Non si può prendere un pezzo astratto dal resto e questo è in riferimento al ruolo delle province, al ritorno all'elezione diretta della provincia o, invece, la prosecuzione di un'elezione di secondo grado, bisogna ragionare sulle unioni dei comuni, bisogna ragionare sulle gestioni associate. Insomma, ci sono molte questioni che possono e devono trovare una risposta e, auspicabilmente, in questa legislatura. Quindi, l'invito al Governo è quello di arrivare alla stesura, il prima possibile, di un testo, di una bozza di testo, e credo anche - mi rivolgo all'opposizione - che questo debba coinvolgere anche le opposizioni, perché il TUEL, mi si passi - il professor Giorgis, magari, mi sgriderà -, è un po' la Costituzione, tra virgolette, degli enti locali e, quindi, è auspicabile che, sulle regole del gioco, sulle regole di funzionamento, ci possa e ci debba essere la più larga condivisione possibile. Per queste ragioni, voteremo a favore del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ruffino. Ne ha facoltà.

DANIELA RUFFINO (CI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Governo, noi pensiamo che il contributo fornito dalle diverse parti abbia consentito di affrontare, purtroppo soltanto parzialmente, le numerose questioni concernenti la riforma dell'ordinamento degli enti locali, che, da molto tempo, necessita un serio ripensamento e anche una profonda opera di aggiornamento. Allora, bene l'articolo 2, che dispone una semplificazione contabile per i comuni con meno di 5 mila abitanti - viene eliminato l'obbligo di effettuare il controllo di gestione -, e l'articolo 3, che eleva da due a tre il numero dei mandati consecutivi consentiti ai sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti, come attualmente consentito ai comuni fino a 3 mila abitanti. Bene, ma non sufficiente, assolutamente non sufficiente, aggiungo.

Signor Presidente, nell'attuale situazione emergenziale - e ci dimentichiamo di questo aspetto, spesso - dovuta alla continua diffusione del contagio COVID-19, ci sono degli elementi che figurano in prima linea: sono i sindaci e sono proprio quella stragrande maggioranza dei comuni di minore dimensione demografica che, nonostante le difficoltà, stanno ancora lavorando, oggi, strenuamente per fronteggiare nei propri territori l'avanzata del virus. Ricordo all'Aula che, in qualità di autorità sanitaria locale, di protezione civile, di pubblica sicurezza - vedete quanti sono gli elementi -, di igiene pubblica e anche, spesso, in qualità di responsabili dei servizi in generale, sono stati proprio i nostri sindaci ad intervenire con azioni immediate per contenere il rischio di contagio nei confronti dei cittadini e sui territori. E ricordo ancora - ed è bene che questo lo interiorizziamo - che, fin dall'inizio della pandemia, i sindaci hanno attivato i centri operativi comunali, li hanno presieduti, hanno disposto con ordinanze le misure più idonee a livello locale per fronteggiare la crisi, hanno informato i cittadini, impegnandosi in prima persona a garantire l'osservanza delle norme emanate. Ecco, questi requisiti non devono andare dispersi, devono essere valorizzati. Ma non è finita qui, perché la diffusione del virus è ancora molto importante e complessa. Ed è proprio per questi motivi e per quelli che andrò ad esporre, che oggi deve essere ripensata la normativa vigente, per quanto ci riguarda, abrogando il limite di mandato per i piccoli comuni. Come è noto, il limite per i sindaci è fissato in tre mandati consecutivi per i comuni fino a 3 mila abitanti; una misura che si è rivelata tremendamente inadeguata per i piccoli comuni per svariati motivi. Intanto è bene ricordare che sono sempre più numerosi i comuni commissariati per mancanza di candidature; sono troppi i comuni nei quali si presenta una sola lista o dove, per dare continuità, si avvicendano gli amministratori solo per interrompere il limite dei tre mandati consecutivi: la realtà è questa. Se c'è la volontà di andare a vedere che cosa succede sul territorio italiano, ci rendiamo conto che a ogni mandato amministrativo si riducono le liste e sono troppi i municipi privi addirittura di liste, e, quindi, commissariati. Ci stupiamo - sto cercando di accorciare il mio intervento - quando si arriva al 50 per cento dei cittadini che si recano al voto. Questo ovviamente è uno dei motivi che dobbiamo prendere in considerazione. Sappiamo dove sta il problema, ora occorre vedere se ci sarà la volontà di risolverlo. Certamente per tutte queste comunità sarebbero garantite situazioni di tranquillità e sicurezza rimettendo proprio in mano ai cittadini la volontà di riconfermare o meno il sindaco uscente. E allora è necessario prevedere - e questo ci è stato detto dal sottosegretario Scalfarotto, e ci contiamo - in tempi brevi provvedimenti, lo ribadisco; ad esempio, valutare la rimozione del limite dei mandati. Poi sappiamo bene quanto i nostri sindaci stiano attendendo ampie modifiche al testo delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

Signor Presidente, i piccoli comuni stanno vivendo una situazione disperata: l'attuale norma in materia di assunzioni favorisce i comuni che hanno generato esuberi o fra il personale a tempo indeterminato o fra quello a tempo determinato o in entrambi i casi, e penalizza i comuni che hanno avuto una spesa di personale ridotta. Il collega Fornaro ha parlato di unioni dei comuni, questo è un altro tema che ovviamente deve essere affrontato. E riporto ancora in quest'Aula il tema dei segretari comunali, un'altra emergenza che ovviamente colpisce i nostri comuni. Un numero importante: dal 2010 ad oggi i segretari comunali si sono ridotti di oltre 700 unità. Solo a titolo di chiarimento, in Abruzzo, su 135 comuni con meno di 3 mila abitanti, oltre 100 sono sprovvisti di segretario comunale. E così nella pratica sappiamo che un comune su due dei quasi 8 mila comuni italiani è amministrato senza l'indispensabile figura del segretario comunale. Ma qual è la parte che soffre di più questa carenza? Ancora una volta sono i piccoli comuni legati ai segretari comunali di fascia C. Coraggio Italia è un partito che nasce dai territori, che ha a cuore il destino dei sindaci, e quindi peroriamo una maggiore attenzione sugli enti locali, ovviamente per quanto esposto, ma è soltanto una piccola parte delle necessità improcrastinabili. Ci aspettiamo sicuramente un maggior coraggio per il futuro, proprio per non limitare le azioni amministrative, ed auspichiamo anche un respiro più ampio, dato dalla lungimiranza che tutti riconosciamo al Presidente Draghi, che ha ben chiara la complessità delle sfide che attendono il Paese e il suo Esecutivo, quindi attuare il Piano di ripresa e resilienza con le riforme necessarie, ovviamente con il contributo degli enti locali. Ma, per fare questo, bisogna metterli in condizione di lavorare e agire con sicurezza e serenità, come i nostri sindaci - l'ho detto prima e lo ribadisco ora - hanno fatto in questo difficile tempo. Noi riteniamo davvero serva avere più coraggio, signor Presidente, e mi rivolgo proprio a lei e, per suo tramite, ancora al Governo, perché pensiamo che non è possibile che un sindaco, in qualità di massima autorità locale e come legale rappresentante, sia automaticamente perseguibile e denunciabile per ogni fatto che coinvolge la pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

Non è più procrastinabile una riforma che preveda una semplificazione degli adempimenti ai quali sono chiamati genericamente tutti i comuni, a prescindere dalle dimensioni, e parlo di SOSE, di anticorruzione, di Istat e di bilancio consolidato. Questo deve essere tenuto in conto almeno per i comuni al di sotto dei 5 mila abitanti. Che cosa succede? Quando i comuni devono affrontare tutti questi temi, automaticamente poi si tralascia la parte più importante, che è quella dei servizi a domanda individuale erogati ai cittadini. Non voglio pensare a una strategia per logorare nel tempo i piccoli comuni e per portare a scelte obbligate, magari di morte di questi piccoli comuni, però si sappia che, se è così, si arriverà sicuramente a quel punto, e questo è un aspetto estremamente spiacevole. Noi, come Coraggio Italia, offriamo al Governo la più ampia collaborazione a intervenire in maniera più decisa sul testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. Certamente è un'apertura di credito, la nostra, con il voto favorevole al testo oggi in esame (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vitiello. Ne ha facoltà.

CATELLO VITIELLO (IV). Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, in premessa la conclusione: votiamo a favore di questo provvedimento; noi di Italia Viva crediamo che sia di buon auspicio. Mi sia consentito, però, tuttavia dire che rappresenta soltanto un punto d'inizio. Il lavoro del collega Pella noi lo abbiamo constatato all'interno della Commissione, abbiamo visto quanto ha sgomitato, in prospettiva di un provvedimento che doveva essere certamente più ampio. Riteniamo che la legislazione, e quindi la giurisdizione degli ultimi vent'anni, abbia completamente modificato e alterato il ruolo dei sindaci di questo Paese, producendo due effetti, Presidente. Il primo, assolutamente positivo: oggi i sindaci sono uomini coraggiosi, i sindaci sono eroi del territorio, la prima linea. Il secondo, assolutamente negativo: ha ridotto il numero su cui contare per la nuova classe dirigente, perché quel coraggio lo hanno sempre meno persone. E, allora, occorre fare qualcosa di più, occorre certamente mettere mano al testo unico degli enti locali, perché riteniamo che la legislazione debba essere modificata mai come in questo momento, perché la ricaduta economico-finanziaria di quello che avverrà, e che sta in realtà, Presidente, già avvenendo, perché alcuni progetti sono stati già depositati, approvati e sono destinatari del fondo del PNRR, ha bisogno non del coraggio dei pochi, ma della consapevolezza di chi, qui dentro, deve lavorare in prima linea assieme ai sindaci (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Ma quanti sindaci siedono su questi scranni? Tanti? Da quello che vedo e da quello che ho visto rispetto alla discussione sul provvedimento Pella forse pochi. Voglio che siano coinvolti i sindaci parlamentari per la riforma del TUEL, loro hanno la possibilità di far comprendere che cosa succede nelle piccole e grandi amministrazioni. È diventata una missione, Presidente, perché i sindaci si espongono ogni giorno e sono chiamati a rispondere personalmente per gli atti più disparati. La cronaca degli ultimi anni è piena di sindaci che sono chiamati personalmente a rispondere in sede penale, civile, erariale.

Allora, è necessaria una dimensione più complessiva e, mutuando, utilizzando le parole del sottosegretario, olistica del problema. Voglio richiamare le parole del Presidente Draghi in occasione dell'assemblea ANCI del 2021: si apre una nuova fase per l'Italia e per i suoi 8 mila comuni, che saranno chiamati a svolgere un ruolo fondamentale ai fini dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, gestendo risorse e realizzando progetti. Questo, insomma, è il buon auspicio. Di questi già 159 di rigenerazione urbana risultano approvati, su cui sono stati investiti 2,8 miliardi di euro. Il problema noi ce lo porremo non solo quando affronteremo il testo unico, ma lo faremo già in legge di bilancio. Presidente, noi abbiamo un grande problema rispetto a quella normativa, alla quale tante volte sentiamo il rimando dei nostri amministratori locali, relativa al dissesto dei comuni; ci sono comuni che hanno gravi problematiche finanziarie e occorre far sentire la nostra vicinanza, non soltanto, con un finanziamento spicciolo che risolve il problema all'ultimo momento, problema che, poi, si riproporrà nel prossimo, immediato futuro. Sottosegretario, noi ci siamo confrontati più volte sul tema, dobbiamo rivedere la normativa sul dissesto. È lì che riusciamo a curare i mali delle piccole amministrazioni, e anche delle grandi amministrazioni. Il Presidente conosce bene le vicende del comune di Napoli. Noi manifestiamo la nostra vicinanza non soltanto aiutando in maniera estemporanea, ma creando una normativa ad hoc che possa aiutare tutti i comuni d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

I comuni hanno bisogno di semplificazione, questa è soltanto la prima pietra nello stagno; aspettiamo di vederne il riverbero. Occorre chiarezza e la collaborazione che noi, in questo segmento parlamentare, abbiamo manifestato, occorrerà anche in seguito. Io voglio puntare - lo ribadisco, voglio puntare - su chi ha cariche elettive nei propri territori, su chi è sindaco e conosce il problema. Presidente, noi abbiamo percepito il comune sentire, ma ci sono perplessità sulla consapevolezza di tanti qui dentro che, probabilmente, non hanno conosciuto cosa significhi essere in prima linea sui territori ed essere al centro delle istanze, le più disparate. Quando noi pensiamo alla modifica, anche in materia di diritto penale, non è perché noi vogliamo creare una classe di privilegiati fra gli amministratori locali – no! - è perché sappiamo che ricade sull'amministratore locale tutto quello che concerne la vicenda amministrativa di un paese. Pertanto è doverosa l'attenzione massima nei loro confronti e quando si dice un abuso d'ufficio non si nega a nessuno, è ora di dire basta rispetto alla ricaduta mediatica che ha, e lo abbiamo visto in tutti i gruppi parlamentari, qui dentro.

Allora, io dedico il voto a favore di questo provvedimento agli 8 mila sindaci e, mi sia consentito, in particolare ai sindaci del Mezzogiorno, che svolgono un lavoro probabilmente duplice, rispetto ai colleghi del Nord e del Centro, perché le problematiche aumentano in maniera esponenziale nei nostri territori del Sud, e a loro dedico il voto di oggi (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Presidente, ringrazio il collega Pella che si è fatto carico di raccogliere varie istanze in questa proposta di legge a cui sono abbinate anche le altre due proposte di legge di Fratelli d'Italia, a prima firma dell'onorevole Silvestrini e dell'onorevole Ciaburro, che raccontano ulteriori aspetti che erano mancanti in quella, pur complessa e importante proposta del collega Pella, che ha lavorato, devo dire, con grande impegno, per provare a dare una risposta alle istanze che provenivano dai comuni, dagli amministratori, dai sindaci, dai consiglieri, dai territori, perché, poi, non dimentichiamolo, i comuni, i sindaci, i consiglieri comunali e gli assessori stanno lì per provare a dare risposte di servizio ai bisogni dei cittadini e sono il primo front office dello Stato e della pubblica amministrazione che il cittadino incontra. Ringrazio anche i relatori Berti e Bitonci che, con grande capacità, hanno saputo trovare, sia nel comitato ristretto che nella Commissione referente, ipotesi di sintesi per provare a dare le risposte che il dibattito ha sollevato, e lo hanno fatto con grande attenzione e terzietà, non facendosi portatori solo delle istanze della maggioranza.

Ringrazio tutti i colleghi che hanno partecipato ai lunghi, tanti, corposi, lavori del comitato ristretto e delle Commissioni referenti che hanno provato, in uno spirito sostanzialmente costituente, con un lavoro molto equilibrato, a proporre al Parlamento ipotesi di modifica normativa che potessero dare le risposte che gli enti locali, gli amministratori - e, quindi, la necessità di conferire servizi più efficienti ed efficaci ai cittadini – chiedevano.

