Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 586 di martedì 2 novembre 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 18.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MARZIO LIUNI , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 28 ottobre 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Barelli, Bergamini, Berlinghieri, Boschi, Brescia, Brunetta, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Carlo, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Parolo, Perantoni, Ribolla, Rizzo, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Speranza, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 84, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Comunico che la Presidente del Senato, con lettera in data 29 ottobre 2021, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VIII Commissione (Ambiente):

S. 2381 - “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 settembre 2021, n. 120, recante disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile” (approvato dal Senato) (3341) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VII, IX, XI, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea di oggi, martedì 2 novembre 2021, ai sensi del comma 5, articolo 96-bis del Regolamento i termini di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo si intendono conseguentemente adeguati.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 29 ottobre 2021, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario il deputato Davide Zanichelli, in sostituzione del deputato Riccardo Tucci, dimissionario.

Discussione del disegno di legge: S. 2381 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 settembre 2021, n. 120, recante disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile (Approvato dal Senato) (A.C. 3341​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3341: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 settembre 2021, n. 120, recante disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3341​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Paola Deiana.

PAOLA DEIANA, Relatrice. Grazie, Presidente. In qualità di relatrice, riferisco all'Assemblea sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 120 del 2021, recante disposizioni per il contrasto agli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile.

Occorre premettere che l'adozione del presente provvedimento è collegata alla grave emergenza registratasi nel corso dell'estate del 2021, flagellata da estesi e ripetuti incendi. Si ricorda anche che, sulla scorta della legge quadro sugli incendi boschivi n. 353 del 2000, spetta alle regioni la competenza in materia di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi. Spetta, invece, allo Stato il concorso nelle attività di spegnimento degli incendi con i mezzi della flotta aerea antincendio di Stato; il coordinamento di tali mezzi è attribuito al Dipartimento della protezione civile, che lo esercita mediante il Centro operativo aereo unificato.

Tale configurazione non è incisa dall'articolo 1 che, però, integra il novero di disposizioni poste dalla citata legge quadro n. 353, mediante la previsione di un Piano nazionale di coordinamento per l'aggiornamento tecnologico e l'accrescimento della capacità operativa nell'azione di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Tale Piano nazionale è predisposto sulla scorta di una specifica e articolata rilevazione condotta dal Dipartimento della protezione civile, il quale può avvalersi di un comitato tecnico.

Ai sensi del comma 3, il Piano nazionale ha validità triennale, può essere aggiornato annualmente ed è approvato con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Ancora il comma 3 aggiunge la previsione che, entro il 30 aprile di ciascun anno, sia convocata la Conferenza unificata per il confronto sullo stato di aggiornamento dei piani regionali nonché dei connessi adempimenti dei comuni. Il Piano può destinare risorse ed incentivi premiali in favore di soggetti, pubblici o privati, in relazione ai risultati conseguiti per una diminuzione significativa delle aree percorse da incendi nelle zone ad alto rischio. Il Piano è redatto sulla base degli esiti di una ricognizione condotta dal Dipartimento della protezione civile, che prevede una cadenza triennale per la ricognizione e valutazione di un insieme di profili. Ai fini di una rapida attuazione, il comma 4 prevede l'adozione di un Piano nazionale speditivo entro il 10 ottobre 2021 approntato sulla base della ricognizione delle più urgenti necessità, previa intesa in Conferenza unificata. Il comma 4-bis demanda ad una direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione di indirizzi e procedure di coordinamento, che assumono la denominazione di Sistema aereo di vigilanza antincendio (cosiddetto SAVA), in attuazione del Piano nazionale, di cui al comma 3. Le misure afferenti al SAVA mirano ad integrare il dispositivo operativo nazionale costituito da aeroporti nazionali, aviosuperfici, elisuperfici e idrosuperfici. Il comma 4-ter prevede che, nell'ambito dei piani regionali, le regioni e le province autonome possano stipulare convenzioni con avio club e aero club locali nell'ambito delle risorse disponibili per la lotta agli incendi boschivi. Il comma 4-quater demanda ai decreti del Presidente del Consiglio, da adottare entro 180 giorni, la definizione di misure di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione delle strutture connesse ad aeroporti nazionali, aviosuperfici, elisuperfici ed idrosuperfici, anche derogatorie. Il comma 4-quinquies, con la dichiarata finalità di promuovere gli investimenti di messa in sicurezza del territorio, interviene sulle disposizioni della legge di bilancio 2019, relative alla concessione ai comuni di contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio.

L'articolo 1-bis riduce a cinque settimane, anziché tre mesi, la durata del corso di formazione per l'accesso al ruolo dei capi squadra e, conseguentemente, dei capi reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. La disposizione deroga alla previsione vigente, con decorrenza dal 1° gennaio 2020, per l'accesso ad un numero di posti corrispondenti a quelli vacanti al 31 dicembre 2019.

L'articolo 1-ter proroga fino al 31 dicembre 2022 la validità della graduatoria del concorso a 250 posti nella qualifica di vigile del fuoco, approvata con decreto ministeriale n. 237 del 14 novembre 2018.L'articolo 2 stanzia 40 milioni per l'acquisto di mezzi operativi, di attrezzature per la lotta attiva agli incendi boschivi, per il rafforzamento urgente della capacità operativa delle componenti statali nell'attività di prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Tali risorse sono ripartite tra Vigili del fuoco (33,3 milioni), Ministero della Difesa (2,1 milioni) e Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri (4,6 milioni).

L'articolo 3 introduce misure finalizzate a garantire il tempestivo aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco, integrando quanto già disposto all'articolo 10 della legge n. 353 del 2000. Gli organi preposti sono tenuti a rilevare le aree percorse dal fuoco entro 60 giorni dall'estinzione dell'incendio, nonché a rendere disponibili conseguenti aggiornamenti al 1° aprile di ogni anno. Si demanda alla legge regionale il compito di disporre le misure per l'attuazione delle azioni sostitutive in caso di inerzia dei comuni nella pubblicazione degli elenchi definitivi dei soprassuoli percorsi dal fuoco nel quinquennio precedente e delle relative perimetrazioni. Viene inoltre previsto che il termine di applicazione dei divieti relativi a tali aree decorre dalla data di pubblicazione degli aggiornamenti sui siti istituzionali.

Il comma 2 precisa che, nel periodo di applicazione temporale delle misure di cui al citato articolo 10 della legge n. 353 del 2000, si applicano le disposizioni e le sanzioni previste dai commi 3, 5, 6 e 7 del medesimo articolo 10. Tali sanzioni riguardano in particolare la trasgressione e il divieto di pascolo, ovvero il compimento di azioni determinanti, anche solo potenzialmente, l'innesco di incendio.

Il comma 4 demanda al Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri e ai Corpi forestali delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano il monitoraggio, da parte dei comuni, dagli adempimenti di cui al citato articolo 10, comma 2, della legge quadro in materia di incendi boschivi.

L'articolo 4 reca misure finalizzate al rafforzamento dell'attività di previsione e prevenzione degli incendi boschivi, sia attraverso il potenziamento dei piani regionali, sia stanziando fondi specifici nell'ambito della Strategia nazionale per le aree interne. In particolare, sono destinati 20 milioni per l'anno 2021, 40 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, per il finanziamento di interventi volti a prevenire incendi boschivi nelle aree interne del Paese in cui il rischio di incendio è elevato e nei comuni localizzati nelle isole minori.

Il comma 4 prevede, quindi, che i piani operativi nazionali approvati nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali 2021-2027 tengano conto dell'esigenza di dotare il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, le Forze armate e le Forze dell'ordine, impegnate nella prevenzione e nello spegnimento di incendi boschivi, di dispositivi di videosorveglianza utili alla rilevazione dei focolai.

L'articolo 5 introduce una serie di modifiche alla citata legge quadro n. 353 in materia di incendi boschivi. In particolare, si introduce la nuova definizione di “zone di interfaccia urbano-rurale”, intese come zone, aree o fasce nelle quali l'interconnessione tra le abitazioni o altre strutture antropiche e le aree naturali e la vegetazione combustibile è molto stretta. Si includono nelle attività di previsione del rischio di incendi boschivi anche le aree trattate con la tecnica del fuoco prescritto, inserendo tale tecnica tra gli interventi colturali previsti nell'ambito dell'attività di prevenzione degli incendi. Viene quindi specificato che gli interventi colturali devono tenere conto delle specificità delle aree protette o di habitat di interesse conservazionistico. Si introduce, nella lotta attiva contro gli incendi boschivi, l'uso delle attrezzature manuali e la tecnica del controfuoco e compensi incentivanti in misura proporzionale ai risultati conseguiti in termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco. Viene introdotto, inoltre, il divieto per tre anni della raccolta di prodotti del sottobosco dei soprassuoli percorsi dal fuoco. Si prevede, poi, la facoltà, per l'attività di censimento del catasto dei soprassuoli dei comuni, di avvalersi delle strutture organizzative delle regioni o di altri soggetti del medesimo ambito territoriale muniti di necessaria capacità tecnica.

I commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente, obblighi di comunicazione ed informazione in relazione al numero e alla localizzazione delle denunce effettuate per le trasgressioni ai divieti previsti dall'articolo 10 della legge n. 353 del 2000 e per le condanne riportate per il reato di incendio boschivo, di cui all'articolo 423-bis del codice penale, oltre alle risultanze delle attività di monitoraggio previste dall'articolo 2, comma 3, del presente decreto-legge.

L'articolo 6 interviene sul delitto di incendio boschivo, previsto l'articolo 423-bis del Codice penale, per introdurre una circostanza aggravante quando i fatti siano commessi da coloro che svolgono compiti di prevenzione incendio e due circostanze attenuanti per coloro che collaborano con le autorità e si impegnano a contenere le conseguenze dell'incendio. La disposizione prevede inoltre, in caso di condanna, l'applicabilità delle pene accessorie del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, dell'estensione dell'eventuale rapporto di lavoro pubblico e dell'interdizione dall'assunzione di incarichi legati alla prevenzione incendi, oltre che la confisca obbligatoria, anche per equivalente, dei profitti del reato. Il Senato è intervenuto sul testo del decreto-legge, eliminando l'aggravante e introducendo ulteriori modifiche alle fattispecie di incendio boschivo, nonché estendendo le aggravanti previste per i delitti di incendio e danneggiamento seguiti da incendio anche ai fatti commessi nei confronti di aziende agricole.

L'articolo 7 reca misure ulteriori urgenti in materia di protezione civile. I commi 1 e 2 recano la definizione di modalità di svolgimento delle attività istituzionali dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, prevedendo accordi pluriennali attuati mediante convenzioni di durata almeno biennale tra l'INGV e il Dipartimento della Protezione civile e recando la copertura degli oneri previsti.

Il comma 3 proroga di circa due anni, dal 31 dicembre 2021 al 31 ottobre 2023, il termine di durata dei contratti a tempo determinato e delle altre forme di lavoro flessibile previste per l'accelerazione e l'attuazione degli investimenti in materia di contrasto al dissesto idrogeologico, indicando altresì l'entità dei conseguenti oneri finanziari e dei mezzi per farvi fronte. Con una modifica al Senato si prevede di inserire la previsione secondo la quale, in caso di risoluzione anticipata dei contratti di lavoro indicati, è consentita la stipula di nuovi contratti al solo fine di sostituire il personale cessato e, dunque, nei limiti delle risorse finanziarie assegnate rispettivamente a ciascuna amministrazione.

L'articolo 7-bis, introdotto al Senato, prevede che per gli addetti agricoli forestali assunti dalle amministrazioni pubbliche con contratti di diritto privato, per le esecuzioni di talune tipologie di lavori ivi indicati si applicano i relativi contratti o accordi collettivi nazionali, regionali e provinciali.

L'articolo 7-ter, introdotto al Senato, autorizza le regioni a individuare, nell'ambito dello stesso bacino idrografico e limitatamente ai terreni di proprietà del demanio regionale, superfici nude ovvero terreni saldi da sottoporre al rimboschimento compensativo delle superfici bruciate, fermi restando i divieti e le prescrizioni previsti dalla legge.

Il comma 2 consente alle regioni di avvalersi, al fine di individuare i siti più idonei, del contributo scientifico di università ed enti di ricerca, utilizzando tutti i sistemi di rilevazione e analisi a loro disponibili.

L'articolo 8 destina 150 milioni di euro, disponibili nell'ambito del PNRR, Missione 2, componente 4, alle misure di lotta contro gli incendi boschivi e, in particolare, alla realizzazione di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio del territorio. Si prevede che si assuma quale ambito prioritario di intervento l'insieme delle aree protette nazionali e regionali, dei siti della rete “Natura 2000”, nonché delle aree classificate ad elevato rischio idrogeologico nelle vigenti pianificazioni.

L'articolo 8-bis, introdotto al Senato, reca la consueta clausola di salvaguardia delle autonomie speciali, regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano. Infine, l'articolo 9 reca la clausola di entrata in vigore entro il 10 settembre 2021. Con questo, Presidente, ho concluso la mia relazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, il sottosegretario Gava, che si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare l'onorevole Tasso. Ne ha facoltà.

ANTONIO TASSO (M-MAIE-PSI-FE). Grazie, Presidente. Buonasera a lei e a tutti i presenti. Il provvedimento che ci apprestiamo ad esaminare ci arriva così come approvato dal Senato e riguarda la conversione in legge del decreto dell'8 settembre 2021, n. 120, recante le disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile; ci arriva, inoltre, all'indomani della conclusione del G20 di Roma e del contemporaneo avvio del summit ONU sull'ambiente Conference of parties 26, a Glasgow.

E già qui le notizie diramate dagli organi di stampa sono allarmanti: un detto ammonisce che per essere creduti bisogna essere credibili. Il Segretario generale dell'ONU, António Guterres, avverte che c'è un deficit di credibilità, c'è un eccesso di confusione tra i partecipanti agli incontri, c'è una sottovalutazione oggettiva di un problema gravissimo, che è sbalorditivo che non venga considerato per la sua reale gravità.

Il G20 di Roma - su cui si erano puntate le speranze di chi avverte quanto sia catastrofica la situazione e cerca di farlo comprendere a chi per interessi meramente economici fa finta di non capirlo e traccheggia pericolosamente - ha partorito, di fatto, un topolino, cioè un debole comunicato su un traguardo poco più che irrilevante, cioè il riconoscimento da parte di tutti i partecipanti del contenimento del riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi entro la fine del secolo. Io dico che è un risultato irrilevante, perché questa decisione fu già presa nell'Accordo di Parigi del 2015, cioè in 6 anni praticamente non è stato fatto nulla, non è stato fatto uno straccio di passo avanti proprio.

Quindi, per parafrasare la Thunberg, si è fatto solo “bla bla bla”, ma questo non lo dice solo la Thunberg, lo disse anche il Presidente americano Biden e il nostro Presidente del Consiglio Draghi. Il cambiamento climatico sarà la “narrativa che definirà la salute umana”: così ha sentenziato l'autorevole rivista medica The Lancet. E poi le temperature in aumento renderanno vaste parti del pianeta prive di vita per l'umanità entro la fine del secolo. E la crisi che verrà, via via sempre più tragica, comporterà una diffusa carenza alimentare, malattie respiratorie, disastri letali, malattie infettive che potrebbero essere addirittura peggiori del COVID-19. A dire questo non è il sottoscritto, che stamattina si è alzato con il piede sbagliato e che, quindi, vede il futuro a tinte fosche, ma proprio il già citato Sottosegretario dell'ONU, Guterres, constatando, altresì, il disinteresse di potenti rappresentanti della Terra, che stanno snobbando questi eventi.

