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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 574 di lunedì 11 ottobre 2021

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 10,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 5 ottobre 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Di Stefano, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Formentini, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Macina, Maggioni, Mandelli, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Orsini, Pagani, Parolo, Perantoni, Picchi, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sapia, Sasso, Scalfarotto, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Sodano, Speranza, Tabacci, Vignaroli, Zanettin, e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 81, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Enrico Letta, proclamato in data 6 ottobre 2021, ha dichiarato, con lettera pervenuta in pari data, di aderire al gruppo Partito Democratico.

La Presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Proclamazione di un deputato a seguito di elezioni suppletive.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito delle elezioni suppletive svoltesi il 3 e 4 ottobre 2021, ai sensi dell'articolo 86, comma 3, del Testo unico 30 marzo 1957, n. 361, delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, l'ufficio centrale circoscrizionale presso la corte di appello di Roma ha proclamato, in data 8 ottobre 2021, Andrea Casu deputato per il collegio uninominale n. 11 - Roma - quartiere Primavalle - della XV circoscrizione Lazio 1.

Il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali reclami decorre dalla data di proclamazione.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, sull'ordine dei lavori, il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signora Presidente. Ho chiesto di intervenire perché i fatti accaduti nella giornata di sabato qui a Roma necessitano di una riflessione anche in quest'Aula. Quello che abbiamo visto e, in particolare, l'assalto alla sede della CGIL, la più grande organizzazione di rappresentanza dei lavoratori, riportano indietro le lancette del tempo: le riportano agli anni dello squadrismo di matrice fascista. Da questo punto di vista, è inaccettabile quello che è avvenuto, e credo che in questa sede debba essere ribadita la solidarietà alla CGIL, al suo segretario generale e a tutti i lavoratori.

È un segnale preoccupante di un innalzamento, come è stato anche riconosciuto dalla Ministra Lamorgese, del livello di tensione. È un irrompere di una violenza premeditata nei confronti delle istituzioni e, a tutti gli effetti, un sindacato è un'istituzione democratica.

È giunto il momento anche che quest'Aula - e credo lo faremo presto - voti chiaramente una mozione, per la messa fuorilegge delle organizzazioni neofasciste, e lo faccia perché quello che è avvenuto sabato è la punta di un iceberg. Sono mesi che denunciamo ciò, a tutti i livelli, e si rilevano sui territori episodi violenti, intimidazioni. Bisogna che sia ribadito con chiarezza che la nostra Costituzione è una Costituzione antifascista.

Per rimanere all'ordine dei lavori, credo che sia necessaria un'informativa della Ministra dell'Interno, Lamorgese, sui fatti di sabato, per comprendere come sia potuto avvenire quello che abbiamo potuto, purtroppo, vedere dalle immagini. Noi non abbiamo rappresentanti nel Copasir, ma in questa sede formalmente richiedo al presidente del Copasir che vengano fatte urgentemente audizioni dei vertici dei servizi di sicurezza perché ciò che è emerso drammaticamente a Roma richiede risposte anche sotto questo profilo. Non possiamo derubricare ciò che è avvenuto sabato al gesto violento di alcuni irresponsabili. Era chiara ed evidente la premeditazione. Plaudiamo al fatto che molto velocemente siano stati individuati alcuni responsabili e siano stati arrestati. Non è, però, sufficiente. Io credo che da quest'Aula - lo spero -, oltre ad un generico rinnegamento dell'uso della violenza, si abbia consapevolezza di ciò che è avvenuto e soprattutto della matrice. La matrice è a tutti gli effetti - la storia ce lo insegna - di tipo fascista e il fascismo non può avere cittadinanza nel nostro Paese, né il fascismo né il neofascismo. Quindi, da questo punto di vista, chiediamo l'informativa della Ministra e l'audizione urgente al Copasir dei vertici dei servizi di sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento la deputata Cantone. Ne ha facoltà.

CARLA CANTONE (PD). Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. Collega, le chiedo di indossare la mascherina.

CARLA CANTONE (PD). Sì, certo, mi scusi.

Grazie, Presidente. Il grave attentato alla democrazia da parte di squadristi criminali di chiaro stampo fascista è di tale gravità che impone al Parlamento di sciogliere immediatamente le formazioni neofasciste, a partire da Forza Nuova, subito, senza se e senza ma. Ciò che è accaduto alla sede della CGIL e poi all'ospedale e i tentativi di entrare anche qui in Parlamento sono fatti gravissimi: è una violenza alla Costituzione nata dalla Resistenza, è una violenza ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, al loro diritto di organizzarsi nel loro sindacato, ma loro non si sono e non si faranno certo intimidire. La condanna deve essere unanime. Nessuno può tirarsi indietro! Quindi, la manifestazione di ieri, le parole straordinarie di Landini, piene di grande responsabilità e democrazia, hanno tutta la nostra solidarietà, quella di tutte le forze politiche che ieri si sono presentate insieme a migliaia di lavoratori e di lavoratrici e ai militanti del sindacato, della CGIL ma anche di CISL e UIL.

Ho visto personalmente nella sede della CGIL, con una violenza squadrista, lo strappo dell'effigie di Luciano Lama, che oggi fa 100 anni: è stata una cosa angosciante, pericolosa, vergognosa. La CGIL e tutto il sindacato confederale (quindi, anche CISL e UIL) sono la casa democratica dei lavoratori e delle lavoratrici. Per questo è stata colpita con tanta violenza, come ha detto Landini ieri e anche con riferimento alle dichiarazioni di alcune forze politiche presenti anche ieri. Ma il sindacato e le forze democratiche non si impauriscono. Come forze democratiche presenti in questo Parlamento sapremo difendere la democrazia e spazzare via i nuovi fascisti, come abbiamo fatto con la Resistenza. Il 16 la manifestazione di CGIL, CISL e UIL sarà aperta a tutte le forze democratiche. Noi dobbiamo partecipare e dobbiamo partecipare in tanti, perché è ora di svegliarsi. Non è più possibile accettare queste provocazioni oppure lamentarsi nel chiuso di una stanza. Bisogna uscire, manifestare e far capire alla popolazione che questo è il momento nel quale nessuno può tirarsi indietro. La storia insegna che dire che abbiamo a che fare con 4 imbecilli è un'imbecillità. Bisogna dire, chiaro e tondo che quelli sono fascisti che vogliono ritornare ma che noi rimanderemo nelle fogne (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento il deputato Lollobrigida. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Grazie, Presidente. Colleghi, la fase è delicata e credo che la responsabilità di ognuno di noi debba essere totale. Io condivido - anzi, ho anticipato - le richieste che oggi sono state fatte in quest'Aula, formalizzando la richiesta di Fratelli d'Italia di avere un'informativa urgente da parte del Ministro Lamorgese, con lettera trasmessa alla Presidenza nella giornata di ieri, perché è necessario capire che cosa sta accadendo in Italia.

Permettetemi anche qui di formalizzare la mia completa solidarietà, a nome di Fratelli d'Italia, a chiunque sia oggetto di violenza (quindi, l'aggressione alla sede della Confederazione Generale del Lavoro di ieri). Abbiamo partecipato volentieri, come atto naturale, alla manifestazione indetta dal segretario Landini, confermando quanto Fratelli d'Italia sia distante da ogni atto di violenza. Permettetemi, però, anche di esprimere la mia solidarietà alle Forze dell'ordine (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), abbandonate a loro stesse in una fase così delicata, nella quale loro stessi e i loro sindacati hanno dichiarato che le indicazioni e le disposizioni hanno probabilmente impedito di perseguire quei personaggi che sono noti da tempo e che stranamente parlano dai palchi e possono accedere alle manifestazioni nonostante abbiano provvedimenti restrittivi. È per questo - ed è giusto - che la Ministra Lamorgese venga qui a chiarire, perché la sua inefficienza totale penalizza le persone che vengono aggredite e penalizza le nostre Forze dell'ordine. C'è un chiarimento necessario di carattere generale.

Per questo, però, voglio esprimere anche la solidarietà alla piazza pacifica che si è riunita in piazza del Popolo. Migliaia e migliaia di persone in Italia manifestano pacificamente e sono loro stesse vittime di parti violente che probabilmente - di questo chiediamo conto al Ministro Lamorgese - potrebbero essere lasciate impunemente agire contro la nostra Repubblica attraverso forme che sono non solo da criticare ma da condannare e da perseguire come la legge prevede. È qui che dobbiamo chiarirci. La nostra Costituzione e i padri costituenti hanno chiarito quali sono le competenze in questo Stato. La magistratura, ex articolo 270, può perseguire e sciogliere le organizzazioni sovversive di qualsiasi genere e forma, nazifasciste ed altro. La collega ricorda Luciano Lama. Fa bene a ricordare Luciano Lama, perché è vero che è l'anniversario. Ma ricorda il pupazzo di Luciano Lama impiccato all'università La Sapienza, con gli autonomi e la lettera di Pecchioli che diceva: “Chiudete i loro covi”? Ecco, noi vogliamo capire anche se nei confronti dei 57 arrestati di Milano, violenti anche loro per la stessa legge e provenienti da quei covi degli antagonisti, ci sia la volontà di agire con la stessa serietà, con la stessa serenità d'animo che le forze democratiche devono mettere per impedire che ci sia una recrudescenza di quella violenza che fece indicare, da Luciano Lama paradossalmente, l'imputazione di essere responsabile di un regime autoritario, dello Stato di polizia (non cito De André e le canzoni dell'anno dopo che ricordarono quegli episodi con la visione di quel tempo).

I padri costituenti hanno assegnato alla magistratura, ma la legge ordinaria assegna a qualcun altro la responsabilità di agire con estrema celerità, con estrema velocità, immediatamente, ieri, l'altro ieri, negli anni passati: ai Governi. Il Governo può sciogliere - ieri, oggi - le organizzazioni eversive in questa Repubblica e, se da 10 anni il Partito Democratico è al Governo, insieme alla sinistra di questa Nazione, ci chiediamo perché non abbia agito, anche attraverso questo strumento, per rimuovere problemi che oggi vengono denunciati proprio in questi 15 giorni di campagna elettorale minata, perché si tenta di non parlare dei problemi della Nazione. Questo è un pericolo altrettanto grave per la democrazia, per la serenità dei cittadini.

Allora, Fratelli d'Italia non sfuggirà alle responsabilità per conto delle competenze che vengono assegnate al nostro Parlamento. Il Governo, se deve agire, lo faccia. La Ministra Lamorgese informi il Parlamento, ma informi soprattutto il Presidente Draghi. Riunisca il Consiglio dei Ministri, prenda provvedimenti. Non c'è bisogno di trasformare un'indicazione chiara del legislatore, che non assegna al Parlamento, come la collega, invece, ricordava, la facoltà di sciogliere qualcuno per una semplice ragione: una maggioranza potrebbe sciogliere chiunque all'interno…

PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). …della dialettica politica italiana, e questo il legislatore, i padri costituenti, la nostra normativa non lo hanno permesso: è talmente banale! Quindi, il mio invito è all'informativa urgente della Ministra Lamorgese. Condivido la richiesta al presidente del Copasir di ascoltare i servizi segreti per sapere se ci sono infiltrati nelle manifestazioni e nei cortei, e quali siano le ragioni che hanno permesso a persone di agire nel modo in cui abbiamo visto fare in queste ore. Non ci tireremo indietro da condanne chiare ed esplicite per qualsiasi organizzazione sovversiva e violenta che mini il regime democratico, perché questo è scritto nella legge e Fratelli d'Italia continua ad essere il partito della legalità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Discussione della proposta di legge costituzionale: S. 83-212-938-1203-1532-1627-1632-2160 - D'iniziativa dei senatori: De Petris e Nugnes; De Petris ed altri; Collina ed altri; Perilli; Gallone; L'Abbate; Bonino; Calderoli ed altri: Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 3156​); e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Brambilla; Paolo Russo; Del Barba ed altri; Prestigiacomo e Gelmini; Meloni ed altri; Muroni; d'iniziativa del Consiglio regionale del Veneto; Sarli ed altri; Pezzopane ed altri; Cunial ed altri (A.C. 15​-143​-240​-2124​-2150​-2174​-2315​-2838​-2914​-3181​) (ore 10,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale, già approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato, n. 3156: “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente”; e delle abbinate proposte di legge costituzionale nn. 15-143-240-2124-2150-2174-2315-2838-2914-3181.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3156​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Valentina Corneli.

VALENTINA CORNELI , Relatrice. Presidente, grazie. Come relatrice della proposta di riforma costituzionale vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi sul fatto che, se riusciamo a portarla in porto, poniamo una pietra miliare sulla storia del nostro Paese, perché introduciamo in maniera formale e in maniera inequivoca all'interno della nostra Carta costituzionale il principio che è necessario preservare e tutelare l'ambiente e gli animali.

Sappiamo benissimo che una delle grandi parole assenti nella nostra Carta costituzionale era proprio l'ambiente a causa della ovvia scarsa sensibilità ecologica che c'era ai tempi delle Costituzioni del dopoguerra; però, sappiamo anche che nel tempo questa sensibilità è emersa, si è accresciuta, e quindi si è dovuto fare uno sforzo ermeneutico - lo ha dovuto fare la dottrina, lo ha dovuto fare la giurisprudenza costituzionale - per rintracciare, a Costituzione invariata, dei principi, degli appigli a cui aggrappare questa necessità di tutelare l'ambiente.

Si è fatto attraverso gli articoli 9, 32 e 44 della Costituzione. In una prima fase, però, si trattava di una tutela ambientale di stampo marcatamente antropocentrico; quindi, sostanzialmente si tutelava l'ambiente nei suoi aspetti estetici e paesaggistici come corollario del diritto alla salute o come bene assoggettabile a sfruttamento economico, non l'ambiente in sé, come bene di rango primario. Poi, effettivamente, è subentrata una soft law, proveniente dall'ordinamento internazionale, che sempre di più invece poneva l'attenzione sull'ambiente in sé, sulla necessità di responsabilizzare chi inquinava; quindi, il principio “chi inquina paga”, una responsabilizzazione sostanzialmente generale, il fatto che il pianeta è nostra responsabilità, e il principio di solidarietà intergenerazionale, cioè il fatto che le scelte che noi facciamo oggi poi hanno conseguenze su chi verrà dopo di noi.

Si è sviluppata quindi sostanzialmente una normativa molto più forte, molto più innovativa, molto più progressista a livello internazionale e a livello eurounitario che ha influenzato anche l'ordinamento interno, e dunque anche il baricentro della giurisprudenza costituzionale si è spostato.

Però, torniamo lì: la nostra Costituzione rimane priva di questo principio. Fino ad ora è priva di questo principio e, quindi, noi dobbiamo intervenire sostanzialmente con questa riforma perseguendo tre obiettivi. Un obiettivo di adeguamento, proprio per adeguare l'ordinamento nazionale, di cui la Costituzione è caposaldo, all'ordinamento internazionale ed eurounitario. Penso, in particolare, all'articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea o all'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e penso anche al fatto che l'Italia è una delle pochissime eccezioni tra i 27 Paesi europei e anche a livello mondiale. Siamo stati fino ad ora, purtroppo, un cattivo esempio da questo punto di vista.

C'è un obiettivo di consolidamento, perché, come abbiamo detto, l'orientamento giurisprudenziale si è consolidato anche in questo senso, riconoscendo l'ambiente come un bene di rango primario, quindi assoluto e indisponibile. C'è poi - non meno importante sicuramente - un obiettivo di progresso, perché, nel momento in cui si colma una lacuna che non è solo una mera lacuna ordinamentale o normativa, ma è una lacuna di principio, una lacuna valoriale, poniamo le basi per uno sviluppo ordinamentale che è sicuramente importante. Penso, ad esempio, alla tutela degli animali, a come vogliamo tutelarli e rendere poi effettivamente più incisiva la normativa che riguarda la difesa nei confronti dello sfruttamento, del maltrattamento, dell'uccisione, della violenza. Ponendo in Costituzione il principio, sicuramente spianiamo la strada anche ad una normativa più incisiva in questo senso.

Oppure penso all'articolo 41, alla libertà di iniziativa economica privata: nel momento in cui si va ad introdurre, o più che ad introdurre si va ad allargare lo spettro dei limiti - quindi introducendo il limite del danno alla salute, del danno ambientale - si va chiaramente, se non a eradicare, quantomeno a erodere un principio di stampo fortemente liberista, riguardo a un'economia che non guarda in faccia a nessuno.

Sono recenti le parole del professor Parisi, che ci diceva come il PIL non può essere un criterio unico per valutare la crescita perché non è un buon criterio, perché ci dà la misura della crescita in termini di quantità, ma non in termini di qualità; e, se non invertiamo la rotta, se non apriamo la strada ad uno sviluppo che sia diverso, che sia sostenibile, che sia di qualità, allora, come ci spiegava il professor Parisi, premio Nobel per la fisica, il futuro sarà molto triste. Noi non vogliamo un futuro triste e quindi dobbiamo intervenire, dobbiamo farlo oggi e dobbiamo farlo con questa riforma.

Sostanzialmente si tratta solo di tre articoli. Un primo articolo modifica l'articolo 9, introducendo la necessità di tutelare e preservare l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni - quindi sottolineando questo aspetto importante di solidarietà intergenerazionale - e di tutelare gli animali con riserva di legge statale, che ne disciplini le forme e i modi.

Un secondo articolo interviene sull'articolo 41, e quindi premette ai limiti già presenti rispetto alla libera iniziativa economica privata il limite del danno alla salute e all'ambiente, oltre chiaramente poi ai limiti che già esistevano, quali la sicurezza, la libertà e la dignità umana.

Si modifica poi il terzo comma dell'articolo 41, affermando che l'attività economica può essere indirizzata e coordinata non solo a fini sociali, ma anche a fini ambientali.

Infine, c'è una clausola di salvaguardia che riguarda la tutela degli animali, e in particolare la competenza, che deve essere in qualche modo preservata, di regioni a statuto speciale e province di Trento e Bolzano.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva di intervenire in una fase successiva.

È iscritto a parlare il deputato Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. Il disegno di legge costituzionale di cui discutiamo oggi è stato approvato dal Senato della Repubblica in prima deliberazione nella seduta del 9 giugno 2021 con 224 voti favorevoli, nessuno contrario e 23 astensioni. Il suo obiettivo è quello di conferire dignità costituzionale esplicita alla tutela dell'ambiente e degli animali, come ha già sostenuto precedentemente la relatrice. In questo modo, si vuole conferire un solido ancoraggio ulteriore rispetto alla menzione della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali previsto dall'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, a partire dalla revisione del Titolo V del 2001.

Nel caso italiano, infatti, la tutela normativa dell'ambiente non trova espressi riferimenti, se non in diversi e molteplici interventi normativi di rango primario e secondario, a differenza di molti Paesi che hanno introdotto già da tempo specifiche disposizioni costituzionali.

Lo hanno fatto sin dall'inizio tutti quelli della terza ondata democratica iniziata negli anni Settanta, ma lo hanno anche fatto, con revisione costituzionale, democrazie consolidate, come Francia e Germania.

Si parla di costituzionalismo ambientale finalizzato a comprendere il complesso rapporto tra individuo, comunità e territorio nel difficile bilanciamento dei nuovi diritti.

È ben noto come la popolazione mondiale sia aumentata notevolmente, fino quasi a raggiungere 8 miliardi ma, nel frattempo, le risorse sono diminuite; al tempo stesso, il cambiamento climatico e l'inquinamento sono tematiche che non possono essere tralasciate, se si considera l'impatto determinante che hanno sulla coesione sociale. La tutela degli ambienti, degli ecosistemi e della biodiversità, oltre a essere strettamente connessa con il tema della salute, costituisce un diritto intragenerazionale e intergenerazionale. Nel primo caso, è il diritto fondamentale che spetta al singolo, ma che, al tempo stesso, implica una responsabilità individuale nei confronti della collettività; nel secondo caso, invece, rappresenta un dovere delle generazioni presenti e un diritto delle generazioni future. In questo modo si compie un passo in avanti rispetto a quanto già innovato con la giurisprudenza costituzionale, ma anche ordinaria, che ha introdotto, attraverso un'interpretazione estensiva del testo costituzionale, ulteriori diritti rispetto a quelli da esso espressamente previsti, tra cui il diritto all'ambiente salubre, tratto dalla tutela del paesaggio. Difatti, sin dalla sentenza n. 641 del 1987, relativa alla protezione dell'ambiente come valore costituzionale primario, la Corte costituzionale ha riconosciuto l'ambiente come un bene giuridico, in quanto riconosciuto e tutelato da norme e protetto “come elemento determinativo della qualità della vita”. “La sua protezione - prosegue la Corte in questa sentenza - non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l'esigenza di un habitat naturale nel quale l'uomo vive e agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (articoli 9 e 32), per cui esso assurge a valore primario e assoluto”.

Nonostante la lungimiranza dei padri costituenti, fino a oggi il diritto all'ambiente non ha trovato espressa menzione nella Costituzione; questo perché, all'epoca - come ha già sostenuto la relatrice -, non vi era particolare attenzione al tema, sia in considerazione della tipologia di economia prevalentemente agricola su cui si basava l'Italia, sia per la scarsa attenzione ai fenomeni dell'inquinamento, del cambiamento climatico e degli effetti che si ingenerano sul pianeta e sugli esseri umani. Oggi il contesto nazionale e internazionale è cambiato, comportando l'inserimento dell'ambiente tra i diritti inviolabili della persona umana, in ragione della sua natura multidimensionale. In questo modo, tale diritto può trovare declinazione in diverse forme, dalla tutela del paesaggio e del suolo al diritto a vivere in un ambiente salubre.

È doveroso ricordare come la Costituzione italiana poggia le proprie fondamenta su alcuni princìpi, tra cui quello del pluralismo politico, territoriale, linguistico e religioso; in questo modo si va oltre la concezione individualista, tipica del liberalismo classico, ma il singolo è da considerarsi al centro di un rapporto di tipo relazionale con le diverse formazioni sociali con cui si interfaccia. È per tale ragione che il diritto all'ambiente, da intendersi come diritto inviolabile della persona umana, deve trovare adeguata considerazione, sia come dovere di solidarietà sociale ed economica a favore delle generazioni future, per preservare le condizioni necessarie per la sopravvivenza, sia come diritto fondamentale, giacché può incidere sul pieno sviluppo della personalità di ogni individuo.

Proprio in tale senso, con la modifica all'articolo 9, non solo il legislatore decide di novellare uno dei principi fondamentali della Costituzione, mai oggetto di modifica sin dal 1948, ma soprattutto introduce un concetto di portata epocale, attraverso la dicitura: “interesse delle future generazioni”. La riforma in itinere si palesa ancora più importante non solo in ragione degli evidenti effetti catastrofici dell'inquinamento e del cambiamento climatico, peraltro a gran voce evidenziati dagli attivisti e dagli scienziati, ma altresì in considerazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cui testo definitivo è stato trasmesso dal Governo alla Commissione europea il 30 aprile 2021.

Proprio il tema dell'ambiente costituisce una delle macro-aree che prevede che siano destinate cospicue risorse alla tutela del territorio e della risorse idriche, all'economia circolare, alla rigenerazione urbana e housing sociale, al superbonus 110 per cento e alle infrastrutture per la mobilità sostenibile. Come dichiarato dalla capogruppo al Senato del Partito Democratico, Simona Malpezzi, è una riforma importante per le future generazioni e assume un valore ancora più rilevante nel corso di una pandemia che farà da spartiacque nel nostro stile di vita e nel momento in cui l'Unione europea assume obiettivi ancora più ambiziosi nel contrasto ai cambiamenti climatici. Il senatore Parrini, in occasione della seduta del Senato dell'8 giugno 2021, ha evidenziato come vi siano dei momenti e degli argomenti rispetto ai quali è necessario che si realizzino un raccordo e un allineamento tra la Costituzione scritta e la Costituzione vivente. “Noi ammettiamo - proseguiva Parrini - che nella coscienza pubblica si siano fatti da tempo molti passi in avanti in termini di attenzione nei confronti delle questioni ambientali, ma sappiamo che è venuto il momento di fare quell'allineamento di cui dicevo. Considero fondamentale il riferimento al fatto che si operi nell'interesse delle future generazioni”. Quel detto abusatissimo, ma che non posso fare a meno di citare anche oggi, ossia che il nostro pianeta e il nostro ambiente li abbiamo non ereditati dai padri, ma ricevuti in prestito dai nostri figli, è vero e doveva avere una sanzione nel testo costituzionale”.

Due ultime necessarie precisazioni, anzi, tre, in conclusione. La prima, è di tipo politico culturale: con la revisione di oggi ci si inserisce in una visione ambientalista positiva, coniugata con lo sviluppo economico e sociale, senza concessioni a teorie sempliciste e di decrescita felice, all'idea di tirare costantemente il freno di emergenza a un treno che deve, invece, muoversi nella logica del PNRR; non sono, quindi, norme per l'inazione economico sociale, ma di garanzia e di equilibrio.

La seconda osservazione è costituzionale: nel momento in cui incidiamo per la prima volta sui primi dodici articoli, anche le norme relative ai princìpi fondamentali non sono sacre e immutabili, ma sono scritte allo scopo di non tornare indietro nella tutela dei diritti; tuttavia, niente impedisce che puntuali revisioni incrementali consentano, invece, di andare avanti, esattamente come quella odierna.

