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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 600 di lunedì 22 novembre 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GIORGIO SILLI , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 novembre 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Barelli, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Inca', D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Orsini, Palazzotto, Parolo, Pastorino, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Sodano, Speranza, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 90, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. La Presidente del Senato, con lettera in data 18 novembre 2021, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):

S. 2409. - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139, recante disposizioni urgenti per l'accesso alle attività culturali, sportive e ricreative, nonché per l'organizzazione di pubbliche amministrazioni e in materia di protezione dei dati personali" (approvato dal Senato) (3374) – Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, IX, X, XI e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da lunedì 29 novembre 2021, ai sensi del comma 5 dell'articolo 96-bis del Regolamento il termine di cui al comma 4 del medesimo articolo si intende conseguentemente adeguato.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Andrea Romano. Ne ha facoltà.

ANDREA ROMANO (PD). Grazie Presidente. Volevo intervenire sull'ordine dei lavori in merito a un fatto che deve richiamare la nostra attenzione in maniera urgente, ovvero l'aggressione avvenuta ieri in una piazza di Roma, al Circo Massimo, nei confronti di una giornalista, Selvaggia Lucarelli; un'aggressione di matrice no-vax, chiamiamola così. L'ennesima aggressione di cui è stata vittima Selvaggia Lucarelli, giornalista della testata il Domani, opinionista televisiva che prima è stata ricoperta di insulti e intimidazioni del tipo che normalmente i vigliacchi rivolgono soltanto alle donne, per intendersi e, poi, è stata colpita due volte da aggressori che, io credo, vadano nominati per nome e cognome anche in quest'Aula: il primo è Roberto Di Blasio, già denunciato per avere violato la quarantena l'anno scorso, l'altra è Daniela Martani, già autrice di intimidazioni e minacce, anche queste di matrice no-vax.

Tra l'altro, Presidente, non è la prima volta che accade che giornalisti della libera stampa vengano aggrediti fisicamente da manifestanti no-vax. Ricordo il caso di Francesco Giovannetti di la Repubblica, ricordo il caso di Saverio Tommasi di Fanpage. Dobbiamo anche domandarci, Presidente, perché la stampa viene aggredita e perseguitata, intimidita da queste manifestazioni no-vax che pure dovrebbero avere interesse a che le loro proteste venissero raccontate dalla stampa.

Io credo, Presidente, che ci sia in questo un motivo vero, ovvero che anche soltanto il racconto degli argomenti falsi, che queste manifestazioni propagandano, è di per se stesso una rivelazione in fondo dell'inganno su cui si reggono queste violenze e queste manifestazioni.

Selvaggia Lucarelli, la giornalista di cui parliamo, ha ricevuto naturalmente la solidarietà di gran parte del mondo politico, forse di tutto il mondo politico; però, mai come in questo caso, Presidente, la solidarietà non basta, non è sufficiente, perché questa violenza non nasce all'improvviso, non nasce da un giorno all'altro; non nasce ad opera di facinorosi, che pure sono facinorosi. Questa violenza, io credo, Presidente - e, per tale ragione, questo episodio ci chiama in causa -, è il raccolto di una semina che è stata fatta per settimane, ormai da mesi, da anni. È stata fatta da chi prima ha detto che il COVID non esisteva, poi che la mascherina non serviva a niente, che il distanziamento sociale era inutile, che i vaccini in fondo erano soltanto un affare di business e, soprattutto, da chi ha detto che in questo Paese sarebbe stata instaurata la cosiddetta dittatura sanitaria.

Presidente, coloro che hanno colpito ieri Selvaggia Lucarelli e nei mesi scorsi altri giornalisti della libera stampa italiana non sono “compagni che sbagliano”, come si sarebbe detto, forse, negli anni Settanta, non sono appunto soltanto facinorosi, ma sono i terminali di una catena comunicativa, sono gli ultimi terminali di una narrazione anche politica, Presidente, che è partita anche da quest'Aula, e ciò va detto con chiarezza e con franchezza: alcune forze politiche hanno una precisa responsabilità in questa narrazione e, dunque, una responsabilità anche in queste violenze. Naturalmente una responsabilità di tipo politico, non una responsabilità di tipo penale. Perché hanno questa responsabilità, Presidente? Perché alcune forze politiche hanno lisciato il pelo ai no-vax, hanno lisciato il pelo a coloro che in questi mesi hanno sostenuto che non c'era bisogno di mascherine, che il COVID era una bufala, che il distanziamento sociale non serviva, che, in fondo, dietro i vaccini c'è soltanto Big Pharma e che - lo ripeto ancora una volta - in questo Paese sarebbe stata instaurata una dittatura sanitaria. Se si usa il termine dittatura sanitaria si autorizza, infatti, chiunque a battersi, anche violentemente, contro la dittatura. Per questo io credo, Presidente, che queste forze politiche devono essere anche richiamate alle loro responsabilità - e concludo - perché hanno contribuito a creare un clima di falsità e intimidazione, hanno creato un brodo di coltura dentro il quale sono cresciute anche queste violenze. Nessuno naturalmente discute la legittimità, la preziosa legittimità dell'opposizione, ma l'opposizione a questo Governo, alla sinistra, al Partito Democratico non deve e non può tradursi nel fomentare atti di violenza che poggiano su clamorose falsità e producono intimidazioni verbali e violente. Per questo, Presidente, io concludo ancora una volta, forse inutilmente, rivolgendomi a queste forze politiche, richiamandole al loro senso di responsabilità, richiamandole anche alla loro funzione nazionale, perché ogni volta che si produce un atto di violenza di questo tipo, ogni volta che si pronuncia anche in quest'Aula la frase dittatura sanitaria, non soltanto si fomentano violenze di questo tipo, ma si dà una picconata al nostro edificio sociale, si dà una picconata all'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Naturalmente tutta la solidarietà della Presidenza, immagino di tutti i colleghi senza distinzione di gruppo, alla giornalista Lucarelli, che è stata aggredita. Ha fatto bene lei a ricordarlo in quest'Aula. Ha chiesto di parlare sullo stesso tema l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.

BARBARA SALTAMARTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Dopo aver sentito le parole del collega è ovvio e naturale che vadano condannate tutte le forme di violenza, tutte, nessuna esclusa, senza “se” e senza “ma”. Anche da parte nostra, quindi, solidarietà alla giornalista che ieri è stata aggredita e ai tanti giornalisti che nei giorni passati sono stati vittime di violenza. Voglio ricordare in questa sede anche un altro episodio rispetto al quale, a maggior ragione, sono sicura di trovare il consenso dei colleghi. Sempre nella stessa giornata è stata aggredita una lavoratrice, una cameriera di un bar, proprio in quella zona. Credo che anche questo atto di violenza vada condannato con forza perché è ancor più grave, non perché esistono fatti di violenza di serie A o di serie B da condannare, ma perché quella lavoratrice, quella ragazza, quella cameriera, lì, in quel bar, che chiedeva semplicemente l'esibizione del green pass alle persone che man mano entravano e che volevano consumare dentro quel locale, stava svolgendo il suo lavoro, stava facendo il suo dovere, rispondendo a quello che le norme nazionali prevedono. Quella ragazza è stata violentemente aggredita, anche in questo caso, con insulti, ahimè, di natura sessista. Solidarietà, quindi, anche a quella ragazza, come a tutti i lavoratori che, con grande difficoltà, stanno cercando di mantenere quel buonsenso che la battaglia contro il COVID ci impone di portare avanti, anche nel proseguire la campagna di vaccinazione, così come la maggioranza degli italiani stanno facendo. Tutto ciò ci deve ancora una volta far dire grazie a quei tanti lavoratori, di qualsiasi categoria essi siano, in qualsiasi locale essi operino, per il grandissimo lavoro che svolgono e, soprattutto, anche a loro va la nostra riconoscenza e la condanna per le tante aggressioni che subiscono.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Presidente, sullo stesso argomento. Anche il gruppo di Fratelli d'Italia ovviamente condanna qualunque tipo di episodio di violenza, a danno di chiunque. Respingo, però, al mittente le accuse di una opposizione che strizza l'occhio ai no-vax (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e che cerca di diffondere il panico, perché, in realtà, il panico è proprio quello che sta diffondendo il Governo. Vorrei semplicemente sottolineare che, mentre oggi si parla, ad esempio, della stretta sul green pass e del super green pass, il 20 per cento delle prenotazioni delle vacanze natalizie è stato cancellato. Questo è un problema, questo è un tema. Probabilmente, quello che noi facciamo è cercare di non stimolare il dibattito sul green pass, che è tecnicamente messo in atto nel modo peggiore possibile. Infatti, nessuno ancora è riuscito a spiegare come mai una colf debba avere il green pass per poter lavorare nell'abitazione nella quale, per contratto, ha vitto e alloggio; in altri termini, se non ha il green pass non può lavorare in quell'abitazione ma può continuare a viverci. Ecco, quello che noi contestiamo è questo!

Non abbiamo mai detto che il vaccino non va fatto e che non dobbiamo aiutare la popolazione a capire e ad essere convinta della bontà e della necessità di vaccinarsi. Questo, però, è argomento completamente diverso dal green pass e su questo Fratelli d'Italia continuerà la propria narrazione, non perché stringiamo l'occhio nei confronti dei no-vax e non perché abbiamo un interesse elettorale - non lo abbiamo mai fatto e, se avessimo avuto un interesse elettorale, probabilmente avremmo fatto scelte diverse - ma lo facciamo perché siamo assolutamente convinti che qualunque provvedimento provenga dal Governo debba essere messo in atto in modo coerente e rispettoso delle libertà di tutti. Il ruolo delle maggioranze è quello di tutelare le minoranze, altrimenti non si potrà più parlare di democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Rinnovo le considerazioni fatte sulla solidarietà alla giornalista Lucarelli ma anche alla ristoratrice, come giustamente è stato ricordato, e per tutti gli episodi di violenza che in queste settimane, purtroppo, abbiamo visto e che continuiamo a vedere anche contro gli operatori delle Forze di Polizia, che fanno il loro mestiere, contro i medici e gli infermieri. Credo che questo vada sempre ribadito e mi sembra che su questo ci sia una grande, grande attenzione unanime di tutti i gruppi, che mi sembra un dato assolutamente positivo.

Discussione del disegno di legge: S. 2401 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 settembre 2021, n. 130, recante misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale (Approvato dal Senato) (A.C. 3366​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3366: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 settembre 2021, n. 130, recante misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3366​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Galli.

DARIO GALLI, Relatore. Grazie, Presidente, e grazie al rappresentante del Governo. Oggi iniziamo l'iter di conversione del decreto-legge n. 130 del 2021, recante misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale. Abbiamo ovviamente preparato una relazione dettagliata per l'Aula, che chiedo al Presidente di poter poi consegnare.

PRESIDENTE. Assolutamente sì, grazie.

DARIO GALLI, Relatore. Faccio, però, un veloce sunto di quanto la relazione stessa contiene. Intanto, come abbiamo già detto in Commissione nelle scorse settimane, precisiamo che questo provvedimento del 27 settembre scade fra pochi giorni e arriva dopo il primo passaggio al Senato, in cui sono state apportate alcune modifiche e aggiunte. Tuttavia, è evidente che il passaggio alla Camera deve in qualche modo rispettare i tempi di decadenza del decreto stesso, per evitare che decada con tutte le conseguenze del caso.

Il decreto è stato varato dal Governo un paio di mesi fa, quando erano già evidenti gli effetti dell'aumento in bolletta e di tutto quello che precedentemente era successo nel mercato delle materie prime in campo energetico, quindi, in particolare, l'aumento del prezzo del gas e di alcuni altri prodotti petroliferi. Tali aumenti hanno pesantemente inciso sul costo di produzione dell'energia elettrica e sull'utilizzo del gas sia per riscaldamento, in previsione dell'inverno, sia nelle attività industriali dove lo stesso è utilizzato nel processo produttivo. Questa situazione sta creando problemi estremamente significativi sia alle famiglie sia a tutte le attività produttive, perché parliamo di aumenti che sono dell'ordine di 5, 6, 7, 8 volte, rispetto alla media degli ultimi anni.

È anche vero che la parte relativa alla pura produzione di energia elettrica rappresenta solo una percentuale della bolletta e questa è un'altra nostra anomalia che mette spesso le nostre aziende in difficoltà, da un punto di vista della concorrenza, rispetto ad altri Paesi e aziende equivalenti, dove invece le bollette sono meno appesantite dalla parte fiscale. Tuttavia, anche se questa parte rappresenta solo una quota della bolletta, aumenti così significativi rischiano ugualmente di far aumentare l'importo interno della bolletta di un numero di volte significativo. Abbiamo esempi estremi di bollette che sono aumentate di 5, 6 o 7 volte nell'ultimo periodo. Questo, in particolare, per alcuni settori industriali in cui la quota energia è significativa nei costi che compongono il costo finale del prodotto. Ricordiamo, per esempio, anche se magari, percentualmente, non è rilevantissimo sul PIL nazionale ma è particolarmente importante dal punto di vista dell'immagine, il caso delle vetrerie di Murano, che si sono trovate in condizione da rischiare la chiusura delle attività. Lo stesso possiamo dire per tutte le attività energivore, come tutto il settore della ceramica o tutte le aziende metallurgiche in generale, che rappresentano, oltre che una quota significativa del made in Italy, soprattutto quella parte di migliore immagine del made in Italy stesso in giro per il mondo. Questo solo per dire che il problema è estremamente rilevante, come notato da tutti. Anche il nostro Ministro dello Sviluppo economico, Giorgetti, in queste settimane si è espresso in maniera particolarmente significativa sul problema.

L'intervento che ha fatto il Governo in questo primo decreto-legge è finalizzato, soprattutto, a ridurre quella quota che è nelle competenze e, quindi, nelle disponibilità del Governo stesso e, quindi, quella parte di costi accessori, sui quali con interventi di questo tipo si può in qualche modo intervenire riducendo gli stessi, riducendo le accise, riducendo gli oneri di sistema e riducendo, dove è possibile, il carico dell'IVA. Ovviamente, non si può incidere sul costo di produzione, perché il costo del gas e dell'energia elettrica è regolamentato da meccanismi internazionali sui quali è più difficile intervenire. Inoltre, vi è una quota di interventi proprio per andare ad aiutare, a livello di consumo familiare, quelle famiglie che già rientrano nelle fasce protette nonché interventi veri e propri per ridurre il costo complessivo della bolletta elettrica a livello nazionale. Il tutto, con diversi interventi, porta a circa 3 miliardi e mezzo di intervento complessivo, per quanto riguarda questo provvedimento.

Su questo provvedimento, in Commissione, le forze di maggioranza si sono espresse in maniera positiva, pur aggiungendo delle ulteriori eventuali necessità. I rappresentanti dell'opposizione sono entrati, non tanto nel merito, che assolutamente è condiviso, ma nella volontà eventuale di aumentare ulteriormente la parte di aiuti che il Governo ha messo in campo per questo provvedimento. Su questo, dal punto di vista di principio, siamo assolutamente tutti d'accordo, anche perché questo è stato un primo intervento - ripeto - fatto nel mese di settembre, quando c'era una certa situazione rispetto alla quale gli sviluppi futuri non erano ancora completamente chiari. Oggi è chiaro, invece, a detta dell'ARERA e di tutti gli istituti che sono competenti per materia, che quanto è successo nei mesi scorsi sta succedendo ancora e verrà sicuramente mantenuto a livello di tensione dei prezzi probabilmente per tutto l'anno prossimo e i primi effetti eventuali di riduzione ci saranno solo dal 2023.

Quindi, concordiamo sul fatto che questo è un primo, importante provvedimento, ma ne dovranno seguire necessariamente degli altri in funzione degli avvenimenti che ci saranno; però, ovviamente, è assolutamente indispensabile evitare che questo primo intervento decada; quindi, la sua approvazione credo sia nella logica condivisa da parte di tutta l'Assemblea.

Concludo, ricordando che questo è un intervento che cerca di mitigare gli effetti negativi della situazione che dovrà essere seguito, come dicevo, da altri nella stessa direzione, ma è evidente che la cosa importante è quella di affrontare in maniera strutturale il problema del costo dell'energia nel nostro Paese e della dipendenza dell'Italia soprattutto dai mercati esteri per quanto riguarda il recupero e l'approvvigionamento di materie prime e, quindi, all'interno del processo complessivo di transizione energetica, quella di andare verso una situazione di maggior tutela e di maggior garanzia di fonti sicure per quanto riguarda l'approvvigionamento per il nostro Paese; è questo un elemento assolutamente, ormai, non più rinviabile. Concludo, invitando a chiudere positivamente il provvedimento nei prossimi giorni, condividendo con chi presenterà, comunque, gli emendamenti al provvedimento stesso l'idea che questo è un primo passo che dovrà necessariamente essere seguito da altri provvedimenti, di carattere sia congiunturale sia strutturale.

PRESIDENTE. La rappresentante del Governo, sottosegretaria Gava, si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Serse Soverini. Ne ha facoltà.

SERSE SOVERINI (PD). Grazie, Presidente. È chiaro che si tratta di un intervento necessario, necessario soprattutto per le persone che, in questo Paese, già in questi giorni si vedono arrivare bollette con aumenti che saranno anche più alti e più imponenti nei prossimi mesi. Io voglio ricordare, partendo dalle bollette delle persone, per poi fare anche un discorso più ampio, che siamo un Paese dove la metà della popolazione vive in piccoli centri urbani, in case unifamiliari e sull'Appennino, dove il costo dell'energia in questa stagione è molto forte, penso al riscaldamento; non siamo un Paese strutturato, purtroppo, non ancora del tutto strutturato, in ambienti avanzati dal punto di vista della gestione energetica, quindi, stiamo parlando di un tema che riguarda proprio la vita diretta delle persone. É un tema vastissimo, perché, in realtà, i costi che queste persone subiscono rientrano in un quadro globale di ampia portata, che cercheremo di affrontare e che questo decreto, ovviamente, affronta dal punto di vista dell'emergenza, nel senso che si interviene sulle bollette, ma non possiamo rinunciare a una discussione più ampia e a far diventare questo decreto un'occasione per una riflessione più ampia su che cosa il nostro Paese faccia in ambito energetico, su quale strategia e prospettiva abbiamo e su quale ruolo vogliamo dare all'Italia nella partita globale dell'energia. Allora, in termini di costi dell'energia, stiamo assistendo non solo a un aumento delle bollette, come dicevo; è evidente che questo aumento delle bollette ha una stretta relazione, ad esempio, con l'inflazione e l'inflazione è un rischio molto grosso, che rischia di far svanire gli effetti positivi di una crescita bella robusta, come quella che è in corso; tali effetti ce li mangiamo con l'inflazione.

Dal 2020, anno in cui i costi dell'energia si erano abbassati, al 2021, abbiamo visto un picco di dimensioni molto importanti, con una brusca accelerazione dei costi delle materie prime che viene giustificata con l'accelerazione improvvisa della ripresa economica e, anche, con le difficoltà occorse nelle filiere di approvvigionamento, in particolare, del gas. Un altro motivo è legato all'aumento delle quotazioni dei permessi di emissione di CO2, con variazioni che, nel giro di pochi mesi, hanno proiettato i prezzi delle materie prime ben oltre i massimi storici. Abbiamo già stanziato 1,2 miliardi per attenuare gli effetti sui consumatori riguardanti il terzo trimestre, tuttavia, come è noto, l'incremento del costo dell'energia non solo non si è attenuato, ma, anzi, si è ulteriormente acuito, con riferimento sia all'elettrico, all'energia elettrica, che al gas. Si tratta di un andamento che, oggi, ci porta a stanziare 3 miliardi e mezzo per affrontare, questi costi e per sostenere 29 milioni di famiglie e 6 milioni di piccole e micro imprese, per aiutarle ad affrontare questi costi.

Il presente decreto in esame rinnova, quindi, per il quarto trimestre di quest'anno le misure già introdotte con il “decreto Sostegni-bis”; esse riguardano l'abbattimento del costo delle bollette attraverso lo spostamento di alcune voci che sono al loro interno e l'abbassamento dell'aliquota IVA. Va detto che, per il primo quadrimestre del 2022, dovremmo già pensare a come intervenire, perché, come è stato detto, le previsioni non sono positive in termini di ribasso dei costi dell'energia, anzi, sappiamo che ci sarà un aumento anche nei prossimi mesi, e, quindi, anche il decreto che oggi discutiamo è un pezzo, un tassello di un percorso di contenimento di questi costi che dovremo affrontare per tutto il prossimo anno.

È chiaro che si interviene sui costi delle bollette, sulle varie voci; si va ad alleggerire una serie di oneri che si trova all'interno della bolletta e che viene spostata sulla fiscalità generale, quindi, non è che noi andiamo a togliere un costo, togliamo un costo alle famiglie, ma questo costo dell'energia lo paghiamo comunque. Vale la pena, quindi, ricordare che, insomma, la bolletta, per parlare in termini semplici, andava un attimo rivista e andavano ripensati certe voci e certi oneri che, effettivamente, non rientrano proprio nel concetto di bolletta e che magari è difficile anche spiegare ai cittadini; da questo punto di vista, in Commissione abbiamo anche preso atto delle proposte che ARERA ha inteso formulare con riferimento agli incentivi che comportano remunerazioni fisse per i produttori, ovvero indipendenti dal prezzo di mercato; si vuole far sì che i costi per il sistema, derivanti dalla quota di CO2 eccedente tale riferimento, siano passati alla fiscalità generale.

Tuttavia, nonostante questi provvedimenti che sono importanti, questo riformulare la bolletta, è chiaro ed è evidente che noi non possiamo fermarci - anche in vista e in previsione del fatto che nei prossimi mesi dovremo intervenire di nuovo - a una semplice riflessione su questo tipo di costi e su una partita di giro diversa, spostando i costi sulla fiscalità generale, ripulendo la bolletta e mettendo i soldi in tasca al cittadino meno abbiente che magari è in difficoltà rispetto a questi costi; noi dobbiamo fare una riflessione più complessiva sulla nostra politica energetica, dobbiamo cercare di inquadrare alcuni punti e, anche, di fare chiarezza su alcuni elementi. Noi viviamo in un sistema di interdipendenza molto stretto, quando parliamo di energia, tra la vita delle persone e l'andamento industriale del nostro Paese; è stato detto, noi siamo in grossa difficoltà in alcuni settori che hanno, per esempio, la necessità di avere il forno acceso tutto il giorno, 24 ore su 24, parlo della metallurgia, ma possiamo parlare anche del problema di Murano che sta assumendo la funzione di simbolo della portata che questo problema ha, anche in produzioni micro, ma anche, come dire, in elementi culturali del nostro Paese, perché effettivamente, abbiamo il problema delle vetrerie di Murano che parlano a nome di tutte le micro imprese.

Quindi, secondo noi c'è bisogno di una discussione più generale, una discussione che - a mio e a nostro parere - non deve tendere a una ricerca di autonomia energetica del Paese, per quanto abbiamo bisogno sicuramente di rivedere alcune politiche che riguardano il nostro approvvigionamento nazionale.

Quello dell'energia è un tema di portata globale, che si lega alle politiche di approvvigionamento europeo e che si lega alle politiche di transizione ecologica che abbiamo in previsione. È lì dentro che noi possiamo fare la partita vera dei costi dell'energia e, quindi, abbiamo bisogno di una visione ampia, ma anche di un atto di responsabilità che vada a risalire alla sorgente, cioè che non valuti solo la situazione sugli effetti di impatto che riceviamo a posteriori, ma una strategia ambiziosa in grado di risalire alla sorgente del problema.

Dico che, ad esempio, quanto stiamo cercando di fare, cioè avere un approvvigionamento comune dei depositi comuni di stoccaggio con l'Unione europea, è un pezzo importantissimo della strategia di respiro globale che dobbiamo dare alla nostra politica energetica, ma ricordo che dobbiamo anche cercare di far valere su scala europea, all'interno di una negoziazione di una politica unica per l'energia, la nostra posizione sulle rinnovabili, che è una posizione di tutto rispetto, dove noi abbiamo anche mantenuto impegni importanti, per quanto insufficienti, per affrontare la situazione in cui ci troviamo. Quindi, il nostro invito è questo.

È chiaro che, in questo momento, tutti noi vogliamo affrontare il problema delle famiglie e delle piccole imprese e anche - lasciatemelo dire - delle grandi imprese, perché noi abbiamo un costo dell'energia per le imprese che è di 4-5 volte superiore a quello di un'impresa statunitense. Quindi, partiamo da una situazione già di difficoltà competitiva dal punto di vista dei costi e questi aumenti mettono in difficoltà il sistema industriale, il nostro sistema produttivo, con il rischio, come dicevo prima, di vedere svanire gli effetti positivi di una crescita.

Però, l'invito è questo: pensiamo in piccolo e pensiamo in grande. Cerchiamo di affrontare il prossimo rialzo, nei prossimi mesi, con una visione un po' più complessiva della nostra politica energetica e, per favore, non parliamo solo di politica energetica italiana. Cerchiamo di capire che questo è un problema globale e, quindi, di inquadrarlo nella posizione che nei prossimi mesi avremo sui tavoli dell'Unione europea, in particolare valorizzando tutte quelle alleanze con altri Paesi che sono strategiche.

Sull'energia non ci si muove da soli. Abbiamo bisogno di lavorare, come abbiamo fatto con Spagna e Francia, cercando di convincere la Germania ad avere uno stoccaggio comune, ad avere una politica comune diversa sul gas. So che queste cose non sono ascoltate nelle famiglie dove ha più impatto la bolletta, ma le stesse cose servono poi per andare dalle famiglie e dire “adesso te la caliamo davvero la bolletta, non solo per qualche mese”, e questo è molto importante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Presidente, condivido quanto ascoltato dal collega, perché obiettivamente questo è un provvedimento importante. È importante per quello che accade nei risvolti pratici delle famiglie italiane e credo che, proprio per questo motivo, prima di entrare nel merito del provvedimento, sia importante capire cosa è successo o, meglio, cosa sta accadendo in questi mesi e cosa continuerà a succedere nei prossimi mesi.

Il Ministro Cingolani ha detto, qualche tempo fa, che ci sarebbe stato un esborso per luce e gas maggiore nelle bollette degli italiani nella misura di 100 euro medi in più all'anno, per la luce, e di 400 per il gas, ed effettivamente è proprio così ed è quello che è accaduto. Evidentemente, è un trend al rialzo dei costi che però non è destinato a finire, che non finirà, e al quale questo provvedimento mette semplicemente una toppa, senza dare una vera soluzione di lungo respiro, senza dare una vera visione d'insieme.

L'ascesa dei prezzi delle materie prime, le ridotte forniture di gas, la crescita dei prezzi dei permessi per emissioni di CO2: queste le cause dell'ascesa dei costi. Non possiamo dire che la politica in questo non c'entri, perché il meccanismo del cap and trade è stato introdotto proprio per una scelta politica ed ha poi finito direttamente per incidere nelle economie familiari reali.

Questa è una stangata che, ovviamente, non riguarda solo l'Italia ma tutte le principali economie. La differenza, però, sta nel come si è deciso di intervenire da parte dei vari Governi. Ad esempio, la Spagna - lo dico a mia memoria - ha applicato una riduzione dell'imposta sull'elettricità, che è passata dal 5,1 per cento allo 0,5 per cento. La Germania, che notoriamente ha sempre avuto costi di energia più elevati rispetto a quelli italiani, ha applicato la fornitura contrattata, che blocca le forniture a un prezzo fisso per il biennio. Stesso discorso vale per la Francia: anche qui i costi dell'energia stanno salendo, ma i consumatori non ne stanno risentendo perché la maggior parte ha una tariffa fissa con il gigante EDF, di proprietà statale, che annualmente blocca i costi della fornitura.

Di fronte a tutto questo, quindi, dobbiamo capire come il Governo italiano ha deciso di intervenire. Certamente non possiamo dire che lo abbia fatto in modo sistemico, cioè attraverso un intervento di lunga durata. Sappiamo che le risorse stanziate - i 3,5 miliardi di questo provvedimento, quelli precedentemente già stanziati e quello che ritroveremo in legge di bilancio - potranno sicuramente essere usate, però, solo per calmierare in parte gli oneri generali; cioè, serviranno a mitigare parzialmente i nuovi aumenti, ma non ridurranno il peso delle bollette.

La stessa ARERA ha rilevato che le attuali quotazioni del gas naturale per il primo trimestre del 2022, che sono, come sappiamo, fondamentali per capire l'andamento del costo dell'energia, sono circa doppie rispetto a quelle utilizzate per lo scorso aggiornamento e questo potrebbe portare, nel prossimo anno, a un ulteriore e significativo rincaro dei prezzi.

Badate, colleghi: questi rincari si sentiranno a cascata, come ha correttamente detto il collega, su tutto il settore produttivo italiano, dall'artigianato all'agricoltura, dai beni di prima necessità a quelli di largo consumo. Una situazione davvero complessa che il provvedimento al nostro esame va a intercettare solo in parte e in maniera assolutamente emergenziale.

In Italia - mi rendo conto ormai - pare sia diventato tutto una questione di emergenza, anche quando le difficoltà si conoscono bene e da tempo tanto da poter attuare una strategia di contrasto. I problemi energetici sono di dominio pubblico da anni e certamente oggi sono accentuati, ma non possiamo di certo considerarli un'emergenza o come se fossero dei processi ineludibili e assolutamente non preventivabili né pianificabili. Lo sono ed è per questo che noi chiediamo e abbiamo chiesto al Governo uno sforzo in più: lo sforzo di avere la lungimiranza di capire che temi fondamentali come questi, come quello dell'energia, soprattutto per la transizione verso la quale ci siamo incamminati, devono essere affrontati in maniera complessiva e non semplicemente come se fossero un'emergenza e, quindi, con un provvedimento il cui respiro è inevitabilmente molto corto.

Manca una strategia energetica e la visione che ne ha il Governo è evidentemente prettamente ideologica, incapace di avere la visione complessiva del mondo dell'energia e soprattutto di come lo si intende affrontare da qui a qualche anno. Manca una strategia nazionale sull'energia, manca una strategia nazionale che vada al di là delle necessità contingenti.

Io credo che la particolare propensione del rappresentante del Governo, che oggi è qui in Aula con noi, di parlare in maniera pragmatica dei problemi dell'Italia abbia indubbiamente aiutato questo provvedimento ad avere dei risvolti in alcuni casi più concretamente tangibili.

Proprio, però, per questa sensibilità che ha il sottosegretario Gava, è importante che ci sia moltissima attenzione su questi temi, perché sono temi che influiranno sulle famiglie italiane, ma influiscono - e lo abbiamo ascoltato prima - sulla competitività delle aziende italiane e, soprattutto, poi, anche sulla possibilità di continuare a produrre, e questo, ovviamente, è un tema fondamentale che, da qui ai prossimi anni, non possiamo trascurare. Di qui, quindi l'appello ad avere davvero un'attenzione fortissima su un tema che, oggi più che mai, viene discusso nei talk show, ma non viene mai affrontato veramente nel merito, dando delle risposte complete e strategiche. E poiché strategia è proprio individuare e pianificare il miglior processo possibile per passare dalla situazione attuale a quella desiderata, il mio auspicio è che il Governo inizi a pensare alla strategia migliore possibile da attuare nell'interesse degli italiani su temi che sono veramente alla nostra portata, che possiamo affrontare, che dobbiamo affrontare, anche insieme all'Europa, ma che devono portare necessariamente a delle risposte reali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Labriola. Ne ha facoltà.

VINCENZA LABRIOLA (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, con il provvedimento in esame il Governo interviene per la seconda volta per calmierare la crescita tumultuosa dei prezzi dell'energia elettrica e del gas. Già a luglio il Governo era intervenuto, tramite il decreto n. 73, con un fondo di 1,2 miliardi per attenuare gli impatti degli aggiornamenti delle tariffe scattati il 1° luglio, pari al 20 per cento, limitandoli a un più 9,9 per cento per l'elettricità e a un più 15,3 per cento per il gas.

A fronte dell'annuncio di ARERA di un aumento superiore al 45 per cento della bolletta dell'elettricità e di oltre il 30 per cento di quella del gas, il Governo ha emanato questo provvedimento, che consente di limitare l'impatto della crescita dei prezzi a un più 29,8 per cento per la bolletta dell'elettricità e a un più 14,4 per cento per quella del gas. Dal punto di vista sociale, le misure contenute nel decreto hanno un impatto pari a complessivi 3,5 miliardi e si rivolgono a una platea di 29 milioni di famiglie e 6 milioni di utenze elettriche non domestiche, essenzialmente microimprese e piccole imprese.

È già previsto un terzo intervento in legge di bilancio, nel quale è contenuto un ulteriore fondo di 2 miliardi di euro, che servirà a limitare gli impatti in bolletta che scatteranno il 1° gennaio 2022. Dalla fine del blocco delle attività economiche dovuto all'emergenza da COVID-19, nel quale i prezzi di elettricità, gas e petrolio erano scesi a valori anormalmente bassi, il mercato dell'energia è preda di un trend tumultuoso di aumento dei prezzi, in particolare nel settore del gas e dell'energia elettrica. Per quanto riguarda l'elettricità, oggi, il prezzo all'ingrosso del megawattora, in Italia, si muove intorno ai 200 euro; il prezzo medio era di 112 euro ad agosto, 90 euro a gennaio, 22 euro a maggio 2020. Insomma, nel giro di 17 mesi, i prezzi si sono moltiplicati di otto volte. Quanto al gas, il prezzo spot è cresciuto di oltre cinque volte la media del 2020. L'ARERA ha evidenziato che i prezzi dell'energia elettrica, in Italia in particolare, ma anche in Europa, seguono i corsi del mercato del gas naturale utilizzato dalle centrali a turbogas per la produzione di energia elettrica. Tali centrali svolgono anche funzioni di sostegno alla non programmabilità delle fonti energetiche rinnovabili. L'Italia dipende dal gas in misura maggiore della media europea: il 21 per cento è la media europea, oltre il 36 per cento quella italiana. Nel sistema elettrico italiano, la maggior parte delle centrali utilizza il gas per produrre energia elettrica. Secondo i dati di Terna, a luglio 2021, la richiesta elettrica nazionale è stata soddisfatta per il 48 per cento da questo tipo di fonte. I prezzi dell'energia sono influenzati anche dai costi crescenti dei permessi di emissioni di CO2, i cosiddetti ETS. Il Green New Deal europeo si pone l'ambizioso obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, rispetto ai livelli del 1990, almeno del 55 per cento entro il 2030 ed emissioni zero nel 2050, con il relativo pacchetto applicativo “Fit for 55”, presentato lo scorso 14 luglio dalla Commissione europea, che dovrà passare per il vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio per la definizione del testo di compromesso e la conseguente approvazione prevista per fine 2022 e inizio 2023.

Il complesso delle decisioni europee sopra illustrate sta generando effetti sul commercio degli ETS, che è al centro della politica unionale per raggiungere l'obiettivo della decarbonizzazione. Il sistema dovrebbe stimolare investimenti nelle tecnologie che inquinano meno, ma la conseguenza a breve è che il prezzo dei permessi di emissione, che sono scambiati su mercati aperti da tutti i tipi di investitori, continuano a macinare record: ultimamente, 67 euro la tonnellata contro una media di 25 euro nel 2020 e 30 euro del gennaio 2021. È opinione condivisa che il valore della CO2, entro due anni, si attesterà intorno ai 100 euro a tonnellata. Si tratta di un problema europeo, non italiano. Confindustria e AIGET contestano la scarsa attenzione data dall'Unione europea al fenomeno e chiedono di intervenire in sede europea sulla speculazione finanziaria nel mercato della CO2.

Inoltre, il “Fit for 55” prevede l'estensione del sistema ETS a settori altri da quelli industriale ed elettrico cui sinora si applicava, con un gettito fiscale derivante dalle emissioni stimato in 100 miliardi di euro. A fronte di questo quadro di crisi energetica, le istituzioni dell'Unione europea hanno già adottato misure sugli acquisti agli stoccaggi. Lo scorso 13 ottobre, la Commissione europea ha annunciato una serie di misure per attenuare la fluttuazione dei prezzi del gas e per ridurre la dipendenza dell'Unione europea dai combustibili fossili. Le misure prevedono di facilitare l'accesso transfrontaliero alla capacità di stoccaggio, procedere all'acquisto congiunto di gas per creare delle riserve strategiche e sostenere lo sviluppo di tecnologie e infrastrutture dello stoccaggio di energia elettrica. Nella riunione del Consiglio europeo del 14 dicembre è prevista l'adozione di nuove decisioni dell'Unione europea. Nel frattempo, è stata modificata la tempistica dall'uscita dal gas naturale. L'uscita da questa fonte fossile sarà più lenta del previsto: nel 2050 costituirà ancora il 25 per cento dei consumi energetici europei, progressivamente sostituito dall'idrogeno o dal biogas. Nell'Eurozona, ad agosto, l'inflazione si è impennata del 3 per cento - il massimo da un decennio - e la voce più significativa è quella dell'energia, con un aumento del 15,4 per cento su base annua.

Questo è il quadro generale e, quindi, è il momento di fare talune ulteriori valutazioni. La prima è che i soli provvedimenti tampone sul costo dell'energia hanno impegnato e impegneranno, tra breve, ben 7 miliardi. La seconda è che, per quanto riguarda le scorte di gas, l'Italia sta un po' meglio degli altri Paesi dell'Unione europea, con scorte dell'83 per cento, anche grazie al TAP, e dispone di riserve proprie pronte per essere sfruttate. La nostra produzione di gas è scesa a 4 miliardi di metri cubi l'anno, ma, secondo gli esperti, potremmo produrne 20 miliardi, come negli anni Novanta, con costi di produzione nell'ordine di 3 centesimi per metro cubo. La terza è che il sistema economico italiano sta operando da decenni in un regime di alti costi dell'energia, pertanto l'efficienza energetica del sistema produttivo del nostro Paese presenta valori di intensità energetica primaria inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europea. Però, oltre un certo livello, i prezzi dell'energia non potranno andare, pena la competitività delle imprese, oltre ai rischi di desertificazione industriale, per non parlare dei rischi di povertà energetica per moltissime famiglie.

Nella direttiva (UE) 2018/2001, in relazione alla quale è prossima la pubblicazione del decreto legislativo di recepimento, si dispone che gli Stati membri provvedano a far sì che, nel 2030, la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia dell'Unione sia almeno pari al 32 per cento. Nello schema di recepimento si prevede che la produzione elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili trovi copertura sulla componente degli oneri generali afferenti al sistema elettrico. Questi oneri, che rappresentano tra un terzo e la metà del totale della bolletta elettrica e del gas, sono già gravati di 12 miliardi di euro di incentivi alle rinnovabili. Questi incentivi rappresentano il 70 per cento, quindi, del totale di tali oneri. In forza degli obiettivi della direttiva (UE) 2018/2001, dobbiamo fare in meno di 10 anni, in un contesto post-pandemico, quel che si è fatto negli scorsi 30. Non è un'impresa di poco conto e, al momento, è previsto che i costi gravino sulle bollette elettriche di famiglie e imprese.

È doveroso che il Parlamento abbia contezza della complessità dei problemi e ne monitori insieme al Governo, gli sviluppi, ma è doveroso anche che la Commissione europea mostri di aver piena contezza degli effetti socioeconomici che deriveranno dalla transizione energetica verso l'elettrificazione, interrogandosi sulle ricadute, a partire dall'inevitabile aumento dei prezzi dell'energia e del rischio disoccupazione. Con la mozione unitaria sul contenimento dei costi energetici, approvata lo scorso 23 settembre 2021, si sono gettate buone basi sulle quali occorre continuare a lavorare. La mozione infatti impegna il Governo ad adottare iniziative per introdurre un meccanismo volto ad abbattere il costo delle bollette di energia elettrica e gas sia operando sugli oneri di sistema sia mediante una riduzione dell'imposta sul valore aggiunto, e ad intervenire in sede europea per migliorarne la normativa in tema di certificati ETS e a verificare che l'aumento dei prezzi finali delle bollette derivi effettivamente dall'aumento dei costi di produzione dell'energia.

Un'ultima valutazione che riteniamo debba essere tenuta presente consiste nell'evidenza, emersa nel dibattito di queste settimane, che le rinnovabili elettriche non sono in grado da sole di alimentare la transizione energetica. A fronte di un Piano nazionale integrato energia e clima, concentrato sulla generazione elettrica da eolico e fotovoltaico, il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi ivi previsti non può prescindere, a nostro giudizio, dal sostegno di tutte le fonti rinnovabili e anche da una maggiore ampiezza di vedute in merito alle altre scelte tecnologiche. Quindi, riteniamo occorra un maggiore spazio per le rinnovabili termiche e per l'uso delle biomasse ma occorre anche lavorare sulle tecnologie di cattura della CO2 e sviluppare l'opzione nucleare, rispetto alla quale il gruppo Forza Italia ha sottoscritto una mozione che spero presto giunga in discussione. L'elettrificazione generale dei consumi non rappresenta la sola via da percorrere perché, oltre al fattore costi, c'è anche da considerare il fattore tempo, quello necessario per trasformare il nostro sistema di generazione elettrica fondato sul gas in un sistema totalmente rinnovabile.

