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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 468 di venerdì 12 marzo 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 10,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brescia, De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Fassino, Giachetti, Perantoni e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 83, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 10 marzo 2021, la Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario il senatore Gianmauro Dell'Olio, in sostituzione della senatrice Rossella Accoto, entrata a far parte del Governo.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 10 marzo 2021, la Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, la senatrice Monica Cirinnà, in sostituzione della senatrice Assuntela Messina, entrata a far parte del Governo.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 11 marzo 2021, il deputato Francesco Forciniti, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha chiesto di aderire alla componente politica “L'Alternativa c'è” del gruppo parlamentare Misto.

Il rappresentante di tale componente, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi in ordine ai lavori della Commissione ministeriale istituita per la valutazione delle proposte progettuali volte alla realizzazione di uno stabile attraversamento dello Stretto di Messina, anche in relazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza - n. 2-01114)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Siracusano ed altri n. 2-01114 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Matilde Siracusano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Illustra?

MATILDE SIRACUSANO (FI). Sì, grazie.

PRESIDENTE. Prego, a lei la parola.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Morelli, innanzitutto buon lavoro. Ho deciso di depositare questa interpellanza perché siamo sostanzialmente ostaggi di un dilemma - perché è proprio così che si può definire - perché questa commissione, che è stata istituita dalla dall'ex Ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli, a settembre del 2020, per stabilire l'opportunità di realizzare l'infrastruttura di collegamento stabile sullo Stretto di Messina, e per quale optare eventualmente, doveva dare comunicazione dell'esito di questi lavori il mese successivo. Invece, settembre, ottobre, novembre, dicembre, gennaio, febbraio e marzo, sono passati sei mesi. Quindi, a meno che non si stia lavorando per redigere un nuovo progetto, non si comprende il perché ancora non abbiamo ricevuto questo esito. Sono appesi a questa risposta cinque milioni di siciliani, 2 milioni di calabresi e, direi, 60 milioni di italiani perché, da questa decisione, dai lavori di questa commissione dipende anche la decisione sul Recovery Plan. Anche il Ministro Giovannini, di recente, ha risposto alle domande in merito all'opportunità di realizzare o meno un'infrastruttura di collegamento stabile sullo Stretto, dicendo di attendere l'esito di questi lavori. Quindi, le chiedo qui, oggi, sottosegretario Morelli, se avremo la possibilità di avere al più presto l'esito dei lavori di questa commissione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e la mobilità sostenibili, Alessandro Morelli, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO MORELLI, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e la mobilità sostenibili. Grazie, Presidente, e grazie per gli auguri. Con l'atto in esame, gli onorevoli interpellanti chiedono di conoscere lo stato dei lavori della commissione ministeriale istituita con il compito di esaminare le diverse soluzioni finalizzate al rafforzamento dei collegamenti tra Calabria e Sicilia, anche in relazione alle decisioni sui progetti legati al Piano nazionale per la ripresa e resilienza. In premessa, ricordo che la strategia dei progetti di Next Generation EU non può che essere trasversale e sinergica, basata sul principio dei co-benefici, cioè con la capacità di impattare simultaneamente più settori in maniera coordinata. Nelle prossime settimane, saranno selezionati progetti e iniziative coerenti con gli obiettivi strategici del programma, prestando grande attenzione alla loro fattibilità nell'arco dei sei anni. In tale contesto, venendo allo specifico quesito degli onorevoli interpellanti, ricordo che con mozione approvata il 4 novembre 2020, è stato evidenziato come lo sviluppo economico, infrastrutturale e tecnologico del Mezzogiorno costituisce, nell'ambito delle iniziative finalizzate a favorire la ripresa del sistema Paese, post emergenza COVID-19, un obiettivo primario e non più rinviabile, e che occorre al contempo assicurare un più razionale ed efficace utilizzo di tutte le risorse pubbliche mediante una puntuale ricognizione dei fabbisogni e la verifica delle modalità dei tempi di intervento. Confermo, dunque, l'attualità degli impegni assunti con la citata mozione circa la necessità di avviare in Parlamento un'interlocuzione sulle modalità attraverso cui ammodernare le infrastrutture del Mezzogiorno, allineandole a quelle delle altre zone geografiche d'Italia e d'Europa.

Attraverso il confronto con il Parlamento e con le altre istituzioni anche locali, sarà possibile individuare la soluzione più rispondente alla domanda di mobilità da e per la Sicilia, con la finalità di realizzare un collegamento stabile e veloce dello Stretto di Messina attraverso opere adeguate e con mezzi idonei e sostenibili.

È proprio in tale ottica che si inserisce l'approfondimento di cui è stata incaricata la Commissione parlamentare a cui l'interpellante faceva cenno, con il precipuo compito di esaminare le diverse soluzioni finalizzate al rafforzamento dei collegamenti tra la Calabria e la Sicilia. Comunico che la Commissione ha avviato la conclusione dei lavori per l'elaborazione della relativa relazione; quindi sarà mio compito segnalare quando questi lavori termineranno e metterli a disposizione del Parlamento.

PRESIDENTE. La deputata Matilde Siracusano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Ringrazio il sottosegretario per la risposta rassicurante. Noi, come voi, sottosegretario Morelli, abbiamo deciso di contribuire, di partecipare e di dare il nostro supporto a questo Governo, certamente per aiutare il Paese in un momento di estrema criticità, ma anche per segnare la discontinuità rispetto al Governo precedente e se c'è un ambito in cui noi dobbiamo segnare questa discontinuità è proprio sulle infrastrutture e sul Recovery Plan, da cui dipende il futuro del nostro Paese. Per cui, se c'è una cosa in cui dobbiamo segnare la discontinuità è proprio in merito al Ponte sullo Stretto di Messina. So che lei è molto sensibile a questo tema, perché comunque, lei è del Nord, ma il suo partito, il suo leader ha fatto del Ponte sullo Stretto di Messina una bandiera di partito, proprio perché si è reso conto che il ponte sullo Stretto di Messina non è un'opera necessaria soltanto al Mezzogiorno, non è necessaria soltanto alla Sicilia e alla Calabria, ma a tutto il Paese e siamo molto contenti di avere dei compagni di viaggio, perché noi di Forza Italia abbiamo da sempre ritenuto necessaria questa opera, per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno. Io di recente ho partecipato, qualche giorno fa, a una manifestazione organizzata proprio dalla Lega Giovani, dall'onorevole Toccalini, e questo è stato un bel segnale, proprio per parlare di un ponte per il futuro.

Abbiamo salutato, noi di Forza Italia, con favore, la nomina del Ministro Giovannini alle infrastrutture e mobilità sostenibili, proprio perché lui è un tecnico, quindi, riteniamo che se ci sarà un approccio esclusivamente tecnico a questo dossier, la risposta se “sì” o “no”, sul fare o meno il Ponte sullo Stretto, non potrà che essere affermativa. Anche in riferimento alle tempistiche, che sono stringenti, sul Recovery Plan, noi ci siamo affidati, ultimamente, anche a degli esperti tecnici, a dei valenti tecnici come il professor Incalza, il quale ci dice che, in riferimento alle risorse del Recovery, per il Ponte noi potremmo utilizzare le risorse del Recovery Plan per realizzare le opere a terra e, eventualmente, visti i tempi, ovviamente, magari non si arriverebbe a concludere l'opera entro il 2026, per le opere di collegamento le risorse strutturali dei Fondi di coesione. Questa potrebbe essere una soluzione ottimale.

Poi, lei ha il compito, sottosegretario Morelli, di comunicare ai suoi colleghi di Governo, soprattutto a quelli che facevano parte del precedente Governo, in particolar modo al MoVimento 5 Stelle che tiene tanto alla transizione ecologica, che il Ponte sullo Stretto si inserisce proprio in questo progetto di transizione ecologica, perché non è un ecomostro il Ponte sullo Stretto, anzi è un'opera ecosostenibile, proprio perché offrendo come modalità primaria di trasporto l'alta velocità, consentirebbe di ridurre l'80 per cento delle emissioni di CO2 delle navi traghetto e degli aeroplani.

In questa sede ho detto e ripeterò fino allo sfinimento gli innumerevoli benefici di questa grande opera proprio per il Mezzogiorno e per tutto il Paese: in primis l'occupazione; inoltre sarebbe un grandissimo attrattore turistico. In riferimento all'occupazione e anche al turismo creerebbe decine di migliaia di posti di lavoro. Per quanto riguarda l'Alta velocità, non si può parlare di Alta velocità al Sud senza Ponte sullo Stretto. Un altro elemento importantissimo è che il Ponte consentirebbe di intercettare il traffico delle merci che proviene dal Canale di Suez e che si spinge fino a Rotterdam, quindi, anche in riferimento all'inquinamento, determinando un inquinamento ulteriore nel Mediterraneo; quindi i benefici sono innumerevoli.

Noi auspichiamo, davvero, che il Ministro Giovannini voglia cambiare la storia, voglia cambiare la storia del Mezzogiorno e voglia cambiare la storia del Paese. Ha l'opportunità di farlo, quindi, dovrà scegliere se cambiare la storia e assumere una decisione necessaria o spegnere per sempre le speranze dei siciliani e dei calabresi. Buon lavoro e auguro buon lavoro al Ministro Giovannini per il suo tramite. Grazie, sottosegretario.