Per venire alle vicende di casa nostra, per le quali ci troviamo a discutere questo provvedimento, il parallelismo è facile da fare: i mutamenti climatici, la siccità, la desertificazione, i record negativi di pioggia che ci sono stati nei mesi scorsi, erano un chiaro allarme di ciò che sarebbe capitato, e cioè l'Italia intera messa a fuoco, con oltre 150 mila ettari di bosco distrutti. Dal 15 giugno al 30 settembre ci sono stati poco meno di 80 mila interventi sugli incendi boschivi: questo significa che c'è stato un esponenziale aumento di tale accadimento. Dati, forse, che non sono mai stati registrati prima nella storia del nostro Paese, nonostante ci siano state anche delle serie storiche importanti, che vedono l'Italia, purtroppo, vittima di questo fenomeno. Per non tacere, poi, dei milioni di animali morti, dei danni consistenti.

Ma consideriamo anche gli eventi catastrofici strettamente collegati a quanto ho illustrato adesso nella primissima parte del mio intervento, cioè i cambiamenti climatici che hanno scatenato elementi, come ad esempio il ciclone extra tropicale del Mediterraneo, che ha causato i disastri che abbiamo visto in Sicilia e in Calabria, per poi arrivare al drammatico tema del dissesto idrogeologico. Infatti, è tutto correlato, tutto si rincorre: si parte dagli incendi - di cui vedremo poi tra poco anche le probabili cause e i probabili colpevoli - che comportano la perdita di capacità di infiltrazione dei suoli interessati per circa, se non oltre, l'80 per cento, per cui questi terreni non riescono a contenere l'acqua, che prende a scorrere in misura di gran lunga maggiore e che può provocare inondazioni ed alluvioni improvvise piuttosto consistenti, perché si perde proprio la capacità di tenuta per la mancanza di tale protezione.

Ecco il perché di questo provvedimento, io suppongo, che certamente dovrà essere implementato e accompagnato da altre iniziative legislative, ma che risulta un inizio, un'attenzione e, sperabilmente, l'avvio di azioni concrete, decise e a contrasto di tale problematica. C'è necessità di mezzi, c'è necessità di uomini, sono un inizio, i circa 40 milioni di euro stanziati per far fronte a queste emergenze e per supportare ancora di più gli enti locali, che, evidentemente, fanno molta fatica ad assicurare pronti interventi in occasione di tali calamità.

I fattori su cui si deve giocare questa partita sono essenzialmente due: la prevenzione e la manutenzione. Per ciò che riguarda la prevenzione, ciò che viene fatto è poco e sui territori sono spariti quei presìdi che avrebbero dovuto sensibilizzare maggiormente i cittadini alla necessità di un maggior controllo e un maggior senso di responsabilità. La manutenzione, invece -, che, come avviene spesso in Italia, viene fatta in condizioni emergenziali, perché c'è sempre un'emergenza da affrontare - avrebbe dovuto essere effettuata dal Corpo forestale dello Stato, ahimè cancellato alcuni anni fa, precisamente nel 2016 (io sono anche firmatario di proposte di legge in tal senso per il ripristino).

A tal proposito, dal momento che, in prima lettura, al Senato, non è stato ritenuto idoneo quel luogo per discutere di questo provvedimento e trattare tale questione in questo provvedimento, io anticipo che ho convintamente firmato un ordine del giorno - a firma, per il momento, dei proponenti, cioè il collega Cattoi e la collega Terzoni, oltre alla mia - che mira a impegnare il Governo a sostenere in Parlamento le proposte di legge in materia di servizi forestali e di Polizia forestale ed ambientale, al fine di accelerarne, evidentemente, l'approvazione definitiva. Si badi, io ho detto non “a valutare l'opportunità di”, perché, su questo tema, non è più tempo di valutazioni, ma di interventi: interventi fattivi, interventi concreti.

Non va dimenticato che, in Italia, si bruciano i boschi per creare discariche - questo lo fa principalmente la criminalità organizzata - e poi si bruciano discariche per creare altre discariche abusive. Non va dimenticato neanche che il 99 per cento degli incendi è di natura dolosa, servono per perseguire loschi e criminosi obiettivi. E io, purtroppo, ne sono, come dire, un addolorato testimone, perché sul mio territorio di provenienza sono stati appiccati ripetutamente fuochi per creare una situazione di disagio, funzionale alla realizzazione di attività criminose; parlo della Piana di Macchia, a cui ho già accennato in quest'Aula in altri miei interventi, zona di Monte Sant'Angelo e Manfredonia, in provincia di Foggia, e in altre zone dello splendido Gargano, che è una meta turistica notevole, costantemente in ascesa, addirittura prima in Puglia, dove, nello scorso luglio, si è assistito alla distruzione per incendi di ettari di bosco e di foresta, che ha pregiudicato e speriamo si fermi e non pregiudichi ulteriormente la rinascita economica del territorio, che, naturalmente come tutti, è duramente provato da questa pandemia in atto.

E questa recrudescenza di incendi, questa situazione, è accompagnata, come dire, per una tragica ironia, dalle alluvioni che, nello scorso luglio e anche in agosto, hanno colpito le altre zone della provincia di Foggia; a volerne fare un elenco e le cause, non basterebbero i minuti del mio intervento.

Io desidero, Presidente, concludere, stigmatizzando fortemente la situazione estremamente precaria. Come sempre, io offrirò le mie comunicazioni, riflessioni e suggerimenti agli uffici preposti, sperando di poter contribuire ai processi decisionali, ma anche fornire un quadro quanto più dettagliato possibile della situazione, che, mi ripeto, richiede una valutazione immediata, con conseguenti interventi risolutori in termini economici, il rafforzamento dei presìdi di intervento, come ad esempio, mi viene in mente così, in prima battuta, i Vigili del fuoco, una pianificazione operativa sulle infrastrutture e - e concludo - un intervento legislativo che punisca gli autori di tali reati. Io ho concluso e la ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghi, quando questo decreto uscì dal Consiglio dei Ministri, l'enfasi e l'emozione di quanto era accaduto questa estate in Sardegna e Calabria erano già passate da un po'. Ricordo quei giorni, visto che nelle ore successive ai roghi che vi erano stati in quelle zone ci aspettavamo ben altra risposta e ancora oggi ci aspettiamo ben altra risposta sull'emergenza incendi. Infatti, come ho detto scherzosamente a qualche collega, quando si parla di emergenza incendi, sembra che questo decreto voglia spegnere questi incendi ancora con i secchi. Ringrazio la relatrice - so benissimo che lei è ben informata - ma anche lei sa che, per esempio, 40 milioni sono relativi ai primi danni che erano stati calcolati solo per l'incendio del Montiferru; lì la regione è intervenuta, mentre il Governo non ancora ha stanziato quanto promesso dal Ministro Patuanelli e dal sottosegretario Todde, che sono venuti in visita in quelle zone. La risposta del Governo ancora non c'è stata, nonostante adesso ci sia un problema inverso, ossia che nelle zone incendiate le piogge torrenziali creano il problema del dissesto del territorio. Tornando alla questione degli incendi, come è stato anche annunciato, questo decreto - l'ho sentito dire - scarica praticamente le colpe e le responsabilità su regioni e comuni. Si dice, cioè, che la prevenzione e tutto il lavoro contro gli incendi vengono demandati alle regioni e ai comuni: lo Stato cosa dovrebbe fare? Dovrebbe spegnere gli incendi, ma con che cosa li spegne? Con i Vigili del fuoco? I Vigili del fuoco hanno un compito ben preciso, che non mi pare sia quello di spegnere gli incendi nei boschi, perché nessuno li ha addestrati, nessuno gli dà i mezzi, nessuno gli ha dato quella mansione. Confondiamo ancora il Corpo forestale dello Stato con i forestali che spengono l'incendio. Facciamo attenzione alla distinzione dei ruoli, perché una forza investigativa di prevenzione che indaga sulle cause dei roghi e cattura i colpevoli non c'entra niente con lo spegnimento del fuoco. Forse mi aiuterà anche il collega, che è stato forestale, ma in Italia si fa grande confusione su questi due fondamentali concetti. Nelle regioni a statuto speciale c'è il Corpo forestale della regione speciale che indaga sui roghi e c'è l'Agenzia forestale che spegne e fa la manutenzione dei boschi. In Italia, oggi, chi fa la manutenzione? Viene lasciata ai privati o, in ogni regione, c'è l'Agenzia. Chi indaga sugli incendi boschivi? È stata data la delega ai cosiddetti Carabinieri forestali, cioè all'Arma dei carabinieri, ma bisogna riconoscere - senza nulla togliere all'Arma dei carabinieri - che quella riforma che ha cancellato il Corpo forestale è stato un errore: un grande errore. Si continua, poi, a fare un errore pensando che si attacchi l'Arma dei Carabinieri, dicendo questo; l'Arma dei carabinieri sta facendo tutto quello che può e deve per assolvere a quel compito, però quella riforma è stata un grande errore. Inoltre, è un errore ed è ciò che manca in questo decreto - ma noi lo proporremo in un ordine del giorno - è il coordinamento di tutti i corpi forestali delle regioni a statuto speciale con l'Arma dei carabinieri, per avere una strategia unica investigativa. Il Corpo forestale della regione - noi lo abbiano proposto, anche in un interrogazione - ha un registro aggiornato da anni sugli ordigni incendiari. È uno strumento unico, che viene preso a modello in altre nazioni e che deve diventare un patrimonio nazionale dell'Arma dei carabinieri, o di quello che sarà il Corpo forestale; in altre parole, ci deve essere una regia unica dei corpi investigativi che indagano sulle cause degli incendi. È giusto dire ogni volta: attacchiamo i piromani; tuttavia si è scoperto che a volte erano le ferrovie a scartamento ridotto, a volte erano le linee elettriche, a volte erano incendi che nascevano per via di motivazioni incredibili, che purtroppo si verificavano perché c'è l'abbandono delle campagne o perché non c'è la manutenzione, ciò costituendo “carburante” - uso tra virgolette questo termine - facile. Questo decreto, purtroppo, va nella direzione opposta. Quando scrivete che negli ambienti colpiti da un incendio, per anni non si possono raccogliere i frutti, non si possono portare gli animali, non ci deve essere nessuna attività umana, voi state condannando quel fondo ad essere abbandonato. Rendetevi conto che se in dieci ettari di terreno vengono appiccati, in un unico fondo, 5 o 6 roghi, quel terreno nessuno lo può toccare; i frutti, i noccioleti, i castagneti nessuno li può toccare e il proprietario, oltre ad essere abbattuto perché deve ricostruire un proprio patrimonio boschivo, non è neppure aiutato, da nessuno.

Infatti, anche in questo decreto e nella legge di bilancio, voi confermate il bonus verde per i giardini e i proprietari privati che hanno dei boschi, laddove queste non sono attività agricole ma sono attività di hobbysti, oppure, più semplicemente, queste persone mantengono il bosco solo per amore, ma non c'è alcun tipo di aiuto. Quindi, premiamo i giardini - per carità, è importante l'attività florovivaistica - ma per chi cura il bosco non c'è alcun tipo di aiuto. Anzi, con quello che state inserendo, aggravate il vincolo di non utilizzo del fondo in caso di incendio e quindi punite il proprietario, il quale sarà vittima, magari, di piromani, ai quali basterà appiccare il fuoco per costringerlo a vendere (in questo modo, per tre, quattro o cinque anni quel fondo non sarà più utilizzabile e non si potrà fare niente). Così, questi signori aspetteranno il passare del tempo affinché il proprietario venda il terreno a un prezzo ovviamente ribassato, visto che non si può fare più niente. Infatti, se non si può fare niente, se non arrivano gli aiuti per riforestare, che cosa crescerà? Sicuramente, non crescerà qualcosa di produttivo.

Quindi, voi state peggiorando la questione. Ancora c'è il luogo comune che è il pastore che mette fuoco: non funziona più così; non è il pastore che mette il fuoco. Basta con questo luogo comune: a volte è vero che l'agricoltore, ma in quel caso l'incendio non è doloso; è colposo, perché si vuole abbruciare. È la tecnica dell'abbruciamento: parte il fuoco, il pastore è stato ingenuo ed ha una colpa; deve senz'altro ripagare, ma non bisogna colpevolizzare l'intera categoria, pensando di bloccare tutto. Voi state perpetrando un danno: invece che aiutare, danneggiate. Perché, poi, con il vento forte è favorito l'incendio? Perché non c'è più nessuno che cura il sottobosco. Se voi limitate l'attività dei pastori e degli allevatori, ma chi è che va a curare il bosco? Me lo spiegate? Chi è che va a curare i boschi? Pensate che il cercatore di funghi vada a pulire il sottobosco? Il cittadino che la domenica va a farsi una passeggiata, non passa nelle zone “sporche” (sporche, laddove c'è quel materiale che si incendia facilmente). Serve riportare le persone che lavorano nei boschi e nelle foreste; voi in questo provvedimento non fate niente. Veramente, sono rimasto perplesso relativamente alla mancanza di aiuti. Voi state stanziando soldi che non bastano neanche per la zona della Sardegna: figurarsi per la Calabria (altra zona che è stata colpita duramente, insieme alla Sicilia). Fino all'altro giorno c'erano incendi in Sardegna, purtroppo anche per il clima arido: quello è un problema, ma quali sono le misure che veramente aiutano? Io vi ringrazio perché avete inserito una misura positiva, per cui il piromane non può accedere ai fondi, non può fare i concorsi, non può essere chiamato, insomma non può trattare con l'amministrazione pubblica.

Non basta perché, come si è detto - io non so perché in Senato hanno tolto l'aggravante -, noi chiedevamo pene molto più dure. Voi avete promesso pene più dure. Io vi ricordo qui in Aula quando avevate bocciato anche un nostro ordine del giorno, l'indomani degli incendi, per poi accorgervi che avevate fatto un errore e tutti sulla stampa a dire: “No, noi puniremo duramente i piromani”. Facciamolo! Siamo disponibili, ma non sono queste le pene dure. Non bastano queste pene dure. Cerchiamo di migliorare ancora il provvedimento, se possibile, e facciamolo nella legge di bilancio - e vado a conclusione - ricordando che serve il bonus verde per i giardini ma servono anche bonus per le foreste. Cerchiamo di distinguere il ruolo e chiamare con i propri nomi chi deve investigare e chi deve fare la manutenzione del verde, perché poi altrimenti non ci capiamo, e cerchiamo anche di ricordare che la foresta e il bosco vivono anche grazie all'uomo. Se li lasci alla natura selvaggia prima o poi capita qualcosa e non è solo il piromane, ma può essere semplicemente un fenomeno naturale o lontanamente legato all'uomo (non doloso) che, purtroppo, rovina un patrimonio per cui ci vorranno anni per riaverlo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Licatini. Ne ha facoltà.

