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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 514 di lunedì 24 maggio 2021

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 12.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 21 maggio 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Maggioni, Mandelli, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Parolo, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Speranza, Tabacci, Vignaroli, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 74, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 21 maggio 2021, la deputata Renata Polverini, già iscritta al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente.

La Presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Sul tragico incidente verificatosi sulla funivia Stresa-Mottarone.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la deputata Beatrice Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN (PD). Presidente, onorevoli colleghi, prendo la parola stamattina con una certa commozione - penso come tutti quanti noi - per esprimere il mio cordoglio e la vicinanza del gruppo del Partito Democratico alle famiglie delle vittime dell'incidente, tragico, avvenuto a Stresa nella giornata di ieri. Credo che sia qualcosa quasi inimmaginabile per ognuno di noi pensare che, in una giornata di festa, di riapertura, in una giornata di sole, in cui delle famiglie, cinque famiglie, con i figli, con la fidanzata, con il compagno di vita, pensano di passare una giornata spensierata e libera in un posto sicuro, e si trovino invece coinvolti nell'ultimo giorno della loro vita. E quindi va il nostro pensiero e la nostra solidarietà - dicevo - alle famiglie e anche a tutti i comuni e a tutti i cittadini che stanno vivendo questo lutto. Un particolare pensiero non può che andare ad Eitan, che, con i suoi cinque anni, sta lottando per la vita, sperando che la vita gli possa riservare bellissimi momenti nel futuro; avremo modo, in quest'Aula - immagino, nei prossimi giorni -, anche all'indomani delle inchieste che necessariamente devono essere aperte, di interrogarci su come è possibile che, nel nostro Paese, ancora, nel sistema dei trasporti, nel sistema dei servizi pubblici possano accadere queste cose. Abbiamo letto le prime ricostruzioni, siamo sconvolti da quello che apprendiamo e avremo certamente possibilità, nelle prossime giornate, di capire che cosa è successo. Oggi, però, è il giorno del cordoglio e della vicinanza alle famiglie delle vittime (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, il collega Valentini. Ne ha facoltà.

VALENTINO VALENTINI (FI). Grazie, Presidente. È sempre molto difficile intervenire in circostanze di questo tipo, ma comunque anche il gruppo di Forza Italia non può non far sentire la propria vicinanza e il proprio cordoglio per la tragedia che ha colpito questi nostri connazionali e anche tutti i turisti che erano presenti nel nostro Paese. Faccio mie le parole della collega perché credo che in questo tipo di avvenimento la politica sia unita, il Paese sia unito nel voler cercare ovviamente le cause, individuare le responsabilità, nel cercarle, e non mi dilungo in quelle che sono le tragedie umane, individuali e personali. Basta leggere un giornale: tutti noi siamo sgomenti, quindi su questa tragedia veramente le parole non bastano. È vero anche che - come Parlamento - oltre al doveroso ricordo, dovremmo anche pronunciarci e cercare di capire quali sono le cause di avvenimenti di questo tipo, perché dobbiamo sicuramente evitare anche che il nostro Paese continui ad essere sui giornali internazionali - nel momento in cui noi ci riapriamo, nel momento in cui l'Italia vuole riavviare flussi di turismo -, con tragedie che vanno dal ponte di Genova fino a quest'ultima. È necessario dare, invece, la certezza ai nostri cittadini del fatto che l'Italia è un Paese sicuro, che riapre in sicurezza, che rimette in sicurezza tutte le sue infrastrutture. Quindi, ovviamente la magistratura ha avviato il suo corso, verranno individuate le responsabilità, ma nel frattempo non credo che si possano avviare i lavori di quest'oggi senza un doveroso pensiero alle vittime e a tutti coloro che appunto soffrono in questo momento. Penso che tutto il Paese stia soffrendo con loro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Il gruppo di Fratelli d'Italia si unisce sinceramente al cordoglio per la tragedia di Stresa, una tragedia che appare ancora più inaccettabile, incredibile, sia perché è accaduta in una delle prime giornate di festa che abbiamo avuto dopo questo lungo periodo di pandemia, sia per le modalità attraverso le quali si è avuta. Noi ci auguriamo che vengano chiarite al più presto - e ci mettiamo in questo senso a disposizione - dalle autorità competenti, tutte le modalità che hanno portato a questa tragedia e ci uniamo anche nella preghiera per chi sta lottando ancora per la vita, ci uniamo alla sua battaglia, che speriamo sia vincente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Elisa Tripodi. Ne ha facoltà.

ELISA TRIPODI (M5S). Grazie, Presidente. Anche il gruppo del MoVimento 5 Stelle si stringe attorno al dolore dei familiari delle vittime di questo incidente. È una tragedia, quella di ieri, che ha coinvolto 14 persone proprio durante una giornata di festa, una giornata di riaperture. Proprio gli impianti di risalita erano stati appena riaperti. Sicuramente le autorità faranno i dovuti controlli: intanto che aspettiamo queste verifiche ci stringiamo a questa perdita dolorosa, che non è dolorosa solo per la regione Piemonte, ma per tutto il Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Bordonali. Ne ha facoltà.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Anche il gruppo della Lega si stringe al dolore delle famiglie delle vittime di questa grandissima tragedia che ha colpito il Piemonte, che ha colpito il nostro Paese. Oggi deve essere una giornata esclusivamente di silenzio e di preghiera, preghiera soprattutto per il piccolo Eitan, al quale tutti ci uniamo affinché riesca a superare questo tragico momento, anche se la vita non gli porterà sicuramente un cammino facile, visto che ha perso i genitori e il fratellino. Ci stringiamo ai familiari di tutte le vittime di questa dolorosissima vicenda, a cui come Lega ci uniamo. Da domani, però, c'è la necessità di fare alcune riflessioni riguardo alle criticità che hanno portato a questa tragedia. Dobbiamo riflettere sulla sicurezza nel trasporto pubblico, sulla sicurezza che va garantita ai nostri cittadini.

PRESIDENTE. Anche la Presidenza si associa al cordoglio, alla commozione e alla vicinanza alle famiglie per il tragico incidente avvenuto a Stresa nella giornata di ieri, domenica 23 maggio.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,11).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippo Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie Presidente, il dirottamento aereo che ha portato ieri al sequestro di Roman Protasevich da parte del regime di Lukashenko, è il più arrogante segno di una violenta escalation da parte del regime bielorusso nei confronti delle pressioni internazionali e, in particolare, delle istituzioni e dei Governi europei, Presidente.

La repressione nei confronti delle voci dissidenti, delle opposizioni, della libertà di stampa, ha trovato nel gesto estremo di ieri un epilogo blockbuster, con tanto di aerei militari a chiedere l'atterraggio obbligato di un volo di linea, la perquisizione dei passeggeri, la rendition di un blogger e della sua compagna che era sul volo, sparito nelle segrete bielorusse, con l'obiettivo, Presidente, di mettere sotto scacco l'intera comunità internazionale che ora è avvertita. Il regime ha mandato un avvertimento diretto ai Paesi UE, a noi e alla leader dell'opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, che solo una settimana fa viaggiava su quello stesso volo, su quella stessa tratta.

Ora, già oggi, stasera, in occasione della cena dei leader a Bruxelles, ci aspettiamo - e lo dico per il suo tramite, Presidente, per il tramite del Parlamento italiano - una reazione ferma da parte dell'Italia, delle istituzioni europee, che vada oltre la generica condanna. E' stato passato un limite ed è stato un atto violento diretto contro la nostra comunità: questo non è più tollerabile. E al regime bielorusso che sogna di silenziare l'appoggio internazionale, americano, europeo, all'opposizione democratica in esilio, va risposto chiaramente e vocalmente - e ribadito - da quale parte sta e starà l'Unione: dalla parte della difesa dei diritti, della libertà e della democrazia che sono i valori dell'Europa, della quale la Bielorussia fa parte. Quello che accade a Minsk e su quel volo - volo di linea, ripeto - ci riguarda, riguarda ognuno di noi (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Zucconi. Sullo stesso argomento? Prego, ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Sullo stesso argomento, perché riteniamo che, effettivamente, l'azione diplomatica dell'Italia, all'interno di un contesto UE, debba farsi sentire per tutti i casi come questo, dove ci sono sostanziali violazioni dei diritti, a quanto si desume dal resoconto dei fatti.

Anche noi auspichiamo, come Fratelli d'Italia, che le nostre autorità, il nostro Ministro degli Affari esteri, in concomitanza con quelli degli altri Stati europei, si facciano sentire per vicende come queste e per quelle che riguardano tutte le violazioni dei diritti, comprese anche le vicende che hanno recentemente riguardato alcuni nostri pescherecci. Il rispetto delle regole internazionali e dello Stato di diritto internazionale deve essere sempre affermato: questa è la posizione di Fratelli d'Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Valentini. Ne ha facoltà.

VALENTINO VALENTINI (FI). Grazie. Intervengo molto brevemente per non aprire un altro dibattito. Credo che questa volta sia stata superata una linea rossa, della quale i nostri governanti, i nostri Capi di Stato a Bruxelles dovranno prendere atto e rispetto a cui dovranno reagire adeguatamente. Ovviamente, è un epifenomeno; diciamo che questo veramente è un fenomeno talmente grave, perché non è stato ricordato dal collega, nel suo eccellente intervento, che il volo era tra la Grecia e la Lituania. Quindi, si è trattato veramente, come alcuni l'hanno definito, di un dirottamento di Stato. E se noi accettiamo che queste cose avvengano e se ci limitiamo soltanto a delle formali sanzioni che non hanno alcun effetto, temo che scivoleremo lungo una china della quale dovremo pentirci. E mi fermo qui, perché credo che questo meriti un dibattito molto più approfondito, con un Parlamento più folto e con una riflessione che dovremo fare anche alla luce di quanto, probabilmente, avverrà nel corso del vertice di Bruxelles.

PRESIDENTE. Se non ci sono ulteriori interventi su questo argomento, io proseguirei con i punti all'ordine del giorno.

Discussione del disegno di legge: S. 2167 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici (Approvato dal Senato) (A.C. 3113​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3113: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3113​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Simona Bordonali.

SIMONA BORDONALI, Relatrice. Grazie Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghi, prima di entrare nel merito del provvedimento, vorrei sollecitare la Presidenza e, tramite lei, direttamente il Presidente Fico - come dovrebbe aver già fatto anche il presidente Brescia, sollecitato dall'intera Commissione - in merito a ciò che si sta verificando ormai da tempo rispetto ai decreti. In particolar modo negli ultimi mesi, comprendendo sicuramente la situazione di emergenza e di necessità di arrivare alle approvazioni, si susseguono numerosi decreti, proprio perché l'urgenza e l'eccezionalità del periodo ne determinano la continua produzione. Però, nell'ultimo periodo stiamo assistendo al fatto che solo una delle due Camere riesce puntualmente ad intervenire sul decreto e l'altra Camera, come in questo caso, deve solo esclusivamente prenderne atto, senza apportare alcuna modifica.

Io mi faccio tramite anche del gruppo della Lega Nord perché il diritto di tutti i parlamentari delle due Camere di poter intervenire, in senso ovviamente migliorativo, sui decreti è un diritto che è sancito dalla Costituzione e che è previsto nella forma del bicameralismo del nostro Parlamento. E quindi chiedo, tramite lei, di sollecitare il Presidente Fico, affinché quello che sta avvenendo non avvenga più e sia data la possibilità, per il futuro, anche alla Camera che non analizza per prima il provvedimento, di apportare le giuste modifiche.

Detto questo, entrando nel merito del provvedimento, tengo a sottolineare come alcuni articoli - in particolar modo gli articoli 1 e 2, che riguardano i colori delle regioni, le aperture, gli spostamenti e la didattica - fortunatamente sono ormai superati, anche perché i decreti sia del 22 aprile che del 18 maggio hanno ampliato la portata delle possibilità cui oggi i cittadini italiani possono accedere, quindi possibilità maggiori di movimento ed altro. Pertanto, sugli articoli 1 e 2 non mi soffermerei, perché sono superati.

Tengo, invece, a sottolineare l'articolo 1-bis, che è stato introdotto dal Senato e che ripristina l'accesso, su tutto il territorio nazionale, di familiari e visitatori muniti delle certificazioni verdi COVID a strutture residenziali, socioassistenziali, sociosanitarie e hospice. Anche questo articolo, che è stato introdotto dal Senato, è stato comunque molto importante perché ha portato il Ministro Speranza ad emettere l'ordinanza che ha concesso, quindi, finalmente, ai familiari di coloro che erano all'interno di queste strutture, di poter rivedere i propri cari.

Procedendo nell'illustrazione, passo all'articolo 3, che penso che sia uno degli articoli più importanti all'interno di questo decreto; riguarda la limitazione delle responsabilità penali da somministrazione del vaccino contro il virus SARS-CoV-2. Sappiamo bene che il numero delle vaccinazioni sta aumentando notevolmente e che il generale Figliuolo vuole arrivare a cifre importanti, addirittura a un milione di vaccini al giorno. Penso che, con il cambio di rotta dato alla vaccinazione quando sono arrivati il generale Figliuolo e il capo dipartimento Curcio alla Protezione civile, sicuramente, si arriverà anche a questa cifra per arrivare alla vaccinazione di tutti i cittadini italiani. Ovviamente, nel momento in cui si arriva a queste cifre, quindi con una presenza notevole di medici, si parla anche di farmacisti che inizieranno a somministrare tali vaccinazioni, è importante appunto questo articolo.

Anche l'articolo 3-bis - anche in questo caso un articolo importante introdotto dal Senato - limita la responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario o durante lo stato di emergenza da COVID-19. Quindi, viene limitata la punibilità per i fatti commessi nell'esercizio di una professione sanitaria durante lo stato di emergenza e che trovino causa nella situazione di emergenza medesima; basti pensare, soprattutto, al primo periodo emergenziale quando, purtroppo, c'era la necessità di intervenire con le limitate conoscenze scientifiche, al momento, sulle patologie derivanti dall'infezione da SARS-CoV-2, quindi, alla necessità, anche in questo caso, di tutelare tutti i professionisti in ambito sanitario che hanno fatto un lavoro eccezionale, spesso, in situazioni di grave difficoltà.

Anche l'articolo 4 è uno tra i più importanti; esso introduce l'obbligo di vaccinazione per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgano le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali pubbliche e private, nelle farmacie o parafarmacie e negli studi professionali. Il comma 2 esclude ovviamente dall'obbligo di vaccinazione in esame i casi di accertato pericolo per la salute. I commi 3, 4 e 5 dell'articolo indicano la tempistica e l'organizzazione per la realizzazione di tali somministrazioni. Il comma 6 dispone che, in caso di inadempimento dell'obbligo vaccinale, l'azienda sanitaria locale ne dia immediata comunicazione scritta all'interessato, al datore di lavoro e all'ordine professionale di appartenenza. Si prevede, inoltre, che l'adozione del suddetto atto di accertamento determini la sospensione del diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implichino contatti interpersonali o che comportino, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da COVID-19. Il comma 9 specifica che la sospensione si applica fino all'adempimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino alla completa attuazione del summenzionato Piano strategico nazionale, comunque non oltre il 31 dicembre 2021. Il comma 7 prevede che la sospensione suddetta sia comunicata immediatamente all'interessato. Il comma 8 prevede che il datore di lavoro adibisca il lavoratore, ove possibile, a mansioni anche inferiori, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate. Il comma 10 prevede che, per il periodo in cui la vaccinazione in oggetto sia omessa o differita ai sensi del comma 2, il datore di lavoro adibisca, senza decurtazione della retribuzione, i soggetti interessati a mansioni anche diverse, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da COVID-19.

L'articolo 5 estende la disciplina relativa alla manifestazione del consenso della vaccinazione anti-SARS-CoV-2 prevista per i pazienti in condizioni di incapacità naturale ricoverati in strutture sanitarie assistite anche alle persone incapaci non ricoverate.

L'articolo 6 riguarda misure di proroga per le attività giudiziarie.

L'articolo 7 reca misure urgenti in materia di elezioni degli organi dell'ordine dei giornalisti, prevedendo un ulteriore differimento della data delle elezioni, cioè 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

L'articolo 7-bis, anche questo introdotto dal Senato, consente il voto per corrispondenza per le elezioni dei componenti del consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato.

L'articolo 8 proroga dal 31 marzo 2021 al 31 luglio 2021 le assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni di lavoratori socialmente utili o impegnati in attività pubblica.

L'articolo 9 differisce, solo per l'anno 2021, dal 30 aprile al 15 giugno il termine limite previsto per la certificazione, da parte delle regioni e province autonome, dell'equilibrio di bilancio tramite rendicontazione dell'esercizio finanziario precedente nel caso in cui i medesimi enti territoriali presentino un disavanzo di gestione del Servizio sanitario regionale per il quarto trimestre consecutivo.

L'articolo 10 introduce, a regime, una nuova procedura semplificata per lo svolgimento dei concorsi pubblici relativi al reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni e consente, dal 3 maggio 2021, lo svolgimento delle prove selettive in presenza dei concorsi delle pubbliche amministrazioni.

Procedendo, si arriva all'articolo 10-bis, anche in questo caso introdotto dal Senato, che reca una norma di interpretazione autentica concernente la disciplina previdenziale relativa ai direttori scientifici degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di natura pubblica.

L'articolo 10-ter, introdotto sempre dal Senato, consente, in via straordinaria, anche per l'anno scolastico 2021-2022, l'attivazione di incarichi temporanei nelle scuole dell'infanzia paritarie e comunali, nel caso in cui non riescano a reperire per le sostituzioni personale docente abilitato.

L'articolo 10-quater, anche in questo caso introdotto al Senato, modifica la disciplina sulla formazione dell'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli altri enti del Servizio sanitario nazionale.

L'articolo 11 autorizza lo svolgimento della prova scritta del concorso per 310 posti di magistrato ordinario indetto con decreto del Ministro della Giustizia del 29 ottobre 2019, anche in deroga alle disposizioni vigenti che regolano lo svolgimento di procedure concorsuali durante l'emergenza pandemica da COVID-19.

L'articolo 11-bis, introdotto dal Senato, amplia la platea degli istituti tecnici superiori (ITS) titolati ad avanzare istanza per l'accesso ai contributi per gli investimenti in conto capitale per la infrastrutturazione di sedi di laboratori coerenti con i processi di innovazione tecnologica 4.0.

L'articolo 11-ter, anche in questo caso introdotto dal Senato, reca disposizioni finalizzate al risanamento e alla riqualificazione urbana e ambientale delle aree ove insistono le baraccopoli della città di Messina.

L'articolo 11-quater è la clausola di salvaguardia per le province autonome di Trento Bolzano e l'articolo 12 prevede l'entrata in vigore del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, sottosegretaria Bini, che si riserva di farlo in una fase successiva.

È iscritto a parlare il deputato Raciti. Ne ha facoltà.

FAUSTO RACITI (PD). Grazie, Presidente. Io sarò molto breve, non voglio sprecare tempo prezioso, anche perché, come rilevato giustamente dalla relatrice, larga parte di questo provvedimento è già superata, nei fatti, da decreti successivi e, in più, questa Camera non ha avuto – fa giustamente notare la relatrice e mi associo con nostro grande rammarico - la possibilità di entrare nel dettaglio del provvedimento e di emendarlo, perché sta prevalendo - e non è certo un problema legato a questa parentesi di Governo, ma, più in generale, a questa legislatura - un modo di risolvere i problemi derivanti dall'esistenza nel nostro ordinamento del bicameralismo paritario che lascia ampi margini di dubbio e ha ampi margini di miglioramento, dal punto di vista sia della gestione delle prassi parlamentari, sia delle riforme istituzionali che sono sempre sullo sfondo, ma sempre altrettanto incompiute all'interno del nostro ordinamento.

Credo, però, che ci sia un apprezzamento da fare, rispetto ad un rilievo che la Commissione affari costituzionali della Camera e il Comitato per la legislazione avevano mosso a questo provvedimento, che riguardava la possibilità di deliberazione del Consiglio dei Ministri, in deroga al decreto stesso. Ciò avrebbe contraddetto lo spirito dell'equilibrio che abbiamo trovato in questa fase molto difficile, in un susseguirsi di provvedimenti e di decreti che avevano l'esigenza e partivano dall'esigenza di adattarsi ad una situazione che era sempre in rapida evoluzione; il Governo non ha utilizzato questo tipo di strumento, che era pure previsto nel decreto, e questo è un gesto che apprezziamo, nella speranza che questo fragile equilibrio, che abbiamo trovato tra Parlamento e Governo, possa al più presto essere superato, insieme al superamento dell'emergenza sanitaria.

