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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 580 di venerdì 22 ottobre 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Casa, Cavandoli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, De Maria, Fassino, Gregorio Fontana, Giacomoni, Invernizzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Molinari, Orlando, Paita, Perantoni, Rotta, Ruocco e Serracchiani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 96, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito alla mancata adozione del regolamento recante nuove disposizioni in ordine al funzionamento del Registro delle opposizioni - n. 2-01341)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Barbuto ed altri n. 2-01341 (Vedi l'allegato A).

La collega Barbuto ha facoltà di illustrare la sua interpellanza. Prego, collega.

ELISABETTA MARIA BARBUTO (M5S). Grazie, Presidente. Signora sottosegretaria, la tutela degli utenti nel settore della telefonia è stata oggetto di diversi interventi normativi volti a rafforzare la posizione dei consumatori e a migliorare la posizione dei clienti, di fronte alle condotte commerciali aggressive poste in essere dalle società di telefonia e da operatori terzi.

Con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 178, operativo dal 2011, presso il Ministero dello Sviluppo economico è stato istituito il Registro delle opposizioni, come elenco in cui scrivere inizialmente, ed in coerenza a quanto previsto dall'articolo 130 del codice della protezione dei dati personali, esclusivamente le numerazioni telefoniche inserite nei pubblici elenchi, restando escluse le utenze mobili e quelle fisse non iscritte in tali elenchi. Successivamente, la legge 11 gennaio 2018, n. 5, ha previsto nuove norme per l'iscrizione degli utenti nel Registro delle opposizioni e per il suo funzionamento, nonché l'istituzione di un prefisso unico nazionale per le chiamate telefoniche a scopo promozionale e di ricerche di mercato. Con queste norme si intendeva rafforzare la tutela degli utenti dalle chiamate indesiderate a scopo di promozione commerciale che, alla luce della normativa vigente fino ad allora, si era dimostrata inadeguata. Successivamente, con decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 2018, n. 149, in vigore dal 3 febbraio 2019, sono state introdotte ulteriori modifiche al decreto del Presidente della Repubblica istitutivo del Registro delle opposizioni, estendendo anche alle comunicazioni commerciali inviate con mezzo postale quanto previsto dal regolamento, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 1 della legge 4 agosto 2017, n. 124, la legge annuale sulla concorrenza, che ha rafforzato l'obbligo di trasparenza dei contratti stipulati con i fornitori di servizi di telefonia, televisivi e di comunicazioni elettroniche in generale, nonché la tutela dei consumatori rispetto a condotte aggressive effettuate da terzi, avvalendosi dei servizi telefonici. Arriviamo al 9 dicembre 2020, quando è stato assegnato alle competenti Commissioni parlamentari, per l'espressione del parere, un ulteriore schema di regolamento integralmente sostitutivo del decreto del Presidente della Repubblica del 2010 istitutivo del Registro delle opposizioni, emanato in attuazione dell'articolo 1 della legge n. 5 del 2018, per modificare le disposizioni regolamentari vigenti in materia di iscrizione e funzionamento del Registro delle opposizioni, nonché coordinare le diverse fonti in materia. Il parere è stato reso in data 20 gennaio 2021 ma, ad oggi, il regolamento non risulta ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Questo ci ha indotto a presentare la presente interpellanza, per comprendere quali siano i motivi ostativi della mancata definizione e della mancata adozione del regolamento citato in premessa.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per lo Sviluppo economico, Anna Ascani, ha facoltà di rispondere.

ANNA ASCANI, Sottosegretaria di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie, Presidente e grazie agli onorevoli interpellanti. Con l'atto in discussione si fa riferimento allo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente il “Regolamento recante sostituzione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 178, in materia di istituzione e funzionamento del Registro pubblico dei contraenti che si oppongono all'utilizzo dei propri dati personali e del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali”, sul quale le competenti Commissioni parlamentari - come ricordato - hanno espresso parere favorevole, con osservazioni. Come correttamente ricordano gli onorevoli interpellanti, lo schema di decreto in parola è attuativo dell'articolo 1, comma 15, della legge n. 5 del 2018. Dopo essere stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 17 gennaio 2020 ed aver ricevuto i pareri del Consiglio di Stato (luglio 2020) e delle Commissioni parlamentari competenti (tra il dicembre del 2020 e il gennaio del 2021), il testo del regolamento è stato aggiornato dal Ministero dello Sviluppo economico alla luce delle osservazioni sollevate ed è stato condiviso nuovamente con le istituzioni competenti per il concerto finale ed, in particolare, con il Ministero per la Pubblica amministrazione, il Ministero per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale, il Ministero dell'Economia e delle finanze, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e l'Autorità garante per la protezione dei dati personali (Garante della privacy). Rispetto alla precedente versione, con nota del giugno 2021, il Garante della privacy ha suggerito delle modifiche al testo in merito all'applicazione del nuovo impianto alle sole chiamate effettuate con operatore umano e agli effetti dell'iscrizione ex lege delle numerazioni nel Registro. Recepite tali modifiche, il testo del regolamento è stato trasmesso il 30 luglio 2021 al dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l'iscrizione dello stesso all'ordine del giorno per la sua approvazione. Tuttavia, con successive note di luglio e di settembre 2021, l'Agcom ha manifestato contrarietà sulle modifiche apportate al testo di regolamento, ribadendo il parere espresso sulla versione precedente del testo medesimo. Allo stato attuale, dunque, il concerto finale non è stato raggiunto, a causa delle posizioni contrapposte dell'Agcom e del Garante della privacy sul testo. In particolare, il Garante della privacy ritiene doversi mantenere distinta la disciplina prevista dall'articolo 130, comma 1, del codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003), ritenendo che non vi sia alcuna previsione legislativa che imponga agli operatori di telemarketing che adottano sistemi automatizzati di chiamata di effettuare la revisione periodica degli iscritti nel registro, per verificare l'attualità del consenso conferitogli dall'utente. L'Agcom ribadisce la necessità di un'interpretazione estensiva della legge n. 5 del 2018, al fine di riconoscere all'iscrizione nel registro un effetto dichiarativo per i trattamenti svolti con operatore umano (cosiddetto sistema opt-out) e un effetto revocatorio per i trattamenti effettuati con sistemi automatizzati (cosiddetto sistema opt-in), al fine di rendere effettiva la tutela dell'utente attraverso l'utilizzo di un unico strumento, il registro delle opposizioni. Di conseguenza, con nota del 6 ottobre scorso, il Ministero dello Sviluppo economico ha evidenziato al Consiglio dei Ministri le posizioni contrapposte delle 2 autorità e ha chiesto di valutare l'opportunità di organizzare un confronto tra le autorità interessate, al fine di individuare una soluzione capace di riassumere i contrapposti orientamenti espressi, per garantire una più ampia tutela dei dati personali dei contraenti telefonici o di approvare in via definitiva il regolamento nella versione più aderente al tenore letterale della legge n. 5 del 2018.

Si conferma, dunque, la massima disponibilità del Ministero dello Sviluppo economico a contribuire all'individuazione di una soluzione condivisa, anche di carattere normativo, in considerazione del lungo percorso temporale che ha caratterizzato l'iter del regolamento e delle attese degli operatori del settore e dell'utenza rispetto all'utilizzo del registro delle opposizioni, che, a seguito della legge n. 5 del 2018, comprende non solo l'utenza delle numerazioni di telefonia fissa e il marketing attraverso la posta cartacea, ma si estende anche alle numerazioni di telefonia mobile.

PRESIDENTE. La deputata Liuzzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza.

MIRELLA LIUZZI (M5S). Grazie, Presidente. Sono soddisfatta di questa risposta, perché ci dà luce su quanto sta avvenendo ormai da quasi 4 anni, poiché l'approvazione del testo di legge, che andava a modificare il registro delle opposizioni, risale a dicembre 2017, poco prima, tra l'altro, delle elezioni del marzo 2018, e le Commissioni riunite - e io ero presente in quella riunione - diedero il parere favorevole su questo testo di legge, che era di emanazione parlamentare. Quindi, ha avuto un iter molto veloce - questo è vero, perché c'era l'unanimità tra tutti i gruppi -, però, allo stesso tempo, era forte l'esigenza di poter ampliare anche ai numeri mobili il registro delle opposizioni. Fu un momento di forte emozione, perché si pensava che entro poco si sarebbe data applicazione a queste nuove norme. Poi, c'è stato il Governo “Conte 1”, c'è stato il Governo “Conte 2” e, a gennaio 2020, lo schema di decreto, come veniva ricordato dalla sottosegretaria Ascani, era approvato dal Consiglio dei Ministri. A luglio 2020, c'è stato il parere del Consiglio di Stato e a gennaio 2021, le Commissioni parlamentari hanno dato l'ok sullo schema di decreto.

Ora, l'iter è stato sicuramente complesso, perché ci sono autorità che hanno dato diversi pareri su questo schema di decreto. Però, l'obiettivo era nobile: quello di non avere più chiamate moleste dai call center nemmeno sui telefoni cellulari, e sappiamo bene che questa tematica per i consumatori e per i cittadini è stata molto sentita, soprattutto durante la pandemia, perché durante la pandemia c'è stata più gente a casa, c'è stato un uso maggiore di servizi informatici e, quindi, ci sono state anche più telefonate moleste da parte di diversi call center. Purtroppo, adesso i nostri cellulari continuano a squillare, si continuano a ricevere chiamate che non sono desiderate, sui telefoni fissi e sui telefoni mobili, e questo perché, come veniva ricordato, c'è stato un dialogo serrato tra alcune autorità.

Alla fine, il problema è emerso anche dalla risposta della sottosegretaria e mi sembra molto chiaro: quello dell'interpretazione su che cosa voglia dire chiamate con messaggio registrato o cosiddetto automatizzato e se questa indicazione dev'essere vista in maniera estensiva, come dice l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, oppure in maniera restrittiva, più aderente al testo normativo, come, appunto, affermato dal Garante della privacy. Io credo che adesso dovremmo trovare una soluzione, perché ci sono stati diversi tavoli e non so se un ulteriore confronto potrà ammorbidire le posizioni dell'uno e dell'altro. Quindi, io credo che le soluzioni possano essere 2: o andare avanti in un verso o nell'altro, con pericoli di impugnazione degli atti o della legge; oppure fare un altro passaggio, che sicuramente richiederebbe un po' più di tempo. Però, con la parte del Governo e la parte del Parlamento d'accordo, magari si può arrivare a una soluzione più facile, ossia quella di modificare la legge magari nel “decreto Concorrenza”, e, con l'accordo tra Governo e Parlamento, procedere il più speditamente possibile all'approvazione di un nuovo schema di decreto, ma con tempi chiaramente molto più brevi, perché adesso le posizioni sono chiare e si conoscono. Rischiamo, altrimenti, di non vedere attuata una legge votata dal Parlamento. Invece, si potrebbe procedere, anche se con qualche mese in più, all'attuazione di una legge che sicuramente è giusta e che sicuramente andrà a tutela dei consumatori.

(Iniziative volte a garantire la più ampia partecipazione al bando per la costituzione del Polo strategico nazionale per la conservazione unificata dei dati della pubblica amministrazione - n. 2-01334)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Raduzzi ed altri n. 2-01334 (Vedi l'allegato A). Il collega Raduzzi ha facoltà di illustrarla.