CATERINA LICATINI (M5S). Grazie, Presidente. La gravità del tema e l'importanza del provvedimento che siamo chiamati a discutere oggi, costringono a fare una premessa: adeguare le nostre abitudini, i nostri sistemi politici e i nostri modelli economici al rispetto per il pianeta. Questa è la grande sfida di questo tempo. Allora, questo compito, prima ancora di proiettarsi nel sogno di un futuro in tutto e per tutto ecosostenibile, deve avere radici umili e partire dal basso dei problemi attuali. Esistono problemi che mettono a repentaglio adesso, in questo momento preciso, la salute, il territorio e l'ambiente. Un esempio? In questi giorni il mare della Sicilia si colora di verde perché sappiamo tutti che la Sicilia è la principale responsabile dell'inquinamento dei nostri mari e delle nostre acque interne ed è oltretutto responsabile dei due terzi della sanzione che paghiamo all'Europa, ovvero 162.000 euro al giorno. Ma in questi giorni, a causa della molitura delle olive, la situazione peggiora. Non bisogna essere necessariamente chimici per sapere che le sostanze oleose si stratificano in superficie non permettendo ai raggi solari e all'ossigeno di penetrare, con un gravissimo e irreparabile danno all'ecosistema marino e fluviale. Giusto un paio di settimane fa, ho chiesto - tramite la sottosegretaria - al MiTE, il Ministero della Transizione ecologica, di intervenire, anche avvalendosi del diritto di rivalsa. La risposta è un po' in linea con l'atteggiamento generale, quello dello scaricabarile, e certamente dal Ministero della Transizione ecologica non ce l'aspettiamo.

Certo - ritornando al provvedimento - qualche passo avanti verso la salvaguardia della natura lo stiamo facendo e questo provvedimento ne è la prova, ma non basta. Occorre molto di più in termini di controllo del territorio e di prevenzione, perché vede, signor Presidente, di alberi ne possiamo piantare anche milioni di miliardi, ma senza un controllo serio e capillare rischierebbero anch'essi di finire in cenere e allora, più che contribuire alla produzione di ossigeno, contribuirebbero all'aumento dei gas serra. A lungo abbiamo assistito ai danni subiti dal nostro ecosistema boschivo, ritardando anche troppo un rafforzamento degli strumenti di prevenzione e di contrasto al propagarsi degli incendi. Ora che stiamo incanalando energie e risorse verso una risposta più efficace contro il fenomeno dei roghi, nel farlo non possiamo non ricordare le gravi perdite che abbiamo subito.

Quindi, dobbiamo ricordarlo. In Italia ogni anno, dal 1970 a oggi, subiamo la perdita di circa 50.000 ettari di aree boschive. Solo in Sicilia parliamo di circa 608 incendi all'anno, che provocano la distruzione di 14.400 ettari di vegetazione. Da siciliana non posso non ricordare, con dolore e frustrazione, la tragedia che si è abbattuta sulla mia terra appena qualche mese fa. Quella stessa terra che allora bruciava, in questi giorni vive il terrore degli allagamenti. Allora era attanagliata dalla potenza devastante delle fiamme e oggi dall'acqua e senza un intervento perentorio e decisivo, anche in termini di controllo e prevenzione, la storia si ripeterebbe anno per anno in maniera identica, portando altra distruzione e altra morte.

In quei giorni d'estate il nostro Paese ha subito delle perdite inammissibili. Mezza Sicilia è stata distrutta dalle fiamme. È inutile specificare che questo comporta non solo un danno ambientale e un conseguente danno economico, ma anche un grave oltraggio al nostro patrimonio culturale e un serio rischio per l'incolumità fisica delle persone. Queste sono circostanze che in un Paese civile, democratico e avanzato come il nostro non dovrebbero neanche lontanamente esistere. In quei giorni d'estate abbiamo assistito all'ennesima riprova della gravità dei danni provocati dagli incendi boschivi. Migliaia di ettari di superficie boschiva in Sicilia, così come in Sardegna e in Basilicata, sono stati persi nelle fiamme. Un impatto disastroso su piante e animali, con danni a edifici e a persone e aziende agricole e attività commerciali distrutte. Un fenomeno - l'abbiamo ribadito più volte, anche negli scorsi mesi - che non ha nulla di straordinario. Infatti, gli incendi si ripresentano anno per anno in concomitanza con l'aumento della temperatura. Questa è una tragica regolarità, una puntualità stagionale che, per quanto drammatica, ci permette di comprendere come e dove intervenire. Riorganizzare il versante della prevenzione non solo è possibile e necessario ma può rivelarsi senz'altro la strada migliore da intraprendere.

Diciamoci la verità: in passato di errori su questo fronte ne sono stati commessi parecchi. Permettetemi di dire che rinunciare a un corpo specializzato per la sorveglianza dei nostri boschi è stata una scelta a dir poco infelice. Anche con questa consapevolezza, io stessa e gli altri colleghi ci siamo attivati per introdurre una normativa più oculata in quanto a controllo del territorio e contrasto dei crimini ambientali, perché - ricordiamolo - prevenzione e lotta attiva costituiscono il fulcro della questione. Tuttavia occorre tenere sempre a mente la natura dolosa degli incendi. Infatti, sappiamo che soltanto il 2 per cento (anche meno) dei roghi ha origini naturali, il che significa che esiste ancora una realtà criminale, cinica e spietata, disposta a distruggere un intero ecosistema pur di soddisfare il proprio tornaconto personale. Un'azione repressiva più risoluta è irrinunciabile per disinnescare fenomeni criminali di tale entità, così come lo sarebbe una normazione mirata al controllo di condotte illecite e pericolose come anche l'abbandono dei rifiuti che, oltre a generare un impatto ambientale di base, favorisce il divampare dei roghi. Certo, la legge e i legislatori possono anche commettere degli errori, errori che possono essere perdonati a patto che ci sia la voglia di rimediare. È quello che stiamo facendo un po' adesso, cioè consolidare una normativa che promuova la prevenzione e la lotta attiva contro il fenomeno degli incendi, è sicuramente un buon percorso per rimediare a questi errori.

Siamo soddisfatti perché oggettivamente è importante - non solo perché da me richiesto in quei giorni di roghi - la scelta di investire maggiormente in tecnologie e strumenti di sorveglianza del territorio, indirizzando maggiori risorse alle Forze armate e ai Corpi competenti. Certo, è un segno di grande responsabilità quello di destinare 40 milioni all'acquisto dei mezzi operativi e di attrezzature per la lotta attiva agli incendi boschivi. Siamo contenti dell'inasprimento delle pene per chi appicca gli incendi, soprattutto quando i responsabili sono proprio coloro che invece dovrebbero sorvegliare sulla salvaguardia dei nostri boschi.

Bisogna però ricordare come spesso le conseguenze di questi incendi siano sfuggite di mano a causa della scarsa preparazione della regione e delle amministrazioni locali. Da qui l'opportuna previsione di un maggiore controllo all'interno delle istituzioni per verificare l'effettiva revisione dei piani di prevenzione, la correttezza e l'adeguatezza del loro contenuto; ciò che in passato non è stato fatto. Una legislazione che estenda finalmente il sistema di prevenzione e contrasto degli incendi è un atto dovuto da parte di uno Stato che ha a cuore la salute dei cittadini, la tutela del patrimonio naturale e che vuole favorire un futuro improntato alla valorizzazione dell'ambiente. Tuttavia, non dobbiamo tralasciare un fatto importante: oggi non solo compiamo questo passo importante ma abbiamo anche il dovere di interpretare questo momento non come un traguardo, perché non è un traguardo, bensì solo l'inizio di un percorso, come una rampa di lancio che conduca a risultati sempre più alti.

La prevenzione è un reparto insostituibile, soprattutto sul piano della protezione ambientale. Proprio per questo, nessun intervento a posteriori potrà mai colmare il danno che viene provocato da incendi come quelli di quest'estate o da altri reati ambientali, come quello degli sversamenti, ad esempio. E allora oggi, dando risposte più efficaci contro un fenomeno drammatico come gli incendi boschivi, abbiamo anche la possibilità di seminare il terreno per un domani in cui i sistemi di prevenzione passino non solo attraverso investimenti più mirati e maggiori risorse strumentali ma anche attraverso una corretta sensibilizzazione dei cittadini. Il passo successivo da compiere dovrà essere puntare sempre di più sulla formazione, sull'educazione ambientale, sulla promozione di condotte migliori e sulla diffusione della cultura dell'amore per il nostro territorio e per il nostro ambiente naturale, stravolgendo, se necessario, anche i nostri stili di vita e i processi che governano produzione e consumo o ancora, su un piano più operativo, sollecitando modelli sempre più ampi di prevenzione diretta, prevedendo i fattori che predispongono un'area a rischio di incendio, avviando, ad esempio, politiche più sofisticate di selvicoltura preventiva o sostenendo le nostre regioni per la realizzazione di viali parafuoco ovvero fasce prive di vegetazione, perimetrali al bosco, in grado di creare discontinuità e, dunque, di contenere l'avanzamento del fuoco o, semplicemente, incentivando i presidi sul territorio. Oggi diamo un senso più coerente alle grandi promesse di prosperità e ampliamo gli investimenti in materia di sicurezza e prevenzione. Tutto ciò che facciamo o anche solo programmiamo è condizionato alla conservazione del nostro ecosistema naturale. Abbiamo dunque deciso di ispirare a questo principio la costruzione di un futuro aperto, ben disposto allo scambio con altri Paesi alla luce della condivisione di un ambiente sano e prospero. Per farlo, per garantire alle nuove generazioni un futuro più responsabile, non possiamo non partire dall'esigenza di migliorare questo presente, perché è il presente il momento delle scelte e dell'azione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Labriola. Ne ha facoltà.

VINCENZA LABRIOLA (FI). Grazie, Presidente. Governo, onorevoli colleghi, il rapporto sui cambiamenti climatici mette nero su bianco, con parole come “inevitabile” e “irreversibile”, ciò che da anni purtroppo è ormai ovvio: la nostra casa comune sta bruciando, con conseguenze come lo scioglimento dei ghiacciai, gli incendi, gli eventi estremi e la siccità. Tutto questo sta diventando un'assurda normalità, che ci fa svegliare dal torpore solo quando le immagini degli incendi in estate e delle alluvioni dei giorni scorsi ci mostrano in tutta la loro drammaticità la forza della natura. Mi consenta, Presidente, di esprimere a tal riguardo un pensiero di vicinanza alle popolazioni colpite in questi ultimi tempi dagli eventi estremi.

I dati ci ricordano, in particolare, che i boschi rappresentano in Italia quasi il 37 per cento del territorio; una superficie importante, che comunque è aumentata di oltre il 18 per cento in quasi dieci anni, raggiungendo 11 milioni di ettari. A fronte di questo dato positivo, i numeri ci dicono che siamo purtroppo anche il primo Paese in Europa e tra i Paesi del Mediterraneo in cui bruciano più boschi, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno. E gli incendi, oltre a un danno inestimabile in termini di perdita di ecosistemi e biodiversità, significano la distruzione dei nostri boschi, e quindi meno anidride carbonica assorbita, più CO2 e, di conseguenza, più aria inquinata. Le foreste e i boschi dell'Unione europea assorbono ogni anno quasi il 10 per cento delle emissioni totali di gas a effetto serra. Solo nel nostro Paese le foreste sottraggono ogni anno all'atmosfera oltre 46 milioni di tonnellate di CO2. Sono incalcolabili i danni economici all'ambiente che migliaia di piccoli e grandi incendi ogni anno producono in Italia, anche a causa di un sistema di prevenzione e controllo del territorio non ancora adeguatamente organizzato. Dal 1° gennaio all'8 agosto di quest'anno sono andati bruciati 110 mila ettari di boschi, con un bilancio sottostimato di 20-24 milioni di animali morti, per non considerare gli ingenti danni economici. Infatti, secondo una stima della Coldiretti, l'aumento degli incendi in Italia, cresciuti del 256 per cento nell'estate scorsa, costa al Paese circa un miliardo di euro fra opere di spegnimento, bonifica e ricostruzione. Non dimentichiamo, inoltre, che dal 15 giugno all'11 agosto gli interventi dei Vigili del fuoco sono stati 48.646 in tutta Italia, con una media di 838 interventi al giorno. Anche qui, Presidente, mi faccia rivolgere un plauso agli uomini e donne in divisa e al personale della Protezione civile sempre in prima linea, che, con grande spirito di abnegazione, mettono a repentaglio la propria vita.

L'Italia quindi brucia, come ha certificato l'osservatorio dell'Unione europea sul clima Copernicus. L'osservatorio certifica che l'estate del 2021 è stata la più calda in Europa degli ultimi trent'anni, di un grado superiore alla media del periodo 1991-2020. Un'estate da record, che ha esordito a luglio con le alluvioni nel Nord Europa, provocando centinaia di vittime, e ha proseguito con ondate di calore che hanno portato la colonnina del mercurio a 48,8 gradi a Siracusa e conseguenti incendi in Grecia, Italia e Spagna, distruggendo ettari di boschi e macchia mediterranea. Le temperature record si sono registrate per lo più al Sud Italia, dove l'anticiclone africano, insieme alla mancanza di precipitazioni, ha decimato i raccolti e favorito l'azione di piromani, determinando un innalzamento esponenziale degli incendi. Drammatica, quindi, la fotografia scattata dall'osservatorio Copernicus e le immagini sconvolgenti evidenziano come urge un intervento tempestivo per invertire la tendenza del riscaldamento climatico.

In conseguenza dei devastanti incendi che nei mesi scorsi hanno colpito tante aree nel nostro Paese, non si poteva non intervenire. Ricordo che il 26 agosto scorso è stato deliberato per sei mesi lo stato di emergenza proprio in conseguenza dell'eccezionale diffusione di questi incendi, in particolare nelle regioni Calabria, Molise, Sardegna e Sicilia. Il Governo è quindi intervenuto con questo importante decreto, una sorta di provvedimento quadro in materia di incendi boschivi, puntando sulla prevenzione e sul potenziamento della normativa esistente in materia e nel pieno rispetto delle competenze delle regioni e degli enti locali.

Gli incendi di questa estate hanno infatti posto in evidenza la necessità di potenziare e aggiornare la legge quadro sugli incendi boschivi del 2000 per avere una normativa nazionale in grado di rispondere efficacemente e prevenire il fenomeno che tanta distruzione apporta al nostro patrimonio forestale e alla biodiversità. Il decreto in discussione va dunque in questa direzione, mettendo in campo un ventaglio di misure per la prevenzione e la lotta attiva contro gli incendi boschivi, norme che vanno a integrare quelle vigenti e ottimizzano il dispositivo operativo.

