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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 489 di lunedì 19 aprile 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANDREA DE MARIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 16 aprile 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Baldino, Bergamini, Berlinghieri, Berti, Boschi, Brescia, Brunetta, Cappellacci, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Donina, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lotti, Lucchini, Macina, Maggioni, Marattin, Molinari, Molteni, Montaruli, Morelli, Mulè, Mura, Nappi, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Parolo, Perantoni, Picchi, Polidori, Ribolla, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Vignaroli, Villani, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 87, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della nomina di due Viceministri.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 15 aprile 2021, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato al Presidente della Camera la seguente lettera: “Onorevole Presidente, informo la Signoria Vostra che con decreti del Presidente della Repubblica in data odierna, adottati su mia proposta, previa approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 10, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, della delega di funzioni conferita dal Ministro dello Sviluppo economico, è stato attribuito il titolo di Viceministro ai sottosegretari di Stato presso il medesimo Dicastero senatore Gilberto Pichetto Fratin e dottoressa Alessandra Todde.

Firmato: Mario Draghi”.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30, recante misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 e interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena (A.C. 2945-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2945-A: Conversione in legge del decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30, recante misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 e interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena.

Ricordo che nella seduta del 23 marzo è stata respinta la questione pregiudiziale Lollobrigida ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2945-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni XI (Lavoro) e XII (Affari sociali) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione affari sociali, deputato Roberto Novelli.

ROBERTO NOVELLI, Relatore per la XII Commissione. La ringrazio, signor Presidente. Onorevoli colleghi, l'Assemblea oggi avvia l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge del 13 marzo 2021, n. 30, recante misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 e interventi di sostegno per i lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena. Lascio alla presidente Mura, relatrice per l'XI Commissione, il compito di illustrare le disposizioni recate dall'articolo 2, concernenti il tema dei congedi e del bonus babysitting per lavoratori con figli minori di 16 anni durante il periodo di sospensione dell'attività didattica, ovvero per la durata dell'infezione da SARS-CoV-2 o della quarantena del figlio, comprese le importanti novità introdotte nel corso dell'esame in sede referente svoltosi presso le Commissioni riunite XI e XII.

Per quanto concerne l'articolo 1 del provvedimento, esso prevede misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in considerazione della maggior diffusività del virus e delle sue varianti, al fine di evitare un ulteriore aggravamento dell'epidemia. Evidenzio che tale articolo si riferisce a un periodo compreso tra il 15 marzo e il 6 aprile 2021. Nell'intervallo temporale citato, pertanto, si dispone l'applicazione alle regioni e alle province autonome in “zona gialla” delle misure previste per quelle situate in “zona arancione” e per i giorni delle festività pasquali (3, 4 e 5 aprile) l'applicazione su tutto il territorio nazionale, ad eccezione della “zona bianca”, delle misure previste per la “zona rossa”. Vengono stabilite le sanzioni applicabili alle violazioni delle prescrizioni previste; viene inoltre disposta una comunicazione quotidiana, da parte delle regioni e province autonome, al Ministero della Salute circa il numero dei tamponi eseguiti sul proprio territorio. Le misure restrittive previste, quindi, hanno cessato di produrre effetti il 6 aprile scorso.

Per quanto riguarda il periodo successivo, dal 7 al 30 aprile, segnalo che le misure ad esso riferite sono contemplate nel decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44, il cui relativo disegno di legge di conversione è in corso di esame al Senato. Quest'ultimo, tra l'altro, disciplina lo svolgimento dell'attività didattica ed educativa in presenza sull'intero territorio nazionale e prevede importanti disposizioni in materia di vaccinazioni. La scelta dei relatori e del Governo di non recepire proposte emendative che si riferivano al periodo compreso tra il 7 e il 30 aprile è stata dettata, dunque, dal senso di responsabilità, in quanto, agendo diversamente, si sarebbero potute creare situazioni di conflitto con le vigenti norme contenute nel suddetto decreto-legge in corso di conversione presso l'altro ramo del Parlamento.

Vorrei ricordare, altresì, che lo stato di emergenza epidemiologico risulta attualmente prorogato fino al 30 aprile 2021. Mi sembra, quindi, che lo sforzo da compiere in questo momento da parte di tutte le forze politiche debba essere di andare nella direzione di elaborare una nuova disciplina che troverà applicazione nella prossima fase in cui l'emergenza epidemiologica non sarà sicuramente cessata, ma occorrerà adoperarsi per garantire la ripartenza di tutte le attività in condizioni di sicurezza.

In tale contesto, va sicuramente considerato il ruolo del Parlamento, anche nel senso di ricondurre alla fonte legislativa il quadro generale delle misure da applicare. Tale esigenza è stata correttamente rappresentata nei pareri espressi dal Comitato per la legislazione e dalla I Commissione ed è anche alla base di talune proposte emendative che sono state presentate nel corso dell'iter del provvedimento presso le Commissioni riunite.

Ritengo, tuttavia, che non sia questa la sede idonea per affrontare tale tema, in considerazione, sia del periodo circoscritto e ormai superato, cui fa riferimento l'articolo 1 del decreto-legge, sia della prossima scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica con l'apertura di una fase nuova, che si baserà presumibilmente su misure di contenimento dell'epidemia diverse da quelle applicate sino ad ora.

Dopo aver fatto queste doverose precisazioni, procederei ad illustrare il contenuto di alcune disposizioni che sono state inserite nel testo del decreto durante lo svolgimento dell'esame in sede referente.

Ai sensi dei commi 7-bis e 7-quinquies dell'articolo 1, nell'ambito delle ulteriori misure per contenere e contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, vengono introdotte alcune misure specifiche volte a garantire l'operatività del nuovo ospedale e centro di ricerca applicata Mater Olbia. Si prevede, in particolare, al fine di consentire l'operatività di tale struttura, una deroga per la regione Sardegna, temporalmente circoscritta al periodo 2021-2026, alla normativa vigente in materia di numero di posti letto per abitante.

Viene previsto, in ogni caso, l'obbligo per la regione Sardegna di assicurare, mediante la trasmissione della necessaria documentazione al Ministero della Salute, l'approvazione di un programma di riorganizzazione della rete ospedaliera, volto a garantire, a decorrere dal 1° gennaio 2027, che siano rispettati i parametri derogati, includendo nel computo dei posti letto anche quelli accreditati.

Si prevede, inoltre, che è consentito da parte della regione Sardegna per un biennio, nelle more della piena operatività della struttura, il riconoscimento all'Ospedale Mater Olbia dei costi di funzionamento al netto dei ricavi ottenuti dalle prestazioni. Il Ministero della Salute e la regione Sardegna devono assicurare il monitoraggio delle attività assistenziali poste in essere dall'Ospedale Mater Olbia relativamente alla qualità, all'offerta clinica, alla piena integrazione dell'ospedale con la rete sanitaria pubblica, al recupero della mobilità sanitaria passiva e alla mobilità attiva realizzata. A tale scopo, il Ministero della Salute è chiamato a redigere annualmente una relazione sul monitoraggio effettuato, da inviare alla regione Sardegna, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e alle Camere.

Il nuovo articolo 1-bis, infine, dispone che gli spostamenti per lo svolgimento dei colloqui con i congiunti o con altre persone, ai quali hanno diritto i detenuti, gli internati e gli imputati, siano consentiti anche in deroga alla normativa adottata ai fini del contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 quando i medesimi colloqui siano necessari per salvaguardare la salute fisica o psichica delle stesse persone detenute o internate. Si tratta, a mio avviso, di una soluzione equilibrata ad un problema oggettivo, che riesce a conciliare il principio della certezza della pena da un lato e, dall'altro, l'interesse dei detenuti e dei loro congiunti allo svolgimento dei colloqui in carcere per la tutela della salute fisica e psichica dei detenuti medesimi, nel contesto della situazione eccezionale causata dall'emergenza epidemiologica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la XI Commissione (lavoro), presidente della medesima Commissione, l'onorevole Romina Mura.

ROMINA MURA, Relatrice per la XI Commissione. Grazie, Presidente. Governo, colleghe e colleghi, prima di entrare nel merito del provvedimento e, in particolare, prima di sottoporre all'attenzione dell'Aula le modifiche allo stesso apportate nel corso dei lavori delle Commissioni lavoro e affari sociali, vorrei fare due considerazioni: una relativa alla cornice normativa complessiva, aggiungendo alcune cose a quanto ha detto il collega Novelli; una relativa al prezioso lavoro fatto dalle Commissioni lavoro e affari sociali rispetto a questo provvedimento.

Per quanto riguarda la cornice normativa complessiva, il decreto alla nostra attenzione deve essere contestualizzato nel quadro complessivo degli interventi volti ad affrontare l'emergenza COVID, assunti nel lasso di tempo che va dal 13 marzo al 1° aprile 2021. Il decreto n. 30, come ha detto bene il collega, ha rivisto la classificazione delle fasce di rischio e introdotto nuove restrizioni per il periodo 15 marzo-6 aprile, fra le quali la sospensione della didattica in presenza su ampie porzioni del territorio nazionale. Al fine di assicurare un sostegno rispetto a queste disposizioni, l'articolo 2 del decreto oggi all'esame dell'Assemblea, riprendendo in parte misure già adottate nel corso dello scorso anno, rende possibile ricorrere fino al 30 giugno 2021 a tre strumenti: per i lavoratori dipendenti è consentito il ricorso al lavoro agile o, in alternativa, ad un congedo straordinario retribuito, mentre per i lavoratori autonomi, il personale del comparto sicurezza e difesa, e i lavoratori dipendenti del settore sanitario, è prevista la possibilità di fruire della corresponsione di un bonus per l'acquisto di servizi di babysitting o di servizi integrativi per l'infanzia. In particolare, fino al 30 giugno 2021, ai lavoratori dipendenti pubblici o privati, genitori di figli minori di 16 anni, si riconosce, alternativamente all'altro genitore, la possibilità di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della sospensione dell'attività didattica in presenza, dell'infezione da COVID-19 o dalla quarantena del figlio disposta dalla ASL.

Sono poi intervenuti i decreti n. 41 e n. 44, attualmente all'esame del Senato: il decreto n. 41, con i sostegni che utilizza - i 32 miliardi -, oggetto dell'ultimo scostamento di bilancio approvato dal Parlamento; e il n. 44 che, per il periodo dal 7 al 30 aprile 2021, prevede la ripresa delle attività in presenza fino al primo anno della scuola secondaria di primo grado su tutto il territorio nazionale, zone rosse comprese, con possibilità di deroga solo in casi di eccezionale e straordinaria necessità. Un ulteriore rafforzamento della didattica in presenza dovrebbe poi arrivare, come sappiamo, dai nuovi provvedimenti che saranno adottati dal Governo nei prossimi giorni. Sulla base di questi elementi diventa quindi necessario, nella nostra discussione odierna, tenere presente la concomitanza dei provvedimenti già adottati e di quelli di prossima adozione, sia per comprendere la portata e il senso delle modifiche introdotte dalle Commissioni e, ancor di più, per dare una proiezione futura alla discussione fatta dalle stesse su alcune delicate questioni, che confidiamo possano trovare soluzioni e soprattutto risorse a partire dal prossimo “decreto Sostegni”, che seguirà allo scostamento di bilancio, che voteremo nei prossimi giorni.

In merito al lavoro svolto nelle Commissioni, questo è stato un lavoro di grande qualità e io ringrazio tutti i gruppi politici, di maggioranza e opposizione, sia rispetto alle significative modifiche - che comunque sono state approvate e di cui vi dirò appresso -, sia guardando alla prospettiva. La discussione, favorita anche dalla apprezzabile disponibilità dei Ministeri competenti che hanno seguito il provvedimento ad ascoltare e, nella maggior parte dei casi, a condividere le istanze giunte dalle Commissioni, si è soffermata su tutta una serie di questioni che saranno centrali nella fase di ricostruzione post COVID: dalla riorganizzazione del mondo del lavoro, al necessario e non più rinviabile superamento delle disuguaglianze tra lavoratori dipendenti e autonomi e quelle di genere; dalla questione relativa al riequilibrio dei carichi di lavoro domestico e di cura all'interno delle famiglie agli indispensabili interventi di infrastrutturazione sociale, che dovranno essere uno degli investimenti maggiormente qualificanti e consistenti in ambito al Recovery, come a valere sulle risorse dei prossimi scostamenti che andremo ad autorizzare.

A questo proposito, prendendo a prestito un ragionamento proposto ancora qualche giorno fa dal Presidente Draghi sul debito buono, ricordo che la spesa in welfare, come quella in formazione e cultura, è spesa buona, che stimola la crescita del PIL e che, quindi, è una delle voci da annoverare sicuramente nella categoria del debito buono. I dati contabili evidenziano, anzi, che nei Paesi europei nei quali negli ultimi 25 anni si è investito più convintamente su benessere sociale e formazione, gli squilibri dei conti pubblici si sono addirittura attenuati, fungendo i detti investimenti da leva sulla crescita, molto di più che da voci di aumento del deficit corrente. Optare per questa tipologia di investimento rappresenta, allora, la via maestra per tornare a crescere, oltre che il modo migliore per compensare il forte indebitamento che questi lunghi mesi di crisi sanitaria ed economica caricano sulle spalle delle generazioni più giovani.

Nel corso dei lavori delle Commissioni lavoro e affari sociali c'è stato un ampio e interessante dibattito sul lavoro agile. Il lavoro agile è lavoro e non una misura di conciliazione e, in quanto tale, deve essere considerato e accompagnato con specifiche misure di welfare. Questa è stata una delle frasi maggiormente ripetute nel corso della nostra discussione. Ci siamo ovviamente soffermati sul lavoro agile emergenziale, sperimentato a partire dalla primavera scorsa, che al momento interessa circa 5 milioni di lavoratori. Al riguardo abbiamo ribadito la necessità, non soddisfatta con questo decreto ma che auspichiamo possa esserlo con i prossimi, che le lavoratrici e i lavoratori in smart working possano accedere alle stesse misure di welfare previste per coloro che prestano la propria attività lavorativa secondo modalità ordinarie, senza che questa forma flessibile di organizzazione del lavoro sia fattore escludente rispetto alla possibilità di accedere a congedi e bonus, criticità che purtroppo in questo decreto invece rimane. Abbiamo evidenziato, accanto alla necessità che le regole semplificate dello smart working in scadenza il prossimo 30 aprile e che derogano a quanto previsto dalla legge n. 81 del 2017 vengano prorogate, quella per cui partendo dal lavoro agile e sperimentato in questi mesi - e considerato che finita l'emergenza lo stesso potrebbe interessare fra i 3 e 5 milioni di lavoratori - si definisca meglio la cornice giuridica dello smart working, consapevoli che le prerogative della contrattazione collettiva e gli accordi individuali fra lavoratori e azienda possano realizzarsi al meglio all'interno di una cornice di princìpi generali fissati dal legislatore.

Penso al diritto alla disconnessione su cui, come vi dirò, già introduciamo alcuni elementi in questo decreto, alla necessità di definire meglio cosa si intenda per lavoro agile, all'indicazione di principi sulla base dei quali intendere e rimodulare l'orario di lavoro svolto in modalità smart, alla promozione di buone pratiche, protocolli e codici etici dedicati al lavoro a distanza, alle misure sulla sicurezza e tutela dei lavoratori da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa in modalità smart, alla necessità di definire il lavoro agile, in modo che possa fungere esso stesso da fattore di accelerazione della redistribuzione dei carichi di lavoro all'interno della famiglia e, in tal senso, agire da incentivo all'occupazione femminile.

Abbiamo, poi, affrontato il tema della disabilità quale condizione alla base di scelte legislative e investimenti coraggiosi per ampliare e garantire la possibilità di accesso alle misure di welfare specifiche, nonché la questione dei lavoratori autonomi, delle partite IVA e, più in generale, indipendenti. Nella ridefinizione del nostro sistema di welfare dobbiamo superare definitivamente la divisione insopportabile fra garantiti e non garantiti. Credo che, al riguardo, l'assegno unico universale per i figli, che entrerà in vigore a partire dal prossimo 1° luglio, sia, quanto a parametri di accesso e fruizione, il modello che dovremo applicare a tutte le misure con cui definiremo un nuovo welfare effettivamente universale.

L'Istat fotografa un Paese impoverito: 2 milioni di famiglie e quasi 6 milioni le persone in povertà assoluta. Alle famiglie sono venuti a mancare oltre 90 miliardi di redditi da lavoro. Le buste paga del settore privato hanno registrato un meno 6,9 per cento, le perdite dei redditi da lavoro imprenditoriale ammontano al 12,2 per cento. La spesa finale delle famiglie si è ridotta del 12,3 per cento rispetto allo scorso anno, dato mai registrato nei venticinque anni delle serie storiche rilevate da Istat. Il potere d'acquisto del 2,6 per cento ha segnato il calo maggiore dal 2012, è lievitata, a fronte di tutto ciò, la quota di reddito destinata al risparmio, un più 7,6 per cento, con la propensione al consumo che è arrivata al 15,8; nel 2019 era dell'8,2 per cento. Addirittura, nello scorso mese di febbraio e per la prima volta, la spesa alimentare ha segnato un meno 5,5 per cento, a dimostrazione che la pandemia sta incidendo anche sui consumi essenziali. Sono dati che ci restituiscono un Paese stremato, in cui le disuguaglianze si sono ampliate e ci richiamano non tanto a riportare il Paese al periodo pre-pandemia, bensì a un lavoro corale per non replicare e riproporre, nell'Italia della ricostruzione, le distanze, come ho appena detto, fra garantiti e non garantiti che da sempre caratterizzano il nostro Paese.

Ecco, nel lavoro delle Commissioni abbiamo sviluppato una discussione che guarda al futuro, quindi, e che guarda a questo scenario. Nel contempo, agendo nel limite delle disponibilità di risorse date e registrando una piena sintonia con i Ministeri interessati e, in particolare, con il Ministero del Lavoro - ringrazio il sottosegretario Nisini per averci accompagnato in questo percorso di discussione -, che ha recepito ed è prontamente intervenuto, abbiamo corretto alcuni limiti iniziali previsti dal decreto. In tal senso, il decreto è stato positivamente esteso, quanto a platea e a interventi, nel corso dell'esame in sede referente, essendosi innanzitutto riconosciuta la possibilità di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, anche in assenza del requisito della convivenza del figlio con il genitore, consentendo in questo modo di tenere conto anche delle esigenze delle coppie separate o divorziate. Si è anche chiarito espressamente, con il richiamo all'attività educativa, che la disposizione trova applicazione in caso di sospensione dell'attività dei servizi educativi per l'infanzia.

Con un emendamento approvato dalle Commissioni è stato, inoltre, previsto che, in caso di figli di ogni età, con disabilità accertata, con disturbi specifici di apprendimento o con bisogni educativi speciali, la possibilità di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile sia riconosciuta ad entrambi i genitori. Nello stesso senso, si muove anche la modifica introdotta dalle Commissioni all'articolo 21-ter del decreto-legge n. 104 del 2020, con la quale è stato esteso anche ai lavoratori dipendenti pubblici il diritto allo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile, previsto, fino al 30 giugno 2021, in favore dei genitori lavoratori privati con almeno un figlio con disabilità grave. Anche in questo caso, l'applicazione della misura è estesa anche ai genitori di figli con bisogni educativi speciali.

Come ho detto in premessa, lo smart working rappresenta una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e non uno strumento per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, pertanto lo stesso non può sostituirsi ai congedi e ai bonus per l'acquisto dei servizi di cura, in quanto il lavoratore che svolge la sua attività in modalità agile non può, al contempo, dedicarsi anche ai lavori di cura familiare. Occorre, pertanto, mantenere l'attenzione su questo punto per reperire quanto prima le risorse necessarie alla copertura finanziaria dei necessari correttivi che, in questa sede, non è stato possibile introdurre proprio a causa dell'assenza di adeguati mezzi di copertura. In attesa di definire una cornice di principi in materia di smart working, all'interno della quale si muovano la contrattazione collettiva e gli accordi individuali azienda-lavoratore, con un importante emendamento approvato dalle Commissioni si è riaffermato il riconoscimento del diritto dei lavoratori in smart working alla disconnessione dalle strumentazioni e dalle piattaforme informatiche senza che l'esercizio di tale diritto possa avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sul trattamento retributivo.

Per quanto riguarda i congedi riconosciuti ai genitori di figli conviventi minori di 14 anni, le principali modifiche introdotte dalle Commissioni riguardano l'estensione dei benefici riconosciuti ai genitori di figli con disabilità. In particolare, si è previsto che i congedi riconosciuti ai genitori di figli con disabilità e in situazione di gravità siano riconosciuti a prescindere dall'età del figlio e non solo per il caso di sospensione dell'attività didattica, ma anche per la durata dell'infezione da SARS-CoV, nonché per la durata della quarantena del figlio. Quanto alle modalità di utilizzo dei congedi, si è specificato che essi potranno essere fruiti in forma giornaliera o oraria.