RAPHAEL RADUZZI (MISTO). Grazie, Presidente. Colleghi, illustro brevemente le ragioni che hanno spinto me, e altri 30 colleghi deputati, a sottoscrivere un'interpellanza urgente rivolta al Ministro dell'Economia e delle finanze. Per far comprendere la questione a chi ci segue fuori da questi Palazzi, faccio presente che stiamo parlando di pubblica amministrazione e dei dati sensibili della stessa. Forse molti ricorderanno cos'è successo solo questa estate qui, nella regione Lazio, quando, a causa di un distratto funzionario, si è quasi rischiata la paralisi totale della regione, anche per quanto riguarda la campagna vaccinale. Ebbene, da qui viene l'idea, giusta e condivisibile - per carità - di creare un Polo strategico nazionale destinato a ospitare in totale sicurezza quelli che sono i dati della pubblica amministrazione in cloud, un progetto che oltretutto verrebbe finanziato dal PNRR per oltre 2 miliardi fino al 2026 e che dovrebbe estendersi oltre, fino al 2032, con un investimento per lo Stato di svariati miliardi, con finanziamenti sia alle pubbliche amministrazioni centrali sia alle pubbliche amministrazioni locali.

Fin qui, tutto bene, perché stiamo parlando di un progetto utile al nostro Paese, poiché riguarda la sicurezza informatica delle pubbliche amministrazioni, e di procedure tramite bandi di gara che dovrebbero essere trasparenti, perché - lo ricordo - il Ministro Colao ha più volte dichiarato pubblicamente che entro la fine di quest'anno si procederà a un affidamento tramite bando pubblico, dove attualmente si stanno recependo le manifestazioni di interesse da parte dei soggetti pubblico-privati promotori intenzionati a fornire questo servizio di creazione del polo strategico nazionale.

Qual è, quindi, l'oggetto della nostra interpellanza urgente? Lo scorso mese, siamo rimasti basiti a leggere un articolo de il Fatto Quotidiano che titolava letteralmente, e cito: “Così il Tesoro blocca i rivali: il cloud deve finire a CdP-TIM”. Un articolo - ripeto - sbalorditivo, che in un Paese normale avrebbe avuto un seguito, con un dibattito, con chiarimenti da parte del Ministro dell'Economia. Invece, siamo nel “Draghistan”, con tutti i partiti allineati, e quindi silenzio. Cosa si dice in questo articolo? Lo riporto brevemente. Si dice che l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, società controllata dal Ministero dell'Economia e delle finanze e forte anche dell'esperienza maturata con la carta d'identità digitale, era pronto a fare un'ottima proposta - promotore assieme al partner privato Fastweb, con cui aveva lavorato per mesi a questa proposta - se non fosse che - e cito di nuovo testualmente - “una chiamata partita dal gabinetto del Ministro dell'Economia, Daniele Franco, è arrivata al Poligrafico di Stato, che era pronto a partecipare, assieme a Fastweb. Il contenuto, a grandi linee, era questo: “Dovete sfilarvi”.

Ora, io spero che il sottosegretario, o il Ministro, si renda conto della gravità estrema di quanto riportato in questo scenario. Perché il Ministero non ha speso una sola parola, per oltre un mese, per chiarire questa vicenda? C'è stata o meno questa chiamata? Perché l'Istituto Poligrafico improvvisamente ha cambiato rotta sulla presentazione di una proposta a cui stava lavorando da mesi?

Si vuol forse avvantaggiare la cordata Tim-CDP, quest'ultima controllata sempre dal MEF, come suggerisce lo stesso articolo? Ci rendiamo conto che sarebbe un conflitto d'interessi spropositato per il Ministero dell'Economia, che avrebbe il potere di decidere chi far partecipare o meno?

Infatti, guarda caso, nelle ultime settimane è stato pubblicato su StartMag un altro retroscena, che riguarda proprio quella proposta di CDP-Tim, in cui si possono leggere nei numeri da capogiro: stiamo parlando di 13 anni di concessione, ricavi stimati pari a 4,6 miliardi, un margine operativo lordo cumulato per 1,1 miliardi, oscillante a regime tra il 25 e il 28 per cento del fatturato, e un tasso di rendimento per l'azionista pari ad un sontuoso 9,5 per cento. Insomma, se questi fossero davvero i numeri dell'offerta di Tim e CDP, e se davvero ci fosse qualcuno che vuole indirizzare questo bando, questi numeri sarebbero quelli di una gallina dalle uova d'oro, la nuova Benetton del digitale, ecco. Spero che il sottosegretario abbia delle risposte convincenti, che possano smentire quanto riferito.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, Federico Freni, ha facoltà di rispondere.

FEDERICO FRENI, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Con riferimento all'interpellanza e anche sulla scorta di quanto già comunicato ufficialmente dal Poligrafico, è necessario precisare quanto di seguito.

Nel corso degli ultimi due mesi, si sono svolti plurimi colloqui tra Poligrafico e Fastweb, orientati a valutare in via esplorativa la fattibilità di una partecipazione congiunta all'iniziativa del Polo strategico nazionale. A seguito degli approfondimenti svolti all'interno di uno specifico gruppo di lavoro, il Poligrafico, nel quadro della propria autonomia gestionale, ha ritenuto che non sussistessero le condizioni per sottoporre una proposta congiunta al Ministero per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale, e ciò sulla base di una diversa visione circa le eventuali collaborazioni con partner internazionali. È peraltro necessario ribadire che tutte le strutture del Ministero dell'Economia e delle finanze sono rimaste sempre totalmente estranee rispetto alle scelte assunte dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato.

PRESIDENTE. Il deputato Raduzzi ha facoltà di dichiararsi soddisfatto o meno.

RAPHAEL RADUZZI (MISTO). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il sottosegretario, ma lo dico fin da subito: no, non sono soddisfatto di questa risposta. Lei ha fatto un discorso, un giro di parole, ma non ha escluso categoricamente che quella telefonata tra il Gabinetto del Ministro Franco e il Poligrafico vi sia stata; una telefonata che, se vi fosse stata, avrebbe impedito, non solo a uno, ma a due soggetti pubblici o privati di fare una proposta per la gestione del Polo strategico nazionale. Dove è finita la beata concorrenza di cui ci si riempie la bocca a ogni piè sospinto? Mi spiace, Presidente, ma vi sono ancora troppi punti non chiari di questa vicenda e riferisco che, per contribuire a fare chiarezza, nei prossimi giorni mi recherò a depositare un esposto in procura contenente i fatti di cui sono a conoscenza.

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Dori ed altri n. 2-01342. La sottosegretaria Fontana non c'è, ne prendiamo atto. Se il collega sarà così cortese, rinviamo la sua interpellanza in attesa che la sottosegretaria, con i suoi tempi, arrivi da noi, sempre che ci sia… No, la sottosegretaria Fontana non c'è proprio, quindi, non c'è neanche per la successiva interpellanza. Il sottosegretario Sasso non c'è, perché, naturalmente, pensava di avere un po' più di tempo a disposizione, e la sottosegretaria Nisini, anche lei, è ancora in attesa.

In via del tutto eccezionale - perché sarebbe da rinviare tutto e chiedere al Governo puntualità e precisione, come si deve fare in queste situazioni - chiederei ai colleghi di sospendere la seduta per il tempo necessario che i sottosegretari arrivino, sempre che decidano di arrivare, e vediamo come ci continuiamo ad organizzare.

Sospendiamo, quindi, la seduta fino alle ore 10 e a quell'ora decideremo cosa fare.

La seduta, sospesa alle 9,55, è ripresa alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

(Elementi ed intendimenti in merito alla realizzazione delle opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda - n. 2-01342)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Dori ed altri n. 2-01342 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Dori se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DEVIS DORI (LEU). Grazie, Presidente. Portare oggi, qui, in quest'Aula, la questione del depuratore del Garda non significa soltanto portare all'attenzione nazionale un tema che ha un forte impatto di natura ambientale, ma significa anche far giungere qui la voce di migliaia di cittadini di un intero territorio. Il Garda è il principale e il più esteso bacino lacustre italiano, quindi, non stiamo trattando una questione meramente localistica; il suo patrimonio idrico e paesaggistico appartiene a tutti gli italiani. Da qui, la necessità di coinvolgere tutte le istituzioni, compreso il Ministero della Transizione ecologica che finanzia il progetto con 100 milioni di euro.

Il percorso che ci porta fin qui è lungo e articolato, a partire dal 21 luglio 2017, quando il Ministero dell'Ambiente e le regioni interessate stipularono un protocollo d'intesa, finalizzato alla realizzazione di opere per il collettamento e la depurazione del lago di Garda. Mi limiterò ora, anche per ragioni di tempo, ad indicare alcune tappe significative, il resto lo do per acquisito e conosciuto dal Ministero. Parto dal 30 novembre 2020, quando il consiglio provinciale di Brescia approva la cosiddetta mozione Sarnico, indicando che le infrastrutture di depurazione, anche a progetto, debbano essere localizzate nelle aree territoriali dei comuni afferenti all'impianto stesso. In forza di quella mozione, il 17 dicembre 2020, l'ATO, l'Ufficio d'ambito di Brescia, trasmette ad Acque Bresciane la richiesta di identificare nuove ipotesi di localizzazione per il sistema di depurazione, conformi agli indirizzi espressi dalla provincia e ai regolamenti regionali. Tra gennaio e marzo 2021, Acque Bresciane valuta nuove alternative di localizzazione e chiede all'Università di Brescia di aggiornare l'analisi per includere anche ipotesi conformi agli indirizzi espressi dalla “mozione Sarnico”. A quel punto si apre il confronto con il territorio, confronto, però, che si interrompe bruscamente quando, il 17 giugno 2021, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro Cingolani, indica quale commissario per la depurazione del Garda il prefetto di Brescia, dottor Attilio Visconti. La nomina, poi, viene inserita nel decreto-legge n. 92 del 23 giugno 2021, all'articolo 4, comma 7. Il decreto-legge n. 92 del 2021 non è ancora convertito in legge, tant'è vero che poi verrà addirittura abrogato e contestualmente fatto confluire nel decreto-legge n. 80 del 2021 e successivamente convertito nella legge n. 113. Come stavo dicendo il decreto-legge n. 92 non era ancora stato convertito in legge che il commissario straordinario già inviava il 23 luglio 2021 la propria decisione al Ministero della Transizione ecologica. Nulla di illegittimo, i decreti-legge sono immediatamente esecutivi, però c'è anche una questione di rapporti istituzionali, di rispetto del Parlamento, perché il Parlamento avrebbe potuto anche fare altre valutazioni, considerato che l'incarico commissariale scade il 31 dicembre 2026.

Per qualsiasi motivo, il decreto poteva anche decadere o essere abrogato, come già avvenuto per il decreto-legge n. 92; resta il dubbio sui motivi della fretta, perché accelerare, quando si sarebbe potuto aspettare almeno il 6 agosto, quando il decreto viene convertito in legge, anche solo formalmente per mostrare che il Parlamento fino all'ultimo poteva contare qualcosa? Quindi, non è solo una questione fra Governo e commissario.

C'è, poi, una questione chiaramente legata, ma questa è una riflessione che dovrà svolgere poi il Parlamento, rispetto alla proliferazione delle nomine dei commissari straordinari che, ormai, è diventata l'ordinarietà. In più, bisognerebbe anche riflettere su una possibile incompatibilità, su alcune incompatibilità, come, ad esempio, tra il ruolo di prefetto e quello di commissario straordinario, perché le due funzioni possono entrare in conflitto per metodo e finalità e questo lo dico anche nell'interesse del prefetto.

Per tornare alla cronologia dei fatti, ero rimasto al 23 luglio 2021, quando la prefettura di Brescia rende noto di aver comunicato al Ministero della Transizione ecologica che il sistema di collettamento e depurazione a servizio della sponda bresciana del lago di Garda si articolerà in due depuratori, a Gavardo e Montichiari. Solo tre giorni dopo, il 9 agosto 2021, a Brescia, in piazza Paolo VI, ai piedi della prefettura, inizia un presidio di cittadini con lo scopo di contestare, non solo la decisione del prefetto di realizzare i due depuratori a Gavardo e Montichiari, ma anche le modalità con le quali tale decisione è stata presa. Ebbene, Presidente, a oggi, 22 ottobre 2021, siamo arrivati al settantaquattresimo giorno consecutivo di presidio; il presidio è permanente, h24, da 74 giorni, i cittadini si alternano su turni di tre ore, giorno e notte, caldo e freddo; è una spettacolare manifestazione democratica. A questo presidio hanno aderito decine di comitati e di associazioni, sostenuti in questa battaglia anche dai sindaci.

