Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 434 di venerdì 27 novembre 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO.

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA , Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Azzolina, Battelli, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Maria, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fassino, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgis, Gualtieri, Guerini, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Marattin, Mauri, Melilli, Molinari, Morani, Nardi, Orrico, Paita, Perantoni, Rizzo, Rotta, Ruocco, Scalfarotto, Serracchiani, Carlo Sibilia, Spadafora, Speranza, Tofalo, Tomasi, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 26 novembre 2020, la deputata Flora Frate, già iscritta al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire alla componente politica “Azione-+Europa-Radicali Italiani” del gruppo parlamentare Misto.

Il rappresentante di tale componente, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Sì, sull'ordine dei lavori, ovviamente in merito al decreto che stiamo esaminando. Io le chiedo, a nome di tutto il centrodestra, il rinvio immediato in Commissione, perché, secondo noi, non è stato espletato tutto l'iter previsto dal Regolamento per portarlo in Aula: sono stati saltati dei passaggi. Lunedì, quindi cinque giorni fa, dunque senza alcuno spirito ostruzionistico, altrimenti l'avremmo chiesto all'ultimo minuto, abbiamo chiesto una relazione tecnica in base all'articolo 79, comma 5, chiedendo alcuni dati. Tra questi dati, volevamo sapere - ritenevamo e riteniamo ancora che siano determinanti per l'esame del provvedimento - il numero delle ammende comminate, l'entità, il motivo per cui sono state comminate e che fine hanno fatto; insomma, la relazione tecnica su questo tema, che, ovviamente, avendo a che fare con le navi che non rispettano il divieto d'ingresso, era per noi un tema importante di esame per valutare il provvedimento. L'abbiamo chiesto a norma dell'articolo 79, comma 5, come ci è stato riconosciuto dal Presidente durante la discussione e dallo stesso Vice Ministro, che, più volte durante la discussione, ha detto che ci avrebbe fornito i dati da noi richiesti. Come potrà vedere da solo, guardando i verbali, i resoconti, i bollettini stenografici degli ultimi giorni di Commissione, questa richiesta, proprio per evitare qualsiasi intento ostruzionistico ossia di arrivare all'ultimo minuto e chiedere furbescamente ritardi o rallentamenti, l'abbiamo reiterata più volte. Questa risposta, questa relazione tecnica, non ci è stata fornita, fino a quando, all'ultimo minuto, esasperati, abbiamo sollevato di nuovo la questione (parliamo oramai di giovedì mattina all'una di notte), ribadendo la necessità di avere questa relazione tecnica. E il Ministro, che in tre giorni non era riuscito a trovare una risposta e a farsi preparare una relazione tecnica dagli uffici, ce ne ha propinato una che non c'entrava nulla con quanto noi avevamo chiesto, ma per tre questioni principali. Innanzitutto, perché non era nel merito. Infatti, lei vedrà sul bollettino che la nostra richiesta si riferiva alle ammende, ma abbiamo ricevuto una risposta su tutt'altra questione. E faccio notare che la nostra richiesta era stata giudicata necessaria dallo stesso presidente, il quale, durante i tre giorni in cui abbiamo reiterato la richiesta, ha continuato a chiedere al Vice Ministro una relazione su questo punto.

Seconda cosa, la risposta - non completa e non nel merito - è, comunque, arrivata tardi, perché l'articolo dice che la risposta ci deve essere fornita nel momento in cui ci è ancora consentito di esaminare il testo, non certo negli ultimi due minuti; se noi chiediamo una relazione tecnica per valutare il provvedimento, questa relazione tecnica non ci può essere fornita all'ultimo minuto, senza darci la possibilità di verificarla. Faccio presente che la relazione tecnica non ci è stata fornita; ci è stata fornita una dichiarazione orale e, ovviamente, lei, Presidente, che è persona competente, capirà che una relazione tecnica non è una cosa che si fa oralmente, perché non stiamo parlando al bar, stiamo parlando in una Commissione: servono dati precisi, argomentazioni precise, riferimenti di legge e non una dichiarazione (lo potrà vedere da solo nel verbale, non deve necessariamente fidarsi di quello che io le sto dicendo) che era assolutamente superficiale.

Ultima questione: di fronte a queste nostre obiezioni, il Vice Ministro ci ha detto che la linea politica del Vice Ministro è, ovviamente, la linea politica del Governo. Ma noi non chiedevamo la linea politica, noi chiedevamo una relazione tecnica, che, come lei sa, è cosa diversa dalla linea politica; la relazione tecnica è indipendente dai politici che ci sono al Ministero, la relazione tecnica è rappresentata da numeri, riferimenti di legge, cose precise e tecniche: questa cosa non ci è stata fornita. Noi non vogliamo, ovviamente, perdere tempo: chiediamo il rinvio in Commissione e che il tutto sia esaminato in poco tempo per poi tornare in Aula. Però, ad oggi, non ci sono le condizioni per andare avanti in quest'Aula con l'esame di un provvedimento in assenza di quell'articolo, e le faccio presente il comma 5 e il comma 6, che prevedono cosa bisogna fare. E quindi, la relazione ci deve essere data. Se non ci viene data, deve esserci una motivazione seria, che non può essere quella: “gli uffici non me l'hanno scritta”, perché non siamo certo all'asilo, ma siamo al Parlamento; ci deve essere data nei tempi consentiti, altrimenti richiede tutta una serie di passaggi che lei conosce meglio di me (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Hanno chiesto di parlare l'onorevole Lucaselli e poi l'onorevole Bartolozzi: immagino che intervengano sullo stesso tema, quindi risponderei a tutti e tre. Prego, onorevole Lucaselli.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Anche il gruppo di Fratelli d'Italia chiede un rinvio in Commissione del provvedimento. E lo facciamo non solo in relazione a tutte le motivazioni che ha già ampiamente rappresentato il collega Iezzi, e quindi proprio in virtù dell'articolo 79, commi 5 e 6, ma soprattutto per quello che c'è scritto in questi commi. Perché, oltre il tecnicismo della relazione, che indubbiamente non sfugge a chi conosce il Regolamento e gli atti che devono essere depositati nelle Commissioni di merito, c'è una questione.

E la questione, che non è di lana caprina, non può essere sottaciuta o non considerata; e, proprio in virtù dell'articolo 79, comma 5, che fa riferimento agli articoli 146 e 148 delle procedure di cui al Capo XXXIII, risulta evidente che questa relazione tecnica viene utilizzata dai commissari che sono all'interno della Commissione per valutare la possibilità concreta e reale di mettere in atto quello che all'interno del provvedimento viene previsto. Che cosa, sostanzialmente, viene detto? Ebbene, viene detto che, quando si fa un provvedimento che ha indubbiamente una portata di tipo economico, quella portata di tipo economico va individuata e, oltre alla Commissione di merito, ovviamente, è fondamentale l'espressione del parere da parte della Commissione bilancio. Cosa succede, però? Succede che anche in Commissione bilancio, rispetto a questo provvedimento, non è stata data risposta ad alcune delle questioni che sono state sollevate dalle opposizioni, per cui si è, di fatto, arrivati a un parere – che, in realtà, ancora non c'è e, diciamo, verrà trattato questa mattina in Commissione bilancio -, quindi, di fatto, ancora non sappiamo se effettivamente questo provvedimento può arrivare in Aula, perché, ripeto, la Commissione bilancio su questo si deve ancora esprimere. Perché? Perché il provvedimento ha indubbiamente una varianza finanziaria, cioè tutte le norme che sono contenute in questo testo base, di fatto, hanno un riflesso sulla gestione economica, e, invece, nella relazione tecnica allegata a questo provvedimento, si parla di invarianza finanziaria, si parla di neutralità finanziaria, cosa che indubbiamente non ci può essere, atteso che nel testo base esaminato dalla Commissione bilancio, quindi indipendentemente dalle successive modifiche, ci sono dei punti che indubbiamente comportano la modifica di questioni economiche, quindi il carico economico dello Stato. Faccio un esempio su tutti: la modifica della dazione in favore degli immigrati che, rispetto al provvedimento in vigore precedentemente, passa dai 18 ai 35 euro: è chiaro che questa modifica ha una portata economica che dispiega i propri effetti all'interno dell'economia statale. Questi punti, cioè la risposta del Governo nella Commissione di merito, in I Commissione, e poi, dopo, in Commissione bilancio - tant'è che oggi ancora, ribadisco, in Commissione bilancio il parere non è stato rilasciato -, danno chiara la sensazione di come sia assolutamente necessario tornare nella Commissione di merito, dare le risposte, anche di tipo economico, che erano state richieste e sollevate e, a seguito di ciò, poi poter finire la trattazione del procedimento. In assenza di un ritorno in Commissione, ci troveremmo formalmente di fronte a un provvedimento illegittimo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente. Anche il gruppo di Forza Italia chiede il ritorno in Commissione del provvedimento, ma, Presidente, io rimarrei alle osservazioni puntualmente svolte dal collega Iezzi, aggiungendo qualcosa in punto di merito per cercare di far comprendere alla Presidenza, che evidentemente non ha partecipato al nostro lavoro, perché la richiesta è fondata.

Allora, Presidente, partiamo da un assunto: il disegno di legge n. 2727-A, di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, che abbiamo all'esame, muove dalla riforma dei due “decreti Salvini”, sul postulato che quelli non andavano bene, nel senso che, per esempio, per quanto riguarda l'oggetto specifico della richiesta, in punto di sequestro, confisca, assegnazione di imbarcazione e vendita, quei decreti fossero sbagliati, tanto che la disciplina viene totalmente modificata. Allora, la nostra richiesta a cosa atteneva? Voleva avere i dati, da parte del Governo, in ordine proprio agli esiti dell'applicazione dei “decreti Salvini 1 e 2”, cioè avevamo segnatamente chiesto - come ben ricordava il collega Iezzi, dall'inizio dei lavori, Presidente -, in un'ottica di confronto e senza evidentemente ostruzionismo, altrimenti, come bene ricordava il collega, l'avremmo fatto in prossimità della chiusura dei lavori - il numero delle imbarcazioni sequestrate, in vigenza dei “decreti Salvini”, il numero delle imbarcazioni confiscate in vigenza dei sequestri, se dai sequestri si era passati alla confisca, se dalla confisca si era passati all'assegnazione o alla vendita, se ci fossero stati, Presidente, ritardi in queste procedure, perché è evidente a tutti che anche i ritardi postulano riflessi di natura contabile, di responsabilità contabile che la Commissione doveva accertare prima di poter modificare la normativa. E, allora, in funzione di questo, noi avevamo azionato l'articolo 79, quinto comma: Presidente, la richiesta era stata formalizzata e sottoscritta, come prevede l'articolo, da quattro componenti del gruppo e giudicata, dal presidente Brescia, essenziale ai fini del decidere, tanto che il Governo si è riservato di far avere la relazione.

Allora, la prima premessa è che la richiesta era stata già vagliata in punto di pertinenza e di essenzialità ai fini del decidere. A questo punto, hanno traccheggiato - mi consenta l'espressione, che non è elegante sicuramente, ma è quello che è stato -, cioè, da lunedì, siamo arrivati a giovedì senza alcuna risposta, tanto che, Presidente, mercoledì il Governo ed il relatore di maggioranza, il collega Miceli - nonostante noi, Presidente, io e il collega Molteni, avessimo fatto la richiesta punto per punto, oralmente e quindi risulterà dai verbali -, ci hanno chiesto di trascriverla e allora, durante i lavori, io ho esplicitato nuovamente tutti i punti, che ho spedito in via informale al Vice Ministro e al relatore e questo, Presidente, a conforto del fatto che loro ritenevano la richiesta essenziale, perché sennò non avrebbero avuto un'ulteriore interlocuzione con i richiedenti; ebbene, Presidente, siamo arrivati alla giornata conclusiva dei nostri lavori e quella risposta non è mai pervenuta.

Noi abbiamo apprezzato, e lo dico veramente con onestà intellettuale, il lavoro del Vice Ministro Mauri, che è stato parte attiva, ciò che non hanno fatto le forze di maggioranza durante tutta la discussione del provvedimento, ma ciò non toglie che, a fronte di un impegno preso, Presidente… Io rileggo per me stessa il disposto dell'articolo 79, al comma che ci interessa: “La Commissione non procede alle deliberazioni conclusive riguardanti ciascun articolo fino a quando non siano pervenuti i dati e le informazioni al riguardo richiesti al Governo, salvo che esso dichiari di non poterli fornire, indicandone il motivo”. Allora, ricordo: richiesta giudicata importante dal Presidente, ammissibile e tutto, impegno del Governo a fornire i dati richiesti; non si poteva chiudere con il mandato al relatore senza quelle risposte, né tantomeno il Governo ci ha detto il motivo. L'unica argomentazione che il Vice Ministro Mauri ha dato alla Commissione è che non glieli avevano forniti, ma, Presidente, questa non è una risposta.

Quindi, noi riteniamo essenziale ciò - perché così dice il Regolamento, non perché lo diciamo noi, forze di opposizione - perché così dice il Regolamento: una volta che la richiesta è stata ritenuta essenziale e determinante ai fini del decidere, la risposta doveva pervenire. Io, Presidente, le anticipo cosa credo mi voglia dire il Vice Ministro – ripeto, persona cortese e garbata, che ha fatto il suo dovere fino in fondo -: che lui un accenno di risposta ce l'ha pur data, ma quei numeri sulle imbarcazioni che ci ha dato a fine seduta il Vice Ministro Mauri non erano assolutamente non esaustivi, ma non in relazione alle puntuali richieste che i membri dell'opposizione avevano fatto.

Quindi, noi ci permettiamo, per il suo cortese tramite, di insistere perché, Presidente, siano garantiti i diritti di tutti i commissari della I Commissione (Affari costituzionali), non solo quelli delle opposizioni, però; perché siano garantiti quei diritti e perché si tenga fede alla disposizione regolamentare che prevede che il mandato al relatore non possa essere licenziato in assenza di una richiesta che è stata assentita come pertinente e fondamentale ai fini del decidere (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Colleghi, io provo a dire sinteticamente due questioni. La prima è relativa all'intervento della collega Lucaselli - va bene, recupererà dopo il mio speech -, a cui ricordo che capisco la sua obiezione rispetto alla competenza e al parere della V Commissione, ma ormai è una prassi costante - chiunque abbia pratica di Governo lo sa - che il parere della V Commissione viene fornito per il seguito dell'esame, forse una prassi non eccellente, ma è una prassi costante con qualsiasi Governo.

Rispetto invece all'altra richiesta, quella del rinvio in Commissione a prescindere dalle valutazioni anche portate negli interventi che ci sono stati, ricordo che nella seduta di oggi, diciamo per decisione unanime dei capigruppo e su richiesta dell'opposizione, oggi non ci possono essere votazioni, quindi non possiamo mettere in votazione se non possiamo procedere all'esame del provvedimento con la tempistica concordata all'unanimità da tutti i capigruppo, e quindi così faremo. C'è una richiesta di intervento del Governo, dopodiché daremo seguito a tutte le richieste. Abbiamo tempo tutto il giorno per far parlare tutti, e quindi non c'è una difficoltà da questo punto di vista. C'è una richiesta del Governo, a cui darei la parola.

MATTEO MAURI, Vice Ministro dell'Interno. Grazie, Presidente. Ci tengo a tornare su questo punto perché ne abbiamo già discusso abbondantemente, come hanno ricordato correttamente i colleghi, durante la Commissione. Vorrei innanzitutto ringraziare l'onorevole Iezzi perché mi dà un'importanza che non ho, perché le assicuro che la mia linea politica non necessariamente condiziona la politica del Governo. La cosa che le ho riferito in quel momento è relativa alla formalità della posizione espressa dal Vice Ministro in sede di Commissione, che in quel caso specifico sicuramente rappresentava il Governo.

Ma voglio tornare sulle questioni che hanno posto i colleghi. Sono state poste due questioni distinte, che in alcuni casi sono state confuse: da un lato, la richiesta di documentazione su confische dei natanti, sequestri, coperture economiche. Questa è la documentazione richiesta proprio in riferimento a quello a cui facevo riferimento adesso.

Ho portato le informazioni e la documentazione del Governo in possesso del Ministero dell'Interno, l'ho esposta oralmente, ma semplicemente per guadagnare tempo, visto che la risposta era pressante, e poi l'ho messa per iscritto, depositata, messa a disposizione dei componenti della Commissione e sottoscritta. Se poi la contestazione che mi è stata rivolta durante la Commissione è che non fosse su carta intestata, credo che abbia il valore che ha, perché quella è assolutamente la posizione ufficiale.

Cosa c'era in quella documentazione? In quella documentazione c'era, così come era stato richiesto, il numero delle navi a cui sono stati applicati i decreti interministeriali che erano previsti, a quante di queste poi sono state comminate delle sanzioni, tra queste quante sono state confiscate e la condizione attuale di quella sola imbarcazione confiscata, e il numero delle imbarcazioni a cui invece si è comminata una sanzione, ma non si è arrivati a confisca.

Oltre a questo abbiamo depositato, ripeto, ufficialmente, anche l'importo complessivo appostato sul fondo e utilizzabile a copertura di tutte le spese attuali e future per gli oneri per la confisca delle imbarcazioni che sono in capo alle prefetture, e di conseguenza abbiamo dato tutti gli elementi necessari per poter, diciamo così, mettere nella condizione i parlamentari, gli onorevoli della Commissione di lavorare sui testi.

L'altro aspetto, invece, è quello relativo - fatemela dire in generale così - a tutto l'aspetto di bilancio, coperture dei provvedimenti, o quelli già previsti all'interno del decreto così come è uscito dal Consiglio dei Ministri oppure come poi modificato in ragione degli emendamenti. Anche su questo, non è vero che non è stata data documentazione, perché non una, ma due volte, sono stati depositati, uno nel giorno precedente, uno - è vero questo - nella parte finale dei lavori, ma prima della conclusione dei lavori, due testi, anche corposi, che riprendevano nel merito tutte o magari non tutte, quasi tutte, però, quelle a cui si è riusciti a dare una risposta compiuta, le questioni che, lo ricordo anche, progressivamente sono uscite, anche sommandosi l'una all'altra, durante la discussione.

Per cui sinceramente, in tutta coscienza, penso che il Governo, in questo caso per tramite mio, abbia depositato tutti gli elementi necessari per poter svolgere con coscienza il lavoro; potete dire non tutti quelli che avete richiesto nelle varie fasi, di questo possiamo anche discutere, ma tutti gli elementi a disposizione che si sono rilevati disponibili e importanti per poi mettere tutti nelle condizioni di lavorare al meglio. È questa la ragione per cui non solamente in questa sede, in Aula, ma anche in Commissione, ho sempre ritenuto, come anche molti altri, che tutto il possibile fosse stato fatto, e di conseguenza credo che questo non possa essere un argomento utile per rinviare, al di là delle formalità, dico nella sostanza, in Commissione bilancio il testo, ma siamo tutti nelle condizioni di poterlo affrontare pienamente in Aula in tutti questi giorni che ci aspettano.

PRESIDENTE. Grazie al Vice Ministro, che ha risposto alle osservazioni. Ci sono numerose richieste di intervento. Naturalmente non potremo stare sulla richiesta di rinvio, perché quella l'abbiamo risolta, e anche i temi della Commissione bilancio. Adesso darei la parola al collega Boldi, che me l'ha chiesta per prima, o al collega Iezzi, per me è indifferente. Collega Iezzi, va bene. Prego, onorevole.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Allora, le preannuncio che dopo ho un altro ordine del giorno su un altro articolo del Regolamento che secondo me è violato, però volevo rimanere su questo. Qui non si tratta di mettere al voto, Presidente, perché qua non le ho fatto una richiesta di mettere al voto; tra l'altro, se chiedessi un semplice rinvio non sarebbe necessario…

PRESIDENTE. Onorevole Iezzi, la richiesta di rinvio in Commissione è normata dal Regolamento e prevede il voto, salvo che non siano tutti d'accordo.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Io non le ho chiesto di rinviarlo in Commissione, mettendolo al voto; le ho chiesto di rinviarlo in base all'articolo 79, comma 6, del Regolamento, che non prevede un voto. È una questione regolamentare, nel senso che, nel momento in cui l'esame in Commissione non viene finito… e guardi, adesso non volevo perder tempo, però le parole del Vice Ministro in parte confermano quanto ho detto io. Innanzitutto, ci ha detto che i dati ce li ha forniti nella fase finale del provvedimento. Fase finale del provvedimento vuol dire l'ultimo minuto di discussione, e l'articolo 79, comma 7, ci dice “qualora il Governo non fornisca nei tempi stabiliti”, e noi avevamo deciso - lo trova tutto sui verbali - che quella relazione ci arrivasse ben prima, perché la discutiamo da lunedì.

Il Vice Ministro, su sollecitazione del presidente Brescia, più volte ci ha detto: “ve la porto dopo, ve la porto tra un'ora, ve la porto stasera”, e non ce l'ha mai portata. Quindi, i tempi stabiliti non sono stati rispettati, e di conseguenza lei dovrebbe applicare il comma 7, che sa benissimo che prevede una Conferenza dei capigruppo per rinviare l'inizio in Aula perché noi non abbiamo avuto i dati a disposizione per poterlo discutere.

Tra l'altro, se fossimo in una trasmissione televisiva - non lo siamo -, però, se fossimo in una trasmissione televisiva, sa cosa le chiederei, Presidente Rosato? Lei ha capito a quanto ammontano le ammende? Lei lo ha capito? Lei sa a quanto ammontano le ammende? Noi questo chiedevamo, noi chiedevamo di sapere a quanto ammontano le ammende. Lei ha saputo dalla replica del Vice Ministro a quanto ammontano le ammende? Ebbene, credo che questo sia sufficiente per dire che l'articolo 79, commi 5, 6 e 7, non sia stato rispettato, e questo prevede determinati passaggi che non vanno messi al voto. A parte che, se anche ci fosse un voto, si potrebbe superare dall'accordo dei capigruppo, però non è questa la situazione. La situazione è l'articolo 79, commi 5, 6 e 7: abbiamo avuto adesso dalle parole del Vice Ministro la conferma che avevamo ragione, c'è un problema. Guardi, si risolve: lunedì voi volete votare la fiducia. Si risolve portandolo in Commissione, facciamo mezz'ora, un'ora di discussione sul documento che il Vice Ministro ci porterà. Oppure ci dovrebbe dire, e questo lo prevede il comma 6 dell'articolo 79, il motivo per il quale non ci sta dando i dati; e, allora, ci deve spiegare perché non ci sta dando i dati che noi abbiamo chiesto. Guardi che non è una questione economica, perché relazioni ce le ha date, ma erano su altre cose, quindi è inutile tirarlo in ballo.

Quelle relazioni che ci ha portato in Commissione erano relative ad altre richieste che abbiamo fatto. Questa dell'ammenda non è una questione economica: è una questione di verifica dell'efficienza delle norme preesistenti, capiamo tutti di cosa stiamo parlando. Le norme preesistenti prevedevano un divieto di ingresso e delle ammende: queste ammende sono state date o non sono state date? Lei, Presidente, credo che, se si risponde alla domanda che le ho fatto, quante sono le ammende comminate, capirà benissimo, potendo farlo, a meno che non abbia dati lei che il Vice Ministro non ha, che è necessario il rinvio in Commissione e questa relazione tecnica che oggi non abbiamo ancora.

PRESIDENTE. Onorevole Iezzi, voglio essere molto chiaro: noi abbiamo deciso, e io ero presente alla Conferenza dei capigruppo, all'unanimità il percorso di questo provvedimento, e questo percorso si concluderà alle ore 18 nella seduta di oggi, con cui si concluderà la discussione sulle linee generali.

Per me la discussione sulle linee generali può essere svolta in tanti modi e credo che il modo migliore sia quello di entrare nel merito in maniera ordinata, e io a tale indicazione darò seguito. Penso che tutte le obiezioni di percorso siano legittime ed è giusto che i parlamentari e i gruppi parlamentari possano porle; penso però che vadano poste nella sede giusta e la sede giusta, in questo caso, era la sede della Commissione. Infatti, l'articolo 79, comma 5, stabilisce che per l'acquisizione degli elementi di cui sopra è la Commissione che richiede al Governo. Nel momento in cui la Commissione svolge il suo lavoro, è all'interno dell'ambito della Commissione che questo lavoro va esaurito (Commenti dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier). Colleghi, io vi ascolto! Non accetterò in questa sede interruzioni alla Presidenza continue, quindi ognuno fa il suo mestiere: io ascolto voi e voi ascoltate me.

Dopodiché, il lavoro della Commissione si conclude - e si è concluso nella consapevolezza di questa conclusione - e la Capigruppo ha fissato un percorso. Tutte le obiezioni che sono state ricordate, anche dal collega Iezzi e non solo dal collega Iezzi, sono obiezioni note a tutti i capigruppo che hanno deciso il percorso di questo provvedimento. Quindi, noi cominceremo la discussione sulle linee generali di questo provvedimento in cui, se ci saranno naturalmente questioni di merito, e sono tante le questioni di merito che sono (Commenti del deputato Iezzi)

Guardate, colleghi, ero presente, ma le discussioni, come lei ha ricordato…

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). È stata fatta prima la Capigruppo!

PRESIDENTE. Onorevole Iezzi, però glielo dico solo una volta oggi: non mi interrompa quando parlo. Dopodiché io le ho dato già due volte la parola e gliela darò anche una terza, però non mi interrompa quando parlo perché questo non è accettabile in quest'Aula del Parlamento. Quindi, noi procederemo con quanto stabilito dalla Conferenza dei capigruppo, salvo che non ci sia, naturalmente, l'unanimità dei gruppi su decisioni a cui, come sempre, la Presidenza si adegua; ma devono essere decisioni, richieste unanimi dei gruppi, che io in questa sede non vedo.

Aveva chiesto di parlare il collega Volpi, dopodiché ci sono anche gli altri colleghi. Su altri argomenti, però, non su questo, onorevole Volpi. Questo lei lo sa, perché è di vecchio mestiere come me. Prego.

RAFFAELE VOLPI (LEGA). Presidente, purtroppo il nostro non è un mestiere e la nostra precarietà la conosce anche lei, quindi…

PRESIDENTE. Siamo sempre precari, tutti.

RAFFAELE VOLPI (LEGA). Presidente, assolutamente. Premesso che lei ha fatto un ragionamento che, ovviamente, non posso contestare nella correttezza del gentlemen's agreement, ma non dovrebbe comunque farlo, perché la libertà del singolo parlamentare potrebbe, per esempio, consentirmi di chiedere in questo momento di adire all'articolo 146 del Regolamento e fare una votazione dell'Assemblea, per esempio, per chiedere il parere del CNEL, cosa che non farò perché ci conosciamo tutti troppo bene. Tuttavia - lei sa - io penso sempre che la maggioranza, a prescindere da quello che dice l'opposizione, dovrebbe presidiare l'Aula almeno con dei numeri di sicurezza. Ciò detto, faccio riferimento a una questione diversa, se mi permette. Io lo dico in anticipo, anche per consentire ai colleghi, al Presidente e ai colleghi relatori, di poter avere l'opportunità di dare risposta compiuta. Avrei potuto aspettare la fine delle relazioni, però credo che ci sia anche un rapporto personale che ci consente di ragionare prima. Faccio riferimento, Presidente - a parte lo stato di soffocamento da mascherina, quindi se mi vedete crollare è per l'assenza di ossigeno -, al Comitato per la legislazione. Nel Comitato per la legislazione, guardando la relazione prevista dall'articolo 16-bis, se non ricordo male, ci sono delle prescrizioni, prescrizioni che sono in alcuni casi più stringenti, in altri casi, ovviamente, consigli dati alla Commissione. Ripeto una cosa a cui voi avete già risposto: è evidente che anche il Comitato per la legislazione rileva la mancanza di documentazione. È scritto qui, non è che lo dice la Commissione, Volpi o qualcun altro. Qui si dice: “Il provvedimento non risulta corredato né dall'analisi tecnico-normativa, né dall'analisi dell'impatto sulla regolamentazione”. Ci sono poi altre prescrizioni, che immagino voi avrete letto con attenzione - è la prima pagina, collega; lo dico al collega, che forse non sapeva - alla prima pagina, che comincia con la…

PRESIDENTE. Onorevole Volpi, parli con me, che sono molto interessato.

RAFFAELE VOLPI (LEGA). No, Presidente, perché purtroppo non è lei che può rispondere. Io voglio sapere dalla Commissione se hanno aderito alle previsioni date dal Comitato per la legislazione.

Qualora non lo facessero nella relazione, voglio la relazione scritta o il ritorno in Commissione per dare la risposta, oppure una precisa risposta da parte dei relatori, ma la voglio puntuale su tutto, però, perché lo prevede il Regolamento.

Ciò detto, Presidente - e concludo -, io credo che i rapporti fra Governo - ci conosciamo con il Vice Ministro - e Parlamento debbano essere chiari. Io credo al lavoro che ha fatto l'onorevole Mauri. Ci conosciamo, lo ripeto, però non mi può dire che il provvedimento verrà approfondito in quest'Aula, perché è esattamente il contrario di quello che ha detto lei: oggi ci sono state delle decisioni e il Governo ha già detto che metterà la fiducia. Quindi, per cortesia, mancano documenti e non ci prendiamo in giro (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Volpi. Sono certo che nella fase di relazione da parte dei relatori alcune delle sue delle sue richieste troveranno anche le risposte.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Bordonali. Ne ha facoltà.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Articolo 8, sul buon andamento dei lavori. La Lega non ha nessuna intenzione di mettere in discussione ciò che è stato deciso, il percorso che è stato definito, però vorrei far presente una cosa. Il percorso deciso e definito in Capigruppo è stato deciso e definito in Conferenza dei capigruppo - alla quale, come lei sa, ero presente anch'io - mercoledì, nel primo pomeriggio. Con i riguardo ai problemi che si sono verificati in Commissione, quindi ai documenti che non sono stati consegnati, tutto ciò premesso, la Commissione ha terminato i lavori giovedì mattina alle 3. Quindi, anche per quanto riguarda l'intervento dei Capigruppo, non era possibile, ovviamente, avanzare questa problematica dell'assenza di questi documenti, che sono fondamentali ed essenziali per il prosieguo del provvedimento. Noi non abbiamo intenzione di bloccare il buon andamento dei lavori, e mi sembra che l'abbiamo dimostrato e lo stiamo dimostrando. Vogliamo entrare nel merito del provvedimento, ma per entrare nel merito del provvedimento, soprattutto per quanto riguarda alcuni articoli di questo decreto, abbiamo bisogno di quelle informazioni. Non stiamo chiedendo di bloccare - lo ribadisco - ma noi vogliamo quei documenti che ci spettano, oppure il Ministro motivi la mancanza di quei documenti. Ciò può essere fatto in qualsiasi momento. La sospensione può essere decisa anche non con il voto ma semplicemente con un accordo dei capigruppo (si torna in Commissione e si visionano quei due documenti), ma ritengo che per il buon andamento dei lavori, quella relazione, che è stata chiesta da lunedì scorso, debba essere consegnata perché è una questione di diritto e trasparenza nei confronti del Parlamento. Qui c'è un'assenza di trasparenza nei confronti di parlamentari che devono approvare, o, nel nostro caso, assolutamente respingere questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bordonali. Lei ha ricordato esattamente la tempistica di come si sono svolte le cose, quindi lei benissimo sa, perché lo ha fatto tante volte ed è giusto che sia così, che giovedì, nella giornata, a seguito della Commissione, che ha avuto un esito non soddisfacente secondo la vostra legittima valutazione, poteva essere chiesta una Conferenza dei capigruppo, se la valutazione era quella di cambiare il programma rispetto a quello stabilito all'unanimità; questo invece non è accaduto. Se c'è una richiesta di Conferenza dei capigruppo io credo che sia legittimo che ogni gruppo possa porla al Presidente della Camera; in questo caso, se voi me la chiedete, io chiederò al Presidente Fico di verificare. Nel frattempo, però, noi andremo avanti con i nostri lavori, tuttavia questo non toglie alla legittimità della vostra richiesta di chiedere una Conferenza dei capigruppo, e io trasmetto immediatamente la richiesta al Presidente Fico. C'è ancora il collega Invernizzi; prima il collega Invernizzi, onorevole Volpi, poi toccherà a lei. Prego, onorevole Invernizzi.

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). La ringrazio, Presidente. È solo per ricordare un precedente, a mio avviso analogo se non omologo a quello preciso…

PRESIDENTE. Su che cosa? Che tipo di intervento è questo, onorevole Invernizzi?

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori. Prego.

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Le chiedo scusa, signor Presidente; ha ragione, non l'ho premesso. Vi è un precedente, a mio avviso, nella scorsa legislatura, che ricorda, in modo direi quasi evidente, la situazione che stiamo vivendo.

Mi riferisco alla discussione, all'inizio della discussione, proprio in Aula, del progetto di legge sulla riforma dell'acquisizione della cittadinanza, ius soli e ius culturae. Proprio all'inizio del dall'illustrazione da parte del relatore - io me lo ricordo perfettamente, perché ero relatore di minoranza all'epoca - posi un quesito all'allora Presidente Boldrini, indicando, ricordando in Aula e chiedendo per questo l'intervento della Presidenza, una questione avvenuta proprio in Commissione. A seguito di reiterate richieste da parte della minoranza di un documento, inerente al numero delle naturalizzazione avvenute in Italia negli ultimi tre anni, e a seguito del fatto che il Governo allora non produsse questa documentazione, io feci presente, in quanto parlamentare di opposizione, di ritenere di non avere gli elementi sufficienti, per iniziare in Aula una discussione, nella quale un elemento di questo tipo avrebbe comunque avuto una valenza secondo me importantissima. La Presidente Boldrini, allora, non pose la questione ai voti. Prese atto proprio della richiesta dell'opposizione, da parte del relatore di minoranza, sospese e rinvio il provvedimento in Commissione. Commissione che si svolse nella stessa giornata, tanto è vero che l'iter di approvazione, che doveva iniziare in Aula al mattino, iniziò poi nel tardo pomeriggio mi pare. Comunque, è solo per ricordare, signor Presidente, che, all'epoca, la Presidente non pose ai voti la richiesta e non chiese nemmeno una Conferenza dei presidenti di gruppo, ma, proprio sulla scorta degli articoli citati prima anche dai colleghi degli altri gruppi, ritenne opportuno rinviare in Commissione. Per poche ore, evidentemente, perché si trattava semplicemente di aspettare che il Governo producesse questo documento, che venisse dato anche ai parlamentari opposizione e, poi, si rientrò in Aula. Mi permetto soltanto di dare questo contributo alla discussione.

PRESIDENTE. Ricordo anch'io, onorevole Invernizzi, quella discussione. Avevo altra funzione e, quindi, ricordo di avervi contribuito. Ricordo che eravamo in un'altra fase, in quella del seguito dell'esame e, in quel senso, c'è stato il rinvio, perché eravamo nel seguito dell'esame. Adesso siamo in una fase diversa, siamo in discussione generale, che nulla osta dopo, nel seguito dell'esame, a prendere decisioni che siano coerenti anche con la situazione che lei ricordava; come lei ben ricorda meglio di me, si trattava di un disegno di legge e non della conversione di un decreto.

C'è il collega Iezzi e poi il collega Guidesi (Commenti)…Almeno l'organizzazione, è per una rotazione (Commenti del deputato Iezzi). Onorevole Iezzi, ha ragione, però, per una logica di rotazione interviene il collega Guidesi. Prego. Scusate, l'onorevole Molteni, abbiate pazienza, sono un po' fratelli… Scusi, onorevole Molteni scusa.

NICOLA MOLTENI (LEGA). È un errore imperdonabile. Le costerà pesantemente alla prossima convocazione dell'Aula.

PRESIDENTE. Lei non se la prenderà male, sicuro.

NICOLA MOLTENI (LEGA). Presidente io non entro ovviamente nel merito delle prerogative della Presidenza. La Presidenza, evidentemente, assumerà, in base agli interventi dei colleghi, tutti gli adempimenti del caso, consentiti e previsti dalle sue prerogative. Non entro nemmeno nel merito dell'organizzazione della prosecuzione dei lavori, perché non compete a noi, fermo restando che io ritengo che siano state sollevate alcune questioni che non sono puramente formali, ma sostanziali e assolutamente imprescindibili per un buon andamento di questi lavori.

Presidente, io credo che quanto sottolineato dal collega Volpi, facendo riferimento a quanto stabilito da un soggetto terzo imparziale, qual è il Comitato per la legislazione, quindi, con riferimento all'assenza e alla carenza di documentazione assolutamente fondamentale e imprescindibile, affinché questo testo possa essere esaminato, credo che sia la tematica centrale. Tematica centrale non soltanto perché è una richiesta avanzata dalle opposizioni, perché quella non è una documentazione necessaria e utile esclusivamente alle opposizioni, per poter svolgere bene il proprio mestiere, ma credo sia una necessità impellente da parte di tutto il Parlamento. In modo particolare, la richiesta dovrebbe pervenire dalla maggioranza stessa.

Perché lo dico e perché ritengo le sollecitazioni e le riflessioni fatte dal collega Mauri assolutamente insufficienti rispetto al dato oggettivo su cui abbiamo posto la questione? Perché, se voi approvate, se il Governo fa un documento, come questo tipo di decreto, e lo porta all'attenzione del Parlamento e, all'interno di questo decreto, ci sono alcuni elementi che, per la maggioranza, sono imprescindibili (ad esempio, la parte relativa alla cancellazione delle sanzioni, delle confische e dei sequestri, elemento centrale del precedente decreto) io credo che questo tipo di scelta può essere di natura politica - ed è legittimo che politicamente si decide di cambiare un decreto -, ma deve essere una scelta suffragata da alcuni elementi oggettivi. E gli elementi oggettivi noi non li abbiamo chiesti alla parte politica: noi gli elementi oggettivi li abbiamo chiesti alla parte istituzionale.

Io sono stato sottosegretario all'Interno e ho dovuto fornire sul “decreto Salvini” tutta una serie di documentazione di natura tecnica per suffragare la bontà delle scelte che sono state fatte. Quindi, io credo che il Vice Ministro Mauri sia in imbarazzo, ma non rispetto alla sua posizione, assolutamente legittima, ma al fatto che, probabilmente (perché altrimenti ci sarebbero stati forniti i dati completi), quel principio di trasparenza, che la collega Bordonali invocava, evidentemente non viene rispettato. Infatti, se noi chiediamo - e dovrebbe essere utile alla maggioranza per sostenere il fatto che il “decreto Salvini” non ha prodotto gli effetti che avrebbe dovuto produrre, in modo particolare per quanto riguarda il blocco e l'ingresso delle ONG - il Vice Ministro Mauri avrebbe dovuto sollecitare tutta una serie di informazioni, ad esempio, non soltanto per quanto riguarda i decreti, non soltanto, in maniera generale e indeterminata, per quanto riguarda le sanzioni, per quanto riguarda i sequestri, per quanto riguarda le confische, ma dettagliare alcuni elementi fondamentali. Innanzitutto, quali sono le imbarcazioni di cui si fa riferimento, le date rispetto alle quali determinati provvedimenti sono stati adottati, le prefetture, ad esempio, che hanno adottato determinati provvedimenti di confisca, il TAR per quanto riguarda la confisca, qual è il TAR che ha confiscato, se, con riferimento all'impugnativa da parte del TAR, c'è stata una contro-impugnativa da parte dell'Avvocatura dello Stato. Qui ci sono elementi assolutamente indispensabili. Lo dico, Presidente, perché credo sia un tema estremamente delicato che verrà eventualmente riproposto qualora l'assise sarà nella sua completa composizione. Quindi credo - lo ripeto - che vi siano degli elementi assolutamente indispensabili. Il problema non è quello che dice il Vice Ministro Mauri; non sono i dati assolutamente generici e parziali, che ci ha fornito: il problema è perché il Ministero dell'Interno non vuole fornire dei dati completi. Credo che questo sia un tema estremamente delicato, rispetto al quale, per fare trasparenza e per non lanciare accuse, magari e probabilmente infondate, il Ministero dell'Interno, da un punto di vista tecnico, questi dati li deve mettere a disposizione, non solo dell'opposizione che li chiede, ma anche e in modo particolare della maggioranza e, quindi, di tutto il Parlamento.

Io credo che sarà cura della Presidenza - che è attenta, quasi attenta, visto che mi ha scambiato per il collega Guidesi -, per la bontà di questi lavori e per un buon prosieguo dei lavori stessi, far sì che questi dati vengano messi a disposizione di tutto il Parlamento per una analisi oggettiva, trasparente e seria di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Molteni, mi scusi ancora per la confusione e lo scambio di persona. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Grazie, Presidente. Io le chiedo sempre di prevedere il ritorno in Commissione del testo, però per un'altra questione: per permettere alla Commissione di esaminare i due emendamenti 1.169 e 1.170 a firma Colletti e Berti. Io credo che tutti i membri della Commissione si ricorderanno la discussione che c'è stata. Cos'è successo in Commissione? In Commissione è successo che, precedentemente alla discussione di questi due emendamenti, sono stati ritirati dal capogruppo del MoVimento 5 Stelle alcuni emendamenti dei cosiddetti 22 dissidenti. Poi si è scoperto, però, che la capogruppo non rappresentava questi 22 dissidenti e, quindi, di fronte ad una lettera di alcuni di questi, il presidente Brescia è stato costretto a riammettere gli emendamenti in discussione.

Arriviamo agli emendamenti in questione, che sono firmati dai colleghi Colletti e Berti. Ci viene riproposta la motivazione che non possono essere ritirati e che non possono essere messi in discussione, perché erano stati precedentemente ritirati sempre dalla capogruppo. Noi abbiamo sollevato il problema che, secondo noi, visto il precedente, la capogruppo del MoVimento 5 Stelle non rappresentava i deputati in questione. C'è stato detto che l'onorevole Colletti non aveva scritto una lettera per chiedere il ritiro dell'emendamento e, quindi, valeva quanto detto dalla capogruppo. Poi però cosa è successo? È successo che ieri…

PRESIDENTE. Onorevole Iezzi, però non mi racconti tutto il percorso della Commissione…

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Se mi fa finire…

PRESIDENTE. No, ma francamente sono problemi…

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). No, le dico subito...

PRESIDENTE. Onorevole Iezzi, io non voglio creare un precedente con questa discussione. A me di come trascorriamo questo tempo, diciamo, può essere anche (Commenti del deputato Iezzi)… Onorevole Iezzi, bisogna stare sul merito, noi non possiamo intervenire nel merito delle questioni che sono avvenute in Commissione. È così…

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Non è del 5 stelle… È stato sospeso!

PRESIDENTE. Ma non ha importanza… Onorevole Iezzi, la prego, cerchiamo di conservare l'utilità di questa discussione. Non c'è un merito nella sindacabilità del percorso di Commissione da parte di quest'Aula. Onorevole Bartolozzi, prego.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente. Sempre sull'ordine dei lavori e credo conclusivamente su quello che ci impegna, ma per fornire elementi in ordine alle valutazioni che lei vorrà prendere e che probabilmente poi ci riporteremo nel corso di tutto l'esame. Io vorrei semplicemente, in due secondi, aggiungere qualcosa a quello che ha detto bene il collega Molteni. Presidente, ci ritorniamo: perché è importante quella relazione, Vice Ministro? Perché rispetto al sistema precedente, che imponeva sanzioni amministrative da un minimo di 10 mila a 50 mila euro, i decreti Salvini - lei lo sa - avevano imposto sanzioni amministrative ben più elevate, da 150 mila a un milione di euro. Nel momento in cui lei ci porta semplicemente il numero, ma non ci dice - come ha detto il collega Molteni - i tempi di irrogazione delle sanzioni, le navi che sono state oggetto di sequestro e confisca, le autorità, le singole prefetture, lei non risponde ai quesiti che le abbiamo dato, perché il numero complessivo delle imbarcazioni sequestrate o confiscate non ci dà la bontà dell'efficacia dei decreti Salvini. Noi vogliamo sapere - rispetto tra l'altro ad una sanzione amministrativa che ha un minimo e un massimo molto ampio - quanto i prefetti hanno imposto, come hanno imposto, in che data lo hanno fatto e se non l'hanno fatto, e questo Presidente è essenziale per verificare se quei decreti funzionavano o meno.

Come correttamente diceva il collega Molteni, nel momento in cui - e questo evidentemente è solo frutto poi di una scelta politica, ma deve essere suffragata dal dato tecnico - si chiede al Parlamento di esprimere un voto consapevole, in ordine alla necessità di modificare totalmente la disciplina previgente, voi dovete dare dimostrazione tecnica, numeri alla mano, che quei decreti non funzionavano. E il numero delle imbarcazioni, sottosegretario, non è assolutamente pertinente! Per questo noi insistiamo sul fatto che la sua non era una risposta insufficiente, era una “non risposta” rispetto alle argomentazioni puntuali che in Commissione le abbiamo offerto. Quindi, io ritorno su questo perché credo che debba essere consentito all'Aula di esprimere un voto consapevole e quel voto non ci potrà essere se lei non terrà fede a quell'impegno che aveva preso già da lunedì.

PRESIDENTE. Grazie, colleghi. Io ho ascoltato con grande interesse le questioni e penso che gli strumenti siano noti.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (A.C. 2727-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2727-A: Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.

Ricordo che nella seduta del 28 ottobre sono state respinte le questioni pregiudiziali Iezzi altri n. 1, Lollobrigida e altri n. 2, Gelmini e altri n. 3.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2727-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Ricordo che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il deputato Miceli per la sua relazione. Ah no, c'era l'onorevole Baldino. Prego.

VITTORIA BALDINO, Relatrice. Grazie, signor Presidente. Colleghi rappresentanti del Governo, il provvedimento oggi in discussione, come è noto, nasce innanzitutto dalla necessità di superare alcuni profili di criticità sollevati dapprima dal Presidente della Repubblica, in sede di emanazione e promulgazione dei precedenti interventi normativi che si sono occupati del tema della protezione internazionale sussidiaria e della gestione dei flussi migratori, e poi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 186 del 31 luglio scorso.

A seguito dell'entrata in vigore di quelle disposizioni e della loro prima applicazione si è manifestata infatti la straordinaria necessità ed urgenza di chiarirne alcuni profili (ad esempio in tema di esclusione della causa di non punibilità penale per particolare tenuità del fatto), di rimodulare alcune previsioni tenendo conto dei principi costituzionali e di diritto internazionale vigenti (ad esempio, in materia di asilo e di riconoscimento della protezione internazionale), e ancora di porre rimedio ad alcuni aspetti funzionali che avevano generato difficoltà applicative; ma anche di rivedere integralmente il sistema di accoglienza, che aveva già manifestato delle carenze che gli ultimi interventi hanno ancor di più acuito, così come è emerso in sede applicativa.

Nel corso dell'esame in sede referente, sviluppatosi in un intenso esame, ricordo più di cinquanta ore di esame, più di mille emendamenti esaminati, 60 emendamenti approvati, 250 respinti in blocco, secondo il Regolamento, più di cinquanta soggetti auditi, tra cui la Ministra Lamorgese che ha dimostrato massima disponibilità, e massima disponibilità della Presidenza anche nell'organizzazione dei lavori della Commissione, anche in vista della disponibilità poi dimostrata dalla Ministra Lamorgese a venire in audizione. E - lo segnalo - anche una continua interlocuzione nel corso dei lavori con il rappresentante del Governo presente e con i relatori. Quindi, il dibattito è stato molto intenso, l'attività conoscitiva è stata approfondita e sono state apportate alcune modifiche ed integrazioni al testo, che hanno interessato in particolare gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 13 e 14.

Il dibattito in Commissione è stato caratterizzato da un sincero confronto sui temi oggetto del provvedimento che, seppur nella persistente divergenza di vedute e sensibilità tra i gruppi, si è sempre mantenuto nei limiti del legittimo e leale contraddittorio.

Il testo, come risulta dall'esame in sede referente, apporta numerose modifiche. Io, nel tempo che ho a disposizione, mi limiterò a fare alcune considerazioni rispetto all'esame che si è tenuto in Commissione, rispetto al merito del testo, alle modifiche apportate, e mi riservo di depositare la corposa relazione agli uffici, perché rimanga agli atti, essendo una relazione abbastanza importante, perché il decreto in questione - a seguito anche delle modifiche apportate in sede referente - ha apportato delle modifiche al testo unico sull'immigrazione, al decreto legislativo n. 25 del 2008 (il cosiddetto “decreto Qualifiche”), al decreto legislativo n. 142 del 2005 (il cosiddetto “decreto Accoglienza”), al codice penale, al decreto-legge n. 14 del 2017 sulla sicurezza urbana e alla legge istitutiva del Garante nazionale delle persone private della libertà personale.

Quindi, posto che ho anticipato, Presidente, che depositerò la relazione rispetto al provvedimento, mi siano concesse alcune considerazioni e mi sia consentito però aggiungere ai motivi già preannunciati, che hanno condotto all'emanazione di tale provvedimento, quale è stato e quale vuole essere lo spirito promotore. E lo dico, Presidente, nella duplice veste di relatrice di questo provvedimento e di capogruppo pro tempore della I Commissione, che ha partecipato e contribuito, nel corso del precedente Governo, all'approvazione dei provvedimenti che oggi ci accingiamo a modificare in via definitiva.

Il fenomeno dell'immigrazione - o per meglio dire il fenomeno delle migrazioni - è un fenomeno complesso, multidimensionale, è quello rispetto a cui nel dibattito pubblico siamo abituati a guardare soltanto un aspetto particolare di un fenomeno generale o, per meglio dire, di un processo.

Per prendere in prestito le parole del sociologo Mauss, la migrazione è un fatto sociale totale e appunto multidimensionale, osservabile da diversi punti di vista: dal punto di vista di chi parte, dal punto di vista di chi accoglie, dal punto di vista dei cosiddetti push factor e pull factor, ossia i fattori che spingono a scegliere un determinato Paese e i fattori che determinano e che spingono a partire, della regolarità degli ingressi e della presenza nel Paese di approdo in possesso di una adeguata documentazione che attesti la presenza di una persona sul territorio in quanto proveniente da un altro Paese. Quest'ultimo punto di osservazione conduce all'elaborazione dei diversi orientamenti ideologici sul punto e, quindi, alle diverse politiche apportate dagli Stati nazionali, che possono essere di contenimento o di apertura nei confronti dei processi di immigrazione, ma, qualunque sia il punto di vista ideologico e politico, non si può prescindere dalla consapevolezza di questa complessità e multidimensionalità, per cui le stesse categorie concettuali adottate dall'osservazione scientifica del fenomeno, prima ancora che la politica, sono di continuo messe in discussione. Quanto più la politica prende atto di questa complessità, tanto più ha la capacità di offrire soluzioni adeguate alla gestione del fenomeno nelle sue diverse sfaccettature, anche – anche – mettendo in discussione determinate scelte se ci si rende conto che non sono più adeguate allo scopo che si intendeva perseguire.

Credo, e lo ribadisco, così come ho avuto occasione di dire in Commissione, che seppur nella diversità di approcci ideologici, politici e culturali a cui aderiscono i gruppi che formano questo Parlamento, obiettivo comune sia quello di contrastare l'elemento distorsivo del fenomeno migratorio, che è quello della condizione di irregolarità e clandestinità in cui versano numerose persone che approdano e che sono presenti nel nostro territorio. Negli anni si sono susseguite leggi che aderivano o all'uno o all'altro orientamento politico, banalmente apostrofabili, appunto, come di contenimento oppure di apertura nei confronti dei processi di immigrazione, ma nessuna, fino ad ora, è riuscita a porre un freno reale al diffondersi delle condizioni di irregolarità, quelle condizioni che determinano, o possono determinare, marginalità sociale, che possono dare adito a fenomeni di devianza e, in casi estremi, all'adesione a stili di vita dediti alla delinquenza, oppure, nei casi più estremi, a foraggiare le sacche di criminalità che si servono delle persone in stato di disagio e si nutrono della manovalanza a basso costo, quei fenomeni che fanno accrescere la percezione di insicurezza nei popoli che accolgono e, quindi, la contrapposizione tra quelli che sono considerati buoni e quelli che sono considerati cattivi o pericolosi, gente da respingere ad ogni costo.

Io credo che alimentare questa contrapposizione non serva affatto a risolvere il problema - se vogliamo aderire allo schema di pensiero di chi lo considera un problema -, così come sono convinta che non occuparsene o, comunque, minimizzare la dimensione del fenomeno - per chi lo considera puramente un fenomeno - non faccia altro che alimentarne la portata, fino al punto che venga sempre di più percepito come un problema da risolvere, e non come un fenomeno da affrontare. Ecco che il Parlamento, in ogni momento, ha la possibilità e, forse, anche il dovere di occuparsene; questo decreto-legge è stato un veicolo, ma auspico che ci possano essere altri momenti di confronto di natura parlamentare, ma anche extraparlamentare, sovranazionale, per misurarci con questi temi e aspetti che i tempi della conversione di un atto governativo non ci hanno consentito di affrontare.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore onorevole Miceli.

CARMELO MICELI, Relatore. Grazie, Presidente, mi limito a fare mie le parole dell'onorevole Baldino.

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire.

È iscritto a parlare il collega Fontana. Ne ha facoltà.

GREGORIO FONTANA (FI). Grazie, Presidente. Colleghi, colleghe, rappresentanti del Governo, la questione migratoria si colloca in un contesto sempre più grave ed estremamente complicato e noi di Forza Italia non possiamo che considerare con molta preoccupazione il modo disarticolato e superficiale con cui il Governo sta trattando questa materia. Il provvedimento in esame, che ha tra le sue principali misure quelle sull'immigrazione, su cui mi soffermerò nel mio intervento, ne è la più chiara conferma.

Il primo Governo Conte si era già cimentato, in modo non del tutto lineare, su questa materia, ma con questo nuovo decreto il secondo Governo Conte riesce a stravolgere e a smentire se stesso. I due precedenti decreti su questa materia mostravano alcune criticità, soprattutto in tema di politica di rimpatrio, che non fu possibile riparare perché, allora, quella maggioranza fu chiusa ai contributi di Forza Italia. Tuttavia, non mancò il nostro voto favorevole, perché i “decreti Sicurezza” del primo Governo Conte avevano il merito di ispirarsi ai lineamenti fondamentali del programma di centrodestra, rendendo possibile l'introduzione di norme molto utili per contenere il flusso migratorio.

