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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 535 di martedì 6 luglio 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FRANCESCO SCOMA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 2 luglio 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Battelli, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Del Barba, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Durigon, Fassino, Ferri, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frassinetti, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Ghebard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Muroni, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Parolo, Perantoni, Rampelli, Ravetto, Rizzo, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Speranza, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 91, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione della Giunta per il Regolamento.

PRESIDENTE. Comunico che in data 5 luglio 2021 il Presidente della Camera ha chiamato il deputato Niccolò Invidia a far parte della Giunta per il Regolamento, ai sensi dell'articolo 16, comma 1 del Regolamento stesso, in sostituzione del deputato Davide Crippa, dimissionario.

Svolgimento di interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

(Iniziative volte all'adozione di un sistema di raccolta di dati standardizzata per le emissioni “fuggitive” di metano, nonché a rivedere il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima al fine di ridurre l'utilizzo di gas naturale – n. 3-02287)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Benedetti ed altri n. 3-02287 (Vedi l'allegato A).

La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Grazie all'interrogante per aver posto questo tema. L'Italia, condividendo le indicazioni della Commissione europea indicate nella Methane Strategy, pubblicata a fine 2020, aderisce all'adozione di un sistema di reporting delle emissioni basato sul Protocollo OGMP 2.0, sul framework dell'Oil & Gas Methane Partnership. Si tratta di un'iniziativa volontaria lanciata in ambito del Programma dell'ambiente delle Nazioni Unite, per supportare le società energetiche nel processo di riduzione delle emissioni di metano, al quale alcune aziende energetiche nazionali hanno già aderito. L'adesione al framework consentirà di disporre di metodologie univoche e condivise per una migliore contabilizzazione delle emissioni.

Riguardo alle strategie di riduzione delle emissioni si è favorevoli a specifiche iniziative di contenimento menzionate nella Methane Strategy, in particolare all'introduzione della tecnica Leak Detection and Repair, che consiste nel monitoraggio e nella riparazione delle emissioni fuggitive negli impianti. Come accennato, alcune aziende hanno già aderito al Protocollo OGMP 2.0, incrementando ulteriormente i loro precedenti target di riduzione emissiva. Ad esempio, SNAM ha annunciato nel Piano strategico 2020-2024 l'impegno a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2040, con un obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni del -50 per cento al 2030, rispetto ai valori del 2018, per tutte le emissioni di CO2 equivalenti dirette ed indirette, avendo già ottenuto una riduzione di oltre il 20 per cento negli ultimi tre anni. Le emissioni fuggitive sono, inoltre, oggetto di debita considerazione nei casi in cui il Ministero procede al rilascio delle autorizzazioni all'esercizio degli impianti, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006. Più in generale, per quanto attiene il processo di decarbonizzazione, esso poggerà su una progressiva elettrificazione dei consumi, oltre che su un mix di fonti differenziate che vede idrogeno verde e biometano come fonti complementari, in grado di assicurare il raggiungimento dei target di completa decarbonizzazione al minor costo. Nei lavori di aggiornamento del PNIEC in corso, stante le evoluzioni tecnologiche e di mercato che si sono susseguite negli ultimi anni, si prevede un maggiore apporto dei gas rinnovabili e una maggiore interconnessione fra i mercati elettrici e del gas, per poter sfruttare appieno le sinergie che si possono sviluppare tra diversi sistemi energetici. In merito alla necessità di ridurre l'uso del gas naturale come fonte energetica, nell'ambito dell'aggiornamento del PNIEC, sarà previsto un utilizzo del gas naturale fossile solo per la transizione verso la decarbonizzazione, fermo restando l'obiettivo di procedere più rapidamente possibile alla sua sostituzione con le fonti rinnovabili in genere e con il biometano e l'idrogeno verde, là dove l'elettrificazione ha più difficoltà a svilupparsi. Il tema delle emissioni fuggitive di gas naturale è, dunque, certamente presente negli indirizzi del Governo.

PRESIDENTE. La deputata Benedetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

SILVIA BENEDETTI (MISTO). Allora, posso dirmi parzialmente soddisfatta della risposta. Io capisco che da parte della sottosegretaria ci sia una sensibilità al tema, tuttavia, mi preme ricordare che, come tempi, siamo già fuori tempo massimo. L'impressione è che le aziende che gestiscono gli impianti (gasdotti eccetera), al di là di quello che si sono impegnate a fare, si siano svegliate un po' tardi rispetto alla questione delle emissioni fuggitive di metano. Il dubbio è che l'argomento sia arrivato ora alla ribalta, perché c'è stato un interessante lavoro della Clean Air task force - che è una no-profit - la quale, tramite rilevazioni termografiche, ha visto le perdite dagli impianti italiani. È significativo il fatto che, in una delle foto giornaliere dal mondo pubblicate su the guardian ci sia l'impianto di Pineto di Eni, con le sue emissioni, e si vede chiaramente l'emissione di metano totalmente incontrollata. Quindi, penso che le iniziative attinenti al personale delle aziende, che, attualmente, sono volontarie - ma il tempo non ci permette di considerare la volontarietà come un elemento di valore: è un elemento dovuto -, siano, comunque, tardive. Penso che questo Governo abbia il compito di risolvere, il prima possibile, la questione in maniera molto determinata. Infatti, oggi l'Agenzia internazionale per l'energia ha affermato che, nel caso delle emissioni fuggitive di metano in atmosfera, ci si attesta tra il 3 e il 10 per cento; quindi abbiamo un impatto maggiore del metano che, lo ricordo, se non utilizzato, non trasformato, è un gas serra ben più potente della CO2, quindi dell'anidride carbonica. Dunque, abbiamo un tempo ristretto in cui l'Agenzia internazionale per l'energia ci dice: risolvete, efficientate le perdite degli impianti di stoccaggio, dei gasdotti, eccetera, perché è la soluzione più rapida, attualmente, per cercare di ridurre le emissioni.

Un'altra cosa c'è da dire: al di là delle emissioni fuggitive, l'importanza è anche dal punto di vista delle scelte energetiche che vengono fatte, perché? Perché, ad esempio, non si può pensare di incentivare la produzione di un gasdotto come quello di Sulmona; un gasdotto, come vita utile, ha una cinquantina di anni; dovrebbe essere un gasdotto che, anche se iniziasse a lavorare adesso, andrebbe avanti fino al 2070, ed è un concetto già perdente in partenza. In altri termini, pensare adesso di utilizzare il metano ancora come se fosse una fonte energetica plausibile, in un'idea di transizione energetica che deve andare verso le emissioni zero al 2050, è una pura follia, è appunto una scelta perdente già in partenza. Quindi, spero che il Governo voglia lavorare su due fronti: anzitutto, evitare di farsi magari dire dall'Unione europea di diminuire i progetti che hanno visto il metano come fonte di transizione, basti vedere la riduzione dai 2 miliardi ai 400 milioni che la Commissione europea ha chiesto per via del Piano che era stato presentato in sede di PNRR. Quindi, vorrei che ci fossero l'iniziativa e la consapevolezza, da parte del Governo, di non autorizzare ulteriori nuovi impianti, di fare scelte di politica energetica veramente coraggiose, perché le scelte di politica energetica non devono nemmeno essere schiave di aziende come, ad esempio, SNAM, ENI, eccetera, perché non ce lo possiamo più permettere. Inoltre, spero che il Governo prenda un'azione decisiva e forte relativamente alle emissioni fuggitive, perché è qualcosa che possiamo ottenere adesso, a costi relativamente contenuti.

(Iniziative di competenza in ordine all'effettivo stato di manutenzione e messa in sicurezza dei fiumi Secchia e Panaro, al fine di evitare ulteriori danni alla popolazione e alle attività economiche e produttive del territorio modenese – n. 3-01971)

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Ascari ed altri n. 3-01971 (Vedi l'allegato A).

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Grazie agli interroganti per aver posto questo importantissimo tema. Con riferimento alle questioni poste, la regione Emilia-Romagna ha rappresentato, in primo luogo, che gli scenari rispetto agli eventi di riferimento indicati, frequenti e poco frequenti, e, conseguentemente, gli interventi strategici che possano garantire un'efficace azione di mitigazione del rischio idraulico, devono essere definiti nell'ambito della pianificazione di bacino, in particolare nel PAI e nel PGRA, e ciò in coerenza con l'assetto territoriale, con il principio di gestione unitaria dei bacini idrografici, nonché con le disposizioni derivanti dalle direttive europee in materia. Attraverso l'aggiornamento degli strumenti di pianificazione potranno essere individuate le soluzioni più efficaci per la prevenzione del rischio idraulico, tenuto conto degli effetti dei cambiamenti climatici, che sul modenese, ma non solo, si stanno manifestando con particolare ricorrenza.

Ciò premesso, la regione precisa che, proprio in attuazione della pianificazione di bacino, in relazione al tempo di ritorno cinquantennale, si sta già lavorando per adeguare il sistema difensivo esistente, in particolare attraverso i seguenti interventi: completamento dei primi due stralci prioritari di adeguamento del sistema arginale del Panaro rispetto alla portata, con tempo di ritorno pari a 50 anni, finanziati per 20 milioni di euro con le risorse stanziate dal DL n. 74 del 2014 e già in corso di realizzazione; adeguamento della cassa di espansione del fiume Secchia rispetto alla portata, con tempo di ritorno pari a 50 anni, con una progettazione attualmente sottoposta a VIA regionale. Per eventi poco frequenti, con tempi di ritorno fino a 200 anni, si è in attesa di una specifica variante al PAI, che aggiornerà l'assetto di progetto dei due corsi d'acqua e, conseguentemente, la programmazione strategica correlata, anche alla luce della significativa modificazione del regime idrologico che si sta manifestando ormai da un decennio su tutti gli affluenti appenninici nel fiume Po.

Per quanto riguarda il Ministero della Transizione ecologica, le risorse assegnate all'Emilia-Romagna sono distribuite nel Fondo per la progettazione ex articolo 55 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, che, come previsto dall'articolo 1, comma 2, del DPCM 14 luglio 2016, consiste in 100 milioni di euro assegnati dal CIPE con delibera n. 32 del 2015, punto 1.4. Sono stati messi a disposizione della regione Emilia-Romagna circa 2,5 milioni di euro, destinati all'avanzamento delle attività progettuali fino al livello esecutivo di 20 interventi, che comportano opere da realizzare di importo complessivamente pari ad oltre 113 milioni di euro. In particolare, a dicembre 2019, a valere sul predetto Fondo, è stato assegnato il finanziamento di 589.500 euro per la progettazione di un intervento denominato “Manutenzione straordinaria dell'alveo e delle arginature dalla cassa di espansione al Po”.

L'intervento in questione prevede l'esecuzione di lavori ricadenti nei comuni di Bomporto, Camposanto, Castelfranco Emilia, Finale Emilia, Modena, Nonantola, Ravarino, San Cesario sul Panaro e Spilamberto, per un costo complessivo pari a 15 milioni di euro. Con il DPCM del 20 febbraio 2019 è stato adottato il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale. L'articolo 2, comma 1, di detto DPCM prevede un Piano stralcio 2019 recante elenchi settoriali di progetti e interventi immediatamente eseguibili, aventi carattere di urgenza e indifferibilità. Nell'ambito del suddetto Piano, sono stati assegnati alla regione Emilia-Romagna oltre 21 milioni di euro; tali risorse hanno già consentito il finanziamento, nella regione, di 18 interventi, per i quali nel 2019 è stata erogata l'anticipazione del 60 per cento dell'importo totale assegnato. Del predetto Piano fa parte anche la messa in sicurezza del fiume Panaro dalla strada provinciale 16 all'abitato di Marano sul Panaro, nel comune di Vignola.

L'intervento in corso di esecuzione, per un importo pari a 1 milione e 280 mila euro, è finanziato con delibera CIPE n. 35 del 24 luglio 2019, quale II stralcio di un intervento di complessivi oltre 6 milioni di euro (fonte: ReNDiS). In data 26 ottobre 2020 è stato sottoscritto il sesto atto integrativo dell'accordo di programma del 3 novembre 2010 tra il Ministero dell'Ambiente, oggi della Transizione ecologica, e la regione Emilia-Romagna, finalizzato alla programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico, con il quale sono stati finanziati, a valere su risorse di bilancio del Ministero, 10 interventi, per un totale di 15 milioni di euro, già trasferiti. Le risorse sono state, in maniera prioritaria, attribuite agli interventi la cui progettazione è già stata finanziata con il Fondo progettazioni di cui al DPCM 14 luglio 2016, in ossequio alle indicazioni della Corte dei conti, contenute nella relazione finale relativa all'indagine “Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico” di cui alla deliberazione n. 17/2019/G del 31 ottobre 2019, che evidenziano l'opportunità di finanziare tale tipologia di interventi al fine di evitare un uso distorto delle risorse pubbliche.

Posso, comunque, assicurare che il Ministero che rappresento continuerà a seguire con la massima attenzione l'importante tematica rappresentata.

PRESIDENTE. La deputata Ascari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretaria per la sua risposta, mi dichiaro soddisfatta in merito alle iniziative, agli interventi e alle risorse di cui lei ha parlato qui, oggi, in Aula.

È bene ricordare che, negli ultimi dieci anni, si sono susseguite numerose piene dei fiumi Secchia e Panaro che hanno provocato gravi danni sul territorio modenese e numerosi disagi alla popolazione locale. Durante l'ultima, nel dicembre 2020, in 24 ore, sono caduti circa 370 millimetri di pioggia e ciò ha provocato l'allagamento delle zone circostanti, danni agli agricoltori, agli imprenditori locali e la devastazione di intere aree della campagna modenese e alcune città della provincia. Molte attività produttive, già provate dalla pandemia, hanno dovuto fermarsi di nuovo a causa dei danni provocati dall'alluvione.

In un quadro così grave e sconfortante, i lavori di messa in sicurezza sono fondamentali e urgenti. Tra l'altro, l'attuale cassa di espansione del Secchia è stata realizzata negli anni Settanta, dunque, ormai, cinquant'anni fa, e risulta insufficiente anche per le piene medie, mentre, in caso di piene grandi, si rischia il cedimento degli argini in terra.

Il nostro territorio è prezioso e fragile al tempo stesso e, sicuramente, necessita di una continua e costante manutenzione che conservi e tuteli l'equilibrio tra la natura e le attività umane.

Per questo, è fondamentale che il Governo faccia chiarezza sullo stato ambientale, idraulico e funzionale dei fiumi Secchia e Panaro, verificando quali siano i lavori di manutenzione e messa in sicurezza effettivamente necessari e l'entità dei finanziamenti da investire, anche contro le eventuali piene medie e grandi.

È anche per questo che noi, come MoVimento, abbiamo fortemente voluto il Ministero della Transizione ecologica, perché pensiamo che non vi siano benessere, economia sana e sicurezza senza un equilibrio ambientale, il quale passa per il rispetto del territorio e la manutenzione delle strutture, create a tutela delle persone e delle attività.

I danni alla popolazione, alle realtà economiche e produttive della zona, al nostro patrimonio culturale e ambientale si evitano così: con la prevenzione, la cura e la costanza.

(Iniziative di competenza volte al rispetto dei diritti umani in Bahrain e nella regione del Golfo, alla luce di gravi violazioni denunciate anche negli ultimi mesi e della risoluzione adottata in merito dal Parlamento europeo – n. 3-02173)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, senatore Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Boldrini n. 3-02173 (Vedi l'allegato A).

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Onorevole interrogante, la situazione dei diritti umani in Bahrein è seguita con attenzione dal Governo italiano sul piano bilaterale e nei rilevanti fora multilaterali, a partire dall'Unione europea.

Il Paese è menzionato nelle conclusioni del Consiglio dell'Unione europea sulle priorità nei consessi multilaterali in materia di diritti umani per il 2021, adottate il 22 febbraio, in cui l'Europa si è impegnata a continuare a chiedere a Manama di garantire il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche, il rispetto dello Stato di diritto, la lotta contro l'impunità e la disuguaglianza, la libertà di riunione e associazione, anche per i difensori dei diritti umani e manifestanti pacifici, e la libertà di opinione ed espressione, con particolare attenzione alla sicurezza di giornalisti, blogger e altri operatori dei media.

Le criticità relative alle condizioni carcerarie e al trattamento degli oppositori politici, dei dissidenti e dei difensori dei diritti umani nel Paese sono ben note. Prendiamo sempre attenta nota delle dichiarazioni e dei rapporti delle principali organizzazioni internazionali a tutela dei diritti umani.

Per queste ragioni, l'Italia mantiene alta l'attenzione del Bahrain sul tema dei diritti umani. Il Ministro Di Maio ha affrontato l'argomento durante il suo colloquio con l'omologo bahrenita a margine della Ministeriale Anti-Daesh di Roma la settimana scorsa e facciamo lo stesso in sede di dialogo tra Unione europea e Bahrein.

Il Governo italiano mantiene uno stretto raccordo con i partner dell'Unione europea, in linea con le raccomandazioni che abbiamo formulato al Bahrein a maggio 2017 nel corso dell'ultima sessione di Revisione periodica universale delle Nazioni Unite.

Le raccomandazioni hanno riguardato: a) la ratifica dei principali strumenti internazionali relativi ai diritti umani, compreso il Protocollo opzionale della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti; b) l'attuazione di norme sul pieno esercizio delle libertà di espressione, riunione pacifica e associazione; c) la protezione delle vittime di maltrattamenti e torture, perseguendone i responsabili; d) la moratoria sulle esecuzioni capitali.

Quest'ultima è l'unica raccomandazione non accettata dal Bahrein, aspetto che ci spinge a proseguire con sempre maggiore impegno nel confronto franco con un partner importante in Medio Oriente.

Il dialogo strutturato annuale tra Unione Europea e Bahrain sui diritti umani, la cui ultima sessione si è svolta a febbraio, ha confermato le abituali criticità. Il confronto ha, tuttavia, riconosciuto gli sforzi del Regno, in particolare la creazione dell'Istituto nazionale per i diritti umani.