Se, infatti, è decisivo poter contare su mezzi e uomini, altrettanto necessario è garantire un coordinamento efficace tra chi opera sul campo, i Corpi dello Stato e tutti gli enti territoriali. Accanto a questo, la prevenzione e il contrasto agli incendi devono poter contare sulle nuove tecnologie, anche satellitari, e sull'integrazione di sistemi previsionali di sorveglianza, di monitoraggio e di rilevamento dell'ambiente; anche sotto questo aspetto il decreto prova a dare una prima risposta. Intanto, si istituisce un Piano nazionale di coordinamento e governance contro gli incendi boschivi, che può essere aggiornato annualmente anche sulla base dell'attività di ricognizione condotta dal Dipartimento della Protezione civile. Si introducono, poi, importanti misure di potenziamento dei mezzi terrestri del Corpo dei Vigili del Fuoco, delle regioni e del volontariato organizzato della Protezione civile. Per incrementare l'operatività e la funzionalità del Corpo dei Vigili del fuoco, la durata del corso di formazione della procedura concorsuale per l'accesso al ruolo dei capi squadra, con decorrenza dal 1° gennaio 2020 per il numero vacante di posti, è ridotta in via eccezionale a cinque settimane, così come si proroga fino a tutto il 2022 la validità della graduatoria del concorso a 250 posti nella qualifica di Vigili del fuoco del Corpo nazionale. Si prevede anche una maggiore formazione del personale addetto alla lotta attiva contro gli incendi; inoltre si dà la possibilità alle regioni di prorogare di due anni il termine di durata dei contratti a tempo determinato e di altre forme di lavoro flessibile previste per l'accelerazione e l'attuazione degli investimenti in materia di contrasto al dissesto idrogeologico. Vengono quindi stanziati 40 milioni per l'acquisto di mezzi operativi e di attrezzature per la lotta attiva agli incendi.

Sempre in tema di risorse finanziarie, è importante aver specificato che, nel limite di 150 milioni di euro, sono utilizzabili le risorse del PNRR da destinare alla lotta contro gli incendi e alla realizzazione di un sistema avanzato integrato di monitoraggio dei territori (la scorsa estate abbiamo visto quanto sia necessario ormai e indispensabile poter fare un monitoraggio in tempo reale). Anche a tale scopo, si prevede inoltre l'istituzione di un sistema aereo di vigilanza antincendio in attuazione del Piano nazionale contro gli incendi boschivi. Si introducono misure finalizzate a garantire il tempestivo aggiornamento del catasto dei soprasuoli percorsi dal fuoco; si prevede che la revisione annuale dei piani regionali, che programmano le attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, debba essere trasmessa al Dipartimento della Protezione civile.

E' importante la previsione per la quale, nell'ambito della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, una quota delle risorse finanziarie non impegnate, a valere sul Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, venga destinata al finanziamento di interventi volti a prevenire incendi boschivi nelle aree interne del Paese, in cui il rischio di incendio è elevato, nonché nei comuni localizzati nelle isole minori. Vengono quindi introdotte alcune modifiche al codice penale in materia di reati di incendio boschivo. Questo provvedimento d'urgenza è certamente migliorabile, ma rappresenta un passo comunque importante per rafforzare la nostra legislazione, sia dal punto di vista della capacità di risposta che in termini di prevenzione degli incendi, che, sempre con maggiore frequenza, interessano annualmente il nostro territorio nazionale. Per fare in modo, però, che le misure di contrasto agli incendi non restino solo su carta, sarà necessario incrementare le risorse finanziarie previste. È un primo passo importante, dunque, che va nella direzione auspicata da Forza Italia, anche se si poteva osare forse un po' di più, come, per esempio, sviluppare linee guida per le attività di gestione forestale, volte a migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Occorre, inoltre, recuperare in breve tempo il patrimonio boschivo andato perduto, sia per l'azione di assorbimento di CO2, sia perché l'altro lato della medaglia è rappresentato dalle alluvioni; l'altra azione sui boschi è quella di evitare smottamenti e frane.

Il miglior modo per agire resta quello della lotta ai cambiamenti climatici. Per questo, il G20 dello scorso fine settimana e la COP26 di questi giorni non possono fallire. Salvare il pianeta vuol dire salvare la vita umana e l'economia, ed è proprio la nostra sopravvivenza che deve essere messa al centro della COP26, con accordi vincolanti e sanzioni, ripristinando gli ecosistemi, proteggendo la biodiversità, facendo un doppio sforzo; da una parte si deve ripensare al nostro modo di produrre e consumare, dall'altro dobbiamo recuperare ciò che abbiamo distrutto. E' il caso di chiederci se stiamo facendo abbastanza. Purtroppo no e i dati sul riscaldamento climatico ce lo dicono. I dati evidenziano che raggiungeremo la soglia di +1,5 gradi dieci anni prima, cioè nel 2030 piuttosto che nel 2040.

Per questo, al di là di come la si pensi, le dichiarazioni dei leader mondiali devono tradursi in impegni e atti concreti, così come richiesto dalle future generazioni e come affermato dal Presidente Draghi: è necessario cambiare urgentemente rotta. Il COVID-19 e la conseguente pandemia ci hanno mostrato come nelle grandi sfide o si agisce tutti insieme o si fallisce. Giungano alla COP26 gli auguri di buon lavoro e che gli accordi stabiliscano realmente la road map necessaria per invertire una tendenza che ci porterà, diversamente, a sbattere, ricordando che, tra la forza della natura e l'uomo, a vincere sempre è la forza non gestibile della natura.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signor Presidente. Sottosegretaria Vannia Gava, colleghi, ringrazio la relatrice per la sua puntuale presentazione del decreto. Era il 4 agosto del 2021 quando il Ministro Cingolani rispondeva in quest'Aula ad un'informativa urgente sugli incendi avvenuti nelle scorse settimane nel Sud d'Italia. Un'estate pazza, che ha visto il Nord devastato da piogge e alluvioni, e il Sud bruciare: questo è il cambiamento climatico. Tutti pensano che a subire gli effetti dei cambiamenti climatici siano terre lontane, invece bisogna vedere quello che sta accadendo nelle nostre terre. Oggi parlare di mutazione del clima vuol dire prendersi cura del nostro territorio, non di Paesi lontani. Ebbene, in quell'occasione il Ministro Cingolani preannunciò un decreto che avrebbe messo, nero su bianco, alcuni punti per fornire risposte di fronte ad un'emergenza che, ormai, non è più tale, perché ormai gli incendi si susseguono puntuali ogni anno, anche da prima che il Corpo forestale dello Stato venisse accorpato all'Arma dei carabinieri - sembra che tutti i danni derivino da quell'evento -, altrimenti non si capisce il motivo per cui in Europa vi siano eventi catastrofici in quantità minore rispetto al nostro territorio, facendo i conti con una normativa complessa, che risale al 2000. Dico ciò, di nuovo, al simpatico collega Deidda, perché non è questo decreto che prevede la distinzione di competenze tra regioni e Stato, bensì una legge del 2000, la quale prevede che alle regioni sia attribuita la competenza in merito alla prevenzione mentre allo Stato quella relativa all'emergenza e allo spegnimento.

Non è da questo che dipende la confusione gestionale, anche se sicuramente ciò non aiuta a semplificare. Il nostro Paese da contadino è diventato un Paese industriale, con l'abbandono delle terre, della cultura dei boschi e degli incendi selettivi, nonché di intere aree, soprattutto quelle montane. Ciò ha comportato l'aumento dei boschi ma in maniera disordinata e, con la siccità dovuta al cambiamento climatico, basta poco perché gli incendi diventino devastanti.

Il 70 per cento degli incendi è causato dall'uomo: il 57 per cento è doloso e più del 13 per cento è colposo. Non è, quindi, un'autocombustione casuale, bensì l'effetto doloso di chi ancora concepisce il territorio non come un bene da tutelare ma come uno strumento per fare altro, per avere altri interessi economici. E' per questo che è importante mettere nero su bianco in questo decreto alcune precisazioni anche in merito a questi elementi, tentando di creare una governance tra Stato centrale e regioni, aumentando i poteri della Protezione Civile, con riferimento alla dotazione organica, alle risorse, ma anche all'opera che quest'anno hanno fatto in maniera egregia i Vigili del fuoco. In molte regioni - penso alla Sicilia, ma non solo - dove sono scoppiati incendi, la convenzione con i Vigili del fuoco è stata fatta dopo le catastrofi indotte dagli incendi stessi, quindi vuol dire che gli enti locali non hanno fatto quell'opera di prevenzione che invece spetta loro per legge. Penso che questo decreto sia importante per dare risposte concrete a quanto avvenuto quest'estate, ma non sia esaustivo, così come hanno detto tutti.

È un primo elemento di normativa quadro, che può dare una spinta a riorganizzare il sistema della protezione del territorio e del superamento delle emergenze, ma ci vuole un elemento di completamento, che qui c'è: sono stati dati molti soldi al personale, giustamente, e per tutto ciò che riguarda la strumentazione per superare l'emergenza; manca, secondo me, un pezzo, quello del ristoro a chi ha subito danni dagli incendi senza averne alcuna colpa.

Capisco che questa legge arriva prima della legge di bilancio e, probabilmente, le risorse che c'erano effettivamente ci sono state messe. Tutti noi ci impegneremo perché in legge di bilancio venga fatto quell'elemento in più, di ristoro a favore di chi incolpevolmente ha subito un danno dagli incendi. Questa estate, quando abbiamo letto dell'emergenza incendi e venivano arrestate le persone che appiccavano gli incendi, non potevamo credere a quello che leggevamo: ragazzi che facevano una bravata dopo una gita; pastori che pensavano di poter ottenere delle terre; forestali precari che pensavano in questo modo di poter essere confermati nell'incarico. Abbiamo visto la fiera degli orrori.

Voglio concludere - anche perché l'intervento puntuale della relatrice mi vede completamente soddisfatta e finirei per ripetere le cose dette precedentemente dall'onorevole Deiana - evidenziando che mi stupisce come ancora oggi non si siano comprese due cose. In primo luogo, quando si brucia un bosco non si fa un interesse economico. Alcuni lo legano, ad esempio, all'utilizzo di quelle terre per la produzione di energie rinnovabili attraverso pannelli fotovoltaici. Non c'è, ripeto, un interesse economico che faccia seguito a un bosco bruciato, c'è solo la devastazione della natura e una perdita economica per tutti. In secondo luogo, si pensava che, dopo la tragedia del COVID, che ha visto come la natura possa trasformarsi in matrigna, l'uomo, in generale, avesse compreso che bisogna rispettare un po' di più l'ambiente che ci circonda e prendersi cura del proprio patrimonio forestale e ambientale. Quanto successo questa estate è invece la dimostrazione che ancora lunga è la strada per il rispetto del bene comune, del bene che non è mio ma di tutti.

Queste Conferenze, come il G-20 dell'altro giorno e la COP26, mi auguro siano un punto coraggioso per scelte coraggiose e lo dico senza preoccupazione di essere smentita. Penso che l'Europa abbia fatto e stia facendo tantissimo. Se tutte le Nazioni si mettessero alla stregua degli obiettivi ambiziosi dell'Unione europea, probabilmente oggi ci sarebbero pagine diverse. Sappiamo benissimo che non è così, sappiamo benissimo che ci sono Paesi importanti, come la Cina, che fanno fatica a capire che, visto che è arrivato il loro momento di sviluppo industriale, non devono commettere gli errori che hanno commesso i Paesi occidentali quando è toccato a loro. Ci sono, nel Sudamerica, intere Nazioni che pensano che la foresta amazzonica sia un bene di nessuno e la fanno depredare dalle multinazionali. Credo sia arrivato il momento di dire basta, che tutto questo patrimonio che la natura ci ha fornito deve essere tutelato non tanto e non solo per il bene della natura quanto per il bene nostro: i nostri figli e i nostri nipoti rischiano di avere un patrimonio di biodiversità, di ambiente naturale, molto più povero di quello che abbiamo conosciuto noi e se questo avverrà sarà solo colpa nostra.

Nel ribadire di ritenermi soddisfatta della relazione della collega e nel ritenere, inoltre, quello in esame un decreto sicuramente positivo per affrontare un'eventuale altra emergenza di incendi boschivi il prossimo anno - speriamo di no - dico anche che da qui in avanti bisognerà completare l'opera che questo decreto fa con finanziamenti ad hoc per chi ha subito dei danni, aggiungendo un ulteriore elemento, che non c'è in questo decreto ma è presente in altri decreti, quello dell'educazione civica nelle scuole, con lo scopo di far comprendere fin da piccoli quanto sia importante la tutela del nostro patrimonio naturale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ciagà. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA LEYLA CIAGA' (PD). Presidente, prima di entrare nel dettaglio del provvedimento vorrei esprimere la mia vicinanza e quella del gruppo del Partito Democratico alle famiglie delle persone che, la scorsa estate, a causa degli incendi hanno perso la vita e ai tanti cittadini che hanno letteralmente visto bruciare le proprie case, aziende agricole e morire i propri animali. Tutti noi abbiamo ancora negli occhi quelle immagini terribili di incendi boschivi che, da giugno a settembre, hanno interessato gran parte del Sud Italia e, con particolare violenza, le regioni Calabria, in Aspromonte, Sardegna, nella zona di Oristano, e Sicilia. Ringrazio anche il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e tutti coloro che si sono adoperati per lo spegnimento degli incendi. Questi incendi hanno provocato vittime, determinato la morìa di milioni di animali, causato ingenti danni ambientali, stimati da Coldiretti in un miliardo di euro tenendo conto delle operazioni di spegnimento, di bonifica e di rimboschimento.

Per quanto riguarda i danni ambientali, sono andati distrutti oltre 150 mila ettari di bosco, con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista della perdita della biodiversità, dell'assorbimento di CO2 e del rischio di dissesto idrogeologico. Gli incendi non hanno risparmiato neanche le aree tutelate, quindi i parchi nazionali e regionali. L'Italia in questo senso ha un triste primato in quanto è il Paese dell'Unione europea col più alto tasso di incendi e il 2021 è stato l'anno dei record. Gravi incendi hanno interessato, del resto, tutto il bacino del Mediterraneo, quindi, oltre all'Italia, Paesi come la Grecia e la Spagna. L'estate appena trascorsa è stata la più calda in Europa, rispetto al 1979, con picchi record di temperature sopra i 48 gradi registrati proprio in Sicilia. L'aumento delle temperature innescato dai cambiamenti climatici, i venti caldi e i lunghi periodi di siccità svolgono una funzione di accelerazione degli incendi, propagandoli, rendendo così più difficile lo spegnimento. In natura - forse è bene chiarirlo - non esiste l'autocombustione, perlomeno a queste temperature; l'unica causa naturale di incendi è legata ai fulmini. Il 98 per cento degli incendi è dovuto all'uomo, innanzitutto con comportamenti negligenti, imperizia, sottovalutazione dei rischi - penso ad esempio ai fuochi accesi, alle sigarette non spente, ai residui agricoli bruciati e così via - o, addirittura, con comportamenti dolosi, cosa ancor più grave, finalizzati allo sfruttamento dei terreni e, in generale, al tornaconto personale.