In questo percorso, non ci sorprende il disinvolto cambiamento del MoVimento 5 Stelle da un decreto all'altro; adesso, è tutto più chiaro, la maschera che indossava era di opportunismo ed è stata gettata ed è uscita la sua vera anima, quella della sinistra, che adesso si può esprimere liberamente, senza infingimenti, per quello che è. Anche su questa materia le quattro sinistre attualmente al Governo dimostrano di non saper tracciare un percorso sicuro per dare certezze al nostro Paese e fiducia all'Unione europea. Nella prospettiva di questa compagine di sinistra non c'è una visione strategica, i flussi migratori sono subiti, e non governati. Ad aggravare la situazione, da quando si è manifestato il COVID, si aggiunge un'inadeguata considerazione dell'impatto della pandemia sul fenomeno migratorio. A confermarlo sono le stesse parole del Ministro Lamorgese che, nel fare il punto della situazione sulle misure adottate dal Governo, nel corso dell'ultima audizione il 17 novembre scorso, ha ammesso la gravità della situazione legata all'aumento degli sbarchi in piena emergenza COVID.

Certamente, ad aggravare la dinamica di questo fenomeno, già di per sé complessissimo per combinazione di fattori demografici, economici, climatici, di guerre etniche e religiose, si è aggiunta la pandemia, ma non è corretto alludere solamente agli effetti delle condizioni di salute degli immigrati sulla nostra sanità pubblica e sottovalutare la gravità dell'enorme incremento degli sbarchi. Allarme sanitario e incremento dei flussi sono due diversi aspetti prodotti dal COVID nella vicenda migratoria. C'è un allarme sanitario, a causa del fatto che le strutture di accoglienza, soprattutto al Sud, sono grandi dormitori sovraffollati, dove è impossibile rispettare qualsiasi regola di sicurezza dettata dall'autorità sanitaria; è stato, del resto, lo stesso presidente dell'Istituto superiore di sanità, Locatelli, a segnalare che una parte degli immigrati si infetta nei centri di accoglienza, dove è più difficile mantenere le misure sanitarie adeguate. Non si può negare che gli hotspot sono al collasso e possono diventare pericolosi focolai. Quest'estate sono state denunciate molte fughe, come quella, la più grave, nel mese di agosto, dall'hotspot di Lampedusa, dove erano presenti immigrati infetti e anche, nei giorni scorsi, dal CPR di via Corelli, a Milano. E il Ministro Lamorgese tace su questo grave pericolo, segnalato, come ho accennato, dal presidente dell'Istituto superiore di sanità, Locatelli, secondo il quale tra i migranti fuggitivi, quelli positivi sono tra il 3 e il 5 per cento. Questa è una percentuale da non sottovalutare, perché abbiamo a che fare con persone clandestine, quindi fuori dal controllo sanitario, che circolano nella nostra città. Questo è un pericolo immediato ed evidente a chiunque abbia buon senso.

Nello stesso tempo, la ripercussione della pandemia sull'economia mondiale sta determinando anche un forte incremento della massa di migranti economici a causa del peggioramento dello stato delle loro condizioni alimentari e della riduzione del valore delle rimesse. Tradotto in cifre, ciò significa che, nel mondo, se nel 2019 la popolazione ridotta alla fame era pari a 690 milioni, per il solo anno in corso, è previsto un incremento di 132 milioni di persone ridotte alla fame e sottoalimentate, in gran parte concentrate in Africa. In Italia, già si vedono gli effetti, che vanno a sommarsi alla mala gestio del fenomeno migratorio da parte dei Governi che si sono succeduti dal 2012 ad oggi. Dall'inizio di quest'anno, sono sbarcati circa 32 mila extracomunitari, contro i 9.944 del 2019, superando di gran lunga l'esodo del 2018 determinato dalle politiche sconsiderate del centrosinistra. Sono dati molto preoccupanti. Invece, con la pandemia si aggiungono nuovi motivi che dovrebbero indurre il Governo a produrre misure più severe per contrastare l'accesso dei clandestini nel nostro Paese, per motivi sanitari e di ordine pubblico.

Ma la realtà è che, con questo Governo, il fenomeno è ormai completamente fuori controllo: le frontiere sono tornate a maglie larghe, i tassisti del mare sono nuovamente in piena attività e nulla è posto ad argine degli sbarchi fantasma.

Si piange per le stragi in mare di molti innocenti, ma al Governo e a coloro che impartiscono lezioni di umanità non è evidente che sarà possibile mettere fine a questa immensa tragedia solo fermando le ininterrotte partenze di questi disperati, che si sono mossi nel sogno di raggiungere uno stato di benessere che in Italia e in Europa non possono trovare. Non dovrebbe essere difficile capire che esiste un rapporto direttamente proporzionale tra le partenze dalle coste dell'Africa settentrionale ed il numero di morti in mare, e la necessità di bloccare le traversate della disperazione oggi ha una ragione in più rappresentata dalla sinistra presenza del COVID che impone le chiusure delle frontiere come una sorta di trasposizione geopolitica del distanziamento sociale, fondamentale per la tutela della salute.

Chi governa, se ripone realmente la massima attenzione all'interesse dei propri cittadini, all'ordine interno del Paese e alla tutela della salute pubblica, non può permettere un'accoglienza indiscriminata. Questo è un dovere non solo nei confronti della nostra comunità, ma anche di coloro che lasciano il proprio Paese con delle illusioni che, una volta raggiunta l'Italia, si tramutano in disperazione e rabbia.

È necessaria un'altra linea politica per contrastare l'immigrazione clandestina, che sia radicalmente diversa da questa del secondo Governo Conte: una politica più incisiva, più articolata, più lungimirante. Si devono combinare misure per l'interno e iniziativa estera: da un lato, misure severe per bloccare l'immigrazione clandestina e accordi bilaterali per rimpatriare chi non ha diritto a entrare nell'Unione europea, e quindi in Italia; dall'altro, una tessitura internazionale in concertazione con gli altri Paesi dell'Unione europea, utile ad attuare in prospettiva un'azione volta a sanare strutturalmente questa grave piaga dell'umanità.

Il modello lo ha dato il Presidente Berlusconi. Si dovrebbe ripartire dalle politiche avviate con l'ultimo Governo bruscamente interrotto nel 2011: all'epoca, furono inserite efficaci misure di contenimento che prevedevano l'accoglienza dei rifugiati minori stranieri non accompagnati e che hanno effettivo diritto di entrare nell'Unione europea, nonché massima severità nei confronti dell'immigrazione clandestina. Contemporaneamente furono intrecciati proficui accordi con i Paesi amici per fermare fuori dai nostri confini i flussi migratori. La conseguenza di questa politica - è sempre bene ricordarlo, signor Presidente - fu un grande successo, misurabile con solo 4.406 sbarchi nel corso dell'anno 2010, il numero storicamente più basso nella vicenda dei flussi migratori verso l'Italia. Ma Berlusconi operava sul piano internazionale anche nella prospettiva di un grande Piano Marshall come soluzione per lo sviluppo economico dell'Africa, che, se realizzato, porterebbe benessere alle popolazioni oggi più sfortunate, segnando definitivamente la fine di un dramma umano e con esso la fine di un interminabile esodo verso l'Italia e l'Europa.

Se non si compiono oggi azioni corrette all'interno e all'estero, il flusso migratorio diventerà incontenibile, perché secondo le stime nel 2050 gli abitanti dell'Africa subsahariana saranno 2 miliardi 300 milioni, circa un quarto dell'intera popolazione mondiale. E allora, se il progetto non è quello di favorire nel tempo la sostituzione della popolazione autoctona in decrescita e sempre più anziana con quella più giovane proveniente principalmente dall'Africa, è chiaro che le politiche in materia di immigrazione non possono essere quelle proposte dall'attuale Governo. Noi di Forza Italia riteniamo che si debba partire da un principio inconfutabile e molto semplice, dal quale non è possibile scostarsi senza cadere in azioni ambigue ed insostenibili: solo chi ha diritto di entrare nell'Unione europea ha diritto a entrare in Italia. È un principio imposto dalla ragion politica, dalla logica del diritto, dal sentimento morale.

Questo decreto, invece, non solo è lontano da questo principio, ma addirittura ritorna ai mali del passato, segnati dalle politiche del centrosinistra. Era giusto accogliere i rilievi del Capo dello Stato ai precedenti “decreti Sicurezza”, ma, per il Governo, è stato un pretesto per disarticolare le norme che avevano dato buoni risultati.

La necessità di procedere lungo una linea profondamente diversa da quella che sta perseguendo l'Esecutivo è dimostrata dai fatti: il quotidiano e ininterrotto flusso di migranti, che, a Sud, dalla Libia, dalla Tunisia, dall'Algeria, attraversano il mare verso le coste, e, ad Est, per via terra, dalle frontiere della Slovenia; il fallimento del vertice di Malta; l'inossidabilità dei regolamenti di Dublino, evidenziata da appena 13 mila migranti ricollocati nel resto dell'Unione europea, a fronte di mezzo milione di sbarchi in Italia; l'inconsistenza degli accordi con la Tunisia, da dove si assiste ad un continuo partire anche di tante piccole imbarcazioni verso l'Italia; la politica di rimpatrio che stenta a procedere perché gli accordi bilaterali vigenti sono troppo pochi. Sono stati stipulati quelli con Nigeria, Tunisia, Marocco, ma per tutti gli altri migranti, provenienti per lo più da Pakistan, Bangladesh, Iraq, Iran, Algeria, Sudan, Costa d'Avorio, Guinea e altri Paesi africani, non esistono accordi di rimpatrio.

La necessità di una linea di intervento diversa è dimostrata anche dall'allarme dei nostri servizi segreti che, insistentemente, segnalano che, tra i profughi e i richiedenti asilo, si confondono potenziali terroristi che, passando dall'Italia, come purtroppo è avvenuto più volte in passato e recentemente a Nizza, possono seminare terrore in giro per l'Europa.

Lo dimostra infine la diffidenza crescente nei confronti dell'Italia che, ormai, è considerata inaffidabile, come un'anomalia europea, al punto che, nel recente vertice sul terrorismo, l'Italia è stata esclusa; e se il Governo prosegue nella politica dei porti aperti e non chiude le nostre frontiere, l'Italia rischia di essere esclusa anche da un'eventuale nuova Schengen evocata dal Presidente Macron. Ma al Governo, alla maggioranza che lo sostiene tutto questo non è ancora sufficiente per comprendere che sta gravemente sbagliando.

Questo decreto guarda al passato, addirittura torna ad una nuova edizione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari previsti già dal Testo unico del 1998, ai tempi del Governo Prodi. Adesso viene furbescamente denominato “protezione speciale”, ma è sempre il medesimo sistema delle sanatorie mascherate con l'equivoco della protezione umanitaria: un sistema unico in Europa, che contribuisce a isolare l'Italia e a rendere più complicato il ricollocamento dei migranti in altri Paesi dell'Unione europea.

Per il rilascio del permesso di soggiorno questo decreto estende così ampiamente le casistiche e le possibilità per ottenerlo, al punto da rappresentare un incentivo a venire in Italia. Ma non solo: il meccanismo di concessione dei permessi è talmente macchinoso da esporsi all'intervento discrezionale dei magistrati; si aprirà un'infinita di contenziosi e tutto sarà ancora più aggravato dalla reintroduzione della collegialità sulle controversie di primo grado. Il lavoro dei giudici sarà rallentato fino a vanificare gli effetti virtuosi delle riforme introdotte in questi ultimi anni al fine di smaltire l'arretrato.

Un altro grave errore è l'abrogazione della norma che prevedeva l'immediata esecutività delle decisioni delle commissioni territoriali: è un altro passo indietro che determinerà l'utilizzo strumentale di artifici burocratici al solo fine di allungare i procedimenti e quindi la permanenza in Italia di chi non ha diritto.

In questo déjà-vu, la rinascita del sistema d'accoglienza secondo il modello SPRAR, con la nuova denominazione SAI, rappresenta un primo pericoloso passo per la rinascita di un sistema costoso, inefficace, inefficiente, criminogeno e di un'accoglienza indiscriminata che può tornare a favorire quel malaffare che qualcuno confessò essere più redditizio della droga. Certo è che si ritornerà a spendere di più e senza indirizzare le risorse esclusivamente verso chi ha effettivamente diritto di restare in Italia.

Tutto in questo decreto è complicato e, nello stesso tempo, insufficiente e inadeguato.

L'anagrafe dei migranti che fanno richiesta della protezione internazionale non può essere lasciata ai comuni, che hanno già molti oneri, ma dovrebbe ricadere, ad esempio, sulle competenze dello Stato, quindi sulle prefetture; la centralizzazione di questa funzione avrebbe il vantaggio di rendere più facilmente controllabile la mobilità della popolazione interessata. È invece importante, in una leale collaborazione, un reale coinvolgimento dei sindaci nella distribuzione dei migranti sul territorio nazionale, sia nei casi di trasferimento, sia nel caso delle procedure per la scelta del luogo da destinare ai centri di accoglienza. Le commissioni territoriali devono essere messe nelle condizioni di svolgere rapidamente il loro lavoro, tanto più che in seguito all'entrata in vigore di questo decreto il numero dei migranti e gli oneri procedurali a carico di queste strutture cresceranno in modo esponenziale; a nostro avviso, lo ripetiamo, è necessario un rafforzamento, istituendone una almeno per provincia, e si necessita anche di un potenziamento dei Centri di permanenza per il rimpatrio, i CPR (questi erano in origine 9 e attualmente sono ridotti solo a 7). L'istituzione dei CPR in ogni regione potrebbe garantire una gestione più ordinata e sicura delle procedure di rimpatrio. È da riconsiderare il problema dell'identificazione dei clandestini, un problema delicatissimo, da non sottovalutare se si pensa al rischio del terrorismo jihadista che si annida nel mondo dei migranti. Alle forze di polizia occorre più tempo per svolgere un lavoro non facile; un prolungamento del fermo di polizia fino a 48 ore sarebbe un tempo sicuramente più idoneo per effettuare con attenzione i necessari accertamenti. Proprio per meglio inquadrare le minacce che provengono dal variegatissimo universo islamico, che raccoglie, con molte ombre, gran parte degli immigrati in Italia, sarebbe utile istituire un registro pubblico delle moschee e un albo nazionale degli Imam; a chiederlo è anche la parte migliore dell'Islam che aspira a una convivenza pacifica tra i popoli e le religioni.

Signor Presidente, siamo per la terza volta nell'arco di due anni chiamati a esaminare, confrontandoci con diverse maggioranze ma con il medesimo Presidente del Consiglio, una materia su cui si gioca il futuro dell'Italia e dell'Europa. Noi di Forza Italia avremmo voluto che anche in quest'Aula fosse possibile sviluppare un confronto franco, serrato con la maggioranza. Tuttavia, la prevista apposizione della questione di fiducia sul provvedimento strozza qualsiasi possibilità di arginare una completa ricaduta in un passato rinnovato dagli errori di queste quattro sinistre al Governo. Alla luce dei fatti resta la certezza che l'attuale Governo Conte non è nelle condizioni di governare un fenomeno così arduo quale è il fenomeno dell'immigrazione e questo per incapacità di trovare una reale sintesi politica tra accoglienza e fermezza, tra una lucida comprensione della realtà geopolitica e la necessità di mantenere i valori della nostra civiltà, tra l'esigenza di sviluppo delle nostre aree più povere del mondo e la crescita del nostro benessere. Grazie.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI (PD). Grazie Presidente, signor Vice Ministro, all'atto di nascita di questo Governo, come gruppo del Partito Democratico avevamo assunto un impegno: riscrivere i due decreti in materia di sicurezza voluti dall'ex Ministro dell'Interno. Non si trattava di una rivalsa; per noi era innanzitutto la coerenza con la nostra concezione di dignità umana. Arrivo tra un istante al merito, ma prima credo sia giusto dare a questo confronto il respiro e il contesto che ritengo debba avere e a cui si riferiva poc'anzi l'onorevole Vittoria Baldino. Non mi nascondo la realtà: questa è una materia difficile, che, come poche altre, divide quest'Aula. Per noi è una materia legata a un'idea di dignità e a come la democrazia, nella sua concretezza e nel divenire delle cose, debba farsene carico. Tutto ciò pone al legislatore una ricerca costante di un punto di equilibrio destinato a regolare una gerarchia delle libertà e dei diritti, e così dei doveri. D'altra parte, non è un caso che proprio su questo piano si scatenino differenze sino dentro al cuore delle istituzioni e della rappresentanza e che una mediazione alta sia sovente complicata, se non addirittura impossibile. Parlo di altre materie, ad esempio del diritto a una libertà di scelta sulla propria esistenza da condurre e concludere sempre in una condizione di dignità; o del diritto a vivere nel rispetto degli altri la propria identità di genere, il proprio orientamento sessuale; ma penso anche al diritto di ciascuno a una giustizia fondata sulla garanzia o a quello imprevisto - che ci è piombato addosso - della salute, da non contrabbandare mai con il ricatto di interesse e di un reddito. D'altronde, la nostra stessa Europa in questi giorni trova un terreno di scontro sul rispetto irrinunciabile dello stato di diritto come giusto vincolo per l'erogazione del Recovery Fund. Ecco, lo stesso tema della sicurezza coinvolge quell'equilibrio, nel senso di dove fissare il limite, dove fissare i confini di un Paese a difesa di un ordine condiviso. Vi è chi, come accaduto sino a ieri sull'altra sponda dell'Atlantico, quel confine vuole stabilire sotto forma di un chilometrico muro col Messico e chi, come farà la nuova amministrazione, colloca quel limite nella sfera responsabile della democrazia e della convivenza, che sola, essa, è in grado di generare. Dunque, è nella storia che abbiamo alle spalle, almeno dall'irrompere della modernità figlia dell'Illuminismo, che i campi politici si sono sempre misurati sull'interpretazione e sulle regole del delicato equilibrio tra diritti.

Mi scuso se, in apertura, ho rubato un minuto, ma era per dire che oggi noi di questo ci stiamo occupando. In questo senso la nostra scelta tiene certamente conto delle osservazioni del Capo dello Stato e delle osservazioni della Corte costituzionale, ma nasce da una profonda convinzione di principio e di merito. Quindi, non per caso, come gruppo del Partito Democratico, assieme a voci diverse e autorevoli della maggioranza, abbiamo depositato anche emendamenti migliorativi rispetto al testo del Governo. Lasciatemi dire che, al di là delle diversità profonde che si sono manifestate nelle lunghe, lunghissime ore del lavoro della Commissione, abbiamo esaminato e votato - lo diceva la relatrice - quasi mille emendamenti, sempre nello spirito di ascoltarsi. Su questo desidero ringraziare il Vice Ministro Matteo Mauri, i relatori, il collega Miceli, per lo stile e la conduzione di un confronto serio che, voglio sperare, comunque abbia potuto essere di arricchimento per ognuno di noi; voglio ringraziare, a nome del mio gruppo, anche gli Uffici e i funzionari che hanno voluto seguire i nostri lavori. Vedete, colleghe e colleghi, non penso che la distinzione dentro quest'Aula passi tra il bene, confinato da un lato, e il male, schiacciato sull'altro. No, io porto rispetto, a differenza di molte colleghe e colleghi! Ma con la stessa sincerità rivendico l'obbligo, l'obbligo della politica - e in questo caso della politica del mio campo - di offrire una gerarchia, un ordine nella sfera dei diritti. Allora, per me, per noi, per questa nostra parte, in cima a quella scala troverete il diritto primario e il più irriducibile: il diritto alla vita, il rispetto sacro dei diritti umani in ogni scenario, momento e contesto, come scritto da personalità, anche recentemente, del Comitato per il diritto al soccorso in mare. Spataro, Zagrebelsky, Paola Gaeta, Ferrajoli, Manconi: in tanti hanno rammentato come quel grido antico “un uomo in mare” - io potrei dire “una donna in mare” - abbia attraversato gli oceani e i secoli, ma trovando sempre qualcuno pronto ad ascoltarlo! Se oggi lo ricordo a me stessa è perché una legge, ogni legge, porta sempre dentro di sé, oltre alla concretezza delle regole, un messaggio di respiro culturale e simbolico.

Ma è appunto quella la ragione che impedisce a chicchessia di rovesciare un valore esattamente nel suo opposto, la traduzione che non è lecito trasformare le ONG impegnate nella salvezza di donne, uomini, bambini che stanno annegando nei colpevoli di quelle tragedie, perché in quel modo si capovolge il senso stesso del diritto e delle sue regole. Da qui uno dei nostri emendamenti teso a ristabilire un ordine, un ordine di dignità: le ONG che rispettino le norme di diritto internazionale non possono essere perseguibili penalmente.

Con il nuovo testo si pone rimedio allo strappo consumato sul fronte dell'accoglienza. Nei fatti lo si fa ripristinando un permesso di soggiorno denominato “di protezione speciale”: potrà essere concesso per seri motivi di carattere umanitario o nel rispetto di obblighi internazionali dello Stato italiano; si tratta di permessi convertibili in un permesso per motivi di lavoro.

Ancora: il decreto rafforza il principio di non respingimento o rimpatrio verso uno Stato dove i diritti umani vengano violati in forma sistemica e dove le condizioni ambientali, lo voglio ribadire, le condizioni ambientali e climatiche non consentano una sussistenza. Lo stesso divieto estende i casi di protezione speciale ai soggetti più vulnerabili, con un'attenzione allargata all'appartenenza di genere e di orientamento sessuale.

Viene rafforzato il divieto di espulsione, ridotto il tempo per l'ottenimento della cittadinanza e tolto il tetto attuale al “decreto flussi”. Si inserisce l'obbligo per i prefetti di sentire i sindaci prima di aprire nuovi centri di accoglienza e - punto che io sottolineo come un traguardo di civiltà - si prosegue nell'azione di tutela e integrazione dei minori stranieri non accompagnati, con una legge - lo voglio dire alle colleghe e ai colleghi delle opposizioni - che è diventata un riferimento per l'intera Europa, e tante altre cose, dal nostro punto di vista, buone.

Allora, signor Presidente, io so che la cornice è incompiuta: resta aperta la battaglia in Europa per una piena revisione degli Accordi di Dublino. Altri passi vanno compiuti: penso allo ius culturae, norma che riguarda migliaia di bambini nati in Italia e in attesa di una cittadinanza meritata; penso al superamento della “legge Bossi-Fini” e del reato di clandestinità, all'allargamento immediato dei corridoi umanitari, come chiesto da più parti e, ancora, alla regolarizzazione delle badanti e dei giovani braccianti sfruttati nelle nostre campagne e di quei lavoratori che ci richiedono gli stessi imprenditori, al Nord come al Sud.

Vedete, ho accennato a questi obiettivi, perché la strategia perseguita con i precedenti decreti delle destre e i muri hanno prodotto nelle cose un nuovo, enorme esercito di irregolarità, di irregolari e di fantasmi e, credetemi, nel dirlo, non vi è da parte nostra alcuna indulgenza verso qualsiasi forma di illegalità.

Del resto, chi siede in questi banchi non accetta lezioni di storia da alcuno su come si contrasta l'illegalità e su come si contrasta il terrorismo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva). Per ciascuno di noi la lotta contro scafisti, trafficanti, mercati di esseri umani è un imperativo morale, prima ancora che politico. Di una cosa, però, siamo convinti: che quella lotta sarà più efficace, se all'azione repressiva noi sapremo accompagnare un'alleanza con le donne e uomini in fuga da disperazioni e alla ricerca di una speranza, come decenni fa fecero milioni - milioni - di nostri connazionali in tutto il mondo. Fatemi solo aggiungere, per finire, che questa alleanza è importante anche per prevenire l'ingresso in Italia e in Europa di criminali e terroristi.

Nessuno di noi ha rimosso il transito da Lampedusa del giovane killer autore dell'ultimo attentato di Nizza o di altri violenti, ma è anche allo scopo di isolare e individuare profili eversivi e criminali che bisogna spezzare la catena delle collusioni e dei mercanti di corpi. Questo lo si fa solo con la legalità e, poi, con processi di integrazione, nel rispetto delle regole costituzionali del nostro Paese.

Per questo, tramite lei, Presidente, mi rivolgo ai banchi delle opposizioni: in Commissione, per ore e ore, ci avete accusato di non tenere conto degli interessi degli italiani, preferendo elargire privilegi - li avete chiamati “privilegi” - a chi arriva qui senza una cultura e valori che sarebbero, a priori, secondo voi, del tutto incompatibili con i nostri. Avete accusato, a prescindere da ogni selezione, cooperative, associazioni, laiche e cattoliche, di sfruttare un'emergenza umanitaria allo scopo di alimentare quella che alcuni di voi, in Commissione, a più riprese, hanno definito una mangiatoia; così hanno definito il lavoro di associazioni e cooperative, laiche e cattoliche, del nostro Paese.

No, colleghe e colleghi, la realtà è diversa e sarebbe importante, qui dentro e fuori di qui, se avessimo la capacità, ascoltandoci, di cogliere le ragioni che vivono nelle parole dell'altro, dell'altra.

Vedete, chi vi parla è una donna, una donna che, come tante in quest'Aula, ha dedicato la sua passione politica a difesa della libertà di ogni donna e del rispetto di ogni donna. E, allora, potete pensare che io, come ogni donna, non veda quali violenze si consumano contro le donne nei campi di detenzione libici? Che quelli o altri Paesi, come la Libia, possano essere considerati, forse, porti sicuri? Ritenete che non siamo coscienti noi dello sfruttamento della prostituzione che avviene anche in Italia o di quale trauma sia la mutilazione genitale femminile? Tutto questo non solo lo sappiamo, ma è motivo quotidiano di una lotta, di un impegno per affermare i diritti umani globali, come la frontiera dove attestare la nostra identità, ma non di una parte, l'identità di un Paese che guarda in avanti, l'identità della civiltà. Diritti indivisibili, perché ci si può occupare di lavoro, di pensioni, di scuola senza rimuovere la dignità di altre e di altri, senza contrapporre bisogno a bisogno, povertà a povertà, ma cercando di unire, di cooperare, anche guardando ai mutamenti geopolitici e costruendo un piano per l'Africa.

Semplicemente c'è chi, come noi, accetta la fatica di governare per davvero l'epopea della migrazione; c'è chi ha una visione del mondo dove l'affermazione dei diritti è la condizione per ottenere il rispetto dei doveri, dei principi dell'Europa del dialogo, dell'Europa delle regole.

Anni fa, a me lo aveva insegnato il cardinale Martini, che diceva: non ci sarà mai una casa dei doveri dove non alberghi prima una casa dei diritti; c'è chi si rassegna ad altro, a una predicazione illusoria di nemici e di paure. Lo ricordo, perché ho letto oggi, su un importante quotidiano, le parole del capo della Lega, che preannuncia la volontà di affossare questo provvedimento. Io credo di poterlo dire a nome del mio gruppo, a nome della maggioranza, a nome del Governo: non ci riuscirà ad affossare questo decreto, non ci riuscirà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva)! Ma chiedo come questa dichiarazione dell'ex Ministro dell'Interno, questa dichiarazione, scusate, fra virgolette, “di guerra”, possa conciliarsi con i valori liberali evocati da altre e altri nelle file del centrodestra. Non è questo un quesito che riguarda noi della maggioranza, è un quesito che riguarda questa Aula, con le sue differenze, nel suo insieme.

Signor Presidente, signor Vice Ministro, scusate, signor sottosegretario, sto concludendo. Stiamo tutti qui vivendo settimane e mesi di angoscia e di dolore. Abbiamo scoperto che una pandemia è questo, quello che leggevamo sugli altri Paesi lo scopriamo noi.

La pandemia è questo: una prova difficile, che impone a tutti, Governi, istituzioni, l'intera nostra comunità, di ritrovare le ragioni profonde della vicinanza e della solidarietà. Voglio credere - e lo dico pensando anche, in questo momento, alla mia città, Milano, e alla mia regione, così segnate - che possa essere la scelta di un altro modo di vivere la responsabilità, la nostra responsabilità. Spesso sentiamo ripetere che nulla tornerà uguale a prima; io lo vorrei, perché in quel prima, purtroppo, vi sono anche le ragioni che hanno reso il pianeta – il pianeta – fragile, con le sue diseguaglianze; ma in quel pianeta più fragile, con le sue diseguaglianze, hanno reso più fragile ognuna e ognuno di noi. Però, vedete, quella responsabilità deve anche farci riconoscere il volto di una giovane donna, che pochi giorni fa ha visto la sua creatura ingoiata dal mare: si chiamava Josef, aveva sei mesi, veniva dalla Guinea; a sei mesi non sei colpevole di nulla, se non della miseria. E noi dobbiamo sempre domandarci, ovunque siamo seduti, chi quella miseria ha permesso e non ha saputo rimuovere.

Ecco, anche per tutto questo vogliamo approvare questo decreto, che per noi non è un atto formale, è qualcosa di più, perché sappiamo che governare i grandi mutamenti è complicatissimo, è un impegno, è semplicemente - e a me non sembra poco - una speranza per il dopo: la possibilità, e io vorrei chiamarla diritto, di credere che un principio di umanità e di giustizia possano e potranno attraversare il mondo nuovo delle ragazze e dei ragazzi di oggi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle, Italia Viva e Liberi e UgualiCongratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Grazie, Presidente. Prima di iniziare il mio intervento nel merito del decreto in discussione, vorrei fare una premessa, perché negli ultimi tempi si è fatto largo uso di espressioni come “porti aperti”, “porti chiusi”, “sì immigrati”, “no immigrati”. Ecco, io vorrei chiarire questo concetto: Fratelli d'Italia non è contro l'accoglienza, Fratelli d'Italia non è contro chi proviene da un determinato Paese, è contro il business che si nasconde dietro il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Noi non siamo razzisti o xenofobi, come ci volete dipingere, Fratelli d'Italia è contro chi specula sulla pelle dei migranti. Noi siamo per il rispetto dei confini, siamo per la solidarietà verso i rifugiati e per il contrasto alla tratta di esseri umani e all'immigrazione di massa: un fenomeno che, come ben sapete, negli ultimi anni non si è mai fermato. Oggi varate un nuovo decreto-legge - l'ennesimo decreto, mentre gli scafisti festeggiano - che, secondo questo Governo, è caratterizzato da connotati d'urgenza. L'urgenza è modificare quegli stessi “decreti Sicurezza” che una parte di questo Governo ha sottoscritto quando la maggioranza aveva un altro colore. E capisco bene i colleghi della Lega, che cercano di difendere ciò che di positivo è stato fatto in quest'Aula, perché nel momento in cui il messaggio esce da quest'Aula, in quel preciso istante mandiamo un chiaro invito a tutti quei criminali, gli scafisti, a tutti coloro che vivono sulla pelle dei migranti, sull'immigrazione clandestina, e ai danni soprattutto di quegli sciagurati che voi dite di voler accogliere e che si trovano nelle loro mani.

In un momento in cui abbiamo visto manifestare ogni categoria colpita dall'emergenza, quindi imprenditori che sono allo stremo, ristoratori in ginocchio, artigiani, commercianti, questo Governo favorisce questi flussi di immigrazione clandestina, esponendo gli italiani - che le regole le rispettano - anche a rischi di contagio. Inutile ricordare gli stanziamenti messi a disposizione, come i 4 milioni di euro per ogni nave di quarantena, che potevano essere impiegati in altre risorse, ma è evidente che le vostre priorità sono diverse da quelle che noi riteniamo essenziali. Allora, mi chiedo perché non potete iniziare ad essere perlomeno più onesti con chi vi ha permesso di occupare certe posizioni. Fateci capire se state dalla parte degli italiani o se, invece, la vostra intenzione è proprio quella di affossare il popolo italiano. Perché, Presidente, le soluzioni al problema dell'immigrazione io le ho già spiegate in quest'Aula, come deputato e come militare. Ma a voi non interessa la soluzione perché siete totalmente lontani dalla realtà, siete lontani dalle periferie, dove l'immigrato viene sfruttato dalla malavita organizzata, per il traffico di droga, per la prostituzione, per l'accattonaggio, e tutto questo meccanismo ha dato vita ad altri tipi di mafie, parliamo della mafia nigeriana.

Voi siete così totalmente presi da questo finto spirito di altruismo, che non vi accorgete di cosa accade fuori da questi palazzi, e questa è la dimostrazione di quanto siete lontani dalla realtà. Siete accecati dalla vostra furia immigrazionista e, invece di fermare le partenze dei disperati e le continue morti in mare, continuate a facilitare la vita agli scafisti. L'integrazione per voi è una parola senza significato, dovreste vivere un po' più di tempo nelle periferie, dove si rifugiano i clandestini, dove i comuni e onesti cittadini vivono sulla loro pelle il disagio di non essere tranquilli nel proprio quartiere, dove si spaccia droga, dove c'è prostituzione o un alto tasso di criminalità, una totale assenza del rispetto delle regole di buona educazione, e dove coloro che voi accogliete vengono sfruttati come pedine di un sistema che voi non volete combattere. Qualcuno dirà: anche tra gli italiani ci sono i criminali. Certo, ovvio, ci mancherebbe. E proprio per questo, finché non potenziamo e miglioriamo il nostro sistema giudiziario, fin quando non garantiremo la certezza della pena e il rispetto delle regole, non saremo in grado di accogliere, di integrare o di ospitare qualcuno. Ma questo, ovviamente, non è il vostro interesse, a quanto pare, perché, evidentemente, chi si occupa di accoglienza, di sicuro non lo fa gratis, non lo fa a spese vostre, lo fa a spese di chi paga le tasse e si ritrova il problema in casa.

Vogliamo aiutare gli immigrati? Aiutiamoli a casa loro, diamo loro la possibilità di poter vivere nella loro terra, perché è questo il vero tema di oggi, ne ho parlato anche in altre occasioni, in quest'Aula: dobbiamo combattere perché ognuno possa vivere nella propria terra, lottare per migliorarla; un tema che riguarda l'operato dei nostri militari nei teatri operativi esteri, un tema che riguarda la sicurezza di tutti i cittadini, e sono le missioni internazionali a fare la differenza, non certo questo metodo di gestire l'accoglienza degli immigrati.

Si stima - e anche questo l'ho già detto in Aula - che conflitti, trasferimenti forzati, disastri naturali abbiano portato il numero di persone che necessitano di assistenza umanitaria ad oltre 200 milioni di persone nel mondo: 200 milioni di persone, quindi un numero di tre volte superiore all'Italia, che potrebbero spostarsi da una parte all'altra del pianeta per cercare un posto dove vivere. I fondi stanziati per rispondere alle crisi umanitarie nel 2018 sono stati 17 miliardi, a fronte dei 28 stimati dalle Nazioni Unite, il costo pro capite sarebbe di 135 euro all'anno, ciò che noi italiani spendiamo in quattro giorni di accoglienza: significa che spendiamo male i soldi degli italiani, forse, e dico forse, perché una buona parte di questi fondi finiscono nelle mani della criminalità organizzata. Voi vi rallegrate di aver salvato vite, io vi dico che abbiamo alimentato la criminalità organizzata, quella stessa criminalità che uccide le persone. E questi fenomeni vengono alimentati perché la politica non ha il coraggio di combatterli, forse perché la propaganda mediatica, di cui si gode facendo finta di stare dalla parte dei più deboli, paga molto di più in termini di consenso elettorale. Ma avete mai pensato che i migranti che arrivano in Italia non ci pagano le pensioni, come asserisce qualcuno, ma, al contrario, hanno un peso economico che sta diventando insostenibile?

Presidente, è con la presenza dei nostri militari nelle operazioni nel Mediterraneo, in terra estera, che si contribuisce a ridurre i conflitti, a ridurre le crisi umanitarie. Sono i nostri militari che si spendono affinché non cessi l'impegno contro il terrorismo, a sostegno dei diritti umani e delle libertà fondamentali, contro le conseguenze del fenomeno migratorio; quegli stessi militari a cui voi tagliate i fondi, magari per darli a chi apre le porte del crimine in Italia.

Noi di Fratelli d'Italia anteporremo sempre l'interesse dell'Italia e della sua sicurezza agli interessi di partito. Quindi, io concludo, Presidente, e chiedo ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, anche quelli che oggi non sono in quest'Aula, di ascoltare attentamente queste parole: “Per cambiare ci vuole coraggio, ma soprattutto la schiena dritta, per assumersi le proprie responsabilità davanti ai cittadini italiani, perché sono loro che ci indirizzano, sono loro il termometro che misura gli umori del nostro Paese e per troppo tempo sono stati ignorati da una politica miope e lontana dal mondo”.

Queste ultime parole, Presidente, non sono mie, ma sono state espresse in quest'Aula durante la dichiarazione di voto favorevole al “decreto Sicurezza”, varato dal Governo “Conte 1”, con gli applausi del MoVimento 5 Stelle, gli stessi che hanno votato quei “decreti Sicurezza”, le stesse persone che oggi si stanno rimangiando la parola in quest'Aula. Adesso siete voi la politica miope, siete voi la politica lontana dal mondo reale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Perconti. Ne ha facoltà.

FILIPPO GIUSEPPE PERCONTI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevole Galantino, con tutto il rispetto: le lezioni di coerenza da lei non ce le facciamo fare. Onorevoli colleghi, la revisione dei “decreti Salvini” prevista dal programma di Governo, deve rappresentare l'occasione per una riforma del sistema di accoglienza, orientata a garantire ordine e monitoraggio, attraverso un sistema capillare e diffuso sui territori. I decreti, voluti fortemente dall'ex Ministro dell'Interno, hanno sortito un effetto contrario a quello annunciato: più irregolari, pochi rimpatri e un aumento dei ricorsi che ha inevitabilmente generato dei costi per la giustizia italiana, disposizioni che hanno rischiato di generare un corto circuito nel corso degli ultimi due anni, così come molti casi di cronaca hanno testimoniato, lasciando molte persone migranti fuori da un sistema di supporto che garantiva un controllo più efficace. Dall'altra parte, il Presidente Mattarella e la Corte costituzionale hanno rilevato l'esigenza di un nuovo intervento legislativo, evidenziando diversi problemi scaturiti dall'applicazione delle due leggi. Il principio del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali costituisce pertanto il primo fondamento del nuovo provvedimento, un provvedimento che arriva oltretutto in un contesto assai mutato rispetto ai mesi in cui sono stati approvati i primi decreti. L'emergenza sanitaria, scaturita dal COVID-19, ha complicato ulteriormente la gestione dei flussi migratori, soprattutto nei territori di frontiera come la Sicilia. Noi, come parlamentari del MoVimento 5 Stelle, abbiamo scritto una lettera al Ministro Lamorgese, proprio per servirsi di alcune navi per garantire la quarantena dei migranti, perché la Sicilia già vive un'emergenza, quella sanitaria, che non è temporanea, ma ormai è strutturale e questa stessa richiesta è arrivata anche dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, in rappresentanza di ANCI, nonché dal presidente della regione siciliana, Musumeci, che Fratelli d'Italia ha tanto sponsorizzato durante la campagna elettorale. Occorre evidenziare del resto che lo stato emergenziale è stato acuito dalla crisi economica tunisina, fondata in gran parte sul turismo, un settore che è stato colpito duramente dalle conseguenze dovute dall'insorgere della pandemia e dal conflitto in Sahara occidentale, che sta scoppiando tra Marocco e Fronte Polisario.

Ma torniamo al decreto: i punti principali in materia di immigrazione, protezione e accoglienza del decreto sono i seguenti. Il divieto di transito e sosta nelle acque territoriali per le navi che soccorrono i migranti non sarà più applicabile solo per le operazioni di soccorso che siano tempestivamente comunicate alle autorità italiane e dello Stato di bandiera e siano condotte nel rispetto delle norme di diritto internazionale e delle indicazioni del competente centro di coordinamento dei soccorsi in mare, però, in caso di violazioni, si prevede la reclusione fino a due anni e una multa da 10.000 a 50.000 euro. Al divieto per i rischi di tortura il decreto aggiunge quelli per il rischio di essere sottoposti a trattamenti inumani o degradanti e per il rischio di violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare; si prevede qui il rilascio del permesso di protezione speciale, il cui raggio viene ampliato rispetto a quanto previsto dal primo “decreto Sicurezza”. Il decreto intende riordinare e razionalizzare i casi di domande per le quali si prevede un esame prioritario, differenziandoli da quelli per i quali è adottata una procedura accelerata. Oltre alle decisioni sulla protezione internazionale saranno chiamate a decidere anche sul divieto di espulsione per gli stranieri in condizioni di salute particolarmente gravi. Il Siproimi, ex-SPRAR, è costituito dal nuovo sistema di accoglienza e integrazione (SAI), come caposaldo per svolgere le operazioni di accoglienza. La prima accoglienza continuerà ad essere svolta nei centri governativi ordinari e straordinari; quanto al SAI, si articolerà in due livelli di prestazioni: il primo dedicato ai richiedenti asilo e il secondo ai titolari di protezione. Per i beneficiari del sistema si prevedono percorsi specifici per l'integrazione alla scadenza del periodo di accoglienza. Nei centri di permanenza per il rimpatrio il tempo massimo di trattenimento scende da 180 a 90 giorni, però prorogabile di 30 se lo straniero è cittadino di un Paese con cui l'Italia ha sottoscritto accordi in materia di rimpatrio. Ma questo decreto è molto di più che un provvedimento esclusivamente destinato all'emergenza immigrazione; il Movimento 5 Stelle infatti ha voluto fortemente inserire alcune norme che vanno incontro alle esigenze di sicurezza manifestate a più riprese dai cittadini ed è emerso anche a causa di terribili fatti di cronaca.

Saranno introdotte così norme volte a contrastare il fenomeno dello spaccio di stupefacenti attraverso siti web e, sempre in materia di sicurezza, viene rafforzato il Daspo urbano. A conferma che l'obiettivo principale di questo provvedimento per il MoVimento è la sicurezza degli italiani, mi avvio alla conclusione, tornando sul tema immigrazione, con alcune considerazioni che riguardano lo scenario internazionale, dato che è soprattutto in Europa che va affrontata la questione. Sappiamo che la Commissione europea intende approvare rapidamente il Patto su migrazione e asilo, ma i nostri sforzi negoziali sono tesi a prevedere l'applicazione di meccanismi di redistribuzione obbligatoria dei nuovi arrivati. È un'emergenza che riguarda soprattutto gli Stati di primo ingresso, come il nostro. Abbiamo espresso una linea comune con Spagna, Grecia, Cipro e Malta e il Governo sta lavorando per questo: riconoscere la specificità delle frontiere marittime e redistribuire obbligatoriamente i migranti salvati in operazioni di ricerca e soccorso. Nei mesi scorsi, per la prima volta, per quanto in maniera per noi ancora insoddisfacente, si è iniziato ad aprire alle modifiche del Trattato di Dublino, ma la nostra battaglia è solo iniziata, visto che l'obiettivo dovrà essere appunto quello di rendere automatica la redistribuzione tra Paesi europei. Un passo importante in tal senso è stato l'accordo di Malta del 23 settembre 2019. L'Italia ha fatto prevalere la sua linea su due principi, chiedendo più sostanza al concetto che è alla base del nuovo patto di solidarietà europeo sui flussi migratori: chi sbarca in Italia o a Malta sbarca in Europa, l'accoglienza ma soprattutto i rimpatri di chi arriva non saranno più solo sulle spalle dei Paesi di approdo; un primo importante passo verso quell'accordo più organico a livello europeo che noi auspichiamo e per il quale stiamo lavorando in tutte le istituzioni comunitarie.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bordonali. Ne ha facoltà.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario. Prima di entrare nel merito del provvedimento, voglio, ancora una volta, sottolineare (la Lega ha continuato a sottolinearlo) come sia irrispettoso nei confronti dei cittadini italiani, che versano in una situazione veramente senza precedenti a fronte dell'emergenza sanitaria ed economica, che il Governo italiano - che dovrebbe pensare solo ed esclusivamente in questo periodo a fronteggiare, non con i banchi a rotelle, non con i ritardi che ci sono sempre stati in questi mesi, l'emergenza sanitaria, pensando a prevedere aiuti per tutte quelle fasce economiche che ora versano in grave difficoltà - dedichi del tempo ad introdurre il “decreto Clandestini”. Ecco, per noi è una mancanza di rispetto senza precedenti nei confronti degli italiani, ma voi ormai ci state abituando a queste azioni che noi continuiamo e continueremo a condannare. L'ha detto bene all'inizio del suo intervento la collega Pollastrini: questo provvedimento, la cancellazione, la guerra ai decreti di Salvini - perché voi fin dall'inizio avete voluto la guerra ai decreti di Salvini e spiegherò poi il perché - li avete inseriti all'interno del vostro accordo di programma e siete riusciti a far sì che parte di quel Governo, che i decreti li aveva votati, oggi abbia assolutamente negato l'efficienza e l'efficacia di quei provvedimenti. Ma chi è fuori da quest'Aula, i cittadini, che magari ci stanno seguendo in questo momento, penseranno: se nel giro di un anno parte di quel Governo e comunque il nuovo Governo ha voluto metter mano ai decreti di Salvini, probabilmente quei decreti avevano qualche carenza, qualche inefficienza. Allora, andiamo a vedere nel dettaglio; partiamo dal decreto di Salvini, dal secondo, da quel decreto che bloccava le navi, perché Salvini ha impedito alle navi e agli scafisti di arrivare all'interno delle acque territoriali e di invadere il nostro territorio e i numeri lo certificano.

Guardiamo ai mesi di luglio con il Ministro Lamorgese, che le possibilità di bloccare questa invasione l'aveva, perché i decreti c'erano e non è che non funzionassero: non li ha applicati e proprio per questo motivo, a luglio di quest'anno, sono arrivate 7.063 persone sulle nostre coste, contro le 1.088 di Salvini; ad agosto 5.237 contro le 1.268 di Salvini; a settembre 4.386 contro le 947 di Salvini; ad ottobre 3.477 contro le 1.007 di Salvini; a novembre - ci siamo già, mancano gli ultimi giorni - 5.339 contro i 980 di Salvini.

Quindi, il “decreto Salvini 2”, quello che bloccava coloro che arrivavano sul nostro territorio traghettati da supposte ONG, che di fatto operavano in quel traffico di migranti per il quale noi abbiamo voluto mettere un freno deciso, funzionava: il “decreto 2” funzionava. Probabilmente, chi è al di fuori di quest'Aula pensa: “Hanno messo mano al “decreto Salvini 1”, quello che di fatto aveva bloccato il business dell'immigrazione di quelle cooperative e di quelle associazioni che facevano profitto sulla pelle dei migranti, e probabilmente hanno voluto mettere mano a quello per dare ancora una maggiore efficienza al sistema”.

Ho sentito prima i colleghi della maggioranza che sono intervenuti che appunto parlavano di una maggiore efficienza. Ma la maggiore efficienza di fatto era già stata introdotta da Salvini, perché l'accoglienza e l'integrazione, nelle quali noi comunque crediamo… Nonostante i colleghi ci dipingano come razzisti e xenofobi, la Lega lo ha sempre sostenuto: chi scappa da una guerra, chi ha diritto di venire nel nostro Paese, abbiamo il dovere di accoglierlo e avviarlo a quel processo di integrazione che prevede diritti, ma anche doveri, per chi arriva nel nostro Paese. Quello lo abbiamo applicato, perché aiutavamo e avevamo fatto sì che nei centri d'accoglienza potessero essere accolti, ma soprattutto assistiti in un percorso di integrazione, coloro che erano titolari di protezione internazionale, coloro che avevano finito quel percorso attraverso il quale dovevamo capire se effettivamente una persona scappava da una guerra o era un migrante economico o altro.

Davamo quell'accoglienza e veniva garantita perché non c'erano più i numeri del 2016 e 2017, quando tutti venivano ammassati, indipendentemente dal diritto di restare nel nostro Paese o no. Quindi, funzionava. E, allora, perché lo avete modificato? Lo avete modificato, ed è chiaro e torno a ripeterlo, perché è ripartita la mangiatoia; e lo dico, collega Boldrini, lo ridico: riparte il business dell'immigrazione, riparte il business dell'immigrazione con questo decreto. Voi volete farlo ripartire perché, non neghiamolo e non lo avete potuto negare nemmeno voi in Commissione, c'è una parte di cooperative e di associazioni che sono vicine alla vostra parte politica e voi dovevate garantire a queste cooperative e a queste associazioni che continuasse questo business e continuasse la mangiatoia che viene pagata, però, dai cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Voi dovevate garantire questo, è l'unico motivo - l'unico - per cui avete modificato il decreto con il decreto “Clandestini”.

Signori, anche le indagini della magistratura, anche le più recenti, ce lo dicono: c'è bisogno di braccia, c'è bisogno di braccia, e quindi facciamole arrivare, teniamole qua e gestiamole, perché, chissà, arrivano le elezioni e quelle braccia possono essere utili in tutti i sensi.

Quindi, andiamo a vedere cosa siete riusciti a fare, perché, diversamente da quello che avevate detto, non avete solo cancellato i decreti di Salvini, ma siete andati oltre. Quindi, quello a cui abbiamo assistito negli anni dal 2016, con l'invasione del 2015 e 2016, sarà peggio, sarà molto peggio, in una situazione economica nel nostro Paese che sta volgendo ad una crisi senza precedenti.

Quindi, ciò che avete inserito essenzialmente può essere ricondotto a tre situazioni: chiunque potrà entrare nel nostro Paese, perché chiunque potrà arrivare, e chiunque potrà arrivare perché chiunque lo potrà portare all'interno del nostro Paese. Avete tolto quel contrasto ai trafficanti di migranti, cioè quelle ONG che spesso si sono nascoste dietro le parole “salvare delle persone”, perché nessuno nega che qualsiasi persona, l'ultima persona che rischia l'annegamento in mare deve essere salvata e deve essere assistita. Però, voglio ricordare che da quando è ripresa questa invasione incontrollata, da quando è cambiato il Governo, anche il numero dei morti nel Mediterraneo è aumentato (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), e se fosse accaduto con Salvini voi dicevate che quelli erano i morti di Salvini. Adesso di chi sono quei morti, di chi è la responsabilità?

Quindi, chiunque potrà entrare, chiunque all'arrivo nel nostro Paese, sotto qualsiasi forma, riuscirà ad avere un permesso per restare nel nostro Paese, perché avete fatto in modo che per qualsiasi cosa, per qualsiasi possibilità, chiunque abbia un permesso. Se prima c'era un'attenzione nella distribuzione dei permessi, restava nel nostro Paese e veniva accolto solo chi ne aveva il diritto, adesso questi diritti vengono notevolmente ampliati; e chiunque verrà accolto nel nostro Paese riceverà assistenza totale, perché verrà accolto nelle strutture, vitto e alloggio gratuito, ma avrà tutta una serie di servizi a sua disposizione che nemmeno i cittadini italiani hanno.

Ma non parlo dei cittadini italiani in generale, parlo di alcune categorie fragili, ad esempio, perché ricordiamo che darete l'assistenza legale, l'assistenza psicologica. L'ho ricordato in Commissione, signori: ci sono i familiari delle vittime di femminicidio che questa assistenza legale e questa assistenza psicologica oggi non ce l'hanno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e noi la diamo a chi è arrivato ieri nel nostro Paese, non sappiamo chi è, non sappiamo cosa vuole e potrebbe essere un possibile terrorista che va a Nizza a compiere l'ennesima strage.

Oltre a questo, si spera che almeno ci sia la possibilità di espellere qualcuno, perché, se arriva chiunque nel nostro Paese, qualcuno che non avrà il diritto lo possiamo trovare. No, perché, se andiamo ad analizzare nel dettaglio questo decreto, non verrà più espulso nessuno. Allora, spiego il perché e quali trucchetti avete utilizzato per inserire delle norme che causeranno un'invasione totale di chiunque. Perché potrà entrare chiunque nel nostro Paese?

Voi avete tolto una parolina, una parolina magica che c'era nel decreto Salvini. Nel decreto Salvini si vietava l'ingresso e la sosta all'interno delle acque territoriali. Casualmente la parola “ingresso” è sparita, quindi voi oggi vietate solo la sosta nelle acque territoriali o il transito, l'ingresso non lo vietate più. Quindi il Ministro dell'Interno, che anche se avete cancellato dal decreto, resta comunque autorità di pubblica sicurezza, oggi non può più vietare l'ingresso nelle acque territoriali.

Ma siete andati oltre per tutelare i vostri amici delle ONG: avete tolto multe, confische e sequestri alle navi, li avete tolti per garantire alle ONG di continuare indisturbate a fare i traghettatori del Mediterraneo. Signori, Carola Rackete vi ringrazierà! Chiunque potrà trovare il modo di avere un permesso, perché con quei permessi per la protezione umanitaria che erano stati eliminati da Matteo Salvini, noi eravamo l'unico Paese in Europa che aveva la protezione umanitaria, e con quei permessi voi avete garantito negli anni peggiori dell'invasione – ribadisco: il 2015, il 2016 - che tante persone potessero restare nel nostro Paese, nonostante non fuggissero da guerre o da situazioni disperate.

Avete praticamente permesso a quei migranti economici di restare all'interno del nostro Paese. Ecco, oggi, di fatto, torna la protezione umanitaria, perché la protezione speciale - che era stata introdotta da Matteo Salvini, che limitava a serissimi casi coloro che potevano restare nel nostro Paese con un permesso, che era, tra l'altro, temporaneo, perché era solo di un anno, mentre voi da un anno l'avete già portato a due, perché ovviamente viene aperta il più possibile la possibilità a chiunque di restare - viene data, tra l'altro, a chi non riceve la protezione internazionale e, attraverso anche un procedimento abbastanza burocratico, quindi lungo, e, quindi, nel frattempo questi clandestini – perché, a tutti gli effetti, sono ancora clandestini finché non si determina quale permesso possano ottenere - hanno la possibilità di andare indisturbati ovunque.

