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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 484 di lunedì 12 aprile 2021

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 12,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 9 aprile 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Bergamini, Brescia, Brunetta, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Macina, Maggioni, Mandelli, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Palazzotto, Parolo, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Speranza, Tabacci, Vignaroli, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 83, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio delle dimissioni dalla carica di presidente di una Commissione parlamentare.

PRESIDENTE. Avverto che la deputata Debora Serracchiani, con lettera pervenuta in data 9 aprile, ha comunicato le sue dimissioni dalla carica di presidente della XI Commissione (Lavoro pubblico e privato).

La Commissione è pertanto convocata mercoledì 14 aprile 2021, alle ore 13, per l'elezione del nuovo presidente.

Discussione del disegno di legge: S. 2133. - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (Approvato dal Senato) (A.C. 2989​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2989: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2989​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Roberto Cassinelli.

ROBERTO CASSINELLI, Relatore. Grazie, Presidente. L'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge, atto camera n. 9892, di conversione del decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19, che è già stato approvato dal Senato.

Il decreto legge in esame si compone di otto articoli e muove dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense. Per tale sessione di esame è introdotta una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime. In particolare, l'articolo 1 stabilisce che la disciplina dettata dal decreto-legge in esame è destinata a trovare applicazione con riguardo alla sola sessione di esami di Stato per l'esercizio dell'abilitazione alla professione indetta il 14 settembre 2020 e, quindi, per l'abilitazione all'esercizio della professione forense solo per l'anno 2020. L'articolo 2, infatti, stabilisce che l'esame di abilitazione per la sessione del 2020, a motivo dell'emergenza epidemiologica di cui dicevo, non preveda prove scritte, ma si articoli in due prove orali. Il comma 1-bis prevede che spetta a ciascuna Corte d'appello estrarre a sorte la lettera dell'alfabeto che costituisce l'ordine di svolgimento delle citate due prove orali.

Ai sensi dell'articolo 2, la prima prova orale, che sostituisce i tradizionali tre scritti, è pubblica ed ha ad oggetto l'esame e la discussione di una questione pratica applicativa, nel corso della quale il candidato è chiamato a fornire la soluzione di un caso che richiede una padronanza di diritto, sia sostanziale che processuale, in una materia scelta preventivamente dallo stesso candidato tra materia regolata dal codice civile, materia regolata dal codice penale o dal diritto amministrativo. Ciascun candidato deve esprimere l'opzione per la materia prescelta mediante comunicazione da trasmettere secondo le modalità da stabilirsi con decreto del Ministro della Giustizia. Prima dell'inizio della prima prova orale, la sottocommissione predispone, per ciascun candidato, tre quesiti sulla materia prescelta, collocando ciascun quesito all'interno di una busta distinta e numerata. Il presidente della commissione richiude le buste e appone la propria firma sui relativi lembi di chiusure. Spetta al candidato indicare il numero della busta prescelta, mentre al presidente della commissione compete dare lettura del quesito ivi contenuto. Per la prova orale è prevista una durata complessiva di un'ora dal momento della dettatura del quesito. I primi trenta minuti sono dedicati all'esame preliminare del quesito, durante il quale candidato può consultare i codici, anche commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi e i decreti di Stato. Scaduti i 30 minuti, il segretario provvede al ritiro dei testi di consultazione nella disponibilità del candidato. I candidati non possono portare con sé testi o scritti anche in formato digitale nei telefoni cellulari, computer e ogni sistema di telecomunicazione, pena, ovviamente, l'immediata esclusione dall'esame. Al candidato è, però, consentito prendere appunti su fogli vidimati messi a disposizione sul banco prima della prova, che, una volta terminata, restano comunque nella sua disponibilità, non potendo essere oggetto di valutazione. I restanti 30 minuti sono dedicati alla discussione orale, conclusa la quale la commissione si ritira in camera di consiglio per comunicare, quindi, l'esito della prova al candidato. Il comma successivo dispone che alla seconda prova orale sono ammessi i candidati che hanno conseguito nella prima prova orale un punteggio di almeno 18 punti. Ogni componente della sottocommissione ha a disposizione dieci punti di merito.

Con riguardo alla prima prova orale, rammento che nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche del suo Dicastero, del 15 marzo 2021, il Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha precisato, rispondendo ad alcuni quesiti, che si stima di poterla concludere entro il mese di luglio, similmente a quanto avviene nell'ordinaria sessione di esame, nella quale gli esiti degli scritti sono resi noti tra fine giugno e fine luglio di ogni anno. Il comma 7 dispone che la seconda prova orale è pubblica. Questa deve durare tra i 45 e i 60 minuti per ciascun candidato e si deve svolgere almeno 30 giorni dopo la prima prova orale. Nel corso della seconda prova orale il candidato è chiamato a discutere di brevi questioni relative a cinque materie scelte preventivamente dal candidato, una tra diritto civile e penale, purché diversa dalla materia già scelta per la prima prova, una tra diritto processuale civile e diritto processuale penale, tre tra diritto civile, penale, costituzionale, amministrativo, tributario, commerciale, diritto dell'Unione Europea, internazionale privato, ecclesiastico. La disposizione prevede che in caso di scelta della materia del diritto amministrativo nella prima prova orale, al fine di evitare che un candidato possa conseguire l'abilitazione alla professione senza avere sostenuto alcuna prova in diritto civile e in diritto penale, la seconda prova orale ha per oggetto il diritto civile e il diritto penale, una materia a scelta di diritto processuale civile e processuale penale e due tra le seguenti: costituzionale, amministrativo, tributario, commerciale, lavoro, Unione europea, internazionale privato, ecclesiastico. Il candidato deve, inoltre, dimostrare la conoscenza dell'ordinamento forense e dei diritti e dei doveri dell'avvocato. Per la valutazione della seconda prova, ogni commissario dispone di dieci punti di merito per ognuna delle sei materie. Sono giudicati idonei i candidati che ottengono nella seconda prova orale un punteggio complessivo non inferiore a 108 punti e un punteggio non inferiore a 18 punti almeno in cinque materie.

L'articolo 3 disciplina la composizione della sottocommissione d'esame. Per consentire di svolgere le due prove orali nel più breve tempo possibile, viene incrementato il numero delle sottocommissioni d'esame, contestualmente riducendo i componenti da cinque a tre. Possono far parte delle commissioni d'esame, per la prima volta, i ricercatori universitari a tempo determinato e i magistrati militari.

In particolare, la norma, in deroga alla disciplina vigente, stante la necessità di esaminare un maggior numero di candidati, prevede che le sottocommissioni siano composte da tre membri effettivi e da tre membri supplenti, dei quali due effettivi e due supplenti sono avvocati designati dal Consiglio nazionale forense tra gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori e uno effettivo e uno supplente sono individuati tra magistrati, anche militari, prioritariamente in pensione, oltre a professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche, anche in pensione, oltre a ricercatori a tempo determinato in materie giuridiche. Ai fini della valida costituzione delle commissioni, è prevista la partecipazione di tre membri rappresentativi di almeno due categorie professionali, fermo restando che il presidente deve sempre essere un avvocato. La variazione della composizione della commissione stabilita dal decreto-legge impone la necessità di integrare e rimodulare le sottocommissioni già designate con decreto del Ministero della Giustizia del 20 gennaio 2021, senza dunque la necessità di annullare le nomine già effettuate e procedere integralmente a nuove designazioni. A tal fine, la norma rinvia a un successivo decreto del Ministro della Giustizia, da emanare entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto-legge e, quindi, entro il 12 aprile prossimo. Con il medesimo decreto sono fornite le relative indicazioni relative alla data di inizio delle prove, alle modalità di sorteggio per l'espletamento delle prove orali, alla pubblicità delle sedute d'esame, all'accesso e alla permanenza nelle sedi d'esame, alle prescrizioni imposte dal rischio di contagio del COVID, alle modalità di comunicazione della rinuncia alle domande di ammissione all'esame, alle modalità di comunicazione delle materie scelte dal candidato per la prima e per la seconda prova orale.

Il comma terzo stabilisce che le funzioni di segretario di ciascuna sottocommissione possono essere esercitate da personale amministrativo in servizio presso qualsiasi pubblica amministrazione, purché in possesso di una qualifica professionale per la quale è richiesta almeno la laurea triennale. La norma disciplina, inoltre, i lavori delle sottocommissioni e stabilisce che la prima prova orale è sostenuta dinanzi a una commissione diversa da quella insediata presso la sede di appartenenza del candidato, individuata mediante sorteggio da effettuarsi previo raggruppamento delle sedi che presentano un numero di domande di ammissione tendenzialmente omogeneo entro il termine di dieci giorni prima dello svolgimento della prova, a cura della commissione centrale. La scelta del decreto-legge di far sostenere la prima prova orale davanti a una sottocommissione diversa da quella insediata presso la sede di appartenenza del candidato risponde all'esigenza di rispettare il fondamentale principio di imparzialità e trasparenza già avvertito dalla vigente disciplina, in base al quale la prova scritta di esame di avvocato viene corretta, previo abbinamento, da una commissione diversa da quella in cui il candidato ha espletato l'esame. La norma dispone che la prima prova orale debba necessariamente svolgersi con modalità di collegamento da remoto, ferma restando la presenza presso la sede della prova di esame del segretario della sottocommissione del candidato da esaminare, nel rispetto, ovviamente, di tutte le normative COVID-19. Ai sensi del comma terzo, è prevista la possibilità che lo svolgimento della prima prova orale avvenga presso gli uffici giudiziari di ogni distretto di corte d'appello o presso i locali dei consigli dell'ordine degli avvocati ivi ubicati, secondo le disposizioni dettate dai presidenti di corte d'appello, ovviamente di concerto con i presidenti degli ordini locali.

Con riguardo alla seconda prova orale, si prevede che si debba tenere davanti alla commissione insediata presso la sede di appartenenza del candidato. La modalità di espletamento mediante collegamento da remoto è facoltativa. Nella sola ipotesi di scelta delle modalità di svolgimento della prova tramite collegamento da remoto, è applicato il comma 3 dell'articolo 4 e dunque, come precisa espressamente la relazione illustrativa, la facoltà di istituzioni di sedi distaccate (sicché il candidato, che svolga anche la seconda prova tramite collegamento da remoto, potrà, a discrezione della sottocommissione e all'esito dell'attivazione della sequenza procedimentale, essere convocato presso una sede distaccata diversa da quella centrale sulla base della residenza dichiarata nelle domanda di ammissione). A ciascun candidato, almeno 20 giorni prima, deve essere data comunicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui dovrà presentarsi per le prove orali. Spetta alla commissione centrale stabilire le linee generali da seguire per la definizione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l'omogeneità e la coerenza dei criteri d'esame.

Infine, in caso di positività COVID, di sintomatologia compatibile con infezioni, quarantena ed isolamento, il candidato può chiedere, con istanza al presidente della commissione distrettuale corredata da idonea documentazione, di fissare una nuova data per lo svolgimento dello stesso. Il presidente della sottocommissione può disporre la visita fiscale domiciliare e, in ogni caso, quando l'istanza è accolta, la prova si deve svolgere entro dieci giorni dalla fine dell'impedimento.

L'articolo 5 detta disposizioni relative alla verbalizzazione della prova d'esame. In particolare, il comma 1 prevede che il segretario della sottocommissione rediga il verbale della prova d'esame nel quale deve dare atto: delle modalità di identificazione del candidato, del corretto funzionamento del collegamento alla commissione, dell'identità dei membri delle commissioni collegate, delle materie scelte dal candidato, del numero della busta dalla quale il quesito è prelevato, del contenuto integrale del quesito letto al candidato, dell'orario di inizio e di fine della prova. Al termine della prova, il segretario deve dare atto nel verbale del punteggio conseguito dal candidato distintamente per ogni materia e dell'esito della prova, come comunicato dal presidente della sottocommissione e deve dare lettura integrale del verbale alla presenza del candidato in collegamento con la sottocommissione. Il verbale, una volta approvato dal presidente della commissione, dove essere sottoscritto dal segretario della commissione e dal candidato.

Infine, la norma prevede che ci siano dei compensi per i componenti e per i segretari della sottocommissione riconoscendo loro, oltre i compensi fissi variabili, già previsti dalla legislazione vigente, anche un ulteriore gettone di presenza per la prima prova orale; tale gettone, pari ad euro 70 a titolo di rimborso forfettario, è riconosciuto per ciascuna seduta della durata minima di quattro ore, alla quale gli aventi diritto abbiano effettivamente partecipato. Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, vorrei nuovamente sottolineare l'importanza e l'urgenza di questo provvedimento; la necessità, in effetti, che questo decreto-legge venga approvato nei tempi più rapidi è una circostanza nella quale lo strumento del decreto-legge viene utilizzato correttamente dal Governo e credo che sia necessario dare, nei tempi più brevi, una risposta ai 26 mila dottori in legge, che attendono di poter sostenere la prova d'esame per avviarsi, finalmente, alla professione, potendosi fregiare, come gli auguriamo ovviamente, del titolo di avvocato.

Voglio ringraziare, in particolare, i colleghi di Fratelli d'Italia e del Movimento 5 Stelle, il collega Colucci e la collega Bartolozzi che, nell'ambito dei lavori della Commissione hanno consentito, pur ovviamente presentando degli emendamenti e restando fedeli ai propri convincimenti, che il provvedimento potesse proseguire rapidamente i lavori in Commissione, per poter approdare quest'oggi in Aula. L'auspicio è che anche in Assemblea ci possa essere la stessa collaborazione e la stessa disponibilità, perché l'attesa che c'è, come dicevo, da parte di tanti dottori in legge che hanno già dovuto rimandare, evidentemente, più volte l'esame, è veramente grande.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinunzia. E' iscritto a parlare il deputato Pierantonio Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie, Presidente. Innanzitutto, Presidente, vorrei dare il benvenuto, a nome del gruppo di Forza Italia, al sottosegretario Sisto (Applausi). Il sottosegretario Sisto è stato un decano fra i parlamentari, è stato protagonista di grandi battaglie parlamentari dagli scranni del Parlamento, è stato Presidente anche della Commissione affari costituzionali, ma oggi fa il suo debutto in Aula come sottosegretario, come componente del Governo. Noi gli auguriamo buon lavoro. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, come diceva bene poc'anzi il nostro relatore, viene finalmente in Aula il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 31 del 13 marzo 2021, per lo svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19, decreto che è già stato vistato ed approvato dal Senato.

Usiamo il termine finalmente perché, come ricordava bene il relatore poc'anzi, sono circa 26 mila i dottori in giurisprudenza, aspiranti avvocati, che non hanno potuto sostenere questo esame nello scorso mese di dicembre, che è la data tradizionalmente fissata per gli esami di avvocato e che, certamente, hanno molto sofferto per questo rinvio anche perché, fino all'ultimo, non si capiva bene quando, poi, in effetti, l'esame si sarebbe celebrato.

Come i colleghi della Commissione giustizia, molti di noi sono avvocati e tutti, certamente, ricordiamo, quando eravamo più giovani, quanto il superamento di quell'esame, pur svolto per ciascuno di noi in tempi diversi e con modalità diverse, sia stato decisivo per la nostra vita e per il nostro percorso professionale. Nessun avvocato, credo, possa dimenticare quei momenti, che restano scolpiti nella sua memoria come un traguardo cruciale. Questo decreto-legge, dunque, parte dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare disposizioni che rendano possibile, pur nell'attuale contesto emergenziale a causa della pandemia, lo svolgimento delle prove delle sessioni del 2020, rinviate a dicembre. Mai, e lo ricordava bene il relatore Cassinelli, negli ultimi anni, forse un decreto- legge è stato, almeno a giudizio anche mio, così urgente e necessario per far fronte ad una situazione assolutamente inedita.

Per la prossima sessione di esame è introdotta una disciplina di svolgimento delle prove straordinaria rispetto a quella prevista a regime, che non prevede prove scritte, ma si articola in due prove orali. La prima prova orale, che sostituisce i tradizionali tre scritti, ha per oggetto l'esame e la discussione di una questione pratica applicativa nel corso della quale il candidato è chiamato a fornire la soluzione di un caso concreto, che richiede padronanza di diritto sia sostanziale che processuale, in una materia scelta preventivamente dallo stesso candidato. Alla seconda prova orale saranno ammessi i candidati che hanno superato la prima prova e che saranno chiamati a discutere brevi questioni relative a cinque materie scelte preventivamente.

Sono delle modalità di esame decisamente innovative e che, come tali, potranno costituire anche un test e una sperimentazione in vista anche di una possibile modifica dell'esame di abilitazione di avvocato, sulla cui portata la Commissione giustizia si sta interrogando proprio in queste settimane. Forza Italia, aderendo a una richiesta del Governo, ha ritenuto di non presentare emendamenti in questa seconda lettura, per favorire un iter sollecito del provvedimento. La nostra speranza, che è la stessa della Ministra Cartabia, è che la prima sessione di esami si possa effettuare entro il mese di luglio 2021, consentendo agli aspiranti avvocati di iniziare, già nell'autunno, la seconda prova orale. Se questo nostro auspicio trovasse concreta attuazione, potremmo concludere che il disagio e il ritardo nell'espletamento delle sessioni di esami per i candidati sono stati significativamente attenuati. Ringraziamo, in conclusione, la Ministra Cartabia per questo decreto-legge, decisamente provvidenziale, che ci consente di provare ad uscire da questo stato emergenziale e a guardare con maggiore fiducia al futuro dei nostri giovani. E' il primo provvedimento legislativo di cui la neo-Ministra può rivendicare la paternità ed è decisamente di buon auspicio per il proseguimento del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ylenja Lucaselli . Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. La situazione di totale incertezza nella quale versavano migliaia di aspiranti avvocati in tutta Italia necessitava di una risposta immediata e siamo consci e grati dello sforzo del Ministro Cartabia e del sottosegretario Sisto, nei confronti del quale mi associo agli auguri di buon lavoro appena fatti dal collega Zanettin, al sottosegretario che ha posto al centro della propria agenda, come primo punto, la risoluzione di questo problema. E' solo, però, per salvaguardare l'esigenza di vedere realizzate le aspirazioni di 26 mila giovani aspiranti professionisti, che hanno svolto il loro curriculum di studio e la loro pratica, che noi di Fratelli d'Italia, come è stato correttamente ricordato - e ringrazio il relatore per questo - abbiamo rinunciato a discutere gli emendamenti in Commissione. Perché, se pur consapevoli della necessità di dare una risposta celere e immediata al sacrosanto diritto di quei giovani di essere valutati per l'accesso alla professione, siamo, altresì, convinti che questo provvedimento, che noi riteniamo un atto dovuto, non sia compiutamente declinato.

La prima considerazione che poniamo al centro del dibattito di quest'Aula, e che sicuramente riprenderemo in sede di discussione del provvedimento, è che gran parte dei candidati, come sappiamo, ha provveduto a fare la propria formazione e ad effettuare una preparazione che era basata sull'esame ordinario; esame ordinario che, come tutti sappiamo, prevedeva le tre prove scritte e sette ore a disposizione per strutturare e risolvere una questione giuridica. E a chi abbia un minimo di dimestichezza con ciò che questo voglia dire, non sfuggirà che la preparazione effettuata per le prove scritte non è comparabile a quella richiesta per affrontare le prove orali.

Ed è per questa ragione che Fratelli d'Italia, attraverso i suoi emendamenti, aveva chiesto che fosse garantita al candidato la possibilità di potersi preparare adeguatamente allo svolgimento di queste nuove prove di preselezione, riorganizzando, lì dove è possibile, anche il proprio metodo di studio, al fine di rendere maggiormente eque le modalità di svolgimento delle predette prove, così come novellate in ragione della emergenza sanitaria in atto.

