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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 475 di venerdì 26 marzo 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,40.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 24 marzo 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Boschi, Brescia, Casa, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Gregorio Fontana, Giachetti, Lollobrigida, Maggioni, Occhiuto, Paita, Perantoni, Rotta, Serracchiani e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 80, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito la deputata segretaria a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge:

Francesco Di Pasquale, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:

misure per verificare l'idoneità e la sicurezza dei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie in commercio (688) - alla XII Commissione (Affari sociali);

incentivi fiscali per l'acquisto di sistemi di sicurezza per proteggere le abitazioni dai furti (689) - alla VI Commissione (Finanze);

interventi per garantire la gratuità dei tamponi per la diagnosi del COVID-19 (690) - alla XII Commissione (Affari sociali);

iniziative per il potenziamento dei mezzi di trasporto pubblici (691) - alla IX Commissione (Trasporti);

l'abolizione dell'imposta sul valore aggiunto (692) - alla VI Commissione (Finanze);

la conduzione di analisi indipendenti per verificare la sicurezza e l'efficacia dei vaccini (693) - alla XII Commissione (Affari sociali);

l'abolizione della figura del difensore civico (694) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Giampietro De Toma, da San Leucio del Sannio (Benevento), chiede:

una modifica dell'articolo 52 della Costituzione, prevedendo un periodo di due mesi di servizio civile obbligatorio (695) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

una modifica dell'articolo 595 del codice penale in materia di reato di diffamazione (696) - alla II Commissione (Giustizia);

Luciano Greco, da Fuscaldo (Cosenza), chiede:

interventi a favore delle imprese costrette a periodi di inattività dai provvedimenti di contenimento del COVID-19 (697) - alla X Commissione (Attività produttive);

misure diverse per permettere al Sistema sanitario nazionale di affrontare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (698) - alla XII Commissione (Affari sociali);

un provvedimento di amnistia e indulto e l'accesso facilitato a misure alternative al carcere per evitare il diffondersi del COVID-19 all'interno dei penitenziari (699) - alla II Commissione (Giustizia);

di potenziare il trasporto scolastico anche attraverso l'affidamento a privati per evitare affollamenti all'interno dei mezzi pubblici (700) - alla IX Commissione (Trasporti);

di semplificare le modalità di accesso al lavoro pubblico e lo scorrimento delle graduatorie esistenti al fine di evitare i concorsi pubblici nel periodo emergenziale (701) - alla XI Commissione (Lavoro);

Eulalia Malimpensa, da Milano, chiede che il Governo si impegni a garantire l'attività didattica in presenza per gli istituti di ogni ordine e grado a prescindere dalla fascia di rischio delle regioni (702) - alla VII Commissione (Cultura);

Santo Castaldo, da Afragola (Napoli), chiede modifiche all'articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale per i dipendenti pubblici (703) - alla XI Commissione (Lavoro);

Donato Campanella, da Mottola (Taranto), chiede modifiche ai commi 1 e 2-bis dell'articolo 263 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativo alla destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per l'abbandono di rifiuti (704) - alla VIII Commissione (Ambiente);

Antonio Sorrento, da Martano (Lecce), chiede la sospensione delle scadenze tributarie, con particolare riguardo a quelle relative alla definizione agevolata dei debiti iscritti al ruolo previste dalla "rottamazione-ter” e dal “saldo e stralcio” (705) - alla VI Commissione (Finanze);

Orietta Vangelista, da Verona, e altri cittadini chiedono l'introduzione dell'insegnamento autonomo dell'educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado (706) - alla VII Commissione (Cultura);

Annamaria Russo, da Mazara del Vallo (Trapani), chiede l'abolizione delle norme che impongono l'obbligo continuativo di residenza in Italia per avere diritto all'assegno sociale (707) – alla XII Commissione (Affari sociali);

Alessandro Scandiffio, da Pomarico (Matera), chiede modifiche all'articolo 19 della legge 31 dicembre 2012, n. 47, in materia di eccezioni alle norme sull'incompatibilità per l'esercizio della professione di avvocato (708) - alla II Commissione (Giustizia);

Sergio Iacomoni, da Roma, chiede che i presidenti dei municipi di Roma capitale siano membri di diritto dell'Assemblea capitolina (709) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Cristiano Lorenzo Kustermann, da Otricoli (Terni), chiede nuove norme in materia di commutazione delle pene da parte del Presidente della Repubblica (710) - alla II Commissione (Giustizia);

Fabio Febbraio, da Genova, chiede che gli esercizi commerciali del settore della danza siano inclusi tra quelli che hanno diritto ai ristori (711) - alla X Commissione (Attività produttive);

Luca Di Leva, da Lecce, e altri cittadini chiedono la stabilizzazione dei docenti ammessi con riserva al concorso per insegnanti del 2018 (712) - alla XI Commissione (Lavoro);

Michele Vecchione, da Alatri (Frosinone), chiede nuove misure per la prevenzione del suicidio (713) - alla XII Commissione (Affari sociali);

Renato Lelli, da Sant'Ambrogio di Valpolicella (Verona), chiede:

nuove norme in materia di prescrizione (714) - alla II Commissione (Giustizia);

il risarcimento delle spese legali sostenute dall'imputato nei processi penali in caso di sentenza di assoluzione (715) - alla II Commissione (Giustizia);

la riforma della magistratura (716) - alla II Commissione (Giustizia);

Raffaele Mancuso, da Porto Empedocle (Agrigento), chiede l'abrogazione o la modifica dell'articolo 409, comma 5, del codice di procedura penale, in materia di provvedimenti del giudice in caso di rifiuto della richiesta di archiviazione (717) - alla II Commissione (Giustizia);

Francesco Porta, da Vittuone (Milano), chiede la possibilità di riscattare a fini pensionistici i periodi di tirocinio per professioni sanitarie (718) - alla XI Commissione (Lavoro);

Carla Spaziani, da Roma, chiede che, in caso di dismissione delle abitazioni di edilizia residenziale pubblica di Roma San Saba, gli inquilini che non hanno la possibilità di acquistare l'abitazione di residenza non siano sottoposti a procedure di sfratto (719) - alla VIII Commissione (Ambiente);

Ramona Treccani, da Rezzato (Brescia), e altri cittadini chiedono l'istituzione di un registro degli inquilini morosi (720) - alla VIII Commissione (Ambiente).

Modifica nella composizione della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 56, comma 4, del Regolamento, comunico che, a seguito delle dimissioni della deputata Deborah Bergamini, quale componente effettivo della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, sulla base dell'indicazione del presidente del gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente, conformemente alla costante prassi applicativa della citata disposizione, la stessa è sostituita dalla deputata Catia Polidori.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza in ordine alla recente decisione della Turchia di ritirare la propria adesione alla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne - n. 2-01146)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Fiano ed altri n. 2-01146 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Lia Quartapelle Procopio se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Dieci anni fa, a Istanbul, veniva firmata la Convenzione denominata come quella città, conosciuta appunto come Convenzione di Istanbul, che è il primo strumento giuridicamente vincolante che riconosce la violenza contro le donne e la violenza domestica come una violazione dei diritti umani. All'inizio della scorsa legislatura, in quest'Aula si alzò Federica Mogherini, allora deputata del Partito Democratico, per chiedere che l'Italia fosse il primo Paese a ratificare uno strumento giuridico importantissimo. L'Italia, però, non fu il primo Paese a ratificare quella Convenzione; noi fummo solo il quarto Paese. Il primo Paese che ratificò quella Convenzione, nel 2014, fu proprio la Turchia: il Presidente Erdogan, allora, volle il suo Paese alla frontiera della lotta contro la violenza di genere. Dieci anni dopo, sabato scorso, il Presidente Erdogan ha preso una decisione molto diversa, ha deciso di ritirare la Turchia dalla Convenzione di Istanbul.

Che cos'è la Convenzione di Istanbul? È una Convenzione elaborata in seno al Consiglio d'Europa, un organismo internazionale che si occupa di diritti umani, di cui la Turchia fa parte, ed è uno strumento pensato per aiutare, vincolare, favorire la promozione dei diritti delle donne e il contrasto alla violenza di genere, soprattutto in quei Paesi che hanno una tradizione giuridica meno avanzata rispetto ai diritti della persona e, in particolare, ai diritti delle donne. Non è una Convenzione imposta da qualcuno contro qualcun altro ma è uno strumento elaborato da un organismo internazionale e pensato soprattutto per favorire quei Paesi che, nella legislazione a tutela delle donne, sono più arretrati. Si tratta, quindi, di uno strumento importantissimo perché favorisce, da un lato, l'adozione di normative, che magari in alcuni Paesi non esistono, a tutela delle donne vittime di violenza e, dall'altro, la collaborazione tra i diversi attori istituzionali (i media, la Polizia, il settore giudiziario, le amministrazioni pubbliche) a sostegno delle donne vittime di violenza.

Il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul discende da una pressione molto forte degli ambienti più reazionari all'interno del partito di Erdogan, che hanno visto in questa legislazione un attentato ai valori della famiglia tradizionale e, più in generale, una penetrazione di lobby o di istanze estranee alla cultura turca. Certamente è significativo che questo avvenga proprio nel Paese che ospitò la firma di tutti i Paesi firmatari della Convenzione di Istanbul. Si tratta, nella scelta di Erdogan, di togliere alle donne turche un sostegno nella lotta alla violenza contro le donne. È importante quindi - ed è per questo che, con vari colleghi del Partito Democratico, abbiamo presentato questa interpellanza - che il nostro Paese, che è stato appunto tra i primi a favorire la negoziazione intorno alla Convenzione di Istanbul e l'adozione da parte di un numero sufficiente di Paesi perché la Convenzione entrasse in vigore, è importante che il nostro Paese si faccia sentire nei confronti del Governo turco. Noi chiediamo quali sono le iniziative che il Governo italiano ha in mente, da un lato, sulla protesta per la decisione del Governo turco, perché è una decisione che smentisce un impegno preso dalle stesse persone che erano al Governo quando la Convenzione fu negoziata, ratificata e approvata dal Parlamento di Ankara; chiediamo, poi, che cosa farà l'Italia per il sostegno a tutti quei movimenti per i diritti e per le donne, che in Turchia stanno protestando contro questa decisione del Governo, e che cosa farà il nostro Paese per sostenere le iniziative a sostegno delle donne vittime di violenza in Turchia, che, con questa decisione del loro Governo, si ritrovano con uno strumento in meno per difendere i propri diritti.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria per gli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, ha facoltà di rispondere.

MARINA SERENI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie Presidente. L'Italia attribuisce grande importanza alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, inclusa la violenza domestica, firmata, come è stato ricordato, dieci anni fa proprio ad Istanbul. Questa Convenzione rappresenta il primo strumento internazionale vincolante volto a creare un quadro giuridico completo in materia di prevenzione, protezione e persecuzione di ogni forma di violenza di genere. Ad oggi, la Convenzione è stata firmata da 45 dei 47 Paesi membri del Consiglio d'Europa, esclusi Russia e Azerbaijan, e ratificata da 34 Paesi, inclusa la Turchia. L'Italia, come è stato già detto, è stata tra i primi Paesi a ratificarla; la Turchia il primo. La decisione di Ankara di denunciare la Convenzione rappresenta un vulnus per il Consiglio d'Europa e per i valori che esso incarna, confermando un preoccupante processo di arretramento della Turchia sui diritti umani e sulle libertà fondamentali, un grave passo indietro, come ha detto l'altro ieri il Presidente del Consiglio in quest'Aula. Il Presidente Draghi, il Ministro Di Maio e la Ministra Bonetti hanno espresso pubblicamente rammarico e preoccupazione per la decisione di Ankara. Analoghe le reazioni al più alto livello da parte dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa. La situazione in materia di diritti umani è stata sollevata dal Presidente Draghi anche nel suo colloquio telefonico con il Presidente turco Erdogan, martedì 23 marzo.

Il tema del rispetto della democrazia, dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali in Turchia ha influenzato negli ultimi anni l'andamento dei rapporti con l'Unione europea. Come è noto, il Consiglio europeo, in corso ieri e oggi a Bruxelles, sta facendo il punto sulle relazioni tra Unione europea e Turchia. Occorre sviluppare con Ankara un'agenda positiva e favorire una dinamica costruttiva in chiave di stabilità regionale, ma ribadendo con fermezza l'esigenza di rispettare i diritti umani. La cooperazione con la Turchia su dossier per noi strategici, quali immigrazione, lotta al terrorismo e Libia, è essenziale ma noi non possiamo fare passi indietro sui diritti umani. L'impegno italiano a questo riguardo in seno all'Unione europea è sempre stato forte e deciso per promuovere il rispetto dei principi dell'acquis communautaire da parte della Turchia. La protezione delle donne dalla violenza e, in generale, la difesa universale dei diritti umani sono un valore europeo fondamentale e identitario e rappresentano linee direttrici dell'azione di politica estera italiana anche in ambito multilaterale. Quali membri attivi del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per il periodo 2019-2021 seguiamo con attenzione la situazione dei diritti umani in Turchia, come in molti altri Paesi. 26 Stati membri dell'Unione europea, tra cui l'Italia, con la sola eccezione dell'Ungheria, hanno menzionato la Turchia nel corso della sessione del Consiglio dei diritti umani dello scorso 12 marzo, dedicata alle situazioni più gravi. In tali interventi è stata ribadita la forte preoccupazione per i continui sviluppi negativi per quanto riguarda lo Stato di diritto, i diritti umani e la magistratura in Turchia, anche con riferimento alla libertà di espressione, di riunione, di associazione, di religione o credo e alle violenze contro donne e ragazze. Ricordo che, lo scorso 22 febbraio, il Consiglio dell'Unione europea, nelle sue conclusioni sulle priorità nei fori multilaterali in materia di diritti umani, aveva inserito la Turchia tra i Paesi a cui l'Unione europea guarda con preoccupazione per quanto riguarda il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche e dello Stato di diritto. Posso assicurare che il Governo italiano continuerà a seguire con la massima attenzione l'evoluzione della situazione in Turchia, in coerenza con la nostra tradizionale azione a tutela dei diritti fondamentali e con gli impegni assunti con la risoluzione approvata l'altro ieri da quest'Aula.

PRESIDENTE. La deputata Lia Quartapelle Procopio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Mi dichiaro soddisfatta. La telefonata fatta dal Presidente Draghi al Presidente Erdogan è un passaggio estremamente importante nel dialogo tra Italia e Turchia, soprattutto sul fronte dei diritti umani.

Non ricordo alcuna iniziativa analoga da parte di precedenti Presidenti del Consiglio, e credo che sia un passaggio fondamentale per la voce dell'Italia sui temi dei diritti umani, dei diritti delle donne, della protezione dei prigionieri politici, perché c'è anche questa vicenda in Turchia particolarmente complicata, che riguarda due partiti di opposizione, il partito filo-curdo HDP e il partito CHP. Quindi, è importantissima la telefonata del Presidente Draghi, in cui l'Italia ha esposto tutte le preoccupazioni relative ai diritti umani, successive anche all'uscita dalla Convenzione di Istanbul.

Sono, purtroppo, anni in cui i vari attori nel mondo segnalano la loro non appartenenza alla sfera occidentale prendendosela con le donne: lo fa Boko Haram, in Nigeria, quando rapisce le studentesse nelle scuole, e lo ha fatto Daesh, il cosiddetto Stato islamico, quando ha reso schiave le donne yazide e, purtroppo, a questi gruppi terroristi si aggiunge anche, in questa simbologia cruenta, anche un grande Paese come la Turchia, perché l'uscita dalla Convenzione di Istanbul, da parte del Presidente Erdogan, non è leggibile se non all'interno di uno stesso tipo di retorica a livello internazionale. Erdogan ha fatto un gesto simbolico; è importantissimo continuare a fare sentire direttamente la nostra voce nei colloqui tra Presidenti, ma è importante che, dopo il suo gesto simbolico, ci siano anche dei gesti simbolici e di sostanza da parte dell'Italia. Il gesto simbolico di Erdogan ha delle conseguenze di sostanza: la Turchia vede un aumento dei femminicidi - ci sono circa 400 femminicidi l'anno - e vede un aumento della violenza contro le donne. è importante che l'Italia sia a fianco di tutte quelle donne, in Turchia e nel mondo, ovviamente, che sono vittime di violenza, con progetti di cooperazione e con progetti di sostegno a quello che già esiste.