Ma avete fatto di più. Siete andati oltre, avete trasformato alcuni permessi che venivano dati, permessi di soggiorno, in permessi per attività lavorativa, e qui abbiamo rasentato l'assurdo. Permessi di lavoro vengono dati a tutti coloro che hanno una protezione speciale, vengono dati a coloro che hanno la protezione per calamità e qui, scusatemi, faccio una considerazione sui permessi per calamità. I permessi per calamità, che già venivano dati nel “decreto Salvini”, venivano dati per casi eccezionali e per calamità eccezionali e contingenti, per capirci, terremoto di Haiti, tsunami in Indonesia. Insomma, sono di fatto delle calamità contingenti ed eccezionali. Ecco, voi avete tolto “contingenti ed eccezionali” e cosa è rimasto? “Grave calamità”. Mi spiegate cosa intendete per “grave calamità”? Perché dalle parole della collega precedentemente si è capito cosa avete creato e perché avete inserito solo “gravi calamità”, perché voi accoglierete i cosiddetti migranti climatici. In Africa, ovviamente, c'è un problema di siccità e la siccità, sì, è una grave calamità, non è contingente, non è eccezionale, quindi tutti i migranti climatici arriveranno nel nostro Paese.

Ma la cosa più divertente è veramente - e questo delinea come ci sia anche malafede all'interno di questo decreto - che il permesso di lavoro viene dato a chi ha il permesso per residenza elettiva. Sapete, oggi, chi ottiene il permesso per residenza elettiva? Il permesso per residenza elettiva viene dato a coloro che hanno una pensione italiana, a coloro che devono dimostrare di essere autosufficienti e che non hanno bisogno di lavorare. Noi diamo un permesso di lavoro a chi deve dimostrare che non ha bisogno di lavorare: siamo arrivati all'assurdo. E lo stesso per il permesso per motivi religiosi, che, per definizione, è rilasciato per soggiorni brevi; anche questo può essere trasformato in permesso di lavoro.

Allora, mi viene da chiedere: forse il PD è ottimista, perché pensa che domani ci sarà lavoro per tutti, perché se trasformeremo tutti i permessi di lavoro… Ma, in più - l'avete detto anche voi -, con un emendamento in Commissione per il “decreto Flussi” avete eliminato il termine temporale e, quindi, in qualsiasi momento il Presidente del Consiglio può inserire nuovi flussi di lavoro che potranno arrivare, nuovi cittadini extracomunitari a lavorare nel nostro Paese.

Ma vi rendete conto in che momento siamo? Ma vi rendete conto che c'è una crisi economica senza precedenti e che la disoccupazione rischierà di essere il problema numero uno all'interno del nostro Paese? Ma vi siete accorti che c'è il problema COVID e le aziende sono chiuse, le varie attività commerciali sono chiuse (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)?

Ma, secondo voi, chi lavorerà, di tutti questi che arriveranno, se non c'è lavoro nemmeno per gli italiani? Ma tornate su questa terra, tornate alla realtà!

E, allora, andiamo a vedere il sistema d'accoglienza. Ho sentito dire, dagli interventi di maggioranza, che il sistema di accoglienza non funzionava. Io ritengo funzionasse benissimo il sistema d'accoglienza, perché i percorsi d'accoglienza e di integrazione con il “decreto Salvini” erano indirizzati solo ed esclusivamente ai titolari di protezione internazionale, a coloro che giustamente - perché all'interno del loro Paese c'era una guerra - sono scappati, sono venuti da noi, li abbiamo accolti, li abbiamo aiutati e, giustamente, dobbiamo far sì che vengano integrati, conoscendo diritti e doveri che l'Italia gli offre. Voi, oggi, cosa fate? Oggi, voi questi percorsi li date nuovamente - perché siete ritornati al “pre-Salvini” - semplicemente a chi fa la domanda di richiesta di protezione internazionale, quindi a chi non è ancora titolare, quindi a chi potrebbe essere rispedito nel proprio Paese. Però, avete ragione, cari amici, perché nessuno verrà più rispedito nel suo Paese e, quindi, questi percorsi li date e li fate fare a tutti, ma - lo ribadisco - dando vitto, alloggio e servizi che nemmeno vengono dati agli italiani, i quali oggi versano in condizioni disperate, perché ricordiamo il numero di poveri italiani che sta aumentando giorno dopo giorno, ma noi, per chi è arrivato ieri nel nostro Paese, continuiamo a garantire tutti.

Allora, qualcuno mi dirà: qualcosa di buono, in questo decreto, sarà stato fatto? Saranno state velocizzate le domande perché, Matteo Salvini, aumentando il numero delle commissioni, inserendo la possibilità di esame preliminare delle domande di richiesta di protezione internazionale, si velocizzeranno tutti questi processi. No. Siete riusciti a peggiorare anche qui, ma ovviamente c'è un motivo: prima la domanda che veniva esaminata prioritariamente, l'esame preliminare delle domande veniva fatto su quelle domande che o sicuramente erano positive o sicuramente erano negative, ovvero quali? Quelle palesemente fondate. Quindi, al titolare di protezione internazionale che era palesemente fondata, nel giro di due giorni, le commissioni prefettizie gli davano il permesso di restare nel nostro Paese, nel giro di due giorni si avviava quel processo d'integrazione. Ma, allo stesso tempo, chi proveniva da Paesi sicuri, ovvero quei Paesi dai quali non si scappa dalla guerra - faccio un esempio? La Tunisia, la Tunisia dalla quale stanno arrivando oggi gli immigrati, la maggior parte, perché ricordiamo che i numeri di coloro che arrivano dalla Tunisia è oltre un terzo degli sbarchi che ci sono stati nel 2020 -, ecco l'esame preliminare, dicevo, per coloro che arrivavano dai Paesi sicuri veniva fatto e subito, nel giro di due giorni, queste persone, che non avevano il diritto di restare nel nostro Paese, venivano messe all'interno dei CPR, dai quali non potevano uscire, per poi essere espulse dal nostro Paese. Ecco, voi cosa avete cambiato? Allora, per le domande palesemente fondate avete cambiato una parolina, ma alla fine questa cambierà il risultato totalmente: da “palesemente fondata” avete scritto - e poi non siete ancora riusciti a spiegarmelo cosa voglia dire - “ad una prima valutazione, verosimilmente fondata”. Verosimilmente fondata? Ma vi rendete conto di quello che avete scritto in questo decreto? O la domanda è palesemente fondata, come avevo scritto io… ma, verosimilmente, avete utilizzato un aggettivo che, ovviamente, lascia ampi margini. Ma cosa avete fatto? Avete fatto qualcosa di più, perché era troppo poco.

Le domande per chi proveniva dai Paesi sicuri, quindi, quelle sicuramente negative, quindi, per coloro che venivano messi nei CPR per poi essere espulsi, non sono più domande che vanno esaminate prioritariamente. Quindi, non in due giorni, ma dai cinque ai nove giorni verranno esaminate quelle domande. Sapete benissimo che chi viene nel nostro Paese sa che non potrà restare, per cui cosa farà in attesa che venga esaminata la domanda? Chissà dove lo trovate. Sapete benissimo che, all'interno del nostro Paese, all'interno delle nostre periferie, il numero di persone che non ha diritto di restare, spesso – spesso! -, vengono accolte tra le braccia della criminalità organizzata e continuano a lavorare in quel senso all'interno del nostro territorio. Questo state creando: maggiore criminalità, braccia alla criminalità organizzata, con i clandestini che saranno liberi di circolare all'interno del nostro Paese! Ma procediamo sull'ultimo punto. L'ultimo punto è quello delle espulsioni. Nessuno più verrà espulso e sapete perché? Perché, se prima non potevano essere espulsi coloro che legittimamente erano sottoposti a tortura, a trattamenti inumani o degradanti se avessero fatto ritorno nel loro Paese, adesso quali sono quelle paroline, che voi avete aggiunto? E anche in questo caso non siete stati in grado di spiegarmi a cosa si riferissero: per coloro che, se venissero rispediti nel loro Paese, sarebbe una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare. Allora, se qualcuno contrae matrimonio, sappiamo quanto è previsto. Ma “vita privata” vuol dire che se uno acquista un cane, non può disfarsi dell'affetto del cane, quindi, non può essere rimandato al proprio Paese? Perché sappiamo benissimo - ne abbiamo viste in questi anni - quello che si adduce per poter restare all'interno del nostro Paese. Ma siete andati oltre: si tiene conto dell'effettivo inserimento sociale in Italia. Cosa intendete per effettivo inserimento sociale in Italia? Noi abbiamo fatto una battuta, ma mi sa che forse abbiamo lanciato un messaggio, che stanno già cogliendo coloro che si stanno imbarcando per il nostro Paese. L'iscrizione alla bocciofila è inserimento sociale? Da domani, tutti coloro che si iscriveranno a bocciofila, se non al torneo di calcetto, dimostreranno di essere inseriti socialmente e, quindi, non potranno più essere espulsi. Ecco, cari colleghi, siete riusciti a creare un grave danno, un grave danno per il nostro Paese, in un momento in cui non c'era bisogno di aprire ancora di più le nostre frontiere e di far riprendere il business dell'immigrazione. In questo momento, in cui i cittadini italiani hanno bisogno di altro, questa è un'azione criminale nei loro confronti. E io sostengo quello che ha detto Matteo Salvini: appena arriveremo al Governo, non aspetteremo un anno, come voi. Noi lo faremo subito! Noi li cancelleremo questi decreti criminali (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Li cancelleremo nel rispetto dei cittadini italiani, che meritano altro! Non meritano questo Governo, che, per metà, è stato coerente nell'andare avanti con la sua azione di invasione e di business dell'immigrazione e, dall'altra, è stato coerente, non nelle sue idee, che ha rinnegato dopo solo un anno, ma è coerente nel voler restare attaccato alla poltrona. Grazie, colleghi, ma ci rivedremo quando al Governo ci sarà Matteo Salvini, e tutto questo lo cancelleremo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Muroni. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, sottosegretario, “finalmente”, è questa è la prima parola che mi è venuta in mente, quando i deputati e le deputate della Commissione affari costituzionali hanno approvato il testo base, che oggi discutiamo. Per due lunghissimi anni, nel nostro Paese, abbiamo dovuto sopportare la vergogna delle “leggi Insicurezza”. Approvando quei decreti, l'Italia ha ripudiato la sua cultura giuridica, la sua storia, la sua umanità. Ora finalmente possiamo voltare pagina. Il Governo, nato nel settembre del 2019, aveva come obiettivo anche quello di cancellare quelle leggi e di archiviare per sempre la stagione dell'odio, instillato nei cuori dei nostri concittadini a colpi di insopportabili bugie. Non lo nego, per formazione e convincimenti morali, ho vissuto con grande imbarazzo questi mesi, nei quali la maggioranza sembrava incapace di riuscire a trovare un accordo. Ogni giorno di ritardo mi è sembrato un macigno sulle coscienze di tutti noi. A pochi metri dalle nostre spiagge assistiamo inermi a una strage di dimensioni impensabili e, nel farlo, negli ultimi due anni abbiamo anche pensato di criminalizzare chi ha scelto di stare dalla parte dell'umanità, costi quel che costi. Il testo che approda oggi in Aula - è bene saperlo - non può risolvere il grande problema della gestione dei fenomeni migratori. Salvini voleva illudere i propri elettori con la retorica dei porti chiusi, qualche tweet stracolmo di odio e di bugie e tanto, tanto machismo. Per affrontare una sfida di dimensioni globali occorre, invece, uno sforzo paziente e condiviso, un lavoro lungimirante, che abbia nell'Unione europea il suo cuore pulsante. Questo Governo, grazie al silenzioso impegno della Ministra Lamorgese, non si propone più di trovare quelle essenziali collaborazioni attraverso forzature spettacolari e infruttuose o con umilianti violazione dei diritti umani. I risultati - me lo auguro - arriveranno anche sotto quel profilo. Ne abbiamo davvero bisogno. Il primo e il più importante problema è quello di rivedere il Regolamento di Dublino, sottoscritto - è bene ricordarlo - proprio dai Governi di destra. Ancora dobbiamo capire dove erano i colleghi europarlamentari della Lega, quando abbiamo provato a rimettere in discussione quegli accordi del Regolamento di Dublino: sempre assenti alle ventidue riunioni, in cui abbiamo condotto una trattativa davvero durissima. Il secondo è quello di rivedere il Memorandum con la Libia. Io lo voglio dire senza mezze misure: la Libia non è un porto sicuro. Rimandare le persone che salviamo nei campi profughi in Libia significa condannarli a violenze indicibili, se non addirittura alla morte, come abbiamo potuto documentare in diversi casi. Confermare quell'accordo fu sbagliato e votai contro. Chiedo anche oggi di avere il coraggio necessario a fare la cosa giusta. Questa maggioranza aveva l'obiettivo minimo di tradurre in norme le osservazioni che il Presidente della Repubblica fece quando furono approvati i “decreti Insicurezza”. In un delirio di onnipotenza, al quale per fortuna lui stesso ha messo fine con la richiesta dei pieni poteri, Salvini aveva addirittura preteso che l'Italia violasse sistematicamente i principi del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali, che ogni legge dello Stato deve onorare. Abbiamo fatto passi in avanti importantissimi, per nulla scontati. Il testo prevede modifiche importanti sui requisiti in base ai quali verrà concessa la protezione internazionale. Vengono inoltre abolite le maximulte nei confronti delle navi ONG, che entrano in acque territoriali italiane dopo aver soccorso i migranti. Ma il tema vero è che noi abbiamo soprattutto riportato nell'alveo delle convenzioni internazionali il tema del soccorso in mare. L'abbiamo sottratto dal terreno della propaganda politica ed è tornato ad essere un tema di diritto internazionale. Si torna, inoltre, a un sistema di accoglienza, in cui i comuni avranno un ruolo di primo piano attraverso gli SPRAR. È quello che maggiormente garantisce il tema della coesistenza e della coesione sociale.

Per quanto riguarda la protezione internazionale degli stranieri, la normativa vigente prescrive il divieto di espulsione e respingimento, nel caso in cui il rimpatrio determini per l'interessato il rischio di tortura. Con il decreto di oggi, si aggiunge a questa ipotesi il rischio che lo straniero sia sottoposto a trattamenti inumani o degradanti e se ne vieta l'espulsione anche in casi di rischio di violazione del diritto al rispetto della sua stessa vita privata e familiare. In tali casi si prevede il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale. Sempre in materia di condizione giuridica dello straniero, il provvedimento affronta anche il tema della convertibilità dei permessi di soggiorno, rilasciati per altre ragioni, in permesso di lavoro. Alle categorie di permesso convertibili già previste, si aggiungono anche quelli di protezione speciale per calamità. E qui voglio dirlo: non c'è niente da ridere. I migranti ambientali sono un dramma del nostro secolo e sono esattamente quello che lega la giustizia climatica alla giustizia sociale.

Queste persone fuggono da terre che sono aride e hanno la siccità; non, collega, per uno strano scherzo del destino, ma perché l'Occidente ha sviluppato la propria economia, sfruttando quei territori, rendendoli poveri, rendendoli insicuri, finanziando quei regimi che gli permettevano di sfruttare quelle terre, a costo zero (Commenti di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)...

PRESIDENTE. Collega Muroni, mi scusi. Onorevoli, siete stati ascoltati con serenità, facciamo altrettanto.

ROSSELLA MURONI (LEU). Io ho ascoltato con molta serenità i colleghi della Lega…

PRESIDENTE. Prego onorevole, io faccio la Presidenza e lei fa l'intervento.

ROSSELLA MURONI (LEU). No, no Presidente, stavo intervenendo, non mi volevo assolutamente sostituire a lei. Stavo dicendo che io ho ascoltato con molta serenità i colleghi dell'opposizione, perché è la curiosità che mi spinge a capire il punto di vista dell'altro. Penso sia assolutamente importante. Quando dico che questi sono temi che vanno sottratti allo scontro politico, non vale solo per i colleghi, ma per tutti noi. E quindi ho ascoltato con grande interesse e grande attenzione e, come dire, la sottolineatura sui migranti ambientali mi ha molto colpito, perché io penso sia fondamentale far capire quanto invece il nostro stile di vita occidentale, il nostro sfruttamento delle risorse fossili, la nostra incapacità a fare davvero una conversione ecologica dell'economia siano legati ai temi delle migrazioni, della povertà del sud del mondo. È questo, colleghi, il collegamento, e va riconosciuto, va affrontato come un tema assolutamente serio, non c'è nulla da scherzare.

Il provvedimento riforma anche il sistema di accoglienza destinata ai richiedenti protezione internazionale e ai titolari di protezione, con la creazione del nuovo sistema di accoglienza e integrazione. Il testo interviene poi sulle sanzioni relative al divieto di transito delle navi nel mare territoriale e introduce inoltre norme volte a contrastare il fenomeno dello spaccio di stupefacenti attraverso siti web. Un'altra novità importante riguarda l'inasprimento delle pene per i soggetti coinvolti in risse spesso determinate da sfondo razziale, prevedendo che, qualora qualcuno resti ucciso o riporti lesioni personali, il solo fatto della partecipazione alla stessa sia punibile con la reclusione da sei mesi a sei anni. C'è purtroppo voluto l'omicidio di Willy Monteiro per arrivare a questo risultato, Presidente. Con questo provvedimento insomma ristabiliamo alcuni principi di civiltà che nel nostro Paese rischiavano di perdersi.

Contrapporre il diritto alla vita di chi fugge da fame e guerre con il diritto dei cittadini e delle cittadine italiane di vivere in sicurezza è un'operazione ingiusta, irresponsabile, questa sì criminale. Guardi, Presidente, lo dico tramite lei ai colleghi, perché ho sentito parlare di periferie: io in periferia - a Roma si chiama borgata -, in borgata ci sono nata e cresciuta e tuttora ci vivo con grande orgoglio. I miei vicini sono sostanzialmente tutti di altre nazionalità, sono figlia orgogliosa di un militare e le assicuro che non è mai stata in borgata, in periferia, la presenza di stranieri a rendere più difficile l'esercizio dei diritti di cittadina. La politica non può nascondersi dietro i migranti per nascondere la propria incapacità di dare risposte. È uno degli inganni che mi ha spinto a entrare in politica, non sono mai stati i migranti o gli stranieri presenti nella mia periferia a impedirmi l'esercizio dei diritti, ma il fatto che noi non avevamo servizi e non li abbiamo tuttora, e su questo la politica deve dare risposte, non può trovare dei capri espiatori dietro cui nascondersi. Nega alla radice, in questa maniera, il proprio motivo di esistere ed è una cosa che non possiamo sopportare.

La verità di cosa significhi lasciare la propria terra e affrontare con mezzi di fortuna il mare si può vedere solo negli occhi di chi la può raccontare, quella traversata, per molti - troppi - la speranza di un futuro diverso è affondata a pochi metri dalle nostre coste. La strage del Mediterraneo interroga il nostro presente e ci presenterà il conto nel futuro: cosa diremo ai nostri figli e nipoti? Come giustificheremo le nostre azioni? Per fortuna, davanti all'inerzia della politica, c'è chi ha continuato a fare quello che è giusto fare: soccorrere in mare chi altrimenti perderebbe la vita. Si tratta innanzitutto di obblighi internazionali, ma anche di umanità. Sono sicura che, se dopo mesi di difficoltà e violenze, tutti noi, tutti noi qui presenti, ci trovassimo su un gommone in mezzo al mare, stretti tra le altre decine di persone, capiremmo immediatamente il senso di quell'imperativo giuridico e morale. Penso a Mediterranea, Presidente, la missione della società civile italiana di cui sono garante, insieme a tanti altri colleghi e colleghe qui. Proprio perché ho visto da vicino ciò che fanno, come lo fanno e perché lo fanno, non posso non sottolineare che trovo completamente sbagliato sanzionare chi salva una vita in mare. Su questo punto poteva esserci naturalmente più coraggio, ma io penso che il tema vero sia ringraziare quelle persone. Io quelle persone le voglio ringraziare, non multare. Io a quelle persone voglio chiedere scusa perché, anche per colpa delle istituzioni, loro hanno dovuto procurarsi le navi, passare intere settimane in mare, a lavorare giorno e notte per trovare risorse umane ed economiche per salpare. Voglio chiedergli scusa per le settimane e i mesi in cui le loro navi restano bloccate a causa di inspiegabili cavilli burocratici, ancora oggi, Presidente. Voglio chiedergli scusa perché sono loro a farsi carico dell'immenso dolore di non riuscire a salvare un neonato, un neonato come Joseph, che non aveva nessuna colpa e un'intera vita davanti per costruirsi una seconda opportunità. “I lost my baby”, ho perso il mio bambino: questo gridava sua madre. Io invito tutte le madri che ascolteranno questo mio intervento a fare una cosa difficilissima: ricordare il proprio figlio neonato e poi collocarsi lì, su quel canotto, vivendo la sensazione fisica di perderlo dalle braccia, di averlo perso in mare, di averlo perso. Guardi, questo non è buonismo, è istinto primordiale, è umanità, e io mi rifiuto di vergognarmene.

Io credo sia possibile coniugare la solidarietà verso chi scappa dall'orrore con la sicurezza che si deve garantire ad ogni cittadino e ad ogni cittadina del nostro Paese. Con questo decreto abbiamo invertito la rotta, ma non certo raggiunti tutti i risultati che possiamo e dobbiamo raggiungere. Ora, per favore, non fermiamoci qui. Non smettiamo di insistere sul fatto che l'impostazione strutturale delle politiche sull'immigrazione dell'Unione e dei Governi che la compongono è sbagliata alla radice. Questo decreto contiene dei primi passi non ancora sufficienti a farlo, ma stiamo combattendo. Non è più “decreto Sicurezza”, perché sicurezza è davvero un'altra cosa. Sicurezza si ottiene con politiche che rispettano i diritti umani e che rispondono alle sfide in maniera efficace, quelle sfide di sicurezza economica, di diritti, che noi abbiamo ben presenti sui nostri territori e nel nostro Paese. Pensiamo ai passi compiuti come a un contributo all'idea che l'Italia, in particolare sul Mediterraneo e sulla Libia, possa avere finalmente l'ambizione di esercitare un ruolo di grande Paese. Per farlo, deve cambiare radicalmente rispetto non solo all'odio di Salvini ma - lo voglio dire con grande rispetto - anche alla dottrina di Minniti. L'Italia può tornare a sedersi ai tavoli se protegge le persone che abitano e percorrono il Mediterraneo, se diventa il Paese che promuove un nuovo umanesimo e trova soluzioni efficaci e strutturali a un problema strutturale. L'Italia può essere promotrice di una grande alleanza su questo, anche con la Chiesa di Papa Francesco, e diventare epicentro di una rinascita della civiltà europea che abbia al centro le persone e non gli affari.

Ringrazio di cuore tutti i colleghi e le colleghe che ci hanno lavorato - tra questi, Erasmo Palazzotto, Riccardo Magi, ma ce ne sono tanti - perché hanno ulteriormente migliorato questo decreto, esercitando con coscienza e impegno il ruolo di parlamentari e restituendo a questo luogo una funzione di rappresentanza degli interessi generali della società, una società fatta di coesione e solidarietà, non di odio e di paura. In sintesi, Presidente, su questo decreto siamo riusciti a fare meno di quanto avremmo voluto, ma molto, molto di più di quanto avrebbero voluto (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali, Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Muroni. Sospendiamo la seduta per cinque minuti, riprenderà alle 12.45.

La seduta, sospesa alle 12,40, è ripresa alle 12,45.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

È iscritto a parlare l'onorevole Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Ebbene, ci vediamo qui, un anno dopo, per riparare finalmente a quello scempio, quella sciagura che erano i “decreti Insicurezza” dell'allora Ministro dell'Interno Salvini, che appunto aveva chiuso i porti; e alla chiusura dei porti, invece, si risponde con questo provvedimento, rivedendo le sanzioni amministrative per quelle imbarcazioni che transitano nel nostro mare territoriale, sanzioni che, tra l'altro, il Presidente Mattarella aveva sanzionato, permettendo appunto le operazioni di soccorso.

Si stabilisce, quindi, un principio di giustizia anche in ottemperanza ai trattati internazionali, come quello di Montego Bay. All'abolizione della protezione umanitaria, che aveva operato l'ultimo “decreto Salvini”, si risponde qui introducendo la convertibilità di vari e diversi tipi di permessi di soggiorno in permessi di lavoro, permettendo a questi disperati o persone comunque sciagurate che scappano da guerre e carestie di poter trovare un modo di lavorare e integrarsi nella nostra società. All'abolizione degli SPRAR, del sistema di accoglienza diffusa che aveva operato il “decreto Insicurezza”, si risponde qui reintroducendo un sistema di accoglienza intelligente, il SIA, sistema di integrazione e accoglienza, perché noi sappiamo molto bene che per un prefetto il lavoro finisce quando si trova un posto letto al richiedente asilo, mentre per un sindaco il problema comincia il giorno dopo, quando si vuole, appunto, insegnargli la nostra lingua, integrarlo trovandogli un lavoro. E, quindi, sono benvenuti questi tre grandi cambi e questo rimedio allo scempio operato dal Governo che vedeva al suo interno la Lega, pochi mesi fa. Ripariamo un'onta: il nostro Paese era stato sanzionato anche da Agenzie dell'ONU, delle Nazioni Unite, non da ONG, ma dalle Nazioni Unite che, appunto, condannavano quelle prese di posizione dell'Italia, in piena violazione di accordi internazionali come l'UNCLOS o gli accordi SAR.

Il testo viene anche migliorato, sempre sulla via di assicurare legalità, integrazione e, quindi, la sicurezza di tutti gli italiani. Nella disciplina della protezione internazionale viene introdotto il divieto di espulsione qualora quella persona potesse essere esposta al rischio di tortura nel Paese di origine o a trattamenti inumani o degradanti, e per essa, appunto, è prevista la possibilità di ottenere la protezione speciale; io credo che questo sia un netto miglioramento su quella via di buon equilibrio tra diritti e doveri anche per i richiedenti asilo nel nostro Paese.

Finalmente, viene consentita anche l'iscrizione anagrafica a quei richiedenti asilo che potranno finalmente far parte della popolazione residente e ottenere una carta d'identità valida tre anni nel territorio nazionale, anche qui, appunto, per consentire una loro maggiore integrazione nella nostra società. Viene ridotto il tempo di permanenza massima nei centri per i rimpatri a 90 giorni, perché quei centri devono essere dei posti di transito, non possono essere dei posti di sosta e, quindi, è benvenuta anche questa innovazione. Infine, sicuramente, è da salutare con positività l'introduzione di strumenti audiovisivi per permettere ai richiedenti asilo di interagire con le commissioni territoriali per preservare la riservatezza e limitare i contatti fisici.

Io credo che il testo sia migliorato anche grazie al contributo di Italia Viva durante la fase di esame del provvedimento e, sicuramente, come dicevo prima, sono stati introdotti nuovi tipi di permessi di soggiorno temporanei, anche per cure mediche. È positivo che nei percorsi di integrazione si andrà, appunto, a prevedere l'erogazione di corsi di italiano e, almeno a uno, di corsi della nostra Costituzione, corsi per l'orientamento al lavoro e ai servizi pubblici, tutto quello di cui mancavano i “decreti Insicurezza”, appunto, e che era un braccio che potesse garantire l'integrazione di chi ottiene l'asilo, di chi richiede l'asilo.

Per le fasce più deboli viene prevista la possibilità di richiedere la protezione speciale e per le donne vittime di violenza verranno previsti dei percorsi specifici, ispirati alla Convenzione di Istanbul del 2011. Infine, ci sono anche, credo, dei miglioramenti in termini di sicurezza e qui c'è un emendamento positivo, sicuramente, che è stato approvato, della Lega, nel senso di migliorare la sicurezza dentro i centri e di tenere un occhio aperto ai rischi di propaganda per le organizzazioni terroristiche anche dentro il sistema di accoglienza italiano.

Dal nostro punto di vista, quindi, vi è un giudizio positivo a questo provvedimento; si procede sulla via della legalità, dell'integrazione e, quindi, della sicurezza. Noi pensiamo che la sfida migratoria necessiti di un approccio pragmatico, che sia una sfida che va gestita, che è qui, che rimane e rimarrà, almeno finché l'Italia sarà incastonata tra Europa e Africa, finché il riscaldamento climatico aumenterà la deforestazione, spingendo sempre più persone che sfuggono da fame, carestie o guerre e, quindi, per noi è importante avere un approccio pragmatico per reagire alla sfida migratoria.

Con questo provvedimento si torna a investire sull'integrazione, i territori ritornano protagonisti grazie appunto al sistema di integrazione e accoglienza, si trova un nuovo equilibrio tra diritti e doveri e, infine, si potenzia la cultura della legalità.

Io credo si risponda ai rilievi che aveva sollevato il Presidente della Repubblica l'anno scorso, appunto, quando fu varato il “decreto Sicurezza-bis”, e si attui anche una diminuzione della marginalità a cui erano stati condannati migliaia di invisibili a seguito degli ultimi “decreti Sicurezza”. Penso anche che sia giusto vedere come l'Italia ritorni a rispettare i trattati internazionali su questa questione. Trovo che sia stata molto infelice parte dell'ostruzionismo della Lega nei lavori d'Aula, con riferimento alle accuse degli abusi commessi forse da alcune ONG o da alcune cooperative, che forse sono abusi che vanno combattuti; ma da qui a condannare tutto il sistema ciò credo che equivalga a chiedere la chiusura dei negozi perché pagano il racket. Quindi, su questo devo dire che sicuramente abbiamo fatto dei passi positivi.

Cosa resta da fare, dal nostro punto di vista, su questo fronte, per questo Governo, per questa legislatura, a mio parere? Sicuramente è un peccato che non si sia potuta rivedere la normativa sulla cittadinanza, per chi richiede cittadinanza per matrimonio è stato ridotto il tempo, che era stato aumentato a 48 mesi dal “decreto Sicurezza”; viene rivisto a 36 mesi: sarebbe stato meglio ridurlo a 24 mesi, 2 anni, com'era nella situazione antecedente. Sappiamo che ci sono moltissimi nostri concittadini sposati con cittadini di altri Paesi che sono in situazione veramente precaria, soprattutto nell'epoca della Brexit o anche di altre situazioni molto peggiori: penso, ad esempio, alla comunità italiana in Venezuela. E, quindi, veramente peccato che non si sia potuto fare di più, ma confidiamo in futuri provvedimenti.

Sempre in termini di cittadinanza, io trovo sia sbagliata la norma introdotta dal “decreto Sicurezza” che prevede la revoca della cittadinanza a chi l'ha acquisita se commette atti di terrorismo: questo è un problema, perché crea una frattura tra chi è nato con la cittadinanza e chi la acquisisce. È il caso anche di persone nate in Italia da persone straniere, che poi acquisiscono la cittadinanza solo a 18 anni: anche loro saranno esposte alla possibile revoca della cittadinanza. Io credo questa sia una norma che va contro la Convenzione, che l'Italia ha firmato nel 1961, contro l'apolidia.

Ancora, sarà molto importante accelerare per trovare nuovi accordi per i rimpatri. Su questo la Lega, quando era al Governo, non ha fatto nulla, assolutamente nulla, tant'è vero che gli accordi di rimpatrio utilizzati sono stati sanciti nelle legislature precedenti, e in questo sarà fondamentale rivedere i nostri accordi con la Libia. Su questo sono in parte d'accordo con quanto diceva la collega Muroni: io, in realtà, pensavo che un accordo con la Libia fosse necessario quando fu stipulato all'inizio, ma alla luce dei fatti e alla luce dell'evidenza chiara, schiacciante, credo sia urgentissimo rivedere quegli accordi, alla luce delle gravi violazioni dei diritti umani che si compiono ogni giorno nei centri di detenzione illegali in Libia. Credo, quindi, sia molto importante per l'Italia rivedere quegli accordi, e soprattutto le forniture di materiale alla Guardia costiera libica, che abbiamo visto ormai troppo spesso essere in collusione comunque con trafficanti e scafisti di esseri umani.

Ancora, è assolutamente fondamentale rivedere l'Accordo di Dublino - c'è una un'iniziativa europea su questo fronte, e il Governo e questa maggioranza sicuramente la sosterranno - e introdurre una vera politica di asilo europea.

Infine, concludo, sarà fondamentale proseguire sulla via dell'integrazione, e sicuramente la sfida migratoria si combatte con un sistema di accoglienza efficiente, pragmatico, ma è anche giusto parlare dell'integrazione. Noi rifiutiamo di accostare il tema dell'immigrazione a quello della sicurezza, come fa la Lega: sono due fenomeni distinti, tant'è vero che, dal punto di vista della sicurezza, noi sappiamo che i reati, tutti i reati, sono in diminuzione; dagli ultimi 6 anni, in Italia sono in chiara diminuzione, come mostra l'Istat. Ma se noi vogliamo vera sicurezza, duratura nel tempo, dobbiamo riaffermare l'integrazione; quindi, una riforma che non può più aspettare è quella di dare piena cittadinanza a ormai oltre 1 milione di ragazzi nati sul nostro suolo da genitori stranieri, che ancora non sono cittadini di questo Paese, anche se parlano italiano, studiano nelle nostre scuole, lavorano, pagano le tasse. Quindi, una riforma della cittadinanza sulla via dello ius culturae o dello ius soli temperato non può più aspettare.

Io credo, Presidente, che abbiamo poco tempo: abbiamo veramente 10, 15 anni di tempo per preparare la nostra Repubblica a diventare una Repubblica che abbraccia una cultura dell'inclusione, della diversità e che dia pieni diritti e piena cittadinanza appunto a queste centinaia di migliaia di ragazzi che sono nati sulla nostra terra. Possiamo imparare, dobbiamo imparare le lezioni, negative e positive, di grandi Paesi, che forse hanno più esperienza di noi da più tempo: penso al Regno Unito, alla Francia, alla Germania; Paesi che poi hanno mostrato, se noi guardiamo la storia dell'emigrazione italiana nel mondo, che con l'integrazione si possono veramente assicurare sicurezza e stabilità durature. È, quindi, questo il mio appello: spero che in questa legislatura si potrà cominciare a parlare, sulla via dell'integrazione, di implementare una vera riforma della cittadinanza introducendo lo ius culturae. Perché, Presidente, senza diritti e integrazione vera non c'è vera sicurezza per tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente Rosato. Vede, Presidente, tante persone, tanti giovani, tra cui credo anche mio figlio, stanno seguendo i nostri lavori di Aula; e, allora, io, tornando a casa, una spiegazione la dovrò dare, e provo a darla qui. Perché voglio prendere, lo dico subito, le distanze da chi ha strumentalizzato oggi in Aula la perdita di giovani vite, ricordando piccoli bambini smarriti, Yussef perduto, anche se per me non fa differenza perdere un piccolo piuttosto che un adulto piuttosto che un anziano; o da chi sbandiera, Presidente, principi costituzionali e internazionali per - lo dico perché chi ha seguito i lavori in Commissione sa che è stato così - prendere qualche emendamento in più, quando i principi costituzionali e i princìpi di diritto internazionale sono scritti, sanciti e di diretta applicazione.

E, allora, Presidente, nel prendere le distanze, perché non mi presterò mai a strumentalizzazioni di questo genere, con orgoglio, devo dire che faccio parte di un partito che ha nel suo DNA il rispetto di quei principi costituzionali e di quelle convenzioni internazionali che oggi voi sbandierate, solo a parole. Ed è per questo motivo, proprio per questo motivo, che la lotta all'immigrazione clandestina, all'immigrazione irregolare è stata sempre al centro del nostro dibattito con le forze di centrodestra, ed è sempre stato un argomento per noi importante, tanto da essere un punto del nostro programma, del programma della coalizione di centrodestra.

E, allora, vede, Presidente, già su questo una prima riflessione per i cittadini, per coloro che ci sentono la vorrei fare. Perché se noi siamo stati sempre compatti, uniti nel combattere l'immigrazione clandestina, nel dire “sì” all'immigrazione regolare e controllata, ma “no” all'immigrazione clandestina, io non mi spiego perché durante il Conte 1 c'è stata una parte dell'odierna maggioranza, ma allora lo era pure, che a quei decreti ha detto “sì” e oggi dice che sono schifezze, indecenze, cose da spazzare via dall'oggi al domani. Io non capisco come il MoVimento 5 Stelle, che era al Governo, abbia licenziato due decreti e oggi se li rimangi, ripeto, e oggi se li rimangi. Quindi, di onestà intellettuale, di comportamenti io non vi permetto e non vi consento - noi non possiamo accettarlo - di parlare, perché quando si parla – e, soprattutto, rivolti a chi ci ascolta - di immigrazione, bisogna però spiegare - cosa che, dopo aver sentito nove interventi, il mio è il decimo, non avete ancora fatto, voi di maggioranza - che con questo decreto voi avete a dismisura – a dismisura - consentito, perché noi monitoreremo gli esiti dell'applicazione di questo decreto, gli accessi, perché tutti gli ex permessi di protezione adesso sono convertiti in permessi di lavoro. Avete aumentato le ipotesi del divieto di respingimento, avete consentito che vengano erogati - cosa buona e giusta, lo dico per prima - servizi di qualsiasi genere ai migranti - che dovrebbero essere regolari, ma consentite che vengano erogati a tutti quelli che sono presenti sul nostro territorio - ma con una beffa, Presidente, io lo anticipo ma ci tornerò: senza mettere risorse. Questo decreto che voi avete fatto è ad invarianza finanziaria. Le persone che stanno ascoltando devono capire che voi parlate di accoglienza; o meglio, oltre all'accoglienza, perché siete bravi, buoni e giusti e noi siamo sporchi, brutti e cattivi, voi parlate di integrazione: con quali soldi, signori? Me lo spiegate come fate integrazione? Come potete consentire e concepire che si faccia reale integrazione senza mettere risorse? E le persone che ci ascoltano lo devono sapere: questo decreto non ha un euro in più di risorse disponibili e finanziate. E allora, Presidente, quello che i colleghi di sinistra, di LeU - ma anche di Italia Viva; mi ha stupito, devo dire - dicono, che si fa integrazione, si è voltata pagina, si sta facendo… Ma con quali soldi? Con quali soldi?

Ad invarianza? Senza coperture? Con quali soldi? Presidente, è in tempo di COVID? È mai possibile? Allora, una seria politica della migrazione veramente controllata e regolare avrebbe presupposto, intanto, un confronto diverso - ci tornerò dopo - ma poi avrebbe imposto che questo decreto non lo aveste fatto oggi ma fra un anno, quando probabilmente saremo usciti dall'emergenza COVID, sanitaria ed economica. Ma come potete pensare di far entrare nel nostro territorio migliaia e migliaia di cittadini senza controllo, affidandoli alla criminalità organizzata, senza mettere risorse in questo contesto storico? Si dice, Presidente, non si garantisce, che verranno integrati e quell'integrazione, quel sostegno, quella assistenza, che, si dice, verranno dati ai migranti, regolari o irregolari che siano, non vengono dati ai cittadini italiani in tempo di COVID: professionisti, partite IVA... Ecco perché, Presidente, ciò che arriva fuori da quest'Aula veramente mi lascia sgomenta perché è come se si desse l'impressione che il Parlamento, tutti i parlamentari, il Paese fossero divisi sui grandi temi dei diritti umani. Non è così, signori, ma ditelo; non è così! Non è così! Non c'è un parlamentare di opposizione che non dica che le vite umane vanno salvate! Ma voi non potete importare vite umane, collocarle nel nostro territorio senza dare integrazione, perché voi date solo assistenza senza dare integrazione, perché quelle saranno nuovi schiavi nelle mani della criminalità organizzata! E' così ed è evidente a tutti! Solo che vi viene più semplice dire che, siccome siete bravi, fate integrazione. Purtroppo, Presidente, per chi, per coloro i quali seguono questi lavori e non hanno…I cittadini, purtroppo, seguono solamente, anche perché la comunicazione è diventata veloce, celere, tutta a mo' di spot, e non hanno veramente possibilità di comprendere cosa c'è dietro il testo di un decreto, cosa vuol dire licenziare un decreto di questo genere. Io lo dico per Forza Italia, per il centrodestra: sì alla migrazione, all'immigrazione controllata e regolare; no a quella clandestina e irregolare! Presidente, io poco fa sentivo parlare la collega di LeU di migranti ambientali ed, ecco, mi si è fatta luce! Perché, durante i lavori in Commissione, abbiamo discusso tantissimo su che cosa significasse il termine “gravi calamità” che consente al Governo di far permanere nel nostro territorio migliaia e migliaia di cittadini, di migranti, che verranno sul nostro territorio e che, prima, probabilmente sarebbero tornati, anzi, tornavano a casa o, comunque, dovevano tornare a casa, e adesso invece stazioneranno. Presidente, abbiamo chiesto più volte, tutti i parlamentari di opposizione, cosa il Governo intendesse per “calamità”. Io ho fatto delle semplificazioni, chiedendo lumi anche al Vice Ministro Mauri, dicendo: ma scusate, ma la siccità è una grave calamità naturale? L'esondazione di un fiume è grave calamità naturale? Lo smottamento di una collina è grave calamità naturale? Silenzio assordante, Presidente, silenzio assordante! Oggi la collega di LeU mi diceva: sì, quelle sono gravi calamità naturali, perché c'è un problema ambientale. Quindi, tutte queste persone faranno transito nel nostro territorio, verranno, rimarranno - perché non li potremo rimandare indietro, perché c'è la grave calamità naturale - senza risorse, senza risorse. Nuove leve nelle mani della criminalità organizzata. Quindi, spiegate bene le cose quando le fate e quando le sbandierate, quando farete le interviste, quando farete i post, quando farete le ANSA! Spiegate! Spiegate che in questo decreto non c'è neanche un euro come stanziamento!

Ma, Presidente, andrò oltre. Quello che mi ha lasciato veramente perplessa nella conduzione dei nostri lavori è anche il metodo del confronto. Perché non sfuggirà a lei, Presidente, ma probabilmente è sfuggito alla maggioranza che ha condotto i lavori in I Commissione, che questo è un decreto ampio: sono, credo, 16 articoli, anzi, sono proprio 16. Tolti quelli, diciamo, neutri, la invarianza finanziaria e le coperture, ben 8 attenevano alle competenze della Commissione giustizia. Io lo dico ad oggi per far capire a chi ci ascolta che cosa vuol dire l'assegnazione ad una piuttosto che ad un'altra Commissione. Per decisione della Presidenza della Camera, questo decreto è stato assegnato solo in I Commissione, Affari costituzionali, e non anche alla Commissione giustizia, come invece doveva essere. Presidente, a cascata cosa ha comportato questa assegnazione? Che, da primo, le audizioni sono state evidentemente tutte orientate sui primi articoli, perché questo serviva alla maggioranza di Governo, perché era più facile sbandierare un provvedimento, ecco, dire: abbiamo tolto i “decreti Salvini”. È tutta una questione politica, di bandiera. Quindi, assegnazione alla I Commissione e non anche alla II Commissione. Audizioni orientate solo su alcuni articoli e non altre.

Andiamo alla la fase emendativa: noi della Commissione giustizia non abbiamo evidentemente potuto toccare, in fase emendativa, il decreto, se non dare un parere in fase consultiva. Abbiamo quindi seguito volentieri i lavori anche in I Commissione (Affari costituzionali). Presidente, la beffa: giorni e giorni di discussioni senza risposta, nel senso che erano solo i parlamentari di opposizione che scambiavano confronti e devo dire che il Vice Ministro Mauri ha sempre prestato attenzione e ha seguito i lavori. Da parte della maggioranza qualche sparuta presa di posizione ma non certamente di confronto. Presidente, arriviamo all'ultimo giorno con un'amarezza che ha veramente rassegnato i fini di questa maggioranza di Governo: su tutti gli articoli da 6 a 12 (perché il 13, quello sul Garante nazionale, l'abbiamo esitato solo perché c'erano gli emendamenti del gruppo MoVimento 5 Stelle) nessun confronto, nessun dialogo, nessun esame di centinaia di emendamenti; tutti portati in blocco al voto, insieme al mandato al relatore, peraltro con quella forzatura a livello regolamentare di cui accennavamo stamattina in apertura dei nostri lavori. Quindi, nessun confronto, nessun dialogo su parti importantissime del decreto, Presidente, perché, con questo provvedimento, l'attuale Governo e la maggioranza, che lo licenzierà, non si assumeranno semplicemente la responsabilità politica di far introdurre nel nostro territorio e far permanere centinaia e centinaia di migranti, senza regole, senza rispetto, senza integrazione, ma faranno un'altra cosa: incideranno sul nostro sistema penale, ancora una volta, con un decreto, senza confronto all'interno delle Commissioni, senza confronto in Aula perché, lunedì, come già preannunciato, verrà posta la fiducia. Quindi, ancora una volta a colpi di mannaia. Presidente, se questo è il modo di fare buona politica, come dicono, e come ho sentito fino adesso dire dai parlamentari di maggioranza, io veramente sono senza altre parole. Mi fermerei qui. Se questo è il modo di fare buona politica e allora io probabilmente non sono adatta a quest'asse parlamentare. Il mio gruppo probabilmente vorrebbe e dovrebbe fare qualcosa in più perché la politica è confronto, la politica è, non dico condivisione di scelte - perché ognuno rimane su sue prese di posizioni che, poi, all'esito del confronto può anche modulare ma, comunque, su ambiti e opinioni diverse - ma confronto, Presidente, che qui è mancato. Qui è totalmente mancato!

E allora quello che noi vogliamo rassegnare a chi ascolta e a chi ha seguito i nostri lavori è che noi, anzi, voi non state eliminando - diceva la collega, io riprendo l'intervento della collega di LeU perché mi ha profondamente toccato - la stagione dell'odio. Assolutamente. Voi la state fomentando perché creerete discriminazione nella discriminazione, perché non potendo garantire tutto ciò di cui a parole vi incensate, cioè quella giusta e buona integrazione regolata di cui tanto avete scritto, voi creerete purtroppo ulteriore discriminazione nella discriminazione. Io spero che questo problema non sarà amplificato ma, come vi dicevo prima, noi staremo attenti e monitoreremo gli esiti dell'applicazione di questo decreto. Ma è evidente che sarà così.

A coloro i quali diranno che le risorse, come ho appreso stamattina, Presidente, saranno inserite, probabilmente, nella legge di bilancio, io faccio notare che è un decreto-legge e che il decreto-legge ha effetti dal primo giorno. Quindi, sono ben quaranta giorni che voi avete consentito ingressi non controllati senza risorse e qualcuno di questo dovrà assumersi la responsabilità politica; responsabilità politica che non potrà essere colmata da coperture finanziarie successive.

Ecco, Presidente, io concludo con amarezza, perché il lavoro poteva essere diverso, i toni del confronto potevano essere diversi, in sede di Commissioni, ma, soprattutto, per quello che è stato detto fino adesso, i toni del confronto potevano essere diversi anche in quest'asse parlamentare, perché, ripeto, a mio figlio che segue i lavori, io non voglio essere costretta a spiegare perché io mi oppongo a salvare la vita di un piccolo che muore in mare. Io non voglio essere costretta a fare questo e chi strumentalizza queste cose ha una responsabilità che viene ancor prima della responsabilità politica: ha una responsabilità morale. Voi alimentate, siete voi che alimentate sfiducia nella popolazione, che create barriere, che create differenze.

Io, tante volte, sono chiamata, Presidente - e veramente concludo -, a rispondere ad amici, a colleghi, che non capiscono le politiche adottate prima con i “decreti Salvini” e dicono: ma, scusa, ma tu come fai a non accogliere, a dire no all'accoglienza dei migranti che vengono qui perché hanno bisogno? Ma chi mette in discussione tutto questo, perdonatemi? Ma basta, ma chi mette in discussione tutto questo? Ma chi ha mai messo in discussione tutto questo? Solo che un Paese civile, per poter consentire accesso ad altre persone - ed è quell'accesso che potremmo anche dover essere costretti a chiedere noi ad altri Paesi - deve avere risorse adeguate e noi, purtroppo, queste risorse non le abbiamo. Non abbiamo servizi adeguati, non abbiamo risorse, perché voi non le avete messe.

Quindi, quello che fate è dare la sensazione che ci sia una nuova fase per il nostro territorio, per il nostro popolo, consentirete accessi disordinati e in quantità, allo stato incalcolabili, di persone che avranno la speranza di venire in Italia con chissà quale idea, di trovare chissà quali servizi e si renderanno conto che tutto questo non sarà possibile, perché voi non fate le cose come devono essere fatte. Quindi, solo bandierine e null'altro.

Presidente, monitoreremo, monitoreremo non nell'interesse unicamente come forze di opposizione, ma proprio nell'interesse del Paese che questo vostro sbandierare principi venga convertito in fatti concreti. Su questo decreto si dovrà ritornare necessariamente, perché manca tanto e perché è stato tolto tanto dalle precedenti versioni dei “decreti Salvini”. Quindi, su questi decreti, siamo sicuri, saremo costretti a ritornare e, in quella fase, ci auguriamo che il lavoro che verrà fatto sarà profondamente e sostanzialmente diverso.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà. Presidente Rampelli, prego.

FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio, Presidente Rosato. Colleghi, rappresentante del Governo, ci troviamo ancora una volta a discutere di “decreti sicurezza”, ci troviamo a discutere della gestione dei flussi migratori eccezionali, ci troviamo a discutere di quanto questi flussi migratori siano davvero emergenziali e non siano ormai ordinari, ci troviamo a discutere di quelle che dovrebbero e potrebbero essere le modalità più corrette per tentare di contenere questi flussi e di favorire autentici processi di integrazione. Ci troviamo a discuterne senza, però, che la classifica si modifichi, nonostante gli eventi, in realtà, si stiano trasformando. È davvero ultroneo constatare oggi che le modalità di intervento da parte della sinistra, da parte del PD, e del MoVimento 5 Stelle, del Governo Conte, di Italia Viva, in presenza del COVID-19, siano esattamente le medesime rispetto alla fase ante COVID. È pazzesco. Nessun cittadino di buonsenso, di sinistra o di destra, riuscirebbe a essere, diciamo così, più ideologico, più dogmatico e, quindi, più distante dalla realtà di quanto voi non stiate dimostrando in questa circostanza. Siete stati capaci di far dimenticare improvvisamente dell'esistenza di una pandemia mostruosa, che ha messo in ginocchio l'umanità intera e, insieme ad essa, ha messo in ginocchio la sua economia. Vi siete voltati dall'altra parte, avete ricominciato a cantare la messa di soliti appelli a presunti umanitarismi, che sono esattamente l'opposto di quello che voi vorreste presentare. Perché, guardate, noi non sappiamo più davvero come dirvelo; la collega Bartolozzi poco fa ha sintetizzato in una definizione che dovrebbe essere incontestabile: noi siamo favorevoli all'immigrazione regolare. L'immigrazione va regolarizzata, non possiamo essere, a seconda delle stagioni, assaliti letteralmente da decine di migliaia di persone che arrivano, comunque, sulle coste dell'Italia meridionale e che, poi, ci dimostriamo non all'altezza di saper gestire e di saper integrare, perché questa è la realtà. E voi la dovete piantare di trasformare ragionamenti di buonsenso in appelli ideologici, la dovete piantare di consultare i vostri manuali di antica dottrina leninista e dovete cercare di ragionare.

Gli immigrati disperati non li avete inventati voi: in Africa e nei Paesi del Terzo mondo esistono da sempre. Piantatela di farvi paladini di una miseria planetaria che esiste da che esiste il Pianeta. Non siete voi i paladini, gli alfieri di questi milioni, anzi, di questi miliardi di disperati. E non è, non può essere la soluzione quella di spalancare le porte dell'Italia meridionale per ospitarli tutti in Italia, tutti coloro che desiderano. Certo, non è che li andate a prendere. Ci mandate, a fare il gioco sporco, alcune organizzazioni non governative, senza volerle criminalizzare, perché chi ha a che fare con il terzo settore, sa bene che ci sono organizzazioni non governative, associazioni di volontariato che fanno un lavoro egregio e insostituibile, mettendo a rischio la propria vita nei Paesi del Terzo mondo e nell'Africa subsahariana. Tutto il rispetto possibile, però sappiamo altrettanto bene che esistono, al contrario, delle organizzazioni non governative che vengono finanziate da grandi magnati, che hanno una disponibilità economica mostruosa e che, comunque, consapevolmente o inconsapevolmente, attraverso questa azione di traghettaggio, di disperazione nei Paesi dell'Occidente opulento, da un lato, abbassano i livelli di qualità della vita e del lavoro dei cittadini italiani, europei, occidentali e, dall'altra, inducono allo sfruttamento. Dove stanno questi paradisi in Italia, dove le persone che voi volete ospitare si trovano bene, si integrano, hanno un lavoro, hanno un giaciglio, possono costruirsi una famiglia, riescono, nell'integrazione, a rispettare la Costituzione italiana, non ci mettono più in condizioni imbarazzanti? Imbarazzanti soprattutto per la sinistra, perché noi non abbiamo grande imbarazzo sinceramente, è la sinistra che dovrebbe rispondere ad alcuni quesiti, ma, come al solito, si volta dall'altra parte. Mi riferisco alla segregazione delle donne.

Vedo qui, attraverso di lei, Presidente, la deputata Boldrini, che parlerà dopo di me. Io gliela faccio questa domanda: dove sta la battaglia a difesa delle donne? Benissimo tutte le crociate possibili e immaginabili per ridurre le violenze, le violenze familiari sulle donne, che hanno avuto ed hanno delle conseguenze mostruose e aberranti.