Abbiamo indubbiamente accolto con favore la modifica che è stata introdotta, in sede di esame del provvedimento al Senato, di prevedere che ogni corte di appello si attivi per estrarre a sorte la lettera dell'alfabeto che costituisca l'ordine di svolgimento, sia per la prova preselettiva che per il successivo esame orale, perché in questo modo si manterrà un lasso di tempo congruo e uguale per tutti i candidati. Riteniamo, però, che non sia stata posta altrettanta attenzione sull'espletamento concreto di questa prova. Noi riteniamo che bisognerebbe favorire, anche e soprattutto in questo momento, l'espletamento di una prova preselettiva bilanciata, che garantisca l'equità dei candidati su tutto il territorio nazionale. Abbiamo, come punto di riferimento, l'articolo 46 della legge n. 247 del 2012, per la quale, come tutti sappiamo, è previsto che le prove di esame si svolgano su temi che sono formulati dal Ministro della Giustizia e temi ovviamente che sono uguali per tutti i candidati. Dunque, secondo il nostro punto di vista, si sarebbe dovuta preliminarmente elaborare una serie di quesiti in ogni materia oggetto di prova d'esame.

Vede Presidente, l'idea di predisporre un numero - non importa quale: possono essere 100, 500, 1.000 – di quesiti in maniera anticipata, temi sui quali poi le sottocommissioni si basano per poter formulare le domande specifiche ai candidati, credo debba essere presa in seria considerazione, proprio per evitare che ci siano quesiti “fai da te” e che, a quel punto, potrebbero, ovviamente, contenere tutto e il contrario di tutto.

Noi siamo fortemente convinti che il potere del merito fonda le proprie radici nelle pari opportunità alla partenza; se vogliamo garantire a tutti i candidati la comparazione di valutazione, quindi in sede valutativa, e se vogliamo garantire loro che vengano valutati secondo capacità e competenza, allora dobbiamo fare in modo che ci siano criteri valutativi uguali per tutti, perché sappiamo che questo potrebbe determinare delle distinzioni valutative troppo ampie. E su questo punto credo che l'Aula dovrà indubbiamente porre molta attenzione.

Non ci sfugge poi un altro tema, che è quello dei tempi che vengono dati ai candidati ai quali viene chiesto di sviluppare un ragionamento, sia di carattere sostanziale che procedurale, nel breve lasso di tempo di 30 minuti.

Tutti i colleghi avvocati che sono in quest'Aula sanno bene che un'ipotesi difensiva non può essere mai formulata sulla base di una prima e veloce lettura e di impulso, ma deve invece essere approfondita e ragionata. A ciò si aggiunga che, secondo il punto di vista di Fratelli d'Italia, è particolarmente gravoso per il candidato non avere la possibilità di scegliere, per la seconda prova orale, la medesima materia di diritto sostanziale che abbia optato di affrontare nella prova preselettiva.

Riteniamo che sia invece più ragionevole che, nell'unica ora di tempo che il candidato ha a disposizione per elaborare e discutere la linea difensiva rispetto alle sette ore precedentemente concesse per la prova scritta, il candidato sia portato a prediligere la materia con la quale abbia sviluppato dimestichezza durante il periodo di pratica. Quindi, riteniamo che dovrebbe essere data la possibilità di scegliere anche in quella materia. Un'alea ulteriore ed eccessiva, questa, rispetto anche al dovere previsto dalle prove scritte ordinarie, in cui, sicuramente, sia il diritto civile che penale, rappresentano, sì, delle materie obbligatorie, ma sono, comunque, mitigate, da un lato, dalla scelta consapevole del quesito da affrontare, dall'altro, dall'ampio respiro dei tempi concessi per risolverlo.

Del resto, un problema di non minore rilievo si porrebbe nell'eventualità in cui il candidato dovesse scegliere il quesito di diritto amministrativo che lo porterebbe, perciò solo, obbligatoriamente, a confrontarsi, in sede di seconda prova, sia con il diritto civile che con il diritto penale; un discrimine che, obiettivamente, non ci piace.

Per tale ragione, avevamo chiesto di emendare tale previsione, permettendo al candidato di scegliere liberamente quali materie sostanziali portare in sede di seconda prova, senza che questa scelta risulti vincolata da quella effettuata in sede di prima prova.

Tornando poi nuovamente ai tempi concessi per la risoluzione del quesito proposto in sede di prova preselettiva, dobbiamo evidenziare che, dal momento che non è dato sapere come la summenzionata questione verrà strutturata, né quale sarà la sua complessità, allo stato attuale non appare, comunque, sufficiente il tempo di soli 30 minuti messo a disposizione del candidato per discernere questioni sia sostanziali che procedurali, ricorrendo all'ausilio del codice annotato con la giurisprudenza e i testi di legge. Ed è per questo che abbiamo chiesto che detto lasso di tempo venga ampliato, concedendo al candidato almeno un'ora per lo studio del caso e l'utilizzo dei codici, per poi discuterne le risultanze nei successivi trenta minuti, come è già previsto.

Su tale punto, non comprendiamo davvero perché il Governo si sia così irrigidito, respingendo ogni proposta emendativa: un conto è conoscere la nozione - ma questo, il sottosegretario Sisto, lo sa molto bene -, altro conto è saper ragionare intorno alla nozione e alla conoscenza delle regole, che non sono, ovviamente, la soluzione del problema, ma lo strumento di ragionamento per risolverlo. Trenta minuti per predisporre una risposta potrebbero oggettivamente essere pochi, anche se vengono calcolati dal momento in cui il quesito è stato posto. Forse sarebbe stato più opportuno prevedere un termine maggiore, non tanto per la risposta, quanto per lasciare al candidato un po' più di tempo per l'approfondimento e per l'esame attraverso i codici commentati con la giurisprudenza e ovviamente anche la possibilità, per esempio, di prendere appunti, che è una cosa che quotidianamente facciamo nei nostri studi legali.

Non credo che sarebbe stato un problema insormontabile lasciargli ulteriore tempo a disposizione.

Da ultimo, abbiamo chiesto che, in caso di positivo superamento della prima prova, venga dato al candidato un lasso temporale di almeno 60 giorni, prima di procedere all'espletamento della seconda prova orale. A questo proposito, vorrei ricordare che nell'esame ordinario che si svolgeva con una prima prova scritta e poi successivamente con una orale, il tempo tra le due ovviamente era enormemente superiore ai 30 giorni; in realtà, molte volte, anche ai 60.

Sappiamo tutti, infatti, che il tempo necessario alla correzione delle prove scritte era di parecchi mesi, nei quali il candidato, almeno colui che sapeva di averla svolta con buona probabilità di superarla, aveva tutto il tempo per preparare le materie da presentare in sede di esame orale. Nel nostro caso, abbiamo una prima prova orale che tiene luogo di quella scritta e sarebbe quindi ragionevole lasciare un lasso di tempo leggermente maggiore al candidato per potersi preparare per la seconda. Non credo che, da trenta a sessanta giorni, cambi il senso di questo provvedimento, credo però che una modifica in questo senso dia un po' più di serenità ai ragazzi che si stanno per cimentare in una prova del tutto nuova e, ovviamente, del tutto inaspettata.

Presidente, io mi avvio alla conclusione. Noi abbiamo coscientemente e consapevolmente ritenuto di non discutere gli emendamenti in Commissione, non poniamo nessuna forma di ostruzionismo a che questo provvedimento veda la luce nel più breve tempo possibile, perché siamo consapevoli delle esigenze di questi oltre 26 mila aspiranti avvocati.

Siamo assolutamente consapevoli anche dei sacrifici che questi ragazzi hanno fatto in tutto questo periodo, loro e, ovviamente, anche le famiglie che hanno alle spalle.

È indubbiamente questa una situazione straordinaria, che però auspichiamo non diventi - e, secondo noi, non potrebbe diventare - la regola, perché in questo provvedimento ci sono delle criticità insormontabili. Nel momento in cui non si può svolgere una prova scritta, è chiaro che tutto diventa molto più difficile. Parliamo di selezioni che non riguardano poche decine o poche centinaia di candidati, ma anche in certe sedi di corte d'appello coinvolgono migliaia e migliaia di candidati, da 3 a 4 mila nelle sedi più grandi. È chiaro, però, che, senza una preselezione scritta, basarsi unicamente su una prova orale è certamente difficile e non dà compiutezza, ovviamente, di tutto il bagaglio culturale, che i ragazzi hanno potuto o meno avere il tempo di sviluppare nel corso della pratica. Noi, come già detto, ci rendiamo conto che la situazione straordinaria ha portato alla soluzione in esame; semmai ci rammarichiamo che si sia aspettato tanto tempo per arrivare ad essa e ribadisco nuovamente il ringraziamento al sottosegretario Sisto e al Ministro, che si sono fatti carico immediatamente, appena nominati, di portare avanti questo problema. Riteniamo che le prove si sarebbero dovute già svolgere a dicembre e, invece, ancora adesso, stiamo parlando di prove che si terranno nella prossima primavera, a discapito di tutti quei ragazzi che legittimamente vogliono vedere realizzate le proprie aspirazioni professionali. Noi vogliamo che questa prova, però, sia equa, che sia una prova meritocratica e che non penalizzi tutti quei giovani aspiranti avvocati, che con sacrificio e dedizione hanno studiato e sognano, ancora e nonostante tutto, di diventare avvocati, per servire la gente, combattere le ingiustizie e trasformare la società (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucia Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (IV). Signora Presidente, sottosegretario, colleghi, la pandemia da COVID-19 ha condizionato anche lo svolgimento dei concorsi pubblici, tra cui l'esame di Stato per l'abilitazione dell'esercizio della professione forense, di cui oggi discutiamo. Alla luce dell'andamento epidemiologico che si è ritenuto per la prima volta che non fosse possibile l'esecuzione in sicurezza delle prove scritte. Parliamo - l'abbiamo detto - di un esame molto atteso ogni anno da migliaia di aspiranti avvocati e che quest'anno coinvolge la vita professionale di 26 mila candidati. A loro si è rivolta da subito l'attenzione della Ministra Cartabia, con l'emanazione del decreto oggi in esame. In questi mesi l'emergenza sanitaria ha compresso molto l'esercizio della professione forense, con un forte impatto anche da un punto di vista economico. Secondo l'indagine del Censis, realizzata su un campione di 14 mila avvocati, oggi la situazione lavorativa risulta critica per più di sette professionisti su dieci. La condizione di maggiore criticità riguarda le professioniste donne, gli avvocati residenti al Sud e, poi, i giovani all'esordio della professione, colpiti in maniera durissima, una situazione difficile che ci auguriamo possa essere presto risolta.

Venendo al provvedimento in discussione - lo abbiamo già detto -, innanzitutto, la forma del decreto-legge si è resa necessaria per motivi di urgenza legati alla pandemia.

Per la sessione 2020 dell'esame di abilitazione - anche questo è stato ben detto dal relatore - è stata introdotta una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime, con modalità innovative e temporanee, che comunque possano consentire, in questa fase particolare, di tenere insieme la necessità di garantire una buona qualità nella selezione dei candidati con la tutela della salute. Due prove orali, quindi, come abbiamo detto, con la prima che, sostituendo gli scritti, assume carattere pratico applicativo nella forma della soluzione di un caso, così da poter essere valutata la capacità del candidato di inquadrare problemi giuridici e di argomentare la soluzione. L'esame del provvedimento è avvenuto con una collaborazione positiva tra Governo e Parlamento e, quindi, questo ha consentito un iter molto rapido. Oggi la Camera è chiamata sostanzialmente a ratificare quanto è stato fatto in Senato, con alcune modifiche che, però, noi accogliamo con favore. Permangono, però, alcune riflessioni che ci auguriamo, soprattutto in sede di decreto ministeriale, possano essere affrontate e, quindi, approfondite, in particolare per quanto riguarda il tema dei quesiti e dei criteri di valutazione, su cui riteniamo si debba intervenire in sede di decreto ministeriale, soprattutto col fine di assicurare effettiva garanzia di equilibrio e parità di trattamento nei confronti di coloro che affronteranno il primo colloquio orale, così da assicurare ai candidati una condizione di omogeneità e scongiurare eventuali rischi di disparità di trattamento. Accogliamo, invece, positivamente la modifica fatta in Senato, attraverso la quale, a proposito della seconda prova orale, si consente al candidato anche la scelta della stessa materia di diritto sostanziale - quindi, diritto civile e diritto penale - già indicata per la prima prova orale, superando così il divieto originario, che sembrava poter penalizzare con la specializzazione di fatto della categoria.

Concludendo, colleghi, il decreto-legge, che ci accingiamo ad approvare, seppur naturalmente perfettibile, pone fine a una situazione di incertezza che si è venuta a determinare rispetto all'esame di Stato per l'avvocatura 2020, dando la possibilità a tanti praticanti avvocati, seppur svolto con modalità eccezionali, di poter concludere il proprio percorso abilitativo. Un esame che, seppure svolto, come abbiamo detto, con modalità eccezionali, deve comunque garantire un reale rigore selettivo e serietà delle prove. Naturalmente, a tutti i candidati e le candidate va il nostro in bocca al lupo (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giulia Sarti. Ne ha facoltà.

GIULIA SARTI (M5S). Grazie, Presidente. Noi tutti ci troviamo ad assumere determinazioni che incidono sulla vita dei cittadini italiani, in un contesto che mai avremmo potuto immaginare all'inizio di questa legislatura. Siamo chiamati a valutare l'adeguamento dei meccanismi storici del nostro Stato in una condizione estremamente complessa, ma oggi il nostro compito più rilevante è proprio questo: consentire al Paese di andare avanti su ogni fronte, evitando con ogni strumento la paralisi strutturale, ma garantendo e preservando il diritto alla salute di ciascun cittadino. Ebbene, in tale ottica dobbiamo approcciarci anche rispetto a questo provvedimento specifico. Anche in questo caso, infatti, ci troviamo di fronte ad un intervento finalizzato a consentire ad una categoria di cittadini di dare inizio alla propria vita professionale e di onorare il proprio percorso di studi e di formazione, nel quale hanno riversato anni di sacrifici, aspettative e speranze. Parliamo di giovani, dei futuri professionisti del diritto del nostro Paese, futuri esponenti di una categoria che - è bene, ricordarlo anche in questa sede -, nonostante tutte le difficoltà, non si è mai fermata nemmeno per un giorno, al fine di garantire e tutelare pienamente i diritti dei cittadini, una categoria indispensabile per il nostro Stato di diritto. Sappiamo bene come si svolgono ordinariamente le prove scritte dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense; esse si tengono contestualmente in tre giorni in varie sedi del territorio nazionale e comportano lo spostamento di migliaia di candidati e il conseguente assembramento nelle sedi d'esame. Attualmente, in considerazione dell'andamento epidemiologico, la normativa vigente per il contenimento dell'emergenza consente di riunire in un'unica sede al massimo trenta persone, per cui lo stesso Comitato tecnico-scientifico, insediato presso il Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha esplicitamente dichiarato l'impossibilità di svolgere in sicurezza le prove scritte. Allora, la sfida è stata proprio questa, cioè quella di adeguare in maniera efficace l'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense, rispetto all'emergenza sanitaria in atto, senza rinunciare però alla necessaria selezione. Le deroghe introdotte dal decreto-legge, della cui conversione qui si discute, appaiono adeguate rispetto a tale finalità. Infatti, la sostituzione delle prove scritte - oggettivamente incompatibili con l'epidemia in atto, per ovvie ragioni di assembramento - con una prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla canonica prova orale, appare probabilmente l'unica soluzione attuabile in questa tremenda situazione di emergenza sanitaria che stiamo combattendo tutti da oltre un anno. Anche la previsione inerente alla prima prova orale, nella quale il candidato sarà presente nella sede d'esame insieme al segretario della sottocommissione, mentre gli altri componenti della commissione saranno collegati da remoto, si rivela una modalità adeguata alla riduzione massima del rischio di diffusione del contagio, senza però rinunciare ad un'importante forma di garanzia. Quindi, un buon compromesso tra tutti gli interessi in gioco, stante, appunto, come dicevo, questa situazione emergenziale. Positivamente, nella medesima prospettiva, va salutato anche l'incremento del numero delle sottocommissioni d'esame, che saranno composte da soli tre componenti.

Per quanto attiene, infine, il contenuto delle prove, dall'esame del testo del provvedimento emerge l'idoneità delle prove a garantire la corretta valutazione dei candidati. Infatti, con riguardo alla prima prova orale, il candidato è chiamato a risolvere una questione di carattere pratico-applicativo, in una materia, tra diritto civile o diritto penale o diritto amministrativo, scelta precedentemente. Il candidato, dopo aver letto il quesito, deve individuare i nodi problematici, le disposizioni applicabili, sostanziali e processuali, i princìpi rilevanti e gli eventuali orientamenti giurisprudenziali, potendo consultare i codici annotati. La seconda prova orale ha ad oggetto cinque materie, oltre a ordinamento e deontologia forense, in modo da poter valutare adeguatamente la preparazione e la competenza dei candidati. Infine, ma non per importanza, risulta quanto mai opportuna la previsione della possibilità, in caso di positività al COVID-19 o di sintomi compatibili, quarantena, isolamento fiduciario, nonché, in caso di comprovati motivi di salute, che il candidato possa chiedere una nuova data per lo svolgimento della prova, tramite istanza al presidente della sottocommissione, adeguatamente documentata e che la prova, in tal caso, debba essere svolta entro dieci giorni dalla fine dell'impedimento. Con queste misure si è provveduto nel miglior modo a rendere possibile e sufficientemente sicuro, per i candidati ed i commissari, lo svolgimento del cosiddetto esame da avvocato.

Concludo, Presidente, manifestando tutta la solidarietà possibile, che è già stata ribadita dai colleghi, ai candidati che sosterranno questa prova in un momento molto difficile del nostro Paese, capendo perfettamente le difficoltà che hanno sostenuto e che stanno sostenendo tuttora nella preparazione ad un esame così importante per la loro vita professionale, preparazione che è stata, purtroppo, caratterizzata da incertezze, anche dal punto di vista delle modalità con cui si sarebbe dovuta svolgere.

Ora, è chiaro che queste modalità non saranno la regola, è chiaro che in Commissione giustizia, in questa Camera, stiamo discutendo le proposte di legge inerenti ai cambiamenti da fare a livello strutturale nella preparazione e nel futuro esame da avvocato che si dovrà svolgere nei prossimi anni. Sono tutte proposte di legge che attengono, chiaramente, ad una valutazione che è scevra, se vogliamo, in questo caso, da discussioni, da opinioni o scontri politici, perché qui c'è in gioco il futuro di una categoria fondamentale per il nostro Paese, c'è in gioco il futuro di giovani che, come abbiamo visto e come sappiamo bene, si sono preparati in una situazione di incertezza e di difficoltà, penso anche agli aspiranti magistrati, che si appresteranno a dover fare un concorso tra poco, e a tutti quei candidati che sono iscritti e che dovranno, in questo periodo di difficoltà, provare a dare dei concorsi che sono importanti per il loro futuro, per la loro vita e per gli studi che hanno fatto fino ad ora.

Quindi, Presidente, concludo, rinnovando questa solidarietà e rivolgendo un grosso “in bocca al lupo” a tutti gli aspiranti avvocati candidati all'esame di accesso all'abilitazione forense (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghi, come ricordato nella relazione introduttiva al provvedimento e negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, per la prima volta dal dopoguerra, l'anno scorso, non si sono potute svolgere le prove scritte per l'esame di avvocato. Le prove, come sempre, si sarebbero dovute svolgere nel dicembre del 2020, ma le condizioni epidemiche dovute alla pandemia avevano obbligato il Governo a rinviarle all'aprile di quest'anno, nella speranza di un miglioramento della situazione che consentisse di tenerle e, in quel caso, con la prospettiva di accelerare, poi, lo svolgimento delle prove orali per esaurirle entro la fine del 2021, prima, cioè, della nuova sessione di esami. Le cose, come ben sappiamo, non sono andate come sperato.