Poi, finisce qui il clima idilliaco, perché, da un lato, il Ministero dell'Economia e delle finanze, dall'altro, il Ministero dell'Interno hanno, di fatto, cancellato la stragrande maggioranza delle norme del testo base e delle ipotesi di modifica che erano emerse. Se la giustificazione proposta dal Ministero dell'Economia e delle finanze poteva avere un qualche fondamento, ossia la necessità di valutare gli equilibri di finanza pubblica su ogni singolo intervento, quelle del Ministero dell'Interno lo hanno un po' meno, sinceramente, signor Presidente, perché io ritengo che sullo status degli eletti dei rappresentanti del popolo possano decidere, e debbano decidere, solamente i rappresentanti del popolo, e i rappresentanti del popolo siedono in Parlamento, e tale decisione non può essere avocata da un Ministro non eletto o da un Ministro che ci propone, per tramite del sottosegretario Scalfarotto di rinunciate ai temi emersi nel dibattito parlamentare, perché stanno predisponendo uno schema di modifica organica. Un Ministro serio porta in Parlamento lo schema di modifica degli enti locali e, poi, chiede al Parlamento la responsabilità, eventualmente, di ritirare le proposte che sono state messe sul tavolo. Considerato che il Ministro Lamorgese non è molto impegnata a fermare l'immigrazione clandestina, che solo in un anno è raddoppiata da circa 32 mila a 62 mila sbarchi, non è molto impegnata a fermare i rave party illegali, a Viterbo, come a Torino, almeno ci aspettavamo che si impegnasse nella modifica del testo unico degli enti locali, non perché riguardasse le esigenze dei sindaci e degli amministratori, ma perché tali esigenze sono quelle che servono a rendere questi enti più efficaci e, quindi, a fornire servizi più efficaci ai cittadini.

Fratelli d'Italia ha partecipato, con spirito di lealtà, a questi lavori dal primo giorno, portando sia le sue due proposte di legge, Silvestroni e Ciaburro, sia proponendo una serie di emendamenti qualificanti, partecipando a tutti i lavori e portando un contributo che è servito anche a raggiungere quei pochissimi obiettivi che questa legge raggiunge, penso alla semplificazione per i piccoli comuni o alla possibilità di candidarsi per un terzo mandato - nella difficoltà di reperire persone disponibili a spendersi nei territori come sindaci, che è veramente una tra le missioni più alte per le proprie comunità, soprattutto in certi territori -, laddove ovviamente i cittadini lo volessero.

Poi, rimangono alcuni temi irrisolti, che anche il dibattito di oggi ha confermato essere tali: uno su tutti, il 18 dicembre andremo a votare per il rinnovo delle province, saranno ancora una volta i consiglieri comunali e i sindaci a scegliere il cosiddetto ente di secondo livello. Fratelli d'Italia pensa che qualsiasi ente che amministri i soldi dei cittadini, sia esso il comune, la provincia, la regione o lo Stato, possa governare se, e solo se, ha il voto diretto dei cittadini che rappresenta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e su questo non molliamo di un metro, perché se la riforma Delrio aveva un senso, all'indomani della possibile riforma costituzionale che prevedeva l'abolizione delle province e, quindi, trasformava questi enti in enti di servizi ai comuni, oggi, che quella riforma costituzionale del Governo Renzi è stata bocciata dai cittadini, è un obbligo morale del Parlamento riportare l'elezione a suffragio universale dei presidenti e dei consiglieri comunali che rappresentano le province.

Anche riguardo alla “legge Severino” oggi in Parlamento si è molto dibattuto. Noi siamo ovviamente favorevoli a tenere fuori dalla cosa pubblica i criminali e chi è stato condannato, ma non accettiamo l'equiparazione di chi è stato condannato a chi ha svolto un mandato da sindaco o da consigliere comunale, perché questo è inaccettabile e irriconoscente rispetto a coloro i quali si sono spesi, molto spesso gratuitamente, per provare a risolvere i problemi delle proprie comunità.

Poi c'è tutto il tema delle responsabilità - alcuni l'hanno detto - dei sindaci e degli amministratori, a cui non possiamo chiedere, spesso in mancanza dei segretari comunali, di essere tuttologi e non possiamo pretendere che rispondano, per i quattro soldi che percepiscono come emolumento – il loro mandato rappresenta, soprattutto nei piccoli comuni, in molti casi sostanzialmente un'attività di volontariato - con i propri beni in modo indeterminato o, addirittura, in sede penale, e parliamo di responsabilità, ovviamente, non dolose e non criminali, ci mancherebbe; chi ruba, chi commette reati, chi è corrotto deve andare in carcere, e su questo Fratelli d'Italia non ha mai avuto alcun dubbio, ma non si può pensare che se un sindaco emette un'ordinanza, perché in questo senso è indirizzato dagli organi tecnici dello Stato o delle regioni, poi per quella ordinanza si trovi magari a rispondere penalmente.

Dei 36 articoli ne rimangono solamente 4, di cui, tra l'altro e se non ricordo male, 2 sono stati introdotti con il lavoro di Commissione. Quindi, riteniamo che quella che si è consumata in quest'anno, o forse due, di lavori su questa proposta di legge sia stata una grande occasione persa. Questo motiva il voto di astensione di Fratelli d'Italia, nonostante abbiamo concorso, con forza, con le nostre proposte e con le nostre capacità, a provare a dare le risposte che i territori, che i sindaci, che gli amministratori e che i cittadini dei territori ci chiedevano.

Se vi sarà un percorso, con il medesimo spirito costituente, che coinvolga la riforma degli enti locali, ovviamente Fratelli d'Italia, come non si è mai tirata indietro, nella sua opposizione repubblicana e patriottica, ci sarà, con le proprie proposte, con le proprie donne e con i propri uomini, a provare a dare, con il resto del Parlamento, le risposte che i cittadini e i territori più volte chiedono. Se, invece, ci sarà la volontà, nuovamente, di togliere spazio al valore parlamentare, allora noi, laddove questa non rappresentasse l'esigenza dei comuni, dei sindaci, dei consiglieri e, quindi, la necessità dei territori e delle comunità che essi rappresentano, ovviamente saremo, come siamo stati sempre, a difendere le libertà e a difendere la possibilità dei territori di partecipare alla vita del Paese, come è giusto che sia e come la nostra Costituzione riconosce (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pella. Ne ha facoltà.

ROBERTO PELLA (FI). Grazie, Presidente Fico. Cari colleghi, sottosegretario Scalfarotto, oggi voglio portare all'attenzione di tutti noi il contenuto della legge, che riguarda circa 70.000 amministratori locali eletti nei piccoli comuni e la semplificazione della loro attività amministrativa quotidiana. Le condizioni in cui i sindaci italiani svolgono il proprio mandato occupano finalmente ampi spazi del dibattito pubblico; da ultimo, proprio durante l'assemblea annuale ANCI di Parma, e anche nel dibattito politico, finalmente trovano, con il voto di oggi, una prima dimostrazione di ascolto fattivo da parte del Parlamento. Proprio in occasione della XXXVIII Assemblea annuale dei comuni italiani, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato la valenza di tale ruolo e voglio qui ricordare, proprio attraverso le sue parole, un passaggio dell'intervento tenuto a Parma: “Amministrare un'istituzione locale richiede oggi, accanto alla cura quotidiana della gestione dei servizi, un'accresciuta capacità di previsione e di lungimiranza. (…) Il riconoscimento del valore del ruolo di chi amministra è parte della dignità delle istituzioni democratiche del nostro Paese. A questo riguardo, il Parlamento è impegnato nell'esame di proposte di legge che includono richieste sostenute dall'ANCI anche sul doveroso tema delle responsabilità degli amministratori locali”. Questo, infatti, è il primo Parlamento che, dopo anni, si è voluto occupare veramente della tematica, affrontando le tante questioni poste dalla proposta di legge elaborata da ANCI nel 2018 e significativamente ribattezzata “Liberiamo i sindaci”.

Voglio ringraziare per questo tutti i colleghi della I e della V Commissione, a partire dai relatori, Bitonci e Berti, dai presidenti Brescia e Melilli e dalla vicepresidente Calabria, per l'impegno e la costanza con i quali hanno voluto dedicarsi al tema negli ultimi mesi, andando in profondità nell'esame con la piena volontà di armonizzare e semplificare la vita quotidiana degli amministratori locali.

Un ringraziamento anche a lei, Presidente Fico, non solo per aver partecipato alla nostra assemblea a Parma, ma per aver testimoniato, nel suo intervento, l'importanza strategica del ruolo dei comuni in quello che è il contesto delle istituzioni e, soprattutto, per aver annunciato nuovamente di riportare in quest'Aula la presenza dei sindaci con le fasce tricolori in quella bellissima giornata che sicuramente ritornerà e che sarà un ricordo sempre forte per coloro che potranno parteciparvi.

A partire da questa proposta, infatti, c'è stata una rinnovata e costante attenzione nei confronti dei decisori a livello locale. Sono state via via assorbite alcune parti della proposta di legge originaria nei provvedimenti approvati durante l'emergenza pandemica e negli ultimi due anni. Penso, per esempio, ai vincoli sulla capacità assunzionale e sulla formazione del personale, un tema oggi nuovamente al centro del dibattito per l'impiego dei fondi PNRR, alla semplificazione contabile, all'abolizione degli adempimenti ripetitivi riguardanti i dati da comunicare alle amministrazioni centrali e alla digitalizzazione, un processo che stiamo vedendo concretizzarsi con l'anagrafe digitale. Ancora, penso all'entrata in vigore del canone unico, che ha assorbito ben 5 articoli del testo di legge originale, e penso alla sospensione di alcune tassazioni, tra cui quella sul suolo pubblico, fino alla più recente attenzione nei confronti della salute territoriale, attraverso lo stanziamento di oltre 10 milioni per la telemedicina nelle farmacie dei comuni sotto i 3.000 abitanti.

C'è poi un altro tema, che è quello di un'adeguata remunerazione economica per lo svolgimento del proprio mandato. Su quest'ultimo aspetto, sottolineo con favore l'intervento che il Governo ha previsto nella legge di bilancio, procedendo ad un aumento degli emolumenti. L'autorevolezza del Governo Draghi è tale che, se ha ritenuto di dover prevedere una misura in tal senso, è fuori di dubbio che si tratti di un'esigenza non più rinviabile.

Alla luce del necessario adeguamento delle norme ad un contesto territoriale e amministrativo in continua evoluzione, la stessa Ministra dell'Interno Lamorgese sta opportunamente predisponendo un testo di legge delega sulla riforma del TUEL, che tiene in considerazione tutti gli aspetti che le Commissioni I e V hanno affrontato in questi mesi. Per questo anche un sincero grazie a Fratelli d'Italia, per avere collaborato molto su questo progetto e oggi su questa legge che andiamo ad approvare.

Il sindaco è il solo, tra le cariche istituzionali ed elettive, che svolge il proprio mandato in prima linea, con la fascia tricolore. È il volto dello Stato più vicino ai cittadini, il volto più riconosciuto e, se si vuole, anche il volto più rispettato, e più il comune è piccolo più questa vicinanza aumenta e si trasforma facilmente in senso di comunità e di unità.

Le funzioni che il sindaco assolve ogni giorno sono numerose e complesse e garantiscono i cosiddetti servizi essenziali: la scuola, la salute, i servizi sociali, lo sport, le politiche abitative, la pianificazione urbanistica, la raccolta dei rifiuti, la sicurezza.

Oggi siamo in grado finalmente di affermare che a queste difficoltà poniamo un rimedio, consentendo ai comuni più piccoli di tornare ad alzare lo sguardo con speranza e coraggio di fronte ai primi forti segnali di ripresa dell'intero Paese. Siamo, infatti, nel pieno di uno sforzo di riforme istituzionali, economiche e sociali con cui il Paese cerca di rimettere in moto investimenti, mobilitare intelligenze e capitali, creare lavoro. Una stagione di riforme che apprezziamo e di cui i comuni vogliono essere pienamente partecipi e protagonisti.

Rimane essenziale un tema: l'affermazione di un principio di eguaglianza e di pari dignità con le altre cariche elettive e di Governo e la responsabilità. Da anni si susseguono casi e fattispecie che vedono i sindaci e gli amministratori destinatari di provvedimenti relativi a imputazioni di responsabilità in sede penale, civile, amministrativa ed erariale che si concludono, nella stragrande maggioranza, con archiviazioni. In questo contesto, emerge la debolezza o l'assenza del nesso di causalità tra la condotta censurata e l'evento, mentre i sindaci risultano sempre responsabili per l'esercizio o il mancato esercizio di un potere molto di là dei compiti e delle responsabilità.

I sindaci non chiedono né immunità né impunità: semplicemente una legge più giusta sul potere di ordinanza e sul tema dell'abuso d'ufficio. Il ruolo dell'amministratore locale deve tornare a essere una missione attraente per tante persone oneste e competenti che oggi purtroppo la temono.

Fare il sindaco ormai è diventato un mestiere pericoloso, anche nei suoi atti quotidiani e più banali, per la quantità abnorme dei rischi che si corrono. La legge delega affronterà, anche grazie all'impulso di quest'Aula, il tema dell'abuso d'ufficio.

Oggi siamo tutti, più che mai, convinti che il sindaco sia un punto di riferimento positivo per le nostre comunità e per la rappresentanza di questo Paese. Bisogna investire in questo patrimonio di fiducia e credibilità, a partire dal ruolo decisivo che i comuni svolgono nelle politiche di sviluppo e nei processi di crescita socio-economica. Ridurre le incombenze a carico dei comuni più piccoli oggi consentirà di liberare energie per far funzionare più rapidamente la macchina comunale e orientarla verso gli obiettivi di mandato e verso i servizi ai cittadini. Non è infatti pensabile che un comune con 100 o con 1.000 abitanti abbia le stesse regole di un comune con 100.000 abitanti o di un comune importante come quello di Roma, che è la capitale.

Era necessario adottare norme che differenziassero gli adempimenti a carico dei piccoli comuni e tali modifiche introdotte avranno una portata importante; erano attese da oltre un decennio e sicuramente consentiranno di risparmiare veramente giornate di lavoro sia per i dipendenti che per i funzionari, rendendo anche più autonomi i sindaci e impegnandoli rispetto alle richieste che arrivano dai cittadini.

I comuni con abitanti fino a 5.000 sono quasi 6.000 in Italia, circa il 70 per cento dei comuni, e governano più della metà del territorio nazionale. Semplificare la gestione quotidiana dell'ente significa, non solo dimostrare, da parte nostra, consapevolezza delle operazioni veramente utili a rendere efficiente un comune, ma anche liberare tempo e competenze per progetti concreti.

Allo stesso modo - come noto - vi è sempre più difficoltà a trovare figure di candidati in questi comuni, per criticità legate alla responsabilità, all'indennità, alla carenza di personale e, non da ultimo, allo spopolamento. Consentire il terzo mandato significa affrontare con realismo la situazione che viviamo ogni giorno sui territori, superando i limiti assurdi che valgono oggi solo per i comuni e non per altri comparti.

Guardiamo quanto di positivo questa legge introduce, riconoscendone alcuni limiti, ma essendo molto soddisfatti per il perseguimento di un obiettivo che sembrava impossibile da molto tempo. C'è nelle nostre comunità un patrimonio straordinario di intelligenze, di lavoro, di passione, che fanno parte del patrimonio del Paese e che il Governo del Paese non deve lasciare andare. Lo chiedo per l'Italia perché, se liberiamo i sindaci, si liberano le energie delle loro comunità e si cresce tutti insieme in maniera coesa.

Ringrazio il mio gruppo di Forza Italia, che mai mi ha fatto mancare il suo sostegno, a partire dal capogruppo Barelli, ed esprimo profonda riconoscenza al Presidente Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), che in questi mesi si è voluto sempre interessare dell'evoluzione del provvedimento, dimostrando una volta di più la sua vicinanza ai sindaci e ai comuni. Non dimentichiamo, Presidente Fico e cari colleghi, che fu proprio Berlusconi, nella storica operazione di togliere l'IMU sulla prima casa, come Presidente del Consiglio, a fare un'operazione di compensazione, restituendo alle casse dei comuni pari gettito.

Continuerò, da parte mia, a portare avanti questa idea di leale collaborazione tra i livelli di governo, convinto che sia l'approccio più utile per il Paese intero, in ogni sua articolazione, a beneficio dei nostri concittadini. L'idea è quella in cui il Presidente Berlusconi e Forza Italia credono e su cui investono ogni giorno. Grazie, Presidente Fico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ciampi. Ne ha facoltà.