Abbiamo celebrato insieme il 25 novembre e dobbiamo essere sempre più incisivi e sempre più pronti a traguardare il futuro e a mettere la donna nelle condizioni di primeggiare e di avere gli stessi identici diritti dell'uomo, e la società, il nostro apparato normativo, nelle condizioni di difendere, e le nostre forze dell'ordine nelle condizioni, non solo di ricevere le denunce, ma anche di proteggere le donne che denunciano i maltrattamenti, perché spesso è proprio nel momento in cui viene formalizzata una denuncia che inizia il tormentone, che poi finisce spesso anche male, per le donne che hanno coraggio di manifestare e di denunciare le violenze che subiscono. Però, rispetto al principio della segregazione, non c'è una parola. Pare che in Italia alcune comunità, persino rappresentate da cittadini italiani, cioè che hanno ottenuto la cittadinanza italiana e quindi che a pieno titolo dovrebbero rispecchiarsi nella Costituzione italiana e dovrebbero rispettarla, pare che per alcuni di questi sia perfettamente lecito, in pubblico, non solo dentro casa ma anche in pubblico, prendere le donne, dalle bambine di otto anni alle signore più anziane, e chiuderle dentro dei recinti nei parchi pubblici. Lo sapete, vero? Lo sa sicuramente, Presidente Rosato, la deputata Boldrini, e mi piacerebbe davvero poter risolvere questo enigma. Come mai chi ha fatto battaglie per l'emancipazione femminile, non fa battaglie per liberare le donne musulmane da chi… non si può generalizzare, ma purtroppo queste scene sono state fotografate anche da me in prima persona, sono andate sulle prime pagine di tutti i giornali, sono riscontrabili facilmente da qualunque commissariato di polizia, da qualunque comando dei Carabinieri; ma l'ordine è di tenere le mani ferme, cioè di accettare che in Italia, a Costituzione vigente, si possano segregare, discriminare, delle persone, nell'indifferenza generale. Ma questo è soltanto, per carità, uno degli argomenti che si possono utilizzare ragionando sull'assenza di integrazione, perché non c'è nessuna integrazione a tollerare la discriminazione e la violenza morale e talvolta fisica sulle donne; non c'è nessuna integrazione nel conculcare il diritto all'istruzione, piuttosto che il diritto alla salute e alla cura. Dove sta questa integrazione? Non siete in condizioni di garantirla, perché non avete il coraggio di affrontare questo problema. E pur nella consapevolezza di essere assenti di coraggio, continuate ad abbassare la guardia rispetto ad un fenomeno che non andrebbe certamente affrontato per come voi lo vorreste affrontare. Noi siamo della destra sociale, popolare e compassionevole. Ci ispiriamo al filone del conservatorismo occidentale. Non esiste dalle parti nostre la cultura della discriminazione e del disprezzo, esiste solo la cultura dell'intervento, della solidarietà, del sostegno, della produzione di ricchezza orientata al soccorso delle persone indigenti, delle fasce sociali più deboli. Questa è la nostra ispirazione massima. Però, se voi siete sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda, dovreste, come noi, domandarvi: se siamo ispirati da questi nobili sentimenti, perché - perché! - non ci interessiamo delle persone e dei popoli nel Terzo mondo in difficoltà, che sono innanzitutto rappresentati dagli ultimi di quella classifica; e gli ultimi non sono quelli che riescono a trovare i soldi, chissà come, da dare ai trafficanti di uomini per attraversare il Sahara e poi altri soldi da consegnare agli scafisti per la traversata del mar Mediterraneo, non sono gli ultimi! Quelli sono il ceto emergente dell'Africa e del Terzo mondo, per paradosso, sono i più forti fisicamente, i più robusti, i più giovani. Quelli di cui insieme dovremo occuparci, sono davvero gli ultimi: i derelitti, sono gli anziani, sono i disabili, sono le donne, sono i bambini, sono i poveri e gli ultra poveri, sono coloro i quali non possono permettersi di pagare il pizzo a nessuno, che non possono allungare soldi da mettere nelle tasche dei trafficanti di uomini e dello sfruttamento di questo immondo mestiere; sono quelli che non ce la farebbero mai fisicamente perché morirebbero prima, ammesso e non concesso che qualcuno possa dare loro i soldi per pagare i trafficanti di uomini. Chi li aiuta? Chi? E voi pensate che il fenomeno dell'immigrazione possa essere affrontato semplicemente voltandosi dall'altra parte quando arrivano i barconi della morte? Vi sembra una modalità corretta ed equa? Non ci sarebbe bisogno che l'Italia fosse in prima fila, perché poi hai voglia a cercare giustificazioni e dire che comunque non lo fa l'Europa, non lo fa la comunità internazionale, intanto cominciamo a farlo noi, cominciamo noi a mettere in campo operazioni di cooperazione internazionale e di cooperazione allo sviluppo, di incoraggiamento per le organizzazioni non governative vere, per le missioni, per coloro i quali, mentre qui noi stiamo facendo i gargarismi intellettuali sull'ennesimo “decreto Sicurezza”, stanno lì, dentro le capanne, ad insegnare, ad alfabetizzare i bambini, senza termosifoni, senza impianti di condizionamento d'aria e talvolta senz'acqua e senza cibo! Noi dovremmo promuovere l'integrazione tra l'Italia e l'Africa, perché l'Africa per noi non è un continente qualunque. Noi non siamo la lontanissima Cina, né il lontanissimo continente americano, per noi l'Africa è il nostro giardino di riferimento; l'Italia è come una terrazza che si affaccia nel Mediterraneo e che, di fronte a sé, è come se avesse un'altra regione con cui stabilire dei rapporti diplomatici, culturali, sociali, politici, economici. E non troviamo di meglio da fare, noi che siamo i più esposti, noi che siamo la nazione con maggiori interessi in Africa, potenziali, non troviamo altra soluzione che, di fatto, trasformare i dispositivi di protezione internazionale - la riesumazione della cosiddetta, è un bluff lessicale, protezione umanitaria - in permessi di soggiorno e di lavoro. Noi riusciamo soltanto a offrire questo, cioè non portiamo sviluppo, non portiamo infrastrutture, non portiamo lavoro, non portiamo relazioni diplomatiche. Al contrario, svuotiamo l'Africa di quei soggetti che sono più facoltosi rispetto ad altri, il ceto sociale economico emergente, e sono fisicamente più attrezzati, e cioè tutti coloro i quali, all'85-90 per cento uomini, hanno un'età oscillante tra i 18 e i 35 anni; cioè, togliamo all'Africa la linfa vitale che, sola, può permettere a quei popoli di ribellarsi ai tiranni, di ribellarsi al declino, di ribellarsi al destino di fame e sete, e in occupazione e disperazione glieli sottraiamo tutti: per poterci fare che cosa? Per poterli sfruttare nei campi del Tavoliere delle Puglie, a dormire in tende canadesi nei borghi delle città di quella regione, per immetterli, sfruttati, nel circuito dell'edilizia, per immetterli, sfruttati, nel circuito della criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), a fare i pusher, a fare gli spacciatori, a fare i papponi e a sfruttare a loro volta la prostituzione, anch'essa che vede coinvolta, comunque, diciamo così, l'area africana.

Le donne che si prostituiscono sempre di più provengono - basta guardare i riscontri della nostra intelligence - dall'Africa. Alla faccia dell'integrazione! E' una cosa veramente pazzesca: se questa è integrazione, qualcuno mi può dire che cos'è il razzismo? Questa è integrazione? Ridurre alla fame, alla disperazione, allo sfruttamento e consegnare nelle mani della malavita persone disperate, che vengono qui a cercare futuro, prospettiva, speranza e trovano, se va bene, i centri di accoglienza? Io ne ho visitati - non so voi -, li ho visti, uno per uno: spettacoli indegni, indegni per una qualunque persona umana, eppure ci abbiamo speso fino a 5 miliardi di euro l'anno per alimentare questi centri di accoglienza. Che fine fanno i soldi? Dove vanno? Vi siete mai fatti due calcoli? Io, anche nella mia qualità di architetto, li ho fatti: con 5 miliardi di euro si fanno cinque città in Africa, città sontuose, ricche come lo era l'antica Babilonia e noi, in Italia, con 5 miliardi di euro non riusciamo a far stare dignitosamente qualche decina di migliaia di immigrati! Ma vergognatevi! E tanto è fallimentare la vostra ricetta che fareste bene a tacere, perché chi dice che non è vero che le vostre politiche sull'immigrazione producono un coefficiente di attrazione che fa aumentare l'immigrazione stessa dovrebbe leggersi - ma lo faccio proprio in due secondi perché non vale la pena neanche più di spenderci parole, lo sanno anche i muri - che nel 2018, Governo Gentiloni a cavallo con un pezzo del Governo Conte, ci sono stati 23.000 sbarchi, nel 2019, 10.000, quando è stato in vigore il decreto che voi state cercando di affossare definitivamente; nel 2020, prima quindi dell'approvazione di questo, allargate le maglie e con tutti i pentimenti e le battute di petto che vi siete fatti, con un clamoroso rovesciamento di scenario da parte delle stesse persone che stavano nel primo Governo Conte, siamo passati, in epoca Partito Democratico, a 32.542 sbarchi, che si aggiungono alle centinaia di migliaia, di cui purtroppo abbiamo avuto notizia nel corso di questi anni. Allora uno potrebbe dire: “Ma io ho un sentimento nobile e lo devo mettere in campo, lo voglio far pulsare e quindi non posso accettare che ci sia della gente che muore in mare”, siamo d'accordo, ma chi è, chi è in grado di cancellare i dati, nei cinque anni di Governi Letta, Renzi e Gentiloni, dei morti nel mar Mediterraneo, quando sono state messe in campo le vostre politiche? Il numero ufficiale è imbarazzante, ma quello reale e ufficioso fa venire i brividi alla schiena e chi sì è preso la responsabilità di continuare su quella strada è complice, è complice di quelle morti, di quei morti annegati, perché la soluzione non potrà mai essere quella di andare a soccorrere, non ce la farebbe mai nessuno. Se tutte le Marine militari del mondo andassero a raccogliere questi flussi nel mar Mediterraneo, comunque non riuscirebbero ad accogliere tutti coloro i quali - sono milioni di persone - vorrebbero trasferirsi dall'Africa, attraverso l'Italia, in Europa e in Occidente. Non è questa la soluzione: se avete a cuore la vita umana e volete salvaguardarla, c'è solo una soluzione, che è quella di impedire che i barconi della morte possano prendere il largo dalle coste della Libia o dalle coste della Tunisia attraverso gli accordi internazionali sia con l'Europa sia con i Paesi frontalieri rispetto al mar Mediterraneo. C'è solo una soluzione, che è quella di fare i centri di smistamento e di ricerca dei dati e quindi di analisi delle domande di accoglienza, di protezione umanitaria - di protezione internazionale: chiedo scusa -, lì nel Nord Africa, è questa l'operazione che dovete fare, è questa l'unica operazione possibile, che la selezione va fatta lì, proprio perché nessuno nella maggioranza, ma vi assicuro neanche nell'opposizione, vuole sfuggire alle proprie responsabilità e tutti vogliamo accogliere a braccia spalancate bambini, donne, famiglie, anziani che fuggono da guerre e persecuzioni, loro sì, i profughi veri e, se fossero profughi veri, non ci sarebbe questo balletto incommentabile da parte dei Paesi europei insensibili ad accogliere una quota di questi immigrati. E poi, siccome comunque non abbiamo questa grande capacità di controllo degli immigrati che arrivano in Sicilia, siccome tutti sanno che le Forze dell'ordine hanno interdetta la possibilità di bloccare le fughe dai centri di accoglienza, tutti sanno che buona parte di questi immigrati cercano di fuggire attraverso i punti di frontiera nei Paesi confinanti e quindi paradossalmente al danno si aggiunge la beffa perché accade che, quando facciamo le ripartizioni - qui abbiamo il Governo, lo può testimoniare, sono dati ufficiali ed io non invento nulla -, quando si fa la ripartizione degli immigrati da distribuire negli altri Paesi europei, c'è qualche Paese europeo, Germania e Francia primi fra tutti, perché sono i più colpiti - non perché sono particolarmente infingardi e cinici - che ci dicono: “Bene, quanti ce ne dovete dare? Cento? Peccato che si sono trovati a casa mia senza autorizzazione duecento immigrati e quindi cento ve li restituisco”. Invece di prendere la loro quota parte, ci restituiscono ogni anno centinaia di immigrati irregolari che attraversano le frontiere e si trovano senza autorizzazione in forza del Regolamento, non ancora riformato, di Dublino, fuori dai confini italiani; ce li rimandano indietro. Ma che gioco è? Ma che gioco è? Pensate che gli italiani sono dei deficienti, che hanno le orecchie foderate di prosciutto e i paraocchi e non vedano quello che accade nelle periferie delle grandi città e non sappiano che, di fronte ai numeri ufficiali, ci sono stratosferici numeri ufficiosi? Qui a Roma, lungo le sponde del fiume Tevere e del fiume Aniene, ci sono decine di migliaia di fantasmi, che stanno fuori dal vostro censimento. Per non parlare dei campi nomadi: non ci sono più nomadi, sono campi di immigrati, la popolazione nomade ormai è ridotta a un 10 per cento della popolazione totale che sta dentro i campi e i campi regolari sono un 10 per cento dei campi esistenti, non soltanto a Roma, anche a Milano a Torino a Napoli, nelle grandi città italiane e nei grandi capoluoghi di regione. Dunque, non vi curate dello sfruttamento del neoliberismo, dei Paesi del Terzo mondo, non vi curate del neocolonialismo che ha preso il sopravvento senza dichiararsi, ma esiste ed è cinico e spietato nei Paesi africani, non andate a prendere chi ha davvero bisogno della nostra solidarietà e che non si può muovere dai Paesi subsahariani, perché non ha la forza o non ha le risorse economiche per farlo, non vi occupate del rischio contagio che si è manifestato oggettivamente - sono dati che prima avete negato e che oggi non sono più negabili e avevamo ragione noi che invece ve li abbiamo spiattellati in faccia già mesi fa. Non vi curate del rischio del terrorismo internazionale, anche questo avete negato, avete sempre detto: “Ma quando mai, ma ti pare che un terrorista si mette a fare la traversata in carovana del Sahara e poi monta su un barcone sovraffollato, rischiando magari anche di non arrivare a destinazione”?

Bugiardi! È accaduto: non una volta; è accaduto più volte, non per qualche terrorista qualunque ma per quei terroristi che hanno cagionato decine e decine di morti innocenti. Non vi curate dello sfruttamento da parte del circuito della criminalità di questi disperati, non vi curate del proliferare di morti annegati; pensate che la vostra dogmatica soluzione li possa far resuscitare, invece di andare a fermare i barconi per tutelare - unica possibilità - la vita umana, per chi crede che la vita umana sia sacra. È un privilegio che noi ci teniamo tutto dalla nostra parte e in cui crediamo profondamente: la vita umana è sacra e, dunque, va difesa e garantita all'origine. Non vi curate della Costituzione italiana calpestata e della discriminazione delle donne musulmane a casa nostra e pensate che queste distrazioni, che sono foriere di disgrazie, di lutti, possano essere dimenticate dagli interessati? Dai cittadini che vedono? Non credo.

E, allora, noi - concludo, Presidente Rosato, e la ringrazio anche per avermi consentito di anticipare il mio intervento - vogliamo soltanto dirvi che non c'è da parte nostra un pregiudizio. Quando noi proponiamo il blocco navale, lo facciamo con la stessa praticità e con lo stesso istinto pragmatico che ebbe il vostro Romano Prodi nel 1996, quando respinse l'assalto reale e concreto dall'Albania e l'Albania, grazie a quella capacità dell'Italia di essere intransigente e in collaborazione con quel Governo di sinistra, è diventata l'alleata più fedele dell'Italia, perché noi non abbiamo sottratto energie vive all'Albania, approfittando della caduta e del crollo del comunismo e dell'imperante stagione di povertà e miseria che si stava avventando sull'Albania. È esattamente quello che dobbiamo fare anche nei confronti dei Paesi africani, con una forza dolce: non con i fucili, i cannoni, le navi militari; con la capacità e la forza della persuasione e con la lungimiranza dello statista, perché se noi avremo la capacità di fare del bene al popolo africano, a cui ci lega un patto antico, noi avremo certamente anche la possibilità di sviluppare delle relazioni adeguate da un punto di vista commerciale, da un punto di vista economico e, contestualmente, di essere accolti nel grande paradiso terreno delle persone giuste. È questo il nostro approccio con questa realtà. Voi fate demagogia e la demagogia sviluppa cadaveri; noi ci mettiamo a disposizione per affrontare nel piccolo di una nazione come l'Italia, grande ma comunque, rispetto al dramma dei flussi migratori eccezionali che stiamo subendo, una piccola nazione, e possiamo comunque fare la differenza se ci sintonizziamo sulla lunghezza d'onda della realtà (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Iniziare questa discussione sulle linee generali dopo l'intervento del Presidente Rampelli non è semplicissimo. Ci proviamo e parto proprio dalla fine, parto proprio dagli ultimi riferimenti a cui accennava il Presidente, perché, parafrasando un po' quello che diceva Almirante - io lo riconosco in pieno su di me -, quando si parla di Stato sociale, non c'è nessuno più a sinistra di me e, quando si parla di regole e di rispetto delle regole, non c'è nessuno più a destra di me. E lo dico perché, Vice Ministro, gli interventi dei colleghi che ci hanno preceduto hanno tutti puntato su un accento molto demagogico dal mio punto di vista; io spero, mi auguro, che nessuno dall'altra parte pensi veramente che le scene e le immagini di quel bambino, di Joseph e di tanti altri bambini, di tante altre donne, a noi non colpiscano o non ci feriscano nel profondo e lo dico perché io non permetto a nessuno di valutare il mio grado e il mio livello di umanità. Questo è un diritto che non vi potete arrogare e, quindi, respingo al mittente le accuse demagogiche, perché, se questo provvedimento fosse stato affrontato con onestà intellettuale nel merito, allora su molti punti ci sarebbe sicuramente stata convergenza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 13,45)

YLENJA LUCASELLI (FDI). Invece, questa convergenza non l'avete voluta, perché voi ne fate una bandiera politica. Il problema migratorio che affligge la nostra nazione da anni non è un problema dei “decreti Salvini” o di questo provvedimento o di quelli che lo hanno preceduto: è un problema mondiale che va regolato e va gestito. E allora, proprio perché le immagini di quel bambino ci hanno colpito profondamente e ci hanno fatto piangere, noi abbiamo chiesto tutti i giorni in Commissione che questo provvedimento venisse affrontato al di fuori delle ideologie, nel merito dei fatti, perché, Vice Ministro, lei sa o dovrebbe sapere o, se non lo sa, glielo dico io che alcuni di quei bambini, quando arrivano le navi delle ONG, vengono buttati appositamente a mare, perché così la nave sulla quale c'è la madre può seguire il bambino fino a entrare nelle nostre coste. Lei sa o dovrebbe sapere o, se non lo sa, glielo dico io che molti di quegli immigrati che sono sulle navi delle ONG per avere soccorso e per permettere a quella nave di entrare ingoiano delle lamette. Allora, dobbiamo essere seri: quello della migrazione è un problema serio e noi abbiamo il dovere di rispondere seriamente e non mi pare che questo provvedimento lo abbia fatto. Non mi pare che lo abbia fatto perché, sugli oltre 2.000 emendamenti presentati dai gruppi di opposizione, è impossibile che non ve ne fosse neanche mezzo che poteva essere accolto, sul quale avremmo potuto discutere. Non erano soltanto emendamenti di ideologia, di posizione politica, di posizionamento rispetto all'elettorato; erano emendamenti che cercavano di migliorare un provvedimento che, evidentemente, è fallace da un punto di vista tecnico-giuridico e da un punto di vista ordinamentale. Infatti - e qui viene un altro punto - uno degli errori più grandi che siamo abituati a fare un po' tutti è sempre quello di pensare di essere più intelligenti degli altri e, invece, è proprio quando si pensa di essere più intelligenti dell'altro, di essere più intelligenti dell'avversario, che si fanno errori madornali; e mi permetto di sottolineare che questo errore madornale in questo testo è stato fatto e l'illegittimità di questo provvedimento è sancita da quello che è scritto all'interno della legge di bilancio, perché a questo provvedimento è stata allegata, un mese e mezzo fa, una relazione tecnica di invarianza finanziaria mentre oggi, invece, troviamo che l'invarianza finanziaria non c'è. Il Governo stanzia 100 milioni all'anno e non lo fa genericamente imputandolo, diciamo, alla competenza del Ministero dell'Interno. No! Lo mette nel tabellare n. 2 al capitolo n. 27, che parla della gestione dell'immigrazione. E, allora, dobbiamo essere onesti: per due settimane ci avete detto che questo era un provvedimento che non aveva variazioni finanziarie, che non comportava un costo aggiuntivo e, invece, poi il costo aggiuntivo c'è ed è certificato. Allora, dovete avere l'onestà intellettuale di dire quale delle due è la verità: o raccontate agli italiani che avete fatto un provvedimento che sicuramente aumenta l'immigrazione, tanto da dover prevedere 100 milioni in più all'anno, un miliardo in dieci anni, per la gestione, oppure dovete dire che questo provvedimento non aumenta nessun costo per lo Stato, perché non ci sarà un aumento dell'immigrazione e, allora, dovete cancellare quei 100 milioni su quel capitolo.

Ebbene, non si può avere sempre ragione: delle due, l'una. Ci vuole coerenza e questo, invece, è l'esempio plastico di come la mano destra non guarda quello che fa la mano sinistra. Un mese e mezzo fa! Tra l'altro, non su un disegno di legge, ma su un decreto-legge. E demando, a chi conosce la distinzione fra le due cose e l'applicazione delle due, la differenza sostanziale che c'è rispetto a questo provvedimento di legge di bilancio. Allora, vedete, è la coerenza: vi è mancata coerenza. O meglio, siete stati assolutamente coerenti con la vostra linea politica, ma non siete stati coerenti con quello che raccontate agli italiani. Attraverso l'imposizione dei 100 milioni in legge di bilancio, certificate che questo provvedimento aumenterà i flussi nella nostra nazione. Allora, partendo da questo presupposto, da questo dato, io credo che sia fondamentale raccontarci quello che è successo, un po' perché lo abbiamo vissuto, ma un po' perché gli altri possano sapere. E, allora, torno a quello che dicevo prima. Oltre 2 mila emendamenti presentati dalle opposizioni e, questi emendamenti, non erano soltanto questioni ideologiche: erano questioni di merito. Infatti, se parliamo dei rimpatri e c'è un emendamento di Fratelli d'Italia che chiede di aumentare il fondo per i rimpatri e quell'emendamento non viene accolto e, poi, come dicevo prima, io ritrovo i fondi all'interno del capitolo della legge di bilancio, è evidente che non avete voluto accogliere quell'emendamento, semplicemente perché portava la firma Meloni.

Quando parliamo delle esigenze umanitarie, lo facciamo considerando anche il momento che stiamo vivendo. Allora, fuori dalla demagogia, io ancora non riesco a spiegarmi come mai tutti gli emendamenti di Fratelli d'Italia, che parlavano dell'applicazione e della regolamentazione della emergenza COVID anche all'interno dei centri di accoglienza, siano stati rigettati. Infatti, delle due, l'una: o l'emergenza COVID c'è, è fondamentale e deve essere rispettata, anche e soprattutto nel rispetto di quegli immigrati, oppure, evidentemente, la vostra è una battaglia ideologica e di quello che succede all'interno di quei centri importa poco.

E lo dico - e mi dispiace che la collega non sia più in Aula - perché quando mi si dice che noi non guardiamo negli occhi quelle persone, non guardiamo negli occhi quegli immigrati, che hanno sofferto e che vivono situazioni particolari, vedete, mi dispiace. Mi dispiace, vi devo dare una delusione, perché noi quegli occhi li guardiamo, come, quanto e forse meglio di voi. Ed è proprio perché li guardiamo che volevamo delle regole da rispettare, che fossero certe, perché la certezza delle regole è l'unica che può tutelare. Mentre noi guardiamo quegli occhi, io mi preoccupo anche di guardare gli occhi dei genitori di Pamela, dei genitori di Desirée, dei genitori di David Raggi, perché l'immigrazione irregolare porta anche a questo. Allora, se mi raccontate, se mi dite che io non guardo gli occhi degli immigrati, io vi dico che voi non guardate tutto il resto.

Quando l'immigrazione diventa irregolarità, diventa senza punti di riferimento, inevitabilmente vengono favorite situazioni all'estremo, che sono esattamente quelle che noi volevamo evitare e che abbiamo cercato di evitare, attraverso la proposizione dei nostri emendamenti.

I sindaci: completamente abbandonati. Ve ne siete dimenticati. Errore materiale? Errore formale? Errore di merito? Li avete abbandonati. Ci sono decine di arrivi che vengono gestiti, senza che venga ascoltato il sindaco, che è il primo baluardo della legalità, della sicurezza e della gestione amministrativa dei nostri territori. Ma come si fa? Come si fa? Ma, anche in questo caso, l'aggiustamento poteva essere fatto, perché c'erano gli emendamenti di Fratelli d'Italia. Invece, no: siccome era un emendamento di Fratelli d'Italia, non doveva essere accolto. Però, ne dovrete dare conto ai sindaci, che sono abbandonati da un punto di vista sostanziale nelle economie e da un punto di vista formale nella partecipazione alle decisioni, quando sono proprio loro che si trovano a dover gestire un fenomeno che il Governo centrale evidentemente non vuole gestire.

Ho sentito parlare dal collega di Italia Viva, poi, di ostruzionismo. Dice che i nostri emendamenti sono stati ostruzionistici; forse abbiamo parlato di tratta di esseri umani, perché tutto sommato, sì, la finalità era solo quella ostruzionistica. Eh no! Questo non è accettabile, in un dibattito serio non è accettabile. Ci sono gli studi del Ministero dell'Interno, gli studi della Comunità europea, il sondaggio Greta, che raccontano quello che succede in Italia sulla questione della tratta degli esseri umani. Ci sono dei numeri e quei numeri sono preoccupanti. I nostri emendamenti non erano ostruzionistici: erano realistici. E probabilmente è esattamente quello che manca in questo momento al Governo italiano, cioè il sapersi calare nella realtà. Allora, proprio perché quei dati ci sono, il motivo per il quale noi abbiamo presentato una serie di emendamenti contro gli scafisti e con una maggiore regolamentazione rispetto all'ingresso delle ONG, è perché partiamo da un presupposto. Il presupposto è che chi segue le regole, rispetta quelle regole, non deve avere paura della legge. Chi invece non lo fa, deve essere punito. Lasciare, invece, impuniti tutti coloro i quali pongono in essere atti contro quelle regole significa fare un danno anche a tutte quelle ONG che lavorano seriamente nel mare. Perché è sempre così, è il principio generale: se io non punisco chi sbaglia, quelli che invece si comportano bene, di fatto, vengono danneggiati. Ma come fate a non capirlo? È un concetto semplicissimo. Quindi, no! I nostri emendamenti non erano ostruzionistici. Si calavano nella realtà e in quello che viviamo nei flussi migratori e chiedevano regole chiare e precise. Chiedevano l'applicazione di un principio generale: chi sbaglia paga.

Io capisco che, insomma, molto spesso si ha l'arroganza intellettuale e politica di pensare: no, ma io non sbaglio mai. E, invece, non è così. Non è così e l'intelligenza sta nel capire che, laddove si sbaglia, si può recuperare. Però, capisco anche che questa intelligenza e questa sensibilità d'animo non appartenga a tutti. Però, non mi si può dire che noi abbiamo fatto ostruzionismo, quando i rapporti parlano di 75,2 per cento di casi di sfruttamento e di tratta sulle donne; 75,2 per cento sono donne, il 17 per cento sono minori, il 10 per cento sono minori sotto gli otto anni.

Le questioni che questo provvedimento non ha affrontato sono tante, ma c'è stato un unico filo conduttore, cioè la battaglia ai “decreti Sicurezza”, la battaglia alla destra cattiva, la battaglia a chi vuole regole. Però, questo è quello che siamo: noi siamo abituati a vivere nella socialità attraverso un sistema di regole. Se quelle regole non ci sono, se non ci fossero, non ci potrebbe essere socialità, perché la libertà di ognuno ha un limite ed è la libertà del suo prossimo.

Invece questo non lo rispetta; e allora anche lì, quando mi si parla di umanità, quando si parla di diritti, di estensione dei diritti, io continuo a non capire qual è il motivo per il quale si pensa di aumentare la diaria giornaliera, che è stata portata dai “decreti Salvini” a 18 euro, ora nuovamente a 35 al giorno, per immigrato - perché poi in Commissione mi è stato detto poverine, poi le associazioni che operano in quel settore non ce la fanno - e non si è mai pensato, invece, di aumentare le pensioni civili dei nostri pensionati, che arrivano a 459 euro, in tredici mensilità. E, allora, è umanità questa? È umanità nei confronti di chi? È principio di uguaglianza nei confronti di chi? Bisogna poter parlare di diritti, bisogna poter parlare di umanità, ma facciamolo nel modo corretto, e quindi chiedo cosa c'è di inumano, per esempio, in una delle proposte di Fratelli d'Italia che chiedeva di aprire gli hotspot direttamente sulle coste di partenza, proprio per evitare che quei bambini, quelle donne, che sono poi sfruttati, perché moltissimi di loro arrivano per essere sfruttati, arrivano per la vendita degli organi, arrivano bambini che sono rapiti alle loro famiglie d'origine - e questo il Vice Ministro lo sa, dovrebbe saperlo e, se non lo sa, glielo dico io -, rapiti alle loro famiglie perché qualcuno possa venire in Italia con un minore e per questo avere accesso al nostro territorio. E questa è una realtà che è sotto gli occhi di tutti. Lo dicono i dati del Ministero, non lo dico io; lo dicono i dati delle Capitanerie, non lo dico io; lo dicono i presidenti delle autorità portuali, non lo dico io.

E allora, vedete, proprio perché noi vogliamo che ci sia una migrazione, ma che sia una migrazione corretta e che sia a tutela di tutti coloro i quali hanno diritto di venire sul nostro territorio, ma soprattutto che non metta a rischio le vite, noi avevamo chiesto di mettere gli hotspot sulle coste di partenza. Certo, ci vuole uno sforzo da parte del Ministero degli Esteri, ci vuole uno sforzo di accordi bilaterali, certo. Certo, ma non inserire la possibilità che quegli sforzi vengano fatti significa negare il diritto a tutti coloro i quali hanno diritto legittimo di venire sul nostro territorio di poterlo fare con serenità.

E, allora, vedete - mi avvio alla conclusione -, io credo che il provvedimento sia manchevole sotto tantissimi punti di vista - e questo l'ho detto -, ma soprattutto che abbia un vizio sostanziale di fondo, che è un vizio che non può essere modificato, che poteva essere migliorato ascoltando le opposizioni, ma che di fatto non si è voluto fare, perché non è un provvedimento a favore della migrazione regolare, è un provvedimento a favore dell'immigrazione, qualunque cosa essa sia. È un provvedimento che racconta di dare diritti e, invece, i diritti li toglie a tutti coloro i quali potevano arrivare regolarmente e rimanere regolarmente. È un provvedimento che dice di voler salvare le vite e, invece, le vite non le salva, perché costringerà ancora bambini, donne e persone che scappano da situazioni terribili a doversi imbarcare con degli scafisti senza scrupoli. È un provvedimento che racconta che le pene saranno più gravi e, invece, le pene sostanzialmente le elimina, le elimina perché evidentemente a qualcuno seguire le regole spaventa.

E, allora, siccome il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale, ma il coraggio è quello di continuare, e siccome è il coraggio che conta nella vita, io vi assicuro che il gruppo di Fratelli d'Italia continuerà, con coraggio, a combattere questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fausto Raciti. Ne ha facoltà.

FAUSTO RACITI (PD). Grazie, Presidente. Prima di iniziare ed entrare nel merito del provvedimento, io spero di dare così una occasione diciamo di correzione di un lapsus alla collega Lucaselli, che ho ascoltato nel corso dei lavori in Commissione e credo e spero, come dire, di avere frainteso: a me non risulta alcun caso di organizzazione non governativa che abbia buttato giù dalla propria nave bambini. Penso si riferisse ai trafficanti.

YLENJA LUCASELLI (FDI). No, no, ci sono gli atti formali.

FAUSTO RACITI (PD). No. Prendo atto, però a questo punto le chiederò, in altra sede, di dimostrare quello che ha detto, perché mi giunge del tutto nuovo, veramente pensavo che fosse un equivoco. È una dichiarazione che mi colpisce molto, non solo perché non mi risulta, soprattutto in relazione ad un'accusa così grave, ma anche perché, come dire, per l'appunto questa dichiarazione diventa l'ennesima dimostrazione dell'esistenza di un radicato pregiudizio rispetto al ruolo che le organizzazioni non governative hanno svolto nel nostro Paese, nelle nostre acque, ma in particolare ovviamente nel Mediterraneo centrale.

Mi lasci dire, Presidente, che questo pregiudizio, questo livello ideologico della discussione e del conflitto si è manifestato nel corso di tutta la discussione in Commissione. Io ho preso nota di alcune parole che sono risuonate, anche all'interno di quest'Aula, nel corso della discussione di questa mattina e che non mi erano nuove, le avevo già orecchiate a lungo nel corso del confronto che si è svolto in Commissione affari costituzionali: “mangiatoia”, riferito al Terzo settore che lavora sull'accoglienza; “immigrazionismo”, come ideologia tesa a incentivare i flussi migratori suppongo in danno del Paese (non sfugge la caratterizzazione negativa della parola); “buonismo”, non solo per chi pratica accoglienza, ma per chi ha dedicato una parte del proprio tempo, delle proprie risorse economiche, della propria vita, nel corso di questi mesi, a salvare le vite in mare.

Questo, però, è un provvedimento che non ha questa natura. Questo è un provvedimento che sancisce la pace, un decreto che sancisce la pace tra l'ordinamento italiano e l'ordinamento internazionale. Questo è il punto, questo è il cuore del decreto che stiamo discutendo. E, in particolare, smantella un assetto delle politiche migratorie e di sicurezza pensato dall'allora Ministro Salvini come un modo per far entrare il sistema della legislazione ungherese dentro quella italiana. Ora, io vedo spesso questi manifesti di propaganda dove si mette l'Africa sopra l'Italia e si cerca di dimostrare che l'Africa dentro l'Italia non entra; è giusto, è vero. È altrettanto vero che il sistema giuridico e le norme ungheresi non entrano nell'assetto costituzionale italiano, per quanto ci possiamo sforzare, non ci stanno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). “Ideologico”: ideologico è stato l'impianto di quei decreti, che erano l'altra faccia di una campagna che si è sviluppata nel corso degli anni del Governo Conte 1, con il senatore Salvini nel ruolo di Ministro dell'Interno, nei quali corrispondevano due facce di una stessa medaglia: la guerra conclamata alle organizzazioni non governative, con la riserva conseguente, da parte del Ministro, a valutare di volta in volta quali potevano avere accesso alle acque territoriali italiane e quali no - sappiamo come è andata, e sappiamo come è andata anche sul piano giuridico, nel caso Sea-Watch -, e dall'altro l'idea che l'Italia dovesse progressivamente allontanarsi dall'Europa, o da una certa idea di Europa. Queste due idee, di cui una risaltava nei momenti di discussione delle leggi di bilancio, l'altra risaltava nei momenti di discussione rispetto al tema dell'immigrazione e della sicurezza, camminavano insieme.

Questo decreto corregge questo tipo di assetto. Capisco bene che ha acceso uno scontro che sta proseguendo anche nella giornata di oggi, ma, consentitemi di dirlo in questo modo, consente al nostro Paese di essere nuovamente novellato tra i Paesi occidentali civili, tra le nazioni democratiche e repubblicane che hanno, nel rispetto del diritto internazionale, nel riconoscimento del diritto internazionale, così come è stato messo in piedi dopo la Seconda guerra mondiale, la loro principale fonte di legittimità del diritto.

La campagna contro le organizzazioni non governative è stato uno solo degli aspetti di quei decreti, ma è stato probabilmente il principale. Presidente, anche nel corso del suo intervento, prima ovviamente che presiedesse, lei richiamava con molta forza questo elemento, ossia l'idea che quelle organizzazioni, che sono nient'altro che una forma del volontariato, non colmassero un vuoto nel Mediterraneo centrale, un vuoto lasciato anche dalle istituzioni nazionali, internazionali e dall'Unione europea, ma fossero funzionali a un disegno politico, finanziato da non meglio definite centrali di interesse, con l'obiettivo di sostituirsi ai trafficanti e giocare come un attore geopolitico nel Mediterraneo. Ora, io non so da quale idea e da quale percezione della realtà possa nascere quest'idea che è stata parte di una campagna più larga; nelle democrazie liberali, quando sono sotto attacco le organizzazioni non governative, significa che qualcosa inizia a non funzionare, che qualcosa si sta rompendo nel tessuto profondo di un Paese, soprattutto quando questo avviene in un Paese con la tradizione e la tradizionale proiezione mediterranea dell'Italia. Questa idea non solo si è dimostrata falsa sul piano giudiziario - voglio ricordare a tutti che nessuno dei molti processi intentati contro organizzazioni non governative dedite al salvataggio in mare si è concluso con una condanna di alcun tipo - ma è falsa e gravemente distorsiva e, lasciatemi dire, pericolosa sul piano generale, perché tende a criminalizzare un'attività che è stata, permettetemi di dire, una delle poche carte che i nostri Paesi hanno potuto giocare per non perdere completamente la faccia nei confronti dei loro dirimpettai. Io non credo all'idea dei buoni contro i cattivi, credo nella diversità delle idee e credo che sia legittimo, soprattutto su questo punto, avere idee diverse. Però, questo non mi può impedire di dire che c'è una differenza profonda, radicata, se volete, persino radicale, tra il decreto che è in discussione oggi e il decreto che lo ha preceduto e su cui questo decreto, a sua volta, interviene e che non è data dalla lunghezza o dalla brevità del testo, è data dal fatto che questo decreto interviene nel solco del dettato costituzionale e ripristina il valore del dettato costituzionale nella legislazione italiana. Questo è il punto fondamentale che ci divide, che non possiamo nasconderci e rispetto al quale io volentieri accetto il confronto, ma che va rimarcato in questa sede, perché altrimenti non si capisce che cosa stiamo facendo. Nessuno di noi pensa che il COVID non sia un'emergenza, nessuno di noi pensa che il Parlamento si stia occupando di questa materia perché si è distratto o non si è accorto di quello che succede fuori da quest'Aula. Nessuno di noi pensa che non ci siano italiani poveri, italiani in difficoltà, problemi occupazionali ed economici, vecchi ed emergenti, ma questo decreto, poi ci arriverò a breve, oltre a consentirci probabilmente di gestire meglio persino l'emergenza COVID - che dovrebbe averci insegnato che sapere è meglio di non sapere, integrare è meglio di nascondere, regolarizzare le posizioni è meglio di pretendere di mettere in un cono d'ombra una parte delle persone che, pur non essendo di cittadinanza italiana, vive in questo Paese, ma questo è un aspetto che vorrei vedere in breve, per un secondo, dopo -, mette in luce quello che noi tutti avevamo chiaro e cioè che da questa vicenda dipendesse un pezzo della credibilità, non solo del Governo, ma anche nazionale ed internazionale del nostro Paese. Molte volte è stato evocato il rischio di un cosiddetto pull factor, cioè che questo tipo di misure potesse determinare una capacità di attrazione dei flussi migratori e di risveglio di riapertura delle rotte, sappiamo tutti che nel Mediterraneo sono tre e, poi, ce n'è una più larga e continentale da est. I numeri, se noi solo avessimo ogni tanto l'accortezza di considerarli (e io ritengo che non sia un caso il fatto che all'approvazione dei decreti precedenti, dei cosiddetti decreti Salvini, non ci fosse nessun centro di valutazione dell'efficacia di quelle misure e di quelle politiche sul piano empirico, che è un elemento che questo tipo di assise tradizionalmente denuncia, il fatto che chi scrive le norme pensa di avere in mano una verità preconcetta che non ha bisogno di dimostrazione, perché si dimostra da sola, che è un classico degli approcci ideologici alla legislazione), raccontano altro; i numeri raccontano che l'andamento dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale è condizionato da fattori che non hanno nulla a che fare - e sarebbe un enorme errore di arroganza pensarlo - con la nostra legislazione nazionale. Chi mette a repentaglio la propria vita su un gommone, con difficoltà si sarà preoccupato di approfondire se avrà la carta d'identità per tre anni oppure no, se avrà riconosciuto il diritto di residenza oppure no. Quello che noi stiamo facendo è un'altra cosa; noi stiamo semplicemente mettendo il Paese in condizioni di gestire questa situazione, di gestirla, ripristinando un sistema di accoglienza diffuso ed evitando le grandi concentrazioni di persone e di interessi. Ce lo possiamo dire credo con grande franchezza.

Noi stiamo cercando di porre un limite ad uno sfruttamento selvaggio che c'è nel mercato del lavoro italiano e che fa leva sul reato di clandestinità, allo sfruttamento di manodopera immigrata non regolare; ed è un lavoro che è iniziato in altro tempo con le leggi sul caporalato; e abbiamo di fronte la sfida grande - lo voglio dire in questo modo - di tornare a mettere in capo a ciascun ambito della nostra politica di Governo le proprie responsabilità. La dico così: la politica estera si fa attraverso il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, non si fa attraverso la normativa sull'immigrazione e la sicurezza italiana. Se dei flussi ci saranno e quali saranno, sarà la politica estera del nostro Paese a determinarlo, non certo la politica di sicurezza. E se c'è stata un'idea sbagliata che si è diffusa nel corso degli anni era che fosse possibile mischiare le due cose, e affidare a qualcun altro la sorveglianza delle nostre coste e delle nostre frontiere. Non è così: questo è un ruolo insostituibile dello Stato, e tornare ad una politica estera che guardi alla necessità di una presenza italiana ed europea in Africa e nel Mediterraneo (ci sarebbe molto da dire su questo e non è questa la sede) dovrebbe essere probabilmente la prima delle priorità politiche di questo Governo, conclusa - speriamo presto e soprattutto speriamo bene - l'emergenza COVID-19, che in questo momento inevitabilmente assorbe le energie e le preoccupazioni di tutti noi.

Mi avvio a concludere, Presidente. Questo è un primo passo. Quando si dice “primo passo” si sottintende sempre che non è importante: in realtà questo è un passo fondamentale, il decreto-legge che abbiamo posto in approvazione è un passo fondamentale per ridisegnare non solo le nostre capacità di gestione dei flussi migratori, non solo la nostra capacità di immigrazione, ma anche qual è la natura della legislazione del nostro Paese. Io spero e penso che non debba e non possa essere l'ultimo. Come sapete, è in discussione da molto tempo, ormai in Commissione abbiamo concluso le audizioni, il tema dello ius culturae. Come sapete c'è un problema che permane, legato alla natura della legge Bossi-Fini: è l'individuazione del reato di clandestinità. Come sapete c'è ancora molto lavoro da fare. Però lasciatemi dire anche che per una volta l'essenziale qui c'è. L'essenziale qui c'è. Quando leggo il testo del decreto-legge, anche con gli apporti emendativi che si sono aggiunti nel corso della discussione, ci leggo dentro lo spirito della Costituzione, della Costituzione repubblicana; e questo, lasciatemi dire, dopo le vicende che questo Paese ha attraversato non è affatto poco, anzi è forse una delle cose più importanti e di valore che abbiamo fatto fino a qui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ketty Fogliani. Ne ha facoltà.

KETTY FOGLIANI (LEGA). Presidente, rappresentanti del Governo e onorevoli colleghi, decreto-legge “clandestini”: questo è il nome giusto con cui noi della Lega chiamiamo questo decreto-legge. Perché l'Italia aveva i suoi decreti “Sicurezza” e “Immigrazione”: i cosiddetti decreti-legge Salvini, quelli che avevano fatto scendere i numeri delle persone che arrivavano in Italia, clandestinamente appunto, a numeri accettabili, ma soprattutto gestibili. Decreti-legge adottati per venire incontro alle legittime istanze degli amministratori locali, delle Forze dell'ordine e degli stessi cittadini italiani, che noi ascoltiamo; non so voi, perché a vedere il risultato di questo che avete proposto, qualcuno la domanda se la fa. Solo con l'annuncio propagandistico di un anno fa, dell'uscita di questo decreto-legge in discussione, è ripartita l'invasione; e guarda caso qui, non in Grecia, non in Spagna, ma qui in Italia. Da gennaio a novembre 2019 erano 11 mila, e da gennaio a novembre 2020 sono già 37 mila. Il provvedimento che ora stiamo trattando non ha i requisiti richiesti di necessità ed urgenza: al contrario dei precedenti decreti-legge “Sicurezza”, nati proprio per bloccare i flussi migratori. E soprattutto non tiene conto della situazione economica attuale del nostro Paese e dell'emergenza sanitaria dovuta al COVID-19. Abbiamo cercato in tutti i modi di farlo capire i giorni scorsi in Commissione affari costituzionali, e quantomeno siamo riusciti a farvi spostare di una settimana la discussione in Aula, dopo il decreto-legge “COVID-19”; e decisamente per buon senso gli italiani, quelli della vita reale, quelli che vivono fuori, quelli che ci guardano da lontano, quantomeno se lo aspettavano. L'atteggiamento della maggioranza durante i lavori in Commissione, nonostante essa continui a chiedere collaborazione all'opposizione, è stato di chiusura, testimoniato dalla bocciatura di quasi tutte le più di 130 proposte emendative, e anche qui ponendo la questione di fiducia in calendario questa sera. L'urgenza della maggioranza è solo ideologica. Con la scusa delle correzioni necessitate dai rilievi del Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale, la maggioranza ha messo in atto un disegno diverso: quello di ricreare un sistema che accolga tutti indiscriminatamente e che non espella più nessuno. Viene ampliata a dismisura la possibilità di rilasciare permessi di soggiorno, determinando una discriminazione tra immigrati regolari e irregolari; peraltro non stanziando alcuna risorsa a favore dei comuni o delle Forze dell'ordine. Questo decreto-legge è strumentale a fini puramente politici e a mantenere gli equilibri all'interno della maggioranza di Governo e scongiurare la caduta dello stesso. Ma altre sono le priorità del Paese, mentre l'audizione della Ministra Lamorgese ha confermato che la nuova politica in materia di immigrazione sta già portando ad una ripresa dei fenomeni che erano stati contenuti con i decreti-legge “Sicurezza” del Ministro Salvini. Si tratta di un progetto folle, che aggiunge le problematiche legate all'incremento dei flussi migratori a quelle che attualmente la situazione emergenziale sta determinando sui cittadini italiani, i quali attendono risposte concrete sui temi del lavoro e della sanità. E scusate, ma proprio oggi il pensiero mi torna ai cittadini calabresi, perché veramente state arrivando ad una situazione decisamente ridicola: neanche oggi abbiamo il nome del commissario della sanità in Calabria. Stiamo assistendo ad uno Stato che abdica alla difesa dei suoi confini, e che in maniera indiretta favorisce i trafficanti di esseri umani. Tutto questo è volto a ripristinare il sistema di accoglienza diffusa, facendo così ripartire il business dell'immigrazione clandestina smantellato dal precedente Governo di cui, tra parentesi, il Presidente è lo stesso. Anche in questo contesto la contraddittorietà del MoVimento 5 Stelle è evidente: ha sostenuto posizioni inconciliabili, prima in occasione dell'approvazione dei decreti-legge del precedente Governo, il Conte I, e ora con riferimento al provvedimento in esame a distanza di un anno, col Conte II. Io me lo ricordo bene il contratto di Governo cosa scriveva, e qual era la campagna dei 5 Stelle in quel periodo. Entrando nel merito di alcuni punti, viene prevista la conversione automatica in permesso di soggiorno per motivi di lavoro di una serie di permessi precedentemente esclusi: la protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto cittadinanza, attività sportiva, lavoro artistico, motivi religiosi, assistenza minori; senza alcun limite, e di fatto sradicando tutta la programmazione dei flussi migratori.

Dunque, chi entra in Italia con permesso per motivi religiosi o per assistenza ai minori, permessi speciali con carattere temporaneo, può successivamente convertirlo in permesso per lavoro ed assicurarsi un titolo per rimanervi, determinando una discriminazione tra immigrati regolari e irregolari. Vengono eliminati dal testo unico sull'immigrazione la facoltà del Ministro dell'Interno di poter limitare o vietare il transito di navi in mare territoriale e i commi relativi a multa, sequestro e confisca delle navi in caso di violazione del divieto d'ingresso, introdotti col “decreto Sicurezza 2”. Viene inserita nel codice della navigazione la facoltà di limitare e vietare solo la sosta e il transito in mare territoriale. Viene eliminata l'ipotesi di vietare l'ingresso in capo al Ministro dell'Interno, escludendola per naviglio militare e navi in servizio governativo non commerciale, come anche previsto nel “decreto Sicurezza 2”, e per le ipotesi di soccorso in mare. Si riformula la multa in caso di inosservanza del divieto, che ora diventa, da 10 mila a 50 mila euro, anziché da 150 mila a un milione, com'era previsto nel “decreto Sicurezza 2”. Quindi, viene così eliminata la possibilità di vietare l'ingresso nelle acque territoriali, viene annullata la possibilità di sequestrare e confiscare le navi, mentre non è prevista nessuna sanzione e viene sempre consentito l'ingresso nel mare territoriale italiano alle navi delle ONG, qualora comunichino operazioni di soccorso al centro di coordinamento di soccorso marittimo dello Stato di bandiera.

Sono certamente meritevoli di compassione e considerazione coloro che fuggono da situazioni belliche ma non certo coloro i quali tentano di entrare illegalmente nel nostro territorio o, addirittura, come nel caso di Carola Rackete, di mettere a repentaglio l'incolumità degli appartenenti alle Forze dell'ordine italiane.

Durante i lavori di Commissione, inoltre, è stata introdotta la soppressione del limite temporale e delle quote stabilite per il decreto flussi annuale e un ulteriore ampliamento dei motivi di non respingimento ed espulsione, fino a ricomprendere l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Viene poi garantita la stessa erogazione di servizi non solo a chi ha i requisiti per la protezione internazionale – e quindi a chi ha già lo status - ma anche a tutti coloro che la richiedono durante il periodo di accertamento. Non si comprende la necessità di erogare tali servizi a quei migranti che non restano sul territorio italiano e mettiamo in evidenza l'ingente costo che questi servizi rappresentano per i cittadini italiani. Costi che si aggirano sui 5 miliardi di euro l'anno. Per capire la cifra, è la cifra destinata al “decreto Ristori” che va alle nostre aziende. L'importo previsto per ciascuna della normativa in esame per il sostegno giornaliero degli immigrati è pari a 35 euro e del tutto incongruo rispetto alle risorse stanziate dagli altri Paesi europei, come la Francia e la Germania, che si attestano intorno ai 18-20 euro, come del resto previsto dal precedente “decreto Salvini”.

Inoltre, un sistema efficiente di accoglienza dovrebbe sempre basarsi sulla leale collaborazione tra le istituzioni. Il provvedimento in esame, invece, riduce significativamente la possibilità di intervento di sindaci e amministratori locali, con il rischio che essi possono trovarsi a gestire situazioni assai delicate sul piano dell'ordine pubblico. Ma, evidentemente, pochi di voi sanno cosa vuol dire. In questo contesto, come può poi non nascere il sospetto che l'erogazione di questi servizi non sia volta ad aiutare effettivamente dei migranti quanto invece a finanziare quelle associazioni che quei servizi li prendono in gestione e che saranno gli unici a godere effettivamente di un beneficio?

Riteniamo che il provvedimento sia incompatibile con i bisogni dei cittadini soprattutto in questa fase di emergenza pandemica. Si ritiene contraddittoria la posizione della maggioranza che, da un lato, ha svuotato le carceri, ritenendo si trovassero in una situazione di emergenza sanitaria, ma, dall'altro, non intende adottare provvedimenti per quanto riguarda i centri di accoglienza. Sottolineo con amarezza come ai cittadini italiani sia richiesto di pagare un prezzo per l'emergenza sanitaria che, invece, non viene richiesto agli immigrati clandestini. Riaffermiamo il principio dell'emergenza sanitaria a fronte del fatto che molti immigrati clandestini sono anche risultati positivi al COVID-19, rischiando di infettare il personale sanitario, di assistenza e le Forze dell'ordine, rilevando tra l'altro come alcuni di essi non rispettino neppure gli obblighi di quarantena. Pertanto, quantomeno si poteva rimandare questo decreto a fine pandemia. Invece, questo non viene neppure considerato.

È inaccettabile che, da un lato, la libertà dei cittadini sia fortemente compromessa, specialmente nelle cosiddette zone rosse, in quanto, sulla base di una valutazione, che peraltro condividiamo, si ritiene prioritaria la tutela della salute pubblica mentre, dall'altro, non si impedisca, salvo casi ovviamente eccezionali di comprovata necessità, l'ingresso degli stranieri nel territorio nazionale.

Osserviamo poi che più del 30 per cento di questi provengono dalla Tunisia che, stando a quanto dichiarato dalla stessa Ministro dell'Interno, non può non essere considerata un Paese sicuro, dove non ci sono guerre e dove le persone dovrebbero, invece, essere incentivate a rimanere per sviluppare l'economia locale.

In questo “decreto Clandestini-invasione” può trovarsi un'industria della marginalità per immigrati privi di requisiti reddituali che faranno pressione sul sistema del welfare sociale; e, di nuovo, si ricade sui sindaci. Ci sono già molte famiglie italiane immigrate regolari che chiedono buoni spesa, case popolari e un'altra presenza di nuovi poveri non potrebbe trovare risposte. Aumenteranno a dismisura gli sbarchi di clandestini in Italia ed incrementeranno il numero di naufragi nel Mediterraneo, come ci sta già raccontando la cronaca. E quando qualcuno mi dice che, come madre, devo pensare a quello che succede e a coloro che muoiono in mare, io lo faccio sempre questo pensiero; e visto che chi muore è uno su cinque delle persone che partono, credo che bloccare le partenze sia la soluzione migliore.

Saranno agevolate le attività opache delle ONG che sono tornate a pattugliare le acque di fronte alla Libia. Gli effetti di questa condotta insensata, peraltro, si stanno già evidenziando, con l'Italia che viene regolarmente esclusa dai tavoli europei dove si discute la gestione dei flussi e il contrasto dell'immigrazione illegale; e viene immancabilmente lasciata sola. Si torna indietro. Riparte, ampliata, la mangiatoia che c'era prima dei “decreti Salvini” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie Presidente, la ringrazio della parola. Onorevole Vice Ministro Mauri, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il provvedimento che oggi esaminiamo è un decreto-legge in materia di immigrazione e sicurezza che intende modificare alcuni aspetti dei “decreti Salvini”. In particolare, si vorrebbero allentare alcune maglie all'immigrazione nel nostro Paese dal mar Mediterraneo, eliminando tante norme che hanno complicato negli ultimi anni il lavoro delle ONG.

Si tratta di un decreto-legge e, come tale, dovremmo verificare se ne sussistono i presupposti di necessità ed urgenza. Invero, a giudizio di chi parla, tali requisiti difettano in modo addirittura eclatante. Sono già intervenuto - a nome di Forza Italia - sullo stesso tema in sede di pregiudiziale di costituzionalità, facendo valere, quella volta, argomenti di natura formale. Oggi voglio richiamare l'attenzione dell'Aula, invece, su aspetti di natura politica.