(Iniziative a favore dei fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, in relazione alle restrizioni imposte dalla Corte suprema di Nuova Delhi, alla luce del riconoscimento della giurisdizione italiana sulla vicenda - n. 2-01107)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Deidda ed altri n. 2-01107 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Salvatore Deidda se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire successivamente. A lei la parola, prego.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Lo scorso febbraio sono passati nove anni da quel maledetto giorno in cui la vita dei nostri due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, è stata rovinata; la loro e quella delle loro famiglie, vista la detenzione in India e, poi, il trasferimento in Italia, visto il grande contenzioso che c'è stato fra Italia e India. Ma vorrei fare una premessa prima di arrivare all'oggetto dell'interpellanza: i nostri due militari, in tutti questi nove anni, hanno avuto un comportamento veramente onorevole, di cui dobbiamo andare orgogliosi. Mai una parola fuori posto, mai un comportamento che tradisse la sofferenza che stavano subendo, anzi, hanno ricercato l'unità dell'Italia, l'unità del popolo italiano, cercando vicinanza. Purtroppo, sono stati fatti oggetto, a volte, di strumentalizzazioni becere: sono militari, hanno ucciso dei pescatori, sono l'emblema di un retaggio militare che non deve appartenere all'Italia. Loro non sono di destra, non sono di sinistra: loro appartengono a quei tre colori che formano la nostra bandiera e vanno orgogliosi di quell'italianità. Oggi ricercano il loro motto, lo hanno sempre ricercato, l'hanno sempre nominato, l'hanno sempre riportato nelle loro parole: “Tutti insieme, nessuno indietro”, quello del battaglione San Marco. Questo perché loro desiderano continuare a servire l'Italia, l'hanno fatto e l'hanno fatto nel nome delle loro famiglie, quando qualcuno pronunciava delle parole fuori posto, nei social, gli odiatori, in tutti questi nove anni, in tante ricostruzioni fantasiose, false, non aspettando, poi, e non ascoltando anche le parole di giornalisti indipendenti, come Capuozzo, che riportava dei fatti. Mi hanno fatto piacere le parole dell'ex senatore Manconi, che riporta all'unità del nostro Paese un'analisi serena. Tuttavia l'oggetto dell'interpellanza non è un mero ricordo di quello che è successo, non è un processo, non si vuole analizzare dei fatti. Noi ci riferiamo alla sentenza della Corte internazionale dell'Aia dello scorso luglio, che ha riconosciuto la giurisdizione italiana, che ha dato ragione all'Italia, riconoscendo l'immunità funzionale ai due marò, riconoscendo che loro erano dei funzionari italiani, svolgendo il loro servizio, facendo quindi decadere quelle che erano le misure restrittive imposte da Nuova Delhi; però, a distanza di 9 mesi, loro sono costretti, ancora prigionieri in Italia, a firmare dei registri, non possono spostarsi e sono limitati. Noi ci chiediamo, allora, che cosa sia cambiato. È ora, quindi, di ridare la vita a questi nostri due militari e alle loro famiglie che, dopo nove anni, devono uscire dall'incubo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Onorevole interrogante, il tribunale arbitrale costituito a L'Aja per dirimere la controversia tra Italia e India sul caso Enrica Lexie ha pubblicato, il 2 luglio scorso, il dispositivo della sentenza arbitrale deliberata il 21 maggio 2020, rendendo note le motivazioni il successivo 10 agosto. Secondo quanto previsto dal lodo arbitrale, e cioè: a) i due fucilieri di Marina godono di immunità funzionale in relazione ai fatti commessi in occasione dell'incidente che ha coinvolto il battello Enrica Lexie il 15 febbraio 2012; b) l'India deve adottare “tutte le misure necessarie alla cessazione dell'esercizio della giurisdizione penale indiana nei confronti dei fucilieri di Marina”; c) l'Italia ha violato la libertà di navigazione sancita dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 e dovrà, pertanto, compensare l'India per la perdita di vite umane, i danni fisici, il danno materiale all'imbarcazione e il danno morale sofferto dal comandante e altri membri dell'equipaggio del peschereccio indiano Saint Anthony (questo, quindi, il lodo).

Subito dopo la pubblicazione completa del lodo arbitrale, Italia e India hanno avviato il negoziato per giungere, come richiesto dalla sentenza, a un accordo sull'ammontare del risarcimento da versare all'India che tenesse in conto i quattro parametri identificati dai giudici internazionali. L'accordo sul quantum è stato raggiunto tra i due Paesi nel dicembre scorso, dopo che la controparte ha rappresentato che la cifra concordata era considerata congrua in quanto teneva conto anche delle attese dei vari interlocutori indiani interessati nella vicenda e destinatari di forme di risarcimento. Con la formalizzazione dell'accordo sugli aspetti finanziari tra i due Paesi, si è realizzata la condizione posta dalla Corte suprema indiana per disporre formalmente la cessazione della propria giurisdizione sul caso e, quindi, per far venir meno gli adempimenti cautelari che erano stati a suo tempo imposti ai due militari dalla Corte indiana in attuazione delle misure temporanee adottate dal tribunale arbitrale nella pendenza del procedimento.

A livello tecnico-procedimentale, quindi, si è adesso in attesa che la Corte suprema indiana adotti formalmente il provvedimento di stralcio dei provvedimenti pendenti in India. Apposita richiesta formale in tal senso è stata ufficializzata dal Governo indiano alla Corte suprema già il 5 gennaio scorso. La seduta della Corte è prevista per il prossimo 2 aprile. Il nostro ambasciatore a Nuova Delhi è in costante contatto con il Ministero degli Affari esteri indiano ai fini della sollecita adozione, da parte della Corte suprema indiana, di tale adempimento. Tutto premesso, considerato che il Governo indiano, il Governo del Kerala e i beneficiari interessati hanno accettato la somma concordata da corrispondere da parte dell'Italia a titolo di compensazione, si rende noto che il Ministero della Difesa, per quanto di sua competenza, ha già avviato le necessarie azioni dirette ad assicurare in tempi ristretti il reperimento delle risorse adeguate per consentire il pagamento di quanto disposto dal tribunale. Il Governo indiano, dal canto suo, considera la vicenda pienamente conclusa.

PRESIDENTE. Il deputato Salvatore Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sono sicuramente soddisfatto delle notizie fornite dal sottosegretario e lo ringrazio di queste informazioni che rendono giustizia ai nostri due marò. Noi continueremo a premere ovviamente in senso costruttivo, tenendo fede anche al comportamento dei nostri due militari affinché tutto sia veramente lasciato indietro e i due nostri militari possano ritornare alla vita. Sono contento veramente nel sapere che sta arrivando.

Io le assicuro, sottosegretario, che io non ho mai avuto rapporti di confidenza coi nostri due militari e con le loro famiglie. Mancavano le notizie, cioè le informazioni anche a loro, mancavano le informazioni adeguate per programmare la vita, programmare l'esistenza e, purtroppo, in questi contenziosi a volte l'Italia è rimasta indietro, è rimasta troppo silente nei confronti dei protagonisti, soprattutto quando erano italiani. I nostri due militari aspettavano questa notizia. Io spero e le faccio anche un invito: noi li abbiamo ricevuti nella Commissione, ma sarebbe bello anche che il Ministero degli Affari esteri, il Ministero insomma, li ricevesse proprio per comunicare loro queste notizie, per dargli le rassicurazioni dovute, perché loro lo meritano e lo meritano le loro famiglie e questo lo meritano anche tutti i nostri militari impegnati all'estero. Da poco ho chiesto anche alla Commissione difesa di ricevere i familiari delle vittime di quella che è stata, purtroppo, la strage di Podrute, in Croazia, dove un Mig serbo abbatté un elicottero italiano. Ci furono delle vittime e addirittura lì in quel caso, nonostante tre gradi di giudizio di un tribunale italiano che accertavano la colpevolezza dell'autore materiale ma anche della catena di comando della Repubblica di Serbia, la Serbia non ha mai riconosciuto questa sentenza, non ha mai riconosciuto nessun risarcimento ai militari italiani, ai familiari dei militari italiani e, nonostante questo, regna il silenzio. Anche in questo caso abbiamo presentato un'interrogazione e spero che questo nuovo Governo si faccia autore e protagonista di una vicinanza ai familiari dei militari italiani. Nel ricordo, si celebrerà fra un anno il ventesimo anniversario e, quindi, dobbiamo cercare di aiutarli nel dolore, nel ricordo dei protagonisti, e dobbiamo cercare di portare avanti una politica internazionale che dia protezione ai nostri militari e alle loro famiglie.

(Iniziative volte alla vaccinazione del personale scolastico e universitario docente e non docente, indipendentemente dalla residenza o dal luogo di svolgimento del servizio - n. 2-01115)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Paxia ed altri n. 2-01115 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Maria Laura Paxia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. La illustra? A lei la parola, prego.

MARIA LAURA PAXIA (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Come sappiamo, il piano strategico dell'Italia per la vaccinazione anti SARS-CoV-2, basandosi sul dettato costituzionale e ispirandosi ai valori e ai principi di equità, reciprocità, legittimità, protezione, promozione della salute e del benessere, riconosce che, nella fase iniziale di disponibilità limitata di vaccini contro il COVID-19, è necessario definire delle priorità in modo chiaro e trasparente, tenendo conto delle raccomandazioni internazionali ed europee. Il piano stabilisce altresì che, con l'aumento delle dosi di vaccino disponibili, si inizieranno a vaccinare categorie di popolazione, tra le quali quelle appartenenti ai servizi essenziali quali, anzitutto, gli insegnanti e il personale scolastico, le Forze dell'ordine, il personale delle carceri e dei luoghi di comunità. Ebbene, questo momento è arrivato. Con grande orgoglio, lo scorso 18 febbraio è partita la campagna di somministrazione vaccinale anche nei confronti del personale scolastico e universitario docente e non docente, nell'ottica di assicurare, oltre che la sicurezza degli stessi, anche quella di migliaia di studenti. Qualcosa, però, si è bloccato (una sorta di bug nel sistema, già fragilissimo). È venuto alla luce un grave problema che urge risolvere, ovvero che i docenti non residenti non hanno potuto e non potranno accedere al vaccino in quanto il piano vaccinale è regionale e ogni regione stabilisce tempistiche e modalità di somministrazione delle dosi di vaccino ai propri residenti. Dunque, questi nuovi apolidi, impossibilitati a vaccinarsi perché non inseriti in nessuna lista, forse si troveranno a mostrare il braccio nel 2022.

