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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 566 di venerdì 17 settembre 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 14 settembre 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brescia, Brunetta, Cavandoli, Davide Crippa, Delmastro Delle Vedove, Gregorio Fontana, Formentini, Frusone, Giachetti, Lapia, Lorefice, Molinari, Mura, Paita, Perantoni, Ribolla, Rotta, Schullian e Zanettin sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 89, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 15 settembre 2021, il deputato Giovanni Vianello, già iscritto al gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, ha dichiarato di aderire al gruppo Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza, anche normative, volte a garantire maggiore trasparenza e concorrenzialità nella gestione del patrimonio culturale nazionale, con particolare riferimento alla concessione del Parco archeologico del Colosseo - n. 2-01280)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente Rampelli n. 2-01280 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al Presidente Rampelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FABIO RAMPELLI (FDI). Grazie, Presidente. Su questa vicenda siamo tornati più volte; anche nella scorsa legislatura ho effettuato delle interrogazioni, delle iniziative di sindacato ispettivo, anche delle interrogazioni a risposta immediata in diretta televisiva e le risposte sono sempre state molto evanescenti.

Oggi ci troviamo in presenza di una stagione turistica particolarmente fiacca, anche a causa del COVID. Alcuni dicono che c'è stata una ripresa ma, in realtà, la ripresa che c'è stata riguarda soltanto alcune località turistiche, in particolare quelle balneari e quelle montane, mentre c'è una crisi serrata, direi devastante, per quello che attiene in particolare al circuito turistico delle città d'arte. Tant'è che comunque - è notizia di pochi giorni fa - si è dovuto rilevare - ahimè - un ammanco di 35 miliardi nella capacità di produrre ricchezza da parte di questo settore, su cui penso, immagino e auspico che il Governo vorrà e potrà intervenire, per rassicurare e ristorare, soprattutto in questo circuito delle città d'arte, le strutture ricettive e anche gli operatori culturali.

Per gli operatori culturali la situazione è drammatica. Diciamo anche che gli operatori della cultura soffrono di problemi endemici che i Governi che fin qui si sono succeduti, almeno negli ultimi otto anni, non hanno voluto prendere in considerazione.

Il primo è quello dell'abusivismo, more solito: c'è un abusivismo dilagante, strisciante, che produce un doppio danno anche allo Stato. Il doppio danno sta nel fatto che gli abusivi, oltre a non essere abilitati, e quindi offrendo un prodotto scadente ai turisti, non producono gettito, non fatturano, non contribuiscono alla causa comune e poi sottraggono lavoro, per esempio, alle guide turistiche abilitate e, quindi, producono un secondo danno, perché quelle, sì, regolarmente sono chiamate a versare i propri contributi alle casse dello Stato. Ma, tra i problemi endemici irrisolti esiste anche lo strapotere delle concessionarie, quelle società per azioni, quelle cooperative che gestiscono musei e siti archeologici e lo fanno riassumendo in sé tre poteri micidiali: la gestione del sito, la gestione della biglietteria e la gestione dei servizi, configurando un vero e proprio monopolio che è ancora più fastidioso nella misura in cui agisce su un bene pubblico. Quindi, lo Stato, cioè i cittadini detengono beni culturali di strabiliante valore riconosciuto in tutto il mondo e riconosciuto anche dal punto di vista della propria capacità economica e commerciale. Non parliamo di siti minori, parliamo - come nel caso di specie, perché l'interrogazione comunque si concentra sul parco archeologico del Colosseo - di un bene monumentale che non ha i visitatori grazie alla concessionaria che gestisce il bene stesso. Il Colosseo, o Anfiteatro Flavio che dir si voglia, il Palatino, il Foro Romano e molte altre realtà significative che, fortunatamente, sono collocate all'interno del perimetro della nostra penisola richiamano turisti in quanto tali: non c'è alcuna abilità promozionale da parte delle società concessionarie. In particolare, sul parco archeologico del Colosseo esiste una concessione che risale al 1997 - se non vado errato, se la memoria non mi tradisce - scaduta nel 2010 e andata avanti in maniera vergognosa, nel silenzio generale, senza che nessuno abbia neanche fatto le ispezioni del caso. L'ANAC, per esempio, sarebbe dovuta intervenire perché esiste una illegittimità nel perseverare nell'istituto della proroga di una gara; bisogna bandire un'altra gara. Però, c'è un'altra questione che va comunque citata e sottolineata. Effettivamente Consip, a tempo ritardato, cioè due anni fa, ha indetto una nuova gara che - mi permetto di dire, assumendomene tutte le responsabilità - era stata fabbricata e cucita su misura per far proseguire all'attuale concessionaria, CoopCulture, insieme, nell'ATI che la contraddistingue, a Mondadori Electa, la gestione del Colosseo, senza farsi carico di quelle che sono, diciamo così, le prerogative, cioè le questioni legate nella proposta - infatti, è intervenuto, con sentenza definitiva n. 02259 del 2021, il Consiglio di Stato per sottolinearlo, con l'annullamento della citata gara di Consip - alla valorizzazione, che deve essere il centro. Perché io, Stato, do a te, privato, un bene? Affinché comunque tu lo possa, non solo custodire, facendoci adeguati investimenti, ma anche adeguatamente valorizzare.

Queste sono attività inesistenti, completamente inesistenti nell'attuale concessione che persevera da qualche decennio. Intanto, le concessioni dei servizi abbiamo detto che vengono prorogate con la complicità delle istituzioni, gli anni che sono passati sono venti ed è esattamente ciò che desiderano, secondo il principio della “fine concessione mai”, potremmo definire così gli attuali concessionari: CoopCulture a questo punta!

Qual è il ragionamento, al di là di quelli che si possono, comunque, declinare anche attraverso questa ricostruzione? Che se una gara scade, lo Stato si deve almeno porre il problema di valutarne la convenienza, prima di indirne una seconda. In questo caso, parliamo della prima concessione - forse, non so se trattasi della prima concessione - almeno di questa natura, di questo profilo e di questa importanza, in Italia, data a un privato. E quindi lo Stato si deve, comunque, riservare il diritto di verificare se gli è convenuto o no, questo meccanismo, e lo può fare soltanto interrompendo il rapporto e, quindi, impedendo che ci possa essere l'istituto della proroga. Lo Stato deve fermare tutto, riprendersi in carico la gestione del bene, staccando la spina, valutare e poi fare le correzioni di rotta e rinegoziare, se ritiene di non essere all'altezza di gestire il Colosseo, il Foro Romano, il Palatino, in maniera diretta, per trarne un beneficio economico evidente. Nel caso specifico non si capisce quale sia la convenienza per lo Stato. È davvero un mistero. Infatti, per esempio, uno potrebbe dire: ma il privato si è occupato del restauro del Colosseo. No. Perché il restauro del Colosseo l'ha fatto, sì, un privato, ma non l'ha fatto CoopCulture. Quindi, qual è l'investimento?

Di qui a breve ci sarà un'altra interrogazione e mi pare che ci sia, comunque, un filo rosso che lega CoopCulture a Benetton. Lo Stato realizza la rete autostradale e poi, quando magari potrebbe pedaggiare e, quindi, andare all'incasso e ammortizzare la spesa, chiama Benetton e gli dice: eccoti la gestione delle autostrade, te le do in concessione per “n” anni; e Benetton incassa di proprio, facendo semplicemente il maquillage e facendolo pure male, come purtroppo ci ha dimostrato la tragica vicenda di ponte Morandi.

Mi pare che lo Stato stia cercando di fare o abbia cercato di fare dei favori a qualche suo amico: parliamo dei Governi, non tanto dello Stato in quanto tale, che dovrebbe - e sono convinto che così sia - essere una istituzione seria. I Governi pro tempore cercano di mettere in campo iniziative per favorire qualcuno, i soliti amici degli amici, quelli del circuito delle banche, quelli del Monte dei Paschi di Siena, che non devono fare alcuno sforzo, perché se magari un imprenditore sano, che non ha collegamenti né santi in paradiso, vuole fare una proposta di gestione o di presa in concessione di un bene, deve fare comunque investimenti; invece gli amici del PD, per dirla tutta, non hanno bisogno di fare investimenti, perché hanno autentiche regalie da parte dello Stato, come capita nel caso, appunto, del Colosseo.

Non c'è, quindi, la discontinuità e non c'è la possibilità, da parte dello Stato, che io chiedo ancora torni in possesso - domani mattina! - di questi beni e poi reindica la gara, una volta stabilito cos'è che non ha funzionato, perché è impossibile non spiegare - altrimenti non si capirebbe granché, neanche l'origine di questa interpellanza - che CoopCulture è diventata, praticamente, non più la concessionaria, ma la proprietaria del Colosseo: fa la biglietteria, i servizi di prenotazione, la ristorazione, l'audioguida, i cataloghi, con una percentuale di incassi supervantaggiosa, l'85 per cento sui servizi aggiuntivi - l'85 per cento! -, il 100 per cento sulla prevendita – il 100 per cento! –, cioè il totale di tutte le prevendite viene incassato da CoopCulture su un bene dello Stato. Quindi basta agevolare le prevendite sulla bigliettazione per fare il massimo dell'incasso, a danno degli inconsapevoli visitatori che semplicemente si mettono in fila per entrare e visitare i musei di tutto quell'intero comparto. Infatti, sulla bigliettazione, comunque, si ha il 30 per cento del totale, con lo scopo di diminuirla sempre più - nonostante il 30 per cento sia una cifra molto consistente - per aumentare gli altri introiti sui servizi aggiuntivi.

Non sono io, non è Fabio Rampelli, non è Fratelli d'Italia che fa queste considerazioni, le fa la Corte dei conti - le fa la Corte dei Conti, Ministro, lo dica al Presidente del Consiglio, al Ministro dell'Economia e delle finanze, al Ministro Franceschini, a tutti coloro che sono coinvolti in questa vicenda -, che ha certificato con sentenza lo sbilanciamento degli introiti in favore dei privati, ingiustificato, perché non si tratta di beni periferici. Fosse un bene archeologico, monumentale, culturale, minore, ben consapevoli del fatto che magari i turisti difficilmente lo vanno a visitare, si cerca di stimolare il privato dandogli un aiuto, in cambio lo Stato avrebbe una giusta manutenzione del sito e un calo delle spese di restauro, ristrutturazione e custodia. Ma, come già ho potuto ricordare, qui, invece, parliamo di un'altra storia.

Poi c'è la questione che riguarda - nel concetto esteso di concessione, che è molto simile a una assoluta proprietà -, in maniera arrogante, il rapporto con i privati: qui mica siamo in Unione Sovietica. Un soggetto concessionario deve coordinare le attività degli operatori turistici e culturali, non deve agire in regime di monopolio, cercando di scansare il più possibile tutti coloro i quali lavorano, come le già citate guide turistiche abilitate. Non ci sono gli accessi facilitati per le guide, che esistono in tutto il mondo, ma non al Colosseo. La guerra ai privati viene fatta per vendere i propri biglietti, a discapito appunto di quelli delle guide turistiche, e per aumentare la possibilità del ricorso all'offerta dei servizi aggiuntivi, che viene spesso fatta senza guide abilitate, quindi con una sorta di incentivo all'abusivismo.