Occorre affrontare una serie di enormi problemi di regolazione tra produzione e utenza, ma prima ancora realizzare impiantistiche e individuazione delle reti. Nelle sedi istituzionali della mia regione, la Puglia, circola un elenco di richieste di autorizzazione per impianti da rinnovabili relativo al periodo 2018-2021. Si tratta di 12.600 megawatt, di cui circa un terzo eolico e la restante parte quasi tutto fotovoltaico. Si consideri che per fare un megawatt di fotovoltaico ci vogliono due ettari di terreno e che un chilometro quadrato sono 100 ettari. Di fatto, se tutte le autorizzazioni fossero concesse, 16.400 ettari di Puglia, cioè 164 chilometri quadrati, in gran parte di terreno agricolo, dovrebbero essere coperti da pannelli, e questo senza considerare né le opere annesse agli impianti né gli spazi occupati dall'eolico. È di tutta evidenza quindi che, al di là degli interventi urgenti, è necessario adottare misure di ampio respiro in grado di realizzare modelli di incentivazione delle energie rinnovabili e, più in generale, di finanziamento della transizione energetica che non gravino eccessivamente su famiglie e imprese e che bilancino gli obiettivi energetici con le esigenze dell'agricoltura, del paesaggio e del turismo.

Dobbiamo tuttavia riconoscere che il Governo è stato velocissimo nel dare aiuto alle famiglie con fondi per le bollette, ma rispetto alla dimensione mondiale del tema, che abbiamo cercato di riassumere, serve una risposta strutturale che passi attraverso un mix energetico aperto a tutte le tecnologie efficienti e pulite disponibili. Dobbiamo evitare che i rincari per tutto il 2022 possano mettere a rischio la ripresa. Per Forza Italia bisogna proseguire con un piano europeo perché riteniamo che non si possa reggere a lungo senza scorte e produzione propria.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sut. Ne ha facoltà.

LUCA SUT (M5S). Grazie, Presidente. Una pandemia energetica in un'emergenza sanitaria richiede interventi tempestivi, che non possono articolarsi tutti in un'unica soluzione, per la mole e per la complessità delle risorse e delle soluzioni necessarie a uscire dal circolo virtuoso in cui non solo l'Italia, ma l'intera Europa sono finite, e ad evitare anche di poterci finire nuovamente in futuro. Oggi siamo in quest'Aula per portare a termine l'iter parlamentare di un provvedimento che segna il secondo miglio di un percorso di sostegno sociale con il quale vogliamo mettere al riparo cittadini e imprese dall'impatto dei rincari di luce e gas. Un'altra mannaia che il COVID indirettamente ha posto sulla comunità nazionale. Questo provvedimento ci permetterà di dare respiro a milioni di famiglie e attività economiche attraverso un'opera di mitigazione dell'impatto sul consumatore dell'impennata dei prezzi di energia elettrica e del gas naturale. Ma non possiamo fermarci. Gli interventi dovranno continuare da subito in legge di bilancio e quanto già disposto finanziariamente è stata una prima importante risposta, ma non è ancora sufficiente. Servono ulteriori risorse, serve trasferire sulla fiscalità generale gli oneri per finanziare il bonus per le famiglie economicamente più fragili. Serve anche proseguire nell'utilizzo equilibrato del maggior gettito derivante dalla vendita all'asta delle quote di CO2 per calmierare i prezzi delle bollette per cittadini e piccole e medie imprese. Comunque sia, la nostra dovrà essere un'opera a più riprese, in cui dovremo deporre altre pietre miliari in un intento che non si esaurisca nel tamponare la necessità contingente - per quanto anche questo ci rendiamo conto sia frutto di un impegno finanziario che non va di certo sminuito - ma che si proponga un progetto di più ampio respiro.

Dovremo dunque combattere su più livelli, attuando un lavoro che dovrà vederci agire su più fronti, ciascuno con i suoi obiettivi e con un proprio orizzonte temporale. A un fenomeno complesso come questo, del resto, non può non seguire una risposta altrettanto complessa. Per questo, nel leggere il conto presentato dei prezzi dell'energia che salgono alle stelle, dobbiamo saper scorgere uno spunto di accelerazione nel cambio di paradigma già iniziato in materia energetica, velocizzando la transizione verso le fonti rinnovabili. Queste sì, oltre a ridisegnare il mondo dell'energia in chiave ecosostenibile, possono mettere l'intera comunità al riparo di fenomeni potenzialmente compromissivi come quello che stiamo vivendo in questo momento, legato con un filo rosso a un gigante che la pandemia ha risvegliato e che si chiama dipendenza energetica. Mai come in questi momenti possiamo toccare con mano la nostra vulnerabilità in questo senso. Tuttavia oggi, senza dubbio, la risposta da dare è anche quella contenuta in questo testo che si rivolge all'istanza urgente segnata dall'aumento vertiginoso dei prezzi della luce e del gas. causato dal sensibile aumento dei costi delle materie prime, legato a sua volta ai problemi indotti dalla pandemia nell'approvvigionamento nelle filiere, oltre che dal forte rialzo delle quotazioni dei permessi di emissione di anidride carbonica, che sono schizzati ai massimi storici. Non sappiamo esattamente quando la bolla dei prezzi energetici scoppierà; potremmo averne fino alla prossima primavera inoltrata, come dicono alcune fonti. L'ARERA, del resto, ci informa che gli aumenti continueranno anche nel primo trimestre del 2022. Davanti abbiamo quindi ancora diversi mesi, sarà dura per tutti e in gioco ci sono le economie aziendali e domestiche ma c'è anche la ripresa dei consumi e la continuità della produzione industriale, già gravata dal caro prezzi delle materie prime e dalla difficoltà di reperimento delle stesse. Non ce lo neghiamo, affrontiamo un contesto non semplice dove, a fronte di segnali incoraggianti di ripresa per quanto concerne la risalita del PIL e quella occupazionale, siamo minacciati da queste spade di Damocle che rischiano di sbarrarci la strada dell'uscita dalla crisi. Siamo stati i primi, come MoVimento 5 Stelle, a richiedere un nuovo impegno da parte del Governo in questo senso. Abbiamo una responsabilità importante nelle misure che adotteremo soprattutto verso i meno abbienti e le attività economiche. Penso soprattutto a quelle più piccole e a quelle energivore, già esposte allo stress delle chiusure e delle limitazioni che purtroppo si sono rese necessarie. Per loro dobbiamo mirare a irrobustire la fascia di protezione già impostata contro il fenomeno dei prezzi record raggiunti dall'energia elettrica e dal gas. Il Governo ha iniziato a luglio a intervenire contro il caro bollette, stanziando oltre un miliardo nel decreto-legge Lavoro per attenuare l'aumento delle tariffe elettriche determinato da ARERA, in conseguenza dell'incremento dei prezzi delle materie prime, per il trimestre luglio-settembre 2021. Ora interviene di nuovo, consapevole dell'impasse che la bolla dei prezzi e dell'energia rischia di creare nel sistema intero.

Il testo in esame va a prorogare le misure di sgravio già introdotte, estendendole alle utenze domestiche e introducendone di nuove nel settore del gas naturale.

Il periodo su cui incide è il trimestre ottobre-dicembre 2021, dove interviene complessivamente con 3,6 miliardi: 1,2 per uno sgravio fiscale che compensa parzialmente gli oneri generali di sistema per tutte le utenze elettriche e 800 milioni per l'annullamento delle aliquote relative a questi oneri per gli utenti domestici e per le utenze non domestiche in bassa tensione, mentre per il gas si prevede l'applicazione dell'aliquota ridotta al 5 per cento, circa 600 milioni, e il contenimento delle aliquote gravanti sugli oneri di sistema, quasi mezzo miliardo.

Un'attenzione particolare è destinata ai consumatori energetici più fragili e non sono certo pochi - parliamo di tre milioni e mezzo di famiglie -, a cui vengono destinati 500 milioni, con l'obiettivo di rinforzare il bonus sociale per la fornitura di energia elettrica e gas. Questo è ciò che concerne la prima parte del provvedimento.

Nel dettaglio, all'articolo 1, si proroga al quarto trimestre dell'anno quanto già disposto nel “DL Sostegni-bis” per il terzo trimestre, andando a compensare gli oneri generali di sistema per tutte le utenze, attraverso l'utilizzo di una quota parte dei 700 milioni dei proventi delle aste delle quote di CO2 e il trasferimento di 500 milioni entro il 15 dicembre alla Cassa per i servizi energetici ambientali, a cui si trasferiscono, con il medesimo termine, ulteriori 800 milioni per l'annullamento degli oneri generali di sistema per le utenze domestiche e non, in bassa tensione, disponibili fino a 16,5 chilowatt.

All'articolo 2, si dispone, in deroga al testo unico IVA, la sua applicazione - come detto prima - al 5 per cento per le somministrazioni di metano, usato come combustibile per la combustione in ambito civile e industriale, contabilizzato nelle fatture emesse tra ottobre e dicembre per i consumi effettivi o stimati. Ancora, per contenere gli aumenti del prezzo del gas naturale, si prevede una riduzione degli oneri generali del gas attraverso il trasferimento al CSEA di 480 milioni entro il 15 dicembre.

L'articolo 3 si propone di agevolare le utenze elettriche domestiche dei cittadini economicamente svantaggiati o in condizioni di salute difficili e di rideterminare la compensazione per la fornitura di gas naturale attraverso l'ARERA, fino alla concorrenza di 450 milioni di euro, mentre l'articolo 3-bis estende la clausola del “close-out netting” - ovvero di quel meccanismo che consente, in caso di inadempimento di una delle parti, l'interruzione volontaria o automatica dei rapporti, con il conseguente obbligo gravante sul contraente, il cui debito risulti più elevato, di pagamento del saldo netto delle obbligazioni, che divengono immediatamente esigibili, nel caso di procedure di risanamento, ristrutturazione economico-finanziaria o liquidazione - ai contratti di fornitura e a quelli derivati o in essere, stipulati entro il 31 dicembre 2022, anche nei casi in cui la consegna o anche la produzione e la commercializzazione - in caso di contratti derivati - avvenga non direttamente nell'UE, ma in Stati direttamente interconnessi con essa, mediante linee elettriche o reti gas, o in Stati aderenti al trattato di Atene.

L'articolo 3-ter invece integra le competenze del Ministero della Transizione ecologica, inserendo la “garanzia di resilienza” nell'ambito della liberalizzazione dei mercati energetici. Le fonti di copertura finanziaria per gli oneri derivanti da questi articoli appena descritti sono quantificate, all'articolo 5, in 2 miliardi 888 milioni di euro, corrispondenti a 3 miliardi 588 milioni in termini di indebitamento netto e fabbisogno.

Nella seconda parte del provvedimento, invece, vengono riportate azioni che vanno al di là dello scopo della riduzione delle bollette e, per questo motivo, anche al Senato è stato ampliato il titolo del presente decreto. Si prevedono abrogazioni di disposizioni di legge, riportate nell'allegato 1, che non vado ad elencare: sono norme che demandano a dati secondari, ritenuti superati dalla successiva normazione, o sono attuazione di norme primarie.

Per quanto riguarda l'articolo 4, comma 2, si ridisciplinano le modalità per il conseguimento della specializzazione per l'attività di sostegno didattico nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria.

Mi avvio a concludere. Il comma 3 dell'articolo 4 proroga di un ulteriore mese, in attesa di un apposito decreto interministeriale di regolazione della materia, il termine per l'applicazione dell'articolo 2 del decreto n. 100 del 2011, intervenuto in materia di regime transitorio per l'obbligo di sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici. Con esso ricordiamo che erano state introdotte nuove misure in tema di esposizione a livelli anomali di radioattività e contaminazione ambientale. Invece, con il comma 3-bis, abroghiamo le disposizioni sul sistema di valutazione delle attività delle scuole all'estero e la relativa norma di copertura finanziaria. Grazie, ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.

BARBARA SALTAMARTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Colleghi, credo che questo provvedimento, non a caso, arrivi in un momento veramente eccezionale nella storia del nostro Paese - perché, da un lato, c'è il tema dell'emergenza pandemica, con tutto ciò che questo comporta e questo provvedimento va anche nella direzione di affrontare con ulteriori misure un'emergenza che, da pandemica, sta diventando ovviamente più larga e coinvolge più settori inevitabilmente -, ma arrivi anche in un momento importante, perché credo che finalmente possa permetterci di aprire, anche in questo Parlamento, anche in Italia, una discussione più ampia sul tema energetico. Una discussione che la Commissione attività produttive ha già affrontato – allora ero io presidente - con una grande indagine proprio sul tema dell'energia, che ci ha portato, non solo a sentire tutti gli stakeholder possibili e immaginabili, ma anche i consumatori, i sindacati, i produttori di energia, le grandi società italiane energivore. Proprio in quell'occasione, ci eravamo detti che serviva arrivare a rivalutare, sul tema dell'energia, quale dovesse essere effettivamente la direzione verso cui doveva tendere l'Italia.

Il tema dell'energia, il tema del costo dell'energia che affrontiamo in questo decreto è essenziale per il sistema produttivo italiano e per l'industria italiana; è un tema essenziale che coinvolge tutti gli italiani - lo vediamo con il caro bollette -, ma che soprattutto va a coinvolgere alcuni settori del nostro sistema industriale, che rischiano di tirare giù le serrande. È notizia di pochi minuti fa che un'azienda a Torino, una grande, grandissima azienda piemontese (non so se esattamente di Torino perché ho letto l'agenzia al volo prima di prendere la parola), se non ci sarà un'opera di calmierizzazione seria dei prezzi dell'energia, al 31/12 dovrà chiudere. E non sarà l'unica, non sarà la sola, ne vediamo altre: sono state citate le vetrerie di Murano, ma c'è il tema della ceramica, c'è il tema delle nostre acciaierie, che finalmente hanno ricominciato a produrre, ma che sono realtà industriali fortemente permeate dall'utilizzo dell'energia. Il costo dell'energia è altissimo e rischia di non far ripartire quella crescita che stiamo vedendo, seppur sottile, quella ripresa economica che stiamo vedendo, seppur fragile in Italia, e che anzi rischia di dargli la botta definitiva.

Allora, il tema va affrontato sull'attualità, sull'emergenza: lo fa questo decreto, il Governo lo aveva già fatto con il decreto di luglio, quindi con un 1,2 miliardi a luglio e con 3,5 miliardi adesso, soldi importanti, molto importanti. Voglio sottolinearlo anche rispetto a chi - anche in alcune discussioni fuori da quest'Aula – ha affermato che il Governo non ha fatto nulla; 1,2 miliardi e 3,5 miliardi fanno sì che 35 milioni di clienti domestici oggi abbiano un impatto meno forte, quasi pari a qualcosa in più del 30 per cento sulle bollette dell'energia che ricevono nelle loro case.

Fa sì che 3 milioni di famiglie italiane è in stato di vulnerabilità possano beneficiare ancor di più del bonus sociale energetico. Queste sono cose importanti che occorre sottolineare. Certo, anche noi della Lega in Commissione, sia al Senato sia alla Camera, avremmo voluto qualcosina in più; abbiamo chiesto al Governo di prevedere più risorse per sterilizzare maggiormente i costi elevatissimi delle bollette, ma non è stato possibile. Il Governo si prepara in manovra - vi sono già altri 2 miliardi - e mi auguro che questa cifra possa aumentare perché sappiamo che queste risorse sono necessarie ma non sufficienti per ridurre - come è giusto che sia - il caro bollette per famiglie ed imprese italiane. Questo è il tema dell'emergenza. Però poi vi è anche un tema complessivo, generale su cui l'Italia e il Parlamento non possono non interrogarsi per offrire al Governo altre riflessioni rispetto a quelle svolte dal Premier Draghi e dai suoi Ministri - ringrazio il sottosegretario Gava che ne è portavoce acuto e intelligente, ma soprattutto pragmatico - per quanto riguarda le linee guida sulle strategie energetiche italiane. Tuttavia, serve offrire al Governo qualcosa in più. Perché, in Italia, l'aumento del costo dell'energia e del gas ha prodotto un aumento maggiore delle bollette rispetto a quanto non avvenuto in Francia o in Germania? Perché la Germania e la Francia hanno scelto un mix di risorse energetiche da cui trarre linfa, ad esempio il carbone. Si parla tanto delle chiusure delle centrali a carbone: l'Italia lo ha previsto nel 2025, se non erro, la Germania forse nel 2038. Ecco, questo piccolo lasso di tempo che ho citato fa capire la differenza di impostazione di scelte politiche. La Germania usa, quindi, il carbone, il nucleare e le biomasse. Pensare di risolvere in Italia il problema energetico, non solo dei costi ma anche dell'approvvigionamento, solo e soltanto con le rinnovabili significa non aver compreso la sfida che abbiamo di fronte ma, soprattutto, di non essere al passo con i tempi rispetto alle tecnologie di quarta generazione. Penso, per esempio, al nucleare: è una parola che ho poco sentito ma non bisogna averne paura, soprattutto quello di quarta generazione, anche perché, perdonatemi, si ha paura di produrre il nucleare in Italia, però poi noi ci approvvigioniamo, se non sbaglio, per il 10 per cento, dalla Francia che è proprio qui al nostro confine e credo abbia più di 50 siti nucleari sul proprio territorio nazionale. Quindi, dicevo, le rinnovabili non sono sufficienti e soprattutto non bastano da sole a ridurre il costo dell'energia; occorre rivedere con coraggio le scelte politiche nazionali. Penso, ad esempio, al gas: per il 95 per cento, ci approvvigioniamo di gas dall'estero, dipendiamo da Paesi esteri. Adesso vedremo se la Russia riuscirà a fare il secondo il gasdotto e se la Germania dirà di “sì”. Abbiamo il TAP e, a tal proposito, vi ricordo, le tante battaglie che abbiamo dovuto fare qui in Aula per dire “sì” al TAP. Ricordo molto bene i colleghi dei 5 Stelle che posizioni avevano e mi auguro che, a distanza di anni, abbiano rivisto alcune delle loro posizioni tranchant che, magari, erano servite per quell'ambientalismo ideologico anti-impresa con riferimento al quale manca di solito un approccio pragmatico. Sono sicura e sono convinta - e lo sottolineo - che occorra fare una battaglia ambientale seria ed importante per il bene della salute di tutti, ci mancherebbe altro. Occorre però anche vedere quali sono le scelte, a proposito delle tecnologie più avanzate, per far sì che si possa contemporaneamente parlare di ambiente, di stop all'inquinamento ma, allo stesso tempo, anche di risorse per evitare quello che 60 milioni di italiani e le imprese italiane stanno vivendo in questi giorni, ossia un caro bollette che potrebbe portare alla chiusura di importanti settori produttivi italiani, oltre che un danno economico per famiglie, già ampiamente penalizzate da una crisi pandemica che ci portiamo appresso ormai da due anni. Dei tanti settori coinvolti dal caro bollette, di uno, ad esempio, non ho sentito parlare e penso a quello agricolo, che utilizza macchine, che ha bisogno di energia per produrre i propri prodotti, di acqua, di luce, di petrolio, di gas, di metano e chi più ne ha più ne metta, a seconda ovviamente delle tipologie utilizzate. È un altro settore che risentirà parecchio di questa stangata del prezzo dell'energia, però bisogna avere il coraggio e il buon senso - è ciò che abbiamo chiesto al Premier Draghi quando abbiamo votato la fiducia al suo Governo - di stanziare nella manovra economica, come sta chiedendo la Lega, sia con Matteo Salvini sia con il nostro Ministro Giorgetti, maggiori risorse perché queste non sono sufficienti. Se chiudono le nostre grandi imprese, si porrà un problema sociale, di cui dovremo far fronte perché emergerà un problema di lavoro, un problema economico, un problema di mancato sviluppo, di mancata crescita e di impatto su altre famiglie, proprio di quei lavoratori che potrebbero essere coinvolti da quelle chiusure. Pertanto, serve intervenire subito ma l'Italia da sola non può fare tutto e l'altro tema si chiama “Europa”. Anche di questo dobbiamo avere il coraggio di parlare; sul caro energia l'Unione europea ci dice che, a dicembre, affronterà il tema: “no”, è tardi! Il tema va affrontato subito, mi auguro che il nostro Governo, tramite il proprio Presidente Draghi, faccia sentire la propria voce in Europa perché, in Europa, la discussione sul caro energia va affrontata domani mattina; non possiamo aspettare le vacanze di Natale perché l'inverno è alle porte e il caro energia produrrà danni inenarrabili per il nostro sistema Italia. Il tema dell'energia, tuttavia, non riguarda solo l'Italia, ma tutti gli Stati membri ed è impensabile che vi siano Stati che, magari, pongano il veto sull'utilizzo di alcune tecnologie o tetti troppo alti da raggiungere nell'immediato, anche a causa della crisi pandemica che stiamo vivendo, impedendo all'Italia di agire. Serve intervenire a livello nazionale per essere indipendenti il più possibile. Ma perché non usare il nostro gas a chilometro zero che è più pulito di tanti altri? Perché non ottimizzare al meglio le risorse che abbiamo già sul nostro territorio? Penso al petrolio in Basilicata, per esempio, quella grande risorsa che abbiamo in quella terra meravigliosa. Sinceramente qualcuno ci dovrà spiegare - mi rivolgo al sottosegretario, sapendo che può condividere parte delle cose che sto dicendo - perché siamo ancora troppo dipendenti dall'estero e non riusciamo ad utilizzare le nostre risorse! Quando si parla di energia e si chiede maggiore coraggio, e mi rivolgo ad alcuni esponenti dell'opposizione, ad esempio, con la realizzazione dei termovalorizzatori, che ci permetterebbero non solo di affrontare - capitolo a parte, ma molto di attualità - e di chiudere il tema dei rifiuti ma anche di trasformarli in energia, se non in risorse economiche, mi viene da sorridere, perché non si può dire “sì” ad alcune tecniche, “no” ad altre, a seconda di un approccio squisitamente ideologico che nulla ha a che fare con l'impatto ambientale di alcune tecniche e tanto meno con i problemi che stiamo affrontando oggi con questo decreto.

Allora, è vero qualcuno ha detto che, in questo decreto, abbiamo provato a ridurre la tassazione statale, quindi gli oneri di sistema, l'IVA e che però non servirebbe spostare solo gli oneri, cioè queste spese sulla fiscalità generale, perché il problema rimarrebbe. Sì è vero, però è altrettanto vero che il Governo italiano e il Parlamento più di questo non possono fare per combattere il caro energia in questa fase, in questo momento e senza ovviamente poter usufruire di strumenti, impianti e scelte strategiche diverse. Io sono convinta che occorra fare di più anche da questo punto di vista; alcuni nostri emendamenti andavano in questa direzione, giustamente li abbiamo ritirati perché, come diceva il relatore Galli, serve far convertire il decreto il prima possibile perché è in scadenza e, quindi, assolutamente la responsabilità che la Lega ha sempre dimostrato di fronte a questi temi fa sì che gli stessi parlamentari firmatari degli emendamenti li abbiamo ritirati, ovviamente li trasformeremo in ordini del giorno, con l'auspicio che il Governo li voglia accogliere. Ma, l'invito è anche a fare di più in legge di bilancio, nella manovra: serve aumentare i 2 miliardi che attualmente sono previsti perché, come dicevo prima, non bastano. L'altra cosa importante da fare è un po' quello che diceva anche il Ministro Giorgetti: serve sull'energia, in generale, aprire un grande tavolo di confronto Governo, Parlamento e società energivore, perché è arrivato il momento di provare a gettare il cuore oltre l'ostacolo.

Noi abbiamo bisogno di poter sfruttare al meglio non solo le risorse che produciamo qui da noi in Italia, ma, soprattutto, provare ad investire su scelte tecnologiche nuove e più vantaggiose, che ci permettano, anche nell'ambito della transizione ecologica, nella quale siamo totalmente, di utilizzare un mix di risorse tali da poter evitare che il costo dell'energia incida così tanto nel nostro sistema Paese. Serve chiamare l'Europa a un atto di grande e immediata responsabilità, perché è indubbio che l'Italia, da sola, non può fare tutto e subito. L'Europa deve intervenire immediatamente e io mi auguro che con la stessa forza che si è avuta su altri grandi temi – penso, per esempio, allo sforzo fatto per ottenere il massimo delle risorse relative al PNRR nazionale -, si possa ottenere una grande attenzione sul tema delle energie, ma, soprattutto, si possa finalmente dare una risposta alle esigenze dei cittadini e delle imprese italiane che necessitano su questo di avere certezze; quindi, io mi auguro che anche grazie al lavoro fatto dal Governo e dal Parlamento, a partire dalle Commissioni che lo hanno avuto in referente, su questo decreto la discussione non termini qui, ma possa proseguire con la stessa forza e con la stessa determinazione con cui, ad oggi, stiamo lavorando per ridare un futuro agli italiani e al nostro Paese.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3366​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, se lo ritiene.

DARIO GALLI, Relatore. Grazie, Presidente. Credo che gli interventi dei colleghi abbiano illustrato in maniera adeguata le posizioni dei partiti e, in qualche modo, confermato quello che dicevo all'inizio, quindi sicuramente ci sarà necessità, purtroppo, di andare avanti su questa strada con approfondimenti e nuovi interventi; però, l'importante è che nei prossimi giorni si riesca a fare approvare definitivamente il provvedimento.

PRESIDENTE. Siamo fiduciosi, grazie onorevole Galli.

La rappresentante del Governo, sottosegretaria Gava, si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sospendiamo esattamente per 5 minuti la seduta che riprenderà alle ore 11,30 con il seguito del nostro lavoro.

La seduta, sospesa alle 11,25, è ripresa alle 11,30.

Discussione del disegno di legge: S. 1662 – “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” (Approvato dal Senato) (A.C. 3289​) e delle abbinate proposte di legge: Colletti ed altri; Cataldi; Colletti ed altri; Meloni ed altri; Colletti (A.C. 1424​-1427​-1475​-1961​-2466​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3289: “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” e delle abbinate proposte di legge nn. 1424-1427-1475-1961-2466.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A (Vedi l'allegato A della seduta del 18 novembre 2021).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3289​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Cristina.

MIRELLA CRISTINA, Relatrice. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, collega relatrice Annibali, l'Assemblea questa mattina avvia l'esame del disegno di legge del Governo n. 3289, trasmesso dal Senato, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata. Il testo contiene disposizioni destinate ad incidere profondamente, attraverso la successiva adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Governo, sulla disciplina del processo civile e degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione, nel rispetto della garanzia del contraddittorio; il tutto nel contesto delle aspettative europee. Si opera, dunque, un intervento sul rito civile per renderlo più snello e più celere, migliorando l'arretrato e la gestione dei carichi di lavoro dei nostri tribunali. Il provvedimento è stato approvato dal Senato lo scorso 21 settembre dopo un accurato e complesso lavoro iniziato nel marzo del 2020. Il disegno di legge che giunge oggi all'esame della Camera si compone di un unico articolo, l'articolo 1, suddiviso in 44 commi.

Occorre evidenziare che il provvedimento, analogamente alla parallela riforma del processo penale, presenta, dunque, un duplice contenuto: da una parte delega al Governo la riforma del processo civile dettando specifici principi e criteri direttivi e, dall'altra, modifica direttamente alcune disposizioni sostanziali e processuali relative ai procedimenti in materia di diritto di famiglia, esecuzione forzata e accertamento dello stato di cittadinanza. Per quanto attiene alla delega al Governo, il disegno di legge, ai commi 1, 2 e 3, fissa in un anno dalla data di entrata in vigore della legge il termine per l'esercizio della stessa delega e delinea il procedimento per l'adozione dei decreti legislativi, valorizzando il ruolo delle Commissioni parlamentari. In particolare, il comma 1 precisa che i decreti legislativi dovranno operare nel rispetto della garanzia del contraddittorio e dei principi e criteri direttivi previsti da tutti i commi di cui si compone l'intero articolo. La procedura da seguire nell'attuazione della delega è ben delineata ai commi 2 e 3. Quanto, invece, ai principi e criteri direttivi della riforma, il disegno di legge, con il comma 4, interviene anzitutto sugli istituti di risoluzione alternativa delle controversie, mediazione delle controversie civili e commerciali e negoziazione assistita, il tutto con finalità di incentivarli, adottando un testo unico in materia di procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie, riordinando e semplificando gli incentivi fiscali già riconosciuti dall'ordinamento, estendendo a tali istituti l'applicabilità del gratuito patrocinio, riformando le spese di avvio della procedura di mediazione e le indennità spettanti agli organismi di mediazione, estendendo l'ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità, favorendo la partecipazione delle parti a tale procedura anche con modalità telematiche, disciplinando le attività di istruzione stragiudiziale e potenziando la formulazione e l'aggiornamento dei mediatori, nonché riformando le procedure di negoziazione assistita in materia di separazione dei coniugi.

Principi e criteri direttivi sono dettati anche per la modifica della disciplina dell'arbitrato, con la finalità di rafforzare le garanzie di indipendenza e di imparzialità degli arbitri, reintroducendo, al comma 15, la facoltà di ricusazione per gravi ragioni di convenienza, nonché, in particolare, con la finalità di disciplinare l'esecutività del lodo straniero e di consentire agli arbitri rituali il potere di emanare misure cautelari nell'ipotesi di espressa volontà manifestata dalle parti.

Specifici principi e criteri direttivi sono dettati per la riforma del processo di cognizione di primo grado. In merito il disegno di legge prevede, al comma 5, la revisione della disciplina del processo di cognizione di primo grado dinanzi al tribunale in composizione monocratica, assicurandone la semplicità, la concentrazione, l'effettività della tutela e la ragionevole durata, attraverso la modifica di alcune disposizioni inerenti al contenuto dell'atto di citazione, prevedendo che i fatti e gli elementi di diritto, costituenti le ragioni della domanda giudiziale, siano esposti in modo chiaro e specifico, prevedendo che nell'atto di citazione siano specificati i mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e i documenti che l'attore offre in comunicazione, prevedendo che l'atto di citazione contenga l'avvertimento circa l'obbligatorietà della difesa tecnica mediante avvocato in tutti i giudizi davanti al giudice, specificando le eccezioni e avvertendo della possibilità di accedere al gratuito patrocinio, ove ne ricorrano i presupposti. Il Governo, inoltre, dovrà modificare alcune disposizioni inerenti al contenuto della comparsa di risposta e dovrà valorizzare delle fasi anteriori alla prima udienza, al fine di definire il quadro delle rispettive pretese delle parti e dei mezzi di prova richiesti. Inoltre, la riforma dovrà: valorizzare la prima udienza di comparizione, incentivando la partecipazione personale delle parti e disponendo che il giudice debba fissare la successiva udienza per l'assunzione delle prove entro 90 giorni; prevedere alcune modifiche riguardanti la fase decisoria, al fine di favorire la riduzione della durata dei procedimenti, imponendo termini temporali perentori acceleratori; ampliare la possibilità per il giudice di conciliare le parti, consentendogli di formulare una proposta conciliativa fino al momento in cui la causa non viene rimessa in decisione; riformare il procedimento sommario di cognizione, prevedendo tempi certi ridotti rispetto al rito ordinario, nel rispetto del contraddittorio tra le parti, e prevedendo che il rito si concluda con una sentenza; ricollocare il medesimo procedimento nel libro II del codice di procedura civile e rinominarlo procedimento semplificato di cognizione, estendendone il campo d'applicazione anche ai procedimenti di competenza del tribunale in composizione collegiale, quando i fatti in causa siano tutti non controversi, quando l'istruzione della causa sia basata su prova documentale o di pronta soluzione o, comunque, non presenti profili di complessità; prevedere la possibilità che il giudice pronunci ordinanza provvisoria di accoglimento o rigetto del giudizio di primo grado in materia di diritti disponibili di competenza del tribunale, quando la domanda dell'attore ovvero le ragioni del convenuto risultino manifestamente infondate; disciplinare i rapporti tra collegio e giudice monocratico in caso di assegnazione di cause ritenute di competenza del giudice monocratico o, viceversa, collegiale. Inoltre, il Governo dovrà prevedere la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda in caso di mutamento del rito e la prevalenza del rito collegiale in caso di cause connesse oggetto di riunione.

Il disegno di legge, al comma 6, prevede anche la riduzione dei casi in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, nonché, al comma 7, l'uniformazione del rito davanti al giudice di pace al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e la rideterminazione della competenza del giudice di pace in materia civile. Il disegno di legge prevede, altresì, al comma 11, l'unificazione del rito per l'impugnazione dei licenziamenti.

Inoltre, con riferimento ai procedimenti di volontaria giurisdizione, per il comma 13, il Governo è delegato a procedere, nell'esercizio della delega, alla revisione delle ipotesi in cui il tribunale è chiamato a provvedere in composizione collegiale, limitando le ipotesi di collegialità ai casi in cui è prevista la partecipazione del PM, ai procedimenti in cui il tribunale è chiamato a pronunciarsi in ordine all'attendibilità di stime effettuate o alla buona amministrazione di cose comuni e, con riferimento alla controversia in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri, a conformare la legislazione nazionale alla normativa europea, regolando i rapporti in alcune materie di ambito civilistico del diritto internazionale privato.

Nella riforma delle impugnazioni, il disegno di legge detta principi e criteri direttivi per modificare la disciplina dell'appello del ricorso in Cassazione e della revocazione. In particolare, al comma 8, la delega prevede: il superamento dell'attuale disciplina del cosiddetto filtro in appello; la modifica della disciplina della provvisoria esecutività delle sentenze appellate; la reintroduzione della figura del consigliere istruttore; la limitazione delle ipotesi di remissione della causa in primo grado ai soli casi di violazione del contraddittorio.

Per quanto riguarda il giudizio dinanzi alla corte di cassazione, la delega prevede, al comma 9, la riforma del cosiddetto filtro in Cassazione. Inoltre, al comma 10, viene prevista l'introduzione di una nuova ipotesi di revocazione della sentenza civile, quando il contenuto di una sentenza passata in giudicato sia successivamente dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo contrario, in tutto o in parte, alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi protocolli.

Principi e criteri direttivi sono dettati anche per la riforma dei diversi ambiti del processo di esecuzione. In particolare, il comma 12 prevede: la sostituzione dell'iter di rilascio della formula esecutiva con la mera attestazione di conformità della copia al titolo originale; con riguardo al pignoramento, la sospensione dei termini di efficacia dell'atto di precetto che consenta al creditore, munito di titolo esecutivo e di atto di precetto, di fare un'istanza al presidente del tribunale per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare; la riduzione del termine per il deposito della documentazione ipotecaria e catastale; l'accelerazione della procedura di liberazione dell'immobile quando questo è occupato sine titulo o da soggetti diversi dal debitore; la riforma dell'istituto della delega delle operazioni di vendita al professionista delegato; l'introduzione di specifiche regole riguardanti la vendita privata nel procedimento di espropriazione immobiliare; l'individuazione dei criteri per la determinazione dell'ammontare, nonché del termine di durata delle misure di coercizione indiretta; l'estinzione degli obblighi antiriciclaggio anche agli aggiudicatari e l'obbligo per il giudice di verificare l'avvenuto rispetto di tali obblighi, ai fini dell'emissione dei decreti di trasferimento; l'istituzione presso il Ministero della Giustizia della banca dati per aste giudiziali.

Per quanto riguarda le disposizioni generali del codice di procedura civile, il disegno di legge contiene, al comma 18, principi e criteri direttivi, volti a modificare la disciplina relativa all'ufficio del processo, al fine di garantire la ragionevole durata del processo stesso, nonché allo scopo di assicurare un più efficiente impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Nell'esercizio della delega, il Governo deve prevedere che l'ufficio per il processo, sotto la direzione e il coordinamento di uno o più magistrati dell'ufficio, sia organizzato, individuando i requisiti professionali del personale da assegnare a tale struttura e che all'ufficio per il processo siano attribuiti compiti di supporto ai magistrati, compiti di coordinamento tra l'attività del magistrato e l'attività del cancelliere, compiti di catalogazione, archiviazione e messa a disposizione dei precedenti giurisprudenziali, compiti di analisi e preparazione dei dati sui flussi di lavoro. Il Governo è, inoltre, chiamato, sempre al comma 18, a prevedere l'istituzione di un analogo ufficio, anche presso la Corte di cassazione e la procura generale; in termini analoghi, l'ufficio viene istituito anche presso la procura generale della Corte di cassazione e viene denominato “ufficio spoglio, analisi e documentazione”. Con riferimento alle professionalità necessarie per lo svolgimento dei compiti previsti dalle disposizioni in esame, al comma 19 si prevede una specifica disposizione che autorizza il Ministero della Giustizia, a decorrere dal 1° gennaio 2023, all'assunzione, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, di 500 unità di personale della III area, fascia economica F1, da adibire all'ufficio del processo.

Il disegno di legge contiene principi e criteri direttivi per intervenire sui procedimenti di notifica, incentivando il ricorso allo strumento informatico (qui siamo al comma 20), con lo scopo di semplificare e accelerare il procedimento notificatorio. Altri principi e criteri direttivi sono contenuti nel comma 21 per rafforzare i doveri di leale collaborazione delle parti e dei terzi e nel comma 22, criteri direttivi atti a prevedere disposizioni di coordinamento della riforma con la legislazione vigente, con particolare riferimento all'individuazione dei rimedi preventivi da esperire per conseguire il rispetto del termine di ragionevole durata del processo e ai tempi e ai modi per far valere il difetto di giurisdizione (questo è sempre il comma 22).

Presidente, termino questa relazione - proseguirà sul resto del disegno di legge la collega, relatrice Annibali -, ringraziando per il lavoro svolto insieme il presidente della Commissione giustizia Perantoni, il Governo, la sottosegretaria Macina, tutti i miei colleghi di Commissioni e il mio capogruppo Zanettin; ringrazio ancora la mia collega, relatrice Annibali, con la quale ho lavorato in serenità. Per me è stato un vero onore assolvere tale incarico. Chiedo, Presidente, stante la complessità del provvedimento, l'autorizzazione al deposito della mia relazione, trattandosi di una relazione molto più ampia rispetto alla sintesi fin qui fatta.

PRESIDENTE. Onorevole Cristina, è senz'altro autorizzata. Con la sintesi aveva, comunque, esaurito il suo tempo.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Annibali.

LUCIA ANNIBALI, Relatrice. Signor Presidente, ringrazio la collega, relatrice Cristina. Come già annunciato, specifici principi di delega sono dedicati alla riforma dei procedimenti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. In particolare, all'articolo 1, comma 23, il disegno di legge enuncia i principi e i criteri direttivi per l'introduzione, nel codice di procedura civile, di un rito unificato applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, attualmente attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare. In relazione a tale procedimento, il Governo dovrà intervenire con riguardo, tra l'altro, ai criteri per l'attribuzione della competenza del giudice, alle norme procedurali in merito allo svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti, alle domande riconvenzionali del convenuto, al tentativo obbligatorio di conciliazione nella prima udienza e alla possibilità, da parte del giudice relatore, di invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare.

Ulteriori principi di delega concernono la razionalizzazione dei tempi delle fasi istruttorie e decisorie, nonché l'adozione di provvedimenti cautelari da parte del giudice relatore in costanza di lite. Specifici principi concernono l'abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, in presenza di segnalazione di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore.

Il Governo dovrà, inoltre, introdurre specifiche disposizioni relative all'attività professionale del mediatore familiare, alla nomina di un professionista dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare, alla regolamentazione della consulenza tecnica psicologica, alla disciplina delle modalità di nomina del curatore speciale del minore, al riordino delle disposizioni in materia di ascolto del minore, alla nomina del tutore del minore anche d'ufficio nel corso e all'esito dei procedimenti sulla responsabilità genitoriale.

Specifici criteri organizzativi sono volti a regolamentare l'intervento dei servizi socioassistenziali e sanitari e le attività di controllo, monitoraggio e verifica di situazioni in cui sono coinvolti i minori. La delega al Governo concerne, inoltre, la revisione della disciplina nei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori, con riguardo alle cause di incompatibilità, all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio, nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale e all'incompatibilità per i giudici onorari con riguardo all'introduzione del divieto di affidamento dei minori a talune categorie di persone.

Il Governo dovrà, inoltre, introdurre un unico rito con riguardo ai procedimenti su domanda congiunta di separazione personale dei coniugi, di divorzio, di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, predisporre un'autonoma regolamentazione per il giudizio di appello per tutti i procedimenti in materia di persone minorenni e famiglie e introdurre la reclamabilità al tribunale dei provvedimenti adottati dal giudice tutelare.

A completamento di questo disegno riformatore, il provvedimento all'esame dell'Aula enuncia, all'articolo 1, comma 24, princìpi e criteri direttivi per l'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, destinato a sostituire l'attuale tribunale per i minorenni, acquisendo dunque competenze sia civili che penali, e ad assorbire le competenze civili del tribunale ordinario in materia di stato e capacità delle persone e della famiglia.

Dal punto di vista della struttura e dell'articolazione territoriale del tribunale, il disegno di legge prevede una sezione distrettuale costituita presso ciascuna sede di corte di appello o di sezione di corte di appello, e sezioni circondariali costituite presso ogni sede di tribunale ordinario del distretto. Sono, inoltre, dettati i princìpi e i criteri di delega con riguardo alle specifiche competenze delle suddette esenzioni, nonché alla disciplina del sistema delle impugnazioni. La delega detta disposizioni sull'assegnazione del personale di magistratura, togato e onorario, e amministrativo e prevede che la riforma acquisti efficacia trascorsi 2 anni dall'entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi.

