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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 599 di venerdì 19 novembre 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brescia, Delmastro Delle Vedove, Gregorio Fontana, Gebhard, Giachetti, Lorefice, Lupi, Molinari, Nardi, Paita, Rosato e Serracchiani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 94, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 18 novembre 2021, il deputato Gianluca Rospi, già iscritto al gruppo parlamentare Coraggio Italia, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi e iniziative di competenza in merito agli eventi calamitosi che hanno recentemente colpito la Sicilia, in particolare la zona del catanese - n. 2-01366)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Suriano ed altri n. 2-01366 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Suriano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SIMONA SURIANO (MISTO). Presidente, questa interpellanza nasce dalle ultime vicende che hanno afflitto la regione Sicilia, la quale, purtroppo, anche qualche giorno fa è stata investita da fenomeni alluvionali. Dal 22 al 26 ottobre, si è abbattuto in Sicilia, soprattutto nella zona orientale, non solo Catania, ma anche Ragusa e Siracusa, un ciclone, ribattezzato “Medicane”. Sono numerosi i danni subiti, soprattutto dal comparto agricolo; tra l'altro, sempre la Sicilia orientale quest'anno non ha avuto tregua con le continue piogge laviche, gli incendi estivi ed ora con le alluvioni. È chiaro che siamo di fronte ad un'emergenza climatica; per carità, le piogge laviche non sono sicuramente prevedibili e non è colpa di nessuno, però stiamo affrontando emergenze e, conseguentemente, è necessario che si provveda non solo in via emergenziale, ma anche in via preventiva. Tra l'altro, ricordo che proprio la provincia di Catania aspetta dal 1985 che sia completato un canale di gronda, che sicuramente avrebbe evitato che tutta l'acqua dell'hinterland etneo si riversasse sul centro storico catanese.

Chiedo, quindi, al Governo se siano previsti nuovi strumenti di sostegno per il comparto agricolo, ma anche per i comuni, colpiti da queste alluvioni, e se si stiano predisponendo misure preventive per arginare questi continui fenomeni atmosferici: purtroppo, il cambiamento climatico ormai non è più annunciato, ma è in atto e lo stiamo vivendo. Chiediamo, quindi, se vi sia l'intenzione di aiutare regioni, come la Sicilia, particolarmente fragili per diversi motivi. Infatti, non abbiamo grandi infrastrutture capaci di affrontare queste calamità naturali; a mio avviso, occorre, quindi, una maggiore attenzione nei confronti di queste regioni, sulle cui colpe storiche potremmo scrivere intere enciclopedie, ma al momento la situazione è questa. Vi sono gravi difficoltà, vi sono gravi carenze per cui, secondo me, il Mezzogiorno d'Italia - io parlo per la regione siciliana che conosco meglio - ha bisogno di un occhio di riguardo, proprio perché il cambiamento climatico in atto è particolarmente violento e la regione non è in grado di affrontare da sola quanto sta accadendo.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Con riferimento alle questioni poste dagli onorevoli interroganti in merito agli eventi calamitosi che hanno interessato il settore orientale della regione Sicilia nel periodo 22-26 ottobre scorso, il Dipartimento della protezione civile rappresenta che, a seguito di due delibere della regione Sicilia volte alla richiesta dello stato di emergenza, ha avviato l'istruttoria e le relative attività previste per la verifica della ricorrenza dei presupposti di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 1 del 2018. Pertanto, il Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 24, comma 1, del già menzionato decreto legislativo n. 1 del 2018, potrà deliberare la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale in base all'esito dell'istruttoria.

Riguardo lo sblocco dei fondi destinati al ristoro dei danni per le calamità del 2018 si segnala che, a seguito degli eventi che hanno interessato varie regioni italiane nei mesi di ottobre e novembre 2018, tra cui la Sicilia, il Consiglio dei Ministri, nella seduta dell'8 novembre 2018, ha deliberato lo stato di emergenza la cui scadenza è intervenuta in data 8 novembre 2021.

A seguito di tale deliberazione sono stati emanati numerosi provvedimenti diretti a fronteggiare l'emergenza. Nello specifico, per quanto attiene alla regione siciliana, la predetta delibera ha assegnato 7 milioni di euro per la realizzazione dei primi interventi urgenti mentre, con l'ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile del 15 novembre 2018, n. 558, il dirigente generale del Dipartimento regionale della protezione civile è stato nominato commissario delegato per la gestione del contesto di criticità. Inoltre, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2019 è stata assegnata alla regione siciliana la somma complessiva di oltre 220 milioni di euro, distribuita in 3 annualità, per la realizzazione di investimenti strutturali ed infrastrutturali volti alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico nonché per l'aumento del livello di resilienza delle strutture e infrastrutture colpite dagli eventi calamitosi di che trattasi.

È stata prevista, altresì, la possibilità di finanziare, secondo determinati criteri e modalità, investimenti finalizzati alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico nonché all'aumento del livello di resilienza delle strutture di proprietà privata e delle strutture sedi di attività economiche e produttive interessate dagli stessi eventi.

Successivamente, con DPCM del 4 aprile 2019 è stato assegnato alla regione siciliana un ulteriore finanziamento di oltre 55 milioni di euro, distribuito in 2 annualità, per la realizzazione di investimenti immediati di messa in sicurezza o ripristino delle strutture e delle infrastrutture danneggiate dagli eventi calamitosi di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri dell'8 novembre 2018 nei settori dell'edilizia pubblica, della manutenzione e sicurezza, della manutenzione della rete viaria e della mitigazione del dissesto idrogeologico nonché per altri investimenti urgenti nei settori di intervento citati. Infine, l'Unione europea, a seguito della decisione COM/1817 del 18 settembre 2019, ha assegnato alla regione siciliana l'ulteriore contributo di 56 milioni di euro per finanziare gli interventi connessi agli eventi meteorologici oggetto di delibera dello stato di emergenza dell'8 novembre 2018, in considerazione della stima dei danni effettuata dallo stesso ente territoriale. Per quanto concerne il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale si rappresenta che è stato adottato con il DPCM del 20 febbraio 2019. Tale Piano permette alle competenti amministrazioni un elevato e tempestivo livello di operatività di attuazione del Piano stesso, previa presentazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Cabina di regia strategia Italia di un Piano stralcio recante elenchi settoriali di progetti aventi carattere di urgenza. Nell'ambito del Piano stralcio 2019, il Ministero ha messo a disposizione della regione siciliana oltre 20 milioni di euro che hanno finanziato 12 interventi. Nell'ambito del suddetto Piano è stato adottato un piano operativo a valere su risorse europee del Fondo sociale di coesione 2014-2020 e sono stati assegnati 236 milioni di euro. In particolare, tra gli interventi attivati con il provvedimento di finanziamento in questione è ricompresa l'azione di completamento della parte terminale del collettore pluviale B di Catania, il cui sistema rappresenta la “gronda ovest” della città, al quale è stato assegnato il contributo di 53 milioni di euro. Come confermato dal commissario di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico nella regione siciliana, lo stesso è di livello definitivo, nonché identificato da specifico codice ReNDiS con oggetto “Completamento del collettore pluviale B”. Pertanto, è stata indetta la Conferenza dei servizi, ai sensi della legge 7 agosto 1990 n. 241, che si è tenuta presso la struttura commissariale il 24 settembre 2019, finalizzata all'acquisizione degli assensi da parte delle amministrazione e degli enti interessati dall'approvazione dello stesso. In data 11 maggio 2021 è stato trasmesso il progetto definitivo revisionato in ottemperanza alle prescrizioni degli enti preposti al rilascio del parere di competenza. In ultimo, in data 19 ottobre 2021 si è tenuto un incontro tra i dirigenti dell'ufficio del commissario del Genio civile e dell'Autorità di bacino volto alla definizione delle criticità e alla adozione delle determinazioni di competenza utili ad attuare ogni azione necessaria alla risoluzione delle stesse ovvero all'attuazione dell'intervento. Considerate le prescrizioni rilasciate nel caso specifico dal Genio civile e dall'Autorità di bacino, di concerto con il commissario quale stazione appaltante, in pari data si è convenuto di declassare il progetto definitivo in fattibilità tecnico-economica e di porre lo stesso a base di gara, al fine di addivenire nel più breve tempo possibile ad un progetto esecutivo cantierabile.

Si rappresenta, infine, che anche per l'anno in corso questo Ministero ha avviato le rispettive attività finalizzate alla programmazione delle risorse di bilancio destinate al finanziamento di interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico. Al riguardo si rappresenta che, con riferimento alla regione siciliana, si sta concludendo l'iter che porterà al finanziamento di 6 interventi, proposti dalla regione, per un valore totale delle opere da realizzare di circa 19 milioni di euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Suriano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SIMONA SURIANO (MISTO). Grazie, sottosegretario, per la risposta. Non posso non essere in parte soddisfatta perché, comunque, gli sforzi verso la regione siciliana - lo so - sono stati fatti e si fanno. Non riesco a capire perché, nonostante le risorse impegnate per la regione, la stessa continui ad essere incapace di affrontare queste opere, di porle in essere. Comunque, a mio avviso, occorre sempre un ulteriore sforzo da parte dell'autorità centrale proprio per la difficoltà della regione siciliana a porre in essere, a implementare queste opere. Parliamo di un canale di gronda che dal 1985 aspetta di essere completato; tra l'altro, sono pochi chilometri, non parliamo di centinaia e centinaia di chilometri. Quindi, credo che ci voglia un ulteriore sforzo da parte del Governo centrale di capire che ci sono regioni in difficoltà. Io parlo sempre della mia regione, non mi permetto di parlare di altre, ma la regione siciliana ha serie difficoltà ad implementare, a porre in essere queste opere infrastrutturali. Tra l'altro, ricordo che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato previsto che il 40 per cento delle risorse debbano andare al Mezzogiorno. Io ricordo che, anche per l'incapacità della regione di presentare i progetti sul sistema irriguo, il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali li ha bocciati tutti, con la conseguenza che abbiamo avuto il 67 per cento di quegli 800 milioni che sono stati destinati alle regioni del Nord e il 33 per cento alle regioni del Sud. Quindi, neanche quel parametro del 40 per cento alla fine viene rispettato, sicuramente per concorso di colpa delle regioni del Mezzogiorno, che non riescono ad essere all'altezza di questo PNRR. Evidentemente, però, il Governo centrale deve porvi rimedio, altrimenti il Paese continuerà, dopo anni e decenni, a correre a due velocità, con un Mezzogiorno che arranca e un Nord che corre, con la conseguenza che l'Italia non sarà mai quel Paese unito e competitivo che ci chiedono a livello europeo.