Per quanto riguarda, poi, il bonus per i servizi di babysitting, il dibattito svolto in sede referente è stato fortemente condizionato dall'esigenza di muoversi all'interno di un quadro finanziario sostanzialmente predeterminato, cosa che, di fatto, non ha consentito di ragionare su possibili ampliamenti delle tutele sia per un rafforzamento dei benefici riconosciuti ai lavoratori autonomi, sia per una estensione ad altre categorie di lavoratori dipendenti. Grazie all'approvazione di emendamenti presentati da tutti i gruppi parlamentari, è stato, tuttavia, possibile allargare le tutele a tutti i lavoratori dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato, precisando che esse si estendono alle categorie degli esercenti le professioni sanitarie, degli esercenti la professione di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari. Ugualmente, sempre grazie ad emendamenti di tutti i gruppi, è stato chiarito espressamente che il bonus spetta ai lavoratori dei Corpi di polizia locale.

Come Commissioni affari sociali e lavoro, lasciamo agli atti, oltre che le proposte migliorative del provvedimento, la preziosa discussione svolta la scorsa settimana, con l'auspicio che i tasselli mancanti per un sistema di welfare che accolga e accompagni tutte e tutti si componga e si completi a partire dai prossimi provvedimenti in corso di trattazione e da quelli che verranno varati nei prossimi giorni.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, sottosegretario, senatrice Nisini.

TIZIANA NISINI, Sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Un ringraziamento ai relatori e anche ai componenti delle Commissioni per i momenti costruttivi che hanno accompagnato l'iter del DL n. 30. Durante i lavori in Commissione, il Governo, il Ministero del Lavoro si è preso un impegno per portare avanti quei tasselli che non siamo riusciti a inserire. Delle migliorie sono state apportate, comunque, lo smart working è una misura che va resa strutturale, a cui va data una normativa giuridica. In Commissione si è spinto per prorogare lo smart working, senza gli accordi individuali, fino al 30 settembre, una misura su cui il Ministro Orlando ed io stiamo lavorando per portarlo nel “Sostegni-bis”, in modo che, vista la scadenza del 30 aprile, possa entrare in vigore già dai primi di maggio. Tante misure e migliorie sono state apportate a sostegno delle famiglie con minori con gravi disabilità. Non siamo riusciti a inserire tutte le misure richieste dai gruppi, ma l'impegno del Governo è per far sì che tutte queste misure vengano inserite nei prossimi provvedimenti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bagnasco. Ne ha facoltà.

ROBERTO BAGNASCO (FI). Grazie, Presidente. Presidente, colleghi, questo provvedimento riguarda la conversione del decreto-legge n. 30 del 2021. L'articolo 1, dal punto di vista temporale, riguarda il periodo dal 15 marzo al 6 aprile ed ha quindi, di fatto, concluso i suoi effetti. Le motivazioni: la micidiale diffusione del virus, anche grazie alle ormai tristemente famose varianti che si sono sviluppate.

Particolarmente significativa la zona rossa prevista nei giorni di Pasqua e delle feste pasquali su tutto il territorio nazionale, che ha dato vita - come non poteva non essere - a tante polemiche e a tante discussioni. Norme di contenimento pesanti, sono state, soprattutto per molte categorie commerciali, penalizzate in un periodo normalmente di straordinario interesse economico. Si è ottenuto, però, di evitare uno sviluppo verticale dell'epidemia e, a posteriori ma con chiarezza, diamo, come avevamo dato anche nella prima fase, un giudizio positivo, anche se a carico di tante libertà individuali e anche se pesantemente punitivo nei confronti di tante categorie economiche, per le quali sta diventando insopportabile proseguire nella strada delle restrizioni. Le disposizioni hanno consentito di contenere la diffusione dei contagi - ma ancora ieri e in questi giorni andiamo dai 300 ai 400 morti al giorno, che sono cifre che fanno rabbrividire - e hanno messo le basi, comunque, per quel rischio calcolato di cui ha parlato, parla e sta parlando il Presidente Draghi, che dal 26 prossimo venturo ci porterà a ragionare di aperture e di allentamenti nelle restrizioni. Il contagio sta lentamente diminuendo - lentamente ripeto - ma ancora non si riesce a far scendere la curva come si vorrebbe. Siamo da tempo dentro la terza ondata pandemica, che tiene sotto fortissima pressione le strutture sanitarie e le terapie intensive del Paese; è proprio di questi giorni - di ieri - un minimo di sollievo all'interno di queste terapie intensive, ma stiamo sempre parlando di un minimo sollievo. Ora si sta ragionando di riapertura nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Noi, ovviamente, siamo totalmente d'accordo con questa linea del Governo. Il Governo tutto, comunque, è al lavoro con un significativo miglioramento anche del rapporto con le regioni e anche questo è un fatto estremamente importante (credo tra i più negativi della precedente esperienza governativa), un fatto fondamentale per non vanificare quanto realizzato. Riuscire a fermare questa terribile pandemia consentirà anche la rinascita produttiva ed economica di un Paese che è in ginocchio soprattutto in moltissimi settori produttivi; è una sfida difficile, che ha nella campagna vaccinale, ovviamente, il fulcro operativo. I dati di ieri sul numero di vaccinazioni e sugli altri parametri indicano certamente il famoso cambio di passo che tutti auspicavano ed auspicano.

L'articolo 2 prevede, invece, provvedimenti che mantengono la loro validità fino al 30 giugno, secondo tre condizioni: uno, sospensione dell'attività didattica del figlio minore di 16 anni; due, infezione da COVID del figlio convivente minore di 16 anni; tre, quarantena del figlio convivente, minore sempre ovviamente di 16 anni; a queste condizioni, il genitore, però, può beneficiare dello smart working ed è un fatto questo molto importante; due, il congedo parentale, con riduzione ovviamente dello stipendio al 50 per cento; tre, congedo senza stipendio per lavoratori dipendenti; importante anche, per i lavoratori autonomi, o, se non autonomi, del comparto sicurezza e difesa, e/o dipendenti del settore sanitario, che possono avere un bonus per l'acquisto di servizi babysitting.

Per amore di verità, ci sono ancora alcune contraddizioni e altre sono emerse nella discussione molto articolata fatta in Commissione. Le norme consentono anche al genitore convivente di figlio con infezione COVID di usufruire del lavoro agile o del lavoro straordinario. In realtà, attualmente, le norme vigenti prevedono che il genitore convivente di figlio con infezione da COVID è, comunque, in regime di quarantena precauzionale e, quindi, la sua condizione si equipara alla situazione di malattia o di ricovero ospedaliero del lavoratore: è un'incongruenza, questa, molto chiara, ma che non è stata ancora risolta. Tra le novità positive, l'ampliamento dell'accesso al bonus babysitting per tutti gli esercenti le professioni sanitarie. Tra gli emendamenti approvati, che hanno consentito questo emendamento, mi piace sottolineare che uno è anche a mia prima firma, anche se questo non è certamente il fatto più importante; così come è importante che ora si preveda che, in caso di figli di ogni età con disabilità grave o con bisogni educativi speciali, entrambi i genitori possono svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, io credo che non sfugga a nessuno in quest'Aula l'importanza degli argomenti che sono trattati all'interno di questo provvedimento perché, dopo un anno vissuto nella pandemia e, quindi, con una serie di chiusure costanti - ricordiamo tutti che l'autunno scorso bisognava sacrificarsi e restare chiusi per poi poter riaprire a dicembre, a gennaio si è nuovamente tornati alle chiusure perché si sperava poi si potesse riaprire a Pasqua - siamo a fine aprile e, in realtà, la luce è ancora molto lontana e ancora viviamo nell'incertezza rispetto a un programma di riaperture reale e concreto, che di fatto non c'è, in quanto il Governo ancora non fornisce delle vere risposte su questo tema. Allora, se questo provvedimento va innestato all'interno di questo momento che stiamo vivendo, è fuori discussione ed indubbia l'importanza degli argomenti trattati, perché si parla di interventi e di sostegni per i lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena, cioè un nuovo problema al quale si sono dovuti adattare i lavoratori italiani, i dipendenti italiani, ma soprattutto al quale si sono dovute adattare le famiglie italiane. Noi abbiamo parlato lungamente in questo anno di nuove forme di lavoro flessibile, di smart working, di lavoro da casa, ma non abbiamo probabilmente ben compreso - o meglio, noi lo abbiamo compreso, ma purtroppo non lo ritroviamo all'interno di questo provvedimento - ciò che questo vuol veramente dire e cosa significa per una famiglia in cui madre e padre lavorano (adesso magari anche entrambi in smart working) o quale sia il peso delle famiglie rispetto a questa situazione. Il Governo ha pensato di lasciare la possibilità, per i lavoratori dipendenti, di scegliere tra il lavoro agile e il congedo straordinario retribuito al 50 per cento; invece, i lavoratori autonomi, il personale del comparto di sicurezza e difesa, i lavoratori dipendenti del settore sanitario e i lavoratori che sono a contatto diretto con i problemi della pandemia possono usufruire di un bonus. Mi permetta però di dire che questo bonus, a conti fatti, è veramente irrisorio, perché l'acquisto dei servizi di babysitting o dei servizi integrativi per l'infanzia non è neanche parametrato al numero dei figli minori a carico delle famiglie. È per questo che noi, in Commissione, attraverso i colleghi Rizzetto e Bucalo abbiamo cercato di fare un lavoro emendativo importante, affinché questo provvedimento - benché, come è stato correttamente detto prima, esso esaurisca la propria efficacia ai primi di aprile - potesse comunque avere una sua struttura giuridico-normativa importante, che poi potesse avere dei riflessi sull'attività normativa successiva.

Noi abbiamo posto in evidenza uno dei temi principali, una delle criticità principali di questo provvedimento, ossia che i lavoratori dipendenti avevano di fatto due possibilità: o il congedo, fortemente penalizzante soprattutto per le famiglie con redditi familiari molto modesti, dato che implica, come sappiamo, una decurtazione del 50 per cento del salario, oppure il lavoro agile, e quindi la prospettiva di lavorare e accudire contemporaneamente anche bambini piccoli di tre, quattro, cinque, sei anni. Ed è davvero un po' paradossale - me lo permetterà - vedere come questo Governo consideri di fatto, perché lo leggiamo dal testo del provvedimento, il lavoro agile - che ha comunque rappresentato una misura strategica in questo ultimo anno per poter conciliare la necessità di contenimento dei contagi e l'operatività delle attività - come un lavoro di serie B o, peggio ancora, un non lavoro, perché obiettivamente è sotto gli occhi di tutti la difficoltà di quei lavoratori che restano a casa in smart working, ma che contemporaneamente si devono preoccupare di gestire e accudire i figli che sono in DAD.

Quindi, credo che debba innanzitutto cambiare l'immagine che noi abbiamo del lavoro agile e dello smart working perché non è una misura sociale, ma è una misura che serve in questo momento ad agevolare la possibilità per i lavoratori di portare a termine il proprio lavoro; ma perché ciò avvenga concretamente dobbiamo dare loro la possibilità di non doversi districare fra le necessità, le esigenze lavorative e quelle familiari di bambini molto piccoli, che, per poter seguire la DAD - mi permetterà, l'ho vissuto in prima persona - hanno davvero la necessità di essere seguiti costantemente; di fronte alle immagini, per un bimbo di 4 anni che deve rimanere seduto davanti ad un computer per 4 o 5 ore, immaginiamo tutti quali possano essere le difficoltà. Noi riteniamo che anche questo Governo abbia in qualche modo scaricato sulle famiglie italiane tutto il peso delle scelte che sono state fatte e che sino a questo momento sono indubbiamente risultate dolorose per tutti gli italiani, e, devo dire, spiace un po' ammetterlo, soprattutto per le mamme lavoratrici, salvo poi, ovviamente, richiamare ad ogni occasione utile la necessità di misure che consentano di conciliare lavoro e famiglia.

In quest'Aula si fa veramente tanto parlare delle donne, dei diritti delle donne, della possibilità di competere con armi pari nel mondo del lavoro, dopodiché, però, viene quasi scontato ritenere che, proprio sulle mamme lavoratrici, debba essere scaricato il peso del disagio che le famiglie italiane stanno vivendo. Noi abbiamo chiesto, come Fratelli d'Italia, di potenziare gli interventi di sostegno per le famiglie, abbiamo chiesto di diminuire la percentuale di decurtazione della retribuzione. Soprattutto, come dicevo prima, sui salari molto bassi una decurtazione del 50 per cento è veramente troppo perché possa essere sopportata da famiglie con redditi medio-bassi. Abbiamo chiesto di estendere il riconoscimento del bonus babysitting anche ai lavoratori che possono ricorrere al lavoro agile; abbiamo chiesto di adeguare l'importo del bonus babysitting al numero dei figli minori a carico, perché ogni minore ha una sua individualità; abbiamo chiesto di stare dalla parte delle famiglie. Noi sappiamo e abbiamo apprezzato moltissimo l'impegno del sottosegretario, come rappresentante del Governo, affinché questi temi vengano non dimenticati, ma affrontati anche con provvedimenti successivi. È chiaro che ci è sembrata non cogente la risposta del Governo rispetto alle esigenze delle famiglie italiane, soprattutto quando ci è stato risposto che alcune delle misure che il gruppo di Fratelli d'Italia aveva chiesto attraverso i propri emendamenti non potevano essere ricomprese nel provvedimento per una mancanza di liquidità di fondi, e quindi non potevano essere messe a bilancio dello Stato, quando poi, dopo pochissime ore, lo sappiamo tutti, è stata avanzata la proposta di un nuovo scostamento per oltre 40 miliardi.

Noi speriamo che, all'interno delle misure (lo vedremo nel DEF, ma poi dopo anche con lo scostamento), questa volta questo scostamento venga utilizzato veramente per mettere a disposizione e quindi aiutare le famiglie italiane, i lavoratori italiani a confrontarsi con una nuova realtà, che è appunto quella del lavoro agile, dello smart working, ma che venga fatto ovviamente con intelligenza e rispettando il diritto delle mamme lavoratrici e dei papà lavoratori di poter continuare la propria attività lavorativa senza doverla sacrificare alla cura della famiglia, che però, ovviamente, è fondamentale ed è importantissima.

Concludo solo con un piccolo pensiero: Papa Giovanni XXIII diceva che la famiglia è la prima cellula essenziale della società umana. Noi di Fratelli d'Italia crediamo veramente e fortemente che questo sia vero; noi crediamo che la famiglia sia il nucleo principale della formazione delle relazioni interpersonali, ma soprattutto il nucleo principale per la formazione delle proprie individualità, di quelle dei figli, ma anche di quelle dei genitori. E allora, quando ci sarà da combattere e da porre alla base della propria attività la famiglia, l'interesse della famiglia, la crescita delle famiglie italiane, questo Governo troverà Fratelli d'Italia sempre dalla sua parte (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Barzotti. Ne ha facoltà.

VALENTINA BARZOTTI (M5S). Presidente, colleghi, questo provvedimento propone misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19, è in parte, come è già stato detto, superato nell'articolo 1, ma ci ha dato l'opportunità di focalizzare la nostra attenzione su un tema - centrale nella vita dei cittadini - che ha manifestato tutta la sua criticità e tutta la sua importanza soprattutto in un periodo di emergenza, ma in generale, ossia quello della conciliazione tra vita privata e vita lavorativa dei cittadini. Il tema è di per sé, come detto, molto critico perché, da un lato, i ritmi di lavoro sono sempre più pressanti e sempre più veloci, dall'altro lato, i carichi di cura sono sbilanciati sulle donne rispetto agli uomini e questo è un tema che abbiamo già affrontato e sollevato più volte ed è aggravato dal fatto che i servizi di cura offerti dallo Stato non sono sufficienti.

Chiaramente nel corso della pandemia è stato tutto più complesso perché, con le scuole chiuse, i genitori, le famiglie in generale si sono ritrovate a dover gestire in qualche modo la quotidianità e, allo stesso tempo, la propria attività lavorativa. Quindi, gli strumenti messi in campo dal Governo con questo provvedimento li ritroviamo nell'articolo 2 del “decreto COVID” oggi in discussione, dove si è cercato di compensare i disagi delle famiglie in un periodo di scuola chiusa, con attivazione della DAD, nei casi di contagio del figlio e nelle ipotesi di quarantena. In sintesi, questa norma possiamo suddividerla in tre parti: da una parte, abbiamo le tutele che sono state rivolte ai lavoratori dipendenti; una seconda parte, in cui abbiamo le tutele rivolte ai lavoratori autonomi, agli iscritti alla gestione separata INPS, rispetto alle Forze dell'ordine e per i lavoratori dipendenti del settore sanitario; e poi una terza parte, che invece è più prettamente finanziaria.

Sono principalmente tre le azioni che sono state messe in campo: lavoro agile, congedi e bonus babysitting fino al 30 giugno, ma mi spiego meglio e vado in modo più dettagliato sulle misure. Ai lavoratori dipendenti con figli minori di anni quattordici si attribuisce il diritto al lavoro agile ad uno dei due genitori e, nei casi non sia possibile svolgere il lavoro agile perché ad esempio la mansione è incompatibile con questa modalità di lavoro, si prevedono speciali congedi e il riconoscimento, al posto della retribuzione, di un'indennità pari al 50 per cento della retribuzione stessa. La norma prevede anche l'ipotesi in cui vi siano figli di età compresa tra i 14 e i 16 anni, riconoscendo sempre il diritto al lavoro agile ad uno dei due genitori, ma, se non è possibile svolgerlo, è previsto un periodo di assenza dal lavoro, ma senza indennità e con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro, che è una misura di cui non siamo pienamente soddisfatti.

Rispetto a questa prima parte, particolarmente opportuna e meritevole di valutazione positiva è l'introduzione della possibilità per i lavoratori che hanno fruito di periodi di congedo parentale tra il 1° gennaio e il 13 marzo di convertirli nel concedo COVID-19, senza che siano computati a titolo di congedo parentale.

Come è stato già detto anche dalla nostra presidente di Commissione e relatrice del provvedimento, sono stati tanti gli interventi migliorativi fatti in sede di conversione, ma anche le criticità che, come Commissione lavoro, abbiamo sollevato.

Per quanto riguarda gli interventi migliorativi, faccio solo qualche esempio, non mi dilungo.

Sul lavoro, siamo riusciti a far approvare un emendamento, a prima firma Mammì e Ianaro, che estende la misura del bonus babysitting a tutte le categorie di operatori sanitari e sociosanitari, rimuovendo la previsione iniziale che lo vedeva rivolto solo ad alcune categorie, con un importante stanziamento aggiuntivo di 16 milioni.

Una grande conquista che è stata fatta con questo provvedimento - e che rivendico con orgoglio e soddisfazione come risultato del Movimento 5 Stelle - è l'inserimento, all'interno di questo testo, della disconnessione dagli strumenti informatici e telematici come diritto. Qui si apre una breccia nel panorama dei diritti e si afferma, in maniera inequivocabile, che esiste un diritto alla disconnessione. Un passo cruciale in un momento storico in cui possiamo solo intuire che la vita privata e quella lavorativa si intrecceranno sempre di più e intravedere quanto il diritto a staccare dal lavoro svolto da remoto sia essenziale per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore. La nostra volontà, come Movimento 5 Stelle, è che questo diritto venga, al più presto, riconosciuto a tutti i lavoratori che si sono impegnati a lavorare da remoto.

Detto ciò, un punto lo vorrei fare sulle criticità che riguardano sostanzialmente due aspetti. Rispetto al lavoro agile, è già stato detto - lo ribadisco – che la norma ha manifestato tutti i suoi limiti nella misura in cui lo si considera qualcosa che non è, ossia un'alternativa al “non lavoro”. Il lavoro agile è una modalità di lavoro a tutti gli effetti, una modalità di lavoro che, spesso e volentieri, è, addirittura, più onerosa rispetto ad un lavoro in presenza, perché il collegamento agli strumenti informatici e telematici, ma, in generale, il tempo di lavoro risulta essere più dilatato, più fluido. A volte, una persona che lavora in maniera agile è impegnata più di una persona in presenza e, ovviamente, non ha la possibilità di adempiere agli obblighi di cura come se non stesse lavorando. Questo è un concetto da metabolizzare in fretta e penso che la pandemia ci abbia fatto un bel bagno di realtà e ci abbia dato un bello spunto di riflessione.

Altra criticità riguarda le tutele previste per i lavoratori iscritti alla gestione separata INPS, ai lavoratori autonomi rispetto ai quali non siamo soddisfatti e chiediamo uno sforzo più concreto e importante per riequilibrare la differenza di attenzione rispetto al lavoro dipendente. La cura dei figli non può e non deve essere assolutamente legata alla tipologia di rapporto di lavoro che hanno i genitori, a una mera tipologia contrattuale. Uno Stato giusto deve garantire i servizi di cura adeguati alle necessità, a prescindere da questo aspetto che è ampiamente superato, una distinzione che non ha più senso di essere rispetto alla cura dei figli.