Un'ultima considerazione: noi non pensiamo di essere dei giganti, operando sul testo della prima parte della Costituzione, scritta, invece, sì, da giganti; noi siamo nani sulle spalle dei giganti (per riferirsi a una celebre metafora); siamo nani sulle spalle di giganti e abbiamo, come nostra responsabilità specifica, quella di cogliere le novità del tempo e di fare delle cose che all'epoca i giganti non potevano fare, perché ancora non in grado per le condizioni dell'epoca: ma continuiamo a pensare di essere noi i nani e loro i giganti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Rossano Sasso, buongiorno. Oggi, parliamo della riforma dell'articolo 9 della Costituzione per introdurre un elemento fondamentale: la tutela dell'ambiente e degli ecosistemi. Presidente, Fratelli d'Italia è un partito che ama la patria e uno dei motivi che mi hanno spinto a entrare in questa famiglia è proprio l'amore che si respira in questo gruppo per la nostra patria, e quando si ama la patria si ama tutta la terra che ci hanno lasciato le generazioni passate; questo per dire che il tema dell'ambiente è nel DNA di ogni singolo componente di questo gruppo e lo affrontiamo ogni giorno con passione e con dedizione. Noi non abbiamo le stelle nel nostro simbolo, per poi fare esattamente il contrario di ciò che quelle stelle rappresentano: preferiamo badare alle cose concrete e, proprio per questo, andiamo in punta di piedi quando affrontiamo un provvedimento come quello di oggi all'esame di questa Assemblea. Non basta introdurre una modifica in Costituzione e poi pensare di poter stare tranquilli. Quando, per esempio, si è introdotto il taglio dei parlamentari tutti abbiamo esultato per essere riusciti finalmente a fare quello che volevano i cittadini e cioè mandare a casa un po' di politici, ma questa non mi sembra una grande motivazione. Allora, Presidente, manca un anno e mezzo alla fine della legislatura e ancora non sappiamo come funzionerà il nuovo Parlamento, di conseguenza, è bene riflettere prima di cambiare una virgola a quella che può essere definita la Costituzione più bella del mondo.

Non dobbiamo riempirci la bocca di slogan per dire che abbiamo inserito la tutela dell'ambiente in Costituzione e tutto finisce lì, perché poi occorrono politiche concrete affinché possano effettivamente materializzarsi nelle azioni le tutele ambientali vere e proprie di cui stiamo parlando. Quante volte ci fermiamo ad ammirare i paesaggi della nostra Nazione (non me ne vogliano i colleghi se in questo momento mi viene in mente la Puglia, con i suoi colori, con i suoi sapori e con i suoi paesaggi incontaminati); quando parliamo di tutela dell'ambiente, pensiamo a tutto ciò che l'uomo nei tempi ha creato, a quelli che ci hanno preceduto con il loro lavoro, modificando l'ambiente a propria immagine e lo hanno reso quello che è oggi, contribuendo alla bellezza della nostra nazione, in Puglia come in tutta Italia.

È importante questo punto, perché la tutela dell'ambiente passa attraverso un'armonizzazione con l'uomo e con le sue attività, senza violare le abitudini che mutano nel tempo. La tutela dell'ambiente da alcuni viene radicalizzata, pensando che non si dovrebbe toccare niente di ciò che comprende la natura; questo, però, non è il nostro atteggiamento, perché è ovvio che il mondo si evolve e noi con esso; di conseguenza, dobbiamo trovare il modo di convivere con l'ambiente, tenendo in considerazione anche le nostre necessità. Allora, se da una parte l'introduzione della tutela ambientale, della biodiversità e degli ecosistemi ci trova pienamente d'accordo, dall'altra abbiamo il timore che questo possa portarci a dover interpretare ogni volta quale sia la priorità di applicazione. Faccio un esempio: c'è da costruire un'infrastruttura per rendere più sicuro un luogo o un'infrastruttura per rendere più agevole il raggiungimento di quel luogo, creare dei benefici per gli abitanti.

Cosa facciamo? Cosa scegliamo? Perché spesso ci siamo trovati di fronte a situazioni di questo tipo. Anche in questa legislatura abbiamo acceso infinite discussioni politiche che hanno anche causato crisi di Governo quando, in certi momenti, la priorità dovrebbe essere un miglioramento della qualità della vita o anche delle attività produttive. Allora, attenzione perché anche nella parte finale di quel comma, dove la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali, noi riteniamo superfluo aver introdotto questa frase perché, di fatto, la tutela degli animali è già contemplata nel nostro ordinamento giuridico e l'Italia è uno dei Paesi più restrittivo da questo punto di vista. Le nostre norme sono specifiche. Nessuno ci può fare lezioni su come deve avvenire la tutela degli animali. Cerco di essere più chiaro per ribadire, come hanno già fatto i miei colleghi del Senato, che noi non siamo contro la protezione degli animali, ma bisogna stare attenti a scrivere queste cose in Costituzione, perché dobbiamo tenere ben presente l'impatto che questo avrà su centinaia di attività economiche. Cosa accadrebbe, per esempio, se questa norma fosse scritta in questa maniera in Costituzione, per i nostri allevamenti e per i nostri prodotti di eccellenza agroalimentare? Pensiamo al classico ricorso alla Corte costituzionale perché, magari, si vogliono proteggere i suini, allevati per la produzione dei prosciutti. Che facciamo? Smettiamo di produrre il prosciutto di Parma? Tanto per citare una delle nostre eccellenze italiane. Ecco perché ritengo che questo provvedimento lasci dubbi interpretativi, preoccupanti sul piano agricolo e, inoltre, non si capisce l'urgenza di impegnare l'Assemblea in un momento così delicato per il Paese e per la nostra economia. Ovvio che tutto è importante, ma ci sono priorità e noi oggi siamo chiamati a rispondere per il futuro delle prossime generazioni, invece stiamo parlando di tutela degli animali in un Paese che non è certo arretrato su questo tema. Penso al festival della carne di cane in Cina. Mi piacerebbe sapere che cosa pensano i colleghi a sinistra di quest'Aula del fatto che ogni anno migliaia di cani vengono torturati e uccisi con pratiche violente da uomini che mostrano il massimo della loro crudeltà. Sono animali che noi in Italia trattiamo come figli.

Allora, concludo Presidente, ricordando che Fratelli d'Italia ha già presentato una proposta di legge costituzionale, volta a riconoscere esplicitamente la tutela dell'ambiente tra i principi fondamentali della Repubblica, ma ricordiamo a noi stessi, anche con un certo orgoglio patriottico, che l'Italia, dal punto di vista ambientale e faunistico, è uno dei Paesi più virtuosi del mondo. Non basta la forma, occorre la sostanza; in tema di tutela ambientale occorrono politiche visionarie come, per esempio, un rinnovo dei mezzi pubblici, che non sono certo monopattini; immaginiamo se, solo qui a Roma, ogni cittadino andasse a lavoro in monopattino quante batterie dovremmo smaltire tra qualche anno. Dovremo investire in politiche energetiche su fonti rinnovabili, senza, magari, svendere l'idroelettrico agli stranieri; dovremmo fare educazione civica ambientale nelle scuole, investendo in professionalità e strutture e non con nuovi banchi a rotelle. Quindi, Presidente, manifesto a nome del gruppo piena disponibilità al confronto, ma la maggioranza deve intraprendere una strada diversa che vada nella direzione delle azioni concrete (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Annagrazia Calabria. Ne ha facoltà.

ANNAGRAZIA CALABRIA (FI). Grazie, Presidente Spadoni. Onorevoli colleghi, ogni Costituzione porta in sé, per propria natura, una superba ambizione, così si può chiamare, cioè l'ambizione della durata. Tuttavia, negli ultimi anni il progresso tecnologico ha portato in sé un mutamento di prospettiva, in particolare ad un cambiamento della valutazione del rapporto tra Costituzione e futuro. Se precedentemente, infatti, la riflessione riguardava esclusivamente il futuro delle costituzioni, in tempi più recenti il futuro è diventato una dimensione da preservare a livello costituzionale. Pertanto, la tutela dell'ambiente è il palcoscenico privilegiato sul quale misurare la capacità del diritto costituzionale di adeguarsi alla definizione ormai riconosciuta di sviluppo sostenibile, cioè quella contenuta nel rapporto delle Nazioni Unite del 1987. Lo sviluppo sostenibile è quello che incontra i bisogni del presente senza compromettere il bisogno delle generazioni future. Solo muovendo da questo principio, cari colleghi, possiamo guardare alla revisione ora in discussione. Infatti, con questa riforma, ci confrontiamo con uno dei tratti fondamentali del costituzionalismo: la ricerca di un equilibrio tra il cambiamento e la conservazione. È innegabile e incontrovertibile che oggi l'ambiente, inteso come biosfera e l'insieme degli ecosistemi, rappresenti, per la nostra comunità, un valore irrinunciabile, meritevole della più alta protezione. Siamo qui, dunque, per un lavoro, per così dire, di manutenzione molto importante che prenda atto del cambiamento che la società ha vissuto in relazione a questi temi. Questa revisione ha, dunque, sia un valore certificativo per adeguare la Costituzione al sentire comune, sia un valore, per così dire, pedagogico per spingere quanti ancora non hanno compreso l'importanza di tale fattore ad esserne coscienti, sia un valore giuridico forte per permettere la difesa, in modo ancora più deciso, dell'ambiente contro eventuali leggi future che non ne tengano abbastanza in considerazione l'importanza, in qualità di principale fonte della nostra vita. L'ambiente, in questo senso, non può non comparire tra i principi fondamentali della Costituzione. La presente riforma, che prende atto, quindi, dell'importanza dell'ambiente e cita anche l'interesse delle generazioni future, è una riforma coraggiosa, in quanto pone l'Italia, finalmente, allo stesso livello di altri Paesi che hanno già, a livello costituzionale, alcune clausole di tutela dell'ambiente. Abbiamo iniziato quest'opera nel 2012, inserendo in Costituzione il termine “sostenibilità” e ora proseguiamo su questa strada pensando ad una sostenibilità ben più importante di quella di bilancio, che riguarda la vita di tutti noi, dei nostri figli, dei nostri nipoti, ma che, attenzione, riguarda soprattutto noi, perché non possono esserci politiche nazionali e internazionali dirette ad implementare la responsabilità intergenerazionale senza corrispondenti politiche dirette a realizzare una responsabilità intra-generazionale.

Il diritto all'ambiente, infatti, deve essere inteso come diritto alla razionale gestione delle risorse, alla salvaguardia delle biodiversità, al miglioramento delle condizioni naturali dell'aria, delle acque, del suolo e del territorio complessivo in tutte le sue componenti. Qualche giorno fa, Papa Francesco ha ricordato, nell'udienza tenuta in occasione del G20 dei Parlamenti, che la “scelta è fra che cosa conta e che cosa non conta. La scelta fra il continuare a ignorare le sofferenze dei più poveri e a maltrattare la nostra casa comune, la terra, o impegnarci ad ogni livello per trasformare il nostro modo di agire”. E continuava dicendo che occorre intraprendere “un viaggio di trasformazione e di azione, fatto non tanto di parole ma, soprattutto, di azioni concrete e improcrastinabili”.

Attualmente, lo stile di vita che conduciamo e lo sfruttamento dell'ambiente ad esso connesso va ben oltre, lo sappiamo bene, le possibilità del pianeta. Alcuni dati lo dimostrano. Pensiamo a quelli preoccupanti dell'Agenzia europea per l'ambiente che indicano l'Italia come il primo - il primo - Paese dell'Unione europea per morti prematuri da biossido di azoto nell'aria. Pensiamo all'ultimo rapporto ISPRA che ci dice come ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscano nel mare, di cui il 7 per cento nel nostro mare Mediterraneo. Pensiamo ancora agli oltre 7 milioni di italiani che risiedono in territori vulnerabili, a quel milione che vive oggi, non domani, né in futuro, oggi, in aree a pericolosità da frana elevata. Il 10 per cento dei nostri cittadini è a rischio sanitario perché vive in aree contaminate che avrebbero urgente bisogno di bonifiche ambientali. Questo a conferma dell'estrema fragilità del nostro territorio. Abbiamo affrontato nei mesi scorsi, nel mese di luglio, nel “decreto Governance PNRR e semplificazioni” il delicato tema del dissesto idrogeologico che deve essere curato non solo nell'interesse del futuro, ma anche per un interesse attuale alla salvaguardia della vita e delle condizioni di vita dei nostri cittadini. Tutela dell'ambiente, ricordiamolo, che può, peraltro, tradursi in minore spese. Pensiamo alla previsione delle catastrofi naturali: è meglio investire per la loro prevenzione poiché in questo modo si fornisce una migliore protezione della vita, delle proprietà, degli edifici e delle attività delle persone; lo si fa ad un costo, ovviamente, inferiore. Dunque, la sfida attuale è anche quella di costruire una società in grado di coniugare la tutela dell'ambiente allo sviluppo economico e allo sviluppo sociale.

La transizione dovrà avvenire nei tempi prestabiliti, ma tenendo conto delle implicazioni che un rapido cambiamento del modello di sviluppo, così come l'abbiamo conosciuto fino ad oggi, avrà inevitabilmente su una parte del mondo produttivo e dei lavoratori maggiormente coinvolti in quella obbligata, ma necessaria riconversione.

Sotto questo aspetto, affinché la transizione sia realmente efficace, è indispensabile che gli aggiustamenti per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia dell'ambiente siano equi e siano, soprattutto, giusti. Se la transizione ecologica significa nuove e anche straordinarie opportunità per ampi settori produttivi, inevitabilmente significa anche fortissimi svantaggi per quei settori e quei lavoratori che, invece, hanno meno alternative e, quindi, maggiori difficoltà ad adeguarsi al cambio di paradigma, in quanto operano in settori dove è molto più difficile la riconversione. Se dobbiamo vincere la scommessa di questo nuovo paradigma di sviluppo pienamente compatibile con la tutela dell'ambiente, cogliendo tutte le opportunità che questo nuovo modello offre, siamo certi che lo faremo senza lasciare indietro nessuno. Infatti, la ripresa post pandemia ci consentirà di conseguire tutti i nostri obiettivi ambientali e, al contempo, di aiutare le famiglie, di aiutare le imprese, onde evitare che i costi della riconversione cadano tutti su di loro. È opportuno ricordare che l'Italia ha destinato il 40 per cento delle risorse del PNRR per la transizione ecologica. In particolare, la seconda Missione del Piano si occupa di economia circolare, efficientamento energetico degli edifici, risorse idriche e inquinamento, includendo interventi migliorativi di gestione dei rifiuti, infrastrutture dedicate alla raccolta differenziata e impianti di trattamento. Dunque, colleghi, oggi iniziamo inserendo l'ambiente in Costituzione, per poi impegnarci a garantire che questi cambiamenti epocali avvengano nel modo giusto, saggio, intelligente. Forza Italia, come sempre, ci sarà e darà il suo contributo di pensiero, di ragionamento, di azione per vincere insieme la sfida centrale della nostra epoca (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tasso. Ne ha facoltà.

ANTONIO TASSO (M-MAIE-PSI-FE). Grazie, Presidente, buongiorno a lei, al sottosegretario Sasso e a tutti i presenti. Oggi siamo a discutere sulle modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente, che comprende anche una maggiore considerazione per il rispetto e la tutela degli animali. Quando si parla di ambiente e delle sue problematiche, mi viene sempre in mente che il mondo pare una locomotiva impazzita che sta andando a schiantarsi verso il muro e il cui macchinista, invece di frenare, come sarebbe logico, continua ad accelerare. D'altronde, anche il Presidente degli Stati Uniti, Biden, e il nostro Presidente del Consiglio, Draghi, in occasione del recente “Forum delle maggiori economie sull'energia e il clima”, hanno dichiarato che - tradotto dal politically correct - si stanno facendo solo chiacchiere, mentre il mondo, con questo andazzo, farà fatica a superare la fine di questo secolo. È vero anche che il Piano nazionale di ripresa e resilienza, in ogni sua parte, in ogni sua Missione, di qualsiasi comparto si parli - economico, sociale, sanitario, di educazione e formazione -, è costantemente proiettato alla tutela dell'ambiente e alla transizione ecologica. Quindi, il fatto che si parli di tutela dell'ambiente, di animali, è un elemento assolutamente positivo, che mi trova, unitamente al gruppo che rappresento, totalmente d'accordo sul fatto che sia indispensabile occuparsene, però l'approvazione di questo provvedimento non può essere - e, di fatto, non lo è - un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Ed è proprio questo che, a mio parere, in passato non ha funzionato, perché un conto è riconoscere un principio fondamentale, altra cosa è, invece, dargli attuazione. Non a caso, abbiamo una legge di tutela del suolo che giace abbandonata da anni, che è in attesa di promulgazione, per non parlare dell'acqua, che riteniamo un bene fondamentale, tant'è che, nel 2011, fu anche promosso un referendum che portò 26 milioni di italiani alle urne per chiedere, senza mezzi termini, che l'acqua restasse un bene di natura esclusivamente pubblica e che da essa non si traesse profitto. Beh, quella volontà popolare, ad oggi, non è stata rispettata. Mi pare paradossale - per utilizzare una terminologia rispettosa in quest'Aula - che i vari Governi succedutisi, di ogni colore, compresi i due precedenti all'attuale, che avevano anche a sostegno un partito che ha l'acqua rappresentata nel suo logo, ha cinque elementi, non abbiano fatto in modo che quel referendum non sia stato effettuato inutilmente, ma, al momento, purtroppo è così. Quindi, finora, io rilevo che sono stati visti molti buoni propositi, sono stati adottati tanti palliativi e poche soluzioni, azioni concrete. Ma questo non mi scoraggia, devo dire, e mi porta ad essere totalmente favorevole a queste modifiche, anche perché, in Italia, sono tante le situazioni in cui l'attenzione all'ambiente, con tutti gli ambiti afferenti, e l'attenzione all'iniziativa economica privata rispettosa della salute e dell'ambiente deve sempre essere molto alta. Noi non possiamo permetterci deroghe in questo senso, come, in effetti, poi, è avvenuto in passato. E parlo con cognizione di causa su questo, vivendo in una zona che sta pagando uno scotto notevole dovuto all'industrializzazione del secolo scorso, spesso accompagnata da una consapevolezza ambientale scarsa o, oserei dire, nulla, che ha lasciato la pesante eredità di un sito contaminato, come è accaduto in altre parti del nostro Paese. Questa mancata osservanza delle normative o disattenzione verso di esse porta una zona - mi riferisco a quella di cui sono buon testimone - che viene conosciuta come Piana di Macchia, ai piedi del Gargano, tra le città di Manfredonia e Monte Sant'Angelo, dove la natura è stata, tra l'altro, molto generosa, donando uno splendido connubio fra vegetazione mediterranea, scogliera, mare cristallino, ad essere, ormai, condannata ad essere inutilizzata ed inutilizzabile, in quanto soggetta ad attività di bonifica dei terreni, delle falde del mare, che, forse, si protrarrà per i prossimi 15 anni, ed i risultati non sono ancora certi. Tutto questo derivato da una industria poco attenta all'ambiente, che ha pregiudicato lo sviluppo di quelle zone in altri versi. Da questa esperienza che sto vivendo e dalla sofferenza che tutto questo causa alla popolazione che ha la sventura di viverla, viene fuori il convincimento che tutto ciò che normativamente può dar forza al rispetto per l'ambiente deve essere perseguito. Di questo ne sono pienamente convinto, l'ho dichiarato anche poc'anzi. E il controllo da esercitare sull'efficacia di queste leggi deve essere tale affinché quello che andremo ad approvare non sia l'ennesima operazione di maquillage o di semplice facciata, ma che ci porti a vincere una corsa che, in questo momento, purtroppo, stiamo perdendo. In chiusura, Presidente, nel tempo residuo consentitomi, mi permetto due digressioni. La prima riguarda la piena solidarietà che desidero esprimere al gruppo sindacale della CGIL per il vile attacco alla sede di corso Italia a Roma e la ferma condanna di espressioni violente, di cui gli autori, che dubito si vergogneranno, dovranno pagare le conseguenze. La seconda digressione, dal momento che siamo in clima elettorale, riguarda i funzionari che sono impegnati nell'espletamento delle mansioni in queste occasioni. Faccio mia la richiesta che mi arriva dai soggetti interessati e, quindi, rilevo l'opportunità di ripristinare quanto cassato con l'articolo 2, comma 30, della legge n. 244 del 2007 - quindi, la finanziaria 2008, in buona sostanza - in tema di compensi ai componenti delle commissioni e sottocommissioni circondariali in materia elettorale. La richiesta, a mio avviso, è motivata dal fatto di voler compensare l'impegno e la responsabilità connessi all'espletamento del mandato, che prevede veri e propri tour de force in occasione degli appuntamenti elettorali - e sottolineo il notevole impegno e la grande responsabilità -, che non vengono riconosciuti e, quindi, senza copertura retributiva, da parte di alcuni contratti di lavoro. Io sono certo che su questo vi sia una sperequazione in atto e, comunque, una lacuna che andrebbe colmata. È per questo che inoltrerò questa mia proposta agli uffici ministeriali competenti. Per il resto ho concluso e ringrazio per la parola concessami.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3156​ e abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Valentina Corneli, che rinuncia. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente, solo per dire che il fatto che, con la modifica dell'articolo 9 della Costituzione, il Parlamento intenda elevare a rango costituzionale la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi non può che trovare il consenso e il parere assolutamente favorevole del Governo.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Schullian ed altri; Ascani; Minardo; Sasso ed altri; d'iniziativa del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro; Lattanzio: Disposizioni in materia di iscrizione contemporanea a due corsi di istruzione superiore (A.C. 43​-1350​-1573​-1649​-1924​-2069-A​) (ore 11,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 43-1350-1573-1649-1924-2069-A: Disposizioni in materia di iscrizione contemporanea a due corsi di istruzione superiore.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 43-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento. La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Alessandro Fusacchia.

ALESSANDRO FUSACCHIA , Relatore. Grazie, Presidente. Vorrei anch'io, anzitutto, esprimere preoccupazione per i fatti del fine settimana, solidarietà alla CGIL e a chi ha subito violenze e aggressioni, e vicinanza alle donne e agli uomini delle nostre Forze dell'ordine. E vorrei anche dire che trovo molto bello che stamattina ci occupiamo di opportunità per i giovani e università, subito dopo aver chiuso la discussione generale su una riforma costituzionale con cui introdurremo la tutela dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile nella nostra Costituzione.

Venendo al punto all'ordine del giorno, il provvedimento di cui oggi cominciamo l'esame è il testo unificato che la VII Commissione ha predisposto all'esito di un lavoro che ha preso le mosse da più proposte di legge d'iniziativa di deputati e deputate di più gruppi: Schullian, Ascani, Minardo, Sasso - che saluto approfittando della sua presenza in rappresentanza del Governo -, Lattanzio e CNEL. Parliamo, quindi, di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, oggetto raro di questi tempi, e di un testo unificato, che in Commissione è stato approvato all'unanimità.

Con questo provvedimento ci occupiamo di una norma di quasi 90 anni fa: l'articolo 142, secondo comma, del regio decreto n. 1592 del 1933, che vieta a uno studente l'iscrizione contemporanea a più università o istituti di istruzione superiore, a più facoltà o scuole della stessa università o dello stesso istituto, e a più corsi di laurea o di diploma della stessa facoltà o scuola. Stiamo parlando di una norma talmente anacronistica che era stata introdotta nell'anno in cui negli Stati Uniti veniva brevettata la radio FM e che pretendiamo valga ancora oggi nell'anno in cui, per la prima volta, un privato cittadino è andato da solo nello spazio.

La finalità della proposta di legge che discutiamo - e che spero, in tempi brevissimi, arriveremo ad approvare qui alla Camera - è di abrogare questo divieto e rendere possibile la doppia iscrizione contemporanea a due corsi di studio di istruzione superiore. Dico corsi di studio di istruzione superiore, e non semplicemente corsi di studio universitari perché - ed è un altro punto bellissimo del provvedimento - consentiamo la piena e libera doppia iscrizione anche nell'ambito dei corsi erogati dagli istituti dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM). Se c'era attesa tra i giovani che frequentano l'università, altrettanta ce n'era tra i giovani che frequentano conservatori o accademie. Su questo tornerò tra poco, Presidente.

Prima, vorrei provare a rispondere alla domanda più importante di tutte, che restituisce il valore e il senso di questa proposta di legge. La domanda è: perché? Perché è importante consentire la doppia iscrizione contemporanea? Perché facciamo tutto questo? Lo facciamo per favorire l'interdisciplinarietà e la contaminazione tra saperi diversi, anche molto diversi e distanti tra loro, perché i nostri giovani siano meglio attrezzati a farsi strada in un mercato del lavoro fatto di figure sempre più ibride e dove la dicotomia tra scienze sociali e scienze dure sarà sempre più un ricordo del passato. Lo facciamo, quindi, perché le nostre studentesse e i nostri studenti abbiano un'opportunità in più, anzi letteralmente raddoppino le loro opportunità di immaginare liberamente il proprio percorso di studio e di vita. Lo facciamo per adeguare la normativa italiana a quella di altri Paesi europei, che riconoscono già agli studenti la facoltà di iscriversi contemporaneamente a più di un corso di studio. Non permetterlo vorrebbe dire continuare a tenere le università italiane col freno a mano e impedire che diventino più attrattive anche per richiamare studenti stranieri.

