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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 562 di venerdì 10 settembre 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,40.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO , Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bergamini, Casa, Colletti, Davide Crippa, D'Uva, Daga, Delmastro Delle Vedove, Gregorio Fontana, Gebhard, Giachetti, Lapia, Lollobrigida, Magi, Perantoni e Vignaroli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 90, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito agli strumenti utilizzati per fronteggiare gli incendi che hanno recentemente interessato le province di Nuoro ed Oristano ed iniziative volte al sostegno delle popolazioni colpite e alla prevenzione di tali fenomeni - n. 2-01300)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno, Deidda ed altri n. 2-01300 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Deidda se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sarò rapido nell'illustrazione. Questa interpellanza fu presentata dal gruppo Fratelli d'Italia il 3 agosto per chiedere chiarimenti al Governo su quanto accaduto in Sardegna, cioè sugli incendi che hanno flagellato la nostra isola e che, purtroppo, hanno portato seri danni e hanno posto di nuovo un tema, cioè come affrontare l'emergenza incendi, che purtroppo nella nostra isola sono una costante di ogni estate. Alcuni dei punti, nel tempo, ad oggi, si sono anche già risolti, come la dichiarazione dello stato di emergenza, però alcuni dubbi rimangono. Questo quesito lo poniamo non in maniera polemica, ma per migliorare la macchina antincendi e per affrontare, nella prossima estate, l'emergenza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'onorevole interrogante, nell'atto di sindacato ispettivo oggi all'esame, ha richiamato l'attenzione sulla situazione degli incendi divampati nello scorso mese di luglio in Sardegna, in particolare nelle province di Oristano e di Nuoro. I roghi in questione hanno avuto origine, nella tarda mattinata del 24 luglio e, nei giorni seguenti, alimentati da forti venti provenienti da sud, si sono estesi, provocando ingenti danni ambientali e interessando varie tipologie di strutture antropizzate. Per affrontare l'emergenza il Comando dei Vigili del fuoco di Oristano ha impiegato un dispositivo potenziato dalla Direzione regionale dei Vigili del fuoco della Sardegna, con 10 squadre di terra, 57 unità e 30 mezzi.

Le attività di soccorso e assistenza alla popolazione, rese particolarmente difficoltose dai forti venti, sono state supportate dall'attività aerea di numerosi velivoli appartenenti alle flotte antincendio boschivo regionale e di Stato, nonché alla flotta nazionale di soccorso dei Vigili del fuoco. Oltre a questi mezzi, il Dipartimento della Protezione civile ha anche attivato un modulo internazionale di cooperazione aerea antincendio boschivo, che ha previsto l'impiego di ulteriori 4 Canadair, provenienti da Francia e Grecia, facenti parte del meccanismo europeo di protezione civile. Questi ultimi hanno operato in forma congiunta, con un Canadair dei Vigili del fuoco, che ha assicurato il coordinamento e le comunicazioni radio. Il quadro operativo ha anche visto l'impiego di 2 elicotteri regionali e di squadre di volontariato. Complessivamente, nelle fasi di maggiore criticità, sono stati utilizzati 22 velivoli.

Le operazioni di spegnimento sono state coordinate con il Corpo forestale regionale. In questo senso, è importante rimarcare che, fin dal primo momento, tutte le componenti del sistema della Protezione civile hanno operato in stretto raccordo e con un efficiente livello di integrazione. Tale sinergia ha reso possibile realizzare l'evacuazione preventiva di circa 900 persone, cui sono stati sempre garantiti i necessari servizi di assistenza, e che, nella mattina del 26 luglio, hanno potuto far rientro presso le proprie abitazioni.

Sottolineo inoltre che, proprio grazie all'efficacia del dispositivo antincendio attivato, l'evento non ha provocato vittime, risultato che, date la complessità dello scenario d'intervento e le dimensioni delle aree interessate, rappresenta un indicatore non trascurabile della qualità della risposta in emergenza.

Il prefetto di Oristano ha convocato, nella mattinata del 25 luglio, il Centro coordinamento soccorsi per fare un punto sulla situazione e adottare le più opportune determinazioni in proposito, utilizzando al massimo le risorse umane e strumentali disponibili.

Con riguardo al coinvolgimento delle Forze armate, l'Esercito ha reso disponibile, in prontezza, un elicottero del reparto di volo dell'Aviazione dell'Esercito, che opera presso l'aeroporto di Elmas, nell'ambito dell'accordo sottoscritto tra Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della Difesa, che regolamenta il concorso degli assetti aerei ad ala rotante e gli aeroporti militari da impiegare nel corso della campagna antincendi boschivi estiva. In particolare, il 24 e il 25 luglio scorsi, su richiesta del Centro operativo aereo unificato del Dipartimento della Protezione Civile, il citato mezzo è intervenuto nello spegnimento di incendi presso i comuni di Villasor, Bonarcado, e Santu Lussurgiu, effettuando un totale di circa 6 ore/volo ed oltre 60 lanci di acqua.

Per completezza d'informazione, soggiungo che, al fine di proseguire a garantire il supporto aereo, a fronte dell'eccezionale ondata di incendi che ha interessato l'isola, in data 13 agosto 2021, su richiesta del Dipartimento della Protezione civile, il potenziale allocato per l'esigenza antincendio boschivo del predetto aeromobile è stato incrementato da 20 a 45 ore/volo. È stato, altresì, attivato l'impiego di un mezzo aereo, dotato di un sofisticato e moderno sistema di individuazione policromatica, della Guardia di finanza, ROAN di Cagliari. Tale mezzo si è rivelato quanto mai prezioso per il Corpo forestale e di vigilanza ambientale, al fine del successivo spegnimento dei focolai, per modo che gli incendi sono stati definitivamente domati nella giornata del 28 luglio.

Anche presso la prefettura di Nuoro è stato immediatamente attivato il Centro di coordinamento soccorsi, assicurando il raccordo operativo delle componenti statali del sistema di Protezione civile, massicciamente impiegate, fino a cessata emergenza e ad avvenuta ultimazione delle operazioni di bonifica dei territori colpiti. Nel corso della stagione estiva, nella provincia si sono verificati 25 incendi di rilievo, per 5 dei quali è stato necessario evacuare, precauzionalmente, le persone. L'azione di controllo del territorio in questione ha consentito, tra l'altro, l'arresto in flagranza di alcuni piromani.

La ricostruzione dei fatti appena esposta fornisce l'opportunità per precisare meglio il quadro normativo di settore, che consta di un insieme di leggi stratificatesi nel tempo e di protocolli d'intesa, volti a ripartire compiti e a coordinare risorse e strumenti tra le amministrazioni coinvolte, statali e non statali, in vista della massima efficacia degli interventi.

Sulla base del diritto vigente, e in particolare della legge quadro in materia di incendi boschivi (legge n. 353 del 2000), la competenza primaria spetta alle regioni, mentre allo Stato sono assegnate unicamente mansioni sussidiarie di concorso nell'attività di spegnimento. Tali compiti, in conformità al decreto legislativo n. 177 del 2016, recante “Norme sulla razionalizzazione delle funzioni di polizia e sull'assorbimento del Corpo forestale dello Stato”, sono disimpegnati dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e, per i profili di contrasto ai reati connessi agli incendi boschivi, dall'Arma dei carabinieri.

Oltre alla ripartizione di funzioni tra Stato e regioni, è opportuno ricordare anche gli strumenti consensuali adottati dalle amministrazioni coinvolte, finalizzati alla definizione delle sinergie operative e al miglioramento dell'efficacia degli interventi, con una più puntuale identificazione degli ambiti di rispettivo intervento e la definizione delle attività di collaborazione in materia.

In questo ambito, il Ministero dell'Interno ha sottoscritto 2 protocolli d'intesa, rispettivamente nel 2017 con l'Arma dei carabinieri, e nel 2018 con l'Arma dei carabinieri e il Ministero dell'Ambiente, a conferma dell'importanza e della particolare attenzione riservata da parte dell'Amministrazione dell'Interno alla delicata problematica in questione. Inoltre, il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco si è fatto promotore della sottoscrizione di un apposito accordo quadro tra il Governo e le regioni, siglato il 4 maggio 2017, nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Tale accordo individua i criteri generali, i princìpi direttivi e le modalità della collaborazione tra il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e le regioni, nell'esercizio dei rispettivi compiti in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di concorso del Corpo nazionale alle predette attività.

Da ultimo, in data 1° luglio 2021, la regione Sardegna, per il rafforzamento del dispositivo di lotta agli incendi boschivi, per circa 30 giorni - compresi tra il 1° luglio e il 31 agosto - ha stipulato una convenzione antincendi boschivi con il Dipartimento dei Vigili del fuoco del Ministero dell'Interno, in cui si è impegnata a corrispondere il pagamento delle spese per gli oneri connessi all'impiego di personale aggiuntivo e per la gestione di mezzi e attrezzature da utilizzare. Passando ora ai profili della complessa materia, che vanno al di là della pur essenziale risposta in emergenza, vorrei dar conto di ulteriori rilevanti iniziative recenti poste in essere dal Ministero dell'Interno per potenziare capacità e funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la cui qualità ed efficienza operativa è universalmente riconosciuta. In tale direzione è stata programmata innanzitutto una forte accelerazione del piano assunzionale che consentirà, nel breve e medio periodo, di sopperire alle residue carenze di organico del Corpo. In particolare, prevediamo di assumere 1.201 unità di varie qualifiche, come residuo delle facoltà assunzionali dell'anno 2020 ed è in corso la programmazione per le assunzioni dell'anno 2021, per complessive 1.099 unità. Sul piano parallelo degli investimenti, grazie alle linee pluriennali di finanziamento attive, continuerà il processo di ammodernamento dei mezzi tecnici utilizzati per le attività di soccorso. Si inquadra nella medesima strategia di ammodernamento e integrazione delle strutture preposte alla prevenzione degli incendi anche il decreto-legge approvato lo scorso 2 settembre dal Consiglio dei Ministri. Tale provvedimento affida al Dipartimento della protezione civile il compito di stilare, con cadenza triennale, il Piano nazionale per il rafforzamento delle risorse umane, tecnologiche, aeree e terrestri necessarie per una più adeguata prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, documento che andrà a integrare la consueta pianificazione regionale.

Alcuni strumenti innovativi che saranno presi in considerazione dal Dipartimento della protezione civile sono: le tecnologie per l'integrazione dei sistemi previsionali di sorveglianza, monitoraggio e rilevamento dell'ambiente; la dotazione di mezzi aerei e terrestri e l'attività di formazione. Sottolineo che il Dipartimento della protezione civile provvederà a tale ricognizione e valutazione avvalendosi di un comitato tecnico del quale fanno parte qualificati rappresentanti dei Ministeri interessati, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Comando carabinieri per la tutela forestale, delle regioni e province autonome di Trento e Bolzano e dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia. È importante ricordare anche che, a fronte dei numerosi e drammatici incendi che hanno interessato nei mesi scorsi il nostro Paese e per consentire l'urgente rafforzamento della capacità operativa delle componenti statali impegnate nell'attività di lotta attiva contro gli incendi boschivi, il decreto-legge autorizza il Ministero dell'Interno e il Ministero della Difesa, già nell'anno in corso, all'acquisizione di mezzi aerei, terrestri, attrezzature e strumentazioni utili alla lotta attiva agli incendi boschivi. L'acquisizione potrà avvenire con risorse aggiuntive, a cui si affiancano le risorse disponibili nel PNRR nell'ambito della transizione ecologica. A tale proposito, il Ministero dell'Interno intende procedere, mediante uno specifico progetto, all'acquisizione di nuovi mezzi aerei, anche a pilotaggio remoto, e terrestri, nonché all'acquisizione di hardware e software per la simulazione della propagazione degli incendi boschivi ed anche di apparati per le attività di investigazione degli incendi boschivi.

Sempre nel decreto-legge, nell'ambito della strategia per lo sviluppo delle aree interne, saranno stanziate, nel triennio 2021-2023, delle risorse in favore degli enti territoriali impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi. Tali stanziamenti consentiranno di dare concreta attuazione a quanto previsto dai Piani antincendi boschivi, approvati dalle regioni, e, in particolare, a contrastare l'abbandono di attività di cura del bosco, prevedere postazioni di atterraggio dei mezzi di soccorso, realizzare infrastrutture, ad esempio, vasche di rifornimento idrico, predisporre vie di accesso e tracciati spartifuoco e manutenere le aree periurbane.

Un punto importante del provvedimento in questione è l'inasprimento delle sanzioni, sia amministrative che penali, in particolare per l'ipotesi in cui ad appiccare il fuoco sia chi avrebbe, invece, il compito di tutelare il territorio.

Per completezza di informazione ricordo, infine, che il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio Mario Draghi, lo scorso 26 agosto, ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza - come l'onorevole Deidda ricordava - per un periodo di 6 mesi in conseguenza delle eccezionali diffusioni degli incendi boschivi che si sono verificate in alcune regioni a partire dall'ultima decade del mese di luglio 2021. Sulla scorta di tale dichiarazione, è stata, altresì, emanata, in data 1° settembre 2021, l'ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile che prevede, per ciascun ambito territoriale interessato dagli incendi, la nomina in qualità di commissari delegati dei presidenti delle regioni colpite, l'aggiornamento dello stato di attuazione del censimento dei soprassuoli percorsi dal fuoco, la ricognizione da parte dei commissari e degli interventi e dei relativi fabbisogni, nonché la predisposizione del Piano degli interventi. Inoltre, sono state stanziate le prime misure economiche di immediato sostegno per le aziende agricole e zootecniche.

PRESIDENTE. Il deputato Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Non sono soddisfatto e spiego perché. Ringrazio la gentilezza del sottosegretario Scalfarotto per quanto detto, ma, essendo sardo ed essendo rappresentante del territorio, io sono andato nelle zone dell'incendio, le cui vicende abbiamo vissute giorno per giorno. Tutte le forze messe in campo dalla regione non bastavano, non sono bastate perché, oltre il grande incendio nelle zone dell'oristanese e del nuorese, lo stesso giorno c'erano diversi incendi. Perché allora non è stato chiamato - su questo il Governo non ha risposto - il personale dell'Aeronautica di base a Decimomannu, che è specializzato nell'incendio, tanto che l'anno prima ha ricevuto encomi proprio per lo spegnimento degli incendi in Sicilia? Non sono stati considerati minimamente. Gli incendi hanno toccato Macomer, ma il solo mezzo dell'Esercito coinvolto, un elicottero dell'AVES, è stato chiamato in aiuto tramite un protocollo fra regione Ministero della Difesa e Protezione civile. Il Genio guastatori non è stato coinvolto per aiutare nella gestione dell'ordine pubblico, sembra quasi una ritrosia nel chiamare in causa le Forze armate. Abbiamo personale specializzato e quel giorno c'erano almeno una decina di incendi, di cui uno molto grande, ma erano tutti molto impegnativi. Purtroppo, essendo un'isola, da noi non si può muovere la colonna della Protezione civile da regione a regione, come nel continente.

Sottosegretario, la invito a controllare e informarsi tramite gli organi competenti sulla specializzazione di questi uomini, che però non sono stati chiamati in causa, quando invece sarebbero serviti, almeno per dare un po' di riposo o dare il cambio a tutto il personale, a tutti i mezzi che erano stati coinvolti.

Tenete conto che noi in Sardegna abbiamo 3 Canadair di servizio, ottenuti con grande sforzo dalla regione, perché la Protezione civile ne voleva lasciare solo 1 nell'isola, gli altri 2 li voleva mandare nel continente; dopo i primi incendi addirittura uno ha avuto, ovviamente, bisogno di manutenzione e di rifornimento. Avevamo bisogno di tutte le forze che non sono state chiamate in causa perché anche il centro di coordinamento dei soccorsi, nella prefettura di Oristano, è stato convocato il 25, ma l'incendio era il 24 e la gravità è continuata per tutto il giorno 24 e il giorno 25. Ma non voglio fare polemica perché lei, sottosegretario, ha detto una verità: non ci sono state vittime. Questa è la grande vittoria della macchina antincendio, che ha funzionato. Noi non vogliamo fare polemica, ma vogliamo solamente sottolineare che le prossime volte ci sarà bisogno di un maggior coordinamento di tutte le forze in campo. Non ci devono essere, magari, gelosie e non ci si deve dimenticare che le Forze armate sono un alleato prezioso per potere intervenire.

Rispetto a quanto si è detto sugli aiuti, sul decreto, che - per carità - presenta alcuni aspetti sicuramente positivi perché finalmente si parla della lotta agli incendi, si parla di prevenzione; tuttavia - ovviamente, lei non rappresenta il Ministero competente e ci sarà un altro Ministero con cui ci confronteremo – il caso di quest'estate ha dimostrato la nostra fragilità. Per quanto le regioni possano intervenire, abbiamo bisogno anche di un intervento e di una macchina che si coordinino nella maniera dovuta e, soprattutto, che tutti siano attori consapevoli delle potenzialità che ha lo Stato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

(Iniziative normative volte alla tutela della concorrenza e del pluralismo dell'informazione, con particolare riferimento alla ripartizione dei fondi tra le emittenti televisive e radiofoniche locali di cui al DPR n. 146 del 2017, alla luce delle segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato - n. 2-01319)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galizia ed altri n. 2-01319 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Carmela Grippa se intende illustrare la sua interpellanza.

CARMELA GRIPPA (M5S). Grazie, Presidente, le emittenti locali stanno dando un grande aiuto in tutta Italia informando i cittadini, facendo interviste, dando notizie aggiornate dalle diverse realtà territoriali, raccontando situazioni ed eventi. Si scopre proprio che, attraverso le emittenti locali, viene data nella maggior parte dei casi un'informazione di servizio lontana dalle contrapposizioni politiche, ma vicino ai bisogni della gente, che chiede proprio di essere informata su quanto accade nel proprio territorio.

Il testo che vado ad illustrare ha come tema il servizio da esse svolto, nel senso che, durante l'anno pandemico, al fine di consentire alle emittenti locali di svolgere appieno il loro servizio di informazione, sono stati stanziati, con il decreto-legge del 19 maggio 2020, poi convertito, con modificazioni, dalla legge del 17 luglio 2020, 77,50 milioni di euro per l'anno 2020, con causale per l'istituzione di un “Fondo emergenze emittenti locali” per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore ad emittenti televisive e radiofoniche locali. Questo Fondo è stato ripartito secondo i decreti, da parte del MiSE, facendo riferimento in base alle graduatorie del 2019, approvate proprio ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 23 agosto 2017.

Ad ogni emittente che accede ai contributi è stato attribuito un punteggio in base al quale viene quantificato il contributo. Tuttavia lo stesso decreto ha ricevuto due segnalazioni da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, adottate, la prima, il 6 maggio 2020 e la seconda il 22 gennaio 2021, in merito proprio alle problematiche di carattere concorrenziale riconducibili alle modalità di erogazione degli stanziamenti a favore delle emittenti locali televisive e radiofoniche del contributo straordinario per la diffusione delle comunicazioni istituzionali aventi oggetto il contagio da COVID-19. In particolare, l'Autorità, pur valutando favorevolmente la concentrazione dell'erogazione dei contributi a vantaggio delle emittenti che garantiscono obiettivi di efficienza e che investono nell'attività editoriale di qualità, ha evidenziato come i criteri di valutazione delle domande per la distribuzione delle risorse tra le emittenti dovrebbero essere orientati al principio della tutela della concorrenza e del pluralismo dell'informazione. Non solo, ma la stessa Autorità ha criticato sotto proprio il profilo concorrenziale l'assegnazione delle risorse, in quanto il 95 per cento delle risorse sono state attribuite alle prime 100 emittenti televisive in graduatoria, mentre solo il restante 5 per cento è stato diviso tra la centunesima in graduatoria in poi. Quindi, ci si trova di fronte a una sperequazione nella distribuzione delle risorse tra le emittenti, oltre che ad un'eventuale distorsione della concorrenza.

In sostanza, cosa auspica l'Autorità? Una revisione delle disposizioni in materia di ripartizione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore delle emittenti televisive dettate dal decreto di cui sopra, per assicurare proprio le corrette dinamiche concorrenziali.

Ancora oggi le emittenti radiofoniche e televisive locali stanno seguendo con grande attenzione il prosieguo dell'emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus; è, infatti, sul territorio che si toccano con mano i problemi della quotidianità. Esse si sono attivate, comunque, da subito nei diversi territori, dando una risposta a quasi corale a quelle che sono le richieste e le esigenze di informazione manifestate da parte dei cittadini.

