Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 452 di venerdì 15 gennaio 2021

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati De Maria, Liuni, Lorefice e Carlo Sibilia sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in ordine alla fornitura e disponibilità dei braccialetti elettronici e all'affidamento di un'ulteriore fornitura alla società Fastweb da parte del commissario straordinario per l'emergenza COVID-19 - n. 2-01022)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Giachetti ed altri n. 2-01022 (Vedi l'allegato A). L'onorevole Giachetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza. Prego.

ROBERTO GIACHETTI (IV). La ringrazio, signora Presidente. È un'interpellanza che avevamo presentato alcune settimane fa dal momento che non riuscivamo ad avere risposta ad un'altra interrogazione, che poi siamo riusciti ad avere in Commissione (era presente il sottosegretario alla Giustizia); tuttavia, non era una risposta e speriamo di essere un po' più fortunati oggi con il Governo, rappresentato dal Ministero dell'Interno e dal senatore Crimi. Signor Presidente, si tratta di un problema che, già in una situazione ordinaria, è importante: di fronte alla pandemia e al COVID, che colpisce, come per il resto della società, le carceri, la possibilità di concedere misure alternative alla detenzione a tutta una serie di detenuti, come è evidente, può consentire di diminuire la pressione degli stessi negli istituti di pena e, al contempo, creare quelle condizioni, con reparti dedicati esattamente al COVID, con le esigenze di isolamento e via dicendo, che sono necessarie. Le affermazioni eccessivamente trionfalistiche del Ministro della Giustizia nonché di altri esponenti politici, secondo le quali nelle carceri il problema è sotto controllo (perché, anziché esserci, come tre settimane fa, 1.000 detenuti colpiti dal COVID, ce ne sono soltanto 680 e, invece di esserci 1.200 persone, mi riferisco al personale di custodia, ce ne sono soltanto 700), dimostrano come non si abbia minimamente idea di cosa stiamo parlando. Purtroppo, soltanto ieri sera (mi pare in quel di Palermo, in Sicilia, nel carcere, se non sbaglio, dell'Ucciardone) è scoppiato un focolaio: 31 detenuti. Soltanto in un carcere 31 detenuti sono positivi al COVID. Mi domando cosa tutto ciò può comportare, per esempio in carceri dove sono presenti moltissimi detenuti e dove evidentemente non vi sono le condizioni per garantire l'isolamento necessario, dal punto di vista del rischio di un'immediata esplosione del contagio, che può colpire non soltanto i detenuti, ma quella comunità vasta che opera nel carcere, che passa ovviamente dagli agenti della polizia penitenziaria, ma riguarda anche gli operatori sotto ogni forma, diciamo, di contributo che forniscono all'assistenza ai detenuti e passa per gli amministrativi. Insomma, è un ambito molto grande: 31 persone in un solo carcere sono un problema. Personalmente sto facendo una battaglia, insieme al Partito Radicale, in particolare con Rita Bernardini, la quale ha fatto uno sciopero della fame di 35 giorni per ottenere che vi fosse un minimo di attenzione anche per quella comunità, la comunità delle carceri, in un periodo pandemico; non avendo avuto alcuna risposta, lo aveva ripreso nei giorni scorsi, poi lo ha sospeso perché, con la situazione nella quale si trova il Governo, non avrebbe avuto un interlocutore, non sapendo perfettamente come andranno le cose, ma sono convinto che lo riprenderà, perché, Presidente, noi riteniamo che, non solo, ma anche quello dei braccialetti è sicuramente uno strumento attraverso il quale consentire che diminuisca la pressione delle carceri. Vorrei dirle di più, Presidente: per me l'utilizzo dei braccialetti è anche il modo attraverso il quale sancire che, in questo Paese, non c'è solo il carcere per espiare una pena; devono esserci forme alternative. Sono convinto che in carcere ci va troppa gente che non ci dovrebbe stare: parlo dei tossicodipendenti, parlo delle persone che hanno un disagio mentale, parlo di tante persone che sono in attesa di giudizio e non dovrebbero stare in carcere, perché normalmente in carcere ci si va quando si ha una sentenza definitiva, ma, nel momento in cui la realtà dell'Italia è un'altra, almeno il braccialetto elettronico consentirebbe a tante persone di espiare la propria pena, o l'attesa, nella propria abitazione, sotto controllo, come avviene in tantissimi Paesi europei. Spesso e volentieri - leggiamo dai giornali - i giudici di sorveglianza non possono dare questa forma alternativa di detenzione perché non esistono i braccialetti elettronici e la storia dei braccialetti elettronici in questo Paese è una storia per il momento all'italiana, però è una storia sulla quale bisogna andare più a fondo: l'amministrazione nel 2016 avvia una procedura ad evidenza pubblica per la fornitura di braccialetti elettronici, che si è conclusa, Presidente e Vice Ministro, nell'agosto del 2018 con l'aggiudicazione definitiva dell'appalto a RTI-Fastweb. Il servizio prevede, per un periodo minimo di 27 mesi, la fornitura di 1.000-1.200 braccialetti mensili per l'intera durata triennale, fino al 31 dicembre 2021. L'erogazione del servizio sarebbe dovuta partire a ottobre del 2018, previa nomina da parte del Ministero dell'Interno di una commissione di collaudo, ma tale organo è stato nominato dal Ministero solo a fine novembre del 2018 e, ad oggi, da quel che mi risulta (guardo il sito della Polizia di Stato), la procedura di collaudo è ancora aperta, infatti è stato pubblicato esclusivamente il decreto di approvazione del verbale di collaudo positivo relativo alla “fase 1” e alla 2, se non erro, ma non risulta invece la parte finale, ossia la parte 3 di questo collaudo. Secondo quanto riportato da un articolo de Il Dubbio, che è stato pubblicato il 18 marzo del 2020, dalla relazione tecnica allegata al decreto-legge Cura Italia, emerge che al momento, fino al 15 maggio, sono disponibili solo 2.600 braccialetti, sebbene il contratto con Fastweb, che decorre dal 31 dicembre 2018, prevedeva la fornitura di 1.000-1.200 braccialetti mensili, per un totale di 15.000 braccialetti, che invece in teoria avrebbero dovuto essere già disponibili alla data di quando ho presentato l'interrogazione.

Allora, le questioni che io pongo al Governo - e spero che arrivino delle risposte, non come accaduto in precedenza con il sottosegretario Ferraresi -, sono le seguenti: intanto, se sia stata fatta, come previsto, la “fase 2” - e mi pare di sì -, ma soprattutto la “fase 3”, cioè se è finito il collaudo in base al quale possono essere resi disponibili questi braccialetti. Se non è finita la fase di collaudo, vorrei sapere il perché dal Governo, questo è quello che abbiamo chiesto. Vorrei sapere finalmente quanti sono ad oggi i braccialetti elettronici effettivamente prodotti, disponibili e operativi sul territorio nazionale. Non si riesce a capire. E poi vorrei sapere dal Governo un'altra cosa. Perché questa è un'altra singolarità, Presidente. Noi abbiamo Fastweb che doveva produrre e rendere a disposizione 25 mila braccialetti. Non arrivano, perché ne sono prodotti soltanto 2.600, e qualche mese fa il commissario Arcuri fa una richiesta di ulteriori 4.700 braccialetti alla stessa Fastweb, che è quella che è inadempiente rispetto al numero che doveva dare. C'è qualcosa che non funziona in tutto questo: cioè, non solo noi non facciamo causa a Fastweb - se è così - perché non ha dato i braccialetti, ma, visto che non ci stanno i braccialetti, perché non ce li ha dati, noi facciamo, tramite il commissario che bypassa tutte le procedure, un'ulteriore richiesta di 4.700 braccialetti a Fastweb!

C'è qualcosa che non va – ho concluso, Presidente - e vorrei sapere, quindi, anche qual è la ragione per la quale dovevamo avere questi 20 mila braccialetti di Fastweb e il commissario Arcuri ne ha chiesti altri 4.700.

PRESIDENTE. Il Vice Ministro dell'Interno, Vito Claudio Crimi, ha facoltà di rispondere.

VITO CLAUDIO CRIMI, Vice Ministro dell'Interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, in relazione a quanto evidenziato dagli onorevoli interpellanti nell'atto di sindacato ispettivo, rappresento in via preliminare che, in relazione all'emergenza COVID, sono state emanate disposizioni in materia di detenzione domiciliare, finalizzate a ridurre i rischi di contagio connessi al sovraffollamento carcerario. Mi riferisco, in particolare, ai decreti-legge n. 18 del 2020 e n. 137 del 2020, i quali hanno stabilito una specifica procedura per la determinazione del fabbisogno dei dispositivi elettronici utilizzabili per l'esecuzione della pena presso il domicilio, nei confronti di particolari categorie di detenuti, tenuto conto anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti.

È importante precisare che il contratto in essere tra il Ministero dell'Interno e Fastweb SpA, ha per oggetto l'affidamento di un servizio di monitoraggio di soggetti con l'utilizzo di strumenti di sorveglianza elettronici, con correlata installazione ed attivazione mensile, di un numero di 1.000 braccialetti elettronici, fino ad un surplus pari al 20 per cento, per un massimo di 1.200 mensili, per un arco temporale di trentasei mesi a decorrere dalla data del 18 dicembre 2018.

Per quanto concerne l'assunto della mancata pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito della Polizia di Stato del decreto di approvazione del verbale di avvenuta verifica funzionale positiva della “fase 2”, va rilevato che, ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, sono oggetto di pubblicazione sul profilo del committente “gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere (…), alla composizione della commissione giudicatrice ed ai curricula dei suoi componenti”, così escludendosi dal relativo novero i decreti di approvazione dei verbali di collaudo discendenti dai singoli contratti.

Nella fattispecie in parola, tuttavia, l'amministrazione dell'Interno ha ritenuto di dare eccezionalmente evidenza, mediante pubblicazione, dell'avvenuta approvazione del verbale di collaudo positivo relativo alla “fase 1”, avvenuto in data 12 dicembre 2018, in quanto lo stesso si configurava quale essenziale adempimento propedeutico al successivo materiale avvio delle procedure di applicazione dei braccialetti elettronici.

L'atto negoziale in questione prevede, come prima specificato, che dopo l'approvazione della verifica funzionale della “fase 1”, siano attivate 1.000 unità di dispositivi, su base mensile-unità appunto, con previsione di un ulteriore surplus del 20 per cento.

Le attività di verifica funzionale inerenti alla “fase 2” sono state avviate in data 11 settembre 2019 e si sono regolarmente concluse con esito favorevole in data 12 settembre 2019. A far data dall'avvio dell'atto negoziale di cui sopra e fino al 31 dicembre 2020, risultano attivati 10.155 dispositivi, ripartiti come segue: Arma dei carabinieri 7.398; Polizia di Stato 2.607; Guardia di finanza 150.

Nel medesimo arco temporale, risultano essere stati disattivati 5.940 dispositivi, con un residuo di braccialetti attivi pari a 4.215, a loro volta così ripartiti: Arma dei carabinieri 3.025; Polizia di Stato 1.124; Guardia di finanza 66.

Alla data odierna non risultano richieste pendenti da parte dell'autorità giudiziaria, in quanto tutte le istanze presentate sono attualmente gestite o programmate.

Per quanto concerne la stipula di uno specifico contratto, da parte del commissario straordinario per l'emergenza Coronavirus, finalizzato alla fornitura di ulteriori 4.700 braccialetti elettronici, sono stati acquisiti elementi informativi dagli uffici della struttura commissariale. In base a quanto da essi riferito, risulta che il commissario straordinario, su richiesta del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, in data 10 aprile 2020, ha eseguito un affidamento per la fornitura di braccialetti elettronici e del relativo servizio di attivazione all'operatore Fastweb. È stato, altresì, precisato che l'affidamento eseguito da parte del commissario straordinario ha avuto ad oggetto la fornitura di un totale di 1.600 braccialetti elettronici per le finalità di cui ai decreti-legge sopracitati, emanati per far fronte alla pandemia in atto.

PRESIDENTE. L'onorevole Giachetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ROBERTO GIACHETTI (IV). Presidente, ovviamente non sono soddisfatto e penso che, a questo punto, l'unico ulteriore passaggio che si possa mettere in campo è quello alla Corte dei conti, perché è del tutto evidente che c'è qualcosa che il Vice Ministro tace, così come ha taciuto il sottosegretario Ferraresi.

Ricostruendo le vicende, per essere molto chiari, intanto apprendiamo e vorrei sapere dal rappresentante del Governo, ma non lo posso più sapere perché non risponderà: ma noi dovevamo avere ad oggi, in base al contratto, oltre 30 mila braccialetti; ne abbiamo 10.550. Io vorrei sapere cosa intende fare il Governo per il fatto che la fornitura dei restanti braccialetti non è stata garantita. Queste sono le parole, le informazioni che ci dà il Vice Ministro Crimi.

Aggiungo: ci informa il Vice Ministro Crimi che, una bontà e una generosità particolare, in base probabilmente a una non so quale volontà divina, ha portato la Polizia di Stato a pubblicare la prima fase del collaudo; non era tenuta a farlo, ha approvato la prima fase del collaudo. Poi – dice - siccome è un collaudo che ha tre fasi, io pubblico la prima fase, poi la seconda e la terza fase non le pubblico, perché tanto, siccome posso anche non pubblicarle, è vero che ho pubblicato la prima, ma nella seconda e nella terza faccio come mi pare e mi attengo a quello che mi consente la legge.

C'è un problema di logica, onorevole senatore Crimi, c'è un pochino un problema di logica, perché se pubblicate sul sito della Polizia di Stato la prima fase del collaudo, dovreste spiegarci - salvo non abbiate qualcosa da nascondere -, visto che quello è il sito della trasparenza e compagnia bella, per quale ragione poi improvvisamente la seconda e la terza non le pubblicate. Potevate non pubblicare anche la prima ma, una volta che avete pubblicato la prima, non è che qualcuno deve avere necessariamente dei retropensieri, ma qualcuno deve spiegare il perché di un collaudo che ha tre fasi, pubblicate la prima, nel sito trasparenza, e poi fate sparire - missing - la seconda e la terza.

Ma appunto dovevano arrivare, sulla base del contratto Fastweb, più di 30 mila braccialetti, ne sono arrivati 10 mila. E che risposta mi dà lei, signor Vice Ministro, su una cosa che è uno scandalo, che si dimostra già uno scandalo? Noi dovevamo avere da Fastweb decine di migliaia di braccialetti, non li abbiamo ricevuti, il commissario, preso atto delle norme che sono inserite nei famosi decreti di cui lei parlava, ha bisogno di braccialetti: non è che richiama Fastweb in base al contratto che aveva e a quello che doveva fornire e gli dice: “sbrigati a fornirli, sennò ti denuncio”. No! Prende atto che Fastweb è inadempiente e fa una trattativa diretta e privata per avere altri braccialetti; e a chi li chiede, a chi l'affida? A Fastweb!

Ma lei si rende conto che qui dentro sta dicendo che, almeno in base a quello che lei ci comunica, lì c'è qualcosa che deve andare dritta dritta almeno alla Corte dei conti!

Ho altro da dire, signor sottosegretario? No, purtroppo speravo che - visto che l'altra volta il sottosegretario Ferraresi ha un po' scaricato su di voi la competenza, dicendo che questa era una partita che era stata gestita dal Ministero dell'Interno, e ha detto delle cose astruse, che infatti si sono evidenziate - dal suo intervento fosse possibile chiarire qualcosa di più, anche delle parti più oscure e inquietanti di questa vicenda. Purtroppo, abbiamo avuto solo la conferma che è una vicenda oscura e inquietante, per la quale ovviamente, se non si riesce ad avere verità dentro quest'Aula, la dovremo cercare da qualche altra parte (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

(Chiarimenti sullo stato dei negoziati riguardanti le relazioni di investimento Unione europea-Cina e iniziative volte ad evitare l'acquisto di asset strategici dell'Italia da parte di aziende sotto il controllo o l'influenza della Cina - n. 2-01054)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bianchi n. 2-01054 (Vedi l'allegato A). L'onorevole Matteo Luigi Bianchi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

MATTEO LUIGI BIANCHI (LEGA). Grazie, Presidente. Rappresentanti del Governo, apprendiamo di accelerazione dei negoziati sull'Accordo Cina e Unione europea rispetto al tema degli investimenti, un Accordo che dovrebbe mirare alla reciprocità tra l'Unione europea appunto e la Repubblica popolare cinese, ma oltre ad apprendere lo stato dei negoziati dai mass media, gli stessi non sono di dominio pubblico e questo Parlamento, così come anche il Parlamento europeo, ad oggi non ha alcun elemento per valutare i contenuti del negoziato stesso. È un approccio che purtroppo ha già visto lo stesso modus operandi anche con altri negoziati, per esempio quello della cosiddetta “Via della seta”. Tuttavia, a prescindere dagli aspetti economici legati anche al tema degli investimenti, ci preoccupano anche altri temi di reciprocità, che ci piacerebbero essere toccati dal dibattito politico e anche legati a quello che è il quadro generale, il perimetro generale dei negoziati e degli accordi tra l'Unione europea, il nostro Paese e la Repubblica popolare cinese, che sono i temi etici, i temi valoriali, i temi ambientali. Sappiamo benissimo che tutti questi elementi, oramai assodati nei Paesi del mondo del mondo occidentale, quali i diritti dei lavoratori, l'attenzione per le minoranze, gli standard per la lotta all'inquinamento non sono propriamente delle priorità, allo stato attuale, all'interno della Repubblica popolare cinese. Ma ancora, ci chiediamo come viene approcciato il tema sugli aiuti di Stato e il principio del libero mercato, visto che è noto che le aziende cinesi si sovrappongono con le esigenze della Repubblica popolare cinese e quindi del Partito comunista cinese, in quanto sappiamo benissimo essere la Cina governata da un monopartito. E, non da ultimo, le tematiche di estrema attualità, tipo quello che sta accadendo oramai da più di un anno ad Hong Kong, quello che perdura ancora oggi in Tibet e le preoccupazioni che i tibetani hanno sull'ingerenza che potrebbe porre in essere la Cina sulla scelta del nuovo Dalai Lama che verrà, appunto. Domande doverose, vista l'aggressività del gigante asiatico soprattutto su alcuni asset importanti come l'hi-tech, la connettività, che sono evidentemente un qualche cosa di strategico e di importante per gli interessi nazionali del nostro Paese, ma di tutti i Paesi del mondo occidentale. Ecco, noi crediamo che questo Accordo sia sicuramente un qualche cosa di positivo, se vengono anche menzionati questi argomenti che ho illustrato poc'anzi, perché è evidente che l'Unione europea e il nostro Paese non possono prescindere dal trovare degli accordi con uno Stato di 1.400.000.000 di persone, ma è altrettanto evidente che dobbiamo porre delle condizioni, dobbiamo porre dei temi di principio, dobbiamo sottolineare quelli che sono dei valori importanti per il futuro delle nostre comunità, ma soprattutto le chiedo di poter rispondere cercando di andare oltre quelle che sono spesso risposte di circostanza che abbiamo ascoltato in quest'Aula, perché noi parlamentari abbiamo l'esigenza di poter espletare al meglio il nostro ruolo e quindi di poter valutare i contenuti di questo Accordo, così come anche tutte le associazioni di categoria, il mondo produttivo, la filiera del sistema Paese hanno bisogno di valutare i contenuti di questo Accordo.

Quindi, concludo chiedendole appunto di metterci nelle condizioni di poter esercitare il nostro ruolo e poter dare il nostro contributo su questo argomento così importante per l'economia del nostro Paese, ma anche per il futuro di tutte le nostre comunità e dei nostri valori, in cui crediamo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Ricardo Merlo ha facoltà di rispondere.

RICARDO ANTONIO MERLO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Occorre innanzitutto evidenziare come gli investimenti diretti esteri, che rientrano nella politica commerciale comune, siano una competenza dell'Unione europea, secondo quanto stabilisce l'articolo 207 del Trattato di Lisbona. Ciò significa che il peso specifico dei singoli Stati membri è rafforzato da una dinamica negoziale che vede l'Unione concludere accordi internazionali. È evidente che, agendo con una sola voce anziché attraverso ventisette strategie commerciali distinte, l'Unione europea riesce a proiettare una posizione più forte, a maggior ragione nei confronti di un Paese come la Cina, che rappresenta un mercato di 1,4 miliardi di persone. In quest'ottica, la Commissione europea ha negoziato con la Repubblica popolare cinese un Accordo globale sugli investimenti Unione europea-Cina, il cosiddetto CAI. Le trattative sono durate sette anni. Vista la posta in gioco, è evidente che la sostanza ha fatto premio sui tempi. Dopo le intense discussioni degli ultimi mesi e gli sviluppi delle ultime settimane, la Cina ha accettato di assumere gli impegni richiesti dall'Europa su tre pilastri chiave dei negoziati: accesso al mercato in tutti i settori economici, parità di condizioni e soprattutto sviluppo sostenibile. Il risultato appare più avanzato rispetto a quanto stipulato tra Pechino e altre controparti. Il CAI non solo aiuterà le nostre aziende in Cina, ma potrà stabilire una base positiva in termini di accesso al mercato, parità di condizioni e trasparenza, anche per i nostri partner oltre Atlantico. Le regole negoziate nel CAI, come quelle sulla trasparenza per le sovvenzioni o la previsione di obblighi chiari per le aziende di Stato, rafforzeranno quindi la nostra agenda multilaterale in seno all'Organizzazione mondiale del commercio. Più nello specifico, il CAI migliorerà l'accesso degli investitori europei al mercato cinese in tutti i comparti. Questo include, tra l'altro, nuove opportunità in settori cruciali come le auto elettriche, i servizi cloud, i servizi finanziari e i servizi sanitari.

Per quanto riguarda gli investimenti, oltre alle norme contro il trasferimento forzato di tecnologie, il CAI sarà anche il primo Accordo che contiene obblighi per il comportamento delle imprese statali e regole di trasparenza per le sovvenzioni. Si tratta della concessione più importante fatta da Pechino in quest'ambito in un Accordo commerciale, evidentemente a beneficio degli operatori italiani ed europei. è un risultato ottenuto senza rinunciare ai nostri valori fondamentali e agli obiettivi di sostenibilità. Per la prima volta, infatti, la Cina ha accettato precise disposizioni sullo sviluppo sostenibile, anche in relazione all'ambiente e al clima, come l'attuazione dell'Accordo di Parigi, così come sulla responsabilità sociale delle imprese e il lavoro. Queste regole sono soggetti a un meccanismo di applicazione trasparente, come negli accordi di libero scambio stipulati dall'Unione europea. La Cina si è poi impegnata, nel CAI, a compiere sforzi continui e costanti per giungere alla ratifica delle Convenzioni fondamentali dell'OIL sul lavoro forzato C29 e C105. Si tratta di un impegno nella giustizia nella giusta direzione. Allo stesso tempo, il CAI da solo non sarà sufficiente: avremo bisogno di altri strumenti per affrontare questa sfida, compresi quelli che la UE può attivare autonomamente, quali per esempio i requisiti di due diligence. L'Italia, insieme all'UE, rimarrà quindi impegnata nel conseguire l'obiettivo di eradicare qualsiasi forma di lavoro forzato.

Sulla base di questi risultati, i negoziati sono stati in via di principio conclusi. Il passaggio politico di fine dicembre, sotto Presidenza tedesca, rappresenta, tuttavia, solo un primo passo verso l'adozione e la ratifica dell'Accordo. Una volta completate revisione e traduzione dei testi in tutte le lingue ufficiali, la Commissione dovrà presentare al Consiglio la proposta di decisione relativa all'approvazione e alla firma dell'Accordo. Successivamente, l'Accordo dovrà essere sottoposto anche al Parlamento europeo. Se otterrà il consenso del Parlamento di Strasburgo, la Commissione dovrà ritornare al Consiglio con la proposta di decisione relativa alla conclusione dell'Accordo. Si tratta di un iter che potrebbe verosimilmente concludersi il primo semestre del 2022, consentendo, quindi, il tempo necessario per ulteriori discussioni politiche e per un ampio dibattito pubblico.

Il CAI, quindi, è senz'altro un Accordo importante in materia di investimenti, ma sarebbe ovviamente un errore pensare che possa rappresentare una panacea per tutte le sfide legate alla Cina. Le nostre relazioni con la Cina sono, infatti, troppo complesse dal punto di vista economico, ma anche geopolitico, per essere affrontate con un unico strumento. Si tratta, comunque, di una componente importante della strategia europea sulla Cina, che non ci esime dalla necessità di continuare a sviluppare le misure autonome dell'Unione europea, sia quelle in vigore che quelle su cui l'UE sta lavorando. Ciò vale, in particolare, per il regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, che ha istituito un quadro per il vaglio degli investimenti diretti esteri nell'Unione ed è pienamente operativo dall'11 ottobre 2020. Esso consente, per l'appunto, alla Commissione e agli Stati membri di individuare, valutare e attenuare i potenziali rischi per la sicurezza o l'ordine pubblico in relazione agli investimenti diretti esteri, indipendentemente dal Paese d'origine.

A questo proposito, l'Italia si è dotata di una normativa nazionale sul cosiddetto golden power particolarmente avanzata, che disciplina poteri speciali in materia di assetti societari nei settori di rilevanza strategica, consentendo di intervenire molto efficacemente in caso di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici.

In conclusione, come sintetizzato dalla Commissione europea, la Cina è, al tempo stesso, un partner nell'affrontare le sfide globali dell'Agenda per lo sviluppo 2030, una controparte negoziale ed un concorrente economico rispetto al quale l'Unione europea deve insistere per ottenere sempre maggiore reciprocità, un rivale sistemico che promuove modelli alternativi sia in termini di valori che di governance.

L'Italia, anche nel contesto europeo, continuerà, quindi, a impegnarsi su tutti questi aspetti per rafforzare la collaborazione e proseguire un dialogo aperto e franco con Pechino, anche sulle tematiche che evidenziano le differenze strutturali e valoriali esistenti, su cui l'Italia si è sempre chiaramente espressa, sia individualmente che di concerto con i partner dell'Unione europea e G7. In questo quadro, l'Italia, sempre insieme all'UE, intende avvalersi della cooperazione transatlantica e della collaborazione con i Paesi alleati, anche per rafforzare le regole a livello globale, in particolare nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio.

PRESIDENTE. L'onorevole Bianchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MATTEO LUIGI BIANCHI (LEGA). Grazie, Presidente. Rispetto alla risposta che è stata data dal Governo non sono soddisfatto e ora vi spiego anche le mie motivazioni. Nell'illustrazione appena fatta, si rimanda quasi totalmente a certe scelte dell'Unione europea. Ovviamente, il nostro Governo ha una certa autorevolezza, dovrebbe quantomeno averla, rispetto alle scelte che vengono portate avanti in sede europea nel tentare di garantire quelle che sono le ricadute, si spera positive, sul nostro Paese, ricadute che, allo stato attuale, nello specifico non conosciamo e, quindi, il timore è che, all'interno di questo accordo, possano esserci degli interessi corporativi di altri Stati membri dell'Unione europea più marcati rispetto a quelli che sono i nostri interessi.

Poi, un altro argomento che mi pare assolutamente singolare è come questo negoziato abbia avuto un'accelerazione così importante in un momento di transizione tra la Presidenza uscente di Donald Trump e la Presidenza entrante di Joe Biden negli Stati Uniti. Quanto meno, io lo interpreto come un approccio poco elegante non attendere l'insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti e, quindi, cercare di capire e comprendere quello che è il sentimento della nuova Presidenza degli Stati Uniti rispetto a questo Accordo, essendo gli americani un partner imprescindibile per il nostro Paese e per l'Unione europea.