Mi pongo, e vi pongo, colleghi, una domanda: quanto accade tutti i giorni sotto i nostri occhi ci dice che il nostro Paese ha necessità ed urgenza di allentare queste maglie o, invece, semmai, di restringerle ulteriormente, se è possibile? Io credo che mai come in questa occasione la risposta non possa che essere una sola: i nostri confini sud sono troppo permeabili e sono i fatti, e non le parole, a dimostrarlo.

La legislazione andrebbe resa ancor più stringente e rigorosa. Mi spiego meglio: questo decreto-legge è datato 21 ottobre 2020 ed in quella data è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Solo a distanza di otto giorni dalla sua pubblicazione, il terrorista islamico tunisino Brahim Aouissaoui ha sgozzato, nella cattedrale di Nizza, il sacrestano e i due fedeli che vi si erano ritirati a pregare. Gli inquirenti hanno potuto verificare che il terrorista era sbarcato alla fine del mese di settembre 2020 a Lampedusa e fino a pochi giorni prima dell'attentato era stato presente nel nostro Paese, che aveva risalito indisturbato, nonostante fosse destinatario di un ordine di espulsione, fino alla frontiera francese, passando da Roma a Genova, con il treno. Questo gravissimo episodio ha dimostrato in modo direi quasi scolastico che, purtroppo, la disciplina oggi vigente in materia di immigrazione è inadeguata a contrastare il terrorismo, perché è fin troppo lassista e ha esposto il nostro Paese e il nostro Governo ad una colossale figuraccia internazionale. Non a caso, il nostro Paese è stato escluso dal Vertice europeo sulla sicurezza del successivo 10 novembre, organizzato dai Presidenti Merkel e Macron. Io credo che lei, Vice Ministro Mauri, in quelle ore, doveva essersi sentito molto imbarazzato, come mi sono sentito io. Anzi, le confesso, Vice Ministro, che io, come rappresentante delle istituzioni italiane, mi sono proprio vergognato di fronte al popolo francese.

Poco fa, il collega Raciti, intervenendo, ha detto che la credibilità del nostro Paese passa attraverso questo decreto-legge: ecco, io, personalmente, credo che la credibilità del nostro Paese sia andata perduta in quell'occasione e di fronte ai nostri partner europei. Il Presidente Macron ha parlato esplicitamente di falle nelle frontiere esterne di uno Stato membro dell'Unione europea. Più chiaro di così? Nonostante quanto accaduto, la maggioranza, invece, insiste nel proseguire nell'esame di questo decreto che, a fronte del gravissimo incidente di Nizza, avrebbe dovuto, invece, essere lasciato cadere.

Non appare comprensibile ed appare inspiegabile che il Governo, in piena emergenza sanitaria, economica e sociale, ritenga oggi necessario e urgente modificare i “decreti Salvini”, che un'efficace risposta al fenomeno dell'immigrazione incontrollata dal Mediterraneo l'avevano pur data. Sono ben altre, oggi, le priorità per il Paese.

Il tragico episodio di Nizza ci consente di porre l'attenzione anche a diverse altre problematiche di carattere geopolitico. Innanzitutto, ha spazzato via tanta retorica a buon mercato, propagata negli ultimi anni, in particolare, dalla sinistra, del tipo “Lampedusa porta d'Europa”, oppure “i terroristi non giungono sulle nostre coste con i barconi”. Se non sbaglio, lo dicevano il Premier Renzi - io ho annotato dalle agenzie una dichiarazione del 18 novembre 2015 - e l'attuale Commissario europeo Gentiloni (anche qui, una dichiarazione alle agenzie del 24 gennaio 2015). Peraltro, va ricordato che dalla Tunisia era giunto su un barcone, via mare, anche Anis Amri, il terrorista protagonista della strage del mercatino di Natale, a Berlino, nel dicembre 2016, che poi, per fortuna, venne neutralizzato, nei giorni successivi, da due bravissimi agenti della polizia di Stato, dopo una sparatoria, a Sesto San Giovanni. Il fenomeno del transito dei terroristi attraverso i barconi, quindi, non è recente, ma è ormai provato e consolidato.

Una ulteriore riflessione la merita anche la Tunisia. La Tunisia è un Paese amico, con cui siamo legati da forti rapporti economici, politici e storici. Abbiamo, credo, tutti noi, Presidente, passato delle bellissime vacanze sulle sue spiagge e sulle sue oasi nel deserto ed abbiamo amato il carattere ospitale della sua popolazione, ma non possiamo, tuttavia, ignorare alcune gravissime criticità che riguardano questo Paese, pur amico e alleato. Ogni giorno, sulle nostre coste, proviene un flusso imponente ed ininterrotto di migranti di cittadinanza tunisina. Essi lo fanno, evidentemente, a causa di una grave crisi economica; giungono, tuttavia, in un Paese che ha visto decrescere il proprio PIL, in un anno, di oltre il 10 per cento per l'emergenza sanitaria e che non ha nessuna possibilità di accoglierli. Chi arriva dalla Tunisia è un migrante economico, perché, con tutta evidenza, la Tunisia è un Paese democratico che non perseguita i propri concittadini. Questi migranti, però, non hanno titolo per ottenere protezione umanitaria, né asilo politico. Di converso, le statistiche ci dicono che, purtroppo - e questo dato, Presidente, lo registriamo davvero con grande dolore -, la Tunisia è da tempo una fucina di terroristi islamici. Con grande rammarico constatiamo che è il Paese che, in proporzione alla popolazione, ha fornito all'ISIS il maggior numero di foreign fighters. Questi dati ci dicono che i tunisini che giungono nel nostro Paese clandestinamente dovrebbero essere immediatamente respinti e riaccompagnati nel Paese di provenienza, e non lasciati scorrazzare liberamente nel nostro territorio nazionale, come è accaduto con il citato Brahim Aouissaoui. Ecco perché ripeto che questo decreto-legge non ha alcun significato nell'attuale contesto storico, non abbiamo bisogno di allentare le maglie della immigrazione.

L'approvazione di questo decreto costituisce, a tutti gli effetti, un messaggio devastante, che sul piano comunicativo sarà interpretato, sul lato sud del Mediterraneo, come un'inversione ad U della politica migratoria del nostro Paese. Sappiamo tutti benissimo che migliaia di disperati dal Nord Africa guardano all'Italia e all'Europa e sono pronti a cogliere ogni nostra esitazione. L'approvazione di questo decreto verrà interpretata come un sostanziale via libera del nostro Governo alle loro aspirazioni, e questo sarà disastroso e andrà ad aggravare un bilancio, già fallimentare, della gestione del Ministro Lamorgese. I dati ufficiali del Ministero dell'Interno certificano che, nel 2020, sono tornati ad operare nel Mediterraneo i “taxi del mare” e sono già sbarcati sulle nostre coste ben 32.474 migranti clandestini, e l'anno non è ancora concluso. Nel corso di tutto l'anno 2019, quando il Ministro dell'Interno era Salvini, i migranti sbarcati sono stati, in tutto, 9.956, meno di un terzo. Nel 2010, durante l'ultimo Governo Berlusconi - udite, udite, colleghi -, si era registrato il record assoluto, con solo 4.406 arrivi nell'arco dell'intero anno. La gestione del Ministro Lamorgese, al netto dell'imperdonabile incidente del terrorista di Nizza, appariva già, quindi, disastrosa. Non c'era, dunque, alcun bisogno di aggiungere ad un bilancio fallimentare anche il disastro di questo decreto-legge.

Ma questo provvedimento non avrà effetti negativi solo sotto il profilo dell'ordine pubblico e della immigrazione clandestina. Voglio, oggi, portare all'attenzione di quest'Aula un aspetto attinente, invece, al settore della giustizia, del quale mi occupo in via istituzionale. Il testo prevede che, d'ora in poi, la competenza sulle cause in materia di immigrazione e per il riconoscimento della protezione internazionale sia affidata al tribunale in composizione collegiale, anziché monocratica come accade per la quasi generalità delle controversie trattate in primo grado. La modifica comporterà un aggravio assai pesante dei carichi di lavoro degli uffici giudiziari di primo grado. In Commissione giustizia abbiamo audito, mediante contributo scritto, in particolare il presidente del tribunale di Venezia, il quale ci ha fatto notare che i tribunali distrettuali sono già oggi gravati da un numero insostenibile di procedimenti in materia di protezione internazionale, che impedisce loro di esaminare l'ordinario contenzioso civile in tempi ragionevoli. Negli ultimi anni, per effetto di alcune riforme che, come ho già detto in Commissione, mi permetto di ascrivere alla reggenza del Ministro Orlando, qualche miglioramento, in effetti, c'era stato nello smaltimento dell'arretrato civile. La modifica normativa che viene disposta con questo decreto finirà per scassare definitivamente un sistema già in difficoltà, affossando ogni speranza di miglioramento.

Gli argomenti critici del presidente del tribunale di Venezia, per la autorevolezza del soggetto dal quale provengono e la sua capacità di indipendenza di giudizio, avrebbero meritato di essere vagliati con maggior cura dal Governo. In Commissione giustizia, il relatore Bordo non ha avuto il coraggio politico di tradurli in una osservazione o condizione, ma va riconosciuto che li ha almeno inseriti, in termini problematici, nella parte motiva del suo parere. Forza Italia li ha tradotti, invece, in una serie di emendamenti che vorremmo porre all'attenzione dell'Aula, prevedendo che queste controversie a carattere seriale, spesso redatte con quello che, in gergo giudiziario, viene definito lo “stampone”, vengano innanzitutto sottratte ai giudici togati, che potrebbero così dedicarsi alle cause di maggiore complessità giuridica.

Proponiamo, quindi, che queste controversie siano affidate ai giudici di pace. Conosciamo assai bene i problemi della magistratura onoraria, soprattutto dopo i “decreti Orlando”, decreti che il Ministro Bonafede non ha voluto modificare nonostante gli impegni assunti quando egli era all'opposizione ed in campagna elettorale. Affidare ai giudici di pace una competenza esclusiva sulla materia dell'immigrazione consentirebbe loro di superare anche alcune delle difficoltà di carattere economico che, da tempo, essi rappresentano inascoltati al ceto politico. Le nostre proposte sono di buon senso, presentate con spirito costruttivo e di leale collaborazione con il Governo. Peccato, però, che non saranno discusse. Da quanto si apprende, il Governo anche stavolta rifiuta il dialogo con il Parlamento: metterà la fiducia, strozzerà il dibattito e così eviterà un confronto di merito sugli emendamenti dell'opposizione. Ci siamo abituati, è ormai la sedicesima volta alla Camera in questa legislatura. Ricordo, peraltro, le grida di sdegno e di indignazione, e gli ululati degli esponenti del MoVimento 5 Stelle in questa stessa Aula, nella scorsa legislatura, quando i Governi Renzi e Gentiloni, a loro volta, ponevano la fiducia. Ora il Governo a guida del Premier Conte si avvia a superare ogni record precedente: lo fa per evitare un confronto con l'opposizione, ma anche per mascherare le proprie divisioni interne. Ed il MoVimento 5 Stelle, che ha completato la propria mutazione genetica e ora rinnega i principi che agitava solo tre anni fa, accetta tutto e il contrario di tutto per mantenere il potere e le lucrose poltrone che occupa. Forza Italia, invece, voterà contro la fiducia e contro questo decreto, profondamente sbagliato per contesto economico e tempistica. Di tutt'altro hanno bisogno oggi i nostri concittadini, prostrati dall'epidemia COVID e dalla crisi economica. Grazie, Presidente, per l'attenzione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Laura Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD). Grazie, signor Presidente. Vice Ministro Mauri, colleghe e colleghi, con questo provvedimento viene mandato in soffitta il cuore di quei “decreti Salvini”, erroneamente denominati “decreti Sicurezza”, che hanno rappresentato un uso cinico e puramente propagandistico dello strumento legislativo. Sì, di una mera operazione di propaganda si è trattato, utile a costruire una narrazione del tutto falsa e strumentale, composta da ben tre clamorose deformazioni della realtà. Prima mistificazione: si è inventato di sana pianta un capro espiatorio, indicando nei migranti la causa principale di tutti i problemi della nostra società e indicando nelle navi che prestano soccorso ai naufraghi la longa manus dei trafficanti di esseri umani. Seconda mistificazione: si è fatto credere che fosse in atto una invasione dalla quale dovevamo difenderci, quando i dati sui flussi migratori, all'epoca della emanazione del primo di questi due decreti, segnalavano, invece, un evidente calo dei numeri degli arrivi dei migranti in Italia. In terzo luogo, per chiudere il cerchio, si è detto che con quei decreti si sarebbe garantita la sicurezza dell'Italia e degli italiani. Ma che cosa c'è di sicuro nel cancellare la protezione per motivi umanitari, creando così decine di migliaia di nuovi irregolari abbandonati all'emarginazione? Qualcuno me lo può spiegare? E perché ci si deve sentire più sicuri togliendo ai richiedenti asilo la possibilità dell'iscrizione alle anagrafi dei comuni, creando così tanti fantasmi privi dei servizi più essenziali? E quale sicurezza ci avrebbe dato raddoppiare da due a quattro anni il tempo per rispondere alle domande di cittadinanza? Quale sicurezza? Ecco, questi sono inutili accanimenti ai danni dei più svantaggiati. E ha fornito forse più sicurezza puntare sui grandi centri sovraffollati, invece che sul sistema SPRAR, quello che, grazie ad un'accoglienza diffusa di piccoli nuclei, garantiva un minore impatto sul territorio e, quindi, una maggiore coesione sociale? Presidente, la storia ci insegna che, quando nella ricerca di un facile consenso si costruiscono a tavolino capri espiatori e si alimenta rabbia e odio contro di essi, la società non diventa più sicura, ma più violenta, più divisa e, alla fine, la società diventa più fragile. E l'Italia, con questo tipo di legislazione propagandistica, si è isolata, ha perso prestigio e autorevolezza, perché quei decreti confliggevano con il diritto internazionale consolidato e perché sono stati anche lo strumento per ingaggiare una polemica quotidiana contro l'Unione europea, e poi contro la Francia, e poi contro la Spagna, e contro la Germania, e ogni giorno c'era un nemico contro cui scagliarsi. Ecco perché, signor Presidente e Vice Ministro, il decreto che giunge in Aula oggi, dopo lunghe sedute diurne e notturne della Commissione, è un atto che riposiziona il nostro Paese sui binari tracciati dalla Costituzione, dal diritto internazionale che noi stessi, sia ben chiaro, abbiamo contribuito negli anni ad elaborare e dai più elementari principi di umanità. Chi salva naufraghi che rischiano la vita, applicando l'antica legge del mare, va ringraziato, va lodato, non criminalizzato, perché questo, Presidente, è stato fatto con le navi delle organizzazioni non governative, imponendo loro multe spropositate, sequestro e confisca delle imbarcazioni, solo perché, con la loro azione di soccorso, riempivano un vuoto, il vuoto lasciato dopo la meritoria operazione Mare Nostrum dalle navi dei Paesi mediterranei. Non è certo un caso se entrambi i “decreti Salvini”, all'atto della loro promulgazione, sono stati accompagnati da pubblici e formali richiami del Presidente della Repubblica al rispetto dei principi costituzionali e del diritto internazionale. E non è certo un caso che la Corte costituzionale abbia bocciato la norma che prevedeva l'esclusione dei richiedenti asilo dall'iscrizione anagrafica, sostenendo giustamente che si introduceva una immotivata disparità di trattamento e che - cito testualmente - “invece di aumentare il livello di sicurezza pubblica, si finisce col limitare le capacità di controllo e di monitoraggio dell'autorità pubblica su persone che soggiornano regolarmente nel territorio statale”, chiusa citazione. Allora, di che cosa stiamo parlando? Altro che “decreti Sicurezza”, questi erano decreti che riguardavano tutt'altro che la sicurezza. Dopo due richiami del Capo dello Stato, dopo una sentenza della Corte costituzionale, ma soprattutto dopo aver visto gli effetti nefasti di questi due decreti, il Governo e il Parlamento avevano il dovere giuridico e morale di intervenire; ed è quello che, dopo lunga attesa, ha fatto l'Esecutivo, con un provvedimento di urgenza, ed è quello che stanno facendo i deputati e le deputate e che, dopo di noi, verrà fatto al Senato. Presidente, questo decreto smonta, pezzo per pezzo, i “decreti Insicurezza”. Solo per citare alcuni punti, i più salienti: non si mette più in discussione l'obbligo di salvare vite umane in mare e quindi si ridimensionano le multe per le navi delle ONG, che vengono applicate solo dopo un procedimento giudiziario; si reintroduce la protezione umanitaria denominata protezione speciale; si ritorna al sistema SPRAR, il sistema di accoglienza diffusa, denominato ora SAI, dove la “I” di SAI sta per “integrazione”, una parola, questa sì, che significa più coesione sociale e maggiore rispetto dei diritti e dei doveri da parte di tutti; si reintroduce l'iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo. La Commissione - ai cui lavori il Vice Ministro, Matteo Mauri, ha sempre partecipato, e lo ringrazio per l'attenzione con cui l'ha fatto e sempre per il tentativo di trovare una mediazione, purtroppo non andata a buon fine, visto il tipo di opposizione che abbiamo avuto - ha poi apportato alcuni significativi miglioramenti.

Non essendoci abbastanza tempo per menzionarli tutti, mi limito a citarne solo alcuni. In Commissione abbiamo inserito il divieto di respingere persone verso uno Stato qualora esistano fondati rischi di essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti e, comunque, sempre nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia e anche degli obblighi costituzionali dell'Italia; ha escluso i richiedenti asilo vulnerabili dalle procedure accelerate, per consentire un esame più approfondito dei loro casi e delle loro istanze; ha stabilito la possibilità di convertire in permesso di soggiorno per lavoro anche quello per cure mediche; ha ulteriormente ridotto i tempi di attesa per la cittadinanza da 48 mesi del “decreto Salvini” a 24, un tempo ancora lungo, signor Vice Ministro, ma meno lontano dagli standard europei; ha saggiamente eliminato l'illogico vincolo delle quote stabilite dall'ultimo “decreto Flussi” se manca la programmazione triennale; ha inserito tra gli obblighi internazionali che presiedono al soccorso in mare anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e le normative internazionali europee sul diritto d'asilo; ha poi accolto, la Commissione, un emendamento secondo il quale non si possono espellere o respingere persone che rischiano persecuzione sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Lo cito, Presidente, anche perché su questo emendamento si è scatenata una polemica speciosa, speciosa ma rivelatrice di una certa arretratezza culturale. Ma, colleghi e colleghe, lo sapete che ci sono nel mondo circa 70 Paesi in cui l'omosessualità è un reato sanzionato con il carcere? E lo sapete che ce ne sono altri sette in cui essere gay o lesbica viene punito con la pena di morte? Lo sapete o no? E, allora, noi dovremmo ignorare questa realtà? Mi dispiace, ma questo non è possibile. È la vittoria del buonismo, come ha detto qualcuno? No, è la vittoria del buon senso, del rispetto dei diritti umani e della convinzione che il fenomeno migratorio, che è epocale e riguarda tutti i continenti, vada governato - governato, non demonizzato - né tanto meno strumentalizzato per convenienze elettorali.

Il decreto che stiamo discutendo dà un contributo decisivo alla gestione di questa realtà, ma mancano ancora altri strumenti e li voglio citare (già il mio collega Raciti li aveva accennati). Il radicale superamento della “legge Bossi-Fini”, il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti ed è veramente paradossale che la destra parli di immigrazione incontrollata quando la normativa vigente è ancora quella della sua legge del 2002. Poi, una riforma della legge sulla cittadinanza - questo è l'altro punto - per consentire a tante ragazze e a tanti ragazzi nati in Italia o cresciuti nel nostro Paese, che si sentono italiani al pari dei loro coetanei nostri figli, di esserlo a tutti gli effetti di legge. E poi, Presidente, la riforma del regolamento di Dublino, che, purtroppo, non rintracciamo ancora nel nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo proposto dalla Commissione europea.

Il Presidente eletto Joe Biden ha esclamato: “America is back”. Parafrasando la sua affermazione, vorrei dire con soddisfazione, Presidente, che, con il drastico superamento dei “decreti Salvini”, Italy is back, l'Italia è tornata. È tornato quel Paese democratico, culla del diritto e delle libertà civili e per questo apprezzato nel mondo; è tornato quel Paese fiero del suo senso di umanità; è tornato quel Paese pienamente inserito nel consesso europeo e internazionale, perché rispettoso del diritto europeo e internazionale e questa certamente è una gran bella notizia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cristian Invernizzi. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Grazie, Presidente. Membro del Governo, Vice Ministro, onorevoli colleghi, consentitemi di esordire invitando i componenti, i membri dell'attuale maggioranza a non stappare lo champagne, a tenerlo ancora in fresco, a non esultare, a non festeggiare, a non attaccarsi alla probabile prossima approvazione di questo decreto-legge come la fine di un progetto politico e culturale portato avanti negli ultimi anni dalla Lega e dalle altre forze di centrodestra, perché vi inviterei a riflettere su un dato: che, innanzitutto, prima o poi ci saranno le elezioni e nella stragrande maggioranza dei casi, quando si va alle elezioni, prima c'è anche una campagna elettorale, una campagna elettorale nella quale le forze politiche propagandano, esprimono, informano i possibili loro elettori su qual è la loro idea di società, la loro idea di sviluppo, la loro idea di sicurezza. Ne abbiamo sentite tante stamattina, onorevole Presidente, e ne sentiremo sicuramente anche nei prossimi giorni, durante la discussione di questo decreto. Ovviamente, il fatto di aver inserito la fiducia non è che lascia ampio spazio alle opposizioni, ma la nostra voce si sentirà e si sentirà sicuramente forte.

Abbiamo sentito parlare di sconfitta dell'arretratezza culturale, di rientro dell'Italia nel novero delle nazioni civili, di recuperato prestigio internazionale, che ci siamo reintrodotti nell'Europa. Parliamone. Citava prima l'onorevole Boldrini “Italy is back”, citando il Presidente Biden, a cui facciamo ovviamente gli auguri, ricordando che l'Italia è talmente prestigiosa nel mondo che Biden ha chiamato il Presidente del Consiglio per ultimo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), probabilmente quando ha finito l'elenco: è arrivato allo Zimbabwe e si sono ricordati che mancava l'Italia e ha chiamato anche Conte. Però, l'Italia ha il prestigio internazionale, un prestigio internazionale anche riconosciuto dai nostri dirimpettai europei che, nel recentissimo vertice europeo sull'immigrazione e sui problemi del fondamentalismo, hanno chiamato tutti salvo che l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), ma non perché in Italia governa quel brutto Salvini; no, semplicemente perché non venite considerati e non verrete considerati fino a quando continuerete a fare quello che è stato fatto prima che al Governo ci arrivasse Salvini, cioè i camerieri dell'Europa, perché bisogna ricordarsi da dove nascono i “decreti Sicurezza Salvini”.

I “decreti Sicurezza Salvini” sono figli di un periodo storico - e mi riferisco orientativamente al 2012-2018 - nel quale si era verificata tutta una serie di condizioni che avevano portato poi alle elezioni del 2018 e alla vittoria di due forze politiche che furono quelle che poi, infatti, fecero il primo Governo: MoVimento 5 Stelle, partito allora di maggioranza relativa, ed esplosione della Lega. Da cosa fu determinato questo risultato elettorale? Lo ricordo agli amici della sinistra: per elezioni si intende quel procedimento attraverso il quale i cittadini indicano, danno il mandato ad alcune forze politiche di governare e a noi piace pensare che sia ancora così (voi avete un altro tipo di approccio). Nel 2018 si arrivava a una situazione drammatica in cui quelli che voi citate, i nostri partner europei, nei confronti dell'Italia avevano un atteggiamento di sostanziale disinteresse. Nel 2018 quelli che voi oggi chiamate “i nostri partner, dirimpettai”, di cui, per ragioni che io non riesco nemmeno a capire, aspirate ad avere quasi il consenso… Cioè, voi, a quanto pare, se nei salotti che contano - a Parigi, a Bruxelles, a Berlino - non venite considerati degni, quasi ne soffrite. Ecco, dicevo, questi erano i partner che guardavano all'Italia come a quelli che dovevano occuparsi delle centinaia di migliaia di immigrati che sbarcavano non solo in Italia, perché questo l'abbiamo sempre detto tutti, ma in Europa. Ci guardavano, appunto, come quelli che dovevano occuparsi del problema, perché loro le frontiere le tenevano chiuse; chiuse nel 2018 e, a continuare, poi nel 2019.

I nostri partner europei se ne fregavano di quello che avveniva, perché tanto c'era l'Italia. C'erano le centinaia di migliaia di clandestini - continuiamo a dirlo, politicamente scorretto, ma continuiamo a ribadirlo - che sbarcavano e c'erano i nostri partner europei che rimanevano sulle loro posizioni, salvo poi, ogni tanto, farci anche la morale. La Francia, che non prendeva alcun clandestino, ogni tanto accusava Salvini di essere cattivo, così come anche agli altri partner europei. Era questa la situazione. Questa è la situazione che Matteo Salvini si è trovato ad affrontare. Quando ho sentito, prima, che non è compito del Ministero dell'Interno occuparsi di immigrazione, è compito del Ministero degli Esteri occuparsi di immigrazione attraverso accordi internazionali, tavoli di concertazione e via dicendo, quando il resto del mondo se ne frega della tua sicurezza, è compito del Ministero dell'Interno occuparsi della sicurezza, e Matteo Salvini non ha fatto altro che occuparsi di un problema che da troppi anni era lì, sul tavolo, e che nessuno riusciva ad affrontare, perché tutti gli accordi internazionali, stretti negli anni precedenti da Alfano - soprattutto da Alfano - non avevano prodotto alcun risultato. Ve lo ricordate il termine relocation, - termine bello, anglosassone, per cui sicuramente a voi piace e attira -, secondo il quale coloro che sbarcavano in Italia dovevano essere poi ridistribuiti? Non veniva applicato, per niente. Questa è la situazione che noi ci siamo trovati ad affrontare e che, a causa vostra, a breve torneremo ad affrontare. Questa è la situazione, sulla scorta della quale noi abbiamo approvato, con orgoglio, i “decreti Sicurezza”. Questa è la situazione che, a causa della vostra attività, probabilmente nei prossimi mesi e nei prossimi anni - speriamo il meno possibile - ci troveremo ad affrontare nuovamente. È una situazione nella quale tutto urla chiaramente non pragmatismo, ma ideologia. È una situazione nella quale noi siamo convinti che ci sono stati tutta una serie di ragionamenti che hanno contato solo ed esclusivamente, però, innanzitutto, su un ragionamento - questo sì - di interessi di bottega. Infatti, voi lo sapete che questo tema è impopolare. Voi lo sapete che per la maggioranza degli italiani il concetto di sicurezza è più simile a quello che esprimiamo noi, rispetto a quello che esprimete voi.

Questa concezione viene anche, come dire, sottolineata, viene rinfrancata, da una valutazione. Voi avete portato in Consiglio dei Ministri il superamento dei “decreti Sicurezza” di Salvini e la presentazione di questo, esattamente il giorno dopo le ultime elezioni regionali, perché sapete perfettamente che, se l'aveste fatto prima, ne avreste pagato, elettoralmente, il fio. Ma l'avete fatto comunque. L'avete fatto perché, dal vostro punto di vista, legittimamente, voi ritenete che sia giusto come la pensate voi. Voi ritenete che, se la maggioranza degli italiani non la pensa come voi, come ho sentito ripetere prima e come sempre la sinistra dice, se il popolo non la pensa come la sinistra, non è perché sbaglia la sinistra, no, è perché il popolo che è stupido. Si è sentito, prima, qualcuno, soprattutto di LeU - non so come si chiamano, se appartengono ancora a questo gruppo, diciamo l'estrema sinistra -, affermare e dire: sapete cosa è stato? È stato Salvini che ha instillato l'odio nella mente dei nostri cittadini. Cioè, attenzione, i nostri concittadini sono degli imbecilli, sono dei bambini stupidi, che si fanno instillare l'odio da Matteo Salvini. Noi, invece, pensiamo che i nostri cittadini siano adulti, consapevoli, che, sulla base delle loro esperienze, maturano una serie di concezioni, anche riguardo la sicurezza, che se non corrispondono alla vostra idea, significa non che sbagliano loro, ma che sbagliate voi.

Quindi, noi abbiamo tutto il diritto di portare avanti i concetti di sicurezza, intesa come applicazione rigida, in alcuni casi anche severa, delle regole. Infatti, vi è un retroterra culturale, che noi continuiamo a difendere orgogliosamente, cari amici della sinistra. Noi non ci vergogniamo della nostra storia, noi non ci vergogniamo di essere occidentali. Noi non passiamo, come voi, il tempo a riflettere su come giustificare quello che avviene, perché, nella stragrande maggioranza dei casi, voi giustificate i problemi del mondo attribuendone la colpa all'Occidente. L'abbiamo sentito anche prima: se c'è la povertà nel mondo, è colpa dell'Occidente, l'Occidente ricco, che ha approfittato ed abusato del resto del mondo. E questo lo dite in uno Stato, in una nazione, come l'Italia, che non ha un passato coloniale. Voi dite al cittadino delle periferie, al cittadino disoccupato, al cittadino cassintegrato, che, se c'è la povertà nel mondo, è per colpa tua: tu sei ricco. No! Quello che succede nel mondo non è stata solo colpa dell'Occidente, che ha le sue colpe storiche. Quello che succede nel mondo, se tanta gente scappa da alcuni Stati, soprattutto a maggioranza islamica, è perché quegli Stati e le loro élite politiche e culturali non sono in grado di dare risposte a questi cittadini. Ma noi, nei confronti di quelle persone, non abbiamo colpe storiche da farci assolvere. I nostri cittadini italiani non sono responsabili della fame nel mondo. I nostri cittadini italiani si sono costruiti da soli, col sudore, non con il colonialismo. I nostri cittadini italiani non sono andati in giro nel mondo ad occupare pozzi petroliferi. Ma perché continuate a dire che è colpa dei cittadini italiani, quello che succede in Africa, in Asia, in Sud America? E per queste colpe noi, oggi, siamo costretti ad aprire le mani. Vi vergognate voi della nostra storia. Noi non ci vergogniamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Noi siamo orgogliosi di quello che è stato fatto, in questi secoli, in Occidente. Noi non ci vergogniamo e non abbiamo un prezzo a pagare nei confronti di nessuno. Ci piace pensarla così. Sì, ci piace essere orgogliosi di quello che siamo. Ci piace essere orgogliosi di quello che siamo, ben sapendo quali sono le ombre e le luci delle nostre storie. Ma non utilizzeremo mai cose di secoli fa, scaricandole addosso ai nostri cittadini. Perché è questo che fate: il vostro concetto di società futura, di solidarietà, di integrazione, lo scaricate, esattamente adesso come avete fatto prima, sulle fasce più povere della nostra società. Il prezzo dell'immigrazione incontrollata non lo paghiamo noi, non lo pagano coloro che vivono nelle ZTL, non lo pagano i centro città. Lo pagano le periferie, lo pagano i piccoli comuni, lo pagano i sindaci, i sindaci che noi difenderemo fino allo stremo, perché sappiamo quello che succederà. Ve l'avevamo detto anche in Commissione: non è sufficiente che il prefetto informi il sindaco che gli manda qualche decina di immigrati irregolari. Perché, così facendo, voi scaricate sulle amministrazioni locali il prezzo della vostra incapacità a controllare il fenomeno. Ed esattamente come allora, noi saremo a fianco di questi sindaci, nella loro battaglia, perché sia chiaro che qui nessuno è cattivo o brutto. Anche questo discorso mi sta diventando veramente stucchevole. Come se, di fronte alle immagini dei bambini che annegano, gli unici che soffrono siate voi e, invece, noi saremmo quelli che quasi, quasi ce ne freghiamo e sorridiamo. A parte il fatto che l'auspicio che morissero bambini sulle barche delle ONG bloccate fu tirato fuori da un autorevole esponente dell'intellighenzia di sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché i bambini non devono morire, a meno che non muoiano sotto Salvini. Allora, sì! Va, che bello, così abbiamo noi l'arma propagandistica! Perché è questo che ci avete fatto e avete sempre fatto e continuerete anche a fare.

Noi oggi - ve l'ho detto - non vi permettiamo di stappare champagne. No, onorevole collega Boldrini, non va in soffitta il “decreto Salvini”, perché, a breve, quando ci saranno le elezioni, noi siamo convinti di giocarcela. A breve, quando ci saranno le elezioni, noi siamo convinti di vincere. E, quando vinciamo le elezioni, noi non faremo altro che portare avanti, coerentemente con quello che abbiamo fatto in questi anni, i nostri concetti di sicurezza. Per cui lo rifacciamo, lo rifaremo, indipendentemente dalla legge elettorale che andrete a fare; perché - diciamolo ai cittadini italiani - questo è solo il primo passo: non vinco le elezioni ma impongo la mia idea.

Primo passo: legittimo, costituzionale, ci mancherebbe. Secondo passo: oggi ci sarebbe una legge elettorale che, molto probabilmente, se fosse quella utilizzata alle prossime elezioni, porterebbe Salvini e il centrodestra a vincere. Ebbene, cosa si fa? Si cambia la legge elettorale e si mette una legge proporzionale che permetta all'ideologia di sinistra, minoritaria in Italia, di giocarsi le sue carte in un possibile Governo. Terzo passo: è finita oggi la nostra idea di smantellare quello che è secondo noi la società? No, portiamo avanti anche un altro concetto - sbagliato -, quello sullo ius soli, quello sullo ius culturae, ma si va avanti, si va avanti portando avanti questi concetti, senza avere mai il coraggio però di passare da elezioni.

Io sarei anche disposto ad accettarli, non li condividerei ma se la maggioranza degli italiani vi desse questo diritto, farei la mia battaglia parlamentare ma ne accetterei l'esito. Ma io non posso accettare che questi concetti passino con il contributo di una forza politica - mi riferisco al Movimento 5 Stelle - che fino all'anno scorso diceva altro! Ora, con tutta la buona volontà, voi vi arrabbiate, arricciate il naso quando noi diciamo che avete fatto un “decreto Mangiatoia”, un “decreto Greppia”, ma questi sono termini che utilizzavano i 5 Stelle fino all'anno scorso, in cui accusavano il Partito Democratico di aver imbastito un sistema di affari sul sistema dell'accoglienza! Se vi danno fastidio questi termini, prendetevela con i vostri attuali alleati! Prendetevela? Ringraziateli! Non so se e quando troverete ancora un partito politico capace di passare sopra tutti i propri princìpi pur di rimanere al Governo! Però, se loro non le dicono più queste cose, perché oggi devono sostenere il Governo per motivazioni che ancora sinceramente non riesco a capire, noi ve le diciamo! Perché i miliardi di euro che sono stati spesi negli anni in cui imperavano i vostri Governi, torneranno; questi miliardi di euro che addirittura quando noi eravamo all'opposizione all'epoca non riuscivamo a capire quanti fossero, posto che anche di fronte a richieste di interpellanze, nessuno ci diceva al Governo quanti miliardi di euro costava all'anno! Dietro questi miliardi di euro - e lo sapete bene anche voi - non sto dicendo che c'è solo ed esclusivamente un sistema fatto per accontentare cooperative vicine alla vostra idea, ma ci sono stati anche questi fenomeni. Dietro il fenomeno dell'accoglienza, così come l'avete gestito, ci sono state società cooperative costruite dall'oggi al domani, finalizzate solo ed esclusivamente ad inserirsi in questo sistema e a mangiarci sopra in modo pesante! A voi interessa questo? No. A noi invece interessa, interessa in modo viscerale, interessa in modo questo sì ideologico, perché va bene tutto e accettiamo tutto; siamo tutti uomini di mondo, ma è ora di finirla di far passare per bontà quello che altro non è che semplice, esclusivo affarismo!

È ora di finirla di far passare per bontà quello che non è altro che ideologia, perché le ONG che navigavano nel Mediterraneo a raccogliere tutto quello che riuscivano - per carità è giusto, il diritto internazionale lo stabilisce -, non lo facevano perché erano buoni d'animo, perché era evidente il disegno politico che c'era alle spalle. Queste ONG navigavano nel Mediterraneo e scaricavano i clandestini in Italia perché in Italia c'era il mostro oscuro del sovranismo europeo che doveva essere distrutto con tutte le forze! Queste ONG non facevano volontariato, facevano politica! Erano finanziate per far politica, continuano a far politica anche oggi! Queste ONG non sono i novelli santi di fronte ai quali bisogna inchinarsi e togliere il cappello. Dal loro punto di vista fanno legittimamente politica, ma il principio sacrosanto in base al quale la sicurezza dei confini di una nazione viene stabilita dal Governo legittimamente eletto dai cittadini, passa sopra il concetto secondo cui le ONG hanno diritto di fare quello che vogliono, passa sopra il concetto secondo cui se in un Paese governa la destra allora quando la gente muore nel mare è un problema, ma quando governa la sinistra, se centinaia - com'è capitato poche settimane fa - di migranti muoiono nel mare, va bene, fa niente: no, basta! Questi concetti noi non li accettiamo e non li accetteremo mai, perché siamo convinti di una cosa: uno, che non siamo brutti e cattivi. Oggi ne abbiamo sentite tante, ma mi manca il termine “fascista”; non l'ho sentito oggi ma ero convinto che avrei sentito il termine “fascismo”; ho perso una scommessa con un mio amico. Sicuramente, però, la prossima settimana lo sentiremo; sì, sentiremo anche questo termine. Per uno strano caso del destino, ho visto oggi sui ricordi di Facebook, che iniziò proprio ieri alla Camera dei deputati la discussione e l'approvazione del primo “decreto Salvini”. Oggi, dopo due anni, ci troviamo a questo. Va bene, ci sarà tempo e modo, ovviamente, quando torneremo al Governo, per rifare quello che abbiamo fatto. Però, voi insistete a pensare che da questa parte ci siano delle persone immorali, cattive, delle persone che, come dicevate appunto due anni fa, approvano “le novelle leggi di Norimberga”. Li avete chiamati anche così i “decreti Sicurezza”: “leggi di Norimberga”, utilizzando, come è vostro solito, le grandi tragedie del Novecento, di fronte alle quali bisognerebbe avere un po' più di rispetto per fare propaganda, questa sì della becera propaganda politica.

Quello che voi non riuscite ad accettare è che ci sia un mondo che non la pensa come Saviano, che non la pensa come Fabio Fazio, che non la pensa come il New York Times, che non la pensa come i grandi giornali. C'è un mondo fatto di persone che non per questo sono stupide, sono bambini o sono da educare; sono persone che portano avanti legittimamente la loro idea di società che non collima con la vostra. C'è un mondo nel quale si ritiene giustamente - giustamente - che se tu, nel tuo territorio, nella tua comunità, non hai risolto i problemi, non puoi ambire a risolvere i problemi del mondo; che prima di guardare agli altri devi guardare ai tuoi. C'è un mondo che non ha riverenza culturale o politica nei confronti della Francia, della Germania, dell'Inghilterra o degli Stati Uniti (solo quando sono governati dai Democratici, perché altrimenti sono cattivi anche loro). C'è un mondo che crede che sia giusto e legittimo fare della sicurezza uno dei princìpi ispiratori della propria attività politica, quel mondo che noi umilmente pensiamo di poter rappresentare all'interno delle regole costituzionali. Adesso basta con questa storia qua: la Costituzione non è roba vostra; non siamo più nel '45! Per piacere, la Costituzione non è patrimonio della sinistra! La Costituzione è patrimonio della comunità italiana: esattamente come la rispettate voi la rispettiamo anche noi. Per cui, per piacere, anche questa storia che voi siete i democratici costituzionali e noi no: basta! Se ci credete veramente, siete al Governo, sciogliete i partiti che non vi piacciono, ma almeno sareste coerenti. Non lo fate perché, ovviamente, non potete; grazie a Dio c'è una Costituzione (questo sì, perché altrimenti mi sa che fareste anche quello).

La prossima settimana sarà bello, sarà interessante, sarà forte tenervi inchiodati qui; e se non dovessimo riuscire settimana prossima a fermare il decreto - la forza dei numeri ogni tanto è impietosa, però la storia ci ha abituato anche a sorprese - non pensate che sia finita qui. Voi avete contestato per due anni i decreti-legge Salvini, ma vi siete ben guardati, per esempio, dall'organizzare referendum abrogativi: perché? Perché sapete perfettamente che l'avreste persi! Ecco qual è il motivo. Noi magari ci comporteremo differentemente, perché a noi piace pensare che il popolo abbia l'ultima parola. La battaglia è appena iniziata, una battaglia fatta di princìpi che, se non superiori, equivalgono ai vostri; una battaglia fatta di onestà nei confronti degli elettori, di onestà nei confronti dei sindaci, di onestà nei confronti delle nostre periferie.

Sarà una battaglia democratica, come siamo abituati a fare, sarà una battaglia democratica che molto probabilmente vinceremo. La vinceremo sulla base delle argomentazioni, perché - citavo prima Saviano e tutti gli altri guru della sinistra - lo strano è che quando parlano di noi ci descrivono come uomini di Neanderthal, abituati a ragionare con la pancia, laddove se uno è di destra ragiona con la pancia, mentre se uno è di sinistra ragiona, oltre che col cervello, anche con il cuore.

Se uno è di destra, è brutto e cattivo, se uno è di sinistra è, per definizione, buono e soprattutto, come diceva prima l'onorevole Boldrini, non è arretrato culturalmente; no, questa, l'arretratezza culturale, appartiene ovviamente alla nostra parte e questo, purtroppo, è un principio che non riuscite proprio a togliervi di dosso, è un principio con il quale convivete e che magari vi fa dormire anche bene.

Il “decreto Sicurezza” era quello che avevamo approvato noi, un decreto nel quale, soprattutto, un Ministro dell'Interno, coerentemente con le proprie idee, un Ministro dell'Interno coerente con le promesse fatte in campagna elettorale, ha portato avanti un progetto che oggi è anche sotto accusa dal punto di vista giudiziario. Non vediamo l'ora, tra l'altro, che nelle stesse aule giudiziarie vadano a riferire anche i vari Conte, Toninelli e altri Ministri dell'epoca per vedere veramente cosa accadde nel Governo Conte 1, nel quale, vorrei ricordarvi, l'azionista di maggioranza è il vostro attuale partner di Governo. Andremo anche lì, andiamo avanti coerentemente, questo sì che è un principio democratico, è una delle prime volte che ricordi nella storia repubblicana, probabilmente, non ne ho proprio contezza, a partire dal 1948 ad oggi, in cui il leader del maggior partito dell'opposizione si trova sotto accusa per atti compiuti da Ministro. Va bene, accettiamo anche questo a proposito di chi non è democratico, a proposito di quelli brutti e cattivi, appoggiamo anche questo, convinti di una cosa, indipendentemente dai “decreti Sicurezza”, che approvate lontani dalle elezioni, perché vi vergognate e avete paura a farli prima, indipendentemente dalla legge elettorale sicuramente proporzionale che andrete ad approvare, perché, anche lì, il timore e la consapevolezza di perdere le elezioni sono tanti, indipendentemente anche dalla necessità di resistere per eleggere il futuro Presidente della Repubblica, perché vi interessa anche questo, eleggere un Presidente della Repubblica che, magari, sia vicino a voi e che, quindi, possa essere contropotere a colui che verrà eletto Presidente del Consiglio (perché in quel caso invece contano i cittadini e sapete che i cittadini non sempre fanno quello che dite), indipendentemente da tutto ciò, e concludo con l'appello che ho fatto all'inizio del mio intervento: non stappate lo champagne, tenetelo in frigo ancora, perché vi garantisco che si festeggia quando si vincono le elezioni, non quando si applicano misure che sapete perfettamente, se fossero figlie di una campagna elettorale, voi non avreste la forza di portare avanti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Galeazzo Bignami. Ne ha facoltà.

GALEAZZO BIGNAMI (FDI). Grazie, Presidente. Dalle parole, anche, dell'onorevole Boldrini, credo sia importante chiarire un punto che probabilmente potrebbe apparire, a qualcuno, pleonastico, ma visto quello che è stato detto diventa quasi necessario fare per il grado di imbarbarimento del dibattito a cui qualcuno, evidentemente anche nella maggioranza, ha ritenuto di portare il confronto. Infatti, su questo è bene essere precisi: nessuno, nel centrodestra, sicuramente non in Fratelli d'Italia, ritiene che, nelle condizioni in cui dovesse essere necessario aiutare addirittura a salvare una vita, nessuno sarebbe in alcun modo disponibile a non prodigarsi e impegnarsi perché quella vita venga aiutata e salvata; se qualcuno vedesse affogare un uomo, una donna, un bambino, chiunque, credo, chiunque in questo Parlamento, ma anche al di fuori, probabilmente si getterebbe in mare per salvare quella vita, facendo tutto ciò che è nelle sue possibilità, ma questo non può impedirci di vedere, come in realtà, il tema, il problema non si limiti a quella situazione, certo drammatica, certo tragica, ma contempli e necessariamente debba essere analizzato in ogni sua fase.

Su questo riteniamo che, nel momento in cui qualcuno decide di avventurarsi in mare, mettendo a repentaglio la propria vita e anche la vita, magari, dei propri figli e della propria famiglia, per approdare in Italia, ebbene, già questo costituisca una sconfitta e, lo diciamo, assumendoci la responsabilità di quel che affermiamo; crediamo che questa sia appunto una sconfitta con un nome e un cognome che crediamo, oggi, in Italia, vadano attribuiti necessariamente al Partito Democratico, al MoVimento 5 Stelle, alla sinistra italiana. Perché, Presidente, nel momento in cui, da parte di qualche persona arrivata in Italia, ma non solo, si chiede di togliere i simboli della cristianità, si chiede di rinunciare al presepe, si chiede di rimuovere i tratti della nostra identità, certo, noi non lo accordiamo, noi non siamo in alcuna maniera disponibili a far sì che ciò accada, ma questo non ci distrae dal comprendere che, se quelle domande vengono poste, se quelle richieste vengono pretese, non è una responsabilità da attribuire a chi quella domanda la pone o a chi quella pretesa la avanza, ma è una responsabilità da attribuire precipuamente a chi ha creato quelle condizioni perché quelle domande e quelle pretese vengano avanzate e ciò, a nostro modo di ragionare, è responsabilità del centrosinistra che, nella sua volontà di rimuovere qualsiasi tratto di identità, ha creato le condizioni perché quelle richieste vengano appunto avanzate.

Ci dite che lo fate per salvare vite umane; crediamo che sia vero e, analogamente, non ammettiamo nessun dubbio sul fatto che anche il centrodestra, la destra politica, Fratelli d'Italia, abbiano questo come scopo, perché la vita va sempre difesa e va sempre tutelata, non ammettiamo dubbi su questo e non ammettiamo insinuazioni nei nostri confronti al riguardo; quello di cui noi dubitiamo è che quella finalità, ovvero salvare vite, sia la vostra unica finalità e, qui, parimenti, ci assumiamo le responsabilità del caso nell'affermare che, a nostro modo di vedere, ve ne sono almeno altre due di finalità che voi intendete perseguire: una, è di natura economica, perché le scelte che voi state compiendo anche nella modifica di questi provvedimenti sicurezza, sono evidentemente ispirate dall'alimentare una filiera d'accoglienza mediante l'iniezione di tali e tanti danari che inevitabilmente andranno in un mondo, quello dell'accoglienza, che abbiamo già visto, non c'è bisogno di soffermarsi su ciò, aver creato un vero e proprio business; non sta a noi dire se lecito o illecito, sta ad altri la responsabilità di individuare eventuali infrazioni del nostro sistema. Ma, sicuramente, questa è una delle vostre finalità; diversamente non si comprende perché avete respinto la proposta avanzata da Fratelli d'Italia e dal presidente nazionale, Giorgia Meloni, di Fratelli d'Italia di limitare l'indennità da corrispondere per ogni cooperativa, per ogni singolo migrante da questa accolto, alla medesima somma con cui lo Stato italiano pretende che un pensionato possa vivere o che possa vivere con un assegno di invalidità un qualsiasi cittadino, ovvero a 510 euro. Per quale motivo un pensionato dovrebbe poter vivere con questa somma, mentre per un immigrato è necessario il doppio?

E così, a fianco di questa finalità, noi riteniamo che ve ne sia un'altra, non minore, ovvero quella di rimuovere qualsiasi tratto di identità, che sia identità nazionale, che sia identità familiare, che sia identità di genere, che sia identità di qualsiasi tipo, perché la sinistra italiana e il Partito Democratico hanno evidentemente ispirato il proprio agire ad una visione globalista e immigrazionista che ha, come evidente scopo, la rimozione di qualsiasi tratto d'identità. Lo avete fatto in questo provvedimento, lo state realizzando col disegno di legge Zan: colpire qualsiasi forma di identità, perché nell'identità c'è l'ostacolo, nella vostra visione, a creare quel consumatore perfetto che, privo di identità, diventa indistinto e buono per qualsiasi tipo di prodotto. Diamo atto al MoVimento 5 stelle di non avere invece tradito nessun valore, perché non ha valori, non ha valori da far tradire, e quei pochi che forse aveva li ha, come dimostrano le cronache di questi giorni, mandati in fumo.

Invece Fratelli d'Italia ritiene che l'identità, qualsiasi identità, vada difesa: Va difesa l'identità di genere, va difesa l'identità nazionale, va difesa l'identità familiare. È per questo che Fratelli d'Italia ha proposto - e voi avete respinto ciò - che qualsiasi persona che intenda permanere nel territorio italiano debba necessariamente dimostrare di conoscere quantomeno la lingua italiana; abbiamo anche proposto, per dare assistenza a queste persone, la promozione di corsi di lingua italiana, emendamento che parimenti voi avete respinto, a dimostrazione che la vostra finalità è quella che poc'anzi ho brevemente tratteggiato.

Questo evidentemente lascia intatto il ragionamento che ho posto all'inizio del mio intervento: qualsiasi vita va aiutata e qualsiasi persona va salvata. Non c'è, analogamente, nessun dubbio sul fatto che se una persona scappa da guerre, devastazioni, sussiste un dovere di aiutarla, ma a patto e a condizione che quella persona davvero scappi da guerre e devastazioni; non che in maniera ingannevole, surrettizia essa sfrutti l'ordinamento giuridico italiano, infrangendo le regole per entrare in Italia, salvo poi appellarsi a quelle regole e a quell'ordinamento per proteggere una posizione indebitamente acquisita.

La legge vale sempre: non è, come in maniera abbastanza surreale ha sostenuto il Ministro Lamorgese, una porta girevole per cui qualcuno entra e qualcuno esce. Per noi la legge è un presidio di legalità che fissa diritti e doveri, e in quel perimetro, in quel presidio, vi è l'appartenenza ad un popolo.

Su questo ci permettiamo anche di dire che, se è giusto salvare le vite, questo va fatto sempre. Dico ciò anche ben sapendo di introdurre un tema forse scomodo: la vita va salvata quando è in mare, ma la vita va salvata anche quando si trova in una condizione ancor più esposta e meno protetta, tipo in un grembo materno, quando magari qualcuno intende interromperla, quella vita. Perché vi prodigate, allora, nella promozione del salvataggio di vite in mare e non, ad esempio, nella promozione del salvataggio di vite di persone che non partono per arrivare in Italia? In questo senso sorprende che abbiate anche respinto l'emendamento di Fratelli d'Italia con cui si proponeva che si desse un aiuto concreto a quegli italiani che vogliono rientrare, magari da Paesi stranieri tipo il Venezuela, per tornare nella madrepatria, mediante la realizzazione di corsie preferenziali, ribadendo quindi che bisogna aiutare sempre e comunque chi scappa da situazioni di difficoltà.

Guardate che questo non ci fa in nessuna maniera (ho sentito qualche parola al riguardo), non ci fa in maniera alcuna sentire lontani dall'insegnamento dei valori cattolici o cristiani. Anzi, è bene ricordare che se Joseph Ratzinger ha chiaramente detto che prima ancora di un diritto ad emigrare esiste un diritto a non emigrare, va altrettanto chiaramente detto che queste stesse parole sono contenute nell'enciclica di Francesco Bergoglio, di Papa Francesco, che ha in maniera nitida ripreso quei termini e quelle parole, che evidentemente qualcuno, nel tentativo di accreditare un pontificato funzionale a quella logica globalista-immigrazionista che prima descrivevo, non ha voluto ricordare, o peggio ancora non ha voluto leggere.

Per questi motivi riteniamo che non sia in alcuna maniera - questo appare chiaro - attribuibile una fiducia. Perché nel momento in cui queste persone vengono in Italia, con le modifiche che voi apportate si genera un sistema mediante il quale queste persone, che probabilmente non hanno alcun titolo per rimanere nel nostro territorio, si trovano nelle condizioni di poter chiedere indennità, sussidi, sostegni economici, anche case popolari, aiuti di ogni genere. Non ci spaventa l'attribuzione di questi benefici se la persona ne ha diritto; ci spaventa l'idea che vi possa essere la dilapidazione di un patrimonio. Qualcuno, non un pericoloso sovranista ma un autore di un paio di secoli fa, Edmund Burke, uno dei padri fondatori del conservatorismo, ebbe a dire che il patrimonio che noi oggi ci troviamo a detenere e a gestire è un patrimonio che noi abbiamo ereditato dai nostri padri, che abbiamo certo il diritto di utilizzare ma anche il dovere di conservare, di tramandare intatto, per quanto possibile, alle generazioni prossime, così come noi lo abbiamo ricevuto dai nostri padri e dai nostri nonni. Esso va valorizzato e difeso, ed è nella difesa di questo patrimonio che noi riteniamo si distingua la posizione della destra politica, di cui Fratelli d'Italia è fieramente e orgogliosamente esponente, e la visione che invece la sinistra porta avanti. Anche qui, noi abbiamo proposto un emendamento mediante il quale chiunque chieda di accedere a dei benefici economici in Italia debba produrre una certificazione del proprio stato patrimoniale, anche con riguardo al patrimonio che egli detiene nel proprio Stato di appartenenza e di provenienza. Ci sembra una logica basilare: se tu hai ville, case, conti correnti, e in Italia magari chiedi di poter attingere ad un beneficio economico, devi dimostrare che effettivamente ne hai bisogno; avete respinto questo emendamento. Così come abbiamo proposto - proposta che avrebbe anche generato un utile per le casse dello Stato - che, analogamente, non possono accedere tutti al gratuito patrocinio se nel proprio Paese di provenienza hanno beni con cui ben potrebbero fronteggiare eventuali spese.