Il provvedimento che presentiamo oggi, ovvero disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile, affronta questa situazione andando a integrare una legge quadro che esiste già, la legge n. 353 del 2000, che ha assegnato questa competenza alle regioni, con il concorso dello Stato nelle operazioni di spegnimento. L'attuale provvedimento mantiene questo assetto ma lavora su tre obiettivi fondamentali che vorrei sottolineare. Innanzitutto, il rafforzamento dell'azione di coordinamento tra Stato e regioni, con la predisposizione da parte della Protezione civile di un piano nazionale a seguito di una ricognizione triennale, che può essere fatta anche su base annuale, per individuare tutte le necessità dal punto di vista dell'aggiornamento tecnologico e dell'accrescimento della capacità operativa nelle azioni di prevenzione e nella lotta attiva contro gli incendi boschivi. Il secondo obiettivo riguarda il potenziamento della capacità operativa del sistema nazionale di Protezione civile, attraverso l'acquisto di mezzi aerei, anche i droni, mezzi terrestri e adeguate strumentazioni tecnologiche.

A questo fine l'articolo 2, come ricordava la relatrice, dispone di 40 milioni di euro per la Protezione civile e l'Arma dei carabinieri (Comando unità forestali) da spendere entro fine anno per l'acquisto di mezzi aerei e di strumentazioni. Sempre in materia di stanziamento di risorse economiche, è prevista, con l'articolo 4, la somma di 100 milioni di euro per il triennio 2021-2023, a favore degli enti territoriali nelle cosiddette aree interne per interventi di manutenzione del territorio. Sappiamo quanto la manutenzione del territorio è fondamentale in un'ottica, appunto, di prevenzione degli incendi boschivi.

L'articolo 8 stabilisce, poi, che 150 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (in particolare, la Missione 2, componente 4, “Tutela del territorio e della risorsa idrica”) siano destinati alla realizzazione di un sistema avanzato di monitoraggio del territorio, di cui ci ha parlato proprio il Ministro Cingolani lo scorso 5 agosto nel corso dell'audizione. L'idea è quella di dotare la Protezione civile di una sensoristica, di droni di sorveglianza in connessione anche con la rete satellitare, in modo da accelerare le operazioni di spegnimento in caso di incendio, individuando, tra l'altro, come sistema prioritario di intervento, le aree protette - quindi, nazionali e regionali -, i siti della rete Natura 2000 e le aree a rischio idrogeologico.

Segnalo che ulteriori importanti risorse sono previste dal disegno di legge di bilancio, che è stato approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri. Si tratta di oltre 200 milioni di euro, sempre destinati alla Protezione civile e all'Arma dei carabinieri.

Il terzo obiettivo che si propone di raggiungere questo provvedimento è molto importante, perché riguarda l'attivazione del catasto dei terreni percorsi dal fuoco. Già la norma vigente, la legge quadro, prevede che: i terreni bruciati non possono essere edificati per 15 anni: sono vietate le trasformazioni urbanistiche; sono vietati la caccia e il pascolo. Però, non tutti i comuni provvedono tempestivamente all'aggiornamento di questo catasto. Secondo Europa Verde, solo il 44 per cento dei comuni italiani vi provvede. È quindi necessario aiutare questi comuni ad aggiornare il catasto, perché il catasto dei terreni percorsi dal fuoco svolge una funzione importante di deterrente nei confronti degli incendi dolosi e sappiamo che, dietro questi incendi dolosi, si nasconde spesso e volentieri la criminalità organizzata.

L'articolo 3 prevede, quindi, che l'Arma dei carabinieri, entro 45 giorni, trasmetta ai comuni il rilievo delle aree bruciate e, se i comuni non provvedono tempestivamente all'aggiornamento, interviene la regione con poteri sostitutivi, previa legge regionale che ne disciplina le modalità. Ecco, questa postilla è stata aggiunta in Senato e io spero che questo ulteriore vincolo amministrativo e burocratico non rallenti ulteriormente l'approvazione del catasto delle aree boscate percorse dal fuoco.

I comuni, poi, possono avvalersi anche - lo stabilisce l'articolo 5 - delle competenze e delle strutture organizzative della regione di appartenenza. Insomma, queste misure servono a coadiuvare i comuni nello svolgere i propri compiti.

Per quanto riguarda il rafforzamento delle sanzioni e le modifiche al codice penale mi rimetto a quanto già detto dalla relatrice.

Questo provvedimento è un primo passo importante, ma ne dovranno seguire altri. Mi riferisco ai ristori, che sono già stati evocati per i cittadini, le famiglie e le aziende che sono stati colpiti dagli incendi e mi riferisco alla messa in campo di ulteriori e importanti risorse per il rimboschimento delle aree distrutte e, in termini più generali, a tutte quelle azioni previste dal PNRR volte alla riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera e, quindi, al contenimento della temperatura entro il grado e mezzo.

Speriamo che la COP26, che è in corso di conclusione proprio in queste ore a Glasgow, raggiunga un'intesa su questo obiettivo con accordi vincolanti, un obiettivo che è cruciale per il nostro futuro e, soprattutto, per il futuro delle giovani generazioni.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Valbusa. Ne ha facoltà.

VANIA VALBUSA (LEGA). Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghi e colleghe, il decreto-legge in esame rappresenta un atto dovuto, necessario, indispensabile, in seguito agli incendi che l'estate scorsa hanno distrutto decine di migliaia di ettari, più di 150 mila ettari, di superfici boscate, macchia mediterranea, pascoli e aree protette in diverse regioni del Sud, soprattutto in Calabria, Molise, Sicilia, Sardegna, ma anche in Abruzzo, Campania, Puglia e Lazio. I grandi incendi, che sono quasi triplicati rispetto all'anno scorso, hanno provocato danni inestimabili: perdite di vite umane e gravi pericoli per le popolazioni interessate, gravissimi danni alle attività economiche e agricole colpite, morte e dispersione di animali selvatici, ma anche di animali di allevamento, che hanno reso necessaria una straordinaria mobilitazione delle strutture statali, nonché regionali e del volontariato specializzato, preposte alle azioni di prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, nel quadro di coordinamento assicurato dal Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una spesa di oltre un miliardo di euro.

Con questo provvedimento, il Governo prima e il Parlamento poi hanno voluto fortemente rafforzare gli strumenti di coordinamento dell'azione dei diversi soggetti competenti in materia di incendi boschivi, con lo scopo di assicurare l'attivazione di strumenti, mezzi e misure tecnologicamente avanzati, oltre a rafforzare la capacità operativa del servizio nazionale della Protezione civile, rendendo più veloci le attività per la previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi e rafforzando le disposizioni sanzionatorie.

Il lavoro emendativo, svolto - lo sappiamo -soprattutto dal Senato, ha attribuito concretezza a questo testo, garantendo un contributo importante per affrontare le carenze in tema di incendi boschivi. È stato valutato, quindi, strategico investire in prevenzione. Il decreto, infatti, chiede la dotazione nazionale di un piano di coordinamento per l'aggiornamento tecnologico e l'accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, predisposto ogni tre anni, ma che comunque avrà una revisione annuale, che ha come obiettivo la verifica delle risorse umane, tecnologiche, aeree e terrestri, necessarie per una adeguata prevenzione e lotta contro gli incendi. Il Piano potrà finanziare sistemi premiali, in base ai risultati conseguiti da soggetti pubblici e privati nelle aree in cui sia stata accertata una diminuzione significativa delle aree percorse dal fuoco. Attraverso una direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri verrà costituito il Sistema aereo di vigilanza antincendio, ovvero una rete di vigilanza antincendio che prevede il collegamento di aeroporti, aviosuperfici, elisuperfici e idrosuperfici attraverso la creazione di un sistema di vigilanza aerea, in grado di consolidare le attività di previsione ed intervento antincendio. Inoltre, le regioni e le province autonome potranno stipulare convenzioni con avio club e aero club locali, nell'ambito delle risorse disponibili per la lotta agli incendi boschivi.

Con lo scopo di incrementare l'operatività del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, verrà estesa fino a fine 2022 la validità della graduatoria del concorso pubblico approvato nel 2018 e la riduzione della durata del corso di formazione della procedura concorsuale per l'accesso al ruolo dei capi squadra e capi reparto, al fine di coprire con celerità i posti di ruolo attualmente vacanti.

Un importante passo in avanti è avvenuto attraverso il sostegno ai comuni per la definizione e l'aggiornamento dei suoli incendiati, allo scopo di aggiornare il catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco, che avverrà da parte del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri, che consegnerà alle regioni e ai comuni competenti i dati rilevati su supporto digitale, entro 45 giorni dall'estinzione dell'incendio; la trasmissione degli aggiornamenti a regioni e comuni avverrà entro il 1° aprile di ogni anno.

La capacità operativa delle componenti statali verrà ampliata attraverso lo stanziamento di 40 milioni di euro per l'acquisto di mezzi operativi terrestri e aerei e di attrezzature varie, mentre per l'attività di previsione e prevenzione degli incendi boschivi verranno potenziati i piani regionali e stanziati 100 milioni di euro in quelle aree in cui il rischio di incendio è elevato, nell'ambito della Strategia nazionale per le aree interne, per il finanziamento di interventi da parte degli enti territoriali volti a prevenire gli incendi boschivi. Non solo. Questi interventi riguardano misure volte a contrastare l'abbandono di attività di cura del bosco, prevedono postazioni di atterraggio dei mezzi di soccorso, la realizzazione di infrastrutture, quali vasche di rifornimento idrico utili ad accelerare gli interventi di spegnimento degli incendi, vie di accesso e tracciati spartifuoco, che consentono il passaggio dei mezzi di spegnimento, nonché attività di pulizia e manutenzione delle aree periurbane. Ovviamente, questi interventi devono rispettare il principio della tutela degli ecosistemi e degli habitat e devono essere accompagnati da una relazione geologica sulla tenuta idrogeologica del suolo interessato dagli incendi.

Nell'ambito del PNRR, si destinano 150 milioni di euro alle misure di lotta contro gli incendi boschivi e, in particolare, alla realizzazione di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio del territorio, e si valuta inoltre la possibilità di destinare ulteriori fondi per l'emergenza incendi, compresi gli interventi di ripristino territoriale.

Questo decreto, Presidente, è un primo passo per porre rimedio alla problematica grave degli incendi in Italia. L'Italia è sicuramente un Paese fragile: dobbiamo, quindi, convergere verso un testo unico delle emergenze, che disciplini le varie fattispecie, dagli incendi, appunto, ai terremoti, al dissesto idrogeologico, programmando il futuro attraverso la consapevolezza della prevenzione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maurizio Cattoi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO CATTOI (M5S). Grazie, signor Presidente. Colleghi, sottosegretario, l'estate trascorsa, con la sua contabilità di incendi e di superfici boscate perdute e di danni incalcolabili, per quanto disastrosa sia stata sotto il profilo ambientale, non è certo stata una novità per il nostro Paese, né per tutti i Paesi dell'area del Mediterraneo. Infatti, gli effetti del cambiamento climatico dovuto al surriscaldamento dell'atmosfera si sentono già fin dagli anni Ottanta, quando le grandi discussioni sull'esaurimento delle risorse energetiche hanno lasciato il passo alle preoccupazioni per l'avanzare della desertificazione, con la percezione che ci si sarebbe già allora confrontati, a breve, non solo con la guerra per il petrolio, ma anche con la guerra per l'acqua. Poi, però, sono le contingenze meteoriche che determinano le annuali condizioni di temperatura e siccità predisponenti gli incendi boschivi, e questo è in uno o nell'altro degli scacchieri del Sud dell'Europa. E si potrebbe anche dire, se non fosse una bestemmia per il politicamente corretto, che il fuoco fa parte dell'ecosistema mediterraneo, ne è stato, in parte, anche il plasmatore occulto del paesaggio, anche attraverso le pratiche agronomiche e di distruzione dei residui vegetali che ancora oggi, purtroppo, sono una tra le pratiche adottate e tra le più frequenti cause colpose degli inneschi degli incendi boschivi. Di questa tematica si occupa, da decenni, il mondo accademico delle scienze ambientali e delle scienze forestali, magari poco ascoltato.

Quindi, sappiamo bene che, con cadenza ciclica, le nostre estati sono accompagnate dagli scenari terrificanti esposti nei telegiornali, in buona compagnia con le devastazioni australiane o californiane. Però, come non ricordare il grande incendio, per esempio, dell'Argentario e il grido di dolore del grande sindaco di allora, Susanna Agnelli? Era il 1981, quindi quarant'anni fa. Poi, basti ricordare ancora le successive ondate, quelle del 1985, del 1993, del 1997, del 2003, del 2007, fino, nuovamente, a quelle, devastanti, del 2017 e, ora, del 2021. Quindi, ha ragione la collega Fregolent, gli incendi sono sempre stati una piaga italiana, anche prima dell'assorbimento del Corpo forestale dello Stato.

Però perché, colleghi, in quest'Aula si torna a parlare, su impulso del Governo, di incendi boschivi proprio adesso? E perché se ne deve parlare a distanza di tanti anni dall'ultimo provvedimento organico sugli incendi boschivi, cioè la legge n. 353 del 21 novembre 2000 - proprio di questi giorni -, che ancora conferisce al sistema antincendio boschivo il fondamento costituito dai pilastri della previsione, della prevenzione, della lotta attiva, in un armonico bilanciamento delle competenze tra Stato e regioni? Perché sono passati, poi, così tanti anni per una nuova urgenza di legiferare, in questo lasso di tempo, quando il sistema integrato tra regioni, Stato, uno stuolo di associazioni di volontariato specializzato, in realtà, è riuscito - e lo dicono i dati - in un'impresa impossibile, ovvero quella non solo di contenere i fenomeni criminosi, in una media annualmente sempre calante, ma, soprattutto, di mitigare il danno ambientale provocato da ogni singolo incendio? E questo è stato possibile affinando, evolvendo e perfezionando - con i mezzi a disposizione, si intende - la capacità di contenere in misura sempre più ridotta la superficie media percorsa dal fuoco, che, dal 1970, mostra una curva discendente, che ha inorgoglito non solo gli operatori, tutti, coinvolti negli interventi, ma ha rappresentato un orgoglio nazionale di efficienza e di competenze unico al mondo.

Quindi, perché, visto questo trend positivo di questi ultimi quarant'anni, il Paese sembra quasi sotto un attacco improvviso, imprevisto, del tutto sconosciuto, al quale sembra opportuno reagire con mezzi normativi eccezionali, finanziari e organizzativi, e sembriamo impreparati proprio nel momento in cui servirebbe il massimo sforzo, con il meglio delle nostre strutture? Cosa è successo, dunque, di talmente sconvolgente da far dimenticare come eravamo capaci, noi italiani, fatte salve le sacche di inefficienza sempre migliorabili, di riuscire ad affrontare con attenzione e cura, come un buon padre di famiglia, la stagionalità e la variabilità di un fenomeno storico, quanto cronico, mutevole quanto il capriccio di uomini incoscienti e criminali, che approfittano della fragilità delle foreste per massimizzare una propria, personale visibilità e utilità? Che cosa è successo, allora? Cosa è cambiato?