LUCIA CIAMPI (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario Scalfarotto, la proposta di legge che esaminiamo oggi è frutto di un accordo politico, maturato dopo un lungo e approfondito dibattito in Commissione. Delle numerose norme presenti nel testo iniziale del provvedimento che ci apprestiamo a votare rimangono, nella sua versione definitiva, soltanto tre articoli, che cercherò di sintetizzare.

Il primo articolo dispone l'inconferibilità degli incarichi amministrativi di vertice negli enti di diritto privato in controllo pubblico, in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione. Per incarichi amministrativi di vertice si intendono quelli di livello apicale, quali quelli di segretario generale, di capo dipartimento, di direttore generale o posizioni assimilate. Tale disposizione si applica anche a coloro che siano stati condannati con sentenza non passata in giudicato.

Il secondo articolo introduce una semplificazione contabile per i comuni con meno di 5.000 abitanti, per i quali viene eliminato l'obbligo di effettuare il controllo di gestione, previsto dal comma 1 dell'articolo 196 del TUEL.

Si ricorda che il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia, l'efficienza e il livello di economicità nell'attività di realizzazione di tali obiettivi. Il controllo di gestione ha per oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale ed è svolto con una cadenza periodica definita dal regolamento di contabilità dell'ente stesso. Il terzo articolo eleva infine da due a tre il numero di mandati consecutivi consentiti ai sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, come attualmente permesso ai comuni fino a 3.000. Per i sindaci dei comuni con 5.000 o più abitanti rimane invece il limite di due mandati consecutivi. Questi sono i contenuti della proposta di legge in esame. È sotto gli occhi di tutti che questo provvedimento abbia subito, nel corso del passaggio in Commissione, una notevole riduzione delle tematiche trattate ed è altrettanto evidente che siano rimasti alcuni nodi da sciogliere, relativi all'ordinamento degli enti locali, alle funzioni e alle responsabilità degli amministratori, alla semplificazione dell'attività amministrativa e della finanza locale. Una revisione ampia e concertata della Carta delle autonomie è necessaria - è opportuno ribadirlo - e anch'io, a nome del Partito Democratico, auspico, insieme al sottosegretario, che la delega per la riforma del TUEL avvenga al più presto possibile. Per il Partito Democratico, l'evoluzione del quadro politico e istituzionale, le innovazioni in materia di disciplina delle autonomie e l'accresciuta visibilità politica dei sindaci fanno sì che spesso il primo cittadino venga ritenuto responsabile per eventi o accadimenti, sui quali non ha pieno controllo. Mi riferisco, per esempio, anche da ex sindaca, all'abuso d'ufficio, previsto dall'articolo 323 del codice penale, e ai criteri di imputazione della responsabilità penale omissiva e di quella amministrativa-contabile che vanno sicuramente modificate per meglio ritagliare sulla figura del sindaco la relativa disciplina. Le modifiche sono quindi urgenti non solo per riscrivere con più certezza lo status giuridico degli amministratori e quindi anche i confini delle responsabilità - l'urgenza è stata sollevata peraltro da tempo da migliaia di sindaci di grandi e piccoli centri -, ma anche per avviare quei processi efficaci di semplificazione amministrativa e ordinamentale necessari per sostenere la crescita sociale ed economica. Dopo un ampio confronto partitico e politico, si è preso atto in Commissione che non sarebbe stato raggiunto un accordo condiviso su una riforma organica del TUEL e si è deciso di agire in quei settori, su cui c'era convergenza e urgenza di intervenire. Per questo motivo, ho parlato in precedenza di un accordo e non di un compromesso, perché un accordo, rispetto a un compromesso, dà risposte efficaci e risolutive alle necessità contingenti. In particolare, le norme approvate con il primo articolo sulla inconferibilità di incarichi presso gli enti di diritto privato in controllo pubblico, rispondono alla necessità di una maggiore trasparenza nella pubblica amministrazione. L'introduzione di tali disposizioni è stata sollecitata da tempo anche dalla stessa Anac, l'Autorità nazionale anticorruzione, con appositi atti di segnalazione che richiedevano di estendere l'applicazione di inconferibilità, già prevista per gli incarichi dirigenziali, anche per gli altri incarichi amministrativi di vertice. Proseguendo, va rimarcato come il secondo articolo - che elimina l'obbligo di effettuare il controllo di gestione previsto dal TUEL per i comuni sotto i 5.000 abitanti - risponda, seppur parzialmente, a determinate istanze di associazioni ed enti pubblici, che richiedono da tempo una riduzione degli adempimenti burocratici per i piccoli centri che non hanno spesso risorse umane e finanziarie necessarie a svolgere tutte le pratiche, con l'obiettivo complementare di liberare energie e competenze per orientarli verso obiettivi di mandato e garantire i servizi ai cittadini.

Infine, il terzo articolo che, come abbiamo già rimarcato, eleva da due a tre il numero dei mandati consecutivi consentiti ai sindaci dei comuni fino a 5 mila abitanti, viene incontro alle richieste delle associazioni dei comuni - in primis ANCI, ma anche UNCEM - e anche alla carenza di competenze amministrative nei piccoli centri. Gli amministratori dei piccoli comuni, è inutile negarlo, svolgono infatti spesso funzioni di volontariato, hanno retribuzioni minime; e meno male che è intervenuto - lo voteremo con la manovra di bilancio - l'aumento delle indennità, il raddoppio delle indennità, quindi un aumento cospicuo per tutti i sindaci, i quali hanno enormi responsabilità e rischi di ogni tipo, e non è sempre facile trovare candidati coraggiosi e competenti. Risulta, inoltre, evidente che oggi sia opportuno prevedere, con le complesse procedure di esercizio associato delle funzioni comunali - e ve lo dico anche da ex presidente di una unione comunale -, con il sempre maggior carico di responsabilità in capo ai primi cittadini e con i costanti cambiamenti normativi e regolamentari, una maggiore possibilità di continuità amministrativa. Gli elettori, poi, qualora preferiscano il ricambio, saranno sempre liberi di bocciare il sindaco uscente, indipendentemente dal numero dei suoi mandati.

Ecco, quindi, espresse le motivazioni per cui il PD sostiene questo provvedimento, consapevole dell'esigenza di una riforma organica del testo unico sugli enti locali, ma pienamente convinto che le norme presenti porteranno benefici alle pubbliche amministrazioni coinvolte e, quindi, ai cittadini interessati. È con questi presupposti che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Fogliani. Ne ha facoltà.

KETTY FOGLIANI (LEGA). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, i sindaci attendono da molti anni un'importante riforma del testo unico degli enti locali, tenuto conto che le condizioni politiche, sociali ed economiche sono mutate, come anche le responsabilità con le quali operano i nostri 8 mila sindaci (e le relative amministrazioni) in Italia, che sono stati in prima linea anche in questi ultimi due anni, coinvolti direttamente dall'emergenza COVID, e seguiranno anche gli interventi del PNRR. Per questo tutte le forze politiche ne riconoscono il ruolo e spesso li definiamo eroi dei nostri tempi.

Da questa richiesta nasceva la proposta di legge - tra le poche di iniziativa parlamentare che sono state trattate in questa legislatura - del collega Pella che fa parte del direttivo dell'ANCI, originariamente composta da 36 articoli, suddivisi sui temi: status e funzioni degli amministratori locali, semplificazione dell'attività amministrativa e finanza locale. Ora qui stiamo per votare un testo condiviso, composto di tre articoli.

L'articolo 1 dispone l'inconferibilità degli incarichi amministrativi di vertice negli enti di diritto privato in controllo pubblico, in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione; attualmente l'inconferibilità è prevista per gli incarichi dirigenziali agli amministratori di tali enti.

L'articolo 2 dispone una semplificazione contabile per i comuni con meno di 5 mila abitanti, per i quali viene eliminato l'obbligo di effettuare il controllo di gestione previsto dal comma 1 dell'articolo 196 del testo unico.

L'articolo 3 eleva da due a tre il numero di mandati consecutivi consentiti ai sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti, ora consentito ai comuni fino ai 3 mila abitanti; inoltre, qualifica come causa di incandidabilità e non più come causa di ineleggibilità il divieto di terzo mandato o di quarto mandato per i comuni sotto la soglia dei 5 mila abitanti.

Il gruppo Lega su questo punto ritiene importante che si valuti seriamente che, anche nei comuni sotto i 3 mila abitanti, vengano tolti i limiti di mandato e confidiamo ancora che il limite dei tre mandati sia inserito per i comuni sotto i 15 mila abitanti, dove non c'è il ballottaggio, per evitare che vi siano commissariamenti e che non si trovino i candidati.

Questo testo è frutto di un lavoro di due anni, durante i quali sono state fatte tante audizioni, con un lungo lavoro dei relatori Berti e Bitonci - quest'ultimo forte della sua lunga esperienza da sindaco, che ringrazio per l'impegno - e delle Commissioni affari costituzionali e bilancio, e successivamente del Comitato ristretto.

Tuttavia, come gli altri colleghi che sono o sono stati amministratori, ne esco un po' rammaricata perché avevo grandi aspettative. Anche in base alla mia esperienza amministrativa, ho cercato di portare il mio contributo con diverse proposte emendative. Ci sarebbe piaciuto che il Governo ci avesse lasciato più spazio sul tema delle responsabilità degli amministratori, sulla copertura assicurativa, sui segretari comunali mancanti dei piccoli comuni e su quali figure possono svolgere quel ruolo, sul potere di ordinanza e, ancora, sull'elezione diretta del presidente del consiglio provinciale, del sindaco e del consiglio metropolitano, sulle semplificazioni, su come assumere il personale e molto altro.

Del tema delle indennità bloccate dal 2000, invece, si sta finalmente parlando ora in sede di esame del disegno di legge di bilancio al Senato. Sappiamo che il Governo sta lavorando su un disegno di legge delega proprio su questi temi che sicuramente sono importanti per dare il miglior servizio ai cittadini. Considero questo un inizio, consapevoli del fatto che nonostante l'importante lavoro si sarebbe potuto fare di più. Confidiamo nel contempo che i temi non trattati saranno oggetto a breve, anzi a brevissimo, di futuri provvedimenti nell'ambito della riforma del testo unico sugli enti locali e annuncio il voto favorevole del gruppo Lega-Salvini Premier (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Buompane. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BUOMPANE (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, signor sottosegretario, in tema di enti locali l'attenzione del MoVimento 5 Stelle è stata sempre massima. Lo dimostrano i numerosi interventi che abbiamo finanziato a partire dalla legge di bilancio del 2019, attraverso i quali abbiamo costruito e contribuito a chiudere il triste capitolo delle politiche di austerità e abbiamo dato il via, con lo sblocco del turnover, a un presente e a un futuro di assunzioni nella pubblica amministrazione.

Lo dimostra, altresì, la spinta agli investimenti locali che abbiamo impresso, ad esempio, con la norma Fraccaro e che è confermata dai recenti dati SIOPE, elaborati dal Cresme: nei primi nove mesi del 2021, infatti, i pagamenti sono cresciuti del 21 per cento, i bandi del 57,6 per cento e il partenariato pubblico o privato addirittura del 101 per cento.

Lo dimostra, poi, la proposta di legge a mia prima firma, che punta a sostenere ulteriormente gli enti in difficoltà finanziaria; qualche altro collega l'ha citata poc'anzi. È giunto il momento di superare un po' quella concezione aziendalistica che è stata applicata agli enti locali, che in realtà sono deputati dalla Costituzione a fornire servizi fondamentali. Quindi dobbiamo dare massimo supporto e una diversa visione anche nelle situazioni di crisi finanziaria degli enti locali. Ancora, lo dimostrano le norme che sono contenute nella legge di bilancio per il 2022, come l'estensione dei costi standard per scuole e strade anche nelle province e nelle città metropolitane e l'incremento del Fondo di solidarietà comunale per le funzioni sociali e gli asili nido. Ancora, infine, lo dimostrano i fondi del PNRR che, in buona parte, andranno a finanziare investimenti e progetti locali e per mezzo dei quali continueremo a ridurre le diseguaglianze territoriali.

In questo quadro, senz'altro positivo, si inserisce anche la proposta di legge in esame, che interviene in maniera circoscritta in tre ambiti significativi. Il primo riguarda i requisiti di compatibilità delle cariche di vertice nelle pubbliche amministrazioni: tramite l'emendamento Ficara del MoVimento 5 Stelle, abbiamo esteso agli enti di diritto privato in controllo pubblico l'inconferibilità degli incarichi amministrativi di vertice per chi ha subito una condanna per reati contro la pubblica amministrazione, anche se non passata in giudicato; questi enti si aggiungono alle amministrazioni statali, regionali e locali. Un ulteriore presidio, signor Presidente, di legalità e trasparenza della nostra amministrazione pubblica, in coerenza con l'intera storia politica del MoVimento 5 Stelle. Il secondo intervento è di natura contabile: attraverso l'emendamento Baldino, sempre del MoVimento 5 Stelle, semplifichiamo la vita ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, sgravandoli del controllo di gestione, una complessa e articolata procedura di raccolta dati e verifica costante degli obiettivi che poco si addice ad amministrazioni di dimensioni molto ridotte. Infine, signor Presidente, il terzo intervento eleva da 2 a 3 il limite dei mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, mantenendo il tetto dei 2 mandati per i comuni di dimensioni maggiori. Si stabilisce a questo proposito che il divieto di terzo mandato, o di quarto mandato per i comuni più piccoli, costituisce una causa di incandidabilità e non di ineleggibilità. Tre interventi apparentemente ordinari che, tuttavia, rappresentano un mattoncino aggiuntivo nell'edificio sicuro che vogliamo garantire ai nostri amministratori locali per metterli nelle condizioni di erogare i servizi fondamentali ai cittadini con tempismo, trasparenza ed efficienza. Per queste valide ragioni, signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle a questa proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 1356-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

(Votazione finale e approvazione - A.C. 1356-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 1356-A:

“Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limitazione del mandato dei sindaci e di controllo di gestione nei comuni di minori dimensioni, nonché al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità di incarichi negli enti privati in controllo pubblico.”

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 32).

Dichiaro così assorbite le abbinate proposte di legge nn. 2071 e 2240.

Sospendiamo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 15,36.

La seduta, sospesa alle 14,06, è ripresa alle 15,36.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascari, Brescia, Butti, Casa, Cavandoli, Colletti, Comaroli, Covolo, D'Incà, De Maria, Gregorio Fontana, Gebhard, Giachetti, Invernizzi, Lapia, Macina, Mura, Perantoni, Rotta, Scalfarotto, Schullian, Silli e Zanettin sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 117, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine lavori il deputato Andrea Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Grazie, Presidente. A nome di Alternativa, chiedo una informativa urgente da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella persona del Presidente Mario Draghi perché, da quanto è emerso da notizie di stampa molto recenti, c'è una vicenda del passato che riguarda anche il presente; riguarda principalmente il capo di gabinetto di Mario Draghi, Antonio Funiciello. Dall'inchiesta sulla Fondazione Open è emerso che Funiciello, quando svolgeva il medesimo incarico per il Presidente Gentiloni, nella scorsa legislatura, brigava per far ritirare, o addirittura rendere inammissibile, un emendamento riguardante un aumento delle accise a carico di aziende del tabacco, in particolar modo di un'azienda, la British American Tobacco che finanziava la Fondazione Open, da quanto dicono le carte. Egli era molto in contatto, attraverso il signor Anzalone, un habitué dei posti di comando della Camera dei deputati, del Copasir, ma anche della Presidenza del Consiglio, che lavora per la British American Tobacco e che, a quanto pare, contattava spesso il capo di gabinetto Funiciello.