Per comprendere la portata di tale onda democratica, voglio elencare in quest'Aula i comitati e le associazioni che a oggi hanno aderito al presidio; li leggo perché c'è un motivo.

Delle associazioni e comitati della Federazione del tavolo delle associazioni che amano il fiume Chiese abbiamo: l'associazione Amici della Terra Lago d'Idro e Valle Sabbia, l'associazione Cambia Rotta di Carpenedolo, l'associazione culturale Civico 40 di Asola, l'associazione Empatia Blu di Remedello, l'associazione Fratello Chiese di Montichiari, l'associazione Gruppo ecologico del Chiese di Casalmoro, l'associazione Libera Mente di Asola, l'associazione LIPU di Canneto sull'Oglio, l'associazione L'Isola Gruppo Volontari per l'Ambiente di Remedello, l'associazione Klousios-Centro Studi Ricerche Basso Chiese, l'associazione Pescatori Alto Chiese, l'associazione Pro Loco di Anfo, l'associazione SOS Terra di Montichiari, l'associazione Tre Salti nel Bosco di Mezzane di Calvisano, l'associazione Verso il DES (Distretto di Economia Solidale) del Basso Garda, l'associazione Volontari della Foce del Chiese, l'associazione WWF di Mantova, il Circolo Legambiente di Montichiari, il Club Pesca a mosca di Brescia, il comitato Cittadini di Calcinato, il comitato Magnifica di Salò, il comitato Ricreativo Culturale Acquafreddese, la fondazione Zanetto di Montichiari, l'Unione Pescatori Bresciani.

Poi vi sono le associazioni e i comitati del tavolo provinciale “Basta Veleni”, ovvero: Ambiente e salute di Brescia, l'associazione Ambiente Futuro Lombardia, Amici della Terra del Lago d'Idro e Valle Sabbia, Acqua alma Onlus, l'associazione La Collina dei Castagni di Castenedolo, gli attivisti per Basta Veleni, l'associazione Borgo Solare, il comitato No Autostrada Sì Metrobus, il comitato per la Salute, la rinascita e la salvaguardia del centro storico, il comitato ambiente Brescia Sud, il comitato Aria pulita di Travagliato, il comitato Campagnoli di Lonato del Garda, il comitato Carta di Ghedi, il comitato Cittadini Ambiente e Salute di Travagliato, il comitato Cittadini di Calcinato, il comitato Gaia di Gavardo, il comitato le Mamme del Chiese, il comitato Mamme di Travagliato, il comitato No discarica della Macogna, il comitato per la salute pubblica La corsa per la vita, il comitato Visano Respira, il comitato Bitumificio? NO, grazie! di Montirone, Decrescita felice di Brescia, Ecogruppo di Chiari, gruppo le Mamme di Castenedolo, Istituto Internazionale per lo sviluppo sostenibile di Brescia, l'associazione Ledro Inselberg, Legambiente Bassa Bresciana, Legambiente Brescia, Legambiente circolo Brescia est, Legambiente Franciacorta, Legambiente la nostra terra di Montirone, Legambiente Montichiari, Medicina Democratica di Brescia; No TAV Brescia, No Triv Lombardia, la rete Custodi del creato di Brescia, l'associazione Rifiuti zero di Brescia, SOS Terra di Montichiari, l'associazione Valtrompia in Movimento, il WWF di Brescia e Bergamo, e, poi, abbiamo il comitato Ambiente e Territorio e il comitato referendario Acqua Pubblica.

Probabilmente avrò anche dimenticato qualche comitato e associazione, inoltre se ne aggiungono in continuazione e giungono manifestazioni di vicinanza e solidarietà anche da altri, come dalla CGIL di Brescia e dell'ANPI bresciana. Perché ho voluto elencare le associazioni e i comitati che hanno aderito? L'ho fatto per evitare che possano essere additati - per usare le parole del Ministro Cingolani - come un gruppetto di ambientalisti radical chic. Come è evidente dall'elenco, l'adesione è davvero a 360 gradi: migliaia di persone di tutte le età e dietro ogni associazione o comitato ci sono i volti di decine e centinaia di persone. Loro non abbandoneranno la battaglia finché non vedranno segnali importanti di attenzione al loro territorio anche da parte del Ministero. Per questo motivo hanno chiesto e ottenuto di essere auditi in Commissione ambiente della Camera, il 7 ottobre scorso. Per quanto riguarda il contenuto delle audizioni rimando integralmente alle relazioni svolte dai referenti del presidio e ai documenti che hanno lasciato agli atti della Commissione ambiente di questa Camera. Prima di giungere ai quesiti di cui all'interpellanza, voglio, infine, ricordare che solo tre giorni fa, il 19 ottobre, il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione urgente, a larga maggioranza, con un appoggio politico trasversale, impegnando la giunta regionale a farsi promotrice nei confronti del Governo per rivalutare le decisioni prese dal commissario, valutando di riprendere il percorso di condivisione sul territorio, che è stato bruscamente interrotto, compresa la revoca della nomina del commissario. Questa la richiesta del consiglio regionale lombardo.

Tutto ciò premesso, sono, quindi, ora a chiedere al Ministero della Transizione ecologica se, anche in considerazione del finanziamento ministeriale di 100 milioni di euro - quindi di soldi pubblici - intenda rivalutare soluzioni alternative rispetto alla proposta inviata dal commissario straordinario, in linea con la delibera della provincia di Brescia, in considerazione dei gravi effetti che tale decisione provocherebbe sul fiume Chiese; e di quali informazioni sia in possesso il Ministro interpellato relativamente al coinvolgimento della conferenza istituzionale permanente dell'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po e della conferenza operativa della medesima autorità circa la soluzione da adottare per la depurazione del Garda.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Con riferimento alle questioni poste dagli interpellanti, per quanto concerne i lavori di collettamento e depurazione della sponda bresciana del lago di Garda, si rappresenta che la vicenda ha inizio con la stipula, nel dicembre 2017, della convenzione operativa fra il Ministero dell'Ambiente - adesso Ministro della Transizione ecologica - la regione Veneto, la regione Lombardia, l'ufficio d'ambito di Brescia, il consiglio di bacino veronese, l'associazione temporanea di scopo Garda ambiente.

Tale convenzione, a cui è stata associata una cabina di regia, aveva lo scopo di garantire la realizzazione coordinata del programma operativo di infrastrutture delle opere di collettamento e depurazione relative al servizio idrico integrato, in modo da renderle adeguate alle necessità del territorio a garantire la sicurezza ambientale e la tutela del lago di Garda. La stessa convenzione prevedeva, quindi, la dismissione della condotta che convoglia i reflui della parte bresciana del Garda nel depuratore veronese di Peschiera del Garda, con l'iniziale ipotesi di realizzazione di un impianto a Visano e la realizzazione di un nuovo impianto fognario per i reflui della parte veronese verso il depuratore di Peschiera. Successivamente, anche a causa della sopravvenuta necessità di dismettere quanto prima il collettore, in ragione dell'obsolescenza dello stesso, queste ipotesi, relative alla sponda bresciana, sono state accantonate. Nell'ambito dei lavori della cabina di regia, sono state esaminate, pertanto, diverse soluzioni progettuali, fra cui la costruzione di 2 impianti, ubicati rispettivamente nei comuni di Gavardo e Montichiari. Successivamente, è stata presentata, come alternativa, la costruzione di un depuratore nell'area del comune di Lonato.

La prima opzione rappresentata è quella risultata preferibile e idonea, sulla base di uno studio comparativo effettuato dall'Università di Brescia e commissionato dal soggetto attuatore Acque Bresciane, anche a seguito di una valutazione integrata, prevista in modo formale dalla normativa in materia della regione Lombardia, che ha considerato aspetti impiantistici, economici e ambientali. La stessa normativa regionale, altresì, ha previsto, quale indicatore per la valutazione di impatto ambientale sul corpo idrico ricettore, l'impiego del parametro livello di inquinamento dai macrodescrittori per lo stato ecologico e del grado di diluizione degli scarichi. A fronte di perplessità espresse dalle comunità dei comuni interessati, è stato istituito, a febbraio 2020, un tavolo tecnico presso questo Ministero, per verificare i possibili impatti ambientali delle opere di collettamento della sponda bresciana verso Gavardo e Montichiari sui corpi idrici recettori, compreso il bacino del fiume Chiese. I lavori di suddetto tavolo, terminati a settembre 2020, hanno dimostrato la compatibilità delle acque depurate con la qualità del fiume Chiese, confermando la validità delle analisi condotte dall'Università di Brescia. Inoltre, a seguito della verifica dello stato di conservazione dell'attuale condotta, era emerso che questa era arrivata al termine della sua vita tecnica. Alla luce dello stato di incertezza e di ritardi per la realizzazione dei lavori del depuratore, con il decreto-legge n. 92 del 2021 (convertito con legge n. 113 del 2021) è stato nominato il prefetto di Brescia in qualità di commissario straordinario per la progettazione, l'affidamento e l'esecuzione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione della sponda bresciana del lago di Garda.

Il commissario ha prontamente agito, al fine di sostenere la migliore scelta fra le opzioni progettuali, sottoponendo ai rettori delle 3 università che interessano il lago, quindi Brescia, Verona e Trento, la questione attraverso la richiesta di un parere scientifico, secondo parametri oggettivi di comparazione che tenessero conto della tutela ambientale - attesa la necessità di una rapida attuazione dell'esecuzione dei lavori di collettamento e depurazione - e della innovatività e qualità tecnica delle soluzioni progettuali. Le 3 università hanno confermato, in maniera scientifica e unanime, che la scelta ricadente tra Gavardo e Montichiari è quella che soddisfa i parametri richiesti. Difatti, con riferimento alle condotte, il progetto prevede una loro eliminazione in tempi più rapidi; i costi di realizzazione, inoltre, risultano sostanzialmente equivalenti, se si tiene conto che la soluzione Lonato richiederebbe interventi manutentivi delle condotte per almeno ulteriori 3 anni. Infine, la soluzione Gavardo e Montichiari consente il mantenimento di più alti livelli di qualità della vita, in considerazione del minor carico inquinante residuo nelle acque depurate, della più alta percentuale delle acque valorizzate attraverso il recupero in agricoltura e del maggior margine di garanzia dello stato di qualità, come richiesto dalla normativa a tutela del fiume Chiese.

Si sottolinea altresì che il commissario ha già richiesto all'ufficio d'ambito di dare corso all'avvio del procedimento e di convocare la conferenza dei servizi preliminari, ai sensi del citato regolamento regionale n. 6 del 2019, per l'esame di fattibilità tecnico-economica denominato “Sistema di collettamento e depurazione a servizio della sponda bresciana del lago di Garda”.

Pertanto, per quanto concerne la valutazione di soluzioni alternative, si ritiene che non sia possibile interferire con le decisioni del commissario qui rappresentate, in virtù dell'incarico e dei conseguenti poteri a lui conferiti dalla normativa. È bene ricordare che la nomina del commissario nasce da una situazione emergenziale di necessità di interventi per il collettamento e la depurazione tale da richiedere attraverso una legge di Stato, appunto la n. 113 del 2021, la loro rapida e tempestiva realizzazione.

Si evidenzia, comunque, che lo stesso commissario ha ritenuto di istituire un tavolo tecnico di consultazione, composto da rappresentanti della regione Lombardia, provincia di Brescia, ufficio d'ambito di Brescia e società Acque bresciane, al fine di favorire ogni utile confronto in ordine delle opere da realizzare.

