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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 411 di lunedì 19 ottobre 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 14,10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 22 settembre 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Bianchi, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Butti, Caffaratto, Cancelleri, Casa, Castelli, Ciampi, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Conte, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Di Stefano, Ehm, Fassino, Ferraresi, Ferro, Gregorio Fontana, Formentini, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Giachetti, Giacomoni, Giglio Vigna, Giordano, Giorgis, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Maggioni, Marattin, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Mugnai, Nardi, Nesci, Nevi, Orrico, Osnato, Paolini, Parolo, Pastorino, Perantoni, Pettarin, Pignatone, Rizzo, Rosato, Rotelli, Rotta, Ruocco, Scalfarotto, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Speranza, Tofalo, Tomasi, Traversi, Maria Tripodi, Ungaro, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zicchieri e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: L'Abbate e Parentela; D'Alessandro ed altri; Viviani ed altri: Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. Delega al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore (A.C. 1008-1009-1636-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1008-1009-1636-A: Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. Delega al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 14 ottobre 2020 (Vedi l'allegato A della seduta del 14 ottobre 2020).

(Discussione sulle linee generali – Testo unificato - A.C. 1008-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, presidente della Commissione agricoltura, deputato Filippo Gallinella. Prego.

FILIPPO GALLINELLA, Relatore. Buongiorno a tutti, buon pomeriggio. Grazie, Presidente. Oggi cominciamo una discussione su una proposta di legge importante. Voglio fare una premessa, Presidente, non tanto da relatore, quanto da presidente della Commissione agricoltura, per ringraziare i colleghi perché, come lei ben sa, in questo calendario abbiamo cinque proposte di legge assegnate all'Aula, e quindi con grande difficoltà, soprattutto data la situazione, cercheremo di portare a termine tutti i nostri lavori. Questo lo dico sottolineando anche quanto è importante la collaborazione con le altre Commissioni, in particolar modo anche con la Commissione bilancio, perché alcune di queste proposte di legge prevedono anche interventi finanziari ed essendo in prossimità anche della legge di bilancio, cercheremo e inviterò tutti quanti a trovare una soluzione per alcune questioni che poi saranno illustrate durante il mio intervento e anche quello, penso, del collega Viviani.

Questa proposta di legge vede tre forze politiche depositare i tre testi che lei ha citato e ha visto, durante il lungo dibattito che abbiamo avuto in un anno circa di lavori su questa proposta di legge, un'ampia convergenza. Lo voglio qui ribadire: l'Italia, lo sappiamo tutti, è famosa per l'agroalimentare, e tra questi vi è anche tutto il settore della pesca, con migliaia di chilometri di coste. Questa proposta di legge interviene in particolar modo sulla pesca in mare e sull'acquacoltura. I pescatori - ben sa chi ci lavora nel settore - hanno vissuto e stanno vivendo comunque un momento così complesso per quanto riguarda la difficoltà di pescare, i rapporti internazionali, la competizione, una struttura Paese sicuramente che è un pochetto più arretrata di altri competitor per quanto riguarda anche la logistica.

Quindi, con tutte queste premesse, lo spirito della norma vuole in primis aiutare a semplificare talune operazioni che sono macchinose o burocratiche. Un intervento legislativo si era previsto anche nella passata legislatura, ma non aveva visto compimento, e quindi il nostro intervento e il nostro auspicio è che tale suggerimento normativo di semplificazione possa tranquillamente passare il vaglio dell'Aula della Camera, per poi concludersi definitivamente al Senato con il minor numero di intoppi possibili, vista la situazione.

Voglio ricordare che taluni interventi in questa proposta di legge, che riguardano un pezzo importante del testo, che riguarda la previdenza e i rapporti pensionistici dei pescatori, in parte sono stati risolti con il “decreto Agosto”, così come altre proposte di legge della Commissione agricoltura che hanno visto sempre - lo voglio ricordare - un'ampia convergenza con tutte le proposte di legge. In questi decreti legati all'emergenza COVID la Commissione è riuscita a mettere in norma talune proposte che erano già in lavorazione da tempo. Venendo al testo della proposta di legge - poi i miei colleghi magari nel dettaglio possono andare anche articolo per articolo, voglio ricordare che sono 27 articoli e non voglio essere noioso - sono state fatte numerose audizioni, ho detto circa un anno di lavoro, abbiamo sentito tutti i rappresentanti della pesca, più o meno grandi, proprio per avere il massimo accoglimento. Abbiamo sentito tutte le sigle sindacali, nonché la capitaneria di porto, perché all'interno di questo provvedimento tra le finalità vi è anche la semplificazione di talune operazioni. C'è la volontà del legislatore, in questo caso, di andare anche a costituire uno sportello unico della pesca, in maniera tale che si possa in qualche modo non spezzettare la richiesta dei documenti per poter cominciare un'attività così importante.

Vi è un capitolo importante, quello che citavo all'inizio, che riguarda ancora la tematica della previdenza dei pescatori, che merita attenzione da parte di tutti noi. Nella proposta di legge si è trovata una copertura, che mi auguro possa reggere l'esame della Commissione bilancio, perché si vuole, con quel tipo di sostegno economico, aiutare quei pescatori che, per motivi che non dipendono da loro, non possono più lavorare, mentre poi le spese di manutenzione e di gestione dell'imbarcazione comunque continuano.

Vi sono, comunque, altri interventi, mi piace citarli perché sono stati gli interventi forse più dibattuti, più appassionati, che riguardano una nuova strategia della ripartizione delle quote del tonno rosso. Noi siamo, come tutta la pesca, contingentati per taluni motivi, anche giusti, perché non bisogna eccedere in uno sforzo di pesca, perché bisogna permettere ai pesci di poter crescere e riprodursi. Chiaramente le norme nazionali e comunitarie si scontrano anche con le norme dei Paesi terzi, e quindi non è che c'è un confine amministrativo sul mare che impedisce anche il transito dei pesci, però purtroppo c'è chi pesca peggio di noi, danneggiando e facendo un doppio danno, sia dal punto di vista ambientale, della biodiversità, ma anche da un punto di vista economico. Fermo restando che tutti noi vogliamo che lo stock ittico possa rimanere invariato, certo è che dobbiamo anche garantire la possibilità per chi ci lavora di poter continuare a vivere. Questo perché abbiamo una flotta e una tradizione anche di piccola pesca molto importante nel nostro territorio.

A fianco a questo, non ci dimentichiamo dell'acquacoltura, che è presente all'interno del testo, anche perché c'è un capitolo relativo anche agli investimenti e alle agevolazioni in modo tale da poter aggiornare il settore e renderlo più competitivo, come taluni interventi anche per quanto riguarda la concessione per la gestione di spazi demaniali per l'allevamento, dove vi è ancora oggi una discrepanza tra chi ha una ragione sociale ed un'altra. Questo perché vogliamo anche potenziare l'acquacultura, perché, oggettivamente, noi importiamo quasi l'80 per cento del pesce, e quindi riuscire a renderci meno dipendenti dagli altri, dando anche occupazione e rispettando l'ambiente in tutte le gestioni legate al mare, non può essere che un vantaggio per il nostro territorio.

Vi sono anche altre disposizioni, anche qualche volta simpatiche, all'interno della proposta di legge, che non conoscevo nemmeno io durante le audizioni, come, per esempio, escludere ovviamente il canone RAI per coloro che hanno dei dispositivi di riproduzione all'interno dell'imbarcazione. Ovviamente quello è legato a un dispositivo di riproduzione, ma è chiaro che quello serve per poter navigare in sicurezza ed essere aggiornati anche sulle condizioni meteo. Questi sono un po' gli interventi a grandi linee che si prefigge questa proposta di legge. Lo ripeto: sono 27 articoli, ampiamente condivisi da tutte le forze politiche.

Poi, immagino che durante il dibattito in Aula ci saranno interventi sia dei deputati e magari anche degli stessi relatori per magari raccogliere gli ultimi spunti e le ultime correzioni che possono sicuramente migliorare l'obiettivo di questa proposta di legge. Io, per quanto riguarda magari le caratteristiche articolo per articolo, depositerei ovviamente il documento all'Assemblea, in modo tale da non rendere noioso il dibattito ma far capire quali sono le finalità di questa proposta di legge, così come tutti gli interventi che sono stati fatti durante questo periodo di approfondimento, durante le audizioni. Il mandato al relatore è stato dato la settimana passata. Abbiamo raccolto tutti i pareri delle Commissioni e credo che sia previsto uno slittamento, causa COVID-19, del deposito degli emendamenti per l'Assemblea e immagino che con il relatore dovremo vedere alcune questioni, ma ci auguriamo che questo provvedimento di legge possa andare veloce e siamo certi di un ampio accoglimento da parte di tutti gli operatori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. La Presidenza autorizza il deposito del documento. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Lorenzo Viviani.

LORENZO VIVIANI, Relatore. Grazie, Presidente. Condividendo le considerazioni che ha fatto prima di me il presidente Gallinella, prima di iniziare proprio nella spiegazione articolo per articolo del provvedimento mi lasci fare, anche a me, due considerazioni velocissime. Si tratta di un provvedimento che è da più di un anno e mezzo, quasi due anni, alla Camera, come Commissione agricoltura. Perché due anni? Perché c'è stato un lavoro da parte della Commissione - devo dire sinceramente la verità - molto serrato, ma soprattutto anche perché poi è mancato quello che era il cuore del provvedimento. Questo provvedimento, che, ricordiamo, era passato già nella scorsa legislatura - purtroppo, solo il passaggio della Camera e poi non aveva finito il suo iter al Senato - e che è stato ripreso in questa legislatura, aveva all'interno il taglio delle sanzioni, taglio delle sanzioni che era entrato proprio all'interno delle tematiche parlamentari, all'interno della Commissione agricoltura, stimolato proprio dalla pesca professionale, perché ricordiamoci che la triste legge n. 154 del 2016 aveva inserito queste sanzioni folli e prontamente - devo dire la verità, anche se io non ero parlamentare in quel momento, nella legislatura passata - questa tematica è stata presa ed è stata portata proprio all'esame della Commissione agricoltura, che aveva steso questo testo. Manca, quindi, questa parte. Perché è mancata questa parte? Perché, anche lì, una diversa maggioranza, un diverso Ministro - parliamo del Ministro Gian Marco Centinaio - ed eravamo riusciti, col buon lavoro della Commissione agricoltura - e qui ringrazio di nuovo il presidente Gallinella, ma ringrazio tutti i componenti della Commissione - a inserirla nel “decreto Emergenze”, facendo un lavoro di Commissione veramente buono, perché, comunque, abbiamo presentato tutti questo emendamento e siamo riusciti a sanare quella situazione. Quindi, è rimasto questo testo, diciamo, in Commissione, depennato forse della cosa che era sicuramente il fulcro principale. Quello che ha fatto la Commissione in tutto questo tempo è stato trovare tutti quegli interventi normativi positivi che come legislatori italiani potevamo apportare alla tematica della pesca. Ricordiamo che come Parlamento, purtroppo, non possiamo, ad esempio, agire su tante misure tecniche, sulla tracciabilità, sulle misure tecniche della pesca, sull'etichettatura del pescato, perché è tutta competenza di Bruxelles. D'altro canto, noi non ci siamo dati per vinti e abbiamo cercato veramente, tramite le audizioni, di prendere più spunti possibile e abbiamo portato a compimento questo testo, che deriva da tre progetti di legge e da tanti altri articoli che sono stati presentati in fase emendativa proprio stimolati dal dibattito che si è svolto in Commissione.

Mi appresto a dare una spiegazione veloce dell'articolato. Il testo unificato in esame è composto da 27 articoli. L'articolo 1 è composto da un solo comma, che definisce le finalità e l'ambito di applicazione del provvedimento. L'articolo 2 reca una delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura. L'articolo 3 prevede interventi in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. Come menzionava prima di me il presidente Gallinella, questo è uno degli interventi più importanti all'interno di questo provvedimento. Parliamo degli ammortizzatori sociali. Ce li hanno chiesti tutti i sindacati, ce li hanno chiesti le associazioni di categoria e ce li hanno chiesti i pescatori. È l'unico settore a cui manca realmente un ammortizzatore sociale. Con questa CISOA, che speriamo, come diceva bene chi mi ha preceduto, non venga depennata dalla Commissione bilancio in sede d'esame, si riesce a dare la sicurezza a un settore che, purtroppo, sicurezza in questo momento non ne ha, anzi molte volte proprio la cassa integrazione viene elargita tramite dei decreti ministeriali che molte volte ritardano il loro iter.

Qui riusciremo a considerarla. La CISOA è proprio la cassa integrazione che riguarda l'agricoltura. In questo intervento, con questo articolo, riusciamo a estenderla al mondo della pesca. In più, facciamo una cosa: si va a scrivere, nero su bianco, che l'armatore proprietario, cioè chi lavora a bordo di imbarcazioni e ne è proprietario, può accedere agli ammortizzatori, cosa che, purtroppo, tante volte è stata al centro delle diatribe col Ministero del Lavoro. Invece, qui lo mettiamo per iscritto, col parere favorevole anche della Commissione lavoro.

