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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 480 di martedì 6 aprile 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 1° aprile 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Donzelli, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lotti, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Muroni, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Palazzotto, Parolo, Perantoni, Ribolla, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 89, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della nomina di un Vice Ministro e di un sottosegretario di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 1° aprile 2021, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato al Presidente della Camera la seguente lettera:

“Onorevole Presidente, informo la Signoria vostra che, con decreto del Presidente della Repubblica in data odierna, adottato su mia proposta, previa approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 10, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, della delega di funzioni conferita dal Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, è stato attribuito il titolo di Vice Ministro al sottosegretario di Stato presso il medesimo Dicastero, signora Marina Sereni.

Inoltre, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto, in data odierna, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei Ministri, ha nominato sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la senatrice Caterina Bini. Firmato: Mario Draghi”.

Auguri a entrambi.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri (A.C. 2915-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2915-A: Conversione in legge del decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2915-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Maurizio Cattoi. A lei la parola, onorevole.

MAURIZIO CATTOI, Relatore. Grazie, Presidente, grazie gentili colleghe e colleghi. L'Assemblea avvia oggi la discussione del disegno di legge n. 2915-A di conversione del decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri, come risultante dall'esame in sede referente, svolto presso la Commissione affari costituzionali. Colgo fin da ora l'occasione per ringraziare tutti i colleghi commissari per aver consentito una rapida elaborazione di questo primo provvedimento del Governo Draghi nello spirito condiviso della maggioranza di dare vita a una fase innovativa sotto il profilo dell'adozione di strumenti istituzionali amministrativi, volti ad accelerare il passaggio epocale verso una società ambientalmente sostenibile, solidale ed equa, tecnologicamente avanzata. Sia utile questa esperienza per avviare anche nell'immediato futuro quanto serve all'azione legislativa per superare l'emergenza sanitaria e tutte le sfide cui saremo chiamati a rispondere, anche in chiave di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, secondo le indicazioni della Commissione europea. Un ringraziamento in particolare va alle forze di minoranza per la garbata e costruttiva collaborazione, così come al personale della segreteria della I Commissione. In estrema sintesi, il decreto-legge, che si compone di 12 articoli, suddivisi in sei Capi, istituisce in primo luogo il Ministero del Turismo, scorporando le funzioni in materia di turismo dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e per il turismo, per trasferirle ad un Dicastero ad hoc. Viene così aumentato il numero complessivo dei Ministeri da quattordici a quindici, di conseguenza viene modificata la denominazione del Ministero dei Beni e delle attività culturali e per il turismo in Ministero della Cultura. Inoltre, viene istituito il Ministero della Transizione ecologica, che sostituisce il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, accorpando le funzioni di questo con quelle del Ministero dello Sviluppo economico, in materia di politica energetica e mineraria. Infine, viene mutata la denominazione del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti in Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili.

In particolare, l'articolo 1 modifica l'articolo 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, che disciplina l'organizzazione del Governo, interviene sull'elenco dei Ministeri, sostituendo la denominazione del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare con quello di Ministero della Transizione ecologica, disciplinato dai successivi articoli 2, 3 e 4 del decreto-legge, che prevedono tra l'altro il trasferimento al nuovo Dicastero delle funzioni in materia di politica energetica e mineraria nazionale, esercitate dal MiSE, nonché mutuando la denominazione del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti in Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, e modificando la denominazione del Ministero dei Beni e delle attività culturali e per il turismo in Ministero della Cultura. Tale modifica è consequenziale allo scorporo delle funzioni in materia di turismo, che sono attribuite ad un nuovo Dicastero, denominato Ministero del Turismo, con la corrispondente elevazione da 14 a 15 del numero massimo dei Ministeri.

All'articolo 2, i commi 1 e 2 disciplinano la ridenominazione e la trasformazione del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare in Ministero della Transizione ecologica (MiTE), prevedendo il trasferimento a questo delle competenze del Ministero dello Sviluppo economico in materia di politica energetica. Al comma 2 si individuano le funzioni e i compiti del nuovo Ministero della Transizione ecologica, ai quali si aggiungono quelli spettanti allo Stato, relativi allo sviluppo sostenibile, con il riferimento all'economia circolare. In materia di rifiuti, viene precisata la competenza del MiTE anche per la bonifica dei cosiddetti siti orfani, oltre alla sicurezza nucleare, alla disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi e alle agro-energie. Nel corso dell'esame in sede referente, è stato specificato che, nell'ambito delle materie di competenza del MiTE, rientrano: l'autorizzazione di impianti di produzione di energia di pertinenza statale, ivi compresi quelli da fonti rinnovabili, anche se ubicati in mare; oltre che la ricerca e la coltivazione di idrocarburi, anche la riconversione, dismissione e chiusura mineraria delle infrastrutture di coltivazione di idrocarburi ubicate nella terraferma e in mare e ripristino in sicurezza dei siti; inoltre, la radioprotezione e la radioattività ambientale. Si precisa che, nell'ambito delle competenze che passano dal MiSE al MiTE, rientrano le competenze inerenti all'attività delle società operanti nel settore di riferimento, l'esercizio dei diritti di azionista, allo stato esercitato dal MiSE nei confronti del gestore servizi energetici (GSE), l'approvazione della disciplina del mercato elettrico e del mercato del gas naturale e dei criteri per l'incentivazione dell'energia elettrica da fonte rinnovabile, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 e di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e l'esercizio di ogni altra competenza già a qualunque titolo esercitata dal Ministero dello Sviluppo economico.

Ciò fino alla data di entrata in vigore del decreto in esame in materia di concorrenza e di regolazione dei servizi di pubblica utilità nei settori energetici nonché, secondo quanto introdotto in sede referente, in materia di tutela dei consumatori utenti in coordinamento con il Ministero dello Sviluppo economico. Il comma 3 dispone la sostituzione delle rispettive denominazioni dei Ministeri coinvolti. Il comma 4 dispone il subentro del Ministero della Transizione ecologica al Ministero dello Sviluppo economico, con riguardo ad alcune funzioni soppresse. Il comma 5 interviene a modificare la denominazione del Comando carabinieri per la tutela ambientale. Il comma 6 dispone l'obbligo di adeguamento dello statuto dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Al comma 7 si precisano ulteriori competenze che passano dal MiSE al MiTE relative all'attività delle società operanti nei settori di riferimento, all'esercizio dei diritti di azionista, allo stato esercitati dal MiSE. Il comma 8-bis, introdotto in sede referente, aggiunge il Ministro della Transizione ecologica ai componenti di diritto del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, organo di raccordo politico-strategico sul tema della sicurezza nazionale.

L'articolo 3, commi da 1 a 3, disciplina il trasferimento al Ministero della Transizione ecologica della direzione generale per l'approvvigionamento, l'efficienza e la competitività energetica e della direzione generale delle infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari del MiSE, incluse le risorse umane, strumentali e finanziarie e la gestione dei residui; ai commi da 4 a 5, nonché ai commi da 4-bis a 4-quinquies, inseriti nel corso dell'esame in sede referente, si individuano, altresì, la dotazione organica del personale dirigenziale del Ministero della Transizione ecologica e si stabiliscono, inoltre, misure riguardanti la perequazione del trattamento economico del personale dirigenziale trasferito dal MiSE e del personale non dirigenziale del MiTE a quello del personale non dirigenziale trasferito dal MiSE, disponendone la copertura finanziaria; al comma 7 viene istituito, transitoriamente, presso il Ministero della Transizione ecologica, il dipartimento per l'energia e il clima, in cui confluiscono le due direzioni generali trasferite dal Ministero dello Sviluppo economico e la direzione generale per il clima, l'energia e l'aria, già istituita presso il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare; il comma 9 reca disposizioni in materia di controllo della regolarità amministrativa e contabile.

L'articolo 4, al comma 1, istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE), con il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione, attraverso l'approvazione del Piano per la transizione ecologica, di cui al successivo comma 3.

Nel corso dell'esame in sede referente si è precisato che restano ferme le competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile (CIPESS); al comma 2 si stabilisce la composizione del Comitato; al comma 4, secondo quanto specificato in sede referente, si prevede che, sulla proposta di Piano, è acquisito il parere della Conferenza unificata, nonché al comma 4-bis la trasmissione alle Camere di una relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano; al comma 5 si affida al CITE la funzione di deliberare sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui all'articolo 68, della legge n. 221 del 2015, cosiddetto “collegato ambientale”, che disciplina il catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, nonché quella di monitorare l'attuazione del Piano per la transizione ecologica; lo aggiorna in funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorità indicate anche in sede europea e adotta le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi; il comma 7 demanda a un DPCM, un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, l'istituzione di un Comitato tecnico di supporto del CITE.

Con l'articolo 5 si modifica la denominazione del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (MIT), sostituendola con la nuova: Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili. L'articolo 6, ai commi 1 e 2, modifica l'attuale denominazione del Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo in “Ministero della Cultura” e sopprime le attribuzioni da esso svolte in materia di turismo, novellando a tal fine il decreto legislativo n. 300 del 1999; al comma 2, si dispone l'istituzione del Ministero del Turismo e se ne disciplinano le relative attribuzioni, introducendo, a tal fine, nel decreto legislativo n. 300 del 1999, gli articoli da 54-bis a 54-quater, che costituiscono un nuovo Capo XII-bis rubricato “Ministero del Turismo”, nell'ambito del Titolo IV, relativo ai Ministeri.

Al Ministero del Turismo sono trasferite le funzioni, già esercitate dal Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo, in materia di turismo, eccettuato quelle attribuite ad altri Ministeri, ad agenzie e, fatte salve in ogni caso, le funzioni conferite, dalla vigente legislazione, alle regioni e agli enti locali; ai commi da 3 a 5 vengono disciplinate le aree funzionali e l'articolazione del Ministero, prevedendo, in tale ambito, che gli uffici dirigenziali generali coordinati da un segretario generale sono pari a 4 e rappresentando la disposizione in esame, diversamente da quanto dispone in via generale il decreto legislativo n. 300, la fissazione diretta, con fonte primaria per il Ministero del Turismo, del numero esatto degli uffici dirigenziali generali; ne è prevista, pertanto, la copertura finanziaria, così come l'incremento di risorse destinate agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della Cultura.

L'articolo 7 interviene con numerose disposizioni transitorie: al comma 1 il trasferimento al Ministero del Turismo delle risorse umane strumentali e finanziarie, compresa la gestione dei residui destinati all'esercizio delle funzioni dello stesso Ministero; al comma 2 il trasferimento di un dirigente di livello generale e di tre dirigenti di livello non generale, previa soppressione della direzione generale del turismo del Ministero dei Beni e delle attività culturali e per il turismo; il comma 3 individua la dotazione organica del personale del Ministero del Turismo, che nel corso dell'esame in sede referente è stata modificata con l'aggiunta di una posizione presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, con conseguente adeguamento da 16 a 17 delle posizioni di livello non generale; al comma 4 vengono definite le missioni delle competenti articolazioni amministrative del Ministero del Turismo; al comma 5 si dispone il trasferimento al Ministero del Turismo delle risorse umane assegnate presso la direzione generale del turismo del MiBACT; al comma 6 si interviene in merito al trattamento economico del personale con qualifiche non dirigenziali trasferito; al comma 8 si consente, nelle more dell'adozione del regolamento di organizzazione del Ministero del Turismo, una serie di misure volte ad assicurare la funzionalità del Ministero, come il potersi avvalere delle risorse strumentali e di personale dell'ENIT (Agenzia Nazionale del Turismo), un aumento del limite del contingente di personale degli uffici di diretta collaborazione del Ministro del Turismo, dell'impiego dell'organismo indipendente di valutazione previsto dal regolamento di organizzazione del MiBACT, sia per il Ministero del Turismo, sia per il Ministero della Cultura; al comma 11, modificato in sede referente, si stabilisce, altresì, che il contingente del personale degli uffici di diretta collaborazione del Ministro del Turismo sia elevato a sessanta unità; al comma 12, in sede referente, il Ministero del Turismo è stato autorizzato ad assumere a tempo indeterminato fino a 136 unità di personale non dirigenziale e se ne è prevista la copertura finanziaria a valere sulle facoltà assunzionali trasferite dal MiBACT; al comma 14 si prevede che le funzioni di controllo della regolarità amministrativa e contabile, attribuite al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato sugli atti adottati dal Ministero del Turismo, nella fase di prima applicazione, sono svolte dagli uffici competenti in base alla normativa vigente, ma entro il 31 dicembre 2021 è istituito un apposito ufficio centrale di bilancio di livello dirigenziale generale nell'ambito della Ragioneria generale dello Stato, per le cui necessità il Ministero dell'Economia e delle finanze è autorizzato a bandire apposite procedure concorsuali pubbliche, in deroga ai vigenti limiti assunzionali; ai commi 15 e 16 si dispongono le conseguenti misure finanziarie; ai sensi del comma 17, deve essere modificato lo statuto dell'ENIT (Agenzia Nazionale del Turismo), al fine di essere armonizzato con il nuovo assetto istituzionale.

L'articolo 8, comma 1, dispone circa l'attribuzione del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di innovazione tecnologica e transizione digitale, novellando l'articolo 5 della legge n. 400 del 1988. In tale ambito, la novella inserisce la previsione secondo cui il Presidente del Consiglio promuova, indirizzi e coordini l'azione del Governo nelle seguenti materie: innovazione tecnologica, attuazione dell'Agenda digitale italiana ed europea, strategia italiana per la banda ultra larga, digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle imprese, trasformazione, crescita e transizione digitale del Paese in ambito pubblico e privato, accesso dei servizi in rete, connettività, infrastrutture digitali materiali e immateriali, strategia nazionale dei dati pubblici; al comma 2 viene istituito il Comitato interministeriale per la transizione digitale, il quale costituisce sede di coordinamento e monitoraggio dell'attuazione delle iniziative di innovazione tecnologica e transizione digitale delle pubbliche amministrazioni competenti in via ordinaria. In particolare, le iniziative relative: alla strategia nazionale italiana per la banda ultra larga e alle reti di comunicazione elettronica satellitari, terrestri mobili e fisse; al fascicolo sanitario elettronico e alla piattaforma dati sanitari; allo sviluppo e alla diffusione delle tecnologie emergenti dell'intelligenza artificiale, dell'Internet delle cose e della blockchain.

I commi da 3 a 5 disciplinano la composizione e le modalità di funzionamento del comitato. Il comma 6 ne specifica le funzioni. Il comma 7 prevede l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di una segreteria tecnico-amministrativa del comitato, con compiti di supporto e collaborazione, la cui composizione è disciplinata al comma 9, prevedendo un contingente di esperti in possesso di specifica ed elevata competenza e da unità di personale non dirigenziale collocato fuori ruolo o in posizione di comando proveniente da pubbliche amministrazioni. Al comma 11-bis la norma approvata in sede referente prevede anche un incremento delle unità del contingente previsto dal decreto-legge n. 162 del 2019 e rende stabilmente strutturale il gruppo di supporto digitale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'attuazione delle misure di contrasto all'emergenza COVID-19, al fine di garantire al Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale le professionalità richieste per l'esercizio dei compiti attribuitigli. L'articolo 9 pone in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia, le funzioni di competenza statale in materia di Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, precedentemente gestito e ripartito dal Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. La norma è finalizzata a rendere coerente la titolarità del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza rispetto alle funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche di infanzia e adolescenza attribuite al Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero al Ministro delegato per la famiglia dall'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 86 del 2018. L'articolo 10 stabilisce che entro il 30 giugno 2021 i regolamenti di riorganizzazione dei Ministeri dello Sviluppo economico, della Transizione ecologica, della Cultura, delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e del Turismo, ivi inclusi quelli degli uffici di diretta collaborazione, sono adottati, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988, che prevede regolamenti governativi di delegificazione. Tali procedure semplificate di riorganizzazione coinvolgono tutti i Dicasteri interessati dalle modifiche introdotte con il decreto-legge, ovvero dal medesimo istituiti. Il comma 1-bis, adottato in sede referente, estende tale procedura semplificata di riorganizzazione anche al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. L'articolo 11 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri finanziari determinati dal provvedimento, che il comma 1 quantifica in 10.834.174 euro l'anno per l'anno 2021 e in 18.089.772 euro annui a decorrere dall'anno 2022. Tali oneri sono costituiti in gran parte dalle maggiori spese di personale connesse all'esigenza del nuovo assetto dei Ministeri. Da ultimo, l'articolo 12 stabilisce l'entrata in vigore del decreto-legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per cui è vigente dal 2 marzo 2021.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, onorevole Bergamini.

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Grazie, Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Felice Maurizio D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Grazie, Presidente, sono veramente contento di poter dire “grazie Presidente” al Presidente Mandelli; è la prima volta che parlo avendo da lei la parola e, quindi, è per me un momento importante, per il mio gruppo, per la conoscenza del suo valore e del suo merito, soprattutto in ordine ai lavori della Camera.

Quello in esame è un provvedimento che è stato ben espresso nelle sue linee generali dal relatore ma che nella conoscenza pubblica, diciamo, è stato non esattamente interpretato. È bene ricordare che siamo in materia di conversione del decreto-legge n. 22 del 1° marzo 2021, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri e non di riordino dei Ministeri, perché nella diffusione delle notizie in materia c'è stata, penso, anche una certa confusione e incomprensione. Noi in questo provvedimento abbiamo lavorato in Commissione Affari costituzionali, sulla base del testo del Governo, esclusivamente sulle competenze, sulle attribuzioni, sul modello costruito dalla compagine governativa adeguato alle prospettive che in questo momento la stessa Europa ci ha dato in funzione del nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza. Quindi, questa connotazione della compagine governativa non è un vezzo né una costruzione burocratica: è una riorganizzazione, un riordino delle attribuzioni che sono compatibili e adeguate alle prospettive che avremo con il Recovery Plan e con le prospettive che questo Governo si è posto e che ha posto il Presidente Draghi fin dal primo momento in cui si è presentato alle Camere per esporre il programma di Governo. È una conseguenza logica, ma è una conseguenza politica che caratterizza in maniera fondamentale, all'inizio dell'incedere di questo Governo, la prospettiva del famoso indirizzo politico di Governo che deve poi tramutarsi anche in un'organizzazione della compagine governativa. In Commissione abbiamo lavorato su questo. Anch'io immediatamente voglio, al di là dei soliti ringraziamenti, rivolgermi alle opposizioni, a Fratelli d'Italia, che ha tenuto un comportamento non solo corretto, perché poi l'opposizione decide qual è il comportamento, ma costruttivo di una destra costituzionale di governo che ha anche fornito spunti al Governo per migliorare questo provvedimento e, su alcuni punti, dimostrato che forse c'era qualche norma che non era del tutto congruente a quello stesso indirizzo che il Governo si era posto. Non è un ringraziamento di facciata o formale, ma è effettivamente ciò che è avvenuto in Commissione, e i lavori della Commissione tocca anche a noi riportarli poi in Aula perché sono l'esito di approfondimenti che hanno consentito sicuramente di migliorare il testo. Le forze di maggioranza lo hanno fatto, in coerenza con gli indirizzi del Governo e di un testo che era già frutto di un accordo politico solido; nello stesso tempo, dalle opposizioni sono intervenuti suggerimenti, alcuni anche molto delicati, che sicuramente poi in Aula saranno oggetto di emendamenti, che hanno però consentito di ricucire un testo nel migliore dei modi. Cos'è che caratterizza immediatamente questo provvedimento, questa riforma strutturale del Governo, il primo provvedimento di questo Governo che noi esaminiamo in maniera approfondita e completa? La cosa più importante, quella che emerge immediatamente e che ha avuto anche il clamore sui media, è quella, evidentemente, dell'istituzione del Ministero del Turismo. In Commissione abbiamo svolto molte audizioni, Federalberghi e altri operatori del comparto del turismo, comparto che è in grandissima sofferenza in questo momento. Non siamo certo noi con questo provvedimento a risolvere i problemi, però il Ministero del Turismo rappresenta anche un segnale di attenzione - di attenzione - rispetto a un settore che prima dell'emergenza sanitaria rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche e che in questo momento è, lo ripeto, in sofferenza e i soli “sostegni Ristori” o “sostegni Indennizzi”, come li vogliamo chiamare, non sono in questo momento sufficienti a garantire una tenuta in vista della ripresa; infatti, il Governo ha già previsto ulteriori provvidenze e anche un ulteriore eventuale scostamento di bilancio. Nonostante le difficoltà del settore, in audizione, in Commissione, ricordo quella di Federalberghi, del presidente Bernabò Bocca, si è percepita la voglia, la volontà, l'interesse a proporre, anche in questa fase e nella struttura del Ministero, tutto ciò che è necessario per essere vicini alle esigenze del Ministero. Noi siamo certi che la programmazione, il coordinamento e la promozione delle politiche turistiche nazionali, anche attraverso la definizione di progetti di sviluppo pensati ad hoc, sia quello che è stato chiesto dalle varie rappresentanze di categoria; ciò è quello che noi dobbiamo fare.