A mio avviso, è successo che il meccanismo sul quale si basavano la complessità, l'efficacia e l'efficienza della risposta del Paese agli incendi boschivi si è rotto, si è clamorosamente rotto, ma, in parte, non lo si vuole vedere e, in parte, non si vuole dirlo. È successo che, da qualche anno, rispetto a quanto avveniva in precedenza, passa un'enormità di tempo da quando l'incendio di bosco viene avvistato o segnalato a quando si realizza un intervento consono e adeguato a quell'incendio, in quel territorio, con quelle caratteristiche orografiche e vegetazionali specifiche, e questo tempo perduto sono ettari ed ettari di bosco in fumo. E non sto parlando di un incendio qualsiasi, di un incendio in un condominio o di un automezzo in autostrada o, nemmeno, di un incendio di una fabbrica: io sto parlando di altri tipi di incendio, perché per questi incendi, per quanto siano differenti, l'intervento è sempre standardizzabile e affrontabile con dei protocolli operativi, l'oggetto è sempre circoscritto, la zona è quella ed è sempre confinato in zone in cui l'uomo e i suoi beni sono ordinariamente al centro della tutela. Invece, io sto parlando dell'incendio del nostro territorio naturale, nel territorio montano, nel territorio forestale, in cui la presenza dell'uomo è da sempre marginale e in cui i veri padroni sono i soggetti verdi, chi ci dà la vita, i boschi, gli alberi, gli animali, la biodiversità. Quindi, sto parlando degli innumerevoli ecosistemi che rendono l'Italia il giardino d'Europa, per l'estrema differenziazione delle sue contrade verdi, per le sue valli boscate, le montagne aspre e dove è veramente ridotta la popolazione presente ed anche le istituzioni e gli uomini che se ne sono fatti carico, quindi, sono zone marginali. Io sto parlando della scomparsa delle donne e degli uomini del Corpo forestale dello Stato, sto parlando dei forestali che non ci sono più, perché quelle sentinelle tutto fare - ed erano così, sentinelle tuttofare - che, per una storia lunga quasi 200 anni e che per 12 mesi l'anno vivevano ogni aspetto della montagna, delle foreste e dei suoi abitanti, animali e umani, sono state oggetto di una degenerazione funzionale, che ha snaturato e sconvolto lo stesso rapporto che lo Stato, attraverso, appunto, il Corpo forestale, aveva con la missione estremamente complessa della tutela del territorio naturale a 360 gradi, e questo con ogni tempo, in ogni stagione, verso ogni soggetto pubblico o privato, verso ogni emergenza, naturale o antropica. È successo che questo Parlamento, sulla base di una bizzarra e perversa concezione del risparmio, appena 5 anni fa, nel 2016, ha decretato lo smembramento, in 5 o più parti, di un organismo piccolo, specializzato, ma dai ridotti, ridottissimi costi di gestione, che svolgeva unitariamente e, quindi, con la massima efficacia, tutte le funzioni necessarie a corredo di una forza dello Stato presente in quei territori naturali, marginali e, a loro modo, estremi.

È successo che, per risparmiare 100 milioni di euro in 3 anni, cioè molto meno di quanto oggi stanziamo con questo decreto a favore di una iniezione di tecnologia negli apparati, è stato cancellato un intero Corpo che era unitariamente e funzionalmente organizzato, e sono state artificiosamente e nominalmente trasferite ad altri apparati dello Stato parti di competenze, parti di settori di intervento, aree di diversa composizione tecnica e scientifica, il cui insieme ora rappresenta per il Paese un mosaico di duplicazioni e anche di inefficienze, di cui - ed è la cosa più grave di tutte - non si riesce nemmeno a discutere, quasi per non disturbare un po' i manovratori, salvo poi gridare all'emergenza quando non si può farne a meno.

Rimanendo sul tema degli incendi boschivi, questa non è nostalgia ma è chiaro che questa è la punta dell'iceberg di quanto sia stata dannosa la soppressione del Corpo forestale dello Stato in questa maniera. Vorrei cercare di spiegare cosa significhi la conduzione di uno spegnimento boschivo e lo posso dire perché è stato il mio lavoro per oltre trent'anni e perché la modalità di redazione del perimetro delle aree incendiate, ai fini del catasto, porta anche il mio nome nel 2004, assieme alla mia cara collega Forestale, Daniela Piccoli, perché, purtroppo, su questi temi in questo Parlamento mi trovo sempre più spesso a fare il Piero Angela, il divulgatore, piuttosto che il parlamentare.

In estrema sintesi, i momenti più importanti di un incendio, per capirne la dinamica, sono il suo inizio e la sua fine. All'inizio, essere tempestivi sul focolaio, doloso o accidentale che sia, non è una cosa da lasciare al caso, cioè bisogna fare in modo di esserci all'inizio e i Forestali c'erano, perché il territorio, anche lontano da abitati e strade, era la loro casa. Essere sul fuoco in tempo significa organizzare le cose giuste, predisporre le attività adeguate, attivare i collegamenti aerei immediatamente e guidare gli sganci d'acqua in modo mirato, oltre ad assicurare prontamente le prove del reato come Polizia giudiziaria. Nella fase finale, invece, i più non sanno che spegnere le fiamme non è spegnere l'incendio: la brace ardente sopravvive alle fiamme visibili per molte ore, perfino giorni, dopo che l'incendio appare spento, e questa è la fase che, tecnicamente, si chiama della “bonifica”, ovvero il presidio attivo su tutti i fronti del fuoco in cui si opera solo manualmente, togliendo il materiale ancora incendiabile anche in profondità nel terreno, dove l'acqua non arriva nelle quantità nebulizzate dagli aeromobili. Per questo, nella bonifica il concorso aereo è assolutamente marginale rispetto all'intervento a terra e servono gli uomini, ed ecco dove si è rotto il meccanismo. Oggi i carabinieri forestali, pur presenti, hanno la sola competenza della Polizia giudiziaria e non intervengono sul fuoco perché, secondo la riforma, giustamente, non fanno parte della filiera dello spegnimento. Oggi come ieri, invece, i Vigili del fuoco hanno quella del concorso delle regioni nello spegnimento: arrivano il prima possibile, ma anche se ne vanno il prima possibile, per le naturali esigenze operative di soccorso pubblico urgente. Le regioni, poi, hanno in modo vario allestito il proprio servizio antincendio boschivo ma, assai spesso e non per tutto l'anno, non hanno potuto costituire strutture professionali e reattive come quelle dello Stato, essendosi peraltro in gran parte affidate per decenni al rapporto fiduciario ed estremamente economico con la Forestale di allora.

Quindi, la conclusione qual è? Che, ad ora, nessuna delle organizzazioni dello Stato resta più a dirigere, a monitorare e a sovraintendere, con la continuità e la competenza necessarie, tutte le operazioni di allerta della lotta attiva, della guida del volontariato AIB e della bonifica, fino al completo spegnimento, vuoi per competenza, vuoi per ordinamento, vuoi per capacità organizzativa. Al contrario - non per nostalgia ma per far capire il modello - il Forestale, invece, c'era sempre, per tutto il periodo di spegnimento, di bonifica e di monitoraggio; conduceva le indagini di polizia giudiziaria con tutti gli elementi tecnici; il Forestale, poi, si muoveva liberamente sul territorio in lungo e in largo, conducendo la sua direzione dello spegnimento anche da postazioni elevate e panoramiche; infine, si curava della perimetrazione dell'incendio. Tutte queste funzioni oggi sono svolte in modo frammentato e scoordinato da attori diversi in tempi diversi, dipendenti dai compiti prioritari delle singole amministrazioni piuttosto che dalla completezza dell'intervento.

Chi dice che non è cambiato nulla, che le stesse cose che facevano i Forestali le fanno i Carabinieri e i Vigili del fuoco, forse non è a conoscenza del fatto che, per esempio, le disposizioni ordinarie dell'Arma dei carabinieri impediscono alla pattuglia, che di norma è di sole 2 persone, di abbandonare l'automezzo di servizio. Forse non si conosce il fatto che i militi non possono allontanarsi per vedere che cosa succede appena una decina di metri più in là della macchina e che non possono eseguire, per esempio, una perimetrazione dell'area in tempi rapidi, perché, anche qui, ci sono tempi contingentati (il fuoco, infatti, potrebbe anche far perdere le sue tracce, a meno che non si sia in 4 o 5). Oppure, chi, anche al Senato, ha chiesto di poter assegnare la direzione dello spegnimento all'Arma dei carabinieri anche nelle prime fasi, non si rende conto che la limitatezza operativa a cui i militi sono ordinariamente obbligati, rende la loro presenza sul posto disassata, se non addirittura conflittuale, con le identiche competenze dei Vigili del fuoco o degli incaricati regionali. Che cosa possiamo, poi, pretendere ancora, per esempio, da due ex Forestali diventati carabinieri su un focolaio, dopo che a loro sono stati molto depotenziati l'autonomia tecnica, il dinamismo dell'iniziativa, la capacità di coordinamento, oltre ai dispositivi di protezione individuale per affrontare ogni emergenza? Da ultimo, infine, come possiamo ancora aggravarli - i Forestali e i Carabinieri - per mettere un po' una toppa al sistema della responsabilità civile e penale, in quanto DOS, dimenticando che sono già gravati da una strettissima dipendenza gerarchica militare, che è anche abbastanza ansiogena, e sono sottoposti facilmente a Codice penale militare e a procedimento disciplinare? Questa è una realtà.

Peraltro, i colleghi Vigili del fuoco - a cui va attestato ogni rispetto per l'abnegazione dei loro servizi - intervengono sulle fiamme ma, molto più spesso, negli incendi boschivi attendono che le fiamme arrivino a ridosso degli abitati o sulle strade, anche perché le dimensioni dei mezzi non sono adatte per le zone impervie e perché, a fronte di richieste di soccorso prioritarie, si devono obbligatoriamente sganciare velocemente. Quasi sempre, la ripresa del fuoco in un incendio, specie se è stato di grandi proporzioni, non è a causa di presunti attacchi multipli di piromani in agguato sullo stesso incendio, bensì, molto più banalmente, avviene per la mancata o l'inefficace bonifica dei perimetri dell'area.

Tutto questo lungo presupposto per dire una cosa semplice, con riferimento ai provvedimenti del decreto in esame: l'ammodernamento tecnologico, la sperimentazione delle nuove attrezzature, gli obiettivi - leggo testualmente il decreto - di rafforzamento urgente della capacità operativa delle componenti statali nell'attività di prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, a mio parere, cozzano contro una palese evidenza, ossia che non c'è più l'organo statale che possa utilmente e adeguatamente mettere a terra queste iniziative; non ci sono più un Forestale o una Forestale che si facciano carico interamente della gestione della filiera e ne rispondano unitariamente verso lo Stato, le regioni, verso il volontariato, verso i prefetti, verso i sindaci, così come verso l'autorità giudiziaria.

In pratica, vorrei sintetizzare che questo punto di arrivo è anche un po' un tradimento delle indicazioni della “legge Madia” del 2015, perché, da un lato, si interveniva con il riordino delle funzioni di Polizia ambientale, fatte salve le competenze del Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi e di spegnimento con mezzi aerei da attribuire al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco con le connesse risorse, mentre invece è stato fatto un po' uno spezzatino di mezzi ed elicotteri, che, ad oggi, nei Carabinieri non fanno più alcun servizio antincendio; dall'altro lato, perché l'operazione sarebbe dovuta avvenire ferme restando le garanzie degli attuali livelli di presidio e mantenendo l'unitarietà delle funzioni. Questa è una cosa che è palese che non sia avvenuta, anzi, ha consentito poi l'esatto opposto dopo che è stata in pratica annullata la peculiarità del servizio forestale ed ambientale, costituito dalla unitarietà e della specialità - quasi una indivisibilità - delle funzioni svolte da un unico organismo come la Forestale.

Quindi, in poche parole, il progetto, il disegno riformatore della riforma del 2015 è ed appare, ai risultati sul campo, a mio parere, un clamoroso errore strategico, finanziario e metodologico, che costringerà il legislatore - non solo ora - a forzare forme di sostegno al settore senza alcuna garanzia di successo, perché manca l'elemento unificatore delle politiche da mettere a terra.

Non a caso solo nel 2011, quattro anni prima della famigerata riforma (per me), la Corte dei conti rilevava che, malgrado la cronica mancanza di risorse, con la sua elevata professionalità il Corpo forestale dello Stato garantiva interventi rapidi ed efficienti: addirittura entro un'ora il 39 per cento degli interventi sugli incendi e solo il 7 per cento con una durata superiore alle 12 ore. La Corte dei conti, allora, semmai rilevava la scarsità di risorse e che l'entità delle risorse destinate era in progressiva e costante diminuzione e soltanto l'elevata professionalità del CFS, come riconosceva la Corte, aveva permesso di mantenere l'efficienza del sistema italiano. In parole povere, allora i forestali facevano da decenni i miracoli con le esigue risorse a disposizione. Quindi, il problema è quello di creare un organismo operativo che si faccia carico dell'intera filiera in modo da poterla gestire dall'inizio alla fine, in tempi e tempistiche soprattutto consone alla riduzione del fenomeno. L'aria è profondamente cambiata e, purtroppo, anche in peggio, per quanto riguarda il corretto obiettivo e l'esame delle criticità. E anche per quanto riguarda l'approccio a questo decreto, confermo e ammetto che mi convince veramente poco sotto questo profilo e probabilmente è in contrasto con le valutazioni che sono state fatte qui. Accanto a misure, che sono importanti per il funzionamento degli apparati, mi corre l'obbligo di evidenziare che, purtroppo, alcuni interventi non mi sembrano destinati a coprire spese che abbiano a che fare con gli incendi boschivi, perché gran parte degli automezzi pesanti sono destinati all'ambito urbanizzato dei Vigili del fuoco, anche con riferimento ai verricelli di soccorso persone, alla revisione di elicotteri non antincendio dell'Esercito, alle autobotti dell'Aeronautica militare da utilizzare nei poligoni militari e non in contesti forestali o a parti di elicotteri non antincendio della Marina militare. Mi corre l'obbligo richiamare il caso della previsione di spesa di 15 milioni di euro per tre elicotteri AW139 dei Vigili del fuoco, quando una sola macchina con allestimento utility, quella base, costa 12 milioni di euro e quella con allestimento vip ne costa 16, mentre, invece, paiono mancanti le configurazioni predisposte per l'antincendio boschivo. Resta intatta la frammentazione delle capacità, ancora oggi esistenti, non utilizzate che sono un po' il residuo di ciò che rimane del reparto aereo antincendio boschivo del Corpo forestale, del quale mezzi e personale altamente specializzato sono stati spartiti e marginalizzati nell'Arma dei carabinieri e nei Vigili del fuoco. Questo credo a tutto vantaggio dei gestori privati delle flotte dei Canadair; ciò, anche per un orientamento imperante verso l'utilizzo di elicotteri pesanti di grandi dimensioni che sono poco pratici sui nostri territori e molto costosi nella manutenzione e nella gestione, al posto di una flotta di piccole e medie elicotteri che sono facilmente dislocabili su un gran numero di basi logistiche. Quindi, ci sarebbe forse da farsi qualche domanda sull'interesse pubblico di tali scelte.

Altro capitolo dolente è la redazione del catasto incendi a carico dei comuni, che si prevede sia surrogato dalle regioni, ma senza affrontare il capitolo di spesa, così come resta, purtroppo, una voragine il tema della disomogeneità dei dati statistici relativi alle superfici boschive incendiate che oggi Arma dei carabinieri e Vigili del fuoco calcolano e contabilizzano in modo differente, con il risultato che il nostro Paese, al contrario dei vecchi tempi, non ha dati certificati da spendere in ambito internazionale. Resta anche da capire come l'ISPRA potrà supportare i comuni d'Italia, nella mappatura di dettaglio, soprattutto ad invarianza di spesa.