Il successivo comma 25 delega il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2024, le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni vigenti con la suddetta riforma e a introdurre una disciplina transitoria per la rapida trattazione dei procedimenti pendenti, ai fini del passaggio alla nuova autorità giudiziaria e ai nuovi riti. Infine, il disegno di delega, all'articolo 1, comma 26, richiede la riforma dell'articolo 336 del codice civile, che disciplina il procedimento per l'adozione dei provvedimenti in tema di responsabilità genitoriale, prevedendo che la legittimazione a richiedere i relativi provvedimenti competa, oltre che ai soggetti già previsti dalla norma, anche al curatore speciale del minore. Inoltre, il Governo dovrà prevedere che il tribunale, sin dall'avvio del procedimento, nomini il curatore speciale del minore nei casi in cui ciò è previsto, a pena di nullità del provvedimento di accoglimento; allorquando adotta provvedimenti temporanei nell'interesse del minore fissi contestualmente l'udienza di comparizione delle parti, del curatore del minore, se nominato, e del pubblico ministero entro un termine perentorio; nell'udienza di comparizione proceda all'ascolto del minore direttamente e, ove ritenuto necessario, con l'ausilio di un esperto; all'esito dell'udienza confermi, modifichi o revochi i provvedimenti temporanei già emanati.

L'articolo 1 del disegno di legge, a partire dal comma 27, introduce modifiche alla legislazione vigente destinate a essere applicate ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge. Si tratta di novelle al codice di procedura civile e alle relative disposizioni per l'attuazione e disposizioni transitorie, finalizzate a introdurre misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie. Per queste disposizioni, dunque, il legislatore non utilizza lo strumento della delega al Governo, ma introduce direttamente le modifiche alla legislazione vigente, destinate potenzialmente a divenire efficaci prima dell'esercizio della delega. In particolare, alcune di queste previsioni sono finalizzate a introdurre misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie.

In merito, il disegno di legge, al comma 27 dell'articolo 1, interviene sull'articolo 403 del codice civile, che disciplina il provvedimento di allontanamento dei minori dall'ambiente familiare, per modificare i presupposti per l'adozione della misura da parte della pubblica autorità.

Sempre in materia di diritti delle persone e delle famiglie, il disegno di legge modifica il riparto di competenze tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni, di cui all'articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile; interviene sull'articolo 78 del codice di procedura civile, relativo al curatore speciale, al fine di prevedere, per il giudice, l'obbligo di procedere alla nomina del curatore speciale del minore anche d'ufficio e a pena di nullità degli atti del procedimento; modifica l'articolo 80 del codice di procedura civile, sempre in tema di curatore speciale del minore; modifica l'articolo 709-ter del codice di procedura civile, che disciplina la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale e delle modalità dell'affidamento, al fine di prevedere, al n. 3 del secondo comma, che il giudice, nel disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro, possa individuare anche la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice; interviene sugli articoli 13 e 15 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, al fine di aggiungere nell'albo dei consulenti tecnici, tenuto da ciascun tribunale, la categoria dei neuropsichiatri infantili, degli psicologi dell'età evolutiva e degli psicologi giuridici o forensi, individuando le specifiche caratteristiche richieste al professionista per accedere all'albo; modifica la disciplina della negoziazione assistita per la soluzione consensuale delle controversie in materia di separazione dei coniugi, di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 132 del 2014, per estendere l'applicazione di questo istituto anche alla soluzione consensuale delle controversie tra genitori relative all'affidamento e al mantenimento dei figli naturali, al mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti e agli obblighi alimentari.

Ulteriori novelle al codice di procedura civile introducono misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di esecuzione forzata, così come con riferimento alle controversie relative all'accertamento dello stato di cittadinanza italiana. Gli ultimi commi dell'articolo 1 (commi da 38 a 44) recano le disposizioni finanziarie.

Presidente, per le parti non lette della relazione le chiedo di poterla depositare integralmente.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Annibali. Senz'altro è autorizzata a farlo.

Prendo atto che la rappresentante del Governo, sottosegretaria Macina, si riserva di intervenire.

È iscritta a parlare la collega Giannone. Ne ha facoltà.

VERONICA GIANNONE (FI). Grazie, Presidente. Il testo all'esame dell'Aula prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata. La riforma del processo civile è uno degli obiettivi concordati con l'Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Specifici principi di delega sono dedicati alla riforma dei procedimenti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. In particolare, alcune di queste previsioni sono finalizzate a introdurre misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie, che è il tema sul quale vorrei concentrarmi, sottosegretario.

È inutile dire che il Ministro della Giustizia Cartabia è stata molto coraggiosa nell'affrontare finalmente l'annoso problema del tribunale dei minorenni, una riforma tanto attesa e di portata epocale, direi, una riforma che già nel 2016 aveva avuto una possibilità, ma che è stata messa da parte, come tutte le proposte di legge presentate negli anni passati. L'istituzione di un unico tribunale, dedicato alla famiglia, ai minorenni e alle persone, che concentra competenze, unifica e rende omogenei i riti, garantisce finalmente l'attuazione dei principi del giusto processo e delle garanzie sottese, come soprattutto l'obbligo di ascolto del minore e la rappresentanza dello stesso, semplifica e ottimizza i tempi delle procedure, come i provvedimenti cautelari.

Poi garantisce la specializzazione dei magistrati, cosa molto importante, e in ogni caso riorganizza gli aspetti ordinamentali in funzione delle esigenze di tutela da assolvere, che, ricordo, sono quelle dei minori di età, e non degli adulti. È lodevole, a parer mio, andare verso la specializzazione dei tribunali, ma questo processo deve essere accompagnato dalla consapevolezza che deve esserci un'adeguata formazione di tutti coloro che, a vario titolo, entrano nel procedimento, quindi non solo avvocati e magistrati, ma anche tutti gli altri soggetti che nel processo di famiglia sono essenziali, in primis gli assistenti sociali, gli psicologi e le Forze dell'ordine, così da evitare anche episodi di prelevamenti forzati, ad esempio, un tema sul quale comunque bisogna continuare a lavorare al fine di arrivare a una migliore riforma.

Il lavoro non può certo fermarsi qui. Questo è un disegno di legge che sicuramente e senza ombra di dubbio ha fatto un significativo passo avanti, ma non possiamo considerarlo la soluzione. Esistono falle nel sistema di affido dei minori che si trascinano da anni e anni e che è necessario risolvere, anche con questa riforma. Specifici criteri organizzativi sono poi volti a regolamentare l'intervento dei servizi socioassistenziali e sanitari, nonché delle attività di controllo, monitoraggio e verifica di situazioni in cui sono coinvolti tutti i minorenni. La delega al Governo concerne, inoltre, la revisione della disciplina dei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori con riguardo alle cause di incompatibilità all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio, nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale, nonché inoltre alle incompatibilità per i giudici onorari e all'introduzione del divieto di affidamento dei minori a talune categorie di persone.

In merito, mi vorrei soffermare su alcuni punti del testo che meritano una riflessione. Il disegno interviene sull'articolo 403 del codice civile, che disciplina il provvedimento di allontanamento dei minori dall'ambiente familiare, per modificare i presupposti per l'adozione della misura e disciplinare dettagliatamente il procedimento successivo all'intervento della pubblica autorità, che coinvolge il pubblico ministero, il tribunale per i minorenni ed eventualmente la corte d'appello. Poi c'è la modifica dell'articolo 80 del codice di procedura civile, in tema di curatore speciale del minore, per prevedere che egli debba procedere all'ascolto del minore stesso e che possano essergli attribuiti specifici poteri di rappresentanza sostanziale.

Mi soffermo su questo, ossia l'ascolto del minore. Nel diritto di famiglia è indispensabile che si comprenda l'importanza dell'audizione del minore, anche perché risulta che quasi il 30 per cento del lavoro dei tribunali si concentra sul contenzioso tra le parti nelle cause di separazione. L'ascolto dei minorenni è importantissimo per la comprensione - da parte del giudice, però - della situazione che loro stanno vivendo, per la comprensione dello stato d'animo di quei bambini, per la comprensione delle loro richieste e volontà, che devono essere prese in considerazione prima di ogni giudizio. L'inserimento, in questa delega al Governo per la riforma del processo civile, dell'utilizzo delle riprese audio-video dell'ascolto del minore per noi è un grande cambiamento, che permette di evitare qualsiasi scorretta interpretazione di ciò che riferisce ed esprime il minorenne, anche attraverso silenzi, espressioni del viso ed espressioni del corpo, che devono mettere chi ascolta nella posizione di attenzione totale e di rispetto dello stesso. È un modo per mettere al sicuro non soltanto il bambino o il ragazzino audito, ma anche per evitare, appunto, fraintendimenti. Ciò che sarebbe stato auspicabile, però, era anche l'inserimento dell'obbligo di ascolto direttamente da parte del giudice, e non da terzi, come i servizi sociali, i CTU o il curatore speciale, con i quali sicuramente il minore avrà a che fare. Ma lo ripeto: chi deve effettuare l'ascolto diretto è il giudice, colui che poi decide e deve decidere sull'esperienza che ha avuto personalmente, senza arrivare a considerare semplicemente le relazioni o le perizie, che arrivano, appunto, al giudice stesso attraverso le valutazioni fatte da servizi sociali, CTU o curatore speciale, perché in quei casi, così come è stato riferito anche all'interno di un'audizione svolta presso la Commissione di inchiesta sugli affidi dei minori, la presidente dell'Associazione nazionale magistrati ha riferito che quando arriva effettivamente una relazione o una perizia è difficilissimo discostarsene, un giudice ha difficoltà a discostarsene perché è quello che viene riferito e, quindi, si dà per scontato ciò che il minore ha richiesto o, comunque, ciò che è scaturito dall'ascolto dello stesso bambino, o ragazzino. Quindi, è il giudice a dover comprendere i racconti e i vissuti del minore prima di decidere qualsiasi cosa nei suoi riguardi. Su questo profilo vorrei collegarmi, quindi, alla coraggiosa decisione di inserire il giudice unico, cioè giudice monocratico specializzato, perché è un grande cambiamento, che io, in parte, reputo positivo.

Altri articoli sui quali vengono effettuate delle modifiche sono il 13 e il 15, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile al fine di aggiungere, nell'albo dei consulenti tecnici, tenuto da ciascun tribunale, le categorie di neuropsichiatri infantili, psicologi dell'età evolutiva e psicologi giuridici e forensi, individuando le specifiche caratteristiche richieste dal professionista per accedere all'albo. Siamo all'articolo 1, comma 34.

Come già espresso in Aula in altra occasione e anche in Commissione giustizia, è assolutamente necessario rivedere l'inserimento della psicologia forense e giuridica. Molto spesso è avvenuto, in questi anni, che questa branca della psicologia abbia utilizzato concetti astratti e non riconosciuti dalla scienza per richiedere allontanamento del minore, spesso dalla madre, e, addirittura, sospensione o decadenza della responsabilità genitoriale. Tutto ciò accade perché spesso, se non sempre, nei master o nei corsi che si frequentano proprio per la psicologia forense, ciò che viene insegnato è il riconoscimento di questi concetti, come possono essere le relazioni parentali, la sindrome della madre malevola, simbiotica, adesiva, il tutto però non supportato da prove concrete e dimostrabili. Quindi, io auspico che, in fase di decreto attuativo, questa categoria venga espunta, sinceramente.

Passiamo al comma 33: modifica dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile, che è stato introdotto dalla legge n. 54 del 2006, con lo scopo di disciplinare la soluzione delle controversie tra genitori nell'esercizio della responsabilità genitoriale e sanzionare eventuali inadempimenti, prevedendo un procedimento azionabile, sia in via incidentale che in via autonoma, rispetto a un giudizio di separazione o divorzio. L'articolo 709-ter del codice di procedura civile conferisce al giudice il potere, da un lato, di assumere i provvedimenti opportuni per risolvere la controversia in corso, quindi anche modificando provvedimenti in vigore, dall'altro, di adottare, a fronte dell'accertamento positivo di un grave inadempimento, ovvero del mancato rispetto del contenuto degli obblighi previsti dal provvedimento giudiziale, misure tipiche afflittive. Tra le tematiche sopra esposte, alcune, certamente, hanno margini di miglioramento. Ad esempio, l'applicazione dell'articolo 709-ter del codice del di procedura civile, al n. 3, secondo comma, in base alla modifica prevista del testo all'esame dell'Aula, prevede un risarcimento del danno giornaliero a carico di uno dei due genitori nei confronti dell'altro. La disposizione, tuttavia, non tiene conto delle situazioni di rifiuto dei minori di uno dei due genitori, rendendo difficoltoso, se non impossibile, attenersi al rispetto del decreto disposto dal giudice. Nei casi di violenza domestica, ad esempio, violenza assistita, è necessario tenere in conto della volontà espressa dal minore, il quale, in quanto spettatore o vittima di reato, potrebbe rifiutarsi di attenersi alle disposizioni stabilite dal giudice in ambito di frequentazione del genitore presunto abusante, determinando un'ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del genitore tenuto ad eseguire l'ordine del giudice. Sicuramente questo è uno dei punti sui quali andrebbe effettuata una specifica revisione in fase di decreto attuativo, sempre a tutela del minore e, in questo caso, anche delle vittime di violenza, che, spesso, sono le madri. Ciò anche perché, sottosegretario, dobbiamo ricordare che il diritto del minore non è avere entrambi i genitori, o meglio, è un diritto, a condizione che non diventi un obbligo, perché quello che avviene spesso, in questi casi, è proprio non ascoltare la richiesta, la volontà del minore, soprattutto in casi di violenza, anche in casi di violenza assistita, e obbligare a quella che viene definita bigenitorialità. L'obbligo non può essere un diritto, e questa è una cosa della quale dobbiamo assolutamente ricordarci prima di prendere qualsiasi decisione per poter portare avanti una giusta e corretta riforma.

Una delle modifiche che ho più apprezzato, d'altra parte, è quella di dare finalmente la possibilità, nei procedimenti ex articolo 403 del codice civile, che il giudice investito del procedimento debba decidere in 48 ore e fissare entro 15 giorni l'udienza con i genitori e l'ascolto del minore.

Questo perché? Perché così si ha finalmente un contraddittorio, cosa che prima mancava, era inesistente, si dava per scontato quello che veniva dichiarato dal servizio sociale, attraverso la relazione, con l'applicazione, appunto, dell'articolo 403 del codice civile, e non si dava l'opportunità almeno di una difesa, di poter valutare effettivamente se quell'attuazione fosse corretta oppure no. I tempi sono sicuramente strettissimi, però necessari. Sappiamo bene che, a causa di lungaggini ed assenza del contraddittorio, si sono registrati notevoli problemi, soprattutto interpretazioni errate ed errori di valutazione. Quindi il contraddittorio delle parti è indispensabile per fare in modo che non vi sia una semplice relazione da parte del servizio sociale o perizia di CTU, che non permettono al giudice di discostarsi dalle stesse, come detto prima, proprio perché ritenute le uniche prove a tutela delle azioni di allontanamento o di giudizio nei riguardi dei bambini e genitori.

Diciamo che, nel complesso, questi sono i temi sui quali ho preferito concentrarmi e, su tutti, quello che io chiedo di prendere in considerazione è che possa esserci una collaborazione tra il Governo e il Parlamento per poter lavorare in sede diversa da questa, cioè, quando verranno effettivamente avviati tutti i provvedimenti per i decreti attuativi, che ci permettano di effettuare delle modifiche o delle specifiche, che possano migliorare la situazione, perché, come dicevo prima, ci sono dei punti che sicuramente vanno rivisti e sono quelli che riguardano l'ambito della violenza, che non è stato tenuto in considerazione, l'ascolto del minore, fatto dal giudice e non da terzi, e tutte le cose che ho prima descritto. Io spero in una riforma che potrà permettere alle persone di tornare a fidarsi della giustizia e permettere concretamente la tutela dei nostri figli.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vinci. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VINCI (FDI). Grazie, signor Presidente. La nostra visione di questo provvedimento è diametralmente opposta. Questo era un provvedimento che gli italiani, i tribunali, gli avvocati, i magistrati attendevano da tempo: ci troviamo davanti a un provvedimento, per alcuni versi, generico, un provvedimento che, al proprio interno, ricomprende tante materie che, in realtà, andavano, magari, disciplinate in modo diverso. Ricordo soltanto che tutte queste nuove normative non tenevano conto, vista la data - il Senato le ha approvate nel mese di settembre -, di una recente sentenza della Corte europea, che chiarisce e condanna nuovamente l'Italia - non su questo tema, ma su temi di materia penale -, in quanto continua ad avere - parole della Corte - eccessivo formalismo, in questo caso, dei criteri di redazione dei ricorsi.

Con questa legge delega, noi andiamo a complicare maggiormente quello che è il quadro normativo, quella che è la possibilità dei cittadini di accedere a un giudizio; invece che semplificare, noi andiamo a creare nuove problematiche e vado a spiegare per quale motivo ritengo che vi siano nuove problematiche che si andranno a creare nei tribunali. Si continua a spingere su quelli che sono degli istituti stragiudiziali, come la mediazione e la negoziazione assistita, che, già negli anni scorsi, hanno ampiamente fallito le aspettative e, invece che migliorarli, correggerli, cosa pensa di fare questo Parlamento? Che delega dà al Governo? Dà la delega di consentire agli avvocati in quella fase stragiudiziale di fare anche un'istruttoria, cioè di sentire i testimoni. Come glielo fa fare? Glielo fa fare dando delle garanzie? No, le garanzie per chi ha creato, chi ha impostato questo testo si hanno soltanto in modo punitivo, perché le parti che dovessero venire a dichiarare il falso saranno punite penalmente, gli avvocati che in qualche modo, in veste di mediatori o anche soltanto assistendo le parti, facciano qualcosa che non è ritenuto consono e non è neanche meglio chiarito, saranno puniti; magari non faranno neanche qualcosa di penale, ma la norma è chiara, dice che anche dal punto di vista deontologico ci sarà la responsabilità degli avvocati se fanno qualcosa che non è consono. Quindi si cerca di creare un qualcosa di molto nebuloso. L'unica cosa che è chiara di questa norma è che gli avvocati avranno delle responsabilità di tipo penale, di tipo deontologico, e alla fine fallirà anche questo tentativo di migliorare la fase stragiudiziale, perché chi si trova a svolgere una professione non ha voglia tutti i giorni di dover mettere delle firme su dei documenti sapendo che la controparte, anche se non ci sono responsabilità penali, si inventa una responsabilità di tipo deontologico. Quindi questa riforma è destinata nuovamente al fallimento per quello che riguarda l'accesso dei cittadini alla giustizia, alla risoluzione delle controversie in modo preliminare, in modo stragiudiziale. Dopo queste modifiche introdotte, questa possibilità di fare questa fase istruttoria, ci troviamo di fronte a una prima udienza dove - udite, udite - nel 2021, quando ormai molte udienze sono state fatte anche negli ultimi mesi online, vi è di fatto la reintroduzione dell'obbligatorietà della presenza personale delle parti alla prima udienza.

Chi è abituato a muoversi nelle aule dei tribunali sa bene che spesso, per il carico d'ufficio anche dei magistrati, alla prima udienza i magistrati neanche sanno di cosa stanno parlando, però si troveranno di fronte le parti, che possono anche non essere due, ma tre, quattro, cinque, coinvolte in una causa; si troveranno di fronte queste parti che toccheranno con mano finalmente l'incapacità del Governo, l'incapacità di questo Parlamento nel gestire la giustizia, e vedranno quanto funziona male la giustizia nel nostro Paese, ritrovandosi davanti a un magistrato e capendo che probabilmente non sa neanche di cosa sta parlando. Ma loro sono stati di fatto obbligati con questa norma a presentarsi, perché, se non si presenteranno, avranno delle conseguenze motivate e basate soltanto sul fatto che questi cittadini alla prima udienza non sono andati davanti a un giudice che non sapeva neanche di cosa si stesse parlando.

Allora, che nel 2021, quando le procedure dovrebbero essere più snelle, si reintroduca, di fatto, un obbligo alla presenza alla prima udienza, questo suona molto risalente e non sembra assolutamente che ci sia questa voglia di andare avanti. Questo provvedimento di fatto è una minestra che contiene all'interno di tutto, ma non è assolutamente coordinato e non serve assolutamente a velocizzare la giustizia. Addirittura si chiede al Governo di inserire con questa delega anche una punizione per chi osi contestare una sentenza di primo grado, andando in appello e chiedendo la sospensione della provvisoria esecuzione della causa, e si chiede al Governo di inserire una condanna da 250 a 10 mila euro per quelle richieste di sospensione che dovessero ritenersi infondate.

Chi gira ed è abituato a muoversi nelle aule di tribunale sa benissimo che in appello ci si va, ad oggi, quasi unicamente per chiedere la sospensione dell'esecuzione; infatti, chiedere giustizia magari dopo aver pagato cinque anni prima indebitamente una somma perché una sentenza di primo grado era sbagliata sicuramente non fa piacere a nessuno e demotiva anche rispetto al fatto di appellare una sentenza.

Quindi, chi appella una sentenza, per prima cosa, chiede la sospensione della sentenza di primo grado, e qui noi cosa facciamo? Cerchiamo di diminuire il carico delle corti di appello punendo, inserendo una sanzione, anche pesante, fino a 10 mila euro, per chi chiede la sospensione. Magari qualche magistrato, leggendo velocemente l'appello, decide di rigettarlo e ne sussegue anche una condanna, che non va nelle tasche dell'altro cittadino che in qualche modo ha subito questo tentativo di sospensione. No, come al solito, quello che deve incassare è soltanto lo Stato, e questa multa andrà quindi non nelle casse della controparte, ma nelle casse dello Stato, perché è una specie di sanzione amministrativa che si introduce all'interno del processo civile.

Si sono create tutte queste piccole modifiche, a volte anche contraddittorie. Infatti, mentre si prevede la presenza fisica alla prima udienza nel processo civile, per quello che riguarda le amministrazioni di sostegno si inserisce una parola che giuridicamente non ha alcun significato. Si dice che di regola – “di regola” non significa nulla, ma lo utilizziamo come Parlamento per dare un'indicazione al Governo - il beneficiario dovrà essere presente. Molti beneficiari non possono essere presenti, ma l'opposizione – noi di Fratelli d'Italia - aveva chiesto che vi fosse da parte del Governo e della maggioranza l'apertura anche a far comparire la parte magari online, a farlo anche a distanza, oppure a spostare le udienze presso il domicilio del beneficiario, affinché il giudice tocchi con mano la persona che di fatto subirà tutte le sue decisioni e la nomina dell'amministrazione di sostegno. Invece con la normativa in esame si toglie questa possibilità. Il Governo e la maggioranza sono stati assolutamente sordi e ci potranno essere - e ci saranno, perché la norma in questo modo lo potrà prevedere - giudici che decideranno sulla vita di altre persone senza averle neanche mai incontrate, neanche mai viste su un terminale elettronico, soltanto sulla base di atti che gli riporteranno la situazione di questo soggetto, che, ricordiamo, è un cittadino italiano e potremmo anche essere noi stessi un domani.

Questi cittadini diventano di fatto cittadini di serie B con questa modifica legislativa, la cui tenuta costituzionale sarà tutta da vedere; sicuramente ci potrà essere qualche problema al riguardo, e credo che ve ne sarà ben più di uno.

Vi è poi un'altra serie di incongruenze perché, mentre si chiede di velocizzare, dall'altra parte bisognerebbe anche dire: “velocemente, ma facciamo le cose fatte bene”. Invece, come al solito, velocizzare per questo Parlamento significa fare le cose in fretta e furia, nel senso che con questo provvedimento si consente addirittura ai magistrati, in sede di appello, di motivare la sentenza succintamente quando l'appello risulta infondato.

Allora, mi chiedo se chi ha inserito questa norma all'interno di questo testo abbia ragionato su cosa significhi motivare in modo succinto un appello che risulta manifestamente infondato. Se un appello risulta manifestamente infondato, la sentenza non me la fai in modo succinto; magari me la fai in modo breve e, se l'appello è veramente manifestamente infondato, la sentenza non sarà succinta, ma sarà molto chiara, e mi spiegherai velocemente e chiaramente per quale motivo questo appello è infondato.

Questo voler motivare in modo succinto sembra, invece, un modo per dire ai magistrati che saranno ancora più deresponsabilizzati e potranno ancora maggiormente fare ciò che vogliono, senza dover poi rispondere neanche nel grado successivo, non dando neanche la possibilità alla parte di intervenire chiarendo che quella motivazione di fatto è lacunosa su alcuni punti, perché la motivazione potrà essere fatta in modo “succinto”, usando un termine che, anche in questo caso, non è assolutamente un termine giuridico.

Vi è poi una vera e propria aberrazione, che non si pensava di poter vedere in un atto normativo, ossia la possibilità di far redigere la bozza dei provvedimenti, delle sentenze, agli addetti all'ufficio del processo. Le sentenze non verranno più scritte dai magistrati, ma vi saranno altre persone, altri funzionari interni che potranno redigere le bozze; dopodiché il magistrato, dopo un sicuro e attento esame della causa, apporrà, se vuole, la propria firma o potrà correggere la bozza.

Allora, noi tutti speriamo e confidiamo nella buona fede e nell'onestà dei magistrati. Tuttavia, con i ruoli pieni di cause, pensare che il Governo e questa maggioranza diano la possibilità ai magistrati di far redigere la bozza delle sentenze ad altri fa venire il dubbio che queste sentenze alla fine siano magari lette velocemente e poi firmate, e redatte da altri, quindi magari con qualche lacuna.

Se uniamo ciò al fatto che le sentenze potranno anche essere solo succintamente motivate, diciamo che la frittata è completa: le sentenze verranno fatte da soggetti che non sono magistrati, verranno firmate dai magistrati, saranno succintamente motivate e i cittadini, che continueranno a pagare i contributi unificati, a chiedere giustizia e che magari verranno anche condannati alle spese (come inserito in questa nuova legge delega) si troveranno invece a non avere giustizia, ad avere giustizia data da altri, ad avere sempre più giustizia davanti ai giudici di pace anziché davanti ai magistrati ordinari.

Con tutta la stima che si possa avere per i giudici di pace, si tratta, già oggi, di un ruolo che, oltre ad essere pieno di controversie, è dato in mano a soggetti che fino ad oggi sono di fatto sottopagati rispetto alla magistratura ordinaria. Benissimo: noi ci troviamo di fatto con giudici di pace che prendono pochi soldi e hanno tante responsabilità, e la vita dei cittadini italiani è rimessa ai membri dell'ufficio del processo, ai giudici di pace, mentre i magistrati magari metteranno qualche firma.

Questa non è l'idea che abbiamo di giustizia: la giustizia è un'altra cosa. Se servono più magistrati, va aumentato il numero dei magistrati; non bisogna togliere le competenze ai magistrati o dare le competenze di fatto a un cancelliere. Bisogna migliorare la giustizia, ma il modo migliore non è quello di inserire delle responsabilità penali e deontologiche ancora maggiori a carico degli avvocati, ma di far funzionare quello che ormai da anni non funziona più, ossia il nostro sistema giudiziario.

Questa, di fatto - lo ripeto per l'ultima volta, ma i fatti ce ne daranno presto contezza -, è l'ennesima occasione sprecata per migliorare la nostra giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cataldi. Ne ha facoltà.

ROBERTO CATALDI (M5S). Grazie, Presidente. Diciamo che i primi tentativi di riforma del processo civile risalgono agli anni Novanta. All'epoca, il legislatore si era preoccupato di risolvere alcune criticità di un procedimento che in realtà funzionava abbastanza bene nella sua semplicità. C'erano delle distorsioni, che erano dovute a un utilizzo improprio di quel procedimento. Era invalsa l'abitudine di chiedere un rinvio per esaminare e controdedurre ogniqualvolta un avvocato delle parti inserisse a verbale una dichiarazione, anche la più banale.

Però, attenzione, ciò che non funzionava non era il procedimento ma la componente umana. Chi ha frequentato le aule dei tribunali in quell'epoca sa benissimo che l'abitudine a chiedere il rinvio non veniva avallata da tutti i magistrati e c'erano magistrati che si guardavano bene dal concedere un rinvio alle parti quando questo non fosse necessario. Proprio per essere invalso questo malcostume, il legislatore credette di poter risolvere il problema inserendo una serie di procedimenti molto più complessi, con decadenze molto rigide, e si illuse di poter risolvere il problema della lentezza del processo civile senza tenere conto proprio di questa componente umana.

Il risultato è stato che, da un lato, non si è risolto il problema della velocizzazione dei processi e, dall'altro, gli avvocati sono stati costretti a cercare di districarsi tra quelle che erano diventate delle vere e proprie trappole procedurali. Diciamo che con quelle riforme si era purtroppo sancita una prevalenza del diritto processuale su quello sostanziale, quindi sul diritto dei cittadini; si poteva più facilmente perdere una causa, anche se nel merito si aveva ragione.

Oggi, approda in Aula una riforma che in realtà potrebbe avere una marcia in più e potrebbe anche dare una svolta nella velocizzazione dei processi. Ci sono due elementi che sono stati fortemente voluti dal MoVimento 5 Stelle e sui quali mi vorrei soffermare. Sono due elementi importanti. Uno riguarda la semplificazione, il recupero di quella semplicità perduta, che abbiamo perso proprio negli anni Novanta. Il MoVimento 5 Stelle, sin dalla campagna elettorale, aveva chiesto che si potesse semplificare il procedimento, che si potesse procedere a un'unificazione delle procedure e all'eliminazione dei tempi morti del processo. Il secondo elemento è quello che riguarda le ADR. Io sono moderatamente più ottimista rispetto a quanto ha dichiarato poco fa il collega Vinci, in relazione delle ADR. Sono convinto del fatto che un istituto relativamente nuovo non vada buttato via semplicemente perché non ha dato i risultati sperati; bisogna piuttosto cercare di capire per quale motivo non ha funzionato e farlo, invece, funzionare.

Andiamo per gradi. Partiamo dal primo elemento di forza di questa riforma: l'eliminazione dei tempi morti del processo. Per tantissimi anni, abbiamo fatto fare ai magistrati udienze completamente inutili. Pensiamo all'udienza di giuramento del CTU e a quante volte abbiamo dovuto rinviare la causa, magari di 8 mesi, per raccogliere un giuramento che oggi, invece, si potrà fare diversamente. Sarà infatti sufficiente che il consulente tecnico d'ufficio depositi telematicamente il suo giuramento con una firma digitale. Questo significa eliminare un'udienza che serviva a poco. Abbiamo eliminato anche l'udienza per la precisazione delle conclusioni, che già dopo la riforma degli anni Novanta non aveva più senso di esistere visto che si era già chiarito che le parti dovessero precisare le contrapposte richieste nella fase iniziale del procedimento e non certo alla fine. Quindi, era un'udienza che veniva strumentalmente utilizzata per rimandare più avanti la decisione.

C'è in questa riforma un altro elemento interessante, ossia la valorizzazione della fase che precede la prima udienza. Cosa significa questo? Significa che gli avvocati avranno già scambiato le proprie memorie, avranno già assestato le proprie richieste e avranno anche già formato il quadro probatorio da portare davanti al magistrato. A questo punto, la prima udienza diventerà fondamentale perché il magistrato non avrà perso tempo con attività che gli avvocati hanno già svolto da soli; il magistrato dovrà soltanto fissare - se ammissibile, ovviamente - l'assunzione dei mezzi di prova. La nuova udienza dovrà avvenire entro 90 giorni. Chiaramente, si tratta di un termine ordinatorio. Ecco perché prima parlavo di componente umana. Quindi, sarà importante, se vogliamo far funzionare il sistema giustizia Italia, che tutti ce la mettiamo tutta davvero - sia noi avvocati sia anche i magistrati - per fare in modo che funzioni realmente.

Inoltre, come è stato accennato prima da alcuni colleghi, anche con questo nuovo istituto dell'istruttoria stragiudiziale si può dare una spinta ulteriore al procedimento, se queste prove vengono utilizzate. Perciò, in prima udienza, se non c'è più bisogno di fare istruttoria, la causa è già pronta per la decisione e potrà andare in discussione. Quindi, dal punto di vista strettamente formale esistono tutti i presupposti perché il procedimento si svolga con molte meno udienze di quante non ne siano necessarie oggi.

Abbiamo sicuramente bisogno di semplificazione. Il MoVimento ha sempre detto che bisognava non soltanto rimuovere le udienze inutili ma anche cercare di unificare i riti. Questo è stato fatto soltanto in parte, ad esempio prevedendo un rito unico per la famiglia e i minori e anche cercando di uniformare il procedimento davanti al giudice di pace con quello del tribunale. Certo, il MoVimento avrebbe sperato di più, però anche questo è un primo passo importante verso una progressiva semplificazione. Vedete, quando il processo si complica troppo, rischiamo di tornare a quelle forme più arcaiche del diritto, come quelle dell'epoca dei romani. Nel processo per legis actiones si poteva perdere una causa per un problema di forma banale: bastava - non so - aver utilizzato un sinonimo e si perdeva una causa, perché bisognava pronunciare la formula esatta. Però, ai tempi dei romani lo si poteva comprendere, perché a quell'epoca si aveva l'idea che il processo fosse una sorta di liturgia, aveva una sorta di connotazione sacerdotale. Questo non è più al passo con i tempi e noi oggi non ce lo possiamo più permettere. Dobbiamo iniziare un rilevante processo di semplificazione che non riguarda solo la giustizia. Il MoVimento si sta battendo contro la burocrazia, bisogna far sì che, in ogni ambito della nostra vita, le complicazioni burocratiche spariscano gradualmente. Noi abbiamo assistito ad una ricostruzione che ha tardato a partire proprio per un eccesso di regole. Quindi, dovrebbe diventare il leitmotiv della nostra legislazione fare in modo che tutto possa andare verso il recupero di una semplicità che renda la vita più semplice per tutti.

Andiamo al secondo elemento innovativo e parliamo del potenziamento dell'ADR. Non è vero che gli italiani sono un popolo particolarmente litigioso. Ci sono tanti elementi che portano a rendere difficile la composizione della lite. C'è l'incertezza del diritto in molti ambiti, e su questo sicuramente bisognerà lavorare. Però, l'aver introdotto in queste fasi stragiudiziali anche un'istruttoria stragiudiziale può garantire sicuramente un numero molto più elevato di transazioni. Infatti, per esempio, come è possibile chiudere una causa di risarcimento del danno se non si hanno quegli elementi fondamentali per farlo? Un danno può essere risarcito se si ha certezza sull'an debeatur che prevede una conoscenza e una convergenza sui fatti che, spesso, può dare, magari, un testimone chiave. Ma se non riusciamo a sentirlo, che cosa succede? Che bisogna iniziare un giudizio, aspettare che si sia compiuta l'istruzione e poi molte transazioni si svolgono dopo aver fatto perdere tempo inutilmente al magistrato. Quindi, introdurre la possibilità per le parti di fare un'istruttoria stragiudiziale significa aumentare notevolmente la possibilità delle transazioni stragiudiziali.

Vengono potenziate le ADR: stiamo parlando della negoziazione assistita, della mediazione, dell'arbitrato. Anche in questo caso, a proposito dell'ipotesi di potenziare la formazione, vorrei richiamare il problema della dimensione umana, del fattore umano. Le statistiche non danno un quadro chiaro della situazione ma offrono un quadro complessivo della media dei risultati delle mediazioni e vi posso assicurare che vi è una differenza abissale, per quanto riguarda gli esiti che può dare una mediazione, tra un mediatore ed un altro. Ciò dipende dalla qualità non soltanto in termini tecnico-giuridici: il mediatore deve avere, sì, la conoscenza del diritto ma deve essere anche una persona capace di guidare le parti verso una soluzione ragionevole ed è proprio in questo caso che si possono individuare le best practice e fare in modo che queste si diffondano e siano condivise.

Ora, questo provvedimento interessa anche il processo esecutivo. Vi sono elementi di novità davvero molto interessanti, ma non voglio soffermarmi su questo aspetto, perché ne hanno già parlato altri colleghi. A me sembra molto interessante, ad esempio, la possibilità, riconosciuta al debitore, di essere autorizzato a vendere il suo immobile in autonomia, a patto che lo faccia ovviamente ad un prezzo non inferiore a quello di mercato. Ciò già si faceva in qualche maniera, ma pensate a quante complicazioni! Bisognava mettersi d'accordo con tutti i creditori, bisognava fare un accordo che coinvolgesse il venditore, il debitore e i creditori, con mille complicazioni. Introdurre questa possibilità in modo ufficiale e istituzionale semplifica di molto. Il vantaggio non è soltanto per i creditori. Voi sapete benissimo che, spesso, le aste conducono a risultati pessimi in termini economici; le prime aste vanno deserte, il bene viene venduto a un prezzo molto inferiore a quello di mercato, si dà spazio alla speculazione. In questo modo, se il proprietario riesce a vendere, non solo può garantire un maggiore incasso ai creditori, ma, se c'è copertura, può avanzare qualcosa anche per lui e questo imprenditore - se di imprenditore si tratta - può avere anche quella liquidità necessaria magari per ripartire con un'attività.

Vi sono anche altri elementi, di cui hanno già parlato, come l'accelerazione della procedura di liberazione dell'immobile, quando è occupato sine titulo, da soggetti diversi dal debitore, ma vorrei sorvolare su tali aspetti tecnici. Ciò che è importante è che vi sia un processo più al passo con i tempi.

Poi vi è il tema del tribunale per le persone minorenni e per le famiglie. In questo caso, sicuramente il MoVimento avrebbe voluto uno sforzo in più. Qualche perplessità la stiamo avanzando, soprattutto sul concetto della collegialità. Senza soffermarmi su questo aspetto, vorrei dire che la parte positiva di questo provvedimento è che introduce un tribunale altamente specializzato, con una geografia territoriale che consente di avere, dal un lato, un tribunale distrettuale presso tutte le corti di appello italiane e, dall'altro, sezioni circondariali presso le sedi dei tribunali. Ciò, nell'obiettivo della legge, consentirebbe anche di avere una giurisprudenza uniforme ed è fondamentale. Ripeto, gli italiani non sono litigiosi, ma se non c'è una giurisprudenza uniforme, se non c'è certezza del diritto, se ci sono divergenze interpretative profonde, cosa devono fare i cittadini? I cittadini hanno bisogno di confidare su questo elemento, che è sempre più imprescindibile: la certezza del diritto. Allora, su queste basi, le conciliazioni arriveranno sicuramente in maniera molto più consistente.

Un'ultima considerazione. Questo provvedimento è fatto non soltanto per gli addetti ai lavori, non è un provvedimento per gli avvocati, i magistrati, ma riguarda tutti e può avere rilevanti ricadute sull'economia. Ricordo che, anni fa, una interprete del Regno Unito ebbe modo di raccontarmi che alcune aziende, che lei seguiva per il suo lavoro, erano interessate ad investire in Europa, ma ciò che le aveva scoraggiate, facendo sì che non investissero più in Italia, erano stati due elementi: l'eccessiva burocrazia e il fatto che vi fossero procedimenti civili molto lenti. Questi aspetti le avevano spaventate a morte. Infatti, può succedere che vi sia un contenzioso di alto valore e tenere bloccata un'azienda per un contenzioso di così alto valore può creare problemi significativi. Detto questo, direi che il MoVimento 5 Stelle possa ritenersi soddisfatto, perché le principali istanze che ha avanzato, sin dalla campagna elettorale, hanno fatto breccia nella maggioranza e di questo si può dichiarare soddisfatto. Restano, chiaramente, divergenze, sia per questioni minimali, sia per questioni un po' più importanti. Tuttavia, è anche vero, Presidente, che la democrazia è un'orchestrazione delle differenze e credo che l'orchestrazione delle differenze sia la risposta migliore che un Parlamento possa dare al popolo rappresentato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI (PD). Presidente, oggi iniziamo la discussione generale su un provvedimento davvero importante: la riforma del processo civile. E' possibile che questo ramo del Parlamento non abbia grande agibilità nel modificare le norme che sono uscite dal Senato: è vero, è un limite, come per altri provvedimenti, tuttavia, io penso che, così come per altre leggi, che in questo campo sono state e saranno approvate, quello che conta, la cosa più importante è che queste riforme si approvino, che comincino ad essere applicate, naturalmente dopo l'esercizio della delega da parte del Governo, e che possano trovare sul campo una verifica della loro efficacia, della loro bontà. Poi, naturalmente - come accade, come è accaduto e come accadrà -, ci sarà tempo e modo per stabilire i cosiddetti tagliandi anche alle riforme applicate ed eventualmente introdurre cambiamenti che si riterranno utili e possibili. Quindi, è importante che questa riforma veda la luce. Perché? Cosa dobbiamo dire di più di quello che già si è detto in questi anni sull'arretratezza del sistema giudiziario italiano e sulla gravissima arretratezza, in particolare, legata ai tempi, legata a circa 3 milioni di procedimenti arretrati, pregressi, che pure nei precedenti Governi, ricordo quando era Ministro il democratico Orlando, si cominciò ad abbattere? Ma, a parte questo, è evidente che riformare la giustizia civile significa dare risposte di civiltà legate a tempi ai cittadini italiani e alle imprese italiane.