Tra l'altro, Presidente, oggi siamo al paradosso per cui il divieto di doppia iscrizione impedisce agli atenei italiani di stringere accordi con altri atenei italiani per il rilascio dei titoli congiunti, mentre possono accordarsi per lo stesso fine con atenei stranieri e possono solo con questi ultimi definire corsi di studio integrati, che culminano nel rilascio di un titolo “congiunto” (joint degree) o di un doppio titolo (il cosiddetto double degree).

Io credo, Presidente, che non possiamo continuare a tollerare che i nostri giovani sentano di dover necessariamente andare a Madrid, o Lione, o Leiden, per poter portare avanti due corsi di studi allo stesso tempo. Andare a studiare in Europa è un'esperienza unica, che cambia la vita; e en passant, Presidente, dico pure che dovremmo capire come renderla possibile per tutti, questa esperienza, e anche come fare in modo che poi chi vuole rientrare da un titolo di studio estero, non impazzisca dietro alla burocrazia e alle carte per tornare, magari, a fare un dottorato in Italia o anche solo per partecipare ad un concorso pubblico. Ma questo incoraggiamento ad andare in Europa non può restare legato ad una mancanza, a una deficienza dell'ordinamento italiano.

Vengo adesso ad una descrizione più dettagliata della proposta di legge. L'articolo 1 abroga il citato secondo comma dell'articolo 142 del regio decreto n. 1592 del 1933 e stabilisce che, fermo restando in ogni modo, ovviamente, l'obbligo di possesso dei titoli di studio richiesti per l'iscrizione al singolo corso di studi, è consentita l'iscrizione contemporanea alle seguenti coppie di corsi, e pregherei tutti di fare attenzione alle congiunzioni e alle disgiunzioni: quindi, ci si potrà iscrivere a due corsi di laurea, di laurea magistrale o di master, anche presso più università, scuole o istituti superiori a ordinamento speciale; ci si potrà iscrivere a un corso di laurea o di laurea magistrale e a un corso di master, di dottorato di ricerca o di specializzazione, ad eccezione dei corsi di specializzazione medica; ci si potrà iscrivere a un corso di dottorato di ricerca o di master e a un corso di specializzazione medica. Le iscrizioni contemporanee sono consentite presso istituzioni sia italiane, che estere.

Cosa resterà non consentito, dopo l'approvazione di questa legge? Due situazioni molto specifiche e direi anche di buonsenso, anche se per ragioni diverse. La prima: non sarà consentita la doppia iscrizione contemporanea allo stesso corso di laurea, di laurea magistrale o di master. La seconda: non ci si potrà iscrivere a due dottorati di ricerca contemporaneamente.

Segnalo, inoltre, che non abbiamo toccato quanto disposto dal decreto ministeriale n. 270 del 2004 in materia di criteri generali per l'ordinamento degli studi universitari e per la determinazione della tipologia dei titoli di studio rilasciati dalle università.

Per quanto riguarda i corsi universitari con accesso a numero programmato a livello nazionale - ripeto, questo è un punto delicato e importante, corsi universitari con accesso a numero programmato a livello nazionale - è apparsa opportuna una disciplina speciale. In Commissione abbiamo scelto di confermare l'impostazione liberale generale della legge per questi corsi e di rendere, quindi, possibile la doppia iscrizione anche a corsi a numero programmato a livello nazionale. Tuttavia, in considerazione delle caratteristiche peculiari di questi corsi, abbiamo preferito rimandare a un regolamento la definizione dei criteri in base ai quali consentire la contemporanea iscrizione a due corsi universitari di questo tipo. L'articolo 4, comma 2, prevede, pertanto, l'adozione, da parte del Ministro dell'Università e della ricerca, di un apposito regolamento entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

L'articolo 2 reca disposizioni, come accennavo prima, analoghe a quelle dell'articolo 1, ma riferite alle istituzioni del mondo AFAM. Qui la situazione di partenza era più complessa: mentre, infatti, dal 1933 non era mai stato toccato il divieto di doppia iscrizione all'università, per le istituzioni dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica, in sostanziale deroga a quanto disposto dal regio decreto del 1933, la legge n. 240 del 2010, all'articolo 29, comma 21, aveva già autorizzato la contemporanea iscrizione a corsi di studio universitari e a corsi di studio presso alcune istituzioni dell'AFAM, vale a dire i conservatori di musica, gli istituti musicali pareggiati e l'Accademia nazionale di danza. Che è successo, però? Fino a oggi questa facoltà è rimasta limitata e soggetta a condizioni e vincoli, che ne hanno ridotto significativamente la portata: la legge del 2010 aveva, infatti, rimandato a un decreto ministeriale la disciplina delle modalità organizzative per consentire questa doppia iscrizione a università e istituzioni AFAM, e il decreto ministeriale 28 settembre 2011 aveva sostanzialmente subordinato la doppia iscrizione all'approvazione dei competenti organi delle università e delle istituzioni AFAM, i quali la concedevano, e la concedono, dopo aver verificato la compatibilità della doppia iscrizione con gli obblighi di frequenza e con l'impegno richiesto allo studente per ciascun anno di corso. Insomma, c'era sempre qualcuno che doveva autorizzarti, approvare e decidere ex ante quanto eri capace di impegnarti e fare sacrifici per seguire due corsi contemporaneamente.

Come se non bastasse, il decreto ministeriale di 10 anni fa aveva anche stabilito che i crediti formativi acquisibili dallo studente non potevano comunque essere più di 90 per anno, a parte quelli conseguiti per le discipline valutabili in entrambi gli ordinamenti. Si capisce, quindi, come fino ad oggi sia rimasta un'opportunità calmierata.

L'articolo 2 del nostro provvedimento toglie queste condizioni e vincoli e assicura alle istituzioni AFAM una perfetta corrispondenza, un perfetto parallelismo con quanto prevediamo per le università. Sempre tenendo fermo, anche in questo caso, l'ovvio obbligo di possesso dei titoli di studio richiesti per l'iscrizione al singolo corso di studi, è consentita adesso l'iscrizione contemporanea, anche presso le istituzioni AFAM, alle seguenti coppie di corsi: due corsi di diploma accademico di primo o di secondo livello o di perfezionamento o master (previsto al comma 1), un corso di diploma accademico di primo o di secondo livello e un corso di perfezionamento o master o di dottorato di ricerca o di specializzazione e, infine, un corso di dottorato di ricerca o di perfezionamento o un master e un corso di specializzazione. L'iscrizione contemporanea è consentita, anche in questo caso, presso istituzioni italiane o estere e può riguardare anche i corsi accreditati, ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005. Si tratta dell'articolo in base al quale, nelle more dell'entrata in vigore del regolamento su procedure, tempi e modalità per la programmazione, il riequilibrio e lo sviluppo dell'offerta didattica nel settore - regolamento che non è ancora intervenuto -, l'autorizzazione a rilasciare i titoli di alta formazione artistica, musicale e coreutica può essere conferita, con decreto del Ministro, a istituzioni non statali con determinate caratteristiche. Analogamente a quanto previsto per l'università, non è consentita la doppia iscrizione contemporanea al medesimo corso di studio presso le due istituzioni AFAM. Quanto all'iscrizione contemporanea a corsi AFAM e a corsi universitari, l'articolo 2 chiarisce che è consentita nel limite di due iscrizioni: in altre parole, ci si può iscrivere a due corsi AFAM oppure a due corsi universitari oppure ad un corso AFAM e un corso universitario. La proposta di legge non si limita, Presidente, ad abrogare formalmente il divieto di doppia iscrizione; sarebbe stato molto più facile, avremmo scritto un unico articolo, molto semplice, che abrogava questo divieto. Ci siamo anche posti la questione e ci siamo molto occupati e preoccupati di rendere materialmente possibile la doppia iscrizione. L'articolo 4, comma 1, demanda a un decreto ministeriale il compito di definire le modalità per facilitare agli studenti - sottolineo facilitare, non autorizzare, ma facilitare - la doppia iscrizione universitaria, in particolare, ai corsi che richiedono la frequenza obbligatoria. Lo stesso decreto dovrà definire le modalità per favorire il conseguimento, da parte degli studenti, di titoli finali doppi o congiunti, sulla base di convenzioni tra università, scuole o istituti superiori ad ordinamento speciale. Cosa vuol dire? Ciò significa che, con l'entrata in vigore della legge, ciascuna studentessa o studente potrà iscriversi liberamente - e, quindi, senza dover aspettare alcuna autorizzazione - a due università e ad un percorso di doppia laurea, ma il sistema universitario, nel suo complesso, dovrà fare di tutto - ripeto, di tutto - per evitare che la vita di questa studentessa, o studente, diventi impossibile: facilitare, accompagnare, fare in modo di rendere il più possibile compatibile, giorno dopo giorno, la doppia iscrizione e, quindi, i corsi e gli esami. Sappiamo – lo sappiamo - che non sarà un esercizio facile, ma proprio per questo, Presidente, noi contiamo sulla massima attenzione della Ministra e di tutto il Ministero dell'Università e della ricerca e sulla piena collaborazione di tutti gli atenei, di ogni rettore e di ogni rettrice d'Italia nella fase di attuazione. Noi abbiamo il potere, e il dovere, di rimuovere un divieto vecchio di un secolo; abbiamo il diritto di prescrivere, ma sono anche molto consapevole, Presidente, che il nostro è un Paese dove il progresso civile, economico e sociale è fatto, per il 20 per cento, dalle leggi che facciamo e per l'80 per cento da come le attuiamo. Ho avuto modo di intervenire proprio su questo lo scorso 23 settembre su invito del presidente Ferruccio Resta all'Assemblea della Conferenza dei Rettori delle Università italiane, la CRUI, e ho trovato grande attenzione, il che mi fa ben sperare.

Il decreto ministeriale dovrà essere adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere proprio della CRUI, del Consiglio universitario nazionale, il CUN, e del Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU). Per le parti di competenza, inoltre - e qui mi rivolgo al sottosegretario Sasso -, dovrà essere sentito anche il Ministro dell'Istruzione. Infatti, allo stesso decreto ministeriale è demandato di stabilire, oltre che le modalità di adeguamento del fascicolo elettronico dello studente universitario, anche le modalità di raccordo con il curriculum dello studente delle scuole secondarie di secondo grado. In particolare, si prevede l'accesso tramite il Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese, SPID, la Carta d'identità elettronica o la Carta nazionale dei servizi.

Misure analoghe sono previste per la doppia iscrizione ad istituzioni dell'AFAM. A questo fine, l'articolo 4, comma 3, prevede un decreto del Ministro dell'Università e della ricerca, da adottare sempre entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere, questa volta, del Consiglio universitario nazionale, CUN, del Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU) e del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM).

C'è un punto del provvedimento di cui, Presidente, abbiamo molto discusso e a cui abbiamo prestato grande attenzione in Commissione: la doppia laurea, Presidente, non deve essere - lo ripeto, non deve essere - in alcun modo, un'opportunità solo per chi se la potrà permettere, ma deve dare a tutti, e a tutte - e anzitutto ai più capaci e meritevoli, a prescindere dalla storia di chi li ha messi al mondo e dalla porzione di geografia in cui sono cresciuti - la possibilità di giocarsela di più e meglio, che sia in Italia, in Europa o nel resto del mondo. Solo l'impegno, solo le capacità dovranno contare. Per questo, vale a dire per rendere sostenibile la doppia iscrizione anche per le studentesse e gli studenti meno abbienti e rendere, quindi, anche in questo caso, materialmente possibile intraprendere un percorso di doppia laurea, l'articolo 3 dispone che chi si iscrive contemporaneamente a due corsi, beneficia degli strumenti e dei servizi a sostegno del diritto allo studio per una sola iscrizione, a sua scelta,- quindi, una sola borsa di studio (sua scelta vuol dire a scelta della studentessa o dello studente), ma gode, comunque, dell'esonero, totale o parziale, del versamento del contributo omnicomprensivo annuale che si applica, in presenza dei requisiti previsti, ad entrambe le iscrizioni. Tradotto: se una studentessa o uno studente è esonerato dal pagamento delle tasse universitarie, domani, lo sarà anche per la sua seconda iscrizione ad una seconda laurea.

Infine, all'articolo 3 è previsto che le università e le istituzioni AFAM redigano annualmente un programma per favorire e promuovere la partecipazione degli studenti lavoratori a corsi di studio e ad attività formative successive al conseguimento del titolo. Questa è una disposizione che era contenuta nella proposta di legge del CNEL e che in Commissione abbiamo ritenuto di conservare.

Cosa succederà quando questa legge - spero presto - entrerà in vigore? Sono certo, Presidente, che, se sarà attuata bene dal Ministero e se gli atenei reagiranno favorevolmente, come confido, tantissimi giovani - e anche più di qualcuno diversamente giovane - vorranno approfittarne e iscriversi a due lauree contemporaneamente, ma sarà importante, al di là degli auspici, verificare per bene, numeri alla mano, quanto questa legge avrà funzionato e come. Per questo, con l'articolo 5, abbiamo previsto che il Ministro dell'Università e della ricerca presenti al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge e una valutazione di impatto della stessa, anche sulla base dei rapporti che le università e le istituzioni AFAM trasmetteranno annualmente al Ministero. Ripeto: la relazione del Ministro dovrà raccontare non gli adempimenti formali o gli iter amministrativi, ma l'impatto della legge: dati, dati, dati. Auspico che questi dati possano essere raccolti in maniera aperta e omogenea tra i diversi atenei e che il Ministero si faccia carico di organizzare e guidare questo esercizio di buona politica. Questa relazione dovrà essere presentata entro 4 mesi dalla conclusione del terzo anno accademico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge.

L'articolo 6, da ultimo, ordina l'invarianza finanziaria del provvedimento, disponendo che, dall'attuazione della legge, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni interessate devono, quindi, provvedere nell'ambito delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Per quanto riguarda, infine, i pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, che sono stati attentamente valutati nella fase finale dell'esame in sede referente, la I Commissione ha espresso parere favorevole, con una condizione e alcune osservazioni, la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere favorevole con una condizione, la XI Commissione ha espresso parere favorevole senza condizioni o osservazioni.

Mi lasci concludere, Presidente, con due brevi considerazioni: La prima. Ci sono migliaia di ragazze e ragazzi là fuori che chiedono che il divieto del 1933 venga abrogato e che questa abrogazione avvenga in fretta. Non ha idea, Presidente, di quanto questa misura sia sentita, di come sia già diventata anche più di quello che è, un simbolo di modernizzazione dell'Italia e di apertura sul mondo, un simbolo di quanto conti riconoscere l'impegno e il sacrificio, un simbolo di emancipazione di una nuova generazione di ragazze e ragazzi, in ogni parte d'Italia. La doppia laurea è un diritto all'opportunità. Anche per questo dobbiamo assolutamente fare in modo che questa proposta diventi legge in tempo utile, perché dispieghi tutti i suoi effetti, al più tardi, a partire dal prossimo anno accademico.

Una seconda e ultima considerazione, Presidente e colleghi, riguarda la necessità che questa proposta di legge, non appena sarà legge dello Stato, venga conosciuta da studentesse e studenti. Serve una grande campagna di informazione, che cominci nelle scuole secondarie, in particolare con gli studenti degli ultimi anni - e qui mi rivolgo al rappresentante e collega del Ministero dell'Istruzione - e finisca ben oltre gli anni dell'università. Soprattutto, insieme all'informazione e prima dell'informazione, serviranno politiche mirate di orientamento. Quando c'era il divieto e ci si poteva iscrivere ad una laurea sola, l'orientamento era quello universitario: sceglievi la laurea a cui scriverti; ma quando questo divieto non ci sarà più, tutto cambierà. Non si tratterà di scegliere una seconda laurea, ma di capire come avventurarsi in un mondo dove competenze, anche distanti tra loro, potranno essere ricombinante per creare professionalità nuove e rare, per inventare nuovi mestieri, per trovarsi un posto unico al mondo. Per questo, servirà un orientamento diverso, non per capire quale titolo di laurea un ragazzo o una ragazza vorrà avere, ma per capire chi nella vita vorrà essere. La scuola, signora Presidente, anzitutto la scuola, ma insieme le università e le organizzazioni del Terzo settore e di tutta la società civile, dovranno nei prossimi anni immaginare percorsi per accompagnare la scoperta di sé di tutti i nostri adolescenti. Il contrario di una generazione smarrita è una generazione orientata. A noi sta, Presidente, trasformare tutte le ragazze e i ragazzi d'Italia in pionieri, dando loro ogni strumento utile per esplorare, sperimentare e creare.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario Sasso.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie Presidente. Non nascondo l'emozione perché questa settimana, collega Fusacchia, penso, spero inizi l'ultimo giro: la campanella questa volta la sentiamo suonare e stiamo vedendo il traguardo vicino. È bello ricordare questa riforma, che cambierà radicalmente l'offerta formativa degli atenei. Come il collega Fusacchia giustamente osservava, adesso non si potrà più far finta di nulla: niente sarà più come prima. Non voglio dilungarmi perché il collega Fusacchia ha già detto tutto; dico soltanto che lo studio nella nostra Nazione deve essere un'opportunità garantita a tutti. Io credo nella parità di condizione, ma se c'è qualche studente che vuole studiare di più degli altri e vuole studiare per due lauree o vuole fare due percorsi formativi contemporaneamente, grazie al Parlamento, grazie al lavoro della VII Commissione e grazie a tutti i colleghi - si spera nel più breve tempo possibile - questo sarà reso possibile. Soprattutto, questo non sarà soltanto un diritto per pochi, perché, fino ad oggi, ci si poteva iscrivere a due corsi di laurea ma bisognava andare per forza all'estero e soltanto i figli delle famiglie benestanti e ricche potevano farlo; il figlio dell'operaio, il figlio del disoccupato, non poteva farlo. Per cui, questa riforma, che va a cancellare un divieto che, giustamente, è stato definito come anacronistico, rimette anche della giustizia sociale nell'ambito del diritto allo studio e, soprattutto, mette al passo con gli altri Paesi europei i nostri studenti. Per cui, da parte del Governo, collega Fusacchia, e da parte anche del Ministero dell'Istruzione, noi non vediamo l'ora che il Parlamento, la Camera prima e il Senato poi, si sbrighi a restituire questa possibilità alle decine di migliaia di studenti e alle loro famiglie, che non aspettano altro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Lattanzio. Ne ha facoltà.

PAOLO LATTANZIO (PD). Grazie Presidente. Colleghi e colleghe, sottosegretario, ringraziando per quanto illustrato dall'onorevole Fusacchia, io non voglio fare subito il guastafeste, però dobbiamo partire da alcuni dati. Infatti, all'interno di un week-end già molto cupo - citato da chi è intervenuto prima di me - sono arrivati anche i dati Istat sui livelli di istruzione e partecipazione alla formazione in Italia per il 2020; sono dei dati non solo negativi, ma anche gravi, che chiamano in causa le responsabilità di tutti. Ne riporto alcuni.

In primo luogo, riguardo alla presenza in Italia di cittadini e cittadine con almeno un diploma, in Italia, abbiamo il 62,9 per cento; in Unione europea, vi è una media del 79 per cento. Riguardo ai laureati, in Italia la percentuale è del 20,1 per cento, mentre nell'Unione europea è del 32,8. Ancora, potremmo sperare nella crescita per recuperare questo gap, ma, ahimè, non è così, perché in Italia la crescita annuale è dello 0,5 per cento, nel passaggio dal 2019 al 2020, mentre la media europea è dell'1,2. D'altra parte, ci rincuora - ma parzialmente - il divario di genere, che questa volta è invertito, perché, come è risaputo, in Italia, sono di più le laureate (23 per cento) rispetto ai laureati (17,2 per cento), anche se questo impone una riflessione che questo Parlamento non può continuare a trascurare, sulla presenza nei luoghi di grande responsabilità delle donne nel nostro Paese, che sono sistematicamente in minoranza pur essendo in maggioranza tra i laureati, quindi, pur avendo una formazione più elevata. Per questo, credo che vada salutata con piacere la giunta messa in piedi dal sindaco Sala, che ha una perfetta parità di genere anche in ruoli importanti per la città di Milano.

Veniamo alle differenze geografiche, perché anche quelle, nel nostro territorio, contano e molto. Come il sottosegretario e mio concittadino sa, al Sud siamo messi ancora una volta molto peggio del resto del Paese e non, ovviamente, per responsabilità degli studenti e delle studentesse, ma per una serie di croniche difficoltà, che ormai credo sia indispensabile affrontare con i fondi del PNRR: nel Sud Italia e nel Mezzogiorno, abbiamo il 16,2 per cento di laureati, rispetto al 24,2 del Centro e al 21,3 del Nord.

Ultimo dato, riguarda i cittadini di origine straniera. Se fino a dieci anni fa c'era una sostanziale uniformità riguardo al diploma e, quindi, i dati erano molto simili fra italiani e stranieri e rimangono simili in Europa, nel nostro Paese adesso, invece, c'è un peggioramento enorme anche di questo dato, con un abbassamento ulteriore del livello di formazione dei cittadini di origine straniera in Italia. Ciò non è un mero dato statistico, ma il dato di una difficoltà nell'inclusione e nella partecipazione alla vita democratica del nostro Paese.

Detto tutto questo, sicuramente sono d'accordo con il sottosegretario Sasso e con l'onorevole Fusacchia, perché quella che scriviamo oggi e che si concluderà - auspico - in tempi molto brevi è una pagina importante per il Parlamento e per la Commissione cultura, perché abroghiamo finalmente un divieto che risaliva al regio decreto del 31 agosto 1933, con una norma che sostanzialmente nasceva con una finalità differente, in un mondo differente, quasi cento anni fa; un mondo all'interno del quale gli studenti e le studentesse - anzi, gli studenti, in questo caso - erano molto pochi, dovevano rimanere concentrati sullo studio e, subito dopo il conseguimento della laurea, dovevano essere immediatamente collocati in un mondo del lavoro tendenzialmente abbastanza schematico e semplificato, se guardato con gli occhi di oggi e della contemporaneità. La ratio legis, quindi, prevedeva una grande concentrazione e la necessità di percorsi formativi ed educativi che avessero delle traiettorie precise e unidirezionali, così come è arrivato a noi. Letto oggi, questo divieto ci crea un bel po' di difficoltà e sono contento che la Commissione cultura lo abbia voluto affrontare, anche se, in realtà, già nella XVII legislatura, con una proposta di legge del collega Marco Meloni, del Partito Democratico, si era lavorato su questo fronte, ma senza arrivare a compimento. Sono contento, quindi, che la Commissione cultura se ne sia occupata, partendo da due riflessioni che guardano alla nostra Costituzione che, da un lato, all'articolo 3, prevede il compito per la Repubblica di rimuovere tutti gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano libertà e uguaglianza dei cittadini per il pieno sviluppo della persona umana, mentre nell'articolo 9, prevede che la Repubblica promuova lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Bene, credo sia altrettanto evidente che un divieto di questo tipo stoni con la nostra Costituzione.

Non mi soffermo sui passaggi tecnici, sulle congiunzioni e disgiunzioni, sulle quali, in maniera magistrale, il collega Fusacchia è intervenuto, perché sono passaggi già molto chiari. Ma sostanzialmente la possibilità di una doppia iscrizione, che includa corsi di laurea, master, PhD, scuole di specializzazione, con eccezioni soltanto nel campo medico, permette di fare un passo in avanti molto, molto importante in quella direzione che consente di rispondere a un mondo complesso, a un mondo articolato, a un mondo della formazione che fa della versatilità, della complessità e della modalità di acquisizione di questa complessità i propri punti di forza.

Un dato ulteriore e aggiuntivo rispetto a quanto è stato detto finora è che in passato - anzi, fino a oggi - il paradosso era che non ci si poteva iscrivere a due corsi contemporaneamente ma si poteva essere iscritti a un corso di laurea e a una pluralità di corsi di formazione non accademica a pagamento, il che crea e ha creato inevitabilmente una stortura sia nella possibilità di accesso a questi corsi a pagamento sia anche nella gestione di un percorso universitario ampio, dettagliato e certificato da parte dei nostri atenei.

Veniamo ad alcuni benefici immediati, in primo luogo per gli studenti e per le studentesse. Con la possibilità della doppia iscrizione i percorsi di laurea potranno essere più larghi e trasversali, ossia sarà possibile intercettare alcuni dei principali cambiamenti che, non solo a causa della pandemia da COVID-19, il mondo complesso e globalizzato sta ponendo davanti alla nostra vita quotidiana e, quindi, alla formazione che siamo chiamati a strutturare.

Adesso l'evoluzione delle competenze, la sperimentazione, la trasversalità e l'arricchimento non lineare iniziano a essere degli aspetti premiati e permessi anche dalle università, andando a valorizzare così una circolazione elevata sia dei saperi sia delle conoscenze, ma anche delle possibilità di offrirsi al mondo del lavoro, pensando a degli interventi che permettano di caratterizzare in maniera molto chiara come uno studente o una studentessa voglia presentarsi nel mondo del lavoro.

L'interdisciplinarità, quindi, permetterà di costruire dei percorsi, che andando a unire - e penso alla mia regione, alla Puglia magari - competenze sui beni culturali, con percorsi di laurea sui beni culturali e quelli in management, piuttosto che le forti competenze sulle professioni sociali presenti nelle regioni in questo caso, con competenze e percorsi di laurea di tipo più manageriale ed economico, potrebbero dar luogo, nei territori e per gli studenti (quindi, all'interno dei corsi di laurea che sceglieranno), a nuove professioni in grado di iniziare a colmare quel gap che non è soltanto quantitativo ma anche qualitativo - perché questa cosa in Europa si poteva già fare da anni - rispetto ai coetanei degli altri Paesi europei.