Signor sottosegretario, lei ha illustrato degli argomenti di carattere generale; ha citato, tuttavia, anche alcuni elementi puntuali, tipo i servizi cloud e i servizi sanitari. Ecco, ci auguriamo che, su questi argomenti, memori anche degli accadimenti che tutti quanti noi conosciamo relativamente alla pandemia, il nostro Paese e l'Unione europea non dipendano in futuro totalmente da Stati terzi, quali la Cina su alcuni elementi come i servizi sanitari e le forniture di servizi sanitari. Comunque, io ritorno su quello che è un principio che ho illustrato nel mio intervento iniziale e, quindi, sul coinvolgimento dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo su questo negoziato, al quale non è stata data risposta e, quindi, ci auguriamo che si possa avere l'opportunità, in un futuro, prima del primo semestre del 2022, di approfondire meglio questo negoziato e, quindi, prima della conclusione dell'iter che lei ha menzionato.

Chiudo con due argomenti che mi preme citare. Uno è il rapporto e le ricadute che questo negoziato avrà o potrà avere nei confronti di un altro gigante asiatico, che è l'India, che è, ovviamente, anche per il nostro Paese e per i nostri alleati, un partner importante; quindi, secondo me, bisognerebbe anche capire come l'India interpreta questo tipo di approccio. Da ultimo, le ricadute su un argomento importantissimo per il nostro Paese e per le nostre aziende, ma anche di strategia geopolitica, che è la nuova corsa allo spazio e, quindi, come e se, all'interno di questo negoziato, vengono trattate anche quelle che sono le priorità e le esigenze che il nostro Paese, in accordo con l'Agenzia spaziale americana, sta portando avanti sul programma “Artemis”, che dovrebbe riportare l'uomo sulla Luna prima del 2024. Ora, ovviamente, la nuova Presidenza degli Stati Uniti dovrà riconfermare questo programma, ma mi pare di aver capito essere una priorità, anche di strategia, ovviamente, geopolitica. E non so, non mi è dato sapere, se la stessa si sovrappone o si incastra in maniera corretta, per gli interessi del nostro Paese, rispetto a quelli che sono i contenuti di questo importantissimo negoziato.

(Iniziative volte a prevedere la piena accessibilità e interoperabilità dei dati relativi al contagio da COVID-19 e chiarimenti in merito al tracciamento dei positivi - n. 2-00983)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Quartapelle Procopio ed altri n. 2-00983 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Quartapelle Procopio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. In realtà questa interpellanza è un po' datata perché risale a fine ottobre e, poi, purtroppo, c'è stata solo una sessione di interpellanze a cui si sarebbe potuto rispondere. Per fortuna, è stata superata dal lavoro fatto sulla campagna vaccinale di disponibilità dei dati, che è stato un lavoro che ha ottenuto anche dei riconoscimenti da campagne internazionali per l'open data.

È un'interpellanza che si riferisce alla raccolta dei dati sul virus, ne ha fatta una simile anche il collega Marattin. Sappiamo quanto siano fondamentali i dati raccolti sul virus per combatterne la diffusione e sappiamo quanto sia anche fondamentale rendere disponibili questi dati al pubblico, ai cittadini e alla comunità scientifica, perché la loro pubblicità dà un quadro della gravità della situazione e motiva l'assunzione di misure più o meno stringenti nel tempo e nello spazio.

Soprattutto tra fine ottobre e il mese di novembre, ma ancora oggi, c'è stato sicuramente un problema di disponibilità dei dati, dovuto soprattutto alla frammentazione del sistema sanitario italiano, che è un sistema sanitario su base regionale, e quindi solo alcune regioni rendevano disponibili in formato open i dati per i contagi, comune per comune.

L'Istituto superiore di sanità però, secondo la circolare n. 1997 del 2020, ha dichiarato di ricevere quotidianamente i dati relativi a tutti gli individui con infezione da COVID confermata in laboratorio. Quindi, l'Istituto superiore di sanità ha i dati disaggregati, con i dettagli individuali, compresi i dettagli demografici, lo stato clinico e le comorbilità.

Al tempo stesso, questi dati però non erano, non sono resi disponibili se non in formato PDF, quindi sono solo parzialmente diffusi, non tutti i dati demografici e dello stato di salute dei vari pazienti COVID sono resi disponibili e sono resi disponibili appunto in un formato che non permette l'utilizzo da parte della comunità scientifica.

L'interpellanza, quindi, chiede se sia in programma una piena accessibilità e interoperatività dei dati relativi al contagio, con l'obiettivo di comunicarne il contenuto di dato e di consentire una migliore elaborazione da parte della comunità scientifica.

In particolare, si chiede che anche i dati disponibili all'Istituto superiore di sanità siano con licenza CC-BY, come quelli che sono in possesso della Protezione civile, e non con la licenza di oggi, che non è una licenza open. Tutto questo è previsto dall'articolo 52 del codice dell'amministrazione digitale, che dice che i dati senza una espressa adozione di licenza d'uso sono, di default, open.

Si chiede anche che i dati pubblici in PDF e in formato dashboard siano rilasciati in un formato machine readable, cioè in un formato che può essere preso da membri della comunità scientifica e rielaborato, così come già succede per i dati in possesso della Protezione civile. Ringrazio per la risposta verrà data.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Salute, Sandra Zampa, ha facoltà di rispondere.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Onorevole Quartapelle, fin dall'inizio della pandemia il Ministero della Salute, in accordo con le regioni e con tutti gli attori istituzionali interessati, ha adottato le misure di sanità pubblica per la protezione della salute della popolazione con procedure omogenee su tutto il territorio nazionale.

La sorveglianza del COVID-19 nel nostro Paese ha avuto inizio con la circolare del Ministero n. 1997 del 22 gennaio 2020, “Polmonite da nuovo Coronavirus in Cina”, che evidenziava i primi criteri e le modalità di segnalazione dei casi di infezione da SARS-CoV-2, condivisi con il Dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità. Il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con l'ordinanza del 27 febbraio 2020, n. 640, ha affidato la sorveglianza epidemiologica e microbiologica per il COVID-19 allo stesso Istituto.

Dal mese di giugno 2020, l'Istituto superiore di sanità ha provveduto ad integrare nella piattaforma web del sistema di sorveglianza integrata COVID-19 anche la scheda di raccolta dei dati aggregati giornalieri del flusso del Ministero-Protezione civile. Il Ministero della Salute, dopo il controllo e la validazione dei dati, provvede a pubblicare la tabella riepilogativa generata automaticamente dal sistema sul proprio portale.

Nella circolare n. 32732 del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020 il Ministero indica come durante la fase di transizione continui l'attività del Sistema di sorveglianza integrata epidemiologica e microbiologica. Ciò avviene attraverso il Sistema di sorveglianza, che raccoglie, tramite una piattaforma web, dati individuali dei soggetti risultati positivi al SARS-CoV-2 mediante test molecolare effettuato su prelievo rino-orofaringeo, il cosiddetto tampone. Questo sistema permette non solo di monitorare l'andamento dell'epidemia nella popolazione, ma anche di effettuare analisi specifiche per sottogruppi di popolazione, inclusi gruppi di popolazione vulnerabili.

Il laboratorio di riferimento nazionale presso l'Istituto superiore ha il compito di svolgere la sorveglianza genomica virale, al fine di monitorare l'epidemiologia molecolare di SARS-CoV-2, in un numero definito di campioni clinici per ogni regione e provincia autonoma, che vengono inviati con cadenza mensile presso l'Istituto.

Con il progredire dell'epidemia e stante l'esigenza di raccogliere informazioni aggiuntive sui casi confermati, la scheda di sorveglianza è stata integrata con alcune nuove informazioni, quali, ad esempio, la variabile “provenienza del caso”, cioè se si tratta di un caso autoctono oppure importato da altra regione o dall'estero, o la variabile “setting”, che permette di descrivere il luogo o la comunità di acquisizione della malattia. Le attività di identificazione e di gestione dei contatti dei casi probabili o confermati di COVID-19, mediante quarantena e sorveglianza attiva, hanno lo scopo di individuare e isolare tempestivamente i casi secondari, in modo da interrompere le catene di trasmissione.

A causa della trasmissione diffusa dal virus su tutto il territorio nazionale, con presenza di focolai anche di dimensioni considerevoli, si è assistito ad un progressivo aumento delle suddette attività, sia a livello centrale che periferico, in seguito alle riaperture avvenute successivamente alla fase di lockdown. L'identificazione e gestione dei contatti stretti è stata svolta a livello territoriale dalle autorità sanitarie locali.

Per quanto riguarda il tracciamento dei contatti, secondo quanto stabilito dalla circolare di questo Ministero n. 18584 del 29 maggio 2020, lo scopo di identificare e gestire i contatti dei casi probabili o confermati di COVID-19 è quello di individuare e isolare rapidamente i casi secondari, per poter intervenire e interrompere la catena di trasmissione. Questo obiettivo viene raggiunto attraverso le seguenti azioni: identificare rapidamente i contatti di un caso probabile o confermato; fornire ai contatti le informazioni sulla patologia, sulla quarantena, sulle corrette misure di igiene respiratoria e delle mani, e indicazioni su cosa fare in caso di manifestazione dei sintomi; provvedere tempestivamente all'esecuzione di test diagnostici nei contatti che sviluppano sintomi.

Nel giugno 2020, l'Istituto superiore ha pubblicato una guida che illustra le fasi chiave del processo di contact tracing, mettendo a disposizione una serie di moduli standard per la raccolta dei dati, con lo scopo di fornire uno strumento per rendere omogeneo l'approccio a questa attività nel territorio nazionale, e ha sviluppato un corso di formazione a distanza per gli operatori di sanità pubblica che svolgono le attività di contact tracing nel contesto del COVID.

L'Istituto superiore di sanità ha messo a disposizione la versione italiana dei software Go.Data, la piattaforma web sviluppata dall'OMS per agevolare la raccolta dei dati durante le emergenze di sanità pubblica. Nell'ambito della digital health, il commissario straordinario per l'emergenza COVID-19 della Presidenza del Consiglio dei Ministri - in collaborazione con il Ministero della Salute e il Ministero per l'Innovazione tecnologica e la digitalizzazione - ha, inoltre, reso disponibile un'applicazione per telefoni cellulari, finalizzata al tracciamento di prossimità quale strumento per coadiuvare il contact tracing tradizionale.

Secondo quanto stabilito dalla circolare del Ministero della Salute del 30 aprile 2020, n. 15279, per gli scopi di monitoraggio e per la necessità di classificare tempestivamente il livello di rischio, in modo da poter valutare la necessità di modulazioni nelle attività di risposta all'epidemia, sono stati disegnati alcuni indicatori con valori di soglia e di allerta, che sono monitorati, attraverso sistemi di sorveglianza coordinati a livello nazionale, al fine di ottenere dati aggregati nazionali, regionali e locali.

Questi indicatori sono finalizzati ad una raccolta del dato e ad una migliore comprensione della qualità dello stesso, al fine di potere realizzare nel modo più corretto possibile una classificazione rapida del rischio, di concerto con l'Istituto superiore di sanità, con le regioni e le province autonome. Alcuni indicatori, definiti opzionali, sono relativi a flussi di sorveglianza non attualmente attivi, che potranno essere istituiti in alcune regioni o province autonome in base alla fattibilità e all'opportunità. Questi indicatori verranno considerati nella classificazione del rischio solo qualora la regione o la provincia autonoma raccolgano il dato a seguito dell'attivazione del relativo flusso informativo.

Una classificazione aggiornata del rischio per ciascuna regione avviene settimanalmente. Il Ministero della Salute, tramite la nota cabina di regia, che coinvolge le regioni, le province autonome e l'Istituto superiore di sanità, raccoglie le informazioni necessarie per la classificazione del rischio e realizza una classificazione settimanale del livello di rischio di una trasmissione non controllata e non gestibile di SARS-CoV-2 nelle regioni e nei territori.

L'Istituto superiore di sanità ha operato nel rispetto delle indicazioni normative, dotandosi del personale necessario al fine di condurre le indagini epidemiologiche mirate all'identificazione della catena di trasmissione e ha confermato le proprie condotte anche in relazione al Regolamento europeo 679/2016, in materia di protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali.

Quanto al contact tracing, sia tradizionale che digitale (strumento per la ricostruzione della rete dei contagi), del tutto autonoma rispetto al trattamento di dati personali di cui alla sorveglianza integrata COVID-19, l'Istituto superiore di sanità nel contesto emergenziale ha predisposto e attuato corsi di formazione in ambito di emergenza epidemiologica ed in particolare nell'utilizzo dell'applicazione Immuni, al fine di concorrere nel dare esecuzione alla circolare del Ministero del 29 maggio 2020, n. 18584.

Sulla base delle indicazioni sopra fornite, consegue che la comunità scientifica è già abilitata a presentare istanze presso l'Istituto superiore di sanità per ricevere i dati di cui necessita, dando esecuzione al terzo comma dell'OCDPC n. 691 del 2020, ricevendoli attraverso un flusso di comunicazione in forma aggregata o anche in forma individuale con la sola misura di sicurezza tecnica, la pseudonimizzazione.

Il ruolo dell'Istituto superiore di sanità in ambito di tracing è stato, sin dal primo momento, attivo e partecipativo nel sostenere il Ministero della Salute nelle operazioni di tracciamento attraverso la formazione delle strutture di prevenzione e degli operatori sanitari chiamati in via diretta ad adoperarsi per il raggiungimento dell'obiettivo.

PRESIDENTE. L'onorevole Quartapelle Procopio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Ringrazio la sottosegretaria per la risposta, anche su altre due questioni toccate dall'interpellanza, quelle del contact tracing e dello screening. Ci tengo a ribadire una cosa: lo spirito che anima l'interpellanza è che la questione della trasparenza non è solo una questione per specialisti o per accademici. Certo, c'è stata una campagna, che è ancora in corso, organizzata dall'associazione “onData”, perché i dati siano disponibili non solo su richiesta, ma siano disponibili immediatamente, a partire dal sito dell'Istituto superiore di sanità. Dietro questa richiesta c'è sicuramente un interesse della comunità scientifica e sappiamo quanto, in questi mesi in particolare, dobbiamo essere grati a chi fa ricerca nel nostro Paese, fuori, che spesso lo fa in una condizione che è spesso sfavorevole. E sicuramente, una delle lezioni che noi dobbiamo trarre dalla pandemia è l'attenzione al mondo di chi fa ricerca e, quindi, forse, anche solo basterebbe la campagna lanciata da chi vuole fare del lavoro scientifico su questi dati.

Ma non c'è solo questo punto che sostiene la richiesta di una accessibilità di default per i dati. È anche e soprattutto una questione di democrazia: poter lavorare sulla trasparenza dei criteri con cui sono prese le decisioni pubbliche e sui dati che stanno alla base delle decisioni pubbliche significa avere un altro rapporto con i cittadini; significa coinvolgerli di più, spiegare la razionalità delle decisioni che sono prese e, quindi, avere, da parte dei cittadini, una migliore adesione alle regole, che sappiamo in questi mesi sono regole stringenti, regole che limitano molto la vita quotidiana e l'ordinato e ordinario scorrere delle giornate dei nostri cittadini. Per questo è importante che, al di là del fatto che siano disponibili su richiesta, i dati vengano resi disponibili di default, a partire dal sito dell'Istituto superiore di sanità, così come chiede l'articolo 52 del Codice dell'amministrazione digitale.

Sarebbe interessante anche avere e istituire una figura di referente istituzionale ufficiale del Governo sulla trasparenza dei dati sanitari, soprattutto in questo momento.

Sarebbero due piccoli gesti, due piccole forme organizzative del lavoro quotidiano. Sappiamo, infatti, quanto sia onerosa l'attività quotidiana in particolare del Ministero della Salute e del Governo tutto in questa fase di epidemia, ma sarebbero due piccole decisioni organizzative - rendere disponibili immediatamente i dati in formato open sul sito dell'Istituto superiore di sanità e avere un referente istituzionale ufficiale del Governo per l'accessibilità dei dati - che, però, favorirebbero, da un lato, la maggiore collaborazione con la comunità scientifica e, dall'altro lato, una migliore trasparenza sui criteri e sui dati sottostanti le decisioni del Governo, che favorirebbero un rapporto diverso tra Governo e cittadini, in una fase in cui noi stiamo chiedendo davvero molto sia alla comunità scientifica che ai nostri cittadini.

Io spero che questa interpellanza non resti semplicemente una cosa discussa qui, in Aula, ma che, insieme alle richieste di tanti altri colleghi (il collega Marattin, di Italia Viva, si era fatto latore di una richiesta analoga, con alcuni colleghi, a partire dal collega Fusacchia; in legge di bilancio avevamo presentato emendamenti per favorire una migliore trasparenza e accessibilità dei dati), il Governo possa tenere in considerazione queste richieste da parte di parlamentari di tanti partiti diversi, però tutti animati dalla preoccupazione di favorire un migliore rapporto tra chi decide e chi subisce ma deve partecipare alle decisioni.

(Chiarimenti e iniziative in ordine alla trasmissione delle informazioni sui decessi da COVID-19 e in ordine ad un'adeguata e affidabile pubblicità del dato giornaliero - n. 2-01028)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Marattin ed altri n. 2-01028 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Marattin ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

LUIGI MARATTIN (IV). La ringrazio, Presidente. Buongiorno, sottosegretario. Sì, questa è la seconda, per quanto riguarda il gruppo di Italia Viva, anche se l'interpellanza è firmata anche da molti colleghi di altri partiti, ma diciamo che è la seconda interpellanza in una stessa filiera, alla quale appartiene l'interpellanza della collega Quartapelle Procopio appena appena fatta, rivolta alla tematica della totale trasparenza, accessibilità e chiarezza dei dati inerenti questa terribile pandemia.

E faccio la stessa introduzione che ho fatto alla precedente interpellanza di un paio di mesi fa, che ha ancora più valore, forse, adesso: vale a dire un ringraziamento al Ministero della Salute, sia alla componente tecnica che a quella politica, per il lavoro che sta svolgendo durante questa pandemia. Dicevo l'altra volta che non esiste sfida peggiore, probabilmente, per un'amministrazione statale che si occupa di salute, di uno scenario del genere; quindi, in ogni caso il primo pensiero è un ringraziamento, che ovviamente non preclude considerazioni volte a migliorare, rafforzare l'azione collettiva contro questa pandemia.

Nella scorsa interpellanza avevo fatto due domande, come si ricorda. Una è sulla richiesta di avere anche gli ingressi in terapia intensiva, oltre che il saldo giornaliero. Lei, sottosegretaria, rispose che non era prevedibile un accoglimento di questa richiesta a breve, poi siamo stati piacevolmente sorpresi nel vedere che, invece, questi dati sono stati resi disponibili. Ringraziamo lei e tutto il Ministero, ovviamente la Protezione civile e tutti gli attori coinvolti, per questo. Fra l'altro, da fine dicembre in particolare i dati sono completi, perché è mancato a lungo il dato giornaliero della Campania, e ora, invece, questi dati sono disponibili.

La seconda parte di quell'interpellanza, che ricalca quella della collega Quartapelle di poco fa, cioè sull'accessibilità totale dei dati, non ebbe all'epoca una risposta piena. Mi perdonerà, sottosegretaria: credo che non abbia avuto risposta neanche l'interpellanza della collega Quartapelle, poco fa, su questo punto. Ma, al di là di ciò, questa odierna interpellanza attiene ad una questione simile, ma leggermente diversa dalla scorsa, molto delicata, perché attiene al numero di decessi; e non esiste cosa peggiore dei decessi in questa pandemia, perché, come abbiamo sempre ricordato, oltre alla tragedia stessa della morte, questa pandemia infligge la cosa peggiore di tutte, che è far morire da sole le persone. Le assicuro, quindi, che tutti noi che abbiamo firmato questa interpellanza, ed io in particolare che la sto esponendo, ci avviciniamo a questo tema con il massimo di rispetto e di timore nel toccare argomenti del genere, suggerendo approcci migliorativi: perché viviamo, purtroppo, in un contesto pubblico in cui è facile essere strumentalizzati, in cui anche su questa terribile pandemia e anche sulla questione dei morti si raccontano tante sciocchezze, ma, ciononostante, noi, come noto, non ci facciamo intimorire da problematiche di questo tipo, e arriviamo dritti al punto su come sia possibile migliorare lo stato presente delle cose.

Il numero di morti totale di questa pandemia all'epoca dell'interpellanza era molto inferiore; purtroppo credo siamo arrivati, ieri, a 80.848, che è un dato terribile. E la presente interpellanza non intacca affatto il dato aggregato, perché il numero di morti totali è quello, nonostante possa essere diviso fra i giorni o fra le settimane in modo differente, quindi niente di quanto sto per dire attiene alla tragedia di avere un numero assoluto così elevato. Così come non attiene alle varie polemiche che ci sono in merito alla classificazione dei morti COVID, perché sappiamo che la comorbilità è una questione importante, ma non significa certo che la presenza del virus nelle persone che hanno altre patologie renda indifferente, appunto, la presenza del virus stesso. Tuttavia, c'è una questione - arrivo al punto, sottosegretaria - che noi riteniamo cruciale, perché gli italiani sono spaventati da questa pandemia, e nella maggioranza dei casi fanno benissimo ad esserlo, ma chi si assume la responsabilità, l'onere e l'onore di guidare una Nazione deve anche maneggiare con molta cura le reazioni possibili della popolazione a notizie tragiche come queste. Il 3 dicembre scorso tutti i notiziari della sera hanno aperto con il record giornaliero dei morti, 993, addirittura superiore ai picchi della prima ondata; ed eravamo in una fase molto complessa, a cui poi seguì una fase ancora più complessa, perché eravamo a pochi giorni dalle foto di via del Corso, che - come dire? - indussero a determinate decisioni, che furono prese probabilmente oltre che sui dati ufficiali, su cui ho già detto, anche su immagini forti, quali sono foto di assembramenti. Ma l'immagine più forte di tutte è il numero di morti giornaliero: perché quando una famiglia cena di fronte alla televisione e vede che sono morte 993 persone nelle ultime 24 ore, è una cosa che fa paura e deve far paura.

Qualche giorno dopo, forse il giorno dopo, un organo di stampa ha riportato una notizia che ha mosso questa interpellanza, relativa al fatto che quel dato del 3 dicembre, i 993 morti, che ha colpito gli italiani perché era il record assoluto di morti giornalieri, in realtà, per una parte - credo 127, 128, quello che è - era riferito a persone decedute nei giorni e nelle settimane addirittura precedenti. Lo ripeto, questo, anche se era così, non intacca il numero totale di morti: anche sottraendo quei morti dubbi, il 3 dicembre, erano comunque tantissimi, quindi tutti questi discorsi devono essere molto, molto chiari. Tuttavia, io credo che ci sia una certa differenza nello stabilire che i morti comunicati alle ore 18 o 17 di ogni giorno sono o non sono riferiti alle 24 ore precedenti. Perché, ripeto, non fa alcuna differenza in assoluto: quando tireremo una riga, nel meraviglioso giorno alla fine di questa pandemia, il numero totale di morti sarà quello, e se superiore a uno è comunque una cifra inaccettabile. Però, è nostro dovere riuscire a tarare la comunicazione nei confronti dei cittadini in un momento come questo, non solo nella chiarezza e nell'accessibilità dei numeri, e si veda l'interpellanza precedente della collega Quartapelle e quella nostra del mese scorso, ma anche sulla rispondenza esatta a quanto avvenuto. Gli italiani devono sapere ogni sera il numero, i numeri di questa pandemia, i contagiati, i tamponi e purtroppo anche i deceduti, relativi alle ultime 24 ore in maniera standardizzata, in maniera chiara, in maniera trasparente, perché altrimenti, purtroppo in questa vicenda sono in gioco emozioni, sensazioni collettive che possono indurre a un clima sbagliato, in un senso o in un altro, anche se - non so che parola usare - gli errori o le inefficienze… Perché la nostra interpellanza è volta a chiedere se è vero che, non solo il 3 dicembre, ma anche gli altri giorni, i morti comunicati sono relativi o meno alle ultime 24 ore, oppure se vi sono, in quel giorno, anche persone decedute nei giorni precedenti; perché quello che accade, ripeto, è la necessità di assicurarsi, in modo assoluto, che le comunicazioni siano rispondenti esattamente a quello che accade, perché, in un senso o in un altro, si creerebbe una distorsione. Anche se, ripeto, l'errore fosse in senso opposto, cioè se si dovessero comunicare meno deceduti rispetto a quelli che sono nelle ultime 24 ore, si creerebbe un ottimismo che sarebbe ugualmente sbagliato. Quindi, ogni tipo di sensazione indotta in chi ascolta, purtroppo, queste drammatiche notizie tutte le sere deve essere esattamente corrispondente a quello che accade, oltre ad essere perfettamente accessibile alla comunità scientifica, come dicevamo prima.

Sottosegretaria, noi le chiediamo, quindi, innanzitutto se quanto riportato da quell'organo di stampa rispondesse al vero o meno: cioè i 993 morti del 3 dicembre sono tutti deceduti nelle 24 ore precedenti o meno? E, in generale, quando, alle 17 ogni giorno, la Protezione civile e l'Istituto superiore di sanità, con il Ministro della Salute, comunicano il numero di deceduti giornalieri, siamo assolutamente sicuri che quello sia il numero relativo ai decessi delle ultime 24 ore, o le inefficienze di sistema fanno sì che si scarichino su quel giorno anche deceduti nei giorni precedenti? E se sì, chi decide quanti? Chi decide fino a che punto scaricare su quel particolare giorno persone che, purtroppo, hanno perso la vita nei giorni precedenti?

Tutto questo corrisponde al vero o no? E, se sì, che cosa intende fare il Ministero della Salute per assicurarsi che, invece, le comunicazioni non solo dei deceduti, che sono la cosa più tragica, ma anche dei contagiati, dei tamponi fatti, dei guariti, dei dimessi, degli ingressi in terapia intensiva, siano esattamente quelli in tempo reale? Perché il monitoraggio della situazione, l'accessibilità dei dati alla comunità scientifica e la trasparenza verso i cittadini sarà, assieme ai vaccini, l'arma che ci consentirà di sconfiggere, tutti insieme, questa maledetta pandemia (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Salute, Sandra Zampa, ha facoltà di rispondere.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Onorevole Marattin, il sistema di sorveglianza nazionale per il contrasto all'emergenza pandemica ha origine da un complesso flusso di dati, che, come lei sa, inizia a livello locale. I casi sospetti di aver contratto il virus COVID-19, siano essi a casa in isolamento domiciliare o ricoverati in ospedale, vengono sottoposti al test diagnostico molecolare per SARS-CoV-2. I campioni vengono inviati e analizzati nei laboratori regionali di riferimento. I laboratori regionali, a loro volta, informano del risultato le aziende sanitarie locali, che coordinano il flusso di dati tra i casi, gli ospedali, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, al fine di raccogliere informazioni dettagliate su ogni individuo che risulti positivo al test. I referenti regionali per la sorveglianza epidemiologica raccolgono le informazioni dei casi di tutte le aziende sanitarie locali.