È, d'altronde, noto ed evidente che la campagna vaccinale prosegue a tamburo battente e che, da questo punto di vista, stanno arrivando risultati molto apprezzabili, seppure in maniera non del tutto uniforme, in tutto il Paese. Anche su questo ci sarebbe uno spunto di ragionamento sulla necessità di rivedere il nostro sistema delle competenze e dell'attribuzione delle competenze tra Stato e regioni, soprattutto in un momento di emergenza, ma non è questo l'oggetto della nostra discussione.

Questo provvedimento, questo decreto, ha però due o tre cose che sono importanti e che vale la pena sottolineare politicamente e mettere a valore. Innanzitutto, come già detto dalla relatrice, esenta - seppur con una modifica introdotta al Senato sulla quale arriverò tra breve - i somministratori del vaccino contro il COVID-19 dalla responsabilità penale, salvo che per colpa grave. Così recita l'emendamento presentato e approvato al Senato. Dall'altro lato, sancisce l'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19 per il personale sanitario e sociosanitario. Non ce ne sarebbe dovuto essere bisogno, ma c'è stato bisogno di questo tipo di norma dentro il provvedimento. Dispiace che sia stata necessaria, ma si tratta di una norma giusta che sancisce un principio giusto, soprattutto dopo numerosi casi in cui l'indisponibilità di parte del personale sanitario a svolgere la profilassi vaccinale ha comportato molto più che un concreto rischio per gli ospiti delle strutture sociosanitarie: ne ha messo, a volte, in pericolo la salute e, purtroppo, ha molto spesso determinato il contagio.

Sono degne di nota anche altre misure presenti nel provvedimento in esame. Una è stata inserita al Senato, sempre in forma emendativa, e ha consentito il primo timido, ma importante gesto della riapertura del Paese, cioè l'accesso alle strutture residenziali, socioassistenziali, sociosanitarie e hospice, per i familiari degli ospiti, muniti ovviamente di certificazione idonea. Si tratta di un primo segnale importante, che ha segnato in qualche modo un'inversione di tendenza e l'inizio della fase nella quale abbiamo cominciato a grandi passi a superare la stagione dell'emergenza da COVID-19.

In ultimo, seppur totalmente difforme per materia - ma sappiamo che a questi decreti spesso sono stati agganciati i provvedimenti che erano necessari e che erano conseguenti, rispetto a decreti precedenti e alla serie di misure restrittive che sono state adottate – si prevede l'equiparazione della laurea magistrale in scienze religiose con i titoli di laurea magistrale in scienze storiche, scienze filosofiche, antropologia culturale ed etnologia. Su questo va fatto semplicemente un piccolo chiarimento. Non stiamo parlando genericamente di professori di religione; stiamo parlando di una laurea che è già prevista all'interno del nostro ordinamento universitario; concorsi pubblici che sono attivi già da numerosi anni, che sono di ambito prettamente umanistico, che incorporano elementi di conoscenza sia delle materie storiche che delle materie filosofiche. Credo sia giusto che il decreto offra gli stessi titoli abilitanti delle discipline, per così dire, sorelle, delle discipline vicine.

Questi sono gli aspetti principali di questo provvedimento che ovviamente vede il nostro consenso con a margine le note - non nuove peraltro - che abbiamo già sollevato in sede parlamentare, peraltro non da soli come gruppo parlamentare.

Ci auguriamo che al più presto il Paese possa vivere una pagina diversa della sua storia, superare la vicenda drammatica dell'epidemia, della pandemia, e che anche questo Parlamento possa ritrovarsi a discutere di un'emergenza superata e dei provvedimenti che invece servono al rilancio della nostra economia, del nostro benessere e del ruolo internazionale del nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo - se vuole avere la cortesia di ascoltare - siamo qui per intervenire su un provvedimento che rappresenta ormai una storia trita e ritrita, come giustamente evidenziava anche la collega della Lega, riguardo al fatto che ancora una volta un provvedimento, già superato dallo stato delle cose, viene esaminato in un ramo del Parlamento e, in seconda lettura, non viene nemmeno permesso praticamente di leggerlo, figuriamoci di emendarlo. Una sorta di rito stanco di un monocameralismo di fatto, che non si capisce perché allora non sia stato realizzato effettivamente. Cioè, allora, abolivamo il Senato e facevamo il monocameralismo di fatto: probabilmente poteva essere anche una riforma costituzionale sicuramente più razionale di quella che è stata portata avanti. Un passaggio parlamentare solo formale su un testo sostanzialmente blindato. Persiste una prassi legislativa, come dicevamo, da monocameralismo di fatto, lesiva delle prerogative di una delle due Camere - in questo caso la Camera -, chiamata alternativamente a ratificare le determinazioni assunte dall'altra, senza avere alcuna possibilità di incidere sui testi e di discutere dei temi oggetto dei provvedimenti d'urgenza, spesso trasmessi a ridosso della loro scadenza di conversione.

Un decreto-legge che arriva in ritardo, colleghi. L'articolo 1 reca, come è stato fatto osservare anche dal collega del PD, tra le altre norme, disposizioni di contenimento dell'emergenza epidemiologica derivante dal COVID-19 per il periodo – udite, udite! - dal 7 al 30 aprile 2021. Oggi è il 24 maggio, oltretutto data gloriosa che ovviamente celebriamo.

In particolare, il comma 1 estende a tutto il mese di aprile 2021 l'applicazione delle misure di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19, adottate con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 marzo 2021. Ritardi su ritardi. Intanto, stiamo già esaminando il decreto-legge “Riaperture 1” e il decreto-legge “Riaperture 2”.

Vi ricordate, colleghi, quando, grazie anche alla pressione di Fratelli d'Italia, si decise di riaprire finalmente? Certo, con estremo ritardo e si può fare certamente di più. Risultano infatti fuori dal mondo alcune previsioni, come l'anticostituzionale coprifuoco, che presto sarà abolito grazie alla nostra pressione costante, alle dichiarazioni, alle conferenze stampa, alle mobilitazioni anche di piazza in tutta Italia, Roma compresa, contro il coprifuoco. Non si era mai visto una decisione e una determinazione così illiberale dal dopoguerra. Ma facciamo una rassegna generale di chi non voleva le riaperture.

La Fondazione Kessler: “Con le riaperture del 26 aprile avremo tra 300 e 1.300 morti al giorno”. Andrea Crisanti: “Le vittime saranno 500-600 al giorno. Spireranno in condizione di asfissia. Una morte orribile”. Massimo Galli: “Rischio calcolato? Calcolato male!”. Fabrizio Pregliasco: “Ci sarà un prezzo da pagare di cui tenere conto, un rigurgito in salita del numero dei casi”. Il Fatto Quotidiano: “Come l'Italia ha già fatto Madrid. Ora è quarta ondata”. “Ora” era il 18 aprile. Oggi l'incidenza a 7 giorni nella capitale spagnola è scesa del 39 per cento, quella a 14 giorni è crollata del 55 per cento. A 3 settimane dal fatidico 26 aprile la strage annunciata, grazie a Dio, non è arrivata. Gli indicatori migliorano, e anche su questi indicatori ci sarebbe molto da dire, come molto hanno detto gli esperti di statistica. Il trend dei contagi è in diminuzione. I ricoveri, sia nei reparti ordinari sia nelle terapie intensive, calano. Siamo ai limiti del grottesco, colleghi. Pregliasco a ottobre 2020 dice: “È a rischio anche il sesso tra fidanzati”. Ci sconsiglia i baci e ci prescrive la tecnica speciale per abbracciarci; solo mano nella mano per i flirt estivi, poveri nostri figli adolescenti.

Come ha detto Giorgia Meloni, il coprifuoco è una cosa totalmente inutile, allontana i turisti e distrugge il turismo. È una misura illegittima. In uno Stato democratico, le istituzioni non possono dirti quando puoi uscire di casa. Il coprifuoco non serve a niente ai fini del contrasto della pandemia. Va abolito e va abolito subito. Se io uso tutte le precauzioni e posso stare al ristorante sino alle 23, cosa succede nelle ore successive affinché non possa starci? I ristoratori stanno perdendo cifre spropositate. In un'ora, i contagi stanno fermi, ma il fatturato no. Se non lo si capisce, significa semplicemente che non si ha cognizione né di come funziona l'economia né di come è la vita fuori dai corridoi dei ministeri.

Colleghi, questo provvedimento, a dispetto di tutto l'ordinamento giuridico e giudiziario e dei Trattati europei sottoscritti, introduce anche un obbligo vaccinale per il personale sanitario, pena essere spediti a casa senza stipendio, e questa è una misura che verrà impugnata dal primo banale giudice del lavoro, e il provvedimento verrà probabilmente annullato. Il primo dubbio - pensate - sollevato dalla sopracitata disciplina normativa è in che limiti l'interesse collettivo alla salute pubblica possa limitare il diritto del singolo a scegliere le cure a cui sottoporsi e, dunque, il diritto dello stesso di autodeterminarsi al riguardo. Infatti, colleghi, l'articolo 32 della Costituzione tutela la salute, sia come interesse collettivo sia come diritto individuale, attribuendo a quest'ultimo una duplice accezione: in senso positivo, inteso come diritto a ricevere le prestazioni medico-assistenziali di cui si ha bisogno; in senso negativo, inteso come diritto a non ricevere cure, come libertà consapevole e informata nelle cure. Sul punto è intervenuta la Corte costituzionale, con la storica sentenza n. 258 del 1994, ripresa, da ultimo, dalla sentenza n. 5 del 2018, la cui redattrice - pensate un po', colleghi della maggioranza - è proprio l'attuale Ministro della Giustizia Marta Cartabia, individuando i requisiti necessari affinché l'obbligo vaccinale possa ritenersi compatibile con i dettami dell'articolo 32 della Costituzione, e questo, colleghi, pur essendo noi favorevoli, ovviamente, a un piano vaccinale più veloce, rapido ed esteso possibile e, anzi, criticando il disastro realizzato dal “Conte-bis” con il Commissario Arcuri, su cui è stata aperta giustamente un'inchiesta per l'incapacità, l'opacità e la mancanza di trasparenza nei bandi e nella gestione del Piano vaccinale. Quindi, è proprio per dire, però, che bisogna guardare questo aspetto, quello della vaccinazione, in tutti i suoi riflessi, come fosse un prisma del quale non possiamo omettere alcun diritto costituzionale.

Colleghi, il 13 maggio è uscito il libro di Zambon, e qui andiamo su un altro capitolo veramente opaco. Cito alcuni stralci: “L'Italia non era del tutto impreparata a un'epidemia quando arrivarono le prime notizie dalla Cina. Nel 2006, dopo la prima epidemia di SARS, il Ministero della Salute e le regioni hanno approvato una preparazione nazionale contro l'influenza pandemica. La pianificazione, tuttavia, è rimasta più teorica che pratica”. Il report dell'OMS è stato, però, ritirato e per questo la procura di Bergamo ha aperto - e ha in corso - un'inchiesta molto delicata, che vede indagato il direttore generale vicario dell'OMS, Ranieri Guerra, per false dichiarazioni al PM. Secondo Zambon, infatti, l'applicazione del piano pandemico avrebbe consentito all'Italia di salvare molte vite. Intervistato da la Repubblica, Zambon ha messo in fila date importanti e decisive: “ Il 31 dicembre Taiwan ha captato autonomamente, perché non gli era stato notificato dalla Cina, che c'era un'infezione di un virus nuovo” e Taiwan non è uno Stato membro OMS. “Lo stesso giorno ha allertato l'OMS di una possibile trasmissione tra uomo e uomo. L'OMS lo ha detto ufficialmente solo il 21 gennaio. Sono passati 20 giorni. Questo perché l'OMS non ascolta, per ragioni politiche, Taiwan” e Taiwan è uno degli Stati che ha avuto una reazione migliore al virus. Ad oggi - pensate, colleghi - 12 morti. I ritardi dell'OMS e quelli dell'Italia erano stati messi nero su bianco nel report coordinato proprio da Zambon e successivamente ritirato: “Erano poche righe, a pagina 2 di un lavoro collettivo. Ogni parola era verificata. Nessuno ha messo in dubbio le qualità scientifiche del lavoro, ma il problema è stato politico”. Questo lo scrive, nero su bianco, Zambon: “Come emerge dagli atti della procura di Bergamo, dalle chat e dalle mail, il report è stato ritirato per pressioni cinesi, principalmente. E poi perché si è ritenuto fosse troppo critico con l'approccio italiano. Che quello dell'OMS sia stato un errore imperdonabile è evidente e anche un campanello di allarme importantissimo. La domanda che cerco di porre è semplice: l'OMS fa politica o si occupa di salute? Dobbiamo fare chiarezza. C'è necessità di chiarire la catena delle responsabilità sia in Italia che a livello internazionale”.

Vedete, colleghi, persino il Wall Street Journal ha rivelato un report dell'intelligence americana (notizia proprio di questa mattina): “Diversi ricercatori del laboratorio, un centro per lo studio del Coronavirus e di altri patogeni” - cito - “si sono ammalati nell'autunno 2019 con sintomi coerenti sia con il COVID-19 che con una comune infezione stagionale. I dettagli relativi al numero di ricercatori, il periodo di malattia e le visite a cui si sono sottoposti in ospedale, arrivano alla vigilia di un meeting dell'Organizzazione mondiale della sanità che dovrebbe discutere la prossima fase di un'indagine sulle origini del COVID-19”. Colleghi, autunno 2019. Quindi, la ricostruzione ex post fatta dalla Cina e certificata dall'OMS è, e sarebbe, usiamo il condizionale, falsa. Colleghi, ad alcuni esponenti della maggioranza farà piacere se cito Lenin, che diceva: “La libertà è preziosa; così preziosa che dovrebbe essere razionata”. Riteniamo che il Ministro Speranza sia il nuovo apostolo del comunismo del lockdown o del socialismo pandemico, in cui lo Stato decide anche come dobbiamo amare. Sembra un film, sembra Le vite degli altri, ma in realtà è l'Italia del 2021 (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manuel Tuzi. Ne ha facoltà.

MANUEL TUZI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, ritengo sia opportuno ricordare, in quest'Aula, che solo qualche settimana fa stavamo approvando una mozione per la formazione, l'occupazione e l'emancipazione giovanile, perché volevamo dare un segnale, un segnale per cui la politica c'è per i giovani là fuori, perché la politica ha l'obbligo di salvaguardare gli interessi delle nuove generazioni. Ma ci trovavamo in una situazione paradossale perché, mentre alla Camera facevamo questo, c'era un testo al Senato, ormai noto come “norma Brunetta”, che penalizzava proprio quelle nuove generazioni e, in virtù di qualche confuso concetto di meritocrazia, si stava tentando di sbarrare la strada a chi? Proprio a quelle persone, a quei ragazzi, a quelle centinaia di migliaia di nostri giovani che vogliono mettere le loro competenze al servizio della pubblica amministrazione.

Oggi ci sono 2,4 giovani under 35 su cento nella pubblica amministrazione, con una media OCSE di 18 giovani su cento dipendenti pubblici; in Francia abbiamo 21 giovani under 35 su cento; in Germania arriviamo addirittura a 30. Ma noi con sole tre righe – tre! - andavamo a penalizzare i giovani neolaureati e chiunque non disponesse di quelle risorse economiche necessarie e sufficienti per acquisire ulteriori titoli richiesti, inserendo un filtro per titoli che era, a dir poco, vergognoso. Questa modalità era voluta dal Ministro Brunetta e andava a creare una sproporzione fra il valore assegnato ai titoli e al servizio e quello ottenuto in sede di prova concorsuale; una modalità che definirei tutt'altro che meritocratica.

Ho presentato un'interrogazione, dopo la sollecitazione di tantissimi ragazzi, ho contattato il Ministero in maniera informale, ma senza avere risposte. Tutto il MoVimento 5 Stelle ha raccolto l'allarme di tantissimi concorsisti e si è subito mobilitato, per scongiurare che i giovani potessero rimanere esclusi dai concorsi della pubblica amministrazione perché, ricordiamolo, noi con quella norma andavamo ad agire anche retroattivamente. Quindi, questi ragazzi, che da oltre un anno stavano studiando, avevano pagato per poter partecipare, si stavano preparando e, purtroppo, per via della pandemia, hanno dovuto rimandare il momento del test e del concorso, si trovavano all'improvviso la strada sbarrata. La modifica della norma Brunetta non è una vittoria del MoVimento 5 Stelle ma è una vittoria, soprattutto, di tutti quei cittadini, di tutti quei ragazzi che si sono battuti per i loro diritti. Oggi lo possiamo dire: siamo riusciti a bloccare la norma Brunetta grazie a un lavoro corale, che è stato possibile in Commissione Affari costituzionali al Senato, con l'emendamento che ha modificato di fatto la norma. Per questo ringrazio tutti i partiti che ci hanno messo la faccia per cercare di cambiare queste cose. Ringrazio l'intergruppo Next generation, che è nato da pochi mesi, che si occupa dell'equità intergenerazionale e delle politiche giovanili e che ha portato a casa dei risultati anche impensabili fino a qualche mese fa. Questo è segno che la politica riceve una forte spinta dal basso, dà voce ai cittadini e ha un peso determinante. Finché noi saremo in Parlamento, la loro voce orienterà le nostre scelte politiche.

La nuova disposizione prevede che i titoli per l'accesso al concorso vengano valutati solo ed esclusivamente per profili ad elevata specializzazione tecnica e che i titoli e le esperienze professionali pesino sul punteggio finale in una misura non superiore a un terzo. Questo perché una PA con i nostri giovani dentro è una PA smart, è al passo con i tempi, è in grado di facilitare i processi, perché i nostri giovani under 35 hanno delle competenze anche a livello esperienziale e un bagaglio che va valorizzato e va messo a servizio dello Stato. Noi vogliamo una pubblica amministrazione che sia giovane, che sia moderna e sia innovativa. Non volevamo di certo una modalità che penalizzasse l'accesso di questi nostri giovani alla pubblica amministrazione, perché sarebbe stata una vergogna per il nostro Paese tenere quella norma. Il MoVimento c'è e si batterà sempre per i giovani e con i giovani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimo Enrico Baroni. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO BARONI (MISTO-L'A.C'È). Grazie Presidente. È arrivato alla Camera questo decreto da molto tempo auspicato, in particolare dagli esercenti professioni sanitarie. Questo decreto, recante, tra le altre, misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e in materia di vaccinazioni anti-SARS-CoV-2, come hanno correttamente rilevato alcuni interventi che mi hanno preceduto ha come punto centrale l'obbligo vaccinale degli esercenti le professioni sanitarie e, allo stesso modo, uno scudo giudiziario e uno scudo penale - devo anticipare, già piuttosto pasticciato - relativamente ai cosiddetti medici vaccinatori, che la vulgata giornalistica ha un po' ridotto a questi aspetti.