In merito al coinvolgimento dell'Autorità di bacino distrettuale del Po, si rappresenta che la stessa è coinvolta nella conferenza di servizi preliminare indetta dall'ufficio d'ambito di Brescia e che ha preso parte ai lavori del tavolo tecnico presso il Ministero dell'Ambiente, con funzioni di supporto tecnico, con particolare riguardo agli aspetti relativi al rapporto tra il progetto in esame e i contenuti dei vigenti strumenti della pianificazione di bacino distrettuale in materia, con particolare riguardo al piano di gestione distrettuale.

In ultimo, al momento non sembrano sussistere le condizioni per costituire un'autorità di bacino interregionale per il fiume Chiese e il lago d'Idro.

PRESIDENTE. Il deputato Devis Dori ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

DEVIS DORI (LEU). Grazie, Presidente, e grazie alla rappresentante del Governo, la sottosegretaria Fontana. No, non sono per niente soddisfatto. Dalla risposta che ho sentito, sostanzialmente tutto è perfetto, tutto è deciso. La parola dei cittadini e la protesta non contano nulla. Glielo possono dire in tutte le maniere il consiglio provinciale, il consiglio regionale, i cittadini e i sindaci, non importa: il commissario straordinario ha deciso perché così ha stabilito la legge. Attenzione, però, il commissario è stato nominato ma non c'è scritto nella legge quale doveva essere poi la sua decisione. È chiaro che non sono io a dover decidere né il come, né il dove né il quando circa il depuratore del Garda, non è un mio compito e non è nemmeno compito dei cittadini. Però, se tutti i cittadini, i consigli comunali, provinciali e regionali e anche alcuni parlamentari vi dicono che la soluzione individuata dal commissario e, cioè, il doppio depuratore Gavardo-Montichiari non va bene, perché il fiume Chiese muore, non è possibile non ascoltarli, se tutti ve lo dicono. Invece no, ormai tutto è accantonato. Sarebbe bello, magari, ricevere una visita del Ministro o di un sottosegretario del MiTE e vedere come è quel fiume che, in alcuni momenti dell'anno, addirittura è in secca. La soluzione del commissario straordinario è perfetta solo per raggiungere un risultato finale: far morire il fiume Chiese. Si guarda solo da qui al domani, non al futuro. Se questo è l'obiettivo, la soluzione del commissario è davvero perfetta; se, invece, si vogliono tutelare il fiume Chiese e lago d'Idro, altre devono essere le soluzioni. Ribadisco, non sono io che devo decidere, io sto ponendo soltanto un problema. È vero anche che la decisione non spetta ai cittadini, però ignorare la loro protesta è sbagliato oltre che pericoloso. Anzitutto, perché il Ministero investe comunque 100 milioni di euro, che sono soldi pubblici; quindi, anche solo pensare di poter ascoltare i cittadini è un obbligo, almeno politico. Poi, non lamentiamoci se la gente decide di non andare a votare in occasione di appuntamenti elettorali, se non si sente nemmeno ascoltata.

Che il progetto Gavardo-Montichiari sia stato inviato al MiTE con troppa fretta - addirittura il decreto-legge non era stato nemmeno convertito in legge - è dimostrato dal fatto che il commissario solo il 5 ottobre 2021 - lo ha dichiarato il commissario in audizione, qui alla Camera - e cioè con un ritardo di oltre due mesi apprende dalla relazione conclusiva relativa agli esiti della Conferenza di servizi che il depuratore di Gavardo non può essere realizzato sulla sponda destra del fiume Chiese - un dettaglio questo - perché tale sponda è vincolata e, quindi, va spostato, come un sacco di patate, da un'altra parte. Ciò non è colpa certo del commissario, ma di chi doveva accorgersene quando ha elaborato il progetto inviato al MiTE.

Questa mancanza di accuratezza non la ritrovo nella risposta del Ministero che, sostanzialmente, ci ha detto oggi che quel progetto è perfetto, intoccabile, che nessuno mette in discussione. Ma tale progetto non solo non è perfetto ma potrebbe anche essere pieno di incognite se già ci si è dimenticati, in questa prima fase, che non si poteva realizzare su una sponda del fiume Chiese; chissà quali altri problemi potrebbero emergere successivamente. Fra l'altro, non è solo una questione ambientale ma anche di sanità perché, proprio a causa della secca del fiume Chiese, si è verificata nel 2018-2019 un'epidemia di legionella. Anche questo è un dato rilevante da tenere in considerazione.

Nei miei quesiti avevo chiesto appositamente al Ministero quale sia stato il coinvolgimento dell'Autorità di bacino distrettuale perché, al di là dei vincoli che possono esserci, si è chiaramente interrotto, con la nomina del commissario straordinario, un percorso di condivisione rispetto a quel depuratore.

Come dicevo prima, nel settembre 2018, in sette comuni del tratto del fiume Chiese tra la pianura bresciana e mantovana è scoppiata un'epidemia di legionella, che è il primo caso al mondo di legionella all'aperto, che ha visto ammalarsi più di 1.000 persone e diverse sono morte. L'ATS Brescia, con una relazione del marzo 2019, ha affermato che l'utilizzo delle acque del fiume Chiese deve tenere conto dei periodi di siccità e, quindi, dell'importanza del garantire il deflusso minimo vitale per l'equilibrio ecologico del fiume stesso.

Mi avvio alle conclusioni. Che cosa vogliamo fare? Sostanzialmente distruggere un fiume e rischiare un'epidemia di legionella? Le rassicurazioni che sostanzialmente tutto verrà fatto in modo perfetto non reggono perché, se addirittura nella fase di invio del progetto, ci si è dimenticati che l'area laddove era prevista la realizzazione del depuratore era vincolata, chissà cos'altro può avvenire. Non entro nello specifico della fretta con la quale si vogliono effettuare gli interventi di sostituzione. Ho qui la relazione - è stato detto in tutte le maniere, anche durante le audizioni - di Acque Bresciane relativa allo stato sublacuale. È una relazione di quattro mesi fa in cui sostanzialmente si dice che, al di fuori dei tratti interessati dal fenomeno delle bio-concrezioni, sulle quali poi si interviene, lo stato delle condotte è ottimale; poi si dice anche, certamente, che il collettore si sta avvicinando progressivamente al termine previsto della vita tecnica stimata, che era di 40 anni, quindi il 2025, ma che questo termine è estendibile a cinquant'anni, quindi al 2035, a determinate condizioni e con degli interventi ad hoc. Quindi, tutta questa fretta non so da cosa derivi.

Il presidio di piazza Paolo VI a Brescia è pacifico e democratico, non blocca porti. Se un membro del Governo può andare a Trieste, allora un membro del Governo può anche andare a incontrare il presidio di Brescia. Oppure, chiedo al Ministero almeno di poterli ricevere in modo da consentire loro di illustrare cose che già abbondantemente sono state illustrate ma, da quello che ho capito oggi, comunque non c'è margine di trattativa.

Riguardo alla questione del depuratore del Garda, secondo me non siamo giunti all'epilogo di questa storia. Io avrei voluto oggi sentire il Ministero anche solo ipotizzare, fingere di ascoltare i cittadini del presidio. A mio avviso, ci sono ancora tante pagine da scrivere. I soggetti che devono prendere le decisioni ascoltino il grido che arriva da Brescia.

Chiudo il mio intervento con le parole del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che secondo me rappresentano bene lo spirito che anima i cittadini che sono riuniti in presidio permanente: certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli.

(Iniziative di competenza volte a salvaguardare la gestione pubblica dell'acqua in relazione alla situazione patrimoniale e finanziaria della Alto Calore Servizi Spa - n. 2-01345)

PRESIDENTE. Il deputato Alberto Zolezzi illustra l'interpellanza Maraia ed altri n. 2-01345 (Vedi l'allegato A).

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente, ringrazio la sottosegretaria Fontana, che è qui presente. La regione Campania, con la legge regionale n. 15 del 2015, sta disciplinando la governance del servizio idrico e, in particolare, ha disciplinato un unico ambito territoriale suddiviso in cinque ambiti distrettuali ed ha istituito l'ente idrico campano. Tutti i comuni della regione hanno aderito all'ente idrico campano, che è operativo dal 2018. Per quanto riguarda l'assetto organizzativo e gestionale c'è una certa frammentarietà.

Nell'ambito distrettuale definito Calore Irpino non risultano gestori affidatari, né ci sono informazioni sulla presenza di gestioni salvaguardate. Ci sono gestioni in economia e gestioni di fatto, tra cui Acquedotto pugliese, Gesesa SpA e Alto Calore SpA. L'Ente idrico campano sta svolgendo attività finalizzate alla predisposizione del piano d'ambito regionale. Completata tale fase, verrà definita la forma di gestione e praticamente verranno avviate le procedure di affidamento del servizio idrico integrato in ciascun ambito.

Questa interpellanza si concentra su Alto Calore Servizi, una società in house, partecipata da 125 comuni delle province di Avellino (ben 94) e 31 della provincia di Benevento e dall'amministrazione provinciale di Avellino. Tra i presupposti dell'affidamento in house vi è l'esercizio del controllo analogo da parte dei soci, che sono i comuni. Questa società ha una grande importanza, perché potrebbe rafforzare la gestione pubblica della risorsa idrica. Questo è un dato di fondo per comprendere quello che sta accadendo. È necessario vedere come è evoluta la natura giuridica: il consorzio interprovinciale Alto Calore, nel 1997, subì una trasformazione e divenne un soggetto giuridico dotato di autonomia propria, in grado di svolgere attività imprenditoriale, secondo la legge n. 142 del 1990. Nel 2003, sulla base della legge n. 448 del 2001, il consorzio è diventato società per azioni, assumendo la denominazione di Alto Calore Servizi SpA. È stato probabilmente questo mutamento della natura giuridica che ha a che fare con il corso imposto dalle dirigenze locali. La capacità imprenditoriale e la trasformazione in società per azioni hanno permesso di introdurre lo scopo di lucro nell'attività della società Alto Calore, perseguito spesso utilizzando risorse dei cittadini, con ampia libertà di mettere in pratica scelte che hanno pesantemente contribuito all'attuale grave dissesto finanziario e alla conseguente inefficienza dei servizi erogati, tanto che la procura di Avellino, nei giorni scorsi, ha reso noto di aver avanzato una richiesta di fallimento all'ente idrico Alto Calore Servizi, dichiarando di aver riscontrato un dato accertato di una profonda crisi aziendale, con il risultato di anni di esercizio caratterizzati da una tendenza costantemente negativa da più di un decennio e un'esposizione debitoria che è stimabile in 150 milioni di euro. La procura ha dichiarato di aver analizzato i dati societari contabili e fiscali, con l'acquisizione documentale e l'escussione dei soggetti interessati, compresi i rappresentanti governativi nazionali della regione Campania, della provincia di Avellino e dei comuni partecipanti all'azionariato della società, il cui capitale appunto, al momento, è totalmente pubblico. Questa condizione patrimoniale si sta ripercuotendo sulla qualità dei servizi offerti alla cittadinanza, unitamente al problema - pratico e gravissimo - della ripartizione dell'acqua tra le regioni Campania e Puglia. La stessa iniziativa della procura di Avellino dimostra che l'attuale gestione di Alto Calore non è riuscita, nel corso di questi anni, a migliorare la condizione economica dell'ente, né, tanto meno, la gestione della risorsa idrica.

