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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 541 di giovedì 15 luglio 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Battelli, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Carfagna, Casa, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Delmastro Delle Vedove, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Invernizzi, Iovino, Lapia, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Molinari, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Parolo, Pastorino, Perantoni, Andrea Romano, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Silli, Sisto, Tabacci, Tasso, Tateo, Vignaroli, Viscomi, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 98, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la deputata Cunial. Ne ha facoltà.

SARA CUNIAL (MISTO). Grazie, Presidente. Con questo richiamo sull'ordine dei lavori, vorrei chiedere l'attenzione di quest'Aula e di tutti i colleghi parlamentari su un fatto increscioso, che getta un'onta incredibile sul nostro Paese. Mi è arrivata una testimonianza diretta, da parte di una madre, che vi voglio leggere: 120 ragazzi in viaggio studio e premio a Malta, dai primi di luglio, sono oggi letteralmente sequestrati perché ipoteticamente contagiati dal virus. Ad alcuni è stato fatto un tampone, ad altri no; sono comunque rimasti dentro una camera, positivi e non positivi, senza un controllo medico, né un conforto umano.

Si tratta di 120 minori, di 15, 16 e 12 anni - c'è anche un bambino di 10 anni - che sono stati rinchiusi dentro i cosiddetti hotel COVID, più o meno improvvisati, con una bottiglietta d'acqua, come questa, al giorno e un panino, privi non solo di assistenza medica efficace, ma soprattutto di controllo e assistenza continua da parte di adulti, che possano seguirli passo dopo passo, in molti casi senza poter avere un abbraccio dei genitori.

Questo perché il Governo di Malta ha deciso di rispettare rigorosamente i protocolli che prevedevano la quarantena di 14 giorni, a qualsiasi costo, con privazioni per questi minori - ripeto: minori - dei più elementari diritti umani.

Ragazzi e bambini lasciati a se stessi, senza che nessuno se ne assuma la responsabilità e soprattutto la cura, tanto meno le strutture ospitanti. Questa è una vergogna, dice la mamma. “Genitori, come me - che sono stati avvisati dalle scuole e dal Governo maltese da una semplice e-mail, con tanto di richiesta a saldo per il trattamento da lager nelle strutture - genitori disperati come me, che sono riusciti a raggiungere i piccoli, avendone la possibilità economica, non possono abbracciarli, né vederli, se non dalla finestra”.

L'ambasciata ha dato loro la disponibilità di fare un generico giro di controllo nelle diverse strutture, mentre le scuole internazionali mandano un'ora al giorno dei tutor di vent'anni. I ragazzi e i bambini restano abbandonati e chi non è positivo entra ed esce dalle strutture di giorno e di notte senza alcun controllo.

La Farnesina ha risposto ai genitori preoccupati queste testuali parole: “Signora, non doveva mandarli lì in ferie” e ieri ha diramato una nota formale, lavandosi le mani da qualsiasi responsabilità per chi viaggia all'estero, senza fare alcuna distinzione tra adulti e minori.

Richiedo, quindi, immediatamente un intervento diretto della Farnesina e chiedo che il Ministro Di Maio, il Ministro Speranza e il Ministro Bianchi e tutto il Governo dei migliori, qui ben rappresentato, venga a riferire su questo ignobile trattamento riservato ai nostri ragazzi e bambini italiani, non prima di aver fatto di tutto e anche di più per rimpatriarli immediatamente, ripeto, immediatamente.

Come è stato per Draghi e Mattarella, che hanno esultato abbracciandosi finalmente, anche questi genitori hanno il diritto – ripeto, il diritto - di riabbracciare i propri piccoli figli.

Questa gestione schizofrenica dell'essere umano in tempo di COVID, ormai sempre e solo considerata cava e prigioniera, sta portando a diversi casi simili nel mondo: altri 800 - dico 800 - ragazzi bloccati a Dubai con lo stesso trattamento, identico, sempre la solita bottiglietta al giorno di acqua; il tutto senza prevedere un minimo di assistenza a questi minori - dico minori, di nuovo! - ma soprattutto senza approfondire se almeno i protocolli dell'OMS del doppio tampone siano stati rispettati.

Concludo. Si dovrebbero muovere, signori, tutti i parlamentari qui presenti: prendete in mano il telefono e fate una telefonata alle istituzioni competenti, qui ben rappresentate, di cui oggi denunciamo la totale indifferenza su questo fatto! Abbiamo visto in questi giorni tanti aerei di Stato andare e venire dall'Inghilterra e da altre zone considerate a rischio. Riusciamo a portare a casa chiunque, persino il Ministro Di Maio, e non facciamo nulla per i nostri ragazzi: minori italiani! Questi ragazzi devono poter tornare a casa immediatamente! È un trauma incredibile per chi è stato abbandonato dal proprio Paese, trauma di cui sarete tutti chiamati a rispondere personalmente.

Discussione della relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) sulla deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali, adottata il 17 giugno 2021 (anno 2021) (Doc. XXV, n. 4) e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2020, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2021 (Doc. XXVI, n. 4). (Doc. XVI, n. 5).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) sulla deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali, adottata il 17 giugno 2021 (anno 2021) e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2020, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2021.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 14 luglio 2021 (Vedi l'allegato A della seduta del 14 luglio 2021).

Avverto, inoltre, che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

(Discussione – Doc. XVI, n. 5)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione affari esteri, deputato Gennaro Migliore.

GENNARO MIGLIORE, Relatore per la III Commissione. Grazie, signor Presidente e colleghi deputati, la deliberazione delle missioni si inserisce in uno scenario di sicurezza reso più complesso e volatile dall'emergenza pandemica e nel quale i due pilastri della politica di sicurezza e difesa dell'Italia - Unione europea e NATO - sono entrambi impegnati in un inevitabile processo di revisione strategica.

In tale contesto si evidenzia quello che, anche pochi minuti fa, l'ambasciatore tedesco ha definito “un momento italiano”, anche per il ruolo rivestito dal nostro Paese alla guida del G20. Bruxelles, da un lato, sta elaborando una bussola strategica in cui si cercherà anche di definire il livello di ambizione della sua cosiddetta autonomia strategica, che delle intenzioni italiane deve rappresentare un contributo al sistema di sicurezza incentrato sull'Alleanza atlantica. Quest'ultima, dall'altro, si è avvalsa di un Comitato di esperti per l'elaborazione di proposte per rafforzare la dimensione politica della NATO e abbozzare - forse - le ragioni per una revisione del concetto strategico del 2010, meglio definendo il ruolo dell'Alleanza nell'ambito delle dinamiche globali attuali.

In tale contesto, gli obiettivi prioritari delle missioni internazionali e degli interventi di cooperazione allo sviluppo sono la stabilizzazione delle crisi in atto, la gestione ordinata dei processi di transizione e il sostegno ad agende riformiste inclusive. Sono queste le priorità che assegniamo al nostro ruolo guida in seno alla missione NATO in Afghanistan, pur conclusa, e alla Forza NATO in Kosovo (KFOR), nonché quello che contiamo di giocare nel rafforzamento della missione NATO in Iraq.

In relazione al Mediterraneo allargato, le missioni internazionali rivestono un ruolo fondamentale a supporto della nostra strategia multidimensionale, tesa nel lungo periodo a contribuire alla stabilizzazione dei Paesi che si affacciano sulla sponda sud ed est del Mediterraneo, abbinando la componente civile e militare nei nostri interventi.

Confido che questo approccio possa ottenere un forte sostegno dai fora parlamentari internazionali di cui siamo parte attiva e che talvolta guidiamo, approfondendo la cooperazione con le Nazioni Unite, il Consiglio d'Europa, l'OSCE, il Parlamento europeo, affinché la diplomazia parlamentare sia sempre più uno strumento attivo di promozione del dialogo tra i vari attori internazionali.

Il nostro Paese, come testimonia anche il livello degli intensi contatti a livello governativo e parlamentare, sostiene con convinzione il processo di stabilizzazione in Libia ed in particolare l'azione delle Nazioni Unite e della missione UNSMIL, ora guidata dall'Inviato speciale del Segretario generale, Ján Kubiš, per promuovere il dialogo intra-libico.

Come sappiamo, il processo politico ha condotto, a marzo 2021, all'insediamento delle nuove Autorità esecutive transitorie, che dovranno condurre il Paese alle elezioni nazionali, previste il 24 dicembre di quest'anno.

A livello europeo, il nostro Paese si è fatto promotore di un ruolo più attivo dell'Unione europea nei dossier riguardanti l'attuazione dei seguiti della Conferenza di Berlino sulla Libia, del 19 gennaio 2020 e in particolare nell'ambito del monitoraggio dell'embargo delle Nazioni Unite, favorendo l'avvio dell'operazione Eunavfor-MED Irini, alla quale contribuisce attivamente, ospitandone il quartier generale e fornendo il comando operativo.

Nell'ambito dei seguiti della Conferenza di Berlino, l'Italia copresiede insieme a UNSMIL, Francia, Regno Unito, Turchia e Unione africana, il Security Working Group dell'International Follow-up Committee sulla Libia (IFCL), che continua ad avere un cruciale ruolo di sostegno nell'attuazione concreta dell'Accordo sul cessate il fuoco sottoscritto il 23 ottobre del 2020, che ha istituzionalizzato la tregua de facto che si è stabilita sul terreno e ha contribuito ad instaurare un clima costruttivo e di rinnovata fiducia fra le parti.

Non meno rilevante la dimensione economica del dialogo intra-libico, che ha portato negli ultimi mesi all'unificazione del tasso di cambio ufficiale e alla ripresa dei lavori del consiglio direttivo della Banca centrale e alla presentazione di un bilancio nazionale unificato. Non possiamo sottacere, tuttavia, le numerose criticità circa l'effettiva attuazione, alla luce del contesto sul terreno, caratterizzato da frammentazione di gruppi armati e dalla presenza di combattenti stranieri e mercenari, dei quali andrà monitorata l'effettiva adesione agli impegni concordati. In questo contesto, la discussione delle Commissioni riunite si è concentrata, in particolare, sulle violazioni dei diritti umani nei campi di detenzione libici e sull'attività della Guardia costiera. È opportuno ricordare al riguardo che la Libia non è firmataria della Convenzione di Ginevra e che numerose istituzioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, hanno denunciato le inaccettabili condizioni del trattamento delle persone detenute in quei campi. Il nostro Paese - come ha riferito nel question time di ieri il Ministro degli Affari esteri - ha chiesto e ottenuto che, con le conclusioni della Conferenza di Berlino, venisse inserita la condizione della chiusura dei campi di detenzione; è una richiesta che ribadiamo in questa sede.

Nel corso della discussione in Commissione si è poi affrontato il tema della relazione bilaterale con la Guardia costiera libica. Tutti hanno potuto vedere le inaccettabili immagini di una motovedetta libica che tentava di speronare e attaccare un barcone di migranti. La condanna per questa azione è stata unanime, a partire dalle dichiarazioni del Ministro della Difesa sul punto. Per questo motivo, in considerazione del profondo mutamento della situazione libica, che da pochi mesi ha iniziato un percorso di stabilizzazione e unificazione nazionale, si è approvato in Commissione, e poi recepito nella risoluzione di maggioranza, un emendamento alla missione che propone di trasferire le funzioni di formazione e assistenza alle missioni internazionali di cui facciamo parte. Si tratta di impegnare le nostre azioni al fine di prevenire le inaccettabili violazioni dei diritti umani che vengono perpetrate, con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione.

I Paesi del Medio Oriente si trovano al centro della più importante crisi geopolitica internazionale. La guerra civile in Siria, con la perdurante operatività nel Paese di cellule dello Stato islamico e gruppi affiliati ad Al Qaeda, la questione israelo-palestinese, ricordata con forza al centro dell'agenda internazionale, anche per i passi in avanti degli Accordi di Abramo e che ripropone con rinnovata forza il tema della soluzione dei due Stati per i due popoli, la profonda crisi politica economica che sta attraversando il Libano, costituiscono altrettanti fattori di instabilità, sia a livello regionale, che globale.

In riferimento al Libano, occorre evidenziare la missione “Emergenza Cedri”, finalizzata ad eccezionali interventi umani e umanitari, svolta dalle nostre Forze armate a seguito della drammatica esplosione che ha devastato il porto e parte della città di Beirut il 4 agosto dello scorso anno, per cui il Governo intende chiedere con la deliberazione del nostro esame l'autorizzazione delle Camere.

L'azione italiana rimane finalizzata, in primo luogo, a contribuire a una de-escalation delle crisi a livello regionale, che hanno il proprio fulcro nel teatro siriano, fra cui le tensioni tra Iran e Israele e tra la Turchia e le componenti curde del nord-est del Paese.

Per quanto riguarda il terrorismo, particolare rilievo assume l'impegno italiano della lotta al Daesh il gruppo che, avendo perso la propria dimensione territoriale, continua ad operare sotto forma di insorgenza in Iraq e in Siria tramite proprie affiliazioni, nonché tramite l'incessante proselitismo in altre aree del globo.

Daesh non è solo in grado di ispirare attacchi a tutte le latitudini, ma conserva risorse e capacità per contribuire alla loro realizzazione. L'Italia prosegue il proprio impegno nella cornice della coalizione anti Daesh a guida statunitense sia sotto il profilo militare che civile ed è tra i principali in Iraq in termini di unità militari.

Abbiamo svolto attività di addestramento di forze militari e di polizia irachene e curde, sospese a inizio 2020 per il deterioramento del quadro di sicurezza e per l'emergenza sanitaria da COVID-19. L'Italia continua ad effettuare operazioni di intelligence, ricognizione, sorveglianza e attività di rifornimento in volo, mentre in ambito civile partecipa all'attività dei gruppi di lavoro della coalizione e copresiede, con Stati Uniti e Arabia Saudita, il gruppo per il contrasto al finanziamento di Daesh.

Il nostro Paese prende parte, inoltre, alla stabilizzazione del nord-est della Siria attraverso un contributo a programmi dei settori agricolo, sanitario, dell'istruzione, dello sminamento umanitario e del rafforzamento della governance locale. L'Italia promuove inoltre, assieme agli Stati Uniti, una riflessione multilaterale sul possibile impiego degli strumenti della coalizione nel contrasto a Daesh in altre aree del globo, segnatamente in Africa Occidentale e Sahel.

A tale scopo voglio ribadire anche in questa sede la piena solidarietà al Ministro Di Maio per le minacce ricevute attraverso organi della propaganda dello Stato islamico in conseguenza dell'importante Conferenza internazionale della coalizione anti Daesh tenutasi a Roma nelle scorse settimane.

Ai nostri uomini e donne, in Italia e all'estero, impegnati nella lotta al terrorismo va il nostro ringraziamento e la nostra vicinanza e affinché anche il Parlamento continui nella sua produzione normativa, che ci ha consentito di avere la legislazione più efficace, tra le più efficaci a livello mondiale nel contrastare il fenomeno terroristico e dell'estremismo violento, penso sia maturo il tempo per un ulteriore aggiornamento della normativa alla luce dell'evoluzione delle minacce…

PRESIDENTE. Deve concludere.

GENNARO MIGLIORE, Relatore per la III Commissione. …ibride che ci troviamo ad affrontare. Mi predispongo a consegnare.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma abbiamo sforato ampiamente.

GENNARO MIGLIORE, Relatore per la III Commissione. Vorrei solo leggere per un ultimo minuto. Occorre evidenziare criticamente il ritardo con il quale i due documenti sono stati sottoposti all'esame e all'autorizzazione parlamentare. Tale ritardo rischia, infatti, di vanificare l'efficacia del rapporto Parlamento-Governo nella definizione dei prioritari indirizzi di politica estera, di cui la partecipazione alle missioni internazionali costituiscono una direttrice fondamentale. Per il resto, consegnerò l'intervento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione difesa, deputato Roberto Paolo Ferrari. A lei la parola, prego.

ROBERTO PAOLO FERRARI, Relatore per la IV Commissione. Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, le deliberazioni che concernono la conferma delle missioni militari all'estero e l'avvio di nuove operazioni per gli interventi di cooperazione allo sviluppo nei teatri di crisi sono certamente un momento fondamentale per discutere della postura del nostro Paese nel mondo e del modo in cui l'Italia tutela i propri interessi nazionali. Parliamo di un impegno importante che prevede lo schieramento in teatri di crisi e nelle acque adiacenti di un numero massimo di soldati superiore ai 9 mila effettivi coinvolti in 40 operazioni differenti per un costo di oltre 1,2 miliardi di euro, oltre ai contributi finanziari nazionali all'attività di emergenze autorizzate nei confronti dei Paesi che necessitano di forti supporti, anche economici, per superare l'instabilità in cui versano.

Presenza militare ed aiuti allo sviluppo sono coordinati tra loro e finalizzati all'obiettivo del perseguimento della stabilità e della pace, intesa come assenza di guerra e ricostruzione dell'ordine politico-sociale.

Nell'audizione dello scorso 7 luglio, svoltasi presso le Commissioni esteri e difesa riunite nei due rami del Parlamento, i Ministri Di Maio e Guerini sono stati al riguardo molto chiari. Il Governo ribadisce come le chiavi di volta per la tutela della sicurezza e la difesa nazionale siano rappresentate dalla convinta adesione del nostro Paese all'Alleanza atlantica e all'Unione europea e al riconoscimento dell'Organizzazione delle Nazioni Unite quale riferimento principale di legittimazione per le questioni di sicurezza internazionale.

Entrando nel dettaglio delle deliberazioni relative alla partecipazione ad ulteriori missioni, segnalo che il Governo intende avviare nel 2021 sei nuove missioni internazionali di cui tre relative alla partecipazione di personale delle Forze armate, tre relative alla partecipazione di personale civile e delle Forze di Polizia.

Per quanto riguarda le due nuove missioni delle Forze armate, UNSOM in Somalia e EMASOH nello Stretto di Hormuz, la consistenza massima annuale complessiva dei contingenti impiegati è pari a 194 unità, mentre la consistenza media sarà di 50 unità.

La missione di assistenza UNSOM è stata istituita dalla risoluzione n. 2102 del 2013 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con il compito di sostenere l'istituzione del Governo federale della Somalia e il relativo mandato è stato da ultimo modificato e prorogato fino al 31 agosto 2021. La missione dovrà focalizzarsi, in particolare, sul garantire libere elezioni, trasparenti e credibili, in un contesto di pluralismo politico, e comprende anche l'implementazione di strategie per promuovere il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

La missione multinazionale europea EMASOH, lanciata dalla Francia a margine del Consiglio dell'Unione europea degli affari esteri svoltosi a Bruxelles il 20 gennaio 2020 e sostenuta politicamente, oltre che dalla Francia, dai Governi di Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi e Portogallo, è invece volta alla salvaguardia della libera navigazione e alla sicurezza delle navi che transitano nello Stretto di Hormuz mediante l'impiego di dispositivi aeronavali dei Paesi europei aderenti all'iniziativa stessa, e per l'attività di presenza, sorveglianza e sicurezza. In particolare, la missione ha come compito quello di tutelare il naviglio mercantile nazionale, supportare il naviglio mercantile non nazionale e rafforzare la cooperazione e le altre iniziative nell'area, nonché contribuire alla maritime situational awareness nella regione.

Per quanto riguarda questa missione, come viene sottolineato nella relazione approvata in Commissione, dovranno essere valutate attentamente le modalità con le quali dovrà essere assicurato il necessario supporto all'attività della Marina, soprattutto dal punto di vista logistico, anche in conseguenza della cessazione della fruizione della base di Al Minhad presso gli Emirati Arabi Uniti.

Relativamente alla terza missione delle Forze armate, la task force “Cedri” in Libano, ricordo invece che l'operazione ha fatto seguito all'esplosione del 4 agosto 2020 che ha devastato il porto di Beirut. Su richiesta di assistenza delle autorità libanesi, pervenuta tramite meccanismo di protezione civile UE, l'intervento è iniziato il 15 agosto 2020 e si è concluso il 21 novembre 2020, con il rientro completo del personale.

La consistenza massima del contingente delle Forze armate impiegato è stato di 404 unità. Nell'operazione sono stati impiegati, oltre alla nave San Giusto della Marina militare, con elicotteri imbarcati, un ospedale da campo dell'Esercito con personale specializzato e assetti del genio per la rimozione delle macerie, nuclei CBRN, un assetto per il trasporto di biocontenimento anche in elicottero, un team del gruppo operativo del Comsubin, un veicolo C-130 dell'Aeronautica militare e un team con compiti di force protection.

La task force ha reso possibile rimuovere 13 mila tonnellate dal porto marittimo, oltre al ripristino della viabilità ordinaria e alla demolizione di fabbricati pericolanti, liberando l'accesso ai moli. Il team di medici e infermieri militari provenienti dal Policlinico del Celio ha operato all'interno dell'ospedale da campo dell'Esercito effettuando più di mille visite specialistiche ambulatoriali e al contempo, considerato il diffondersi della pandemia, oltre 1.300 tamponi e 600 test sierologici.

Va detto e va segnalato che l'operazione Emergenza Cedri ha rappresentato il primo caso in cui si è sottoposta ad autorizzazione parlamentare un'operazione all'estero che risulta conclusa antecedentemente alla richiesta di autorizzazione. A tale riguardo, tuttavia, il Governo ha chiarito il contesto delineato che ha reso impossibile corrispondere alle unità del personale militare impiegato il più favorevole trattamento economico di missione previsto per la legge quadro sulle missioni internazionali, determinando così una disparità di trattamento rispetto ai militari dei contingenti impiegati in analoghi teatri operativi, precisando inoltre che il Parlamento non è chiamato a ratificare un intervento già concluso, bensì ad autorizzare la spesa relativa al maggior trattamento economico percepito dal personale.

Ad ogni modo, rimarco come sia necessario evitare disparità di trattamento economico, ma come sia altrettanto opportuno non attendere l'ultimo istante per dare utili comunicazioni.

Nel periodo 1° gennaio-31 dicembre 2021 il Governo intende avviare anche due nuove missioni per la partecipazione di personale civile in Libia, nelle quali sono impiegati un magistrato fuori ruolo del Ministero della Giustizia e un ufficiale della Guardia di finanza.

Per quanto riguarda le missioni di cui si propone la prosecuzione nel 2021, dai dati forniti dal Governo emerge la consistenza massima annuale complessiva nei contingenti delle Forze armate impiegate in teatri operativi, che è pari a 9.255 unità, mentre la consistenza media sarà di 6.461 unità, dati in aumento rispetto all'anno precedente.

Il maggior numero delle missioni è nel continente africano (dieci in Asia e sei in Europa). Per quanto riguarda quelle in Europa, le missioni prevedono un impegno nei Balcani ed è confermata l'immissione del contingente nazionale team di protezione cibernetica per le reti non classificate inserite nel 2020, nonché lo schieramento, a invarianza numerica, di personale nazionale appartenente alla NATO del Joint Force Command di Napoli a supporto della missione.

PRESIDENTE. Concluda.

ROBERTO PAOLO FERRARI, Relatore per la IV Commissione. Continua altresì a essere assicurata la forza di riserva di prontezza basata in Italia (600 unità della NATO), pronta a intervenire in caso di necessità.

Per quanto concerne la partecipazione alla missione dell'Unione europea…

PRESIDENTE. Ha esaurito il suo tempo: o consegna anche lei oppure si avvii a concludere.

ROBERTO PAOLO FERRARI, Relatore per la IV Commissione. Consegno l'intervento e, per concludere, cito solamente che durante il dibattito in Commissione si è svolto un approfondimento sulla missione bilaterale in Libia, relativa alla scheda 48. L'ampio dibattito ha portato all'approvazione di un emendamento che non inficia assolutamente la partecipazione delle missioni bilaterali in Libia, anzi ne prevede, a partire dal 2022 e qualora ne ricorrano le situazioni, la migliore organizzazione della catena di comando. Pertanto, confermo che l'Italia continuerà ad avere rapporti bilaterali con la Libia e si impegnerà nella formazione della Guardia costiera libica all'interno di un contesto di stabilizzazione delle istituzioni democratiche di quel Paese. L'Italia dalla Libia non se ne va.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Silvia Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il documento all'esame della Camera consiste nelle valutazioni che il Parlamento deve esprimere in merito alle missioni internazionali a cui l'Italia è chiamata a partecipare e alla relazione del Governo che contiene le informazioni relative alle missioni in corso e allo stato degli interventi di cooperazione per lo sviluppo e per il sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione.

In via preliminare, non si può che concordare con alcuni dei rilievi espressi in modo preciso dalle Commissioni riunite in congiunta e anche dai relatori, qui stamattina, in merito al ritardo con il quale il Governo ha assunto le prescritte deliberazioni e le ha inviate alla Camera. Il rapporto tra Governo e Parlamento nell'ambito dei temi che stiamo trattando, anche in relazione all'indirizzo che le Assemblee possono e devono definire in merito alle linee guida prioritarie di politica estera - quindi, alle modalità di intervento dell'Italia nelle missioni internazionali e negli altri interventi di cooperazione allo sviluppo - è e resta fondamentale soprattutto in quanto tale definizione di indirizzo possa formarsi ed essere esplicitata con i giusti tempi, consentendo, da un lato, nei fatti il dovuto controllo parlamentare e, dall'altro, l'attuazione degli eventuali aggiustamenti di indirizzo contenuti nella relazione che la Camera sarà chiamata ad approvare.

A fronte di tali valutazioni, che era necessario fossero esplicitate, come è stato fatto, anche nella relazione che ci accingiamo ad approvare e sulla quale hanno lavorato le Commissioni affari esteri e difesa - cosa per la quale voglio ringraziare sia i commissari che i relatori - occorre precisare che la deliberazione del Governo si inscrive, a parte il difficile contesto causato e ancora più confuso dall'emergenza pandemica, che in alcuni teatri risulta perfino più incisiva e determinante che in Europa e nel mondo occidentale, nello scenario di sicurezza affrontato da Unione europea e NATO, sempre più e sempre meglio chiamate a un lavoro di coordinamento strategico, anche teso a una migliore e più netta, seppur sinergica, definizione dei propri ruoli nell'ambito delle dinamiche e dei teatri su cui siamo e sono chiamate a intervenire.

In quest'ambito, quindi, nell'alveo e nel rispetto della salda appartenenza dell'Italia all'Unione europea e alla tradizione atlantica, la nostra partecipazione alle missioni internazionali deve anche inserirsi in quei contesti che sono strategici e funzionali alla tutela dell'interesse italiano e della sicurezza nazionale, quindi con il fine dichiarato di contrastare efficacemente il terrorismo e di raggiungere la maggiore stabilizzazione possibile soprattutto nell'area del Mediterraneo.

L'Italia partecipa attivamente, con le proprie risorse, a missioni in moltissimi scenari in ogni parte del mondo - in Europa, Africa, Asia - attraverso operazioni di personale civile, di polizia, di militari e con il potenziamento dei dispositivi europei e della NATO, e nell'espletamento di impegni operativi. Senza avere la pretesa di citare in questa sede tutti gli interventi del nostro personale civile, militare e di polizia, per i quali la relazione che stiamo esaminando autorizza la prosecuzione, dobbiamo senz'altro confermare che l'attenzione italiana è sicuramente altissima nello scenario libico e pieno deve essere il nostro sostegno al processo di stabilizzazione in atto in quel Paese. La missione europea Eunavfor-Med Irini, che ci vede protagonisti nell'ambito del comando operativo, affiancata alla missione ONU UNSMIL, ha come obiettivo la pacificazione intra-libica, da attuarsi attraverso l'intensificazione del dialogo necessario tanto al rispetto del “cessate il fuoco” che al disarmo delle milizie, fino a giungere allo svolgimento delle elezioni, libere e democratiche, che dovranno anche portare a condizioni tali da garantire il pieno rispetto dei diritti umani.

L'Italia, nello scenario mediorientale, resta convintamente impegnata nella missione UNIFIL, ma ha anche attivato una task force delle proprie Forze armate nell'ambito della recente “Operazione Cedri”, organizzata a seguito dell'esplosione nel porto di Beirut, con la partecipazione di 402 militari e con l'appoggio della nave San Giusto, la realizzazione di un ospedale da campo e con il personale specializzato del Genio per la rimozione delle macerie, nuclei per il trasporto in biocontenimento e un team del gruppo operativo subacquei del COMSUBIN, che ha dato assistenza e cura alla popolazione, rimuovendo oltre 13 mila tonnellate di macerie ed eseguendo supporto idrografico per i rilievi nel porto a seguito dell'esplosione.

L'Italia, poi, con la partecipazione alle missioni UNSOM e EUCAP in Somalia, mira alla piena tutela dei propri interessi strategici nel Corno d'Africa, dove desta particolare preoccupazione l'attuale crisi nella regione del Tigrai in Etiopia, oltre al contributo che il nostro Paese continua ad assicurare alla missione EUTM Somalia e all'operazione Eunavfor Atalanta, missioni, queste ultime, che impegnano fortemente i nostri contingenti anche in termini numerici e di responsabilità operative.

Le operazioni nel Sahel, soprattutto nella caldissima zona delle tre frontiere e delle aree limitrofe al lago Ciad, che vede un rafforzarsi del radicamento terroristico, soprattutto del gruppo Boko Haram ma anche di gruppi vicini al terrorismo islamico integralista aderenti allo Stato islamico, non possono non vederci continuare nel tentativo di stabilizzazione della regione, che potrebbe anche prevedere un rafforzamento del dispositivo militare internazionale, a cui dobbiamo essere preparati, pur senza abbandonare gli sforzi per il raggiungimento della pace anche attraverso l'emersione e l'analisi dei principali fattori di conflitto dell'area.