L'articolo 4 reca modifiche all'inquadramento previdenziale dei marittimi operanti su imbarcazioni da pesca inferiori alle 10 tonnellate. L'articolo 5 estende l'applicabilità della disciplina prevista dall'articolo 1, comma 1, della legge 13 marzo 1958, n. 250, cosa, come diceva chi mi ha preceduto lo stesso, che è stata esaminata nel “decreto Agosto”. L'articolo 6 istituisce il Fondo per lo sviluppo della filiera ittica. L'articolo 7 apporta modifiche e reca norme per la modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura al fine di promuovere la cooperazione e l'associazionismo. L'articolo 8 aggiunge il settore della pesca e dell'acquacoltura al già previsto settore agricolo relativamente all'esenzione del bollo e anche qui riusciamo a togliere un carico, comunque, di tassazione sulla testa dei pescatori.

Poi, l'articolo 9 reca disposizioni volte alla semplificazione in materia di licenza di pesca. In particolare, si stabilisce che la tassa di concessione governativa prevista sia dovuta ogni otto anni, indipendentemente dalla scadenza indicata dalla licenza di pesca, e che la stessa non sia dovuta in caso di cambio di armatore e per una serie di casi che poi vengono enunciati nell'articolo. Questo è molto importante, perché anche qui c'era un carico economico sulle teste dei pescatori, infatti, ogni volta che si cambiava tipologia di armatore bisognava ripagare la tassa governativa. In più, aggiungiamo una cosa che va veramente a sburocratizzare il settore, cioè al comma 4 si stabilisce che in tutti i casi di rilascio di una nuova licenza di pesca o di un semplice rinnovo nelle more della conclusione del relativo procedimento amministrativo il soggetto che ha presentato l'istanza, redatta ai sensi delle norme vigenti in materia, sia temporaneamente abilitato all'esecuzione delle attività di pesca. Qui andiamo ad agire su quelle lungaggini burocratiche che vedevano, purtroppo, i nostri pescatori magari portare una licenza da un'imbarcazione all'altra, fare una nuova costruzione con una vecchia licenza, comunque non incrementare lo sforzo di pesca ma fare solo un passaggio magari di ammodernamento o di cambio di licenza, ritrovandosi poi mesi e mesi ad aspettare il nullaosta ministeriale. Qui, come succede per altri settori, diamo la possibilità di andare il giorno dopo in mare a lavorare, aspettando che poi arrivi la declaratoria, comunque la dichiarazione di convalida da parte del Ministero.

L'articolo 10 esclude la tassa di concessione governativa per gli apparecchi televisivi tenuti a bordo dei natanti adibiti all'attività di pesca. Come menzionavano prima, questo perché? Perché sì che ormai i nostri pescatori utilizzano, come tanti di noi, le applicazioni sul telefonino, però da sempre il televisore è stato quello che dava le informazioni meteo e il semplice televideo era quello che veniva considerato; quindi, addirittura un apparecchio - si può dire - inerente alla sicurezza della navigazione. L'articolo 11 prevede che gli imprenditori ittici e gli acquacoltori, singoli o associati, possano vendere direttamente al consumatore finale i prodotti provenienti dall'esercizio della propria attività, andando a riordinare tutta la normativa che c'è al riguardo. L'articolo 12 - la data di pesca - autorizza il Governo ad emanare un regolamento di delegificazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, al fine di disciplinare le modalità di indicazione al consumatore finale della data di cattura dei prodotti ittici. Anche questo è stato un dibattito molto acceso in Commissione, che, però, poi ha visto tutti d'accordo. È il fatto di indicare - nella tracciabilità dei prodotti ittici al consumatore paradossalmente manca una delle informazioni principe, mi viene da dire, sulla freschezza del prodotto - un dato oggettivo: la data di cattura, cioè la data da cui comincia la degradazione del prodotto, dell'alimento. Purtroppo, questo manca e si è optato naturalmente per una delega al Governo, perché abbiamo davanti due tipi di problemi: uno è quello legato alla normativa europea sulla tracciabilità e sull'etichettatura dei prodotti ittici; il secondo è legato, invece, al fatto che diversi prodotti ittici, come uscito in Commissione, possono avere anche degradazioni diverse e, quindi, possono degradarsi in maniera diversa (alcune specie). Quindi, la data di pesca potrebbe influenzare naturalmente anche il consumo di diverse specie ittiche.

Quindi, abbiamo delegato il Governo a trovare una soluzione, anche con riferimento alla data di pesca, che è fondamentale introdurre nel commercio per quanto riguarda il prodotto nazionale ma, mi viene da dire, soprattutto il prodotto estero, che arriva sui nostri mercati, facendo concorrenza, ma molte volte è molto meno fresco rispetto al prodotto ittico nazionale.

L'articolo 13 prevede che gli esercenti di attività alberghiere e di ristorazione, sempre per rimanere in tema di tracciabilità, possono fornire al consumatore un'informazione completa e trasparente sui prodotti della pesca e dell'acquacoltura distribuiti e somministrati. Anche qui, si delega il Governo a trovare uno standard, una forma in cui queste maggiori informazioni (ad esempio, potrebbero essere la zona più nel dettaglio di pesca, la data di pesca o altre informazioni inerenti al pescato) possono arrivare direttamente al cliente. Proprio per evitare che arrivino solo informazioni sommarie, chiediamo, in questo articolo, al Governo di trovare uno standard, una forma per cui tutti i ristoratori, che vogliono e che possono fare questo tipo di servizio, fatemi dire, di tracciabilità ai propri clienti, possono optare per questa soluzione, però, naturalmente, standardizzata.

L'articolo 14 introduce la rappresentanza delle associazioni della pesca nelle commissioni di riserva delle aree marine protette. Abbiamo sempre considerato la pesca professionale una sorta di esperienza che deve essere anche data, e io lo posso dire, in prima persona, da biologo e pescatore professionista. L'apporto della pesca professionale al mondo della biologia o, comunque, alle commissioni scientifiche può essere sicuramente uno standard o, comunque, una linea da cui partire molte volte e da cui si può basare tutta la ricerca scientifica e il monitoraggio biologico.

L'articolo 15 reca disposizioni in materia di determinazione dei canoni per le concessioni demaniali per la pesca e l'acquacoltura.

L'articolo 16 prevede che la Commissione consultiva centrale della pesca marittima e dell'acquacoltura, che non è più operativa, svolga le funzioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 154 del 2004 senza alcun onere a carico del bilancio dello Stato, senza compensi ai componenti della Commissione. Tale Commissione era stata depotenziata e tolta dal proprio operato, ma in questo articolo noi la riteniamo, comunque, importante e, quindi, la rimettiamo in attività.

L'articolo 17, invece, reca disposizioni inerenti la ricerca scientifica e la tecnologica applicata alla pesca e all'acquacoltura.

L'articolo 18 reca le disposizioni relative all'istituzione di una commissione consultiva locale per la pesca marittima e l'acquacoltura presso ogni capitaneria di porto, disciplinandone, tra l'altro, anche la composizione. Naturalmente, nell'articolo vengono menzionati tutti i membri della pesca professionale e della pesca sportiva. Ricordiamoci che la pesca professionale non cambia solamente da paese a paese, quindi l'Italia rispetto agli altri Paesi (ci lamentiamo molte volte che Bruxelles non capisce le nostre dinamiche), ma anche da realtà a realtà e da porto a porto, anche per problematiche che possono concernere solamente gli ormeggi. Quindi, è giusto avere una commissione di questo tipo che possa portare anche la specificità e questo apporto, fatemi dire, anche ai livelli più alti, come il Ministero, per capire le specificità regionali e provinciali della nostra Italia.

L'articolo 19 ha sicuramente impegnato molto la Commissione agricoltura e pesca e riguarda l'incremento annuo del contingente di cattura di tonno rosso. Su questo provvedimento, devo dire la verità, c'è stata un'opinione comune, anche nella votazione di un emendamento, comunque nella fase emendativa, su un articolo, che è stata un po' la sintesi di quello che è riuscita ad elaborare la Commissione agricoltura (vi è stata un'opera di diplomazia anche con il Governo), la quale ha inserito dei criteri fondamentali, fatemi dire, che sono in primo luogo la trasparenza e l'oggettività nell'individuazione delle quote assegnate ai diversi sistemi di pesca, che è fondamentale. Quando parliamo di quote tonno, infatti, sembra che parliamo di cose banali, ma parliamo di flussi di denaro molto consistenti, perché sulle quote tonno - io lo chiamo sempre l'oro blu del nostro mare -, c'è realmente un business italiano molto importante da legittimare, da sovvenzionare, ma che deve essere sicuramente parte di tutta la marineria italiana e tante marinerie italiane dovrebbero godere di questa grande risorsa. Si prevede poi l'aumento della quota indivisa al fine di favorire l'accesso alle risorse da parte degli operatori, singoli o associati, che ne sono privi, attraverso metodi di distribuzione per aree geografiche e temporali idonee a garantire la fruibilità durante l'anno solare e in modo tendenzialmente uniforme in tutti i compartimenti marittimi, tenendo conto delle caratteristiche delle flottiglia della pesca. Anche questo è un punto molto importante, perché si va ad aumentare la quota indivisa, ma si va ad aumentare considerando le densità numerica delle marinerie, le aree geografiche e la periodicità. Il tonno è una specie migratoria, quindi è naturale che si presenti, prima, in aree geografiche italiane, dopo in altre. In questo sistema riusciamo a equilibrare, fra la densità delle marinerie più grandi, le aree geografiche e il fattore tempo che viene, naturalmente, diversificato da marineria a marineria. E, poi, il punto c): la valorizzazione delle attività di pesca con metodi di cattura sostenibile e a ridotto impatto ecosistemico.

Il comma 3, sempre di questo articolo, porta un'innovazione, delegando il Ministero, cosa fondamentale, perché, purtroppo, gli italiani conoscono poco questa risorsa e, paradossalmente, la conoscono molto meglio i giapponesi di noi, che mangiano il tonno pescato nel Mediterraneo. Quindi, in questo comma, si va a delegare il Governo a promuovere la costituzione di una filiera italiana di produzione del tonno rosso idonea a valorizzare la risorsa e, naturalmente, incentivare e favorire l'occupazione.

L'articolo 20, invece, è di carattere tecnico e va ad agire sul Codice della navigazione, un articolo del 1952, quindi, sicuramente, non adeguato ai tempi. Praticamente, va a dare la possibilità al marinaio autorizzato alla pesca di assumere il comando delle navi di stazza lorda non superiore a 200 tonnellate, ma, soprattutto, gli dà la possibilità di pescare in qualsiasi zona del Mediterraneo. Questo articolo sembra molto tecnico, però va ad agire su una marineria che, tristemente, è andata alla cronaca nazionale per il discorso dei nostri pescatori sequestrati in Libia: otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi che sono detenuti, sequestrati ancora in Libia. Perché? Perché pescavano nella zona economica esclusiva libica, detta in maniera unilaterale dalla Libia, mai accettata dall'Italia, e che dovrà vedere sicuramente un impegno del Governo e nostro per cercare di portare i pescatori a lavorare in quella zona, perché, storicamente, lavoravano in quella zona. In questo comma si dà la possibilità, anzitutto a quella marineria, di lavorare in zone diverse. Loro, purtroppo, erano obbligati, per questa tipologia di patente, a rimanere fra il sesto e il ventesimo meridiano: quindi, oltre ad essere precluse quelle zone dove c'è una diatriba aperta con la Libia, non gli si permetteva di andare a pescare, ad esempio, in altre aree del Mediterraneo, dove altre marinerie di altri Paesi, invece, possono operare. Con questo siamo riusciti a sanare, indipendentemente dalla distanza dalla costa, questo problema.

L'articolo 21 disciplina le garanzie concesse dall'ISMEA.

L'articolo 22 reca disposizioni in materia di destinazione delle aliquote relative ai giacimenti nel mare territoriale, disposizione che prevede la finalità di destinazione della quota delle aliquote derivanti dalle attività di estrazione di idrocarburi corrisposte ai comuni, vincolandole a perseguire lo sviluppo delle attività economiche e produttive legate al mare e al litorale, incluse quelle turistiche, all'incremento dell'occupazione e della crescita nel settore della pesca professionale, nonché a interventi di risanamento e miglioramento ambientale sul mare e sulla costa, riservando almeno il 30 per cento del valore dell'aliquota corrisposto a forme di indennizzo da destinare alle marinerie del territorio. Vuol dire, praticamente, che con questo le royalty, semplicemente chiamate, che derivano dai contributi versati per l'estrazione nelle acque nazionali dalla società, che vanno ai comuni, sono vincolate al 30 per cento, attività che devono andare alle marinerie. Molte volte, i nostri pescatori - questa è una cosa che non si sa - sono quelli che sono maggiormente svantaggiati dall'istituzione, ad esempio, di una piattaforma, di qualsiasi cosa, perché, comunque, devono tenersi lontani, quindi, oltre ad avere, magari, altri mille fardelli, perdono altre zone di pesca. Con questo si riesce a dare loro un ristoro direttamente, dai contributi che arrivano dalle operazioni di estrazione degli idrocarburi.

L'articolo 23 modifica l'articolo 9 del decreto legislativo del 27 maggio 2005 in materia di intese di filiera.

L'articolo 24 va a prevedere una particolare ammenda nella sanzione per la cattura del comune dattero di mare.

L'articolo 25 modifica la disciplina in materia di fatturazione elettronica della piccola pesca marittima e delle acque interne.