Sia ben chiaro: che il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ed altre amministrazioni presentino allo Stato la lista delle proprie necessità operative ed organizzative è un atto sacrosanto di sana amministrazione, ma che questo venga veicolato in funzione della lotta agli incendi boschivi, senza procedere ad un'analisi critica delle vere disfunzioni del sistema antincendio e complessivamente dell'abbandono delle foreste, delle montagne e delle aree interne è una cosa difficilmente da sostenere, soprattutto per chi proviene da un ambito virtuoso sia nella qualità che nella economicità dei propri interventi.

Concludendo, dobbiamo renderci conto che, anziché prevedere saggiamente il ripristino di un'organizzazione territoriale statale, civile, che ricomponga tutte le funzioni disperse, si sta già ipotizzando - credo nella sede di bilancio - di istituire la figura del Vigile del fuoco rurale da disseminare, anche con la giustificazione dell'attività antincendio, in distaccamenti periferici. Non ho nulla contro l'aumento dell'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, però resta scoperta la funzione, la funzione specialistica di chi invece, a 360 gradi e per 12 mesi all'anno, cura quel territorio che deve essere soprattutto oggetto di prevenzione (di prevenzione, di cura e di manutenzione).

Quindi, appare evidente, carissimi colleghi e colleghe, che questa serie numerosa di obiezioni non mi consente, a differenza del mio gruppo, di dare il mio avallo al provvedimento. Resto, comunque, convinto, in linea con le battaglie del MoVimento 5 Stelle, che, purtroppo, su questo tema, non ci si stia impegnando quanto dovrebbe e quanto forse promesso, a fronte della necessità di rivedere l'assetto del dispositivo di sicurezza ambientale della riforma del 2015, che dimostra e dimostrerà tutta la sua inefficienza anche in futuro, in mancanza del ripristino di competenze intorno ad un nuovo organismo dedicato, ad ordinamento civile, nell'interesse dell'ambiente e di quello soprattutto forestale, con il 40 per cento della superficie dell'intera Nazione, a cui manca lo storico custode (Applausi del deputato Deidda).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rachele Silvestri. Ne ha facoltà.

RACHELE SILVESTRI (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, il decreto-legge del quale discutiamo la conversione reca disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile. Un decreto, dunque, importantissimo, un decreto che tratta tematiche che si inseriscono perfettamente all'interno della lotta ai cambiamenti climatici.

Nel recente G20 di Roma, conclusosi lo scorso 31 ottobre, quello dei cambiamenti climatici è stato sicuramente il tema più importante, dove i Paesi partecipanti hanno redatto una dichiarazione finale di impegni, volti a lavorare affinché si raggiungano appieno gli obiettivi prefissati nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e nell'Accordo di Parigi. È uno sforzo sul clima che vede i Paesi del G20 impegnarsi a raggiungere obiettivi ambiziosi e non più rinviabili, come il contenimento del surriscaldamento sotto 1,5 gradi, con azioni immediate, come lo stop ai finanziamenti pubblici alla costruzione di nuove centrali a carbone entro la fine di quest'anno, e dove viene ribadita, per l'ennesima volta, l'importanza fondamentale nel raggiungimento di zero emissioni di gas a effetto serra a livello globale o la neutralità carbonica entro la metà del secolo. Nel summit in questione c'è già stato anche l'impegno a raggiungere l'obiettivo ambizioso di piantare 1.000 miliardi di alberi, concentrandoli sugli ecosistemi più degradati del pianeta, entro il 2030.

Secondo l'analisi pubblicata dalla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, in occasione proprio del vertice conclusosi a Roma, le perdite di PIL causate dai cambiamenti climatici potrebbero raggiungere il 4 per cento all'anno entro il 2050, un valore che potrebbe poi superare l'8 per cento entro il 2100. In questo contesto, l'Italia si trova davanti a rischi particolarmente rilevanti. Alla metà di questo secolo, infatti, la temperatura media del nostro Paese dovrebbe salire tra più 1,5 gradi e più 2,4 gradi rispetto al trentennio di riferimento 1985-2014, dopo essere già salita di più 2,4 gradi rispetto al 1880. In tale contesto, l'interazione tra l'aumento delle temperature, la riduzione delle precipitazioni medie annue e la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi, quali le ondate di calore o la prolungata siccità, con gli effetti generati dall'abbandono delle aree coltivate, dei pascoli e dei boschi un tempo gestiti, comporterà, in tema di incendi boschivi, una situazione ad alto rischio.

L'Italia nel corso dei decenni ha investito molto sui sistemi antincendio boschivo sia regionali che della Protezione civile nazionale, ma il pericolo dovuto ai cambiamenti climatici rischia di mettere in seria difficoltà la gestione e la prevenzione degli incendi nei prossimi anni. Nel nostro Paese i boschi coprono oltre 9.800.000 ettari del territorio, pari a circa il 32 per cento dell'intera superficie nazionale. Negli ultimi 20 anni gli incendi hanno distrutto circa 1.100.000 ettari di superficie boscata e hanno interessato soprattutto il nostro Meridione.

Spesso dietro i roghi, purtroppo, si nascondono anche interessi di organizzazioni criminali. Legambiente, nel Rapporto Ecomafia 2021, tra gli incendi dolosi, colposi e generici, lo scorso anno, ha calcolato che sono stati percorsi dalle fiamme circa 62.623 ettari di superficie boscata e non boscata, con un incremento del 18,3 per cento rispetto al 2019. Poi, vi sono 4.233 reati accertati, con un aumento dell'8,1 per cento, 552 le persone denunciate per incendio doloso e colposo, con un aumento del 25,2 per cento, 18 quelle arrestate e 79 sono i sequestri effettuati. E sui sequestri effettuati si riscontra una percentuale che dal 2019 è andata a diminuire, con un meno 29,5 per cento.

Nell'anno 2021 sono state molte le nazioni che sono state colpite da un'eccezionale diffusione degli incendi boschivi. Sono stati interessati da incendi, in Italia, circa 200 mila ettari di boschi, ricordava in precedenza il mio collega Deidda ciò che è stato vissuto in Sardegna, in Sicilia e in Calabria.

Colleghi, nel quadro che vi ho appena descritto, diventano sempre più fondamentali la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi. Nel 2021 il Consiglio dei Ministri, oltre a deliberare lo stato di emergenza a causa degli incendi che hanno interessato alcune aree del nostro territorio, ha successivamente emanato l'attuale decreto-legge che stiamo esaminando; un decreto che arriva purtroppo, come spesso accade nel nostro Paese, ad emergenza in corso. Non possiamo non essere d'accordo sugli obiettivi che si pone, ovvero di rafforzare le azioni di prevenzione degli incendi boschivi e migliorare la capacità di lotta attiva agli incendi, però, allo stesso tempo, non possiamo non avanzare diverse perplessità.

Vi sono interventi in parte condivisibili, come il fatto di ridisegnare in qualche modo la governance della prevenzione incendi e le risorse finanziarie per potenziare la capacità operativa delle componenti statali impegnate nella lotta ai roghi. Bene per quanto riguarda il potere sostitutivo delle regioni nel caso i comuni non provvedano ad aggiornare il catasto dei terreni incendiati, bene la previsione della redazione, da parte della Protezione civile, di un piano nazionale triennale di aggiornamento tecnologico delle azioni di prevenzione e lotta attiva agli incendi, a cui vengono allocate specifiche risorse per acquisire altri mezzi operativi, ma, com'è stato detto dal collega Cattoi, magari non sufficienti. Bene anche per quanto riguarda l'inasprimento delle pene sanzionatorie, anche se noi, dopo le varie manifestazioni che ci sono state sui media, ci aspettavamo qualcosa di più, però, Presidente, vi sono ancora molte criticità non affrontate e non sanate.

Ci continuiamo a chiedere se la soppressione del Corpo forestale dello Stato, frutto della “legge Renzi-Madia”, che doveva garantire risparmi economici ed efficacia degli interventi, abbia raggiunto il suo scopo. Per noi di Fratelli d'Italia la risposta è: assolutamente no. Questo atto dimostra ancora una volta come sia stata assurda quella norma e come sia fondamentale che questo Governo e questo Parlamento intervengano al più presto per ripristinare il Corpo forestale dello Stato. Dopo la sua soppressione si è assistito a uno spacchettamento delle competenze, le complesse funzioni prima affidate al Corpo forestale sono state disgregate e assegnate a diverse amministrazioni, ai Vigili del fuoco, all'Arma dei carabinieri, alla Polizia di Stato, al Ministero delle Politiche agricole e alla Guardia di finanza.

L'atto che stiamo per votare è la prova definitiva del fallimento della “legge Madia”. Oggi, questo Governo cerca di correre ai ripari affidandosi alla Protezione civile, senza attuare, invece, una revisione generale di un modello gestionale fallimentare, che proprio in questo anno ha mostrato tutte le sue criticità.

Entrando poi nel tema semplificazioni, non possiamo non segnalare il rischio di burocratizzare alcuni procedimenti, come quello riferito alla stesura del Piano stesso, e con questo faccio riferimento al tavolo tecnico e al suo cospicuo numero dei vari rappresentanti istituzionali, un numero che rischia di renderne complessa l'attività. Occorreva, Presidente, fare attenzione ad assicurare un efficace coordinamento e integrazione tra il Piano nazionale antincendio e i piani di gestione forestale o delle filiere forestali regionali, ma anche su questo tema il decreto non dà risposte forti e decise.

Doveva, inoltre, essere affrontata in maniera coraggiosa la problematica relativa alla scarsità di risorse economiche di cui dispone la Strategia forestale nazionale. Sappiamo, infatti, bene come la prevenzione a costi minori è quella principalmente connessa alla rivitalizzazione dell'economia della montagna: un bosco che produce economia, sia se si tratti di legname, funghi, tartufi o castagne sia se si tratti di servizi turistici, ricreativi e culturali, è un bosco gestito e difeso e, quindi, protetto anche dagli incendi.

Presidente, questa norma doveva andare anche in questa direzione, doveva avere la forza di agire anche sulla mole di vincoli statali, regionali, comunali che sono, sì, fondamentali per la protezione dei nostri ecosistemi, ma che, spesso, a causa della loro rigida e assurda applicazione, provocano fenomeni di abbandono del territorio. Non possiamo far sì che le aziende agricole, ma anche i singoli boscaioli che presidiano i nostri territori siano sempre più strangolati da una burocrazia che diviene sempre più nemica; dobbiamo sempre tener presente che sono loro i primi avamposti nel controllo dei territori, soprattutto i più difficili da gestire, come quelli montani e boschivi, difficili da raggiungere. Nel dispositivo tutto questo non c'è; mancano, inoltre, i riferimenti precisi che individuano soprattutto nei soggetti produttivi i primi attori della prevenzione agli incendi, nonché i riferimenti chiari all'utilizzo dei fondi del PNRR per la prevenzione incendi; ciò, Presidente, anche in un'ottica di piani di sviluppo rurale specifici per le aziende che garantiscono un servizio preventivo antincendio nella loro attività agrosilvopastorale.

Altro tema mancante - e vado verso la conclusione - è quello della criminalità organizzata che trae benefici dagli incendi: vi sono alcune aree del nostro Paese dove essa si sviluppa più facilmente e dove spesso diviene ancora più difficile agire nelle fasi di spegnimento. Come è stato detto dai colleghi, gli incendi non scoppiano e non si propagano da soli; ci potrebbe essere verosimilmente la lunga mano della criminalità, che agisce per i più svariati motivi, dal lavoro di rimboschimento alla speculazione edilizia a lungo termine, dalla distruzione di aziende facilmente acquistabili a prezzi stracciati, alle vendette personali. La puntualità con cui avvengono certi incendi, con la contemporaneità di condizioni meteorologiche avverse, la metodicità, la professionalità e la sicurezza di essere impuniti rendono indubbio il fatto che siamo dinanzi ad un'entità organizzata, cosciente e pensante, capace di pianificare gli incendi, a fronte di ben precisi obiettivi. Gli incendi - non possiamo non tenerlo sempre in mente - sono diventati più che mai una perversa leva per movimentare ingenti risorse economiche, risorse che producono poi tutele clientelari, sprechi e assistenzialismo. Occorre fermare tutto ciò e solo la presenza forte dello Stato può farlo.

Presidente, e concludo, quello degli incendi è un fenomeno complesso per il quale occorre agire su più fronti e con riferimento al quale la partecipazione e la collaborazione fra enti locali, istituzioni, comunanze agrarie, comunità montane, associazioni e cittadini nei processi preventivi diventano fondamentali. La lotta agli incendi boschivi per troppo tempo si è concentrata solo sulle operazioni di spegnimento, mentre è ormai evidente la necessità di affiancarla con una efficace politica di prevenzione.

Questo decreto, però, non va verso questa direzione: speravamo che si osasse di più, che si affrontasse questa problematica con una visione chiara e risolutiva e che più risorse venissero investite sul territorio, anche in termini di infrastrutture di supporto alla lotta attiva, ma purtroppo sarà così (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferro. Ne ha facoltà.

WANDA FERRO (FDI). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, colleghi, credo che questo testo di legge che si discute oggi in quest'Aula sia particolarmente importante, perché l'emergenza degli incendi boschivi in Italia possiede effettivamente quei requisiti di necessità ed urgenza, dei quali troppo spesso, in altre situazioni, magari si abusa.

Quest'estate, dalla metà di giugno alla metà di agosto, gli interventi delle squadre di terra dei Vigili del fuoco sono stati 48.656 in tutta Italia; una media di 838 al giorno, il 72,7 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell'anno 2020.

Le stime riportate da tutti i giornali parlano di 158 mila ettari di terreno distrutti. Ricordiamo tutti le immagini drammatiche degli animali stremati, di essere umani disperati per le loro case, per le loro attività, che forse non riprenderanno mai più a lavorare, di ettari di terreno distrutti come è avvenuto nella mia Calabria, ma anche in altre regioni, Molise, Sardegna e Sicilia.

In Calabria, lo ricordo a me stessa, ci sono stati incendi devastanti che hanno distrutto dei polmoni verdi delle città, come a Catanzaro con la pineta di Siano, ma voglio anche ricordare il Parco dell'Aspromonte con i suoi 1955 ettari di vero tesoro ambientale, oggi ridotto a un tappeto di cenere; basti pensare ai roghi che hanno distrutto per sempre i “Giganti di Acatti”, degli alberi monumentali e ci vorranno secoli per poterli riavere. Se questo non bastasse, non dobbiamo dimenticare cosa questi incendi hanno causato, vale a dire quattro vittime e un dolore inenarrabile per le loro famiglie.

Spesso le situazioni di emergenza diventano tali perché per troppo tempo si è rimasti inermi; del resto, come è avvenuto in questi giorni per le recenti alluvioni, ancora una volta si è aspettato, a seguito dei tanti incendi, di vedere città devastate, città siciliane, città calabresi, città italiane. In Italia la superficie forestale è pari al 34,7 per cento del territorio, le aree boschive rappresentano l'83,7 per cento della superficie forestale complessiva; quindi, è di tutta evidenza la rilevanza della tematica di cui discutiamo oggi.