Sono state tante imprese che, anche per l'inesauribile lunghezza dei procedimenti civili, hanno avuto drammatiche difficoltà, che sono state poi anche concausa di fallimenti e di liquidazioni. La riforma del processo civile è un dovere verso il Paese e nei confronti degli investitori esteri, che spesso sono disincentivati dall'investire in Italia proprio per l'arretratezza di questa parte del nostro sistema giudiziario. Quindi, è un'occasione importante questa, perché finalmente si interviene per dare risposte importanti, come è stato ricordato anche nei precedenti interventi, sia dalle relatrici sia, da ultimo, dal deputato avvocato Cataldo, che, con la sua nota competenza e autorevolezza, ha dato anche qualche contributo significativo di merito. Però, ricordo interventi fondamentali per riformare il processo civile, come l'intervento che si fa sulla prima udienza, in modo da rendere già subito chiaro al magistrato lo svolgimento futuro dei successivi passaggi, così da prevedere e lavorare efficacemente per un celere sviluppo del procedimento. Abbiamo il potenziamento e la forte valorizzazione - è stato ricordato - delle soluzioni alternative. Attenzione, si tratta di soluzioni non premiali per i soggetti già più forti, ma incentivanti delle mediazioni, incentivanti della negoziazione assistita e dell'arbitrato, in modo da decongestionare e deprocessualizzare, e rendere più agevole un esito, e con incentivi fiscali – ripeto - premiali non verso i più forti, ma soprattutto verso il cittadino più indifeso. C'è, poi, il pilastro rappresentato dall'ufficio del processo, che è fondamentale. Si tratta di un potenziamento multidisciplinare delle attività processuali, in modo da consentire al magistrato - visto che parliamo del processo civile -, anche attraverso le competenze legate all'economia, alle questioni fiscali, agli aspetti non strettamente giuridici, ma che riguardano altri ambiti di attività, di concentrarsi sulle sentenze per poter avere un supporto da queste figure multidisciplinari, che fanno parte dell'ufficio del processo.

Interventi, poi, sul processo, nell'esecuzione, anche sulle aste giudiziarie. Il Partito Democratico, per esempio, ha ottenuto al Senato, con un emendamento poi approvato da tutti, anche la tutela dei soggetti più deboli, di quelli che si vedono sequestrato un appartamento, pignorato un appartamento; abbiamo anche disposto alcune misure, ma soprattutto una novità anche per la legalità di questi processi, ossia avere ottenuto la creazione di una banca dati che consenta di conoscere l'anagrafe, i conti correnti di tutti i soggetti che partecipano alle aste giudiziarie, che spesso sono state, sono, o rischiano di essere, occasioni dove anche la criminalità organizzata mette gli occhi per riciclare denaro proveniente da traffici illeciti. C'è, infine, un altro pilastro: l'istituzione del tribunale della famiglia. È un tema delicato, che ha appassionato anche nella precedente legislatura e che, tuttavia, va nella direzione di tenere insieme, superando i tribunali dei minori, il quadro, sempre tenendo conto della centralità e della priorità dell'interesse dei minori, ma nel contesto nel quale alcune di queste situazioni stanno maturando. Questo aiuterà, anche se sono cose distinte, pure la prevenzione; potrà aiutare anche la prevenzione della violenza di genere, dei femminicidi; perché, con queste nuove norme, la violenza familiare entra nell'attenzione - uso questo termine - del diritto di famiglia e del processo che riguarda la famiglia; entra nell'attenzione non nel processo stricto sensu, perché c'è un momento, quindi, in cui è possibile che, mettendo attenzione su quanto accade in una famiglia, si possono vedere fin da subito, fin da quel momento, i germi, gli indizi di situazioni che possono, poi, degenerare e creare, come noto, fenomeni di stalkeraggio, fenomeni di persecuzione, fino all'uccisione di tante, di troppe donne, come ogni giorno, purtroppo, la cronaca ci testimonia. Ecco, quindi, perché questa è una riforma importante, non per i singoli gruppi, ma per il Paese, per i motivi che ho accennato. Aggiungo anche che, oltre a quelli che ho cercato di sintetizzare, questa riforma ha 2 meriti : il primo, quello di adempiere a un impegno; se facciamo queste riforme, noi potremmo essere in regola con gli adempimenti che l'Europa ci obbliga ad avere, ma anche per scelta nostra. Il Piano nazionale di ripresa sarà una realtà se queste riforme saranno realtà e, quindi, questo è un grande merito aggiuntivo. Un Paese più moderno, una giustizia più contemporanea, più europea, che sarà in grado anche di farci accedere a quei finanziamenti dentro i quali - la sottosegretaria che è qui presente lo sa certamente meglio di tutti - si prevedono anche investimenti nella giustizia, si prevedono investimenti per l'ammodernamento delle sedi, per la digitalizzazione, per l'assunzione di oltre 16 mila persone che possono andare a implementare gli uffici giudiziari e le cancellerie. Anche in questo settore forme di assunzioni multidisciplinari, quindi, non solo a livello amministrativo, ma anche persone in grado di lavorare per l'informatizzazione, per la velocizzazione dei processi, per l'ulteriore sviluppo del processo telematico che, soprattutto nel civile, è ormai una realtà. Insomma, questa è un'occasione che ha tali caratteristiche.

Mi avvio alla seconda parte. Io inquadro, Presidente, questa riforma del processo civile un po' in un contesto anche della riforma del processo penale, che le Camere hanno licenziato, su cui il Governo sta scrivendo, e scriverà a breve, le deleghe e nella prossima riforma del Consiglio superiore della magistratura, dell'ordinamento, che è un contributo, vorrà essere un contributo, non per risolvere tutti i problemi, anche drammatici, che riguardano la magistratura italiana, ma sarà un'occasione per aiutare quei processi di rigenerazione, di cambiamento e di nuova credibilità, di cui la magistratura italiana, ma - io direi – anche il sistema del nostro Paese hanno bisogno. Inquadrate così queste riforme, secondo noi, dovrebbero, anzi, mi viene quasi da dire avrebbero dovuto - perché temo che un po' si stia perdendo questa occasione - essere per tutti l'occasione di chiudere finalmente una pagina che ha creato molti problemi al Paese. Sono stati 25 lunghi anni, nei quali si sono contrapposti due elementi, secondo noi, profondamente sbagliati nel dibattito politico e pubblico italiano, che ha scelto il terreno della giustizia come terreno privilegiato di scontro politico. Da una parte, un populismo giudiziario, che è stato l'esatto contrario del rispetto dei principi della Costituzione italiana, della presunzione di innocenza, un populismo giudiziario che, associato anche al protagonismo di alcune procure minoritarie, ma incisive, e, al tempo stesso, ad alcune iniziative degli organi di stampa, ha dato l'impressione - e qualche volta ben più di un'impressione - di voler sviluppare processi mediatici, nei quali il tema costituzionale civile della presunzione di innocenza andava a farsi benedire, in nome di una presunzione di colpevolezza del tutto inaccettabile, del tutto sbagliata. Ma, dall'altra parte, a contrapporsi è stata una logica che abbiamo definito, come il nostro segretario l'ha chiamata, dell'impunitismo, cioè di un garantismo finto. Il garantismo è una cosa seria, è una cosa nobile, ma, quando un garantismo viene usato solo per se stessi e solo per gli amici, diventa una cosa profondamente poco credibile e sbagliata. Un garantismo dietro al quale, poi, la storia - non lo dico senza polemica, perché parliamo di storia - ormai era una storia che parlava di leggi ad personam, di tentativi di mettere la magistratura sotto il tacco della politica e di minarne l'indipendenza. Questi due opposti estremismi hanno impedito di sviluppare una cultura e una prassi del giusto processo, della presunzione di innocenza e di un sistema di garanzie, che rappresentano, invece, l'architrave di un Paese civile.

Secondo noi - e mi avvio a concludere, Presidente -, avremmo dovuto cogliere questa occasione. Invece, anche recentemente, alcuni provvedimenti molto civili, che la Ministra Cartabia velocemente - e gliene va dato atto e merito - ha portato all'attenzione del Governo e del Parlamento, come il recepimento di certe direttive europee sulla presunzione di innocenza, non sono stati usati per raccogliere quelle sintesi che il Governo aveva prodotto, ascoltando il parere non solo dei gruppi di maggioranza, ma della magistratura, dell'avvocatura e dell'accademia. Sono stati usati per inserire elementi di divisione, trappole parlamentari, legittime, ma profondamente contrarie a quello spirito che dovrebbe animare - almeno secondo noi - l'attenzione sul tema della giustizia. Via le bandierine, via gli opposti estremismi e lavoriamo per delle riforme di sistema. Era questa l'occasione. Qualcuno ha voluto fare di più, mettere gli emendamenti divisivi, cercare di mettere difficoltà sul percorso di questo clima: è un errore grave, un errore grave che ha costretto anche ad intervenire, che ha prodotto legittimi, ma sbagliati per noi, incidenti parlamentari, divisioni nella maggioranza. È una grave responsabilità. Io penso, invece, che l'occasione sarebbe proprio l'altra: farla finita. Anche la sinistra, anche la mia parte politica, negli anni ha pensato – qualcuno, non tutti naturalmente - in certe occasioni, che forse le questioni giudiziarie avrebbero potuto aiutare la battaglia politica. Se è stato così, quando è stato così, è stato un errore. Noi non siamo più perché la giustizia sia un terreno di scontro politico. Si poteva, e si potrebbe, voltare pagina; si poteva farla finita con le stagioni in cui venivano esibiti cappi e dove gli estremisti populisti, poi, sostituivano quel concetto di presunzione di innocenza con quello di presunzione di colpevolezza.

Io penso che, però, non tutto sia perduto. Per quello che ci compete - e speriamo di farlo con più forze parlamentari possibili – noi cercheremo di continuare a concentrare l'attenzione sulle cose che il Paese chiede e di cui ha bisogno. E ha bisogno, non di un nuovo scontro all'arma bianca sulla giustizia, ma di riforme: riforma del penale che abbiamo fatto, riforma del civile, riforma del Consiglio superiore della magistratura.

Aggiungo tra parentesi che, come Partito Democratico, noi non dimentichiamo l'urgenza di intervenire, come abbiamo detto in qualche dibattito pubblico, anche sotto forma di decreto, se necessario - e lo è - , su alcuni punti di riforma dell'ordinamento penitenziario, non una riforma organica, per la quale con tutta probabilità difficilmente ci sarà tempo, ma quantomeno ad alcune iniziative che, anche attraverso la necessità e l'urgenza che richiederebbe un decreto, si potrebbero attuare, che vanno nella direzione di applicare l'articolo 27 della Costituzione, il carcere come rieducazione, reinserimento sociale e umanizzazione. Ciò significherebbe anche più sicurezza per i cittadini, perché un detenuto che esce rieducato, con un mestiere, con un diploma, socializzato, e non trattato con trattamenti inumani e degradanti, come dice la “sentenza Torreggiani” della Corte europea di giustizia, non torna a delinquere, quindi, è maggiore sicurezza per i cittadini. E chiudo la parentesi.

Io temo, però, che tra trappole, avvicinarsi di scadenze elettorali e scadenze parlamentari rilevanti, ci sia troppo la tentazione di continuare a usare la giustizia come un terreno di scontro politico. Io devo dire, per stare anche nell'attualità, che anche in questi giorni abbiamo visto questa tentazione. Alcune affermazioni che sono risuonate, per esempio, alla Leopolda, secondo noi, sono sbagliate. Alcune, non tutte. Le riflessioni, per esempio, fatte dal professor Cassese, legate a quello che lui definisce dicendo che si è passati dal concetto di indipendenza della magistratura a quello di un autogoverno della magistratura. Ed è un tema serio, di riflessione, che merita attenzione e, per certi aspetti, certamente anche condivisione. Merita confronto, però, al tempo stesso, certi attacchi provenienti dalla Leopolda, certe delegittimazioni non solo di singoli magistrati che esercitano l'azione penale, ma dell'ordinamento giudiziario, secondo noi sono state sbagliate e pericolose. Su queste vicende, su cui naturalmente non entriamo, né vogliamo entrare, ci sono stati errori? Esagerazioni investigative? Violazioni dei diritti degli indagati? È giusto segnalarli ed eventualmente difendersi, ma nel modo e nelle sedi giuste, sapendo che, per chiunque, anche in questo caso, sia per indagati sia, un domani, per eventuali imputati, siamo sempre davanti a presunti innocenti e non a presunti colpevoli. Però, i toni e certi argomenti usati a Firenze dal senatore Renzi hanno dato l'impressione di un film già visto, quello cioè in cui ci sarebbe una magistratura tesa all'attacco della politica e una politica che risponde, come dire, come se fosse un occhio per occhio, dente per dente, dando l'impressione - che ci auguriamo sbagliata - di volersi difendere più dai processi che non nei processi. Ho voluto obbligatoriamente, vista l'attualità, concludere con questo esempio,. Io non voglio apparire come un ingenuo, ma io penso che tutti noi dovremmo essere chiamati proprio nell'imminenza, purtroppo, di un reale aumento dei contagi, proprio nell'imminenza di una tenuta del Paese ancora labile, per le opportunità che abbiamo di ripresa e di crescita, ma, al tempo stesso, le difficoltà che esistono sociali nel nostro Paese, le imprese e i lavoratori… abbiamo una legge di bilancio che dovrà essere insieme redistributiva, ma, al tempo stesso, in grado di dare risposte anche ai protagonisti della ripresa, a chi lavora, a chi nelle buste paga le tasse fino all'ultimo, ma anche alle imprese, alle piccole e medie imprese, con la formazione e la scuola, la digitalizzazione, l'innovazione ambientale. È una grande occasione di resilienza, ma anche di costruzione del futuro, e la giustizia è un perno di questo futuro. Perdere questa occasione per rialzare le bandierine del garantismo finto o del populismo giudiziario, per cui si è presunti colpevoli e basta un avviso di garanzia per mettere uno stigma, è sbagliato.

Noi cercheremo, per quanto ci riguarda, a partire dall'approvazione in quest'Aula e dal dibattito che faremo sulla riforma del processo civile, di continuare questo impegno per modernizzare il Paese, cambiarlo, renderlo più giusto, come si deve rendere più civile ed europeo il sistema della giustizia italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Turri. Ne ha facoltà.

ROBERTO TURRI (LEGA). Grazie, Presidente. Membri del Governo, colleghe e colleghi, il provvedimento in Aula oggi, sulla riforma del processo civile costituisce un altro importante tassello di quella complessiva riforma della giustizia che ha già visto l'approvazione della delega sul processo penale e che vedrà, mi auguro, un profondo riesame dell'ordinamento giudiziario con il provvedimento già incardinato avanti la Commissione giustizia di questa Camera. Al di là del suo valore intrinseco, l'approvazione di questo provvedimento, peraltro entro la fine dell'anno in corso, permetterà al Paese di attingere alle ingenti risorse previste nel PNRR, ma questo importante traguardo non è da confondere con il vero obiettivo di questa riforma che, in realtà, avrebbe dovuto vedere la luce da anni. Il nostro Paese è, infatti, in fondo alla classifica, per lentezza e cronica mancanza di organico nel sistema giudiziario: occorrono 531 giorni per una sentenza di primo grado e ne occorrono 791, di giorni, per arrivare a una sentenza di appello. Questi dati sono preoccupanti e il raffronto con altri Paesi esteri è disarmante: in Germania i giorni sono 192, in Francia 300, nel Regno Unito 210. Per questo i Paesi che ho citato sono più competitivi di noi ed è per questo che serve una riforma che sappia rispondere alle esigenze di celerità e di efficienza che rendono giusto un processo.

Dobbiamo cambiare marcia e accelerare; non ce lo chiede solo il PNRR, ma, soprattutto, ce lo chiedono gli italiani, le imprese e quegli stessi operatori della giustizia che ogni giorno si scontrano con i suoi ingranaggi e che, per paradosso, diventano freno e non un motore per trainare il Paese. Se la giustizia funziona meglio, la nostra economia funziona meglio. Tutto questo va letto anche al contrario ed è quindi doveroso chiedersi quali danni abbia provocato sino ad oggi questa lentezza giudiziaria. Da questo punto di vista, è pacifico come ci sia stato un arresto significativo degli investimenti esteri nel nostro Paese, che non viene ritenuto credibile e che spaventa per i suoi tempi di risposta troppo lunghi, in un mondo in cui la velocità delle risposte conta, a volte, più delle risposte stesse.

Non è stato un percorso semplice, è un provvedimento articolato, complicato, ostacolato dalla stessa legge delega che avrebbe dovuto in qualche modo agevolarlo, quella di Bonafede, a tratti addirittura incomprensibile per molte categorie del settore, parlo, in particolare, delle camere civili, degli stessi magistrati e di tutti coloro che operano nel mondo della giustizia. L'avvento del Ministro Cartabia ha portato a una rimodulazione profonda e totale di quello che era il testo di legge delega inizialmente depositato; fortunatamente, aggiungo io, perché siamo andati a eliminare tutte quelle criticità che, se mantenute, avrebbero creato vere e proprie disfunzioni nell'apparato giudiziario.

Non posso, quindi, che ringraziare il Ministro che, con il suo impegno e la sua competenza, ha sicuramente determinato un cambio di rotta, importantissimo, verso la giusta via; giusta via che può essere percorsa grazie ad alcune coraggiose novità che richiamerò ora, per essere, a mio avviso, tra le più rilevanti. Così come nella delega per il processo penale, il Governo avrà un anno dall'approvazione, che mi auguro possa avvenire il prima possibile, per adottare i decreti e rendere finalmente esecutiva questa riforma. Si potenziano gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie: la mediazione e la negoziazione assistita, infatti - e chi opera nei tribunali, come peraltro opero io, lo sa perfettamente - non sono molto spesso utilizzate in modo fattivo, perché non presentano vantaggi concreti per le parti. Con la delega si incentiva il ricorso a questi strumenti, ripensando agli incentivi fiscali, riconoscendo, per esempio, il credito d'imposta in favore degli organismi di mediazione e aprendo alla possibilità che le procedure siano svolte con modalità telematiche, ricomprendendole nel patrocinio a spese dello Stato in favore di una vera eguaglianza tra i cittadini, anche i meno abbienti.

Ancora, si interviene sulla disciplina dell'arbitrato, inserendo, tra le altre cose, norme in tema di arbitrato societario nello stesso codice di procedura civile. Come sappiamo, il testo reca una serie di modifiche profonde al processo civile di primo grado, al fine di migliorarne l'efficienza pur rispettandone principi e parametri cardine. Ciò avviene tenendo fede al fatto che la prima udienza debba essere concretamente volta alla migliore impostazione della controversia per una celere risoluzione, ponendo il giudice nelle condizioni di sviluppare scientemente il procedimento. Allo stesso modo, si è intervenuti nel ridefinire la fase decisoria che rappresenta uno snodo essenziale e questo con riferimento a tutti i gradi di giudizio.

La riforma non risparmia neppure il giudizio di appello, potenziando il filtro di ammissibilità degli atti introduttivi e semplificando la fase istruttoria del procedimento. Si introduce la possibilità per il giudice di proporre il cosiddetto rinvio pregiudiziale, ossia di sottoporre direttamente alla Corte la risoluzione di una questione di mero diritto, su cui il giudice abbia già sollevato il contraddittorio delle parti, purché sia questione del tutto nuova, di particolare importanza, suscettibile di presentarsi in numerosi giudizi e fonte di gravi difficoltà interpretative. Si modifica la disciplina del processo esecutivo, valorizzando le misure di coercizione indiretta. In particolare, segnalo la possibilità per il debitore di vendere direttamente l'immobile pignorato ad un prezzo non inferiore a quello indicato nella perizia di stima. È evidente come questa misura consentirà a chi non ha potuto evitare l'esecuzione, anche a causa del difficile periodo storico che stiamo vivendo, di non subire l'asta immobiliare ma di diventare parte attiva del procedimento per ottenere il miglior ricavo possibile, anche a vantaggio dei creditori. Il testo introduce misure di riordino e implementazione delle disposizioni sul processo civile telematico. In proposito, una delle principali missioni del PNRR riguarda proprio la digitalizzazione e l'informatizzazione, con un notevole impegno di spesa.

Un altro importantissimo pilastro è costituito dall'ufficio del processo che rappresenta una grande innovazione, una misura strutturale che servirà a smaltire l'arretrato e a rendere più celere la definizione di nuovi giudizi. Non è semplicemente una squadra di supporto al giudice, ma una vera e propria rivoluzione nell'organizzazione. La giurisdizione viene ad essere intesa come un pool che supporta il giudice con competenze innovative, non solo giuridiche. Nel processo civile, in particolare, sarà di grande importanza poter contare sul supporto di esperti che collaborano in sinergia con il giudice. L'ufficio del processo, grazie anche al piano assunzionale previsto dal recente decreto-legge n. 80 del 2021, è finalmente implementato e reso effettivamente in grado di svolgere appieno le funzioni previste dal decreto-legge che lo ha istituito, ancora nel 2014. Bene anche le assunzioni di personale, perché non possiamo pensare di fare riforme a costo zero. La riforma della giustizia è vera nella misura in cui vengono anche assunti più giudici e questo con il Governo Draghi è stato fatto, è giusto darne atto, e siamo grati che si sia intrapresa questa coraggiosa e necessaria strada.

Vorrei chiudere il mio intervento soffermandomi sulla riforma del processo di famiglia che, all'inizio, sembrava potesse essere addirittura stralciata. Siamo particolarmente soddisfatti che attraverso questa riforma si siano introdotte novità molto importanti per una maggior tutela di tutte le parti del processo, dei nostri cittadini, delle nostre famiglie, dei papà e delle mamme. Soprattutto, è una giustizia che coinvolge e tutela i diritti delle persone che più ci stanno a cuore: i bambini e i minorenni. Una grande conquista è la nascita del tribunale della famiglia, che sarà competente sulle materie riguardanti separazioni, divorzi, affidi e sul penale minorile, dove finalmente giudici specializzati consentiranno di porre fine all'esistenza di due binari paralleli, con un complicato sistema di attribuzione delle competenze. Sono state, poi, previste importanti misure per le donne vittime di violenza, che vanno dall'abbreviazione dei termini processuali al rafforzamento delle misure di protezione, fino al divieto di riconoscere la mediazione a chi allega episodi di violenza. È nuova nel nostro ordinamento la disposizione che fa sì che gli episodi di violenza abbiano una concreta ricaduta sui diritti di visita dei genitori violenti. In particolare, se il figlio rifiuta di incontrare il genitore violento, il giudice sarà tenuto ad ascoltarlo con urgenza per accertare che le ragioni del rifiuto siano nell'aver vissuto o aver assistito ad episodi di violenza. Dall'altra parte, vengono finalmente ascoltati e tutelati anche i padri separati che lamentano forme di preclusione nel rapporto con i figli. Anche in tal caso, viene previsto un tempestivo intervento del giudice che, una volta accertato il fatto, potrà comminare sanzioni pecuniarie per ogni giorno di mancato rispetto delle disposizioni emesse in favore del rapporto padre-figlio.

Siamo certi che molto si debba ancora fare in materia di giustizia, ma siamo anche consapevoli che, oggi, con questa maggioranza eterogenea questo possa considerarsi il miglior risultato possibile, tenuto anche conto del punto di partenza, rappresentato dalla fallimentare riforma Bonafede. Quindi, consideriamo quello di oggi un punto di partenza positivo e costruttivo per quella riforma della giustizia che il Paese merita.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Io resto un po' basita quando ascolto i colleghi parlare di una riforma epocale che non discuteremo in quest'Aula e per la quale l'unico vero dibattito parlamentare si tiene oggi, in discussione generale, alla presenza di pochissimi colleghi. Mi dispiace perché c'erano grandi aspettative e quanto più alta è l'aspettativa tanto più cocente è la delusione quando poi ci si rende conto che si arriva a discutere solo ed esclusivamente in fase di discussione generale - non in Commissione e nemmeno nell'Aula del Parlamento - di una riforma di cui questo Paese, questa Nazione aveva effettivamente bisogno. Vedete, noi prendiamo un provvedimento che viene sostanzialmente blindato sia al Senato sia alla Camera e questo accade non perché non abbiate voglia di discutere con l'opposizione, che pure ha dato, anche al Senato, prova di coerenza nel voler discutere. Al Senato sono stati presentati soltanto 20 emendamenti e questo vi fa capire quanto avevamo voglia davvero di trattare insieme un tema così importante, non soltanto perché è da tanto tempo che se ne parla ma perché l'Italia ha davvero bisogno di una riforma del processo civile attraverso cui passa il livello della cultura di un popolo. Infatti, attraverso la riforma del sistema si possono dare delle risposte alle aziende e attraverso la riforma del sistema si possono aiutare le aziende estere a venire a investire in Italia con più serenità. Allora, vedete, la delusione è grande perché noi avevamo davvero delle aspettative su questa epocale riforma del sistema giustizia. Ma di epocale qui mi pare che ci sia veramente molto poco e i lavori in Commissione e al Senato lo hanno dimostrato. Sono stati lavori concitati, confusi, con continue riformulazioni delle quali a volte la maggioranza era a conoscenza, perché ne discuteva nei corridoi del Senato, ma mai condivisi con l'opposizione che ha dovuto invece faticare moltissimo per ottenere almeno di conoscere il testo che si stava votando; alle volte - e lo dico a beneficio di questa Camera - i colleghi del Senato non avevano a disposizione neanche il testo che si discuteva in Commissione. Ovviamente, non è andata meglio in questo ramo del Parlamento, che in realtà ha semplicemente ratificato quanto è stato già fatto al Senato senza poter incidere in alcun modo sul testo base.

Così arriviamo oggi alla discussione di questo testo in Aula, una discussione - mi pare di poter dire - tra pochi intimi nonostante l'argomento sia di enorme e sostanziale rilievo, e arriviamo molto probabilmente a una nuova posizione di fiducia che impedirà la discussione in quest'Aula. Questo avviene, come dicevo prima, non per l'opposizione ma avviene perché questo è un Governo di unità nazionale e perché alla base dei voti di questo Governo c'è il 95 per cento delle forze politiche, che hanno una visione diversa, ognuna legittima nella propria posizione ma diversa. Questo succede quando si mettono insieme troppe cose così diverse. Si eliminano il dibattito e la discussione, perché su discussioni così importanti per il Paese, essendoci visioni diametralmente opposte, questo Governo rischia davvero di inciampare. Allora, per questo motivo si impedisce a tutto il Parlamento, invece, di discutere una riforma alla quale avremmo voluto partecipare e se lo avessimo fatto avremmo sicuramente dato dei punti di vista e degli spunti che probabilmente i partiti di maggioranza sino a questo momento non hanno colto.

Noi, come dicevo, avevamo aspettative molto alte e, invece, ancora una volta, siamo di fronte a una montagna che raggruppa tutti i partiti politici dell'arco costituzionale in questo momento riconosciuti, tranne Fratelli d'Italia, che è all'opposizione. Ebbene, questa montagna ha partorito un topolino.

Ora, inizierei con una domanda rivolta ai miei colleghi e al rappresentante del Governo, una domanda alla quale nessuno ha mai risposto, perché, vedete, per mesi ho sentito dire che quella del processo civile era una riforma importante - e lo abbiamo sentito anche qui in Aula dai colleghi che mi hanno preceduto - e che su questa riforma si gioca l'interesse nazionale, perché su questa riforma si fonda anche la possibilità di accedere ai fondi del PNRR, perché i fondi del PNRR sono condizionati da questa riforma. Ma, cosa ancora più importante - e questo lo sappiamo molto bene -, ho sentito dire da tutti che la lentezza della giustizia civile costa all'economia italiana qualche punto di PIL (anche qualche decina di miliardi, non proprio una cosa da poco).

Allora, colleghi, se la riforma è così importante, come tutti dite, vorrei capire - qui è la domanda - perché sui 200 miliardi del Recovery, alla giustizia ne vengono destinati soltanto 2,3, cioè meno dell'1,5 per cento dell'ammontare complessivo. Se davvero ritenete che questa sia una riforma così cruciale, qualcuno dovrebbe avere il coraggio di spiegare perché poi vengono date a questa riforma risorse così misere, risorse che l'Europa ci chiede di spendere per riforme strutturali, ma che, al contempo, hanno a che fare con piccolissimi elementi di modifica alla struttura alla quale siamo stati abituati e che, evidentemente, non saranno in grado di incidere, se non in maniera negativa, a mio avviso.

Partiamo dall'ufficio del processo, perché sull'ufficio del processo ho sentito tutti i componenti della maggioranza spendere parole entusiaste e mi auguro davvero che abbiano ragione, anche se i fatti finora, purtroppo, gli hanno dato torto. Così come è congegnato, all'ufficio del processo andranno giovani laureati assunti a tempo determinato, destinati a rimanere in questo ruolo per 2 anni o poco più. E allora, colleghi, ma davvero voi credete che con questa soluzione accorceremo i tempi della giustizia civile del 40 per cento, così come ci viene richiesto? Sappiamo tutti benissimo che il nodo cruciale è la decisione, cioè il momento in cui la causa viene posta in decisione, e lì, a meno che non vogliamo far scrivere le sentenze a chi giudice non è (cosa che evidentemente non si può fare e che sarebbe “leggermente” incostituzionale), i problemi non vengono comunque risolti e nemmeno affrontati, perché per farlo davvero bisognava assumere giudici e cancellieri e potenziare il personale amministrativo. Di tutto questo, però, c'è ben poco nella riforma epocale di cui parlate. Questa enfatizzazione dell'ufficio del processo è davvero molto pericolosa, a mio avviso, perché aver puntato tutto sull'ufficio del processo mi pare una scelta miope e pericolosa. Spero di sbagliare ovviamente, ma temo, purtroppo, che non sarà così.

Quando si parla di celerità della giustizia noi facciamo sempre riferimento alle procedure. Questo lo abbiamo visto, sia quando abbiamo parlato del penale, sia quando parliamo in genere delle riforme che hanno a che fare con la giustizia. Da anni, si interviene sulle procedure e mai sul sistema. Dunque, più giudici, più cancellieri e capacità di utilizzare gli strumenti che oggi la tecnologia ci ha dato, che sicuramente faciliterebbero e aiuterebbero quegli uffici ad essere più profittevoli. Ecco, tutto questo non viene assolutamente trattato, se non in piccolissima parte. Stesso discorso vale per l'altro pilastro su cui si fonda questa riforma, cioè il potenziamento degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie. Io sono d'accordo con l'idea di agevolare e di favorire la mediazione e la negoziazione assistita, ci mancherebbe; questo, però, non può essere considerato un obbligo, un obbligo che oggi questo provvedimento estende ulteriormente. I cittadini hanno il diritto di rivolgersi a un giudice per vedere risolte le loro controversie e per ottenere la tutela dei loro diritti. Possono essere indirizzati verso la mediazione, ma non possono essere obbligati, non possono essere costretti a indirizzarsi verso altri strumenti, tra l'altro, con mediatori che non sono sempre all'altezza del loro compito, questo dobbiamo dircelo; tra l'altro, considerando che la mediazione ha un costo e quel costo è a carico del cittadino che chiede giustizia.

Tutti possono fare i mediatori, questo lo sappiamo, e, anche qui, è stata inserita nella norma la necessità, per chi non ha una laurea in scienze giuridiche, di frequentare almeno un corso di aggiornamento. Ma scherziamo? Un corso di aggiornamento per fare una mediazione? Io spero davvero che chi ha immaginato soltanto questa parte della norma abbia mai messo piede in un tribunale, abbia mai verificato o parlato con le parti che si sono rivolte ai mediatori. Noi avevamo proposto che i mediatori fossero almeno in possesso dell'abilitazione all'esercizio della professione forense, non per un limite, ma per dare qualità a questo strumento di risoluzione alternativa. Ovviamente, però, l'emendamento di Fratelli d'Italia è stato bocciato e non avevamo dubbi su questo. Quindi, “sì” agli incentivi e “no” all'obbligo: questa è la nostra posizione.

Il punto più grave di questa riforma, però, è la compressione assurda e immotivata dei diritti delle parti. È stato inserito un sistema di decadenze e preclusioni che avete solo leggermente attenuato con gli emendamenti che sono stati, poi, approvati in Commissione al Senato. E tanto più gravi sono queste decadenze e queste preclusioni, perché riguardano sempre e soltanto le parti e i loro difensori, mai i giudici per il mancato rispetto dei termini da parte loro, mai un provvedimento, una sanzione o un richiamo per i giudici che non rispettano i tempi. Questa è una logica dalla quale dobbiamo uscire, se vogliamo veramente riformare il sistema. A cosa serve anticipare alla prima udienza tutto quanto, se, poi, il giudice fa un rinvio ad un anno o due? Del resto, i termini indicati sono, ovviamente, ordinatori e non perentori, e questo la dice lunga sulla necessità di affrontare un dibattito in quest'Aula. Questo è un provvedimento bandiera con il quale si potrà andare in Europa a dire “abbiamo fatto la riforma epocale della giustizia”. Non è così, lo sappiamo noi, lo sapete anche voi.

Ci sarebbero moltissime altre cose da dire su questo provvedimento, ma, considerata l'attenzione che il Governo dà al dibattito in Aula, ponendo la fiducia, quindi, sostanzialmente, nessuna importanza al dibattito parlamentare, credo che le mie sarebbero solo parole dette al vento. Però un paio di ulteriori riflessioni le vorrei lasciare a quest'Aula, perché, sicuramente, in questo disegno di legge ci sono anche misure che condividiamo, soprattutto quella riguardante l'istituzione del tribunale della famiglia. Certo, anche lì si poteva fare molto di più, si poteva fare meglio; è un inizio, è un primo passo. Ci sono sicuramente norme importanti e condivisibili in materia di esecuzione. Anche in materia di arbitrato, finalmente, sono stati inseriti gli incentivi fiscali. Il Governo era contrario alla proposta di Fratelli d'Italia, ma, finalmente, c'è stato un ravvedimento operoso, visto che parliamo di processo civile, tanto meglio.

Così come è stato fatto anche nella possibilità di anticipare la liberazione della casa al momento dell'aggiudicazione, ma bisogna rimanere fermi, però, al decreto di trasferimento. Anche su questo il Governo era contrario e, per fortuna, si è ravveduto. Siamo d'accordo su alcune riforme che riguardano questo provvedimento, aggiungo quella sulle notificazioni, ma siamo contrari al sistema che è stato utilizzato nel suo complesso. Abbiamo raccontato, avete raccontato, meglio, ai cittadini che saremmo andati incontro alla riforma epocale della giustizia italiana e ci troviamo di fronte ad un provvedimento che, invece, sarà costretto a passare nuovamente dalle modifiche in quest'Aula. Vado a concludere, signor Presidente, ma si dà il caso che rappresenti l'unica opposizione presente in quest'Aula. Se è vero che avete eliminato conseguenze negative sul piano processuale per chi rimane assente dal processo, rimangono, però, norme per le quali il giudice può trarre argomenti di prova soltanto perché una parte non compare. Addirittura ci sono norme che pongono sanzioni pecuniarie, fino ai 10 mila euro, a carico di chi in appello fa un'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado e se la vede respingere. Ora, la domanda è per i colleghi: voi pensate davvero che queste norme serviranno ad accelerare i processi o non pensate, forse, che si tratti del sintomo evidente di un pregiudizio che ancora esiste nei confronti di chi esercita il diritto in giudizio? Io credo che la posizione di Fratelli d'Italia su questo punto sia molto chiara e non ho la necessità di dilungarmi oltre: siamo molto e fermamente perplessi su questo provvedimento e ci auguriamo davvero che il Governo si ravveda, anche in questo caso, nella propria determinazione di porre la fiducia e lasci, invece, che questo Parlamento esplichi le proprie funzioni su un tema importante e dal quale, come ho già detto, passa la cultura di un Paese, perché è attraverso la giustizia, attraverso i modi in cui la giustizia si esercita in una Nazione, come l'Italia, che si esplica la forza culturale di quella popolazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole D'Orso. Ne ha facoltà.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, colleghe, colleghi finalmente oggi approda in Aula, alla Camera dei deputati, la tanto attesa riforma che mira a restituire efficienza al processo civile. Dico “finalmente” perché ricordo a me stessa che il disegno di legge, a firma dell'ex Ministro Bonafede, approvato in Consiglio dei Ministri nel dicembre 2019 durante il Governo “Conte 2”, venne trasmesso al Senato già il 9 gennaio 2020. Dunque, la volontà politica e l'urgenza di intervenire sui tempi e sulle disfunzioni del processo civile era sentita anche dal precedente Governo ed era esigenza già emersa ben prima dell'avvento del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Che un processo civile lungo, disfunzionale e antieconomico danneggi la certezza dei rapporti giuridici e provochi inevitabilmente la paralisi di capitali ed effetti pregiudizievoli all'economia è, infatti, circostanza riconosciuta da tutti e su cui tutti siamo d'accordo. Ed è, allora, proprio il comune sentire, il comune obiettivo della velocizzazione e semplificazione che consente un approccio alla riforma del processo civile assolutamente laico, potremmo dire, quindi scevro da qualsiasi pregiudizio ideologico. Il processo civile non sarà mai un campo di battaglie identitarie, ma sarà piuttosto occasione per misurarsi con la tecnica, ma, soprattutto e prima ancora, con l'esperienza di chi, da operatore di diritto, magistrato, avvocato, ma anche cancelliere, frequenta quotidianamente le aule di un tribunale. È per questo che il mio intervento, che pure muoverà qualche rilievo critico, avrà un taglio più tecnico che politico, volto ad evidenziare quanto di buono e di nuovo vi è in questo provvedimento al nostro esame, ma senza tacere quei profili che un po' ci impensieriscono o addirittura preoccupano, auspicando che in fase di redazione dei decreti legislativi il Governo tenga conto delle sollecitazioni che arriveranno in questa sede. Non abbiamo apportato correttivi e integrazioni al testo in questa fase proprio per garantire la speditezza dell'iter di approvazione definitiva della riforma in cui crediamo, ma possiamo e vogliamo dare un contributo costruttivo ad una riforma che per la sua importanza - non possiamo negarlo - forse avrebbe meritato anche in questo ramo del Parlamento un maggiore dibattito e un maggiore approfondimento.

Ma entriamo nel merito della riforma: l'impianto del disegno di legge presentato dall'ex Ministro Bonafede è stato in parte rilevante mantenuto. Il testo originario, infatti, oltre ad interventi di tipo chirurgico su specifici istituti, si muoveva sostanzialmente lungo due direttrici: da una parte, una serie di previsioni dirette a potenziare gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, con l'obiettivo di portare il contenzioso al di fuori del processo, così alleggerendo gli uffici giudiziari; dall'altra parte, l'unificazione e semplificazione dei riti, con la previsione di un unico rito ordinario, introdotto con ricorso e disciplinato da tempi certi e più contenuti. Veniva prevista, conseguentemente, l'abrogazione del rito sommario di cognizione e il superamento degli altri procedimenti speciali previsti dal codice di procedura civile, dal codice civile o da leggi speciali. La riforma Cartabia ha mantenuto integralmente tutte le disposizioni volte a rafforzare gli strumenti alternativi alla giurisdizione, come la mediazione civile, la negoziazione assistita e l'arbitrato, andando così nella medesima direzione perseguita dall'ex Ministro Bonafede e da tutto il MoVimento 5 Stelle. È stata mantenuta una delle novità più rilevanti dell'originario impianto dell'ex Ministro Bonafede, ovvero la possibilità di svolgere attività di istruzione stragiudiziale da parte degli avvocati nell'ambito della procedura di negoziazione assistita e la previsione che le prove così raccolte possano essere utilizzate nell'eventuale successivo giudizio avente ad oggetto i medesimi fatti. Sono stati recepiti in Senato alcuni nostri emendamenti importanti: quello sull'introduzione di un testo unico che raccolga in modo sistematico tutte le discipline degli strumenti complementari alla giurisdizione e le armonizzi; l'emendamento sulla possibilità di produrre, se preventivamente stabilito da tutte le parti, la consulenza tecnica espletata dall'esperto nominato dal mediatore nell'eventuale successivo giudizio. Sono stati recepiti i nostri emendamenti in tema di arbitrato volti a rafforzare le garanzie di imparzialità e di indipendenza dell'arbitro e ad attribuire, ove espressamente previsto nella convenzione di arbitrato, poteri cautelari agli arbitri. È stata inoltre recepita la sollecitazione, anche da me personalmente formulata con un'interrogazione, di incentivare la mediazione rendendo più semplice ed effettiva la procedura per ottenere il credito d'imposta e di agevolarla anche con riconoscimento di ulteriori agevolazioni fiscali. Importantissima e assolutamente condivisibile è poi la previsione dell'estensione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti anche ai procedimenti di mediazione e di negoziazione assistita. Invece non condividiamo la scelta di far ricadere, sia pure in via eventuale e residuale, ovvero solo in caso di superamento del limite di spesa stabilito, l'onere economico di queste nuove previsioni su chi decide di accedere alla giurisdizione attraverso un aumento del contributo unificato, e questo non possiamo tacerlo. Opportuna, e anzi assolutamente necessaria, invece, è la previsione secondo cui la conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale non potrà essere fonte di responsabilità contabile per i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, salvo che per il caso di dolo o colpa grave. Così finalmente anche le pubbliche amministrazioni verranno a sedersi ai tavoli della mediazione e potranno addivenire a soluzioni transattive senza dover attendere le sentenze. Fino ad oggi, infatti, ad esempio i comuni non concludono quasi mai accordi transattivi prima o durante il giudizio, anche quando l'esito sfavorevole sia ampiamente prevedibile, ma trascinano il contenzioso fino a sentenza definitiva, perché chi dovrebbe autorizzare la sottoscrizione degli accordi ha paura di incorrere in responsabilità contabile.