Naturalmente c'è un dato formale e c'è un dato che riguarda l'efficacia: ricordo all'onorevole interrogante che, su questo tema, siamo noi italiani in ritardo e mi auguro sia possibile, in qualche modo, spingere per l'istituzione dell'Agenzia indipendente sui diritti umani in Italia.

Grazie all'impulso italiano sono stati, inoltre, attivati meccanismi di coordinamento fra le ambasciate dei Paesi dell'Unione europea, presenti a Manama per un'interlocuzione più strutturata, a partire proprio dall'Istituto nazionale per i diritti umani.

Il 23 giugno, la nostra ambasciatrice a Manama ha, infatti, incontrato, insieme con i colleghi di Germania e Francia, il presidente dell'Istituto. Anche in questa occasione, abbiamo condiviso con la controparte bahrenita, la preoccupazione con cui l'opinione pubblica e le istituzioni europee seguono la situazione dei diritti umani nel Paese. Soprattutto da parte italiana, in questa occasione, è stato condannato il ricorso alla pena capitale e richiesto di considerare l'introduzione di una moratoria in vista dell'abolizione.

Insieme ai suoi colleghi, la nostra ambasciatrice ha, inoltre, ribadito l'attenzione europea sulle condizioni di detenzione nel carcere di Jau, visitato su invito del Ministro dell'Interno da parte dei capi missione di Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Cina, Russia, Unione europea e i rappresentanti delle Agenzie ONU in Bahrain il 3 maggio. Questa visita ha offerto l'occasione per un approfondimento sulle condizioni carcerarie in generale e sulla situazione della diffusione di COVID-19 nelle prigioni bahrenite, in merito alle quali è stata nuovamente attirata l'attenzione delle autorità di Manama.

Sulla base di questo lavoro e in linea con la nostra tradizione di politica estera, non certo limitata al Bahrain e alla regione del Golfo, l'Italia continuerà ad adoperarsi, senza soluzione di continuità, per il pieno rispetto e l'efficacia promozione dei diritti dell'individuo e dello Stato di diritto.

PRESIDENTE. La Presidente Boldrini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

LAURA BOLDRINI (PD). Grazie, signor Presidente. Ringrazio il rappresentante del Governo, ho depositato questa interrogazione nell'aprile scorso, quando si è appreso che, nel decimo anniversario delle cosiddette primavere arabe, nel Regno del Bahrain, che fu allora teatro di forti mobilitazioni per la democrazia e i diritti civili, le autorità hanno dato vita a una massiccia azione repressiva contro dissidenti e difensori dei diritti umani e dei diritti civili.

Organizzazioni umanitarie, come Human Rights Watch e Bahrain Institute for Rights and Democracy, hanno documentato ampiamente queste recenti condotte coercitive e violente e il Parlamento europeo, sottosegretario, è subito intervenuto, tant'è che, l'11 marzo, c'è stata una risoluzione approvata a larghissima maggioranza.

In questa risoluzione si condannano, senza mezzi termini, le violazioni dei diritti umani, della libertà di informazione, dei diritti di parola e di manifestazione, in un Paese nel quale - vorrei ricordarlo a quest'Aula - sono stati sciolti i partiti di opposizione e anche gli organi di stampa indipendenti, cioè non ci sono più. È stato apprezzato il fatto che il Bahrain, insieme agli Emirati Arabi Uniti, abbia inaugurato quegli Accordi di Abramo, sottoscritti poi da altri Paesi arabi, che contemplano una normalizzazione nei rapporti bilaterali con Israele. Ma questo evento, considerato come un fatto positivo, non cancella, né attenua la necessità di una ferma critica nei confronti di chi schiaccia, nel suo Paese, ogni voce di dissenso e di critica. Ho parlato di violazione di diritti umani, della libertà di stampa e di opinione; aggiungo, signor Presidente, anche il tema della libertà religiosa. Perché? Perché secondo l'ultimo rapporto di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo, anche leader politici e religiosi sciiti, vengono perseguitati, come nel caso di Sheikh Isa Qassim, che è rimasto in esilio forzato in Iran, dove si era recato nel 2018 dopo che le autorità del Bahrain gli avevano revocato la cittadinanza e, dunque, non poteva rientrare. Allora, signor sottosegretario, io mi chiedo come sia possibile che l'università di Roma, la Sapienza, abbia inaugurato, nel novembre del 2018, una cattedra sulla convivenza e sul dialogo interreligioso, interamente finanziata dalla Royal Charity Organisation, che è un ente governativo del Bahrain, un Paese che, in tema di dialogo interreligioso, non ha davvero le carte in regola per impartire lezioni a nessuno. Eppure questo è: all'università di Roma abbiamo questa cattedra. Perché lo sappiamo? Questo è emerso nel corso di un'audizione che il Comitato sui diritti umani nel mondo, che presiedo, ha tenuto il 14 giugno con l'organizzazione Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain; una audizione dalla quale sono scaturite, oltre a questa informazione, anche altre, in cui si chiedono al nostro Governo e al nostro Parlamento degli impegni puntuali, che sono poi quelli che sono stati pronunciati, nel marzo scorso, al Parlamento europeo: rilascio incondizionato di tutti i difensori dei diritti umani e dei prigionieri di coscienza, cessazione di ogni forma di tortura, eliminazione delle discriminazioni contro le donne e delle violenze dei diritti del lavoro, ripristino della libertà di stampa e della libera manifestazione del pensiero.

Signor Presidente, so bene che il Bahrain può apparire lontano, ma anche altri Paesi possono apparire lontano, e anche quell'incrocio tra la 38esima strada e Chicago Avenue, a Minneapolis, può sembrare lontano, laddove venne assassinato George Floyd. Ma, o ci mettiamo in testa che i diritti umani ci riguardano da vicino, come un effetto farfalla giustappunto, ovunque vengano calpestati, oppure ci rassegneremo a vivere in una globalizzazione nella quale c'è la libera circolazione di tutto, di denaro, capitali, informazioni e tecnologie, ma non degli esseri umani e dei diritti umani. Un mondo così fatto, signor Presidente, e chiudo, non è un bel lascito, né per i nostri figli, né per i nostri nipoti. Per questo, signor sottosegretario, le chiedo un impegno sempre più forte del nostro Governo verso la tutela dei diritti umani in ogni parte del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative normative in merito al trasferimento ai comuni delle aree interne dei contributi a valere sul Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali relativi all'anno 2020 - n. 3-02312)

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato, Dalila Nesci, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Angiola n. 3-02312 (Vedi l'allegato A).

DALILA NESCI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Collega, onorevole Angiola, nella sua interrogazione, lei ricorda le ragioni e gli obiettivi che ispirano la Strategia nazionale per le aree interne e che hanno indotto il legislatore a rafforzarne l'operatività attraverso l'istituzione di un Fondo di 210 milioni di euro totali, di cui 90 milioni riferiti al 2020. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 settembre 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 302 del 4 dicembre 2020, si è provveduto a definire la ripartizione, i termini, le modalità di accesso, monitoraggio e rendicontazione dei contributi destinati ai comuni delle aree interne, a valere sul Fondo in parola, per il triennio 2020-2022. Ciò premesso, lei esprime preoccupazione, da un lato per i presunti ritardi nella corresponsione dei contributi relativi al 2020, dall'altro per l'esclusione di alcuni comuni della provincia di Alessandria dal novero dei comuni beneficiati. Quanto al primo aspetto, posso sicuramente rassicurarla. Dai dati forniti dal Ministero dell'Economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, preposto ad effettuare gli ordinativi di pagamento previsti nel DPCM citato, emerge infatti che, superate le iniziali difficoltà legate alla novità della procedura, i trasferimenti sono iniziati a partire da fine aprile 2021 e sono proseguiti senza soluzione di continuità, tanto che ad oggi sono stati inseriti nei sistemi di pagamento del Dipartimento della RGS gli ordinativi per tutti i 3.101 beneficiari della misura in argomento, di cui 1.847 già eseguiti, per un totale erogato di circa 60,5 milioni di euro, e 1.254 in corso di esecuzione, per 29,5 milioni. Quanto all'ulteriore aspetto relativo al contenzioso in corso, è vero che il DPCM è stato impugnato innanzi al TAR Lazio con 3 distinti ricorsi pervenuti il 3 febbraio 2021 da parte di 20 comuni che contestano l'esclusione dal novero dei comuni beneficiari. A tal riguardo, sottolineo che il DPCM in questione interessa una platea di 3.101 comuni, selezionati sulla base della mappatura delle aree interne contenuta nell'Accordo di partenariato 2014-2020 (che è in corso di aggiornamento per il futuro ciclo di programmazione 2021-2027) e in virtù di criteri demografici. Alla stregua di tali criteri, i comuni ricorrenti risultano appunto esclusi dall'elenco dei beneficiari. Il giudizio sarà discusso nel merito in data l° dicembre 2021, nel frattempo, il provvedimento, in assenza di pronunciamenti cautelari, è immediatamente efficace, ragion per cui se ne impone l'attuazione, così come in effetti sta avvenendo.

PRESIDENTE. Il deputato Nunzio Angiola ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

NUNZIO ANGIOLA (MISTO-A-+E-RI). Sì, grazie Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta che è stata fornita dalla sottosegretaria Nesci, in quanto apprendo, apprendiamo adesso che si sta procedendo regolarmente in quanto il DPCM sta dispiegando a pieno titolo tutti gli effetti e si sta procedendo al caricamento di tutti gli ordinativi di pagamento, con le liquidazioni e i versamenti di quanto dovuto, a favore di tutti i comuni. Per quanto riguarda il ricorso pendente da parte di alcuni comuni della provincia di Alessandria, con l'udienza fissata al 1° dicembre 2021, si valuterà, nella sede giurisdizionale competente, chi ha ragione oppure chi ha torto. Vorrei, quindi, esprimere apprezzamento per il fatto che il Governo, nonostante questa impugnazione che c'è stata rispetto al provvedimento, al DPCM originario del settembre del 2020, abbia inteso procedere ugualmente nella liquidazione di queste somme a favore dei comuni, che ricordo essere veramente numerosi: 3.101, con una popolazione di 4.171.667 abitanti.

(Rinvio dell'interrogazione n. 3-01993)

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, all'interrogazione Ascari e Del Sesto n. 3-01993. Avverto che, su richiesta delle presentatrici e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interrogazione è rinviato ad altra seduta.

È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 11,40, è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 91, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00421 concernente iniziative di competenza a favore di Patrick Zaki, con particolare riferimento al conferimento della cittadinanza italiana.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00421 (Nuova formulazione) concernente iniziative di competenza a favore di Patrick Zaki, con particolare riferimento al conferimento della cittadinanza italiana (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che in data odierna è stata presentata un'ulteriore nuova formulazione della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00421 (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.

E' iscritta a parlare la deputata Lia Quartapelle Procopio, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00421 (Ulteriore nuova formulazione). Ne ha facoltà.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Non vorrei iniziare questo intervento parlando di Patrick Zaki. Patrick Zaki lo conosciamo: conosciamo la sua storia, la sua famiglia, sua sorella Marise, la sua vicenda, i suoi desideri, i messaggi che ci manda dal carcere.

Patrick Zaki è il simbolo, un volto, un nome delle 2.900 persone circa detenute oggi nelle carceri egiziane, mentre parliamo, nelle sue stesse condizioni. E quali sono le sue condizioni? Sono quelle di una detenzione arbitraria, senza formalizzazione di capi di accusa, che viene rinnovata ogni volta, dopo 45 giorni, senza che sia permesso all'imputato di difendersi dalle accuse che il regime egiziano fa piovere sulla testa di queste 2.900 persone, senza renderle concrete.

Queste 2.900 persone hanno un nome e una famiglia, una storia, ma i nomi, le famiglie, le storie, gli amici, i desideri, la vita precedente di queste 2.900 persone non sono noti. Sono noti solo alcuni casi; uno di questi è quello di Ahmed Samir Santawy, studente dell'Università centrale europea di Vienna, fermato pochi mesi fa, il 1° di febbraio del 2021, proprio all'aeroporto de Il Cairo. Come Patrick, tornava dai suoi studi, dalla città dove studia e dove risiede e voleva andare dalla sua famiglia ed è stato fermato in aeroporto, esattamente come Patrick. Proprio come Patrick, è stato interrogato sui suoi studi che hanno a che fare, anche nel suo caso, con i diritti sessuali e riproduttivi delle donne.

Patrick, lo sappiamo, è uno studente di un master a Bologna sulle differenze di genere. Ahmed Samir Santawy è stato detenuto nelle stesse condizioni di Patrick, con un'accusa non formalizzata, nebulosa, molto pesante per svariate settimane e, poi il 22 giugno 2001, quindi due settimane fa, è stato condannato a 4 anni di carcere per la pubblicazione di notizie false. Nel suo caso, il Governo del Paese europeo che lo ospitava, l'Austria, aveva deciso di perseguire una strada diversa da quella che auspichiamo che persegua l'Italia con questa mozione; il Governo austriaco aveva deciso una strada di contatti informali della diplomazia sottotraccia, dei canali riservati; un sistema che non ha funzionato nel caso di Ahmed Samir Santawy.

Nel caso di questi rapimenti, spesso viene detto che bisogna lasciare lavorare le istituzioni, che è meglio non fare clamore e non indispettire questi regimi; nel caso di Ahmed Samir Santawy questo approccio non ha funzionato e non sta funzionando per ciascuno dei 29 mila uomini, donne, ragazzi, ragazze, attivisti, detenuti in Egitto.

Il silenzio, l'assenza di notizie, che pesano su di loro come una coltre pesantissima, come richiesto dal regime egiziano, non stanno servendo a liberare queste persone. Sappiamo che ci sono; sappiamo che sono lì; sappiamo che soffrono; sappiamo che rischiano pene detentive molto lunghe; eppure, il silenzio, nel loro caso, non funziona e il loro sprofondare nel silenzio ci fa interrogare. Sappiamo anche che, certe volte, invece, il clamore funziona e ha funzionato per esempio il 17 maggio del 2020, un anno fa, nel caso di Lina Attalah: Lina Attalah è una bravissima giornalista e la direttrice di uno dei pochissimi media ancora liberi, l'ultimo quotidiano online libero d'Egitto, Mada Masr. E' stata arrestata perché aveva fatto un'intervista alla famiglia di un altro detenuto nelle condizioni di Patrick Zaki.

Lina Attalah ha legami con l'Italia: ha studiato a Duino, non lontano da Fiumicello, dove è nato e cresciuto Giulio Regeni. Si sono mobilitati per lei i suoi ex compagni di scuola, i colleghi giornalisti italiani, anche la politica. Tanti di noi presenti in quest'Aula anche oggi hanno fatto pressione perché lei venisse liberata e, dopo poche ore, Lina Attalah è stata liberata.

Non sappiamo se siano giusti il clamore o il silenzio; sappiamo però che il silenzio non sta portando a bucare quella coltre oppressiva che grava sulle tante persone che sono detenute in Egitto.

Ci viene anche detto: perché Zaki? Perché ci siamo focalizzati su di lui, quando le persone nelle sue condizioni sono almeno 2.900? Ci sono 400 persone in attesa di vedersi comminata una sentenza di morte; la situazione dei diritti umani in Egitto è molto pesante. Perché proprio Zaki, che è cittadino egiziano, lo ricordiamo: certo, è cittadino egiziano, lo sappiamo, ma Zaki è sentito come cittadino di questo Paese. Studiava qui, lo sentiamo italiano, il Paese lo sente figlio, compagno di studi, abitante delle nostre città; vi è un'università, ne parlerà dopo l'onorevole De Maria, e la città di Bologna che stanno facendo tutto il possibile perché la vicenda di Patrick non sia dimenticata e continui a tenere viva la mobilitazione civile, di solidarietà, che è il volto più bello della nostra esperienza italiana.

Perché Patrick? Perché Patrick lo sentiamo uno di noi, anche se non è cittadino italiano, ed è per questo che chiediamo che il Governo italiano faccia di tutto.

La mozione che oggi discutiamo, che domani voteremo, su cui interverranno vari colleghi, chiede tante cose: chiede che Patrick sia riconosciuto come cittadino italiano, che si faccia tutto il possibile in sede europea, in sede internazionale, in sede multilaterale per far sì che effettivamente Patrick possa essere liberato; chiede - grazie anche all'aggiunta che ha voluto oggi la collega Marta Grande - che siano fatte tutte le iniziative per garantire la libertà degli studenti stranieri che vengono in Italia a studiare e che magari provengono da Paesi che sono dei regimi, proprio come l'Egitto. Chiediamo tante cose con questa mozione e le chiediamo per un cittadino egiziano che noi sentiamo come italiano; le chiediamo per un ragazzo che oggi, a 17 mesi dalla sua incarcerazione, anche stanotte, anche domani, vivrà in condizioni di reclusione; sta male Patrick - lo sappiamo, lo scrive, lo raccontano le persone a lui vicine, la sua avvocata - e ne chiediamo la liberazione perché è il volto di un'Italia, di una generazione che in Egitto è stata repressa, la cui ricerca di libertà e la cui domanda di democrazia è una domanda che sentiamo come nostra. Chiediamo che gli venga riconosciuta la cittadinanza perché chiediamo che il Governo faccia tutto il possibile: noi non vogliamo e non possiamo sopportare di pensare che non stiamo facendo tutto il possibile per liberare Patrick, per farlo uscire dal carcere, per farlo venire in Italia, come è suo desiderio. Sì, è vero, Patrick è cittadino egiziano, ma è anche vero che ha un legame con questo Paese, è anche vero che un Paese come il nostro ha il dovere di denunciare tutte quelle violazioni dei diritti umani di cui sono vittime cittadini inermi anche nel loro Paese; ed è per questo che noi chiediamo il riconoscimento della cittadinanza a un Governo che finora sta valutando - e speriamo che questa valutazione arrivi a una risposta positiva e celere. Chiediamo ciò perché noi non possiamo lasciare nulla di intentato e dobbiamo fare tutto il possibile per liberarlo: tutto il possibile, tutto il possibile, finché non sarà liberato! È questo che chiediamo al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Dall'Osso. Ne ha facoltà.