Mentre abbiamo dato corso, con il completo ritiro del nostro personale militare, alle decisioni NATO che hanno determinato la fine della missione “Resolute Support” in Afghanistan, restiamo comunque attivamente impegnati nell'area attraverso attività di cooperazione anche bilaterale tesa a sostenere il prosieguo del processo di stabilizzazione e la contestuale tutela dei diritti delle donne e delle minoranze.

Resta, poi, forte e considerevole l'impegno dell'Italia nell'area dei Balcani occidentali e nel partenariato orientale, con interventi specifici a sostegno della cooperazione a favore all'Iniziativa Adriatico-Ionica e del Fondo dell'Iniziativa centro europea e la partecipazione all'Iniziativa EMASOH, che mira a garantire la sicurezza della navigazione nello Stretto di Hormuz e che sarà probabilmente necessario rafforzare in futuro tanto in termini di mezzi che in termini logistici e organizzativi.

Nell'apprezzare le considerazioni svolte nella relazione delle Commissioni di merito, non possiamo non condividere l'assunto che la partecipazione del personale militare debba sempre più essere indirizzata anche a compiti di addestramento e di collaborazione con le autorità locali e debba porsi in sinergica collaborazione con quei soggetti che si impegnano nelle stesse aree a risolvere problemi di carattere economico e sociale. Nell'ambito dello sforzo che l'Italia profonde negli interventi di peacekeeping e di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione, è importante che parte dei fondi impegnati siano destinati agli enti multilaterali e alle organizzazioni non governative, sostenendo il sistema dei rapporti in essere con le comunità locali e l'interscambio che con esse tali enti hanno posto in essere.

Dall'esame degli atti del Governo emerge, come giustamente rilevato nella relazione delle Commissioni competenti, che un approccio corretto alla crisi debba prestare grande attenzione alla prevenzione dei conflitti, ma anche alla mediazione e alla stabilizzazione del post-conflitto, mettendo in atto quell'attività multidimensionale che l'Italia ha sempre posto in essere, anche contribuendo significativamente al Fondo fiduciario del Dipartimento per gli Affari politici, al consolidamento della pace, al Peacebuilding Fund e all'Ufficio delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio e delle atrocità di massa.

Nello stesso tempo e nella medesima ottica, sarà importante continuare a sostenere e favorire lo sviluppo della capacità sul campo e nei Paesi terzi, garantendo un impegno, la presenza nelle missioni europee e contribuendo alla intensificazione della cooperazione NATO-UE, in particolare rafforzando ulteriormente il fianco sud dell'Alleanza.

Infine, preme ricordare, da donna, il contributo significativo profuso dal personale femminile presente sul campo delle aree operative, in linea con la risoluzione n. 1325 delle Nazioni Unite, che menziona il ruolo delle operatrici, le quali contribuiscono fattivamente e in modo determinante alla risoluzione dei conflitti, per una pace durevole e che pone tra gli obiettivi anche l'adozione di una “prospettiva di genere” per una maggiore partecipazione delle donne nei processi di mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo.

In conclusione, quindi, nel ritrovarci nelle valutazioni espresse dalle Commissioni, per il tramite dei relatori, non si può non rilevare come la complessità delle instabilità e le interconnessioni tra i vari scenari necessitino di sempre maggiore coordinazione nell'ambito delle organizzazioni internazionali (UE, NATO, ONU) e, tra esse, in uno sforzo sistemico, si debbono garantire sempre più alti livelli di organizzazione, preparazione e addestramento delle nostre Forze armate, che nei teatri di crisi dovranno sempre più integrarsi con le attività di cooperazione messe in atto per il tramite delle strutture diplomatiche, ma anche attraverso enti multilaterali e organizzazioni non governative, ottimizzando l'impiego militare e sviluppando settori di influenza delle aree interessate (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Presidente, innanzitutto, vorrei iniziare questo mio intervento, salutando il sottosegretario Mulè, e ringraziare i relatori, che hanno fatto un excursus di questa complessa capacità italiana di essere presente nelle missioni internazionali; grazie alle nostre Forze armate, penso che il ringraziamento nei loro confronti non sia solo dovuto, il ringraziamento nei confronti delle nostre donne e dei nostri uomini in uniforme è, o dovrebbe essere, soprattutto, sentito. I nostri militari avranno sempre un sostegno incondizionato da parte del gruppo di Fratelli d'Italia e, ovviamente, non mi riferisco solo a coloro che operano all'estero, ma anche a coloro che operano in patria e a coloro che ogni giorno, nel silenzio, fanno il loro dovere per garantire la nostra sicurezza.

In particolare, oggi sento di ringraziare quei militari che hanno appena chiuso il teatro afgano e che non hanno ricevuto lo stesso trattamento di bentornato a casa, come è accaduto, per esempio, a Silvia Romano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). È evidente che il lieto evento che vedeva i nostri militari tornare dalle proprie famiglie non aveva, forse, lo stesso effetto mediatico. Ovviamente, non sono qui a fare polemica, ma ciò che è accaduto nei giorni scorsi non è stato affatto un atteggiamento patriottico nei confronti di chi, da oltre vent'anni, issa la bandiera italiana a migliaia di chilometri da casa, per presidiare un'area ostile, dove 53 dei nostri militari sono tornati avvolti nel tricolore, dove oltre 700 nostri connazionali sono tornati feriti e tanti sono stati i militari che hanno subito grossi problemi di salute, perché questo è il prezzo da pagare per chi va in missione all'estero.

È vero, c'è la soddisfazione di aver contribuito a realizzare un progetto, a ricostruire una scuola distrutta dalle bombe, un ospedale nuovo, c'è la soddisfazione di aver combattuto per lasciare un po' di libertà in più a chi ha scelto di vivere nella propria terra per non mettersi, magari, nelle mani di un trafficante di esseri umani, per andare a cercare fortuna in qualche altra parte del Pianeta, ma la verità è che chi non c'è stato non potrà mai capire e chi c'è stato non potrà mai dimenticare. Sto citando queste parole, che non sono mie, ma di una giornalista, una corrispondente di guerra, la dottoressa Barbara Schiavulli, che cita queste parole nel suo libro La guerra dentro, dove si parla delle emozioni, della paura, della tensione che affligge ogni singolo militare per il pensiero che, in ogni istante, possa esplodere un ordigno sulla tua strada o che un cecchino ti spari mentre cammini in un centro abitato o, nel peggiore dei casi, di venire rapito. Ecco perché, forse, sarebbe stato corretto presenziare al ritorno a casa dei nostri militari, che chiudevano l'ennesimo teatro operativo, perché è importante dare risalto alla notizia, dare risalto alla cultura della sicurezza globale, perché oggi noi stiamo votando questo, stiamo votando la sicurezza globale.

Presidente, lei sa benissimo che, ormai, questo è l'unico dibattito che consenta un confronto anche, seppur limitato, sulla politica estera, visto che non si affronta mai in maniera significativa un dibattito reale e concreto sulla politica estera del nostro Paese, nonostante sia proprio questo il tema che rappresenta maggiormente la spina dorsale della nostra Nazione verso la politica internazionale. Infatti, è sempre molto difficile rappresentare in pochi minuti la complessa questione delle missioni internazionali, soprattutto fare un intervento prettamente politico, come è stato fatto dagli altri, che non sia di parte, essendo stato in prima persona in quelli che vengono definiti teatri operativi.

Voglio ricordare che conflitti, trasferimenti forzati, disastri naturali aumentano, ogni giorno, il numero di persone che necessitano di assistenza umanitaria, che potrebbero spostarsi da una parte all'altra del Pianeta per cercare un posto dove vivere. Ecco perché, quando parliamo di missioni internazionali, tutta la politica deve schierarsi a favore e non, come abbiamo visto ieri, in Commissione, una maggioranza che si spacca, mentre i nostri militari attendono ordini da Roma, a migliaia di chilometri da casa. Ma diciamo che a questo clima noi di Fratelli d'Italia, ormai, ci siamo abituati; lo abbiamo visto anche negli anni precedenti. Ritengo che scegliere di proseguire con gli impegni internazionali sia una garanzia, e per la sicurezza della Nazione e per dare ad ogni cittadino del mondo la possibilità di vivere nel proprio Paese.

La presenza dei militari all'estero significa meno conflitti, meno crisi umanitarie, per questo i nostri militari che già oggi sono in missione all'estero devono avere il pieno sostegno del Parlamento. L'impegno dell'Italia nelle missioni internazionali e la difesa della patria sono valori ancorati ai principi della Carta costituzionale: per questo, ci aspettiamo un voto unanime e favorevole alla risoluzione per un tema che tocca l'intera umanità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ripani. Ne ha facoltà.

ELISABETTA RIPANI (CI). Grazie, Presidente. Lo scorso 17 giugno, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, ha deliberato in ordine alla partecipazione dell'Italia a nuove missioni internazionali, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 145 del 2016, la cosiddetta legge quadro sulle missioni internazionali, nonché in ordine alla relazione analitica sulle missioni internazionali svolte nel 2020, anche ai fini della loro prosecuzione per l'anno 2021, documenti di cui si deve criticamente osservare il ritardo con cui vengono sottoposti all'esame e all'approvazione parlamentare.

Il provvedimento approvato dal Governo fa riferimento al concetto di Mediterraneo allargato e autorizza, complessivamente, 40 missioni per il 2021, confermando 38 missioni internazionali già in essere nell'anno 2020 in tre continenti - Europa, Africa, quadrante mediorientale asiatico e nella regione del Golfo Persico - e l'avvio di due nuove operazioni nello Stretto di Hormuz e in Somalia. Viene confermata una consistente presenza a sostegno del Libano, un impegno deciso nel processo di stabilizzazione in zone sensibili, quali la Libia, il Sahel, l'area dei Balcani occidentali e del partenariato orientale. È giunta, invece, ufficialmente al termine la missione Resolute Support in Afghanistan, che ha rappresentato l'impegno militare all'estero più significativo delle nostre Forze armate dopo la Seconda guerra mondiale, un ventennio che ha visto l'avvicendarsi di oltre 50 mila uomini e donne in uniforme. Non può non andare un pensiero commosso alle 53 vittime e un sentimento di sincera gratitudine ai nostri militari, che hanno contribuito a gettare le basi per un futuro migliore in una zona ostica come l'Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

Il rinnovo delle missioni costituisce senz'altro la direttrice fondamentale degli indirizzi di politica estera e di difesa del nostro Paese, una politica estera che ci vede saldamente ancorati all'Alleanza atlantica e all'Unione europea. I contingenti italiani sono impegnati in scenari geopolitici internazionali complessi e mutevoli, con l'obiettivo di intervenire per contrastare il terrorismo di matrice fondamentalista, il Daesh, i traffici illeciti di esseri umani e tutti quei fenomeni che compromettano la pace, la sicurezza, i diritti umani, le libertà fondamentali, sostenendo i processi di pace e di stabilizzazione delle crisi in atto. E desidero integrare questo intervento sulla partecipazione italiana alle missioni internazionali richiamando le parole che il Presidente Mattarella pronunciò in visita al contingente italiano della missione UNIFIL in Libano, nel 2016, che racchiude il senso dell'impegno italiano: “Lo facciamo nella consapevolezza che ogni persona ha dignità da rispettare. Che i diritti umani sono indivisibili. Lo facciamo per la nostra sicurezza e quella collettiva”.

Ognuno di noi, per questo, ha il diritto di sentirsi giustamente fiero per il contributo che sta offrendo, nei diversi ruoli di ciascuno, alla realizzazione di un disegno così importante. L'Italia è protagonista nella difesa della pace e voi, in questo, siete l'Italia. Essere parte e al tempo stesso rappresentanti del nostro Paese è il motivo di un orgoglio che va oltre agli importanti simboli sulla divisa che indossate.

Votare il rinnovo delle missioni internazionali significa, allora, ribadire il ruolo imprescindibile delle Forze armate italiane, nel mantenimento della pace e della sicurezza nazionale e di quella internazionale, nella realizzazione all'interno delle aree di crisi di quelle condizioni propedeutiche alla ricostruzione di una stabilità, che è indispensabile per ogni forma di sviluppo economico, sociale e politico.

Votare le missioni significa anche riconoscere e dare continuità a quell'impegno delle nostre Forze armate, già stimato e consacrato a livello globale, che ha conferito autorevolezza all'Italia nel consesso internazionale e consolidato un'immagine seria ed affidabile del nostro Paese all'estero, ma che ci rende soprattutto orgogliosi dell'operato dei nostri uomini e delle nostre donne in divisa, che svolgono un servizio efficiente, che può farci affermare a gran voce che gli italiani, quando e ovunque siano intervenuti, hanno sempre fatto bene (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

Il voto sulla relazione delle Commissioni congiunte affari esteri e difesa, mira a dare un sostegno forte, deciso e riconoscente a chi ogni giorno mette a repentaglio la propria vita per un fine superiore, pagando spesso un prezzo molto alto in termini di vite umane, per servire la Patria e i valori che trasudano dal nostro tricolore.

Vedete, di quel tricolore, dell'unità nazionale, ci ricordiamo, purtroppo, a fasi alterne, quasi sempre scandite dalle competizioni sportive. Lo stringiamo sulle spalle durante le partite, è il protagonista delle notti magiche della nostra formidabile nazionale di calcio, che proprio domenica sera ci ha portato sul tetto d'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia), provocando l'esultanza liberatoria di un'Italia che esce a pezzi dalla crisi economica e sanitaria e grida voglia di riscatto e rinascita.

Ebbene, quello è lo stesso tricolore per cui i nostri militari rischiano la vita ogni giorno nei teatri operativi, per la nostra sicurezza, per la libertà e la pace tra i popoli. È quel tricolore che avvolge i feretri dei nostri connazionali caduti in servizio. È il tricolore della piastrina sulle divise dei militari che durante l'emergenza COVID, sempre in prima linea, hanno messo in campo quel contributo e quella logistica che ha permesso all'Italia di restare a galla.

Mentre noi conduciamo comodamente la nostra quotidianità, migliaia di militari operano in teatri complessi, in silenzio, con abnegazione, sacrificio, professionalità, competenza, obbedienza, fedeltà, disciplina, rigore, con senso dello Stato e delle istituzioni e profonda devozione per la Patria, spesso nella solitudine delle loro uniformi, senza ricevere il tifo sfrenato e il calore che avvolge gli stadi di calcio.

Le missioni non sono solamente una voce di costo per il bilancio dello Stato e i militari non sono banalmente dei numeri: rappresentano l'Italia migliore, di cui dovremmo ricordarci, come cittadini italiani, non soltanto in occasione di tragedie o di qualche ricorrenza da calendario.

Allora, questo dibattito, che nell'ottica della continuità e della responsabilità vedrà certamente il voto favorevole del gruppo parlamentare di Coraggio Italia, oltre a ribadire l'importanza strategica in chiave geopolitica delle varie missioni e dei riflessi in termini di interessi nazionali, oltre a fare emergere le classiche contrapposizioni ideologiche, diventi un'occasione, per la politica e per i cittadini, per ripristinare una giusta scala di priorità, che veda sul podio chi ogni giorno, in patria e all'estero, onora la divisa, opera per la pace e tiene al sicuro le nostre libertà e a cui noi tributiamo un plauso, ammirazione ed eterna riconoscenza (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Berti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BERTI (M5S). Grazie, Presidente. Siamo chiamati a esprimere un voto e a valutare la deliberazione del Governo sulle missioni internazionali, il cosiddetto “decreto Missioni”, un decreto che contiene un impegno di spesa per un miliardo e mezzo, che impegnerà fino a 9 mila uomini e donne delle nostre Forze armate in oltre 40 missioni.

Le missioni internazionali dell'Italia sono il nostro mezzo per difendere l'interesse nazionale in territorio straniero, avendo come bussola il rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale e degli obblighi e doveri derivanti dall'Alleanza atlantica ed europea.

In questo scenario l'Italia e i suoi uomini e le sue donne, per Costituzione, svolgono il loro dovere con disciplina e onore. Come ben sappiamo, la nostra azione militare e di cooperazione internazionale viene in sinergia con l'impegno atlantico e europeo. In questo contesto dobbiamo chiarire sin da subito che il concetto di autonomia strategica europea, sebbene debba essere ancora definito nella sua interezza, non è assolutamente in contraddizione e in conflitto con l'Alleanza atlantica, ma anzi permette all'Unione europea e ai singoli Stati di promuovere e difendere i valori occidentali in maniera più efficace, ripartendo oneri e responsabilità tra i partner transatlantici in maniera equa e sostenibile.

Come dicono però alcuni centri di ricerca, l'autonomia strategica comincia a casa, quindi, non si può definire nessun concetto geopolitico, se non si parte da una definizione del nostro interesse nazionale italiano.

Tutelare il nostro interesse nazionale all'estero non deve significare riportarci indietro nel tempo a visioni nazionalistiche di superiorità o di aggressione. Tutelare l'interesse nazionale significa affermare i nostri valori e difendere i diritti dei nostri cittadini in scenari esteri, che, inevitabilmente, che lo vogliamo o no, hanno delle ricadute nel nostro territorio e nella vita di tutti noi.

Gli scenari internazionali nei quali l'Italia opera sono il Mediterraneo allargato, il Medio Oriente, l'Afghanistan, i Balcani, l'Africa, l'America Latina e i Caraibi. Una tradizionale importanza per la nostra diplomazia la svolgono le Nazioni Unite e i consessi multilaterali.

Per ogni missione viene fatta una sintesi operativa, individuando, come prevede la legge, l'area di intervento e di sede, il mandato internazionale, gli obiettivi, la base giuridica di riferimento, la data di avvio e di termine della partecipazione italiana, il personale internazionale impiegato, il personale nazionale e i mezzi nazionali autorizzati.

Come viene sottolineato nella nutrita relazione analitica, la nostra identità mediterranea ci impone di essere attori attivi nel Mediterraneo. La lotta al terrorismo è una priorità dell'Italia e il recente impegno della Farnesina e del Ministro Di Maio nel meeting della coalizione anti-Daesh testimoniano come l'Italia sia capofila dell'impegno della comunità occidentale per la lotta al terrorismo.

Nell'operare questo costante impegno a tutela della pace e della sicurezza globale, dobbiamo ricordarci che la tattica terroristica trae la sua forza dal fondamentalismo ideologico, dall'odio settario, dalla disoccupazione e, in generale, dalla disperazione e dalla miseria, in particolare delle giovani generazioni, che si fanno ammaliare dalla propaganda jihadista; una propaganda che risuona ancora più forte dinanzi il fallimento dei vari Stati, che non riescono a garantire la sicurezza e il benessere dei propri cittadini.

Daesh, pur avendo perso la propria dimensione territoriale parastatale, riesce ancora a controllare alcune zone a macchia di leopardo. Daesh trae la sua legittimazione sulla base di una visione divisiva e conflittuale della religione islamica.

Come dicevamo, l'Italia assieme agli USA ha assunto un ruolo di leadership della anti-Daesh Global Coalition tramite l'organizzazione della riunione ministeriale del 28 giugno, dove, partecipando una parte importante della comunità internazionale, il nostro Ministro Di Maio ha ricevuto delle minacce di morte dall'ISIS e a lui va la solidarietà di questa Camera e di tutti i cittadini italiani.

Per rimanere nella zona MENA, un importante e centrale snodo dei nostri interessi commerciali energetici è svolta dalla navigabilità dello Stretto di Hormuz. La stabilità dell'area è stata fortemente compromessa, in seguito ad un attacco navale del 2019. In questo stretto passa un terzo del petrolio commerciato al mondo e la sicurezza dell'area è legata anche a un progresso nel dialogo USA e Iran, nel perimetro del Joint Comprehensive Plan of Action, e al contrasto del crimine organizzato internazionale, in accordo con la Conferenza di Palermo.

Ci sono novità anche per l'Afghanistan. Come è stato detto, a quasi vent'anni dal terribile attacco delle Torri Gemelle nel cuore dell'Occidente, la NATO ha deciso di ritirare la missione “Resolute Support”, cominciata appunto nel 2001, continuando però a supportare il processo di pace intra-afgano tra le autorità di Kabul e i talebani. In questo contesto appare fondamentale coinvolgere anche Russia, Cina, Pakistan, Iran e India, per un approccio unitario a garanzia della pace. L'Italia ha sempre posto al primo punto del proprio intervento la tutela di donne, bambini e minoranze, investendo quasi un miliardo di euro in cooperazione per lo sviluppo.

Un'altra area di importanza fondamentale per il nostro Paese sono i Balcani. Appare prioritario, oltre il finanziamento all'Iniziativa centro-europea (InCE) e all'Iniziativa adriatico-ionica, supportare il processo di allargamento dell'UE agli Stati che ne hanno fatto richiesta e ne hanno i requisiti, come la Macedonia del Nord e l'Albania.

L'Italia deve essere capofila di uno sforzo inclusivo, che deve essere necessariamente tempestivo. Più ritarderemo questo processo e più alto sarà il rischio che queste aree cadano sotto l'influenza geopolitica di grandi attori internazionali.

Assieme a questo, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) sta concretamente aiutando lo sviluppo infrastrutturale ed economico dei Balcani occidentali, della Bielorussia, della Moldavia e dell'Ucraina, a supporto della stabilizzazione della regione.

Per quanto riguarda il supporto alle organizzazioni internazionali, dobbiamo ricordare che quest'anno tocca la Presidenza italiana del Consiglio d'Europa a livello ministeriale, istituito nel 1949, primo esempio di successo di cooperazione internazionale fra gli Stati europei, e prevedrà l'organizzazione di eventi ad alto livello e iniziative con gli istituti italiani di cultura.

Andando nel continente africano, troviamo come tratto comune di tanti Paesi la rapida crescita demografica e l'instabilità politica e istituzionale. Questi fattori condizionano pesantemente la pace e, dunque, la crescita economica delle regioni. L'instabilità della regione, definita da alcuni analisti politici “Caoslandia”, si estende dal Nordafrica fino a una direttrice che taglia il continente del Golfo di Guinea, al Corno d'Africa allargato, scendendo verso sud con scontri etnici intertribali come nella Tanzania e nel Mozambico. Questi fattori rischiano di compromettere la pace e la stabilità nel lungo periodo. Nella cosiddetta zona delle frontiere Niger, Mali, Burkina Faso e nella zona del lago Ciad, cioè Nigeria, Camerun e Ciad, si registra un aumento dell'influenza di Boko Haram. In queste zone si concentrerà l'intervento italiano in un rinnovato spirito di cooperazione, specialmente tra gli Stati fondatori dell'Unione europea.

L'obiettivo principale del nostro intervento deve essere quello della pacificazione, al fine di garantire lo svolgimento delle libere elezioni democratiche, che permettano alla comunità di selezionare i propri leader e tamponare la presa del potere da parte di bande e forze armate. Nella zona del Corno d'Africa è strategico, per il nostro Paese, favorire la partecipazione e l'integrazione regionale tra Etiopia, Eritrea e Somalia; favorire una transizione del potere pacifica in Sud Sudan e in Sudan. Particolare attenzione va data alla regione del Tigrai e alla presa del potere da parte di tribù locali per interessi legati alle cave minerarie.

Nel contesto mediterraneo- africano è, altresì, strategico per l'Italia stroncare il business del traffico di esseri umani e dei flussi migratori illegali. Nonostante alcuni sottolineino come la percentuale di flussi migratori in arrivo in Europa sia soltanto il 10 per cento di tutti i flussi migratori mondiali, dobbiamo riconoscere che l'Europa e l'Italia non sono in grado di offrire quelle speranze e quelle possibilità, in termini di lavoro, che i migranti aspettano di trovare in uno dei continenti più benestanti del globo. Ultimamente, noi parlamentari siamo stati sollecitati a rivedere gli accordi italiani con la Libia e questo è stato oggetto di un acceso dibattito anche ieri in Commissione esteri.

Il tema delle migrazioni è un tema divisivo, dove spesso il conflitto ideologico e le cosiddette bandierine di partito offuscano la comprensione reale del fenomeno, nella sua complessità. In seguito ad uno sciagurato intervento internazionale nel 2011, la Libia è di fatto divisa in varie tribù e milizie; nonostante l'Accordo del 2 dicembre 2015 sul sostegno al Governo al-Sarraj e al Governo di accordo nazionale, attori internazionali, ma anche europei, hanno supportato altri attori libici, di fatto contribuendo a destabilizzare il quadro regionale. Il risultato è un processo di unificazione nazionale molto difficile, ma che l'Italia continua a sostenere e che reputa prioritario. Il fatto che oggi lo Stato libico non possa tutelare i diritti, non soltanto di chi si trova sul proprio territorio, ma anche dei propri cittadini, non può e non deve essere una scusa per voltarsi dall'altra parte in caso di violazioni gravi dei diritti umani. Come Stato e come Parlamento, non possiamo pensare che questo problema si risolva dando la possibilità a tutti i residenti nel territorio libico di venire in Europa indiscriminatamente; questa strategia l'abbiamo già provata nel periodo 2014-2017 e ne stiamo ancora scontando le conseguenze in termini di rimpatri ed espulsioni fallite per i soggetti che non solo non hanno diritto a restare nel nostro Paese, ma commettono anche crimini e minacciano la sicurezza delle nostre città. Vi ricordo le parole di un Ministro dell'Interno, meno di quattro anni fa: “Ad un certo momento ho temuto che, davanti all'ondata migratoria e alle problematiche di gestione dei flussi avanzate dai sindaci, ci fosse un rischio per la tenuta democratica del Paese, per questo dovevamo agire, e come abbiamo fatto, non aspettando più i partner europei. Quando il 29 giugno 2017 sono arrivati 12.500 migranti in sole 36 ore su 25 navi diverse” - ha ricordato l'ex capo del Viminale; sto citando un ex Ministro dell'Interno – “la situazione era davvero difficile (…) Non potevamo continuare a gestire in questo modo i flussi migratori e abbiamo agito in modo nuovo. Ora l'Europa ci ringrazia (…) Il Mediterraneo centrale è tornato al centro dell'attenzione per l'Unione europea”.

Vi ricordo che quest'anno siamo già a quota 25 mila sbarchi, circa 2 volte e mezzo in più rispetto allo scorso anno e 8 volte in più rispetto al 2019. Difendere, allo stesso tempo, i diritti umani, e l'interesse nazionale come comunità italiana e parte della comunità internazionale, significa mettere in campo un'azione totale di stabilizzazione e di institution building degli Stati di partenza. In seconda istanza, una lotta senza quartiere agli organizzatori dei viaggi della morte, i quali svolgono un ruolo logistico fondamentale nei trasporti di migranti che arrivano in Libia dopo un lungo viaggio, portando e trascinando le persone in luoghi di tortura e di privazione dei diritti, che tutti noi conosciamo e combattiamo. Chi permette ai migranti, infatti, di arrivare in Libia dagli Stati del Sahel e dalle zone dell'Asia non lo fa per garantire ai migranti un migliore stile di vita, non lo fa per garantire loro i diritti umani e di realizzazione della persona, ma usa i migranti come una merce, vendendo loro false speranze, usa le persone come un mezzo di soldi e potere, abbandonandole spesso in mezzo al mare, o in mezzo al deserto. Il caso recente, tra l'altro, dello scontro fra Marocco e Spagna per la forte ondata migratoria improvvisa da Ceuta e Melilla, ci insegna che gli interessi economici dei trafficanti di esseri umani e i flussi migratori diventano anche un'arma geopolitica per Governi senza scrupoli, che intendono esercitare pressioni sui Paesi vicini, al fine di portare avanti rivendicazioni territoriali o di potere che niente, niente hanno a che vedere con la tutela della dignità della persona e dei diritti umani.

La Libia, come abbiamo detto, è un paese di transito e di arrivo della rotta orientale: Senegal, Mauritania, Sahara occidentale, ovvero dalla Costa d'Avorio, Ghana, Nigeria, Camerun e della rotta centrale, cioè Mali, Niger e Ciad. I dati di due giorni fa del nostro Ministero dell'Interno ci indicano che gran parte degli sbarchi provengono da cittadini tunisini, egiziani o bengalesi; cittadini provenienti da Paesi che non sono in guerra e che, quindi, mettono a rischio la propria vita dall'inizio di questi viaggi della morte, che hanno come terminale, e non come inizio, la Libia. Parliamo di questi viaggi. Un viaggio dalla città di Agadez, in Niger, alla città di Sebha nel Fezzan, a sud della Libia costa dai 100 a 500 euro; in alcune zone del Mali, specialmente nella città di Gao, lo Stato del Mali, non controllando i propri confini, permette il passaggio di migranti senza controllare i documenti. Il viaggio nel deserto dell'Algeria, quindi, è un passaggio obbligato, con persone ammassate nei pick-up, con incidenti in mezzo al deserto mortali pari quanto una traversata nel Mediterraneo.