È inutile che io stia qui a ricordare che c'è stato un Ministro - che oggi è anche candidato sindaco a Roma, Gualtieri - all'Economia e alle finanze, che forse avrebbe avuto tutti gli strumenti per fare qualcosa, se teneva così tanto alla città che intende amministrare e invece non ha fatto praticamente nulla.

Quindi, l'interpellanza penso che sia stata abbastanza chiara, soprattutto quella scritta, io mi sono un po' dilungato e, dunque, attendo con pazienza la risposta del Governo, per poi dichiararmi eventualmente soddisfatto o meno della risposta stessa.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Alessandra Sartore, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA SARTORE, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. L'onorevole Rampelli chiede notizie, come ha esposto molto bene, riguardo al tema della gestione dei servizi di bigliettazione e di altri servizi per il pubblico presso gli istituti e i luoghi di cultura, con particolare riferimento al Parco archeologico del Colosseo. Sulla base di quanto segnalato sia dalla Direzione generale dei musei e dal Parco archeologico del Colosseo, comunico quanto segue.

Sulla questione generale delle concessioni dei servizi aggiuntivi, introdotte dalla “legge Ronchey” del 1993, si rileva che le modifiche succedutesi negli anni della normativa sui contratti pubblici, di derivazione europea, hanno reso necessarie, al fine di prevenire contenziosi e per uniformità dell'azione amministrativa, revisioni delle linee guida e dei conseguenti bandi per le procedure di affidamento, con conseguente sospensione delle gare su tutto il territorio nazionale. Nel contempo, il Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 ha ribadito la possibilità di esternalizzare la gestione dei servizi museali aggiuntivi a terzi, mediante concessione, all'esito delle procedure di gara. Proprio al fine di avviare le nuove procedure di gara, il Ministero, nel 2015, ha sottoscritto un disciplinare con Consip Spa per il supporto agli istituti statali nelle procedure di affidamento dei servizi museali, ciò che ha consentito l'avvio delle nuove procedure. Anche le gare bandite secondo i disciplinari Consip, tuttavia, sono stato oggetto di numerosi ricorsi al giudice amministrativo, con conseguente dilazione dei tempi di affidamento.

Con riferimento al Parco archeologico del Colosseo, evidenzio che lo stesso è stato istituito, come noto, con il decreto ministeriale n. 15 del 12 gennaio 2017 ed è divenuto a tutti gli effetti autonomo ed operativo dal 1° gennaio 2018, a seguito della riforma organizzativa del Ministero, che ha dato origine agli istituti dotati di autonomia speciale, tra i quali musei e parchi archeologici. In particolare, per quanto attiene ai servizi aggiuntivi, l'originaria concessione relativa al Colosseo ha avuto due rinnovi fino al 2009 e, durante il secondo rinnovo, è intervenuta la sospensione di nuove procedure di gara per la necessità di revisione delle linee guida da parte del Ministero. Fin dalla sua istituzione, il parco archeologico del Colosseo ha perseguito anche l'obiettivo di indire la gara per l'affidamento di tutti i servizi aggiuntivi museali tramite Consip.

Nel 2017 è stata pubblicata la procedura per l'affidamento dei servizi di biglietteria e vigilanza. Tuttavia, dopo diverse pronunce del TAR Lazio e del Consiglio di Stato, è stato annullato il lotto sui servizi di biglietteria ed è stata aperta la sola procedura per l'affidamento dei servizi di vigilanza, la cui aggiudicazione è avvenuta ad ottobre 2019. La seconda gara, bandita da Consip nel 2019 per i servizi di biglietteria (integrati con i servizi di assistenza alla visita, per assicurare la sostenibilità del piano economico-finanziario), dopo una complessa attività svolta di concerto col Parco archeologico del Colosseo e finalizzata a un'attenta valutazione sulla sostenibilità economica della nuova concessione, è stata oggetto di ricorso con conseguente slittamento dei tempi. Tale procedura è suddivisa in due lotti merceologici: lotto 1, servizi di biglietteria, informazione, accoglienza e assistenza alla visita; lotto 2, servizi di editoria e vendita di prodotti editoriali, di merchandising e di oggettistica.

Il ricorso alla gestione integrata tra servizi di biglietteria e servizi aggiuntivi, di cui al lotto 1, è derivato da valutazioni relative alla non sostenibilità del piano economico-finanziario, se formulato per la gestione separata dei soli servizi aggiuntivi. Tale valutazione è stata condivisa dal verificatore, nominato dal Consiglio di Stato nell'ambito del giudizio conseguente i due ricorsi di cui ho parlato prima. Tuttavia, con la sentenza n. 2259/2021, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso per ottemperanza e dichiarato nulle le disposizioni delle leggi speciali di gara limitatamente al lotto 1, oggetto di impugnazione, in quanto nella procedura di gara in questione al servizio di biglietteria è stato riconosciuto il ruolo di servizio principale ed i servizi di assistenza alla visita sono stati relegati in funzione secondaria ed accessoria.

Anche in questo caso, pertanto, il lotto sui servizi di biglietteria è stato annullato ed è rimasta aperta la sola procedura relativa ai servizi di editoria e vendita di merchandising, di cui al lotto 2, relativamente alla quale, a breve, sarà resa pubblica l'aggiudicazione provvisoria.

Nel frattempo, il Parco ha aperto tavoli di incontro con le associazioni di rappresentanza degli operatori del turismo, promuovendo anche il dialogo con il concessionario CoopCulture. In ogni caso, l'altissimo numero di professionisti che quotidianamente lavorano all'interno del Parco consente di ridimensionare, in parte, taluni elementi riportati nell'interpellanza. Prima della pandemia erano circa mille gli ingressi quotidiani effettuati dalle guide all'interno del Parco archeologico del Colosseo, su una media di 25 mila visitatori al giorno. Per facilitare gli ingressi agli operatori, il Parco ha promosso lo strumento della card d'ingresso ed ha riservato alle guide turistiche l'unico biglietto open, che permette fino a tre ingressi al giorno allo stesso operatore. Fin dalla prima riapertura del 2020, il Parco ha cercato di facilitare, in diversi modi, la fruizione per le guide turistiche, garantendo loro l'accesso in qualsiasi momento, tanto che oggi siamo arrivati ad avere nuovamente circa 300 ingressi gratuiti guida al giorno, su una media di 8 mila visitatori.

La gestione del concessionario non è mai autonoma, ma tutte le questioni di primaria importanza sono concordate con la direzione del Parco, così come sono in capo alla direzione tutti i controlli relativi tanto alle norme anti-COVID (quali quelli che impongono il green pass e il controllo della temperatura), quanto a quelle anti-terrorismo (i metal detector).

L'emissione dei voucher a fronte dei biglietti, prevenduti nel 2020 e non utilizzati a causa dell'emergenza COVID, è prevista dall'articolo 88 del decreto-legge n. 18 del 2020. Attualmente, è stata disposta un'estensione di ulteriori 18 mesi dei voucher COVID per biglietti e servizi, già richiesti entro il 30 settembre 2020, per un totale di 36 mesi dalla data della loro emissione. Stante, quindi, la ripresa dei flussi turistici attualmente in corso, auspicando una loro costanza, anche grazie alla diffusione delle vaccinazioni e all'utilizzo del green pass, è prevedibile che tutti i voucher potranno essere utilizzati entro la data della loro scadenza.

In relazione poi alla suddivisione degli introiti, si precisa che all'amministrazione viene versato l'86 per cento degli introiti di biglietteria, mentre al concessionario spetta il 14 per cento, così come stabilito, in sede di rinnovo della concessione, in data 3 agosto 2001.

Infine, per quanto concerne le gare Consip, rappresento quanto segue. Con il “decreto-legge Semplificazioni” (decreto-legge n. 76 del 2020, articolo 8), il legislatore è intervenuto sul Codice dei beni culturali e del paesaggio, modificando gli articoli 115 e 117, al fine di precisare che, nel caso in cui si propenda per una esternalizzazione dei servizi museali, la gestione indiretta può essere realizzata indistintamente attraverso il contratto di concessione o di appalto, a seconda della configurazione del rapporto contrattuale, anche nel caso in cui ricorra un'integrazione tra servizi aggiuntivi ed accessori. Tale modifica ha il fine di semplificare le procedure di gara e ridurre il contenzioso amministrativo, che, di fatto, ha paralizzato le nuove aggiudicazioni. Inoltre, a seguito della modifica del quadro normativo, si è ritenuto opportuno richiedere un parere all'ANAC, anche con specifico riferimento al caso del Colosseo, per approfondire la normativa applicabile in caso di esternalizzazione dei servizi di assistenza culturale ed ospitalità e/o di servizi di pulizia, vigilanza e biglietteria, al fine di riavviare le nuove procedure di gara. L'amministrazione, dunque, sta intraprendendo tutte le azioni possibili, per portare a termine il regime di proroga delle vecchie concessioni ancora in essere negli istituti e nei luoghi della cultura statali e bandire le nuove procedure di aggiudicazione.

PRESIDENTE. La ringrazio, sottosegretaria. Il deputato, Presidente Rampelli, ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto o meno della risposta ricevuta.

FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio anch'io, sottosegretaria Sartore, ma non posso definirmi soddisfatto, come era prevedibile, per una serie di ragioni.

La prima è di ordine generale. È una risposta che non offre alcun orizzonte verso il quale lo Stato intenda procedere per garantirsi un diritto. Invece, con la copertura culturale della sussidiarietà, si cedono ai privati vantaggi assolutamente sproporzionati, perché, un conto, è gestire beni in nome dello Stato, per averne legittimi profitti e benefici, un conto, è diventare monopolisti e praticamente padroni del bene culturale, come invece sta accadendo. Quindi, da questo punto di vista, non ci sono aggiustamenti di rotta.

Seconda questione. Lei mi ha puntualizzato una serie di correzioni, che sarebbero state fatte negli ultimi anni, alcune delle quali sono totalmente false e infondate; altre, invece, sono collocate in epoca di pandemia, perché comunque è diminuito il flusso. E, quindi, per la guerra alle guide turistiche, diciamo così, quantomeno è stata stabilita la tregua, rispetto a questo conflitto, perché conviene a CoopCultura, adesso, che le guide arrivino con i propri visitatori, perché, come ho detto al principio, non c'è turismo nelle città d'arte, quindi, non fa tendenza questo spicchio di risposta che lei mi ha consegnato.

Poi, c'è nella interpellanza - ma non ho ascoltato risposte al riguardo - una questione che è legata proprio alla pandemia, laddove tutti i biglietti venduti e non utilizzati a causa delle restrizioni sono stati trasformati impropriamente in voucher da parte di Coopculture, quando invece avrebbe dovuto restituire, per un importo che se non vado errato arriva a 20 milioni di euro, i soldi che sono stati anticipati dagli operatori del turismo e della cultura a queste aziende, ai tour operator, a questi operatori. Il Fondo di garanzia ammonta a 5 milioni su 20, quindi per quale ragione sono stati trasformati in voucher? Questo nell'interpellanza c'è scritto, ma la risposta non è arrivata. Ma c'è anche un'altra risposta che manca rispetto all'interpellanza da me formulata, anche di prospettiva, perché quella cogente la conosciamo, ahimè.