MATTEO DALL'OSSO (CI). Grazie, Presidente. Alma Mater Studiorum, la più antica Università del mondo; nel 1888 una commissione presieduta da Giosuè Carducci fissò convenzionalmente l'anno di fondazione al 1088, il cui fondatore, Irnerio, morì dopo il 1125. Considerata la più antica Università propriamente detta del mondo, lo Studiorum nacque intorno al 1088 come libera e laica organizzazione fra studenti. Alla fine degli anni Ottanta l'Università di Bologna si espanse a Buenos Aires e nel territorio emiliano-romagnolo, creando, nel 1986 una prima sede distaccata a Ravenna. Oggi conta 87.590 studenti, meno 1: Patrick Zaki.

Bologna, la mia città, la nostra città, la dotta, da sempre città simbolo di convivenza e multiculturalità, simbolo di cucina tradizionale che accoglie le altre tradizioni pur continuando nel mantenimento dei sapori; Bologna delle torri, della mortadella, con e senza pistacchio, che sembra di ricordare, nei suoi colori, la sua italianità; Bologna l'internazionale, dove nasce la scuola di diritto e dove si sono formati fior fior di giuristi; ecco, Bologna è sfregiata e colpita da tanti avvenimenti e l'ultimo, per cronologia, è proprio l'arresto di uno studente dell'Università di Bologna, l'ottantasettemilacinquecentonovantesimo, Patrick Zaki. E di Patrick qual era la colpa? Studiare a Bologna? Studiare a Bologna, dove mi sono laureato, occupandosi dei diritti umani? C'è bisogno dei diritti e troppo spesso assistiamo a violazione degli stessi, ma spesso occuparsi della tutela delle persone non è semplice: non è facile scontrarsi con il sistema, non è facile parlare con le istituzioni e i rappresentanti del popolo, non è facile argomentare con regimi democratici o supposti tali, non è facile difendere le persone e, soprattutto, non è facile difendere se stessi.

Caro Patrick, sono con te! Tu hai studiato e studi a Bologna; sei un cittadino onorario anche della città, della mia città, della nostra città; sei il valore aggiunto alla mia Bologna, con la tua presenza. Ci manca il tuo apporto, ci mancano i tuoi suggerimenti e ci manca il tuo impegno civico, che è per noi esempio. Patrick, siamo quasi vicini di età, e se a volte ti prende lo sconforto sappi che qui siamo con te: io sono con te, noi siamo con te. Non ti lasciamo solo, non ci dimentichiamo di te: noi non ci dimentichiamo dello studente 87.590.

Questa mozione ha come obiettivo principale impegnare il Governo ad adottare iniziative di competenza per il conferimento della cittadinanza italiana. Quindi, vorrei sottoscrivere, Presidente, questa mozione e invito tutti i miei colleghi a farlo, e vi ripeto il numero: l'1-00421. Confido anche, Presidente, in un forte impegno europeo (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Colleghi, tutti ormai, in Italia, conosciamo la triste vicenda di Patrick Zaki, un giovane cittadino egiziano che studiava nel nostro Paese e che dal febbraio del 2020 è incarcerato in condizioni disumane in Egitto, in piena violazione dei più basilari diritti umani. Patrick era uno studente brillante, che stava frequentando un master in studi di genere presso l'Università di Bologna dal settembre del 2019, grazie a una borsa di studio che aveva ottenuto dopo una dura selezione per frequentare, appunto, un corso sponsorizzato dalla Commissione europea con il programma Erasmus Mundus. Patrick stava tornando in Egitto per visitare la sua famiglia prima di rientrare in Italia per completare il master, quando fu arrestato dalle forze di sicurezza egiziane. Nel mandato d'arresto troviamo capi d'accusa gravissimi, come la minaccia alla sicurezza nazionale, l'incitamento alle proteste illegali, la sovversione, la diffusione di false notizie, la propaganda per il terrorismo, ma in realtà, nello specifico, gli vengono solamente contestati alcuni post su Facebook, dove avrebbe denunciato le azioni del regime. La verità, infatti, è un'altra: ovvero che il regime di Al-Sisi usa le accuse di terrorismo come scusa per rinchiudere e spegnere con la forza qualsiasi forma di dissenso. Si tratta, infatti, di accuse che non possiamo non mettere in relazione alla collaborazione che Patrick ha avuto con la campagna elettorale di Khaled Ali, nel 2018, un attivista impegnato sul fronte del rispetto dei diritti umani o la sua collaborazione con l'Associazione per la difesa dei diritti umani, la Egyptian Initiative for Personal Rights, che ha sede al Cairo. Secondo l'avvocato di Patrick, il signor Samuel Thabet, Patrick è stato bendato e torturato dai membri delle forze di sicurezza egiziane, che lo hanno pestato con pugni e calci per ore, usando ripetute scariche elettriche, minacciandolo, inoltre, di stupro. Patrick è stato interrogato sulla sua permanenza in Italia, sul suo impegno politico e sul suo presunto legame con la famiglia di Giulio Regeni, mentre i media governativi avrebbero provato a giustificare il suo arresto e la sua detenzione screditando la sua figura, accusandolo di essere attivo all'estero per fare una tesi sull'omosessualità e per incitare all'odio contro l'Egitto.

In attesa del processo, Patrick è in detenzione preventiva da quel 7 febbraio 2020; domani saranno appunto 17 mesi esatti, in condizioni estremamente difficili, nel carcere per detenuti politici di Tora. Come Giulio, Patrick si trova in prigione sotto tortura e senza un vero perché. Non siamo riusciti a salvare Giulio, ma ora dobbiamo assolutamente salvare Patrick. Studiava nel nostro Paese, dove si trovava bene proprio perché poteva esprimere le sue idee in libertà, a difesa dei diritti umani e delle persone LGBT; per questo motivo è giusto conferirgli, in via straordinaria, la cittadinanza italiana.

In Egitto continua una repressione sistematica e metodica di qualsiasi forma di dissenso, dove l'uso della tortura e della pena di morte sono all'ordine del giorno, non da ultimo con la condanna a morte, lo scorso giugno, di oltre 12 leader dell'opposizione che erano sopravvissuti al massacro di piazza Rabia-al-Adawiyya del 14 agosto 2013, dopo un processo che definire farsa sarebbe alquanto riduttivo.

Basta tortura, basta pena di morte! L'Italia si deve esprimere con chiarezza e condannare l'uso della tortura e della pena di morte in Egitto.

Il caso Zaki, inoltre, ci ricorda la triste vicenda di Sarah Hijazi, l'attivista LGBT egiziana, arrestata e torturata per mesi a Il Cairo, che poi aveva finalmente trovato asilo in Canada, ma troppo profonde erano le sue ferite per sopravvivere e, infatti, pochi mesi fa, ha deciso di mettere fine alla sua vita.

Quale minaccia rappresentava Sarah per la sicurezza per meritare tutto questo? Quali minacce rappresenta Zaki per la Repubblica Araba d'Egitto? Che minaccia rappresentava Giulio? Quanti ragazzi ancora dovranno morire, solo perché chiedono diritti e libertà? Non sono un idealista; è ovvio che la strada verso la democrazia è un percorso tortuoso e che al posto di al-Sisi potremmo ritrovarci regimi molto peggiori e che l'Egitto rimane un pilastro fondamentale per la sicurezza della regione, ma noi non possiamo tacere davanti a casi di questo genere. L'Egitto è, sì, un partner geostrategico fondamentale per l'Italia; è un Paese baricentro di tutto il Medio Oriente, è un alleato essenziale nella lotta al terrorismo e nella lotta all'immigrazione clandestina, ma questo non deve esimerci dal condannare fermamente le gravi violazioni dei diritti umani che stanno accadendo in quel Paese, alle migliaia di sparizioni di giovani, giornalisti, dissidenti, che stanno accadendo sotto al-Sisi a un ritmo ben superiore che nell'era di Mubarak. Lo spauracchio del terrorismo non deve servire come alibi alle peggiori violazioni dei diritti umani. Sia l'Italia che l'Egitto hanno aderito alla Convenzione internazionale contro la tortura del 1984; l'Italia deve farsi sentire e obbligare l'Egitto a rendere conto di queste gravi violazioni anche in sede internazionale. Nel frattempo, noi chiediamo il rilascio immediato di Patrick Zaki che non costituisce, in alcun modo, un pericolo per l'Egitto, come d'altronde non lo costituiva il nostro Giulio Regeni che era lì per una missione di ricerca e di studio. Io sono orgoglioso che il mio Paese non abbia sotterrato sotto l'altare della ragion di Stato la vicenda di Giulia Regeni e del caso di Patrick Zaki, come, invece, hanno fatto altri Paesi europei: penso, per esempio, alla Francia, che ha lasciato cadere le richieste di giustizia dei familiari Eric Lang, un giornalista franco-egiziano morto in circostanze poco chiare nelle carceri egiziane.

Per questo motivo, ho sottoscritto con convinzione la mozione presentata alla Camera dalla collega Lia Quartapelle, che ringrazio, e, come Italia Viva, abbiamo richiesto la calendarizzazione, veloce e rapida, di questo atto di indirizzo che chiede di conferire, al più presto, la cittadinanza italiana a Patrick Zaki; un atto di indirizzo al Governo, che si aggiunge alla mozione già approvata al Senato; atti che vanno nella stessa direzione della risoluzione approvata, lo scorso dicembre, dal Parlamento europeo, dove si deplora con la massima fermezza la continua e crescente repressione per mano delle autorità statali e delle forze di sicurezza egiziane ai danni dei diritti fondamentali e dei difensori dei diritti umani, e che chiede la liberazione immediata e incondizionata di Patrick Zaki e il ritiro di tutte le accuse a suo carico. Chiediamo al “Presidente faraone”, al-Sisi, di permettere a Patrick di tornare ai suoi studi in Italia e di collaborare con la giustizia italiana sul caso Regeni. Chiediamo giustizia per Giulio e libertà per Patrick Zaki (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisa Tripodi. Ne ha facoltà.

ELISA TRIPODI (M5S). Grazie Presidente, dal 7 febbraio 2020, Patrick Zaki è rinchiuso in una delle carceri egiziane; questo giovane ragazzo di trent'anni, studente, ricercatore presso l'università di Bologna, attivista per i diritti umani, sta subendo, da più di un anno ormai, torture quotidiane, fisiche e psicologiche: privato della propria libertà, con accuse ridicole e pretestuose, privato della dignità di essere umano. E come lui, purtroppo, sono molti gli uomini e le donne che, da tanti anni ormai, subiscono ogni tipo di tortura dai Governi che si sono succeduti in Egitto negli anni. Patrick Zaki è detenuto nel carcere di Tora senza una condanna, senza imputazioni specifiche; le accuse mosse dal Governo egiziano sono per gli attivisti, per i giornalisti, gli avvocati, gli oppositori politici sempre le stesse che si ripetono in un loop: diffusione di notizie false dirette a minare la pace sociale; incitamento alla protesta senza permesso; istigazione a commettere atti di violenza e terrorismo; gestione di un account social che indebolisce la sicurezza pubblica e appello al rovesciamento dello Stato. Questi sarebbero i cinque reati di cui è accusato Zaki e, come lui, tantissimi altri, uomini e donne, colpevoli per le proprie opinioni le quali, molte volte, non vengono nemmeno espresse.

Le udienze preliminari vengono continuamente rinviate, non c'è alcuna volontà da parte della magistratura egiziana di indagare e il solo scopo della detenzione è la punizione e la repressione che, in Egitto, continua ad essere una costante. Non esiste, in questo Paese, una separazione sostanziale dei poteri e la magistratura non è indipendente ed è completamente sotto il controllo del Governo di al-Sisi. Nel gennaio del 2011, scoppia la rivoluzione egiziana, questo grande movimento di protesta, di disobbedienza civile che porta con sé la speranza di un cambiamento, di un rinnovamento politico e sociale contro il regime di Mubarak. Sono proprio i giovani, gli studenti e le studentesse universitarie a guidare questa rivoluzione, con la speranza di un vero cambiamento per il proprio Paese, per un riconoscimento vero dei diritti civili degli egiziani e delle egiziane. Tuttavia, dalle dimissioni di Mubarak fino ad arrivare al 2021, la situazione non è migliorata, anzi, le repressioni da parte delle Forze armate aumentano sempre di più, diventano più violente, con centinaia, migliaia di morti, di feriti e di persone che, con le più banali accuse, vengono letteralmente rapite e portate nelle carceri, senza alcuna forma di garanzia, senza alcun rispetto per la dignità dell'essere umano. È in questo scenario che Patrick Zaki vive, cresce e studia e prende completamente consapevolezza di quello che è e che vuole essere: una persona che ama il suo Paese, che non accetta la continua violazione dei diritti umani. Zaki è testimone di queste violenze, anche sessuali, delle sevizie fisiche da parte del Governo egiziano ai danni dei suoi concittadini, ai danni anche di minori e non può stare a guardare inerme quello che succede intorno a lui. Lui deve agire e inizia a lavorare con una ONG egiziana che si occupa di difendere i diritti e sarà proprio la difesa dei diritti che spingerà Zaki ad iscriversi al Master Gemma dell'università di Bologna, Master d'eccellenza, sponsorizzato dalla Commissione europea che si occupa di studi di genere e delle donne. Zaki ama l'Italia e l'Italia ama Zaki e sono tantissime le iniziative che sono state intraprese nel nostro Paese per chiedere la liberazione di questo giovane ragazzo la cui unica colpa è l'amore incondizionato per l'essere umano e la difesa dei diritti fondamentali. Sono tante le iniziative promosse ovunque e da diversi organi e istituzioni come, per esempio, la Conferenza dei rettori delle università italiane; anche le università europee si sono attivate, lanciando appelli per la liberazione di Zaki. C'è anche una lettera di europarlamentari italiani indirizzata al capo dell'ambasciata italiana a Il Cairo, Giampaolo Cantini, e una risoluzione approvata dal Parlamento europeo. In entrambe, si chiede la liberazione immediata di Patrick Zaki e il ritiro di tutte le accuse a suo carico. Sono poi numerosi i comuni italiani che hanno conferito la cittadinanza onoraria a Zaki come, per esempio, Bari, Napoli, Milano, Bologna, Messina, Avellino, Rimini e altri ancora. Poi ci sono anche le manifestazioni di tantissimi cittadini e cittadine italiani, studenti e studentesse e tutte le iniziative promosse da Amnesty International e al suo complesso e delicato lavoro di monitoraggio e di denuncia delle violazioni dei diritti umani che, da sempre, porta avanti.

Come Movimento 5 Stelle, riteniamo fondamentale il lavoro di sensibilizzazione che si sta portando avanti, a tutti i livelli, delle autorità egiziane; importantissimo e delicato il lavoro che con rigore e dedizione l'ambasciata italiana a Il Cairo continua a gestire, seguendo direttamente tutte le evoluzioni del procedimento giudiziario. L'impegno che si chiede al Governo con la mozione, a prima firma della collega Quartapelle, verso questo giovane uomo non è qualcosa di poco conto, ma porta in sé una valenza e un valore altissimo: per questo Parlamento i diritti umani non sono negoziabili e sono un elemento fondamentale e costitutivo della pace e di uno Stato di diritto. I diritti umani e civili sono universali e, come tali, devono essere garantiti a chiunque e si deve lavorare in ogni sede affinché questo avvenga, non solo nella forma, ma soprattutto nella sostanza. Il nostro lavoro, soprattutto nel contesto europeo, è e sarà sempre quello di non rinunciare mai a porre il tema dei diritti umani e di non dare mai per scontate le libertà fondamentali, perché sono molti i Patrick Zaki e sono ancora tanti i Paesi nei quali la situazione sui diritti umani è critica, dove i Governi continuano a reprimere con la forza e la tortura i pensieri, le opinioni dissidenti o anche solo presumibilmente tali. L'indignazione e la pressione che può e deve essere esercitata, deve essere esercitata dall'Unione europea, anche attraverso le sue istituzioni; e questo potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte, non solo di Patrick, ma di tanti altri. Il Ministro Luigi Di Maio sta continuando a lavorare in modo silenzioso, come richiede questa delicata questione, anche di equilibrio di rapporti geopolitici, assieme all'ausilio della diplomazia per arrivare alla liberazione di Zaki.

Ma accanto alla Farnesina e all'Italia anche l'Unione europea deve fare la sua parte esercitando pressioni sull'Egitto. Con questo atto di indirizzo, con questa mozione che si voterà domani, si potrà dire che questo Parlamento è per la libertà, per la salvaguardia dei diritti fondamentali e per la verità, ed è la stessa verità che dobbiamo a Giulio Regeni, che dobbiamo alla sua famiglia, che dobbiamo al Paese intero. Questa verità noi la pretendiamo perché sappiamo benissimo che il suo corpo mutilato e abbandonato è la testimonianza delle atrocità e delle torture che ogni giorno avvengono in Egitto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il deputato Andrea De Maria. Ne ha facoltà.

ANDREA DE MARIA (PD). Grazie, Presidente. Lo scorso 11 gennaio il consiglio comunale di Bologna ha approvato all'unanimità il conferimento della cittadinanza onoraria a Patrick Zaki, studente dell'università di quella città, incarcerato - come è stato qui ricordato - in Egitto in detenzione preventiva con accuse gravissime, quanto infondate. Ricordo all'Aula l'impegno di Bologna non solo perché si tratta della mia città, ma anche perché è stata tra le prime a raccogliere l'appello per un riconoscimento a un cittadino a cui è stato sottratto il bene più prezioso, cioè la sua libertà personale. Bologna l'ha fatto consapevole della sua storia e delle sue conquiste: Bologna era ed è la città di Patrick. Lui la scelta per i suoi studi e la sua università; perché a Patrick Zaki piace studiare, come a molti giovani della sua età, come a molti giovani egiziani che hanno lasciato il loro Paese e la propria famiglia per studiare fuori per poi fare ritorno più preparati, più consapevoli, più liberi. Ciò capita a milioni di cittadini del mondo, capita nell'era della globalizzazione della conoscenza senza confini. Forse, questa è la prima cosa che non è stata perdonata a Zaki: scrivere da cittadino libero del mondo sulla bacheca di uno spazio senza confini. A quel primo gesto di Bologna ne sono seguiti molti altri. Molte città hanno scelto di dare la cittadinanza onoraria a Zaki: Firenze, Napoli, Bari, Milano, Lecce, Ferrara, Avellino, Rimini, Imola e così via, volendo esprimere così, con una delibera del consiglio comunale, un modo per essere vicini alla lotta per la libertà di Patrick Zaki, mentre campagne di solidarietà chiedevano la sua liberazione e chiedevano di concedere la cittadinanza italiana; ed è quello che oggi chiediamo al Governo, fra le altre cose, nella mozione che stiamo discutendo. Quindi, non più un atto simbolico, ma un documento che si consegna a chi abbia reso eminenti servizi al Paese, quando ricorrono eccezionali interessi dello Stato. Questo interesse, a mio avviso ed ad avviso di tanti di noi, è indiscutibile. C'è infatti un sentimento diffuso nel nostro Paese nel ritenere che il giovane egiziano sia detenuto ingiustamente e che serve agire per chiedere al Governo del suo Paese che venga liberato e possa affrontare un processo nel pieno rispetto dei suoi diritti civili.