Il mio collegio è quello di Arezzo; vengo da una regione, la Toscana, che ha bisogno di una ripresa del comparto turistico, ne ha bisogno. Qui ci sono colleghi presenti che sono anche albergatori, che conoscono perfettamente cosa vuol dire gestire un'attività alberghiera, gestire un'attività turistica, coloro che devono prepararsi, a breve, anche nei lidi, sul mare, ad aprire, a ricostituire un tessuto che è del tutto fondamentale, centrale in alcune regioni; in tutta Italia, ma in alcune regioni è un volano fondamentale, senza il quale non c'è ripresa. E quindi questa attenzione al turismo è un'attenzione che qualifica ulteriormente l'indirizzo politico del Governo, perché è una scelta politica della maggioranza, è una scelta politica di questo Governo, con questa attenzione precisa a questo tema.

Proprio per questo Forza Italia ha assunto degli impegni, li aveva già assunti con le categorie; sì, perché si possono assumere impegni anche con le categorie e rappresentarle in Parlamento, e non c'è niente di male a farlo. Abbiamo assunto impegni e li vogliamo rappresentare in Parlamento, perché questo è anche il compito dei parlamentari, nel legame diretto con il corpo elettorale e con le esigenze di categorie che rispondono ad esigenze economiche del Paese, non a esigenze che sono solo di parte e sulle quali, infatti, c'è stata ampia condivisione. Noi per questo abbiamo proposto alcune proposte emendative, di carattere costruttivo, accolte dal Governo, e ringrazio la rappresentante del Governo che ha seguito tutti i lavori in Commissione con grande attenzione, accogliendo le proposte e facendosi da tramite - l'onorevole Bergamini, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento - con il Governo, per trovare le soluzioni più efficaci.

La nostra proposta prevedeva una specifica menzione e indicazione tra le attribuzioni, e quindi il tema iniziale delle attribuzioni e delle competenze, della promozione di politiche competitive in raccordo con altri Ministeri e agenzie in relazione alle funzioni dagli stessi esercitate in materia di interesse per il settore del turismo, perché è evidente che se il Ministero non ha anche questa capacità di coordinamento, non ha questo ruolo, primario, nel programmare politiche competitive, nel coordinare, nel raccordarsi con agenzie e con gli altri Ministeri che hanno spicchi di competenze in materia - frammenti alcuni; in altri, invece, le competenze ancora sono rimaste, al di là della riorganizzazione strutturale della compagine governativa, e quindi anche della mano amministrativa mediante la quale poi si realizzano le funzioni e gli scopi del Ministero -, se non c'è questo raccordo, non c'è questo coordinamento, è un po' difficile riuscire a svolgere un compito efficace. In quel senso, il Governo ha accolto la proposta di Forza Italia, che veniva dalle categorie che noi, con grande attenzione, rappresentiamo con riguardo a tutti i provvedimenti.

Così come sembra minoritaria o di minor momento, la questione del coordinamento, del raccordo con le regioni e l'Istat delle rilevazioni statistiche di interesse per il settore del turismo, sulle quali molti rappresentanti di categoria avevano insistito, perché queste rilevazioni, in accordo con le regioni e con l'Istat - se vi è una mano comune e una politica centrale coordinata con le regioni - consentono di avere dati precisi, che saranno utili per i ristori e per i sostegni, ma saranno utili per capire anche come intervenire e dove, nel momento della ripresa, perché, la rilevazione statistica diffusa, aperta, adeguata con gli attori istituzionali più importanti, non è un mero esercizio tecnico, ma è un esercizio necessario per programmare poi quelle politiche competitive del Ministero del Turismo senza le quali non si realizzano risultati. Questa idea Forza Italia e le forze di maggioranza l'avevano, e quella nostra richiesta emendativa è stata accolta; aveva un significato, cioè valorizzare, ripeto ancora, quell'indirizzo politico fondamentale che il Governo aveva espresso con l'istituzione del Ministero del Turismo. Abbiamo anche chiesto - anche questo è stato considerato - che gli uffici dirigenziali non generali del Ministero debbano, tra l'altro, avere nella loro missione la promozione turistica anche attraverso sistemi integrati - e questo noi chiederemo, anche nei prossimi provvedimenti, che si realizzi in maniera più specifica - in cui le eccellenze italiane della moda, del design, dell'agroalimentare, diventino centro dell'offerta turistica del Paese, in grado di sviluppare flussi turistici e che siano di massa, ma non soltanto, anche di qualità; quello che viene definito il made in Italy e sul quale noi abbiamo sempre proposto provvedimenti, anche testi che saremo pronti a riconsiderare sulla base dell'accordo di Governo, evidentemente, nella collaborazione con tutte le forze di maggioranza. Su questo tema, delle eccellenze e dell'offerta turistica del Paese, settori che specificano la nostra offerta turistica, continueremo a dare le nostre indicazioni. In questo senso, anche il Ministro Garavaglia si è dimostrato subito attento dalle prime mosse e dai primi adempimenti del Ministero, e sappiamo la sua attenzione e soprattutto la sua conoscenza delle esigenze dei territori, venendo dall'amministrazione dei territori e conoscendo quali sono le esigenze che poi devono essere realizzate nei vari ambiti, anche regionali.

Altro tema significativo - il relatore ha ben delineato la serie di questioni che significano e danno rilevanza a questo provvedimento, lo ha fatto indicando tutti i punti essenziali -: sulla politica economica che dovremo affrontare nei prossimi mesi, le sfide che dovremo fronteggiare, siamo consapevoli, pur nelle perplessità che sono state rappresentate, che l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Comitato interministeriale per la transizione ecologica specifichi un intento, anche questo fondamentale, di indirizzo politico di Governo: quello di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione. Cioè, finalmente si è individuato, al di là del Ministero, in questo Comitato l'organismo che accentra una serie di competenze, attraverso un'attribuzione - quindi problemi di attribuzioni, non altro, non di posizionamenti, ma di attribuzioni -; si è specificata, in questo Comitato interministeriale, una serie di competenze e attribuzioni che possono realizzare, in maniera concreta, una politica economica che tenga presente l'interesse generale della transizione ecologica, nella specificazione che deriva dalle indicazioni che abbiamo avuto anche nelle stesse linee guida dell'Unione europea sui Recovery Plan nazionali. Tuttavia, queste sfide sono legate - e qui molti colleghi, anche del mio gruppo, me lo hanno ricordato - a settori che sono funzionalmente a loro volta collegati con la coesione territoriale. Quante volte, Presidente, in Commissione bilancio – lei, allora, era capogruppo di Forza Italia - abbiamo lavorato – nelle leggi di bilancio, e non solo - a trovare questo collegamento funzionale e a realizzarlo praticamente, tra le politiche nazionali e la coesione territoriale, per realizzare provvedimenti e per essere specificamente capaci anche di allocare risorse proprie della coesione territoriale sui territori che ne avevano diritto, in particolare al Sud. Spesso lo abbiamo fatto, lo abbiamo proposto, non sempre ci siamo riusciti; ora, qui, secondo noi, manca - piccola lacuna - un ulteriore passaggio, di collegare la transizione ecologica a questo tema. E, infatti, noi avevamo proposto - non me ne voglia il rappresentante del Governo, ma lo volevo ricordare non per una lamentela, ma per ricordare un aspetto che, secondo noi, era importante - una modifica della composizione della commissione tecnica per i fabbisogni standard, disponendo, nella nostra proposta, la partecipazione ad essa di un rappresentante designato dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale. Purtroppo, questa proposta non è stata accolta, ma era una proposta che partiva da un'idea, che ricordo in particolare anche con il MoVimento 5 Stelle, nell'ambito della Commissione bilancio, spesso era emersa; e anche, devo dire, dal PD erano venute molte proposte sul tema.

Nell'indicazione dei fabbisogni standard è necessario dare a quella commissione tecnica un rappresentante del Ministro del Sud, nel momento in cui c'è il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e visto che poi questi fabbisogni sono collegati con la transizione ecologica -; non è il puntello del Ministero - in questo progetto manca un rappresentante del Ministero, che si occupi di coesione territoriale, laddove si indicano e individuano i fabbisogni standard. Mi sembra del tutto evidente che fosse necessario. Abbiamo capito le ragioni per le quali il Governo non ha potuto: erano ragioni anche tecniche, di ammissibilità. Quindi, ci mancherebbe, abbiamo regole stringenti – menomale che le abbiamo - all'interno della Camera, nella valutazione anche delle ammissibilità. Però, era stato poi riammesso l'emendamento. Ma su questo tema credo che il Governo debba fare una riflessione, perché, come ho spiegato, non è solo il posizionamento di un rappresentante in una commissione tecnica, ma è la cornice che unisce la transizione ecologica alla coesione territoriale e alla commissione che determina i fabbisogni standard, per poi la determinazione della distribuzione delle risorse. E come fa a non esserci il rappresentante del Ministero del Sud e della coesione territoriale, una volta che è istituito e una volta che la commissione svolge i suoi compiti? Soprattutto ora, in questa cornice che ho rappresentato, delle politiche economiche che il Paese dovrà assumere su di sé, in vista della realizzazione del Recovery Plan.

L'ottica con cui noi di Forza Italia lavoriamo – ma tutta la maggioranza lo ha dimostrato - non è di breve periodo: è di lungo periodo. Evitiamo di fare discorsi sulla durata o meno del Governo, perché qui non è un problema di durata, qui è un problema di programmazione, di progettazione, che è di lungo periodo necessariamente, per l'entità delle risorse che arriveranno in funzione del Recovery Plan. Quindi, non ci può essere una programmazione riferita ai tempi ridotti o marginali che spesso la politica italiana ritiene debbano governare le maggioranze o le proposte, no. E, a volte, pur in proposte che possono essere definite particolari, attenzione che il particulare, a volte o spesso, è elemento indicativo di un progetto più ampio, di una visione d'insieme, di un quadro normativo generale, come, in questo caso, dei fabbisogni standard.

Per il resto, il provvedimento è costruito sulla base di una specifica visione, che all'inizio del mio intervento ho voluto indicare. La ratio, il riordino delle attribuzioni dei Ministeri, è un riordino che, anche in altri temi che sono stati ricordati dal relatore, ha un obiettivo. Oggi il tema è il piano vaccinale, oggi il tema è fare presto per le vaccinazioni, ma il Paese deve essere pronto, fin dal Governo centrale, a dare una risposta allo stato, immediata, efficace, adeguata alle sfide che il Paese avrà di fronte nei prossimi giorni e nei prossimi mesi. Questo riordino era assolutamente necessario, misure senza le quali non saremo in grado di rispondere ai bisogni del Paese, perché la riorganizzazione e il riordino, non è, come dicevo prima, una mera distinzione o costruzione burocratica, ma è, invero, un compito di carattere politico. E qui la maggioranza ha dimostrato di avere una capacità di collaborazione non solo sui temi istituzionali, ma anche sull'indirizzo generale, perché vi siamo riusciti. Lo ha fatto il Governo, perché il decreto è del Governo, ma la parte emendativa, anche riferita all'attività della I Commissione, affari costituzionali, è stata certamente non ponderosa, ma significativa. È l'attenzione che noi porremo anche alla fase emendativa in Aula, perché vogliamo discutere. Il mio gruppo non ha presentato emendamenti, ma siamo pronti a recepire eventuali proposte di carattere emendativo nuove, eventualmente con il Governo, se ci sono ancora questioni da affinare. Infatti, poi, nel dibattito parlamentare, si riescono a individuare anche temi che sono, a volte, non del tutto considerati nella proposta iniziale. La centralità del Parlamento, io lo dico sempre, in tutti i miei interventi: è qui che il corpo elettorale è rappresentato; è qui che il Paese ha piena rappresentanza, nelle forze di maggioranza, nelle forze di opposizione; è qui che il Governo può trovare, e ha trovato, ampia collaborazione, perché tutti noi delle forze di maggioranza, ma anche dell'opposizione, siamo ben consapevoli della difficoltà del momento. Nessuno di noi ha dimenticato o dimentica quello che accade tutti i giorni e chi, come noi, nel gruppo di Forza Italia, ha questo contatto continuo con le categorie economiche, come dicevo prima, sa bene quali sono le esigenze. Anche il momento di evitare che le proteste salgano oltre un certo livello dipende da noi e dalla capacità di dare risposte. Non mi piace solo dire: cambio di passo, discontinuità. Sono parole vuote. Quello che conta è far capire che, con serietà, con sobrietà, con rigore - perché questo ci chiede il Paese - pochi frizzi e lazzi, poche urlate mediatiche, poche stupidaggini televisive – con tutto il rispetto degli organi di informazione -; qui ci vuole sobrietà, rigore, serietà, certezza in quello che facciamo e nelle risposte che diamo, anche in questo provvedimento. E questo è il profilo di questa maggioranza e di questo Governo, e finalmente siamo tornati a tenere conto della competenza, delle esigenze del Paese, e del fatto, con tutto il rispetto, che “uno vale uno”, no, non sempre, con tutto il rispetto per gli amici dei 5 Stelle: tutti valiamo, ma soprattutto in questo momento sono necessarie competenze e – ripeto – sobrietà, serietà e rigore, perché il Paese sta soffrendo molto, molto, e noi abbiamo il dovere di dare risposte immediate ed efficaci. Questo provvedimento, pur non sempre ben compreso all'esterno delle Camere e del Governo, ha, invece, un ruolo fondamentale, perché è il primo atto che dimostra, da un lato, come dicevo prima, qual è l'indirizzo politico del Governo e quali sono gli obiettivi; dall'altro, interviene sulle attribuzioni dei Ministeri, non in senso formale, ma in senso sostanziale, per essere immediatamente pronti alle sfide che questo Paese dovrà affrontare, e già sta affrontando. Per questo credo che sia anche una prova della maggioranza, che ha dimostrato che su alcuni temi ci sono gli spazi per lavorare insieme, anche perché questo Governo è fondato su questo presupposto. Se non c'è questo spazio, vuol dire che non siamo in grado di rispondere a quelle che sono le richieste che vengono dall'Italia e dai concittadini.

Io penso, a questo punto, che posso anche concludere il mio intervento, ringraziando il Governo, il relatore per la maggioranza, per la pazienza che ha avuto anche nell'ascoltarmi spesso in Commissione, così come i miei colleghi, convinto che questo è un primo passo, dal quale possiamo trarre anche spunti per un modello di comportamento e di condotta all'interno della maggioranza e nei rapporti con il Governo.

Chiaramente, io chiudo il mio intervento, nuovamente come ho iniziato, ringraziando anche l'opposizione e gli amici di Fratelli d'Italia, per le modalità con le quali hanno affrontato il dialogo con la maggioranza e per la loro volontà di dare un contributo costruttivo, sempre ovviamente tenendo ferma la barra sui loro temi e sulle loro questioni. Credo che, in questo modo, possiamo veramente essere pronti, e degni del ruolo che abbiamo e che il Paese ci chiede in questo momento, come risposte, degni soprattutto di dare veramente risposte e di farlo avendo in mente il bene del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Ettore, anche per le sue cortesi espressioni, che mi ha riservato. È iscritto a parlare l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Grazie, Presidente. Anch'io ringrazio il collega D'Ettore per il riconoscimento del lavoro compiuto in Commissione dai colleghi Prisco e Montaruli, è un riconoscimento che ci fa piacere e lo ringrazio anche per aver usato la parola “lidi” nel suo discorso, che è una parola che è cara a più di un collega in quest'Aula. Sul riordino delle attribuzioni dei Ministeri, vorrei svolgere alcune considerazioni generali. È evidente che questo riordino è stato influenzato sicuramente dall'uso di pesi e contrappesi politici e da un aumento delle risorse gestionali che, in alcuni casi, non ci ha visto assolutamente d'accordo.

Noi abbiamo compreso alcune logiche che stanno dietro a questo riordino, fra le quali quella della creazione del MiTE, però, in merito, vogliamo sottolineare che le competenze del MiSE siano state eccessivamente limitate e ci chiediamo se questo sia il frutto di una semplice spartizione, una nuova spartizione fra soggetti politici e personaggi politici o se, dietro, ci sia anche un'impostazione ideologica che vedrebbe contrapporre la tutela ambientale allo sviluppo. Ci auguriamo che così non sia; certamente, questo trasferimento di competenze dal MiSE al MiTE un pochino lo lascia credere e non vorremmo, quindi, che tali limitazioni imposte al Ministero dello Sviluppo economico siano dovute anche a considerazioni di questo tipo, politiche e partitiche. Temiamo, poi, che le enormi competenze attribuite al MiTE ingenerino problemi di efficienza amministrativa, tenuto conto che dovrà occuparsi non solo dell'importante settore delle energie, ma anche dei consorzi di bonifica, di dissesto idrogeologico, di nucleare, anche con riferimento alle attività della SOGIN, ossia tutta una serie di competenze che hanno, infatti, già costretto a prevedere comitati, cabine di regia, che riteniamo, però, di difficile gestione. Avremmo preferito, quindi, che alcune competenze rimanessero al Ministero dello Sviluppo economico. Non siamo pregiudizialmente contrari a questa impostazione, ma, come rilevato, molto dipenderà dalla concreta gestione delle dinamiche che sono state innestate.

Altro punto fondamentale, secondo noi, è quello del Ministero del Turismo, che, ricordiamo a tutti, è una storica battaglia di Fratelli d'Italia, che, ancora all'inizio di questa legislatura, aveva avanzato una precisa proposta di legge, la n. 1900, che era volta alla restituzione del Ministero del Turismo, magari con un iter un po' diverso, ossia un iter di riforma costituzionale che andasse ad incidere profondamente e definitivamente sulla ripartizione delle competenze, anche nel confronto con le competenze delle regioni. Il rischio, avendo intrapreso questa strada, è che si possano fare marce indietro che noi naturalmente non auspichiamo, perché la questione delle competenze con le regioni è dirimente per non correre il rischio di creare, poi, una scatola vuota che può essere richiusa e riposta da qualche parte. Il nostro augurio, invece, è che si possa far sì che questa riappropriazione nazionale di una governance del settore sia definitiva. Anche in questo caso, vedremo l'esito in Aula delle nostre proposte emendative per una valutazione finale in merito. Intanto abbiamo apprezzato, però, che, ancora in Commissione, sia stato approvato il mio emendamento 7.9, perché riteniamo imprescindibile che, fra le future competenze del Ministero del Turismo, ci siano la promozione delle politiche competitive, il raccordo con gli altri Ministeri e con le agenzie, il raccordo con regioni e Istat, ma anche il raccordo con il Ministero per la transizione digitale, nell'ottica, poi, del dotarsi in futuro degli strumenti per una gestione nazionale della promozione turistica. E segnalo, anche in questo caso, la presenza di una precisa proposta di legge di Fratelli d'Italia, anche quella piuttosto datata, che ci auguriamo possa essere la base anche per una riforma della fiscalità su OTA e piattaforme web. Io credo che questo momento epocale, di grandi rivoluzioni sia quello giusto perché lo Stato italiano chiarisca definitivamente il regime di fiscalità ed i limiti che devono essere imposti alle OTA e alle piattaforme dell'e-commerce in generale. Noi non possiamo continuare a tollerare provvigioni del 25 per cento operate da multinazionali che non pagano neanche le tasse in Italia, per usare un termine piuttosto chiaro.

Parlavo all'inizio di aumento di risorse gestionali anche per il turismo. A volte, non siamo stati d'accordo sull'uso di queste risorse, l'abbiamo segnalato o fatto presente e abbiamo apprezzato il fatto che il Governo si sia impegnato a rivederle in alcuni casi. Parlo di turismo, naturalmente. Voglio fare una precisa segnalazione che riguarda ancora il Ministero della Cultura: mi riferisco alle sovrintendenze che, spesso, costituiscono dei freni enormi anche per semplici ristrutturazioni. In alcuni casi, in alcune zone (citiamo quella di Lucca, Massa-Carrara, visto che è più a mia conoscenza) bloccano la realizzazione di qualsiasi tipo di opera, lamentando magari la carenza di organico - è un mondo dove investire risorse - oppure modalità operative che le costringono a far attendere un anno, due anni, per dare un semplice permesso per svincolare la realizzazione di un'opera.

In generale, l'atteggiamento dei Fratelli d'Italia sarà, come è stato in Commissione e anche in Aula, quello di valutare le proposte emendative, laddove si può andare a correggere sicuramente i limiti che il riordino delle attribuzioni ai Ministeri presenta. Auguriamo naturalmente al Governo un buon lavoro; capiamo che ci può essere una visione, che sta alla base (prima il collega D'Ettore lo affermava), di lungo periodo: ne vogliamo vedere i segni anche durante il dibattito e le votazioni, poi, in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. Io mi limito a sottolineare due punti. Il primo è questo: ciascun Governo ha il diritto-dovere di modellare, nei termini ragionevoli, senza fare e disfare tutto ogni volta, la propria struttura ministeriale sulla base del proprio indirizzo politico. Ad una strategia deve corrispondere una struttura. Cercando di ridiscutere ogni volta i pilastri della legge n. 400, che resta la legge ordinamentale che ci guida in questo campo, però, c'è un'esigenza di flessibilità che ciascun Governo, con le sue proposte politiche, fa valere.