In Italia attualmente vi sono due principali fonti di informazione sull'epidemia: il bollettino informativo del Ministero della Salute-Dipartimento Protezione civile (dati aggregati); la piattaforma nazionale di sorveglianza COVID-19 dell'Istituto superiore di sanità, dove invece si trovano i dati individuali.

La fonte Ministero della Salute-Dipartimento Protezione civile raccoglie quotidianamente informazioni sul numero totale di test positivi, decessi, ricoveri in ospedale e ricoveri in terapia intensiva in ogni provincia d'Italia. La fonte Istituto superiore di sanità prevede che le Regioni forniscano dettagli individuali su tutti i casi, compresi i casi demografici, lo stato clinico (quindi, l'indicatore sintetico di gravità della sintomatologia), la presenza di alcuni fattori di rischio (in particolare le patologie croniche di base), e l'esito (guarigione o, purtroppo, decesso).

La sorveglianza integrata ha avuto inizio con la circolare del Ministero della Salute del 22 gennaio - l'ho ricordata nella precedente risposta - che ha delineato i primi criteri e le modalità di segnalazione dei casi di quello che all'epoca veniva definito “nuovo Coronavirus”, condivisi con il Dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità.

In seguito, con l'evolversi della situazione epidemiologica, sono state emanate ulteriori circolari ministeriali contenenti le necessarie integrazioni e gli aggiornamenti in tempo reale.

Il Dipartimento della Protezione civile, tramite l'ordinanza del 27 febbraio 2020, la n. 640, ha affidato la sorveglianza epidemiologica e microbiologica per il COVID-19 all'Istituto superiore di sanità, che ha creato una piattaforma informatica dedicata per consentire la raccolta giornaliera dei dati, sia attraverso un'interfaccia web in collegamento alla piattaforma stessa, sia attraverso l'invio di un dataset. I dati raccolti da entrambe le fonti sono consultabili quotidianamente sul sito istituzionale del Ministero della Salute e dell'Istituto superiore.

In merito al quesito relativo all'imputazione dei decessi comunicati giornalmente, ovviamente con riferimento a un giorno determinato, faccio presente che il bollettino informativo del Ministero della Salute-Protezione civile, cioè il bollettino che raccoglie i dati aggregati, riporta i dati forniti quotidianamente dalle regioni e che l'assegnazione del singolo decesso a un determinato giorno deriva dal flusso dei dati regionali.

I dati individuali relativi ai singoli decessi sono presenti nel database nazionale di sorveglianza integrata dell'ISS, il quale, in base all'ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile del 4 agosto 2020, n. 691, può essere consultato in formato open data, in forma aggregata con modalità di pseudonimizzazione con doppio codice random, da centri di competenza nell'ambito scientifico e di ricerca, dagli enti di particolare rilevanza scientifica, nazionali e internazionali, e da pubbliche amministrazioni.

In merito alla questione in esame, l'Istituto superiore di sanità ha inteso precisare, riguardo al flusso giornaliero dei dati provenienti dalle regioni, che i numeri riportati non necessariamente riflettono perfettamente le diagnosi, i ricoverati e i morti del giorno stesso, in quanto i dati risentono di possibili ritardi nella comunicazione a cura di ASL, laboratori o comuni stessi, per i casi di decesso, in particolare quelli che avvengono a domicilio. Tali evenienze possono comportare oscillazioni giornaliere.

Il flusso di dati che fa capo all'Istituto raccoglie, relativamente alle stesse diagnosi, le informazioni individuali, quali l'età del soggetto, il sesso (il genere), comune di domicilio o residenza, date relative all'inizio dei sintomi, alla diagnosi, al ricovero, all'eventuale terapia intensiva e al decesso.

Detto flusso permette di identificare con esattezza le date degli eventi principali in relazione al monitoraggio dell'epidemia da COVID-19 nel nostro Paese e, in particolare, l'evoluzione spazio-temporale nonché le principali caratteristiche riguardanti gli individui affetti.

L'Istituto superiore di sanità ha sempre evidenziato che i dati riportati al flusso aggregato coordinati dal Ministero della Salute sono nel complesso sostanzialmente affidabili, specialmente quando valutati a livello nazionale e regionale, per il monitoraggio quotidiano dell'andamento, anche tenuto conto dei limiti già citati.

PRESIDENTE. L'onorevole Marattin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LUIGI MARATTIN (IV). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria che ha chiarito. Ha ricordato quanto sostenuto dall'Istituto superiore di sanità, vale a dire che i dati, sostanzialmente, sono comunicati dalle regioni e che, dalla risposta che ho ascoltato, non vi è garanzia che i decessi comunicati come avvenuti nelle ultime 24 ore siano effettivamente avvenuti nelle ultime 24 ore.

Meno chiara mi è la discrezionalità in capo, a questo punto, alle singole regioni nel, diciamo, imputare o meno i decessi - sono termini orribili: purtroppo, dobbiamo usare questi - al giorno effettivo e non a un giorno qualsiasi, perché - ripeto - dietro a questa scelta si cela la possibilità di scatenare reazioni, emozioni e sensazioni nei nostri concittadini sulla cosa più terribile in assoluto.

Quindi, se mi soddisfa la chiarezza su questo punto, che non so quanto sia, come dire, conosciuto ai nostri concittadini, mi soddisfa un po' di meno non essere in grado di comprendere che cosa impedisce esattamente alle amministrazioni locali di imputare i decessi al giorno effettivo e/o cosa spinge a concentrare o a non concentrare le informazioni che giungono in ritardo in un particolare giorno, perché il riflesso aggregato di questa scelta porta a titoli sui notiziari della sera o sui siti Internet che generano forte impatto sui nostri concittadini.

Ripeto: niente di tutto ciò ha a che fare con la somma, con il complesso dei deceduti di questa terribile pandemia.

Niente di tutto ciò ha a che fare con questo, ma l'andamento giornaliero e i morti giornalieri, lo sappiamo tutti, hanno scosso le coscienze e lo continuano a fare perché i morti, purtroppo, continuano a essere in diverse centinaia. Questa vicenda, quindi, è particolarmente importante e io sono sicuro che nelle prossime settimane e nei prossimi giorni noi non abbandoneremo questa vicenda, anche indagando presso le amministrazioni locali per riuscire ad assicurarci che il flusso informativo sia il più possibile accurato, perché, lo ripeto, è in gioco non solo la chiarezza dei dati, ma lo sono anche le sensazioni, le emozioni, i contraccolpi e l'impatto che, la cosa più terribile di tutte, la morte per COVID-19, può provocare fra i nostri concittadini in un momento così complicato; ciò ci mette nelle condizioni di combattere realmente, assieme, lo ripeto, soprattutto alla campagna vaccinale, finalmente, il virus COVID-19.

(Chiarimenti in ordine alle raccomandazioni internazionali ed europee relative alle categorie da vaccinare in via prioritaria contro il COVID-19 e all'opportunità di includervi i soggetti con disabilità e il personale docente ed educativo - n. 2-01070)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ruggiero ed altri n. 2-01070 (Vedi l'allegato A). L'onorevole Ruggiero ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie, Presidente. Signora sottosegretaria, il 2 dicembre scorso, il Governo ha presentato le linee guida del Piano strategico per la vaccinazione, sia alla Camera che al Senato, elaborato congiuntamente dal Ministero della Salute, dal commissario straordinario per l'emergenza, dall'Istituto superiore di sanità, da Agenas e Aifa e l'Italia è stato il primo Paese in Europa a discutere e ad assumere il documento di indirizzo e programmazione per la somministrazione dei vaccini.

Presso il Ministero della Salute è stato istituito un gruppo di lavoro intersettoriale per fornire al Paese il Piano nazionale per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2 ad interim con l'intento di definire le strategie vaccinali, i possibili modelli organizzativi, compresa la formazione del personale, la logistica, le caratteristiche del sistema informativo di supporto a tutte le attività connesse con la vaccinazione, gli aspetti relativi alla comunicazione, alla vaccino-vigilanza e sorveglianza e ai modelli di impatto e di analisi economica. Il citato Piano reca le linee di indirizzo relative alle azioni da implementare al fine di garantire la vaccinazione secondo standard uniformi, nonché il monitoraggio e la valutazione tempestiva delle vaccinazioni durante la campagna vaccinale.

In riferimento all'identificazione delle categorie da vaccinare, il capitolo 2 del Piano precisa che lo sviluppo di raccomandazioni su gruppi target a cui offrire la vaccinazione è ispirato dai valori e principi di equità, reciprocità, legittimità, protezione e promozione della salute e del benessere e che, a tal fine, è necessario identificare gli obiettivi della vaccinazione, identificare e definire i gruppi prioritari, stimare le dimensioni dei gruppi target e le dosi di vaccino necessarie e, in base alle dosi disponibili, identificare i sottogruppi a cui dare estrema priorità. Il Piano precisa che le raccomandazioni sono soggette a modifiche e verranno aggiornate in base all'evoluzione delle conoscenze e delle informazioni su efficacia vaccinale e/o immunogenicità in diversi gruppi di età e fattori di rischio, sulla sicurezza della vaccinazione in diversi gruppi di età e gruppi di rischio, sull'effetto del vaccino, sull'acquisizione dell'infezione, sulla trasmissione o sulla protezione da forme gravi di malattia, sulle dinamiche di trasmissione del virus SARS-COV-2 nella popolazione nazionale e sulle caratteristiche epidemiologiche, microbiologiche e cliniche di COVID-19. Il Piano, al riguardo, evidenzia che è attivo anche un confronto con il Comitato nazionale di bioetica.

Tenuto conto della disponibilità di vaccini contro il COVID-19, il Piano evidenzia la necessità di definire delle priorità in modo chiaro e trasparente, tenendo conto delle raccomandazioni internazionali ed europee. Poiché il Paese si trova nella fase di trasmissione sostenuta in comunità, la strategia di sanità pubblica per questa fase iniziale, secondo quanto si evince dal Piano, si focalizza sulla riduzione diretta della morbilità e della mortalità, nonché sul mantenimento dei servizi essenziali più critici. Successivamente, qualora saranno autorizzati altri nuovi vaccini che si mostrino in grado di prevenire l'infezione, si focalizzerà l'attenzione anche sulla riduzione della trasmissione, al fine di ridurre ulteriormente il carico di malattia e le conseguenze sociali ed economiche. Al fine di sfruttare l'effetto protettivo diretto dei vaccini, il Piano ha identificato le categorie da vaccinare in via prioritaria nelle fasi iniziali: gli operatori sanitari e sociosanitari, i residenti e il personale dei presidi residenziali per anziani e le persone di età avanzata.

Le chiediamo di fare chiarezza - così che tutti conoscano la struttura del Piano al meglio - su quali siano le raccomandazioni internazionali ed europee che hanno indotto alla identificazione delle categorie da vaccinare in via prioritaria nelle fasi iniziali e sulle basi di quali evidenze scientifiche e se sia stata valutata l'opportunità di inserire tra le categorie da vaccinare in via preventiva altre categorie come i soggetti con disabilità, i malati rari, gli immunodepressi e, con loro, i loro caregiver e il personale educativo.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Salute, Sandra Zampa, ha facoltà di rispondere.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Onorevole Ruggiero, l'Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato, il 14 settembre 2020, il documento che individua i principi che i singoli Paesi possono utilizzare per individuare le priorità necessarie nelle prime fasi della campagna di vaccinazione per COVID-19, quando le dosi di vaccino disponibili sono ancora molto limitate, esattamente la situazione nella quale ci troviamo. I principi raccomandati sono: salute e benessere umano, uguale rispetto per tutti gli esseri umani, equità globale, equità nazionale, legittimità e trasparenza.

Il 20 ottobre 2020, è stato pubblicato un nuovo documento che suggerisce le strategie di sanità pubblica e i gruppi di popolazione prioritari, secondo i diversi livelli di disponibilità del vaccino e sulla base della situazione epidemiologica. In particolare, tale documento ipotizza tre scenari per quanto riguarda la disponibilità di vaccini: disponibilità molto limitata di dosi di vaccini (dall'1 al 10 per cento della popolazione nazionale) per la distribuzione iniziale; disponibilità limitata (dall'11 al 20 per cento della popolazione nazionale); disponibilità moderata (dal 21 al 50 per cento della popolazione nazionale). Tra gli esempi proposti nel documento il personale sanitario a rischio alto e molto alto di contrarre l'infezione è inserito tra le categorie prioritarie, in base ai seguenti motivi: proteggere questi lavoratori significa proteggere la disponibilità dei servizi essenziali per la risposta alla pandemia, inoltre, qualora i servizi sanitari fossero compromessi per gli effetti, invece, della pandemia, gli esiti causati sarebbero molto più gravi; le evidenze scientifiche suggeriscono che gli operatori sanitari siano ad alto rischio di contrarre l'infezione, di sviluppare la malattia e di decesso, ed esiste il rischio di trasmissione ulteriore ai pazienti; un ulteriore motivo riguarda la reciprocità, in quanto questi operatori sono in prima linea e lavorano in condizioni difficili e di intensa pressione che pongono, non solo loro stessi, ma anche le loro famiglie, ad alto rischio per poter accudire i pazienti. Oltre a questi motivi, vi sono aspetti di natura pragmatica, poiché gli operatori sanitari interagiscono con il sistema sanitario responsabile della vaccinazione.

Il documento suggerisce di inserire nella fase prioritaria di somministrazione dei vaccini gli anziani e, successivamente, i gruppi sociodemografici a rischio significativamente maggiore di forme gravi e di decesso, in base ai principi di equità e di uguale rispetto per tutti gli esseri umani. Altri gruppi sociali e i lavoratori ad alto rischio di contrarre l'infezione e di trasmetterla in quanto impossibilitati a rispettare il distanziamento sociale sono inseriti nella fase successiva. Il documento raccomanda, inoltre, di tener conto della numerosità delle varie categorie di persone, in base alle disponibilità delle dosi di vaccini.

Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha prodotto, il 26 ottobre 2020, un documento che fornisce una panoramica dei principali aspetti legati alle fasi iniziali successive all'introduzione di uno o più vaccini per COVID-19. Questo documento propone i seguenti approcci, non mutuamente esclusivi, per definire le strategie di vaccinazione, tenendo conto dei diversi livelli di disponibilità del vaccino: concentrarsi su gruppi selezionati, ad esempio, individui a rischio di COVID-19 grave, lavoratori essenziali e gruppi vulnerabili; vaccinare in base alle fasce di età, ad esempio, tutti gli individui al di sopra di una certa età; dare priorità ai gruppi con un aumentato rischio di esposizione e successiva trasmissione di SARS-CoV-2; dare la priorità alle regioni geografiche con alta incidenza di COVID-19; utilizzare il vaccino per controllare focolai attivi; realizzare approcci adattativi da modulare in base alle circostanze; condurre a una strategia di vaccinazione universale.

Data la prevista carenza iniziale, l'ECDC suggerisce ai Paesi europei di identificare i gruppi prioritari per la vaccinazione e, successivamente, di categorizzarli ulteriormente in diversi livelli di priorità.

L'identificazione dei gruppi prioritari e dei livelli al loro interno dovrebbe essere basata su diversi fattori, tra cui l'epidemiologia della malattia al momento della distribuzione del vaccino o l'evidenza del rischio di malattia grave e di esposizione al COVID-19 o il mantenimento di servizi essenziali e princìpi di equità.

Il Comitato etico per la bioetica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il 27 novembre 2020 - pochi mesi fa quindi - ha espresso alcune considerazioni per una riflessione etica generale sul tema dei vaccini, con particolare riferimento alla ricerca, alla produzione e alla distribuzione nell'ambito della pandemia da COVID-19.

In particolare, nella consapevolezza che non sarà possibile vaccinare tutti i soggetti nello stesso momento, viene sottolineata l'importanza che ogni scelta di distribuzione si richiami al principio morale, deontologico e giuridico dell'uguale dignità di ogni essere umano e dell'assenza di ogni discriminazione, oltre che al principio integrativo dell'equità, ossia della particolare considerazione di vulnerabilità per specifici bisogni.

Il Ministro della Salute ha presentato le linee guida del piano strategico per la vaccinazione il 2 dicembre 2020 al Parlamento e ha ottenuto l'approvazione del Parlamento. Il 16 dicembre 2020 è stata fornita un'informativa sul documento “Vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19- Piano strategico” alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Successivamente, la legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021), all'articolo 1, commi da 457 a 467, reca la disciplina sul piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da virus SARS-CoV-2 e il 2 gennaio 2021 è stato emanato il decreto di adozione dello stesso piano.

L'attività di vaccinazione, come noto, è già iniziata alla fine del dicembre 2020, in base al documento di programmazione presentato dal Governo. Il piano strategico dell'Italia illustra con contenuti testuali e grafici la progressiva disponibilità delle dosi di vaccino. In particolare, ricordo che all'Italia sono destinate il 13,46 per cento delle dosi acquisite a livello europeo, il cui numero, tuttavia, allo stato attuale, può essere solo stimato, essendo soggetto a variazioni in funzione dei processi di autorizzazione e di assegnazione delle dosi.

Il piano, basandosi sul dettato della Costituzione italiana e ispirandosi ai valori e principi di equità, reciprocità, legittimità, protezione e promozione della salute e del benessere, riconosce che, nella fase iniziale di disponibilità limitata di vaccini, è necessario definire delle priorità in modo chiaro e trasparente, tenendo conto delle raccomandazioni internazionali ed europee, che ovviamente saranno soggette a successiva revisione e aggiornamento. Il piano individua, com'è noto, tre categorie da vaccinare in via prioritaria.

Operatori sanitari e sociosanitari: operatori sanitari in prima linea, sia pubblici che privati accreditati, perché hanno un rischio più elevato di essere esposti al COVID e di trasmetterlo a pazienti suscettibili e vulnerabili in contesti sanitari e sociali. È riconosciuto che la vaccinazione degli operatori sociosanitari e sanitari in prima linea aiuterà a mantenere la resilienza del servizio sanitario. La priorità di vaccinazione di questa categoria è supportata anche dal principio di reciprocità, indicato dal values framework dell'OMS e rappresenta una priorità assoluta.

Residenti e personale dei presidi residenziali per anziani: un'elevata percentuale di residenze sanitarie assistenziali (RSA) è stata gravemente colpita dal COVID. I residenti di queste strutture sono ad alto rischio di malattia grave, a causa dell'età avanzata, della presenza di molteplici comorbidità, della necessità di assistenza per alimentarsi e per varie altre attività quotidiane. Pertanto, sia la popolazione istituzionalizzata sia il personale dei presidi residenziali per anziani devono essere considerati ad elevata priorità per la vaccinazione.

Persone di età avanzata: un programma vaccinale basato sull'età è generalmente più facile da attuare e consente di ottenere una maggiore copertura vaccinale. È anche evidente che un programma basato sull'età aumenta la copertura anche nelle persone con fattori di rischio clinici, visto che la prevalenza di comorbidità aumenta con l'età. Pertanto, fino a tanto che un vaccino disponibile sia sicuro e efficace nelle persone di età avanzata, considerata l'elevata probabilità di sviluppare una malattia grave - con il conseguente ricorso al ricovero in terapia intensiva - questo gruppo di popolazione deve rappresentare una priorità assoluta per la vaccinazione. Le priorità potrebbero cambiare sostanzialmente, se i primi vaccini disponibili non fossero considerati efficaci per gli anziani.

Come già riferito, la campagna di vaccinazione è iniziata, come negli altri Paesi europei, con un solo vaccino approvato. In realtà, per fortuna, sono cambiati già e sono in via di cambiamento, diciamo, questi saldi. Recentemente è stato approvato, appunto, un secondo bacino ed è in arrivo, sperabilmente, l'approvazione di un terzo vaccino. Pertanto, con l'aumento delle dosi disponibili, si inizierà a sottoporre a vaccinazione le altre categorie di popolazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Ruggiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, per la risposta. È ormai da settimane che qui in Italia, così come negli altri Paesi europei, è stata avviata la campagna vaccinale, un punto di svolta fondamentale in questa lunga battaglia contro il Coronavirus. Il vaccino è una risorsa preziosa per l'umanità, un bene pubblico globale, a cui tutti devono poter avere accesso in maniera gratuita e agevole, secondo le priorità stabilite dal piano vaccinale.

Ora dobbiamo correre. Quanto più veloci saremo nella vaccinazione, tanto più spediti riconquisteremo la normalità perduta. Solo in questa maniera potremo riaccendere il motore della nostra società e far ripartire la nostra economia. Alla luce della fisiologica scarsità di dosi disponibili di vaccino al momento, condizione comune a livello mondiale, il Governo ha istituito una precisa scala di priorità, illustrata nel piano vaccinale, secondo cui procedere nella campagna di vaccinazione.

Ci sono due categorie su cui mi preme porre attenzione in questa interpellanza. Da una parte, i soggetti con disabilità, i malati rari ed immunodepressi e i loro caregiver, dall'altro, il personale docente ed educativo. Nel primo caso, non possiamo ignorare la necessità di somministrare il vaccino in via prioritaria a chi, dai più piccoli ai più anziani, sta già combattendo una battaglia ancora più dura. Parliamo di chi è alle prese con disabilità complessa, che impedisce alla persona di comprendere e, quindi, di rispettare le misure di prevenzione. Parliamo dei cosiddetti soggetti fragili, esposti ai rischi del virus. O parliamo di chi è alle prese con una malattia rara. Di malattie rare ce ne sono diverse: la fibrosi cistica, la sindrome di Kartagener, forme rare di malattie remautologiche e tante altre.

Quando parlo della necessità di somministrare in via prioritaria il vaccino a queste categorie più suscettibili agli effetti della pandemia, non mi riferisco solamente alla necessità di dar loro immediata protezione, tutelando loro la vita, ma mi riferisco anche a restituire una maggiore serenità, finora minacciata dal virus, a quella rete familiare e sociale di assistenza che sostiene queste persone.

Le persone con disabilità non sono solo le più vulnerabili alle complicanze del contagio da COVID-19, ma per alcune categorie di esse appare estremamente difficile, se non impossibile, seguire le regole anti-COVID. Allo stesso modo, soprattutto nel caso di persone con disabilità complesse, intellettive o non collaboranti, un ricovero ospedaliero può rappresentare una situazione di grandissima delicatezza e problematicità.

Vacciniamo quanto prima coloro che, a causa di una grave malattia rara, vivono in una comunità riabilitativa estensiva ad elevato carico assistenziale. Queste strutture ospitano persone disabili esposte ad un maggior rischio di contrarre SARS-CoV-2, per una serie di fattori di rischio multipli: la vita in comunità, l'incapacità di comprensione e applicazione delle misure di distanziamento sociale e di utilizzo delle mascherine, le diverse comorbidità che sottendono il loro quadro patologico e i bisogni assistenziali per le attività quotidiane.

Non possiamo rimanere sordi alle preoccupazioni dei disabili, dei soggetti fragili, dei malati rari, i quali a ragione chiedono di essere citati esplicitamente nel cronoprogramma della campagna di vaccinazione. L'assenza della specificazione dei malati rari nel cronoprogramma potrebbe ingenerare confusione e indeterminatezza, portando a interpretazioni soggettive, con il rischio che questa categoria venga esclusa da quelle prioritarie.

Durante la conferenza stampa del 7 gennaio 2021, il commissario straordinario Arcuri ha dichiarato che, per le persone con disabilità, le vaccinazioni sono previste a partire già da febbraio, insieme alla seconda categoria degli over 80.

Anche i caregiver saranno contestualmente vaccinabili, in quanto non avrebbe senso immunizzare la persona con disabilità, ma non il suo accompagnatore. La comunità dei soggetti fragili, dei malati rari e dei soggetti con disabilità è composta in gran parte da minori, che quindi non possono, al momento, usufruire del vaccino: i nostri bimbi vivono in casa con i genitori, i genitori lavorano, hanno contatti con l'esterno e ovviamente si occupano anche dei propri figli, vaccinare i caregiver deve essere una priorità per tutelare davvero tutta la popolazione più fragile. Le chiedo di porre l'attenzione anche sulle malattie rare ad alta complessità per cui il vaccino in generale non è sempre consigliato ed in quel caso è la famiglia che si vaccina per proteggere il malato raro, per questo è importante fare riferimento anche ai caregiver quando ci si riferisce ai malati rari. Una volta stabilita questa priorità, è importante definire chi, dove e quando vaccinerà questa categoria, è necessario che l'ASL si confronti con il centro di riferimento o con il medico che li ha in cura. Inoltre, sempre in merito alla vaccinazione di queste categorie, è assolutamente indispensabile precisare la figura professionale e l'ambiente sanitario in cui verrà effettuata la vaccinazione, molto probabilmente questa decisione verrà presa a livello locale, in base alla tipologia di organizzazione regionale, ed è importante che lei, il Ministero e il gruppo intersettoriale vigiliate sulla gestione e l'organizzazione della campagna vaccinale. Alla luce di questi motivi, è necessario rivedere il piano vaccinale. È insufficiente tener conto solo dell'età dei pazienti e del fatto di essere affetti da una patologia a rischio, questa classificazione troppo generica è destinata a creare molta confusione; l'ideale sarebbe prendere esempio dai nostri vicini d'Oltre Manica, che hanno già redatto il cosiddetto green book, il programma di immunizzazione che elenca chiaramente tutte le patologie che danno diritto, a chi ne è affetto, a una forma di precedenza nella somministrazione del vaccino, a prescindere dall'età. Anche per il personale docente sarà fondamentale garantire tempi certi nella campagna vaccinale perché la scuola è fra le priorità del nostro Paese e dobbiamo assicurare tutte le condizioni di sicurezza al personale docente ed educativo. Il Servizio sanitario nazionale, tanto più in una grave emergenza sanitaria, ha l'obbligo di tutelare innanzitutto il diritto alla salute, a partire dai più deboli, a partire anche da coloro che soffrono a prescindere dalla pandemia. Questo deve essere fatto in maniera chiara, precisa e definita, senza lasciare nulla al caso, per questo motivo dobbiamo mettere in primo piano anche i disabili, i malati rari, i soggetti fragili e i loro caregiver, nei riguardi dei quali lo Stato deve avere sempre la massima attenzione.

(Iniziative di competenza in ordine alle criticità relative alla nuova disciplina europea in materia di soglie di rilevanza dei crediti deteriorati - n. 2-01063)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baldelli ed altri n. 2-01063 (Vedi l'allegato A). L'onorevole Pettarin ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario.

GUIDO GERMANO PETTARIN (FI). Grazie, Presidente. In maniera del tutto irrituale, mi permetto di rinnovarle il bentornata in queste Aule, è un piacere. Sempre in maniera irrituale, mi permetto un altro spunto: oggi è il 15 gennaio, il 15 gennaio del 1988, 33 anni fa, nasceva Giulio Regeni: io tengo moltissimo a ricordarlo, spero che lo ricordino tutti (Applausi) e ricordo che tutti, insieme a Giulio e alla sua famiglia, stiamo aspettando verità e giustizia.