Ma non sono le uniche proposte che avete respinto. Fratelli d'Italia ha proposto il blocco navale, ma ci avete detto che non è praticabile, sostenendo che comporterebbe la dichiarazione dello stato di guerra. Delle due l'una: o dall'altra parte esistono degli Stati sovrani che deliberatamente lasciano partire quelle navi e questo sostanzia comunque una dichiarazione di guerra implicita e un atto di ostilità nei confronti dell'Italia, o di là non c'è alcuno Stato sovrano e quindi non c'è nessuno stato di guerra, postulato dall'assenza di uno Stato sovrano; tertium non datur.

Abbiamo proposto che le navi con cui si realizzano questi salvataggi, che in realtà a nostro modo di vedere, come dice la stessa ONU, sono di fatto dei pull factor rispetto all'attrazione dei migranti, nel momento in cui sono fatte sbarcare le persone o poste in salvo, debbano essere affondate immediatamente e comunque non oltre 15 giorni; avete respinto questo emendamento. Abbiamo proposto l'apertura in ogni regione d'Italia di un centro di permanenza e di rimpatrio perché, diversamente dalla Ministra Lamorgese, noi crediamo che se una persona va rimpatriata e va allontanata dal territorio nazionale, lo Stato non possa dire: “o ce la faccio entro 90 giorni oppure dopo sei libero di andare dove vuoi (magari anche a Nizza, ad ammazzare qualche persona). Crediamo che lo Stato debba invece realizzare le strutture deputate al contenimento di persone che devono essere allontanate; avete respinto questo emendamento.

Abbiamo proposto l'introduzione di un principio di responsabilità amministrativa nei confronti di quelle strutture, che pure ottengono tanti benefici economici, ma avete respinto questo emendamento, creando un principio di deresponsabilizzazione per noi inaccettabile. Abbiamo proposto un irrobustimento delle misure finalizzate all'espulsione, con l'introduzione di una misura automatica, quella, appunto, dell'allontanamento dal nostro territorio nazionale, laddove queste persone si rendano responsabili di crimini e delitti, con ampliamento di questo catalogo, ma avete respinto questa proposta.

Abbiamo promosso la realizzazione di hotspot anche nel territorio degli Stati stranieri mediante accordi, insistendo sul fatto che questa probabilmente sarebbe stata migliore garanzia proprio per le persone che vogliono intraprendere quel viaggio, che oggi si trovano in condizioni disumane, da quello che leggiamo, purtroppo, quotidianamente, ma avete parimenti respinto questa proposta. Avevamo anche richiesto che la domanda per l'accoglimento dello status di rifugiato venisse proposta solo alla frontiera, ma, anche qui, avete respinto la proposta.

Ho voluto scandire queste singole proposte non perché siano le uniche, ma per dire con chiarezza che in ogni fase del fenomeno migratorio, che sia la partenza, che sia l'attracco, che sia la permanenza, che sia la presenza, che sia l'espulsione, che sia il rimpatrio, in ogni fase della filiera del fenomeno migratorio Fratelli d'Italia ha proposto in maniera chiara una soluzione, perché noi abbiamo le idee chiare su ciò che va fatto per contenere questo fenomeno. E non facciamo ciò, come qualcuno vorrebbe affermare, in una visione di becero sovranismo o di nazionalismo gretto e autoreferenziale. Lo diciamo anche qui con chiarezza: per noi è italiano chi ama l'Italia, chi giura sulla Costituzione, chi bacia il tricolore, chi onora la nostra Patria.

E probabilmente sono molto più italiane anche persone che, non nate qui, hanno una condotta, quale quella che ho sinteticamente descritto, di altri che magari sono italiani per nascita, ma che disfano vetrine, saccheggiano le banche, mettono a ferro e fuoco le città, che disonorano quotidianamente le nostre Forze dell'ordine, dimostrando di non avere alcun senso né della patria né delle istituzioni. Perché vedete, nel tentativo di descrivere una destra xenofoba, razzista e intollerante, non offendete Fratelli d'Italia o la destra politica, offendete quei milioni di italiani che hanno ben chiaro il fenomeno dinanzi a cui si trovano e che hanno ben chiaro che, se vanno salvate tutte le vite, se va salvato chiunque necessiti di un aiuto e che scappi da guerre e devastazioni, altrettanto in maniera chiara non sono disposti a farsi prendere in giro da condotte fraudolente o ingannevoli quali quelle che voi, con questi decreti, state riaccreditando per perseguire quelle finalità che poc'anzi ho descritto, pur succintamente, e che costituiscono il punto di divisione che corre fra Fratelli d'Italia e la maggioranza rosso-gialla e che corre fra tanti italiani e chi, invece, sostiene questi decreti. In questa linea ideale che divide questo emiciclo, che separa in una qualche maniera gli italiani in queste distinte visioni del tema, della questione, noi sappiamo con chiarezza da che parte stare: dalla parte degli italiani. Grazie, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tonelli. Ne ha facoltà.

GIANNI TONELLI (LEGA). Grazie mille, grazie mille, Presidente. Onorevoli colleghi, siamo qui oggi per la discussione generale su uno dei più pesanti impianti normativi della legislatura, un provvedimento che inciderà pesantemente sulla vita del nostro Paese in tutti i suoi aspetti: quello della sicurezza, della qualità della vita degli italiani, della tenuta della gran parte delle conquiste sociali, dell'emancipazione della donna, del lavoro, della salvaguardia della sua dignità, del rispetto dei nostri valori e della nostra identità e cultura, della nostra civiltà e di molti altri.

Faremo di tutto affinché il disegno di legge n. 2727 passi alla storia come “decreto Clandestini e invasione”, affinché i responsabili di questa malefatta, voi colleghi della maggioranza siate chiamati negli anni a venire ad assumervi questa responsabilità e non solo davanti agli italiani.

Siete riusciti a smantellare i “decreti Salvini” o, quantomeno, state tentando, profittando della distrazione della comunità nazionale, concentrata sull'emergenza dovuta alla pandemia, e deviando irresponsabilmente i lavori del Parlamento che, in questo periodo, dovrebbero concentrarsi unicamente a discutere sul come tutelare la salute e la vita degli italiani, su come garantire l'assetto economico del Paese e, soprattutto, un futuro che, a causa delle vostre nefaste scelte, appare sempre più fosco. Bravi, colleghi della maggioranza! Siamo in ritardo di oltre un mese sulla legge di bilancio ma ci fate perdere settimane per discutere del gender e della “legge Zan”, prima, e, ora, di come minare le fondamenta del nostro mondo con la conversione del “decreto Clandestini e invasione”.

Con questo disegno di legge avete smantellato i “decreti Salvini” ma non vi siete accontentati! Avete spalancato i porti, reintrodotto la protezione umanitaria, che tale non è, fatto lievitare le cause per ottenere il permesso di soggiorno e resa pressoché impossibile la espulsione dei clandestini! Tutto ciò infischiandovene dell'interesse degli italiani, della tenuta del nostro sistema economico e sociale e dei contraccolpi negativi sulla nostra comunità!

Ma la cosa che desidero più stigmatizzare è che tutto ciò non è stato fatto pro boni mores, per un buon fine, ma per scopi e motivazioni molto meno nobili. Non dobbiamo dimenticare che voi siete soci onorari del club radical-chic di Capalbio (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Certo! Coloro che hanno eretto il monumento al clandestino con la nave della tolleranza ma che, però, nel corso della invasione del 2014, 2015, 2016 e 2017 non ne hanno voluto neppure uno! Certo, come dice il sindaco, qui ci sono ville di gran lusso, è l'area residenziale, la perla della Maremma, proprio qui dovete portarli?

Colleghi della maggioranza state sereni, eccome! Su queste fondamenta voi erigerete i muri della vostra credibilità, di quella delle vostre intenzioni, dei vostri obiettivi e del “decreto Clandestini e invasione”! Bella credibilità! Il re è nudo! Anche se avete concepito un disegno di legge criptato, indecifrabile, per renderlo incomprensibile agli italiani, le vostre non sono buone intenzioni. Non lo avete fatto per umanità, anche se di questo intendimento ve ne riempite continuamente la bocca. In questo atteggiamento possiamo riscontrare un vero e proprio distillato di ipocrisia, disonestà intellettuale e offensività. Voi siete i buoni, noi siamo i cattivi, voi siete coloro che con fraterno altruismo volete aiutare chi scappa dalla guerra, dalle persecuzioni, dai comportamenti degradanti e inumani; noi siamo gli insensibili egoisti che chiudono la porta in faccia a queste persone, che non vogliono condividere ricchezza e benessere! Siamo retrogradi, nazionalisti e bacchettoni culturali e pure arretrati!

Una domanda, colleghi della sinistra: quante di queste persone avete ospitato a casa vostra o quanti ne avete direttamente mantenuti? Se qualcuno è disponibile non mi sottrarrò all'onere di reciprocità nella verifica. Non solo, e qui anticipo un concetto che svilupperò successivamente: quanti vicino al vostro ambiente politico pasteggiano in questa greppia indegna? E quanti campano su questa ipocrisia? È facile e dolce naufragare nel dolce mare del politicamente corretto e della promozione a tutto campo di una filosofia falsamente empatica e sul fenomeno dell'immigrazione quando se ne ha un interesse diretto o indiretto, magari lavorando con lauti compensi in un organismo internazionale, gestendo i servizi di accoglienza, o impiegato in un soggetto mediatico che deve sostenere la linea. Tutto questo è fasullo, farlocco, ipocrita e disonesto ed è estremamente dannoso, per non dire devastante!

Noi, in verità, abbiamo fornito tutela e speranza a chi fugge dalle guerre e dalle persecuzioni, dai trattamenti disumani e degradanti. Noi abbiamo teso la mano a chi, per motivi realmente umanitari e di salute, aveva bisogno di aiuto, con i “decreti Salvini”. Noi abbiamo dato ordine al sistema dell'accoglienza, governato in precedenza dal caos dell'anarchia nel quale vorreste rigettarci nuovamente!

Voi, con il “decreto Clandestini e invasione” ci farete ripiombare in una spirale perversa perché difetta di un requisito essenziale: quello della sostenibilità, primariamente, economica. L'Italia, gli italiani, il nostro sistema non può aprire porti, portoni finestre e vetrate ad un fenomeno migratorio che solo in minima parte – in minima parte! - riguarda persone oggetto delle convenzioni internazionali sul diritto d'asilo e la protezione internazionale, a cui aderiamo totalmente nello spirito, nelle intenzioni e nella fattibilità concreta.

Voi, colleghi della maggioranza, ci fornite la prova per dimostrare tutto ciò: avete, con coscienza e volontà, disapplicato i “decreti Salvini” determinando in tal modo la convergenza delle rotte migratorie verso l'Italia, con la conseguente lievitazione del numero degli ingressi nell'ultimo anno e mezzo mentre, nello stesso periodo, sono rimasti inalterati i numeri dei migranti di Spagna Francia, Malta e Grecia. Voi, colleghi della maggioranza, non potete nascondervi dietro questo dito senza rendervi ridicoli e, alla stessa stregua, il “decreto Clandestini e invasione” non può nascondersi dietro queste non veritiere finalità.

Voi, colleghi della maggioranza, state condannando il sistema dell'accoglienza al collasso e in tal modo condannate i veri titolari della protezione internazionale a vedersi pregiudicata la tutela futura di cui hanno diritto. Voi, colleghi della maggioranza, creerete pregiudizio, tensioni, disappunto e reazioni verso il fenomeno dell'immigrazione nella comunità del Paese, creando situazioni insostenibili e di insicurezza. È già accaduto solo pochi anni fa, alla fine del 2017.

Torneremo a vedere le piazze delle stazioni o i parchi trasformati in indegne e indecorose aree di bivacco, spaccio di sostanze stupefacenti e di smodato consumo di alcolici. Torneremo a vedere una lievitazione dei reati contro la proprietà e di ogni altro genere. Torneremo a scaricare sulle Forze dell'ordine l'ingrato compito di misurarsi con gli effetti nefasti di questa malefatta. Torneremo infaustamente a mettere in competizione le miserie che affliggono parte degli italiani con le esigenze dei futuri arrivi, che, a causa della eliminazione di tutti i vincoli, aumenteranno esponenzialmente; in primis, la competizione del lavoro. Torneremo a rendere insopportabile, economicamente e anche sotto il profilo della decenza della gestione di risorse pubbliche, lo sperpero di spesa per mantenere vitto, alloggio, assistenza sanitaria, patrocinio legale e altro a chi, anche in astratto, non ha alcun titolo ad ambire alla protezione, perché non fugge dalle guerre o dalle persecuzioni, da trattamenti inumani o degradanti, ma, oggettivamente e incontrovertibilmente, è un clandestino economico, che inevitabilmente finirà con l'entrata in una squallida competizione con i legittimi titolari della protezione internazionale.

Questa situazione e questa competizione sono indegne di un Paese civile e sono state concepite in un clima di consapevolezza da parte vostra. Queste scelte sono state concepite in un clima di consapevolezza, e la consapevolezza è anche nelle finalità e, soprattutto, in quello che sarà, purtroppo, l'approdo. Torneremo a dispensare irresponsabilmente una speranza irrealizzabile in continenti martoriati dalla miseria, Paesi in cui la prospettiva del futuro non è certo paragonabile alla nostra, a causa di guerre, carestie, sottosviluppo e sfruttamento, in tal modo, innescando esodi biblici.

Il nostro obbligo morale, per contro, di tutti noi, è lavorare per la pace, la convivenza dei popoli a casa loro, accompagnandoli con spirito di sincera fratellanza in un percorso che li conduca fuori da condizioni che erano le nostre sino al secolo scorso: ingiustizia sociale, sfruttamento, miseria e disperazione. Noi dobbiamo, come ci richiamò San Giovanni Paolo II, salvaguardare il diritto a non migrare: è immorale pensare di sciacquarsi la coscienza, accogliendo una frazione infinitesima degli sventurati del nostro Pianeta, renderli oggetto di una carità pelosa e dimenticarsi di tutti gli altri. È ipocrisia allo stato puro. Ipocrisia allo stato puro, accarezzare un giovane Marcantonio, palestrato con l'iPhone e i Ray-Ban, e prostrarsi alla divina indifferenza nei confronti di una madre trafitta dal dolore per il proprio bimbo morto di fame. Questa è ipocrisia allo stato puro. Torneremo a vedere un fiume di denaro scorrere per alimentare le indegne greppie dell'accoglienza, con il risultato di alimentare il malaffare e la predazione oramai legalizzati, che determineranno nell'opinione pubblica disgusto e sfiducia e disaffezione verso la cosa pubblica, la politica e la classe dirigente del Paese.

Queste e mille altre saranno le cause che, sin da oggi, condannano al fallimento futuro il vostro sistema dell'accoglienza, con effetti che, purtroppo, saranno non rimediabili, tra i quali pregiudizio, conflitto sociale e messa a rischio delle condizioni dei destinatari della protezione internazionale. Torneremo anche a constatare l'aumento delle vittime in mare. Ecco perché voi della sinistra non volete bene a chi fugge dalle guerre e dalle persecuzioni, da chi è sottoposto a trattamenti disumani e degradanti: voi, per finalità di carattere ideologico, politico e di squallida greppieria, ponete a rischio la tutela futura proprio di coloro che sono i soggetti titolati alla protezione internazionale, proprio coloro di cui vi state facendo farloccamente scudo.

Ci sono mille altri aspetti in questo decreto che, in parte, sono stati affrontati dai miei colleghi precedentemente e in parte verranno nei prossimi giorni, ma su di uno vorrei di nuovo replicare, per quanto sopra l'ho già fatto. Io ho le idee molto chiare sul concetto di carità, ho conosciuto dei sant'uomini che l'hanno praticata: sono cresciuto nell'ufficio delle missioni dei padri cappuccini a Imola dove mio padre lavorava e vi erano persone che, oggi, rabbrividirebbero di fronte a questa ostentata ipocrisia, farloccheria, disgustosa greppieria, persone hanno dedicato la vita alla devozione e, comunque, agli altri. Qui non c'è nulla di sincero: nella migliore delle ipotesi, vedo quasi un obbligo di autoimporsi un dovere ideologico, nella migliore delle ipotesi, ma credo che, anche questa logica di buonafede, chiamiamola così, appartenga alla minoranza. Per cui io mi sento offeso quando, oggi, la collega Boldrini, la collega Muroni, la collega Pollastrini, ogni volta, in Commissione e anche oggi qui, quando si rivolgono a noi, lo fanno accusandoci di essere degli indegni di esistere quasi - non con queste parole, ma lo dico io -, persone che vorrebbero lasciare morire chi affoga, i bambini. Siete indegni anche nella ipocrisia e nella dialettica politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Questo farà sì che questo decreto che… i “decreti Salvini” - tutto è migliorabile - potevano sicuramente trovare un processo di riforma su alcuni spunti, non certamente su quello che ho sentito, perché, in ben due occasioni, dal collega Raciti e dalla collega Boldrini ho sentito parlare quasi di incostituzionalità, di ricollocamento della materia stranieri nell'alveo della nostra Costituzione. La Corte costituzionale ha mosso soltanto un banalissimo rilievo ad una norma di dettaglio, che era quella dell'iscrizione anagrafica; tutto il resto, l'impianto concepito da noi sull'immigrazione è stato ritenuto pienamente compatibile e pienamente in linea con la nostra Carta fondamentale e con i principi ispiratori del nostro ordinamento! Anche in questo siete fasulli farlocchi!

Voglio solo augurarmi che questa sia una parentesi nella quale, per esperienza professionale, ho visto tante cose e come sono state gestite male, come questa materia. Il primo impatto è stato quello con la “riforma Martelli”, la sanatoria del 1990: lo spirito era altro, i modi erano altri, ma, successivamente, la deriva è sempre stata negativa. L'altro giorno, in Commissione, mi è stato detto: perché dobbiamo pensare male di questi soggetti che amministrano, che amministreranno i servizi nell'accoglienza? Come? È la natura dell'essere umano. Allora, perché non aboliamo i codici appalti o tutte le normative antimafia o le norme di prevenzione, se ipotizziamo che tutti gli esseri umani siano positivi? Purtroppo non è così, e qui abbiamo visto interessi, un fiume di denaro, intercettazioni che dicevano che è più conveniente il traffico degli esseri umani, la migrazione, dello spaccio della droga (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). E, allora, voi pensate che, un domani, le organizzazioni criminali non attenzioneranno, anzi non lo abbiano già fatto, ripeto, non lo abbiano già fatto? E anche qui, concludo dicendo che, su tutte queste vicende, verrà il giorno in cui il nostro Paese tornerà alla normalità nell'onestà e nella comunicazione, nella istituzionalità e nell'applicazione delle leggi e dei procedimenti giurisdizionali, nel dibattito politico, e voglio sperare che anche le coscienze ci ridiano un nuovo senso di responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Laura Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO (LEGA). Grazie, Presidente. Sì, in un momento drammatico per il nostro Paese, in cui giustamente i cittadini italiani sono concentrati esclusivamente su due cose: l'economia e la salute, sono concentrati sul fatto che mantengano il lavoro, che magari gli arrivi la cassa integrazione, che i loro figli non si ammalino, che cosa pensa bene di fare la maggioranza? Di fare un blitz, di fare un blitz, perché gli italiani sono giustamente concentrati su altro. E allora perché non approfittarne, tanto ormai non ci sono elezioni amministrative a breve, quelle rilevanti ci sono già state, perché non approfittarne per fare una cosa contro la volontà della maggioranza degli italiani, cioè smontare dei decreti, i “decreti Sicurezza”, che hanno sicuramente il consenso della nostra popolazione; smontarli, tra l'altro rallentando quello che dovrebbe essere il nostro lavoro attualmente in quest'Aula, dovremmo essere probabilmente qua a discutere di ristori, dovremmo essere qua a discutere di leggi economiche, e invece blocchiamo il Parlamento per smontare, non per creare, non per costruire, non per proporre, ma per smontare dei provvedimenti votati da pochi mesi, che avevano portato ottimi risultati, perché avevano perimetrato le regole di immigrazione nel nostro Paese, e che incredibilmente erano stati convintamente votati da metà di questa maggioranza. Perché chi era Premier, chi sottoscrisse questi decreti? Conte. Chi è che fece conferenze stampa dicendo basta agli arrivi indiscriminati? Conte. Chi è il Premier oggi? Conte. Ma a processo ci va uno solo. Un blitz, un blitz, Presidente. Ho sentito il collega Raciti dire: sarebbe arroganza dire che questo decreto sarà un pull factor, un'attrazione per i trafficanti. Io non mi sento arrogante, Presidente, e mi rivolgo tramite lei al collega Raciti, io sono convinta che questo decreto sarà un'attrazione per i trafficanti. E quando l'onorevole Pollastrini ci dice: voi avete dichiarato guerra, ma l'opposizione non dichiara guerra a voi, non dichiara guerra neanche ai migranti, neanche agli immigrati, dichiara guerra proprio agli scafisti. Con quei “decreti Sicurezza” si dichiarava guerra agli scafisti, a un business che annualmente procura 1,2 miliardi di euro, che in Libia ormai è la prima fonte di rendimento, con 250 milioni di euro. Voi probabilmente pensate che coloro che trafficano in esseri umani siano delle persone che passano di lì, incontrano e sbattono bambini e donne così, a caso, su dei pulmini che attraversano i deserti e poi li portano in Libia. Sono persone organizzate, che conoscono le legislazioni. E ora cosa state facendo, voi, oggi, con questo decreto? State dicendo, incredibilmente, in un mondo che sta dicendo… anche perché c'è un'emergenza sanitaria in atto e sta limitando, quindi, la circolazione di tutti i cittadini… a un'Europa che sta limitando la circolazione di tutti i cittadini europei, voi che cosa fate come Italia, come rappresentante l'Italia? Voi, sì, limitate la circolazione dei cittadini italiani, ma dite a tutti gli altri: da noi è più facile arrivare e, se arrivate da noi, è anche più facile essere regolarizzati, e incredibilmente da noi potete essere regolarizzati anche se negli altri Paesi europei, su quei presupposti, non vi avrebbero regolarizzati. E vi spiego perché. Non è che Salvini fu cattivo, vendicativo, rapace, quando decise coi precedenti decreti di eliminare la protezione umanitaria. Semplicemente, il Ministro dell'Interno eliminò un istituto che era un unicum in Europa, che non esisteva in nessun altro Paese europeo, che non esiste in nessun altro Paese europeo; solo in Germania c'è un istituto simile, ma per casi specifici. E infatti, Salvini, Ministro dell'Interno, che non era brutto e cattivo, non lo cancellò del tutto, lo perimetrò, disse: basta regolarizzazioni indiscriminate, permesso umanitario vuol dire tutto, lo facciamo per casi specifici. Cosa fate voi oggi con questo decreto? Lo riaprite: permessi generalizzati. Cosa vuol dire protezione umanitaria? Cosa vuol dire un riferimento al clima? Segnalo alla maggioranza che l'80 per cento dell'Africa subsahariana ha problemi di siccità: non è una cosa che ci rallegri, ma non è che possiamo pensare che 2,5 miliardi di persone, abitanti dell'Africa, con questo problema, possano venire sulle nostre coste ed essere regolarizzate. Questo penso che lo comprenderete anche voi. Piuttosto, da una sinistra evoluta mi aspetterei che ai tavoli europei e ai tavoli internazionali ci si spendesse di più per risolvere questi problemi nei Paesi di provenienza. Piuttosto mi aspetterei che vi impegnaste perché ci fosse un riconoscimento del reale stato di rifugiato nei Paesi di provenienza, non certo che possiate pensare che, se il nostro Paese introduce una forma di regolarizzazione generalizzata, non riconosciuta poi dagli altri Paesi europei… attenzione, questo vuol dire che, se un soggetto, che non avrebbe avuto titolo a permanere sul nostro territorio ieri, ma domani sì grazie al vostro decreto, rimarrà sul nostro territorio con quel titolo, volendo andare in un altro Paese europeo, non ci potrà andare, che quel soggetto non sarà realmente integrabile. E vi dirò di più, vi do un numero: 75 per cento. Sapete cos'è il 75 per cento? Attualmente le richieste che vengono fatte dagli immigrati nel nostro territorio, per il 75 per cento vengono respinte dalle commissioni territoriali, perché il flusso verso l'Italia non è di rifugiati, non è di titolari di protezione sussidiaria, come negli altri Paesi europei, ma è per lo più di soggetti che hanno una migrazione economica come destinazione, come finalità, e pertanto che non sono meritevoli del titolo. Voi oggi lo ristabilite, tra l'altro con una discrezionalità assoluta, per cui anche quei pochi a cui questo titolo non verrà riconosciuto faranno ricorso, perché le interpretazioni saranno innumerevoli, perché avete reso il sistema molto farraginoso e, quindi, permarranno in questo limbo per anni sul nostro territorio, in attesa di sapere se questo titolo è riconosciuto o no. Allora uno si chiede: va bene, introducono la protezione umanitaria, quale può essere la finalità? La finalità, l'onorevole Boldrini, Presidente, vorrebbe farci credere che è, appunto, umanitaria, che è appunto perché loro hanno più cuore di noi. Ma io vedo un altro aspetto: io temo che questa protezione sia, in realtà, nient'altro che una sanatoria mascherata. Voi semplicemente volete sanare, regolarizzare delle posizioni, per immetterle nel sistema assistenziale dell'accoglienza diffusa, perché queste non saranno persone che entreranno nel circuito lavorativo, sia perché nel nostro Paese in questo momento il tasso di occupazione, come da tutti noto, non è altissimo, sia perché non saranno soggetti portatori di titoli sufficienti per essere integrati, sia perché non c'è domanda rispetto a questi soggetti nel sistema lavorativo; quindi verranno immessi nel sistema assistenzialista a spese di tutti i cittadini e voi potrete sanare le vostre inefficienze. Perché qual è il ragionamento che fa la maggioranza? Visto che tutti questi soggetti che arrivano, o dovrebbero essere respinti, o dovrebbero essere rimpatriati, e visto che noi non siamo in grado, un po' per ragioni ideologiche, un po' per incapacità, né di respingerli, né di rimpatriarli, facciamo una sanatoria, così possiamo dire che nel nostro Paese, almeno sulla carta, i clandestini non ci sono. Ma questo è un giochino facile, questo è un giochino che gli italiani tra maggio e giugno scopriranno presto. Voi pensate forse che le persone siano disattente, ma questo non succederà: come ha detto il collega Tonelli, presto si accorgeranno che le loro città si ripopoleranno di persone che non saranno in grado di apportare beneficio, nel senso che non saranno assolutamente immesse nel mercato del lavoro, e questo creerà la solita distanza sociale, anche il nervosismo. Altro tema, fate questa cosa della protezione umanitaria e allora uno si aspetta: bene, caricheranno quindi di lavoro le commissioni territoriali, perché chiaramente già adesso, forse non lo sapete, le commissioni territoriali sono oberate dalle richieste, devono star dietro e prendere moltissime decisioni, abbiamo addirittura ricorsi continui su tutti i permessi che vengono così negati. Oggi, se voi introducete questa nuova forma, dovreste perlomeno pensare di potenziarle le commissioni territoriali. Invece no, che cosa fate in questo decreto? Non soltanto non le potenziate, ma rallentate l'iter di analisi degli status e delle situazioni, lo rendete più lento. Allora io mi chiedo: ma qual è la finalità di rendere ancora più lento il riconoscimento o meno di uno status? Si presuppone che, nell'interesse dei cittadini italiani, come nell'interesse dello stesso migrante, voi dovreste accelerare il più possibile, dovreste decidere il più velocemente possibile se un soggetto ha titolo o no per rimanere sul nostro territorio, e invece lo rallentate. Ma come mai lo rallentate? Anche qui viene il sospetto: forse perché, contemporaneamente, avete reistituito un sistema di assistenza diffusa, cioè soldi dei cittadini italiani, per fare i corsi di lingua, per dare l'assistenza legale, per dare l'assistenza psicologica di cui tutti questi soggetti potranno beneficiare? Quindi, i soggetti sul nostro territorio che non sanno ancora se avranno un titolo per rimanere sul nostro territorio, però, in tutti quei mesi, anni, che rimarranno sul nostro territorio, beneficeranno di questi servizi. Allora capite perché viene da pensare che queste iniziative non siano fatte nell'interesse neanche di chi arriva, neanche dell'immigrato che arriva, ma siano fatte nell'interesse del permanere di un sistema, che, probabilmente, sovvenzionerà moltissime professionalità, moltissime società, e che, però, si poteva evitare, perché sono soldi dei cittadini.

Vi rammento che eravamo arrivati a un livello di spesa, prima dei “decreti Salvini”, pari allo 0,30 per cento, allo 0,26 del PIL italiano, allo 0,5 della spesa pubblica italiana. Volete ritornare a quei livelli, quando oggi il denaro pubblico è un bene sacro? È denaro di tutti i cittadini, di persone che faticano a trovare il lavoro. Vogliamo ritornare a quei livelli di spesa? Perché anche lì, nel “decreto Salvini”, nel “decreto Sicurezza”, non si era fatto nulla di punitivo: si era semplicemente detto che certamente si è meritevoli di processi di integrazione, e, quindi, di assistenza legale e, quindi, di sistema sanitario adeguato e, quindi, certamente anche del corso di lingua italiana, ma per chi? Non per tutti. Non è che si negasse questa cosa, ma si veicolava esclusivamente a coloro che poi si sapeva avevano delle chance di rimanere sul nostro territorio, perché è chiaro che io faccio un corso di integrazione a un soggetto che poi può rimanere sul mio territorio e non faccio un corso di lingua italiana a un soggetto che dopo sei mesi dovrebbe essere rimpatriato. Quindi, questo è il trucchetto. Perché servizi diffusi a tutti, anche a coloro che sappiamo che dovranno essere rimpatriati o che dovrebbero essere rimpatriati, visto che con questo decreto, anche qui, in qualche modo, renderete più difficile questa possibilità? Viene da pensare, quindi, che vi sia una visione interessata? Non lo so. Abbiamo visto episodi sulla stampa, episodi giudiziari. È comunque incomprensibile dare un accesso indiscriminato all'assistenza secondaria e questa è una critica che abbiamo mosso in Commissione. Avevamo presentato anche degli emendamenti; non è che vi avevamo detto di cancellare tutto. Avevamo presentato degli emendamenti, per esempio, per eliminare l'assistenza psicologica a un richiedente asilo che si sa già che non potrà mai rimanere sul nostro territorio. Ma no, anche sullo psicologo non siamo riusciti a farvi cambiare idea.

Un altro tema che affronta questo decreto: le fantomatiche ONG. Ho sentito dalla Boldrini, Presidente, dire prima che dovremmo vergognarci, perché le ONG fanno un'azione meritevole. Onorevole Boldrini, io non mi vergogno nel dire che non ritengo che sia meritevole mettere a rischio in mare delle famiglie e dei bambini, lucrandoci sopra e non è il caso delle ONG: è il caso degli scafisti, certamente. Però, non ritengo neanche meritevole che, in qualche modo, ci si renda strumenti di un sistema. Io credo che degli Stati seri e anche delle associazioni serie di volontariato dovrebbero piuttosto battersi - perché è chiaro che le ONG probabilmente non lo fanno volontariamente; lo fanno involontariamente - per creare dei corridoi umanitari seri. Cosa sono i corridoi umanitari seri? Sono quelli che non portano anche chi non avrebbe diritto in mezzo al mare, magari su delle barche molto grandi all'inizio per poi distribuirli su barchini fatiscenti che si sa che non potrebbero reggere alle onde e allora bisogna correre con le barche, con le ONG a salvarli, ma corridoi come fanno i Paesi seri e li organizzano gli Stati e non le ONG, perché non esistono i corridoi umanitari privati, cioè con gli aerei. Perché non si fanno queste cose, onorevole Boldrini? Perché non vi battete per questo? Io glielo dico il perché: perché su un aereo, su un corridoio umanitario fatto seriamente dagli Stati, ci sale solo chi ha diritto e non ci sale chiunque, perché bisogna avere un titolo, perché bisogna averlo riconosciuto lì il titolo. Perché non ci battiamo, a livello europeo e anche come comunità internazionale, per creare questo sistema? Se veramente vogliamo essere umani, perché non iniziamo a batterci per questo sistema legale, legalizzato, che non mette a rischio assolutamente le vite umane? Cosa poi è stato fatto di incredibile nel “decreto Salvini”? Semplicemente si metteva da una parte una regola ferma e, cioè, che i confini di uno Stato esistono e lo Stato ha diritto a difenderli. Capisco che la sinistra questo concetto non lo ami, perché la sinistra è affascinata di più dal concetto di società fluida: il confine è una cosa negativa, il confine è associato al muro. Il concetto della perimetrazione non va bene. Il rifiuto del concetto della casa, di dimora, di confine, di tradizione. Però, vi segnalo una cosa: questo è un concetto elitario, probabilmente per voi affascinante. Ma quelli che io chiamo i penultimi - perché degli ultimi si occupano tutti, cioè le persone che fuggono da guerre, le persone che muoiono di fame -, ossia quei nostri concittadini, connazionali che si battono ogni giorno per avere una dimora, perché il figlio trovi un lavoro, perché loro mantengano il lavoro, a quei concetti lì, di confine, di regole, di protezione, a quei concetti si aggrappano non perché sono chiusi di mentalità ma perché capiscono che sono gli unici indici protettivi della loro situazione economica e familiare. Noi abbiamo una capienza sociale ed economica, come casse dello Stato, che dobbiamo destinare prevalentemente a quelle persone e glielo dobbiamo perché queste persone, a gran voce ogni giorno e con il loro lavoro, si sforzano per la nostra comunità. Quindi, quando c'è un atteggiamento snobistico di colui che magari vive nel grande centro della città, si muove in taxi o, magari, ha addirittura un autista e non si preoccupa del soggetto che, invece, si preoccupa che, magari, quando la moglie torna a casa su un pullman, alla sera tardi, può vedersi circondata da situazioni di immigrazione irregolare, che possono portare, non avendo un lavoro, anche al compimento di atti che potrebbero essere problematici per la sicurezza di sua moglie, quello è il soggetto a cui dovreste rivolgervi. Lì la sinistra ha perso la sua natura. Una volta anche voi vi occupavate dei fragili. Mi rendo conto che non lo fate più e mi rendo conto che hanno ragione i colleghi quando dicono: “Ce ne dovremo occupare noi di questi penultimi”. Ce ne dovremo occupare noi quando torneremo al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Martina Loss. Ne ha facoltà. È assente: si intende che vi abbia rinunciato. È iscritta a parlare la deputata Jari Colla. Ne ha facoltà.

JARI COLLA (LEGA). Sono ancora un uomo, Presidente. Ci tengo alla mia identità sessuale.

PRESIDENTE. Il deputato Jari Colla. Prego, a lei la parola.

JARI COLLA (LEGA). Grazie, Presidente. Devo dirle che mi trovo piuttosto in imbarazzo perché, vede, in piena crisi sanitaria e con l'economia che precipita, avrei preferito che il Parlamento si occupasse di sanità, di economia, di imprese, di lavoro. Invece, con settori e filiere in ginocchio, con oltre 500 mila italiani che hanno già perso il lavoro dall'inizio della pandemia e con 526 mila italiani che sono ancora in attesa della Cassa integrazione, voi che fate? Tenete occupato il Parlamento per cancellare i “decreti Sicurezza”, quei decreti voluti a suo tempo dal Ministro Salvini. Ma tornate sulla terra, tornate sulla terra! Quei decreti e quel Ministro hanno portato una riduzione degli sbarchi dell'85 per cento, l'85 per cento in meno rispetto al precedente Ministro Minniti, al tanto osannato Ministro Minniti. Oggi, invece, con il PD e i 5 Stelle al Governo, quali sono i numeri? Ebbne, abbiamo numeri che parlano da soli: record di sbarchi, più 450 per cento. Più 450 per cento di ingressi clandestini nel nostro Paese in un anno. Incapacità del Ministro Lamorgese? No, non è incapacità del Ministro Lamorgese: è una chiara scelta politica, è una chiara volontà politica di aprire le porte dell'Italia.

Non serve cancellare i “decreti Sicurezza”: serve farli applicare con rigore, con estremo rigore. Avete vietato gli spostamenti tra regioni, ma tra i continenti no. Avete aperto le porte all'Africa come non ci fosse un domani e mentre ogni sera da diversi giorni guardiamo nei TG le immagini degli italiani in coda nelle ambulanze davanti agli ospedali, esattamente come era successo a marzo e ad aprile, ebbene, mentre guardiamo queste immagini, nello stesso preciso momento, voi mettete i clandestini nelle navi da crociera.

Siete voi i razzisti, siete voi anti-italiani e lo siete sempre stati, anche se oggi vi fate chiamare democratici e non più comunisti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Da una parte, state facendo di tutto per rendere impossibili le espulsioni, come candidamente ammesso oggi dall'onorevole Pollastrini - l'ha detto chiaramente, l'ha ammesso candidamente -, fate di tutto per farli entrare, li andate a prendere a pochi passi dalle coste africane, come è stato ampiamente dimostrato più e più volte, li mantenete a spese degli italiani, prima in hotel e ora addirittura sulle navi da crociera, alla faccia delle migliaia di partite IVA in attesa di aiuto, alla faccia delle migliaia di aziende dimenticate dai “decreti Ristori 1, 2, 3, 4, 5” - chi più ne ha più ne metta -, alla faccia dei 526 mila italiani, che ancora sono in attesa della cassa integrazione, e alla faccia delle 500 mila persone, che hanno perso il posto di lavoro da marzo di quest'anno e che non lo ritroveranno facilmente e che non lo ritroveranno per un sacco di mesi ancora (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

Io mi chiedo e chiedo a tutti voi e lo chiedo al Governo, lo chiedo al Ministro e al Vice Ministro, lo chiedo al Premier Conte: se io dovessi entrare in Tunisia o in Libia, riceverei da quello Stato lo stesso trattamento? Riceverei 35 euro al giorno, vitto, alloggio, ricarica telefonica e un comodo letto in hotel o in una nave da crociera? Con questo decreto, il “decreto Clandestini”, avete creato, di fatto, anche il garante dei rifugiati, ma l'unica cosa che garantite è il conto in banca alle vostre cooperative rosse. Dovete garantire gli italiani, il lavoro degli italiani, non i clandestini, non le vostre cooperative! Queste sono le priorità per il Governo, per il nostro Governo! Queste devono essere le priorità (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

Con questo decreto, il “decreto Clandestini”, riducete le multe alle ONG. Riducete le multe alle ONG di venti volte: di venti volte! Venti! Se la caveranno con una mancia. E intanto la mafia fa festa, i trafficanti di esseri umani fanno festa e i tagliatori di gole fanno festa, perché, se non ve ne siete accorti - e noi questo ve lo diciamo da anni - tra i tanti clandestini che entrano nel nostro Paese, sono arrivati anche i tagliagole islamisti, come le tristi vicende di cronaca dei giorni scorsi ci hanno ricordato.

Del PD sappiamo tutto: tutto sappiamo! È un partito che vuole la globalizzazione e la conseguente distruzione delle identità nazionali, culturali, religiose. Quindi, l'immigrazione di massa rientra perfettamente nel loro progetto politico: perfettamente.

Ai 5 Stelle, invece, voglio fare una domanda e vi chiedo: ma con che credibilità e, soprattutto, con che faccia potete votare questo provvedimento, sapendo che solo pochi mesi fa avevate sostenuto una linea totalmente contraria? Con che faccia potete votare questo provvedimento, sapendo che rientrava anche nel vostro programma di Governo del 2018? Io ho un sospetto, anzi ho una certezza. Si chiama “poltronite” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Si chiama “poltronite”, per la quale fareste qualsiasi cosa e votereste - anzi voterete - qualsiasi legge, pur di non dovere tornare a casa, pur di non tornare a lavorare, ammesso che un lavoro voi ce l'abbiate mai avuto.

Non serve una nuova legge, serve un nuovo Ministro, ma soprattutto serve un nuovo Governo, un Governo che difenda l'interesse nazionale, che difenda i confini, i cittadini, le imprese e che difenda il lavoro dei nostri cittadini. Quel Governo arriverà, arriverà con le prossime elezioni. E quel giorno verrà dichiarato festa nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2727-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, deputata Vittoria Baldino, e il relatore, deputato Carmelo Miceli, rinunciano alla replica e che il Vice Ministro Mauri si riserva di intervenire nel prosieguo.

A questo punto, risulta necessaria la sospensione della seduta, per dieci minuti. Ha chiesto di parlare il deputato Baldelli. Prego, a lei la parola. Sull'ordine dei lavori?

SIMONE BALDELLI (FI). Presidente, sì, solo per darle la mia disponibilità. Visto che l'abbiamo ascoltata tante volte dal Ministro D'Incà negli ultimi mesi, io la formula della fiducia la so a memoria. Se serve qualcuno, vengo a metterla io.

PRESIDENTE. La ringrazio, non ha convinto, però, a evitare la sospensione, che risulta comunque necessaria. Quindi, sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,45.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 16,40.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Riprendiamo l'esame del disegno di legge n. 2727-A.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2727-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2727-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, deputato Federico D'Inca'. Ne ha facoltà. A lei la parola, Ministro D'Incà.

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei Ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 2727-A: Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, nel testo approvato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, subito all'estrazione del nominativo da cui inizierà la chiama per il voto di fiducia nella giornata di lunedì.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Boccia.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Baldelli. Ne ha facoltà. Prego, deputato Baldelli.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Io avevo addirittura proposto al Ministro D'Incà di potermi sostituire a lei nella dichiarazione della ormai nota formuletta di rito con cui il Governo pone la fiducia. Ovviamente era una proposta ironica e autoironica, non essendo questo possibile, non essendo io un Ministro di questo Governo ma, come lei sa bene, altri Ministri potrebbero invece porre la fiducia. Io sommessamente, Ministro D'Incà, le consiglio ogni tanto di far fare questa buona pratica ai Ministri competenti per tema sui vari decreti perché, vede, il fatto che lo faccia lei impone spesso e volentieri, almeno al sottoscritto, questo genere di interventi. Per ricordare che cosa? Che la forza politica alla quale lei appartiene, Ministro D'Incà, forte della propria superiorità morale, in termini di coerenza e di intransigenza, per anni ha preso a male parole tutti i Ministri che al suo posto si sono alternati su quel banco a porre la questione di fiducia nei Governi precedenti.

Ecco, mi piace ricordare che siamo alla trentunesima fiducia di questo Governo, a cui si sommano quelle del Governo precedente, del quale la sua forza politica faceva parte. Mi piace ricordare che siamo ormai a un consolidamento di una prassi costituzionale che vede nel bicameralismo “a senso unico alternato” l'esame dei nostri provvedimenti, che vengono esaminati da un solo ramo del Parlamento e poi portati nell'altro con la questione di fiducia. Mi piace sottolineare che il suo partito, Ministro D'Incà, ha delle posizioni politiche a senso unico alternato, perché io capisco che il centrodestra nel merito di questo provvedimento faccia una battaglia in questo momento in Aula, avendo votato un provvedimento di segno opposto fino addirittura a luglio del 2019. Mi rendo conto che invece il Partito Democratico e LeU siano molto soddisfatti di questo provvedimento, che va nel segno diametralmente opposto ai due precedenti decreti su questo tema, approvati dallo scorso Governo. Quella che capisco meno è la posizione a senso unico alternato del suo partito, Ministro D'Incà, che, proprio con la stessa probabilmente coerenza e intransigenza sempre dimostrata verso le proprie convinzioni, si appresta a votare la fiducia su un provvedimento di segno opposto a quello su cui aveva votato la fiducia sia nel novembre del 2018, sia nel luglio del 2019. Di fronte a tutto questo ovviamente c'è un'incongruenza che non posso non sottolineare e prendiamo atto che siamo alla trentunesima questione di fiducia, la sedicesima in questo ramo del Parlamento, e che quindi si procede ad un ritmo degno, come dire, delle migliori tradizioni, quelle stesse tradizioni che lei e il suo partito, Ministro, attaccavate con forza e - mi permetta - con violenza verbale negli anni passati. Ovviamente ci rendiamo conto del fatto che, cambiando i Governi, cambino i programmi, cambino le priorità, cambi tutto, ma certo che attendersi questo dai maestri di morale, di coerenza e di intransigenza, ebbene, forse è qualche cosa che è opportuno ogni tanto sottolineare, giusto per ricordarci che in questo Parlamento non c'è qualcuno migliore degli altri, che probabilmente certe prassi e certe cose sono da condannare quando sono proprio distanti da noi, ma quando ci si avvicina al Governo, quando si è maggioranza, stranamente diventano la norma. E tutto questo passa drammaticamente sotto silenzio, proprio da parte di coloro che insultavano gli altri per quelle stesse cose che voi fate oggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Intervengo sull'ordine dei lavori quantomeno per completare una chiosa rispetto alla discussione di oggi e perché rimanga agli atti la correttezza sostanziale e formale della giornata di oggi a Montecitorio, in quanto la giornata si è aperta con un serrato fuoco di fila da parte di una serie di colleghi, che non vedo più presenti in Aula, che miravano a contestare la legittimità di questo percorso, adducendo l'assenza della pronuncia da parte della Commissione bilancio in ordine a questo provvedimento. Quanto ha appena comunicato il Presidente in questo momento ha confermato quanto aveva già detto in precedenza il Presidente di turno Rosato e cioè che questo tema rientra all'interno di una consolidata prassi, quella di acquisire nel corso dei lavori. anche di discussione generale, il pronunciamento da parte della relativa Commissione bilancio, e quindi credo sia giusto dover far constare agli atti di questa Camera che i rilievi che questa mattina sono stati formulati e sulla base dei quali addirittura si richiedeva un pronunciamento dell'Aula finalizzato al ritorno in Commissione del provvedimento, Ebbene, questi rilievi non sono stati dei rilievi fondati, anzi, se i colleghi avessero avuto l'accortezza, la pazienza e forse anche il rispetto di attendere fino in fondo ai nostri lavori, avrebbero avuto la conferma da parte del Presidente di quello che ho sin qui attestato.

Peraltro, la giornata, sul piano più prettamente politico, si era aperta con una dichiarazione a mezzo televisivo molto stentorea, da parte del leader dei colleghi che avevano posto questo genere di rilievi, che aveva annunciato agli italiani, in maniera molto muscolare, che ci avrebbero tenuti in questi banchi, come dire, rievocando un antico, forse subliminale, appello ad inchiodare al bagnasciuga i nemici, finché noi, come maggioranza, non avessimo ritirato il provvedimento. Ebbene, vorrei dare una comunicazione di servizio ai colleghi che non ci sono più che qui se c'è qualcuno che se ne è andato, non siamo certo noi ed è evidente che noi siamo rimasti in Aula fino in fondo e loro non ci sono più e, quindi, è difficile tenere in Aula persone che non fanno parte dell'Aula medesima (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sempre sull'ordine dei lavori, il deputato Rizzone. Ne ha facoltà.

MARCO RIZZONE (MISTO). Grazie, Presidente. Solo per constatare che per l'ennesima volta il ruolo del Parlamento viene svilito, e questo mi rammarica, tanto più fatto da un Governo di cui fa parte il MoVimento 5 Stelle che, nella scorsa legislatura, per le approvazioni a colpi di fiducia, aveva protestato in maniera molto forte. Evidentemente i tempi sono cambiati e si va avanti così, noi parlamentari smettiamo di svolgere la nostra funzione, facciamo gli emendamenti e questi non servono a niente; mi chiedo dove andremo a finire e mi chiedo cosa fa la Presidenza per evitare questo andazzo che, di certo, non valorizza questa istituzione.

PRESIDENTE. A questo punto, non mi pare che ci siano altri interventi sull'ordine dei lavori, interrompiamo l'esame del provvedimento, che riprenderà, come convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, nella seduta di lunedì 30 novembre, a partire dalle ore 13, con le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia. Seguiranno, a partire dalle ore 14,30, la votazione per appello nominale e, fino alle ore 19, gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno presentati.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 30 novembre 2020 - Ore 13:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. (C. 2727-A)

Relatori: BALDINO e MICELI.

La seduta termina alle 16,50.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: VITTORIA BALDINO (A.C. 2727-A)

VITTORIA BALDINO, Relatrice. (Relazione – A.C. 2727-A). Il decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, risponde, come si legge nella relazione illustrativa, all'esigenza di dare seguito alle osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge n. 113 del 2018 e di promulgazione della legge n. 77 del 2019, che ha convertito in legge il decreto-legge n. 53 del 2019. A seguito dell'entrata in vigore di tali disposizioni e della loro prima applicazione, si è manifestata, infatti, la straordinaria necessità e urgenza di chiarirne alcuni profili, tramite una loro rimodulazione che tenga conto dei princìpi costituzionali e di diritto internazionale vigenti in materia e di porre rimedio ad alcuni aspetti funzionali che avevano generato difficoltà applicative.

La I Commissione ha avviato l'esame del provvedimento nella seduta del 29 ottobre scorso deliberando il 25 novembre di conferire mandato ai relatori di riferire in senso favorevole in Assemblea sul testo, al termine di un intenso esame in sede referente e di una approfondita attività conoscitiva nel corso della quale sono state svolte audizioni di esperti e operatori del settore che hanno arricchito il lavoro della Commissione.

Nel corso dell'esame della Commissione sono stati esaminate tutte le proposte emendative presentate e sono stati in particolare oggetto di modifiche ed integrazioni gli articoli 1 (Permesso di soggiorno e controlli di frontiera), 2 (Procedure per il riconoscimento della protezione internazionale), 3 (Trattenimenti e modifiche al D.Lgs. 142/2015), 4 (Accoglienza dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale), 5 (Integrazione) e 13 (Garante dei diritti delle persone private della libertà personale). L'articolo 14 (Invarianza finanziaria) è stato modificato al fine di recepire una condizione posta nel parere della Commissione Bilancio.

Passando all'illustrazione del testo, come risultante dalle modifiche approvate nel corso dell'esame in sede referente, l'articolo 1 apporta numerose modificazioni al testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.

Nel dettaglio, la nuova lettera 0a) del comma 1, introdotta nel corso dell'esame in sede referente, interviene sulle previsioni del Testo unico immigrazione relative al d.P.C.m. che stabilisce annualmente i flussi di ingresso di stranieri non appartenenti all'Unione europea per motivi di lavoro, subordinato o autonomo. A seguito delle modifiche apportate, si prevede che in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei ministri possa provvedere in via transitoria, con proprio decreto. Sono quindi soppressi il termine del 30 novembre di ciascun anno e il limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato, attualmente previsti.

A sua volta la lettera a) del comma 1 modifica il comma 6 dell'articolo 5 del testo unico, che prevede che il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti.

Il decreto-legge in esame impone il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato.

Nella formulazione antecedente al decreto-legge n. 113 del 2018, la disposizione concludeva: "salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano". Tale inciso è stato abrogato dal decreto-legge n. 113 del 2018, con ciò facendo venire meno l'ambito di discrezionalità nella valutazione dei "seri motivi", attribuita al questore. Nell'emanare quel decreto-legge, il Presidente della Repubblica ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri (il 4 ottobre 2018) richiamando, in via generale, come restassero "fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall'articolo 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall'Italia". Il presente decreto-legge ripristina dunque l'obbligo di rispettare gli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato aggiungendo il seguente periodo: "fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano".

A tale proposito si rileva come l'articolo 10 della Costituzione - oltre a prescrivere la conformità dell'ordinamento giuridico italiano alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute (primo comma) - si soffermi sulla condizione giuridica dello straniero, prescrivendo per essa (al secondo comma) sia una riserva di legge sia la conformità alle norme ed ai trattati internazionali (per quest'ultimo riguardo superando il principio della reciprocità rispetto alla disciplina degli altri Stati, com'era nell'antecedente ordinamento).

Ancora, l'articolo 10 prevede (al terzo comma) che "lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto all'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge", ponendo inoltre (al quarto comma) il divieto di estradizione dello straniero per reati politici.

Tale novero di previsioni - che formulano la generale garanzia della persona straniera nell'ordinamento italiano - si collocano entro i "Principi fondamentali" della Carta repubblicana.

Per lungo tempo l'Italia ha avuto una disciplina limitata al riconoscimento dello status di rifugiato, a seguito dell'adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, che definisce appunto lo status di rifugiato (ratificata dalla legge n. 722 del 1954; solo con il decreto-legge n. 416 del 1989 veniva però meno la riserva geografica apposta al momento della ratifica). La Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990 è intervenuta sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea (ratificata dalla legge n. 523 del 1992).

A dare impulso ad una maggiore articolazione della disciplina normativa interna è stata l'incidenza delle disposizioni comunitarie. Si deve rammentare infatti come l'asilo, nelle sue varie articolazioni, sia materia di competenza dell'Unione europea, la quale vi persegue una "politica comune", mediante un "sistema europeo comune di asilo" (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea).

La protezione così accordata può essere di tre tipi:

- riconoscimento dello status di rifugiato;

- protezione sussidiaria;

- protezione temporanea.

Le prime due tipologie (status di rifugiato e protezione sussidiaria) sono specificazione di una medesima voce: la "protezione internazionale" (dicitura ricorrente nei recenti atti normativi dell'Unione europea, intesi ad avvicinare la disciplina di siffatte due diverse forme di protezione).

La prima forma di protezione (status di rifugiato) è accordata a chi sia esposto nel proprio Paese ad atti di persecuzione individuale, configuranti una violazione grave dei suoi diritti fondamentali.

La seconda (protezione sussidiaria) è accordata a chi, pur non oggetto di specifici atti individuali di persecuzione, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno se ritornasse nel Paese di origine.

La terza tipologia (la protezione temporanea) è una procedura di carattere eccezionale che garantisce - nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nel loro Paese d'origine - una tutela immediata e temporanea, in particolare qualora sussista il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso.

Il diritto di asilo previsto dall'articolo 10, terzo comma, della Costituzione è attuato e regolato nel nostro ordinamento secondo diverse fattispecie: lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e protezione altra per esigenze umanitarie.

Lo status di rifugiato è disciplinato dall'articolo 2, comma 2, lettere e) e f) del decreto legislativo n. 251 del 2007 (modificato dal decreto legislativo n. 18/2014) e dall'articolo 2, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo n. 25 del 2008.