Secondo punto: in questo caso specifico, c'è qualcosa in più che attiene anche al dibattito che abbiamo fatto la scorsa settimana sull'approvazione della relazione sul PNRR, perché due delle scelte fondamentali di questa struttura ministeriale - in particolare, il Ministero della Transizione ecologica e il Ministro per la transizione digitale - corrispondono a due delle chiavi di priorità individuate in quella relazione che ci ha visto concordi sotto la regia del relatore Melilli e il lavoro corale di tutte le Commissioni. Qui vorrei rispondere in particolar modo, visto che il dibattito serve a questo, al collega Zucconi, che poneva due problemi.

I due problemi che ha posto il collega Zucconi sulla Transizione ecologica erano, in realtà, i problemi, se lo andiamo a rivedere, che vi furono nel dibattito del 1986 sulla costituzione del Ministero dell'Ambiente; anche in quel dibattito, c'erano resistenze trasversali che paventavano un approccio ideologico, per cui l'ambiente avrebbe potuto fare da vincolo eccessivo allo sviluppo economico. Però, l'esperienza ha dimostrato che, in realtà, il Ministero dell'Ambiente ha ben operato e non ha funzionato come vincolo negativo, ma, anzi, come risorsa. Il secondo punto che toccava il collega Zucconi era l'intreccio tra le competenze nazionali e quelle regionali, perché ci sia una coerenza e non ci siano contraddizioni.

Anche in questo caso, però, la prova provata del Ministero dell'Ambiente è illuminante, perché la presenza di un Ministro dell'Ambiente nei Consigli dei Ministri ha spesso portato, prima e anche dopo il Titolo V, a impugnative di leggi regionali, che, violando l'articolo 117, andavano proprio contro un'esigenza moderna di tutela dell'ambiente. E anzi, spesso, le regioni, memori di questo, sapendo che c'era questo deterrente in Consiglio dei Ministri, un Ministro dell'Ambiente esigente, hanno evitato, già a priori, di fare leggi discutibili in materia ambientale. Quindi, questo vale soprattutto il nuovo Ministero della Transizione ecologica, ma anche avere un Ministro che non ha un portafoglio, ma che ha un ruolo di coordinamento sulla transizione al digitale, è senz'altro una risorsa dentro il Consiglio dei Ministri. E sono, penso, delle acquisizioni che resteranno tali anche oltre questo Governo. Per questa ragione, noi siamo estremamente favorevoli a questo testo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Corneli. Ne ha facoltà.

VALENTINA CORNELI (M5S). Grazie, Presidente. Sarò anch'io molto breve perché il collega relatore è stato assolutamente esaustivo. Io vorrei, però, sottolineare l'importanza di quello che stiamo facendo oggi, perché, al di là del riordino ministeriale, io penso che si stia realmente portando a compimento una piccola rivoluzione, seppur mite, gentile, culturale. Importantissimo il tema del turismo, certamente, perché questa risorsa, inestimabile, del nostro Paese deve avere il valore che merita, deve avere riconosciuto il valore che merita. Sicuramente ci sono molti problemi relativi alla frammentazione regionalistica delle competenze, però anche il collega mi insegna, con il principio di chiamata in sussidiarietà possiamo riuscire comunque a riportare sotto il controllo dello Stato una materia che ha una rilevanza nella misura in cui il nostro Paese deve essere riconoscibile nel mondo in maniera unitaria, in maniera complessiva, nella sua grande bellezza.

Penso anche alla piccola rivoluzione - perché la forma è anche sostanza - del Ministero dei Trasporti, che diventa Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile. E penso, certamente, all'istituzione del MiTE, quel Ministero che abbiamo tanto voluto, e lo abbiamo tanto voluto proprio perché per noi questo rappresenta un simbolo: un simbolo che deve andare assolutamente oltre questo Governo e la durata limitata di questo Governo, il simbolo di una rivoluzione che è arrivata a compimento. Il MoVimento ne parlava da più di dieci anni, Beppe Grillo addirittura da trenta, e oggi finalmente il Paese è pronto, oggi finalmente tutti, indistintamente, hanno riconosciuto che avevamo ragione noi: la rivoluzione può avere inizio e, consentitemi di dirlo, meglio tardi che mai. Con il lavoro fatto dal Presidente Conte in Europa, abbiamo più di 200 miliardi che devono essere utilizzati per recuperare il tempo perso, perché l'Italia deve diventare finalmente un Paese moderno, sostenibile e competitivo.

Tanto abbiamo fatto in questi tre anni, penso a tutto il lavoro del Ministro Costa, penso al superbonus, all'ecobonus, al sisma bonus, penso a tutti gli incentivi per la mobilità sostenibile, che tanto sono stati ridicolizzati forse da chi voleva frenare il cambiamento, ma non c'è riuscito, perché i risultati ci sono stati, e sono stati oltre le aspettative, lasciatemelo dire. E penso, da ultimo, alle comunità energetiche, che sono diventate realtà: oggi le famiglie, le imprese, le piccole e medie imprese e gli enti locali possono condividere l'energia da fonti rinnovabili per autoprodurla, consumarla, immagazzinarla, venderla; anche questa è una piccola rivoluzione gentile, culturale, mite. Adesso dobbiamo puntare, come hanno detto anche i colleghi, sul Comitato interministeriale per la transizione digitale, dobbiamo puntare sul Comitato interministeriale per la transizione ecologica, che si occuperà proprio di coordinare tutte le politiche in materia di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, mobilità sostenibile, infrastrutture relative anche alle risorse idriche, alle scarse e preziosissime risorse idriche, alla qualità dell'aria, alla economia circolare. Bisogna cambiare davvero ogni paradigma.

Diciamo che il carburante del futuro deve essere l'intelligenza, intelligenza declinata anche come consapevolezza: consapevolezza della scarsità delle risorse, consapevolezza del fatto che non si può più lavorare per produrre esternalità negative, come ci insegnavano al corso di economia politica. Bisogna lavorare anche meno, ma lavorare tutti e produrre benessere per tutti.

Penso che questa transizione ecologica debba andare di pari passo con un'altra transizione, che è quella solidale. Solidarietà: la solidarietà è l'architrave del nostro sistema costituzionale, solidarietà verso chi ha perso il lavoro, solidarietà verso gli ultimi, verso i più poveri, solidarietà intergenerazionale, verso le generazioni future, solidarietà anche verso gli animali, solidarietà verso altri popoli. È quella ecologia integrale di cui parla Papa Francesco: in un mondo così interconnesso, non possiamo salvarci da soli; questo è il fulcro di tutto; e questa pandemia, purtroppo, ha accentuato, ha esasperato le disuguaglianze che già esistevano, diseguaglianze tra ricchi e poveri, ha spazzato via la classe media, ha avuto un impatto devastante sulle donne. Su tutto questo dobbiamo agire, attraverso la solidarietà. Il Premio Nobel Stiglitz ci insegna che le regole del gioco sono studiate proprio, progettate per favorire chi è già all'apice della scala dello sviluppo, noi dobbiamo andare ad agire lì, strutturalmente, su quelle dinamiche di potere che sono incorporate nell'economia globale, per cambiare tutto, per cambiare, per ricostruire tutto su basi diverse, su basi più giuste, su basi solidali. E sono veramente contenta che su questo fronte finalmente siamo pronti, finalmente siamo uniti: l'atteggiamento costruttivo che si è avuto su questo provvedimento penso che lo dimostri. Quindi, adesso è il momento di agire, perché magari c'è sempre qualcuno che riesce a guardare un po' avanti rispetto agli altri, ma l'importante poi è, alla fine, arrivare tutti.

Io penso a due donne che hanno guardato avanti su questo fronte, infatti i due principali libri di ecologia politica del ventesimo secolo sono stati scritti da due donne: una è Rachel Carson, una zoologa, professoressa, che ha scritto il famoso Primavera silenziosa, che inizialmente fu ridicolizzata, derisa, e poi invece divenne negli Stati Uniti un eroe nazionale; e penso anche a Donella Meadows, che invece è una chimica, con dottorato in biofisica ad Harvard, che ha scritto, insieme ad altri autori, The limits to growth, i limiti della crescita, e ha spiegato proprio che cos'è la transizione ecologica, qual è l'obiettivo della transizione ecologica: più benessere per tutti, meno danno per il pianeta, quindi meno danno per tutti.

Quindi, siamo pronti, noi abbiamo voluto il Ministro Cingolani, perché il suo curriculum parla da solo, non c'è bisogno di altro. Però, buon lavoro anche alla nostra dottoressa Fontana Ilaria, buon lavoro al Governo, buon lavoro a tutti noi (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Angelis. Ne ha facoltà.

SARA DE ANGELIS (LEGA). Grazie, Presidente. Oggi siamo alla fase conclusiva per l'approvazione di un provvedimento, a mio avviso, molto importante, che riguarda il riordino delle attribuzioni dei Ministeri; importante per due ragioni: la prima è che si tratta di una riforma di carattere ordinamentale, che permette la riorganizzazione di alcuni Ministeri e il trasferimento di alcune loro funzioni; la seconda, perché rappresenta un passo in avanti per una più ottimale ed efficiente gestione dei fondi per la ripartenza.

È un testo che ha visto l'accoglimento di numerosi emendamenti, alcuni anche dell'opposizione, lo ricordavano prima i colleghi della I Commissione, e che quindi ha dimostrato di essere frutto di un dibattito relativamente significativo tra tutte le forze politiche. Questa larga convergenza politica, a cui ha responsabilmente contribuito anche la Lega, è tanto più importante soprattutto se si considera che i tempi stretti hanno imposto di procedere con lo strumento della decretazione d'urgenza.

Per entità dell'intervento di riordino e rilevanza dei settori coinvolti merita, innanzitutto, sottolineare la riacquistata autonomia del Ministero del Turismo dal Ministero per i Beni culturali; questa scelta evidenzia la consapevolezza che il turismo è un interesse primario del nostro Paese e, perciò, ha bisogno di un'attenzione particolare. Soprattutto in questo momento: sicuramente uno dei settori trainanti dell'economia italiana, coprendo il 13 per cento del PIL, il turismo è passato ad essere il settore più in crisi tra tutti quelli colpiti dalla pandemia. Nel 2019 il fatturato prodotto dal solo turismo straniero superava i 40 miliardi di euro, ad oggi, l'intero comparto, che è quasi del tutto fermo per il turismo straniero, ha registrato perdite pari al 90 per cento rispetto agli anni precedenti. Deve essere obiettivo primario del Governo riuscire a recuperare il terreno perduto in questo anno, nel più breve tempo possibile, e tale obiettivo, come anche sottolineato dal Ministro Garavaglia, potrà essere possibile solo ridando subito fiducia sia agli operatori del settore che ai turisti, pensando ad iniziative e azioni concrete che hanno bisogno, per poter essere il più possibile efficaci, di un input e di un coordinamento centralizzato.

L'istituzione di un Ministero del Turismo è sicuramente un segnale incoraggiante, perché consentirà di promuovere specifici interventi per il settore, ma lo scorporo è sintomatico anche di un'altra importante novità: ci dice che il turismo è anche un bene diversificato e che la strategia del turismo legata esclusivamente al nostro patrimonio culturale non basta più. Oltre al consolidamento del turismo tradizionale, grandi città d'arte e balneari, devono essere capaci di pensare ad un'offerta diversificata con un'attenzione per i turismi minori, come quello fieristico, congressuale e agro-gastronomico.

Un altro punto del provvedimento riguarda la trasformazione del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare in Ministero della Transizione ecologica e l'acquisizione da parte di quest'ultimo delle competenze in materia di politica energetica, sia per le fonti rinnovabili che non. Unire politica energetica e ambientale rappresenta certamente una tappa importante nel percorso di tutela dell'ambiente, anche nell'ancoramento delle politiche energetiche a standard di sostenibilità e autonomia dalle fonti di energia di Stati esteri.

È importante, però, che le esigenze ambientali siano contemperate con quelle di sostegno al lavoro e dei settori economici e produttivi più colpiti dall'emergenza dovuta alla pandemia. Sotto quest'ottica è necessaria una visione innovativa di sviluppo del sistema socio-economico, ma anche un'attenzione alle esigenze delle imprese che devono essere messe in condizione di uscire da questa crisi. È questa visione che l'Italia deve portare al prossimo negoziato sulla legge europea sul clima.

Vengo, adesso, ad affrontare l'ultimo punto, la transizione digitale. Come ha ricordato il Ministro Giorgetti nella sua audizione, la strategia per il digitale si è già tradotta nell'adozione di specifici atti normativi da parte della Commissione europea, atti che hanno come oggetto una riforma della disciplina delle infrastrutture, dei servizi e del mercato. Questo è il momento anche per il nostro Paese di avviare una serie di riflessioni in merito; penso alla concreta realizzabilità della rete unica, all'utilizzo del sistema blockchain o dell'algoritmo come ausilio alle imprese e alla pubblica amministrazione. Le tecnologie innovative, i servizi digitali che sollevano molte questioni anche di carattere etico non rappresentano ormai semplicemente un'opzione ma rappresentano una necessità. Si tratta quindi di gestire il passaggio e di gestirlo al meglio, come, ad esempio, l'aver pensato alla creazione di un Istituto italiano sull'intelligenza artificiale.

Mi auguro che con l'istituzione del Comitato interministeriale per la transizione digitale e le relative attribuzioni in materia digitale al Presidente del Consiglio sulla competenza digitale si possa finalmente attuare l'Agenda digitale di cui da tanto si parla. Questa nuova ristrutturazione degli uffici chiave guiderà la ripresa del nostro Paese; è il primo passo verso una riorganizzazione della cosa pubblica in tutti i suoi ambiti. L'Italia ne ha davvero bisogno e questo, a mio avviso, è un primo passo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Grazie, Presidente. Innanzitutto, una breve considerazione di metodo rispetto alla continua modificazione della struttura del Governo anche all'interno della stessa legislatura che, se da un lato rappresenta la necessità di adattarsi a una linea politica anche differente, altre volte rappresenta un momento di grande incertezza soprattutto in tempi come quelli attuali, per cui non si può, in una Nazione complicata burocraticamente come l'Italia, lasciare troppo tempo indietro, soprattutto in queste fasi, per spostare uffici, competenze e personale.

Fratelli d'Italia ha affrontato questo provvedimento come ha fatto con tutti gli altri in questa legislatura, con la forza della coerenza, delle proposte e della disponibilità a migliorare le cose; lo hanno riconosciuto - e li ringrazio - anche alcuni colleghi di maggioranza. Ricordo, su tutte, la battaglia per il Ministero del Turismo che ha condotto sia nel Governo Conte 1 sia nel Governo Conte 2 per richiamare l'attenzione del Parlamento sulla necessità di dare un interlocutore autorevole unico al mondo del turismo, quando altri volevano chi metterlo con l'agricoltura, chi metterlo con la sola cultura e con i beni culturali; ed ha finalmente trovato nel Presidente Draghi un Governo capace di strutturare ed iniziare la strutturazione di questo Ministero che mi auguro possa avere permanenza duratura.

Analoga questione, invece, non è stata per il Ministero dello Sport. Abbiamo tentato di riproporre questo tema nel corso del dibattito in Commissione, ma è stato cancellato e poi derubricato a semplice delega a un sottosegretario, seppur sportivamente pluri-medagliata. Non ha colto, questo provvedimento, la necessità, soprattutto in questo momento in cui si dovrebbe pensare al post pandemia, di dare un interlocutore forte, autorevole, che sieda in Consiglio dei ministri, al mondo dello sport; un mondo che è stato penalizzato anche da provvedimenti assurdi assunti dal Governo, un mondo che si regge soprattutto sul volontariato, che si regge soprattutto sulle società sportive, che si regge sull'impegno volontario e civico di tante donne e uomini che rendono possibile il funzionamento dell'impiantistica sportiva, che rendono possibile ai nostri figli, ma anche a noi, di fare sport, e questo significa un investimento nel sociale, nel valore dell'educazione, nel valore del rispetto e nella salute in termini di prevenzione.

Non sappiamo ciò che si troverà, alla fine del tunnel di questa pandemia, di quel mondo dello sport e, forse, questo mondo, che occupa tante persone, avrebbe avuto bisogno di un interlocutore unico, forte, autorevole, capace di farne in qualche modo da sindacato, non perché bisognasse difendere interessi di Tizio e di Caio, ma perché, nella difesa dell'interesse dello sport e del mondo del volontariato, che attorno ad esso ruota, vi è gran parte dell'interesse del futuro della nostra Nazione.

Fratelli d'Italia ha tentato di riproporre un altro tema che è stato nelle deleghe sbrigativamente cancellato, quello del Ministero del mare, sul quale pende anche una proposta di legge della presidente Meloni.

Ricordo all'attenzione di quest'Aula che per l'Italia il mare rappresenta 155 mila chilometri di costa, 350 mila chilometri quadrati di acque, 200 mila imprese che vanno dalla pesca al turismo marittimo ai trasporti marittimi. Forse, il futuro dell'Italia meritava, assieme alla digitalizzazione e ad altre importanti scelte di trasformazione culturale, prima che infrastrutturale, anche un investimento su questa importante risorsa per la nostra Nazione che rappresenta, a nostro avviso, non soltanto una sfida e un'opportunità, ma anche e soprattutto una missione che la storia, l'identità, la cultura, la geografia dell'Italia assegnano a questa Nazione e che è stata sbrigativamente nascosta tra le deleghe secondarie di questo o di quell'altro Ministero.

Veniamo poi a quella che dovrebbe essere la più grande innovazione di questo nuovo assetto di Governo: il Ministero della Transizione ecologica o - come alcuni lo hanno ribattezzato - della transazione politica, perché nasce frettolosamente, male, in modo sbrigativo per rendere possibile l'ultimo inganno del Movimento 5 Stelle. Era rimasto l'ultimo impegno da tradire, in questa legislatura, dopo aver fatto un Governo con gli amici della Lega e aver detto in campagna elettorale che non sarebbero mai andati con Salvini, per poi dire, in campagna elettorale, che non avrebbero mai fatto Governi con il partito di Bibbiano, per poi fare il Governo con il Partito Democratico; infine, l'ultima grande promessa, che non avrebbero mai fatto un Governo con il Presidente Berlusconi, per poi fare un Governo nel quale ovviamente hanno dovuto accettare anche la presenza - molto più autorevole di molti dei loro esponenti - degli amici di Forza Italia.

Infine, c'era l'ultimo baluardo della coerenza grillina: mai, mai con il banchiere Draghi! Con un referendum che ha scatenato l'ilarità di tutti, hanno dovuto accettare anche l'ultimo miserrimo compromesso, accettando appunto la persona autorevole, come il Presidente Draghi, a Primo Ministro. Lo hanno fatto, inventandosi il Ministero della Transizione ecologica che doveva essere la foglia di fico, dietro la quale nascondere questa cessione all'ultimo baluardo di coerenza del movimento.

Una transizione ecologica che il Ministero va ad acquisire con alcune importanti deleghe ma in modo frettoloso, innanzitutto perché la transazione ecologica non è il Green New Deal di competenza prettamente statale, dal momento che i tempi per la costruzione del Ministero e, quindi, per il trasferimento degli uffici vanno troppo a rilento rispetto alle sfide da cavalcare, anche per agganciare questa importante missione europea; inoltre, non si capisce perché il Ministero dell'ambiente non sarebbe stato all'altezza nel seguire alcuni temi importanti, le cui deleghe vengono conferite a questo Ministero. Così come non si comprende perché vengono cancellate e spostate in questo Ministero, se non per dar forza al partito del “no” del MoVimento 5 Stelle, alcune competenze strategiche del Ministero dello Sviluppo economico, in particolar modo, quelle energetiche che sono intimamente legate al tessuto economico ed industriale nazionale, e certo non possono essere valorizzate da chi crede che lo sviluppo economico del Paese sia la decrescita felice o il reddito di cittadinanza, ma piuttosto da chi magari immagina che la crescita di una Nazione avvenga anche con la crescita delle imprese, dell'industria, di chi il lavoro lo crea.

Inoltre, anche a dimostrazione di quanto sia stata frettolosa questa scelta, il Comitato interministeriale di transizione ecologica esclude incredibilmente due aspetti fondamentali che non possono essere sottovalutati: la presenza del Ministro degli Esteri e quello del Ministro della Salute, due elementi qualificativi su cui Fratelli d'Italia ha molto battuto sia nella I Commissione sia nelle Commissioni di merito.