Torniamo al nostro tema: sottosegretario Baretta, Governo, grazie per essere qui. Il tema è noto, le normative legate a quella che è la classificazione dei crediti - usiamo dei termini atecnici - in difficoltà è mutata a partire dal 1° gennaio del 2021, prevedendo una nuova categoria, che è una categoria di classificazione automatica indicata come default. Naturalmente, siamo appena agli inizi, nonostante il fatto che questa normativa sia piuttosto risalente e, altrettanto naturalmente, la classificazione automatica, che automaticamente porterebbe evidentemente a una diminuzione del credito nei confronti dei soggetti classificati in default, non è proprio così automatico che abbia queste conseguenze, perché non si è ancora delineato con esattezza come si rapporti il default ad incaglio, a sofferenza. Chiaramente in questo quadro vi sono delle difficoltà importantissime perché le classificazioni automatiche di crediti come crediti in difficoltà, che siano nei confronti delle famiglie, o nei confronti delle aziende o delle imprese, hanno delle ripercussioni anche all'interno dei bilanci bancari, per quanto riguarda, da una parte il rispetto dei ratios, dall'altra parte, gli accantonamenti indispensabili. Detto questo, è evidente che ciò che ha travolto il nostro mondo a partire dallo scorso anno, e cioè la crisi del COVID, non può lasciarci indifferenti, ed è altrettanto evidente che l'applicazione automatica di meccanismi di questo tipo in maniera indiscriminata con quelli che sono i nuovi livelli di classificazione estremamente contenuti, ma perché ragionati sulla scorta di un sistema economico che non è più nemmeno lontano parente di quello a cui noi in questo momento stiamo dedicando la nostra attenzione, avrebbero delle ripercussioni terribili se applicati tout court. A fronte di questo tipo di dato, è altrettanto evidente che quello che molti dicono, e cioè che non è un problema perché alla fin fine è un qualche cosa che va a ripercuotersi su quelli che sono i bilanci delle banche, è invece un problema gravissimo perché è evidente che, a catena, va a finire tutto in riferimento a quella che è l'esigenza assoluta di credito e l'esigenza assoluta che non vi sia un ulteriore credit crunch, a cui troppo spesso negli anni scorsi abbiamo assistito rispetto alle aziende, alle famiglie, alle imprese, soprattutto alle piccole imprese, perché - e questo il sottosegretario lo sa benissimo - nel nostro sistema, ma nel sistema bancario in generale, una volta che si è fatto il primo milione di euro di debiti è abbastanza facile fare gli altri; la problematica è fare le prime richieste di affidamento coerente e di credito, che permettano coerentemente di portare avanti la propria attività.

Questo è quello che intendiamo segnalare con questa urgentissima interpellanza: non è un problema solamente del sistema economico e, tanto meno, è un problema solamente del sistema bancario o del sistema giudiziario. Perché del sistema giudiziario? Perché la situazione di crisi a cui assistiamo è evidente che porterà una valanga di procedure: procedure esecutive, esecutive mobiliari od immobiliari, procedure concorsuali dei tipi più diversi, conciliative o non conciliative, ma oggettivamente una valanga, una valanga di procedure che avrà come effetto ulteriore, in un sistema giudiziario disastrato come il nostro, di allontanare, piuttosto che di avvicinare, il mondo economico, sia nazionale, che comunitario, che internazionale, al nostro tipo di sistema.

Quindi, il punto è questo: noi siamo estremamente preoccupati per questa situazione. Forza Italia è vicina - e vuole difendere - i cittadini e le imprese e non può non porre questa tematica nei temi e nei modi in cui io mi sto permettendo di evidenziarla. Naturalmente non siamo i soli a farlo, altrettanto naturalmente lo scenario europeo è stato interessato da questo: ricordo sul punto l'importantissima richiesta, formalizzata da parte del nostro Presidente Tajani, che, come esponente di vertice del Partito Popolare Europeo, con lettera scritta, ha interessato i commissari europei sul punto, senza ottenere però, al momento, una risposta di alcun tipo, tanto meno soddisfacente. Vi sono state soddisfazioni, come richieste, da parte dei contesti più importanti, a partire dall'ABI, per quanto riguarda poi le associazioni di tutela dei consumatori, ma, al momento, stiamo aspettando. Perché aspettiamo? Perché si dice, da parte dei più informati, che è solamente formalità, perché tutto ciò che nel frattempo è stato fatto in termini di moratorie attutisce questo tipo di problema perché, anche se formalmente un soggetto fosse in default, tanto c'è la moratoria e quindi non accadrà un bel niente. Bene, ma nel momento in cui le moratorie esauriranno il loro termine e il loro modo di essere, che cosa accadrà? Ci troveremo a dover affrontare una vera e propria valanga di situazioni come queste.

Quindi è questa l'interrogazione, sottosegretario Baretta: i dati economici che stanno alla base di questa li conosciamo tutti, ciò che vogliamo sapere è cosa volete fare, cosa intende fare il Governo in riferimento a questo, cosa intende fare il Governo per quanto riguarda le norme attuative, cosa intende fare il Governo rispetto alle norme sulla vigilanza, cosa intende fare il Governo rispetto al rilascio, legato ad eventuali garanzie di escussione, cosa vuole fare in sintesi il Governo per permettere che non si arrivi a quella, che sarebbe terribile, ulteriore stretta del credito che, se avesse una conseguenza, sarebbe quella di definitivamente mettere in ginocchio il nostro sistema produttivo, quello vero, quello che è la nostra spina dorsale, quello delle piccole e medie imprese, su cui noi viviamo e che troppo spesso tutti, ma in maniera particolare questo Governo, dimentica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pettarin, anche per le parole di bentornata che mi ha rivolto. Il sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, ha facoltà di rispondere.

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente.

Nella definizione degli interventi normativi d'urgenza, connessi alla gestione della crisi conseguente al COVID, le misure per l'accesso alla liquidità di imprese e famiglie, attraverso l'accesso al credito bancario, hanno rappresentato e rappresentano ancora un momento centrale nella strategia di supporto al tessuto economico e sociale e sono oggetto di costante manutenzione e potenziamento, tramite i diversi interventi di decretazione d'urgenza che si sono succeduti; da ultimo la legge di bilancio per il 2021, con la quale tra l'altro sono stati estesi al 30 gennaio 2021 sia la moratoria sui finanziamenti (già introdotta dall'articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020), sia gli interventi in garanzia con contro garanzia dello Stato (il Fondo centrale PMI e “Garanzia Italia” tramite SACE), che sono stati ulteriormente potenziati. Le proroghe e i potenziamenti di detti interventi sono già stati tutti oggetto di approvazione da parte della Commissione europea e sono pertanto pienamente operativi. Come è noto, gli orientamenti dell'attività bancaria europea, che si applicano dal 1° gennaio 2021, armonizzano la nuova definizione di default, di cui all'articolo 178 del Regolamento UE, e integrano quanto previsto dal regolamento delegato n. 171 sulla definizione della soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato. Va evidenziato che le fonti in materia di nuova definizione di default e soglia di rilevanza delle esposizioni scadute sono già note da tempo. Gli orientamenti EBA sulla definizione di default sono stati sottoposti a consultazione pubblica già nel 2015 e sono stati oggetto di pubblicazione nella loro ultima formulazione nel gennaio del 2017. Il regolamento delegato è stato pubblicato nel febbraio 2018. Questo ha permesso all'industria, in particolare agli enti creditizi significativi, di avere notizia della riforma e adeguare l'esercizio della propria attività con congruo anticipo, incorporando con gradualità la nuova definizione di default nei propri modelli interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali. Va inoltre ribadito che le nuove regole in materia di default - come già chiarito dalla Banca d'Italia - non introducono un divieto alla concessione di sconfinamenti, non modificano la definizione di sofferenze e non prevedono alcun automatismo tra la classificazione di default e la segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi. In particolare, la classificazione a sofferenza di un cliente in centrale dei rischi avviene se l'intermediario finanziatore ritiene che il cliente abbia gravi difficoltà, non temporanee, a restituire il proprio debito, dopo aver condotto una valutazione della sua situazione finanziaria complessiva, come esplicitamente richiesto dalla normativa della Banca d'Italia. Inoltre tale valutazione non deve basarsi esclusivamente su singoli eventi, quali ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito. Le modifiche alla definizione di default relative alle cosiddette soglie di rilevanza non hanno pertanto alcun impatto sulla classificazione a sofferenza. Gli intermediari infatti dovranno continuare a segnalare un cliente in sofferenza sulla base dei criteri sopra descritti, valutando dunque la situazione di grave difficoltà non temporanea e non basandosi su un mero ritardo dei pagamenti e non devono applicare alcun automatismo tra la classificazione a default e la segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi.

Come ulteriormente precisato dalla Banca d'Italia, interpellata per competenza, le linee guida sulla definizione di default prudenziali, pubblicate dall'EBA a settembre 2016 e riformulate, come detto, a gennaio 2017, oltre a completare il Regolamento sopraindicato, prevedono criteri per il calcolo dei giorni di arretrato, indicatori qualitativi e quantitativi da considerare ai fini dell'identificazione del probabile indebitamento, nonché criteri minimali di uscita di un debitore dallo stato di default. In alcuni casi, come ad esempio nell'esposizione nei confronti della Pubblica amministrazione, è definita un'estensione (dai previsti 90 ai 180) del numero di giorni di scaduto di un credito commerciale oltre i quali il debitore deve essere classificato a default. A livello europeo - continua l'istituto di vigilanza - non è emerso interesse per un posticipo della data di applicazione delle nuove regole di default. Le autorità europee, nel fissare il primo gennaio 2021 l'introduzione delle nuove regole già approvate nel 2018, avevano considerato che la loro adozione avrebbe richiesto rilevanti e complesse attività di adeguamento da parte delle banche, anche per i profili organizzativi ed informatici. Pertanto avevano raccomandato alle banche di avviare per tempo le attività propedeutiche all'applicazione delle nuove regole (revisione dei sistemi IT). Uno slittamento dell'applicazione delle nuove regole avrebbe comportato rilevanti costi per gli intermediari e non ha trovato sostegno, anche perché diversi Paesi già applicavano regole più rigorose di quelle italiane.

Gli spazi per interventi normativi nazionali sulla nuova disciplina sono peraltro molto limitati. Essi riguardano essenzialmente la possibilità, al ricorrere di determinate condizioni, di modificare le soglie oltre le quali un'obbligazione in arretrato è considerata rilevante ai fini della disciplina del default. Con riferimento alle soglie in valore assoluto, il regolamento delegato prevede la possibilità per le autorità competenti di modificarle solo in termini più restrittivi, quindi inferiori ai 100 o 500 euro. Quanto alla soglia relativa, l'autorità competente può adottare un valore tra lo 0 e il 2,5 per cento, nel caso in cui la soglia dell'1 per cento non corrispondesse ad un livello ragionevole di rischio. Per potersene discostare, l'autorità competente deve dimostrare che la soglia dell'1 per cento determina il riconoscimento di un numero eccessivo di default non effettivamente imputabili a difficoltà finanziarie del debitore o ritardi nel riconoscimento dello stato di default. Con riferimento alla soglia relativa, la BCE, a seguito di analisi quantitative nell'ambito dei Paesi aderenti al sistema, dalle quali non sono emersi elementi per giustificare uno scostamento della soglia dell'1 per cento per le banche significative, ha confermato l'applicazione della soglia dell'1 per cento prevista dal regolamento delegato. Ha inoltre adottato nel giugno 2020 un indirizzo in cui richiede alle Autorità nazionali di adottare la soglia dell'1 per cento anche per le banche meno significative. La Banca d'Italia, nell'ambito di una consultazione pubblica condotta nel 2019, ha invitato l'industria a fornire evidenze per motivare la scelta di una soglia diversa dall'1 per cento. Poiché dalla consultazione non ne sono emerse, anche la Banca d'Italia, come la BCE, ha confermato l'applicazione di una soglia pari all'1 per cento. Nel caso di intermediari finanziari non appartenenti a gruppi bancari e finanziari, ai quali può non applicarsi la normativa europea, la Banca d'Italia ha invece previsto un periodo transitorio, in base al quale fino al 31 dicembre 2021 la soglia di rilevanza relativa è stata mantenuta al 5 per cento, a fronte dell'1 previsto per le banche, in modo da agevolare la transizione al nuovo regime.

In merito ai riflessi che la nuova definizione di default avrà sulla rappresentazione della clientela nelle informazioni della Centrale dei Rischi, che la Banca d'Italia mette a disposizione degli intermediari finanziari per le valutazioni del merito di credito, l'Istituto ha osservato che la definizione di default riguarda il modo con cui le singole banche e gli intermediari finanziari devono classificare i clienti ai fini prudenziali ossia ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali minimi obbligatori. La nuova definizione di default non modifica invece nella sostanza i criteri sottostanti la Centrale Rischi e le modifiche alla definizione di default relative alle soglie di rilevanza non hanno inoltre alcun impatto sulla segnalazione in Centrale Rischi, che continuerà ad essere regolata come ora. La segnalazione in Centrale Rischi prescinde quindi dalle definizioni adottate per finalità di vigilanza. La sola modifica introdotta riguarda la circostanza che, dallo scorso 1° gennaio, gli intermediari appartenenti ad un gruppo bancario finanziario debbono considerare per la segnalazione in Centrale Rischi tutte le informazioni, positive e negative, a disposizione del gruppo stesso. Tale requisito non era formalmente richiesto in precedenza, ma era verosimilmente già attuato dalle banche appartenenti a gruppi.

Per quanto riguarda il calendario previsionale, si rappresenta che, in base al regolamento UE 630/2019 in materia di copertura minima delle perdite sulle esposizioni deteriorate, è un approccio secondo cui tanto più a lungo un'esposizione rimane deteriorata tanto minore sarà la probabilità di recupero del relativo valore.

Pertanto, aumenta nel tempo la quota dell'esposizione coperta da accantonamenti, altre rettifiche e deduzioni del patrimonio di vigilanza secondo un calendario predefinito. Alle esposizioni deteriorate non garantite si applica un calendario più rigoroso. Si tiene peraltro conto delle misure di concessione delle banche ai fini dell'applicazione del fattore di copertura pertinente. Il citato regolamento stabilisce che la piena deduzione del capitale delle banche si applica, per le esposizioni non garantite, dopo tre anni dalla classificazione con esposizioni deteriorate e assistite da garanzie reali su immobili dopo 9 anni, per le esposizioni garantite dopo 7 anni.

Vanno contestualizzati i termini della riforma nel panorama giuridico ed economico europeo. Il confronto tra gli Stati membri sui tempi delle procedure giudiziali ed extragiudiziali per il realizzo dei crediti mostra che, in media, le banche della UE escutono il credito non pagato entro termini di circa 3 anni, evitando pertanto i conseguenti impatti negativi sui bilanci delle banche. Al fine di favorire la transizione verso il nuovo regime prudenziale, il regolamento citato trova comunque applicazione solo per le esposizioni originate dopo il 26 aprile 2019, data della sua entrata in vigore, e successivamente classificate come deteriorate. A seguito dell'adozione del regolamento, il 22 agosto 2019, la BCE ha rivisto le proprie aspettative di vigilanza per le singole banche in merito agli accantonamenti prudenziali per i nuovi crediti deteriorati, allineandosi al regolamento. Ciò premesso, si ritiene di interesse un focus sulle misure in corso adottate e di adozione a livello nazionale. Già nel primo semestre del 2020, a fronte dell'esplosione dell'emergenza COVID, sono stati apportati specifici emendamenti al framework prudenziale, al fine di mitigare i potenziali effetti prociclici nello scenario pandemico e favorire il supporto dell'economia reale da parte del sistema bancario. Tra le iniziative volte ad arginare gli effetti della crisi sull'incremento dei crediti deteriorati è opportuno ricordare il regolamento UE 2020/873, l'aggiornamento del NPL Action Plan e la proposta di quadro normativo per le cartolarizzazioni di esposizioni deteriorate. La riforma del regolamento 2020/873 ha consentito di conseguire obiettivi significativi, tra i quali anticipare al 30 giugno ultimo scorso l'entrata in vigore del trattamento più favorevole in termini di assorbimento patrimoniale previsto per il credito alle PMI, alle infrastrutture e per alcune attività di software particolarmente rilevanti per il nostro Paese; evitare per un periodo di 3 anni che eventuali aumenti dello spread sui titoli del debito pubblico connessi al diffondersi della pandemia si riflettano in maniera indebita sul capitale delle banche; prevedere, nell'ambito degli accantonamenti minimi obbligatori sui crediti deteriorati - il cosiddetto calendario previsionale - un trattamento preferenziale permanente per le esposizioni assistite da garanzie pubbliche, questione particolarmente rilevante per l'Italia. Inoltre, è in atto un programma di aggiornamento delle iniziative 2017, con il cosiddetto Action Plan per lo sviluppo di strumenti utili alla riduzione delle attività deteriorate. Tra di essi, ai sensi della comunicazione citata dagli interpellanti, si rinvengono la valorizzazione delle società dedicate alla gestione di attività deteriorate, la riforma dei quadri normativi sull'insolvenza e la definizione di idonee strategie per lo sviluppo dei mercati secondari degli attivi deteriorati.

In particolare, con riferimento alla cosiddetta bad bank, si ritiene che la valorizzazione dell'operatività di società dedicate alla gestione degli attivi deteriorati, secondo logiche che vadano nel senso della massimizzazione del valore nel lungo periodo, in un'ottica di maggiore flessibilità organizzativa rispetto a quanto consentito dal framework normativo attuale, possa essere uno strumento atto a consentire al settore bancario di riorientare rapidamente il credito verso nuovi settori, come il digitale e la sostenibilità, conciliando un rinnovato sostegno all'economia reale con il necessario ritorno a obiettivi sostenibili di redditività prospettica. Anche la recente introduzione di specifici emendamenti al quadro normativo per le cartolarizzazioni dei crediti deteriorati, consentirà di rimuovere gli ostacoli normativi allo sviluppo del mercato secondario di tali crediti, in modo da permettere alle banche di mantenere, se non di rafforzare, la loro capacità di erogare prestiti all'economia reale e, in particolare, alle PMI. Le cartolarizzazioni possono, infatti, svolgere un ruolo determinante, in quanto, trasformando i prestiti in titoli negoziabili, possono liberare capitali bancari per l'erogazione di ulteriori prestiti e consentire a una gamma più ampia di investitori di finanziare la ripresa economica. Per quanto riguarda inoltre la Gasc, la garanzia di cartolarizzazione delle sofferenze, si evidenzia che lo schema di garanzia già introdotto dal decreto-legge n. 18 del 2016, convertito dalla legge n. 49 del 2016, previa autorizzazione della Comunità europea, che lo ha ritenuto privo di elementi di aiuto di Stato, prevede la concessione della garanzia dello Stato sui titoli senior, emessi nell'ambito delle cartolarizzazioni di crediti classificati come sofferenze nel bilancio delle banche e degli intermediari finanziari. Con il decreto-legge n. 22 del 2019, convertito nel n. 41 del 2019, la misura è stata poi rinnovata per 2 anni dalla positiva decisione della Commissione europea, prorogabile per un terzo anno e che ne ha potenziato l'efficacia, riducendo i rischi per lo Stato garante. Un ulteriore intervento per tenere conto di potenziali effetti negativi del COVID è stato poi introdotto con l'articolo 32 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito dalla legge n. 77 del 2020. La Gasc è concessa con decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze ed ha l'obiettivo di favorire lo smobilizzo dei crediti deteriorati dei bilanci delle banche e degli intermediari finanziari. Essa si è dimostrata, sin dalla sua attivazione, nel 2016, uno strumento valido. Nel 2019, circa il 90 per cento delle operazioni di cartolarizzazione di sofferenze realizzate in Italia sono state concluse facendo ricorso alla Gasc. Diversi Paesi dell'Unione europea hanno adottato un analogo strumento. A partire dal 1° giugno 2016, il MEF ha concesso la Gasc su titoli senior di ventisette operazioni di cartolarizzazione, di cui cinque operazioni nel 2020. Il valore nominale lordo dei crediti ceduti dalle banche oggetto delle citate operazioni è pari a circa 74 miliardi. A fronte di tale importo, dopo le rettifiche di valore e gli sconti di cessione operati sui portafogli ceduti, sono stati emessi titoli per 17,7 miliardi. La tranche senior assistita dalla Gasc in fase di emissione, aveva un valore complessivo di 14,4 miliardi. Le tranche mezzanine e junior all'emissione ammontavano complessivamente a 3,3 miliardi. Al momento, per nessuna delle ventisette operazioni si registrano, ad oggi, richieste di escussione della garanzia dello Stato. Non essendo state registrate perdite sui titoli mezzanini e junior, i titoli senior, assistiti dalla garanzia statale, continuano pertanto a beneficiare del medesimo livello di protezione iniziale. Con riguardo infine alla proposta di costituzione di una bad bank nazionale, la recente comunicazione della Commissione europea in materia riconosce che già nel corso del 2021 si potrà assistere ad un rapido incremento dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche, in particolare al previsto cessare delle misure nazionali adottate in risposta alle conseguenze economiche negative della pandemia (ad esempio, le moratorie). Per questa ragione, la comunicazione, oltre a sollecitare i colegislatori europei e gli Stati membri a portare a termine alcune iniziative già avviate, ricorda la possibilità di costituire, anche con risorse pubbliche, asset management company nazionali, che potrebbero eventualmente cooperare all'interno di un network europeo.

Nel segnalare che l'Italia dispone già di un suo soggetto specializzato nella gestione dei crediti deteriorati (AMCO SpA) con un track record di tutto rilievo, si osserva che, salvo alcune precisazioni di carattere tecnico (ad esempio, l'adozione di un approccio point-in-time per la verifica del requisito della solvibilità della banca che partecipa allo schema), la comunicazione non sembra apportare sostanziali innovazioni in materia. Il ricorso ad una asset management company nazionale sarebbe, infatti, tuttora soggetta ai vincoli imposti dalla normativa europea già prima della pandemia e identificati dalla Commissione europea stessa nel 2018 con la pubblicazione del cosiddetto asset management company Blueprint. In particolare, non sembrerebbe affievolito il divieto per lo Stato di assorbire le “perdite attese”, previsto dalla BRRD.

In caso di cessione volontaria dei crediti deteriorati ad una asset management company pubblica a prezzi superiori a quelli di mercato, quindi, non sarebbe escluso un sacrificio per azionisti e creditori per assorbire quelle “perdite attese”.

In conclusione, va politicamente evidenziato che la particolare, difficile condizione nella quale versa il sistema economico e sociale, così gravato dal COVID, consiglia una gestione prudenziale e flessibile da parte del sistema bancario e da intermediari finanziari dei parametri di definizione di default in ordine alla quantità e ai tempi previsti. Il Governo italiano ha più volte evidenziato questa preoccupazione in sede UE e continuerà a farlo nelle prossime occasioni di confronto a livello comunitario.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Ettore ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Grazie, Presidente. Siamo parzialmente soddisfatti. È evidente che la complessità del tema e della risposta che ha impegnato il sottosegretario, a nome del Governo, dimostra quanto Forza Italia abbia colto nel segno per l'ennesima volta con questa interpellanza che riguarda un tema di estrema attualità, di tutela dei risparmiatori, degli investitori, delle piccole e medie imprese, ma anche delle grandi imprese, delle famiglie.

È evidente che, in alcuni passaggi - e in questo pochissimo tempo tenterò di dare una risposta articolata a ciò che è già complicato da affrontare, così come ha dimostrato la risposta, appunto, del Governo - è dimostrato che vengono richiamati emendamenti, come quelli sulle cartolarizzazioni, che sono frutto del gruppo di Forza Italia. Siamo stati noi a indirizzare in quel senso, sono a mia prima firma quegli emendamenti e di tutti i colleghi di Forza Italia, anche della Commissione bilancio. Abbiamo dato il segno di un ordine da costruire rispetto agli effetti della pandemia e dei provvedimenti COVID.

Resta fermo, però - e questo lo devono sapere i cittadini - che la classificazione di default (e tentiamo di spiegarlo in maniera molto più semplice rispetto al burocratese tecnico-finanziario che giustamente il Governo deve riportare nelle sue risposte), che il ritardo di 90 giorni nel pagamento di un debito comporta, mi permetta, sottosegretario, l'automatica segnalazione di un soggetto come cattivo debitore.

E nel momento in cui lei dice, alla fine della sua esposizione, che la gestione dovrà essere, con riguardo ai crediti in sofferenza e alle classificazioni di default, del tutto prudenziale ai fini della tutela del sistema, ma anche flessibile, deve tenere conto che questa flessibilità, però, non è normata; questa flessibilità è rimessa, rispetto alle indicazioni della Banca d'Italia, al comportamento e alla onorabilità del sistema bancario. Perché lei stesso ci dice che, per quanto riguarda i requisiti patrimoniali, bisognerà sempre valutare la gravità e le difficoltà non temporanee, non una situazione transeunte, ma una situazione che si determina nel tempo che deve essere valutata ai fini della determinazione della classificazione del soggetto.

Questo è vero, e già lo sapevamo, però tutto questo è una valutazione discrezionale, nella quale devono essere tenuti presenti i vari fattori, fra i quali quelli non eludibili e normativi, per regolamento europeo che ha un'efficacia diretta, non orizzontale, ma verticale e, quindi, immediata da un punto di vista normativo. C'è un piccolo passaggio nella sua relazione, che gli uffici, forse, hanno determinato e che dimostrano - mi permetto di dire - una carente conoscenza del sistema nello spazio europeo e nella determinazione della classificazione e della normazione interna. È un insieme di valutazioni che determinano il merito creditizio e determinano la segnalazione in uno spazio di natura discrezionale, per cui la norma non rimane superata dalle indicazioni della Banca d'Italia, perché c'è una norma primaria, che è il regolamento europeo, e c'è la norma europea che immediatamente si sovrappone e disapplica la disciplina interna, ed è più forte dell'indicazione della Banca d'Italia, tant'è vero che lei, nella sua relazione, dice più volte che è tutto ciò che il Governo ha potuto fare, anche ai fini di consentire questa valutazione delle soglie, ferme al 5 per cento, al 31/12/2021.

Questo è un elemento che aiuta, ma, in una situazione come questa, pandemica, io le ricordo che la stessa BCE in questi giorni ha ribadito che 1.400 miliardi di euro sono il rischio effettivo di nuove sofferenze per le banche europee.

Con riguardo alle misure di sostegno, a cui si riferiva il collega Pettarin prima, date dallo Stato - di sostegno sia con le garanzie e, comunque, con tutte le attività mettendo insieme le moratorie, mettendo insieme anche le attività dirette dello Stato -, si parla di un sostegno al credito che ammonta a circa 425 miliardi. Le stime in sede europea e del MEF sono che, circa il 40 per cento di questa cifra, si trasformerà, nel corso dell'anno 2021, in posizioni deteriorate. Il 40 per cento: ci vuole poco a fare il conto. E, quindi, queste posizioni deteriorate non possono non essere classificate crediti in sofferenza, necessità degli accantonamenti, quindi, classificazione di default sulla base della norma dei novanta giorni, dei 500 e 100 euro di sconfinamenti. Non è vero che non dovranno essere valutate: dovranno essere valutate, perché sono norma, vedo che annuisce.

Tutta la costruzione tecnicamente suggestiva della sua relazione - ecco dov'è la nostra parziale soddisfazione - non tiene conto di questo, dell'immediatezza dell'applicazione di questa disciplina e della necessità, in una situazione di crisi come questa, di far fronte a una risposta che deve partire dall'ordinamento italiano.