Queste sono soltanto alcune tratte e alcune caratteristiche dell'imponente tratta logistica dell'immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani, che vengono cancellati dalla propaganda di alcuni, i quali si limitano a osservare la crudeltà delle coste nordafricane e la crudeltà del viaggio dalle coste nordafricane alle coste italiane, omettendo di raccontare tutta la cattiveria presente nei viaggi in Libia, che poteva essere evitata nel caso in cui si fossero creati canali umanitari per chi ne ha diritto e si fosse smesso di facilitare il lavoro di persuasione dei trafficanti di esseri umani. Coloro che auspicano un intervento italiano - come è stato detto - anche permanente, a soccorso dei naufraghi del Mediterraneo, coloro che hanno nostalgia per l'operazione Mare Nostrum si scordano delle norme pool factor, cioè di attrazione dei flussi migratori, che un intervento del genere potrebbe creare, trascinando ancora più persone verso la sofferenza, la violenza e la morte. Persone che hanno tutto l'interesse a destabilizzare non soltanto l'area mediterranea, non soltanto la Libia, ma anche tutta la zona del Sahel. Quindi, qual è la situazione della Libia oggi? Nonostante i grandi sforzi del Governo Dabaiba e della comunità internazionale, in ampie porzioni del territorio è terra di nessuno o, peggio, un luogo dove la sovranità libica, di fatto, è sospesa. La sovranità, quindi, è in mano a tribù armate o delegata ad attori stranieri. In questo contesto, quindi, appare difficile immaginare un abbandono dell'impegno italiano, che ci allontanerebbe ulteriormente alla zona. Dobbiamo ricordare - come abbiamo detto - che in alcune zone della Libia non esiste alcun attore che può garantire l'esercizio di un potere legittimo. La sovranità libica è fortemente compromessa. Un Paese sfibrato da un intervento internazionale rivelatosi fallimentare e una guerra civile dove l'Europa - come abbiamo detto - fino a un solo anno fa non si era mostrata unita nel processo di ricostruzione democratica. Per questi motivi - lo ripetiamo ancora una volta – l'Italia si deve astenere da incentivare qualsiasi fenomeno di immigrazione che vede nella Libia il terminale finale di viaggi della disperazione. La soluzione per i problemi migratori dei rifugiati è la creazione di corridoi umanitari internazionali; non è assolutamente una soluzione incentivare pericolosi viaggi illegali gestiti da trafficanti di uomini e donne. Occorre ribadire, anche in questa sede, che l'Italia è stata sempre in prima linea per i corridoi umanitari internazionali e anche per la diplomazia, essendo stato l'unico Paese dell'Unione europea che ha mantenuto la sede aperta anche nei periodi più difficili.

In questo contesto, quindi, di fronte a questo grande impegno internazionale dell'Italia, appare inspiegabile che alcune forze politiche offrano sponda a una narrazione di un Paese, quello italiano, quel nostro Paese, che è insensibile ai diritti umani o che, peggio, ne favorisce la violazione. Tutto questo è falso e lo dimostra – ripeto - il nostro impegno nei corridoi umanitari e nel mantenimento delle relazioni diplomatiche. In questo contesto si inserisce anche il rinnovato interesse del nostro Paese per la zona saheliana e libica, dove sono impiegati anche alcuni medici militari, che hanno curato il nostro Paese durante la prima ondata di COVID, a cui deve andare un sentito ringraziamento di cuore da parte del Parlamento italiano. L'impegno totale, a 360 gradi, in tutte le sedi del nostro paese è testimoniato anche dalla nomina della collega Emanuela Del Re a rappresentante speciale dell'UE nel Sahel.

Un impegno genuino che l'Italia sta mettendo nella creazione di un interesse trasversale europeo, che però, colleghi, non deve creare illusioni circa la capacità effettiva dell'Unione Europea di mettere in campo una politica estera coerente ed efficace.

Nonostante l'Unione europea e i suoi Stati membri contribuiscano al 50 per cento degli aiuti allo sviluppo su base mondiale, la politica estera dell'Unione europea ha ancora ampi margini di miglioramento. Ciò lo testimonia il cosiddetto Sofagate in Turchia; le competenze di rappresentanza esterna dell'Unione divise tra Consiglio europeo e Commissione; il voto all'unanimità in sede di Consiglio degli affari esteri e in sede di Consiglio europeo che impedisce qualsiasi agilità e tempestività del processo decisionale; la tendenza a favorire, purtroppo, la summit diplomacy invece dello sforzo sovranazionale che, purtroppo, testimonia anche sul tema migranti, l'incapacità dei Paesi europei di ripartire i flussi migratori al suo interno.

Queste difficoltà - lo dobbiamo dire in questa sede - di creare una politica estera e di difesa comune europea sono create anche da fattori culturali, istituzionali e giuridici dovuti alle diverse tradizioni nazionali. A nostro avviso, è difficile ipotizzare che, in un solo anno, si riesca a creare un intervento europeo capace di sostituire integralmente l'azione degli Stati membri, come proposto ieri da un emendamento votato dalla Commissione. Dobbiamo però dire che questo emendamento non blocca, a partire dal prossimo anno, la collaborazione con la Libia, come è stato erroneamente detto da alcuni organi di stampa; questa valutazione sarà sottoposta a una reale verifica della possibilità e dell'opportunità di sospendere la missione italiana prevista nella scheda 48 della relazione analitica a favore di un ipotetico intervento europeo, che appare difficile per gli elementi che ho esposto finora.

Occorre ribadirlo e sottolinearlo con chiarezza: per far sì che ci sia un intervento europeo unitario in Libia, sostitutivo dell'intervento degli Stati nazionali, c'è bisogno di un accordo europeo solido, chiaro ed efficace che permetta di coniugare le diverse visioni dell'intervento nella regione.

L'Europa può e deve trovare la quadra per la pace, la stabilizzazione e la crescita economica della regione nordafricana ma l'Italia, in questa sede dobbiamo dirlo con assoluta chiarezza, non può abdicare al proprio ruolo e alla difesa dei propri interessi nell'attesa di un accordo europeo.

Pensare di invocare l'Europa ogni volta che c'è un problema che sembra troppo grande per essere risolto non aiuta né Italia né l'Unione europea.

Colleghi, i nostri padri e le nostre madri costituenti rifondarono la nostra Repubblica costituzionale sui valori dell'internazionalismo, dell'antifascismo e del pacifismo; questi valori e principi sono nel nostro DNA e soprattutto sono nel DNA della nostra politica estera. Questa fiducia negli strumenti multilaterali e sovranazionali che tutti noi abbiamo non deve in nessun modo condurre ad un'abdicazione del nostro intervento nelle aree difficili sulla base del nostro interesse nazionale che, come ho detto, contiene geneticamente il rispetto della persona e i valori di pace e cooperazione dei popoli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). La ringrazio, Presidente. In questi giorni nel dibattito pubblico e politico ha avuto giustamente rilievo la questione della missione di supporto alle autorità libiche per il controllo, in particolare, dei confini marittimi - su questo dirò qualcosa dopo, in dichiarazione di voto -, ma nel dibattito in Commissione, che ho potuto seguire, più volte ho sentito dire che in fondo quella missione riguarda l'1 per cento delle presenze del nostro Paese nel mondo attraverso le missioni internazionali.

Io, nel pochissimo tempo che ho a disposizione, mi permetto di offrire a quest'Aula un altro spunto di sguardo più integrato sulle missioni internazionali. Ritengo che, per non avere un esame schizofrenico, noi dobbiamo valutare questo documento congiuntamente a un altro documento, che è la relazione relativa all'esportazione delle armi e spero che nei prossimi mesi il Parlamento possa anche fare degli atti di indirizzo su questo.

Credo che noi dovremmo vedere qual è la lista dei Paesi in cui esportiamo più armi e raffrontarla con i nostri obiettivi, come dicevano i relatori, di favorire la stabilizzazione e una transizione ordinata. Solo così potremo capire se davvero la nostra è un'azione costituzionalmente orientata e segua i principi costituzionali.

Rapidamente sulla questione della Libia, gli ultimi Governi a partire dal 2017, ma mi verrebbe da dire a partire dal 2008, hanno seguito una strategia. È arrivato il momento di dire che quella strategia ha fallito; è stata una strategia le cui tappe sono state il Memorandum del 2017, il riconoscimento della zona SAR libica, il “decreto Motovedette” e poi queste missioni. Noi dobbiamo riconoscere che quella è stata una strategia di cooperazione internazionale, una cooperazione che però ha stabilizzato i peggiori poteri e le peggiori forze che ci sono in Libia, favorendo così un mercato che è basato sulla vendita e il traffico di esseri umani senza contrastare quel mercato, impedendo semplicemente alle persone di fuggire ed arrivare fin qui. In dichiarazione di voto avrò modo di esprimere più compiutamente il giudizio sulle risoluzioni.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giuditta Pini. Ne ha facoltà.

GIUDITTA PINI (PD). Grazie, Presidente. Interverrò sulla scheda 48, vale a dire sul rifinanziamento della formazione della Guardia costiera libica. Colleghi, una premessa innanzitutto, almeno tra di noi in questa sede: la Guardia costiera libica non esiste. Esiste una serie di milizie private che gestiscono i campi, che sono stati definiti da organizzazioni internazionali e dall'ONU lager a terra, e pattugliano contestualmente il mare di fronte a quei lager.

All'interno di quei lager le donne vengono stuprate e gli uomini torturati. Il tutto viene filmato e quei filmati vengono mandati ai parenti in cambio di soldi con la promessa poi di liberare quelle persone. Se i parenti riescono a raccattare abbastanza soldi, queste persone vengono poi messe su dei barconi e mandati a fare la traversata nel Mediterraneo; spesso e volentieri quei barconi vengono intercettati dagli stessi miliziani e vengono riportati nei lager.

Quest'anno, nel 2021, la cosiddetta Guardia costiera libica ha intercettato 15 mila persone e le ha riportate a terra; di queste, 8 mila sono scomparse. Perché, cosa succede? Accade che, se non si hanno più soldi per pagare il riscatto o se si è orfani o se i genitori non riescono più a trovare i soldi, queste persone vengano fatte semplicemente sparire, vengono vendute come schiave oppure fanno una fine che a noi non è dato sapere.

L'anno scorso questo Parlamento ha votato il rifinanziamento di questa missione con la sacra promessa che si sarebbe modificato il Memorandum Italia-Libia, che, lo ricordiamo, non è mai passato per queste Camere. Il Memorandum non è stato cambiato di una sola virgola; non solo, i dati ci dicono che la situazione nei campi e in mare quest'anno è peggiorata. Quest'anno ci si chiede di rivotare lo stesso finanziamento, con un aumento del finanziamento e con una promessa. Come hanno giustamente ricordato il relatore Ferrari e il collega del MoVimento 5 Stelle, Berti, la promessa è che cambierà la catena di comando, una cosa questa che però, di fatto, non cambia nulla. Qui c'è un problema politico. Credetemi, non ho piacere a dire questa cosa da membro del Partito Democratico. Noi non stiamo per niente valutando quello che il Consiglio d'Europa ha scritto in una lettera del febbraio 2019 al Ministro degli Affari esteri, Di Maio, con la quale si chiedeva di interrompere immediatamente ogni rapporto con la cosiddetta Guardia costiera libica. Noi non stiamo neanche mettendo in discussione il nostro rapporto con questi miliziani, noi stiamo semplicemente dicendo che cambiamo la catena di comando, tra l'altro facendo quasi sembrare che il problema non siano questi miliziani ma sia la nostra formazione. Quindi, una cosa assolutamente senza senso e ciò mi dispiace.

Quello che dovremmo fare qui è proprio valutare l'efficacia di queste missioni. Noi possiamo valutare che in questi anni queste missioni non sono state efficaci, soprattutto non sono state sicuramente efficaci per il rispetto dei diritti umani.

Questo Parlamento ha quindi oggi la possibilità di bloccare in modo selettivo, di dire in modo selettivo “no” solo al finanziamento di questa missione di formazione, di dire ad alta voce quello che ci chiedono moltissime organizzazioni internazionali tra cui L'OIM, UNHCR, l'ONU, Amnesty International, la Croce Rossa internazionale, la Mezzaluna Rossa, chiunque sia stato in Libia, chiunque abbia visto come lavora la cosiddetta Guardia costiera libica, chiunque abbia visto cosa succede in quei campi e in mezzo al mare; Guardia costiera peraltro che, quando non spara sui barconi, non esita a sparare anche sui nostri pescatori.

Cosa succede oggi? Noi oggi abbiamo la possibilità di dire basta! Il nostro Paese non sosterrà più chi viola sistematicamente i diritti umani.

Non ci sono strade in mezzo: o si vota “sì” o si vota “no” e la scelta, cari colleghi, oggi spetta a ognuno di noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI (LEU). Grazie, Presidente. In questo provvedimento sono molte le cose che non vanno. La prima tra tutte è rappresentata dal fatto che - come accade ormai da troppi anni - siamo oggi al 15 luglio (siamo già al settimo mese di quest'anno), e votiamo un provvedimento che autorizza il rifinanziamento delle missioni per tutto l'anno in corso.

Poiché il tempo è poco, mi concentrerò in particolare sull'impianto complessivo delle missioni che riguardano il rapporto tra l'Italia e la Libia in materia di cooperazione con la Guardia costiera e, più in generale, in materia di cooperazione relativa al controllo dei flussi migratori. La dico dritta, perché a volte dire le cose in modo semplice è più utile e più chiaro: rifinanziare questa missione è una scelta indecente, è l'abdicazione alla migliore cultura giuridica democratica della storia di questo Paese.

Non è un atto di cecità: chi oggi sceglierà di rifinanziare questa missione lo farà avendo avuto modo di vedere bene che cosa significhi questa scelta e quali siano stati i risultati della nostra brillante strategia pluriennale su questo fronte; in questi anni, infatti, abbiamo regalato alla cosiddetta Guardia costiera libica, le cui performance sono state efficacemente ricordate poco fa dalla collega Pini, motovedette, formazione e abbiamo scoperto che quei regali hanno prodotto in serie un meccanismo capace di alimentare il circuito perverso che fa di quella cosiddetta Guardia costiera, contemporaneamente, un corpo in divisa che, di giorno, cattura chi, di notte, ha messo sui barconi per alimentare un perverso circuito di arricchimento e di speculazione sulla vita e sulla disperazione di decine e di centinaia di migliaia di persone.

Quello che accade nei lager libici è ormai purtroppo cronaca conosciuta, quello che accade nel Mediterraneo lo è altrettanto, quello che accade, quando le motovedette che noi abbiamo regalato alla cosiddetta Guardia costiera incrociano qualche nostro peschereccio, lo è ancora una volta di più.

Bene, credo che, di fronte a tutto questo, alla catena degli orrori, alla catena dei disastri anche sul piano della strategia internazionale sarebbe ora di fare una cosa semplice: dire basta ad una missione che non ha logica - nemmeno rispetto agli obiettivi dichiarati per cui è nata - e che è contraria al diritto internazionale, all'etica, all'umanità, alla giustizia, alla possibilità perfino di interpretare correttamente il grande tema dei flussi migratori.

Signor Presidente, qui è il punto: come nasce questa missione? Nasce come nasce l'accordo, altrettanto indecente, tra l'Europa ed Erdoğan, il “dittatore”, definito così dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, per fermare, a quelle latitudini, i flussi migratori sulla rotta balcanica; nasce dentro l'idea che l'immigrazione sia emergenza, picco straordinario, emergenza a cui sia possibile rispondere in tono emergenziale, come se si trattasse di una perdita d'acqua, quella che si ferma, stringendo le viti di un rubinetto difettoso. Ma l'immigrazione è un grande fenomeno strutturale, con il quale noi, parte dell'Occidente cosiddetto sviluppato, più di altri nel mondo, dovremmo saper fare i conti, perché quei flussi migratori - che siano dovuti a guerre, spesso alimentate, come ha ricordato il collega Magi, dalla nostra scelta di continuare a commerciare in armi con Paesi che alimentano guerra e disperazione, che siano motivati dalla crisi climatica, a cui in modo diseguale questa parte del mondo contribuisce, che siano nel futuro alimentati dalla diseguale distribuzione dei vaccini, su cui anche noi non abbiamo avuto il coraggio di dire parole chiare e di agire in modo determinato in sede internazionale per la sospensione dei brevetti, che siano alimentati dalla diseguale distribuzione, sempre più importante, della ricchezza nel mondo -, hanno a che fare con le nostre responsabilità.

Concludo, signor Presidente. Nonostante lo sforzo, che pure apprezzo, dei colleghi e delle colleghe del Partito Democratico, considero anche l'emendamento approvato, francamente, non solo insufficiente, ma anche di difficile comprensione e lo dico davvero senza polemica. Perché - vedete, colleghi e colleghe - il punto non è chi addestra la Guardia costiera perché quella Guardia costiera continui a perpetrare i suoi crimini. Lo dico in modo ancor più chiaro: attenzione, o non c'è il problema, e allora la missione si rifinanzia, o c'è il problema e allora si boccia, ma, se qualcuno interviene sul problema, dicendo che lo si risolve, spostando da un'altra parte la catena di comando e la responsabilità di quella collaborazione, badate che il segnale che rischiate di mandare è che il problema non sta là, nella Guardia costiera libica, ma sta - e questo è il paradosso - di qua, in chi addestra. Ora, p non penso sia così, dico che qui c'è una sola soluzione, lo ripeto, una sola soluzione: non rifinanziare una scelta indecente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Alessandra Ermellino. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA ERMELLINO (MISTO-CD). Grazie, Presidente, colleghi. L'Italia fornisce storicamente un prezioso contributo alla costruzione della pace e della sicurezza globale, prendendo parte a numerose missioni internazionali che dovrebbero essere il frutto di scelte strategiche, operate in considerazione degli interessi vitali per il nostro Paese. In generale, a livello internazionale, ci troviamo di fronte ad una situazione di grande instabilità e la pandemia ha esacerbato tensioni su scala globale e regionale, con scenari di crisi che producono effetti diretti sulla nostra sicurezza nazionale. In particolare, il provvedimento in esame prevede l'avvio di nuove missioni internazionali e il prosieguo delle principali già in atto, partendo dal quadro principale, all'interno del Mediterraneo allargato, e con una specifica attenzione al continente africano. Ciò, a partire dalla Libia, una Nazione che vive un percorso di transizione istituzionale che deve trovare compimento nelle prossime elezioni di dicembre, percorso che rischia di essere inficiato da vari fattori, fra cui la presenza di forze straniere e mercenarie, con evidenti ricadute anche sul nostro Paese, perché la stabilità di queste aree è cruciale per il controllo dei flussi migratori dall'Africa. Si arriva poi al Libano: l'Italia gli ha fornito un primo sostegno durante la gravissima crisi derivante dalla drammatica esplosione del 4 agosto 2020 presso il porto di Beirut, grazie alla missione umanitaria Emergenza Cedri, tuttavia, nonostante gli aiuti profusi dall'Italia e da altri Paesi europei, la situazione odierna si è ulteriormente aggravata sul piano socio-economico e andrebbe necessariamente inquadrata in un complessivo e più ampio processo di sostegno e stabilizzazione delle istituzioni, ma soprattutto delle condizioni di vita della popolazione, in virtù del grande apprezzamento e delle capacità di mediazione sviluppate dalle donne e dagli uomini delle nostre Forze armate, operanti nel teatro, e dei canali diplomatici delle nostre istituzioni, attivi a livello internazionale.

I tempi non mi consentono di dilungarmi, ma ritengo che - come sistema Paese - possiamo essere orgogliosi del nostro impegno, perché, attraverso queste missioni, l'Italia esprime anche un indirizzo di politica estera e di sicurezza, forte della sua posizione centrale nell'area del Mediterraneo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Matteo Perego di Cremnago. Ne ha facoltà.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO (FI). Grazie, Presidente. Mentre discutiamo in quest'Aula delle missioni militari internazionali, vorrei rivolgere un pensiero ai 9.255, fra donne e uomini, impegnati nel mondo nelle 40 missioni militari, che ci apprestiamo ad autorizzare, e alle loro famiglie, per il grande sacrificio che questi nostri militari compiono nel mondo, a difesa della pace e delle istituzioni democratiche, e per lo sforzo con cui concorrono a creare benessere per le popolazioni locali dove l'Italia interviene.

Questo lo dico perché i nostri militari non solo sono caratterizzati da una grande professionalità ed efficacia - negli anni ciò ha generato una reputazione negli ambienti militari di assoluto rispetto per il nostro operato - ma portano, nei Paesi dove operiamo, anche quel tratto tipico dell'italianità, ovvero quel concorso di storia, di cultura, di valori, la nostra Costituzione: elementi - badate bene - non secondari, quando si decide di intraprendere una missione militare internazionale.

Questo credo sia uno degli asset principali che altri Paesi ci invidiano e che, invece, noi possiamo esprimere. Le missioni militari internazionali sono un'articolazione della politica estera del nostro Paese.

Vorrei sottolineare un aspetto: la politica estera del nostro Paese deve concorrere a sostenere l'interesse nazionale. Su queste due parole io credo che, mai come oggi, sia necessario un approfondimento. Non sempre si riscontrano definizioni univoche di interesse nazionale: l'abbiamo visto negli episodi recenti con gli Emirati Arabi Uniti, dove non c'è stata un'assoluta convergenza dell'interesse del Ministero degli Affari esteri con quello della Difesa. Invece, credo che questa sia una grande occasione per riscrivere una pagina importante della nostra storia, perché abbiamo inviato 9.255 soldati nel mondo, abbiamo chiesto ai contribuenti italiani uno sforzo finanziario di più di 1 miliardo e 200 milioni di euro, e questo, a mio modesto modo di vedere, deve generare un ritorno per il nostro Paese. Prima ho parlato del ritorno reputazionale: sicuramente, ad esempio, l'impegno militare, ventennale, in Afghanistan ha segnato la storia contemporanea di quel Paese e ha fatto vedere che cosa le nostre Forze armate sono capaci di fare, nel mondo. E a loro, a tutti quelli che hanno servito in quel teatro complesso, dove 53 soldati hanno perso la vita e 720 sono tornati feriti, con delle ferite fisiche, ma soprattutto psicologiche, che sono una delle parti migliori del nostro Paese, credo vada un profondo senso di gratitudine e riconoscenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Noi, lì, abbiamo cercato di costruire la pace, più che di vincere la guerra, perché il vero sforzo delle missioni militari è quello di costruire e rafforzare le istituzioni democratiche e politiche. E possiamo dire, con orgoglio, con vanto, di aver scritto la storia contemporanea dell'Afghanistan. E lo diciamo oggi, vedendo che cosa sta succedendo, a poche settimane dal nostro ritiro: lasciatemi dire, un ritiro che l'Italia non poteva che mettere in atto, viste le scelte a livello NATO, portate avanti, in particolare, dagli Stati Uniti. Ma questo ritiro ha fatto vedere che la nostra presenza era fondamentale, che la nostra presenza faceva la differenza, perché tutelava la vita delle persone, una tutela della vita che, adesso, invece, è minacciata dal ritorno di una terribile, terribile dittatura, che è quella dei talebani, che riporterà la condizione della donna a quella precedente al conflitto, che violerà i diritti civili delle persone. Infatti, non dimentichiamoci che, oltre agli sforzi militari, oltre alle agende della geopolitica, oggi ci dobbiamo misurare con un nemico asimmetrico, subdolo, che è quello del terrorismo, che in Africa sta vedendo una stagione di grande espansione, che parte dal Golfo di Guinea, si propaga nel Niger, nella Nigeria, nel Mali, nel Sahel, fino a sud, nel Mozambico. E tutte le volte che ci sono istituzioni politiche fragili, deboli, sono il terreno fertile per il terrorismo. E voglio unirmi anche, tra l'altro, agli attestati di solidarietà al Ministro Di Maio, che ha ricevuto minacce ignobili, che non ci devono certo intimidire da parte di ISIS; e non pensiamo, però, allo stesso tempo che questo califfato, che questa organizzazione terroristica sia sconfitta solo perché non c'è più un riferimento territoriale. È tutt'altro, ahimè. Questa è una organizzazione in crescita e per questo anche credo che sia l'occasione di portare avanti le nostre proposte di legge, di Forza Italia e del Partito Democratico, per l'istituzione della Commissione d'inchiesta sul terrorismo.

Venendo all'Africa, 17 delle 40 missioni militari italiane sono effettuate in Africa. E lasciatemi dire una questione di forma: stiamo parlando di missioni internazionali, militari, in corso per l'anno 2021 e lo facciamo a luglio inoltrato; forse, per il futuro, sarebbe meglio anticipare questo dibattito, ma questa è solo una nota di forma, evidentemente. Dicevo, l'Africa: lì ci sono i nostri interessi nazionali in gioco, lì ci sono sfide geopolitiche che mai come ora interessano un continente che sarà quello con maggiore crescita demografica nel prossimo decennio, interessato da uno sviluppo potenziale importante, ma anche da contese per l'approvvigionamento di materie prime, che vedono attori statuali, regionali, che fino a qualche anno fa non avevano l'ambizione di poter espandere in Africa la propria influenza e che, invece, oggi stanno determinando una posizione in competizione con i nostri interessi nazionali. Non dobbiamo aver paura di dire queste parole e dobbiamo soprattutto difendere un concetto, quello di esportare i nostri valori e tutelare, allo stesso tempo, i nostri interessi.

Io identifico nell'Africa un triangolo immaginario, dove a nord c'è la Libia, su cui interverrò a breve, a ovest il Golfo di Guinea e a est il Corno d'Africa, e voglio rappresentarvi un episodio di cui sono stato informato: un Premier della Somalia diceva a un nostro generale che, fino a qualche anno fa, i somali - o almeno la classe dirigente somala - parlavano l'italiano come seconda lingua; adesso questo non accade più, perché lì si è persa la nostra storica e secolare influenza. Questa credo che sia un'occasione persa per il nostro Paese, che, invece, noi cerchiamo di difendere, con la partecipazione a queste missioni internazionali, in un continente per noi strategico, da diversi punti di vista: quello degli interessi economici, quello securitario, quello della gestione dei flussi migratori; quest'ultimo credo sia un fenomeno epocale, che debba essere affrontato, ovviamente con una predisposizione, diciamo, etica, ma anche con un sano senso di pragmatismo.

Vengo, in particolare, alla Libia: una delle missioni in quel Paese è di supporto alle istituzioni libiche preposte alla sicurezza dei confini marittimi. Io ho assoluto rispetto delle considerazioni dei colleghi, però c'è un punto che ci separa significativamente. Noi crediamo, invece, che dovremmo sostenere ancora di più l'istituzione statuale libica, che è l'unica soluzione possibile alla stabilizzazione e alla salvaguardia dei cittadini. Perché, se invece, come sento dire da partiti opposti alla nostra visione politica, noi dovessimo decidere di non sostenere più la Guardia costiera libica, non faremmo altro che consegnarla nelle mani di altri Paesi - e cito la Turchia, in particolare - che sicuramente non hanno l'attitudine a tutelare i valori e l'etica, come l'abbiamo noi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Quindi, questo sarebbe un errore strategico enorme; così come, lasciatemi dire, allo stesso tempo, demandare a un organismo superiore, quale l'Europa o addirittura le Nazioni Unite, di tutelare la vita e la sicurezza dei flussi migratori in Libia, sarebbe un altro errore. Infatti, se vogliamo e se crediamo - come noi di Forza Italia abbiamo sempre creduto, in particolare il Presidente Berlusconi - che la politica estera dell'Italia sia un compito dell'Italia, noi in Libia dobbiamo essere presenti, noi dobbiamo essere quelli che addestrano la Guardia costiera libica, noi dobbiamo essere quelli che impediscono che la Guardia costiera libica agisca in un modo che non è appropriato ai nostri principi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Ma lo dobbiamo fare…

PRESIDENTE. Chiedo scusa per l'interruzione, ma dovrebbe mettere su la mascherina, grazie.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO (FI). …con assoluto senso di responsabilità, essendo noi responsabili di quello che accade in Libia. Non possiamo sempre girarci dall'altra parte e lasciare che siano altri a fare un lavoro, che, invece, spetta a noi. Noi siamo un Paese del G7, noi dobbiamo assumerci delle responsabilità, noi abbiamo ambizioni, interessi da preservare in Libia, così come abbiamo interesse che quel Paese, distrutto dalla guerra civile, torni ad essere quello che era un tempo, torni a poter garantire ai propri cittadini benessere e diritti civili fondamentali.

Un altro aspetto, penso molto importante, è quello che ci ha spinti ad aderire alla coalizione anti Daesh/ISIS in Iraq. Questa è una importante missione, in un Paese dove noi abbiamo avuto - e voglio citarlo, in questa circostanza - un episodio molto grave, nel 2019. Io voglio esprimere un profondo senso di vicinanza ai nostri incursori del Comsubin e del Col Moschin, che sono rimasti feriti in un vile attentato, nel 2019, alle porte di Kirkuk. Quello è solo un esempio del sacrificio che i nostri soldati sono chiamati a compiere a tutela dei nostri diritti e dei nostri valori.