Innanzitutto, rileviamo con grande tristezza che si tratta di una questione che ha e che avrà una ampia portata nei prossimi decenni sotto il profilo degli equilibri costituzionali tra diritti e doveri che lo Stato ha nei confronti dei medici e degli esercenti le professioni sanitarie, in un bilanciamento che si è affinato nel tempo, fin dai tempi della Convenzione di Norimberga in cui, improvvisamente, comparve l'obbligo del cosiddetto consenso informato proprio per evitare le derive eugenetiche che abbiamo visto durante la Seconda guerra mondiale. In realtà, erano iniziate, prima dell'epoca nazista, all'interno di politiche di prevenzione statunitensi, di cui alcune poi sono state salvate, come ben sappiamo: mi riferisco alla cosiddetta amniocentesi e alla possibilità di conoscere in anticipo eventuali malattie o eventuali difficoltà del nascituro per permettere una scelta consapevole da parte della madre. Oltre che nel cosiddetto terzo millennio, oggi stiamo entrando in una situazione in cui andiamo a stravolgere i cosiddetti equilibri costituzionali e, come vedremo con il decreto-legge n. 65, stiamo iniziando a farlo, nel bene o nel male. Sinceramente, non ho la presunzione e l'arroganza di dire come bisognerà operare, se dovremo accelerare o che cosa dovremo modificare relativamente alla normativa sulla privacy o a quella sui cosiddetti obblighi dei medici o di tutta la cittadinanza. Questo dovrebbe essere semplicemente un tema che appassioni quest'Aula e, su tale tematica, il Governo non dovrebbe prevedere una blindatura in una Camera, in un ramo del Parlamento, che inevitabilmente comprimerebbe la discussione nell'altro ramo, polarizzando ogni tipo di discussione in uno scontro. Io vorrei leggere un articolo di pochissimi giorni fa, apparso sul sito , intitolato “Salute - Il gran pasticcio dell'obbligo vaccinale per gli operatori sanitari”, che vorrei riproporre con il titolo “Quer pasticciaccio brutto di Lungotevere Ripa 1”, per modulare il famoso libro che tutti noi dovremmo aver letto. Che cosa si mette in luce? Ovvietà incredibili, signora Presidente. Senza entrare nel merito della costituzionalità, della prevalenza o della non prevalenza, in attesa della conversione del decreto-legge sull'obbligo vaccinale - cita la brava autrice Sabina Pignataro - nell'interpretazione di molte regioni sono esclusi dall'obbligo vaccinale gli OSA, gli ASA, gli addetti alle pulizie e alla mensa che, alla fin fine, sono le persone più a contatto con gli anziani e i pazienti. E come procedere ad indirizzare ad altra mansione gli operatori non vaccinati, così come prevede il decreto, se formalmente il datore di lavoro deve aspettare che sia l'ASL a comunicargli i nomi dei non vaccinati? Queste sono le preoccupazioni di molti operatori del settore che sono state completamente inascoltate, perché non c'è stata una fase auditiva nella Commissione affari costituzionali, presieduta dal Presidente Brescia, che quindi ha ulteriormente compresso le discussioni estremamente importanti nel vaglio di un equilibrio sereno di determinati adempimenti, di determinati obblighi che questa Nazione non ha mai visto prima di quest'anno.

Allora, si vuole andare avanti con una certa sensibilità legislativa e giuridica per cui non c'è bisogno di essere grandi oppositori di questo Governo per capire quanto i vulnus siano grandi e quanto siano importanti. Quindi, andiamo avanti perché il Governo ha previsto, ma non lo ha ancora stabilito, che la vaccinazione contro il SARS costituisce un requisito essenziale per l'esercizio di alcune professioni, ma non ha definito, in maniera esaustiva e inequivocabile, in che modo questo obbligo debba essere messo in pratica. Un po' come quando aveva stabilito che i figli dei key worker potessero frequentare in presenza, senza specificare chi fossero i key worker; o come quando i legislatori, per fare propaganda, stabiliscono il fondo per i caregiver, che propongono di anno in anno in legge di bilancio, e non stabiliscono mai per via legislativa quale sia la definizione giuridica di caregiver. Molto comodo fare propaganda in questo modo! Ed è molto di più che una tiratina di orecchie, questo significa fare leggi che non si possono attuare.

Allora, mentre nel decreto n. 44 sono da chiarire alcuni punti, un punto è essenzialmente molto chiaro: gli OSA, cioè gli operatori socioassistenziali, non rientrano nell'obbligo, essendo figure di carattere non infermieristico, prive di un ordine, di un albo professionale, che però nelle RSA e negli ospedali operano a diretto contatto con i degenti e i residenti. Sembrerebbero esclusi anche altri operatori, come gli addetti alle pulizie, alla distribuzione del cibo, alla manutenzione, al triage, agli sportelli, che pure entrano nei reparti e sono a contatto con il pubblico. Il problema della mancata identificazione dei soggetti da vaccinare era stato sollevato solo qualche giorno fa, stiamo parlando della seconda metà di maggio, Presidente, non di chissà quanto tempo, e qui vogliamo già chiudere tutto e mettere tutto in un cassetto: cosa fatta, capo ha. Eppure, entrano nei reparti e sono a contatto con il pubblico. Paolo Pigni, direttore generale della Fondazione Sacra Famiglia, che sicuramente non è una fondazione a me vicina, solo qualche giorno fa, affermava su Il Sole 24 Ore: secondo le prime interpretazioni della legge da parte di alcune regioni, gli ASA, ausiliari socioassistenziali, sarebbero esclusi dall'obbligo di vaccinarsi perché non sono operatori sanitari in senso stretto. Da me sono 800 su 2 mila, il 40 per cento.

Il 40 per cento, signora Presidente; in Italia saranno più di 100 mila. Eppure - aveva sottolineato Pigni - gli ASA sono forse quelli più a contatto con i pazienti. L'obbligo dovrebbe valere per chiunque lavori in una struttura sociosanitaria? Prima di entrare in un dibattito su che cos'è, fino a che punto dovremmo obbligare, fino a che punto dovremmo utilizzare il codice penale, fino a che punto dovremmo usare il potere impositivo dello Stato, vogliamo vedere la coerenza di questi provvedimenti, la fattibilità? E ancora: “Sembra che i legislatori non sappiano che coloro che si occupano dell'alimentazione e dell'igiene personale degli ospiti, così come della pulizia dei luoghi, sono più vicini agli anziani di medici ed infermieri”: questo afferma Franco Massi, presidente di Uneba, la principale associazione di categoria del settore sociosanitario. E poi gli stessi, spesso in maniera surrettizia, sono accusati di essere vicini all'area no vax, perché magari, forse, non laureati in medicina oppure semplicemente non fanno parte di un comitato bioetico o del Comitato tecnico-scientifico che ancora aspettiamo che venga esentato, con una certificazione terza, da conflitti di interesse. Infatti, mentre in Francia vi è stato il preciso intento di creare il Comitato tecnico-scientifico a monte, al di fuori di situazioni che potessero confliggere all'interno di legami di interesse con le multinazionali vaccinali, noi da due anni abbiamo varato un provvedimento, che doveva essere al centro del MoVimento 5 Stelle, che si chiama Sunshine Act, che avrebbe certificato l'esenzione da conflitti di interesse e che Cantone aveva dichiarato pubblicamente che avrebbe riempito un vuoto normativo, fermo al Senato da due anni, chissà da quali conflitti di interessi, chissà da quale mancanza di volontà politica. Ma su questo, Presidente, ho un conflitto di interessi: essendo il primo firmatario, ovviamente ho una quasi affezione al fatto che lo Stato possa dichiarare pubblicamente di fare le cose per bene e di fare nomine all'interno dei propri comitati tecnici al di fuori di conflitti di interessi, cosa che non può fare attualmente per un colpevole ritardo di questa maggioranza, della maggioranza precedente.

Ma ritorniamo alla questione della coerenza, della fattibilità di questo provvedimento. Ebbene, le interpretazioni difformi da parte delle singole regioni, che hanno provato poi anche a legiferare in merito all'obbligo vaccinale rispetto a categorie professionali che la norma primaria non prevede, hanno creato tutta una serie di cortocircuiti, per cui già si è andati a giudizio all'interno dei tribunali amministrativi; la stampa ha appiattito tutto su questioni no vax e su questioni pro vax, mentre molto semplicemente Pasquale Stanzione, dallo scorso luglio presidente dell'Autorità garante della privacy, aveva esplicitato candidamente che il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali.

Ovvero, riassumiamo: sei vaccinato? Una domanda che il datore di lavoro non può fare. Così è stato fatto questo provvedimento: si vuole imporre un obbligo senza avere gli strumenti per imporre quell'obbligo. È favoloso, è favoloso! Però, ovviamente, esiste la Camera dei deputati con cui noi, in un atto di resipiscenza, possiamo emendare. C'è una maggioranza bulgara, basta presentare l'emendamento di buon senso; questo è il Governo non solo dei migliori, ma che dovrebbe fare le cose di buon senso. Ops, no, siamo lievemente fuori, questa Camera dei deputati fa semplicemente un atto formale con cui non ha la possibilità di entrare nel merito di questo pasticcio, perché questi sono pasticci, Presidente, mi permetta! E allora come può garantire la protezione e la salute di tutti gli ospiti e degli operatori delle RSA o delle RSD? Ricordiamo che il trauma che questa Nazione ha avuto e su cui ci siamo mossi proviene da Bergamo, dalle RSA, proviene da queste categorie di pazienti fragili; e se adesso abbiamo vaccinato metà della popolazione, ma ci dimentichiamo chi è che cambia la padella o chi è che ti cambia il pannolone, perché siamo prigionieri di conflitti di interessi di un certo livello e non si riesce a guardare al fondo della questione, è ovvio che si arriva a fare decreti di questo genere, senza entrare nel merito rispetto alla raccomandazione, l'obbligatorietà, quando avremmo dovuto finire la fase sperimentale, la sperimentazione di tipo 3. Senza nemmeno entrare nel merito, Presidente!

Va bene, concludiamo, dicendo che i responsabili sanitari e il ruolo dei responsabili vaccinali e dei dirigenti per la sicurezza ex decreto legislativo n. 81 si trovano, quindi, fra l'incudine e il martello: sanno chi si è vaccinato, possono anche avere gestito le vaccinazioni, rispondono civilmente e penalmente delle possibili conseguenze, ma non possono fare nulla; quindi, ciò per una sorta di eterogenesi dei fini; tra l'altro, questo scudo giudiziario, questo scudo vaccinale in realtà è ultroneo, perché l'articolo 4-bis, che è stato inserito al Senato, era già previsto dal decreto Gelli-Bianco, era già previsto. È stata inserita una norma per prendere in giro alti dirigenti sanitari, che, a loro volta, dovranno prendere in giro chi sta in prima linea, perché poi, paradossalmente, un direttore generale potrebbe anche tranquillamente non essere un sanitario, c'è anche questa piccola contraddizione.

Per cui che cosa si fa? Si crea un escamotage: il medico del lavoro ha inserito nel programma di sorveglianza sanitaria della propria struttura l'obbligatorietà del vaccino, a tutela degli ospiti e degli operatori. Perciò, se un dipendente non si immunizza, il medico aziendale può renderlo non idoneo. Come? Come se avesse una qualsiasi patologia temporanea o permanente: cioè, si superano completamente l'articolo 4 e l'articolo 4-bis del decreto, come se non ci fossero sostanzialmente e, certo - ammette Massi, l'abbiamo già detto e ci ritornerò -, di fronte alla mancanza di chiarezza del legislatore e alla legittima tutela della privacy, non si poteva fare diversamente.

E, allora, al legislatore non è venuto in mente - nel consesso, nell'assembramento dei capi di gabinetto, che ha il vero potere in questo Governo - o si è dimenticato di superare la privacy, nel momento in cui effettivamente questa è un'azione di tipo profilattico? Perché, se è un'azione di tipo profilattico, allora a mio avviso, a mio modestissimo avviso, la privacy è superabile perché, se abbiamo superato la privacy con altri provvedimenti in materia di salute pubblica, perché preminente rispetto ad eventuali trasferimenti di valore o alla pubblicazione di legami di interesse, non possiamo usare lo stesso tipo di trattamento rispetto alla vaccinazione o alla non vaccinazione? Lo deve dire Baroni, che è stato espulso dal più grande gruppo di maggioranza, perché ingovernabile? Mi sembra che qui di ingovernabile ci sia ben altro, ossia il problema dei rapporti tra i politici e il deep State di chi scrive questi provvedimenti.

Va bene, io credo di potermi fermare, per i pochi mi avranno ascoltato. Peraltro, su questo argomento c'è un'ampia letteratura anche sul web anche di tipo specialistico, di tipo giuridico-amministrativo; forse non è un caso che non vedo costituzionalisti, i grandi costituzionalisti del Partito Democratico a difendere questo provvedimento in discussione generale, come ho visto precedentemente. Io invito alla lettura dell'ottimo articolo di Luigi Fimiani su Giurisprudenza penale, in cui si parla di nuovo scudo penale, in cui, nella parte delle conclusioni, si mette tranquillamente in luce l'ultroneità dell'articolo 4-bis, totalmente. Non serve perché la richiesta dei medici era quella di non entrare nella filiera, di non stare sotto la spada di Damocle di dover essere giudicati ex post per colpa grave o per dolo. Nel 99,9 per cento dei casi i medici vengono sempre giudicati innocenti o assolti perché il fatto non sussiste; il problema è che, per l'obbligatorietà dell'azione penale, il giudice deve decidere se il medico si è presentato ubriaco sul posto di lavoro, o se c'è stato dolo, che ovviamente, nella maggior parte, dei casi non c'è stato, ma questo lo si può accertare solo dopo. E quello che vogliono i medici è non fare la trafila o pagare rispetto a un giudizio. Allora, come ha risolto questo problema il legislatore? Prendendo tutti in giro, in una grande partita di giro, che riguarda il medico, in prima linea, che ovviamente sarà indignato rispetto a questo provvedimento, ma alla fine ognuno lascia il cerino nella parte superiore per poi farlo ricadere nella parte inferiore. Quindi, apparentemente, tutto a posto; in pratica, la cosa - per chi è andato a fondo della situazione - è tutt'altra. Leggo solo conclusioni e rischi, nel momento in cui si parla di transitorietà del cosiddetto scudo, in merito a tutta una serie di fattispecie, che comunque vedranno anche soccombere questa norma rispetto ad altri fattori che saranno ritenuti prevalenti, e rispetto alla giurisprudenza consolidata. Perché ovviamente noi vogliamo semplicemente “scudare” il medico e dirgli: “sì, tu medico sei obbligato a fare i vaccini, noi facciamo in modo che tu non abbia alcuna conseguenza, nemmeno in caso di reazione avversa”.

Però, così deresponsabilizziamo il medico anche dal fare la cosiddetta anamnesi, perché il medico vaccinatore, il medico vaccinista non è detto che abbia contattato il medico che ha preso in carico un paziente che ha avuto qualche patologia pregressa o che ha avuto qualche reazione avversa a qualcos'altro. Il medico vaccinatore potrebbe fare il vaccino senza avere elementi utili, che magari il cittadino che va lì per vaccinarsi si dimentica di riferire al medico vaccinatore. Però, cosa ha creato il legislatore? La diffusione della responsabilità, cioè la responsabilità non è del medico vaccinatore, non è del medico che ha in carico il paziente con patologie pregresse, perché non è stato contattato, non è del paziente, non è della multinazionale, perché, nel frattempo, in sede europea la multinazionale ha fatto firmare una manleva a tutti gli Stati, sostenendo che non ha alcuna responsabilità rispetto agli effetti avversi. Se la prende lo Stato, ovvero chi paga? Tutti i cittadini di nuovo. Questo è quello che ha creato questo decreto. Questa è la situazione da contrastare. Questa è la situazione su cui noi avremmo potuto intervenire se, effettivamente, avessimo fatto le cose in scienza e coscienza, cercando di fare il nostro lavoro e andando fino in fondo, cosa che oggi non ci è permessa, Presidente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi. Sempre più spesso in Italia, quando si parla di riforme, si pensa che la linea più breve sia l'arabesco. Tuttavia la fase storica che stiamo vivendo è del tutto diversa: è una fase di riforme inserite nell'ambito di un rigido cronoprogramma da rispettare. Ci sono risorse da distribuire efficientemente e un contratto di ferro tra noi e l'Unione europea, a cui vogliamo e dobbiamo tener fede. Insomma, c'è qualcosa di più di un castello di sabbia. Il decreto che stiamo per convertire in legge è decisivo per il futuro del Governo e del Paese, perché testimonia il passaggio dalla fase del “non si può fare”, ad esempio vaccinare di più e più in fretta, alla fase del “non è scontato che si faccia, ma lo stiamo facendo”: semplificare, riformare e ripartire. Pur nella consapevolezza che non sarà facile fare quello che ci attende, stiamo comunque mettendo in campo la massima energia per supportare questo Esecutivo affinché prenda, con tutto il coraggio necessario, le opportune scelte per il rilancio del Paese.

A tal proposito, consci della necessità di continuare a sostenere l'economia, con grande determinazione, la scorsa settimana questa Camera ha approvato il “decreto Sostegni”, immettendo 32 miliardi nel sistema economico a favore di imprese, lavoratori e famiglie, compensando innanzitutto i più danneggiati dalle misure di contenimento del virus. Lo facciamo con questo provvedimento e lo faremo a breve con il nuovo decreto-legge “Sostegni-bis”: ulteriori 40 miliardi di euro, derivanti dallo scostamento di bilancio, autorizzato dal Parlamento, destinati ai lavoratori autonomi e alle imprese, per sostenere chi è in difficoltà e rafforzare la resilienza delle aziende più colpite dalle chiusure, per intervenire sulla disponibilità di credito e sulla patrimonializzazione.

Fondamentale sarà rendere celermente operativi gli interventi, salvaguardando l'equità. Dai ristori, ai sostegni, dal rilancio degli investimenti, alle riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: questa è la partita che il nostro Paese giocherà nei prossimi anni e che deve assolutamente vincere.

Con questi provvedimenti si inizia finalmente a mettere la parola fine alla fase emergenziale e si mira ad aiutare le imprese e l'economia italiana nella fase di ripresa. Il presente decreto, pur inserendosi nel filone emergenziale della decretazione d'urgenza, lo fa - lo diciamo con chiarezza - in un senso nuovo e diverso dal passato, introducendo quello che Forza Italia chiede ormai da tempo: una riapertura consapevole, volta a ridare ossigeno ai cittadini provati da oltre 15 mesi di crisi pandemica. Il provvedimento ha avuto un esame complesso e prolungato al Senato e, grazie all'impegno dei colleghi, con i quali abbiamo lavorato di concerto e in stretta sinergia, sono stati introdotti molti ed importanti miglioramenti. Svolgere insieme questo lavoro è servito a ridare centralità al Parlamento, che era stato mortificato, soprattutto nel 2020, da quel modus operandi del precedente Governo, che prediligeva l'apparire all'essere, rifuggendo da queste Aule parlamentari e preferendo dettare norme tramite decreti del Presidente del Consiglio. Vogliamo, pertanto, anche in quest'ambito, mostrare il nostro apprezzamento per il modo in cui il Presidente Draghi ha deciso di gestire questa fase della pandemia, rifuggendo dalle tecniche normative del recente passato e ridando, per quanto possibile in questa fase, un ruolo decisivo alle Camere.

Ma sono soprattutto le misure concrete ad interessarci. In questi pochi mesi, anche grazie al supporto di Forza Italia, sono state finalmente date risposte certe a cittadini ed imprese, ed è stato dato un segnale forte non solo di speranza, ma, ormai, di vittoria su questo terribile virus. La pandemia è stata messa sotto controllo dal punto di vista sanitario tramite una campagna vaccinale finalmente ben gestita e il Paese può ora apprestarsi a ripartire. Tra le diverse disposizioni introdotte o migliorate grazie al contributo di Forza Italia, rileva, innanzitutto, lo scudo penale per il personale medico-sanitario. Infatti, non possiamo assolutamente dimenticare quanti, nella gestione dell'emergenza pandemica, hanno lottato in prima linea, diventando i nuovi eroi della nostra società. Siamo stati - lo rivendichiamo con orgoglio - i primi a batterci in tal senso, ritenendo ingiusto che chi fa bene il proprio lavoro sia anche perseguito penalmente, tanto più in una fase del genere.

Consentitemi una breve indagine retrospettiva: già nel mese di aprile dello scorso anno e, in particolare, in occasione della conversione in legge del cosiddetto “decreto Cura Italia”, assieme all'attuale sottosegretario Sisto e all'onorevole Paolo Russo, abbiamo assunto l'impegno di proteggere i medici e gli infermieri, circoscrivendone le responsabilità penali alla sola colpa grave ed evidente, presentando chiare ed esplicite proposte emendative in tal senso. E' chiaro, dunque, che si tratti di un risultato estremamente significativo, che assume ancor più rilevanza, posta la necessità di incrementare le potenzialità di immunizzazione della popolazione, evitando ogni remora da parte di chi è incaricato di somministrare i vaccini. Al contempo, permane il nostro impegno volto a salvaguardare quanti hanno avuto, purtroppo, problemi di salute e hanno perduto, nel corso di questo terribile anno, i propri cari a causa del COVID-19. Dunque, è per noi fonte di grande soddisfazione l'introduzione dell'obbligo vaccinale per tutti gli operatori sanitari. Infatti, era assurda l'idea che questi ultimi si rifiutassero di essere vaccinati, divenendo a loro volta potenziali vettori del virus.