Lei ha citato una serie di provvedimenti, ma sono i provvedimenti di sostegno e i provvedimenti di moratoria. Però, qual è la norma che, rispetto a questo - lei può dire “ma c'è il regolamento” -, qual è la norma che, in qualche modo, determina una diversa valutazione rispetto alla situazione di default? Mi può rispondere: non è possibile, perché deve essere europea. Allora, cosa abbiamo chiesto noi, a parte le serie di proposte, che ho visto, in parte, anche opportunamente valutate dal Governo e ritenute buone, quanto meno, nello spirito di Forza Italia, che fa proposte, non sta qui a urlare o a dire scemenze, ma fa proposte per trovare delle soluzioni. Bene, ma rispetto a questo, quale è la risposta che manca? Cosa il Governo italiano, rispetto a una situazione di sofferenza, di sofferenze bancarie - gli NPL, le necessità degli accantonamenti, il merito creditizio, il default, tutto quello che abbiamo detto nell'interrogazione -, vuole realmente fare e proporre in sede europea? Come si vuole far sentire?

Siamo pronti a un nuovo scostamento di bilancio di 32 miliardi, ma qui ci troviamo di fronte a un sistema che, al di là del debito dello Stato, altro debito per lo Stato e rischi enormi si proporranno in quest'anno, perché, dopo il semestre, i primi sei mesi, ci troveremo di fronte a queste valutazioni e ci potremo trovare di fronte alla scomparsa di imprese, incapaci di poter essere più valutate sotto il merito creditizio per rimanere in vita con linee di credito ancora esistenti, ancora attivabili.

Perché non potranno le banche non fare quella valutazione di grave difficoltà non temporanea, perché devono fare una valutazione prospettica e non sarà temporanea, nel momento in cui si deve, comunque, mettere, nell'insieme dei fattori, anche la classificazione di default, dei famosi 90 giorni, dei 500 e 100 euro. Gli sconfinamenti non saranno valutati: ma questo lo dice lei, sottosegretario, questo è un auspicio, è un auspicio! Non ci sono norme che dicono di no, perché quando lei ci dice, correttamente, che tutte le informazioni, comprese quelle del default, per tutti gli intermediari dei gruppi bancari tenuti a svolgere questa attività, dovranno comunque essere riferite, un cambiamento c'è rispetto a tutto quello che dice, che è sospeso, perché la risposta del Governo è che, in qualche modo, o per un verso o per un altro o per normativa europea o per classificazione della Banca d'Italia o per varie altre ragioni, auspici e suggerimenti, fino al 31 dicembre, forse forse, ce la caviamo.

Ma in realtà tutte quelle informazioni devono essere comunicate. E lei pensa che quelle informazioni non abbiano effetti sull'attività dell'impresa o della famiglia, non siano valutate ai fini dei requisiti patrimoniali della situazione economico-finanziaria di quell'impresa, in particolare per le piccole e medie imprese? Ma sicuramente, e lo sa anche lei. Non so se sta annuendo o è un movimento che le è venuto spontaneo, penso stia annuendo. È così! Allora, Forza Italia rivendica (come nell'interpellanza più volte ripetiamo e così come è stato detto anche in questi giorni nella comunicazione che abbiamo fatto sui media e sulla stampa, in particolare dal primo firmatario, l'onorevole Baldelli) il ruolo di tutela delle piccole e medie imprese, di tutte le imprese e delle famiglie su questo tema.

Lo rivendichiamo perché abbiamo posto il problema che nessuno ha posto, lo abbiamo proposto alla ricerca di soluzioni; e lei non ci può dire, il Governo non può dire - ecco la parziale soddisfazione - che forse abbiamo tempo fino al 31 dicembre. Non è così e ci vuole una risposta immediata. Noi siamo pronti su questo a collaborare; noi non sosteniamo il Governo, ma collaboriamo sui temi, sulle questioni, e questo è un tema fondamentale per la tutela delle famiglie e delle imprese. Riguardo al tavolo di cui parlava, chiamateci, perché almeno vi abbiamo posto il problema; altrimenti di questo problema nessuno ne avrebbe parlato, ma le conseguenze le avrebbero subite le imprese e le famiglie italiane (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Iniziative normative volte ad una razionalizzazione e delimitazione dell'autorizzazione paesaggistica preventiva, in relazione al parere del Consiglio di Stato del 30 giugno 2020 - n. 2-00993)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cenni ed altri n. 2-00993 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Cenni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SUSANNA CENNI (PD). Grazie, signora Presidente, bentornata di cuore. Il 30 giugno del 2020 il Consiglio di Stato ha espresso un parere, accogliendo il ricorso di un'associazione che è intervenuta sui lavori di manutenzione della Pineta del Tombolo nel grossetano. Sulla base di questo parere è stato poi deciso il decreto del Presidente della Repubblica del 1° ottobre del 2020. La sostanza di tutto questo è che, se il bosco o l'area in cui avvengono lavori di taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, opere antincendio e opere di conservazione sottoposte a vincolo, ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, quindi del Codice dei beni culturali, la realizzazione degli interventi rientra nell'ambito di questo quadro normativo, e quindi può essere assoggettato all'obbligo di autorizzazione paesaggistica preventiva.

Ora, il parere citato chiarisce, nello specifico, che le esclusioni previste dall'articolo 149, comma 1, lettera b), del Codice del paesaggio valgono solo per gli interventi minori, cioè interventi che non si traducono in tutto questo, taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e conservazione.

Aggiungo a questo - quindi l'iter prevede che ci sia il parere preventivo - che l'iter burocratico che è previsto e che viene attivato per la competenza e per il rilascio di questa autorizzazione paesaggistica è di competenza comunale, ma occorre il parere obbligatorio e vincolante delle sovrintendenze territoriali, con una tempistica che può durare addirittura mesi e con costi importanti che si rendono necessari per la redazione di ulteriori relazioni tecniche e di tavole grafiche firmate da professionisti. Non risulterebbe, fra l'altro, possibile nemmeno ricorrere alle procedure di autorizzazione paesaggistica semplificata, perché non espressamente previste dal DPR n. 31 del 2017, né fra l'altro indicate ad oggi nel parere in oggetto. Per quanto concerne le opere e gli interventi di bonifica e antincendio, nel parere viene richiamato esplicitamente quanto previsto dal nuovo Testo unico forestale, di cui al decreto legislativo n. 34 del 2018, che all'articolo 7, comma 12, stabilisce che le regioni e i competenti organi territoriali del Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo, con i piani paesaggistici regionali ovvero con specifici accordi di collaborazione stipulati ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concordino gli interventi previsti e autorizzati dalla normativa in materia riguardanti le pratiche selvicolturali, la forestazione, la riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione, da eseguirsi nei boschi tutelati ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi nel provvedimento di vincolo (articolo 7, comma 12).

Questa decisione, sul cui merito ovviamente non mi permetto e non mi permetterei di sindacare, ha però prodotto un vero e proprio terremoto, rallentando e, in molti casi, fermando il lavoro e l'attivazione di progetti. Sono decine e decine i progetti messi in campo su cui stavano lavorando o avrebbero iniziato a lavorare imprese, aziende, cooperative forestali, enti di bonifica. Questo avviene in modo particolare in Toscana che, come è noto, è la regione con la più alta superficie boscata di questo Paese; sono stati fermati nei mesi passati moltissimi progetti nel territorio del Monte Amiata. E questa regione vorrei ricordare che ha qualche primato proprio nella buona gestione delle attività di prevenzione degli incendi, e non soltanto, anche per la qualità dei suoi piani selvicolturali e per il sistema che è stato messo a punto con competenze tecniche di assoluta eccellenza.

Questo per dire che la cura del bosco e la tutela del paesaggio non sono necessariamente attività e interessi contrapposti. Allora, in conseguenza di tutto questo, credo che il Governo sappia già che si è attivata una grande preoccupazione e una grande mobilitazione del sistema istituzionale, i comuni, la stessa Regione Toscana. C'è stata l'approvazione di alcune mozioni in consiglio regionale, sia della maggioranza che dell'opposizione; c'è stata una presa di posizione molto forte della giunta regionale attraverso l'assessore Saccardi che ha chiesto l'istituzione di un tavolo di lavoro con il Ministero per trovare una via di uscita che ragioni almeno sui tempi e sulle modalità. Quindi le chiedo se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative normative volte a individuare una soluzione condivisa e rapida per garantire la necessaria tutela paesaggistica per superare queste criticità, riconducendo, quindi, l'applicazione dell'autorizzazione vincolante sopracitata ai soli casi in cui l'intervento possa davvero determinare un impatto sul paesaggio e magari prevedendo tempi e modalità adeguate per la concessione di questo parere, credo utilmente, come richiesto da tutto il sistema che su questa attività sta lavorando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, grazie davvero, onorevole Cenni.

La sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Anna Laura Orrico, ha facoltà di rispondere.

ANNA LAURA ORRICO, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Grazie, Presidente. L'onorevole Cenni chiede notizie riguardo al recente parere del Consiglio di Stato n. 1233 del 30 giugno scorso, che avrebbe stabilito che la realizzazione di interventi, che rientrano nell'ambito del taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, opere antincendio e opere di conservazione, possa essere assoggettata all'obbligo di autorizzazione paesaggistica preventiva.

Va preliminarmente evidenziato che nell'interpellanza presentata dall'onorevole interpellante sembra ritenersi che tale parere abbia introdotto novità o interpretazioni innovative rispetto alla procedura autorizzativa relativa a tagli in boschi tutelati, anche ai sensi dell'articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, ossia con vincolo provvedimentale specifico che si aggiunge al vincolo ordinario ope legis, imposto su tutti i boschi e foreste dall'articolo 142, comma 1, lettera g). In realtà, il citato codice assoggetta tutti i boschi a tutela paesaggistica ope legis ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera g) e pertanto per gli stessi vige quanto disposto dall'articolo 146 del medesimo decreto legislativo, ovvero l'obbligo di acquisizione preventiva dell'autorizzazione paesaggistica, con parere preventivo vincolante da parte della competente soprintendenza, salvo i casi di esclusione previsti dall'articolo 149, lettera c), ovvero per il “taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g)”. Pertanto, la casistica di esclusione prevista dall'articolo 149, lettera c), si applica solo e soltanto ai boschi tutelati ai sensi dell'articolo 142, e non a boschi per i quali sussistono altre forme di tutela, come la tutela diretta ai sensi dell'articolo 136. Inoltre, va richiamato che il DPR n. 31 del 2017, in materia di semplificazioni, mantiene nuovamente distinte le due casistiche, per le quali conferma un differente regime in ragione della peculiarità dei boschi tutelati ex articolo 136, per i quali è prevista necessariamente una valutazione caso per caso, che non può essere ricondotta a generalizzazioni di sorta. Tale tesi, peraltro, non riveste alcun carattere di novità, essendo già stata affermata dal Ministero con il parere protocollo n. 25553 dell'8 settembre 2016, pubblicato nel sito istituzionale, relativo al bosco del Marganai, in Sardegna.

Ulteriori elementi confermativi rispetto alla questione prospettata si ritrovano anche nel decreto legislativo n. 34 del 2018, recante il testo unico delle foreste, che prevede la possibilità (articolo 7, comma 12) di concordare tra le amministrazioni interessate “gli interventi previsti ed autorizzati dalla normativa in materia, riguardanti le pratiche selvicolturali, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione, da eseguirsi nei boschi tutelati ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi nel provvedimento di vincolo”, individuando espressamente i piani paesaggistici regionali come gli strumenti atti, in via prioritaria, a definire tali interventi, o, in alternativa, specifici accordi ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Inoltre, la stessa normativa forestale prevede che tali interventi vengano “definiti nel rispetto delle linee guida nazionali di individuazione e di gestione forestale delle aree ritenute meritevoli di tutela, da adottarsi con decreto del Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per i Beni e le attività culturali e del turismo, il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.

Va, quindi, richiamata la prioritaria importanza della co-pianificazione paesaggistica per la definizione di interventi relativi alla materia forestale, alla luce di quanto disposto dal decreto legislativo n. 42 del 2004, come confermato dal più recente decreto legislativo n. 34 del 2018.

Laddove non siano stati ancora definiti nel piano paesaggistico gli interventi ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi nel provvedimento di vincolo ex articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio, si deve ricordare, da un lato, che l'adozione dell'autorizzazione paesaggistica, necessaria ai sensi dell'articolo 146, spetta alla competenza regionale, spesso delegata agli enti comunali, e, dall'altro, che il parere vincolante della soprintendenza è soggetto alla disciplina del silenzio-assenso, garantendosi conseguentemente le tempistiche stabilite per legge.

In tale contesto, va considerato che il parere del Consiglio di Stato, in coerenza con una giurisprudenza in tema di efficacia delle decisioni in giudizio, dispone come l'efficacia del decreto di accoglimento del ricorso straordinario, nel caso di specie, sia differita di 180 giorni, in modo da permettere gli interventi già previsti per la prevenzione degli incendi boschivi e, nel frattempo, di adottare i provvedimenti in questione in conformità alle norme vigenti, comprese quelle dirette alla tutela del paesaggio.

Ad ogni modo, prendendo atto dell'estrema difficoltà per i proprietari di boschi di svolgere le normali attività selvicolturali nelle amplissime superfici forestali italiane, il Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo è attualmente coinvolto in un tavolo interistituzionale, coordinato dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, volto proprio alla definizione delle linee guida nazionali, succitate, per l'individuazione dei criteri per la gestione forestale delle aree vincolate. In questo modo si intende procedere per ottenere il giusto contemperamento tra i diversi interessi che gravitano intorno alle foreste, coniugando la gestione forestale sostenibile con la tutela del paesaggio, senza gravare eccessivamente, sia in termini di tempo sia di costi, sui bilanci degli operatori forestali, primi protagonisti del corretto mantenimento delle superfici boscate.

PRESIDENTE. L'onorevole Cenni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SUSANNA CENNI (PD). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretaria, no, io sono solo parzialmente soddisfatta della risposta, nel senso che accolgo, soprattutto nella parte conclusiva della risposta della sottosegretaria, la volontà di mettersi intorno a un tavolo, e mi pare importante l'annuncio del tavolo interministeriale per elaborare le linee guida per le attività selvicolturali in queste aree vincolate. Quindi, mi auguro che a questo tavolo vengano coinvolte anche le regioni, proprio per le competenze che hanno e che lei stessa ha richiamato.

Mi permetto, però, di dire che mi pare difficile affermare che non ci sarebbero novità dopo questo parere espresso dal Consiglio di Stato, perché le condizioni di lavoro di buona parte degli operatori in questo settore sono molto cambiate. Io potrei leggere, ma non lo farò, i contenuti di una lettera che è stata inviata nel novembre del 2020 al Ministro Franceschini e alla Ministra Bellanova, sottolineando proprio quello che è avvenuto con un parere della soprintendenza di Siena, Arezzo e Grosseto, che, fra l'altro, entra nel merito delle tecniche colturali, intervenendo e ritenendo non auspicabile che si voglia continuare nel governo del ceduo e scrivendo che questo sistema non risponde ad esigenze estetiche, perché attenua la discontinuità delle chiome e quant'altro. Quindi, un parere che entra proprio anche nel merito di alcune tecniche colturali, che io credo siano state definite, negli anni, dai piani forestali, perché non stiamo parlando di interventi ovviamente estemporanei, ma interventi contenuti nei piani. E, dicevo, questa lettera, vede, è sottoscritta non da qualche azienda che protesta perché il proprio lavoro è stato fermato, è sottoscritta dal CREA, che, come sappiamo, è il Consiglio per la ricerca in agricoltura, che fa capo al Ministero dell'Agricoltura, è sottoscritta dall'UNCEM, è sottoscritta dai consigli dell'Ordine dei dottori agronomi e forestali, è sottoscritta da tutto il mondo delle cooperative forestali e delle associazioni agricole, da alcune associazioni impegnate sui temi dell'ambiente, come Symbola, ed altre.

Quindi, davvero faccio veramente un appello alla sottosegretaria, affinché questo lavoro che lei ha annunciato sia un lavoro che produca in tempi brevi dei risultati, perché anche io penso che si debba e si possa lavorare affinché la buona attività forestale e la salvaguardia paesaggistica, sacrosanta… Io vengo da una regione in cui sono state firmate le convenzioni per il paesaggio e, quindi, credo che sia una terra che ha una grandissima sensibilità su questi temi, però, ovviamente, dobbiamo fare in modo che tutto questo venga gestito in tempi adeguati e, quindi, non magari fermando i lavori per mesi e mesi, creando quindi una situazione di disagio, e probabilmente anche trovando le modalità tecniche affinché si possa intervenire salvaguardando questi due aspetti della stessa medaglia, dello stesso tema.

(Iniziative di competenza volte a tutelare il parco del Foro Italico e a realizzare l'impianto definitivo del campo Centrale, nel rispetto delle originarie scelte urbanistiche e architettoniche - n. 2-01009)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Rampelli e Lollobrigida n. 2-01009 (Vedi l'allegato A). Il presidente Rampelli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

FABIO RAMPELLI (FDI). Presidente Carfagna, colleghi deputati, rappresentante del Governo, questa interpellanza succede a una interrogazione già protocollata e a cui vi è stata qualche mese fa una prima risposta, ma parziale e insoddisfacente, che ha tradito una mancanza di conoscenza dei fatti da parte del Governo e da parte delle strutture competenti.

Mi riferisco a cosa? In questo caso - anche per dare la possibilità a chi ci ascolta di focalizzare - ci stiamo occupando del Parco monumentale del Foro Italico situato in Roma. È praticamente una città dello sport a tutto tondo; è una città dello sport del tutto pregiata, perché riesce a essere sintesi di attività sportive, sia di tipo agonistico sia di tipo amatoriale, in un contesto naturalistico eccezionale. Era eccezionale già all'epoca della fondazione di questo nucleo; lo è ancor di più oggi, perché grazie ai vincoli, mentre la città, come tante altre capitali del mondo, si è allargata, espansa a macchia d'olio, si è avuta la possibilità di mantenere tutte le rilevanze naturalistiche e ambientali esattamente al loro posto, rendendole in armonia, compatibili con questo complesso.

Tutto il mondo lo conosce, perché la gran parte delle esibizioni sportive, delle manifestazioni sportive in Italia vengono realizzate esattamente nel Parco monumentale del Foro Italico. Voglio dire, affinché rimanga agli atti, perché sono state delle opere davvero eccezionali, che il Foro Italico è stato progettato da grandi architetti italiani del calibro di Enrico Del Debbio, Costantino Costantini, Luigi Moretti, Mario Paniconi, Giulio Pediconi, e da grandi artisti come Gino Severini, Angelo e Silvio Canevari, Giulio Rosso, Achille Capizzano, al cui genio si deve la straordinaria capacità di produrre questa sorta di incommensurabile armonia (Applausi del deputato Deidda).

Che cosa accade? A un certo punto, si è cominciato a sviluppare intorno all'ex campo Centrale del tennis una desiderio comunque di renderlo compatibile con la possibilità di ospitare gli Internazionali di tennis, che nel frattempo in tutto il mondo stavano levitando nell'attenzione generale, erano diventati degli eventi internazionali di grandissimo rilievo. Siccome il tentativo di ampliare il Centrale del tennis era stato realizzato con mezzi assolutamente deprecabili e anche poco sicuri, nacque l'esigenza di calare su Centrale del Tennis un progetto ad hoc.

Fin qui sembrerebbe nulla di particolarmente sconveniente. Sennonché, questo progetto è un progetto che ha totalmente ignorato gli stilemi del luogo, l'architettura razionalista, le tecnologie, i materiali, lo spirito urbanistico oltre che quello architettonico, l'identità culturale di quel luogo: che comunque andava rispettata, perché come almeno risulta al sottoscritto, anche per professione e per sensibilità, se ad un luogo si toglie il genius loci diventa un'altra cosa. Non si può trasformare in circo equestre un museo, tanto per intenderci; ovvero, lo si potrebbe fare da un punto di vista estetico, ma cambierebbe perfettamente la natura e, quindi, anche il messaggio che i fruitori sarebbero tenuti a conservare di quell'eventuale trasformazione.

Nel 1960 Roma ebbe l'onore di ospitare i Giochi olimpici; e nell'ospitare i Giochi olimpici, scegliendo di effettuarli come era giusto che fosse prevalentemente nel Parco del Foro Italico, ci furono delle azioni di trasformazione che furono perfettamente rispettose di quella sensibilità urbanistica, ambientale, architettonica dell'epoca. Quindi parliamo del 1960, e parliamo in modo particolare della realizzazione di un vero e proprio parco acquatico, lo Stadio del nuoto, fatto da Del Debbio, che è praticamente, passeggiando lungo i viali del Foro Italico, invisibile. Nessuno si accorge che esiste, realizzata “postuma” rispetto alla fondazione del Foro Italico, questa vasca olimpica da 50 metri, a cui è affiancata la vasca per i tuffi, a cui sono affiancate le vasche per gli allenamenti: tutto a impatto ambientale zero, tutto perfettamente “in cavea”, cioè senza superare l'estradosso della quota zero, o insomma quota 5, che era stato realizzato e quindi in qualche maniera già rispettato all'epoca della fondazione del Foro Italico. C'era quindi una compatibilità, c'era una modalità: tutti i campi di gara e di allenamento sono a quota zero, sono realizzati in cavea, nessuno si è accorto della loro esistenza in vita.

Finché non è arrivato qualche genio, che ha pensato invece di realizzare, esattamente in questa cornice di strabiliante bellezza, candida come sono candidi i marmi del Foro Italico, una struttura in acciaio e vetro. Era l'anno, mi sembra, 2008, ma nell'interpellanza è tutto precisato a regola d'arte, e il Ministero che lei in questo momento rappresenta, dovendo emettere il parere per realizzare questa struttura abnorme, questa struttura fortemente impattante e tutta in sopraelevazione, quindi irrispettosa della maglia a cavea degli altri impianti sportivi, il Ministero, attraverso la Soprintendenza di Roma, scrive il suo parere all'ufficio del commissario delegato ai Campionati del mondo di nuoto, Claudio Rinaldi, e alla direzione regionale. La firma è dell'architetto Federica Galloni, la sovrintendente di Roma dell'epoca, e l'oggetto è proprio l'intervento di ristrutturazione del Centrale del Tennis. Afferma: “Questa Soprintendenza, d'intesa con la superiore direzione regionale del Lazio, rilevato che il sistema strutturale a scheletro indipendente metallico sormontato da gradoni prefabbricati (cioè smontabili) rende l'intervento totalmente reversibile (cioè temporaneo e smontabile, reversibile) rilascia temporaneamente” - non sono io che parlo, questo è tutto riportato qui: Ministero dei beni e delle attività culturali - “temporaneamente il proprio parere favorevole fino all'esito delle manifestazioni suddette”.

Quindi, l'unica giustificazione che in buona sostanza ha consentito di realizzare tra i marmi bianchi del Foro Italico una struttura inguardabile di acciaio e vetro, era la sua temporaneità, la sua reversibilità. Sono state utilizzate le travi d'acciaio e i bulloni affinché i bulloni potessero essere sbullonati e le travi d'acciaio portate non so dove - ma comunque non è particolarmente interessante - certamente altrove e non lì.

Non solo. Non cito questo carteggio, che comunque conservo e gentilmente, se la sottosegretaria gradisce, glielo posso anche consegnare. Era ovviamente prevista l'uniformazione ai codici e agli standard urbanistici di servizi per ogni realizzazione, ed era previsto che sotto il Centrale del tennis fossero realizzati dei parcheggi: perché se si vanno ad ospitare 10 mila persone che vedono una manifestazione, almeno una parte di quelle postazioni devono essere coperte, come indicano le normative vigenti, dalla realizzazione di parcheggi. E per fare realizzare questi parcheggi era stato previsto lo spostamento di un collettore, il collettore della Farnesina, che camminava per l'appunto nel sottosuolo. Allora, il parcheggio non è stato realizzato, il collettore della Farnesina non è stato modificato, il Centrale del Tennis, così come convenuto, non è stato temporaneamente rimosso ed è ancora lì; ma ora c'è l'aggravante.

La presa in giro magistrale è quella di richiedere, il CONI, dialogando con il Campidoglio, comune di Roma, e cercando di coinvolgere il Governo e il Ministero che lei rappresenta, di coprire questa struttura per farla diventare, invece che temporanea, permanente. Ma se fosse stata questa l'indicazione, allora all'epoca andava fatto un concorso internazionale per progetti e bisognava mettere in competizione i più grandi progettisti del mondo affinché quel campo di gioco, il Centrale del tennis, potesse essere messo in armonia con il suo intorno territoriale e con le altre strutture che gli sono a fianco. No! È stata scelta la strada della temporaneità e adesso la strada della temporaneità deve essere confermata, perché non si può dire, nel 2008, che un oggetto architettonico è temporaneo - e, quindi, brutto per definizione - perché magari economicamente compatibile con le possibilità di spesa dei soggetti coinvolti all'epoca, il CONI, lo Stato, il comune, e poi, nel 2021 o 2022, per esigenze di carattere meramente commerciale, perché si vogliono ospitare i concerti e gli spettacoli, roba che non ha niente a che vedere, oltretutto, con lo sport (anche certamente le attività e le gare sportive), non si può pensare che nel 2021 invece si stabilizzi la situazione attuale, contravvenendo ai pareri che lo Stato ha emesso all'epoca dei fatti, dicendo di accettare - e mi riferisco al Ministero per i Beni e le attività culturali - quel tipo di progetto solo e soltanto nella prospettiva che fosse smontato il giorno dopo le gare. Ora, siccome a pensar male si fa peccato ma ogni tanto ci si azzecca, come diceva un noto statista di qualche decennio fa, a me viene il dubbio che il vostro Ministero non sia affatto attento a quell'architettura razionalista che viene studiata in tutto il mondo. Soltanto voi vi preoccupate magari di tutelare cose di nessun pregio, salvo distrarvi quando invece abbiamo di fronte a noi…ricordate che questo è un ritardo culturale mostruoso, perché questa damnatio memoriae deve cessare una volta per tutte. Non è colpa di nessuno o merito di nessuno se, in quella fase storica, centinaia di architetti, ingegneri, urbanisti, studenti, giovani, in un'effervescenza culturale mostruosa e micidiale, sono riusciti a dare l'ultimo epigono di urbanistica razionale e tradizionale e di architettura identitaria all'Italia, all'Europa e al mondo. Certo, poi sono venute, a seguire, altre nazioni che si sono ispirate, i cui architetti, ingegneri, docenti universitari, si sono ispirati a quel modello, ma paradossalmente siamo stati noi, italiani, a indicare la strada e la prospettiva per mettere in comunione la tradizione, e, quindi, l'identità culturale, con l'esigenza di modernizzazione, di mettere in contatto le tecnologie dell'epoca con la realtà senza modificare la memoria. Questo accadde per capacità di questo manipolo - chiamiamolo così, impropriamente - di effervescenze culturali e artistiche e io penso che a noi spetti solo e soltanto il compito di evitare che questo patrimonio finisca nel nulla, vada a ramengo. C'è una mia proposta di legge, che il precedente Ministro per i Beni e le attività culturali aveva attenzionato e su cui avevamo anche iniziato un percorso di sintesi, che prevede, pensate, il censimento, perché non si sa neanche questi beni culturali di architettura razionalista quanti siano e dove siano collocati, e prevedeva, da parte dei comuni, l'aggiornamento permanente, la valorizzazione, il restauro, la ristrutturazione e, ove possibile, il completamento. Voi, invece, voi…Diciamo che questa sorta di superficialità e di condanna perenne di quel tipo di espressione artistica vi induce persino a rimangiarvi i vostri pareri.

Quindi, questa narrazione - concludo - serve a chiedere al Ministro di non retrocedere e, quindi, di sorvegliare affinché le sovrintendenze siano coerenti col parere dato nel 2008, perché non è immaginabile che questo parere possa essere modificato.