Quando si parla di foreste è giusto parlare di habitat naturale, di animali selvatici da preservare, di biodiversità da tutelare; non dimentichiamo, però, che si deve necessariamente parlare anche di decine e decine di imprese agricole che dedicano la loro vita alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura, all'allevamento degli animali, soprattutto nei territori che abitano, dove lavorano e, forse ancor di più, di quei territori che presidiano. L'ultima mappatura nazionale, che riporta i dati che ho citato poc'anzi, registra un trend di crescita della superficie boschiva in Italia nel quinquennio 2015-2020; un andamento di crescita che risulta incontrollato e mal gestito, anzi assolutamente gestito male. I nostri boschi crescono e poi scompaiono bruciando, sfruttando lo spazio, abbandonando le zone montane e, soprattutto, i terreni agricoli. Il fenomeno dell'abbandono di questi territori è frutto di processi storici in atto ormai da decenni a cui ancora oggi non abbiamo saputo dare una risposta efficace: inurbamento, riduzione del numero delle aziende agricole, recessione dell'agricoltura di montagna. A tal proposito, forse sarebbe stato necessario e più corretto parlare di un vero e proprio esodo, quasi facilitato dall'assenza di una legislazione di incentivi e supporti a queste attività produttive agricole.

I nostri nuovi boschi sono dunque la risultanza di abbandono e sono pertanto costantemente a rischio di fenomeni aggressivi dal punto di vista degenerativo: parliamo di incendi certamente, ma anche di quelle inondazioni di cui parlavo prima, delle frane che si espandono incontrollate a ridosso delle aree urbane mettendo in serio pericolo anche gli insediamenti civili, dove nessuna prevenzione è stata fatta. Ogni volta si va ad agire quando ormai le catastrofi si sono verificate, spendendo molte più risorse e non facendo nessuna forma di prevenzione.

Riteniamo, signor Presidente, che per intervenire in modo strutturale occorra innanzitutto sovvertire una certa cultura - di quelle esagerate - che vorrebbe una natura intatta confondendo il concetto di natura con quello di paesaggio, che auspica il ritorno ad un imprecisato paradiso perduto caratterizzato da un'armoniosa collaborazione tra uomini e animali e che si oppone per principio a qualsiasi intervento dell'uomo.

Questo atteggiamento, lungi dall'essere l'espressione di una secolare contrapposizione tra natura e cultura, in realtà cela il più bieco conservatorismo progressista. La natura, l'ambiente, vengono intesi come uno stato di cose che deve rimanere inalterato, al riparo da tutte le interferenze, soprattutto quelle dell'uomo, che, invece, di quell'ambiente diventa parte integrante.

È sicuramente condivisibile la scelta, per alcuni versi fatta in questo provvedimento, di prevedere un piano nazionale per il rafforzamento delle risorse umane, tecnologiche, aeree e terrestri, necessarie per prevenire e contrastare gli incendi boschivi, ma si doveva fare meglio e si doveva fare certamente di più. Pensiamo alle tecnologie satellitari, all'utilizzo di droni per individuare più rapidamente gli inneschi, ad una flotta di velivoli più consistente e meglio dispiegata sul territorio, per intervenire più efficacemente.

Ma in questa sede vogliamo sottolineare che la prima opera di prevenzione si fa permettendo all'uomo di prendersi cura del territorio, lavorarlo e coltivarlo, al contempo svolgendo attività di presidio di queste aree a rischio. Deve essere chiara e condivisa da tutti la presenza di imprese agricole di coltivazione e di allevamento e di tutte le imprese attive nel settore forestale. Il loro lavoro, innanzitutto, serve da presidio. Il bosco non può essere lasciato a se stesso: deve essere pulito, mantenuto e governato. Il piano nazionale introduce un elemento di coordinamento statale all'interno delle varie competenze regionali in materia e, primariamente, dei singoli piani regionali antincendi boschivi. Auspichiamo che un maggiore coordinamento favorisca, finalmente, una revisione di tutto l'impianto di vincoli e di divieti regionali e comunali, finanche della soprintendenza, che impediscono alle imprese di lavorare e di fare sviluppo proprio in quelle zone così fragili ed esposte.

Registriamo, però, a tal proposito che alle regioni è stato affidato il potere sostitutivo nei confronti dei comuni inadempienti rispetto all'approvazione del catasto dei soprassuoli percorsi da fuochi, poiché le inadempienze con colpevole ritardo fanno scattare di anni - o non li fanno scattare affatto - i vincoli sulle aree colpite, rallentando così la ripresa e, a volte, vanificando tutta l'efficacia preventiva che queste misure rappresentano in tema di incendi di natura dolosa. Ma, nello stesso tempo, in molte parti di questo decreto si è deciso di voler in qualche modo scaricare quasi tutte le responsabilità agli enti locali, alle regioni e ai comuni, quasi come se non fosse un tema di natura e di valenza nazionale, per un decreto che probabilmente il Parlamento neppure vede.

Auspichiamo che anche a questo tavolo tecnico interistituzionale, previsto in questo provvedimento - un tavolo, come sempre, molto affollato di rappresentanti di Ministeri, da farci sorgere sinceramente anche qualche perplessità sulle possibilità di proporre realmente delle soluzioni operative di efficace contrasto al fenomeno degli incendi boschivi - trovino spazio e voce i rappresentanti delle associazioni agricole. Ormai è un fatto triste e noto che il fattore doloso sicuramente sia una delle cause preponderanti degli incendi boschivi su tutto il territorio nazionale. In questa prospettiva la previsione di inasprimento delle sanzioni è sicuramente positiva, ma non era quella che Fratelli d'Italia, sin dal momento dell'emergenza, aveva chiesto al Governo.

Come dicevamo, si può fare di più e si possono fare cose che vadano nella giusta direzione, misure volte a favorire la collaborazione di condotte riparative del danno, poiché troppo spesso ad appiccare il fuoco è stato proprio chi doveva sorvegliare e proteggere. Infatti, se ciò che accomuna tutti gli incendi di origine dolosa è la ricerca del profitto illecito, di qualsiasi natura esso sia, desta preoccupazione che una sempre più cospicua percentuale di incendi volontari sia causata per creare posti di lavoro nelle attività di avvistamento, nelle attività di spegnimento e nelle opere di risanamento. È quell'industria che viene definita, in fondo, l'industria degli incendi, spesso in mano alla criminalità organizzata.

Signor Presidente, all'inizio di questo intervento abbiamo detto che l'immobilismo perdurante genera inevitabili situazioni di emergenza e questo è sotto gli occhi di tutti.

Ecco, perché ci sono casi in cui non solo l'immobilismo, ma vere e proprie scelte sbagliate generano situazioni di emergenza, che è l'argomento in discussione oggi; mi riferisco alla scelta di smantellare - cosa che noi da tempo abbiamo ribadito sin dal nostro insediamento, anche spesso affrontato con il collega Deidda in Commissione difesa - il Corpo forestale dello Stato, fatta con la famosa “riforma Madia”. Di fronte a scelte che si sono rilevate sbagliate, ce lo dicono oggi tutti i dati sugli incendi boschivi, ma era prevedibile anche all'epoca, Fratelli d'Italia, in effetti, potremmo dire che è stata facile Cassandra.

Una democrazia matura dovrebbe avere il coraggio, quando sbaglia, di poter tornare indietro sui propri passi. Si è deciso di frantumare un patrimonio di competenze, un patrimonio di professionalità, disperdendo in innumerevoli amministrazioni, che svolgeva, soprattutto per quanto riguarda il Corpo forestale dello Stato, funzioni di presidio, di tutela del territorio, per 12 mesi all'anno e non soltanto durante i mesi estivi, perché - è appena il caso di ricordarlo -, a fronte di un picco nei mesi estivi, purtroppo gli incendi si verificano tutto l'anno. Sono cronaca, del resto, di pochi giorni fa, gli incendi che sono avvenuti nella regione Sardegna, nella provincia di Sassari.

Ripensare la decisione sul Corpo forestale vuol dire anche uscire dall'impostazione di lotta agli incendi basata solo su interventi di contrasto al momento dell'emergenza. Lo sosteniamo con tutto il rispetto nei confronti dei vigili del fuoco e dei volontari della Protezione civile, ai quali, ovviamente, va la nostra riconoscenza, il nostro ringraziamento, perché fronteggiano costantemente situazioni di pericolo, mettendo a rischio, prima di tutto, la loro personale incolumità.

A proposito di questo decreto, è di oggi la notizia che sono stati, credo, respinti, se non tutti, quasi tutti gli emendamenti dei colleghi della Commissione competente. Ringrazio la collega Silvestri, i colleghi Foti, Butti, che hanno lavorato per poter dare un contributo a migliorarlo, ma, ancora una volta, sono stati respinti al mittente. Ne cito solo alcuni: penso alla ricognizione e valutazione delle esigenze dei mezzi terrestri, che dovrebbero anche coinvolgere i dipendenti delle stesse aziende agricole in termini di volontari rispetto al presidio sul territorio e, nello stesso tempo, si era chiesto, prima di approvare il decreto, di poter fare un tavolo con le Commissioni competenti per vedere quale è stato il monitoraggio da parte della Protezione civile riguardo ai mezzi stessi. Avevamo parlato di poter integrare i tanti eroi, quelli che mettiamo nel momento in cui devono subentrare nelle emergenze: penso al Corpo dei vigili del fuoco, tutti postiamo immagini straordinarie sui nostri social. Avevamo chiesto di potenziare gli organici, considerato anche il periodo di pandemia, attraverso i famosi concorsi degli idonei; avevamo chiesto di dare, per esempio, funzioni di PG al personale appartenente al ruolo tecnico-amministrativo; avevamo parlato della viabilità forestale; avevamo parlato della riserva dell'imprenditore agricolo che, ad oggi - al di là del fatto che il terreno sia di sua proprietà o in comodato o in gestione - non può svolgere la propria attività lavorativa sulle aree che sono state incendiate; avevamo parlato di acuire ancora di più e di essere più fermi rispetto alle pene per cosiddetti piromani, quindi l'interdizione da qualunque beneficio statale, soprattutto, per chi, come è avvenuto in Calabria, prendeva anche il reddito di cittadinanza, magari, per comprare il dispositivo con quei soldi di Stato o qualche fiammifero, il bonus o anche qualunque beneficio fiscale, e di applicare, per esempio, la misura che possa prevedere la confisca; avevamo chiesto, soprattutto, di interdirli non soltanto dagli incarichi nei pubblici uffici, ma anche dagli incarichi temporanei.

Io penso che questa era, in fondo, una cosa che doveva essere fatta e doveva essere accolta. Allora partiamo dal presupposto che ripristinare, come dicevo, il Corpo forestale, non vuol dire creare una contrapposizione tra Vigili del fuoco e Corpo forestale, ma riconoscere a tutti il proprio campo di competenza e di intervento, creare quindi un effettivo coordinamento tra chi deve svolgere l'attività costante di presidio e tutele, e chi, invece, deve intervenire nelle situazioni di contrasto e di emergenza.

È una riflessione che credo il Governo dovrebbe fare e auspichiamo che anche questo decreto non sia sottoposto a quella che ormai per noi è diventata un'abitudine in Parlamento, cioè l'istituto della fiducia, e che quindi poi, in qualche modo, all'interno di un dibattito in Aula, i gruppi possano contribuire a migliorarlo. In questo senso auspichiamo, quindi, un segnale da parte di chi ha la possibilità di potercelo dare, per iniziare a uscire da un'ottica emergenziale, fatta di provvedimenti magari per alcuni aspetti buoni, ma sempre tardivi e molte volte inadeguati alla gravità e alla complessità della reale dimensione della situazione.

Purtroppo, io credo che un errore che si può facilmente fare quando si governa, a qualunque livello, è quello di innamorarsi del proprio agire e di ciò che, in qualche modo, caratterizza il proprio agire. Quello che ne consegue, purtroppo, è che spesso, non è che non si riesca a vedere la soluzione, il vero problema è che non si riesce a vedere come affrontare i problemi, perché non sono sotto costantemente sotto gli occhi di chi dovrebbe poter agire.

Chiudo ringraziando, ovviamente, il sottosegretario, perché ho avuto la sensazione di un ascolto attento, ed è un ascolto che sicuramente porterà a quella riflessione che le dicevo rispetto a molti aspetti, ma che soprattutto mi dimostrerà che non è vero che l'arciere che si innamora del proprio arco, alla fine non prende mai il bersaglio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3341​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Deiana, che si riserva di intervenire successivamente. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che altrettanto si riserva di intervenire successivamente. Il seguito del dibattito è, quindi, rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 3 novembre 2021 - Ore 11:

(ore 11 e ore 16)

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 2381 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 settembre 2021, n. 120, recante disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile (Approvato dal Senato). (C. 3341​)

Relatrice: DEIANA.

2. Seguito della discussione delle mozioni Baldino ed altri n. 1-00520, Valentini ed altri n. 1-00521, Rizzetto ed altri n. 1-00522, Viscomi ed altri n. 1-00523 e Costanzo ed altri n. 1-00527 concernenti iniziative in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni .

3. Seguito della discussione dei progetti di legge:

S. 667 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: AIROLA ed altri: Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010 (Approvata dal Senato). (C. 2332​)

Relatrice: BOLDRINI.

S. 1221 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica gabonese, fatto a Roma il 17 maggio 2011 (Approvato dal Senato). (C. 2656​)

Relatrice: EMILIOZZI.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Sud Africa sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 28 marzo 2017 e a Pretoria il 18 luglio 2017. (C. 2746-A​)

Relatrice: EMILIOZZI.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina sulla collaborazione negli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico, fatto a Buenos Aires il 27 febbraio 2019. (C. 2823-A​)

Relatrice: DI STASIO.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Gibuti sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 29 gennaio 2020. (C. 2824-A​)

Relatore: MIGLIORE.

S. 1222 - Ratifica ed esecuzione dello Scambio di note di modifica della Convenzione del 19 marzo 1986 per la pesca nelle acque italo-svizzere tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera, fatto a Roma il 10 e il 24 aprile 2017 (Approvato dal Senato). (C. 2858​)

Relatrice: SNIDER.

S. 1926 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica tunisina sullo sviluppo di una infrastruttura per la trasmissione elettrica finalizzata a massimizzare gli scambi di energia tra l'Europa ed il Nord Africa, fatto a Tunisi il 30 aprile 2019 (Approvato dal Senato). (C. 3038​)

Relatore: BATTILOCCHIO.

S. 1277 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica tunisina in materia di trasporto internazionale su strada di persone e merci, fatto a Roma il 9 febbraio 2017 (Approvato dal Senato). (C. 3042​)

Relatrice: DI STASIO.

4. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Khalid Chaouki (deputato all'epoca dei fatti). (Doc. IV-ter, n. 19-A)

Relatrice: GAGLIARDI.

5. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti della deputata Saltamartini. (Doc. IV-ter, n. 21-A)

Relatore: VITIELLO.

(ore 15)

6. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 20,30.