Però, voglio tornare ancora all'interesse nazionale: noi siamo fermamente convinti che sia necessario in questa sede, il Parlamento sovrano italiano, riscrivere insieme, su due pagine, in maniera chiara e definitiva, l'interesse nazionale, far sì che certe scelte, che hanno ricadute non solo geopolitiche, non solo strategiche, non solo militari, ma sulla vita dei cittadini italiani, siano prese di concerto; che non si verifichino più, quindi, situazioni imbarazzanti, che non si verifichino più, quindi, interruzioni dei rapporti diplomatici e commerciali con importanti Paesi, come è accaduto negli Emirati Arabi Uniti.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, devo interromperla ancora, non solo per chiederle cortesemente di tirare su la mascherina, ma anche per chiederle di cambiare microfono, perché da qualche secondo c'è un fastidioso fruscio che impedisce di ascoltare la sua voce.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO (FI). Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. A lei. Prego, prosegua.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO (FI). Parlavo di interesse nazionale, di architettura nel nostro Paese. Credo che definire una maggiore verticalizzazione nelle scelte di geopolitica e di strategia nel nostro Paese a beneficio del benessere dei cittadini sia quanto mai importante oggi; lo è anche rivedere alcune scelte, come l'indirizzo strategico della nostra industria, e lo è rispondere a domande specifiche. Che cosa vogliamo fare con la complessa articolazione della difesa del nostro Paese? Qual è lo scopo della nostra politica estera? Qual è il limite dell'intervento dei nostri militari? Come ci poniamo rispetto ai nostri competitor? Noi, giustamente, difendiamo i valori e i principi della nostra Costituzione, l'articolo 1, in particolare, e gli articoli 11 e 52, allo stesso tempo, però lo facciamo in un contesto, colleghi, completamente mutato dal passato. Dove noi, in Libia, giustamente ci preoccupiamo per il destino dei migranti e per il trattamento della Guardia costiera, ci sono Paesi alleati e competitor che impiegano i contractor, che impiegano i miliziani jihadisti trasferiti dalla Siria alla Libia. Non possiamo far finta di niente. Tutte le volte che noi ragioniamo sulla Libia lo dobbiamo fare con una piena comprensione dello scenario attuale, dove ci sono influenze e interessi di Paesi che non sempre sono allineati a quelli dell'Italia, così come questo accade nel Mediterraneo. O decidiamo di restituire all'Italia quel ruolo nel Mediterraneo allargato che ci spetta per storia, per geografia, per capacità oppure, di qui a 10 anni, vedremo la nostra influenza sempre di più scemare. Noi questo non lo permetteremo, noi di Forza Italia rivendichiamo di essere stati quel partito capace, non solo di intrattenere il dialogo con le più grandi e principali potenze al mondo, ma di far sedere allo stesso tavolo due superpotenze come la Russia e la Cina. Fa sorridere, oggi, pensare che 20 anni fa, a Pratica di Mare, c'è stata una stretta di mano, grazie al Presidente Berlusconi, fra il Presidente Bush e il Presidente Putin, oggi che vediamo una Russia così lontana, vediamo l'acuirsi di tensioni fra l'Occidente e i Paesi non occidentali. Noi abbiamo il dovere e la responsabilità di difendere i nostri interessi, noi abbiamo il dovere e la responsabilità di avere una politica estera e una politica di difesa adeguate all'ambizione di un Paese grande come l'Italia. Noi dobbiamo essere orgogliosi delle nostre Forze armate, che rischiano la vita per difendere i nostri valori e i nostri ideali. Noi a queste Forze armate dobbiamo dare gli strumenti per poter operare nel miglior modo possibile e dobbiamo essere orgogliosi di quello che fa l'Italia nel mondo e di quello che farà nel prossimo decennio (Applausi

dei deputati del gruppo Forza Italia -Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH (PD). Grazie, Presidente. Inizio ringraziando per davvero tutti i nostri militari, gli uomini e le donne verso cui credo che anche questo Parlamento debba avere il più grande rispetto, che sono impegnati, giorno per giorno, nelle missioni internazionali, in un'opera che rappresenta al meglio il saper fare italiano anche in un campo così delicato e complesso come quello, per l'appunto, delle missioni internazionali. In un anno, dall'ultima autorizzazione, possiamo dire che lo scenario internazionale si è addirittura complicato. Arriviamo oggi, con questa autorizzazione che ha il compito di legittimare da un punto di vista giuridico ma, soprattutto, politico le missioni internazionali, con questo scenario e di questo scenario internazionale, come dicevo, ancora più instabile e imprevedibile dobbiamo tenere conto.

La pandemia, in questo contesto, ha aggravato la situazione, ha aggravato la situazione operativa dei nostri militari. Quindi, in cima ai nostri pensieri ci deve essere anche e soprattutto la garanzia che il sistema delle nostre Forze armate sia messo assolutamente in sicurezza da un punto di vista sanitario e da un punto di vista operativo. In questo momento, è quindi importante non chiudersi nel cortile di casa ma saper guardare oltre i confini della nostra nazione e anche oltre un interesse temporalmente immediato. In questo senso, il provvedimento non è una routine, è uno degli elementi fondamentali per esprimere in maniera compiuta la nostra politica estera in campo internazionale. Ma che cosa sono le missioni internazionali? Sono il front office, sono la parte operativa, la parte più evidente, il terminale operativo di operazioni politiche, diplomatiche e strategiche molto, molto complesse. Un lavoro complesso fatto da molte articolazioni del nostro Stato, che parte dalla visione strategica del Parlamento, che oggi noi dobbiamo esprimere, e passa per la capacità operativa del Governo di stringere accordi in campo internazionale. Lasciatemi in questo senso ringraziare - l'ho fatto per chi opera sul campo, gli uomini e le donne delle Forze armate, e lo faccio anche con chi ha il compito di dirigere - il nostro Ministro, il Ministro Guerini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) che, con la giusta sobrietà e concretezza, ha riportato l'Italia dentro il contesto naturale dell'Europa e della NATO e, oltre al Governo, chi collabora, istruisce e stringe gli accordi in campo internazionale e tutto il comparto della difesa, fatto della parte militare ma fatto anche del corpo diplomatico che tutti i giorni lavora per tessere gli accordi. Nessuno di questi comparti, di queste articolazioni del nostro Stato può agire da solo; lo dico perché, se non capiamo fino in fondo che queste sono le missioni internazionali, non capiamo come il nostro Paese possa porsi in questo ambito internazionale.

Come dicevo, nessuno può agire da solo; la sinergia fra queste articolazioni è l'elemento fondamentale. In questo senso - lo dico anche rispetto alla discussione che abbiamo avuto in queste giornate su una di queste missioni che riguarda il Mediterraneo e la Libia - tutti quanti noi dobbiamo prendere atto che è lì dentro che noi dobbiamo lavorare, che è dentro questa sinergia nazionale e internazionale che dobbiamo muoverci. Altrimenti, rischiamo, come spesso, di non garantire gli interessi nazionali, di non consolidare un'alleanza europea vera e compiuta, di non contribuire, quindi, a rendere il mondo più stabile e, soprattutto, più giusto. In questo senso è fondamentale, come dicevo, anche la nostra azione all'interno della NATO. In questo senso e solo così noi possiamo dare quella garanzia agli uomini e alle donne che poi, come dicevo prima, saranno il nostro front office, saranno quelli che in quelle azioni di missioni militari dovranno rappresentare l'Italia e, soprattutto, garantire gli accordi.

Allora, in questo contesto, per queste caratteristiche c'è l'emendamento che abbiamo voluto approvare ieri rispetto al Mediterraneo e alla Libia, considerando tutte queste pregiudiziali di cui ho detto. Credo che la sintesi dell'indirizzo politico che il Parlamento deve dare sia esattamente questa: più Europa in quell'ambito, più Europa. Superare le attuali missioni vuol dire più Europa ma vuol dire anche dare il tempo alle articolazioni dello Stato di costruire le condizioni politiche, diplomatiche e strategiche che citavo prima per arrivare a quel risultato. È esattamente quello che abbiamo voluto fare con il buonsenso e la capacità operativa che deve avere la politica. In questo senso, credo che abbiamo dato un contributo alla discussione, un contributo molto importante e approfondito per riportare anche in Parlamento questa visione di futuro rispetto alle nostre alleanze. Il Partito Democratico in questo senso è impegnato in tutte le missioni ad agire con questa pregiudiziale; è impegnato soprattutto con la forte sensibilità che ha oggi e che avrà sempre con riguardo al rispetto dei diritti umani. Per noi sono sempre al primo posto, però dobbiamo assolutamente considerare fino in fondo le condizioni di contesto; queste non possiamo mai dimenticarle.

Lasciatemi chiudere ringraziando, ancora una volta, tutti i nostri militari per l'operato e per la grande professionalità. Lasciatemi dire che soltanto se la politica saprà dimostrare questa capacità sinergica all'interno dei confini nazionali, con una capacità di ascolto forte fra il Parlamento e il Governo e con la capacità di capire quali sono i veri contesti operativi che affrontiamo, potremo essere autorevoli in campo internazionale per affrontare le sfide del futuro e potremo garantire le migliori condizioni - e credo che questo debba essere in cima agli interessi di tutti quanti noi - a quegli uomini e a quelle donne che devono rappresentare il nostro Paese in tutto il mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Erasmo Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie, signor Presidente. Come ogni anno, affrontiamo il tema della partecipazione dell'Italia alle missioni militari, che è un tema centrale perché definisce il profilo della politica estera del nostro Paese, e noi, ogni anno, lo affrontiamo sempre di più come una discussione burocratica, direi quasi tecnica, quasi un rituale stanco in cui il Parlamento viene chiamato a ratificare l'impianto delle missioni, spesso a prescindere dalla valutazione politica sulla loro efficacia, sull'efficacia della nostra presenza militare, anche in merito a cosa queste missioni hanno prodotto. Faccio due esempi, anzi sollevo due questioni che, secondo me, dimostrano questa tendenza: la prima, che veniva prima citata dal mio collega Fratoianni, è che stiamo discutendo di finanziare la partecipazione di missioni che sono in corso già da sette mesi e questa non è la prima volta, non è un problema legato alla pandemia, ma è l'ennesima volta. Ogni anno il Governo si presenta in quest'Aula per rifinanziare missioni che sono già in corso. Se oggi il Parlamento decidesse di non sostenere e di non finanziare una missione, vedrebbe violata la propria sovranità poiché questa missione è già eseguita (noi stiamo approvando un finanziamento a partire dal 1° gennaio). Questo non è un problema tecnico: è un problema politico. Lo dico agli esponenti del Governo: non è possibile continuare a discutere in questo modo di scelte già prese altrove e che il Parlamento è chiamato a ratificare. Questo riguarda la dignità di tutti i colleghi parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Partito Democratico), delle Commissioni e di chi lavora ogni anno su questo provvedimento.

La seconda questione riguarda la missione Resolute Support. Stiamo rifinanziando e approvando una missione che prevede il ritiro dall'Afghanistan. Per uno che si è sempre opposto alla presenza militare in Afghanistan, è alquanto complesso porre oggi un problema rispetto alla modalità di questo ritiro. Più che di un ritiro noi stiamo parlando di una fuga dall'Afghanistan. Io comprendo che il nostro Paese, facendo parte di un'alleanza internazionale e di organismi internazionali, debba sottostare, in qualche modo, anche alle scelte di alleati più grandi come gli Stati Uniti, che hanno deciso unilateralmente, senza neanche comunicarcelo, che si sarebbero ritirati e che addirittura già qualche anno fa avevano annunciato di avere raggiunto su questo ritiro un accordo bilaterale con i talebani. Ecco, oggi in questo Parlamento questo aspetto, il ritiro dall'Afghanistan viene approvato senza nemmeno un momento di discussione o di riflessione su che cosa ha comportato quell'intervento militare e sull'efficacia di quell'intervento militare.

Dopo venti anni dall'intervento militare in Afghanistan, noi ce ne andiamo, portando con noi i collaboratori delle nostre Forze armate, perché, altrimenti, gli tagliano la gola; da un mese, da quando è iniziato il ritiro, ci sono già 270.000 sfollati che scappano dalla violenza dei talebani che stanno riconquistando tutto il territorio, dando vita a forme di rappresaglia nei confronti della popolazione che ha aderito al processo di transizione democratica che siamo andati a difendere con le armi.

Penso che oggi almeno in questo Parlamento bisogna fare una discussione seria anche perché non mi risulta che il nostro Governo abbia posto nei consessi internazionali una questione sulla scelta di ritirarsi dall'Afghanistan in questo modo…

PRESIDENTE. Concluda.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). …e lo dico con molta chiarezza: non possiamo pensare che queste scelte siano indifferenti per noi. Non possiamo immaginare che dopo ci stupiamo quando ci saranno centinaia di migliaia di afgani che scapperanno, cercando di raggiungere l'Europa…

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). …perché, dopo che abbiamo bruciato casa loro, probabilmente verranno a cercare riparo a casa nostra (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piero Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO (PD). Grazie, Presidente. Nei pochi minuti vorrei fare due considerazioni. La prima è sulla dimensione dell'impegno italiano che stiamo per autorizzare: 42 operazioni, 27 Paesi, 9.200 nostri militari impegnati.

Siamo uno dei maggiori contributori alle operazioni di peacekeeping, di peace-enforcing, di mantenimento della pace e di stabilizzazione politica. Io credo che intanto bisogna sottolinearlo e dare all'opinione pubblica la consapevolezza di questo, perché non so fino a che punto nell'opinione pubblica ci sia consapevolezza di un impegno così straordinario del nostro Paese. Questo lo facciamo non per un desiderio di potenza, ma perché siamo convinti che nel mondo globale dell'interdipendenza non ci sono più guerre locali; ogni conflitto, ovunque accada, investe immediatamente la sicurezza e la stabilità del pianeta e di ogni area e di ogni continente ed è, dunque, una responsabilità di ogni Paese contribuire alla sicurezza. C'è stato un tempo in cui molti Paesi consumavano la sicurezza prodotta da altri; oggi abbiamo tutti la necessità di essere consumatori della sicurezza che produciamo noi stessi. Questo è il senso di un impegno così vasto.

La seconda considerazione è che questo impegno militare così vasto non sostituisce la politica; al contrario, è a supporto della politica e la sollecita. Vale per i Balcani, dove la nostra presenza, per esempio in KFOR e nelle altre missioni, è in funzione della stabilizzazione politica di quell'area in vista del processo di integrazione dei Balcani occidentali nell'Unione europea. Vale per il Libano, dove la nostra presenza è lì per contribuire a far uscire quel Paese da una crisi drammatica e soprattutto per contribuire a rilanciare un processo politico di stabilità, di pace e di dialogo in Medio Oriente. Vale per il Sahel, che è la zona che oggi è più esposta al rischio di una penetrazione della jihad e del terrorismo, dove la nostra azione per il contrasto al terrorismo si salda ad un impegno per affermare lì i diritti umani e il rispetto delle persone, nonché avviare processi di transizione democratica. Vale per l'Afghanistan, dove il termine della missione deve sollecitarci ad affrontare, come diceva il collega Palazzotto, ciò che è necessario per non disperdere quello che è stato costruito in questi venti anni, e forse andrebbe anche fatta una riflessione più di fondo. Infatti, quando ci si impegna in missioni così impegnative e si decide che quella missione volge al termine, bisogna chiedersi, però, che cosa succede dopo e come si evita che quello che può accadere comprometta quello che si è costruito. Vale, infine, per la Libia, per sostenere il processo di Berlino e il processo di transizione politica e democratica che, da qualche mese, è in corso in vista delle elezioni, il 24 dicembre di quest'anno, e soprattutto di un processo di stabilizzazione politica delle istituzioni che passa per il disarmo delle milizie, che passa per l'evacuazione dei contingenti militari stranieri, che passa per la ricostruzione di un tessuto di sviluppo economico e sociale nel Paese.

Inoltre, siamo in Libia anche per garantire che quel Paese non sia travolto dalle conflittualità che lo hanno caratterizzato per molti anni.

Certo, c'è il tema migratorio. Io voglio dire con chiarezza - lo voglio dire ai colleghi che hanno sollevato questioni relative alla Guardia costiera libica - che il problema non è in sé la Guardia costiera libica; il problema vero è che dobbiamo fare i conti e chiederci se è stata ed è efficace una gestione dei flussi migratori fondata sul contenimento dei migranti ai confini esterni dell'Unione.

Io penso che questa strategia si sta dimostrando del tutto inefficace. È inadeguata e inefficace per chi è destinatario di un contenimento in quei campi, che vive una condizione di disumanità, ed è inefficace per le relazioni politiche che i nostri Paesi hanno. Ma questo è il tema e attenzione a non confondere, come dire, la luna con il dito. Il problema è questo qui. Allora, se vogliamo affrontarlo, affrontiamo una discussione in questo Parlamento su quale strategia porre in essere per gestire i flussi migratori che vada al di là semplicemente di un contenimento alle frontiere esterne dei migranti. Io sono pronto a farla. Siamo pronti a farla tutti questa discussione e a trarne le conseguenze?

Ve lo pongo, perché non basta semplicemente dire che ce ne andiamo, ci disinteressiamo, i campi li gestisca qualcun altro; il problema è che i campi esistono - anche quando noi ce ne andassimo - e, in quei campi, continueranno le violenze di oggi. Il problema vero, allora, è come evacuiamo quei campi e li facciamo sparire, ma evacuarli e farli sparire significa avere chiaro che destino dai a quelli che sono lì oggi. E questo tema continuiamo a non affrontarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E questo tema continuiamo a non affrontarlo.

Io penso questo, quindi - e concludo -, che l'approvazione del decreto che autorizza queste missioni è un atto - sì, sono d'accordo in questo con il collega Palazzotto - che non possiamo fare in modo burocratico, perché stiamo adottando una scelta che investe il profilo internazionale del nostro Paese, una scelta di politica estera; impegna uomini, a cui, credo, dobbiamo non solo un sentimento di gratitudine, ma anche un ricordo di tutti quelli, come i 53 nostri soldati italiani, che sono caduti in Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E tutto questo lo facciamo perché l'Italia è un Paese che crede nel multilateralismo, crede nella necessità di costruire un mondo di pace, crede nella necessità di stabilizzare i processi politici, crede che sia necessario assumersi tutte le responsabilità per costruire condizioni di pace, di stabilità e di sicurezza, laddove oggi, invece, prevalgono spesso conflitti, violenza e instabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni - Doc. XVI, n. 5)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Palazzotto, Boldrini, Cecconi, Ehm, Magi, Sarli, Suriano, Termini, Trizzino ed altri n. 6-00193 e Migliore, Ferrari, Quartapelle Procopio, Maria Tripodi, Ripani, Iovino, Ermellino n. 6-00194 (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

(Parere del Governo - Doc. XVI, n. 5)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che invito ad esprimere il parere sulle risoluzioni presentate.

GIORGIO MULE', Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Il parere sulla risoluzione Palazzotto, Boldrini, Cecconi, Ehm, Magi, Sarli, Suriano, Termini, Trizzino ed altri n. 6-00193 è contrario, mentre sulla risoluzione Migliore, Ferrari, Quartapelle Procopio, Maria Tripodi, Ripani, Iovino, Ermellino n. 6-00194, il parere è favorevole.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,30).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto - Doc. XVI, n. 5)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). La ringrazio, Presidente. Intervengo per esprimere la nostra dichiarazione di voto favorevole alla risoluzione n. 6-00193, e credo che il collega Fassino ci abbia dato uno spunto importante: affrontare con realismo la questione che ci si pone davanti, nel momento in cui noi ci opponiamo al rinnovo, alla proroga e al rifinanziamento della missione di sostegno alla Guardia costiera libica. Non apro qui la parentesi se ci sia stato un finanziamento o meno: è di tutta evidenza che non c'è un bonifico intestato alla Guardia costiera libica, se questo si intendeva ieri, da parte del Ministro Di Maio, ma il sostegno c'è ed è cospicuo.

Allora, noi dobbiamo dirci che, se vogliamo affrontare con realismo questa situazione, il realismo non può partire dal dire, come fa l'emendamento proposto dai colleghi del PD e accolto dal Governo, che c'è qualcosa da verificare. Purtroppo, non c'è nulla da verificare, dobbiamo cominciare con il dire che è un po' pleonastico - consentitemi di dirlo - che tra un anno noi verificheremo. Ci mancherebbe altro. Dobbiamo cominciare con il dire che c'è stato esattamente il fallimento di quella strategia e cominciare a scrivere, anche nei documenti che noi approviamo, che bisogna lavorare, in primo luogo, per una missione di salvataggio nel Mediterraneo, visto che attualmente non c'è qualcosa di analogo a Mare Nostrum; in secondo luogo, che bisogna cominciare a lavorare a un piano di evacuazione di quei campi di detenzione.

Consentitemi, colleghi, noi non possiamo, con credibilità ed autorevolezza, chiedere il rispetto dei diritti umani in casi come quello di Zaki, noi non possiamo, con credibilità ed autorevolezza, opporci per la mancanza di rispetto dello Stato di diritto alla Polonia e all'Ungheria, se noi non vediamo l'abominio che c'è in questo tipo di partecipazioni alle missioni da parte del nostro Paese. Questo è il punto ed è un punto prettamente politico, gli aspetti tecnici si devono e si possono affrontare. Allora, a partire da oggi, quel lavoro, un lavoro che non ci porti, il prossimo anno, ad affrontare un documento di questa complessità in 48 ore. Questo è l'impegno che questo Parlamento, prima di tutto, deve prendere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Muroni. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (MISTO-FE-FDV). Grazie, Presidente. “Non so chi sia il padre, quale tra i carcerieri che ogni notte, per tre anni, mi hanno violentata, uno dopo l'altro, every night, every night, every night”. Myriama, eritrea di 22 anni, ha lasciato il suo Paese per fuggire dal servizio militare obbligatorio, si è trovata intrappolata in un lager sotterraneo della Libia, dove la luce filtrava a stento per poche ore al giorno, ammassata tra altri corpi assetati e affamati, tra chi sopravviveva e chi giaceva a terra esanime. “Di giorno mi torturavano con dei cavi elettrici”. Miryama è arrivata al presidio di Baobab experience - ieri è stato sgomberato -, con il suo piccolo bambino, un figlio che, ci dice, odia e ama assieme, che rappresenta ed esprime, allo stesso tempo, vita e morte. “Hanno continuato a violentarmi fino all'ottavo mese di gravidanza. Ero sicura che avrei perso il bambino e che, forse, io stessa non sarei sopravvissuta al parto”. Beyene nasce sul pavimento sudicio di una prigione seminterrata e, quando viene al mondo, i carnefici della madre si liberano di lui e di Myriama, li lasciano andare.

Ecco perché non possiamo votare il rinnovo della missione in Libia: perché daremmo soldi esattamente a coloro che compiono questi crimini, che riportano indietro uomini e donne disperate e li consegnano all'orrore. Ecco perché non possiamo, oggi, in quest'Aula, rinnovare gli accordi con la Libia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lupi: mi sembra che non sia presente in Aula, pertanto si intende decaduto.

Ha chiesto di parlare la deputata Ermellino. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA ERMELLINO (MISTO-CD). Grazie, Presidente. Nell'esprimere il voto favorevole a nome della componente di Centro Democratico, vorrei innanzitutto ringraziare tutte le donne e gli uomini impegnati ogni giorno nelle missioni all'estero per garantire stabilità e pace. Desidero, inoltre, condividere l'apprezzamento per l'impegno profuso in Commissione dai colleghi, dai relatori e dal Governo, relativamente, in particolare, al teatro libico, perché, grazie all'intenso lavoro di confronto, siamo giunti ad approvare il provvedimento con un largo consenso, dopo aver affrontato, con obiettività, aspetti particolarmente problematici relativi alla tutela dei diritti umani e alla possibilità di incrementare il ruolo dell'Unione europea affinché, in futuro, possa contribuire ad una stabilizzazione più duratura del Paese.

Il mio contributo relativo alla missione in Libano prende spunto dalla grande crisi che attanaglia il Paese in maniera crescente e ho ritenuto opportuno impegnare il Governo affinché si prosegua nel solco della massima attenzione, per evitare ulteriori e catastrofiche degenerazioni, una responsabilità che occorre assumere nei confronti della popolazione libanese e per garantire ai nostri contingenti sul campo di continuare ad operare in sicurezza ed esprimere al meglio le loro già apprezzate capacità.

L'obiettivo delle missioni internazionali è, innanzitutto, quello di abbassare i livelli di tensione e rafforzare i processi di pace, una necessità oggi quanto mai imprescindibile, di cui dobbiamo farci tutti i promotori, nell'attuare una politica estera adeguata ai nuovi scenari geopolitici.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Corda: non è presente in Aula, si intende decaduta.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Signor Presidente, mi piacerebbe poter affrontare in questa fase della dichiarazione di voto una discussione più complessiva sul “decreto Missioni”, sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, ma la trave che abbiamo nell'occhio ci impedisce di parlare della pagliuzza, benché la pagliuzza sia l'architrave della politica estera del nostro Paese.

Sarebbe interessante poter fare qui una discussione più approfondita, anche in questa fase, su che cosa abbia significato e che cosa stia significando la fuga dall'Afghanistan, più che il ritiro, senza alcuna valutazione politica di merito su che cosa abbiano significato questi 20 anni di intervento militare, sulle oltre 350.000 vittime civili, sul tributo di sangue pagato anche dal nostro Paese e dalle nostre Forze armate; ben 53 cittadini italiani sono morti in questo conflitto, che oggi dimostra la sua inutilità. Forse, una discussione seria in questo Parlamento, su interventi militari di questo tipo che hanno denotato la politica estera dell'Occidente nell'ultimo ventennio, andrebbe fatta perché, se dopo vent'anni e questo prezzo decidiamo di abbandonare l'Afghanistan e la popolazione civile alle ritorsioni che in questo momento stanno subendo ad opera dei talebani, qualche cosa non ha funzionato. Forse, è il caso di dirlo che abbiamo sbagliato. Forse, se in questi vent'anni avessimo evitato di fare un intervento scellerato come quello in Afghanistan, di radere al suolo l'Iraq, forse il mondo sarebbe un posto più sicuro, perché è stato dentro il disastro di quei conflitti che sono maturate le condizioni perché si insediassero organizzazioni terroristiche come il Daesh, che ha soppiantato la ben meno pericolosa, all'epoca dei fatti, Al Qaeda. Noi ci siamo ritrovati in questo. Che cosa ha determinato l'intervento militare in Libia nel 2011, a cui ha partecipato anche il nostro Paese? Forse, mentre discutiamo della Libia, che è uno dei temi centrali di questo dibattito, dovremmo ragionare e dire che è stato un errore quell'intervento militare, perché con interventi militari di questo tipo non si risolvono i problemi politici e non si risolvono i problemi di stabilità. Bisogna usare la politica e la diplomazia e bisogna usarla anche esercitando una credibilità.

Dicevo, appunto, della trave che abbiamo nell'occhio. La trave che abbiamo nell'occhio, in questo momento, è la Libia, che pone una questione enorme dal punto di vista etico e morale per il nostro Paese. Le violazioni di cui si sono rese responsabili la Guardia costiera e le autorità libiche nella gestione dei flussi migratori sono oggi sotto gli occhi di tutti. Io vorrei leggervi, perché così non sono le parole di un pericoloso estremista: “Abbiamo ricevuto notizie credibili di torture, lavoro forzato e sfruttamento sessuale ai danni di migranti per mano di trafficanti, membri di gruppi armati e forze di sicurezza, inclusa la Guardia costiera libica. La Libia non può quindi essere considerata un porto di arrivo sicuro per rifugiati e migranti. Sollecito quindi gli Stati membri di rivedere le politiche che alimentano il ritorno in Libia di rifugiati e migranti”. Questo è Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, nelle raccomandazioni al Consiglio di Sicurezza sulla situazione in Libia. Com'è che noi, che mettiamo nei nostri documenti i riferimenti alle organizzazioni internazionali e alle risoluzioni delle Nazioni Unite, ci dimentichiamo di ascoltare l'appello, quello che le agenzie delle Nazioni Unite ci dicono sulla condizione dei rifugiati e dei migranti, di uomini, donne e bambini in Libia? Come il racconto di cui ha testimoniato prima la collega Muroni, che è firmataria, insieme ad altri 30 colleghi, di una risoluzione che chiede la sospensione immediata della missione di supporto alla Guardia costiera libica. È proprio dentro quella missione, infatti, il punto nevralgico della crisi morale ed etica dell'Italia e dell'Europa rispetto alla gestione dei flussi migratori.

Vedete, noi non ne usciamo. Lo dico anche al presidente Fassino, che credo abbia centrato il punto, nel suo intervento. Il tema della partecipazione in Libia non è una questione che riguarda il processo di stabilizzazione della Libia, su cui siamo tutti d'accordo. Lo dico così: io avrei investito anche di più nel processo di stabilizzazione in Libia. Invece di farne uno di ospedale, a Misurata, facciamone dieci! Facciamo ospedali, invece di attrezzare bande di criminali che si sono organizzati nella Guardia costiera libica e che gestiscono contemporaneamente il traffico di esseri umani, la cattura di persone e la detenzione nei centri di detenzione di uomini, donne e bambini, perché devono rispondere a un'esigenza nostra, non di stabilizzazione del Paese. Questo è il punto! Questa missione fa parte di una strategia di gestione e di contenimento dei flussi migratori, che è una strategia europea che vede nell'esternalizzazione della frontiera il suo pilastro cardine. Se ci spaventiamo che, poi, In Libia a gestirli siano i turchi, non capisco perché non ci siamo spaventati quando abbiamo sottoscritto l'accordo Unione europea-Turchia per respingere i rifugiati siriani (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Partito Democratico), che cercavano di scappare da una guerra che noi abbiamo contribuito, con le scelte di politica estera, ad alimentare.

Questo è un punto. Allora, questo è il tema oggi: è un costo moralmente accettabile per tutti noi, in nome del contenimento dei flussi migratori, alimentare questo sistema di violazione continuativa di diritti umani e di diritti fondamentali di uomini, donne, bambini, indifferentemente, che avviene in Libia? Non è possibile non vedere il nesso causale tra quella violazione sistemica e il supporto operativo e logistico al coordinamento delle catture in mare che noi facciamo con questa missione - la scheda n. 48 - e che facciamo anche con parte delle altre missioni, su cui appunto chiederemo il voto per parti separate perché sono parte di un processo più grande, che ha come obiettivo il contenimento di persone che fuggono da luoghi di detenzione e di tortura.