Ora ci troviamo di fronte appunto a una richiesta di fallimento. In realtà, ci sarebbero alternative e sarebbe utile un impegno istituzionale per arrivare a provvedimenti concreti per dare sollievo alle finanze ed agli assetti societari dei gestori del servizio idrico a capitale pubblico - in questo caso e in altri, quando ci sono soprattutto condizioni patrimoniali problematiche -, ponendo le basi per una diversa, più giusta e trasparente gestione dell'acqua. Per quanto riguarda i gestori pubblici, voglio ricordare che sono state introdotte, proprio da amministrazioni del MoVimento 5 Stelle, novità nell'affrontare queste situazioni di crisi. La prima è stata a Livorno - era sindaco Filippo Nogarin - : in particolare, l'assessore al bilancio Gianni Lemmetti propose, chiaramente in accordo con tutti gli enti istituzionali, comprendendo anche gli enti giudiziari, il concordato in continuità, che riuscì a risolvere una situazione debitoria di 50 milioni, che per Livorno era molto importante. L'ente era il gestore dei rifiuti Aamps. Poi la stessa cosa, in qualche modo, è successa a Roma, con ATAC, dove i debiti erano molto maggiori - erano di un miliardo -; adesso ATAC è una società risanata, ci sono 900 autobus nuovi, che hanno migliorato notevolmente i trasporti a Roma. Sono stati scoperti 16 anni di falsi in bilancio dei gestori dei rifiuti di Roma (di AMA), società i cui debiti erano di 250 milioni, ed in qualche modo si è riusciti ad approvare un bilancio e si è avviato un piano industriale innovativo, che adesso potrà essere utilizzato per rendere un pochino più trasparente e più semplice la gestione dei rifiuti anche a Roma.

Qui ci troviamo, con riguardo ad Alto Calore Servizi, con 150 milioni di debiti e, dagli esempi che ho fatto, si evince che non è impossibile riuscire a risanare questa situazione. È anche necessario pensare alla continuità di tutte le attività di Alto Calore, nel rispetto di quanto previsto dallo statuto. È possibile mantenere la natura pubblica totale del capitale sociale e scongiurare modifiche statutarie, che potrebbero favorire l'ingresso e l'aumento del capitale da parte dei soggetti privati. Il capitale sociale, ad oggi, può essere sottoscritto e posseduto esclusivamente dagli enti locali. Si potrebbe elaborare un piano di ristrutturazione, con relativo concordato preventivo in continuità aziendale - come fatto già in altre realtà -, valutando la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri sostitutivi, per esempio, con la nomina di un commissario. Si potrebbe, in altra maniera, assicurare la gestione pubblica dell'acqua, valutando la possibilità di promuovere un'operazione di cessione del ramo di azienda profittevole a un nuovo ente partecipato dai comuni e dalle province della regione Campania, soci del vecchio gestore, con la successiva richiesta di concordato o procedure stragiudiziali della parte residua delle società non in bonis, o attraverso l'enucleazione e la successiva messa in liquidazione del ramo non profittevole, ovvero mediante la predisposizione e la realizzazione di adeguati piani di risanamento.

Parlando di acqua pubblica, parlando del servizio idrico in territori dove lo stress climatico e lo stress idrico sono sempre maggiori, credo sarà difficile pensare a fare profitto con l'acqua; invece, con un sistema ad elevato controllo pubblico, con capitali pubblici, sarà possibile migliorare questa situazione, che è importante. Secondo me, anche ARERA in qualche modo sta ipotizzando, sulla base di alcune circolari e di alcune iniziative che abbiamo visto, la possibilità di creare questi soggetti pubblici che possano migliorare le gestioni in caso di stress patrimoniali, come in questo caso.

Per cui, chiediamo se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative, per quanto di sua competenza, convocando un tavolo di confronto con l'ente e le istituzioni interessate, prevedendo lo stanziamento di fondi al servizio di un piano di ristrutturazione della società, al fine di salvaguardare la gestione pubblica della risorsa idrica. Chiediamo anche, in secondo luogo, se intenda promuovere la salvaguardia della gestione pubblica dell'acqua nei territori attualmente serviti da Alto Calore SpA, valutando la percorribilità di soluzioni in linea con quelle indicate in premessa.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, la collega Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Con riferimento alle questioni poste dagli onorevoli interpellanti, concernenti la società Alto Calore Servizi SpA, si conferma che la procura della Repubblica presso il tribunale di Avellino ha reso noto che, in data 7 settembre scorso, ha avanzato richiesta di fallimento nei confronti della società in esame, in quanto presentava un'esposizione debitoria, al 31 dicembre 2020, pari ad oltre 148 milioni di euro.

Nel merito, si rappresenta come il Ministero per la Transizione ecologica non abbia, tra le sue competenze specifiche, quella afferente alla ristrutturazione aziendale di società operanti nel servizio idrico integrato e pertanto non possa intervenire a sostegno dello stesso, se del caso tramite diretto stanziamento di fondi, anche nel rispetto della disciplina in materia di aiuti di Stato. Inoltre, l'articolo 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, recante disposizioni in merito all'affidamento del servizio idrico, pone in capo agli enti di governo d'ambito, la scelta della forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica (società interamente pubblica, società mista pubblico-privato, ovvero affidamento a terzi). In caso di affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche, il medesimo articolo impone il rispetto dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, fra i quali particolare rilevanza assume la presenza del requisito del controllo analogo da parte degli enti locali di riferimento.

Sempre gli enti di governo d'ambito provvedono all'affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti in essere non conformi alla disciplina pro tempore vigente. In caso di inadempienza degli enti di governo d'ambito, il comma 4 del sopracitato articolo 172 demanda al presidente della regione l'esercizio dei poteri sostitutivi, dandone comunicazione al Ministero della Transizione ecologica e all'ARERA. Ancora, qualora il presidente della regione non provveda nei termini stabiliti, l'ARERA segnala l'inadempienza al Presidente del Consiglio dei Ministri, che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente. Orbene, nel ribadire l'assenza di facoltà da parte del Ministero nella ipotizzata elaborazione di un piano di ristrutturazione con relativo concordato preventivo in continuità aziendale per la società Alto Calore Servizi SpA, si fa tuttavia presente che si è a conoscenza di significative criticità relative al servizio idrico integrato in questione.

In particolare, a seguito dell'adozione del piano di ambito regionale e in attesa del completamento della conseguente procedura di VAS, l'ente idrico campano (EIC) ha in corso di predisposizione il piano di ambito distrettuale del Distretto Calore Irpino, nel quale, allo stato, non si sono individuati i soggetti gestori salvaguardati ai sensi dell'articolo 172 del decreto legislativo n. 152 del 2006. A tale proposito, il Ministero è intervenuto per supportare la regione e l'ente idrico campano. Difatti, lo scorso 21 gennaio ha sottoscritto il protocollo d'intesa con regione Campania ed EIC per lo svolgimento di azioni di accompagnamento in materia di servizio idrico integrato funzionali al soddisfacimento delle condizioni abilitanti previste dalla politica di coesione 2021-2027, al fine di assicurare l'aggiornamento del piano d'ambito e l'affidamento del servizio.

Nell'ambito di tale attività, in particolare nell'attuazione del progetto “Mettiamoci in Riga Linea - L7”, volto a implementare soluzioni per la piena attuazione del sistema idrico integrato per il superamento del contenzioso comunitario in materia di acque reflue urbane, è emerso che nel Distretto Calore Irpino opera una pluralità di gestori individuati direttamente in maniera autonoma dai comuni, in assenza di specifiche determinazioni dell'ente d'ambito di riferimento. Al riguardo, si rappresenta che è ancora in corso da parte dell'ente d'ambito l'istruttoria sulla legittimità degli affidamenti in essere, che, come noto, impone in capo al medesimo ente la verifica della conformità degli affidamenti in corso alla normativa pro tempore vigente e, in caso non sussistono le condizioni, l'eventuale decadenza della gestione. L'EIC ha rappresentato che, a seguito delle notizie pervenute riferite alla richiesta di fallimento dell'Alto Calore Servizi SpA, ha istituito un tavolo tecnico, che si riunisce con cadenza settimanale per verificare l'instaurarsi di condizioni di emergenza tali da comportare criticità di servizio. Nell'ambito di tale tavolo, l'amministratore e i funzionari tecnici dell'Alto Calore Servizi SpA intervenuti avrebbero dichiarato una condizione temporanea di sufficiente stabilità della società e un percorso concreto intrapreso da anni indirizzato al risanamento societario, nelle more delle decisioni del tribunale fallimentare.

Inoltre, riguardo alla salvaguardia della gestione pubblica delle risorse idriche nei territori interessati dalla vicenda, si rappresenta che il consiglio di Distretto del Calore Irpino, con deliberazione n. 2 del 22 luglio 2021, ha deciso, fra l'altro, di esprimere l'indirizzo agli uffici dell'EIC affinché, nell'ambito delle attività finalizzate alla redazione del piano di distretto di interesse, con specifico riferimento alla scelta della forma di gestione e del connesso modello gestionale, siano privilegiate innanzitutto soluzioni fondate sulla partecipazione totalitaria dei comuni al soggetto unico, con forma di gestione pubblica, che sarà incaricato della gestione del sistema idrico integrato (proprio come auspicato dall'interpellante).

Con la medesima deliberazione, il consiglio di distretto ha altresì invitato gli uffici dell'ente a verificare in maniera prioritaria la possibilità tecnica, economica e amministrativa di mantenimento delle gestioni strutturate a totale partecipazione pubblica attualmente esistenti. Il Ministero si impegna a seguire, per quanto di competenza, la vicenda rappresentata dagli onorevoli interpellanti, affinché sia garantita la qualità e l'efficienza dei servizi erogati.

PRESIDENTE. Il deputato Generoso Maraia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GENEROSO MARAIA (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il Ministro e la sottosegretaria Fontana per la risposta alla mia interpellanza urgente, perché è urgente la difficoltà che stanno vivendo i cittadini irpini. Siamo in piena pandemia ancora e abbiamo raccomandato ai nostri cittadini di garantire il massimo rispetto delle condizioni igienico-sanitarie, ma ciò non è possibile nella provincia di Avellino. Lo dico per esperienza personale, perché spesso e volentieri ritorniamo tardi a casa e non abbiamo la possibilità di usufruire del bene più prezioso che abbiamo. Questo perché? C'è un motivo. C'è un bisogno concreto e, dall'altra parte, c'è una situazione debitoria talmente grave da far richiedere alla procura di Avellino il fallimento di Alto Calore. Dunque, la procura di Avellino ha sentito tutti i soggetti interessati, ha acquisito atti e documenti sia da parte del consiglio - quindi, da parte dei comuni che partecipano all'ente idrico Alto Calore -, sia da parte dei Ministeri coinvolti, ed è arrivata alla conclusione che la situazione debitoria è talmente grave che bisogna intervenire attraverso una procedura di fallimento.

Quindi, ci troviamo, in sostanza, davanti a una crisi aziendale e su questo mi trova d'accordo, cioè sul fatto che il Ministero, il MiTE, non è competente nella ristrutturazione e nel rifinanziamento di questa crisi. Dall'altra parte, però, siamo davanti a un problema che riguarda l'ambiente, che riguarda la salvaguardia della risorsa idrica, che riguarda anche, come ha riferito attraverso la sua risposta, la frammentarietà, le deficienze e le carenze nella gestione delle acque reflue. Quindi, questo è un problema ambientale più che un problema economico o finanziario. È un problema che riguarda soprattutto la vita dei cittadini, che riguarda la vita dei cittadini che abitano i 125 comuni serviti da Alto Calore Servizi, che riguarda, quindi, ben 2 province (ricordiamo, inoltre, che la nostra provincia dà l'acqua a 3 regioni).

Quindi, il motivo per cui abbiamo posto questa interpellanza urgente è perché crediamo che ci sia una soluzione percorribile; anzi, ce ne sono più di una; ci sono più soluzioni da poter percorrere e mettere in campo. Il problema è come far ciò e noi abbiamo chiesto al Ministro di istituire in modo urgente - e questo passaggio lo riproporremo, se non verrà fatto - un tavolo di confronto tra tutti gli enti interessati, cioè i 125 comuni, la provincia di Avellino, l'ente idrico campano, la regione Campania, il Ministero della Transizione ecologica, ma anche il MiSE, che è competente in ambito di crisi aziendali, o il MEF per quanto riguarda la ricapitalizzazione della società.