Un'ulteriore novità che vogliamo sottolineare è quella dell'articolo 11-ter, introdotto in sede di conversione al Senato. Signor Presidente, colleghe e colleghi, consentitemi di dirlo, si tratta di una innovazione sintomatica dell'impegno profuso da noi, di Forza Italia, negli ultimi anni e, in particolare, dalla collega, onorevole Siracusano, a dimostrazione del fatto che il nostro unico e primario interesse sono i cittadini italiani ed i loro bisogni. Finalmente, l'annoso problema delle baraccopoli della città di Messina è in via di soluzione definitiva, mediante la predisposizione, da parte del prefetto, di un piano degli interventi che si intendono realizzare e del rispettivo scadenzario.

E, ancora, vorrei focalizzare la vostra attenzione sul capitolo delle assunzioni nella pubblica amministrazione. Attraverso l'innovazione sostanziale, prevista dall'articolo 10, in materia di reclutamento del personale della pubblica amministrazione, riusciremo, finalmente, a sbloccare i concorsi rimasti fermi anche a causa della pandemia, a digitalizzare e semplificare le procedure, anche a regime, a velocizzare i tempi di realizzazione delle selezioni, che si svolgeranno in totale sicurezza anti-COVID grazie al nuovo protocollo predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica e validato dal Comitato tecnico-scientifico, nonché a valorizzare le competenze. Come ha chiarito il ministro Renato Brunetta, si tratta di un primo passo per la rivoluzione del reclutamento nella pubblica amministrazione, necessario per garantire a tutti la chance di poter fare un percorso per accedervi, un percorso che non può e non deve essere un terno al lotto. Ma non solo. Premiando e valorizzando i percorsi formativi dei più giovani, viene alla luce l'obiettivo sostanziale di questo Governo, che poi è anche l'obiettivo di Forza Italia: compiere scelte di lungo periodo, realizzando la cosiddetta solidarietà intergenerazionale, senza prescindere dal merito.

In conclusione, siamo ben consapevoli del fatto che, nonostante gli obiettivi conseguiti, questo decreto non sia un punto d'arrivo, bensì una solida base da cui ripartire per rilanciare il Paese, dando fiducia a quanti l'hanno persa a causa dell'incertezza ingenerata da Governi che, pur lavorando alla luce del sole, non sono stati capaci di dare risposte.

Presidente, colleghi, la strada della ripresa è ancora lunga, ma la luce in fondo al tunnel la stiamo vedendo. Con il prossimo “decreto Sostegni-bis” saremo chiamati ad affrontare tutte quelle questioni, numerose, che sono rimaste ancora in sospeso. Pertanto, ci auguriamo che questo decreto, assieme al “Sostegni-bis”, possa costituire l'ultimo frammento della stagione emergenziale e di ripartire, invece, d'ora in avanti, a discutere di misure per la crescita del Paese, per il benessere dei suoi cittadini e delle sue imprese, per le riforme che ci attendono e che dovranno cambiare definitivamente l'Italia. Di certo, infatti, non potranno esserci ancora per molto i contributi a fondo perduto e gli strumenti per salvare le imprese: questi hanno permesso di far galleggiare soprattutto le attività più piccole o, in taluni casi, i capi filiera, ma il nostro Paese necessita di serie politiche industriali e di rilancio, e questa volontà dovrà trasparire chiaramente già dai prossimi interventi normativi.

Il Paese deve tornare a crescere e per farlo occorre rapidamente dare corso a quelle riforme che abbiamo elencato, nero sul bianco, nel PNRR: riforma della giustizia, riforma della pubblica amministrazione, semplificazioni, riforma del fisco, politiche per la concorrenza.

Il tempo a nostra disposizione non è tanto e gli argomenti sono talmente complessi da far tremare i polsi, ma noi di Forza Italia ci siamo e saremo sempre al fianco del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisa Tripodi. Ne ha facoltà.

ELISA TRIPODI (M5S). Grazie, Presidente. Durante la discussione in Commissione su questo provvedimento e, a dire il vero, anche su altri provvedimenti, si è più volte evidenziata la necessità di esercitare appieno le competenze, le facoltà e le funzioni che competono ad entrambi i rami del Parlamento. Purtroppo, non è la prima volta che una delle due Camere si ritrova nell'impossibilità di esercitare appieno le sue funzioni di modifica e di integrazione dei provvedimenti governativi. Noi siamo ben consapevoli delle difficoltà del momento ma sarebbe quantomeno opportuno e auspicabile che entrambe le Camere abbiano la stessa possibilità di lavorare concretamente sui provvedimenti del Governo.

Detto questo, il provvedimento in esame non è stato modificato dalla I Commissione di questa Camera ma sono state, invece, apportate delle modifiche significative e delle integrazioni dal Senato. Alcune tra queste riguardano l'articolo 1, comma 7, relativo alle sanzioni per la violazione delle misure di contenimento del contagio; l'articolo 7, relativo allo svolgimento in modalità telematica delle elezioni degli organi dell'ordine dei giornalisti; l'articolo 8, relativo alle assunzioni di lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità; modifiche importanti sono state approvate anche all'articolo 10, relativo alla semplificazione dei concorsi.

Proprio con riguardo a questa tematica, sono state introdotte delle modifiche significative al Senato e, aggiungo, meno male, perché la versione iniziale del decreto introduceva una preselezione per titoli ed esperienze che rischiava di bruciare le speranze dei candidati più giovani, precludendo loro la possibilità di partecipare alla prova concorsuale alle stesse condizioni dei candidati più anziani. Questo non avrebbe avuto nulla a che vedere con il merito dei concorsisti, come qualcuno erroneamente ha sostenuto, e, inoltre, la formulazione originaria dell'articolo 10 si poneva in contrasto con l'articolo 51 della Costituzione proprio nella parte riguardante le condizioni di uguaglianza per accedere alla pubblica amministrazione. È evidente che, nella formulazione originaria dell'articolo 10, queste condizioni di uguaglianza certamente non venivano né preservate né, tanto meno, garantite.

Ringraziamo la Ministra Dadone per il suo lavoro, che ha dovuto affrontare le conseguenze della pandemia sulla pubblica amministrazione. Ciò nonostante, abbiamo lavorato assieme a lei per dare al Paese un'amministrazione pubblica moderna, capace di rispondere velocemente alle esigenze dei cittadini. La modifica all'articolo 10 si deve anche all'indignazione pubblica e alle legittime paure che sono state sollevate sulla formulazione iniziale dell'articolo e, grazie al lavoro fatto al Senato, si è riusciti a modificare questa norma, a ripristinare il buonsenso e a ristabilire i criteri giusti per l'accesso alla pubblica amministrazione, riconoscendo il giusto valore e le sacrosante possibilità ai giovani.

Il nostro impegno e il nostro lavoro non finiranno certamente qui, rivendicheremo sempre una pubblica amministrazione come luogo dove competenze e professionalità possono essere strumenti al servizio del Paese. Quindi - lo dico già da ora - non permetteremo mai che la pubblica amministrazione diventi un centro di collocamento di qualche politico o amministratore locale. Negli ultimi trent'anni, i giovani sono stati le vittime di una cultura clientelare favorita da logiche politiche. Non sono le vittime, come ha affermato il Ministro Brunetta, di una cultura assistenzialista che non mette al centro il merito, perché non sono i giovani che non mettono al centro il merito: fino ad ora è stata la politica a non farlo, preservando quel mondo che più le conveniva a discapito delle vere competenze e delle professionalità degli italiani che, per trovare la giusta gratificazione, sono stati costretti a scappare all'estero.

La pubblica amministrazione è fondamentale e fondamentale è il percorso di riforma strutturale che si deve intraprendere. Allora, si lavori per una pubblica amministrazione all'avanguardia, competitiva e vicina ai cittadini, si lavori per la valorizzazione del capitale umano, che è il punto principale sul quale investire dopo anni di blocco del turnover, carenza di personale in settori specifici e un'età media molto elevata. La qualità della pubblica amministrazione determina la qualità del Paese e questa qualità non può non essere al passo con i tempi e non può non dotarsi di nuovo personale. Il reclutamento è un tassello fondamentale per il ricambio generazionale e siamo lieti che si stia aprendo la nuova fase di concorsi pubblici. Già con la Ministra Dadone avevamo lavorato per prevedere modalità concorsuali più snelle e più veloci: non possiamo più permettere che un concorso pubblico duri più di tre anni. Valorizzare il capitale umano non significa solo aprire a nuove fasi di reclutamento, significa anche investire sulla formazione continua del personale per rafforzare le competenze. Si deve investire su nuovi modelli organizzativi e di gestione del pubblico impiego, come il lavoro agile e il telelavoro. Purtroppo, abbiamo visto come, nell'immaginario di qualcuno, lo smart working venga considerato l'alibi per non lavorare, anche se i dati dimostrano il contrario, con una produttività aumentata del 73 per cento. La verità è che la responsabilità del lavoro dei dipendenti dipende esclusivamente dai dirigenti, dipende da come monitorano l'attività dei dipendenti e da come, poi, questa venga valutata. Il mio auspicio e quello del gruppo MoVimento 5 Stelle è che si continui a lavorare valorizzando la pubblica amministrazione, implementando gli strumenti, anche digitali, a nostra disposizione, perché dare il giusto valore alla pubblica amministrazione significa migliorare la qualità del lavoro e, soprattutto, significa migliorare la vita delle persone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Uva. Ne ha facoltà.

FRANCESCO D'UVA (M5S). Grazie, Presidente. Oggi siamo in quest'Aula per la discussione generale per la conversione di uno dei diversi decreti necessari a fronteggiare questa terribile emergenza sanitaria con cui abbiamo imparato, purtroppo, a convivere. Devo dire che, in questi mesi, l'attività politica e l'attività legislativa sono andate molto avanti, abbiamo fatto tante cose per fronteggiarlo. Parlo a nome mio, dei colleghi qui in Parlamento e, ovviamente, del Governo, tant'è che c'è un altro provvedimento, che già è stato approvato in Consiglio dei Ministri, per le riaperture, che è fondamentale perché dobbiamo uscire quanto prima da questa situazione drammatica. Un altro decreto è stato approvato, in cui ci sono 40 miliardi di euro - non so se ci rendiamo conto della mole incredibile di fondi che stiamo tirando fuori per fronteggiare questa emergenza - e, di questi 40 miliardi, 15 miliardi saranno per imprese, famiglie e lavoratori. Queste sono le basi per la ripartenza, questa è la cosa più importante. Ovviamente, la raccomandazione è ripartenza, sì, ma con la dovuta prudenza perché dobbiamo essere bravi a evitare di cascarci nuovamente. Ma mi sembra che, ormai, abbiamo un expertise tale per cui riusciremo a fare del nostro meglio, riusciremo a fronteggiare tutto.

Io vi dico un po' che cosa prevede questo decreto, che cosa prevede esattamente, ne cito alcune disposizioni. Ci sono misure riguardo allo svolgimento in presenza di attività scolastiche, ovviamente escluse le zone rosse; ci sono misure sulla campagna vaccinale e sull'attività giudiziaria; ci sono le proroghe per l'assunzione nella pubblica amministrazione dei lavoratori socialmente utili e anche forme di semplificazione nei concorsi pubblici. Sappiamo che, se vogliamo uscirne velocemente, dobbiamo anche investire sul lavoro e sul rilancio della pubblica amministrazione e qui si sta andando, a mio avviso, nella giusta direzione. Insomma, sono tante le misure che promuovono la prosecuzione delle attività, con la prudenza che ho già citato.

Inoltre, Presidente, c'è una cosa molto interessante in questo decreto. Il passaggio al Senato ha arricchito questo decreto di un articolo, l'articolo 11-ter, che dispone misure urgenti per le baraccopoli di Messina. Ecco, definire questa semplicemente come una norma è riduttivo, perché questo, Presidente, è il raggiungimento di un obiettivo, per la mia città, su cui ci siamo impegnati, mi sono impegnato negli ultimi anni, proprio per risolvere questa vicenda. Non nascondo, infatti, una certa emozione perché questo è un momento storico. Presidente, non solo il momento è storico ma anche Messina è una città storica: è stata fondata dagli antichi greci, era una colonia greca, si chiamava Zancle, che significa falce, perché ha questa zona, Falcata, ed è proprio il porto la vita di questa città. Da questo porto sono partite le navi per andare in Terrasanta, quando c'erano le crociate, da questo porto si è partiti per vincere la battaglia di Lepanto.

Ma non voglio farla troppo lunga, c'è anche un'università del 1548; quindi, quando dico una città storica, non sto esagerando. Ci sono bellezze paesaggistiche uniche, perché lo Stretto è veramente una bellezza unica. Invito tutti a venire a vederlo, perché è veramente incredibile. Poi ovviamente ci sono - è inutile dirlo - anche bellezze culturali non indifferenti. Penso al periodo normanno, penso all'architettura tardo liberty di Coppedè; penso anche ai nostri Caravaggio: abbiamo due Caravaggio nel museo messinese. Sull'enogastronomia non voglio nemmeno intervenire, perché penso che, da quel punto di vista, tutte le città italiane, ma anche Messina, vadano alla grande. Però, Presidente, non è tutto rose e fiori, perché purtroppo a Messina, per quanto bella, per quanto la veda bella - sono innamorato della mia città e quindi la vedo ovviamente come la città più bella del mondo - purtroppo c'è una realtà di degrado unica, con migliaia di famiglie residenti nelle baracche. Com'è possibile che nel 2021 ci siano ancora le baracche? Questo è dovuto sicuramente all'incuria - adesso ne parliamo - ma c'è stato un terremoto nel 1908 che ha distrutto la città. Le persone sono state spostate e ad esse è stata data la casa nelle zone circostanti, in questi fondi, dove sono state costruite case e baracche. Parliamo, però, del 1908 e siamo nel 2021; non è possibile che, dopo cent'anni, in quelle zone continuino ad esistere realtà come quelle, perché addirittura non vi sto dicendo che sono le stesse identiche strutture di cent'anni fa, ma ogni volta venivano e vengono buttate giù e ricostruite a uso e consumo delle persone che ci vivono e questo non è possibile. Questa vicenda non è mai stata risolta dalle istituzioni locali e regionali. In teoria, nel 1990, c'è stata una legge regionale che ha stanziato i fondi per risolvere questa vicenda senza riuscirci, perché vi parlo del 1990: sono passati 31 anni e sono ancora lì.

Anche a fronte del COVID, abbiamo deciso di fare qualcosa (ma in realtà le proposte di legge erano già precedenti) per queste zone con problemi sanitari, dispersione scolastica, disoccupazione e criminalità. Così, nel 2018, ho depositato una proposta di legge e lo stesso hanno fatto la collega Siracusano e il collega Navarra. Siamo riusciti, attraverso la calendarizzazione, a predisporre anche un testo unificato. Tre parlamentari di tre schieramenti sono riusciti a fare un testo unificato che mettesse tutti d'accordo, superando gli steccati politici per fare il bene della nostra città.

Ciò che trovo positivo - e ne stiamo parlando proprio oggi - è che l'iter parlamentare classico della proposta di legge - che, come sappiamo, significa passaggio in Commissione e in Aula, in una Camera, poi nell'altra Camera, al Senato, con passaggio in Commissione e in Aula, la cosiddetta navette - è stato velocizzato grazie alla sensibilità dell'attuale Ministro per il Sud, Mara Carfagna. Infatti, abbiamo potuto accelerare notevolmente grazie all'articolo 11-ter, grazie a questo emendamento governativo che, al Senato, ha fatto sì che, nel decreto, ci fosse questa norma. Io, quindi, voglio ringraziare sia la Ministra che i colleghi, perché abbiamo potuto sensibilizzare anche i colleghi in Commissione ambiente. Non tutti conoscevano questa realtà. Forse, si sapeva delle bellezze paesaggistiche, ma non si conosceva questa triste realtà della mia città. Questo risultato è frutto anche di un lavoro svolto tutti assieme, perché uniti siamo riusciti a fare quello che, in tanti anni, evidentemente, la politica locale e regionale non erano riuscite a portare avanti. Oggi è un giorno di riscatto e di speranza. Finalmente, posso dire non ci sono più cittadini di “serie A” e cittadini di “serie B”. Questa è una cosa importante. Oggi arriva una risposta che, invero, poteva arrivare anche prima, con il precedente Ministro per il Sud, all'attenzione del quale avevamo posto questo drammatico problema. Oggi ce l'abbiamo fatta e tutto il Paese guarda Messina con un sospiro di sollievo.

Io, Presidente, con questo intervento voglio sottolineare che il nostro impegno continua. Parlo della delegazione parlamentare messinese, parlo del gruppo parlamentare a cui appartengo, parlo del MoVimento 5 Stelle. Il nostro impegno per il territorio continua, siamo sempre stati molto attenti e continueremo ad esserlo. Auguro “in bocca al lupo” al commissario che viene nominato ai sensi di questo decreto, ossia il presidente Cosima Di Stani, a cui andrà tutto il nostro sostegno: qualora sarà possibile e sarà necessario, ci saremo.

Quindi, voglio ringraziare tutti i colleghi, oltre a quelli che ho già citato, anche tutti i colleghi delle altre realtà territoriali che si sono voluti interessare e hanno voluto fare propria questa battaglia, perché questa è una vittoria veramente di tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie, Presidente. Prima di intervenire nel merito del provvedimento, corre l'obbligo di segnalare, anche da parte nostra, del gruppo di Italia Viva, un auspicio: che questo decreto segni non solo la conclusione degli interventi di stampo emergenziale, che vengono messi in campo dal Governo e dal Parlamento per contrastare la pandemia - sono decreti, quindi, in particolare dal Governo -, ma anche la conclusione di una pratica dettata dall'emergenza, non certo da una volontà politica, di trasformare un Parlamento, sostanzialmente, bicamerale in un Parlamento, di fatto, monocamerale. Lo dico da sostenitore di una necessità di una riforma in senso monocamerale del Parlamento, però dobbiamo fare, appunto, una riforma per arrivare fin lì, non deve diventare una prassi. È ovviamente più che giustificato, nell'ambito di un'emergenza senza precedenti, come quella che abbiamo vissuto e che, in parte, stiamo ancora vivendo, però è indubbiamente evidente a chiunque che è una pratica che va a comprimere una parte del Parlamento stesso e, quindi, anche delle prerogative dei parlamentari di incidere sui provvedimenti, non in quanto parlamentari singoli, ma in quanto rappresentanti di cittadini, di territori, di istanze variegate e articolate che compongono il nostro Paese.

Fatta questa premessa, che ritenevo doverosa anche da componente della I Commissione (Affari costituzionali), credo che questo provvedimento sia molto significativo, soprattutto se lo leggiamo con gli occhi di oggi e li rapportiamo agli occhi del giorno in cui questo decreto è stato varato. Era il 1° aprile, sembra trascorso moltissimo tempo e, se andiamo a leggere questo decreto e anche il contesto in cui è maturato, leggiamo e troviamo un'Italia molto diversa da quella che troviamo oggi. Questo, infatti, era un provvedimento che prevedeva ulteriori norme di gestione della fase emergenziale, soprattutto per quanto riguardava le limitazioni e gli spostamenti delle persone da una regione all'altra, da un comune all'altro. Era un decreto che nasceva ancora in una fase acuta delle difficoltà che stavamo vivendo, nella quale ancora la campagna di vaccinazione non aveva assunto quel ritmo, molto positivo, che oggi invece ha incanalato, anche grazie allo straordinario cambio di passo nella gestione della struttura emergenziale, impresso non solo dal Presidente Mario Draghi, ma anche dal commissario Figliuolo, dal capo della Protezione civile Curcio e da tutte le donne e gli uomini che quotidianamente lavorano nelle loro strutture e al loro fianco.

Noi pensiamo, quindi, che la conversione di questo decreto possa e debba chiudere il ciclo di interventi legislativi dettati dall'emergenza sanitaria e debba e possa, invece, aprire una fase di interventi votati al futuro, allo sviluppo e alla ripartenza del nostro Paese, come in parte, tra l'altro, abbiamo già cominciato a fare.

Nel testo che stiamo esaminando, arricchito dagli emendamenti approvati dal Senato, si interviene per disciplinare, come dicevo, non solo lo spostamento tra regioni e comuni, che è una questione che riguarda soprattutto il passato - ci lo auguriamo -, ma anche in merito ai servizi educativi.