Riteniamo che la avvenuta nomina del capo di gabinetto Funiciello - che, oltretutto, faceva parte anche della fondazione Civiltà delle Macchine, appartenente a Leonardo, in cui vengono relegati spesso ex parlamentari, infatti il presidente è Luciano Violante - considerato che Draghi ha scelto Funiciello, considerato che è emerso dalle carte dell'inchiesta che Funiciello aveva tale rapporto privilegiato con finanziatori della politica per far ritirare emendamenti, riteniamo che sia necessario che Draghi spieghi questa scelta.

In passato, Cossiga disse di Draghi che era un affarista, un liquidatore della industria pubblica. Ebbene, non vorremmo che, parola di Cossiga, “affarista” si faccia portavoce di un capo di gabinetto che, in realtà, non è un affarista, ma qualcuno che intrallazza con il privato per cambiare le sorti di questo Governo e per far guadagnare aziende private, contro l'interesse pubblico. È, pertanto, fondamentale che Draghi arrivi qui prima possibile, per spiegarsi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Collega, la richiesta era di una informativa?

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Esatto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il collega Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio, Presidente Spadoni. Il mio intervento è per chiedere, in modo particolare al Governo, di dare qualche segno di vita sulle sorti del disegno di legge sulla concorrenza. Ieri c'è stato - e penso sia un fatto abbastanza sintomatico e, per certi aspetti, mi permetto di aggiungere sufficientemente grave - uno sciopero nazionale generale dei tassisti e degli NCC, che ha visto una mobilitazione di decine di migliaia di auto. Anche a Roma ci sono state 10 mila autovetture che hanno manifestato, in via dei Fori Imperiali. La notizia, oltretutto, è accompagnata dal fatto che per la prima volta, dopo molti anni, tutte le sigle sindacali si sono ricompattate, perché legittimamente preoccupate per i contenuti, in particolare, per l'articolo 8 del disegno di legge “concorrenza”, di cui però non si sa bene praticamente nulla, perché si sa soltanto che il Consiglio dei Ministri lo avrebbe - il condizionale è d'obbligo - licenziato. Non è mai arrivato al Quirinale, non è mai arrivato alle Camere, non ha iniziato il suo iter, non ce n'è traccia, se non rispetto alle indiscrezioni giornalistiche, dalle quali abbiamo anche saputo che è stato chiesto – e, forse, ottenuto - lo stralcio per la fattispecie dei notai.

Noi chiediamo, i tassisti chiedono, che sia stralciato l'articolo 8 che li riguarda, perché in questa legge delega c'è nuovamente una sorta di assalto a liberalizzare un settore che funziona benissimo da solo. La Costituzione italiana parla di sussidiarietà soprattutto quando non c'è capacità di offrire risposta da parte di un settore dello Stato o della pubblica amministrazione. In questo caso, questo settore cammina perfettamente da sé; eppure, di volta in volta, viene preso d'assalto, per fare che cosa? Per cercare, attraverso piattaforme tecnologiche specifiche, che rispondono alle multinazionali, di fare entrare queste ultime a gamba tesa in tale settore, di fatto impoverendo le famiglie, gli artigiani, i tassisti, gli NCC, che dovrebbero cedere una parte dei propri ricavi a queste piattaforme (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) che, di fatto, sono società finanziarie, quindi, sottraggono ricchezza all'economia reale, sottraggono ricavi per le famiglie che lavorano – pertanto, sono anche contro il lavoro - e spostano la ricchezza talvolta anche in società che, come tutti sappiamo, avendo sede legale in altre Nazioni europee, pagano anche meno tasse e, quindi, sottraggono proventi allo Stato in quanto tale.

Io mi stupisco - e per questo ho preso la parola – che, di fronte a una manifestazione così gigantesca, così enorme, così compatta, di una categoria comunque, piaccia o meno, così rilevante - a qualcuno piace a qualcuno piace meno, ma ovviamente questo non può essere un parametro di giudizio per accettare di ascoltarne le ragioni -, avvenuta nella giornata di ieri, di fronte a questo fenomeno, non ci sia stato un solo esponente del Governo che si sia degnato di ascoltare le istanze di questi lavoratori. Il lavoro è comunque sacro e, se c'è una categoria di persone che si sentono minacciate, nella loro ordinaria attività, da eventuali e possibili - annunciati o, addirittura, approvati - provvedimenti del Governo, penso che il Governo, di fronte a una manifestazione di protesta, quando c'è una richiesta di interlocuzione e di audizione, debba rispondere positivamente e ascoltare i lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Penso che ieri si sia persa un'occasione importante.

Oggi, il Governo, a mio giudizio, da un lato - e questa è la richiesta, appunto - deve informare il Parlamento, deve farci capire quale sarebbe l'itinerario di questo presunto disegno di legge “concorrenza”, se ancora lo si vuole praticare e fino a che punto lo si vuole portare a conclusione e, dall'altro lato, comunque dovrebbe convocare tassisti e NCC, tutte le sigle sindacali, per far uscire allo scoperto, in perfetta trasparenza come si deve tra galantuomini, le intenzioni del Governo rispetto a una categoria. Non è mica un gioco di prestigio! Il lavoro lo si deve poter difendere: se c'è qualche possibile – e concludo - riforma alle porte, sarebbe preferibile che venisse condivisa dagli interessati. In ogni caso, tutto si può fare, fuorché fare le cose di nascosto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sempre sull'ordine dei lavori, il deputato Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Presidente, qualche ora fa, è scomparso, in modo pressoché improvviso, il professor Beniamino Caravita, costituzionalista del dipartimento di scienze politiche dell'Università “La Sapienza”. Molti qui lo conoscono, perché è spesso venuto in audizione anche in questa legislatura, in ultimo sui temi di Roma capitale; si è occupato di tanti problemi anche al di fuori delle istituzioni, ad esempio, nella difesa di vari comitati referendari, e ha animato da alcuni anni una bella rivista su Internet, www.federalismi.it, aperta ai contributi più vari delle varie tendenze dottrinali e politiche.

Era stato nominato anche nella commissione degli esperti del Governo Letta per la riforma della Costituzione. In breve, vogliamo, quindi, esprimere i nostri sentimenti di affetto e vicinanza alla famiglia (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Rotta. Ne ha facoltà. Chiede un'informativa, collega?

ALESSIA ROTTA (PD). Sì, grazie Presidente. Per chiedere l'informativa in Aula del Ministro Roberto Cingolani del Ministero della Transizione ecologica, per chiedergli di riferire sugli esiti della COP26, la Conferenza sui cambiamenti climatici che si è tenuta a Glasgow, di cui ricordo l'Italia era co-organizzatrice insieme al Regno Unito. Penso sarà il tema cruciale dei prossimi anni e, quindi, riteniamo opportuno chiedere un'informativa in Aula del Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Bellucci. Ne ha facoltà. Sempre sull'ordine dei lavori? Immagino non sia sulla richiesta del Presidente Rampelli con riferimento al disegno di legge “Concorrenza”, ma per un'altra richiesta. Prego.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie molte, Presidente. Questo fine settimana, il 27 e il 28 novembre, si celebrerà la conferenza nazionale sulle politiche antidroga: dopo dodici anni. Dodici anni in cui c'è stato un deserto da parte delle istituzioni, segnatamente - devo dirlo - dei Governi di centrosinistra. Si arriva alla celebrazione della conferenza nazionale di lotta alla droga e, invece di festeggiare comunque per questa organizzazione, seppur tardiva, ci si arriva raccogliendo la denuncia e l'estremo dispiacere da parte delle comunità terapeutiche che sono state lasciate ai margini della conferenza nazionale. Le comunità terapeutiche in Italia accolgono 25 mila ragazzi, che hanno problemi di dipendenze patologiche; rappresentano il 90 per cento, quelle gestite dal privato sociale, delle comunità terapeutiche che si occupano di prendersi cura di persone in stato di grande difficoltà e, ancor più, di grande difficoltà a fronte di istituzioni che sono state assenti e indifferenti, che hanno cancellato il fondo nazionale di lotta alla droga, che non hanno celebrato, appunto, la conferenza per dodici anni, che hanno annullato la consulta degli esperti e che hanno messo sotto il tappeto la problematica delle dipendenze patologiche in Italia.

PRESIDENTE. Collega, mi scusi, qual è la richiesta?

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Adesso ci arrivo, Presidente. Penso che dopo dodici anni il Parlamento possa dedicare qualche minuto a questa problematica, che è un'emergenza sociale in Italia: aumenta l'utilizzo della cocaina (Commenti dei deputati del gruppo Liberi e Uguali)

PRESIDENTE. Colleghi!

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). …l'Italia è al primo posto in Europa per utilizzo di cannabinoidi dai 15 anni (dati ESPAD), aumenta la diffusione delle nuove droghe, aumenta il commercio sul deep web e tutto questo viene affrontato con coraggio, con generosità, con determinazione da operatori e volontari del privato sociale.

PRESIDENTE. Scusi collega, o fa una richiesta o sennò questo è un intervento di fine seduta, come può immaginare. Quindi, le chiedo di arrivare alla richiesta.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Adesso faccio la richiesta. Io credo debba riferire in Aula il Ministro Dadone, che ha deciso di mettere ai margini le comunità terapeutiche, nonostante le fosse stata segnalata la problematica in Commissione affari sociali e anche la problematica di avere escluso le Commissioni parlamentari competenti, affari sociali e sanità, di Camera e Senato, senza nemmeno degnarle di un invito. Un invito a partecipare e ascoltare, non a salire sul palco. Salire sul palco, dovevano le comunità terapeutiche, per avere un confronto. Dopo tutto questo, io credo che il Ministro Dadone debba riferire in Aula, rispetto all'emergenza delle dipendenze patologiche in Italia, rispetto alla problematica delle tossicodipendenze, rispetto alla sua lassità, rispetto al fatto che, rispetto ai rave party, non ha detto una parola per le morti che ci sono state e per le violenze e rispetto al suo voler fare una passerella della conferenza nazionale, piuttosto che, invece, la possibilità di avere un confronto e la voglia di comprendere come affrontare questo che è un problema emergenziale in Italia. Io credo che questo sia davvero irrispettoso e vergognoso rispetto a tutti quei volontari che non hanno risorse, non hanno lo Stato vicino, ma che, nonostante questo, anche in periodo di pandemia, stanno facendo di tutto per salvare la vita e restituire dignità ai più fragili e alle loro famiglie. Quindi, ci aspettiamo che il Ministro Dadone venga in Aula a riferire (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Seguito della discussione delle mozioni Polidori ed altri n. 1-00544, Annibali ed altri n. 1-00546, Ascari ed altri n. 1-00549, Bologna ed altri n. 1-00550, Serracchiani ed altri n. 1-00553 e Bellucci ed altri n. 1-00555 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza contro le donne.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Polidori ed altri n. 1-00544, Annibali ed altri n. 1-00546, Ascari ed altri n. 1-00549 (Nuova formulazione), Bologna ed altri n. 1-00550, Serracchiani ed altri n. 1-00553 e Bellucci ed altri n. 1-00555 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza contro le donne (Vedi l'allegato A).

Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 22 novembre 2021, e nel corso della quale è intervenuto il rappresentante del Governo, sono state presentate le mozioni Serracchiani ed altri n. 1-00553 e Bellucci ed altri n. 1-00555, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

Avverto, altresì, che è stata testé presentata una nuova formulazione della mozione Polidori ed altri n. 1-00544 (Vedi l'allegato A), che è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dalle deputate Annibali, Ascari, Bologna, Serracchiani, Tateo, De Lorenzo, Gebhard, Bellucci e Spessotto che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventano rispettivamente la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l'ottava, la nona e la decima firmataria. Il relativo testo è in distribuzione. Contestualmente alla presentazione della nuova formulazione della mozione n. 1-00544, le altre mozioni all'ordine del giorno sono state ritirate dai rispettivi presentatori.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla mozione presentata.

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Il parere del Governo è favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare la deputata Gebhard. Ne ha facoltà.

RENATE GEBHARD (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Essere consapevoli che il tema della violenza contro le donne continua a rappresentare una drammatica emergenza è la considerazione essenziale che occorre fare. Ciò impone la condivisione di scelte riformatrici e radicali in ordine alla legislazione vigente e alla previsione di aiuti che siano più efficaci. Condividiamo con le Ministre Bonetti, Cartabia, Lamorgese, Carfagna e Gelmini e tutto il Governo la decisione di rafforzare e di introdurre nuove misure di sostegno e di tutela immediata delle donne colpite dalla violenza maschile e condividiamo, altresì, l'impegno delle istituzioni europee per un'effettiva applicazione della Convenzione di Istanbul. Tuttavia, l'emergenza rappresentata dai femminicidi testimonia un fondamentale problema culturale e sociale. Siamo tutti chiamati a reagire e impegnarci. Per queste ragioni, abbiamo sottoscritto e voteremo la mozione unitaria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Spessotto. Ne ha facoltà.

ARIANNA SPESSOTTO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Oggi discutiamo di violenza sulle donne. Il 25 novembre è sempre una giornata di grandi promesse e di intenti, ma nel XXI secolo questo dibattito non dovrebbe esistere, perché la nostra società dovrebbe già riconoscere e tutelare appieno la libertà, l'uguaglianza e la parità di genere. Invece queste parole riempiono il dibattito politico, giornalistico e sociale, sono entrate nel linguaggio comune, ma private del loro reale significato, non orientano il pensiero della società e non sono un obiettivo della politica. Mentre celebriamo, in quest'Aula, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, i dati ci mostrano che, nel 2020, hanno perso la vita 116 donne e che il 92,2 per cento è stata uccisa da una persona conosciuta, per oltre la metà dei casi dal partner di quel momento. L'incidenza delle donne sul totale delle vittime dei reati di costrizione al matrimonio è pari al 63,4 per cento e, per quelli di lesioni permanenti al viso, al 24,07 per cento; per il reato di diffusione illecita di video e immagini sessualmente espliciti, la quota sale all'81,62 per cento e, per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare, al 79,07 per cento.

In questa situazione già allarmante, a peggiorare le cose si è inserita anche la pandemia di COVID-19. Nel periodo di lockdown forzato imposto dal Governo si è registrato un aumento significativo del numero di donne che ha contattato il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, con un incremento del più 176,9 per cento ad aprile 2020 e del più 182,2 per cento a maggio 2020, rispetto agli stessi mesi del 2019. Sono numeri inaccettabili, indegni di una società civile, che testimoniano il totale fallimento delle azioni di contrasto alla disparità e alla violenza di genere da parte della politica e della giustizia.

Le donne non sono adeguatamente considerate dalle forze dell'ordine quando denunciano violenze nei loro confronti e, spesso, sono uccise dopo anni di richieste di aiuto inascoltate. I persecutori e gli assassini, invece, spesso restano liberi o impuniti, grazie anche a dubbi e perizie psichiatriche. I bambini sono utilizzati come armi contro le madri e, spesso, sono oggetto di ulteriori crimini commessi per punire le donne. Si tratta di un'emergenza nazionale, da affrontare con strumenti di contrasto eccezionali, alla pari delle strutture dedicate alle grandi battaglie, come il terrorismo e la mafia.

Le donne, nel corso della storia, hanno lottato duramente per i loro diritti e, nella Resistenza, hanno sacrificato la loro vita per la libertà. La storia è loro debitrice, ma la società non rende loro giustizia.