Molte TV e radio locali hanno infatti dedicato e dedicano ancora tuttora all'informazione e all'aggiornamento grandi spazi, spesso anche con sacrificio individuale. È per questo motivo che crediamo sia necessario un intervento da parte del Governo, anche nei provvedimenti di prossima emanazione, come ad esempio il “DDL Concorrenza”, dove vengano assicurate le corrette dinamiche concorrenziali e una più efficace tutela del pluralismo dell'informazione, che la legge n. 208 del 2015 espressamente richiama tra gli obiettivi di pubblico interesse. Inoltre, auspichiamo e chiediamo un intervento da parte del Governo, per sapere se sia possibile stanziare un ulteriore contributo a favore delle emittenti locali, soprattutto, per quelle che sono dal centunesimo posto in graduatoria in giù. Confermiamo, con questa richiesta, di avere un'attenzione massima per tutte le emittenti che, con grande impegno, consentono al Paese di restare informato sui maggiori temi di attualità nazionali ed esteri.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per lo Sviluppo economico, Anna Ascani, ha facoltà di rispondere.

ANNA ASCANI, Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente, grazie, colleghi. Prima di tutto voglio condividere quanto ha detto dalla collega rispetto al servizio prezioso, importantissimo, indispensabile svolto durante questa crisi pandemica dalle emittenti locali. Con l'interpellanza in parola si richiede al Governo se si intendono promuovere delle iniziative normative ad hoc per rivisitare le disposizioni esistenti in materia di criteri di riparto del Fondo emergenze emittenti locali.

L'articolo 195 del DL n. 34 del 2020, infatti, ha previsto un Fondo emergenze per le emittenti locali, ovvero l'erogazione di un contributo straordinario di 50 milioni di euro per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da COVID-19 a favore delle emittenti radiotelevisive locali che si sarebbero impegnate a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all'emergenza sanitaria all'interno dei propri spazi informativi.

L'erogazione è avvenuta in base alle graduatorie per l'anno 2019, approvate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146.

Successivamente, il Fondo emergenze per le emittenti locali è stato rifinanziato per l'anno 2021 con lo stanziamento di ulteriori 20 milioni di euro (articolo 6-ter, comma 1, del DL 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69).

Voglio sottolineare che con il Fondo emergenze emittenti locali è stato riconosciuto un contributo straordinario coerente con le disposizioni vigenti nel settore e ciò anche al fine di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche erogate durante l'emergenza, utilizzandole in una logica di continuità con le misure di sostegno già previste anche per non distrarre, a causa dell'emergenza COVID, le risorse destinate in via ordinaria al settore.

In tale direzione, il criterio previsto dal DPR n. 146 del 2017 fissa specifici requisiti di ammissione e di valutazione ai fini del calcolo dei contributi, che vengono poi ripartiti sulla base di quattro graduatorie nazionali dei soggetti ammessi al contributo, distintamente, per le emittenti televisive e per quelle radiofoniche, nonché separatamente, per le emittenti radiofoniche a carattere comunitario.

Sono stati, dunque, individuati specifici requisiti di ammissione e particolareggiati criteri di valutazione per stabilire chi potesse aver accesso al contributo e, in una fase successiva, i meccanismi di riparto dello stanziamento tra i soggetti ammessi.

In via generale, si può osservare che i criteri previsti dal regolamento sono stati fissati con una logica pro-concorrenziale, al fine di incoraggiare le emittenti a sostenere e incentivare l'occupazione nel settore, migliorare la qualità dei contenuti e investire nelle innovazioni tecnologiche per poter accedere ai contributi del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, ciò sia con riferimento ai requisiti di ammissione che ai fini del calcolo del punteggio finale.

Come evidenziato dagli onorevoli proponenti con l'atto in parola, l'AGCM, pur condividendo l'impianto complessivo del DPR n. 146 del 2017, ha rilevato che il cosiddetto sbarramento dei 100 per le graduatorie delle TV commerciali potrebbe essere - cito - “ (…) suscettibile di determinare una sperequazione nella distribuzione delle risorse fra emittenti che, collocandosi intorno alla centesima posizione, sono caratterizzate da livelli di efficienza confrontabili”. Ciò perché nella graduatoria delle TV commerciali viene previsto che il 95 per cento dei fondi sia destinato alle emittenti che occupano le prime 100 posizioni in graduatoria, mentre il restante 5 per cento deve essere suddiviso fra tutte le emittenti che occupano le restanti posizioni in graduatoria, a partire dalla centunesima. Al riguardo, va detto che i requisiti previsti dal DPR n. 146 del 2017 sono stati oggetto di contestazione presso le sedi giudiziarie in diverse occasioni, anche relativamente allo sbarramento delle prime 100 riportato in chiave critica nella segnalazione AGCM, ma il TAR Lazio, recentemente, si è espresso nel senso della loro legittimità. In particolare, si è evidenziato che la normativa in discussione ha inteso introdurre criteri diretti ad incrementare la qualità del servizio. Sembra, inoltre, utile osservare come l'intero mercato della radiotelevisione locale è in fase di riassesto in ragione dello switch-off della banda 700 e le connesse procedure, fra cui i bandi per la formazione delle graduatorie dei Fornitori di servizi di media audiovisivi (cosiddetti bandi FSMA), per la conseguente negoziazione di capacità trasmissiva con gli operatori di rete.

Ciò premesso, il Ministero valuterà con la massima attenzione eventuali azioni di riequilibrio del sostegno pubblico, nel perseguimento del principio di concorrenza e di pluralismo informativo. È quindi nostra intenzione approfondire le tematiche oggetto di interpellanza ed eventuali misure da valutare nella sostanza e nella tempistica, in relazione ai procedimenti pendenti, al riassetto generale del settore e alla presenza di spazi finanziari adeguati.

PRESIDENTE. La deputata Galizia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCA GALIZIA (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria Ascani per la risposta che ci ha portato qui oggi, perché nel finale ci ha lasciato comunque un'apertura. Credo che sulla tematica delle emittenti locali occorra necessariamente avviare una riflessione perché quello che noi oggi siamo qui a contestare, come ha fatto l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, è che non sono i parametri né le caratteristiche che ci pongono delle difficoltà, anzi, ben venga che si voglia premiare quella che è l'efficienza di un'informazione ben fatta, ma questo scaglione legato al 95 per cento, quindi allo sbarramento legato alle prime cento, lasciando fuori le restanti TV locali, che invece hanno questi requisiti, perché dobbiamo dirlo che chi rientra nella graduatoria ha dei requisiti che favoriscono il lavoro e che favoriscono l'efficienza, ma vengono un po' messe nell'angolo perché il 5 per cento sono risorse davvero molto esigue. Come ha già detto la mia collega, l'AGCM infatti non ha contestato questi criteri quanto piuttosto lo sbarramento, e ha proposto, secondo noi, una soluzione adeguata per dare delle risposte alle emittenti locali che davvero hanno lavorato e che continuano a lavorare sui territori, offrendo un servizio anche di grande qualità in diversi settori. Soprattutto, spesso si crea una situazione quasi paradossale tra quelle che si collocano verso la fine della graduatoria, perché per punteggi quasi minimali perdono consistenti risorse, pur avendo tanti impiegati, pur avendo un grande impegno sul territorio. Credo che la proposta che ha fatto l'Autorità, ovvero quella di avere una quota, una porzione da assegnare a tutte le emittenti in possesso dei requisiti di ammissibilità in misura proporzionale rispetto al punteggio della graduatoria complessiva, e poi avere una seconda parte di risorse che possa essere invece ripartita in parti uguali, avendo cura di assicurare a quest'ultima delle risorse sufficienti per poter lavorare, e garantire quindi un adeguato sovvenzionamento alle emittenti minori, sia un suggerimento da cogliere, tant'è vero che noi abbiamo già avanzato una proposta con l'onorevole Scagliusi, nella Commissione trasporti, in questa direzione. Le dico che in diverse occasioni anche io personalmente ho presentato degli emendamenti in questa direzione, che però non hanno ottenuto riscontro. Credo che sia un tema su cui occorre intervenire già nel “decreto Concorrenza”, perché queste emittenti locali hanno lavorato con grande sforzo e impegno durante la pandemia e hanno dato lo stesso servizio che hanno dato le altre emittenti locali che hanno ricevuto molte più risorse. Quindi sarebbe bene anche continuare a sostenerle, anche per una questione legata ai posti di lavoro, perché queste emittenti rischiano davvero la chiusura se non ottengono una risposta efficace, perché sappiamo tutti come vivono queste piccole realtà locali. Si poggiano molto sulla pubblicità di attività locali, che, come sapete, hanno sofferto moltissimo in pandemia, soprattutto le nostre piccole e medie imprese del territorio. Quindi stiamo creando davvero una situazione di grande difficoltà per loro e hanno davvero diversi dipendenti, sono anche professionalità che noi andiamo a perdere nel territorio. Parlo della mia regione, perché sono pugliese: noi abbiamo davvero una TV locale di qualità e sarebbe un peccato perderla perché davvero fa informazione nel territorio ed è anche molto seguita. Auspico che ci sia la possibilità, tenterò di presentare un ennesimo emendamento nel “decreto Concorrenza”, quando arriverà qui in Aula, perché credo che sia il momento di dare delle risposte a loro, ma non solo a loro come categoria, ma anche ai cittadini, perché, come ha detto la mia collega, quella dell'informazione è una questione seria, è una questione che va nell'interesse dei cittadini, è una questione che va oltre la politica, oltre il solito dibattito, oltre il solito scontro. È informazione e l'informazione va garantita a tutti, a tutti i cittadini, a tutti i livelli territoriali. Quindi mi auguro che questa apertura nel dialogo e nel poter trovare delle soluzioni per queste emittenti possa trovare presto un riscontro anche in vista di questo decreto.

(Iniziative volte alla realizzazione di un nuovo tracciato della strada statale 106 in Calabria, in connessione con la rete dei corridoi di trasporto europeo TEN-T - n. 2-01320)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Barbuto ed altri n. 2-01320 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Barbuto se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELISABETTA MARIA BARBUTO (M5S). Grazie, Presidente. Il 18 luglio di quest'anno Altea di appena 17 anni e Raffaele di 23 anni, il 14 agosto Michela di 20 anni, Acrem di 18 anni ed Eleonora di 21 anni, il 15 agosto Francesco di 32 anni ed ancora il 29 agosto Silvestro e Giusy hanno visto la loro vita spezzarsi a causa dell'ennesimo incidente stradale mortale verificatosi in Calabria sulla strada statale 106, tristemente nota con l'appellativo sinistro di “Strada della morte”. La scia di sangue che ha colorato questa maledetta strada negli anni non può più lasciare indifferenti, perché si tratta di una strage annunciata, i cui morti si contano ormai quasi quotidianamente insieme all'altissimo numero di incidenti e all'elevatissimo numero di feriti. I numeri del Centro regionale per la raccolta dei dati sugli incidenti stradali in Calabria relativi al numero di incidenti, feriti e morti registrati negli ultimi venti anni dal 1° gennaio 2001 fino al 3 settembre 2021 fanno rabbrividire e parlano di 6.801 incidenti, con 519 morti e 13.311 feriti. Detti numeri sono simili a un bollettino di guerra e sebbene il paragone possa sembrare irriverente nei confronti di tutte le vittime potrebbe essere rapportato a quello della missione in Afghanistan, che in venti anni di conflitto ha causato tra i soldati italiani 53 morti e 700 feriti e tra quelli americani 2.312 morti e 19.650 feriti.

Oltre al dolore dei familiari delle vittime è necessario poi fare i conti anche con i costi sociali che gli incidenti stradali causano in Italia e che nel 2015 sono stati stimati dall'Organizzazione mondiale della sanità nell'1,8 per cento del prodotto interno lordo. È pertanto necessario ed urgente pensare al più presto alla realizzazione di una moderna infrastruttura, di una strada di categoria B che, partendo da Sibari, ove è in realizzazione il tratto che la congiungerà a Roseto Capo Spulico, arrivi fino a Reggio Calabria, in modo da dotare finalmente la fascia jonica calabrese di una strada statale degna di questo nome, dotata di uno spartitraffico centrale per evitare gli impatti frontali e, soprattutto, priva dei numerosi accessi laterali attualmente esistenti e soprattutto abusivi, che causano la maggior parte degli incidenti.

Preme inoltre sottolineare che la strada statale 106 rientra per tutti i suoi 491 chilometri nel corridoio E90, che è una strada di classe A della dorsale ovest-est, che attraversa ben sei Paesi europei e si estende da Lisbona in Portogallo, includendo passaggi attraverso il mare, fino ai confini con l'Iraq, e precisamente ad Habur, in Turchia. Tuttavia, mentre il tracciato siciliano della E90 è costituito da autostrade e le tratte pugliesi e lucane della strada statale 106 sono già state ammodernate in strade di categoria B, nella “cenerentola” Calabria l'ammodernamento si ferma a Roseto Capo Spulico, da dove proseguirà con il tratto già appaltato fino a Sibari, l'ex megalotto 3, mentre fino a Reggio Calabria, ad eccezione di sporadici e quasi irrilevanti tratti, la sede stradale è ancora quella costruita nel 1928, pertanto priva di spartitraffico centrale, con un elevato numero di accessi laterali abusivi, che aumentano il rischio di scontri frontali e laterali. L'ammodernamento dell'intero tracciato della strada statale 106 in strada di categoria B fino a Reggio Calabria pertanto rappresenta un'esigenza non più rinviabile ed un volano di sviluppo per l'intera fascia jonica calabrese, relegata agli ultimi posti delle classifiche per qualità della vita e prodotto interno lordo pro capite, anche a causa del gap infrastrutturale che sconta rispetto a tutto il resto della penisola.

La legge obiettivo n. 443 del 2001 e la delibera CIPE n. 121 del 2001 avevano individuato già 20 anni fa come l'ammodernamento della statale 106, con la sua suddivisione in 12 megalotti, fosse un'opera strategica, tanto che si diede il via alla progettazione di alcuni megalotti, fra cui il megalotto 9, quello che doveva percorrere la strada tra Mandatoriccio e l'aeroporto di Sant'Anna di Crotone, il cui progetto è stato addirittura approvato dal Ministero dell'Ambiente, con il rilascio della VIA con prescrizioni, e venne inviato nel 2009 al MIT per la redazione del progetto definitivo. Da allora se ne sono perse le tracce; purtroppo, è stato accantonato; evidentemente non ne sappiamo le motivazioni, dal 2010 in poi non se ne è saputo più nulla. Da allora, la realizzazione della E90, nel tratto di strada statale compreso tra Reggio Calabria e Sibari è rimasta solo sulla carta ed è necessario e urgente che vengano reperiti i fondi per la sua realizzazione, prima ancora che si possa soltanto pensare a opere infrastrutturali come la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina che, con costi elevatissimi, accorcerebbe probabilmente i tempi della traversata, ma lascerebbe tali e quali i problemi della viabilità di gran parte della Calabria.

Inoltre, l'auspicato inserimento della strada statale 106 nel corridoio TEN-Core permetterebbe la richiesta di ulteriori finanziamenti da inoltrare all'Unione europea per il suo completamento in strada di categoria B.

Ecco perché chiediamo al Ministro interpellato se sia a conoscenza della gravissima situazione descritta, quali iniziative si intendano adottare per il superamento della sperequazione infrastrutturale esistente sulla fascia ionica calabrese, mediante la realizzazione di un nuovo itinerario della strada statale 106 da Reggio Calabria a Sibari in strada di categoria B, al fine di completare il tracciato della E90 come tutti gli altri tratti attualmente già completati e nel rispetto, quindi, di tutti i requisiti di sicurezza e mobilità sostenibili e quali iniziative si intendano adottare perché il tratto calabrese della strada statale 106 venga inserito nel corridoio TEN-Core.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato, Danila Nesci, ha facoltà di rispondere.

DALILA NESCI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. La strada statale 106, Ionica, riveste importanza strategica nel quadro delle opere infrastrutturali per la regione Calabria: è un asse viario cruciale, sia per la mobilità dei cittadini che per la connettività del sistema produttivo con i mercati italiani ed internazionali. Per l'ammodernamento e la messa in sicurezza della strada statale 106 la società ANAS ha avviato da tempo una significativa serie di interventi volti alla sistemazione e ovviamente all'innalzamento dei livelli di sicurezza, sia dell'asse principale che delle intersezioni con le viabilità secondarie, nonché all'individuazione di tracciati alternativi in variante alla sede esistente. Ad oggi, è stato completato l'ampliamento a quattro corsie di tutto il tratto ricadente in Puglia e in Basilicata, mentre per quanto riguarda la tratta calabrese, risultano ammodernati più di 100 chilometri, avendone elevato a categoria stradale B, con doppia carreggiata, due corsie per senso di marcia e svincoli a livelli sfalsati. Allo stesso tempo, diversi tratti della statale 106 pur rimanendo di categoria C, quindi strada extraurbana secondaria a singola carreggiata, sono stati adeguati alla normativa vigente tramite interventi quali l'allargamento della sede, l'inserimento di banchine, eccetera.

Per i restanti interventi lungo la statale 106 è stato nominato un commissario straordinario, che realizzerà il piano complessivo di riqualificazione dell'arteria sul tracciato calabrese, con la realizzazione di tratti con 2 o 4 corsie. Si tratta di 12 interventi, con diversi livelli progettuali che riguardano adeguamenti, messa in sicurezza, completamento di tratte stradali, manutenzioni e costruzioni di nuovi tratti in variante in corrispondenza di centri abitati. In particolare, nei tratti stradali ove non è possibile l'adeguamento in sede, il tracciato viene spostato verso l'interno a servizio principalmente della lunga percorrenza, lasciando la statale esistente - sulla quale verranno migliorate le condizioni di sicurezza - come strada di smistamento tra i centri urbani della costa. Questo tipo di intervento interessa circa 52 chilometri ubicati tra Sibari e Crotone. È in corso di valutazione anche l'ipotesi di realizzare un collegamento a quattro corsie con sezione stradale di tipo B tra Sibari e Crotone di estesa pari a circa 105 chilometri ed è in fase di avvio la progettazione di fattibilità di un'ipotesi di itinerario in variante, sempre con sezione stradale di tipo B tra Crotone e Catanzaro, per un'estesa pari a 52 chilometri circa.

Tra Catanzaro e Reggio Calabria, infine, si procederà ad adeguare la sezione della strada esistente a quella prevista dalla vigente normativa, provvedendo alle rettifiche di tracciato. Questa tipologia di intervento riguarderà circa 10 chilometri di varianti agli abitati e collegamenti con la costa, quali la variante di Caulonia, il raddoppio della variante di Palizzi e la bretella di Gerace, oltre, ovviamente, alla messa in sicurezza di tratti esistenti, penso, a titolo d'esempio, al tratto Davoli-Guardavalle.

Il piano descritto punta a massimizzare la resa degli investimenti, con l'obiettivo di migliorare gli standard di servizio e innalzare il livello di sicurezza, con costi e tempi sostenibili, riducendo al contempo l'impatto ambientale dell'infrastruttura e determinando una ricaduta economica immediata sul territorio.

Ricordo, infine, che - come riportato nell'allegato “Dieci anni per l'Italia” al DEF 2021 - sono state avanzate proposte di aggiornamento e modifica della rete TEN-T per 6 priorità nazionali, tra cui l'inclusione con successo della sezione stradale statale Ionica nella rete di rango Comprehensive. Si tratta di una proposta che, in coerenza con gli obiettivi europei, contribuirà al miglioramento dell'accessibilità calabrese, che è fondamentale per i collegamenti intraregionali, interregionali e internazionali, e al miglioramento della sicurezza stradale, rafforzandone così il ruolo di coesione sociale, economica e territoriale.