Il decreto che convertiremo nei prossimi giorni ha, dunque, questo obiettivo: quello di consentire ai 26 mila aspiranti avvocati che si erano iscritti all'esame del 2020 di poter svolgere le prove, ovviamente con tutte le modifiche e le peculiari modalità rese necessarie dalla situazione eccezionale che sta vivendo il Paese e dai tempi ristretti oramai a disposizione. Allo stesso tempo, i mesi a disposizione per evitare che salti completamente la prova d'esame 2020 sono ormai molto pochi, dato che, a dicembre 2021, si svolgerà comunque - si spera secondo le regole tradizionali - la nuova prova. Si è reso, dunque, necessario intervenire con un atto urgente avente forza di legge per creare una sessione d'esame che avesse caratteristiche eccezionali legate alla situazione, in deroga alle norme di legge in vigore che disciplinano l'accesso alla professione di avvocato. Si può dire, anzi, che, mai come in questo caso, lo strumento del decreto-legge sia stato così pertinente e corretto. Il decreto introduce, dunque, una nuova modalità di verifica della preparazione dei candidati valida unicamente per questa sessione d'esame, che cerca di coniugare la rapidità dei tempi con la trasparenza e l'efficacia dei criteri di giudizio e valutazione. Nelle intenzioni del Governo, questa modalità di valutazione della preparazione dovrebbe garantire, dunque, allo stesso tempo, trasparenza, rapidità ed imparzialità, senza privare l'esame delle sue caratteristiche di filtro per l'accesso alle prove orali.

Ove tutte le commissioni e sottocommissioni dovessero essere costituite come da previsione e, dunque, si riuscissero a formare complessivamente cinquecento commissioni da tre membri ciascuna, in circa quindici giorni di sedute, da quattro ore ciascuna, potrebbe essere esaurita questa prima fase dell'esame. A distanza di non meno di un mese dalla prima prova, i candidati ammessi dovranno, poi, sostenere il secondo esame orale. Spetterà ad un apposito decreto ministeriale, che dovrà, ovviamente, essere emanato in tempi molto rapidi, stabilire, in particolare, le nuove date di svolgimento delle prove.

L'esame così complessivamente congegnato, per quanto, ovviamente, soggetto ai limiti e ai difetti di una disciplina creata per l'emergenza in uno stato di necessità, ci pare sia idoneo a salvaguardare non solo la rapidità di esecuzione, ma anche un assetto idoneo ad una verifica adeguata della preparazione dei candidati, unitamente ad un grado sufficiente di trasparenza delle sue modalità ed, anzi, potrebbe consentire di fatto una sperimentazione utile anche in prospettiva, se si ritiene che l'esame attuale sia da ripensare. Non possiamo nasconderci, infatti, che da più parti si invita, da tempo, ad una riflessione sulle modalità di preparazione e di accesso alla professione di avvocato, che dovrebbero coinvolgere sia il modello di studio universitario, oggi molto sbilanciato sul versante teorico e dogmatico, senza alcun indirizzo pratico forense, sia la fase successiva alla laurea, che comporta un periodo piuttosto lungo di praticantato, spesso non retribuito, e che culmina con un esame che, stanti i numeri decisamente sovrabbondanti di professionisti, tende oramai ad assumere solo le funzioni di una severa selezione, piuttosto che di una verifica a garanzia della preparazione e delle qualità dei futuri avvocati.

La presenza e la discussione, avviate in Commissione giustizia, di appositi disegni di legge di riforma appaiono, allora, tutt'altro che inutili, e potranno certamente giovarsi dell'esperienza e delle valutazioni che potranno farsi sugli esiti pratici delle modalità eccezionali dell'esame 2020, come delineate e previste dal decreto oggi illustrato (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Turri. Ne ha facoltà.

ROBERTO TURRI (LEGA). Grazie, Presidente. Sottosegretario onorevole Sisto, colleghi, colleghe, inizia oggi il suo iter in questa Camera il disegno di legge di conversione, approvato dal Senato lo scorso 31 marzo, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza COVID-19. Si tratta di un passaggio importante e per nulla scontato, che dimostra, certamente, il cambio di passo rispetto al precedente Esecutivo, un deciso scatto in avanti verso la politica del fare, e non dello stare a guardare gli effetti della pandemia senza prendere posizione, più per incapacità, che per qualche strategia. Oggi è un tempo nuovo, è il tempo della competenza, della responsabilità e della determinazione e, non a caso, il presente Governo ha avuto la sensibilità di affrontare questo tema con l'urgenza che merita, visto che il Paese rischiava, per la prima volta, come è stato detto, dal dopoguerra, di non dare la possibilità agli aspiranti avvocati della sessione 2020 di cimentarsi con la prova d'esame, e questo non tanto e non solo per l'epidemia, oggettivamente presente, ma per l'assoluta assenza di proposte concrete e alternative rispetto alle consuete modalità di svolgimento dell'esame.

Ricordo, infatti, come la prova scritta, usualmente fissata verso la metà di dicembre di ogni anno, era stata, dapprima, rinviata sine die dall'allora Ministro Bonafede, con annuncio postato, sul proprio profilo Facebook, il 5 novembre, ufficializzato dopo qualche giorno con un DPCM; poi, con un successivo decreto - mi sembra intorno alla metà di dicembre -, sempre il Ministro individuava le nuove date delle prove nei giorni del 13, 14 e 15 aprile, quindi in questi giorni, secondo un criterio che, ancora oggi, non trova spiegazione. Infatti, se si pensa che nel 2020 le prime timide riaperture erano iniziate a metà di maggio, non si comprende come si sia potuto pensare che, da lì a tre mesi, migliaia di candidati avrebbero potuto essere radunati in presenza.

Gli aspiranti avvocati - lo ricordo - sono circa 26 mila, un numero che, a fatica, consente di immaginare uno svolgimento delle prove nelle forme tradizionali in un contesto emergenziale come quello in corso e, in effetti, se almeno lo stesso Bonafede avesse creduto nel differimento da lui disposto, di certo avrebbe adottato una serie di misure ed azioni dirette a garantire lo svolgimento delle prove scritte, individuando strutture idonee ad ospitare i candidati in sicurezza, modalità di controllo efficaci e, prima ancora, dando risposte alla Commissione giustizia, che al tempo sollecitava ripetutamente una soluzione al problema, ma senza essere mai stata riscontrata.

Niente di tutto questo è stato fatto, in piena coerenza con la politica dello stare a guardare a cui facevo riferimento poc'anzi, adottata non solo per la questione oggi discussa, ma anche, ad esempio, per il concorso in magistratura piuttosto che per le criticità ed il caos nei tribunali o ancora nelle carceri. Per fortuna, oggi è un tempo nuovo e proprio in questo tempo viene proposta una modalità di esame opportunamente straordinaria ed eccezionale, ma non per questo necessariamente peggiorativa.

Anzi, a mio avviso, si tratta della migliore soluzione possibile, tenuto conto, ovviamente, del contesto e delle condizioni dettate da questo preciso momento storico.

Inviterei, quindi, ad abbandonare l'idea che in qualche modo questi aspiranti avvocati possano rappresentare una categoria di serie B rispetto ai professionisti abilitati negli anni precedenti, i quali innanzitutto non erano certo fisicamente e psicologicamente provati da oltre un anno di pandemia. Ritengo, quindi, che con questo disegno di legge si sia inteso far prevalere sopra ogni cosa il rispetto, proprio il rispetto verso tutti quegli studenti e le famiglie alle loro spalle che hanno sostenuto e affrontato anni di studio, corsi universitari, scuole di preparazione, una pratica forense, quasi sempre certamente gratuita, per arrivare a vedersi negato il diritto ad una realizzazione professionale senza neppure tentare una strada alternativa, come se tre giorni di prove scritte fossero l'unica via possibile per accedere all'avvocatura.

Non è certo questa la sede appropriata, ma occorre accennare come ci sia da anni un dibattito aperto sulla necessità di una riforma strutturale dell'esame da avvocato. Ricordo, infatti, come oggi, proprio alla Camera, in Commissione giustizia, si stiano esaminando delle proposte di legge in materia. A maggior ragione, in questo caso, un'alternativa c'è, proprio perché alternativo, lo ripeto e lo ribadisco, è il momento che stiamo vivendo.

Ecco, quindi, che l'esame così ideato, grazie alla volontà di questo Governo e in primis del Ministro Cartabia, che sento di poter ringraziare a nome di tutti, esclude sì la prova scritta, in considerazione anche del parere del Comitato tecnico-scientifico sul punto, ma prevede due prove orali, di cui la seconda subordinata al superamento positivo della prima. La prima prova orale sostituisce i tradizionali tre scritti, è pubblica e ha ad oggetto la discussione di una questione pratico-applicativa, dove il candidato è chiamato a fornire la soluzione di un caso che richiede padronanza di diritto, sia sostanziale che processuale, in una materia scelta previamente dallo stesso candidato tra materie regolate dal codice civile, dal codice penale o di diritto amministrativo. Questa prova, della durata complessiva di un'ora, vede il candidato impegnato, per i primi 30 minuti dalla fine della dettatura del quesito, nella consultazione dei codici commentati e alla stesura di appunti su fogli vidimati, mentre i restanti trenta minuti saranno dedicati alla discussione orale, conclusa la quale la commissione si ritirerà in camera di consiglio, per comunicare poi l'esito della prova al candidato.

Sulla prima prova devo necessariamente fare cenno a due aspetti che meritano approfondimento: innanzitutto, verranno date indicazioni al Governo con alcuni ordini del giorno di prevedere che i quesiti siano elaborati preliminarmente dal Ministero e non dalle sottocommissioni locali, così da evitare eventuali disparità di trattamento, per dare uniformità su tutto il territorio nazionale. In secondo luogo, si ritiene importante che il termine di un'ora non sia perentorio, ma possa subire ragionevoli variazioni su discrezione dei commissari in ragione dell'andamento della singola prova in corso. Nella seconda prova orale, più simile a quella tradizionale, il candidato è chiamato a discutere circa brevi questioni relative a cinque materie optate preventivamente e dovrà dimostrare altresì la conoscenza dell'ordinamento forense e dei diritti e dei doveri dell'avvocato.

Per consentire di svolgere le prove orali nel più breve tempo possibile sono state introdotte altre novità. Si è incrementato il numero delle sottocommissioni d'esame e ridotti numericamente da cinque a tre i componenti. Per la prima volta le commissioni di esame potranno essere composte da ricercatori universitari a tempo determinato e da magistrati militari. Le funzioni di segretario di ciascuna sottocommissione potranno essere esercitate da personale amministrativo in servizio presso qualsiasi pubblica amministrazione, purché in possesso di una qualifica professionale per la quale è richiesta almeno la laurea triennale.

Personalmente, da avvocato, prima ancora che da deputato, non posso che dare merito a questa modalità di svolgimento dell'esame di Stato, che permetterà a migliaia di professionisti di relazionarsi tra loro per l'accesso all'avvocatura, garantendo un serio e responsabile svolgimento delle sessioni 2020 ed evitando di mettere a repentaglio la fattibilità delle sessioni d'esame future. Non dimentichiamo, infatti, che il nostro compito oggi non è solo preservare il diritto degli attuali dottori in legge ad essere esaminati, ma tutelare anche la buona riuscita delle prove negli anni a venire, con l'auspicio che competenza e professionalità possano fare sempre la differenza, perché, se è vero che il metodo di valutazione cambia, è altrettanto vero che lo spessore della formazione resta (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2989​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Roberto Cassinelli, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Sisto. A lei la parola.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Non posso negare che prendo la parola in quest'Aula nell'ambito di questo provvedimento e non poteva capitarmi miglior provvedimento sull'esame di avvocato per chi ha cercato di onorare la toga con dedizione, con la stessa dedizione che ha cercato di portare in politica.

Quindi, sono rimasto estremamente colpito dal ringraziamento corale di tutti i gruppi, che ringrazio, in particolare il gruppo di Forza Italia, ovviamente, non soltanto per appartenenza, per chi crede anche alla divina provvidenza, come me, ma ci tengo essenzialmente a portare nell'Aula un messaggio di efficienza.

Questo primo provvedimento, che la Ministra Cartabia ha fortemente voluto e ha risolto con grande rapidità, ma con una soluzione che è stata definita - prendo le parole della collega Sarti - l'unica soluzione attuabile, è una soluzione che cerca in qualche maniera di privilegiare il rapporto fra la necessità di risolvere i problemi, che è tipica dell'avvocato, e lo stato di necessità in cui queste situazioni versano.

Quindi, una prima dimostrazione di efficienza, che mi auguro sia dall'Aula percepita come un incipit perché le soluzioni che la giustizia possa offrire al Parlamento possano essere caratterizzate soprattutto dalla concretezza delle scelte.

L'ultima cosa che voglio dire è che ringrazio anche i gruppi per la grande sensibilità che hanno mostrato nella gestione del provvedimento in Commissione: è successo anche al Senato; anche il gruppo di opposizione è stato di particolare, direi, disponibilità nel consentire ai giovani avvocati di raggiungere l'obiettivo da tanto tempo voluto e, fin d'ora, mi auguro che il prosieguo dei lavori, domani pomeriggio, possa anche plasticamente dare all'Aula la possibilità di chiudere il provvedimento in tempi compatibili con il soddisfacimento delle necessità, da troppo tempo ormai non ascoltate, di 26 mila giovani professionisti (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Bitonci ed altri n. 1-00413 concernente iniziative di competenza in relazione al nuovo quadro normativo in materia di inadempienza bancaria e crediti deteriorati (ore 13,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Bitonci ed altri n. 1-00413 concernente iniziative di competenza in relazione al nuovo quadro normativo in materia di inadempienza bancaria e crediti deteriorati (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto della seduta dell'8 aprile 2021 (Vedi l'allegato A al resoconto della seduta dell'8 aprile 2021).

Avverto che è stata presentata la mozione Boccia ed altri n. 1-00459, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare il deputato Bitonci, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00413. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI (LEGA). Presidente, colleghi, dal 1° gennaio sono entrate in vigore le nuove norme in materia di inadempienza bancaria dettate dall'EBA, European Banking Authority. Le esposizioni verso una banca o un intermediario finanziario saranno classificate come deteriorate se il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni consecutivi (180 giorni per amministrazioni pubbliche) e, al contempo, l'obbligazione è considerata rilevante, ossia abbia superato una prefissata soglia di materialità. Dal 1° gennaio 2021 tale soglia è diventata, per l'appunto, più stringente, comportando una nuova nozione di default o credito deteriorato, che individua lo stato di inadempienza di un cliente verso la banca.

Nello specifico, il nuovo quadro normativo prevede la classificazione a default avvenga automaticamente quando un debito scaduto considerato rilevante superi tutte e due le soglie previste dal regolamento, che sono: la soglia assoluta di 100 euro per le esposizioni al dettaglio e di 500 euro per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio; la soglia relativa dell'1 per cento dell'esposizione verso una controparte. Allora, si capisce bene che quando lo sconfinamento supera la soglia di rilevanza, vale a dire quello che ho detto prima, le soglie a) e b), e si protrae per oltre 90 giorni consecutivi, è automatica la classificazione in default, con la conseguenza che il cliente correntista finirebbe nella categoria di cattivo pagatore e tutta la sua esposizione verso la banca verrebbe etichettata come non performing loan; soltanto dopo 90 giorni consecutivi di “buon stato di salute”, il correntista ritorna in bonis.

Altra novità rispetto al passato riguarda le compensazioni tra le diverse esposizioni di un debitore verso la banca e la possibilità - un tempo consentita - di compensare gli importi scaduti con le linee di credito aperte e non utilizzate (cosiddetti margini disponibili); tale eventualità non è più ammessa dal 1° gennaio 2021.

Un'impresa prevede un quadro allarmante per i risparmiatori, sottolineando il pericolo di un improvviso arresto di tutta una serie di pagamenti e le criticità per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e anche per molte famiglie, di non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica, devono essere utilizzate. Ricordiamo che siamo in un momento di gravissima crisi economica, dove molte persone - milioni di persone - sono poi entrate in Cassa integrazione; dove abbiamo avuto una caduta molto pesante del prodotto interno lordo (quasi del 9 per cento, lo scorso anno); che quest'anno le previsioni, visto il lockdown ancora in corso non sono assolutamente positive e che ci sono tutta una serie di iniziative di aiuti a favore delle famiglie e delle imprese che, purtroppo, non sono ancora stati erogati. Quindi c'è una grande preoccupazione da parte di tutte le categorie economiche, ma non solo: Confartigianato Veneto stima un aumento del 15 per cento del credito deteriorato nel solo settore artigiano; così anche per Ascom, l'associazione dei commercianti, il rischio “non è tanto di finire tra gli inadempienti quanto di vedere migliaia di imprese, anche sane, chiudere i battenti ingrossando le fila di una escalation che porterà con sé conseguenze drammatiche per l'occupazione, i consumi e così via”. Stesso discorso anche per CNA, con riguardo agli artigiani: “100 euro di scoperto su un conto corrente è una cosa che può capitare a tutti (…), ma con queste regole si punisce una piccola svista con la dannazione creditizia (…). Per Confesercenti: “con un irrigidimento così eclatante delle norme sugli scoperti di conto, il rischio è davvero quello di creare un disastro senza precedenti per l'intero sistema economico del Paese”.

I timori, peraltro, non riguardano solo l'eventuale blocco dei depositi bancari, bensì anche gli effetti sulle concessioni di prestiti e sulla necessità di liquidità per molte imprese (…) e famiglie”. È evidente l'alto rischio di una fortissima stretta creditizia, che è inevitabile conseguenza delle segnalazioni che verranno effettuate alla centrale rischi e alla riclassificazione degli affidamenti della clientela nel caso di piccoli sconfinamenti.

La classificazione di un'impresa in stato di default, difatti, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le esposizioni nei confronti della banca, con probabili ripercussioni negative anche su altre imprese.

La Banca d'Italia, dal canto suo, ha emesso una nota pubblicata nella sua sezione di FAQ, in cui dice che, sebbene queste questa normativa sia assolutamente più stringente, non introduce un vero e proprio divieto per gli istituti bancari e gli intermediari finanziari sullo sconfinamento oltre la disponibilità. Però la posizione dell'ABI è esattamente contraria, cioè la stessa ABI dice che è assolutamente contraria e, come noi ben sappiamo, come è successo anche lo scorso anno con le garanzie sui prestiti alle piccole imprese, abbiamo notato che alcune imprese erogavano, alcune imprese non erogavano i prestiti, e siamo dovuti noi intervenire direttamente, come Parlamento, per modificare e integrare la norma, in modo che fosse più chiaro che le banche dovevano erogare i crediti e i finanziamenti alle piccole imprese.

Noi, come gruppo della Lega, per il tramite del nostro gruppo in Europa, abbiamo scritto una lettera al Commissario europeo per i servizi finanziari e anche a Valdis Dombrovskis, nella quale abbiamo posto l'accento sul grande shock economico e sociale provocato dalla pandemia e sul coinvolgimento delle banche europee per sostenere famiglie ed imprese in questo particolare momento, sottolineando che il tema di garantire il credito - non solo un determinato volume di credito, ma anche il piccolo credito alle imprese e alle famiglie - diventa un tema fondamentale per superare e per affrontare la grave crisi economica, che è una crisi del 2020, ma è una crisi che si ripercuote nel 2021 e negli anni successivi.