(Iniziative di competenza in relazione a molteplici criticità emerse in procedimenti di affidamento di minori in Piemonte, con particolare riguardo alla rilevanza della sindrome di alienazione parentale e al fenomeno del cosiddetto reset di minori - n. 2-01116)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bellucci ed altri n. 2-01116 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Bellucci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente, la illustro. Sottosegretario Sisto, all'inizio di questo nuovo Governo, del Governo Draghi e anche dell'insediamento del Ministro Cartabia e di lei come sottosegretario, abbiamo voluto accendere un riflettore su una pagina molto triste e difficile della nostra Italia, che riguarda la tutela e la protezione dei minori, ma, in particolare, di quei minori più fragili, perché sono stati allontanati dalla propria famiglia, dai genitori. E sa, sottosegretario, io conosco bene la sua sensibilità, la sua competenza e anche la sua dedizione a sposare delle cause giuste e, purtroppo, noi viviamo in una fase in cui c'è una grande disattenzione rispetto alla tutela dei minori, al rispetto di un'infanzia che non venga negata.

L'Italia è caratterizzata da fatti drammatici che sono stati appurati dalle Forze dell'ordine, dalle procure, che sono stati caratterizzati da rinvii a giudizio: i fatti di Bibbiano, i fatti del “Forteto”, gli ultimi di Massa Carrara, che hanno riguardato i più piccoli, maltrattati, abusati, a volte posti in condizioni anche di malnutrizione, come i bambini di Massa Carrara inseriti in una casa famiglia, ai quali addirittura veniva dato del cibo scadente e scaduto.

A fronte di questi fatti drammatici, che già non sono pochi, quello che si è venuto a creare è una mancanza di fiducia nelle istituzioni, una mancanza di fiducia nello Stato in tutte le sue articolazioni e a tutti i suoi livelli, dai servizi sociali al tribunale dei minori, fino al Governo. Sa, sottosegretario, c'è la necessità di fare chiarezza, di restituire fiducia, perché le situazioni sono molte e articolate, divergenti, nel senso che vanno approfondite e capite.

In alcuni casi, quello che viene denunciato in mancanza di Stato e diritto è legittimo, vero, autentico; in altri casi, magari, non lo è, a volte non lo è. Ma, allora, è proprio per questo e nel rispetto del supremo interesse del minore, che lo Stato ha il compito di esserci, essere presente e dimostrare che è lì a fianco del bambino, prima di tutto, e della famiglia nel fare verità e restituire verità. E la situazione che abbiamo voluto porre alla sua attenzione è quella di Violetta, una bambina di dieci anni, è uno di questi fatti che giungono a noi, e giungono qui, in questo Parlamento, perché trovano difficoltà di ascolto, di attenzione o anche di comprensione ad altri livelli.

C'è un'indagine molto interessante, un'indagine conoscitiva che è stata fatta dalla regione Piemonte, che è durata molti mesi e che ha raccolto, anche qui, un dato di realtà. Purtroppo, la regione Piemonte non è l'unica, prima citavo altre regioni e fatti che hanno riguardato, invece, abusi, maltrattamenti, allontanamenti illeciti dei minori. Quella indagine conoscitiva che è stata svolta in Piemonte ha rilevato come ci sia una problematica legata al conflitto di interesse delle figure che intervengono nel caso di allontanamento dei minori, cioè giudici onorari che ricoprono, poi, incarichi in cooperative che accolgono minori allontanati nelle case famiglia, oppure che ricoprono contemporaneamente incarichi all'interno dei servizi sociali, oppure ancora che ricoprono contemporaneamente incarichi in quegli enti che si occupano della formazione degli operatori stessi.

C'è una problematica di trasparenza di dati e di omogeneità dei dati; d'altronde, è la stessa che abbiamo denunciato, come Fratelli d'Italia, più volte, anche a livello nazionale: è la Bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza che dice che non c'è un monitoraggio dei minori allontanati dalla famiglia. Noi oggi, in Italia, non sappiamo quanti minori sono fuori famiglia, perché non tutte le regioni propongono i dati, non tutte lo fanno in maniera omogenea, cioè con le stesse variabili, e ci sono, poi, delle realtà territoriali che non inviano proprio alcun dato. Si parla di 24 mila bambini allontanati dalle famiglie, ma, in realtà, già si è visto, attraverso un altro tipo di analisi e di monitoraggio, che, probabilmente, sono 40 mila. Su questo “probabilmente” si compie il dramma dell'Italia, perché questo “probabilmente”, quindi questo termine così vago, inesatto, insufficiente, riguarda la protezione dei più fragili, riguarda la protezione dei bambini e, quindi, in questo è inaccettabile.

Abbiamo un'altra problematica, che è quella della mancanza di un'Agenzia, di un ente di controllo. Un'idea potrebbe essere quella di inserire un Garante più operativo, che non abbia soltanto una funzione consultiva, ma che possa effettivamente verificare, ispezionare, andare ad accertare che non vengano compiuti degli abusi nell'iter di allontanamento dei minori.

Abbiamo, sottosegretario, un problema, a volte, di gestione delle case famiglia stesse. Ci sono delle situazioni molto belle, personale che compie degli atti di amore e di dono straordinario nel prendersi cura di quei minori più in difficoltà, di quelle famiglie che non hanno la possibilità, la condizione psicologica, in quel momento, a volte, drammatica, di occuparsi di un figlio nella piena responsabilità genitoriale, ma ci sono anche delle realtà che non propongono un fare etico, ci sono anche delle realtà - e sono tante - che hanno un turnover degli operatori drammatico. E, allora, se noi dobbiamo dare stabilità a un bambino che è già stato allontanato dai propri genitori e che, quindi, ha visto mettere in discussione quel rapporto continuativo con figure adulte che si dovrebbero occupare di lui, certo, poi, non può vedere uno Stato che propone operatori che entrano ed escono, come se fossero in un albergo con le porte girevoli. Non è possibile, perché l'illecito e la negazione dell'infanzia si compie anche attraverso questo.

Vengo al caso di Violetta. L'abbiamo proposto a lei perché ci è arrivata questa richiesta da parte del papà di Violetta che, da un anno, da febbraio, non ha la possibilità di prendersi cura della propria bambina; una bambina che è stata allontanata dal padre - questo ci dice il padre - dopo che il papà si è rivolto ai servizi sociali per chiedere aiuto, per poter aiutare la bimba.

In quest'anno di pandemia, in cui gli italiani hanno vissuto un distanziamento fisico, ma poi è diventato anche un distanziamento sociale, in cui hanno vissuto una sofferenza enorme, molti dei nostri ragazzi, i bambini, ne pagano le conseguenze. Insomma, i dati sono drammatici rispetto alla psicopatologia: disturbi d'ansia, disturbi del comportamento, tentati suicidi, questo nella popolazione generale. Dati drammatici: oltre il 71 per cento di aumento, sopra i sei anni, rispetto ai disturbi del comportamento e ai disturbi d'ansia in età evolutiva, oltre il 61 per cento sotto i sei anni.

Ma rispetto a questo, poi, ci sono bambini come Violetta che, da febbraio, quindi proprio con l'inizio della pandemia, hanno vissuto un dramma ancora maggiore, un isolamento ancora maggiore, un distanziamento maggiore: hanno vissuto il distanziamento dalle proprie sorelle, dal proprio padre, dalla vita quotidiana che facevano. Questo è stato giusto, è stato sbagliato? Non si capisce, sottosegretario, non si capisce.

E allora il nostro dovere, come istituzione, come in questo caso rappresentanti del popolo italiano, con questo grande onore, ma che deve essere ancor di più un grande onere, è quello di poter fare chiarezza per Violetta, per il papà; ma sa, sottosegretario Sisto, anche per chi? Per gli italiani tutti, che devono sempre fidarsi dello Stato, che devono essere certi che lo Stato interviene e interviene per dare verità, per dare giustizia, per difendere sempre e comunque il supremo interesse del minore.

Quindi, ascolterò con grande attenzione e con grande piacere le sue parole, sperando che noi si possa trovare quella verità, quella giustizia e quella tutela dei minori di cui la nostra Italia ha così tanto bisogno.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Non posso negare l'emozione di prendere la parola in quest'Aula come rappresentante del Governo e sono contento che sia accaduto per un tema che, in qualche modo, non può non vedermi in linea con le parole della collega Bellucci, sempre pronta a difendere i diritti dei minori e dei minori disagiati. E' come se quest'Aula, dopo le parole della collega Bellucci, si fosse popolata di quei bambini che, in qualche maniera, lei rappresenta con tanta passione.

Con questo spirito, però, io rispondo volentieri all'interpellanza, segnalando subito che la giustizia spesso non è la giustizia degli affetti, la giustizia salomonica è quella che si avvale di norme, si avvale di dati, si avvale di documenti, di consulenti, e gli affetti in qualche modo non sono mai capaci di rappresentare quello che il giudice decide, perché si tratta di un terreno su cui qualsiasi decisione può essere giusta e può essere sbagliata al tempo stesso, perché gli affetti non riconoscono le norme, riconoscono gli affetti.

Da questo punto di vista, io credo che non si possa non dare atto che un'interpellanza urgente, comunque, agita una sensibilità all'interno dello stesso ufficio, cioè rappresenta comunque un segnale che c'è qualcuno che si interessa dei minori, al di là dei fatti meramente processuali; una delle ipotesi in cui la politica, probabilmente, è capace di dire all'esterno che c'è una politica attenta ai piccoli, grandi problemi. E già questo è un segnale importante, perché, nell'interfaccia fra Parlamento e Governo, fra parlamentari e Governo, si crea proprio la possibilità di dare all'esterno l'idea del take care, del prendersi cura di qualche importante problema.

Diceva la collega Bellucci: bisogna dare fiducia, c'è un segnale di mancanza di fiducia. Qui il problema è un po' più complicato, perché il “caso per caso” rivendica tutti i suoi spazi. Generalizzare una mancanza di fiducia mi sembra una operazione leggermente eccedente quello che è il nostro compito: noi analizziamo dei singoli casi, li valutiamo e, in qualche modo, le risposte poi sono in linea con questi casi. Certo, è una materia che va maneggiata con cura, handle with care, bisogna in qualche maniera avere la pazienza di esaminare tutto questo con grande umiltà e con grande disponibilità anche a riconoscere eventuali errori.

L'interpellanza riporta una vicenda di ordinario disagio, se mi fate passare questo termine: una minore di 10 anni, allontanata dalla casa familiare: viveva con il padre e le sorelle, viene collocata presso una comunità. La madre sarebbe in attesa di processo per maltrattamenti familiari. Secondo quanto riportato nell'interpellanza - anche qui, la doppia verità: la verità della parte, degli affetti, e la verità poi del processo, dei dati e degli accertamenti; anche su questo, ovviamente, dice bene la collega Bellucci, non c'è ragione e non c'è torto, cioè è una decisione che viene assunta e che in qualche modo lascia sempre qualcuno, giustamente, poco contento e soddisfatto, soprattutto nell'ambito degli affetti - la madre della minore sarebbe in attesa di processo per maltrattamenti e il padre della minore sarebbe stato ostacolato - a leggere l'interpellanza - dai servizi sociali nell'esercizio delle sue prerogative genitoriali, perché, a suo dire, gli avrebbero impedito di comprendere le difficoltà psicologiche della figlia, procedendo con immediatezza a disporne la collocazione in una comunità.

Sempre secondo l'interpellante, il tribunale per i minorenni avrebbe deciso, prima del deposito della consulenza tecnica, per l'allontanamento della minore dal padre collocatario, perché il padre avrebbe tenuto un comportamento manipolatorio nei confronti della figlia, tale da accrescere il risentimento e l'opposizione di quest'ultima verso la figura materna. La vicenda costituirebbe, tra l'altro, un esempio del fenomeno chiamato il “reset” dei minori e dei suoi affetti, una forma - si dice nell'interpellanza - di crudele tortura per un bambino. Quanto emerso - si dice ancora - sarebbe sintomatico di un modus operandi opaco dei servizi sociali di Torino e del tribunale. Tanto premesso, nell'interpellanza si chiede di sapere se il Governo abbia conoscenza dei fatti e se intenda intraprendere iniziative di competenza.

Ovviamente, il Governo si è attivato per le verifiche puntuali sul fatto e ha chiesto all'ufficio giudiziario menzionato nel corpo dell'atto rogatorio di fornire la più completa ricostruzione del caso.

Nella relazione inviata dal tribunale per i minorenni di Torino e nei singoli provvedimenti emessi dal procedimento giurisdizionale, su cui naturalmente e obbligatoriamente il Governo deve intrattenersi per rispondere alla interpellanza, viene rappresentato che: la minore era stata allontanata dal nucleo familiare materno e affidata al padre con un provvedimento di urgenza nel 2015, a fronte di una denuncia per maltrattamenti sporta dal padre nei confronti della madre e dello zio materno, con sospensione degli incontri tra madre e figlia (quindi, vi è la minore che viene allontanata da madre e zio materno e viene affidata al padre, su denuncia per maltrattamenti sporta dallo stesso padre; e quindi, in quel caso ha ricevuto tutela dal giudice); a fronte di un percorso intrapreso dai servizi sociali, erano stati avviati incontri protetti (in spazio neutro) tra madre e figlia, al fine di un ovvio, naturale, riavvicinamento fra la figura materna e la figlia; nel 2016, il pubblico ministero minorile aveva chiesto la decadenza della responsabilità genitoriale del padre della minore, avendo ritenuto pregiudizievole per la minore il comportamento ostativo al riavvicinamento della bambina con la figura materna; nel 2019, quindi tre anni dopo, veniva disposta una consulenza tecnica sulle capacità genitoriali e sul rapporto dei genitori con le minori. Entrambi i consulenti tecnici nominati - e rispondo ad una delle prime questioni poste con l'interpellanza - con una memoria contenente una anticipazione sulla condizione della minore, richiedevano l'emissione di provvedimenti urgenti (quindi, questo è il luogo in cui vengono richiesti questi provvedimenti); con il provvedimento menzionato nell'interpellanza e confermato dalla corte di appello l'8 aprile 2020 - quindi quel provvedimento ha ricevuto addirittura una conferma in secondo grado - a seguito di reclamo, è stato disposto l'allontanamento della minore dal nucleo paterno con collocamento in comunità; nel contempo, veniva mantenuto un rapporto col padre e le sorelle attraverso la predisposizione di incontri in luoghi neutri; quanto alle lamentate lesioni sulla minore, non risulta che abbia subito un trauma cranico, ma una lieve contusione conseguente ad una caduta; risulta, invece, che è stata sottoposta a visita cardiologica da parte di un medico indicato dal padre, che non ha riscontrato patologie a fronte di una precedente diagnosi di impurità, qui c'è scritto fistolica, ma capite che correggo subito in sistolica, mi spetta di diritto questa correzione, rilevata dalla pediatra.

Va rilevato, come emerge dalla documentazione acquisita dal tribunale, che è stata trasmessa una segnalazione alla Procura della Repubblica competente per la condotta minacciosa tenuta dal padre della minore nei confronti di operatori dei servizi sociali coinvolti. Anche questo è un altro dato che noi abbiamo registrato, una frizione, addirittura giunta fino ad una denuncia, fra il padre e gli operatori dei servizi sociali. Quindi, questo è il percorso giurisdizionale, di cui il Governo prende atto, che ha condotto al provvedimento di allontanamento della minore dal contesto familiare paterno e si deve ritenere che non emergono elementi idonei a provocare interventi ispettivi o di natura disciplinare, considerato che, allo stato, non si ravvisano anomalie nell'operato giurisdizionale, essendo fluido il rapporto fra dato e provvedimento e, addirittura, quel provvedimento è stato confermato dalla Corte di Appello l'8 aprile del 2020.