La copertura del Centrale del tennis in acciaio e vetro non si può fare, perché questo determinò la sovrintendenza e il Ministero nel 2008 e questo parere oggi dev'essere confermato. Semmai, va abbattuto, smontato, e occorre, nelle vie definitive, realizzare il nuovo Centrale del tennis in cavea, esattamente come sono in cavea tutti gli impianti del Parco monumentale del Foro Italico (Applausi di deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Anna Laura Orrico, ha facoltà di rispondere.

ANNA LAURA ORRICO, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Grazie, Presidente. L'onorevole Rampelli chiede notizie riguardo a quali iniziative di competenza il Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo intenda assumere per tutelare il patrimonio di architettura razionalista del Parco del Foro Italico. Con riferimento all'interpellanza in oggetto, si comunica quanto segue: il complesso del Foro Italico, di proprietà del demanio dello Stato, è sottoposto a tutela architettonica con il DM 30 gennaio 1989; attualmente il gestore dell'area è Sport e Salute SpA, società controllata al 100 per cento dal MEF. Sotto il profilo paesaggistico, l'area è individuata dal PTP (il Piano territoriale paesaggistico), nel quale la tutela è orientata al ripristino e alla valorizzazione dei complessi archeologici e storico-monumentali, e dal PTPR (il Piano territoriale paesaggistico regionale), tra gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico. Nel 2010, ad opera del commissario straordinario ai Mondiali di nuoto “Roma 2009”, in deroga agli articoli 26, 146 e 147 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni, veniva realizzata la nuova struttura sportiva, denominata “Centrale del Foro Italico”. La realizzazione del Centrale del tennis nella sua attuale configurazione costituiva il secondo stralcio delle tre fasi della proposta progettuale. La struttura realizzata è risultata, quindi, deficitaria, sia sotto il profilo architettonico che sotto il profilo funzionale, in assenza della copertura mobile prevista nelle prime fasi progettuali e mai realizzata. Al fine di completare l'opera, è stato, quindi, istituito un tavolo tecnico tra l'amministrazione comunale, il CONI e la soprintendenza speciale ABAP di Roma per predisporre un protocollo d'intesa volto alla riqualificazione estetico-funzionale dell'impianto sportivo, da attuarsi mediante l'emanazione di un bando di concorso internazionale definito da apposito disciplinare.

Tutti gli enti coinvolti hanno condiviso la necessità di tale ulteriore intervento sia per rispondere alle esigenze di carattere sportivo attuali e concrete, quali, ad esempio, lo svolgimento degli Internazionali di tennis, ospitati dal sito, sia per rendere lo stadio Centrale uno dei più efficienti poli sportivi e attrattivi multidisciplinari e multifunzionali del panorama locale nazionale ed internazionale. Nel corso delle riunioni è stato predisposto il documento di indirizzo alla progettazione, che raccoglie i dati conoscitivi dell'area di intervento e definisce le caratteristiche e i requisiti generali e funzionali richiesti per il progetto di riqualificazione architettonica e funzionale dello stadio denominato, appunto, “Centrale del Foro Italico” all'interno del Parco del Foro Italico in Roma. In accordo tra soprintendenza speciale archeologia belle arti e paesaggio di Roma, Regione Lazio, comune di Roma e CONI sono state redatte le linee guida che costituiscono parte integrante del documento di indirizzo alla progettazione e sono atte a fornire indicazioni utili a individuare gli elementi di maggiore rilevanza ai fini della definizione della proposta progettuale, in coerenza con le specifiche del concorso stesso. In data 7 novembre 2018, la soprintendenza approva la stesura finale del bando di concorso internazionale di progettazione per la riqualificazione architettonico-funzionale dell'impianto sportivo. Lo stesso viene approvato dalla Regione Lazio e da Roma Capitale. Sport e Salute SpA ha quindi pubblicato, in data 1° ottobre 2019, il bando di concorso internazionale di progettazione per la riqualificazione architettonico-funzionale dell'impianto sportivo, con scadenza il 10 gennaio 2020. L'11 settembre 2020 la soprintendenza ha proposto a Sport e Salute SpA tre nominativi per la commissione di gara del concorso internazionale di progettazione.

In conclusione, ad oggi è stato predisposto, e ancora non siglato, il protocollo di intesa tra gli enti coinvolti per la riqualificazione architettonico-funzionale dell'impianto sportivo e ancora non sono stati esaminati i progetti presentati da parte della commissione giudicatrice.

Tuttavia, mi sento di rassicurare l'onorevole interrogante che il presupposto fondamentale dell'intervento, la cui centralità è assicurata dalle responsabilità di vigilanza degli attori coinvolti, è il pieno rispetto dei caratteri estetici, monumentali e paesaggistici del complesso, per contemperarli con le esigenze di carattere sportivo, in linea con i profili dell'originaria progettazione del parco del Foro Italico ad opera di grandi firme dell'architettura.

PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FABIO RAMPELLI (FDI). Mi piacerebbe poter dire di essere soddisfatto, perché noto una certa sensibilità a venire incontro all'interpellante, ma non sono soddisfatto perché continuo a percepire che c'è un'assenza di contenuti e di elementi tecnici.

Il concorso che è stato bandito e a cui ha fatto riferimento la sottosegretaria è un concorso che prevede la riqualificazione di un oggetto che non ci dovrebbe più essere; lo ripeto, il parere del suo Ministero e della sovrintendenza è positivo perché l'intervento è totalmente reversibile, è temporaneo, e il parere è favorevole solo perché, all'esito delle manifestazioni, sarebbe stato rimosso. Quindi, se, invece, il concorso che è stato bandito è un concorso di riqualificazione significa che non viene rimosso e se il concorso per la riqualificazione è, di fatto, un concorso per dare una romanella alla struttura, inguardabile e, comunque, ultronea, totalmente al di fuori del contesto urbanistico architettonico del parco monumentale del Foro Italico, lo è solo per consentire e giustificare la copertura, e la copertura definisce perennemente questo aborto architettonico. Invece, non è questa la direzione. Voi dovete muovervi, unitamente al Campidoglio, sollecitando Sport e Salute, o il CONI, se preferite, nelle varie reciproche competenze, e la Regione Lazio, per fare un concorso di idee che preveda il nuovo Centrale del Foro Italico, il nuovo, che non abbia nulla a che vedere con la struttura che è stata pensata e progettata solo e soltanto perché temporanea e che è subita dal parco monumentale. La parola monumentale lei se la dimentica, anzi, se la sono dimenticata gli uffici che le hanno scritto la risposta. Non è un parco, punto; è un parco monumentale e, infatti, lei, al principio, ha sottolineato il fatto che sia vincolato dalla sovrintendenza.

Mi piacerebbe sapere in quale posto del mondo, se c'è un vincolo, si possa agire costruendo una roba del genere se non con la giustificazione della temporaneità. Infatti, voi siete stati corretti nel 2008; il parere espresso è un parere positivo, salvo la temporaneità, la reversibilità. Se oggi viene fatto il concorso, questo concorso deve prevedere un nuovo Centrale - e, quindi, lo smontaggio di quello attuale - che sia in linea e in sintonia con gli stilemi, i presupposti urbanistici, l'identità architettonica, culturale e naturalistica dei luoghi e, quindi, non può, non potrebbe fare altro che dire ai concorsisti: dovete comunque adeguarvi a questo contesto urbanistico. Che cosa prevedeva, e concludo? Che tutti gli impianti di allenamento e di gioco fossero in cavea e quando, nel 1960, non esistevano il codice dei beni culturali, le leggi di riferimento, il rigorismo, il dirigismo, l'asfissia che non ti consente di fare niente, la colpevolizzazione di chiunque metta una pietra, non c'era nulla, però, all'epoca, gli urbanisti, i progettisti, gli amministratori, i Ministri ai Beni culturali, i sottosegretari e gli uffici impedirono che si realizzasse lo stadio del nuoto nel Foro Italico esattamente con le stesse modalità con cui si è fatto, nel 2008, l'attuale Centrale del tennis. Lo hanno impedito.

E come, voi, che siete gli epigoni, i centravanti dell'ambientalismo, i responsabili dell'ecologia planetaria, i grandi promotori dell'economia verde, eccetera, eccetera, sicuramente molto tempo dopo e con maggiori elementi tecnici nella vostra faretra rispetto al 1960, all'epoca del progetto di Del Debbio, che fate? Fate esattamente l'opposto? No, io penso che ci sia, sottosegretario, un margine per recuperare questa situazione che è animata, davvero, solo e soltanto dall'amore per il nostro territorio, dalla considerazione che a volte manca per l'architettura razionalista, ma anche dal semplice e comune buonsenso. Se lì gli impianti sono fatti così e quello è un parco monumentale, non è vietato trasformare, io sono un paladino della trasformazione, ma quando si trasforma si rispetta, e quel Centrale, l'attuale Centrale del Foro Italico, non porta rispetto relativamente al parco monumentale che lo ospita, e per questo va rimosso e ripensato (Applausi del deputato Deidda).

(Iniziative volte alla ricostruzione e alla tutela dell'arco borbonico del lungomare di via Partenope a Napoli - n. 2-01067)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente De Lorenzo e Fornaro n. 2-01067 (Vedi l'allegato A). L'onorevole De Lorenzo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

RINA DE LORENZO (LEU). Grazie, signora Presidente. Signora sottosegretaria, si tratta di un'interpellanza che ho depositato qualche settimana fa e che riguarda l'ultima perdita, in ordine di tempo, ai danni del patrimonio della città di Napoli. Racconto una storia di ordinaria mala gestione, una vicenda che indigna un'intera comunità, la quale, nel corso dei secoli, si è prodigata per lasciare i segni della sua cultura. Mi riferisco al crollo del cosiddetto arco borbonico, un crollo avvenuto il 2 gennaio di quest'anno e che ha investito questo manufatto risalente alla metà del 1800, che rappresenta uno dei simboli più noti del lungomare della città di Napoli, ritratto in centinaia di cartoline, ma anche di dipinti, e che ricorda il vecchio approdo borbonico, il vecchio approdo per i pescatori del borgo di Santa Lucia. Si tratta di un arco in pietra lavica, con una costruzione, un architrave in tufo giallo, che è miseramente crollato nelle acque del lungomare di Napoli sotto il peso del tempo, ma anche e soprattutto, ahimè, dell'incuria.

Gentile sottosegretaria, le spiegherò perché parlo di incuria, perché, vede, quel crollo era annunciato, annunciato al punto tale che, nel mese di maggio dello scorso anno, la sovraintendenza si premurò di redigere una nota all'indirizzo dell'autorità portuale concessionaria del bene, imponendo all'autorità portuale di intervenire con urgenza, considerando la vetustà e le condizioni critiche del cosiddetto arco borbonico, tali da rendere non più procrastinabili gli interventi di messa in sicurezza. A quella nota, a quella diffida si accompagnava una relazione tecnica estremamente dettagliata in cui veniva richiesta la redazione di un progetto che dovesse, appunto, realizzare interventi di straordinaria, somma urgenza per mantenere in piedi quest'opera.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 12,40)

RINA DE LORENZO (LEU). Nel luglio del 2020 l'Autorità portuale interviene, ma non già per realizzare quei lavori che pure si rendevano necessari considerata la vetustà del cosiddetto arco borbonico, ma interviene semplicemente per recintare l'approdo, delimitando la zona con dei tubi innocenti, che sono risultati evidentemente inefficaci rispetto alla forza del mare.

Voglio ricordare che l'articolo 33 del codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che, nel caso di inerzia del proprietario o del concessionario ovvero del detentore del bene, è fatto obbligo alla sovraintendenza di intervenire. Cito testualmente uno dei commi dell'articolo 33: in caso di urgenza il sovrintendente può adottare immediatamente le misure conservative necessarie. Questo non è accaduto. Non è accaduto e, nonostante la situazione di pericolo imminente, le autorità competenti non sono riuscite a salvare la struttura dal crollo. Crollo, per il quale, tra l'altro, sono in corso addirittura accertamenti da parte dell'autorità giudiziaria.

Ora, gentile sottosegretaria, io non vorrei che tutta questa vicenda, che ha indignato i cittadini napoletani, ma l'intero Paese, fosse l'occasione per l'ennesimo rimpallo di responsabilità tra gli enti, che scaricano l'uno sull'altro responsabilità che in realtà sono ben assegnate da una normativa vigente, che andrebbe assolutamente letta, ma soprattutto messa in pratica e attuata.

Come le dicevo, la protezione con tubi innocenti a poco è servita contro la forza del mare. Sono sorpresa, a mia volta, dalle dichiarazioni di sorpresa della sovraintendenza, che è sconcertata dal crollo causato da una mareggiata. Siamo in pieno inverno, gli eventi atmosferici avversi possono evidentemente prevedere anche una mareggiata e le condizioni gravemente critiche, in termini di stabilità del manufatto, rendevano naturalmente ipotizzabile il crollo dello stesso. Quindi, nessuna sorpresa da parte della sovrintendenza.

A questo punto, io credo che sia necessario non soltanto sorvegliare le azioni della sovraintendenza, ma accertarsi che l'impegno assunto per la ricostruzione dell'arco borbonico sia un impegno realmente mantenuto dalla sovrintendenza ovvero dall'ente concessionario, qualora si accerti che il compito di ricostruire spetti all'autorità portuale.

In ogni caso, quando io le ho parlato in premessa della storia di ordinaria mala gestio, lo faccio perché il crollo del cosiddetto arco borbonico rappresenta soltanto, in ordine cronologico, l'ultimo evento che ha connotato e caratterizzato la storia del patrimonio artistico culturale di Napoli. Sono evidenti e assurgono agli onori della cronaca esempi, non dico quotidiani, ma sicuramente mensili, con cadenza mensile. Eventi che riguardano beni del patrimonio artistico-culturale di Napoli, che, purtroppo, a causa dell'incuria, subiscono quella che noi non vorremmo accadesse, cioè la damnatio memoriae. Noi vogliamo evitare che il patrimonio artistico-culturale della città di Napoli, che è patrimonio dell'intera Nazione, nel rispetto del principio costituzionale e del dettato costituzionale contenuto nell'articolo 9 della Costituzione, subisca il degrado e, quindi, venga cancellato e venga sottratto alle future generazioni.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Anna Laura Orrico, ha facoltà di rispondere.

ANNA LAURA ORRICO, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Grazie, Presidente. L'onorevole De Lorenzo chiede notizie riguardo a quali iniziative di competenza il Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo intenda assumere, per consentire la ricostruzione di una testimonianza di grande valore storico di Napoli, come l'arco borbonico di via Partenope, crollato lo scorso 2 gennaio.

Con riferimento all'interpellanza in oggetto, si comunica quanto segue. Va precisato in primo luogo che la struttura in argomento costituisce la parte terminale di un imponente collettore fognario, che raccoglieva le acque piovane dalla collina di San Martino e, passando sotto via Toledo, sfociava all'aperto sulla spiaggia davanti il Chiatamone, realizzata nel 1844 durante i lavori di sistemazione di via Chiatamone, allorché, presumibilmente per motivi igienici, fu ritenuto opportuno coprire l'unico tratto a cielo aperto del canale.

Nel 1872 circa, in concomitanza con i lavori di colmata della spiaggia e la realizzazione di via Partenope, su progetto di Enrico Alvino, il canale fu inglobato dalla nuova pavimentazione stradale, cosicché la struttura preesistente fu smontata e ricostruita più a mare.

Il manufatto è costituito da una volta a botte in tufo giallo finita dall'estradosso da un piano di calpestio in pietra lavica, che si attesta a quota marciapiede di via Partenope. Tale volta scarica il suo peso su una platea di pietra lavica poggiante direttamente nell'acqua e originariamente era contenuta da due arcate contraffortate completamente realizzate con conci di pietra vesuviana.

Già in vedute del lungomare di Napoli degli anni Sessanta del secolo scorso si evidenzia come della struttura originaria, che prevedeva una sorta di terminazione a cuspide protesa verso il mare con scalette laterali terminanti in due brevi banchine, si conservassero solo la parte alta dell'arcata sporgente dal muro di limite del marciapiede e le due arcate contraffortate.

Ciò premesso, la soprintendenza ABAP per il comune di Napoli, in diverse circostanze - da ultimo con nota del 10 ottobre 2019 - ha sollecitato l'amministrazione comunale di Napoli e l'autorità di sistema portuale del mar Tirreno centrale, a mettere in atto interventi finalizzati al recupero del bene e, con nota del 22 maggio 2020, ha invitato la suddetta autorità portuale a eseguire interventi urgenti di consolidamento, restauro e recupero del manufatto, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 42 del 2004.

Successivamente, con nota del 13 luglio 2020, l'autorità portuale, nelle more della progettazione dell'intervento di restauro, ha trasmesso il progetto per la realizzazione di un sistema di messa in sicurezza e di puntellamento del manufatto, con allegata relazione di calcolo, a firma di un tecnico della ditta affidataria “AD Restauri e Costruzioni Srl”. A tale richiesta la sovrintendenza ha dato riscontro con nota del 15 luglio 2020, autorizzando l'intervento e ribadendo l'urgenza della redazione di un progetto esecutivo di restauro per il rilascio dell'autorizzazione di competenza, ai sensi dell'articolo 21 del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Le opere di puntellamento - ritenute tra l'altro propedeutiche ai lavori necessari per il recupero dei materiali costruttivi già distaccati e per i primi interventi di consolidamento - sono state ultimate in data 7 ottobre 2020.

La sovrintendenza ha nuovamente sollecitato la trasmissione di un progetto esecutivo di restauro con nota del 20 ottobre 2020, a cui l'autorità portuale ha dato riscontro proponendo la stipula di una convenzione con la sovrintendenza stessa per la progettazione e la direzione lavori dell'intervento di restauro richiesto, ovvero una collaborazione tecnica da parte di funzionari della sovrintendenza per la fase di progettazione, a cui la sovrintendenza ha dato riscontro con Nota del 10 novembre 2020. Successivamente, si sono svolti diversi incontri di natura tecnica, finalizzati alla definizione delle linee di intervento individuate in specifiche indagini diagnostiche e di rilievo, tese alla conoscenza del manufatto e al suo stato di conservazione, nonché alle prime ipotesi progettuali sulla tipologia del consolidamento e del restauro, tenuto conto delle difficoltà, anche di cantierizzazione, derivate dalla necessità di recupero e stoccaggio dei materiali da costruzione ormai in acqua. Nelle more della redazione di tale progetto condiviso di restauro, in data 2 gennaio 2021, in seguito a violentissime mareggiate, che a partire dal precedente 28 dicembre hanno interessato il litorale partenopeo e che hanno determinato ingenti danni al lungomare e al Castel dell'Ovo, si è verificato il cedimento del sistema di puntellamento messo precedentemente in opera e il distacco di uno dei due contrafforti di sostegno dell'Arco e di ulteriori elementi lapidei del rivestimento. In conseguenza dell'evento, si è dato corso ad immediate interlocuzioni di natura tecnica con l'autorità portuale, finalizzate all'adeguamento delle intenzioni progettuali precedentemente definite, condividendo la necessità, data l'urgenza dell'intervento, di affidare il coordinamento delle attività di progettazione, alla sovrintendenza. Nel merito, si ritiene che il progetto abbia caratteristiche analoghe a quelle precedentemente individuate, ovvero recupero di tutti gli elementi crollati, consolidamento della platea fondale e realizzazione di una centina a sostegno della volta, ricollocazione degli elementi lapidei di rivestimento, ricostruzione del contrafforte crollato. L'intervento di restauro che si intende avviare nel più breve tempo possibile, compatibilmente con le procedure dettate dalle normative di riferimento, si ritiene del tutto idoneo al ripristino del manufatto. In merito a quanto segnalato nell'interpellanza, circa la mancata attuazione del disposto dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 42 del 2004, si fa presente che le opere di messa in sicurezza, corredate da idonea relazione di calcolo, basata anche sulla circostanza che la struttura era protetta dalle scogliere frangiflutti, erano state realizzate e che l'evento che ne ha determinato il cedimento si può a tutti gli effetti definire di entità eccezionale, avendo provocato danni ingentissimi a strutture evidentemente ben più solide del cosiddetto Arco borbonico, quali il parapetto di delimitazione del lungomare, realizzato in laterizi e piperno e crollato per diversi metri, e la pavimentazione del Ramaglietto, di Castel dell'Ovo, costituita da lastroni di pietra vesuviana del peso di diverse centinaia di chilogrammi, completamente divelta. Va inoltre fatto rilevare che, a partire dalla Nota del 22 maggio 2020, citata precedentemente, non sono mai venuti meno né la disponibilità della stessa a procedere al restauro, né - come sopra ricordato - i contatti tra tecnici per la condivisione delle linee progettuali.

PRESIDENTE. La deputata Rina De Lorenzo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Prego collega.

RINA DE LORENZO (LEU). Grazie, Presidente. Ringrazio la signora sottosegretaria per la risposta, che apre uno spiraglio di speranza rispetto ai lavori di intervento che dovranno essere svolti per ricostruire un monumento simbolo della città di Napoli. Ha fatto bene, lei, a ricordare le origini di quella struttura, di quel manufatto, che tuttavia non rappresentano certamente una diminutio in termini di valore storico, artistico o culturale, peraltro sottolineate nella Nota redatta dalla sovrintendenza e inviata alle autorità portuali, allorquando si chiedeva di intervenire con urgenza per ripristinare lo stato, così danneggiato, del cosiddetto Arco borbonico. Il mio auspicio, che immagino lei possa condividere, è che questi lavori si realizzino nel rispetto dell'anno dei tempi previsti dalla normativa, ma si realizzino nei tempi previsti anche da quella che è la legittima aspirazione dei cittadini napoletani e dei cittadini del Paese, perché realizzare l'ennesimo cantiere in una città che è intessuta di cantieri non rappresenta altro che l'ennesimo sfregio a questa meravigliosa città. Voglio ricordarle che purtroppo la burocrazia spesso determina un rallentamento dei lavori: se la burocrazia è l'azione della pubblica amministrazione per garantire il rispetto della norma, allora che burocrazia sia, ma se la burocrazia ha purtroppo, come effetto collaterale, il rallentamento dei lavori, allora io credo che interventi anche da parte del suo Ministero debbano essere svolti. Io potrei farle un elenco molto lungo, portandole in rassegna tutti quelli che sono i beni di rilevanza artistica, culturale, storica, che insistono nella città di Napoli e che sono oggetto di interventi di cantiere, per i quali non è prevista una data di conclusione dei lavori. Io voglio ricordarle che, ad inizio della legislatura, sottoposi all'attenzione del Ministero dei Beni culturali la questione che riguardava la realizzazione di un cantiere nella piazza del Plebiscito, bene patrimonio dell'Unesco; nel frattempo, quel cantiere che è ancora lì, per il quale non conosciamo i termini di scadenza, è uno dei tanti, a cui si aggiungono, per esempio, il cantiere realizzato per la costruzione di un altro mostro, un ecomostro; mi riferisco, per esempio, alla costruzione in cemento armato sul monte Echia, che oscura la vista della baia e che è il luogo in cui nasce Partenope e dovrebbe essere sede della sontuosa villa di Licinio Lucullo. La realizzazione di questo intervento, di questo manufatto, quindi di un ascensore in uno spuntone roccioso di tufo lascia pensare ad una valutazione di impatto ambientale e paesaggistico che probabilmente non è stata fatta, nei modi e nei tempi che sono richiesti per la tutela del patrimonio artistico-culturale. Aggiungo anche un altro aspetto, sul quale voglio invitare il Ministero ad una riflessione: è possibile che la città di Napoli abbia un problema, il problema della città di Napoli è quello di essere una città sproporzionata per bellezza, per la presenza di bellezze naturali, artistiche e architettoniche rispetto alla modestia di chi ha il dovere di tutelarle. Se noi pensiamo soltanto che 300.000 opere, una raccolta di 300.000 libri del filosofo e avvocato Gerardo Marotta sono stipati in scatoloni di cartone, in attesa da ormai quattro anni di essere sistemati in una biblioteca, questo fa riflettere.

Allora, io voglio sollecitare il Ministero e voglio aprire una discussione su un tema particolarmente delicato: la cultura è bellezza, ma la cultura è anche la possibilità, lo strumento attraverso il quale il nostro Paese costruisce il suo futuro, sulla memoria di un passato che non può essere cancellato. Quindi, io mi ritengo soddisfatta, perché sono certa che l'impegno del Ministero sarà portato a termine e il cosiddetto arco borbonico sarà ricostruito in tempi che sono compatibili con le aspettative dei cittadini. Auspico, però, che si apra un confronto, un dibattito serio, su tutte le altre opere monumentali che subiscono il degrado e l'incuria di amministratori forse troppo disattenti.

(Iniziative di competenza volte alla modifica delle clausole che determinano le cosiddette “asimmetrie convenzionali” in favore di Autostrade per l'Italia, e del relativo piano economico-finanziario, nonché in ordine agli effetti economici delle azioni risarcitorie avviate a seguito del crollo del ponte Morandi - n. 2-01020)

PRESIDENTE. Passiamo quindi all'interpellanza urgente Lollobrigida e altri n. 2-01020 (Vedi l'allegato A). L'onorevole Deidda ha facoltà di illustrare l'interpellanza.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sarò rapido. In questa interpellanza, sottoscritta dal presidente Lollobrigida, riportiamo in Aula l'argomento ormai annoso della convenzione con Autostrade per l'Italia. Ricordo che questa è del 2007 ed è una convenzione che è spropositatamente a favore di Autostrade per l'Italia. Non devo ricordare tutti i fatti che hanno portato poi a discutere di questa convenzione - il crollo del ponte Morandi, la manutenzione delle autostrade - e di tutti gli impegni che Autostrade per l'Italia ha disatteso. Si è fatta molta propaganda su questo tema, chi invocava la revoca, chi la chiedeva. E noi eravamo fortemente anche d'accordo nel procedere in questo senso. C'è chi si è riempito la bocca di promesse, accuse sui social, con proclami; ma poi cosa è successo? È successo che Autostrade per l'Italia, con il Governo è riuscita a raggiungere una transazione, a impedire, quindi, a fermare il processo di revoca e andare ad un accordo. Questo accordo, però, è migliorativo? No, l'accordo non è migliorativo, perché non modifica la convenzione, per esempio in quei punti dove si dice che il piano economico-finanziario può essere modificato solo da Autostrade per l'Italia. E poi soprattutto noi scopriamo che Autostrade per l'Italia decide, in questo piano economico-finanziario, di prevedere un aumento delle tariffe, per andare a finanziare quelle che sono le manutenzioni che invece dovrebbero spettare al concessionario. Allora, per questo motivo noi ci chiediamo che cosa vuole fare il Governo, se manterrà fede a quelle che sono state le promesse fatte ai cittadini, agli italiani, anche all'indomani del crollo del ponte Morandi, o se i cittadini dovranno pagare ancora per le manutenzioni - quindi doppi tributi - o dovranno ancora aspettare che ci sia una modifica di questa convenzione o la revoca, come era stato promesso.