A tal proposito, un recente documento preparato dal coordinamento generale statistico attuariale di INPS ha documentato che il bonus babysitting è stato, in corso di pandemia, una misura molto utilizzata, più flessibile e appetibile del congedo, perché è una misura che aggiunge senza nulla togliere. Su questa linea, abbiamo presentato un emendamento, a mia prima firma e supportato dal nostro capogruppo Davide Crippa, con cui, tra le altre cose, chiediamo sostanzialmente l'estensione del bonus agli autonomi e dipendenti in emergenza pandemia fino a 1.000 euro al mese al posto di 100 euro a settimana, una richiesta che ripresentiamo in Aula e che vuole essere un segnale nei confronti dei lavoratori autonomi che tanto stanno accusando questa pandemia. Il lavoro è profondamente cambiato e sta continuando a cambiare velocemente e noi abbiamo la responsabilità di affrontare questo processo. Facciamolo in modo deciso e assolutamente in modo rapido.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stumpo. Ne ha facoltà.

NICOLA STUMPO (LEU). Grazie, Presidente. Sarò abbastanza rapido, anche perché questo decreto, per la prima parte, lo approviamo per gli effetti già vissuti sulla pelle dei cittadini nella fase fino ai primi giorni di aprile. Naturalmente, gli strumenti, sono stati, per fortuna, utilizzati; lo si è visto con il rischio di quanto abbia corso il virus con le varianti in corso, nonostante tutto. Non si può pensare mai di aver superato questa fase, fino a quando l'altro strumento, quello che stiamo provando a mettere in campo, che è il vaccino, non abbia fatto il suo corso fino in fondo e non abbia liberato da questa paura costante la vita dei cittadini italiani e non solo.

Questo è un aspetto che vedremo nei prossimi giorni, continueremo a farlo, ma questo nostro decreto incide soprattutto sulla seconda parte, sull'articolo 2, che riguarda un tema diretto della vita dei cittadini, riguarda gli aspetti del lavoro, ma tiene conto della vita quotidiana, della situazione dei figli a scuola, delle difficoltà dei genitori dipendenti e non, che devono svolgere la doppia funzione: quella di lavoratore e di padre e di madre, soprattutto, che si carica di responsabilità, con la richiesta di ulteriori aiuti per consentire ai propri figli di poter avere quell'aiuto che serve.

Chi vive la quotidianità con i ragazzi a casa che fanno scuola, sa di cosa stiamo parlando, vale a dire delle difficoltà, anche delle difficoltà che si vedono, magari per chi è più fortunato, attraverso i compagni di classe dei nostri figli. Non sempre si ha la fortuna di avere a disposizione le reti per poter accedere e questo è stato un problema. Quindi, gli aiuti che bisogna dare quando non si ha la possibilità. In questo caso, si è lavorato per i congedi, bonus babysitting e quant'altro. Per quello che si può fare, perché spesso l'ottimo è nemico del bene e governare significa anche fare scelte, sapendo che la coperta, in questo nostro Paese, è corta, anche continuando a fare debito, per quanto in questa fase lo definiamo buono, ma facciamo debito. Ci appresteremo, nei prossimi giorni, a fare ulteriori 40 miliardi di stanziamento: sono soldi che noi dobbiamo utilizzare bene, ma dobbiamo sapere anche che quei soldi creeranno problemi ai ragazzi che oggi cerchiamo di tutelare rispetto alla DAD. Saranno soldi che andranno messi fuori dal debito, inseriti in un rapporto diverso tra deficit e il PIL.

Per cui è chiaro che, in tutti questi ragionamenti, dobbiamo tener conto di quello che si sarebbe dovuto fare e quello che si riesce a fare. Questo vale per quanto riguarda l'impianto economico e molti altri aspetti.

Ma voglio sottolineare una cosa – e mi avvio a concludere -, riferendomi alle ultime cose che diceva la collega Barzotti. C'è stato un dibattito in Commissione, la sottosegretaria, come tutti noi, ha manifestato interesse su quanto avevano posto alcuni colleghi del Movimento 5 Stelle, a partire dal capogruppo Crippa; quell'emendamento è stato poi sottoscritto praticamente da tutto il Parlamento. Il Governo si è impegnato a cercare di trovare una soluzione, non in questo procedimento, come ci è stato detto, ma nei prossimi.

Io penso che sia dentro quel “debito buono”, se così lo posso mettere tra virgolette, un interesse del Parlamento, del Paese, a dare tutele per avere un futuro migliore.

Consentire, quindi, a quelle generazioni, che oggi dobbiamo formare e che non sono nelle condizioni, di essere formate al meglio. Pertanto, occorre dare ai propri genitori la possibilità di distacchi, anche se non dipendenti, in modo da guardare ad un futuro migliore.

Per questo, io mi associo al fatto che per quel problema, posto dalla collega, ci sia una proposta positiva del Governo e di tutto il Parlamento, non - come già ci siamo detti in Commissione - in questo provvedimento, ma nei provvedimenti futuri per dare risposte adeguate.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rizzo Nervo. Ne ha facoltà.

LUCA RIZZO NERVO (PD). Grazie, Presidente, colleghi. Voglio innanzitutto ringraziare qui i relatori Mura e Novelli e la sottosegretaria, che hanno accompagnato, anche nel lavoro di Commissione, questo provvedimento. Io credo che - lo si dice spesso, ma questa volta è particolarmente vero - il lavoro di Commissione sia stato un lavoro importante, come altri colleghi hanno già sottolineato. E' stato importante – e ci tornerò - per alcune significative migliorie apportate a questo decreto, ma anche perché ha reso evidente a tutti noi la necessità di affrontare alcuni nodi gordiani, che riguardano il rapporto fra lavoro organizzato in modo diverso rispetto al passato e organizzazione di vita delle persone, delle famiglie e di come questo chieda un'evoluzione sia da un punto di vista giuridico, sia da un punto di vista dell'ideazione di strumenti adeguati a costruire dinamiche di condivisione, diciamolo bene, non solo di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

E' un provvedimento importante, quello che affrontiamo da oggi, che reca nella sua prima parte, restrizioni dure, ribadite anche per il periodo pasquale, ponendo ulteriori limiti alle attività commerciali - è stato detto – ed anche alle possibilità di incontro con gli affetti, in un tempo in cui siamo abituati a incontrarci con le nostre famiglie, appunto durante le feste di Pasqua; e – lo stiamo dicendo - quanto sia stato faticoso quest'anno l'impatto psicologico della vicenda pandemica che sta duramente colpendo le persone, le famiglie. Quindi, l'articolo 1 ha posto delle restrizioni dure e faticose ma, lo ricordo a tutti noi, muoveva da un dato drammatico, sconvolgente a cui rischiamo di abituarci, ma che, invece, va ripreso nella sua drammaticità. Noi viaggiavamo, allora, con oltre 600 morti ogni giorno, con picchi anche vicini ai 1.000, quindi era assolutamente necessario porre elementi di ulteriore restrizione per consentire di abbassare una curva epidemiologica che, se non controllata, avrebbe portato alla continuità di questo dato drammatico, da un lato, e alla insostenibilità per il servizio sanitario del nostro del nostro Paese, dall'altro. Quelle misure sono state, assieme a tutte le altre che sono state realizzate in queste settimane, in questi mesi, la premessa alla possibilità di un passaggio ulteriore, un passaggio diverso, che il Presidente Draghi ha annunciato in questi giorni, ossia quello di un rischio calcolato di riaperture possibili, ma possibili perché avevano avuto in premessa una grande capacità di resilienza da parte dei cittadini italiani da un lato, e di rigore nelle scelte da parte delle istituzioni dall'altro. Ecco io lo voglio ribadire in giornate in cui talvolta anche in una spiacevole personalizzazione verso il Ministro e i responsabili, si è voluto segnalare che, finalmente, si cambia passo rispetto ad una dinamica di rigore precedente. E' vero il contrario, ossia che quella dinamica di rigore ha creato le premesse e le possibilità oggi per fare ripartire progressivamente il Paese.

Io credo che dovremmo appellarci tutti quanti alla responsabilità anche delle istituzioni, anche della comunicazione pubblica per ribadire che questa scelta, questo rischio calcolato, ponderato, non è un libera tutti, non può essere un libera tutti, non deve essere un libera tutti, ma, al contrario, potrà realizzarsi progressivamente, ripeto, solo laddove gli atteggiamenti, i comportamenti di rigore e di responsabilità da parte di tutti siano massimi.

Quindi, la prima parte del decreto, come veniva ricordato, affronta questioni che sono via via in evoluzione e superamento. L'articolo 2, invece, pone alla nostra attenzione una serie di questioni decisive per gestire la fase dentro la quale ancora siamo, ma decisive anche per uscire dalla fase in cui siamo in termini di cambiamento necessario. Lo diciamo spesso, non sarà possibile rimettere indietro le lancette, non sarà neanche giusto ripartire semplicemente da dove avevamo finito. Sarà necessario far evolvere il nostro sistema, la nostra società rispetto ad evidenze che la vicenda del COVID ha messo sotto gli occhi di ognuno di noi.

Il tema della condivisione del lavoro di cura e del lavoro professionale è uno dei principali elementi. In realtà, ha messo in evidenza una cosa che sapevamo già, ma credo che questo sia un fatto importante da sottolineare nel corso di questa legislatura: prima con l'assegno unico dei figli e anche con queste misure, finalmente, la responsabilità genitoriale, la responsabilità di cura dentro le famiglie non è lasciata come un elemento di welfare di cui lo Stato si disinteressa, che lo Stato guarda da lontano come un fatto dato, ma è uno strumento, è un welfare che lo Stato riconosce e, ove è possibile, accompagna con scelte che lo agevolino. Ecco, credo che questo sia, dal punto di vista culturale, un fatto importante, che certo non trova in questo provvedimento tutte le risposte; forse era impossibile immaginarlo, forse in alcuni casi speravamo che qualche avanzamento ulteriore fosse possibile, ma certamente inquadra questa scelta in maniera chiara.

Innanzitutto con questo provvedimento si definisce il lavoro agile come un diritto in determinate condizioni. Io credo che davvero serva, da qui in avanti, più e meglio precisare le caratteristiche di questo lavoro agile da un punto di vista giuridico, da un punto di vista della funzionalità e anche dal punto di vista del rapporto, ripeto, con il lavoro di cura. Quindi, il lavoro agile, da un lato, e congedi, dall'altro, nonché il bonus babysitting con quelle sue caratteristiche di flessibilità, che venivano richiamate un attimo fa, e che lo hanno reso uno strumento effettivamente appetibile lungo questo percorso, anche perché è uno strumento, veniva detto, che aggiunge e non toglie al lavoratore. Credo anche che questo percorso abbia messo in evidenza come il lavoro agile, lo smart working, non è e non debba essere strumento di welfare, di conciliazione. Smart working significa riunioni al PC una dopo l'altra, significa procedure a volte più lunghe, più complesse e più articolate rispetto a quelle che normalmente si svolgono al lavoro, almeno oggi è così; significa telefonate, significa essere fisicamente in casa, ma la casa intorno a te scompare.

Ecco, in questo quadro lavorare, prendersi cura dei figli, della propria famiglia, degli impegni di cura di vario genere è davvero insostenibile. Noi dovremo partire da questo assunto, peraltro riconoscendo il fatto oggettivo che questa responsabilità, questa insostenibilità è tutta sulle spalle delle donne lavoratrici. Noi abbiamo un tema, ne abbiamo discusso pochi giorni fa, rispetto al rilancio del lavoro femminile, alla crescita del lavoro femminile e, tuttavia, viviamo questi elementi di contraddizione. Purtroppo, non si è riusciti a superarli pienamente in questo provvedimento; purtroppo è rimasta questa inconciliabilità fra gli strumenti di condivisione, di alleggerimento del lavoro di cura e il ricorso al lavoro agile. Io credo sia un errore da correggere e ce lo siamo detti in maniera condivisa; abbiamo detto anche che, lungo il percorso di discussione parlamentare, troveremo degli strumenti per vincolare ognuno di noi a questo impegno futuro.

Sappiamo che il motivo non è di volontà politica, ma è di compatibilità finanziaria; sappiamo anche, però, che ci stiamo apprestando a votare un ulteriore scostamento di bilancio per 32 miliardi e credo che anche in quell'ambito noi dovremo affrontare questa questione.

Per il resto, credo che ci siano cose importanti da sottolineare, venivano richiamate: la possibilità di accesso allo smart working anche qualora il figlio non sia convivente; il tema dei bisogni educativi speciali, con la possibilità, per entrambi i genitori lavoratori, di accedere agli strumenti di conciliazione; il diritto alla disconnessione, grande tema, non solo rispetto a questo contesto specifico, ma un grande tema del futuro, fondamentale e da affrontare; l'importanza, anche, della conversione dei congedi parentali fruiti nei mesi scorsi in congedi COVID previsti, appunto, per situazioni di impossibilità al lavoro.

Infine, ci tengo a sottolinearlo, credo sia un fatto importante di equità, avere tutti quanti - c'erano vari emendamenti su questo - allargato a tutti gli esercenti le professioni sanitarie e non solo ad alcune categorie, come un po' incomprensibilmente veniva fatto nella prima formulazione, la possibilità di accesso al bonus babysitting; è un fatto di equità, dicevo, perché parliamo di operatori sanitari che lavorano faticosamente fianco a fianco e che hanno lavorato in questi mesi difficili e non si capisce, non era motivato il perché agli uni si riconoscesse un diritto come il bonus babysitting e agli altri no. È un bene, credo, e ho riscontrato motivo di soddisfazione in questi giorni da parte degli operatori sanitari che sono stati ricompresi.

Io credo - e chiudo, Presidente - che siamo di fronte a un provvedimento, riprendo da dove ho iniziato, importante sia per le questioni che affronta in modo puntuale, ma anche perché delinea una traccia di lavoro che dovremo, con responsabilità e coraggio, perseguire anche per i prossimi provvedimenti e nei prossimi mesi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Anzaldi. Ne ha facoltà.

MICHELE ANZALDI (IV). Presidente, Governo, il lavoro che oggi facciamo è particolarmente importante, non solo per la tematica che affronta, ma perché cerca di dare una risposta alle domande ed alle esigenze pratiche che si trovano ad affrontare i cittadini a seguito della pandemia.

Ad oggi, il decreto-legge n. 44 del 2021, cosiddetto “decreto Aprile”, all'esame del Senato in prima lettura, che disciplina le misure restrittive applicabili fino al 30 aprile, ha introdotto l'obbligo vaccinale per gli operatori sanitari e il cosiddetto scudo penale per omicidio colposo e lesioni personali colpose, verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-COV-2, effettuata nel corso della campagna vaccinale; quindi, nei lavori delle Commissioni congiunte affari sociali e lavoro in sede referente sono state introdotte pochissime modifiche alle disposizioni dell'articolo 1.

Di particolare rilievo è l'introduzione dell'articolo 1-bis, con un meritorio emendamento della collega Rossini, grazie al quale, nel rispetto di alcuni requisiti, gli spostamenti per lo svolgimento dei colloqui ai quali hanno diritto i detenuti, gli internati e gli imputati saranno consentiti anche in deroga alla normativa adottata ai fini del contenimento dell'emergenza epidemiologica.

Nell'articolo 2, invece, si introduce, dal 13 marzo fino al 30 giugno 2021, la possibilità per i lavoratori dipendenti di ricorrere al lavoro agile o, in alternativa, a un congedo straordinario retribuito al 50 per cento, per il periodo corrispondente alla sospensione della didattica in presenza o contagio o quarantena del figlio di età non superiore ai 14 anni; in caso di figli di età compresa fra i 14 e i 16 anni, uno dei genitori, alternativamente all'altro, ha diritto, al ricorrere delle condizioni di cui parlavamo, di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro. Inoltre, negli stessi casi, in alternativa al lavoro agile o al congedo, ove i figli abbiano non più di 14 anni, per i lavoratori autonomi, il personale del comparto sicurezza e difesa e i lavoratori dipendenti di alcune categorie del settore sanitario, pubblico, privato e accreditato, e del socio-sanitario, si prevede la possibilità di fruire della corresponsione di un bonus per l'acquisto di servizi di babysitting o di servizi integrativi per l'infanzia.

Uno degli elementi di criticità del DL rilevati da Italia Viva, ma complessivamente da tutte le forze politiche, sta nell'aver considerato il lavoro agile come una misura alternativa a congedi e bonus babysitter, quasi che un genitore in smart working fosse meno impegnato e potesse prendersi cura del figlio mentre lavora. Con i nostri emendamenti avevamo chiesto che, invece, si affermasse il principio che le tutele siano date a prescindere dal fatto che il genitore svolga il lavoro in modalità agile, proprio perché questa forma di lavoro ha pari dignità e richiede lo stesso impegno del lavoro in presenza, anche perché, dopo aver portato avanti, anche dentro al Governo, una battaglia per la riapertura delle scuole in presenza, ora che gli alunni stanno tornando in classe, Italia Viva ritiene che si debba comunque garantire sostegno alle famiglie che si trovano ad affrontare la sospensione temporanea delle lezioni in presenza dei loro figli per motivi specifici, come, ad esempio, la quarantena per contagio. Anche per questo, avevamo presentato un emendamento per estendere i congedi parentali e la possibilità dei bonus babysitter a tutte le categorie di lavoratori e non solo ad alcune, quantomeno in presenza di bambini di età inferiore a dieci anni, anche se il genitore si trova in smart working. Il Governo non ha accolto questa, così come altre proposte emendative presentate da altri gruppi per eliminare il criterio dell'alternatività dello smart working, in quanto non ci sarebbero risorse disponibili sufficienti su questo provvedimento. È stato, però, espresso un chiaro impegno a intervenire nei prossimi provvedimenti e, anche in seguito allo scostamento di bilancio che ci auguriamo di votare presto, questo impegno deve essere onorato.

Sappiamo che le risorse sono limitate, ma, come ripetuto dalla Ministra Bonetti, è fondamentale non lasciare soli i genitori, provati da un anno terribile; dobbiamo offrire loro sostegno per il tempo che serve al Paese per uscire dall'emergenza, grazie alla campagna vaccinale.

In sede referente, con un lavoro che ha trovato un larghissimo consenso di tutte le forze politiche, abbiamo comunque introdotto alcune modifiche importanti, tra cui voglio ricordare che il bonus babysitter all'inizio era previsto solo per alcune categorie del personale sanitario; con un emendamento presentato da Italia Viva oltre alle forze di maggioranza e opposizione lo abbiamo esteso a tutto il personale sanitario. In particolare, nei casi in cui il figlio abbia una disabilità grave, uno dei due genitori può fruire del congedo parentale anche qualora l'altro abbia richiesto il lavoro in modalità agile; questo è un importante ampliamento, perché deroga alla regola generale del decreto che considera il lavoro agile e i congedi per entrambi i genitori come alternativi. In Commissione, inizialmente era stato espresso un invito a ritirare questo emendamento, non per una valutazione di merito, bensì per la sua onerosità. Questa posizione è stata poi cambiata, grazie a un particolare sforzo del Ministero del Lavoro e, in particolare, della sottosegretaria Tiziana Nisini che deve essere per questo ringraziata.

Con questa modifica, dunque, diamo un'attenzione in più alle migliaia di genitori di figli con disabilità o disturbi o bisogni educativi speciali di ogni età.

Un piccolo ma doveroso segno di attenzione verso queste famiglie che hanno sofferto e stanno soffrendo molto e che è necessario sostenere, non solo come le altre ma più delle altre. È bene ricordare che questo emendamento è il frutto del confronto con l'Osservatorio malattie rare, che, con il suo costante e preziosissimo lavoro di ascolto delle difficoltà che le famiglie e le associazioni di pazienti gli segnalano, ci aiuta a ricercare costantemente un riscontro pratico a queste difficoltà e ci spinge ogni giorno a rinnovare il nostro impegno nei confronti delle persone in situazioni di fragilità, con attenzione particolare al ruolo delle madri caregiver estremamente provate dall'estenuante situazione legata al COVID-19.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tasso. Ne ha facoltà.