La violenza di genere è un problema culturale, insito nella mentalità di bambini e bambine, uomini e donne, che nasce da un'educazione scolastica e familiare, spesso, basata su stereotipi e che comincia nella prima infanzia. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi, crescendo, interiorizzano un ruolo sociale delle donne confinato nell'ambito della cura della casa e della famiglia e percepiscono come sbagliate le loro legittime aspirazioni sociali e professionali. Lo dimostra anche l'incidenza del numero di donne, sul totale dei lavoratori, che hanno presentato le dimissioni dal proprio impiego nel corso dell'emergenza epidemiologica da Coronavirus. Le lavoratrici hanno lasciato il lavoro perché prive di aiuto per la gestione della cura della famiglia, che è considerata un'attività a loro naturalmente delegata. A causa di una inaccettabile indifferenza a tutto ciò, non è stato possibile in tutti questi anni scardinare le fondamenta di una cultura patriarcale e femminicida, che produce e riproduce le disuguaglianze di genere e alimenta una spirale di violenza senza fine contro le donne.

Bambini e bambine, ragazzi e ragazze, hanno diritto a modelli comportamentali inclusivi della donna e politicamente condivisi, che li orientino nelle loro scelte di vita, lavoro e relazioni sentimentali. La parità di genere è un traguardo fondamentale per la piena emancipazione femminile e una componente essenziale per l'accelerazione dello sviluppo economico, sociale e culturale del nostro Paese. Il potenziale femminile inespresso costituisce una risorsa fondamentale, in grado di liberare valore aggiunto senza il quale non è possibile immaginare un futuro davvero prospero, equo, culturalmente ricco ed inclusivo.

La miopia del Governo è evidente, da ultimo, dall'inaccettabile assenza delle politiche di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Affinché la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne non sia una sterile ricorrenza piena di retorica e di parole vuote e scontate, c'è bisogno di una presa di coscienza collettiva. Le istituzioni possono e devono fare la loro parte. Gli impegni che oggi stiamo dando al Governo con questa mozione unitaria non devono rimanere sulla carta, ma abbiamo l'obbligo di tradurli in azioni concrete nei futuri provvedimenti, a partire dalla legge di bilancio. Siamo al banco di prova per dimostrare quanto l'uguaglianza di genere conti nei fatti e non solo nei programmi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Colleghi, vi ricordo di indossare correttamente la mascherina.

Ha chiesto di parlare il deputato Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (LEU). Grazie, Presidente. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 17 dicembre 1999, ha istituito la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, da celebrarsi, ogni anno, il 25 novembre, invitando i Governi di tutto il mondo a promuovere iniziative di sensibilizzazione e conoscenza del dramma della violenza di genere. Fisica, verbale, psicologica, economica, sessuale: la violenza contro le donne ha molteplici forme, radicata nella storia, addirittura negata e relegata a una sfera privata, anziché affrontata come un dramma sociale. Occorre un cambiamento culturale che coinvolga tutta la società, uomini e donne, uomini e donne insieme, perché si inneschi un meccanismo virtuoso di consapevolezza su questo dramma. Il contrasto alla violenza di genere è tra le priorità dell'agenda politica del Paese e i provvedimenti legislativi adottati da questo Parlamento testimoniano un costante impegno del legislatore, che puntano, da un lato, alla tutela delle donne, dall'altro, a rafforzare le misure sanzionatorie. La discriminazione, la violazione della dignità, la volontà di possesso che porta a concepire l'altro come un oggetto di cui disporre. La fotografia che emerge dai dati sulla violenza di genere è sconfortante: il servizio analisi criminale della direzione centrale della Polizia criminale del Ministero dell'Interno, sui cosiddetti reati spia, cioè quei delitti che sono indicatori di violenza di genere diretta contro una donna, relativi al primo semestre 2021, segnala, in Italia, oltre 7 mila atti persecutori - il reato di stalking - quasi 10 mila maltrattamenti contro familiari e conviventi e più di 1.900 violenze sessuali. Numeri drammatici che confermano una violenza consumata per lo più nell'ambiente domestico.

Ma gli interventi legislativi non sono in sé sufficienti; la strada da seguire è inevitabilmente quella culturale, che deve mirare al contrasto di quei radicati stereotipi relativi a ruoli e responsabilità di donne e uomini nella famiglia e nella società. è, dunque, necessario continuare a lavorare sul piano culturale, incoraggiando i giovani ad uscire da un modello stereotipato ed intollerante, per promuovere una cultura libera da pregiudizi. Gli stereotipi possono trovare spazio anche là dove ci si aspetterebbe la massima tutela dei diritti. Mi riferisco, ad esempio, ad una sentenza assolutoria per violenza sessuale di gruppo della corte di appello di Firenze per la quale, il 27 maggio 2021, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritto dell'uomo, concernente il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

I giudici della Corte europea hanno ritenuto che nella sentenza della corte di appello di Firenze sia stato utilizzato un linguaggio colpevolizzante e moraleggiante, che scoraggia la fiducia delle vittime nel sistema giudiziario. L'articolo 8 della Convenzione europea è stato violato, perché la motivazione della sentenza di appello si è soffermata su dettagli della vita della vittima senza alcun legame con i fatti di causa e ha preso posizione sul suo stile di vita; ad esempio, il suo orientamento sessuale viene definito ambiguo, la sua scelta di denunciare è ricondotta alla volontà di prendere le distanze da una condotta di vita definita non lineare. Tutto ciò veicola stereotipi sessisti che hanno lo scopo di minimizzare la violenza e di colpevolizzare chi la subisce, così avverando il rischio di vittimizzazione secondaria.

Ma non è sufficiente scandalizzarsi, il compito del legislatore è quello di approntare interventi normativi che favoriscano l'occupazione delle donne in ambito lavorativo, in modo che anche l'autonomia economica consenta di acquisire una libertà altrimenti minacciata. I numeri della violenza contro le donne continuano a raccontare un'Italia in cui è necessario fare molto in termini di informazione e di sensibilizzazione. Una questione culturale che non può e non deve essere prerogativa delle sole donne, ma che coinvolge attivamente anche gli uomini. L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta dai Governi dei Paesi membri delle Nazioni Unite, annovera tra i suoi obiettivi il raggiungimento dell'uguaglianza di genere. Il PNRR, inoltre, sviluppa con le sue missioni le priorità della Strategia nazionale per la parità di genere in un approccio sistemico, politico e culturale in grado di incidere sui fattori determinanti del fenomeno, a cominciare dall'educazione all'interno delle scuole.

Il rispetto altrui è un percorso che va costruito, alimentato, accompagnato a partire dalle bambine e dai bambini. Una società inclusiva in cui le donne facilitano in modo fondamentale la costruzione di ponti di dialogo e fratellanza in un mondo sempre più disseminato di muri impastati di odio e discriminazioni. Come gruppo di Liberi e Uguali, voteremo, oggi e sempre, a favore di tutte le iniziative volte a prevenire e contrastare questo dramma sociale. Questa deve essere non solo una battaglia delle donne per le donne, ma anche una battaglia di donne e uomini insieme, per recuperare quel profondo senso di umanità che deve fiorire dentro ogni donna e ogni uomo (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Bologna. Ne ha facoltà.

FABIOLA BOLOGNA (CI). Grazie, Presidente. Approvare oggi questa mozione è davvero importante, perché dà la possibilità al Parlamento di rendere evidente il nostro impegno e la nostra volontà di proteggere le donne dalle violenze, di accompagnarle nel percorso di emancipazione e di costruire una società in cui la parità tra donne e uomini sia finalmente una realtà. I 109 casi di femminicidio da gennaio 2021 a oggi, con un aumento dell'8 per cento rispetto al 2020, ci confermano che vi è ancora molto da fare per garantire la piena emancipazione femminile e che persiste la secolare tradizione di rapporti di forza disuguali tra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati, che nel 2021 dovrebbero essere più che superati, e, invece, non lo sono affatto. Dall'ultimo rapporto Istat del maggio 2021 circa le richieste di aiuto pervenute durante la pandemia, si desume che le chiamate effettuate al numero contro la violenza e lo stalking, 1522, sono aumentate del 79,5 per cento rispetto all'anno precedente e che l'emergenza da COVID e le misure di contenimento adottate hanno avuto ripercussioni soprattutto in ambito domestico.

La violenza contro le donne porta dietro di sé altre violenze che si abbattono sui minori che vivono queste situazioni in famiglia, spesso in realtà sociali ed economiche svantaggiate. Possiamo dire che l'attenzione delle istituzioni al tema e le tutele legali sul piano strettamente formale non mancano, data la presenza di molteplici fonti, nazionali e sovranazionali, che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono norme per il contrasto alla violenza contro le donne e per l'uguaglianza di genere; piuttosto, sono necessarie tutele operative concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base a un piano che operi sistematicamente a più livelli, partendo dal territorio.

Per questo chiediamo al Governo l'attuazione, al più presto, del Piano di azione contro la violenza di genere che è stato approvato e che persegue molteplici obiettivi che oggi ribadiamo nella mozione: la prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, la formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere, la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con fatti di violenza di genere e di stalking, la protezione, sia sociale che economica, delle vittime attraverso il rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte, un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio, dai centri antiviolenza ai servizi di assistenza. È molto importante la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media e di marketing, per la realizzazione di una comunicazione e informazione rispettosa della rappresentazione di genere. Ancora ieri abbiamo, come Intergruppo donne del Parlamento, dovuto stigmatizzare l'ennesima vignetta apparsa su un giornale, dal contenuto sessista e di becera mercificazione del corpo femminile (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia e Italia Viva). Inoltre, recentemente abbiamo individuato nel mio territorio una pubblicità in una clinica estetica in provincia di Bergamo con cartelloni pubblicitari molto poco rispettosi del corpo femminile, al di là del decoro, e subito abbiamo denunciato il fatto all'ordine dei medici competente.

C'è ancora molta strada da fare, colleghi, anche se molto è stato fatto. Siamo consapevoli che la violenza sulle donne si combatte soprattutto attraverso un cambiamento culturale che educhi all'uguaglianza, alla tolleranza, al reciproco rispetto, già dall'infanzia, nelle formazioni sociali quali la famiglia e la scuola. Quindi, se da una parte, appare necessario e doveroso un intervento a sostegno della normativa attualmente in vigore per agire in via preventiva con misure cautelative efficaci, che alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene severe e certe, dall'altra, è fondamentale individuare percorsi idonei per trasmettere un'educazione alla parità di genere alle generazioni presenti e future, a partire dall'età infantile, e poi adolescenziale e adulta, per tutto il corso della vita, nell'ambito familiare, scolastico, universitario, lavorativo e sociale, al fine di garantire una cultura del rispetto dei diritti umani fondamentali e l'educazione ai principi del diritto alla vita, all'integrità psicofisica, alla libertà personale e morale e alla sicurezza.

Sappiamo che la denuncia costituisce solo un primo passo, anche se fondamentale, a cui deve seguire, però, un'azione delle istituzioni atta a garantire una protezione costante, effettiva e efficace alle donne vittime di violenze e maltrattamenti, soprattutto nella fase successiva alla denuncia, ponendo particolare attenzione anche a quelle forme di stalking e a quelle manifestazioni quotidiane di violenza che potenzialmente potrebbero sfociare in un atto estremo e su cui occorre intervenire tempestivamente e preventivamente per evitare un epilogo drammatico. Bisogna, quindi, porre attenzione agli uomini maltrattanti, coinvolgendoli e avviandoli a percorsi di cambiamento e di assunzione di responsabilità del loro agire, sia che il maltrattamento sia fisico, psicologico, economico o sessuale o di stalking verso le donne i figli, e sostenere progetti e protocolli delle prefetture, delle questure e delle associazioni dedicati agli uomini maltrattanti. Ci sono molti percorsi che si stanno attivando, bisogna sostenerli economicamente e renderli strutturali.

Come medico e donna, con l'Associazione Italiana Donne Medico, collaboro insieme all'Ordine dei medici con i centri antiviolenza dei territori per creare una rete sempre più ampia di interazioni e di punti di ascolto, per far conoscere alle donne come chiedere e ricevere aiuto dal numero 1522 e tutte le possibilità di sostegno, perché, come recita lo slogan dedicato a questa giornata del centro antiviolenza del mio territorio, noi ci siamo sempre, non solo il 25 novembre. Questo deve essere il motto delle istituzioni per le donne e, quindi, annuncio il voto favorevole di Coraggio Italia alla mozione (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia – Deputati del gruppo Fratelli d'Italia mostrano sui palmi delle mani la scritta: “No violenza sulle donne!”).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lucia Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (IV). Grazie, signora Presidente. Sottosegretario Scalfarotto, con la mozione che ci accingiamo a votare oggi, rinnoviamo l'impegno del Parlamento e del Governo nella lotta contro la violenza maschile sulle donne, per il raggiungimento di una piena applicazione della Convenzione di Istanbul nel nostro Paese. È un'occasione per indurci a riflettere una volta di più sul perché, nonostante in questi anni abbiamo messo in campo tante misure importanti di prevenzione, protezione e perseguimento dei colpevoli, le notizie di violenza contro le donne continuano ad occupare le nostre cronache, restituendoci l'immagine, terribile, di una società in cui le donne subiscono abusi in casa, sul lavoro e in tutti i luoghi e i contesti in cui intendono realizzarsi. Diminuiscono gli omicidi e i reati violenti, ma non diminuiscono i reati di violenza contro le donne, in modo particolare i femminicidi, quasi sempre epiloghi drammatici di storie di violenze e abusi che avvengono quando la donna decide sulla sua autonomia e libertà.

Abbiamo un buon impianto normativo, ce lo diciamo sempre; è fondamentale che le norme vengano, però, applicate, leggendo correttamente la violenza e che questo avvenga in tempo utile. Ogni 72 ore viene uccisa una donna e, di certo, non possiamo arrenderci di fronte a tanta barbarie. È indubbio che la pandemia abbia peggiorato una situazione di violenza di genere preesistente, strutturale e diffusa, che si nutre della disuguaglianza di genere, della disparità di potere tra uomini e donne, dell'organizzazione patriarcale della società e degli stereotipi sui ruoli e sulle capacità delle donne, ancora molto diffusi e pervasivi. Si tratta di una violenza che non si esprime solo con l'aggressione fisica, ma che include anche le vessazioni psicologiche e i ricatti economici, una condizione peggiorata, come dicevamo, anche per le conseguenze socio-economiche della pandemia e la perdita di lavoro e autonomia economica che sta riguardando molte donne. Anche su questo fronte è fondamentale la prevenzione, ad esempio, attraverso l'educazione finanziaria quale strumento per riconoscere la violenza economica, accelerare il processo di uscita dalla violenza e favorire percorsi di empowerment e di inclusione delle donne che scelgono di riprendere in mano la loro vita. Fondamentali sono anche gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne. È questa consapevolezza che ci ha portato, come Italia Viva, a presentare un emendamento al “decreto Rilancio” per istituire il reddito di libertà (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva) che oggi grazie al supporto della Ministra Bonetti, è una misura concreta ed esigibile. È un primo passo, le risorse investite sono ancora poche, ma lavoreremo già in manovra per farla diventare una misura strutturale.

L'impegno di Italia Viva non in si esaurisce qui, abbiamo dedicato al tema della violenza economica e dell'educazione finanziaria una campagna social “Nate libere” e una mozione che impegna le istituzioni a livello locale (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

Questi temi vengono affrontati con determinazione anche dal nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il 2021-2023, presentato dalla Ministra Bonetti e approvato pochi giorni fa in Consiglio dei Ministri.