Il PNRR ha previsto questa mole di fondi, l'Unione europea ci ha dato questa mole di fondi proprio perché abbiamo questo divario tra Nord e Sud che va colmato. Quindi, io prendo ad esempio il bando del Ministero delle Politiche agricole, in cui, alla fine, il 40 per cento non è stato rispettato e penso che, se sono queste le fragilità della regione siciliana o, comunque, delle regioni del Mezzogiorno, anche tutti gli altri fondi continueranno a vedere una ripartizione iniqua.

Quindi, io chiedo che il Governo si faccia promotore di una iniziativa straordinaria, affinché questo divario, questa questione meridionale venga finalmente posta nel dimenticatoio.

(Iniziative di competenza, anche normative, volte a rafforzare i sistemi di controllo relativi allo smaltimento dei rifiuti, alla luce di recenti inchieste giudiziarie, con particolare riguardo al rischio di infiltrazioni di stampo mafioso - n. 2-01369)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maraia ed altri n. 2-01369 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Maraia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GENEROSO MARAIA (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Ringrazio il sottosegretario per la presenza in Aula. Oggi parliamo appunto di traffico illecito dei rifiuti, non è la prima volta che lo facciamo e siamo qui per sottolineare, soprattutto, le responsabilità che sono dietro questi fenomeni e dietro le inchieste giudiziarie, che ci parlano di canali paralleli a quelli ufficiali e legali nella raccolta, nel trattamento e nello smaltimento dei rifiuti. È un fenomeno che coinvolge non solo il Sud Italia, ed è importante uscire da questo luogo comune: è un fenomeno che parte dalla criminalità organizzata presente nel Sud Italia sicuramente, qui parliamo della 'ndrangheta, parliamo di un'inchiesta che coinvolge esponenti importanti della 'ndrangheta, della famiglia Piromalli, ma parliamo anche di una connivenza di avvocati, di imprenditori, di ingegneri ambientali, di ex parlamentari.

Tutto questo è possibile proprio perché manca un serio sistema di tracciabilità dei rifiuti, che sarebbe semplice da attivare e avviare se solo ci fosse la volontà politica di farlo. Perché? Perché, in vari Paesi, è maturata la consapevolezza di dover tracciare il traffico dei rifiuti. In quale modo? Utilizzando l'unica tecnologia che abbiamo a disposizione, e cioè il GPS, un tracciamento satellitare di questi movimenti. Basterebbe installare semplici scatolette che sfruttano questa tecnologia sui camion, sui mezzi che trasportano i rifiuti, per capire il flusso di rifiuti. Questo è importante non solo per combattere la criminalità organizzata e, quindi, il maggior provento che ha la criminalità organizzata, che è appunto nei rifiuti ma, soprattutto, serve per capire i flussi di rifiuti, dove occorre investire per ridurre questo vero e proprio turismo. Stiamo parlando di turismo dei rifiuti e le maggiori agenzie di viaggio, in questo caso, sono le varie forme di criminalità organizzata come la ‘ndrangheta, la camorra, la Sacra Corona Unita, Cosa Nostra, che hanno tutto lo spazio per operare indisturbate, se non fosse per le indagini dei carabinieri forestali, della DDA o della Direzione antimafia, e hanno questo spazio proprio perché c'è un vulnus, manca uno strumento di controllo, che è, appunto, il tracciamento satellitare.

Abbiamo interrogato il Governo in precedenza su un'altra inchiesta che vedeva il traffico di rifiuti verso l'estero, dalla Campania verso la Tunisia; di recente, c'è stata un'altra inchiesta, portata avanti da alcuni giornalisti di Rai News 24, che ci parla di un traffico di rifiuti dall'Italia verso la Bulgaria, dove vengono inceneriti.

Questi traffici hanno le loro basi e si alimentano della mancanza di un sistema coerente, di un sistema efficace, in quanto il REN, il Registro Elettronico Nazionale, che attualmente è in sperimentazione dal 21 giugno, è un sistema fallace. È questo sistema la causa dei traffici, è la causa prima dei traffici, perché in Italia c'è chi fa la propria parte - la fanno i magistrati, la fanno i giornalisti, la fa anche la politica, come in questo caso il MoVimento 5 Stelle -, però c'è bisogno che anche il Governo acceleri su questo tema, che inizi a fare la propria parte in maniera seria, obbligando le aziende ad installare questi sistemi di tracciamento satellitare, aiutandole a fare questo, eliminando l'alibi dei costi. E, infatti, in legge di bilancio, potremmo prevedere crediti d'imposta, aiuti per le imprese che sono impegnate nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti, aiutarle ad installare questo sistema.

Ecco il motivo per il quale io mi sento di ringraziare oggi chi sta facendo la propria parte, come i carabinieri forestali, come il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, l'aggiunto Gaetano Paci, il giudice Bellini, i sostituti della Direzione distrettuale, che sono due donne, Giulia Pantano e Paola D'Ambrosio, e mi sento di ringraziare altre due donne, che sono due giornaliste, e sono Manuela Lasagna e Salah Methnani, perché ciò fa capire che, in questo Paese, c'è chi fa la propria parte, c'è chi lavora per tutelare l'ambiente e la salute umana; perché stiamo parlando non solo di traffico di rifiuti, ma di salute umana, in quanto nei terreni sono stati sversati i fanghi derivanti dalla lavorazione metallurgica, che partivano da Gioia Tauro in direzione di importanti province italiane. Ecco perché, in precedenza, parlavo della necessità di uscire anche fuori dai luoghi comuni: non stiamo parlando solo della Calabria, di Reggio Calabria, di Catanzaro o di Cosenza, province da cui partivano questi rifiuti, ma anche delle province del Nord; stiamo parlando della provincia di Ravenna, stiamo parlando di Monza-Brianza, di Brescia, di Bergamo.

È un fenomeno che riguarda l'Italia, ma è un fenomeno che riguarda l'intera Europa, in quanto noi non solo siamo stati capaci, o incapaci, di gestire i rifiuti in Italia, portandoli all'estero, ma siamo stati capaci di fare di più, di esportare, addirittura, la protesta. In Bulgaria, in questi giorni, avvengono proteste, manifestazioni per strada, che denunciano questo traffico di rifiuti dalla Campania verso quel Paese. E questi traffici sono coperti non solo dalla criminalità organizzata ma, soprattutto, dai colletti bianchi che spesso e volentieri siedono all'interno delle istituzioni o nelle direzioni di alcuni Ministeri.

Quindi, è importante denunciare, e qui, oggi, abbiamo svolto questa interpellanza proprio per denunciare questo, per chiedere che ognuno faccia la propria parte, soprattutto a tutela della salute umana, perché trovare sostanze seimila volte superiori ai limiti consentiti dalla legge all'interno dei terreni agricoli significa ritrovare queste sostanze all'interno dei nostri piatti, sulle nostre tavole. È da qui si capisce che non è solo un'emergenza di carattere ambientale, ma sanitario; è un'emergenza che riguarda la nostra salute e i cittadini del Sud, quanto i cittadini del Nord, quanto i cittadini di tutta Europa, in quanto, anche durante la COP26, a cui ho partecipato, abbiamo scoperto che molti Paesi che si dicono virtuosi perché utilizzano la tecnologia dell'incenerimento dei rifiuti e, quindi, utilizzano i famosi termovalorizzatori, a loro volta, esportano questi rifiuti all'estero. Noi abbiamo la rotta dei Balcani o la rotta della Tunisia, loro hanno la rotta asiatica o mediorientale. Dobbiamo, quindi, uscire fuori dall'ipocrisia che stiamo facendo tutto bene.

Sì, sicuramente, l'Italia ha un primato nell'economia circolare, ma questo primato non può essere inficiato da chi chiude gli occhi o rallenta questa sperimentazione, che non arriva al punto definitivo, che è quello di obbligare queste società ad installare un sistema satellitare. Chi deve fare la propria parte oggi? La deve fare il MiTE, accelerando questo sistema e introducendo un sistema che, in pratica, sarà simile al Sistri, basandosi su droni ed immagini satellitari. Lo deve fare il Ministro dell'Interno, coordinando le prefetture nella raccolta di questi dati e nella verifica delle attività delle ARPA, le agenzie regionali, perché l'ambiente, lo ricordo, è di competenza regionale. Lo deve fare il Ministro delle Politiche agricole, e lo può fare in modo semplice interpellando l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che ha tutti gli strumenti e le tecnologie per capire dove vengono interrati questi rifiuti. È facile oggi scoprire e tracciare questo traffico illecito di rifiuti; evidentemente, qualcuno non vuole farlo.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Con riferimento alle questioni poste dagli onorevoli interpellanti, si rappresenta che in data 19 ottobre scorso i militari del Gruppo carabinieri forestali, unitamente ad altre articolazioni dell'Arma, hanno eseguito su gran parte del territorio nazionale un'ordinanza disposta dal GIP presso il tribunale di Reggio Calabria. L'attività si è conclusa con l'applicazione di 29 misure cautelari a carico di soggetti ritenuti responsabili tra loro di vari reati, tra cui associazione a delinquere di tipo mafioso, disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti. Venivano poste sotto sequestro cinque aziende, fittiziamente intestate a soggetti terzi, nonché ingenti depositi di liquidità. Ciò premesso, si osserva che con il decreto legislativo del 3 settembre 2020, n. 116, è stata introdotta, fra le altre, una riforma che ha delineato la struttura del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, con la finalità di ottenere un flusso di dati riguardanti i rifiuti per l'intero territorio nazionale.