Permettetemi poi un'ultima battuta sulle modalità con cui è stato costruito questo Ministero: ogni emendamento è stato riformulato con una riscrittura di fatto delle competenze, ma soprattutto delle poltrone e dei costi. Ad ogni emendamento sembrava l'asta del “Mercante in fiera” in cui le somme per imprecisati motivi crescevano di volta in volta.

Infine, la pagina più scura di questo decreto che cade come una scure sul Ministero della Cultura, a cui, con questo decreto - ricordo - sono state tolte le competenze del Ministero del Turismo, che finalmente, anche grazie alla battaglia fatta in questi anni da Fratelli d'Italia, è stato costituito e a fronte del quale, nel ridisegnare gli assetti di Governo, del Governo Conte-bis, erano state assegnate 100 unità aggiuntive di personale, oltre alla normale dotazione ministeriale. In aggiunta a ciò, tale decreto prevede ancora l'aggiunta di quasi 700 mila euro come uffici di diretta collaborazione del ministro.

Su questo Fratelli d'Italia ha condotto una battaglia forte da quando è stato emanato questo decreto e in Commissione perché questa norma fosse cancellata. Ci è dispiaciuto che i nostri emendamenti sul punto, in Commissione, siano stati respinti, perché, in un momento in cui l'Italia è in ginocchio, in un momento in cui alle imprese, con uno strano meccanismo perverso, si assegnano 1.000 euro di ristoro per mesi e mesi di chiusura in conseguenza dei provvedimenti del Governo, in un'Italia che ha visto provvedimenti assurdi e che rischia di vedere, alla fine del tunnel della pandemia, oltre il 40 per cento delle imprese chiuse, in un momento in cui gli italiani hanno incertezza, se avranno ancora un posto di lavoro con cui sfamare la propria famiglia, senza dover ricorrere al reddito di cittadinanza, non si possono aumentare di 700 mila euro, non le dotazioni per il funzionamento del Ministero, ma lo staff del ministro! Su questo aspetto continueremo una battaglia fino a quando - mi auguro domani, come è stato annunciato dal sottosegretario Bergamini nel corso dei lavori della Commissione, che ringrazio per la libertà, il coraggio, la determinazione con cui ha saputo gestire questa imbarazzante pagina di questo decreto - verrà confermato l'impegno, spero unanime, di quest'Aula per cancellare questo uovo di Pasqua che si è rotto.

Ciò è avvenuto anche grazie a un'opposizione patriottica che ha reso possibile un dibattito che altrimenti sarebbe passato in cavalleria. Dicevo che, di questo, ringrazio e colgo l'occasione anche di ringraziare il relatore per la correttezza che ha dimostrato nel dibattito, rispetto anche alle proposte e ai temi avanzati dall'opposizione. Spesso, quando le maggioranze sono troppo eterogenee, si trovano compromessi al ribasso - ed è questa una delle ragioni principali per cui Fratelli d'Italia ha deciso di rimanere fuori da questo Governo - o al rialzo, come nel caso del Ministero della Cultura, e ha deciso di fare un'opposizione che serve all'Italia, come dimostra anche questo atto, se verrà confermata domani la cancellazione di questo provvedimento. Continueremo a farlo, senza aprioristiche opposizioni da partito del “no”, ma semplicemente avendo a cuore la coerenza di un mandato elettorale ricevuto dagli italiani, che è quello di difendere esclusivamente l'interesse degli italiani, motivo per cui abbiamo condotto - non ce ne voglia ovviamente nessuno dei Ministri citati - queste battaglie e per cui continueremo a combatterle per riallacciare, quando si può - perché ve ne è veramente la necessità - gli interessi del Palazzo, che spesso non coincidono con quelli della nostra Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2915-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Maurizio Cattoi.

MAURIZIO CATTOI (M5S). Relatore. Interverrò nel prosieguo della discussione.

PRESIDENTE. Il relatore rinuncia alla replica. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, l'onorevole Bergamini.

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Ringrazio i colleghi deputati intervenuti in sede di discussione generale e, in relazione in particolare ad un passaggio dell'intervento dell'onorevole Prisco di Fratelli d'Italia, ribadisco - come avevo già preannunciato nel corso del dibattito che si è svolto in sede di I Commissione la settimana scorsa - la volontà del Governo di esprimere parere favorevole all'emendamento che sopprime il comma 4 dell'articolo 6, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della Cultura, a valere sui fondi di parte corrente dello stesso Ministero.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Bella ed altri n. 1-00449 concernente iniziative volte alla riapertura in sicurezza degli istituti scolastici di ogni ordine e grado.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Bella ed altri n. 1-00449 concernente iniziative volte alla riapertura in sicurezza degli istituti scolastici di ogni ordine e grado (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto della seduta del 31 marzo 2021 (Vedi l'allegato A della seduta del 31 marzo 2021).

Avverto che sono state presentate le mozioni Aprea ed altri n. 1-00453, Fusacchia ed altri n. 1- 00454 e Lollobrigida ed altri n. 1-00455 (Vedi l'allegato A), che vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il deputato Marco Bella, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00449. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, sottosegretaria, siamo qui per discutere questa mozione, ma io spero che, con le interlocuzioni che stanno avvenendo in questo momento, la maggioranza ne possa presentare una unitaria. Questo è lo spirito che ci è stato indicato dal nostro Presidente Mattarella: “Collaborate per il bene dei cittadini”. E la scuola è il bene comune più grande che abbiamo.

Ringrazio chiunque, pur nella diversità di idea politica, abbia contribuito a questa mozione. Un anno fa, abbiamo dovuto prendere una decisione dolorosissima, quella di chiudere le scuole. Non avevamo dispositivi di protezione individuale, non sapevamo molto di questa pandemia e allora era difficile valutare l'impatto della chiusura delle scuole sul controllo della pandemia, perché è stata attuata insieme a tutta una serie di interventi non farmacologici.

Ma oggi, con l'accresciuta evidenza scientifica, sappiamo che la chiusura delle scuole ha un contributo dubbio e minimo sul controllo dei contagi; di contro, causa dei danni certi e gravi a studenti e studentesse ed è devastante per l'occupazione femminile. Quindi, ci troviamo di fronte a una misura che deve essere usata solo come ultima risorsa. Quando non c'è più veramente niente da fare, allora si chiudono anche le scuole, come fatto in alcuni Paesi europei, ma prima di arrivare a chiudere le scuole si deve mettere in campo di tutto.

I Paesi europei che hanno riaperto le scuole a maggio, nella prima ondata, non hanno visto un aumento dei casi; quando abbiamo aperto le scuole a gennaio, la curva epidemica è addirittura andata in calo, non è aumentata. La regione Campania, nonostante abbia tenuto le scuole chiuse più a lungo di qualsiasi altra, non ha fatto meglio nel controllo della pandemia rispetto ad altre regioni - pensiamo al Lazio - che invece le hanno sempre tenute aperte.

C'è uno studio della scienziata Sara Gandini che dimostra che la scuola non ha innescato la seconda ondata. La professoressa Gandini ha ricevuto ogni tipo di attacchi rancorosi e i cyberbulli sono stati in alcuni casi addirittura dei docenti universitari, autodefinitisi “divulgatori scientifici”. Le scienziate sanno che il paternalismo può, a volte, fare più male del sessismo e questo è un esempio di quello che succede alle ragazze che si occupano di numeri, sul quale tutti noi dovremmo riflettere. Ma qual è la colpa di Sara Gandini? Aver avuto notorietà per uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Regional Health-Europe? In ogni caso, non è che quello che ha fatto Sara Gandini sia una ricerca sorprendente, perché afferma sostanzialmente le stesse cose del Centro europeo per il controllo delle malattie infettive, la massima autorità sanitaria europea: la scuola non ha contribuito in modo sostanziale alla seconda ondata e gli insegnanti non sono più a rischio rispetto ad altre professioni. Afferma le stesse cose l'Istituto superiore di sanità: solo il 2 per cento dei focolai identificati ha origine nel contesto scolastico. Presidente, io le chiedo: se vogliamo controllare la pandemia, non ha più senso concentrarsi sul restante 98 per cento? È lì che facciamo la differenza. Solo lo 0,4 per cento della popolazione è nelle residenze sanitarie assistenziali, eppure da quel minuto 0,4 per cento sono derivati un terzo di tutti i decessi, questo perché il COVID, a differenza di altre malattie, colpisce in maniera marginale i giovani: l'età media delle persone purtroppo decedute è di oltre 81 anni e sotto i quarant'anni sono morte 282 persone, lo 0,3 per cento. Di queste 282 persone, 162, avevano gravi patologie pregresse. I giovani e gli adulti sono differenti: i bambini cadono continuamente, rotolano per terra, si rialzano e non è successo nulla; non è la stessa cosa quando cadono gli adulti. I giovani e gli adulti sono anche totalmente diversi dal punto di vista del sistema immunitario, anche se magari, per chi non ne ha esperienza diretta, questo non è ovvio: i giovani infatti trasmettono il COVID con una frequenza che è dalle due alle quattro volte inferiore. È questo che rende le scuole sicure, anche se non indenni - questo va detto -, perché un luogo sicuro durante una pandemia non può esistere. Quindi è meglio che i giovani stiano tra di loro piuttosto che lasciati a casa e affidati ai nonni dai genitori che non possono attivare lo smart working. È così che controlliamo la pandemia.

Se poi non ci si fida della professoressa Gandini, allora c'è uno studio dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, della Società Italiana di Pediatria e dell'Istituto di Ortofonologia, che ha tra gli autori il professor Carlo Federico Perno e il professor Alberto Villani, del quale tutti - immagino - in quest'Aula abbiamo una stima veramente grande. Questa ricerca ha analizzato la scuola nel contesto reale - non più simulazioni matematiche -, un istituto comprensivo di Roma: 14 classi, 1.200 persone, tra docenti, personale ATA e studenti. Sono stati eseguiti test a tappeto, perché ha aderito il 96 per cento della popolazione. I risultati di questo studio sono stati che, nel primo round di test, c'era soltanto un positivo, uno solo.

Ora, di fronte a soltanto un positivo, ebbene quel positivo non si è contagiato a scuola, a meno che non vogliamo ipotizzare che in quella scuola c'era un nido di pipistrelli; nel secondo round invece c'erano 7 positivi su 14 classi; nel terzo round ce n'erano soltanto 3 di positivi, ricordo ancora su 14 classi. Quindi, gli autori concludono che, con il rispetto delle misure di sicurezza, nel pieno della seconda ondata che, ricordo, è stata ben peggiore di quella di adesso, la scuola è sicura. Tuttavia c'è anche qualcuno che lo ha contestato questo studio e diamo voce a tutti.

Se includiamo anche le persone debolmente positive nel secondo round, arriviamo a un'incidenza in quella popolazione dell'1,1 per cento di prevalenza di positivi, positivi Presidente, non contagi. Chiariamo, quindi, che la scuola non è un luogo fatato, dove chi entra positivo magicamente poi esce e diventa negativo. No, la scuola è un luogo sicuro con le precauzioni, perché nessuno di quei positivi che sono entrati a scuola ha poi contagiato gli altri. Infatti, gli autori sono andati a cercare l'eventuale catena di contagio e non trovano neppure un caso di trasmissione verificato all'interno di questa scuola. Questo rende le scuole gli ambienti più sicuri che abbiamo, relativamente ad altri posti.

Questo studio della Società italiana di pediatria è importantissimo. Chi non lo ha letto lo legga e si fidi, ma non di me, ma si fidi di quello che dicono delle persone davvero competenti nel campo. Qualcuno però afferma che questa situazione potrebbe cambiare con la variante inglese. È vero, la variante inglese. C'è stato grande allarmismo sui giornali ed è giusta la prudenza verso qualcosa che, secondo l'Istituto superiore di sanità, è più contagiosa del 37 per cento in media, con incertezza statistica, che però varia dal 18 al 60 per cento. Ma la variante inglese non colpisce in maniera selettiva i giovani, colpisce tutte le fasce della popolazione e sono sempre i giovani, di nuovo, ad essere quelli più protetti. Lo stesso Istituto superiore di sanità non raccomanda nuove misure specifiche per la variante inglese, ma quelle di prudenza che da un anno tutti noi, anche in quest'Aula, stiamo adottando. Questa mozione, quindi, chiede la riapertura delle scuole, ove possibile e prima possibile, chiede lo stop al fai da te da parte degli amministratori locali, perché, Presidente mi permetta, il fai da te, durante una pandemia, forse è l'approccio meno indicato di tutti.

Ogni giorno che passa, Presidente, diventerà più semplice tenere le scuole aperte, perché potremmo aprire le finestre, potremmo utilizzare la ventilazione naturale, che gli scienziati ci indicano essere come una misura efficace; ogni giorno che passa contribuiamo a costruire l'immunità di gregge. Abbiamo distribuito ben 11 milioni di dosi di vaccino, un milione sono andate soltanto agli insegnanti. Ogni giorno che passa dobbiamo avere più fiducia, perché io ho lavorato tutta la mia vita con i giovani, ho fatto un lavoro meraviglioso, forse il più bello del mondo, e lo so che per farsi rispettare dei giovani è fondamentale che crediamo in loro, e quale futuro possiamo immaginare per un Paese che non ha fiducia nei propri giovani? Io ci credo ai giovani, so che loro ci daranno una grande mano e che, insieme, le scuole le potremo riaprire. Con la fiducia reciproca, abbiamo scalato una montagna legati a corda doppia tutti insieme. Solo così era possibile. Ora siamo in discesa, quindi, riapriamo queste scuole con prudenza e precauzione e poniamo fiducia nei nostri giovani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Simona Vietina, che illustrerà anche la mozione Aprea ed altri n. 1-00453, di cui è cofirmataria.

SIMONA VIETINA (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'Italia è stata uno tra i primi Paesi ad essere colpiti dalla pandemia e tra i primi a sospendere l'attività didattica in presenza e ad adottare, in via emergenziale, la didattica a distanza. Ecco, proprio la sospensione dell'attività didattica in presenza e il conseguente avvio della didattica a distanza hanno causato notevoli problemi agli studenti e alle studentesse, e non è ancora valutabile la reale portata delle conseguenze psicologiche, sociali, formative ed educative.

La letteratura scientifica ha già rivolto un accorato appello alle istituzioni affinché si velocizzi la riapertura in sicurezza delle scuole di ogni ordine e grado, soprattutto per contenere massimamente gli effetti negativi del perdurare della mancanza di socialità.

Gli effetti negativi della didattica a distanza hanno colpito soprattutto i minori appartenenti a gruppi più vulnerabili, sia dal punto di vista economico, che sociale, che culturale e i più emarginati, coloro che si trovavano già in una condizione di disagio economico e sociale, di povertà educativa e chi si è trovato nell'impossibilità di accedere a dispositivi elettronici di connessione digitale. Infatti, almeno il 10 per cento degli studenti non ha svolto la didattica a distanza, percentuale che, purtroppo, aumenta al 23 per cento tra gli studenti disabili.

È acclarato che la pandemia e le conseguenti chiusure stanno pregiudicando il diritto allo studio, sancito dall'articolo 34 della Costituzione, accentuando le differenze socioculturali tra i ragazzi, aumentando la dispersione scolastica e i disagi che ne conseguono, a discapito sia dei singoli che dell'intera comunità. Consideriamo anche che in Italia il tasso di abbandono scolastico precoce presenta valori ancora troppo alti, e oggi appare molto forte il rischio di peggiorare la situazione. I dati, purtroppo, dimostrano che la generazione degli adolescenti di oggi vedrà ricadere le conseguenze della perdita di apprendimento, derivante dalla chiusura delle scuole e dall'adozione della didattica a distanza, sulla qualità della vita per il futuro, a cominciare dal loro livello medio di retribuzione nel corso della vita, che si stima sarà inferiore dall'1,6 al 3,3 per cento. Tali ripercussioni saranno ancora più gravi se i soggetti si trovano in condizioni di maggiore debolezza e più rilevante svantaggio economico e sociale.

Oltre i disagi conseguenti all'adozione della didattica a distanza, poi, le scuole si sono dovute confrontare anche con le difficoltà connesse ai ritardi nelle procedure di assegnazione, al cambiamento dei docenti, con conseguenze importanti sulla continuità didattica, che appare ancora più rilevante per le cattedre del sostegno.

Oggi sono necessari interventi sostanziali, che permettano lo svolgimento della didattica in presenza, in sicurezza, con un approccio multidisciplinare alla risoluzione dei problemi e progettualità in merito a innovazioni di natura organizzativa, culturale e didattica.

È anche importante considerare che un'indagine sull'impatto psicologico e comportamentale sui bambini, promossa dal Gaslini di Genova, ha evidenziato come le restrizioni imposte abbiano determinato, e determinino, nei bambini e negli adolescenti, disturbi di componente somatica, come ansia, disturbi del sonno, difficoltà di addormentamento, difficoltà del risveglio, con una significativa alterazione del ritmo del sonno. Psichiatri, neuropsichiatri, psicologi, esperti dell'età evolutiva stanno sottolineando come l'assenza di socialità, provocata dalla sospensione dell'attività didattica in presenza, stia determinando gravi conseguenze, anche in termini di disagio psichico, negli adolescenti e nei bambini. Infatti, purtroppo, sono in rilevante crescita i disturbi mentali, in particolare i tentativi di suicidio, gli atti di autolesionismo, nonché l'anoressia; sono in aumento le sindromi depressive derivanti dalla pandemia, con effetti distruttivi di natura economica, sociale, emotiva e culturale, al punto che si parla di sindemia per il potere moltiplicatore che la pandemia sta diffondendo anche su altri settori e su altre patologie.

Quella che è iniziata come una crisi sanitaria, si è progressivamente allargata, andando a interessare tutti gli aspetti dell'economia e delle società, e i bambini saranno, purtroppo, uno dei gruppi più colpiti dal suo impatto a lungo termine. Inoltre, è ben noto che le conseguenze della chiusura delle scuole ricadono anche sui genitori lavoratori, in particolar modo sulle condizioni delle madri lavoratrici e, quindi, sull'occupazione femminile.

Preme sottolineare che numerosi studi indicano come caratteristica intrinseca di questa tipologia di virus quella di una minore capacità di trasmissione dello stesso tra bambini, adolescenti e giovani. Il che sembra verificarsi anche per la cosiddetta variante inglese, che manifesta però un aumento cospicuo della trasmissibilità in tutte le fasce d'età, ragion per cui la scuola e i contesti formativi frequentati prevalentemente da giovani possono considerarsi tra i luoghi e gli spazi sociali più sicuri, nel rispetto continuo delle regole dei protocolli sanitari previsti proprio dal Comitato tecnico-scientifico. Secondo dati riportati dall'UNESCO, Paesi come Francia, Spagna, Austria, Svizzera e Belgio hanno deciso di mantenere le scuole aperte, sempre nel rispetto dei protocolli sanitari indicati dai diversi Stati come l'utilizzo obbligatorio delle mascherine per tutto il personale scolastico, il rispetto del distanziamento, l'areazione, la sanificazione e il monitoraggio continuo attraverso l'utilizzo periodico di test all'interno delle strutture scolastiche e formative. Altri Paesi come Germania e Regno Unito hanno riaperto gli istituti scolastici gradualmente, dopo periodi di lockdown totale, anche a causa della maggiore presenza delle diverse varianti del Coronavirus. Particolare attenzione merita la scelta del Governo francese di applicare un terzo lockdown generale mantenendo aperte le scuole, con utilizzo costante dei test salivari eseguiti negli istituti scolastici stessi. Il tasso di infezione rivela che in media è soltanto lo 0,5 per cento degli allievi che si contagia a scuola (circa 500 su 100 mila). Inoltre, secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, solo il 2 per cento dei focolai avrebbe origine all'interno del contesto scolastico. È anche rilevante che studi evidenziano che la chiusura delle scuole non risulta essere una misura di contrasto che possa incidere in modo significativo sul controllo della pandemia, che l'indice Rt in Italia non ha riportato variazioni con la riapertura o la chiusura delle scuole e che gli insegnanti non sono a maggior rischio di contagio rispetto ad altre professioni. Infine, non si può non considerare che, nonostante la diffusione delle nuove varianti, la cosiddetta terza ondata del contagio non evidenzia una maggiore velocità di diffusione del virus rispetto alla seconda ondata, ma esattamente il contrario, e anche che la portata del contagio è nettamente inferiore: infatti, il valore di picco di incidenza dei positivi, per sette giorni, su 100 mila abitanti nella seconda ondata è stato di 412 mentre il valore di picco attuale è di 266.