A proposito di scuola, non possiamo non segnalare l'enorme emergenza non solo educativa, perché, nonostante le difficoltà della didattica a distanza e dello svolgere l'insegnamento attraverso gli strumenti elettronici, il corpo docente, in larghissima parte, ha compiuto sforzi e sacrifici enormi e li hanno compiuti soprattutto i ragazzi e le loro famiglie. Ma l'emergenza, secondo noi, è anche di carattere sociale e forse, in alcuni casi, psicologico. Credo che dovremmo porre in essere interventi significativi in questa direzione; alcune cose si stanno già approntando, ma forse servirà - anzi senza “forse” - un intervento deciso, a sostegno delle future generazioni e soprattutto della fascia adolescenziale che, più di tutte, ha pagato il prezzo psicologico e sociale di questa pandemia.

Nel decreto si trattano temi che sono ancora di strettissima attualità, ad esempio l'obbligo di vaccinazione per chi esercita la professione sanitaria, soprattutto per chi la esercita nelle strutture sociosanitarie e socioassistenziali, sia pubbliche che private. Ecco, noi pensiamo che aver imposto questo obbligo per questa categoria di persone sia stata una scelta giusta, perché chi si occupa della cura degli altri deve farlo senza mettere in pericolo la salute degli altri (è il prerequisito per potersi occupare delle persone che si trovano in condizioni di difficoltà, che sono malate e che hanno contratto un virus così facilmente trasmissibile). Sappiamo delle polemiche che ci sono state in questo ambito, ma ribadiamo la nostra convinzione, la nostra ferma convinzione che quella sia stata una scelta giusta per chi opera nelle strutture sociosanitarie e socioassistenziali, sia pubbliche che private.

Altra questione è l'obbligo vaccinale per tutti, che speriamo non debba essere introdotto, mentre ci auguriamo che la campagna che si sta facendo, gli incentivi che si stanno dando, soprattutto incentivi morali ed etici, nell'accettare e nell'accogliere la possibilità di potersi vaccinare, siano sufficienti per raggiungere quell'immunità di gregge che, al più presto, possa far parlare definitivamente al passato di questo virus. È importante, secondo noi, aver introdotto norme che riguardano anche la protezione del personale medico sotto il profilo giuridico e giudiziario, e lo dico pur facendo parte di un gruppo politico che al Senato ha espresso alcune riserve e alcune criticità su questa norma, ma, in termini generali, l'abbiamo votata, anche perché consideriamo giusto, comunque, il principio in sé. In ogni caso - ripeto -, introdurre un principio per cui la punibilità del personale medico sia circoscritta a fattispecie molto circoscrivibili - scusate il gioco di parole -, per far sì che, oltre a tutto ciò che hanno subito, quel personale sociosanitario e quei professionisti possano evitare anche l'onta di pagare per colpe che non hanno, pensiamo che sia giusto. Avevamo e abbiamo qualche dubbio sulla natura tecnica di queste norme, ma siamo assolutamente d'accordo con il principio: lo sposiamo e lo sosteniamo (lo ribadisco anche in questa sede).

Riteniamo importanti le semplificazioni amministrative che sono state introdotte, soprattutto per i concorsi pubblici in cui avranno un peso maggiore i titoli di studio. Quindi, si va nella direzione di tutelare chi acquisisce il titolo in tempi brevi e con merito e si dà la possibilità di valorizzare di più il merito rispetto al passato. Inoltre, pensiamo sia assolutamente significativa l'iniziativa che si sta intraprendendo sul green pass. Non è solo un'iniziativa nazionale. Ovviamente, serve che, a livello europeo, questo provvedimento e questo strumento per garantire la libera circolazione - soprattutto la sicura circolazione - a tutti, abbiano un senso armonico, quantomeno in tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Questo passo che ha fatto il nostro Governo è un passo molto importante, anche perché ha guidato e ispirato il processo europeo su questo ambito.

Pensiamo sia necessario un supplemento di riflessione sulla possibilità di fare vaccini e richiami nelle località turistiche, quantomeno per i turisti residenti nella stessa regione in cui si trovano in villeggiatura, perché è lo stesso sistema sanitario a cui sono iscritti e registrati e, quindi, può essere più facile l'organizzazione dal punto di vista logistico e non solo. In questo senso, l'Emilia-Romagna sta lavorando su una proposta, ma lo stanno facendo anche altre regioni e consideriamo importante tenerle nella dovuta considerazione. Comunque, anche questi provvedimenti hanno contribuito a portare, proprio da oggi, tutto il Paese in zona gialla e, dunque, ci si muove in maniera spedita verso un ritorno graduale alla normalità che ci auguriamo sia irreversibile (anzi, deve essere irreversibile). Abbiamo letto, poco fa, le parole di oggi del professor Locatelli, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, che ha dato notizie e fatto annunci di grande positività, in particolare sul fatto che non ci sarà mai più una chiusura totale, un lockdown come quelli che abbiamo vissuto, così come, probabilmente, nell'arco di 1 mese e mezzo o 2, potremo eliminare anche l'utilizzo della mascherina.

L'Italia non era più stata tutta gialla, come lo è da oggi, ormai dal 4 novembre 2020, e questo è un fatto sicuramente positivo. Allo stesso modo, i dati epidemiologici stanno migliorando in maniera considerevole, come conferma il bollettino di ieri, con 3.995 nuovi casi e 72 morti, che è il numero più basso del 2021. Ma noi aggiungiamo che è ancora un numero troppo alto, perché noi non potremo considerarci pienamente soddisfatti fino al giorno in cui non ci saranno più vittime per questo maledetto virus. Dalle prossime settimane - già dai prossimi giorni -, alcune regioni potrebbero addirittura arrivare in fascia bianca, ovvero quella di minor rischio e sappiamo che, nelle prossime settimane, verrà eliminato definitivamente anche il cosiddetto coprifuoco. Quindi, è fondamentale proseguire con questo ritmo di vaccinazioni; è fondamentale proseguire con il richiamo al rispetto delle regole e, soprattutto, si sta rivelando corretta, giusta e appropriata la scelta delle riaperture graduali, non sulla base degli ultimatum lanciati da qualche forza politica, ma sulla base delle evidenze scientifiche (è quel rischio calcolato che a più riprese è stato citato dal Presidente Draghi). Quindi, ci auguriamo che questo ritmo possa continuare e soprattutto confidiamo che il Parlamento possa avere un ruolo ancora maggiore nel contribuire non solo alla sconfitta del COVID, ma a disegnare l'Italia post-COVID. E credo che questa sia la grande sfida che, da oggi, dobbiamo cominciare a giocare tutti insieme.

PRESIDENTE. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 14,30.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Migliore e Quartapelle Procopio sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 76, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 3113​)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione n. 3113.

È iscritta a parlare la deputata Villani. Ne ha facoltà.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Presidente, colleghe e colleghi, il disegno di legge reca misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici. Anche questo decreto, come i precedenti, propone importanti soluzioni per la risoluzione di varie problematiche. Tra le più importanti misure di cui discuteremo in quest'Aula vi è sicuramente la limitazione per i somministratori del vaccino contro il COVID-19 della responsabilità penale per omicidio colposo o lesioni personali colpose qualora tali eventi si producano in conseguenza della vaccinazione.

Viene inoltre disciplinato l'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19 per il personale sanitario e sociosanitario, regolando altresì la manifestazione del consenso al vaccino contro il COVID-19 per i soggetti che versano in condizioni di incapacità naturale.

Presidente, il nostro Paese ha bisogno di un ritorno alla normalità e noi, come istituzioni, abbiamo il dovere di garantirla con tutti i mezzi a nostra disposizione. In questo senso, la conversione di questo decreto-legge rappresenta un altro tassello nella battaglia che stiamo combattendo contro la pandemia, portando avanti ogni giorno un grande lavoro politico e istituzionale con lo scopo di trovare soluzioni urgenti per andare incontro alle esigenze dei cittadini in questo periodo di emergenza.

Con il provvedimento in esame abbiamo garantito un'iniezione di normalità e immunizzazione potenziando la campagna vaccinale, la nostra unica arma contro il COVID-19. Il provvedimento disciplina, infatti, alcune criticità del Piano strategico nazionale sulle vaccinazioni. È stato sancito, infatti, nell'articolo 4, l'obbligo della vaccinazione per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che lavorano nelle strutture pubbliche e private, nelle parafarmacie, nelle farmacie o negli studi professionali. Una misura indispensabile affinché possa essere contenuto il rischio di diffusione della pandemia. Solo la certezza dell'immunità attraverso la vaccinazione potrà farci tornare alla normalità a piccoli passi.

Veniamo ora alla tutela penale per gli operatori sanitari: l'articolo 3 riguarda la limitazione della responsabilità penale da somministrazione del vaccino contro il virus SARS-CoV-2. In particolare, la norma limita la punibilità a titolo di omicidio colposo o di lesioni personali colpose per le somministrazioni dei vaccini contro il virus SARS-CoV-2 operate nel corso della relativa campagna vaccinale, prevedendo che la punibilità sia esclusa a condizione che l'uso del vaccino sia stato conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio e alle circolari pubblicate sul sito Internet istituzionale del Ministero della Salute relative alle attività di vaccinazione. Trattandosi di norma penale più favorevole, si applica anche ai casi già verificatisi. Presidente, dopo un anno di rinvii e di esitazioni, finalmente arriva questo importante provvedimento, che era tanto atteso dai sanitari.

Con l'articolo 3-bis, invece, introdotto dal Senato con un nostro emendamento presentato dalla collega Evangelista del MoVimento 5 Stelle, la limitazione riguarda anche i casi di lesione colposa per morte o lesioni personali, limitando la punibilità a titolo di omicidio colposo o di lesioni personali per i fatti commessi nell'esercizio di una professione sanitaria durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e che trovino causa nella situazione dell'emergenza medesima, quindi non soltanto per fatti ascrivibili alle vaccinazioni. I predetti fatti sarebbero punibili solo nei casi di colpa grave per tutte le cure che sono state erogate durante l'emergenza pandemica. La misura, che vale fino alla fine dello stato di emergenza, fissata ora al 31 luglio, prevede che ipotetici reati di omicidio colposo compiuti nell'esercizio di una professione sanitaria e legati alla malattia da COVID sono dunque punibili solo nei casi di colpa grave e, ai fini della valutazione del grado della colpa, è previsto che il giudice tenga conto di alcuni fattori che possano escludere la gravità. In particolare, il giudice dovrà considerare, tra le altre, tre condizioni: la limitatezza delle conoscenze scientifiche, al momento del fatto, sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, la scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare e il minor grado di esperienze e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all'emergenza. Esenzione dalla responsabilità che però - è bene ribadirlo, per evitare eventuali speculazioni - non vuol dire nascondere misfatti, non vuol dire rilasciare salvacondotti, non vuol dire garantire un'immunità.

È piuttosto un tentativo di dare valore a ciò che è stato fatto in nome dell'articolo 32 della Costituzione, a garanzia del diritto alla salute di tutti i cittadini. Del resto, è bene precisarlo: con questa norma sul piano civile non si nega il risarcimento al soggetto leso perché essa riguarda esclusivamente l'aspetto penale.

Questa tutela, richiesta a gran voce dai nostri camici bianchi, rappresenta un grande segnale di sostegno del Governo verso i nostri eroi, i nostri medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari in prima linea, fin dai primi momenti, contro il terribile virus che ha messo in gioco il nostro Paese. È una protezione dagli assalti giudiziari, non sempre in buona fede, a cui i nostri eroi rischiavano inutilmente di essere sottoposti. Un grande passo in avanti, un provvedimento giusto, perché la limitazione della responsabilità penale ai soli casi di colpa grave non è più limitata alle vaccinazioni, come ho detto poc'anzi, ma riguarda tutta l'attività medica prestata durante lo stato di emergenza epidemiologica, e si riconoscono chiaramente le enormi difficoltà causate dalla pandemia e nelle quali i nostri operatori sanitari hanno operato.

Un segnale fondamentale nei confronti di coloro che hanno lavorato in prima linea: sarebbe stata un'enorme ingiustizia rischiare di farli diventare anche protagonisti di uno tsunami giudiziario. In quest'anno di pandemia - lo voglio ricordare - gli operatori sanitari hanno fatto un lavoro straordinario, permettendo al nostro Servizio sanitario nazionale di reggere, nonostante fosse stato messo a dura prova da tagli scellerati nell'ultimo decennio.

Come MoVimento 5 Stelle - lo voglio ribadire e lo voglio gridare a gran voce - siamo stati sempre vicini, fin dai primi giorni, agli operatori sanitari; abbiamo lavorato duro e ci siamo impegnati per dare delle risposte concrete a coloro che hanno rischiato la propria vita per salvare quella degli altri. Non è superfluo ricordare che da quando siamo al Governo stiamo lavorando, ad esempio, per il superamento del precariato in sanità, per il riconoscimento del ruolo di OSS, per colmare l'imbuto formativo post laurea, per tutelare i medici del servizio di emergenza-urgenza del 118.

Un altro capitolo importante del decreto è, come ho detto prima, l'introduzione dell'obbligo vaccinale contro il COVID-19 per il personale sanitario e sociosanitario, requisito fondamentale per tutelare la salute pubblica e per garantire i livelli di sicurezza nello svolgimento delle attività delle prestazioni di cura e di assistenza.

Tra i soggetti obbligati sono compresi gli operatori delle strutture socioassistenziali pubbliche e private, per garantire la sicurezza anche delle persone con fragilità; la fine di tale obbligo è prevista per il 31 dicembre 2021; questa misura, naturalmente, salvaguarda soprattutto quella dei pazienti, garantendo però la piena operatività dei servizi di cura.

Questo provvedimento dimostra che il Governo, che lo Stato durante la pandemia ha fatto e sta facendo la sua parte. Ne emerge il quadro di un'Italia che leva l'ancora per salpare in direzione di un futuro fatto di lavoro, di occasioni e di sostegno professionale; è l'Italia dei giovani che hanno il diritto di costruirsi il proprio futuro, un diritto che noi dobbiamo in tutti i modi tutelare.

La pandemia ha stravolto l'economia a livello mondiale e il ruolo delle istituzioni è più che mai importante perché abbiamo il dovere di costruire un intervento collettivo realizzato ascoltando tutti i cittadini e senza mai dimenticare che con il nostro ruolo indichiamo la rotta per ripartire.

Abbiamo una responsabilità fondamentale, decisiva, e non possiamo fare passi falsi, Presidente; abbiamo il potere di trasformare la grande tragedia del COVID-19 in un'opportunità importante per rendere il nostro Paese economicamente, socialmente e culturalmente più sviluppato. È ora il momento di ripartire.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3113​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Simona Bordonali, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, che rinuncia.

(Annunzio di una questione pregiudiziale – A.C. 3113​)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, la questione pregiudiziale Lollobrigida ed altri n. 1, che sarà esaminata e posta in votazione nella giornata di domani, martedì 25 maggio, a partire, dalle ore 12, prima del seguito dell'esame del provvedimento.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Paolo Russo; Bologna ed altri; De Filippo ed altri; Bellucci; Panizzut ed altri: Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani (A.C. 164​-1317​-1666​-1907​-2272-A​) (ore 14,43).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 164-1317-1666-1907-2272-A: Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 19 maggio 2021 (Vedi l'allegato A della seduta del 19 maggio 2021).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 164-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Fabiola Bologna.

FABIOLA BOLOGNA , Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il provvedimento di cui l'Assemblea avvia oggi l'esame è un testo unificato di cinque proposte di legge d'iniziativa parlamentare presentate da diversi gruppi, che reca disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani. Tale testo è il risultato finale di un lavoro lungo e articolato, svolto dai deputati della Commissione affari sociali appartenenti a tutti i gruppi parlamentari, in sinergia con il Governo e, in particolare, con il Ministero della Salute. L'iter del provvedimento non è stato esente da difficoltà, innanzitutto per il fatto di essersi intersecato con i numerosi provvedimenti d'urgenza adottati al fine di fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, che la XII Commissione ha esaminato in sede referente. Ciò nonostante, l'impegno profuso dai deputati della Commissione, al fine di portare a termine l'esame del provvedimento, è stato sempre costante, in sede di Comitato ristretto prima, nella fase della presentazione delle proposte emendative poi, e, infine, in quella del recepimento dei pareri espressi dalle Commissioni competenti. Da ultimo, il 13 maggio scorso, è pervenuto anche il parere della Commissione bilancio, la cui adozione ha richiesto del tempo, stante l'esigenza di acquisire la relazione tecnica e di effettuare le necessarie verifiche di carattere finanziario.

Entrando nel merito del contenuto del provvedimento, costituito da 16 articoli, rilevo che, nella prima parte, si stabiliscono le finalità della legge, che consistono nel garantire l'uniformità dell'erogazione nel territorio nazionale delle prestazioni e dei medicinali, inclusi quelli orfani; l'aggiornamento periodico dei livelli essenziali di assistenza e dell'elenco delle malattie rare; il coordinamento, il riordino e il potenziamento della rete nazionale per le malattie rare e il sostegno alla ricerca, nonché, le definizioni di malattie rare, compresi i tumori rari, e di farmaco orfano.

Di grande rilievo è, quindi, la seconda parte del testo unificato, riguardante le prestazioni e i benefici per le persone affette da malattie rare. L'articolo 4, in particolare, concerne il piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato, che comprende i trattamenti e i monitoraggi di cui la persona affetta da una malattia rara necessita, garantendo anche un percorso strutturato nella transizione dall'età pediatrica all'età adulta. Il piano, corredato di una previsione di spesa, è condiviso con i servizi della rete per le malattie rare che hanno il compito di attivarlo, dopo averlo condiviso con i familiari del paziente. Si prevede, quindi, che siano a totale carico del Servizio sanitario nazionale i trattamenti sanitari contenuti nei livelli essenziali di assistenza o qualificati salvavita, compresi nel piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato e indicati come essenziali, che consistono in prestazioni sanitarie e sociosanitarie, tipologie di cure, anche palliative e riabilitative, in terapie farmacologiche e in dispositivi medici.

L'articolo 5 contiene norme inerenti l'erogazione dei farmaci prescritti nell'ambito dell'assistenza per le malattie rare ai pazienti affetti da una malattia rara, assicurandone la disponibilità e l'esigibilità del diritto alla erogazione in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

L'articolo 6 prevede l'istituzione del Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, con dotazione pari a 1 milione di euro annui, a decorrere dall'anno 2022, destinato al finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura e assistenza delle persone affette da malattie rare, con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con connotazione di particolare gravità, ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della legge n. 104 del 1992. Si prevede, quindi, l'adozione di un decreto di natura regolamentare con il quale, al fine di introdurre interventi volti a favorire l'inserimento e la permanenza delle persone affette da malattie rare nei diversi ambienti di vita e di lavoro, siano disciplinate, nei limiti della dotazione del predetto fondo, le misure finalizzate a: riconoscere alle famiglie e ai caregiver delle persone affette da malattie rare benefici e contributi per il sostegno e la cura delle persone affette da malattie rare in funzione della disabilità e dei bisogni assistenziali; garantire il diritto all'educazione e alla formazione delle persone affette da malattie rare nelle scuole di ogni ordine e grado, assicurando che il piano terapeutico sia effettuato anche in ambiente scolastico; favorire l'inserimento lavorativo della persona affetta da una malattia rara.

La terza parte del testo unificato reca, poi, disposizioni relative alle strutture preposte alle attività di ricerca, consulenza, indirizzo e documentazione sulle malattie rare e i farmaci orfani, finalizzate alla prevenzione e al trattamento di tali malattie. In quest'ambito, l'articolo 7 riguarda il Centro nazionale per le malattie rare, che cura la tenuta e la gestione del registro nazionale delle malattie rare, mentre l'articolo 8 si riferisce al Comitato nazionale per le malattie rare che il Ministro della Salute è chiamato a istituire, con proprio decreto, presso il medesimo Ministero e a disciplinarne le modalità di funzionamento. Il Comitato svolge funzioni di indirizzo e di coordinamento, definendo le linee strategiche delle politiche nazionali e regionali in materia di malattie rare; ne fanno parte tutti i soggetti portatori di interesse nel settore e, in particolare: i rappresentanti dei Ministeri della Salute, dell'Università e della ricerca, del Lavoro e delle politiche sociali, della Conferenza delle regioni, dell'Agenzia italiana del farmaco, dell'Istituto superiore di sanità, dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, degli ordini delle professioni sanitarie, delle società scientifiche, degli enti di ricerca senza scopo di lucro che si occupano di malattie rare e delle associazioni dei pazienti affetti da una malattia rara più rappresentative sul territorio nazionale.