Le ripercussioni sulla qualità del servizio sono gravi e abbiamo poi un'evidente ripercussione anche sulle abitudini dei cittadini nel consumo dell'acqua e, quindi, delle acque minerali. Ma la nostra volontà non è quella di fare polemica con qualcuno (con l'amministratore delegato), ma dobbiamo in qualche modo dire anche una parola di verità in merito, perché è importante che si sia acceso un faro attraverso questa interpellanza. Infatti, da una parte è importante il lavoro che sta facendo la magistratura; dall'altra parte, però, la politica ha il dovere di dare delle risposte ai cittadini e questo è il nostro modo di farlo. Siamo presenti nei territori in questo modo, attraverso queste interrogazioni che mettono al centro quella che è la nostra prima stella, cioè l'acqua (per il MoVimento 5 Stelle). Quindi, noi chiediamo il coraggio delle scelte. Sappiamo che la nostra visione di gestione pubblica dell'acqua non è condivisa nelle istituzioni e non è condivisa dalle altre forze politiche - abbiamo avuto non poche difficoltà nella Commissione ambiente nel confronto su tale tema -, ma sappiamo anche che c'è la possibilità di gestire l'acqua in modo equilibrato, equo e soprattutto sostenibile e di farlo in modo pubblico.

Questo è possibile farlo attraverso il controllo analogo che è stato citato, cioè se ognuno dei soggetti interessati fa la propria parte. E quindi noi chiediamo al Ministero di fare la propria parte, di essere attento e di non credere alle dichiarazioni che parlano di una società stabile, di un percorso di risanamento, perché questo percorso di risanamento lo leggiamo da oltre vent'anni sui giornali, ma il risultato qual è stato? Il risultato è numerico, è oggettivo, è inconfutabile: sono i 150 milioni di euro accumulati. Quindi noi chiediamo la possibilità di un concordato preventivo in continuità proprio per salvaguardare la gestione pubblica o chiediamo di utilizzare lo strumento che è stato utilizzato dal Governo per quanto riguarda, ad esempio, il caso Hoepli, con la chiusura della società e l'apertura di una società nuova, che salvaguardasse soprattutto che cosa? Anche l'occupazione, perché, dietro questa vicenda, dietro la richiesta di fallimento da parte della procura della Repubblica di Avellino, ci sono centinaia di operai che lavorano presso Alto Calore Servizi, che di sicuro è stata costituita come un vero e proprio carrozzone politico, ma da oggi in poi, attraverso l'intervento del MoVimento 5 Stelle, attraverso l'attenzione del Ministro Cingolani e della sottosegretaria Fontana, potrà avere un nuovo corso e un nuovo futuro.

(Iniziative volte alla revisione dei criteri di selezione per l'assegnazione dei fondi per i servizi educativi per la prima infanzia, anche alla luce degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza - n. 2-01339)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galizia ed altri n. 2-01339 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Galizia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCA GALIZIA (M5S). Grazie, Presidente. I servizi educativi per la prima infanzia, in particolare gli asili nido, sono servizi essenziali per le famiglie italiane e per ridurre le disuguaglianze territoriali, il divario di genere, la povertà educativa, così come per sostenere lo sviluppo economico e il rilancio della natalità. Tutti aspetti, questi, che richiedono un impegno molto forte e costante della politica.

Nel nostro Paese, il rapporto tra posti disponibili negli asili nido e il numero di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni si attesta oggi in una media del 25,5 per cento - con forti divari territoriali - ovvero 7,5 punti percentuali al di sotto dell'obiettivo europeo del 33 per cento e 9,6 punti percentuali al di sotto della media europea.

L'offerta di servizi di educazione primaria in Italia soffre, quindi, di una forte carenza strutturale e per questo è stata oggetto della raccomandazione europea 2019/C 189/02 del 22 maggio 2019, con la quale il Consiglio dell'Unione europea ha chiesto agli Stati membri di garantire l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia e di investire per il miglioramento dei risultati scolastici e il rafforzamento delle competenze, quelle digitali in particolare.

La carenza di servizi educativi per l'infanzia ha ricadute ampie e negative sull'intero tessuto socioeconomico e culturale del nostro Paese, andando ad accentuare i sintomi di patologie che prendono il nome di gender gap, bassa occupazione femminile, divari territoriali, arretratezza del Sud.

Partiamo, infatti, dal presupposto che l'iniqua ripartizione dei carichi di lavoro familiari condiziona negativamente l'offerta di lavoro femminile e riduce il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A loro volta, tali fattori deprimono la domanda apparente di servizi educativi dell'infanzia, generando un equilibrio socialmente inefficiente, dove alla bassa offerta di servizi educativi per l'infanzia corrisponde una bassa domanda del servizio; questo succede soprattutto al Sud.

Lo strumento finanziario del Next Generation EU, istituito dall'Unione europea per sostenere la ripresa economica degli Stati membri post pandemia, rappresenta quindi un'occasione unica per estendere la copertura dei servizi educativi per la prima infanzia al fine di ridurre le disuguaglianze tra i minori, garantire la parità di genere e sostenere lo sviluppo economico e la natalità.

In particolare, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) contiene, tra le altre, una serie di misure relative ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia, volte anche a colmare quel divario rispetto al resto d'Europa, quelle percentuali di cui parlavo poco fa: in particolare, la Missione 4, tramite il Piano asili nido, mira ad innalzare il tasso di presa in carico degli asili, che nel 2018 era pari ad appena il 14,1 per cento. Si prevedono, inoltre, il potenziamento dei servizi educativi dell'infanzia (fra 3 e 6 anni) e l'estensione del tempo pieno a scuola, con l'obiettivo di supportare le madri con figli piccoli che possono così accedere al mercato del lavoro. Già nella legge di bilancio per il 2020 erano stati finanziati, attraverso il Fondo asili nido e scuole dell'infanzia, interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati a nidi e scuole dell'infanzia, con priorità per le strutture localizzate in quelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane, con lo scopo di rimuovere questi squilibri economici e sociali e quindi creare un certo riequilibrio territoriale.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta un'occasione che non possiamo permetterci di perdere e dobbiamo coglierla in modo tale da poter intervenire davvero su questo divario. Nell'ultimo bando, che è stato fatto recentemente, risultano però distorsioni: infatti, nei 700 milioni di euro che sono stati messi a bando, è emerso che alcune regioni ne hanno potuto usufruire più di altre, e quindi c'è stata una distorsione che si è manifestata sotto forma di svantaggio competitivo per le scuole del Sud che sarebbero state penalizzate a causa dell'assegnazione di un punteggio aggiuntivo crescente in base ai cofinanziamenti.

Diverse testate giornalistiche, come avrà avuto modo di vedere anche lei, sottosegretario Sasso, hanno parlato nelle scorse settimane addirittura di una beffa dei fondi del PNRR, dirottati nelle città più ricche. E in effetti, la conseguenza di tale previsione distorsiva è stata che, in diversi casi, comuni che insistono in aree nettamente più sviluppate del Nord Italia hanno potuto cofinanziare la spesa del progetto per ben oltre il 50 per cento dell'importo e così hanno ottenuto un bonus di punteggio, che li ha visti avvantaggiati rispetto alle città del Sud e anche ai piccoli comuni del Sud che non avevano questa capacità finanziaria. Pertanto, i fondi sono stati presi più dai paesi e dalle città del Nord che da quelli del Sud, quindi non si è andati incontro a quella che era la missione prevista di ridurre i gap territoriali, ma in tutt'altra direzione.

Il termine “paradosso” non è lontano dal descrivere una situazione come questa, la quale avrebbe potuto avere effetti ben diversi, direi opposti a quelli immaginati nel momento in cui è stato programmato questo intervento a favore del potenziamento dei servizi alla prima infanzia.

Il 7 ottobre scorso si è svolta la prima riunione della Cabina di regia sul PNRR, in cui, in particolare, sono state affrontate le linee di intervento dei progetti che riguardano l'istruzione e la formazione, nel rispetto degli obiettivi concordati in sede europea - sia per quanto riguarda la componente delle riforme sia per la componente degli investimenti - e nel corso della quale è stato annunciato che, entro novembre 2021, ci sarà la pubblicazione di un ulteriore bando che vede una spesa di ben 3 miliardi di euro a favore degli asili nido e delle scuola dell'infanzia.

Allora io, sottosegretario, le volevo chiedere se il Governo, in vista dell'emanazione dei prossimi bandi destinati all'estensione della copertura dei servizi educativi per la prima infanzia, intenda assumere le necessarie iniziative e gli opportuni correttivi per la revisione dei criteri di selezione presenti nei bandi per l'assegnazione dei fondi, utilizzando, quali parametri di assegnazione, indicatori che tengano in considerazione l'effettiva assenza dei servizi e la povertà educativa, nel rispetto degli obiettivi generali e specifici previsti dall'articolo 4 del regolamento (UE) 2021/241 e dei principi e delle finalità contenuti nel PNRR, finalizzati alla rimozione degli squilibri economici e sociali e alla riduzione dei divari territoriali nell'ambito dell'infanzia, esistenti nel territorio italiano.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, Rossano Sasso, ha facoltà di rispondere.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Onorevole Galizia, come da lei evidenziato, il Piano nazionale di ripresa e resilienza costituisce un'occasione unica, per tutta l'Italia, per il rilancio del Mezzogiorno e per la ripresa del processo di convergenza con le aree più sviluppate del Paese, in assoluta sinergia e complementarità con la prossima programmazione dei fondi strutturali 2021-2027.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza tende in modo prioritario al riequilibrio territoriale e al rilancio del suo sviluppo, anche a seguito dell'emergenza pandemica purtroppo ancora in corso. Al riguardo, si evidenzia che la situazione sollevata in merito allo stanziamento di 700 milioni per asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per la famiglia risale alla legge di bilancio n. 160 del 2019. La norma autorizzativa precedente all'emergenza COVID aveva ed ha tuttora una sua specifica finalità volta alla “costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, con priorità per le strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane, con lo scopo di rimuovere gli squilibri economici e sociali ivi esistenti”. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 2020, tali aree svantaggiate sono state individuate applicando l'indice di vulnerabilità sociale e materiale calcolato dall'Istat, il cui elenco è stato proprio allegato al citato decreto. Quindi, non era una procedura specificamente rivolta alle regioni del Sud Tuttavia, all'esito della procedura selettiva sono risultati utilmente collocati nella graduatoria provvisoria, in attesa della verifica dei requisiti dichiarati, i comuni delle regioni del Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), ai quali è stato assegnato il 45 per cento delle risorse complessive, quindi al di sopra della quota di distribuzione del 40 per cento al Mezzogiorno. Se, però, consideriamo ricomprese nel Mezzogiorno anche le regioni Abruzzo, Molise e Sardegna, attualmente considerate, per la programmazione europea, regioni in transizione, tale percentuale aumenta fino ad arrivare al 55 per cento. Inoltre, vale la pena precisare che, sull'importo complessivo di risorse stanziate, il 59,43 per cento delle risorse è stato assegnato ad aree svantaggiate, così come individuate applicando l'indice di vulnerabilità sociale e materiale calcolato dall'Istat, e che il 73,64 per cento dei comuni di tali aree svantaggiate autorizzabili sono ricompresi nelle regioni del Sud. Questi sono i numeri, le ricostruzioni giornalistiche le lasciamo alle redazioni di quei giornali.