Siamo qui oggi per dare voce a numerosi lavoratori, anzi a numerosissimi insegnanti che non possono accedere al vaccino anti COVID-19 a causa di un folle ostacolo di natura tecnica, che, di fatto, non solo mette in pericolo la vita di questi stessi ma rischia di far saltare l'intero sistema di prevenzione che il Governo sta mettendo in atto all'interno delle scuole, laddove si sviluppassero tra gli studenti nuovi focolai. Non solo. Ci troviamo di fronte al rischio di compromettere il regolare funzionamento dell'attività didattica, la continuità delle lezioni in presenza, e, dunque, a causare il ritorno massiccio alla didattica a distanza, con tutte le conseguenze sociali a tutti ben note. Il disagio ed il pericolo stanno anche nel fatto che gli insegnanti che lavorano fuori sede eventualmente sarebbero costretti a rientrare nel proprio luogo di residenza, affrontando un viaggio che potrebbe a loro volta metterli in una condizione di pericolo, rientrando magari in una regione rossa o arancione, o, viceversa per poter ricevere un vaccino; quello stesso vaccino che dovrebbero poter ottenere in maniera protetta, sicura e rapida, onde vedersi assicurati quei valori e quei principi che, ancorché costituzionalmente garantiti, se non osservati scrupolosamente in questa fase, rischiano di mettere in pericolo migliaia di vite umane. Siamo, dunque, alla presenza di una discriminazione, che penalizza i docenti che insegnano fuori dalla propria regione di residenza.

Viceministro Sileri, le regioni hanno già fatto presente al Governo che il problema non è più rinviabile ed hanno chiesto la possibilità di garantire la vaccinazione a tutti gli insegnanti, indipendentemente dal domicilio in cui prestano servizio, segno di grande preoccupazione e di incertezza, soprattutto adesso che la variante inglese risulta non solo la più diffusa in Italia, ma anche la più contagiosa. Questo appello diventa quanto mai improcrastinabile e non differibile. È necessario, dunque, un accordo tra le regioni, che garantisca regole uguali su tutto il territorio nazionale, affinché tutti gli afferenti a questa categoria, particolarmente esposti al contagio, a prescindere da dove vivono e da dove lavorano, possano accedere a vaccini, secondo quanto stabilito dal piano del Ministero della Salute.

Questo problema inoltre assume connotazioni ancora più gravi, se si pensa a quanti insegnanti del Sud lavorano al Nord e, quindi, versano in questa pericolosa condizione, quando ogni giorno si recano nelle classi di ogni ordine e grado, sprovvisti della copertura vaccinale. Pensiamo a questi lavoratori e, dati alla mano, ci rendiamo conto che nel tempo abbiamo assistito ad una vera e propria emigrazione di docenti meridionali verso il Nord, migranti intellettuali, sbarcati in molti casi da atenei del Sud rincorrendo il miraggio di una cattedra, un flusso migratorio che richiama quello degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, quando, a quei tempi, si viaggiava verso le fabbriche: adesso lo si fa verso le cattedre. È raccapricciante guardare i numeri. Il 78 per cento dei docenti coinvolti in questa tornata di trasferimenti è nato e proviene dal Meridione, questo grazie anche alla legge n. 107 del 2015, nota ai più come la legge della “Buona scuola”, a causa della quale i lavoratori del comparto scuola sono stati costretti ad aderire al piano straordinario di mobilità, rischiando, in caso di rifiuto della nuova destinazione, la cancellazione dalla graduatoria di esaurimento o addirittura il licenziamento. Costretti, dunque, a fare domanda al Nord, si sono trasformati da precari di Stato a precari di ruolo; pendolari a vita, nonostante gli anni di gavetta, non riescono a vedere il termine della trafila, mancando il piano di rientro, promesso dal Governo. Molte migliaia di insegnanti meridionali, sparsi per tutta l'Italia con anni di servizio alle spalle, sono costretti a guardare le giovani leve assunte in istituti scolastici delle province di residenza, dal loro stato di solitudine e di abbandono, in cui versano, a centinaia di chilometri da casa: un abbandono da parte delle istituzioni, evidentemente. Ebbene, questi stessi docenti di ruolo oggi aspirano a diventare supplenti, pur di avvicinarsi alle famiglie, rinunciando al ruolo ottenuto con tanti sacrifici.

Quanto ancora - ci chiediamo - dovranno rimanere a guardare senza poter godere dell'affetto dei propri cari, privati della dignità come lavoratori, ma anche come persone? Vittime di questa guerra tra poveri, dove non ci sono vincitori, ma soltanto perdita; ed oggi questa perdita si chiama anche diritto alla salute.

Per tutto quanto detto, non possiamo ancora una volta guardare altrove. Li abbiamo costretti lontano e adesso gli neghiamo anche la possibilità di potersi vaccinare, esponendosi al contagio e esponendo i nostri ragazzi al medesimo rischio; i nostri nonni, le persone care, che magari versano in condizioni di fragilità Ora no! Con gli ospedali che scoppiano, le terapie intensive al collasso, non possiamo più permettercelo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Come è noto, il Ministro della Salute ha presentato le linee guida del piano strategico dell'Italia per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 al Parlamento il 2 dicembre 2020, ottenendone l'approvazione. Il 16 dicembre 2020 il commissario straordinario per l'emergenza COVID ha svolto una informativa sul documento “Vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 - Piano strategico - Elementi di preparazione e di implementazione della strategia vaccinale”, presso la Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni e province autonome di Trento e Bolzano. Con decreto del Ministro della Salute del 2 gennaio 2020, ai sensi dell'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è stato adottato il documento “Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS”.

L'8 febbraio 2021 il Ministero della Salute, in collaborazione con la struttura del commissario straordinario per l'emergenza, Aifa, Istituto superiore di sanità e Agenas, ha elaborato il documento sulle raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2, che aggiorna le categorie a cui offrire la vaccinazione e l'ordine di priorità per l'attuazione della seconda fase del piano strategico dell'Italia, in base all'evoluzione delle conoscenze e delle informazioni sui vaccini disponibili. Detto documento ha ricevuto parere positivo del Consiglio superiore di sanità ed è stato oggetto di un confronto con il presidente ed alcuni componenti del Comitato nazionale di bioetica. Proprio in questi giorni il piano è stato ulteriormente rinnovato e presentato dalla Conferenza Stato-Regioni. È stata, quindi, perfezionata la procedura per l'aggiornamento del piano stesso.

Ciò premesso, svolte queste considerazioni di carattere generale, con riguardo alla questione appena sollevata, si rappresenta quanto segue. In base all'ordinanza del Commissario straordinario del 9 febbraio scorso, il Sistema tessera sanitaria acquisisce dagli enti interessati i dati necessari per predisporre gli elenchi degli appartenenti alle categorie degli assistiti eleggibili per le vaccinazioni e, dunque, anche degli insegnanti. Si interconnette con i sistemi informativi vaccinali delle regioni e delle province autonome, al fine di rendere disponibili tali elenchi di rispettiva competenza, nonché le funzioni di verifica degli assistiti di regioni e province diverse, per le quali occorre procedere alla prenotazione e alla somministrazione dei vaccini. In attuazione di tale previsione, il predetto sistema ha trasmesso i nominativi del personale docente e non docente nelle scuole statali alle regioni in cui ha sede la scuola, dove tali dipendenti prestano servizio, comunicando contestualmente anche la regione di assistenza. Pertanto, tecnicamente, un docente pendolare potrebbe vaccinarsi nella regione dove ha sede la scuola statale presso la quale insegna, anche se questa è diversa da quella dove risiede, che garantisce ordinariamente assistenza sanitaria. Anche l'anagrafe vaccini nazionale è dotata di un meccanismo idoneo a garantire che la regione di appartenenza dell'assistito riceva le informazioni in ordine ad eventuali vaccinazioni somministrate fuori regione.

Sul tema si segnala, inoltre, il documento della Conferenza delle regioni e delle province autonome, adottato il 21 febbraio 2020, che prevede al punto 6): “è inoltre necessario che ogni regione sia messa nelle condizioni di poter garantire la vaccinazione ai propri insegnanti, residenti ed assistiti, indipendentemente dalla regione in cui prestano servizio”.

Sulla base quindi degli elementi appena resi, emerge che la questione sollevata è alla massima attenzione istituzionale e, pertanto, sarà cura dei Ministeri competenti, in collaborazione con il commissario straordinario e nel rispetto delle competenze delle regioni, individuare misure razionali e uniformi su tutto il territorio nazionale, volte proprio quindi a garantire a tutto il personale docente, scolastico e universitario, la somministrazione del vaccino, a prescindere dalla regione di appartenenza.

PRESIDENTE. La deputata Rosa Alba Testamento ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza n. 2-01115.

ROSA ALBA TESTAMENTO (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario per la sua risposta, anche rassicurante; ci fa piacere che ci sia massima attenzione su questo tema. Siamo certamente d'accordo su questa attenzione e anche sui concetti da lei espressi, cioè che il vaccino debba essere somministrato nel più breve tempo possibile e che ci sia su tutto il territorio nazionale copertura vaccinale in modo omogeneo. Questo è un punto molto importante, che ci sta molto a cuore; attualmente, purtroppo, per quanto riguarda in particolare la categoria dei docenti e del personale scolastico, oggetto di questa interpellanza, questo ritardo è dovuto anche all'incongruenza di vaccinare soltanto chi è residente, di fare una differenziazione sulla base della residenza. Chiaramente, da questo è derivato un ritardo che ha fatto sì che, ad oggi, soltanto il 32,3 per cento in ambito nazionale, quindi quasi un terzo del personale docente e del personale scolastico, sia stato vaccinato.