Il sistema di tracciabilità fornirà dati qualificati sia per le attività di vigilanza e controllo che per la progettazione industriale, la cui necessaria riconversione verso modelli di produzione ecocompatibili è alla base della reale transizione dall'economia lineare all'economia circolare. Pertanto, il registro elettronico nazionale sulla tracciabilità dei rifiuti, RENTRi, costituirà la piattaforma digitale di raccolta dati relativi ai rifiuti, contabilizzati nel registro di carico e scarico individuale delle imprese e accompagnati da specifico documento FIR, formulario di identificazione dei rifiuti, nell'ottica di accelerare il processo di semplificazione, dematerializzazione e conseguente digitalizzazione degli adempimenti. In merito, si rappresentano alcune delle iniziative volte a potenziare i sistemi di controllo relativi allo smaltimento dei rifiuti che sono state realizzate e che in futuro dovranno essere potenziate. Una di queste riguarda la sottoscrizione di protocolli di legalità tra l'albo nazionale dei gestori ambientali e i comandi delle Forze dell'ordine provinciali e regionali. Grazie ai suddetti protocolli, viene messa a disposizione delle Forze dell'ordine una vasta banca dati delle autorizzazioni al trasporto dei rifiuti da parte delle imprese. Mediante l'applicazione FDA (Fruibilità dati albo dei gestori ambientali) gli organi di controllo sono in grado di risalire, attraverso una foto della targa del mezzo, ai dati dell'azienda, all'autorizzazione, ai codici CER autorizzati sul mezzo specifico.

Tale sistema di controllo dei dati sarà sensibilmente potenziato nella finalizzazione delle funzionalità del RENTRi. In fase di istruttoria della richiesta di autorizzazione le sezioni regionali dell'albo gestori ambientali verificano in maniera puntuale che tutti i soggetti non siano in stato di interdizione o inabilitazione, ovvero di interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; che non abbiano riportato condanna passata in giudicato, anche ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, anche qualora sia intervenuta l'estinzione di ogni effetto penale della stessa o sia stato concesso il condono della pena, o una condanna a pena detentiva per reati previsti dalle norme a tutela dell'ambiente. Viene verificato per ogni titolare o legale rappresentante delle imprese che richiedono l'iscrizione all'albo dei gestori ambientali che non sussistano nei loro confronti le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'articolo 67 del decreto legislativo n. 159 del 2011 (codice antimafia - effetti delle misure di prevenzione). Il Ministero della Transizione ecologica sta conducendo inoltre un'importante azione di confronto con le Forze dell'ordine finalizzata all'esame dei potenziali sviluppi del RENTRi. A tale riguardo, giova menzionare il sistema di vidimazione elettronico del formulario di tracciabilità dei rifiuti, denominato ViViFir, vidimazione virtuale del formulario, che a regime ridurrà la possibilità di gestione impropria del documento cartaceo. I formulari in formato PDF, prodotti attraverso il portale web dedicato, contengono difatti un identificativo univoco in chiaro e riportano nel codice QR tutte le informazioni estese che sono contenute nell'identificativo stesso.

Il documento è utilizzabile da tutta la catena logistica della movimentazione, con evidenti vantaggi sia in termini di tracciabilità che in termini di automazione della gestione operativa dei processi, con una riduzione negli errori derivanti dalla compilazione manuale del documento stesso. Relativamente alle iniziative volte ad incentivare una gestione il più possibile localizzata dei rifiuti, si rappresenta che il citato decreto legislativo del 3 settembre 2020, n. 116, ha introdotto l'articolo 198-bis e riformato l'articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevedendo il Programma nazionale di gestione dei rifiuti, quale strumento strategico volto a garantire criteri di pianificazione omogenei sul territorio e ad estendere le migliori pratiche. Nella definizione del suddetto Programma, per le filiere di rifiuto interessate sarà condotta un'analisi a livello nazionale sul fabbisogno strutturale con la previsione di sviluppo di capacità impiantistica a livello di macro-aree da finanziare, anche eventualmente con le risorse del PNRR. Infine, riguardo al potenziamento dell'operatività del registro con un supporto alle regioni, si evidenzia che la scelta di localizzare il registro sulla piattaforma informatica dell'albo consente il coinvolgimento diretto delle sezioni regionali dell'albo stesso, nel cui comitato è prevista la presenza di un rappresentante della regione e di uno nominato dalle province. Proprio in virtù di tale previsione, i soggetti presenti nel comitato potranno operare come anello di congiunzione tra l'operatività del registro e le competenze delle regioni e delle province in tema di autorizzazioni, nonché di controllo. Il tema della tracciabilità dei rifiuti e del contrasto a qualsiasi illecito connesso alla loro circolazione rappresenta un tema di prioritaria importanza per il Dicastero che rappresento.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Ippolito ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

GIUSEPPE D'IPPOLITO (M5S). Grazie, Presidente. Do volentieri atto dell'attenzione del Governo sul problema dello smaltimento illecito dei rifiuti che rappresenta un ambito di grande interesse per la criminalità organizzata. Mi rendo conto, poi, che non è semplice parlare di questioni su cui vi sono indagini in corso; anche per questo ringrazio la sottosegretaria, che ha fornito risposte apprezzabili, che peraltro hanno centrato punti assai qualificanti della nostra interpellanza. Ma sono consapevole che necessita di ulteriori confronti tra Governo e Parlamento il tema oggetto dell'interpellanza, cioè il potenziamento dei controlli sulla cosiddetta filiera dei rifiuti e degli strumenti al riguardo utili, anche per quanto concerne il tracciamento elettronico.

La tracciabilità, infatti, di fronte all'incremento della migrazione dei rifiuti è una necessità che non possiamo più rinviare e che deve diventare una strategia strutturale, non più affidata al sistema sperimentale attualmente messo in atto dal Ministero. Va attivato il controllo satellitare - lo abbiamo sentito - e vanno allocate nuove e più corpose risorse per sostenere questo progetto, perché la pervasività delle mafie e la loro trasformazione in imprese di servizi ci obbligano a ragionare in profondità sulle misure di controllo e contrasto in materia di rifiuti, anche alla luce della transizione ecologica che Governo e maggioranza hanno avviato con il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Esistono, dunque, due problemi connessi alle infiltrazioni e alle ingerenze criminali nel ciclo dei rifiuti. Il primo, è l'alterazione del mercato e l'aggravamento dei costi sanitari e sociali sul sistema pubblico. Da anni, come MoVimento 5 Stelle abbiamo lanciato, piuttosto in solitudine, l'allarme sulla facilità con cui le ditte infiltrate, o sospette, riescono ad aggirare la certificazione antimafia e a mantenere e a ottenere le autorizzazioni all'esercizio di impresa nel settore dei rifiuti. Io stesso, in un'interrogazione del giugno 2020, avevo denunciato come l'imprenditore Rocco Delfino, il principale imputato dell'inchiesta “Mala Pigna”, riuscisse a superare l'interdittiva antimafia, a restare nel mercato e, perfino, ad espandere il proprio giro di affari. Nello specifico, ponevo con chiarezza il problema della debolezza del sistema dei controlli, frammentario, privo di coordinamento e forse anche - dedussi - caratterizzato da situazioni di complicità che traspaiono dalla recente inchiesta anti 'ndrangheta denominata appunto “Mala Pigna”, da cui sarebbero emersi potenziali collegamenti tra lo stesso Delfino e rappresentanti dello Stato, finanche dei servizi segreti.

C'è un punto politico che mi sento qui di rimarcare, nella speranza che Governo e Parlamento lo affrontino fino in fondo: diverse inchieste giudiziarie dimostrano che il Sud è area privilegiata per lo smaltimento, l'interramento o l'affondamento in mare di rifiuti tossici e pericolosi, come da ultimo confermato anche nel rapporto 2021 sugli eco-reati, di Legambiente; per esempio, penso alla vicenda della nave Jolly Rosso, alla morte del capitano Natale De Grazia, alla storia della motonave Cunski e alla recente inchiesta “Mala Pigna”, con cui è stato scoperto un disastro ambientale nell'area della piana di Gioia Tauro territorio su cui, peraltro, gli ultimi Governi hanno investito molto per lo sviluppo del porto e, quindi, dell'economia pulita in Calabria.

Allora, reputo prioritario, oltre al potenziamento dei controlli e al tracciamento del movimento dei rifiuti, aggiornare la normativa sull'iscrizione all'albo nazionale gestori ambientali, a cui faceva riferimento la sottosegretaria; aggiornarla nel senso di escludere, attraverso norme specifiche, la possibilità che ditte infiltrate o sospette mantengano od ottengano l'iscrizione all'albo. So bene, cara sottosegretaria, che grazie alla buona volontà di tanti presidenti delle sezioni regionali, i controlli vengono fatti anche in maniera estensiva; resta il fatto, però, che il DM n. 120 del 2014, che contiene il regolamento del funzionamento dell'albo, all'articolo 10, non prevede tra i requisiti soggettivi per l'iscrizione la certificazione antimafia negativa e questo è un grave problema, perché, poi, quando le ditte non vengono iscritte ricorrono al TAR, ricorrono al Consiglio di Stato contro il rigetto dell'iscrizione e vengono iscritte per forza. Del resto, se il sistema funzionasse veramente non avremmo avuto inchieste che disvelano profili così importanti e così penetranti nell'amministrazione dello Stato, come quella “Mala Pigna” di cui stiamo parlando. Anche io voglio cogliere l'occasione per ringraziare tutti gli sforzi dei magistrati della DDA in questo settore, tutto il pool della DDA, in particolare, quella calabrese, protagonista di quest'ultima inchiesta, guidata dal dottor Gratteri.

Queste sono le nostre richieste principali; qui, rimarco la necessità che il Governo si occupi di questi aspetti urgenti, anche perché essi hanno innegabili riflessi sul processo di transizione ecologica avviato a seguito della crisi economica indotta dalla pandemia e in forza delle spinte alla tutela dell'ambiente provenienti dal mondo religioso, dai movimenti, dai negoziati e dagli accordi internazionali.