La protezione sussidiaria è disciplinata dall'articolo 2, comma 1, lettere g) ed h), del decreto legislativo n. 251 del 2007 e dall'articolo 2, comma 1, lettere f) e g), del decreto legislativo n. 25 del 2008.

La protezione umanitaria è stata soppressa quale istituto generale dal citato decreto-legge n. 113 del 2018, il quale le ha sostituito una enumerazione diretta a tipizzare e delimitare le ipotesi umanitarie. L'articolo 1, comma 1, lettera b) dispone, per alcune tipologie di permessi di soggiorno, la convertibilità in permessi di lavoro.

La lettera b) del comma 1 dispone la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, di un novero di permessi di soggiorno, attraverso una novella l'articolo 6 del testo unico dell'immigrazione, in cui si introduce un comma 1-bis, ammettendo in tal modo - ove ne ricorrano i requisiti - la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, dei seguenti permessi di soggiorno:

- per protezione speciale;

- per calamità;

- per residenza elettiva;

- per acquisto della cittadinanza (o dello stato di apolide);

- per attività sportiva;

- per lavoro di tipo artistico;

- per motivi religiosi;

- per assistenza a minori;

- per cure mediche dovute a gravi condizioni psico-fisiche o gravi patologie (voce, quest'ultima, introdotta in sede referente).

La disciplina del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è recata nel Testo unico dell'immigrazione dagli articoli da 21 a 27 (nonché dall'articolo 27-quater per lavoratori altamente qualificati, dagli articoli 27-quinquies e sexies per trasferimenti intra-societari). Vi si prevede una tipologia di permesso differenziata, a seconda si tratti di: lavoro subordinato; lavoro subordinato stagionale; lavoro autonomo; lavoro in casi particolari, enumerati dall'articolo 27 del Testo unico (dunque fuori della determinazione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato italiano autorizzati nell'ambito delle quote, valevole invece per le altre tipologie di permesso di lavoro).

Nell'enumerazione resa dalla lettera b), figurano dunque alcuni permessi speciali.

Il permesso di soggiorno per protezione speciale - oggetto dell'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 2008, come riscritto dal decreto-legge n. 113 del 2018 - è accordato nei casi in cui non sia accoglibile (dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale) la domanda di protezione internazionale e tuttavia ricorrano i presupposti del divieto di espulsione (di cui all'articolo 19 del Testo unico dell'immigrazione).

In tali casi, gli atti sono restituiti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno annuale che reca la dicitura "protezione speciale" (salvo che possa disporsi l'allontanamento verso uno Stato che provveda ad accordare una protezione analoga).

Siffatto permesso di soggiorno è rinnovabile (previo parere della Commissione territoriale). La disposizione del testo unico prevede espressamente che questo permesso consenta di svolgere attività lavorativa ma che esso non possa essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

La lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 dispone in senso contrario, senza però novellare con una formulazione di raccordo l'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 32 del citato decreto legislativo n. 25.

La medesima lettera b) specifica che la convertibilità in permesso di soggiorno lavorativo è esclusa qualora ricorrano le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale, per gravi condotte criminose, pericolosità per la sicurezza dello Stato o l'ordine e la sicurezza pubblica, talché operi l'esclusione o il diniego dal conferimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria (secondo quanto previsto dagli articoli 10, comma 2, 12, lettere b) e c) e 16, del decreto legislativo n. 251 del 2007).

Una disposizione circa questo tipo di permesso per protezione speciale è contenuta altresì nella lettera e), numero 2.

Il permesso di soggiorno per calamità è disciplinato dall'articolo 20-bis del testo unico dell'immigrazione ed è stato introdotto dal decreto-legge n. 113 del 2018, nel sopprimere l'istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari e correlativamente mantenere fattispecie eccezionali di temporanea tutela dello straniero per esigenze di carattere umanitario, enumerate e tipizzate in permessi di soggiorno speciali (tra i quali, appunto, quello qui considerato). Su tale permesso di soggiorno incide la lettera f) del comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge.

Il permesso di soggiorno per residenza elettiva è previsto dall'articolo 11, unico comma, lettera c-quater) del d.P.R. n. 394 del 1999 (recante il regolamento di attuazione del testo unico dell'immigrazione): è permesso di soggiorno rilasciato a favore dello straniero titolare di una pensione percepita in Italia (o che comunque dimostri di potersi mantenere in modo autosufficiente senza svolgere attività lavorativa).

Il permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolidia è anch'esso menzionato dal d.P.R. n. 394 del 1999 (ancora all'articolo 11 lettera c) ed è accordato a favore dello straniero già in possesso del permesso di soggiorno per altri motivi, per la durata del procedimento di concessione o di riconoscimento.

La lettera b) del comma 1 ne dispone la convertibilità in permesso di lavoro, a condizione che lo straniero non fosse precedentemente in possesso di un permesso per richiesta asilo (quest'ultimo, a sua volta, è rilasciato in attesa della decisione sulla domanda di asilo, se essa non sia adottata entro sei mesi dalla presentazione della domanda ed il ritardo non sia imputabile al richiedente; ha durata di sei mesi, rinnovabile fino a durata del procedimento, e consente di svolgere un'attività lavorativa fino alla conclusione della procedura, senza però poter essere convertito in permesso di lavoro: cfr. articoli 4 e 22 del decreto legislativo n. 142 del 2015; viene rilasciato anche a coloro che propongano ricorso giurisdizionale contro il diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale: cfr. articolo 35, comma 7 del decreto legislativo n. 25 del 2008).

Il permesso di soggiorno per attività sportiva è oggetto dell'articolo 27, comma 1, lettera p) del Testo unico dell'immigrazione ed è rilasciato a stranieri il quali siano destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica o dilettantistica (secondo determinazioni delle Federazioni sportive: ad esempio quella del calcio attribuisce la quota d'ingresso solo al settore professionistico) presso società sportive italiane.

Il permesso di soggiorno per lavori di tipo artistico oggetto della previsione del decreto-legge sopra richiamata, è quello di cui fa menzione l'articolo 27, comma 1, del Testo unico dell'immigrazione alle lettere per:

- personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto;

- ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento;

- artisti da impiegare da enti musicali teatrali o cinematografici o da imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o da enti pubblici, nell'ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche.

Il permesso di soggiorno per motivi religiosi trova menzione nell'articolo 5 del Testo unico dell'immigrazione, là dove prevede che il regolamento di attuazione possa prevedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e "per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto" nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze. Su tale profilo incide ora la disposizione del decreto-legge in esame.

Il permesso di soggiorno per assistenza minori consegue alla previsione dell'articolo 31, comma 3, del Testo unico dell'immigrazione, il quale prevede che il Tribunale per i minorenni possa autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del Testo unico, allorché risultino gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trovi nel territorio italiano.

L'autorizzazione del Tribunale per i minorenni è revocata quando vengano a cessare i gravi motivi che ne giustifichino il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia.

Tale tipologia di permesso di soggiorno consente lo svolgimento di attività lavorativa, ma prima della previsione del decreto-legge, non ne era consentita la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Una modifica introdotta in sede referente, come detto, ha ampliato l'elencazione resa dal decreto-legge di permessi di soggiorno convertibili in permessi di lavoro, sì da ricomprendervi altresì il soggiorno per cure mediche di stranieri che versino in gravi condizioni psico-fisiche o soffrano di gravi patologie.

La lettera c) del comma 1 sopprime una disposizione introdotta dal decreto-legge n. 53 del 2019 all'articolo 11, comma 1-ter del Testo unico dell'immigrazione sul procedimento per la limitazione o il divieto di ingresso, transito, sosta di navi nel mare territoriale per motivi di sicurezza pubblica o di contrasto di violazioni delle leggi sull'immigrazione, sostituendola con la disciplina recata dall'articolo 1, comma 2 del decreto-legge in esame.

La disposizione soppressa prevedeva che il Ministro dell'interno potesse - nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia - limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale (salvo che si trattasse di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale), per:

- motivi di ordine e sicurezza pubblica;

- ovvero quando si concretizzassero - "limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti" - le condizioni di cui all'articolo 19, paragrafo 2, lettera g), della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, resa esecutiva in Italia dalla legge n. 689 del 1994), nella quale si considera come "pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato" costiero il passaggio di una nave straniera se, nel mare territoriale, la nave sia impegnata, tra le altre, in un'attività di carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero. Tale norma prevedeva, inoltre, circa il provvedimento adottato dal Ministro dell'interno, il concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri. La soppressione qui disposta è correlata alle modifiche e integrazioni disposte dal comma 2.

La lettera d) del comma 1 sopprime i commi 6-bis, 6-ter, 6-quater dell'articolo 12 del testo unico dell'immigrazione introdotte dal decreto-legge n. 53 del 2019, recanti le disposizioni sulla multa a seguito della violazione del divieto di ingresso, transito o sosta nelle acque territoriali italiane nonché sulla confisca ed eventuale distruzione dell'imbarcazione, previste dal decreto-legge n. 53 del 2019. Sulla materia interviene ulteriormente il comma 2 dell'articolo 1 del decreto – legge, modificando il Codice della navigazione.

Nel dettaglio, il comma 6-bis dell'articolo 12 del Testo unico prevedeva che, in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane, e salve le sanzioni penali quando il fatto costituisca reato, si applicasse al comandante della nave la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 150.000 a euro 1.000.000 (con estensione della responsabilità solidale all'armatore della nave). Si prevedeva inoltre che fosse sempre disposta la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione, procedendosi immediatamente a sequestro cautelare. A seguito di provvedimento definitivo di confisca, era previsto fossero imputabili all'armatore e al proprietario della nave gli oneri di custodia delle imbarcazioni sottoposte a sequestro cautelare.

Il comma 6-ter dell'articolo 12 del Testo unico disponeva circa la custodia delle navi sequestrate nonché gli oneri relativi alla gestione.

Il comma 6-quater disponeva che, quando il provvedimento di confisca fosse divenuto inoppugnabile, la nave fosse acquisita al patrimonio dello Stato e, a richiesta, assegnata all'amministrazione che ne avesse avuto l'uso. La nave per la quale non fosse stata presentata istanza di affidamento o richiesta in assegnazione sarebbe stata, a richiesta, assegnata a pubbliche amministrazioni per fini istituzionali ovvero venduta, anche per parti separate. Le navi non utilmente impiegabili e rimaste invendute nei due anni dal primo tentativo di vendita sarebbero state destinate alla distruzione.

La lettera e) del comma 1 concerne il divieto di espulsione, riscrivendo le disposizioni recate dall'articolo 19 del Testo unico dell'immigrazione.

È stata introdotta in sede referente una modificazione del dettato della disposizione, in modo da ricomprendervi, tra i motivi della persecuzione, "l'orientamento sessuale" e "l'identità di genere".

Più nel dettaglio, viene sostituito il comma 1.1. dell'articolo 19, al fine di estendere l'ambito di applicazione del divieto di espulsione.

Non viene modificata la previsione del divieto di espulsione verso Paesi nei quali lo straniero corra un rischio di persecuzione in ragione di finalità discriminatorie mentre viene ampliata la previsione (inserita dalla legge n. 110 del 2017, la quale ha introdotto il delitto di tortura nell'ordinamento italiano) circa il divieto di respingimento o espulsione o estradizione di una persona verso uno Stato, qualora esistano fondati motivi di ritenere che lì rischi di essere sottoposta a tortura - anche alla luce di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani perpetrate in quello Stato.

Il divieto viene esteso a fondati motivi che inducano a ravvisare un rischio di trattamenti inumani e degradanti (benché non in misura tale da configurare la tortura, nella definizione resa dall'articolo 613-bis del codice penale, introdotto dalla citata legge del 2017).

Una modifica approvata in sede referente richiama altresì, circa il divieto di respingimento ed espulsione, il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano, secondo la dicitura che il medesimo decreto-legge (all'articolo 1, comma 1, lettera a)) impiega nel novellare altra disposizione del Testo unico (ossia il suo articolo 5, comma 6).

Il divieto è del pari esteso dal decreto-legge a fondati motivi per ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una "violazione al diritto al rispetto della propria vita privata e familiare" - a meno che depongano in senso contrario ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica, di protezione della salute (menzione, quest'ultima della protezione della salute, introdotta in sede referente, unitamente al richiamo del rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea).

In questa estensione del divieto di espulsione, la prospettiva che viene a rilevare non è l'approdo in uno Stato altro, ritenuto gravemente pericoloso per la incolumità e dignità personale, bensì "l'allontanamento dal territorio nazionale", ritenuto gravemente lesivo di un radicamento.

Al fine di meglio definire questa dimensione (inedita nel dispositivo del Testo unico dell'immigrazione ma conosciuta dagli orientamenti giurisprudenziali) la nuova norma prevede si tenga conto "della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine".

Viene poi introdotto un nuovo comma 1.2 nell'articolo 19 del Testo unico dell'immigrazione, prevedendo che lo straniero per il quale valga il divieto di espulsione (di cui ai commi 1 e 1.1) ed al quale non sia accordata la protezione internazionale, ottenga un permesso di soggiorno per "protezione speciale", rilasciato dal questore, previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Tale tipologia di permesso è disciplinata dall'articolo 32, comma 3 del decreto legislativo n. 25 del 2008, è rinnovabile (previo parere della Commissione territoriale) e consente di svolgere attività lavorativa. Nella previsione antecedente al decreto-legge in esame, esso non poteva essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro: ma è previsione superata, appunto, dal decreto-legge.

La novella rappresenta dunque un raccordo normativo tra la previsione del decreto legislativo n. 25 del 2008 e il Testo unico dell'immigrazione.

La lettera e) modifica inoltre il comma 2, lettera d-bis), dell'articolo 19 del Testo unico dell'immigrazione, sempre in materia di divieto di espulsione. Ai sensi della norma vigente il divieto di espulsione si applicava anche agli stranieri che versano in condizioni di salute "di particolare gravità". La novella sostituisce tale formulazione con una più estensiva che prevede "gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie".

Rimane invariata la previsione dell'accertamento di tali condizioni di salute - tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute della persona, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza - mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

In tali ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, valido solo nel territorio nazionale, rinnovabile finché persistono, debitamente certificate, le condizioni di salute "di particolare gravità".

Una modifica introdotta in sede referente ricomprende tale tipologia di permesso di soggiorno per cure mediche tra i permessi di soggiorno di cui sia ammessa la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro.

Le lettere f), g), h) e i) del comma 1 recano disposizioni relative ad alcuni permessi speciali di soggiorno previsti dal Testo unico dell'immigrazione: per calamità; per motivi di lavoro del ricercatore; per minori stranieri non accompagnati al compimento della maggiore età; per cure mediche.

Nel dettaglio, la lettera f) modifica l'articolo 20-bis del Testo unico dell'immigrazione in materia di permesso di soggiorno per calamità.

La norma previgente prevedeva che il permesso di soggiorno fosse rilasciabile (dal questore, per la durata di sei mesi, rinnovabile per un periodo ulteriore di sei mesi al permanere delle condizioni) qualora il Paese, verso il quale lo straniero deve fare ritorno, versasse in una situazione di "contingente ed eccezionale" calamità, tale da non consentire il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza.

Tale formulazione è sostituita dalla novella con la previsione di una grave calamità.

È inoltre soppressa la previsione che il permesso di soggiorno per calamità non potesse essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

La lettera g) modifica il comma 9-bis dell'articolo 27-ter del Testo unico dell'immigrazione in materia di permesso per motivi di lavoro del ricercatore il quale abbia ultimato l'attività di ricerca ed abbia un permesso di soggiorno per ricerca giunto a scadenza, rilasciato dal questore per la durata del programma di ricerca e che consente lo svolgimento dell'attività di ricerca - indicata nella convenzione di accoglienza tra l'istituto di ricerca ricevente ed il ricercatore - nelle forme di lavoro subordinato, di lavoro autonomo o borsa di addestramento alla ricerca.

Al termine dell'attività di ricerca e alla scadenza del permesso di soggiorno per ricerca, che ha durata non inferiore a nove mesi e non superiore a dodici, lo straniero ricercatore può dichiarare la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro presso i servizi per l'impiego, e richiedere un permesso di soggiorno al fine di cercare un'occupazione o avviare un'impresa coerente con l'attività di ricerca completata.

In tale ambito viene soppressa la disposizione la quale prevedeva che per conseguire il permesso, lo straniero ricercatore fosse vincolato alla disponibilità di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale (aumentato della metà dell'importo dell'assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere; per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici, un reddito in ogni caso non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale ai sensi dell'articolo 29, comma 3, lettera b), del Testo unico dell'immigrazione).

Ancora, la norma previgente richiamava, ai fini dell'assistenza sanitaria, il comma 3 dell'articolo 34 del medesimo Testo unico, comprensivo di un obbligo per lo straniero ricercatore di assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità, mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale. L'espunzione di tale richiamo normativo, disposta con la formulazione della novella, fa sì – come si legge nella relazione illustrativa che correda il disegno di legge di conversione – che "si applicheranno le regole generali in materia di assistenza sanitaria per gli stranieri regolarmente soggiornanti" di cui all'articolo 34 del Testo unico, "che distinguono i casi in cui si applica l'obbligo di iscrizione di cui al Servizio sanitario nazionale da quelli in cui è consentita l'iscrizione volontaria al suddetto Servizio da quelli infine in cui occorre procedere alla stipula di una polizza assicurativa".

Con una modifica di coordinamento approvata in sede referente si è provveduto ad espungere anche dal comma 9-ter la previsione sia del possesso dei requisiti reddituali sia dell'ottemperanza all'obbligo di assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità.

La lettera h) modifica l'articolo 32 del Testo unico dell'immigrazione e riguarda il permesso di soggiorno per minori stranieri non accompagnati, al compimento del diciottesimo anno d'età.

Si tratta di permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo.

La lettera ripristina i due ultimi periodi del comma 1-bis dell'articolo 32, i quali erano stati abrogati dal decreto-legge n. 113 del 2018 (articolo 1, comma 1, lettera n-bis).

Viene in tal modo reintrodotta la previsione che il mancato rilascio del parere da parte del Comitato per i minori stranieri (previsto dall'articolo 33 del Testo unico dell'immigrazione) non possa legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno - nonché la previsione dell'applicazione a tale procedimento del silenzio assenso (mediante il rinvio all'articolo 20, commi 1, 2 e 3 della legge n. 241 del 1990).

La lettera i) modifica l'articolo 36 del Testo unico dell'immigrazione in materia di permesso di soggiorno per cure mediche, il quale ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finché durino le necessità terapeutiche documentate. La novella aggiunge la previsione che tale permesso di soggiorno consente anche lo svolgimento di attività lavorativa.

La nuova lettera i-bis), introdotta nel corso dell'esame in sede referente, dispone in ordine al soggiorno di breve durata di studenti di filiazioni universitarie straniere.

È a tal fine oggetto di modifica il Testo unico dell'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) sia all'articolo 5 sia introducendo un nuovo articolo 38-bis.

Tali modifiche hanno per oggetto il soggiorno di breve durata - intendendosi per tale il soggiorno che si protragga per un periodo non superiore a centocinquanta giorni - degli studenti di uno specifico tipo di struttura educativa.

Si tratta delle filiazioni in Italia di università o istituti superiori di insegnamento a livello universitario aventi sedi nel territorio di Stati esteri ed ivi riconosciuti giuridicamente quali enti senza scopo di lucro - a condizione che: a) abbiano per scopo ed attività lo studio decentrato in Italia di materie che facciano parte di programmi didattici o di ricerca delle rispettive università o istituti superiori; b) gli insegnamenti siano impartiti solo a studenti iscritti alle rispettive università o istituti superiori.

Si prevede inoltre che gli studenti di filiazioni universitarie straniere possano soggiornare (per il lasso sopra ricordato, di non più di centocinquanta giorni) purché - oltre beninteso ad essere entrati regolarmente nel territorio dello Stato italiano (secondo la disciplina dell'articolo 4 del Testo unico) - siano in possesso del visto per studio rilasciato per l'intera durata del corso nonché della relativa dichiarazione di presenza.

Il comma 2 dell'articolo 1, modificato nel corso dell'esame in sede referente, reca disposizioni in materia di limitazione o divieto di transito e sosta delle navi mercantili nel mare territoriale.

In particolare, la disposizione interviene sulla disciplina relativa alla possibilità di limitazione o divieto di transito e di sosta delle navi mercantili nel mare territoriale quando ricorrano motivi di ordine e sicurezza pubblica, in conformità con le previsioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 1982.

La nuova disciplina sostituisce quella introdotta nel TU immigrazione (art. 11) dal decreto-legge n. 53 del 2019 (c.d. decreto sicurezza-bis).

La previsione recata dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, dispone che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 83 del Codice della navigazione per motivi di ordine e sicurezza pubblica, in conformità con la Convenzione di Montego Bay del 1982, come specificato in sede referente, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, possa limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale

È al contempo disposta l'esclusione per le operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare. Le indicazioni sono emesse sulla base degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonché – come specificato nel corso dell'esame in sede referente – della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e delle norme nazionali, internazionali ed europee in materia di diritto di asilo.

Nei casi di inosservanza del divieto o del limite posto la pena della multa è da euro 10.000 ad euro 50.000 (che si aggiunge alla reclusione fino a due anni già prevista per le violazioni all'art. 83 Cod. nav.).

Sono contestualmente oggetto di abrogazione le previsioni inserite dal decreto-legge 53 del 2019 (c.d. sicurezza bis) agli articoli 11 e 12 del TU immigrazione che prevedevano, in particolare, una sanzione amministrativa da 150.000 euro a 1.000.000 euro, la responsabilità solidale dell'armatore con il comandante e la confisca obbligatoria della nave utilizzata nel caso di violazione del provvedimento di divieto o limitazione di ingresso, transito o sosta delle navi.

La previsione in esame interviene infatti sulle sanzioni da applicare in caso di navigazione in zone vietate, disponendo che nei casi di inosservanza del divieto o del limite di navigazione per motivi di ordine e sicurezza pubblica la pena della multa è da euro 10.000 ad euro 50.000.

Tale previsione si aggiunge a quanto attualmente stabilito dall'articolo 1102 del codice della navigazione che - al di fuori da quanto previsto dall'articolo 260 del codice penale - dispone la reclusione fino a 2 anni e la multa fino a 516 euro per il comandante della nave o del galleggiante, nazionali o stranieri, che non osserva il divieto o il limite di navigazione stabiliti ai sensi dall'articolo 83 del medesimo codice.

Sono al contempo abrogate, dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del decreto-legge, le previsioni inserite all'articolo 12 del Testo unico sull'immigrazione - i commi 6-bis, 6-ter e 6-quater - dal decreto-legge 53 del 2019 (cosiddetto “decreto-sicurezza bis”) relative alle sanzioni nei casi di inosservanza del divieto o del limite di navigazione poste in capo al comandante e all'armatore della nave. Per quest'ultimo era stabilita una responsabilità solidale con il comandante che nel testo del decreto-legge non è prevista espressamente, così come la confisca della nave.

Le previsioni oggetto di abrogazione da parte del decreto-legge disponevano, nel dettaglio, che in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane (salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato) si applicasse al comandante della nave la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 150.000 a euro 1.000.000 e la responsabilità solidale fosse estesa all'armatore della nave. In base alle norme oggetto di abrogazione, inoltre, era sempre disposta la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione, procedendosi immediatamente a sequestro cautelare. Si specificava che a seguito di provvedimento definitivo di confisca erano imputabili all'armatore e al proprietario della nave gli oneri di custodia delle imbarcazioni sottoposte a sequestro cautelare. All'irrogazione delle sanzioni, accertate dagli organi addetti al controllo, provvedeva il prefetto territorialmente competente.

Si ricorda al riguardo che la disciplina sanzionatoria abrogata era stata oggetto dei rilevi contenuti nella lettera inviata, contestualmente alla promulgazione della legge n. 53 del 2019 di conversione del cosiddetto “decreto sicurezza-bis”, dal Presidente della Repubblica ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri.

Il nuovo articolo 1-bis, introdotto in sede referente, prevede l'assegnabilità anche ad enti del Terzo settore di beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia di prevenzione e repressione dell'immigrazione clandestina. Se si tratti di imbarcazioni, tali enti procedono allo smaltimento.

L'articolo 2 interviene sulla procedura di esame delle domande di protezione internazionale, sulla relativa decisione e sulle procedure di impugnazione, apportando alcune modifiche al decreto legislativo n. 25 del 2008, di attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

Con una modifica approvata in sede referente si prevede che l'audizione dell'interessato che le commissioni territoriali sono chiamate a svolgere possa essere disposta, ove possibile e con le risorse disponibili, anche mediante collegamenti audiovisivi a distanza, nel rispetto della riservatezza dei dati.

Viene poi modificata la procedura di esame prioritario e di esame accelerato delle domande di riconoscimento della protezione internazionale, prevedendo, tra l'altro, che le domande presentate da richiedenti per i quali è stato disposto il trattenimento in uno hotspot o in un centro di permanenza per i rimpatri e delle domande presentate da cittadini provenienti da un Paese di origine sicuro, fermo restando l'esame con procedura accelerata, non siano più esaminate in via prioritaria. Inoltre, rientrano nella procedura accelerata le domande presentate da persona sottoposta a procedimento penale, o condannato con sentenza anche non definitiva, per gravi reati.

I minori stranieri non accompagnati e, come specificato nel corso dell'esame in sede referente, i soggetti portatori di esigenze particolari (quali minori, disabili, anziani, vittime di tratta) sono esclusi dall'applicazione della procedura accelerata delle domande. A quest'ultimi, inoltre, non si applica la disciplina in materia di domande manifestatamente infondate.

In caso di domanda di asilo reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento, questa non viene più considerata automaticamente inammissibile ma è comunque esaminata dalla commissione territoriale entro tre giorni.

Viene portata da uno a due anni la durata del permesso di soggiorno per protezione sociale rilasciato, a determinate condizioni, a coloro cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale.

Infine, si interviene sulla disciplina delle controversie sulle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale, ed in particolare sulle ipotesi di sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, prevedendo, tra l'altro che:

- il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della decisione, adottato per gravi motivi, deve essere emanato dal tribunale in composizione collegiale;

- la mancata sospensione dell'efficacia esecutiva nell'ipotesi di reiterazione di identica domanda si applica sono in presenza di una seconda decisione di inammissibilità.

Nel dettaglio, oltre alla suddetta modifica disposta dalla lettera 0a), le lettere a) e b) del comma 1 modificano le procedure di esame prioritario e di esame accelerato delle domande di riconoscimento della protezione internazionale, recate rispettivamente dagli articoli 28 e 28-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, che vengono entrambi riformulati.

In particolare, con riferimento all'esame prioritario, il comma 1 del nuovo articolo 28 del decreto legislativo n. 25 del 2008 mantiene in capo al presidente della commissione territoriale competente per l'esame della domanda di asilo il compito di stabilire quali tra le domande presentate debbano essere esaminate prioritariamente e quali con procedura accelerata.

La disposizione specifica inoltre che:

- la decisione è presa previo esame preliminare delle domande (e non più sulla base della sola documentazione in atti);

- il presidente della commissione deve decidere secondo i criteri indicati dal comma 2 dell'articolo 28 e dall'articolo 28-bis;

- la commissione deve informare il richiedente della decisione procedurale, ossia di quale procedura adottata: ordinaria, prioritaria o accelerata. Con una modifica approvata in sede referente, è stato stabilito che la commissione informa tempestivamente l'interessato, mentre nella formulazione originale del decreto-legge in esame si prevede che l'informazione è resa al momento del colloquio personale. Il comma 2 del nuovo articolo 28 reca le fattispecie di domande da esaminare in via prioritaria.

Rispetto alla formulazione previgente della disposizione viene confermato l'esame prioritario delle domande:

- “verosimilmente” fondate; la norma previgente si riferisce a domande “palesemente” fondate. Si aggiunge inoltre “ad una prima valutazione”;

- presentate da un richiedente appartenente a categorie di persone vulnerabili (in particolare da un minore non accompagnato) ovvero che necessita di garanzie procedurali particolari;

- esaminate con la procedura di cui all'articolo 12, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 25 del 2008. Tale procedura consente l'omissione dell'audizione del richiedente a due condizioni: questi deve provenire da un Paese preventivamente individuato a tale fine dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo; la commissione territoriale deve ritenere la sussistenza di sufficienti motivi per riconoscere il status di protezione sussidiaria.

Due ulteriori fattispecie, che nella formulazione previgente erano comprese tra quelle da esaminare sia in via prioritaria, sia con trattamento accelerato, vengono riferite invece esclusivamente alla proceduta accelerata di cui all'articolo 28-bis. Si tratta delle domande presentate da richiedenti per i quali è stato disposto il trattenimento in un hotspot a seguito dell'attraversamento irregolare delle frontiere o in un centro di permanenza per i rimpatri e delle domande presentate da cittadini provenienti da un Paese designato di origine sicuro.

Per quanto riguarda l'esame accelerato delle domande di asilo, la lettera b) del comma 1 dell'articolo 2 modifica l'articolo 28-bis del citato decreto legislativo n. 25 del 2008, mantenendo fermo che le Commissioni territoriali sono chiamate a decidere entro cinque o nove giorni (sette + due), in base alle fattispecie rispettivamente enucleate al comma 1 e al comma 2.

Nella formulazione previgente la decisione della commissione territoriale doveva essere adottata entro 5 giorni nel caso di richiedenti provenienti da Paesi di origine sicura e di reiterazione della domanda. Il nuovo comma 1 dell'articolo 28-bis mantiene questa procedura (“super-accelerata” da concludersi in 5 giorni) in caso di reiterazione, mentre per i provenienti da Paesi di origine sicura il termine è di 9 giorni (7 giorni entro cui svolgere l'audizione più 2 giorni per la decisione).

Inoltre, è prevista una nuova fattispecie di domanda per la quale la decisione deve essere assunta entro i cinque giorni: si tratta delle domande presentate da persona sottoposta a procedimento penale, o condannata con sentenza anche non definitiva, per uno dei gravi reati la cui condanna preclude l'acquisizione dello status di rifugiato (di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 25 del 2007) e della protezione sussidiaria (di cui all'articolo 16, comma 1, lettera d-bis), del decreto legislativo n. 25 del 2007).

Si tratta dei reati di grave allarme sociale previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale (tra cui associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di droga e al contrabbando di tabacchi, terrorismo, strage, omicidio, rapina aggravata) e degli altri seguenti reati:

- resistenza a pubblico ufficiale (di cui all'articolo 336);

- lesioni personali gravi (di cui all'articolo 583);

- mutilazioni genitali femminili (di cui all'articolo 583-bis);

- lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (di cui all'articolo 583-quater);

- furto aggravato dal porto di armi o narcotici (di cui agli articoli 624 e 625, primo comma, n. 3);

- furto in abitazione (di cui all'articolo 624-bis, primo comma).

In ogni caso, in presenza di questi reati la procedura accelerata non può essere avviata senza che sia previamente svolta un'audizione del richiedente e devono ricorrere anche una delle gravi condizioni che consentono il trattenimento del richiedente nei centri di permanenza e rimpatrio di cui all'articolo 6, comma 2, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 142 del 2015, ossia:

- il richiedente ha commesso gravi reati (contro la pace o l'umanità) per precludono la concessione dello status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra (articolo 1 paragrafo F);

- il richiedente si trova nelle condizioni che prevedono l'espulsione disposta dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o dal prefetto per i soggetti destinatari di misure di prevenzione personali antimafia o antiterrorismo;

- il richiedente costituisce un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Il nuovo comma 2 dell'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008 disciplina la procedura accelerata di 9 giorni, che prevede entro 7 giorni l'audizione dell'interessato e la decisione entro i successivi 2 giorni.

Tale procedura si applica alle seguenti fattispecie già previste dalla normativa previgente:

- domande presentate da richiedenti per i quali è stato disposto il trattenimento in uno hotspot a seguito dell'attraversamento irregolare delle frontiere (articolo 10-ter del testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998) o in un centro di permanenza per i rimpatri (articolo 14 del Testo unico dell'immigrazione) a meno che non si tratti di persona sottoposta a procedimento penale, o condannato con sentenza anche non definitiva, per i gravi reati di cui sopra, nel qual caso il termine è ridotto da nove a cinque giorni (ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera a), dell'articolo 28-bis come riformulato dalla disposizione): per questa fattispecie il provvedimento aggiunge che non devono ricorrere le condizioni di cui al comma 1, lettera b), sopra illustrate, ossia la domanda presentata da richiedente sottoposto a procedimento penale o condannato per reati di grave allarme sociale);

- domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente direttamente alla frontiera o nelle zone di transito, dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli. In tali casi la procedura può essere svolta direttamente alla frontiera o nelle zone di transito (comma 2, lettera b);

- domanda presentata da richiedente proveniente da un Paese di origine sicuro (nella versione previgente il tempo di decisione era di cinque giorni);

- domanda manifestamente infondata;

- domanda presentata dal richiedente dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.

Il nuovo comma 6 dell'articolo 28-bis esclude i minori stranieri non accompagnati dall'applicazione delle procedure accelerate.

La lettera c) del comma 1 integra l'articolo 28-ter del decreto legislativo n. 25 del 2008, inserendovi un nuovo comma 1-bis, al fine di prevedere che le disposizioni in materia di domande manifestatamente infondate non si applichino ai richiedenti portatori di esigenze particolari indicati nell'articolo 17 del decreto legislativo n. 142 del 2015. Si tratta di minori, inclusi i minori non accompagnati, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, vittime della tratta di esseri umani, persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali, persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale o legata all'orientamento sessuale o all'identità di genere, le vittime di mutilazioni genitali.

La lettera d) del comma 1 modifica l'articolo 29-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, che disciplina l'ipotesi di presentazione di una domanda di asilo reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento.

La disciplina previgente prevedeva che la domanda fosse considerata automaticamente inammissibile in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del provvedimento di allontanamento e che pertanto non fosse nemmeno esaminata.

La nuova disposizione stabilisce, invece, che la domanda sia comunque esaminata dalla commissione territoriale competente che entro tre giorni verifica se non siano stato addotti nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine e, in caso contrario ne dichiara l'inammissibilità.

Come precisato in sede referente, la commissione valuta anche i rischi di respingimento diretti e indiretti.

L'ipotesi di presentazione di una domanda di asilo reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento viene, dunque, equiparata alla reitera ordinaria (di cui all'articolo 29 del medesimo decreto legislativo n. 25del 2008) tranne il fatto che deve essere esaminata tassativamente nel termine di tre giorni.

La lettera e) del comma 1 interviene, modificando l'articolo 32 del decreto legislativo n. 25 del 2008, sulla fase decisoria della procedura di esame e, in particolare, nell'ipotesi di non accoglimento della domanda di protezione internazionale.

Il comma 3 dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 25 del 2008 prevede, che qualora una domanda di protezione internazionale non venga accolta ma ricorrano le condizioni, disciplinate dall'articolo 19 del testo unico dell'immigrazione, che vietano l'espulsione del richiedente (quali il rischio di persecuzione o di tortura), la Commissione territoriale trasmette gli atti alla questura competente, che rilascia all'interessato un permesso di soggiorno per protezione speciale di durata annuale. Il permesso consente di svolgere attività lavorativa, ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

La disposizione in esame, modificando il citato comma 3, raddoppia la durata del permesso di soggiorno per protezione speciale, portandola da un anno a due anni.

Nel contempo, viene consentita la conversione del permesso di soggiorno speciale in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, attraverso un rinvio all'articolo 6, comma 1-bis del Testo unico dell'immigrazione, introdotto dall'articolo 1 del decreto - legge, che appunto estende la convertibilità dei permessi di soggiorno.

Il permesso di soggiorno speciale è concesso anche nel caso di rigetto della domanda di asilo presentata dallo straniero che versa in gravi condizioni di salute psico-fisiche o derivanti da gravi patologie accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza, indicate dall'articolo 19, comma 2, lettera d-bis), del Testo unico dell'immigrazione.

Infine, qualora la domanda di protezione internazionale avanzata da un minorenne non venga accolta e nel corso del procedimento emerga la presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore la commissione territoriale ne informa il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni competente, per l'eventuale attivazione delle misure di assistenza in favore del minore (ai sensi del nuovo comma 3.2 dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 25 del 2008, introdotto dalla disposizione in esame).

La lettera f) del comma 1 modifica l'articolo 35-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008 che disciplina le controversie in materia di decisioni di riconoscimento della protezione internazionale,

In particolare, si interviene sulle ipotesi di sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.

In merito si ricorda che il comma 3 del citato articolo 35-bis prevede che la presentazione del ricorso sospende l'efficacia del provvedimento impugnato, per il tempo necessario per la pronuncia giurisdizionale, ad eccezione di alcuni casi espressamente indicati. Si tratta dei ricorsi presentati:

- da parte di un soggetto nei cui confronti sia stato adottato un provvedimento di trattenimento in un hotspot o un centro di permanenza e rimpatrio;

- contro il provvedimento di inammissibilità;

- avverso il provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza;

- avverso un provvedimento adottato nei confronti di un soggetto proveniente da un Paese designato di origine sicuro, o fermato in condizioni di soggiorno irregolare, o che ha presentato domanda direttamente alla frontiera dopo aver eluso i controlli di frontiera.

Tuttavia, anche in questi casi è possibile sospendere l'efficacia esecutiva in presenza di “gravi e circostanziate ragioni e assunte ove occorra sommarie informazioni”. Il provvedimento di sospensione deve essere adottato entro 5 giorni dalla presentazione del ricorso e deve essere motivato.

In tale contesto la lettera f) specifica che il provvedimento di sospensione per gravi motivi deve essere adottato ai sensi dell'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge n. 13 del 2017, il quale stabilisce che tutte le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti delle commissioni territoriali e della commissione nazionale per diritto di asilo, anche relative al mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione speciale, e quelle aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti adottati dall'autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale, sono decise dal tribunale in composizione collegiale. Per la trattazione della controversia è designato dal presidente della sezione specializzata un componente del collegio. Il collegio decide in camera di consiglio sul merito della controversia quando ritiene che non sia necessaria ulteriore istruzione.

Il n. 4) della lettera f) modifica il comma 5 dell'articolo 35-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, che prevede due casi di mancata sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento di inammissibilità della domanda di protezione internazionale.

Il primo riguarda la reiterazione di identica domanda, dopo una decisione della commissione, senza addurre nuovi elementi.

Il secondo attiene all'inammissibilità delle domande presentate da soggetti per i quali è in corso un procedimento penale, o è stata emessa sentenza, anche non definitiva, per i gravi reati di allarme sociale (di cui all'articolo 32 comma 1-bis) che precludono l'acquisizione dello status di rifugiato o di beneficiario di protezione sussidiaria.

Il n. 4) della lettera f) mantiene la prima ipotesi (reiterazione di identica domanda) ma prevede che la mancata sospensiva scatti in presenza di una seconda decisione di inammissibilità. La seconda ipotesi viene invece soppressa.

Viene, invece, prevista una nuova causa di mancata sospensiva, relativa alla dichiarazione di inammissibilità di una domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento di cui all'articolo 29-bis.

I numeri 1) e 2) della medesima lettera f) recano disposizioni di mero coordinamento formale, che adeguano il procedimento di impugnazione alle modifiche apportate dall'articolo 2 alla disciplina previgente.

L'articolo 3 reca disposizioni in materia di trattenimento degli stranieri, riconoscendo in particolare, allo straniero trattenuto, alcune facoltà.

Si prevede un ordine di priorità nell'effettuazione di tale trattenimento, per soggetti pericolosi (o cittadini di Paesi con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri).

Si diminuisce la durata massima del trattenimento (a novanta giorni, termine prorogabile di trenta giorni se lo straniero sia cittadino di Stato con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri).

Analoga riduzione è prevista per lo straniero il quale sia detenuto in strutture carcerarie.

In dettaglio, il comma 1 novella alcune disposizioni del Testo unico dell'immigrazione.

La lettera a) modifica l'articolo 10-ter del Testo unico, recante "Disposizioni per l'identificazione dei cittadini stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare".

Il comma 3 del citato articolo 10-ter prevede che il rifiuto reiterato dello straniero di sottoporsi ai rilievi delle operazioni di rilevamento foto-dattiloscopico e segnaletico configuri rischio di fuga, ai fini del trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri.

Il trattenimento è disposto caso per caso, con provvedimento del questore, e conserva la sua efficacia per una durata (massima) di trenta giorni dalla sua adozione. Si applicano le disposizioni procedimentali e le garanzie valevoli per i trattenimenti funzionali alla esecuzione di un provvedimento di espulsione (articolo 14, commi 2, 3 e 4 del medesimo testo unico). Se il trattenimento è disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale, è competente alla convalida il Tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea.

In tale contesto normativo, la novella recata dalla lettera a) introduce la previsione che lo straniero sia tempestivamente informato dei diritti e delle facoltà derivanti dal procedimento di convalida del decreto di trattenimento, in una lingua a lui conosciuta (ovvero, se non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola). Oggetto dell'informativa sono in particolare la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno ed il diritto di difesa nel procedimento di convalida.

La lettera b) del comma 1 e la lettera a) del comma 4 trattano delle generali condizioni del trattenimento. Mediante novella sia dell'articolo 13 comma 5-bis, sia dell'articolo 14, comma 2, del Testo unico, si dispone che allo straniero trattenuto nei locali e strutture nella disponibilità delle autorità di pubblica sicurezza per assenza di posti nel centro di permanenza per i rimpatri ubicato nel circondario del Tribunale competente siano comunque assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi e sia altresì assicurata la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità, nonché la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno.

È richiamato altresì l'articolo 2, comma 6, del medesimo Testo unico, secondo il quale – ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'espulsione – gli atti sono tradotti (anche sinteticamente) in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola.

La lettera c), numero 1), del comma 1 dispone il raccordo organizzativo a fini di coordinamento entro l'Amministrazione dell'interno, in ordine allo smistamento nei centri di permanenza per i rimpatri onde dare esecuzione all'espulsione dello straniero.

La materia è disciplinata dall'articolo 14 del Testo unico dell'immigrazione, il quale prevede che, quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento (a causa di situazioni transitorie che ostacolino la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento), il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino.

La novella aggiunge che a tal fine il questore effettui richiesta di assegnazione del posto presso il centro, alla Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

La lettera c), numero 2), del comma 1 stabilisce una sorta di ordine di priorità nell'effettuazione dei trattenimenti.

La relazione illustrativa del disegno di legge indica che tale previsione è volta ad assicurare il trattenimento dei soggetti più pericolosi, in caso di insufficiente disponibilità di posti nei centri di permanenza per il rimpatrio.

A tal fine viene modificato l'articolo 14 del Testo unico dell'immigrazione, mediante l'introduzione di un comma 1.1. aggiuntivo, stabilendo che il trattenimento dello straniero del quale non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione o il respingimento alla frontiera sia disposto con priorità per i seguenti soggetti:

- coloro che siano considerati una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica;

- i condannati, anche con sentenza non definitiva, per i reati (di cui all'articolo 4, comma 3, terzo periodo, e all'articolo 5, comma 5-bis, del Testo unico dell'immigrazione);

- i cittadini di Paesi terzi con i quali siano vigenti accordi di cooperazione o altre intese in materia di rimpatrio, o che provengano da essi.

La lettera c), numero 3, del comma 1 dispone circa la durata del trattenimento, novellando il comma 5 dell'articolo 14 del Testo unico dell'immigrazione.

La disposizione vigente prevede che la convalida del provvedimento di espulsione dello straniero comporti la sua permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Trascorso tale termine, il questore può chiedere al giudice di pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione ovvero sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio.

La disposizione prevede in ogni caso un termine massimo, per il trattenimento dello straniero all'interno del centro di permanenza per i rimpatri. Tale termine viene mutato dalla disposizione del decreto – legge in novanta giorni.

È così ripristinata la durata massima antecedente al decreto-legge n. 113 del 2018, che aveva elevato la durata a centottanta giorni, rispetto ai novanta giorni stabiliti dalla legge n. 161 del 2014, la quale aveva peraltro diminuito la durata, rispetto ai centottanta giorni previsti dalla legge n. 94 del 2009. Nel corso del tempo si sono dunque susseguiti orientamenti legislativi diversi, per quanto concerne il periodo massimo di trattenimento.

La novella ora stabilisce, come detto, una durata massima di novanta giorni, prevedendone però la prorogabilità per altri trenta giorni, qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri.

Le medesime modificazioni - circa la durata massima del periodo di trattenimento, stabilita in novanta giorni, e la prorogabilità per altri trenta giorni per stranieri cittadini di Paesi con cui l'Italia abbia accordi sui rimpatri – sono previste con riguardo al trattenimento degli stranieri presso le strutture carcerarie.

Decorso tale periodo, permane la previsione vigente secondo cui lo straniero già trattenuto in strutture carcerarie può essere trattenuto presso il centro di permanenza per i rimpatri per un periodo massimo di trenta giorni (prorogabili in casi di particolare complessità di ulteriori quindici giorni, previa convalida da parte del giudice di pace).

La stessa previsione circa la durata massima del trattenimento “pre-espulsivo” (dettata dal comma 1, lettera c), numero 3), è stabilita, dal comma 2, lettera b), numero 2), per il trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale, in corso di verifica della sua identità e nazionalità.

Il comma 2, lettera a), disciplina l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente, del richiedente protezione internazionale al quale sia stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta asilo (o la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale), inserendo un nuovo articolo 5-bis nel decreto legislativo n. 142 del 2015, che disciplina l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente.

Secondo la normativa vigente, al momento della richiesta di protezione internazionale viene lasciata una ricevuta attestante la presentazione della domanda di protezione internazionale che costituisce permesso di soggiorno provvisorio. Successivamente, il richiedente ottiene un permesso di soggiorno per richiesta asilo della durata di sei mesi (pari al termine entro cui la procedura per il riconoscimento o il diniego della protezione internazionale, da parte della Commissione territoriale, dovrebbe concludersi), ferma restando la rinnovabilità del permesso di soggiorno per richiesta asilo, fino alla decisione sulla domanda di protezione o sull'impugnazione del suo diniego.

Le regola generale in tema di iscrizione anagrafica dello straniero regolarmente soggiornante è dettata dall'articolo 6, comma 7, del Testo unico dell'immigrazione, secondo cui le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione (in ogni caso, la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza). Dell'avvenuta iscrizione o variazione l'ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.

La nuova disciplina recata dal decreto-legge prevede che il richiedente protezione internazionale, il quale abbia ottenuto il permesso di soggiorno per richiesta di asilo o la ricevuta della presentazione della domanda, sia iscritto nell'anagrafe della popolazione residente.

Una modifica introdotta in sede referente aggiunge, riguardo a tale iscrizione anagrafica, un richiamo agli articoli 3, 5 e 7 del medesimo decreto legislativo n. 142 del 2015 novellato che sono relative a: l'informazione al richiedente da parte dell'ufficio di polizia che riceve la domanda; le modalità di adempimento da parte del richiedente all'obbligo di comunicare alla questura il proprio domicilio o residenza, le condizioni del trattenimento, tra l'altro con tendenziale preservamento dell'unità familiare.

Per i richiedenti ospitati nei centri di prima accoglienza e nelle strutture per misure straordinarie di accoglienza l'iscrizione anagrafica è effettuata ai sensi dell'articolo 5 del d.P.R. n. 223 del 1989 (relativo alla convivenza anagrafica). Per convivenza s'intende un insieme di persone normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili, aventi dimora abituale nello stesso Comune. Le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate membri della convivenza, purché non costituiscano famiglie a sè stanti. Le persone ospitate anche abitualmente in alberghi, locande, pensioni e simili non costituiscono invece convivenza anagrafica.

Ancora, si fa obbligo al responsabile di dare comunicazione delle variazioni della convivenza al competente ufficio di anagrafe entro venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti (si ricorda che la convivenza anagrafica ha un responsabile, individuato nella persona che normalmente dirige la convivenza stessa, la quale ha la responsabilità delle dichiarazioni anagrafiche dei componenti la convivenza, ai sensi dell'articolo 6 del d.P.R. n. 223).

La comunicazione, da parte del responsabile della convivenza anagrafica, della revoca delle misure di accoglienza o dell'allontanamento non giustificato del richiedente protezione internazionale costituisce motivo di cancellazione anagrafica con effetto immediato.

Una modifica introdotta in sede referente specifica che si tratta di richiedente protezione internazionale ospitato nei centri di prima accoglienza o di accoglienza temporanea (di cui agli articoli rispettivamente 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015) o nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione.

Infine, si prevede che ai richiedenti protezione internazionale che abbiano ottenuto l'iscrizione anagrafica sia rilasciata, sulla base delle norme vigenti, una carta d'identità, di validità triennale, limitata al territorio nazionale.

Il comma 2, lettera b), modifica l'articolo 6, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 142 del 2015, al fine disciplinare la durata massima del trattenimento pre-espulsivo dello straniero richiedente protezione internazionale, in corso di verifica della sua identità e nazionalità, riducendola da centottanta a novanta giorni.

Tale termine è prorogabile per altri trenta giorni, qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri.

Sempre ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 142 del 2015, il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda, mentre può esserlo (sulla base di una valutazione caso per caso) qualora ricorrano alcune condizioni (enumerate dall'articolo 6, comma 2 del medesimo decreto legislativo). Sono condizioni attinenti allo status di rifugiato o alla pericolosità per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato o alla sussistenza di un rischio di fuga.

Al riguardo il comma 2, lettera b), numero 1, amplia il novero di tali condizioni disponendo che il trattenimento del richiedente protezione internazionale operi anche:

- qualora ricorrano le condizioni per il diniego dello status di rifugiato (quali enumerate dall'articolo 12, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo n. 251 del 2007) o di esclusione dalla protezione sussidiaria (enumerate dall'articolo 16 del medesimo decreto legislativo n. 251: in entrambi i casi sono condizioni attinenti alla pericolosità del soggetto o alla commissione di reati gravi);

- qualora il richiedente abbia reiterato la domanda in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento (la quale era considerata alla stregua di meramente dilatoria dall'articolo 29-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, tuttavia riscritto dall'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto-legge, il quale ne prevede comunque un esame preliminare da parte della Commissione territoriale competente);

- allorché la pericolosità per l'ordine e la sicurezza sia desumibile da condanne - anche con sentenza non definitiva - per i reati la cui commissione sia causa di diniego dello status di rifugiato e di esclusione dalla protezione sussidiaria (ai sensi rispettivamente dell'articolo 12, comma 1, lettera c), e dell'articolo 16, comma 1, lettera d-bis) del citato decreto legislativo n. 251 del 2007).

Il comma 2, lettera b), numero 3), opera un coordinamento formale reso necessario dalle modifiche apportate.

Una modifica approvata in sede referente aggiunge un comma 10-bis all'articolo 6 del decreto legislativo n. 142 del 2015. Si prevede che qualora sussistano fondati dubbi relativi all'età dichiarata da un minore, si applichino le disposizioni poste dal medesimo decreto legislativo n. 142, all'articolo 19-bis, comma 2, relativo all'identificazione dei minori stranieri non accompagnati.

L'articolo 19-bis del decreto accoglienza, introdotto dalla legge n. 47 del 2017 (art. 5), ha stabilito una procedura unica di identificazione del minore, che costituisce il passaggio fondamentale per l'accertamento della minore età, da cui a sua volta dipende la possibilità di applicare le misure di protezione in favore dei minori non accompagnati. Tale procedura prevede: un colloquio del minore con personale qualificato, sotto la direzione dei servizi dell'ente locale; la richiesta di un documento anagrafico in caso di dubbio sull'età ed eventualmente di esami socio-sanitari, con il consenso del minore e con modalità il meno invasive possibili; la presunzione della minore età nel caso in cui permangono dubbi sull'età anche in seguito all'accertamento. Il provvedimento di attribuzione dell'età è emesso dal Tribunale per i minorenni.

La nuova lettera b-bis del comma 2 dell'articolo 3, introdotta nel corso dell'esame in sede referente in materia di prima accoglienza, demanda a sua volta a linee guida del Ministero della salute, di intesa con il Ministero dell'interno, la determinazione delle modalità di verifica:

- della sussistenza di esigenze particolari e di specifiche situazioni di vulnerabilità (al cui ricorrere è disposto il trasferimento in via prioritaria dello straniero nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione);

- l'adozione di idonee misure di accoglienza.

Il comma 3 dell'articolo 3 dispone che l'estensione dei casi di trattenimento del richiedente protezione internazionale sia applicabile solo nel limite dei posti disponibili nei centri di permanenza per il rimpatrio - o nelle strutture diverse ed idonee previste dal decreto-legge n. 113 del 2018.

Il comma 4, lettera b), modifica l'articolo 14 del testo unico dell'immigrazione relativo all'esecuzione dell'espulsione e al trattenimento in vista di essa.

In merito si prevede (mediante l'introduzione di un nuovo comma 2-bis) che lo straniero trattenuto (in condizioni che devono essere rispettose della sua dignità di persona) nei centri di permanenza per i rimpatri possa rivolgere istanze o reclami orali o scritti (anche in busta chiusa) al garante nazionale e ai garanti regionali o locali dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.

Il comma 5 novella il comma 5 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 146 del 2013 (recante "Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria"), che enumera le attribuzioni del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.

Già secondo la norma vigente, il Garante verifica il rispetto dei diritti riconosciuti ai soggetti i quali siano trattenuti nei centri di permanenza per i rimpatri (secondo la nuova denominazione stabilita dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 13 del 2017, in precedenza denominati "centri di identificazione ed espulsione" (CIE) o nei locali delle strutture di primo soccorso e accoglienza (cosiddetti hotspot, definiti “punti di crisi” dall'articolo 10-ter del testo unico dell'immigrazione, introdotto dal decreto-legge n. 13 del 2017 citato)

Si prevede, in aggiunta alla previsione vigente, che il Garante - se accerta la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti dai soggetti i quali siano in condizione di trattenimento - formuli specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata. Quest'ultima, in caso di diniego, comunica al Garante il dissenso motivato, nel termine di trenta giorni.