Un dato incoraggiante è che anche le risorse umane aziendali, quelle più illuminate e quelle più moderne nel nostro Paese, hanno ormai capito - e chiunque di noi sia solito partecipare a dei colloqui lo nota in maniera diretta - che oggi il vero valore e la centralità delle nuove professioni si trova nel coordinamento fra sapere e saper fare, anche grazie a quelle competenze trasversali - e torniamo a ciò che la nostra proposta di legge permette - e a quelle soft skill che di qui a breve affronteremo in quest'Aula, quindi sostanzialmente a una visione di cultura, di istruzione e di formazione completamente diversa.

La proposta di legge arriva dalla Commissione cultura e, oltre a essere un motivo di orgoglio per me, che ho la fortuna di sedere in quella Commissione, per questo ha e porta con sé degli ulteriori valori.

In primo luogo, è una proposta di legge parlamentare, cosa che in questa fase non è assolutamente scontata. È una proposta di legge parlamentare con l'importante contributo del CNEL, che ha depositato una propria proposta di legge ovviamente.

Il secondo punto di merito: è una proposta di legge che arriva in Aula con un'unanimità in Commissione e questo testimonia, ancora una volta, il particolarissimo laboratorio che si è creato nella VII Commissione. Ma ancora di più è importante, perché questa proposta di legge - e credo che lo possa testimoniare e sia la migliore testimonianza del valore che porta e della capacità di intervento che ci permette di avere - è sopravvissuta a tre Governi e a quattro Ministri. Sono contento di sottolineare che tutti dall'inizio, il Ministro Bussetti, il Ministro Fioramonti, il Ministro Manfredi e l'attuale Ministra Messa, hanno dimostrato, seppure con sfumature diverse che ci hanno imposto di rivedere e di lavorare sulle sfumature, una grande apertura e un grande appoggio a questa proposta di legge. Credo, quindi, che una sensibilità particolare, che arriva dal Parlamento e dalle Commissioni, vada tenuta in particolare conto.

Torno ancora sulle ricadute positive, anche perché nessuno ha mai mollato su questa legge, non solo in Parlamento ma anche fra gli studenti e le studentesse, e l'attenzione è stata sempre molto alta. Forse il relatore Fusacchia ricorderà alcune mozioni del Consiglio nazionale degli studenti universitari già in data 2015 e 2017, nelle quali veniva chiesta l'abrogazione del divieto di doppia iscrizione: questo a dimostrazione ancora che, anche se noi continuiamo a chiamarle generazioni X, Y o Z, gli studenti sono capaci di una grande partecipazione e chiedono una grande partecipazione, arrivando con evidente anticipo anche rispetto a noi, così come è stato per il caso dello studente Leonardo Gerino, che ha fatto una battaglia europea per vedere riconosciuto il suo titolo di master in Irlanda al quale poi ha dovuto rinunciare.

Quindi, gli studenti hanno dimostrato questa presenza, questa vicinanza e questo interesse e il beneficio diretto per loro - lo accennavo prima - è che si potrà procedere a tratteggiare il proprio percorso di studi in maniera più adeguata sia alle proprie specificità sia alle proprie ambizioni sia alla propria lettura dei fenomeni che stanno cambiando il mondo del lavoro, e questo può essere un vantaggio competitivo davvero importante.

Ma anche l'università italiana è chiamata a recepire questo cambiamento e sarà un luogo fondamentale di accelerazione e di attuazione di ciò che stiamo realizzando. Il sistema universitario italiano ha l'occasione di fare dei passi in avanti decisivi e di essere anche nel suo insieme maggiormente competitivo, perché - è inutile nasconderlo - le università si dovranno adeguare. Non è una partita soltanto amministrativa; è una partita di volontà, di politica universitaria che dovranno giocare.

Io sono molto incoraggiato da quanto ci è stato raccontato riguardo alle interlocuzioni con la CRUI e dalla sensibilità che ho trovato nei rettori delle università con cui ho avuto il piacere di dialogare, ma quello che mi interessa è anche sottolineare come questa sia una grande opportunità per contrastare il calo delle iscrizioni - delle immatricolazioni - e al tempo stesso valorizzare quelle specificità territoriali delle quali ogni territorio nel quale le università risiedono è portatore, perché fare l'università a Bari è diverso dal fare l'università a Trieste (parlo dei due estremi anche geografici).

Quindi, credo che questa disponibilità data agli studenti possa essere un ulteriore stimolo per adeguare e aggiornare l'offerta formativa e didattica delle università e anche - fatemelo dire - per lavorare sull'aggiornamento nell'interlocuzione con il mondo del lavoro che le università sono chiamate a compiere e ad accelerare.

Ma questa proposta di legge, con l'abrogazione dell'articolo 142 del regio decreto n. 1592 del 1933, ha anche una valenza europea perché il diritto di formazione italiano, degli studenti e delle studentesse italiani, viene finalmente equiparato a quello europeo; e - ripeto - in Europa questo era già possibile. Ci siamo lamentati a lungo delle fughe dei cervelli e del mancato rientro: ebbene, questa lacuna era una delle concause che comportavano quelle difficoltà.

D'altra parte, la Commissione europea il 23 marzo 2021 - quindi quest'anno, pochi mesi addietro, grazie anche alla campagna comunicativa e di sensibilizzazione che la Commissione cultura (devo darne atto al sottosegretario Sasso) ha portato avanti - si è interessata al motivo per cui in Italia questa proposta di legge non venisse approvata. Pur non riscontrando discriminazioni di fatto, ha avviato un'interlocuzione con il nostro Governo perché ha ravvisato nel divieto una potenziale restrizione della libera circolazione degli studenti e ha avviato, quindi, un'interlocuzione con l'Italia per capire sostanzialmente quali fossero i motivi ostativi nel portare a termine questa riforma. Adesso, finalmente, potremo dare una risposta che arriva direttamente dal Parlamento.

Questa azione della Commissione europea deriva dall'attività, indefessa, di sensibilizzazione - e credo sia giusto dargliene merito - fatta dal professor Antonio Visicchio, con petizioni alla Camera e al Senato nel 2019 e con una petizione al Parlamento europeo, la n. 328 del 2020. Ricaduta ulteriormente positiva è che un cambiamento così importante, di stampo e di respiro europeo, non farà altro - in questa fase ne abbiamo un gran bisogno - che aggiungere, rafforzare lo spirito, la sensibilità, l'approccio a una cultura e ad una sensibilità europee nella società italiana e soprattutto nei giovani.

Vado a concludere: come spesso succede, il divieto precedente, ancora in atto, speriamo per poco, colpiva di fatto soltanto i più deboli e i meno abbienti, perché rimaneva un beneficio che era tutto nelle mani di chi, per ragioni familiari, poteva permettersi una seconda iscrizione all'estero, e anche in questo caso a costo di enormi difficoltà burocratiche.

Adesso, invece - è un passaggio importante -, sarà possibile procedere alla doppia iscrizione, e quindi conseguire il secondo titolo accademico, grazie ad una liberalizzazione equa, perché la tassazione, e quindi la possibilità di non pagare le tasse laddove si rientri nella no tax area, che, tra l'altro, abbiamo anche ampliato, rimane invariata anche per il secondo titolo. Questo vuol dire che è una grande possibilità, per chi abbia voglia di sperimentarsi e di competere ulteriormente, di acquisire nuovi strumenti sul mercato del lavoro, mentre chiaramente i benefici legati al diritto allo studio sono usufruibili soltanto in uno dei due casi, ma la parità di trattazione per quanto riguarda la tassazione credo sia davvero, davvero molto importante. La centralità di questa proposta di legge - che, lo sottolineo, è di iniziativa parlamentare - risiede quindi nella nuova possibilità data agli studenti e alle studentesse italiane, nell'innovazione per le università italiane e nelle nuove opportunità di disegnare percorsi accademici aggiornati, e va assolutamente di pari passo con la centralità che istruzione, formazione e cultura hanno per l'attuale Governo.

Abbiamo tutti, e tutte, notato con grande piacere che la prima cabina di regia, il primo confronto, rendicontando cosa sta succedendo dal punto di vista di fondi e di riforme per il PNRR, è stato fatto proprio sui temi della scuola e dell'università. Quindi, credo che sia un messaggio davvero importante che arriva da questo Parlamento, in consonanza con l'attività governativa, voler rimuovere un divieto obsoleto e ostativo a una crescita ampia e solidale per tutti gli studenti e le studentesse italiane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Grazie, Presidente. Sarò brevissimo, anche perché hanno già detto tutto i colleghi che mi hanno preceduto. Con questo provvedimento si intende modificare l'articolo 142 del testo unico di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592. Si tratta della soppressione del divieto di iscrizione contemporanea a diverse università, a diverse facoltà o scuole della stessa università e a diversi corsi di laurea o diploma della stessa facoltà o scuola. Il testo unificato in esame prevede l'abrogazione del divieto di iscrizione contemporanea a più corsi di istruzione superiore, introducendo conseguentemente una nuova disciplina in materia riguardante i corsi di studio universitari e quelli delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Un provvedimento che ha come finalità quella di adeguare l'ordinamento universitario ai nostri tempi, togliendo una limitazione che andava controcorrente rispetto alle esigenze degli studenti universitari. Sono sempre di più, infatti, i giovani che sono in grado di iscriversi contemporaneamente a due corsi di laurea, per fare emergere le loro competenze.

Il testo unico è formato da 6 articoli. All'articolo 1 si prevede che ogni studente possa iscriversi contemporaneamente a due corsi di diploma accademico di primo o secondo livello o di perfezionamento o master anche presso più istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica.

All'articolo 2 si consente l'iscrizione contemporanea a due corsi di studio presso le università e le istituzioni dell'AFAM o presso le medesime istituzioni a un corso di diploma accademico e ad un corso di perfezionamento, master o di dottorato di ricerca o di specializzazione. È altresì consentita l'iscrizione contemporanea presso le istituzioni AFAM, di cui al comma 1, a un corso di dottorato di ricerca o di perfezionamento o master e a un corso di specializzazione.

All'articolo 3 si tratta il tema del diritto allo studio, stabilendo che chi si iscrive a due corsi contemporaneamente beneficia degli stessi strumenti e servizi a sostegno del diritto allo studio per una sola iscrizione. Questa, Presidente, ci sembra una disposizione di buonsenso per evitare troppi oneri, in un settore dove i fondi sono spesso inadeguati.

L'articolo 4 per Fratelli d'Italia è molto importante ed è proprio per il contenuto di questo articolo che abbiamo ritirato il nostro emendamento in Commissione, in quanto la preoccupazione, per noi, era quella che la possibilità di iscriversi a due corsi riguardasse anche gli studenti di corsi obbligatori o particolarmente impegnativi. Infatti, pur rendendoci conto che questo regio decreto non era più attuale, riteniamo che per alcuni corsi, come, ad esempio, la medicina, sia necessaria una preparazione esclusiva e uno studio dedicato. L'articolo 4, infatti, prevede che, con decreto del Ministro dell'Università e della ricerca, da adottare entro 3 mesi dalla data dell'entrata in vigore della legge, previo parere del CUN e della CRUI, sono disciplinate le modalità per facilitare agli studenti la contemporanea iscrizione di cui all'articolo 1, con particolare attenzione per i corsi che richiedono la frequenza obbligatoria, e per favorire il conseguimento di titoli finali doppi o congiunti.

Chiudono il provvedimento gli articoli 5 e 6, con il monitoraggio dell'impatto della legge e l'invarianza finanziaria.

In conclusione, è un provvedimento che offre maggiori opportunità agli studenti universitari, quindi un altro tassello per costruire una nuova immagine della nostra università che convinca i giovani a restare e studiare in Italia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Grazie, Presidente, sottosegretario Sasso. Ci troviamo qui, oggi, nuovamente a esaminare un provvedimento che parla di istruzione, di futuro, di giovani, di opportunità, mai come in questo momento importante e mai come in questo momento indispensabile, non solo per dare nuove opportunità, ma per affrontare con il merito, con la cultura, con la formazione, una ripresa che non può che partire dai nostri giovani, dalla possibilità di opportunità nuove.

In particolare, oggi facciamo un ulteriore passo, per quanto piccolo, per l'attualizzazione del nostro sistema di istruzione terziaria e per adeguarci a quanto già da tempo è vigente in molti Paesi europei. Il provvedimento del quale ci occupiamo - è bene ricordarlo di nuovo - dispone l'abrogazione del divieto di iscrizione contemporanea a due corsi di istruzione terziaria. Questo intervento era richiesto da tempo e, alla luce dei cambiamenti sociali, economici e culturali, alcuni dei quali hanno subito, e conseguentemente impresso, un'accelerazione alla necessità di risposte e di adeguamento ai sistemi didattici, rappresenta un atto dovuto, considerando che agisce su una norma che sancisce il divieto contenuto in un regio decreto del 1933, cioè di quasi un secolo fa, e che mostra quindi tutta la sua obsolescenza.

L'articolazione della possibilità di iscrizione contemporanea a due corsi di istruzione superiore ha richiesto un'analisi attenta, da parte della Commissione cultura, dei possibili cortocircuiti che si sarebbero potuti creare nella sua applicazione, come giustamente ha ricordato il relatore Fusacchia. Come è stato nostro uso sin dall'inizio della legislatura, la collaborazione attiva dei rappresentanti di tutti i gruppi politici ha portato all'approvazione di un testo condiviso, perfettibile sicuramente, ma, per noi di Forza Italia, rappresenta comunque un importante punto di partenza.

Come Forza Italia, abbiamo da sempre sostenuto lo spirito e le finalità della proposta. Il sostegno del talento e del merito sono state parole d'ordine che non abbiamo mai perso di vista in tutti gli anni della nostra presenza in politica, così come forte è sempre stata la nostra attenzione per l'istruzione, da quella primaria a quella secondaria, e il sostegno al riconoscimento della necessità che ragazze e ragazzi, in qualche modo, negli anni hanno dovuto sacrificare per l'impossibilità di fare identici percorsi dei loro colleghi e coetanei europei.

C'erano già stati precedenti interventi legislativi in materia, ma di natura derogatoria, volti più che altro a mitigare parzialmente la portata del divieto per alcuni specifici casi; soluzioni che non portavano ad una vera equità del sistema formativo europeo. Il provvedimento in esame non si è proposto di muoversi sulla falsariga di questi precedenti, ma di intervenire definitivamente per abolire tale divieto.

A favore di questa scelta ci sono più argomenti: primo tra tutti, come ho già detto prima, quello di adeguare la normativa italiana a quanto disposto nella maggior parte degli altri Paesi europei. Non ci sfugge, però, che questo provvedimento si rivolge a un numero limitato di soggetti, perché è evidente che, anche se non in maniera fortissima dal punto di vista economico, la doppia iscrizione potrà riguardare, in una fase che comunque va evitata e scongiurata, solamente le famiglie che possono permettersi una doppia iscrizione ai corsi universitari. Proprio per questo, Forza Italia, proprio perché ha fatto del riconoscimento e del sostegno del merito un punto costante della sua azione politica, ritiene sia fondamentale che, all'interno del decreto, siano previste forme di aiuto per le famiglie che in partenza non possono o non potrebbero permettersi una doppia iscrizione ai corsi universitari.

Riteniamo che l'abolizione dell'impossibilità di iscrizione contemporanea a due corsi universitari aumenti l'opportunità di apprendimento per i nostri ragazzi che vogliono studiare e possa rappresentare uno stimolo e uno strumento motivazionale per tutti gli studenti. Tra l'altro, mi fa particolarmente piacere che ci sia qui il sottosegretario all'istruzione Sasso, perché si tratta anche di un modo diverso di approccio all'iscrizione universitaria: non tutti gli studenti dopo il corso di studi e, quindi, dopo la maturità hanno idee chiarissime su quale scelta fare, quindi, la doppia iscrizione, con gli aiuti ai quali facevo riferimento anche per le famiglie meno abbienti, è una possibilità di verifica - io dico - “in corso d'opera” su quale possa essere la scelta di studio e professionale. Ed è un elemento che non va né sottaciuto né sottovalutato.

L'istruzione è il motore dello sviluppo sociale ed economico di un Paese e, quindi, adeguare il sistema di formazione alla realtà in continuo mutamento deve rappresentare un impegno al quale non potevamo e non possiamo sottrarci. L'Italia è un Paese che ha ancora un livello di laureati troppo basso e faceva bene il collega Lattanzi a ricordare quanto, nel Sud, i laureati siano ancora solamente il 16 per cento, quindi, una quota molto più bassa rispetto al dato nazionale. Al riguardo bisogna sicuramente intervenire - e questo è anche l'auspicio - in modo tale che una norma che permetta la doppia iscrizione sia di stimolo anche per individuare percorsi formativi, anche nella scuola secondaria, negli ultimi anni, per favorire un orientamento, una scelta oculata e che corrisponda al talento di ciascuno dei nostri ragazzi.

Eppure, noi abbiamo un problema notevole, anche da questo punto di vista, non solo nel Mezzogiorno, perché anche le scelte fatte nell'opzione di iscrizione all'università spesso corrispondono a sensibilità che, poi, dopo, nella verifica stessa del percorso di studi universitari, finiscono per non corrispondere né al talento e, spesso, neanche al merito dei nostri studenti. Quindi, è fondamentale un'opportunità diversa; ecco perché mi piace ricordare che tutto ciò non corrisponde solamente alla possibilità di valorizzare il merito e di dare un'opportunità in più, dal punto di vista della formazione e, quindi, della doppia laurea alla fine, quanto piuttosto anche di verificare se la scelta fatta con riferimento ad una delle opzioni sia quella che corrisponde veramente alle proprie aspirazioni e alle proprie capacità.

Noi di Forza Italia riteniamo, inoltre, che questo provvedimento rappresenti un modo non solo per sostenere le studentesse e gli studenti più meritevoli, ma anche per favorire e promuovere l'apprendimento interdisciplinare in un'ottica di accesso ai saperi meno settoriale e distinto, perché non sfugge a nessuno che, anche se una delle due opzioni poi non venisse portata a termine, vi è una possibilità di formazione ulteriore che, altrimenti, avrebbe richiesto altri tipi di percorsi, molto onerosi per le famiglie e, probabilmente, anche più onerosi rispetto alla stessa iscrizione ad un corso universitario. Siamo nel terzo millennio e il nostro tempo è fortemente caratterizzato e influenzato dal progresso tecnologico che ha permesso di accorciare le distanze tra i luoghi, ma anche tra i concetti. Il progresso tecnologico pone ancora di più la conoscenza quale fulcro intorno al quale pensare la nostra azione politica. La nostra realtà quotidiana si plasma ogni giorno di più sull'utilizzo delle tecnologie digitali che permettono l'accesso alle informazioni più disparate. La conoscenza, quindi, non accetta limitazioni e chiusure, tanto più oggi che è necessario superare il fatto di trincerarsi in discipline e per discipline e prevedere l'interazione, quindi, dei linguaggi e dei saperi. Non è più attuale la netta polarizzazione tra gli studenti afferenti alle discipline STEM e ai settori scientifico-disciplinari rispetto a quelli nell'ambito delle scienze sociali e umane. Sono ormai molti i progetti che intervengono a sviluppare l'interconnessione tra i due settori sulla base della premessa che è fondamentale sviluppare l'integrazione degli aspetti delle scienze sociali nei progetti di ricerca scientifica al fine di generare innovazione e nuova conoscenza. Penso, per esempio, ad “Horizon 2020”, il programma quadro dell'Unione europea per la ricerca e l'innovazione, relativo al periodo 2014-2020 che ha fortemente investito su questa interdipendenza tra ambiti disciplinari. Del resto, Forza Italia ha più volte richiesto una revisione in tal senso degli ordinamenti didattici delle università, proprio al fine di prevedere una minore rigidità e lo sviluppo di una maggiore interdisciplinarità. Il fine è quello di rendere flessibile il sistema, al fine di pensare ad una strategia mirata ad intensificare la collaborazione tra le due comunità di ricerca.

Tornando alla norma in esame, consideriamo fondamentale, come ho accennato prima, aver previsto meccanismi che permettano anche agli studenti economicamente svantaggiati di accedere alla doppia iscrizione e questo è fondamentale per evitare discriminazioni sulla base del censo, cosa che risponde allo spirito della Costituzione che ha voluto esplicitamente garantire agli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, prevedendo a tal fine strumenti atti a rendere effettivo questo diritto. Questa norma ci sembra che percorra questa strada e che dia questa opportunità, perché la norma interviene, in tal senso, prevedendo, in particolare, che allo studente che si iscrive contemporaneamente a due corsi, ai sensi degli articoli 1 e 2, si applichi l'esonero totale o parziale del versamento del contributo onnicomprensivo annuale, in presenza, naturalmente, dei requisiti previsti per entrambe le iscrizioni.

A tal proposito, mi preme ricordare che la Banca d'Italia ha più volte stigmatizzato l'estrema rigidità nel nostro Paese dei meccanismi di mobilità sociale che portano al successo scolastico e a proseguire gli studi soprattutto quei giovani che provengono da famiglie non solo economicamente benestanti, ma in cui almeno un genitore è in possesso di un titolo di studio elevato. Questi sono anche gli elementi sui quali lavorare per il Mezzogiorno.

Per concludere, ci auguriamo che l'approvazione di questa legge e l'abrogazione della norma che vieta la possibilità di iscrizione contemporanea a due corsi di studio terziario non incentivino, però, una eccessiva dispersione nelle scelte degli studenti, ma, soprattutto, una multidisciplinarietà confusa e non definita. A tal proposito, appare anche urgente intervenire al fine di organizzare percorsi didattici universitari e percorsi scolastici che, soprattutto negli ultimi due anni del percorso delle scuole superiori, aiutino un orientamento nella scelta universitaria, perché in questo modo si concepisce il dialogo tra saperi senza contemporaneamente determinare una sorta di polifagia disciplinare. Quindi, è importante in questa prospettiva che tutto questo rappresenti un'opportunità e non un nuovo privilegio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manuel Tuzi. Ne ha facoltà.

MANUEL TUZI (M5S). Presidente, colleghi e colleghe, saluto il sottosegretario Sasso; 88 anni e, oggi, questo Parlamento si pronuncia sulla modifica di una norma, in particolare di un regio decreto, che risale quasi a novant'anni fa, che ha scandito il percorso degli studi dei ragazzi nel 1933, ma che, oggi, nel 2021, era ancora in vigore.

In sostanza, gli ha impedito di frequentare contemporaneamente due percorsi universitari. L'ultimo report Istat del 2020 dice che solo il 20 per cento della nostra popolazione italiana è laureato, contro il quasi 33 dell'Unione europea: un divario di 13 punti percentuali. Perché accade questo? Perché in Italia ci sono studenti meritevoli, che hanno voglia di studiare, che hanno ambizioni, che si impegnano, ma che oggi non possono iscriversi a due percorsi diversi universitari, master e dottorati, che non possono essere frequentati contemporaneamente. Forse, questa norma aveva un senso tanti anni fa, ma la vita dei giovani oggi è cambiata, è cambiata notevolmente, così come è cambiato drasticamente il mondo del lavoro, tra l'altro, sempre in continua evoluzione. Oggi, il mondo del lavoro richiede figure professionali ultra-specializzate, ma che, nello stesso tempo, devono essere in grado di concorrere con ragazzi che hanno competenze diverse, multidisciplinari. Oggi un medico non è più solo un medico che cura un paziente; è anche una persona che deve conoscere il lato psicologico, deve essere in grado di comunicare in maniera adeguata con il paziente, con le persone, deve conoscere, da un punto di vista legale, le conseguenze del suo atto medico, deve conoscere, da un punto di vista economico, la sua attività.

Nella nostra epoca vivere in un mondo globalizzato, per gli studenti, di certo non è semplice; si trovano a essere in competizione, con chi? Con i ragazzi del resto del mondo e devono pretendere che il loro Stato li doti degli stessi strumenti che hanno i ragazzi stranieri. Nella nostra epoca, il diritto allo studio dovrebbe essere la base sulla quale si costruisce uno Stato che pensa al futuro di quelli che saranno i prossimi lavoratori italiani.

Questo provvedimento dà una possibilità in più; in più a chi? Agli studenti ambiziosi, agli studenti meritevoli, che coltivano più passioni, a quelli che vedono più strade davanti a loro e che non vogliono essere costretti, a 18 anni, a dover scegliere - e, in effetti, non devono necessariamente farlo -, a quelli che hanno sempre più sete di conoscenza e non vogliono ostacoli inutili davanti. Perché un ragazzo si deve trovare a scegliere, a 18 anni, tra frequentare il conservatorio o iscriversi a un corso di laurea triennale? Perché - parlo di me, in prima persona, quando ero specializzando in medicina - non ho potuto prendere un master, nonostante avessi una borsa di formazione, per avere un'ulteriore conoscenza nel mio settore? Perché? Probabilmente perché ai giovani ci si pensa sempre troppo poco e troppo tardi.