La cosa più grave forse è che questo sia avvenuto a macchia di leopardo, con grandissime differenze tra regioni e regioni. Ci sono alcune regioni virtuose: ad esempio la Toscana, l'Umbria, la Puglia, la Campania (pochi giorni fa sono stati pubblicati dei dati dal Sole 24 Ore). In Toscana è stato vaccinato il 69 per cento del personale scolastico e docente e, fino ad ora, in Puglia il 62 per cento. Però, rispetto a queste regioni, ce ne sono altre che sono fanalino di coda, come Marche, Basilicata, Liguria e non manca, purtroppo, anche il mio Molise, dove è stato vaccinato, fino ad oggi, solo il 9 per cento del personale scolastico e docente. C'è addirittura qualche regione che fa peggio, come la Lombardia, con solo l'1 per cento e addirittura la Calabria, che sembra non aver nemmeno cominciato.

È un tema che deve stare a cuore a tutti sia per la tutela della salute dei docenti interessati sia per la tutela, la garanzia dell'intera comunità scolastica anche, ovviamente, per garantire la didattica in presenza, che è fondamentale e che sta a cuore a tutti. Vorrei soltanto, a margine, fare riferimento al fatto che il cosiddetto Governo dei migliori è nato anche con il pretesto di dover accelerare sulla campagna dei vaccini. Oggi è il 12 marzo; in quest'Aula la fiducia, a stragrande maggioranza, è stata data al Governo Draghi precisamente un mese fa, il 12 febbraio, e di questa accelerazione, fino ad oggi, non abbiamo visto nulla.

Mi fa piacere anche aver sentito una risposta sull'aggiornamento del piano e delle categorie prioritarie. Mi risulta - ho letto ieri - che, finalmente, è stata inserita anche la disabilità tra le categorie prioritarie, cioè le persone in situazione di grave disabilità e anche i loro caregiver, i loro assistenti, i loro accompagnatori. Anche a questo riguardo, in Molise, purtroppo, è deceduta una ragazza di 33 anni di un piccolo paese, San Martino in Pensilis, Mariangela, una ragazza in situazione di grave disabilità che, chiaramente, non aveva potuto accedere al vaccino.

Mi auguro anche che ci sia, sottosegretario, un'attenzione – e tramite lei, chiaramente, mi rivolgo al Ministro e al Ministero – per i cosiddetti furbetti del vaccino e i tanti casi che si stanno verificando in questo periodo, sia quello del sindaco e dei componenti della giunta comunale di Corleone, che quantomeno hanno avuto la decenza di dimettersi, sia quello dei politici-avvocati. Anche in questo, il mio Molise non ha mancato l'occasione di distinguersi, con il caso Neuromed che è ormai alle cronache e, su questa situazione, proprio l'altro ieri ho depositato un'interrogazione. Quindi, mi auguro che, anche su questo, il Ministero faccia chiarezza, tramite l'ASREM, con il recupero di tutta la documentazione a monte che ha procurato questa situazione; contestualmente, ci sono invece molti anziani, anche over 80, quindi le vere categorie prioritarie, che sono ancora in attesa.

Io la ringrazio nuovamente. Mi fa piacere sentire che anche la classe docente non sia considerata di serie A o di serie B, a seconda del fatto che si abbia o non si abbia la residenza nel luogo in cui si insegna, e che sia garantita pari dignità a tutto il personale scolastico e universitario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-L'Alternativa c'è).

(Chiarimenti e iniziative di competenza in ordine alla nomina del dirigente generale del Dipartimento tutela della salute della regione Calabria, alla luce del regime di commissariamento per l'attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario regionale - n. 2-01128)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sapia e Schullian n. 2-01128 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Francesco Sapia se intenda illustrare la sua interpellanza o si riservi di intervenire in sede di replica. Prego.

FRANCESCO SAPIA (MISTO-L'A.C'È). Grazie Presidente, intendo illustrare. Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, con l'odierna interpellanza urgente, insieme al deputato Schullian, poniamo l'attenzione sulle sorti magnifiche e progressive della sanità calabrese, che sono ancora più drammatiche rispetto a quanto i media nazionali raccontino con l'occhio e i tempi del piccolo schermo. In particolare, ci occupiamo doverosamente del cuore pulsante della macchina amministrativa della sanità della regione Calabria, cioè il dipartimento tutela della salute, ad oggi retto dall'ex direttore generale di AGENAS ed ex capo della programmazione sanitaria nazionale, cioè il dottor Francesco Bevere. Piccolo sunto: Bevere ha un curriculum burocratico di alto profilo, ha occupato le stanze di vertice della sanità nazionale prima di essere nominato Capo del Dipartimento della regione Calabria, chiamato a gestire molti aspetti dell'amministrazione sanitaria, chiamato a esercitare una funzione generale di controllo e chiamato a dare ausilio tecnico al commissario governativo alla sanità regionale. Quest'ultimo, il prefetto in pensione Guido Longo, è un ex superpoliziotto a sua volta designato alla guida del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale sul presupposto che il problema più grave della sanità calabrese sia rappresentato dagli appetiti e dalle infiltrazioni criminali. Liberiamo il campo da equivoci: la 'ndrangheta c'è in Calabria, essa si vede e si sente, si nasconde e si confonde, penetra nelle strutture pubbliche e le inquina, ma non è tutto. 'Ndrangheta è ciò che appare. Oltre le cosche ci sono problemi organizzativi e gestionali sottovalutati, spesso ignorati o addirittura negati. È divenuta celebre la vicenda televisiva del Generale in quiescenza Saverio Cotticelli, alludo all'intervista dello scorso autunno, che questi rilasciò alla trasmissione Rai Titolo V; il filmato in questione rimasto nell'immaginario collettivo. L'allora commissario Cotticelli mostrò al Paese un'ingenuità spiazzante rispetto all'adozione del Programma operativo COVID che aveva predisposto e di cui non ricordava l'esistenza. La scena si consumò tra suggerimenti di una certa Maria, l'allora vice di Cotticelli, e le risposte puntuali di un sedicente usciere, che in realtà era un dipendente regionale molto informato sulla sanità calabrese. Bene, a distanza di mesi da quella storia piuttosto surreale, la notizia della bocciatura, da parte del tavolo interministeriale di verifica, del programma operativo licenziato dal Commissario ad acta Guido Longo, ritenuto decisamente incompleto: i corsi e ricorsi di Vico.

Secondo i tecnici ministeriali, ha scritto su LaC News24 la giornalista Luana Costa, il documento non fornisce informazioni sulle modalità di potenziamento dell'attività di assistenza domiciliare integrata per la gestione dei pazienti COVID, sospetti COVID e soggetti fragili; inoltre il nuovo programma operativo non descrive le modalità di potenziamento dell'attività e del personale dei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie provinciali; ma non è finita qui, perché rispetto al documento compaiono altre pesanti censure. Infatti - scrive la giornalista Costa - da Roma si vuol veder chiaro sull'eventuale impiego di risorse provenienti da fondi europei, che il programma operativo non menziona, così come si pone l'accento sulla necessità di conoscere le modalità d'uso delle numerose donazioni che le aziende sanitarie ospedaliere calabresi hanno ricevuto nei mesi caldi dell'emergenza pandemica. Che fine hanno fatto? Se non bastasse, i tecnici ministeriali hanno osservato che la Calabria ha proceduto ad effettuare spese in autonomia per 7 milioni 800 mila euro di cui allora il commissario Arcuri aveva già chiesto conto alla Protezione Civile regionale sulla scorta della richiesta di rimborsi prima avanzata.

Sottosegretario Sileri, ora una domanda nasce spontanea: chi doveva fornire l'assistenza necessaria al commissario alla sanità calabrese Guido Longo? La risposta è che toccava al Dipartimento regionale tutela della salute, in quanto struttura tecnica del commissario stesso. Da qui un'altra domanda: che cosa ha fatto il Dipartimento regionale tutela della salute, e finora dove è stato il suo dirigente generale, il dottor Francesco Bevere, nominato dalla giunta regionale con l'assegnazione di un bel bonus di decine di migliaia di euro all'anno, che, per quanto legittimo, ha reso l'incarico più remunerativo, e quindi più allettante?

Appena arrivato in Calabria, il dottor Bevere vuole una segretaria esterna, pagata dai contribuenti calabresi; un ulteriore stipendio, come se non ce ne fossero già abbastanza nella sanità pubblica calabrese. E qui viene naturale chiedersi un'altra domanda: ma non c'era nessuno nell'organico regionale che potesse svolgere il ruolo di segretario del dirigente generale Bevere? Anche per questo compito serviva un alto profilo forestiero? Ma, soprattutto, che cosa ha fatto Bevere, oltre a cambiare l'arredamento degli uffici e a istituire un comitato tecnico-scientifico all'uopo, scavalcando il sostituto presidente della regione, Nino Spirlì? In piena seconda ondata di che cosa si è occupato questo comitato tecnico-scientifico?

Nel merito, sul portale Internet della regione Calabria compaiono i verbali di due sole sedute del comitato. Nella seduta del 3 novembre scorso, spiega il relativo verbale, il dirigente generale Bevere precisò che l'organismo in questione sarebbe pervenuto, cito testualmente, alla creazione di schemi, modelli e linee di intervento da promuovere nelle varie aree tematiche di interesse.

Quanto alla seduta successiva del 3 dicembre, il verbale di rito informa che per Bevere il comitato tecnico-scientifico avrebbe dato luogo - cito alla lettera - all'apertura verso una logica di servizi a disposizione della cittadinanza. Allora Bevere aggiunse - cito pedissequamente - che i progetti non sono disgiunti dall'operato commissariale quanto un rafforzamento dello stesso. Di questo rafforzamento non abbiamo visto segni in Calabria. L'attuazione del piano vaccinale è in gravissima difficoltà; lo scorso 9 marzo, a Reggio Calabria, un medico ha usato addirittura un megafono per annunciare l'indisponibilità di dosi per gli anziani che stavano in coda. Nella provincia di Cosenza è in corso un braccio di ferro tra ASP e medici di base, che dovrebbero somministrare i vaccini e segnalare alla stessa azienda sanitaria i soggetti più vulnerabili da vaccinare già adesso, indipendentemente dalla loro età.