Come fa lo Stato, che comunque si garantisce una percentuale irrilevante della bigliettazione e in genere di tutti i servizi connessi (perché la bigliettazione in realtà è la percentuale più alta tra tutti i servizi contemplati) a non prendere in considerazione il fatto che esiste anche il comune di Roma? C'è il Campidoglio: ma stiamo scherzando? Il Colosseo è il monumento tra i più noti e conosciuti dell'Italia nel mondo, ma è anche il biglietto da visita della Capitale d'Italia e Capitale universale nel mondo: non risulta allo Stato, per caso, che il comune di Roma debba provvedere al trasporto pubblico collettivo su gomma, su ferro, alla manutenzione delle strade, alla manutenzione dei marciapiedi, alla manutenzione del verde pubblico, alla sorveglianza attraverso la Polizia municipale, all'illuminazione pubblica, alla raccolta e al trattamento dei rifiuti? Quindi paradossalmente - domanda a cui non avete, non ha dato alcuna risposta - il comune di Roma che fa? Fa beneficenza allo Stato? Lo Stato incassa i biglietti in quota parte, perché l'altra parte la incassa Coopculture e né Coopculture né lo Stato cedono una sorta di diritto - che in Basilicata viene chiamato royalty, perché in Basilicata c'è l'estrazione di petrolio. Sull'estrazione di petrolio, infatti, una parte dei proventi finiscono legittimamente alla regione Basilicata, perché comunque ne deriva un danno ambientale e quindi deve porre rimedio a ciò, deve bonificare, deve realizzare delle opere. E le opere, invece? Che fa il comune di Roma per garantire che il Parco archeologico del Colosseo sia visitabile, chi le ristora? Ma come è possibile non immaginare che ci sia un costo netto che non può pesare sulla capacità organizzativa del Campidoglio? Anche su questo Gualtieri, forse, avrebbe potuto fare qualcosa quando ne ha avuto il potere, se aveva questa sensibilità nei confronti della Capitale. Non voglio qui fare della propaganda, per carità, perché prima di Gualtieri ce ne sono stati altri e nessuno comunque ha posto l'accento su questa criticità, per cui per Roma il Colosseo, il suo simbolo nel mondo, è un costo invece di essere fonte di reddito, anche se in quota parte.

Non ha risposto a questo segmento della mia interpellanza ed è scandaloso che lo Stato continui ad essere elusivo da questo punto di vista, perché, oltretutto, sappiamo tutti - perché siamo qui adulti e vaccinati - che c'è qualcuno che rimprovera a Roma la propria incapacità di mettere a reddito il proprio patrimonio. Si dice: ma voi che volete, voi che avete questo ben di Dio, tra chiese, barocco, rococò, rinascimento, epoche romane imperiali, eccetera? Soltanto mettendo a frutto tutto questo non dovreste chiedere un euro soltanto allo Stato! Vero, può darsi che sia così, ma nonostante questo Roma ha un residuo fiscale, quindi ha comunque un coefficiente di produzione che è superiore rispetto a quello che lo Stato le restituisce; nonostante questo.

Tuttavia, non è possibile mettere a reddito per Roma questo patrimonio perché è lo Stato che lo introita, senza riconoscere un centesimo della ricchezza che, attraverso i beni culturali che insistono sul proprio territorio, Roma garantisce allo Stato stesso. È inverosimile che a questo segmento di interpellanza non ci sia uno straccio di risposta da parte del Governo Draghi.

Quindi, per queste ragioni, sono fortemente insoddisfatto. L'ultima battuta che faccio (lo riferisca, se le capita, sia al suo Ministro, sia al Presidente del Consiglio, perché io non mi fermerò qui con l'interpellanza, sia chiaro): c'è un ammanco da parte delle casse dello Stato, che va comunque denunciato, che è stato messo in rilievo dalla Corte dei conti, quindi non dall'opposizione e da un partito, ma da un'istituzione pubblica dello Stato italiano, quindi comunque bisogna andare verso la giusta rotta, e la giusta rotta è che quando finisce una gara, lo Stato deve rientrare in possesso del proprio bene e della sua gestione! Non giochiamo! Perché l'istituto della proroga è esattamente la risposta che si augurano di avere indietro dallo Stato i concessionari per continuare ad arricchirsi alle spalle dei cittadini!

Quindi, quando cessa la gara, lo Stato deve rientrare -domani mattina - in possesso della proprietà e della gestione del bene, perché solo così si può garantire trasparenza! Altrimenti, come è accaduto e come è stato rilevato dal Consiglio di Stato, che cos'è che accade? Accade che si costruisce una gara cucita su misura sulle esigenze della proroga, della reiterazione, della prosecuzione del regime concessorio nei confronti di quella società, e questa è una vergogna, perché qui in Italia ancora esiste una Costituzione che prevede che tutti i cittadini siano eguali di fronte allo Stato! Non ci può stare chi è più uguale degli altri e CoopCulture deve stare sullo stesso livello di tutti gli altri vettori e operatori culturali. Quando si apre una gara, ci deve essere lo Stato che ha in pugno il bene culturale e lo offre in gestione secondo regole stabilite a tutti gli operatori, in maniera plurale e trasparente! Non ci sono primi della classe, anche se mi pare che almeno un bel pezzo del Governo abbia lo strabismo e vada sempre nella direzione di favorire alcuni soggetti che gli sono amici, come ho già detto al principio. Per queste ragioni, dichiaro la mia insoddisfazione e rivendico il diritto di chiedere al Governo di rientrare in possesso del Parco archeologico del Colosseo e, successivamente, rinegoziando i titoli della gara, realizzare un bando che metta tutti gli operatori sullo stesso piano, in regime di concorrenza leale, salvaguardando innanzitutto il lavoro delle guide turistiche abilitate e degli operatori del turismo, che non possono dover passare sotto le forche caudine di un monopolio indigeribile.

(Chiarimenti ed iniziative in merito alla vendita di un bene del Fondo immobili pubblici situato nel centro di Roma, con particolare riferimento alla regolarità della procedura e al mancato esercizio del diritto di prelazione - n. 2-01293)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Rampelli ed altri n. 2-01293 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al Presidente Rampelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FABIO RAMPELLI (FDI). Sottosegretaria Sartore, purtroppo lei oggi è destinata ad essere mio bersaglio, ma c'è una questione che, veramente, quando l'ho potuta indagare e approfondire, mi ha lasciato strabiliato perché, solitamente, anche quando vengono fatte le porcherie, la pubblica amministrazione utilizza un garbo, una furbizia e un gentlemen agreement, che in questa circostanza sono completamente stati elusi. Quindi c'è - lo ripeto, non è una parola particolarmente indisponente - una porcheria che è stata messa in atto e che io sto qui a descrivere per avere, al riguardo, delle rassicurazioni da parte del Governo, che probabilmente avrà avuto delle distrazioni e potrà porre rimedio ai fatti denunciati.

Contesto storico che sconta la tragedia del ponte Morandi, in cui, a mio giudizio, ogni nazione munita di un coefficiente di dignità decente avrebbe dovuto prendere e ascrivere sul libro nero Benetton, Atlantia e tutto ciò che comunque era riconducibile a quel modello di gestione, perché si erano evidenziate delle latenze che hanno prodotto, ahimè, quella tragedia.

Quindi, come già ho detto, subito dopo la tragedia del ponte Morandi, con i 43 morti che abbiamo dovuto accusare, c'è stato, da parte di una azienda, che è la EP, partecipata dalla famiglia Benetton, un acquisto, nel dicembre 2018, dal FIP, Fondo immobili pubblici. Non so se ancora è chiaro questo concetto, della differenza che intercorre tra ciò che appartiene ai cittadini e ciò che appartiene ai privati. Gli immobili in oggetto si trovano a piazza Augusto Imperatore; descrizione breve, a volo d'uccello: davanti c'è il Museo dell'Ara Pacis, oltretutto appena ricostruito, 10 o 15 anni fa; era molto meglio prima, a mio giudizio, la mano era quella dell'architetto Morpurgo, oggi, invece, l'edificio realizzato per custodire e valorizzare l'Ara Pacis è stato progettato dall'architetto modernista Meier, tant'è, comunque, siamo nel cuore del centro storico di Roma davanti a uno dei monumenti più importanti, anche dal punto di vista proprio del significato culturale, del mondo, non di Roma, ma del mondo, del mondo intero; siamo a piazza Augusto Imperatore, che trae il nome dal Mausoleo dell'imperatore Augusto, e anche questo lo si sta restaurando con un progetto molto dispendioso, su cui l'amministrazione pubblica ha impegnato miliardi di euro. In questo contesto, piazza Augusto Imperatore è circoscritta da una cornice di edifici di epoca razionalista; questi ancora non li hanno buttati giù, per fortuna, e sono sempre opera del progettista architetto Morpurgo, quindi, sono immobili pregiati, di gigantesco, enorme, incommensurabile valore. La stima era pari a 210 milioni di euro, per - se non ricordo male - 22 mila metri quadrati di superficie pregiata, con tanto di affreschi, mosaici, altorilievi, fregi, portici e tutte le attenzioni che, quando l'architettura contava qualcosa, venivano destinate agli edifici, in particolare agli edifici pubblici, ma anche a quelli privati. L'EP acquista dal Fondo immobili pubblici questo patrimonio, per un totale di 150 milioni di euro, memorizziamo i numeri, 150 milioni di euro su un valore stimato oscillante tra i 180 e 220 milioni, quindi, già con uno sconto che, se fosse stato applicato, avendone le disponibilità, a qualunque persona tra noi, quest'ultima avrebbe potuto alimentare, soccorrere e mantenere 10 generazioni. Ma nel luglio 2019 – acquisto: dicembre 2018 – EP affitta l'immobile per 10 anni - guarda un po' il caso e i numeri, 10 anni, memorizzi – alla società francese Bulgari, per un importo di 15 milioni l'anno; valore: 180-220 milioni, vendita 150 milioni, affitto, dopo un anno scarso, a Bulgari, francese, per 10 anni a 15 milioni; 10 per 15 fa 150, non è difficile, me ne rendo conto, non ho dato questa grande notizia, ma tant'è. Nel 2022, infatti, Bulgari dovrebbe inaugurare in questi edifici un albergo di lusso. L'apparenza del contratto potrebbe sembrare, molto semplicemente, una partita di giro tra privati, ma la FIP, l'ho ricordato, è il MEF, quindi, comunque è coinvolto il pubblico, lo Stato c'è, dentro, lì c'era un edificio dell'INPS, in particolare, il quale Stato - il MEF - decide - non è questo l'unico episodio -, in regime di difficoltà, di incassare e, quindi, produrre un patrimonio economico, di cassa, appunto, attraverso la valorizzazione di alcuni beni immobiliari di proprietà. Qual è il punto? Il demanio affida la gestione dei beni propri del Fondo immobiliare pubblico, FIP, a una società che si chiama InvestiRE SGR; questa società, InvestiRE SGR, al proprio interno ha una Srl che si chiama Regia, questa Regia Srl - guarda un po' il caso, fa proprio delle coincidenze che “non ce se crede”, proprio, lo dico alla romanesca maniera - è controllata da Benetton, che detiene, a sua volta, il 20 per cento di EP, ossia la società che ha acquistato i 22 mila metri quadrati di palazzi su piazza Augusto Imperatore con vista sull'Ara Pacis e sul Mausoleo di Augusto.