L'articolo 9 concerne il Piano nazionale per le malattie rare, che rappresenta il principale strumento con il quale sono definiti gli obiettivi e gli interventi in tale settore. Si prevede che esso sia approvato ogni tre anni, attraverso un accordo da stipulare in sede di Conferenza Stato-regioni, sentiti i suddetti Centro nazionale e Comitato nazionale per le malattie rare. Con il predetto accordo, viene disciplinato, altresì, il riordino della rete nazionale delle malattie rare, articolata nelle reti regionali e interregionali, con l'individuazione dei compiti e delle funzioni dei centri di coordinamento, dei centri di riferimento e dei centri di eccellenza che partecipano alle sviluppo delle reti di riferimento europeo, gli European Reference Network.

Attraverso i centri interregionali e regionali di coordinamento, le regioni assicurano, ai sensi dell'articolo 10, il flusso informativo dalle reti per le malattie rare al Centro nazionale, al fine di produrre nuove conoscenze, di monitorare l'attività e l'uso delle risorse, nonché per valutare la qualità complessiva della presa in carico dei pazienti e attuare un monitoraggio epidemiologico, anche al fine di orientare e supportare la programmazione nazionale in tema di malattie rare e le azioni di controllo e di verifica.

La quarta parte del provvedimento è dedicata alla ricerca scientifica, alla quale è necessario dare sempre maggiore impulso, anche nel quadro dell'utilizzo delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

L'articolo 11 dispone pertanto che, a decorrere dal 2022, il Fondo nazionale per l'impiego di farmaci orfani per malattie rare e di farmaci che rappresentano una speranza di cura, in attesa della commercializzazione, per particolari e gravi patologie, venga integrato con ulteriore versamento pari al 2 per cento delle spese autocertificate entro il 30 aprile di ogni anno da parte delle aziende farmaceutiche sull'ammontare complessivo della spesa sostenuta nell'anno precedente per le attività di promozione rivolte al personale sanitario. Tali risorse sono destinate alle seguenti importanti attività: studi pre-clinici e clinici promossi nel settore delle malattie rare, studi osservazionali e registri di uso compassionevole di farmaci non ancora commercializzati in Italia, programmi di sorveglianza su farmaci orfani e su altri trattamenti innovativi immessi in commercio, sulla base di ipotesi biologiche e di evidenze iniziali di efficacia, ma privi di conoscenze certe sull'efficacia e sulla sicurezza del loro uso a medio e lungo termine, ricerca e sviluppo di farmaci orfani plasmaderivati e progetti di sviluppo di test per screening neonatali per la diagnosi di malattie rare.

L'articolo 12 poi prevede un'agevolazione fiscale in favore di soggetti pubblici o privati che svolgono attività di ricerca, ovvero di soggetti che finanziano progetti di ricerca sulle malattie rare o sui farmaci orfani, svolti da enti di ricerca pubblici o privati. A tali soggetti è riconosciuto, a decorrere dal 2022, un contributo sotto forma di credito d'imposta, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, pari al 65 per cento delle spese sostenute per l'avvio e per la realizzazione di progetti di ricerca, fino all'importo massimo annuale di 200.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite di spesa complessivo di 10 milioni di euro annui. Inoltre, viene previsto e disciplinato l'accesso, a decorrere dall'anno 2022, da parte delle imprese farmaceutiche e biotecnologiche che intendano svolgere studi finalizzati alla scoperta, alla registrazione e alla produzione di farmaci orfani o di altri trattamenti altamente innovativi, agli interventi di sostegno previsti dal decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca del 26 luglio 2016, n. 593.

L'articolo 13 prevede inoltre che il Ministero della Salute e il Ministero dell'Università e della ricerca, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano promuovano il tema delle malattie rare nell'ambito della ricerca indipendente.

L'articolo 14 riguarda l'importante tema dell'informazione in tema di malattie rare, prevedendo che il Ministero della Salute promuova azioni utili per dare una informazione tempestiva e corretta ai pazienti e ai loro familiari e sensibilizzare l'opinione pubblica sulle malattie rare. Con accordo in sede di Conferenza Stato-regioni sono definite le modalità per assicurare un'adeguata informazione dei professionisti sanitari, dei pazienti coinvolti e delle loro famiglie. Il Ministero della Salute, sentito il Comitato nazionale per le malattie rare, provvede ad attuare periodiche campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle malattie rare. Si prevede inoltre che il Ministro della Salute, avvalendosi del supporto del Comitato nazionale per le malattie rare, presenti alle Camere, entro il 31 dicembre di ciascun anno, una relazione sullo stato di attuazione della legge. Infine, gli articoli 15 e 16 recano rispettivamente le disposizioni finanziarie e la clausola di salvaguardia. Ho descritto quindi i contenuti principali del testo unificato che auspico sia approvato celermente dalla Camera e quindi dal Senato, affinché diventi al più presto legge. Una legge-quadro che mette a sistema i percorsi di diagnosi e cura per le malattie rare, la ricerca e la produzione dei farmaci orfani. Oggi, questo è un passo importante, una prima risposta concreta che ci permette di proseguire e vigilare con perseveranza al trasferimento dalle norme alla vita reale per migliorare la qualità di vita dei malati rari e delle loro famiglie.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di farlo in una fase successiva.

È iscritta a parlare la deputata Elena Carnevali. Ne ha facoltà.

ELENA CARNEVALI (PD). Grazie, signora Presidente. Un grazie alla sottosegretaria Bini per essere qui con noi: la sua presenza è per noi molto importante, come lo è il fatto che il Ministero della Salute abbia collaborato molto alla stesura di questo progetto di legge - come ricordava prima la collega, nonché relatrice, Bologna che ringrazio, a nome del Partito Democratico, per aver svolto davvero un lavoro molto importante -, realizzando una sintesi dei contributi importanti, oltre che delle proposte e dei progetti di legge, anche a firma del Partito Democratico. Infatti, non temo di dire un'esagerazione se affermo che possiamo davvero esserne orgogliosi e lo saremo davvero molto di più quando questa proposta di legge troverà la sua piena attuazione e soprattutto la conclusione del suo iter parlamentare tra i due rami del Parlamento. Oggi compiamo davvero un'immersione nella vita reale del mondo delle malattie rare, a volte ne parliamo, altre volte ne parliamo spesso, ma sebbene il nostro non sia un Paese non attrezzato, la crescita della consapevolezza di ciò che serviva e che serve, di ciò che si può migliorare e che riusciamo a realizzare attraverso questa legge-quadro credo sia un passaggio importante in questa Camera nonché una presa di consapevolezza culturale. Per aiutare a cercare di capire cosa vuol dire passare dalla discussione che facciamo in questa sede alla vita reale vi voglio raccontare brevemente la storia di Giustina. Giustina è il nome di una ragazza che adesso ha vent'anni; la sua è una storia che la mamma ha voluto raccontare nelle pagine del giornale L'Eco di Bergamo, comparsa proprio nei giorni scorsi sul nostro giornale locale. Questa mamma racconta della dedizione, della professionalità che ha incontrato nel suo percorso di malattie rare, però, per lei, ci sono voluti 15 anni per dare un nome alla sua malattia, 15 anni che hanno portato finalmente ad individuare, grazie ad una metodologia diagnostica nuova, che è il sequenziamento dell'esoma, a dare un nome a questa condizione di Giustina. Ci sono tantissimi casi simili a quello di Giustina: i malati rari in Italia sono circa 2 milioni e, nel 70 per cento dei casi, sono pazienti in età pediatrica. A Giustina la malattia ha portato via tutto: vista, udito, capacità cognitive e motorie, lasciandole - dice la mamma - solo la possibilità di spalancare i suoi grandi occhi. C'è un passaggio in quella lettera che mi ha veramente colpito, intimamente, fortemente, in quel racconto, perché la mamma dice: “io avevo bisogno di arrivare finalmente ad un punto fermo nella definizione di una diagnosi”, alla definizione di una diagnosi per la figlia, ma soprattutto in prospettiva anche per gli altri malati. Ecco, dobbiamo vedere questa legge-quadro, che voteremo nei prossimi giorni, come il sostanziale aiuto, non solo per il raggiungimento delle diagnosi precoci, ma per tutto quello che comporta una convivenza lunga per il malato e per i suoi familiari, per le persone con malattie rare. Vi dicevo prima - secondo me è un altro importante passaggio contenuto nella proposta di legge - della transizione dalla condizione pediatrica all'età adulta. Le malattie rare possono portare moltissime e variegate condizioni e conseguenze, a volte addirittura uniche, tante quante sono le malattie rare, e quindi il passaggio dall'età pediatrica a quella adulta spesso fa mancare i punti di riferimento. Pensate ai disturbi cognitivi, ai disturbi motori, ai disturbi che possono incidere fortemente sulla possibilità di relazione, sulla formazione, sullo studio e sul lavoro, come prima la collega Bologna ci ha ricordato. Ebbene, credo che, se siamo arrivati a questo grande lavoro, lo dobbiamo davvero all'assunzione di responsabilità, alla volontà di affrontare le difficoltà oggettivamente descritte - non è stato proprio un passaggio semplicissimo -, al tempo che abbiamo dedicato, ma soprattutto al fatto - e la ringrazio - che anche la Commissione finanze, alle condizioni date, avrebbe potuto usare una clava ancora più severa.

Vi dico già da subito che, per esempio, sul Fondo di solidarietà per noi un milione non è sicuramente la risposta che si ascrive alla necessità di soddisfare tutti i bisogni che sono lì descritti. Ma io penso che, senza la disponibilità della relatrice, nostra, delle Commissioni, del Ministero della Salute, della dottoressa Romeo, della dottoressa Tripaldi, di tutti i componenti della nostra Commissione, non saremmo arrivati qui e, soprattutto, non ci saremmo arrivati se non avessimo avuto a fianco anche l'associazione Uniamo, che fortemente ci ha accompagnato in questo percorso e spronato. Quindi, è un ottimo traguardo, un raggiungimento, che obbligherà tutti noi ad interpretarlo con un impegno che non si esaurisce qua. Sappiamo bene che le famiglie si trovano ad affrontare percorsi molto difficili, vite impervie, spesso anche onerose sul piano economico per raggiungere i centri specializzati di cura, sono a volte costrette a prendersene cura personalmente, anche in assenza di personale dedicato disponibile. Questo spesso comporta una riduzione delle possibilità lavorative dei genitori. Voglio anche ricordare che non possiamo mai dimenticarci della centralità che, comunque, deve sempre avere la persona, che non consideriamo solo paziente, noi la consideriamo persona in quanto tale, naturalmente anche chi, nei vari casi, ne ha la responsabilità giuridica e i suoi familiari. È per questo che ho presentato un emendamento, proprio per segnare - e spero che questo passaggio venga condiviso - il richiamo alla centralità delle persone, del principio di autodeterminazione che l'ONU ci ricorda sempre, perché non possiamo mai dimenticare che, oltre all'impatto sulle famiglie, dobbiamo anche molto rispettare la volontà delle persone. Dal 2001, in Italia, sono stati istituiti: la Rete nazionale dedicata alla prevenzione, alla sorveglianza e alla diagnosi delle malattie rare; il Centro nazionale per le malattie rare; il Registro nazionale per le malattie rare, che è presso l'Istituto superiore di sanità; l'elenco delle malattie rare, al quale è riconosciuto anche il diritto all'esenzione della partecipazione ai costi delle prestazioni. Voglio sottolineare un passaggio importante: con questa legge quadro, l'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare non sarà più – permettetemi di usare questi termini - come prima, che trovava tempi che non sempre erano rispondenti alle esigenze; e questo è un altro grande passo avanti che è contenuto in questo provvedimento.

E nonostante abbiamo fatto molti passi in avanti, rimangono ancora difficoltà per il paziente di avere una diagnosi appropriata in tempi rapidi, così come rimangono la mancanza di cure e di terapie. Giustamente, abbiamo sollevato la necessità di investimenti nella ricerca in questo settore delle malattie rare. L'investimento in ricerca, in innovazione farmacologica, risulta essere molto oneroso; questa è una delle ragioni che ci ha spinto a dare enfasi a questo aspetto - si può fare sempre di più -, ma ciò è il riconoscimento di quanto scritto in una parte degli articoli di questo provvedimento. La stessa cosa vale per la difficoltà di essere curati per mancanza di terapie, malattie che, spesso, hanno un andamento cronico invalidante; da qui, il peso familiare e sociale, che naturalmente ha la sua importanza. Giustamente e molto egregiamente la collega ha già esplicitato e sottolineato i contenuti, io voglio focalizzarmi su alcune cose che, secondo me, sono di rilievo e che vorrei portare all'attenzione dell'Aula.

Innanzitutto, noi non dobbiamo mai scindere tutto ciò dalla questione degli screening neonatali, che giustamente sono stati qui richiamati. Spesso diciamo: questo non lo si può fare perché adesso non ci sono le risorse, a causa della sostenibilità economica e finanziaria del Servizio sanitario nazionale nel suo complesso. Io preferisco, invece, guardare ai benefici che avrebbero le persone, i pazienti. Gli screening neonatali sono molto importanti, in quanto permetterebbero di far emergere in modo immediato le varie patologie. La seconda cosa molto importante, oltre ai dispositivi medici e ai presidi: qui si dice anche l'addestramento, e non è una parte irrilevante, perché spesso le famiglie hanno bisogno di essere accompagnate e addestrate nell'utilizzo di questi presidi, che hanno anche un certo tasso di innovazione tecnologica e non possono di certo attendere non solo quello che noi attendiamo ancora, ossia il nomenclatore tariffario, ma anche quello che può servire per migliorare la qualità della vita di queste persone.

La terza questione è quella che riguarda l'aggiornamento dell'elenco per gruppi, in modo che diventi più semplice il riconoscimento all'interno di gruppi più ampi nell'elenco delle malattie rare; è una cosa importante e fondamentale per chi vive la malattia rara, il quale spesso è costretto a trasferirsi di regione in regione; quella esigibilità nel poter avere, quindi, attraverso i prontuari regionali, diversamente dalla regione di appartenenza, l'accesso ai farmaci e alle terapie. Una cosa che può sembrare banale, però si è pensato a questa banalità, perché poi l'organizzazione della vita delle persone si misura anche con queste cose; la possibilità, per esempio, di prescrivere e di superare quella soglia, che abbiamo adesso, di tre farmaci per ricetta. Ancora, la centralità che abbiamo dato nel Fondo di solidarietà: non è un'appendice preoccuparci dei caregiver, non è un'appendice preoccuparci della formazione e dell'istruzione in ambito scolastico, non è un “di cui” quello di occuparci e di garantire l'inserimento sociale delle persone con malattie rare e delle conseguenze che possono avere avuto.

Naturalmente, la presenza del Comitato nazionale, oltre a dare gli indirizzi, a promuovere anche le funzioni di indirizzo e di coordinamento, ha la grande valenza di trovare all'interno i portatori di interesse. Noi, credo, l'abbiamo capito. Noi abbiamo, debbo dire, un'ampia unanimità spesso in Commissione, facciamo un po' poco da soli e abbiamo scelto un metodo - che, secondo me, è quello giusto - di non soffrire di autoreferenzialità. Tante volte, anche quando proponiamo emendamenti, quando cerchiamo di operare, lo facciamo perché sentiamo quei portatori d'interesse, non solamente perché hanno dei bisogni specifici, ma perché è dalla storia, dalla vita, dalle esperienze, da quello che vivono, che noi abbiamo la possibilità di conoscere e di superare gli ostacoli, che, come la nostra Costituzione ci ricorda, è uno dei compiti della nostra Repubblica. Concludo, segnalando due punti altrettanto importanti che sono quelli legati alla ricerca, con questo ulteriore versamento del 2 per cento per le spese con autocertificazione che avvengono entro il 30 aprile. Un passaggio importante che ha fatto la collega Bologna è proprio sugli studi clinici, sugli studi pre-clinici e osservazionali. Noi l'abbiamo anche messo e finanziato - per fortuna, io dico - nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ancora molto possiamo fare, perché dagli studi clinici spesso arriva la chiave di volta per poi poter arrivare anche, oltre alla ricerca indipendente, a nuove terapie e soprattutto a nuovi farmaci e anche a nuovi farmaci orfani, oltre naturalmente al credito di imposta, che credo segni, anche quello, un passaggio importante, che è stato messo nella proposta di legge. Faccio due richiami importanti a mio giudizio: è un obbligo quello che abbiamo scritto, non è che noi le regole le possiamo smontare quando facciamo le proposte di legge.

Quindi, è chiaro che per molti passaggi troverete un richiamo, necessariamente, alle intese, agli accordi con la Conferenza Stato-regioni, il richiamo alla definizione dei regolamenti, ai decreti ministeriali della Salute, ai decreti adottati con il Ministero della Salute e con il MEF. Noi non ci dimentichiamo mai che abbiamo, giustamente, anche dei giornali specifici che ci ricordano sempre, ai fini dell'attuazione delle norme, quanto, poi, siamo stati bravi a renderli vivi e vitali attraverso l'applicazione di questi passaggi.

Io credo che, anche su questo, oltre al passaggio che mi auguro sia davvero celere - nessuno vuole togliere, naturalmente, il contributo dei rami del Parlamento, ci mancherebbe altro - il lavoro che abbiamo fatto è stato svolto anche mettendo a sistema le competenze e le conoscenze tra Camera e Senato ed è per questo che, anche per l'attesa che per ragioni diverse abbiamo un po' sofferto, l'abbiamo fatto nella consapevolezza che, alla fine, saremmo arrivati ad un testo che sono certa troverà - ne sono quasi sicura - la totale condivisione di quest'Aula. Proprio per queste ragioni, proprio per questo passaggio, vorrei dire che spesso ci domandano: ma voi in Parlamento che cosa fate? Spesso sembra che siamo un'entità non dico astratta, ma diciamo che, ultimamente, il ruolo parlamentare non ha, di certo, l'attenzione e il riconoscimento del rango che questo luogo di fatto meriterebbe. Eppure, io sono convinta che la testimonianza del nostro ruolo l'abbiamo anche qui, oggi, in questo passaggio. Lo dico con commozione, da un lato, e con forte convincimento, dall'altro, perché si legifera affinché la vita di chi sta fuori da quest'Aula sia migliore, per la qualità dell'assistenza, della diagnosi, delle cure, delle terapie, dei progetti personalizzati, perché quelle disuguaglianze territoriali che ancora sono molto presenti nel nostro territorio siano abbattute, per riuscire a valorizzare le moltissime competenze nei centri che noi abbiamo già e fare in modo che queste competenze diventino conoscenze condivise.

Ecco, io credo che, proprio per tutte queste ragioni, possiamo essere, da un lato, modestamente, in modo sommesso, anche orgogliosi del lavoro che abbiamo fatto, ma sono sicura che il metodo utilizzato è stato il metodo giusto: quello di una condivisione tra le varie forze politiche, quello della tenacia che non è mai venuta meno - quella della relatrice, senz'altro, di tutti noi e di tutte le forze politiche - e, soprattutto, di aver dato voce al ruolo con proposte di legge parlamentari e non governative in questo caso - naturalmente, fatte con un ruolo fondamentale da parte del Governo - di aver dato la possibilità di cambiare la vita di molti malati e di molti pazienti, e pazienti con malattie rare.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Il testo unico che arriva oggi in Aula è la prova che quando il Parlamento e i diversi schieramenti politici si interrogano su quelle che sono le vere necessità al di fuori del campo della mera ideologia, si può facilmente arrivare a testi condivisi e supportati dal consenso trasversale, perché Fratelli d'Italia voterà a favore di questo provvedimento. Lo facciamo convintamente, anche considerando che questo testo unico nasce dalla volontà di dare una risposta a quei cinque pazienti ogni 10 mila abitanti a cui viene diagnosticata una malattia rara. Questo testo unico è la somma, come diceva la collega, di varie proposte di legge parlamentari e siamo orgogliosi che anche quella presentata dal gruppo di Fratelli d'Italia, nella persona della mia collega, onorevole Bellucci, rientri fra queste proposte.