Il Piano punta alla stabilità e alla strutturalità dell'attività di contrasto e anche dell'investimento dello Stato nel sostenere la rete dei centri antiviolenza, con il loro lavoro straordinario. Anche sul fronte della parità sono molte le misure già approvate: si è rafforzato l'impianto normativo, con le riforme del processo civile e del processo penale, che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Occorrerà lavorare sulla formazione e specializzazione di pubblici ministeri e giudici, ma quella culturale resta certamente la sfida più grande, che ancora dobbiamo vincere, a scuola e in famiglia e, poi, sul piano del linguaggio e della responsabilità dei media nel veicolare messaggi sessisti e offensivi. Su questo c'è ancora tanto da fare; ce lo ha ricordato molto bene ieri il Fatto Quotidiano (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva), alla vigilia di questa giornata, con una vignetta squallida e violenta, pubblicata in prima pagina, in cui si offendono e insultano tutte le donne, pur di denigrare la Leopolda, pur di denigrare una comunità; il corpo delle donne usato per un attacco politico, mirato ed esplicito che offende, però, tutte le donne, non solo quelle che partecipano alla Leopolda (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Concludendo, colleghi, la strada affinché le donne possano essere e sentirsi finalmente libere dalla violenza maschile è ancora lunga, è un cammino complesso che deve vedere necessariamente coinvolti tutti gli uomini che rifiutano la violenza e che hanno il coraggio di dire con forza che questa è una battaglia di tutta la società, non solo delle donne, non solo delle vittime. Un Paese che non sconfigge la violenza sulle donne è un Paese che non ha futuro. Italia Viva non smetterà mai di dare il proprio contributo con la sua voce e con le sue proposte. Per questo annuncio il voto favorevole del mio gruppo alla mozione (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Maria Teresa Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Con piacere, arriviamo ad una mozione unitaria, lo dico per nome e per conto di tutti i deputati di Fratelli d'Italia che hanno partecipato sentitamente a questa giornata, ma anche alla scrittura di questa mozione. La celebriamo positivamente e con gioia rispetto all'unione di tutto il Parlamento, non soltanto per la celebrazione del 25 novembre, quindi, della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che ogni anno si celebra, ma siamo assolutamente convinti che la scrittura di questa mozione, unitariamente, sia essenziale per dire con forza e con determinazione, tutti insieme, che la violenza sulle donne è una violenza dei diritti umani (Applausi). Di questo c'è bisogno? Sì, purtroppo ce n'è bisogno; purtroppo ce n'è bisogno, perché la violenza sulle donne è ancora un fenomeno globale, un flagello che fa sì che sia la prima causa di morte per le donne, è un dramma che colpisce in maniera trasversale qualsiasi ceto sociale, qualsiasi età, a qualsiasi, anche, latitudine geografica e questo accade nel 2021, accade a quasi dieci anni dalla ratifica da parte dell'Italia della Convenzione di Istanbul, accade anche nella nostra Italia, che certamente è culla della civiltà e del diritto e, quindi, certo che ce n'è bisogno.

Devo dire che soprattutto la violenza sulle donne è una questione di carattere culturale, come molti mie colleghe prima di me hanno sottolineato, e, sapete, quando leggo delle ricerche fatte all'interno delle scuole di diverso ordine e grado o quando parlo io stessa con i ragazzi e le ragazze di 14-15 anni rimango basita quando sento le ragazze giustificare uno schiaffo o un'aggressione verbale per motivi di gelosia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ma vi devo dire che resto inorridita quando leggo la sentenza di un pubblico ministero che, davanti alla denuncia di una donna che per anni ha subito violenze, maltrattamenti e segregazioni, una donna che veniva obbligata a indossare il velo integrale, ebbene rispetto a quella denuncia il pubblico ministero chiede l'archiviazione. E sulla base di quale motivazione? Le parole che il pubblico ministero dice sono queste: “La condotta di costringerla a tenere il velo integrale rientra nel quadro culturale dei soggetti interessati e per questo ne chiedo l'archiviazione”. Voi penserete, se non avete letto questa notizia sui giornali, che questo accade in un Paese dove non c'è il riconoscimento dei diritti umani, in qualche luogo ameno lontano dalla nostra Italia. Invece non è così! Per chi non lo sapesse, vi devo deludere: questo accade in Italia, accade a Perugia, accade a una donna islamica di origine marocchina che dopo anni denuncia e si vede richiesta l'archiviazione della sua denuncia. Questo mi preoccupa e mi inorridisce, perché questa archiviazione non è accettabile né giuridicamente né moralmente, perché rappresenta un atto di sottomissione del nostro ordinamento e delle nostre leggi all'Islam e questo è inaccettabile (Applausi). In una Nazione libera e democratica quale l'Italia è, i diritti fondamentali della persona devono essere garantiti sempre e comunque! Le donne devono essere libere di scegliere come vestirsi, dove andare, a che ora poter percorrere le strade, come comportarsi nel rispetto delle leggi ma nella loro libertà di potersi autodeterminare, di lavorare, di avere parità di trattamento economico, di poter essere libere nella loro vita in una Nazione libera e democratica, e quando questo non accade io credo che tutti quanti insieme dobbiamo denunciare questa deviazione e questa deviazione dell'assetto giuridico perché non è un problema soltanto per quella donna islamica. No! È un problema per tutte le donne, perché lì c'è un fiume carsico di discriminazione, lì sì che c'è, invece, un aspetto che promuove in maniera indegna l'umiliazione della dignità della donna. Questo è davvero grave ed è ancora più grave perché la sentenza di questo pubblico ministero avviene a pochi mesi di distanza dalla scomparsa di Saman, quella ragazza che voleva avere una relazione con un compagno di religione diversa dalla sua e che, invece, veniva costretta dai familiari ad un matrimonio forzoso. Anche questa è una problematica e questo avviene anche negli stessi giorni in cui a una ragazza di 14 anni viene diagnosticato un trauma cranico perché il fratello e la madre la maltrattano e la picchiano perché vogliono che metta il velo integrale. Non c'è alcun rispetto di una donna quando cammina dieci passi dietro a un uomo e quando non può scegliere per sé e questo riguarda tutte le donne. Io rimango ancora più preoccupata quando leggo che le donne con disabilità subiscono violenza in percentuale ancora maggiore delle persone che non hanno disabilità, perché evidentemente anche in questo lo Stato è manchevole.

Io sono preoccupata quando chi assiste alle violenze - quindi, quei piccoli che vivono in famiglie, purtroppo, in cui c'è il maltrattamento e l'abuso e durante la pandemia abbiamo visto che le percentuali di quelle violenze si sono innalzate - poi non ricevono le giuste cure e il giusto supporto per poter elaborare quello che evidentemente è un dramma.

Io sono preoccupata quando noi approviamo il “codice rosso”, ma poi non diamo risorse economiche per far sì che quella corsia preferenziale possa essere animata da uomini e da donne delle Forze dell'ordine, dei servizi sociali e dei servizi sanitari che facciano sì che veramente le denunce delle donne possano essere prioritarie nella macchina amministrativa e giuridica nei luoghi della presa in carico e della cura.

Io sono preoccupata, da un punto di vista educativo, quando l'Italia è l'unica Nazione tra i Paesi occidentali che non ha ancora istituito il servizio di psicologia scolastica e si chiede alle scuole di prendersi cura della prevenzione e dell'individuazione dei casi di violenza e poi di intervenire ma si lascia sola la scuola (si lasciano soli gli insegnanti e i dirigenti scolastici ad occuparsi di tutto). Avremmo bisogno di inserire, in maniera strutturale uno psicologo scolastico, e tutti siamo d'accordo su ciò; per questo spero che il rappresentante del Governo, anche con la forza di questa mozione unitaria, possa farsi carico di inserire, finalmente, una figura professionale che possa accompagnare i nostri giovani, i più piccoli, a conoscere se stessi, a conoscere le proprie emozioni, a poter imparare a gestire le proprie frustrazioni, a poter autodeterminare la propria vita, in uno spirito di rispetto e di solidarietà, perché la discriminazione si combatte così. Allora, io mi auguro veramente che questa mozione unitaria, nella sua unitarietà possa avere la forza per far sì che il Governo, il cosiddetto Governo dei migliori, faccia finalmente qualcosa veramente di migliore e faccia sì che la violenza diventi qualcosa che possa essere scongiurata in tutta Italia, in ogni parte, e che ogni donna di ogni età possa essere finalmente libera nella nostra Italia democratica e che, quindi, si possa fare in modo che la sua esistenza sia, sì, una cosa meravigliosa. Dipende anche da questo Parlamento, dipende anche da noi.

Dichiaro il voto favorevole di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Catia Polidori. Ne ha facoltà.

CATIA POLIDORI (FI). Grazie, Presidente. Mi consenta, da subito, di ringraziare tutte le colleghe, tutti i gruppi parlamentari, tutti i legislativi dei gruppi parlamentari per aver lavorato affinché questa diventasse una mozione unica, per aver contribuito a mettere insieme le idee di tutti. È diventato un dossier - lo dico al Governo - più che una mozione. Questo, però, significa che c'era veramente la volontà di dare un messaggio forte al Governo e di dare anche al Governo uno strumento per poter lavorare su quella che è stata definita come una delle più grandi piaghe che ci affliggono.

Il messaggio che doveva uscire da qui dentro - l'hanno detto anche le altre mie colleghe - è di grande unità, ma credo che l'altro messaggio che debba uscire è che siamo concentrati su questo argomento non solo oggi. Oggi commemoriamo semplicemente una Giornata internazionale, ma il nostro impegno lo vediamo anche sugli emendamenti - perlomeno per quello che riguarda Forza Italia - che abbiamo presentato su questo argomento alla legge di bilancio al Senato. Stamattina abbiamo fatto una conferenza stampa proprio cercando di arricchire quanto più possibile la legge di bilancio che passerà a breve.

Ma l'altro messaggio importante che volevamo dare - e spero che chi ci segue da casa riesca a coglierlo - è che una delle nostre difficoltà è proprio far conoscere alle donne gli strumenti che sono a disposizione, sicuramente, come è già stato sottolineato, ancora incompleti, ma se si conoscessero veramente, questi strumenti, probabilmente molte donne, anche straniere che, sappiamo, non conoscono molto bene le nostre leggi, potrebbero trovare il coraggio di denunciare le violenze.

Le mie colleghe che sono intervenute fin qui hanno descritto molto bene i numeri – i numeri - di quella che, mi lasci dire, è la seconda pandemia che ci coinvolge. C'è un numero su tutti che, però, ci angoscia. Io vorrei dare un volto a questi numeri e allora permettetemi solo di leggere qualche nome, vorrei ricordare: Anna, Doriana, Alessandra, Sonia, Giuseppina, Rita, Angelica, Ada, Chiara, Elena, Cristina, Giuseppa, Carmen, Luana, Simonetta ed Elisa (Applausi). Questi sono nomi di vittime solo degli ultimi due mesi e mezzo, speriamo che l'anno si concluda con questi numeri, ma, se io avessi dovuto leggerveli tutti, ve ne avrei dovuti leggere ben 109 - 109! - ahimè, l'8 per cento in più dell'anno passato. Questo cosa significa? Che, nonostante lo sforzo, nonostante il lavoro che abbiamo fatto, qualcosa evidentemente manca, c'è qualcosa di incompleto, perché, se fossimo veramente andati avanti, noi avremmo dovuto avere un numero sicuramente in decrescita.

Questa data si palesa in un momento molto particolare e quindi noi, oggi, dovremmo - in una sorta di girotondo, tenendoci per mano simbolicamente - ricordare quello che stanno passando le nostre sorelle dell'Afghanistan, le nostre sorelle di Kabul. E a tal proposito, Azzurro Donna, il movimento femminile di Forza Italia ha organizzato un convegno internazionale, siamo in collegamento anche adesso, ci stanno seguendo, mi consenta, Presidente, di salutare le nostre colleghe egiziane (Applausi) e le attiviste di Kabul, giornaliste che sono scappate dall'Afghanistan, che sono oggi collegate con noi per seguire i nostri lavori. Io vorrei che a loro arrivasse un messaggio molto forte: il messaggio che noi ci siamo, che siamo al loro fianco, ma credo che questo serva anche da riflessione, per farci capire come le donne che hanno combattuto prima di noi, ci rendano oggi possibile una vita nella difficoltà della violenza, nella difficoltà della non parità di genere, ma con diritti acquisiti. Loro stanno lottando per diritti che a noi sembrano dati per scontati, come la libertà di leggere, la libertà di imparare a scrivere, la libertà di viversi la fanciullezza, perché vengono date in spose a 9 anni, la libertà di viversi propri figli. Tutti noi abbiamo visto le foto di quelle donne che hanno consegnato i propri bambini neonati a soldati, come la libertà venga loro negata in tutto, tanto da costringerle ad abbandonare la loro terra, vittime di violenze fisiche, ma anche di violenze psicologiche.

Questo strumento che potrebbe sembrare solo una mozione, è uno strumento che, come ho detto prima, potrebbe dare al Governo un'ulteriore spinta: a prendere un impegno ancor più forte, perché il messaggio che deve uscire è che quello che occorre è, ahimè, prima di tutto, probabilmente, un cambiamento culturale.

Noi abbiamo parlato in questa mozione non solo di violenza; quando il sottosegretario - che immagino l'abbia letta - avrà letto i punti, avrà visto che ci sono argomenti che riguardano più il rapporto tra donne e lavoro, donne ed economia. Perché? Perché sono strettamente correlati, perché se una donna, va da sé, non è indipendente economicamente, avrà difficoltà a denunciare, perché ovviamente si preoccupa di quella che potrà essere la sua vita dal giorno dopo la denuncia.

In pandemia, come abbiamo detto, si è tutto acuito, è diventato tutto molto più complicato, perché queste donne erano chiuse, segregate in casa con i loro aguzzini, non potevano nemmeno chiamare quel benedetto numero, il 1522, mi permetta di dire benedetto numero. Io, peraltro, ora sono a fianco di colei che era Ministra (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) e che ha istituito questo numero, della già Ministra Stefania Prestigiacomo, che si “inventò” il 1522; un numero che, mi consenta, non può girare solo il giorno prima, il giorno dopo e durante le giornate commemorative, e qui lo chiedo, credo, da parte di tutti, come abbiamo fatto peraltro con il Governo precedente, mentre eravamo in pandemia, quando abbiamo preteso che questo numero fosse mandato in televisione il più possibile.

Come siamo riusciti? Piccole cose, alcune volte, ma siamo riusciti a far mettere questo numero sugli scontrini delle farmacie, pensando che, magari, queste donne, anche in pandemia, fossero uscite per andarsi a comprare qualcosa e avessero l'evidenza di questo numero.

Abbiamo parlato di misure, come lei ha ben visto, non solo repressive; non abbiamo parlato solo di queste, perché, insieme alle misure repressive, chiaramente necessarie, abbiamo bisogno di misure di comunicazione e di sostegno. E' un sistema complesso, lo sappiamo; bisogna utilizzare elementi completi e complessi per rispondere a questo sistema. Non a caso abbiamo sentito le preoccupazioni del Presidente Draghi, del Presidente Mattarella e addirittura del Papa. Credo che anche in questo caso si possa parlare di pandemia: 109 donne solo quest'anno sono state uccise e ben 16.140 si sono recate al pronto soccorso in tre anni. E 16.140 sono solo quelle che hanno dichiarato di aver subito una violenza. Pensate quante dicono bugie sulle violenze: sarebbero molti di più i numeri della violenza.

Le misure intraprese sono state indubbiamente tante, questo non lo neghiamo, dalla legge sullo stalking in poi, al Codice rosso; probabilmente sono ancora incomplete, c'è ancora molto da fare. La domanda che si pone una donna, comunque, è questa: un secondo dopo la denuncia, cosa mi succede? Chi pagherà il mio affitto? Chi pagherà i libri di scuola dei miei figli? Chi mi aiuterà a tornare a casa, attraversando una strada con un vicolo buio? Chi mi starà al fianco in tutto questo percorso? Queste sono risposte che dobbiamo dare alle donne.

L'obiettivo, Presidente, e concludo, è uno solo per quello che ci riguarda: arrivare un minuto prima, un minuto prima del femminicidio, ma anche un minuto prima di uno schiaffo, perché queste ragazze non confondano le attenzioni negative come amore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Questo è fondamentale venga spiegato alle nostre adolescenti.