Secondo una recentissima e imponente ricerca italiana, condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, si può affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle eventuali possibilità di contagio del virus. È emerso, infatti, che il tasso di positività tra i ragazzi risulta inferiore all'1 per cento dei tamponi effettuati, che i giovani contagiano il 50 per cento in meno rispetto agli adulti, anche nel caso di variante inglese, che i focolai all'interno delle aule scolastiche sono molto rari e che la frequenza nella trasmissione da studente a docente è statisticamente poco rilevante. Inoltre, non dimentichiamo che la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza indica, all'articolo 3, la necessità che tutte le decisioni relative a bambini e adolescenti debbano considerare preminente l'interesse dei soggetti e, all'articolo 28, prevede che gli Stati debbano promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono.

Per tutti i motivi esposti, con questa mozione si chiede al Governo di intraprendere ogni possibile iniziativa finalizzata alla riapertura in sicurezza degli istituti scolastici di ogni ordine e grado per riprendere l'indispensabile attività didattica in presenza; di definire dettagliatamente condizioni e indici che devono sussistere affinché debba procedersi alla temporanea chiusura di istituzioni scolastiche o singole classi che siano validi e uguali in tutto il territorio nazionale; di promuovere interventi specifici per l'istruzione, la formazione professionale e il sistema ITS, particolarmente colpiti dalla sospensione dell'attività in presenza e, quindi, dalla pratica che è loro materia fondamentale; di adottare tutte le iniziative necessarie a garantire la continuità didattica, in particolar modo per gli alunni con disabilità; di avviare un confronto con enti territoriali ed enti locali per sostenere la riorganizzazione del trasporto pubblico, con particolare riguardo all'agevolazione e alla frequenza degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Si chiede, inoltre, di adottare iniziative urgenti a tutela della sfera emotiva, psicologica, pedagogica, anche attraverso l'utilizzo di figure professionali, implementando presidi educativi e sociali di prossimità, istituendo negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, gli sportelli di ascolto psicologico a sostegno dell'intera comunità scolastica; di adottare protocolli di prevenzione, protezione e controllo più frequenti, più rapidi, più rigidi, affinché si possano riaprire in sicurezza le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, anche prevedendo l'attivazione, presso le ASL di servizi mirati di prevenzione e controllo dell'infezione nelle scuole e nei servizi educativi; di proseguire, concludendola nel minor tempo possibile, la vaccinazione di tutto il personale scolastico; di avviare il monitoraggio qualitativo e quantitativo delle misure messe in atto dalle scuole per l'insegnamento effettuato in didattica a distanza da affidare all'INVALSI e all'INDIRE al fine di valutare con la massima trasparenza l'impatto della DAD e della didattica digitale sul livello dell'apprendimento degli studenti e sul benessere psicofisico dei bambini e dei ragazzi; di adottare, per l'anno 2021, iniziative per sviluppare il format di una scuola estiva non obbligatoria per offrire alle famiglie e agli studenti, se lo vogliono e se ne hanno bisogno, l'opportunità di un servizio qualificato sul piano educativo e didattico; di organizzare laboratori di approfondimento, recupero e sviluppo degli apprendimenti; di prevedere specifiche misure per le scuole dei piccoli e piccolissimi comuni e per le scuole delle aree interne e montane, che spesso organizzano le attività didattiche con le pluriclassi, con evidenti complessità di gestione della didattica mista; infine, di favorire campagne di adeguata informazione vaccinale al fine di diffondere maggiore consapevolezza e sicurezza sanitaria tra docenti, studenti e famiglie per tornare quanto prima a un'attività sicura e costante e a una vita equilibrata da un punto di vista sia socio-psico-pedagogico sia didattico-educativo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta parlare la deputata Paola Frassinetti, che illustrerà la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00455, di cui è cofirmataria.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente. Questa mozione sulla scuola, che Fratelli d'Italia ha presentato, intende delineare, oltre alle criticità che hanno accompagnato quest'anno di pandemia, anche delle soluzioni. Innanzitutto, una riflessione è doverosa: il fatto che ci siano oggi diverse mozioni che invocano la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado per me è sicuramente - per noi, come Fratelli d'Italia - un dato molto, molto positivo. Infatti, già dallo scorso anno siamo stati il partito che ha chiesto, con le dovute precauzioni e con la dovuta gradualità, la riapertura delle scuole. Noi abbiamo assistito, in questo anno, a diverse criticità, a messaggi confusi, che inoltre spesso e volentieri non riuscivano ad arrivare né ai docenti né alle famiglie né agli studenti. Abbiamo assistito a investimenti sbagliati, come, per esempio, nel caso dei tristemente famosi banchi a rotelle, e abbiamo assistito alla mancanza di attenzione sulle misure di sicurezza che avrebbero potuto far riaprire le scuole con maggior facilità. D'altronde, nelle Nazioni vicine a noi, nei Paesi europei, le scuole hanno riaperto molto prima e sono state sicuramente aperte per molto più tempo che da noi in Italia. Adesso ci aiutano le indagini a supportare quello che Fratelli d'Italia aveva sostenuto con pervicacia durante tutta la pandemia, anche lo scorso anno. Queste indagini, da un recente studio, dicono che il tasso di positività tra i ragazzi è inferiore all'1 per cento relativamente ai tamponi fatti. Inoltre, una ricerca condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici sui dati di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti, fino a coprire un campione iniziale pari al 97 per cento delle scuole italiane, sicuramente una larga platea, mostra che stare in classe non determina la salita della curva della pandemia. Nello specifico, si evidenzia che in Italia, dove le classi sono rimaste chiuse ben più a lungo, come dicevo prima, che negli altri Paesi europei, non c'è correlazione significativa tra la diffusione dei contagi e le lezioni in presenza.

Quindi, i numeri mostrano con tutta evidenza che l'impennata dell'epidemia osservata tra ottobre e novembre scorsi non può essere imputata all'apertura delle scuole. Ad esempio, la loro chiusura totale o parziale in Lombardia e in Campania non ha influito minimamente sugli indici Kd e Rt. Quindi, queste indagini vanno sicuramente tenute in considerazione: ci fanno pensare che i luoghi di contagio per i giovani fossero soprattutto i mezzi di trasporto pubblico e anche assembramenti che avvengono non certo a scuola, ma in altri luoghi. Questa chiusura delle scuole ha determinato un'emergenza educativa - lo dico anche al sottosegretario, che so essere sensibile su questo punto - che ci impone un'apertura delle scuole di ogni ordine e grado, perché, se per i bambini è sicuramente problematico effettuare la didattica a distanza, per gli studenti degli istituti superiori esiste veramente una voglia di tornare tra i banchi per vivere i momenti insieme ai docenti e per affrontare anche quel percorso critico didattico che può essere fatto solo in presenza.

Quindi, più giorni sono passati lontano dalle scuole più questo vuoto esistenziale può creare, oltre che problemi legati alla didattica, anche problemi legati alla depressione, come purtroppo è stato anche dimostrato. Dunque, apertura delle scuole, legata al fatto che purtroppo la didattica a distanza, che è stato uno strumento sicuramente necessario, ha mostrato tante criticità; forse maggiori criticità di quelle che noi avremmo pensato che ci fossero alla luce dei fatti. Dopo un anno, si può constatare ancor più facilmente quali siano le criticità della didattica a distanza: innanzitutto la disuguaglianza sociale. La scuola dovrebbe essere un ascensore sociale: partiamo tutti dallo stesso punto e chi ha maggiori meriti va avanti, non chi ha maggiori disponibilità economiche. E, invece, nella didattica a distanza la disuguaglianza sociale è problematica, perché naturalmente non tutti gli studenti possono avere il computer, soprattutto in famiglie con più figli; non tutti possono avere una rete di collegamento Internet perfetta; non tutti hanno case ampie, tali da poter permettere a più figli di fare didattica a distanza senza disturbarsi tra loro; non tutti hanno genitori con le competenze necessarie per poter seguire i figli durante le lezioni o anche dare delle spiegazioni, soprattutto per i bambini delle primarie, che non riescono a gestire il rapporto con i mezzi informatici da soli.

Quindi, queste disuguaglianze sociali sono molto pericolose, perché possono incidere, come dicevo prima, nella vita sociale di questi ragazzi, oltre alle lacune didattiche che si possono portare naturalmente come esperienza negativa. Poi abbiamo i problemi dei genitori, genitori ovviamente, che devono stare a casa, che devono effettuare delle rinunce lavorative senza supporti, perché il congedo parentale non è sufficiente, perché il bonus babysitter non è sufficiente. Soprattutto le donne, spesso e volentieri, sono state le vittime di questa situazione di dover sostituire l'insegnante o quantomeno, se non proprio sostituirlo, cercare di aiutare i bambini a collegarsi, perché non possono, altrimenti, in autonomia farlo. Bisogna ringraziare, anzi, gli insegnanti perché, soprattutto nella prima fase, intere categorie di docenti hanno dovuto imparare a usare questi metodi informatici, perché non tutti ne erano all'altezza.

Quindi, queste sono le riflessioni sulla didattica a distanza, che non può assolutamente sostituire la didattica in presenza, e sono anche inquietanti alcune frasi che la maggioranza ha espresso, del tipo “anche finita la pandemia, bisogna continuare”. No, credo che la didattica a distanza, come dicevo prima, sia un metodo di emergenza, ed è stato dimostrato, perché avrebbe anche potuto essere differente l'esito, ma l'esito è stato disastroso, perché i bambini, i ragazzi, gli studenti, i docenti vogliono tornare a scuola, ed anche i genitori vogliono che sia così. Questo lo dice anche la protesta che c'è stata nelle piazze, del tutto autonoma, tra genitori e studenti.

Quindi Fratelli d'Italia dice sì, apriamo, riapriamo le scuole, come ha sempre detto, con delle garanzie di sicurezza, naturalmente. Per esempio, penso alla diminuzione di studenti per classe, quindi all'eliminazione definitiva delle “classi pollaio”; penso al rapporto con gli enti locali continuo, in modo da poter installare tecnostrutture laddove ce ne sia bisogno; penso ai patti educativi con le scuole pubbliche paritarie, per esempio anche qui con un ruolo centrale degli enti locali, che possono reperire spazi aggiuntivi laddove se ne ravveda la necessità; penso ai sistemi di areazione, sul modello della regione Marche, dove sono stati messi nelle scuole questi sistemi di areazione, onde evitare di aprire le finestre magari nelle stagioni in cui fa più freddo; penso all'istituzione di un presidio medico, magari non in tutte le scuole, ma almeno in plessi di scuole che possano essere contigue, anche con la figura dello psicologo, visto che abbiamo avuto questi problemi anche da un punto di vista psicologico; penso al potenziamento del sistema di tracciamento attraverso un maggior raccordo con il territorio; penso all'attivazione di protocolli di prevenzione, i tamponi veloci, per esempio, per poter diminuire la quarantena. Questo è stato uno dei problemi dopo la riapertura di qualche mese fa, avere la difficoltà di capire, avere l'assenza del tracciamento, e quindi poi, naturalmente, se un bambino era positivo, naturalmente tutta la classe doveva rimanere in quarantena. Quindi, una velocizzazione degli esiti di questi controlli sicuramente favorirebbe anche questo. La vaccinazione del personale scolastico è sicuramente importante, e poi una garanzia che venga assicurata un'uniformità delle decisioni prese a livello nazionale, naturalmente nel rispetto delle competenze regionali, ma c'è bisogno di coesione, c'è bisogno che, se si prende questa decisione di riaprire le scuole, sia una decisione presa con dei protocolli seri, efficaci, per poi non doverle subito richiudere, perché questo continuo cambiamento di posizioni crea poi un'inaffidabilità che pesa, che pesa sulla continuazione dell'anno, che pesa sulla chiarezza dei messaggi e sulla confusione che spesso questi messaggi, purtroppo, hanno recato con sé durante questo anno difficile.

Quindi, Fratelli d'Italia si augura che le scuole possano essere riaperte, le scuole di ogni ordine e grado, in sicurezza, con degli investimenti mirati, per poter far tornare i nostri ragazzi a scuola, perché per far rinascere una Nazione la scuola deve essere aperta, per far rinascere una Nazione bisogna che ci sia sempre presente la curiosità nelle aule, lo spirito critico, la voglia di imparare, e questo si può fare soltanto a scuola, e anche, devo dire, nell'università, anche se non è oggetto di questa mozione, ma credo che in tutto il sistema scolastico, dalle scuole dell'infanzia, che non ho citato, ma che sono comunque molto importanti, ci sia proprio un filo che colleghi questa volontà di riaprire le scuole per poter riaprire l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI (IV). Grazie, Presidente. Ringrazio e saluto il Governo e ringrazio anche il primo firmatario, onorevole Bella, di questa mozione, per questa opportunità. Cinque milioni di ragazzi, di bambini, torneranno a scuola domani; si tratta dei bambini e dei ragazzi che frequentano le scuole dell'infanzia, che frequentano la scuola primaria e fino al primo anno della scuola secondaria di primo grado, le scuole medie. Sarà una festa, ed è paradossale che ad aprile, a metà aprile, possa essere una festa rientrare a scuola, ma è così.

E se c'è una cosa positiva di questo anno, particolarmente difficile soprattutto per i bambini e per i ragazzi, per le famiglie e per i docenti, è che forse e finalmente ci siamo resi conto dell'importanza di cosa rappresenti il percorso educativo e scolastico nella vita di tutti noi e, soprattutto, nella vita dei nostri bambini. È paradossale accorgersi di una presenza e di una fondamentale capacità durante un'assenza, una privazione. Però, questo è. Da oltre un anno, 2 milioni e mezzo di ragazzi delle scuole superiori, le secondarie di secondo grado, hanno fatto - ce lo dobbiamo dire - ma anche i ragazzi, circa 1 milione, di seconda e terza media delle secondarie di primo grado, hanno fatto più scuola davanti a un video, che scuola in presenza. E questo è un dato della realtà, innegabile, e in alcune regioni questi ragazzi hanno fatto due terzi delle ore di lezione davanti a un video, a casa. Questo è inammissibile ed è da tale constatazione, dopo un anno, che nasce la mozione e la speranza - sentendo anche gli altri colleghi in sede di discussione generale - di arrivare ad un unico atto da votare quanto prima, da una parte, per festeggiare la riapertura delle scuole, dall'altro, per dire anche a tutti i soggetti decisori di questo Paese (e non solo il Governo nazionale, ma inserisco anche i presidenti delle regioni, i sindaci) un'indicazione chiara e netta. Da parte di chi? Del Parlamento italiano. Quindi, non un auspicio, ma un'indicazione netta che arriva dopo un anno di chiusure che ha provocato danni ai ragazzi. Lo dicono gli studi; la mozione fa un lungo elenco molto approfondito, su cui non voglio tornare.

Voglio solo sottolineare questo aspetto. Il 2 di marzo Save the Children, un'associazione che tutti conoscono per il lavoro che svolge ovunque nel mondo, ha fatto i conti e ha fatto i conti al 2 di marzo. Quindi, situazione sicuramente peggiorata, rispetto a quella che sto leggendo dalla loro relazione. A un anno dall'inizio della pandemia, bambini e adolescenti di tutto il mondo hanno perso in media 74 giorni di istruzione ciascuno, più di un terzo dell'anno scolastico medio globale di 190 giorni. Siamo il Paese - questo lo dico io, non più Save the Children, ma i dati sono questi - che ha chiuso la scuola in presenza per più tempo. Non siamo i primi? Siamo sicuramente sul podio. L'abbiamo chiusa in lockdown totale, durante la fase a colori delle regioni, sia la prima fase sia la seconda fase, con il nuovo Governo, ma anche con il precedente. Se c'era un denominatore comune di tutte le decisioni, è stato quello, ahimè, che la scuola andava chiusa. In più si sono aggiunte, rispetto alle decisioni nazionali, come dicevo, le decisioni delle singole regioni e, per un periodo, anche dei singoli sindaci. Chiunque si alzava, doveva chiudere qualcosa, doveva dimostrare o doveva dare un segnale, cosa ha chiuso? La scuola, iniziando dall'infanzia, dal nido, dallo 0-3, dal 3-6. Sembrava per qualcuno quasi uno scalpo da far vedere: abbiamo chiuso, siamo seri noi! Forse non si sono resi conto - questi decisori politici - del danno che hanno arrecato, non solo logistico alle famiglie, ma soprattutto ai bambini, agli adolescenti, ai ragazzi. Ecco, dando spazio alle regioni, in questi mesi si è dato spazio, ahimè, a questo, una certa anarchia delle ordinanze di chiusura, dall'asilo nido in su. Qualche presidente di regione in questi mesi si è inventato addirittura il diritto alla didattica a distanza; non il diritto alla scuola, cioè non l'articolo 34 della Costituzione, l'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ma il diritto alla DAD! E poi i ricorsi, perché le famiglie in alcune regioni non ci stavano a queste restrizioni e facevano ricorsi.

Ci sono le sentenze dei TAR, i tribunali amministrativi regionali. Abbiamo visto che, in una stessa regione, una sezione dava ragione ad alcuni genitori e riapriva le scuole; un'altra sezione, dello stesso tribunale, quindi della stessa regione, dava torto ai genitori e, quindi, non riapriva le scuole; in qualche provincia si riapriva, in qualche provincia no. Quando si inizia questa slavina interpretativa, non si sa dove si finisce. Gli unici che ci hanno rimesso, chi sono stati, oltre ai genitori sul problema logistico? I bambini e i ragazzi, ai quali abbiamo fatto un danno ulteriore. Questa fase pensavamo fosse terminata, soprattutto con il decreto del 1° aprile del Governo, il “decreto COVID”, che era perentorio all'articolo 2, nel primo comma: è assicurato in presenza sull'intero territorio nazionale lo svolgimento dei servizi educativi per l'infanzia e dell'attività scolastica e didattica della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e del primo anno di frequenza della scuola secondaria di primo grado; cioè dal 7, da domani, si riapre tutto. Questo era il “decreto COVID”, prima bozza, del Consiglio dei Ministri, varato il 1° aprile.

Il Consiglio dei Ministri ha deciso, con un dibattito che immagino proveniva dalle regioni, di cui in precedenza ho descritto e, al primo periodo, in modo perentorio, è stata aggiunta una modifica e, quindi, una deroga: la disposizione, di cui al primo periodo, non può essere derogata da provvedimenti dei presidenti delle regioni e dei sindaci. La predetta deroga è però consentita solo in casi di eccezionale e straordinaria necessità, dovuta alla presenza di focolai e al rischio eccetera.

Orbene, puntuale, il 4 aprile, cioè tre giorni dopo, è arrivata l'ordinanza della Regione Puglia - non è l'unica forse -, che emana la seguente ordinanza: le istituzioni scolastiche della scuola primaria e della secondaria di primo grado, dei CPIA - quindi, tutto - devono garantire la didattica digitale integrata a tutti gli alunni, le cui famiglie richiedano espressamente di adottarla in luogo dell'attività in presenza. Si dà una deroga, pur limitata, argomentata, ben descritta, nel “decreto COVID”, 1° aprile, e le deroghe portano a questo. Da domani le scuole elementari, dell'infanzia e dell'asilo riaprono ovunque e in presenza, è una festa per tutti. Per i bambini, i ragazzi e gli adolescenti della Puglia, no. Perché? Ce lo dica il Governo, perché no, per loro. E perché no, per qualcun altro anche, perché, se si dà una deroga, c'è sempre qualcuno - lo abbiamo visto in questi mesi - che la deroga la utilizza.

Non sono un esperto, l'onorevole Bella ha fatto un lungo elenco e una descrizione molto approfondita dei dati che dimostrano, numeri alla mano, statistiche, percentuali, che la scuola è un luogo sicuro. Io non sono un esperto, però le scuole le visito, le ho sempre visitate e continuo a visitarle e, con assoluta certezza, continuo a dire che, tra tutti i luoghi di ritrovo e di aggregazione dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti, la scuola è di gran lunga il luogo più sicuro, perché le regole si rispettano, i distanziamenti si rispettano, i dispositivi di sicurezza individuale si rispettano, perché si dà ragione all'insegnante, al preside, al maestro di turno. Fuori dalla scuola - lo sappiamo da genitori, più che da parlamentari o da politici - non sempre è così. Ma possiamo noi essere sul podio per chiusure dei nostri percorsi scolastici, perché fuori dal cancello scolastico non riusciamo a garantire il distanziamento o non riusciamo a far comprendere ai bambini, ma soprattutto agli adolescenti e ai ragazzi, le regole di comportamento? E' poco comprensibile, mettiamola così. Continuo anche a dire che le scuole sono il luogo più sicuro tra i tanti luoghi di aggregazione, anche perché noi abbiamo fatto partire come Paese - giustamente e lo rivendico - il piano di vaccinazione per il personale scolastico.

Ad oggi, siamo ad oltre l'80 per cento del personale che opera nelle scuole che ha ricevuto almeno una dose di vaccino, e continuiamo a chiuderle oppure continuiamo a consentire alle regioni di chiudere a prescindere e a priori. Allora, qualcuno magari, prima o poi, si chiederà e chiederà, anche pubblicamente, perché mai abbiamo deciso di vaccinare il personale scolastico. A che pro, se poi le scuole continuano a essere chiuse?