Molto attesa anche la previsione che consente, con riguardo alla sola materia familiare, che gli accordi raggiunti in sede di negoziazione assistita possano contenere anche patti di trasferimenti immobiliari con effetti obbligatori, nonché l'estensione della negoziazione assistita, quindi del campo di applicazione della negoziazione assistita in materia familiare. Un po' meno opportuna e forse rischiosa, se non verrà ben chiarita, appare, invece, la previsione secondo cui sia rilevante, al fine della valutazione della carriera dei magistrati, la loro propensione alla mediazione demandata. Non appare francamente un approccio corretto incentivare i magistrati a spogliarsi del contenzioso una volta investiti della controversia; appare, piuttosto, più corretto incentivare i magistrati a verificare la mediabilità di ogni controversia pendente innanzi a loro e valorizzarne la propensione a formulare essi stessi proposte conciliative che possano definire il giudizio senza arrivare a sentenza. E proprio in questa direzione va il nostro emendamento, presentato al Senato e recepito nella riforma, che, ampliando il campo di applicazione dell'articolo 185-bis del codice di procedura civile, dà al giudice la possibilità di formulare una proposta di conciliazione fino al momento in cui trattiene la causa in decisione. Nella medesima direzione andava, a dire il vero, anche un altro emendamento in tema di procedimenti di istruzione preventiva, che però non è stato recepito e che prevedeva l'assunzione preventiva di una prova testimoniale anche al di fuori delle condizioni di cui all'articolo 692 del codice di procedura civile, al precipuo fine di addivenire alla immediata composizione bonaria della lite, e l'introduzione, nel procedimento di consulenza tecnica preventiva, di un'udienza di comparizione personale delle parti dopo il deposito della relazione del consulente tecnico d'ufficio, al fine di consentire al giudice di formulare una proposta conciliativa sulla base degli esiti della consulenza tecnica. Noi del MoVimento 5 Stelle crediamo molto in queste soluzioni, e quindi preannuncio che presenteremo un ordine del giorno su questo tema, auspicando che possa trovare accoglimento presso il Governo al momento della stesura dei decreti legislativi.

Sin qui, dicevo, la riforma Cartabia si è sostanzialmente mossa sul solco del disegno di legge presentato dall'ex Ministro Bonafede. Quanto all'intervento in materia di processo di cognizione di primo grado, la riforma Cartabia non procede invece all'unificazione dei riti, anzi, consolida il rito sommario di cognizione, estendendone il campo di applicazione, ribattezzandolo procedimento semplificato di cognizione, prevedendone l'adozione, sembrerebbe anche d'ufficio, quindi con mutamento di rito d'ufficio, quando i fatti di causa siano tutti non controversi, quando l'istruzione della causa si basi su prova documentale o di pronta soluzione o richieda un'attività istruttoria costituenda non complessa. Rileviamo che non si comprende come l'adozione d'ufficio, quindi il mutamento d'ufficio, di tale rito possa conciliarsi però con la scelta operata di prevedere per il rito ordinario l'anticipazione di tutta la fase introduttiva della causa, in cui si dovrebbe fissare il thema decidendum e il thema probandum, in un momento precedente rispetto all'intervento del giudice. Per come viene congegnato oggi, con la riforma, il rito ordinario, a ben vedere, il rito semplificato di cognizione potrà essere adottato solo se scelto dal ricorrente, perché il giudice nel rito ordinario ormai interverrà solo quando le difese saranno cristallizzate e le preclusioni tutte maturate, sicché non potrà più provocarsi alcuna accelerazione della fase introduttiva della causa, accelerazione tipica del rito sommario di cognizione, almeno per come lo conosciamo sinora.

A proposito della scelta di anticipare lo scambio delle memorie di precisazione delle domande e di eccezioni e delle memorie istruttorie alla fase che precede la prima udienza di comparizione delle parti suggeriamo che sarebbe opportuno, in fase di stesura dei decreti legislativi, prevedere la possibilità per l'attore di provocare l'anticipazione della prima udienza, e quindi l'intervento del giudice, nel caso di contumacia del convenuto, in quanto francamente appare una enorme perdita di tempo far decorrere, in tali ipotesi, ugualmente i termini per lo scambio di memorie. Inoltre, personalmente, devo dire che non so se la soluzione adottata di anticipare lo scambio di memorie in epoca antecedente alla prima udienza possa avere un reale e sostanziale effetto acceleratorio rispetto alla ragionevole durata del processo, a meno che, però, ai soli fini del rilievo statistico, non si voglia sostenere che la celebrazione del processo civile inizi alla prima udienza e non dal momento della notifica dell'atto di citazione o del deposito del ricorso. Se ciò potrà valere per il Ministero, ad esempio per la valutazione della produttività dei magistrati, e magari potrà anche valere per l'Europa, di certo, però, non potrà valere tanto per il cittadino che chiede giustizia, che poi è l'unico per il quale quel tempo è davvero prezioso. L'anticipazione della fase introduttiva potrà avere davvero un effetto acceleratorio solo se i giudici saranno messi nelle condizioni di studiare approfonditamente il fascicolo e arrivare alla prima udienza pronti a emettere in quell'udienza stessa i provvedimenti più opportuni per il prosieguo della trattazione, a decidere quindi subito sulle richieste istruttorie, fissando il calendario per l'espletamento dell'attività istruttoria, o a dichiarare la causa matura per la decisione e disporre l'udienza per la discussione, ex articolo 281-sexies, o l'udienza di rimessione della causa in decisione. È evidente, quindi, che questa nuova scansione temporale richiederà al giudice uno sforzo non indifferente, come, del resto, analogo sforzo di adeguamento rispetto alle novità del processo ordinario di primo grado sarà richiesto agli avvocati. Solo con la collaborazione di tutti gli attori del processo, le nuove previsioni potranno avere effetto acceleratorio, altrimenti temo – temo - che ci sarà solamente un esercizio stilistico, che produrrà pochi cambiamenti, fuorché qualche nuova formula che dovrà essere inserita negli atti processuali. Non vogliamo rischiare che ci sia solo un intervento di forma e poca sostanza, perché, invece, noi auspichiamo interventi di sostanza. Vogliamo - e siamo ancora in tempo per suggerire - modifiche di sostanza; ad esempio, si poteva prevedere l'adozione, su istanza di parte, dell'ordinanza provvisoria di rigetto della domanda proposta, quando il convenuto rilevi, fondatamente, eccezioni preliminari, quali, ad esempio, l'incompetenza, il difetto di giurisdizione o il difetto di legittimazione, attiva o passiva. Questo avrebbe consentito di definire celermente un numero rilevante di cause, perché non è infrequente che un giudizio si trascini per anni, attraverso una lunga fase istruttoria, per poi concludersi con una sentenza che accoglie un'eccezione formulata dal convenuto sin dal primo atto difensivo; una scelta del genere per il cittadino ha un costo elevatissimo in termini di tempo, ma soprattutto di denaro, così come ha un costo, per il cittadino, proporre appello per rimediare ad una omissione del giudice di primo grado, che dimentichi di pronunciarsi su una delle domande proposte. È per questo che avevamo proposto in Senato un nostro emendamento, che non è stato recepito, con cui prevedevamo l'applicazione del procedimento di correzione della sentenza da parte del giudice stesso che lo ha emesso nell'ipotesi in cui quel giudice abbia omesso di pronunciarsi su una delle domande proposte.

Parlavo di interventi di sostanza e, allora, dobbiamo dare un contenuto, una sostanza, anche nel principio di delega, che prevede genericamente di rideterminare la competenza del giudice di pace in materia civile, ma che, al momento, non dice come, se in senso estensivo o restrittivo rispetto all'attualità. Come MoVimento 5 Stelle, abbiamo un'idea ben precisa su come delineare la competenza del giudice di pace e faremo la nostra proposta attraverso un ordine del giorno, che auspichiamo possa essere sostenuto dalle altre forze politiche e accolto dal Governo.

Passiamo ora a quelle che sono un po' le note - diciamo - dolenti della “riforma Cartabia”: avevo preannunciato che avremmo fatto qualche rilievo anche critico. Allora, desta francamente qualche perplessità l'introduzione del rinvio pregiudiziale del giudice di merito alla Corte di cassazione per risolvere una questione di diritto, sia pure con le seguenti caratteristiche, che sia di particolare importanza, di difficile interpretazione e suscettibile di porsi in numerose controversie. Il rischio che paventiamo è, infatti, una deresponsabilizzazione del giudice di merito e un eccessivo ingolfamento della Corte di cassazione, per non dire poi dell'allungamento della durata di quel processo in cui la questione verrà sollevata, che rimane sospeso fino alla pronuncia della Cassazione. Preoccupa, poi, la previsione secondo cui, nei procedimenti di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno, il giudice possa disporre l'udienza in modalità da remoto, mediante collegamento a distanza, quando la comparizione personale potrebbe arrecare grave pregiudizio per il soggetto destinatario della misura.

Ebbene, noi riteniamo che, in questa ipotesi, dovrebbe essere piuttosto il giudice a recarsi fisicamente presso il domicilio del destinatario della misura per verificarne ictu oculi le condizioni in cui versa il soggetto da tutelare. Ci desta molte perplessità anche la previsione che sia il personale preposto all'ufficio per il processo a redigere le bozze dei provvedimenti: dovrebbero escludersi espressamente i provvedimenti di natura decisoria, o si dovrebbe limitare la competenza alle sole controversie di natura seriale. Anche qui, si tratta di un suggerimento per la stesura dei decreti legislativi; siamo ancora in tempo, ed è un piccolo accorgimento che si può ancora apportare. Ci preoccupano alcune previsioni dal sapore punitivo nei confronti delle parti e degli avvocati, come la disposizione - che è stata già richiamata - per cui si prevede la spropositata condanna, fino a 10.000 euro, in favore della cassa delle ammende per la parte che proponga un'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado ritenuta inammissibile o manifestamente infondata. Così come, infine, ci preoccupa non poco - non poco, devo dire - la parte della riforma che, a sorpresa, va praticamente ad abolire i tribunali per i minorenni. Questa è una preoccupazione, però, che non è solo nostra. Noi abbiamo audito tanti esperti in commissione Giustizia alla Camera su questo profilo e quasi tutti hanno rappresentato una forte preoccupazione; alcuni hanno addirittura lanciato un appello affinché la delega su questo specifico punto - e solo su questo - non venga esercitata o l'intervento venga completamente ripensato. Qual è la criticità che allarma? È un profilo specifico della nuova configurazione del tribunale per i minorenni e le famiglie, ovvero la scomparsa della collegialità e della multidisciplinarietà nei procedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, nei procedimenti di allontanamento dalla famiglia di origine anche d'urgenza e di affidamento extra familiare. Saranno, infatti, tutti questi procedimenti assegnati ad una sezione circondariale del neo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, che giudicherà in composizione monocratica. Un giudice, in completa solitudine, dovrà assumere delle decisioni che hanno un impatto e un coinvolgimento emotivo pesantissimo. Una considerazione personale, poi. In qualche modo, mi allarma anche la totale scomparsa della competenza amministrativa che ha, fin dalla sua istituzione, il tribunale per i minorenni e che caratterizza anche l'intervento del giudice minorile; scompare proprio quando è stata approvata qui alla Camera, in prima lettura, una proposta di legge che, nell'ambito delle iniziative per la prevenzione e il contrasto al fenomeno del bullismo (purtroppo sempre più diffuso tra i nostri giovani), dava nuova linfa e vita proprio alle misure rieducative di natura amministrativa che il tribunale per i minorenni può adottare e di cui, però, in questa riforma non c'è cenno alcuno. E non è questo l'unico intervento in materia minorile all'esame della Camera dei deputati e della commissione giustizia in particolare: da tempo, infatti, è iniziato e procede l'esame di numerose proposte di legge abbinate, in tema di tutela dei minori e di affidamento extra familiare, presentate praticamente da tutte le forze politiche qui rappresentate, che dimostrano una spiccata sensibilità di questo ramo del Parlamento per questa delicata materia e - devo dire - esprimono anche forti convergenze rispetto alle soluzioni da adottare. Ebbene, allora, forse sarebbe stato più prudente lasciare al dibattito parlamentare, peraltro già avviato - che, sì, lo sappiamo, è più lungo, ma sicuramente approfondito, appassionato e ponderato -, la ricerca delle soluzioni più idonee a garantire la tutela dei minorenni, anche attraverso quella migliore razionalizzazione delle competenze del tribunale per i minorenni e una sua migliore organizzazione, che tutti riconosciamo sia necessaria; questo è chiaro ed è importante per tutti, nessuno lo nega. D'altronde, la materia, questa specifica materia della competenza del tribunale per i minorenni non credo imponga la medesima urgenza che impone la regolamentazione dei conflitti tra interessi di natura economica. Il PNRR, di certo, non ci impone questo tipo di riforma, anzi devo rilevare che - poiché la collegialità del giudicante è uno dei presidi riconosciuti dalle convenzioni internazionali in materia minorile -, sul punto la riforma rischia addirittura di essere censurata proprio dall'Europa. Allora, la richiesta e l'auspicio è dunque che il Governo abbia un forte ripensamento su questo specifico punto e magari lasci anche lavorare il Parlamento su questo tema, perché il Parlamento è sensibile. Siamo ormai abituati a dare la fiducia quasi ogni settimana al Governo; sarebbe bello che, per una volta, magari il Governo desse fiducia al Parlamento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Parisse. Ne ha facoltà.

MARTINA PARISSE (CI). Grazie Presidente, signora sottosegretaria, colleghi, oggi iniziamo a discutere della riforma della giustizia civile, una delle riforme più importanti e decisive previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, la cui attuazione contribuirà ad apportare innovazioni strutturali dell'ordinamento che saranno idonee a migliorare l'equità, l'efficienza e la competitività del nostro Paese. Infatti, gli ostacoli agli investimenti nel Paese risiedono anche nella complessità e nella lentezza della giustizia. Nel dibattito pubblico italiano i tempi della giustizia e dell'economia hanno sempre avuto unità di misura diverse, come se non esistesse alcuna correlazione e fossero due mondi totalmente separati. Solo negli ultimi anni in Italia si è acquisita una maggiore consapevolezza dell'importanza della crisi della giustizia nel Paese, ma soprattutto si è acquisita la percezione del valore economico della stessa. Già nel 2011 Mario Draghi, nelle considerazioni finali alla Banca d'Italia, segnalava che la durata dei processi ordinari - e l'incertezza che ne deriva - è un fattore potente di attrito nel funzionamento dell'economia, oltre che di ingiustizia. Già allora, le stime di Banca d'Italia indicavano che la perdita annuale di prodotto, attribuibile a difetti della giustizia civile italiana, poteva raggiungere un punto percentuale. Un più recente studio ha valutato che una riduzione da nove a cinque anni dei tempi di definizione delle procedure fallimentari possa generare un incremento dell'economia italiana dell'1,6 per cento. Una giustizia inefficiente peggiora anche le condizioni di finanziamento delle famiglie e delle imprese. Il confronto tra province mostra che un aumento dei procedimenti pendenti di 10 casi, ogni mille abitanti, corrisponde ad una riduzione del rapporto tra prestiti e PIL dell'1,5 per cento. Sempre secondo studi di Banca d'Italia, se la lunghezza dei processi civili si riducesse della metà, l'erogazione dei finanziamenti alle piccole e medie imprese crescerebbe per circa 32 miliardi di euro in più all'anno e le imprese più piccole riuscirebbero ad aumentare il numero medio di occupati di circa il 10 per cento; si tratta di numeri davvero notevoli. I lunghi tempi della giustizia minano anche l'efficienza e la credibilità del Paese. La giustizia, infatti, è considerata a livello internazionale non solo un elemento costitutivo dell'economia ma soprattutto un fattore di competitività e di crescita economica. Le principali organizzazioni internazionali che si occupano di valutare i sistemi giudiziari e l'impatto che gli stessi hanno sulla vita economica e sulla competitività dei Paesi sono: la World Bank, il World Justice Project, l'OCSE e la Commissione europea, e ognuna di esse redige periodicamente i suoi rapporti. Se prendiamo, ad esempio, il rapporto Doing Business della World Bank, la medesima colloca l'Italia al 122° posto su 190 Paesi presi in considerazione, con riferimento a tempi e costi delle controversie. Sempre lo stesso rapporto del 2020 lascia immutata, rispetto al 2018 e al 2019, la durata media del giudizio di primo grado in Italia: 1.120 giorni a fronte di una durata media dei Paesi OCSE di 589 giorni e individua l'Italia come uno dei sei Paesi europei dove il giudizio civile su controversie commerciali risulta più costoso.

Un interessante studio OCSE evidenza anche un altro aspetto, ossia che le differenze tra Paesi nella durata dei procedimenti non sembrano attribuibili esclusivamente ai divari nell'ammontare delle risorse finanziarie pubbliche destinate alla giustizia. Ad esempio, con lo stesso stanziamento, lo 0,2 per cento del PIL, la Svizzera ha tempi quattro volte più rapidi dell'Italia. Quindi, cosa conta? Contano un'efficiente organizzazione, incentivi adeguati, una diversa governance dei tribunali e, soprattutto, massicci investimenti nella digitalizzazione del sistema e nella formazione dei suoi organici e procedimenti giudiziari più snelli e agili.

La riforma che ci apprestiamo a votare va in questa direzione, puntando a razionalizzare alcuni snodi cruciali della giustizia civile.

In sintesi, il provvedimento va a potenziare gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie da esperire anche con modalità telematiche, incentivando la mediazione civile, aumentando gli incentivi fiscali, estendendo a tali istituti l'applicabilità del gratuito patrocinio, estendendo l'ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità. Si interviene anche sulla disciplina della negoziazione assistita e dell'arbitrato. Il testo reca poi una serie di modifiche al processo civile di primo grado, al fine di migliorarne l'efficienza e cercando di concentrare maggiormente le attività tipiche della fase istruttoria e preparatoria. Si valorizza così la prima udienza di comparizione e sono previste anche alcune modifiche riguardanti la fase decisoria. Sono, poi, ridotti i casi nei quali il giudice decide in composizione collegiale; si rende anche effettivo il principio di sinteticità degli atti; particolare attenzione viene riservata alla digitalizzazione del processo e alle udienze da remoto. Si interviene, poi, anche sull'ufficio del processo, con la previsione della sua istituzione anche presso la Corte di cassazione e la procura generale della Repubblica.

In ragione, poi, della centralità della realizzazione coattiva del credito ai fini della competitività del sistema Paese, si punta a rendere più celeri e spediti i procedimenti esecutivi, prevedendo, in particolare, la sostituzione dell'iter di rilascio della forma esecutiva con la mera attestazione di conformità della copia a titolo originario; si riduce, inoltre, il termine per il deposito della documentazione ipotecaria e catastale; si accelera la procedura di liberazione dell'immobile quando è occupato sine titulo e da soggetti diversi dal debitore; si riforma anche l'istituto della delega delle operazioni di vendita al professionista delegato, al fine di individuare gli adempimenti che il professionista deve espletare e i tempi in cui gli stessi devono essere compiuti, attribuendo anche al giudice dell'esecuzione la possibilità di svolgere attività di controllo; si introducono, ancora, specifiche regole riguardanti la vendita privata nel procedimento di espropriazione immobiliare, prevedendo che il debitore possa essere autorizzato dal giudice dell'esecuzione a vendere direttamente il bene pignorato per un prezzo non inferiore al suo valore di mercato.

Interessante poi - e opportuna - è l'estensione degli obblighi antiriciclaggio anche agli aggiudicatari, così come l'introduzione dell'obbligo per il giudice di verificare l'avvenuto rispetto di tali obblighi, oltre che l'istituzione, presso il Ministero della Giustizia, della banca dati per le aste giudiziarie.

Non possiamo analizzare in questa sede tutta la legge delega di riforma del processo civile; certo è che, finalmente, speriamo in processi molto più veloci. L'obiettivo della riforma è quello di riportare il processo italiano ad un modello di efficienza e di competitività tale che sappia, da un lato, riconquistare la fiducia nei cittadini, garantendo una tutela effettiva dei diritti, e, dall'altro, permettere la ripresa anche degli investimenti, aumentando contestualmente la fiducia da parte delle imprese, italiane e straniere.

La profonda internazionalizzazione che ha caratterizzato gli ultimi decenni ha reso globali non solo i mercati dei beni, ma anche quelli dei servizi; una società non può dirsi dotata di un terziario realmente avanzato se non è possibile fare affidamento sulla capacità del sistema di fare efficacemente eseguire i contratti. La giustizia civile, quindi, è un servizio chiave ed essenziale per il funzionamento dei mercati.

Presidente, mi avvio alla conclusione; se solo avessimo un sistema giudiziario allineato a una media europea, riusciremmo ad attrarre fino a 170 miliardi di investimenti esteri, oltre a un recupero sul PIL tra i 30 e i 40 miliardi di euro. C'è molto da lavorare, ma oggi facciamo un passo avanti, uno in più in questa direzione.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3289​ e abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Lucia Annibali.

LUCIA ANNIBALI, Relatrice. Grazie, signor Presidente. Qualche minuto per ringraziare innanzitutto la correlatrice del provvedimento e i colleghi che sono intervenuti in Aula in questa discussione, che hanno espresso apprezzamento per il complesso della riforma, ma anche coloro i quali hanno evidenziato qualche punto da migliorare e da modificare.

Io e la correlatrice ci rendiamo conto e siamo anche un po' dispiaciute del fatto che qui alla Camera non siamo potuti intervenire per ulteriori miglioramenti, ma insomma siamo certe di poterlo fare e siamo a disposizione, insieme al Governo, per mettere in campo un lavoro che possa, poi, favorire il successivo passaggio dei decreti attuativi di questa riforma, perché sicuramente qualcosa su cui riflettere c'è e; quindi, come Parlamento, vorremmo poterci esprimere su questo.

Io, poi, Presidente, approfitto anche di questo spazio; oggi sono qui come relatrice sul provvedimento concernente il processo civile, ma sono costretta a replicare, quindi ad allargare un po' le maglie del mio ruolo e sono anche un po' in imbarazzo a doverlo fare, perché cerco di essere sempre molto seria nelle cose che faccio; credo che si sia un po' approfittato di questo spazio per allargare il tema di attualità, che è sicuramente la giustizia – ma, in quest'Aula, era la giustizia civile - e faccio riferimento all'intervento del collega Verini, per chiamare in causa questioni e persone che non credo debbano essere così menzionati in quest'Aula, oggi.

Il collega Verini si è sentito in dovere di raccontarci un po' i vari provvedimenti sulla giustizia, di parlare di giustizia e ha ritenuto opportuno anche, inserendolo in questi temi, di evocare il senatore Matteo Renzi, cioè chiamandolo per nome e cognome, facendo riferimento anche a quanto accaduto alla Leopolda qualche giorno fa, riprendendo alcune sue parole rispetto alla vicenda Open che lo riguarda, così in qualche modo esprimendo un giudizio che credo vada oltre però questa sede, oltre quest'Aula, evidenziando evidentemente la incapacità anche di ascoltare in modo libero ciò che il senatore Renzi ha cercato, in suo diritto, di spiegare e cioè di mettere in evidenza che, a suo dire, si tratta di una serie di violazioni di principi fondamentali importanti per la nostra democrazia, e credo che questo tema debba riguardare e coinvolgere un po' tutti. Allora, forse se si ha la capacità di osservare e di ascoltare con libertà quello che può dire un collega, si fa un esercizio di maggior ascolto. In questo senso, noi apprezziamo invece molto, per esempio, la solidarietà che è arrivata dalla vice presidente Irene Tinagli del Partito Democratico, evidentemente una donna libera e capace di essere vicina sul piano umano ad un collega, di cui pure si possono non condividere le posizioni politiche.

Poi, in quest'Aula, ho ascoltato anche il collega Verini parlare di “impunitismo”, ossia di richiamare la categoria “dell'impunitismo” contrapposta al giustizialismo, ma “impunitismo” io non so che cosa significhi, a me pare che, in realtà, sia un modo per strizzare l'occhio di nuovo al giustizialismo e cioè, in realtà, per dimostrare che “l'impunitismo” vuol dire chi la fa franca rispetto alla giustizia e, quindi, pare in realtà nascondano un certo imbarazzo nel parlare e sostenere apertamente i valori del garantismo. Allora, la giustizia è qualcosa di serio, è qualcosa di cui non ci si dovrebbe mai approfittare o che non si dovrebbe strumentalizzare per attaccare un collega, per attaccare una persona. Se la giustizia noi la costruiamo partendo dalle storie degli individui, dal vissuto degli individui, allora credo che il vissuto degli individui debba essere rispettato, sempre e comunque e cioè le vicende che riguardano tutti dovrebbero riguardare tutti noi e avere la stessa valenza. Quindi, se vogliamo parlare di giustizia in senso più ampio, bisogna essere capaci di accogliere le storie di tutti, senza un pregiudizio, senza un giudizio, perché allora è la politica che fa un processo alla politica, credendo, forse, di acquisire maggior credibilità, da questo punto di vista. Quindi, sono dispiaciuta di questo, però credo che noi andremo avanti come sempre cercando di trattare la giustizia per come merita, con tutto il rispetto che deve essere dovuto a ciascuno di noi.

PRESIDENTE. La rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sospendiamo la seduta, che riprenderà alle ore 14,45.

La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 14,45.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Casu, Gavino Manca e Osnato sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 93, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione delle mozioni Nardi ed altri n. 1-00538 e Terzoni ed altri n. 1-00547 concernenti iniziative in materia di incentivi volti a favorire gli interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica e antisismica del patrimonio edilizio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Nardi ed altri n. 1-00538 e Terzoni ed altri n. 1-00547 concernenti iniziative in materia di incentivi volti a favorire gli interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica e antisismica del patrimonio edilizio (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto della seduta del 9 novembre (Vedi l'allegato A della seduta del 9 novembre 2021).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni. È iscritto a parlare il collega Sani, che illustrerà la mozione n. 1-00538, di cui è cofirmatario.

LUCA SANI (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, signor sottosegretario, è innegabile che l'insieme degli incentivi destinati alla ristrutturazione, all'efficientamento energetico e al miglioramento antisismico di edifici, in particolar modo il cosiddetto superbonus, sia alla base di quel processo virtuoso che in questi ultimi mesi ha interessato il settore delle costruzioni, restituendo al comparto quel ruolo trainante per il sistema economico e occupazionale del Paese che, negli ultimi anni, aveva registrato una crisi dalle dimensioni piuttosto preoccupanti.

È bene ricordare che, nel maggio 2020, in pieno periodo di crescita della curva dei contagi dovuti al COVID-19, proprio per fronteggiare gli effetti indotti sul tessuto economico e occupazionale, il Governo ha emanato il cosiddetto “decreto Rilancio”, contenente un insieme di misure volte, tra l'altro, alla tutela delle famiglie e dei lavoratori e alla salvaguardia e al sostegno delle imprese. Proprio in quel contesto, investendo sull'importante effetto moltiplicatore che il settore delle costruzioni e dell'edilizia ha sul prodotto interno lordo, con l'articolo 119 è stata introdotta una detrazione pari al 110 per cento - il cosiddetto superbonus - delle spese relative a interventi volti a incrementare l'efficienza energetica degli edifici, alla riduzione del rischio sismico e agli interventi ad essi connessi. Inoltre, con il successivo articolo 121 è stata introdotta una misura anti-regressiva, favorendo in particolare i soggetti con minori disponibilità economiche, che prevede per tali interventi la possibilità per il contribuente di optare per un contributo sotto forma di sconto in fattura da parte del fornitore ovvero per la trasformazione in un credito d'imposta cedibile. Grazie al proficuo lavoro della maggioranza, in sede di confezione del decreto il bonus è stato esteso alle seconde case, agli impianti sportivi e al Terzo settore. L'insieme di queste misure ha risvegliato, perciò, l'interesse da parte delle famiglie soprattutto e delle imprese a investire per riqualificare il diffuso patrimonio edilizio esistente, concorrendo, soprattutto grazie alla riqualificazione energetica, attraverso tanti piccoli interventi, a un obiettivo più generale che è quello della riduzione delle emissioni in atmosfera e della mitigazione dell'inquinamento ambientale. A tal proposito gli obiettivi del superbonus sono in linea con quanto stabilito dal PNRR e, in particolar modo, con la componente efficienza energetica e riqualificazione degli edifici, che destina complessivamente circa 14 miliardi di euro alla misura del superbonus, a cui si aggiungono ulteriori risorse nazionali, per un ammontare di ulteriori 6,5 miliardi di euro. Di fatto, il PNRR offre una garanzia economica, certificata dall'Unione europea, per dare certezza alle famiglie di poter portare a compimento i progetti di ristrutturazione delle abitazioni. Nello stesso tempo, l'impegno e la risposta positiva che sta arrivando dalle famiglie e dalle imprese sul gradimento e sulla richiesta di accesso a queste misure è la dimostrazione migliore che le risorse destinate dall'Europa al nostro Paese, a differenza di altre fasi, verranno effettivamente impiegate, senza rischi di disimpegno. Rispetto al superbonus, il Partito Democratico sin dalla sua introduzione ha lavorato costantemente in sinergia con le categorie direttamente coinvolte, per implementare, migliorare e chiarire la normativa, in particolar modo per risolvere diversi problemi burocratici che hanno rallentato l'avvio e la piena attuazione della misura, tenendo conto del fatto che indubbiamente, anche per il protrarsi dell'epidemia e delle conseguenti ricadute negative sull'economia, molti cantieri non sono stati avviati, proprio a causa delle iniziali difficoltà applicative e della complessità della norma originaria. È proprio per questo che il PD ha fortemente voluto che con la legge di bilancio 2021 fosse prorogata l'efficienza delle misure, spostando i termini, sostanzialmente, al 30 giugno 2022, per alcuni aspetti, e al 30 giugno 2023, per altri. Inoltre, nella stessa legge di bilancio 2021 sono state inserite ulteriori novità, che superano le difficoltà registrate nei primi mesi di sperimentazione. In particolar modo, su richiesta del PD, è stata inserita fra gli interventi strutturali la possibilità di richiedere le misure di ulteriore agevolazione, per esempio, anche per l'abbattimento delle barriere architettoniche.

Il cosiddetto “decreto Semplificazioni”, poi, su forte richiesta e iniziativa del Parlamento, ha reso più agevole l'utilizzo del superbonus da parte delle famiglie, chiarendo che per procedere basta una semplice CILA e non più la SCIA, necessaria quando l'intervento riguarda elementi strutturali. Si tratta di una svolta importante, fortemente voluta dal nostro gruppo parlamentare, suggerita dal confronto con il mondo delle imprese, con i cittadini e con gli amministratori locali, che semplifica l'applicazione, eliminando l'obbligo della dichiarazione di conformità urbanistica sia in caso di superbonus sia in caso di ecobonus sia in caso di sismabonus.

Da ultimo vi è la proroga introdotta con la legge di bilancio 2022, che sposta al 2023 la scadenza del superbonus e prevede inoltre una progressiva diminuzione del beneficio attraverso una riduzione e stabilizzazione della aliquota. Il testo all'esame del Senato - stiamo parlando sempre di legge di bilancio - approvato dal Governo recupera e supera l'iniziale decisione di escludere dalla proroga le abitazioni unifamiliari, una distinzione che come PD avevamo giudicato non corretta e che merita comunque di ulteriori approfondimenti.

Con la mozione oggi in esame, a prima firma della collega Martina Nardi, seguita dalla firma della presidente del gruppo, onorevole Debora Serracchiani, e dei nostri deputate e deputati, il Partito Democratico conferma perciò tutta la propria attenzione e il proprio impegno su questa tematica, che riteniamo centrale per il rilancio economico e occupazionale del Paese, in risposta alle attese delle famiglie, delle imprese e delle professioni, per una attuazione del PNRR rispetto alla voce della transizione ecologica. Questa mozione si aggiunge alle tante iniziative che il gruppo parlamentare PD ha promosso e continuerà a proporre in merito al superbonus e a tutti gli incentivi edilizi, un'azione che si è caratterizzata, in particolar modo, anche in Commissione finanze, prevalentemente su iniziativa del nostro capogruppo, il collega Fragomeli, attraverso una serie di interrogazioni volte a dirimere gli aspetti più problematici, dando tempestività e certezza applicativa alla normativa.

Venendo agli impegni che chiediamo con la mozione, noi siamo per la proroga certa, al 31 dicembre 2023, per tutte le tipologie di intervento. Questo, in primo luogo, perché, come ho accennato, fin dal varo del superbonus si è posto un problema rispetto ai tempi di attuazione, per l'interpretazione delle norme, per la loro applicazione, per la necessità che è emersa, dopo l'approvazione, di una loro semplificazione, sollecitata e promossa anche ad opera del Parlamento - ricordavo prima dell'intervento sulla conformità urbanistica e sull'introduzione della CILA - ma anche per il fatto che, in particolar modo sulla cessione del credito e sullo sconto in fattura, non avevamo soggetti pronti. Gli istituti di credito, in particolar modo, hanno impiegato mesi prima di definire i loro prodotti in merito all'acquisizione del credito e tutto ciò ha spostato molto in avanti nel tempo l'avvio dei cantieri, con il rischio iniziale di escludere dal beneficio una platea molto vasta tra cittadini e imprese. La proroga è necessaria anche perché ad oggi ancora si registrano alcuni problemi rispetto alla reperibilità di imprese disponibili alla realizzazione degli interventi. Non dimentichiamoci che la pandemia, nelle sue fasi iniziali, ha avuto sul tessuto produttivo un effetto devastante, ma anche nel periodo di crisi precedente alla pandemia, come abbiamo ricordato, nel settore delle costruzioni particolarmente forti sono state le difficoltà delle aziende, con le ristrutturazioni e la perdita di posti di lavoro e di professionalità. La proroga è necessaria anche perché c'è un carico di lavoro eccessivo, a cui sono sottoposti soprattutto gli studi professionali che, in particolar modo nel settore termotecnico, non sono diffusissimi sul territorio. La proroga è necessaria anche rispetto alla carenza che si sta registrando in merito a materie prime, semilavorati e attrezzi di cantiere, su cui tra l'altro registriamo un aumento dei prezzi pressoché insostenibile.

Inoltre, il fattore tempo è essenziale anche per far bene le cose, in termini di programmazione, progettazione, realizzazione degli interventi, ma anche in relazione alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Evitare la fretta può corrispondere a lavorare meglio da tutti i punti di vista. Occorre la proroga certa per tutte le tipologie. Su questo, non nascondo una certa perplessità, per esempio rispetto al limite di reddito di 25.000 euro, fissato appunto dalla bozza della legge di stabilità per i proprietari di case unifamiliari, in primo luogo perché le unifamiliari hanno rappresentato la tipologia di maggior richiesta di accesso al bonus, non perché i proprietari hanno maggiori disponibilità, ma per il fatto che, rispetto a cantieri più complessi, come i grandi condomini, le procedure di carattere progettuale e burocratico sono indubbiamente più snelle ed efficaci per l'avvio dei lavori. Ciò ha rappresentato un'opportunità, non solo per i proprietari, ma anche per una platea molto larga di imprese piccole e diffuse sul territorio, magari non in grado di assumere commesse più grandi e complesse. È, in particolar modo, a questo tessuto di imprese che dobbiamo dare certezza, rispetto alle loro effettive capacità di lavoro, di acquisizione di commesse e di completamento degli interventi in cantiere. La modifica del quadro normativo, se non è di semplificazione, non aiuta mai, signor Presidente. Il limite dei 25.000 euro per i proprietari di case unifamiliari ha ingenerato perplessità anche perché, rispetto all'obiettivo del superbonus, non è di carattere sociale, ma ambientale. L'obiettivo è l'efficientamento energetico per ridurre le emissioni. Poi, anche qualora si volesse introdurre una questione di equità sociale, questa è stata mal posta: per esempio, si rischia il paradosso che un funzionario di banca, proprietario di una casa unifamiliare di modesto valore, collocata in un comune di provincia, non possa accedere al superbonus rispetto invece all'amministratore delegato della stessa banca, che vive in un lussuoso condominio di città e accede al superbonus con appartamento e pertinenza, raddoppiando, addirittura, i massimali di spesa. La perplessità è confermata anche dal fatto che la norma che ha istituito il superbonus prevede giustamente un massimale di spesa e il vincolo del salto di classe energetica e, quindi, le speculazioni su grandi ville sono di per sé escluse. Per questo, auspichiamo che, durante l'esame della legge di bilancio, il tetto di reddito sia opportunamente rivisto, se non rimosso. Con la mozione si chiede un impegno a rendere strutturale il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura per tutte le tipologie di intervento, al fine di consentire al maggior numero di cittadini e imprese di accedere agli incentivi, senza necessariamente caricarsi di opere significative. È il caso, per esempio, del rifacimento e della sostituzione degli impianti termici e delle caldaie, interventi, fra l'altro, che stanno registrando una larga diffusione - con ritorni positivi, come il coinvolgimento di tante micro o piccolissime imprese -, l'accesso alla misura da parte di cittadini con ridotte capacità di spesa e di investimento, sensibili risparmi in termini di consumi, in un momento in cui il caro bollette si fa drammaticamente sentire, e i benefici di carattere ambientale. Per questo, anche qui Presidente, ha destato perplessità che nelle norme cosiddette antifrode, intervenute successivamente anche alla presentazione di questa mozione, sia stata introdotta una complicata e costosa asseverazione anche per interventi come la semplice sostituzione della caldaia, con il rischio di bloccare, se non di impedire, la prosecuzione di questa tipologia di interventi. I provvedimenti antifrode sono sacrosanti rispetto al contrasto degli abusi e delle furbizie, ma attenzione a non provocare incertezze tra gli operatori che, anche a causa della pandemia e della crisi da cui proveniamo, fanno fatica a misurarsi con un cambio e una complicazione delle norme in corso d'opera. Anche per questo, sempre nella mozione, per quanto attiene all'asseverazione, chiediamo l'acquisizione di prezziari certi e aggiornati per tutte quelle voci e quei massimali su cui, ad oggi, non vi è alcuna indicazione e che rendono il lavoro dei tecnici molto complicato; così come una riflessione sulla retroattività delle stesse norme antifrode rispetto a commesse già sottoscritte, a pratiche avviate e a lavori in corso d'opera sarebbe, comunque, da evitare. Concludendo, sottoponiamo all'attenzione della Camera questa mozione, convinti - come Partito Democratico - che il superbonus e l'insieme degli incentivi edilizi rappresentino una grande occasione di ripartenza rispetto alla crisi e anche un'opportunità per consolidare strumenti che possano essere estesi e promossi, con il concorso tra pubblico e privato, rispetto a tutto ciò che è riqualificazione edilizia e rigenerazione urbana, al fine di rendere tutti gli edifici ambientalmente e socialmente sostenibili, più sicuri e accessibili, con il recupero di spazi abbandonati, minor consumo di suolo e di energia, maggiore visibilità dei centri urbani, con una maggiore qualità della vita dei cittadini e molte occasioni di lavoro e crescita per le imprese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Terzoni, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00547 . Ne ha facoltà.

PATRIZIA TERZONI (M5S). Grazie Presidente, grazie sottosegretario e colleghi. Siamo oggi qui per discutere una mozione sul superbonus 110 e tutti i vari bonus edilizi ad oggi presenti. L'Italia è stata dichiarata la locomotiva d'Europa, secondo il rapporto Euroconstruct, organizzazione internazionale che raggruppa istituti di ricerca del settore edile di 19 Paesi, che conferma - grazie al Superbonus 110 e grazie alla ripartenza anche delle opere pubbliche - che l'Italia ha avuto un'effettiva ripresa economica, con un aumento di 1,8 punti di PIL rispetto alle statistiche. L'Osservatorio nazionale delle casse edili ha registrato, nell'anno da ottobre 2020 a settembre 2021, con dati reali, un più 24 per cento di ore lavorative rispetto al 2020 e un più 12 per cento rispetto al 2019: queste non sono stime, ma sono appunto dati reali e confermano che, negli ultimi due anni, sono nate 30.000 aziende nel comparto delle costruzioni, una crescita che non bisogna contrastare, ma controllare e far aumentare nel rispetto delle regole, della sicurezza e della formazione. Una mozione, quindi, molto importante, ma che si colloca in un momento politico e legislativo particolare, in quanto va a toccare una materia oggetto di discussione nella legge di bilancio, attualmente in studio al Senato. Questa mozione, infatti, è nata proprio dalle varie problematiche che si sono aperte a seguito del testo pubblicato della legge di bilancio. Di fatto, il Governo, in particolar modo il Presidente Mario Draghi e il Ministro Daniele Franco, ha preso due decisioni, per noi alquanto discutibili in questa materia, in particolare quella di vincolare la proroga del superbonus 110 per le abitazioni funzionalmente indipendenti di soli 6 mesi, quindi fino al dicembre 2022, e solo per coloro che hanno un ISEE al di sotto dei 25.000 euro. Questo significa che ha una visione completamente sbagliata della vita reale al di fuori di questi palazzi. Imprese, professionisti, tecnici, ma anche cittadini, che hanno già avviato o hanno intenzione di avviare i lavori su questa tipologia di edifici si sono praticamente arrestati, non solo perché coloro che hanno un ISEE al di sotto dei 25.000 euro probabilmente non hanno neanche una casa di proprietà, ma perché il mercato delle ristrutturazioni prevede un periodo tecnico, per cui è impensabile che, ad oggi, avviino i lavori solo coloro che non hanno mai avuto intenzione di ristrutturare la propria abitazione. Quindi, per non fermare il mercato e il giro economico che si è messo in moto grazie al superbonus, è logico che non bisogna ora cambiare le carte in tavola. Inoltre, si è creata una disparità a livello etico e sociale tra cittadini: di fatto, chi ha un ISEE elevatissimo e vive in un condominio può accedere al beneficio fiscale del 110 per cento fino alla fine 2023, mentre un cittadino con un basso reddito, che vive in un'abitazione funzionalmente indipendente - che sono poi la stragrande maggioranza degli edifici presenti nel territorio italiano, specie nelle periferie, nei piccoli comuni nelle zone montane e nelle zone collinari che, tra l'altro, sono anche quelli che hanno una crisi economica più accentuata rispetto alle grandi città - non potrà beneficiare di questa agevolazione. Tra l'altro, ricordo che da sempre le ville di lusso non sono agevolabili attraverso il superbonus 110 per cento. La nostra mozione, quindi, va in questa direzione: prorogare tutte le tipologie di abitazione ad almeno il dicembre 2023.