ANTONIO TASSO (MISTO-MAIE-PSI). Grazie, Presidente. Il provvedimento che siamo oggi a discutere riguarda la conversione del decreto-legge n. 30 del 13 marzo 2021, che, oltre a normare in maniera più restrittiva i comportamenti sul territorio nazionale per ottenere un più efficace contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevede anche interventi di sostegno per i lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena. Per quanto riguarda la prima parte, sono state comunicate le indicazioni soprattutto in ottica di festività pasquali che sono trascorse, come tutti sappiamo, e che, quindi, archiviamo con la consapevolezza che abbiamo chiesto ai cittadini un ulteriore sacrificio. Il decreto, di cui stiamo parlando, ha già messo in atto le sue risultanze, poche o tante che siano, buone o meno buone che siano. Io vorrei allargare un attimino di più il ragionamento, il discorso, le riflessioni, rilevando che abbiamo chiesto ai cittadini un sacrificio sociale che ha annullato, di fatto, una festività sentita che ci ha raffigurato un mondo ancora prigioniero, come dire, di una vita sospesa, che ci fa sentire soli e con i nostri affetti più stretti in una situazione che dura, ahimè, da oltre un anno. È un lungo periodo che ci insegna quanto sia fragile l'umanità e che ci sprona a far sì che tale fragilità diventi una forza, prendendo coscienza che le immagini del mondo pre-COVID io temo siano irrimediabilmente svanite. Noi da questa pandemia dobbiamo aver imparato che bisogna prendere in seria considerazione le minacce ambientali globali da cui provengono non solo questo flagello ma anche gli altri precedenti e, se non trarremo i giusti insegnamenti, anche quelli futuri. Io ritengo che la cooperazione fra i cittadini di una Nazione e tra gli Stati di questo pianeta sia un'urgenza indifferibile, così come la necessità di mirare al benessere piuttosto che alla ricchezza fine a se stessa, la quale mi pare che non servirà a nulla se non ci si impegna seriamente nell'affrontare le sfide di uno sviluppo sostenibile. Su questo abbiamo i dati del World Happiness Report 2021 che ci ricordano che la salute, ad esempio la salute mentale è stata gravemente colpita dal COVID. È un problema che affrontano anche i nostri ragazzi, che sono stati costretti per un lunghissimo periodo ad attivarsi in questa didattica a distanza e, per quanto noi dobbiamo essere riconoscenti alla tecnologia che ce lo ha permesso, inevitabilmente ha fatto sorgere alcune problematiche. Io non a caso ne avevo parlato proprio in quest'Aula circa tre mesi fa, rimarcando l'importanza del ruolo dello psicologo, dello psicoterapeuta, già importante in tutte le espressioni della nostra società, che diventa fondamentale in questa situazione emergenziale da COVID-19. Noi viviamo lacerazioni da ansie notturne, insofferenze diurne, con i ritmi biologici sconvolti e anche, addirittura, compromessi. Siamo logorati tra sintomi preoccupanti, insonnie, depressione, aggressività e su questo ultimo punto vorrei soffermarmi brevemente, perché le cronache italiane registrano un aumento diffuso di questa violenza dovuto anche al degrado economico in atto (ma su questo, magari, vi ritornerò fra qualche momento). Piuttosto, un'emergenza nazionale che balza agli occhi di tutti nel 2020 è il crollo delle nascite, che sono la metà dei decessi: un record minimo storico che risale all'Unità d'Italia. Una scelta in tempo di pandemia o una rinuncia dettata dalle situazioni che presentano numerose difficoltà che le famiglie vivono oramai da anni sul piano delle risorse economiche e di organizzazione lavorativa, familiare o sociale? Un recente studio pubblicato da una rivista autorevole che si chiama Science afferma che il calo corrisponde spesso a grandi traumi collettivi, ai quali, si spera, possa seguire una ripresa negli anni futuri. Ebbene, noi vorremmo parlare di una ripartenza che non può prescindere da un'efficace azione vaccinale che sta proseguendo - bisogna prenderne atto, ma con le difficoltà che apprendiamo giorno dopo giorno - e che potrà essere il vero baluardo della battaglia sanitaria. Però, tale baluardo, poi, dovrà essere la spinta per il sostegno e per il rilancio economico, ma allo stato dei fatti non può essere, come dire, la conditio sine qua non. Gli accadimenti di questi giorni, a cui abbiamo assistito, con la protesta ferma e decisa degli operatori del commercio e dell'artigianato, è stata scevra da episodi violenti che sono sempre da condannare. Colgo l'occasione per manifestare pubblicamente la solidarietà mia e del gruppo che rappresento, non solo parlamentare ma anche politico territoriale, alle Forze dell'ordine per il loro difficile compito, svolto, dobbiamo riconoscere, con encomiabile professionalità. Gli episodi violenti sono sempre da condannare, dunque, ma sono riconducibili non ai lavoratori e agli imprenditori, per quanto esasperati dalla situazione, ma a soggetti violenti infiltrati che nulla hanno a che fare con il mondo del lavoro, che giustamente e opportunamente ne ha preso immediatamente le distanze. Tutto questo ci porta ad un'analisi su come ricalibrare le misure a contrasto dell'emergenza pandemica, che - apprendo con piacere - il Governo ha intenzione di mettere in atto prossimamente, al netto di chi cerca di ascriversene il merito esclusivo, mentre vorrei sommessamente sottolineare che da più parti, compresa quella del sottoscritto, è partita l'esortazione a voler contemperare l'azione sanitaria con quella del rilancio economico, perché - lo dico in termini molto semplici - se tu mi imponi di chiudere la mia attività o comunque limitarne fortemente l'operatività, devi darmi da mangiare: è inevitabile. Per quanto l'Italia sia stata tra i Paesi che hanno messo in campo più risorse per fronteggiare la crisi e sostenere i cittadini, ci siamo resi conto che non sono bastevoli per fornire un aiuto sufficiente alla platea in sofferenza. Quindi, pensare solo all'isolamento e alle chiusure non può essere una soluzione duratura, anche perché alle attività è stata intimata, è stata consigliata decisamente (quindi, uguale a intimata) l'adozione di determinati protocolli e determinate misure per poter lavorare in sicurezza e, dopo aver chiesto questo ulteriore sacrificio economico a queste aziende, è ovvio che adesso dobbiamo dare delle risposte affinché possano ricominciare a operare e a lavorare e, quindi, a rilanciare in generale il discorso economico del nostro Paese. In questo contesto, diventa di straordinaria importanza, ma soprattutto di grande umanità io ritengo, la possibilità che, a distanza di un anno e con tutti gli elementi acquisiti per poterlo fare in piena sicurezza, si attui un protocollo, un modus operandi per poter visitare i pazienti COVID, che, oltre alla tragedia della malattia, subiscono la devastante sensazione di essere stati abbandonati dai propri cari.

Spesso si tratta di persone anziane che vengono prelevate dalle proprie abitazioni e ricoverate in centri COVID, naturalmente ultra protetti - su questo non vi è alcun dubbio -, ma da quel momento perdono ogni contatto fisico con la realtà quotidiana e con i loro affetti. Il più delle volte, principalmente con i pazienti anziani, l'epilogo, ahimè, di queste vicende è drammatico e rimane il grande sconforto di non aver potuto fare il possibile per manifestare affetto ed amore verso il proprio parente ammalato.

Dunque, non si tratta di un capriccio - vorrei sottolinearlo - ma di una reale esigenza di dimostrazione di affetto, di vicinanza e di amore. La cosa confortante è che alcune regioni abbiano messo a punto e sperimentato questo modo di operare, questo protocollo, perché vorrei ricordarvi che è provato che ricevere attenzioni o una visita in condizioni di particolare difficoltà è una terapia positiva. Ecco perché ritengo che ciò che è stato messo in atto con successo in alcune regioni venga esteso poi a tutte le altre, che finora non hanno ritenuto di farlo.

Io penso alla mia regione, la Puglia, che, nonostante le eclatanti manifestazioni di protesta anche da parte di un consigliere regionale che, la scorsa Pasqua, si è incatenato ai cancelli di ingresso dell'ente governativo, non ha finora, a quanto mi risulta, deliberato in questo senso e neanche preso delle decisioni. Il mio è un invito a voler affrontare il problema del COVID a 360 gradi, quindi forti dell'esperienza di un anno di battaglie di contrasto, perché credo che sia giunto il momento di aggiungere, alla giusta rigidità delle decisioni, anche la necessaria dose di buon senso.

L'ultimo punto che vorrei affrontare in questa ampia disamina dell'attualità, della realtà, partendo appunto dall'elemento di cui stiamo discutendo oggi, deriva dall'ascolto dei problemi del territorio che, per quanto limitato, non è mai rappresentativo di un solo ambito ristretto, ma nella quasi totalità delle volte rappresenta un disagio facilmente riscontrabile in altre zone del Paese. Dalla provincia di mia provenienza, che è la provincia di Foggia, arriva un accorato grido di aiuto del mondo artistico e del mondo dello spettacolo: si teme - e questo è un timore che in altri casi è stato abbastanza fondato - che coloro che sono chiamati a deliberare in favore dei settori che rischiano il tracollo a causa di questa pandemia, forse non sono affiancati da esperti della materia e non hanno un'esaustiva contezza della situazione e della vastità dei soggetti coinvolti. In particolare, nell'ambito artistico e dello spettacolo, di cui ho fatto parte per 25 anni, si tende ad identificare il problema della cultura ai tempi della pandemia come il problema dei teatri, quindi come se il solo settore teatrale racchiudesse in sé già tutto il comparto artistico e dello spettacolo. In realtà, la comunità di questo settore è un mondo variegato di operatori, artisti, tecnici, che finora sono stati ignorati da chi decide la qualità e la quantità di aiuti da erogare all'area a cui sto facendo riferimento. Ecco che quindi arriva alla mia attenzione, e quindi a quella di quest'Aula, un documento che chiede il riconoscimento di una vera e propria filiera culturale verso cui rivolgere la nostra attenzione - e sono certo ci daremo da fare affinché questa attenzione venga ripresa nel prossimo decreto a sostegno di tutte queste attività -, che dovrebbe evitare il perpetrarsi di situazioni irreversibili che condannano al fallimento l'intero settore, perché un anello di questa catena non può vivere se non è saldamente collegato a tutti gli altri. Perciò comunico che, come al solito, inoltrerò agli uffici competenti tale documento, invitando in primis alla realizzazione di un rapido censimento capillare di tutte le realtà del ramo culturale nei vari territori, in modo che conseguentemente si dia vita ad un tavolo permanente che, di concerto con i vari enti, riesca ad individuarne le opportune soluzioni, affinché, su un presente difficile, si gettino le basi per un futuro possibile.

Con questo ho concluso e la ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Legnaioli. Ne ha facoltà.

DONATELLA LEGNAIOLI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario, il decreto-legge che qui esaminiamo rappresenta uno degli ultimi passaggi di una lunga serie di provvedimenti, con i quali è stata affrontata l'epidemia da COVID-19, una sequenza che si divide in due grandi fasi: una chiusa, per fortuna, per sempre con il precedente Governo, ed una iniziata con questo Governo. Nel mezzo, purtroppo, tanti sacrifici da parte di lavoratori, aziende e imprenditori, che ora non vedono l'ora di tornare a fare la cosa per la quale noi italiani siamo più conosciuti al mondo: lavorare. Permettetemi, infatti, cari colleghi, di iniziare l'analisi di questo provvedimento dalla recente notizia di questi giorni, che tanta gioia ha riportato sui volti dei nostri cittadini, annunciata dal Primo Ministro, Mario Draghi: dal 26 aprile, infatti, finalmente il Paese torna a riaprire. Lo dico non già per evidenziare una cosa ormai nota ed acquisita, quanto piuttosto perché anche l'analisi del provvedimento che qui oggi discutiamo non può prescindere dalle prossime riaperture. Il decreto-legge in esame, infatti, prevede l'applicazione di disposizioni restrittive, volte a rimodulare sul territorio nazionale le misure di contenimento e di contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in considerazione della maggiore diffusività del virus e delle sue varianti, al fine di limitare ulteriormente la circolazione delle persone ed evitare un aggravamento dell'epidemia. Non solo: reintroduce fino al 30 giugno 2021 la possibilità per i lavoratori dipendenti di ricorrere al lavoro agile o, in alternativa, ad un congedo straordinario retribuito; stanzia le risorse per la copertura degli oneri recati dal provvedimento, indicando soprattutto gli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti dell'utilizzo di una quota di ricorso all'indebitamento.

Come possiamo pertanto facilmente intuire, questo provvedimento non è un testo fine a se stesso, ma si colloca ed integra un percorso, fino a qualche mese fa lento e tortuoso, che aveva lo scopo di poter condurre alla riapertura del Paese. Le disposizioni in esso contenute, pertanto, devono necessariamente essere lette in un quadro e in un contesto più ampio di quello degli articoli che lo compongono, altrimenti si rischia inesorabilmente di perderne il significato nel suo complesso.

Rispetto a quanto abbiamo dovuto assistere per oltre un anno e mezzo, la differenza è netta ed evidente: siamo passati da annunci social e bozze di provvedimenti raffazzonati a testi condivisi e mirati ad un chiaro ed inequivocabile obiettivo: far ripartire il Paese. La cartina tornasole di questo cambio di passo è nel numero della campagna vaccinale, la cui adesione è completamente decollata in concomitanza con il cambio al vertice per chi a lungo l'ha guidata e, se ora quindi l'Unione europea riuscirà a far valere le proprie ragioni e le proprie istanze nell'approvvigionare anche il nostro Paese - come promesso, garantito e spergiurato -, allora tutto sarà più facile.

Certo, il lavoro da fare è ancora molto purtroppo e ha bisogno di una leale e costruttiva collaborazione.

Il decreto per le misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19, gli interventi di sostegno per i lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena, e che qui noi oggi iniziamo a discutere è, sì, importante, ma non meno lo sono la pianificazione e la gestione dell'emergenza a livello locale. In tal senso - non possiamo non sottolinearlo -, mentre ci sono regioni che stanno dando il massimo per velocizzare i vaccini e conseguentemente la riapertura, ve ne sono altre in grave ritardo e sulle quali pende una responsabilità importante.

La Toscana, ad esempio, dalla quale provengo, deve fare meglio e molto di più. Le notizie che giungono dai numerosi casi di ritardo nella somministrazione di vaccini sono francamente intollerabili, senza dire quell'odioso fenomeno di chi salta la fila, sottraendo il posto a chi ne avrebbe prima diritto. La discussione e, come mi auspico, l'approvazione del decreto-legge come quello di oggi hanno un senso, infatti, se ogni attore della filiera partecipa in modo costruttivo e diligente alla realizzazione dell'obiettivo. Certo, i passaggi parlamentari, come quello odierno, sono non solo necessari, ma propedeutici e strategici, ma non sono da meno i piani di vaccinazione che si stanno esplicando nei nostri territori e che devono essere eseguiti con la stessa solerzia e dovizia, con la quale noi oggi ci apprestiamo ad approvare le disposizioni contenute in questo testo.

La didattica a distanza, a solo titolo d'esempio, è, sì, un punto fondamentale di questo testo di legge; proprio perché è nelle regioni e con le regioni che si sviluppa la didattica dei nostri ragazzi, è fondamentale che, nei territori locali, ognuno marci con un passo altrettanto performante. Che senso avrebbe discutere qui per ore ed ore per sostenere ed aiutare il lavoro agile, al fine di sostenere i figli che ancora oggi sono in didattica a distanza, se poi contemporaneamente non c'è lo stesso impegno nel perseguire l'obiettivo?

In questo, permettetemi di ringraziare il costruttivo ed importante lavoro svolto dai colleghi, tutti, delle Commissioni XI e XII e dei rappresentanti del Governo, il sottosegretario Nisini. Nei giorni passati hanno studiato ed analizzato il provvedimento proprio perché questo giungesse alla nostra attenzione. L'approvazione, ad esempio, dell'emendamento, con cui si estende la possibilità di ampliare il congedo parentale anche nel caso in cui l'istituto scolastico sia temporaneamente chiuso, è un miglioramento consistente rispetto al testo base. La possibilità infatti di consentire, anche nei casi in cui le scuole operino a ranghi ridotti, di usufruire del congedo rappresenta senza dubbio un concreto aiuto nei confronti dei genitori e di tutte quelle famiglie che, per tutti questi mesi, purtroppo, hanno dovuto affrontare le difficoltà legate al COVID. Un punto molto importante, soprattutto se pensiamo ai genitori dei bambini con disabilità, che avevano accesso alla scuola anche nelle “zone rosse” o solo per poche ore. Non possiamo dimenticare infatti che la pandemia, oltre a un costo sanitario, ha avuto una ripercussione anche sociale ed educativa tanto sui professori, che sono stati costretti a stravolgere i programmi educativi, quanto sugli studenti le loro famiglie. Queste ultime, infatti, sono state costrette, loro malgrado, a ridefinire completamente i loro stili di vita, le loro abitudini, gli spazi ed i tempi con cui confrontarsi con i propri figli, al fine di aiutarli nelle nuove modalità interattive di lezioni a distanza; uno sforzo tanto maggiore per i genitori di ragazzi disabili che hanno dovuto confrontarsi con ulteriori difficoltà, come quelle legate per l'appunto al COVID. A proposito di disabilità, voglio qui ringraziare il Ministro Erika Stefani, per tutto quello che ha sinora fatto e soprattutto per quello che sta facendo per le persone con disabilità. Questa è una cosa che ho molto a cuore, perché ho vissuto da vicino situazioni analoghe. Questo Governo infatti, grazie soprattutto alla spinta propositiva e al pragmatismo del Ministro Stefani, sta già dando un fortissimo impulso alla tutela e al sostegno delle famiglie, che ogni giorno affrontano con coraggio la disabilità. Anche questo testo infatti, se può dirsi più attento e vigile a questa categoria di cittadini, lo deve alla sensibilità di chi, con attenzione ed empatia, ascolta le istanze dei disabili ed interviene legislativamente per migliorare le condizioni di costoro. Era fondamentale pertanto aiutare le famiglie, dando loro un maggiore spazio di movimento, nell'ottica del congedo. E certo non sarà meno importante vigilare e sostenere i nostri ragazzi negli anni che verranno, perché due anni scolastici tolti dalla socialità, infatti, rischiano di rappresentare per le nuove generazioni un salto troppo grande e difficoltoso da affrontare senza un adeguato e costruttivo sostegno.

Mi avvio alla conclusione, onorevoli colleghi. Negli ultimi mesi noi tutti abbiamo assistito e seguito con grande apprensione le immagini di chi, disperato, ha dovuto confrontarsi con le chiusure, i licenziamenti, la perdita di fatturato o addirittura la chiusura delle attività. Le proteste di chi per anni ha solo pensato a lavorare per mantenere la propria famiglia sono ancora impresse in tutti noi. Per questo motivo qui, oggi, iniziamo a discutere ed analizzare questo provvedimento. Il percorso delle riaperture, gravemente e colpevolmente ritardato dal precedente Governo, è ormai stato avviato: non possiamo e non dobbiamo fermarci. E il decreto-legge n. 30 del 2021 è un altro importante tassello verso la riapertura del nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Onorevoli colleghi, signor Presidente, rappresentante del Governo, il provvedimento che discutiamo oggi è già superato dallo stato di cose attuali. Nonostante i danni provocati dalla crisi economica siano sotto gli occhi di tutti, basta camminare nelle strade qui vicino per vedere le numerose attività che hanno dovuto chiudere i battenti, complici gli aiuti statali che, se arrivati, sono stati molto limitati e che poco sono serviti nel compensare le perdite subite. Come ha sottolineato anche il presidente Giorgia Meloni, da Conte a Draghi tutto è cambiato perché nulla cambi. Ed ecco che, mentre in Conferenza il Governo assume toni vittoriosi, ci si dimentica che rimarranno il coprifuoco alle 22 ed il sistema a fasce. Riponiamo fortissimi dubbi sulla conferma di questi due punti che vanno a limitare diritti fondamentali, rappresentante del Governo, garantiti dalla Costituzione e che, come dimostrato da vari studi, non si sono dimostrati vincenti nel combattere la diffusione del Coronavirus. Nei giorni scorsi, il The Wall Street Journal ha pubblicato due editoriali molto emblematici. Nel primo, si è evidenziato che - letterale - “nessun Governo ha ancora prodotto un'analisi costi-benefici per giustificare i provvedimenti restrittivi, perché sanno quale risultato mostrerebbe”; mentre, nel secondo, si è descritto il lockdown come una battaglia ideologica, i cui eccessi pagheremo per generazioni - e questo è il The Wall Street Journal, non è Fratelli d'Italia, colleghi e rappresentante del Governo -, alludendo ai numerosi disagi economici e psicologici generati dalle prolungate misure di contenimento. Persino il Corriere della Sera - che certo non è Fratelli d'Italia - ha sollevato qualche perplessità sulla riuscita delle misure restrittive, attraverso un confronto fra i dati di Milano e quelli della comunità autonoma di Madrid, nei quali la metropoli italiana ne esce molto male.

A Madrid hanno deciso di non attuare alcuna restrizione, se non la chiusura delle attività alle ore 23, che è cosa ben diversa che distruggere un'economia nazionale, quella della ristorazione, chiudendo i ristoranti alle 18, consentendo solo l'asporto. La scelta si è dimostrata vincente, quella spagnola. I consumi con carta di credito, secondo i dati della banca BBVA, sono aumentati, tra dicembre e febbraio, di quasi il 35 per cento rispetto all'anno precedente. Sappiamo quanto Fratelli d'Italia contesti l'obbligo della carta di credito rispetto ai contanti, ma è un dato che fa capire, statisticamente, la partecipazione e l'affluenza rispetto alla ristorazione.