In più, cosa diciamo? Cosa prevede questo accordo? Che la ricapitalizzazione di Autostrade per l'Italia sarà fatta da Cassa depositi e prestiti, gli azionisti di Autostrade per l'Italia non metteranno un euro, quindi Cassa depositi e prestiti andrà a ricapitalizzare quella società e ovviamente gli azionisti avranno un guadagno, ma saranno sempre i cittadini a dover pagare. Allora, noi chiediamo al Governo quali iniziative vuole intraprendere per modificare il piano economico e quindi la convenzione, poter modificare il piano, e cosa vuole fare per garantire ai cittadini di non sborsare altri euro, successivi, e far pagare finalmente Autostrade per l'Italia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Roberto Traversi, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO TRAVERSI, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente, e grazie all'onorevole Deidda per l'interpellanza. Come si è avuto modo di evidenziare, in occasione delle risposte fornite agli atti di sindacato ispettivo presentati sull'argomento, la procedura di risoluzione della convenzione, per grave inadempimento, avviata dall'agosto 2018 nei confronti di Autostrade per l'Italia, in conseguenza del tragico evento del crollo del ponte Morandi, è stata sospesa nel mese di luglio 2019, a seguito della richiesta della stessa società di avviare una fase finalizzata ad un accordo transattivo e a una modifica della convenzione stessa, maggiormente rispondente all'interesse pubblico e depurata da pattuizioni sbilanciate a favore del concessionario. La fase per la verifica di un possibile accordo transattivo è stata avviata dal Ministro Toninelli ed è stata proseguita dalla Ministra De Micheli, sulla base di una specifica decisione dell'Esecutivo.

In particolare, il MIT ha portato avanti il confronto con il concessionario al fine di verificare - nel rispetto del principio costituzionale del buon andamento dell'azione amministrativa ed al fine esclusivo di perseguire l'interesse pubblico - la sussistenza delle condizioni per una definizione consensuale della procedura di contestazione da sottoporre alla valutazione del Governo. Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 14 luglio 2020, esaminate le due nuove proposte transattive trasmesse da parte di Aspi, ha ritenuto di avviare l'iter per la formale definizione della transazione, ciò sulla base delle considerazioni che detta soluzione consente la gestione dell'infrastruttura autostradale con una più rigorosa determinazione degli obblighi in capo al concessionario e dei controlli del suo operato, garantisce la tutela dei risparmiatori, salvaguarda gli attuali livelli occupazionali, prevede un'accelerazione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, senza che siano pagati dall'utenza, elevando gli standard di sicurezza, nonché l'effettuazione di nuovi e consistenti investimenti e ristabilisce, attraverso la previsione della complessiva riscrittura dell'attuale convenzione, il giusto equilibrio fra l'interesse pubblico del concedente e quello privato del concessionario, evitando qualunque forma di ingiustificato vantaggio o privilegio in favore di quest'ultimo. È in questa precisa ottica che deve essere oggi considerato il piano economico-finanziario presentato da Aspi. Nell'evidenziare che il MIT, con il MEF e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno costantemente rappresentato alla società la necessità di sviluppare la proposta di PEF, recependo puntualmente la nuova regolazione tariffaria introdotta dall'Autorità di regolazione dei trasporti, ai sensi dell'articolo 16 del decreto-legge n. 109 del 2018, ricordo che l'approvazione del PEF da parte del MIT, di concerto con il MEF, segue precise regole procedurali, fra cui l'acquisizione del parere dell'Autorità di regolazione dei trasporti. Le osservazioni formulate dalla predetta Autorità, su proposta di PEF di Aspi, assicurano l'orientamento al costo del servizio e sono volte a escludere la possibilità di conseguire profitti al di fuori delle regole convenzionali. Tali osservazioni sono state sottoposte al concessionario al fine del loro recepimento e sono attualmente oggetto di specifici approfondimenti che riguardano anche ulteriori modifiche delle clausole contrattuali, funzionali ad assicurare un diverso equilibrio fra il MIT (concedente) e il concessionario, ferma restando la prevalenza dell'interesse pubblico. Nelle more della definizione del PEF, gli incrementi tariffari relativi all'anno 2021 sono stati congelati con una specifica disposizione inserita nel decreto-legge n. 183 del 2020.

Concludo evidenziando che lo snodo procedurale in corso risponde unicamente a regole tecniche di carattere economico-finanziario e trasportistico e non influenza la trattativa riguardante gli impegni di Aspi-Atlantia sul futuro assetto societario del concessionario. Peraltro, tale trattativa non è gestita dal MIT e, in relazione ad essa, posso soltanto riferire che Cassa depositi e prestiti ha confermato al Governo che tutte le interlocuzioni si svolgono sulla base di criteri competitivi e di prassi correnti del mercato.

PRESIDENTE. L'onorevole Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. No, non posso dichiararmi soddisfatto, sottosegretario.

Penso che questo sia un tema su cui - al di là della stima che ho per lei - voi del Movimento 5 Stelle forse avete imparato la lezione sulla differenza tra quando si è all'opposizione e poi quando si è al Governo; nel momento in cui si va a parlare ai cittadini e si promettono determinati interventi, si promettono determinate azioni di Governo, poi quando si è al Governo bisogna attuarle, bisogna fare di tutto per attuarle.

Chi milita politicamente sa benissimo che il Parlamento può prendere le decisioni che reputa seguendo la normativa, può cambiare le norme se queste ostacolano il raggiungimento dell'obiettivo. Quando si è maggioranza si può non dico fare tutto, ma si può attuare tutto e soprattutto, quando si è maggioranza, allora bisogna evitare di fare video, andare sulla stampa, soprattutto quando si è in una coalizione che magari non è così omogenea come dovrebbe essere; quindi, si evita di fare promesse video, proclami dove si dice “finalmente via i Benetton, via Autostrade per l'Italia, evviva, finalmente via Autostrade per l'Italia per il beneficio pubblico”, perché poi oggi, con la risposta che mi ha dato, si è visto che ancora non è stato conseguito nessun tipo di risultato in questo senso. Nella risposta che mi ha dato ancora ci sono trattative, ci sono transazioni da fare, il piano economico-finanziario è quello che è stato presentato e quindi prevede ancora quegli aumenti, si prevedono ancora quegli aumenti di tariffe che andranno a incidere appunto sulla manutenzione. Ma quindi i cittadini pagheranno due volte, come ho già detto in premessa, e pagheranno due volte anche quei fondi privati che entreranno nella ricapitalizzazione della società; Cassa depositi e prestiti dovrà mettere dei soldi per pagare ancora, quando invece gli azionisti non dovranno mettere un euro.

Questo è veramente uno dei motivi e un tema che dovrebbe farvi riflettere sull'opportunità di continuare questa azione di Governo, perché uno dei vostri capisaldi è crollato, è finito, non l'avete conseguito, prima col Ministro Toninelli e poi adesso col Ministro De Micheli.

Una promessa fatta non è stata raggiunta e in questo senso avevate anche l'appoggio di una opposizione come Fratelli d'Italia, che vi dava ragione e vi dava la spinta per dire: “Proseguite”. Non avete avuto il coraggio o forse vi siete piegati a quello che sono le idee diverse del PD, di Italia Viva, di LeU. E, purtroppo, con questo agli italiani cosa consegnate? Sì, è vero, tecnicismi, delle regole, però fatto sta che i risultati sono quelli che ha elencato: aumento delle tariffe, manutenzioni che andranno sempre a carico di quei soldi che i cittadini pagano, mentre c'è chi andrà ad arricchirsi.

Io non sono contro il privato che si arricchisce, ci mancherebbe altro, ma quando si parla di convenzione col pubblico, quando si ha qualcosa in concessione e quando è un bene pubblico, lo Stato viene prima di tutti, i cittadini vengono prima di tutti e prima di tutto.

Quindi, sottosegretario, a me dispiace veramente dover dire che, anche su questo tema delle autostrade, voi dovreste fare solo una cosa, cioè quella di dimettervi e mettere fine a questa esperienza di Governo, che vi ha arricchito, perché vi ricordo e ripeto che avete capito forse che quando si è opposizione non bisogna promettere la luna, se poi non si è sicuri che quando si è al Governo la si può dare. Questa per voi è una vostra lezione, che dovete ricordarvi sempre, perché voi avete promesso e avete proclamato che avreste buttato fuori Autostrade per l'Italia, avreste buttato fuori i Benetton: mi ricordo il video di Toninelli, quando c'è stata quella transazione e invece il risultato è stato quello che, ancora oggi, Autostrade sta aumentando le tariffe e si sta arricchendo.

(Chiarimenti in ordine alla mancata inclusione dell'aeroporto di Milano-Malpensa nella sperimentazione di voli cosiddetti “COVID-tested”, alla luce della rilevanza strategica dello scalo - n. 2-01038)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bianchi ed altri n. 2-01038 (Vedi l'allegato A).

Il deputato Bianchi è già pronto per illustrarla, prego.

MATTEO LUIGI BIANCHI (LEGA). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, come è indicato nell'interpellanza che ho depositato, l'aeroporto di Roma Fiumicino ha avviato, grazie al Ministero della Salute e al Ministero degli Affari esteri, dei test sperimentali per accertare la negatività al Coronavirus dei passeggeri, in collaborazione anche con una rete di aeroporti quali Monaco, Atlanta, New York, così appunto da far sì che gli stessi passeggeri possano, oltre che viaggiare in sicurezza, evitare le restrizioni e le note conseguenti legate alle quarantene.

A settembre anche SEA, che gestisce gli aeroporti di Milano Malpensa e di Milano Linate, ha chiesto al Ministero della Salute ed al Ministero degli Affari esteri, la possibilità di sviluppare analoga sperimentazione, per consentire appunto che anche gli aeroporti milanesi e nella fattispecie l'aeroporto di Milano Malpensa potesse lavorare in una logica “COVID free“ per poter creare dei corridoi sicuri nell'Unione europea e nelle tratte extra europee.

Sappiamo benissimo che il settore del trasporto aereo è stato oggetto di un calo drammatico di traffico. Le prospettive per il 2021 non sono incoraggianti e la ripartenza di questo settore, soprattutto per il traffico passeggeri, stenta ad avere delle ripartenze appunto immediate. Tuttavia, molte compagnie aeree hanno mostrato l'interesse per riattivare delle rotte a Milano Malpensa, se ci fossero appunto delle possibilità di sviluppare gli accorgimenti per poter volare in sicurezza.

Io ricordo che Milano Malpensa è il secondo scalo nazionale in termini di traffico passeggeri, oltre a essere il primo scalo per il traffico merci ed ovviamente è il principale scalo per tutto il bacino del Centro-Nord, quindi per metà del nostro Paese. È un aeroporto che purtroppo ha avuto delle conseguenze anche a causa del disimpegno totale di Alitalia, anche se la collocazione geografica dell'aeroporto, quindi nel pieno del contesto mitteleuropeo, fa sì che appunto compagnie che non sono la compagnia di bandiera italiana continuino a mostrare interesse per l'aeroporto.

Il contesto lombardo, storicamente ed economicamente, ha sempre avuto delle strettissime relazioni con il mondo mitteleuropeo e con il mondo germanico, ma dobbiamo tentare - e soprattutto il Governo deve tentare - di far sì che l'aeroporto di Milano Malpensa non sia abbandonato a se stesso, ma rientri in un sistema strategico di scali aeroportuali a livello nazionale, in quanto è dovere del Governo italiano.

Quindi, con questa interpellanza io chiedo esclusivamente una cosa molto semplice: pari dignità, per le motivazioni che ho poc'anzi esposto, dell'aeroporto di Milano Malpensa, alla stessa stregua dell'aeroporto di Roma Fiumicino, nulla di più e nulla di meno.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Roberto Traversi, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO TRAVERSI, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie Presidente. L'individuazione dei voli “COVID-tested”, ossia dei voli per i quali l'imbarco ai passeggeri è consentito a seguito di obbligatorio test antigienico rapido, eseguito prima dell'imbarco o a seguito di presentazione di certificazione attestante il risultato negativo di un test molecolare o antigienico effettuato per mezzo di tampone non oltre le 48 ore precedenti all'imbarco, è stata oggetto di apposita ordinanza congiunta dei Ministri della Salute, delle Infrastrutture e dei trasporti, degli Affari esteri e della cooperazione internazionale del 23 dicembre 2020.

Con tale ordinanza, a seguito dei necessari approfondimenti da parte del comitato tecnico scientifico, nonché della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute e dell'Istituto superiore di sanità, si è consentito l'avvio sperimentale, in sede di prima attuazione del progetto, ai voli con destinazione l'aeroporto internazionale Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino, provenienti dagli scali di Francoforte, Monaco di Baviera, Atlanta e New York.

Essendo previsto, in relazione a tali voli, l'ingresso e il transito nel territorio nazionale senza la necessità di rispettare i prescritti obblighi di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario, si è ritenuto, in considerazione dell'approccio sperimentale dell'iniziativa, di circoscrivere l'operatività della stessa, in un primo momento, all'aeroporto di Roma Fiumicino in ragione della rilevanza di tale scalo in termini di traffico aereo.

I Ministeri competenti, con la collaborazione dell'ENAC, stanno già istruendo l'analoga richiesta pervenuta alla società SEA di gestione dell'aeroporto di Malpensa di sperimentare, con alcune integrazioni, il protocollo in vigore per l'aeroporto di Roma Fiumicino; le rotte interessate sono verso New York, Dubai, Doha e Abu Dhabi.

Per la definizione della questione è stata convocata per il prossimo 18 gennaio una specifica riunione, cui parteciperanno i rappresentanti dei Ministeri interessati, dell'ENAC e della società SEA.

PRESIDENTE. Il deputato Bianchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

MATTEO LUIGI BIANCHI (LEGA). Grazie, Presidente. Grazie sottosegretario, devo dire, rispetto alla sua illustrazione, che mi trova parzialmente soddisfatto, ma devo anche ammettere che sicuramente si stanno facendo dei passi in avanti. Parzialmente soddisfatto, perché, ovviamente, monitoreremo, in una logica propositiva e costruttiva, la tempistica e le necessità, appunto, che conseguono per lo sviluppo dell'aeroporto di Milano Malpensa e il conseguente superamento di questo momento drammatico, ma devo anche ammettere che è stato fatto un sostanziale passo in avanti rispetto al termine dell'anno appena conclusosi, del 2020. E, quindi, questo, ovviamente, ci fa ben sperare che, oltre all'aeroporto di Roma Fiumicino, anche l'aeroporto di Milano Malpensa, rispetto anche alla sollecitazione che arriva dalla società aeroportuale, possa avere la giusta attenzione da parte del Governo e, nella fattispecie, dal Ministero della Salute e dal Ministero degli Affari esteri, per poter far sì che i passeggeri, anche dell'aeroporto di Milano Malpensa, possano viaggiare in sicurezza e, quindi, grazie a questa sperimentazione, che ci auguriamo possa essere perfezionata in un futuro prossimo, tutto il comparto del trasporto aereo, così strategico e importante per il nostro territorio, possa avere delle prospettive più rosee rispetto a quelle che, purtroppo, drammaticamente, stiamo vivendo a causa dell'emergenza pandemica. Quindi, la ringrazio per questo passo in avanti e per questo impegno fatto.

(Iniziative di competenza volte alla tutela dell'unità economica della Repubblica, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, con riferimento alla ripartizione delle risorse destinate ai comuni dalla Regione Lombardia, in relazione all'impatto economico derivante dall'emergenza sanitaria da COVID-19 - n. 2-01055)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fragomeli ed altri n. 2-01055 (Vedi l'allegato A). L'onorevole Fragomeli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

GIAN MARIO FRAGOMELI (PD). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario. La mia interpellanza una vuole evidenziare una criticità forte rispetto a questo momento pandemico e alle risposte che la Regione Lombardia è stata in grado di dare. Noi vorremmo evitare - e lo dico da lombardo -, in qualche modo, le difficoltà che abbiamo riscontrato e che tuttora riscontriamo nel contrasto, da un punto di vista sanitario, della pandemia. Non devo certo riscoprirlo oggi io il fatto che la Lombardia sia stata una delle ultime regioni rispetto ai vaccini antinfluenzali e, ancora oggi, moltissime categorie non li hanno ricevuti. E, purtroppo, la Regione Lombardia che, per molti anni, si è forgiata di questo grande merito, di una grande sanità, anche oggi, dimostra di essere profondamente in ritardo sulla vaccinazione anti-COVID.

Ebbene, questi elementi ci preoccupano e destano forte preoccupazione, e non vorremmo che questa cosa la ritrovassimo anche su un altro elemento fondante, che è quello della ripresa economica. L'interpellanza chiede, appunto, al Governo di intervenire e di capire perché la più grande regione italiana stanzia, per la prima volta, 3,5 miliardi di indebitamento regionale - mai fatti prima - per finanziare la ripartenza e il rilancio della Regione Lombardia, e non lo fa con criteri omogenei, con bandi, con indicatori che dimostrino la volontà di far ripartire la Regione Lombardia, ma lo fa con una politica, permettetemi, legata alla residenza di molti consiglieri regionali o assessori regionali a definire la priorità dell'intervento. Questo fa molto male, perché capite che, su 3 miliardi e mezzo, solo 400 milioni vengono distribuiti su un criterio legato alla popolazione. Zero priorità, nessuna infrastruttura strategica che abbia la priorità, nessun interesse regionale che abbia la priorità, se non quello che dicevo prima, della residenza degli amministratori regionali. Questo fa molto male, ci preoccupa e credo che, in qualche modo, questa distribuzione a pioggia dimostri anche un'inefficienza complessiva del Governo regionale.

Quindi, concludo, di fronte al fatto che pensiamo che ci debba essere un indirizzo più forte, ci debba essere la forza che questo Governo dica che, in un momento di pandemia, queste cose l'Italia non le può sopportare, i lombardi non le possono sopportare. E, quindi, chiediamo un intervento per fare una giustizia da questo punto di vista, perché, permettetemi, non è paragonabile una grande infrastruttura pubblica rispetto all'arredo urbano o alla piazza dell'amico amministratore, dell'assessore o del consigliere regionale lombardo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato Gianluca Castaldi, ha facoltà di rispondere.

GIANLUCA CASTALDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La ringrazio, Presidente. L'articolo 1 della legge regionale n. 9 del 2020 autorizza, a sostegno degli investimenti e dello sviluppo infrastrutturale, la spesa complessiva di 3,53 miliardi di euro, che è ripartita, negli anni dal 2020 al 2023, con ricorso all'indebitamento. Di questi, come riferito dagli onorevoli interpellanti, 400 milioni sono stati assegnati agli enti locali, che confluiscono in uno specifico fondo, i cui criteri e modalità di gestione sono individuati con provvedimento della giunta regionale. La restante somma di 3,13 miliardi è destinata a sostegno degli investimenti regionali e confluiscono nell'apposito fondo regionale “Interventi per la ripresa economica”.

Per le opere, gli interventi e i programmi di intervento da attuare mediante strumenti di programmazione negoziata di interesse regionale, finanziati con le risorse del Fondo “Interventi per la ripresa economica” è previsto che non occorra effettuare la valutazione di cui all'articolo 3 della legge regionale 29 novembre 2019, n. 19 (Disciplina della programmazione negoziata di interesse regionale), che imporrebbe l'utilizzazione dei criteri e indicatori ivi previsti a supporto della valutazione della sussistenza dell'interesse regionale.

Con provvedimento della giunta regionale n. XI/3531, adottato nella seduta del 5 maggio del 2020, sono stati individuati gli interventi approvati, i soggetti pubblici assegnatari e l'importo dei finanziamenti concessi.

In tale quadro, non si può che rilevare che le valutazioni e le decisioni concernenti l'individuazione degli interessi pubblici da finanziare e dei relativi enti beneficiari - salvo espressa previsione di legge regionale che, nel caso di specie, in base a quanto rappresentato dagli stessi interpellanti non pare sussistere - rientrano, è bene evidenziare, nel campo delle valutazioni di carattere strettamente politico dell'ente titolare del finanziamento e, in quanto tali, sono rimesse alla fisiologica dialettica tra organo di indirizzo politico (consiglio regionale) e organo esecutivo (giunta regionale), potendo trovare sanzione solo nell'ambito e secondo le regole del consueto circuito politico/democratico.

Pertanto, per quanto il modus operandi seguito nel caso in esame dalla giunta regionale della Lombardia possa risultare (politicamente) non condivisibile, le scelte operate restano, purtuttavia, presidiate dall'autonomia, anche costituzionalmente riconosciuta, a detta regione.

Quanto al sollecitato intervento sostitutivo da parte del Governo, si ricorda che l'esercizio di tale potere è legato a tassativi e rigorosi presupposti. L'articolo 120, secondo comma, della Costituzione stabilisce, infatti, come è noto, che: “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”. L'istituto del potere sostitutivo governativo si configura come “un potere eccezionale in virtù del quale un soggetto o un organo gerarchicamente superiore oppure investito della funzione di indirizzo e di vigilanza nei confronti di altri soggetti provvede, in caso di persistente inattività di questi ultimi, a compiere in loro vece atti rientranti nella competenza degli stessi”.

Questa è una sentenza della Corte costituzionale del 1978, la n. 177. Con la riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, con cui è stata riconosciuta una posizione di parità agli enti costitutivi della Repubblica, si è attenuata la supremazia statale nei confronti di regioni ed enti locali, con la conseguenza che resta fortemente circoscritto l'ambito di ammissibilità del potere sostitutivo statale. Nel caso di specie, per quanto sopra chiarito, non sembrano ricorrere gli stringenti ed eccezionali presupposti richiesti dall'articolo 120 della Costituzione ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo. Tra l'altro, nella fattispecie, la Regione Lombardia ha utilizzato risorse finanziarie proprie, quindi non revocabili da parte dello Stato né suscettibili di essere dallo Stato riprogrammate alla luce di valutazioni di interesse strategico nazionale.

Per completezza, si rappresenta che sia la legge regionale della Lombardia 4 maggio 2020, n. 9 sia la legge regionale n. 21 del 2020, sempre della Lombardia, che ha rifinanziato la precedente, sono state sottoposte all'esame del Consiglio dei Ministri nelle sedute rispettivamente del 25 giugno 2020 e del 18 dicembre 2020 e non sono state impugnate dal Governo. Resta in ogni caso fermo che, ove vi fossero dubbi circa la legittimità degli atti adottati dagli organi della Regione Lombardia per specifici profili e violazioni di legge, le pertinenti censure potrebbero essere proposte dai soggetti legittimati nelle competenti sedi giudiziarie.

PRESIDENTE. L'onorevole Fragomeli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIAN MARIO FRAGOMELI (PD). Sono soddisfatto della risposta del sottosegretario riguardo all'approfondimento in punta di diritto. Chiaramente lo sono un po' meno rispetto a questa risposta e le dirò brevemente anche perché. Innanzitutto perché si tratta di un vulnus rispetto all'articolo 97 della Costituzione, quel principio di leale collaborazione che lei ci ha ribadito, che non riguarda solo i rapporti tra Stato e regioni, ma deve riguardare i rapporti anche tra regioni e enti locali, perché qui il principio di leale collaborazione che non è stato rispettato è proprio quello tra le regioni e i suoi comuni, i comuni lombardi. Infatti, quando non viene assegnato nessun punteggio ad un'opera strategica di rilancio economico in piena pandemia e viene equiparata alla ristrutturazione di una piazza o a qualsiasi altra cosa, è chiaro che c'è qualcosa che non funziona nel principio di leale collaborazione.

Quindi, forse questo articolo 97 dovremmo rileggerlo anche nei rapporti non solo di ordine verticale tra Stato e regioni, ma tra regioni ed enti locali. Rimane il fatto che questa risposta ci deve spingere anche ad una riflessione sul Titolo V, perché è chiaro ed evidente a tutti che i comuni piccoli, se non sono salvaguardati e non sono rispettati dal loro ente regionale, devono trovare ristoro e giustizia da parte dello Stato. Quindi, questa cosa ci deve spingere sicuramente a rivedere il tema del Titolo V, quando non è una salvaguardia delle autonomie locali.

In ultimo, mi permetto di dire, riguardo ai soldi dell'indebitamento lombardo, che siano interamente di carattere regionale in una fase pandemica come questa, dove abbiamo visto che molte risorse nazionali stanno arrivando alle regioni, faccio fatica a pensare che sono solo ed esclusivamente risorse proprie, perché stiamo parlando di un momento in cui arrivano molte risorse; si allocano molte risorse nei bilanci regionali e mi permetta, da ex sindaco, di dire che è facile dire che quelle sono completamente regionali se poi quelle che devono essere usate come nazionali vengono girate su qualche altra fonte di spesa. Quindi è difficile farlo. Noi, e chiudo, politicamente verificheremo questa cosa; verificheremo quanto PIL genereranno queste opere, quanta leva e quanto effetto moltiplicatore avranno queste opere rispetto ad altre opere di cui la Lombardia e i comuni lombardi avevano bisogno (Applausi del deputato Sensi).

(Chiarimenti in ordine alla situazione dei cittadini di nazionalità afgana impegnati in attività di collaborazione con le Forze armate italiane in Afghanistan, nonché in ordine all'inserimento degli stessi in un adeguato programma di protezione internazionale - n. 2-01059)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Deidda ed altri n. 2-01059 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Deidda se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Ci facciamo interpreti dell'appello lanciato dall'inviato di guerra Fausto Biloslavo e anche dal quotidiano il Giornale, che ha riportato il grido d'aiuto che proviene da questi cittadini afgani, i quali, da anni, aiutano il nostro contingente internazionale, il nostro contingente italiano impegnato in Afghanistan in quella guerra, in quel conflitto, in quell'operazione di pace. Noi cerchiamo di portare pace, cerchiamo di portare serenità, e loro rischiano la vita per aiutarci; e sono lì che, purtroppo, hanno ricevuto una lettera di licenziamento - è stata anche pubblicata - dove si interrompe questo rapporto lavorativo e dove, ovviamente, loro si ritrovano in una terra dove gli Stati Uniti annunciano il ritiro, dove la coalizione internazionale sembra doversi ritirare. Loro ovviamente sono minacciati dai talebani e purtroppo qualcuno di loro è stato addirittura ucciso proprio per questa collaborazione con le forze occidentali; per questo, noi ci facciamo interpreti di molti militari che, in maniera anche anonima, con gran cuore, hanno ricordato che gli italiani non lasciano indietro nessuno.

Non è giusto dimenticare chi ci ha aiutato, chi ha aiutato l'Italia, e poi qualcuno giustamente ha fatto notare che, in Italia, entrano stranieri da tutte le nazioni, in maniera indiscriminata, in maniera illegale, e noi non riusciamo ad aiutare, invece, degli interpreti e dei lavoratori che rischiano la propria vita e quella dei propri familiari per servire l'Italia. In più, nell'interpellanza noi ricordiamo che, già in passato, fu attuato un programma; purtroppo, quel programma, predisposto dal Ministro Pinotti, non è sufficiente, perché trattare gli interpreti afgani come degli immigrati da mettere negli SPRAR e poi dimenticarli nella nostra Nazione è una cosa estremamente sbagliata.