Le notizie che arrivano dalla sua avvocata, dai familiari, dalle associazioni che si occupano della sua vicenda, le sue stesse parole, ci descrivono una situazione preoccupante per la sua condizione di detenzione preventiva, incompatibile con il rispetto dei più basilari diritti umani. Sappiamo che Zaki soffre d'asma, che il carcere dove è detenuto è stato colpito da casi di COVID, che Zaki si racconta molto provato anche psicologicamente dalla prigionia.

Queste stesse notizie hanno portato il 18 dicembre dello scorso anno il Parlamento europeo ad approvare una risoluzione che definisce arbitrario il suo arresto e considera la sua detenzione come una minaccia per i valori fondamentali dell'Unione europea. Zaki è un cittadino del mondo, è un cittadino a cui il mondo guarda con angoscia e preoccupazione, perché ovunque è in pericolo la libertà e sono messi in discussione i diritti fondamentali, donne e uomini liberi si sentono chiamati in causa. Con la mozione di oggi noi chiediamo al Governo italiano di non voltarsi dall'altra parte, di schierarsi con tanti nostri sindaci, con tanti amministratori, ma anche con tanti cittadini che hanno sottoscritto la richiesta della libertà per Zaki conferendogli, appunto, la cittadinanza italiana. Lo ricordavo prima: è più di un gesto simbolico. È, intanto, la presa d'atto che lo Stato italiano può e deve impegnarsi per la libertà di Zaki; è lo strumento con cui esercitare, in ogni occasione, in qualunque contesto, ogni pressione possibile per chiedere il rispetto dei suoi diritti umani, con maggiore forza ed efficacia anche sul piano giuridico.

Noi non possiamo accettare quello che già abbiamo visto accadere per Giulio Regeni: l'Egitto non può considerarsi un Paese dove tutto è concesso e neppure la più realistica della realpolitik può accettare che un uomo, un ragazzo, venga privato della sua libertà, maltrattato e detenuto, picchiato e torturato. Quella cittadinanza, se data, diventa allora lo strumento con il quale possiamo continuare anche a chiedere alle autorità egiziane verità e giustizia per Giulio Regeni, lo studente italiano morto dopo aver subito terribili torture.

In fondo, le vite di Giulio e di Zaki sono legate: entrambi giovani ricercatori, entrambi innamorati dell'Italia e dell'Egitto. La storia di Zaki, come quella del giovane Regeni, non è una vicenda interna egiziana di cui l'Italia può e deve disinteressarsi, come è stato sostenuto dallo stesso Governo egiziano. Dobbiamo dare ascolto a quei 200 mila cittadini italiani che hanno firmato un importante petizione, approvando oggi la mozione per la cittadinanza italiana a Patrick Zaki e chiedendo al Governo di assumere ogni iniziativa utile presso le autorità egiziane, per sollecitarne l'immediata liberazione. L'impegno che prendiamo oggi, quindi, è quello di batterci perché Patrick Zaki possa riabbracciare, al più presto, da uomo libero, la sua famiglia, i suoi amici, i suoi compagni dell'Università di Bologna.

Siamo ben consapevoli che si tratta di un impegno gravoso, che chiama in causa rapporti diplomatici anche delicati, che travalica confini non solo geografici, ma penso che noi, come Parlamento italiano, non possiamo non combattere questa battaglia. Sappiamo, certo, di muoverci in un contesto complicato, quello del Mediterraneo orientale, dove è sicuramente necessario mantenere canali di cooperazione, di contatto e di dialogo con lo stesso Governo egiziano - ed è bene che si faccia così - con coerenza e trasparenza, però, senza rinunciare mai a mettere in campo un'iniziativa molto forte a tutela dei diritti umani. In Italia crediamo al valore universale della democrazia e pensiamo che sia importante sostenere, in tutti i contesti, processi e percorsi che rafforzino le libertà civili e politiche. Dobbiamo prendere una netta posizione in nome di una chiara adesione ai valori di libertà e giustizia che fondano la nostra Costituzione; dobbiamo farci portavoce di questa battaglia di civiltà schierandoci dalla parte di Patrick Zaki e di tutti quelli che, come lui, sono ingiustamente detenuti in Egitto.

La storia di Zaki non può e non deve essere cancellata perché è una storia importante, più grande forse del suo stesso destino personale; una storia di multiculturalismo, di incontro fra mondi diversi che vogliono stare insieme; di fronte a quella storia non possiamo restare ignavi, indifferenti com'è accaduto troppo spesso nel passato più o meno recente (lo ha spiegato molto bene Lia Quartapelle ora nel suo intervento). Qui non si tratta di insegnare la democrazia o di esportarla, come si diceva un tempo, con una saccente pericolosa superbia, ma di sostenere chiunque nel mondo si batte per la democrazia. Quando Patrick Zaki è stato arrestato, presentai subito una prima interrogazione parlamentare, ormai più di un anno fa. La tragedia di un'ingiusta detenzione che da allora le autorità egiziane hanno sempre reiterato, ha portato a un impegno corale, unitario, di tanti nostri livelli istituzionali. È molto importante, quindi, che su questa mozione parlamentare ora si uniscano tutti i gruppi politici. È questa la condizione per renderla più efficace e per non lasciare davvero niente di intentato per difendere il diritto di Patrick Zaki alla libertà e alla giustizia e perché siano garantiti i suoi diritti umani e civili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Filippo Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Come proponente, assieme alla collega Lia Quartapelle, prima firmataria della mozione che discutiamo e che ringrazio, dovrei passare questi pochi minuti di intervento a parlare di Patrick Zaki, delle sue assurde sofferenze, della inspiegabile vicenda che lo costringe in carcere, della sua famiglia, degli studenti e dei docenti che lo aspettano, dell'attesa di una comunità larga, trepida, attenta; quella, ad esempio, degli attivisti bolognesi che hanno promosso una raccolta di firme che è alla base di quanto chiediamo in quest'Aula. Senza di loro, Presidente, senza la loro pazienza e dedizione, non sarei qui oggi. Domani Station to Station sarà a Strasburgo dal presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che farà sua la nostra battaglia comune.

Dovrei parlare di Zaki, dicevo, dei suoi problemi di salute in una cella dove dorme in terra, dei suoi messaggi in bottiglia affidati a una scritta clandestina su un libro, della frustrazione delle udienze e dei loro scontati esiti (una mannaia ogni 45 giorni), della sua disperata tristezza che qualcosa possa cambiare, che l'incubo nero nel quale è precipitato quel giorno possa finalmente finire. Ma penso che userò questi minuti per parlare invece della ragion di Stato, Presidente, e alla ragion di Stato, che significa parlare di noi, di quello che siamo chiamati e che possiamo fare per favorire la liberazione di questo ragazzo, se qualcosa possiamo fare come cittadini, come istituzioni, come Stato, appunto, per ottenerla. A cosa serve la richiesta del conferimento della cittadinanza italiana a Patrick Zaki, cittadino egiziano, studente dell'Università di Bologna? È utile? Ovvero, può contribuire a spingere, a fare pressione nei confronti delle autorità egiziane, perché Patrick possa essere liberato dalla sua detenzione? E se diventasse cittadino italiano con un atto del Governo che le forze rappresentate in quest'Aula largamente sostengono, questa condizione, questo status, lo intitolerebbe di diritti tali da metterlo più al sicuro rispetto alla sua condizione attuale? Spingerebbe i giudici a liberarlo? Costringerebbe il Governo egiziano ad avere un di più, anche minimo, di riconsiderazione della sua vicenda giudiziaria?

Onestamente, Presidente, non lo so, magari ne avessi la certezza, magari; troppe le variabili, troppi gli incastri. Però le dico, e per il suo tramite lo dico anche al rappresentante del Governo qui seduto: come non lo so io, non lo sa neanche il nostro Esecutivo, non lo sa nessuno di noi e non lo sa nessuna ragion di Stato, argomento che opponiamo - ne so qualcosa, sono stato qualche anno a Palazzo Chigi - a proposte parlamentari o iniziative civiche che vengono bollate come velleitarie, inefficaci o, peggio, controproducenti. Vi vaccinate la coscienza, potrebbe dire la ragion di Stato, con la vostra mozione, con la vostra proposta di fare di Patrick un cittadino italiano. Tanto a voi cosa costa? Niente! Un giro di propaganda, magari vi fate qualche telegiornale con su la faccia da buoni e poi chissà, le autorità egiziane si indispettiscono ancora di più e sulla pelle di Zaki, non sulla vostra.

E se, a seguito della vostra mozione o del conferimento da parte nostra, potrebbe dire la ragion di Stato, della cittadinanza italiana, Patrick finisse condannato per una ritorsione, per una vendetta, con un atto dimostrativo? Quanto vale la vostra popolarità e l'iscrizione nel registro dei virtuosi? Vale la vita di un giovane uomo imprigionato? Questo potrebbe dire la ragion di Stato. E, Presidente, è capitato davvero che lo abbia detto, purtroppo aggiungo io. Meglio piuttosto il riserbo, il silenzio, diceva bene Lia Quartapelle, diventato addirittura dottrina. Certe trattative, certi scambi che possono salvare le vite delle persone si fanno al riparo dagli sguardi, fuori dal clamore. Questa è la serietà richiamata dalla ragion di Stato. E accendere un riflettore, fare caciara, alzare la voce rischia di sortire l'effetto opposto, di guastare il clima, di dirottare la trama delicata e discreta della diplomazia. Cari parlamentari, ci dice la ragion di Stato, lasciate che a gridare la libertà per Zaki siano le piazze, i cartelloni colorati, le associazioni, gli aquiloni, i disegni, la società civile, ma non voi. Che tutto questo resti fuori da queste Aule, fuori da questi lucernari, in un altrove idilliaco e spensierato, che davvero crede - illuso! - di poter ottenere la libertà di un ragazzo semplicemente dicendola, chiedendola, sognandola.

Se Patrick fosse cittadino italiano, insomma, non cambierebbe granché, non succederebbe nulla; sarebbe un atto simbolico, un pro forma, che certo non smuoverebbe di un millimetro la determinazione delle autorità del Cairo, anzi, potrebbe rischiare di indurire il cuore del faraone. Quindi, facciamo questa giornata parlamentare, direbbe la ragion di Stato, ma solo perché vi siete incaponiti, commuoviamoci, facciamoci gli applausi – certo, un po' difficile in questo clima – e, da domani, si ricomincia come prima. Si tratta in silenzio - sssh -, non si conferisce alcuna cittadinanza, perché altrimenti quelli si arrabbiano, si fanno lunghi sospiri - eeeh -, si invocano gli arcana imperii che è meglio non conoscere, meglio non sapere. Lasciateci lavorare! Ecco, Presidente, non posso assicurare che la strategia indicata dalla nostra mozione possa portare alla liberazione di Patrick Zaki; lo credo con tutto me stesso, ci spero, ma non posso dimostrarlo.

So però che cosa non ha funzionato finora nel ragionamento che la ragion di Stato può oppormi: non ha funzionato il silenzio, perché in tutte le piazze d'Italia, sui giornali, nelle case, milioni di italiani hanno continuato a chiedere, in questi mesi, libertà per Zaki. No che non ha funzionato il silenzio, perché, se avesse funzionato questa dottrina, oggi noi non saremmo qui e Patrick non sarebbe dov'è ora, in questo preciso momento.

Non ha funzionato il silenzio perché è solo alzando la voce, ma non per urlare slogan, piuttosto per farsi sentire e comprendere, che il caso di Patrick Zaki si è sottratto, in questi mesi, all'oblio, è diventato una vicenda internazionale che riguarda i diritti e la democrazia, e il suo nome è riconosciuto e significa diritti e democrazia.

Non ha funzionato il silenzio, perché il Parlamento, a distanza di mesi dall'approvazione di un'analoga mozione al Senato, oggi, è di nuovo qui a chiedere al Governo di fare il suo lavoro, che è quello di fare, come diceva Lia, tutto il possibile, compreso conferire la cittadinanza a un uomo prigioniero a Tora, e l'impossibile per restituirlo alla sua famiglia, ai suoi amici, ai suoi colleghi di ricerca. Alle perplessità della ragion di Stato, che finora ha - lo possiamo dire? - fallito, fallito, il Parlamento qui oppone non una certezza, ma una speranza; non un calcolo, ma la dignità; non un interesse, ma il dovere di fare ciò che è giusto. Fare di Patrick Zaki un cittadino italiano non significa metterlo in maggiore pericolo di quello che vive ogni singolo istante dentro quel carcere. Ma potrebbe davvero essere peggio? Significa riconoscere l'importanza che questo ragazzo ha per ognuno di noi, cittadini, istituzioni, Stato. Significa dire alle autorità egiziane che Zaki è uno di noi, con i suoi diritti e i suoi doveri, uno di noi! Significa che la ragion di Stato deve avere un limite e che questo limite non è la mia pessima retorica d'Aula: è la sua efficacia.

Se la ragion di Stato non funziona, non è efficace, appunto non ottiene i risultati che si prefigge, non ha più ragione di essere; anzi, tradisce il suo mandato e deve lasciare il campo alla ragionevolezza, alla possibilità, alla dignità dello Stato. Il Parlamento mette, dunque, oggi in condizione il Governo di adempiere alla sua promessa, al suo impegno: di eseguire con un mandato così ampio quello che finora non ha ritenuto o potuto o saputo fare, che è di mettere in campo ogni soluzione, ogni iniziativa politica e diplomatica per provare a rivedere Zaki fuori da quel carcere. La cittadinanza, dunque, non come testimonianza, ma come strumento, come riconoscimento, perché ditemi, se qualcuno in quest'Aula può alzarsi e dire che non la meriti un ragazzo che dorme per terra da un anno e mezzo e che vuole tornare a studiare nella sua, nella nostra, nella Bologna di tutti, come espressione di quei valori di libertà, di democrazia, i valori della libera ricerca, dell'Europa, che fanno della cittadinanza non un orpello o un simbolo, ma un'azione.

Per questo - e concludo, Presidente -, spero di non trovare nel Governo, nel nostro Governo, come in passato, una mera presa d'atto, una svogliata cerimonia, un recalcitrante e beneducato rinvio, ma un impegno puntuale, anzi, un'azione, come quella della cittadinanza, che dica in quest'Aula e fuori da quest'Aula: Patrick Zaki è uno di noi, Patrick Zaki è un cittadino italiano ed europeo, e noi, noi tutti, vogliamo Patrick Zaki, cittadino italiano ed europeo, fuori da quella prigione, fuori da quell'abisso, fuori da quel buco nero dove umanità e diritti sono sospesi, negati, annichiliti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano.

MANLIO DI STEFANO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti in questa discussione generale, perché tutti hanno portato un punto di vista molto importante e molto interessante, e, in effetti, la sensibilità diffusa nel Paese è quella che è stata espressa da tutti voi. Noi, come Governo, continuiamo a seguire, ormai costantemente, le vicende di Patrick Zaki con la massima attenzione, con il coinvolgimento delle nostre ambasciate e di tutti gli organi preposti a farlo, e vi assicuro che la sensibilità del Governo è esattamente la stessa dell'Aula parlamentare e del Paese intero, perché non siamo chiamati a fare altro che a rappresentare il sentimento comune sulla vicenda Zaki. Molti di voi hanno parlato del suo essere a tutti gli effetti un cittadino del nostro Paese e della nostra Bologna: siamo totalmente convinti che sia esattamente così.

Abbiamo avviato, fin da principio, un fitto monitoraggio dell'attività del procedimento giudiziario, che è una delle prime forme di assistenza che, come Paese, possiamo dare all'estero nei confronti di questo studente. Vi ricordo anche che il programma di monitoraggio stesso dell'Unione europea è frutto dell'iniziativa italiana, della richiesta italiana di avere un monitoraggio europeo. Anche recentemente, in occasione della più recente udienza, quella del 1° giugno, che purtroppo, come sapete, ha disposto l'ennesimo rinnovo della custodia cautelare, la nostra ambasciata al Cairo, insieme all'ambasciatore spagnolo, è stata presente all'udienza stessa presso il tribunale. Il nostro ambasciatore al Cairo, Giampaolo Cantini, ha compiuto diversi passi, ovvero diverse interlocuzioni con le autorità locali, cercando di auspicare la nostra volontà, la nostra necessità che la questione si risolva in modo positivo.

L'azione di monitoraggio e anche la pressione diplomatica continueranno, questo lo dico senza alcun dubbio. L'obiettivo che abbiamo con queste pressioni è proprio quello di ottenere la liberazione di Patrick Zaki, niente di meno di questo.

Ci tengo a ribadirlo, perché è stato, forse, velatamente messo in dubbio il fatto che il Governo si sia impegnato in questa direzione. Continuiamo anche a svolgere una incessante opera di sensibilizzazione presso le autorità egiziane, sia a livello bilaterale sia a livello dei forum internazionali, sollecitandoli al confronto anche, in ottica di rilascio di Zaki.