I dati sanitari, nonostante il mantenimento delle aperture, pongono Madrid in linea con le altre città spagnole che hanno chiuso tutte le attività. Al 16 aprile, l'andamento dei casi, negli ultimi quattordici giorni, era di 372 per 100 mila abitanti. Per fare un paragone, in Puglia, attualmente in zona rossa, il dato, secondo la Fondazione GIMBE, era pari a 543 casi ogni mille abitanti. Viene lecito porsi il dubbio se la strada seguita sia stata la via giusta o se questa non abbia soltanto acuito le difficoltà dei cittadini.

Il provvedimento, infatti, modifica i criteri di attribuzione delle fasce, insomma, dà nuovi colori, ma il sistema funziona? Questa è la domanda che dobbiamo porci. I dati sono, certo, chiave delle decisioni, ma si rischia di scivolare nella politica dei tamponi. Cito Maruotti, che non è certo Fratelli d'Italia, docente di Statistica alla LUMSA, che parla - letteralmente - di cecità da parte dei decisori politici, che continuano a considerare l'Rt, così come calcolato dall'Istituto superiore di sanità e dalla Fondazione Bruno Kessler, come indicatore discriminante per prendere le decisioni. Ormai è condiviso dalla comunità accademica il grave vulnus legato a questo modo di procedere. È solo un esempio di tutti gli errori metodologici fatti finora nella stima dell'Rt. L'incidenza, di per sé, è un buon indicatore da monitorare certo; smette di esserlo, colleghi, nel momento in cui diventa un obiettivo: ad esempio, restare sotto i 250 casi per 100 mila abitanti, come vuole questo provvedimento.

Noi riteniamo, alla fine, che si sia fatta una costruzione, una narrazione dell'emergenza, una serie di politiche dell'emergenza basate su un dato, quello dell'Rt, che non è scientifico e statisticamente valido per aver deciso di chiudere tutto e di aver messo in ginocchio l'economia nazionale o, almeno, quella parte di economia nazionale che non vive di stipendio, non è sostenuta dal pubblico, ma vive del proprio lavoro e apre, o apriva, ogni giorno, la saracinesca del proprio negozio per lavorare. E questo è quello che ha fatto questo Governo, in continuità con il Governo precedente e con i Governi precedenti.

Colleghi, tra queste filiere, ce n'è una che difendiamo in maniera determinata, come le altre, ma anche con un maggior senso di appartenenza per l'importanza che rileva nell'identità nazionale, che è quella del settore culturale, che è allo stremo. Abbiamo assistito, solo qualche ora fa, alla manifestazione dei “bauli” a piazza del Popolo: tutto l'indotto dei tecnici, a cui va la nostra solidarietà e che sono quelli che permettono lo spettacolo dal vivo, sono quelli che fanno il design della luce, del suono, che gestiscono lo spettacolo, che fanno la regia, che fanno la produzione, la post-produzione, che mandano in onda in streaming lo spettacolo dal vivo; soprattutto in questa fase, in questa contingenza, in cui lo spettacolo dal vivo, quello assistito, pubblico, quello anche privato che è riuscito a farlo motu proprio, si è spostato sul digitale, anche grazie a questi tecnici. Ecco, quei bauli chiusi, con il materiale, a piazza del Popolo, sono il simbolo di quanto questa filiera sia allo stremo e va a loro, a tutte le categorie della filiera culturale, la nostra convinta solidarietà.

Vedete, sulle riaperture, il Ministro Franceschini è stato un po' come un personaggio letterario, il “sor Tentenna”, per cui, prima, voleva aprire il 27 marzo e, poi, è stato smentito dal CTS. Peraltro, voleva aprire alla vigilia della Pasqua, quando, storicamente, la Pasqua è un periodo in cui i teatri venivano chiusi, tanto è vero che il viola porta male a teatro per questa ragione, perché era il colore della Pasqua e, anticamente, c'era il blocco di tutte le attività di spettacolo, che erano considerate licenziose. Quindi già una prima gaffe. Ma, poi, quando noi abbiamo sostenuto la riapertura programmata, con il confronto con le categorie, attraverso il tavolo permanente costituito grazie a Fratelli d'Italia, la risposta è stata: riandiamo dal CTS e vediamo se ci dà una percentuale maggiore e, cioè, il 25 per cento, il 50 per cento e quanto sennò; sembra un'antica battuta, anche questa, presa dalla tradizione popolare.

Dopo un confronto con tutte le categorie, di qualsiasi orientamento, di qualsiasi schieramento, perché le categorie sono lavoratori dello spettacolo che vanno tutelati - artisti, cantanti, attori, tecnici - noi chiediamo che ora, per quanto non abbia senso, perché le stagioni sono finite, ma almeno laddove è possibile, bisogna garantire almeno il 66 per cento della capienza della sala, con sistemi di tracciamento a carico dello Stato, quindi non certamente il tampone. Non si può chiedere a un organizzatore privato di spettacoli, di teatro, di cinema, di far fare il tampone, perché è dissuasivo, perché costerebbe troppo e, sicuramente, impatterebbe sulla idea stessa di partecipare a uno spettacolo o un film. Noi chiediamo, invece, che vengano esonerati dalle tasse, per almeno sei mesi dalla riapertura, tutti i costi di tracciamento, che, certo, sono utili e possono essere utilizzati anche da queste filiere.

Gli indennizzi, poi, di cui si vantava il Ministro Franceschini, i famosi 600 milioni, sono poco rispetto ai fondi che la Germania, la Francia, che il resto dell'Europa ha dato ai propri artisti. Io ricordo che, anche nel PNRR, abbiamo lo 0,2 per cento del finanziamento alla cultura, e noi siamo la patria delle arti.

Poi, appena il collega Morassut ha finito la telefonata, magari, posso continuare a parlare. C'è un riverbero fino a quassù, non si sente nulla. Presidente, siamo quattro, se magari questi quattro tacciono…

PRESIDENTE. Se, magari, consentite all'onorevole Mollicone di svolgere il suo intervento, vi ringrazio.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Penso che stiamo parlando di argomenti che interessino tutti; non esprimete solidarietà sui giornali, se, poi, quando se ne parla in Aula, non ascoltate.

Gli indennizzi, quindi, vanno aumentati. Il tavolo sulla cultura è un tavolo di crisi - è stato istituito grazie a un ordine del giorno di Fratelli d'Italia, a dimostrazione che siamo un'opposizione patriottica che contribuisce a dare soluzioni di governo alla Nazione in emergenza a favore delle categorie - ma non è operativo; quando viene riunito, sembra una sorta - questo sì - di spettacolo e di messa in scena, con più di 150 categorie rappresentate.

Noi abbiamo chiesto e ora intimiamo al Ministero della Cultura e i suoi dirigenti apicali di convocare il tavolo delle categorie dello spettacolo dal vivo, categoria per categoria, di consultarle prima di andare da questo fantomatico CTS, che non è né tecnico né scientifico e non ha potere decisionale, non è previsto da nessuna legge italiana, ma, comunque, non ha capacità legislativa, come, invece, ha il Parlamento. Quindi, invece di andare dal CTS a elemosinare qualche percentuale in più, il Ministero della Cultura si faccia rispettare, riunisca al tavolo di crisi categoria per categoria, e lì crei la linea da dare al CTS, da dare all'Istituto superiore di sanità, da dare nelle linee guida, non il contrario. Quindi, noi chiediamo che venga convocato, appunto, categoria per categoria, per definire questi fantomatici protocolli che leggiamo sui giornali, ma che, poi, parlando con le categorie, ci dicono invece che sono il contrario di quello che avevano proposto.

In tutto questo, quindi, ci appare assurdo che il Ministro Franceschini sia andato a mostrare la propria solidarietà agli occupanti del Globe Theatre. Questo, vedete, è un momento episodico importante da sottolineare in quest'Aula; cioè, noi abbiamo una filiera allo stremo, di compagnie private, di gestori di teatri, di corpi di ballo, di scuole di danza e Franceschini che cosa fa?

Va ad una evidente messa in scena al Globe Theatre, organizzata. Voi direte, è stata un'occupazione: sì, un'occupazione talmente organizzata che - ci dicono - i vertici del Teatro di Roma sono andati il giorno prima a verificare che tutto fosse a posto per il Globe Theatre e il giorno dopo c'è stata questa occupazione. Riteniamo assurdo che un Ministro della Repubblica incontri occupanti di un teatro pubblico, sedicenti artisti e attori del mondo dello spettacolo. In realtà, è un ambiente, quello che gestisce il Teatro di Roma, per un'operazione che è stata fatta dal comune di Roma, che non solo non ha sofferto la crisi, grazie a stipendi e scritture con fondi pubblici, ma anzi si è contraddistinto per consulenze e mala gestione del presidente Bevilacqua, del consulente artistico Corsetti e della consulente artistica Corona. Ne parliamo qui, colleghi, perché questo è il simbolo di un'Italia che non funziona e di un Governo che non funziona. Questo teatro, il teatro Argentina, non è un teatro qualsiasi: è il teatro nazionale ed è finanziato anche con i soldi degli italiani, oltre che dei romani e della regione Lazio, quindi qui ne dovete rispondere! Non è accettabile che il Ministro Franceschini vada a questa pantomima, a questa messa in scena al Globe Theatre, che fa parte dei teatri di cintura, che viene iscritto a bilancio del Teatro di Roma con 400 mila euro l'anno. Ebbene, dovete sapere che, ancora oggi, questo teatro, mentre c'è la crisi, mentre c'è la pandemia, mentre stiamo votando un DL che è già superato, è in bilancio provvisorio per irregolarità, con continua emanazione di pareri sfavorevoli dei revisori dei conti, anche del Ministero, per consulenze e irregolarità amministrative. Questa messa in scena, organizzata da una lobby che occupa posti strapagati da romani e italiani a teatro chiuso, al teatro India. Abbiamo denunciato ciò sui giornali, abbiamo fatto un question time e ancora il Ministro Franceschini non ha risposto. Fra i soggetti promotori di questa occupazione c'è il Brancaleone, un centro sociale; c'è l'ARCI di Roma, c'è l'Acrobax, un altro centro sociale noto alle cronache giudiziarie; c'è un altro centro ultra finanziato da soldi pubblici, il Piccolo America, un'altra cordata “politicamente corretta” di bravi ragazzi sostenuti da grandi attori, che, non si sa come, hanno vinto un bando per una sala cinematografica; c'è, fra i sostenitori, quella stessa Francesca Corona del Teatro di Roma.

Al Teatro di Roma, che plaude all'occupazione dei propri spazi, continua lo spreco di denaro pubblico: manca un direttore con i requisiti e manca il responsabile amministrativo; sono i requisiti per avere il FUS (2 milioni l'anno), che ancora non è stato designato. Sono stati clonati consulenti artistici: Corsetti è stato prima direttore, poi costretto a dimettersi per omesso controllo e ora riassunto come consulente; Corona è consulente del consulente, con una pletora di scritturati che proverebbero, da quello che si vede dalla programmazione, dall'ex Valle occupato e all'Angelo Mai. Perché diciamo questo e vi raccontiamo questo, e vi sveliamo ancora una volta quello che abbiamo già detto pubblicamente col nostro atto di sindacato ispettivo? Perché intanto i lavoratori dello spettacolo, quelli veri, gli attori, quelli che vivono di teatro, sono a casa, sono fermi, sono nell'impossibilità di andare in scena e sono allo stremo. Nel rapporto 2020 della SIAE, non di Fratelli d'Italia, si è sottolineato che nello scorso anno gli eventi sono diminuiti del 69,29 per cento, con gli ingressi in calo del 72,90 per cento; una spesa al botteghino calata del 77,58 per cento e una spesa del pubblico ridotta dell'82,24 per cento. Il teatro ha perso il 70,71 per cento e indovinate un po' chi è che soffre? Soffre, ovviamente, soprattutto il teatro privato, perché quello pubblico comunque, giustamente, è finanziato, ma quello privato è stato finanziato poco per il danno che ha subito. C'è stata, quindi, una riduzione generale del 78,45 per cento della spesa al botteghino: sono numeri che fanno paura, che non possono essere alleggeriti dalle misure che impongono - come questa - ulteriori sacrifici alle attività culturali. Vedete, la sopravvivenza di questo settore è fondamentale per la Nazione poiché, come sottolineato anche dal presidente SIAE, Mogol, la diffusione della cultura è essenziale non solo per l'economia italiana, ma per la stessa qualità della vita. È benessere, è il benessere: sono medicine per l'anima! Per questo, Fratelli d'Italia da anni propone la detrazione del consumo culturale individuale, che forse adesso con le riaperture ha ancora più senso. Però, anche su questo, la maggioranza dice a parole di essere favorevole e la Melandri, che è stata Ministro della Cultura, rilancia ciò su l'Espresso, sui giornali, sul proprio sito; poi, però, quando mettiamo noi gli emendamenti in votazione, questi vengono sempre bocciati. Quindi, spiegateci questo arcano: o siete favorevoli, fuori, sui giornali e qui, oppure almeno rimanete in silenzio su questo provvedimento. Fratelli d'Italia chiede di riaprire - sì - i teatri, concordando i tempi della stagione estiva, delle arene estive, degli spazi estivi e degli eventi estivi, riprogrammando ora, al tavolo, la stagione invernale, sempre assistita; ma riaprite i teatri, i cinema, i musei, le scuole di danza perché non possiamo permetterci il tracollo della cultura. Fatelo per gli esercenti, per le maestranze, per gli italiani, fatelo per le categorie, tutte: l'AGIS, l'ATIP, il Movimento spettacolo dal vivo, l'Unione teatri di Roma, Assomusica, AFI, Vivo di danza e tutte le categorie dello spettacolo e della cultura che siedono al tavolo straordinario fatto costituire grazie a una battaglia di Fratelli d'Italia; fatelo per i tanti artisti che non sono iscritti a queste categorie, ma che comunque vengono rappresentati nella loro istanza più profonda da queste categorie, come anche i comitati spontanei degli artisti e attori che, in buona fede, hanno firmato appelli che poi sono stati disattesi.

Aggiungo che tutti questi disagi sono figli di un piano vaccinale imbarazzante: mentre la Gran Bretagna, Israele e gli Stati Uniti ripartono, noi siamo ancora fermi, con misure restrittive che non trovano una fine. Non è certo colpa del generale Figliuolo, a cui va la nostra solidarietà anche per l'attacco alla divisa che porta: è colpa del Governo, è colpa del CTS, è colpa dell'Europa che non ha saputo fare una contrattazione degna di questo nome. Il rapporto della fondazione Gimbe, colleghi, aggiornato al 7 aprile, getta una luce catastrofica sul piano vaccinale italiano: a tale data, solamente il 6 per cento della popolazione ha completato il ciclo vaccinale; fra gli over 80, la fascia d'età maggiormente a rischio, che Fratelli d'Italia ha chiesto di tutelare per prima insieme ai fragili, solamente il 36,8 per cento ha ricevuto le dosi necessarie; non parliamo, poi, della fascia d'età che va dai 70 ai 79 anni; in questo caso la percentuale si ferma al 2,2 per cento, con il 14,3 per cento che ha ricevuto la prima dose. Sempre secondo questo rapporto, risultano consegnate alle regioni 14 milioni di dosi: la metà rispetto alle 28 previste nel primo piano vaccinale. Come poi sottolineato con questa progressione, nei prossimi mesi rischia di venir meno l'ipotesi di 500 mila somministrazioni al giorno. Oggi abbiamo avuto altri annunci, ma, appunto, altri annunci. La discesa dei contagi nelle ultime settimane si deve a un drastico calo dei tamponi, non ad altro. La situazione ospedaliera è fortemente critica e le terapie intensive faticano a svuotarsi, così ci dite: ma dove sono le terapie intensive del bando fatto da Arcuri, che anche grazie a Fratelli d'Italia è stato cacciato e che ha finito il bando soltanto a ottobre - ha esitato il bando a ottobre - mentre c'era l'emergenza nei mesi precedenti? In questo scenario di emergenza verrebbe lecito chiedersi perché non siano state attuate, come sollecitato sempre da Fratelli d'Italia, ma anche da virologi ed esperti, le terapie domiciliari precoci, che avrebbero potuto ridurre la pressione negli ospedali. È dimostrato dalle percentuali: se tu il malato lo prendi a casa e lo curi subito con la terapia ospedaliera, come è accaduto anche a me che sono stato curato grazie a dei medici della ASL e al medico di famiglia, con coscienza e tempestività, invece di essere ricoverato, si evita di occupare un posto letto. Io non sono stato ricoverato perché ho ricevuto la terapia ospedaliera: l'ho fatta, mi sono fatto le iniezioni di eparina da solo e, comunque, ho evitato di occupare un posto letto e questo sarebbe servito sicuramente a tutti gli italiani; invece la rete territoriale non è mai esistita.

Tutte le attività sono chiuse, ma la gente continua a morire, a dimostrazione del fallimento di queste misure di contenimento, che tanto hanno fatto per togliere energia vitale ai settori economici, ma che nulla hanno fatto di fronte ai mezzi pubblici, costantemente pieni, senza adeguate misure di distanziamento. Oggi abbiamo notizia della riapertura delle scuole, però vi siete preoccupati dei mezzi pubblici che sono il vero veicolo di contagio, come denunciano i NAS dei Carabinieri - non Fratelli d'Italia - che hanno fatto i test? Ci chiediamo, come sottolineato anche da Giorgia Meloni, perché attorno alla conferenza stampa del Presidente Draghi e del Ministro Speranza ci sia stato questo forte entusiasmo generale, se permangono ancora queste forti problematiche e criticità. Chiediamo al Governo risposte sul piano vaccinale, sulle riaperture delle attività culturali e sul perché siano state mantenute le numerose misure di contenimento.

Ovviamente lo chiediamo per tutte le strutture sportive, io sono anche capogruppo in VII Commissione, per lo sport e abbiamo più volte fatto manifestazioni, flash mob, coinvolto le scuole di danza, anche quelle sportive che fanno danza sportiva, tutte le strutture, le palestre. Siamo stati a piazza del Popolo con i personal trainer, con gli organizzatori sportivi, con i centri sportivi, con l'impiantistica, con tutti. Ancora ci venite a dire che aprite le palestre il 1° giugno, quando ognuno di noi, se va in palestra, sa che il 1° giugno le palestre, in genere, chiudono. Poi, vi è lo studio scientifico che dimostra che con il cloro verrebbe ucciso subito il virus. Perché le avete chiuse? Non sapete neanche quello che avete fatto. E dico “avete chiuse” perché il Ministro Speranza è sempre lì, dall'inizio; è stato cacciato il CTS che aveva nominato, è stato cacciato Arcuri, ma lui è sempre lì. E vogliamo risposte sul report dell'OMS, su Guerra, su Zambon, sull'indipendenza dell'OMS, sull'inchiesta di Bergamo, sulle commesse di Arcuri, su Benotti! Anche per questo abbiamo presentato una mozione di sfiducia a Speranza, e vi siete mobilitati con appelli strappalacrime sui giornali, avete mobilitato la solita grancassa, la solita messa in scena a difesa del peggiore Ministro della Salute. Almeno quello austriaco ha dichiarato di essere esaurito e legittimamente si è dimesso; noi abbiamo avuto il peggiore Ministro della Salute nella peggiore pandemia mondiale e ancora non lo avete cambiato. Vi invitiamo, quindi, a firmare la raccolta di firme - e lo facciamo a tutte le persone in ascolto, anche dallo streaming, sui social - sul sito di Fratelli d'Italia, in rete. Non vogliamo che tutto cambi affinché nulla cambi; ridateci la libertà. Avete visto le file per chiedere il pane e i pacchi alimentari? Lo dovete a loro, a chi non arriva alla fine del mese. Siamo contro ogni violenza, e l'abbiamo condannata, ma le manifestazioni esasperate sono il termometro della sofferenza di chi lavora e di chi produce. Stanno uscendo rilievi che dimostrano che Speranza - questa è notizia di oggi - fosse informato del report dell'OMS e del suo ritiro, c'è una mail.

Speranza deve andare a casa: lo chiedono le categorie, lo chiede chi produce, lo chiedono i ristoratori, gli sportivi, la cultura; lo chiedono gli italiani, beffati da riaperture che mantengono il coprifuoco, che si applica in guerra, e da ristori ridicoli.

La petizione di Fratelli d'Italia ha raggiunto 50 mila firme in poche ore, molto più degli appelli della solita grancassa dei VIP, perché la sinistra e la maggioranza si occupano solo dei VIP, delle persone veramente importanti; noi ci occupiamo delle persone che lavorano, degli italiani, del popolo, perché noi siamo popolo, e lo rappresentiamo sempre.

Speranza ha costretto milioni italiani a casa, per un anno; ora è arrivato il momento, colleghi, rappresentante del Governo, Presidente, che a casa ci vada il Ministro Speranza e ci rimanga, per il bene dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ruggiero. Ne ha facoltà.

FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie, Presidente. Il provvedimento che discutiamo oggi si colloca nel solco degli interventi che si sono resi necessari sin dall'inizio dell'emergenza pandemica per contrastare la diffusione del contagio da COVID-19. Il decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30, recante misure urgenti per fronteggiare la diffusione da COVID-19 e interventi di sostegno per i lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena, che ci apprestiamo a convertire in legge, ha infatti trovato la sua ragion d'essere nel contesto epidemiologico in cui è nato e nella necessità di adottare restrizioni più severe in vista del periodo pasquale. Il provvedimento in questione ha rappresentato l'unica arma di contrasto alla diffusione del virus, in un contesto in cui la campagna vaccinale registrava un numero di somministrazioni totali giornaliere per lo più sotto la soglia delle 200 mila, con rari picchi oltre questa cifra, per un totale di dosi somministrate pari a circa 6,5 milioni, al 12 marzo scorso. Ad oggi, come ben noto, siamo a 15 milioni di dosi somministrate, con un andamento costante di somministrazioni giornaliere che supera le 250 mila dosi giornaliere.

Nella cornice, dunque, di una campagna vaccinale che doveva ancora iniziare a dispiegare i suoi effetti, la recrudescenza dell'epidemia nel nostro Paese e la diffusione di varianti più facilmente trasmissibili hanno richiesto un ulteriore intervento per contrastare la diffusione dei contagi e introdurre benefici in favore di lavoratori con figli in quarantena o in didattica a distanza. Tra metà febbraio e l'entrata in vigore del provvedimento, a metà marzo, il trend relativo all'andamento del numero dei contagi totali ha registrato una spinta verso l'alto: si è passati dai circa 12 mila contagi giornalieri registrati il 17 febbraio ai circa 27 mila del 12 marzo, con un rapporto percentuale numero di casi sul totale complessivo di tamponi effettuati cresciuto dal 4,10 per cento del 17 febbraio al 7,6 per cento del 12 marzo. Questi numeri hanno imposto le restrizioni del provvedimento che stiamo discutendo oggi. A distanza di un mese dal decreto, possiamo affermare che le misure in questione hanno frenato la crescita dei contagi e appiattito la relativa curva, alleggerendo la pressione sul nostro sistema sanitario nazionale.

Dal 13 marzo, data di entrata in vigore del decreto-legge, il numero dei contagi giornalieri, dopo due settimane circa, ha iniziato a decrescere, passando dai circa 27 mila del 12 marzo ai 24 mila del 26 marzo fino ai circa 22 mila del 2 aprile. Il decreto-legge ha previsto, all'articolo 1, ulteriori restrizioni per contrastare la diffusione del contagio da COVID-19 per il periodo temporale compreso tra il 15 marzo e il 6 aprile 2021. In virtù di una maggiore omogeneizzazione delle misure in senso restrittivo, sono state applicate alle cosiddette zone gialle le misure previste per le zone arancioni e, per i giorni delle festività pasquali, il 3, il 4 e il 5 aprile, su tutto il territorio nazionale, ad eccezione della zona bianca, le misure previste per la zona rossa. Per i giorni delle festività pasquali il Governo ha mostrato piena continuità con quanto fatto dal Governo Conte per il periodo natalizio, consentendo in ambito regionale gli spostamenti verso una sola abitazione privata una volta al giorno, nei limiti di due persone, nell'arco temporale compreso fra le 5 e le 22. Le misure più restrittive hanno previsto l'ingresso automatico in zona rossa nel caso di incidenza cumulativa dei contagi superiore a 250 casi ogni 100 mila abitanti e la possibilità per i presidenti di regione di disporre ulteriori restrizioni, oltre a quelle della zona rossa, in singole province in cui l'incidenza dei contagi fosse superiore a 250 casi per 100 mila abitanti oppure nelle aree in cui la circolazione delle varianti di SARS-CoV-2 determinasse un alto rischio di diffusività.

L'articolo 2 del decreto-legge contiene le disposizioni concernenti il lavoro agile, i congedi per genitori e il bonus babysitting, fondamentali per sostenere le famiglie e risolvere gli eventuali disagi provocati dalla sospensione dell'attività didattica in presenza o dalla quarantena o positività dei figli più piccoli. Su questo articolo, in sede referente, è intervenuta una modifica del nostro gruppo che ha esteso la possibilità di usufruire della modalità di lavoro agile al genitore lavoratore dipendente non convivente, superando le discriminazioni che si sarebbero potute creare in determinati contesti familiari. Altrettanto importante è stata l'approvazione di un altro emendamento, sempre 5 Stelle, che ha ampliato la platea degli eventuali beneficiari, interessando anche i genitori di figli fino ai 18 anni con disabilità. In questo senso riteniamo preziosa l'ulteriore modifica, approvata in sede referente, con cui si riconosce il presente beneficio a entrambi i genitori di figli, di ogni età, con disabilità accertata ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 3, della legge del 5 febbraio 1992, n. 104, con disturbi specifici dell'apprendimento o bisogni educativi speciali. Così come abbiamo condiviso pienamente la modifica per riconoscere il congedo ai genitori di figli con disabilità, a prescindere dall'età del figlio. Si tratta di una risposta in più che lo Stato dà a queste famiglie, le quali già normalmente affrontano situazioni difficili, ulteriormente complicate dalla pandemia; per questo necessitano di ogni tipo di supporto da parte dello Stato.

Un'altra modifica positiva è stato l'ampliamento del ventaglio delle professioni beneficiarie del bonus babysitting, non più limitato alle sole categorie del settore sanitario. Un intervento doveroso e che ci ricorda come, oltre agli operatori sanitari, pur fondamentali nel loro preziosissimo ruolo nel campo di battaglia contro la pandemia, ci sono molteplici categorie di lavoratori che necessitano di altrettanto supporto da parte dello Stato nella gestione dei propri figli. Quando si investono altre risorse in welfare e servizi in favore di famiglie e lavoratori, noi del MoVimento 5 Stelle saremo sempre dalla parte dei cittadini, e quindi a favore di queste misure.

Poi mi preme sottolineare un'altra modifica introdotta in sede referente: faccio riferimento al comma 1-ter che riconosce al lavoratore che svolge l'attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e delle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. Un diritto sacrosanto grazie a cui il nostro Paese tiene il passo con i tempi e volge lo sguardo al futuro.

La pandemia, infatti, ha incentivato come non mai la digitalizzazione e, quindi, nell'ambito del lavoro, il cosiddetto smart working. Questa modalità di lavoro elimina la tradizionale suddivisione fra l'ambiente di casa e l'ambiente di lavoro, che finiscono per coincidere. Internet e i dispositivi digitali permettono di essere connessi e raggiungibili sempre, anche al di fuori delle ore previste dal contratto e tradizionalmente svolte in ufficio. Perciò, il diritto alla disconnessione è necessario, al fine di offrire maggiori garanzie ai lavoratori che devono preservare i propri diritti e i propri spazi a garanzia della propria salute.

Mentre il mondo del lavoro cambia, lo Stato deve farsi trovare preparato, ammodernando le proprie leggi per non lasciare indifesi cittadini e il diritto alla disconnessione è certamente un passo importante in questa direzione.

Come detto all'inizio del mio intervento, l'obiettivo di questo provvedimento è stato principalmente quello di contrastare la diffusione del COVID, inasprendo le misure restrittive. Nel frattempo, la campagna vaccinale prosegue a ritmi diversi, a seconda delle regioni. Al riguardo, non possiamo tacere tante problematiche, quando non veri e propri abusi, che si sono verificati in diverse regioni. Questo deve dare impulso a quel ripensamento sulla suddivisione delle competenze in materia sanitaria tra Stato e regioni che, dall'inizio della pandemia, così come adesso, hanno dimostrato, in molti casi, di non saper dare risposte efficaci ai bisogni della popolazione, evidenziando mancanze e inefficienze inaccettabili. E' un discorso complesso che bisognerà però sviluppare, raccogliendo le migliori energie di questo Paese e senza ripetere gli errori del passato.

Adesso vanno condivise scelte responsabili in tema di riaperture, anche attraverso un ulteriore sostegno alle attività economiche, in special modo verso quelle che hanno avuto maggiori difficoltà, come già sancito dall'ultimo Consiglio dei Ministri della scorsa settimana.

L'auspicio è che il diritto alla salute non sia sacrificato sull'altare della produttività a tutti i costi. Il primato dell'economia rispetto alla salute, in ogni Paese in cui è stato perseguito, è assolutamente inadeguato; è foriero di disastri. Per questo, non dobbiamo ripetere gli stessi errori che sono stati commessi da altri.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2945-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore della XII Commissione (Affari sociali), deputato Roberto Novelli, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare la relatrice per la XI Commissione (Lavoro), la presidente della medesima Commissione, l'onorevole Mura, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Nisini, che rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Giarrizzo ed altri n. 1-00424 in materia di infrastrutture digitali efficienti e sicure per la conservazione e l'utilizzo dei dati della pubblica amministrazione (ore 12,23).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Giarrizzo ed altri n. 1-00424 (Nuova formulazione) in materia di infrastrutture digitali efficienti e sicure per la conservazione e l'utilizzo dei dati della pubblica amministrazione (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che è stata testé presentata la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00466 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare il deputato Giarrizzo, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00424. Ne ha facoltà.

ANDREA GIARRIZZO (M5S). Grazie Presidente. La transizione digitale del nostro Paese è uno dei principali obiettivi da raggiungere e deve essere una priorità nell'adozione e nell'azione di misure da parte del Governo.

La digitalizzazione della pubblica amministrazione ha un ruolo centrale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Essa, insieme all'innovazione e alla sicurezza della pubblica amministrazione, è una delle tre componenti della Missione n. 1 del Piano.

Questa Missione ha come obiettivo generale l'innovazione del Paese in chiave digitale, grazie alla quale innescare un vero e proprio cambiamento strutturale ed investe alcuni ampi settori di intervento, tra i quali la digitalizzazione e modernizzazione della pubblica amministrazione. In particolare, agli interventi in materia di digitalizzazione della PA è destinata la maggior parte delle risorse, pari a circa 8 miliardi di euro distribuiti in vari gruppi di investimenti. Uno di questi è dedicato alle dotazioni infrastrutturali per garantire l'interoperabilità e la condivisione di informazioni tra le PA, con uno stanziamento totale di circa 1,1 miliardi che include i vari interventi delle amministrazioni centrali che hanno avviato processi di digitalizzazione degli archivi e del patrimonio di dati, nonché percorsi di digitalizzazione dei processi operativi.

La modernizzazione del Paese, intesa, anzitutto, come la possibilità di disporre di una pubblica amministrazione efficiente, digitalizzata, ben organizzata e sburocratizzata, veramente al servizio del cittadino, costituisce, quindi, una delle tre linee strategiche attorno a cui è costruito il Piano di rilancio. Con riferimento al rafforzamento della digitalizzazione della pubblica amministrazione, il Recovery Plan propone l'obiettivo di razionalizzare e consolidare le infrastrutture digitali esistenti della stessa PA, promuovendo la diffusione del cloud computing e rafforzando la cybersicurezza, con particolare attenzione all'armonizzazione e all'interoperabilità di tutto ciò che concerne i dati e le piattaforme annesse.

Al fine di dotare la pubblica amministrazione di infrastrutture affidabili e di accompagnare le amministrazioni centrali verso una nuova logica di conservazione e utilizzo dei dati e di fornitura di servizi, sarà attuato un sistema di cloud computing efficiente e sicuro.

Attualmente, le infrastrutture digitali e i servizi della pubblica amministrazione sono notevolmente frammentati e risentono di un forte ritardo tecnologico. Inoltre, la grande varietà di data center distribuiti su tutto il territorio italiano non soddisfa spesso adeguatamente i requisiti di sicurezza, affidabilità, capacità di elaborazione ed efficienza.

E', pertanto, necessario sostenere la creazione di nuove infrastrutture per il cloud computing per le PA, nonché agevolare il processo di transizione digitale dell'hardware, del software e dei dati della PA verso lo stesso concetto di cloud computing, al fine di consentire la fornitura di servizi di alta qualità ai cittadini e alle imprese che intendano collaborare con la stessa pubblica amministrazione.

Pertanto, l'obiettivo dell'investimento del PNRR è lo sviluppo di un'infrastruttura affidabile, sicura ed efficiente sotto il profilo energetico ed economicamente sostenibile, per ospitare i sistemi e i dati della pubblica amministrazione, consentendo una nuova logica di fornitura di servizi pubblici e di dati sulla base del paradigma del cloud computing.

Questa nuova infrastruttura aumenterà l'autonomia tecnologica del Paese e contribuirà anche al progetto Gaia-X del cloud europeo, gettando le basi per potenziali obiettivi di interoperabilità tra il cloud di Stato italiano e quello di altri Stati membri dell'Unione europea o di altri enti pubblici e privati.

L'Italia ha già avviato da tempo un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione, attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, spesso fornite da operatori terzi, i quali, mettendo a disposizione delle proprie infrastrutture, diventano indirettamente detentori di dati e informazioni di esclusivo appannaggio delle amministrazioni interessate. Quindi, la costruzione di un e-government autosufficiente che veda, quale obiettivo principale, l'accelerazione dei processi di informazione della pubblica amministrazione, in linea con i principi previsti dall'Agenda digitale, sia europea che italiana, nonché del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2020-2022, rappresenta un passo fondamentale nella creazione di un più efficiente apparato amministrativo volto a meglio coniugare l'acquisizione di nuove competenze digitali con la messa a punto di processi di rafforzamento ed efficientamento dell'azione amministrativa.

In tale contesto, uno degli aspetti più complessi della trasformazione digitale della pubblica amministrazione è dato certamente dalla gestione della vasta e articolata mole di dati che le pubbliche amministrazioni raccolgono e detengono, troppo spesso non ancora in formato digitale.

Inoltre, ricordo anche che con il “decreto Semplificazioni” del 16 luglio 2020 n. 76 sono state previste disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale.

In particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità, localizzata sul territorio nazionale, per la razionalizzazione e il consolidamento dei centri per l'elaborazione delle informazioni (CED), destinata a tutte le pubbliche amministrazioni, introducendo l'obbligo per le pubbliche amministrazioni centrali di migrare i loro centri di elaborazione dati, che non hanno i requisiti di sicurezza fissati dall'Agenzia per l'Italia digitale, verso questa infrastruttura ad alta affidabilità, localizzata in Italia, il cui sviluppo è promosso dalla Presidenza del Consiglio.

In questo modo si intende favorire la realizzazione di un cloud nazionale per tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, mettere in sicurezza le infrastrutture digitali della pubblica amministrazione, garantire la qualità e la sicurezza dei dati e dei servizi digitali. Sfruttando le economie di scala in termini di concentrazione della domanda di risorse e di infrastrutture è possibile disporre di infrastrutture affidabili e sicure.

In linea con questo processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, l'Agenzia per l'Italia digitale ha avviato un processo di razionalizzazione dei data center delle PA italiane con la formazione dei poli strategici nazionali. I poli strategici nazionali, o PSN, possono essere definiti come l'insieme delle infrastrutture IT, ad alta disponibilità, di proprietà dello Stato, elette a polo strategico nazionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e in grado di erogare, in maniera continuativa, servizi cloud e hosting ad altre amministrazioni.

A febbraio 2020 si è concluso il censimento dei data center italiani condotto da Agid: oltre 1.000 amministrazioni catalogate, per un totale di 1.252 data center censiti. Sulla base dei risultati ottenuti è emerso che, su 1.252 data center, appartenenti a pubbliche amministrazioni centrali e locali, ad ASL e ad università, solo 35 sono le strutture candidabili a polo strategico nazionale, 27 sono i data center classificati nel gruppo A, ovvero con carenze strutturali o organizzative considerate minori, e i restanti 1.190 sono stati classificati nel gruppo B, ossia come infrastrutture che non garantiscono requisiti minimi di affidabilità e sicurezza dal punto di vista infrastrutturale e/o organizzativo, o non garantiscono la continuità dei servizi, o non rispettano i requisiti per essere classificati nelle due precedenti categorie.

Inoltre, sempre sulla base del rapporto “Censimento patrimonio ICT della PA” sull'utilizzo dei servizi cloud computing, è emerso che il 42,2 per cento degli enti utilizza già questo sistema, il 35,4 per cento non lo utilizza e il 22,2 per cento ne ha previsto l'utilizzo. Per le 420 PA che hanno dichiarato di utilizzare già un servizio di cloud computing, con riferimento al modello di cloud computing utilizzato, si evidenzia una predisposizione al servizio privato dichiarato dal 4 per cento degli enti rispondenti, seguita dal cloud pubblico e da quello privato virtuale. Nel modello cloud della PA i poli strategici nazionali (i cosiddetti PSN) soddisfano la necessità di mantenere il controllo diretto da parte dello Stato sulle infrastrutture IT (connettività, data center e piattaforme cloud) che erogano servizi considerati asset strategici nazionali. I PSN sono destinati a tutti quei servizi di rilevanza strategica e di interesse nazionale per i quali non è consigliabile che la gestione dell'infrastruttura e dei dati venga delegata a terze parti, facendo l'esempio della sicurezza nazionale. Il suddetto censimento condotto da Agid è certamente un primo passo per la nascita di un polo strategico nazionale per il cloud, una rete nazionale per mettere al sicuro tutti i servizi digitali fondamentali della pubblica amministrazione italiana.

Fatte queste brevi premesse, ritengo che il cloud - tecnologia, quindi, ancora poco utilizzata nella nostra PA - sia fondamentale per realizzare la transizione digitale in Italia e per rendere la stessa PA molto più efficiente. Per questo motivo, è importante l'adozione del principio del cloud first secondo il quale la PA, in fase di definizione di un nuovo progetto e/o di sviluppo di nuovi servizi, deve in via prioritaria valutare l'adozione del paradigma cloud prima di qualsiasi altra opzione tecnologica.

Bisogna anche ricordare in questo contesto la mole di dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, molti dei quali con un alto livello di sensibilità. Per questo è necessario classificare innanzitutto le tipologie dei dati a seconda del grado di sensibilità degli stessi, prevedendo una maggiore attenzione per i dati estremamente più sensibili.

E' importante, inoltre, sottolineare che la diffusa mancanza di interoperabilità tra le varie banche dati della pubblica amministrazione, da intendersi come la capacità delle singole componenti del sistema della pubblica amministrazione di fare rete tra loro e dialogare in forma automatica, scambiando informazioni e condividendo risorse, provoca un rallentamento notevole nella messa in atto dell'azione amministrativa, nonché un peso importante dei costi che gravano sul bilancio pubblico, arrivando, cioè, a determinare inefficacia e inefficienza della stessa.

Pertanto, tenendo conto delle motivazioni sopra esposte, ho voluto presentare questa mozione che punta ad accelerare il processo di transizione digitale della pubblica amministrazione, focalizzandosi, in particolare, sulla creazione di un sistema infrastrutturale di cloud computing nazionale dello Stato che consenta di raccogliere, archiviare, elaborare e trasmettere i dati sensibili in possesso delle PA accuratamente classificati, al fine di agevolare e rendere più efficienti i processi, le attività della macchina pubblica e l'interscambio di dati tra le sue articolazioni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Federico Mollicone, che illustrerà anche la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00466, di cui è cofirmatario.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, presento questa mozione perché sono temi che Fratelli d'Italia conosce bene e pratica fin dall'inizio della legislatura e anche dalle passate legislature. Riteniamo che, in un'ottica di visione nazionalista e sovranista, non ci si possa esimere da occuparsi di quello che è lo scenario di una geopolitica digitale verso il quale siamo in ritardo a livello europeo, figurarsi a livello nazionale.

Su questo scenario è stato il filosofo libanese Nassim Taleb a denominare “cigni neri” gli eventi che, per quanto imprevisti e inattesi, possono, davvero, capitare con ripercussioni enormi e incalcolabili. Cigno nero è stata denominata l'emergenza pandemica. I cigni neri affollano i cieli del futuro prossimo venturo, ne va della sovranità digitale.

L'attuale scenario politico ed economico si occupa, a intermittenza, dei temi del digitale e dell'innovazione, meno della digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici, e ancor meno della sicurezza, con costi enormi. Abbiamo sentito, dall'intervento del collega Giarrizzo, quale ritardo ci sia rispetto al censimento e rispetto alla pubblica amministrazione sul cloud.

Quella che discutiamo oggi è una mozione per la realizzazione di un cloud nazionale, e su questo parrebbe che siamo d'accordo, ma ci sono delle incongruenze e delle contraddizioni con la maggioranza. E' un passo che va nella direzione indicata storicamente da Fratelli d'Italia, anche quando c'è stata la penetrazione delle aziende cinesi attraverso le vie della seta, anche quando il Ministro Di Maio e Beppe Grillo preferivano andare dall'ambasciatore cinese, piuttosto che venire in Parlamento a riferire sulla penetrazione delle aziende cinesi, il cui allegato tecnico (che abbiamo chiesto più volte), vi ricordo, è ancora segretato presso i Ministeri.