È una circostanza, obiettivamente, su cui l'interpellanza ci sta tutta; io le dico pure che se la risposta che lei mi darà non sarà soddisfacente, io analogo quesito lo porrò alla procura della Repubblica di Roma, che già ricevuto un esposto e ne riceverà un altro, perché vale sempre il principio, nello Stato ideale che Fratelli d'Italia ha in mente, che lo Stato è neutrale e non si mette d'accordo con alcuno, tanto meno si mette d'accordo con chi ha avuto la possibilità, la fortuna, vincendo al Superenalotto - molto di più, in realtà - di gestire le autostrade dello Stato italiano costruite non dall'investitore privato e dal concessionario, ma dallo Stato stesso con i soldi dei cittadini, salvo non fare la manutenzione e generare i problemi e le tragedie che purtroppo abbiamo dovuto registrare.

Altra questione: l'immobile è stato già venduto con il cambio di destinazione d'uso; ossia come se il MEF già sapesse che quell'immobile sarebbe diventato un albergo, magari incidentalmente l'albergo di Bulgari venduto, anzi, locato, a Bulgari da Benetton, con un extraprofitto evidente, sulle spalle sempre dello Stato e dei cittadini. Quindi, prima della vendita, lo Stato chiede il cambio di destinazione d'uso, con destinazione turistica, e lo sa quanto ci mette ad avere l'autorizzazione da parte del comune? Pochi mesi. Qualcuno riesce ad avere un'autorizzazione a un cambio di destinazione d'uso, nel centro storico di Roma, a piazza Augusto Imperatore, nella cornice che ho già due volte rappresentato, in pochi mesi; e lì sono ancora in corso lavori che mi auguro siano diligentemente e quotidianamente sorvegliati dalla sovrintendenza che, altrimenti, si prenderà la sua quota parte di responsabilità per aver dato, in tempo record, autorizzazioni che non cede mai e non concede mai a nessun privato, che non porti il nome di Benetton; se questa operazione si è potuta configurare, evidentemente, magari non la sovrintendenza in quanto istituzione, ci mancherebbe altro, ma qualche funzionario della sovrintendenza ha agevolato - diciamo così - questo tipo di procedura.

Abbiamo detto tutto? No, perché a questo pateracchio, che deve essere attenzionato dal Governo e dal MEF, che ha compiti di ispezione e che deve tutelare gli interessi deboli e diffusi dei cittadini italiani, e non quelli di Benetton, bisogna aggiungere una piccola anomalia, rappresentata dal fatto che - guarda un po' il caso - dentro questi edifici esistono anche comunissimi inquilini.

Quattro famiglie ci abitavano, con un'attività commerciale di ristorazione tra le più rinomate, storica e antica; un nome e un simbolo per Roma; attività che, invece di essere avvicinate, valorizzate, implementate - in questa cornice paradossale, surreale - e trattate con i guanti di velluto, sono state oggetto di maramalderie da parte di questa società.

Ora, la seconda parte me la riservo per la replica, perché sono curioso davvero di capire, su questa prima parte, quali siano le risposte di rango amministrativo che lo Stato, attraverso la sua persona, sottosegretaria, è in grado di offrire non a Fabio Rampelli ma al Parlamento italiano che rappresenta, sicuramente, talvolta diversamente dai Governi, gli interessi dei cittadini e della nostra comunità. Quindi, mi riservo, in sede di replica, di aggiungere qualche osservazione, speranzoso in ordine al fatto che lei mi dirà che per il MEF è tutto chiaro, che per l'attuale MEF è tutto chiaro, che è chiaro quello che è accaduto e che sono chiare non solo le conseguenze ma anche le iniziative che intende mettere in campo per ristabilire la legalità a ogni costo.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Alessandra Sartore, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA SARTORE, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. La tematica relativa all'immobile storico in Roma, piazza Augusto Imperatore, considerata la complessità del contesto normativo entro cui si iscrive, necessita di una breve descrizione dell'operazione di dismissione di immobili pubblici, attuata attraverso la costituzione, da parte del Ministero dell'Economia e delle finanze, del Fondo immobili pubblici, cosiddetto FIP, al quale venne trasferito il suddetto immobile in data 23 dicembre 2004. Tali immobili sono stati ceduti tramite un decreto di apporto e 2 decreti interministeriali di trasferimento di pari data al FIP e contestualmente assegnati, a titolo di locazione, sulla base di un contratto stipulato tra il Fondo e l'Agenzia del demanio, alle amministrazioni che li avevano precedentemente in uso. Il compendio fu strutturato come un unicum e la dismissione a favore di FIP fu congegnata come una vendita in blocco. Per tutti gli immobili di particolare interesse storico-architettonico compresi nel decreto interministeriale del 23 dicembre 2004 fu prevista una specifica procedura nel decreto di trasferimento, in base alla quale, entro 90 giorni dalla pubblicazione del decreto, il Ministero per i Beni culturali, per il tramite delle competenti direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici, avrebbe dovuto verificare la sussistenza dell'interesse culturale degli immobili trasferiti e, nel caso di esito positivo, si sarebbe dovuto esprimere in ordine all'alienabilità del bene, indicando eventualmente le destinazioni d'uso compatibili con il vincolo accertato, tali da non recare danno alla conservazione degli immobili, con determinate prescrizioni affinché fossero assicurate la tutela e la valorizzazione degli immobili trasferiti.

Ciò premesso, l'immobile di piazza Augusto Imperatore fu trasferito a FIP, ai sensi del decreto-legge n. 351 del 2001, con il più volte citato decreto interministeriale a firma del Ministro dell'Economia, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per i Beni culturali. Per tale immobile fu rilasciata, in data 1° aprile 2005, l'autorizzazione da parte della competente direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio.

Sulla base di quanto detto, emergono talune considerazioni. La prima è che il trasferimento dell'immobile al Fondo fu concertato con tutti i Ministeri competenti, espletando anche le verifiche di interesse culturale atte a validare il trasferimento.

Gli immobili trasferiti e apportati al Fondo devono avere tutti un uso diverso da quello residenziale, ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 351 del 2001. Il Fondo FIP, anche se costituito dallo Stato, è un soggetto privato che agisce nell'interesse dei suoi quotisti senza alcuna interferenza da parte dello Stato sulle scelte gestionali di valorizzazione o dismissione del proprio portafoglio immobiliare. Gli immobili, una volta conferiti e trasferiti ai Fondi, diventano, infatti, di proprietà privata degli stessi e, di conseguenza, le vendite non incidono affatto sul raggiungimento degli obiettivi di valorizzazione del patrimonio immobiliare e sugli equilibri di finanza pubblica. L'immobile in esame, quindi, è connotato dalla natura privatistica del Fondo e del compendio allo stesso apportato e trasferito.

Che si tratti, inoltre, di vendita in blocco emerge dalle clausole negoziali che prevedono che l'oggetto della disdetta riguardi non il singolo immobile ma l'intero patrimonio immobiliare dismesso e che i recessi sui singoli immobili da parte dell'Agenzia del demanio, subordinati alle eventuali comunicazioni di vendita da parte dei Fondi, siano vincolati a soglie percentuali annue predeterminate contrattualmente, fino alla soglia massima - anch'essa contrattualmente predeterminata - pari al 20 per cento del canone complessivo iniziale. Nei casi di vendita di singoli immobili da parte di FIP è previsto il diritto di prima offerta a favore dell'Agenzia del demanio che, per sé o per conto delle amministrazioni utilizzatrici interessate, potrà riacquistare l'immobile con il diritto di prelazione rispetto ai terzi acquirenti.

L'invocato diritto di opzione/prelazione troverebbe, invece, applicazione nelle diverse operazioni di cartolarizzazione mediante cessione a società veicolo, attuate non in base all'articolo 4 ma in base all'articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001 (le cosiddette operazioni SCIP). Si tratta di due forme di privatizzazione ben diverse. La cessione di immobili a società veicolo integra un'ipotesi di vendita cumulativa in cui viene fatto salvo il diritto d'opzione (purché esercitato nelle modalità indicate dalla legge) e successiva prelazione in favore dei singoli e preesistenti conduttori (residenziali e non). Nella dismissione a favore di un Fondo immobiliare costituito dallo Stato (ex articolo 4 del decreto-legge n. 351), come è avvenuto per il FIP, la vendita è strutturata come un unicum e, conformemente agli orientamenti giurisprudenziali sulle vendite in blocco, non è esercitabile, per alcun tipo di immobile, un diritto di opzione/prelazione in favore dei pregressi conduttori, posto che, come sopra detto, conduttore unico dell'intero compendio è, ex lege, l'Agenzia del demanio e solamente l'Agenzia, allorquando il singolo fabbricato viene messo in vendita dal Fondo, può esercitare il diritto di prelazione direttamente o indirettamente (anche per conto di un'altra amministrazione utilizzatrice dell'immobile messo in vendita), così come previsto nel “decreto Operazione” e nel contratto di locazione tra l'Agenzia e il FIP.

PRESIDENTE. Il collega Rampelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FABIO RAMPELLI (FDI). Mi spiace, ma anche qui ascoltiamo una cantilena da parte del Governo. Mi spiace che sia stata incaricata la sottosegretaria Sartore di venirla a recitare qui. Sono, purtroppo, le abitudini del Parlamento italiano e, quando ci sono degli argomenti scottanti, invece di far uscire allo scoperto il Governo e di fargli assumere responsabilità, affida a dirigenti burocrati il compito di compilare, appunto, le risposte alle interpellanze.

Quindi, sono insoddisfatto delle risposte che lei gentilmente mi ha dato, anche se c'è, a mio giudizio, nella sua ricostruzione dei fatti, qualche sprazzo di lucidità che mi induce a ritenere e a sperare che il Governo, su questa vicenda, presti la massima attenzione perché, peraltro, anche dal punto di vista mediatico, con riferimento ai soggetti in campo, dall'INPS, quindi lo Stato in quanto tale, al FIP fino a Benetton, non parliamo di cose che possono passare inosservate.

Vi sarà grande attenzione e, qualora qualcuno volesse distrarsi, il quotidiano Il Tempo, attraverso il giornalista Alberto Di Maio, ha fatto una lodevole inchiesta, grazie alla quale immagino che il circuito mediatico sarà ancora più attento dopo la discussione odierna dell'interpellanza in esame che fa seguito a diverse altre iniziative di sindacato ispettivo che hanno avuto minore notorietà.

Tuttavia, la risposta è deludente, anche perché le questioni più spinose non vengono trattate nella sua risposta. La parte delle mie interrogazioni è stata trattata in maniera incompleta e ci sono alcune omissioni. La prima è dissimulata dalla costruzione della risposta, fatta con abilità da chi vuole scrivere senza dire nulla, quindi, all'estensore della risposta i miei complimenti per il fumo che ha saputo distribuire intorno a questa vicenda.