Noi dobbiamo, come Italia, andare nella comunità internazionale e dare un futuro anche lavorativo a queste persone, che potranno essere utili nelle tante missioni internazionali che svolgiamo. Non possiamo trattarli come immigrati, portarli in Italia, metterli nel programma SPRAR e poi dimenticarli. Qualcuno, dopo due anni, tre anni, è rimasto senza risorse in un Paese straniero; per carità, ha avuto la vita salva, ma non possiamo abbandonarli, non possiamo dimenticarci di come sono stati utili all'Italia. Per questo motivo, noi chiediamo al Governo quale piano intenda adottare per salvare la vita a chi ha servito l'Italia e chiediamo che si faccia interprete nella comunità internazionale perché questo peso, questo aiuto non deve giungere solo dall'Italia, ma da tutta quella coalizione con cui stiamo agendo in Afghanistan (Applausi del deputato Rampelli).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Roberto Traversi, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO TRAVERSI, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. Il tema della protezione dei collaboratori afgani è argomento da sempre tenuto in assoluta considerazione dal Ministero della Difesa. Come accennato dallo stesso onorevole interpellante, la protezione internazionale ex decreto legislativo n. 251 del 2007 è stata riconosciuta ai collaboratori afgani, a seguito di espressa iniziativa del Dicastero, dall'articolo 5, comma 5-ter, del decreto-legge n. 109 del 2014, convertito in legge n. 141 nel 2014. Secondo tale disposto normativo, i cittadini afgani che hanno effettuato prestazioni con carattere di continuità a favore del contingente militare italiano nell'ambito della missione ISAF (dal 1° gennaio 2015 missione Resolute Support) e nei cui confronti sussistano fondati motivi di ritenere che, qualora permanessero in Afghanistan, potrebbero essere esposti al rischio di danni gravi alla persona, possono, a domanda, essere trasferiti nel territorio nazionale, insieme al coniuge, ai figli e agli eventuali parenti entro il primo grado, per il riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251.

Le modalità di attestazione della situazione di rischio per gli interessati, di verifica delle condizioni per l'accesso degli stessi nel territorio nazionale, nonché le procedure di trasferimento sono definite d'intesa fra i Ministeri della Difesa, degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'Interno. In sintesi, per assicurare la protezione, la norma prevede il possesso dei requisiti del rapporto di lavoro continuativo e del fondato rischio di danni gravi alla persona in caso di permanenza in Afghanistan. Tali presupposti mirano a tutelare gli interessi dei citati collaboratori, salvaguardando, al contempo, il nostro Paese dai rischi di accoglimento di personale i cui requisiti di provenienza, affidabilità ed esposizione al rischio non siano certi e compatibili con la legislazione in vigore.

Al riguardo, sin dall'approvazione del provvedimento normativo, sono stati individuati oltre 400 cittadini afgani, tra ex collaboratori e familiari, quali potenziali beneficiari della protezione internazionale prevista dalla legge. Va, in merito, evidenziato come ogni singola domanda sia stata accuratamente processata, quando necessario anche con supplementi d'inchiesta per i casi più complessi, sia sotto il profilo della sussistenza del rapporto di lavoro continuativo a favore del contingente italiano e della conseguente esposizione al rischio per i singoli soggetti e i loro nuclei familiari, sia sotto quello della professionalità e dell'affidabilità di ogni richiedente, desunta anche dal rendimento profuso e dalla motivazione dimostrata. Attualmente, bilanciato sulle condizioni operative esistenti in teatro, il numero degli interpreti afgani contrattualizzati dal contingente italiano è di circa 40 unità. In tale quadro, le istanze di personale locale che, in conseguenza delle riconfigurazioni, pregresse e future, della presenza militare nazionale nel Paese asiatico, dovesse fare richiesta di essere assoggettato a regime di protezione saranno sottoposte, come accaduto in passato, alle valutazioni di merito, che costituiranno oggetto di concertazione inter-dicasteriale, non escludendo l'eventualità dell'attivazione di un ulteriore programma di accoglimento e integrazione, sostenuto dalla necessaria copertura finanziaria. Tali valutazioni terranno necessariamente in debito conto gli esiti della riunione ministeriale NATO, prevista per il prossimo mese di febbraio, che costituirà un'importante occasione di confronto fra alleati sul futuro impegno della NATO in Afghanistan, in termini di sviluppi della missione e dimensionamento numerico del personale schierato. Concludo, onorevoli colleghi, sottolineando, a titolo di considerazione generale sul tema dell'Afghanistan, come l'Italia, in stretto coordinamento con gli alleati della NATO e i partner dell'Ue, nei cui organi di indirizzo politico le consultazioni sono frequenti e approfondite, intenda assicurare un sostegno vigile, affinché il processo di riconciliazione nazionale possa svolgersi preservando gli importanti risultati conseguiti in questi anni, a partire dalla tutela dei diritti umani, costruendo su di essi le basi dell'Afghanistan. Questo è quanto mi è pervenuto dal Ministero competente e la sue osservazioni le riferirò al collega Tofalo.

PRESIDENTE. Il deputato Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sì, sono soddisfatto, sottosegretario, e dico di essere soddisfatto in senso costruttivo. La ringrazio, inoltre, per la disponibilità ad essere portavoce del sottosegretario Tofalo e del Ministero della Difesa. Il nostro interesse è quello di salvare la vita a chi ha servito l'Italia, alle loro famiglie, ma soprattutto cambiare anche quella che è la normativa per salvare queste persone. Come le ho già detto in premessa, il piano della Pinotti, poi, è naufragato perché gli interpreti si sono trovati in un progetto SPRAR che poi non ha funzionato pienamente, e avevano lanciato, anche tramite gli organi di stampa, un appello affinché non venissero dimenticati anche una volta qui in Italia. La comunità internazionale, la NATO, con cui svolgiamo questa missione in Afghanistan, deve farsi carico e deve aiutare l'Italia a dare un futuro a queste persone. Abbiamo tantissime missioni internazionali, loro possono essere formati, possono portare un aiuto a quella che è la nostra azione nel mondo. Per questo motivo confido che nelle prossime riunioni si parli e sia oggetto dell'interessamento dell'Italia per allargare a tutta la comunità internazionale questa azione. Nel mentre, speriamo veramente di fare in fretta e salvare la vita a chi degnamente ha aiutato i nostri militari. Un grazie a quei militari che non si sono dimenticati di queste persone, ma, anzi, un grande grazie alle Forze armate, che sono impegnate in tutte le missioni internazionali e che, come si è visto anche in questa occasione, non si dimenticano dei cittadini e non lasciano indietro nessuno.

(Iniziative di competenza volte alla designazione dei membri di nomina governativa del comitato di indirizzo della ZES Interregionale Adriatica - n. 2-01068)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Masi ed altri n. 2-01068 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Angela Masi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANGELA MASI (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, oggi ci ritroviamo a discutere di una situazione che è giunta ad assumere un carattere d'urgenza in ragione dei ritardi accumulati e della concomitante situazione di emergenza che sta pesando sul tessuto imprenditoriale dei nostri territori. Sto parlando del piano di sviluppo strategico della zona economica speciale Interregionale Adriatica, che interessa e ha un'incidenza estremamente forte sulla ripresa e sullo sviluppo della realtà industriale del nostro Mezzogiorno. Infatti, la cosiddetta “ZES del Sole”, che interessa le Regioni Puglia e Molise, si innesta nel quadrilatero ZES, che comprende le ZES regionali e interregionali che si sviluppano intorno ai grandi porti di Bari, Brindisi, Taranto, Gioia Tauro, Napoli e Salerno. Si tratta di una grande opportunità di rilancio e di crescita per questi territori e l'intero sistema Paese. Attraverso lo strumento della ZES, infatti, c'è la possibilità di incentivare e semplificare la creazione di un ambiente ospitale per le imprese con apposite misure ad hoc e stimolare gli investimenti sostenibili di queste importanti realtà produttive, in considerazione anche della necessità di tenere il passo della transizione energetica in atto. Il decreto-legge n. 91 del 20 giugno 2017, recante “Disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno” specifica che per zona economica speciale si intende una zona geograficamente delimitata e identificata all'interno dei confini statali e composta da aree territoriali non direttamente adiacenti, purché abbiano un nesso economico-funzionale con il porto. Come è noto, infatti, le ZES sono composte da porti, aree retroportuali, piattaforme logistiche e interporti, durano almeno sette anni e possono essere regionali o interregionali, e contemplare anche aree non adiacenti, ma connesse sul piano economico ed infrastrutturale, come previsto dal regolamento attuativo. I beneficiari sono imprese operanti nel territorio di una zona economica speciale, che possono ottenere un pacchetto di agevolazioni fiscali sotto forma di credito d'imposta, incentivi economici e semplificazioni amministrative, ma tutti i territori, anche interni, possono beneficiarne diventando attrattivi per importanti investimenti industriali e giovandosi di tale afflusso di risorse, peraltro in un momento in cui l'Italia vede la possibilità di fruire anche dei soldi del Recovery Fund per far fronte al dissesto economico e sociale causato dalla pandemia.

La ZES Adriatica, che tra gli altri riguarda anche il mio territorio di Altamura, la provincia di Bari e coinvolge le aree industriali di Bitonto, Modugno, Gravina, Monopoli, Molfetta e così via, è stata istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 settembre 2019. Nello specifico, la sua estensione complessiva è di 3.405 ettari, di cui 2.889 ricadenti in Puglia; si articola in diversi poli, cinque in Puglia e tre in Molise: il polo di Foggia, il polo di Barletta, il polo di Bari, di Brindisi e di Lecce, ma anche quello di Termoli-Larino, di Campobasso-Bojano e di Isernia-Venafro. Dopo l'istituzione della ZES Ionica, la Puglia è ora l'unica regione italiana ad avere due ZES interregionali sul proprio territorio. L'interpellanza di cui oggi discutiamo nasce proprio dalla consapevolezza che questa rappresenti un'occasione eccezionale per il nostro territorio. Sappiamo benissimo che l'impatto della crisi COVID sull'economia del Paese è stata pesantissima. A mero titolo esemplificativo, cito i dati dell'ultimo report della CGIL Puglia, che certificano che nella mia regione, nel solo 2020, si sono persi 18 mila posti di lavoro e bruciato il 10 per cento del PIL, ossia 7 miliardi; sono 220 mila i lavoratori in cassa integrazione e 125 mila i pugliesi che percepiscono il reddito di cittadinanza, circa 18 mila famiglie. Ecco perché, come sicuramente saprà il Ministro Provenzano, appare una scelta autolesionista quella di proseguire ancora con l'avvio della ZES Adriatica. Ora ci sono tutte le condizioni per il sistema produttivo e imprenditoriale pugliese per cogliere i notevoli benefici in termini fiscali e di semplificazione amministrativa che questo strumento comporterà, consentendo di generare un significativo impulso in termini di crescita economica, ma anche occupazionale.

Per rendere concreti ed effettivi i benefici della zona economica speciale, puntando anche ad attrarre sul territorio potenziali investitori esteri interessati ad insediare la loro attività nell'area della ZES, occorre però che questa sia resa pienamente operativa, completando l'intero iter di istruzione della suddetta ZES.

Nel rispetto dei tempi e delle procedure, con delibera di giunta n. 130 del 19 aprile 2019 è stato formalizzato dalla Regione Molise il Piano di sviluppo strategico della ZES interregionale Adriatica, e con delibera di giunta n. 839 del 7 maggio 2019, poi aggiornata ad agosto 2019, quello della Regione Puglia. Il soggetto per l'amministrazione dell'area ZES è però identificato, ai sensi dell'articolo 4, comma 6, del citato decreto-legge n. 91 del 2017, in un comitato di indirizzo presieduto da un commissario straordinario del Governo e composto anche dal presidente dell'autorità portuale e da un rappresentante della regione o delle regioni, come in questo caso, della ZES interregionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri e da un rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Il comitato di indirizzo si avvale del segretario generale dell'autorità del sistema portuale, che dovrà assicurare la piena operatività delle aziende presenti nella ZES, l'utilizzo di servizi sia economici sia tecnologici nell'ambito della ZES, l'accesso alle prestazioni di servizi da parte di terzi. Inoltre il comitato di indirizzo dovrà confrontarsi sempre con gli stakeholder locali, nazionali, internazionali per raggiungere questi scopi: attirare investimenti che consentano di assorbire manodopera in uscita da settori in crisi da ristrutturare; rafforzare quelle catene di distribuzione dei settori che hanno una base produttiva come l'agroalimentare, la logistica, l'automotive; promuovere investimenti nei settori di riferimento del territorio e soprattutto valorizzare i sistemi portuali e le piattaforme degli snodi logistici.

Al momento tutto è bloccato, poiché sebbene entrambe le regioni della ZES Adriatica abbiano indicato i rispettivi rappresentanti all'interno del citato comitato di indirizzo, non sono stati ancora designati i membri di nomina governativa. Ecco perché sono qui oggi insieme ai miei colleghi del MoVimento 5 Stelle, signor Presidente, per chiedere al Ministro per il Sud e la coesione territoriale e al Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per permettere alla ZES interregionale Adriatica di essere pienamente operativa, con particolare riferimento all'indicazione dei membri di nomina governativa del citato comitato di indirizzo.

Il nostro Paese adesso ha una grande opportunità per ripartire: ci sono a disposizione 209 miliardi del Recovery Plan, i 13,5 del React-EU, risorse del Fondo sviluppo e coesione, quelle della politica agricola comunitaria. Occorre spenderli bene, intervenire su quelle debolezze strutturali, ma proporre soprattutto progetti credibili. Le politiche dell'Unione europea hanno come fulcro strategico il trasporto marittimo: pensiamo al progetto europeo delle Autostrade del mare da un lato, oppure alla Via della seta dall'altro, e disegneranno rotte, traffici e porti nel Mediterraneo. E in quest'ottica l'istituzione della ZES Adriatica rappresenta un importante passo avanti sulla strada del rafforzamento del sistema logistico e della rete dei porti, interporti e centri di distribuzione, ridando slancio all'economia del mare, asse portante dello sviluppo del Mezzogiorno dell'Italia.

La Puglia in particolare, con i suoi porti e la sua peculiare configurazione geografica, può avere un ruolo centrale rispetto ad altre regioni del Mezzogiorno. Le due ZES Adriatica e Ionica potranno valorizzare insediamenti imprenditoriali e progetti di investimento capaci di potenziare e rendere trainanti i settori dell'economia interregionale, come l'agroalimentare, l'aeronautica, la logistica, la meccanica, la navalmeccanica, il turismo e la filiera del made in Italy.

Concludo, Presidente, ribadendo che non possiamo permetterci di perdere altro tempo per le imprese e per l'economia dei nostri territori. Certo, le imprese dovranno dimostrare di essere capaci di intraprendere le opportunità insite nei notevoli benefici fiscali e nelle semplificazioni amministrative che la zona economica speciale interregionale Adriatica potrà fornire loro. Altresì, la molteplicità di soggetti coinvolti, dal Governo centrale a quello regionale, fino a molti soggetti economici, ha l'obbligo di fare sistema, per fare davvero delle ZES una potente leva di sviluppo.

Riteniamo pertanto fondamentale, di fondamentale urgenza, ancor più in un momento storico così difficile per il nostro tessuto produttivo e per tutti i cittadini, operare tempestivamente per rendere la ZES interregionale Adriatica pienamente operativa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Gianluca Castaldi, ha facoltà di rispondere.

GIANLUCA CASTALDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Presidente Rosato, con riferimento alla ZES interregionale Adriatica si rappresenta che il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha provveduto, con nota 30193 del 27 luglio 2020, a designare il proprio rappresentante nel relativo comitato di indirizzo, nella persona dell'ingegner Annalisa Formosi. La nomina del rappresentante della Presidenza del Consiglio, così come la nomina del commissario straordinario di Governo, non sono state attualmente finalizzate in considerazione della necessità di procedere parallelamente all'iter di attuazione delle numerose riforme che il Governo, sin dal suo insediamento, ha approvato per garantire la piena operatività e il rilancio dello strumento delle ZES. Ad ogni modo, il percorso di nomina sarà completato con la massima sollecitudine.

Si ricorda inoltre che in ogni caso la ZES interregionale Adriatica, istituita con DPCM del 3 settembre 2019, è già pienamente operativa dal punto di vista degli incentivi fiscali, che come è noto rappresentano una delle due gambe fondamentali su cui si fonda lo strumento agevolativo.

Fin dal suo insediamento il Governo ha quindi lavorato al rilancio e al rafforzamento delle ZES, concentrandosi parallelamente sia sull'istituzione di nuove ZES (all'insediamento le ZES erano 4, oggi siamo a 7, con l'istituzione delle due ZES siciliane e della ZES abruzzese), sia sul superamento delle criticità normative e organizzative che hanno finora rallentato l'attuazione dei piani di sviluppo.

Il Piano Sud 2030, in primo luogo, è stato la sede in cui ribadire la funzione principale dello strumento: attrarre investimenti diretti esteri, rafforzare l'esportazione e migliorare la dotazione infrastrutturale dei poli logistici del Mezzogiorno.

Sulla base di questi obiettivi, la scelta del Governo è stata quindi quella di ripartire garantendo alle ZES una governance rinnovata nel senso della semplificazione e dell'efficacia attuativa. In particolare, la legge di bilancio 2020 ha, come le è noto, previsto che ogni comitato di indirizzo ZES fosse presieduto da un commissario straordinario di Governo, di cui due già nominati.

La scelta del commissario di Governo mirava a due risultati fondamentali: il primo, rafforzare l'azione specifica dei territori interessati sui progetti di sviluppo delle singole ZES; il secondo, contemporaneamente, rafforzare il ruolo di coordinamento e di impulso del presidio centrale, così da consentire ad ogni ZES di crescere secondo linee di sviluppo coerenti con un disegno strategico nazionale, evitando deleteri campanilismi.

Il “decreto Semplificazioni” ha quindi ulteriormente esplicitato i compiti dei commissari e i punti critici su cui essi dovranno intervenire: l'individuazione, tra le aree oggetto di perimetrazione, delle aree a cui dare priorità per i nuovi insediamenti produttivi, così da accelerare l'attrazione degli investimenti; l'impulso per l'implementazione del sistema degli sportelli unici amministrativi, che sconta anch'esso purtroppo gravissimi ritardi attuativi; e l'indicazione esplicita che il commissario rappresenta il referente unico del comitato d'indirizzo verso tutto il mondo produttivo che intenda insediarsi nelle ZES.

Si ricorda che la legge di bilancio 2021 ha poi introdotto un'importante misura di agevolazione fiscale per le imprese che avviano una nuova attività economica nelle ZES del Mezzogiorno: la riduzione dell'imposta del reddito derivante dallo svolgimento delle attività nella ZES del 50 per cento, a decorrere dal periodo d'imposta nel corso del quale è stata intrapresa la nuova attività e per i sei periodi d'imposta successivi. Il riconoscimento dell'agevolazione è subordinato al rispetto della seguente condizione: le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività e conservare i posti di lavoro nell'area ZES per almeno dieci anni.

In base ai dati del monitoraggio che ci ha fornito l'Agenzia per la coesione territoriale, aggiornati al 30 settembre 2020, sono stati finanziati in un anno 37 interventi, con un investimento lordo di 4,48 milioni e un credito d'imposta pari a 1,96 milioni. L'investimento medio è pertanto pari a circa 121 mila euro.

Questi dati dimostrano plasticamente come i soli strumenti automatici di agevolazione fiscale non garantiscono che le ZES raggiungano il loro scopo, e cioè l'attuazione di grandi investimenti che creino vero sviluppo e occupazione qualificata.

Il Ministero per il Sud e la coesione territoriale ha proposto di rafforzare ulteriormente il coordinamento centrale dei commissari di Governo, attraverso l'istituzione di una struttura dedicata e permanente presso il Dipartimento per le Politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri che operasse a supporto delle loro attività. Una proposta che non ha trovato luogo nel disegno di legge di bilancio, ma che è intenzione del Ministero riproporre, per rendere più efficace e coordinata l'azione commissariale (sono stati nominati due commissari; per gli altri sono stati avviati gli iter istruttori), grazie al supporto del nuovo ufficio, che possa meglio seguire anche l'iter attuativo delle numerose riforme citate per il rilancio e il potenziamento delle zone economiche speciali al Sud.

PRESIDENTE. La collega Maria Soave Alemanno ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta.

MARIA SOAVE ALEMANNO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie anche al sottosegretario Castaldi, per la risposta che ci ha voluto fornire. In un periodo complesso per le imprese e per le attività produttive in generale come quello che stiamo vivendo, l'operatività immediata e concreta delle ZES potrebbe davvero fare la differenza per il Mezzogiorno d'Italia. Le ZES sono state istituite nel 2017, ma, incredibilmente, ad oggi ancora non sono operative; una mancanza che si sente e che soprattutto i nostri imprenditori sentono. Anche se ancora non operative, le ZES sono, però, tutt'altro che dimenticate, soprattutto da chi, come me, vive il territorio ed è costantemente in contatto con il suo tessuto produttivo, che attende con ansia il DPCM che annuncerà la nomina del commissario mancante per completarne il comitato di indirizzo. I benefici fiscali, gli incentivi e lo snellimento burocratico finalizzati a creare un contesto orientato alla crescita di imprese autoctone, ma anche all'attrazione di investimenti, soprattutto esteri, e all'incremento di scambi commerciali costituirebbero un importante volano per le imprese del Sud, chiamate, più di altre, ad affrontare le grandi sfide che il futuro ci impone. E, leggendo i giornali, possiamo apprendere che diverse sono le manifestazioni di interesse di operatori che desiderano insediare la propria attività nell'area delle ZES interregionali Adriatica o Ionica, che la Puglia ha in comune con Basilicata e Molise. Anche alla luce di questo, la mancanza di un commissario nelle ZES, che le renda operative, si fa sentire. Quello che abbiamo davanti è il quarto anno della loro istituzione.

Io credo, signor Presidente e signor sottosegretario, che è tempo: è tempo di mettere in condizioni il Sud di ritornare a produrre e di tornare a correre. Lavoro, signor Presidente, significa speranza, significa futuro, dignità, e, se questo è vero sempre, lo è ancora di più in questo periodo di crisi, durante il quale il Governo, a malincuore, ha dovuto chiedere a molte attività di fermarsi per poter rallentare il contagio, e lo è ancora di più per il Sud, per la Puglia, che presenta un tasso di disoccupazione preoccupante, e questo anche il Ministro Provenzano lo sa. E, allora, cosa aspettiamo? Prepariamo il futuro, organizziamo la ripartenza a partire da qui.

Nominare finalmente un commissario significherebbe dare corpo e sostanza alle ZES, metterle finalmente in condizioni di essere operative e apportare benefici che già abbiamo elencato, consentendo così alle imprese di rimettersi in moto. Già nel 2018, per rafforzare il ruolo delle ZES, io stessa ho voluto inserire un articolo al “decreto Semplificazioni” che consente di agevolare le imprese che operano nelle zone economiche speciali e nelle zone logistiche semplificate sotto l'aspetto burocratico e procedurale, semplificando così il rapporto con la pubblica amministrazione. Sempre nel “decreto Semplificazioni” del 2018, all'articolo 5 si dispone che per le imprese beneficiarie del credito d'imposta gli interventi relativi agli oneri di urbanizzazione primaria debbano essere realizzati entro novanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza ai gestori dei servizi di pubblica utilità e che, in caso di ritardo, la pubblica amministrazione è tenuta a risarcire il danno derivante dall'inosservanza di tale norma.

Signor Presidente, da deputata pugliese ho in mente soprattutto la mia regione, fortemente provata da questa emergenza pandemica purtroppo ancora in corso, ma non solo la mia regione. Noi pugliesi vorremmo poter contare, sin da subito, su due zone economiche speciali: l'Adriatica, legata principalmente ai porti di Manfredonia, Bari e Brindisi, e la Ionica, connessa all'area portuale di Taranto. Parliamo di un territorio nel quale si sono insediate, negli ultimi quarant'anni, numerose realtà industriali e artigianali attive in differenti settori produttivi: agroalimentare, in particolare la lavorazione e la trasformazione di cereali e derivati, legumi, manifatturiero, come mobile e design, meccanica, impiantistica avanzata, ma anche moda, calzature e tessile. Un bacino produttivo che si snoda lungo il principale asse stradale di questo territorio, la statale 96, che rappresenta l'unico asse, peraltro, di collegamento tra l'area portuale e retroportuale di Bari, l'entroterra e la Basilicata; attività che nascono, quindi, in un territorio complesso, dove fare impresa non è semplice né scontato, e per questo è un territorio che va sostenuto. Tra l'altro, nello specifico, queste due ZES sono entrambe interregionali e, quindi, a trarne beneficio sarebbero anche altre due regioni, perché l'Adriatica coinvolge Puglia e Molise mentre la Ionica coinvolge Puglia e Basilicata. C'è da aggiungere, inoltre, che fonti di stampa assicurano che c'è la presenza di almeno quattro investitori pronti a sbarcare nella ZES interregionale Ionica. Sono occasioni che davvero non possiamo permetterci di perdere, soprattutto se quello che manca è solo una nomina, un ultimo necessario e atteso tassello per rendere operativa la ZES. Se davvero vogliamo ripianare il divario che esiste tra Nord e Sud del Paese, ebbene è qui che dobbiamo iniziare. Aiutiamo concretamente le nostre imprese a lavorare bene, fornendo nuove assunzioni di giovani e di donne in una realtà che si è deciso di rilanciare grazie all'istituzione delle ZES. Il lavoro è l'unico propulsore in grado di generare una ripresa economica e sociale. Il nostro territorio ne ha bisogno e, ne sono certa, risponderebbe con entusiasmo alle misure previste dalla ZES. Non deludiamoli, e facciamo in fretta, perché mai come in questo periodo il tempo che impieghiamo può avere davvero la differenza per le imprese e per i cittadini.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che la deputata Daniela Cardinale e il deputato Nicola Acunzo, già iscritti al gruppo parlamentare Misto, con lettere pervenute rispettivamente in data 14 e 15 gennaio 2021, hanno dichiarato di aderire alla componente politica “Centro Democratico - Italiani in Europa” del gruppo parlamentare Misto.

Il rappresentante di tale componente, con lettere pervenute in pari data, ha comunicato di aver accolto le richieste.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico altresì che, a seguito delle riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo tenutesi nella giornata di ieri, è stato stabilito che nella seduta di lunedì 18 gennaio avranno luogo le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla situazione politica in atto.

Il relativo dibattito si svolgerà secondo la seguente articolazione:

l'intervento del Presidente del Consiglio avrà luogo a partire dalle ore 12;

dopo l'intervento del Presidente del Consiglio e sino alle ore 15,30 circa, si svolgerà la discussione sulle comunicazioni del Governo, entro la conclusione della quale saranno presentate risoluzioni;

a partire dalle ore 17, interverrà, in sede di replica, il Presidente del Consiglio, che - secondo quanto preannunciato - porrà la questione di fiducia su uno degli atti di indirizzo presentati. Seguiranno le dichiarazioni di voto sulla fiducia e la votazione per appello nominale.

L'intero dibattito, compresa la fase dell'appello nominale, sarà oggetto di ripresa televisiva diretta.

È stata altresì stabilita, anche sulla base delle successive intese intercorse tra i gruppi, la seguente riarticolazione dei lavori per le giornate di mercoledì 20, giovedì 21 e venerdì 22 gennaio:

Mercoledì 20 (ore 9.30 - 13, con prosecuzione notturna dalle 20.30 alle 23.30) e giovedì 21 gennaio (ore 9.30 - 13)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2835 - Conversione in legge del decreto-legge 18 dicembre 2020, n. 172, recante ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19 (da inviare al Senato - scadenza: 16 febbraio 2021).

Mercoledì 20 gennaio (ore 16-19)

Esame della Relazione al Parlamento ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (ove presentata dal Governo) (Per l'approvazione della risoluzione ad essa riferita è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Camera).

Mercoledì 20 gennaio (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 22 gennaio (ore 9.30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

L'organizzazione dei tempi per lo svolgimento delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sarà pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 18 gennaio 2021 - Ore 12:

1. Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla situazione politica in atto.

La seduta termina alle 14,10.