La scuola e l'università oggi sono, purtroppo, rimaste indietro di 30, 40 anni, come minimo, nella migliore delle ipotesi; perché oggi il percorso di formazione non si adegua ai futuri lavori del domani e alle nuove competenze digitali; oggi, i nostri ragazzi studiano all'università lavori che fra 20 anni non esisteranno più.

Con questa proposta si consente agli studenti e alle studentesse di iscriversi contemporaneamente, sia in istituzioni italiane che straniere, a due diversi corsi di laurea, di laurea magistrale o di master, o di dottorato. Chi è iscritto, oggi, a un corso di specializzazione medica avrà - grazie a un mio emendamento in quota MoVimento 5 Stelle - la possibilità di iscriversi a un master o a un dottorato di ricerca, in contemporanea, e ci auguriamo che questa legge sia operativa entro la fine del 2022.

Presidente, siamo abituati a un Paese che, per non pagare adeguatamente la propria futura classe medica, non le fa un contratto di formazione lavoro, ma le dà una borsa di formazione. Cosa vuol dire? Zero diritti, incompatibilità lavorative, problemi per i congedi parentali. Prima della pandemia, i nostri specializzandi potevano fare le guardie mediche, le sostituzioni mediche, poi, grazie all'ex ministro Grillo, siamo riusciti a portare la norma che permette, all'ultimo e penultimo anno, ai ragazzi in specializzazione di poter partecipare a un concorso per entrare prima nel mondo del lavoro. Dopo la pandemia, cosa succede? Improvvisamente abbiamo bisogno dei nostri medici, quindi ci sono le USCA, ci sono i medici vaccinatori, possono fare i contratti a tempo determinato per la pandemia; però, li si voleva pagare in crediti, in crediti formativi. Sono medici; sono medici che hanno dei diritti e dei doveri, ma che devono essere pagati adeguatamente, in funzione delle loro prestazioni; sono medici, ripeto. Questa battaglia è stata fatta in Parlamento e con le varie associazioni e, finalmente, questi medici hanno avuto una retribuzione, il che è sicuramente meglio di quella folle idea dei crediti formativi. Però - e questo è quello che chiedo -, non torniamo indietro, consolidiamo tutto questo. C'è una proposta di legge del MoVimento 5 Stelle a mia prima firma, che è depositata in Parlamento, per strutturare un contratto di formazione e lavoro, per dare diritti e doveri e tutele a questi specializzandi.

Oggi, con questo mio testo, però, facciamo un passo ulteriore, eliminiamo le incompatibilità formative. Gli specializzandi sono oggi ridotti ad avere una borsa di formazione - come dicevo - e la stessa non poteva essere utilizzata per fare un master; con questo testo di legge, invece, fuori dall'orario di formazione, potranno effettuare, in contemporanea, master o dottorati. In questi 3 anni, da quando il MoVimento 5 Stelle è al Governo del Paese, la nostra azione per quanto riguarda le specializzazioni mediche è sempre stata diretta verso il mondo del lavoro, verso un approccio più concreto, più pragmatico, soprattutto per fare entrare più rapidamente questi giovani in quella che sarà la futura attività lavorativa; è per questo che abbiamo introdotto una norma per l'ultimo e il penultimo anno, per il quarto e quinto anno di specializzazione, per svolgere i concorsi.

Abbiamo superato l'imbuto formativo, abbiamo eliminato, pezzo dopo pezzo, le incompatibilità lavorative e oggi, con questo testo, eliminiamo anche le incompatibilità formative, e questo è un cambiamento enorme per la nostra classe medica.

Poi, come MoVimento 5 Stelle, aggiungiamo un altro tassello importante; diamo risposte ai ragazzi che, in passato, hanno dovuto scegliere se frequentare il conservatorio oppure iscriversi all'università. Quando sarà attuata questa legge potranno iscriversi, in contemporanea, a entrambi, e questo è un provvedimento storico per chi conosce quel settore. Noi, come MoVimento 5 Stelle, semplifichiamo la vita, per quei ragazzi.

Con questo testo di legge, inoltre, introduciamo il curriculum digitale della persona; è un progetto a cui lavoro da quando sono in Parlamento; è un curriculum in grado di accompagnare il ragazzo, di certificare le sue competenze e le sue esperienze, dalla scuola fino ad arrivare al mondo del lavoro, passando per l'università. È già inserito all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Immagino, fra 5 anni, un mondo del lavoro che sarà cambiato, in cui non ci saranno più curricula autodichiarati, in cui non ci saranno più multinazionali che fanno formazione, che non ci saranno più multinazionali che creano la domanda e l'offerta, come LinkedIn, che gestiscono il futuro dei nostri ragazzi. Con questo curriculum, domanda e offerta si dovranno incontrare; ciò appunto con curricula bollinati e certificati dallo Stato. È un passo epocale per connettere i giovani con il mondo del lavoro.

Un altro aspetto molto importante di questo testo è quello del sostegno economico dello Stato, perché nessuno verrà lasciato indietro; ma questo non è solo uno slogan, perché tutti dovranno avere le stesse possibilità; perché gli studenti che hanno il diritto all'esenzione del pagamento delle tasse universitarie potranno usufruirne anche per la loro seconda iscrizione e avranno lo stesso esonero di contributi per entrambe le iscrizioni. La possibilità di doppia iscrizione riduce i tempi; i tempi per il conseguimento di più titoli di studio, incentiva i giovani a valutare più offerte formative, per aumentare il loro bagaglio di conoscenze, rende più competitivi i nostri giovani laureati. Questo provvedimento, come quello sulle lauree abilitanti, di cui sono stato relatore, anticipa l'entrata nel mondo del lavoro – addirittura, dai 3 mesi ai 2 anni, avevamo stimato -, semplificando la vita dei nostri giovani, facendoli entrare nel mondo del lavoro con la massima preparazione ma, soprattutto, velocemente.

Da quando il MoVimento 5 Stelle è al Governo, abbiamo portato a casa risultati importanti per i nostri giovani come quota 30 per cento, che vuol dire l'obbligo per le aziende di contrattualizzare le persone che sono state più colpite da questa pandemia, come i giovani, le nostre donne e i giovani under 35, pena la perdita del contributo economico da parte dello Stato di quei 230 miliardi che sono stati portati dal precedente Governo Conte: i mutui garantiti per gli under 35, la decontribuzione per l'assunzione dei nostri giovani, “Io resto al Sud”, il fondo da 35 milioni, le lauree abilitanti che sono state approvate qui alla Camera, la riforma degli ITS, la riforma sui ricercatori e questo provvedimento oggi alla Camera.

Presidente, continuiamo quindi a lavorare per loro, che sono il nostro presente e il nostro futuro, approvando questo testo. Il MoVimento 5 Stelle c'è e si batterà per i giovani e con i giovani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zicchieri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ZICCHIERI (LEGA). Grazie, Presidente. Intanto mi associo anch'io con chi, prima di me, ha rivolto la propria solidarietà e rivolgo la mia, in nome del gruppo che rappresento, la Lega, a chi sabato ha subito, come la CGIL, delle gravi violenze. La mia solidarietà va anche alle Forze dell'ordine, oggetto troppe volte di questi drammi. Spero che, da qui in avanti, questa sia l'ultima di queste storie, fermo restando che i delinquenti non sono da una parte solamente, ma sono tutti coloro che usano la violenza contro qualcun altro; quindi è da condannare qualsiasi gesto, da una parte e dall'altra, a prescindere dall'ideologia e a prescindere dall'appartenenza. Spero che questi fatti non accadano più: il Paese sicuramente non ha bisogno di queste persone, non ha bisogno di questi eventi; il Paese è un Paese che vuole tornare a rialzarsi, che vuole tornare di nuovo ad essere protagonista e con queste situazioni, sicuramente, ciò non accadrà. Ecco perché, oggi, come diceva il sottosegretario Sasso, sono anche un po' emozionato di discutere questa norma che arriva in Aula, perché cambia qualcosa ed è questo di cui ha bisogno il Paese, di qualche cambio di marcia.

Onorevoli colleghi, oggi finalmente, dopo due anni dall'inizio dell'esame del provvedimento in Commissione, vede la luce una norma che noi abbiamo fortemente voluto. Infatti, uno dei testi che hanno contribuito a formare il testo base è a firma del collega, ora sottosegretario all'Istruzione, Sasso, che ringrazio e ringraziamo per il lavoro svolto e per quello che sta facendo. Oggi, finalmente, sarà superata una disposizione a dir poco obsoleta: l'articolo 142 del decreto n. 1592 del 31 agosto 1933, che prevede il divieto di iscrizione contemporanea a diverse università. Da domani, ciascuno studente potrà iscriversi contemporaneamente a due diversi corsi di laurea, di laurea magistrale o di master, anche presso più università, scuole o istituti superiori ad ordinamento speciale e istituzioni dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Il mondo accademico e quello del lavoro chiedevano da tempo che si mettesse a punto, anche nel nostro Paese, un sistema che vertesse sull'interdisciplinarità del sapere per creare figure professionali in grado di rispondere in modo più adeguato alla variabilità e alla complessità del mondo del lavoro. Con il superamento della logica della specializzazione in un unico settore, non solo si allineerà il nostro Paese alla maggior parte di quelli europei, ma si offrirà agli studenti la possibilità concreta di rendere più flessibile la loro formazione, e questo per noi è un grande risultato. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, il Ministro dell'Università, in accordo con la Conferenza dei rettori, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari disciplinerà le modalità per la contemporanea iscrizione e le condizioni per il conseguimento di titoli finali doppi o congiunti fra università italiane o straniere, nonché le modalità per l'iscrizione contemporanea a due corsi universitari con accesso a numero programmato a livello nazionale.

Ma, si badi bene, questa legge non intende in alcun modo costruire una scappatoia per facilitare a qualcuno il percorso di studi, come alcuni, in principio, hanno temuto; anzi, è l'esatto contrario. Infatti, non sarà possibile iscriversi allo stesso corso di laurea presso atenei differenti. Anche il diritto allo studio è adeguatamente tutelato; ogni studente potrà beneficiare di misure di sostegno solo per la frequenza di un corso, ma, ove ne abbia diritto, non sarà tenuto al versamento delle tasse di iscrizione anche per i corsi contemporanei.

Un'altra importante innovazione prevista dal testo, attesa dal 2012, è l'implementazione del fascicolo elettronico dello studente, strumento che permetterà di accedere, tramite SPID o documento d'identità elettronica, a tutti gli atti documentali della carriera di ogni singolo studente, in modo da garantire trasparenza e assicurare un efficace snellimento di ogni pratica burocratica, soprattutto, quando è necessario dialogare con più facoltà o università italiane o straniere. Confidiamo, dunque, che quest'Aula condivida il meticoloso lavoro svolto in Commissione e approvi questa legge di modernità in ambito di istruzione terziaria.

Oggi per noi inizia una nuova stagione, una stagione che rimette al centro gli studenti, che dà a tutti gli studenti le stesse possibilità. Questo è un passaggio che con grande orgoglio rivendichiamo, perché questo Parlamento, quest'Aula deve dare il diritto a tutti di avere le stesse possibilità. Atti come questo, norme come queste sicuramente garantiscono al nostro Paese un Paese migliore, un futuro migliore ai nostri giovani e danno la possibilità ad ognuno che intraprende un percorso di studi, a prescindere da altre considerazioni - di chi si è figli, da dove si viene e quale sia il reddito della propria famiglia - di arrivare al conseguimento del proprio sogno, della propria formazione e di poter essere protagonista nel mondo del futuro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Carelli. Ne ha facoltà.

EMILIO CARELLI (CI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario, desidero iniziare anch'io il mio intervento esprimendo tutta la solidarietà mia, insieme a quella di tutto il gruppo di Coraggio Italia, alla CGIL per il vile attacco nella sua sede, sabato sera, e solidarietà anche alle Forze dell'ordine.

Per venire all'ordine del giorno, oggi siamo chiamati a discutere un testo di legge che, se approvato, contribuirà a rendere i giovani italiani più preparati accademicamente e, soprattutto, più competitivi rispetto ai loro coetanei esteri. Come abbiamo già visto e sentito dai diversi interventi, il testo in questione modifica un regio decreto del 1933, un tempo in cui società, cultura e concezione di università erano sicuramente molto diverse da quelle di oggi. Francamente, non possiamo lasciare che una norma di quasi un secolo fa ponga ancora ostacoli aggiuntivi ai nostri studenti. Io, personalmente, da docente universitario, prima, e, poi, da direttore di master, ho vissuto sulla mia pelle le limitazioni poste dalla vecchia legge e sono stato a contatto diretto anche con la frustrazione di tanti studenti, di quelli più volonterosi, che avrebbero voluto impegnarsi di più e su fronti diversi.

La preparazione che oggi è richiesta ai giovani che entrano nel mondo del lavoro è una preparazione trasversale, frutto di un programma di studi variegato e complesso. Porre il limite agli studenti italiani di dovere e poter seguire un solo corso di studi alla volta li mette oggettivamente in grande svantaggio, soprattutto, rispetto ai loro colleghi stranieri europei. L'unico strumento a disposizione dei nostri studenti oggi per poter conseguire le due lauree, lo sappiamo, è il double degree, che però costringe i giovani italiani a lasciare l'Italia per studiare all'estero, creando costi ed ostacoli aggiuntivi alla loro preparazione. Allora, dando ai nostri studenti universitari la possibilità di iscriversi contemporaneamente a più corsi di laurea, offriamo loro l'opportunità di allargare le loro competenze e conoscenze. Stiamo offrendo loro la possibilità di mettersi sullo stesso piano degli altri giovani europei, che già lo possono fare, contribuendo, con tutta probabilità, anche ad arginare la fuga dei nostri studenti verso atenei stranieri.

La cultura, come ben sappiamo, è una parte fondamentale e imprescindibile di ogni società e l'università rappresenta una colonna portante di essa. Il nostro Paese ha da offrire alcuni tra gli atenei universitari più antichi al mondo e offre da sempre un livello di preparazione accademica eccellente. Quindi, dobbiamo far sì che gli studenti italiani possano avere accesso a queste risorse, anche iscrivendosi a due corsi di laurea contemporaneamente. Questa proposta si muove, quindi, nella giusta direzione, secondo Coraggio Italia, dando agli studenti la possibilità di ottenere una preparazione trasversale. Questo testo unico, però, non definisce i dettagli della questione.

I dettagli vengono, infatti, delegati a un decreto del MIUR, che avremo modo di analizzare e di vedere solamente nei prossimi mesi. L'obiettivo del testo è, quindi, giusto ma non abbiamo, almeno in questa sede, la possibilità di analizzare la complessità della proposta nel suo merito.

Il nostro giudizio sulla proposta, come Coraggio Italia, è positivo e favorevole ma rimane un giudizio che non conosce ancora i dettagli applicativi della proposta. Attendiamo, quindi, con fiducia il decreto ministeriale, con l'augurio che le specifiche misure in esso contenute siano all'altezza della situazione. Infatti, aprire il sistema universitario all'iscrizione contemporanea a due corsi presenta sicuramente alcuni rischi, tra cui due che la normativa deve prevenire e scongiurare. Il primo rischio è quello di un ulteriore sovraffollamento delle classi universitarie. Già alcuni atenei, lo sappiamo, faticano a sostenere il numero di iscritti ai corsi e ad offrire loro le strutture necessarie; aumentare il numero degli iscritti, dando la possibilità agli studenti di partecipare a due corsi di laurea in contemporanea, rischia di peggiorare questa situazione già complessa. Il secondo rischio, invece, riguarda la qualità della preparazione accademica degli studenti. Qualora uno studente universitario decidesse di intraprendere due percorsi di studi in contemporanea, come si può garantire che il suo livello di preparazione sia adeguato in entrambi gli ambiti? Ecco, pensiamo che tali questioni debbano essere affrontate con cautela e grande attenzione al momento della stesura del decreto ministeriale. Il nostro auspicio è che le norme applicative che verranno varate ne tengano conto in modo adeguato.

Coraggio Italia - e qui concludo - recepisce in ogni caso favorevolmente la proposta contenuta in questo testo di legge.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 43-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Alessandro Fusacchia, che rinuncia. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Foti ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività (A.C. 1059-A​) (ore 12,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1059-A: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1059-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza, deputata Paola Deiana.

PAOLA DEIANA , Relatrice per la maggioranza. Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, riferisco all'Assemblea sulla proposta di legge di modifica all'articolo 71 del Codice del terzo settore in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale.

In via preliminare, ricordo che la proposta di legge è sottoscritta dall'onorevole Foti, che ha svolto in Commissione le funzioni di relatore, ed è stata esaminata dalla Commissione VIII in quota opposizione. Giunti alla fase emendativa, ho presentato un emendamento interamente soppressivo: dalla sua approvazione è derivato il conferimento alla sottoscritta del mandato, come nuova relatrice, a riferire in senso contrario all'Assemblea. La conclusione dell'esame in sede referente, come specificato nell'Ufficio di Presidenza in cui è stato definito l'iter di esame, ha precluso, quindi, lo svolgimento della fase consultiva presso le altre Commissioni.

Il provvedimento si compone di un unico articolo, recante una modifica dell'articolo 71, comma 1, del codice del Terzo settore, il decreto legislativo n. 117 del 2017, volta ad escludere per le sole associazioni di promozione sociale (APS) che svolgono anche occasionalmente attività di culto l'applicazione del regime di favore, previsto dal medesimo articolo, in merito alla destinazione d'uso di sedi e locali in cui si svolgono le attività istituzionali dei predetti enti.

L'articolo 71 del Codice, nel disporre che le sedi degli enti del terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso non omogenee previste dal decreto del Ministero dei Lavori pubblici del 2 aprile 1968, n. 1444, indipendentemente dalla destinazione urbanistica, deroga alla disciplina ordinaria del testo unico dell'edilizia, che considera il mutamento di destinazione d'uso fra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee urbanisticamente rilevante e soggetto a titolo abitativo edilizio.

La proposta di legge in esame, secondo quanto esplicitato nella relazione illustrativa, intende limitare la proposta applicativa di questa disciplina per incidere sul fenomeno della proliferazione di associazioni che di fatto hanno come funzione esclusiva o prevalente quella di gestire luoghi di culto per le comunità islamiche in immobili privi dei requisiti urbanistici, strutturali e di sicurezza necessari per tale utilizzo. Si rileva al riguardo che la disposizione di cui all'articolo 71 del Codice, nel disciplinare il principio della indifferenza funzionale delle destinazioni d'uso di sedi e di locali in cui si svolgono le attività degli enti del terzo settore, si differenzia in termini più restrittivi rispetto alla disposizione contenuta nella legge n. 383 del 2000, all'articolo 32, comma 4, recante la disciplina delle APS, in quanto fa espresso riferimento alle attività istituzionali degli enti, ossia quelle attività, indicate nello Statuto, attraverso le quali ciascun ente persegue le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che lo caratterizzano come ente di terzo settore ed identificabili nelle attività di interesse generale di cui all'articolo 5 del Codice che, solo in quanto tali, godono del particolare favor del legislatore, con esclusione implicita di attività diverse, ivi comprese quelle secondarie e strumentali di cui all'articolo 6 del Codice.

Si sottolinea, inoltre, che la compatibilità urbanistica precostituita ex lege ai sensi dell'articolo 71, non possa in ogni caso prescindere dal rispetto delle vigenti norme igieniche, sanitarie e di sicurezza e dei requisiti di agibilità dello stesso immobile.

In conclusione, Presidente, considerando quanto illustrato e considerando che il Consiglio di Stato ha già avuto modo di precisare che non è ipotizzabile un'interpretazione estensiva di attività di promozione sociale che comprenda l'esercizio del culto, la proposta in questione introduce una precisazione priva di elementi innovativi e di utilità interpretativa. Grazie, Presidente, ho concluso.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva di intervenire in una fase successiva.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Lollobrigida. Collega, vuole intervenire adesso? Prego, sull'ordine dei lavori.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Grazie, Presidente. Torno su una questione importante e faccio un'esplicita richiesta. Questa mattina, in maniera bipartisan, da diverse forze politiche è arrivata la richiesta di informativa del Ministro Lamorgese perché il Parlamento deve contribuire a difendere la democrazia, che sembra essere da più parti considerata in pericolo.

Adesso ci arriva la disponibilità del Governo per il 19 di questo mese: è una vergogna! È ineludibile questa richiesta delle forze politiche parlamentari. Il Ministro Lamorgese deve informare i cittadini su che cosa sta accadendo in Italia e lo deve fare subito! Per cui io chiedo l'immediata convocazione - a lei e, per suo tramite, al Presidente Fico - della Conferenza dei presidenti di gruppo, affinché stabiliscano che tipo di atteggiamento ci debba essere con un Governo che ha un Ministro irresponsabile che, in un momento così difficile per la nostra Repubblica, dà la sua disponibilità non questa settimana, nella quale il Parlamento chiede addirittura di discutere di temi che riguarderebbero lei, ma si rifiuta di venire a parlare in tempi rapidi.

Quindi, è ineludibile che si svolga una riunione dei presidenti di gruppo nella quale le forze politiche assumano una decisione chiara nei confronti del Governo. Il Governo deve venire a dire in quest'Aula quali sono le ragioni per le quali questa nostra democrazia sembra essere in pericolo, rendendo le forze politiche nella condizione di prendere indirizzi e scelte che non si possono compiere senza conoscere dettagliatamente i fatti che stanno accadendo nelle nostre città. Quindi, la prego di trasmettere immediatamente al Presidente Fico la nostra richiesta, che parte dal considerare intollerabile - intollerabile! - la mancanza di rispetto del Ministro Lamorgese, che avrebbe fissato la disponibilità alla presenza in Aula per il 19. Denuncia un clima chiaro, in cui le cose non si vogliono chiarire mentre c'è una campagna elettorale, si vogliono chiarire dopo aver lanciato accuse a 360 gradi.

Quindi, la Ministra Lamorgese si sbrighi a venire qui in Parlamento, dove ci sono i rappresentanti del popolo - perché lei non lo è, perché non è stata eletta da nessuno -, e venga a dirci come stanno le cose in Italia, se esistano infiltrati nelle manifestazioni, se esistano pericoli, da destra, da sinistra, di organizzazioni sovversive, e non scappi, aspettando la fine delle elezioni, magari per chiarire che ci sono stati tanti equivoci e un comportamento sconsiderato da parte sua (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Collega, verrà trasmessa immediatamente la sua richiesta di convocare quanto prima la Conferenza dei Presidenti di gruppo.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 1059-A​)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie Presidente, inizio subito dalla parte finale della relazione presentata poco fa, perché la relatrice ha concluso dicendo che la proposta del collega Foti di Fratelli d'Italia di modificare l'articolo 71 del codice del Terzo settore sostanzialmente non ha motivo di essere. Credo che qualcosa debba essere chiarita, perché la base sulla quale il collega Foti ha presentato questa proposta di legge di modifica deriva dalla lettura attenta di moltissime sentenze, di moltissime pronunce giurisprudenziali, ma non solo, e adesso le analizzeremo in maniera più compiuta. Infatti, quello che la giurisprudenza più volte ha messo in evidenza è che le destinazioni d'uso degli immobili devono essere indicate in maniera precisa e soprattutto devono essere conformi alle normative vigenti.

Secondo moltissime sentenze, non da ultima la n. 683 del 2011 del Consiglio di Stato, emerge che le deroghe al piano regolatore comunale non possono essere di entità tale da elidere le esigenze di ordine urbanistico sottese al piano, in particolare, non possono legittimare eccezioni alle destinazioni di zona, sulle quali si fonda la struttura concettuale stessa del Piano regolatore generale nelle scelte fondanti sull'uso del territorio. Cosa ci dice il Consiglio di Stato, ribadito anche nella sentenza del TAR del Veneto del 27 gennaio 2015 e ripreso dalla sentenza n. 34812 del luglio 2017 della Corte di Cassazione? Il principio generale è che, quando parliamo di modifica del cambio di destinazione ad uso, sappiamo che l'articolo 71 del codice del Terzo settore prevede per le associazioni che si occupano di promozione sociale una sorta di facilitazione rispetto al cambio di destinazione d'uso stesso. Noi invece chiediamo che, quando il cambio di destinazione d'uso non è legato ad associazioni che svolgono attività sociale, ma invece, è legato a motivi religiosi, ritornino ad applicarsi le norme attualmente vigenti per tutti gli altri casi. Questa non è una volontà di modifica ultronea rispetto alle normative vigenti, ma è semplicemente la richiesta di omogeneità e di uniformazione della normativa in essere rispetto ai principi che noi già conosciamo, che comportano non soltanto una maggiore chiarezza nei rapporti fra Stato e regioni (sappiamo che le competenze sono molto diverse), ma anche e soprattutto perché diventa importante individuare l'oggetto che viene poi sottoscritto dalle associazioni e, quindi, l'attività di conseguenza che quelle associazioni fanno sul territorio.

Questo lo diciamo proprio perché sappiamo bene che ci sono casi in cui la categoria funzionale dell'immobile viene strumentalmente utilizzata come fosse una semplice associazione ma, di fatto, diventano centri religiosi veri e propri. In questo senso, attraverso questa proposta, andiamo proprio nel solco di quanto detto dal TAR del Veneto, perché - cito una parte del disposto della sentenza - occorre distinguere il caso di esercizio di un'attività associativa all'interno di un capannone, o di altri luoghi, nel quale si svolgono, privatamente e saltuariamente, preghiere religiose e attività di espressione dello ius utendi del proprietario, inidonea a mutamenti di destinazione suscettibili di creare, per l'afflusso di persone o di utenti, centri di aggregazione da tutti i luoghi in cui, invece, questi centri di aggregazione riescano a formarsi (chiese, moschee e centri sociali), aventi come destinazione principale o esclusiva l'esercizio del culto religioso o altre attività con riflessi di rilevante impatto urbanistico, che richiedano la verifica delle dotazioni di attrezzature pubbliche rapportate a dette destinazioni.