Questo è il punto politico! Lo vogliamo affrontare seriamente in quest'Aula? Perché altrimenti è una finzione ed è una finzione l'emendamento che dice che dall'anno prossimo, in linea di ottimizzazione della catena di comando, lo spostiamo sotto Eunavfor-Med. Il problema è la Guardia di finanza, il problema è il meccanismo che abbiamo messo in campo, che contribuisce a destabilizzare la Libia. Si tratta di un circolo vizioso, un circolo infernale in cui le stesse reti criminali, che organizzano il traffico di esseri umani, gestiscono la Guardia costiera, gestiscono i centri di detenzione, riscuotono i riscatti delle persone che devono fuggire e riscuotono i soldi per le motovedette che noi diamo loro.

C'è un problema enorme, è una trave enorme nel nostro dibattito! La possiamo rimuovere con un tocco di ipocrisia, dicendo che garantiremo i diritti umani? Abbiamo assistito in quest'Aula alla Ministra dell'Interno, che è venuta a dirci solennemente che si sarebbe rivisto il Memorandum per garantire i diritti umani. È passato un anno e mezzo e non sappiamo niente di quella revisione. Ci è stato detto che si sarebbe chiesto all'UNHCR e alla OIM di garantire i diritti umani nei centri di detenzione in Libia. Sono venuti in Commissione a dirci che non si può garantire niente, che là dentro c'è un metro quadrato di spazio per quattro persone, che devono fare a turno tra chi si siede e chi sta in piedi; e vivono così, in detenzione, per anni. Ce l'hanno detto le agenzie delle Nazioni Unite, non ce l'hanno detto le ONG che rischiano la loro vita, e i processi, per andare a salvare quelli che riescono a scappare dagli aguzzini e dai torturatori della Guardia costiera libica.

Questo è il nodo politico. Noi possiamo rimuoverlo, possiamo far finta che non esista, possiamo cercare di giocare con le parole. Ha detto, ieri, il Ministro Di Maio: “Noi non li finanziamo”. Come no? Abbiamo speso 50 milioni di euro in tre anni per addestrarli e per dar loro le motovedette, che sono le stesse, che abbiamo visto in un video diffuso qualche giorno fa, che tentano di speronare e di affondare, sparando, un'imbarcazione con a bordo uomini, donne e bambini. Sono le stesse! La Ubari 660! Nel 2018, in quest'Aula abbiamo votato per consegnarla alla Guardia costiera libica ed è la stessa che ha sparato sui pescherecci di Mazara del Vallo. Gli uomini che stanno su quelle motovedette sono quelli che da quattro anni addestriamo! Allora, se sparano sui pescherecci e sparano su donne e bambini, forse qualcosa non ha funzionato nell'addestramento o, forse, in realtà, se sono bande di criminali, è inutile che li addestriamo. Il loro obiettivo in quel momento era fermare quelle persone, perché lo chiede l'Italia, perché lo chiede l'Europa, perché a loro di fermarli non gliene frega niente!

Allora, questo è il nodo politico che io vi pongo: è un costo accettabile per noi? Per la nostra coscienza? Per la civiltà giuridica di un Paese che ha visto nell'emigrazione la sua fondazione? C'è un altro continente pieno di italiani dall'altra parte dell'oceano e sono partiti così, per scappare dalla miseria. Siamo un popolo di migranti e ce ne stiamo dimenticando e pensiamo che possiamo costruire un muro immaginario nel Mediterraneo, facendo finta di niente.

Concludo, Presidente. Noi abbiamo l'obbligo morale - perché le questioni si affrontano, come ha detto il collega Fassino - in primo luogo di rispondere a un'emergenza umanitaria. Quella in Libia è un'emergenza umanitaria ed è un'emergenza di civiltà. Quindi, quei centri vanno svuotati. Nella seconda guerra mondiale gli inglesi organizzarono Dunkerque per salvare le persone che cercavano di sfuggire dal nazismo, non hanno organizzato una missione di contenimento dei profughi che scappavano dalla tragedia del nazifascismo!

PRESIDENTE. Concluda.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Dobbiamo svuotare quei centri. L'Europa se ne deve far carico, sono poco più di 5.000 persone…

PRESIDENTE. Ha esaurito il suo tempo.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Sto concludendo. Dobbiamo ripristinare una missione di soccorso in mare, perché sono morte 600 persone solo nei primi sei mesi di quest'anno. Dobbiamo affrontare in sede europea una discussione seria su come si gestiscono i flussi migratori e su come si accolgono le persone che vengono soccorse. Nel frattempo, però, non possiamo accettare di continuare a finanziare e sostenere un sistema che viola i diritti umani delle persone (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e di deputati dei gruppi Partito Democratico )

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Emilio Carelli. Ne ha facoltà.

EMILIO CARELLI (CI). Grazie, signor Presidente. Coraggio Italia vota a favore della deliberazione del Consiglio dei Ministri che ha deciso di estendere, per un altro anno, la partecipazione dell'Italia ad ulteriori missioni internazionali. La nostra adesione è motivata dall'importanza che queste missioni rivestono per il progressivo superamento delle crisi in atto, per la cooperazione e lo sviluppo internazionale in contesti che rivestono particolare interesse per la sicurezza nazionale, sia dal punto di vista politico che economico e per il prestigio che queste iniziative conferiscono al nostro Paese nel quadro internazionale.

La deliberazione sulle missioni internazionali si inserisce, inoltre, in uno scenario di sicurezza reso ancora più complesso e difficile dall'emergenza COVID e all'interno di una rafforzata cooperazione fra Unione europea e NATO, entrambe impegnate in un deciso processo di revisione strategica per incrementare le sinergie virtuose e tracciare meglio i rispettivi ruoli nell'ambito delle dinamiche globali attuali.

Diventa difficile non sottolineare che, anche quest'anno, il documento sia arrivato in Parlamento con un enorme ritardo, costringendo ad una compressione dei tempi, laddove, invece, sarebbe auspicabile un dibattito più approfondito non solo sui provvedimenti nel loro complesso, ma anche uno, di maggiore dettaglio, almeno sulle missioni più importanti. Ritardo che rende ormai priva di senso la richiesta al Parlamento di approvare il finanziamento a favore dell'operazione in Afghanistan, una missione che, invece, si è appena conclusa e sulla quale ormai il Parlamento non potrà più certo dire nulla. Fortunatamente il nostro Paese resta, comunque, impegnato, anche sul piano bilaterale e della cooperazione allo sviluppo, al sostegno del processo di pace infra-afghano, della società civile e dei diritti fondamentali, in particolare per la tutela delle donne, dei minori e delle minoranze etniche. Nel Mediterraneo allargato le missioni internazionali rivestono sicuramente un ruolo importante e decisivo a supporto della nostra strategia multidimensionale tesa, nel lungo periodo, a contribuire alla stabilizzazione dei Paesi che si affacciano sulle sponde sud ed est del Mediterraneo, valorizzando l'integrazione tra la componente civile e militare dei nostri interventi e mettendo a sistema gli accordi multilaterali incentrati sulla regione in cui il nostro Paese svolge un ruolo chiave. In questo scenario è importante che l'Italia sostenga con convinzione il processo di stabilizzazione in Libia, assicurando il sostegno ai negoziati, nel contesto della Conferenza di Berlino, e all'operazione Irini, di cui ospita il quartier generale e a cui fornisce il comando operativo.

L'obiettivo primario è quello di promuovere cooperazione e stabilità nell'area e assicurare le condizioni favorevoli allo svolgimento delle elezioni nazionali, previste il 24 dicembre 2021, per le quali è essenziale contenere la violenza delle milizie. Giustamente è importante ricordare - come è stato ricordato da molti colleghi in Aula che mi hanno preceduto - la violenza delle milizie dei gruppi armati dei combattenti stranieri. Quello che penso è che quest'Aula dovrebbe accogliere l'appello che è stato rivolto da molti colleghi che mi hanno preceduto, magari a dedicare una sessione di lavori alla sistematica violazione dei diritti umani in Libia, approvando eventualmente un documento all'unanimità che, in qualche modo, vincoli il Governo a trovare soluzioni e a fare interventi precisi in questo senso.

Anche sul fronte mediorientale, ancora fortemente instabile, riteniamo fondamentale l'impegno a sostegno del Libano, dove l'Italia resta impegnata nella missione UNIFIL e ha contribuito a favorire il superamento della gravissima crisi socio-economica scoppiata dopo l'esplosione del 4 agosto 2020 nel porto di Beirut.

Essenziale e prezioso resta l'impegno italiano dal punto di vista sia militare che civile nella lotta al terrorismo di matrice fondamentalista e al Daesh. Questo ancora di più dopo le nuove minacce rivolte, negli ultimi giorni, alla città di Roma e al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio da parte dell'ISIS, che risulta essere ancora attiva in Siria, Iraq e Africa saheliana e occidentale. Importante è ancora il sostegno politico alla missione europea nello Stretto di Hormuz e alla missione in Somalia per la tutela dei nostri interessi strategici del Golfo e nel Corno d'Africa e, infine, Coraggio Italia vuole esprimere vicinanza e solidarietà a tutti gli uomini e alle donne che compongono le nostre missioni internazionali, ricordando tutti i caduti (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia), in particolare i caduti in Afghanistan.

Concludendo, Coraggio Italia crede e fonda la sua visione politica sui valori dell'europeismo e dell'atlantismo e per questo ritiene la proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali un segnale importante, nell'ottica di una ritrovata intesa fra i Paesi dell'Unione europea e gli Stati Uniti, in contrapposizione a tutti quei Governi e regimi che non rispecchiano i nostri valori e calpestano i diritti umani e civili dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Giuseppina Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Grazie, Presidente. Governo, colleghe e colleghi. Innanzitutto, in via preliminare, non posso non concordare con le posizioni già espresse dai relatori e da chi mi ha preceduto sul forte ritardo col quale il Governo ha assunto le prescritte deliberazioni e le ha inviate alle Camere. I temi trattati e la delicatezza degli stessi richiedono certamente giusti tempi di discussione. Ciò detto, la deliberazione si inscrive certamente in un difficile contesto, reso ancora più confuso dall'emergenza pandemica e in uno scenario, però, di sicurezza affrontato da Unione europea e NATO sempre più e sempre meglio chiamati ad un lavoro di coordinamento strategico teso anche ad una migliore, più netta e sinergica definizione dei propri ruoli nell'ambito delle dinamiche e dei teatri su cui siamo e sono chiamati a intervenire.

In questo ambito, nell'alveo e nel rispetto della salda appartenenza dell'Italia all'Unione europea e alla tradizione atlantica, la nostra partecipazione alle missioni internazionali deve anche inserirsi in quei contesti che sono strategici e funzionali alla tutela dell'interesse italiano e della sicurezza nazionale, quindi, con il fine dichiarato di contrastare efficacemente il terrorismo e di raggiungere una maggiore stabilizzazione possibile, soprattutto nell'area del Mediterraneo.

Non avrò la pretesa di scendere in maniera analitica e dettagliata, perché è stato già fatto in tutte le missioni a cui l'Italia parteciperà, ma non posso non condividere l'assunto secondo il quale la partecipazione del personale militare debba essere sempre più indirizzata anche a compiti di addestramento e di collaborazione con le autorità locali e si debba porre in sinergica collaborazione con gli attori che si impegnano in quelle stesse aree a risolvere problemi di carattere economico e sociale. L'Italia profonde un grande sforzo negli interventi di peacekeeping e di collaborazione allo sviluppo e al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione; è importante che parte dei fondi impegnati siano destinati agli enti multilaterali e alle organizzazioni non governative, sostenendo il sistema di rapporti in essere con le comunità locali e l'interscambio con esse che con tali enti hanno posto in essere. È necessario un approccio corretto alle crisi che deve prestare grande attenzione alla prevenzione dei conflitti, ma anche alla mediazione e alla stabilizzazione post-conflitto, mettendo in quelle attività multidimensionali, che l'Italia ha sempre posto in essere, grande attenzione.

Sarà importante, dunque, continuare a sostenere e favorire lo sviluppo delle capacità sul campo e nei Paesi terzi, garantendo la presenza nelle missioni europee e contribuendo all'intensificazione della cooperazione NATO-Unione europea, rafforzando il fianco sud dell'alleata.

Da donna non posso far riferimento al significato profondo profuso dal personale femminile presente sul campo nelle aree operative che pone tra gli obiettivi anche l'adozione di una prospettiva di genere per una maggiore partecipazione delle donne nei processi di mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo.

Non possiamo non rilevare come la complessità delle stabilità delle interconnessioni tra i vari scenari necessiti di sempre maggiore coordinazione nell'ambito delle organizzazioni internazionali: Unione europea, NATO e ONU.

Condivido certamente le considerazioni espresse dal Capo di stato maggiore della Difesa, con particolare riferimento alla necessità di una sempre maggiore integrazione delle operazioni sia fuori dai confini nazionali che delle attività di cooperazione internazionale, al fine di sviluppare influenze e ottimizzare l'impiego dello strumento militare per salvaguardare in maniera più diretta e incisiva i nostri interessi nazionali. Farò solamente un breve cenno a ciò a cui ormai è stato dato corso, cioè al completo ritiro del nostro personale militare, in sintonia con le decisioni NATO che hanno determinato la fine della missione Resolute support in Afghanistan, ma ci tengo a precisare che in quest'area restiamo comunque attivamente impegnati attraverso un'attività di cooperazione, anche bilaterale, tesa a sostenere il prosieguo del processo di stabilizzazione e la contestuale tutela dei diritti delle donne, dei minori e delle minoranze. L'impegno in Afghanistan dell'Italia è considerevole anche sotto il profilo della cooperazione allo sviluppo e grazie ai fondi stanziati sono state realizzate delle infrastrutture capaci di migliorare la rete dei trasporti. È necessario, forse, un approfondimento, anche da parte del Parlamento, su bilancio di una presenza ventennale in quella sede e, a questo riguardo, ricordo le 53 vittime a cui va il nostro sentito ringraziamento.

Da ultimo, non posso non far cenno all'attenzione principale dell'Italia allo scenario libico, dove deve essere pieno il nostro sostegno a quel processo di stabilizzazione che è in atto nel Paese. La missione Irini ci vede protagonisti nell'ambito del comando operativo e ha come obiettivo la pacificazione intra-libica, da attuarsi attraverso l'intensificazione del dialogo. Noi siamo tutti mossi dall'interesse nazionale, che è quello di stabilizzare e rafforzare le strutture e le istituzioni libiche fino a giungere allo svolgimento di elezioni libere e democratiche, che dovranno portare a garantire condizioni di pieno rispetto dei diritti umani. Nonostante in Commissione ci sia stato un passo in avanti con l'approvazione dell'emendamento che propone di trasferire le funzioni di formazione e assistenza alle missioni internazionali di cui già facciamo parte, proprio perché l'obiettivo è consolidare il ruolo dell'Italia in Libia, razionalizzando la struttura di comando e potenziando il ruolo europeo, nel contempo riteniamo necessario ribadire la nostra scelta di non partecipare al voto sulla scheda 48, ritenendo indispensabile esercitare la massima pressione dell'Italia per prevenire le violazioni inaccettabili e sistematiche dei diritti umani e di tutti quei comportamenti criminali come quelli che abbiamo letto sulla stampa sul tentativo di affondamento del barcone di migranti da parte della Guardia costiera libica (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Voteremo comunque a favore della risoluzione di maggioranza perché noi siamo in piena coerenza con il sostegno all'azione del nostro Paese nelle missioni internazionali e soprattutto nel pieno appoggio al Governo Draghi (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Salvatore Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie Presidente, Fratelli d'Italia voterà a favore della risoluzione presentata dalla maggioranza, e ovviamente contraria a quella alternativa del collega Palazzotto e altri. Faremo ciò non perché non abbiamo visto delle incongruenze, nonché degli errori, come il fatto di presentare, come sempre, in ritardo questa relazione, ma lo faceva anche il Governo Conte e pertanto non è una novità (questa abitudine noi l'avevamo fatta notare anche con i precedenti Esecutivi e capiamo benissimo la necessità di presentarle in ritardo a causa di tempi stretti). Noi, che siamo opposizione, non ambiamo - non lo abbiamo mai fatto - a sederci ed avere una poltrona comoda in maggioranza, magari per spartirsi qualche nomina o partecipare al banchetto delle nomine. Poi, però, in Aula, quando si parla delle missioni internazionali, quando parliamo dei nostri militari, di come saranno impiegati i nostri militari, tiriamo fuori tutti gli stracci da far volare in questa maggioranza divisa, che oltraggia anche l'impegno dei nostri militari chiamandoli complici di quello che succede in Libia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Dei parlamentari italiani, che poi esprimono anche il Ministro della Difesa, ci chiamano complici: noi parlamentari siamo complici; siamo come colui che presta una macchina ad un amico che va a compiere un omicidio; abbiamo assistito a questo in Commissione. Io applaudo alle parole del collega Fassino: noi abbiamo l'onestà intellettuale di riconoscere come un esponente del Partito Democratico, che esprime il Ministro della Difesa, deve anche difendere l'operato del proprio esponente del proprio Governo. Dico ciò anche quando si parla in un contesto dove si dovrebbe registrare un voto unanime perché ci sono i nostri militari che, per colpa della politica, dal 1° gennaio sono impegnati in missioni internazionali per tutelare la nostra sicurezza e quella del popolo italiano e per difendere i nostri interessi. È bello festeggiare in Italia la libertà conquistata, la vittoria dell'Europeo, quando ci sono i nostri militari che ci garantiscono quella sicurezza e vanno a difendere gli interessi nostri e delle nostre industrie (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Non sentiamo parlare e nessuno si preoccupa che gli organici dei nostri militari sono sempre più vecchi e, conseguentemente, ci dobbiamo impegnare per approvare in fretta la legge n. 244 come stiamo facendo in Commissione difesa: no, ci preoccupiamo dei migranti.

Noi parliamo sempre di migranti: noi qui, nelle missioni internazionali, il problema sono i migranti in Libia. Non ci preoccupiamo che parti della maggioranza tifano per quel regime cinese che sta destabilizzando l'Africa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); non ci preoccupiamo di chi è tifoso di Soros e si preoccupa invece dell'Ungheria, o si preoccupa dei diritti in Ungheria quando in Cina e a Cuba stanno massacrando il popolo che manifesta per la libertà (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ascoltiamo anche la lezione sulla Siria quando era il Partito Democratico e altri che tifavano per le Primavere arabe contro il regime di Assad e qui ospitavano quelli che poi sono stati travolti dai terroristi islamici. Ascoltiamo la lezione di moralità, ovviamente sulla pelle dei nostri militari, perché la preoccupazione non è se quelli torneranno vivi, se e come torneranno. Dell'Afghanistan noi giustamente ci preoccupiamo e, a questo riguardo, io sono orgoglioso di aver presentato per primo un question time per il gruppo di Fratelli d'Italia per sapere che fine facevano gli interpreti che ci avevano dato una mano; un question time in cui si chiedeva che questi non dovevano essere qui accolti come profughi ma con tutti gli onori, come dei lavoratori che avevano servito la nostra patria (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ma noi, ovviamente, dobbiamo sentire lezioni morali da chi aspetta il palcoscenico mediatico delle missioni internazionali e poi, tutto il resto dell'anno, siede in maggioranza per continuare a parlare delle nomine Rai, per continuare a parlare delle altre nomine, quelle del sottobosco nelle grandi industrie della difesa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Poi si sceglie il palcoscenico quando invece dovremmo dire un grande grazie prima di tutto ai nostri uomini e alle nostre donne e soprattutto garantirgli la sicurezza in queste missioni internazionali. Mi chiedo anche come mai questa maggioranza, così vivace quando si tratta della difesa, non parla mai del grande assente, del Ministro Di Maio: qual è la politica estera dell'Italia, quali sono le scelte? Circa i rapporti con la Turchia, qui il Ministro Di Maio ci aveva spiegato che non bisognava usare parole troppo forti con un nostro alleato della NATO. Poi sentiamo il Ministro degli Affari esteri turco che ci spiega che il problema dei migranti non è la Libia, ma l'Unione europea, che è totalmente assente dalla gestione dei migranti. Però, poi, noi ci vantiamo che in Europa ci siamo fatti sentire sulla questione dei migranti. Avete detto che Draghi ha conseguito una grande vittoria sui migranti: allora, non è vero? Perché l'Europa è assente sulle migrazioni. Questo provvedimento Fratelli d'Italia lo avrebbe potuto facilmente affossare presentando una marea di emendamenti sul blocco navale, sul problema del Mediterraneo, sul problema che nel Mediterraneo ci sono dei traffici con l'Algeria che vanta dei possedimenti marittimi fino alla Sardegna, nonché evidenziando altri problemi. Con spirito di lealtà non l'abbiamo fatto, perché oggi, noi, in questo contesto, a mio avviso, dovremmo dare un messaggio unanime: noi siamo con i nostri militari e l'Italia va avanti unita per difendere la sicurezza, la libertà e per cercare di fare quello per cui ci ringraziano l'ambasciatrice del Libano, ci ringrazia il popolo libanese, ci ringrazia ogni popolo dove noi siamo presenti, chiedendoci di rimanere.

In Iraq non ci hanno chiesto di scappare, non ci hanno chiesto di andarcene; in nessun Paese ci hanno chiesto di andarcene per il comportamento esemplare dei nostri militari che, oltre a portare delle armi e garantire la sicurezza, portavano viveri, portavano benessere, portavano sorrisi.

È per questo che è veramente vergognoso che vengano fatte polemiche in questo contesto, quando si parla di autorizzare e finanziare missioni internazionali, nelle quali loro sono impegnati in prima persona, portando la nostra voce, il nostro lavoro e la nostra volontà.

Parliamone. Saranno aumentati gli stanziamenti per la sicurezza dei nostri militari? Sarà portata a conclusione in questo mandato - ci prendiamo l'impegno, in quest'Aula, di velocizzare i tempi - la modifica alla legge n. 244 del 2012 sugli organici? Così non manderemo in missione militari sempre più anziani e sempre più con problemi familiari; li manderemo con dotazioni nuove, con armamenti, perché ci si preoccupa qui del mercato delle armi, che vendiamo fuori, senza capire che noi dobbiamo garantire ai nostri militari una dotazione e degli strumenti agevoli, maneggevoli, funzionali, come ce li hanno in tutti gli altri Paesi del mondo. Infatti, gli altri stanno comprando, si stanno armando, e non per forza per offendere, non per forza per fare guerra, non per forza per portare violenza, ma per difendersi - è questa la notizia - da chi della diplomazia non se ne fa niente e non l'apprende, perché poi con i terroristi dell'ISIS non si può usare la diplomazia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), con i terroristi che vogliono destabilizzare l'Africa non si può parlare, con i trafficanti umani non si può parlare, né si può usare la diplomazia. A volte, purtroppo, bisogna reagire e dobbiamo difendere gli innocenti, come stiamo cercando di fare, come sta cercando di fare anche la nostra Guardia costiera perché, quando dite che nel Mediterraneo non c'è nessuno che salva le vite umane, state sputando sull'impegno dei nostri uomini e delle nostre Forze armate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Andate a visitare la Guardia costiera, il centro dove lavorano, il centro di crisi, dove vedrete quante navi passano nel Mediterraneo, quali sono i problemi per recuperare, a volte, dove vedrete i comportamenti scorretti delle navi ONG, che vanno lì a cercare - non a salvare, a cercare - i migranti da salvare, a cui magari dicono anche: “non fermatevi a Malta, ma andate dritto per l'Italia”. Andate a vedere, nella realtà, chi salva le vite umane e andate a vedere anche i dati, studiatevi i dati: quando parlate di porti aperti, i morti in mare purtroppo aumentano, perché si incentivano i viaggi della speranza, si incentivano quei viaggi che sono, a volte, purtroppo irresponsabili, per le condizioni del mare.

In altra sede, noi dovremmo parlare della politica migratoria, raccogliamo l'invito del collega Fassino, siamo pronti a parlare del problema migratorio, non abbiamo timori e non abbiamo sicuramente una carenza di argomenti, anzi: noi non aspettiamo questo momento per parlare di questo problema. Noi qui ringraziamo, ancora una volta, le nostre Forze armate e le ringraziamo per tutto il loro operato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Maria Tripodi. Ne ha facoltà.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretari, la partecipazione italiana alle missioni internazionali conferma l'importanza del contributo offerto dalle nostre Forze armate nella stabilizzazione di quelle aree di crisi, le cui dinamiche interne possono avere ripercussioni per la sicurezza internazionale e la salvaguardia degli interessi vitali dell'Italia. Un contributo, quello delle missioni, che ha sempre riscontrato l'apprezzamento generale, sia dai nostri partner internazionali sia dalle popolazioni locali che sono venute in contatto con le donne e gli uomini della nostra Difesa. Ritengo doveroso, Presidente, porgere loro, qui in quest'Aula, il più sentito ringraziamento e la riconoscenza più viva (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), così come ritengo fondamentale rivolgere un commosso e grato pensiero ai caduti di ogni tempo. Lo faccio, colleghi, consapevole che alle bieche strumentalizzazioni di sorta quando si dibatte di missioni dobbiamo rispondere con fermezza. In particolare, mi corre l'obbligo di ricordare a chi mi ha preceduto e ai quanti reputano che la nostra missione in Afghanistan sia stata una disfatta o una perdita di tempo, culminata con una fuga, come invece sia l'esatto opposto. L'Italia, con le migliaia di uomini che si sono avvicendati, in vent'anni, in quel Paese, ha contribuito a far conoscere al popolo afgano l'inizio di un progresso sociale. Lo ricordo per amor di verità, anche in memoria dei nostri 53 caduti e di quei 753 feriti, che quella missione ha comportato per il nostro Paese. L'impegno in Afghanistan - così come ribadito dal Governo, più volte - continua, perché l'Italia non scappa, né rifugge, ma è proiettata a portare avanti una cooperazione e programmi volti a cementare il legame tra i due Paesi e l'assistenza a quel popolo.

Signor Presidente, dal provvedimento che stiamo esaminando, così come dalle audizioni che si sono susseguite - quella del Capo di Stato maggiore Vecciarelli su tutte - si evince con chiarezza la complessità dell'attuale scenario internazionale e il contesto globale di forte cambiamento, con l'emergere costante di minacce nuove, soprattutto di natura asimmetrica o ibrida, oltre all'intensificarsi della forte competizione tra le potenze. Particolare attenzione riveste l'area del Mediterraneo allargato, segnata da crisi di natura politica e sociale, nonché caratterizzata dalla crescente presenza di attori regionali e grandi potenze, che mirano a rafforzare il proprio posizionamento geopolitico e a esercitarne l'influenza. A questo proposito, vediamo che la Libia ne è l'esempio principale. Consentitemi, colleghi, di spendere, però, più di qualche pensiero sulla tanto richiamata scheda 48, inerente alla missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica, argomento che ha tenuto banco ieri in Commissione e anche stamani sui giornali. Bisogna ristabilire un po' di chiarezza perché questo argomento - che ha tenuto banco e che tiene banco anche oggi in quest'Aula - per la verità, è un argomento che viene tirato fuori ogni anno dalla sinistra, per questioni di natura ideologica, enfatizzate da divisioni interne ed è un dato di fatto. Ebbene, colleghi, dopo una giornata di tentennamenti e confusione, alla fine, abbiamo visto come anche gli amici del PD abbiano dovuto cedere davanti al buon senso, accettando la riformulazione del Governo - e di questo ringrazio il sottosegretario Mulè, per essersi speso con pazienza, consentendo al nostro Paese di rispettare gli impegni presi -, perché l'Italia rimane protagonista di una missione quanto mai fondamentale per la Libia, per la stabilizzazione di essa, ma anche per la difesa dei nostri confini. Certo, è evidente che l'Italia non possa fare tutto da sola: occorre che in Libia anche l'Europa dia un contributo fondamentale; il Mediterraneo deve entrare assolutamente nell'agenda dell'Unione europea.

Presidente, mi rivolgo, per suo tramite, al collega Palazzotto e replico a quanto da lui affermato, dicendogli che l'Italia non prende lezioni di moralità da chi considera il nostro Paese responsabile di crimini e violenze dei diritti umani. Non siamo certo né la Cina, né Cuba, che qui dentro forse è presa a modello da qualcuno. Ricordo ancora che il nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda l'odioso traffico di migranti, con il Trattato di amicizia italo-libico, voluto dal presidente Berlusconi, sono stati di fatto azzerati gli sbarchi e ricordo anche a quest'Aula che questo Trattato è stato ripreso dal Governo Draghi, proprio per agire in tal senso. Con il nostro voto, signor Presidente, confermeremo il sostegno alla difesa dei nostri interessi geopolitici nel mondo e alle nostre Forze armate, che continueranno a svolgere, con la loro professionalità, le missioni che il Governo e il Dicastero della Difesa hanno ritenuto aderenti ai nostri vitali interessi nazionali.