Ritengo, altresì, che siano indispensabili una maggiore consapevolezza e responsabilità politica per proteggere il Mezzogiorno dall'inquinamento ambientale prodotto dalla 'ndrangheta, dalla mafia e dalla camorra proprio con i loro servizi, con i loro cartelli e con le loro entrature nel sistema dei rifiuti, che si espandono, poi, come diceva il mio collega, in tutta Italia e anche oltre i confini nazionali.

Concludo, con la riflessione che ambiente e salute sono strettamente legati; l'inquinamento dei terreni, dei sottosuoli e delle acque aumenta l'incidenza di patologie gravi. Per impedire ciò, occorre mettere in campo risorse e una ferma volontà politica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative in merito all'impiego del personale delle Forze armate in congedo collocato nella categoria ausiliaria e al relativo trattamento - n. 2-01371)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baldini ed altri n. 2-01371 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Baldini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA TERESA BALDINI (CI). Grazie, Presidente, la illustro. Restano per molti incomprensibili le ragioni che stanno inducendo l'Arma dei carabinieri a rinunciare a diverse centinaia di graduati di assoluto valore, addestrati, formati e impiegati per oltre quarant'anni in settori delicati dell'ordine e della sicurezza pubblica. La questione può essere inquadrata nei seguenti termini: una legge dello Stato consente alle pubbliche amministrazioni statali e territoriali di attingere personale dalle fila della categoria dell'ausiliaria a copertura delle forze in organico. Di contro, l'Arma dei carabinieri, di tutt'altro avviso, a fronte di una carenza di organico di circa 11 mila unità, rigetta le richieste di molti graduati in ausiliaria di permanere in servizio e di continuare a servire i cittadini, senza oneri per lo Stato, lasciando tutti i graduati inoccupati, retribuiti, a casa. Questa scelta dei vertici dell'Arma dei carabinieri tradisce lo spirito della legge e frustra nella loro dignità migliaia di militari dipendenti. Più segnatamente, accade che nell'atto della cessazione del servizio per raggiunti limiti di età o a domanda - nei casi previsti dall'articolo 909 del codice dell'ordinamento militare - i militari che riuniscono i requisiti soggettivi contemplati dalla disciplina di settore, requisiti di salute, assenza di procedimenti disciplinari, di procedimenti o condanne penali per delitti non colposi, giudizi professionali di rendimento non inferiori a eccellente, eccetera, possono chiedere di essere collocati nella categoria detta “ausiliaria”, a condizione che manifestino la propria disponibilità a essere richiamati in servizio nella propria o in altra amministrazione statale o territoriale del comune o della provincia di residenza. L'istituto in esame costituisce una particolare categoria giuridica del congedo - articolo 874 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 - nella quale il militare è destinato a permanere, per un periodo massimo di 5 anni, durante i quali lo Stato può impiegarlo senza oneri.

Per rendere fruibili tali risorse, i nominativi dei militari interessati vengono attualmente iscritti in appositi ruoli pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, cui le singole amministrazioni statali e territoriali potranno attingere, limitatamente alla copertura delle forze in organico, avanzando al Ministero competente specifica richiesta. A fronte delle disponibilità ad essere reimpiegato in servizio, al militare è corrisposta un'indennità pari al 50 per cento dei benefici economici accordati al pari grado in servizio permanente. In pratica, rispetto agli aumenti contrattuali che interverranno durante la permanenza in ausiliaria, il personale che ne fa parte fruirà solo del 50 per cento degli emolumenti corrisposti al pari grado in servizio, pur svolgendo le medesime funzioni. È accaduto che il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, sulla scorta delle richieste avanzate dalle autorità di vertice, abbia periodicamente inoltrato al Ministero della Difesa la richiesta di trattenere o richiamare in servizio il proprio personale transitato dal servizio permanente nella categoria dell'ausiliaria. Tale richiesta è stata sempre correlata all'esigenza di fronteggiare la costante carenza di organico. Sino allo scorso anno, le istanze dei militari interessati al richiamo sono sempre state accolte dall'amministrazione per sopperire alla mancanza di uomini. Con la recente circolare del 14 ottobre 2021, il Comando generale dell'Arma dei carabinieri ha preannunciato un cambio di passo, per ragioni che non vengono spiegate e che restano a molti incomprensibili, intervenendo nel giro di appena un anno per ben tre volte in materia. Con la circolare più recente sono stati introdotti requisiti soggettivi via via più selettivi - le prime modifiche sono state introdotte con la circolare del 29 dicembre 2020 - per poter essere richiamati in servizio dall'ausiliaria. Stiamo parlando di militari già in possesso di requisiti di eccellenza. Il possesso degli elevatissimi requisiti soggettivi introdotti, tuttavia, di per sé non è sufficiente a ottenere il richiamo in servizio, in quanto è stato stabilito che l'istituto ha carattere di assoluta eccezionalità in relazione a stringenti e non altrimenti risolvibili esigenze dell'amministrazione. Si afferma, a questo proposito, che i comandi di corpo, dopo aver verificato il possesso dei requisiti soggettivi in capo ai militari interessati al richiamo, prima di esprimere il giudizio di meritevolezza - che gli stessi siano richiamati o trattenuti in servizio - dovranno tener presente che il richiamo: è funzionale all'interesse dell'amministrazione; è caratterizzato da principi di eccezionalità o assoluta necessità; è attuato soltanto per limitati casi dettagliatamente motivati, dopo aver accertato l'impossibilità di soddisfare le sopravvenienti esigenze con il personale in servizio, individuando, con largo anticipo, idonei sostituti a fronte dell'eventuale cessazione dal servizio del personale per limiti di età. Non potrà essere considerato, laddove connesso sul piano dell'impiego, con la conferma nell'incarico chi sia investito di funzioni di comando o titolare di carica direttiva qualora nello stesso reparto sia presente un pari grado in servizio permanente. Questo requisito appare ancora più inspiegabile e in contrasto con le circolari emanate dalla stessa Arma dei carabinieri (si vedano, fra tutte, la circolare del 10 febbraio 2009 del Comando generale, ufficio legislazione, guarda caso abrogata recentemente, nonché l'articolo 715, comma 1, del DPR 15 marzo 2010).

La cosa che sta provocando ancora più gravi disagi non è solo l'introduzione di tali requisiti soggettivi, dei quali non si comprende la necessità, ma la presenza di questi ultimi ulteriori elementi di valutazione, ancorati a un lessico sfuggente ed evanescente. Concetti come “l'eccezionalità”, “l'assoluta necessità per l'Arma di trattenere un proprio militare in servizio”, “l'impossibilità, per la stessa amministrazione, di alternare nel ruolo del personale destinato a cessare dal servizio permanente validi sostituti” sono dilatabili ad arbitrio.

Dovrebbe spontaneamente pervenirsi, nell'attuale contingenza sociale ed economica, a una sola conclusione, che è quella secondo la quale un'istituzione come l'Arma è in grave carenza di organico in tutti i reparti. Questo è stato sottolineato in più sedi sia dai precedenti sia dall'attuale comandante generale dell'Arma. Mi riferisco alle audizioni in Commissione difesa del generale Giovanni Nistri, del 16 ottobre 2020, e del generale Teo Luzi, i quali hanno sottolineato che l'Arma è in carenza di circa 11.000 unità e che i reparti che maggiormente soffrono sono quelli presenti sul territorio impiegati nella lotta alla criminalità. Dunque, non ci si dovrebbe nemmeno interrogare se sia o meno necessario e funzionale trattenere in servizio graduati di assoluto valore che abbiano offerto la propria disponibilità a servire a costo zero uno Stato di cui sono già servitori da una quarantina di anni almeno (questa è la media degli anni di servizio del personale in ausiliaria, che chiede di proseguire il servizio). La necessità di continuare ad attingere uomini dalla categoria ausiliaria è un dato di fatto, è una condizione a fronte delle carenze di organico e della funzionalità che i militari, di cui si discute giornalmente, assicurano nell'espletamento dei servizi istituzionali. Si tratta di uomini indispensabili e di lodevole servizio sino al giorno del congedo ma che, il giorno dopo, inspiegabilmente perdono questa loro condizione, divenendo non più utili. Altrettanto ragionevolmente appare poter concludere che un diligente impiego delle risorse dello Stato vorrebbe che nessuna delle energie disponibili venga sprecata.

Allora, cosa sta succedendo nell'Arma? Quali sono le ragioni sottese a scelte che appaiono del tutto incomprensibili? Tutti si interrogano su come far fronte alle criticità di ordine e di sicurezza pubblica che vive il Paese. Mi chiedo come un'istituzione che, al suo interno, ha posizioni di impiego vacanti in tutti i reparti, molti dei quali non sono in grado di assicurare i turni di servizio esterno nell'arco delle 24 ore per il controllo del territorio, possa rinunciare a fruire di energie lavorative che possono essere tratte dall'impiego di un migliaio - o poco meno - di uomini di lunga e provata esperienza, con elevate capacità professionali.

Va ribadito che il trattenimento in servizio avviene senza oneri per lo Stato e che la ragione impone che sia un dovere dei comandanti, a tutti i livelli, non lasciare risorse inutilizzate. Viceversa, la rinuncia a utilizzare tali risorse comporterà che i posti d'impiego lasciati vacanti da questi stessi uomini che l'Arma si accinge a non occupare dovranno essere rimpiazzati. Nell'immediato si assisterà, pertanto, a ulteriori sofferenze di energie nei reparti mentre, nel più lungo periodo, saranno necessari nuovi arruolamenti, con la conseguenza che lo Stato, il quale tenta di spostare sempre più in avanti l'età di accesso alla pensione, per conseguire un risparmio di spesa dovrà sostenere a breve un ulteriore impegno finanziario, quello che discende dagli oneri necessari per i nuovi arruolamenti.