PRESIDENTE. La deputata Barbuto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ELISABETTA MARIA BARBUTO (M5S). Grazie, Presidente. Innanzitutto, vorrei sicuramente ringraziare il sottosegretario, non solo per la sua presenza, oggi, ma sicuramente per l'impegno che sta profondendo nel suo mandato, un impegno caratterizzato da una passione e da un'abnegazione che solo qualche giorno fa è stato riconosciuto dalla stessa Ministra Carfagna, in quest'Aula. La ringrazio non soltanto come parlamentare, ma come donna del Sud e come cittadina calabrese. Infatti, la sua figura, unitamente a quella della Ministra, per noi è una garanzia, una garanzia di attenzione alle nostre regioni e di un'incessante attività che viene compiuta quotidianamente per recuperare questo gap infrastrutturale che ci divide, che divide tragicamente l'Italia e che non è degno di un Paese come il nostro, ancora oggi, attenzione che, siamo sicuri, si tradurrà concretamente in una nuova visione della situazione, quindi, in una svolta decisiva per tutta la Calabria e, in particolare, per i cittadini della zona ionica. Però, purtroppo, non posso dire di essere soddisfatta della risposta, attualmente, perché sostanzialmente ho assistito, ho ascoltato, ancora una volta, a una serie di precisazioni e di indicazioni che io già conoscevo. Nell'interpellanza che abbiamo presentato, abbiamo chiesto se ci fosse l'intenzione del Governo di realizzare un nuovo tracciato della statale 106; non è concepibile che nel 2021, ancora oggi, si pensi di continuare a far passare la statale 106 attraverso i paesi e semplicemente con delle varianti, mentre si lascia una strada di categoria C, che è altamente pericolosa e – lo ripeto - continua a mietere vittime continuamente.

Abbiamo ascoltato sicuramente la risposta e prendiamo atto che tra Crotone e Catanzaro c'è l'ipotesi di una variante di questo tipo; tuttavia, non mi sta bene che, ancora oggi, quando c'era l'approvazione di un megalotto 9 verso Sibari, si pensi soltanto a un progetto di fattibilità. Ciò non è assolutamente possibile, ma naturalmente confidiamo che con il nuovo contratto ANAS, quindi con il contratto ANAS di prossima elaborazione, tutto questo cambi completamente - cambi questa impostazione - e si possa passare nuovamente da quella che è un'attuale impostazione di previsione, semplicemente progettuale, a una nuova visione per la sicurezza dei cittadini. Noi torniamo a ripetere che vorremmo e vogliamo riprendere questa divisione della strada in megalotti, ma non nell'attuale revisione delle strade, perché qui si tratta semplicemente, per l'opera che sta conducendo l'ANAS, della realizzazione di rotatorie e di sensi unici alternati, che non aiutano assolutamente né sono sicuri.

Allora, io vorrei evidenziare, in conclusione del mio discorso, che questo per me non è uno spot elettorale. Io non mi occupo della 106 oggi perché sono imminenti le elezioni nella nostra regione; io mi occupo della 106 da quando sono qui e me ne occupo ricordando a tutti che il valore della vita umana non ha nessun prezzo; neanche i voti la possono ripagare (cioè, non intendo utilizzare questa strada per acquisire dei voti e la gente lo sa).

Mi ricordo, invece, che lo faccio soprattutto ed essenzialmente per evitare che altre famiglie piangano tragicamente i loro cari che sono scomparsi, e lo faccio anche perché vivo in Calabria: ho vissuto e vivo in Calabria e so cosa significa. Anche io ho perso degli amici, anche io ho perso dei parenti e posso aggiungere, ai nomi che ho citato in apertura della mia interpellanza, il nome di un'altra persona a me cara, scomparsa oramai nel 1972; era una mia compagna di scuola, con la quale avevo condiviso tutto, dalla prima elementare, fino a quella maledetta alba tragica del 1972, quando la sua famiglia ha perso la vita completamente all'altezza di Corigliano-Rossano.

Io non posso essere soddisfatta della risposta, però confido molto nell'operato della Ministra Carfagna e con il suo operato sono sicura che cambierà qualcosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Chiarimenti in merito all'efficacia e alla sicurezza della campagna vaccinale anti SARS-CoV-2 ed iniziative ulteriori volte a potenziare il contrasto alla diffusione del virus - n. 2-01291)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lollobrigida ed altri n. 2-01291 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Maria Teresa Bellucci se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prego, deputata Bellucci.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). La ringrazio, Presidente. Sottosegretario Costa, abbiamo presentato questa interpellanza urgente al Ministro della Salute con l'unico obiettivo di poter promuovere una corretta informazione per fare chiarezza e per dare risposte: rispetto a cosa? Alla pandemia da Coronavirus che sta attanagliando, purtroppo, la nostra Italia ma anche la nostra Europa. Noi non smetteremo mai di essere convinti che bisogna convincere le persone a vaccinarsi e non costringerle. Per questo, riteniamo fondamentale, per convincere gli italiani, le famiglie e tutti coloro i quali stanno vivendo l'enorme pesantezza di questi mesi, che si debba percorrere la strada della corretta informazione, cercando di mettere a disposizione delle persone e degli italiani tutte quelle risposte che sono necessarie per poter rassicurare e per dare conforto rispetto a paure inevitabili, che diventano ancora più giganti se invece si propone confusione e, a volte, purtroppo, mistificazione, oppure, a volte, anche comunicazioni che, diciamo, sono troppo tranchant e non rassicurano gli italiani. Mi corre l'obbligo di ricordare, infatti, che nell'ultima conferenza da parte del Premier Draghi sono state utilizzate parole come: “Se non vi vaccinate morirete tutti”; di certo, questo non è il modo per attuare una comunicazione pacata, per facilitare l'ascolto e per dare la possibilità a tutti di capire. È per questo e con questa ratio che abbiamo presentato questa interpellanza urgente. Vi abbiamo proposto una serie di quesiti (10 quesiti). Ovviamente, sono i quesiti che oggi riteniamo prioritari, ma ci daremo la possibilità, magari con altre interpellanze e anche con interrogazioni in Commissione, di poter vedere e verificare altri aspetti. Oggi, come lei sa benissimo, sottosegretario Costa, siamo arrivati a 30 milioni di persone vaccinate. L'Italia, rispetto agli over 12 anni, è arrivata all'81 per cento, secondo i dati riportati da Il Sole 24 Ore, di persone che hanno almeno ricevuto la prima dose di vaccino e al 74 per cento di persone che hanno completato, invece, la vaccinazione.

Allora, rispetto a questo, alcune delle domande gliele proporrò in questa parte introduttiva, mentre poi le altre lei le ha ricevute e, certamente, con il suo scrupolo e la sua capacità di essere sempre puntuale, ci darà delle risposte; ne sono certa. Quello che però vi chiediamo è se questa copertura vaccinale ci mette al riparo dal virus, se ci saranno altre ondate. Vi chiediamo di fare un approfondimento rispetto alle morti non COVID e agli interventi da mettere in atto. Mi permetta di sottolineare un dato e di fermarmi su questo, sottosegretario: noi abbiamo avuto, purtroppo, un'incidenza di morti che è di oltre il 15 per cento nel 2020, ma di queste morti il 69 per cento sono non COVID, cioè non sono legate al COVID, bensì a patologie tumorali, oppure a malattie cardiovascolari, come l'infarto. Quindi, in Italia - e qui abbiamo anche una drammatica classifica rispetto al resto d'Europa - c'è stato un aumento di morti non legate al COVID del 40 per cento, a differenza, per esempio, della Francia, che ha avuto un aumento del 5,6 per cento per cento, o del Regno Unito, che ha avuto un aumento del 27 per cento, o della Germania, che addirittura, invece, registra di non aver avuto aumenti di mortalità per patologie non COVID; queste statistiche fra l'altro - e ci tengo a sottolinearlo - vengono date da agenzie nazionali assolutamente certificate. Quindi, in questo evidentemente, stando ai dati, sembrerebbe che l'Italia sia ai vertici della classifica, che sia prima in classifica rispetto alle nazioni di cui le ho detto per morti; morti che sono aumentate e che non sono legate al COVID.

Questo perché? Perché ci sono state meno diagnosi, come nei casi di tumore; poi c'è stata una diminuzione degli interventi e una cancellazione degli interventi, che gli operatori del settore ci dicono si aggira intorno al 20 e al 30 per cento; c'è stato un minore accesso nei pronto soccorsi, per esempio per quanto riguarda le patologie cardiovascolari, quindi, poi, gli interventi da poter effettuare. Tutto questo, quindi, ha portato in Italia a morire in maniera estremamente significativa, anzi, possiamo dire, attraverso la semplice lettura dei dati, che sono oggettivi, a morire di più e tanto di più per patologie non COVID.

Con questo voglio essere chiara: secondo noi, il problema COVID esiste, va affrontato e bisogna vaccinarsi. Tuttavia, in parallelo, c'è un altro problema, che deve vedere il Ministero della Salute in particolare e le istituzioni in genere, a tutti i livelli, sia nazionale che locale, intervenire per dare delle risposte a coloro i quali sono sofferenti (per esempio di tumori o di malattie cardiovascolari) e che in questo momento non ricevono le giuste cure. Questa, quindi, è una delle domande, un'altra domanda, che le facciamo. Poi le chiediamo di poter mettere a conoscenza gli italiani - non solo, ovviamente, Fratelli d'Italia, che presenta l'interpellanza urgente - rispetto alle ragioni che dovrebbero promuovere la somministrazione del vaccino nella fascia 12-18 anni, così come di sapere anche i rischi - se sono stati valutati - che sono conseguenti alla somministrazione in questa fascia d'età, come, per esempio, per altre categorie, quali le donne in stato di gravidanza o in età fertile.

Vi chiediamo di poter anche esplicitare quali sono gli interventi, oltre a quelli di contrasto della pandemia strettamente legati alla vaccinazione, come il potenziamento del tracciamento, che è uno strumento fondamentale e che, purtroppo, ha visto l'Italia essere assolutamente manchevole; o anche come intendete aumentare i mezzi di trasporto e se intendete farlo, per permettere di evitare l'assembramento che abbiamo visto nelle metropolitane; o anche come intendete affrontare la questione della sicurezza nelle scuole, vista anche dal punto di vista dell'organizzazione della scuola, ma anche della gestione degli spazi e dei sistemi a supporto, come, per esempio, quelli della ventilazione meccanica. Queste sono alcune delle domande che sottoponiamo alla vostra attenzione e lo ribadisco: l'obiettivo è di fare chiarezza, di informare, di dare risposte a quesiti che sono nella vita di noi tutti che stiamo affrontando il Coronavirus, per portare i cittadini italiani ad essere consapevoli delle loro scelte e per convincerli che il miglior modo di affrontare la pandemia è di affidarsi a un Governo serio, affidabile, che risponde in maniera puntuale. Quindi, la ringrazio per la risposta che ci darà e per il tempo dedicato a collazionare le risposte alle domande che abbiamo presentato. Grazie, sottosegretario.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Andrea Costa, ha facoltà di rispondere.

ANDREA COSTA, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie Presidente, proverò a dare una risposta puntuale a un'interpellanza molto articolata.

Per quanto riguarda il primo quesito, riporto quanto segue. In Italia, al 29 luglio 2021, il 58,12 per cento della popolazione ha completato il ciclo vaccinale. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, nel documento tecnico pubblicato il 22 luglio, sottolinea che la comparsa e la diffusione di nuove varianti, e, in particolare, della variante Delta, aumenta la trasmissibilità del virus dal 40 al 60 per cento rispetto alla variante Alfa. I dati disponibili confermano che la protezione, contro infezioni asintomatiche e sintomatiche e forme gravi di malattia, conferita da due dosi di vaccino è significativamente maggiore rispetto ad una vaccinazione parziale. La vaccinazione anti-COVID, come accade per tutte le vaccinazioni, non protegge il 100 per cento degli individui vaccinati. Attualmente, se si effettua il ciclo vaccinale completo, c'è una protezione all'88 per cento per quanto riguarda l'infezione, al 94 per cento dal ricovero in ospedale e al 97 per cento dal ricovero in terapia intensiva.

Quesito n. 2. Per rallentare la trasmissione del virus, sono state identificate misure d'intervento farmacologiche e non farmacologiche adattate alla situazione epidemiologica, anche in considerazione delle varianti. È stato sviluppato un approccio multimodale per evitare o comunque ridurre l'impatto delle ondate virali e per consentire la ripresa di tutte le attività economiche e la riduzione progressiva delle limitazioni. La vaccinazione è una delle più importanti misure adottate, in quanto consente la protezione dall'infezione, riducendo i ricoveri, le terapie intensive e i decessi, ma, senza il rispetto delle altre misure adottate, non garantisce l'interruzione della circolazione virale, poiché la protezione da COVID non è pari al 100 per cento e la presenza di soggetti non vaccinati può permettere una circolazione del virus residuale e proporzionale alla quota dei predetti soggetti.

Per questi motivi, viene raccomandata una copertura vaccinale quanto più alta possibile in tutta la popolazione vaccinabile, che, nel nostro Paese, è dell'80 per cento, alla luce delle caratteristiche delle varianti virali attualmente in circolazione. Pertanto, la vaccinazione deve essere affiancata ad altre misure di sanità pubblica che vengono modulate secondo il livello di rischio, monitorato continuamente attraverso un sistema di indicatori. Al riguardo, l'incidenza dei contagi resta in vigore, ma non è più il criterio guida per la scelta della colorazione delle regioni. Dal 1° agosto 2021, i due parametri principali sono il tasso di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva, per i pazienti affetti da COVID-19.

Terzo quesito. Al fine di ottimizzare e semplificare le cure per le patologie croniche in periodo di pandemia, tra le altre misure adottate, segnalo che è stato semplificato l'accesso ad alcuni farmaci per cui era prevista la prescrizione specialistica. L'Agenzia italiana del farmaco ha consentito la prescrizione dei nuovi anticoagulanti orali anche ai medici di medicina generale, tramite l'adozione della nota n. 97 del 27 giugno 2020. Per i medicinali utilizzati nei trattamenti cronici, la cui prescrizione viene regolata da piani terapeutici specialistici, l'Aifa consente il ricorso a modalità di monitoraggio e rinnovo del piano terapeutico a distanza, anche attraverso l'acquisizione, in formato elettronico, della documentazione sanitaria, la consultazione telefonica del paziente o del suo caregiver, nonché l'estensione della validità dei piani terapeutici nei casi in cui non sia possibile seguire i percorsi ordinari per le criticità legate alla pandemia. Per tali motivi, sono stati potenziati i servizi sanitari ed assistenziali di telemedicina. In merito alla mortalità, segnalo che l'Istituto nazionale di statistica, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, ha predisposto un rapporto sull'impatto dell'epidemia COVID-19 sulla mortalità, concernente le cause di morte nei deceduti positivi a SARS-CoV-2. I risultati del rapporto relativo ai dati pervenuti alla data del 25 maggio mostrano che il COVID-19 è la causa direttamente responsabile della morte, ossia è la causa iniziale nell'89 per cento dei decessi di persone positive alla SARS-CoV-2. Nel restante 11 per cento dei casi, il decesso si può ritenere dovuto ad un'altra malattia o a circostanze esterne. In questi casi, il COVID-19 è comunque una causa che può aver contribuito al decesso, accelerando processi morbosi già in atto e aggravando l'esito di malattie preesistenti o limitando la possibilità di cure. L'aggiornamento del 21 luglio 2021, rispetto al periodo della prima ondata epidemica, mostra che i deceduti hanno una maggiore complessità clinica, come dimostrato dal più alto numero di comorbidità e dalla più alta presenza di complicanze. Sono state stanziate ingenti risorse, pari a 478 milioni 218 mila euro per l'anno 2020 dall'articolo 29, comma 8, del DL n. 104, poi prorogate dall'articolo 26 del decreto-legge n. 73, per lo smaltimento delle liste di attesa determinatesi a causa della riduzione dell'offerta di prestazioni di cure e di prevenzione a causa dell'emergenza sanitaria in corso.

Quarto quesito. Un numero crescente di evidenze scientifiche indica che le persone completamente vaccinate hanno meno probabilità delle persone non vaccinate di acquisire la SARS-CoV-2 o di trasmettere il virus ad altri. Tuttavia, il rischio di infezione da COVID nelle persone completamente vaccinate non può essere completamente eliminato, finché vi è una continua trasmissione del virus nella comunità. In particolare, il rapporto impatto della vaccinazione COVID-19 sul rischio di infezione e il successivo ricovero/decesso in Italia si riferisce a circa 14 milioni di persone vaccinate, con almeno una dose, che rappresentano quasi un quarto della popolazione italiana. La valutazione del rischio di COVID-19 arriva ad oltre 130 giorni dalla somministrazione della prima dose. I risultati indicano che i rischi di infezione, ricovero, ammissione in terapia intensiva e decesso diminuiscono rapidamente dopo le prime due settimane e fino a circa 35 giorni dopo la somministrazione della prima dose. Dopo i 35 giorni, si osserva una stabilizzazione di questa riduzione. Questi effetti sono simili negli uomini, nelle donne e in persone in diverse fasce di età, nonché negli operatori sanitari e negli ospiti delle nostre RSA. Nel rapporto tecnico “Rischio di trasmissione da individui recentemente infetti con precedente infezione o vaccinazione documentata” del 29 marzo 2021, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle infezioni ha condotto un'analisi sulle evidenze scientifiche esistenti. Attualmente, mancano prove basate su studi specificamente progettati per valutare l'impatto di una precedente infezione sul rischio di trasmissione. L'infezione non fornisce l'immunità sterilizzante per tutti gli individui e alcuni, che sono stati reinfettati, potrebbero ancora essere in grado di trasmettere l'infezione a contatti suscettibili. Tuttavia, ci sono prove che la reinfezione rimane un evento molto raro. I risultati degli studi confermano che l'effetto protettivo della precedente infezione varia dall'81 al 100 per cento dal quattordicesimo giorno successivo all'infezione iniziale, per un periodo da cinque a sette mesi. La protezione contro la reinfezione è inferiore negli individui di età pari o superiore a 65 anni. Questi studi sono stati però condotti prima dell'emergere delle varianti COVID. Pertanto, in base alle attuali evidenze scientifiche, secondo l'Istituto superiore di sanità, non è definito quanto i vaccini attualmente autorizzati sul mercato proteggano dalla possibilità di trasmissione del virus da soggetti vaccinati a soggetti non vaccinati. Per questo motivo, al momento, si ritiene fondamentale il mantenimento delle protezioni respiratorie, mascherina al chiuso e il distanziamento fisico come prescritto dalla normativa vigente.

Quinto quesito. Nessuno dei quattro vaccini autorizzati in Europa e in Italia presenta, tra le controindicazioni, lo stato di gravidanza. Il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie degli Stati Uniti informa che le donne in gravidanza hanno maggiori probabilità di ammalarsi gravemente di COVID-19 rispetto alle persone non gravide, e che, pertanto, appare possibile la vaccinazione, nonostante la limitata disponibilità di dati sulla sicurezza dei vaccini. Gli elementi utili per decidere se ricorrere alla vaccinazione includono il rischio di esposizione, di malattia grave, i benefici della vaccinazione, la limitata ma crescente evidenza della sicurezza dei vaccini in gravidanza.

In Italia i vaccini non sono controindicati e non devono essere escluse a priori le donne in gravidanza. Se è in corso una gravidanza, o si sta pianificando una gravidanza viene raccomandato alla donna di rivolgersi al medico, al farmacista o all'infermiere prima di ricevere il vaccino. Gli studi sugli animali non indicano effetti dannosi, diretti o indiretti, sulla gravidanza, sullo sviluppo embrionale fetale, sul parto o sullo sviluppo postnatale. La somministrazione del vaccino deve essere presa in considerazione quando i potenziali benefici superano i potenziali rischi per la madre e per il feto, come riportato nell'allegato al modulo del consenso informato. A livello internazionale, alcuni Paesi fanno registrare un alto numero di donne in gravidanza vaccinate, senza rilevare particolari eventi avversi. La vaccinazione viene consigliata, ad esempio, negli Stati Uniti e in Inghilterra proprio al fine di prevenire la malattia severa da COVID-19 nelle donne gravide.

Sesto quesito: per “evento avverso” si intende un qualsiasi episodio sfavorevole, che si verifica dopo la somministrazione di un farmaco o di un vaccino, ma che non è necessariamente causato dall'assunzione del farmaco o dalla vaccinazione; la “reazione avversa” è invece una risposta nociva al farmaco o alla vaccinazione, per la quale è possibile stabilire una relazione causale con il farmaco o la vaccinazione stessa. La sospetta reazione avversa alla vaccinazione viene segnalata quando sussiste un ragionevole sospetto che gli eventi siano correlati e sia necessario effettuare approfondimenti. In esito alle analisi delle singole segnalazioni o dei dati disponibili, attraverso un algoritmo validato dall'Organizzazione mondiale della sanità, è possibile valutare la probabilità che gli eventi osservati siano correlabili o meno alla vaccinazione effettuata. Tale attività di farmacovigilanza viene descritta nei rapporti mensili di monitoraggio della sicurezza dei vaccini contro il COVID-19 che l'Aifa pubblica ogni mese. In data 4 agosto 2021, l'Aifa ha pubblicato il rapporto n. 7, che analizza il flusso delle segnalazioni alla Rete nazionale di farmacovigilanza dall'inizio della campagna vaccinale al 26 luglio 2021. Risulta che, su un totale di 10.805 segnalazioni di sospette reazioni avverse definite gravi - circa il 12 per cento del totale delle segnalazioni pervenute - il 74 per cento è stato valutato per il nesso di causalità (8.032 segnalazioni valutate). Tra le 8.032 segnalazioni gravi valutate, 3.453 (pari al 43 per cento) sono correlabili alla vaccinazione; per 2.800 il nesso di causalità è indeterminato e per 1.562 il nesso non è correlabile.