L'articolo 26 indica al comune, in complessivi 69,5 milioni di euro, gli oneri derivanti dall'attuazione del provvedimento in esame, individuandone, alle lettere a) e b), gli strumenti di copertura finanziaria.

Quindi, è l'articolo finale, che ci dà, in soldoni, quanto costa questo provvedimento. L'articolo 27, invece, reca le clausole di salvaguardia. Ringraziandovi, tendo a sottolineare quanto sia stato proficuo il lavoro della Commissione Agricoltura, del relatore iniziale e del presidente Gallinella che poi lo ha affiancato. Il co-relatore (mi sento più io il relatore… ma no, sto scherzando!), il presidente Gallinella, ha detto bene, ha detto una cosa sacrosanta: essendo stato spostato il termine per la presentazione degli emendamenti, prendiamo la palla al balzo per avere tutti i suggerimenti dall'Aula e da parte della Commissione su eventuali modifiche che possiamo fare su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e di deputati del Gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Il sottosegretario L'Abhbate si riserva di intervenire in una fase successiva. È iscritto a parlare il deputato Gianpaolo Cassese. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO CASSESE (M5S). Presidente, colleghe e colleghi, gli interventi dei due relatori che mi hanno preceduto hanno ben evidenziato l'importanza del testo unificato delle proposte di legge sul settore ittico su cui oggi avviamo il confronto in Aula dopo il lavoro che abbiamo svolto in Commissione. È un lavoro complesso, data la complessità della materia, su cui interveniamo a trecentosessanta gradi, che ha avuto necessariamente un lungo iter in merito al quale il Presidente Gallinella si è giustamente soffermato e su cui anche io vorrei tornare per evidenziare un elemento di grande positività. Mi riferisco allo sforzo messo in campo dai diversi gruppi politici per arrivare ad un provvedimento condiviso. Credo che possiamo ritenerci soddisfatti per l'impegno che abbiamo impiegato - non invano - al fine di trovare un accordo per perseguire il comune obiettivo di arrivare ad un testo unico che, come è stato ricordato, con l'approvazione di numerosi emendamenti in Commissione ha subìto diverse modifiche rispetto al testo base che era stato predisposto dal comitato ristretto. Dunque esso, anche grazie alle sollecitazioni recepite in sede di audizioni, ha avuto una sua evoluzione ed un suo ulteriore arricchimento. Tanto lavoro, dunque, per offrire a questo comparto strategico per l'economia del Paese gli strumenti per nuove opportunità di crescita e per uscire dalle difficoltà in cui versa da anni, che si sono aggravate con l'emergenza epidemiologica. Difficoltà che sono dovute ad una serie di ragioni che conosciamo bene: dal caro gasolio all'impoverimento degli stock ittici, alla pesca illegale, alla competizione con prodotti importati, non sempre di qualità, venduti a basso costo, a norme obsolete - solo per citarne alcune -, che hanno fortemente penalizzato il settore, portando la flotta della pesca nazionale a ridursi via via fino alle attuali 12 mila imbarcazioni. Basti pensare che, negli anni Ottanta, quando il Parlamento approvava la legge n. 41 del 1982, le imbarcazioni erano circa 20 mila e portavano a terra oltre 400 mila tonnellate di prodotti freschi all'anno, il doppio rispetto a oggi. Questo per avere per avere chiaro il quadro di quanto profonda e duratura nel tempo sia stata la crisi che ha investito questo comparto e, dunque, di quanto è necessario un aggiornamento sul piano normativo, sia in merito a misure di politica sociale, sia in termini di semplificazione che, lo voglio ricordare, è un obiettivo che come MoVimento 5 Stelle perseguiamo da sempre e rappresenta per il nostro Governo una vera bussola di orientamento per l'azione politica.

Il relatore, onorevole Viviani, ha appena esposto nel dettaglio il corposo testo in esame, illustrando il contenuto dei ventisette articoli di cui si compone. Tali articoli hanno un filo conduttore, coerentemente agli obiettivi che ci eravamo prefissati nei lavori di Commissione, che puntano a incentivare una gestione razionale e sostenibile, incrementare le risorse ittiche, sostenere le attività della pesca marittima professionale e dell'acquacoltura, assicurare un efficace sistema di relazioni tra lo Stato e le Regioni, garantire la piena coesione della politica in materia di pesca e acquacoltura; finalità queste contenute nell'articolo 1.

Azioni - quelle di riordino - di semplificazione e di politica sociale, che il settore chiede da anni e che finalmente questo Parlamento mette in campo attraverso il progetto legislativo in discussione. Penso alle agevolazioni all'accesso ai finanziamenti, penso all'istituzione del Fondo per lo sviluppo della filiera ittica che servirà a finanziare una serie di attività necessarie allo sviluppo del settore, dalla promozione alla ricerca scientifica, alla sicurezza dei luoghi di lavoro, alla salute del personale imbarcato, alla creazione di marchi e altro ancora. Penso inoltre alle misure previdenziali a tutela dei lavoratori del comparto, di sostegno al reddito, per garantire stabilità occupazionale e per maggiore garanzia e protezione; penso al grande passo in avanti rappresentato dall'estensione delle forme di integrazione salariale previste, per i lavoratori agricoli, dalla legge 8 agosto 1972; ai lavoratori imbarcati su navi per la pesca marittima e all'istituzione del Fondo pesca CISOA che, come MoVimento 5 Stelle, abbiamo fortemente voluto come strumento di sostegno al reddito.

Voglio ricordare altre due misure in particolare che sono presenti nel testo grazie a mie proposte emendative, accolte in Commissione, che rappresentano un elemento di novità e utilità. Mi riferisco alla possibilità che avranno gli esercenti di hotel, ristoranti, trattorie, pizzerie, bar e simili di fornire al consumatore un'informazione completa e trasparente sui prodotti della pesca e dell'acquacoltura distribuiti e somministrati, in base a quanto previsto dal regolamento Ue. Con l'articolo 13 introduciamo, quindi, misure di trasparenza per i prodotti ittici fino ad oggi inesistenti nel complesso del settore HoReCa, coerenti con la normativa comunitaria.

L'altra misura che voglio ricordare e che sappiamo essere una delle più attese dal comparto - lo diceva anche l'onorevole Viviani - riguarda l'articolo 19 e, in particolare, l'introduzione dei criteri per il riparto dell'incremento annuale della quota del tonno rosso assegnata all'Italia, come a tutti gli Stati membri interessati, dalle Istituzioni europee. È una misura che intende valorizzare, in coerenza con la normativa regolamentare europea, il contemperamento del principio della stabilità relativa, che sta alla base del riparto della quota fissa, con quello di equità, nell'intento sia di aumentare l'entità della quota indivisa, sia di coinvolgere anche i pescatori senza quote in progetti virtuosi sulla risorsa tonno rosso. È infatti prevista una primalità consistente nell'attribuzione di un quantitativo di quota, da determinarsi ad opera del MIPAF anno dopo anno, per azioni progettuali che intendono creare una filiera tutta italiana del tonno rosso. Questa prospettiva è particolarmente importante se si pensa che oggi la quasi totalità della risorsa pescata dagli operatori italiani viene esportata e, dunque, sottratta al mercato interno anche sotto il profilo della produzione di qualità e della valorizzazione del made in Italy. Credo che quest'ultima misura, come tutte le altre contenute nel provvedimento che stiamo esaminando, possano essere considerate come un volano per l'occupazione, soprattutto se inserite in una visione di filiera. Sicuramente esse saranno più forza al comparto della pesca e dell' acquacoltura per superare le difficoltà ed affrontare, con nuovi strumenti, le sfide che ha di fronte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Signora Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario L'Abbate, non potevo non partecipare a questa discussione generale che vede una riforma del settore della pesca professionale, proprio perché anche io, come il collega Cassese e come il sottosegretario, provengo da quel territorio della Puglia che vede la pesca come pilastro dell'economia locale. Ringrazio pertanto i relatori e le colleghe Ciaburro e Caretta di Fratelli d'Italia che hanno seguito l'iter del provvedimento in Commissione, in sede referente. Avremmo preferito tenere questo dibattito in un periodo di normalità, privo di crisi, visto che si parla di un'eccellenza italiana protagonista del nostro quotidiano e delle nostre tavole. Il settore ittico ha pagato duramente la crisi da COVID-19, anche a causa della chiusura, del tracollo di tutto il comparto HoReCa, ma anche per la riduzione delle esportazioni e per il cambio delle abitudini nei consumi nei cittadini; durante il periodo di lockdown, infatti, i canali preferiti sono stati quelli della grande distribuzione organizzata, a scapito - è chiaro - dei piccoli commercianti. Quindi, non solo il settore ha perso più del 50 per cento del proprio fatturato quest'anno, ma molti operatori hanno anche perso quote di mercato, con le varie attività che hanno dovuto rivolgersi a prodotti di importazione o, comunque, di più facile accesso con la grande distribuzione.

In un contesto di normalità i dati di cui dovremmo parlare in questa sede sarebbero ben altri, perché l'Italia è il secondo maggior produttore di pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero, con volumi che si attestano a circa 250 mila tonnellate di prodotto ed un valore di oltre 750 milioni di euro. Il giro di affari relativo alla pesca e all'acquacoltura ha un valore aggiunto di oltre un miliardo di euro sul PIL nazionale.