Pertanto, queste risorse, che sono confluite successivamente tra i progetti in essere del Piano nazionale di ripresa e resilienza, rispettano assolutamente i criteri e i requisiti per garantire la rimozione degli squilibri economici e sociali e dei divari territoriali e lo sviluppo delle aree più depresse e periferiche del Sud che, nel caso degli asili nido e delle scuole dell'infanzia, sono anche le aree che hanno fatto registrare un maggiore gap nella fornitura dei servizi educativi per la prima infanzia e nella fascia 0-6 anni e che presentano anche un maggior livello di povertà educativa.

Detto questo, sicuramente con la pubblicazione di un nuovo avviso, ormai imminente, nell'ambito delle nuove e specifiche risorse del PNRR, saranno tenuti in debita considerazione, come peraltro già fatto nell'attuazione della norma autorizzativa richiamata e relativa al precedente avviso pubblico da 700 milioni, tutti i criteri che possano concretamente favorire il raggiungimento, anche nella fascia 0-6 anni e nei servizi educativi per l'infanzia, degli obiettivi di riequilibrio territoriale e di superamento dei divari, nonché l'attivazione di oltre 246.000 nuovi posti e il raggiungimento della media europea del 33 per cento dei servizi dell'infanzia.

PRESIDENTE. L'onorevole Galizia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCA GALIZIA (M5S). Grazie, Presidente. Io sono molto soddisfatta da questa risposta perché si tiene alta l'attenzione sulla tematica dei bandi e dei fondi del PNRR. Certo, è vero che noi sui giornali abbiamo letto tutt'altro, perché si facevano comparazioni che vedevano, per esempio, esclusi comuni del Sud Italia come Bagheria e Noto in Sicilia, oppure Crosia e Tropea in Calabria o Cerignola e Parabita in Puglia, tutti comuni che noi conosciamo bene, che si vedevano invece scavalcati da comuni più grandi, come Torino, Novara, Varese, Parma, Ferrara e Belluno che, invece, sono potuti accedere a questi fondi.

In questo primo bando, come ha già evidenziato il sottosegretario, sono stati stanziati i primi 700 milioni e solo 453 progetti sono stati finanziati, a fronte di 2.654 richieste. Questo numero così importante di richieste ci fa pensare che su questo tema c'è tanto da lavorare e sono molto contenta che il Governo abbia stabilito di mettere altri 3 milioni di euro su di esso perché, oggettivamente, se andiamo a guardare le percentuali di asili nido garantiti per ogni 100 bambini nelle regioni del Sud, siamo ben lontani dal 33 per cento previsto dalle raccomandazioni europee. In particolare, c'è da dire che abbiamo 9,4 posti in Campania, 10 in Sicilia, 11 in Calabria, 16,7 in Basilicata e 16,8 in Puglia per ogni 100 bambini; ci sono solo questi posti. È bene che si sia fatta chiarezza sul fatto che i nuovi bandi guarderanno con attenzione alle regioni del Sud, perché quello a cui dobbiamo puntare è, appunto, avere questa percentuale del 33 per cento, non come una media italiana, bensì come un dato che possa essere raggiunto anche al Sud, dove questa media è più bassa. È bene sapere che, come valore, è stato considerato l'indice di vulnerabilità sociale che è calcolato dall'Istat come uno strumento per la divisione di queste risorse e mi fa anche piacere venire a conoscere che il 45 per cento delle risorse complessive, alla fine, siano state destinate al Sud, anche su questi primi 700 milioni.

Io chiedo al sottosegretario Sasso, che è pugliese, quindi del Sud, e conosce bene la realtà degli asili nido al Sud, di continuare a tenere alta l'attenzione sui prossimi bandi, perché effettivamente i fondi del PNRR verranno distribuiti attraverso questo strumento, e di tenere alta l'attenzione proprio perché ce lo chiede l'Europa in vista di una ricrescita, di uno sviluppo che guardi anche al Sud. È sempre bene tenerla molto alta questa attenzione.

(Iniziative volte al rafforzamento delle tutele dei lavoratori del settore della logistica, anche attraverso l'attuazione del cosiddetto Pacchetto mobilità, nonché all'istituzione di un tavolo sul commercio elettronico e sul relativo impatto occupazionale – n. 2-01343)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Barzotti ed altri n. 2-01343 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla collega Grippa se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CARMELA GRIPPA (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretaria, l'interpellanza che vado ad illustrare l'abbiamo ritenuta necessaria davanti all'escalation di incidenti sul lavoro che, purtroppo, dall'inizio dell'anno si stanno registrando sul territorio nazionale e che molte volte, quando emergono i dettagli dei tragici eventi, rivelano che, alla fine, ad essere trascurati sono sempre gli oneri della sicurezza sul posto di lavoro e, in generale, tutte le altre tutele che fanno capo alle singole categorie di lavoratori. Purtroppo, nemmeno il settore della logistica e di tutte le attività di servizi e manodopera ad esso collegate è escluso da questo fenomeno, tanto che spesso il rapporto di lavoro reale e, quindi, le conseguenti condizioni di lavoro vissute dai singoli lavoratori non corrispondono a quello che è rilevabile dai contratti e da una formale applicazione delle norme. Spesso, il rapporto di lavoro degli operatori, nei casi più gravi, si traduce, loro malgrado, in forme di sfruttamento della manodopera.

Conferma di quanto sono ad esporre emerge dai rapporti dell'Ispettorato del lavoro e dalla vigilanza del Ministero dello Sviluppo economico, secondo i quali il settore della logistica rientra nei settori di attività a rischio di violazioni di obblighi retributivi e previdenziali in connessione con fattispecie interpositorie dovute a una accentuata destrutturazione per la presenza di micro imprese e di cooperative spesso rilevatesi spurie. Questo è il quadro per i lavoratori del settore che, in alcuni frangenti, si sono ritrovati senza lavoro solo per aver ricevuto una comunicazione sui sistemi di messaggistica, come WhatsApp, come è avvenuto di recente a Bologna. Insomma, storie, condizioni e abusi che vanno assolutamente approfonditi per ripristinare una situazione di legalità che sembra oltremodo necessaria oltre che fondamentale in piena ripresa economica e in linea con l'ampia riforma nel settore dei trasporti, adottata dal Consiglio dell'Unione europea lo scorso 7 aprile 2020.

Essa contiene nuove norme che tenderebbero al miglioramento delle condizioni di lavoro dei conducenti, ad introdurre norme speciali sul distacco dei conducenti del trasporto internazionale e all'aggiornamento delle disposizioni all'accesso del mercato del trasporto merci, oltre a rendere più efficiente l'applicazione delle normative. Ma sappiamo anche che non solo con le tacite applicazioni di disposizioni normative si possono ottenere dei cambiamenti; servono, altresì, studio e rispetto per le categorie dei lavoratori che si trovano in difficoltà. È per questo che chiediamo al Governo se non ritenga prioritario valutare e predisporre, anche con urgenza, una riforma complessiva della logistica, volta a rafforzare la tutela dei lavoratori del settore e a migliorare le condizioni di lavoro delle risorse impiegate, e in grado di intervenire sulla razionalizzazione delle procedure di esternalizzazione, e rivedere tutte quelle asimmetrie tra la parte contrattualistica e quella reale vissuta dai lavoratori, oltre ad istituire un tavolo ministeriale sull'e-commerce, considerando il suo impatto occupazionale sempre più importante sulla logistica, nonché adottare, quanto prima, tutte le iniziative necessarie.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Tiziana Nisini, ha facoltà di rispondere.

TIZIANA NISINI, Sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. L'onorevole interpellante espone varie e complesse criticità che interessano il settore della logistica. Si tratta di un settore produttivo di grande rilevanza per il tessuto economico nazionale, costituito da circa 90 mila imprese, che occupano circa 1,5 milioni di addetti e producono circa 80 miliardi di fatturato (dati 2020), corrispondenti a circa il 9 per cento del PIL del Paese. L'Ispettorato nazionale del lavoro ha reso noto che il settore della logistica risulta caratterizzato da fenomeni che attengono a diversi profili di violazione della normativa lavoristica, sia in materia di orario di lavoro, sia nell'ambito degli appalti illeciti e somministrazione fraudolenta di manodopera, nonché dall'indebito utilizzo dell'istituto cooperativistico, fino a giungere, nei casi più gravi, a fenomeni di sfruttamento della manodopera che possono integrare gli estremi del reato di caporalato. Nel corso del 2020, l'INL ha svolto, nel settore del trasporto e magazzinaggio e in quello dei servizi di supporto alle imprese, nel quale operano diverse aziende legate alla logistica, un complesso di 8.850 accessi ispettivi, riscontrando un tasso di irregolarità del 71,84 per cento, superiore di oltre 6 punti percentuali rispetto a quello riferito al complesso dei settori produttivi (65,71 per cento). Con particolare riferimento al settore cooperativistico, nel corso del 2020 il personale ispettivo INL ha effettuato controlli nei confronti di 869 cooperative, accertando illeciti nei confronti di 771 aziende, con un tasso di irregolarità pari al 78 per cento. Nel periodo gennaio-settembre 2021, sono stati avviati accertamenti nei confronti di 6.090 aziende ispezionate e il Comando carabinieri per la tutela del lavoro ha condotto una specifica campagna di controllo su 10 poli logistici, ispezionando 241 aziende. Con riferimento alle operazioni di controllo sul settore attualmente in corso, si rappresenta che, nel mese di ottobre, è partita una vigilanza straordinaria. Sulla base dei risultati dell'attività ispettiva, è evidente che i meccanismi di decentramento produttivo e la connessa dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, hanno ingenerato patologie tipiche pregiudizievoli delle tutele dei lavoratori. In particolare, risultano in preoccupante crescita i fenomeni di esternalizzazione illecita, specie in riferimento agli appalti labour intensive, che, frequentemente, vedono il coinvolgimento di società di comodo, come tali inadempienti in relazione a qualsiasi obbligo retributivo, contributivo e fiscale, oltre che in rapporto alle condizioni di lavoro definite dalla legge o dal contratto di settore. Al riguardo, si è fatto riferimento, in particolare, al fenomeno della falsa cooperazione e a quello della esterovestizione delle società appaltatrici, associato al distacco dei lavoratori in ambito UE. Più di recente, il settore della logistica è stato ulteriormente trainato dallo sviluppo dell'e-commerce, in continua crescita, e il cui funzionamento non può prescindere da un'efficiente gestione del magazzino. La rapidità di consegna è, infatti, alla base del successo di siti e-commerce e, conseguentemente, la logistica attualmente rappresenta un aspetto fondamentale per la soddisfazione del cliente del commercio elettronico.

Ma proprio questa dinamicità potrebbe incidere sulla costruzione dell'offerta dei servizi e del costo del servizio stesso, con evidenti ripercussioni sui rapporti di lavoro degli addetti del settore. Tutte queste criticità sono oggetto di grande attenzione da parte del Ministero del Lavoro, attraverso un percorso che prevede, sia un costante confronto con le parti sociali, sia la sinergia con le diverse amministrazioni che, a vario titolo, hanno competenze in materia di logistica. A tal fine, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha promosso l'istituzione della task force del settore logistico e trasporto merci, costituita dai rappresentanti di: Ministero del Lavoro, Ministero dello Sviluppo economico, Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Agenzia delle entrate, Ministero dell'Interno, Procura nazionale antimafia, Comando carabinieri per la tutela del lavoro, INL, INPS e INAIL. La task force nasce per favorire e agevolare le sinergie istituzionali nella condivisione di banche dati e fonti informative tra le amministrazioni e nella valutazione delle attività di controllo. L'obiettivo è di fare emergere le fattispecie di decentramento produttivo attraverso un'analisi approfondita delle esternalizzazioni e delle catene di appalti e promuovere strategie per incentivare la collaborazione spontanea da parte degli operatori del settore, nel quale tutte le imprese, anche grazie ai benefici indotti dagli interventi del PNRR, fondino la propria ricerca di competitività esclusivamente sull'innovazione, sulla formazione e sulla qualità. Compito della task force è di avviare un'istruttoria tecnica, propedeutica all'elaborazione di eventuali interventi normativi. Alla luce delle risultanze di tali attività, potranno essere adottati ulteriori iniziative, volte a rafforzare le tutele dei lavoratori del settore e a migliorarne le condizioni di lavoro. In particolare, è necessario adeguare la disciplina vigente sui controlli ai sistemi che utilizzano algoritmi, consentendo, al contempo, di monitorare eventuali abusi, nonché intervenire sulle procedure di esternalizzazione e sulle catene di appalti, garantendo per i lavoratori il rispetto del trattamento economico complessivo e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionali e territoriali.