La seconda decisione presa dal Premier Draghi e dal Ministro Franco è stata quella di approvare immediatamente - quindi in modo che sia subito attuabile - il “decreto Antifrode” senza prima avere un'interlocuzione con il settore e, di fatto, andando a bloccare d'impeto tutto il settore.

Questo tema non può essere trattato in questa mozione, considerato che andremo ad agire su un decreto in vigore e in discussione al Senato, e i Regolamenti interni non lo permettono, ma vorrei sottolineare solo due questioni che, comunque, rientrano all'interno della linea generale della mozione del MoVimento 5 Stelle: siamo favorevoli ai controlli spinti; chi sbaglia o chi truffa deve pagare, ma ciò deve essere fatto con cognizione di causa ed andando ad agire su un concetto di proporzionalità; ecco perché noi chiediamo che non siano applicati ai lavori di edilizia libera, a meno del “bonus facciate”, e per lavori complessivi al di sotto dei 50 mila euro. Ma torniamo ora alla mozione in discussione. Le richieste del MoVimento 5 Stelle sono molteplici. Avete visto che ci sono 41 punti all'interno della nostra mozione, che quindi va oltre non solo l'annullamento della soglia ISEE per le abitazioni funzionalmente dipendenti ma, in generale, chiediamo una proroga pluriennale del superbonus e dei normali bonus edilizi. Con riferimento a tali bonus, è vero che sono già stati prorogati al 2024, ma crediamo che sia opportuno prevedere una finestra temporale molto più lunga, almeno fino a dicembre 2026, che poi è il termine dell'attuazione del PNRR. Siamo anche favorevoli a una rimodulazione futura del superbonus, ma sempre considerando un principio di proporzionalità: più rendi il tuo edificio efficiente e sicuro, più lo Stato ti aiuta. Per questo, chiediamo che il décalage del superbonus 110 sia differente da quello che è stato pubblicato nella legge di bilancio. Vogliamo che sia mantenuto il 110 per cento al 2026 per tutti quegli interventi che prevedono il superamento di due classi energetiche, congiuntamente alla diminuzione di 2 classe sismiche. Per gli altri interventi, invece, di sola efficienza energetica, prevediamo un aumento del 10 per cento dell'ecobonus ordinario - che è attualmente al 65 per cento - in base alle performance che raggiunge l'edificio con le varie ristrutturazioni edilizie: ad esempio, un 70 per cento per l'edificio che raggiunge la classe A+, l'80 per cento per un edificio che raggiunge la classe A++ e il 90 per cento per un edificio che raggiunge la tripla classe A.

Con lo stesso concetto chiediamo anche la proroga del “sismabonus acquisti”; anche questo è un altro elemento molto importante per rimettere in moto tutto quel comparto di abitazioni non vendute e che comunque sono lì e sono pronte per essere abitate. Le aziende sono pronte ad acquistare e poi a ristrutturare a livello antisismico questi edifici e a rimetterli sul mercato; questo significa anche fermare il consumo di suolo con la costruzione di nuovi edifici.

Queste nostre continue richieste di cercare di rendere queste misure pluriennali nascono non da preconcetti politici per il fatto che il superbonus è una misura a tutti gli effetti del MoVimento 5 Stelle, ma perché a noi piace studiare la realtà, a noi piace studiare il territorio italiano ed in Italia, come anche nel resto d'Europa, per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione è chiaro che bisogna andare ad agire sul comparto delle costruzioni. Infatti, il mondo delle costruzioni è responsabile del 40 per cento del consumo di energia, di cui l'80 per cento di questa è asservita al riscaldamento e alla produzione di acqua calda sanitaria; il 36 per cento delle emissioni di CO2 è sempre all'interno del comparto delle costruzioni e il 50 per cento di estrazione delle materie prime è sempre nel comparto delle costruzioni; per non parlare, poi, del consumo di acqua potabile che è di un terzo. Ecco perché bisogna andare a intervenire nell'ambito delle ristrutturazioni edili, per raggiungere, appunto, gli obiettivi che l'Italia si è prefissata per arrivare sia agli obiettivi del 2030, ma anche per gli obiettivi di zero emissioni di CO2 nel 2050. Se consideriamo solo il parco delle caldaie tradizionali per usi residenziali attualmente installato in Italia, si hanno sul nostro territorio 19,5 milioni di apparecchi, di cui 18,7 sono caldaie autonome di vecchia concezione e, quindi, a bassa efficienza energetica. Se consideriamo che, ad oggi, il tasso di sostituzione di queste caldaie obsolete è del 4 per cento, ci impiegheremo circa 25 anni solo per la loro sostituzione, andando ben oltre gli obiettivi di riduzione del consumo energetico che l'Italia si è prefissata. Quindi, andando ad arrivare ad un tasso di sostituzione del 5 per cento, si arriva vicino al valore prefissato del 40 per cento di riduzione della CO2 al 2030, ma siamo ancora ben lontani dal raggiungimento degli obiettivi del “Fit for 55” che si potrebbero invece raggiungere con un rinnovo del comparto degli apparecchi presenti sul territorio italiano del 6 per cento. È per questo che la nostra mozione è così ampia e va a toccare moltissimi punti, tra cui anche la richiesta di rendere obbligatoria l'etichettatura energetica degli impianti di riscaldamento esistenti. Si tratta di una misura che, tra l'altro, non costa nulla allo Stato, perché verrebbe effettuata dagli stessi tecnici durante i normali cicli di controllo di manutenzione ordinaria. Questa etichettatura è necessaria per rendere consapevole il cittadino di ciò che ha nella sua abitazione, di quanto consuma, di quanto potrebbe risparmiare e di quanto potrebbe fare bene all'ambiente.

Scorrendo le 41 richieste presenti all'interno della mozione del MoVimento 5 Stelle, si potrà notare come questi aspetti tecnici abbiano bisogno di una progettualità e di interventi normativi mirati per strutturare e rendere tutto il nostro patrimonio edilizio efficiente e sicuro. Chiediamo interventi per calmierare e controllare l'aumento delle materie prime; sappiamo benissimo che è un problema internazionale e che non dipende solo dal comparto edile, ma che comunque sta creando non poche difficoltà a questo settore, come anche al settore industriale in genere. Chiediamo misure per aumentare la professionalità dei lavoratori del settore e dei funzionari pubblici e degli enti locali, e corsi di formazione per i percettori del reddito di cittadinanza, in quanto il settore edile ha bisogno di tantissima manodopera; c'è una incredibile carenza di tecnici, ma questi devono essere specializzati.

Non continuo l'elenco dei 41 punti e, quindi, concludo con un argomento che mi sta particolarmente a cuore, in quanto sono marchigiana; mi riferisco alle aree terremotate del sisma del 2016. Chiediamo di prorogare, quindi, a tutto il 2026, il superbonus rafforzato, il superbonus sostitutivo per tutte le abitazioni danneggiate ed in fase di ricostruzione di tutti quei territori italiani che sono stati oggetto dei vari sismi che si sono susseguiti in Italia dal 2009 ad oggi. Senza una proroga pluriennale di queste misure, per queste aree che sono state particolarmente colpite, si rischia, di fatto, di bloccare la ricostruzione. Si tratta di zone, come potete capire, dove, ai problemi dovuti al terremoto, si sono aggiunti anche i problemi sociali dovuti al COVID-19. Confido nel Governo, confido nel fatto che tutti i partiti politici siano a favore di queste misure e, quindi, chiedo particolare attenzione da parte del Governo per affrontare al meglio queste mozioni, per non arrestare questo processo di ricostruzione e di ristrutturazione che sta avviando tutta l'Italia verso una nuova era.

Concludo, Presidente, dicendo che non bisogna arrestare questo circuito che si è messo in moto, perché ci sono nuove imprese, c'è una ripresa economica che è evidente su più punti, ci sono nuovi posti di lavoro e i cittadini, finalmente, possono ristrutturare le abitazioni per vivere in case più efficienti e sicure; quindi, non fermiamoci e andiamo avanti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Labriola. Ne ha facoltà.

VINCENZA LABRIOLA (FI). Presidente, onorevoli colleghi, dopo la discussione del decreto per il contenimento degli effetti dell'aumento dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale, adesso ci troviamo ad affrontare un altro tema caldo del dibattito del Paese, qui in Parlamento. Siamo qui, infatti, per dibattere su superbonus e detrazioni edilizie, anche e soprattutto per cercare di dare risposte alle preoccupazioni di imprenditori e cittadini. Infatti, con le modifiche dei bonus edilizi introdotte nel cosiddetto “decreto Antifrodi” e nella legge di bilancio, il cui iter è appena iniziato in Senato e dove verranno sicuramente posti dei correttivi, si è avuto il risultato che i cantieri si sono bloccati in attesa di capire la nuova platea, le nuove regole e, soprattutto, se le modifiche varranno in maniera retroattiva. Siamo qui per dare risposte e impegnare il Governo che dovrà poi tener conto di questo dibattito nella discussione della legge di bilancio. Non possiamo non tener conto che i bonus edilizi hanno riscosso un grande apprezzamento, innescando un volano economico positivo e trasversale, non trascurando il fatto che l'efficientamento energetico che ne scaturisce va nella direzione della salvaguardia del clima. È proprio per non sprecare questi vantaggi che sarebbe auspicabile aumentare la portata dei bonus e la platea alla quale ci si rivolge.

Il formidabile impatto positivo del superbonus 110 per cento, elaborato dal centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, parla chiaro: a settembre 2021 gli impegni di spesa per interventi con superbonus hanno raggiunto i 7,5 miliardi e hanno attivato una produzione aggiuntiva di 15,7 miliardi e un'occupazione di oltre 120.000 posti di lavoro e avrebbero contribuito a creare, inoltre, quasi 10 miliardi di PIL. Se il 2021 dovesse chiudersi con impegni di spesa per superbonus pari a 9,3 miliardi, il centro studi stima un livello di produzione totale pari a 19,6 miliardi, per un totale di 153.000 impiegati e formazione di PIL per 12,3 miliardi, mentre, secondo le stime del centro studi di Confindustria, il solo superbonus è in grado di attivare 18,5 miliardi di spese in 2 anni, con un impatto positivo sul PIL pari a circa l'1 per cento. L'impatto sociale dei bonus edilizi non solo rappresenta una grande opportunità per decarbonizzare le città, ridurre i livelli di inquinamento urbano, produrre posti di lavoro e accrescere la sicurezza, la qualità e il valore degli immobili ma tali bonus sono anche in grado di rimettere in moto l'intera filiera delle costruzioni, settore che rappresenta il treno più importante per la ripresa dell'intera economia.

In Italia abbiamo il 60 per cento degli edifici, pubblici e privati, che ha più di 45 anni. Quindi, gli investimenti effettuati con i bonus edilizi consentirebbero la ristrutturazione di circa 50.000 edifici all'anno a regime, per una superficie di 20 milioni di metri quadri annui, permettendo un risparmio energetico di circa 291 kilotep all'anno, ovvero 0,93 megaton di CO2 all'anno. Per questo è necessario rafforzare l'efficientamento energetico, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni e il contrasto al consumo di suolo, oltre ad attivare un virtuoso processo di rigenerazione del patrimonio edilizio, con benefici sociali rilevanti come minore insorgenza di malattie connesse ad ambienti malsani, povertà energetica, minori danni alle strutture in caso di eventi improvvisi e più sicurezza degli edifici, generando un risparmio della spesa pubblica e un effetto espansivo sul PIL.

Dopo un anno e mezzo dall'introduzione del superbonus, le norme che lo regolamentano sono state più volte modificate e aggiornate, consentendo in parte di migliorarne la portata, pur permanendo diverse criticità quali l'ulteriore semplificazione delle procedure nonché l'orizzonte temporale e la platea ancora troppo limitati. Con riguardo al superbonus, le norme che si sono via via succedute hanno consentito, tra l'altro, di prorogarne la scadenza, di estenderlo alle ONLUS per interventi su ospedali, case di cura e via dicendo, di estenderlo anche alle associazioni e alle società sportive dilettantistiche, per i soli lavori degli spogliatoi, di introdurre alcune semplificazioni, tra le quali la sola CILA, rendendo non più necessaria l'attestazione dello stato legittimo, di prevedere che, in caso di varianti in corso d'opera, queste sono comunicate a fine lavori e costituiscono integrazione della CILA presentata e che le violazioni meramente formali non comportano la decadenza dalle agevolazioni fiscali, di aumentare i benefici per gli immobili dei comuni nei territori colpiti da eventi sismici e di prevedere il superbonus anche per gli interventi finalizzati all'eliminazione delle barriere architettoniche e per la realizzazione di ogni strumento che favorisca la mobilità interna ed esterna all'abitazione per le persone portatrici di handicap, anche laddove effettuati in favore di persone di età maggiore a 65 anni.

Nonostante le semplificazioni impresse dal superbonus 110 per cento, che finalmente ha sbloccato migliaia di pratiche che erano entrate nella rete della cattiva burocrazia, diversi aspetti attuativi delle norme sono ancora poco chiari e poco definiti e questo impone l'emanazione di una gran quantità di FAQ, di circolari interpretative, guide e provvedimenti da parte dell'Agenzia delle entrate e del Ministero volti a fornire chiarimenti e risposte alle imprese, agli operatori e ai tecnici, che devono essere messi in condizione di avviare i cantieri. Vista la complessità della normativa, sottoposta a numerose modifiche con modalità e regole sempre diverse, si sottolinea come i termini e l'orizzonte temporale di validità del superbonus risultino obiettivamente ridotti e rendano la vita difficile agli operatori del settore, che devono inseguire le norme per essere o rimanere costantemente aggiornati.

Le ultime modifiche sono state introdotte nel “decreto Antifrodi”, ma anche nella legge di bilancio per il 2022 si mette mano alla disciplina del superbonus. Si introducono alcune proroghe differenziate che rischiano di trasformarlo in una sorta di percorso a ostacoli e di rendere più difficoltosa la fruizione del 110 per cento da parte dei cittadini, in quanto vengono introdotte nuovi e ulteriori condizioni e limiti, anche di reddito. Tra questi ricordiamo che per le persone fisiche e i condomini composti da 2 o 4 unità immobiliari il superbonus rimane al 110 per cento solo fino al 31 dicembre 2023, per poi ridursi al 70 per cento per il 2024 e al 65 per cento per il 2025. Per gli interventi effettuati sulle unità immobiliari si introduce una doppia scadenza per il superbonus: il 30 giugno 2022 oppure il 31 dicembre 2022, a seconda che si sia presentata la CILA entro il 30 settembre 2021 o meno. Sulle unità immobiliari adibite ad abitazioni principali bisogna possedere un reddito ISEE inferiore a 25.000 euro annui. Lo sconto in fattura o la cessione del credito varrà fino al 2024 per le detrazioni di interventi di edilizia energetica e fino al 2025 per il superbonus. È evidente come le modifiche avvenute in così poco tempo su uno strumento utile e incentivante come le ristrutturazioni hanno bloccato un settore che è diventato volano per l'economia dopo il “decreto Semplificazioni” e che aspetta di ripartire una volta avuto ben chiaro il quadro normativo nel quale si deve operare nel rispetto delle norme.

La mozione presentata da Forza Italia cerca di dare risposta alle preoccupazioni degli imprenditori e dei cittadini e tenta di impegnare il Governo su aspetti qualificanti. Infatti, come gruppo Forza Italia chiediamo al Governo che, per assicurare sicurezza e garantire la qualità dei lavori realizzati, si preveda l'obbligo di affidare i lavori a imprese qualificate. Chiediamo altresì di estendere il superbonus agli interventi effettuati su strutture e impianti sportivi di associazioni e società sportive dilettantistiche non solo per gli spogliatoi, come attualmente previsto nella norma vigente, di prevedere che la detrazione del 110 si applichi anche alle imprese individuali o alle società titolari di RSA, di estendere la platea dei soggetti che possono fruire dell'ecobonus e del sismabonus al 110 anche ai soggetti esercenti attività di impresa, arti e professioni, di prevedere per le cosiddette abitazioni unifamiliari una proroga generalizzata del superbonus fino al 31 dicembre 2022, escludendo ulteriori limitazioni come la soglia minima di ISEE nel caso di abitazioni principali o il rilascio del provvedimento abilitativo dei lavori al 30 settembre 2021, di chiarire che le proroghe previste dal disegno di legge di bilancio per il 2022 riguardino non solo gli interventi trainanti ma anche quali trainati da realizzare all'interno delle singole unità abitative, per i quali, invece, vige il termine di applicazione fissato al 30 giugno 2022, di estendere alle ONLUS, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale i termini del superbonus del 110 per cento, di attivare le opportune iniziative affinché nel “decreto Antifrodi”, oltre a contrastare giustamente gli abusi e le illegalità nella fruizione dei benefici fiscali, non si introducano ulteriori e inutili aggravi burocratici e costi per i cittadini, le imprese e tutto l'indotto, e che a dette misure di contrasto si applichino agli interventi avviati a decorrere dal 12 novembre 2021, data di entrata in vigore del provvedimento, al fine di evitare interruzioni nell'esecuzione dei lavori in corso e conseguenze negative sui flussi finanziari delle imprese. Chiediamo, inoltre, di prorogare per un triennio l'applicazione dell'imposta di registro ipotecaria e catastale in misura fissa di 200 euro ciascuna per l'acquisto da parte di imprese di costruzioni e di fabbricati destinati alla demolizione e ricostruzione o ristrutturazione, a condizione che entro i successivi 10 anni si provveda all'ultimazione dei lavori e alla vendita dei fabbricati così ricostruiti o riqualificati. Infine, chiediamo di prevedere il mantenimento della detrazione del 90 per cento per le spese finalizzate al recupero e al restauro della facciata esterna di specifiche categorie di edifici, il cosiddetto bonus facciate.

Forza Italia chiede da tempo che misure come il superbonus e i bonus edilizi in generale abbiano un quadro chiaro e snello e che le norme non cambino di continuo. Abbiamo inoltre bisogno di poter distinguere le imprese serie da chi si improvvisa solo per ottenere facili guadagni, procurando non solo un danno di credibilità a tutto il settore ma anche al Paese, perché ci sono in ballo importanti obiettivi da raggiungere in materia di sicurezza, sostenibilità e regolarità e anche e soprattutto per sapere come vengono spesi i soldi pubblici. Come ha sempre dichiarato ed evidenziato il presidente Berlusconi, le costruzioni, oltre a essere un fattore indispensabile per la modernizzazione del Paese, sono uno straordinario volano per l'economia.

Per Forza Italia, quindi, resta fondamentale continuare a rilanciare l'edilizia, rendendo chiaro, semplice e invariato il quadro normativo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sospendiamo brevemente la seduta, che riprenderà alle 15,35.

La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,35.

Discussione delle mozioni Polidori ed altri n. 1-00544, Annibali ed altri n. 1-00546 e Ascari ed altri n. 1-00549 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza contro le donne.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Polidori ed altri n. 1-00544, Annibali ed altri n. 1-00546 e Ascari ed altri n. 1-00549 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza contro le donne (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto della seduta del 17 novembre (Vedi l'allegato A al resoconto della seduta del 17 novembre).

Avverto che in data odierna sono state presentate la mozione Bologna ed altri n. 1-00550 e una nuova formulazione della mozione Ascari ed altri n. 1-00549 (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritta a parlare la deputata Marrocco, che illustrerà anche la mozione Polidori ed altri n. 1-00544, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mancano pochi giorni al 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Femminicidio: senza troppi giri di parole, questo è, è di questo che stiamo parlando, una piaga che colpisce l'intera umanità e, come tale, deve essere affrontata. Solo in Italia, contiamo un femminicidio ogni 3 giorni. Affrontiamo anche oggi il tema sulla violenza contro le donne non come un semplice rituale, ma come una realtà sociale che evidenzia i dati di una vera e propria emergenza. È una spaventosa violazione dei diritti umani: ecco perché Forza Italia ha ritenuto opportuno, alla luce della forte emergenza, fare inserire in calendario questa mozione, di cui sono cofirmataria, a prima firma della collega Catia Polidori.

Spesso nel dibattito pubblico, sui giornali o sui media ci si riferisce alla violenza sulle donne come un fenomeno che irrompe nella vita quotidiana come un raptus, un eccesso di passione, di sentimento, di follia, trattato come una patologia, come qualcosa di straordinario nella vita quotidiana. La ricerca storica, invece, permette di individuare come la violenza sulle donne sia perpetrata nel tempo nel corso dei decenni e come la violenza maschile sia mutata. Un tema, quindi, di lunga durata.

Nonostante gli interventi legislativi, repressivi e preventivi, il fenomeno della violenza sulle donne subisce continui peggioramenti, diventando quasi una modalità consueta dei rapporti uomo-donna. Forza Italia è sempre stata in prima linea su questo tema, contribuendo a rafforzare un apparato normativo più incisivo, in particolare a partire dal IV Governo Berlusconi con l'introduzione del reato di stalking nel codice penale e con il finanziamento, per la prima volta, di un vero e proprio Piano nazionale antiviolenza, con l'introduzione del numero antiviolenza e stalking 1522, attivato nel 2006, fino ad arrivare alla stesura del “codice rosso” approvato in questa legislatura, al quale Forza Italia ha contribuito dando un fondamentale apporto.

Se ogni anno, in Italia, più di 100 donne ogni 3 giorni incontrano la furia assassina, è chiaro che esiste un problema immenso di cultura, di civiltà e di legalità. La violenza contro le donne è, quindi, certamente un fatto culturale. Troppo spesso si sente parlare del femminicidio analizzando la donna: voleva lasciarlo, lo aveva lasciato, troppo emancipata, se fosse stata più attenta, non stava bene. Si presta attenzione a come si sono comportate le donne, a come hanno reagito ai ripetuti atteggiamenti di allarme, non si guarda, invece, al genere maschile, all'uomo, se così possiamo definirlo. Invece, è importante esaminare il modo in cui si produce questa familiarizzazione alla violenza, questa pretesa sul corpo della donna e sulla vita delle donne: non si guarda ai contesti, non si guarda ai luoghi di appartenenza.

Normalmente, per dare il senso e la dimensione di questo fenomeno, si fa appello ai dati, ai numeri, che, per carità, sono importantissimi per darci la proporzione dell'emergenza sociale, ma dietro a ogni numero ci sono dei nomi, delle persone, delle donne che, per mano della parola “amore”, sono viste strappare alla vita, all'affetto dei propri cari. Solo quest'anno, abbiamo registrato 247 omicidi, con 103 vittime donne: di queste, 87 in ambito familiare e affettivo, 60 per mano del compagno o ex compagno. Un'ascesa del 41,7 per cento. Come è evidente anche dai dati, nella maggior parte dei casi, il mostro dorme accanto a noi.

Come dicevo poco fa, bisogna capire la familiarizzazione alla violenza, molto spesso è un problema culturale. Il sistema educativo assume un significato nei diversi livelli e con modalità differenti, dove un ruolo centrale è riconosciuto alla scuola come un osservatorio privilegiato. Un lavoro di concerto tra scuola e famiglia nell'educare le nuove generazioni alla cultura del rispetto sarebbe sicuramente un buon punto di partenza a favore dello sviluppo psicofisico delle future generazioni, così come captare i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. Molto spesso i nostri ragazzi sono figli delle donne vittime di violenza. Nell'impegno contro la violenza sulle donne riveste un ruolo di primo piano il sostegno all'indipendenza economica come leva per contrastare lo scoraggiamento dalla condizione di inferiorità economica e un passepartout per lasciare la casa degli orrori. Inoltre, una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una Nazione; ridurre il divario avrebbe più aspetti positivi nella vita economica e sociale del nostro Paese. Nella direzione del contrasto di genere è stato istituito il reddito di libertà per le donne vittime di violenza: la misura incrementa di 3 milioni di euro per l'anno 2020 il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, ma si può e si deve fare di più. Forza Italia ha presentato una legge che istituisce il soccorso di libertà, un sostegno economico per l'inserimento delle donne vittime di violenza di genere esposte al rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro; mira a garantire una sorta di contributo a fondo perduto alle vittime. Le misure di contrasto e di emergenza, però, non bastano: per le donne che subiscono violenza, per proteggerle dal nemico, dobbiamo essere più celeri nelle risorse, investire nella formazione e produrre competenza.

Tutto questo non si può e non si deve fare per proclami, ma con il denaro ed eliminando i tempi esasperati per far arrivare nel più breve tempo possibile gli stanziamenti economici alle strutture. Nel 2021 siamo a 7 mesi indietro per il passaggio tra Stato e regioni, la procedura accelerata è valsa solo per il 2020, purtroppo, segno evidente che volendo si può velocizzare ed è in questa direzione permanente che dobbiamo andare, lo dobbiamo alle numerose vittime e alla loro memoria.

Chiediamo al Governo di farsi promotore di iniziative concrete, di incrementare l'occupazione femminile come elemento fondamentale, di stanziare risorse adeguate, di accelerare i supporti di ogni tipo per i centri antiviolenza che operano con enorme difficoltà, di proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e di sensibilizzazione, di implementare misure di sostegno economico e di inserimento sociale, ampliando, nell'ambito di operatività, il reddito di libertà. È una battaglia che va combattuta ogni giorno.

Mi permetta, Presidente, di prendere in prestito le parole di William Shakespeare: per tutte le violenze consumate su di lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato e per le ali che le avete tagliato. Per tutto questo, signori, in piedi davanti a queste donne!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Spadoni, che illustrerà anche la mozione Ascari ed altri n. 1-00549 (Nuova formulazione), di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

MARIA EDERA SPADONI (M5S). Grazie, Presidente. Ci troviamo, come ogni anno, in prossimità del 25 novembre, a parlare di violenza di genere e violenza sulle donne. Sono particolarmente contenta che anche il MoVimento 5 Stelle, attraverso la mozione Ascari, abbia deciso di portare in quest'Aula le proposte che abbiamo portato avanti in questa e nella scorsa legislatura, che facciamo in tutti gli ambiti, perché sicuramente la questione della violenza di genere è ormai non più emergenziale, ma strutturale.

Questa mattina c'è stato un convegno, molto interessante, organizzato dalla coordinatrice dell'Intergruppo donne, Laura Boldrini, e durante questo convegno si è parlato anche della necessità di rendere strutturali la tutela delle donne e tutte le misure per contrastare la violenza sulle donne. Purtroppo, non stiamo parlando più di emergenza, ma è effettivamente una questione strutturale, che, tra l'altro, deve coinvolgere tutta la società. Troppo spesso ci ritroviamo in una situazione in cui il tema della violenza di genere viene discusso soltanto dalle donne.

Invece, credo fortemente nel coinvolgimento maschile, perché è chiaro che, prima di tutto, le donne sono metà della società e, nel momento in cui metà della società non ottiene la protezione, non ottiene le tutele e non riesce neanche ad ottenere quelle famose pari opportunità, è ovvio che l'intera società, tutta la società italiana ha un serio problema. Quindi, il coinvolgimento degli uomini credo che, in questo caso, sia fondamentale. La collega Marrocco prima parlava della questione culturale: assolutamente concorde, tutto parte dalla questione culturale, dal fatto che, dal mio punto di vista, c'è bisogno proprio di una cultura anche dell'affettività, una cultura del rispetto, soprattutto nei primi cicli di studio. Infatti, c'è anche una proposta di legge del MoVimento 5 Stelle, a prima firma Ascari, che va proprio in questa direzione, perché i ragazzi, i giovani devono capire che il rispetto nei confronti dell'altro deve essere il primo punto, deve essere la questione principale.

Troppo spesso questo non viene insegnato, troppo spesso c'è anche una mancanza di affettività e anche un silenzio, sia da parte delle famiglie sia in ambito scolastico, in cui, invece, dovrebbe esserci maggiore coinvolgimento su questi temi. Quindi, sicuramente si tratta di una questione culturale e di lotta agli stereotipi. Ora apro una parentesi, perché la lotta agli stereotipi vuol dire dare a tutti le stesse opportunità; questo vuol dire che non è più accettabile che in alcuni libri di scuola o delle elementari ci sia ancora la donna che, come prima funzione, fa la mamma o fa la casalinga, mentre il ragazzino può fare lo scienziato, può fare il premio Nobel, può fare il dottore universitario o può fare anche il medico. Questo non è più accettabile e nel 2021 dobbiamo dare la possibilità alle donne di capire che possono diventare quello che vogliono diventare, quello che vogliono essere; e credo che anche noi, come donne, all'interno di quest'Aula possiamo veramente essere l'esempio vivente che con costanza, con applicazione e con studio possiamo arrivare da tutte le parti.

Però, il legislatore ha una fortissima responsabilità, che è proprio quella di permettere alle ragazze prima di tutto di non avere paura, di non pensare di non essere all'altezza e, soprattutto, di avere le stesse opportunità che hanno anche i ragazzi. Quindi, c'è una grossa responsabilità da parte del legislatore, c'è una grossa responsabilità da parte del Governo in tal senso e il Governo sa perfettamente che il Parlamento recepirà qualsiasi tipo di iniziativa il Governo vorrà portare avanti proprio per l'emancipazione femminile e per la tutela delle donne in caso di violenza. C'è una cosa molto positiva che è successa anche in Parlamento, ed è proprio la valutazione dell'impatto di genere. C'è stato un ordine del giorno a mia prima firma di qualche anno fa che è stato approvato e grazie a quello adesso abbiamo all'interno del Servizio studi della Camera l'impatto di genere. Quindi, le leggi parlamentari vengono analizzate ex ante per poter capire che tipo di impatto hanno queste leggi sull'universo femminile, sulle donne. Credo che questa sia una bellissima good practice, un bellissimo esempio degli strumenti che il legislatore può avere proprio per portare avanti le politiche femminili. Ricordo anche che questo ordine del giorno è stato votato all'unanimità, proprio per dimostrare che su questi temi c'è un'unità di intenti, e questo lo vedo anche all'interno dell'Intergruppo delle donne.

Ci sono donne di diversi gruppi parlamentari, possiamo avere divergenze su tutto il resto, ma su questo tema andiamo avanti molto spedite. Questo è sicuramente un tema molto positivo. Inoltre, Presidente, la collega ha già raccontato i numeri di quest'anno e anche dell'anno scorso: la pandemia ha accentuato la violenza, la pandemia non ha permesso a moltissime donne di poter chiedere aiuto e anche quest'anno ci ritroviamo donne che sono state ammazzate. Ogni donna ammazzata è una sconfitta dello Stato. Io sono di Reggio Emilia e proprio nella notte tra venerdì e sabato Cecilia è stata ammazzata con una serie di coltellate dal suo ex.

Il 5 settembre il suo ex era stato arrestato; il 6 settembre era stato scarcerato con divieto di avvicinamento; il 10 settembre è stato arrestato di nuovo per violazione della misura di domicilio e atti vessatori; il 4 novembre c'è stata una sentenza di patteggiamento. Condannato a due anni di reclusione, con la pena sospesa, venerdì notte ha accoltellato questa donna, che è stata trovata sabato mattina in un parco. C'è stato anche ieri un sit-in organizzato dalle associazioni al quale anche io ero presente.

In questo parco a Reggio Emilia è stata trovata nella mattina; c'è stata una chiamata da parte di una persona che viveva proprio lì davanti, che ha visto il corpo esamine.

Ora, la domanda che mi pongo è come sia stato possibile un patteggiamento - nonostante questa persona sia stata arrestata e nonostante sia stata violata la misura di divieto di avvicinamento - e che, quindi, questa persona sia libera. Evidentemente, c'è un problema di sottovalutazione del fenomeno anche in chi dovrebbe giudicare e ha la responsabilità di prendere decisioni importantissime e, in molti casi, come in questo, decide e decreta la vita o la morte di una donna. Quindi, credo che dobbiamo riuscire a trasmettere, a far capire alle Forze dell'ordine, ma anche ai giudici, a chi emette queste sentenze, la tragedia e l'emergenza in questo caso. E' già difficile per le donne denunciare. A tale riguardo, sono contenta che la collega Ascari, nella sua mozione, abbia fatto presente che i dati ufficiali non tengono conto del sommerso, vale a dire di tutte le vittime di violenza che decidono di non chiedere aiuto e di denunciare. Quello del sommerso, ovvero di donne che non riescono a denunciare, lo ripeto, è un problema importantissimo. Se una donna finalmente decide di denunciare, ma, nonostante ciò, si ritrova davanti un uomo che, magari, continua a chiamarla, chiedendole di risolvere le cose, e poi l'accoltella in un parco, il sistema non funziona e fa acqua da tutte le parti e noi questo sistema lo dobbiamo risolvere. Dobbiamo fare in modo che non accada e che la donna, quando denuncia, si senta protetta e tutelata dallo Stato, perché, come dicevo prima, ogni donna ammazzata è una sconfitta per lo Stato, è una sconfitta per il legislatore, è una sconfitta per i parlamentari, è una sconfitta per il Governo, è una sconfitta per la società! Quindi, dobbiamo assolutamente risolvere questa problematica e far sì che le donne si sentano protette.

Vorrei esprimere un'ultima considerazione: sempre all'interno della mozione troviamo la necessità che vi sia una rete omogenea dei centri antiviolenza. Presidente, ciò è molto importante e sono contenta che sia presente quest'oggi anche la Ministra Bonetti, perché non è possibile che una donna non abbia la stessa possibilità di essere tutelata e di chiedere aiuto nei centri antiviolenza in una regione rispetto ad un'altra. E' una discriminazione doppia: ci ritroviamo una donna che ha già problematiche e, magari, si ritrova in una regione nella quale dispone di più strumenti rispetto ad altre. Quindi, è importantissimo che vi sia una rete omogenea dei centri antiviolenza e che siano strutturali i fondi erogati ai centri antiviolenza. In ultimo, esprimo soddisfazione sul fatto che sia stata approvata anche al Senato la proposta di legge Ciprini sulla parità salariale; è stata approvata ultimamente in via definitiva anche al Senato. Segnalo che c'è una proposta di legge molto interessante sulle categorie protette, quindi, adesso, all'interno della Commissione lavoro è stata calendarizzata questa proposta, proprio per inserire, all'interno delle categorie protette, le donne vittime di violenza. Credo sia un punto fondamentale, poiché tutti i dati ce lo dicono: se la donna è indipendente a livello economico, questa donna avrà maggiori possibilità di uscire dalla spirale di violenza. Quindi, dobbiamo garantire (un primo passo è stato fatto con il reddito di libertà, recentemente approvato; c'è stata una circolare dell'INPS) che la donna abbia l'indipendenza. Se la donna non ha un'indipendenza economica, sarà molto più complicato uscire dalla spirale. Ricordo anche che si tratta non soltanto di donne, ma, molto spesso, anche di donne, assieme a minori; vi è un fattore sociale estremamente importante, un tema sociale da non sottovalutare.

Concludo, Presidente, con un messaggio che mi è arrivato ieri da una donna che mi ha raccontato ciò che le è accaduto tantissimi anni fa (quindi, non in questi anni): il suo uomo, benestante, suo marito, l'ha massacrata di botte, ma le ha fatto più male, non il fatto che le sia stato rotto il naso, ma vedere i vicini, dopo mezz'ora dall'accaduto, cancellare semplicemente le macchie di sangue dal pavimento: è questa rimozione, questo far finta di niente che uccide di nuovo le donne. Quindi, dobbiamo mantenere alta l'allerta non soltanto il 25 novembre: dobbiamo coinvolgere anche gli uomini in questo percorso e far sì che la nostra società sia più inclusiva, riuscendo finalmente a dare più opportunità alle donne.

Il Parlamento c'è, e sono sicura che ci sarà anche il Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Nel mondo, una donna su tre è vittima di violenza ad un certo punto della propria vita. In Italia, secondo l'Istat, nel 2019, il 30 per cento delle donne italiane aveva subito un atto di violenza nel corso della propria vita, il 5 per cento aveva subito uno stupro o un tentativo di stupro: oltre un milione di donne. La polizia di Stato registra che, ogni 15 minuti, in Italia, viene riportato un caso di stalking, di abuso, di maltrattamento o un tentativo di assalto sessuale. Nella maggior parte dei casi e nei casi peggiori si tratta anche di femminicidi: sono già 103 quest'anno e l'ultimo pochi giorni fa, come ricordava il Presidente Spadoni, ossia il caso di Juana Cecilia Hazana, una trentaquattrenne accoltellata dall'ex, in un parco pubblico di Reggio Emilia.

Nel triennio, che va dal 2017 al 2019, secondo uno studio dell'Istat e del Ministero della Salute, le donne che hanno avuto almeno un accesso al pronto soccorso, riportando un'indicazione di diagnosi di violenze, sono state 16.140, una vera e propria piaga, contro la quale il nostro Paese deve intervenire e che ha portato l'Italia a ratificare, nel 2013, la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la cosiddetta Convenzione di Istanbul. In quella Convenzione, la “violenza nei confronti delle donne” viene qualificata come una “violazione dei diritti umani” e una “forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano (…) danni (…) di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti (…)”.

Presidente, ci avviciniamo al 25 novembre anche quest'anno ed è importante rendersi conto che la pandemia ha aumentato ed aggravato la violenza contro le donne nel nostro Paese, non solo perché la pandemia ha costretto le famiglie a stare in spazi più stretti per più tempo, esponendo figli e donne alla violenza, ma soprattutto in casi di perdita di lavoro e di ristrettezza economica. Infatti, nel 2020, le chiamate al numero “1522”, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate dell'80 per cento rispetto al 2019, con picchi a maggio e ad aprile, ma soprattutto a novembre, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, che celebriamo fra pochi giorni, con riferimento alla quale, l'anno scorso abbiamo riscontrato un raddoppio delle chiamate ai centri di assistenza.

Nei primi 5 mesi del 2020, sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza; questa situazione ha comportato un aumento dell'attenzione del Governo nella lotta alla violenza contro le donne, con il potenziamento del numero “1522”, dell'App YouPol, delle campagne di sensibilizzazione e stanziando ulteriori 5,5 milioni di euro per finanziare interventi urgenti, determinati dalla pandemia, per le case di rifugio ed i centri antiviolenza.

Le conseguenze della pandemia si sono scaricate sulle donne; abbiamo visto che il tema della violenza economica ritorna, perché troppo spesso sono gli uomini a detenere tutto il potere economico nel nucleo familiare e questo comporta per la donna una vera difficoltà a denunciare le violenze in ambito familiare; quindi, è fondamentale sostenere economicamente quelle vittime, per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. Per questo motivo, il gruppo Italia Viva ha presentato un emendamento al “decreto Rilancio” 2020, poi approvato, a prima firma di Lucia Annibali, che ha istituito il reddito di libertà, un aiuto economico mensile, per favorire quei percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne, vittime di violenza, che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità o di povertà, un tema che riprendeva la Presidente Spadoni. Il reddito, inoltre, è stato rifinanziato nella legge di bilancio 2021, con 2 milioni nel 2021 e 2 milioni nel 2022.

Sempre in tale direzione va il “Microcredito di libertà”, promosso dalla Ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, in collaborazione con ABI, Federcasse e l'Ente Nazionale per il Microcredito e la Caritas italiana. Sempre in questa direzione, occorre rafforzare l'educazione finanziaria delle donne, proprio per contrastare la violenza economica e, quindi, permettere loro di riconoscere cosa sia la violenza economica e accelerare il processo di uscita dalla violenza, favorendo percorsi di inclusione ed emancipazione, come appunto indicato dalla Strategia nazionale per la parità di genere e dalla Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.

Inoltre, questo si inserisce in un contesto di molte politiche che il Governo, in questa legislatura, ha adottato a favore della parità di genere, dell'autonomia e dell'emancipazione delle donne. La parità di genere è stata appunto una delle sfide principali affrontate dal Presidente Mario Draghi già nella sua richiesta di fiducia alle Camere. E nel PNRR l'empowerment femminile è oggetto di molti interventi; è una priorità trasversale e sarà un parametro fondamentale per valutare l'efficacia di tutti i progetti.