Proprio nell'ottica di sostenere e promuovere una maggiore sicurezza, la partecipazione alle missioni rappresenta un tassello fondamentale della nostra politica estera, ed entrando nel dettaglio, apprezziamo moltissimo la volontà, da parte del Governo, di definire una strategia in materia di politica estera e di sicurezza, in cui viene finalmente riconosciuto un rilievo centrale all'assetto geopolitico dell'area mediterranea. Partendo da questo approccio, non possiamo che vedere favorevolmente le nuove sei missioni internazionali, di cui tre relative alla partecipazione di personale delle Forze armate e tre relative alla partecipazione di personale civile e delle Forze di polizia. È chiaro che le tre nuove missioni in capo alle Forze armate, UNOSOM in Somalia, EMASOH nello Stretto di Hormuz e Cedri in Libano, rispondono pienamente anche ai nostri interessi, oltre che alla sicurezza internazionale.

Ebbene, non possiamo che ribadire con soddisfazione la ritrovata centralità del ruolo dell'Italia anche in sede atlantica ed europea, sia per quanto riguarda la NATO, che per il futuro e la prospettiva della difesa comune europea. Una centralità ribadita, Presidente, anche dallo sforzo capacitivo, distribuito in 9.253 unità di nostri soldati dislocati nei vari teatri operativi, in primis in Africa, ma anche in Asia. A ciò si aggiunge anche la missione che concerne l'Europa, la proroga della missione NATO Joint Enterprise nei Balcani e della missione dell'Unione europea, Irini, a guida italiana, che continua, questa sì, ad avere una rilevanza strategica, proprio nell'intento di contribuire a smantellare il modello di attività delle reti di traffico di esseri umani.

Alla luce del di tutto questo, Presidente, prima delle conclusioni, mi consenta anche di fare un ringraziamento al Governo, perché per la prima volta si vede come il nostro Paese investe non solo nella difesa, non solo nelle Forze armate, ma anche in quello che è un fiore all'occhiello del made in Italy nel mondo: le nostre aziende nazionali della difesa, che non sono, come ha detto qualcuno, quelle che smerciano armi, sono quelle che garantiscono migliaia di posti di lavoro e hanno un fatturato di miliardi, che consentono anche di rafforzare la nostra postura internazionale.

Mi avvio alle conclusioni, Presidente. Credo che questo Parlamento, cuore della democrazia, debba difendere e sostenere con convinzione l'operato e il ruolo delle nostre missioni internazionali, delle Forze armate, che quotidianamente tutelano, con abnegazione, la sicurezza della Patria e dei cittadini. E vede, Presidente, posso affermare con orgoglio che il movimento che rappresento continuerà a lavorare sempre nell'interesse dell'Italia e al fianco di quanti operano per accrescerne il prestigio internazionale.

Per tali ragioni, annuncio il voto favorevole di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). La ringrazio, signor Presidente. Signor Presidente, nella cacofonia di questo dibattito, l'opinione pubblica potrebbe legittimamente porsi la domanda sul senso, sulla natura, sulla necessità di questo voto, che autorizza una serie di missioni internazionali dell'Italia all'estero. Vorremmo dare il nostro contributo, tentando di enucleare tre principi fondamentali sulla base dei quali, dal nostro punto di vista, occorre ricondurre una riflessione e una motivazione circa l'importanza delle scelte che stiamo per compiere in questo momento.

La prima riflessione: ci si dimentica forse troppe volte che lo strumento militare è un pezzo della politica estera di un Paese ed è un elemento essenziale, anche se non unico, fortunatamente, per la sua attuazione. Noi stiamo vivendo in un mondo che, da bipolare, sembra essere diventato un mondo apolare, siamo dentro uno storico momento di distruzione e ricostruzione di un nuovo ordine mondiale. E dentro questo quadro occorre, innanzitutto, avere coscienza delle dinamiche geopolitiche che sono in atto e non bisogna commettere un errore, che è quello di ridurre la complessità dentro la compressione di facili slogan o di comode nicchie identitarie.

Il secondo principio che noi dobbiamo avere in mente, nel momento in cui noi votiamo questo documento, è che gli interessi nazionali dell'Italia oggi si giocano fuori dai nostri confini. Vorrei provare a fare 3 esempi, per tentare di spiegare questa asserzione. Il confine meridionale dell'Europa è diventato il Sahel. Segnalo - lo sa il sottosegretario Mulè - che nel Mali, nel lontano Mali, pochi giorni fa, si è tenuta una clamorosa manifestazione anti-francese e pro-russa: dovrebbe dirci qualcosa, questo fenomeno. L'Africa è neocolonizzata, soprattutto da potenze autocratiche o dittatoriali, come la Cina e come la Russia, per il controllo delle materie prime e delle terre rare, senza le quali la nostra scommessa tecnologica resterebbe al palo; nessuno di noi avrebbe in tasca uno strumento come questo, senza il controllo e il dominio di quelle materie prime che derivano dall'Africa. E ci dimentichiamo troppo spesso che il nostro benessere oggi è garantito dall'esistenza e dalla sicurezza di snodi delicatissimi per la nostra economia, che sono lontani da noi, ma che si chiamano Suez, Gibuti, Hormuz, Malacca, Golfo di Guinea; poi ce ne accorgiamo quando un container blocca lo Stretto di Suez o qualche pirata attacca qualche nave; per non arrivare al Mediterraneo: un mare sempre più elemento di congiunzione e di tensione, un mare sempre più difficile e sempre più pericoloso, un mare sempre meno Mare Nostrum.

Noi abbiamo guardato - nel corso di questi decenni, negli scorsi decenni, talvolta spesso con preoccupazione, a volte anche con paura, penso alla stagione degli SS-20 - ad Est. E oggi, forse, dovremmo renderci conto che quell'Est è scivolato a Sud. E quello che allora ci preoccupava, oggi sta dentro di noi, sotto di noi, attorno a noi. Non ci rendiamo forse conto che la Russia ha raggiunto un obiettivo secolare, quello che veniva definito fin dal tempo degli Zar “l'approdo ai mari caldi”: oggi la Russia è in Siria, oggi la Russia è in Libia, oggi la Turchia punta a ricostruire il neo-Impero ottomano da Tripoli a Costantinopoli.

E il terzo elemento, la terza riflessione, dicevo, è: su questo noi possiamo far finta di nulla? Possiamo guardare? È il terzo elemento. Questa è una questione di sicurezza nazionale, questo voto è una questione di sicurezza nazionale. E la sicurezza nazionale è un obiettivo fondamentale di uno Stato, e in democrazia uno Stato deve coniugare i princìpi di sicurezza con i princìpi di umanità: laddove uno Stato contrapponga il principio di umanità con il principio di sicurezza, lì troviamo la cartina al tornasole che quello Stato non è più uno Stato democratico o non è uno Stato democratico.

Noi ci troviamo ad avere, non nelle porte di casa, in casa, perché noi siamo immersi nel Mediterraneo, uno straordinario scontro storico, perché oggi il tema chiave è il confronto tra quali modelli politici governeranno questa transizione.

Saranno le democrazie rappresentative? Saranno le democrazie illiberali, che pure trovano ospitalità all'interno dell'Unione europea? O saranno le autocrazie asiatiche? O saranno le dittature? È per questo che noi diciamo che è all'Europa che spetta la guida sia per quello che l'Europa rappresenta, la culla dei diritti civili, la culla della libertà, il punto di riferimento avanzato delle prospettive della dignità della persona e dei diritti di cittadinanza sia anche per una dimensione di stazza, mi verrebbe da dire. Non illudiamoci che qualcuno farà il lavoro per noi. Certo, salutiamo con grande soddisfazione la ripresa del dialogo transatlantico, il rapporto finalmente con gli Stati Uniti d'America, che tornano a guardare ad una relazione con l'Europa e con l'Italia, ma non facciamoci illusioni: non sarà lo zio Sam che ci risolverà i problemi del Mediterraneo.

È per questo che la Libia è una drammatica metafora di tutto ciò. Se noi non la leggiamo da questo punto di vista, ma invertiamo l'analisi, andiamo fuori traiettoria, facciamo esattamente l'errore, a cui faceva riferimento prima il presidente Fassino, tra chi guarda il dito che indica la luna e chi invece vuole guardare la luna che c'è dietro il dito. Oggi la Libia è il terreno di incrocio, di scontro, di confronto tra modelli politici e tra fenomeni epocali, il tema delle migrazioni, dei migranti climatici, dei migranti economici. E sotto o dentro la Libia c'è quella che qualche acuto osservatore ha definito “Caoslandia”, cioè quel triangolo fra Tripoli, Gibuti e il Golfo di Guinea in cui non si capisce realmente chi comandi, in cui non esistono più le entità statuali, in cui la dimensione delle relazioni umane è compressa dentro il fatto che il traffico di esseri umani è uno degli elementi della costruzione di una dinamica economica.

Bene, noi abbiamo in questo senso un ruolo storico, l'Italia ha un ruolo storico; e l'Italia non può abdicare alla collocazione nella quale la sua storia, la sua geografia, la sua identità l'hanno posizionata, nella chiarezza delle alleanze e nella convinzione che solo dal dialogo nascano le relazioni internazionali che portano alla pace.

Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Insomma, o noi governiamo “Caoslandia” o “Caoslandia” governerà noi, inghiottendoci come se fosse un deserto in espansione. È per questo che noi apprezziamo il lavoro del Governo. Ringraziamo il Ministro Guerini, il Ministro Di Maio, al quale va la nostra solidarietà. È per questo che noi riteniamo che dentro la costruzione di questo nuovo ordine mondiale, che ancora non conosciamo, vogliamo e dobbiamo esserci perché, se noi crediamo ai valori, ai principi e agli ideali che inveriamo, li dobbiamo coerentemente, tenacemente e costantemente testimoniare e non affidare ad altri.

È stato fatto richiamo, signor Presidente, e concludo, al tema etico. L'etica ha molte sfaccettature, esiste anche l'etica della responsabilità oltre che quella della declamazione dei princìpi. C'è anche l'importanza etica, ne parlava Emmanuel Mounier, delle cause imperfette. Diceva Mounier: ci impegniamo sempre in lotte discutibili su cause imperfette. Rifiutarsi per questo, per il fatto che siano imperfette, di impegnarsi sarebbe come rifiutare la condizione umana; e chi non fa politica fa passivamente la politica del potere in carica. In Libia il potere in carica si chiama Erdogan, si chiama Putin. Noi facciamo politica per cambiare e non per consolidare quella situazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Roberto Paolo Ferrari. Ne ha facoltà.

ROBERTO PAOLO FERRARI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, le deliberazioni che concernono la conferma delle missioni militari all'estero, l'avvio di nuove operazioni e gli interventi di cooperazione allo sviluppo sui teatri di crisi sono certamente un momento fondamentale per discutere della postura del nostro Paese nel mondo e del modo in cui l'Italia tutela i propri interessi nazionali. Lo voglio sottolineare, tutela i propri interessi nazionali. Parliamo di un impegno importante, che prevede lo schieramento in teatri di crisi e nelle acque adiacenti di un numero massimo di soldati superiore a 9.000 effettivi, coinvolti in 40 operazioni differenti e con un costo considerevole per il nostro Paese, di oltre 1,2 miliardi di euro, oltre a contributi finanziari nazionali alle attività di emergenza autorizzate nei confronti dei Paesi che necessitano di forti supporti, anche economici, per superare l'instabilità in cui versano.

Tutti questi dati ci confermano e ci fanno capire come le missioni internazionali non siano solo la scheda n. 48, perché nel dibattito in Commissione e, oggi, in quest'Aula sembra che le missioni internazionali vertano e siano solamente la scheda n. 48, cioè l'impegno dell'Italia nei confronti della Guardia costiera libica. La presenza militare e gli aiuti allo sviluppo sono coordinati fra loro e finalizzati all'obiettivo del perseguimento della stabilità e della pace, intesa come assenza di guerra e ricostruzione dell'ordine politico-sociale. Nell'audizione dello scorso 7 luglio, svoltasi presso le Commissioni esteri e difesa riunite dei due rami del Parlamento, i Ministri Di Maio e Guerini sono stati al riguardo molto chiari; forse non sono stati appieno compresi da alcuni compagni di partito di quest'ultimo. Noi li abbiamo apprezzati, così come abbiamo apprezzato la decisione di assicurare la continuità di tutti i nostri impegni che si svolgono nel quadro atlantico.

Nel momento in cui si osservano sbandamenti ed incertezze, in particolare tentennamenti nei confronti di una Cina che, negli scorsi anni, si è fatta largo in Europa, nei Balcani e in particolare, se non nella penetrazione anche nei Paesi più occidentali, noi riteniamo infatti che proprio nell'ambito della NATO si debba ripartire. Quindi diciamo “sì” alla nostra permanenza nei cieli, nei territori e nelle acque prossime ai confini della Federazione russa in cui vi siano dispositivi atlantici, con gli uomini e i mezzi che abbiamo conferito per quegli interventi. Infatti, noi non contribuiamo soltanto a rassicurare Stati che, a torto o a ragione, si sentono minacciati da Mosca ma soprattutto diciamo a noi stessi che l'Alleanza atlantica rimane centrale nella nostra politica di sicurezza nazionale. Riteniamo, naturalmente, che l'Alleanza debba assumere un ruolo di più alto profilo anche nel quadrante geopolitico in cui ci troviamo, quello del cosiddetto fianco sud, e riteniamo positiva qualsiasi iniziativa incoraggi lo sviluppo della proiezione della NATO verso le aree di nostro maggiore e più immediato interesse.

Condividiamo, inoltre, l'approccio adottato dal Governo che ha identificato proprio nel Mediterraneo allargato l'area nella quale concentrare gli sforzi, mostrando particolare attenzione al continente africano.

Con le deliberazioni dello scorso 17 giugno si è infatti deciso di accrescere la nostra partecipazione alla task force Takuba nel Sahel e, soprattutto, si è potenziato il contingente in Libia, ora forte di 400 effettivi, che contribuiscono, nel quadro della missione MIASIT, al rafforzamento delle istituzioni di Tripoli, mentre tengono sotto controllo anche i flussi migratori diretti verso l'Europa. E solo in questo quadro, solo in questo contesto si inserisce l'emendamento approvato alla tanto famigerata scheda n. 48: un maggiore impegno italiano nella collaborazione bilaterale con la Libia attraverso anche una riorganizzazione della catena di comando, ma una presenza forte e confermata del nostro Paese in quel Paese, nel contesto libico.

Ciò proprio perché la questione libica interessa direttamente il nostro Paese e noi non possiamo disinteressarcene o delegare in toto anche all'Europa questo compito. Abbiamo confermato, pertanto, anche la nostra partecipazione nel Corno d'Africa, che ha aspetti terrestri in Somalia e a Gibuti e navali nelle acque in cui opera la missione Atalanta. Condividiamo anche la scelta di proseguire l'intervento marittimo nel Golfo di Guinea, a stretto ridosso del delta del Niger infestato dalla pirateria. Siamo altresì aperti a quanto potrà essere deciso in relazione al Mozambico, che sta subendo significative infiltrazioni jihadiste in una regione energicamente molto importante, in cui sono attive anche imprese italiane. Siamo altresì favorevoli alla conferma della nostra presenza nella missione Eunavfor-Med Irini, che potrà continuare a svolgere i compiti di pattugliamento e contrasto al traffico di armi ma anche, se verrà sottoscritto un memorandum, contribuire alla formazione della Guardia costiera libica. In questa missione - la missione Irini - noi svolgiamo, come Paese, un ruolo di alto profilo e guida. Siamo anche favorevoli, quindi, alla conferma della missione Sea Guardian della NATO, che è schierata nel Mediterraneo orientale. Siamo contrari a prevederne l'impiego nel search and rescue, che rappresenterebbe un incentivo a tentare le traversate, rendendo più difficile il contenimento e la gestione del fenomeno migratorio. Su questo tema, ho apprezzato molto l'intervento del collega Berti. Voglio richiamare anche Mare Sicuro, dispositivo nazionale schierato a ridosso delle coste libiche, che alcuni gruppi parlamentari vorrebbero adibire a salvataggio dei migranti quando, invece, è equipaggiato per proteggere il personale e gli investimenti italiani nella nostra ex colonia.

L'esigenza della stabilità ci induce, inoltre, ad approvare anche gli interventi multinazionali che mirano alla sconfitta del terrorismo internazionale nei Paesi da cui attingiamo petrolio, essenziale per la prosperità dell'Italia. Pensiamo alla nostra partecipazione alla Inherent Resolve, che è l'operazione a guida americana contro il Daesh, ma anche al nostro ingresso nella missione EMASOH, che opera nelle turbolente acque del Golfo Persico. Su questo tema sarà fondamentale ristabilire buone relazioni con gli Emirati Arabi Uniti, rimediando in questo a danni prodotti da una sbagliata risoluzione approvata in Commissione affari esteri. In Asia continuiamo altresì ad essere presenti in Libano, dove lo scorso anno siamo intervenuti anche per partecipare allo sgombero delle macerie del porto di Beirut, mentre abbiamo lasciato l'Afghanistan nel quadro di una decisione assunta dall'amministrazione Biden e condivisa nell'ambito dell'Alleanza Atlantica: insieme siamo entrati, insieme siamo usciti. Osserviamo, peraltro, con preoccupazione quanto sta accadendo nello sfortunato Paese, che, comunque, il nostro Governo non intende abbandonare a se stesso ma sostenere economicamente nella speranza di migliorare l'efficacia delle sue Forze armate e di sicurezza. Soltanto il tempo ci dirà con quali risultati. In conclusione, siamo persuasi del fatto che sia necessario cercare di porre il nostro Paese al centro della rete dei rapporti diplomatici attraverso cui si dipanano le crisi in atto nel Mediterraneo, anche con i nostri contingenti militari, senza strafare e, soprattutto, avendo coscienza delle nostre obiettive capacità, che non sono trascurabili ma non sono neanche quelle di una grande potenza. Siamo consapevoli delle difficoltà del momento e anche dei limiti che la nostra cultura politica e costituzionale pone all'uso della forza nelle nostre relazioni con l'estero. Garantiamo, quindi, il nostro appoggio alle deliberazioni varate dal Consiglio dei Ministri nel giugno scorso, in cui vediamo la manifestazione di un uso oculato dello strumento militare nazionale da parte del Governo, di cui è parte anche l'agilità di relazione della nostra diplomazia, che evita, per quanto possibile, di mettere l'Italia in competizione frontale con Paesi molto più spregiudicati del nostro. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, sulla base di quanto precede diremo “sì” alle missioni, esprimendo il nostro più convinto ringraziamento ai nostri militari per quanto hanno fatto e continuano a fare per la sicurezza del nostro Paese e per la causa della stabilità internazionale e della pace (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Luigi Iovino. Ne ha facoltà.

LUIGI IOVINO (M5S). Grazie, Presidente. Oggi parliamo del provvedimento sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo. Cito un solo dato, Presidente: l'Italia partecipa a ben 40 missioni internazionali. Questo dimostra che siamo, ancora una volta, uno dei Paesi più impegnati nel mantenere la pace e la stabilità a livello internazionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma vorrei sgomberare subito il campo da equivoci. Attraverso queste missioni militari sono la sicurezza e la stabilità nazionale ad essere garantite ed è per questo che dobbiamo ringraziare, con profondo rispetto, le donne e gli uomini delle nostre Forze armate, uomini e donne impegnati in tutto il mondo per garantire la pace, la sicurezza e la stabilizzazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Così come bisogna ricordare la svolta epocale e il ritiro delle nostre truppe dall'Afghanistan, un obiettivo che il MoVimento 5 Stelle ha sempre perseguito sin dal 2013. Vede, Presidente, il multilateralismo è la nostra bussola per affrontare le nuove sfide e lo sarà sempre. Allo stesso modo, non è in discussione l'impegno dell'Italia verso l'Unione europea e la NATO. Possiamo dire ancora una volta, Presidente, che siamo gli unici, come Paese, ad assicurare una nuova intesa tra i popoli del Mediterraneo, un'intesa basata sulla fiducia e sul rispetto della propria sovranità. Lo faremo condividendo le nostre competenze in ambito sanitario, rafforzando la sicurezza, fornendo assistenza specialistica nell'addestramento, monitorando e anticipando con l'azione diplomatica le criticità che possono dar vita a nuove escalation militari, in cui a pagare il prezzo più alto, però, è sempre la popolazione locale. Purtroppo, Presidente, dobbiamo ricordare che viviamo ancora gli effetti di decisioni del passato, di chi ha anteposto interessi di parte agli interessi nazionali. Questo approccio, Presidente, che le forze politiche hanno colpevolmente subìto e avallato negli anni, oggi ci deve rendere più forti rispetto a chi aveva scommesso su soluzioni che poi alla fine si sono rivelate fallimentari. Siamo solo noi, forti del rispetto che abbiamo sempre dimostrato ai popoli del Mediterraneo, a poter garantire il nuovo corso degli eventi. L'Italia deve diventare il perno centrale del Mediterraneo, così come sta già facendo. È importante ricordare che qui in Italia, solo qualche settimana fa, abbiamo accolto per la prima volta la coalizione anti-Daesh. Questo è un evento che testimonia concretamente il grande sforzo contro il terrorismo internazionale che il nostro Paese sta compiendo per combattere l'ISIS, un impegno che ha causato - ricordiamolo, Presidente - anche minacce al Ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio, minacce pubblicate dal settimanale dell'ISIS al Naba. Pensiamo anche al ruolo che sta avendo il nostro Paese nella stabilizzazione del Sahel, regione che ha subìto un ulteriore aumento degli attacchi terroristici con la recenti crisi politiche in Mali e in Ciad. Mi permetta, Presidente, di fare un augurio di buon lavoro, a tal proposito, all'ex Vice Ministro degli Affari esteri Del Re, che da poco è stata nominata Rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sahel. Questa è una notizia non di cerimoniale, ma una notizia che ci rende particolarmente orgogliosi perché parliamo della prima donna a ricoprire questo incarico così delicato e importante. È una nomina che dimostra, ancora una volta, come l'Italia, il nostro Paese, sia fondamentale nel contrasto al terrorismo internazionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Un'altra questione su cui è il caso di aprire una profonda riflessione riguarda la Libia. In Libia è stato avviato un processo di stabilizzazione dell'area. Si è insediata un'autorità unificata transitoria, che è stata legittimata dal voto di fiducia del Parlamento e che è stata incaricata di condurre verso le elezioni nazionali previste per il 24 dicembre di quest'anno. Alla Libia è ovviamente legato un nostro tema, non solo come MoVimento 5 Stelle ma come Paese, cioè quello dei flussi migratori. La posizione del MoVimento 5 Stelle è chiara, e lo è sempre stata, perché noi siamo da sempre a favore di un maggiore coinvolgimento delle Istituzioni europee nella gestione di questi flussi, che, in parole povere, vuol dire una sola cosa: l'Italia non può farsi carico da sola di queste vicissitudini. Chi arriva in Italia, arriva in Europa. Questo è un concetto che deve essere messo nero su bianco e deve essere chiaro a tutti e questa è sempre stata e sarà la nostra posizione politica.

Per questo, Presidente, chiediamo e pretendiamo che l'Europa faccia la sua parte sulla ridistribuzione dei richiedenti asilo, con un meccanismo di ricollocamento automatico ed obbligatorio e non su base volontaria come accade oggi, perché vediamo tutti gli effetti di questo meccanismo.

Quindi, Presidente, a questo punto, è ovvio ed evidente che bisogna superare il regolamento di Dublino, dobbiamo assolutamente accelerare sui rimpatri dei migranti economici, stringendo accordi bilaterali con i Paesi da cui partono i migranti.

E vorrei dire che non è vero che l'Italia sta bloccando la collaborazione con la Libia, come stanno riportando alcuni organi di informazione, però una cosa va chiarita: fino a quando tutte le manovre non saranno condotte sotto la guida dell'Europa, fino a che l'Europa non farà la sua parte, l'Italia non può assolutamente astenersi dalla collaborazione con le autorità libiche. Non possiamo permetterci di non collaborare con la Libia in questo momento, assolutamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché, Presidente, questo avrebbe delle gravi conseguenze.

Se decidessimo, all'improvviso, di non favorire la missione di supporto alla guardia costiera libica, creeremmo le condizioni per una situazione ancora più caotica di quella attuale. Che cosa rischieremmo? Ovviamente, rischieremmo di avere un incremento di partenze di migranti, con un aumento delle possibilità per queste imbarcazioni precarie, con a bordo uomini, donne e bambini, di rovesciarsi in mare, continuando a causare una strage di innocenti; perché, Presidente, dobbiamo dircelo tutti: questa, purtroppo, è la cruda e amara realtà.

E come è stato ripetuto anche ieri, in questa stessa Aula, dal Ministro degli Affari esteri Di Maio, tutte le iniziative dell'Italia a sostegno alle autorità libiche si ispirano ad un solo e unico principio, che è imprescindibile: quello della tutela delle condizioni dei migranti e dei rifugiati. L'impegno in questo senso fa parte delle iniziative per favorire una gestione più efficace e rispettosa degli standard internazionali dei flussi irregolari da parte delle autorità libiche, gestione che ha un unico scopo: contrastare il traffico di esseri umani.

Presidente, noi dobbiamo assolutamente tener presente la precarietà delle condizioni politiche e di sicurezza in Libia, ma dobbiamo necessariamente continuare a dialogare con queste stesse autorità per garantire protezione ai più vulnerabili, per rafforzare il ruolo delle Agenzie delle Nazioni Unite che operano nel Paese, per far sì che vengano, finalmente e progressivamente, superati i centri di detenzione. E, sempre come ha ribadito il Ministro, l'Italia è in prima linea e ha più volte fatto richiesta per la chiusura dei centri di detenzione, chiusura che, certamente - questo lo dico a tutti - non può essere immediata, ma, quando accadrà, dovrà essere definitiva. E un primo obiettivo è stato già raggiunto, perché l'impegno da parte delle autorità libiche è stato messo nero su bianco nelle conclusioni della seconda Conferenza di Berlino, il 23 giugno scorso.

Vede, Presidente, come sempre accade quando ci troviamo di fronte a questioni così complesse, la soluzione non sta nella propaganda né nelle posizioni ideologiche, ma nel pragmatismo e, da anni, vediamo ed assistiamo a come tutte le forze politiche, di destra e di sinistra ovviamente, speculino su un tema così importante. È ora di dire basta. A noi non interessa il dualismo che le forze politiche hanno condotto in questi anni sul tema dei migranti. Non ci interessa, lo abbiamo dimostrato anche in questi giorni: siamo arrivati a un testo che riesce a mettere insieme gli interessi nazionali e la tutela dei diritti umani, senza, lo ripeto, né propaganda né retorica, ma solo lavorando.

E ci auguriamo, Presidente, che queste azioni portino ad un incremento della presenza delle organizzazioni internazionali sul territorio libico, perché qui parliamo di rispetto dei diritti umani. Ed è bene ricordare anche che chi porge la mano per aiutare un popolo a ritrovare il proprio equilibrio, la propria sovranità, non può fingere di non sapere ciò che accade nei centri di detenzione e ha il dovere e il diritto di mettere sul tavolo un piano che miri a trasformare quei luoghi disumani in un mero ricordo del passato.

Analizzando tutte queste ragioni, è chiaro a tutti, o dovrebbe essere chiaro a tutti, che pensare di risparmiare oggi alcuni fondi sulle missioni internazionali, bloccando le stesse, vorrebbe dire pagare più avanti e non solo in termini economici, ed è per questo che dobbiamo assolutamente sostenerle.

La mia speranza, Presidente, è che, come abbiamo già dimostrato una volta, i temi che affrontiamo oggi possano essere valutati nella consapevolezza - in conclusione - e vengano protetti dalle logiche di speculazione politica, perché fanno parte di quella zona franca denominata “interesse nazionale”.

A tal proposito, vorrei ringraziare tutte le forze politiche, nessuna esclusa, per il contributo che hanno già dato e, ovviamente, per quello che continueranno a dare nel consolidare le strategie che l'Italia sta adottando.

Presidente - e veramente concludo - l'Italia deve continuare a garantire il proprio impegno, però ricordiamo una cosa: costruire la pace vuol dire esserci, vuol dire mediare, vuol dire sostenere, vuol dire aiutare i Paesi in difficoltà nello sviluppo di una maggiore fiducia nelle proprie potenzialità, che, ovviamente, non può prescindere dal fornire strumenti per dialogare, a livello globale, con autorevolezza e credibilità.

Per tutto questo, dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, la deputata Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD). Grazie, Presidente. Vorrei dire che, oggi più che mai, la Libia ha bisogno della nostra presenza e anche del nostro sostegno, un sostegno che deve essere volto alla ricostruzione democratica di quel Paese, alla ricostruzione economica e sociale. Non ha nulla a che fare con tutto questo l'affidamento, da parte italiana, alla guardia costiera libica del controllo dei flussi migratori, che è quanto è previsto nel Memorandum del 2017; un Memorandum superato dalla storia, Presidente, che, in quest'Aula, l'Esecutivo, più volte, si era impegnato a rivedere e a riconsiderare, cosa che non è avvenuta.

E come lo fa, la guardia costiera, questo controllo a nome e per conto dell'Italia? Lo fa con metodi spregiudicati, dicono le Nazioni Unite - le Nazioni Unite -, arrivando a sparare, come è stato detto già in quest'Aula, contro le imbarcazioni dei migranti e anche contro i pescherecci italiani.

Allora, di fronte a tutto questo, si può continuare a far finta di niente, a votare come sempre, una coazione a ripetere? Si può fare questo, come se nulla fosse? Non vi pare, colleghi e colleghe, che sia giunto il momento, ora, non fra un anno, non “forse”, non “dipende”, ma ora di chiudere questa pagina tragica e fallimentare? Ce lo chiedono le Nazioni Unite, ce lo chiede il Consiglio d'Europa, ce lo chiedono tutti gli organismi che lavorano in questo ambito, gli organismi umanitari. Come si fa a non ascoltare questa richiesta?