Nel corso degli anni gli italiani si sono confermati come secondi consumatori di prodotti ittici in tutta l'Unione europea, favorendo un peso molto importante del pescato, circa il 65 per cento rispetto ai prodotti di allevamento. Come è noto, l'Unione europea ha competenza esclusiva sulla pesca, motivo per cui qualunque atto normativo nazionale deve seguire a stretto giro i principi della politica comune della pesca in materia di gestione delle flotte di pescherecci europei e conservazione degli stock ittici; sono poi le disposizioni nazionali e regionali che vanno a regolare gli ambiti residuali. Ed è proprio nel solco delle competenze nazionali che si pone il testo in discussione oggi, volto al non facile compito di semplificare e di riordinare la normativa vigente nel settore ittico. Il quadro normativo sulla pesca infatti ha cominciato il proprio sviluppo a partire dagli anni Settanta e un primo tentativo di riordino e di aggiornamento della normativa vi è stato con il decreto legislativo n. 226 del 2001, che ha dettato disposizioni organiche per il settore della pesca e dell'acquacoltura, prevedendo, tra le altre cose, anche l'importante equiparazione tra imprenditore ittico e imprenditore agricolo. Poco dopo, si situa il decreto legislativo n. 4 del 2012, che ha nuovamente disciplinato l'attività di pesca e acquacoltura ed il relativo sistema sanzionatorio. In questo decreto legislativo troviamo definizioni come “pesca professionale e non professionale”, “acquacoltura”, “imprenditore ittico” e le relative attività collegate nel sistema sanzionatorio dell'intero comparto. Questo testo ricopre un'importanza particolare nel microcosmo normativo del settore ittico perché, in molte parti del suo articolato, ha mutuato definizioni e disposizioni di origine europea, che hanno via via trovato spazio nel nostro ordinamento. Il testo che ci accingiamo ad esaminare e a licenziare oggi peraltro tocca una materia sensibile come la tutela previdenziale ed assicurativa per i lavoratori del comparto ittico. Per i marittimi esistono unicamente due regimi previdenziali: il primo è quello dei pescatori e della pesca marittima, di cui alla legge n. 250 del 1958, ed il secondo è il regime previdenziale marittimo, di cui alla legge n. 413 del 1984. Ulteriore frammentazione normativa si ritrova anche sul fronte dell'assicurazione del settore della pesca, nonostante il DPR n. 1124 del 1965, il testo unico per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie, per intenderci, preveda l'obbligo assicurativo anche per gli addetti ai lavori della pesca. Alcuni aspetti di questo assetto normativo hanno trovato un'ulteriore definizione con il decreto legislativo n. 38 del 2000. Insomma, un quadro sicuramente frammentario, frutto indubbiamente di un modo di normare figlio dei suoi tempi e meno rispondente alle logiche per così dire moderne di semplificazione normativa, che invece muovono il testo oggi in esame. Nei suoi 27 articoli, infatti, oltre che a delegare il Governo a disporre il tanto agognato riordino del settore, vi sono sicuramente alcune disposizioni che meritano considerazione particolare. Queste sono senza dubbio l'articolo 9, che semplifica le disposizioni in materia di licenza di pesca, prevedendo che la tassa di concessione governativa sia dovuta ogni otto anni e l'articolo 11 che permette agli imprenditori ittici e agli acquacoltori di vendere direttamente ai consumatori i propri prodotti, creando nuove possibilità per il comparto che sta cercando spazio sul mercato, anche sull'autoconsumo e sulle filiere corte. Infine, una nota meritoria è parte dell'articolo 15, in materia di canoni per le concessioni demaniali per la pesca e per l'acquacoltura. Questa disposizione è sicuramente di grande interesse per le categorie perché prevede che alle concessioni di aree demaniali marittime, lacuali e fluviali e loro pertinenze, per attività legate ad acquacoltura e pesca, si applichi il canone ricognitorio previsto dal testo unico delle leggi sulla pesca, di cui al regio decreto n. 1604 del 1931. Secondariamente si prevede che alle concessioni di specchi acquei demaniali, rilasciate o rinnovate per le aree non occupate da strutture produttive, si applichi il canone annuo pari a un decimo di quanto previsto. Come è noto, il “decreto Agosto”, tra una fiducia e l'altra, ha innalzato a 2.500 euro i canoni per le concessioni demaniali, includendo anche quelli relativi al mondo della pesca, che prima oscillavano tra i 370 euro e i 500 euro. È inutile ricordare che, in assenza di questa disposizione, il comparto pesca, oltre ai danni da COVID-19, si sarebbe ritrovato a pagare fino a sette volte il canone a cui è stato sempre sottoposto. Vado quindi a concludere, Presidente, sostenendo che, nonostante siano stati rigettati alcuni emendamenti di natura prettamente tecnica, presentati da Fratelli d'Italia durante il dibattito in Commissione, riteniamo comunque che il testo presentato all'Aula sia adeguato a dotare il comparto ittico degli strumenti per tornare finalmente a crescere, a dare voce ai lavoratori del mare e a recuperare quelle quote di mercato, faticosamente costruite negli anni e perse con questa crisi pandemica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Spena, ma non è presente in Aula e si intende che vi abbia rinunciato. È iscritta a parlare la deputata Giuseppina Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Grazie, signora Presidente, Governo, onorevoli colleghi, anch'io, prima di addentrarmi nel merito del provvedimento, vorrei soffermarmi su un aspetto di metodo che ho trovato molto proficuo durante il mio lavoro in Commissione (tra l'altro ho avuto il piacere e l'onore di essere relatrice di questo provvedimento). Siamo di fronte a un lavoro ben fatto, a un bell'esempio di serietà, di competenza, di capacità di ascolto, non solo tra le varie forze dell'arco parlamentare, ma anche tra le istituzioni e la società civile, e questo è importante soprattutto in questa fase delicata della nostra storia. Il testo, da un lato, infatti, recupera, facendone tesoro, il lavoro di approfondimento svolto nella precedente legislatura alla Camera, che però era rimasto strozzato e non era approdato in una proposta di legge e, dall'altro, sintetizza i contenuti di tre proposte di legge, sottoscritte da membri della maggioranza e dell'opposizione. Insomma, ecco, io ritengo che siamo di fronte a un testo che è l'esempio della buona politica, che deve essere quella che guida alla contrapposizione all'antipolitica populista, che spesso, dietro i toni strillati e le aprioristiche divisioni, cela in realtà una miseria di contenuti. Ecco, noi pensiamo che, quando si guarda all'interesse del Paese, all'interesse concreto dei nostri cittadini, senza voler necessariamente far prevalere ideologie di partito, o farsi prendere dalla smania del tweet, siamo di fronte al perfetto funzionamento della nostra democrazia e del nostro processo legislativo. Questa per me, per noi, è la buona politica, quella che fa buone le istituzioni, molto prima del seppur necessario ingegno costituzionale. Adesso mi addentrerò brevemente nel merito perché i colleghi che mi hanno preceduto e ancora prima i relatori dello stesso provvedimento hanno già ampiamente dibattuto sulle varie norme che costituiscono l'articolato normativo di cui parliamo, che si propone comunque l'ambizioso obiettivo di operare il riordino e la semplificazione normativa nel settore ittico e di riformulare alcuni aspetti delle politiche sociali nel settore della pesca professionale, adeguando anche un po' il comparto a quelle scelte di competitività che sfidano la complessa fase di innovazione tecnologica, avvalendosi anche della ricerca scientifica per raggiungere gli ambiziosi obiettivi fissati dal Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura. Appare immediatamente agli occhi la volontà di questo provvedimento di coniugare le problematiche della tutela dell'ambiente con quelle della produttività, quindi dell'economia e dei lavoratori del comparto, il tutto in una logica che da sempre riteniamo doverci guidare nella nostra azione di legislatori, quindi parlamentare, che è la sburocratizzazione e la semplificazione. Ecco, io ritengo che sia fondamentale immaginare, quindi, da un lato, l'ambiente e lo sviluppo economico non come categorie antagoniste, ma come concetti sinergici per una sfida reale verso quello che è lo sviluppo sostenibile e quello che è l'ambientalismo sostenibile. Ecco perché dobbiamo imparare a maneggiare i concetti di ambiente e di sviluppo in una logica di integrazione e di ottimizzazione. Questo sforzo si dispiega nel provvedimento di cui stiamo discutendo in tre assi portanti: il primo sostiene e promuove la nascita di nuove imprese nell'acquacoltura e sostiene le attività della pesca marittima professionale; il secondo vuole incentivare la gestione razionale e sostenibile delle risorse ittiche, incrementandole; il terzo vuole garantire la piena coesione fra le politiche in materia di pesca legate all'acquacoltura in un sistema di governance multilivello, quindi costituito dallo Stato, dalle regioni e dall'Unione europea. L'obiettivo del sostegno e della promozione dell'attività di acquacoltura e pesca viene innanzitutto perseguito attraverso una semplificazione normativa e burocratica, affidata al Governo mediante lo strumento della delega legislativa.

Mi preme segnalare che l'adozione di un tasto unico con tutte le norme vigenti, che quindi vuole sfrondare il troppo e il vago, è veramente lo strumento più utile per raggiungere l'obiettivo, quindi poche regole semplici e chiare, estendendo chiaramente le misure recate da questa legge con riguardo alla tutela dell'ambiente acquatico anche alle acque interne. Si prevede quindi che deve essere semplificato l'accesso ai finanziamenti, che devono essere semplificati i procedimenti amministrativi, creando un'interfaccia anche attraverso l'istituzione, come è stato già detto, dello sportello unico della pesca presso le capitanerie di porto, ma si prevede anche che debba essere assecondato il ricambio generazionale e favorita anche l'occupazione femminile e in genere migliorate le condizioni di lavoro degli operatori del comparto. Segnalo poi l'istituzione del fondo pesca CISOA, come è stato anche già detto, all'interno della Cassa per l'integrazione dei salari degli operatori dipendenti dalle imprese agricole che assolve sia la funzione di garanzia e di sostegno dei lavoratori del comparto della pesca professionale, ma anche, per le somme residue, di sostegno dell'ecosistema marino. Mi piace sottolineare anche l'istituzione, a partire dal 2021, del Fondo per lo sviluppo della filiera ittica, destinato quindi a finanziare una serie di interventi che mettono in relazione la filiera ittica e i settori industriali ecosostenibili, in un'ottica di economia circolare, oltre ai progetti volti alla tutela, allo sviluppo, all'incremento sostenibile delle risorse ittiche autoctone, alla salvaguardia dell'habitat marino e in particolare alla salvaguardia della biodiversità e della raccolta dei rifiuti in mare durante l'attività di pesca. È stato già detto anche questo, lo ribadisco velocemente, sono state estese, per i lavoratori del comparto delle acque interne, le indennità già previste per i marittimi, al fine di garantire un sostegno al reddito per i dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca. Ricordo brevemente, come è stato già fatto, l'articolo 19, che intende promuovere una filiera italiana di produzione del tonno rosso che, da una parte, vuole valorizzare la risorsa, ma anche favorire l'occupazione, la cooperazione e l'economia delle imprese. Segnalo anche la bontà della previsione normativa che preserva gli equilibri all'interno delle Commissioni di riserva delle aree marine protette che hanno l'obiettivo primario di tutelare l'ambiente marino e anche l'importanza della partecipazione - la voglio sottolineare - in sede consultiva delle associazioni rappresentative delle imprese di pesca, delle cooperative di pesca e delle imprese: è il risultato di un dibattito ampio, che ha visto coinvolgere sia le forze di maggioranza che quelle di opposizione e quindi ancora una volta ribadisco che siamo di fronte ad un ottimo lavoro parlamentare. Ecco, concludendo vorrei fare una considerazione più generale: sicuramente con questo provvedimento, con questo testo unico compiamo un grande passo in avanti, però è chiaro che c'è ancora molto da fare e io penso che l'appuntamento del Recovery Plan sia il più grande progetto ambizioso di rilancio dell'Italia ed è la sfida che ci troviamo ad affrontare adesso e che richiede un grande coraggio. E, come ha evidenziato anche Confindustria in un libro (“Il coraggio del futuro: Italia 2030-2050), è necessaria una politica di sviluppo per una ripresa economica orientata a lungo periodo, che deve essere quindi anche centralizzata intorno proprio a quella che chiamerei l'economia del mare. Questo deve essere considerato un comparto straordinario che genera ricchezza, occupazione e innovazione, insomma una leva formidabile per il rilancio del nostro Paese e che deve avere un ruolo strategico. Abbiamo 8.000 chilometri di coste, l'Italia ha la centralità del Mediterraneo, ha una storia e la straordinaria forza imprenditoriale delle imprese, direttamente o indirettamente coinvolte nel settore e che genera valore aggiunto per decine di migliaia di euro, rappresenta delle potenzialità uniche che possono garantirci un ruolo primario anche nel panorama europeo globale. Secondo il sesto rapporto sull'economia del mare, il valore aggiunto complessivo delle attività del settore marittimo del 2017 ammonta a 34,3 miliardi di euro, di cui l'86 per cento riguarda le attività produttive manifatturiere e terziarie e il restante 14 per cento attività istituzionali del comparto marittimo. L'importanza dunque dell'economia del mare non sta solo nella capacità di attivazione diretta e indiretta del sistema economico, ma anche nel ruolo strategico che essa ricopre nelle potenzialità di sviluppo della piattaforma logistica dell'Italia nel Mediterraneo.

Finora abbiamo concentrato le nostre attenzioni soprattutto sulle potenzialità di sviluppo che il trasporto marittimo e la logistica ad esso connessa potevano avere rispetto alla crescita economica e occupazionale, con i tentativi forse di utilizzare solo e sempre la leva della logistica portuale e retroportuale per attirare investimenti stranieri. Oggi, secondo me, è l'ora anche di uscire da questa logica un po' riduttiva e proiettarci verso una più incisiva politica di sviluppo, che necessita di una strategia integrata di competitività, fondata su tutte le opportunità industrializzate, terziarie, turistiche, ambientali, offerte proprio dalla valorizzazione della risorsa del mare. Ecco perché all'economia del mare, secondo me, così intesa, va dedicato un pacchetto importante di proposte chiare e semplici, concrete, per lo sviluppo competitivo del comparto. Il sistema portuale italiano ha prospettive uniche e deve innanzitutto assumere una visione unitaria della portualità nazionale e dell'intera potenzialità del settore marittimo. Quindi, è necessario secondo me puntare anche sulle infrastrutture materiali ed immateriali efficienti, sulle procedure amministrative chiare, certe e semplificate, come sta cercando di fare bene il nostro Governo, una funzionalità orientata all'utenza H24, la digitalizzazione dei processi e dei controlli, una politica di sviluppo produttivo basato sulla sostenibilità per tutte le tante attività industriali e di servizi che operano in questo comparto. Anche in questo ambito vi è la necessità di mettere mano ad una regolazione e ad una politica fiscale che possano valorizzare e promuovere questa attività. Ecco perché io ritengo che, fino ad ora, abbiamo fatto un buon lavoro anche per la valorizzazione del Mezzogiorno, inteso in questo contesto: è un'opportunità che abbiamo colto e che non andava sprecata e quindi complimenti a noi, a tutti i colleghi che hanno lavorato nelle Commissioni, e mi auguro che, con il dibattito che ci sarà in Aula, potrà ancora essere ulteriormente migliorata questa proposta di legge, che già è un ottimo punto di partenza.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Frailis, prego.

ANDREA FRAILIS (PD). Grazie, signora Presidente, gentili colleghe e colleghi, il provvedimento che esaminiamo nella giornata di oggi assume una grande importanza, principalmente per due motivi, uno di più squisita nota politica, perché è il frutto dell'unione di tre proposte di legge avanzate da forze di maggioranza e di opposizione e l'altro di più spiccato accento pratico, perché si pone l'obiettivo, sicuramente ambizioso ma non per questo meno realizzabile, di dare organica sistemazione e riordinare e semplificare la normativa che si occupa di un comparto, quello della pesca e dell'acquacoltura, di grande rilevanza per l'economia del nostro Paese. E ciò, non soltanto perché, come rileva la risoluzione per una “crescita blu” adottata dal Parlamento europeo nel luglio del 2013, dalla pesca deriva una parte consistente dell'approvvigionamento alimentare dell'Unione europea. Come abbiamo visto, si tratta di un testo unificato, emendato in Commissione anche con modifiche importanti, alcune delle quali proposte dal nostro gruppo del PD, che sono sicuramente servite a migliorare il testo, come quella che ha integrato l'articolo 2 del provvedimento, che favorisce l'occupazione delle donne a bordo delle imbarcazioni da pesca. Il provvedimento che esaminiamo oggi delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore, decreti che provvedano a raccogliere in un testo unico tutte le norme in materia di pesca e di acquacoltura. Un comparto, quello ittico, che necessita oggi più che mai di un intervento regolatore, perché si trova in un evidente stato di sofferenza, particolarmente in questo tempo di pandemia che, a causa del fermo, ha provocato una serie di conseguenze negative per gli operatori del settore: se le barche non escono in mare, la prima conseguenza è quella della mancanza del reddito, che si ripercuote sugli operatori e le loro famiglie; ma è anche di tutta evidenza che, se la comunità in genere soffre di una rilevante decurtazione di reddito, soffrono anche tutti i servizi collegati, così che a soffrire saranno anche i ristoratori, che non avranno più bisogno purtroppo dell'approvvigionamento di pesci e altri prodotti ittici, ma anche di altre attività legate alla distribuzione degli stessi prodotti. Le famiglie italiane, al momento dell'acquisto di prodotti della pesca, si orientano sempre di meno verso i prodotti freschi, preferendo quelli surgelati e a lunga scadenza, questo anche in funzione delle scelte nel settore della grande distribuzione, che sembra aver adottato in prevalenza un atteggiamento di chiusura nei confronti del prodotto fresco.