L'articolo 4 interviene, novellando il decreto legislativo n. 142 del 2005 (decreto accoglienza), sulla platea dei beneficiari dei servizi di accoglienza sul territorio per i migranti prestati dagli enti locali nell'ambito del cosiddetto SIPROIMI. In conseguenza delle modifiche recate al SIPROIMI viene revisionato l'impianto complessivo del sistema di accoglienza dei migranti sul territorio.

In dettaglio, il comma 1, lettera a), modifica l'articolo 8 del decreto accoglienza, ai sensi del quale il sistema di accoglienza dei migranti si fonda, in primo luogo, sul principio della leale collaborazione, secondo forme apposite di coordinamento nazionale e regionale, basate sul Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell'interno con compiti di indirizzo, pianificazione e programmazione in materia di accoglienza, compresi quelli di individuare i criteri di ripartizione regionale dei posti da destinare alle finalità di accoglienza.

In tale ambito la novella riscrive i princìpi fondamentali del sistema di accoglienza. Con le modifiche previste, si specificano le funzioni distinguendo le strutture destinate a svolgere le funzioni di soccorso e prima assistenza, prevedendo in particolare che le funzioni di prima assistenza sono assicurate nei centri governativi e nelle strutture temporanee di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142, e che le procedure di soccorso e identificazione dei cittadini irregolarmente giunti nel territorio nazionale si svolgono presso i cosiddetti punti di crisi (hotspot) di cui all'articolo 10-ter del Testo unico dell'immigrazione.

In secondo luogo, il nuovo comma 3 dell'articolo 8 stabilisce che i richiedenti protezione internazionale, che erano stati esclusi dalla rete territoriale di accoglienza integrata in base al decreto-legge n. 113 del 2018, possono accedere alle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), come ridenominato ai sensi del comma 3 dell'articolo 4, nei limiti dei posti disponibili.

Il comma 1, lettera b), apporta tre modifiche all'articolo 9 del decreto legislativo n. 142 del 2015.

In primo luogo, si dispone che nei criteri per l'istituzione dei centri governativi di prima accoglienza si debbano tenere in considerazione le esigenze di contenimento della capienza massima, ai fini di una migliore gestione dei centri medesimi.

In secondo luogo, con una modifica introdotta in sede referente, si stabilisce al comma 4 dell'articolo 9 del D.Lgs. 142, che il prefetto, prima di inviare il richiedente nei centri di prima accoglienza, informa il sindaco del comune nel cui territorio è situato il centro, oltre ad aver sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, come stabilito nel testo vigente della disposizione.

Con la terza modifica viene aggiunto, nel citato articolo 9, un nuovo comma 4-bis, il quale dispone, in conformità a quanto già previsto dall'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 142, che una volta effettuate le operazioni da svolgere nei centri di prima accoglienza, il richiedente la protezione internazionale è trasferito, nei limiti dei posti disponibili, nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione. Si aggiunge inoltre un criterio di priorità nel trasferimento presso le strutture comunali per i richiedenti che rientrino in una delle categorie di vulnerabilità previste dall'articolo 17 del decreto accoglienza.

Il comma 1, lettera c), integra il comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 142, relativo alle modalità di accoglienza nei centri governativi ordinari e straordinari di cui agli articoli 9 e 11 del medesimo decreto legislativo. Per effetto della novella, in aggiunta a quanto già previsto, il decreto ora dispone:

- la necessità di assicurare nei centri adeguati standard igienico-sanitari ed abitativi, secondo criteri e modalità che devono essere stabiliti con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata, che si esprime entro trenta giorni; nel corso dell'esame in sede referente la disposizione è stata integrata prevedendo altresì che nei citati centri siano assicurati adeguati standard di sicurezza, nonché idonee misure di prevenzione, controllo e vigilanza, relativamente alla partecipazione o alla propaganda attiva a favore di organizzazioni terroristiche internazionali;

- la tipologia di prestazioni che devono essere erogate dai centri, che consistono in: prestazioni di accoglienza materiale, assistenza sanitaria, assistenza sociale e psicologica, mediazione linguistico-culturale, somministrazione di corsi di lingua italiana e servizi di orientamento legale e al territorio.

Si fa rinvio, per le disposizioni analitiche relative ai servizi prestati, al contenuto del capitolato di gara previsto dall'articolo 12 del medesimo decreto legislativo n. 142.

Pertanto, all'esito delle modifiche, oltre a stabilire con fonte primaria le categorie di servizi garantiti dai centri governativi di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142, sono previsti alcuni servizi aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti nello schema di capitolato in vigore e, segnatamente la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, nonché l'assistenza psicologica che si aggiunge a quella sociale.

Si stabilisce inoltre che i servizi possono essere erogati, anche con modalità di organizzazione su base territoriale, ossia, come enunciato a titolo esemplificativo nella relazione illustrativa, anche a livello comunale, sovracomunale o provinciale oltre che nei singoli centri di accoglienza.

Parallelamente, la lettera d) del comma 1 modifica l'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 142 al fine di stabilire che l'accoglienza nelle strutture straordinarie (cosiddetti CAS) è limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture del Servizio di accoglienza ed integrazione (SAI), e non più, come previsto dal decreto-legge n. 113 del 2018, nei centri governativi di prima accoglienza di cui all'articolo 9.

La lettera e) del comma 1 ripristina la possibilità di avviare i richiedenti la protezione internazionale ad attività di utilità sociale, introdotta dal decreto-legge n. 13 del 2017 e successivamente eliminata dal decreto-legge n. 113 del 2018, che l'ha ammessa esclusivamente per i titolari di protezione internazionale.

Nel reintegrare la partecipazione dei richiedenti asilo alle attività di promozione sociale, al pari di quella dei titolari di protezione internazionale, la novella modifica sia il comma 3, sia, come precisato in sede referente, il comma 1 dell'articolo 22-bis, disponendo che i prefetti promuovono, d'intesa con i comuni e con le regioni e le province autonome, ogni iniziativa utile all'implementazione dell'impiego dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale in attività di utilità sociale.

Il comma 2 dell'articolo 4 reca una clausola di invarianza finanziaria, disponendo che le attività di cui al comma 1, lettere b), n. 1 e c) sono svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il comma 3 interviene sulle norme relative al sistema di accoglienza territoriale dei migranti, in origine SPRAR (Sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati), dal 2018 ridenominato SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), che viene ora definito come Sistema di accoglienza e integrazione - SAI. A tale fine, sono introdotte alcune modifiche all'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416 del 1989, che disciplina tale materia.

Rispetto al quadro normativo finora vigente vengono introdotte due novità principali.

La prima, recata dal comma 3, lettera b), riguarda l'ampliamento della platea dei potenziali beneficiari delle prestazioni del sistema di accoglienza, che oltre ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati, ricomprende anche, “nell'ambito dei medesimi servizi, nei limiti dei posti disponibili”.

- i richiedenti la protezione internazionale (ossia gli stranieri che hanno presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una decisione definitiva), esclusi a norma del decreto-legge n. 113 del 2018;

- i titolari dei seguenti permessi di soggiorno, qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati:

permesso di soggiorno “per protezione speciale” per i soggetti per i quali vige il divieto di respingimento o di espulsione ai sensi degli articoli 19, commi 1 e 1.1. del testo unico dell'immigrazione: è un permesso di soggiorno rilasciato al richiedente asilo che non possa ottenere la protezione internazionale ma per il quale la Commissione Territoriale ritenga sussistenti il rischio di persecuzione o di tortura nel caso di rientro nel Paese di origine. Sono tuttavia esclusi i titolari di protezione speciale che abbiano compiuto atti che integrano le cause di esclusione della protezione internazionale;

permesso di soggiorno “per cure mediche” di cui agli articoli 19, comma 2, lettera d-bis, del testo unico dell'immigrazione, il quale è rilasciato al cittadino straniero che si trova in condizioni di salute di eccezionale gravità, tali da ritenere che il rientro nel Paese di origine o provenienza possa determinare un pregiudizio per la sua salute,

permesso di soggiorno “per protezione sociale”, per vittime di violenza o grave sfruttamento ai sensi dell'articolo 18 del testo unico dell'immigrazione;

permesso di soggiorno per vittime di “violenza domestica” ai sensi dell'articolo 18-bis, del testo unico dell'immigrazione;

permesso di soggiorno “per calamità” ai sensi dell'articolo 20-bis del testo unico dell'immigrazione;

permesso di soggiorno per vittime di “particolare sfruttamento lavorativo” ai sensi dell'articolo 22, comma 12-quater, del testo unico dell'immigrazione;

permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile ai sensi dell'articolo 42-bis del testo unico dell'immigrazione;

permesso di soggiorno per casi speciali ai sensi dell'articolo 1, comma 9, del decreto-legge n. 113 del 2018: è un titolo di soggiorno transitorio di durata biennale, che è stato rilasciato al cittadino straniero che fosse in attesa del rilascio del permesso per motivi umanitari a seguito della decisione della Commissione Territoriale adottata prima del 5 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del predetto decreto – legge n. 113 del 2018), anche se non ancora notificata.

Nella previgente formulazione dell'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416 del 1989, i titolari di tali permessi di soggiorno (salvo i titolari di permesso di soggiorno per protezione speciale che non erano contemplati) potevano essere accolti nel SIPROIMI a condizione che non accedessero “a sistemi di protezione specificamente dedicati”, questa condizione è ora venuta meno.

- gli stranieri affidati ai servizi sociali al compimento della maggiore età ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 47 del 2017 (cosiddetto prosieguo amministrativo): la citata disposizione prevede l'affidamento ai servizi sociali, anche oltre il compimento dei 18 anni e fino all'età massima di 21 anni, per effetto di un decreto adottato dal Tribunale per i minorenni, dei neo maggiorenni che necessitano di un supporto prolungato finalizzato al buon esito del percorso di inserimento sociale intrapreso. Tale possibilità era stata già profilata, vigente la previgente formulazione della disposizione, nella Circolare n. 22146 del 27 dicembre 2018 sui profili applicativi del decreto – legge n. 113 del 2018, seppur con alcune incertezze interpretative.

In sede referente è stata aggiunta una disposizione in base alla quale l'accoglienza dei titolari dei permessi di soggiorno per protezione sociale, richiamati dal novellato articolo 1-sexies, comma 1, lettera b), del D.L. 416/1989, avviene secondo le modalità previste dalla normativa nazionale ed internazionale in vigore per le categorie vulnerabili (comma 1-ter). Tra queste fonti, viene in particolare richiamata la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nota come Convenzione di Istanbul.

Si richiama inoltre la necessità che le modalità di accoglienza siano collegate con i percorsi di protezione dedicati alle vittime di tratta e di violenza domestica.

La seconda novità, recata dal comma 3, lettera c), dell'articolo 4 relativa al sistema di accoglienza, riguarda l'articolazione in due tipologie di servizi prestati nell'ambito dei progetti degli enti locali finalizzati all'accoglienza:

- servizi di primo livello, cui accedono i richiedenti protezione internazionale, tra i quali si comprendono: prestazioni di accoglienza materiale, assistenza sanitaria, assistenza sociale e psicologica, mediazione linguistico-culturale, somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio. Si tratta degli stessi servizi che devono essere assicurati nei centri governativi di prima accoglienza, come ridefiniti dal decreto – legge;

- servizi di secondo livello, cui accedono tutte le altre categorie di beneficiari del sistema, che già accedono ai servizi previsti al primo livello: si tratta di servizi aggiuntivi, finalizzati all'integrazione che, comprendono, l'orientamento al lavoro e la formazione professionale.

Si ricorda che già oggi, come evidenziato nell'ultima relazione ministeriale sul funzionamento del sistema di accoglienza, i progetti della cosiddetta “seconda accoglienza” non si limitano ad interventi materiali di base (vitto e alloggio), ma assicurano una serie di attività funzionali alla riconquista dell'autonomia individuale, come l'insegnamento della lingua italiana, la formazione e la qualificazione professionale, l'orientamento legale, l'accesso ai servizi del territorio, l'orientamento e l'inserimento lavorativo, abitativo e sociale, oltre che la tutela psico-socio-sanitaria.

Pertanto, l'innovazione appare consistere sostanzialmente nella differenziazione dei servizi assicurati in relazione alle categorie di utenza; in proposito la relazione illustrativa che accompagna il decreto in esame sottolinea come tale differenziazione sia stata dettata dalla opportunità di seguire le indicazioni fornite dalla Corte della Conti nella relazione sulla gestione del Fondo nazionale per i servizi dell'asilo (deliberazione 7 marzo 2018, n. 3/2018/G), che rilevava la necessità di «evitare di riconoscere un ‘diritto di permanenza indistinto' a tutti coloro che sbarcano e, quindi, ammettere un'accoglienza di molti mesi (se non anni) durante i quali i migranti, non avendone titolo, vengono di fatto inseriti anche nei c.d. percorsi di formazione professionale finalizzati all'integrazione, con oneri finanziari gravosi a carico del bilancio dello Stato.».

I commi da 5 a 7 dell'articolo 4, come modificati in sede referente, stabiliscono in ventiquattro mesi - prorogabili fino a trentasei - (in luogo di quarantotto mesi) il termine massimo per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione.

A tale fine sono introdotte alcune modifiche alla legge n. 91 del 1992 in materia di cittadinanza.

In particolare, il comma 5 sostituisce l'articolo 9-ter nella legge n. 91 del 1992, introdotto dal decreto-legge n. 113 del 2018, che ha esteso da ventiquattro a quarantotto mesi il termine per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per cosiddetta naturalizzazione. Il termine decorre dalla data di presentazione della istanza. Con la modifica ora disposta, il termine di definizione di tali procedimenti viene ristabilito in ventiquattro mesi, prorogabili fino ad un massimo di trentasei mesi.

Nel testo originario del decreto-legge n. 130 del 2020 il termine massimo è ridefinito in trentasei mesi, in luogo degli attuali quarantotto: in sede referente il termine ordinario è stato ridotto a ventiquattro mesi, fatta salva la possibilità di proroga fino ad un massimo di trentasei mesi per la conclusione del procedimento.

Il comma 6 dispone l'applicazione del nuovo termine solo per le domande di cittadinanza presentate a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto - legge.

Conseguentemente e con finalità di coordinamento, il comma 7 abroga il comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 113 del 2018, ai sensi del quale la nuova disciplina dei termini che ora viene modificata trovava applicazione anche ai procedimenti di conferimento della cittadinanza in corso alla data di entrata in vigore del medesimo decreto del 2018.

L'articolo 5, al comma 1 prevede l'avvio di ulteriori percorsi di integrazione, alla scadenza del periodo di accoglienza, per tutti i beneficiari delle misure garantite nell'ambito del Sistema di accoglienza e integrazione, come ridefiniti ai sensi dell'articolo 4 del decreto - legge. Tali percorsi attivati dalle amministrazioni competenti nei limiti delle risorse disponibili.

Il comma 2 individua alcune priorità programmatiche nell'ambito del Piano nazionale di integrazione dei beneficiari di protezione internazionale da adottare per il biennio 2020/2021, ai sensi dell'articolo 29, comma 3, del decreto legislativo n. 251 del 2007.

In particolare il Piano nazionale, nell'individuare le linee di intervento per favorire l'inclusione sociale e l'autonomia individuale dei beneficiari di protezione internazionale, deve prestare particolare attenzione:

a) alla formazione linguistica: in sede referente, è stato specificato che deve trattarsi di una formazione finalizzata alla conoscenza della lingua italiana almeno di livello A1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER);

b) alla conoscenza dei diritti e doveri fondamentali sanciti nella Costituzione della Repubblica Italiana (mentre il testo originario del decreto prevedeva l'informazione sui diritti);

c) all'orientamento ai servizi ‘pubblici essenziali', come precisato in sede referente;

d) all'orientamento all'inserimento lavorativo.

Ai sensi del comma 3, il Tavolo di coordinamento nazionale formula proposte in relazione alle iniziative da avviare in tema di integrazione dei titolari di protezione internazionale.

L'articolo 6 prevede anche con riguardo ai reati commessi in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per il rimpatrio o delle strutture di primo soccorso e accoglienza l'applicazione dell'istituto dell'arresto in flagranza differita.

Più nel dettaglio, la disposizione aggiunge due ulteriori commi (comma 7-bis e 7-ter) all'articolo 14 del Testo unico dell'immigrazione.

Il nuovo comma 7-bis stabilisce che, in caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per i rimpatri o nelle strutture di primo soccorso e accoglienza, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto ai sensi dell'articolo 380 del codice di procedura penale e dell'articolo 381 del codice di procedura penale, quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza ai sensi dell'articolo 382 del codice di procedura penale colui il quale, anche sulla base di documentazione video‐fotografica, risulta l'autore del fatto. In questi casi è quindi consentito l'arresto entro le quarantotto ore dal fatto.

Il nuovo comma 7 -ter stabilisce che per i delitti indicati nel comma 7-bis si procede sempre con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini.

È opportuno ricordare che i cittadini stranieri entrati in modo irregolare in Italia sono ospitati in centri dove, se richiedono la protezione internazionale, vengono accolti per il tempo necessario per le procedure di accertamento dei relativi requisiti, diversamente, vengono trattenuti in vista dell'espulsione. Tali strutture si dividono in:

- strutture di primo soccorso e accoglienza, cosiddetti hotspot, definiti punti di crisi dall'articolo 10 ter del Testo unico dell'immigrazione: si tratta di aree designate, normalmente in prossimità di un luogo di sbarco, nelle quali, nel più breve tempo possibile e compatibilmente con il quadro normativo italiano, le persone in ingresso sbarcano in sicurezza, sono sottoposte ad accertamenti medici, ricevono una prima assistenza e l'informativa sulla normativa in materia di immigrazione e asilo, vengono controllate, pre-identificate e, dopo essere state informate sulla loro attuale condizione di persone irregolari e sulle possibilità di richiedere la protezione internazionale, foto-segnalate;

- Centri di Prima Accoglienza (CPA), ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 142 del 2015 e Centri Accoglienza Straordinaria (CAS): terminate le procedure di identificazione e foto-segnalamento, i migranti che hanno manifestato la volontà di chiedere asilo in Italia vengono trasferiti presso le strutture di accoglienza di primo livello, dislocate sull'intero territorio nazionale ove permangono in attesa della definizione della domanda di protezione internazionale; i CAS in particolare sono strutture reperite dai Prefetti a seguito di appositi bandi di gara (ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015).

- Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), ai sensi dell'articolo 14 del Testo unico dell'immigrazione: gli stranieri giunti in modo irregolare in Italia che non fanno richiesta di protezione internazionale o non ne hanno i requisiti sono trattenuti nei CPR, istituiti per consentire l'esecuzione del provvedimento di espulsione da parte delle Forze dell'ordine. Il tempo di permanenza è funzionale alle procedure di identificazione e a quelle successive di espulsione e rimpatrio.

L'articolo 7 modifica l'articolo 131-bis del codice penale, intervenendo sulla preclusione all'applicazione della causa di non punibilità per la “particolare tenuità del fatto” nelle ipotesi di resistenza, violenza, minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale “quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni”. La modifica è volta a limitare il campo di applicazione della preclusione ai casi in cui - nelle predette ipotesi - il reato è commesso non più nei confronti di “pubblico ufficiale” ma nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni.

Contestualmente la disposizione amplia il campo di applicazione della preclusione alla fattispecie di oltraggio a magistrato in udienza (di cui all'articolo 343 del codice penale).

La disposizione incide sui limiti all'applicazione della suddetta causa di non punibilità, ossia sull'individuazione dei casi in cui l'offesa non possa essere ritenuta di particolare tenuità (ai sensi del secondo comma dell'articolo 131-bis del codice penale).

La disciplina previgente all'entrata in vigore del decreto - legge prevedeva che l'offesa non potesse essere ritenuta tenue, tra l'altro, nei casi di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (articolo 336 del codice penale); resistenza a pubblico ufficiale (articolo 337 del codice penale) e oltraggio a pubblico ufficiale (341 del codice penale), quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni. La modifica incide sull'ambito applicativo della preclusione, limitandolo ai casi in cui i predetti reati siano commessi ai danni di ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni.

In base a quanto previsto dalla disposizione in esame, viene meno l'impossibilità di ritenere tenue l'offesa a pubblico ufficiale, a meno che non si tratti delle specifiche categorie di: ufficiale o agente di pubblica sicurezza; ufficiale o agente di polizia giudiziaria.

La disciplina oggetto di modifica da parte del decreto legge in esame è stata introdotta dalla legge di conversione del decreto - legge n. 53 del 2019 (legge n. 77 del 2019).

Al riguardo si ricorda che, in sede di promulgazione di tale legge, il Presidente della Repubblica ha contestualmente inviato una lettera ai Presidenti del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, e al Presidente del Consiglio dei Ministri, evidenziando - tra gli altri - alcuni aspetti attinenti alla norma che rende inapplicabile la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto alle ipotesi di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale “quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni”. Nella lettera il Presidente sottolineava che, potendosi applicare, secondo la giurisprudenza, la qualifica di “pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni” ad una casistica molto ampia di funzionari pubblici e di soggetti privati “questa scelta legislativa impedisce al giudice di valutare la concreta offensività delle condotte poste in essere, il che, specialmente per l'ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale, solleva dubbi sulla sua conformità al nostro ordinamento e sulla sua ragionevolezza nel perseguire in termini così rigorosi condotte di scarsa rilevanza e che, come ricordato, possono riguardare una casistica assai ampia e tale da non generare “allarme sociale”.

L'articolo 8 modifica il codice penale, intervenendo sul delitto di cui all'articolo 391-bis, il quale punisce chiunque consente ad un detenuto, sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario), di comunicare con altri violando le prescrizioni imposte.

Le modifiche apportate dal decreto - legge in primo luogo inaspriscono le pene previste, sia quella base sia quella relativa alla fattispecie aggravata che si verifica ove il medesimo fatto sia commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense.

In particolare: la pena base diventa la reclusione da 2 a 6 anni in luogo di quella previgente consistente nella reclusione da 1 a 4 anni; la pena per la fattispecie aggravata diventa la reclusione da 3 a 7 anni in luogo di quella previgente consistente nella reclusione da 2 a 5 anni.

Il decreto - legge estende inoltre il perimetro di applicazione del delitto anche al detenuto, sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, che comunica con altri in elusione delle prescrizioni specificamente imposte. Attualmente la violazione delle suddette prescrizioni integra solo un illecito disciplinare.

L'articolo 8 modifica inoltre la rubrica dell'articolo 391-bis del codice penale, in conseguenza delle nuove disposizioni introdotte.

L'articolo 9 inserisce nel codice penale il nuovo articolo 391-ter per punire con la reclusione da 1 a 4 anni chiunque mette a disposizione di un detenuto un apparecchio telefonico. La fattispecie si applica anche al detenuto che usufruisce del telefono e specifiche aggravanti sono previste quanto il reato è commesso da un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato.

A tal fine il decreto-legge interviene sul codice penale per inserirvi, subito dopo il delitto di agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti al 41-bis, di cui all'articolo 391-bis, l'articolo 391-ter, rubricato Accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. Questa fattispecie, infatti, diversamente dalla precedente, può essere applicata in relazione a qualsiasi detenuto, e non solo a quelli sottoposti al regime speciale di detenzione: il rapporto tra le due norme è costruito in termini di specialità, potendosi applicare l'articolo 391-ter solo “fuori dai casi previsti dall'articolo 391-bis”, che sono più severamente puniti.

Nel dettaglio, il nuovo articolo 391-ter del codice penale si compone di tre commi mediante i quali prevede la reclusione da 1 a 4 anni per chiunque (si tratta dunque di un reato comune):

- indebitamente procura a un detenuto un apparecchio telefonico o un altro dispositivo comunque idoneo a effettuare comunicazioni;

- consente a un detenuto l'uso indebito di tali strumenti;

- introduce in carcere uno dei predetti strumenti per renderlo disponibile a un detenuto.

Il primo comma copre dunque sia l'ipotesi della materiale consegna del telefono al detenuto, che quella dell'abbandono del telefono in carcere affinché un detenuto possa appropriarsene, sia infine quella della cessione momentanea dell'apparecchio per consentirne al detenuto l'uso.

Prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, per colui che avesse agevolato le comunicazioni del detenuto con l'esterno mediante la messa a disposizione di un telefono cellulare poteva configurarsi il delitto di favoreggiamento personale. Rispetto al favoreggiamento personale, il reato introdotto dal decreto-legge circoscrive la condotta, rendendo più agevole l'applicazione della fattispecie penale, e presenta una pena più severa, avendo determinato in un anno la misura minima della reclusione.

Il secondo comma dell'articolo 391-ter prevede un'aggravante – pena da 2 a 5 anni – quando il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio o da un avvocato (“soggetto che esercita la professione forense”). L'aggravante ricalca la formulazione dell'analoga aggravante prevista dall'articolo 391-bis, secondo comma.

La pena aggravata è dunque destinata a trovare applicazione sia in riferimento al personale che opera in carcere – dal direttore del carcere, al corpo di polizia penitenziaria, al cappellano del carcere – sia in riferimento a coloro che esercitano la professione forense. Si ricorda infatti che in base all'articolo 359 del codice penale l'avvocato non rientra nella categoria degli incaricati di pubblico servizio, essendo egli invece un privato che esercita un servizio di pubblica necessità “il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi”. Con particolare riferimento agli avvocati, peraltro, la formulazione del secondo comma dell'articolo 391-ter fa sì che l'aggravante possa trovare applicazione in relazione a qualsiasi avvocato, non necessariamente quando l'agevolazione delle comunicazioni riguardi il proprio assistito.

Infine, il terzo comma prevede che la pena si applichi anche al detenuto che riceve o utilizza l'apparecchio telefonico, sempre che il fatto non costituisca più grave reato. Prima dell'introduzione di questa fattispecie, il possesso da parte dei detenuti di telefoni cellulari era qualificato come mero illecito disciplinare essendo il cellulare semplicemente un oggetto di cui non è consentito il possesso da parte dei detenuti.

L'articolo 10 modifica l'articolo 588 del codice penale, che punisce il reato di rissa, inasprendone le pene.

In particolare, l'articolo interviene su entrambe le fattispecie previste dall'articolo 588 del codice penale, ossia sulla fattispecie base consistente nella partecipazione ad una rissa e su quella aggravata che si applica quando in conseguenza della rissa taluno rimanga ucciso o riporti lesione personale.

In particolare, la lettera a) del comma 1, modificando il primo comma dell'articolo 588 del codice penale che prevede la fattispecie base, ovvero la semplice partecipazione ad una rissa, stabilisce un innalzamento della multa prevista per la partecipazione ad una rissa, portandola da 309 a 2.000 euro.

La lettera b) del comma 1 modifica invece il secondo comma del medesimo articolo 588, nel quale è previsto che se dalla rissa scaturisce la morte o la lesione personale di qualcuno si applica la pena della reclusione per il solo fatto di aver partecipato alla rissa. Anche in questo caso l'articolo in esame innalza la pena precedentemente prevista, ovvero la reclusione da tre mesi a cinque anni, prevedendo la reclusione da un minimo di tre mesi ad un massimo di sei anni. La stessa pena, aumentata ai sensi della lettera b), si applica anche qualora la morte o la lesione personale si verifichino immediatamente dopo la rissa ed in conseguenza di essa.

Si ricorda che sulla circostanza aggravante del secondo comma dell'articolo 588 del codice penale è stata sollevata questione di legittimità costituzionale rispetto all'articolo 27, primo comma, della Costituzione, per il dubbio che la responsabilità penale di ogni singolo partecipante alla rissa in ordine alla fattispecie di rissa aggravata dall'uccisione o dalla lesione costituisca un caso di responsabilità per fatto altrui. La Corte costituzionale, argomentando che “il legislatore, con la previsione del reato di rissa, ha inteso punire il comportamento di colui il quale volontariamente partecipa ad un reato collettivo, che si estrinseca per sua natura in una condotta violenta diretta ad offendere, oltre che a difendere, idonea quindi nel suo insieme a cagionare, eventualmente, anche lesioni personali o la morte”, ha tuttavia dichiarato infondata la questione dal momento che “il singolo compartecipe alla rissa non è che risponde, per ciò solo, degli eventuali concorrenti fatti reato di lesioni o di omicidio intervenuti nel corso della rissa (se non abbia egli stesso posto in essere anche una condotta oggettivamente e soggettivamente idonea ad integrare tali figure criminose). Al contrario il singolo corrissante è chiamato a rispondere solo per la sua propria condotta, venendo ad assumere una responsabilità per rissa semplice o aggravata, a seconda degli effetti concreti della "colluctatio", cui egli ha coscientemente e volontariamente partecipato” (Sentenza 11-17 febbraio 1971, n. 21).

L'articolo 11, recante disposizioni in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento, modifica gli articoli 13 e 13-bis del decreto-legge n. 14 del 2017, per ampliare l'ambito di applicazione delle misure del divieto di accesso ai locali pubblici e ai locali di pubblico trattenimento, che possono essere disposte dal questore, autorità di pubblica sicurezza, nei confronti di coloro che siano stati denunciati per specifici reati, e per inasprire le sanzioni in caso di violazione dei suddetti divieti.

In particolare, il comma 1, lettera a), interviene sull'articolo 13 del decreto-legge n. 14 del 2017, che prevede - con finalità di prevenzione dello spaccio di stupefacenti - un divieto di accesso temporaneo, disposto dal questore, ai locali pubblici, aperti al pubblico ed ai pubblici esercizi, nonché a strutture scolastiche e universitarie. In tale ambito la disposizione:

- estende l'ambito soggettivo di applicazione della misura, anticipandola in una fase precedente all'accertamento, ancorché non definitivo, della responsabilità penale;

- qualifica come illecito penale la violazione della misura disposta dal questore, sinora sanzionata a livello amministrativo.

Si ricorda che in base all'articolo 13 del decreto-legge n. 14 del 2017, prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, il questore può disporre, per motivi di sicurezza - nei confronti di coloro che abbiano riportato nei tre anni precedenti una condanna definitiva o una condanna confermata in appello per reati di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 73 del DPR n. 309 del 1990 - il divieto di accesso nei locali pubblici (o aperti al pubblico), nelle scuole, nei plessi scolastici, nelle sede universitarie o nei pubblici esercizi in cui sono stati commessi gli illeciti.

Tale divieto - di durata da 1 a 5 anni - può riguardare anche lo stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi locali. Il divieto d'accesso deve essere disposto comunque individuando modalità applicative compatibili con le esigenze di mobilità, salute, lavoro e studio del destinatario del divieto.

Le seguenti ulteriori misure, per la durata massima di 2 anni, possono essere applicate dal questore esclusivamente ai condannati con sentenza definitiva per i predetti reati in materia di stupefacenti:

- obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia o dei carabinieri;

- obbligo di rientro nella propria abitazione entro una determinata ora e di non uscirne prima di una determinata ora;

- divieto di allontanarsi dal comune di residenza;

- obbligo di presentazione alla polizia negli orari di entrata ed uscita degli istituti scolastici.

Rinviando per l'applicazione di queste ultime misure alla disciplina relativa al cosiddetto “Daspo” per le manifestazioni sportive (articolo 6, commi 2-bis, 3 e 4 della legge n. 401 del 1989), il comma 4 dell'articolo 13 richiede, solo in questi casi, la convalida da parte del giudice per le indagini preliminari, che invece non è richiesta per il mero divieto di accesso ai locali pubblici o aperti al pubblico, nonostante tale divieto abbia potenzialmente una durata più lunga.

Ai sensi del comma 5 i divieti e le misure sono adottabili anche nei confronti di minori ultraquattordicenni con notifica del provvedimento ai genitori o a chi esercita la relativa potestà.

Il comma 6 punisce – salvo che il fatto costituisca reato - con la sanzione pecuniaria amministrativa da 10.000 a 40.000 euro e la sospensione della patente (da sei mesi a un anno) la violazione delle misure adottate dal questore. Spetta al prefetto adottare i relativi provvedimenti.

Il comma 7 prevede la possibilità che la concessione della sospensione condizionale della pena per i reati in materia di stupefacenti di cui al comma 1 sia subordinata alla imposizione del divieto di accesso a locali pubblici o aperti al pubblico specificamente individuati.

Il decreto-legge, modificando il comma 1 del citato articolo 13, anticipa l'applicabilità della misura e dunque ne estende l'ambito soggettivo, stabilendo che il questore possa disporre il divieto di accesso ai locali pubblici anche ai soggetti che, nei tre anni precedenti, “abbiano riportato una o più denunce” per i reati connessi allo spaccio di stupefacenti.

Per l'applicazione della misura di prevenzione, dunque, l'articolo 13, come novellato, non richiede più una condanna penale, quantomeno confermata in grado d'appello; in base al nuovo comma 1 il divieto di accesso ai locali pubblici, la cui durata potrà essere compresa da 1 a 5 anni, potrà essere imposto dal questore anche a colui che abbia riportato una sola denuncia per i reati di cui all'articolo 73 del citato testo unico in materia di stupefacenti. A tale ipotesi viene accomunata quella del soggetto che abbia riportato, per tali reati, una condanna, anche non definitiva.

Oltre ad estendere l'ambito di applicazione della misura del divieto di accesso, la nuova formulazione del comma 1 individua gli elementi che dovranno essere presi in considerazione dal questore per decidere in ordine all'applicazione del divieto. Egli dovrà infatti necessariamente:

- valutare gli elementi derivanti dai provvedimenti dell'autorità giudiziaria;

- fondare la decisione sugli accertamenti di polizia.

Dalla formulazione del testo, che richiede entrambi questi presupposti – provvedimenti dell'autorità giudiziaria e accertamenti di polizia – si ricava che in realtà la mera denuncia non è sufficiente a fondare la misura del divieto di accesso, essendo necessario che alla denuncia abbiano fatto seguito accertamenti di polizia e che il soggetto sia in qualche modo “pregiudicato” essendo già intervenuti, anche non in relazione a quella specifica denuncia, provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

Il decreto-legge non interviene invece sul comma 3 dell'articolo 13 citato; conseguentemente le misure più limitative della libertà personale (obbligo di firma, divieto di allontanamento) continueranno a trovare applicazione solo nei confronti di coloro che siano stati condannati in via definitiva e previa conferma della misura da parte dell'autorità giudiziaria.

Anche la violazione di queste misure, però, al pari della violazione del divieto di accesso ai locali pubblici di cui al comma 1, è ora qualificata come illecito penale. Il decreto-legge, infatti, sostituendo il comma 6 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 14 del 2017, punisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni e con la multa da 8.000 a 20.000 euro colui che viola i divieti e le prescrizioni di cui ai commi 1 e 3. Prima del decreto-legge in esame, invece, tale violazione comportava, salvo che il fatto costituisse reato, la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 10.000 a 40.000 euro e la sospensione della patente da 6 mesi a un anno.

Si evidenzia, peraltro, che anche prima della novella in esame l'illecito amministrativo del comma 6 era preceduto dalla clausola di salvezza penale (“salvo che il fatto costituisca reato”). Ciò valeva a consentire comunque l'applicabilità dell'articolo 650 del codice penale, che punisce con l'arresto fino a 3 mesi o con l'ammenda fino a euro 206 l'inosservanza di un provvedimento dell'autorità dato per ragioni di giustizia o sicurezza pubblica. Il decreto-legge in esame, dunque, più che attribuire rilievo penale alla violazione del provvedimento del questore, ha inasprito la repressione trasformando l'originaria contravvenzione (punita con la pena alternativa dell'arresto o ammenda) in un delitto (punito con la pena congiunta di reclusione e multa).

Il comma 1, lettera b), dell'articolo 11 interviene sull'articolo 13-bis del decreto-legge n. 14 del 2017, che consente al questore l'applicazione del divieto di accesso a locali pubblici, pubblici esercizi e locali di pubblico trattenimento nei confronti di persone condannate con sentenza definitiva, o anche solo confermata in appello, nell'ultimo triennio:

- per reati commessi nel corso di gravi disordini in pubblici esercizi o in locali di pubblico intrattenimento;

- per reati contro la persona e il patrimonio (esclusi quelli colposi);

- per produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope.

In base al citato articolo 13-bis, nella formulazione anteriore al decreto-legge, il divieto può riguardare anche lo stazionamento nelle immediate vicinanze di tali locali e pubblici esercizi e deve essere motivato e, comunque, risultare compatibile con le esigenze di mobilità, lavoro e salute del destinatario del provvedimento.

Dal punto di vista temporale il divieto di accesso e stazionamento può essere limitato a specifiche fasce orarie e non può durare meno di 6 mesi e più di 2 anni. Oggetto del provvedimento inibitorio possono essere anche minorenni ultraquattordicenni, previa notifica a chi esercita la responsabilità genitoriale.

Ulteriore prescrizione da seguire nel corso della misura – anch'essa mutuata dalla disciplina del Daspo – può riguardare l'obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia, anche più volte e in orari specifici. In tali casi, in virtù del rinvio all'applicazione dell'articolo 6, commi 3 e 4, della legge n. 401 del 1989, sul Daspo nelle manifestazioni sportive, tale misura – sempre di competenza del questore - dovrà essere comunicata al pubblico ministero presso il tribunale competente che entro 48 ore, se ritiene che sussistano i presupposti, ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari che, a sua volta, deve procedere entro le successive 48 ore, pena la perdita di efficacia della misura. Contro la convalida è proponibile il ricorso per cassazione che, tuttavia, non sospende l'esecuzione del provvedimento.

Anche in questo caso il decreto-legge anticipa l'applicabilità della misura, ne estende l'ambito e inasprisce la repressione penale in caso di violazione dei divieti imposti dal questore.

In particolare, sostituendo il comma 1 dell'articolo 13-bis, il decreto-legge amplia l'ambito soggettivo di applicazione del divieto di accesso ai pubblici esercizi ovvero ai locali di pubblico trattenimento, prevedendo:

- che il divieto di accesso si possa applicare anche a coloro che, negli ultimi 3 anni, abbiano riportato anche solo una denuncia; in precedenza, come detto, la norma richiedeva una condanna definitiva o comunque confermata in grado d'appello; peraltro, in caso di condanna, ancorché non definitiva, il questore può applicare la misura senza avere riguardo al termine triennale; in merito si osserva che, diversamente da quanto previsto all'articolo 13 del decreto-legge n. 14 del 2017 per i reati connessi agli stupefacenti, non sono qui individuati ulteriori presupposti per l'adozione del provvedimento di divieto, essendo sufficiente la presentazione di una denuncia: la disposizione non fa riferimento né ad accertamenti di polizia né a provvedimenti dell'autorità giudiziaria;

- che la denuncia per quei reati possa riguardare anche fatti commessi nelle immediate vicinanze dei locali pubblici;

- che i delitti presupposto siano anche tutti quelli aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, e dunque commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità; viene contestualmente espunto dal catalogo dei reati presupposto il riferimento all'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti, per evitare sovrapposizioni con la misura di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 14 del 2017.

Il decreto – legge interviene inoltre per ampliare l'ambito oggettivo di applicazione della misura, cioè i luoghi rispetto ai quali il questore può prevedere il divieto di accesso.

Se originariamente l'articolo 13-bis prevedeva il divieto di accesso e di stazionamento nei pressi dei pubblici esercizi e locali di pubblico trattenimento nei quali fossero stati commessi i reati, o in luoghi analoghi, che il questore doveva specificamente indicare, il decreto-legge aggiunge la possibilità di prevedere il divieto di accesso anche a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati “in ragione delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati”.

Un ulteriore ampliamento del campo d'applicazione del divieto d'accesso ai pubblici esercizi o ai locali di pubblico trattenimento è previsto dal nuovo comma 1-bis dell'articolo 13-bis, in base al quale il questore può disporre la misura rispetto a tutti i locali presenti nel territorio dell'intera provincia.

In questo caso, però, presupposto per l'applicazione del divieto è che il soggetto interessato:

- sia stato condannato per uno dei reati previsti dal comma 1, ancorché con sentenza non definitiva;

- sia stato posto in arresto o fermo, con provvedimento convalidato dall'autorità giudiziaria.

In questo caso, dunque, non è sufficiente la semplice denuncia ma occorre che l'autorità giudiziaria si sia pronunciata, anche soltanto convalidando la misura restrittiva della libertà personale. Tanto la condanna, quanto la convalida di fermo e arresto, potrebbero essere anche molto risalenti nel tempo, posto che, diversamente dal comma 1 dell'articolo 13-bis, il nuovo comma 1-bis non circoscrive all'ultimo triennio la valutazione dei presupposti per l'applicazione della misura.

Il nuovo comma 1-ter dell'articolo 13-bis precisa che al divieto di accesso si accompagna il divieto di stazionamento nei pressi dei locali oggetto di divieto di accesso.

Ulteriori modifiche apportate ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 13-bis hanno funzione di coordinamento, estendendo al divieto su base provinciale del comma 1-bis l'applicazione delle disposizioni relative alla durata dei divieti, all'applicabilità a minorenni ultraquattordicenni e alla possibile applicazione dell'ulteriore misura dell'obbligo periodico di comparizione presso l'ufficio di polizia, previa convalida della misura da parte dell'autorità giudiziaria.

Il decreto-legge modifica altresì il comma 6 dell'articolo 13-bis, per inasprire la pena in caso di violazione dei divieti. Analogamente a quanto stabilito per la violazione del divieto di accesso previsto per contrastare lo spaccio di stupefacenti, anche in questo caso per la violazione della misura imposta dal questore sono previste la reclusione da 6 mesi a 2 anni (in luogo della precedente reclusione da 6 mesi a un anno) e la multa da 8.000 a 20.000 euro (in luogo della multa da 5.000 a 20.000 euro).

Per quanto concerne la legittimità costituzionale delle misure su cui interviene l'articolo 11 del decreto-legge, si ricorda che la Corte costituzionale ha avuto occasione di pronunciarsi sul divieto di accesso alle competizioni sportive, il cosiddetto “Daspo”, che può essere disposto dal questore a prescindere da una condanna penale, qualificandolo come una misura di prevenzione (nella sentenza n. 512 del 2002), che può quindi essere inflitta indipendentemente dalla commissione di un reato accertato definitivamente.

La Costituzione nulla dispone in materia di misure di prevenzione personali. Ne deriva la difficoltà di individuare norme o principi atti a conferire a tali misure limitative della libertà personale una piena legittimazione costituzionale. L'orientamento dottrinario prevalente afferma tuttavia la compatibilità delle misure di prevenzione con la Costituzione: secondo tale orientamento, la prevenzione dei reati è compito imprescindibile dello Stato, sicché deve essere riconosciuta la doverosità costituzionale di tali misure. Si richiama in proposito l'articolo 2 della Costituzione, che, riconoscendo e garantendo i diritti inviolabili dell'uomo, impegnerebbe lo Stato a tutelarli prima che siano offesi. A tale orientamento ha aderito anche la Corte costituzionale, la quale in alcune decisioni ha affermato che il principio di prevenzione e di sicurezza sociale affianca la repressione in ogni ordinamento (sentenza n. 64 del 1968).

Argomentando in materia di obbligo di soggiorno, la Consulta ha ritenuto tale misura finalizzata alla prevenzione dell'attività criminosa (nella sentenza n. 309 del 2003), prevenzione la quale, insieme con la repressione dei reati, costituisce indubbiamente, secondo la Costituzione, un compito primario della pubblica autorità, come riconosciuto già con la sentenza n. 27 del 1959. Secondo la Corte “le misure che la legge, nel rispetto dell'articolo 13 della Costituzione, autorizza a prendere per lo svolgimento di questo compito, possono comportare limitazioni direttamente sulla libertà personale e, come nel caso in esame, anche sulla libertà di circolazione e soggiorno del soggetto considerato socialmente pericoloso, ripercuotendosi inevitabilmente su altri diritti del cui esercizio esse costituiscono il presupposto”.

In particolare, con riferimento al divieto di accesso alle manifestazioni sportive, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 193 del 1996, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 401 del 1989, nella parte in cui non prevede che la speciale procedura del sindacato giurisdizionale, stabilita per l'ordine di comparizione personale in un ufficio di polizia durante le competizioni agonistiche, concerna anche il divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono le competizioni stesse, che può essere disposto dal questore senza alcun intervento dell'autorità giudiziaria. Infatti, per la Corte, i due provvedimenti hanno portata ed effetti fra loro differenti, atti ad incidere in grado diverso sulla libertà del soggetto destinatario e pertanto ragionevolmente sono differenziati anche nella disciplina dei rimedi: l'ordine di comparizione incide sulla libertà personale del soggetto tenuto a comparire, imponendone la presenza negli uffici addetti al controllo e comportando, altresì, una restrizione della sua libertà di movimento durante una fascia oraria determinata, caratteristiche che spiegano, con riferimento all'articolo 13 della Costituzione, perché la misura sia stata circondata da particolari garanzie; mentre diversa portata ha il divieto di accesso, consistente più semplicemente nell'interdizione di accedere in determinati luoghi in occasione di competizioni agonistiche, con minore incidenza sulla sfera della libertà del soggetto e riconducibile alla libertà di circolazione tutelata dall'articolo 16 della Costituzione. La Corte ha dunque concluso quella pronuncia ritenendo che il divieto di accesso adottato dal questore non sia censurabile sotto il profilo della ragionevolezza, “tanto più che anche il provvedimento consistente nel divieto di frequentare i luoghi di manifestazioni agonistiche è suscettibile di autonomo controllo giurisdizionale innanzi al giudice competente”, e segnatamente innanzi al giudice amministrativo.

L'articolo 12 reca disposizioni in materia di contrasto al traffico di stupefacenti via internet.

In particolare, il comma 1 prevede l'istituzione, ad opera dell'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione, di un elenco, da aggiornare costantemente, dei siti web che, sulla base di elementi oggettivi, si debba ritenere che siano utilizzati per l'effettuazione sulla rete internet di uno o più reati in materia di stupefacenti, commessi mediante l'impiego di mezzi informatici o di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico. Ferme restando le iniziative e le determinazioni dell'autorità giudiziaria, su richiesta della direzione centrale del servizio antidroga del Dipartimento della pubblica sicurezza l'organo per la sicurezza dei servizi di telecomunicazione provvede ad inserire nell'elenco i siti utilizzati per la commissione di uno o più dei reati in materia di stupefacenti, notificando tale inserimento ai provider così da impedire l'accesso ai siti indicati.

I provider sono chiamati, ai sensi del comma 2, entro sette giorni, ad inibire l'accesso ai siti web segnalati attraverso l'utilizzo degli strumenti di filtraggio già operanti con riguardo al contrasto ai reati di pedopornografia e pedofilia.

A garanzia dell'osservanza dell'obbligo di inibizione gravante sui provider il comma 3 dell'articolo 10 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000. All'accertamento della violazione provvede l'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza delle telecomunicazioni; mentre la effettiva irrogazione delle sanzioni spetta agli Ispettorati territoriali del Ministero per lo sviluppo economico.

Il comma 4 demanda ad un decreto del Ministro dell'economia, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dello sviluppo economico, la devoluzione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie. Le risorse devono essere destinate al Ministero dell'interno per il potenziamento ordinario e straordinario delle attività volte a rafforzare le azioni di controllo e di accertamento delle violazioni previste dalla disposizione in esame e al Ministero dello sviluppo economico per il rafforzamento dei servizi connessi alle attività di irrogazione delle sanzioni.

L'articolo 13 modificato in sede referente, reca alcune modifiche alla disciplina sul Garante nazionale delle persone private della libertà personale, rimodulandone la denominazione e ridefinendone il ruolo di meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. La disposizione inoltre proroga di due anni del mandato dell'attuale Garante nazionale.

In particolare, il comma 1, lettera a), interviene sull'articolo 7 del decreto-legge n. 146 del 2013, modificandone la rubrica, la quale, nella sua formulazione vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in esame, recava "Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale": il decreto-legge in esame ha espunto dalla rubrica, incidendo quindi sulla denominazione stessa del Garante nazionale, il riferimento alle persone detenute.

Nella relazione illustrativa si osserva in proposito che la ricomprensione nel mandato del Garante di aree d'intervento che interessano la privazione della libertà de iure e de facto - quali quelle inerenti la tutela dei diritti delle persone con disabilità ospitate nelle residenze socio-sanitarie assistenziali o quelle attinenti alla presenza sul territorio nazionale di persone provenienti da Paesi terzi che vi hanno fatto ingresso irregolare e le procedure dell'eventuale rimpatrio - si è sviluppata nel corso dell'attività del Garante nazionale in osservanza degli obblighi assunti dall'Italia in forza di convenzioni e accordi internazionali. È questo dato fattuale che impone - precisa sempre la relazione - di intervenire sulla denominazione del Garante nazionale così da renderla evocativa di ogni situazione riconducibile alla privazione della libertà, senza che, dall'uso di un linguaggio non del tutto adeguato, sia percepito che le ulteriori forme di privazione della libertà risultino riconducibili anch'esse alla “detenzione”.

La lettera b) del comma 1 dell'articolo 13 inserisce dopo il comma 1 dell'articolo 7 del citato decreto-legge del 2013, un nuovo comma 1-bis, il quale sancisce l'operatività del Garante nazionale come meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, in coerenza con l'obbligo previsto dalla legge 9 novembre 2012, n. 195, di ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatto a New York il 18 dicembre 2002.

Anche la lettera c) del comma 1 aggiunge una ulteriore disposizione all'articolo 7 del decreto legge n. 146. La formulazione originaria del decreto legge consente al Garante nazionale di delegare i garanti territoriali per lo svolgimento di specifici compiti nelle materie di propria competenza, quando ricorrono particolari circostanze, escludendo esplicitamente dalla possibilità di delega solo i compiti di relazione previsti dalla lettera g) del comma 5 dell'articolo 7 del decreto legge n. 146. Nel corso dell'esame in sede referente, tale disposizione è stata modificata nel senso di circoscrivere la possibilità di delega ai garanti territoriali esclusivamente con riguardo alle strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali, alle comunità terapeutiche e di accoglienza, per adulti e per minori, nonché ai centri di permanenza per i rimpatri, quando particolari circostanze lo richiedano. Si è inoltre specificato che la durata della delega non può superare i sei mesi.

Nel corso dell'esame in sede referente è stata inoltre aggiunta la nuova lettera c bis), volta ad intervenire sul comma 5 bis dell'articolo 7 del decreto legge n. 146, contenente l'autorizzazione di spesa per il funzionamento del garante nazionale, che consiste in 300.000 euro annui a partire dal 2018. In particolare, con la modifica apportata, si specifica che il Garante debba adottare piani annuali di spesa, modulando le diverse voci di spesa in base a criteri oggettivi e funzionali alle necessità dell'ufficio, così come delineate dalla disciplina vigente.

L'articolo 14 reca la clausola di neutralità finanziaria del provvedimento, prevedendo che esso non debba comportare costi aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

Il comma 1 reca la clausola di invarianza finanziaria secondo cui dal provvedimento in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. All'attuazione delle misure previste dal decreto si provvede, pertanto, con l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente.

Ai sensi del comma 2, l'eventuale rideterminazione dei posti disponibili del Sistema di accoglienza e integrazione (ex SIPROIMI), oggetto dell'articolo 4 del provvedimento in esame, è disposta d'intesa con il Ministero dell'economa e delle finanze previa verifica della sussistenza delle disponibilità finanziarie a legislazione vigente, nel rispetto dell'invarianza degli oneri come prescritto dal comma 1.

Il comma 3 stabilisce che, ove necessario, l'invarianza della spesa derivante dal provvedimento viene assicurata anche mediante variazioni compensative tra gli stanziamenti dei capitoli di bilancio iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito del Programma relativo alle spese per la gestione dei flussi migratori, da adottare – secondo quanto specificato nel corso dell'esame in sede referente a seguito del parere espresso dalla V Commissione Bilancio – ai sensi della legge n. 196 del 2009 (articolo 33, comma 4).

L'articolo 15 introduce alcune disposizioni transitorie finalizzate a stabilire l'applicazione di alcune modifiche introdotte con il decreto-legge in esame anche ai procedimenti in corso, nella fase sia amministrativa sia giurisdizionale

In dettaglio, il comma 1 stabilisce l'applicazione ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto (22 ottobre 2020) delle disposizioni introdotte dall'articolo 1, comma 1, di cui alla:

- lettera a), che prevede che il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno non possano essere adottati quando ricorrano seri motivi derivanti dal rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato;

- lettera e), che estende l'ambito di applicazione del divieto di respingimento o espulsione o estradizione di una persona verso uno Stato ai sensi dell'articolo 19 del testo unico in materia di immigrazione;

- lettera f), che riformula le previsioni in materia di permesso di soggiorno per calamità.

L'applicabilità immediata riguarda i procedimenti in corso di natura amministrativa, ossia dinanzi alle commissioni territoriali e al questore, nonché di natura giurisdizionale, ossia i procedimenti dinanzi alle sezioni specializzate dei tribunali.

Al contempo, è esclusa esplicitamente l'applicabilità immediata delle disposizioni richiamate con riferimento ai procedimenti giurisdizionali pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge, nei quali si stia svolgendo il giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 384, comma secondo, del codice di procedura civile.

Il comma 2 dispone in ordine all'applicazione delle disposizioni in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui all'articolo 2 del provvedimento in esame, anche ai procedimenti pendenti davanti alle commissioni territoriali alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ossia al 22 ottobre 2020.

In particolare, la disposizione si applica alle procedure in materia di:

- esame prioritario (articolo 2, comma 1, lettera a);

- procedure accelerate (articolo 2, comma 1, lettera b);

- domanda manifestatamente infondata, fattispecie che, a seguito delle modifiche apportate dal provvedimento in esame, non si applica ai portatori di esigenze particolari (articolo 2, comma 1, lettera c);

- domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento che, a differenza della disciplina previgente, è comunque esaminata dalla commissione territoriale competente (articolo 2, comma 2, lettera d);

- decisione di non accoglimento della domanda di asilo in presenza di condizioni che vietano l'espulsione del richiedente competente (articolo 2, comma 2, lettera e).

L'applicazione ai procedimenti pendenti è dunque disposta per tutte le modifiche previste all'articolo 2 (essendo richiamate le lettere da a) ad e) del comma 1), fatta eccezione per le modifiche recate dalla lettera f) dell'articolo 2, comma 1, relative alla disciplina della sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento di inammissibilità della domanda di protezione internazionale.

L'articolo 16 stabilisce l'entrata in vigore del decreto-legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.