Quesito 7: il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, in un rapporto dell'8 luglio 2021, ha aggiornato la valutazione di suscettibilità dei bambini all'infezione da SARS-CoV-2, informando che, in base a nuove evidenze scientifiche, essi hanno la stessa suscettibilità alle infezioni delle persone adulte, sebbene le forme gravi di malattia siano molto meno comuni. Un aumento della trasmissibilità nelle persone di tutte le classi di età è stato segnalato per le varianti virali, in particolare per la variante Delta. Secondo lo stesso studio, nei Paesi in cui un'elevata percentuale di adulti ha completato il ciclo vaccinale, in assenza di vaccinazione per i bambini, si può prevedere un aumento di casi da COVID-19 per questi ultimi, nei prossimi mesi. Da marzo 2021, nell'Unione europea, i tassi di notifica nei soggetti di età tra i 16 e i 18 anni sono aumentati più rapidamente che nelle altre classi di età, seguiti, a poca distanza, dai tassi di notifica nei soggetti di età tra i 12 e i 15 anni. La maggior parte dei bambini che contraggono il COVID-19 presenta una sintomatologia lieve, con rari decessi; anche i tassi di ospedalizzazione sono bassi, tuttavia alcuni bambini sviluppano forme respiratorie gravi, che richiedono l'ospedalizzazione, soprattutto in presenza di altre condizioni patologiche croniche. Il 1° giugno 2021, lo stesso Istituto ha pubblicato un rapporto tecnico, in cui raccomanda di considerare la vaccinazione degli adolescenti contro il COVID-19 nel contesto più ampio della strategia di vaccinazione dell'intera popolazione, considerando come prioritaria la vaccinazione degli adolescenti ad elevato rischio. Tra i vaccini, al momento, autorizzati in Italia, Pfizer può essere somministrato al di sotto dei 18 anni di età (a partire dai 12 anni). Il 28 maggio 2021, l'EMA ha raccomandato di concedere un'estensione di indicazione, in modo da includerne l'uso nei bambini e adolescenti di età compresa tra i 12 e i 15 anni; il vaccino era già approvato per gli adulti e gli adolescenti a partire dai 16 anni di età. Il 31 maggio la commissione tecnico-scientifica di Aifa ha approvato tale estensione di indicazione, in quanto i dati disponibili ne dimostrano l'efficacia e la sicurezza anche in questa fascia di età. A luglio 2021, il Comitato per i medicinali per uso umano dell'EMA ha raccomandato di concedere un'estensione di indicazione per il vaccino, in modo da includerne l'uso nei bambini di età compresa tra i 12 e 17 anni. Il vaccino è già autorizzato per i soggetti a partire dai 18 anni di età (mi riferisco al vaccino Moderna). Il completamento della vaccinazione del personale scolastico e degli studenti, a partire dai 12 anni, è lo strumento principale per consentire lo svolgimento in presenza delle attività didattiche. Inoltre, i giovani sono, in questo momento, una delle fasce di popolazione in cui il virus sta circolando maggiormente e la vaccinazione scolastica riduce il rischio della trasmissione anche nelle famiglie.

Quesito 8: l'Istituto superiore di sanità segnala che, in base alle evidenze disponibili, le istituzioni nazionali ed internazionali coinvolte nelle campagne vaccinali ritengono che i vaccini anti COVID-19 autorizzati non rappresentino un rischio per le donne in gravidanza o per il feto e non causino infezioni, né alla madre, né al feto. Ad oggi, non sono disponibili studi specifici su potenziali rischi per la donna incinta. Sono in corso studi clinici per valutarne la sicurezza e l'efficacia. Per i soggetti under 18, in particolare, i dati disponibili sui vaccini a mRNA sono simili a quelli osservati negli adulti. Nei soggetti tra i 12 e i 15 anni di età non sono stati identificati eventi avversi nuovi, non segnalati nelle persone di età maggiore. Sono stati osservati casi molto rari di miocardite e pericardite, verificatisi nei 14 giorni successivi alla vaccinazione, in particolare a seguito dell'inoculazione della seconda dose vaccinale e nei giovani di sesso maschile.

Quesito 9: il documento “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2”, aggiornato dalla circolare del Ministero della Salute n. 17.948 del 26 aprile 2021, riflette la progressiva acquisizione di informazioni relative alla condizione morbosa, ai sintomi, all'efficacia e alla tossicità delle varie terapie adottate. Una sezione fornisce specifiche raccomandazioni sulla gestione farmacologica in ambito domiciliare dei casi lievi di COVID-19. Riguardo all'avvio del paziente alla terapia con anticorpi monoclonali, viene sottolineato che è raccomandato il trattamento nell'ambito di una struttura ospedaliera o in un contesto che consenta una pronta e appropriata gestione delle eventuali reazioni avverse gravi, secondo percorsi che devono essere individuati ed implementati a livello regionale, con un coordinamento continuativo con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i centri abilitati per il supporto ai medici del territorio. L'impiego degli anticorpi monoclonali è stato autorizzato con decreti del Ministero della Salute del 6 febbraio 2021 e 12 luglio 2021. La popolazione candidabile al trattamento farmacologico è costituita da soggetti di età superiore ai 12 anni, positivi, ma non ospedalizzati, non in ossigenoterapia per COVID, con sintomi di grado lieve-moderato, di recente insorgenza e comunque da non oltre 10 giorni ed in presenza di almeno un fattore di rischio. Con una serie di determinazioni, l'Aifa ha provveduto a precisare la miglior terapia degli anticorpi disponibili individuando, per ciascun farmaco, le migliori condizioni di utilizzo. Segnalo che, in data 4 agosto 2021, la Conferenza Stato-regioni ha sancito l'intesa sul documento “Proposta di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l'autorizzazione all'esercizio e requisiti ulteriori per l'accreditamento delle cure domiciliari, in attuazione dell'articolo 1, comma 406, della legge 30 dicembre 2020 n. 178”, scaturito da un gruppo di lavoro istituito presso il Ministero, al quale hanno partecipato i rappresentanti delle regioni e delle province autonome per caratterizzare e qualificare i servizi di cure domiciliari, di cui all'articolo 22 del DPCM 12 gennaio 2017, attraverso criteri condivisi ed omogenei. La proposta prevede requisiti minimi per l'autorizzazione all'esercizio e requisiti ulteriori per l'accreditamento istituzionale dei soggetti erogatori di cure domiciliari per assicurare accessibilità ai servizi, sicurezza e qualità delle cure nell'ambito dei LEA. Le finalità sono quelle di garantire al paziente e alla sua famiglia cure adeguate durante il decorso della malattia, per ogni età e in tutto il territorio nazionale in modo omogeneo, nonché di favorire la messa a regime dei sistemi per la valutazione dei risultati raggiunti.

Quesito 10: per contact tracing, tracciamento dei contatti, si intende l'attività di ricerca e di gestione dei contatti di un caso confermato di COVID-19. Le regioni e le province autonome, attraverso le strutture sanitarie locali, sono responsabili della sorveglianza sanitaria dei contatti presenti nell'ambito del territorio di competenza. A tal riguardo, l'Istituto superiore di sanità ha messo a disposizione la piattaforma informatica Go.Data, sviluppata dall'Organizzazione mondiale della sanità, per agevolare la raccolta dei dati durante le emergenze di sanità pubblica, al fine di seguire rapidamente i contatti, visualizzare le catene di trasmissione e condividere i dati. I competenti uffici del Ministero della Salute sono deputati ad effettuare il contact tracing dei soggetti positivi al COVID-19, ove diagnosticati a seguito di ingresso in territorio nazionale dall'estero tramite mezzo di trasporto pubblico e a notificare il caso al Paese di provenienza o residenza del passeggero. Già dall'aprile 2020, l'Istituto superiore di sanità ha sviluppato e reso disponibile sulla piattaforma EDUISS Formazione a Distanza il corso di formazione a distanza “Emergenza epidemiologica COVID-19: elementi per il contact tracing”, riservata agli operatori di sanità pubblica, che svolgono le attività nell'emergenza sanitaria, oltre a pubblicare una guida che illustra le fasi fondamentali delle procedure.

La circolare del Ministero della Salute del 29 maggio 2020, n. 18584 denominata “Ricerca e gestione dei contatti di casi COVID-19 (contact tracing) ed App Immuni”, considerata l'evoluzione della situazione epidemiologica, nonché le nuove evidenze scientifiche e le indicazioni pubblicate dall'ECDC, ha fornito aggiornamenti sulla definizione di caso COVID-19 e di contatto stretto ed ha aggiornato le indicazioni sul sistema di ricerca e gestione dei contatti, anche alla luce delle nuove tecnologie. Nel nostro Paese è stata scelta, quale strumento coadiuvante il contact tracing tradizionale, l'applicazione Immuni, che si avvale del tracciamento di prossimità basato su tecnologia bluetooth, senza ricorso alla geolocalizzazione. Dal 1° giugno 2020, l'App ha consentito di effettuare il tracciamento di 23.710 casi positivi, determinando 108.251 notifiche di allerta automatiche ai contatti stretti dei casi positivi. Al fine di promuoverne la diffusione, dal 17 giugno 2021 è stata inclusa tra i canali per poter acquisire la certificazione verde, assicurando la non identificabilità dell'utente per la funzionalità della tracciatura dei contatti. Ciò ha determinato una ripresa della diffusione dell'applicazione che, al 6 settembre 2021, risulta scaricata da più di 15 milioni di concittadini. L'adozione, per il tracciamento dei contatti, di una applicazione unica nazionale, interoperabile anche a livello europeo, consente di individuare in modo sempre più completo le persone potenzialmente esposte al virus e, tramite le misure di sorveglianza sanitaria, di interrompere la catena dei contagi.

Si ricorda, infine, che con le circolari ministeriali n. 32476 del 19 luglio 2021 e n. 32567 del 20 luglio 2021 sono state aggiornate le modalità di trasmissione delle informazioni sul contact tracing dei casi COVID-19 e dei contatti di casi COVID-19.

Per quanto riguarda il quesito 11, la pianificazione e la programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale rientrano nelle competenze delle regioni. Il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili ha inteso precisare che, dall'inizio della pandemia ad oggi, sono state stanziate risorse pari a circa 2,74 miliardi di euro, destinate sia alla copertura dei mancati ricavi, sia per consentire l'erogazione di servizi aggiuntivi in conformità alle misure di contenimento della diffusione del virus. In particolare, per il finanziamento dei servizi aggiuntivi, ad oggi sono stati stanziati complessivamente circa 903 milioni di euro, che hanno consentito un potenziamento dei servizi, nelle ore di punta, pari al 15-20 per cento.

Quanto agli 840 milioni stanziati per l'esercizio 2021, sono stati già erogati, in relazione ai servizi aggiuntivi resi alla data del 30 giugno 2021, 195 milioni, ed ulteriori 27 milioni sono in corso di erogazione. Per il semestre corrente sono disponibili, inoltre, 618 milioni di euro per il finanziamento dei servizi aggiuntivi. Tra le azioni messe in campo, è pienamente operativa, per il tramite dell'Osservatorio sulle politiche del trasporto pubblico locale, operante presso il suddetto Ministero, una procedura informatizzata di monitoraggio quindicinale dei servizi aggiuntivi programmati e resi in ambito regionale. Inoltre, proseguono le attività dei Tavoli prefettizi, anch'esse costantemente monitorate da detto Dicastero. Per quanto riguarda il dodicesimo quesito, in accordo con il Ministero dell'Istruzione, con la struttura commissariale presso la Protezione civile e con la Conferenza Stato-Regioni e delle province autonome, un gruppo di lavoro, costituito da rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità, del Ministero della Salute, dell'INAIL e della Fondazione Bruno Kessler, ha elaborato un documento strategico per la prevenzione e il controllo delle infezioni da COVID-19 ed un piano di monitoraggio per controllare la circolazione del virus negli istituti, al fine di tutelare lo svolgimento della didattica in presenza. Entrambi i documenti sono stati diramati il 1° settembre 2021.

Il documento strategico vuole fornire un approccio complessivo per garantire la riapertura delle scuole in presenza e in sicurezza, attraverso l'applicazione di misure di prevenzione e controllo già consolidate con le esperienze precedenti, alle quali si aggiunge, inoltre, la stessa campagna vaccinale, che sta contribuendo in modo decisivo al contenimento della pandemia. Vengono indicate le misure per l'imminente anno scolastico: distanziamento di almeno 1 metro tra i banchi, l'uso delle mascherine chirurgiche sopra i 6 anni anche da seduti e la necessità di un frequente ricambio d'aria. Tali misure sono state definite per limitare le occasioni di contagio anche in base ai futuri scenari epidemiologici che si potrebbero configurare nel corso dell'anno scolastico.

Esso fa il punto sulle evidenze scientifiche finora prodotte in Italia, le quali dimostrano che la trasmissione virale fra i giovani sia legata più alla “comunità” che alla frequenza o alla sede scolastica; gli studi scientifici evidenziano anche che il personale scolastico non è risultato più a rischio di sviluppare l'infezione rispetto ad altre professioni.

Il piano di monitoraggio della circolazione del COVID è destinato alla scuola primaria e secondaria di primo grado al fine di sorvegliare, attraverso una “rete di scuole sentinella”, la diffusione virale in ambito scolastico anche nei soggetti asintomatici, prevedendo una serie di test molecolari salivari, condotti su base volontaria, in alunni nella fascia di età 6-14 anni delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Le “scuole sentinella” saranno indicate dalle autorità sanitarie regionali in collaborazione con gli uffici scolastici. La campagna coinvolgerà almeno 55 mila alunni ogni 15 giorni. La scelta dei test molecolari su campione salivare è stata effettuata poiché questi offrono un'alta precisione del risultato e garantiscono il vantaggio della facilità della raccolta del campione.

In una prima fase di avviamento, le attività di raccolta dei campioni potranno essere eseguite nella sede scolastica con l'ausilio di personale sanitario individuato dalle ASL territoriali o dal personale della struttura commissariale. In seguito, la raccolta dei campioni verrà effettuata in modo autonomo in ambito familiare e il test sarà consegnato in punti di raccolta. Questo permette anche la possibilità di processare il campione per l'eventuale sequenziamento genomico virale. In caso di soggetti positivi/contatti (basso o alto rischio), si seguiranno le indicazioni dei dipartimenti della prevenzione, in base alle procedure definite dalle rispettive regioni e province autonome.

Anche il Ministero dell'Istruzione ha adottato una serie di documenti allo scopo di garantire la riapertura delle scuole in sicurezza per l'anno scolastico 2021-2022.

Ricordo in particolare il “Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le istituzioni del Sistema nazionale di istruzione per l'anno scolastico 2021/2022” ed il “Protocollo d'intesa per garantire l'avvio dell'anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di COVID-19”.

PRESIDENTE. La deputata Maria Teresa Bellucci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). La ringrazio, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Costa per la risposta che ci ha offerto e anche per i dettagli dati; mi corre però l'obbligo di dire che non siamo soddisfatti; non siamo completamente soddisfatti. Certamente, riteniamo che lo sforzo fatto dal Ministero, rappresentato qui dal sottosegretario Costa, sia assolutamente utile perché ci sono delle definizioni di chiarezza, in termini anche di quantificazioni statistiche, anche in particolare legate al contagio e, quindi, alla capacità di intervenire nella diffusione del Coronavirus. Ma, al contempo, sottosegretario, devo sottolineare, invece, la mancanza di una risposta precisa e puntuale rispetto anche alla questione che mi ero permessa di sottolineare proprio nella fase di illustrazione della domanda, cioè gli interventi che il Ministero della Salute e il Governo tutto intendessero attuare e promuovere per andare ad incidere nella maggiore offerta di cure rispetto a patologie tumorali o malattie cardiovascolari, o comunque tutte quelle patologie, anche croniche, che affliggono in maniera grave la popolazione italiana, che oggi stanno vedendo una particolare mancanza di offerta di assistenza sanitaria e anche socio-sanitaria.

Su questo, quando io le sottolineavo l'aumento della mortalità generale in Italia, pari a oltre 110 milioni di persone nel 2020 rispetto alla media degli anni precedenti, e come in questo aumento ci fosse una percentuale assolutamente significativa di persone morte a causa di patologie non COVID (pari, fra l'altro, a un aumento del 40 per cento per malattie non COVID), su questo noi dobbiamo restituirle che non abbiamo ricevuto una risposta. Quindi noi, oggi, rispetto all'interpellanza urgente, non abbiamo elementi da poter offrire ai cittadini italiani, che li rassicurino rispetto al programma di azioni che intende compiere in particolare il Ministero competente in materia per poter far sì che le persone, che oggi purtroppo stanno avendo queste problematiche nella loro vita, poi non incorrano in una patologia più grave, financo arrivando a perdere la vita. Come, fra l'altro, non abbiamo ricevuto risposte rassicuranti rispetto al tracciamento, perché il fallimento dell'App Immuni è chiaro e sotto gli occhi di tutti. Fra l'altro, lei proprio diceva che in realtà l'App è stata scaricata da 15 milioni di italiani. Siccome, ovviamente, il dato statistico ci restituisce una verità, cioè che è una porzione assolutamente limitata degli italiani (gli italiani oggi sul territorio nazionale sono circa 60 milioni), evidentemente il tracciamento non può in alcun modo da assicurare, oltre al fatto che le realtà competenti territoriali sono in grande sofferenza anche di risorse umane per poter sostenere il trattamento stesso.

Allo stesso modo, non veniamo neanche rassicurati dalla risposta alla questione degli interventi nelle scuole perché lei sottolineava, da una parte, il ricambio d'aria; un ricambio d'aria, diciamo così manuale, spontaneo, senza, invece, prevedere la soluzione che noi avevamo prospettato anche come possibile, fra l'altro già attuata, sperimentata attraverso la realizzazione fatta nella regione Marche (Applausi del deputato Deidda), fra l'altro una regione governata dal centrodestra e, segnatamente, dal presidente Acquaroli di Fratelli d'Italia, che ha dimostrato come si può intervenire e operare bene.

Poi, sottosegretario Costa, mi riferisco a lei affinché faccia il possibile anche per intervenire, con il Ministro Bianchi, rispetto a modalità più coerenti e capaci di dare informazioni esatte. Infatti, lei diceva in precedenza che una delle modalità per contrastare il Coronavirus all'interno delle scuole è indossare le mascherine. Noi siamo assolutamente d'accordo. Abbiamo detto, sin dall'inizio, che, oltre alla promozione della campagna vaccinale in maniera puntuale e seria, bisognava promuovere l'utilizzo di mascherine, destinando allo scopo risorse importanti. Avevamo anche stigmatizzato il comportamento potremmo dire bizzarro, se non, comunque, colpevole, del Governo Conte, quando ha inviato milioni di mascherine alla Cina, nei primi mesi della pandemia, non verificando se in Italia ne avessimo a sufficienza; l'Italia non ne aveva, di mascherine: infatti ha pagato un prezzo gravissimo, fra l'altro - e soprattutto -, sono stati esposti anche gli operatori sociosanitari, ossia neanche a loro era stata garantita la disponibilità delle mascherine. Quindi, ritornando alle mascherine nelle scuole, lei sa benissimo che nel corso della conversione dell'ultimo decreto-legge incardinata in Commissione affari sociali - sono capogruppo di Fratelli d'Italia in Commissione affari sociali - è arrivato un testo che propone una deroga, che consiste nel fatto che se in un gruppo tutti i ragazzi, le ragazze, gli studenti hanno ricevuto un vaccino, si deroga all'utilizzo delle mascherine.