Allora, cosa si chiede in questa mozione? Che il Governo adotti ogni utile iniziativa di competenza, al fine di sostenere famiglie, imprese e partite IVA nell'accesso al credito. Sappiamo che c'è stato un primo scostamento, un secondo scostamento di bilancio, a cui sono seguiti una serie di decreti di aiuti alle imprese e alle famiglie; siamo in attesa in queste ore di una Consiglio dei Ministri con un terzo scostamento di bilancio, che viene richiesto, più sostanzioso e dedicato esclusivamente alle partite IVA e, quindi, ai lavoratori autonomi e alle imprese. Però c'è anche il tema dell'accesso al credito, quindi c'è il tema, ovviamente, dei contributi a fondo perduto, c'è il tema dei costi fissi e c'è il tema anche di continuare a garantire i finanziamenti alle piccole e medie imprese, che molte volte, signor sottosegretario, sono micro imprese. Se infatti guardiamo il panorama italiano, con grandi, medie e piccole imprese, poi ci sono quelle micro imprese, che sono quasi il 90 per cento del tessuto produttivo a livello nazionale. Quindi, si impegna il Governo: a promuovere, in raccordo con gli istituti creditizi, una capillare campagna informativa sulla mutata condizione delle condizioni a livello bancario, che deriva da una norma di carattere europeo; ad assumere ogni utile iniziativa di competenza, in tutte le sedi opportune, atta a sospendere e rivedere la nuova definizione di default e a innalzare le soglie di segnalazione (le ricordo, scoperto di 100 euro per le piccole e medie imprese o persone fisiche, e di 500 euro per le società, quindi è un'inezia, soprattutto in questo momento, in questo periodo storico); e, in particolare, a farsi promotore, in sede europea, di una revisione della definizione di default, nell'ottica di un prolungamento del termine di 90 giorni consecutivi utilizzati come trigger per la classificazione delle esposizioni “past due” (scadute e sconfinanti) e di una sospensione temporanea del “calendar provisioning”, stante la situazione in molti Paesi europei del perdurante lockdown, causa pandemia. Quindi, per concludere, signor Presidente, signor sottosegretario, noi chiediamo che questa mozione venga approvata da tutto il Parlamento e, quindi, ci sia una volontà univoca di andare a modificare queste norme, che determinano una grave crisi e un grave problema per le nostre famiglie e le nostre imprese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Umberto Buratti, che illustrerà anche la mozione numero n. 1-00459, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

UMBERTO BURATTI (PD). Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signor sottosegretario, con questa mozione, come gruppo del Partito Democratico, a prima firma del collega Boccia, chiediamo un ulteriore impegno del Governo per continuare ad affrontare la crisi economica che il nostro Paese sta vivendo, innescata dall'emergenza sanitaria da COVID-19. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, la contrazione dell'economia globale nel 2020 e pari al 3,3 per cento, mentre nella zona euro il calo del PIL è pari al 6,6 per cento e per l'Italia l'8,9. Già da questi numeri si comprende la difficile situazione che famiglie ed imprese stanno vivendo.

È da evidenziare come le politiche pubbliche intraprese nell'ultimo anno sono riuscite, in qualche modo, a moderare gli effetti negativi della crisi, evitando il fallimento di intere filiere produttive, e a salvaguardare in parte i posti di lavoro; penso agli interventi a sostegno della liquidità di famiglie e imprese, con oltre 750 miliardi di euro, ma anche alle garanzie straordinarie e transitorie sui finanziamenti bancari delle imprese, penso a SACE e al Fondo di garanzia delle piccole e medie imprese. Tuttavia, il prolungarsi della crisi sanitaria determinata dalla diffusione del COVID-19 incide negativamente sulle prospettive di ripresa. Tutto ciò impone un contestuale prolungamento delle misure di sostegno finanziario dell'economia, perché si prospetta il rischio, tangibile, che molte imprese non saranno nelle condizioni di ripagare, nel breve termine, il debito contratto.

Allora, con questa mozione, noi proponiamo di agire al fine di evitare che gli effetti negativi sull'economia reale si trasferiscano nel settore del credito; nel contesto, quindi, di politiche di bilancio anticicliche, i deficit nazionali potrebbero essere più sostenibili rispetto ad elevati livelli di indebitamento privato. Questo è un punto importante, signor sottosegretario, perché sicuramente rispetto al privato, il pubblico ha le spalle più grosse, può sostenere maggiormente, e un'azione di questo tipo riteniamo essere, in questo momento particolare, una delle più importanti da porre in essere. È da sottolineare come anche le istituzioni europee hanno affrontato con coraggio questa terribile situazione, consentendo agli Stati membri di adottare misure per reagire alla crisi in modo adeguato, discostandosi dagli obblighi di bilancio che normalmente si applicherebbero, in forza del quadro europeo.

In questo contesto è impensabile mantenere le nuove norme tecniche di regolamentazione sull'applicazione della definizione di default definite dall'Autorità bancaria europea, entrata in vigore il 1° gennaio, come ricordava prima il collega Bitonci. Secondo le nuove regole, in particolare, l'inadempienza di un'impresa si verifica quando la stessa è in arretrato del pagamento per oltre 90 giorni su importi di ammontare superiore a 500 euro, che rappresentino più dell'1 per cento del totale delle esposizioni di un'impresa. Per le persone fisiche e le piccole e medie imprese esposte nei confronti di una banca per finanziamenti inferiori a un milione di euro, l'importo del pagamento scaduto che fa scattare la classificazione di default è di 100 euro. Questa necessità era già stata rappresentata al Parlamento, in una serie di audizioni, sia da Banca d'Italia che dall'Associazione bancaria italiana, considerazioni tra l'altro riconfermate in questi giorni in Commissione finanze, laddove ABI ci rappresentava come questa regolamentazione in materia di crediti deteriorati, così come modificata negli ultimi anni - modificata in un contesto completamente diverso da quello attuale - rischia, infatti, di avere gravi conseguenze sul tessuto economico del nostro Paese, da un lato, limitando fortemente la possibilità per le banche di offrire all'economia l'indispensabile sostegno per uscire dalla crisi e, dall'altro, compromettendo irrimediabilmente la situazione finanziaria di clienti che si trovano a versare in difficoltà, anche solo temporanea.

L'entrata in vigore della nuova disciplina è coincisa con il periodo di crisi economica legata a questa pandemia e proprio in considerazione del periodo di difficoltà economica si rileva una serie di criticità che vanno affrontate con urgenza, per evitare una restrizione dell'offerta di credito assolutamente deleteria nel contesto attuale, ed impatti sociali su famiglie e imprese. È necessario, quindi, che il Governo si adoperi al più presto con le autorità competenti, al fine di introdurre una temporanea flessibilità delle norme EBA sui crediti deteriorati. È necessaria una nuova definizione di default, perché così non può andare.

Come Partito Democratico, riteniamo pertanto di chiedere un ulteriore impegno al Governo, rispetto al grande lavoro fatto anche in questi mesi, per promuovere, appunto, l'attuazione a livello comunitario di politiche e di strumenti comuni sostenuti dall'emissione di titoli europei, volti a concorrere all'assorbimento delle perdite e al consolidamento dei debiti del settore privato determinati dalla pandemia, nei bilanci pubblici e, al contempo, a sostenere la capitalizzazione delle imprese. Riteniamo necessaria la modifica del Temporary framework sugli aiuti di Stato, al fine di estendere la durata del limite temporale per gli aiuti sotto forma di garanzia sui prestiti a 15 anni, rispetto agli attuali 6, la proroga della moratoria a favore delle micro, piccole e medie imprese relativamente all'apertura di credito e alla concessione di prestiti e l'operatività dell'intervento straordinario in materia di garanzie erogate dal Fondo di garanzia delle piccole e medie imprese a supporto della loro liquidità.

Onorevoli colleghe e colleghi, vorrei far riflettere tutti noi su una cosa: quando usiamo termini come “tessuto produttivo”, come “imprese”, non ci dimentichiamo che parliamo di persone, di volti, di donne e di uomini che ci parlano della loro vita, di una vita fatta di impegni e, specie nella piccola e media impresa, sono storie di famiglie, di generazioni - dal commercio all'artigianato, dal metalmeccanico all'agricoltura, dal Nord al Sud del Paese - tutte improvvisamente travolte da questa pandemia. Quanti sono quelli che, in questi mesi, abbiamo ascoltato, abbiamo incontrato? Abbiamo visto la disperazione nei loro occhi, sia per le attività, ma anche e soprattutto per come sia difficile dire ai propri figli che certe cose non si possono fare perché non ci sono soldi abbastanza per tutta la famiglia. Abbiamo incontrato i commercianti del settore dell'abbigliamento che lo scorso anno sono rimasti con le loro merci invendute, però, hanno dovuto far fronte agli impegni assunti con i fornitori e le banche; pensiamo alla crisi delle attività del turismo, nelle città d'arte, pensiamo a quelle della montagna. Cosa ci dicono tutti coloro che lavorano in questi settori? Metteteci in condizione di lavorare, dobbiamo avere il tempo per pagare i nostri fornitori e adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti delle banche. È necessario dare loro il tempo necessario per rimborsare i prestiti, perché loro vogliono pagare, ma diamo loro il tempo. È importante favorire, allora, l'erogazione dei prestiti alle imprese piccole e alle micro imprese che tendono generalmente a incontrare maggiori difficoltà nell'accesso al credito. Da qui, l'importanza anche delle banche di comunità; sottosegretario, io credo che anche questo tema non sia più rinviabile. Noi dobbiamo fare un tagliando alla riforma delle banche di credito cooperativo del 2016, ce lo indica anche il Copasir, è fondamentale sostenere queste banche di comunità, per far fronte alla crisi che stiamo vivendo.

Vado a concludere, signor Presidente. Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo fare presto. Vi ricordate? Nel 1980, dopo il terremoto in Irpinia e Basilicata, Il Mattino di Napoli scrisse: “Fate presto”. Nel 2011, Il Sole 24 Ore titolò ugualmente: “Fate presto”, perché il Paese era messo alle corde dal virus, in quel caso dello spread e la comunità economica vedeva nello stallo della crisi politica di quelle settimane una minaccia reale alla sua stabilità. Fate presto; a noi il dovere di fare presto, perché, anche oggi, mentre noi siamo qui a discutere, in quest'Aula, tanti imprenditori, questa mattina, hanno ricevuto magari qualche telefonata da parte delle banche, in cui venivano ricordate le loro scadenze. Dobbiamo fare presto, per non tradire quei principi fondamentali della nostra Costituzione; siamo una Repubblica fondata sul lavoro; dobbiamo fare presto per adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, perché la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto.

In questo contesto noi dobbiamo apprezzare l'impegno e il lavoro portato avanti dal Commissario per gli affari economici e finanziari Paolo Gentiloni. Ha lavorato molto, si è impegnato tanto e in questi giorni ha annunciato l'imminente decisione della Commissione UE di sterilizzare le regole del Patto di stabilità per un altro anno. Queste sono notizie positive; un grazie davvero a Paolo Gentiloni. Ha aggiunto che bisogna lavorare per una gradualità di uscita dalle misure di sostegno. Meglio toglierle troppo tardi che troppo presto, per non mettere in difficoltà i tanti imprenditori. Si gioca la partita del futuro per l'Italia e per l'Europa, specie con il grande piano che ci aspetta per il rilancio e la resilienza.

Signor Presidente, vado a terminare con un ricordo, quello di Edmondo Berselli, editorialista di la Repubblica e dell'Espresso che proprio ieri, 11 aprile 2010, ci ha lasciati. Nel suo ultimo lavoro, un saggio dedicato alla ricerca di nuove vie verso l'economia giusta (L'economia giusta, questo era il titolo del suo libro) in tempi di crisi globale - erano gli anni della crisi finanziaria del 2007-2008, segnati da una crisi di liquidità e di solvibilità sia delle banche sia degli Stati -, per uscire dalla crisi avvertiva e indicava la necessità di ritrovare dei principi etici su cui ricostruire tutto. Berselli terminava il suo libro con questa riflessione: “Dovremmo adattarci ad avere meno risorse, meno soldi in tasca, forse dovremmo farci l'abitudine. Se il mondo occidentale rallenterà, andrà più piano, anche noi dovremo rallentare” e terminava con queste belle parole: “Proviamoci, con un po' di storia alle spalle, con un po' di intelligenza e di umanità davanti” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ylenja Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Sì, grazie…

PRESIDENTE. Mi scuso, collega. C'è prima il collega Ungaro. Prego, deputato Ungaro.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. I colleghi Bitonci e Buratti l'hanno già ricordato: dal 1° gennaio di quest'anno sono state introdotte nuove regole, nuove regole per classificare i default, nuove regole per le banche per come svalutare il valore dei crediti deteriorati nei loro bilanci. Noi dobbiamo fare in modo che queste regole non vadano a inficiare e a ostacolare l'accesso al credito delle nostre imprese; è fondamentale. Rivolgendomi al sottosegretario Sartore, io vorrei però fare un passo indietro e mettere in luce perché siamo arrivati a questa situazione. Io vorrei ricordare che il nostro Paese ha affrontato un'enorme ondata di crediti deteriorati durante l'ultima crisi, arrivando al picco del 18 per cento dei crediti deteriorati sul totale dei prestiti erogati nel 2015, per un totale di poco meno di 90 miliardi di euro di sofferenze - ripeto: 90 miliardi - che siamo riusciti, man mano, dal 2015 fino a oggi a ridurre. Ma noi dobbiamo trarre una lezione da quell'enorme odissea che è stata per il nostro sistema bancario, perché noi dobbiamo fare in modo che i crediti deteriorati vengano classificati e smantellati nel modo più veloce possibile, ed è questo l'obiettivo che queste regole si prefissano. È fondamentale accelerare le procedure di gestione dei crediti deteriorati e anche delle procedure esecutive; e qui c'è il grande tema della giustizia civile su cui ritorno fra poco. Però, queste nuove regole - vorrei ricordarlo ai colleghi, perché altrimenti non si capisce perché siamo arrivati a questa situazione in cui ci troviamo oggi - servono, appunto, per aiutare le banche a classificare correttamente e in tempi meno lunghi i prestiti e a riconoscere subito le perdite. Questo è a tutela dei correntisti, a tutela degli azionisti e a tutela degli investitori e anche per permettere una sana e prudente gestione degli intermediari, anche per permettere una corretta allocazione del risparmio verso quelle parti dell'economia che hanno più potenzialità di crescita; questo riprende parte del discorso programmatico del Presidente Draghi di poche settimane fa.

Io vorrei anche rileggere all'Aula una frase detta dal Governatore Visco nelle considerazioni finali sulla Relazione annuale della Banca d'Italia del 2017. “Contano, a motivare la dimensione e la lentezza della riduzione dello stock di crediti deteriorati, la lunghezza delle procedure e legittime ragioni di bilancio. In presenza di informazioni non sempre adeguate, di inerzia nel ricercare recuperi e ristrutturazioni, questi motivi non sono sufficienti a tranquillizzare mercati, analisti e regolatori. Rimarcare le differenze tra Paesi, nelle norme e nelle prassi, serve a poco. Bisogna prenderne atto, e liberarsi rapidamente, come si fa altrove, dei crediti che vanno a deteriorarsi. Bisogna continuare a lavorare per imparare a farlo in modo ordinato, anche adeguando norme e prassi a quelle prevalenti a livello internazionale”. Qui siamo, questo era. Noi stiamo adattando le nostre regole al livello europeo e, quindi, dal 1° gennaio c'è una nuova regola secondo la quale se un'esposizione non verrà ripagata entro 90 giorni e se supera l'1 per cento dell'esposizione verrà classificata come credito deteriorato. Nella stessa direzione va il cosiddetto “approccio di calendario”, il calendar provisioning, che mira ad assicurare che le banche rettifichino entro scadenze prestabilite il valore dei crediti deteriorati in modo da compensare l'eventuale accumulo con margini adeguati prudenziali di liquidità, per assorbire, appunto, le eventuali perdite. Io voglio anche ricordare che durante il negoziato il Governo italiano era riuscito a ottenere una dilazione nella tempistica per la svalutazione integrale dei crediti. L'Europa proponeva infatti due anni per i prestiti non garantiti e sette anni per quelli garantiti; con l'operato del Governo italiano, invece, oggi la nuova tempistica prevede tre anni per i prestiti non garantiti, sette anni per i prestiti garantiti da collaterale che non sia immobiliare e nove anni per i prestiti con collaterale che sia immobiliare (i mutui o altri prestiti dove, appunto, ci sono edifici come collaterale). Questo credo che sia andato un po' incontro alle specificità della nostra economia.

È ovvio che il sistema di calendario a cui fa riferimento la mozione non sarebbe un problema se i tempi della giustizia civile nel nostro Paese fossero simili e compatibili a quelli europei. Io vorrei ricordare un dato: nel nostro Paese, la durata media per le sentenze dei tribunali di secondo grado è di 800 giorni (è una durata lunghissima); oltre 1.400 giorni per i tribunali di terzo grado. Siamo il Paese dove la giurisdizione civile è la più lenta in tutta l'Unione europea e noi dobbiamo assolutamente intervenire su questa causa, che è la prima causa del fenomeno di accumulazione dei crediti deteriorati. Il problema è che queste regole sono state negoziate tra il 2015 e il 2019 e sono entrate in vigore il 1° gennaio di quest'anno, in piena pandemia, ed è ovvio che noi dobbiamo fare di tutto per evitare che a pagarne le conseguenze siano le imprese, i professionisti, le partite IVA, che faticano ad arrivare a fine mese e che adesso potrebbero ritrovarsi in situazioni difficili con le proprie banche, proprio perché le nuove regole introducono delle condizioni più stringenti. È qui che è molto importante intervenire per ammorbidire e facilitare l'introduzione di queste nuove regole, per evitare che le imprese non possano più avere accesso al credito.

Ecco alcune azioni che mi sento di consigliare al Governo e al sottosegretario a nome di Italia Viva. Innanzitutto, si potrebbe pensare a un'ulteriore dilazione, a un ulteriore prolungamento del periodo di transizione, che è stato già introdotto fino al 31 dicembre di quest'anno per i gruppi finanziari e per gli intermediari finanziari che non fanno parte di gruppi bancari e fare in modo che, appunto, la nuova definizione di default non venga applicata, non soltanto verso la fine di quest'anno, ma almeno per un anno in più, fino alla fine dell'anno prossimo. Credo che questo rientri nelle possibilità di cui il Governo potrebbe farsi carico e, quindi, invito il sottosegretario ad attivarsi su questa direttrice. È importante anche una campagna informativa forte e potente per informare tutti, tutte le imprese e tutti gli intermediari, delle nuove regole, per evitare che eventuali inadempimenti comportino dei problemi alle imprese, se non sono connessi a situazioni di comprovata difficoltà. Poi, vorrei anche ricordare un'esperienza positiva di politica bancaria, che è quella delle GACS, le garanzie di Stato sulle cartolarizzazioni delle sofferenze. Il nostro Paese le ha introdotte e, durante l'ultima crisi finanziaria, sono state condotte 27 operazioni, fino a oggi. Lo Stato garantiva emissioni per un totale di 14 miliardi di euro. Sono stati fatti già dei ripagamenti anticipati e oggi lo Stato è esposto soltanto per 10 miliardi di euro. È stata un'esperienza molto positiva e, quindi, da qui un consiglio al Governo, che è quello di estendere di nuovo le GACS, prorogarle per facilitare l'emissione e la cartolarizzazione, da parte delle nostre banche, dei crediti deteriorati e delle sofferenze, per venderle in questo modo al mercato e consentire alle nostre banche di ripulire i propri bilanci e impedire quello che è successo l'altra volta. L'altra volta che è successo? Che Francoforte metteva i tassi negativi ma le nostre banche - a Ragusa - emettevano magari prestiti a doppia cifra perché in mezzo, appunto, i bilanci delle banche erano incagliati in queste nuove montagne di crediti deteriorati. Noi dobbiamo fare di tutto per evitare che questo accada di nuovo e queste nuove regole vanno in quella direzione. Io vorrei che il dibattito fosse impostato con la buona piega, insomma. È fondamentale anche favorire in Italia il mercato secondario europeo delle cartolarizzazioni dei crediti deteriorati.

Noi, in Commissione finanze, poche settimane fa, abbiamo, appunto, espresso un parere sui regolamenti dell'Unione Europea n. 282 e 283: sono due regolamenti che, da una parte, estendono la disciplina STS per semplificare le cartolarizzazioni anche ai crediti deteriorati; l'altro è un regolamento che permette le operazioni di cartolarizzazione sintetica anche per i crediti deteriorati. Noi, come Italia, dovremo implementare questi due regolamenti il prima possibile, è veramente una norma europea che va a vantaggio delle banche europee.

Do qui un consiglio di cautela: è ovvio che, se cominciamo a fare cartolarizzazioni di crediti deteriorati, il grado di complessità di questa operazione aumenta esponenzialmente, quindi è giusto che gli organi di vigilanza, ma anche le nostre banche, si preparino in maniera adeguata.

E' imprescindibile intervenire sui tempi della giustizia civile - l'ho già detto prima e non lo ripeto - ma questo è un tema ed è una delle riforme di accompagnamento del PNRR a cui il Governo sicuramente darà attenzione.