PRESIDENTE. L'onorevole Barzotti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

VALENTINA BARZOTTI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria per essere qui e per aver fornito risposte importanti su questo settore; quindi, posso dichiararmi pienamente soddisfatta della risposta. Voglio, comunque, portare un contributo ulteriore rispetto a questi spunti che sono stati dati dalla sottosegretaria, perché bisogna verificare bene cosa succede all'interno di questi magazzini, all'interno dei centri di distribuzione e all'interno delle filiere. Infatti, come è noto, il settore della logistica è trasversale, molto variegato e coinvolge vari settori e varie mansioni e, nonostante questo, soffre di una mancanza di rappresentatività (ce lo dicono gli studi che abbiamo a disposizione); ciò ci impedisce di capire concretamente, come giustamente ha detto lei, sottosegretaria, se quello che c'è scritto sui contratti, poi, corrisponda alla realtà. Ad esempio, dieci giorni fa, vi è stato un nuovo sciopero davanti al magazzino di Amazon di Castel San Giovanni, che è uno dei poli logistici più importanti d'Italia, con 2.000 persone. Bisognerebbe capire il perché di questi scioperi e il perché di episodi molto gravi che sono successi, come l'episodio di Albairate, in provincia di Novara, o gli episodi di Tavazzano, in provincia di Lodi. Li abbiamo visti tutti i Sì Cobas in conferenza stampa che lamentavano gravi criticità sotto il profilo della gestione dei tempi di lavoro, della precarietà e del salario. Sicuramente, il problema della rappresentatività viene acuito e, probabilmente, esasperato da quello che ha citato lei, ossia dalle innumerevoli catene di appalti che caratterizzano il settore logistico. Però, sottosegretaria, bisogna fare una seria riflessione, perché non si possono usare i modelli e i canoni che sono stati utilizzati nel passato e questo per molteplici ragioni, ne cito solo due: la necessità di legalità (i dati che ha portato lei sull'Ispettorato del lavoro ci dicono che l'illegalità è onnipresente, perché abbiamo il 74 per cento di tasso di irregolarità; questo significa che la situazione è fuori controllo) e il fatto che sono cambiati i modelli produttivi, così tanto che si parla di Logistics Revolution.

Serve valutare urgentemente una revisione della normativa e riaprire un serio dibattito sull'appalto di pura manodopera, che è davvero un istituto che si presta esclusivamente a logiche di mercato e di riduzione del costo del lavoro, senza considerare il valore aggiunto che è una persona col suo lavoro può dare. Su questo punto c'è convergenza anche con le parti sociali che, in occasione dell'audizione in Commissione lavoro del 13 ottobre, hanno richiesto un ripensamento profondo sul piano culturale e anche legislativo: della responsabilità solidale dell'azienda leader lungo tutta la filiera di questi tempi non se ne può più fare davvero a meno. I grandi player devono internalizzare i servizi di consegna; questo ridurrebbe tantissimo la parcellizzazione della filiera e le sacche dove può annidarsi la criminalità e lo sfruttamento: i problemi che il modello italiano ha, cioè un massiccio impiego di cooperative di produzione e lavoro, di cooperative spurie che hanno spesso operato in violazione di norme previdenziali e, in generale, a dispetto di quanto dice il precetto normativo. Serve una riforma delle cooperative che ne tuteli lo scopo mutualistico; diciamolo chiaramente: lavorare per guadagnarsi il pane non vuol dire perseguire uno scopo mutualistico e, quindi, da questo bisogna ripartire. Non dobbiamo accontentarci, ma mettere in moto tutto il necessario e pretendere che questa transizione non sia solo ecologica ma anche sociale, occupazionale e digitale. Detto ciò, sottosegretaria, Presidente e colleghi, le merci viaggiano con le persone, gli autotrasportatori, i camionisti, i riders. Voglio soffermarmi, in particolare, sugli autotrasportatori perché da un'indagine promossa dai sindacati del settore dell'autotrasporto è emerso come i lavoratori interessati dai rischi derivanti dall'attività svolta su strada sono moltissimi e assolutamente sottostimati, in quanto gli infortuni che avvengono su strada vengono qualificati come meri incidenti stradali e non vengono neanche denunciati all'INAIL. Il più delle volte chi si occupa dell'autotrasporto non si occupa solo di guida del mezzo, ma anche di carico e scarico delle merci trasportate con un orario di lavoro che per la quasi totalità del campione che è stato analizzato va da 9 fino a 15 ore al giorno in un arco temporale occupato da almeno otto ore di guida. E in che condizioni vivono e lavorano queste persone? Le statistiche, la letteratura, gli articoli di stampa, le storie di vita che leggiamo e sentiamo ci parlano di un lavoro povero; un settore prevalentemente maschile, con un elevato tasso di immigrazione, con contratti a tempo determinato quasi sempre instabili. È di ieri un articolo de il Fatto Quotidiano in cui si parla di camionisti che lamentano di docce sporche, di carico e scarico merci considerato come tempo di non lavoro, quindi tempo non pagato. Cene e pranzi a base di scatolette, perché se pranzi in trattoria non ti bastano i soldi. Serve di più. Ieri un giovane ha perso la vita a Bologna mentre caricava e scaricava la merce, un ragazzo straniero della Guinea di 22 anni, è rimasto incastrato tra un camion e la ribalta di un magazzino: è morto per lo schiacciamento del torace. La legge da sola non basta, i contratti da soli non bastano, si deve fare davvero tanto per riformare questo settore, affrontando più punti diversi. La realtà ci dice davvero che in questo settore non c'è o c'è poca rappresentatività e che la realtà che noi vediamo, l'apparenza dei contratti firmati, non corrisponde spesso e volentieri alla prestazione di lavoro, alle ore effettivamente lavorate, ai soldi effettivamente presi. Ciò è un problema enorme. Infine, un'ultima considerazione. Quando noi parliamo di lavoro non possiamo più vederlo come un comparto a sé stante, ma dobbiamo integrarlo con l'ambiente e la salute e coinvolgerlo all'interno di questa transizione ecologica che stiamo andando a fare. Dico questo, Presidente e sottosegretaria, perché dobbiamo ricercare nuovi modelli di sviluppo, diversamente finiremo continuamente in questo circolo vizioso che vede contrapposto il lavoro alla salute e all'ambiente. Serve pianificare in un altro modo i territori in quanto sappiamo che queste logistiche hanno un grosso impatto ambientale e di consumo di suolo, dobbiamo farle nelle aree dismesse, adottare un piano nazionale, regionale, dove i bilanci ecologici siano rispettati, i paesaggi naturali non distrutti. Ripartiamo da questi due pilastri: dalla persona e dall'ambiente.

PRESIDENTE. Grazie a lei onorevole Barzotti. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera in data 21 ottobre, la presidente della Commissione trasporti, anche a nome della presidente della Commissione ambiente, ha rappresentato l'esigenza - sulla quale è stato acquisito l'assenso unanime dei rappresentanti dei gruppi nelle Commissioni - di rinviare l'inizio dell'esame del disegno di legge n. 3278, di conversione del decreto-legge n. 121 del 2021, in materia di infrastrutture, trasporti e circolazione stradale, attualmente previsto a partire da lunedì 25 ottobre 2021, al fine di poter disporre di tempi più ampi per una compiuta istruttoria, anche da parte del Governo, sugli emendamenti presentati. Conseguentemente: l'esame del suddetto disegno di legge n. 3278 avrà luogo a partire dalla seduta di mercoledì 27 ottobre a partire dalle ore 8,30, con votazioni non prima delle ore 10,30; nella seduta di martedì 26 ottobre, lo svolgimento di interpellanze e interrogazioni avrà luogo alle ore 11, anziché alle ore 9,30, mentre le discussioni con votazioni avranno luogo a partire dalle ore 15 sino alle ore 20, con eventuale prosecuzione notturna dalle ore 21 alle ore 24.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente Rosato. Durante il periodo del lockdown del 2020 hanno cominciato a spuntare in diverse realtà italiane alcune piste ciclabili pitturate sulla strada, fatte un po' così, in maniera improvvisata. Successivamente, con il “decreto Semplificazioni”, con norme riguardanti il codice della strada inserite impropriamente in quel decreto, come ha ricordato il messaggio del Capo dello Stato relativamente a quel provvedimento, sono state normate queste piste ciclabili, o nuovamente normate in maniera più articolata, in alcuni casi forse legalizzate. Con altri provvedimenti successivi le stesse piste ciclabili sono state in qualche misura addirittura incentivate. C'è una forte tendenza a promuovere la mobilità sostenibile e ad ampliare il chilometraggio delle piste ciclabili nelle nostre città, ma ogni tanto, al netto di una retorica dominante, è giusto anche porsi il problema della regolarità da un lato e della sicurezza dall'altro di queste stesse piste ciclabili, sia per coloro che le percorrono da ciclisti sia per i pedoni che le attraversano sia nel quadro più complessivo di una sicurezza generale che nel traffico urbano va garantita a tutti. Anche a fronte di un servizio mandato in onda ieri sera da un noto programma televisivo, sono tornato e voglio tornare su un tema su cui nella prima interrogazione del 2020 avevo chiesto spiegazioni al Governo circa l'emergere, lo spuntare di queste piste ciclabili proprio successive al periodo del lockdown. Annuncio in questa sede la presentazione di un ulteriore atto di sindacato ispettivo per chiedere al Governo se queste piste ciclabili siano effettivamente regolari e se siano sicure per i cittadini.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 25 ottobre 2021 - Ore 15:

1. Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:

S. 667 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: AIROLA ed altri: Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010 (Approvata dal Senato). (C. 2332​)

Relatrice: BOLDRINI.

S. 1221 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica gabonese, fatto a Roma il 17 maggio 2011 (Approvato dal Senato). (C. 2656​)

Relatrice: EMILIOZZI.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Sud Africa sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 28 marzo 2017 e a Pretoria il 18 luglio 2017. (C. 2746-A​)

Relatrice: EMILIOZZI.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina sulla collaborazione negli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico, fatto a Buenos Aires il 27 febbraio 2019. (C. 2823-A​)

Relatrice: DI STASIO.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Gibuti sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 29 gennaio 2020. (C. 2824-A​)

Relatore: MIGLIORE.

S. 1222 - Ratifica ed esecuzione dello Scambio di note di modifica della Convenzione del 19 marzo 1986 per la pesca nelle acque italo-svizzere tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera, fatto a Roma il 10 e il 24 aprile 2017 (Approvato dal Senato). (C. 2858​)

Relatrice: SNIDER.

S. 1926 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica tunisina sullo sviluppo di una infrastruttura per la trasmissione elettrica finalizzata a massimizzare gli scambi di energia tra l'Europa ed il Nord Africa, fatto a Tunisi il 30 aprile 2019 (Approvato dal Senato). (C. 3038​)

Relatore: BATTILOCCHIO.

S. 1277 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica tunisina in materia di trasporto internazionale su strada di persone e merci, fatto a Roma il 9 febbraio 2017 (Approvato dal Senato). (C. 3042​)

Relatrice: DI STASIO.

La seduta termina alle 11,30.