Con riguardo, poi, alla parte non strettamente giudiziaria, cioè al “sistema Piemonte” e al fenomeno “reset”, menzionati dagli interpellanti, qui c'è un problema di controlli; va rilevato che la normativa in materia dei controlli sulle strutture residenziali per minori stabilisce che a disporre gli stessi all'interno delle strutture debba essere il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, competente per territorio, a cui eventualmente ci si potrà rivolgere. Inoltre, l'articolo 4 della medesima legge, parliamo della n. 184 del 1983, prevede che il servizio sociale locale, in caso di affidamento di un minore ad una famiglia affidataria o ad una comunità di tipo familiare, sia responsabile del programma di assistenza ed abbia l'obbligo di vigilanza e di informare il giudice tutelare del tribunale per i minorenni di ogni evento di particolare rilevanza, nonché di presentare una relazione semestrale sull'andamento del predetto programma. Per di più, la vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti autorizzati e accreditati spetta ai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni. Queste ultime, le regioni, possono esercitare poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali inadempienti. Quindi, dal punto di vista normativo, il sistema consente un'adeguata rete di controllo delle attività svolte dai presidi di affidamento etero-familiare che può essere attivata a più livelli.

Inoltre, si sottolinea che altri poteri di vigilanza e di controllo sono conferiti anche al Garante nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza che può accedere a dati e informazioni relativi ai minori, nonché procedere a visite ed a ispezioni presso le strutture pubbliche o private ove siano presenti i minori. Anche i garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza presenti in diverse regioni svolgono le medesime attività a livello locale.

Tanto premesso, il Ministero della Giustizia partecipa al tavolo permanente di confronto sulle comunità per i minori costituito da rappresentanti delle amministrazioni statali, regionali e comunali (non li leggo), esperti del settore e rappresentanti dei principali coordinamenti di comunità per minori che esprime in ogni contesto dedicato una particolare attenzione alla tutela del benessere psicofisico dei minori, specie di quelli maggiormente vulnerabili. Non c'è una risposta che possa apparire, credo, esaustiva, c'è soltanto una presa d'atto che il percorso giurisdizionale è stato rispettato secondo quelli che sono stati gli accertamenti del Ministero; resta comunque una vicenda assolutamente dolorosa e di questo dolore, certamente, non può non prendersi atto.

PRESIDENTE. La deputata Maria Teresa Bellucci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Sisto, sicuramente, le sue parole, l'attenzione che lei ha riversato a questa interpellanza urgente si denotano dal tempo, dall'approfondimento e dall'intenzione di capire e di fare chiarezza; purtroppo mi corre l'obbligo segnalarle che la situazione è molto più complessa e anche opaca di quanto non sembrerebbe da ciò che è emerso attraverso la vostra richiesta di approfondimenti alle istituzioni competenti della regione Piemonte. Perché, alcune situazioni, come quelle che le dicevo, di Bibbiano e del Forteto, ma anche di Massa-Carrara, ci insegnano che, quando le cose non vanno bene - e, ovviamente, le istituzioni hanno il compito di occuparsi proprio di proteggere la giustizia e il buon esito delle situazioni quando le cose non vanno bene -, c'è una collaborazione in senso deflattivo e anche in senso patologico tra una serie di interlocutori che dovrebbero proprio essere elemento di garanzia.

Noi vediamo e abbiamo osservato che, laddove c'è stato un atto illecito a danno dei minori, come nel caso, per esempio, di Bibbiano, c'era un intervento non etico, non di diritto, non giusto da parte dei servizi sociali, da parte del tribunale dei minori, da parte, anche, delle cooperative che si occupavano di poter sostenere quel minore. Quindi, quando lei registra i diversi organismi che dovrebbero intervenire a proteggere il minore e che dovrebbero essere elemento di garanzia, ebbene, quello che accade è che gli uni insieme agli altri non sono elemento di garanzia, ma sono elemento di intervento a danno del minore.

In questa situazione, per esempio, quello che noi abbiamo rilevato attraverso i racconti fatti è che non c'è mai stato un ascolto del minore insieme alla famiglia; non c'è mai stato un ascolto della minore Violetta insieme al papà e certamente si è venuta a creare una difficoltà di interlocuzione tra i servizi sociali e il padre, nel momento in cui il padre ha visto che, invece, di essere aiutato a prendersi cura di una situazione sicuramente difficile, a fronte dell'allontanamento della mamma e del maltrattamento che era conseguente alla relazione tra mamma e minore o genitori e familiari della mamma e del minore, invece di essere sostenuto ed aiutato ha visto delle istituzioni che non gli sono state a fianco ma che gli hanno puntato il dito, andando a registrare nel suo operato tutte le responsabilità. Io mi permetto di pensare che la situazione sia un po' più complessa e mi permetto anche di avanzare di nuovo quella commissione d'inchiesta fatta dalla regione Piemonte, anzi, mi scusi, quell'indagine conoscitiva della regione Piemonte che ha registrato come ci siano oggettivamente delle mancanze in termini di monitoraggio, di controllo, in termini di incompatibilità e di conflitto di interesse, in termini di turnover degli operatori, di mancanza di tutela del minore, per esempio, anche attraverso l'introduzione di un curatore speciale che è previsto per legge, ma che, mai, c'è.

Allora, rispetto alle tante difficoltà che oggi ci sono, legate ai minori, io sottosegretario vorrei permettermi di ricordarle che questo Parlamento - proprio dimostrando l'intenzione di volersi occupare della materia e la mancanza anche di dati e di informazioni di un monitoraggio puntuale, come è stato dichiarato dalla Bicamerale infanzia e adolescenza, quindi da un organismo super partes -, ebbene, rispetto a questo, ha approvato all'unanimità una legge istitutiva della Commissione d'inchiesta sugli affidi e le case famiglia, perché qualcosa che non va c'è e non c'è argomento più importante da trattare e da dover approfondire.

Oggi, noi, rispetto all'iter del tribunale dei minori, non abbiamo un contraddittorio, perché non viene reso possibile alla famiglia e ai genitori intervenire; il giudice del tribunale dei minori interviene attraverso una disposizione, con un decreto, non con una sentenza e questo, come lei sa benissimo, perché è un sapiente giurista, pone la famiglia nelle condizioni di non poter intervenire in giudizio, di non costituirsi parte; se a questo ci uniamo la mancanza di un curatore speciale del minore, cioè di un avvocato del minore, vediamo che il diritto del minore e il diritto della famiglia rimangono assolutamente scotomizzati dalla giustizia minorile, oggi, nei casi in cui ci sia una difficoltà o un'estrema difficoltà, come in alcuni casi che abbiamo registrato e che sono arrivati alla nostra attenzione.

Rispetto a questo, la Commissione d'inchiesta sugli affidi e le case famiglia era lo strumento che questo Parlamento ha immaginato utile; io non so se sarà uno strumento effettivamente utile a restituire il supremo interesse del minore come realtà nella nostra Italia, ma certamente so, perché l'ho visto, che tutti i parlamentari hanno votato a favore.

Ebbene, quella legge è stata promulgata il 29 luglio del 2020; sono passati 240 giorni e ancora non è stata convocata nemmeno la prima seduta della Commissione e ovviamente non c'è un presidente, non c'è un ufficio di presidenza e non ci sono i membri. Si sta attendendo; attendendo perché c'è la pandemia, attendendo perché c'è la crisi di Governo, attendendo perché c'è un nuovo Governo che si è insediato e, mentre si attende, bambini come Violetta, ma molti altri come quelli di Massa-Carrara, dove è stato accertato l'abuso e il maltrattamento di minori, attendono che lo Stato si faccia vivo e mantenga la parola data, cioè utilizzare quello strumento che ha pensato come utile e indispensabile per fare chiarezza sulla tutela dei minori.

E allora, sottosegretario, io le chiedo di aiutarci, perché io ho chiesto aiuto all'Ufficio di Presidenza, alla fine dello scorso anno - e qui mi rivolgo al Presidente Rampelli, che qui, oggi, sta presiedendo l'Aula -, ho chiesto aiuto al Presidente Fico di poter intervenire, perché è suo compito convocare la prima riunione, è suo compito promuovere, presso tutti i gruppi, la designazione dei membri all'interno della Commissione d'inchiesta sugli affidi e sulle case famiglia. Chiedo oggi a lei, che è sottosegretario, aiuto, sottosegretario Sisto, perché questa Commissione d'inchiesta parta e abbia avvio, perché non si può pensare di attendere sulla pelle dei bambini.

Quando le parlavo del fatto che lo Stato deve essere sicuro, deve essere credibile, deve dare fiducia, beh, tutto questo passa anche facendo rispettare le proprie leggi. Troppe leggi non vengono rispettate - e gliene potrei fare l'elenco -; una di quelle che non viene rispettata riguarda proprio l'istituzione della Commissione d'inchiesta sugli affidi e le case famiglia. Quindi, le chiedo di poter intervenire per aiutare questo Parlamento e per aiutare tutti i bambini e le famiglie in Italia a vederne l'avvio. Glielo chiedo perché so della sua sensibilità e sono certa che si farà strumento presso tutti i contesti in cui lei potrà avere accesso e che potranno dare soddisfazione a ciascun bambino che è stato allontanato dalle propria famiglia e che sta vivendo una situazione drammatica di difficoltà.

PRESIDENTE. La ringrazio, deputata…

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Qui c'è la richiesta: 240 giorni sulla pelle dei bambini; subito l'istituzione della Commissione d'inchiesta sugli affidi e le case famiglia (La deputata Bellucci espone un cartello recante la scritta: “240 giorni di attesa sulla pelle dei bambini - Subito avvio Commissione inchiesta affidi e case famiglia”).

PRESIDENTE. La prego di riporre quel cartello sul suo banco…

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, sottosegretario Sisto, per quello che potrà fare e grazie, Presidente Rampelli, per quello che sicuramente potrà fare…

PRESIDENTE. Non mi faccia intervenire gli assistenti. Per cortesia! Intanto, togliamo la parola alla deputata Bellucci. Grazie.

Intanto, ho ascoltato le sue osservazioni, indirizzate anche a me. Sarà mia cura interpellare… Deve posare il cartello, deputata Bellucci, subito. Stavo dicendo che sarà mia cura, come lei ha richiesto, intervenire presso il Presidente della Camera, Fico, per sollecitare l'insediamento della Commissione d'inchiesta che lei ha testé menzionato, liberando, invece, da questa responsabilità il sottosegretario Sisto, che, pur essendo persona decisamente competente e sensibile, in questo caso non ha una competenza, perché la competenza appartiene al Parlamento italiano.

(Iniziative volte a garantire le condizioni infrastrutturali necessarie per lo sviluppo della mobilità elettrica - n. 2-00940)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Chiazzese ed altri n. 2-00940 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Giuseppe Chiazzese se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Illustra?

GIUSEPPE CHIAZZESE (M5S). Sì, Presidente, la illustro.

PRESIDENTE. A lei la parola. Prego, prosegua.

GIUSEPPE CHIAZZESE (M5S). Grazie, Presidente. Ecco, io oggi voglio esporre questa interpellanza urgente al Governo in materia di PNIRE, il Piano nazionale per lo sviluppo dell'infrastruttura della ricarica elettrica in Italia, un Piano abbastanza ambizioso sulla carta, perché, seppure, a mio avviso, il Piano manchi di una visione complessiva relativa all'infrastruttura di ricarica, certamente i numeri citati nel Piano sono comunque cospicui. Però, purtroppo, il Piano, ad oggi, è stato abbastanza deludente nei fatti, nei fatti concreti intendo dire, perché mancano le colonnine, non soltanto in ambito urbano ma, anche e soprattutto, in ambito extraurbano e, ancor più, autostradale. Mi preme dire che, però, su quest'ultimo aspetto ecco, grazie a un emendamento del MoVimento 5 Stelle, nell'ultima legge di bilancio si pone argine alla mancanza di colonnine in sede autostradale e, anzi, adesso stanno partendo i primi cantieri e le prime installazioni all'interno degli autogrill italiani, fatto che rappresenta un po' una rivoluzione perché oggi, invece, si è costretti a uscire dall'autostrada, uscire dal casello, fare la ricarica e poi rientrare, con una perdita di tempo notevole per i lunghi spostamenti.

Ecco, riguardo all'infrastruttura di ricarica elettrica, tutto parte nel 2014, con la direttiva europea 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, cosiddetta direttiva DAFI, sui carburanti alternativi, che sancisce, appunto, l'inizio per regolamentare la creazione dell'infrastruttura di ricarica in tutta Europa. Ebbene, mentre altri Paesi europei, vedi Francia e Germania, ma anche i Paesi del Nord Europa e i Paesi dell'Est Europa, hanno già creato del tutto o quasi un'infrastruttura di ricarica capillare e diffusa in tutto il territorio nazionale, noi in Italia ancora non siamo a questo punto. Sicuramente dipende dalla burocrazia che abbiamo più degli altri Paesi, però certamente quello che abbiamo accumulato è un gap che non è giustificabile e al quale dobbiamo velocemente porre rimedio. Dobbiamo porvi rimedio soprattutto se pensiamo al cambiamento climatico, che è la sfida epocale a cui la nostra generazione - e le future generazioni, ancora di più - dovrà cercare di porre argine, se consideriamo che le auto elettriche fanno parte della lotta al cambiamento climatico, essendo parte della decarbonizzazione di quel sistema dei trasporti privato a cui noi tanto ambiamo.

Abbiamo anche il PNIEC, il Piano nazionale integrato di energia e clima, che indica, al 2030, sei milioni di veicoli elettrici in Italia. Ancora siamo molto lontani da quell'obiettivo, anche mantenendo il trend di crescita molto importante cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Ecco, questo Piano ha anche molte lacune, ad oggi. Ci sono molti soldi non spesi, soldi stanziati nel 2016 ancora non spesi, perché c'è un meccanismo arzigogolato di cofinanziamento, che prevede, appunto, che gli enti locali, i comuni e le regioni, vadano a cofinanziare l'installazione delle colonnine, un meccanismo davvero molto complesso. E poi abbiamo la PUN, la Piattaforma unica nazionale, che dovrebbe essere strategica per la creazione dell'infrastruttura, perché in quella maniera gli enti locali, vedi i comuni e vedi le regioni, possono immediatamente inserire le coordinate delle colonnine e le tipologie delle colonnine, in modo tale che a livello centrale, a livello ministeriale, si abbia immediatamente un'idea di quali sono le zone carenti di questa infrastruttura e di quali tipologie di infrastruttura si è carenti. E poi ancora ad oggi con il PNIRE si cofinanziano le classiche colonnine da 22 chilowatt, quelle che vediamo nelle nostre città, e francamente mi sembra un po' uno spreco, dato che, comunque, oggi i vari operatori le installano gratuitamente. Penso dovremmo concentrarci, invece, sulle colonnine ultraveloci, di ultima generazione, HPC, High Power Charger, che invece hanno un ritorno dell'investimento molto più in là nel tempo, e, quindi, gli operatori faticano alla loro installazione.

Ecco, in virtù di tutte queste premesse, chiedo, appunto, al Governo se non ritenga idoneo finanziare maggiormente le colonnine di ultima generazione al posto delle classiche colonnine che, invece, vediamo nelle città, da 22 chilowatt; chiedo se ritenga idoneo togliere il meccanismo del cofinanziamento, che di fatto ha rallentato tantissimo gli accordi e le successive installazioni; e chiedo anche quale sia lo stato dell'arte della Piattaforma unica nazionale.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Ringrazio anche l'interpellante, il collega Chiazzese, perché con questa interpellanza ci dà l'opportunità di raccontare gli obiettivi, le azioni e le soluzioni che stiamo portando avanti come Ministero della Transizione ecologica.

In via preliminare, si osserva che le azioni di mobilità sostenibile, realizzate e cofinanziate dal Ministero della Transizione ecologica, sono in linea con gli obiettivi nazionali e comunitari in materia di riduzione delle emissioni climalteranti e inquinanti, essendo orientate a favorire la riduzione della mobilità urbana con mezzi privati e inquinanti attraverso un potenziamento di forme di mobilità attiva pubblica e condivisa.