Un'altra misura che ci sentiamo, come Italia Viva, di consigliare al Governo è di riproporre, di nuovo, una delle misure che è stata introdotta con il “Cura Italia” l'anno scorso, che prevedeva, appunto, di agevolare la cessione da parte delle imprese dei crediti deteriorati con le cosiddette DTA, ovvero, appunto, trasformare in crediti d'imposta una porzione dei crediti deteriorati che vengono ceduti a terzi. Se non sbaglio, i dati dicono che sono stati ceduti l'anno scorso per 15 miliardi di euro – questo il valore della cessione a terzi delle imprese italiane di crediti deteriorati - producendo, appunto, 800 milioni di euro di DTA: credo che questa sia una misura da rinnovare.

Mi avvio a conclusione. E' assolutamente imprescindibile, Presidente, cercare di incentivare la patrimonializzazione delle imprese italiane. Qui sarebbe giusto ripristinare l'ACE, una misura che, appunto, detassava gli utili di impresa reinvestiti nel patrimonio delle banche. Il Governo giallo-verde purtroppo l'aveva abolita, sarà, invece, giusto riprenderla, come anche molti consulenti e molti esperti in Commissione finanze stanno indicando in queste ultime settimane.

Mi avvio a conclusione, per non perdere troppo tempo, ma io vorrei rievocare che sono state fatte misure molto ingenti a favore delle imprese - è veramente questa l'ultima riflessione Presidente - moratorie, garanzie pubbliche, anche grazie all'Unione Europea che ha sospeso la disciplina degli aiuti di Stato. Quindi, dobbiamo fare di tutto per far sì che queste norme non vadano a incidere sull'accesso al credito delle imprese, delle partite IVA, a cui va il nostro pensiero – il pensiero di Italia Viva - soprattutto a quelle imprese, quelle partite IVA e quelle PMI dei settori che più hanno subito le chiusure a causa della crisi e della pandemia. Penso ovviamente alle imprese del turismo, della cultura, della ristorazione, a cui si rivolge il nostro pensiero e la nostra azione politica (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ylenja Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Oggi, in nome e per conto del gruppo di Fratelli d'Italia, cercherò di spiegare perché, secondo noi, questo provvedimento, questa decisione della Comunità Europea, rischia di trasformarsi in una vera bomba sociale. Lo faccio con la consapevolezza di un gruppo che ha iniziato questa battaglia in solitaria, quando questo era un argomento non trattato. Abbiamo iniziato già lo scorso novembre, quando ancora questa non era diventata una legge e il regolamento non era stato recepito dalla Banca d'Italia e lo abbiamo fatto attraverso un'interrogazione, che i nostri colleghi in Europa, Carlo Fidanza e l'onorevole Fitto, presentarono alla Commissione europea, perché riteniamo assolutamente doveroso accendere i fari su una questione di questo rilievo, non solo da un punto di vista economico, ma, e soprattutto, di impatto sociale.

Una vera bomba, come ho già detto, perché, e lo hanno già detto bene i colleghi che mi hanno preceduto, questa è una normativa in base alla quale i criteri di valutazione sulla attendibilità di famiglie e imprese nel sistema bancario e, quindi, la valutazione di affidabilità dei piccoli correntisti, ma anche delle famiglie e anche delle grandi aziende, viene ristretta in modo tale da impedire quello che invece oggi dovremmo facilitare e agevolare.

Ora, è chiaro che le indicazioni che sono state date noi le riteniamo molto, troppo stringenti, rispetto alla realtà che stiamo vivendo.

Del resto, questo è un provvedimento la cui discussione è iniziata in Commissione europea già nel 2013, quando erano ben lontani gli anni della pandemia, ma adesso siamo in questa situazione, siamo in pandemia e non sospendere l'applicazione di questi principi e di questi criteri vorrebbe dire dichiarare il default non delle piccole e medie imprese, ma dell'Italia tutta, perché sappiamo che queste nuove regole, inserite all'interno della regolamentazione bancaria, che vuole essere attuata dall'EBA, obiettivamente penalizzano i piccoli imprenditori, ma anche le famiglie.

E' chiaro che lì dove si abbia una comunicazione, un'iscrizione in centrale rischi per il mancato pagamento, tra l'altro per un lasso di tempo molto breve che sono i 90 giorni, di importi piccolissimi, che vanno dai 100 euro per le famiglie, ai 500 euro per le piccole imprese, ovviamente, vuol dire, di fatto, impedire anche ad imprenditori - che sono riusciti a sopravvivere alla pandemia e che sono riusciti ad andare avanti, nonostante tutto, anche grazie all'aiuto delle banche - vorrebbe dire, invece, impedire a queste aziende di continuare a vivere e ne determinerebbe inevitabilmente il fallimento.

Ora noi sappiamo che i tre parametri, quindi l'esposizione, come dicevo per più di 90 giorni, l'ammontare molto esiguo dei 100 euro per i privati e 500 euro per le piccole e medie imprese, e il superamento di un valore complessivo all'1 per cento del totale, sono sproporzionati rispetto poi agli obblighi che vengono impartiti alle banche, cioè bloccare il conto corrente, segnalarli alla centrale rischi e indicarli come cattivi pagatori.

Mi pare chiaro che tutto questo significhi impedire l'accesso anche al micro credito e ai piccoli finanziamenti e impedire anche ogni forma di richiesta di piccola rateizzazione. Questo è un tema che in questo momento non viene percepito nella sua interezza e nella sua complessità, perché, come sappiamo, siamo ancora nel periodo di moratoria, ma quando questa finirà, a giugno, rischia di diventare non solo una bomba sociale, ma di riverberarsi sulle famiglie e sugli imprenditori in modo assolutamente devastante.

Ci sono 45 mila imprese che rischiano di essere espulse dal mondo del lavoro e, tra l'altro, è importante sottolineare come, per la prima volta, il mondo bancario e il mondo delle imprese si sono uniti nella richiesta, che hanno fatto anche con documenti scritti insieme, di sospendere questo provvedimento.

Sospendere questo provvedimento è un atto dovuto nei confronti di tutti coloro i quali cercano di andare avanti e cercano di mantenere vive le proprie imprese e di salvaguardare i posti di lavoro. Noi avevamo chiesto al precedente Governo di occuparsi di questo tema, abbiamo avuto in Aula l'ex Ministro Patuanelli che si disse assolutamente consapevole di questo problema e che si disse assolutamente conforme all'idea di Fratelli d'Italia, cioè che questo provvedimento potesse avere un impatto economico e sociale sull'Italia troppo devastante. Eppure, anche in quel caso, ci sono state grandissime affermazioni di principio, ma noi adesso abbiamo la necessità di vedere concretizzate queste affermazioni di principio.

Sappiamo bene che, ovviamente, l'unico modo per poter sospendere questa regolamentazione è andare in Europa e decidere insieme agli altri Capi di Governo, ma abbiamo la necessità che adesso questo venga fatto ed è per questo motivo che sollecitiamo il Ministero competente, ma sollecitiamo anche il Presidente Draghi, affinché su questo punto venga posto l'occhio di bue, la luce per antonomasia e che quindi venga, finalmente, trattato un problema veramente molto, molto importante.

Tra l'altro, mi permetto semplicemente di rispondere a una affermazione fatta dal segretario del Partito Democratico Letta che, qualche giorno fa, parlando, appunto, della moratoria e del fatto che l'Italia sia ancora in moratoria, ha parlato di phasing out, cioè della necessità di accompagnare le aziende e le banche nella graduale uscita dal periodo di moratoria.

Mi permetto di sottolineare che, in questo momento, il problema non è accompagnare le aziende nell'uscita dalla fase di moratoria, ma è, invece, fondamentale che tutto questo non accada, non soltanto per le imprese italiane, ma anche semplicemente per le nostre banche. Come sappiamo - lo hanno già detto i colleghi prima -, l'introduzione di questo regolamento ha un effetto devastante anche sul nostro sistema bancario, perché le banche avranno la necessità, anzi, avranno l'obbligo di indicare tutti i debiti all'interno dei propri volumi di credito e questo imporrà alle banche un restringimento di liquidità e, quindi, di messa a terra delle risorse economiche necessarie per le aziende per andare avanti. Un tema, quindi, molto sentito in maniera assolutamente trasversale che rischia di mettere in ginocchio, in maniera definitiva, la nostra economia, già veramente molto precaria in questo momento. Noi riteniamo che si debba impedire a questa normativa di diventare efficace sul nostro territorio e lo dico anche pensando, per esempio, a tutte quelle aziende che, ancora oggi, aspettano i pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Non si può chiedere alle nostre aziende di essere assolutamente repentine nei pagamenti dei propri debiti, se poi, per esempio, abbiamo una pubblica amministrazione che, costantemente e di abitudine, paga in ritardo i propri debiti. Il silenzio assordante su questo tema sino a questo momento ci ha lasciato veramente molto perplessi e molto delusi. Noi riteniamo che sia un problema cogente e che sia necessario risolverlo nel più breve tempo possibile. Non vogliamo che gli italiani finiscano in una black list d'Europa, ma, soprattutto, non vogliamo che a fallire siano famiglie, imprenditori, aziende italiane ma, come dicevo prima, in assoluto, tutto il sistema, sul quale la nostra economia si basa.

E' importante, in questo momento più che mai, andare in Europa e spiegare che questo provvedimento, soprattutto oggi nell'era post COVID, è assolutamente fuor di misura. Del resto, abbiamo già visto come in Europa ci sia stata una serie di provvedimenti che potremmo definire di austerità che sono stati sospesi, come il Patto di stabilità e gli aiuti di Stato, ma non si capisce, e si continua a non capire, perché, invece, in questo caso, non si voglia aiutare il sistema bancario. A pensar male si fa peccato, ma, molto spesso, ci si azzecca: la differenza fra i debiti delle banche tedesche e i debiti delle banche italiane - quindi, mi riferisco alla tipologia di debito - incide nel contesto di una visione generale dell'economia europea, che però, in questo momento, è assolutamente slegata dalle esigenze italiane. Per cui, chiediamo che, su questo tema, venga posta una vera e reale attenzione e che finalmente il Governo italiano vada in Europa per far valere i diritti dei cittadini italiani, delle nostre aziende, perché - ricordiamo - siamo in una fase veramente molto delicata della nostra economia e questo è il primo passo per dare serenità e fiducia alle nostre aziende e per dare loro la speranza che la ripresa economica in Italia non è soltanto una parola, non è soltanto un sogno, ma sarà qualcosa che presto riusciremo a realizzare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pettarin. Ne ha facoltà.

GUIDO GERMANO PETTARIN (FI). Grazie Presidente, sottosegretario, colleghi, il tema che stiamo affrontando è particolarmente importante. Sullo sfondo di questo tema c'è tanta, tanta, tanta roba: procedure esecutive mobiliari, procedure esecutive immobiliari, centrali rischi, CRIF, incagli, sofferenze, fallimenti, procedure mediative di recupero crediti, attività di concordato, attività legate alla insolvenza più o meno spinta dei soggetti a cui facciamo riferimento. Arabo per chi ci può stare ad ascoltare in questo momento e non ha avuto la possibilità di entrare tecnicamente in questi contenuti, ma non è arabo; è vita di ogni giorno, vuol dire accesso al credito, accesso al credito per le famiglie, accesso al credito per le imprese. Vuol dire tutelare il nostro sistema economico e il nostro sistema sociale. Parlare di queste materie non vuol dire, come qualcheduno strumentalmente ha detto, lavorare per difendere le banche. No, qui si lavora per difendere un sistema, perché le banche, con il loro fine di rendere accessibile il credito, servono, se ben gestite e se motivate, a tutelare il tessuto economico e sociale della nostra Nazione, dei nostri territori. Facciamo riferimento a un sistema bancario, quello nazionale, che ha tantissime particolarità. Uno dei colleghi che mi hanno preceduto ha ricordato l'esigenza di ripensare a ciò che è stata la riforma delle banche di credito cooperativo e delle banche popolari, perché aver nel tempo allontanato gli strumenti creditizi e coloro che gestiscono gli strumenti creditizi dal territorio, dalle comunità, dalla prossimità è stato un errore. Dobbiamo, come in moltissimi altri casi, recuperare prossimità. L'Unione europea deve recuperare prossimità, lo Stato deve recuperare prossimità, l'economia deve recuperare prossimità, soprattutto in un sistema economico, come il nostro, in cui prossimità vuole anche dire tessuto infinito di piccole, piccolissime imprese, soprattutto artigiane, che fanno del lavoro delle mani dell'imprenditore e dei suoi strettissimi collaboratori, compresa la famiglia, la loro fortuna, ma anche la fortuna nel nostro Paese. Noi siamo questo ed è un onore esserlo e io continuo a dire che è un vantaggio esserlo. In questo contesto, le tematiche legate al default non sono discusse da poco tempo. La discussione a livello europeo è iniziata nel 2013, le norme sono state approvate nel 2018, nel 2019 vi furono le varie circolari che informarono le banche del fatto che, a breve - poi quel breve divenne il 1° gennaio del 2021 -, si sarebbero applicate queste norme, ma nel frattempo è cambiato il mondo, perché è scoppiata la pandemia, con tutto ciò che questo ha comportato e con tutto ciò che questo comporta. Quindi, ciò che poteva essere inteso in maniera meno rilevante di quanto ha avuto come conseguenze -, cioè semplicemente un sistema per permettere alle banche di omogeneizzare le loro classificazioni, e, quindi, in qualche modo, di tutelare il sistema - si è trasformato in un rischio ulteriore. Mentre noi qui stiamo parlando, in questo momento, le banche stanno continuando a fare il loro lavoro; nel continuare a fare il loro lavoro, si verificano anche le situazioni di scoperto, le situazioni di affidamento, le situazioni di pagamenti o non pagamenti rateali. E mentre noi qui parliamo di queste cose che sembrano così lontane, sono migliaia le telefonate dei gestori creditizi ai loro clienti per poter tener d'occhio la situazione e gestire insieme, possibilmente quando è virtuoso questo tipo di comportamento, un'attività di crisi terribile. Ripeto: la pandemia ha cambiato il mondo. Forza Italia ha da sempre seguito con grande attenzione e con grande preoccupazione questo tema. Lo ha seguito, a livello nazionale (diverse sono state le interrogazioni e le interpellanze che il nostro gruppo sul punto ha portato avanti di fronte ai Governi precedenti), ma soprattutto a livello europeo, grazie al gruppo parlamentare europeo, e, in esso, grazie all'azione continuativa del presidente Antonio Tajani, presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo e vicepresidente del Partito popolare europeo, che da lunghissimo tempo (la prima interrogazione formale risale al settembre del 2020), sta “pedinando”, usiamo questo termine - “pressando” forse sarebbe meglio - le autorità europee su questo punto, in seguito all'esigenza assoluta di ripensare a tali modalità e alle attività che queste modalità comportano.

Era il 2 dicembre del 2020, quando il presidente Tajani scriveva al Commissario McGuinness e al Commissario Breton: cari commissari, la pandemia di COVID 19 ha provocato un enorme shock economico, che sta avendo un impatto molto forte sulle PMI, sulle aziende e sulle famiglie. La maggior parte delle imprese deve affrontare l'interruzione della catena di approvvigionamento, deve affrontare chiusure temporanee e diminuzione della domanda. Nel contempo, moltissime famiglie sono colpite dalla disoccupazione e dal calo del reddito, elementi che in moltissimi casi, forse sempre, si traducono in difficoltà nel ripagare i debiti. Per contribuire ad affrontare queste sfide, le banche hanno attuato un'ampia gamma di misure di sostegno - e questo è innegabile - tra cui, in particolare, le moratorie temporanee sui pagamenti dei debiti. Tuttavia, le moratorie scadranno nel corso del 2021 e da quel momento le banche, le PMI e le famiglie dovranno affrontare nuovamente il quadro legislativo sui crediti deteriorati, gli NPL, per le esposizioni in stato di default, e rispettare pienamente le obbligazioni in merito alle linee di credito, senza la dovuta flessibilità. Anche se il quadro prudenziale sui crediti deteriorati è applicabile alle banche, l'impatto però sarà evidentemente, ed in ultima istanza, sull'economia reale e, in particolare, sugli imprenditori e sulle famiglie. Non è ultroneo ricordare che cosa significa e che cosa comporta l'applicazione delle nuove indicazioni di default. Una volta scadute le moratorie, una piccola media impresa o una famiglia che si trovi in ritardo di novanta giorni nel pagamento del debito sarà automaticamente segnalata come cattivo debitore. E non ha grande importanza che a livello di circolari bancarie, di Banca d'Italia, si dica che questo non è un obbligo. Tutti coloro che vivono in questo mondo sanno che, obbligo o non obbligo, questo è un elemento e quel tipo di caratterizzazione comporta uno stigma: cattivo debitore. Lo stigma cattivo debitore equivale a una conseguenza: non ti do la possibilità di accedere ad altro credito. Accedere ad altro credito per ogni forma di accesso al credito: credito rateale su beni mobili, credito al consumo, credito ipotecario. Un vero e proprio dramma, sia per le famiglie sia per le imprese.

È evidente che tutti siamo coscienti, naturalmente anche l'Unione europea - e ci mancherebbe -, della situazione del tutto eccezionale che si è venuta a creare. Fin dall'epoca, il presidente Tajani si sentiva di portare avanti delle proposte, che anche oggi sono risuonate in quest'Aula e che ci vedono sostanzialmente tutti d'accordo. Al fine di evitare un profondo impatto economico e sociale negativo, si suggeriva, già all'epoca, di introdurre all'interno della cornice normativa sui crediti deteriorati una flessibilità temporanea e mirata, intervenendo in particolare sulla definizione di esposizioni scadute e sul framework relativo agli accantonamenti, di cui al regolamento sui requisiti patrimoniali, nonché sulla definizione di default stessa, per quanto riguarda la ristrutturazione del credito fornita dalle linee guida dell'EBA. Era metà gennaio di quest'anno quando il gruppo di Forza Italia ha presentato l'ennesima interpellanza urgente, a cui il Governo dell'epoca rispose con un promemoria completissimo, un vero e proprio testo di diritto bancario, evidenziando, in sintesi, che era un problema vero, che è un problema vero, che sarà un problema vero, sempre più vero. Siamo di fronte a un'altra compagine governativa e non abbiamo dubbi che queste preoccupazioni, queste tematiche, queste ripetute sottolineature, sono proprie dell'attuale compagine governativa, della sua ottica economica e sociale e della volontà di proseguire su una strada che porti nuovamente a una prossimità creditizia, che dia la possibilità alle nostre attività economiche di recuperare prima, svilupparsi poi e fiorire ulteriormente. In questo contesto e in questo tessuto, l'Unione europea non è stata silente; ha lavorato, si è attivata e vi è stata anche una importantissima risposta formale, firmata dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al nostro presidente Tajani.

In data 1° febbraio 2021 arriva la risposta della Presidente della Commissione europea, che, in estrema sintesi, accoglie le domande, le sollecitazioni e le proposte fatte dal presidente Tajani e da Forza Italia e sottolinea, con grande forza, l'importanza di ribadire, sempre e comunque, il criterio della flessibilità nella gestione di queste attività, che, nella nostra lettura, vuol dire prossimità cognitiva. Ma ricorda anche che sarebbe – no, sarà - indispensabile, stimolare, controllandolo, il mercato secondario su normative di distressed e guardare con grande attenzione a ciò che noi oggi intendiamo per insolvenza, a quello che è il regime giuridico dell'insolvenza, nelle sue varie modalità, e alla esigenza, assoluta, di semplificare quel contesto. Quindi, riforme: riforme creditizie, riforme giuridiche, riforme del contesto economico, che è la base dell'attività imprenditoriale delle nostre famiglie. È un quadro di riforme essenziali, che noi stiamo affrontando con una grandissima velocità, pancia a terra, come avrebbe sempre dovuto essere, nel quadro complessivo del PNRR.