E allora speriamo tutti insieme che, invece, di dare un volto a questi numeri, come ho fatto prima, noi ci si ritrovi qui, a breve, a elencare i numeri delle donne che saremo riusciti a salvare, perché anche solo una sarà un grande successo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Stefania Pezzopane. Ne ha facoltà.

STEFANIA PEZZOPANE (PD). Grazie, Presidente. Sono più di 15 mila le donne che, nel corso del 2020, hanno iniziato un percorso nei centri antiviolenza. Per il 19,9 per cento, oltre 3 mila donne, si è trattato di un intervento di emergenza proprio durante il lockdown: marzo, aprile e maggio, tre mesi terribili per le donne; si sono registrate in quei mesi le percentuali più alte. Ma il 70 per cento dei casi di donne abusate in quei mesi subiva la violenza già da prima: addirittura nei dati e nelle ricerche risulta che il 40 per cento di quelle donne la pativa da cinque anni o anche oltre. E poi c'è un altro numero che voglio citare, che racconta questa emergenza: oltre il 60 per cento delle donne che subiscono violenza, non la denuncia. Non solo non la denuncia, ma non ne parla, non la racconta a nessuno, nemmeno alla migliore amica, alla sorella, alla madre. Parlare di violenza, infatti, in questi giorni, in occasione di questo 25 novembre, è difficile, perché siamo arrabbiate. Siamo arrabbiate perché il nostro impegno merita risposte più adeguate! Merita - lo ripeto - risposte più adeguate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Noi ce ne occupiamo da tempo, con passione, animate dal desiderio di fermare questa mattanza. Ce ne occupiamo costantemente anche in queste Aule, dove abbiamo discusso, approvato leggi, provvedimenti, promosso iniziative: tante, belle, solide, le ricordava la nostra presidente, Debora Serracchiani, nel dibattito, lunedì. Il primo atto parlamentare della XVII legislatura è stata la ratifica, avvenuta con la legge 27 giugno 2013, n. 77, della Convenzione di Istanbul che ha definito la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e poi la legge contro la violenza di genere, che ne è stato il portato, il risultato e poi la legge contro lo stalking, le misure di prevenzione, gli ordini di protezione, gli indennizzi per le vittime, il fondo per i figli orfani delle vittime di femminicidio, il reddito di libertà, le aggravanti specifiche, il Piano nazionale antiviolenza, i percorsi antiviolenza nel pronto soccorso, l'istituzione della Commissione d'inchiesta sul femminicidio, le norme contro il revenge porn, il Codice rosso, i fondi ai centri antiviolenza e molto altro. L'abbiamo fatto qui, in quest'Aula, tutte insieme, tutti insieme (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Abbiamo fatto tanta strada, tantissima. Ricordiamoci che in questo Paese, fino a pochi anni fa, esisteva il delitto d'onore e la violenza sessuale era ancora considerata un delitto contro la morale. Purtroppo, non basta. Non è bastato un decennio di riforme importantissime di contrasto alla violenza contro le donne - non è bastato! - e i delitti sulle donne sono in controtendenza ovvero sono in crescita. Una strage perpetua. È per questo che parliamo ormai di un'emergenza strutturale. La violenza continua, crudele, sfacciata, senza vergogna. Nell'ultima settimana, infatti, sono morte altre quattro donne - come alcune colleghe hanno ricordato - che, a causa di mariti, fidanzati o ex, uomini che dicevano di amarle, hanno perso la vita e, a volte, con loro o addirittura al loro posto, per estrema punizione, sono stati trucidati i loro bambini. Morti e violenze indicibili, inaccettabili ma che invece ci costringono a guardare dritta in faccia questa violenza, a chiamarla con il suo nome che, di certo, non è amore, non è passione, non è gelosia, non è tradimento, non è separazione. Nessuna di queste parole ha a che fare con la sopraffazione, con la violenza, con il femminicidio. Si può chiamare amore quello che serve da giustificazione a chi perseguita, soffoca, uccide, stupra, bastona una donna? È necessaria da parte di tutti una pulizia lessicale che sgombri definitivamente il campo. Non chiamiamolo più amore, non chiamiamoli più delitti passionali, correggiamo anche il linguaggio nel quale, in modo inconsapevole, risiede la discriminazione e può crescere il seme della violenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il 2021 - veniva ricordato - è stato un anno tragico; a morire sono state per lo più donne che avevano avuto il coraggio di denunciare, spesso donne i cui ex avevano avuto divieti di allontanamento, divieti non rispettati, non fatti rispettare. Spesso si tratta di tragedie annunciate, avvertite. Sono le stesse donne a dire, a volte, nelle loro memorie e nei loro racconti: “Quello mi ammazza; prima o poi mi ammazza”. Quando accadono queste cose siamo tutte sconfitte ma i più sconfitti siete voi uomini, proprio quelli che non violentano, quelli che non abusano, che non uccidono ma che ancora non si sentono parte attiva di una grande e necessaria rivolta morale verso tutto questo orrore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); voi uomini che vi portate addosso questa macchia di genere, una macchia di genere, di cui vi dovete liberare. Uscite allo scoperto perché, insieme, uomini e donne, dobbiamo lavorare contro la violenza. Sarebbe sconfitto uno Stato che accettasse o tollerasse, quasi come fisiologico, che un uomo colpisca una donna, che la sottometta, che ne abusi fino a toglierle vita, forza e identità. La causa della violenza maschile contro le donne è determinata da una cultura ancora profondamente patriarcale, una cultura diffusamente e supinamente accettata, a volte, anche da chi dovrebbe tutelare e proteggere le vittime. Questa giornata, per noi del Partito Democratico, non ha il sapore di una liturgia funebre, non siamo qui solo a contare le vittime. Questa giornata è stata istituita per dare a tutti noi, ai Governi, alle istituzioni, agli enti locali e alle organizzazioni internazionali l'opportunità e l'occasione di dare una scossa all'opinione pubblica. Diamola, per individuare le migliori strategie a livello globale, per sradicare la violenza, per cambiare le menti e per formare le coscienze e le professionalità.

Ci siamo impegnate in tanti campi. Non possiamo permetterci di mancare a questo appuntamento dell'impegno contro la violenza. Abbiamo messo a sistema tanti interventi, tanti, davvero importanti, ma, se non bastano, dobbiamo andare oltre quello che abbiamo già fatto e occorre una presa di coscienza corale collettiva, come facemmo quando ci accorgemmo che con i delitti di Falcone e Borsellino si era sollevata la guardia troppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi dobbiamo avere la stessa reazione, questa escalation non può essere tollerata. Dobbiamo prendere coscienza di questa escalation e dobbiamo fare verso questa escalation una rivolta morale. Dobbiamo sfruttare anche l'occasione che ci viene data dal PNRR in cui il Partito Democratico ha voluto la trasversalità di genere, una giusta decisione oltre che per fermare il gender gap, che relega le donne in condizioni di inferiorità, anche per formare le professionalità in prima linea. È necessario un coordinamento tra le istituzioni e servono campagne di comunicazione, di sensibilizzazione, non solo in occasione del 25 novembre. Serve, inoltre, intervenire sui temi dello squilibrio e della parità e lo abbiamo fatto con il Partito Democratico fortemente impegnato sulla legge per la parità salariale, sull'assegno unico universale e su altri strumenti che servono a dare alle donne libertà e autonomia. Inoltre, il piano nazionale antiviolenza che diventa strutturale è finalmente un segnale, ma il Governo può e deve fare di più. Dobbiamo combattere anche contro questi stereotipi e il Partito Democratico, tutte le parlamentari e i parlamentari, vota convintamente questa mozione unitaria perché vogliamo dire e dare alle donne e alle ragazze un segno forte: finché ci sarà una sola donna colpita in quanto donna noi non avremo pace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il deputato Francesco Zicchieri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ZICCHIERI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, per me è un onore oggi intervenire in quest'Aula nella ricorrenza della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne. Matteo Salvini e tutta la Lega da sempre sono vicino alle donne, infatti abbiamo sempre promosso e continueremo a farlo, insieme al Dipartimento pari opportunità, diretto all'onorevole Laura Ravetto, ogni tipo di azione, al fine di contrastare la violenza contro le donne. La Lega in questa legislatura si è resa protagonista con l'introduzione del “codice rosso” fortemente voluto dalla senatrice Giulia Bongiorno. È una riforma epocale che ha come principio la protezione delle vittime attraverso due direttrici: una preventiva, in quanto la vittima di violenza deve essere ascoltata entro tre giorni dalla denuncia; l'altra repressiva, in quanto inasprisce il trattamento sanzionatorio.

Grazie al “codice rosso” la legge italiana contro la violenza nei confronti delle donne è una delle migliori leggi nel panorama europeo. Però, chiaramente questo non basta perché ci sono troppi femminicidi, ancora troppi, purtroppo, ed allora serve fare qualcosa di più. È necessario che la magistratura, così come già previsto per le Forze dell'ordine, sia specializzata e formata in questa materia. Mai più sentenze che giustifichino la violenza sulle donne in nome di presunte radici culturali, mai più (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Questa deve essere una battaglia unanime, a prescindere dalle rivendicazioni di un partito o di un altro. Invece, particolarmente dedicata è la situazione delle donne con disabilità, vittime di discriminazioni multiple. È facile immaginare come per una donna disabile sia ancora più difficile denunciare i fatti subiti, anche per la possibile dipendenza dal proprio aggressore. Molto spesso le strutture di sostegno non posseggono le competenze atte a gestire i casi peculiari. Per questo la Lega si sta impegnando grazie al contributo del Ministro Erika Stefani ad attuare politiche che vanno verso l'inclusione sociale delle donne con disabilità, attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro. Inoltre, per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, è fondamentale eliminare barriere e ostacoli, quali ad esempio la situazione di inferiorità economica. Per cui, ben vengano iniziative di legge che prevedano il reddito di libertà, la parità salariale e gli incentivi all'imprenditoria femminile, che riteniamo provvedimenti importanti. Non possiamo, però, rimanere inermi di fronte ad un altro fenomeno che provoca sofferenza e umiliazione: il fenomeno della prostituzione. Le donne che si prostituiscono vengono picchiate, malmenate e sfruttate dai loro aguzzini. Purtroppo, i dati esistenti su tale fenomeno vengono raccolti con estrema difficoltà, perché è un fenomeno sommerso, per cui è necessario intervenire con una normativa specifica al fine di poterle aiutare concretamente. Quindi, è necessario che la battaglia contro la violenza sulle donne sia fatta tutti i giorni dell'anno e non solo oggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Presidente, vorrei ringraziare non solo tutti gli uffici, i miei colleghi e colleghe, ma anche l'onorevole Anna Rita Tateo che mi ha coinvolto oggi in questo discorso. In questo momento la ringrazio di cuore perché sono convinto che, per porre fine alla violenza contro le donne, anche gli uomini devono essere impegnati attivamente in questa battaglia culturale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). È una battaglia tutta culturale. Se noi oggi iniziassimo un percorso culturale per le nuove generazioni, con fatti concreti, con leggi giuste, ben sapendo che la violenza non è mai una cosa da tollerare, sono convinto - ponendoci in maniera chiara e seria in questo percorso, con regole vere in modo da far capire che la violenza non è mai il fine giusto - che questa sfida noi la vinciamo. La vinciamo perché molte, troppe volte, secondo me, si è tollerato e il tollerare non va mai bene. Allora, come diceva qualche collega, la donna, la violenza, le violenze, vanno affrontate in maniera diversa, in maniera rigida. In questa battaglia culturale la Lega c'è, come c'è sempre stata; c'è in maniera chiara e c'è perché crede fortemente che possiamo vincere questa partita (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Mi piace pensare che un giorno, da uomo anziano e nonno, porterò la mia nipotina a comprare un paio di scarpette nuove e lei sceglierà le scarpette rosso fiammante. Allora mi inginocchierò di fronte per fargliele provare e le dirò che un tempo erano state il simbolo contro la violenza sulle donne. La mia bimba sorriderà incredula e mi chiederà cos'è la violenza ed io spero di essere orgoglioso di potere rispondere: nulla, amore mio, non puoi saperlo, è una meschinità che apparteneva ad un'altra era (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ecco, da uomo, da figlio, da marito e padre, voglio ringraziare quest'Aula per la mozione unitaria presentata oggi, perché il segno di unità è un segno di grande forza. Su temi così importanti, il Parlamento, le forze politiche, gli uomini e le donne di quest'Aula, hanno il diritto e il dovere di unirsi. Oggi è un segnale di grande forza e di grande speranza ed per questi motivi che la Lega voterà favorevolmente alla mozione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Prima di entrare nel merito e parlare degli impegni contenuti in questa importante mozione, è soprattutto doveroso, oggi, 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne, dare un quadro della drammatica realtà che ci circonda. Da gennaio a oggi, le donne uccise sono state 109, una donna uccisa ogni tre giorni. Chi ha fatto loro del male sono persone che avevano le chiavi di casa. Parliamo di mariti, fidanzati, ex, coloro che avrebbero dovuto amarle.

Da ultimo, il caso di Juana Cecilia, una giovane donna di 34 anni, uccisa dal suo ex compagno a Reggio Emilia, nel mio territorio, il 19 novembre scorso. Juana ha fatto tutto quello che lo Stato chiede di fare: ha denunciato le persecuzioni e gli atti vessatori del suo persecutore e, a seguito di questa denuncia, è scattata la misura del divieto di avvicinamento, che il suo persecutore ha tempestivamente, violato. Ha denunciato una seconda volta ed è scattata la misura degli arresti domiciliari, poi revocata, perché si è celebrato il processo, che ha previsto il patteggiamento e il beneficio della sospensione condizionale della pena, ossia il ritorno in libertà. Dopo solo 15 giorni da questa sentenza, chi la perseguitava l'ha uccisa. Juana lascia un bambino di un anno e mezzo. Questo caso è una vergogna, perché presenta falle evidenti del sistema di protezione a tutela delle donne che denunciano la violenza.

E allora le scuse non bastano, bisogna agire e chiedersi che cosa bisogna fare, perché le leggi ci sono;: sono quarant'anni che si legifera in materia di contrasto alla violenza di genere. E, allora, se le leggi ci sono, cosa non funziona? Non funziona per il fatto che la violenza di genere è anche e, soprattutto, un problema culturale, perché si nutre di ignoranza, di discriminazioni, di pregiudizi, di stereotipi, di omertà e di incapacità di amare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E, allora, è qui che bisogna cambiare, bisogna cambiare la mentalità degli uomini che fanno del male, perché, nei casi di femminicidio, l'uomo considera la donna un oggetto di suo possesso. È per questo che noi chiediamo al Governo, in primis, di introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale dai primi anni di scuola, perché educare significa, prima di tutto, prevenire, insegnare ai bambini a gestire le emozioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), a gestire la rabbia, a gestire un rifiuto, per avere da grandi comportamenti consapevoli e rispettosi. Solo così possiamo estirpare tutti quei germi dell'intolleranza che, poi, degenerano in comportamenti stereotipati e, nel peggiore dei casi, nell'omicidio.