Tali obiettivi sono stati perseguiti attraverso numerosi programmi e accordi rivolti, in particolar modo, ad enti locali, tramite i quali il Ministero ha concesso finanziamenti volti a razionalizzare la mobilità sistematica e a favorire la diffusione di veicoli a basso impatto ambientale. In tale ambito rientra, altresì, l'impegno alla diffusione e al potenziamento della mobilità elettrica, anche attraverso la stesura del PNIRE, come ha spiegato benissimo lei, cioè il Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, istituito dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con la legge n. 134 del 2012. Tale norma, in particolare, ha stabilito che il Piano fosse approvato con DPCM, previa deliberazione del CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata, su proposta del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile che, a tal fine, si avvale di un tavolo tecnico al quale, tra le altre amministrazioni, partecipa anche il Ministero della Transizione ecologica.

Il percorso per l'approvazione dell'aggiornamento al 2020 del Piano, avviato nel mese di gennaio 2020 e giunto alla fase conclusiva, ha subito un rallentamento dovuto all'entrata in vigore del decreto-legge n. 22 del 2021, che ha ridisegnato le competenze istituzionali di alcuni dicasteri tra cui le attribuzioni dei Ministeri summenzionati. Il testo consolidato sarà un'utile base di partenza per ampliare ulteriormente il confronto con altri soggetti, sia pubblici sia privati, al fine di rafforzare il ruolo del Piano di indirizzo strategico della mobilità elettrica del Paese.

In merito al primo quesito sull'utilizzo dei fondi del Piano di sviluppo di infrastrutture HPC, il Piano nazionale integrato energia e clima elaborato dal Governo auspica uno sviluppo della mobilità elettrica molto intenso nei prossimi anni. È tuttavia importante che tale sviluppo della mobilità venga conciliato con l'esigenza di stimolare anche un contestuale sviluppo efficiente delle reti elettriche, specialmente nel caso delle infrastrutture di ricarica di elevata potenza, le IDR. Al fine di sviluppare un'infrastruttura che sia proiettata a soddisfare, anche nei prossimi anni, la richiesta di mobilità, considerando l'evoluzione tecnologica prevista per i veicoli elettrici, il Ministero intende intervenire per favorire l'installazione di IDR anche con risorse aggiuntive rispetto a quelle previste nel PNIRE; in particolare, è prevista una misura ad hoc nel PNRR per favorire la trasformazione e l'adeguamento di una parte dell'attuale rete di distribuzione di carburanti tradizionali con l'installazione di infrastrutture HPC. Per quanto riguarda la rete autostradale, il cui fabbisogno di infrastrutture è stato descritto nella bozza del PNIRE, si precisa che la società Autostrade per l'Italia ha presentato, nei mesi scorsi, il piano per l'erogazione del servizio di ricarica attraverso HPC lungo la rete autostradale, secondo un principio di neutralità tecnologica di libero accesso a tutti gli operatori di mercato.

Sul secondo quesito, che verte proprio sul PNIRE, l'iter di aggiornamento di detto Piano segue le disposizioni della disciplina del quadro strategico nazionale del decreto legislativo n. 257 del 2016. Il lavoro di aggiornamento, approfondimento e integrazione dei contenuti del Piano è stato effettuato nell'ambito del tavolo tecnico MISTEG, coordinato dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ora MIMS, e composto dal Ministero dello sviluppo economico, MISE, ora MITE, dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti, ARERA, e dal Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare MATTM, ora MITE; è stato inoltre sottoposto all'approvazione del Coordinamento interregionale tecnico infrastrutture, mobilità e governo del territorio che, tra le varie proposte formulate, ha posto l'attenzione proprio sulle modalità di erogazione dei fondi. È certamente soggetto della filiera automotive. In aggiunta, si informa che nelle prossime settimane verranno riavviati i lavori per portare a conclusione, nel più breve tempo possibile, i lavori necessari per l'adozione del piano, del PNIRE.

Con riferimento al terzo quesito, che verte sulla problematica dell'aiuto di Stato, anche il Coordinamento interregionale tecnico infrastrutture, mobilità e governo del territorio ha effettuato uno specifico approfondimento, sintetizzando, in una nota del 23 febbraio 2021 inviata al MIT, ora MIMS, le possibili alternative per un inquadramento in esenzione. Sul punto specifico questo Ministero ritiene che, trattandosi di infrastrutture ad uso pubblico, per le quali si ritiene ammissibile l'aiuto concesso per la costruzione anche in misura maggiore nel caso di sistemi di accumulo e connessione alla rete elettrica, e trattandosi di infrastruttura ad impatto prevalentemente locale, al netto di quelle sviluppate lungo la rete autostradale, dunque senza un effetto significativo sul commercio tra Stati a vicinanza ad aree transfrontaliere, è probabile si possa procedere nel rispetto delle condizioni contenute nel GBER, il Regolamento generale di esenzione per categoria.

In merito al quarto quesito, si precisa che il recente decreto n. 22 del 2021 ha previsto la devoluzione al MITE di alcune funzioni e compiti in materia di mobilità, tra cui la responsabilità concernente lo schema di decreto per la realizzazione della Piattaforma unica nazionale, la PUN. Su tale aspetto si può fin da ora fornire rassicurazioni che parte del lavoro di individuazione del set minimo di informazioni utili ad alimentare la PUN è stato già affrontato, confluendo nello schema di decreto circolato tra i Ministeri concertanti e che, dunque, parallelamente ai lavori di approvazione del PNIRE, si provvederà a dare seguito all'emanazione del decreto relativo alla PUN nel più breve tempo possibile.

Infine, per quanto concerne l'ultimo quesito posto, in merito all'opportunità di rendere pubblici alcuni dati del PNIRE, si condivide l'impostazione, che peraltro è una delle finalità attribuite alla PUN quale strumento principale per comunicare un set di informazioni minimo agli operatori: tali informazioni sono contenute nell'apposito schema di decreto che prevede, oltre all'avvio della piattaforma, anche il set minimo di dati quali la localizzazione, la tecnologia, la potenza, la disponibilità, il prezzo ed altri parametri. Permettetemi di aggiungere che la transizione ecologica passa anche attraverso queste misure che, ovviamente, incentivano pratiche virtuose. Grazie.

PRESIDENTE. Il deputato Giuseppe Chiazzese ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIUSEPPE CHIAZZESE (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Fontana per la risposta. Obiettivamente capisco che il MITE, il Ministero della transizione ecologica, è un neo Ministero che è nato da pochissimo; lo stesso Ministro si è insediato da un paio di mesi, il sottosegretario da circa un mese. Quindi, voglio accogliere in maniera assolutamente positiva la risposta e lo sforzo che, sono certo, questo Ministero farà per la creazione e lo sviluppo di tale infrastruttura, l'infrastruttura di ricarica elettrica, anche in virtù di quanto appena detto dal sottosegretario Fontana.

Però, mi preme dire che chi ha preceduto il MITE nella gestione di questo piano, cioè il MIT, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ha lavorato poco e male. Nelle 60 pagine di cui consta il Piano, il PNIRE, come ho già detto nella domanda, non c'è a mio avviso una visione d'insieme, vengono meramente elencati i numeri delle colonnine, delle tipologie di colonnine di cui l'Italia si dovrà dotare; però, ripeto, non vengono mai citati, ad esempio, luoghi come una stazione ferroviaria o un aeroporto che, invece, dovranno essere hub per la ricarica dei veicoli elettrici. Questo già avviene in altri Paesi europei: già cinque anni fa, andai ad Amsterdam e, nell'aeroporto, c'erano già le colonnine ultraveloci che permettevano ai taxi di ricaricarsi in brevissimo tempo e poi trasportare i passeggeri nella città di Amsterdam, o altrove.

Ecco, noi lì dobbiamo intervenire, perché sappiamo che proprio quelle tipologie di auto, i taxi, sono quelle che fanno più chilometri e che emettono ancora più CO2; quindi lì dobbiamo intervenire, prioritariamente rispetto ad altri luoghi, e invece questo approccio manca nel Piano. Però, quello che veramente mi è dispiaciuto di più è stato notare veri e propri errori, errori grossolani, strafalcioni oserei dire, che mi auguro vengano rimossi dal MITE adesso che ha il PNIRE, scusate gli acronimi, in sua dote. Penso che questi errori non debbano essere possibili in un documento che esce da un Ministero italiano.

Vorrei giusto indicarne alcuni, così magari il sottosegretario prende anche appunti e, poi, diciamo che si risolveranno questi problemi.

A pagina 20 del Piano si dice che, nel 2019, sono state vendute 7.300 auto elettriche. Io sono andato a controllare i dati da UNRAE e, invece, le vetture risultano 13.173. Quindi, già non capisco come abbiano potuto sbagliare su un dato così semplice anche da reperire.

Un'altra cosa, poi, che fa ridere o, meglio, a mio avviso, piangere, è il fatto che dicano “di cui 6.000 (di queste 7.300) sono afferenti a BEV o PHEV”, che sono le uniche due tipologie di auto elettriche. Quindi mi chiedo: le altre 1.300, di grazia, che tipo di auto sono? Ovviamente, la risposta non la potrò avere, perché si tratta di un errore.

A pagina 26, il Piano recita: 1.850 colonnine di ricarica in autostrada. Oserei dire: molto bene, peccato che queste colonnine di ricarica a cui si fa riferimento siano le colonnine veloci e veloci sappiamo (chi ha un'auto elettrica lo sa) che vuol dire che sono in realtà lente - scusate il gioco di parole -, perché sono colonnine che hanno una potenza maggiore di 22, ma minore di 50 kilowatt, per cui sono assolutamente non idonee all'uso in autostrada. Se consideriamo che una macchina media elettrica ha una batteria di 70 kWh praticamente per fare il pieno, ammesso che ricaricano 50 kilowatt, ci vuole più di un'ora. E invece dovrebbero fare menzione delle colonnine ultraveloci, di ultima generazione HPC.

Di nuovo, a pagina 29, si parla di un target al 2030 (c'è una tabella) per colonnine di ricarica veloci e accelerate, che sono più lente delle veloci. Sono escluse nuovamente le colonnine ultraveloci e non c'è traccia, di nuovo, delle ultraveloci di ultima generazione HPC. Poi, però, sempre in quella tabella, si fa riferimento a colonnine di ricarica lenta in ambito pubblico. Io sono un user della mobilità elettrica e non ho mai visto una colonnina pubblica a ricarica lenta, quindi sotto 7,4.

Quindi, davvero mi auguro che ci sia un cambio di passo notevole, ne sono certo, con l'obiettivo di fare davvero di più, molto di più, per la creazione e lo sviluppo di questa infrastruttura che io reputo anche strategica, al pari della fibra ottica.

Ecco, io sono siciliano, Presidente, e le posso dire che in Sicilia, nelle giornate in cui magari c'è molto sole e anche molto vento, c'è una produzione di eolico e di fotovoltaico sovrabbondante e invece non riusciamo ad assorbire tale energia prodotta ed è un vero peccato. Allora, immaginiamo noi di avere delle auto elettriche - però ci deve essere anche l'infrastruttura, sottosegretario, altrimenti soltanto con le auto ce ne facciamo ben poco – e, a quel punto, si potrebbe assorbire l'energia quando c'è una sovrabbondanza, e poi cederla magari di notte o quando il vento cessa, in modo tale da stabilizzare anche la rete. Quindi, prendiamo l'energia quando ce ne sovrabbondanza e poi la cediamo. Questo sarebbe un grande risparmio anche per l'Italia in termini ambientali, ma, permettetemi di dire, qui entra in ballo anche un po' la sovranità energetica del nostro Paese, perché noi siamo ricchi di rinnovabili, che sappiamo essere però non programmabili, invece, con gli accumuli delle auto elettriche, potremmo gestire questi sbalzi delle rinnovabili e fare sempre a meno delle fonti fossili.

Ecco, il mio il mio augurio è proprio questo, che questa struttura davvero venga ritenuta strategica e si capisca che questa rappresenta un tassello per un utilizzo sempre più spinto delle rinnovabili e invece un utilizzo sempre minore delle fonti fossili e questo può avvenire con una rivoluzione mite. Buon lavoro.

(Iniziative per la salubrità delle aree interessate dalle attività del sito di Tempa Rossa e in ordine alla mancata ottemperanza alla prescrizione impartita dalla Valutazione di impatto ambientale del 20 giugno 2014 (n. 2-01147)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cillis e altri n. 2-01147 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Cillis se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LUCIANO CILLIS (M5S). Signor Presidente, colleghi colleghe, onorevole Fontana, il Centro Olio ormai noto, tristemente noto, di Tempa Rossa, sito nel comune di Corleto Perticara, in Basilicata, è stato presentato dalla Total alle istituzioni locali e all'opinione pubblica come un impianto per la preraffinazione del greggio all'avanguardia, poiché pensato, costruito e gestito con tutte le più moderne ed aggiornate tecnologie del settore, quindi il meglio che si potesse utilizzare nel campo dell'impiantistica estrattiva.

Purtroppo, dal giorno del suo avvio, avvenuto nello scorso mese di dicembre 2020, abbiamo assistito a un susseguirsi di incidenti, anomalie e malfunzionamenti che, a questo punto, vista la cadenza temporale, fanno presupporre che qualcosa non abbia funzionato propriamente a dovere e che sia probabile ci sia stato qualcosa di sbagliato o nella progettazione o nella realizzazione dell'impianto oppure nella sua gestione o, peggio, in tutte queste opzioni che ho appena elencato.

L'ultimo episodio ha provocato l'intervento della regione Basilicata che ha chiesto e concordato con Total una fermata programmata dell'impianto, al fine di poter svolgere una non meglio definita sostanziale manutenzione.

Purtroppo però, nel frattempo, altri episodi anomali si sono succeduti negli ultimi giorni, tanto da indurre la regione Basilicata a richiedere la fermata immediata delle attività e la società francese, con una nota diffusa nella giornata del 25 marzo del 2021, dichiarava di aver provveduto all'interruzione dell'emungimento da tutti i pozzi della concessione per l'esecuzione di una manutenzione straordinaria.

Ebbene, a soli quattro mesi dalla sua messa in produzione, il migliore degli impianti possibili verrà fermato. Probabilmente, è possibile che i problemi di funzionamento del Centro di Tempa Rossa siano legati alla fretta, la fretta di estrarre per dover cominciare a tutti i costi a produrre, la fretta di cominciare al più presto a fare profitti, magari anche a discapito dell'ambiente circostante, della sicurezza delle maestranze che lavorano nel sito, ma anche e soprattutto delle popolazioni dei comuni di Corleto Perticara e Gorgoglione che si trovano nelle immediate vicinanze dell'impianto. Popolazioni che, a più riprese, negli ultimi mesi hanno subito le conseguenze degli incidenti come quelle di dovere respirare, loro malgrado, sostanze altamente nocive e dannose per la salute pubblica, come l'anidride solforosa e il monossido di carbonio.

Alle vicende del Centro Olio di Tempa Rossa di Corleto Perticara, così come quelle dell'impianto gemello del COVA di Viggiano, che dista soltanto pochi chilometri, sono legati anche i destini dell'impianto di raffinazione dell'ENI di Taranto.

L'impianto di raffinazione dell'ENI di Taranto è il terminale ultimo delle estrazioni di greggio che vengono fatte in Basilicata. Il petrolio estratto e preraffinato viene trasportato tramite oleodotto alle raffinerie di Taranto dove viene ultimato il processo cosiddetto di raffinazione. Ora, con l'avvio della produzione di Tempa Rossa ed il conseguente aumento dei quantitativi di prodotto da lavorare, anche l'impianto di Taranto ha bisogno di interventi; interventi come quello di gestione terre e rocce da scavo, propedeutico alla costruzione dei serbatoi che dovranno ospitare il greggio estratto nel giacimento Tempa Rossa.

Il procedimento è stato ritenuto non dovesse essere assoggettato a VIA, tuttavia ENI non ha rispettato alcune prescrizioni e, pertanto, chiediamo se, a fronte di queste mancate ottemperanze, il Ministero adotterà delle iniziative e soprattutto se ritenga che il procedimento venga assoggettato a valutazione di impatto ambientale.

Date tutte queste premesse, chiedo, inoltre, quali misure intraprenderà il nuovo Ministero del MiTE riguardo al sito in oggetto in tutte le sue diramazioni e anche - e soprattutto - allo stato dei vari pozzi di emungimento e delle nuove concessioni, compresa quella del pozzo denominato Gorgoglione 3.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Signor Presidente, ringrazio l'interrogante per il tema delicatissimo.