Il tema è che, finché viene svolta all'interno di un luogo una riunione e, indipendentemente dall'oggetto del dibattere, una tipologia di riunione che può essere considerata come una riunione privata, fino a quando questo accade, è chiaro che si possono ancora applicare le norme dell'articolo 71; quando però quelle norme, e quindi la facilitazione per l'autorizzazione urbanistica a svolgere in quel luogo, all'interno di quel territorio, luoghi di culto (quindi, parliamo di strutture che hanno la possibilità di avere moltissimi fruitori), è chiaro che la normativa deve essere diversa. Bisogna restringere l'ambito di applicazione, nel senso che è necessario che quelle autorizzazioni vengano sottoposte ad un vaglio non facilitato ma che, invece, seguano le regole previste per tutti gli altri casi. Questo ha a che fare anche con la sicurezza dei nostri territori; è chiaro che lì dove ci sono tantissime persone che si rivolgono in un centro, perché è una moschea, perché è un altro luogo di incontro ufficiale anche a matrice religiosa, allora è importante che ciò venga definito nell'ambito e nel quadro della materia urbanistica generale che prevede la competenza non solo delle regioni, ma anche e soprattutto nazionale. Infatti, dobbiamo ricordare che, nel rispetto di quanto previsto e definito dagli articoli 8, primo comma, e 19 e 20 della Costituzione, deve essere garantita la possibilità di culto e, quindi, di esprimere la propria libertà religiosa, ma ciò non può andare in contrasto con un principio fondamentale, quello di governo del territorio, stabilito dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, secondo cui la competenza legislativa in questo caso è concorrente fra Stato e regioni proprio per la necessità di determinare anche decisioni in materia di sicurezza di quei luoghi. Riteniamo quindi che questa proposta di legge di fatto vada a rendere più omogenea una normativa che, in questo momento, invece, prevede facilitazioni per il riconoscimento dal punto di vista urbanistico a situazioni che, all'interno dei nostri territori, possono creare problematicità che non vengono quasi mai considerate e valutate, partendo dalla sicurezza, come ho detto, arrivando alla viabilità, ma soprattutto determinando la conoscibilità da parte dello Stato di quello che accade sui propri territori.

Credo che questo sia semplicemente un atto di buonsenso e credo che la normativa vada effettivamente modificata in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1059-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la maggioranza, deputata Paola Deiana, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 13,40.

La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 13,40.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, la deputata Paita è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 82, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Andrea Casu, proclamato in data 8 ottobre 2021, ha dichiarato, con lettera pervenuta in data 11 ottobre 2021, di aderire al gruppo Partito Democratico.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di avere accolto la richiesta.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. La deputata Lucaselli ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà. Su che cosa? Prego.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Intervengo molto velocemente, perché sono di questi minuti alcune dichiarazioni dell'ex Ministro Provenzano, attuale vicesegretario nazionale del Partito Democratico, secondo il quale - ed è scritto su un tweet, quindi, indipendentemente dal fatto che si stia affaticando nel cercare di dimostrare di non averlo detto, è riportato su un tweet - la Meloni e Fratelli d'Italia, per le proprie dichiarazioni, si pongono fuori dall'arco democratico e repubblicano.

Noi riteniamo che queste siano dichiarazioni gravissime, soprattutto in questo momento, quando in Italia c'è un dibattito molto acceso sui fatti che sono accaduti sabato, che noi abbiamo condannato e per i quali il nostro capogruppo proprio questa mattina ha richiesto l'intervento della Lamorgese, e soprattutto se provengono da un ex Ministro, cioè da un rappresentante delle istituzioni. Quindi, noi chiediamo che il Governo, nella persona del Ministro Lamorgese, se non è troppo impegnata in altre faccende, o il Presidente Draghi vengano in quest'Aula a prendere le distanze da dichiarazioni di questo tipo, che ledono lo svolgimento libero e democratico dell'esercizio politico.

Noi siamo assolutamente a favore della democrazia e la democrazia vuol dire anche libertà di espressione. Tra l'altro, non c'è un motivo per il quale si debba accusare un partito politico di fatti così gravi, da dire addirittura che dovremmo essere fuori dall'arco parlamentare.

Capisco che per il Partito Democratico sarebbe più facile non avere l'opposizione, ma siamo comunque l'unica opposizione che in questo momento esiste in Italia.

Quindi, il gruppo di Fratelli d'Italia chiede che ci sia una presa chiara di posizione da parte del Governo, di distanza da dichiarazioni che ledono il senso democratico dell'esercizio politico (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Baldelli e Alemanno: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti (Doc. XXII, n. 56-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 56-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – Doc. XXII, n. 56-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Francesca Bonomo.

FRANCESCA BONOMO , Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la proposta, di cui oggi l'Assemblea avvia l'esame, è di iniziativa del deputato Baldelli e intende istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti.

Prima di tutto faccio presente che lo scopo principale dell'istituenda Commissione è di acquisire dati e informazioni, che possano costituire la base di futuri interventi legislativi o di indirizzo sul tema della tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti.

È una tematica ormai certamente centrale, in quanto costituente parte integrante per la realizzazione di una cittadinanza attiva nel rapporto con i servizi pubblici e perché comporta rilevanti conseguenze per quanto concerne la tutela economica, la sicurezza e la salute della persona nel suo rapporto con il mercato.

In particolare, è previsto che la Commissione indaghi sulle forme principali e più ricorrenti di pratiche vessatorie e di comportamenti scorretti in danno dei consumatori e degli utenti e che verifichi l'efficacia degli strumenti di tutela o dell'attività svolta dai soggetti associativi operanti nel settore consumeristico, di livello nazionale e di livello locale.

Si prevede, inoltre, che la Commissione effettui un monitoraggio ad ampio spettro sullo stato di attuazione della legislazione vigente in materia di tutela dei consumatori e degli utenti, verificandone l'efficacia sia sotto il profilo della prevenzione che sul piano sanzionatorio.

Sottolineo anche che l'ulteriore obiettivo che si vuole perseguire tramite l'attività della Commissione è quello di permettere una più ampia diffusione della conoscenza tra i consumatori e gli utenti degli istituti e delle norme esistenti per la loro tutela, al fine di diffondere una maggiore consapevolezza dei loro diritti e degli strumenti a loro disposizione per prevenire o per porre fine ad abusi ingiustificati.

Prima di passare a descrivere più analiticamente i contenuti della proposta come risultante dagli emendamenti approvati in Commissione, riassumo anche brevemente l'iter seguito. La proposta di istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti, che, come ho già ricordato, è di iniziativa del collega Baldelli, è stata assegnata alla X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo) in sede referente il 23 giugno 2021. La Commissione ne ha iniziato l'esame il 7 luglio e il 21 luglio il testo è stato emendato e inviato alle Commissioni I, II e V per il prescritto parere. In data 28 luglio le Commissioni I e II hanno espresso un parere favorevole, mentre la V Commissione ha valutato che nulla osta al prosieguo dell'iter della proposta. Infine, nella seduta del 4 agosto 2021 la X Commissione mi ha conferito il mandato di riferire favorevolmente all'Assemblea.

Per quanto riguarda il contenuto della proposta, che consta di 7 articoli, faccio presente che l'articolo 1, comma 1, istituisce la Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti e il comma 2, come emendato dalla X Commissione, ne definisce i compiti. In particolare, la Commissione ha il compito di indagare sulle forme più ricorrenti di truffe o di pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori e degli utenti nella fornitura di beni e servizi, quali le clausole vessatorie nei contratti, l'utilizzo improprio dei dati personali, la pubblicità ingannevole e altri fenomeni assimilabili. Deve poi indagare sul riporzionamento, sull'obsolescenza programmata, nonché sulla qualità dei servizi pubblici essenziali, di cui all'articolo 1, comma 2, lettere b) ed e), della legge 12 giugno 1990, n. 146, cioè, rispettivamente, trasporti pubblici urbani ed extraurbani autoferrotranviari, ferroviari, aerei, aeroportuali e quelli marittimi limitatamente al collegamento con le isole, le poste, le telecomunicazioni e l'informazione televisiva pubblica. Dovrà monitorare sullo stato di attuazione della legislazione in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti, verificandone, previa acquisizione di dati e informazioni utili, l'efficacia anche in relazione all'impianto sanzionatorio, al fine di individuare eventuali misure correttive, anche di carattere legislativo, e analizzare le principali iniziative e le attività dei soggetti associativi operanti nel settore consumeristico di livello nazionale e locale, anche acquisendone le proposte operative. Il comma 3 prevede, poi, che la Commissione presenti alla Camera dei deputati, annualmente o al termine dei propri lavori, una relazione sui risultati dell'attività di inchiesta, ferma restando la possibilità di presentare delle relazioni su singoli temi che sono oggetto dell'inchiesta nel corso dello svolgimento dei propri lavori.

L'articolo 2, invece, riguarda la composizione della Commissione. Al comma 1, stabilisce che la Commissione è composta da 20 deputati, nominati dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari e assicurando, comunque, la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo costituito. Ai sensi del comma 2, il Presidente della Camera dei deputati, entro 10 giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la sua costituzione, mentre il comma 3 prevede che l'ufficio di presidenza della Commissione, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Per le elezioni del presidente della Commissione, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano come deputato ovvero, in subordine, il più anziano per età. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti e, in caso di parità di voti, è proclamato eletto il più anziano come deputato ovvero, in subordine, di età. Le stesse regole si applicano anche in caso di elezioni suppletive.

Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria. Si specifica, al comma 2, che la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale. Si stabilisce poi, al comma 3, che per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale. Si tratta dei delitti contro l'attività giudiziaria come, tra gli altri, il rifiuto di uffici legalmente dovuti, la falsa testimonianza, le false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria, il depistaggio, l'intralcio alla giustizia. Si prevede poi, al comma 4, che per il segreto di Stato nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. Inoltre, è sempre opponibile il segreto tra il difensore e la parte processuale nell'ambito del mandato.

L'articolo 4, poi, al comma 1, stabilisce che la Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e di documenti che sono relativi ai procedimenti e alle inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, anche se sono coperti da segreto. Ai sensi del comma 2, sulle richieste a essa rivolte l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale, mentre l'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti di documenti anche di propria iniziativa. Inoltre, al comma 3 prevede che la Commissione ha la facoltà di acquisire copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari e, ai sensi del comma 4, quando gli atti o i documenti siano assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta tale segreto non può essere opposto alla Commissione. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti acquisiti o trasmessi in copia, ai sensi dei commi 1, 2, 3 e 4, siano coperti dal segreto. Il comma 6 dispone che la Commissione ha facoltà di acquisire da organi e da uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente all'oggetto dell'inchiesta. La Commissione, ai sensi del comma 7, stabilisce quali atti e quali documenti non devono essere divulgati, anche in relazione alle esigenze attinenti ad altre istruttorie o alle inchieste in corso. Devono, in ogni caso, essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti ai procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

L'articolo 5, al comma 1, impone l'obbligo del segreto ai componenti della Commissione, ai funzionari, al personale addetto e a ogni altra persona che collabora con la Commissione o che compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure che ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 5 e 7. Ai sensi del comma 2, invece, la diffusione di tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o di documenti del procedimento di inchiesta coperti dal segreto o dei quali è stata vietata la divulgazione è punita ai sensi delle leggi vigenti.

L'articolo 6, al comma 1, prevede che l'attività e il funzionamento della Commissione siano disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei suoi lavori, stabilendo, inoltre, che ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari. Si specifica, al comma 2, che la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta tutte le volte che lo ritenga opportuno, essendo, altrimenti, le sedute pubbliche in tutti gli altri casi. Ai sensi del comma 3, la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria nonché di tutte le collaborazioni che essa possa ritenere necessarie di soggetti interni ed esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, di locali e di strumenti operativi che sono messi a disposizione dal Presidente della Camera. Il comma 5 dispone che la Commissione cura l'informatizzazione dei documenti acquisiti e che sono prodotti nel corso della propria attività. Ai sensi del comma 6, le spese per il funzionamento della Commissione, poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati, sono stabilite nel limite annuo massimo di 50 mila euro.

L'articolo 7 prevede che la Commissione sia istituita per la durata della XVIII legislatura.

Mi fa infine piacere evidenziare la diffusa convinzione circa l'opportunità di realizzare la finalità del provvedimento, come è emerso nel corso dei lavori e dell'attività della Commissione attività produttive, commercio e turismo, e penso che possa essere importante nella prosecuzione dei lavori anche rispetto ai lavori d'Aula. L'auspicio è che, così come è accaduto in Commissione, in considerazione soprattutto dell'intento di questa Commissione d'inchiesta, meritevole proprio nei confronti della tutela dei consumatori e degli utenti, si possa raggiungere anche all'interno della discussione in Aula un'ampia condivisione e un confronto che sia costruttivo. Quindi ringrazio e penso che sia un'iniziativa molto importante sia per la tutela dei consumatori sia per tutte le prerogative che questa Commissione potrà avere anche nelle valutazioni sull'inchiesta di tutte le pratiche che possono essere sleali nei confronti dei consumatori e nei confronti di tutti i soggetti che operano all'interno dei settori commerciali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di farlo in una fase successiva.

È iscritta a parlare la deputata Calabria. Ne ha facoltà.

ANNAGRAZIA CALABRIA (FI). Presidente Spadoni, rappresentanti del Governo, colleghi, la proposta in esame, con cui si chiede di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti, oltre a toccare un tema estremamente rilevante, rappresenta anche una gradita, anzi graditissima novità. Nella storia parlamentare repubblicana sono state numerose, numerosissime le inchieste parlamentari svolte, da quelle storiche della I legislatura - mi vengono in mente quelle sui grandi temi sociali, sulla disoccupazione, sulla povertà - ad altre molto più recenti su temi e vicende che hanno inciso profondamente sulla vita sociale del nostro Paese, e penso alla Commissione sulla P2, alla Commissione Aldo Moro, istituita nuovamente nella scorsa legislatura, oppure alla Commissione Giulio Regeni, che è stata istituita nell'attuale legislatura. Sulle circa 83 Commissioni d'inchiesta però, tra monocamerali e bicamerali, istituite dalla I legislatura ad oggi, questa è la prima che ha per oggetto la tutela dei consumatori e degli utenti. Su questo tema, colleghi, la normativa è abbastanza giovane. Per lungo tempo, la sola normativa di riferimento per la tutela dei consumatori è stata la legge 30 luglio 1998, n. 281, la storica legge quadro dei diritti dei consumatori, considerata a tutti gli effetti il vero e proprio statuto dei consumatori. Qualche anno più tardi, nel 2005, è entrato in vigore il codice del consumo, l'atteso testo che ha raccolto e razionalizzato tutta la normativa in materia di diritti dei consumatori, riorganizzando in forma di ordinamento la disciplina dei rapporti intercorrenti tra il soggetto professionale e i consumatori e coordinando la disciplina italiana con la disciplina comunitaria. Il tema della tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti è sempre più centrale perché costituisce parte integrante di una cittadinanza attiva nel rapporto con i servizi pubblici e perché produce importanti conseguenze per quanto concerne la tutela economica, la sicurezza e la salute della persona nel suo rapporto con il mercato.

Il progresso tecnologico registrato negli ultimi anni ha aumentato i rischi ai quali ciascuno di noi è esposto come consumatore e, conseguentemente, è aumentata l'esigenza di prevedere una tutela adeguata. Tutti noi, infatti, quotidianamente siamo subissati da offerte di ogni tipo che compaiono sui nostri telefoni, sui nostri tablet; offerte che, per essere accettate, non richiedono più la firma in calce ad un contratto ma, in alcuni casi, un semplice click a un'icona colorata. Una condizione che merita di essere esaminata in maniera approfondita, in primo luogo, per acquisire elementi di conoscenza che consentano di capire quale sia lo stato dell'arte e, successivamente, per valutare se sia necessario predisporre eventuali correttivi.

La finalità principale della Commissione d'inchiesta proposta dal collega Simone Baldelli infatti è proprio quella conoscitiva e documentale sulle minacce attualmente esistenti nei confronti di una persona quando si appresta ad effettuare un acquisto, quando valuta un'offerta commerciale o quando invece accede ad un servizio. Una sorta, diciamo, di check-up della normativa vigente in materia di consumo per valutarne l'efficacia alla prova dei fatti. Tra i vari temi di indagine nei quali la Commissione si cimenterà ne voglio sottolineare due su tutti: il primo riguarda la qualità dei servizi pubblici essenziali. Troppo spesso il servizio pubblico, sia quando è fornito dal pubblico sia quando è fornito dal privato, proprio in forza della sua essenzialità è sinonimo di scarsa qualità. Un esempio tipico, soprattutto in alcune grandi città come Roma, è rappresentato dal trasporto pubblico locale. La futura Commissione avrà gli strumenti per verificare con mano quale sia il reale livello di qualità dei servizi offerti e le cause di un eventuale servizio di bassa qualità.

Un'attività ispettiva che, se non potrà risolvere i problemi individuati, almeno nell'immediato, però potrà finalmente fornire una risposta ai milioni di cittadini che quotidianamente sono vittime di disagi, di disservizi che devono subire senza alcuna spiegazione e, soprattutto, senza alcuna scusa.

L'altro tema, che penso sia molto rilevante, è l'analisi a 360 gradi dell'attività svolta dalle associazioni consumeristiche. L'audizione di soggetti che operano quotidianamente e da lungo periodo sul campo sarà sicuramente un'occasione utile per avere un quadro d'insieme delle attività poste in essere a sostegno dei consumatori, individuandone le migliori pratiche, e costituirà un'ottima occasione per consentire ai cittadini di acquisire consapevolezza degli strumenti esistenti a tutela dei propri diritti.

Concludendo, colleghi, nel sottolineare con estremo favore come la Commissione attività produttive abbia manifestato il suo consenso su questa proposta, con un esame tra l'altro estremamente celere, in cui di fatto non sono state presentate proposte emendative, mi auguro che questo ampio consenso possa riprodursi anche in quest'Aula, consentendo alla Commissione di costituirsi e di iniziare i suoi lavori il prima possibile.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caiata. Ne ha facoltà.

SALVATORE CAIATA (FDI). Grazie Presidente, buon pomeriggio ai rappresentanti del Governo. Noi salutiamo con favore la nascita o la futura nascita di questa Commissione parlamentare per la tutela dei consumatori e degli utenti. Il relatore ha ben espresso quelli che saranno gli intendimenti della Commissione e la collega Calabria ha sottolineato alcuni aspetti, ma ce ne sono anche molti altri. Sinceramente abbiamo espresso apprezzamento e lo ribadiamo oggi in quest'Aula, perché effettivamente la nostra legislazione a tutela e a garanzia dei consumatori e degli utenti è datata non dal punto di vista del numero degli anni, ma, purtroppo, l'accelerazione tecnologica riscontrata nella somministrazione di beni e servizi è stata così forte negli ultimi anni - pensiamo allo sviluppo delle piattaforme digitali e anche a tutta l'evoluzione del mondo del commercio - che ci rende necessario essere vigili per essere al passo nella tutela dei consumatori.

La quantità di beni e servizi che vengono venduti quotidianamente non più in forma tradizionale, quindi sottoscrivendo un contratto, ma, come diceva la collega, semplicemente accettando con un click una serie di pagine che, molto spesso, forse troppo spesso, vengono fatte scorrere velocissimamente sul nostro telefonino con l'intento di arrivare in fondo il prima possibile, rende di fatto illeggibile ciò che stiamo accettando. Questo è uno dei grandi temi perché le grandi piattaforme digitali, e lo dirò anche dopo nel corso del mio intervento, spesso ci offrono servizi che vengono dichiarati gratuiti, ma in realtà poi gratuiti di fatto non sono, perché l'utilizzo patrimoniale dei dati personali di fatto non li rende gratuiti. Questa ormai è una teoria che si va consolidando sempre di più, per cui la necessità di immaginare il trattamento dei nostri dati personali non come una concessione, ma come una patrimonializzazione, e di immaginare i dati personali come attività immateriali, di fatto, palesa che spesso questi servizi offerti non sono, appunto, come dicevo prima, servizi gratuiti, ma sono servizi che vengono ceduti in cambio di un corrispettivo, dove il corrispettivo è proprio l'utilizzo dei dati personali.

Allora, come dicevo, si rende necessario indagare, controllare, verificare e tutelare i nostri consumatori, perché lo sviluppo di tutte queste piattaforme e dei social e l'utilizzo di questi servizi, soprattutto rispetto ad una fascia della popolazione che è quella degli anziani o a coloro che hanno meno dimestichezza con questi beni, rende queste fasce, di fatto, più vulnerabili rispetto a possibili truffe o a possibili aggressioni commerciali non propriamente corrette.

Questa è una delle necessità, ma un'altra necessità evidente è quella della maggiore tutela da parte dei consumatori e degli utenti. Pensiamo a quanto accaduto ai consumatori all'inizio e per un buon periodo di tutta la pandemia rispetto ad un bene essenziale come quello delle mascherine (le mascherine erano un bene superfluo o, comunque, non valorizzato, il cui valore era “zero”) e pensiamo a come sono stati trattati i consumatori rispetto a questi beni, lo diceva Angela Merkel in Germania; si apre l'era delle pandemie ed è necessario che anche i consumatori siano tutelati rispetto a beni che diventano improvvisamente essenziali. Per cui, abbiamo dato mano libera ad un signore, che si chiamava Arcuri, il quale ha gestito come ha voluto questa situazione, utilizzando soldi pubblici piuttosto che tutelare i consumatori che si sono visti costretti ad acquisire in gran numero questi beni senza alcun tipo di tutela, perché hanno dovuto, di fatto, pagare cifre che non avevano alcuna proporzione.

Altra necessità è quella di indagare sulle forme più ricorrenti di pratiche commerciali scorrette con riferimento alle clausole vessatorie. Lo dicevo prima, in premessa: immaginiamo solamente la velocità con cui scorriamo tutte le schermate dei contratti che accettiamo in forma digitale; è chiaro che le clausole vessatorie richiederebbero un'attenzione diversa, richiederebbero di essere poste in maniera diversa. Sappiamo infatti che, nella contrattualistica tradizionale, la clausola vessatoria richiede la doppia firma ma, se acceleriamo con un click, tutto lo spirito per il quale si intende porre maggiormente l'attenzione su situazioni di particolare sfavore per chi firma un contratto si va a perdere.

Andando avanti, ricordo l'utilizzo improprio - quello che dicevo prima - dei dati personali da parte delle grandi piattaforme del web che realizzano utili ormai inimmaginabili, i quali, troppo spesso, vengono mascherati all'estero; per fortuna, noi, come Fratelli d'Italia, all'inizio di questa legislatura, proprio a prima firma del collega Zucconi, abbiamo presentato una proposta di legge sulla web tax per far sì che questi grandi colossi non sfuggissero alla tassazione, nascondendosi nei paradisi fiscali; poi, per fortuna, adesso pare che stiamo arrivando, con l'accordo di tutti, ad una tassazione minima del 15 per cento che dovrebbe consentire di redistribuire ai singoli Paesi risorse che verranno appunto drenate da questi paradisi fiscali per essere ridistribuite sui singoli Paesi. Leggevo proprio ieri su Il Sole 24 Ore che, in uno studio rispetto all'Italia, si ipotizza che potrebbero tornare nel nostro bilancio circa 3,2 miliardi di euro che dovrebbero arrivare, appunto, a corrispettivo della tassazione su queste grandi piattaforme. Potrebbe essere un'idea, potrebbe essere una proposta pensare di utilizzare queste risorse proprio per la tutela e il risarcimento dei consumatori e degli utenti che vengono danneggiati, in alcuni casi, da queste grandi piattaforme.

Altro elemento importante per la nascita di questa Commissione - vi poneva il giusto accento la collega Calabria - è quello della qualità dei servizi pubblici essenziali: è fondamentale. Ci sono tantissimi pubblici servizi - così i trasporti, ma io ricorderei anche le poste, le telecomunicazioni, l'informazione radiotelevisiva - che necessitano veramente di maggiore attenzione. Ci sono servizi che vengono dati in appalto, in concessione, a delle aziende che poi non tutelano il servizio minimale. Io vorrei ricordare solamente i servizi di collegamento con le isole che, troppo spesso, arrivano, poi, a non essere più un servizio pubblico. Quindi, nella tutela del giusto diritto dell'impresa a generare profitto, si perde, però, di vista la natura del servizio pubblico che deve garantire l'utente. Su questo la Commissione dovrà essere brava a vigilare, perché bisogna garantire la qualità, non solo la quantità del servizio pubblico: la qualità del servizio pubblico. Troppo spesso - lo vediamo soprattutto dove questi servizi sono affidati in una sorta di regime di monopolio - la qualità dei mezzi utilizzati è devastante: autobus che si incendiano, navi che fanno acqua da tutte le parti; si tratta di situazioni che non sono più tollerabili. È giusto generare profitto, ma è altrettanto giusto investire nella sicurezza dei mezzi, perché gli utenti hanno diritto ad avere un servizio di qualità.