E un'ultima cosa la voglio dire. La didattica a distanza, con tutta la buona volontà e il ringraziamento al personale scolastico, alle famiglie, ai ragazzi, non è scuola o, meglio, formalmente, potrà essere anche scuola, ma la scuola non è solo un insieme di nozioni, di verifiche e di valutazioni, è molto altro. E, se facciamo tesoro della nostra esperienza scolastica di decenni fa, è stato così anche per noi. Non ci ricordiamo semplicemente di una nozione che qualche professore ci ha detto di scrivere e imparare a memoria, ci ricordiamo di tutt'altro, è un percorso educativo.

E allora - e concludo, Presidente - auspico che il Parlamento possa esprimersi e possa esprimersi con una voce sola sul tema della riapertura delle scuole. Non vuole essere una negazione, ma un'affermazione: non vogliamo, nessuno di noi vuole negare il tema sanitario e sociale che il Paese sta passando, l'importanza delle norme di sicurezza e dei vaccini, ma vogliamo affermare l'importanza della scuola quale percorso educativo che si può fare solo e soltanto in presenza.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Angelis. Ne ha facoltà.

SARA DE ANGELIS (LEGA). Grazie, Presidente. La scuola è sicuramente uno dei settori che ha più risentito delle restrizioni dovute alla pandemia e questo è vero, purtroppo, sotto diversi aspetti. Penso, ad esempio, alla sospensione delle attività didattiche in presenza che, fin da subito, è stata decisa anche in assenza di precise evidenze scientifiche sulla diffusione della malattia in contesto scolastico. Una misura questa che, nell'urgenza del momento, è sembrata opportuna ed è stata, forse, anche necessaria. Con il passare dei mesi, però - e questo è stato fatto solo in piccolissima parte -, si sarebbe dovuto agire mettendo in atto misure adatte a consentire il ritorno in classe di bambini e ragazzi.

Non ho intenzione, in questo mio breve intervento, di sottolineare le manchevolezze della gestione dei vari aspetti della vita scolastica in quest'ultimo anno e mezzo; un dato che considero rilevante, però, voglio citarlo. Le scuole italiane, rispetto a quelle degli altri Paesi europei, sono tra quelle che sono state chiuse più a lungo e questo nonostante non sia stato affatto dimostrato che la chiusura sia servita a contenere la diffusione del contagio. Anzi, ci sono diversi autorevoli documenti - tra essi, i dati forniti dall'Istituto superiore di sanità del 30 dicembre 2020 -, stando ai quali nelle scuole, al netto, ovviamente, del rispetto di protocolli sanitari, della messa in atto di opportune misure di sicurezza, come aerazione, sanificazione, uso di mascherine e disinfettanti, distanziamento e altro, il rischio contagio è ridotto. Si parla, infatti, di solo il 2 per cento dei focolai originati in contesti scolastici e questo, stando a quanto riferisce l'UNESCO, ha indotto numerosi Paesi a riaprire le scuole.

Per quanto riguarda l'Italia, comunque, in caso di chiusura, ci sono vari elementi da considerare attentamente: in primis, come ben sanno le famiglie italiane con bambini e ragazzi in età scolare, le problematiche connesse con la didattica a distanza. Tra esse, la mancanza di dispositivi elettronici adeguati e l'assenza, in varie zone, di connessione Internet, con conseguente aumento, a seconda della disponibilità economica familiare, della disparità formativa ed educativa e, quindi, anche delle differenze sociali.

Sempre a proposito della didattica a distanza, pensiamo, poi, anche ad un'altra questione: l'Istat ha riferito che l'8 per cento degli studenti non ha, per vari motivi, accesso alla DAD, percentuale questa che aumenta fino al 23 per cento nel caso di bambini e ragazzi con disabilità e che il 20 per cento la segue solo saltuariamente. Viene da chiedersi che ne è per loro del diritto allo studio, di cui all'articolo 64 della nostra Costituzione, e anche come questa preoccupante tendenza può influenzare il tasso di abbandono scolastico, con tutto ciò che questo comporta.

Ci sono, poi, da considerare - ed è, secondo me, il problema principale - le pesantissime conseguenze che l'assenza di contatto diretto con insegnanti e compagni di classe ha avuto e continua ad avere non solo sull'apprendimento, ma anche sullo sviluppo personale degli studenti. Basti pensare all'impatto che le chiusure hanno avuto su bambini e adolescenti. In molti di loro, purtroppo, si sono riscontrati non solo un aumento di ansia e disturbi del sonno, ma anche, a causa, appunto, dell'assenza di socialità, la crescita di disagi psichici, che potrebbero tradursi, nei casi più gravi, in anoressia e/o tendenze al suicidio.

Con tutte queste cose dobbiamo farci i conti, perché, psicologicamente, socialmente e dal punto di vista della formazione, i nostri figli - e parlo da mamma di due ragazze in età scolare - hanno bisogno di risposte e hanno, soprattutto, bisogno che le istituzioni si sbrighino a ridare loro regolarità quanto alla possibilità di tornare tra i banchi.

Mi ha molto colpito, a questo proposito, una lettera inviata ad Orizzontescuola, in cui si fa presente, con decisione, che i ragazzi vogliono tornare in classe. Grandi e piccoli - si legge nel testo - lo chiedono a gran voce. Sono stanchi della DAD, che li vede reclusi e distanti dal mondo, vogliono tornare a scuola per studiare meglio - dicono - per imparare e per apprendere di più, ma anche per socializzare, “per l'intervallo tutti assieme e per i pomeriggi di studio con gli amici. Per il tempo divertito trascorso nei pullman e per gli scherzi ai collaboratori scolastici (…), per un panino da dividere e una bibita da offrire alla più bella della classe. E, soprattutto, per non sentirsi più soli, per non sentirsi più fuori. Fuori da quel fantastico mondo che è la scuola”.

L'autrice di questa bellissima lettera scrive, poi, a proposito degli insegnanti: “Voglio pensare che ai ragazzi manchino gli insegnanti come l'acqua ai fiori, come il sole in faccia. Come l'amico di banco, il più caro che ti fa la luce intorno quando sei nel buio. Voglio credere che di quella scuola che per i ragazzi è la normalità ne facciano parte anche gli insegnanti (…)”, che “aprono strade lasciando a loro la scelta di percorrerle alla conquista della libertà. Perché spalancano il mondo in quattro pareti e le sfidano a farlo proprio. Perché offrono opportunità per portare più di uno sguardo sulla vita (...). Per i sorrisi, i gesti, le parole che si fanno carezza. Per quella mano franca e quell'affetto sincero che non viene mai meno. Come in una vera famiglia e anche, perché no, per quei rimproveri amari e i voti di condanna che non negano, tuttavia, ogni riscatto possibile. Ecco, anche per questi motivi, voglio fortemente credere che ai ragazzi manchi la scuola e tutto ciò che contiene. La scuola è a scuola. Hanno ragione, e uno schermo non può contenerla nella sua interezza”.

Vorrei aggiungere, proprio sulla questione degli insegnanti, che credo sia necessario ed urgente assumerne urgentemente di nuovi, con particolare attenzione agli insegnanti di sostegno.

Ci sono poi altri punti che vanno considerati, e vado avanti rapidamente perché ci tengo a far presente a quest'Aula che la situazione è complessa e merita che sia affrontata nel dettaglio. Servono interventi a sostegno delle famiglie, costrette, in caso di didattica a distanza, a rivoluzionare la loro organizzazione quotidiana. Occorre nello specifico aiutare, più di quanto è stato fatto fino ad ora, i genitori lavoratori con bambini e ragazzi in DAD, per evitare che uno dei due – spesso, è la mamma - sia costretto a rimanere a casa, con conseguenze che potrebbero addirittura tradursi, nei casi peggiori, in perdita del lavoro; ed è una possibilità, questa, che va assolutamente combattuta, soprattutto a fronte della grave crisi, anche economica, che l'Italia tutta sta attraversando. È fondamentale, poi, prevedere - e mi avvio alla conclusione - l'installazione di termoscanner e di sistemi per la ventilazione ed areazione delle aule. Come Lega l'abbiamo chiesto, unitamente alla somministrazione di test rapidi con cadenza periodica a tutta la popolazione scolastica. Il nostro sottosegretario all'Istruzione ha fatto sapere nei giorni scorsi che sono stati stanziati fondi da destinare ad impianti di depurazione dell'aria negli istituti scolastici. Con l'entrata in vigore del nuovo decreto del Governo Draghi, inoltre, sarà consentito, anche in zona rossa, di frequentare in presenza la scuola fino alla prima media. Sicuramente il dossier scuole rimane centrale nelle strategie dell'Esecutivo e speriamo che l'impegno prosegua fino a consentire a tutti gli studenti, anche i più grandi, di tornare tra i banchi, a questo punto, possiamo dire, delle loro amate scuole (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Cappellacci, Dara, Paita e Villani sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 92, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione delle mozioni Bella ed altri n. 1-00449, Aprea ed altri n. 1-00453, Fusacchia ed altri n. 1-00454 e Lollobrigida ed altri n. 1-00455, concernenti iniziative volte alla riapertura in sicurezza degli istituti scolastici di ogni ordine e grado.

È iscritto a parlare il deputato Fusacchia, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00454. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-FE-FDV). Grazie, Presidente. Noi, come Facciamo Eco, abbiamo ovviamente apprezzato la decisione del Governo - tanti colleghi l'hanno richiamata questa mattina - di iniziare la riapertura in presenza delle scuole. Ci teniamo a mandare al Governo, come molti colleghi hanno fatto, il messaggio che adesso bisogna fare attenzione a come si comporteranno le regioni, per fare in modo che una deroga, che ha anche un senso inserita nel provvedimento del Governo, venga utilizzata in maniera intelligente. La prima cosa che chiediamo è, ovviamente, di tornare progressivamente, ma velocemente e in sicurezza, ad aprire tutte le scuole di ogni ordine e grado, partendo anche da una considerazione che ha a che fare con le informazioni e i protocolli che devono essere adottati sulla questione dell'aerosol, quindi della ventilazione e della sanificazione, provvedendo a fornire tutti gli strumenti necessari da questo punto di vista alle scuole, e partendo anche da linee guida che siano chiare rispetto alla purificazione dell'aria, perché sta venendo sempre più fuori che questa può essere una questione che può fare la differenza. Chiediamo anche che, dopo gli anziani e le persone più fragili, ci sia un'attenzione nel piano vaccinale sui più giovani paradossalmente, quindi sui ragazzi compresi tra i sedici e i venticinque anni. Chiediamo e torniamo a chiedere con tanti colleghi, da troppo tempo ormai, che i dati epidemiologici, in questo caso relativi alle scuole, vengano gestiti diversamente, che si proceda ad una raccolta molto più sistematica e anche ad una pubblicazione di questi dati che permetta, da un lato, ai ricercatori di poter valutare e ai decisori pubblici, dall'altro, di prendere le decisioni più adeguate. Un punto che riteniamo molto importante è che, comunque, venga assicurata la scuola in presenza, in tutti gli ordini e gradi, per i figli e le figlie di medici, personale sanitario, docenti, personale scolastico e anche di categorie che sono necessariamente legate alla filiera dei servizi più essenziali - basti pensare a chi lavora in un supermercato o nelle Forze dell'ordine - per evitare cortocircuiti che altrimenti si ingenerano e per poter consentire allo stesso tempo di tenere aperti alcuni servizi essenziali, a partire dal mondo della sanità e della scuola, e riaprire e gestire la pandemia nel frattempo.

Ci sono cose, che torniamo a chiedere da tempo, su cui sarebbe importante che il Governo e il Ministero in primis adottassero dei piani strutturati, cioè tutto quello che ha a che fare col disagio psicologico e la sfera emotiva; non le voglio richiamare troppo in dettaglio. Una ricognizione che io credo sia importante fare, mi verrebbe da dire ragazzo per ragazzo o ragazza per ragazza, riguarda tutti coloro che non solo non stanno tornando in classe in presenza ma che ci siamo da tempo persi con la DAD; sono ragazzi, sono giovani che il nostro Paese, inteso come Stato, inteso come Ministero, come filiera, non sta mappando più da tanto tempo. Serve strutturare un piano di rientro personalizzato e urgente. Permane un grande problema di connessione veloce, per poter poi anche effettuare scuola da casa: questo problema non si risolve da un giorno all'altro, ma è pur vero che bisogna prenderlo un po' di petto e approfittare di questi mesi, anche per gli ingenti finanziamenti che arriveranno, per occuparsene e occuparsi a lungo di tutta la filiera amministrativa.

Un punto che voglio richiamare col Governo: per quanto riguarda la DAD, ci sono tre piattaforme che stanno fornendo il servizio che serve per effettuarla. Non mi risulta che tutte e tre abbiano firmato dei protocolli con il Ministero che siano chiari e stringenti: stiamo parlando di quello che succede, in termini di privacy ma non solo, con i dati di milioni di minori. Io credo che un impegno chiaro del Governo a provvedere su questo e a firmare dei protocolli - per essere chiari, non credo che lo Stato si debba mettere a fare la sua piattaforma pubblica perché per il tempo che la facciamo e che abbiamo tutti i servizi che servono siamo in un'altra era geologica e, forse, non sarebbe lo strumento ideale - con i privati che forniscono queste piattaforme mi sembra doveroso.

Infine, un paio di punti, Presidente, e vado a concludere. C'è la necessità di un piano di formazione obbligatoria e certificata per tutti i docenti, anzitutto sulle competenze didattiche e metodologiche ma anche sull'uso di questi strumenti digitali, che parta da quello che è già stato fatto, dal tipo di didattica che è stata fatta - serve una ricognizione - e dai fabbisogni e dalla formazione già ricevuta. Infine, sulla questione del portarci avanti: con l'avvio del prossimo anno scolastico noi dobbiamo assolutamente assicurarci che ci siano tutti i docenti in classe dal 1° settembre. Per fare questo, forse, serve unire ad una dimensione di attenzione per il precariato storico una valutazione seria, in itinere e poi alla fine, al giugno del 2022, con cui si valuti veramente, con delle commissioni fatte anche di psicologi, di professori universitari e di pedagogisti, il percorso di accompagnamento dei docenti che, magari, possiamo mettere a settembre in classe, con la prospettiva di entrare poi a tempo indeterminato nell'anno successivo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolo Lattanzio. Ne ha facoltà.

PAOLO LATTANZIO (PD). Grazie, Presidente. Colleghi, colleghe, sottosegretaria Floridia, il tema di questa mozione è un tema che, come membro della Commissione cultura, ho avuto la possibilità e la fortuna di trattare in varie occasioni e circostanze; è più di un anno che ci interroghiamo su come sia possibile aprire e in quali situazioni di sicurezza. Oggi, visti anche gli interventi di molti colleghi e molte colleghe che mi hanno preceduto, voglio provare anche a non sovrappormi e a non ripetere gli spunti molto interessanti che sono stati forniti. Credo che, in questa fase, noi dobbiamo fare un discorso che vada oltre alcuni aspetti che sono un po' dicotomici e un po' ideologici al tempo stesso. Primo, non dobbiamo correre il rischio di ricadere in quell'equivoco che ci porta fra urgenza ed emergenza. La scuola a cui guardiamo adesso, quella che stiamo provando ad immaginare in maniera congiunta, per molti aspetti, in questa fase, è una scuola che non può essere considerata più in una situazione caratterizzata da emergenza, perché è un anno, sono più di dodici mesi ormai, è quasi il tredicesimo mese, che conviviamo in un modo o nell'altro a fasi alterne con questa pandemia. Quindi, abbiamo il dovere - e credo che in questa fase nessuno si possa sentire escluso - di immaginare una visione di scuola futura che, quindi, non preveda degli interventi che vadano a tappare i buchi di ciò che il destino avverso o la pandemia hanno creato, ma servono interventi strutturali che vadano oltre anche - qui la seconda dicotomia, molte volte anche ideologica - il discorso binario per cui o apriamo, o chiudiamo. La sfida, e lo ripetiamo da tempo, è: come apriamo, in che modalità, con quali caratteristiche e tutelando quali aspetti? Sapendo che al momento il rischio zero non esiste.

Su questo dobbiamo dire che - io credo in maniera molto chiara - scegliere di aprire le scuole prima di tutte le altre realtà non è giusto o sbagliato ma è una scelta politica e come tale deve essere valutata. Il Presidente Draghi e il Ministro Speranza, nell'ultima conferenza stampa, se non sbaglio, hanno ripetuto che, avendo acquisito un piccolo tesoretto in termini di sicurezza sanitaria, quel tesoretto il Governo ha deciso, in maniera sana, dal mio punto di vista, di investirlo nella riapertura immediata delle scuole. Questa è la direzione, questa è una scelta, senza i temporeggiamenti che hanno reso più farraginosi i meccanismi decisionali nei tempi passati; è una scelta politica che condividiamo, mantenendo al centro, ovviamente, anche l'attenzione all'aspetto sanitario, senza rischiare però di andarci ad incastrare eccessivamente in quella gara, che pure tante componenti sociali ma soprattutto alcune forze politiche hanno cavalcato, per cui ci dovrebbe essere un luogo più sicuro degli altri. I teatri, a detta di chi ci lavora e di chi li gestisce sono i più sicuri, le scuole lo stesso, così i cinema, i supermercati e i ristoranti.

Noi credo, con senso di responsabilità, abbiamo la necessità di dire che non ci serve questa gara, non ci serve cavalcare o fomentare le aspettative, ci serve studiare i dati - e il collega Bella ne ha espressi di importanti -, laddove sono disponibili, e, in base a quello, prendere delle decisioni appunto politiche.

In questa fase, abbiamo avuto modo di ragionare e di vedere diversi interventi sulla scuola, ma credo che ancora, quando si parla di scuola, il problema sia stato individuato, indirizzato molte volte sul mondo adulto, sulla componente adulta che guarda la scuola. Io, per indole personale, sono abituato a stare dalla parte dei ragazzi e delle ragazze, che sono il grande rimosso, non è un caso che oggi abbiamo la mozione sulla riapertura delle scuole, domani abbiamo la mozione sull'infanzia e l'adolescenza; mi sembra che queste questa componente sia veramente il grande rimosso della politica italiana, rischiando un effetto di allontanamento, non solo dalla politica, ma dalla partecipazione attiva alla vita sociale, che non ci possiamo permettere. Ed è il motivo per cui io sono contento che tante volte, in quest'Aula, venga citata la CRC (la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza), però, un po' da secchione quale sono, mi permetto di sottolineare che la Convenzione ONU non prevede solo il diritto all'istruzione, prevede anche il diritto, per i minori, al gioco, alla partecipazione, alla fruizione culturale, alla socialità, alla partecipazione. Queste sono le linee che dobbiamo tenere in forte considerazione, perché quando parliamo di riapertura delle scuole, non parliamo soltanto di una chiave da girare, come quando parliamo di scuola digitale, non parliamo - mi sembrerebbe ovvio - di schermi o di muri che devono contenere i dispositivi digitali; parliamo, o dovremmo parlare, di molto altro.

Credo - e questo traspare nella mozione che abbiamo elaborato – che quello che serve sia un progetto educativo, oltre ad un piano di intervento, che non sia - ripeto - soltanto legato all'emergenza, ma che guardi al futuro.

Non sono, per formazione personale, un amante dei numeri, però tanti amici, che invece sono bravi ed esperti, mi hanno fatto capire quanto siano importanti; i numeri ci danno dei dati drammatici, la cui lettura ci fa capire un altro aspetto chiave che è alla base delle scelte che dobbiamo fare su come riaprire la scuola: che la scuola pubblica italiana non se la passava bene già prima. Perché se noi saltiamo a piè pari questo passaggio, rischiamo di rimanere un po' imbambolati davanti - ripeto - al destino cinico e baro che ci ha portato ad una pandemia. Ma la pandemia ha fatto deflagrare delle disuguaglianze, dei problemi, delle carenze e dei limiti della scuola italiana che erano tutti lì, tutti lì presenti. Noi abbiamo 1,3 milioni di cittadine e cittadini in situazione di povertà educativa. Quando è iniziata la pandemia, il numero dei NEET in Italia era al 20,7 per cento, tasso che sale 36,2 per cento per le ragazze (dati della già citata tante volte Save the Children), la dispersione scolastica era ferma al 13,5 per cento; adesso la stima è che, oltre ai 120 mila che abbandonano la scuola – o, meglio, che la scuola perde ogni anno -, se ne dovrebbero aggiungere altri 30 mila circa, portando il numero complessivo di dispersione scolastica a 150 mila alunni, quindi invertendo il trend. Ancora, gli apprendimenti. Si parla di un peggioramento degli apprendimenti stimati all'incirca del 35 per cento, ma qui, grave lacuna italiana, ci basiamo su dati provenienti dall'estero, dati che arrivano dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dall'Olanda, che hanno mappato e tracciato le carenze.