Abbiamo approfondito la nostra interlocuzione con i partner anche in ambito di Unione europea che, come l'Italia, considera questo un caso prioritario in tema di diritti umani e di libertà fondamentali. Recentemente - per farvi capire quanto, a tutti i livelli, operiamo in questo senso - anche il sottosegretario Della Vedova, che era in missione nel Regno Unito, in Germania, in Francia e in Spagna, ha richiamato esattamente questo caso con le autorità di questi Paesi per far sì che si faccia blocco comune e fronte comune in questo senso, perché, come diceva anche l'onorevole Quartapelle, non è soltanto la questione Zaki a preoccuparci, ma quella dei diritti nelle carceri egiziane.

L'impegno del Governo non riguarda soltanto Zaki, ma proprio la questione dei diritti fondamentali nel Paese, in Egitto, e noi, tradizionalmente - non da oggi con il caso Zaki o, prima ancora, con il caso Regeni - siamo promotori di pratiche legate ai diritti umani, ai diritti fondamentali in tutti i Paesi del mondo.

Siamo, quindi, impegnati senza alcuna reticenza a valutare ogni tipo di iniziativa potenzialmente percorribile che possa favorire il rilascio del giovane, inclusa l'eventuale concessione della cittadinanza, di cui, appunto, oggi discutiamo. Le amministrazioni coinvolte, in particolare il Ministero dell'Interno, cui, in realtà, spetta la primaria valutazione di questo atto, stanno facendo tutte le necessarie verifiche a tal riguardo.

Oltre però – e credo che questo sia il nodo principale della discussione di oggi, dobbiamo dirci le cose in modo molto chiaro - alle valutazioni tecniche, ci sono anche valutazioni più ampie che devono tenere conto delle circostanze di contesto. E non parlo, come qualcuno ha alluso, di questioni di ragione di Stato, di interessi italiani o quant'altro, parlo del bene del ragazzo stesso, perché, come già è stato rilevato in passato, anche nell'ultima interlocuzione al riguardo della Vice Ministra Sereni al Senato, bisogna valutare ogni implicazione che la concessione della cittadinanza possa avere su Patrick Zaki stesso, perché non neghiamoci che questa può avere anche effetti negativi.

Io ribadisco - perché l'ultimo intervento, in particolare, ha calcato la mano su questo - che tutti lavoriamo nell'ottica di aiutare Patrick Zaki, tutti vogliamo liberarlo, ma, con la ragion di Stato che si citava, in questo ultimo anno e mezzo e con il lavoro del Ministero degli Affari esteri e del Ministro Di Maio, sono stati risolti casi storici: il caso di Chico Forti, i marò, Silvia Romano, padre Maccalli e Nicola Chiacchio. Questi casi li abbiamo risolti con il lavoro del Parlamento, ma, lasciatemi dire, anche con quella ragion di Stato di cui si parlava prima, cioè lavorando sottotraccia, a volte senza parlarne troppo, perché molti casi si risolvono anche così, ed è un merito della diplomazia, è un merito dell'intelligence italiana, è un merito anche del Parlamento e della polizia a livello internazionale che aiuta e segue questi casi.

Quindi, riconosciamo, ovviamente, chi non lo fa, la forte portata ideale, simbolica, umanitaria di questo gesto, però dobbiamo anche ricordarci che gli effetti pratici devono essere a tutela dell'interessato.

Questo lo dimostrano casi simili a quello di Zaki riguardanti detenuti con doppia cittadinanza italo-egiziana, ne abbiamo tantissimi in realtà, non stiamo scoprendo oggi una pratica. Alla luce del diritto e dei principi internazionali, l'Italia, infatti, avrebbe enormi difficoltà - e gli italiani eletti all'estero lo sanno benissimo - a fornire protezione consolare, perché si applicherebbe il principio della prima cittadinanza del ragazzo, che è quella egiziana, non è quella italiana, e l'Egitto, in particolare, tra l'altro, ha una normativa molto stringente sul caso della cittadinanza.

Quindi, queste cose dobbiamo valutarle, perché sicuramente sono fattori in essere in questa partita.

È chiaro - e lo ripeto - che porre al più presto fine alla detenzione di Patrick Zaki è un obiettivo comune di tutti noi. Noi siamo, quindi, assolutamente favorevoli a qualunque dibattito quest'Aula voglia fare, non abbiamo una preferenza in tal senso, però è chiaro che tutti dobbiamo guardare all'interesse del ragazzo in questione e sono certo che sia ciò che spinge voi tutti e anche noi al Governo.

Quindi, incoraggio sicuramente questa discussione, vi prego tutti soltanto di guardare al risultato finale, che è la liberazione di questo ragazzo e la tutela dei suoi diritti, anche quelli che non ha ancora perso e questo è un tema che dobbiamo sicuramente affrontare.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Rizzo, Ferrari, Pagani, Maria Tripodi, Occhionero, Deidda, Tondo ed altri n. 1-00452 concernente iniziative volte a commemorare il centenario della traslazione del Milite ignoto all'Altare della Patria (ore 14,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Rizzo, Ferrari, Pagani, Maria Tripodi, Occhionero, Deidda, Tondo ed altri n. 1-00452 concernente iniziative volte a commemorare il centenario della traslazione del Milite ignoto all'Altare della Patria (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.

È iscritto a parlare il deputato Rizzo, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00452. Ne ha facoltà.

GIANLUCA RIZZO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, oggi, nella solennità dell'Aula di Montecitorio, siamo chiamati a valorizzare e arricchire l'iniziativa che ci vedrà celebrare la ricorrenza del centenario del Milite ignoto il prossimo 4 novembre all'Altare della Patria e, nel corso di questi mesi, l'avvicinamento a quella data.

Vedete, colleghe e colleghi, sia nella scorsa legislatura che in questa, il mio impegno politico in Commissione difesa ha visto crescere in me, ma credo anche nelle colleghe e nei colleghi che hanno aderito alla mozione oggi in discussione, la matura consapevolezza del valore attribuito ai simboli nel mondo militare, ai segni, ai distintivi, alle bandiere, al fatto che questi valori ancora oggi, ai giorni nostri, possano essere ulteriormente valorizzati nella società civile.

In questo caso, il valore reso ai simboli non può essere ricondotto solo all'appartenenza militare, farcito di retorica, che vive di glorie del passato, di imprese eroiche, di tragiche battaglie, ma deve necessariamente divenire concreto sentimento di appartenenza, per ogni italiano, alla storia del nostro Paese, anche drammatica e lacerante, come fu il Primo conflitto mondiale.

La storia, come ci ricorda una bellissima canzone di Francesco De Gregori, non ha nascondigli, è fatta da persone in carne ed ossa, con i loro sentimenti e le loro paure, è fatta da quelli che hanno letto milioni di libri, insieme a quelli che non sanno nemmeno parlare. La storia nelle trincee sul Carso fu fatta, in primo luogo, da uomini giovanissimi, in larga parte contadini, che parlavano dialetti diversi e che, in molti casi, non sapevano neanche scrivere. Moltissimi di loro trovarono la morte al fronte o subirono menomazioni nel fisico o nell'animo.

È con il pensiero a quei sopravvissuti, al dolore delle vedove o delle madri che avevano perso il marito o uno o più figli che, nel 1921, si decise per la traslazione della salma del Milite ignoto all'Altare della Patria; ancora aperte erano le ferite tra chi aveva voluto la guerra e chi, invece, l'aveva avversata, perché sulla legge che istituiva il Milite ignoto vi fosse un dibattito parlamentare, con il rischio che riaffiorasse quella contrapposizione. La legge venne, per questo, approvata con il consenso quasi unanime dell'Aula, ma senza alcuna discussione parlamentare. Anche per questo, la decisione di oggi appare un atto riparatore della scelta di allora di non discutere in Parlamento di questa vicenda.

Oggi possiamo, infatti, avvicinarci a quegli eventi con la consapevolezza di vivere in una Europa profondamente diversa da quella di un secolo fa: quei popoli che si combatterono nei campi di battaglia di allora, oggi sono fratelli, accomunati dalla consapevolezza della comune cittadinanza europea.

Per capire e comprendere bene il senso della mozione che oggi sottopongo alla vostra attenzione, onorevoli colleghi e colleghe, bisogna necessariamente fare un salto indietro di cento anni e provare ad immaginare quali condizioni morali, sociali e culturali stavano fermentando nella società italiana della fine della Grande guerra.

L'immagine dell'Italia nel 1921 era quella di un Paese che poteva sedere tra le potenze vincitrici, unificando all'Italia anche i territori del Trentino Alto-Adige, del Friuli-Venezia Giulia e, in parte, anche della costa dalmata, ma era anche la sfida per la modernizzazione del Paese, per renderlo più giusto agli occhi di tanta popolazione diseredata e povera, che spingeva a sommovimenti sociali, alla nascita di nuove formazioni partitiche, all'ingresso, sotto l'aspetto sociologico, delle masse nella storia.

In quell'anno, in Italia, per la prima volta, le trasmissioni radiofoniche avvenivano con regolarità; da una costola del Partito Socialista Italiano nacque il Partito Comunista; i cattolici trovarono nel Partito Popolare il loro punto di vista nella vita sociale e politica; in Sardegna sorgeva il Partito Sardo d'Azione; si inaugurava il primo Gran premio d'Italia di automobilismo e l'università Cattolica di Milano. Ma fu anche l'anno in cui, in Germania, Hitler divenne presidente del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, mentre, in Italia, venne fondato da Mussolini il Partito Nazionale Fascista. Il 1921 fu anche anno di elezioni politiche: vi fu un'affermazione forte dei socialisti e dei popolari, entrarono per la prima volta in Parlamento i comunisti, così come entrarono alla Camera anche 35 deputati fascisti.

Il socialriformista Bonomi ricevette l'incarico di comporre il Governo, mentre alla Conferenza di Londra furono definite le riparazioni di guerra da infliggere alla Germania sconfitta e venne sancita la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico. Nel provare a calarsi, dunque, in quell'epoca, si riescono a intravedere quali grandi turbolenze causate dal flagello della Prima guerra mondiale e dalla necessità di ritrovare un nuovo ordine mondiale stavano avvenendo. Ancora le tossine di un conflitto devastante non sembravano essere state smaltite. Tra il 1918 e il 1920, l'Italia, come il resto del mondo, venne colpita dalla pandemia di Spagnola, che, trovando corpi ancora debilitati, colpì ancora più duramente le nuove e le vecchie generazioni. Si sommarono i lutti della guerra a quelli della pandemia.

Torniamo ai nostri giorni, trasferendo quanto avvenne 100 anni fa a seguito del conflitto bellico e di quella pandemia, con quanto accaduto negli ultimi 18 mesi a causa del COVID-19. È luogo comune dire che la storia si ripete, che è ciclica, ma chi di noi avrebbe mai pensato, solo 2 anni fa, che la storia ci avrebbe consegnato, con un certo grado di cinismo, un Paese che necessita di risollevarsi dalle macerie del flagello del virus? Un'Italia, un'Europa, un intero pianeta che dovrà fare i conti con la memoria dei caduti anche attraverso la definizione di momenti solenni. Oggi come allora, i morti hanno devastato intere famiglie, amici, colleghi di lavoro. L'Italia lasciò sui campi di battaglia tra le 550 e le 650 mila vittime. Molti dei fanti che andarono a combattere vennero precettati anche da terre lontane dal conflitto, dal Sud Italia, braccia sottratte al lavoro dei campi e alle economie di sussistenza di molte famiglie, per combattere con le armi per un Paese in cui, con difficoltà, si riusciva a comunicare con la stessa lingua. Molti altri dei caduti in battaglia combattevano per puro sentimento patriottico: erano quelli che, per primi, vivevano sotto la minaccia dei nemici, quelli che, dai territori occupati della Dalmazia e dalle altre terre sottratte all'Italia, disertavano l'Esercito austriaco, scegliendo di combattere per la propria Patria. Nell'Italia di oggi sono 128 mila le vite stroncate da un nemico invisibile: il COVID-19. Migliaia di posti di lavoro andati perduti, futuro incerto per migliaia di famiglie, aumento dei numeri delle persone in povertà assoluta. Stiamo uscendo, oggi, da una guerra combattuta tra le corsie degli ospedali, muniti di guanti e mascherine al posto di elmetti e fucili, con limitazioni alla libertà personale che non si erano mai subite sin dai tempi delle guerre.

Il Parlamento non può non essere coinvolto nelle scelte riguardanti la memoria del Paese, che qui viene solennemente rappresentato. Ecco perché è importante oggi, dopo questa lunga ma doverosa premessa, che quest'Aula prenda atto dell'importanza che ha la commemorazione del centesimo anniversario del Milite ignoto per il Paese intero, oggi come allora, colleghi.

Nel 1920, il generale italiano Giulio Douhet indicò al Parlamento, attraverso un articolo apparso sul giornale di un'associazione combattentistica, Il Dovere, la necessità di commemorare il Milite ignoto con l'assenso unanime dell'arco parlamentare. Come fecero Francia e Inghilterra, Douhet comprese, per primo, che l'Italia intera necessitava di un momento solenne per consacrare il sacrificio di tanti giovani caduti in guerra. Nell'agosto del 1921, il Ministro della Difesa, che allora, in realtà, si chiamava Ministro della Guerra, Gasparotto, nel Governo Bonomi, presentò un primo DDL che prevedeva la tumulazione del Milite ignoto presso il Pantheon; ma il 4 agosto, la Camera approvò un testo che indicava l'Altare della Patria come luogo in cui conservare le spoglie del valoroso soldato. Così, si decise di recuperare 11 salme dai campi di battaglia più aspri delle Alpi. La donna che venne chiamata a sceglierne una, tra le 11, fu tale Maria Bergamas, madre di Antonio, il quale disertò dall'Esercito nemico, essendo nato a Gradisca d'Isonzo, in territorio austriaco, per sacrificare la propria vita, combattendo al fianco dei fratelli italiani. Le 10 bare rimaste vennero tumulate nella Basilica di Aquileia, mentre quella prescelta dalla Bergamas affrontò un lungo viaggio di 4 giorni che l'avrebbe definitivamente portata a Roma. Quel viaggio, iniziato il 29 ottobre del 1921 e conclusosi il 2 novembre, divenne un grande momento di immedesimazione di massa. Fu il primo grande evento in grado di unire moralmente l'Italia. Se 650 mila furono i morti che si stavano rimembrando, oltre 1 milione furono gli italiani che accompagnarono lungo tutto il tragitto la salma esposta sul carro funebre che attraversò il Paese in treno. Un viaggio a passo d'uomo, che da Aquileia giunse a Roma tra due ali di folla lunghe oltre 400 chilometri.

Un viaggio che, grazie anche all'attività svolta in Commissione difesa, verrà nuovamente compiuto in un identico percorso, con le stesse tappe e gli stessi tempi del treno che portò il Milite ignoto a Roma. Viaggio che proseguirà anche fino alla Sicilia, in un simbolico abbraccio corale tra nord e sud. Un numero impressionante di persone che persero i propri cari senza poter dare loro una giusta sepoltura in quella guerra, molto simile a quanto è avvenuto nei mesi più duri di questa pandemia, che non ha concesso ai tanti anziani deceduti una degna sepoltura e un degno funerale da parte dei propri cari. Molte cose sono in comune tra l'Italia di oggi e l'Italia del 1921.

In una bella, bellissima poesia, scritta a San Martino del Carso dal soldato e poeta Giuseppe Ungaretti, così si descriveva lo stato d'animo dei soldati al fronte: “Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro. Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto. Ma nel cuore nessuna croce manca. È il mio cuore il paese più straziato.” Oggi, proprio nella consapevolezza che nel nostro cuore nessuna croce manca, come allora serve stringere il Paese attorno ad un atto simbolico, che permetta di affrontare collettivamente il dramma vissuto, superarlo e ripartire senza perdere la memoria di chi non c'è più. Oggi serve che tutto il popolo, tutti i partiti, tutte le classi sociali e l'Italia tutta, si possano ritrovare e rivivere con sobrietà e compostezza il percorso del Milite ignoto e la cerimonia prevista per il 4 novembre prossimo al Vittoriano. Perché ieri erano soldati al fronte, oggi sono stati medici, infermieri, forze dell'ordine, lavoratori di ogni categoria, che non hanno mai mollato e mai si sono arresi di fronte alla crudeltà di un virus che molte vite ha strappato ai propri cari.

Giulio Douhet disse: “chiunque sacrifica se stesso per l'esplicazione di un dovere è degno d'onore. (…) L'apoteosi del Soldato non è l'esaltazione di un ceto, di una classe, di una categoria, è l'esaltazione di tutto un popolo nei suoi figli più devoti”. Parole ancora più autentiche e quanto mai più attuali, se riferite ai tanti appartenenti alle Forze armate e forze dell'ordine che tanto hanno fatto durante la pandemia, come aver vinto una guerra, ma riferibili anche ai tanti sanitari in corsia d'ospedale, di cui molti caduti proprio nel compimento del proprio dovere.

Colleghe e colleghi, la mozione che sto concludendo di illustrare vuole simbolicamente suggellare, oggi come allora, la piena consapevolezza del valore storico di quell'evento da parte del Parlamento, motivo per cui ho deciso di presentarla coinvolgendo l'intero arco parlamentare.

Gli impegni che il Governo dovrà attuare, convinto che la mozione riscontri il pieno appoggio di tutti, sono altrettanto simbolici, ma ricchi di iniziative utili a dare valore alla memoria storica e al sentimento di patriottismo e di europeismo.

Per il primo impegno, ovvero adottare iniziative, per quanto di competenza del Governo, per promuovere l'adesione dei comuni per il riconoscimento della cittadinanza al Milite ignoto, desidero ringraziare proprio il Gruppo delle medaglie d'oro, che, tramite il proprio presidente, il generale dei Carabinieri, Rosario Aiosa, anch'egli medaglia d'oro al valor militare, ha per primo - con la stessa brillante intuizione avuta dal generale Douhet - proposto di far riconoscere la cittadinanza onoraria in ogni comune al Milite ignoto. Ma un ringraziamento va anche all'ANCI, l'Associazione nazionale comuni italiani, che si è subito resa disponibile appoggiando tale iniziativa tra i propri associati.