Ciò che è eccezionale e assolutamente necessario per alcune Forze armate non lo è per tutte le altre. L'esercito, per esempio, in esubero di diverse decine di migliaia di unità, ha un buon motivo per accordare l'ausiliaria solo in casi del tutto eccezionali, in quanto è chiamato a sfoltire i propri ranghi. L'Arma dei carabinieri, invece, è in grave carenza di organico e ha necessità del tutto opposte. Tali necessità possono essere ancora oggi soddisfatte senza gravare ulteriormente sulle casse dello Stato, anzi con un risparmio di spesa significativo, seguendo lo spirito della legge che ha introdotto l'ausiliaria, che non è quello di avere forze disponibili in caso di eccezionale necessità ma quello di utilizzare nel modo migliore le risorse di cui si dispone nella normalità.

Certo, si potrebbe obiettare che quella di essere collocati in ausiliaria è stata una scelta consapevole e che non è stato assicurato ad alcun militare che sarebbe stato richiamato in servizio, ma non si può trascurare che tale scelta è stata fatta dal personale confidando in una prospettiva da sempre ragionevolmente seguita dall'Arma, che è quella di richiamare in servizio i propri uomini per far fronte a una strutturale carenza di organici destinata a protrarsi per molti anni ancora. I militari che si trovano in questa condizione hanno risposto ragionevolmente, fidando in una prassi sin qui serbata dall'amministrazione, prassi tutt'a un tratto mutata in assenza di plausibili ragioni. I reparti dell'Arma non sono più sotto organico? Non sono più necessarie altre energie per assicurare ai cittadini la pace sociale? La recrudescenza della criminalità non è più un problema?

Non resta che confidare in un ripensamento della scelta, che l'Arma dovrebbe accingersi ad operare. Se l'Arma è un'istituzione che guarda al futuro - cosa che amano sostenere i suoi vertici - e che guarda agli interessi della collettività, questo traguardo non potrà essere raggiunto attraverso scelte che restano inconcepibili dalla ragione. Guardare all'uomo significa anzitutto riconoscere il valore, l'identità e la dignità dei propri uomini. Le scelte, seppur drastiche, quando effettivamente indispensabili vanno spiegate e attuate ancorando ogni valutazione a criteri sempre più obiettivi, onde evitare il verificarsi di disparità di trattamento, di ingiuste e ingiustificate frustrazioni in uomini che hanno servito per molti decenni lo Stato e i suoi cittadini.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Difesa, onorevole Giorgio Mulè, ha facoltà di rispondere.

GIORGIO MULE', Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, signor Presidente. Onorevole interpellante, per una migliore comprensione delle complesse questioni che sono state affrontate con l'interpellanza che discutiamo oggi, ritengo opportuno, in via preliminare, rappresentare che l'ausiliaria è una categoria del congedo che nell'ordine comprende: il personale che, all'atto del pensionamento, possiede i requisiti di anzianità e di idoneità richiesti per accedervi e ha manifestato la propria disponibilità a prestare eventualmente servizio, in qualità di richiamato nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso la propria o altra pubblica amministrazione; non comporta un automatico richiamo in servizio, disposto con apposito decreto ministeriale, occorrendo un provvedimento unilaterale dell'amministrazione, motivato esclusivamente da esigenze di servizio e organizzative, che presuppone comunque il consenso dell'interessato. Occorre, inoltre, precisare che il personale in ausiliaria, a fronte di limitazioni all'assunzione di determinati incarichi nel mondo civile, è destinatario di un'indennità specifica che si somma all'ordinario trattamento di pensione.

Premesso questo quadro di riferimento e con esplicito riguardo alle circolari citate nell'atto, si ritiene opportuno evidenziare che l'Arma dei carabinieri, nel pieno rispetto delle disposizioni di legge attualmente vigenti concernenti l'istituto in esame, ha diramato una direttiva con cui sono stati indicati i criteri che regolano il “richiamo in servizio" dall'“ausiliaria”, sottolineandone il carattere di assoluta eccezionalità in relazione a stringenti e non altrimenti risolvibili esigenze della pubblica amministrazione, ed è stato evidenziato come la disponibilità manifestata dai militari non costituisca presupposto per l'automatico ricorso al richiamo in servizio.

In tale direttiva, inoltre, proprio al fine di valorizzare il percorso professionale degli interessati, tenuto anche conto delle nuove consistenze organiche derivanti dal riordino dei ruoli, è stato chiarito che l'eventuale richiamo dall'ausiliaria rappresenta una circostanza eccezionale e non può, comunque, essere preso in considerazione se volto, sul piano dell'impiego, a confermare nell'incarico chi sia stato investito di funzioni di comando o di carica direttiva, nel caso in cui sia presente, nel medesimo reparto, un parigrado in servizio permanente.

Tanto rappresentato, nel merito del quesito che riguarda le eventuali iniziative da adottare “per consentire l'accesso alla misura del richiamo in ausiliaria a parità di condizioni per tutti i Corpi delle Forze armate (…)”, si osserva che il quadro normativo sopra delineato consente di escludere l'esistenza di una disparità di trattamento, in considerazione del fatto che la norma di diritto positivo impone all'amministrazione procedente non di assicurare parità di condizioni, ma di assolvere alle esigenze di servizio ed organizzative correlate alle specifiche necessità istituzionali. Concludendo, laddove sulla base dei criteri su esposti si verifichi l'ipotesi di una mancanza di esigenze istituzionali per il richiamo di una o più categorie di personale in ausiliaria nelle singole Forze armate, i rispettivi appartenenti, ai sensi della vigente normativa, restano comunque a disposizione, secondo la ratio legislativa, delle amministrazioni centrali e locali che abbiano interesse.

PRESIDENTE. L'onorevole Baldini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA TERESA BALDINI (CI). Risposta che mi aspettavo, però il motivo per cui è stata presa questa decisione non è stato spiegato. Parlare di eccezionalità vuol dire, comunque, anche parlare di obiettività, perché ci sono regioni in Italia dove l'ausiliaria è stata concessa a tutte le persone che ne hanno fatto richiesta e in altre no. Quindi, sono i comandanti di regione che con la loro discrezionalità decidono chi risponde o meno ai requisiti per l'ausiliaria.

Anche il discorso del pari grado non mi convince, perché ci sono situazioni dove è già presente il pari grado in questo momento, allora vuol dire che stanno operando in condizioni non di legalità. Quindi, che cosa significa ciò? Io credo che questi requisiti che sono stati introdotti con il provvedimento n. 14 del 2021, non possano essere considerati, sul piano dell'impiego, con la conferma nell'incarico di chi sia stato investito di funzioni di comando o titolare di carica elettiva, qualora nello stesso reparto sia presente un pari grado di servizio permanente. Questo requisito appare ancora più inspiegabile ed è in contrasto con le circolari emanate proprio dall'Arma dei carabinieri. Quindi, sottosegretario, credo che bisognerebbe valutare caso per caso, in Italia, visto che non si tratta di numeri così grandi, perché stiamo parlando di poco più di mille uomini e occorre valutare caso per caso. Prendere in considerazione questo, vuol dire dare la possibilità di lavorare a chi oggi, dal mio punto di vista, inspiegabilmente crede ancora in questi grandi valori: persone che, nel mantenimento dell'ausiliaria, pagano anche gli oneri pensionistici, non sono in pensione, pagano gli oneri pensionistici, lavorano per lo Stato a costo zero e vogliono continuare a lavorare nonostante ricevano la stessa retribuzione. Quindi, onore a queste persone che vogliono farlo. E la prego, sottosegretario, di interessarsi personalmente, di poter parlare con il Comando generale e dire: fatemi vedere queste situazioni, perché oggi c'è bisogno di uomini. Siamo in una situazione in cui veramente l'Arma dei carabinieri ha un problema importante di sottonumerazione: mancano 11 mila uomini e noi mandiamo via le persone che hanno questi requisiti di eccellenza? Quindi, mi affido a lei, sottosegretario, se può fare ancora qualcosa.

(Iniziative di competenza, anche normative, volte a potenziare le attività di prevenzione e contrasto dei fenomeni di matrice politico-eversiva, anche alla luce di recenti inchieste giornalistiche - n. 2-01375)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Verini ed altri n. 2-01375 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Verini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

WALTER VERINI (PD). Sì, grazie, Presidente. Brevemente, solo per contestualizzare il senso di questa interpellanza, che abbiamo presentato insieme al deputato Fiano, alla capogruppo Serracchiani, al deputato Sensi, che è qui, e ad altri 30 parlamentari del Partito Democratico. L'abbiamo presentata dopo i gravissimi fatti dello scorso 9 ottobre, quando gruppi neofascisti, assieme a esponenti dei cosiddetti no-vax, diedero vita al gravissimo attacco alla sede della CGIL, che fu devastata. Allora ci fu una risposta, naturalmente molto ampia, delle istituzioni democratiche, ma io direi del Paese, culminata poi con la grande manifestazione unitaria dei sindacati e di tantissime associazioni a piazza San Giovanni, che aveva il senso di dire apertamente quanto pericoloso fosse il livello raggiunto dalle azioni delle organizzazioni neofasciste e neonaziste in questo Paese, con grave rischio per le istituzioni democratiche, che, come dice il Presidente Mattarella, giustamente, sono solide, sono istituzioni che hanno radici molto robuste, ma che, però, sono sotto attacco e lo vediamo quotidianamente.

Da allora sono accadute due cose, Presidente. La prima: i pronunciamenti delle due Camere che chiedevano al Governo di trovare il modo - perché di questo si trattò, ma comunque di farlo - per sciogliere le organizzazioni neofasciste e di ispirazione neonazista, sulla base di princìpi legati semplicemente alla violazione della XII disposizione finale della Costituzione e dell'articolo 3 della legge del 1952, la “legge Scelba”. Le Camere hanno votato questa cosa, il Governo Draghi si è impegnato a dar vita rapidamente a un gruppo che studiasse il modo per poter procedere allo scioglimento. E questo è uno dei quesiti che poniamo nell'interpellanza al Governo: vorremmo capire a che punto è questo lavoro, perché riteniamo che il tema sia diventato - ed è la seconda e ultima cosa nuova accaduta da quel 9 ottobre ad oggi - ancora più urgente. Un'inchiesta giornalistica importante - benemerito il giornalismo d'inchiesta, che soprattutto su La Repubblica ha avuto diffusione e un'eco importante - ha rivelato quanto addirittura più profondi fossero i legami tra organizzazioni neofasciste e alcuni settori del cosiddetto movimento no-vax, a sua volta assai pericoloso su piani connessi a questo.