Sottosegretario, l'ha detto lei, la vaccinazione non garantisce al 100 per cento la mancanza di contagio e, quindi, di trasferimento della patologia da Coronavirus. L'ha detto lei quanto è importante utilizzare le mascherine. Noi rimaniamo basiti rispetto al fatto che un esponente dello stesso Governo di cui lei fa parte, invece, dice qualcosa che è assolutamente divergente. Non solo lo dice il Ministro, che, magari, con gli ultimi soli agostani, oppure quelli dei primi giorni di settembre, propone, comunque, un'idea senza rifletterci a sufficienza, ma questa deroga viene riportata nel decreto-legge, quindi noi ce la troviamo scritta nero su bianco nel testo che dovremmo convertire. Allora, non è più una persona, che a volte può sbagliare, seppur è molto grave che un Ministro della Repubblica italiana faccia uno sbaglio così lampante e metta così tanto in pericolo la salute degli italiani, in particolare dei più piccoli, ma, a fronte, comunque, dello sbaglio di uno, non si può pensare che tutte le altre persone coinvolte nella scrittura di questo decreto-legge e, quindi, anche tutti gli esponenti del Governo, possano, in maniera complice, sostenere la stessa bislacca affermazione, fuori da qualsiasi validità scientifica! Questo lo dice Fratelli d'Italia, ma dobbiamo sottolineare che lo ha detto anche lei, nelle risposte che ha dato alla nostra interpellanza urgente.

Quindi, le chiedo di fare tutto quello che è nelle sue prerogative per mettere mano a questa previsione, che è inaccettabile, che non può rimanere all'interno della conversione di quel decreto-legge, che deve vedere una istantanea correzione.

Ci auguriamo fortemente che l'emendamento, che presenteremo per annullare questa deroga, venga accolto, in maniera divergente da quello che abbiamo constatato nelle fasi della conversione degli altri decreti-legge, in cui gli emendamenti di Fratelli d'Italia hanno trovato cittadinanza con estrema difficoltà.

Non vi faremo sconti su questo, perché non ci sono, in questo, idee diverse. Abbiamo la stessa idea. Vi abbiamo fatto questa domanda adesso, proprio per questa ragione, perché la prossima settimana inizia la votazione della conversione del decreto-legge in Commissione affari sociali e, quindi ci aspettiamo che la risposta che lei ha dato a questa interpellanza urgente arrivi, poi, a un cambiamento del decreto-legge.

La ringrazio, quindi, per tutti gli sforzi che vorrà profondere (Applausi del deputato Deidda).

(Iniziative volte ad assicurare il tempestivo aggiornamento dei bollettini della Protezione civile al fine di garantire una comunicazione completa e trasparente dei dati relativi alla campagna vaccinale anti SARS-CoV-2 e all'effettivo andamento dei contagi - n. 2-01292)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Boschi ed altri n. 2-01292 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Luigi Marattin se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LUIGI MARATTIN (IV). Grazie, Presidente. Buongiorno, sottosegretario. Questa interpellanza urgente si innesta in un filone di attività di sindacato ispettivo che il mio gruppo, Italia Viva, ha iniziato nell'autunno scorso, quando chiedemmo, all'allora sottosegretaria Zampa, di aggiornare il bollettino giornaliero COVID con i dati dei nuovi ingressi in terapia intensiva. Questo - dicevamo - ci serviva a verificare non solo la variazione del saldo fra coloro che vengono ricoverati e coloro che vengono dimessi, ma anche qual è il flusso netto in entrata.

Eravamo in una fase molto diversa da questa, in cui gli ingressi giornalieri erano molto alti, le parti erano molto sotto pressione. Questa richiesta fu poi accolta perché - vado a memoria - dal 1° dicembre scorso, se non ricordo male, i bollettini includono anche il flusso in ingresso. Ora, proseguiamo in questa guerra, perché di guerra si tratta, in cui è impegnato in primis il Ministero della Salute, lei, il Ministro Speranza, i suoi colleghi, ma tutto il Governo, tutto il Parlamento, tutto il Paese; non è solo la guerra contro il virus, da quando la scienza ha fatto il miracolo di rendere disponibile, in così poco tempo, l'unica vera arma contro questo virus, siamo impegnati in una guerra anche per convincere tutti i nostri connazionali a vaccinarsi. Questo Parlamento e quest'Aula sono stati impegnati a lungo, fino a ieri, in un dibattito. Non voglio, ovviamente, tornarci. Noi sappiamo che, fra i nostri concittadini, c'è una sparuta minoranza inconvincibile o, perlomeno, con cui è molto difficile avere a che fare. Abbiamo visto nelle piazze episodi inaccettabili di degenerazione e violenza, ma sappiamo che ci sono anche tanti italiani che hanno dubbi, dal nostro punto di vista, ovviamente, non legittimi, non giustificati ma, come responsabili della politica pubblica, abbiamo l'obbligo di rivolgerci agli italiani che hanno dubbi, cercando di convincerli il più possibile, cercando di portarli dalla parte della scienza.

Noi riteniamo che uno dei modi più efficaci per fare questo sia aggiornare il bollettino COVID giornaliero che, ahimé, ha segnato questi 18 mesi. Lo attendevamo nel primo lockdown con ansia, con paura; ora ci siamo quasi abituati, ma è pur sempre l'unico strumento statistico che ci dà un andamento in tempo reale della pandemia. Noi chiediamo - una richiesta, fra l'altro, che le è pervenuta, credo, anche dalla Fondazione Einaudi, con una lettera del 30 aprile scorso - se il Governo non intenda aggiornare, tramite la Protezione civile, quel bollettino, prevedendo per ciascuna categoria - quindi i contagiati, i ricoverati con sintomi, i ricoverati in terapia intensiva o gli ingressi in terapia intensiva, persino i deceduti - se non sia possibile dare la specificazione di quanti fra questi sono vaccinati, se con una o due dosi, in caso, o non vaccinati, ovviamente - faccio bene a precisarlo, perché è un Paese che spesso con i dati ha qualche difficoltà, compreso il settore dell'informazione, che dovrebbe, invece, spiegarli bene - in rapporto alla popolazione. Infatti, il numero assoluto dei vaccinati contagiati crescerà, perché man mano che la popolazione si vaccina, statisticamente il numero dei contagiati, o anche dei ricoverati vaccinati, crescerà, ma quello che conta è l'incidenza sulla popolazione di riferimento che, ovviamente, come i primi studi e le prime analisi dimostrano, è molto, molto inferiore.

Quindi, noi crediamo che mettere tutti i giorni alle 17, 17,30, che è l'orario nel quale vengono pubblicati questi bollettini, la specificazione di quanti in proporzione fra i nostri concittadini che ahimè sono ancora colpiti dal virus, anche nelle forme gravi, e dei ricoveri (abbiamo più o meno in media - vado a memoria - ancora 40 50 ingressi in terapia intensiva al giorno), dicevo avere per ciascuna di queste categorie la specifica di quanti sono - ripeto sempre, per essere chiari in rapporto alla popolazione vaccinata e in rapporto alla non vaccinata e credo in Israele ci sia stato questo equivoco recentemente - aiuta a far capire ai nostri cittadini che solo con il vaccino noi evitiamo le conseguenze gravi del COVID, i ricoveri, i ricoveri in terapia intensiva, e solo con questo riduciamo a 0, progressivamente, la circolazione di questo virus.

Quindi, la richiesta è molto semplice: se intendiamo aggiornare o, meglio, completare il bollettino giornaliero con queste informazioni, perché, ripetiamo, alla fine, nonostante le posizioni anche molto dure che alcuni di noi hanno assunto contro i cittadini che hanno dubbi sul vaccino, io credo che dobbiamo anche avere un approccio, assieme alla non tolleranza verso chiunque usi violenza verbale o fisica su questa battaglia, noi dobbiamo anche avere l'obbligo di convincere il più possibile i concittadini che hanno dubbi sul fatto che, alla fine, la scienza vince sempre, che il vaccino è l'unico modo per metterci alle spalle questo maledetto incubo. Quindi la richiesta è semplice: se il Governo intende completare il bollettino giornaliero con le informazioni che le ho chiesto.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Andrea Costa, ha facoltà di rispondere.

ANDREA COSTA, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. In base all'ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile n. 640 del 27 febbraio 2020, l'Istituto superiore di sanità, dal 28 febbraio 2020, coordina un sistema di sorveglianza che integra a livello individuale i dati microbiologici ed epidemiologici forniti dalle regioni e dalle province autonome e dal laboratorio nazionale di riferimento per SARS-CoV-2 dell'Istituto superiore di sanità.

In Italia esistono due fonti di informazione ufficiali sull'epidemia COVID-19: il bollettino informativo del Ministero della Salute e la piattaforma nazionale di sorveglianza (dati individuali). Entrambe le fonti sono alimentate dai dati conferiti quotidianamente dalle regioni nella piattaforma nazionale di sorveglianza.

In particolare, la fonte Ministero della Salute raccoglie quotidianamente le informazioni trasmesse da ogni regione sul numero di persone sottoposte ai test, test effettuati, casi positivi, decessi, guariti, ricoveri in ospedale, ricoveri in terapia intensiva e isolamenti domiciliari. La fonte, invece, dell'Istituto superiore di sanità prevede che le regioni forniscano dettagli individuali su tutti i casi, compresi i dati demografici, lo stato clinico, la presenza di alcuni fattori di rischio e l'esito.

I dati aggregati del bollettino quotidiano del Ministero della Salute e della Protezione civile sono consultabili, ovviamente, sulla pagina del Ministero. Sulla pagina web dell'Istituto superiore di sanità sono pubblicati, invece, con cadenza settimanale, bollettini che descrivono con grafici, mappe e tabelle la diffusione nel tempo e nello spazio dell'epidemia in Italia e forniscono anche una descrizione delle caratteristiche delle persone affette. Il bollettino prevede anche una sezione specifica sull'impatto delle vaccinazioni nel prevenire nuove infezioni, infezioni gravi e decessi (analisi degli ultimi 30 giorni) e la valutazione dell'incidenza negli ultimi 30 giorni per non vaccinati e vaccinati.

In particolare, dallo scorso maggio, l'Istituto Superiore fornisce un'analisi congiunta dei dati dell'anagrafe nazionale vaccini e della sorveglianza integrata da COVID-19: sulla pagina dedicata del sito sono disponibili i tre report “Impatto della vaccinazione sul rischio di infezione e successivo ricovero e decesso in Italia”, a cura del gruppo di lavoro tra Istituto superiore della sanità e Ministero della Salute, in collaborazione con i referenti regionali sia della sorveglianza integrata sia dell'anagrafe nazionale vaccini.

Lo scopo della valutazione è mostrare l'impatto della vaccinazione sul rischio di infezione e di ricovero, ammissione in terapia intensiva e decesso e la persistenza nel tempo dell'effetto di protezione. I dati dei report sono complementari alle stime di efficacia vaccinale calcolate con altra metodologia e riportate nel bollettino settimanale.

Nel terzo report prodotto dall'Istituto, aggiornato al 14 luglio 2021, a cui si rimanda, è riportata un'analisi dettagliata e rigorosa sull'effetto protettivo dei vaccini. In particolare si evidenziano, tra l'altro, i seguenti risultati: il report si riferisce a oltre 27 milioni di persone vaccinate con almeno una dose, che rappresentano circa la metà della popolazione italiana maggiore di 12 anni. La valutazione del rischio di diagnosi di infezione da COVID arriva a oltre 170 giorni dalla somministrazione della prima dose; nel periodo di studio, l'incidenza di diagnosi di COVID-19 passa da 1,2 ogni 10 mila giorni persona nei primi 14 giorni dopo la prima dose a 0,6 nei soggetti con ciclo incompleto e a 0,3 nei soggetti con ciclo vaccinale completo.

Il rischio di diagnosi nei soggetti vaccinati diminuisce progressivamente dopo le prime due settimane della somministrazione dalla prima dose, raggiungendo una riduzione superiore al 95 per cento alla fine del periodo di osservazione. A oltre 170 giorni dalla somministrazione della prima dose, il rischio di diagnosi resta ancora a valori molto bassi.

Per quanto riguarda l'incidenza di ricovero in persone vaccinate prima del 16 maggio 2021, si riduce da 0,26 (ogni 10.000 giorni persona) nei primi 14 giorni dopo la prima dose a 0,09 nelle persone con vaccinazione incompleta e a 0,03 nei soggetti con vaccinazione completa. Si nota una maggiore incidenza nella classe di età maggiore di 80 anni con un valore di 0,70 nei primi 14 giorni dopo la prima dose rispetto allo 0,05 nelle persone con età inferiore ai 40 anni.

L'incidenza di decesso successiva alla diagnosi di COVID-19 tra le persone vaccinate prima del 16 maggio diminuisce da 0,08 ogni 10.000 giorni persona nei primi 14 giorni dopo la prima dose a 0,01 in soggetti con vaccinazione completa. In quest'ultimo gruppo di vaccinati l'incidenza non differisce sostanzialmente per età, genere, area geografica o periodo.

Si conferma il beneficio della vaccinazione per tutte le fasce di età, per uomini e donne, anche nel periodo più lungo di osservazione.

L'analisi stratificata per brand evidenzia per tutti i vaccini una riduzione del rischio di infezione, ricovero, ammissione in terapia intensiva e decesso già a partire dalla seconda settimana dopo la somministrazione della prima o unica dose.

Sebbene siano riportate stime di incidenza per brand, il confronto tra i vaccini è metodologicamente non possibile a causa dell'uso dei diversi prodotti in periodi di tempo con differente circolazione del virus e su popolazioni con rischi disomogenei.

Sul quesito posto dall'interpellanza relativamente al calcolo numeratore dei casi, si specifica quanto segue. Il flusso Ministero della Salute-Protezione civile deriva dalla comunicazione tempestiva dei dati da parte delle regioni, per le quali la possibilità di classificare nell'immediato i nuovi casi, i nuovi ricoveri o decessi come vaccinati o non vaccinati appare al momento complesso.

Inoltre, tale stratificazione è ulteriormente complicata dalla complessità della definizione di vaccinato parziale e completo, che richiede di conoscere le date esatte di somministrazione della o delle dosi per ciascun individuo e, pertanto, rischierebbe di essere poco accurata.

Relativamente, invece, al calcolo del denominatore, quindi popolazione, si precisa quanto segue: la piattaforma contiene al momento solo numeri assoluti su nuovi casi, ricoveri e decessi e ad oggi non prevede l'aggiornamento quotidiano dei denominatori, vale a dire del numero dei vaccinati, vaccinati con una sola dose o soggetti non vaccinati, indispensabili per calcolare, ovviamente, le relative incidenze. L'inserimento di tali ulteriori informazioni presuppone consistenti modifiche anche alla piattaforma informatica e aggrava anche il debito informativo delle regioni, già chiamate ad un notevole impegno giornaliero.

Per quanto riguarda, invece, la stima di incidenze è corretto e opportuno utilizzare dati consolidati, derivanti da dati individuali relativi ad alcune settimane precedenti, e non dati aggregati, che riportano un dato cumulativo grezzo.

Fornire tale informazione su base giornaliera e decontestualizzata potrebbe determinare il forte rischio di possibili distorsioni, quando esiste già una approfondita e completa reportistica in merito, curata dall'Istituto superiore di sanità, a cadenza settimanale, accessibile ad ogni cittadino. Inoltre, monitorare l'incidenza giornalmente non determinerebbe alcun vantaggio nella valutazione dell'impatto della vaccinazione nei confronti dell'infezione.

I dati individuali del flusso dell'Istituto permettono un'analisi più dettagliata e accurat,a ma richiedono un tempo maggiore per la loro raccolta sia a livello locale che per la trasmissione a livello centrale. Alcune informazioni a livello individuale possono, infatti, richiedere qualche giorno o, addirittura, settimane, come nel caso dei decessi e dei ricoveri, per il loro inserimento e aggiornamento da parte delle regioni. Infatti, i dati raccolti sono in continua fase di consolidamento e, come prevedibile, in una situazione emergenziale alcune informazioni sono completate in momenti diversi e in fasi successive. Ne consegue, ad esempio, che il numero di casi che si osserva nei giorni più recenti deve essere interpretato come provvisorio.

I dati che permettono di calcolare l'incidenza, sia in termini di numeratore (casi) che denominatore (popolazione), non possono riferirsi ai casi giornalieri aggregati come quelli disponibili sulla piattaforma del Ministero della Salute, ma ai dati individuali relativi ad alcune settimane precedenti per poter disporre di dati consolidati e stimarne le incidenze corrette.

Al momento, l'Istituto superiore di sanità sta studiando una modalità per aggiungere alle analisi già disponibili sul bollettino esteso, oltre quelle relative all'ultimo mese, anche quelle relative al confronto della incidenza tra gruppi di età differenti e stato di vaccinazione in differenti mesi. La rilevazione giornaliera dei dati, attiva presso il Ministero, degli accessi totali e accessi sospetti COVID presso i servizi di pronto soccorso, nonché del numero dei posti letto sia di terapia intensiva sia di area non critica occupata da pazienti COVID, opportunamente integrata con le informazioni relative allo stato della vaccinazione dei pazienti, potrebbe essere utilizzata al fine di fornire i dati relativi al numero delle ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva, in riferimento a soggetti vaccinati, vaccinati con una sola dose oppure soggetti non vaccinati. Si condivide, quindi, l'importanza di una migliore restituzione del dato nell'ottica di rendere ancora più leggibile la differenza fra vaccinati e non vaccinati rispetto all'incidenza dei casi, delle ospedalizzazioni nei reparti ordinari e soprattutto nelle terapie intensive, ferma restando la necessità di assicurare la solidità scientifica dei sistemi epidemiologici di sorveglianza che permettono la fruizione di dati affidabili.

In tal senso, le iniziative in atto sono coerenti e sinergiche nell'obiettivo sempre più perseguito di coniugare affidabilità del dato nel contesto evolutivo della pandemia e corretta e tempestiva comunicazione, anche nell'ottica di prevenire distorsioni informative.

PRESIDENTE. Il deputato Marattin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LUIGI MARATTIN (IV). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario e tutto il Ministero della Salute per la corposa e puntuale risposta, che nella prima parte rafforza con le informazioni che ci ha dato verso chi ci sta ascoltando o ci ascolterà quanto le informazioni scientifiche che abbiamo ci rafforzino l'evidenza sul funzionamento dei vaccini. Sulla seconda parte ho compreso molto bene la sua risposta e ovviamente il ringraziamento va esteso - ho dimenticato di dirlo prima - all'Istituto superiore di sanità, che questo genere di dati li elabora da tempo in report periodici. Quello a cui ci riferiamo noi, però, è il bollettino giornaliero, perché sappiamo che, purtroppo o per fortuna, questo un giorno lo capiremo tutti, le dinamiche della comunicazione sono strane. I report specifici scientifici hanno una fruibilità diversa da quel maledetto o benedetto bollettino delle ore 17 o 17,30, che entra nelle case degli italiani tutti i giorni.

Allora ho compreso molto bene come un aggiornamento in tempo reale estensivo possa comportare dei problemi logistici anche da chi origina il dato, cioè le regioni. Credo che una riflessione possa essere fatta, come diceva lei in chiusura, magari anche solo per i ricoveri. In fondo, la numerosità dei ricoveri per fortuna è bassa, dicevo prima, citando a memoria, credo, gli ingressi in terapia intensiva. Faccio sempre la media mobile a sette giorni, e quindi ho quel dato in testa, sta intorno ai 40 o 50; quindi non è forse operativamente così complicato su 40 o 50 ingressi giornalieri avere un'informazione binaria. Ha completato o no il ciclo vaccinale, alla fine si può arrivare anche lì, senza andare a specificare se hai fatto la prima o non hai fatto la seconda. L'informazione può essere binaria, sì o no, ha completato o no il ciclo vaccinale, sia sui ricoveri e anche sui deceduti; purtroppo sono ancora maggiori di zero, e quindi è ancora un dramma, ma per fortuna siamo su livelli di poche decine.

Quindi forse da un punto di vista computazionale, da un punto di vista logistico limitare quell'informazione ai ricoveri e ai deceduti può essere una strada, oppure lo si può pensare solo a fine settimana, cioè a fine settimana c'è nel bollettino giornaliero però un resoconto di quanti ricoverati della settimana hanno o non hanno completato il ciclo vaccinale. Insomma, qualcosa può essere fatto, ripeto, senza sminuire o mettere in dubbio tutto il lavoro profondo di approfondimento e preziosissimo che fa l'Istituto superiore di sanità.