Per far fronte alla caduta della domanda di prodotti ittici freschi, il mondo associazionistico sta promuovendo la vendita diretta presso i punti di sbarco, ma questa scelta finisce anche con il porre altri tipi di problemi, legati in particolar modo alla sicurezza dell'acquisto.

Come abbiamo visto, il lockdown ha favorito il consumo di prodotto surgelato che, in nove casi su dieci, arriva dall'estero. Il fermo pesca ha aumentato ulteriormente il rischio - il rischio è per gli italiani, ovviamente - di trovarsi nel piatto un pesce non pescato nei nostri mari; questo accade, purtroppo, in special modo nei ristoranti, dove il pescato viene servito già preparato.

La crisi legata al COVID-19, di fatto, ha già creato conseguenze negative nel settore della pesca e dell'acquacoltura, oltre che un grave stato di disorientamento. Sono sensibilmente diminuiti i posti di lavoro, le catture e la redditività delle imprese, in un settore che un recente rapporto del Censis segnala in una situazione di evidente svantaggio rispetto agli altri settori primari.

Secondo un'indagine delle principali organizzazioni professionali della categoria, il fermo determinato dal COVID-19 avrebbe già causato danni per 500 milioni di euro, la riduzione del fatturato, i ricavi della vendita dello sbarcato per decine di milioni di euro. La perdita complessiva in termini di profitto lordo, per la riduzione dell'attività del mese di marzo - quindi soltanto per il mese di marzo - è pari a circa 18 milioni di euro.

La proposta di legge che oggi esaminiamo contiene anche disposizioni per semplificare l'accesso ai finanziamenti, per favorire l'occupazione femminile, come abbiamo visto, a bordo delle imbarcazioni da pesca e per facilitare i procedimenti amministrativi, prevedendo, tra l'altro, l'istituzione di uno sportello unico della pesca presso le capitanerie di porto.

Nell'articolato contenuto in questa proposta unificata troviamo anche norme che prevedono che gli imprenditori ittici e gli acquacoltori possano vendere direttamente i prodotti e le proprie attività, ma anche tese a promuovere la cooperazione e l'associazionismo.

Un altro articolo di questo testo dispone che il Ministero disciplini l'eventuale incremento della quota di cattura del tonno rosso, assegnato all'Italia dall'Unione europea. Penso che questo provvedimento possa essere accolto con favore degli operatori ittici della mia Sardegna, in particolare quelli sulcitani. Vorrei anche ricordare che questo Governo si è occupato del settore della pesca con provvedimenti inseriti nei vari decreti varati per attenuare le conseguenze del COVID-19. Mi riferisco agli interventi del “Cura Italia”, che prevedono un fondo di 100 milioni di euro per l'anno in corso allo scopo di coprire le spese per gli interessi passivi sui finanziamenti bancari o per ristrutturare i debiti, oltre alla riprogrammazione delle risorse previste dal Programma operativo nazionale del Fondo europeo per gli affari marittimi e della pesca. Altri interventi sono contenuti nel “decreto Liquidità”, che, tra le altre, contiene norme per la semplificazione delle procedure di liquidazione degli aiuti alla pesca, oltre all'assegnazione di 100 milioni di euro per il 2020 per l'estensione alle garanzie rilasciate da Ismea in favore delle imprese agricole e degli interventi per le piccole e medie imprese. Nel “decreto Rilancio”, invece, sono stati previsti ulteriori 150 milioni di euro all'Ismea, sempre in relazione alla operatività delle garanzie che essa può prestare, oltre all'esonero per sei mesi dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per gli imprenditori del settore pesca.

Signor Presidente, colleghi, noi siamo del parere che questa legge sia in grado di dare risposte adeguate in tempi brevi alle istanze che provengono dal comparto della pesca e dell'acquacoltura, specie nella direzione di tutelare il lavoro di chi da quel comparto ottiene sostentamento per sé e per la sua famiglia. È intuibile che il settore non risolverà nel breve termine tutti i suoi problemi e che la recrudescenza della pandemia avrà ancora effetti negativi, ma noi confidiamo nel fatto che, anche nei nuovi provvedimenti che il Governo assumerà per fronteggiarli, potranno trovare ospitalità norme in grado di migliorare ulteriormente le condizioni di vita degli operatori e delle loro famiglie, magari già nella imminente prossima manovra finanziaria, perché un comparto ittico forte, moderno e organizzato serve all'Italia e al suo sviluppo, serve al futuro della sua gente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Spena. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, ci troviamo qui, oggi, di fronte ad un provvedimento che è il risultato di un iter iniziato nel 2013, arenatosi poi nel 2017 e, appunto, ripreso qui nella XVIII legislatura; poi ripreso nella primavera del 2019, approda finalmente in Aula, grazie alla determinazione della nostra Commissione, a partire dal presidente Gallinella e di tutti quanti i componenti della Commissione, che lo hanno affrontato con un percorso condiviso tra tutti quanti i gruppi. Tuttavia, il nostro gruppo, Forza Italia, che si è astenuto in Commissione, affida il proprio orientamento favorevole in Aula al recepimento, però, di alcuni emendamenti qualificanti. Rammento che nella scorsa legislatura Forza Italia aveva votato contro il provvedimento, dal quale poi è nato il testo che oggi stiamo esaminando, proprio perché non corrispondeva a quelle che erano le esigenze del settore.

La pesca è un settore semplice, a volte povero, e andrebbe regolamentato ancor di più con chiarezza e semplicità. Viceversa, soprattutto perché lo Stato italiano non è riuscito a garantire questo comparto rispetto alle regole dell'Unione europea, da anni è in corso una gestione vessatoria nei confronti dei lavoratori, degli armatori e delle imprese della pesca. Sono aumentati i costi, è aumentata la tecnologia di controllo, che invece di essere utilizzata come salvezza a salvaguardia del personale che lavora in mare viene utilizzata, invece, per perseguire le persone che lavorano in mare.

Dunque, ci sono in questo testo ovviamente cose buone, ma manca una visione d'insieme, quella visione che sarebbe necessaria, soprattutto in questo momento in cui le imprese di pesca sono prostrate da mesi di fermo, a causa della pandemia e dai ritardi ormai cronici dei pagamenti. Quanto al testo in esame, condividiamo le norme sulla semplificazione delle licenze di pesca, così come all'articolo 9, sull'esonero sia dell'imposta di bollo per la concessione di aiuti e prestiti, sia del canone RAI sui pescherecci.

Condividiamo anche l'articolo 15 sui canoni demaniali ricognitori, l'articolo 11 sulla vendita diretta e l'articolo 25 sull'esonero della fatturazione elettronica per la piccola pesca. Anche l'articolo 23, sulle intese di filiera, deve essere sicuramente prevalentemente considerato. L'articolo 15, in cui si prevede che gli esercizi di somministrazioni possano fornire al consumatore una informazione completa e trasparente sui prodotti della pesca e dell'acquacoltura somministrati, riprende una nostra proposta e un nostro emendamento.

Ci sono, però, delle parti che non ci soddisfano. Ricordo che i criteri della delega all'articolo 2 sono molto vaghi; a stento siamo riusciti ad introdurre con un nostro emendamento la proposta dello sportello unico della pesca, per il quale avremmo preferito invece una immediata attuazione e presenteremo, infatti, in tal senso, un emendamento, in sede chiaramente anche di manovra per il bilancio 2021.

L'articolo 6 su fondo filiera ha solo 3 milioni di euro l'anno, destinato, peraltro, ad obiettivi alquanto fumosi. Gli articoli 3 e 4 sono integrazioni salariali sull'inquadramento previdenziale dei marittimi operanti su imbarcazioni da pesca inferiori alle 10 tonnellate; sono attesi da tempo ma, presumibilmente, si sconteranno ancora una volta con problemi di copertura finanziaria.

Non è la prima volta, Presidente, sottosegretario, che quanto prodotto nella Commissione agricoltura poi si arena in Aula. È già accaduto con il provvedimento sulla semplificazione in agricoltura e, recentemente, con la proposta sul florovivaismo, che è stata stroncata dalla Ragioneria generale. Il motivo è sempre lo stesso, in quanto il Governo intende fare riforme a costo zero. Vedremo, Presidente, vedremo, sottosegretario e colleghi, cosa succederà in Aula nei prossimi giorni.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 1008-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della Commissione agricoltura, deputato Filippo Gallinella, che rinuncia. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Lorenzo Viviani, che rinuncia. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario L'Abbate, che rinuncia. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Meloni ed altri n. 1-00382 e Centemero ed altri n. 1-00383 concernenti il ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze nell'ambito del processo di vendita della società Borsa Italiana.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Meloni ed altri n. 1-00382 (Nuova formulazione) e Centemero ed altri n. 1-00383 (Nuova formulazione), concernenti il ruolo del Ministero dell'Economia e delle finanze nell'ambito del processo di vendita della società Borsa Italiana (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. È iscritto a parlare il deputato Federico Mollicone, che illustrerà anche la mozione n. 1-00382 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Prego, collega.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Onorevoli colleghi, signor Presidente, signori del Governo, Fratelli d'Italia ha da sempre, come stella polare, l'interesse nazionale dell'Italia stessa. La mozione che abbiamo presentato, a prima firma di Giorgia Meloni, impegna il Governo, alla luce della vicenda della vendita di Borsa italiana, ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a garantire la stabilità finanziaria dell'Italia e dei nostri titoli pubblici - evitando attacchi speculativi - e la sicurezza degli asset strategici, anche attraverso il corretto e tempestivo utilizzo delle norme sulla golden power.

Inoltre, il quadro del sistema finanziario nazionale e internazionale fa emergere un approccio assai discutibile dal punto di vista della trasparenza e della tutela degli asset finanziari e creditizi nazionali, che non sembra favorire di certo gli interessi di risparmiatori e di imprese.

Chiediamo, quindi, al Governo di adottare, con urgenza, iniziative, per quanto di competenza, nelle opportune sedi europee, al fine di dare al più presto soluzione alla questione delle sofferenze bancarie e dei crediti deteriorati – che rappresenta un dramma sociale e produttivo –, consentendo a cittadini e imprese il riscatto del proprio debito, anche al fine di scongiurare che finiscano preda degli usurai, come sta avvenendo, sostenendo altresì, per quanto di competenza, il flusso creditizio delle banche alle imprese, particolarmente importante nel difficile periodo per l'economia.

Occorre rilevare, colleghi, come, rispetto alla vendita di una società ritenuta strategica per l'interesse nazionale come Borsa Italiana, il Governo non abbia ritenuto in alcun modo di informare il Parlamento. Come ha scritto il giornalista economico Paolo Annoni, infatti, e citiamo letteralmente, “se la cessione della Borsa italiana fosse avvenuta tramite un'asta competitiva, con la partecipazione della Borsa svizzera e di quella tedesca, la valutazione sarebbe salita, pensate, a 5 miliardi di euro. Dovremmo quindi concludere, sempre ammesso che ci fossero dubbi, che la scelta di vendere a Euronext e non ad altri è tutta e solo politica. D'altronde, come potremmo anche solo immaginare che una decisione di questo tipo, per quanto subita dalle valutazioni London Stock Exchange, possa avvenire senza un accordo del Governo italiano o in modo ostile”: fin qui la citazione, quindi non è Fratelli d'Italia che lo dice. Questo non solo conferma l'interesse francese verso gli asset strategici italiani, ma anche i rischi di una loro permanenza in mani straniere.

Proviamo a ricostruire la futura vendita di Monte dei Paschi di Siena da parte del MEF: una tematica, questa, di vera e propria sicurezza nazionale, dato che rappresenta la quinta banca italiana per dimensioni. Il Sole 24 Ore, non Fratelli d'Italia, ha ipotizzato un'opera di moral suasion dello Stato per indirizzare MPS verso UniCredit, ma ora sembra emergere anche un crescente interesse della finanza francese, guarda caso, per l'acquisto della banca senese. I francesi sono particolarmente presenti nel settore creditizio italiano, colleghi: BNP Paribas controlla BNL, che risulta essere il settimo istituto per dimensione, mentre all'ottavo posto c'è proprio Crédit Agricole Italia, che ha il controllo di Cariparma, FriulAdria e Carispezia. BNP Paribas opera anche nel credito al consumo, con Findomestic, mentre il Crédit Agricole, con Agos Ducato. BNP Paribas detiene 143 miliardi di euro del nostro debito pubblico e Crédit Agricole 97 miliardi di euro. Il controllo di MPS sarebbe quindi strategico. Jean Pierre Mustier, AD di UniCredit, è francese. Pier Carlo Padoan, già Ministro dell'Economia sotto Renzi e Gentiloni, è stato recentemente cooptato nel consiglio di amministrazione e designato come futuro presidente: decisione avvenuta mentre all'interno dell'azienda è in corso il dibattito sull'ipotesi proprio della separazione dei rami italiano ed europeo di UniCredit, prevedendo per il secondo, guarda caso, la quotazione alla Borsa di Francoforte. Padoan è eletto nel collegio uninominale di Siena, stesso territorio di quella MPS cui l'ex Ministro consegnò 4 miliardi di euro per il suo salvataggio.