In questa inchiesta, era apertamente disvelato come, in questi giorni, in queste settimane, nei mesi passati - quindi non parliamo di tanti anni fa - vi fossero deliranti piani, chiamiamoli così, e intrecci molto pericolosi, che non meritano altra definizione, se non quella di “eversivi”: riunioni in alberghi della capitale, dove si progettavano deliri, come lo scioglimento del Parlamento e del Consiglio superiore della magistratura, e poi l'organizzazione di Governi di salute pubblica; in certe chat si parlava apertamente di usare la violenza, di contattare persone che hanno a disposizione armi, si parlava di minacce al Presidente del Consiglio o ad altre autorità dello Stato. Ecco, a causa di questi fatti, ci sono state benemerite iniziative delle procure e misure cautelari.

Alla luce di questi fatti, chiediamo al Governo a che punto stia questo lavoro per arrivare al necessario scioglimento delle organizzazioni neonaziste e neofasciste - Forza Nuova su tutte - e poi chiediamo quali misure, alla luce delle iniziative della Polizia e dell'autorità giudiziaria, siano in atto per contrastare queste cose.

Chiudo, Presidente, ricordando - è notizia di due giorni fa – che in Francia il Governo ha sciolto il gruppo di estrema destra Alvarium con sede ad Angers. Il gruppo è stato sciolto, perché lanciava appelli alla violenza e alla discriminazione; è stato sciolto con un decreto. Si afferma che Alvarium alimenta un discorso di odio, incita alla discriminazione e alla violenza verso persone, in base alla loro origine o alla loro religione. A quel tempo, quando ci fu lo scioglimento, il portavoce del Governo dichiarò: “La nostra mano non trema dinanzi al razzismo e alla violenza”. Ecco, questo precedente - la notizia è rimbalzata due giorni fa, ma è una notizia di circa due anni fa - dimostra che in un Paese democratico ciò si può fare e la nostra Costituzione, naturalmente, lo consente perché, in casi di necessità e urgenza anche con un decreto le organizzazioni pericolose ed eversive possono e, diciamo noi, devono essere sciolte.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente e onorevoli deputati. Con l'interpellanza all'ordine del giorno, gli onorevoli interpellanti, traendo spunto da inchieste giornalistiche su esponenti di Forza Nuova, chiedono al Governo – leggo – “quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche sotto il profilo di un'iniziativa normativa, al fine di intensificare l'attività di prevenzione, controllo e repressione dei fenomeni di eversione sopra descritti” ed è a questa domanda che, naturalmente, mi accingo a rispondere. Con specifico riguardo all'evento richiamato nell'interpellanza, risulta che, il 10 ottobre 2020, Forza Nuova organizzò un convegno in un albergo di Roma, che era stato pubblicizzato nei giorni precedenti sulle pagine del giornale d'area L'Italia Mensile e al quale presero parte circa 50 persone. In tale circostanza, fu presentato un sedicente Governo di liberazione nazionale Nei mesi seguenti, la propaganda delle compagini più strutturate dell'estrema destra è proseguita, in collegamento con le ali estreme dei movimenti negazionisti no-vax, culminando nei disordini avvenuti a Roma lo scorso 9 ottobre, quando esponenti di Forza Nuova hanno assaltato la sede nazionale della CGIL. In conseguenza di tale grave episodio, la DIGOS della questura di Roma ha arrestato 18 persone. Il Ministero della Giustizia ha riferito in proposito che, per sei di queste, la procura della Repubblica presso il tribunale di Roma ha proceduto con il rito direttissimo, celebrato innanzi al tribunale di Roma in relazione ai reati, tra gli altri, di resistenza a pubblico ufficiale aggravata e di lesioni personali, chiedendo e ottenendo, oltre alla convalida degli arresti, anche l'applicazione di misure custodiali diversamente graduate nei confronti degli imputati. L'udienza di trattazione del processo nel merito è stata fissata per il 6 dicembre 2021. Per altre 6 persone, tratte in arresto per le condotte criminose commesse nella sede nazionale della CGIL, la procura della Repubblica presso il tribunale di Roma ha chiesto al GIP del tribunale di Roma la convalida degli arresti e l'applicazione di misure custodiali, contestando i più gravi reati di concorso in devastazione e saccheggio, nonché il reato di istigazione a delinquere nei confronti dei soggetti al momento ritenuti promotori dell'attività delittuosa: Giuliano Castellino, Roberto Fiore e Luigi Aronica. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, in data 14 ottobre 2021, applicava a Giuliano Castellino, Roberto Fiore, Luigi Aronica, Biagio Passaro e Pamela Testa la misura della custodia cautelare in carcere, in relazione ai reati di devastazione aggravata e di resistenza a pubblico ufficiale aggravata, entrambi commessi a Roma il 9 ottobre 2021 e per i soli Castellino, Fiore e Aronica anche in relazione al reato di istigazione a delinquere, anch'esso perpetrato a Roma il 9 ottobre scorso. Il tribunale di Roma, quale giudice del riesame, ha confermato i citati provvedimenti cautelari. Deve anche essere posto in luce che la procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, da tempo, ha in corso altre attività di indagine preliminare, al momento coperte da segreto investigativo, nei confronti di esponenti di Forza Nuova, attività svolte in collegamento con altre procure e con il coordinamento della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Oltre a ciò, è stata anche avviata un'ampia attività investigativa volta all'identificazione di altri soggetti coinvolti negli eventi del 9 ottobre 2021. Sul piano dell'analisi della minaccia, l'evidenza infoinvestigativa rivela l'attivismo delle organizzazioni della destra radicale che, anche avvalendosi di ambienti virtuali e di piattaforme social, diffondono narrative ultranazionaliste, razziste e antisemite, mescolandole con retoriche complottiste e appelli alla liberazione da una non meglio identificata “dittatura sanitaria”. All'evidenza, tale azione propagandistica, che mischia temi tradizionali della destra eversiva e xenofoba con le rivendicazioni delle frange estreme del mondo no-vax, mira, in realtà, a mobilitare gli strati sociali in maggiore difficoltà e a conquistarne il consenso, strumentalizzandone il disagio connesso alla pandemia. Rispetto a questa situazione, l'azione di contrasto condotta dalle Forze di Polizia è assicurata, in primo luogo, attraverso il costante coordinamento e l'impulso dell'attività infoinvestigativa svolta dalla DIGOS e, inoltre, mediante l'assiduo monitoraggio degli ambienti dell'estrema destra. In tale contesto, assume poi un particolare rilievo il ruolo svolto dalla Polizia postale delle comunicazioni nell'attività finalizzata ad intercettare in anticipo ogni evidenza riferibile alla preparazione ed organizzazione di manifestazioni non autorizzate. In questo senso, ricordo che l'autorità giudiziaria, su input delle Forze di polizia, ha emesso un decreto di sequestro preventivo del sito di Forza Nuova, attraverso il quale venivano diffusi comunicati e dichiarazioni, volti ad incitare alla violenza contro le istituzioni. In conclusione, assicuro agli onorevoli interpellanti e al Parlamento tutto che le Forze di polizia ed il comparto intelligence riservano la massima attenzione sul piano sia della ricerca e dell'analisi, sia dell'attività di contrasto ai circuiti della destra radicale, al fine di cogliere precocemente ogni segnale di minaccia e per porre in essere le risposte più adeguate a tutela della legalità e dell'ordine costituzionale.

PRESIDENTE. Il deputato Verini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

WALTER VERINI (PD). Sì, ringrazio il sottosegretario Scalfarotto per questa risposta, che conferma l'attenzione che il Ministero e tutte le Forze dell'ordine e della sicurezza dedicano a questi fenomeni. Le cose che il sottosegretario, a cui io da sempre riconosco anche una personale sensibilità e attenzione su questi temi, ha detto qui in Aula vanno nella direzione giusta, quella di prevenire e contrastare, ma al tempo stesso - e questa è la conclusione politica nostra, come interpellanti del Partito Democratico - quelle cose che, puntualmente, il sottosegretario Scalfarotto ha illustrato, confermano quanto sia urgente e necessario intervenire, nel quadro del quesito che anche noi ponevamo, cioè delle iniziative (intese anche come proposta normativa) al fine di intensificare le attività di prevenzione, controllo e repressione dei fenomeni di eversione descritti, che il Governo intenda assumere.