Altro motivo: monitorare lo stato di attuazione della legislazione. È quello che dicevamo prima, perché il mercato cambia troppo velocemente e noi altrettanto velocemente dobbiamo monitorare che lo stato di attuazione della legislazione in materia dei diritti vada abbastanza alla stessa velocità. Ma non solo: dobbiamo essere bravi anche a monitorare che l'efficacia del sistema sanzionatorio - questo è uno dei motivi per cui nasce la Commissione - sia efficace e sia valida. Immaginate che oggi ci sono situazioni in cui, se un utente - mi riferisco, per esempio, agli istituti di credito o anche agli istituti finanziari - chiede informazioni su un mutuo o sulla sospensione di un mutuo, l'istituto ha la possibilità di rispondere in sei mesi. È evidente che questa non è una tutela dell'utenza ed è evidente che ciò pone l'utente in una situazione di assoluto svantaggio, per cui il sistema sanzionatorio deve diventare efficace, altrimenti la tutela è, di fatto, nulla.

Un altro motivo lo ricordavo prima: la patrimonializzazione dei dati personali. A questo dobbiamo arrivare, perché l'utilizzo dei dati personali è stato contrastato, in un certo senso, da alcune teorie di antitrust o di tutela della privacy che, in realtà, di fatto, sono superate. Oggi, i dati personali vanno preservati perché sono, in realtà, un vero e proprio asset; sono un asset perché costituiscono informazioni fondamentali per promozioni commerciali, quindi vanno preservati in questo senso. Siamo di fronte, in alcuni casi, a dei paradossi. Pensiamo che nel pieno della pandemia ci siamo posti il problema della privacy o della tutela dei dati personali rispetto a motivi sanitari - quindi, gravissimi - e, poi, quotidianamente, invece, i nostri dati personali vengono utilizzati da piattaforme che ci asfissiano tutti i giorni con migliaia di telefonate per la bolletta del gas, della luce o del telefono. Quindi, da questo punto di vista, credo che sia veramente fondamentale riuscire a trovare un equilibrio e lo stesso equilibrio lo dobbiamo trovare anche nella chiarezza. Vi parlavo di bollette e del tema del carovita in questo momento, cioè del rincaro delle bollette, del rincaro delle utenze, rispetto a chi le deve subire passivamente e non ha neanche la capacità di poterlo capire: le bollette sono un enigma! Nonostante noi chiediamo costantemente chiarezza, trasparenza, eccetera, leggere una bolletta di un'utenza telefonica da noi è veramente impossibile. La gente non capisce se paga per un servizio o per cosa, perché la bolletta è sempre enigmatica ed è sempre di difficile comprensione. Per tutti questi motivi, noi auspichiamo che ci sia, come dicevano anche gli altri colleghi, un consenso importante dell'Aula per arrivare a questa Commissione di inchiesta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Soave Alemanno. Ne ha facoltà.

MARIA SOAVE ALEMANNO (M5S). Grazie, Presidente. Rappresentanti del Governo, la pandemia, purtroppo ancora in corso, ha profondamente modificato i consumi degli italiani imprimendo una forte spinta alla digitalizzazione degli stessi. In molti, infatti, in concomitanza con l'avvio delle misure di contenimento, hanno progressivamente abbandonato l'esclusiva scelta del negozio fisico per acquistare i propri prodotti. La diffusione di questi nuovi comportamenti li ha resi sempre più consumatori digitali e queste transazioni online includono anche la sottoscrizione di polizze assicurative o contratti senza l'intermediazione di persone fisiche; l'intera operazione, dall'acquisizione delle informazioni alla sottoscrizione del contratto, fino al pagamento, avviene direttamente sul web. L'incremento di queste operazioni, però, porta purtroppo con sé anche un aumento delle truffe ai danni dei consumatori, i quali, non avendo strumenti idonei per difendersi e far valere i propri diritti, si trovano in una situazione di svantaggio nel momento in cui decidono di acquistare sul web. C'è, allora, urgente bisogno di monitorare questi episodi e le altre condotte problematiche connesse alle transazioni online. Per questo, accogliamo con favore l'istituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare che indaghi sulle forme più ricorrenti di pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori e degli utenti nella fornitura di beni e servizi; una misura, a mio avviso, necessaria e che arriva anche al momento giusto. In particolare, sarà compito della Commissione verificare la presenza di clausole vessatorie nei contratti, l'eventuale utilizzo improprio dei dati personali da parte di piattaforme commerciali elettroniche, la presenza di pubblicità ingannevoli e l'eventuale obsolescenza programmata dei prodotti, che è quel processo per cui un dispositivo elettronico come uno smartphone, un computer o un tablet, piuttosto che un qualunque elettrodomestico che abbiamo in casa, dopo un paio di anni dall'acquisto, o dal lancio sul mercato, diventa inutilizzabile, oppure si rompe, mentre l'arrivo di nuovi modelli e nuovi software lo rendono troppo vecchio per poter essere, invece, riparato.

È una Commissione, questa, che fa della concretezza la sua bandiera, perché si andrà ad occupare delle esigenze reali del cittadino, che troppo spesso percepisce le istituzioni come distanti dalla sua vita quotidiana. Noi ci occuperemo di questioni con cui ha quotidianamente a che fare ogni persona e ogni famiglia: dalle bollette ai servizi erogati dalle compagnie telefoniche, o dell'energia, o del gas, che spesso sono oggetto di problematiche comuni; il diritto al recesso, i ritardi nella procedura di migrazione, sino all'attivazione coatta di prodotti o servizi non richiesti, come spiegava il collega poc'anzi. Ma non solo questo: la Commissione avrà anche il compito di monitorare lo stato di attuazione della legislazione in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti, verificandone l'efficacia, anche in relazione all'impianto sanzionatorio, per poter individuare eventuali misure correttive di carattere legislativo.

La Commissione presenterà annualmente, o al termine dei propri lavori, una relazione alla Camera sui risultati dell'attività di inchiesta e potrà anche relazionare su singoli temi oggetto dell'inchiesta nel corso dello svolgimento dei propri lavori. Rafforzare la tutela dei consumatori, individuare le falle di un sistema in continua evoluzione per poter intervenire, significa anche ristabilire un legame di fiducia tra i cittadini e le istituzioni che sono chiamate a rappresentarlo e a tutelare i suoi interessi. Dobbiamo pretendere chiarezza, trasparenza e completezza di informazione dalle aziende, o da chiunque offra beni o servizi, in modo che il consumatore sia davvero consapevole di cosa sta sottoscrivendo o acquistando.

Una Commissione d'inchiesta per la tutela dei consumatori significa una garanzia per tutti, anche per la stragrande maggioranza di imprenditori e operatori commerciali seri, che si vedono scavalcare da chi forza o aggira le regole ai danni dei clienti. Ma, soprattutto, significa sostenere i soggetti particolarmente deboli delle transazioni specialmente per età, grado di scolarizzazione o insufficiente conoscenza del web. Queste persone sono le più esposte a frodi o a forme di pubblicità ingannevole. È nostro dovere individuare le forme più efficaci per proteggerle e garantire loro di poter accedere con serenità a quei servizi digitali che, depurati da questi pericoli, rappresentano spesso un supporto prezioso nelle attività di ciascuno di noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – Doc. XXII, n. 56-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice deputata Francesca Bonomo, che rinuncia. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Baldino ed altri n. 1-00520, Valentini ed altri n. 1-00521 e Rizzetto ed altri n. 1-00522 concernenti iniziative in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni (ore 15,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Baldino ed altri n. 1-00520, Valentini ed altri n. 1-00521 e Rizzetto ed altri n. 1-00522 concernenti iniziative in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto della seduta del 5 ottobre 2021 (Vedi l'allegato A della seduta del 5 ottobre 2021).

Avverto che è stata presentata la mozione Viscomi ed altri n. 1-00523 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritta a parlare la deputata Federica Dieni, che illustrerà anche la mozione n. 1-00520, di cui è cofirmataria.

FEDERICA DIENI (M5S). Grazie. Presidente, Governo, l'emergenza sanitaria ancora in corso ha messo in luce e, soprattutto, ha valorizzato e utilizzato la modalità agile di lavoro anche per la pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione si è trovata, in piena pandemia, a dover scegliere tra il mettere in cassa integrazione i propri dipendenti e non erogare i servizi, o a utilizzare lo smart working. Questa modalità agile di lavoro tanto bistrattata in passato - c'erano stati soltanto alcuni accenni molto timidi all'utilizzo nel pubblico di questa modalità – dopo un iniziale periodo di assestamento, ha aumentato e migliorato la produttività dei propri dipendenti in valori medi del 4 per cento, con picchi di produttività, per quanto riguarda l'INPS, del 12,5 per cento in più. Questo vuol dire che, se lo smart working - questa modalità agile di lavoro - viene utilizzato bene, migliora la produttività del lavoro; quindi, è sicuramente qualcosa che con il tempo dobbiamo rafforzare, migliorare e regolamentare.

Ci sono stati dei benefici per le città, un miglior funzionamento e una migliore vivibilità all'interno delle grosse città. Pensiamo, per esempio, al traffico, al caos che c'è ogni volta per i parcheggi. Quindi, sicuramente le grandi realtà urbane, le grandi aree metropolitane hanno beneficiato in termini quantitativi e qualitativi della modalità agile di lavoro.

Ha migliorato la vita dei dipendenti pubblici perché - lo ricordiamo - il salario nominale dei dipendenti pubblici non è molto alto, quindi, sicuramente chi ha potuto farlo ha ottenuto un beneficio riducendo drasticamente, per esempio, il canone dell'affitto, che spesso nelle grandi città incide per quasi la metà (o anche più) sullo stipendio del dipendente. Ha migliorato la qualità della vita dei dipendenti, come ho detto finora, e ha ovviamente ridotto i costi per le amministrazioni pubbliche.

All'epoca, la Ministra Dadone aveva quantificato, per il 2020, solo per i Ministeri, una riduzione di 50 milioni di euro di spese della pubblica amministrazione legata, ovviamente, alla riduzione delle utenze, alla manutenzione, a tutti i costi fissi che il lavoro in presenza inevitabilmente produce. Che cosa ha fatto in più lo smart working? Ha migliorato e ha aumentato i consumi all'interno di realtà urbane poco ampie come, per esempio, i piccoli centri, quindi le aree periferiche delle città; ha aumentato anche il numero delle persone che sono volute scendere al Sud; quindi, conseguentemente il south working, in alcune realtà come quelle del Sud, che negli ultimi anni hanno perso tantissimo in termini di presenza dei propri residenti che lavorano fuori regione, ha visto queste realtà crescere e, quindi, anche acquistare e consumare.

Inevitabilmente questo si ripercuote in maniera positiva sul lavoratore, il quale può beneficiare di servizi a costi più contenuti e, quindi, anche di vantaggi per quello che riguarda la qualità della propria vita. Pensiamo, per esempio, a un dipendente che, mediamente, in presenza, sta in macchina per 74 minuti al giorno (questi sono dati reali), che possono essere utilizzati per migliorare la propria vita perché le ore a disposizione possono essere spese in attività culturali o ludiche. Quindi, sicuramente, è un settore economico che può crescere se si utilizza bene lo smart working. Pensiamo, per esempio, a un dipendente stanco che, alle 8 di sera, va a letto e il suo unico pensiero è di risvegliarsi il mattino successivo alle 5 per mettersi in macchina, andare a lavorare e rientrare la sera: questa non è una vita degna di essere tale. Sicuramente, in questa maniera può svolgere in modo molto più efficiente il lavoro all'interno della propria abitazione - ma lo smart working è qualcosa di più ampio, perché non necessariamente si svolge presso il domicilio del lavoratore - e, poi, ha delle ore libere e anche un margine di stipendio che può utilizzare ed investire in questo tipo di attività culturali, sportive e ricreative.

Al tempo stesso, ricordiamo che la pubblica amministrazione ha risparmiato anche in termini di costi come morti in itinere, cioè quelle morti considerate nel tragitto casa-lavoro. Parliamo, nel 2020, di 38 mila casi di infortuni e quest'anno, come morti, siamo già a 772 (fonti INAIL), con un aumento degli infortuni del 20 per cento: si è arrivati a 45.821, quindi 27 mila infortuni sul lavoro in più da marzo ad agosto di quest'anno.

Non si capisce bene questa fretta di dover ricorrere al ritorno al lavoro, quindi in presenza, da parte di tutti i lavoratori pubblici dal 15 ottobre o, comunque, da fine mese. Questo perché non si lega a una minore produttività o a un peggior lavoro che è reso all'utenza. Non è assolutamente così. L'INPS ha lavorato benissimo da remoto, nonostante le numerose pratiche che noi abbiamo dato da svolgere in questi mesi legate all'emergenza COVID: pensiamo, per esempio, ai numerosi bonus creati a favore delle imprese, delle partite IVA e dei privati. Hanno lavorato bene moltissime amministrazioni pubbliche. Il concetto di lavoro, ormai, non è più legato alla presenza fisica nei luoghi di lavoro. Pensiamo a un utente che deve cambiare una residenza: sicuramente può svolgere questa attività in maniera più celere, senza dover perdere una giornata di fila presso il comune, con una semplice PEC.

Che cosa bisognerebbe fare? Bisognerebbe regolamentare al meglio: da gennaio, ovviamente, questo sarà fatto e noi prevediamo in questa mozione un minimo di dipendenti che devono essere “smartabili”, anche in assenza dei POLA, al 30 per cento. Questo perché riteniamo che non tutti i dirigenti abbiano ben compreso la bontà di questa modalità di lavoro agile e, quindi, spesso legano la produttività alla presenza sul posto di lavoro; ma evidentemente non è così, ciò non è attuale. Non si può far finta di niente e tornare totalmente al passato. Noi riteniamo che questo vada salvaguardato e, quantomeno, da qui fino a dicembre, salvaguardiamo le categorie più fragili, salvaguardiamo gli invalidi, le persone che hanno nel proprio nucleo familiare persone con una invalidità fisica, che sono, ovviamente, più a rischio di avere delle conseguenze negative dall'eventuale COVID. Salvaguardiamo almeno queste tipologie di persone, salvaguardiamo chi ha dei bambini piccoli. Pensiamo che, anche in questo caso, la pubblica amministrazione ci andrà a guadagnare in termini di efficienza di queste persone, che, appunto, potranno beneficiare di questa modalità di lavoro, che serve al privato, che serve al cittadino, che serve all'amministrazione stessa.

Io, però, voglio sfatare una cosa in quest'Aula: il PIL. Ovviamente, siamo tutti favorevoli e siamo tutti contenti dell'aumento del PIL e, se ci sono delle modalità di lavoro che possono migliorare ancora di più questo numero, sicuramente ben venga, però questo non è il ruolo del Ministro per la pubblica amministrazione, che ha come compito primario quello di dare i servizi, di fare in modo che i cittadini abbiano dei servizi efficienti e, al tempo stesso, migliorare la qualità della vita dei propri dipendenti. Il PIL, secondo lui, aumenterebbe dal 6 per cento al 6,2- 6,3 per cento, quindi parliamo dello 0,2-0,3 per cento. In realtà, come ho detto prima, questi sono dei dati non corretti, perché c'è una ricerca di PWC per cui, se invece si utilizzasse lo smart working per intero anche nella pubblica amministrazione, l'aumento del PIL sarebbe dell'1,2 per cento in più, quindi stiamo parlando di uno 0,9 per cento in più rispetto ai dati a cui fa riferimento il Ministro Brunetta. Questo perché, ovviamente, come dicevo prima, aumenta la produttività soprattutto nelle città meno dense di abitanti, quindi nei piccoli centri e nelle periferie; soprattutto il sat working non soltanto fa crescere e migliorare la vita del cittadino che svolge il proprio lavoro in queste realtà ma, al tempo stesso, è anche una modalità attraverso cui cercare di migliorare i servizi e le infrastrutture di questi territori. Quindi, si va ad investire anche in queste realtà con una ricaduta molto importante anche su questi territori che hanno perso dei residenti negli anni o che, comunque, hanno visto queste persone spostarsi per lavorare in altre città e che, quindi, potrebbero beneficiare della modalità di lavoro agile. Nel privato questa modalità adesso è diventata l'ordinario; il presidente dell'associazione delle banche ha affermato che loro utilizzeranno questa modalità di lavoro agile anche nel futuro; tutte le imprese più grandi stanno cercando di utilizzare questa modalità anche per dismettere degli immobili - quindi, anche in termini di guadagno proprio fisico dello smart working - e, quindi, anche il pubblico dovrebbe fare altrettanto.

Con questa mozione cerchiamo di dare le nostre visioni al Governo, cercando di tutelare queste categorie almeno fino a dicembre - quindi salvaguardiamo i fragili, salvaguardiamo i caregiver, salvaguardiamo chi ha figli piccoli - e, successivamente, quantomeno, prevediamo che ci sia una quota minima - non massima - di persone che possono svolgere il lavoro in regime di smart working. Ricordiamo che soltanto il 36 per cento dei lavori nella pubblica amministrazione può essere “smartabile”, quindi, sicuramente, questo non toccherà i medici, il personale sanitario, la scuola, ma solo coloro i quali lavorano, per esempio, nel settore dell'informazione o della comunicazione, nelle attività finanziarie e assicurative, nei servizi generali della pubblica amministrazione e nei servizi alle imprese. Si tratta, quindi, una piccola fascia, che però può essere determinante per lo sviluppo di altre realtà territoriali. Questo è un invito che rivolgiamo anche al Ministro Brunetta, ovvero di non tornare al passato ma di cercare di vedere il futuro e non arrestare il processo inevitabile che c'è di informatizzazione e di digitalizzazione della pubblica amministrazione che si è un po' sviluppato durante questo periodo di smart working, facendolo, però, ovviamente, in sicurezza. Se noi affidiamo alla pubblica amministrazione i nostri dati, i nostri dati sensibili, per avere un servizio, è giusto e doveroso che la pubblica amministrazione assicuri la sicurezza dei propri sistemi; quindi, sicuramente dobbiamo investire in questo. La pubblica amministrazione, in particolare, deve investire in questo perché moltissimi server della pubblica amministrazione - il 97 per cento, per dirla come ha detto il Ministro Colao - non sono sicuri. Quindi investiamo in questo, però investiamo in formazione, investiamo sui nostri giovani che hanno apprezzato questa modalità di lavoro agile e, perché no, cerchiamo anche di valorizzarli per le proprie competenze digitali. Quindi favoriamo lo smart working nei prossimi mesi: facciamo al meglio, in sicurezza e non buttiamo tutto ritornando in maniera netta al passato; andiamo avanti e facciamolo bene (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Annagrazia Calabria, che illustrerà anche la mozione n. 1-00521, di cui è cofirmataria.

ANNAGRAZIA CALABRIA (FI). Grazie, Presidente Spadoni. Colleghi, la pandemia purtroppo si è abbattuta improvvisamente, anche con violenza inaudita, sulle vite di tutti noi. Un evento che non si è mai verificato in tempi recenti, con le dimensioni e la virulenza di cui parlavo poc'anzi, che abbiamo visto, che ha obbligato ad assumere misure eccezionali di salute pubblica. La principale di queste, come ricordiamo, è stata il lockdown totale nei mesi di marzo e aprile del 2020, con un'interruzione universale, ove possibile, dei rapporti sociali tra persone e dei loro spostamenti. Nei mesi successivi, seppure nell'ambito di un regime restrittivo sempre volto alla tutela della salute pubblica, sono state adottate misure per un parziale e progressivo riavvio delle attività economiche e degli spostamenti. All'interno di questo scenario - che ho delineato sommariamente - sono state adottate misure di emergenza, in alcuni casi mai o raramente sperimentate in precedenza: penso alla didattica a distanza, su tutte. Tra queste misure vi è stato un fortissimo impulso al cosiddetto smart working, sia nel settore privato, che in quello pubblico. Trattandosi di una soluzione imposta dalla contingenza e dalla grave emergenza del momento, consentire a tutti i lavori che potevano farlo di lavorare da remoto non solo è stato inevitabile, è stato anche giusto. Ciò detto, è altresì vero che una scelta adottata in via emergenziale, nel momento che la situazione che l'ha prodotta si evolve, quando il livello di allerta si riduce, deve essere superata per tornare allo status quo ante. Nessuno è contrario in linea di principio al lavoro agile, purché ci siano le condizioni perché questa modalità di lavoro si possa svolgere all'interno di un quadro di regole certe, che ad oggi, però, non ci sono. Questa considerazione vale, ovviamente, sia per il lavoro pubblico (tema che è al centro di questo dibattito), ma vale anche per il settore privato.

Se andiamo a vedere la normativa attualmente vigente in tema di lavoro agile, ci accorgiamo che si riduce a quattro articoli inseriti successivamente all'interno della legge n. 81 del 2017 in materia di lavoro autonomo. Già questa collocazione, come sovente d'altra parte accade all'interno del nostro ordinamento, in una legge che verte su altra materia, ci fa comprendere come il legislatore abbia interpretato la normativa sul lavoro agile, cioè come un'ipotesi residuale, come uno strumento volto più a consentire in casi particolari, in casi limitati, la possibilità di conciliare i tempi di cura e di lavoro, anziché delineare in materia organica una nuova e alternativa modalità di svolgimento dell'attività lavorativa.

L'inadeguatezza dell'attuale legislazione in materia di lavoro agile è testimoniata, al di là delle opinioni, da un dato oggettivo: il grande numero di proposte di legge depositate da tutti i gruppi parlamentari in Commissione lavoro, che hanno come oggetto la revisione organica di questa normativa. A questo proposito, mi permetto di sottolineare che, forse, chi ha voluto incardinare il dibattito su queste mozioni, non ha tenuto conto abbastanza del lavoro istruttorio che si sta compiendo presso la Commissione lavoro. È, quindi, una fuga in avanti esclusivamente sul lavoro pubblico, che, onestamente, a ben vedere, non ha molto senso.

Venendo al merito specifico del nostro dibattito, la posizione di Forza Italia, rispecchiata dalla mozione che abbiamo depositato, è molto chiara. Riteniamo che, alla luce dell'evoluzione positiva del quadro epidemiologico, alla luce dell'introduzione dell'obbligo di green pass sui luoghi di lavoro, ci siano tutte le condizioni perché il lavoro nella pubblica amministrazione riprenda per la generalità dei lavori in presenza. Non si tratta, ovviamente, di una posizione ideologica, bensì di una misura che riteniamo indispensabile alla luce di una serie di motivazioni oggettive. In primo luogo, vi è la certezza delle regole: ad oggi non c'è un contratto specifico che regoli il lavoro agile nella pubblica amministrazione, individuandone gli obiettivi; è una lacuna che proprio il Ministro Brunetta, primo fra i Ministri della Funzione pubblica, ha deciso di colmare dando mandato all'ARAN di procedere in tal senso, avviando un confronto con le pubbliche amministrazioni.

In secondo luogo, vi sono la sicurezza e gli strumenti: non si può svolgere un'attività lavorativa con il proprio smartphone, con il tablet o il PC di casa, usato anche dai propri figli. Anche su questo punto ci devono essere regole chiare in merito alla fornitura della strumentazione necessaria a svolgere l'attività lavorativa richiesta e sul tipo di device con cui deve essere svolta. Questo aspetto si collega, ovviamente, strettamente a quello della sicurezza e, in questo senso, la recente vicenda che ha interessato la regione Lazio, bloccata per giorni in seguito ad un attacco cibernetico propagatosi per l'apertura di una mail inviata su un PC di casa, è un alert del quale non possiamo non tenere conto. Con la normativa attualmente vigente, chi è in smart working potrebbe anche svolgere la propria attività in luogo pubblico, con tutti i problemi che questa particolare situazione potrebbe comportare sulla tutela dei dati sensibili oggetto dell'attività lavorativa, i quali non solo potrebbero essere “hackerati”, ma anche facilmente spiati o captati fisicamente da parte di chi ne avesse interesse.

In terzo luogo, efficienza e produttività: si tratta di aspetti fondamentali, che, allo stato, riteniamo possano essere perseguiti quasi esclusivamente con il lavoro in presenza.

Anche in questo caso si tratta non di opinioni ma di dati oggettivi. Un esempio su tutti può essere quello della Motorizzazione civile. Nel corso del 2020 e di parte del 2021, con lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile si è creato un immenso arretrato di pratiche nei vari settori di competenza, ad iniziare da quello delle patenti, un arretrato che richiederà mesi per essere smaltito e che potrà essere smaltito solo con il ritorno in presenza.

Colleghi, non si può poi trascurare il fatto che la pubblica amministrazione nel suo complesso sarà il principale protagonista della realizzazione del PNRR, dal quale dipende il futuro di ciascuno di noi. Ricordiamocelo bene: la pubblica amministrazione è lo Stato, è il volto della Repubblica che si mostra tutti i giorni ai cittadini, è la nostra vita, è la qualità della nostra vita, che si misura nei servizi e nella qualità dei servizi di cui godiamo e dei quali usufruiamo, a fronte delle tasse che tutti noi paghiamo. Quello di cui parlavo prima, cioè l'impegno che occorrerà mettere sul fronte delle semplificazioni e anche dell'innovazione con riferimento alla pubblica amministrazione per il PNRR, è uno sforzo sovrumano che richiederà non solo nuove e qualificate risorse, operazione che grazie ai provvedimenti già approvati è in corso d'opera, ma sarà altrettanto indispensabile che tutte le risorse umane già presenti nella pubblica amministrazione diano il massimo e che, ovviamente, siano messe nelle condizioni di farlo.