Il commissario Longo ha disposto che i pazienti a rischio e i loro familiari e conviventi siano vaccinati in questa fase; tuttavia, le relative vaccinazioni non sono ancora iniziate, sia per disorganizzazione che per i soliti conflitti interni alle istituzioni della sanità calabrese. Chissà che ne pensa il dottor Bevere di tutto questo? Soprattutto c'è da rimarcare che la nomina di Bevere è avvenuta fuori dalle regole ribadite dalla pronuncia della Corte costituzionale, le stesse di cui abbiamo fatto espressa menzione nella nostra interpellanza. Delle due l'una: o il timoniere di una sanità commissariata è il delegato del Governo, che quindi si sostituisce agli organi regionali, oppure non lo è.

Nel merito, a nulla servono le prassi; legittimarle significa fare a pezzi la giurisprudenza costituzionale, e questo non è bello e non è giusto. Toccava al commissario del Governo nominare il capo del Dipartimento regionale tutela della salute, punto. Non lo dice il deputato Sapia, ma lo ha chiarito certamente, non ieri, la Corte costituzionale. Se poi in Italia la Corte costituzionale, che ha il compito di giudicare le leggi, può essere interpretata a convenienza, allora rassegniamoci al teatro del potere.

Troviamo un altro erede di Pirandello, facciamogli scrivere un altro Sei personaggi in cerca d'autore e cambiamo addirittura l'inno nazionale Fratelli d'Italia, lo trasformiamo in Fardelli d'Italia. Ma poi non stupiamoci se Rino Gaetano è sempre attuale nel suo Spendi Spandi Effendi. Chiediamo, dunque, al Governo di annullare la nomina di Bevere quale dirigente generale del Dipartimento della regione Calabria tutela della salute, che va fatta dal commissario alla sanità calabrese Guido Longo, rimasto da solo, senza il personale previsto dall'ultima legge “Calabria”, senza ausilio tecnico-amministrativo, senza il minimo indispensabile per svolgere il suo incarico e senza subcommissari affiancanti, che si saranno perduti lungo la strada dell'Emergency e che non vorremmo fossero nominati in concomitanza con l'arrivo in Calabria di Godot, annunciato ciclicamente, ma sempre rinviato.

Ci aspettiamo dal Governo una risposta, un impegno di coscienza verso i cittadini calabresi, che non possono essere bollati con il marchio della ‘ndrangheta SpA e che non meritano di essere trattati come numeri elettorali, come indigeni da colonizzare, come figli di un Dio minore.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Con riferimento alla questione posta con l'interpellanza in esame si osserva quanto segue. Come ricordato anche dalla Corte costituzionale (sentenza 4 dicembre 2019, n. 247), in considerazione della grave e persistente difficoltà di alcune regioni nel controllo della spesa sanitaria, con situazioni di deficit strutturali tali da poter pregiudicare i livelli essenziali delle prestazioni erogabili, a partire dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, è stato introdotto un meccanismo articolato, che fa leva sui piani di rientro, in virtù del quale le regioni che si trovano in una condizione di sofferenza finanziaria strutturale in materia sanitaria sono sottoposte ad una procedura di risanamento.

Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi stabiliti nei piani di rientro stipulati in base all'articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, è stata adottata la procedura delineata nell'articolo 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, come convertito dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

In particolare, e per quanto ora di interesse, è stata prevista l'adozione di una diffida nei confronti della regione che si sia resa inadempiente rispetto agli impegni assunti in sede di sottoscrizione dei piani di rientro e, successivamente, la nomina da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri di un commissario ad acta con il compito di realizzare le finalità riportate nel piano concordato tra Stato e regione.

La disciplina dei piani di rientro è stata mantenuta anche nella legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 277, nella legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, comma 796 e nella legge finanziaria n. 191 del 2009, il cui articolo 13, fra l'altro, prevede un'articolata procedura di controllo per la gestione del deficit in campo sanitario, con la procedimentalizzazione di meccanismi di intervento sostitutivo a mezzo di commissari ad acta, nominati nella persona del presidente della regione.

L'articolo 2, comma 79, della legge n. 191 del 2009 prevede, infatti, che in caso di mancata presentazione da parte della regione del piano di rientro, ovvero in caso di mancata approvazione dello stesso, il Consiglio dei Ministri, in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione, nomini il presidente della regione quale commissario ad acta per la predisposizione del piano di rientro e per la sua attuazione.

L'articolo 2, comma 83, della stessa legge n. 191 del 2009 prende in considerazione l'ipotesi in cui, pur essendo stato presentato ed approvato il piano di rientro, ad una verifica dello stesso sia accertata la inadempienza della regione in merito alla realizzazione degli obiettivi tracciati nel piano stesso.

In tal caso, il Consiglio dei Ministri diffida la regione interessata ad attuare il piano, adottando, altresì, tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti. A seguito della persistente inerzia della regione, il Consiglio dei Ministri, in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione, nomina il presidente della regione commissario ad acta per l'intera durata del piano di rientro. In particolare, il citato comma 83 dispone che “il commissario adotta tutte le misure indicate nel piano, nonché gli ulteriori atti e provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali ad esso implicati in quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla completa attuazione del piano”.

Svolte queste considerazioni sull'assetto normativo di riferimento, con riguardo alla designazione del dirigente regionale del Dipartimento tutela della salute della regione Calabria, si osserva che la prassi amministrativa formatasi sui commissariamenti, consolidata non solo per la regione Calabria, è nel senso di considerare la nomina del direttore generale della direzione regionale competente in materia di sanità quale provvedimento rientrante nell'organizzazione dell'amministrazione regionale e non nella materia strettamente sanitaria.

Anche le disposizioni che comminano la sanzione della decadenza automatica dei direttori generali degli enti del servizio sanitario regionale o del direttore presso “l'assessorato competente” non attribuiscono in alcun modo, espressamente, il potere di nomina degli organi decaduti alla struttura commissariale, residuando lo stesso in capo agli organi regionali ordinari.

L'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, prevede che: “il commissario può avvalersi dei subcommissari anche quali soggetti attuatori e può motivatamente disporre, nei confronti dei direttori generali delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e delle aziende ospedaliere universitarie, fermo restando il trattamento economico in godimento, la sospensione dalle funzioni in atto, che possono essere affidate a un soggetto attuatore, e l'assegnazione ad altro incarico fino alla durata massima del commissariamento ovvero alla naturale scadenza del rapporto con l'ente del servizio sanitario”. In tal modo viene riconosciuto in capo alla struttura commissariale il potere di disporre la sospensione dalle funzioni dei direttori generali degli enti del servizio sanitario regionale e di nominare un soggetto attuatore in loro vece, ma non anche il potere di procedere alla relativa nomina in luogo degli ordinari organi regionali.

Tale potere è stato eccezionalmente introdotto dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (recante “Misure emergenziali per il servizio sanitario della regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria”), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60. La normativa in questione (articolo 2) demanda al commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dai disavanzi sanitari il compito di effettuare una verifica straordinaria sull'attività dei direttori generali delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliere universitarie, volta altresì ad accertare se le azioni poste in essere da ciascun direttore generale siano coerenti con gli obiettivi di attuazione del Piano di rientro, anche sotto il profilo dell'eventuale inerzia amministrativa o gestionale. Il commissario ad acta, nel caso di valutazione negativa del direttore generale, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, provvede motivatamente, entro 15 giorni dalla formulazione della predetta contestazione, a dichiararne l'immediata decadenza dall'incarico, nonché a risolverne il relativo contratto.

In tale evenienza, ai sensi del successivo articolo 3, il commissario ad acta per l'attuazione dei piani di rientro dai disavanzi sanitari, previa intesa con la regione, nonché con il rettore nei casi di aziende ospedaliere universitarie, nomina un commissario straordinario.

Il potere in questione (la cui previsione è stata sostanzialmente confermata anche nel decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150, recante “Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della regione Calabria e per il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario”, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2020, n. 181), tuttavia, può essere esercitato nei confronti dei direttori generali degli enti del servizio sanitario regionale, ma non anche nei confronti del dirigente generale del dipartimento Tutela della salute e politiche sanitarie della regione Calabria.

Per quanto concerne l'esercizio delle funzioni amministrative in ambito sanitario, nelle regioni commissariate queste sono effettivamente esercitate dalla struttura commissariale, attraverso l'adozione di provvedimenti che rivestono la forma di decreti del commissario ad acta, adottati in luogo delle deliberazioni di giunta regionale e delle determinazioni direttoriali.

Nell'iter di approvazione dei citati decreti, nel rispetto delle norme che disciplinano la responsabilità dirigenziale, interviene anche il dirigente generale del dipartimento, oltre che il responsabile del procedimento ed il dirigente del settore competente per materia.

I Ministeri vigilanti (MEF e Ministero della Salute), esercitano un controllo capillare su ogni singolo provvedimento adottato dalla struttura commissariale, attraverso la formulazione di un parere. Con cadenza trimestrale, è convocato un apposito tavolo di verifica congiunto per monitorare lo stato di attuazione dei programmi operativi approvati.

Al fine di fronteggiare le criticità che affliggono il sistema regionale calabrese, il Governo ha ritenuto opportuno dotarsi di strumenti straordinari, introdotti dai citati decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, e decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150.