Vogliamo soffermarci su un aspetto chiave: la commistione tra istituzioni, politica e finanza, è un nodo da sciogliere per non compromettere il mandato popolare e la trasparenza del rapporto tra eletto ed elettore, con eventuali lesioni dell'articolo 67 della Costituzione italiana. Non vorremmo che si possa servire qualche interesse straniero al posto di quello italiano. A nostro avviso, la nomina di Padoan sembra preannunciare un futuro avvicinamento di UniCredit verso MPS: una notizia che, se unita a quella della creazione della subholding non quotata, dove far confluire gli asset italiani che sono soggetti alla volatilità dello spread, il famigerato spread, tornata a circolare proprio recentemente, desta non poca preoccupazione, colleghi.

L'eventuale acquisizione di MPS porterebbe a un eventuale rafforzamento della partnership con Mediobanca, che è anche advisor finanziario di MPS. Mediobanca, come sappiamo, è il terzo gruppo bancario italiano per la capitalizzazione, già oggi controllata per il 14 per cento dal capitale degli investitori istituzionali di origine francese; rappresenta oggi una preda ambita perché dà accesso al controllo di Generali, prima compagnia assicurativa italiana e terza in Europa, con ben 500 miliardi di euro di attività investite, di cui circa 60 miliardi in titoli del Tesoro italiani. Tutto questo, colleghi, dovrà essere soggetto all'autorizzazione della Banca centrale europea, ovvero della francese Lagarde.

Il Governo ha risposto a questa offensiva francese? Il “decreto Liquidità” ha esteso, vedete, il perimetro della golden power, inclusi acquisti di partecipazione del settore finanziario, quello creditizio e assicurativo, e a prescindere dal fatto che ciò avvenga a favore di un soggetto esterno all'Unione europea.

Il Copasir, non Fratelli d'Italia, ha definito apprezzabili ma insufficienti, letteralmente, le nuove norme, proprio per il timore di un ingresso scorretto da parte di un istituto bancario francese, o anche tedesco, nel nostro sistema finanziario, attraverso l'acquisto di quote azionarie decisive nell'ambito delle operazioni in corso.

Inoltre, grava sui risparmiatori italiani la possibilità che la BCE adotti una norma per disciplinare il trattamento dei crediti a rischio rimborso ma non ancora degradati, che, come detto dall'amministratore delegato di Mediobanca, Nagel, applicata nel post COVID è come una bomba atomica e determinerebbe “un disastro nel bilancio delle banche, non solo nostre”: un rischio per la stabilità del sistema bancario nazionale ed europeo, quindi.

Colleghi, ieri sera Conte ha illustrato le nuove misure, l'undicesimo DPCM. Col virus convivremo due anni, lo ha ricordato anche Meloni stamattina, sul Corriere della Sera. Siamo in un'endemia, come ha detto Pregliasco, direttore sanitario del Galeazzi di Milano? Per endemia, colleghi, secondo l'Istituto superiore di sanità si intende una malattia in cui l'agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato, ma uniformemente distribuito nel tempo.

Che ha fatto il Governo da luglio ad oggi? Paternali e scarichi di responsabilità. Se gli italiani ci aiutano si evitano misure drastiche, ha detto Domenico Arcuri. Dopo mesi persi a occuparsi di amenità come i banchi a rotelle e i monopattini, ora il Governo arranca nell'affrontare la seconda ondata. All'incompetenza si aggiunge la spocchia di voler fare da solo, da parte del Presidente Conte, rifiutando ogni collaborazione. Vedete, colleghi, le telefonate a tre minuti dalle conferenze stampa non significa collaborare, significa prendere in giro l'opposizione. Le risorse stanziate dal Governo ancora non sono operative, sono stati adottati solo 68 decreti attuativi su 252: fonte Openpolis, non certo Fratelli d'Italia. L'entità delle restrizioni decisa dal Governo stride con il mancato potenziamento dei servizi territoriali volti al tracciamento, e delle terapie intensive, nonostante le risorse già assegnate. La capacità di testing and tracing, come vi piace chiamarle, è inadeguata rispetto alla crescita dei nuovi casi, sia perché sarà distorta dalla sovrapposizione fra diagnosi di COVID-19 e influenza stagionale, come dicono quasi tutti i virologi, e, come dice un report della Fondazione GIMBE, Centro studi sui temi sanitari diretto dal dottor Cartabellotta, non sono note né la quantità dei tamponi che i singoli laboratori possono processare quotidianamente, né tanto meno informazioni quantitative sul personale impegnato sul territorio nel prelievo dei campioni. Inoltre, sono riscontrabili evidenti problemi organizzativi come le code ai drive-in e le attese. Secondo le ultime stime di Quotidiano Sanità, i posti letto in terapia intensiva sono 6.458, circa 1.250 in più rispetto a quelli precedenti la pandemia, ma molti di meno rispetto a quelli necessari. Con 100 miliardi di scostamento, colleghi e rappresentanti del Governo, l'aumento delle terapie intensive è ridicolo.

In Campania, ad esempio, il Governo ha inviato 231 ventilatori…

PRESIDENTE. Collega, mi scusi, le devo ricordare che stiamo parlando della mozione concernente Borsa Italiana.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Stiamo arrivando al punto, stiamo arrivando al punto. Certo, ma tutto torna, perché riguarda proprio la capacità di questo Governo di fare gli interessi nazionali e, quindi, anche dal punto di vista economico. E 167 per le sub-intensive; oggi risultano attivati 433 posti, ma dovrebbero essere invece 566. Un'attrezzatura completa per un posto in terapia intensiva ha un costo tra gli 80 e i 100 mila euro, tra letto, ventilatore, monitor e così via; il Governo ha fallito quando avrebbe potuto, con 100 miliardi di scostamento, votato anche dall'opposizione, triplicare le terapie intensive, unica vera tutela alla diffusione del virus. Giorgia Meloni, anche su questo, ha proposto con Fratelli d'Italia un piano semplice ed efficace, basato sull'analisi dei numeri. Vanno protetti i più fragili con assistenza domiciliare e alberghi a disposizione per chi va protetto; nelle scuole ci volevano termoscanner e strutture, abbiamo avuto i banchi a rotelle, per stessa ammissione di Arcuri, inadatti al distanziamento.

Retroscena giornalistici parlano dell'obbligatorietà dell'applicazione “Immuni” che è stata fallimentare sotto ogni punto di vista: non segnala i positivi e non garantisce nessuna certezza; un'eventuale proroga della possibilità di utilizzo della piattaforma oltre il termine indicato del 30 dicembre e la trasformazione da volontaria a obbligatoria sono scelte inaccettabili, su cui il Parlamento dovrà esprimersi. Il rischio è affidarsi a un determinismo digitale fuorviante e illusorio; si attribuiscono proprietà salvifiche all'innovazione e alla tecnologia mentre queste sono solo parti di una strategia che deve comprendere l'utilizzo massiccio di tamponi e lo screening della popolazione. Si rischia, colleghi, di scivolare verso l'autoritarismo digitale sul modello cinese; il Governo, ricordiamo, ha scelto in maniera discrezionale di chiudere tutto a marzo.

La narrazione del Coronavirus come mancata responsabilità dei cittadini è contraria alla realtà che vede il Governo fallimentare sotto ogni punto di vista. L'economia nazionale, già in caduta di almeno dieci punti di PIL, rischia la desertificazione. Che faranno i proprietari delle palestre costretti in una settimana a rimodulare le proprie attività? Che farà lo spettacolo, costretto a paletti numerici insostenibili? Noi proponiamo da sempre il criterio percentuale dei due terzi, ovviamente in sicurezza, un indirizzo approvato anche dal Governo nel nostro ordine del giorno. Che farà la ristorazione, che faranno gli impianti sportivi? Questi sono gli interrogativi sulla gestione economica del Governo che riguarda, ovviamente, l'interesse nazionale e che riguarda, ovviamente, anche il perimetro di questa mozione, presentata da Fratelli d'Italia e da Giorgia Meloni. Esiste un rischio tracollo per tanti settori produttivi e il Governo annuncia “ristori”, gli stessi che nella prima fase sono arrivati tardivi o non sono mai arrivati.

Onorevoli colleghi, l'Italia non può vedersi depauperata di capisaldi strategici in favore di attori che perseguono interessi diversi da quelli nazionali, proprio in un momento così difficile. A dicembre 2019, il 33 per cento del debito italiano era in mano a soggetti stranieri e dice UniCredit che il primo Paese investitore, guarda caso, è la Francia, al 21 per cento, tramite proprio i propri istituti di credito. Non vorremmo che in cambio del supporto per la linea italiana sul Recovery Fund - come vedete, Presidente e rappresentante del Governo, faceva parte del ragionamento e del perimetro della mozione - Macron abbia presentato una sorta di lista della spesa, prima MPS, quindi Mediobanca, quindi Generali; come ha detto anche Giorgia Meloni in quest'Aula qualche giorno fa, avete aiutato i francesi ad arrivare all'obiettivo storico di avere il controllo sulla Borsa di Milano, a controllare l'economia e le informazioni sulle nostre imprese, che sono il preludio alle offensive che la Francia prepara al nostro sistema bancario, a partire da Mediobanca fino ad Assicurazioni Generali. Quanto è lunga la lista della spesa di Macron? Cos'altro ci siamo impegnati a svendere, colleghi della maggioranza e del Governo? Il Governo mostri la schiena dritta e attivi prima possibile le norme sul golden power, difendendo l'Italia e i risparmiatori italiani. Vedete, la Francia è contraria agli interessi italiani in Libia; la Francia è contraria agli interessi italiani sull'immigrazione; la Francia applica forme di neocolonialismo, come con il franco CFA, alle nazioni africane, speculandoci duramente sopra; la Francia ha atteggiamenti predatori nei confronti dei nostri asset strategici; Parigi tenta di conquistare alcuni snodi cruciali dell'economia italiana. Alla Francia, colleghi, è concesso tutto, mentre non riusciamo nemmeno a chiedere alla Libia di riconsegnare i pescatori italiani rapiti.

Il Governo ci deve dire se fa gli interessi nazionali o quelli di qualche potenza straniera, se è a favore dell'Italia o di altre potenze. Colleghi, Clausewitz scriveva che ci si può riprendere dalle più devastanti sconfitte, ma se un popolo o, meglio, la sua classe dirigente decide di lasciare il palcoscenico della politica internazionale e della storia difficilmente potrà tornare a calcarlo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Laura Cavandoli, che illustrerà anche la mozione Centemero ed altri n. 1-00383 (Nuova formulazione) di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

LAURA CAVANDOLI (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il mio intervento, oggi, è per portare all'attenzione di quest'Aula parlamentare una vicenda molto importante per la nostra economia e per tutte le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che, finora, non ha avuto alcun riscontro in quest'Aula e, nemmeno, in quella del Senato. Del resto, non è una novità che questo Governo eviti il confronto parlamentare su operazioni che, evidentemente, vuole tenere riservate e su temi, soprattutto economici, che non trovano piena concordia nella maggioranza.

Oggi, e proprio oggi, non posso non pensare al dibattito sull'utilizzo del MES, tema che da mesi riempie i giornali, ma che viene tenuto ben fuori da Montecitorio, se non per la risoluzione Brunetta, bocciata proprio martedì scorso. Eppure, giusto ieri, abbiamo tutti ascoltato con attenzione la conferenza stampa con le esternazioni del Presidente del Consiglio dei ministri che andavano ben oltre il contenuto di un nuovo DPCM, volto al condivisibile scopo di evitare un lockdown. E non potevamo non notare le parole del Premier sul MES, che qui ripeto nella loro sequenza un po' sgrammaticata: “Io ho detto senza pregiudizi ideologici che se avremmo avuto bisogno per un fabbisogno di cassa c'è anche il MES. Ma se questo non accade, prendere il MES per risolvere un dibattito pubblico non serve. Il MES non è una panacea. I soldi del MES sono dei prestiti, non possono finanziare spese aggiuntive, si possono coprire spese già fatte in cambio di un risparmio di interessi. Siccome li dobbiamo restituire vanno a incrementare il debito pubblico e, quindi, dovrò intervenire, se prendiamo i soldi del MES, con tasse, nuove tasse o tagli di spesa, perché il deficit, il debito pubblico dobbiamo tenerlo sotto controllo, quindi, il MES non è la panacea come viene rappresentato”. Così facendo, il Presidente Conte non ha fatto altro - utilizzando, insomma, quel termine “io” al singolare che un po' ci fa sobbalzare, ma lo abbiamo, diciamo, taciuto - che un'affermazione vera, concreta, esatta e ragionevole, come da oltre un anno noi del gruppo Lega continuiamo a dire: il MES è un debito, il cui rimborso implica nuove tasse, perché non può essere rinnovato a scadenza come accade per i BTP; non è conveniente, in termini finanziari, dato il livello dei tassi d'interesse e comporta un effetto stigma, insomma, fa percepire ai mercati che un Paese, il Paese che prende il MES, non ha prospettive di ripresa economica; infine, in ogni caso, serve per finanziare interventi già a bilancio e questo lo chiarisco anche per tutti quelli che considerano il MES come se fosse un vaccino o una cura risolutiva per il Coronavirus. Purtroppo, su questo dibattito sono stati persi mesi importanti e si è rinunciato ad aiutarci nella copertura degli interventi di sostegno economico, non emettendo pesantemente buoni statali in primavera.