Per la prima volta l'Italia si è dotata anche di una strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i principi già definiti nella Strategia europea per la per la parità di genere 2020-2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione, della promozione della leadership femminile.

Lo scorso agosto per la prima volta, nell'ambito di un G20, alla conferenza sull'empowerment femminile hanno partecipato tutti i Ministri responsabili per le pari opportunità dei Paesi del G20, affrontando appunto i temi dell'empowerment femminile, dell'autonomia, del welfare e dell'emancipazione delle donne, inclusa la lotta alla violenza contro le donne. Lo scorso ottobre questa Camera ha approvato in via definitiva la legge per la parità salariale fra uomo e donna, anche grazie alla grande sinergia tra Governo e Parlamento, tra la Ministra Bonetti e la relatrice del provvedimento, l'onorevole Gribaudo.

Mentre sul lato della parità fiscale occorre rilevare il primo passo contro quell'abbattimento della tampon tax, una forma di pink tax, di tassa rosa, che affligge fino a oggi le donne italiane e, quindi, riducendo l'aliquota dell'IVA sui prodotti igienici femminili. La settimana scorsa, invece, è stato approvato in Consiglio dei Ministri il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023. Il nuovo Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare per il contrasto al femminicidio, segnalando come prioritarie e urgenti siano la semplificazione e l'accelerazione del percorso dei finanziamenti per i centri antiviolenza e le case rifugio, il monitoraggio e il potenziamento della governance centrale del sistema. Su questo sarà anche fondamentale aumentare i finanziamenti e renderli strutturali, come è stato fatto nella legge di bilancio 2022: non ci sarà più bisogno di rinnovare il finanziamento dei centri antiviolenza di anno in anno, ragione per la quale sappiamo che ancora oggi soltanto il 2 per cento dei fondi 2020 è arrivato a destinazione, quindi è importante agire su questo e la stabilizzazione di questi finanziamenti permetterà un finanziamento più rapido e certo. Senza dimenticare, poi, l'approvazione, nel 2019, del cosiddetto “codice rosso”, la legge n. 69 del 2019. Le riforme del processo civile e del processo penale contengono norme attente ai problemi della violenza di genere e permettono la migliore attuazione, nel nostro Paese, della Convenzione di Istanbul.

Nel complesso, Presidente, rileviamo un impianto normativo forte, solido in tema di violenza maschile sulle donne; il problema è che, poi, i dati e la cronaca continuano a dirci, con evidenza, che gli sforzi fin qui attuati a livello istituzionale non sono ancora riusciti a ridurre questo fenomeno. Spesso le leggi non vengono applicate, o sono applicate troppo tardi. Serve, dunque, una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne. Infatti, l'omicida di Juana Cecilia Hazana era già stato denunciato e condannato per stalking. Un caso simile è quello dello scorso agosto, di Vanessa Zappalà, una ventiseienne di Aci Trezza, in provincia di Catania, uccisa dall'ex fidanzato con sette colpi di pistola; anche in questo caso l'ex fidanzato era stato denunciato ed era destinatario di un divieto di avvicinamento che, però, non è servito a nulla. Vi è, poi, il caso di Sharon Micheletti, una ventinovenne di Ventimiglia uccisa dall'ex, nonostante ci fosse una denuncia per maltrattamenti e varie esternazioni violente di costui sui social, o quello di Deborah Saltori, uccisa con due colpi di accetta alla carotide dal marito da cui si stava separando mentre si trovava agli arresti domiciliari.

Ma non ci sono solo casi di uomini che pensano di possedere le donne, ci sono anche casi di famiglie che pensano di potere imporre e privare della libertà le proprie figlie: è il caso della quattordicenne bengalese di Ostia pestata dai genitori perché si rifiutava di mettere il velo, o il caso di Saman Abbas, la ragazza pachistana di Reggio Emilia scomparsa dopo essersi rifiutata di sposare il cugino.

Quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere; come ci ricorda la narrazione dei media, i fatti di violenza contro le donne sono pervasi da stereotipi di sessismo; spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza: “se l'è cercata”, “portava la minigonna”, “è una è una ragazza conosciuta in paese per essere di facili costumi”. Un sensazionalismo mediatico che accende i riflettori sul fenomeno, ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali e culturali del problema. La donna diventa così vittima due volte: una volta del reato e l'altra volta anche della narrazione che si fa di questo reato. È proprio per combattere il fronte degli stereotipi che, come Italia Viva, abbiamo presentato e, poi, è stato, infine, approvato insieme al Partito Democratico, un emendamento al “decreto Infrastrutture”, il decreto n. 121 del 2021, che vieta le pubblicità in spazi pubblici che abbiano contenuti di messaggi sessisti o violenti, o stereotipati, in genere offensivi e discriminatori con riferimento al genere, all'orientamento sessuale, all'identità di genere, alle abilità, o lesive del rispetto del credo religioso e dell'appartenenza etnica.

La violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, il rispetto della libertà delle donne. Ma non soltanto educazione: c'è neanche bisogno di formazione e soprattutto serve un cambiamento culturale, a partire da polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale, personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare, devono essere sicure di trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza, perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile. Resta, poi, centrale, in un'ottica di prevenzione, agire sul fronte del trattamento degli uomini violenti, che noi sappiamo hanno un tasso di recidiva estremamente elevato; questo è uno dei punti inclusi nella Convenzione di Istanbul. Su questo tema, infatti, è stato approvato un altro emendamento presentato dal gruppo Italia Viva alla legge di bilancio 2021, che autorizza la spesa di 2 milioni di euro per garantire la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari, per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori dei reati contro le donne.

Per concludere, Presidente, in vista del 25 novembre sarà fondamentale lottare contro questa profonda ferita della nostra società, mettendo in campo tutte le iniziative necessarie per raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul nel nostro Paese, dare piena attuazione alla strategia nazionale per la parità di genere e, più specificatamente, sarà importante ampliare con maggiori risorse e rendere strutturale anche il reddito di libertà. Sarà anche fondamentale individuare nuove iniziative per rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza, non soltanto nella fase della denuncia, ma anche nel successivo percorso di assistenza e di cura. Nella mozione approvata da quest'Aula, a prima firma dell'onorevole Elisa Noja, infatti, si evidenzia come le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da 2 a 5 volte superiore alle donne non disabili, spesso nell'ambito delle relazioni domestiche. La violenza contro le donne è una violenza dei diritti umani; una società che non riesce a sradicarla rifondandosi sull'uguaglianza e le pari opportunità tra i sessi è una società perdente. La violenza sulle donne ha radici culturali e sociali antiche, che portano tanti uomini violenti a ritenere che la prevaricazione sia un loro diritto. Per cancellare questo fenomeno occorre una profonda iniziativa culturale, che deve coinvolgere tutte le istituzioni, dalla politica alla scuola. Infine, per questo motivo, mi permetta, Presidente, di ringraziare quelle donne che riescono a farsi carico di questa missione cruciale nelle istituzioni e nella società; una missione ancora più difficile per chi queste violenze le ha subite sulla propria pelle; donne che, però, lavorano ogni giorno per migliorare il nostro Paese; donne come, appunto, la collega Lucia Annibali, in prima fila in Parlamento nella lotta alla violenza sulle donne a cui va il ringraziamento del mio gruppo (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Serracchiani. Ne ha facoltà.

DEBORA SERRACCHIANI (PD). Grazie presidente. Il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana furono uccise 3 attiviste politiche, le sorelle Mirabal: Patria, Minerva e Maria Teresa, per ordine del dittatore Trujillo. Quel giorno le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del servizio di informazione militare; condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio a bordo delle loro auto per simulare un incidente. Nel 1981 nel primo incontro femminista latino-americano e caraibico, svoltosi a Bogotà, in Colombia, venne deciso di celebrare il 25 novembre come la giornata internazionale della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal. Nel 1993 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione per l'eliminazione della violenza contro le donne, ufficializzando la data scelta dalle attiviste latino-americane; nel dicembre del 1999 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la risoluzione sulla base della quale oggi noi ricordiamo il 25 novembre come la giornata internazionale sulla violenza contro le donne. Quando si fissano date così importanti, poi ci si chiede il perché; certamente, per ricordare fatti drammatici e tragici come quelli che ho ricordato e per ricordare quotidianamente a tutti noi il tema di cui hanno molto ben parlato prima di me i colleghi e le colleghe relativo appunto alla violenza sulle donne. Mi verrebbe anche da dire, Presidente, che non c'è bisogno di una data e non c'è bisogno di quella data per ricordare, visto che guardando soltanto ai femminicidi, laddove muore una donna ogni tre giorni, non c'è neanche bisogno di una data che ce lo ricordi.

Purtroppo, infatti, le morti, gli omicidi, le vittime ci ricordano tutto questo quotidianamente, non più tardi di qualche ora fa. Credo, però, che sia importante, per chi come noi legifera, per chi come noi ha a cuore il fatto che il Paese migliori, il fatto che il Paese si modernizzi, il fatto che il Paese superi anche alcune arretratezze culturali, fissare queste date, perché queste date ci aiutano anche a prendere delle decisioni importanti. Vorrei ricordare, ad esempio, quello che è stato fatto comunque negli ultimi 10 anni (qualcuno potrebbe dire anche in ritardo).

Come ricordava prima il collega Ungaro, vi è l'approvazione importante della Convenzione di Istanbul, che è intervenuta a giugno del 2013, con l'importanza che questa convenzione in qualche modo ha tracciato nelle direttive che sono state poi oggetto della legislazione seguita al recepimento della Convenzione di Istanbul. Si tratta di far procedere in parallelo i piani della prevenzione, della protezione delle vittime, della formazione e della repressione - lo ricordava bene prima la Presidente Spadoni - sulla scorta delle indicazioni e dei principi della Convenzione. È per questo, ad esempio, che la legge n. 119 del 2013, per la prima volta ha definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche; infatti, Presidente, nel 2013 avevamo ancora bisogno di stabilire cosa fosse nelle mura domestiche una violenza di genere. Questa legge ha quindi introdotto anche profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con misure di sostegno per le donne e per i minori nella fase processuale. Siamo poi arrivati ovviamente a dotarci di strumenti repressivi ancora più forti, come ricordavano prima le colleghe. Di particolare rilievo è, ad esempio, l'introduzione di un'aggravante per i gravi delitti violenti, da applicare nel caso della cosiddetta violenza assistita, cioè quando la violenza avviene in presenza di minori.

Cito soltanto alcune questioni; ovviamente ce ne sono di molto più profonde, più approfondite, più ampie, ma cito alcuni titoli che sono importanti per capire anche il lavoro che è stato fatto in questi anni. Si è agito infatti, inoltre, introducendo importanti misure di prevenzione, come l'ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quello che già accade per il reato di stalking; l'allontanamento dalla casa familiare e l'arresto obbligatorio in flagranza dell'autore delle violenze. Inoltre, i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking hanno avuto una priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza ed è stato ad essi esteso anche il gratuito patrocinio. È stato istituito, come veniva ricordato, il fondo per il ristoro patrimoniale delle vittime dei reati intenzionali e violenti e, negli ultimi giorni della XVII legislatura, il Parlamento ha approvato anche la legge n. 4 del 2018, che rafforza le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, riconoscendo tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso dal coniuge o altre persone vicine alla vittima.

La medesima legge, inoltre, modifica anche il codice penale, intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali. Con l'entrata in vigore, poi, della legge n. 161 del 2017, quando si è riformato il codice antimafia, agli indiziati di stalking sono state estese e possono essere applicate nuove misure di prevenzione (in particolare, sarà loro applicabile la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e si può utilizzare anche nei loro confronti il cosiddetto braccialetto elettronico).

Ho ricordato tutti questi interventi di prevenzione e di repressione, perché credo che siano stati tutti interventi estremamente importanti, ma tutti non sufficienti. Se, infatti, oggi noi ricordiamo ancora le donne vittime di omicidio, le donne vittime di violenza, vuol dire che tutto quello che è stato fatto fin qui non è ancora sufficiente. C'è una parte che anche la legge migliore non potrà da sola risolvere ed è l'aspetto culturale di questa vicenda. Io condivido quello che ho letto anche nelle mozioni che sono già state depositate e in quella che depositeremo come Partito Democratico. È così che riteniamo tutti di dover chiedere, ad esempio, di intervenire profondamente sul tema dell'educazione, del superamento degli stereotipi, partendo dalle scuole, anche dalle scuole dei più piccoli, perché è lì che si formano i cittadini di domani ed è lì che uomini e donne futuri capiscono, si orientano, intendono il tema della violenza e riescono anche in qualche modo ad avere relazioni importanti con i propri compagni e con le proprie compagne, senza che queste relazioni siano distorte o - mi verrebbe da dire - cattive.

Quindi, tanta educazione e formazione. Come veniva ricordato prima, educazione e formazione nei confronti di tutti coloro che poi hanno a che fare con la donna, vittima di violenza, e con i figli. Abbiamo parlato dei magistrati, abbiamo parlato della Polizia, abbiamo parlato degli operatori sanitari; ma tutte queste persone sono state bambini o bambine e se tutte queste persone, da piccoli, fossero state educate alla non violenza nei confronti del prossimo, alla non violenza nei confronti delle compagne o dei compagni, magari noi oggi conteremmo meno morti e meno vittime. A questo fine, credo che sul tema dell'educazione scolastica la sensibilizzazione di tutti debba essere superiore a quella avuta fin qui.

Come ricordavano prima la collega Marrocco e la presidente Spadoni, c'è poi un tema: è chiaro che una donna vittima di violenza che ha difficoltà legate alla non indipendenza economica è una donna che è doppiamente vittima della violenza che subisce, perché non è in grado da sola di liberarsene. Per questo motivo è stato importante, ad esempio, anche il lavoro che abbiamo cercato di fare in questi anni proprio sulla possibilità per le donne di raggiungere quell'indipendenza economica, anche con un aiuto, perché, ahimè, purtroppo in alcune circostanze è necessario quell'aiuto.

È anche necessario superare, tra i vari stereotipi esistenti, anche quello, su cui tutti siamo concordi, che a parità di condizioni e di mansioni una donna, dal punto di vista retributivo, guadagni sempre di meno rispetto ad un uomo. Da qui l'importanza della legge, che ricordavano prima i colleghi Ungaro e Spadoni, approvata proprio da questo ramo del Parlamento qualche settimana fa, sulla parità salariale; importante perché crea le condizioni affinché, rispetto a questo gap, questa differenza retributiva tra uomini e donne, si possa finalmente superare. Superare, quindi, questo stereotipo che dà per scontato che le donne debbano essere pagate di meno o che debbano svolgere sempre un'attività lavorativa meno importante rispetto a quella svolta dagli uomini.

Occorre poi mettere in campo - lo sa benissimo la Ministra Bonetti - attraverso il Family Act, ma non soltanto, tutti gli strumenti di welfare, di protezione sociale e di aiuto alla famiglia, a partire, ad esempio, dall'assegno unico che sono convinta potrà essere uno strumento utile e positivo, anche per le famiglie in difficoltà nelle quali magari ci sono donne che sono vittime di violenza o che hanno una relazione malsana all'interno di quella famiglia.

Cosa serve? Sicuramente servono stanziamenti adeguati, su cui dobbiamo fare di più e meglio, soprattutto se è vero quello che abbiamo letto sui centri antiviolenza. Non è possibile che ci siano ancora questi ritardi e che quegli istituti, quei centri non abbiano i fondi esattamente come tutti vorremmo che avessero, cioè in forma strutturale e tempestiva.

È necessario fare di più rispetto al finanziamento di questi centri, proprio perché questi sono spesso il presidio non solo di legalità, ma il primo luogo nel quale la donna può recarsi per chiedere aiuto; sono luoghi dove ci sono grandi competenze, dove ci sono grandi sensibilità, dove c'è davvero la possibilità di ricostruire una vita e di consentire a quella donna di superare momenti di grande difficoltà.

L'aspetto culturale, quindi, prima di tutto e da parte nostra sollecitare il Governo - approfitto della presenza della Ministra – a rafforzare tutte quelle misure processuali per garantire le vittime e per prevenire la commissione di gravi reati - veniva prima ricordato l'ultimo drammatico evento di Reggio Emilia -, in modo da superare le lacune normative che il codice rosso indubbiamente ha, altrimenti oggi non parleremmo probabilmente di quelle morti.

Mi permetto anche di ricordare la grande opportunità che abbiamo in questo momento – faccio riferimento alle risorse - del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dico ciò non perché tale Piano è la panacea di tutti i mali, ma perché abbiamo chiesto - è una condizionalità che come Partito Democratico abbiamo posto - di fare molta attenzione all'occupazione femminile e giovanile; abbiamo le risorse, c'è la possibilità di modernizzare il Paese, partiamo dalle persone più fragili, dalle categorie che in questo momento sono maggiormente colpite dalla pandemia, e le donne sono tra queste. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha oggettivamente le risorse utili per questo salto di qualità, anche culturale, che per troppo tempo il Paese non ha fatto.

Concludo Presidente, con un ringraziamento. Desidero ringraziare la presidente Valeria Valente e tutti i colleghi e le colleghe, senatrici e senatori, che fanno parte della Commissione d'inchiesta sul femminicidio perché hanno svolto un lavoro prezioso in questi anni. Nei prossimi giorni presenterà un rapporto, una relazione che è estremamente interessante. È stata intitolata La risposta giudiziaria ai femminicidi in Italia, e perché è importante questo rapporto? Perché parte dallo studio dei fascicoli delle indagini, proprio per mettere l'accento su quelle criticità, difficoltà e lacune che oggi non permettono di proteggere le persone, le donne in difficoltà. Presidente, sa qual è uno dei dati più drammatici che risultano da questa relazione, da questo rapporto? Che il 63 per cento delle donne vittime di violenza non ha mai parlato della violenza con nessuno, cioè non ha semplicemente non denunciato, ma non ha parlato di quella violenza neppure con la sorella oppure con un'amica, e questo perché? Perché, quando diciamo che dobbiamo affrontare il tema anche e soprattutto sotto il profilo culturale, questo è: non colpevolizzare le donne, superare quegli stereotipi, aiutare quelle donne e cercare di farle sentire assolutamente una parte integrante e importante della comunità nella quale vivono.

Mi permetto quest'ultimissima considerazione: è importante che si superino tutte le lacune che questo Paese culturalmente ancora ha; sono tantissime e sono all'origine di alcuni errori a cui assistiamo anche quotidianamente, ma nulla può essere dato per scontato.

Recentemente mi è capitato di poter acquisire, attraverso un centro antiviolenza, alcune informazioni su una sorta di questionario che era stato fatto nelle scuole superiori di una città italiana; ebbene, alla domanda fatta a queste ragazze di 14, 15, 16 e 17 anni se trovassero giusto che il loro compagno di classe, il loro amichetto o il loro moroso, come si dice in alcune regioni, desse loro uno schiaffo, la risposta era: “sì, perché evidentemente ho fatto qualcosa di sbagliato”. Ecco, non diamo per scontato nulla, perché nulla è stato conquistato abbastanza e questo deve essere un momento nel quale, senza nessuna divisione, nessun colore politico, nessuna diversità, facciamo tutti un passo in avanti per aiutare, non tanto e non solo noi, sono tante le donne da aiutare, ma soprattutto quelle figlie e quelle nipoti che hanno dato per scontate libertà che oggi vengono messe in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Presidente, Ministra Bonetti, in vista del 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, vorrei richiamare la sua attenzione sulla decisione di un pubblico ministero che, davanti alla denuncia di una donna islamica che per anni ha subito violenze, maltrattamenti, che veniva costretta a indossare il velo integrale, che era segregata in casa, che non aveva la possibilità di muoversi liberamente e di scegliere il meglio per la propria vita, di fronte a quella denuncia, il pubblico ministero decide di richiedere l'archiviazione e dice: “La condotta di costringere a tenere il velo integrale rientra nella cultura di questa coppia, di questi protagonisti”.

Allora, Ministra Bonetti, questo non accade in Afghanistan, questo non accade in una nazione che non riconosce i diritti umani, questo non accade in un luogo lontano dall'Italia e sconosciuto ai più; questo accade a Perugia, accade nella nostra Italia, questo accade a una coppia islamica, marocchina, che vive qui in Italia da anni.

Ministra Bonetti, io vorrei che lei si unisse a noi, a Fratelli d'Italia, a tutte le persone che in maniera netta, chiara e decisa sottolineano come non c'è nulla di accettabile, non c'è una cultura che possa essere accettata quando quella cultura nega ad una donna la libertà di potersi esprimere, di scegliere, quando quella cultura viola i diritti umani fondamentali.

Quella non è cultura! Quello che abbiamo ascoltato dalle parole di quel PM è inaccettabile e vergognoso in uno Stato di diritto, in uno Stato come l'Italia che riconosce i diritti umani, che ha ratificato, nel 2013, la Convenzione di Istanbul che dice che ogni persona deve essere protetta e deve essere libera; e i principi cardine sono la prevenzione, la protezione e la certezza della pena in tutti i casi di violenza, di maltrattamento e di abuso psicologico e fisico. Quella decisione del pubblico ministero è vergognosa, perché non c'è nulla di culturale quando una donna viene costretta a essere coperta da un burqa. Non c'è nulla che possa essere richiamato a una cultura accettabile quando una donna è costretta a camminare dieci passi dietro al marito. Non c'è nulla di culturale quando una donna, nella nostra Nazione, non ha la possibilità di imparare l'italiano e, imparando l'italiano, di interfacciarsi nei servizi educativi con le insegnanti e con le educatrici, di potersi prendere cura al meglio dei propri figli conoscendo la cultura della Nazione che l'ha accolta, vedendo che in quella Nazione vengono rispettate le leggi di quella Nazione; perché la segregazione di una donna, in Italia, dalle leggi è perseguita.

Allora, quando noi parliamo di violenza, di abuso e di maltrattamento parliamo di donne come questa signora islamica marocchina che vive a Perugia, oppure parliamo della scomparsa di Saman, sempre quest'anno, qualche mese fa, una ragazza che viveva sul nostro territorio nazionale e che voleva vivere scegliendo per sé il meglio, andando a scuola, potendo avere delle relazioni con persone di religione diversa dalla propria e che misteriosamente è scomparsa, a fronte di una famiglia islamica che non l'ha accettata, oppure parliamo della ragazza di Ostia - è di questi giorni - che a 14 anni denuncia il proprio fratello e anche la propria madre perché viene picchiata e perché è costretta, anche lei, a dover indossare il velo integrale.

Allora le colpe di una magistratura che motiva così le richieste di archiviazione sono particolarmente gravi, perché questi aspetti non vengono proposti da una persona deviata, da qualcuno che certamente necessita dell'intervento della giustizia e del miglior legislatore. Questo tipo di comportamenti e di azioni, che invece le leggi in Italia non riconoscono in modo giusto e appropriato, viene proposto da chi dovrebbe far sì che la legge venga sempre e comunque rispettata, soprattutto quando si tratta di violazione dei più fragili. Allora, quando parliamo di vittime di violenza purtroppo parliamo di una questione che è annosa, orribile e che ha delle recrudescenze continue, parliamo certamente anche di vittime di violenza, come la donna di 34 anni che a Reggio Emilia in questi giorni è stata uccisa da un ventiquattrenne italiano, che l'ha prima strangolata e poi l'ha uccisa a coltellate. Anche qui c'è tanto da riflettere, perché quella donna aveva denunciato, perché quell'uomo era stato arrestato 2 volte, perché era stato condannato per stalking, e nonostante questo purtroppo quella donna ha perso la vita. Ci dobbiamo interrogare? Sì, tantissimo Ministro. Ci dobbiamo interrogare perché evidentemente le tanti leggi e i tanti fondi stanziati non hanno raggiunto l'obiettivo, che è quello di salvare la vita delle donne. La questione è certamente, da una parte, culturale e, dall'altra, anche economica, di stanziamento di fondi, ma laddove i fondi devono essere erogati.

È culturale perché la questione è che tutti questi uomini hanno in comune un aspetto: considerano la donna come un oggetto di loro possesso e questo, purtroppo, a volte si sposa con un'altra questione, con una percentuale troppo alta di donne, anche molto giovani, che giustificano i comportamenti di abuso o di maltrattamento perpetrati da parte degli uomini. Cosa dovremmo fare? Un'imponente campagna di prevenzione nelle scuole di ogni ordine e grado. Ma come? Non con delle giornate spot, non con della formazione precaria e sporadica ma inserendo nel nostro sistema scolastico di ogni ordine e grado un'educazione all'intelligenza emotiva, un'educazione che vada verso il contrasto della discriminazione e di ogni tipo di violenza, un'educazione che consenta ai nostri ragazzi di imparare a conoscere se stessi, le proprie emozioni, a gestirle, a gestire anche la propria rabbia, la frustrazione, la delusione. Questo si fa inserendo nelle scuole un percorso di educazione all'intelligenza emotiva, inserendo il servizio di psicologia scolastica. L'Italia è l'unica, tra le Nazioni occidentali più evolute, che non ha uno psicologo scolastico. Quando noi parliamo di violenza e di aspetti culturali, parliamo sempre dell'importante funzione della scuola nel contrastare e nell'intervenire in maniera preventiva nei fenomeni di violenza e di maltrattamento. Ma non possiamo scaricare sulla scuola, sulle insegnanti, sui dirigenti scolastici questo compito, senza risorse umane e risorse economiche. È ora che l'Italia si adegui e intervenga in maniera massiva, pensando che i nostri giovani hanno bisogno, sì, di nozioni e di apprendimenti ma, prima di tutto, hanno bisogno di conoscere se stessi e di apprendere come poter gestire la propria vita e le proprie emozioni, facendo sì che diventi qualcosa di meraviglioso e non un limite per sé e un limite per gli altri.

Rispetto alle questioni economiche, Ministro, lei sa bene che sono stati, sì, stanziati fondi importanti, i fondi per i centri antiviolenza. Sono stati stanziati, nel 2020, 27,5 milioni di euro. Lei sa anche bene che però di questi fondi è stato erogato solo il 2 per cento. Lei sa bene, Ministro, che, per quanto riguarda l'emergenza sanitaria, sono stati stanziati, sempre nel 2020, fondi straordinari per le spese straordinarie di quei centri per 3 milioni di euro e ne sono stati liquidati l'1 per cento. Lei, Ministro, sa bene che il reddito di libertà, cioè quello strumento per sostenere le donne nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, pari a 3 milioni di euro, sempre stanziato nel 2020, certamente è stato stanziato - dovevano essere 400 euro per 12 mesi - ma, in realtà, questi fondi non sono mai stati distribuiti perché mancavano le circolari dell'INPS che definissero le modalità e i requisiti. Solo pochi giorni fa l'INPS ha deciso i dettagli. E, allora, qui c'è un'altra questione. Le risorse che vengono stanziate, tra l'altro, sono insufficienti. Per esempio, è stato visto con una quantificazione che, per arrivare a ciascuna donna che ne ha bisogno, per il reddito di libertà si dovrebbe prevedere uno stanziamento di 48 milioni di euro, in luogo dei 3 milioni stanziati. Posto il fatto che, certamente, ci sarebbe bisogno di più fondi, il problema è che quelli stanziati non arrivano. Allora, c'è un problema di agibilità della macchina istituzionale ed amministrativa. La questione deve essere una priorità per tutti. Lei era intervenuta lo scorso anno per i fondi del 2019, aveva attuato una procedura accelerata e, infatti, i fondi per i centri antiviolenza del 2019 sono stati erogati nella misura del 56 per cento.

Questo, Ministro, mostra chiaramente che, se si vuole, si può, ma si deve volere. E allora c'è necessità di far sì che il contrasto alla violenza sia una priorità dal punto di vista culturale, perché ciascuno di noi è responsabile: proteggere la vittima è un dovere di tutti. Poi vi è una questione di carattere economico-amministrativo, sulla quale le istituzioni, a tutti i livelli, sia nazionale, regionale e comunale, devono porre un'attenzione primaria, e mi riferisco alla protezione delle vittime di violenza, agli interventi di prevenzione e di contrasto, che rappresentano una priorità per rendere ciascuna donna libera di potersi autodeterminare, crescere, vivere, e quindi far parte anche del tessuto produttivo di questa Nazione.

Conto su un suo intervento, non soltanto in occasione del 25 novembre, e quindi della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ma ogni giorno del suo mandato, finché le sarà data possibilità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la Ministra per le Pari opportunità e la famiglia.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Grazie, Presidente. Mi permetta di ringraziare innanzitutto le deputate e i deputati che ho avuto modo di ascoltare nella discussione e i firmatari che hanno presentato le mozioni che ho avuto modo di leggere. Si conferma ancora una volta quanto questo Parlamento sia profondamente e trasversalmente impegnato nel promuovere azioni strategiche nel nostro Paese che davvero portino a compimento quell'impegno imposto dalla nostra democrazia e dalla nostra Costituzione, che è quello di ripudiare qualsiasi forma di violenza contro le donne, che davvero non può essere giustificata in alcun modo e che deve essere rimossa. Fosse anche una sola donna rimasta vittima di violenza: a quella donna andrebbe tutto il nostro impegno.

L'impegno che ci viene chiesto come Governo è importante. Il Governo, mi permetta di confermare, c'è; c'è nel fare tutto quello che è possibile e che possiamo fare per dare pieno compimento a questa urgenza che si sta evidenziando sempre più nel nostro Paese.

L'Italia è stata tra i primi Paesi a ratificare la Convenzione di Istanbul, di cui celebriamo il decennale, ed è pienamente e convintamente impegnata anche in ambito internazionale e europeo non solo nel confermare la propria adesione, ma nell'implementare costantemente, attraverso le leggi e anche le politiche attive, l'attuazione della Convenzione stessa. Per questo mi permetto di ricordare, proprio perché è stato sollecitato dagli onorevoli intervenuti, che il Governo quest'anno, nella legge di bilancio, propone al Parlamento un testo, l'articolo 38, che prevede di rendere strutturale il Piano strategico nazionale di contrasto alla violenza maschile contro le donne, definendo in modo chiaro una governance per lo stesso Piano, una cabina di regia, un osservatorio istituito presso il Dipartimento delle pari opportunità e conseguentemente la definizione strutturale e stabile del finanziamento per le regioni, quindi per la rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio che rappresenta, come è stato confermato, la rete di sicurezza, di presidio nell'azione del nostro Paese nel contrastare la violenza contro le donne.

Il nuovo Piano nazionale che il Consiglio dei Ministri la settimana scorsa ha varato è quindi per l'ultima volta stato proposto per iniziativa dell'autorità politica delegata e, se il Parlamento confermerà, sarà d'ora in poi previsto a norma di legge in modo stabile e strutturale. Dentro questo Piano si ripropongono gli assi propri della Convenzione di Istanbul; in particolare, è stata sottolineata - e lo voglio confermare - l'azione che in relazione a questo Piano il Governo ha portato avanti sull'educazione, a partire dai primissimi anni di vita; un'educazione e una formazione degli operatori, tutti gli operatori, a tutti i livelli, per evitare quei fenomeni che, purtroppo, abbiamo avuto modo di riscontrare, che la “Commissione femminicidio” ha bene denunciato ed evidenziato con dati e indagini proprie tra cui, ad esempio, la vittimizzazione secondaria o l'introduzione della PAS come uno degli elementi di valutazione all'interno delle CTU. Accanto a questo ci sono azioni sistemiche che vanno portate avanti nel promuovere il contrasto alla violenza economica, definita violenza economica dall'ultima risoluzione anche dell'ILO, che questa Camera ha già ratificato. La violenza economica si contrasta innanzitutto con il pieno compimento di una parità di genere e con la promozione del lavoro femminile. Quindi, importante, importantissimo è il richiamo che è stato fatto alla legge sulla parità salariale, che è stata approvata in via definitiva, in prima lettura, proprio da questa Camera. Il reddito di libertà e il microcredito di libertà sono strumenti importanti, ora implementati. Sul reddito di libertà ad oggi gli stanziamenti sono di 7 milioni; è evidente che è una misura che ha avuto un inizio di carattere sperimentale, ma che auspico anche il Parlamento possa voler rendere strutturale con adeguati finanziamenti successivi.

È stato richiamato il tema del finanziamento alla rete dei centri antiviolenza. Mi permetto, quindi, doverosamente di dare conto anche di un monitoraggio che, per la prima volta, ho voluto introdurre con riferimento al decreto di riparto dei fondi stessi, a partire dal primo decreto di riparto, dal DPCM del 4 dicembre 2019 che ha stanziato 30 milioni di euro e, successivamente, 28 milioni per il 2020 e 30 milioni invece per il 2021. Per quanto riguarda questo primo decreto, come è stato ricordato, le risorse sono state interamente erogate alle regioni all'inizio del 2020. Al 31 gennaio 2021 - prima data di rendicontazione da parte delle regioni – è risultato al nostro Dipartimento che le regioni hanno impegnato il 94 per cento dei fondi stanziati e che, di questo 94 per cento, il 44 per cento è stato effettivamente erogato ai centri antiviolenza. Siamo in attesa, a fine novembre, della rendicontazione per quanto riguarda i fondi del 2020 ed ugualmente il meccanismo di monitoraggio è stato inserito nel 2021. Ricordo anche che, sempre all'interno di questi decreti, è stata poi prevista una clausola di intervento, laddove le regioni non ottemperino agli impegni presi all'interno di questo riparto. È altrettanto evidente che il lavoro in profonda sinergia, che stiamo portando avanti in particolare con la Ministra Gelmini, potrà certamente trovare forme che ulteriormente ottimizzino questo percorso, perché è urgente, come avete bene evidenziato, che i fondi arrivino in modo stabile. Averli resi strutturali - 30 milioni all'anno in modo strutturale alle regioni - è evidente che rappresenta un passo importante nella direzione di una programmazione sistemica del nostro Paese.

Per quanto riguarda l'avviso COVID del 2020, che aveva l'obiettivo di dare risposta piena e pronta alle spese sostenute dai centri antiviolenza, ad oggi il Dipartimento per le pari opportunità ha già erogato 1 milione 772 mila euro circa, che corrisponde ad un 97 per cento del totale delle richieste da parte dei centri antiviolenza; la parte mancante è dovuta a richieste non conformi, da un punto di vista della regolamentazione, all'avviso del bando. Quindi, è un bando che alla fine ha avuto una richiesta, con uno stanziamento di 5,5 milioni, ma la richiesta avanzata è stata di circa 2 milioni. È evidente che l'impegno di sostegno alla rete dei centri antiviolenza sia importante e, a tale riguardo, come anche sollecitato dagli onorevoli intervenuti, confermo ulteriormente l'impegno del Governo. È un impegno che non si può certo ascrivere solo a questa settimana; è altrettanto evidente che oggi, in questa giornata che apre la settimana in cui vi sarà la data del 25 novembre che non ha semplicemente un carattere simbolico, si testimonia che le istituzioni vogliono e possono rispondere ad un fenomeno urgente e che, quindi, hanno la responsabilità di farlo fino in fondo. Sono certa che la piena collaborazione tra Parlamento e Governo potrà permettere di fare ulteriori passi avanti in questa direzione per tutte le donne, le ragazze e le bambine, quelle di oggi e quelle di domani (Applausi).

PRESIDENTE. Si è così conclusa anche questa parte dei nostri lavori.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 23 novembre 2021 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 14,30)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 2401 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 settembre 2021, n. 130, recante misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale (Approvato dal Senato). (C. 3366​)

Relatore: GALLI.

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 1662 - Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata (Approvato dal Senato). (C. 3289​)

e delle abbinate proposte di legge: COLLETTI ed altri; CATALDI; COLLETTI ed altri; MELONI ed altri; COLLETTI. (C. 1424​-1427​-1475​-1961​-2466​)

Relatrici: ANNIBALI e CRISTINA.

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

PELLA ed altri: Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limitazione del mandato dei sindaci e di controllo di gestione nei comuni di minori dimensioni, nonché al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità di incarichi negli enti privati in controllo pubblico. (C. 1356-A​)

e delle abbinate proposte di legge: SILVESTRONI ed altri; CIABURRO ed altri. (C. 2071​-2240​)

Relatori: BERTI, per la I Commissione; BITONCI, per la V Commissione.

5. Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 1 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: AMATI ed altri: Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo (Approvata dal Senato). (C. 1813​)

e dell'abbinata proposta di legge: FORNARO. (C. 445​)

Relatore: UNGARO.

6. Seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare:

FORMENTINI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dello scoppio della pandemia di COVID-19 e sulla congruità delle misure adottate dagli Stati di origine del virus SARS-CoV-2 per evitarne la propagazione nel mondo. (Doc. XXII, n. 42-A)

Relatori: FORMENTINI, per la III Commissione; STUMPO, per la XII Commissione.

7. Seguito della discussione della mozione Cabras ed altri n. 1-00456 concernente iniziative in relazione al caso di Julian Assange .

8. Seguito della discussione delle mozioni Giarrizzo ed altri n. 1-00424, Lollobrigida ed altri n. 1-00466, Capitanio ed altri n. 1-00467, Bruno Bossio ed altri n. 1-00468 e Giuliodori ed altri n. 1-00479 in materia di infrastrutture digitali efficienti e sicure per la conservazione e l'utilizzo dei dati della pubblica amministrazione .

9. Seguito della discussione delle mozioni Nardi ed altri n. 1-00538 e Terzoni ed altri n. 1-00547 concernenti iniziative in materia di incentivi volti a favorire gli interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica e antisismica del patrimonio edilizio .

La seduta termina alle 16,45.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: DARIO GALLI (A.C. 3366​)

DARIO GALLI, Relatore. (Relazione – A.C. 3366​). Onorevoli colleghi, l'Assemblea questa mattina avvia l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 27 settembre 2021, n. 130, adottato dal Governo al fine di contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale. Il provvedimento è stato approvato dal Senato a seguito di un lavoro ampio e approfondito che non è stato possibile svolgere anche alla Camera, come purtroppo è accaduto altre volte in questa legislatura. Ritengo, comunque, che il testo all'esame dell'Assemblea sia condivisibile e rappresenti di fatto, per quanto sul tema in oggetto siano necessari e auspicabili altri interventi in un prossimo futuro, ciò che era possibile fare in questo momento.

Ciò premesso, faccio presente che presso la Commissione attività produttive, in sede referente, si è svolto, comunque, un confronto che ha consentito di far emergere le diverse posizioni.

Segnalo, preliminarmente, che il provvedimento oltre alle misure volte a contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale, include altre norme di cui darò conto più oltre. Evidenzio, comunque, che l'intervento principale resta quello nel settore elettrico e del gas. Come sottolineato dalla stessa ARERA, i prezzi dell'energia elettrica in Italia in particolare, ma anche in Europa, seguono i corsi del mercato del gas naturale (e di quello dei permessi di emissione), che costituisce la fonte degli impianti di produzione marginali. Tuttavia la problematica travalica i confini nazionali: segnalo, solo per restare nel conteso europeo, che spiccano per la più marcata dipendenza dal gas i Paesi Bassi (59 per cento nel 2019), l'Italia (48), il Regno Unito (40) e la Spagna (31). I prezzi all'ingrosso del gas in Europa hanno avuto un picco ad ottobre, registrando un livello 5 volte maggiore a quello di inizio anno.

L'impennata dei costi ha riaperto e posto al centro del dibattito tante questioni, dallo sviluppo delle fonti alternative agli interventi di carattere europeo per la sicurezza delle forniture. In tal senso, ad esempio, ricordo che lo scorso 13 ottobre la Commissione europea ha annunciato una serie di misure per garantire una migliore preparazione di fronte alle fluttuazioni dei prezzi del gas e per ridurre la dipendenza della UE dai combustibili fossili, basata sull'intento di facilitare l'accesso transfrontaliero alla capacità di stoccaggio, procedere all'acquisto congiunto di riserve di gas per creare delle riserve strategiche, e sostenere lo sviluppo di tecnologie e infrastrutture dello stoccaggio di energia elettrica. Osservo, tuttavia, che si tratta di interventi di prospettiva (per quanto in corso di forte accelerazione), che richiedono infrastrutturazioni e sviluppi tecnologici adeguati, oltre naturalmente alle variabili politiche a tutti note, basti ricordare che le importazioni di gas dalla Russia, che incidono per più della metà delle importazioni complessive europee, non sono state al passo con l'aumento della domanda europea, anche per effetto delle condizioni climatiche particolarmente rigide in Russia.

È però necessario, nell'immediato, assicurare che la ripresa che sta seguendo il lockdown non si arresti alle prime battute, anche intervenendo per raffreddare il costo dell'energia per i consumatori, domestici e non. Sotto tale profilo, infatti, se è evidente che il provvedimento ha finalità sociali, è altrettanto evidente che svolge un ruolo significativo anche nei confronti del mondo produttivo. Una crisi in questo momento non sarebbe un semplice incidente di percorso, ma un vero e proprio trauma. Ciò è tanto più vero nel momento in cui si tiene presente che il tessuto produttivo del Paese è composto di piccole e medie imprese, moltissime delle quali piccolissime, che non sempre hanno spalle così robuste per fronteggiare un drastico aumento dei costi dell'energia necessari per la produzione se non a scapito della loro competitività, marginalizzandole sui mercati e compromettendo i loro conti fino alla possibile chiusura. Solo per fare alcuni esempi, evidenzio che nel corso del dibattito in X Commissione sono state poste all'attenzione le situazioni sempre più critiche che taluni settori di imprese di altissimo profilo qualitativo e di eccellenza del made in Italy stanno vivendo in conseguenza dei recenti aumenti del prezzo dell'elettricità e, soprattutto, del gas. Mi riferisco, in particolare, al grave stato di crisi che affrontano le vetrerie di Murano, un settore svantaggiato composto di piccole e piccolissime imprese che si trova a combattere contro la sleale concorrenza dei falsi prodotti soprattutto in Cina, al settore della ceramica ma anche alle acciaierie e alle imprese operanti nel settore metallurgico.