L'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 150 del 2020 prevede che: “La regione Calabria mette a disposizione del commissario ad acta il personale, gli uffici e i mezzi necessari all'espletamento dell'incarico, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222. Il contingente minimo di personale messo a disposizione dalla regione Calabria è costituito da 25 unità di personale dotato di adeguata esperienza professionale, appartenente ai ruoli regionali in posizione di distacco obbligatorio o da acquisire tramite interpello, in posizione di comando, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, da enti pubblici regionali e da enti del servizio sanitario regionale. In caso di inadempienza da parte della regione nel fornire il necessario supporto, il commissario ad acta ne dà comunicazione al Consiglio dei Ministri ed invita la regione a garantire il necessario supporto entro trenta giorni.

In caso di perdurante inadempienza il Ministro della Salute, previa delibera del Consiglio dei Ministri, adotta, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure per il superamento degli ostacoli riscontrati, anche delegando il commissario ad acta ad assumere atti amministrativi, organizzativi e gestionali necessari”.

Riporto di seguito le indicazioni rese dal commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro, che ha precisato quanto segue.

Il dipartimento Tutela della salute e servizi sociali e socio sanitari è una struttura dipendente dalla regione e supporta, in base alla normativa in vigore, la struttura commissariale

Nel giugno 2020, a seguito di regolare procedura selettiva, è stato nominato come dirigente del dipartimento, il dirigente generale dottor Francesco Bevere, che ad oggi ricopre tale incarico.

Allo stato attuale, il dipartimento “presenta non poche difficoltà organizzative e gestionali causate da carenza di quadri dirigenti e direttivi in delicati settori quali quello finanziario, degli accreditamenti, autorizzazioni e del contenzioso”.

Per quanto concerne “la vicenda, apparsa di recente nelle cronache giornalistiche, riguardante l'acquisto di mobili d'ufficio da parte del dirigente generale Bevere, è doveroso rimarcare che essa non riguarda assolutamente né l'ambito sanitario, né il funzionario, in quanto tale determinazione viene assunta dall'ufficio Economato della regione Calabria riguardo ad arredi da distribuire in vari dipartimenti regionali, tra cui anche quello della Sanità.”

Da ultimo, con riguardo alla richiesta degli interpellanti di verificare l'attuale situazione in regione con l'invio di ispettori ministeriali, si ricorda che il 27 novembre 2020 è stato nominato il nuovo commissario ad acta, dottor Guido Longo, il quale è tenuto a relazionare, con cadenza semestrale, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministeri affiancanti in merito all'attività svolta, in esecuzione del mandato commissariale, ferme restando le verifiche trimestrali ed annuali previste dalla normativa vigente. Inoltre, il commissario ad acta, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 150 del 2020, invia al Ministro della Salute e al Ministro dell'Economia e delle finanze, nonché al presidente della regione, ogni sei mesi, una relazione sullo stato di attuazione delle misure di cui allo stesso decreto-legge, anche con riferimento all'attività svolta dai commissari straordinari.

Concludo, onorevole Sapia, stante le sue precedenti interlocuzioni, con nota del 1° luglio 2020, il gabinetto del Ministro si era già adoperato a valutare la correttezza dell'iter di nomina del dottor Bevere, ultimando la stessa valutazione e garantendo alla compianta Jole Santelli la legittimità della nomina stessa in data 15 settembre 2020.

PRESIDENTE. Il deputato Francesco Sapia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCO SAPIA (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Non sono per niente soddisfatto della risposta del sottosegretario Sileri. Non si possono servire due padroni, dice il Vangelo. Ci aspettavamo chiarezza ed onestà politica, non l'excursus dei decreti e, quindi, non il solito burocratese, che è lo scudo di cartone di chi non vuole affrontare i problemi nel riconoscere i diritti delle comunità, nello specifico il diritto alla salute. Prendiamo atto che per voi le prassi valgono più delle sentenze della Corte costituzionale e che tutti insieme volete salvaguardare e tutelare il sistema, ma non i cittadini.

Lei sa benissimo, sottosegretario, che in Calabria i LEA scesi a 119 nell'ultimo monitoraggio. Questo dipende anche dal “tirare a campare” che i vari Governi nazionali hanno avuto nei riguardi della regione Calabria, a danno dei suoi cittadini, i quali hanno un unico torto: quello di gridare e soffrire senza essere ascoltati.

Ma c'è un'altra corte, quella della coscienza e delle urne, che metterà una parola definitiva su questa triste storia. Il primo verdetto, lo sapete, sarà nel prossimo autunno con le elezioni regionali in Calabria.

(Iniziative di competenza volte a prevenire e contrastare la diffusione, in particolare tramite piattaforme multimediali e applicazioni di messaggistica, di “giochi” o “sfide della morte”, a tutela dei minori - n. 2-01092)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nappi ed altri n. 2-01092 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Silvana Nappi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Illustra?

SILVANA NAPPI (M5S). Illustro.

PRESIDENTE. A lei la parola. Prego, prosegua.

SILVANA NAPPI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevole sottosegretario Sibilia, questa interpellanza, condivisa dai colleghi firmatari e da tutta la Commissione affari sociali, chiede una risposta su una problematica attuale, come i “giochi” o sfide della morte, fenomeni che si sono diffusi velocemente in molti Paesi del mondo. Oggi sono molto sviluppati, perché essere connessi ha semplificato l'accesso e la modalità di partecipazione e così i giovani della “generazione Z”, per ottenere like e approvazione, si espongono a pericoli, anche a rischio della propria vita.

La metodica usata è sempre la stessa: attraverso l'utilizzo di uno smartphone o di un pc, un curatore della sfida adesca le vittime, invitandole a partecipare al “gioco”; fissa macabre e terribili regole, che includono incisioni fisiche profonde, punizioni, visualizzazione di video di suicidio, di morti violente, sfide dalle altezze; infine, fissa una data, la data della morte del giocatore. La morte dei partecipanti non sarebbe percepita come un terribile effetto collaterale del “gioco” pericoloso online, ma il suo scopo ultimo: chi arriva alla fine del “gioco” viene celebrato dagli altri membri della comunità come un eroe e chi partecipa al “gioco” non deve dire nulla ai genitori né lasciare tracce in giro. Il sistema è finalizzato a condizionare elementi e la morte è l'unica soluzione per porre fine al “gioco” che, nel frattempo, si è trasformato in un incubo. Queste sfide, come testimoniano i fatti di cronaca recente, sono sempre più diffuse e hanno mietuto numerose vittime anche in Italia. Proprio per questo, ultimamente, il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto il blocco dell'account dei social per i quali non sia stata accertata con sicurezza l'età anagrafica.

I social network hanno amplificato i rischi che questi “giochi” provocano nei giovani, che sono sempre alla ricerca di approvazione da parte dei coetanei. Per limitare la diffusione di questo fenomeno, che ha già causato troppe giovani vittime, bisognerebbe mettere in atto regole rigide e ferme, che, peraltro, avevo già richiesto in un'interrogazione a risposta scritta depositata a febbraio del 2019; ovvero, che il gestore del social media e delle varie applicazioni di messaggistica multipiattaforma, per l'iscrizione ai propri siti da parte dei soggetti minorenni, deve essere tenuto ad acquisire telematicamente il documento d'identità, il codice fiscale del minore e del genitore o del soggetto esercente la responsabilità del minore; lo stesso gestore deve, altresì, garantire che non sia possibile inviare alcuna messaggistica in forma anonima ovvero senza che sia possibile individuare l'autore del messaggio.

Si rende necessario, inoltre, il blocco di avvisi pubblicitari con contenuti non appropriati per i soggetti minorenni e la diffusione del parental control, e che sia sempre possibile bloccare, attraverso il tasto dell'abuse control, immediatamente una persona che non esercita un comportamento corretto, ancorché punibile, all'interno delle varie applicazioni che consentono il dialogo tra soggetti, come, ad esempio, Tik Tok, Instagram, Facebook e tanti altri.

Gli adolescenti sono molto suscettibili a questo tipo di sollecitazioni esterne e, dunque, ci obbligano a non sottovalutare la pericolosità di questi fenomeni. Non dimentichiamo quanto ultimamente accaduto all'interno dei tristi fatti di cronaca. Dunque, onorevole sottosegretario, le chiedo quali iniziative intende adottare, sia in ottica di prevenzione che repressiva, per la tutela dei nostri ragazzi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.

CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Gentili deputati, le veloci dinamiche dell'innovazione tecnologica, l'esponenziale diffusione di smartphone e tablet tra i minori, il fascino esercitato dal mondo virtuale, spesso subito dai più giovani, l'uso distorto della comunicazione digitale sono solo alcuni degli elementi che possono agevolare sul web l'esposizione dei bambini e degli adolescenti a rischio di pericoli suscettibili di sfociare in vere e proprie forme di violenza contro gli altri e contro se stessi.

Si tratta di tematiche che sono da tempo all'attenzione del Ministero dell'Interno, impegnato sia sul fronte del contrasto alle forme di violenza esercitate sulla Rete, sia nell'attività di prevenzione, nella piena consapevolezza della necessità che i minori, ma anche tutti coloro che sono chiamati a concorrere alla loro educazione, siano resi pienamente consapevoli delle insidie che possono scaturire da un uso poco accorto della Rete.

Nell'interpellanza si fa specifico riferimento al fenomeno delle cosiddette challenges, particolarmente diffuse tra i più giovani negli ultimi anni. Veicolate attraverso i canali video e le chat, tali sfide superano le barriere dei social media e arrivano spesso anche sui telefoni degli adolescenti, indotti a porre in essere condotte estremamente pericolose che, sovente, sono poi riprese con lo smartphone.

Mi preme sottolineare come, in tale contesto, il Ministero dell'Interno sia costantemente impegnato con l'attività svolta dal Servizio di Polizia postale e delle comunicazioni, cui è attribuita la prevenzione e il contrasto di ogni forma di pericolo e di violenza ai danni dei minori perpetrati sulla Rete. Prevenzione e contrasto si realizzano attraverso un attento e continuo monitoraggio, 24 ore su 24, della Rete, realizzato dagli operatori del predetto Servizio, che promuove anche l'uso legale e sicuro delle nuove tecnologie.