Abbiamo, su questo, un grandissimo nemico, ma anche, nel contempo, un grandissimo alleato, che è il giorno 30 aprile. Entro il 30 di aprile noi dobbiamo essere in grado di aver concluso questa attività e di depositare, di consegnare, il nostro PNRR, in cui, nel rispetto delle sei missioni indicate dalla Commissione europea, si articoli quello che è il progetto per poter uscire da questa situazione pandemica. Ricordo per l'ennesima volta - moltissimi di noi l'hanno ricordato, ma non ci stancheremo mai di farlo - che tutto ciò non si fa per tornare esattamente al punto da dove siamo partiti. Se così facessimo, sprecheremmo l'aspetto di occasione che questa grandissima tragedia ci sta dando, ma per andare oltre, per riuscire a superare le problematiche che abbiamo tutti insieme individuato e per far sì che l'occasione pandemica sia, da una parte, una tragedia disperata, con un dolore grandissimo, per tutti coloro che ci hanno lasciato e ogni giorno ci stanno lasciando, ma, nel contempo, ci dia modo per poter dare un futuro ai nostri figli e ai nostri nipoti, che sono coloro da cui stiamo prendendo a prestito le risorse economico-finanziarie che utilizzeremo per il PNRR. È proprio in questo quadro di riforme, essenziali, che dobbiamo noi, all'Italia del futuro, nell'ambito del PNRR, inserire anche queste riforme, a cui abbiamo fatto riferimento: la riforma dell'insolvenza, nelle sue tematiche complessive; la riforma del credito; la ristrutturazione del concetto di default; la prossimità necessaria, per quanto riguarda l'accesso al credito e la sua motivazione. Non ho dubbi che si procederà su questo tipo di elemento. Il gruppo di Forza Italia lo farà ad ogni piè sospinto, qui e in Europa, e noi, come Forza Italia e come Partito Popolare Europeo, insieme con tutti coloro, che è evidente che hanno capito qual è il momento che stiamo vivendo e qual è l'unica strada fattiva per poterne uscire, continueremo a vigilare e a batterci sempre, affinché l'accesso al credito sia una garanzia e sia garantito; e sia garantito da norme che abbandonino finalmente, una volta per tutte, inutili e dannose politiche rigoriste, antieconomiche, ma soprattutto al di fuori della realtà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Antonio Zennaro. Ne ha facoltà.

ANTONIO ZENNARO (LEGA). Grazie, Presidente. L'oggetto del mio intervento e l'oggetto che oggi abbiamo in discussione è la mozione, presentata dalla Lega, a prima firma Bitonci, sul tema di questa normativa, che è entrata in vigore il 1° gennaio di quest'anno. Una normativa emanata dall'Autorità bancaria europea, che, nella sostanza, fa diventare un cattivo pagatore chi ha nello scoperto del conto corrente la soglia di 100 euro o, per le aziende, di 500 euro, insieme anche a un'altra soglia di esposizione dell'1 per cento verso la controparte, quindi la banca. Chi ha questa situazione per oltre 90 giorni viene riclassificato dalla banca come un soggetto che non è più, ahimè, meritevole di ottenere credito.

Questo significa che quando io ho un rapporto, che sia una famiglia, che sia una piccola impresa, che sia un negozio, che sia un'impresa artigiana, per il mondo bancario io sono un cattivo pagatore e quindi mi può essere ritirata in ogni momento la mia linea bancaria, ma non potrò più avere accesso al credito per un periodo indefinito. Ciò significa che, se sono una famiglia e voglio prendere un prestito, magari, per una macchina, per una moto, ma anche, magari, mi voglio sistemare casa e, quindi, vado a chiedere un finanziamento, quel finanziamento mi verrà negato.

Questa situazione avviene in questo momento storico di pandemia mondiale, una situazione per cui, solo nel 2020, abbiamo chiuso l'anno con un meno 9 per cento, con 300 mila attività che hanno chiuso, centinaia di migliaia di italiani che sono, ancora oggi, in Cassa integrazione, con tantissime attività che ancora non possono riaprire, tantissimi negozi, bar, ristoranti. Il grido di allarme che arriva, non solo oggi, ma da tanti giorni, non può rimanere inascoltato. Ebbene, in questa situazione, l'Europa - lo ha fatto anche con i vaccini - un po' fuori dalla realtà, mentre siamo in questa situazione, emana una normativa totalmente disconnessa con quella che è la situazione reale a livello mondiale, ma anche a livello europeo. Che l'Europa, poi, sia in difficoltà dall'uscita da questo Coronavirus anche per le mancanze dell'Unione europea nell'approvvigionamento dei vaccini è un altro capitolo, ma si inserisce in una situazione, in questo caso, di autorità bancarie, potremmo dire della burocrazia e non dei popoli, che andavano ascoltati. Si è quindi emanata questa normativa, sostanzialmente, come ho detto, fuori da quella che è la realtà di tutti i giorni, che riscontriamo tutti. Questo non lo dice la Lega, ma l'hanno detto anche innumerevoli associazioni di categoria. Prendo l'esempio di Unimpresa, che prevede un quadro allarmante per i risparmiatori italiani, il pericolo di un improvviso arresto a tutta una serie di pagamenti e la criticità “per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, ma anche per molte famiglie, di non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica a causa degli effetti economici della pandemia COVID-19, sono fondamentali per far fronte ai pagamenti di utenze o altri adempimenti, come gli stipendi e i contributi previdenziali, le rate di finanziamenti e mutui”.

Ecco, noi abbiamo presentato questa mozione, perché riteniamo che il Governo, in primis - e auspico anche il Presidente Draghi - debba ascoltare con attenzione questa problematica, tanto più che in quest'anno, in questo 2021, l situazione economica, anche per colpa delle restrizioni relative alle chiusure, stenta a partire, direbbero gli economisti. Lo sappiamo: la migliore risposta a far ripartire il ciclo economico sarebbero le riaperture e, quindi, auspichiamo più che mai, come abbiamo sempre fatto, che ci siano il prima possibile riaperture in sicurezza. Tuttavia, in questa situazione, va anche permesso di migliorare, aiutare, l'accesso al credito, per aiutare le imprese in una situazione anche difficile di concorrenza, anche, molto spesso, sleale, delle potenze economiche, come la Cina. Chi opera in un contesto globale deve far fronte a una situazione difficile e, quindi, il sostegno del mondo del credito, non può essere un mondo del credito che va a danneggiare, con le sue regole, la sua burocrazia, le nostre piccole e medie imprese - ciò è stato anche detto prima dal collega Bitonci -, nonché il tessuto imprenditoriale del Paese, quello che permette all'Italia di essere una delle principali potenze economiche a livello mondiale fatta da piccole e medie imprese, che nel 90 per cento dei casi ha meno di 50 dipendenti. Se noi, anche sotto il profilo legislativo, non aiutiamo le nostre piccole attività, noi non possiamo che andare in difficoltà e saremo sempre di più sovrastati dalle grandi potenze che operano con regole diverse, con concorrenza sleale, andando a distruggere questo tessuto imprenditoriale, non solo sotto il profilo di mero indicatore economico, come possono essere i rating, ma parliamo di famiglie, di una storia imprenditoriale, di territori, anche di valorizzazione di eccellenze, come può essere il made in Italy, riconosciuto in tutto il mondo. Per cui, abbiamo chiesto in questa mozione di impegnare il Governo, nella sostanza - anche perché, magari, è giusto anche ribadire a chi ci ascolta da casa cosa inseriamo nella nostra mozione -, di adottare con urgenza ogni utile iniziativa di competenza al fine di sostenere famiglie, imprese e partite IVA nell'accesso al credito e nell'esigenza di liquidità; di promuovere, in accordo con gli istituti creditizi, una capillare campagna informativa sulla mutata normativa europea (bisogna dire cosa sta accadendo); di assumere ogni iniziativa utile di competenza, in tutte le sedi opportune, atta a sospendere e rivedere la nuova definizione di default e1i innalzare le soglie di segnalazione - scoperto di 100 euro per le piccole e medie imprese o persone fisiche e di 500 euro per le società - per i conti correnti che andranno in rosso o che rischiano, già oggi, di essere in rosso per la situazione che abbiamo. L'altro impegno è che il Governo italiano si faccia promotore, in sede europea, di una revisione della definizione di default, nell'ottica di un prolungamento del termine di 90 giorni consecutivi utilizzati come innesco per essere considerati cattivo pagatore.

Insieme a questo, sembra fondamentale, in questa situazione, anche un prolungamento delle moratorie bancarie. Siamo in una situazione per cui, ad esempio, tanti prestiti con la garanzia statale, dal 1° luglio, dovranno iniziare a essere restituiti. Bisogna prolungare queste moratorie. Bisogna allungare anche il periodo di garanzia statale e, magari, passare - come era stato detto più volte anche dalla Lega - dai 6 anni ai 15 anni.

Ecco perché bisogna entrare nel merito anche, se vogliamo, di questi aspetti tecnici: bisogna farlo sia a livello governativo, ma anche e, soprattutto, a livello europeo. L'Europa non si può voltare dall'altra parte su questi temi o non può far finta che siamo in una situazione di eccezionalità mai vista nel continente europeo. Ecco perché la Lega è stata è e sarà sempre al fianco delle piccole e medie imprese, su questo non molleremo e ci sarà sempre il nostro impegno.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Successivamente. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 2578, 2579, 2631, 2654, 2657 e 1766.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Discussione del disegno di legge: S. 1087 - Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Note per il rinnovo a tempo indeterminato dell'Accordo tra il Ministero della Difesa italiano e il Ministero della Difesa macedone sulla cooperazione nel campo della difesa del 9 maggio 1997, fatto a Skopje il 3 febbraio e il 23 agosto 2017 (Approvato dal Senato) (A.C. 2578​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2578: Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Note per il rinnovo a tempo indeterminato dell'Accordo tra il Ministero della Difesa italiano e il Ministero della Difesa macedone sulla cooperazione nel campo della difesa del 9 maggio 1997, fatto a Skopje il 3 febbraio e il 23 agosto 2017.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2578​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Iolanda Di Stasio.

IOLANDA DI STASIO , Relatrice. Grazie, Presidente. Lo Scambio di Note in esame ha lo scopo di prorogare a tempo indeterminato, salvo denuncia in qualsiasi momento di una delle due parti, la vigenza, terminata il 16 ottobre 2017, dell'Accordo sulla cooperazione nel campo della difesa, sottoscritto dai Ministeri della Difesa italiano e macedone nel 1997, al fine di continuare ad incoraggiare, facilitare e sviluppare sulle questioni di sicurezza in un'area - quella balcanica - di grande rilevanza strategica per il nostro Paese.

L'Accordo del 1997, composto di 9 articoli, individua quali ambiti della cooperazione bilaterale la sicurezza e politica di difesa, il funzionamento delle Forze Armate, il peacekeeping e le operazioni umanitarie, il rispetto dei trattati internazionali su difesa, sicurezza e controllo degli armamenti, l'organizzazione delle Forze Armate, strutture, equipaggiamenti, amministrazione e gestione del personale, formazione ed addestramento, materiali per la difesa, questioni ambientali e inquinamento, medicina militare, storia e sport militare. L'intesa stabilisce, altresì, le modalità della cooperazione, prevedendo incontri e visite ufficiali ad alto livello, scambi di esperienze fra esperti, attività comuni nell'ambito del programma di Partenariato per la pace, partecipazione di osservatori ed esercitazioni militari, contatti tra istituti militari, partecipazione a corsi, seminari e simposi, scambi di informazioni e pubblicazioni didattiche, attività culturali e sportive.

Oltre alla ripartizione delle spese connesse alle eventuali consultazioni tra i rappresentanti delle parti, che ha luogo sulla base del principio di reciprocità, l'Accordo disciplina le modalità per il trattamento di informazioni classificate, garantendo la massima riservatezza sul loro utilizzo, e quelle per la risoluzione delle eventuali vertenze interpretative. Merita ancora segnalare la quantificazione degli esigui oneri per l'attuazione del provvedimento, imputabili essenzialmente alle spese di missione. Conclusivamente, auspico una definitiva approvazione del provvedimento, pienamente coerente con le posizioni assunte dall'Italia nei riguardi di questo Paese balcanico, che, dopo aver aderito ufficialmente all'Alleanza atlantica nel marzo 2020, è ora impegnato nel negoziato di adesione all'Unione europea. Al riguardo, Parlamento e Governo italiano non faranno mancare il proprio sostegno per l'apertura della Conferenza intergovernativa che auspicabilmente dovrebbe avviare i suoi lavori entro la fine del semestre di presidenza portoghese dell'Unione europea, a giugno 2021.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario Della Vedova, che rinuncia.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1384 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo di emendamento alla Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale, fatto a Strasburgo il 10 ottobre 2018 (Approvato dal Senato) (A.C. 2579​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2579: Ratifica ed esecuzione del Protocollo di emendamento alla Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale, fatto a Strasburgo il 10 ottobre 2018.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2579​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Gennaro Migliore.

GENNARO MIGLIORE , Relatore. Signora Presidente, signori del Governo, il Protocollo in esame è stato adottato nell'ambito del processo di riforma della legislazione europea di settore ed interviene sulla Convenzione n. 108 del Consiglio d'Europa del 1981, ovvero su uno degli strumenti più importanti e vincolanti per la protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati personali. La Convenzione viene così aggiornata alle emergenti minacce alla privacy derivanti dal crescente uso di nuove informazioni e comunicazioni tecnologiche, dalla globalizzazione del trattamento dei dati e dal sempre maggior flusso di dati personali. Vale la pena di ricordare che la Convenzione n. 108, che si propone di proteggere l'individuo dagli abusi che possono accompagnare la raccolta e il trattamento dei dati personali, nonché di regolare il flusso transfrontaliero dei dati, sancisce l'obbligo del rispetto dei principi di correttezza, liceità e finalità, nonché della qualità dei dati stessi per il trattamento e la raccolta dei dati. Il testo convenzionale, che ammette limitazioni solo ove sussistano interessi prevalenti correlati alla sicurezza e alla difesa dello Stato, vieta inoltre il trattamento di dati sensibili sulla razza, sulla politica, sulla salute, sulla religione, sulla vita sessuale e sul casellario giudiziario in assenza di adeguate garanzie legali, sancendo altresì il diritto dell'individuo a conoscere le informazioni che lo riguardano e, se necessario, a correggerle. Il Protocollo di emendamento alla Convenzione, composto da un preambolo, da 40 articoli e da un'appendice, ratificato finora da dieci Stati membri del Consiglio d'Europa e da Mauritius in quanto Stato non membro, è frutto di un lungo lavoro negoziale svolto nel più ampio contesto delle riforme degli strumenti internazionali di protezione dei dati personali e parallelamente alla riforma della legislazione dell'Unione europea sulla protezione dei dati, di cui al regolamento (UE) 2016/679. Questo aggiornamento normativo ha consentito di ampliare la definizione di dato personale, di introdurre nuove categorie di dati, da quelli genetici a quelli biometrici, e di consolidare le garanzie e i diritti azionabili dall'interessato per il controllo delle proprie informazioni e l'esercizio dell'autodeterminazione, di accrescere la responsabilità del titolare e del responsabile del trattamento e di centralizzare la governance e il controllo sul rispetto e la conformità dei trattamenti. Nello specifico, il Protocollo di emendamento istituisce un quadro giuridico multilaterale destinato a facilitare il flusso transfrontaliero dei dati, offrendo, al contempo, effettive garanzie in caso di uso di dati personali. Fra le novità più significative che le novelle al testo convenzionale introducono, vi sono quelle relative alle esigenze di un maggiore rigore fra principi di proporzionalità e di minimizzazione dei dati e la liceità dell'elaborazione dei dati stessi, oltre all'ampliamento delle categorie di dati noti come sensibili, che includeranno anche profili genetici e biometrici, nonché quelli indicanti l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, l'appartenenza sindacale e religiosa delle persone. Il Protocollo, inoltre, modifica la Convenzione, prevedendo l'obbligo di notificare la violazione dei dati ed una maggiore trasparenza relativa all'elaborazione dei dati, nonché elencando una lista di diritti per gli individui interessati al trattamento dei propri dati, incluso quello a non essere soggetti ad una decisione che li riguardi in modo significativo, basandosi unicamente su un trattamento automatizzato. Ulteriori misure riguardano gli obblighi aggiuntivi per i titolari del trattamento e, se del caso, per i responsabili del trattamento dei dati, e le eccezioni e restrizioni in caso di superiore interesse rappresentato dalla tutela della sicurezza nazionale, della difesa e della sicurezza pubblica. Il Protocollo, inoltre, istituisce un sistema di norme per disciplinare il flusso transfrontaliero dei dati, aggiorna la Convenzione in materia di autorità di controllo, individuata per l'Italia nel Garante per la protezione dei dati personali, rafforza le basi giuridiche necessarie alla cooperazione internazionale e alla reciproca assistenza fra le parti in materia e modifica la denominazione del Comitato consultivo in Comitato della Convenzione. In conclusione, anche in ragione di questa recente modifica normativa, la ratifica del presente Protocollo, che risulta in linea con le disposizioni del regolamento europeo, non comporta la necessità di predisporre norme di adeguamento dell'ordinamento interno.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinuncia.

È iscritto a parlare il deputato Cabras. Non è presente in Aula: si intende vi abbia rinunciato.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Non essendoci stato l'intervento del collega Cabras, non vi saranno repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1086 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina, fatto a Roma il 12 settembre 2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 2631​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2631: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina, fatto a Roma il 12 settembre 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2631​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Iolanda Di Stasio.

IOLANDA DI STASIO , Relatrice. Grazie, Presidente. Chiederei di depositare la relazione.

PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza.

Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinuncia.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1169 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina sulla cooperazione in materia di sicurezza, fatto a Buenos Aires l'8 maggio 2017 (Approvato dal Senato) (A.C. 2654​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2654: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina sulla cooperazione in materia di sicurezza, fatto a Buenos Aires l'8 maggio 2017.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2654​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Iolanda Di Stasio.

IOLANDA DI STASIO , Relatrice. Grazie, Presidente. Chiedo anche in questo caso di essere autorizzata a depositare la relazione.

PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza.

Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinuncia.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1763 - Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Lettere tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull'assistenza spirituale alle Forze armate, fatto a Roma e nella Città del Vaticano il 13 febbraio 2018, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno ad obbligazioni internazionali contratte con la Santa Sede (Approvato dal Senato) (A.C. 2657​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2657: Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Lettere tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull'assistenza spirituale alle Forze armate, fatto a Roma e nella Città del Vaticano il 13 febbraio 2018, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno ad obbligazioni internazionali contratte con la Santa Sede.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2657​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione affari esteri, deputata Iolanda di Stasio.

IOLANDA DI STASIO , Relatrice per la III Commissione. Grazie, Presidente. D'intesa con il relatore per la IV Commissione, l'onorevole Aresta, mi soffermerò per lo più sui profili giuridico-internazionali del provvedimento, mentre il collega approfondirà le disposizioni di recepimento nel nostro ordinamento degli impegni assunti dall'Italia nei riguardi della Santa Sede.

L'Accordo in esame, negoziato da una commissione bilaterale paritetica, conformemente a quanto previsto dall'articolo 11, comma 2, della legge n. 121 del 1985, di ratifica dell'Accordo del febbraio 1984 di revisione del Concordato lateranense, è volto ad aggiornare la disciplina dell'assistenza spirituale dei militari cattolici delle Forze armate e lo status dei cappellani militari alla luce dell'evoluzione storica, politica e normativa nel frattempo determinatasi, nonché ad apportare le conseguenti modifiche al Codice dell'ordinamento militare.

L'intesa consentirà di attuare le disposizioni del citato articolo 11 dell'Accordo del 1984, il quale prevede che l'assistenza spirituale nelle cosiddette strutture obbliganti, e cioè caserme, ospedali e carceri, sia assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti, su designazione dell'autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l'organico e le modalità stabiliti d'intesa tra le parti.

Venendo, in estrema sintesi, ai contenuti dell'Accordo, composto da 14 articoli, esso individua le funzioni svolte dai cappellani a favore dei militari cattolici e delle rispettive famiglie, nonché i mezzi e gli strumenti che sono messi a loro disposizione per l'assolvimento delle funzioni stesse. È da segnalare che la direzione e il coordinamento del servizio di assistenza spirituale sono affidati all'ordinario militare, nominato dal Presidente della Repubblica su designazione della Santa Sede. È prevista per i cappellani la possibilità di avvalersi, ai fini delle attività di culto, di altri sacerdoti, mentre in caso di assenza del cappellano è prevista la sua sostituzione da parte di un parroco competente per la sede di servizio.