Con gli altri due impegni proposti, desideriamo porre un pilastro fondamentale nella definizione delle attività celebrative per il centenario del Milite ignoto, ovvero trasmettere alle nuove generazioni il valore della storia e di quella del Milite ignoto in particolare. Ringrazio per questo il vivo interesse e le iniziative già messe in campo dal Ministero della Difesa, per il tramite del Ministro Guerini. Chiediamo, però, al Governo un maggiore impegno a promuovere progetti per le scuole di ogni ordine e grado, volti alla diffusione e alla conoscenza delle vicende storiche descritte, anche attraverso concorsi, mostre e iniziative pubbliche. L'Italia è da anni un pilastro dell'europeismo, come tale non può non evidenziare la necessità di un coinvolgimento trasversale nelle celebrazioni di tutti i Militi ignoti presenti in Europa.

Con il terzo impegno, chiediamo al Governo di intraprendere le opportune iniziative in sede europea atte a incentivare la cooperazione tra i soggetti tenuti a sovrintendere ai monumenti alla memoria e ai caduti della Prima guerra mondiale, affinché le celebrazioni per questi ultimi vedano uniti i Militi ignoti d'Europa in una unione di intenti che ricordi il sacrificio umano dei tanti caduti di tutti i Paesi coinvolti nel conflitto, in un abbraccio corale in memoria anche dei tanti caduti, in tutto il continente, per il COVID.

Concludo, Presidente, colleghe e colleghi, con una breve citazione della lettera del soldato Antonio Bergamas, figlio della signora Maria Bergamas, colei che scelse la salma del Milite ignoto tra le 11 di Aquileia; una lettera che Antonio inviò alla madre il giorno prima di trovare la morte sul Monte Cimone. Queste le parole: “Eppure, sebbene sappia che già la mia morte sarà certamente un colpo mortale per te, pure sono costretto a fare quanto è mio dovere di fare”.

Onorare il Milite ignoto significa inoltre ribadire il desiderio di pace e di fratellanza tra i popoli, il “mai più” alla guerra che ispirò i nostri costituenti e che ne rappresenta uno dei lasciti più fondamentali. Il Milite ignoto è lì, come un monito e parla anche di questo alle nuove generazioni.

L'augurio più grande che faccio a noi e al nostro Paese è che, nell'occasione del prossimo 4 novembre, si compia l'unione morale tra tutti i cittadini italiani e tra il popolo italiano e i popoli delle altre Nazioni (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fabio Berardini. Ne ha facoltà.

FABIO BERARDINI (CI). Grazie, Presidente. Oggi siamo qui a discutere della mozione concernente le iniziative volte a commemorare il centenario della traslazione del Milite ignoto all'Altare della Patria. Innanzitutto vorrei premettere che, come gruppo di Coraggio Italia, condividiamo pienamente questa mozione e desidero apporre la mia firma, in rappresentanza di tutto il gruppo di Coraggio Italia.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Aquileia era, da quasi 5 secoli, con poche interruzioni, un centro dell'Impero asburgico, prossimo al confine con il Regno d'Italia. I soldati italiani vi entrarono già nel primo giorno del conflitto, il 24 maggio 1915; da quel momento, la cittadina assunse un valore simbolico e propagandistico, anche e soprattutto in virtù del suo passato romano. Già nel corso del 1915, vi fu allestito il primo cimitero di guerra, alle spalle dell'abside della basilica patriarcale. Alla fine della guerra, nel 1919, ebbe inizio la sua sistemazione nelle forme che ancora oggi vediamo; nello stesso anno, in occasione dei 2100 anni della fondazione della colonia romana, la città di Roma fece dono al centro friulano di una copia della lupa capitolina, che fu collocata davanti al maestoso campanile della basilica. Nel 1921 Aquileia fu il teatro della famosa cerimonia del Milite ignoto, che oggi qui ricordiamo.

Alle 8 del mattino del 29 ottobre 1921 partì dalla stazione ferroviaria di Aquileia un treno che entrò letteralmente nella storia d'Italia: si trattava del convoglio che, in cinque giorni, portò la salma del Milite ignoto a Roma, per essere tumulata all'interno del Vittoriano, il 4 novembre. Un viaggio sicuramente emozionante attraverso 5 regioni e 120 stazioni, dove centinaia di migliaia di persone lungo i binari resero omaggio a questo corpo senza nome, simbolo del sacrificio per amore della Patria.

Il cerimoniale, proposto nell'agosto 1920 dal colonnello Giulio Douhet, che voleva onorare con una grande manifestazione gli oltre 650 mila caduti durante la Grande guerra, ebbe come momento centrale la scelta della bara, avvenuta il 28 ottobre 1921 all'interno della Basilica di Aquileia. Protagonista, come ricordato, fu Maria Bergamas, una donna triestina, eletta quale simbolo di tutte le madri che avevano perso un figlio durante la Grande guerra.

Sorretta da quattro militari decorati con la medaglia d'oro, Maria teneva in mano un fiore bianco che avrebbe dovuto gettare su una delle undici bare contenenti i resti di altrettanti corpi, rinvenuti in undici luoghi simbolici della guerra italiana. Contravvenendo al cerimoniale, davanti alla seconda bara, prese il suo velo nero e lo appoggiò sopra, decretando così la sua scelta. Il feretro così venne collocato sull'affusto di un cannone, trainato da cavalli addobbati a lutto e seguito da un corteo di reduci e cittadini e posto in un vagone ferroviario. Contemporaneamente, le altre dieci bare furono tumulate all'interno del cimitero degli eroi di Aquileia, dietro la basilica, in cui troverà posto anche Maria, nel 1952.

Come accaduto già in Francia e in Gran Bretagna l'anno prima, anche in Italia tutti si identificarono in quella bara di quercia. Il dolore per la perdita dei propri cari si trasformò in orgoglio e in sentimento patriottico in modo da poter cancellare il dolore di tante perdite e tragedie, patite da tutta la popolazione durante la Grande guerra.

Per questi motivi, noi di Coraggio Italia ci uniamo alla richiesta contenuta nella mozione odierna anche per l'organizzazione di un viaggio simbolo che riproduca fedelmente quanto accadde nel 1921 e auspichiamo che la commemorazione per il centenario del Milite ignoto sia un momento di grande riflessione spirituale, religiosa, collettiva sul significato della guerra e sugli immensi dolori che essa provoca. E fatemi fare un cenno anche alla “Grande guerra” che stiamo combattendo oggi contro il COVID-19: fortunatamente, oggi vediamo una luce in fondo al tunnel grazie alla grande campagna di vaccinazione che stiamo portando avanti con tanta fatica e dedizione.

Ciò che è successo deve farci riflettere intensamente sulla nostra Costituzione e su quell'articolo 11, che recita: “L'Italia ripudia la guerra (…)”, e lo dobbiamo sottolineare con grande forza. L'Italia ripudia la guerra (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

Infine, non possiamo non evidenziare il ruolo che ebbe anche la nostra Chiesa cattolica: il viaggio del Milite ignoto, infatti, partì dalla Basilica di Aquileia per arrivare alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, due luoghi simbolo della nostra cristianità, e siamo sicuri che il Governo saprà valorizzare questi due luoghi di grande valore nella storia del Milite ignoto.

Lo stesso Papa Francesco, in occasione di una recente omelia sul conflitto tra Israele e Palestina, ci ha regalato un profondo momento di riflessione sulla guerra, dicendo che Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro. L'odio e la vendetta dove porteranno? Si interroga il Pontefice. Davvero pensiamo di costruire la pace, distruggendo l'altro? Noi di Coraggio Italia siamo sicuri che questo insegnamento sarà di lezione per tutti noi e quindi ci uniamo a questa importante mozione, che darà sicuramente un grande insegnamento a tutto il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario Mulè, buon pomeriggio. Vorrei ringraziare il presidente della IV Commissione, Rizzo, per l'illustrazione di questa importante mozione. Vorrei innanzitutto dire che per me è un grande onore essere qui, oggi, per portare il contributo di Fratelli d'Italia alla mozione concernente iniziative volte a commemorare il centenario della traslazione del Milite ignoto all'Altare della Patria.

È passato un lungo secolo da quella legge, la n. 1075, che disponeva, a cura dello Stato, la solenne tumulazione al Vittoriano della salma di un soldato sconosciuto, un soldato caduto nella guerra del 1915-1918 che, nonostante non avesse un nome, a distanza di cento anni, non abbiamo mai dimenticato.

Il 4 novembre 1921, anniversario della fine della Prima guerra mondiale, la bara del Milite ignoto fu portata a spalla da dodici decorati di medaglia d'oro al valor militare e accompagnata dalle bandiere di guerra dei 355 reggimenti che avevano partecipato al conflitto. Quella cerimonia, Presidente, che vedeva tumulare la cassetta con i resti del Milite ignoto all'interno dell'Altare della Patria, unì tutte le mamme, unì le mogli dei combattenti, unì praticamente tutta l'Italia. La cassetta venne deposta nella cripta, ai piedi della statua della Dea Roma, situata al monumento del Vittoriano, e al caduto ignoto fu conferita la medaglia d'oro al valor militare.

In un periodo storico, in cui il pensiero dominante sta tentando di cancellare in ogni modo e maniera il concetto di Patria, il concetto di identità, il concetto di dovere, noi di Fratelli d'Italia, con la sottoscrizione della mozione a prima firma dell'onorevole Rizzo, tramite il collega Deidda, teniamo a ricordare il Milite ignoto ma soprattutto anche chi, attraverso lui, nelle Forze armate, e non solo, ha fatto il proprio dovere senza chiedere nulla in cambio, senza chiedere nemmeno che il proprio nome fosse ricordato. Il Milite ignoto è un militare morto in guerra, il cui corpo non è stato mai identificato e non lo sarà mai. Infatti, la sua tomba è una sepoltura simbolica che rappresenta tutti coloro che sono morti in un conflitto e che non sono mai stati identificati.

Presidente, ci volle un'ampia discussione, in Italia, prima di decidere che la salma sarebbe stata tumulata al Vittoriano, il cosiddetto Altare della Patria, e così avvenne nel terzo anniversario della vittoria. La salma fu scelta nella Basilica di Aquileia tra undici raccolte in undici significativi teatri di guerra, dalla madre di un militare disperso, in rappresentanza di tutte le donne italiane, di tutte le mamme, di tutte le spose dei soldati dispersi.

La salma prescelta venne posizionata all'interno di un'altra cassa di legno, rivestita in zinco, e sul coperchio furono poste una teca con la medaglia commemorativa e un'alabarda d'argento, dono della città di Trieste. Il vagone del treno a vapore che la trasportava era aperto, in modo che al suo passaggio, a velocità moderata, davanti a tutte le stazioni potesse essere vista e salutata da tutti i popoli. Da Udine ad Arezzo, da Chiusi a Roma, in quel che fu un viaggio emozionante attraverso cinque regioni e centoventi stazioni, attraverso la salma di un caduto senza nome il popolo onorava non il soldato, ma l'intero Esercito, non l'individuo, ma l'intera Nazione e quindi non la sofferenza di uno, ma la guerra vinta dallo Stato italiano.

Il monumento del Milite ignoto è dedicato ai 651.000 caduti italiani nel Primo conflitto mondiale, in particolare a coloro dei quali non è stato possibile pervenire all'identificazione, al fine di dedicare loro una degna sepoltura e il riconoscimento di tutti gli onori, dove ogni madre piangeva in quel soldato il proprio figlio, dove ogni orfano piangeva il proprio padre e ogni donna il proprio marito.

Ricordare il Milite ignoto è un nostro dovere, perché rappresenta tutti quelli che si sono sacrificati per l'Italia, non solo durante la Prima guerra mondiale che, in questo caso, rappresenta anche il sacrificio che permise la vittoria, ma in ogni conflitto che l'Italia ha affrontato e che ha visto le Forze armate fare il proprio dovere, senza mai chiedere nulla in cambio, nemmeno che fosse ricordato il proprio nome. Quindi, omaggiare il Milite ignoto significa dare forza al senso di dovere e all'amor di Patria, raccontare il mito degli eroi, l'amore per l'Italia, dove tanti giovani persero la vita in quel conflitto, in un Paese agricolo com'era l'Italia nei primi del Novecento, dove molti provenivano dalle campagne del Mezzogiorno, chiamati a combattere nel Nord Italia e con i commilitoni che, come ha ricordato anche il presidente Rizzo, condividevano la comune cittadinanza italiana, anche se in lingue e dialetti diversi.

Lo scorso 31 marzo, la IV Commissione ha approvato una risoluzione a prima firma del collega Ferrari, che ringrazio - ed è stata sottoscritta, credo, da tutte le forze politiche - che impegna il Governo a organizzare un viaggio della memoria con un treno d'epoca, nella composizione più possibile fedele, e che compia un identico percorso, con le stesse tappe e gli stessi tempi del treno che portò il Milite ignoto a Roma.

Anche oggi tutte le forze politiche presenti in quest'Aula che hanno sottoscritto la mozione Rizzo hanno preso un grande impegno, un impegno sicuramente simbolico, se pensiamo che il miglior modo per onorare i militari caduti è lavorare per chi è in vita, ma è importante prenderne coscienza, se si considera che questo importante riconoscimento della cittadinanza al Milite ignoto quale sostegno al progetto del gruppo Medaglie d'oro al valor militare, in collaborazione con l'ANCI, serve a promuovere e a diffondere anche tra le nostre ragazze e i nostri ragazzi delle scuole le vicende storiche che hanno fatto grande questa Nazione.

È nostro dovere, Presidente, conoscere la storia, le nostre radici, se vogliamo essere cittadini consapevoli e protagonisti del nostro domani. Non dimentichiamolo mai (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta parlare la deputata Prestipino. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Grazie, Presidente. Come è stato detto anche dai colleghi, la mozione ha una fortissima valenza storica però, nel contempo, è anche molto attuale. Nel 1919, l'Italia fu la prima Nazione a istituire, a livello ufficiale, una giornata per commemorare la fine della Grande guerra, la giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate, che si celebra il 4 novembre, in ricordo dell'entrata in vigore dell'armistizio di Villa Giusti. Ci troviamo in un contesto storico particolare che forse è utile ricordare: con il nuovo governo Giolitti, si era fatto più acceso il dibattito tra chi aveva sostenuto che l'entrata in guerra dell'Italia avrebbe comportato un sacrificio enorme per il popolo italiano e i cosiddetti interventisti.

Il generale Giulio Douhet si schierò in difesa dei soldati italiani, evidenziando alcuni errori strategici militari, in aperta polemica con Cadorna che, invece, aveva imputato la disfatta di Caporetto del 1917 proprio alla viltà dei soldati italiani, i quali, in realtà - poveri -, erano stati catapultati in un conflitto troppo più grande di loro e dalle conseguenze davvero inimmaginabili. A tal proposito, il 24 agosto 1920, Douhet scrisse: “Tutto sopportò e tutto vinse, da solo, nonostante. Perciò al Soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione”.

Ed ecco la proposta del generale Douhet, portata in Parlamento dall'onorevole Cesare Maria De Vecchi, diventata legge il 4 agosto 1921, legge che istituì appunto la figura del Milite ignoto, una tomba simbolica per i morti in guerra non riconosciuti. Douhet propose come sepoltura il Pantheon, dove già riposavano i Savoia, i grandi artisti come Raffaello, il Carracci, ma la Camera, votando all'unanimità, ad esso preferì il Vittoriano, monumento dalla storia molto travagliata. Per la ricerca delle spoglie, una commissione di sei militari, rappresentanti tutte le gerarchie dell'Esercito visitò Rovereto, le Dolomiti, gli Altipiani, il Monte Grappa, il Montello, il basso Piave, il Cadore, Gorizia, il basso Isonzo, Monte San Michele e Castagnevizza del Carso, luoghi che chiunque abbia studiato la storia a scuola non può non ricordare per la durezza degli scontri ivi avvenuti. Vennero selezionate undici salme di italiani, anonime, una in ogni luogo suddetto e presso la Basilica di Aquileia si celebrarono i funerali di Stato, dove Maria Bergamas, simbolo di tutte le madri che hanno perso i figli in guerra, si inginocchiò di fronte a una bara. Maria era stata scelta in quanto madre di Antonio, morto in combattimento dopo aver disertato l'Esercito austro-ungarico ed essersi unito alle file italiane; il suo corpo non fu mai ritrovato. La bara fu poi trasportata in treno a Roma; durante il viaggio, come è stato detto da chi mi ha preceduto, la salma fu onorata dalla popolazione in tutte le principali stazioni; giunta a Roma il 2 novembre, venne poi tumulata appunto il 4 novembre 1921.

Le pareti della cripta dove si trova ancora oggi furono realizzate, impiegando pietre provenienti dalle diverse aree del conflitto stesso. Al Milite ignoto fu poi conferita la medaglia d'oro al valor militare, con questa motivazione: “Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz'altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della Patria”.

Ma se questo è il forte valore simbolico, storico del Milite ignoto, oggi quale funzione si può dire che esso ancora abbia? Il Vittoriano è stato riabilitato e valorizzato, su iniziativa dell'allora Presidente della Repubblica Ciampi, ed ancora oggi celebra l'Italia unita e libera - ricordo che fu l'amministrazione Rutelli a ripristinare il famoso ascensore che permetteva di vedere Roma dall'alto del Vittoriano -, quell'Italia che oggi sta combattendo ugualmente una guerra complessa, difficile e dolorosa, sì diversa, ma che si sta rialzando ancora una volta grazie all'Europa.

Non dimentichiamoci, infatti, che sono stati proprio i due conflitti mondiali a far nascere i primi europeismi, un insieme di Stati che lavorarono uniti, in favore della prosperità e della crescita economica comuni.