Alla luce di queste considerazioni, che si limitano a fotografare semplicemente dati di realtà che sono evidenti a tutti, la posizione di Forza Italia è quella che è stata già assunta dal Governo ed è per questo che riteniamo e che chiediamo, con la nostra mozione, che dal prossimo 15 ottobre si torni a garantire il ritorno in presenza per le attività di sportello e di ricevimento, ma anche per quelle del cosiddetto back-office. Riteniamo e chiediamo che, nell'ambito della normativa attualmente vigente e, quindi, sulla base di accordi bilaterali tra datore di lavoro e lavoratore, la concessione del lavoro in modalità agile non pregiudichi o riduca la fruizione dei servizi che la pubblica amministrazione deve rendere agli utenti. Ovviamente e doverosamente, rispetto alla modalità ordinaria di lavoro in presenza riteniamo che vi debbano essere delle eccezioni che riguardano i cosiddetti lavoratori fragili, che hanno tutto il diritto di tutelare la propria salute. Anche le fasce orarie di lavoro, per quanto riguarda gli orari di ingresso e di uscita dei turni, riteniamo possano essere oggetto di una rimodulazione, per consentire di svolgere l'attività lavorativa su più turni e ridurre l'impatto che il ritorno al lavoro in presenza produce sull'utilizzo del trasporto pubblico locale.

In sintesi, colleghi, Forza Italia è convinta che sia giunto il momento di realizzare quello che tutti abbiamo desiderato con forza nei momenti più difficili e nei mesi più difficili della pandemia: il ritorno alla normalità, il ritorno alla vita di prima, un ritorno che ovviamente, per essere davvero tale, deve riguardare anche la vita lavorativa.

Comunque, collega Dieni, lei faceva riferimento prima a quelli che potrebbero essere o non dovrebbero essere i compiti del Ministro della Pubblica amministrazione: è compito del Ministro della Pubblica amministrazione valutare la performance dei servizi della pubblica amministrazione sulla base di dati e sulla base anche della valutazione degli utenti.

È evidente che quello che abbiamo sperimentato finora sull'onda dell'emergenza non è stato lo smart working, o perlomeno non è stato lo smart working cui faceva riferimento lei nel suo intervento, poiché è stato applicato senza regole contrattuali, senza piattaforme informatiche dedicate, senza device, senza specifici controlli organizzativi, senza controlli. Lavoratori e amministrazioni si sono arrangiati con buona volontà, anche con improvvisazione tante volte, spesso con opportunismo, e soprattutto non vi è stata alcuna valutazione delle necessità degli utenti, ovvero della loro soddisfazione. Adesso che la fase più acuta della pandemia sembra essersi risolta, sembra conclusa, con la messa in sicurezza progressiva di tutto il mondo del lavoro e con una ripresa produttiva in atto, sembra evidente che le ragioni dello smart working nel settore pubblico siano venute meno.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ylenia Lucaselli, che illustrerà anche la mozione n. 1-00522, che ha sottoscritto in data odierna.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. La mozione presentata dal collega Rizzetto si occupa di un tema che, secondo noi, è oramai centrale nel dibattito nel mondo del lavoro.

Fratelli d'Italia ha presentato anche una proposta di legge sullo smart working a mia firma e a firma di altri colleghi, proprio durante il periodo della pandemia. Lo abbiamo fatto nella assoluta consapevolezza che, prima di diventare funzionale alla gestione dell'emergenza, il tema dello smart working, del lavoro agile, faticava moltissimo a decollare a causa di una mentalità che ci vedeva troppo legati a un vecchio concetto di lavoro subordinato. Ora, però, grazie al COVID – purtroppo, dobbiamo ringraziare una terribile pandemia per questo - si è riproposta la questione dello smart working, del lavoro agile, con una prepotenza che, obiettivamente, non lascia la possibilità di non trattare questo tema. È un modello che, in sé, reca indubbiamente benefici, innanzitutto in termini di welfare: mette in equilibrio i tempi di lavoro e di vita del lavoratore, garantisce una maggiore sostenibilità ambientale, dà la possibilità di ripopolare i piccoli centri (proprio durante la fase pandemica abbiamo visto che molti lavoratori, potendo utilizzare lo smart working, ritornavano nelle proprie città di origine). È doveroso però evidenziare che la modalità di lavoro che è stata applicata in via emergenziale non è stata propriamente quella del lavoro agile. Si è trattato semmai di un lavoro dal proprio domicilio, di una sorta di telelavoro che, ovviamente, ha portato con sé una serie di problematiche proprio da un punto di vista normativo e giuridico. Quello al quale abbiamo assistito sino a questo momento, in realtà, non era il vero e proprio smart working ma applicava una serie di deroghe rispetto al normale concetto di lavoro subordinato. È mancata la formalizzazione di un contratto, la definizione degli obiettivi, l'individuazione dei dispositivi tecnologici di lavoro, le condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro, le modalità di esercizio del potere di controllo e del potere disciplinare da parte del datore di lavoro. Questo lo abbiamo ravvisato in ambito sia pubblico sia privato. Abbiamo dovuto reinventare nuove modalità di lavoro; lo abbiamo fatto in maniera molto frettolosa e, ovviamente, questo ha portato anche a storture rispetto a un sistema che, invece, se applicato correttamente all'interno di un quadro normativo, può essere estremamente efficace per lo sviluppo e soprattutto può guardare al futuro del mondo del lavoro. Riteniamo, quindi, che questa misura, lo smart working, superando i limiti che, sino a questo momento, abbiamo incontrato e di cui dicevo prima, anche nella pubblica amministrazione possa essere una valida soluzione non solo per il contrasto alla pandemia, per poter continuare a svolgere le proprie mansioni lavorative e per poterlo fare in sicurezza, ma possa, anzi, debba essere uno strumento sul quale puntare per una nuova idea di lavoro che sia assolutamente sostenibile. È chiaro che, per poterlo fare, dobbiamo dare la possibilità ai lavoratori che usufruiscano di questa scelta, agli imprenditori e anche alle pubbliche amministrazioni che decidano di mettere in lavoro agile i propri dipendenti di fare scelte chiare ma, soprattutto, regolamentate. Voi sapete meglio di me che è intervenuto il piano organizzativo del lavoro agile, con il quale le amministrazioni devono regolare le modalità attuative dello smart working per le attività che possono essere svolte da remoto, che serve anche ad individuare gli strumenti per la verifica dei risultati conseguiti per migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa.

Sappiamo che gli enti pubblici devono redigere entro il 31 gennaio di ciascun anno, dopo aver sentito le organizzazioni sindacali, questo piano organizzativo, in conformità all'articolo 263 del decreto-legge n. 34 del 2020. L'ultimo intervento che ha interessato lo smart working nella pubblica amministrazione è stato il DPCM del 23 settembre 2021 con il quale è stato stabilito che, dal 15 ottobre, la modalità ordinaria di lavoro nella pubblica amministrazione torna ad essere quella svolta in presenza. Il Ministro per la Pubblica amministrazione ha evidenziato che il lavoro da remoto, attuato durante il periodo dell'emergenza nel settore della pubblica amministrazione, in mancanza degli strumenti digitali e dell'organizzazione necessaria, non sempre ha garantito adeguati servizi pubblici ai cittadini. Sicuramente ci sono stati casi in cui il lavoro da remoto non ha funzionato, ma riteniamo che l'impossibilità dello smart working di andare a regime sia dipesa soprattutto dalla mancanza di mezzi e condizioni organizzative. L'Italia non era pronta ad affrontare questa sfida. A questo si accompagna anche un errore di valutazione che, secondo noi, è stato compiuto nell'ambito della pubblica amministrazione nel riconoscere talvolta lo smart working anche per mansioni non compatibili con questa modalità di svolgimento della prestazione di lavoro. Riteniamo che, indipendentemente dalla necessità certa per alcuni settori di ritornare al lavoro in presenza, non dovremmo, comunque, rinunciare all'implementazione e allo sviluppo dello smart working anche nella pubblica amministrazione attraverso gli strumenti necessari e un impianto regolatorio che ne consentano un ricorso appropriato, nella consapevolezza che si rivolge a tutti quei lavoratori che svolgono mansioni che possono essere eseguite a distanza e con flessibilità di orario, senza che ne vengano compromesse le performance lavorative. Ed è proprio per questo motivo che il gruppo di Fratelli d'Italia, a firma del collega Walter Rizzetto, ha presentato una mozione che si concentra proprio su questi punti. Chiediamo che il Governo assuma i provvedimenti necessari, affinché non si disperda il valore dello smart working, di quello che abbiamo imparato e che ponga in essere una serie di atti normativi che riescano a delineare gli ambiti di applicazione e di efficacia del lavoro agile; ovviamente tutto questo compatibilmente con la situazione epidemiologica e fatta salva la necessità, di cui hanno parlato i miei colleghi prima, di tutelare i lavoratori fragili, i genitori di figli minori e, quindi, tutti coloro i quali dallo smart working, in realtà, riescono ad avere una chance in più rispetto al fatto di essere introdotti nel mondo del lavoro.

Chiediamo che vengano poste in essere tutte le attività normative necessarie, affinché l'accesso alle forme di lavoro a distanza avvenga nel rispetto di un'idonea organizzazione del lavoro e fornendo le necessarie tecnologie digitali. Chiediamo che ci sia una definizione degli elementi essenziali, anche all'interno degli accordi fra datore di lavoro e lavoratore, che prevedano una serie di step: la durata dell'accordo, la conformità delle prestazioni oggetto del contratto di lavoro, l'individuazione degli obiettivi e dei risultati che deve conseguire il lavoratore, l'indicazione del luogo di lavoro (questo è un tema molto importante, soprattutto in tema di sicurezza), la possibilità che il datore di lavoro possa continuare a verificare la performance lavorativa del proprio dipendente, l'indicazione precisa delle fasce orarie entro le quali la prestazione lavorativa può svolgersi in smart working, l'indicazione della possibilità di esercitare il proprio potere disciplinare da parte del datore di lavoro.

Altro principio fondamentale è quello di riservatezza dei dati e delle informazioni in possesso del lavoratore. Ovviamente poi vi è anche tutto ciò che ha a che fare con i diritti alla disconnessione. Sappiamo che uno dei temi maggiormente lamentati dai lavoratori, proprio durante il periodo della pandemia, è rappresentato dalla mancanza di una regolamentazione reale sul diritto alla disconnessione, cioè orari certi anche in smart working e, quindi, la possibilità di spegnere il computer legittimamente senza dover continuare a lavorare sine die, sine tempo.

Attraverso la nostra mozione abbiamo chiesto - inoltriamo, quindi, questa richiesta al Governo - l'incentivazione strutturale dell'accesso al lavoro agile a determinate e specifiche categorie di lavoratori e lavoratrici che hanno maggiormente bisogno di flessibilità, rispetto all'orario e al luogo di lavoro; l'adozione di ogni provvedimento necessario per proteggere i dati, soprattutto quelli sensibili, di cui dispone la pubblica amministrazione, ovviamente, mettendo in condizione sempre il lavoratore di poter accedere da remoto a dati, informazioni e documenti necessari per lo svolgimento della propria attività lavorativa.

Chiediamo anche l'adozione di misure che rendano effettiva la parità di trattamento economico e normativo dei lavoratori che svolgono la prestazione in modalità agile, rispetto ai colleghi che seguono la prestazione con modalità ordinaria, anche rispetto al riconoscimento, per esempio, dei buoni pasto, laddove vengano previsti.

Noi riteniamo che questa sia una grandissima occasione, che questa occasione lanci una nuova visione di lavoro, rispetto alla quale l'Italia è già molto indietro rispetto a tantissimi altri Paesi del resto del mondo. Riteniamo che questa occasione non possa essere persa perché indubbiamente lo smart working ha tantissimi lati positivi, se fatto ovviamente con criterio e con una normativa che in questo momento manca, ma che sicuramente ci può essere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Carla Cantone, che illustrerà anche la mozione n. 1-00523, di cui è cofirmataria. Prego.

CARLA CANTONE (PD). Grazie, Presidente. Non di rado il dibattito pubblico, nel nostro Paese, si sviluppa e spesso si avvita su contrapposizioni che, con il passare delle ore e dei giorni, appaiono sempre più sfumate ed evanescenti. Un esempio di tale cattiva abitudine, a mio avviso, è quello che ha visto al centro il ricorso allo smart working per le pubbliche amministrazioni. Io penso, invece, che sia giunto finalmente il momento di inserire anche nei nostri uffici l'innovazione, la modernità, la produttività e la valutazione sulla base dei risultati. Tutti sappiamo che l'emergenza pandemica da SARS-CoV-2 ha richiesto alle amministrazioni pubbliche un tempestivo adeguamento dell'organizzazione del lavoro e dei servizi, tale da assicurare, al contempo, la continuità dell'azione amministrativa e la riduzione al minimo dei fattori di rischio sanitario.

Con il progressivo e giustamente prudenziale ritorno alla normalità, pare ora oltremodo necessario superare l'approccio emergenziale che fino ad ora ha configurato le condizioni d'uso dello smart working come strumento di contenimento emergenziale dei rischi pandemici, a favore di una diversa prospettiva che sia capace di innervare il lavoro smart in una organizzazione egualmente smart.

Il ricorso emergenziale allo smart working nella pubblica amministrazione è stato formalmente correlato e in qualche misura anche reso possibile dal rinvio, per quanto non sempre coerente e sistematicamente corretto, alla legge 25 maggio 2017, n. 81, il capo II è interamente dedicato alla disciplina del lavoro agile, considerato funzionale ad incrementare la competitività e ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e formalmente qualificato quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato nel cui ambito la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno. Ancor prima della citata legge n. 81 del 2017, in attuazione delle previsioni dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha adottato la direttiva n. 3/2017, recante indirizzi per l'attuazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124 e linee guida contenenti regole inerenti all'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, così avviando la sperimentazione del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche. Deve rilevarsi, tuttavia, che prima della fase di emergenza pandemica e della conseguente riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, solo l'1,7 per cento dei dipendenti pubblici risultava impegnato con tale tipologia di prestazione lavorativa.

In tale contesto, appare utile ricordare come la Missione n. 1 del PNRR, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea, propone un programma di innovazione strategica della pubblica amministrazione, nell'ambito del quale una linea progettuale ha l'obiettivo della digitalizzazione e della modernizzazione della pubblica amministrazione, con interventi specifici anche nell'organizzazione e nella dotazione di capitale umano, secondo una stretta complementarietà e un'articolata strategia di riforma che, secondo quanto previsto nella proposta, può contare su circa 930 milioni di euro per investimenti nel capitale umano, nel quadro di un investimento complessivo nella digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione pari a 9,75 miliardi di euro. Allo stesso tempo non va dimenticato, inoltre, che, come rilevato dallo stesso PNRR, nell'ultimo decennio l'evoluzione della spesa pubblica per la parte relativa al personale, con il blocco del turnover, ha generato una significativa riduzione del numero dei dipendenti pubblici nel nostro Paese, con un'incidenza sull'occupazione totale largamente inferiore rispetto alla media dei Paesi OCSE e con un'età media di 50 anni e con solo il 4,2 per cento con età inferiore ai 30 anni. Un fattore questo che ha contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l'insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni, evidenziando, inoltre, come la carenza delle competenze sia stata determinata dal taglio delle spese di istruzione e formazione per i dipendenti pubblici. In dieci anni gli investimenti in formazione si sono quasi dimezzati, passando dai 262 milioni nel 2008 a 164 milioni nel 2019 (una media di 48 euro per dipendente).

L'efficace evoluzione delle misure di contrasto alla pandemia messe in campo dal marzo 2020, che ha visto una svolta con l'avvio di una massiccia campagna di vaccinazione della popolazione e, da ultimo, con le misure che hanno esteso l'obbligo della certificazione verde COVID-19, consentono un progressivo e controllato ritorno alla normalità sociale e lavorativa, tanto che lo scorso 23 settembre è stato adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con il quale si sancisce che, a decorrere dal 15 ottobre, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa presso le amministrazioni pubbliche è quella in presenza. Alla luce di tale ultima deliberazione, cessando, dunque, il regime straordinario del lavoro agile o smart working, si rende necessario ripristinare la condizione ordinaria di disciplina delle relazioni di lavoro.

Coerentemente con il patto sociale Governo-sindacati del 10 marzo 2021, la disciplina del rapporto di lavoro in modalità agile presso le pubbliche amministrazioni è oggetto del confronto tra l'ARAN e le organizzazioni sindacali e dovrà contemplare la possibilità di stipulare accordi individuali nel rispetto di un quadro di riferimento unitario di garanzie definite dalla contrattazione collettiva. Tuttavia, è necessario tenere conto che il sistema delle pubbliche amministrazioni non consente una reductio ad unum dei modelli organizzativi, e, pertanto, ogni disciplina di carattere generale non può che operare come regolazione di cornice, soprattutto per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali, valorizzando poi la contrattazione integrativa per la disciplina delle diverse modalità di esecuzione del rapporto di lavoro agile, con e senza vincoli di tempo, anche assicurando la previsione di adeguate forme partecipative e di confronto sulle scelte organizzative connesse alle attività e ai servizi che le pubbliche amministrazioni sono chiamate a realizzare, per favorire il consenso e il coinvolgimento dei lavoratori per accompagnare i cambiamenti dell'organizzazione del lavoro e dei servizi. In ogni caso, l'introduzione di ordinarie forme di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni deve tenere in considerazione anche gli effetti sociali esterni derivanti da tale modalità di erogazione della prestazione lavorativa, quali ad esempio: l'incidenza sui sistemi economici locali, la rivitalizzazione di comuni periferici, la riduzione dei costi, diretti e indiretti, di trasporto, la razionalizzazione degli spazi utilizzati. Effetti che possono essere ricondotti all'obiettivo prioritario del miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi ai cittadini. D'altronde, già durante la fase emergenziale e del ricorso illimitato allo smart working sono state comunque adottate buone pratiche, ferme restando le differenze, concettuale e operativa, tra l'erogazione da remoto di servizi al cittadino e l'organizzazione del lavoro da remoto per i dipendenti. Conseguentemente, una moderna organizzazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, incentrata sull'autonomia, sulla responsabilizzazione e l'orientamento ai risultati al posto del modello rigidamente burocratico-formale dovrà comportare un parallelo e radicale cambiamento della cultura, della visione e del ruolo della dirigenza pubblica, in linea con le esperienze più avanzate che si sono consolidate nelle realtà produttive.

L'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano ricorda come tale modalità organizzativa e lavorativa comporti una nuova filosofia manageriale, fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Addirittura, secondo The World Economic Forum, il ricorso massiccio allo smart working ha portato negli USA ad un incremento della produttività del lavoro pari al 4,6 per cento. Alla luce di tali considerazioni, l'obiettivo è quello di conseguire: nel rispetto del ruolo delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e tenuto conto anche delle opinioni delle organizzazioni di rappresentanza degli utenti, che sia definita ogni misura utile per migliorare, modernizzare e riqualificare, nella prospettiva della transizione digitale ed ecologica, l'attività e l'organizzazione delle pubbliche amministrazioni affinché sia resa possibile un'effettiva e utile implementazione del lavoro agile, operando al contempo per superare logiche procedurali di tipo formale a beneficio di modalità organizzative orientate agli obiettivi di lavoro da conseguire favorendo l'autonomia responsabile degli addetti, tenendo sempre al centro l'obiettivo del miglioramento oggettivamente significativo del servizio ai cittadini. Poi, l'immediato avvio ai programmi previsti dal PNRR in materia di digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione, con particolare riguardo agli investimenti sul capitale umano per l'adeguamento all'innovazione e alla digitalizzazione.

Inoltre, definire, nel confronto tra l'ARAN e le organizzazioni sindacali, una disciplina del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni che preveda che gli accordi individuali siano inseriti in un quadro di regole certe e di garanzie previste dalla contrattazione collettiva, a cominciare dal diritto alla formazione, alla non discriminazione, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, alle esigenze dei lavoratori con disabilità o che assistano coniugi con patologie, alla sicurezza, alla parità di genere, ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in relazione alla nascita dei figli, al rispetto della protezione dei dati personali e alla regolamentazione del diritto alla disconnessione, assicurando anche un adeguato spazio alla contrattazione integrativa, al fine di consentire il migliore adattamento delle esperienze di lavoro agile ai diversi contesti organizzativi di riferimento, sulla base di un'adeguata e coerente valutazione dei dirigenti responsabili, tenendo in debito conto che il lavoro agile non può determinare conseguenze negative e, anzi, deve generare conseguenze positive sull'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa, nell'interesse prioritario degli utenti e, più in generale, dei cittadini. Inoltre, occorre prevedere che anche con il superamento della fase emergenziale e il ritorno in presenza quale modalità ordinaria di prestazione lavorativa nella pubblica amministrazione, siano proseguite, anzi, incrementate, le positive esperienze che hanno consentito l'assolvimento degli obblighi burocratici in capo ai cittadini e alle imprese con modalità telematiche, e siano anche assicurate adeguate modalità per consentire lo svolgimento in presenza delle attività per tutti quei cittadini che non possono agevolmente fruire, per condizioni oggettive e soggettive, dei servizi da remoto.

Per concludere, occorre la verifica degli effetti del ricorso al lavoro agile nella pubblica amministrazione, ai fini di un più razionale utilizzo degli spazi lavorativi, che porti all'eventuale riduzione delle locazioni passive o a dismissioni di immobili pubblici non più indispensabili, coerenti con la programmazione urbanistica definita dall'amministrazione comunale.

Infine, davvero, secondo quanto riportato al punto 7), si chiede la più rapida attuazione dei progetti previsti dal PNRR, volti ad assicurare che tutte le amministrazioni pubbliche, così come i cittadini e le imprese delle aree interne e delle aree montane e delle piccole isole possano essere connessi tramite reti telematiche efficienti e sicure.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Il Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di esame di una proposta di legge.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per il seguito della discussione della proposta di legge n. 3179-A/R, recante disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali (Vedi l'allegato A).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare il deputato Marco Bella che, se non è presente in Aula, si intende vi abbia rinunciato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 12 ottobre 2021 - Ore 11:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni .

(ore 15)

2. Esame e votazione della questione pregiudiziale riferita al disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 30 settembre 2021, n. 132, recante misure urgenti in materia di giustizia e di difesa, nonché proroghe in tema di referendum, assegno temporaneo e IRAP. (C. 3298​)

3. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti di Monica Faenzi (deputata all'epoca dei fatti). (Doc. IV-ter, n. 3-A)

Relatrice: PINI.

4. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

S. 83-212-938-1203-1532-1627-1632-2160 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: DE PETRIS e NUGNES; DE PETRIS ed altri; COLLINA ed altri; PERILLI; GALLONE; L'ABBATE; BONINO; CALDEROLI ed altri: Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato). (C. 3156​)

e delle abbinate proposte di legge costituzionale: BRAMBILLA; PAOLO RUSSO; DEL BARBA ed altri; PRESTIGIACOMO e GELMINI; MELONI ed altri; MURONI; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO; SARLI ed altri; PEZZOPANE ed altri; CUNIAL ed altri. (15-143-240-2124-2150-2174-2315-2838-2914-3181)

Relatrice: CORNELI.

5. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

SCHULLIAN ed altri; ASCANI; MINARDO; SASSO ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO; LATTANZIO: Disposizioni in materia di iscrizione contemporanea a due corsi di istruzione superiore.

(C. 43​-1350​-1573​-1649​-1924​-2069-A​)

Relatore: FUSACCHIA.

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

FOTI ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. (C. 1059-A​)

Relatori: DEIANA, per la maggioranza; FOTI, di minoranza.

7. Seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare:

BALDELLI e ALEMANNO: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti.

(Doc. XXII, n. 56-A)

Relatrice: BONOMO.

8. Seguito della discussione delle mozioni Baldino ed altri n. 1-00520, Valentini ed altri n. 1-00521, Rizzetto ed altri n. 1-00522, Viscomi ed altri n. 1-00523 e Costanzo ed altri n. 1-00527 concernenti iniziative in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni .

9. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

CIPRINI ed altri; GRIBAUDO ed altri; BOLDRINI ed altri; BENEDETTI ed altri; GELMINI ed altri; VIZZINI ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO; CARFAGNA ed altri; FUSACCHIA ed altri; CARFAGNA: Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. (C. 522​-615​-1320​-1345​-1675​-1732​-1925​-2338​-2424​-2454-A​)

Relatrice: GRIBAUDO.

10. Seguito della discussione delle mozioni Cantalamessa ed altri n. 1-00498, Trano ed altri n. 1-00506, Lollobrigida ed altri n. 1-00507 e Elisa Tripodi ed altri n. 1-00526 concernenti iniziative volte a potenziare il contrasto ad infiltrazioni mafiose con particolare riferimento alla realizzazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza .

11. Seguito della discussione della proposta di legge:

MELONI ed altri: Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. (C. 3179-A/R​)

e delle abbinate proposte di legge: MELONI ed altri; MANDELLI ed altri; MORRONE ed altri; BITONCI ed altri; DI SARNO ed altri.

(C. 301​-1979​-2192​-2741​-3058​)

Relatrice: BISA.

La seduta termina alle 15,15.