Poi, e concludo il mio excursus e torno alla mozione sulla Borsa Italiana, ieri, il Presidente del Consiglio ha dimenticato di parlare dei porti aperti, ma sappiamo già come la pensa questo Governo immigrazionista che chiude in casa gli italiani piuttosto che, ovviamente, rinunciare ad accogliere tutti gli stranieri che approdano sulle nostre coste. La nostra mozione sul futuro di Borsa Italiana è stata presentata dal gruppo Lega, a prima firma del collega Centemero. Parto da quello che è Borsa Italiana: è una società che gestisce il mercato finanziario italiano, mercato che è nato nel 1808 come Borsa di Milano, la nona Borsa più antica del mondo ed è la sedicesima al mondo in termini di capitalizzazione. La società per azioni, quindi la Borsa Italiana Spa, è nata nel 1998 dalla privatizzazione dei mercati di borsa ed ha costruito un'infrastruttura che permette l'accesso ai capitali anche internazionali. Dal 23 giugno 2007, a seguito della fusione con la Borsa di Londra, appunto la London Stock Exchange, Borsa Italiana non è più italiana, ma è parte del London Stock Exchange Group, holding che controlla, o meglio controllava, il 100 per cento di Borsa Italiana Spa e il 100 per cento della Borsa londinese. Borsa italiana gestisce vari mercati azionari, MTA e AIM Italia fra i più noti, obbligazionari, i mercati ETP e poi i mercati dei derivati. Cosa succede? Succede che, forse nella prospettiva della Brexit, il London Stock Exchange Group, dopo avere più volte tentato la fusione con la Borsa tedesca, sempre bloccata per la normativa europea della concorrenza, ha mutato il suo ambito di riferimento e sta da tempo lavorando per un diverso core business, non più rivolto alla gestione proprio dei mercati borsistici, ma a quello della gestione dei dati di mercato, quelli del gruppo Refinitiv, l'ex divisione della Thomson Reuters da cui è nata come spin-off. Già durante i primi sei mesi del 2020 le trattative evidenziavano l'interessamento di LSE verso Refinitiv, che ci portava a pensare che sarebbe stata probabile e pressoché imminente la cessione del mercato dei titoli di Stato, quindi del mercato telematico dei titoli di Stato, MTS, e dell'intera Borsa Italiana. Nel frattempo, emergenza sanitaria e lockdown hanno colpito pesantemente la nostra economia. La discutibile e preoccupante gestione da parte del Governo della crisi economica ha visto, come è stato detto anche prima, l'erogazione sulla carta di notevoli bonus e incentivi, rifiutando quelle che erano le nostre proposte di un anno bianco fiscale, cioè di lasciare i soldi nelle tasche dei cittadini, nelle tasche delle imprese, che erano così libere di reinvestire nel mercato, nell'impresa o comunque sia di avere liquidità, e poi di aumentare le emissioni dei titoli di Stato, in modo da creare proprio quella liquidità che serviva allo Stato per perseguire una sua azione forse un po' più concreta e un po' più immediata a sostegno dell'economia. A fronte anche delle sollecitazioni da parte della Lega quale prima forza di opposizione, nel “decreto Liquidità”, agli articoli 15 e seguenti, si è proceduto a modificare temporaneamente, cioè fino al 31 dicembre 2020, la normativa del golden power statale, estendendone gli ambiti di applicazione a settori finora esclusi ed estendendo l'obbligo di notifica preventiva per operazioni realizzate da soggetti esteri UE ed extra UE. Sulla scadenza di questa norma, Presidente, mi permetto di richiamare l'attenzione del Governo, che faccia una riflessione, proprio perché il 31 dicembre si avvicina e il rischio di acquisizione delle nostre imprese per gli asset strategici della nazione resta alto.

Ovviamente, se questa è l'intenzione del Governo; quindi, se c'è questa intenzione, il Governo potrebbe valutare una proroga o comunque nuove disposizioni che impediscano che investitori esteri facciano shopping di settori strategici di interesse nazionale della nostra economia. È evidente che la crisi sanitaria non è conclusa e quella economica, purtroppo, dovrà durare ancora qualche anno. Ma torniamo a Borsa Italiana e al fatto che, durante l'audizione alla Camera sul “decreto Liquidità”, il presidente di Consob, Paolo Savona, rispondendo a una mia domanda, ha spiegato che, se il Governo e il Parlamento desiderano invocare il golden power su questo tema, possono farlo. Ora, dopo cinque mesi, a operazione avvenuta, possiamo confermare che al Parlamento non fu chiesto nulla; però Borsa Italiana è risultata molto attrattiva e contesa sul mercato, non solo per il valore proprio dell'infrastruttura telematica, l'infrastruttura comunque di scambio delle partecipazioni, ma anche perché è ovviamente depositaria di informazioni sulle imprese negoziali, di dati sensibili relativi ai titoli di Stato, non solo quelli italiani, ma anche di altri Paesi, nonché delle imprese quotate, delle migliaia di piccole e medie imprese che hanno seguito i programmi Elite di Borsa Italiana per un valore complessivo pari a oltre 3 miliardi di euro. Da qui l'auspicato intervento del Governo, che era titolare in base al “decreto Liquidità” del golden power, anche se l'Esecutivo, a quanto pare, ormai qualche mese è passato, non ha mai considerato una minaccia eventuali acquisizioni europee, francesi e tedesche in primis, dal momento che non ha utilizzato lo scudo nei confronti di acquirenti privati europei, ma è rimasto solo valido per i soggetti pubblici. A livello parlamentare - in senso ampio, si intende, quindi fuori da quest'Aula, ma sempre con riferimento all'organo parlamentare - va rilevato che il Copasir, fin dalla primavera scorsa, in pieno lockdown, ha predisposto un ciclo di audizioni di massimo livello, chiamando proprio gli operatori più ampi, Banca d'Italia, Borsa Italiana, amministratori di grandi banche, l'AISE, il ramo dei servizi segreti preposto alla sicurezza esterna, proprio per concentrare l'attenzione sui pericoli economici, sulla sicurezza economica e sulla possibile cessione di asset economici essenziali per la nostra economia e sicurezza, senza nascondere il timore di investimenti esteri, soprattutto francesi, anche per l'acquisizione di Borsa Italiana Spa.

In merito, il presidente del Copasir, collega Volpi, ha dichiarato di essere stato mosso dal chiaro intento di voler accertare se, nel breve e medio periodo, si intravedano azioni internazionali per il controllo proprietario di Borsa Italiana e se vi sia stata qualche complicità di istituti di credito nel sostenere finanziariamente quell'elenco di attori interessati all'aggressione dei nostri asset nazionali. E così, nel luglio scorso, fu chiaro da parte di LSE, London Stock Exchange Group, l'intento - dismissivo chiamiamolo - relativamente all'asset Borsa Italiana, e il presidente del Copasir non tacque, ma sollecitò reiteratamente l'intervento del Governo. Ritengo importante - dichiarò - che sia il nostro Paese a decidere il destino di Borsa Italiana, evitandone smembramenti e riacquisendone il controllo, potendone poi decidere alleanze e posizionamenti. Il Governo non consenta ad altri di decidere su piattaforme finanziarie essenziali agli interessi del Paese; qualsiasi indugio farebbe ricadere sul Governo elementi di grave responsabilità di inerzia rispetto ad una necessaria linea di consolidamento del sistema Paese in un momento in cui vi è la necessità di traguardare il futuro con la solidità di tutta la filiera economico-finanziaria, invitando pertanto il Governo a considerare immediate e improrogabili - era il luglio del 2020 - le valutazioni sugli strumenti utili da mettere in campo per intervenire in senso proattivo in questa vicenda. Proprio in relazione a quanto stava accadendo, sempre lontano dalle Aule parlamentari, noi del gruppo Lega in Commissione finanze non siamo stati fermi e nei primi giorni di agosto 2020 abbiamo depositato una risoluzione in VI Commissione proprio sulla messa in vendita di Borsa Italiana Spa, partendo dall'auspicio che bisognerebbe puntare a rendere Milano, e dunque l'Italia, un robusto hub finanziario per l'Europa e il Mediterraneo, considerata la posizione geopolitica ricoperta, e chiarendo che il Governo si impegni a tutelare in ogni sede e con ogni strumento di propria competenza l'asset strategico di Borsa Italiana, a porre in atto tutte le iniziative di competenza utili ad evitare decisioni o interferenze altrui nella gestione del mercato finanziario italiano, ad adottare le iniziative di competenza per impedire il rischio di frammentazioni di Borsa Italiana Spa, rafforzando al contempo il controllo di posizione. Anche qui nulla. Lunedì 14 settembre è scaduto il termine per la presentazione delle offerte di acquisto non vincolanti sulla totalità di Borsa italiana Spa. Hanno presentato offerte Euronext, in partnership con CDP Equity, quindi Cassa depositi e prestiti, e Intesa San Paolo, Deutsche Börse e gli svizzeri di SIX, la società che già gestisce le Borse di Madrid e Zurigo; quindi tutti interlocutori molto solidi. Ma, a fronte di queste offerte non vincolanti, il 9 ottobre scorso - si sono quindi intrattenute le varie trattative per riuscire a chiudere questa operazione - è stata data la notizia che la trattativa si è conclusa fra il London Stock Exchange Group, proprietario di Borsa Italiana, ed Euronext, che è una società mercato che raggruppa i destini ormai di sette Paesi europei, fra cui Parigi, Amsterdam, Bruxelles e adesso anche Milano.

Così è stata ufficializzata la cessione di Borsa Italiana Spa e dell'MTS, il mercato telematico dei titoli di Stato, su cui vengono scambiati sia i BTP che tutti gli altri titoli di Stato, a Euronext per un corrispettivo di 4 miliardi 325 milioni, più un ulteriore corrispettivo, ancora da definire, che dovrà essere calcolato in relazione alla generazione di cassa registrata da Borsa Italiana fino al perfezionamento dell'operazione, previsto nel primo semestre dell'anno prossimo, ma subordinato alla conclusione di un altro affare. Infatti, è stata pattuita la condizione che il London Stock Exchange Group perfezioni l'acquisto di Refinitiv dopo aver ottenuto l'autorizzazione della Commissione europea, sempre a scopo ovviamente anticoncentrazione e, quindi, ci sarà questa autorizzazione, se arriverà, ma è probabile che ci sia proprio perché terrà in considerazione il disinvestimento da parte di LSE verso Borsa Italiana e la sua partecipazione in MTS.

Vorrei sottolineare che London Stock Exchange acquistò Borsa italiana nel lontano 2007 per 1,6 miliardi di euro e fu capace di farla sviluppare, implementandola anche con nuovi mercati in un periodo economico non particolarmente positivo, però fu in grado, e dopo dodici anni è riuscita a recuperare ben due volte e mezzo l'investimento iniziale.

L'affare acquisto di Borsa Italiana da parte di Euronext ha modificato anche l'assetto societario di Euronext, che vede entrare nella sua compagine societaria per il 7,3 per cento CDP Equity, quindi Cassa depositi e prestiti che entra in Euronext nella stessa quota o in una quota comunque equivalente a quella del suo omologo francese, Caisse des dépôts et consignations, e per l'1,3 per cento in Intesa Sanpaolo, e anche qui, più o meno, siamo nella stessa quota della banca francese BNP Paribas.

In conclusione, a fronte di una partecipazione italiana del 10 per cento, Borsa Italiana passa da mani inglesi a mani francesi. Ma in tutti questi intricati accordi - condizionati, subordinati, abbiamo visto - viene da evidenziare anche che questa operazione porta a una modifica nel supervisory board di Euronext, perché due italiani entreranno a farne parte, e questo non può che farci venire in mente che forse alla base di questa operazione, non particolarmente brillante, comunque una partnership un po' particolare, potrebbero, però, esserci - ma sicuramente non sarà così - mire o ambizioni personali di qualcuno che, magari all'interno del Ministero, può ambire a ricoprire incarichi più o meno rappresentativi, ma comunque incarichi, poltrone, all'interno del board di Euronext.

Ciò che più di tutto ci preoccupa ora - diciamo a operazione completata - è la funzionalità di Borsa Italiana. Quello che deve continuare a funzionare, quello che è l'impegno che noi abbiamo messo in questa mozione è proprio che funzioni il mercato telematico dei titoli di Stato e lo sviluppo anche della piattaforma Elite. Ora, appunto, che l'annunciato deal di Borsa ha visto la luce, ci auguriamo che il gruppo faccia adeguati investimenti per far accrescere la nostra piazza con grande autonomia e che si attraggano nuovi investitori, al fine di far circolare la necessaria liquidità per le nostre imprese. Ecco, questo io ci tengo a sottolinearlo, perché se con la proprietà inglese - chiamiamola così - la nostra Borsa è cresciuta, ora che la titolarità diventa per il 90 per cento francese non vorremmo che si scatenasse una concorrenza tale che si voglia affossare la piazza di Milano e su questo credo che anche il Governo possa essere concorde.