Quindi, come è scritto nel secondo impegno, è bene intraprendere iniziative anche in sede europea per ricordare il sacrificio umano di tutti i cittadini d'Europa che persero la vita nel conflitto. Allo stesso tempo - lo dico da docente e anche da cittadina di Roma, nipote di un militare, nata e cresciuta nella città militare della Cecchignola; quindi quasi tutti i termini che sono espressi in questa mozione per me sono molto familiari, perché sono i luoghi toponomastici dove sono cresciuta e dove sono andata a scuola -, è giusto e doveroso coinvolgere le scuole in questo genere di iniziative di forte valenza storica e civile, perché nessuno di quei 600.000 caduti deve essere dimenticato, in primis “i ragazzi del ‘99”, precettati quando ancora non avevano 18 anni e il cui apporto si dimostrò fondamentale per l'esito del conflitto.

Ragazzi con storie, volti, pulsioni, non così dissimili da quelle dei milioni di studenti che, dalla fine della guerra, si sono seduti nei decenni successivi sui banchi delle nostre scuole. Onorare il sacrificio di quanti hanno combattuto per l'Italia libera e unita, di quei “nessuno” che sono poi diventati il popolo italiano, è segno di una forte coscienza civile che condivide i valori fondanti della nostra Repubblica e che il legislatore di oggi non poteva ignorare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roberto Paolo Ferrari. Ne ha facoltà.

ROBERTO PAOLO FERRARI (LEGA). Grazie Presidente, quest'oggi ci troviamo a discutere la mozione presentata dal presidente della IV Commissione, onorevole Rizzo, sottoscritta da tutti i capigruppo delle formazioni politiche presenti in Commissione, che vuole onorare la ricorrenza del centenario della traslazione della salma del Milite ignoto, da Aquileia al Vittoriano. Come hanno detto tutti i colleghi che sono intervenuti prima di me, si vuole ricordare questa ricorrenza, questa data, proprio perché non si vuole che, in un momento storico come questo, una ricorrenza così importante passi sotto silenzio, passi ignorata. I colleghi intervenuti hanno evidenziato quali sono i grandi motivi che sono alla base di questa scelta, di questa volontà unanime da parte della Commissione, e speriamo interpretata unanimemente da tutto il Parlamento. Prima di arrivare alla data del 1921, in cui il Parlamento italiano volle onorare, attraverso la salma di un militare scomparso e non riconosciuto, il sacrificio di tutti coloro che non avevano ricevuto sulla propria sepoltura un nome, per offrire ai familiari un luogo in cui piangere le spoglie dei propri congiunti morti durante il conflitto, dobbiamo ricordare due date importanti: il 24 maggio e il 4 novembre. Due date significative per la discesa in guerra e la fine del conflitto per il nostro Paese. Il 24 maggio, quella data in cui, come recita La Canzone del Piave, “ (…) L'esercito marciava per raggiunger la frontiera (…)”, quella notte in cui “ (…) Muti passaron quella notte i fanti (…). Quella data di inizio, quasi baldanzoso, del conflitto, e la fine, il 4 novembre, in cui il bollettino della vittoria, firmato dal generale Diaz, riportava che: “ (…) I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza”. In mezzo a queste due date, in mezzo a queste due descrizioni della retorica di allora: c'è la tragedia della Prima guerra mondiale, c'è la tragedia di 650 mila morti; c'è la tragedia che il Pontefice, allora regnante, Benedetto XV, descrisse in due parole in maniera assolutamente perfetta, cioè “L'inutile strage”. Un'inutile strage in cui, all'interno del nostro continente, 15 milioni furono i morti e i dispersi. A significare questo sacrificio, questa strage, si levò il movimento per il riconoscimento, a livello dei Paesi europei, di quelle ignote vittime che avevano perso la vita.

Anche in Italia, come ho già avuto modo di dire, si intraprese questa via e 11 furono le salme senza nome ricondotte nella basilica di Aquileia. La figura di quella madre, Maria Bergamas, che scelse la salma del Milite ignoto, sta a simboleggiare non solo il fatto di essere una madre di un caduto la cui salma non aveva trovato il nome, ma anche il sacrificio di una madre nata all'interno dell'Impero austro-ungarico, nata quindi in un Paese che era in conflitto con l'Italia, il cui figlio Antonio, invece, aveva deciso di lasciare le truppe asburgiche per unirsi all'Esercito italiano e combattere rischiando la vita non solo nei combattimenti in guerra, ma anche qualora fosse stato catturato, poiché essendo un disertore sarebbe stato passato per le armi. Questa donna volle individuare non tanto una figura che rappresentasse il figlio - così ci dicono le memorie della sorella di Antonio Bergamas, la figlia - ma una figura che rappresentasse la comunità dei caduti, la comunità di tutti coloro che erano scomparsi, rappresentando, quindi, in maniera sincera, in maniera veritiera, quel miles ignotus che il nostro Altare della Patria avrebbe raccolto nel sacello per testimoniare, ad imperitura memoria, il sacrificio di quei giovani ed anche - io immagino - per rappresentare ad imperitura memoria il dramma della guerra, proprio per ricordarci che la cosa più importante è la conservazione della pace.

Qualcuno potrebbe eccepire che in un momento storico come quello che stiamo vivendo, celebrare, impegnarsi in un ricordo quale quello del centenario della traslazione della salma del Milite ignoto, sia forse superfluo e poco opportuno. Invece, proprio il ricordo di quel tragitto che fece quel treno, portando sull'affusto del cannone la salma di questo militare senza nome, è, a nostro modo di vedere, una possibilità per ritrovare e rivivere, in un momento di dolore come quello che abbiamo vissuto in questo anno di pandemia, con i morti che abbiamo visto nelle strade, quella unione corale che ci fu cento anni fa.

Non so se il paragone sia azzardato, ma rivedere passare questo treno, con la rievocazione di questa salma, ci ricorda anche quel corteo funebre che abbiamo visto nella città di Bergamo, quei mezzi dell'Esercito in fila, quasi un treno che trasportavano le salme di tanti nostri connazionali colpiti da un nemico invisibile. Da qui questo parallelo, tra la guerra combattuta con grande sacrificio all'inizio del XX secolo e quest'altra nuova guerra che abbiamo combattuto noi all'inizio del XXI secolo.

Il ricordo di queste di questo Milite ignoto è il paradigma delle centinaia di migliaia di uomini che allora persero la vita e di coloro che hanno combattuto questa battaglia contro un nemico invisibile (un'altra guerra).

Il fatto di ricordarlo ora ci deve far pensare che, in futuro, coloro che hanno sacrificato la loro vita nelle corsie degli ospedali, per cercare di sconfiggere un nemico ancora più subdolo, proprio perché invisibile, non verranno assolutamente dimenticati; non vogliamo che vengano dimenticati. Concludo con le parole di Ungaretti. Il presidente Rizzo ha citato una poesia di Ungaretti, “San Martino del Carso”; io ne cito un'altra, sempre di Ungaretti, che sta proprio a significare il dramma che quegli uomini, che vissero la prima guerra mondiale, pativano e sentivano ogni giorno, cioè la loro condizione di precarietà, di assoluta precarietà. Si tratta di un'altra poesia famosissima di Giuseppe Ungaretti e cioè “Soldati”, che così recita: “Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie”. Ecco, queste parole, questa precarietà, che, allora, i nostri uomini vissero, e il tormento che, in queste parole e in quelle condizioni, è contenuto, devono farci da stimolo ed essere di esempio, perché il nostro ricordo sia davvero più vivo e più forte per celebrare in questa ricorrenza il sacrificio che, cento anni fa, gli uomini di questo Paese compirono, e il ricordo che, cento anni fa, ebbero il coraggio di tributare a coloro che avevano così a lungo sofferto (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di interviene la deputata Maria Tripodi. Ne ha facoltà.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario. È sempre emozionante intervenire in quest'Aula ma, consentitemi, quando lo si fa per ricordare il sacrificio e l'eroismo dei caduti per la patria, come stiamo facendo oggi, l'emozione diventa davvero commozione. La prima guerra mondiale lasciò sui campi di battaglia europei una sequela di lutti spaventosi, che gli storici accertano in 15 milioni di morti, tra militari e civili. Numeri che fanno della grande guerra uno dei conflitti più sanguinosi della storia. Le Nazioni che vi parteciparono vollero onorare i loro caduti nella salma di un anonimo combattente caduto con le armi in pugno. In Italia, questa idea - come hanno sottolineato i colleghi che mi hanno preceduto - risale al 1920 e venne propugnata dal generale Giulio Douhet. Nel 1921, venne approvata la relativa legge per la sepoltura a Roma sull'Altare della patria della salma di un soldato sconosciuto caduto nella guerra del 1915-1918.

Il viaggio del Milite ignoto è stato un percorso di grande unificazione del Paese. Oggi, ci apprestiamo a riviverlo con il medesimo spirito del 1921 .

C'è qualcosa, colleghi, che si è rafforzato nel corso di questo ultimo e particolarissimo anno: è proprio il nostro senso di comunità nazionale. Non si può tacere come, fin dai primi momenti di disorientamento e paura conseguenti al diffondersi della pandemia, proprio le nostre Forze armate non abbiano mai fatto mancare il proprio sostegno alle istituzioni e la loro vicinanza alla popolazione. Le Nazioni, oggi membri dell'Unione europea, hanno proceduto singolarmente a tale celebrazione. Vedete colleghi, io credo, invece, che l'Europa e le sue istituzioni debbano lavorare per suscitare quel sentimento comune europeo sui vari accadimenti che si sono susseguiti e la commemorazione del Milite Ignoto è il primo tra tutti. Il nostro Paese contò 600 mila morti nel primo conflitto mondiale. L'omaggio riconoscente e commosso al loro sacrificio, al loro alto senso del dovere, credo sia l'essenza della nostra storia, pilastro non negoziabile del Paese. Quei soldati erano persone semplici, ma anche uomini di cultura, contadini, uomini che sacrificarono la loro vita, spesso giovanissimi, non badando al ceto di provenienza. E qui, signor Presidente, mi piace ricordare “i ragazzi del '99”, la denominazione data ai coscritti negli elenchi della leva che, nel 1917, compirono diciott'anni e, pertanto, potevano essere impiegati nel campo di battaglia. Armando Diaz scrisse: “Li ho visti i ragazzi del ‘99. Andavano in prima linea cantando. Li ho visti tornare in esigua schiera. Cantavano ancora”. Tra loro, signor Presidente, vi era la meglio gioventù dell'epoca, i nostri bisnonni, ma anche molti nostri nonni e mi consenta di ricordare qui, in questa sede, anche un ragazzo del ‘99 figlio illustre della città di Reggio Calabria, la mia città, Domenico Pennestrì, medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Come non ricordare poi, signor Presidente, tra i giovani dell'epoca anche Nazario Sauro, condannato a morte dagli austroungarici per essersi arruolato nella Regia Marina italiana che, in una delle lettere che scrisse ai figli - e vale la pena citare - dice: “Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa Patria, giura, o Nino - rivolgendosi al figlio - e farai giurare ai tuoi fratelli (…) che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani”.

Il nostro Paese uscì dal conflitto –consentitemi - anche arricchito dal contributo morale di questi italiani che hanno fatto grande la nostra patria: uscì riunita con il ricongiungimento di Trento e Trieste entro i confini segnati dai nostri patrioti, ma anche moralmente e profondamente cambiata, perché forte di una nuova e diffusa consapevolezza del proprio essere Nazione.

Rafforzare la memoria di quei caduti, come stiamo facendo noi oggi, di quel Milite ignoto che li rappresenta tutti, è quello che dobbiamo fare e che abbiamo il dovere di fare come legislatori; è il passo da compiere per tramandare alle nuove generazioni il significato di patria e di sacrificio. Sono convinta che, dinanzi alle prove più difficili, signor Presidente, l'Italia, oggi come allora, possa contare sul bene più prezioso per un Paese: il comune spirito unitario cementato dal comune sentire nazionale, che si fonde alla memoria collettiva di un popolo. Concludo, signor Presidente, ricordando a me stessa che quel soldato senza nome, scelto da Maria Maddalena Bergamas nel 1921, è non solo il simbolo del sacrificio di un'intera generazione, ma anche il simbolo dell'ideale più sacro, custode delle nostre radici e delle nostre secolari tradizioni: l'ideale patrio, quell'ideale che Armando Diaz racchiude, forse in maniera profondamente orgogliosa, in un passaggio del Bollettino della Vittoria, dicendo che “i resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”.

Ecco, Presidente, credo proprio che in queste righe ci sia tutto l'orgoglio e il sentire comune nazionale, che appunto è il simbolo stesso della nostra Patria (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Uva. Ne ha facoltà.

FRANCESCO D'UVA (M5S). Grazie, Presidente. Oggi siamo in quest'Aula per intervenire nella discussione generale e stiamo discutendo della mozione voluta ampiamente in Commissione difesa dal presidente, Gianluca Rizzo, e da tutti i componenti della Commissione difesa, che sono consapevoli - siamo consapevoli - dell'importanza che l'eroe ignoto ha per la nostra Nazione.

La mozione riguarda un'icona del sacrificio del soldato italiano nella Grande guerra. Il Milite ignoto fu ritrovato sul campo di battaglia e scosse le coscienze; aveva scosso le coscienze quando, durante la Prima guerra mondiale, si vide l'orrore della guerra, ma anche l'impegno dei nostri connazionali che 100 anni fa hanno difeso la Patria dallo straniero. Il Milite ignoto fece un viaggio verso la capitale, fece un viaggio più che simbolico, un viaggio che da solo, attraverso questo scendere verso la capitale, verso Roma, aveva comportato una grandissima manifestazione spontanea, la più grande manifestazione spontanea di cui si ha memoria su un tema come questo.

Tutti gli italiani parteciparono a questa manifestazione spontanea e lo fecero consapevoli che quello che si stava consumando un po' più a Nord era qualcosa di importantissimo e di drammatico per il nostro Paese.

Il Milite ignoto è stato sepolto al Vittoriano. Noi siamo a un passo da questo, siamo qui alla Camera dei deputati: a un passo da noi, a piazza Venezia, sorge l'Altare della Patria, il Vittoriano, dove dal 1921 è sepolto il Milite ignoto ed è uno dei luoghi più importanti del nostro Paese. Quel monumento rappresenta il sacrificio di quel soldato come il sacrificio di altri 600 mila soldati; 600 mila uomini morirono nella Prima guerra mondiale, 600 mila italiani morirono in quella guerra.

Si parla di giovani da Nord a Sud perché questa è la verità: c'erano tante persone, tanti cittadini che lasciarono la propria casa, la propria campagna, la propria famiglia per andare a difendere una Patria, una Nazione di cui ancora non si riusciva a vedere bene la forma. Non si riusciva bene a capire cosa fosse, perché era ancora presto, tutto sommato erano passati pochi decenni dall'Unità d'Italia. Eppure, tutti già si sentivano figli di un'unica Patria, di un'unica Nazione, che era l'Italia; chiaramente le radici sono quelle.

Noi oggi stiamo discutendo questa mozione che valorizza la figura del Milite ignoto. Cosa fa esattamente? Il Milite ignoto lo conosciamo, c'è una stele, c'è un monumento in ogni comune. In ogni quartiere anche, a volte, di una stessa città c'è un monumento che fa vedere chi erano le persone che hanno perso la vita per combattere e si sono sacrificate per il bene della Nazione, ma, ahimè, alcune spoglie sono rimaste tali, sono rimaste assolutamente ignote, per l'appunto. Questa mozione vuole valorizzare la figura del Milite ignoto promuovendo la cittadinanza onoraria in tutti i comuni del nostro Paese, e avviare così progetti e iniziative commemorative.

Credo che questo sia un momento importantissimo a tal riguardo ed è bello che la Commissione difesa si stia impegnando, come tutto il Parlamento, affinché questo avvenga.

Presidente, le sfide culturali, economiche e morali vanno combattute e vanno vinte da una comunità come è la nostra attraverso anche quelle che sono radici comuni. Sicuramente l'esempio del Milite ignoto, quello che ha rappresentato per le generazioni precedenti alla nostra e quello che può continuare, deve continuare a rappresentare per le nuove generazioni, è un esempio importante, molto importante, su cui bisogna ricordare quelle sono le nostre radici.

A tal riguardo, penso ai racconti di mia madre, che mi raccontava come suo nonno si emozionasse a parlare del Piave. Ecco, queste testimonianze mano a mano non dobbiamo perderle. Passano gli anni, sono passati 100 anni e oltre, eppure ancora oggi il Milite ignoto suscita in tutti noi un sentimento di rispetto, di profondo rispetto e di gratitudine perché, se oggi noi siamo qua, siamo in quest'Aula e parliamo di questo, come di tutto quello di cui è importante che un legislatore si occupi per il bene del Paese, ciò avviene grazie al sacrificio di quegli uomini.

Le radici sono comuni, le radici sono queste. Non è un caso che l'articolo 52 della Costituzione affermi che la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Bene, sono passati diversi anni dal Milite ignoto, eppure si dimostra che a distanza, di generazione in generazione, il concetto di Patria e di sacrificio per difenderla resta tale. So che in quest'Aula siamo spesso chiamati a rispondere dell'immediato, delle emergenze, soprattutto in questo periodo pandemico.

Sto facendo questo intervento con la mascherina, a dimostrazione del fatto che veramente abbiamo tante contingenze, però dobbiamo anche gettare le basi perché le nuove generazioni continuino a credere in qualcosa di più grande di loro, che è l'amore per la Patria, l'amore per la nostra Nazione. Si può dimostrare in tanti modi, noi lo stiamo facendo con questa mozione che riteniamo essere un tassello importante affinché le nuove generazioni capiscano quello che è stato il passato e quanto dobbiamo tutti alle generazioni passate.

Presidente, vorrei dire che parlare di queste cose in quest'Aula è importante, ma è ancora più importante che si faccia fuori. Quest'Aula è del 1918. A ricordarci la nostra storia c'è un altorilievo dietro di lei del Calandra, dove ci sono i volti dell'Italia, quello pensoso e quello guerriero, ma c'è anche l'opera di Giulio Aristide Sartorio, qui, tutto attorno a noi, che ci fa vedere, oltre alla storia dell'Unità d'Italia, le virtù dell'Italia. Ve ne è una che è l'ardire. Noi, quando siamo qua dentro, ce lo ricordiamo; basta che ci guardiamo attorno e ci ricordiamo quali sono le basi del nostro Stato, della nostra Nazione.