Secondo noi, assieme a questa azione quotidiana ben illustrata dal sottosegretario – e attraverso lui ci rivolgiamo anche al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'Interno - è maturo il tempo, è urgente che si chiuda la fase istruttoria, che possa portare a un decreto quantomeno o un'altra forma, che il Governo deciderà, di provvedimento che comunque vada nella direzione di dare un segnale molto forte di contrasto a questi fenomeni, a queste organizzazioni neofasciste. Lunedì ci sarà una conferenza stampa su questo punto, alla quale parteciperanno quattro rappresentanti di sigle importanti per la storia e il presente di questo Paese: una è l'ANPI, la conosciamo, l'Associazione nazionale partigiani, un'altra è l'ANPPIA, che rappresenta i perseguitati politici del fascismo, un'altra ancora è l'ANED, l'associazione degli ex deportati nei campi di sterminio e un'altra sigla ancora è l'Associazione nazionale partigiani cristiani. Questo per dire che c'è un pluralismo associativo di persone che rappresentano mondi e anche esperienze grazie alle quali noi siamo qui oggi a parlare in quest'Aula, ossia di coloro che fecero riconquistare all'Italia la democrazia e la libertà. Queste sigle svolgeranno una conferenza stampa per chiedere al Governo di procedere su ciò che anche le Camere hanno chiesto: lo scioglimento di Forza Nuova e di tutte le organizzazioni neofasciste. Io sono convinto che si possa fare, per i motivi che crediamo di avere illustrato, ma non solo noi, tanta parte del Paese. Voglio ricordare - per chiudere - il 25 aprile dell'anno scorso il nostro Presidente del Consiglio, Mario Draghi, innanzitutto andò in visita a via Tasso, con un gesto di altissimo valore simbolico istituzionale e politico e poi lì, in quella giornata pronunciò delle frasi che sono scolpite. Parlando del ventennio fascista disse: “Non tutti gli italiani furono brava gente” e, quindi, voleva dire – testuale – “Non scegliere è immorale”. Come dire, se uno non si ribella, non reagisce, è un complice; una frase detta a via Tasso dal Presidente del Consiglio. Poi, parlando anche di recenti, ennesimi episodi di odio nei confronti di Liliana Segre, il Presidente del Consiglio disse: “Il linguaggio d'odio, che sfocia spesso in razzismo e antisemitismo, contiene il seme della violenza e non va tollerato”. Noi ci siamo tutti riconosciuti, e ci riconosciamo, in queste parole, nella solidità democratica istituzionale di questo Governo e del Presidente del Consiglio, al quale ancora una volta da qui ci permettiamo però di chiedere, nelle modalità che vorrà, di fare presto per dare un segnale molto forte, al fine di sciogliere queste organizzazioni pericolose – pericolose - eversive e che vorrebbero minare la convivenza civile e democratica di questo Paese.

(Iniziative volte al completamento del processo di stabilizzazione dei ricercatori precari - n. 2-01373)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Melicchio ed altri n. 2-01373 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Melicchio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALESSANDRO MELICCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Il Consiglio nazionale delle ricerche è occupato, da stanotte. La sede di piazzale Aldo Moro, qui a Roma, è stata occupata ieri sera dal movimento Precari uniti, insieme alle sigle sindacali confederali CGIL, CISL e UIL che hanno indetto una mobilitazione permanente. Anche adesso, in queste ore, a piazza Santi Apostoli, l'Unione sindacale di base insieme ai ricercatori e ai tecnologi precari del Consiglio nazionale delle ricerche stanno manifestando contro il rischio della mancata stabilizzazione di centinaia di ricercatori e tecnologi precari. Durante un tavolo di confronto fra il direttore generale Colpani e i sindacati confederali, di ieri 18 novembre, e a seguito della riunione del consiglio d'amministrazione di ieri pomeriggio dell'ente, chiedo informazioni sullo lo stato delle stabilizzazioni, chiedo parole di rassicurazione per tutto il personale della ricerca che è interessato, anche perché sembra, da ciò che è successo ieri, venga smentito ciò che era stato dichiarato dal direttore generale durante un tavolo con i sindacati dell'11 ottobre, così come in una riunione del consiglio d'amministrazione del 22 settembre, in cui si dichiarava che le stabilizzazioni dei ricercatori, che ancora le aspettano, sarebbero state completate; così come l'audizione in Senato, nel mese di settembre della presidente Carrozza aveva rassicurato altrettanto, anche perché i soldi ci sono, questo Parlamento li ha stanziati: dalla legge di bilancio del 2021 sono arrivati 3,3 milioni di euro e in più, prima ancora, con il “decreto Rilancio” dell'agosto 2020 sono stati stanziati altri 22,8 milioni di euro a decorrere dal 2021. Eppure, quelle assunzioni non sono state ancora fatte e siamo quasi a dicembre 2021. L'articolo 238, al comma 2, del “decreto Rilancio” stanzia 50 milioni di euro, specificando chiaramente che sono per assunzioni del personale della ricerca negli enti pubblici di ricerca e, quindi, chiedo informazioni al Ministro, per il tramite del sottosegretario qui presente, sperando in una rassicurazione per tutto questo personale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, signor Presidente, onorevoli deputati. Preliminarmente, vogliamo ringraziare l'onorevole interpellante perché con questo quesito consente al Governo di fornire ulteriori aggiornamenti rispetto ad un tema che è stato oggetto anche di un altro atto ispettivo, cui abbiamo dato riscontro il 17 settembre ultimo scorso. In quell'occasione si ebbe già modo di fornire taluni chiarimenti in relazione, in particolare, alle modalità attuative dell'articolo 1, comma 541, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, ossia la legge di bilancio per il 2021, che, come noto, ha previsto lo stanziamento di 25 milioni di euro per l'assunzione di ricercatori negli enti pubblici di ricerca. La riproposizione di un atto ispettivo di contenuto simile dimostra, senza dubbio, la necessità di dover fornire ulteriori elementi affinché sia chiaro come la problematica qui sollevata, ben conosciuta dal Governo, è, in realtà, molto più complessa di quanto sembri.

In applicazione della cosiddetta “legge Madia” gli enti di ricerca, al pari delle altre pubbliche amministrazioni, sono ricorsi in modo molto rilevante alle procedure di stabilizzazione, consolidando la posizione di oltre 2.300 unità, in pochi anni. L'ente pubblico di ricerca che è ricorso maggiormente a tale istituto è stato appunto il Consiglio nazionale delle ricerche, con 1.540 stabilizzazioni.

Prima di proseguire, però, è molto importante far rilevare come gli enti pubblici di ricerca siano amministrazioni molto diverse dalle altre, lo stesso Parlamento, con forte e meritorio impegno, sta sostenendo le iniziative del Governo che sono orientate proprio ad affermare definitivamente, sotto vari profili, la specialità del comparto della ricerca, il quale - è ormai un convincimento condiviso - non può soggiacere alle regole generali poste per le altre pubbliche amministrazioni. Infatti, tra le principali peculiarità del sistema della ricerca, per quanto qui di interesse, vi è, da un lato, la circostanza che lo sviluppo delle carriere dei ricercatori non può non essere orientata al fine di degnamente competere con le altre realtà internazionali e a più stringenti profili di merito e ad uno spiccato dinamismo e, dall'altro, la constatazione che, al fine di garantire la concreta operatività e il buon esito delle attività dei ricercatori, gli enti sono chiamati ad assicurare un adeguato corredo di strumenti e di risorse, che vanno ben oltre il costo del mero personale. In estrema sintesi, va, dunque, riconosciuto che le procedure di stabilizzazione hanno sugli enti di ricerca un impatto imparagonabile rispetto a quello avvertito dalle altre pubbliche amministrazioni.

A conferma di quanto detto, vi è l'ulteriore constatazione che il CNR - l'ente pubblico di ricerca che, come si è detto, più di tutti è ricorso alle procedure di stabilizzazione, in questi anni - è anche quello che, al momento, presenta un rapporto non più sostenibile tra le spese complessive per il personale e le proprie entrate consolidate.

Ciò posto, il preminente interesse del Governo consiste nell'assicurare proprio la sostenibilità complessiva del sistema della ricerca e la sua competitività a livello internazionale, anche attraverso il reperimento di sempre maggiori risorse economiche, mentre compete ai singoli enti - i quali, al termine di un percorso molto difficoltoso e combattuto, hanno solo di recente, con il decreto legislativo n. 218 del 2016, acquisito il grado di autonomia che meritano - la valutazione in ordine alle loro politiche di reclutamento.

Peraltro, va ricordato che gli stessi meccanismi della “legge Madia” - che, è bene ribadire, hanno introdotto la mera facoltà, non l'obbligo, di aderire alle procedure di stabilizzazione - condizionano ulteriormente le politiche di reclutamento degli enti, imponendo loro la necessità di destinare alle stabilizzazioni non più del 50 per cento delle risorse disponibili per le assunzioni: ciò ha comportato, di fatto, un ulteriore aumento delle spese di personale, per effetto delle altre assunzioni favorite dai percorsi di stabilizzazione, nonché un sostanziale esaurimento delle risorse destinate alle progressioni verticali di carriera, che sono, anche per questo motivo, bloccate da anni.

A fronte di un quadro così complesso, in cui le politiche di reclutamento di questi anni hanno contribuito, non sempre positivamente, alla funzionalità degli enti di ricerca, il Governo è intervenuto con importanti misure, presenti anche nel disegno di legge di bilancio attualmente all'esame delle Camere, che mirano a rilanciare il sistema degli enti di ricerca in vista delle importanti azioni che essi dovranno intraprendere in attuazione del PNRR.

Ebbene, tra tali misure, un rilievo preponderante è stato assegnato proprio alla valorizzazione del personale della ricerca, nel pieno convincimento che esso costituisca il vero fulcro del sistema: si spiegano così le rilevanti risorse (40 milioni di euro) destinate allo sviluppo di carriera di ricercatori e tecnologi e le altrettanto considerevoli (20 milioni di euro) destinate alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo degli enti.

In tale contesto, il Ministero dell'Università e della ricerca nella consapevolezza di dover dare una risposta alle aspettative dei ricercatori collocati nelle ultime “code” delle stabilizzazioni, ha voluto destinare, anche in esito alle proficue interlocuzioni avute in questi mesi con i gruppi parlamentari, ulteriori 12,5 milioni di euro per la copertura dei costi connessi alle stabilizzazioni degli enti di ricerca (10 dei quali destinati al CNR). Con quest'ultimo, rilevante impegno messo a disposizione delle aspettative dei ricercatori in attesa di stabilizzazione, il Governo ritiene di aver dato ogni utile strumento affinché gli enti, nell'esercizio della loro autonomia, sappiano coniugare l'esigenza di rispettare tali aspettative con la necessità di superare le rilevanti sfide, in termini di efficienza e qualità delle loro attività di ricerca, poste dal PNRR.

Al CNR, in particolare, il Governo ha offerto, inoltre, strumenti e risorse supplementari affinché, attraverso un percorso di analisi delle problematiche dell'ente, che vedrà certamente la partecipazione della comunità scientifica e delle migliori risorse interne, possano porsi le basi per un rilancio duraturo, anche attraverso opportune revisioni ai propri processi organizzativi che verranno indicati nel Piano di rilancio.