L'interrogazione affronta due fattispecie diverse, seppur connesse: da una parte si richiamano i recenti fenomeni di emissioni in atmosfera, derivanti dalla fiaccola del centro di trattamento del greggio, prodotto nella concessione di coltivazione di idrocarburi Gorgoglione in Basilicata, operato dalla società Total e, dall'altra, la mancata ottemperanza a una prescrizione in ambito VIA, relativo alla Variante Piano di gestione terre da scavo, presentato dalla società ENI nella raffineria di Taranto, in Puglia. Il collegamento fra le due fattispecie è che nella raffineria di Taranto viene trattato anche il greggio prodotto nella concessione Gorgoglione, ad essa trasportato mediante un oleodotto interregionale che collega il centro di trattamento di cui sopra alla raffineria. Per quanto riguarda i recenti fenomeni di emissioni in atmosfera, derivanti dalla fiaccola del centro di trattamento del greggio prodotto nella concessione di coltivazione di idrocarburi Gorgoglione in Basilicata, operata dalla Total, il Ministero fa presente che il Centro Olio Total, denominato Tempa Rossa, nella concessione di coltivazione di idrocarburi Gorgoglione, dopo una fase di prove temporanee di esercizio della durata di un anno, dalla data del 12 dicembre 2020, è entrato nella fase di esercizio che prevede il raggiungimento, a regime della produzione, di circa 50 mila barili al giorno. L'avvio della fase di prove di esercizio è stata subordinata fra l'altro per un aspetto ambientale alle verifiche di ottemperanza da parte della regione Basilicata alle prescrizioni via AIA impartite. Nel corso del 2020, secondo il programma previsto, sono state avviate in progress le varie unità di impianto e, precisamente, dal 5 ottobre 2020, è stato avviato l'impianto recupero zolfo, l'ultimo degli impianti di trattamento del greggio e del gas ad essere messo in marcia e, senza soluzione di continuità, si è proceduto all'ampliamento della sezione di impianto relativo al trattamento dei gas di coda. In data 19 ottobre 2020 è stato possibile procedere al caricamento della prima autobotte di zolfo liquido avviato alla commercializzazione. A partire da tale data sono pertanto operativi i trasferimenti di tutti i prodotti - greggio, gas naturale, GPL, zolfo -, portando quindi a termine tutte le prove di esercizio funzionali degli impianti del Centro Olio. L'esito positivo delle prove di esercizio e dei collaudi operativi effettuati ha condotto, il 12 dicembre 2020, all'avvio della vera e propria fase di esercizio dell'impianto. Ciò premesso, si specifica che i superamenti dei limiti eccessivi rilevati dall'ARPAB e citati dall'interpellante, fanno riferimento a depressurizzazioni di gas in fiaccola con il conseguente aumento di visibilità della fiamma, dovuti ad inconvenienti temporanei che non hanno comportato problematiche di sicurezza dei lavoratori, delle persone dell'impianto, in quanto le protezioni di sicurezza sono intervenute coerentemente con quanto previsto dalla logica automatizzata di sicurezza intrinseca del Centro Olio, procedendo quindi al blocco delle sezioni di impianto interessate e al conseguente convogliamento del gas nel tratto interessato alle torce di sicurezza. Gli interventi automatizzati avvengono con sequenze in cascata di fermo delle differenti sezioni di impianto. Tali superamenti di limiti possono essere riconducibili sia ad una fermata improvvisa degli impianti, sia al loro riavvio. Occorre rilevare che, nella fattispecie, la progettazione, la realizzazione, la conduzione e gli automatismi di sicurezza degli impianti del Centro Olio Tempa Rossa per l'esercizio dell'impianto, sottoposti ai pareri di numerosi enti pubblici, sono ispirati ai criteri della buona regola tecnica, come dimostra il fatto che ci sia stata assenza di qualsiasi effetto all'esterno, a causa degli inconvenienti finora verificatisi, oltre che, a confronto con siti produttivi analoghi, una bassissima incidenza infortunistica registrata. Da informazioni assunte dallo stesso Ministero, a seguito di interlocuzioni fra la Total e la regione Basilicata, recentemente la stessa regione ha richiesto alla società Total di effettuare uno studio mirato ad identificare eventuali ulteriori aree di intervento, rispetto alle quali implementare azioni di miglioramento, che andranno ad aggiungersi a quanto già ad oggi realizzato per limitare le emissioni in tale fase di spegnimento e riavvio dell'impianto.

L'implementazione di tali interventi migliorativi sarà messa in atto dalla società nel corso di una fermata generale dell'impianto, prevista nella seconda metà del mese di aprile 2021, che verrà sottoposta, per quanto attiene la sicurezza dei lavoratori, alla sorveglianza del Ministero. È appena il caso di sottolineare che, nell'ambito della concessione di coltivazione di idrocarburi Gorgoglione, è stato presentato un nuovo progetto, che prevede la perforazione del pozzo, denominato “Gorgoglione 3”. Questo Ministero ha rilevato un quadro generale del progetto carente e non organico, con criticità acute che permangono anche dopo numerose integrazioni presentate in diverse fasi. In particolare, è stata riscontrata una carenza di dati e analisi finalizzate a proteggere le risorse idriche dell'aria, schemi e dati di monitoraggio insufficienti o non accessibili, una carenza del quadro della geologia e dell'idrologia dell'area, mancata considerazione degli idrocarburi nei modelli di dispersione degli inquinanti in atmosfera e mancate informazioni sulla consistenza, la distribuzione e l'uso dell'habitat delle specie vulnerabili. Ciò premesso, il Ministro Cingolani ha trasmesso al Ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibili e al presidente della regione Basilicata il parere contrario al progetto espresso dalla Commissione valutazione impatto ambientale (VIA) per i seguiti di competenza. Con riferimento alla verifica di ottemperanza negativa espressa da questa Amministrazione, relativamente alla prescrizione n. 1 del provvedimento del 20 giugno 2014, si precisa che la citata prescrizione prevede, nello specifico, che il progetto esecutivo del progetto Tempa Rossa sia corredato dal piano di monitoraggio ambientale aggiornato (PMA) ed integrato, in considerazione anche delle valutazioni e prescrizioni previste dal medesimo provvedimento e successivamente concordato e approvato da ARPA Puglia. La società proponente deve inviare a questo Ministero il PMA approvato da ARPA Puglia per tutto il periodo di monitoraggio e altresì inviare annualmente una relazione tecnica sugli esiti del monitoraggio, compresa anche la descrizione di eventuali, ulteriori, misure di mitigazione adottate. Con decreto direttoriale del 10 maggio 2018 è stata determinata l'ottemperanza alla citata prescrizione n. 1, relativamente al piano di monitoraggio ambientale concordato e approvato da ARPA Puglia. Successivamente, il 23 marzo 2020, la società ENI ha trasmesso il report annuale relativo ai monitoraggi eseguiti nel periodo novembre 2018-ottobre 2019. Tali dati sono stati esaminati dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale, VIA-VAS, che al riguardo si è espressa con parere del 2 ottobre 2020. Nel parere, la Commissione ha ritenuto non ottemperata la prescrizione n. 1, per la parte relativa al monitoraggio novembre 2018-ottobre 2019, non risultando fornite dal proponente il dettaglio delle metodologie impiegate per il campionamento, il monitoraggio e le analisi relative alla parte mare (acqua, mitili e sedimenti), il pronunciamento da parte di ARPA Puglia sui dati di competenza relativi all'ambiente marino e infine la valutazione e interpretazione delle anomalie e criticità rilevate. Sulla base del detto parere e, in particolare, delle motivazioni indicate è stato quindi emanato il provvedimento direttoriale n. 44 del 15 febbraio 2021 con il quale è stata decretata la non ottemperanza della prescrizione in argomento, per il periodo di monitoraggio novembre 2018-ottobre 2019. Il Ministero sta provvedendo a predisporre la diffida al proponente ad ottemperare alla predetta prescrizione n. 1; in caso di mancata ottemperanza alla diffida, potranno essere comminate nei confronti della società proponente le sanzioni amministrative, conformemente a quanto stabilito dall'articolo 29 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

PRESIDENTE. Il deputato Giovanni Vianello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIOVANNI VIANELLO (M5S). Grazie, Presidente, saluto e ringrazio anche il sottosegretario Fontana. Ci dichiariamo parzialmente soddisfatti. Certamente ci sono due buone notizie che il sottosegretario Fontana ci ha illustrato questa mattina e che siamo lieti quindi di ribadire.

La prima è il parere negativo del Ministero alla nuova perforazione, al nuovo pozzo Gorgoglione 3 in Basilicata, in una zona già ampiamente antropizzata e sottoposta a pressioni ambientali indicibili. Il Ministero ha dato il diniego a questa nuova perforazione e tutto ciò sicuramente rappresenta un cambio di passo, però ci viene anche a dire che, sostanzialmente, è il proponente, la Total, che ha presentato una documentazione carente. Dobbiamo cominciare a riflettere sulle valutazioni di impatto ambientale: molto spesso sentiamo dire nel mainstream, anche da parte della politica, che il procedimento è molto burocratico, allunga i tempi.

In realtà, non è il procedimento in sé che allunga i tempi, ma il fatto che, molto spesso, i proponenti, come in questo caso la Total, presentano documentazione carente; per cui è ovvio che il Ministero non può esprimersi in tempi brevi, ma deve richiedere ulteriore documentazione. Questo è un elemento importante su cui riflettere perché la mancanza, la carenza di documentazione presentata è anche alla base della seconda buona notizia che oggi il sottosegretario Fontana ci ha fornito, ossia la diffida che sta preparando il Ministero nei confronti dell'ENI per la raffineria di Taranto. Finalmente, ci verrebbe da dire, perché, per anni e anni, abbiamo assistito ad autorizzazioni che venivano rilasciate nel silenzio generale e senza considerare che, su quel territorio, ci sono già altri impianti fortemente nocivi, come ad esempio l'Ilva, ma non solo, per cui ben venga questa nuova diffida.

Sono, sì, due buone notizie, ma dicevo inizialmente che siamo parzialmente soddisfatti perché, a livello generale, il MoVimento 5 Stelle si fa portavoce di tutte le problematiche ed i disagi che i cittadini - in Basilicata, in provincia di Potenza, in provincia di Matera, a Taranto, ma anche, mi verrebbe da dire, a Brindisi, dove ci sono impianti petrolchimici, a Falconara, vicino ad Ancona, dove c'è un'altra raffineria, Gela, Priolo in Sicilia e tante altre - vivono a causa di queste attività fortemente inquinanti, da un punto di vista sicuramente di sviluppo economico obsolete e ottocentesche, ma tuttavia insistono su questi territori. Basti considerare che abbiamo attualmente in Italia già vigenti 65 permessi di ricerca, già vigenti da anni, che operano; abbiamo ben 190 concessioni di coltivazione di idrocarburi già rilasciate negli anni e nei decenni passati. Per cui c'è già un grandissimo sfruttamento del nostro territorio, che non è certo l'Arabia Saudita; anzi, andiamo a mettere a rischio situazioni molto delicate. Mi viene da ricordare che ovviamente in Basilicata, proprio lì, intorno ai pozzi dove l'ENI e la Total fanno estrazione di idrocarburi, ci sono delle sorgenti d'acqua dolce, ci sono gli invasi lucani che portano acqua potabile alla Puglia, per cui dobbiamo preservare questi invasi, dobbiamo preservare l'acqua lucana, perché altrimenti potremmo correre il rischio di avere una ripercussione davvero molto triste. Ma, soprattutto, abbiamo anche da fare di più per la qualità della vita di queste persone, perché c'è un problema innanzitutto olfattivo. Qui mi viene in mente la proposta del MoVimento 5 Stelle, che è stata già depositata ed è proprio a prima firma del sottosegretario Fontana, sulle emissioni odorigene.

Questa proposta di legge deve andare avanti; questa è una proposta, che il MoVimento 5 Stelle fa a tutte le forze politiche, al Parlamento e al Governo, che deve andare avanti, perché il problema delle emissioni odorigene è, per chi lo subisce, davvero rilevante e risolvere questo problema aumenterà la qualità della vita dei cittadini. Occorre fare molto di più in linea generale. Noi ci stiamo provando in tutte le maniere: va sicuramente citato in questo caso il PiTESAI, il piano che siamo riusciti a normare sia con il Governo Conte 1 sia con il Governo Conte 2 e che abbiamo ulteriormente prorogato adesso con il Governo Draghi e il Ministro Cingolani; dobbiamo fare questo piano e capire quali sono le zone idonee e quelle che non sono idonee dove svolgere questo tipo di attività.

Questo è molto importante e voglio ribadire che, se non ci fosse stato il MoVimento 5 Stelle in Parlamento, in maggioranza, durante questi tre Governi, non avremmo mai potuto ottenere questo risultato, e lo ribadiamo, che deve essere, però, ancora raggiunto, perché è vero che la norma è già vigente, ma il PiTESAI ancora non è pronto, e a mio modo di vedere dovremo tornare presto su questo argomento. Quindi il PiTESAI da una parte; dall'altra, un qualcosa che ormai è diventato indispensabile fare, perché, insieme al PiTESAI, il MoVimento 5 Stelle ha proposto anche il blocco di tutte le attività di ricerca e di prospezione di idrocarburi. Una moratoria che esiste da ormai due anni e che sta bloccando altri procedimenti inquinanti e deleteri per l'ambiente. Ad esempio, sono cinque proposte, istanze di prospezione di idrocarburi, sette richieste di coltivazione di idrocarburi, ben 78 permessi di ricerca che sono stati sospesi grazie a questa moratoria, molto spesso in aree sensibili, che vanno tutelate.

L'ulteriore proposta che il MoVimento 5 Stelle fa al Paese è quella di bloccare definitivamente le nuove richieste, quelle future, perché ancora non sono state fatte. Vista la situazione ambientale ed energetica in cui ci troviamo, non c'è bisogno di fare nuove trivelle o nuovi air gun, che sono deleteri per la nostra splendida Italia; non ne abbiamo bisogno, considerati anche i dati che lo stesso PNIEC, il Piano nazionale per l'energia e il clima, ci indica. Questa è un'altra proposta che il MoVimento 5 Stelle fa al Paese e fa alle forze politiche di maggioranza e opposizione.

C'è poi una considerazione che va fatta sul problema dell'ENI; AGIP, una volta, e prima aveva un senso perché trattava di idrocarburi. Ma se stiamo andando verso la transizione ecologica, verso la decarbonizzazione dei processi, allora gli idrocarburi dovranno venir meno. Vediamo da parte dell'ENI una certa mancanza di lungimiranza: invece di cominciare a pianificare verso l'idrogeno verde, verso le energie rinnovabili, con nuove tecnologie, noi vediamo che ENI continua a proporre dei processi che non sono, a nostro avviso, sicuri. Innanzitutto, lo stoccaggio della CO2 nei giacimenti: ci sono due progetti in corso da parte dell'ENI, uno al largo di Ravenna, l'altro è al largo di Rimini. Stoccare la CO2 è un procedimento estremamente costoso da una parte, quindi non sappiamo la sostenibilità economica; non sappiamo ancora, perché sono tutte fasi sperimentali, quali impatti ambientali si avranno, quali saranno le conseguenze.

Ci stiamo complicando la vita quando sappiamo tutti quanti che il miglior modo per stoccare la CO2 è rappresentato dagli alberi, dal verde. Per cui, se l'obiettivo è quello di stoccare la CO2, benissimo, lo si faccia come la natura già ci insegna da migliaia e milioni di anni. E ancora, certo non può essere il futuro della transizione ecologica il waste to fuel che ENI propone. I rifiuti devono essere trattati secondo una gerarchia specifica, che è già stata stabilita: la riduzione della produzione a monte, il riciclo, il recupero e poi alla fine c'è il recupero energetico. Non si può basare sul recupero energetico la strategia futura di ENI, perché siamo già in controtendenza; non può essere certo l'idrogeno blu il futuro della transizione ecologica, e su questo facciamo attenzione, perché la Commissione europea ci ha detto chiaramente che bisogna investire su idrogeno verde, cioè idrogeno che viene fuori grazie anche alle fonti rinnovabili, e non al gas. Facciamo attenzione perché l'utilizzo del gas e gli investimenti in idrogeno blu, esclusivamente blu, purtroppo avranno come conseguenza quella di allungare i tempi per passare all'elettrico, che diventa fondamentale per arrivare a una vera e propria transizione energetica. Sottosegretario, noi siamo qui e, come ben sa, di proposte ne facciamo continuamente. Vorremmo un po' più di attenzione su queste proposte; vorremmo che, oltre al normale dibattito politico, i temi ambientali e della transizione ecologica diventino fortemente print di questo Governo e di queste forze politiche, perché altrimenti diventa solo una propaganda.