Ma è importante, grazie a questa mozione, che si lancino iniziative sul Milite ignoto affinché tutti si ricordino e continuino a commemorare quello che è stato un sacrificio fondamentale affinché noi oggi fossimo Repubblica, ovviamente, perché tutto è un divenire. È chiaro che oggi siamo quello che siamo grazie al sacrificio di quelle persone.

Quindi, voglio ringraziare il presidente Rizzo, per aver portato questo tema in quest'Aula, e tutti i membri della Commissione, di tutte le forze politiche, che ovviamente, evidentemente, condividono questa necessità di continuare a gettare le basi, continuare a coltivare queste radici comuni che tutti gli italiani devono avere (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la mozione che oggi inizia il proprio iter vuole impegnare il Governo a garantire il riconoscimento della cittadinanza al Milite ignoto entro il 4 novembre, centenario della traslazione, e a far conoscere le vicende storiche legate agli italiani caduti come patrioti durante il Primo conflitto mondiale.

Il monumento del Milite ignoto, vogliamo ricordare, è dedicato ai 651 mila caduti italiani dell'ultima fase della nostra unificazione nazionale, la più gloriosa, la più tragica e drammatica, in particolare a coloro dei quali non è stato possibile pervenire all'identificazione, al fine di dare loro una degna sepoltura e il riconoscimento di tutti gli onori che meritano.

Fa piacere citare questo aneddoto: fu la madre di un caduto nella Grande guerra a scegliere la bara del soldato ignoto da deporre nel Sacrario del Vittoriano dopo un lungo, lungo viaggio.

Si poté vedere la bara, montata su una carrozza di treno aperta, indurre al suo passaggio ali di popolo - come è stato citato prima - ad inginocchiarsi come davanti a un nume, perché di un nume si trattava: la divina spoglia protettrice di un eroe di guerra che, con quel corpo e con quella bara, rappresentava tutti i caduti. Il viaggio della salma toccò 120 città e, ad ogni fermata, il popolo salutava con entusiasmo, riverenza e compostezza quel soldato ignoto. L'Italia si ritrovava unita, sia nella sofferenza della perdita che nella fierezza di una grande Nazione. Fu Gabriele D'Annunzio a coniare il nome “Milite ignoto” a quella salma del soldato senza nome, che avrebbe ricordato, negli anni a venire, i sacrifici e gli eroismi dei soldati italiani durante la Grande guerra, che più volte, anche oggi, sono riecheggiati in quest'Aula.

La tragicità dei momenti delle trincee lasciò spazio a un grande orgoglio di Patria, ad una grande appartenenza. Dinanzi alla dissoluzione di ogni mito, il Milite ci dona un messaggio di speranza e di rivalsa, un simbolo di unità: è l'Italia che prorompe, patrioti che decisero di difendere i confini della loro casa per poter lasciare una terra in cui crescere i propri figli, nipoti, bisnipoti, con l'orgoglio e la fierezza di essere italiani; una Nazione finalmente unita. In occasione di questa commemorazione, vogliamo ricordare tutti gli italiani che ogni giorno, oggi, si impegnano, tutt'oggi, a difendere la nostra Nazione, a difenderne l'unità, così come le nostre Forze armate che, ogni giorno, onorano la divisa che indossano.

Colleghi, in questo momento storico, quello della pandemia da COVID-19, riteniamo assolutamente doveroso e necessario stringerci intorno a quell'ideale di patriota che il Milite ignoto porta con sé e siamo contenti che molti colleghi, anche trasversalmente, lo abbiano fatto. L'unità, la libertà, la Patria, lo spirito di sacrificio e l'identità: è questo ciò che guida le nostre azioni ogni giorno, è questo ciò che ci muove e ci appassiona. Riteniamo necessario, quindi, conferire la cittadinanza onoraria al Milite ignoto, un soldato di nessuno, che possa essere percepito di tutti. Tutti noi siamo legati al Milite ignoto e tutti desideriamo che possa finalmente diventare il cittadino d'Italia, di un'Italia che nei momenti di grande difficoltà si unisce intorno a quei simboli e a quei valori che ne caratterizzano la propria storia, che è la storia di una grande Nazione, per risollevarsi e rinascere più forti di prima. Il Milite ignoto incarna la nostra storia, le radici attraverso le quali intendiamo costruire il nostro futuro, per i nostri figli. Come disse D'Annunzio commemorando la Grande guerra: “Di là dal coraggio, di là dal sacrificio, di là dalla vita, di là dalla morte, ecco il luogo altissimo, ecco il luogo profondissimo, ecco il luogo segreto, mistico e ardente, dove io respiro” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la Difesa, Giorgio Mulè.

GIORGIO MULE', Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Mi riservo poi, comunque di intervenire, all'esito delle dichiarazioni, per esprimere il parere del Governo, ma mi sembra giusto sottolineare quanto corale sia stato il messaggio che, in maniera univoca, arriva da quest'Aula, che, giustamente, è stato fatto notare, al di là delle appartenenze politiche, oggi più che mai, è l'Aula in cui si riconoscono tutti gli italiani. Stamattina ho reso idealmente omaggio al gruppo delle Medaglie d'oro al valor militare, memore di quanto successe nel 1921, quando le Medaglie d'oro presero in consegna la bara del Milite ignoto, trasportandola e accompagnandola, scortandola a Roma da Aquileia.

Le contingenze legate alla pandemia, purtroppo, non consentono - a meno che non vi sia una deroga, di cui, poi, però, la Presidenza e i Questori si renderanno eventualmente partecipi - la loro partecipazione alla seduta in cui verrà approvata la mozione, però loro, il generale Aiosa, il colonnello Paglia, il sergente Adorno, Renata, Paola Del Din, ancora vivente, che rappresentano idealmente un percorso che, dalla Resistenza arriva ai giorni nostri, passando per quello che è accaduto in Afghanistan, in Somalia, in Italia, quelle Medaglie al valor militare rappresentano, e sono, figlie di quel Milite ignoto. E, allora, l'atto della Camera ha oggi un significato straordinariamente alto perché unisce il Paese e ne tramanda e ne consegna la memoria alle nuove generazioni. Noi cantiamo l'inno, diciamo: “L'Italia chiamò”. L'Italia chiamò Antonio Bergamas e lo chiamò nonostante lui appartenesse a un'altra Nazione, lui, fieramente figlio d'Italia, scelse di combattere per la sua Patria, per la Patria italiana, come è stato ricordato negli interventi, oggi, in Aula.

Allora, sono state fatte tante citazioni, sono stati fatti tanti riferimenti letterari, come ad Ungaretti, riferimenti alti e nobili, giusti. Ripeto, arriverà un momento, domani, in cui esprimeremo i pareri, vedremo insieme se e che cosa, eventualmente, possiamo aggiungere al meritorio lavoro che, nella mozione di cui è primo firmatario il presidente Rizzo, rende questa Camera unita e partecipe di questo atto, però, in questa fase, Presidente, volevo soltanto consegnare all'Aula non una citazione, non un riferimento dotto, un riferimento letterario, perché il Milite ignoto rappresenta, più di ogni altro, l'incarnazione dell'eterno riposo, laddove noi auguriamo la pace a chi è caduto, laddove auguriamo la pace, il requiescant in pace a coloro che ce l'hanno donata. E il Milite ignoto rappresenta, non idealmente, ma con quello che ha realizzato, la pace di cui oggi può godere il nostro Paese (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Sospendiamo, a questo punto, la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 17,50.

Rimodulazione del calendario dei lavori dell'Assemblea per il periodo 7-16 luglio 2021.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, del Regolamento, che la votazione per l'elezione di due componenti del Consiglio di Amministrazione della RAI, già prevista per domani, 7 luglio, avrà luogo, previa intesa con la Presidenza del Senato, nella giornata di mercoledì 14 luglio, a partire dalle ore 21.

Avverto, inoltre, che, con lettera in data odierna, il Presidente della Commissione Giustizia ha formulato la richiesta - sulla quale è stato acquisito l'assenso unanime dei rappresentanti dei gruppi in Commissione - di rinviare la discussione generale della proposta di legge n. 3179, prevista dal vigente calendario dei lavori per la giornata di domani, mercoledì 7 luglio, alla giornata di giovedì 8 luglio.

La discussione generale di tale proposta di legge avrà luogo nella giornata di giovedì 8 luglio, al termine delle votazioni, mentre il seguito dell'esame avrà pertanto luogo nel corso della prossima settimana, dopo il seguito dell'esame della mozione concernente iniziative volte al rilancio del sito produttivo Whirlpool di Napoli e alla salvaguardia dei relativi livelli occupazionali.

è stata, altresì, stabilita la seguente riarticolazione dell'organizzazione dei lavori dell'Assemblea per il periodo 7-16 luglio 2021.

Mercoledì 7 luglio (ore 9.30 – 13.30)

Seguito dell'esame della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00421 concernente iniziative di competenza a favore di Patrick Zaki, con particolare riferimento al conferimento della cittadinanza italiana

Seguito dell'esame della mozione Rizzo, Ferrari, Pagani, Maria Tripodi, Occhionero, Deidda, Berardini e Tondo ed altri n. 1-00452 concernente iniziative volte a commemorare il centenario della traslazione del Milite ignoto all'Altare della Patria

Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti di Monica Faenzi (deputata all'epoca dei fatti) ()

Mercoledì 7 luglio (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata

Mercoledì 7 luglio (ore 16)

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 522-615-1320-1345-1675-1732-1925-2338-2424-2454 - Disposizioni per il superamento del divario retributivo tra donne e uomini e per favorire l'accesso delle donne al lavoro

Discussione sulle linee generali della mozione Fornaro ed altri n. 1-00499 concernente iniziative volte al rilancio del sito produttivo Whirlpool di Napoli e alla salvaguardia dei relativi livelli occupazionali

Giovedì 8 luglio (ore 9.30 – 13.30 e 15 - 19.30, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Eventuale seguito degli argomenti previsti nella seduta di mercoledì 7 luglio e non conclusi.

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 544-2387-2692-2868-2946-3014-A - Ridefinizione della missione e dell'organizzazione del Sistema di Istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 522-615-1320-1345-1675-1732-1925-2338-2424-2454 - Disposizioni per il superamento del divario retributivo tra donne e uomini e per favorire l'accesso delle donne al lavoro

Giovedì 8 luglio (al termine delle votazioni dell'Assemblea)

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 3179 e abbinate - Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali

Venerdì 9 luglio (ore 9.30 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 3132 - Conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali (da inviare al Senato - scadenza: 24 luglio 2021)

Lunedì 12 luglio (ore 12 e pomeridiana, con prosecuzione notturna)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 3132 - Conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali (da inviare al Senato - scadenza: 24 luglio 2021)

Lunedì 12 luglio (al termine delle votazioni e comunque non prima delle ore 15)

Discussione congiunta del Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2020 e del Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2021

Martedì 13 (ore 9.30 – 13.30 e 15 - 19.30, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24), e mercoledì 14 luglio (ore 9.30 – 13.30 e 16 – 19.30, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) .

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 3132 - Conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali (da inviare al Senato - scadenza: 24 luglio 2021)

Eventuale seguito degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi

Seguito dell'esame della mozione Fornaro ed altri n. 1-00499 concernente iniziative volte al rilancio del sito produttivo Whirlpool di Napoli e alla salvaguardia dei relativi livelli occupazionali

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 3179 e abbinate - Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 2763 - Disposizioni concernenti la rinegoziazione dei contratti di locazione di immobili destinati ad attività commerciali, artigianali e ricettive per l'anno 2021 in conseguenza dell'epidemia di COVID-19

Mercoledì 14 luglio (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Nella seduta di mercoledì 14 luglio alle ore 21, previa intesa con la Presidenza del Senato, avrà luogo la votazione – per schede - per l'elezione di due componenti il Consiglio di Amministrazione della RAI

Giovedì 15 luglio (ore 9.30 – 13.30 e 15 - 19.30, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Eventuale seguito dell'esame del disegno di legge n. 3132 - Conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali (da inviare al Senato - scadenza: 24 luglio 2021

Esame della Relazione delle Commissioni riunite III (affari esteri e comunitari) e IV (difesa) sulla deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2021 (Doc XXV, n. 4) e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso (Doc XXVI, n. 4)

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi, nonché della mozione n. 1-00499, della proposta di legge n. 3179 e della proposta di legge n. 2763

Venerdì 16 luglio (ore 9.30 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 3146 - Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, recante governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure (da inviare al Senato - scadenza: 30 luglio 2021)

Discussione sulle linee generali del Doc XXII, n. 42 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dello scoppio della pandemia di SARS-CoV-2 e sulla congruità delle misure adottate dagli Stati e dall'Organizzazione mondiale della sanità per evitarne la propagazione nel mondo

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2561 – Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia

Avverto che, nell'allegato A al resoconto della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame:

- del testo unificato delle proposte di legge n. 522-A, recante disposizioni per il superamento del divario retributivo tra donne e uomini e per favorire l'accesso delle donne al lavoro,

- della mozione Fornaro ed altri n. 1-00499 concernente iniziative volte al rilancio del sito produttivo Whirlpool di Napoli e alla salvaguardia dei relativi livelli occupazionali.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto intervenire il deputato Eugenio Saitta. Ne ha facoltà, prego.

EUGENIO SAITTA (M5S). Grazie Presidente, colleghi deputati, colleghe deputate, intervengo oggi qui in Aula, anche a nome del collega Gianluca Rizzo, da cittadino del Calatino, prima ancora che da deputato, per portare a conoscenza di quest'Aula i gravissimi fatti che sono accaduti nella giornata di ieri in contrada Poggiarelli, vicino al comune di Grammichele. Un vasto incendio, da quello che apprendiamo molto probabilmente di natura dolosa, si sta propagando e si è propagato all'interno del sito industriale per lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti gestito da Kalat Impianti. Si tratta - Kalat Ambiente - di un fiore all'occhiello per quanto riguarda la raccolta differenziata. È un fatto increscioso, probabilmente di natura dolosa, e ciò sarebbe il secondo incendio dopo quello del luglio 2017.

Le responsabilità sono enormi in questo senso. Tutti i sindaci del Calatino - parliamo di quindici comuni - stanno cercando di far fronte ad una difficoltà del genere. Abbiamo avuto anche sindaci, come l'avvocato Giuseppe Purpura di Grammichele e il sindaco Astuti di Palagonia, che per tutta la notte sono stati accanto agli uomini e alle donne delle Forze dell'ordine per cercare di domare questo incendio. I danni sono ingenti, circa 6-8 milioni di euro, al quale il presidente della regione siciliana, Nello Musumeci, deve cercare di rispondere concretamente e immediatamente, per far fronte a questa difficoltà che stanno vivendo le comunità. Tra l'altro, con il collega Rizzo abbiamo portato a conoscenza di questi gravi fatti anche il Governo, presentando un'interrogazione. Dal fuoco, dalle fiamme si sta propagando anche una nube tossica a causa della combustione dei rifiuti.

Su tutto ciò, Presidente, intervengo in Aula, anche per esprimere la nostra vicinanza alle comunità di fronte ad un grave fatto del genere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paternoster. Ne ha facoltà.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Grazie, Presidente. Intervengo, signor Presidente, perché sabato 3 luglio, il sabato appena trascorso, nel comune di Sant'Anna d'Alfaedo, in provincia di Verona, c'è stata una terribile sciagura, una disgrazia. Due famiglie veronesi erano in gita in Lessinia, sulle nostre montagne, nel pomeriggio di sabato quindi, e i loro quattro figli erano lì vicino che giocavano spensierati, come è giusto che sia all'età di 7-8 anni; giocavano insieme, come sempre facevano; sono saliti su una antica ghiacciaia, profonda circa tre metri e i quattro ragazzini, durante questo gioco, si sono visti crollare il tetto sotto i loro piedi, sono caduti in questa ghiacciaia e sono stati travolti dalle pietre, pesantissime, che formavano il tetto di questa ghiacciaia. Due bambini sono rimasti feriti e ce l'hanno fatta, però per Tommaso e Michele, purtroppo, non c'è stato nulla da fare, sono stati travolti e le loro vite sono state spezzate in un attimo, in una tragedia immane che ha segnato tutta la nostra comunità veronese.

Domani, a Verona, ci saranno i funerali di questi due angioletti e la nostra comunità si stringerà attorno a loro e alle loro famiglie, alle quali vanno le nostre più sentite condoglianze, la nostra vicinanza, dell'Aula della Camera dei deputati.

Ai due angioletti, Tommaso e Michele, di sette anni che, da quando erano appena nati, hanno frequentato tutte le scuole insieme e giocavano insieme – e ci guarderanno da lassù - vanno la nostra vicinanza e il nostro amore. Che riposino in pace.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 7 luglio 2021 - Ore 9,30:

1. Seguito della discussione della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00421 concernente iniziative di competenza a favore di Patrick Zaki, con particolare riferimento al conferimento della cittadinanza italiana .

2. Seguito della discussione della mozione Rizzo, Ferrari, Pagani, Maria Tripodi, Occhionero, Deidda, Berardini, Tondo ed altri n. 1-00452 concernente iniziative volte a commemorare il centenario della traslazione del Milite ignoto all'Altare della Patria .

3. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità nell'ambito di un procedimento civile nei confronti di Monica Faenzi (deputata all'epoca dei fatti). (Doc. IV-ter, n. 3-A)

Relatrice: PINI.

(ore 15)

4. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

(ore 16)

5. Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:

CIPRINI ed altri; GRIBAUDO ed altri; BOLDRINI ed altri; BENEDETTI ed altri; GELMINI ed altri; VIZZINI ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO; CARFAGNA ed altri; FUSACCHIA ed altri; CARFAGNA: Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. (C. 522​-615​-1320​-1345​-1675​-1732​-1925​-2338​-2424​-2454-A​)

Relatrice: GRIBAUDO.

6. Discussione sulle linee generali della mozione Fornaro ed altri n. 1-00499 concernente iniziative volte al rilancio del sito produttivo Whirlpool di Napoli e alla salvaguardia dei relativi livelli occupazionali .

La seduta termina alle 18,05.