Per tutto il sistema della ricerca, infine, va detto che, proprio grazie all'iniziativa del Parlamento, il Governo sta investendo molto sul progetto di legge di riforma del reclutamento universitario e degli enti di ricerca, affinché vengano ivi inserite disposizioni che possano impedire il ricrearsi, in futuro, di situazioni di patologica precarietà, quali quelle evidenziate nella presente interpellanza.

PRESIDENTE. L'onorevole Melicchio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALESSANDRO MELICCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Riconosco anche io l'impegno che gli ultimi tre Governi hanno destinato all'aumento delle risorse a università ed enti pubblici di ricerca, ma è evidente che non sembra essere sufficiente. Infatti, questo Parlamento, con riferimento specifico al Consiglio nazionale delle ricerche, ha destinato nell'ultimo anno 3,3 milioni di euro con la legge di bilancio del 2021, derivanti da quei 25 milioni destinati a tutti gli enti e poi con un infausto decreto ministeriale, si è arrivati a quella cifra, che è ben minore, perché doveva essere destinata completamente alle stabilizzazioni, secondo la volontà parlamentare; così come i 22,8 milioni del “decreto Rilancio”, derivanti dai 50 milioni destinati a tutti gli enti pubblici di ricerca, dell'agosto 2020: 22,8 milioni che sono destinati, a decorrere dall'anno 2021, specificatamente, in maniera vincolata, per assunzioni del personale della ricerca. Se il CNR in quest'anno non ha fatto quelle assunzioni, e siamo alla fine dell'anno, e non ha certamente il tempo materiale per indire nuove procedure concorsuali, dove sono andati a finire quei soldi? A cosa sono stati destinati? Ce ne sono altri di soldi che arriveranno al CNR - e sono contenuti nel testo della legge di bilancio che ci apprestiamo ad esaminare e a discutere - a decorrere dall'anno 2022, sempre da destinare ai costi derivanti dalle stabilizzazioni. Quindi, io mi chiedo perché l'ente non proceda a completarle, dato che le risorse gli sono state destinate e dove, altrimenti, vengano destinate dall'ente, se non se non alle assunzioni. Come si giustificherebbe una diversa destinazione? Io credo che, se si verificasse questa eventualità cioè la mancata assunzione in questa annualità, la Corte dei conti potrebbe avere tanto da dire su questo.

Usare i 22,8 milioni del “decreto Rilancio” ora, entro il 31 dicembre di quest'anno, per le stabilizzazioni è possibile farlo. L'INGV, che è un altro ente pubblico di ricerca, ad esempio, lo ha già fatto, ha utilizzato le risorse del “decreto Rilancio” per stabilizzare i ricercatori che ha nelle proprie graduatorie. Dunque, credo che sia necessario un atto di indirizzo del Ministero dell'Università e della ricerca verso la presidenza del CNR perché proceda in questo senso.

Ricercatori e tecnologi - lo ha ricordato anche il sottosegretario - hanno accesso alle stabilizzazioni grazie a una legge dello Stato, che è il decreto legislativo n. 75 del 2017, però non ritengo che sia più giustificabile una continua richiesta di ulteriore valutazione di questi ricercatori, perché non ci sono solo gli anni di servizio, che vengono individuati come parametro da quella legge; per procedere alla stabilizzazione, questi ricercatori e tecnologi hanno sostenuto ben due procedure concorsuali, l'ultima nel dicembre del 2018, che applicava la “legge Madia”. Quella è stata l'ultima delle selezioni, una selezione vera, che ha escluso anche parte del personale, quello che non aveva ancora raggiunto la maturità scientifica adeguata. Pertanto, non ci sono solo gli anni di servizio, si è valutata anche la capacità di fare buona ricerca, si è valutata la produzione scientifica di quei ricercatori attraverso un vero concorso per titoli e colloquio. Quindi, non possiamo, ancora oggi, pensare di chiedere a quei 400 ricercatori nelle graduatorie del CNR - che ci sono perché sono idonei, perché hanno superato quelle procedure concorsuali - un'ulteriore valutazione. Non è accettabile. Chi conosce la mia attività parlamentare sa che, se vogliamo parlare di una diversa tipologia di reclutamento negli enti pubblici di ricerca e nell'università, trova una porta aperta e mi trova come primo favorevole a questa cosa.

Ma ciò non vale per quel personale, perché è già stato valutato e ritengo che sarebbe una vera e propria umiliazione chiedergli, ancora una volta, una nuova valutazione, un nuovo “vediamo”, un nuovo “valutiamo” se sei degno di entrare nei ruoli di quell'ente pubblico di ricerca. Quelli che sono ancora in attesa sono i cosiddetti “comma 2”, cioè chi aveva un contratto di collaborazione alla ricerca, i cosiddetti assegnisti di ricerca, i “comma 2” dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, la “legge Madia”, che si vedono oggi di fronte a un'iniquità perché i propri colleghi, i “comma 1”, quelli che avevano la fortuna di avere un contratto a tempo determinato, sono stati assunti. Ma chi è entrato almeno una volta in un ente pubblico di ricerca, in un qualunque laboratorio di questi enti pubblici di ricerca, sa che un assegnista di ricerca o un ricercatore a tempo determinato svolgono la stessa identica funzione e, molto spesso, gli uni hanno più anni di servizio degli altri. Sappiamo che per anni c'è stata una penuria di risorse in questo settore che ha determinato una ricerca spasmodica di fondi da parte di questi ricercatori per lavorare. E allora noi non possiamo non riconoscere che il loro lavoro ha pari dignità di quello degli altri colleghi che hanno avuto la fortuna di avere una tipologia contrattuale diversa semplicemente perché la disponibilità delle risorse quello permetteva in quel momento. Noi non stiamo regalando loro nulla, sono loro che regalano qualcosa a noi. Ricercatori e tecnologi, il personale della ricerca tutto sta regalando a noi, al nostro Paese, un frutto inestimabile, che è il frutto delle loro ricerche. Per favore non deludiamoli , non rischiamo di umiliarli, di umiliare il loro lavoro. Chiedo, quindi, al Ministro, per suo tramite, Presidente, che si adoperi con l'ente vigilato dal suo Ministero, il CNR, per cogliere questa occasione, che ci permetterebbe veramente di arricchire il nostro Paese.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Troiano. Ne ha facoltà.

FRANCESCA TROIANO (M5S). Presidente, colleghi, il tema delle autonomie locali in generale e l'istituto del sindaco in particolare necessitano una riflessione politica e parlamentare seria e soprattutto consapevole della realtà nella quale vivono oggi le nostre istituzioni locali. I sindaci dei piccoli come dei grandi comuni sono impegnati sul campo con tantissimi oneri e pochissimi onori, responsabilità enormi con scarsi mezzi a disposizione, soprattutto nei piccoli comuni, dove ho provato a trascorrere con loro giornate di lavoro in comune. Le strutture di PA sono pressoché inesistenti, con interi comparti vuoti e privi di professionalità. Il PNRR ha messo in risalto tutta la fragilità del sistema delle autonomie locali. Agire è il verbo da coniugare e soprattutto elaborare strategie per organizzare nuovi modelli di amministrazione nel tempo della transizione digitale. Depenalizzare l'abuso di ufficio è un doveroso atto di civiltà istituzionale e politica. Istituire la Giornata del sindaco è un doveroso riconoscimento verso 8 mila servitori dello Stato che tutti i giorni si alzano a guidare la macchina amministrativa e qualche volta mettono la benzina di tasca propria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Sono venti anni oggi dall'assassinio di Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera, uccisa assieme a tre altri colleghi in Afghanistan. Sempre lì, sembra una terra che annoda da venti anni almeno i fili delle nostre paure. Ricordando oggi Cutuli, sul suo giornale, Barbara Stefanelli quasi grida: “Niente e nessuno ha spento il furore che ti portavi dentro e hai lasciato qui, intatto”. Io che della memoria coltivo un sospetto, pur abbandonandomi al suo senso, mi chiedo cosa resti del suo furore, di ogni passione spezzata o spenta. Resta il dolore amaro, certo, gli interrogativi senza risposta, il giornalismo che non è solo curiosità, ma dovere - ne sanno qualcosa le croniste e i cronisti nell'obiettivo di nuovi odi, sempre gli stessi - la rimpatriata dei sopravvissuti, il nome di una piazza, di un premio. Oggi peraltro, Presidente, quello dedicato alla giornalista viene conferito a Patrick Zaki, siamo sempre qui in attesa. Resta il nome di un istituto scolastico, del quale magari un giorno uno studente si chiederà il perché e il chi. “Quanto è stato fatto e testimoniato non andrà perso”, ha detto stamane, ricordando Cutuli, il Presidente Mattarella. Vorrei potergli credere e anche questa devota abluzione qui, alla Camera dei deputati, spera che abbia ragione e che no, non sia andata persa quella vita, quel furore, quell'esempio. L'esempio di Maria Grazia Cutuli, giornalista.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 22 novembre 2021 - Ore 10:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 2401 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 settembre 2021, n. 130, recante misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale (Approvato dal Senato). (C. 3366​)

Relatore: GALLI.

2. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 1662 - Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata (Approvato dal Senato). (C. 3289​)

e delle abbinate proposte di legge: COLLETTI ed altri; CATALDI; COLLETTI ed altri; MELONI ed altri; COLLETTI. (C. 1424​-1427​-1475​-1961​-2466​)

Relatrici: ANNIBALI e CRISTINA.

3. Discussione sulle linee generali delle mozioni Nardi ed altri n. 1-00538 e Terzoni ed altri n. 1-00547 concernenti iniziative in materia di incentivi volti a favorire gli interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica e antisismica del patrimonio edilizio .

4. Discussione sulle linee generali delle mozioni Polidori ed altri n. 1-00544, Annibali ed altri n. 1-00546 e Ascari ed altri n. 1-00549 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza contro le donne .

La seduta termina alle 11,15.