La mozione di Fratelli d'Italia chiede di istituire un organismo di vigilanza, controllo e gestione delle politiche pubbliche sul cloud, sulla custodia, tutela e protezione dei dati personali raccolti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali; di porre tale organismo in condizioni di operare e cooperare in sintonia con il Garante per la protezione dei dati personali e con le università italiane che svolgono attività di ricerca in ambito di raccolta e trattamento dei dati, in ambito tecnologico e giuridico; qualificare, nel più breve tempo possibile - e il tempo è l'elemento chiave, la variabile importantissima - la lista dei poli strategici nazionali, e valorizzare le strutture pubbliche di cloud, oggi gestite dalle locali società in house di molte regioni italiane, alcune delle quali hanno anche ben lavorato, ma alle quali bisogna dare un cronoprogramma molto più rapido.

Già Fratelli d'Italia vide l'approvazione di un ordine del giorno per un sistema telematico nazionale di proprietà pubblica ad architettura distribuita per l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione dei dati strategici per la pubblica amministrazione. Lo stesso ordine del giorno prevedeva, inoltre, nell'ottica di evitare la concentrazione dell'intero patrimonio informativo pubblico in un'unica infrastruttura, con i conseguenti rischi in termini di sicurezza dei dati dell'infrastruttura stessa, di assicurare che i dati oggetto di migrazione verso un'infrastruttura unica fossero quelli che vengono classificati come, appunto, critici e strategici, predisponendo, a tal fine, un'adeguata politica di catalogazione delle informazioni che consenta di effettuare le valutazioni di impatto, di introdurre una adeguata etichettatura dei dati in possesso delle pubbliche amministrazioni, di operare decisioni sulla dislocazione dei dati sul territorio nazionale e di predisporre un monitoraggio continuo dei dati delle pubbliche amministrazioni.

Fratelli d'Italia ripropone, da sempre, il principio che bisogna favorire la realizzazione di una società della rete unica a controllo pubblico, quindi, questo è il nostro sestante, e su questo ha già proposto, durante l'audizione del Ministro Colao, al Governo italiano, di adottare tutte le iniziative di competenza nelle sedi europee, affinché sia assicurato che il progetto per la creazione di un cloud federato europeo e, forse, Gaia-X, non venga vanificato attraverso il coinvolgimento di soggetti extraeuropei, quali Huawei e Alibaba. Abbiamo chiesto, quindi, l'istituzione di un'Autorità delegata in materia di sicurezza cibernetica e di un'Agenzia per la sicurezza cibernetica, al fine di migliorare la qualità dell'architettura di sicurezza della Nazione. Sono posizioni storiche di Fratelli d'Italia, queste, verso le quali il Governo ha già accolto un nostro ordine del giorno. Quindi, ci chiediamo: se non ora, quando?

Collega Giarrizzo e colleghi del MoVimento 5 Stelle, abbiamo apprezzato il vostro intervento al riguardo, almeno oggi in Aula, qui e ora, ma è importante che anche i vostri rappresentanti in Europa facciano sentire la propria voce, in conseguenza della penetrazione di aziende cinesi che, come sappiamo, da una legge nazionale, sono obbligate all'obbedienza sulla sicurezza interna della Cina in tutto il mondo, per cui devono fornire i dati; persino il collega Sensi, in maniera anche sorprendente, ha presentato una proposta di legge che vieta il riconoscimento facciale, a tutela dei dati biometrici, quindi, siamo anche oltre quello che abbiamo chiesto noi e cioè che, magari, a poca distanza dal Colosseo, grazie a uno scellerato accordo tra il sindaco di Roma e un noto gestore cinese, non ci siano le telecamere che rilevano i dati biometrici e individuano, con il software predeterminato, i tratti somatici degli uiguri, perché considerati ed equiparati automaticamente, su base razziale, ad essere considerati terroristi internazionali. E questa è la banalità del bene e della sovranità digitale.

Per cui, collega Giarrizzo e colleghi del MoVimento 5 Stelle, colleghi al Governo e Ministro Colao, mi permetto di lanciare questo appello, perché questo diventi un cardine della difesa nazionale: la sovranità digitale, anche a livello europeo, ovviamente, non soltanto italiano, perché non avrebbe senso. E queste sono posizioni storiche di Fratelli d'Italia.

Quindi, colleghi, facciamo chiarezza, la sovranità digitale è uno dei temi chiave per affrontare le sfide della contemporaneità e dei prossimi decenni. La realizzazione del cloud nazionale ha diversi aspetti dimensionali: il primo, centrale per la realizzazione degli obiettivi di digitalizzazione della pubblica amministrazione e di maggiori livelli di sicurezza fisica e cibernetica delle reti, è la riduzione del divario digitale, sul quale siamo, come si dice in Italia e anche nella Capitale, a “carissimo amico” e che passa dalla costituzione di una società della rete unica a controllo pubblico, come chiesto anche da Fratelli d'Italia in una mozione approvata dal Parlamento e sottoscritta ovviamente da Giorgia Meloni, dal capogruppo, da Alessio Butti, e da tutti i colleghi di Fratelli d'Italia. La riduzione del divario digitale, con le altre grandi potenze, passa infatti, colleghi, anche per la realizzazione di una rete unica e nell'infrastrutturazione per la banda larga, in modo da garantire una connettività degna di questo nome in tutto il territorio nazionale, fornendo, attraverso gli investimenti, nuovi servizi competitivi e strategici ai cittadini. Caliamo un velo pietoso sul Ministro Pisano, che era sempre del MoVimento 5 Stelle, sedicente tecnico, finalmente sostituito da un Ministro che tecnico è, ma speriamo che non sia troppo tecnico, e che risponda solo agli interessi nazionali. Dobbiamo, qui inoltre rilanciare la richiesta di bloccare la cessione delle quote di ENEL in Open Fiber a Macquarie, come detto da Giorgia Meloni in una lettera recentissima a Mario Draghi, posizione anche questa storica di Fratelli d'Italia, appena se ne è avuta la notizia in Italia, e attiene anche questa alla sovranità digitale. L'uscita di ENEL da Open Fiber priverebbe l'Italia di una presenza pubblica importante nel settore infrastrutturale delle comunicazioni elettroniche, con modalità e risultati del tutto estranei a quasi tutti gli altri Paesi europei, e su questo non si capisce perché non abbiate applicato, colleghi della maggioranza e del Governo, la golden power, perché gli strumenti c'erano, quindi, qualcuno ha chiuso tutti e due gli occhi al tempo del Conte-bis e qualcun altro sta continuando a far finta di non capire quale conseguenza questa vicenda possa portare sulla sovranità digitale italiana. Per questo chiediamo sia investito il Parlamento di questa decisione.

Il secondo punto è la realizzazione del cloud nazionale. L'Agenzia per l'Italia digitale, AgID, ha sottolineato l'inefficienza dei data center pubblici italiani, come confermato anche dal collega Giarrizzo, frutto di una frammentazione che non permette una condivisione intelligente dei dati con sistemi diversi, difformi, con rallentamenti anche nella realizzazione. Queste problematiche sono state riscontrate, nel 2019, dalla squadra per la transizione digitale, che registrò la presenza, nel nostro Paese, di 11 mila data center, che servivano per 22 mila enti pubblici. È evidente come ci si trovi di fronte a centri di piccolissime dimensioni, ma che impattano pesantemente sulle casse della spesa pubblica: 2 miliardi di euro, colleghi, un terzo del totale della spesa pubblica per l'informatica.

Le grandi piattaforme tecnologiche globali possiedono il 60 per cento delle quote di mercato mondiale di cloud computing, dati che fanno saltare immediatamente all'occhio la vulnerabilità di molti dati nazionali. Il precedente Garante della privacy, Antonello Soro, che certo non era di Fratelli d'Italia, durante la presentazione della relazione annuale per l'anno 2019, ha sostenuto l'esigenza di un cloud nazionale, affermando che, “di fronte alla delocalizzazione in cloud di attività rilevantissime, chiediamo al Parlamento e al Governo se non si debba investire in un'infrastruttura cloud pubblica con stringenti requisiti di protezione per riversarvi, con adeguata sicurezza, dati di tale importanza”. L'importanza strategica di un cloud pubblico nazionale è diventata chiara all'indomani del rogo divampato tra il 9 e il 10 marzo 2021 nel data center di Strasburgo del cloud provider OVH. In tale occasione, molti siti istituzionali italiani hanno avuto dei disservizi, rallentando il quotidiano iter della pubblica amministrazione.

Colleghi, la sovranità dei dati è necessaria non solo per aumentare la sicurezza, ma anche perché la gestione delle stesse informazioni digitali si traduce in un potenziale enorme business che il nostro Paese, oggi, lascia alle grandi multinazionali, quindi, è anche un tema di mercato, di concorrenza e di mercato. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, infatti, sono presenti indicazioni per la creazione di un cloud nazionale, ma, come detto da AgID in audizione, per la digitalizzazione delle PA sono previsti solo 3 miliardi, colleghi, collega del Governo, 3 miliardi; sembra una grande cifra, ma sono un'elemosina rispetto al Piano nazionale. L'ammodernamento dell'apparato burocratico dovrebbe contare su 1,5 miliardi per l'interoperabilità delle banche dati e lo sviluppo del cloud, un investimento limitato rispetto alle necessità di una nazione industrializzata; ci sarebbe quasi da vergognarsene, andate a vedere quanti miliardi di dollari ha investito la Cina.

La terza dimensione è quella europea. A livello europeo, si sta cercando di garantire la sovranità digitale, finalmente, dopo un ritardo di vent'anni dal codice delle comunicazioni, attraverso il progetto Gaia, sistema di regole e standard comuni per gestire i dati, farli circolare ed estrarne valore. L'Italia è il terzo Paese per numero di aziende aderenti al progetto. Fra le aziende italiane coinvolte nel progetto vi sono: Leonardo, ENEL, Aruba, Retelit, Confindustria digitale, Cy4Gate. È stata firmata anche una dichiarazione per un cloud europeo lo scorso 15 novembre. Va sottolineata, però, una criticità: il 29 marzo 2021, il consiglio d'amministrazione del progetto europeo Gaia ha dato il via libera all'ingresso di 212 nuove aziende ed enti di ricerca, fra cui operatori, appunto, come Huawei e Alibaba. La presenza di attori cinesi che notoriamente, come dicevamo, devono collaborare con i propri vertici militari e politici in ragione di una legge nazionale sulla sicurezza - perché loro sanno come si difende la sicurezza e la sovranità digitale - suscita notevoli perplessità sulla garanzia di una piena sovranità digitale europea. Per questo ne abbiamo chiesto l'esclusione e, con noi, tanti altri soggetti istituzionali.

Infine, la dimensione della sicurezza, sia fisica che cibernetica. Come rilevato anche dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza nell'ultima relazione annuale al Parlamento, l'anno della pandemia da COVID-19 è stato caratterizzato da una minaccia cibernetica sempre più crescente e sofisticata. A livello globale sono stati, infatti, 1.871 gli attacchi gravi di dominio pubblico rilevati nel corso del 2020, ovvero con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell'economia e della geopolitica digitale. I dati evidenziano un aumento e un'intensificazione degli attacchi sia in termini qualitativi che quantitativi, complice il contesto della pandemia che ha spinto organizzazioni e professionisti a un ricorso rapido alla digitalizzazione. Vedete, i rischi della dipendenza tecnologica nei confronti di Stati stranieri sono altissimi e verificati. Come dicono gli analisti, i chip sono ormai diventati, al pari dei vaccini, risorse indispensabili per ogni Stato; ecco perché la loro produzione ha ormai assunto connotati geopolitici. Se la capacità militare nei secoli precedenti era basata sui fucili a retrocarica, le navi da guerra o le bombe atomiche, nel XXI secolo potrebbe dipendere dall'uso dei sistemi tecnologici avanzati che alimentano le applicazioni dell'intelligenza artificiale, tanto più che il monopolio della produzione dei chip e dei semiconduttori è in capo - indovinate un po' - alla Repubblica popolare cinese. Per questo sarebbe opportuno costituire apposite strutture che possano confrontarsi con questi temi, che possano migliorare i nostri livelli di sicurezza fisica e cibernetica delle reti.

Colleghi, la sovranità digitale è un tema chiave e strategico per Fratelli d'Italia. La competizione geopolitica passa ormai anche dal digitale e non possiamo farci trovare impreparati. Le reti hanno mostrato la loro necessità vitale. Vedete, in Guerra senza limiti, opera di due colonnelli cinesi, c'è una frase profetica: “Ci sono reti sopra le nostre teste e trappole sotto i nostri piedi. Non abbiamo dunque possibilità di fuga”. La pervasività della tecnologia mette a repentaglio persino quella che Carl Schmitt chiamava la nostra cittadella interiore (penso al ruolo degli algoritmi delle nostre vite). Anche per questo, Fratelli d'Italia sta presentando una legge quadro per regolamentare le piattaforme digitali e lo facciamo sempre con lo spirito dell'opposizione patriottica che vuole contribuire e partecipare agli interessi nazionali, in questo caso sulla sovranità digitale. Ci sono enormi rischi, colleghi, di scivolare, come dice Paolo Benanti, nel “dataismo”, nel capitalismo di sorveglianza. La posizione di Fratelli d'Italia è fondamentalmente un'equazione: cloud nazionale, più sicurezza cibernetica, più sicurezza delle reti, che vanno moltiplicate per le infrastrutturazioni in banda larga. Un'equazione che significa sovranità digitale. Per questa ragione, colleghi, anche della maggioranza - anche, in particolare, quelli del centrodestra, con cui abbiamo fatto battaglie comuni, trasversali, che stiamo continuando a fare anche all'interno dell'Intergruppo Innovazione - noi siamo qui, come Fratelli d'Italia, a chiedere che ci sia una sensibilità. Quello che decideremo qui e ora varrà per i prossimi decenni e la sovranità digitale, che in maniera errata l'Unione europea chiama “sovranità tecnologica”, con un'aporia evidente, è il tema di scenario, per cui non si difende più la propria Nazione soltanto - ed è giusto farlo - con i fucili, con i confini e con le armi, quando necessario, dagli altri Paesi e da altre aggressioni; la si difende attraverso la proprietà delle reti, dei dati e ovviamente - e questo dimostra che siamo noi i veri europeisti e ci teniamo all'Europa come dimensione geopolitica - con l'applicazione di una sovranità digitale a livello europeo, ma che parta dal concetto, dal principio inalienabile del cloud nazionale. Siamo contenti - e concludo - che adesso anche il MoVimento 5 Stelle e anche altre forze della maggioranza siano arrivati su una posizione che Fratelli d'Italia tiene in piedi, come una bandiera, dall'inizio della legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Novelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO NOVELLI (FI). Grazie, Presidente. Colleghi, Governo, la digitalizzazione della pubblica amministrazione costituisce da sempre un tema di grande rilievo, del quale, però, nell'ultimo anno abbiamo potuto quasi toccare con mano la sua importanza strategica. Il nostro ordinamento, fin dal 2005, si è dotato di un codice dell'amministrazione digitale con il decreto legislativo n. 82; una normativa organica, corposa, che però in gran parte si è limitata ad affermazioni di principio, mentre in diversi casi è rimasta inattuata. La pandemia che ci ha investito da marzo 2020 ha mostrato a tutti noi quanto la digitalizzazione di un Paese sia fondamentale per la sua vita, come poi è stato già detto da chi mi ha preceduto, non solo per l'aspetto delle comunicazioni ma anche, come possiamo vedere, per la frequenza scolastica, per le attività lavorative, per l'attività di compravendita dei beni e dei servizi, ovviamente, e per il funzionamento della pubblica amministrazione. Prendendo coscienza di tutte queste cose, nostro malgrado ci siamo anche accorti delle carenze e dei ritardi che scontiamo in ambito tecnologico. Il digital divide - parole che ci è capitato molte volte di ascoltare e pronunciare - si è tradotto in realtà concreta e sovente molto amara. Tutti abbiamo compreso appieno le conseguenze negative del clamoroso ritardo che registra il nostro piano sulla banda larga, sulla banda ultralarga. Nei tanti territori del nostro Paese, molti dei quali nel Meridione d'Italia, dove non c'è la fibra, dove la connessione è lenta, non si consente a un ragazzo di seguire una lezione da casa o a una persona di lavorare; questo è uno degli argomenti che è emerso con maggiore violenza, se vogliamo, proprio a causa di questo periodo pandemico. Per non parlare, poi, dei casi limite, per fortuna limitati ma che comunque esistono, in cui, oltre all'assenza della connessione Internet, si aggiunge l'impossibilità di utilizzare anche una banale linea di telefonia mobile. A questo proposito, sottosegretario, io vorrei anche portare un esempio concreto che riguarda il profondo Nord-Est, in questo caso l'area confinaria della regione Friuli-Venezia Giulia con la Repubblica di Slovenia, dove in molte aree confinarie, al netto della difficoltà di connessione, non c'è neanche la possibilità per i cittadini italiani - ciò è stato oggetto di una mia interrogazione - di telefonare con i telefoni cellulari, perché oltre a non esserci copertura, la rete slovena entra violentemente nel territorio italiano. Quindi, una persona del nostro Stato che vuole telefonare con un telefono cellulare si aggancia alla rete di un Paese estero e questa è una cosa che, devo dire, se non altro crea qualche imbarazzo, oltre ai disservizi. Si tratta di quelle cosiddette zone “a fallimento di mercato”, in cui gli operatori privati non investono perché non avrebbero un ritorno economico adeguato.

La mozione che oggi discutiamo ha, in ogni caso, il pregio di portare l'attenzione di quest'Aula su un tema che dovrà essere centrale nell'attività legislativa, cioè quello della regolamentazione dello sviluppo tecnologico. È un tema certamente complicato da tradurre in normativa perché in alcuni casi mancano proprio le categorie giuridiche adeguate. In questo senso basti pensare a quanto è stato ostico e a quanto ancora si dovrà fare per tradurre in attuazione pratica il concetto di web tax, solo per fare un esempio che ormai da diversi anni, seppure con diverse modifiche, è stato inserito nel nostro ordinamento. Nel corso di questa legislatura non è la prima volta che affrontiamo temi simili: lo abbiamo fatto con il decreto-legge che ha istituito il perimetro di sicurezza cibernetica, del quale è ancora in corso la fase attuativa; lo abbiamo fatto con il dibattito sulle mozioni in materia di realizzazione di un'infrastruttura unica per le telecomunicazioni (grandi temi, peraltro). Oggi affrontiamo un ulteriore aspetto del tema più generale dello sviluppo tecnologico, che è quello che riguarda la digitalizzazione della pubblica amministrazione. La realizzazione di tale obiettivo si declina in tre pilastri: la maggiore efficienza, la sicurezza dei dati, di cui si è detto molto negli interventi di chi mi ha preceduto, e professionalità adeguate (anche questo, un argomento molto, molto importante).