Io penso che, se non si chiudono le vecchie pagine, Presidente, sarà impossibile aprirne di nuove ed è per questo che, in dissenso dal mio gruppo, e me ne dispiace, insieme ad altri colleghi e colleghe del gruppo del Partito Democratico, voterò contro la missione di sostegno alla guardia costiera libica (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola il relatore Ferrari per un breve ringraziamento. Prego.

ROBERTO PAOLO FERRARI, Relatore per la IV Commissione. Grazie, Presidente. In maniera molto rapida, anche a nome del collega Migliore, con cui abbiamo lavorato a questa risoluzione, ringrazio i colleghi per il dibattito e il confronto, anche da posizioni diverse, che ha dimostrato quanto su questi temi ci sia necessità di discutere, di parlare e di confrontarsi. Ringrazio i presidenti per la gestione del lavoro nelle Commissioni, i rappresentanti del Governo e, naturalmente, gli uffici che, anche in situazioni difficili, hanno svolto al meglio, come sempre, il loro lavoro.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni - Doc. XVI, n. 5)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Palazzotto, Boldrini, Cecconi, Ehm, Magi, Sarli, Suriano, Termini, Trizzino ed altri n. 6-00193, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Abbiamo risolto i problemi in tribuna? Stiamo attendendo un collegamento, portate pazienza. Dobbiamo avere rispetto per i colleghi che non possono stare qui in Aula e hanno una diversa modalità di votazione, quindi devono collegarsi alla rete.

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Passiamo alla votazione della risoluzione Migliore, Ferrari, Quartapelle, Maria Tripodi, Ripani, Iovino, Ermellino n. 6-00194, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.

Avverto che è stata avanzata richiesta di votare separatamente dalla restante parte della risoluzione in esame l'autorizzazione alla prosecuzione alle missioni di cui, rispettivamente, alle schede n. 6, n. 18, n. 24, n. 47, n. 48 e n. 34, nonché l'autorizzazione della missione di cui alla scheda n. 47-ter/2021.

Passiamo ai voti.

Indico, pertanto, la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione n. 6-00194, limitatamente alle premesse e alla parte dispositiva relativa alla autorizzazione alla prosecuzione delle missioni di cui alle schede nn. 1, 2, 3, 4, 5, 43, 44, 45, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 46, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 49, 50, 51, 52 e 53, unitamente all'autorizzazione delle nuove missioni relative alle schede nn. 43-bis/2021, 31-bis/2021, 47-bis/2021 e 35-bis/2021 e all'autorizzazione della missione di cui alla scheda n. 9-bis/2021, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione n. 6-00194, limitatamente alla parte relativa alla autorizzazione alla prosecuzione della missione di cui alla scheda n. 6, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione n. 6-00194, limitatamente alla parte relativa alla autorizzazione alla prosecuzione della missione di cui alla scheda n. 18, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione n. 6-00194, limitatamente alla parte relativa alla autorizzazione alla prosecuzione della missione di cui alla scheda n. 24, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione n. 6-00194, limitatamente alla parte relativa alla autorizzazione alla prosecuzione della missione di cui alla scheda n. 47, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione n. 6-00194, limitatamente alla parte relativa alla autorizzazione alla prosecuzione della missione di cui alla scheda n. 48, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione n. 6-00194, limitatamente alla parte relativa alla autorizzazione alla prosecuzione della missione di cui alla scheda n. 34, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione n. 6-00194, limitatamente alla parte relativa alla autorizzazione della missione di cui alla scheda n. 47-ter/2021, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 9).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori il deputato Emanuele Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Grazie, Presidente. Chiedo di rinviare gli ulteriori argomenti all'ordine del giorno alla prossima settimana.

PRESIDENTE. Colleghi deputati, dovreste rimanere in Aula, perché c'è un altro voto e poi c'è la prova di esodo a seguire, quindi, portate pazienza. Sulla proposta di rinviare alla prossima settimana l'esame dei restanti argomenti previsti all'ordine del giorno della seduta odierna darò la parola, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, a un deputato contro e uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno.

Ha chiesto di parlare contro la deputata Wanda Ferro. Ne ha facoltà.

WANDA FERRO (FDI). Grazie, Presidente Rampelli. Intervengo contro la proposta di rinviare quanto era stato stabilito alla Conferenza dei capigruppo. Voglio citare solo alcuni argomenti, dall'equo compenso, al problema degli ITIS, alla emergenza della Whirlpool, rinviati, come lavori, alla prossima settimana. Ancora una volta viene fuori quello che abbiamo provato in ogni occasione, non ultimo in questi giorni, in attesa di quella fiducia - e parliamo della sesta fiducia da quando si è insediato il Governo Draghi - che da lunedì è arrivata al martedì, esautorando ancora una volta il Parlamento, ma che testimonia un po' l'andazzo di questa maggioranza. Una maggioranza che probabilmente negli impegni ha una visione differente da quella di Fratelli d'Italia, perché loro decidono i tempi, loro fanno le prove muscolari basate sui numeri e che vedrà soccombere questa nostra opposizione nella richiesta di mantenere i tempi stabiliti nella Conferenza ma che, certamente, ci distanzia veramente tanto da quel modo di agire e di fare politica e d'interpretare le istituzioni. Non è un'offesa o un'azione irriguardosa nei confronti del gruppo di Fratelli d'Italia, ma certamente di quei numeri più corposi che non rappresentiamo in quest'Aula, ma che rappresentiamo nelle istanze degli italiani e fuori da questo palazzo. Probabilmente per noi i tempi e gli impegni hanno, come sempre, un significato fondante e fondamentale; soprattutto, quando si dà una parola per noi quello è un valore non negoziabile. Ancora una volta, rimanderemo questi lavori a data da destinarsi e gli italiani saranno qui ad attendere le risposte che auspicavano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)

PRESIDENTE. Chi chiede di parlare a favore? Nessuno parla a favore.

Passiamo dunque ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta avanzata dal deputato Fiano.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva.

Colleghi, chiedo la vostra collaborazione. Come già comunicato nella lettera inviata lo scorso 12 luglio, procediamo ora alla prova di esodo dall'Aula.

Invito gli assistenti parlamentari a far uscire immediatamente tutti coloro che sono presenti nell'emiciclo, nel Transatlantico e nelle tribune. I deputati e tutte le persone presenti devono uscire dal Palazzo, seguendo le indicazioni riportate nel materiale presente presso ogni banco e fornite dagli assistenti parlamentari.

Ricordo che è obbligatorio indossare le mascherine e mantenere la distanza interpersonale. Vi ringrazio per la collaborazione.

La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 13,30.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

PRESIDENTE. Comunico che in data odierna il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, la deputata Giulia Sarti, in sostituzione della deputata Vittoria Baldino, dimissionaria.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Prima di passare agli interventi di fine seduta, volevo approfittare per ringraziare tutti i colleghi deputati per la collaborazione. La prova di esodo ha avuto un risultato positivo, anche nella tempistica, nella partecipazione, poi saremo più precisi nei giorni a seguire. Intendo ringraziare il personale tutto della Camera, gli assistenti parlamentari, non solo per la collaborazione ma anche per il lavoro svolto nelle giornate precedenti, perché anche se questa prova si è consumata nello spazio di pochi minuti è stata invece costruita con meticolosità, precisione e dedizione nei giorni scorsi. Passiamo, dunque, agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare il deputato Filippo Sensi. Ne ha facoltà, per due minuti.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Un anno fa, oggi, moriva Mario Paciolla, impegnato per le Nazioni Unite in Colombia nel fitto della foresta amazzonica. Suicidio vuole l'ufficialità, ma troppi buchi, troppe le ombre e le incongruenze per la sua famiglia e per la rete di amici che non si arrende al muro di silenzio che si è alzato dopo e attorno alla sua morte. Un anno senza verità, un anno di tentativi per ottenere poco più che alzate di spalle sulla vita di questo ragazzo appassionato, dedito alla risoluzione dei conflitti, alla difesa dei diritti umani, alla ricerca del dialogo dove le voci vengono zittite, messe a tacere.

Oggi e nei prossimi giorni varie iniziative terranno accesa la luce del suo impegno, della sua memoria, della sua presenza. Lo ricordava ieri, qui in Aula, la collega Conny Giordano.

Al Governo italiano, allo stesso Governo al quale continuiamo a chiedere senza rassegnarci la libertà per Patrick Zaki, chiediamo oggi, un anno dopo, verità - sì, verità - per Mario Paciolla.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Marialuisa Faro, per due minuti. Ne ha facoltà.

MARIALUISA FARO (M5S). Grazie, Presidente. Il 13 luglio un vasto incendio ha colpito il mio territorio, in particolare la zona di Vico del Gargano, una vasta area del Parco nazionale del Gargano. L'incendio purtroppo ha distrutto ben 500 ettari di bosco. Vogliamo rinnovare la nostra vicinanza a tutta la comunità e ringraziare la Protezione civile, i Carabinieri forestali, l'ARIF e tutti i volontari che hanno contribuito a spegnere le fiamme. Oggi, però, è il tempo di bilanci e di responsabilità. La conta dei danni è devastante; il caldo e il vento di quei giorni hanno contribuito ad alimentare l'incendio; alcune famiglie sono state evacuate dalle loro case minacciate dalle fiamme. Alla luce di quanto accaduto, ribadiamo quanto sia importante, anzi vitale, che gli enti preposti alla salvaguardia dei parchi e delle zone boschive attuino tutti gli adempimenti previsti dalla legge per la prevenzione e per la stesura dei piani di intervento; azioni che vanno dalla pulitura del sottobosco, alla stesura dei piani antincendio boschivi. A tal proposito, Presidente, presenteremo un'interrogazione al MiTE per chiedere di verificare se gli enti preposti abbiano intrapreso tutte le misure necessarie, come previsto dalla normativa vigente, perché chi ha sbagliato dovrà assumersi le relative responsabilità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Fucsia Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà, per due minuti.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI (FI). Grazie, Presidente. Prendo la parola per portare all'attenzione dei colleghi una questione che concerne gli italiani che lavorano negli Stati Uniti e, allo stesso tempo, per lanciare ancora un altro appello al Ministro Di Maio affinché si adoperi sempre di più sul piano diplomatico per ristabilire la reciprocità nelle regole per viaggiare tra l'Italia e gli Stati Uniti. Tanti italiani, che devono tornare negli Stati Uniti per motivi di lavoro, a causa del travel ban sono bloccati in Italia, un fatto che concerne anche gli altri Paesi dell'area Schengen e che causa notevoli disagi e danni economici ai nostri connazionali. Auspico che si ristabilisca presto il regime di reciprocità, venendo incontro alle esigenze dei nostri connazionali che lavorano e che hanno investito negli Stati Uniti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Piero De Luca, ma non è presente in Aula, quindi si intende che vi abbia rinunciato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 16 luglio 2021 - Ore 9,30:

1. Discussione sulle linee generali della proposta di inchiesta parlamentare:

FORMENTINI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dello scoppio della pandemia di COVID-19 e sulla congruità delle misure adottate dagli Stati di origine del virus SARS-CoV-2 per evitarne la propagazione nel mondo. (Doc. XXII, n. 42-A)

Relatori: FORMENTINI, per la III Commissione; STUMPO, per la XII Commissione.

2. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia.

(C. 2561-A​)

Relatore: DE FILIPPO.

La seduta termina alle 13,35.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GENNARO MIGLIORE E ROBERTO PAOLO FERRARI (DOC. XVI, N. 5)

GENNARO MIGLIORE, Relatore per la III Commissione. (Relazione – Doc. XVI, n. 5). Signor Presidente, colleghi deputati, la deliberazione sulle missioni s'inserisce in uno scenario di sicurezza reso più complesso e volatile dall'emergenza pandemica e nel quale i due pilastri della politica di sicurezza e difesa dell'Italia, UE e NATO, sono entrambi impegnati in un inevitabile processo di revisione strategica.

In tale contesto possiamo dire che si sta vivendo un vero e proprio “momento italiano” anche in ragione del protagonismo dell'Italia nel G20.

Bruxelles, da un lato, sta elaborando la sua “bussola strategica”, in cui si cercherà anche di definire il livello di ambizione della sua c.d. "autonomia strategica", che nelle intenzioni italiane deve rappresentare un contributo al sistema di sicurezza incentrato sull'Alleanza atlantica. Quest'ultima, dall'altro, si è avvalsa di un comitato di esperti per l'elaborazione di proposte per rafforzare la dimensione politica della NATO e abbozzare, forse, le ragioni per una revisione del Concetto strategico del 2010, meglio definendo il ruolo dell'Alleanza nell'ambito nelle dinamiche globali attuali.

In tale contesto, gli obiettivi prioritari delle missioni internazionali e degli interventi di cooperazione allo sviluppo sono la stabilizzazione delle crisi in atto, la gestione ordinata dei processi di transizione e il sostegno ad agende riformiste inclusive. Sono queste le priorità che assegniamo al nostro ruolo-guida in seno alla missione NATO in Afghanistan (RSM) ed alla forza NATO in Kosovo (KFOR), nonché quello che contiamo di giocare nel rafforzamento della Missione NATO in Iraq (NMI).

In relazione al “Mediterraneo allargato”, le missioni internazionali rivestono un ruolo fondamentale a supporto della nostra strategia multidimensionale, tesa, nel lungo periodo, a contribuire alla stabilizzazione dei Paesi che si affacciano sulle sponde sud ed est del Mediterraneo, abbinando la componente civile e militare dei nostri interventi.

Confido che questo approccio possa ottenere un forte sostegno dai fora parlamentari internazionali di cui siamo parte attiva e che guidiamo, approfondendo la cooperazione con le Nazioni Unite, con il Consiglio d'Europa, l'OSCE ed il Parlamento europeo – affinché la “diplomazia parlamentare” sia sempre di più uno strumento attivo di promozione del dialogo tra i vari attori internazionali.

Il nostro Paese, come testimoniato anche a livello degli intensi contatti a livello governativo e parlamentare, sostiene con convinzione il processo di stabilizzazione libica ed in particolare l'azione delle Nazioni Unite e della Missione UNSMIL, ora guidata dall'Inviato Speciale del Segretario Generale, Jan Kubis, per promuovere il dialogo intra-libico.

Come sappiamo il processo politico ha condotto a marzo 2021 all'insediamento delle nuove autorità esecutive transitorie, che dovranno condurre il Paese alle elezioni nazionali previste il 24 dicembre 2021.

A livello europeo, il nostro Paese si è fatto promotore di un ruolo più attivo dell'UE nel dossier riguardante l'attuazione dei seguiti della Conferenza di Berlino sulla Libia del 19 gennaio 2020 e in particolare nell'ambito del monitoraggio dell'embargo ONU, favorendo l'avvio dell'Operazione EUNAVFOR MED Irini, alla quale contribuisce attivamente ospitandone il Quartier generale e fornendo il Comando operativo.

Nell'ambito dei seguiti della Conferenza di Berlino, l'Italia co-presiede (insieme a UNSMIL, Francia, Regno Unito, Turchia e Unione africana) il "Security Working Group" dell'International Follow-up Committee sulla Libia (IFCL) che continua ad avere un cruciale ruolo di sostegno all'attuazione concreta dell'accordo sul cessate il fuoco sottoscritto a Ginevra il 23 ottobre 2020, che ha istituzionalizzato la tregua de facto che si è stabilita sul terreno e ha contribuito ad instaurare un clima costruttivo e di rinnovata fiducia fra le parti.

Non meno rilevante la dimensione economica del dialogo intra-libico, che ha portato negli ultimi mesi all'unificazione del tasso di cambio ufficiale, alla ripresa dei lavori del Consiglio direttivo della Banca centrale ed alla presentazione di un bilancio nazionale unificato.

Non possiamo sottacere, tuttavia, le numerose criticità circa la sua effettiva attuazione alla luce del contesto sul terreno, caratterizzato da frammentazione dei gruppi armati e dalla presenza di combattenti stranieri e mercenari dei quali andrà monitorata l'affettiva adesione agli impegni concordati.

In questo contesto, la discussione nelle commissioni riunite si è concentrata in particolare sulle violazioni dei diritti umani nei campi di detenzione libici e sull'attività della guardia costiera libica. È opportuno ricordare al riguardo che la Libia non è firmataria della Convenzione di Ginevra e che numerose istituzioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, hanno denunciato le inaccettabili condizioni del trattamento delle persone detenute in quei campi. Il nostro Paese ha, come riferito nel question time di ieri del ministro degli Esteri, chiesto e ottenuto che nelle conclusioni della conferenza di Berlino venisse inserita la condizione della chiusura dei campi di detenzione. È una richiesta che ribadiamo in questa sede. Nel corso della discussione in commissione si è poi affrontato il tema della relazione bilaterale con la guardia costiera libica. Tutti hanno potuto vedere le inaccettabili immagini di una motovedetta libica che tentava di speronare e attaccare un barcone di migranti. La condanna per queste azioni è stata unanime, a partire dalle dichiarazioni del ministro della difesa sul punto. Per questo motivo, in considerazione del profondo mutamento della situazione libica, che da pochi mesi ha iniziato un percorso di stabilizzazione e unificazione nazionale, si è approvato in commissione, poi recepito nella risoluzione, un emendamento alla missione che propone di trasferire le funzioni di formazione e assistenza alle missioni internazionali di cui facciamo parte. Si tratta di impegnare le nostre azioni al fine di prevenire le inaccettabili violazioni dei diritti umani che vengono perpetrati, con tutti gli strumenti a nostra disposizione.

I Paesi del Medio Oriente si trovano al centro delle più importanti crisi geopolitiche internazionali. La guerra civile in Siria (con la perdurante operatività nel Paese di cellule dello Stato Islamico e gruppi affiliati ad al Qaeda), la questione israelo-palestinese, ritornata con forza al centro dell'agenda internazionale, anche per i passi in avanti degli Accordi di Abramo, e che ripropone con rinnovata forza il tema della soluzione dei due stati per i due popoli, la profonda crisi politico-economica che sta attraversando il Libano costituiscono altrettanti fattori d'instabilità sia a livello regionale che globale.

Proprio con riferimento al Libano, occorre evidenziare la missione “Emergenza Cedri”, finalizzata ad eccezionali interventi umani, svolta dalle nostre Forze armate a seguito della drammatica esplosione che ha devastato il porto e parte della città di Beirut il 4 agosto dello scorso armo, per il cui il Governo intende chiedere, con la deliberazione al nostro esame, l'autorizzazione delle Camere.

L'azione italiana rimane finalizzata in primo luogo a contribuire a una de-escalation delle crisi a livello regionale che hanno il proprio fulcro nel teatro siriano, fra cui le tensioni tra Iran e Israele e tra la Turchia e le componenti curde nel Nord-est del paese.

Per quanto riguarda il terrorismo, particolare rilievo assume l'impegno italiano nella lotta al Daesh. Il gruppo, pur avendo perso la propria dimensione territoriale, continua ad operare sotto forma di insorgenza in Iraq, Siria e, tramite proprie affiliazioni e l'incessante proselitismo, in altre aree del globo. Daesh non solo è in grado di ispirare attacchi a tutte le latitudini, ma conserva risorse e capacità per contribuire alla loro realizzazione.

L'Italia prosegue il proprio impegno nella cornice della Coalizione anti-Daesh a guida statunitense, sia sotto il profilo militare che civile ed è tra i principali in Iraq in termini di unità militari.

Abbiamo svolto attività di addestramento di forze militari e di polizia irachene e curde, sospese a inizio 2020 per il deterioramento del quadro di sicurezza e per l'emergenza sanitaria da COVID-19.

L'Italia continua ad effettuare operazioni di intelligence, ricognizione e sorveglianza (ISR) e attività di rifornimento in volo, mentre, in ambito civile, partecipa alle attività dei gruppi di lavoro della Coalizione e co-presiede, con Stati Uniti e Arabia Saudita, il gruppo per il contrasto al finanziamento di Daesh.

Il nostro Paese prende parte, inoltre, alla stabilizzazione del Nord-est della Siria, attraverso un contributo a programmi nei settori agricolo, sanitario, dell'istruzione, dello sminamento umanitario e del rafforzamento della governance locale. L'Italia promuove inoltre, assieme agli USA, una riflessione multilaterale sul possibile impiego degli strumenti della Coalizione nel contrasto a Daesh in altre aree del globo, segnatamente in Africa occidentale e Sahel.

A tale scopo voglio ribadire anche in questa sede la piena solidarietà al ministro Di Maio per le minacce ricevute attraverso organi della propaganda dello stato islamico, in conseguenza dell'importante conferenza internazionale della coalizione anti Daesh tenutasi a Roma nelle scorse settimane. Ai nostri uomini e donne, in Italia e all'estero, impegnati nella lotta al terrorismo va il nostro ringraziamento e la nostra vicinanza e, affinché anche il parlamento continui nella sua produzione normativa che ci ha consentito di avere la legislazione più efficace a livello mondiale nel contrastare il fenomeno terrorista e dell'estremismo violento, penso sia maturo il tempo per un ulteriore aggiornamento della normativa alla luce delle evoluzioni delle minacce ibride che ci troviamo ad affrontare

L'Italia assicura il sostegno politico alla missione europea EMASOH (European-led Maritime Awareness in the Strait of Hormuz), nata su iniziativa francese (ed operativa dal gennaio 2020) a seguito delle azioni di sabotaggio ai danni di petroliere di varie nazionalità nell'estate 2019 nello Stretto di Hormuz, da cui passa circa un terzo del petrolio movimentato via mare.

La seconda nuova missione è invece in Somalia, dove un rappresentante italiano prenderà parte all'United Nations Assistance Mission (UNSOM).

La sicurezza dell'area è connessa anche alla ripresa del dialogo tra USA e Iran, che l'Amministrazione Trump ha interrotto in favore di una politica della "massima pressione". In risposta a quell'approccio, l'Iran ha avviato un graduale disimpegno dall'intesa sul nucleare, il JCPoA.

L'Italia mantiene tradizionalmente un dialogo costruttivo con tutti gli Stati del Golfo. Si segnala peraltro che nel recente passato abbiamo ricevuto da Arabia Saudita e Kuwait richieste di contributo alle rispettive dotazioni antimissile. e sulla quale è lecito esprimere qualche riserva considerando le pessime relazioni diplomatiche e militari tra Roma e Abu Dhabi.

Occorre tuttavia ricordare che il Governo emiratino ha appena disposto che l'Italia lasci al più presto la base aerea di al-Minhad, gestita da un centinaio di uomini dell'Aeronautica e utilizzata per lo scalo dei velivoli italiani e le operazioni logistiche da e per i contingenti nazionali in Iraq, Afghanistan, Gibuti e Somalia.

Com'è noto, in ambito NATO è stato deciso di porre termine alla missione "Resolute Support" (RSM) in Afghanistan, avviando il ritiro delle forze internazionali a partire dal l o maggio 2021.

Nonostante i numerosi ostacoli che permangono sul cammino verso la riconciliazione nazionale, incluso l'elevato livello della violenza sul terreno, il processo di pace intra-afghano offre l'unica opzione percorribile per porre fine al conflitto pluridecennale che affligge il Paese.

Oltre all'attenzione alla cruciale dimensione securitaria, per il nostro Paese sarà prioritario preservare in Afghanistan le conquiste in termini di protezione dei diritti umani della popolazione civile, in particolare a beneficio di donne, bambini e appartenenti a minoranze.

L'impegno italiano in Afghanistan è di grande consistenza anche sotto il profilo della cooperazione allo sviluppo: dal 2001 ad oggi sono stati stanziati per interventi di sviluppo e di emergenza circa 900 milioni di euro, la maggior parte dei quali a dono.

Grazie a questi fondi sono state realizzate, fra l'altro, infrastrutture capaci di migliorare la rete di trasporti all'interno del Paese e verso l'esterno, con benefici economici considerevoli anche nel lungo termine.

Si rende altresì necessaria una riflessione parlamentare più approfondita per un bilancio di una presenza ventennale, che ha visto vittime afghane, si stimano oltre 350 mila morti, e caduti tra i militari, tra i quali i 53 militari italiani cui va per sempre il nostro pensiero.

In ambito Nazione Unite, il nostro contributo al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale si fonda sulla convinzione del legame indissolubile tra pace e sicurezza, crescita, sviluppo e diritti umani e del carattere multidimensionale delle crisi e dei conflitti, e si traduce in un approccio onnicomprensivo, che considera tutto il ciclo della pace, ponendo al contempo un'enfasi particolare sulla prevenzione dei conflitti, anche mediante un ricorso più sistematico allo strumento della mediazione, e sulle attività di stabilizzazione post-conflitto, al fine di contrastare il riemergere delle crisi.

E' proprio in tale quadro che s'inserisce l'azione italiana a favore dell'incremento delle iniziative e delle capacità delle Nazioni Unite in tali settori, in particolare in aree geografiche di primario interesse per il nostro Paese (Mediterraneo, Libia, Siria, Yemen, Sahel e Corno d'Africa), mediante contribuiti al Fondo fiduciario del Dipartimento per gli Affari politici e il consolidamento della pace, al Fondo per il Consolidamento della Pace (Peacebuilding Fund) e all'Ufficio delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio e delle altre atrocità di massa.

Un altro fondamentale ambito ove si sviluppa la nostra azione è l'impegno italiano nelle operazioni e missioni - militari e civili - dell'Unione europea, orientato ad un duplice obiettivo: rafforzare l'azione per la sicurezza del nostro Paese e sostenere la politica di sicurezza e difesa europea, per consentire alla UE di incrementare la propria capacità di agire sulla scena internazionale, nel quadro di un approccio integrato alla gestione delle crisi.

Senza una solida componente di sicurezza civile-militare, che può essere messa a disposizione solo dagli Stati membri, l'effetto delle ingenti risorse spese dalla UE nelle varie iniziative in zone di crisi risulta inevitabilmente depotenziato.

Questo approccio non solo è in linea con la Strategia Globale dell'Unione Europea del 2016 - che ha posto le premesse per un salto di qualità della Politica di sicurezza e difesa Comune (PSDC) dell'UE - ma è coerente con lo stesso impianto multidimensionale degli strumenti normativi nazionali in materia di missioni all'estero.

In questo contesto, va sottolineato l'obiettivo di assicurare la massima coerenza dell'azione italiana a sostegno della PSDC militare e di quella civile (volta a favorire lo sviluppo di capacità presso Paesi terzi), tanto garantendo un impegno sul campo tramite una nostra presenza in quasi tutte le missioni attualmente in essere, quanto tramite un'azione costante di definizione delle politiche a livello UE.

In questo ambito, si segnala la costituzione del Centro di eccellenza per il Crisis Management civile, su iniziativa della Germania, di cui l'Italia è membro dal mese di ottobre 2020. Come parte del sostegno italiano al quadro di sicurezza dell'UE, l'Italia contribuisce anche al Centro di eccellenza di Helsinki per il contrasto alle minacce ibride e all'European Institute of Peace, che affianca l'UE nelle iniziative di mediazione in zone di conflitto.

Il consolidamento della politica di sicurezza e difesa dell'Unione Europea contribuisce anche al rafforzamento della cooperazione NATO-UE, come dimostrano le Dichiarazioni congiunte adottate in occasione dei Vertici NATO di Varsavia (2016) e Bruxelles (luglio 2018) e l'approvazione di 74 proposte di interazione. in diverse aree tematiche (contrasto alle minacce ibride; operazioni, inclusa la dimensione marittima; sicurezza e difesa cibernetica; sviluppo delle capacità militari; industria della difesa; esercitazioni; attività di defence and security capacity building con Paesi partner).

In uno spirito di complementarità, che eviti duplicazioni e rafforzi il legame transatlantico, è nostro interesse continuare a promuovere una cooperazione sempre più stretta tra NATO e UE, in particolare in ambiti come il contrasto alle minacce ibride, la mobilità militare e le esercitazioni congiunte al fine di migliorare le best practices e l'interoperabilità. i cui compiti principali sono la difesa collettiva, la gestione delle crisi e la sicurezza cooperativa, ha dato avvio negli ultimi anni a un processo di adattamento a 360 gradi, volto a rafforzare la postura di deterrenza e difesa per meglio far fronte alle minacce convenzionali e non, provenienti da attori statali e non statali, oltre che da tutte le direzioni strategiche.

Su impulso italiano, maggiore attenzione viene inoltre dedicata al fianco sud dell'Alleanza, sia in termini di pianificazione militare (per assicurare l'adeguata reattività in caso di minacce imminenti) che di rafforzamento del Dialogo Politico e della Cooperazione Pratica con i paesi Partner della regione MENA.

Al riguardo, l'Hub NATO per il Sud di Napoli contribuisce a valutare, analizzare, seguire e rispondere in modo più efficace alle sfide del quadrante meridionale.

Il contributo dell'Italia alle attività della NATO, sia in territorio alleato che nelle operazioni e missioni fuori area, in particolare in Afghanistan, Kosovo e Iraq è considerato uno degli aspetti più qualificanti del nostro contributo al burden sharing alleato.

Nell'ambito dell'impegno dell'Italia nella promozione del valore del multilateralismo e di un approccio cooperativo alle politiche di sicurezza si pone la nostra azione in seno all'OSCE, in particolare nel triennio di nostre Presidenze (Presidenza del Gruppo OSCE di Contatto Mediterraneo nel 2017, dell'Organizzazione nel 2018, del Gruppo OSCE di Contatto Asiatico nel 2019).