PRESIDENTE. Concluda.

GIOVANNI VIANELLO (M5S). Concludo, Presidente, ringraziandola per il tempo concesso, ringraziando il sottosegretario Ilaria Fontana e augurandole buon lavoro. Il Movimento 5 Stelle c'è e ci sarà sempre, e sarà sempre con il fiato sul collo.

(Chiarimenti e iniziative di competenza in ordine al trattamento dei dati e dei documenti digitali inseriti nel Fascicolo sanitario elettronico (FSE) alla luce delle modifiche apportate alla disciplina dal decreto-legge n. 34 del 2020 - n. 2-01096)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ruggiero ed altri n. 2-01096 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Francesca Anna Ruggiero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Buongiorno sottosegretario, Sileri. Con l'articolo 11 del “decreto Rilancio” è stata potenziata e rafforzata l'infrastruttura del Fascicolo sanitario elettronico. È stata inclusa la possibilità di inserire i dati e i documenti riferiti anche alle prestazioni erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale. È stato assicurato l'accesso al Fascicolo elettronico anche tramite il portale online da parte dell'assistito. È stata prevista anche l'eliminazione, però, di un comma, il 3-bis, e questo ha suscitato delle notizie apparse sulla stampa, per cui si è ipotizzato che non fosse possibile più esercitare l'oscuramento dell'oscuramento, ossia l'assistito può decidere di non far vedere, quindi visualizzare, nel fascicolo elettronico delle informazioni e che non sia visibile che però siano stati oscurati. Quindi, è necessario fare chiarezza su questo punto, anche perché, invece, l'articolo 9 del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che attua il Fascicolo sanitario elettronico, prevede appunto, invece, sempre il consenso dell'assistito per qualsiasi operazione che viene effettuata sulla scheda personale, presente sul Fascicolo sanitario elettronico.

Quindi, quello che le chiedo è se il Garante per la protezione dei dati personali abbia espresso il parere previsto per l'attuazione di questa norma e se siano stati poi emanati i decreti attuativi, proprio per rendere la sanità quanto più digitale e accessibile per tutti, sia per gli assistiti che per tutti gli operatori del settore sanitario.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Con riferimento alla richiesta se corrisponda al vero quanto apparso sugli organi di informazione online, ovvero che lo Stato invierà i dati personali ad altri Stati e società private, che operano al fine di lucro, ed avrebbe sostanzialmente violato il diritto alla non raccolta di dati e all'oscuramento totale o parziale dei dati e anche un diritto all'oscuramento dell'oscuramento - non far sapere di aver chiesto la cancellazione di alcune informazioni - intendo sostenere che ciò non corrisponde al vero, in quanto la normativa vigente non consente in nessun caso la diffusione dei dati presenti nel Fascicolo sanitario elettronico.

In effetti, l'articolo 11 del decreto-legge n. 34 del 2020 non ha introdotto modifiche alla consultazione dei dati personali presenti nel Fascicolo sanitario elettronico. Tale consultazione resta possibile solo per finalità di cura e previo consenso dell'assistito da parte del personale sanitario, che lo prende in cura e che è tenuto al segreto professionale o, comunque, all'obbligo di segretezza. Inoltre, la normativa vigente prevede la comunicazione dei dati del Fascicolo sanitario elettronico all'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità del Ministero dell'Economia e delle finanze; ciò al solo fine di garantire l'interoperabilità del Fascicolo sanitario elettronico, nel caso di prestazioni di cura erogate nei diversi contesti regionali.

Inoltre, ai sensi del Capo IV del DPCM n. 178 del 2015, il Ministero della Salute può trattare alcuni dati del Fascicolo sanitario elettronico, purché privati dei dati identificativi diretti dell'assistito, per finalità nell'ambito delle attività di programmazione e verifica della qualità delle cure e valutazione dell'assistenza sanitaria.

Per quanto riguarda il diritto all'oscuramento e alla richiesta “se l'abrogazione del comma 3-bis del suddetto articolo 12 riguardi anche l'abrogazione del diritto di oscuramento di dati e documenti”, desidero precisare che l'abrogazione del comma 3-bis dell'articolo 12 non comporta alcuna modifica ai diritti dell'interessato, di cui all'articolo 8 del DPCM n. 178 del 2015. In particolare, resta invariato quanto stabilito al comma 1 dell'articolo 8: “l'assistito ha il diritto di richiedere l'oscuramento dei dati e documenti sanitari e sociosanitari sia prima dell'alimentazione del Fascicolo sanitario elettronico, che successivamente garantendone la consultabilità esclusivamente all'assistito e ai titolari che li hanno generati. L'assistito può revocare nel tempo l'oscuramento”.

Rimane altresì invariato quanto stabilito dal comma 2 dell'articolo 8: “L'oscuramento di dati e documenti sanitari e sociosanitari avviene con modalità tali da garantire che tutti i soggetti abilitati all'accesso al Fascicolo sanitario elettronico per finalità di cura non possano venire automaticamente a conoscenza del fatto che l'assistito ha effettuato tale scelta e che tali dati esistano”. Pertanto, l'assistito ha il diritto di chiedere l'oscuramento dei dati e dei documenti presenti nel Fascicolo sanitario elettronico relativi ad un determinato evento clinico, direttamente all'operatore della struttura sanitaria e sociosanitaria, al momento dell'erogazione della prestazione ovvero successivamente all'erogazione della prestazione stessa.

Inoltre, come previsto dall'articolo 5 del DPCM n. 178 del 2015 in merito ai dati soggetti a maggior tutela dell'anonimato, alcuni dati e documenti che alimentano il Fascicolo sanitario sono visibili solo all'assistito. Sono visibili solo all'assistito anche i certificati medici redatti dal proprio medico in caso di malattia.

Per quanto riguarda la richiesta “se i decreti prodromici all'attuazione della norma, per definire le modalità e le misure di sicurezza previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, siano in fase di adozione”, preciso che il tavolo tecnico di monitoraggio e indirizzo per l'attuazione del Fascicolo sanitario elettronico, istituito presso il Ministero della Salute, e composto da rappresentanti delle regioni e province autonome, del Ministero dell'Economia e delle finanze, dell'Agenzia per l'Italia digitale e dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, sta lavorando alla predisposizione delle modifiche al DPCM in precedenza citato, sia in applicazione delle previsioni introdotte all'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 dal decreto-legge n 34 del 2020, sia per recepire, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, i contenuti, i formati e gli standard dei nuovi ulteriori documenti sanitari e sociosanitari approvati dalla cabina di regia del nuovo Sistema informativo sanitario.

Inoltre, il Ministero della Salute, in collaborazione col Ministero dell'Economia e delle finanze, ha predisposto un'apposita circolare, finalizzata a dare attuazione uniforme per l'avvio dei Fascicoli sanitari elettronici di tutti i cittadini, a cui è allegato un modello di informativa da utilizzare, per rendere edotti in maniera concreta e omogenea i cittadini delle informazioni trattate nei propri Fascicoli e dei propri diritti. Detta circolare, con oggetto “Fascicolo sanitario elettronico (FSE), indicazioni per eliminazione consenso all'alimentazione del FSE (Art. 11 DL 34/2020)”, è stata diramata in data 17 febbraio 2021 agli assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, all'Agenzia per l'Italia digitale e al Garante per la protezione dei dati personali.

È prevista, inoltre, a breve una campagna di comunicazione nazionale, che sarà seguita anche da campagne regionali, che consentirà di informare tutti i cittadini dell'esistenza del Fascicolo sanitario elettronico, della possibilità per ogni assistito di accedere ai propri dati sanitari, nonché di opporsi eventualmente all'alimentazione del Fascicolo con i dati e i documenti sanitari generati da eventi clinici antecedenti il 19 maggio 2020, e di dare quindi anche il proprio consenso alla consultazione da parte dei professionisti sanitari che lo abbiano in cura.

PRESIDENTE. La deputata Francesca Anna Ruggiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie, Presidente, e grazie, sottosegretario. Per il MoVimento 5 Stelle è assolutamente necessario che la sanità sia digitale e che finalmente si apra a questa evoluzione del Sistema sanitario nazionale, perché non vogliamo più vedere carrelli pieni di faldoni camminare nei corridoi degli ospedali, perché non vogliamo più vedere pazienti che ad ogni visita devono portarsi con sé tutti gli esami e i referti, che hanno prodotto nelle visite precedenti, da dare al medico specialista che deve visitarli. E non vogliamo più vedere neanche medici di medicina generale che non fanno più i medici, ma sono diventati dei ragionieri.

Non vogliamo più una sanità legata alla burocrazia, alle carte, ma vogliamo che sia tutto digitale, appunto, tutto integrato, dove, chiunque si prenda cura dell'assistito abbia accesso alle informazioni necessarie, per dargli una salute migliore.

Siamo felicissimi di ascoltare che c'è un tavolo tecnico e che lo Stato è intransigente e garantisce la privacy sui dati, così come garantisce anche il diritto all'oscuramento dell'oscuramento per l'assistito, nei casi in cui è richiesto.

I dati digitali sono una risorsa, e c'è tutto un mercato dell'economia digitale che si basa sull'utilizzo di questi dati. Questi sono dati personali, sanitari, sensibili, che entrano proprio nel vivo e nella vita privata di ognuno di noi.

Se da una parte è necessario utilizzare finalmente queste risorse del Recovery, che abbiamo ottenuto grazie al Presidente Conte, per rendere quanto più digitale la sanità, veloce, interattiva, integrata e completa, al tempo stesso è necessario che lo Stato difenda i dati e i diritti degli assistiti. Quindi, sottosegretario Sileri, siamo molto soddisfatti della sua risposta e continueremo a seguire tutto l'iter per avere una sanità digitale che tolga tutta quella parte burocratica in capo, ora, purtroppo, ai medici, a cui si toglie tempo, invece, per visitare i pazienti e per portare avanti il motivo per cui hanno scelto di svolgere quella professione.

(Iniziative volte a riconoscere ai cittadini iscritti all'AIRE attualmente in Italia il diritto alla somministrazione del vaccino anti COVID-19 - n. 2-01148)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fitzgerald Nissoli ed altri n. 2-01148 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Fitzgerald Nissoli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI (FI). Signor sottosegretario, buongiorno e grazie. Con questa interpellanza intendo fare chiarezza su una questione che per noi parlamentari eletti all'estero è importante e ci stiamo ponendo; infatti questa interpellanza è stata anche sottoscritta da diversi di loro. Ci poniamo questa domanda dall'inizio della campagna di vaccinazione e che i cittadini italiani iscritti all'AIRE ci pongono quotidianamente attraverso le loro e-mail, cioè se i cittadini italiani residenti all'estero che si trovano temporaneamente sul territorio italiano possono accedere alla vaccinazione in quanto tali. Si va verso un potenziamento del piano vaccinale e sappiamo bene che, per essere efficace, è necessario che tutti coloro che sono sul territorio nazionale siano vaccinati, quindi anche gli iscritti AIRE che si trovano in Italia nei loro luoghi di origine oppure presso i loro familiari. Ad oggi non vi è una posizione chiara del Governo su questo argomento e siccome la vaccinazione procede attraverso l'identificazione dei soggetti con il tesserino sanitario, gli iscritti all'AIRE mi chiedono se sarà loro possibile accedervi: noi non siamo in possesso del tesserino sanitario poiché, una volta iscritti all'AIRE, perdiamo l'assistenza di base e abbiamo diritto solo alle cure ospedaliere urgenti per un massimo di 90 giorni (questo nonostante parecchi iscritti AIRE paghino le tasse anche in Italia). Il problema nasce addirittura all'atto della registrazione, poiché, normalmente, i sistemi di prenotazione regionali per il vaccino funzionano con i dati della tessera sanitaria, che noi iscritti AIRE, appunto - ribadisco - non abbiamo più; invece in alcuni Paesi, si procede alla vaccinazione di tutti coloro che si trovano sul territorio nazionale. Per esempio, io che sono residente negli Stati Uniti, ma non sono cittadina americana, sono già stata chiamata due volte per fare la vaccinazione.

In Italia, l'informazione in materia per i cittadini che sono tornati dall'estero è confusa ed è incerta. Credo che si debba fare chiarezza e garantire anche a questa categoria di persone il fondamentale diritto alla salute, proprio secondo l'articolo 32 della Costituzione, laddove si afferma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Vi è, quindi, un duplice obiettivo: quello della salute della persona, ma soprattutto quello della collettività, che è l'obiettivo che si cerca di raggiungere con la vaccinazione di massa, arrivando al più presto all'immunità di gregge. Ma come facciamo a raggiungerlo, se si taglia fuori una parte considerevole di cittadini? Si dice che i vaccini siano stati offerti a tutta la popolazione secondo un ordine di priorità: e ai cittadini italiani iscritti all'AIRE? Tra l'altro, una parte di essi, a causa delle restrizioni, è impossibilitata a fare ritorno nei Paesi di residenza, oppure vive in Paesi dove i sistemi sanitari non riescono a garantire un'adeguata vaccinazione di massa: ma la Costituzione non ci dice di garantire la salute dei nostri connazionali? Non ci invita a garantire la fruizione da parte di tutti di un bene comune, come il vaccino? Quindi, signor sottosegretario, faccio appello alla sua sensibilità, anche perché mi ha detto che anche lei ha vissuto all'estero, e le chiedo che il Governo disponga l'accesso alla vaccinazione anche per gli italiani all'estero che si trovano temporaneamente sul territorio nazionale, secondo la loro classe di età, individuando altri elementi identificativi che permettano loro di registrarsi, spiegando, per cortesia, le precise modalità, cioè come, quando e dove (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Io qui ho una risposta che fa un preambolo di leggi che partono da trenta anni indietro, che, quindi, non leggerò perché a noi quello che interessa è che queste persone vengano vaccinate, quindi a me interessa la parte più pragmatica e più conclusiva.

Faccio, però, un breve excursus su tutto ciò che è stato fatto in questi mesi, partendo dal decreto del Ministero della Salute del 2 gennaio 2021, quando è stato adottato il “Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2”.

Il 13 marzo 2021, il commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 e per l'esecuzione della campagna vaccinale nazionale ha diramato il piano vaccinale anti COVID-19, il quale, in armonia con il citato Piano strategico nazionale, identifica le linee operative da seguire per completare al più presto la campagna vaccinale, che poi sono state modificate con l'arrivo di altri vaccini e con le restrizioni per alcuni e non per altri; vedete, insomma, che settimanalmente i vaccini arrivano e si procede ad un ritmo crescente di vaccinazioni.

Al commissario straordinario sono state affidate, altresì, le operazioni di predisposizione e gestione della piattaforma informativa nazionale di cui all'articolo 3 del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, che vedeva “Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19”, come convertito dalla legge 12 marzo 2021, n. 29.

Inoltre, con l'ordinanza del 9 febbraio 2021, il commissario ha previsto l'acquisizione da parte del “Sistema tessera sanitaria” - che era quello che lei poc'anzi citava - dei dati resi da amministrazioni statali e regionali necessari per la predisposizione e la messa a disposizione, a vantaggio dei sistemi informativi di regioni e province autonome e della piattaforma informativa nazionale, degli elenchi di soggetti appartenenti alle categorie degli assistiti eleggibili per la vaccinazione anti COVID-19. Allo stato, nei citati elenchi, purtroppo, non sono ricompresi i soggetti iscritti all'Anagrafe italiani residenti all'estero. Tuttavia, si sta valutando di rilasciare per tali soggetti una tessera sanitaria, senza il microchip, mediante un'apposita applicazione web sul portale del “Sistema tessera sanitaria”, con cui si può richiedere la riemissione di una tessera sanitaria, sempre senza chip, che quindi può essere recapitata al consolato o all'ambasciata selezionati al momento della richiesta di emissione.