E ancora, per rimanere ai numeri, e questi sono particolarmente mortificanti, noi avevamo il 5,3 per cento delle famiglie che non aveva il denaro necessario per acquistare un PC; significa che quando abbiamo fatto il passaggio alla DAD, queste famiglie non potevano accedere, ed è un dato che ci siamo portati dietro, un dato che si va ad aggiungere ad una situazione del Paese già estremamente critica, perché, riguardo alle competenze digitali, siamo i terz'ultimi in Europa, ventiseiesimi su ventottesimi. Questo avrebbe dovuto far capire – ed io lo ripropongo ancora oggi, dopo un anno - che parlare di DAD, anche in questo caso, non è una battaglia ideologica, ma significa comprendere che non è sufficiente accendere un computer (o aprire una porta di un'aula, per la fruizione della didattica in presenza). Il discorso è molto più complesso, ed è un discorso che riguarda l'alfabetizzazione digitale, la formazione del senso critico, l'alfabetizzazione alla lettura e alla composizione di testi complessi ed articolati, riguarda la media education, riguarda tutta una serie di aspetti, lato studenti, che si dovrebbero completare con gli aspetti lato docenti, perché la scuola di un Paese moderno non si può affidare alla generosità e allo spontaneismo di docenti molto bravi che lanciano il cuore oltre l'ostacolo. Noi abbiamo bisogno di interventi strutturali, e strutturati. Io sono uno di quelli che ha sempre appoggiato le scelte e i ragionamenti anche sulle scuole private – non le demonizzo -, ma io voglio coltivare, e coltivo, l'ambizione che la scuola pubblica italiana sia migliore delle scuole private: non è uno scontro, è una sfida culturale ed educativa che noi dobbiamo percorrere. Ancora, degli 8,5-9 milioni di alunni che abbiamo in Italia, che hanno interrotto la didattica, abbiamo registrato che più del 41 per cento hanno disagi abitativi, cioè vivono in case sovraffollate, con famiglie con più di un figlio, con un solo device, e così via, quindi meritori sono stati gli interventi per portare i tablet e gli altri dispositivi, ma non è finita lì. E, allora, su questo, bisogna chiarirsi: dal prossimo anno scolastico - detto che abbiamo buttato e sacrificato l'estate del 2020 -, non rifacciamo lo stesso errore, ma mettiamolo a frutto. C'è il “decreto Sostegni”, con gli interventi proposti dal Ministro Bianchi, che è un primo passo importante; la mozione che stiamo discutendo dà degli spunti anche interessanti, molto interessanti su come ampliare e diversificare quegli interventi sul recupero degli apprendimenti, ma - anche su questo punto - il tema non è solo DAD buona o DAD cattiva, ma questa DAD che, in questa Italia, non ha funzionato, e non ha funzionato perché ha creato e ha rafforzato quelle disuguaglianze che già tracciavamo. Infatti - uso le parole del professor Borgatti, direttore di neuropsichiatria infantile a Pavia -, la DAD ha avuto degli effetti classisti e antidemocratici, non perché i Ministri - passati o attuali - fossero cattivi, non perché il Parlamento fosse cattivo, ma perché questa DAD si è innestata su un sistema Paese fortemente deprivato, ricco di disuguaglianze, ed è andata ad esasperare ciò che già succedeva. Quindi, noi su questa DAD abbiamo il dovere di intervenire, di modificarla e di limitarla con gli interventi in presenza.

Una dinamica che si è verificata è che i docenti che già erano in grado di stabilire una relazione educativa, relazionale, empatica con i propri studenti hanno continuato a mantenerla, portando avanti anche sperimentazioni didattiche eccellenti, a livello europeo. E tutti gli altri? Allora, noi tante volte anche in quest'Aula sentiamo dei richiami, “la scuola ci chiede, il mondo della scuola…”, io ho sempre diffidato di questi richiami perché, come mi interesso dei bambini e delle bambine, che sono sempre gli ultimi, non appena mi viene detta una cosa del genere, io mi preoccupo di chi non ha la voce per far arrivare a me, ai colleghi e alle riviste specializzate, i loro veri bisogni; e, allora, credo che la sfida sia lì, verso chi non è rappresentato, che è la stragrande maggioranza dei docenti e anche degli studenti. Pochi giorni fa, gli studenti – i grandi assenti - erano in Piazza Castello, a Torino, e hanno esposto, con un richiamo storico molto affascinante, 95 tesi sulla scuola, che vanno dall'antimafia nella scuola, allo sviluppo del senso critico, al lavoro sui bisogni psicologici ed emotivi. Chi c'era ad ascoltarli? Chi c'era? Il mondo della politica no. E, allora, noi qui dentro abbiamo, con questa mozione e con gli atti che seguiranno, una grande occasione per rimettere loro al centro, per rimettere le loro proposte al centro, e vi invito a leggerle, perché sono veramente, veramente approfondite e ricche.

Ancora: questa riflessione mi porta quasi a identificare un qualcosa che va oltre l'aspetto che guarda - ed è già importante - alla tecnologia, al diritto all'accesso, al diritto alla conoscenza.

C'è una sorta di grado zero della problematicità che riguarda la scuola. Un grado zero che riguarda la possibilità di avere, di fruire, di accendere l'interruttore che lo permette.

Il banco scolastico rappresentava la linea di partenza per tutti quanti, dove tutti potevano almeno posizionarsi e dal quale ripartire. La DAD no. Questa DAD in questa Italia no. Allora è lì che dobbiamo continuare ad investire con interventi non solo economici, ma anche pedagogici ed educativi. Ci vuole testa oltre che soldi. Chiudo Presidente, con un riferimento proprio all'ultimo impegno della mozione che guarda al già citato “decreto Sostegni” e ai piani per quest'estate. Allora, quest'estate, chiariamoci, è bene che la scuola rimanga aperta più a lungo possibile, dopo un periodo scolastico di aperture, ma facciamo in modo che non sia a compartimenti stagni e, quindi, un'apertura soltanto per le attività, come posso dire, non formali, perché, se perdiamo quella occasione estiva di gancio anche con i docenti, la cui presenza è fondamentale, rischiamo di perdere l'ennesima grande occasione, che invece per fortuna abbiamo, che la scuola da subito, e in particolare da settembre, sia una scuola in presenza, inclusiva, democratica e che coinvolga tutti coloro che rischiano di rimanere tagliati fuori per non trovarci nella situazione per cui in molti ragazzi e ragazze - già lo riscontriamo e i medici ce lo stanno raccontando - vi è quasi una sorta di rifiuto sdegnato nel condividere le proprie difficoltà. Noi abbiamo bisogno di quelle difficoltà per costruire un futuro che sia degno del nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tasso. Ne ha facoltà.

ANTONIO TASSO (M-EUR-MAIE-PSI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, lo stato di pandemia che, da oltre un anno, sta sconvolgendo il nostro Paese, ha colpito e colpisce duramente ogni settore. In particolare, la scuola sicuramente continua a soffrire, nonostante la didattica a distanza le abbia comunque permesso di non fermarsi e mantenere vivo il legame tra docenti e studenti. Io ritengo improcrastinabile coniugare il diritto all'istruzione ed il diritto alla salute.

E' fortemente auspicabile un rientro in presenza di tutte le classi, ma in piena sicurezza. Questo potrebbe concretizzarsi, a mio parere, attraverso tracciamenti veloci, efficaci come, per esempio, i tamponi salivari rapidi, oppure la prosecuzione della campagna vaccinale e la valutazione della possibilità di vaccinazione degli studenti in possesso di requisiti. Inoltre è urgente predisporre un serio e ragionato piano di ripartenza. Non è più possibile, io credo, agire sull'onda dell'emergenza; la scuola, lo abbiamo sempre detto, è il nostro futuro e necessità di una strategia programmatica seria, immediata. Un simile piano deve garantire continuità didattica, successo formativo e pensare ad una riduzione del numero degli alunni per classe, soprattutto in presenza di studenti con disabilità. In questo quadro, il nodo cruciale, io penso, è costituito dall'urgenza di limitare il precariato degli insegnanti, attraverso l'immissione in ruolo del personale docente, in quanto la precarietà dei docenti si riflette anche sugli studenti in termini di qualità degli apprendimenti. In particolare, parlo di quegli alunni che hanno pagato più di tutti il prolungarsi della situazione pandemica, ovvero gli studenti con disabilità; ad essi deve essere garantita fin da subito la continuità didattica, in modo che a settembre possano tornare in classe con lo stesso docente specializzato sul sostegno. Concludo, Presidente; secondo me serve un tempestivo piano strategico che preveda la subitanea immissione in ruolo dei docenti specializzati in sostegno, già ampiamente selezionati e formati. Chiudo con una frase del ministro Bianchi: “non può esserci una società giusta senza una scuola inclusiva”.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretaria, dopo mesi di proposte da parte dei colleghi di Fratelli d'Italia, finalmente arriva in quest'Aula quella che si può definire un'ammissione di colpa, dato che quanto è scritto nella mozione di maggioranza, e quanto dichiarato dal collega Bella replica fedelmente quello che andiamo dicendo da mesi. Da autorevoli studi infatti - anche uno recente apparso sul Corriere della Sera, che incrocia le cifre del Ministero dell'Istruzione, di aziende sanitarie, della Protezione civile - emerge che il tasso di positività tra i ragazzi è inferiore all'1 per cento dei tamponi fatti. Come ha ricordato anche la collega Frassinetti, la ricerca ci dimostra che stare in classe non determina la salita della curva della pandemia. Nello specifico, si evidenzia che in Italia, dove le classi sono rimaste chiuse ben più a lungo che negli altri Paesi europei, non c'è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza. Quella dei nostri ragazzi è stata la fascia meno colpita dal virus, ma è quella che ha pagato più di tutte perché li avete isolati, li avete abbandonati al loro destino. E, invece, è proprio a scuola che si formano i nostri figli, dove hanno la possibilità di socializzare, di costruire i primi rapporti che li accompagneranno nel mondo dei grandi. Gli effetti della didattica a distanza sono stati devastanti, sottosegretario. Gli ultimi Governi hanno pregiudicato il diritto allo studio, perché la sospensione delle attività didattiche in presenza ha colpito maggiormente chi si trovava già in una condizione di povertà, perché non tutti hanno la possibilità di acquistare un pc o una connessione a Internet e, secondo i dati Istat, l'8 per cento dei nostri figli non ha accesso alla didattica digitale. Mi trovo a dover confermare che i provvedimenti presi dal precedente e dall'attuale Governo hanno praticamente scontentato tutti: mamme, papà, docenti, dirigenti. Abbiamo visto inutili provvedimenti che hanno penalizzato la futura classe politica dirigente di questa Nazione. Le scuole sono state di nuovo chiuse, creando ulteriori disagi nelle famiglie italiane. Sono, quindi, legittime le proteste di studenti, di genitori e di docenti in tutta Italia, perché in Europa, a differenza nostra, riscontriamo che sono state mantenute le scuole aperte. Un esempio su tutti è quello della Francia, che ha deciso di tenerle aperte anche durante il pieno lockdown. La scuola, Presidente, deve ripartire: deve ripartire in presenza, in presenza ma in sicurezza e per fare questo ci vogliono fatti concreti, ci vogliono investimenti ad hoc per garantire spazi sicuri e riduzione del numero degli alunni nelle classi.

I trasporti devono essere riorganizzati, perché è proprio durante i viaggi che si creano gli assembramenti. Occorre reperire nuovi spazi, stringere patti educativi con le scuole paritarie per coinvolgere istituti che fanno parte del sistema pubblico dell'istruzione; occorre potenziare il sistema di tracciamento attraverso un più forte raccordo con il territorio, avere la possibilità di utilizzare i tamponi rapidi per individuare celermente eventuali positivi e riducendo, in questo modo, anche i tempi di quarantena. Bisogna installare i sistemi di aerazione sul modello delle Marche, come ha fatto il nostro presidente Acquaroli di Fratelli d'Italia. La ricerca delle soluzioni ai problemi ce l'hanno insegnata propria a scuola, ma troppo spesso in questo Paese è tenendo vita ai problemi che ci sono più possibilità di fare loschi affari, e non so perché mi vengono in mente, per esempio, questi banchi a rotelle, che non sono serviti a nulla. Non sono serviti eppure sono stati acquistati con i soldi dei cittadini, che avranno inconsapevolmente contribuito ad arricchire qualcuno che di sicuro non ha migliorato la didattica dei nostri figli. E concludo, Presidente, augurandomi che, a conclusione di questo dibattito, avremo davvero tirato le somme, perché gli italiani non possono più aspettare, i ragazzi non possono più aspettare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melicchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MELICCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Abbiamo presentato questa mozione per ribadire, una volta di più, che l'Italia deve ripartire dai bambini e dai ragazzi. La scuola, come sappiamo, è stata, con l'università, una delle prime istituzioni a dover adottare misure di prevenzione per fronteggiare la diffusione del COVID-19. La sospensione delle attività didattiche in presenza non ha richiesto solamente il ripensamento della didattica e la ridefinizione delle modalità di insegnamento-apprendimento a distanza, ma ha anche interrotto improvvisamente la partecipazione ad un contesto socio-educativo fondamentale per gli studenti, stravolgendo routine funzionali ai percorsi di crescita di ciascuno. La sospensione delle attività didattiche in presenza ha rappresentato un evento improvviso che ha colto di sorpresa i bambini, i ragazzi e gli adulti. Si è creato un clima surreale, inizialmente percepito quasi come una vacanza inusuale e poi è diventata la nuova realtà con cui confrontarsi. E bisogna assolutamente ricordare l'impegno delle scuole e soprattutto dei docenti, chiamati in prima linea ad affrontare e arginare un'emergenza che correva e corre sullo stesso binario di quella sanitaria.

Tuttavia la scuola è un meraviglioso universo, in cui la didattica occupa certamente uno spazio importante, ma non esclusivo. Nei fatti, la DAD è stata una soluzione che ha permesso di salvare l'anno scolastico, ma è necessario e urgente considerarla una soluzione temporanea per gestire un'emergenza sanitaria; non può e non deve essere considerata una possibile normalità. Ho letto e mi hanno colpito le parole di una studentessa che ha scritto: “mi manca la mia scuola, mi mancano gli insegnanti, mi manca poter stare con i miei amici, giocare con loro, ridere e scherzare insieme, persino litigare”. Insomma, non è la stessa cosa. Ecco, la scuola è prima di tutto un luogo in cui ci si mette in relazione con altre persone, i coetanei, gli insegnanti, il personale non docente; sono le stesse relazioni che contribuiscono alla loro formazione. È un ambiente in continua trasformazione, modellato proprio da chi lo abita; relazioni significative e pienamente umane, che accolgono parole, gesti e sguardi, ma anche difficoltà, arrabbiature, piccole crisi quotidiane, che, ascoltate e superate insieme, alunni, docenti e famiglie, permettono di crescere nella propria identità proprio a partire dal confronto con l'altro. E proprio le misure adottate per contrastare il diffondersi del virus hanno necessariamente implicato un distanziamento sociale che potrebbe aver portato a vedere l'altro come potenzialmente pericoloso; abbiamo involontariamente insegnato ad aver paura dell'altro, purtroppo. La scuola in presenza, invece, garantisce la possibilità di vivere esperienze stimolanti, diversificate, ma sempre calibrate ai bisogni e alle possibilità dei ragazzi. Se penso ai bambini più riservati, più introversi, più timidi, che più possono aver patito la didattica a distanza, le nuove esperienze, piccole o grandi che siano, danno anche la possibilità di scoprire di essere capaci di affrontarle, anche se all'inizio possono fare un po' paura. Allenano, quindi, il coraggio e la possibilità di mettersi in gioco. Sono esperienze che sono guidate dall'insegnante, ma sono vissute con il gruppo dei pari, con i compagni di classe, e anche qui si aprono tantissime possibilità di crescita per il bambino e per l'adolescente. Queste affermazioni mettono in luce un aspetto importantissimo dell'apprendimento: esso avviene mettendo in gioco la totalità del proprio modo di essere. La classe diventa un organismo a sé stante e con proprie dinamiche, con una propria identità che va oltre la somma dei singoli partecipanti. Il gruppo sostiene, contiene, fa sperimentare il senso di appartenenza, altra dimensione che contribuisce a proseguire il lavoro di definizione della personalità dei ragazzi. Voglio essere chiaro: il mondo della scuola, i dirigenti, tutto il personale, gli studenti e le famiglie hanno fatto tutto il possibile, con tanta buona volontà, per garantire una ripresa sicura e duratura, nella consapevolezza che la scuola è davvero il luogo fondamentale non solo per l'istruzione, ma soprattutto per la crescita, la formazione e l'educazione dei cittadini di domani. Si è riscoperto come la scuola sia veramente l'investimento sul nostro futuro. E allora, guardando ai vari studi che confermano che la correlazione tra apertura delle scuole e aumento dei contagi in Italia non c'è stata grazie all'enorme lavoro fatto durante l'estate dal Ministero e da tutto il comparto scuola, è ora di dire che finalmente si tornerà in classe. Ed è proprio il caso di dire finalmente, nonostante l'esperienza positiva e, per certi versi, stimolante della didattica a distanza. Certamente la sicurezza deve venire prima di tutto, con il necessario rispetto delle norme e dei protocolli, ma dobbiamo considerare prioritaria la riapertura delle scuole, anche in considerazione del minore rischio di contagio e dell'importanza educativa dell'istituzione scolastica per l'intera comunità. Il rischio zero non esiste, ed è chiaro che siamo in tempi delicati dal punto di vista sanitario; quindi screening e tracciamento restano fondamentali, ma le evidenze scientifiche ci fanno affermare che la scuola, di ogni ordine e grado, è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio. I bambini e i ragazzi hanno un ruolo marginale nella diffusione del COVID-19 e movimenti sensibili degli indici di trasmissibilità, visti i protocolli di sicurezza seguiti, non possono essere imputati all'apertura o alla chiusura delle scuole. Tra l'altro, tutto il personale docente, che sembrava essere più interessato dai contagi, si sta vaccinando, questo un ulteriore sforzo del Ministero. Di contro, il rischio per i ragazzi è molto maggiore quando si trovano in gruppo o altrove, che nelle lezioni, senza la supervisione degli adulti. La chiusura totale o parziale delle scuole non influisce minimamente sull'indice di trasmissibilità Rt. Siamo contenti poi che l'ultimo “decreto COVID” abbia già accolto una delle battaglie della prima ora del mio gruppo parlamentare, del MoVimento 5 Stelle, ovvero quella di garantire uniformità a livello nazionale. Come è stato possibile? Con l'impossibilità, da parte dei governatori, di chiudere le scuole con ordinanze ad hoc, salvo casi estremamente gravi. Bisognava porre un freno al protagonismo di alcuni presidenti di regione, come quello della mia regione, la Calabria, governata da un presidente facente funzioni della Lega, che si è visto bocciare puntualmente dal TAR tutte le ordinanze di chiusura sulla scuola. E dico tutte! Questo è andato a scapito della formazione degli studenti. Così facendo, le scuole non riuscivano ad organizzare a dovere le loro attività, con grande difficoltà dei genitori ad adeguarsi a continui cambi in corsa. Ma non è solo la Calabria. In Umbria, per esempio, sono stati svolti in presenza solo 39 giorni di lezione durante tutto l'anno scolastico delle scuole superiori. Nonostante i periodi di zona rossa in quella regione siano stati limitati, la chiusura è stata più prolungata per scelte della politica di centrodestra, in questo caso. Dunque, quasi mi viene da pensare che ci sia un oscurantismo culturale, si porti avanti ciò e non si comprenda che la formazione è un diritto costituzionale. La scuola è l'elemento centrale per la vita di una comunità ed è necessaria, in tutta sicurezza, a dare strumenti culturali che sono fondamentali. Il sistema scolastico si è così, purtroppo, trovato ostaggio delle fantasie di ordinanze regionali di alcuni presidenti, che chiudevano a prescindere dalle regole nazionali, senza magari preoccuparsi di organizzare il trasporto scolastico, che è materia di loro competenza. È previsto che questa regola sia uguale e immodificabile su tutto il territorio nazionale. Lavoriamo insieme, quindi, affinché per gli studenti più grandi si giunga a soluzioni di questo genere. Per il MoVimento 5 Stelle, dunque, le scuole non possono e non devono chiudere neppure in zona rossa, fatti salvi ovviamente casi di pericolo specifici e delimitati. È questa la vera priorità del Paese. Siamo stati i primi a dirlo e continueremo a ribadirlo ogni giorno, perché siamo convinti sia la posizione più giusta.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Valente. Ne ha facoltà.