Quanto all'organico e allo stato giuridico, si fissa il principio generale in forza del quale l'organico dei cappellani è di 162 unità e se ne stabilisce l'attribuzione per assimilazione dei gradi militari. È, altresì, da segnalare che i cappellani militari non sono soggetti al codice e alla disciplina militare né alla giurisdizione penale militare, se non in caso di mobilitazione totale o parziale, o di servizio all'estero.

Con decreto del Ministero della Difesa, adottato di concerto con l'ordinario militare, sarà definito il regolamento disciplinare compatibile con la loro funzione. L'intesa entrerà in vigore nell'ordinamento dello Stato ed in quello della Santa Sede, con pubblicazione in pari data sulla Gazzetta Ufficiale e negli Acta Apostolicae Sedis.

Mi preme sottolineare che questo nuovo accordo sul regime di assistenza spirituale alle Forze armate concilia l'elemento della continuità, costituita dalla presenza dei cappellani militari nelle Forze armate, con quello dell'innovazione, rappresentato dal mutato scenario interno ed internazionale. La nuova disciplina pattizia realizza, inoltre, un condivisibile punto di equilibrio tra l'obiettivo italiano di razionalizzare e contenere gli oneri e la volontà della Santa Sede di preservare alcune prerogative dei cappellani militari. Da qui l'auspicio di una pronta conclusione dell'iter di approvazione del provvedimento, già approvato dall'altro ramo del Parlamento il 9 settembre 2020.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione difesa, deputato Giovanni Luca Aresta.

GIOVANNI LUCA ARESTA (M5S), Relatore per la IV Commissione. Grazie, Presidente. Ringrazio la relatrice per la III Commissione, deputata Di Stasio, per la esauriente illustrazione del provvedimento e, con riferimento ai profili di prevalenza e competenza della Commissione difesa, aggiungo che gli aspetti qualificanti dell'intesa possono riassumersi nel fatto che il cappellano militare, fermo restando il rapporto organico nei confronti delle strutture militari, non si configura più come un militare tra i militari, soggetto in tutto e per tutto alle norme e alla disciplina militare. Infatti, acquistano una valenza centrale le funzioni spirituali e pastorali che contraddistinguono tale figura, peculiare e autonoma.

La nuova disciplina prevede che i cappellani curino la celebrazione dei riti liturgici, la catechesi, l'organizzazione di ogni attività pastorale e la formazione cristiana delle persone che risiedono nelle sedi di servizio loro assegnate, accedendo ai gradi militari per assimilazione, ovvero senza che la loro funzione comporti la identificazione con la struttura e l'organizzazione militare. Essi, dunque, non possono esercitare potere di comando o di direzione, né avere poteri di amministrazione nell'ambito delle Forze armate, non portano armi e di regola indossano l'abito ecclesiastico, salve situazioni speciali nelle quali sia necessario indossare la divisa.

Nel testo dell'accordo bilaterale, composto da 14 articoli, viene poi rivisto l'organico complessivo e delineato lo stato giuridico dei cappellani militari, che vengono assimilati, dall'ordinario militare sino al cappellano militare di complemento, ai gradi gerarchici militari, dal tenente generale sino al sottotenente di complemento.

Vengono, altresì, regolate le modalità e le forme di avanzamento, il loro rapporto di impiego e i relativi trattamenti economici e previdenziali; in particolare, la progressione economica, a partire dal livello di assimilazione al grado di sottotenente di complemento, è ulteriormente ridotta rispetto a quella degli ufficiali in servizio permanente effettivo, e viene limitato a non più di dieci unità l'accesso al grado di tenente colonnello.

Inoltre, si prevede che i cappellani militari non siano soggetti al codice e al regolamento di disciplina militare, né alla giurisdizione penale militare, se non in caso di mobilitazione totale o parziale, o di servizio all'estero.

Infine, sono stabilite sanzioni per i casi di infrazione delle regole disciplinari e dei doveri di servizio, individuate le modalità per la sospensione o cessazione dall'impiego.

Mi soffermerò adesso più nel dettaglio sulle svariate modificazioni apportate al codice dell'ordinamento militare, al fine di recepire la nuova disciplina dettata nell'intesa bilaterale. Nel dettaglio, il comma 1 dell'articolo 3 del disegno legge di ratifica interviene con le seguenti novelle: la lettera a) ribadisce che l'assistenza spirituale ai militari cattolici è assicurata dai cappellani militari, nominati dal Ministro della Difesa su designazione dell'ordinario militare, e precisa che le autorità militari debbono garantire ai cappellani militari la piena libertà nell'esercizio del loro ministero ed assicurare la disponibilità dei luoghi e dei mezzi necessari per l'assolvimento delle loro funzioni; la lettera b) elimina la collaborazione di tre ispettori per la direzione del servizio di assistenza spirituale, che fa capo all'ordinario militare per l'Italia, introducendo quella di cinque cappellani militari coordinatori presso gli Stati maggiori di Forza armata e i comandi generali; inoltre, l'ordinario militare non risulterà più assimilato al grado di generale di corpo d'armata, ma a quello di tenente generale; la lettera c) disciplina i contenuti del servizio di assistenza spirituale, specificando che la stessa possa avvenire anche oltre l'orario di servizio e che i cappellani militari possano avvalersi, ai fini delle attività di culto, della collaborazione di altri sacerdoti in servizio nella diocesi competente per territorio; inoltre, in caso di assenza, il cappellano militare può essere sostituito dal parroco competente per la sede di servizio, previa comunicazione all'ordinario militare e al comandante della sede. Tutte queste disposizioni si applicano senza oneri aggiuntivi per l'amministrazione, che garantisce loro comunque l'alloggio.

Passo rapidamente all'esame del capo II, articoli 4 e 7; esso reca altre disposizioni di adeguamento dell'ordinamento interno alle obbligazioni internazionali contratte con la Santa Sede. L'articolo 4, al fine di dare attuazione agli accordi intercorsi tra Stato italiano e Santa Sede, novella l'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

Avviandomi alla conclusione, Presidente, osservo che il riassetto in esame dispone una sensibile riduzione dell'organico di diritto del numero complessivo dei cappellani, rispetto alla legislazione vigente, che passa da 204 a 162 unità, e un generale ridimensionamento del trattamento economico, mirando a conseguire uno sgravio significativo per gli ordini dello Stato.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinuncia. Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla coproduzione cinematografica (rivista), con Allegati, fatta a Rotterdam il 30 gennaio 2017 (A.C. 1766​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1766: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla coproduzione cinematografica (rivista), con Allegati, fatta a Rotterdam il 30 gennaio 2017.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1766​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Iolanda Di Stasio.

IOLANDA DI STASIO , Relatrice. Grazie, Presidente. Il testo revisionato dalla Convenzione in esame è stato adottato nel 2015 dal Comitato Guida per la cultura, l'eredità e il paesaggio del Consiglio d'Europa e poi inviato al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa per la sua adozione finale, avvenuta il 29 giugno 2016.

A distanza di circa vent'anni dall'adozione della Convenzione europea sulla coproduzione cinematografica, del 2 ottobre 1992 (entrata in vigore il 1° aprile 1994 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge n. 596 del 1996), si è manifestata l'esigenza di provvedere ad una revisione della stessa, considerando i profondi cambiamenti avvenuti nel panorama cinematografico europeo ed internazionale.

In base alla nuova Convenzione, gli accordi di coproduzione fanno sì che le opere assumano la nazionalità di ciascuno dei produttori che partecipano alla coproduzione, in modo tale che le opere stesse possano beneficiare degli aiuti e degli eventuali sgravi previsti a livello nazionale da ciascuno Stato coinvolto.

La Convenzione precisa, inoltre, che per poter parlare di “coproduzione” è necessario non solo un apporto finanziario da parte di produttori di due-tre Stati, ma anche che la partecipazione tecnica e artistica rifletta le diverse nazionalità coinvolte.

Il nuovo testo modifica quanto precedentemente previsto in materia di proporzioni dei contributi di ciascun partecipante, diminuendo il livello minimo di contribuzione alle coproduzioni multilaterali (dal 10 al 5 per cento) e aumentando il livello massimo (dal 70 all'80 per cento). Allo stesso modo, quando la Convenzione sia utilizzata come base giuridica per coproduzioni bilaterali, la contribuzione minima del 20 per cento è abbassata al 10 per cento e quella massima dell'80 per cento è elevata al 90 per cento.

Un'ulteriore importante modifica rispetto alla Convenzione del 1992 è che la nuova Convenzione è aperta non solo agli Stati membri e agli Stati non membri del Consiglio d'Europa, ma anche agli Stati non europei. Nella stessa ottica di internazionalizzazione, il nuovo testo promuove e dispone una cornice giuridica non più solo per le coproduzioni europee, ma anche per le coproduzioni internazionali. Tenuto conto che le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all'attuazione di quanto previsto dalla Convenzione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, raccomando l'approvazione di questo disegno di legge, rilevando che, dal punto di vista della legislazione nazionale, il contenuto della Convenzione risulta coerente con la legge n. 220 del 2016, recante disciplina del cinema e dell'audiovisivo ed, in particolare, con quanto disposto dall'articolo 6, comma 1, che espressamente prevede il riconoscimento delle coproduzioni in base agli accordi internazionali, tra i quali è, evidentemente, da annoverarsi la Convenzione al nostro esame.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinuncia.

È iscritto a parlare il deputato Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, vedete, questa Convenzione che andiamo a trattare oggi è sicuramente importante, ma i tempi stessi con cui ci viene proposta, con cui viene proposta al Parlamento denotano, appunto, quanto sia lenta e burocratica la procedura europea: parliamo di un testo del 2017. È vero, come diceva la collega relatrice, che sono state aumentate le percentuali di cofinanziamento, è vero anche, però, che stiamo parlando addirittura di un aggiornamento di un testo di coproduzione che faceva riferimento al 1992, quindi, un altro scenario, un altro secolo, un'altra, proprio, mentalità.

Abbiamo, in via generale, una considerazione sull'iter di ratifica delle convenzioni e dei trattati che viene sottovalutato nell'attività parlamentare, legandolo spesso ad anemiche astensioni dei gruppi, con poche e sparute dichiarazioni; considerate che su questa sono l'unico a intervenire. Le ratifiche sono lasciate sul finire dei lavori d'Aula della settimana, in genere, il giovedì pomeriggio, eppure, in realtà, sono provvedimenti che influenzano profondamente la nostra vita culturale, economica e di produzione internazionale, come, in questo caso, il finanziamento e la produzione culturale dei film e dell'audiovisivo.

La Convenzione europea sulla coproduzione cinematografica, stipulata, appunto, nel 1992, ha fornito nel settore cinematografico un quadro regolatorio tra produttori residenti in diversi Paesi europei; spesso, però, da un lato, gli strumenti finanziari di produzione a livello nazionale sono limitati, causando disparità, ritardi e impossibilità da parte di chi ha progetti, dall'altro, le singole Nazioni europee hanno sistemi normativi sulla coproduzione molto diversi tra loro; arrivò, quindi, la necessità appunto di armonizzare le relazioni multilaterali fra gli Stati che sostengono la produzione cinematografica. La coproduzione internazionale è uno strumento indispensabile sicuramente alla crescita, alla circolazione e, anche, alla sostenibilità della cinematografia europea. Nel 2017, le evoluzioni del mercato indotte dalla tecnologia, da nuovi modelli aziendali e dai rinnovati e moltiplicati sistemi di sostegno al settore, sia a livello nazionale, sia regionale, hanno reso necessaria, quindi, una revisione dello strumento.

In base a questa nuova Convenzione, gli accordi di coproduzione fanno sì che le opere assumano la nazionalità di ciascuno dei produttori che partecipano alla coproduzione, in modo tale che le opere stesse possano beneficiare degli aiuti e degli eventuali sgravi previsti a livello nazionale da ciascuno Stato coinvolto. Quindi, è una facilitazione e armonizzazione della produzione cinematografica europea.

Va segnalato che la nuova Convenzione è estesa agli Stati non componenti del Consiglio d'Europa e, quindi, anche agli Stati non europei. Su questo qualche dubbio ci sovviene, in quanto, se l'obiettivo della Convenzione è quello di rafforzare l'identità culturale europea, l'apertura dei già esigui fondi della cinematografia europea a Stati internazionali extraeuropei, sinceramente, forse non ha grande attinenza.

Il testo, quindi, norma anche le coproduzioni internazionali. Pertanto, colleghi, noi riteniamo che la ratifica di questa novella della Convenzione può sembrare una semplice tecnicità, relegata a pochi addetti ai lavori, settoriale e di nicchia; averla portata in Aula adesso significa dare peso anche ai nuovi meccanismi del mercato. Vedete, secondo un report di Omdia, azienda specializzata in ricerche di mercato nei settori media e della tecnologia, l'industria cinematografica e dell'audiovisivo globale è destinata a perdere 32 miliardi di dollari nel 2020 a causa del COVID-19; si tratta di una riduzione del botteghino del 71,5 per cento rispetto al 2019. L'ANEC denunciava, in un documento depositato in Commissione prima delle chiusure di ottobre, che, dal mese di marzo ad oggi, si è registrata una perdita di presenze pari al 91 per cento, corrispondenti a circa 60 milioni di spettatori, una perdita di fatturato da bigliettazione per 420 milioni di euro che, con le attività accessorie delle sale cinematografiche, raggiunge una perdita complessiva di 600 milioni di euro totali. Nel 2020, dal 15 giugno al 26 ottobre, le perdite di ingressi e fatturati, pensate, si sono attestate al meno 82 per cento e una sala cinematografica su cinque non ha riaperto. Anche per questa ragione, da sempre chiediamo che le riaperture, non ultimo, l'abbiamo fatto questa mattina con un appello al Ministro Franceschini e al sottosegretario Borgonzoni, siano condivise in sedute del Tavolo permanente al Ministero della Cultura, divise, però, per categorie, non con le riunioni con 150 rappresentanti, ma segmentate per la categoria dei teatri, dei produttori, dei gestori, dei proprietari di sale cinematografiche, dei distributori, in modo da essere veri e propri tavoli di crisi, come al MiSE, e non tavoli cerimoniali, visto che oltretutto è stato costituito dopo una battaglia di Fratelli d'Italia, con un decreto ministeriale, quindi, a cui il Ministro stesso ha dato importanza. Se, poi, però, questa è la declinazione del tavolo e il Ministro, invece, di riunire il tavolo, anche in remoto va a prendere indicazioni dal CTS, come se fosse il CTS a decidere chi, quando e come riaprire, quando sappiamo perfettamente che il CTS non ha natura giuridica, non esiste, è il Governo, è il Ministro dell'ambito che decide sulle riapertura di quella filiera, insieme al Ministro della Salute, insieme al Consiglio dei ministri; la dovete fare finita di usare il CTS come se fosse un soggetto con cui fare il gioco del cerino. Dovete prendervi le vostre responsabilità.

Come dice Augusto Preta, esperto massmediologo, è incontestabile l'incidenza sia culturale che economica del settore, con un elevato numero di addetti anche in termini di indotto, e in grado di generare per ogni euro speso un ritorno positivo tra uno e mezzo e due euro. L'audiovisivo è la più produttiva delle industrie creative italiane, il suo effetto moltiplicatore è il secondo più alto fra quelli di tutte le attività economiche nazionali e comprende circa 8.500 imprese, che occupano direttamente circa 50 mila persone, se si considera l'intero indotto, la cifra supera addirittura le 170 mila unità; rappresenta, inoltre, uno strumento di promozione della nostra Nazione all'estero che andrebbe sostenuto.

In questo quadro, anche Cinecittà ne è un simbolo, è sempre stato un fattore importantissimo della nostra promozione culturale; andrebbero stabilite, quindi, agevolazioni e premialità insieme per le società che decidono di coprodurre con Rai Cinema, Rai Fiction e con la direzione RAI per documentari che decidono di produrre in Italia e nel mondo, in particolare negli studi di Cinecittà. Va rilanciata la centralità degli stabilimenti di via Tuscolana, e le nuove risorse introdotte col Piano nazionale di ripresa e resilienza, infatti, non diventeranno produttive se non saranno accompagnate da una politica dinamica e aggressiva di riposizionamento sul mercato dei teatri di posa e dei servizi proposti da Cinecittà.

Concludo, Presidente, evidenziando che la governance deve rimanere in capo al MiC, a partire dal CdA, non si può pensare di finanziarizzare ogni società o istituzione che si occupa di cultura, in questo caso audiovisivo e cinema. Sul tema della produzione RAI, Fratelli d'Italia da sempre propone, per competere con le piattaforme digitali, la creazione di RaiPlay plus, un contenitore che sul modello francese o quello inglese della BBC, gratuito, possa competere con le piattaforme digitali. Il modello aziendale Chili - e ho concluso davvero -, il pay per view, è superato e, nonostante il numero di utenti di quasi 4 milioni, la capacità di ascolto è infinitesimale rispetto a Netflix e RaiPlay.

In Commissione vigilanza RAI abbiamo approvato una mozione che boccia questo modello e nel quadro europeo dell'audiovisivo - e ho concluso, Presidente - è giusto che venga rispettata anche la capacità produttiva di ogni Nazione, compresa appunto l'Italia.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1766​)

PRESIDENTE. Relatrice Di Stasio, vuole intervenire? No. Sottosegretario Della Vedova, vuole replicare? No. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare la deputata Mara Lapia. Ne ha facoltà per due minuti.

MARA LAPIA (MISTO-CD). Grazie, Presidente. È da oltre un anno che conduco una solitaria battaglia a difesa dell'hospice di Nuoro e lo faccio al fianco di pazienti, famiglie, medici, infermieri, OSS e volontari. Un percorso, il mio, intrapreso e portato avanti al cospetto di una platea sorda e inerte: quella della politica sarda e di tutti coloro che continuano a mortificare il nostro sistema sanitario regionale e a spogliarlo di tutti i suoi ultimi avanzi di dignità, quella stessa dignità, Presidente, che nelle ultime ore è stata negata persino ai pazienti sui quali gravano il peso della sofferenza e, quello talvolta peggiore, della morte nel dolore. È da oltre un anno che in più occasioni avevo prospettato la chiusura dell'hospice di Nuoro, il blocco dei ricoveri, la dismissione dei servizi essenziali come le cure palliative a sostegno dei malati terminali: tutti, nessuno escluso, hanno fatto finta di non vedere, di non capire, di non sentire; si sono autocommiserati a vicenda, scambiandosi ridenti applausi in adunanze pubbliche, come unica risposta alle mie richieste e come unico epilogo alle loro promesse, tutte puntualmente disattese. Sono stata tacciata di allarmismo e speculazione politica; addirittura, sono seguite offese personali e gratuite.

Oggi, Presidente, si è verificato quello che avevo previsto. Come atto estremo ho anche interpellato il Ministro della Salute Roberto Speranza. A Nuoro è stato nuovamente calpestato quel diritto alle cure che nella mia terra, purtroppo, sovente fa rima con un mercimonio di false promesse. Presidente, nella mia terra non si ha pietà nemmeno per il fine vita, nemmeno per il dolore più estremo. Mi chiedo con quale coscienza…

PRESIDENTE. Concluda.

MARA LAPIA (MISTO-CD). …queste persone riescano a dormire la notte e alla luce del giorno continuino a mandare nello sconforto più totale un'intera regione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippo Scerra, che, se non è presente in Aula, s'intende vi abbia rinunciato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 13 aprile 2021 - Ore 12:

(ore 12 e al termine del punto 8)

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 2133. - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (Approvato dal Senato). (C. 2989​)

Relatore: CASSINELLI.

2. Seguito della discussione delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00414, Fregolent ed altri n. 1-00417, Prestigiacomo ed altri n. 1-00418, Fornaro ed altri n. 1-00429, Muroni ed altri n. 1-00440, Vianello ed altri n. 1-00441, Pezzopane ed altri n. 1-00442, Vallascas ed altri n. 1-00450 e Lapia ed altri n. 1-00451 in materia di individuazione del deposito nazionale per il combustibile nucleare irraggiato e i rifiuti radioattivi .

3. Seguito della discussione della mozione Lattanzio, Casa, Gobbato, Marrocco, Occhionero, Muroni ed altri n. 1-00405 concernente iniziative in materia di definizione del Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e ulteriori misure in campo educativo ed economico a favore dei minori .