Però, va detto che ci sono anche due episodi puntuali. C'è un appartamento a piazza Augusto Imperatore che è abitato dal 1967 da una persona che fortunatamente è viva. Ha 92 anni, ma è fortemente malata; ha un'invalidità al 100 per cento, ma, nonostante ciò, è stata sfrattata senza ricevere mai menzione di quel diritto di opzione che, invece, le sarebbe appartenuto. E' stato completamente ignorato, salvo registrare l'istanza di sfratto, fatta dalla EP senza ritegno, nonostante vi sia una certificazione ASL che dichiari per iscritto - come è ovvio che sia e tutti noi conosciamo persone anziane, magari anche i nostri familiari - che l'eventuale stress psicofisico che subisce una persona di 92 anni, tale da imporgli lo sradicamento dall'appartamento che abita da oltre sessant'anni, dal rione, dal territorio di riferimento, può condurre anche alla morte.

Ora, questo diritto di prelazione non è una concessione, è previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 351 del 2001 e lo riconosce anche l'INPS. Quindi, come possa essere accaduto che il diritto di un cittadino sia stato violato per fare gli interessi di Benetton è un mistero. Io mi auguro che nessuno si azzardi - le autorità competenti - a usare la forza pubblica per lo sgombero, perché se dovesse accadere, ci divertiamo veramente a piazza Augusto Imperatore. Non è una minaccia, è una dichiarazione perentoria di assunzione di responsabilità anche da parte del sottoscritto. Oltretutto, questo diritto di prelazione è ulteriormente garantito dalla legge perché prevede uno sconto - è la legge vigente che lo dice - rispetto al valore di mercato.

Ma c'è un secondo episodio, sempre puntuale, con riferimento al quale lei, gentile sottosegretaria, ha voluto o ha dovuto eludere la risposta, quello dell'attività commerciale - che vagamente citavo senza fare il nome e cognome, ma adesso lo faccio - del noto ristorante Il Vero Alfredo, che si trova a piazza Augusto Imperatore dal 1948 ed è iscritto all'albo dei negozi storici e di eccellenza del comune di Roma, con delibera n. 10 del 2010; quindi, in quanto tale, è attività intoccabile, presidiata, certificata, censita e tutelata dal Campidoglio.

Io mi auguro che le mie parole arrivino forti e chiare a lei, ai rappresentanti e ai Ministri del suo Governo affinché, anche in questa sede, si faccia un'azione importante per evitare di far fare non so quanti soldi in più a coloro che hanno potuto beneficiare di una cessione di immobili mediante trattativa privata, senza procedura pubblica e senza alcuna preventiva, obbligatoria e rispettata necessità di avviso agli inquilini.

Mi auguro che ci sia una vigilanza da parte del MEF - perché comunque questo compito gli compete - affinché si possa evitare di tracimare in azioni di altro genere.

La morale è sempre la stessa. Siamo basiti: lei ha citato leggi di riferimento che puntellano la procedura utilizzata dal Governo dell'epoca per consegnare senza gara, senza evidenza pubblica questo “ben di Dio” alla famiglia Benetton, ma ciò non salva nessuno dall'impeachment, dal pasticcio in ordine al trasferimento di competenza e al conflitto di interesse. Perché FIP ha dato la gestione di questo e di altri immobili ad una società dentro la quale c'era Benetton? Perché il MEF non ha vigilato affinché Benetton o altri soggetti interni privati, che non hanno fatto quel che ha fatto Benetton, potessero acquisire un vantaggio dal trovarsi dentro la società che stava gestendo la valorizzazione e la dismissione di un patrimonio del Fondo immobiliare pubblico? Non è che la tecnica delle scatole cinesi possa giustificare da parte dei Governi - che, ricordo, rappresentano, comunque, lo Stato e i cittadini italiani - il voltarsi per non vedere.

A maggior ragione, perché vi sono queste tecniche, attraverso le quali si cerca di trarre vantaggio da alcune azioni, come quella della valorizzazione della dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, chi governa deve mettere in atto le procedure per proteggere i propri interessi che poi corrispondono, in quanto amministrazione pubblica, agli interessi di tutti noi. Quindi, su questo non c'è stata risposta, sottosegretaria, ma la soddisfazione che mi permetto in conclusione di sottolineare è che, finalmente, questa storia diventa di dominio pubblico, è iscritta ai verbali della Repubblica italiana e, quindi, nessuno può pensare di fare il furbo perché ci siamo tutti accorti di quello che è accaduto e la nostra vigilanza sarà elevatissima negli interessi del popolo italiano.

(Iniziative normative volte a garantire l'integrale ripartizione tra gli enti pubblici di ricerca delle somme stanziate per la stabilizzazione dei ricercatori precari - n. 2-01325)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Melicchio ed altri n. 2-01325 (Vedi l'allegato A). Il deputato Melicchio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

ALESSANDRO MELICCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Illustro solo brevemente l'interpellanza, perché è stata già presentata come interrogazione in Commissione, lo scorso 23 luglio. Ringrazio, in questo caso, il mio gruppo parlamentare, il MoVimento 5 Stelle, che ha voluto sostenerla e trasformarla in interpellanza urgente, perché la questione è urgente.

Si tratta di circa 700 ricercatori precari presso gli enti pubblici di ricerca, per la maggior parte presso il Consiglio nazionale delle ricerche, che stanno “per scadere”, stanno per vedere avvicinarsi il termine che gli è stato dato per la loro stabilizzazione, stabilita da una legge, il decreto legislativo n. 75 del 2017. E, in questo caso, il Parlamento, benché quel decreto legislativo stabilisse un diritto, la possibilità di assunzione per questi ricercatori, non stanziava sufficienti risorse. Era la XVII legislatura (la scorsa legislatura). In questa legislatura, questo Parlamento si è speso notevolmente per riuscire a trovare dei fondi che permettessero la stabilizzazione di tutti quei ricercatori che ne avevano diritto, secondo quanto stabiliva quella legge.

Ora, il comma 541 dell'ultima legge di bilancio, della legge di bilancio del 2021, stanziava 25 milioni di euro, che era la cifra calcolata, insieme anche al Ministero dell'Università e della ricerca, con l'allora Ministro Manfredi, per riuscire a concludere le stabilizzazioni di tutti i ricercatori che ne avevano diritto. Purtroppo, però, il decreto ministeriale che ripartiva quelle somme, il decreto ministeriale n. 614 del 19 maggio, poi pubblicato il 22 luglio, destinava solo 12 milioni e mezzo alle stabilizzazioni, decurtando l'altra metà della cifra, destinandola ad altre finalità.

Mi sembra, dunque, questo decreto ministeriale sia difforme dalla volontà che stabilisce la legge primaria e, quindi, in questa sede, si chiede una modifica del decreto ministeriale, per renderlo aderente alla volontà parlamentare, o, in alternativa, di trovare altre soluzioni che permettano la stabilizzazione di questi ricercatori.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato, Alessandra Sartore, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA SARTORE, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Preliminarmente, si ringrazia l'onorevole interpellante, poiché questo quesito posto al Governo consente di fornire i necessari chiarimenti in ordine all'attuazione della disciplina citata nell'atto ispettivo.

Come correttamente evidenziato dall'onorevole interpellante, l'articolo 1, comma 541, della legge n. 178 del 2020 dispone che: “Al fine di sostenere la competitività del sistema della ricerca italiano a livello internazionale, il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, è incrementato di 25 milioni di euro, a decorrere dal 2021. Le risorse di cui al presente comma sono ripartite tra gli enti pubblici di ricerca secondo criteri e modalità stabiliti con il decreto del Ministro dell'Università e della ricerca e sono impiegate esclusivamente per l'assunzione di ricercatori negli enti pubblici di ricerca in modo da assicurare l'integrale copertura delle spese connesse all'attività dei ricercatori stabilizzati”.

Il decreto ministeriale n. 614 del 19 maggio 2021, in attuazione della citata disposizione, ha disciplinato, dunque, le modalità ed i criteri per l'espletamento delle previste procedure assunzionali, proprio nell'ottica di sostenere, mediante tale percorso, la competitività del sistema della ricerca italiano e a livello internazionale.

In adesione a tale finalità, con il predetto decreto ministeriale, è stata prevista una suddivisione dello stanziamento in due quote di pari importo (dunque di 12.545.000) destinate a finanziare in egual misura, da una parte, le procedure di stabilizzazione, ai sensi dell'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 e, dall'altra, ulteriori procedure assunzionali, anche attraverso lo scorrimento delle graduatorie vigenti. A conforto della correttezza di tale impostazione - che, dunque, non ha previsto un'esclusiva finalizzazione delle risorse alle sole procedure ex “legge Madia” -, va, peraltro, indicato che l'espressa previsione della norma di legge a tali procedure di stabilizzazione inizialmente contenuta nel testo, invero riporta, nel testo approvato dal Parlamento, anche alcune modifiche.

Per questa ragione, la disposizione normativa vigente abilita entrambe le modalità di reclutamento e, cioè, sia le stabilizzazioni che le nuove assunzioni. Inoltre, con il decreto in argomento, si è avuta cura di rispettare l'altro principio contenuto nella disposizione di legge e che, cioè, a garanzia della sostenibilità di queste azioni di reclutamento in relazione al loro impatto sui bilanci degli enti, fossero assicurate a questi, in sede di riparto, le risorse corrispondenti all'integrale copertura delle spese connesse alle attività dei ricercatori stabilizzati.

Si conferma, dunque, anche per questo verso, il rispetto dell'obiettivo primario indicato dalla norma, ossia il raggiungimento della competitività del sistema della ricerca del Paese, anche a livello internazionale, attraverso azioni di reclutamento che non pregiudichino, per altro verso, la sostenibilità finanziaria degli enti e, dunque, la loro opportunità di sviluppo nell'attività di ricerca, nonché la loro capacità di procedere ad ulteriori procedure di reclutamento.

A conferma di ciò, va detto che il decreto ministeriale è stato regolarmente sottoposto all'approvazione dei competenti organi deputati al controllo di legittimità degli atti ed è stato positivamente valutato dalla Corte dei conti, in data 16 luglio 2021.

Compiute tali considerazioni sul contenuto del decreto, va, tuttavia, aggiunto che il Ministero dell'Università e della ricerca è perfettamente consapevole della delicatezza del tema delle stabilizzazioni.

A tal fine, dovrà valutarsi l'esigenza di nuove risorse, ma anche, in relazione a taluni enti, azioni di efficientamento che portino ad una approfondita analisi delle risorse disponibili e che possano prevedere anche iniziative di rilancio della mission istituzionale, in conformità alle sfide che il PNRR pone a tutto il comparto della ricerca, in grado di garantire maggiori opportunità, sia per il personale della ricerca stessa già impiegato, sia per i giovani ricercatori che aspirino ad intraprendere questo percorso.