Attraverso il costante monitoraggio della Rete e l'approfondimento mirato delle segnalazioni ricevute, la Polizia postale e delle comunicazioni prevede la tempestiva creazione di specifici alert pubblicati sul sito del commissariato di pubblica sicurezza online, mediante il quale vengono fornite le informazioni sui rischi di tali pratiche e delle conseguenze, anche gravissime, che possono avere sulla salute dei ragazzi.

Oltre al monitoraggio continuo della Rete, la Polizia di Stato è da tempo impegnata anche nell'ideazione e nella realizzazione di specifiche campagne di sensibilizzazione orientate ai più giovani, alle famiglie e al mondo della scuola. Ricordo, in proposito, l'iniziativa denominata “Una vita da social”, campagna nazionale itinerante giunta alla sua ottava edizione. Ad oggi, questa manifestazione ha interessato oltre 2 milioni di studenti, 220 mila genitori e 125 mila insegnanti, per un totale di 18.500 istituti scolastici in 350 città italiane.

Altra importante iniziativa è quella denominata “In Rete con i ragazzi, una guida all'educazione digitale”, con cui la Polizia postale e delle comunicazioni intende fornire un supporto a tutte le figure di riferimento per i ragazzi nel guidare i nativi digitali verso un rapporto equilibrato con la Rete, prevenendo le conseguenze negative sulla loro salute e i rischi ai quali possono trovarsi esposti. Va segnalata anche l'iniziativa “Giovani ambasciatori contro il cyberbullismo”, volta a prevenire episodi di bullismo e cyberbullismo.

A tali iniziative si aggiunge il quotidiano impegno profuso da oltre quindici anni dagli operatori della Polizia postale e delle comunicazioni nella pianificazione di incontri con studenti, insegnanti e genitori, realizzati in tutto il territorio nazionale, direttamente nelle scuole.

A tal proposito, si osserva che l'emergenza sanitaria non ha fermato tale tipologia di iniziative, anche se ha reso necessario modificare le modalità dei citati incontri con gli studenti e, più in generale, con l'utenza. L'attività formativa, prima organizzata in presenza, viene svolta interamente sulla Rete in linea con le misure previste per il contenimento del contagio.

Sulle specifiche questioni prospettate nell'interpellanza, si è ritenuto opportuno acquisire elementi informativi dal Garante per la protezione dei dati personali, che, da parte sua, ha rappresentato di aver riservato particolare attenzione ai rischi per la protezione dei dati e per i diritti fondamentali delle persone sottesi all'utilizzo del social network denominato Tik Tok, che consente di creare e condividere audio, video e immagini.

In tal senso, il Garante si è fatto promotore, all'interno del Comitato per la protezione dei dati, che riunisce i rappresentanti di tutte le Autorità di protezione dell'Unione europea, dell'istituzione di una task force a livello europeo. Poco prima della costituzione della task force, i competenti uffici del Garante hanno avviato una prima attività istruttoria, con una richiesta di informazioni a Tik Tok e, successivamente, in base agli elementi acquisiti ed anche sulla scorta di analoghi riscontri avuti da altre autorità rappresentate nella task force, il Garante, lo scorso 15 dicembre 2020, ha inviato una formale contestazione al social network, evidenziando una serie di elementi problematici e di criticità, tra cui la scarsa attenzione alla verifica della minore età dei suoi utenti.

Prima che il gestore del network potesse inviare i propri riscontri, il Garante, il 22 gennaio scorso, ha adottato un provvedimento di limitazione provvisoria del trattamento di dati, vietando al citato social network l'ulteriore trattamento dei dati degli utenti che si trovano sul territorio italiano per i quali non vi sia assoluta certezza dell'età e, conseguentemente, del rispetto delle disposizioni collegate al requisito anagrafico, con effetto immediato dalla data di ricezione del provvedimento. Tik Tok ha successivamente comunicato al Garante la propria strategia per dare esecuzione al provvedimento cautelare, procedendo ad una nuova verifica anagrafica dei propri utenti. Detta nuova verifica è stata progettata in connessione con un'importante campagna mediatica e con il raddoppio dei moderatori in lingua italiana, ai quali è affidato il compito di valutazione dei contenuti veicolati mediante la piattaforma. Tik Tok ha altresì fatto pervenire al Garante, lo scorso 26 gennaio, le proprie controdeduzioni rispetto alle contestazioni formulate il 15 dicembre 2020. Al riguardo, il Garante si è riservato di verificare l'efficacia delle misure adottate per dare esecuzione al provvedimento cautelare e sta esaminando la corposa documentazione inviata dal social network a riscontro della propria richiesta di informazioni.

In considerazione del fatto che i primi avvisi relativi alla nuova verifica anagrafica sono apparsi sui terminali degli utenti a partire dall'8 febbraio scorso e che il breve lasso di tempo intercorso non consente, allo stato, di verificare la congruità delle misure adottate da Tik Tok, il Garante ha prorogato l'efficacia del predetto provvedimento di limitazione provvisoria di trattamento di dati, originariamente prevista al 15 febbraio, sino al 15 marzo 2021. La predetta Autorità ha, inoltre, evidenziato che, allo scopo di rafforzare l'azione di tutela nei confronti dei più piccoli, è stata avviata sulle TV nazionali, in collaborazione con Telefono Azzurro, una campagna di sensibilizzazione, con l'obiettivo di richiamare i genitori a svolgere un ruolo attivo di vigilanza sull'utilizzo da parte dei propri figli dei social network.

PRESIDENTE. La deputata Silvana Nappi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SILVANA NAPPI (M5S). Grazie, onorevole sottosegretario. Grazie per le risposte. Sono soddisfatta per l'impegno che, in questo momento, sta svolgendo il Governo, ma ancora adesso, ancora qualche giorno fa ci sono state morti, che sono inspiegabili ma, soprattutto, evitabili, di ragazzi le cui famiglie, fino alla fine, non erano al corrente del pericolo che i propri figli stavano correndo. Il mondo dell'infanzia e dell'adolescenza poggia su un equilibrio delicatissimo, in continua evoluzione proprio per i rapidissimi cambiamenti in corso della società e dell'era digitale. Questo disagio sociale e relazionale tra i giovani mostra la fragilità delle relazioni, l'inconsistenza dei legami e la perdita della densità dei sentimenti.

Io punterei su due cose fondamentali. Anzitutto, l'impegno, anche da parte delle istituzioni; l'impegno che dobbiamo assumerci deve riguardare una riforma del panorama normativo di riferimento, all'interno del quale non emergono regole chiare e univoche, che possano fare da deterrente rispetto a questa emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Poi, come lei ha detto, ci dovrebbe essere un piano nazionale per la prevenzione di questo fenomeno e, quindi, l'impegno della società, della famiglia e della scuola, come in effetti è stato per il passato, nella lotta contro il bullismo, il cyberbullismo e tutte le forme di violenza che avvenivano nell'ambito scolastico. Ma ci vuole sicuramente una collaborazione e un coinvolgimento, come ha detto precedentemente, della Polizia postale, del Garante dell'infanzia e dell'adolescenza e soprattutto, io direi, una comunicazione di massa per mettere a conoscenza tutti del pericolo, genitori compresi. Si potrebbero fare centri di ascolto presso le ASL, per poter assicurare un reale sostegno di qualità per i giovani in difficoltà e per le loro famiglie; o potrebbero essere semplicemente punti dove segnalare situazioni pericolose per i minori.

è giunto il momento di affrontare le nostre responsabilità, in questa società che ha perso un po' i valori, l'educazione, il concetto di genitorialità. È diventato normale, per noi adulti, vedere tutti i giorni i nostri ragazzi con il cellulare in mano, come se fosse un'appendice del loro corpo. All'interno dei contesti familiari, poi, non c'è dialogo, condivisione; non affrontiamo più, banalmente, anche gli accadimenti della nostra quotidianità.

Ebbene, onorevole sottosegretario, in questo dobbiamo investire, nella qualità del tempo da trascorrere insieme ai nostri ragazzi per ridurre il tempo che passano davanti ad un monitor, impegnandoli in attività fisiche e in interessi diversi. La prevenzione deve partire dal concetto di responsabilità di noi tutti. Dobbiamo farcene carico ogni giorno, con un impegno reale, per tentare e riuscire a ricucire questo strappo generazionale che causa l'allontanamento dei nostri ragazzi dalla socialità. Oggi abbiamo tutti concentrato la nostra attenzione sul COVID ma stiamo sottovalutando i danni che l'isolamento causato dal COVID può determinare. Quindi, dobbiamo evitare che restino soli di fronte a questi mostri che incontrano per gioco, quel gioco che per loro diventa un incubo e poi, da incubo, può determinare addirittura la morte.

Mi auguro che questo impegno, oltre questa giornata, duri veramente come un impegno di prima linea.

(Iniziative di competenza volte ad assicurare l'effettiva istituzione della ZES Sardegna e la sua piena operatività - n. 2-01123)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Scanu e altri n. 2-01123 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Lucia Scanu se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prego.

LUCIA SCANU (M5S). La illustro, Presidente, grazie. Sottosegretario, sono qui, oggi, ad illustrare un'interpellanza urgente sull'istituzione della zona economica speciale in Sardegna. Ai cittadini, agli operatori economici, agli investitori nazionali e stranieri era stato promesso il perfezionamento burocratico della ZES; un'attesa vana. Nessuna risposta è mai giunta in questi mesi e gli sforzi fatti, anche di tipo economico e logistico, rischiano di lasciare il nostro territorio indietro di decenni. Si tratta di un passaggio ormai doveroso e che contribuirebbe fortemente alla tenuta sociale ed economica di un'intera regione, oltre a garantire ampie prospettive anche al resto del Paese, soprattutto in questo periodo di grande crisi e di incertezza economica. Appare una scelta autolesionista quella di ritardare ancora l'avvio di questo grande progetto. La procedura finalizzata alla sua attuazione ha consumato, infatti, tutti i passaggi ed oggi sembrerebbe mancare solo l'ultimo tassello necessario alla sua attivazione.