Ora, è evidente che “si sta valutando” è un termine che non dovrebbe essere usato, perché sono tre mesi che è iniziata la campagna vaccinale e “si sta valutando” andava bene a gennaio. Io me lo trovo scritto qui in questa interpellanza; ovviamente lo leggo, ma le dico in cuor mio che cercherò di dare una risposta al come, al quando e al dove nel più breve tempo possibile. Quindi, non leggo le conclusioni, che dicono che il Ministero rassicura gli onorevoli interpellanti, ma le dico che io assicuro gli onorevoli interpellanti per la risoluzione di questo problema.

PRESIDENTE. La deputata Fitzgerald Nissoli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI (FI). Grazie, Presidente. Ritengo che la risposta sia soddisfacente e che possa essere davvero una buona partenza. Auspico, comunque, che venga implementata il più velocemente possibile, in modo che gli italiani che si trovano temporaneamente sul territorio possano vaccinarsi quando sarà per loro possibile. Sono sicura che lei, signor sottosegretario - ce lo ha dimostrato con le sue parole -, prenderà davvero a cuore la questione. Diciamo che mi fido di lei e, comunque, ci risentiremo per vedere, nel giro, magari, di qualche giorno, di qualche settimana, se tutto procederà come ha intenzione di fare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Iniziative di competenza volte a preservare il sistema di emergenza sanitaria in Campania, con particolare riferimento ad adeguate misure di sostegno al personale del servizio 118 - n. 2-01149)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Villani ed altri n. 2-01149 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Virginia Villani se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario Sileri, onorevoli colleghi, non avrei mai immaginato che, a un anno esatto dall'inizio di questa pandemia, nel corso della quale dalle nostre finestre li abbiamo osannati come eroi, come i nostri angeli, mi sarei trovata in quest'Aula a difendere da una grave ingiustizia i medici del servizio di emergenza-urgenza del 118. Parlo di una categoria di sanitari che in Campania, oggi, venerdì 26 marzo, aveva deciso, per la prima volta dalla sua istituzione, di incrociare le braccia; e, ancora una volta, per l'alto senso del dovere che li ha sempre contraddistinti e il senso di responsabilità verso la collettività, hanno deciso di sospendere lo sciopero, anche grazie all'intervento del prefetto di Napoli, che ringrazio personalmente.

La problematica che stiamo affrontando riguarda la retribuzione dei medici del 118 e risale al 1999, quando la regione Campania, con la delibera n. 6.872, istituì questo servizio di medicina di emergenza territoriale grazie al passaggio dei medici di continuità assistenziale, l'ex guardia medica, al servizio di emergenza-urgenza territoriale 118, completando così l'iter di organizzazione generale dei presidi SAUT e di continuità assistenziale.

A tal fine, vista la carenza di personale già formato, disponibile a transitare dal regime della ex guardia medica a quello dell'emergenza sanitaria territoriale, fu previsto un meccanismo incentivante mediante la corresponsione di un'indennità extracontrattuale aggiuntiva allora di 10 mila lire, oggi 5,16 euro. Per espressa previsione normativa, questa indennità doveva compensare i medici per l'aggravio lavorativo in termini di elevato rischio fisico, conseguente allo svolgersi di attività prevalentemente su mezzi di soccorso mobile, elevato rischio di contrarre malattie infettive, elevato numero di turni festivi e notturni, e operatività all'aperto in qualsiasi condizione climatica e ambientale.

La normativa appena descritta avrebbe dovuto, dunque, avere efficacia transitoria, sino all'adozione di un nuovo accordo di medicina generale, il quale, tenuto conto delle particolari problematiche relative ai medici SAUT, avrebbe dovuto definire nello specifico i preminenti aspetti legati al trattamento economico del personale e al funzionamento e messa in rete dei presidi SAUT, superando così la precitata normativa regionale.

Nel corso degli anni, tuttavia, questa delibera ha conservato la propria validità, tant'è che tutti gli accordi integrativi regionali, ad essa succeduti nel tempo, hanno di volta in volta confermato le relative disposizioni, richiamandola quale normativa integrativa dapprima dell'AIR 2003 e, successivamente, di rimando nell'ACN 2005 e in tutti gli AIR successivi.

In tale contesto, si è inserita un'indagine della Corte dei conti, che ha ritenuto, contrariamente a quanto testé descritto, l'indennità prevista dalla delibera regionale del 1999 un compenso non dovuto, poiché, a suo dire, oggi compresa e assorbita dalle voci contrattuali individuate dall'accordo nazionale del 2005 con la dicitura “onnicomprensive”.

In considerazione di ciò, la procura erariale ha chiesto alla regione e, quindi, di rimando ai direttori generali delle sette ASL campane, se stessero ancora corrispondendo ai medici del 118 l'indennità aggiuntiva al contratto. I direttori generali delle ASL hanno provveduto, dunque, in autotutela, alla sospensione dell'erogazione delle indennità, con conseguente taglio degli stipendi per quasi un terzo della retribuzione mensile.

Alcune ASL, come la Napoli 1, hanno addirittura avviato il recupero delle cifre pregresse percepite a titolo di indennità, inviando ai medici del 118 la richiesta di restituzione, addirittura in un'unica soluzione, di cifre come 93 mila euro: una cosa assolutamente assurda e inaccettabile.

Come se non bastasse, in tale quadro, già di per sé grave e allarmante, le direzioni regionali stanno procedendo al recupero delle somme calcolandone gli importi al lordo e non al netto delle trattenute fiscali, cosicché, paradossalmente, i sanitari campani potrebbero essere chiamati a restituire, oltre agli importi effettivamente percepiti, anche quelli versati dall'ente in favore dell'erario in qualità di sostituto d'imposta ed in quanto tali mai entrati nelle disponibilità dei medici.

Ora, senza voler entrare nel merito della complessa vicenda giuridica, prerogativa naturalmente spettante ad altre istituzioni, in questa sede occorre denunciare come tale situazione, già di per sé allucinante e inaccettabile, stia determinando ovviamente sconforto, disorientamento e grande demotivazione nei medici del 118 in Campania, ma la situazione è analoga anche in Calabria e in altre regioni e rischia di pregiudicare definitivamente il già precario sistema sanitario regionale.

Ora, la sopravvenuta penalizzazione economica - che, ribadisco, corrisponde a circa il 30 per cento della retribuzione complessiva - insieme agli ulteriori noti svantaggi della condizione lavorativa dei medici del 118 - rischio biologico, turnistica onerosa, aggressioni, lavoro stressante - sta determinando un esodo massiccio dei medici, già strutturati ed esperti, aventi titolo naturalmente ad essere collocati facilmente altrove.

Ed è lecito presagire che, rimanendo tale situazione così grave, i medici che lavorano a tempo determinato, non rinnoveranno più gli incarichi, preferiranno incarichi meno pericolosi e stressanti, quali quello della continuità assistenziale o altre occupazioni negli ospedali.

Inoltre, molti dei medici che stanno svolgendo in questo periodo corsi di formazione per medico di emergenza territoriale 118, ovviamente, di fronte a una prospettiva economica così poco allettante, ma anche così rischiosa, non accetteranno sicuramente gli incarichi a tempo determinato proposti dalle ASL. Questo significa che molte ambulanze potrebbero trovarsi senza medico e, ad oggi, mi risulta che circa il 40 per cento delle nostre ambulanze in Campania siano senza medico, rischiando di mettere ancora più in difficoltà l'attività dei pronto soccorso, già così sovraffollati, a causa di un accesso improprio di pazienti, talvolta, ahimè, anche contagiosi.

Vede, nella difficile congiuntura epidemiologica, siamo ormai già pienamente nella terza ondata, è necessario preservare il sistema dell'emergenza sanitaria, che mai come in questo periodo ha ben evidenziato la ratio della istituzione di quella indennità accessoria di cui abbiamo parlato, considerato che, ancora una volta, il 118 si dimostra essere la colonna portante per la gestione di tutte le situazioni emergenziali e critiche del nostro sistema sanitario.

Del resto, mi sembra anche opportuno evidenziare in questa sede che il problema del 118 è sicuramente più complesso ed investe aspetti normativi nazionali. La frammentazione regionale suddivide il 118 in tanti micro-sistemi organizzati in accordi integrativi regionali, che comportano riconoscimenti e compensi difformi tra regioni e regioni, se non addirittura tra ASL della stessa regione con gli accordi aziendali.

In alcune regioni - e la Campania è una di queste - il 118 vive un'ulteriore discrepanza: esistono medici in regime di convenzione e medici transitati alla dirigenza medica. Questo comporta che medici che svolgono il medesimo lavoro hanno riconoscimenti giuridici, previdenziali e compensi enormemente diversi. E, a questo proposito, voglio ricordare che in Senato è depositata una legge di riforma del servizio di emergenza-urgenza, a prima firma della collega Mariolina Castellone, che prevede una soluzione di carattere nazionale al problema, nonché il passaggio alla dirigenza di tutti i medici che operano nel 118.

Chiediamo, quindi, quali iniziative di competenza, anche di natura normativa, si intenda porre in essere, in raccordo con la regione Campania, al fine di pervenire a una positiva soluzione della vicenda, che eviti, da un lato, la migrazione in atto dei medici dal servizio di emergenza-urgenza del 118 verso altri comparti e la conseguente demedicalizzazione dei mezzi di soccorso in una fase così delicata e complessa, quale è quella dell'emergenza pandemica da COVID-19 che stiamo vivendo.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. La disciplina del rapporto di lavoro dei medici di medicina generale in regime di convenzione è contenuta, come noto, in specifici accordi collettivi nazionali. L'articolo 3, lettera o), dell'accordo 23 marzo 2005, demanda al livello di contrattazione nazionale la struttura del compenso dei medici, mentre l'articolo 4 individua gli aspetti della negoziazione, rimessi al livello regionale.

Il predetto accordo, per quel che riguarda l'emergenza sanitaria territoriale, all'articolo 98, comma 1, riconosce una quota fissa oraria per lo svolgimento dei seguenti compiti, che sono: interventi di assistenza e di soccorso avanzato esterni al presidio ospedaliero, con mezzi di trasporto attrezzati secondo la vigente normativa; attività assistenziali e organizzative in occasione di maxi emergenze, previo svolgimento di apposito corso di formazione predisposto a livello regionale o aziendale; trasferimenti di assistiti a bordo di autoambulanze attrezzate; attività presso centrali operative, anche nell'ambito dei dipartimenti di emergenza e urgenza.

È demandata, invece, alla contrattazione regionale ed aziendale la definizione dei compensi da corrispondere ai medici dell'emergenza territoriale per lo svolgimento di ulteriori compiti individuati all'articolo 95, commi 3, 4, 5 e 6, del vigente accordo collettivo nazionale, quali: collaborare, per il tempo in cui non sono impegnati in compiti propri dell'incarico, nelle attività di primo intervento dei presidi territoriali delle aziende sanitarie e nelle strutture di pronto soccorso dei presidi ospedalieri dell'azienda stessa facenti parte dei dipartimenti di emergenza e urgenza; essere utilizzati per attività presso punti di soccorso fissi o mobili in occasione di manifestazioni sportive, fieristiche e culturali; svolgere, nelle centrali operative, attività di coordinamento e di riferimento interno ed esterno al servizio; operare interventi di assistenza e di soccorso avanzato su mezzi attrezzati ad ala fissa, ala rotante, auto e moto medica ed altri mezzi di trasporto attrezzati. Alcune regioni, al fine di compensare le condizioni di lavoro di alcune categorie della medicina generale ed, in particolare, della continuità assistenziale e dell'emergenza sanitaria territoriale hanno riconosciuto, nell'ambito di accordi integrativi regionali, un meccanismo incentivante rivolto all'attribuzione di una indennità extracontrattuale aggiuntiva rispetto al trattamento economico previsto dall'accordo collettivo nazionale del marzo 2005. Nel caso della regione Campania - quindi, qui veniamo a gran parte della sua interrogazione - l'indennità accessoria in questione è stata prevista dalla delibera della giunta regionale n. 6872 del 3 novembre 1999 in favore dei medici dell'ex guardia medica passati a svolgere, nell'ambito del processo di attivazione del sistema 118, il compito di medico di emergenza territoriale 118 a titolo di remunerazione aggiuntiva al trattamento economico previsto per il medico di guardia medica dal contratto all'epoca vigente, in considerazione di una specifica attività lavorativa che la stessa delibera definiva “usurante” e “ad elevato rischio fisico”. Tale modalità di remunerazione non è, tuttavia, contemplata dagli accordi collettivi nazionali della medicina generale, che hanno stabilito un orario omnicomprensivo, salva la possibilità di corresponsione di compensi aggiuntivi o integrativi erogabili, sulla base di negoziazione regionale, in relazione all'espletamento di compiti diversi ed ulteriori rispetto a quelli previsti dalla contrattazione nazionale, riferibili a determinati progetti e/o attività finalizzati al perseguimento di specifici obiettivi e risultati oggettivamente valutabili e rendicontabili. A fronte di detti accordi integrativi regionali sono intervenute le procure regionali della Corte dei conti che hanno ravvisato ipotesi di danno erariale. Diverse pronunce di giudici contabili ed ordinari hanno dichiarato l'illegittimità dei predetti accordi integrativi regionali, anche nella regione Campania. La magistratura contabile inquirente ha ritenuto illegittima la corresponsione di tali indennità, poiché riconosciuta per ipotesi non contemplate nell'accordo nazionale ed ha ritenuto necessario il recupero delle somme corrisposte, al fine di non determinare il danno erariale. La regione Campania, a fronte della complessa problematica giuridica insorta, rappresenta di aver valutato ogni possibile soluzione idonea a salvaguardare la tenuta del servizio di emergenza-urgenza e la professionalità dei suoi operatori che si vedono in tal modo pesantemente penalizzati. Riferisce, in particolare, della propria partecipazione attiva a tavoli di confronto sul tema con le organizzazioni sindacali di riferimento, come pure della partecipazione alle riunioni che la prefettura ha indetto sulla tematica in esame, dichiarando la propria disponibilità a richiedere e avviare colloqui anche con la magistratura contabile inquirente. Ora, accanto alle iniziative assunte dalla regione Campania, deve evidenziarsi che le auspicate misure normative volte a riconoscere la legittimità dei compensi in argomento devono necessariamente essere veicolate attraverso lo strumento della contrattazione collettiva, atteso che la disciplina dei compensi, nell'attuale ordinamento, è rimessa agli accordi nazionali. A tal fine, è tuttavia necessario individuare specifiche risorse da destinare alla copertura di tali indennità integrative.

Ciò posto, in disparte ogni considerazione nel merito della complessa vicenda giuridica, la cui definizione, come evidenziato dall'onorevole interpellante, spetta ad altre istituzioni, il Ministero della Salute avvierà le necessarie interlocuzioni utili a creare le condizioni di contesto affinché si possa addivenire ad un aggiornamento del vigente contratto collettivo nazionale che, dal punto di vista del trattamento economico, preveda un'adeguata valorizzazione dei compiti svolti dai medici dell'emergenza territoriale, anche al fine di disincentivarne l'esodo, come giustamente segnalato da voi, verso altri servizi.

Quanto agli emolumenti già corrisposti, il Ministero sta valutando la praticabilità di iniziative al fine di salvaguardare le prestazioni che sono state rese in passato e che hanno consentito di assicurare il buon funzionamento del servizio 118.

PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Amitrano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALESSANDRO AMITRANO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario Sileri, per la sua risposta di cui sono soddisfatto perché dimostra l'attenzione e l'impegno nonché la sensibilità del Governo verso una tematica che è estremamente importante per tutto il nostro Paese e per la regione Campania. Abbiamo vissuto questa fase di pandemia, una fase drammatica del nostro Paese, in cui abbiamo osannato il personale sanitario - che abbiamo definito “i nostri eroi” - e, poi, subito dopo si è verificata questa spiacevole emergenza in Campania, per cui alcuni si sono trovati a dover restituire cifre ingenti, oltre 93 mila euro, e chi è andato meglio comunque almeno 50 mila euro. La notizia che oggi abbiamo appreso anche dai giornali, che è importante, è la volontà da parte della regione di sospendere, ovviamente da un tavolo di contrattazione, il recupero di queste somme. Questo è un elemento importante, è importante perché il personale del 118, almeno nella mia regione, nella mia Napoli, subisce ogni mese aggressioni continue; non possiamo definire un lavoro sicuro quello a bordo di un'ambulanza del 118. Io vorrei raccontare a quest'Aula alcune di queste esperienze: quando il nostro 118 interviene e un soggetto sale in ambulanza con un accendino minacciando di darle fuoco - noi sappiamo cosa significa questo per un'ambulanza che ha dell'ossigeno a bordo e, quindi, un potenziale di esplosività enorme - mette a rischio il personale; oppure, quando il personale che interviene a domicilio trova, purtroppo, una signora anziana deceduta e viene minacciato fisicamente - voglio citare le testuali parole che mi sono state riportate dalla collega del 118, perché io come percorso di studi sto affrontando quello in medicina e chirurgia - e si trova a sentirsi dire “mammà nun ha da murì”, che è una cosa ovviamente impensabile; oppure, quando un ragazzo, letteralmente, si appende al tetto dell'ambulanza.

Questa è la situazione in cui, purtroppo, il nostro 118 è costretto ad agire. Quindi, non solo è importante cercare di inserire immediatamente delle telecamere di sorveglianza sulle ambulanze ma io trovo sia anche importante che il Ministero dedichi attenzione a questo tema con questi due importanti impegni, cioè, da una parte, interrompere il prelievo forzoso di quanto è stato dato al nostro personale e, dall'altra, cercare il modo di valorizzare al meglio le competenze del personale del 118. Questi sono, secondo me, due temi importanti che noi dobbiamo affrontare, anche con una certa urgenza, perché trovarci di fronte a una contro migrazione, in un periodo pandemico, del personale che abbandona queste postazioni poco sicure, a fronte di sistemazioni ovviamente migliori, è assolutamente da scongiurare. Per cui, la ringrazio, sottosegretario, per questa risposta sul tema, che ci trova molto soddisfatti, e speriamo di arrivare al più presto a una soluzione di questa tematica.

(Chiarimenti in ordine alla procedura di affidamento dell'incarico dirigenziale di cui al bando del 1° marzo 2021 dell'Ufficio scolastico regionale della Lombardia e iniziative normative volte a garantire pari opportunità e trasparenza nel conferimento di incarichi dirigenziali - n. 2-01131)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente De Lorenzo e Fornaro n. 2-01131 (Vedi l'allegato A). La deputata Lina De Lorenzo illustra l'interpellanza. Prego, a lei la parola.

RINA DE LORENZO (LEU). Grazie, Presidente. Il tema che è oggetto della mia interpellanza urgente attinge a principi costituzionali ed è in quella cornice costituzionale che io intendo illustrare l'interpellanza.

Mi rifaccio, precisamente, agli articoli 51, 97 e 98 della nostra Costituzione, che fissano un principio fondamentale, quello in virtù del quale l'accesso ai ruoli nella pubblica amministrazione avviene per pubblico concorso. Si tratta di un meccanismo di selezione dei più capaci, al servizio della Nazione, in una condizione di assoluta imparzialità. Ebbene, in un periodo di crisi della credibilità delle istituzioni, in cui c'è bisogno rinnovato di ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini, l'amministrazione pubblica e la politica, è l'amministrazione pubblica a dover dare esempi coerenti con l'interesse generale. Nel caso specifico oggetto di questa interpellanza, parliamo di una procedura in uso reiteratamente presso l'ufficio scolastico regionale della Lombardia, ma in uso in molti altri uffici scolastici, ovverosia il ricorso all'affidamento di incarichi di dirigente attraverso una procedura che si richiama e trova il suo fondamento giuridico nell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Si tratta di una procedura che, di fatto, elude la procedura concorsuale. Nel caso di specie, la stampa della Lombardia ha ventilato l'ipotesi che un bando dell'ufficio scolastico della Lombardia, che ha ad oggetto la procedura di conferimento di incarico dirigenziale non generale con funzioni tecnico-ispettive, delinei già la figura prescelta. Orbene, il citato decreto direttoriale, pubblicato ai primi di marzo 2021, dispone che risulta disponibile un posto per lo svolgimento di funzioni ispettive, da conferire ai sensi del comma 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, e, tra i criteri che vengono valutati ai fini del conferimento dell'incarico, vi è l'esperienza professionale maturata nell'ambito dello svolgimento degli incarichi pregressi di dirigente tecnico, un criterio che lascia evidentemente intendere che quell'incarico dev'essere stato svolto già in precedenza. Ora, questo ruolo nella pubblica amministrazione fu assegnato ai soggetti vincitori dell'ultimo concorso, un concorso che risale a ben tredici anni fa (l'ultimo concorso risale, infatti, al 2008). Le caratteristiche dell'incarico, ai sensi del decreto legislativo n. 165 del 2001, ovverosia l'eccezionalità e la temporaneità dell'incarico stesso, non sono ravvisabili nel ricorso a questa procedura di conferimento di incarico. Nel citato bando dell'USR Lombardia aggiungo anche che non viene indicata quale sia la posizione vacante, né viene indicato se tale posizione fosse vacante al momento della pubblicazione del decreto. Dicevo, appunto, del requisito essenziale, cioè quello di aver rivestito già il ruolo di dirigente tecnico, laddove i dirigenti tecnici sono nominati in modo fiduciario, ai sensi del citato decreto n. 165 del 2001. Ora, poiché la normativa e la legge di riferimento prevedono che tali incarichi possano essere solo a tempo determinato per un triennio, di fatto il ricorso reiterato a questa procedura rende sostanzialmente permanenti questi incarichi, rinnovo dopo rinnovo, contraddicendo lo spirito della norma e contraddicendo anche quelle che sono le interpretazioni che la Corte costituzionale, il Consiglio di Stato e persino l'Anac hanno dato di tale norma.

Quindi, a mio avviso, la reiterazione degli incarichi finisce per dar luogo a una sorta di aggiramento della norma, perché la norma - e mi riferisco, appunto, all'articolo 19 del decreto n. 165 - precisa che la durata di tali incarichi non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale, il termine di tre anni, ovvero di cinque anni.

Io, quindi, ho chiesto al Ministero competente se intenda chiarire da quanto tempo il posto individuato nel bando fosse disponibile e un chiarimento rispetto ai criteri sottesi a tale modalità di conferimento degli incarichi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. L'articolo 3-bis, comma 1, del decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, convertito con la legge 5 marzo 2020, n. 12, prevede l'espletamento di apposita procedura concorsuale selettiva per titoli ed esami per il profilo di dirigente tecnico. La medesima disposizione, tuttavia, prevede anche l'adozione di apposito regolamento per la riorganizzazione, all'interno del Ministero dell'Istruzione, della funzione dirigenziale tecnica con compiti ispettivi, nonché per la disciplina delle modalità e delle procedure di reclutamento dei medesimi dirigenti tecnici. Con decreto-legge n. 183 del 31 dicembre 2020, cosiddetto “decreto Milleproroghe”, si è data possibilità di prorogare i termini per la conclusione dell'iter concorsuale, già precedentemente fissati al 31 dicembre 2020, alla data del 31 dicembre 2021. Pertanto, nelle more dello svolgimento della ricordata procedura concorsuale che permetterà la formazione di graduatorie da cui attingere per le immissioni e perdurando la condizione per la quale i dirigenti tecnici di ruolo non sono in numero adeguato alle esigenze, si è proceduto al conferimento di incarichi temporanei con funzioni tecnico-ispettive, secondo le modalità previste dall'articolo 19. Ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo da ultimo citato, tali incarichi dirigenziali sono attribuiti per una durata minima di tre anni e massima di cinque e sono rinnovabili. Gli stessi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private, con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica.

Tanto premesso, in merito alla questione posta dall'onorevole interpellante, si rappresenta che, con decreto n. 4121 del 1° marzo scorso, l'ufficio scolastico regionale per la Lombardia ha pubblicato l'avviso per il conferimento di un incarico dirigenziale per lo svolgimento di funzioni tecnico-ispettive in conformità alla direttiva del Ministro dell'Istruzione del 5 gennaio scorso, recante criteri e modalità per il conferimento di incarichi dirigenziali del Ministero dell'Istruzione. Tale direttiva, infatti, all'articolo 4 specifica che, ai sensi dell'articolo 19, comma 1-bis, del testo unico sul pubblico impiego, l'amministrazione rende noto, mediante pubblicazione di apposito avviso pubblicato sul sito istituzionale del Ministero dell'Istruzione, i posti di funzione dirigenziale che si rendono disponibili nella dotazione organica, esplicitando la natura e le caratteristiche degli obiettivi ad essi collegati, nonché i criteri di scelta e il livello di graduazione della posizione economica attribuita. La stessa amministrazione acquisisce le candidature dei dirigenti interessati per sottoporle a valutazione. Ai sensi dell'articolo 7 della citata direttiva, difatti, attitudini e capacità professionali dei dirigenti, in relazione agli obiettivi prefissati, sono valutati dalla commissione sulla base dei criteri generali previsti dalla stessa direttiva e di eventuali ulteriori specificazioni contenute nell'avviso.

Nel caso specifico, il decreto direttoriale pubblicato dall'ufficio scolastico regionale per la Lombardia prevede il conferimento dell'incarico dirigenziale, su posto vacante e nella piena disponibilità delle risorse di personale assegnato, previa procedura comparativa di valutazione delle specifiche competenze tecniche che poggiano su evidenze derivanti da titoli culturali e professionali, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, le cui competenze sono definite nel decreto ministeriale n. 916 del 2014. I dirigenti tecnici, infatti, non sono nominati secondo un criterio fiduciario, bensì, per ricoprire questo profilo sono previste apposite procedure comparative di valutazione delle specifiche competenze tecniche che, appunto, in quanto tali, sfuggono per la loro natura ad apprezzamenti soggettivi discrezionali, poggiando invece su evidenze derivanti da titoli culturali professionali degli aspiranti. Nella procedura comparativa di cui trattasi l'esperienza professionale derivante dall'aver già svolto la medesima funzione, o un ruolo analogo, non costituisce un requisito di accesso, ma solo uno dei criteri per la valutazione del curriculum. Le esperienze valutabili previste dall'avviso, di cui al decreto direttoriale della Lombardia n. 4121 del 1° marzo 2021, infatti sono molteplici e non tutte univocamente riconducibili al ruolo ispettivo. Ulteriormente si rappresenta che i criteri di valutazione presenti nel bando in parola sono i medesimi che sono stati indicati in precedenti bandi per la funzione tecnica, come può evincersi da precedenti interpelli. Negli ultimi sei mesi sono stati pubblicati in Lombardia interpelli per sei posizioni di dirigente tecnico, oltre a diverse posizioni dirigenziali amministrative e altre posizioni, che potrebbero rendersi disponibili prossimamente, proprio a causa di una grave e cronica carenza di personale dirigenziale e non dirigenziale. Posso rassicurarla circa il fatto che le procedure comparative saranno svolte nel più rigoroso rispetto dei principi di equità e trasparenza, che sono alla base del buon andamento della pubblica amministrazione. La procedura comparativa che deve ancora instaurarsi, non essendo al momento ancora nominata la commissione valutatrice, renderà piena dimostrazione dell'osservanza dei predetti principi.

PRESIDENTE. La deputata Rina De Lorenzo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Prego.

RINA DE LORENZO (LEU). Grazie, Presidente. In via preliminare voglio ringraziare il sottosegretario Sileri per la sua presenza. Attendevo risposta da un'autorità di Governo del Ministero interpellato, il Ministero dell'Istruzione, appunto, e mi riservo di avviare ulteriori iniziative per approfondire la questione. Nel merito, rispetto a quanto da lei precisato sulla questione oggetto dell'interpellanza, voglio precisare qualche aspetto. E' noto che il concorso per il reclutamento di dirigenti nella pubblica amministrazione, nel settore istruzione, è stato prorogato con una scadenza al 31 dicembre 2021, considerata la stagione inedita della pandemia nella quale ci troviamo. E' altrettanto vero però che alcuni principi fondamentali del nostro Stato di diritto non possono in alcun modo essere elusi dal ricorso frequente a procedure di incarico di tipo fiduciario. E' infatti principio fondamentale e inderogabile dell'ordinamento giuridico che l'accesso alla dirigenza pubblica avvenga tramite il concorso pubblico. Si tratta di un principio più volte affermato dalla Corte costituzionale, che ha evidenziato una relazione tra l'articolo 97 e gli articoli 51 e 98 della Costituzione, in forza dei quali il concorso pubblico è un meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, così come recita la nostra Costituzione, e resta il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni di imparzialità e al servizio esclusivo della Nazione. È la stessa Corte Costituzionale che, in una sentenza ancora più recente del 2015, nel ribadire questo principio, ha espresso la contrarietà al divieto di conferimento degli incarichi senza il previo esperimento del concorso pubblico, censurando il ricorso a simili procedure, che hanno creato espedienti per consolidare il conferimento, solo apparentemente temporaneo, di incarichi dirigenziali; parlavo di temporaneità e di eccezionalità delle esigenze della pubblica amministrazione per sopperire alla necessità di carenza di organico, cui pure lei ha fatto riferimento. Tuttavia, la disposizione contenuta nell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il testo unico sul pubblico impiego, si è rivelata deficitaria, in quanto suscettibile di possibili e pericolosi abusi, comportando il rischio di elusione del principio di accesso alla pubblica amministrazione mediante il concorso. Ed è stato anche il Consiglio di Stato ad aver sollevato questa questione, ritenendo che questo iter procedimentale ha eluso la disciplina generale, che vuole, per l'accesso alla dirigenza, il rispetto del pubblico concorso, ovvero la maturazione di una determinata anzianità e professionalità nei ruoli dell'ente, dando luogo a promozioni di fatto. E dunque questa procedura finisce, in concreto, non soltanto per fare dell'eccezione, appunto il conferimento degli incarichi, la regola, trasformando lo strumento del conferimento in un istituto stabile: è quello che sta accadendo in alcuni uffici della pubblica amministrazione. E dunque è inimmaginabile pensare che le reiterate delibere di proroga, che hanno di fatto consentito negli anni di utilizzare uno strumento che era pensato per situazioni peculiari, sia diventato il metodo ordinario per la copertura di posti dirigenziali vacanti. Si tratta in realtà di un'interpretazione del testo unico sul pubblico impiego, con particolare riferimento all'articolo 19, e dei principi costituzionali, una elusione che ritengo sia di estrema gravità, con ripercussioni evidenti non solo sul principio del buon andamento della pubblica amministrazione, ma anche sulla stessa immagine della pubblica amministrazione e sulla sua affidabilità, per di più in un settore così delicato qual è quello dell'istruzione, dove massima dovrebbe essere la legittimità e la trasparenza dell'agire pubblico. La necessità di una selezione pubblica, addirittura, è stata riaffermata e precisata dall'Autorità nazionale anticorruzione con una deliberazione del 2016, per una vicenda legata all'assegnazione di incarichi da parte di una amministrazione comunale; anche in questo caso, l'ANAC ha ravvisato che le previsioni di requisiti di accesso, come dire, personalizzati, non garantisce il principio costituzionale di accesso ai ruoli pubblici attraverso il concorso. La mia speranza è che, in sede di attuazione della norma del testo unico sulla pubblica amministrazione, la selezione e la scelta dei candidati, a cui conferire l'incarico della dirigenza, siano sempre ancorate ai requisiti certi di professionalità, di competenza e di esperienza e che, nel corso del tempo, si riduca sempre di più l'utilizzo della procedura dei bandi per l'affidamento di incarichi nella pubblica amministrazione, sottraendo ogni profilo di discrezionalità nella nomina.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza la deputata Marica Fantuz, in sostituzione del deputato Rossano Sasso, entrato a far parte del Governo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 29 marzo 2021 - Ore 15:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020. (C. 2670-A​)

Relatrice: IANARO.

La seduta termina alle 12,20.