Sono, dunque, queste le linee direttrici delle proposte che verranno formulate dal Ministero dell'Università e della ricerca nella convinzione che esse potranno essere condivise dal Parlamento, anche nell'ottica di un'azione, più di sistema, che questo Governo, assieme alle forze parlamentari, sta intraprendendo al fine che non si determinino più le circostanze che, in passato, hanno generato effetti patologici sulle procedure di reclutamento.

PRESIDENTE. Il deputato Melicchio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

ALESSANDRO MELICCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Purtroppo no, non posso dichiararmi soddisfatto della risposta, sia per una diversa interpretazione che viene data dal Ministero alla norma di legge, quindi al comma 541, sia perché si dice che il Ministero si impegna solo a valutare nuovi interventi normativi e non c'è un vero e proprio impegno a risolvere questa questione.

A mio modo di vedere - ma non solo mio -, il comma 541 è lampante: parla di assunzioni, parla di fondi da destinare ad assunzioni e parla di ricercatori stabilizzati, quindi, non è congruente la scelta che ha fatto il Ministero, in questo caso, di destinarlo ad delle assunzioni che non sono stabilizzazioni, perché possono tranquillamente essere destinate a ricercatori con una diversa tipologia di carriera. E non perché non sia d'accordo a favorire nuove assunzioni, tant'è che questo Parlamento, con il “decreto Rilancio” di maggio 2021, stanziava altri 50 milioni di euro per gli stessi enti, per gli enti pubblici di ricerca, da destinare a nuove assunzioni, senza fare alcun cenno alle stabilizzazioni. In questo caso, invece, c'è il richiamo ed è lampante.

Ma non c'è solo questo, in aggiunta, ci sono i pareri delle Commissioni VII, sia della Camera sia del Senato, che, continuamente, ad ogni occasione, ad ogni decreto di riparto del FOE, fanno riferimento alla necessità di concludere quelle stabilizzazioni, quelle del “decreto Madia”. E poi ci sono mozioni in Aula, ci sono risoluzioni. È chiara la volontà del Parlamento in questo senso e quel decreto non la rispetta. Chi conosce la mia attività parlamentare sa che non ritengo la soluzione della stabilizzazione come la migliore modalità di reclutamento ma in questo caso c'è una differenza sostanziale perché c'è una norma dello Stato, c'è una legge dello Stato, il decreto legislativo n. 75 del 2017, che dà dei diritti a quei ricercatori e a quei tecnologi e crea delle aspettative e quindi queste aspettative è necessario accoglierle, anche in termini motivazionali, per il lavoro che questi ricercatori portano avanti tutti i giorni. Ci sono circa 700 ricercatori ancora non stabilizzati che sono naturalmente trattati in maniera diseguale rispetto a diverse altre migliaia di ricercatori che, grazie alla stessa legge, sono stati invece stabilizzati. Qual è la differenza? La differenza è che, per quei primi ricercatori, sono stati trovati i soldi; per questi ultimi, i soldi sono stati trovati ma sono stati distolti per un'altra finalità e questo è inaccettabile. È inaccettabile perché la selezione in questo modo viene fatta, non sulla base delle competenze o degli anni di servizio, ma sulla disponibilità delle risorse e noi questo non lo possiamo permettere e non lo possiamo accettare. Tra l'altro, tra quei 700 ricercatori che ancora devono essere stabilizzati ci sono i più giovani; al fondo di quelle graduatorie ci sono quelli che avevano meno anni di servizio perché il criterio stabilito per la stabilizzazione, dal decreto legislativo n. 75, era quello degli anni di servizio e, di conseguenza, adesso quelli che rimangono fuori sono, per la maggior parte, i più giovani, a dispetto delle buone intenzioni che anche l'attuale Ministra dichiara sul ringiovanimento del personale, dei ricercatori e dei tecnologici. Prendo atto, quindi, della mancata volontà di modificare il decreto. Sono ora necessari due interventi normativi, uno per prorogare la scadenza delle stabilizzazioni, che scadono il 31 dicembre di quest'anno, e l'altro per un nuovo stanziamento perché, nonostante a fatica questo Parlamento avesse trovato i soldi per stabilizzarli, questi sono stati destinati ad altro. Quindi, servono due nuovi interventi. Resta il rammarico, un grande rammarico per non essere riusciti - eravamo ad un passo - a concludere finalmente le stabilizzazioni entro quest'anno; invece, questi ricercatori, da domani, da lunedì, andranno di nuovo nei laboratori, nelle università, negli enti pubblici di ricerca a fare ricerca senza più quella certezza che credevano il Parlamento avrebbe dato loro.

Per quanto mi riguarda, ritengo che veramente sia stata sovvertita la volontà parlamentare in questo caso e quindi non ho intenzione di lasciar cadere la cosa: presenterò degli emendamenti al prossimo “Milleproroghe” per prorogare i termini per la stabilizzazione e alla prossima legge di bilancio per trovare un nuovo stanziamento. Saranno emendamenti che verranno discussi perché avranno il sostegno del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle e vorrò vedere quale sarà il parere del Governo che arriverà su quegli emendamenti, se realmente vuole valutare la possibilità di concludere quelle stabilizzazioni. Noi andremo avanti fino ad ottenere la stabilizzazione dell'ultimo ricercatore che resta in quelle graduatorie, che si sono formate attraverso anche il superamento di un concorso successivo alla legge, fino a che, quindi, l'ultimo ricercatore e l'ultimo tecnologo che ne abbiano diritto vengano assunti nei ruoli di quegli enti pubblici.

(Intendimenti in merito al miglioramento dei servizi in regime di continuità territoriale marittima da e per la Sardegna e chiarimenti in ordine ai contenuti del Piano economico e finanziario elaborato da Invitalia per l'affidamento dei collegamenti – 2-01328)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Corda ed altri n. 2-01328 (Vedi l'allegato A). Chiedo al collega Cabras se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario.

PINO CABRAS (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Un pensatore arabo diceva: “Se vivi in un'isola, devi farti amico il mare”. Per chi vive nell'isola di Sardegna farsi amico il mare è diventato più difficile, nel momento in cui un inferno burocratico e politico è diventato il grande nemico di chi vive in Sardegna e vuole attraversare quel mare. In questa nostra interpellanza, noi deputati sardi de L'Alternativa c'è partiamo dall'ultimo episodio che mette il sigillo a una lunga sequenza di fatti che oggi rendono la mobilità una corsa a ostacoli che per ora verrà risolta, forse, con soluzioni raffazzonate, discontinue e incerte. Interpelliamo il Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili per una questione che davvero segna un drammatico punto di svolta per le condizioni con cui possiamo misurare l'eguaglianza effettiva di centinaia di migliaia di persone, di interi territori e città, di decine di migliaia di imprese, di tanti sardi che oggi vedono diminuita la propria condizione reale di piena cittadinanza.

Quest'ultimo cruciale episodio reca la data del 13 settembre, nemmeno una settimana fa: da quel giorno, Tirrenia-CIN ha sospeso il collegamento marittimo Civitavecchia-Arbatax-Cagliari (lo scalo di Arbatax era stato sospeso dal 1° luglio), un collegamento che, da fine giugno, era gestito in regime di libero mercato, dopo l'esito negativo sia delle procedure di gara per l'affidamento in concessione del collegamento sia delle due successive procedure negoziate per la gestione in regime di continuità territoriale marittima. In un solo colpo, la società e l'economia della Sardegna centro-meridionale, baricentrica rispetto alla popolazione dell'isola, non ha più un collegamento certo con il Centro e il Nord Italia. L'unico imbarco possibile, per imprese e cittadini, rimane Olbia, dove si giunge dopo un viaggio che dura molte ore e qui c'è un evidente impatto per una notevole quota della popolazione sarda. Ma è significativo anche il caso di Arbatax, perché quel porto dell'Ogliastra dà la misura di come vengono trattati territori visti come remoti e più spopolati ma che stanno in equilibrio a beneficio di tutti, se chi ci vive ha le stesse possibilità degli altri cittadini della Repubblica. Siamo alla vigilia di ingenti danni economici a carico di tante imprese e tanti trasportatori dell'isola, ma si contravviene tra l'altro al criterio di minor impatto ambientale, che prevede di spostare il traffico veicolare dalla strada per portarlo sul mare (il trasporto marittimo si pone infatti al livello più basso delle emissioni, rispetto ad auto ed aereo). In tempi di transizione ecologica, dichiarata a livello retorico, ad ogni piè sospinto, dai rappresentanti del Governo, il caso di una transizione ecologica inversa, come quella che sposta enormi volumi di traffico verso trasporti più inquinanti dovrebbe accendere tutte le forme di allarme di una Repubblica che si voglia davvero preoccupare dell'ambiente e del benessere dei propri cittadini. L'esito negativo dei bandi di gara appare sempre più come l'epilogo fallimentare del procedimento, gestito dal Ministro in indirizzo, in collaborazione con Invitalia SpA per le attività di supporto tecnico specialistico e per la predisposizione di nuovi bandi della nuova continuità territoriale marittima con le isole maggiori e le isole Tremiti. Richiamiamo le puntate precedenti dell'odissea amministrativa, che nasconde interessi trascurati e interessi invece fin troppo ascoltati, quelli di chi fa profitto, senza riguardo per le esigenze che uno Stato dovrebbe tutelare per le grandi masse dei suoi cittadini. Il 12 gennaio 2021, nella nota pubblicata sul sito di Invitalia, dal titolo “Trasporto marittimo: maggiore liberalizzazione e risparmio di risorse pubbliche anche grazie a Invitalia”, è stato comunicato il depotenziamento della continuità, sia in termini di risorse stanziate sia in termini di linee convenzionate, nonché la predisposizione di bandi separati per ciascun collegamento, circostanza quest'ultima che ha permesso alle compagnie di scegliere di partecipare ai bandi più remunerativi e di tralasciare quelli meno remunerativi. Noi sappiamo bene che la precedente convenzione destinava alla continuità 72.687.000 euro all'anno; nella nuova convenzione sono state ridotte le risorse a 40.606.000 circa euro all'anno per le prime tre annualità, ridotte a 33.939.000 circa per le successive due annualità; un bagno di sangue, salta subito agli occhi.

Ma non è finita: si è passati da 10 a solo 4 linee convenzionate (Civitavecchia-Cagliari-Arbatax, Napoli-Cagliari-Palermo, Genova-Porto Torres e Termoli-Tremiti), mentre alla linea Civitavecchia-Olbia sono riconosciute le imposizioni degli obblighi di servizio pubblico in base ai quali potranno essere erogate compensazioni economiche. Ma i conti sono presto fatti: la Sardegna è gravemente penalizzata, con un finanziamento annuo che è passato da 52 milioni, 911 mila euro della precedente convenzione, a 33 milioni, 939 mila, in un contesto nel quale, considerate le gravi criticità registrate con la gestione della precedente convenzione, ci si sarebbe attesi il contrario, cioè un rafforzamento dei servizi, con un incremento di risorse: meno 35 per cento, l'anticamera del disastro!

I finanziamenti alla linea Civitavecchia-Arbatax-Cagliari sono passati da 23 milioni, 933 mila, ad appena 16 milioni, 600 mila all'anno: il sangue che scorre.