Sottolineo che il problema dei livelli di prezzo dell'energia sembra riguardare non solo questo scorcio del 2021 ma anche l'immediato futuro. Voglio solo ricordare che, relativamente all'incremento del costo dell'energia, nella recente audizione dell'ARERA del 10 novembre 2021, il presidente Besseghini ha fatto presente che “i dati disponibili confermano, pur con una forte volatilità su base settimanale, la tendenza a ulteriori rialzi dei prezzi dell'energia attesi per il primo trimestre del prossimo anno; inoltre, le quotazioni di medio periodo lasciano, ad oggi, intravedere un processo ancora lento di riallineamento verso prezzi più bassi, con prezzi del gas naturale superiori ai 40 EUR/MWh per tutto il 2022, per poi scendere verso i 30 EUR/MWh solo nel 2023”. Anche se è stato precisato che - più che di una previsione - si tratta di una analisi dei dati attualmente disponibili appare evidente lo stato di difficoltà, posto che le quotazioni da poco riportate dal presidente Bessegnini vedono ancora “prezzi medi attorno ai 170 EUR/MWh per tutto il periodo invernale, per poi scendere intorno ai 110 EUR/MWh a partire dal mese di aprile 2022”.

Faccio presente che la crisi dei prezzi del gas e dell'energia è al centro dell'attenzione del Parlamento già da tempo. Solo per restare all'impegno della Camera dei deputati, ricordo l'approvazione, lo scorso 223 settembre 2021, della mozione Davide Crippa, Patassini, Benamati, Squeri, Moretto, Baldini, Timbro ed altri n. 1-00510 (Nuova formulazione), con la quale si era impegnato il Governo: 1) a proseguire nell'utilizzo equilibrato del maggior gettito derivante dalla vendita all'asta delle quote di anidride carbonica per calmierare i prezzi delle bollette per cittadini e piccole e medie imprese, ferme restando le risorse destinate a interventi strutturali per la decarbonizzazione anche dei settori industriali manifatturieri; 2) ad adottare iniziative per introdurre, in questa fase emergenziale, nel prossimo provvedimento utile, un meccanismo volto ad abbattere il costo delle bollette di energia elettrica e gas, sia operando sugli oneri di sistema, sia mediante una riduzione dell'imposta sul valore aggiunto applicata oggi sul totale del costo finale del servizio, incluse le accise che già concorrono ad aumentare il prezzo finale; 3) ad attuare celermente, per quanto di competenza, il superamento del modello di riscossione degli oneri di sistema nella disponibilità ai venditori, previsto dalla legislazione vigente, al fine di garantire un sistema di finanziamento degli stessi efficace, equo e socialmente sostenibile, nonché per intervenire in sede europea per migliorare la normativa in tema di certificati ETS al fine di sostenere la ripresa economica italiana; 4) ad adottare iniziative per adeguare l'importo dei bonus sociali, anche prevedendo sistemi di compensazione economica, al fine di evitare un eccessivo aggravio dei costi per i clienti finali; 5) a verificare, per quanto di competenza, con adeguato e periodico monitoraggio che l'aumento dei prezzi finali delle bollette derivi effettivamente da aumento dei costi di produzione dell'energia.

Ricordo altresì che nella medesima data è stata approvata anche la mozione 1-00513 Lollobrigida, Meloni e altri (Nuova formulazione), con la quale si impegna tra l'altro l'Esecutivo: 1) a ricercare ulteriori soluzioni per scongiurare l'aumento dei prezzi delle bollette, così da evitare nuovi aggravi economici per i nuclei familiari e le imprese italiane; 2) ad adottare iniziative progressive di contenimento del costo finale dei prodotti energetici riducendo il peso fiscale delle accise e dell'Iva all'aliquota più bassa oggi consentita dalla normativa europea; 3) a perseguire idonee politiche, anche e soprattutto a livello europeo, volte ad evitare che la transizione green rechi effetti eccessivamente distorsivi del mercato energetico e, di conseguenza, vada a penalizzare aziende e famiglie.

Venendo al contenuto del decreto-legge, evidenzio che questo – a fronte di un aumento superiore al 45 per cento della bolletta dell'elettricità e di oltre il 30 per cento di quella del gas - consente di limitare l'impatto della crescita dei prezzi delle materie prime a +29,8 per cento per la bolletta dell'elettricità e a +14,4 per cento per quella del gas. Dal punto di vista sociale, le misure contenute nel decreto – per un impatto pari a complessivi 3,5 miliardi di euro, includendo la riduzione dell'IVA sul gas - permettono un impatto positivo per 29 milioni di famiglie e 6 milioni di utenze elettriche “non domestiche”, essenzialmente microimprese e piccole imprese. Importantissima anche la neutralizzazione integrale dell'aumento dei prezzi per i titolari dei bonus sociali, ossia i clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute. Segnalo che per la famiglia tipo l'annullamento degli oneri di sistema per il quarto trimestre 2021 ha avuto l'effetto di mitigare, di almeno il 12 per cento, la spesa totale per l'elettricità, che ha consentito di controbilanciare in parte l'aumento della componente relativa al prezzo dell'energia elettrica.

Quanto al suo articolato, ricordo che l'articolo 1, comma 1, conferisce, anche per il IV trimestre 2021, alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), l'importo di 1.200 milioni di euro destinati a parziale compensazione degli oneri generali di sistema per tutte le utenze elettriche, di cui 700 milioni specificamente destinati al sostegno delle misure di incentivazione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. Si tratta di somme originate dai proventi delle aste delle quote di emissione di anidride carbonica (CO2) di competenza del Ministero della transizione ecologica (MITE). Gli ulteriori 500 milioni sono trasferiti a CSEA entro il 15 dicembre 2021. Il comma 2 prevede che l'ARERA provveda ad annullare, per il IV trimestre 2021, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW. A tal fine, entro il 15 dicembre 2021, sono trasferite a CSEA ulteriori risorse, pari a 800 milioni di euro.

L'articolo 2 riguarda il settore del gas: al fine di contenere per il IV trimestre 2021 gli effetti degli aumenti dei prezzi, il comma 1 prevede la riduzione dell'aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali. Il comma 2 prevede che ARERA provveda a ridurre, per il medesimo trimestre, le aliquote relative agli oneri generali gas fino a concorrenza dell'importo di 480 milioni di euro. Tale importo è trasferito a CSEA entro il 15 dicembre 2021.

L'articolo 3 assegna all'ARERA il compito di rideterminare, per il trimestre ottobre-dicembre 2021 le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute e la corrispondente compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale. È previsto un onere di 450 milioni di euro, trasferito entro il 15 dicembre 2021 alla CSEA.

Il Senato ha aggiunto l'articolo 3-bis, che estende anche ai contratti di fornitura e ai contratti in essere o stipulati entro il 31 dicembre 2022 con Stati non appartenenti all'Unione europea ma con essa direttamente interconnessi ovvero in Stati aderenti al Trattato di Atene del 25 ottobre 2005 (Comunità dell'energia), la disciplina sulla clausola di «close-out netting», che diviene pertanto valida ed efficace anche in caso di concorrenza con l'apertura di una procedura di risanamento, di ristrutturazione economico-finanziaria o di liquidazione, di natura concorsuale o pre-concorsuale, con o senza spossessamento del debitore, nei confronti di una delle parti. La clausola - in caso di inadempimento di una delle parti - consente l'interruzione volontaria o automatica dei rapporti con il conseguente obbligo, gravante sul contraente il cui debito risulti più elevato, di pagamento del saldo netto delle obbligazioni, che divengono immediatamente esigibili.

Ugualmente frutto dell'esame al Senato è l'articolo 3-ter, che precisa le competenze del MITE, inserendo lo specifico riferimento alla "garanzia di resilienza" nell'ambito dell'attuazione dei processi di liberalizzazione dei mercati energetici e promozione della concorrenza nei mercati dell'energia e tutela dell'economicità e della sicurezza del sistema.

Come ho già anticipato in premessa, il provvedimento oltre alle misure volte a contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale, include altre norme, di natura più ordinamentale.

Segnalo, innanzitutto, che il Senato ha integrato il titolo del provvedimento con il riferimento alle disposizioni recate dall'articolo 4, che prevede l'abrogazione delle disposizioni elencate dall'Allegato al decreto-legge. Si tratta di otto voci originarie, cui il Senato ne ha aggiunte altre due. Le norme abrogate riguardano le seguenti materie: tassazione dei tabacchi lavorati; procedure contabili in materia di entrata; interventi di incremento della sicurezza di infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie e idriche; criteri e parametri di riparto dell'organico ATA nelle scuole statali; attualizzazione degli standard organizzativi e dei percorsi degli istituti tecnici superiori, nonché dei criteri di valutazione dei piani di attività; procedure concorsuali nella P.A.; pubblicità delle procedure concorsuali per il reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni; riconoscimento dei crediti ITS; sistema di valutazione delle attività delle scuole italiane all'estero; requisiti e standard organizzativi degli ITS.

Oltre all'articolo 4 e all'Allegato, il testo comprendo una modifica della procedura con cui il corso di laurea magistrale in scienze della formazione primaria e il corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria devono essere adeguate alle novità previste per l'accesso al corso di specializzazione (articolo 4, comma 2). Il comma 3 dello stesso articolo 4 dispone un'ulteriore proroga (dal 30 settembre al 30 novembre 2021), in attesa di un apposito decreto interministeriale di regolazione della materia, del termine per l'applicazione di un regime transitorio per la sorveglianza radiometrica previsto dal decreto legislativo n. 100 del 2011, che ha introdotto una nuova disciplina per l'adozione di misure idonee ad evitare il rischio di esposizione delle persone a livelli anomali di radioattività e di contaminazione dell'ambiente. Il comma 3-bis dell'articolo 4, introdotto al Senato, prevede l'abrogazione delle disposizioni sul sistema di valutazione delle attività delle scuole italiane all'estero e della relativa norma di copertura finanziaria.

Infine, gli articoli 5 e 6 contengono le disposizioni sulla copertura finanziaria sulla entrata in vigore del decreto-legge, vigente dal 28 settembre 2021.

In conclusione, Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, il provvedimento costituisce una prima risposta alle attese delle famiglie e degli operatori economici così duramente colpiti dal vertiginoso aumento dei prezzi dell'energia che si è tradotto in bollette assai salate. Ritengo che il Governo abbia disposto quanto al momento è possibile fare e credo sia necessario non tradire le predette attese e, quindi, convertire tempestivamente il decreto legge. Ciò non toglie che sarà forse indispensabile intervenire in futuro con altri provvedimenti, auspicabilmente di natura più strutturale, per venire incontro alle esigenze dei cittadini e delle imprese italiane.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MIRELLA CRISTINA E LUCIA ANNIBALI (A.C. 3289​ E ABB.)

MIRELLA CRISTINA, Relatrice. (Relazione – A.C. 3289​ e abb.). L'Assemblea, questa mattina avvia l'esame del disegno di legge Governo C. 3289​, trasmesso dal Senato, recante "Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata".

Il provvedimento è stato approvato dal Senato lo scorso 21 settembre 2021, dopo un accurato e complesso lavoro iniziato a far data dal marzo 2020.

Il testo contiene - come si evince dalla relazione illustrativa del provvedimento originario - disposizioni destinate ad incidere profondamente, attraverso la successiva adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Governo, sulla disciplina del processo civile e degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione, nel rispetto della garanzia del contraddittorio, il tutto nel contesto delle aspettative europee. La stretta connessione tra la competitività del Paese, come percepita dagli investitori internazionali, e i tempi della giustizia civile rende infatti non più procrastinabile un intervento sul rito civile che possa renderlo più snello e più celere al tempo stesso, nel contempo migliorando l'arretrato, la gestione dei carichi di lavoro dei nostri Tribunali.

Ricordiamo che al Senato il provvedimento è stato presentato dal Governo Conte II il 9 gennaio 2020 (atto Senato 1662) e che, successivamente, con la formazione del Governo Draghi, il Ministro della giustizia Cartabia, nel mese di marzo 2021, ha insediato una Commissione di studio, la cosiddetta Commissione Luiso, per l' elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumenti allo stesso alternativi, attraverso la formulazione di puntuali proposte emendative al citato disegno di legge S. 1662. Sulla base dei lavori di tale Commissione, il 16 giugno 2021 il Governo ha presentato una serie di emendamenti al testo originario. La Commissione Giustizia del Senato ha concluso l'esame del provvedimento il 14 settembre 2021. In Assemblea il Governo ha presentato un maxiemendamento, che ha recepito le modifiche approvate in sede referente, sulla cui approvazione ha posto la questione di fiducia. Per questa ragione il disegno di legge che giunge all'esame della Camera si compone di un unico articolo suddiviso in 44 commi.

Occorre evidenziale che il Provvedimento, analogamente alla parallela riforma del processo penale, presenta dunque un duplice contenuto: da una parte delega il Governo alla riforma del processo civile, dettando specifici principi e criteri direttivi, e dall'altra modifica direttamente alcune disposizioni sostanziali e processuali relative ai procedimenti in materia di diritto di famiglia, esecuzione forzata e accertamento dello stato di cittadinanza.

Per quanto attiene alla delega al Governo per la riforma del processo civile, il disegno di legge fissa in un anno dalla data di entrata in vigore della legge il termine per l'esercizio della stessa e delinea il procedimento per l'adozione dei decreti legislativi valorizzando il ruolo del parere delle Commissioni parlamentari (articolo 1, commi 1-3). In particolare, il comma 1 precisa che i decreti legislativi di riforma ("riassetto formale e sostanziale") del processo civile dovranno prevedere novelle al codice di rito e alle leggi processuali speciali, nel rispetto della garanzia del contraddittorio e dei principi e criteri direttivi previsti dai successivi commi.

Come già evidenziato, obiettivi dichiarati del processo riformatore dovranno essere la semplificazione, la speditezza e la razionalizzazione del processo civile.

La procedura da seguire nell'attuazione della delega è delineata dal comma 2, che prevede che gli schemi di decreto legislativo siano adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale e che su tali schemi dovrà essere acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si dovranno esprimere entro 60 giorni dalla ricezione degli schemi medesimi; in caso di inutile decorso del termine, i decreti potranno essere emanati anche senza i prescritti pareri. Il comma 2 prevede, inoltre, che se il Governo non intenderà conformarsi ai pareri, gli schemi dovranno essere ritrasmessi alle Camere, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni dovranno in tal caso esprimersi entro 20 giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine i decreti legislativi potranno essere comunque emanati. La medesima procedura dovrà essere seguita qualora, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi di attuazione della delega, il Governo ritenga necessario adottare disposizioni integrative e correttive della riforma (comma 3).

Quanto ai principi e criteri direttivi della riforma, il disegno di legge interviene anzitutto sugli istituti di risoluzione alternativa delle controversie "ADR - Alternative Dispute Resolution" (mediazione delle controversie civili e commerciali e negoziazione assistita) con la finalità di incentivarli, adottando un testo unico in materia di procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie, riordinando e semplificando gli incentivi fiscali riconosciuti dall'ordinamento a fronte delle spese sostenute nei procedimenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie, estendendo a tali istituti l'applicabilità del gratuito patrocinio, riformando le spese di avvio della procedura di mediazione e le indennità spettanti agli organismi di mediazione, estendendo l'ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità, favorendo la partecipazione delle parti a tali procedure, anche con modalità telematiche, disciplinando le attività di istruzione stragiudiziale mediante la definizione delle garanzie, l'utilizzabilità del materiale acquisito, i compensi ulteriori per gli avvocati e le sanzioni per le violazioni delle suddette nonne, potenziando la formazione e l'aggiornamento dei mediatori e la conoscenza di questi strumenti presso i giudici, nonché riformando le procedure di negoziazione assistita volte alla soluzione delle controversie in materia di separazione dei coniugi (articolo 1, comma 4).

Principi e criteri direttivi sono dettati anche per la modifica della disciplina dell'arbitrato, con la finalità di rafforzare le garanzie di indipendenza e di imparzialità degli arbitri reintroducendo la facoltà di ricusazione per gravi ragioni di convenienza, nonché, in particolare, con la finalità di disciplinare l'esecutività del lodo straniero e di consentire agli arbitri rituali il potere di emanare misure cautelari nell'ipotesi di espressa volontà delle parti in tal senso, manifestata nella convezione di arbitrato o in atto scritto successivo (articolo 1, comma 15).

Specifici principi e criteri direttivi sono dettati per la riforma del processo di cognizione di primo grado. In merito il disegno di legge prevede:

- la revisione della disciplina del processo di cognizione di primo grado dinanzi al tribunale in composizione monocratica assicurandone la semplicità, la concentrazione, l'effettività della tutela e la ragionevole durata, attraverso la modifica di alcune disposizioni inerenti al contenuto dell'atto di citazione e prevedendo che i fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda giudiziale siano esposti in modo chiaro e specifico, che nell'atto di citazione siano specificati i mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e i documenti che l'attore offre in comunicazione e che l'atto di citazione contenga l'avvertimento circa l'obbligatorietà della difesa tecnica mediante avvocato, in tutti i giudizi davanti al giudice, specificando le eccezioni e avvertendo della possibilità di accedere al gratuito patrocinio ove ricorrano i presupposti. Il Governo, inoltre, dovrà modificare alcune disposizioni inerenti al contenuto della comparsa di risposta e dovrà valorizzare delle fasi anteriori alla prima udienza al fine di definire il quadro delle rispettive pretese e dei mezzi di prova richiesti. Inoltre, la riforma dovrà: valorizzare la prima udienza di comparizione, incentivando la partecipazione personale delle parti e disponendo che il giudice debba fissare la successiva udienza per l'assunzione delle prove entro 90 giorni; prevedere alcune modifiche riguardanti la fase decisoria, al fine di favorire la riduzione della durata dei procedimenti, imponendo termini temporali perentori acceleratori; ampliare la possibilità per il giudice di conciliare le parti, consentendogli di formulare una proposta fino al momento in cui la causa non viene rimessa in decisione; riformare il procedimento sommario di cognizione prevedendo tempi certi, ridotti rispetto al rito ordinario, nel rispetto del contraddittorio tra le parti e prevedendo che il rito si concluda con una sentenza; ricollocare il medesimo procedimento nel Libro II del codice di procedura civile e rinominarlo "procedimento semplificato di cognizione", estendendone il campo d'applicazione anche ai procedimenti di competenza del tribunale in composizione collegiale quando i fatti in causa siano tutti non controversi, quando l'istruzione della causa sia basata su prova documentale o di pronta soluzione o comunque non presenti profili di complessità; prevedere la possibilità che il giudice pronunci ordinanza provvisoria (di accoglimento o di rigetto) nel giudizio di primo grado in materia di diritti disponibili di competenza del tribunale, quando la domanda dell'attore, ovvero le ragioni del convenuto, risultino manifestamente infondate; disciplinare i rapporti tra collegio e giudice monocratico prevedendo che se il collegio ritiene che una causa rimessa davanti a sé per la decisione, debba in realtà essere decisa dal tribunale in composizione monocratica, debba rimettere la causa al giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, affinché decida quale giudice monocratico, senza fissare ulteriori udienze e che, se, viceversa, il giudice monocratico ritenga che una causa, già riservata davanti a sé per la decisione, debba in realtà essere decisa dal tribunale in composizione collegiale, debba rimettere la causa al collegio, senza fissare ulteriori udienze, con ordinanza comunicata alle parti. Inoltre il Governo dovrà prevedere la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda in caso di mutamento del rito e la prevalenza del rito collegiale in caso di cause connesse oggetto di riunione (articolo 1, comma 5);

- la riduzione dei casi in cui il tribunale giudica in composizione collegiale in considerazione dell'oggettiva complessità giuridica e della rilevanza economico-sociale delle controversie e l'introduzione, anche in quelle ipotesi, di un nuovo regime di preclusioni e di fissazione dell'oggetto della causa, che presenti analogie con quanto previsto per il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica (articolo 1, comma 6);

- l'uniformazione del rito davanti al giudice di pace al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e la rideterminazione della competenza del giudice di pace in materia civile (articolo 1, comma 7);

- l'unificazione del rito per l'impugnazione dei licenziamenti (articolo 1, comma 11). In particolare, il disegno di legge delega il Governo ad unificare e coordinare la disciplina dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, adottando le opportune norme transitorie, prevedendo, in particolare, che la trattazione delle cause di licenziamento, in cui sia proposta domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro siano prioritarie, che le azioni di impugnazione dei licenziamenti dei soci delle cooperative, anche se contestuali alla cessazione rapporto associativo, debbano essere introdotte con ricorso, applicandosi il rito del lavoro e consentendo che le azioni di nullità, per quanto riguarda i licenziamenti discriminatori, siano proposte ricorrendo alternativamente al rito del lavoro ovvero ai riti speciali previsti dall' articolo 38 del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, o all'articolo 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011 relativo alle controversie in materia di discriminazioni.

Inoltre, con riferimento ai procedimenti di volontaria giurisdizione, il Governo è delegato a procedere, nell'esercizio della delega, alla revisione delle ipotesi in cui, in tali procedimenti, il tribunale è chiamato a provvedere in composizione collegiale, limitando le ipotesi di collegialità ai casi in cui è prevista la partecipazione del pubblico ministero, ai procedimenti in cui il tribunale è chiamato a pronunciarsi in ordine all'attendibilità di stime effettuate o alla buona amministrazione di cose comuni (articolo 1, comma 13) e, con riferimento alle controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri, a conformare la legislazione nazionale alla normativa europea regolando i rapporti in alcune materie di ambito civilistico del diritto internazionale privato (articolo 1, comma 14).

Nella riforma delle impugnazioni, il disegno di legge detta principi e criteri direttivi per modificare la disciplina dell'appello, del ricorso in cassazione e della revocazione. In particolare, quanto al giudizio di appello, la delega prevede (art. 1, comma 8):

- il superamento dell'attuale disciplina del c.d. filtro in appello, prevedendo la possibilità di dichiarare manifestamente infondata l'impugnazione che non ha possibilità di essere accolta;

- la modifica della disciplina della provvisoria esecutività delle sentenze appellate, volta a rimettere al giudice la possibilità di sospendere l'esecutività a fronte di una prognosi di fondatezza dell'impugnazione o di gravità e irrimediabilità del pregiudizio derivante dall'esecuzione;

- la reintroduzione della figura del consigliere istruttore, giudice designato dal presidente del collegio e deputato all'espletamento dell'intera fase prodromica alla decisione;

- la limitazione delle ipotesi di rimessione della causa in primo grado ai soli casi di violazione del contraddittorio.

Per quanto riguarda il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, la delega prevede, anzitutto, la riforma del c.d. filtro in Cassazione, con la previsione di un procedimento accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati. In particolare, se il giudice (giudice filtro, in luogo della sezione filtro) ravvisa uno dei possibili suddetti esiti, lo comunica alle parti lasciando loro la possibilità di optare per la richiesta di una camera di consiglio ovvero per la rinuncia al ricorso. Quest'ultima possibilità è incentivata escludendo per il soccombente il pagamento del contributo unificato altrimenti dovuto a titolo sanzionatorio. La riforma, inoltre, prevede l'introduzione del rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, da parte del giudice di merito, di una questione di diritto (articolo 1, comma 9).

Inoltre, viene prevista l'introduzione di una nuova ipotesi di revocazione della sentenza civile quando il contenuto di una sentenza passata in giudicato sia successivamente dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo contrario, in tutto o in parte, alla Convenzione ovvero a uno dei suoi Protocolli (art. 1, comma 10).

Principi e criteri direttivi sono dettati anche per la riforma di diversi ambiti del processo di esecuzione. In particolare, il disegno di legge (art. 1, comma 12) prevede:

- la sostituzione dell'iter di rilascio della formula esecutiva con la mera attestazione di conformità della copia al titolo originale;

- con riguardo al pignoramento, la sospensione dei termini di efficacia dell'atto di precetto che consenta al creditore, munito di titolo esecutivo e di atto di precetto, di predisporre un'istanza, rivolta al presidente del Tribunale, per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare nonché la riduzione dei termini previsti per la sostituzione del custode nominato in sede di pignoramento;

- la riduzione del termine per il deposito della documentazione ipotecaria e catastale;

- l'accelerazione nella procedura di liberazione dell'immobile quando è occupato sine titulo o da soggetti diversi dal debitore;

- la riforma dell'istituto della delega delle operazioni di vendita al professionista delegato, al fine di individuare gli adempimenti che il professionista deve espletare e i tempi in cui gli stessi devono essere compiuti e di fornire al giudice dell'esecuzione la possibilità di svolgere l'attività di controllo;

- l'introduzione di specifiche regole riguardanti la vendita privata nel procedimento di espropriazione immobiliare, prevedendo che il debitore possa essere autorizzato dal giudice dell'esecuzione a vendere direttamente il bene pignorato, per un prezzo non inferiore al suo valore di mercato;

- l'individuazione dei criteri per la determinazione dell'ammontare, nonché del termine di durata delle misure di coercizione indiretta;

- l'estensione degli obblighi antiriciclaggio anche agli aggiudicatari e l'introduzione dell'obbligo per il giudice di verificare l'avvenuto rispetto di tali obblighi ai fini dell'emissione del decreto di trasferimento;

- l'istituzione presso il Ministero della Giustizia della "Banca dati per le aste giudiziali".

Per quanto riguarda le disposizioni generali del codice di procedura civile, il disegno di legge contiene, al comma 18 dell'articolo 1, principi e criteri direttivi volti a modificare la disciplina relativa all'Ufficio per il processo, istituito presso i tribunali e le corti d' appello dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 - che ha inserito l'articolo 16-octies nel decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 - al fine di garantire la ragionevole durata del processo nonché allo scopo di assicurare ''un più efficiente impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione". Nell'esercizio della delega il Governo deve prevedere che:

- l'ufficio per il processo, sotto la direzione e il coordinamento di uno o più magistrati dell'ufficio, sia organizzato individuando i requisiti professionali del personale da assegnare a tale struttura facendo riferimento alle figure già previste dalla legge, nonché ad ulteriori professionalità da individuarsi, in relazione alla specializzazione degli uffici, sulla base di progetti tabellari o convenzioni con enti ed istituzioni esterne, demandati ai dirigenti degli uffici giudiziari (lettera a);

- all'ufficio per il processo siano attribuiti, previa formazione degli addetti alla struttura: compiti di supporto ai magistrati nonché per l'ottimale utilizzo degli strumenti informatici; compiti di coordinamento tra l'attività del magistrato e l'attività del cancelliere; compiti di catalogazione, archiviazione e messa a disposizione di precedenti giurisprudenziali; compiti di analisi e preparazione dei dati sui flussi di lavoro (lettera b).

Il Governo è inoltre chiamato (sempre al comma 18 dell'articolo 1) a prevedere l'istituzione di analogo ufficio anche presso la Corte di Cassazione e la Procura Generale, modellandone i compiti sulle specificità funzionali e organizzative della Corte stessa. In termini analoghi l'Ufficio viene istituito anche presso la Procura generale della Corte di cassazione, e viene denominato "Ufficio spoglio, analisi e documentazione".

Con riferimento alle professionalità necessarie per lo svolgimento dei compiti previsti dalle disposizioni in esame, che si aggiungono alle figure già contemplate dalla legislazione vigente (personale di cancelleria, magistrati onorari, tirocinanti ex articolo 73 del 69/2013, ecc.) al comma 19 si prevede una specifica disposizione che autorizza il Ministero della giustizia, a decorrere dal 1 gennaio 2023, all'assunzione con contratti di lavoro a tempo indeterminato, di 500 unità di personale della III Area, Fascia economica Fl, da adibire all'Ufficio del processo. In relazione agli oneri conseguenti a tale disposizione, quantificati in 23,4 milioni di euro, a decorrere dal 2023, si provvede in base al comma 41.

Sempre con riguardo alle disposizioni generali del codice di procedura civile, il disegno di legge contiene principi e criteri direttivi per:

- intervenire sui procedimenti di notifica incentivando il ricorso allo strumento informatico (articolo 1, comma 20). Finalità dell'intervento riformatore è- come precisa la relazione illustrativa dell'originario disegno di legge - di semplificare e accelerare il procedimento notificatorio, valorizzando il principio di responsabilità, che impone ai soggetti obbligati a munirsi di un domicilio digitale, o che abbiano eletto un domicilio digitale, di verificarne costantemente il buon funzionamento e di consultarlo con regolarità e incentivando l'utilizzazione di strumenti informatici e delle tecnologie più avanzate;

- rafforzare i doveri di leale collaborazione delle parti e dei terzi, prevedendo, in particolare, che il soccombente che sia incorso in responsabilità aggravata possa essere obbligato al pagamento di una sanzione in favore della Cassa delle ammende, e che possano essere previste conseguenze processuali o economiche a fronte dell'ingiustificato rifiuto a consentire ispezioni o a esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui si ritenga necessaria l'acquisizione al processo. Si prevede che in sede di attuazione della delega debba essere fissato un termine, non superiore a sessanta giorni, entro il quale la pubblica amministrazione debba trasmettere le informazioni relative ad atti e documenti dell'amministrazione medesima, che le siano stati richiesti ai fini dell'acquisizione processuale. Entro il medesimo termine la pubblica amministrazione potrà anche, eventualmente, comunicare le ragioni del diniego (articolo 1, comma 21);

- prevedere disposizioni di coordinamento della riforma con la legislazione vigente, con particolare riferimento all'individuazione dei rimedi preventivi, da esperire per conseguire il rispetto del termine di ragionevole durata del processo, e ai tempi e modi per far valere il difetto di giurisdizione (articolo 1, comma 22).

LUCIA ANNIBALI, Relatrice. (Relazione – A.C. 3289​ e abb.). Specifici principi di delega sono dedicati alla riforma dei procedimenti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. In particolare (articolo 1, comma 23), il disegno di legge enuncia i princìpi e criteri direttivi per l'introduzione, nel codice di procedura civile, di un rito unificato applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, attualmente attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare. In relazione a tale procedimento il Governo dovrà intervenire con riguardo, tra l'altro: ai criteri per l'attribuzione della competenza del giudice, alle norme procedurali in merito allo svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti, alle domande riconvenzionali del convenuto, al tentativo obbligatorio di conciliazione alla p1ima udienza e alla possibilità da parte del giudice relatore di invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare. Ulteriori principi di delega concernono la razionalizzazione dei tempi delle fasi istruttoria e decisoria, nonché l'adozione di provvedimenti cautelari da parte del giudice relatore in costanza di lite. Specifici principi concernono l'abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, in presenza di segnalazioni di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore.

Il Governo dovrà inoltre introdurre specifiche disposizioni relative: all'attività professionale del mediatore familiare; alla nomina di un professionista, dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare e alla regolamentazione della consulenza tecnica psicologica; alla disciplina delle modalità di nomina del curatore speciale del minore; al riordino delle disposizioni in materia di ascolto del minore; alla nomina del tutore del minore, anche d'ufficio, nel corso e all'esito dei procedimenti sulla responsabilità genitoriale.

Specifici criteri organizzativi sono volti a regolamentare l'intervento dei servizi socio­ assistenziali e sanitari e delle attività di controllo, monitoraggio, verifica di situazioni in cui sono coinvolti minori. La delega al Governo concerne inoltre la revisione della disciplina nei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori, con riguardo alle cause di incompatibilità all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale, nonché alle incompatibilità per i giudici onorari e con riguardo all' introduzione del divieto di affidamento dei minori a talune categorie di persone.

Il Governo dovrà inoltre: introdurre un unico rito con riguardo ai procedimenti su domanda congiunta di separazione personale dei coniugi, di divorzio e di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio; predisporre un'autonoma regolamentazione per il giudizio di appello per tutti i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie; introdurre la reclamabilità al tribunale dei provvedimenti adottati dal giudice tutelare.

A completamento di questo disegno riformatore, il provvedimento all'esame dell'Aula enuncia (articolo 1, comma 24) princìpi e criteri direttivi per l'istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, destinato a sostituire l'attuale tribunale per i minorenni (acquisendo dunque competenze sia civili che penali) e ad assorbire le competenze civili del tribunale ordinario in materia di stato e capacità delle persone e famiglia. Dal punto di vista della struttura e dell'articolazione territoriale del tribunale, il disegno di legge prevede: una sezione distrettuale, costituita presso ciascuna sede di corte di appello o di sezione di corte d'appello e sezioni circondariali, costituite presso ogni sede di tribunale ordinario del distretto. Sono inoltre dettati principi e criteri di delega con riguardo alle specifiche competenze delle suddette sezioni nonché alla disciplina del sistema delle impugnazioni. La delega detta disposizioni sull'assegnazione del personale di magistratura (togati e onorari) e amministrativo e prevede che la riforma acquisti efficacia trascorsi due anni dall'entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi.

Il successivo comma 25 delega il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2024, le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni vigenti con la suddetta riforma e ad introdurre una disciplina transitoria per la rapida trattazione dei procedimenti pendenti ai fini del passaggio alla nuova autorità giudiziaria e ai nuovi riti.

Infine, il disegno di delega (articolo 1, comma 26) richiede la riforma dell'articolo 336 del codice civile, che disciplina il procedimento per 1'adozione dei provvedimenti in tema di responsabilità genitoriale, prevedendo che la legittimazione a richiedere i relativi provvedimenti competa, oltre che ai soggetti già previsti dalla norma, anche al curatore speciale del minore. Inoltre, il Governo dovrà prevedere che il tribunale:

- sin dall'avvio del procedimento, nomini il curatore speciale del minore, nei casi in cui ciò è previsto a pena di nullità del provvedimento di accoglimento;

- allorquando adotta provvedimenti temporanei nell'interesse del minore, fissi contestualmente l'udienza di comparizione delle parti, del curatore del minore se nominato e del pubblico ministero entro un termine perentorio;

- nell'udienza di comparizione, proceda all'ascolto del minore, direttamente e, ove ritenuto necessario, con l'ausilio di un esperto e, all'esito dell'udienza, confermi, modifichi o revochi i provvedimenti temporanei già emanati.

L'articolo 1 del disegno di legge, a partire dal comma 27, introduce modifiche alla legislazione vigente destinate ad essere applicate ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge. Si tratta di novelle al codice civile e alle relative disposizioni di attuazione, al codice di procedura civile e alle relative disposizioni di attuazione, finalizzate a introdurre misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie. Per queste disposizioni dunque il legislatore non utilizza lo strumento della delega al Governo, ma introduce direttamente le modifiche alla legislazione vigente, destinate potenzialmente a divenire efficaci prima dell'esercizio della delega (per il quale il Governo, in base al comma 1, ha a disposizione un anno).

In particolare, alcune di queste previsioni sono finalizzate a introdurre misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie. In merito, il disegno di legge, al comma 27 dell'articolo 1 interviene sull'articolo 403 del codice civile, che disciplina il provvedimento di allontanamento dei minori dall'ambiente familiare, per modificare i presupposti per l'adozione della misura da parte della pubblica autorità. A seguito di tale modifica, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, colloca il minore in un luogo sicuro, quando quest'ultimo "è moralmente o materialmente abbandonato o si trova esposto, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica e vi è dunque emergenza di provvedere". Con l'aggiunta di sette nuovi commi all'articolo 403 del codice civile viene inoltre disciplinata la procedura che fa seguito al provvedimento con il quale l'autorità pubblica allontana il minore da uno od entrambi i genitori o dai soggetti esercenti la responsabilità genitoriale. La procedura coinvolge quattro distinti soggetti: la pubblica autorità che è intervenuta d'urgenza, il pubblico ministero, il tribunale per i minorenni e - eventualmente - la corte d'appello. L'ottavo nuovo comma dell'articolo 403 del codice civile stabilisce inoltre che "qualora il minore sia collocato in comunità di tipo familiare, quale ipotesi residuale da applicare in ragione dell'accertata esclusione di possibili soluzioni alternative, si applicano le norme in tema di affidamento familiare".

Sempre in materia di diritti delle persone e delle famiglie il disegno di legge:

- modifica il riparto di competenze tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni, di cui all'articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, concentrando le competenze in ragione della natura dei procedimenti con conseguente attribuzione al tribunale ordinario della competenza su tutti i procedimenti de potestate quando sia pendente tra le stesse parti un giudizio di separazione e divorzio (articolo 1, comma 28);

- interviene sull'articolo 78 del codice di procedura civile, relativo al curatore speciale, al fine di prevedere per il giudice l'obbligo di procedere alla nomina del curatore speciale del minore, anche d'ufficio e a pena di nullità degli atti del procedimento nei seguenti casi: quando il pubblico ministero abbia chiesto la decadenza dalla responsabilità genitoriale, da entrambi i genitori o in cui uno dei genitori abbia chiesto la decadenza dell'altro; quando è adottato un provvedimento di allontanamento del minore dall'ambiente familiare, o di affidamento temporaneo del minore; quando dai fatti emersi nel procedimento emerga una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne l'adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i genitori; quando ne faccia richiesta il minore che abbia compiuto 14 anni. Con l'inserimento del quarto comma dell'articolo 78 del codice di procedura civile il disegno di legge introduce una ulteriore facoltà di nomina del curatore speciale del minore, per l'ipotesi in cui al giudice i genitori appaiano, per gravi ragioni, temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore; in questo caso il provvedimento di nomina del curatore deve essere succintamente motivato (articolo 1, comma 30);

- modifica l'articolo 80 del codice di procedura civile, sempre in tema di curatore speciale del minore, per prevedere che egli debba procedere all'ascolto del minore e che possano essergli attribuiti specifici poteri di rappresentanza sostanziale. Vengono inoltre disciplinati i presupposti e il procedimento per la revoca del curatore speciale (articolo 1, comma 31);

- modifica l'articolo 709-ter del codice di procedura civile, che disciplina la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell'affidamento, al fine di prevedere - al numero 3 del secondo comma - che il giudice, nel disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro, possa individuare anche la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'articolo 614-bis del codice di procedura civile (articolo 1, comma 33);

- interviene sugli articoli 13 e 15 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, al fine di aggiungere, nell'albo dei consulenti tecnici tenuto da ciascun tribunale, la categoria dei neuropsichiatri infantili, degli psicologi dell'età evolutiva e degli psicologi giuridici o forensi, individuando le specifiche caratteristiche richieste al professionista per accedere all'albo (articolo 1, comma 34);

- modifica la disciplina della negoziazione assistita per la soluzione consensuale delle controversie in materia di separazione dei coniugi, di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 132 del 2014, per estendere l'applicazione di questo istituto anche per la soluzione consensuale delle controversie tra genitori relative all' affidamento e al mantenimento di figli naturali, al mantenimento di figli maggiorenni non economicamente autosufficienti e agli obblighi alimentari (articolo 1, comma 35).

Ulteriori novelle al codice di procedura civile introducono misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di esecuzione forzata. In particolare, il comma 29 modifica l'articolo 26-bis del codice di procedura civile, che disciplina il foro relativo all'espropriazione forzata di crediti, prevedendo che quando debitrice è una pubblica amministrazione sia competente il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Il comma 32 interviene invece sull'articolo 543 del codice di procedura civile, in materia di forma del pignoramento nell' espropriazione presso terzi, al fine di prevedere che il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, debba (nuovo quinto comma):

- notificare al debitore e al terzo l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo, con indicazione del numero di ruolo della procedura;

- depositare l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione.

Entrambi gli adempimenti sono richiesti a pena di inefficacia del pignoramento. Se il pignoramento è eseguito nei confronti di più terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l'avviso. In ogni caso, se la notifica dell'avviso non è effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento.

Inoltre, con riferimento alle controversie relative all'accertamento dello stato di cittadinanza italiana, il disegno di legge modifica i criteri di individuazione del foro competente per il giudizio, così da deflazionare l'attuale carico della sezione specializzata istituita presso il tribunale di Roma (articolo 1, comma 36).

Come anticipato, il comma 37 dell'articolo 1 prevede che le disposizioni che novellano i procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie (commi 27, 28, 30, 31, 33, 34 e 35), di esecuzione forzata (commi 29 e 32) e di stato di cittadinanza (comma 36), si applichino ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge.

Infine, gli ultimi commi dell'articolo 1 (commi da 38 a 44) recano le disposizioni finanziarie. Presentano carattere oneroso solo le norme di delega relative agli incentivi fiscali per la mediazione, al giudizio accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili in Corte di cassazione e alle assunzioni di personale amministrativo per l'ufficio del processo. In particolare, a quest'ultimo onere si fa fronte con la riduzione delle autorizzazioni ad assumere personale dell'amministrazione giudiziaria già previste dalla legge di bilancio 2021.