La nostra preoccupazione è che alla fine nelle case degli italiani tutti i giorni entra quel bollettino, sui telegiornali è sempre ancora la prima, la seconda, la terza notizia; e quindi avere una specifica più puntuale su quanti hanno o non hanno completato il ciclo vaccinale secondo me è una questione su cui qualche pensiero ancora può essere dedicato. Ringrazio lei e di nuovo estendo il ringraziamento a tutti coloro che sono in prima linea in questa complicata battaglia, che spero e speriamo tutti stia arrivando a una definitiva conclusione.

(Iniziative volte al riconoscimento dell'equipollenza delle certificazioni vaccinali rilasciate da Stati terzi a cittadini italiani residenti all'estero vaccinati con preparati ad oggi non riconosciuti dall'Unione europea - n. 2-01321)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fitzgerald Nissoli e D'Attis n. 2-01321 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Fitzgerald Nissoli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI (FI). Grazie, signor Presidente. Signor sottosegretario, ci ritroviamo ancora una volta qui per cercare di risolvere, come nel passato, i problemi che riguardano gli italiani all'estero. Questa volta parliamo di certificazione verde o del cosiddetto green pass, che è stato approvato proprio ieri da quest'Aula. Quindi, se il green pass sarà uno strumento usato dagli italiani in Italia, chiedo che possa essere reso agibile anche agli italiani all'estero che lo vorranno utilizzare quando si trovano in Italia. Voglio allora illustrarle nel dettaglio alcune criticità che mi sono state segnalate proprio dagli italiani all'estero, e sono certa, come nel passato, che il Governo saprà trovare una soluzione pragmatica e rassicurante per rispondere alle difficoltà dei nostri connazionali oltre confine, facendo chiarezza attraverso un'adeguata comunicazione.

Dal mese di febbraio 2020 l'Italia e il mondo stanno vivendo e stanno affrontando questa drammatica esperienza legata alla pandemia da COVID-19. Il nostro Paese è stato uno tra i maggiormente colpiti nelle prime ondate dalla diffusione del virus; adesso, con tanta volontà e tanto coraggio, sta rialzandosi ed ora è pronto per una decisiva ripartenza, o almeno speriamo. Oltre alla gestione delle vicende interne, il nostro Paese ha dovuto tenere in considerazione la presenza di milioni di italiani all'estero che in tutto questo periodo hanno chiesto assistenza e servizi di varia natura. Questi nostri connazionali, oltre ad aver vissuto la drammaticità della loro esistenza quotidiana nell'epoca della pandemia, sono stati costretti a seguire da lontano, aggrappati alle notizie ottenute magari via social o tramite le piattaforme telematiche, quanto accadeva nella loro terra d'origine ai propri cari, perché muoversi da e per l'Italia per andare a trovare parenti, amici, talvolta mogli e figli, è stato drammatico, quando non impossibile.

Hanno vissuto sulla loro pelle sia la solidarietà di quei Paesi in cui sono ospiti, cioè dove vivono, sia soprattutto, durante la prima fase della pandemia, quando l'Italia appariva tra i pochi Paesi al mondo più colpiti, hanno vissuto anche atteggiamenti diffidenti, a volte al limite dell'ostilità, da parte di alcuni Stati che vedevano i nostri connazionali quasi quali ospiti indesiderati. Quando parliamo di italiani residenti all'estero iscritti all'AIRE, è sempre bene ricordarlo, ci riferiamo a quasi 6 milioni di connazionali, senza contare tutti quelli che per diverse ragioni all'anagrafe dei residenti all'estero non si sono registrati.

Quindi questi nostri connazionali e coloro che sono rientrati temporaneamente in Italia in tutto questo periodo hanno atteso quelle decisioni del Governo il cui impatto si rifletteva direttamente anche sulla loro salute e sulla loro vita. Noi, come parlamentari eletti nella circoscrizione estera, abbiamo fatto da megafono alle loro esigenze; siamo stati portavoce dei loro timori, sollecitando il Governo, questo come quello precedente, ad assumere quei provvedimenti legislativi che consentissero di alleviare tutti quei disagi che, già pesanti per chi vive in Italia, diventano ancora più faticosi da sopportare per chi da italiano vive in un altro Paese. Quotidianamente abbiamo ricevuto appelli, segnalazioni, accorate richieste. A quasi due anni di distanza il virus è ancora presente, si è andato trasformando e continua ad essere pericoloso, ma le misure di distanziamento sociale e, soprattutto, la massiccia campagna vaccinale, egregiamente condotta dal generale Figliuolo, hanno dato i propri frutti, consentendoci di ritornare nuovamente, seppur lentamente e senza abbassare la guardia, alla normalità.

In questo contesto, la progressiva riapertura delle frontiere, la possibilità di spostarsi fra Stati e l'introduzione del green pass europeo è stata indubbiamente salutata positivamente dai nostri connazionali all'estero. L'ordinanza del Ministro della Salute del 29 luglio 2021 ha modificato la disciplina degli ingressi in Italia dai Paesi esteri e la successiva circolare del Ministero della Salute del 4 agosto 2021 sull'equipollenza delle certificazioni rilasciate dagli Stati terzi ha specificato i requisiti che devono riportare le certificazioni vaccinali e di guarigione emesse in altri Stati per poter essere valide in Italia. Tali certificazioni hanno la stessa validità del green pass italiano, ma sono riconosciute solo per i quattro vaccini autorizzati dall'EMA. I Paesi per cui è riconosciuta la stessa validità sono, tra gli altri, anche gli Stati Uniti e il Canada. L'equipollenza c'è, quindi, sulla carta, ma, di fatto, non viene applicata e, infatti, purtroppo, numerose sono state le segnalazioni di disfunzioni giunte da cittadini italiani residenti all'estero e in possesso dei requisiti per richiedere la validazione in Italia delle vaccinazioni ricevute, al fine di ottenere il certificato verde e il cosiddetto green pass. Non essendo stata percorsa la strada di attribuire ai consolati italiani il ruolo di mettere in regola i vaccinati all'estero, i nostri connazionali devono rivolgersi all'ASL territoriale di competenza che provvede alla registrazione della vaccinazione o dell'avvenuta guarigione sul fascicolo sanitario, prima che possa essere generato il cosiddetto Authcode che consente di stampare la certificazione verde COVID-19. In particolare, vengono segnalati intoppi burocratici tra Ministero e alcune aziende sanitarie regionali.

Nello specifico, in questi giorni ho ricevuto numerose segnalazioni da cittadini residenti all'estero che riferiscono di disfunzioni o scarsa chiarezza circa la procedura per avere il green pass per chi ha fatto il vaccino all'estero, anche da Paesi dove vengono utilizzati gli stessi vaccini, appunto, come dicevo prima, quelli riconosciuti dall'EMA e, quindi, in Italia, anche dall'AIFA. Si registrano discrezionalità tra le varie ASL, senza una regola chiara per tutti, cosa che crea confusione. Infatti, due italiani che risiedono nella stessa città degli Stati Uniti, una volta in Italia, tornano in due luoghi di origine diversi e le relative ASL danno risposte diverse. Addirittura, l'ufficio preposto al riconoscimento dei vaccini di una ASL ha affermato che per ottenere la conversione del certificato vaccinale USA ci vogliono dai sei agli otto mesi; mi sembra davvero incredibile. Si tratta di una situazione a macchia di leopardo, perché accanto a regioni in cui tutto procede regolarmente, in altre vengono lamentati ritardi ben oltre il tollerabile tra il momento della consegna della documentazione e l'effettivo rilascio del green pass.

Poi, c'è un problema di informazioni per cui non tutte le strutture che richiedono il green pass per l'accesso sanno che il certificato vaccinale rilasciato in USA è valido anche in Italia. Io stessa sono stata vaccinata negli Stati Uniti e ho questo documento che sarebbe il certificato di vaccino; in Italia - si dice - c'è l'equipollenza, quindi, viene riconosciuto, però, ho provato ad andare in alcuni ristoranti o andare in stazione e mi hanno detto che non potevo entrare con questo. Quindi, credo che sarebbe necessario un impegno maggiore del Governo per comunicarlo a tutti gli operatori interessati.

Altra criticità è stata segnalata dai cittadini che sono stati sottoposti a immunizzazione con il preparato Covishield inoculato in India o AstraZeneca in Australia e che non hanno ottenuto certificazione verde COVID-19. Si tratta di vaccini AstraZeneca in tutto e per tutto, ma non chiamandosi Vaxzevria non compaiono nell'elenco approvato dall'EMA e nell'ordinanza ministeriale. Stante a quanto riportato da organi di stampa, la Commissione europea investita dal problema che coinvolge diversi Paesi ha ricordato che, pur avendo l'Unione europea approvato un elenco contenente i soli vaccini riconosciuti dall'EMA, gli Stati membri possono decidere autonomamente se accettare anche vaccini approvati nell'Emergency Use Listing dell'Organizzazione mondiale della sanità, come è il caso del Covishield. A tale facoltà, ad ora, hanno ricorso 15 Paesi membri dell'Unione.

Infine, vi è la problematica dei nostri concittadini residenti in quei Paesi, come ad esempio i connazionali che vivono nella Repubblica Domenicana, in cui le immunizzazione sono state effettuate con vaccini come il russo Sputnik V oppure il vaccino cinese Sinovac, si tratta di preparati al momento non riconosciuti dalle nostre autorità responsabili. In questi mesi estivi molti di loro sono tornati temporaneamente in Italia per andare a trovare i familiari, mentre altri sono rientrati definitivamente al termine di un periodo di studio oppure di lavoro.

Per costoro anche queste nuove disposizioni non risolvono il problema dell'equiparazione al green pass delle certificazioni attestanti la loro vaccinazione totale o parziale effettuata nei propri Paesi di residenza extra-Unione europea e la questione diventa ancora più complessa con una prossima e probabile estensione dell'utilizzo del certificato verde COVID-19.

Ovviamente, comprendiamo la delicatezza del tema che rispecchia sia indubbie e prioritarie valutazioni di tipo scientifico sia valutazioni squisitamente politiche. Questo è un tema molto sentito nelle nostre comunità all'estero e anche altri colleghi deputati appartenenti anche a diverse forze politiche si sono più volte confrontati con l'Esecutivo su questo punto e, da ultimo, in sede di conversione, proprio ieri, del decreto-legge n. 105 del 2021. Non è mia intenzione entrare nel dibattito sulla validità di tali vaccini, ma è giusto ricordare che molti cittadini italiani non residenti nel Paese o che si sono recati all'estero per motivi di lavoro si trovano ora in una condizione difficile in quanto la loro vaccinazione non è ritenuta valida per il rilascio del green pass e, nello stesso tempo, non possono procedere con altre vaccinazioni. Voglio qui portare ad esempio il caso di figli di nostri connazionali residenti all'estero in Paesi in cui la campagna vaccinale è stata condotta con preparati non riconosciuti da EMA e che magari si sono iscritti a qualche corso di laurea qui, presso atenei italiani. Questi ragazzi sarebbero destinati per un intero anno accademico a non frequentare le lezioni di persona, oppure a sottoporsi ogni 48 ore ad un tampone. Mi auguro che, come si sono superate le iniziali difficoltà nel riconoscimento delle vaccinazioni effettuate all'estero, con i vaccini validati dall'EMA, si possa trovare una soluzione anche per questa difficile situazione. Lo dico perché, con la possibile introduzione della terza dose, ci si troverà di fronte anche a un ulteriore problema, quello dei nostri connazionali vaccinati con preparati non riconosciuti e rientrati definitivamente in Italia e che rientrano fra quei soggetti fragili che necessiterebbero di un'ulteriore inoculazione. Potranno loro usufruire di una vaccinazione eterologa, come fu per il caso AstraZeneca-Pfizer? Mi auguro che il Governo risolva al più presto questi problemi pratici che, comunque, creano fortissimi disagi ai connazionali che devono viaggiare anche per lavoro.

Di fronte a questa urgenza diffusa su tutto il territorio nazionale, credo sia doveroso ed etico creare il prima possibile le condizioni amministrative per ottenere una certificazione riconosciuta della propria condizione vaccinale, anche tenendo conto della reale immunizzazione, misurabile attraverso le normali tecniche diagnostiche e utilizzando anche le farmacie per controllare i requisiti della vaccinazione all'estero ed emettere il green pass, in effetti già autorizzate ad emettere il green pass temporaneo in seguito a tampone.

Quindi, signor sottosegretario, per riassumere, solo tre punti: chiarezza, informazione e giustizia. Io la ringrazio in anticipo per tutti gli sforzi che sono sicura lei vorrà profondere per dare delle risposte concrete ai nostri connazionali all'estero, anche, magari, agendo velocemente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Andrea Costa, ha facoltà di rispondere.

ANDREA COSTA, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Allo scopo di consentire agli italiani vaccinati all'estero contro il COVID-19, anche parzialmente, di ottenere la certificazione verde come previsto dal DPCM del 17 giugno 2021, con la circolare congiunta del Ministero della Salute e del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, per l'esattezza la n. 9662 del 26 luglio 2021, sono state disposte le modalità per l'avvio sperimentale del rilascio del certificato verde ai cittadini italiani e ai loro familiari conviventi, nonché ai soggetti iscritti al Servizio sanitario nazionale che hanno effettuato la vaccinazione contro il COVID all'estero con un vaccino riconosciuto e approvato dall'Agenzia europea per i medicinali. Tale rilascio, effettuato a cura degli uffici consolari italiani all'estero, al momento attuale è limitato ai dipendenti pubblici in servizio all'estero beneficiari dell'assistenza sanitaria, ex articolo 2, comma 1, lettera b), del DPR n. 618 del 1980, vaccinati all'estero.

La stessa circolare prevede che le modalità per la procedura di rilascio della certificazione verde da parte degli uffici consolari all'estero, ai fini della loro applicazione anche ad altre tipologie di cittadini italiani e ai loro familiari conviventi nonché ai soggetti iscritti al Servizio sanitario nazionale vaccinati all'estero, saranno valutate all'esito dell'avvio sperimentale limitato ai predetti dipendenti pubblici.

Nelle more dell'estensione di tale procedura, con l'ulteriore circolare congiunta n. 35209 del 4 agosto 2021, “Modalità per il rilascio del certificato verde ai cittadini italiani vaccinati o guariti all'estero”, è stato disposto che i cittadini italiani, anche residenti all'estero, e i loro familiari conviventi, indipendentemente dal fatto che siano iscritti al Servizio sanitario nazionale o all'Assistenza sanitaria al personale navigante, nonché tutti i soggetti iscritti a qualunque titolo al Servizio sanitario nazionale che sono stati vaccinati all'estero con un vaccino anti-COVID riconosciuto e approvato dall'Agenzia europea per i medicinali o che sono guariti anche all'estero dal COVID-19, possono richiedere, se si trovano già nel territorio italiano, il rilascio delle certificazioni verdi per vaccinazioni o per guarigioni emesse dalla piattaforma nazionale, recandosi presso le ASL di competenza territoriale, secondo modalità stabilite dalle regioni e dalle province autonome, presentando l'opportuna documentazione in funzione della tipologia di certificazione richiesta.

Per l'inserimento dei dati del richiedente, i servizi sanitari regionali sono stati abilitati all'accesso a una specifica funzionalità disponibile nel sistema tessera sanitaria. Le necessarie applicazioni, sviluppate nell'ambito del sistema tessera sanitaria, quale il sistema di raccolta dati a supporto della piattaforma nazionale, sono state messe a disposizione degli uffici diplomatici italiani all'estero e delle ASL nella prima settimana di agosto 2021, mentre dal mese di settembre è stata resa disponibile per le ASL anche la possibilità di registrare le vaccinazioni parziali (solo la prima dose) effettuate all'estero. Alla data dell'8 settembre 2021, risultano generati 44.566 green pass emessi dalla piattaforma nazionale a italiani vaccinati all'estero, di cui 11.113 sulla base dei dati di vaccinazione acquisiti per il tramite degli uffici diplomatici e 33.453 sulla base dei dati acquisiti tramite le ASL locali.

Desidero segnalare altresì che dal 12 agosto 2021 la App di verifica del green pass, “Verifica C19”, è in grado di leggere e verificare sia i certificati italiani ed europei sia i certificati vaccinali rilasciati dal Regno Unito. Pertanto, gli italiani con il certificato vaccinale inglese non hanno la necessità di richiedere l'emissione del green pass italiano.

Inoltre, nel mese di luglio 2021, per facilitare l'acquisizione del green pass agli italiani iscritti all'AIRE, non iscritti al Servizio sanitario nazionale e vaccinati in Italia, in quanto temporaneamente presenti nel nostro Paese, è stata rilasciata una funzione semplificata per l'acquisizione del green pass, che richiede solo il codice fiscale/identificativo del vaccino e la data evento. Questa modalità di acquisizione del green pass, alla data dell'8 settembre, è stata utilizzata da 84.949 persone.

È in corso un'istruttoria riguardo al possibile riconoscimento dei vaccini diversi da quelli finora approvati da EMA e da AIFA al fine del rilascio del certificato e all'equipollenza della certificazione vaccinale emessa a seguito di vaccinazione con tali vaccini per gli usi previsti dalla normativa vigente.

In particolare, preciso che il Ministero della Salute ha richiesto un parere specifico al Consiglio superiore di sanità in merito al riconoscimento: in primo luogo, dei vaccini per i quali il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio è lo stesso dell'Unione europea; inoltre, vaccini in sublicenza per i quali il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio non è lo stesso dell'Unione europea, ma l'azienda farmaceutica che ha fornito la sublicenza ha assicurato che la composizione e i processi di fabbricazione sono gli stessi e che è stato completato il processo di autorizzazione per uso emergenziale dall'Organismo mondiale della sanità (ad esempio, il vaccino Covidshield, prodotto su licenza di AstraZeneca); inoltre, si è chiesto un parere per quanto riguarda i vaccini in sublicenza per i quali il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio non è lo stesso dell'Unione europea, ma l'azienda che ha fornito la sublicenza ha assicurato che la composizione e i processi di fabbricazione sono gli stessi. In particolare, ci si riferisce ai vaccini: R-CoVI, titolare dell'autorizzazione dell'immissione in commercio R-Pharm, prodotto su licenza di AstraZeneca; vaccino COVID-19 (ricombinante), titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio Fiocruz, prodotto su licenza sempre di AstraZeneca; inoltre, si è chiesto un parere anche per gli altri vaccini per i quali è stato completato il processo di autorizzazione per uso emergenziale dall'OMS e tutti gli altri vaccini COVID attualmente autorizzati e in uso in altri Paesi.

Per questi ultimi l'Istituto superiore di sanità segnala che è necessario acquisire maggiori informazioni e/o considerare la possibilità di dosi aggiuntive di vaccini licenziati in Europa. La materia in esame è all'attenzione anche del Comitato tecnico-scientifico, di cui all'ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile n. 751 del 2021. Inoltre, questo Ministero è in continuo contatto e in stretta collaborazione con gli organismi europei competenti (e con la costante partecipazione), dove questo argomento è al momento oggetto di trattazione.

Per quanto riguarda l'uso dei test sierologici ai fini del rilascio del certificato, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie segnala che, anche se i test anticorpali forniscono alcune prove di una risposta immunitaria, non è noto se i livelli di anticorpi offrono una protezione sufficiente né l'eventuale durata della protezione stessa. Infatti, è possibile che subito dopo un test anticorpale positivo gli anticorpi diventino non rilevabili. Pertanto, al momento attuale non è possibile stabilire un'eventuale durata di un eventuale certificato emesso sulla base di un test sierologico. Inoltre, un confronto dei risultati è estremamente difficile, a causa della varietà dei test esistenti e della mancanza di standardizzazione. Al riguardo, l'Istituto superiore di sanità ha inteso precisare che l'esecuzione di un test sierologico per verificare l'indicazione o meno a un nuovo ciclo vaccinale con 1 dei 4 vaccini finora approvati da EMA e AIFA allo stato delle conoscenze non rappresenta ancora uno strumento convalidato per identificare il grado di protezione dall'infezione da COVID-19.

PRESIDENTE. La deputata Fucsia Fitzgerald Nissoli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI (FI). Grazie. Signor sottosegretario, io apprezzo davvero lo sforzo che state facendo, però mi dispiace: non mi posso ritenere soddisfatta, perché lei mi ha illustrato e mi ha descritto la realtà dei fatti, mentre io ho chiesto di superare le disfunzioni, le lamentele e le criticità che mi sollecitano gli italiani all'estero e che impediscono proprio a loro di ottenere nella pratica il green pass. Quindi, vi invito a lavorare con maggiore impegno.