Cosa emerge dalla nota di Invitalia? Emerge il sospetto che la finalità sottesa alla procedura sia stata unicamente quella di contenere i costi della continuità territoriale e marittima senza alcuna preoccupazione di compromettere un istituto fondamentale, voluto per compensare, anche se solo parzialmente, i costi diretti e indiretti delle distanze insulari: fare cassa a spese di un popolo, senza pensare a tutti gli effetti sistemici delle sforbiciate.

La continuità territoriale si inserisce tra le garanzie di uguaglianza sostanziale e di coesione di natura economica e sociale dei cittadini, perché il trasporto è un elemento essenziale del diritto alla mobilità, previsto all'articolo 16 della Costituzione; si tratta, pertanto, di un servizio di interesse economico generale, tale da dover essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica. Quando i padri costituenti inserirono quel testo, avevano ben chiaro cosa implicasse: ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale. Una per una, quelle parole, con quei tagli drastici di finanziamenti, vengono attenuate. La parola cittadino: è ancora un cittadino della Repubblica colei o colui che viene, di fatto, allontanato enormemente da una rete di trasporti?

Secondo quanto riporta Invitalia “L'Authority nazionale richiede che gli enti affidanti svolgano una preliminare analisi della domanda, accompagnata da una apposita verifica di mercato che valuti la sussistenza di un interesse economico da parte degli operatori a fornire il servizio in regime di libero mercato”. Nonostante questa analisi preliminare, la nuova continuità non appare aderente, non solo al contesto di alcune realtà interessate, ma alle stesse dinamiche del mercato dei trasporti.

Secondo quanto ha dichiarato l'assessore regionale ai trasporti, il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili avrebbe ignorato i rilievi e le indicazioni della regione autonoma della Sardegna.

Da quanto esposto emerge una situazione di grave compromissione della continuità territoriale marittima, con gravi disparità tra il nord Sardegna, le cui tratte proseguono in regime di libero mercato (perché remunerative), e il cosiddetto “capo di sotto”, oggi totalmente isolato, in marcata violazione del diritto alla mobilità previsto dall'articolo 16 della Costituzione.

E dove va a finire l'articolo 3 della Costituzione? “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli.

Non bastava il green pass ad aggiungere gli ostacoli, ora ci si mette anche la forbice selvaggia che taglia e sacrifica nientemeno che la dorsale fondamentale dei trasporti marittimi: per un'isola, rendetevi conto! Sul piano della mobilità, vengono causati gravissimi danni economici, in termini di maggiori spese e minori entrate, a cittadini e imprese della Sardegna. Siamo di fronte all'evidentissimo fallimento della procedura per la predisposizione dei bandi della nuova continuità territoriale marittima.

Più che mai dobbiamo sapere la posizione politica e le intenzioni del Governo in merito alla continuità territoriale marittima, nonché, nel dettaglio, i procedimenti che hanno condotto alla definizione della base d'asta, a cominciare dal piano economico e finanziario predisposto da Invitalia. Più che mai serve sapere quali siano la posizione politica e le intenzioni del Governo in merito alla necessità di garantire migliori standard qualitativi alla continuità territoriale marittima per la Sardegna e, in particolare, alla necessità di rimodulare gli ultimi bandi con uno stanziamento adeguato di risorse finanziarie, visto il fallimento di alcune procedure, circostanza che sta penalizzando la Sardegna centro-meridionale.

E poi vogliamo sapere perché: perché per la nuova continuità sia state messe a disposizione meno di due terzi delle risorse rispetto al passato, determinando di fatto l'isolamento marittimo del sud Sardegna, in spregio ai princìpi costituzionali di coesione territoriale e sociale.

Non ci accontentiamo di soluzioni ponte, di rincorse, di mancanza di certezze, che distruggono diritti e sistemi economici. Vogliamo risposte che abbiano una prospettiva lunga.

Quali sono i contenuti del piano economico e finanziario elaborato da Invitalia in base al quale sono state definite le basi d'asta per l'affidamento dei diversi collegamenti?

E un altro perché: perché, nel corso nella predisposizione dei bandi, non sono state accolte le osservazioni della regione Sardegna in merito all'inadeguatezza delle risorse stanziate, alla soppressione di alcune rotte e alla mancata istituzione di nuovi collegamenti? Il quadro è abbastanza chiaro. Ministero e Invitalia hanno depotenziato il sistema della continuità territoriale, falcidiando i finanziamenti, riducendo le rotte sussidiate, non istituendone di nuove e, in ultimo, procedendo per bandi separati: un approccio che ha consentito alle compagnie di fare shopping nei mari della Sardegna e di scegliere le rotte più remunerative, abbandonando a sé stesse quelle che risultano meno convenienti, una volta che il punto di vista scelto è quello di un'impresa del tempo del liberismo, come è accaduto per la Civitavecchia-Arbatax-Cagliari.

Ma la logica dell'articolo 3 e dell'articolo 16 della Costituzione non può essere assimilata a quella del neoliberismo. Non è questione di convenienze contingenti di un'azienda che si senta avulsa dal contesto sociale, economico e politico in cui opera. Stiamo parlando della linea che fa da riferimento, fa da autostrada del mare, fra territori che scambiano persone, merci, merci di distretti industriali, turisti, in una misura che è quella propria di comunità che dialogano e che integrano l'interesse nazionale.

E parliamo di una vicenda, quella della Tirrenia, su cui abbiamo fatto anche una proposta di legge per una Commissione d'inchiesta (primo firmatario Vallascas). Non c'è bisogno di una calcolatrice per capire che la privatizzazione della Tirrenia è stata un'operazione vergognosamente svantaggiosa per lo Stato: uno sperpero di denaro pubblico che meriterebbe persino un'indagine a tutto campo per individuare eventuali responsabilità e verificare se la CIN abbia usufruito di condizioni di favore in un procedimento che sta assumendo sempre più i connotati di un mega regalo di Stato.

Per intenderci meglio, sulla privatizzazione della Tirrenia e sulla gestione della continuità territoriale marittima ci sono ombre pesanti che pesano sulle procedure seguite, sulla congruità del prezzo di vendita con il valore effettivo dei beni ceduti e sui comportamenti che potrebbero aver alterato il corretto svolgimento della procedura.

La CIN ha pagato allo Stato in tutto 200 milioni, a cui avrebbero dovuto fare seguito altre rate da 60 milioni, mai pagate; in cambio ha acquisito 25 traghetti, insieme a un finanziamento per la continuità territoriale di 72 milioni all'anno, per gli otto anni successivi, per una cifra complessiva di 580 milioni, mentre i debiti pregressi della Tirrenia sono rimasti in capo allo Stato.

Allo sperpero di denaro pubblico si è aggiunta anche la beffa dell'ammissione al concordato preventivo, che riduce il debito residuo nei confronti della Tirrenia di navigazione in amministrazione straordinaria, da 180 milioni a 36 milioni di euro; insomma, non è stato esattamente un affarone per le casse dello Stato, ma lo è stato sicuramente per il privato.

Tra l'altro, la privatizzazione ha contribuito a rafforzare un Gruppo nella gestione dei trasporti marittimi in Italia, facendogli acquisire una posizione dominante a danno proprio di quella libera concorrenza che, secondo la Commissione europea, ne sarebbe dovuta uscire rafforzata dalla privatizzazione; una previsione che si è rivelata del tutto priva di fondamento.

Questo è il contesto in cui vediamo evaporare le risorse per i trasporti fino a compromettere il futuro del sud Sardegna e, diciamolo pure, della Sardegna tutta. In questi anni a pagare maggiormente per l'indifferenza di chi avrebbe dovuto vigilare e non l'ha fatto sono stati soprattutto i cittadini e le imprese della Sardegna, che hanno subito una molteplicità di disagi a causa di un servizio di trasporto pubblico sempre più inefficiente.

La fine di questa linea, ora sostituita da promesse di interventi limitati e non pienamente risolutivi, è l'esito di una catena di responsabilità. Le navi, vecchie e lente, coprivano pateticamente la loro vecchiezza con livree colorate infantili, che riproducevano gli eroi della Warner Bros; una distrazione da quel che, invece, occorreva, ovvero fondi certi e blindati per convenzioni durature e un investimento su navi nuove e veloci; un quadro legale che sottraesse alla pratica dei rinnovi senza gara, finita nel mirino di Bruxelles; continuità, anziché provvisorietà, elevata a sistema. La Francia stanzia 90 milioni per la continuità con la Corsica e le navi sono decisamente altra cosa di quelle che vediamo da noi.

Se, poi, il tracollo attuale lato mare si combina con lo sfacelo sulle rotte aeree, altrettanto precarie, diventa una crisi sistemica. Questo perché, se vivi in un'isola devi farti amico il mare, certo, ma anche il cielo. Occorrono risposte precise e noi, come deputati del gruppo L'Alternativa c'è e come sardi, le reclamiamo.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Alessandra Sartore, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA SARTORE, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. In relazione ai quesiti posti dagli onorevoli interpellanti, si rappresenta quanto segue.

I servizi di collegamento marittimo con la regione Sardegna sono stati garantiti dallo Stato per mezzo della convenzione n. 54 del 2012, stipulata, in regime di concessione, dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti con la società CIN.

Alla scadenza naturale di detta convenzione, è intervenuto l'articolo 205, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che ne ha prorogato l'efficacia fino alla conclusione delle procedure, di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 3577/92 e, comunque, non oltre la data del 28 febbraio 2021. L'articolo 4 di tale regolamento europeo, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri dell'Unione europea, prevede che uno Stato membro possa concludere contratti di servizio pubblico o imporre obblighi di servizio pubblico come condizione per la fornitura di servizi di cabotaggio alle compagnie di navigazione che partecipano ai servizi regolari da, tra e verso le isole, precisando che per “obblighi di servizio pubblico” devono intendersi gli obblighi che l'armatore comunitario, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe ovvero non assumerebbe nella stessa misura, né alle stesse condizioni.

Inoltre, il comma 2 del citato articolo 4 stabilisce che, nell'imporre obblighi di servizio pubblico, gli Stati membri si limitino alle esigenze relative ai porti che devono essere serviti, alla regolarità, alla continuità, alla frequenza, alla capacità di fornitura del servizio, alle tariffe richieste e all'equipaggio della nave.

Il Ministero ha, quindi, svolto l'istruttoria per accertare le condizioni richieste per assicurare il servizio di continuità territoriale per il trasporto di passeggeri e di merci con le isole maggiori, nonché per definire le eventuali misure da intraprendere, in conformità alla delibera dell'Autorità di regolazione dei trasporti n. 22 del 13 marzo 2019 e alla disciplina eurounitaria.

Al riguardo, evidenzio che la Commissione europea, che ha costantemente monitorato l'attività posta in essere dal Ministero, ha espresso generale condivisione sulla procedura seguita.

L'Autorità di regolazione dei trasporti, per quanto riguarda il collegamento con la regione Sardegna, ha rilevato che i collegamenti Livorno-Cagliari e Genova-Olbia-Arbatax potevano essere esercitati in libero mercato, ciò in quanto la presenza consolidata di operatori in concorrenza ha fatto cessare le condizioni di fallimento di mercato, che giustificavano l'intervento pubblico attraverso il ricorso a un regime di compensazioni.