Partendo dal primo tema, la digitalizzazione è lo strumento che deve consentire la realizzazione di un obiettivo fondamentale, ad oggi mai raggiunto: la condivisione e l'interoperabilità dei dati in possesso della pubblica amministrazione. Se per gioco si chiedesse quale sia il primo pensiero che si associa alle parole “ufficio pubblico”, “burocrazia” o “procedura amministrativa” credo che la maggior parte di noi risponderebbe: tempo perso, file e documentazione. Non dico nulla di nuovo, ma è un sentiment che purtroppo è connesso - è proprio il caso di dirlo - a quella che è l'efficienza della pubblica amministrazione nel fornire delle risposte, soprattutto in un periodo come questo, in cui le risposte non vengono più fornite fisicamente, ma dovrebbero essere fornite attraverso quella che è la connessione e la trasmissione di file, documenti e dati. Al di là dei luoghi comuni e di altri casi ingenerosi, uno dei principali limiti della nostra pubblica amministrazione è sempre stato quello dell'incomunicabilità delle singole banche dati, dell'assenza di una rete unica di tutta la documentazione in suo possesso. Basti pensare anche semplicemente all'intercomunicabilità che non esiste, molto spesso, tra le stesse aziende sanitarie della stessa regione. Da questo, inevitabilmente deriva che, ad esempio, l'Agenzia delle entrate richiede a una persona di produrre una documentazione che in realtà era già in possesso dell'INPS, piuttosto che del pubblico registro automobilistico o del catasto e, siccome abbiamo parlato quest'oggi anche delle categorie fragili e della disabilità, tendo a sottolineare che questo tipo di disservizio ricade molto spesso in modo gravoso e pesante proprio sulle persone fragili e sulle persone che hanno dei maggiori problemi a causa della disabilità che li accompagna. Riuscire a mettere a fattor comune tutti i dati in possesso dei singoli uffici e delle pubbliche amministrazioni, ridurre costi e tempi aumenterebbe l'efficienza dei servizi offerti. Siamo tutti d'accordo su questo, però dobbiamo - come dire - questa volta partire e arrivare al traguardo, cosa che non sarà immediata, ma speriamo di essere questa volta sulla strada giusta. Concentrare una grande quantità di dati in un'unica grande banca pone inevitabilmente la questione di proteggere i dati stessi. Le attività criminali, gli atti di terrorismo, ma anche le azioni ostili tra Stati nemici utilizzano sempre di più il terreno della cybersecurity. Il sabotaggio di sistemi informatici, il trafugamento di dati da archivi informatici pubblici sono fenomeni che si verificano sempre con maggior frequenza, nei confronti dei quali è necessario possedere strumenti di difesa adeguati. È chiaro che il pensiero qui va, non solo alla Repubblica popolare cinese, ma va anche agli hacker che, di vario tipo, sono al servizio di privati o di Stati e che agiscono in questo modo fraudolento proprio per mettere in difficoltà e cercare di incrinare un sistema pubblico e statale che ha bisogno di un'assoluta certezza per quanto riguarda la sicurezza dei dati. C'è infine un terzo aspetto che è quello delle competenze: la trasformazione digitale della pubblica amministrazione non consiste esclusivamente nella realizzazione di un'infrastruttura adeguata, ma anche nell'utilizzo e nella gestione quotidiana degli strumenti e delle potenzialità che questa infrastruttura mette a disposizione. Il processo di digitalizzazione, dunque, deve essere efficace, deve procedere in parallelo con quello della formazione tecnologica del personale già in essere, ma soprattutto con la realizzazione di appositi percorsi che, già nel corso delle formazioni scolastiche, prima, e universitarie, poi, consentono di acquisire quelle skills ormai indispensabili per lo sviluppo stesso del Paese. A questo proposito, un'osservazione personale, che riguarda il grande tema della formazione, che investe a 360 gradi sia le attività pubbliche, sia le attività private, che ha bisogno di una omogeneità, di una organicità, di una condivisione, che non possa essere dettata semplicemente dalla capacità o dalla volontà di un singolo ente, di una singola regione o di una singola porzione di territorio di fare in modo serio, continuativo e davvero professionalizzante la formazione stessa. Quindi, il tema della formazione è un tema assolutamente rilevante, che forse potrebbe essere - come dire - addirittura anticipatorio rispetto ad altri passaggi che sono più complessi e complicati. Nella pubblica amministrazione abbiamo - lo sappiamo molto bene - un'età media che è estremamente elevata. Adesso con il riavvio - ne ha parlato con grande efficacia e ha fatto anche gli atti conseguenti il Ministro Brunetta - ci sarà un rinnovo, ma non sarà un rinnovo immediato, questo lo sappiamo tutti e, di conseguenza, non è che dobbiamo lasciare questo spazio, questo buco ancora lì presente: dobbiamo formare il personale già esistente, lo dobbiamo formare anche perché la capacità di dare risposte deve essere al passo con un Paese civile e noi in questo momento non stiamo dando le risposte che i cittadini chiedono. Un cittadino che entra in un'amministrazione comunale - le parlo da amministratore - innanzitutto ha difficoltà ad entrarci e poi ha difficoltà a ricevere le risposte perché, nemmeno utilizzando i sistemi informatici, purtroppo c'è la capacità di erogare il servizio troppo spesso.

Il PNRR, alla prima componente della missione 1, parla proprio dello sviluppo di un cloud nazionale e dell'effettiva interoperabilità delle banche dati della PA, che dovranno però avvenire in parallelo e in sinergia con il progetto europeo Gaia-X, dove l'Italia intende avere un ruolo di primo piano. In questo senso, prima di ogni ulteriore valutazione specifica, sarebbe opportuno attendere la versione definitiva del PNRR, che sarà illustrata in Parlamento a fine mese. Il PNRR costituisce infatti uno strumento fondamentale per la realizzazione della transizione tecnologica della pubblica amministrazione. Abbiamo sentito prima dall'onorevole Mollicone che le risorse che sono messe a disposizione forse dovrebbero essere implementate, ma, a volte, è come si utilizzano le risorse il vero punto della questione; molto spesso ad abundantiam non significa un'efficienza e un'efficacia dell'azione, forse dobbiamo imparare - e questo vale per molti settori della pubblica amministrazione - ad utilizzare meglio le risorse che sono messe a disposizione. La necessità, con la quale molti Governi si sono dovuti confrontare di ridurre la spesa delle amministrazioni centrali, ha purtroppo penalizzato gli investimenti e le politiche di lungo periodo, tra le quali rientra la digitalizzazione. Questo ostacolo, che fino ad oggi è stato quasi insormontabile, può anche essere bypassato dalle risorse liberate dal PNRR che - ripeto - sono 2,3 miliardi per investimenti in dotazioni infrastrutturali, per garantire l'interoperabilità e la condivisione di informazioni tra pubbliche amministrazioni, per gli investimenti infrastrutturali digitali e di cybersecurity. Si tratta di un'occasione quasi irripetibile, che dovremo essere capaci di cogliere. Ben venga questo primo dibattito al quale Forza Italia partecipa con interesse - posso dire con vivo interesse -, vista però la rilevanza del tema, a nostro avviso, sarebbe opportuno valutare attentamente la portata dell'intervento che si vuole realizzare, sia attraverso un'interlocuzione con il Governo, sia tramite un ampio confronto tra i gruppi parlamentari, con il coinvolgimento anche dell'opposizione. In effetti, questo Governo di unità nazionale, che giustamente ha un'opposizione, pone tra i suoi fini - e quindi è un principio - quello di lavorare per cercare di dare le risposte che servono al Paese, quindi è vero che un Governo di unità nazionale ha una forza che gli consente di superare anche i rilievi delle opposizioni, ma, visto che qui stiamo ragionando per cercare di dare risposte al Paese in un momento così difficile, ecco che anche il coinvolgimento delle opposizioni può e deve risultare utile e importante. Come detto, nella nostra società, il digitale non è più un settore a sé stante, ma è “il settore”, in quanto pervade ogni attività pubblica e privata. Di conseguenza, nell'era digitale, la mole di dati prodotta ogni istante da cittadini, imprese e istituzioni richiede di essere trattata con cura e attenzione. Certamente, le istituzioni ad ogni livello devono adoperarsi per mettere in sicurezza i dati che riguardano i cittadini e permettere al tempo stesso il loro corretto e sicuro utilizzo, ma - questo è il punto - non servono soluzioni affrettate e abborracciate.

Qui si è aperta una riflessione, si è aperta un'attività che sicuramente andrà verso le soluzioni, però ci vogliono soluzioni vere e, quindi, c'è bisogno di un percorso. Serve cautela e un bilanciamento tra il ruolo dello Stato e un ruolo dei fornitori di tecnologia; serve garantire il diritto alla privacy dei cittadini e garantire che nessuno, né i privati né il potere politico, possano abusare di tale diritto.

Per queste ragioni anticipiamo qualche perplessità per una mozione che rappresenta una fuga in avanti su un tema tecnicamente, politicamente e socialmente molto delicato, offrendo una soluzione dirigista e statalista, tecnicamente di incerta attuazione, che va valutata a fondo dal punto di vista politico. Si potrebbe, più che altro, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, provare ad adoperarsi affinché venga realizzato un sistema distribuito di accesso pubblico, che possa offrire ai cittadini la raccolta, conservazione e scambio dei dati nella pubblica amministrazione, in precedenza classificati meticolosamente in base alla rilevanza e a livello di sicurezza, mediante lo sviluppo di un sistema pubblico integrato, di accesso, interoperabilità con i sistemi cloud computing, tutto sotto il controllo pubblico, che ne garantisca la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza.

Inoltre, per quanto ci riguarda, sarebbe utile valutare, ad esempio, l'inserimento tra gli eventuali nuovi impegni anche la sollecitazione all'attuazione di alcune disposizioni approvate con il “decreto Semplificazioni”. Il decreto n. 76 del 2020 ha dedicato un capo specifico proprio alla strategia di gestione del patrimonio informatico pubblico per fini istituzionali. Nello specifico, l'articolo 34 del decreto, che ha previsto norme di semplificazione per la realizzazione della piattaforma digitale nazionale dei dati, ha demandato a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri l'adozione di una strategia nazionale dati, strumento indispensabile per identificare la tipologia dei dati che potranno essere messi a disposizione, le finalità e le modalità tecniche di questa interoperabilità. In questo senso, sarebbe opportuno un impegno in tal senso a procedere all'emanazione del decreto attuativo; insomma, non lasciamo questa norma zoppa, questo è il punto.

Concludendo, signor Presidente, Forza Italia guarda con interesse al tema generale sollevato dalla mozione dei colleghi del 5 Stelle e ritiene che su un tema strategico, come quello della digitalizzazione della pubblica amministrazione, sarebbe auspicabile un intervento unitario del Parlamento. Alla luce di tutte queste considerazioni, ci riserviamo di valutare nel corso dell'esame in quale forma offrire il nostro costruttivo contributo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bruno Bossio. Ne ha facoltà.

VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Presidente e Governo, per affrontare la discussione di oggi, a partire dalla mozione Giarrizzo, dobbiamo identificare un punto preliminare. Il tema del cloud computing è già strategico nella Missione 1 del PNRR, in particolare quando si afferma che il passaggio al cloud computing rappresenta una delle sfide più importanti per la digitalizzazione del Paese, in quanto costituisce proprio il substrato tecnologico, che abilita lo sviluppo e l'utilizzo di nuove tecnologie.

In più c'è anche un elemento specifico sulla questione di cui discutiamo oggi. Lo sviluppo di un cloud storage nazionale avverrà in parallelo e in sinergia con il progetto Gaia-X, promosso a livello europeo e nel cui ambito l'Italia intende avere un ruolo di primo piano. Mi pare che queste parole siano abbastanza esaustive di qual è l'indirizzo. D'altra parte - lo sappiamo bene e la vicenda, ahimè, drammatica della pandemia ci ha posto in maniera, a questo punto, veramente irreversibile questa transizione al digitale - il cloud computing è lo strumento fondamentale per questo salto di paradigma, anche perché, combinato insieme alle altre tecnologie, quelle più innovative che si stanno diffondendo negli ultimi anni, il cloud costituisce la principale piattaforma abilitante per le tecnologie più avanzate di intelligenza artificiale (big data e Internet) che, appunto, fanno capo a questo processo di trasformazione e transizione digitale. C'è un punto, che poi è il punto fondamentale, anche qui, di discussione. Il mercato mondiale dei principali fornitori di infrastrutture cloud è dominato - quasi per oltre il 70 per cento, ma anche di più - da cinque gruppi societari: quattro americani (Amazon, Microsoft, Google e IBM) e un quinto (Alibaba) in Cina. Quindi, è chiaro che gli eventuali investimenti governativi diretti alla costruzione di un cloud nazionale, non possono non partire da questa situazione, tenendo conto di fattori economici e di sostenibilità nel tempo, e non possono sottrarsi al confronto ai parametri di mercato.

Ora, da tempo è operativo come principio nel nostro Paese quello del cloud first. È stato confermato dal Ministro Colao, ma era già nel piano triennale dell'informatica 2019-2021, ovvero c'è un obbligo - che per adesso non viene però rispettato - per la pubblica amministrazione di definire nuovi progetti o sviluppare nuovi servizi, adottando in via prioritaria soluzioni cloud, prima di qualsiasi altra opzione tecnologica, e, più in generale, di ricorrere al cloud nel momento in cui intende acquisire sul mercato nuove soluzioni e servizi ICT.

La combinazione di questi due elementi, ossia la situazione attuale di mercato, dominata da fornitori internazionali, e il principio del cloud first, determina quale conseguenza che la pubblica amministrazione tenda sostanzialmente a dipendere da questi provider internazionali. Da qui nasce il dibattito sempre più crescente sulla sovranità tecnologica, che però spesso ha generato interpretazioni fuorvianti. Occorre valutare quanto e in che modo l'attuale situazione di dipendenza dai grandi fornitori sia un reale fattore di rischio - e lo è per certi versi, soprattutto poi vedremo, rispetto a quelli che sono i regolamenti nazionali, europei e degli altri Paesi, cioè le norme legislative - e, però, in quale modo la realizzazione di soluzioni autarchiche riesca effettivamente a contenere il rischio. È vero che è importante per l'Italia e l'Europa riguadagnare posizioni nel digitale, però, nello stesso tempo, posizioni sovraniste di estrema chiusura non possono essere coerenti con l'idea di creare una leadership digitale, che a livello di Paese possa fare tesoro delle migliori risorse disponibili.

Ci sono oltretutto, in relazione al cloud, anche una serie di opinioni spesso non corroborate dai fatti. Vi è quella, per esempio, legata alla sicurezza delle informazioni, come se ci fosse un'automatica possibilità, per chi gestisce il servizio, di entrare e possedere queste informazioni. Cioè, sembrerebbe quasi che uno dei motivi per cui spesso non si fa il salto dal data center al cloud, sia che, una volta usciti dai propri server, dai data center, si verifichi la perdita di controllo sui propri dati, che diventano più facile bersaglio della criminalità informatica. Tuttavia, a parte che i provider si devono muovere dentro le regole e i sistemi di sicurezza di quel Paese, io credo che l'Italia in questi ultimi anni abbia fatto dei passi avanti importantissimi sulla cybersecurity, soprattutto attraverso un percorso articolato, che innesta, accanto alla normativa sul golden power, il perimetro della sicurezza nazionale cibernetica, dove sicuramente siamo in ritardo con i decreti attuativi ed è forse una delle questioni che dobbiamo porci, ma c'è un contesto europeo e internazionale. Già al suo arrivo alla guida della Commissione europea, Ursula von der Leyen aveva dichiarato il proprio impegno nei campi dell'economia digitale, facendo dell'accesso alle rete sicura ed economicamente vantaggiosa una delle priorità del proprio mandato, ma con grande attenzione al tema della sovranità sui dati, intesa come accesso, controllo, elaborazione e utilizzo. Quindi, c'è questo interesse nazionale, europeo e internazionale.

C'è una questione, però, che è stata un po' spartiacque, rispetto a quella questione della normativa, a cui facevo riferimento. Nel marzo 2018 il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il cosiddetto Cloud Act, che ha aggiornato il quadro giuridico relativamente ai dati archiviati sul server di comunicazione dei provider e dei servizi cloud.

Rispetto a questa delibera, rispetto a questa norma, c'è stata una sentenza della Corte di giustizia europea che, di contro, ha ritenuto che i requisiti del diritto interno agli Stati Uniti, su particolari programmi, comportino dei limiti alla protezione dei dati personali, che non sono configurati in modo tale da soddisfare i requisiti equivalenti a quelli previsti dal diritto UE e che questa legislazione USA non accorda ai soggetti interessati diritti azionabili in sede giudiziaria nei confronti delle autorità statunitensi. Quindi, il tema fondamentale rispetto ai dati più sensibili è il tema su dove sono i data center e quale giustiziabilità c'è rispetto a possibili doli o anche azioni di criminalità informatica. Come abbiamo già detto, sempre nell'ottica di allargare e rendere maggiormente inclusivo il perimetro della regolamentazione e del mercato dei dati, la Commissione europea ha promosso il progetto “Gaia-X”, che, appunto, implica la creazione di un data framework in cui stabilire le regole comuni per i Paesi europei e abbiamo letto, nel documento del PNRR, che l'Italia vuole partecipare a questa iniziativa. Dunque, rispetto a tutte queste questioni, la strategia di puntare direttamente alla creazione di un cloud di Stato, come è avvenuto, per esempio, qualche tempo fa, in Francia, potrebbe, però, rischiare di non colmare il gap tanto nel breve, quanto nel lungo periodo, ancor di più se si restringe il campo dei fornitori, per adesso, per nazionalità. Abbiamo ancora un percorso lungo per quel che riguarda l'accesso alla rete o, meglio ancora, il diritto alla connettività e abbiamo ancora da lavorare molto sulle competenze digitali dei lavoratori pubblici, privati, degli studenti e dei cittadini. La limitazione, quindi, da subito dell'accesso alle risorse dei principali provider di mercato potrebbe influenzare lo stesso tasso di adozione del cloud da parte delle aziende e della PA per via della minore capacità che un ristretto numero di servizi avrebbe nel soddisfare le esigenze di enti e di aziende e, paradossalmente, potrebbe avere ripercussioni proprio sul livello di sicurezza degli stessi enti. Quindi, concludendo, ci sentiamo di condividere, come punto di partenza della discussione di questa mozione, sperando, come, d'altra parte, c'è stata anche la disponibilità del collega Giarrizzo e di altri colleghi di altre forze politiche, di arrivare a una mozione di maggioranza condivisa, proprio il punto di vista espresso dal Ministro Colao nell'audizione nella Commissione trasporti e telecomunicazioni, quando afferma: Oltre al cloud first, vogliamo assicurarci che le amministrazioni vengano aiutate a migrare in cloud diversi a seconda del diverso livello di sensibilità dei dati dei quali dispongono. Questo implicherà classificare innanzitutto le tipologie di dati in ultrasensibili, sensibili e ordinari, per garantire scelte che tutelino in maniera appropriata cittadini e amministrazioni. Per i dati più sensibili, il Ministro propone di creare un polo strategico nazionale a controllo pubblico - e questo tema del controllo pubblico è il vero tema che, sostanzialmente, va approfondito e va esplicitato rispetto a quella che potrebbe essere una mozione della maggioranza -, ma, soprattutto, localizzato sul suolo italiano - quindi, il tema è la localizzazione più che la gestione - e con garanzie, anche giurisdizionali, elevate. Questo polo strategico permetterà di razionalizzare e consolidare molti di quei centri che, ad oggi, non riescono a garantire standard di sicurezza. Ecco, il punto è questo: noi dobbiamo andare a vedere, per la parte dei dati più sensibili, un'infrastruttura pubblica, magari, finalizzata prioritariamente alla gestione dei dati strategici e critici della PA centrale, ma che dovrebbe essere, poi, arricchita attraverso sinergie di altre PA detentrici di dati di tipo A. Penso, per esempio, ai dati sanitari. Se noi considerassimo come dati ultrasensibili solo quelli della PA centrale, escluderemmo i dati sanitari, mentre credo che, oggi, il tema della sicurezza dei dati ultrasensibili riguarda i dati sanitari, ma riguarda i dati sanitari anche per la possibilità di una interoperabilità tra le diverse banche dati. E, proprio per questo, noi dobbiamo guardare, sostanzialmente, a una effettiva e piena attuazione del principio dell'“once only” e, in linea con la strategia dell'Europa, bisognerebbe rendere interoperabili le basi dati accessibili attraverso un catalogo di API che consenta alle amministrazioni centrali e periferiche di attingere ai dati del cloud, di elaborarli e di fornire i servizi. Concludendo, sono abbastanza d'accordo anche con quello che diceva il collega di Forza Italia. Noi dobbiamo, quindi, andare verso un sistema pubblico integrato di accesso, interoperabilità e sistemi di cloud computing sotto il controllo pubblico, che, quindi, ne garantisca la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente?

ASSUNTELA MESSINA, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Successivamente.

PRESIDENTE. Grazie, sottosegretaria Messina. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente, e le chiedo anche scusa per aver fatto richiesta in maniera tardiva. Volevo ricordare in quest'Aula, essendo scomparso nella sua casa abruzzese, la scorsa settimana, un grandissimo artista contemporaneo italiano, Luciano Ventrone, classe 1942, secondo Federico Zeri, il “Caravaggio del XX secolo”. Un pittore che ha segnato profondamente questo periodo con la efficacia, con la forza della sua pittura, a metà tra l'astrattismo e il realismo, con una importante ricerca del colore, con dei risultati stupefacenti, un pittore di fama internazionale. E si sa, Presidente, i grandi artisti hanno il dono dell'eternità per quanto riguarda il portato, il valore delle loro opere. Gli uomini, ahimè no. Per cui, all'uomo, all'artista contemporaneo va un ricordo credo doveroso in quest'Aula, in quanto esponente della nostra cultura, esponente di spicco dell'arte italiana, uno dei maggiori pittori contemporanei che ci ha lasciato. Credo si debba a lui un ricordo in un luogo ufficiale, importante, come il Parlamento, e un attestato anche di vicinanza ai suoi cari e alla sua famiglia.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Baldelli. Ci associamo, ovviamente, ai sentimenti di cordoglio per la famiglia.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 20 aprile 2021 - Ore 12:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30, recante misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 e interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena. (C. 2945-A​)

Relatori: MURA, per la XI Commissione; NOVELLI, per la XII Commissione.

2. Seguito della discussione delle mozioni Bitonci ed altri n. 1-00413, Boccia ed altri 1-00459, Pettarin ed altri n. 1-00462, Lollobrigida ed altri n. 1-00463 e Trano ed altri n. 1-00465 concernenti iniziative di competenza in relazione al nuovo quadro normativo in materia di inadempienza bancaria e crediti deteriorati .

3. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

BRUNO BOSSIO; CECCANTI; BRESCIA ed altri; MELONI ed altri: Modifica all'articolo 58 della Costituzione, in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato). (C. 1511​-1647​-1826​-1873-B​)

Relatori: CECCANTI e CORNELI.

4. Seguito della discussione delle mozioni Giarrizzo ed altri n. 1-00424 e Lollobrigida ed altri n. 1-00466 in materia di infrastrutture digitali efficienti e sicure per la conservazione e l'utilizzo dei dati della pubblica amministrazione .

5. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Fabio Porta (deputato all'epoca dei fatti). (Doc. IV-ter, n. 15-A)

Relatore: PETTAZZI.

La seduta termina alle 13,30.