Ma ripercorriamo velocemente la ricostruzione dei passaggi procedurali fin qui realizzati. Ricordiamo, infatti, che, con deliberazione n. 57/17 del 21 novembre 2018, la regione autonoma della Sardegna ha approvato la ZES, pensata come una rete portuale su tutto il perimetro costiero, integrata con le zone franche doganali già zonizzate e comprendendo i porti di Cagliari, Portovesme, Oristano, Porto Torres, Olbia e Arbatax, con una superficie pari a 2.770 ettari. Con la citata deliberazione veniva altresì individuato l'organismo che svolge l'attività di indirizzo strategico previsto dal DPCM n. 12 del 2018. Successivamente all'approvazione del piano di sviluppo strategico, perveniva alla regione, da parte del Ministero dell'Economia e delle finanze, una serie di richieste di integrazione, che la stessa pare abbia fornito solo in parte, lasciando ancora alcuni aspetti da chiarire. Nel novembre 2019, l'allora Ministro per il Sud, Provenzano, definì una priorità la costituzione della zona economica speciale della Sardegna, ribadendo la necessità di concludere tempestivamente l'iter di istituzione. Ebbene, ad oggi, il citato parere non risulta pervenuto e l'iter della istituzione della ZES Sardegna risulta purtroppo ben lontano dall'essere perfezionato, né tantomeno risulta chiaro perché siano stati posti dubbi e perplessità sulla conformazione della ZES all'ultimo metro dal traguardo.

Agli occhi degli operatori economici appare, infatti, incomprensibile il motivo del ritardo nella formulazione del parere. I sardi, il mondo imprenditoriale e gli investitori sono stanchi di immaginare la ZES come un miraggio nel deserto, come una visione sempre ad un passo dal materializzarsi.

Sul tavolo ora ci sono tutte le condizioni affinché il sistema produttivo e imprenditoriale sardo colga i notevoli benefici, in termini fiscali e di semplificazione amministrativa, che questo strumento comporterà, consentendo di generare un significativo impulso in termini di crescita economica, ma anche occupazionale.

Per rendere concreti ed effettivi i benefici della zona economica speciale occorre però che questa sia resa pienamente operativa, completando l'intero iter. Pertanto, chiedo quali urgenti iniziative si intendano adottare per garantire l'effettiva istituzione della ZES Sardegna e la sua piena operatività.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dalila Nesci, ha facoltà di rispondere.

DALILA NESCI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie Presidente, gentili deputati, il procedimento finalizzato all'istituzione della ZES Sardegna si è svolto compiutamente con l'espressione dei pareri di competenza delle amministrazioni statali e con un rituale scambio di note con la regione Sardegna, rimanendo però ancora non concluso. Da ultimo, la regione ha ricevuto nel marzo del 2020, per il tramite del Gabinetto del Ministro del Sud, il parere negativo del Ministero dell'Economia e delle finanze sul concerto allo schema di DPCM, un parere motivato con riferimento ad aspetti inerenti la fiscalità e il diritto doganale. Residuano pertanto alcuni nodi da sciogliere da parte della regione; tuttavia in questo contesto gli uffici del Ministro Carfagna hanno già avuto modo di recepire la rassicurazione da parte della regione Sardegna sulla volontà di accogliere positivamente le osservazioni del Ministero dell'Economia, sbloccando così definitivamente l'iter finalizzato all'istituzione della ZES, che costituisce un'assoluta priorità, in un momento di così grave crisi economica, occupazionale e sociale, segnatamente nelle regioni del Sud. Pertanto, sono già stati avviati i percorsi tecnici necessari per ottenere l'importante obiettivo condiviso dalla Ministra di portare a conclusione l'iter burocratico per la costituzione della ZES sarda e consentirle così di iniziare, insieme ad altre già esistenti, un nuovo percorso di sviluppo e rinascita dei territori che vi rientrano. Più in generale, la Ministra, sin dai primi giorni del suo insediamento, ha manifestato una ferma determinazione a portare avanti lo strumento delle ZES, risolvere le criticità emerse, dialogare con le regioni coinvolte, al fine di concordare il percorso da seguire, anche promuovendo un intervento normativo urgente che garantisca ulteriori semplificazioni procedimentali, più intense agevolazioni fiscali ed un rafforzamento della figura commissariale.

PRESIDENTE. Il deputato Bernardo Marino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

BERNARDO MARINO (M5S). Grazie Presidente e grazie signora sottosegretaria per la risposta che ci consente di fare un pochino più di chiarezza su questa vicenda. Eravamo rimasti al mese di novembre del 2019, nel corso della prima riunione della cabina di regia, alla presenza di tutti i soggetti interessati alla ZES sarda: l'allora Ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, in merito all'attivazione della ZES della Sardegna, ebbe a dire: “Siamo in dirittura d'arrivo, manca solo il parere del MEF”. Ebbene, siamo arrivati a marzo del 2021 con l'attesa di questo parere del MEF e oggi scopriamo che il parere del MEF c'è stato: era un parere negativo perché evidentemente c'erano dei problemi. Lei ci ha raccontato che si tratta di questioni legate a fiscalità e diritto doganale: le anticipo già che le chiederemo nel merito quali sono stati questi problemi relativi a fiscalità e diritto doganale perché non vorrei che la regione Sardegna abbia inserito in questo iter cose improponibili ed effettivamente tutto ciò - le dirò la verità - non mi stupirebbe affatto. Però sarebbe importante fare un pochino più di chiarezza sui ritardi che si sono verificati sulla ZES sarda. Voglio fare un passaggio per dare due dati che riguardano l'importanza della Zona economica speciale per la Sardegna. È importante perché si parla di un'isola alle prese con un processo di deindustrializzazione letale per le sorti della propria economia se non è accompagnato da alternative valide di riconversione. Peccato che, allo stato attuale, tali alternative si siano rivelate aleatorie e spesso ingannevoli: lo dico perché nell'isola di Sardegna, che - è bene ricordarlo - fa parte della Nazione italiana, l'industrializzazione ha lasciato macerie, in molti casi si è insediata, ha prodotto i suoi profitti, per poi smarcarsi al momento opportuno, lasciando sul terreno disoccupazione e inquinamento, radendo al suolo, in molti casi, ogni possibilità di riconversione e, in certi casi, facendosi gioco degli incentivi messi in campo dai vari livelli istituzionali per cercare una ripartenza.

Come sardi, abbiamo pagato a caro prezzo la politica insensata degli incentivi a pioggia e senza controlli al solo fine di rilanciare aree industriali in crisi sistemica. Abbiamo oggi in Sardegna vasti territori inquinati, mai bonificati, sui quali è bene che parta una riflessione collettiva, dal momento che, alle buone intenzioni, non seguono i fatti e, con le buone intenzioni, non si campa. Aggiungiamo al conto da pagare in quanto sardi, la cronica carenza di infrastrutture, il gap dell'insularità, mai risolto adeguatamente, una rete ferroviaria obsoleta, che rappresenta un'autentica vergogna per chi pensa che il Paese tutto debba avanzare insieme. I sovrapprezzi da pagare in quanto sardi per il trasporto delle merci e delle persone esistono ancora, nonostante i buoni propositi sempre manifestati per garantire una reale continuità territoriale, e su questo penso di poter interpretare il pensiero di tutti i sardi nel chiedere massima attenzione e impegno al Governo Draghi, che si è da poco insediato. In questo contesto, è evidente come lo strumento della ZES sia di rilevanza strategica per dare ossigeno a un'economia resa ancor più asfittica dalla crisi pandemica, com'è altrettanto evidente che, sui fondi del Next Generation EU, sul Recovery Plan quindi, si gioca l'altra metà della scommessa perché quelle risorse dovranno garantire la realizzazione delle infrastrutture indispensabili per rendere attrattive le ZES, sfruttandone tutte le potenzialità e non solo quelle legate ai vantaggi di natura fiscale. In Sardegna c'è un porto inserito nella rete transeuropea TEN-T, quello di Cagliari, che necessita delle stesse attenzioni riservate a Gioia Tauro e a Taranto, con la ricerca di un operatore serio, in grado di rilanciare il transhipment e concretizzare le grandi potenzialità che la centralità geografica della Sardegna nel Mediterraneo assicura già. Serve subito creare le condizioni normative per istituire anche a Cagliari l'Agenzia del transhipment e per mettere al sicuro i 207 lavoratori del porto canale. Il resto dipenderà, oltre che dalle logiche di mercato, dal modo in cui le nostre nuove zone economiche speciali saranno organizzate. Qualche modello di riferimento, per una buona governance, ce l'abbiamo pure: nel 2019, la regione Sardegna ha condotto un interessante studio sulle ZES attivate in Polonia, dove questo modello economico ha prodotto risultati rilevanti, facendo registrare un aumento del PIL superiore al 4 per cento, una netta diminuzione del tasso di disoccupazione e contribuendo a frenare il fenomeno dello spopolamento di talune aree del Paese. Risultati importanti che sono il frutto anche di una connessione forte delle imprese insediate nelle ZES con tutto il sistema locale della ricerca e della formazione. Questo aspetto dovrebbe far riflettere seriamente dal momento che la Sardegna continua ad essere la regione italiana con il tasso più alto di dispersione scolastica del Paese.

Come MoVimento 5 Stelle, annuncio che seguiremo con attenzione le ultime fasi di questo travagliato iter, sperando che la strada sia finalmente in discesa e che la ZES della Sardegna venga rapidamente attuata e possa esplicare i suoi effetti sul tessuto economico dell'isola.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 16 marzo 2021 - Ore 11:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

La seduta termina alle 11,40.