Guardi, anch'io adesso - l'ho messo via - ho il tesserino che mi è stato rilasciato dagli Stati Uniti e con cui voi avete fatto l'equipollenza. Purtroppo, ho fatto una prova: sono andata in 7 ristoranti e sono andata alla stazione e tutti mi hanno detto: “No, lei non può entrare. Questo non vale come green pass”. Oggi prenderò un aereo e farò il tampone, perché sicuramente questo non verrà riconosciuto.

Quindi, chiedo, per cortesia, se riuscite a impegnarvi ancora di più. Lo so che lo state facendo, lo so che in Italia la crisi è brutta, però tutti insieme, insomma, potremmo lavorare anche per gli italiani all'estero e dare loro le risposte che cercano. Io sicuramente continuerò a essere da pungolo per accertarmi che prima o poi questi problemi vengano risolti.

(Elementi ed iniziative in merito alla conclusione del processo di statizzazione e razionalizzazione degli Istituti superiori musicali non statali e delle Accademie di belle arti non statali previsto dal decreto-legge n. 50 del 2017 - n. 2-01318)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Dori ed altri n. 2-01318 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Devis Dori se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DEVIS DORI (LEU). Grazie, Presidente. La presente interpellanza, a mia prima firma, ha ad oggetto il processo di statizzazione e razionalizzazione degli istituti superiori musicali non statali e delle accademie di belle arti non statali. Nello specifico, l'articolo 22-bis del decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, poi convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, ha disposto l'avvio di questo processo di graduale statizzazione. Come noto, sono tuttavia necessari alcuni decreti attuativi. Anzitutto, un decreto del Ministro dell'Università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, per disciplinare le modalità della procedura di statizzazione. Poi, un decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'Università e della ricerca, per definire la ripartizione di un apposito fondo istituito per l'attuazione del processo di statizzazione. Infine, un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'Università e ricerca e con il Ministro dell'Economia e delle finanze, per definire i criteri per la determinazione delle dotazioni organiche, nonché per il graduale inquadramento nei ruoli dello Stato del personale docente e non docente in servizio. La disciplina attuativa del processo di statizzazione è stata definita con decreto interministeriale n. 121 del 2019. In particolare, l'articolo 2, comma 5, di questo decreto interministeriale ha stabilito che la statizzazione venga disposta con decreto del Ministro dell'Università e della ricerca non oltre il 31 luglio 2020 e decorre dal 1° gennaio dell'anno successivo. L'articolo 33, comma 2-ter, del decreto-legge n. 104 del 2020 ha poi differito al 31 dicembre 2021 la conclusione del processo di statizzazione.

I criteri di ripartizione del fondo per la statizzazione sono stati definiti, invece, con decreto ministeriale n. 557 del 2 aprile 2019. Allo stato attuale, non risulta ancora emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro dell'Università e della ricerca e con il Ministro dell'Economia e delle finanze, che avrà il compito di definire i criteri per la determinazione delle dotazioni organiche degli istituti oggetto di statizzazione, nonché il graduale inquadramento nei ruoli dello Stato del personale docente e non docente in servizio.

Il 12 ottobre 2020 era già stato accolto un mio ordine del giorno in Assemblea col quale il Governo si era impegnato a dare immediato impulso al processo di statizzazione, in modo da consentire l'avvio delle attività in un tempo significativamente antecedente al termine ultimo perentorio del 31 dicembre 2021. Il Ministro dell'Università e della ricerca, poi, il 29 aprile 2021, in risposta a un'interrogazione in Commissione cultura, ha affermato che, a seguito dell'approvazione della legge di bilancio 2021, gli uffici del Ministero dell'Università e della ricerca, insieme agli uffici del Dipartimento della Funzione pubblica e del Ministero dell'Economia e delle finanze, hanno tempestivamente elaborato uno schema di DPCM, sottoposto a un primo vaglio della Ragioneria dello Stato in merito alla relativa sostenibilità finanziaria. Il testo del DPCM è stato successivamente oggetto di confronto con l'ANCI e anche con l'Unione delle province d'Italia e, in seguito, con il Coordinamento dei presidenti degli istituti statizzandi e con i presidenti delle Conferenze dei direttori di istituti musicali e delle accademie e con le organizzazioni sindacali. Dal confronto, conclusosi il 23 aprile, è emersa una generale condivisione proprio del provvedimento il quale sarà sottoposto alla firma del Ministro per la Pubblica amministrazione, che ne è proponente, e, quindi, dei Ministri concertanti.

Da fonti sindacali, abbiamo appreso che il DPCM sarebbe stato controfirmato dal MEF nei primi giorni di settembre 2021, pochi giorni fa. Da fonti ministeriali, inoltre, pare che anche il Ministero della Pubblica amministrazione, nelle ultime ore, abbia dato il suo via libera.

Sono, quindi, ora a chiedere al Governo se effettivamente queste notizie possano essere confermate - nello specifico, la firma del MEF e del Ministero della Pubblica amministrazione - e, quindi, se realmente, in modo certo, possiamo finalmente affermare che il processo di statizzazione sia a un passo o magari anche a meno di un passo dal suo definitivo compimento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Andrea Costa, ha facoltà di rispondere.

ANDREA COSTA, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Rispondo con gli elementi informativi forniti dal Ministero dell'Università e della ricerca.

Preliminarmente, si ringraziano gli onorevoli interpellanti perché, con il loro quesito, consentono al Governo di informare sulle iniziative da ultimo intraprese in merito al processo di statizzazione degli istituti superiori musicali non statali e delle accademie di belle arti non statali.

Come ben rappresentato nell'interpellanza, il processo di statizzazione nel corso degli ultimi anni è stato oggetto di numerosi interventi normativi e, a oggi, si può finalmente dire di essere giunti alla fase conclusiva. Infatti, la Commissione per la valutazione delle istanze di statizzazione, che aveva iniziato l'attività nel febbraio 2020, non ha potuto completare i propri lavori, come evidenziato dagli onorevoli interpellanti, per la mancata adozione del DPCM, di cui all'articolo 22-bis, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge n. 50 del 2017, finalizzato a definire i criteri per l'individuazione delle dotazioni organiche delle istituzioni.

Il ritardo nell'adozione del DPCM è stato determinato dalla necessità, resasi evidente proprio nel corso dell'esame istruttorio della commissione, di dover modificare la predetta disciplina normativa, al fine di consentire un più ampio inserimento nei ruoli dello Stato del personale in servizio nelle istituzioni, essendo la previgente disciplina eccessivamente restrittiva. A seguito dell'approvazione dell'articolo 1, comma 887, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, gli uffici del Ministero dell'Università e della ricerca, insieme agli uffici del Dipartimento della Funzione pubblica e del Ministero dell'Economia e delle finanze, hanno tempestivamente elaborato uno schema di DPCM, sottoposto a un primo vaglio della Ragioneria dello Stato in merito alla relativa sostenibilità finanziaria. Il testo del DPCM è stato successivamente oggetto di confronto con l'Associazione nazionale dei comuni italiani, l'ANCI, e con l'Unione delle province d'Italia e, in seguito, con il Coordinamento dei presidenti degli istituti statizzandi e con i presidenti delle Conferenze dei direttori di istituti musicali e delle accademie e con le organizzazioni sindacali. Dal confronto, conclusosi il 23 aprile scorso, è emersa una generale condivisione del provvedimento.

Tanto premesso, mi fa piacere dare la notizia che, proprio in data di ieri, il provvedimento, dopo aver acquisito gli assensi da parte dei Ministeri coinvolti, è stato bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato, concludendo così definitivamente il suo iter istruttorio. Il provvedimento dunque è ora in procinto di essere inviato, per la registrazione, alla Corte dei conti e, successivamente, per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La commissione, nominata con decreto del 27 gennaio 2020 n. 29, potrà quindi concludere, a breve, i propri lavori e addivenire alle proposte di statizzazione, che dovranno essere oggetto di singoli decreti del Ministero dell'Università e della ricerca. In ogni caso, si conferma quanto già comunicato in precedenza, in occasione di altri atti di sindacato ispettivo, e cioè che l'offerta formativa delle istituzioni per l'anno accademico 2021-2022 può essere definita indipendentemente dalla conclusione dei processi di statizzazione, atteso che i titoli rilasciati dalle istituzioni hanno lo stesso valore legale di quelli statali e che continueranno ad essere erogate anche nel 2021 le risorse statali e rese disponibili per la statizzazione, considerato che l'articolo 22-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 prevede che, nelle more del completamento di ciascun processo di statizzazione e razionalizzazione, il fondo, di cui al comma 3, è utilizzabile, altresì, per il funzionamento ordinario degli enti in corso di statizzazione.

PRESIDENTE. Il deputato Devis Dori ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

DEVIS DORI (LEU). Grazie Presidente. Ringrazio il sottosegretario Costa per la risposta. Questa è davvero la risposta che si stava attendendo da molto tempo, una risposta positiva che il Governo ha formalizzato oggi, qui in Aula, confermando sostanzialmente che tutti i Ministeri coinvolti hanno definitivamente dato il via libera, che c'è stata la bollinatura della Ragioneria di Stato, che il provvedimento è inviato, per la registrazione, alla Corte dei conti per la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Oggi, il Governo - e questo è veramente positivo - ha fugato qualsiasi dubbio, mettendo nell'esatta posizione anche gli ultimi tasselli. Il Governo ha garantito che il percorso è definitivo anche grazie all'accelerata di questi ultimi giorni. Si porta finalmente a compimento un percorso lungo quattro anni e mezzo, una lunga attesa, quasi estenuante perché i ritardi a livello normativo chiaramente si ripercuotono anche sulla vita personale e professionale di decine e decine di lavoratori, persone coinvolte, e poi influiscono anche sulla proficua organizzazione e programmazione delle attività da parte di queste istituzioni, sulla continuità didattica e, quindi, anche sugli studenti stessi che si stanno formando e che, un giorno, andranno a riempire i nostri teatri, le nostre sale da concerto, non solo in Italia,ma anche all'estero, perché il mondo, anche sotto questo punto di vista, guarda all'Italia come ad un'eccellenza. Attraverso questa interpellanza, ho voluto portare la voce di questi istituti e accademie non statali di alta formazione artistica, musicale e coreutica e anche del personale docente e non docente. Non credo sia eccessivo dire che, con la conclusione di questo percorso di statizzazione, non solo si dà attuazione a una norma di legge - e nello specifico è stato ricordato il decreto-legge n. 50 del 2017, poi convertito, con modificazioni, nella legge n. 96 del 2017 -, ma si attua anche un principio costituzionale contenuto nel secondo comma dell'articolo 4 della nostra Costituzione, che recita: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Ecco, il progresso spirituale, nell'ottica laica della Costituzione, si compie anche attraverso l'arte nelle sue diverse forme, che sono pertanto da concepire come un alimento per l'anima, sempre in senso laico, e quindi queste istituzioni contribuiscono proprio a creare questo alimento. Quindi, quella che ci ha dato, sottosegretario, è una risposta davvero importante e positiva. Il sistema, quindi, dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica deve essere forte e qualificato, perché in fondo ha il compito di rendere, non solo chi intraprende quel tipo di studi, ma tutti i cittadini, anche solo come fruitori, più sensibili e quindi in fondo anche più umani. Queste istituzioni hanno osservato a lungo l'orizzonte, ora potranno finalmente toccarlo.

(Iniziative di competenza volte a far fronte all'emergenza ambientale e ai connessi rischi per la salute pubblica con riferimento alla città metropolitana di Reggio Calabria, in considerazione di gravi criticità nella gestione del ciclo dei rifiuti - n. 2-01309)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maria Tripodi e D'Attis n. 2-01309 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Maria Tripodi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, nel territorio della città metropolitana di Reggio Calabria, purtroppo, ormai da anni, si registrano pesanti disservizi, per usare un eufemismo, circa l'emergenza dei rifiuti. In particolare, nei comuni dell'area metropolitana, come quello San Lorenzo e, nella fattispecie, nella frazione di Chorio - ma potrei citare ahimé decine di altri posti - la popolazione si vede privata ingiustamente di un diritto, che il dettato costituzionale invece esplicita, che è il diritto alla salute. In particolare, nell'estate che si avvia alla conclusione, il territorio che rappresento ha avuto una fortissima emergenza, sia per quanto riguarda i rifiuti, sia per quanto riguarda ovviamente la salubrità dell'aria, con tutto quello che poi ne consegue. Lei sa benissimo - d'altronde non è una novità - che l'Istituto superiore di sanità, più e più volte, ha rimarcato, negli studi che ha condotto, i gravissimi rischi per la salute. Ora, lei sa anche che purtroppo, a livello amministrativo, molte volte, soprattutto nelle amministrazioni locali, c'è una sorta di scaricabarile su chi deve fare cosa e si mettono bandiere politiche di questa o quella parte politica. Invece, vede, io sono certa della sua sensibilità, io credo che tutti noi che rappresentiamo le istituzioni dobbiamo mettere al centro la salute dei cittadini, proprio il diritto che loro hanno, perché non si può chiedere ai nostri cittadini, ai miei in particolare, di pagare le tasse, quando non hanno nessun servizio, perché come è noto le cartelle esattoriali poi vanno pagate, quando vengono mandate.

Ecco, io le faccio questi esempi molto semplici per portare alla sua attenzione e all'attenzione del Governo come ci debbano essere per forza delle responsabilità a livello locale per chi non ha fatto quello che doveva fare. Io credo che, in una democrazia come quella italiana e in un Paese che è la settima economia del mondo, queste cose non possano avvenire. Le carenze igieniche che ci sono - dovute anche e soprattutto al picco termico di 45 gradi che le zone della Calabria, che oggi qui rappresento, hanno patito in questa estate - hanno aggravato ulteriormente il problema. Dunque, io reputo - e ho interpellato il Governo per questo - che appunto l'Amministrazione centrale debba porre una soluzione a tutta questa vicenda.

Vede, sottosegretario, io non voglio assolutamente che i miei concittadini pensino che - oltre ad essere stati, tra virgolette, trascurati o abbandonati dalle amministrazioni locali - neanche il Governo nazionale, il Governo, che il mio partito orgogliosamente appoggia, si possa occupare di questa questione. Ragion per cui, le chiedo come il Governo intenda porre fine e trovare una soluzione duratura per combattere questa emergenza ambientale, indegna di un Paese civile - ci tengo a sottolinearlo ancora una volta - al fine di escludere quei rischi per la salute che, ahimè, sono noti e sono concreti per i cittadini del comune di San Lorenzo, in particolare della frazione di Chorio, come per altre aree della provincia di Reggio Calabria.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Con riferimento alle questioni poste dall'interpellante, per quanto riguarda la situazione di emergenza nel territorio della città metropolitana di Reggio Calabria, relativa alla gestione dei rifiuti nei centri abitati che la compongono, si specifica innanzitutto che la tutela del territorio, intesa come espressione delle funzioni e dei poteri delle regioni, viene esercitata attraverso la pianificazione inerente alla gestione dei rifiuti. Il sistema di governance, così come previsto dalle leggi regionali n. 14 del 2014 e nn. 11 e 55 del 2019, è incentrato sull'attribuzione delle competenze ai comuni, da esercitare in forma associata da parte degli enti d'ambito, individuando nell'ATO, ossia l'ambito territoriale ottimale, la dimensione territoriale per lo svolgimento delle funzioni di organizzazione e gestione dei rifiuti urbani loro attribuite dalla legislazione nazionale e regionale. In particolare, le leggi regionali sopramenzionate, hanno attribuito alla città metropolitana di Reggio Calabria le funzioni di comunità d'ambito, che peraltro è divenuta l'ente di governo d'ambito (EGATO), ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 138 del 2011. La situazione di criticità rappresentata dagli interpellanti trova origine principalmente nella limitata percentuale di raccolta differenziata e nel fatto che, per la frazione organica da raccolta differenziata, a causa di un deficit di potenzialità di trattamento in impianti pubblici della città metropolitana, si debba fare ricorso all'utilizzo di impianti privati, siti anche in altri ATO. Un ulteriore elemento di criticità è dato dall'assenza, nel territorio della città metropolitana, di discariche di servizio, quindi pubbliche e private, ove conferire la produzione di scarti da parte degli impianti di trattamento, impedendo agli impianti di trattamento di operare con continuità, fino a determinare blocchi prolungati di conferimento dei rifiuti da parte dei comuni della città metropolitana, a cui si associa la difficoltà di poter ripristinare in maniera celere una situazione di normalità. Le criticità relative agli scarti di lavorazione e rifiuti organici sono state in parte ovviate attraverso la messa a disposizione, da parte della regione Calabria, della discarica di Lamezia Terme per gli scarti da lavorazione, mentre, per la frazione organica, viene consentito l'utilizzo di un impianto privato sito nel territorio della città metropolitana e di ulteriori 3 impianti privati siti in ambito regionale. Un aggiuntivo e importante sostegno è stato dato dalla regione Puglia, attraverso un accordo tra enti regionali, in base al quale, nei suoi impianti, si stanno conferendo 200 tonnellate giornaliere di rifiuti indifferenziati. Certamente permangono delle difficoltà, specialmente nei comuni più grandi e popolati, in cui la percentuale di raccolta differenziata è decisamente limitata. Va sottolineato, inoltre, come in molti comuni che compongono la città metropolitana un ulteriore problema risiede nella raccolta dei rifiuti solidi urbani da parte delle società che gestiscono il servizio, che conferiscono quantità di tale tipologia di rifiuti molto al di sotto di quanto autorizzato. Segnatamente, tale circostanza si è verificata proprio nel comune di Reggio Calabria. Nel periodo estivo, negli impianti di Siderno, Gioia Tauro e Sambatello non si sono verificati disagi nei conferimenti, anche se - come rappresentato precedentemente - sono rimasti spesso al di sotto della capacità rispetto a quanto programmato. Al fine di scongiurare problematiche di sicurezza anche sanitaria, il presidente della regione Calabria, il 14 luglio 2021, con ordinanza n. 46, ha dettato, in via d'urgenza e fino al 30 settembre, ulteriori misure straordinarie di contrasto e prevenzione della diffusione epidemiologica da COVID nel territorio regionale, proprio nel settore della gestione dei rifiuti urbani.

Nello specifico, con l'ordinanza n. 46 viene disposto che la società Sovreco Spa accetti nella discarica sita in località Colombra, nel comune di Crotone, i rifiuti non pericolosi prodotti dagli impianti di trattamento regionali pubblici e privati al servizio del circuito pubblico, fino a un quantitativo massimo di 600 tonnellate giornaliere.

Viene disposto, altresì, che il dirigente generale del dipartimento tutela dell'ambiente e della regione ripartisca immediatamente tra gli ATO rifiuti del territorio regionale i quantitativi disposti e regoli i conferimenti giornalieri dei rifiuti non pericolosi prodotti dagli impianti sia pubblici che privati, nonché predisponga un calendario da inviare al gestore della discarica e agli ATO.

Inoltre, l'ordinanza prevede che la regione e la città metropolitana, ciascuna ovviamente per la propria competenza, si impegnino a rendere fruibile, bonificandolo, il sito in località La Zingara nel comune di Meluccà.

L'ordinanza, nel frattempo, ha risolto in parte le criticità del comune di San Lorenzo, avendo consentito l'autorizzazione a conferire in via straordinaria presso la discarica di Sambatello, oltre 40 tonnellate di rifiuti solidi, consentendo lo sgombero di rifiuti in diversi siti del territorio comunale.

Infine, si evidenzia che il Ministero della Transizione ecologica ha debitamente considerato le criticità presenti sull'intero territorio calabrese e ha prestato attenzione alle difficoltà di gestione dei rifiuti che da tempo lo interessano. Tramite gli uffici competenti, riguardo il sito di Gioia Tauro, sono stati chiesti chiarimenti agli enti responsabili con apposita nota.

In riscontro a tale richiesta, la città metropolitana di Reggio Calabria, come ente di governo dell'ambito, ha comunicato che, a breve, dovrebbe essere stipulata con la regione Calabria una convenzione per il trasferimento di 7,7 milioni di euro per finanziare interventi di completamento e adeguamento normativo infrastrutturale sullo stesso impianto di Gioia Tauro.

Questo Ministero continuerà, ovviamente nel rispetto della gerarchia comunitaria per la gestione dei rifiuti, a monitorare le perduranti criticità evidenziate dall'onorevole interpellante, al fine di salvaguardare la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, nel rispetto delle competenze e conseguenti responsabilità degli enti interessati.