Dico questo perché, benché quando si parla di malattie rare si abbia la percezione che siano qualcosa di lontano da noi, in realtà, si fa riferimento a patologie eterogenee, che comportano difficoltà diagnostiche, onerosità del trattamento clinico, esiti invalidanti. Non sfuggirà, quindi, l'importanza di questo tema, che investe, inevitabilmente, anche la disciplina che riguarda i medicinali orfani, vale a dire quei farmaci che non sono distribuiti dall'industria farmaceutica per ragioni economiche e che, tuttavia, rispondono ad un bisogno di salute pubblica che, mai come ora, è un tema centrale e fondamentale nelle nostre discussioni, proprio perché è emerso con preponderanza a causa del COVID.

In base ai dati che sono emersi dal Registro delle malattie rare dell'Istituto superiore di sanità, in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10 mila abitanti e, ogni anno, sono circa 19 mila i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse su tutta la Penisola. Il 20 per cento di queste patologie coinvolge persone in età pediatrica, con patologie che vanno da malformazioni congenite a disturbi immunitari. Ebbene, il pregio di questo testo unico è innanzitutto quello di aver reso chiaro un concetto, un principio e, cioè, che l'elenco delle malattie rare esenti dal ticket deve essere aperto, in modo da consentire che tutte le malattie rare riconducibili ad un gruppo, anche se non puntualmente elencate, abbiano diritto a quella esenzione e al trattamento sanitario nazionale. Un concetto tanto banale, quanto essenziale nel nostro sistema che, alle volte, invece, è troppo rigido su questo punto. In questo modo, si potrà dare assistenza anche a coloro i quali incorrono in una patologia a bassa prevalenza e a coloro ai quali viene diagnosticata una malattia ultra-rara.

Un ottimo lavoro, quindi, è stato fatto anche per stimolare le aziende farmaceutiche nella ricerca e nella commercializzazione dei farmaci orfani, troppo spesso dimenticati, così come in tema di interregionalità della assistenza sanitaria.

Particolare plauso, secondo il gruppo di Fratelli d'Italia, va alla disposizione dell'articolo 6, che prevede l'istituzione del Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare e destinato a misure per il sostegno del lavoro di cura e assistenza e a quelle di stimolo alla ricerca tramite il sistema del credito d'imposta, anche rispetto alla ricerca indipendente.

Insomma, un testo unico che troverà il voto favorevole, come ho già detto, di Fratelli d'Italia che, ancora una volta, dimostra che, quando si opera a favore di giuste cause, questo Parlamento troverà sempre la nostra condivisione.

Crediamo fortemente che questo provvedimento possa rappresentare un punto di partenza, di dialogo e confronto costruttivo e ci auguriamo che non sia un unicum nel suo genere, ma solo l'inizio di un percorso affinché questa Camera si inizi ad occupare di quelli che, secondo noi, sono gli ultimi fra gli altri, ma che devono essere considerati in ogni ambito.

Ovviamente ogni provvedimento è perfettibile, non c'è mai nulla di perfetto, ma, indubbiamente, il lavoro di coordinamento e di collante che è stato fatto fra tutte le forze politiche ha dato oggi la possibilità di tenere a mente che anche solo un caso è un caso che deve attirare la nostra attenzione, che deve essere trattato e che deve essere, soprattutto, curato nel miglior modo possibile.

Noi riteniamo che questo testo unico sia l'inizio anche per avere più voce in Europa per lo scambio dei dati, soprattutto, in funzione della ricerca, che, ovviamente, è il vero motore per la cura delle patologie rare.

Riteniamo che la presenza di una serie di emendamenti di Fratelli d'Italia, sui quali si è, comunque, discusso, sia stata davvero un'ottima base di partenza per aprire un dialogo che vorremmo ritrovare in tutti i provvedimenti che si occupano delle vere necessità, non soltanto in ambito sanitario ma, in maniera più estesa, in tutti gli ambiti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Grazie, Presidente. Colleghi, signora sottosegretario, la proposta di legge che l'Aula si appresta ad esaminare rappresenta una sorta di legge quadro, finalizzata a garantire la cura delle malattie rare e a sostenere la ricerca e la produzione di farmaci orfani necessari alla terapia delle medesime malattie. Il risultato che ne è uscito, il testo finale, è la sintesi di un importante lavoro in Commissione Affari sociali, iniziato oltre due anni fa, a cui hanno contribuito cinque proposte di legge e, tra queste, mi fa piacere ricordare che una è del collega Paolo Russo. Mi auguro che questa sia finalmente la legislatura giusta, per far diventare legge dello Stato norme in grado di garantire il diritto alla salute delle persone affette da malattie rare.

Voglio ricordare che è dalla lontana XIV legislatura che sono state presentate in Parlamento proposte di legge in materia di ricerca e cura delle malattie rare, ma non sono mai state approvate definitivamente. Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese, i malati rari sono circa 2 milioni e decine di milioni in tutta Europa: nel 70 per cento dei casi, si tratta di pazienti in età pediatrica. Tenendo conto dell'ambito familiare, questo significa che, in Italia, non meno di 6 milioni di persone sono fortemente e quotidianamente interessate a questo problema ed hanno, giustamente, bisogno di sostegno e di risposte concrete.

In base ai dati coordinati dal Registro nazionale malattie rare dell'Istituto superiore di sanità, in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10 mila abitanti e, ogni anno, sono circa 19 mila i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la penisola. Si tratta di patologie potenzialmente letali o croniche, in gran parte di origine genetica, che comprendono anche rare forme tumorali, malattie autoimmuni e malformazioni congenite. Parliamo di malattie gravemente invalidanti e, spesso, causa di mortalità precoce, che costringono i malati e le loro famiglie alla difficile ricerca di strutture sanitarie adeguate alla diagnosi e ai trattamenti disponibili, strutture dove reperire le necessarie specializzazioni ed esperienze per affrontare la malattia. Oltre ad essere numerose, sono anche molto eterogenee fra di loro e richiedono un approccio articolato e complesso, basato su interventi specifici e combinati, per cercare di migliorare la qualità della vita delle persone colpite.

È evidente che, ad oggi, la carenza di conoscenza sulle malattie rare e la loro bassa prevalenza nella popolazione, troppo spesso, si associa alla difficoltà di ottenere una rapida e corretta diagnosi e di trovare un'adeguata terapia. Ciò contribuisce ad aggravare lo stato di salute dei portatori e questo provoca, frequentemente, anche in conseguenza di difficoltà diagnostiche, ritardi e ricoveri inutili, infinite consulenze specialistiche, prescrizione di farmaci e trattamenti a volte inadeguati. Inoltre, ancora oggi, molti malati rari hanno difficoltà a vedersi riconosciuti i propri diritti: invalidità civile non riconosciuta, a causa di una patologia poco nota, con conseguente mancata erogazione delle prestazioni economiche; difficoltà di ottenimento di diritti sul fronte scolastico e lavorativo, soprattutto per i caregiver e i pazienti oncologici legati alla legge n. 104, difficoltà di accesso alle esenzioni e alle agevolazioni fiscali.

C'è, inoltre, un altro aspetto, che vorrei evidenziare, ossia la troppa differenza di trattamento che, tutt'oggi, esiste tra le varie regioni del nostro Paese, e questo anche per la mancanza o non omogenea disponibilità sul territorio nazionale di strutture specialistiche adeguate, nonostante che tutti i cittadini debbano godere dello stesso livello di prestazioni da parte del Servizio sanitario nazionale. L'attuale normativa non è in grado di fornire un'assistenza adeguata a molti di questi malati e alle loro famiglie, che, troppo spesso, si trovano senza un sostegno efficace.

In ambito nazionale, il decreto ministeriale n. 279 del 2001, che disciplina le modalità di esenzione dalla partecipazione al costo delle malattie rare, ha previsto anche l'istituzione di una rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare, una rete costituita da centri di diagnosi e cura o presidi ospedalieri. Sotto questo aspetto, ricordiamo che il Terzo Programma dell'Unione europea in materia di salute 2014-2020 ha fatto espresso riferimento all'obiettivo di sostenere la creazione di un sistema di reti di riferimento europee, a favore dei pazienti le cui patologie richiedono cure altamente specialistiche, come nel caso, appunto, delle malattie rare. Sono norme importanti, ma non ancora adeguate a dare una soluzione complessiva ed organica ai problemi così rilevanti, troppo spesso drammatici, vissuti ogni giorno da chi è colpito, direttamente o indirettamente, da una malattia rara.

Per questi motivi, è importante che quest'Aula approvi questa proposta di legge finalizzata a garantire, da un lato, l'uniformità dell'erogazione nel territorio nazionale delle prestazioni e dei medicinali, dall'altro, il coordinamento e l'aggiornamento periodico dei LEA e dell'elenco delle malattie rare ed anche il riordino ed il potenziamento della rete nazionale per le malattie rare, per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle stesse. Per ultima, ma certamente non ultima, la finalità di contribuire al sostegno della ricerca in questo ambito.

Accanto a ciò e strettamente correlato alle malattie rare, questo provvedimento reca disposizioni per assicurare l'assistenza farmaceutica e l'immediata disponibilità dei farmaci orfani.

Così come è importante sottolineare l'aver previsto l'istituzione di un Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, destinato al finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura ed assistenza delle persone affette da tali patologie, con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento e che necessitano di assistenza continua.

C'è un aspetto, infine - e concludo, Presidente -, sul quale, forse, ci si poteva aspettare di più da questo testo e che rappresenta, forse, un punto di debolezza, ossia quello delle risorse complessivamente stanziate, risorse insufficienti e, comunque, non adeguate per garantire una piena efficacia della legge.

Detto questo, mi auguro che il Senato, che dovrà esaminare questa proposta di legge, sia in grado di approvarla definitivamente nei tempi più rapidi possibili.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimo Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie Presidente. Il provvedimento che ci troviamo a discutere contiene disposizioni volte ad assicurare la cura delle malattie rare e il sostegno alla ricerca ed alla produzione dei farmaci orfani, finalizzati alla terapia di tali malattie.

Questo provvedimento è il frutto di un lungo lavoro, svolto nella XII Commissione, durato due anni, che ha visto il coinvolgimento di tanti enti, esperti e associazioni ascoltati in audizione, tra cui, per ricordarne alcuni, l'Osservatorio delle malattie rare, la Federazione italiana malattie rare, il Centro nazionale per le malattie rare, Agenas, Aifa, Farmindustria, l'Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” e la Fondazione Telethon. Tutti questi attori, con le loro competenze e la loro esperienza, hanno aiutato ad arrivare, in Commissione, a un testo unico condiviso da tutti i gruppi parlamentari. Già questo è un grande risultato, di cui dobbiamo essere molto grati soprattutto alle tante associazioni dei pazienti che, in tutti questi anni, hanno supportato e promosso la battaglia per il riconoscimento del diritto a una presa in carico globale, efficace e tempestiva delle persone con malattie rare, e che, con il loro incessante impegno, hanno fortemente contribuito a rendere possibile l'approdo del provvedimento in quest'Aula.

Il testo in esame, infatti, affronta alcuni nodi fondamentali relativi a questa materia, così importante per la vita di tanti cittadini italiani, ossia, appunto, quella delle malattie rare. Parliamo di uno spettro di patologie eterogenee, con una bassa prevalenza nella popolazione di ogni singola malattia (parliamo di meno di 5 casi ogni 10.000 abitanti), patologie che pure, complessivamente, riguardano milioni di persone. Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese i malati rari sono circa 2 milioni, nel 70 per cento dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica. In base ai dati coordinati dal registro nazionale malattie rare dell'Istituto superiore di sanità, in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e, ogni anno, sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutto il nostro Paese. Milioni di cittadini, dunque, che soffrono di tante malattie molto diverse tra di loro. Il numero di malattie rare riconosciute e diagnosticate oscilla tra le 7.000 e le 8.000, ma, con il progredire della scienza e della capacità di identificare patologie sconosciute, questo numero cresce progressivamente. Proprio per la loro frammentarietà e rarità, si caratterizzano per alcune criticità comuni: le difficoltà diagnostiche, l'onerosità dei trattamenti clinici e gli esiti, spesso molto invalidanti, che le accumunano.

Proprio partendo da queste loro caratteristiche così peculiari, l'Unione europea ha identificato le malattie rare come una materia sanitaria su cui è necessaria la promozione di azioni comuni per la condivisione delle conoscenze e per riunire risorse tra gli Stati membri, incentivando la collaborazione anche in ottica transnazionale. Ma quella stessa necessità di collaborazione, di sforzo unitario e di coordinamento individuata a livello comunitario vale, a maggior ragione, a livello nazionale.

È proprio per rispondere a questa necessità che nasce questo testo unico, che si pone l'obiettivo di riordinare, sistematizzare e aggiornare una serie di interventi sul tema delle malattie rare, che spesso già sono in essere, ma che meritano di essere inseriti in una legge quadro organica e unitaria. Identifichiamo in 4 le finalità essenziali di questa legge: la prima, quella di garantire l'uniformità dell'erogazione sul territorio nazionale delle prestazioni e dei medicinali, inclusi i medicinali orfani; la seconda, quella di assicurare il coordinamento e l'aggiornamento periodico dei livelli di assistenza dell'elenco delle malattie rare; il terzo è quello di realizzare il coordinamento, il riordino e il potenziamento della rete nazionale delle malattie rare, istituita con il regolamento di cui al decreto del Ministro della Sanità del 18 maggio 2001, comprensiva dei centri che fanno parte delle reti di riferimento europee per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare; infine, la quarta finalità di questa legge è quella di sostenere la ricerca di base.

Per quanto riguarda il primo obiettivo, anzitutto la proposta di legge definisce, in linea con i criteri stabiliti dal regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, cosa si intende per farmaco orfano. Senza entrare nei dettagli di tale definizione, la finalità è quella di individuare una categoria di farmaci che, essendo destinati alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di patologie rare, in mancanza di incentivi non sarebbero probabilmente sviluppati, in quanto la loro commercializzazione non sarebbe così redditizia da giustificare l'investimento necessario (così definiamo il farmaco orfano), il che rischierebbe di lasciare i pazienti affetti da malattie rare esclusi dai progressi della scienza e delle cure, negando loro gli stessi diritti sanitari di tutti gli altri malati. Un aspetto, questo, particolarmente importante, tenuto conto di come il passaggio dall'età pediatrica all'età adulta costituisca un momento particolarmente delicato per la vita del paziente, da ogni punto di vista.

Sempre nell'ottica di una presa in carico globale della persona con malattia rara, una presa in carico che tenga conto di quanto questo tipo di patologie abbia un impatto complessivo sulla vita delle persone, la proposta di legge prevede l'istituzione del Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, con una dotazione iniziale pari a 1 milione di euro a partire dal 2022. Si tratta certamente di un Fondo esiguo, che sicuramente andrà incrementato. Si tratta, però, di un riconoscimento importante, perché questo Fondo servirà per finanziare misure per il sostegno del lavoro di cura e di assistenza delle persone con malattie rare con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con connotazioni di gravità ai sensi della legge n. 104 del 1992, che necessitano di assistenza continua.

Sotto il profilo del coordinamento, il provvedimento in esame include una serie di interventi per dare ordine, cogenza, efficacia e sistematicità a strumenti anche già in parte esistenti. Così definisce, appunto, le funzioni del Centro nazionale per le malattie rare, con sede presso l'Istituto superiore di sanità, già istituito dal decreto del Ministero della Salute nel marzo 2016, prevedendo che esso non solo svolga attività di ricerca, consulenza e documentazione sulle malattie rare e i farmaci orfani, finalizzata alla prevenzione, al trattamento e alla sorveglianza delle stesse, ma sia anche la sede del registro nazionale malattie rare e promuova il suo mantenimento e sviluppo. Il registro è uno strumento fondamentale per la programmazione degli interventi nel campo delle malattie rare perché permette di raccogliere dati essenziali per la ricerca in campo epidemiologico, medico e biomedico. Peraltro, al Centro nazionale dovrà arrivare il flusso di informazioni delle reti delle malattie rare, così da raccogliere nuove conoscenze, monitorare l'attività e l'uso delle risorse, nonché valutare la qualità complessiva della presa in carico dei pazienti e attuare un monitoraggio epidemiologico. In seconda battuta, istituisce il Comitato nazionale per le malattie rare, che dovrà avere una composizione idonea ad assicurare la rappresentanza di tutti i soggetti portatori di interesse, così da assicurare interventi coordinati e omogenei su tutto il territorio nazionale. Prevede, inoltre, che ogni 3 anni venga approvato il Piano nazionale malattie rare. L'ultimo Piano risale, sottosegretario, al 2016 e, quindi, con questa legge, finalmente vi sarà l'obbligo di un aggiornamento periodico. Infine, il riordino della rete nazionale delle malattie rare, articolata nelle reti regionali e interregionali dei centri di riferimento e dei centri di eccellenza che partecipano allo sviluppo delle reti di riferimento europee, una rete essenziale per consentire interventi coordinati e omogenei su tutto il territorio nazionale.

È evidente che questa proposta di legge in discussione non risolverà tutti i grandi problemi che riguardano la vita delle persone con malattie rare. Tuttavia, è un passo molto importante per il nostro Paese, perché finalmente viene disegnato un quadro unitario e coerente che consenta di affrontare tutti i vari aspetti, dalla ricerca all'accesso ai farmaci e al coordinamento delle reti per le malattie rare, dalla presa in carico fino all'assistenza. Finalmente viene messo in campo un sistema di pianificazione che possa consentire di modificare e di modulare gli interventi necessari per sostenere e accompagnare i pazienti che si confrontano ogni giorno con una condizione difficilissima.

Concludendo, Presidente, questa legge è un primo passo, che sarà tanto più efficace quanto il suo contenuto troverà concreta applicazione e sarà tanto più efficace, in parallelo nell'ambito di implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza con tutti quegli interventi che riguardano l'inclusione delle persone con disabilità che spesso hanno malattie rare, il sostegno alla ricerca, la realizzazione di un'assistenza domiciliare capace di farsi carico anche di patologie complesse, la prevenzione secondaria, quanto più, dicevo, in tutti questi interventi si terrà conto delle esigenze e dei bisogni dei malati gravi. Lo slogan della Giornata dedicata alla malattie rare deve essere: “Siamo rari, ma uniti siamo forti”.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mauro Sutto. Ne ha facoltà.

MAURO SUTTO (LEGA). Grazie, Presidente. Governo, colleghi e colleghe, oggi siamo in Aula per discutere una proposta di legge concernente la cura delle malattie rare e il sostegno alla ricerca della produzione dei farmaci orfani. Finalmente. Finalmente, Presidente, perché è molto tempo che l'attendevamo. L'esame, come sappiamo, ha avuto una gestazione molto lunga in Commissione, dovuta particolarmente ai decreti emergenziali. Presidente, potrei farle vedere tutti i messaggi che ho ricevuto fino ad oggi da pazienti affetti da malattie rare, ma la mia risposta, fino all'altro giorno, è sempre stata una: attendiamo, qualcosa arriva. In realtà, la scorsa settimana abbiamo avuto la prima risposta positiva, ossia che oggi sarebbe partito l'iter parlamentare. La Lega, nel merito, ha contribuito in modo attivo con un proprio testo, poi confluito, come quello degli altri, in un testo unico. Nel contempo, ringrazio la relatrice, collega Bologna, per aver sempre recepito puntualmente le osservazioni e per aver costruito una sintesi sempre molto, molto positiva.

La proposta di legge reca disposizioni in materia di malattie rare, intervenendo su più aspetti connessi tra loro, con l'obiettivo comune di tutelare in maniera piena ed effettiva il diritto alla salute delle persone che soffrono di queste patologie. Una malattia si definisce rara quando la sua prevalenza, intesa come numero di casi presenti in una determinata popolazione, non supera una soglia stabilita. Nell'Unione europea il limite in questione è fissato a non più di 5 persone su 10.000. Queste malattie sono molto diverse tra loro, ma spesso con comuni problemi di ritardo nella diagnosi, mancanza di una cura e carico assistenziale.