Ed ancora, serve investire soldi nella formazione, nella formazione di avvocati, di magistrati, delle Forze dell'ordine, di medici, assistenti sociali, sanitari, di tutti quei soggetti che ruotano attorno al fenomeno della violenza di genere, perché bisogna essere in grado di interloquire con una donna che ha subito violenza, perché si porta dietro anni di umiliazioni, di sofferenza e di violenza di ogni tipo. Bisogna saper ascoltare e leggere anche il silenzio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ed ancora, serve garantire una rete omogenea su tutto il territorio nazionale di centri antiviolenza e di case rifugio, garantendo adeguate risorse, tempestive, pronte, immediate, perché il lavoro che fanno i centri antiviolenza è straordinario, spesso sono il primo approdo a cui una donna si rivolge. Serve, dal Trentino alla Sicilia, una rete territoriale di prossimità, concreta, omogenea, organizzata, perché la donna deve sapere che non è da sola quando esce da questi circuiti di violenza, ma deve essere accompagnata dall'inizio alla fine. Ricordiamoci, signor Presidente, che le donne non chiedono vendetta: chiedono tutela, chiedono protezione, chiedono di essere credute, di non essere colpevolizzate se denunciano, chiedono un'alternativa alla violenza e, soprattutto, un cambio di vita, a partire dal lavoro, a partire da un supporto concreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), da iniziative di autoimprenditorialità e questo è fondamentale per renderle autonome e indipendenti. Così come è fondamentale migliorare le misure di protezione a tutela delle donne. Penso, per esempio, a potenziare i braccialetti elettronici. Mi chiedo perché, nel caso di Juana Cecilia, non sia stato adottato il braccialetto elettronico, che avrebbe consentito di monitorare il suo persecutore. Ed ancora, migliorare la circolarità di informazioni tra tribunale civile e penale, per evitare situazioni paradossali di affidamento condiviso in situazioni di violenza intrafamiliare, prevedere banche dati nazionali per rendere uniformi le denunce in caso di violenza di genere e sostenere, per quanto di competenza, tutte le iniziative e le proposte di legge contro la violenza di genere, affinché percorrano il loro iter e giungano a termine. Altra cosa importante è porre attenzione al linguaggio, perché anche da qui parte la prevenzione, dalle parole, le parole in rete, nei social network. Teniamo presente l'hate speech, l'odio in rete che colpisce soprattutto le donne, anche prevedendo osservatori sul fenomeno, meccanismi di monitoraggio e intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi che esprimono sessismo, misoginia e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna.

Ed ancora, quando si parla di prevenire, bisogna intervenire anche su chi fa del male, quindi, potenziare i centri per gli uomini maltrattanti e, soprattutto, prevedere un organismo terzo che monitori il percorso del maltrattante. Lo Stato deve toccare con mano il recupero, il pentimento, il cambiamento di queste persone, perché, se non c'è, non va dato il beneficio della sospensione condizionale della pena, non va rimesso in libertà (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Questo lo dobbiamo a Juana e alle troppe donne morte in questi anni per violenze recidive che potevano essere evitate. E anche qui, la visione di un carcere, un carcere che non deve essere fine a se stesso, ma deve essere un carcere che rieduca, per avere la sicurezza che, quando queste persone che hanno maltrattato escono, non rifacciano questi terribili gesti. Infine, il soccorso dello Stato. Occorre rivedere le norme che danno gli indennizzi, perché una donna che subisce violenza ha bisogno di aiuto subito, e non a distanza di tanti anni.

Questi impegni, signor Presidente, devono trasformarsi in azioni, in norme, in leggi, in supporti concreti di natura economica; non devono rimanere solo sulla carta, perché altrimenti noi avremo reso un pessimo servizio alle generazioni future, e noi non possiamo permetterlo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Per tutti questi motivi, dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali).

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Polidori, Annibali, Ascari, Bologna, Serracchiani, Tateo, De Lorenzo, Gebhard, Bellucci, Spessotto ed altri n. 1-00544 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 33) (Generali applausi).

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il collega Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Presidente, intervengo per chiedere che i restanti argomenti all'ordine del giorno vengano rinviati alla prossima settimana.

PRESIDENTE. D'accordo, sulla proposta di rinvio del seguito dell'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno della seduta odierna alla prossima settimana qualcuno chiede di intervenire? Collega Ferro, bene. Allora, darò la parola alla collega Ferro, a norma dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento.

WANDA FERRO (FDI). Solo per chiedere il voto che, ovviamente, credo, forse, lei già stesse annunciando.

PRESIDENTE. Lo stavo annunciando, collega.

WANDA FERRO (FDI). Perfetto, grazie.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio del seguito dell'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno della seduta odierna alla prossima settimana.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva per 250 voti di differenza.

Avverto che, con lettera in data odierna, il presidente della Commissione affari costituzionali ha rappresentato l'esigenza, condivisa all'unanimità dai gruppi in Commissione, di rinviare alla seduta di mercoledì 1° dicembre la discussione generale delle proposte di legge in materia di disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi, prevista dal vigente calendario dei lavori per lunedì 29 novembre.

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, la discussione generale del provvedimento in oggetto sarà dunque iscritta all'ordine del giorno della seduta dell'Assemblea di mercoledì 1° dicembre al termine delle votazioni pomeridiane dell'Assemblea e, il relativo seguito, a partire da giovedì 2 dicembre, dopo il seguito dell'esame degli argomenti iscritti all'ordine del giorno delle sedute dell'Assemblea previste per la corrente settimana e non conclusi.

Avverto inoltre che, con distinte lettere, i presidenti delle Commissioni competenti in sede referente hanno rappresentato l'esigenza, condivisa all'unanimità dai rappresentanti dei gruppi delle Commissioni medesime, di posticipare ad altro calendario l'inizio dell'esame in Assemblea dei seguenti progetti di legge, la cui discussione generale è prevista dal vigente calendario dei lavori per lunedì 29 novembre: proposta di legge in materia di prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista; proposta di legge in materia di prevenzione e lotta contro l'AIDS; proposta di legge costituzionale di modifica degli articoli 57 e 83 della Costituzione in materia di base territoriale per l'elezione del Senato e di riduzione del numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica.

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame dei provvedimenti sopra citati non sarà pertanto iscritto all'ordine del giorno delle sedute dell'Assemblea previste per la prossima settimana.

Avverto infine che, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame: del disegno di legge 3208-A - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee   e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2021 e del Doc. LXXXVII, n. 4 - Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2020; della proposta di legge 2372-A e abbinate - Introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi delle istituzioni scolastiche e dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti, nonché nei percorsi di istruzione e formazione professionale (Vedi l'allegato A).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare il collega Simone Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente Spadoni.

PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di abbassare il tono della voce, colleghi. Prego, collega. Colleghi, c'è una commemorazione in corso. Vi chiedo di abbassare il tono della voce. Prego, collega.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Intervengo su una notizia triste che poc'anzi il collega Ceccanti ha dato all'Assemblea, ovvero la scomparsa del professor Beniamino Caravita. Beniamino Caravita era un docente che ha formato intere generazioni di studenti e ricercatori. Interpretava l'insegnamento con passione, con dedizione e con un rapporto bellissimo con i suoi studenti. Beniamino Caravita, oltre all'aspetto accademico, ha contribuito con grande competenza, con grande serietà, con grande intelligenza e con grande sensibilità al dibattito sulle riforme istituzionali nel nostro Paese. Per questo credo sia giusto ringraziarlo proprio nella sede del Parlamento e lasciare memoria di questa figura e, insieme a questo piccolo tributo, che mi sento in dovere di dare, inviare un abbraccio affettuoso ai suoi familiari, ai suoi collaboratori e ai suoi cari (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Massimo Ungaro. Ne ha facoltà.

Non vedo il collega Ungaro: s'intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare, sempre sullo stesso argomento del collega Baldelli, il collega D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. La notizia che è stata data dal collega Ceccanti colpisce, perché il professor Caravita, ordinario di diritto pubblico, insigne giurista, è un uomo che ha segnato, con la sua attività accademica e con le sue pubblicazioni, la storia del diritto costituzionale italiano. È una notizia che colpisce e ricordo, di recente, una sua audizione in Commissione affari costituzionali sulla legge costituzionale per Roma Capitale, con la sua sagacia, la puntualità e la capacità di dare sempre risposte che erano attente anche agli indirizzi politici del Parlamento. Una sensibilità e una capacità che resteranno nel cuore di tutti coloro che lo hanno conosciuto e di tutti coloro che conoscono la qualità della sua produzione scientifica e il segno umano della sua esperienza di vita, non solo nell'università ma anche nell'attività che l'ha caratterizzato come professionista e nei rapporti con le istituzioni parlamentari (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Francesca Troiano. Ne ha facoltà.

FRANCESCA TROIANO (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la violenza non ha colore, non ha sapore, non ha genere: è violenza e, come tale, è inaccettabile sempre. Nelle scorse settimane i media hanno a lungo parlato di Adelina e della sua tristissima storia di vita quotidiana e di ottusa indifferenza; altra forma di violenza l'indifferenza (“Odio gli indifferenti. Vivere significa partecipare” diceva Antonio Gramsci). Adelina, costretta a prostituirsi, ad umiliarsi, a vergognarsi.

In questo tempo di straordinario cambiamento noi tutti dobbiamo riflettere sul concetto di spazio-tempo. La violenza è intorno a noi, dentro di noi, ovunque, e sembra sfuggire alla nostra attenzione, quasi una normalità del nostro quotidiano.

È necessario riorganizzare il nostro sistema formativo, il mondo del lavoro, le regole per poter competere nell'ascensore sociale. Non servono le quote rosa e gli “atteggiamenti panda”. Una società autenticamente riformista, popolare e liberale prova a costruire uno Stato-cornice in grado di offrire a tutti pari opportunità di partenza. Oggi ricordiamo la violenza sulle donne e, forse, abbiamo bisogno di leggi chiare, applicabili, efficaci ed efficienti. Adelina e la sua tragica vicenda terrena sollecitano proprio questo, leggi chiare e certezza della pena per debellare il racket della prostituzione. Non sono le donne che devono da sole denunciare le violenze subite nel quotidiano ma è una società evoluta e soprattutto ordinata che deve fornire gli anticorpi necessari. Un cammino lungo, faticoso a partire dalle aule parlamentari, una legislazione europea dotata di strumenti risorse umane e soprattutto economiche: tutto questo lo chiede Adelina, che non c'è più, e lo chiedono le nuove generazioni di donne e uomini di questo tempo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Avossa. Ne ha facoltà.

EVA AVOSSA (PD). Grazie, Presidente. Dall'inizio dell'anno scorso sono state uccise 81 donne, di cui 70 in ambito familiare e affettivo e 50 per mano del partner o dell'ex partner. Gli ultimi dati pubblicati dal Viminale fanno rabbrividire perché fotografano con la crudezza dei numeri una realtà agghiacciante.

Negli ultimi mesi, il Parlamento ha fatto concreti passi in avanti contro la violenza maschile sulle donne. Le chiusure causate dal lockdown, però, hanno determinato un aumento di episodi delittuosi per la prolungata condivisione degli spazi con l'aggressore e hanno ostacolato ancor di più l'accesso di donne e bambini a una protezione efficace e ai servizi di sostegno e di denuncia.

Il Parlamento ha risposto “presente” con l'istituzione del reddito di libertà e del micro reddito di libertà, un aiuto economico reale per favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle vittime che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità e di povertà, due misure che potranno restituire serenità e prospettive a quanti convivono con la violenza, specie tra le mura domestiche, e hanno smarrito la consapevolezza di poter riconquistare il loro futuro.

Il nostro compito è proprio quello di indicare la strada da seguire. Per questo è di fondamentale importanza intraprendere un percorso di sensibilizzazione all'interno delle scuole, per trasmettere agli italiani del domani il rispetto dei valori di libertà della persona. Ciò che non dobbiamo mai smettere di fare, invece, è invitare le donne a trovare il coraggio di denunciare. Per questo esorto ogni donna vittima di violenza a chiamare il 1522 e di utilizzare l'App YouPol: troverete sempre qualcuno ad aiutarvi e a garantire la protezione che meritate. Non dimenticatelo, non siete sole (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente. Le faccio una richiesta inusuale. Oggi, per la prima volta, non mi è stato registrato un voto, è la prima volta che mi accade nella legislatura. Capisco e non inseguo record o altre cose. Però, semplicemente, ero al mio posto e il sistema informatico non ha registrato questo voto. So che nel Regolamento della Camera questa cosa non può normalmente apparire nel registro dei voti. Io chiedo alla Presidenza di valutare l'opportunità di inserire questo voto che mancava ma io ero presente. Era presente l'assistente parlamentare ed erano presenti anche i tecnici informatici. C'è stato un errore del sistema. Lo chiedo, non per me, Presidente, ma lo chiedo per i cittadini che ho l'incredibile onore e la responsabilità di rappresentare.

PRESIDENTE. Collega, come può immaginare non è possibile certificare un voto nel momento in cui il voto non è stato espresso. Però è chiaro che rimane a verbale quello che è stato detto questa sera.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

>  Svolgimento di interpellanze urgenti (vedi allegato).

La seduta termina alle 17,20.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nelle votazioni nn. 5, 6 e 7 la deputata Grillo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 7 il deputato Bella ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 18 il deputato Binelli ha segnalato che ha erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 3289 e abb. - odg 9/7 313 312 1 157 32 280 101 Resp.
2 Nominale odg 9/3289 e abb./10 333 330 3 166 34 296 100 Resp.
3 Nominale odg 9/3289 e abb./11 339 337 2 169 33 304 100 Resp.
4 Nominale odg 9/3289 e abb./13 350 350 0 176 40 310 100 Resp.
5 Nominale odg 9/3289 e abb./14 352 351 1 176 36 315 100 Resp.
6 Nominale odg 9/3289 e abb./15 363 362 1 182 40 322 100 Resp.
7 Nominale odg 9/3289 e abb./16 364 340 24 171 16 324 100 Resp.
8 Nominale odg 9/3289 e abb./17 370 346 24 174 17 329 100 Resp.
9 Nominale odg 9/3289 e abb./19 369 369 0 185 15 354 100 Resp.
10 Nominale odg 9/3289 e abb./20 381 380 1 191 18 362 100 Resp.
11 Nominale odg 9/3289 e abb./22 383 358 25 180 19 339 100 Resp.
12 Nominale odg 9/3289 e abb./23 389 364 25 183 18 346 100 Resp.
13 Nominale odg 9/3289 e abb./28 391 384 7 193 32 352 100 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale odg 9/3289 e abb./47 rif. 391 387 4 194 387 0 100 Appr.
15 Nominale Ddl 3289 e abb. - voto finale 403 396 7 199 364 32 97 Appr.
16 Nominale Pdl 1356-A e abb. - em. 1.100 369 368 1 185 37 331 94 Resp.
17 Nominale articolo 1 389 363 26 182 358 5 94 Appr.
18 Nominale art. agg. 1.0100 382 375 7 188 40 335 94 Resp.
19 Nominale em. 2.101 386 382 4 192 37 345 94 Resp.
20 Nominale articolo 2 389 372 17 187 370 2 94 Appr.
21 Nominale art. agg. 2.0102 389 383 6 192 38 345 94 Resp.
22 Nominale em. 3.104 385 384 1 193 24 360 94 Resp.
23 Nominale articolo 3 388 372 16 187 367 5 94 Appr.
24 Nominale art. agg. 3.0104 387 381 6 191 40 341 94 Resp.
25 Nominale art. agg. 3.0105 394 392 2 197 15 377 94 Resp.
26 Nominale art. agg. 3.0113 387 380 7 191 33 347 94 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 33)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale art. agg. 3.0110 391 384 7 193 34 350 94 Resp.
28 Nominale art. agg. 3.0111 383 379 4 190 46 333 94 Resp.
29 Nominale odg 9/1356-A e abb./2 389 385 4 193 37 348 94 Resp.
30 Nominale odg 9/1356-A e abb./3 392 390 2 196 40 350 94 Resp.
31 Nominale odg 9/1356-A e abb./6 379 375 4 188 39 336 94 Resp.
32 Nominale Pdl 1356-A e abb. - voto finale 357 328 29 165 328 0 93 Appr.
33 Nominale Moz. Polidori e a. n. 1-544 n.f. 339 339 0 170 339 0 98 Appr.