Relativamente al collegamento Civitavecchia-Olbia, la medesima Autorità ha riconosciuto la conformità alle proprie misure regolatorie dell'iniziativa del Ministero di richiedere a tutti gli operatori del settore di presentare manifestazioni di interesse per l'effettuazione dei servizi di trasporto con imposizione di obblighi di servizio pubblico applicati orizzontalmente (ad esempio, regolarità e continuità del servizio).

Infine, l'Autorità ha valutato positivamente la scelta di mantenere l'affidamento a gara con contratto di servizio delle linee: Napoli-Cagliari, Palermo-Cagliari, Genova-Porto Torres (solo per il periodo invernale) e Civitavecchia-Cagliari-Arbatax. Su queste tratte, infatti, l'Autorità ha riconosciuto la mancanza di garanzie che il libero mercato, senza l'intervento pubblico, possa soddisfare le esigenze della domanda. Pertanto, per garantire il regime di continuità territoriale con la regione Sardegna e, quindi, il fondamentale diritto alla mobilità, sono stati ottimizzati tutti i collegamenti necessari. In particolare, per le linee Napoli-Cagliari e Cagliari-Palermo sono state espletate le procedure di gara e il servizio è stato affidato ad un nuovo operatore economico. Per la tratta Civitavecchia-Olbia il servizio è garantito senza oneri per lo Stato fino al 31 maggio 2023. Per la Genova-Porto Torres è in corso apposita procedura di gara. Per la tratta Civitavecchia-Cagliari-Arbatax, la procedura aperta per l'affidamento del servizio si è conclusa senza presentazione di offerte e analogo esito hanno avuto le procedure negoziate del 21 maggio e del 25 giugno 2021; successivamente, è stata effettuata una consultazione dei principali operatori del settore ed è stata selezionata l'offerta che prevede la prosecuzione del servizio per un periodo di 6 mesi, nelle more dello svolgimento di una nuova procedura di gara per i prossimi 5 anni.

Circa il valore dei piani economico-finanziari delle singole procedure di gara, si evidenzia che gli stessi sono stati elaborati conformemente alle delibere dell'Autorità di regolazione dei trasporti e della disciplina in materia di contratti pubblici. Quanto ai finanziamenti, occorre tener presente che non tutte le linee necessitano di contributo da parte dello Stato, ma soltanto quelle dove c'è il fallimento del mercato. Occorre, inoltre, considerare i risparmi derivanti dagli esiti delle aggiudicazioni delle procedure di gara, che hanno consentito di ridurre l'entità degli oneri a carico della finanza pubblica, in considerazione del contenuto delle offerte presentate e ritenute congrue. Il minore esborso finanziario da parte dello Stato non ha pertanto avuto alcuna influenza sulla continuità territoriale, che è stata garantita in relazione a tutte quelle linee nelle quali il mercato, così come previsto dalla disciplina europea nel cui ambito devono necessariamente collocarsi le iniziative assunte dal Ministero, non era in condizioni di assicurare il diritto alla mobilità.

Concludo, evidenziando in ogni caso l'impegno del Governo ad assicurare la regolarità dei servizi di trasporto marittimo da e per la Sardegna.

PRESIDENTE. La deputata Emanuela Corda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta o meno per la risposta.

EMANUELA CORDA (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Ovviamente non siamo soddisfatti di questa risposta, perché il Governo, in questo caso, si è chiaramente arrampicato sugli specchi, citando tutta una serie di leggi, leggine e burocrazia, tutto ciò che ha creato questo disastro. Perché questo è un autentico disastro, un fallimento totale. Ed è un fallimento di questo Governo, che non si è impegnato minimamente per venire incontro alle esigenze dei sardi, ma soprattutto per tutelare un diritto costituzionale, quello alla mobilità.

La Sardegna risulta totalmente isolata. Non è stato fatto nulla neanche su altri fronti, penso, per esempio, alle ferrovie. Noi, a Nuoro, non abbiamo una ferrovia decente, non abbiamo un treno veloce, siamo veramente isolati. Anche sulla continuità aerea ci sono tantissimi problemi. È vero che questo dipende anche ovviamente dalla regione Sardegna, ma, purtroppo, c'è una compartecipazione di errori e di disastri, che sono stati compiuti a vari livelli.

Il fatto che altri Stati affrontino il problema della continuità territoriale in maniera corretta e giusta, per venire incontro ai cittadini, e l'Italia invece se ne infischi è già un campanello d'allarme, che dovrebbe far riflettere tutti quanti, per quello che ha detto poc'anzi il collega Pino Cabras, ovvero che la Francia investe ben 90 milioni per la continuità marittima della Corsica, che ricordo ha circa 380 mila abitanti, che sono praticamente quelli che abbiamo nella città metropolitana di Cagliari. Ma di cosa stiamo parlando? E Cagliari non ha più la continuità territoriale marittima. Questa cosa è assolutamente inaccettabile. Tra l'altro, ho sentito dire, appunto, adesso, dal rappresentante del Governo, che giustamente tutti sono stati garantiti e che gli operatori hanno agito correttamente, quando, in realtà, si sono arricchiti in maniera spropositata negli anni, e lo sappiamo tutti. Era stato creato anche un cartello, anni fa, e sono stati persino multati per aver alzato i prezzi delle tratte. Fanno quello che gli conviene ovviamente, perché il Governo su questo se ne infischia altamente.

Questo è un atteggiamento vergognoso da parte del Governo. Noi chiediamo che si facciano interventi pronti, interventi certi, interventi a lunga durata, non interventi tampone, che non risolvono nulla e che poi ci portino di nuovo al punto di partenza. La Sardegna non merita questo trattamento. Capisco che noi siamo una regione che ha una popolazione ridotta rispetto alla Sicilia e ad altre realtà e, quindi, anche elettoralmente, non paghi dare una mano ai sardi e alla Sardegna. Però, anche la Sardegna fa parte di questo Paese. Se ne siamo tutti convinti, non possiamo fare finta di nulla e continuare a promuovere queste azioni vergognose a carico dei sardi. Tra l'altro, nel documento di Invitalia che ha citato sempre il collega Pino Cabras, quasi si glorifica il fatto di aver risparmiato sulla pelle dei sardi, cioè un investimento che passa da 70 milioni a 30 milioni.

Ma di cosa stiamo parlando? Con navi che sono carrette del mare, perché invito i rappresentanti del Governo a viaggiare su una nave della Tirrenia. Io l'ho fatto, l'ho fatto anch'io che sono un parlamentare, perché, ahimè, per andare a votare in Parlamento mi è capitato di non trovare voli aerei quando servivano, e, quindi, ho dovuto imbarcarmi. Anch'io sono una cittadina sarda, e, quindi, mi è capitato di imbarcarmi in occasione dei voti in Parlamento, ma anche in altre occasioni, e quelle navi sono assolutamente improponibili, sono proprio delle autentiche carrette con una mano di vernice sopra, per non parlare poi dei servizi. Non credo che i cittadini sardi meritino questo trattamento; credo che il Governo debba dare risposte puntuali, debba darle in fretta, perché questa è una tragedia.

Viaggiare da Olbia per arrivare a Cagliari - pensate, per esempio, alle imprese, a chi lavora - è un viaggio veramente estenuante, anche perché poi noi abbiamo anche un problema di viabilità, abbiamo un problema infrastrutturale, abbiamo tutta una serie di problemi che ci isolano rispetto all'Italia, ma anche all'interno stesso della nostra isola. Siamo isolati nell'isolamento: è veramente un paradosso che mi fa sentire meno italiana, e di questo mi vergogno. Infatti, vorrei essere orgogliosa di essere italiana e, invece, mi sento isolata dal mondo in una terra bellissima, meravigliosa, che potrebbe veramente rappresentare un'opportunità per tutto il Paese, per tutto il sistema Italia, e, invece, viene totalmente dimenticata.

Ci si ricorda della Sardegna soltanto quando si deve andare a bere e a sorseggiare un drink a Porto Cervo, a Porto Rotondo, in Costa Smeralda (poi la Sardegna, nel resto dell'anno, non serve più a nessuno) o quando magari si deve dare qualche regalo a qualche imprenditore che deve costruire qualche bel resort, ci sono soldini caldi da spendere; però, quando si tratta di tutelare i diritti dei sardi, se ne infischiano tutti. Ecco, questo Governo, in questo senso, non mi sta rappresentando e trovo che questo sia un atteggiamento veramente vergognoso; non assumersi le responsabilità, non ricordare quali sono stati gli errori e continuare a dire che si sta risparmiando. Peccato che il risparmio sia fatto sulla pelle dei cittadini italiani, perché i sardi sono italiani come tutti gli altri. Quindi, chiedo al Governo un intervento celere, un intervento duraturo e un intervento che abbia un'efficacia nel tempo, e non ci ritroviamo sempre al punto di partenza.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Organizzazione dei tempi di esame di provvedimenti.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame:

dei disegni di legge n. 3258 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2020 e n. 3259 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2021 (approvati dal Senato);

della mozione Davide Crippa n. 1-510 concernente iniziative di competenza per mitigare in modo strutturale i costi delle bollette energetiche per cittadini e imprese (Vedi l'allegato A).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Le chiedo pochi istanti di tempo per sollecitare, per il suo tramite, la risposta a un'interrogazione che, assieme alla mia capogruppo, l'onorevole Debora Serracchiani, presentammo nel giugno 2020 a proposito della determinazione del comune di Udine di procedere all'installazione in città di 67 telecamere dotate di sofisticate tecnologie di riconoscimento facciale, per l'onerosa spesa di 673 mila euro. Una decisione ribadita, secondo notizie di stampa, in queste ore, mi riferisco a un bel lavoro di inchiesta de Il Post di Luca Sofri, in evidente spregio del parere del Garante della privacy, che, con provvedimento del febbraio 2020, intervenne contro un'analoga decisione del comune di Como, nei fatti scongiurandola.

A quanto leggiamo, il comune di Udine avrebbe deciso di andare comunque avanti, nei prossimi mesi, su una strada che riteniamo pericolosa, ed è per questo motivo che sollecitiamo al Governo una risposta al nostro atto di sindacato ispettivo, pronti a trasformare l'interrogazione in una interpellanza urgente che consenta finalmente all'Esecutivo di esprimersi in maniera inequivoca, indifferibile e stringente circa l'illegittimità di una simile decisione.

Concludo, Presidente: la protezione della sicurezza dei cittadini passa dalla responsabilità e non dall'arbitrio, dalla tutela dei loro diritti e non da una pesca a strascico digitale, che potrebbe avere conseguenze assai gravi per le nostre libertà e per la democrazia, che è rispetto, trasparenza, fiducia reciproca. La ringrazio, dunque, per quanto potrà e vorrà fare a tal riguardo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 20 settembre 2021 - Ore 10:

(ore 10, con votazioni non prima delle ore 14)

1. Discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 6 agosto 2021, n. 111, recante misure urgenti per l'esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti. (C. 3264-A​)

Relatore: NOVELLI.

La seduta termina alle 11,25.