L'errore più comune che si commette quando si affronta il tema delle malattie rare è quello di pensare che esse riguardino, nel loro complesso, un numero molto ristretto di persone. In realtà, non è così. È vero che le malattie rare rappresentano una bassa prevalenza nella popolazione, ma è anche vero che sono moltissime: la stima è tra le 7 e le 8 mila secondo le principali classificazioni scientifiche. Stiamo dunque parlando non di pochi malati, ma di milioni di persone in Italia e decine di milioni in Europa. Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese i malati rari sono circa 2 milioni; nel 70 per cento dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica. Pertanto, è evidente l'estrema rilevanza della problematica sanitaria in esame. Per le loro peculiarità e per la scarsità di conoscenze, le malattie rare sono state identificate dall'Unione europea come uno dei settori della sanità pubblica per i quali è fondamentale la cooperazione tra gli Stati membri; e per questo hanno formato oggetto di numerosi provvedimenti e atti di indirizzo. Tra questi si ricordano, in particolare, il citato regolamento n. 141 del 2000 e la raccomandazione dell'8 giugno del 2009, volta ad istituire misure per migliorare le conoscenze sulle malattie rare, nonché sulla qualità della vita e sulla cura dei pazienti. Particolarmente rilevante è anche la direttiva del Parlamento europeo del 9 marzo del 2011 sull'assistenza sanitaria transfrontaliera, in attuazione della quale sono state istituite le reti di riferimento europee sulle malattie rare, European Reference Network, comunemente chiamate ERN. Si tratta di centri di expertise, prestatori di assistenza sanitaria e laboratori che forniscono un quadro di riferimento per i percorsi sanitari, rafforzando la cooperazione fra gli Stati membri e agevolando la condivisione delle conoscenze nell'Unione europea.

A livello nazionale, occorre citare sicuramente il regolamento, di cui al decreto del Ministro della Sanità del 18 maggio 2001, n. 279, con il quale sono state individuate le malattie rare che danno diritto all'esenzione della partecipazione al costo delle correlate prestazioni sanitarie. Il regolamento ha altresì previsto l'istituzione della Rete nazionale per la prevenzione, sorveglianza, diagnosi e terapia delle malattie rare, costituita dai centri regionali e interregionali di riferimento e dai presidi accreditati, individuati dalle regioni tra quelli in possesso di documentata esperienza in materia. Inoltre, è stato istituito il Registro nazionale delle malattie rare al fine di supportare la programmazione degli interventi, volti alla tutela delle persone affette da queste malattie e attuare la sorveglianza delle stesse. Più di recente è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio del 2017 recante definizione ed aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con il quale, dopo molti anni, si è proceduto alla riorganizzazione dell'elenco delle malattie rare, individuate dal citato regolamento, di cui al decreto ministeriale n. 279 del 2001, secondo la nuova impostazione che classifica le patologie per gruppi aperti, in modo da riconoscere l'accesso ai benefici anche in relazione a malattie non espressamente menzionate, purché riconducibili ad un determinato gruppo o sottogruppo.

Infine, per quanto riguarda la disciplina applicabile ai farmaci orfani che sono destinati al trattamento delle malattie rare, si è stabilita una procedura accelerata per la rinegoziazione delle condizioni di prezzo e di rimborso di tali prodotti, con l'obiettivo di ridurre i tempi necessari per la loro prescrivibilità a carico del Servizio sanitario nazionale. Tali misure vanno sicuramente valutate con favore, avendo introdotto nell'ordinamento nazionale principi e istituti fondamentali per la tutela delle persone affette da malattie rare. Vi sono, tuttavia, numerose criticità alle quali occorre ancora porre rimedio ed è per questo che è nata la presente legge.

Innanzitutto, è necessario garantire una maggiore reattività nei processi di aggiornamento dei LEA e dell'elenco delle malattie rare, riconosciute dal Servizio sanitario nazionale. Dal 2001 ad oggi questo aggiornamento è stato effettuato una sola volta tramite il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2017; si è riscontrato quindi un distacco tra l'evoluzione medico-scientifica e quella normativa che si ripercuote inevitabilmente a danno delle persone affette da malattie rare, traducendosi in un vuoto di tutela sul fronte dell'assistenza e delle prestazioni loro riconosciute. In secondo luogo, è necessario migliorare la presa in carico di tali soggetti, perfezionando ulteriormente il sistema di collegamento tra livello centrale e la rete regionale, e predisponendo, altresì, percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali standard, per ogni malattia rara o gruppo di patologie con esigenze assistenziali simili, basati su linee guida condivise e che possano essere più facilmente e velocemente personalizzati e approvati da ciascuna regione. C'è poi il tema della ricerca scientifica e dei medicinali orfani. La bassa prevalenza nella popolazione costituisce un disincentivo allo sviluppo di nuovi medicinali, che infatti vengono definiti orfani anche perché manca l'interesse da parte dell'industria farmaceutica ad investire nel loro sviluppo e nella loro commercializzazione. Ancora oggi vi sono moltissime malattie rare e poco conosciute, per le quali non esistono terapie e neppure adeguate forme di diagnosi o prevenzione. È, quindi, necessario sostenere la ricerca con misure efficaci nel medio e nel lungo periodo e, ancora, è necessario garantire che i medicinali orfani, una volta approvati e ammessi alla rimborsabilità, siano immediatamente resi disponibili in tutto il territorio nazionale.

Entriamo nel merito del suddetto provvedimento che ha la finalità di tutelare il diritto alla salute delle persone affette da malattie rare attraverso misure volte a garantire l'uniformità dell'erogazione nel territorio nazionale delle prestazioni e dei medicinali, inclusi quelli orfani, il coordinamento, l'aggiornamento periodico dei livelli di assistenza e dell'elenco delle malattie rare, il coordinamento, il riordino e il potenziamento della Rete nazionale per le malattie rare, il sostegno alla ricerca.

Ricordiamo qualche articolo. L'articolo 2 definisce, per l'appunto, le malattie rare e, ai fini del provvedimento, sono riconosciute anche le malattie ultra rare, ovvero caratterizzate da una prevalenza inferiore a 1 individuo su 50 mila; anche i tumori rari, la cui identificazione deriva dal criterio di incidenza, rientrano tra le malattie rare, come disciplinate dal provvedimento in esame. Si va poi a definire che cos'è un farmaco orfano, destinato appunto alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una affezione che comporta una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che colpisce non più di 5 individui su 10 mila, nel momento in cui è presentata la domanda di assegnazione della qualifica di farmaco orfano, oppure se è destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di un'affezione che comporta una minaccia per la vita, di un'affezione seriamente debilitante o di un'affezione grave e cronica.

L'articolo 4 delinea poi un piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato e livelli di assistenza per le malattie rare; i centri di riferimento, di cui al decreto del Ministro della Sanità 18 maggio 2001, n. 279, definiscono un piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato, compresi i trattamenti e i monitoraggi di cui la persona affetta da una malattia rara necessita, garantendo anche un percorso strutturato nella transizione dall'età pediatrica fino all'età adulta. Sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale i trattamenti sanitari già contenuti nei livelli di assistenza appartenenti alle seguenti categorie: le prestazioni rese nell'ambito del percorso diagnostico a seguito di sospetto di malattia rara, compresi gli accertamenti diagnostici, le prestazioni correlate al monitoraggio clinico, le terapie farmacologiche, anche innovative, di fascia A o H, i medicinali da erogare ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, i prodotti dietetici e le formulazioni galeniche e magistrali preparate presso le farmacie ospedaliere; le cure palliative e le prestazioni di riabilitazione motoria, logopedica, respiratoria, vescicale e neuropsicologica e cognitiva, di terapia psicologica e occupazionale, di trattamenti nutrizionali in regime ambulatoriale semiresidenziale, residenziale e domiciliare; le prestazioni sociosanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017.

Per tutelare la salute dei soggetti affetti da malattie rare il Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, provvede, con proprio decreto, ad aggiornare l'elenco delle malattie rare individuate sulla base della classificazione orphan code presente nel portale Orphanet, dal Centro nazionale delle malattie rare dell'Istituto superiore di sanità.

L'articolo 5 identifica l'assistenza farmaceutica e le disposizioni per assicurare l'immediata disponibilità dei farmaci orfani; i farmaci di fascia A o H, prescritti nell'ambito dell'assistenza per le malattie rare ai pazienti affetti da una malattia rara, sono erogati dalle farmacie dei presidi sanitari, dalle aziende sanitarie territoriali di appartenenza del paziente e dalle farmacie pubbliche e private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.

In deroga, poi, alle disposizioni in materia di prescrizioni farmaceutiche, di cui all'articolo 9 della legge n. 274 del 1994, per le prescrizioni relative ad una malattia rara, il numero di pezzi prescrivibili può essere superiore a tre, quando previsto.

L'articolo 6 istituisce un Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, con una dotazione pari a un milione di euro annui, a decorrere dall'anno 2022.

Al fine di introdurre interventi volti a favorire l'inserimento e la permanenza delle persone affette da malattie rare nei diversi ambienti di vita e di lavoro, sono disciplinate, nei limiti della dotazione del fondo di cui al comma precedente, le misure finalizzate a riconoscere alle famiglie e ai caregiver delle persone affette da malattie rare benefici e contributi per il sostegno e la cura delle persone affette da malattie rare in funzione della disabilità e dei bisogni assistenziali e a garantire il diritto all'educazione e alla formazione delle persone affette da malattie rare nelle scuole di ogni ordine e grado, assicurando che il piano terapeutico sia effettuato anche in ambiente scolastico, con il supporto del personale della scuola appositamente formato, degli operatori delle reti territoriali di assistenza ed eventualmente dei familiari o del caregiver della persona affetta da malattia rara.

Si favorisce l'inserimento lavorativo della persona affetta da una malattia rara, garantendo la possibilità di mantenere una condizione lavorativa autonoma.

Si istituisce poi il Centro nazionale per le malattie rare che svolge attività di ricerca, consulenza e documentazione sulle malattie rare e i farmaci orfani, finalizzata alla prevenzione, al trattamento e alla sorveglianza delle stesse.

L'articolo 8 cita l'istituzione del Comitato nazionale per le malattie rare: entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Salute, con proprio decreto, istituisce presso il Ministero della Salute, il Comitato nazionale per le malattie rare (chiamato Comitato) e ne disciplina le modalità di funzionamento, prevedendo in particolare che le riunioni dello stesso si svolgano preferibilmente mediante videoconferenza. La composizione del Comitato assicura la partecipazione di tutti i soggetti portatori di interessi del settore, quindi i rappresentanti dei Ministeri della Salute, dell'Università e della ricerca e del Lavoro e delle politiche sociali, della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'Agenzia italiana del farmaco, dell'Istituto superiore di sanità, dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, degli ordini e delle professioni sanitarie, delle società scientifiche, degli enti di ricerca senza scopo di lucro riconosciuti dal Ministero dell'Università e della ricerca, che si occupano di malattie rare e delle associazioni dei pazienti affetti dalle malattie rare più rappresentative sul territorio nazionale. Il Comitato chiaramente svolge funzioni di indirizzo e di coordinamento, definendo le linee strategiche delle politiche nazionali e regionali in materia di malattie rare.

L'articolo 9 cita il Piano nazionale per le malattie rare e il riordino della rete nazionale per le stesse.

C'è poi, all'articolo 11, un finanziamento della ricerca sulle malattie rare e dello sviluppo dei farmaci orfani. A decorrere dall'anno 2022, il Fondo è integrato con un versamento pari al 2 per cento delle spese autocertificate entro il 30 aprile di ogni anno, da parte delle aziende farmaceutiche, sull'ammontare complessivo della spesa sostenuta nell'anno precedente per le attività di promozione rivolte al personale sanitario. Il fondo, per la parte delle risorse di cui al comma precedente, è destinato alle seguenti attività: studi preclinici e clinici promossi nel settore delle malattie rare, studi osservazionali e registri di uso compassionevole di farmaci non ancora commercializzati in Italia, programmi di sorveglianza sui farmaci orfani e su altri trattamenti innovativi immessi in commercio, ricerca e sviluppo di farmaci orfani plasmaderivati, progetti di sviluppo di test per screening neonatale per diagnosi di malattie rare, per cui sia disponibile, o in fase di sviluppo avanzato comprovato, una cura.

C'è poi l'informazione da parte del Ministero della Salute, nell'ambito delle attività informative e comunicative previste a legislazione vigente.

Come detto, nella discussione era doveroso intervenire con un provvedimento mirato, nella speranza che in futuro si possano trovare altre risorse aggiuntive da aggiungere. Mi unisco alle valutazioni dei colleghi, fatte sia in Commissione che in quest'Aula, e auspico che questa legge sia un primo passo nella giusta direzione, per rispetto dei pazienti affetti dalla malattia rara e dei suoi familiari.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Silvana Nappi. Ne ha facoltà.

SILVANA NAPPI (M5S). Grazie, Presidente. Questa proposta di legge, che fa riferimento a patologie eterogenee con scarsa incidenza, è stata realizzata a seguito di un lungo ciclo di audizioni che si è svolto nella XII Commissione (Affari sociali) ed è un testo unificato dei diversi gruppi parlamentari. È stata appena illustrata in modo esaustivo dalla relatrice, onorevole Bologna, e dagli altri colleghi che mi hanno preceduto, per cui mi soffermerò solo su pochi punti per valorizzarne l'importanza.

Innanzitutto, fornisce una cornice normativa completa per rendere uniforme su tutto il territorio nazionale il trattamento di queste malattie rare o ultra-rare, superando le differenze regionali, in modo da dare così la possibilità a tutti di avere una diagnosi in tempi brevi e accedere ai farmaci, qualora ci fosse la possibilità di una cura per la malattia.

L'assistenza farmacologica nei confronti di queste persone ha messo ancora di più in evidenza la loro fragilità, perché la bassa incidenza di queste patologie non ha permesso di investire fondi per la ricerca di farmaci idonei e fondamentali alla loro cura.

Questi pazienti, però, non possono rimanere esclusi dai progressi della scienza, in quanto hanno gli stessi diritti sanitari di tutti gli altri malati. Con questa proposta di legge si assicura la disponibilità dei farmaci cosiddetti orfani presso le farmacie dei presidi sanitari, presso le aziende sanitarie, nelle farmacie pubbliche e private, anche consentendo l'importazione del farmaco in commercio in altri Paesi e non presente sul territorio nazionale.

La problematica relativa alla tipologia dei farmaci è che la commercializzazione non segue le normali condizioni di mercato, poiché i capitali investiti per la ricerca e lo sviluppo dei prodotti non vengono recuperati attraverso le vendite a causa della scarsa domanda. Per assicurare la disponibilità dei farmaci orfani, bisognerebbe dare maggiore sviluppo alla ricerca proprio nel settore dei farmaci orfani, perché mancano incentivi, mancano risorse per chi si applica a questo tipo di ricerca. Noi abbiamo pensato di applicare un sistema di incentivo fiscale pari al 65 per cento delle spese sostenute per un massimo annuo di 200 mila euro, ma è sicuramente poca cosa rispetto al bisogno che ci sarebbe. E' necessario promuovere azioni comuni per condividere i risultati della ricerca e delle esperienze e riunire le risorse, perché il disagio per queste patologie rare non colpisce solo i pazienti, ma anche le loro famiglie, che, in molti casi, con scarsa informazione e per scarsa informazione, investono gran parte del proprio tempo esclusivamente nella ricerca di équipe mediche specializzate che possano prendersi cura del loro familiare e migliorare la qualità della loro vita.

Questa legge ha cercato proprio di dare la possibilità di riconoscere i centri di riferimento, che possono definire un Piano diagnostico, terapeutico, assistenziale, specifico per il caso clinico, in modo tale che, con diagnosi e piano terapeutico personalizzato, i pazienti possano usufruire dei servizi sanitari a loro necessari, garantendo anche un percorso strutturato nella transizione dall'età pediatrica all'età adulta. Questi trattamenti sono inseriti nei LEA, che verranno periodicamente aggiornati e questi pazienti potranno usufruire di servizi vari, che vanno dall'erogazione dei presidi sanitari, alla riabilitazione e a tutti quei prodotti, anche personalizzati, per la loro malattia.

Appare fondamentale, quindi, informare il personale sanitario, i pazienti e le famiglie, e sensibilizzare l'opinione pubblica sulle malattie rare. L'Unione Europea, proprio per la peculiarità della materia sanitaria, aveva cercato di condividere i risultati della ricerca e delle esperienze, e riunire le risorse, adottando un programma d'azione comunitaria sulle malattie rare ed istituendo un Comitato per i farmaci orfani presso l'Agenzia europea del farmaco.

Anche in Italia c'è stato il riconoscimento di queste malattie come invalidanti e croniche, tanto da riconoscerne i diritti di esenzione totale dalla partecipazione alle prestazioni di assistenza sanitaria, quindi usufruiscono di un ticket totale. Era stato, altresì, già istituito il Registro nazionale delle malattie rare, che in questi anni ha raccolto tutti i dati anagrafici, anamnestici, clinici, strumentali, laboratoristici, considerati anche i rischi delle patologie e lo stile di vita dei soggetti affetti da malattie rare, proprio ai fini di uno studio e di una ricerca scientifica in campo epidemiologico, medico e biomedico.

Il testo normativo in esame prevede anche la formazione di un Comitato nazionale che svolge funzioni di indirizzo e coordinamento, andando a definire le linee strategiche delle politiche nazionali e regionali in materia di malattie rare, anche attraverso l'approvazione, ogni tre anni, del Piano nazionale che si deve coordinare con i centri di eccellenza europea.

Viene, inoltre, inserito un Fondo di solidarietà, all'interno del quale sarà possibile dare sostegno economico alle famiglie e ai caregiver e garantire il diritto all'educazione e all'istruzione per tutte le fasce di età e in tutte le scuole, di ogni ordine e grado, al fine di favorire l'inserimento lavorativo per la loro autonomia.

Il testo in esame prevede che le regioni assicurino, attraverso i centri regionali e interregionali di coordinamento, il flusso informativo delle reti al Centro nazionale per le malattie rare, al fine di monitorare l'attività e l'uso delle risorse, nonché valutare la qualità della presa in carico dei pazienti e attuare un monitoraggio epidemiologico anche al fine di orientare e supportare la programmazione nazionale in tema di malattie rare. Questo è importantissimo perché è proprio la collaborazione che fa diventare vincente questa battaglia. È stato un impegno più etico che politico per ridare la possibilità alle famiglie che vivono in condizione di isolamento e di fragilità di sentire la vicinanza delle istituzioni affinché, attraverso azioni coordinate, si possa ottenere un miglioramento sostanziale delle cure e dell'assistenza, in modo da garantire il diritto alla salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della comunità; quello che ci auguriamo per tutti e anche per i pazienti affetti da malattie rare.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 164-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Fabiola Bologna, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, che rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 25 maggio 2021 - Ore 12:

1. Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale presentata):

S. 2167 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici (Approvato dal Senato). (C. 3113​)

Relatrice: BORDONALI.

2. Seguito della discussione delle mozioni Giarrizzo ed altri n. 1-00424, Lollobrigida ed altri n. 1-00466, Capitanio ed altri n. 1-00467, Bruno Bossio ed altri n. 1-00468 e Giuliodori ed altri n. 1-00479 in materia di infrastrutture digitali efficienti e sicure per la conservazione e l'utilizzo dei dati della pubblica amministrazione .

3. Seguito della discussione delle mozioni Meloni ed altri n. 1-00391 e Liuzzi, Capitanio, Lattanzio, Casciello, Marco Di Maio, Fornaro e Angiola n. 1-00486 concernenti iniziative normative a tutela del pluralismo delle fonti di informazione .

4. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

BRUNO BOSSIO; CECCANTI; BRESCIA ed altri; MELONI ed altri: Modifica all'articolo 58 della Costituzione, in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato). (C. 1511​-1647​-1826​-1873-B​)

Relatori: CECCANTI e CORNELI.

5. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Emanuele Fiano.

(Doc. IV-ter, n. 14-A)

Relatore: VINCI.

6. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

PAOLO RUSSO; BOLOGNA ed altri; DE FILIPPO ed altri; BELLUCCI; PANIZZUT ed altri: Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani.

(C. 164​-1317​-1666​-1907​-2272-A​)

Relatrice: BOLOGNA.

7. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

L'ABBATE e PARENTELA; D'ALESSANDRO ed altri; VIVIANI ed altri: Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. Delega al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore. (C. 1008​-1009​-1636-A​)

Relatori: GALLINELLA e VIVIANI.

La seduta termina alle 16,05.