PRESIDENTE. La deputata Maria Tripodi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Desidero ringraziare la sottosegretaria per la dovizia di particolari che ci ha fornito e mi vorrei soffermare in particolare su alcuni. Intanto, eravamo a conoscenza di ciò che la regione Calabria, per quanto in suo potere, aveva predisposto e mi conforta il fatto che il Ministero vigilerà sulle amministrazioni locali, affinché la città metropolitana di Reggio Calabria provveda, con il finanziamento che c'è stato, a ripulire il tutto.

Le dico, però, francamente, che mi reputerò pienamente soddisfatta quando tornerò nel mio collegio, prenderò la macchina, andrò a fare una perlustrazione del territorio comunale e non troverò più un sacchetto di immondizia. Fino ad allora, illustre sottosegretaria, io continuerò a portare nelle Aule parlamentari questa problematica, che è una problematica non solo di igiene e di sicurezza pubblica, ma è una problematica di civiltà, perché, purtroppo, vede, i miei concittadini non possono pagare l'incapacità di un'amministrazione comunale, come quella di Reggio Calabria, che, purtroppo, al netto della polemica politica, non è stata in grado di garantire la sicurezza e il decoro pubblico. Questo noi non possiamo permettercelo. Quindi, io la ringrazio, sono fiduciosa nel suo monitoraggio della situazione e le anticipo anche che non mancherà modo di confronto, anche personale, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. La ringrazio e ringrazio lei, Presidente.

(Intendimenti in merito alla deliberazione dello stato di emergenza nazionale e a misure di sostegno a favore degli enti locali e delle aziende del comparto agricolo della zona etnea, in relazione a numerosi eventi parossistici dell'Etna nel 2021 - n. 2-01316)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Suriano e Schullian n. 2-01316 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Simona Suriano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SIMONA SURIANO (MISTO). Grazie, Presidente. Dal febbraio del 2021 si sono succeduti nella provincia di Catania più di 50 parossismi da parte dell'Etna, che hanno provocato profondi disagi nell'intera provincia, ma anche oltre la provincia di Catania, siamo arrivati a Messina per le continue e copiose piogge di cenere, generando una serie di disagi alla circolazione, ma anche alla salute, perché la cenere, quando si polverizza, crea problemi respiratori e disagi anche nel mondo dell'agricoltura, e poi ovviamente anche per i comuni che si trovano a fronteggiare ciò continuamente. L'ultima pioggia di cenere è stata esattamente circa 2 settimane fa: non si fa in tempo a ripulire una città e nuovamente affrontare le spese per spazzare via la cenere, oltre ai disagi, ovviamente, anche dei cittadini che si ritrovano le grondaie piene di cenere, con i rischi seguenti all'avvicinarsi della stagione delle piogge: insomma, una serie di disagi e di pericoli per cui ho ritenuto necessario interpellare questo Governo per sapere se vi è l'intenzione di dichiarare lo stato di emergenza, più volte chiesto dal presidente della regione siciliana.

Tra l'altro, io vorrei ringraziare pubblicamente la Protezione civile regionale, che si sta sforzando per fronteggiare non solo la stagione incendi, ma anche le continue piogge di cenere con una serie di attività straordinarie. Sono stati erogati finora 3 milioni per aiutare i comuni, ma non è sufficiente, molti comuni sono in difficoltà economica, in dissesto o in predissesto, e quindi in difficoltà nell'affrontare e anticipare queste spese. So che la Protezione civile nazionale ha già elargito 5 milioni, ma non sono sufficienti.

Per questo, appunto, chiediamo lo stato di emergenza nazionale; così come la possibilità di classificare il rifiuto come “non rifiuto” e, quindi, la possibilità di essere immesso nel ciclo del riuso e del commercio. Su questo so che ci sono degli studi da parte dell'Università di Catania per far sì che la cenere non sia considerata rifiuto, ma venga immessa in un circolo virtuoso di riutilizzo, riuso e reimpiego anche nelle attività commerciali.

Quindi vi sono una serie di motivazioni per cui chiedo al Governo di volersi attivare per la dichiarazione di emergenza nazionale e per il sostegno non solo ai comuni, ma anche ai cittadini privati e alle attività agricole, che sono state danneggiate da queste copiose piogge di cenere.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Il Governo continua a seguire con attenzione la vicenda dell'eruzione stromboliana che ha interessato l'Etna dal 16 febbraio al 1° aprile 2021.

L'attività eruttiva dell'Etna, a partire da febbraio 2021, è stata caratterizzata dall'incremento di eruzioni esplosive dai suoi crateri sommitali, con oltre 50 episodi parossistici caratterizzati da una forte attività esplosiva, che varia da violente esplosioni stromboliane a fontane di lava, durante le quali si formano colonne eruttive, talora alte oltre 10 chilometri sul livello del mare. Tali eventi durano alcune ore, con l'intervallo di tempo intercorrente fra un evento e l'altro, che è andato tendenzialmente aumentando da febbraio ad oggi. I depositi al suolo, generalmente costituiti da lapilli e ceneri grossolane che arrivano fino a distanze di 10-15 chilometri, hanno interessato in maniera cospicua e ripetuta i centri abitati pedemontani, prevalentemente quelli del versante nord-orientale.

Un primo problema è rappresentato dunque dalla necessità di smaltire i quantitativi di cenere lavica che, secondo le stime dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che gestisce il monitoraggio e la sorveglianza vulcanica dell'Etna, ammonterebbero ad un volume totale di circa 80 milioni di metri cubi. Questo dato è aggiornato al 14 luglio 2021. È del tutto evidente che una mole così importante di ceneri da trattare necessiti di interventi straordinari, perché è proprio un intervento straordinario. A tal riguardo, sono state svolte sin da subito una serie di riunioni tra gli enti interessati (Ministero della Transizione ecologica, regione Sicilia) e il Dipartimento della protezione civile - mi unisco ai ringraziamenti per il lavoro che stanno facendo e che hanno fatto questa estate - per approfondire la problematica e per prendere in considerazione alcune alternative allo smaltimento delle ceneri come rifiuto valutando, altresì, l'utilizzo delle stesse nell'ambito industriale, nell'ambito del recupero degli edifici del barocco siciliano, nonché l'eventuale possibile percorso finalizzato ad un inquadramento delle ceneri vulcaniche a livello normativo. Già il 22 marzo, l'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità aveva chiesto un parere al Ministero della Transizione ecologica per escludere le ceneri vulcaniche dallo status giuridico di rifiuto, per poterle così utilizzare come materiale per gli scopi ritenuti più indicati, rappresentando, al contempo, l'importanza della dimensione temporale legata alle attività di rimozione della cenere vulcanica, che risulta dirimente per evitare o ridurre al minimo i rischi per la salute e l'incolumità della salute dei cittadini.

Ne era pertanto scaturita un'iniziativa legislativa da parte del Governo che, con il decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108/2021, “Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”, ha modificato l'articolo 185 del TUA (Testo unico ambientale), prevedendo la possibilità di reimpiegare le ceneri vulcaniche laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all'interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente, né mettono in pericolo la salute umana. Il 30 luglio 2021 il Dipartimento regionale di protezione civile ha anche informato i sindaci metropolitani di Catania e Messina e i comuni delle province richiamate, della disponibilità a coadiuvare i comuni nelle procedure relative alla progettazione di interventi di recupero ambientale di aree degradate mediante l'utilizzo della cenere vulcanica.

Inoltre, l'ufficio attività tecnico-scientifiche per la previsione e prevenzione dei rischi del Dipartimento, in collaborazione con i ricercatori dell'università di Catania, sta valutando alcuni progetti sperimentali per l'utilizzo delle ceneri dell'Etna, per individuare soluzioni alternative allo smaltimento in discarica, anche nella logica di economia circolare. Una seconda problematica - come correttamente rilevano gli onorevoli interpellanti - è quella relativa alla necessità di supportare gli enti locali per il ripristino delle condizioni di normalità. Rendo noto che, con la delibera della giunta regionale n. 127 del 2021, la regione siciliana ha chiesto il riconoscimento dello stato di emergenza e che in data 12 marzo 2021, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è stato disposto lo stato di mobilitazione del servizio nazionale di Protezione civile al fine di garantire il coordinamento e il supporto alle autorità regionali, concorrendo all'assistenza e al soccorso della popolazione colpita dagli eventi in rassegna.

Per tali finalità è stata subito disposta la concessione di un contributo pari a 5 milioni di euro, la metà dei quali erogati il 4 luglio 2021. Sulla scorta della dichiarazione dello stato di crisi e di emergenza, la regione siciliana ha anche inteso far fronte finanziariamente agli impegni assunti dai comuni mediante primi contributi nella misura di 1 milione di euro, a valere sulle risorse del bilancio regionale, in conto anticipazione e nelle more di reperire ulteriori risorse. In considerazione delle pressanti richieste dei comuni, il dirigente generale del Dipartimento regionale di Protezione civile, quale commissario delegato, ha avanzato in data 18 giugno 2021 una richiesta di contributi al capo dipartimento della Protezione civile per il concorso alla copertura finanziaria degli oneri sostenuti dalle strutture operative del servizio nazionale della Protezione civile.

In relazione alla richiesta di stato di emergenza, sulla base della documentazione fornita, nonché da sopralluoghi condotti il 23 marzo 2021 da tecnici del citato Dipartimento, congiuntamente ai tecnici regionali, si è ritenuto che gli eventi in argomento non risultassero tali da giustificare l'adozione di misure che trascendono le capacità operative e finanziarie degli enti competenti in via ordinaria e che, conseguentemente, non fossero ascrivibili alla tipologia di eventi contemplati dalla lettera c), del comma 1, dell'articolo 7, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, anche in considerazione delle azioni intraprese nell'ambito della dichiarazione dello stato di mobilitazione sopra citato. Pare opportuno precisare che, anche l'eventuale emanazione di un'ordinanza di Protezione civile, ai sensi dell'articolo 25 del citato decreto n. 1 del 2018, non consentirebbe di derogare alla normativa europea in materia ambientale come, invece, ritenuto necessario dalla regione per la risoluzione della problematica in argomento. Pertanto, con nota del 10 maggio 2021 il Dipartimento della protezione civile ha comunicato il diniego della richiesta di deliberazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 24, del decreto legislativo n. 1 del 2018. Tuttavia, a seguito dei successivi parossismi, la regione siciliana, con nota dell'8 luglio 2021, ha inviato al Dipartimento la delibera di giunta regionale n. 285 del 1° luglio 2021 con la quale veniva reiterata la richiesta di deliberazione dello stato di emergenza. Dall'istruttoria condotta sulla documentazione trasmessa è stato riscontrato essenzialmente un fabbisogno economico per le attività di pulizia della viabilità e delle strutture ed infrastrutture pubbliche e private, nonché la richiesta di deroga alla normativa ambientale per lo stoccaggio e lo smaltimento delle ceneri cui, come precedentemente riportato, non è consentito derogare neanche con le ordinanze di Protezione civile. Inoltre, è stato rilevato come le esigenze economiche rappresentate dalla regione possano essere, comunque, per una buona parte coperte con le risorse stanziate nell'ambito del predetto stato di mobilitazione di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2021.

Dall'analisi dei dati resi disponibili al Dipartimento alla data odierna, pertanto, non sembra ravvedersi la sussistenza di ulteriori elementi conoscitivi utili per legittimare una deliberazione da parte del Consiglio dei Ministri dello stato di emergenza. A margine di quanto esposto, si rende noto che all'esito di due riunioni, tenutesi in data 5 luglio e 20 luglio, con la presenza del capo del Dipartimento e del presidente della regione siciliana, si è convenuto che le criticità legate alle ceneri vulcaniche difficilmente possano rientrare in una sfera prettamente di protezione civile per la loro natura periodica e non eccezionale e qualsiasi intervento più strutturato per fronteggiare questa problematica deve tener conto del quadro normativo esistente anche in ambito europeo.

Con riferimento alla possibilità chiesta dagli onorevoli interroganti di prevedere una riduzione dell'IMU in favore delle imprese danneggiate, faccio presente che il competente Ministero dell'Economia e delle finanze ha stimato che l'applicazione di tale forma di agevolazione comporterebbe oneri per il bilancio dello Stato determinati dalla circostanza che la misura dovrebbe essere accompagnata dalla previsione dello stanziamento delle somme da ristorare ai comuni per la perdita di gettito ed ulteriori oneri amministrativi collegati alle necessarie attività di determinazione e di distribuzione, tramite un apposito decreto, di dette somme.

Tali attività che, ovviamente, determinerebbero un allungamento dei tempi di attuazione della misura, potrebbero essere evitate ove le agevolazioni fossero previste sotto forma di contributi. Preciso, infine, che il riconoscimento di agevolazioni fiscali e l'adozione di sostegni e indennizzi destinati a favorire uno specifico settore economico, peraltro di una determinata area geografica del Paese, deve tener conto dei limiti e delle condizioni posti dalla disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. Infine, per quanto concerne gli indennizzi a favore delle imprese agricole nei comuni maggiormente colpiti, si fa presente che, ai sensi della vigente normativa sul Fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, le misure compensative a favore delle imprese agricole danneggiate possono essere attivate su proposta delle regioni territorialmente competenti, da formalizzare con delibera della giunta regionale da adottare entro il termine di 60 giorni dalla fine della manifestazione degli eventi, elevabili fino a 90 in caso di difficoltà nelle operazioni di delimitazione dei territori e di rilevazione dei danni.

Tuttavia, non è pervenuta a tutt'oggi alcuna proposta da parte della regione siciliana, territorialmente competente, ed è presumibile che la regione non abbia rilevato la presenza dei requisiti di legge per la formalizzazione della proposta di declaratoria di eccezionalità, ai sensi proprio del decreto legislativo n. 102 del 2004.

Concludo rappresentando che occorre investire in strumenti di protezione e prevenzione anche sull'innovazione 4.0, ma anche su altri strumenti resi disponibili dai Piani di sviluppo rurale e dalla nuova PAC. È necessario passare da un sistema di interventi ex post a uno, invece, di sostegno al reddito, rivedendo anche la legge n. 102 del 2004 sul Fondo di solidarietà nazionale, che è oggi inadeguata a porre rimedio ai danni cagionati dai sempre più frequenti eventi calamitosi, anche compiendo un salto di qualità sul fronte assicurativo, stimolando e incentivando gli agricoltori, senza obbligarli a stipulare polizze che li coprano dai rischi, essendo tale meccanismo molto più vantaggioso per gli agricoltori rispetto alle misure di ristoro oggi previste dalla legislazione vigente.

PRESIDENTE. La deputata Suriano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SIMONA SURIANO (MISTO). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria per la puntuale risposta, ma non posso ritenermi soddisfatta. È vero che si deve investire su interventi strutturali, ma qui si tratta di eventi calamitosi, come, appunto, quello dell'eruzione di un vulcano, che non sono facilmente prevedibili, né nel quando né nel come né nell'entità delle ceneri. Da che ho memoria non sono mai capitati questi eventi così numerosi e continuativi uno dietro l'altro da ormai più di sei mesi. L'ultima pioggia è stata di due settimane fa, quando un intero comune è stato ricoperto da 5 centimetri di cenere lavica, cioè stiamo parlando di situazioni imprevedibili o difficilmente prevedibili a cui si può correre ai ripari o, comunque, intervenire precedentemente.

Quindi chiedo a questo Governo di intervenire in modo più incisivo. Mi auguro che, comunque, venga rivista la posizione sul non riconoscimento dello stato di emergenza, perché veramente si sta attraversando un'emergenza: usciamo dal periodo degli incendi e l'Etna non dà tregua. In particolar modo, io non mi fermerò, continuerò a chiedere sostegno al Governo, soprattutto per i comuni e i privati, che stanno affrontando i costi di pulizia delle proprie grondaie. Con la stagione delle piogge in arrivo è necessario provvedere a queste pulizie straordinarie, con costi non irrisori per le famiglie che ogni settimana devono provvedere a pulire le loro grondaie e per i comuni che devono, a loro volta, pulire le caditoie per evitare un'emergenza - speriamo di no - nei prossimi mesi quando arriveranno copiose piogge.

Chiedo a questo Governo di impegnarsi in particolar modo sulla gestione del rifiuto cenere lavica. So che è già stato fatto un primo passo e, quindi, non è più considerato rifiuto, ma non è abbastanza, non è sufficiente. Infatti, oltre alle quantità eccessive di ceneri, che, quindi, non permettono di essere portate in discarica, vi è anche il fatto che le ceneri, prima di essere conferite in discarica, devono essere analizzate per evitare che venga conferito, ovviamente, un materiale inquinato, perché sta tanto tempo sulle strade, quindi, ci sono anche costi di stoccaggio e analisi delle ceneri.

Inoltre, tutta la procedura per evitare che le ceneri entrino nel circuito dei rifiuti è una materia che viene condivisa con l'Unione europea, quindi su questo il Governo si dovrebbe confrontare anche con gli organismi europei competenti per far sì che escano dal circuito dei rifiuti e vengano impiegate e riutilizzate, come le ricerche dell'università di Catania hanno dimostrato che possono essere utilizzate in diversi settori, dall'agricoltura all'edilizia.

Continuo a ringraziare la sottosegretaria per la disponibilità. Mi auguro che ci sia un ravvedimento, anche alla luce delle continue eruzioni, sulla dichiarazione dello stato di emergenza e mi auguro che vi sia, comunque, un sostegno per quei comuni che stanno affrontando grosse difficoltà nello smaltire e nel pulire le strade della città.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera in data 9 settembre, il presidente della Commissione giustizia, con riguardo alla proposta di legge n. 3179-A/R e abbinate, recante disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali, il cui seguito dell'esame è previsto dal vigente calendario dei lavori a partire da martedì 14 settembre, con la clausola “ove concluso dalla Commissione”, ha comunicato che tutti i rappresentanti dei gruppi in Commissione, compreso il gruppo Fratelli d'Italia, nella cui quota di opposizione il provvedimento è ricompreso, hanno convenuto sull'opportunità di rappresentare al Presidente della Camera lo stato dei lavori della Commissione stessa, ai fini delle opportune determinazioni per l'inserimento della proposta di legge nel prossimo calendario dei lavori.

Conseguentemente, secondo le intese intercorse tra tutti i gruppi, il seguito dell'esame del provvedimento non sarà iscritto all'ordine del giorno delle sedute dell'Assemblea previste per la prossima settimana.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dall'Osso. Ne ha facoltà.

MATTEO DALL'OSSO (CI). Grazie, Presidente. Dopo essermi congratulato ieri con le Forze dell'ordine, Carabinieri, Forze armate, per aver prontamente rimosso uno zaino lasciato per terra proprio ieri e visto l'allarme indiretto legato all'anniversario del ventennale di domani 11 settembre, vorrei sollevare altre due problemi che ho raccolto dai commercianti stessi qui attorno a Montecitorio.

Il primo. Sono due giorni che è in corso il G20 sanitario e nessun commerciante è contrario a questo, nessuno è contrario. Il problema è che non sono stati nemmeno avvisati che tutte le strade per accedere qui fossero chiuse: loro pagano affitto, dipendenti, bollette, avrebbero potuto anche non aprire; loro non erano neanche contrari, ma avrebbero dovuto essere avvisati.

Il secondo. Sempre qui, proprio in zona limitrofa, accanto proprio a Montecitorio oppure a Palazzo Chigi, i negozianti riparano loro stessi i sampietrini con materiali di fortuna, che loro stessi vendono nei loro negozi, per colmare quelle buche presenti proprio qui fuori. Ogni giorno, infatti, persone si fanno male, hanno infortuni, pensate alle persone più fragili e deboli con disabilità. Quindi, Presidente, io non so chi sia responsabile, ma dobbiamo supportare i nostri cittadini, lavoratori e commercianti che hanno sollevato la questione. Leggi e decreti sono solo strumenti a supporto di questo e supportare questi lavoratori e i concittadini è il nostro dovere e dobbiamo farlo. Attivatevi, attiviamoci per farlo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 13 settembre 2021 - Ore 14:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 2329 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 luglio 2021, n. 103, recante misure urgenti per la tutela delle vie d'acqua di interesse culturale e per la salvaguardia di Venezia, nonché disposizioni urgenti per la tutela del lavoro (Approvato dal Senato). (C. 3257​)

Relatori: ANDREA ROMANO, per la IX Commissione; MURELLI, per la XI Commissione.

La seduta termina alle 12,50.