Tali esigenze sono state rese ancora più stringenti dal riaccendersi nel 2020 di conflitti interni alla regione quali quello in Nagorno-Karabakh, nella riaffermazione del principio fondante dell'Organizzazione sull'indivisibilità della sicurezza delle aree euro-atlantica, euro-asiatica ed euro-mediterranea.

In questo quadro, è proseguita la costante azione condotta dall'Italia volta a favorire la stabilizzazione dell'area dei Balcani occidentali e del Partenariato orientale, sulla quale la Commissione Affari esteri ha focalizzato la propria attenzione in questi ultimi mesi attraverso incontri interparlamentari costanti e mirati.

Tale azione si è concretizzata anche attraverso specifici interventi a sostegno della cooperazione a livello regionale, in particolare a favore della Fondazione permanente Segretariato dell'Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI) e del Fondo dell'Iniziativa centro-europea (InCE) presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), con la prospettiva di favorire il progressivo percorso di integrazione europea dei Paesi non UE che sono membri delle due iniziative.

Relativamente alla Fondazione Segretariato permanente IAI, si segnala come il percorso di stabilizzazione attraverso il rafforzamento dell'ancoraggio regionale ed europeo della Macedonia del Nord, avviato con l'adesione alla IAI durante la Presidenza di turno italiana del 2018, sia proseguito durante tutto il 2019 attraverso il supporto del Segretariato IAI alla richiesta di adesione di Skopje anche alla Strategia UE per la Regione Adriatico-Ionica (EUSAIR).

Dato lo stallo che l'avanzamento del processo di integrazione europea della Macedonia del Nord e dell'Albania aveva conosciuto a seguito delle conclusioni del Consiglio Europeo del giugno e dell'ottobre 2019 (quando era mancata la necessaria unanimità per aprire i negoziati di adesione con i due Paesi, unanimità che è poi stata raggiunta in occasione del Consiglio Europeo del 26 marzo scorso) l'ancoraggio dei due Paesi, e della Macedonia del Nord in particolare, a IAI e EUSAIR ha svolto un ruolo fondamentale ai fini del processo di adesione e quindi della stabilizzazione della regione.

In relazione al quadrante dell'Africa sub-sahariana, si evidenzia una situazione di perdurante emergenza, caratterizzata da una mobilità forzata della popolazione, dal mancato accesso di parte di essa ai servizi di base, da crisi alimentari ricorrenti e da elevata vulnerabilità nutrizionale, aggravata dall'inadeguatezza dello sviluppo rurale, dai fenomeni di iper-urbanizzazione nelle principali città e della carenza di servizi sociali.

Due le aree di crisi principali i cui fronti, malgrado l'impegno finora profuso, si stanno ampliando e rischiano di fondersi in un'unica area: quella saheliana, che man mano si estende sempre più verso l'area del Golfo di Guinea, e quella del Corno d'Africa allargato, dove una molteplicità di attori - anche esterni - determina una situazione di instabilità che dura da diversi decenni, le cui propaggini di scontri interetnici ed intertribali nonché di fondamentalismo violento si stanno sempre più estendendo verso sud, arrivando a coinvolgere Tanzania e Mozambico.

Nel Sahel, la situazione securitaria appare particolarmente critica nella "zona delle tre frontiere" (Niger, Mali, Burkina Faso) e nell'area del bacino del Lago Ciad, area nella quale confluiscono Nigeria, Niger, Camerun e Ciad, dove si assiste ad un aumento delle attività del gruppo terroristico Boko Haram nei confronti delle popolazioni civili. In una regione caratterizzata da Stati fragili, molti dei quali sono stati o saranno impegnati in importanti e delicati processi elettorali nei prossimi mesi, l'instabilità politica derivante dal crescente malcontento delle popolazioni locali nei confronti delle élite al potere, culminata da ultimo nel colpo di Stato militare in Mali dell'8 agosto scorso, rischia di creare un mix potenzialmente esplosivo.

Nell'area del Corno d'Africa nuovi potenziali scenari di pace si sono aperti con l'avvio di una dinamica lenta ma comunque distensiva tra Etiopia ed Eritrea, in grado di innescare un processo di integrazione regionale allargato anche alla Somalia, con la formazione di un governo di transizione in Sud Sudan e con gli sviluppi politici interni in Sudan, il quale attraversa una transizione democratica ed economica sostenuta dalla Comunità internazionale.

Desta preoccupazione, tuttavia, l'attuale crisi nella regione del Tigrai in Etiopia, suscettibile di incidere negativamente sulla stabilità dell'intera regione. Anche in Somalia, negli ultimi due anni, si è assistito a lenti ma indubbi progressi nel percorso di stabilizzazione, in particolare nei rapporti con le istituzioni finanziarie internazionali, nel dialogo tra Stato federale e Stati federati e in tema di processi elettorali.

Tali sviluppi, se opportunamente consolidati e sostenuti, potrebbero finalmente condurre a una svolta positiva per l ‘intera regione. Tuttavia, qualora gli stessi non vengano correttamente gestiti e supportati, essi potrebbero lasciare spazio a pericolose dinamiche involutive e ad un allargamento a macchia d'olio delle crisi, come sta già accadendo nella provincia settentrionale mozambicana di Cabo Delgado, dove emarginazione sociale e sottosviluppo hanno facilitato l'insediamento di milizie terroristiche islamiche legate al gruppo somalo Al Shabaab.

Gli interventi di emergenza per alleviare le situazioni umanitarie più urgenti, in particolare le gravi conseguenze della pandemia COVID-19, dell'invasione di locuste e delle inondazioni che hanno colpito il Corno d'Africa negli ultimi mesi, e gli interventi di sviluppo per la crescita economica e sociale della regione, potranno anch'essi contribuire ai processi di pace e di stabilizzazione in corso in un'ottica di triplo nesso umanitario-sviluppo-pace, anche in funzione di contrasto delle cause economiche dei fenomeni di radicalizzazione e delle migrazioni irregolari favorite dalla povertà.

Occorre evidenziare criticamente il ritardo con il quale i due documenti sono sottoposti all'esame ed all'autorizzazione parlamentare: tale ritardo rischia infatti di vanificare l'efficacia del rapporto Parlamento-Governo nella definizione dei prioritari indirizzi di politica estera, di cui la partecipazione alle missioni internazionale costituiscono una direttrice fondamentale.

Essa consente al nostro Paese di salvaguardare l'interesse nazionale, promuovere e sostenere un multilateralismo efficiente ed efficace, che contribuisca a facilitare il dialogo e a rafforzare visioni convergenti alle nuove sfide, derivanti ad esempio dalle minacce cibernetiche e dalla militarizzazione delle nuove tecnologie.

ROBERTO PAOLO FERRARI, Relatore per la IV Commissione. (Relazione – Doc. XVI, n. 5). Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori Membri del Governo, le deliberazioni che concernono la conferma delle missioni militari all'estero, l'avvio di nuove operazioni e gli interventi della Cooperazione allo Sviluppo sui teatri di crisi sono certamente un momento fondamentale per discutere della postura del nostro Paese nel mondo e del modo in cui l'Italia tutela i propri interessi nazionali. Parliamo di un impegno importante, che prevede lo schieramento sui teatri di crisi e nelle acque adiacenti di un numero massimo di soldati superiore ai 9 mila effettivi, coinvolti in 40 operazioni differenti, ad un costo di oltre 1,2 miliardi di euro, oltre ai contributi finanziari nazionali alle attività di emergenza autorizzate nei confronti dei Paesi che necessitano di forti supporti anche economici per superare l'instabilità in cui versano.

Presenza militare ed aiuti allo sviluppo sono coordinati tra loro e finalizzati all'obiettivo del perseguimento della stabilità e della pace, intesa come assenza di guerra e ricostruzione dell'ordine politico-sociale.

Nell'audizione dello scorso 7 luglio svoltasi presso le Commissioni Esteri e Difesa riunite dei due rami del Parlamento, i Ministri Di Maio e Guerini sono stati al riguardo molto chiari.

Il Governo ribadisce come le chiavi di volta per la tutela della sicurezza e la difesa nazionale siano rappresentate dalla convinta adesione del nostro paese all'Alleanza atlantica e all'Unione europea e nel riconoscimento dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), quale riferimento principale di legittimazione per le questioni di sicurezza internazionale.

Entrando nel dettaglio della deliberazione relativa alla partecipazione a ulteriori missioni (Doc. XXV n. 4), segnalo che il Governo intende avviare nel 2021 sei nuove missioni internazionali, di cui tre relative alla partecipazione di personale delle Forze armate e tre relative alla partecipazione di personale civile e delle Forze di polizia.

Per quanto riguarda due delle nuove missioni delle Forze armate − United Nations Assistance Mission in Somalia UNSOM (scheda 31-bis/2021) ed European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz EMASOH nello Stretto di Hormuz (scheda 35-bis/2021) − la consistenza massima annuale complessiva dei contingenti impiegati è pari a 194 unità, mentre la consistenza media a 50 unità. Il fabbisogno finanziario è pari, complessivamente, a euro 9.189.127, di cui 7.189.127 nel 2021 e 2 milioni nel 2022.

La missione di assistenza UNSOM è stata istituita dalla risoluzione 2102 (2013) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con il compito di sostenere l'istituzione del Governo federale della Somalia ed il relativo mandato è stato, da ultimo, modificato e prorogato, fino al 31 agosto 2021. La missione − che dovrà focalizzarsi, in particolare, sul garantire elezioni libere, trasparenti e credibili, in un contesto di pluralismo politico − comprende anche l'implementazione di strategie per promuovere il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, l'emancipazione delle donne, la protezione dei bambini, la prevenzione delle violenze legate ai conflitti e il rafforzamento delle istituzioni giudiziarie. Essa, inoltre, potrà fornire supporto anche alla missione AMISOM sotto forma di guida strategica e consulenza su peacebuilding e state-building, riaffermando il rispetto per la sovranità, l'integrità territoriale, l'indipendenza politica e l'unità della Somalia ed evidenziando l'importanza di lavorare per impedire che gli effetti destabilizzanti delle controversie regionali si riversino in Somalia. La partecipazione italiana alla missione prevede l'impiego di un'unità di personale ed un fabbisogno finanziario pari a 156.391 euro per il periodo 1 gennaio 2021 – 31 dicembre 2021, corrispondente alla durata programmata della missione.

L'iniziativa multinazionale europea EMASOH, lanciata dalla Francia a margine del Consiglio dell'Unione europea Affari esteri svoltosi a Bruxelles il 20 gennaio 2020 e sostenuta politicamente, oltre che dalla Francia, dai Governi di Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi e Portogallo, è invece volta a salvaguardare la libertà di navigazione e la sicurezza delle navi che transitano nell'area dello Stretto di Hormuz, mediante l'impiego di dispositivi aeronavali dei Paesi europei aderenti all'iniziativa stessa, per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza. In particolare, la missione ha come compito quello di tutelare il naviglio mercantile nazionale, supportare il naviglio mercantile non nazionale, rafforzare la cooperazione con le altre iniziative nell'area, nonché contribuire alla maritime situational awareness della regione. EMASOH si affianca, infatti, ad altre iniziative assunte dalla Comunità internazionale a seguito della crescente situazione di insicurezza e instabilità provocata da numerosi incidenti, marittimi e non marittimi, accaduti a partire dal 2019 in prossimità dello Stretto di Hormuz. Il numero massimo delle unità di personale militare impiegato, per il periodo 1° gennaio 2021 - 31 dicembre 2021, è di 193 unità, oltre all'impiego di un mezzo navale e di due mezzi aerei, per un fabbisogno finanziario di poco più di 9 milioni di euro, di cui euro 2 milioni per obbligazioni esigibili nell'anno 2022. Come viene sottolineato nella relazione approvata in Commissione, tale missione richiederà un'attenta considerazione delle modalità con le quali assicurare il necessario supporto all'attività della Marina, soprattutto dal punto di vista logistico.

Relativamente alla terza missione delle Forze armate, Task Force CEDRI in Libano (scheda 9-bis/2021) ricordo, invece, che l'operazione ha fatto seguito all'esplosione che il 4 agosto 2020 ha devastato il porto e parte della città di Beirut, provocando oltre 180 morti e più di 6.500 feriti. Su richiesta di assistenza delle autorità libanesi − pervenuta per il tramite del Meccanismo di protezione civile UE − l'intervento è iniziato il 15 agosto 2020 e si è concluso il 21 novembre 2020, con il rientro completo del personale. La consistenza massima del contingente delle Forze armate impiegato è stata pari a 404 unità (nella scheda analitica 9-bis è invece riportata la cifra di 402), mentre il fabbisogno finanziario è stato pari complessivamente a euro 4.078.794 per obbligazioni esigibili nel 2021. Nell'operazione sono stati impiegati, oltre alla nave San Giusto della Marina militare con elicotteri imbarcati, un ospedale da campo dell'Esercito (capacità Role 2 basic) con personale specializzato, assetti del genio per la rimozione delle macerie, nuclei CBRN (Chimico, Biologico, Radioattivo, Nucleare), un assetto per trasporto in bio-contenimento anche in elicottero, un team del gruppo operativo subacquei del COMSUBIN, un velivolo C-130 dell'Aeronautica militare e un team con compiti di force protection. La Task Force ha reso possibile rimuovere circa 13.000 tonnellate di macerie nel porto marittimo, oltre al ripristino della viabilità ordinaria e alla demolizione di fabbricati pericolanti, liberando gli accessi ai moli. Il team di medici e infermieri militari, provenienti dal Policlinico militare Celio, ha operato all'interno dell'ospedale da campo dell'Esercito, effettuando più di 1.000 visite specialistiche ambulatoriali e, al contempo, considerato il diffondersi in Libano del virus COVID-19, oltre 1.300 tamponi e 600 test sierologici.

Ciò detto, va segnalato che l'operazione Emergenza Cedri ha rappresentato il primo caso in cui si è sottoposto ad autorizzazione parlamentare un'operazione all'estero che risulta conclusa in epoca antecedente alla richiesta di autorizzazione.

Al riguardo, tuttavia, il Governo ha chiarito che il contesto delineato ha reso impossibile corrispondere alle unità del personale militare impiegato il più favorevole trattamento economico di missione previsto dalla legge quadro sulle missioni internazionali determinando, così, una disparità di trattamento rispetto ai militari dei contingenti impiegati in analoghi teatri operativi, precisando inoltre che il Parlamento non è chiamato ratificare un intervento già concluso, bensì ad autorizzare la spesa relativa al maggior trattamento economico percepito dal personale.

Ad ogni modo rimarco come sia sì necessario evitare disparità di trattamento economico, ma come sia altrettanto opportuno non attendere l'ultimo istante per dare utili comunicazioni.

Per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2021 il Governo intende avviare anche due nuove missioni con la partecipazione di personale civile in Libia, nelle quali sono impiegati un magistrato fuori ruolo del Ministero della Giustizia (European Union Border Assistance Mission in Lybia EUMAM LIBYA scheda 47-bis) e un ufficiale della Guardia di Finanza (European Union Border Assistance Mission in Lybia EUMAM LIBYA scheda 47-ter), nonché una in Ucraina (European Union Advisory Mission Ukraine EUAM Ukraine (scheda 43-bis), nella quale è impiegato un magistrato fuori ruolo del Ministero della Giustizia. Il fabbisogno finanziario delle tre missioni per la durata programmata è pari complessivamente a 241.464 euro, di cui 115.285 euro per la missione della Guardia di Finanza e 126.179 euro per le due missioni del Ministero della giustizia.

Per quanto riguarda, poi, le missioni di cui si propone la prosecuzione nell'anno 2021 (Doc. XXVI, n. 4), dai dati forniti dal Governo emerge che la consistenza massima annuale complessiva dei contingenti delle Forze armate impiegati nei teatri operativi è pari a 9.255 unità, mentre la consistenza media è pari a 6.461 unità, dati in aumento rispetto all'anno precedente. Al riguardo, preciso che il numero massimo delle unità di personale previsto per ciascuna scheda missione non comprende gli avvicendamenti del personale e l'invio di team per esigenze di carattere tecnico, ispettivo e logistico a supporto delle missioni. Il fabbisogno finanziario è invece pari complessivamente a euro 1.245.420.530, di cui euro 997.420.530 nel 2021 ed euro 268.000.000 nel 2022, oneri coperti dalle risorse presenti nel Fondo missioni. Infine, per il mantenimento del dispositivo info-operativo dell'AISE il fabbisogno finanziario per la durata programmata è confermato nella misura di euro 26 milioni.

Il maggior numero di missioni (17) è presente nel continente africano (10 in Asia e 6 in Europa), ma con riferimento alla consistenza numerica delle unità impiegate nei diversi teatri operativi, il maggior numero di militari autorizzato è in Asia.

Per quanto concerne l'Europa, le missioni che impegnano il maggior numero di militari italiani sono la missione NATO Joint Enterprise nei Balcani (638 unità, 230 mezzi terrestri e un mezzo aereo) e la missione dell'Unione europea denominata EUNAVFORMED Irini (596 unità, 2 mezzi navali e 3 mezzi aerei). Con specifico riguardo alla missione NATO Joint Enterprise (scheda n. 1/2021) è confermata l'immissione nel contingente nazionale di un team per la protezione cibernetica delle reti non classificate, inserito nel 2020, nonché lo schieramento, a invarianza numerica, di personale nazionale appartenente al NATO Joint Force Command di Napoli (JFCNP), a supporto della missione. Continua, altresì, ad essere assicurata una forza di riserva in prontezza (Operational Reserve Forces Battalion della NATO – circa 600 unità) basata in Italia, pronta a intervenire in caso di necessità, il cui personale prenderà parte alle attività per la verifica delle procedure previste in caso di effettiva attivazione. Per quanto riguarda la partecipazione alla missione dell'Unione europea EUNAVFOR MED Irini (scheda n. 6/2021), il cui compito principale è quello di contribuire all'attuazione dell'embargo sulle armi imposto dall'ONU nei confronti della Libia, l'Italia intende partecipare nel 2021 con 596 unità, 2 mezzi navali e 3 mezzi aerei. La spesa prevista per questa missione è pari a euro 39.717.055, di cui 9 milioni per obbligazioni esigibili nell'anno 2022. Ricordo che, relativamente al periodo 1° aprile 2020 - 31 dicembre 2020, l'Italia ha partecipato a questa missione con 517 unità, un mezzo navale e tre mezzi aerei e che la spesa autorizzata è stata pari a euro 21.309.683, di cui 5 milioni per obbligazioni esigibili nell'anno 2021.

Segnalo, poi: l'incremento di 10 unità di personale e di oltre 1,6 milioni di euro del fabbisogno finanziario della missione ALTHEA dell'Unione Europea in Bosnia-Erzegovina (scheda n. 3/2021), in relazione alla quale il Governo fa presente che “la consistenza massima del contingente nazionale impiegato nella missione è incrementata a 50 unità per compensare le carenze capacitive della missione”; una diminuzione di 40 unità di personale (da 280 a 240) e di poco più di 1 milione di euro di fabbisogno finanziario della missione Sea Guardian della NATO (scheda n. 5/2021) cui l'Italia partecipa, come per il precedente anno, con un sottomarino e una unità navale, anche per svolgere attività di raccolta dati e di presenza e sorveglianza navale nell'area del Mediterraneo Orientale, nonché due mezzi aerei.

Per quanto riguarda l'Asia, la partecipazione italiana più significativa riguarda la missione Resolute Support in Afghanistan (scheda n. 7/2021). In relazione a questa missione, il Governo chiede al Parlamento un'autorizzazione per l'impiego di personale militare avvenuto per una parte dell'anno 2021- risultando ormai completato, come emerso nelle comunicazioni fornite dal Governo- il ritiro dei militari italiani. L'impegno è stato pari a 1.000 unità, oltre a 127 mezzi terrestri e 16 mezzi aerei, per un fabbisogno finanziario di euro 154.319.938, di cui euro 33.000.000 per obbligazioni esigibili nell'anno 2022. Ricordo che nel 2020 l'Italia ha partecipato alla missione con 800 unità di personale militare, 145 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei, per un fabbisogno finanziario di poco superiore, pari a euro159.711.820. La relazione analitica fa presente che la consistenza massima del contingente nazionale impiegato nella missione è incrementata fino a 1.000 unità per far fronte alle esigenze di force protection e a quelle tecnico-logistiche necessarie all'esecuzione delle operazioni di rientro in Italia.

Relativamente alla missione United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (scheda n. 8/2021), la nuova deliberazione prevede la partecipazione di 1.301 unità di personale militare, 368 mezzi terrestri, 1 mezzo navale e 7 unità aeree (nel precedente anno l'Italia ha partecipato a questa missione con 1.076 unità di personale militare, 278 mezzi terrestri e 6 unità aeree). Il fabbisogno finanziario è stimato in euro 181.376.609, di cui 35.000.000 per obbligazioni esigibili nell'anno 2022, in aumento rispetto al 2020 (euro 150.308.185). L'Italia è il maggiore contributore di truppe di UNIFIL e, dall'inizio della seconda fase (agosto 2006), per quattro volte è stato scelto quale UNIFIL Head of Mission e Force Commander (HoM/FC) un generale italiano. Durante l'esame in Commissione è stato approvato un emendamento con il quale si impegna il Governo a proseguire nel sostegno alle autorità e popolazioni libanesi nello sforzo per la ricostruzione e la stabilizzazione socio-economica del Paese. Sempre sul teatro libanese è presente anche la missione bilaterale di addestramento delle Forze armate libanesi MIBIL (scheda n. 9/2021), volta a incrementare le capacità complessive delle Forze di sicurezza libanesi, sviluppando programmi di formazione e addestramento preventivamente concordati con le Autorità libanesi. La consistenza massima del contingente nazionale impiegato è incrementata a 315 unità, per effetto del potenziamento della componente logistica di gestione delle crisi e dello schieramento permanente di un team per la protezione cibernetica delle reti non classificate.

La scheda n. 12/2021 concerne la prosecuzione della partecipazione di personale militare alle attività della Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh. In relazione a tale minaccia il Governo fa presente che l'Italia intende proseguire il proprio impegno nella cornice della Coalizione a guida USA, sia sotto il profilo militare che civile. In particolare, l'Italia è tra i principali contributori in Iraq in termini di unità militari e ha svolto attività di addestramento di forze militari e di polizia irachene e curde, sospese a inizio 2020 per il deterioramento del quadro di sicurezza e per l'emergenza sanitaria da Covid-19. Nel 2021 si intende continuare a effettuare operazioni di intelligence, ricognizione e sorveglianza (ISR) e attività di rifornimento in volo. L'Italia partecipa all'operazione con complessive 900 unità di personale militare, 84 mezzi terrestri e 11 mezzi aerei. Il fabbisogno finanziario della missione viene stimato in euro 230.932.129, di cui 52.000.000 per obbligazioni esigibili nell'anno 2022. Nel 2020 l'Italia ha partecipato alla missione con 1.100 unità di personale militare, 270 mezzi terrestri e 12 mezzi aerei, per una spesa complessiva di euro 262.946.003. Si registra, dunque, una riduzione sia delle unità impiegate che delle risorse finanziarie necessarie. In Iraq proseguono anche la missione NATO denominata NATO Mission in Iraq NM-I (scheda n. 13/2021) e la missione dell'Unione europea denominata European Union Advisory Mission in support of Security Sector Reform in Iraq EUAM Iraq (scheda n. 14/2021).

Venendo al continente africano, la presenza italiana più consistente è nella missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (scheda n. 18/2021) che vede impiegati 400 unità di personale, 69 mezzi terrestri, 2 mezzi aerei e mezzi navali tratti nell'ambito del dispositivo di sicurezza nazionale “Mare sicuro”. La missione si inquadra nell'ambito delle attività di supporto al Governo di Accordo nazionale, in linea di continuità con l'impegno umanitario assunto dall'Italia in riferimento alla crisi libica. Il contingente del personale comprende: personale sanitario, unità per assistenza e supporto sanitario, unità con compiti di formazione, addestramento consulenza, assistenza, supporto e mentoring, unità per il supporto logistico generale, unità per lavori infrastrutturali, unità di tecnici/specialisti, squadra rilevazioni contro minacce chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN), team per ricognizione e per comando e controllo, personale di collegamento presso dicasteri/stati maggiori libici; unità con compiti di force protection del personale nelle aree in cui esso opera.

Segnalo, poi, la missione UE antipirateria denominata ATALANTA (scheda n. 29/2021), dove sono presenti 388 unità di personale militare, 2 mezzi navali e 4 mezzi aerei e l'aumento della partecipazione di personale militare alla forza multinazionale di contrasto alla minaccia terroristica nel Sahel denominata Task Force TAKUBA (scheda n. 25/2021) intesa a contrastare la minaccia terroristica nel Sahel, dove il personale militare impiegato passa da 200 a 250 unità e i mezzi terrestri passano da 20 a 44, facendo registrare una variazione in aumento del fabbisogno finanziario di oltre 33 milioni di euro, che passa da euro 15.627.178 a euro 48.928,885, di cui euro 10.000.000 per obbligazioni esigibili nell'anno 2022.

Sempre nel continente africano continua la partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (scheda n. 20/2021), alle missioni dell'Unione europea denominate EUTM Mali (scheda n. 21/2021) e EUCAP Sahel Mali (scheda n. 22/2021), nonché alla missione dell'Unione europea denominata EUCAP Sahel Niger (scheda n. 23/2021) e alla missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (scheda n. 24/2021). Proseguono, inoltre, le missioni dell'Unione europea in Somalia EUTM SOMALIA (scheda n. 30/2021) e EUCAP SOMALIA (scheda n. 31/2021) volte, rispettivamente, a contribuire alla costituzione e al rafforzamento delle forze armate somale e a rafforzare la capacità di sicurezza marittima e di polizia della Somalia, nonché la missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda n. 32/2021) e l'impiego di personale militare presso la base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda n. 33/2021) per le esigenze connesse con le missioni internazionali nell'area del Corno d'Africa.

Passando ai dispositivi di sicurezza, viene confermata la partecipazione al dispositivo aeronavale nazionale nel Mar Mediterraneo Mare Sicuro (scheda n. 34/2021), nel cui ambito è inserita la missione bilaterale in supporto alla Marina libica, che vede impiegati 754 unità di personale militare, 6 mezzi navali e 8 mezzi aerei e al dispositivo aeronavale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza nel Golfo di Guinea (scheda n. 35/2021), dove sono presenti 394 unità di personale militare, 2 mezzi navali e 4 mezzi aerei per corrispondere alle esigenze di prevenzione e contrasto della pirateria e delle rapine a mano armata in mare e assicurare la tutela degli interessi strategici nazionali nell'area, con particolare riferimento alle acque prospicienti la Nigeria, nonché ai dispositivi della NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza (scheda n. 36/2021), per la sorveglianza navale dell'area sud dell'Alleanza (scheda n. 37/2021) con 235 unità di personale militare, un mezzo aereo e due mezzi navali più una on call, per la presenza in Lettonia (scheda n. 38/2021) con 238 unità di personale militare e 135 mezzi terrestri, nonché per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza Air policing (scheda n. 40/2021).

Infine sono confermate due esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate (scheda n. 41/2021) per un fabbisogno complessivo di euro 78.100.000, di cui 18.000.000 per obbligazioni esigibili nel 2022 e le esigenze di mantenimento del dispositivo info-operativo dell'Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) a protezione del personale delle Forze armate impiegato nelle missioni internazionali (scheda 42/2021).

Infine, ricordo che in merito alla missione bilaterale di assistenza nei confronti delle istituzioni libiche preposte al controllo dei confini marittimi con personale della Guardia di Finanza di cui alla scheda n.48/2021, si è svolto un ampio dibattito nelle Commissioni che è sfociato nell'approvazione di un emendamento con il quale si chiede al Governo di verificare se sussistano le condizioni, dalla prossima programmazione, per il suo superamento, trasferendone le funzioni ad altre missioni per consolidare il ruolo dell'Italia in Libia.

Ciò significa che l'impegno Italiano in Libia NON verrà meno o che la formazione della guardia costiera libica verrà trasferita sotto l'egida della missione Irini. Tutt'altro, questo sforzo verrà unicamente riorganizzato, nel caso ve ne saranno le condizioni, all'interno di altra missione bilaterale italo-libica.

Alla luce di tutto ciò mi sento di ribadire in maniera chiara che l'Italia dalla Libia non se ne va.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 i deputati Baldelli e Fragomeli hanno segnalato che hanno erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario;

nella votazione n. 3 il deputato Prisco ha segnalato che si è erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorele.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 9)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Doc. XVI, n. 5 - ris. 6-193 437 416 21 209 40 376 73 Resp.
2 Nominale ris. 6-194 - I p. 442 440 2 221 438 2 73 Appr.
3 Nominale ris. 6-194 - II p. 436 388 48 195 382 6 73 Appr.
4 Nominale ris. 6-194 - III p. 437 386 51 194 385 1 73 Appr.
5 Nominale ris. 6-194 - IV p. 436 399 37 200 394 5 73 Appr.
6 Nominale ris. 6-194 - V p. 440 396 44 199 387 9 73 Appr.
7 Nominale ris. 6-194 - VI p. 417 395 22 198 361 34 73 Appr.
8 Nominale ris. 6-194 - VII p. 438 393 45 197 388 5 73 Appr.
9 Nominale ris. 6-194 - VIII p. 437 395 42 198 386 9 73 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.