SIMONE VALENTE (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretaria, colleghi, oggi ci troviamo in quest'Aula a discutere della mozione per riaprire tutte le scuole e gli istituti scolastici di ogni ordine e grado. Qui il pensiero va subito a chi, in questo ultimo anno, soprattutto le famiglie, i docenti e ovviamente gli studenti, hanno con tutte le forze portato avanti il settore della scuola e hanno subito ovviamente gravi danni causati da questa pandemia. Io mi voglio focalizzare, però, su un aspetto che spesso è considerato un fanalino di coda o secondario, che è quello dell'attività motoria, dello sport scolastico, dell'educazione al movimento.

Se ne parla troppo poco, forse se ne è parlato anche poco proprio in queste Aule, però è chiaro che, se i nostri bambini, i nostri ragazzi hanno dovuto gestire alcune situazioni causate da questa pandemia per quanto riguarda l'apprendimento in tutte le materie, è ovvio che, anche nell'insegnamento dell'educazione motoria, nella pratica inesistente dell'aspetto motorio e sportivo, hanno avuto un danno direi inquantificabile, e questo deve porci davanti a serie riflessioni, soprattutto per il futuro, soprattutto per la ripartenza delle scuole.

Forse alcuni studenti, proprio per la mancanza di risorse e di strumenti, di palestre scolastiche, già prima della pandemia, non riuscivano a praticare attività fisica e non riuscivano a fare sport nella scuola. E qui viene la vera sfida che ha davanti il Governo, che ha davanti il Ministro Bianchi, che hanno davanti i sottosegretari del Ministero dell'Istruzione, di creare le basi per ripartire e per far sì che tutti i soggetti, tutti gli studenti possano praticare attività fisica e sport all'interno della scuola con quell'equità diffusa su tutto il territorio nazionale, che, ahimè, forse, manca.

Io lo dico oggi, nella Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace, voluta dall'ONU nel 2013, quando è stata, appunto, approvata una risoluzione che chiedeva a tutti gli Stati membri di farsi carico di alcuni principi, di alcuni valori. Ecco, in questa Giornata, parlando di scuola e di riaperture, bisognerebbe, forse, focalizzarsi anche su questo tema e avere più attenzione, e non solo a parole.

Oggi ho ascoltato le parole del sottosegretario Sasso, che auspicava un'approvazione molto rapida del disegno di legge per introdurre l'insegnante di educazione fisica nella scuola primaria, ormai fermo in Senato da più di un anno. Però, al di là di queste parole, di questi intenti, bisogna iniziare a dare dei messaggi concreti, fare le cose in maniera concreta, dare un messaggio chiaro all'esterno, perché, vedete, di questo tema dell'educazione fisica nella scuola primaria ne discutiamo ormai da anni in queste Aule. Io, nella scorsa legislatura, avevo depositato una proposta di legge su questo tema e, prima di me, sicuramente altri colleghi avevano provato a portare questa proposta all'interno delle scuole. Però, ora è venuto il momento di chiudere questa partita. Visto che mi sembra che sia trasversale l'intento, è il momento che il Ministro Bianchi, che sicuramente ha sensibilità e ci ha comunicato questa sensibilità, dia una svolta a questa proposta di legge, trovando le dovute coperture, una quantificazione, ovviamente, adeguata per l'obiettivo che si vuole perseguire, e consenta, quindi, al Parlamento di sbloccare questa proposta di legge, perché sennò saremmo, ancora una volta, qui, a parlare di movimento e di educazione motoria, di quanto il movimento, all'interno della scuola, faccia bene e faccia bene anche per l'apprendimento di altre materie. Ormai gli studi scientifici su questo tema non si contano neanche più, non dobbiamo neanche più dimostrare nulla dal punto di vista scientifico, dobbiamo solo far sì che questa proposta vada in porto.

E perché parlo di questa proposta? Perché se parliamo di futuro, di riaperture, di impegnare ancora più risorse per ripartire, perché ce ne sarà bisogno, perché, come ho detto, i danni che hanno subito i bambini e i ragazzi che frequentano le scuole sono incalcolabili, allora dovremo dare un segnale ancora più forte.

E, quindi, l'auspicio è proprio che, oltre a far ripartire il prima possibile tutti gli insegnamenti scolastici, ci sia anche questa attenzione all'educazione al movimento per creare dei soggetti che, in futuro, saranno sempre più attivi e potranno creare, avere dentro di sé una cultura del movimento e dello sport di cui, ancora oggi, tanti parlano in Italia, ma che manca fondamentalmente; e che, se non è lo Stato che deve perseguire quell'obiettivo, chi altro deve essere? Il mio auspicio è questo. Quindi, io veramente rivolgo ancora una volta l'invito al Governo di procedere in questa direzione. E auspico, ovviamente, che questa mozione depositata dal MoVimento 5 Stelle, che dà un segnale e impegna il Governo a riaprire le scuole, possa essere anche condivisa da tutti gli altri gruppi politici e, quindi, si arrivi a creare una mozione unitaria per far sì che il Parlamento dia un segnale forte al Governo che la scuola è uno dei pilastri fondanti di questo Paese e che non può assolutamente passare in secondo piano.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Azzolina. Ne ha facoltà.

LUCIA AZZOLINA (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghi e colleghe, intervengo oggi in questa mozione in Aula, consapevole dell'importanza che questo tema ha. “Nessuno può togliere ai giovani la speranza del futuro perché oscurerebbe il futuro dell'intera comunità”: queste sono parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che io condivido in pieno e che ha pronunciato pochi giorni fa.

I giovani hanno bisogno di fiducia, hanno bisogno di speranza, hanno bisogno che gli adulti si occupino di loro e credano in loro, hanno bisogno di tornare a scuola - e non parlo solo dei più piccoli - per vivere quell'esperienza umana, quell'esperienza sociale e formativa, che gli cambierà l'esistenza, permettendo loro la realizzazione di aspirazioni e la coltivazione dei propri interessi, delle proprie inclinazioni.

Siamo tutti d'accordo in quest'Aula che sull'istruzione dei ragazzi e delle ragazze si giochi il futuro del Paese? Io penso proprio di sì, perché lo sappiamo tutti che la scuola è il luogo dell'incontro, è il luogo del dialogo, è il luogo dello sviluppo umano integrale. Siamo tutti d'accordo in quest'Aula che l'ubi consistam della scuola serve a ridurre, ad accorciare i divari, perché è uno straordinario strumento di emancipazione personale, perché è uno straordinario strumento che combatte le disuguaglianze, combatte il razzismo, ci insegna che l'amore non ha un'unica forma, come qualcuno vuole farci credere. La scuola apre la mente.

Per troppi anni la formazione di studentesse e studenti era uscita dal dibattito del Paese, oggi finalmente è al centro del dibattito del Paese. Per troppi anni si era disinvestito sulla scuola, oggi finalmente si investe e io mi auguro che questo Governo, il Governo Draghi, investa tanto quanto ha investito il Governo Conte, anzi anche di più, sulla scuola; perché l'investimento sulla scuola non è una spesa, l'investimento sulla scuola genera sviluppo e compie un'opera straordinaria di giustizia sociale.

Colleghe e colleghi, il COVID ha messo in ginocchio il mondo intero, sono cambiate le nostre abitudini di vita, l'umanità ha pagato e sta pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane: lo sa il nostro personale sanitario, lo sanno i nostri anziani, ma lo sanno anche i giovani, lo sanno anche gli adolescenti, perché loro stanno pagando un prezzo altissimo, un costo sociale altissimo, dovuto anche alla chiusura delle scuole.

Vedete, nel marzo 2020, noi ci siamo ritrovati ad affrontare un'emergenza che nessuno avrebbe mai immaginato e abbiamo, sì, chiuso le scuole, lo rivendico, lo rivendichiamo, perché non potevamo fare altrimenti, perché non si conosceva che cos'era il COVID, e lo abbiamo fatto a tutela della salute di tutti. Ma poi ci siamo messi a lavorare tantissimo per riaprire le scuole. Quest'estate, grazie a tutta la comunità scolastica - dirigenti, docenti, personale ATA, anche le famiglie hanno dato una mano - abbiamo ricavato 40 mila aule in più, grazie ai lavori di edilizia scolastica, abbiamo cambiato tutti gli arredi, abbiamo messo 70 mila persone a lavorare in più; abbiamo distribuito 11 milioni di mascherine, l'unico Paese al mondo ad averlo fatto: non abbiamo dato mascherine solo ai meno abbienti, le abbiamo date a tutti quanti, per riportarli in classe.

E vi do una notizia: da settembre agli inizi di febbraio, il primo ciclo non ha mai chiuso in Italia, fatta eccezione per alcune scelte localistiche, in particolar modo la Puglia e la Campania. Perché abbiamo lavorato tantissimo per riaprire? Perché sapevamo che la scuola è l'epicentro della socialità, della crescita, del confronto, della relazione: non è, la scuola, una semplice dispensatrici di nozioni.

Allora, come si legge dai dati ricordati dalla mozione, lo sappiamo bene che il prolungamento isolato, dovuto all'attività sospesa di didattica in presenza, ha inciso negativamente sulla salute psicofisica dei ragazzi e delle ragazze, perché la scuola ha fatto anche da ammortizzatore di stress in presenza. Se la scuola in presenza viene a mancare, il contagio non è soltanto quello che conosciamo: il contagio è anche emotivo, perché ci sono stati d'ansia, di agitazione, cambi di umore, che nei ragazzi sono diventati consistenti, in particolar modo negli adolescenti. Presidente, non esistono, purtroppo, soltanto i posti di terapia intensiva, per quanto drammatica sia la situazione, occupati a causa del COVID. Ci sono anche gli effetti collaterali da COVID, quegli effetti collaterali che sembrano invisibili, ma ci sono. Quegli effetti collaterali indiretti, quegli effetti collaterali che hanno portato i posti del “Bambino Gesù” ad essere pieni di bambini e di adolescenti. Non era mai successo: posti letto occupati al massimo della loro capienza, ragazzini con disturbi mentali in aumento vertiginoso, netto innalzarsi delle richieste di aiuto. Se continua così, alla fine dell'anno, avremo più di 500 ricoveri e oltre 7 mila bambini in attività diurna. Queste sono parole di Stefano Vicari, responsabile di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma. Ma non solo questo. Ci sono anche le indagini realizzate dal centro studi del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, che ci dicono quanto a mancare agli studenti più grandi - parlo dei più grandi - della scuola e la possibilità di svolgere le azioni in presenza siano lo stare con i compagni di classe (per il 75 per cento), la possibilità di studiare insieme (per il 45 per cento), una maggiore interazione durante le lezioni e il confronto con gli insegnanti (per il 31 per cento). Allora, Presidente, io sono assolutamente convinta - lo dico per esperienza personale - che la scuola salva vite umane e le salva, tanto quanto lo fanno anche i medici e gli infermieri e non bastano le cortine ideologiche per impedire che si abbia consapevolezza di questo. Si rischia un aumento della dispersione scolastica: questo non è un segnale che si possa ignorare. Così come non possiamo ignorare un dato di fatto: i problemi maggiori si verificano in quei territori nei quali, sulla base di decisioni politiche localistiche, anche i più piccolini nell'ultimo periodo sono rimasti a casa. Io sono stata la prima a congratularmi con il Governo Draghi, molto felice per la scelta di mettere un freno al protagonismo di alcune regioni. Avevo fatto notare, per la verità, la mancanza, rispetto alla bozza del “decreto Sostegni”, di un riferimento ai sindaci, che poi è stato corretto nella versione finale del decreto. Però, è stata fatta un'altra modifica al decreto, la deroga possibile per motivi epidemiologici. Certo, giusto: se ci sono dei motivi epidemiologici, è giusto chiudere le scuole e ci mancherebbe altro. Però, questa deroga è stata già utilizzata dalla Puglia, dall'Umbria e da tanti sindaci campani. Insomma, siamo punto e a capo.

Allora, che cosa chiedo? Chiedo che questi governatori, questi presidenti e sindaci ci dicano esattamente quali sono i dati epidemiologici che dimostrano il contagio nelle scuole, che dimostrino perché hanno chiuso o perché hanno deciso di far fare una “didattica à la carte”. Sarebbe bello averli ed è proprio su questi dati che devono essere prese poi le decisioni. Ce lo ha detto anche il Consiglio di Stato: non si chiude senza dati. Attenzione, so molto bene che il rischio zero non esiste, l'ho ripetuto per mesi, ma so anche molto bene che la scuola, grazie a tutto il lavoro che la comunità scolastica ha fatto, è tra i luoghi più sicuri. E sono molto felice di aver sentito oggi le parole dei miei colleghi onorevoli, deputati e deputate, che, anche in assenza di misure - perché non sono state prese misure nuove adesso con il nuovo Governo - dicono che le aule sono sicure. È bastato, forse, cambiare un po' Governo, per recuperare un po' di giudizio. Questo è positivo, perché ci sono gli studi che lo dimostrano, che le scuole e le aule sono sicure: non solo lo studio della professoressa Gandini, che può piacere o non piacere, ma c'è anche Alberto Villani, che è il presidente della Società italiana di pediatria, che ha fatto uno studio molto, molto, molto accurato su Roma. È quindi grazie a questi studi, grazie ai protocolli - che sono stati adottati nei mesi scorsi e che hanno riconosciuto anche tutti i nostri dirigenti scolastici -, che oggi le scuole devono poter riaprire e devono poter riaprire per tutti i gradi di istruzione. Anche perché la sospensione delle attività didattiche in presenza non soltanto va a colpire gli studenti, ma colpisce anche le donne, perché tanto è inutile negarcelo in quest'Aula: saranno le donne a dovere restare a casa con i figli, sono quelle che alla fine se ne fanno carico, spesso con lo stipendio dimezzato, con bonus che spesso non bastano, perché sono strumenti insufficienti. E, allora, che cosa si può fare? Perché, poi, non basta dire ciò che non va, si deve dire anche ciò che va e ciò che si deve fare: ebbene, è importante che si stiano vaccinando gli insegnanti, quindi, che si continui in quella direzione, nella vaccinazione veloce di tutto il personale scolastico; si devono assolutamente fare i tamponi; le regioni hanno sottoscritto un'intesa all'unanimità a dicembre 2020, lo ripeto, dicembre 2020; adesso, il Governo ha dato un imprinting diverso nel rapporto con le regioni, si faccia sì che quei test rapidi per la popolazione scolastica vengano fatti così come le regioni avevano promesso il 20 dicembre del 2020. Lo hanno fatto alcune regioni, penso a quando si dice: eh, però, le Aule dentro sono salutari, è vero, sì, non ci sono contagi, ma il problema è fuori. Ebbene, il Governo Conte ha dato tanti soldi per quel “fuori”; in Toscana abbiamo un modello che ha funzionato molto bene, hanno messo gli steward alle fermate degli autobus, il presidente della regione Toscana ha fatto un ottimo lavoro sulla scuola; allora, si utilizzino i soldi che sono stati dati per garantire la sicurezza, anche oltre la scuola, fuori dalla scuola.

E, poi, non dimentichiamo che, per tanti bambini, andare a scuola significa mangiare, non soltanto mangiare dal punto di vista culturale, mangiare nel vero senso della parola; l'unico pasto spesso si consuma a scuola. Il ricorso ampio e persistente alla didattica a distanza può ampliare il divario tra quanti possono contare su un adeguato sostegno in ambito familiare e quanti non possono contarvi, queste sono parole di Ignazio Visco. Io ho sempre difeso la didattica a distanza, l'ho inventata, l'abbiamo inventata, ma come strumento limitato nel tempo. Il problema è quando diventa prolungato nel tempo, come giustamente dice Ignazio Visco nella sua lectio magistralis del 16 dicembre.

Allora, noi sappiamo tutti quanti, qui dentro, che la scuola abbatte le barriere di classe, credo che siamo tutti d'accordo, e, allora, per questo, non possiamo girarci dall'altra parte…

PRESIDENTE. Concluda.

LUCIA AZZOLINA (M5S). Concludo, velocemente. La posta in gioco è troppo alta, ce lo chiede Anita, ce lo chiede Elisa e insieme a loro, ce lo chiedono le loro compagne e i loro compagni, simbolo di una generazione vitale che vuole andare a scuola, che crede che la scuola sia ascensore sociale, che quell'articolo 34 della Costituzione abbia ancora un senso, perché quell'articolo 34 rappresenta la speranza per tanti ragazzi di migliorare la propria vita. Allora, io non penso che sulla scuola ci possa essere scontro politico; il MoVimento 5 Stelle ha presentato questa mozione e io spero che verrà migliorata, come già sta accadendo, ampliata, grazie a tutti gli altri partiti che lo vorranno fare. Teniamo fuori l'istruzione dalle strumentalizzazioni politiche, perché non possono esistere; sta alla politica tutta, lo ripeto, tutta, qui dentro e anche fuori da qui dentro, garantire un risultato: che anche i ragazzi più grandi - parlo di quella che si diceva seconda e terza media, che oggi non si chiama più così - della scuola secondaria di primo grado e delle superiori tornino in classe, perché questo Paese deve dare ai giovani lo spazio che meritano. Il MoVimento 5 Stelle lo ha fatto, lo farà, ci crede, starà a fianco dei giovani, ne tutelerà oggi e in futuro la dignità e il futuro, soprattutto.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Si riserva.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

PRESIDENTE. Comunico che, in data odierna, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi il deputato Paolo Barelli, in sostituzione del deputato Giorgio Mulè, entrato a far parte del Governo.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Voglio riportare, anche in quest'Aula, che la giornata di oggi, in tante nostre città, da Napoli a Bari, a Roma, a Torino, a Lecce, ha visto migliaia e migliaia di lavoratrici e lavoratori del commercio ambulante esprimere un grido di dolore, la sofferenza acuta per una situazione che diventa ogni giorno più insostenibile, in particolare, per gli operatori delle fiere e delle sagre, dove il lavoro è fermo da un anno.

Ecco, su questo vogliamo richiamare la massima attenzione da parte del Governo. I mercati all'aperto, all'aria aperta, adottano tutte le misure di sicurezza necessarie, la sanificazione, i distanziamenti, i percorsi obbligati. Allora, dobbiamo fare in modo che le normative che li riguardano siano analoghe a quelle del commercio al chiuso, dei supermercati al chiuso. Dobbiamo intervenire al più presto.

Il Governo deve ascoltare, deve ascoltare e deve intervenire. Giovedì è previsto un incontro importante con i presidenti delle regioni, con il Governo. In quell'occasione bisogna dedicare un'attenzione specifica al commercio ambulante. Dobbiamo lavorare per le riaperture al più presto e, quindi, dobbiamo completare, al più presto, la campagna vaccinale, perché è la condizione migliore di sicurezza e poi dobbiamo intervenire con gli indennizzi.

Concludo, Presidente. Gli ambulanti, come tutti gli altri lavoratori, vogliono lavorare, non vogliono gli indennizzi, però è necessario, per le perdite che hanno subito, anche indennizzare. Allora, faccio di nuovo appello al Governo: è necessario un ulteriore, consistente scostamento di bilancio al più presto, con il Documento di economia e finanza e, poi, un “decreto Sostegni” che non abbia riferimento al fatturato, ma abbia, finalmente, riferimento alle perdite effettivamente subite.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 7 aprile 2021 - Ore 9,30:

(ore 9,30 e ore 16)

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri. (C. 2915-A​)

Relatore: MAURIZIO CATTOI.

2. Seguito della discussione delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00414, Fregolent ed altri n. 1-00417, Prestigiacomo ed altri n. 1-00418, Fornaro ed altri n. 1-00429, Muroni ed altri n. 1-00440, Vianello ed altri n. 1-00441, Pezzopane ed altri n. 1-00442, Vallascas ed altri n. 1-00450 e Lapia ed altri n. 1-00451 in materia di individuazione del deposito nazionale per il combustibile nucleare irraggiato e i rifiuti radioattivi .

3. Seguito della discussione della mozione Lattanzio ed altri n. 1-00405 concernente iniziative in materia di definizione del Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e ulteriori misure in campo educativo ed economico a favore dei minori .

4. Seguito della discussione delle mozioni Meloni, Giacomoni ed altri n. 1-00382, Zanichelli, Fragomeli, Mor, Pastorino ed altri n. 1-00409 e Centemero ed altri n. 1-00443 concernenti il ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze nell'ambito del processo di vendita della società Borsa Italiana .

5. Seguito della discussione delle mozioni Ungaro ed altri n. 1-00392, Zangrillo ed altri n. 1-00396 e Lollobrigida ed altri n. 1-00398 concernenti iniziative a favore dell'occupazione, della formazione e dell'emancipazione giovanile .

6. Seguito della discussione delle mozioni Bella ed altri n. 1-00449, Aprea ed altri n. 1-00453, Fusacchia ed altri n. 1-00454 e Lollobrigida ed altri n. 1-00455 concernenti iniziative volte alla riapertura in sicurezza degli istituti scolastici di ogni ordine e grado .

(ore 15)

7. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 15.