4. Seguito della discussione delle mozioni Meloni, Giacomoni ed altri n. 1-00382 e Martinciglio, Centemero, Martino, Fragomeli, Ungaro, Pastorino ed altri n. 1-00457 concernenti il ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze nell'ambito del processo di vendita della società Borsa Italiana .

5. Seguito della discussione delle mozioni Ungaro, Viscomi, Invidia, Zangrillo, Giaccone, Epifani ed altri n. 1-00392 e Lollobrigida ed altri n. 1-00398 concernenti iniziative a favore dell'occupazione, della formazione e dell'emancipazione giovanile .

6. Seguito della discussione delle mozioni Bitonci ed altri n. 1-00413 e Boccia ed altri 1-00459 concernenti iniziative di competenza in relazione al nuovo quadro normativo in materia di inadempienza bancaria e crediti deteriorati .

7. Seguito della discussione dei disegni di legge:

S. 1087 - Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Note per il rinnovo a tempo indeterminato dell'Accordo tra il Ministero della difesa italiano e il Ministero della difesa macedone sulla cooperazione nel campo della difesa del 9 maggio 1997, fatto a Skopje il 3 febbraio e il 23 agosto 2017 (Approvato dal Senato). (C. 2578​)

Relatrice: DI STASIO.

S. 1384 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo di emendamento alla Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale, fatto a Strasburgo il 10 ottobre 2018 (Approvato dal Senato). (C. 2579​)

Relatore: MIGLIORE.

S. 1086 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina, fatto a Roma il 12 settembre 2016 (Approvato dal Senato). (C. 2631​)

Relatore: DI STASIO.

S. 1169 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina sulla cooperazione in materia di sicurezza, fatto a Buenos Aires l'8 maggio 2017 (Approvato dal Senato). (C. 2654​)

Relatore: DI STASIO.

S. 1763 - Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Lettere tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull'assistenza spirituale alle Forze Armate, fatto a Roma e nella Città del Vaticano il 13 febbraio 2018, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno ad obbligazioni internazionali contratte con la Santa Sede (Approvato dal Senato). (C. 2657​)

Relatori: DI STASIO, per la III Commissione; ARESTA, per la IV Commissione.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla coproduzione cinematografica (rivista), con Allegati, fatta a Rotterdam il 30 gennaio 2017. (C. 1766​)

Relatrice: DI STASIO.

(ore 17)

8. Dimissioni del deputato Giovanni Sanga.

La seduta termina alle 14,55.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: IOLANDA DI STASIO (A.C. 2631​)

IOLANDA DI STASIO, Relatrice. (Relazione – A.C. 2631​). Illustre Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, l'intesa tra Italia e Argentina al nostro esame, già approvata dal Senato, che sostituirà l'Accordo di cooperazione sottoscritto nel 1992 e ratificato nel 1996, risponde all'esigenza di incrementare la cooperazione bilaterale tra le Forze armate dei due Paesi, con l'intento di consolidare le rispettive capacità difensive e di migliorare la comprensione reciproca sulle questioni di sicurezza.

Il testo, che si compone di un preambolo e di dodici articoli, dopo aver enunciato principi e scopi, individua le modalità attuative ed i settori della cooperazione bilaterale, riferendosi in particolare alla elaborazione di appositi piani annuali e pluriennali ed alla organizzazione di scambi di visite, di esperienze tra esperti e la partecipazione a corsi ed esercitazioni militari.

Ai Ministeri della Difesa dei due Paesi spetterà dare esecuzione all'Accordo, anche tenendo consultazioni allo scopo di elaborare accordi integrativi e programmi di cooperazione specifici tra le rispettive Forze armate.

Fra i campi di cooperazione, sono annoverati i seguenti settori: sicurezza comune e politica di difesa; ricerca, sviluppo; acquisto di materiali e servizi per la difesa; operazioni di mantenimento della pace sotto l'egida delle Nazioni Unite; formazione e addestramento militare; sanità e sport.

Il testo identifica quindi le categorie di materiali della difesa interessate da una possibile cooperazione bilaterale, prevedendo l'impegno delle Parti a non riesportare a Paesi terzi il materiale acquisito, nel rispetto delle legislazioni nazionali di entrambi i Paesi (per l'Italia, la legge n. 185 del 1990).

Come precisato dalla relazione allegata al provvedimento, ai sensi del combinato disposto della citata legge n. 185 del 1990 e del relativo nuovo regolamento di esecuzione, l'Accordo può essere considerato un'apposita intesa intergovernativa, di per sé idonea a semplificare le procedure di autorizzazione alle trattative contrattuali e/o all'esportazione ed importazione di materiali d'armamento, fatti salvi i divieti imposti dalla medesima legge.

L'Accordo disciplina altresì la regolamentazione della proprietà intellettuale e le modalità per il trattamento di informazioni, documenti e materiali classificati, e definisce le modalità di risoluzione delle eventuali controversie interpretative o applicative, l'entrata in vigore, la possibilità di emendarne i contenuti o di integrarli mediante protocolli aggiuntivi, la durata e il termine.

Con riferimento agli oneri economici, quantificati in poco più di 5.500 euro ad anni alterni a decorrere dal 2020, sono imputabili alle sole spese di missione. Peraltro, il disegno di legge di ratifica, prevede anche un vincolo d'invarianza finanziaria: secondo la relazione tecnica, anche sulla base dell'esperienza verificatasi con riferimento ad analoghi Accordi, le attività di cooperazione verranno, eventualmente, svolte nell'esclusivo interesse della Controparte e previo rimborso delle relative spese, non comportando quindi oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Tutto ciò premesso, il provvedimento in esame si inquadra nei profondi rapporti di amicizia storici, culturali, economici e sociali tra l'Italia e l'Argentina che potranno trovare ulteriore consolidamento nella ratifica di questo accordo come dell'altro, nel campo della sicurezza, che illustrerò tra poco.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: IOLANDA DI STASIO (A.C. 2654​)

IOLANDA DI STASIO, Relatrice. (Relazione – A.C. 2654​). Illustre Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, l'intesa in esame, composta da un preambolo e da tredici articoli, sancisce l'impegno tra Italia e Argentina a promuovere, sviluppare e rafforzare la collaborazione in materia di sicurezza al fine di prevenire e contrastare la criminalità e il terrorismo.

Essa si pone quindi come uno strumento giuridico per regolamentare la cooperazione di polizia sotto il profilo strategico ed operativo, consentendo al contempo l'intensificazione dei rapporti tra le omologhe Autorità dei due Paesi: Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica sicurezza, per la parte italiana e nel Ministero della Sicurezza, per la parte argentina.

E' da segnalare che nel preambolo vengono richiamati gli impegni derivanti dalle convenzioni internazionali siglate dai due Paesi nelle materie di interesse dell'Accordo: la risoluzione n. 45/123 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1990 relativa alla cooperazione internazionale contro il crimine organizzato; le Convenzioni sugli stupefacenti del 1961, del 1971 e del 1988; la Convenzione contro la criminalità transnazionale del 2000 e i relativi protocolli aggiuntivi; la Convenzione contro la corruzione del 2003, nonché le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e le Convenzioni contro il terrorismo, adottate in sede ONU.

Le Parti si impegnano, dunque, a cooperare per prevenire e reprimere il crimine organizzato transnazionale; produzione, traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope e dei loro precursori chimici; tratta di persone e traffico di migranti; traffici illeciti di armi, munizioni, esplosivi, nonché di materiali nucleari, radioattivi e tossici; criminalità informatica e pedopornografica on line; reati contro la vita e l'integrità fisica; reati contro il patrimonio, reati economici e finanziari, compreso il riciclaggio.

L'intesa bilaterale definisce le forme della cooperazione, prevedendo scambio di informazioni e di prassi operative, e anche identificazione e riammissione di cittadini di uno dei due Paesi presenti in posizione di irregolarità nel territorio dell'altro Stato ed esecuzione delle richieste di assistenza.

Vi sono disposizioni che disciplinano le modalità per le richieste di assistenza e per la loro esecuzione, nonché i casi per opporre un rifiuto a tali richieste, ascrivibili a situazioni pregiudizievoli per i diritti umani, la sovranità, la sicurezza e l'ordine pubblico o a casi di eccessiva onerosità.

Un articolo specifico è dedicato ai limiti per l'uso dei dati personali e delle informazioni classificate ed alla protezione dei dati personali soggetti a trasferimento, mentre ulteriori disposizioni prevedono la possibilità di organizzare riunioni e consultazioni fra i rappresentanti delle competenti autorità delle due Parti.

A fronte di minimi oneri attuativi, la ratifica dell'Accordo consentirà di aggiornare il quadro normativo nel settore della collaborazione bilaterale in materia di lotta alla criminalità organizzata rispetto alla normativa vigente, risalente ad un accordo dell'ottobre 1992, che cesserà di produrre i propri effetti, adeguando così la normativa alla luce degli sviluppi operativi intercorsi in materia.

Al tempo stesso si tratta di un importante strumento per favorire un migliore lavoro e una migliore cooperazione tra le forze di polizia a livello internazionale, ancora più rilevante alla luce della diffusione dei vari reati in materia di criminalità organizzata e di terrorismo.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GIOVANNI LUCA ARESTA (A.C. 2657​)

GIOVANNI LUCA ARESTA, Relatore per la IV Commissione. (Relazione – A.C. 2657​). Grazie Presidente, Governo, Colleghi. Ringrazio la relatrice per la III Commissione, deputata Di Stasio, per l'esauriente illustrazione del provvedimento e, con riferimenti ai profili di prevalente competenza della Commissione Difesa, aggiungo che gli aspetti qualificanti dell'Intesa possono riassumersi nel fatto che il cappellano militare, fermo restando il rapporto organico nei confronti delle strutture militari, non si configura più come un militare tra i militari, soggetto in tutto e per tutto alle norme e alla disciplina militare. Infatti, acquistano una valenza centrale le funzioni spirituali e pastorali che contraddistinguono tale figura, peculiare e autonoma. La nuova disciplina prevede che i cappellani curino la celebrazione dei riti liturgici, la catechesi, l'organizzazione di ogni attività pastorale e la formazione cristiana delle persone che risiedano nelle sedi di servizio loro assegnate, accedendo ai gradi militari per assimilazione, ovvero senza che la loro funzione comporti l'identificazione con la struttura e l'organizzazione militare. Essi, dunque, non possono esercitare poteri di comando o direzione, né avere poteri di amministrazione nell'ambito delle Forze armate, non portano armi e, di regola, indossano l'abito ecclesiastico, salvo situazioni speciali nelle quali sia necessario indossare la divisa.

Nel testo dell'Accordo bilaterale, composto da 14 articoli, viene poi rivisto l'organico complessivo e delineato lo stato giuridico dei cappellani militari, che vengono assimilati - dall'Ordinario militare sino al cappellano militare di complemento - ai gradi gerarchici militari, dal tenente generale sino al sottotenente di complemento. Vengono, altresì, regolate le modalità e le forme di avanzamento, il loro rapporto di impiego e i relativi trattamenti economico e previdenziale. In particolare, la progressione economica – a partire dal livello di assimilazione al grado di sottotenente di complemento – è ulteriormente ridotta rispetto a quella degli ufficiali in servizio permanente effettivo e viene limitato a non più di dieci unità l'accesso al grado di tenente colonnello. Inoltre, si prevede che i cappellani militari non siano soggetti al codice e al regolamento di disciplina militare, né alla giurisdizione penale militare se non in caso di mobilitazione totale o parziale o di servizio all'estero. Infine, sono stabilite sanzioni per i casi di infrazione delle regole disciplinari e dei doveri di servizi e individuate le modalità per la sospensione o cessazione dall'impiego.

Mi soffermo, adesso, più nel dettaglio, sulle svariate modificazioni apportate al codice dell'ordinamento militare al fine di recepire la nuova disciplina dettata nell'Intesa bilaterale.

Nel dettaglio, il comma 1 dell'articolo 3 del disegno di legge di ratifica interviene con le seguenti novelle:

la lettera a) ribadisce che l'assistenza spirituale ai militari cattolici è assicurata dai cappellani militari, nominati dal Ministro della difesa su designazione dell'Ordinario militare, e precisa che le autorità militari debbono garantire ai cappellani militari la piena libertà nell'esercizio del loro ministero ed assicurare la disponibilità dei luoghi e dei mezzi necessari per l'assolvimento delle loro funzioni;

la lettera b) elimina la collaborazione di tre ispettori per la direzione del servizio di assistenza spirituale che fa capo all'Ordinario militare per l'Italia, introducendo quella di cinque cappellani militari coordinatori presso gli Stati maggiori di Forza armata e i Comandi generali. Inoltre, l'Ordinario militare non risulterà più assimilato al grado di generale di corpo d'armata, ma a quello di tenente generale;

la lettera c) disciplina i contenuti del servizio di assistenza spirituale, specificando che la stessa possa avvenire anche oltre l'orario di servizio e che i cappellani militari possono avvalersi, ai fini delle attività di culto, della collaborazione di altri sacerdoti in servizio della Diocesi competente per territorio. Inoltre, in caso di assenza, il cappellano militare può essere sostituito dal parroco competente per la sede di servizio, previa comunicazione dell'Ordinario militare al comandante della sede. Tutte queste disposizioni si applicano senza oneri aggiuntivi per l'amministrazione, che garantisce loro, comunque, l'alloggio;

la lettera e) specifica che il conferimento dell'incarico di funzione non comporta alcuna modifica del trattamento economico relativamente alla designazione dei cappellani militari coordinatori;

la lettera f) abroga la possibilità di nuove designazioni agli uffici di Vicario generale militare e di ispettore, fermo restando l'organico;

la lettera r) prevede l'eliminazione del grado più alto di terzo cappellano militare capo, assimilato al grado di colonnello e specifica che il numero di secondi cappellani militare capo è pari a 10 unità, mentre la legislazione vigente non pone un limite specifico;

la lettera s) modifica lo stato giuridico e determina l'organico dei cappellani militari in 162 unità, in luogo delle 204 unità attualmente previste;

la lettera u) precisa che per la nomina al grado di cappellano militare di complemento occorre avere un'età compresa tra i 28 anni e i 40 anni;

la lettera v) abroga le disposizioni che definiscono l'attuale dotazione organica dei cappellani militari in servizio permanente;

la lettera z) modifica la normativa penale e disciplinare prevista all'articolo 1555, rinviando ad un emanando regolamento in luogo dell'attuale le specifiche disposizioni disciplinari;

la lettera aa) prevede come requisiti per la nomina a cappellano militare addetto in servizio permanente, il servizio per almeno cinque anni di servizio continuativo con la qualifica di ottimo, in luogo degli attuali due anni, e con un'età non superiore ai 45 anni, invece degli attuali 50 anni;

la lettera dd) sopprime, tra le cause di cessazione dal servizio permanente, quelle per inidoneità agli uffici del grado e per perdita del grado e aggiunge quelle per motivi disciplinari, per la revoca della designazione da parte dell'autorità ecclesiastica e per le dimissioni dallo stato clericale;

la lettera ee) innalza l'età di cessazione dal servizio permanente per i cappellani militari, dagli attuali 62 anni ai 65 anni;

la lettera ff) abroga la disposizione relativa alla cessazione dal servizio permanente per non idoneità agli uffici del grado;

la lettera hh) abroga l'articolo 1592 sulla nomina di cappellani militari di complemento, dove è prevista come requisito un'età tra i 25 e i 50 anni, ora ricompreso nell'articolo 1552 con modifica delle età;

la lettera ll) eleva da due a cinque gli anni di servizio per il transito nel servizio permanente;

la lettera mm) reca una disciplina più puntuale delle cause di perdita del grado;

la lettera nn) aggiunge la cessazione dal servizio tra le sanzioni disciplinari;

la lettera oo) reca una disciplina più puntuale dell'avvio di inchiesta formale ai fini dell'accertamento di un'infrazione disciplinare;

la lettera pp) modifica la disposizione relativa all'organo inquirente cui è affidata l'inchiesta formale;

la lettera qq) modifica la norma relativa alle decisioni del Ministro all'esito dell'inchiesta formale;

la lettera rr) abroga gli articoli 1604 (Deferimento alla commissione di disciplina) e 1605 (Composizione della commissione di disciplina);

la lettera ss) stabilisce che le promozioni dei cappellani militari si effettuano per anzianità congiunta al merito (dal grado di cappellano militare di complemento sino al grado di cappellano militare capo) e per merito comparativo (dal grado di cappellano militare capo al grado di secondo cappellano militare capo);

la lettera vv) prevede l'avanzamento ad anzianità congiunta al merito per il grado di cappellano militare addetto; per merito comparativo, per i gradi di cappellano militare capo e primo cappellano militare capo;

la lettera zz) riduce da 6 a 5 anni gli anni di anzianità minima per cappellano militare addetto, stabilendo, altresì, che la promozione avvenga per valutazione e non soltanto in base all'anzianità. Per il grado di cappellano militare capo, in luogo dell'attuale doppio sistema di avanzamento per valutazione a scelta dopo 9 anni e per promozione anzianità dopo 11 anni, si prevedono 10 anni per l'inserimento nell'aliquota di valutazione, sopprimendosi il sistema di promozione ad anzianità. Infine, gli anni di anzianità minima per primo cappellano militare capo sono aumentati da 4 a 10 anni ed è prevista sempre la valutazione in luogo della sola anzianità;

la lettera aaa) abroga alcuni articoli relativi a specifiche promozioni e avanzamenti;

la lettera bbb) modifica alcune disposizioni sul trattamento economico dell'Ordinario militare e dei cappellani militari;

la lettera ccc) stabilisce che per le pensioni normali, privilegiate, ordinarie e di guerra all'Ordinario, al Vicario generale e ai cappellani militari in servizio permanente, il trattamento previdenziale segue il trattamento economico principale.

Infine, le lettere d), t), bb) e cc) apportano solo modifiche di carattere formale, le lettere gg) e ii) attuano modifiche di carattere ordinamentale mentre le lettere g), h), i), l), m), n), o), p) e q), tt) e uu) recano modifiche di coordinamento.

Tornando a quanto previsto dal disegno di legge di ratifica, rilevo che il comma 2 dell'articolo 3 prevede che fino all'entrata in vigore del regolamento di cui al nuovo articolo 1555 (Normativa penale e disciplinare), trovino applicazione le disposizioni in materia di disciplina militare previste dal codice dell'ordinamento militare e dal testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare.

Passando al capo II (articoli 4-7), esso reca altre disposizioni di adeguamento dell'ordinamento interno ad obbligazioni internazionali contratte con la Santa Sede.

In particolare, l'articolo 4, al fine di dare attuazione agli accordi intercorsi tra Stato Italiano e la Santa Sede del 26 luglio 2006, novella l'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (relativo all'informazione del pubblico ministero sull'esercizio dell'azione penale nei confronti degli ecclesiastici), con la precisazione di quanto deve essere contenuto nell'informazione e con l'individuazione dell'autorità ecclesiastica destinataria della comunicazione in oggetto.

A sua volta l'articolo 5, al fine di adattare l'ordinamento italiano a quanto previsto nello scambio di note tra lo Stato Italiano e la Santa Sede del 15 febbraio 2008, inserisce nel codice di procedura penale il nuovo articolo 206-bis, concernente l'assunzione a domicilio della testimonianza di quei cardinali le cui funzioni assumono un rilievo istituzionale così elevato da meritare una specifica considerazione nell'ordinamento italiano. Si provvede, poi, anche a novellare anche l'articolo 105 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile al fine di stabilire un principio uniforme in merito all'assunzione della testimonianza dei cardinali nel processo penale e in quello civile.

Avviandomi alla conclusione, osservo che il riassetto in esame dispone una sensibile riduzione dell'organico di diritto del numero complessivo dei cappellani militari rispetto alla legislazione vigente, che passa – come detto – da 204 unità a 162 unità e un generale ridimensionamento del trattamento economico, mirando a conseguire uno sgravio significativo degli oneri a carico dello Stato.

Concludo ricordando che sul provvedimento in esame le Commissioni Affari costituzionali, Giustizia e Bilancio hanno espresso parere favorevole.