Il fatto che LSE abbia venduto Borsa Italiana per acquisire Refinitiv deve farci riflettere su una tematica che ha sollevato anche il Presidente armeno Sarkissian alla Milano Finanza Digital Week, affermando che i dati sono il nuovo petrolio.

Come gruppo Lega, riteniamo imprescindibile che il riassetto di Borsa Italiana si traduca in una realtà in grado di perseguire gli obiettivi di ripartenza del nostro Paese e di attuare un piano di investimenti che garantisca crescita e sviluppo, nonché evitare il rischio di perdita di governance e di autonomia in un settore così strategico e funzionale proprio come quello del mercato dei capitali. Tale rischio determinerebbe un allontanamento degli emittenti, degli investitori e degli intermediari finanziari attivi nella Borsa italiana verso mercati alternativi, anche non soggetti a regolamentazione, e i medesimi intermediari finanziari si troverebbero nella necessità, a causa dell'aumento dei costi e la diminuzione dei ricavi dovuti alla minore liquidità del mercato regolamentato, di dedicare risorse inferiori alla ricerca azionaria sulle piccole e medie imprese, che, essendo attualmente garantita quasi in maniera esclusiva da intermediari finanziari italiani, rappresenta un elemento fondamentale per il successo di importanti innovazioni a favore degli investitori come i PIR alternativi e gli Eltif. Obiettivi primari dovranno essere la previsione di un'adeguata strategia di lungo termine nel settore dell'innovazione tecnologica, la garanzia della valorizzazione e della trasparenza presso gli investitori delle piccole e medie imprese nella ricerca azionaria. Ricordiamo che le piccole e medie imprese sono la vera spina dorsale della nostra economia nazionale. Inoltre, fra gli obiettivi primari deve esserci l'attuazione di un procedimento di semplificazione del processo di quotazione e lo sviluppo della piattaforma Elite. Occorre, inoltre, garantire, alla luce della situazione di grave indebitamento che caratterizza l'Italia, il rafforzamento del mercato telematico dei titoli di Stato, l'MTS, affinché continui a rappresentare un centro di eccellenza in grado di garantire e migliorare i servizi di monitoraggio e di cosiddetto price equity, fondamentale per un'efficiente gestione del debito pubblico, con l'obiettivo di aumentare la liquidità degli scambi e limitare la volatilità nei prezzi. Ci auguriamo, quindi, che nell'attuale momento storico, caratterizzato ancora di più - o, meglio, sempre di più - dal bisogno di lavoro e di investimenti, questo Governo metta in atto ogni strategia utile a un percorso di crescita e di sviluppo nazionale, non limitando le opportunità.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Zanichelli. Ne ha facoltà.

DAVIDE ZANICHELLI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, colleghe, la partita di Borsa Italiana nasce da lontano, sì, e non parlo del 2006-2007, quando venne venduta per 1,6 miliardi di euro. Tra l'altro, valendo oggi 4,3 miliardi, sicuramente è stato un enorme affare per chi ha comprato le quote e per chi l'ha rilevata. Si fa il calcolo di circa il 7 per cento annuo - anzi oltre, di più - che ha garantito Borsa Italiana come crescita in questi 14 anni. Quindi, io non so se gli azionisti di allora fecero un affare o, comunque, anche nel 2012 quando gli azionisti si liberarono delle quote che ebbero di London Stock Exchange. Di sicuro, però, London Stock Exchange ha fatto il suo interesse in questi anni, e lo dimostrano le centinaia di milioni di euro di utili che Borsa Italiana ha riconosciuto. Il MoVimento 5 Stelle di Borsa Italiana se n'è occupato: sì, perché finalmente se ne parla, e se ne parla anche in quest'Aula, però il tema Borsa Italiana, anche nel dibattito pubblico negli scorsi anni, non è stato così al centro dell'attenzione. Ora finalmente lo è, ma tengo anche a sottolineare il fatto che nell'estate 2019, quando arrivò la notizia che London Stock Exchange era intenzionata ad acquistare Refinitiv, il provider di dati finanziari di Thomson Reuters, con un'operazione di 27 miliardi di euro - 27 miliardi di euro -, a quel punto era chiaro - o perlomeno a noi del MoVimento 5 Stelle cominciava a essere chiaro - che il baricentro di interessi di London Stock Exchange si stava spostando sicuramente oltre oceano, verso l'Atlantico, ed è interesse nazionale del nostro Paese che Borsa Italiana abbia interessi e investimenti nel nostro Paese. In più, se il proprio business si sposta - come è stato anche detto - verso un interesse rispetto all'importanza dei dati, Borsa Italiana è qualcosa che va oltre i dati in sé, essendo la piazza finanziaria del nostro Paese.

E da questo punto di vista, direi che fummo fra i primi, in quel momento, anche perché era sempre l'estate del 2019 e ci fu un interesse della Borsa di Hong Kong verso, appunto, Borsa Italiana MTS, a chiedere anche il coinvolgimento in Commissione finanze e la convocazione delle Authority su Borsa Italiana. Non solo, continuammo ad occuparcene anche successivamente, quando con un'interpellanza - perché, a quel punto, volevamo sapere dal Governo quali intenzioni ci fossero state, l'interpellanza la n. 2-00644 del 2020, era febbraio - volevamo mettere un faro dal punto di vista dell'interesse nazionale su Borsa italiana; e, poi, anche più recentemente, con una risoluzione in Commissione del 3 agosto 2020. Perché di Borsa Italiana, noi, come MoVimento 5 Stelle, abbiamo sempre avuto ben chiaro che si trattasse di un asset strategico per il nostro Paese. I motivi che la rendono strategica, adesso, provo a riassumerli un attimo, però, sicuramente, il primo è perché la piazza finanziaria è l'anello di congiunzione fra imprese e capitale. Il capitale è quello del risparmio privato: in Italia ha un ammontare elevatissimo, tra l'altro è in crescita. In questi mesi in cui il Coronavirus sta stringendo la propensione agli investimenti degli italiani, il risparmio privato sta crescendo di circa il 7 per cento anno su anno, secondo i dati dell'Associazione bancaria italiana riferiti ad agosto 2020. Un risparmio privato che, adesso, ammonta a circa 1.650 miliardi: sono i soldi che i concittadini italiani hanno sui loro conti correnti. Ecco, Borsa Italiana, da questo punto di vista, è quell'anello di congiunzione che prende, tra virgolette o, comunque, offre ai risparmiatori italiani delle opportunità di investimento e le imprese italiane.

Ma ancor più, perché, se da un certo punto di vista, le grosse aziende è normale o, comunque, è ordinario che siano quotate, ora si apre, con l'innovazione tecnologica, un enorme potenziale per un elenco di piccole e medie imprese che si stanno affacciando sul mercato dei capitali, i mercati finanziari, e noi, in Italia, abbiamo tantissime, migliaia di medie imprese che si stanno per affacciare su questo tipo di mercato. Quindi, la prospettiva, da questo punto di vista, è enorme, specialmente per il nostro Paese, per questi due motivi: uno, il risparmio privato, che è notevole in Italia e, l'altro, l'enorme quantità di medie imprese italiane che si stanno per affacciare sul mercato finanziario. Ed è qui che con i segmenti principali che Borsa Italiana ha sviluppato negli ultimi anni - il segmento STAR, il mercato AIM e il programma ELITE -, con Confindustria, si sta cercando di far sì che sempre più medie imprese italiane arrivino a quotarsi, ad affacciarsi sul mercato dei capitali e, soprattutto, affacciarsi anche a un mercato internazionale di capitali. La seconda motivazione è la gestione del debito pubblico. Il nostro Paese ha un debito pubblico, in percentuale, che ha superato, a questo punto, soprattutto con il Coronavirus e con gli spostamenti di bilancio, il 120-130 per cento e anche oltre, e questo è dovuto alla gestione della pandemia Coronavirus: si parla di 2.500 miliardi di euro. Ecco perché, per il nostro Paese, la gestione del debito pubblico è strategica e Borsa Italiana fa anche questo: lo fa, ovviamente, con il contributo del partner tecnologico, SIA, un gigante tecnologico italiano, anche in questo caso recentemente oggetto di fusione con l'operatore Nexi; e SIA è il partner tecnologico di MTS e di Monte Titoli. Quindi, questi sono i due aspetti che, per quanto ci riguarda, rendono strategica Borsa Italiana per il nostro Paese. E in più, c'è anche il fatto di un ulteriore interesse pubblico, perché, in fin dei conti, non è il settore della piazza finanziaria un settore come un altro, dove c'è concorrenza o alternativa: la piazza quella è, ecco perché, a questo punto, anche come MoVimento 5 Stelle, abbiamo fortemente voluto che, all'interno di diversi decreti, fossero inseriti degli strumenti a disposizione del Governo, come il golden power, che era presente, prima, nel decreto sulla cybersecurity, poi, successivamente, aggiornato nel “decreto Liquidità” e, successivamente, nel “decreto Agosto”. Tra l'altro, anche in questo caso, grazie al MoVimento 5 Stelle, abbiamo fortemente voluto che la norma sul golden power per Borsa Italiana del “decreto Agosto” rimanesse presente e l'avremmo anche presentata come emendamento in discussione, qualora non ci fosse stato, e ne avremmo anche discusso in Parlamento. Fortunatamente, il golden power è rimasto e questo ha garantito al nostro Paese un jolly in più nella partita a carte che si è giocata su Borsa Italiana. Perché? Perché Borsa Italiana è quella piazza che se, a un certo punto, funziona bene, consente di mettere assieme il risparmio e le necessità di capitali delle imprese, ne giova tutto il Paese. E, allora, non è tanto quell'investimento, quella differenza di qualche decina di milioni di euro o centinaia, se, poi, la propria partita la gioca efficientemente, se l'ammontare di miliardi di euro detenuti nei conti correnti italiani hanno un'interessante opportunità d'investimento nelle nostre imprese. Allora, capite, parliamo di ordini di grandezza diversi e, da questo punto di vista, quindi, gli investimenti in Borsa Italiana diventano strategici per l'intero sistema Paese.

Arriviamo alla trattativa, perché sulla trattativa, è chiaro, con il senno di poi, si potrebbe dire la qualsiasi, è chiaro che col senno di poi ne son piene le fosse, quindi sarebbe stato meglio fare in un modo o fare in un altro. Senza dubbio, noi avevamo detto che, probabilmente, sarebbe stato meglio che l'Italia potesse giocare un ruolo da pivot rispetto alla trattativa, però, senza dubbio, il risultato è che siamo partiti da una situazione in cui Borsa Italiana era detenuta all'estero, l'azionariato italiano in London Stock Exchange era residuale - stiamo parlando di circa lo 0,3 per cento - e, adesso, invece, nella situazione attuale, Borsa Italiana è in una mano in cui c'è una chiara e forte lingua italiana nell'assetto finale. In più, non solo, c'è un'enorme sinergia tecnologica, perché, appunto, SIA-Nexi è partner tecnologici di tutta l'infrastruttura e, quindi, c'è un'infrastruttura decisamente italiana in questo consesso.

Infine, c'è anche un discorso che l'Italia, in Euronext, è alla pari della Francia, non un gradino di sotto, non un gradino di sopra, ma esattamente alla pari e Borsa Italiana, in questo contesto, è la piazza principale di tutta Euronext. Ed è chiaro che, se la soluzione finale fosse stata diversa, è difficile dire se sarebbe stato meglio o sarebbe stato peggio, ma, di sicuro, il peso italiano non sarebbe stato analogo. È sufficiente? No, perché, come dicevo, l'aspetto strategico di Borsa Italiana è quando, nei fatti, si riescono ad ottenere i risultati, la sinergia: e, allora, saremo veramente soddisfatti quando questa si creerà e si esprimerà nei fatti. E cosa intendo? Intendo che i risultati e, quindi, le commissioni degli intermediari, a questo punto, dovranno essere vantaggiose per noi italiani, dovranno essere più vantaggiose di prima; dovranno essere adeguati i livelli di investimento nel nostro Paese, e su quello vigileremo e su quello guarderemo. È chiaro, i presupposti ci sono e sono anche positivi, ma non è sufficiente l'assetto azionario di Euronext per garantirli, ma, sicuramente, sono dei presupposti ottimi. In più devono essere anche contenuti i costi per le nostre società per potersi quotare, perché, quando queste dovranno decidere su quale piazza quotarsi, beh, a me piacerebbe che le imprese italiane decidano e trovino conveniente Borsa Italiana nel contesto di Euronext per poterlo fare e, allora, a quel punto, avremmo fatto sì che le nostre imprese abbiano vantaggio nel quotarsi e nel trovare capitali in Italia. In più, quello che si deve anche realizzare, ovviamente, questo è il nostro auspicio e faremo sì che anche il Governo su questo lavori, in sinergia anche con la Francia, per far sì che le sinergie tecnologiche si possano esprimere, perché, se c'è un vantaggio in questa configurazione, è che ci sono diverse Borse che possono usufruire, ciascuna, dei vantaggi delle altre e noi, come italiani, in questa configurazione, sicuramente, abbiamo molto da offrire. Le sinergie che possono premiare l'Italia ci sono e, sicuramente, questa sarà una cosa che il nostro Governo dovrà portare avanti e far sì che, quindi, questa configurazione non sia un ottimo risultato raggiunto in sé e per sé, ma sia un risultato che, poi, si esprima nella gestione del debito e, in questo caso, ci sono numerose opportunità. Non parliamo solamente dei BTP, ci sono nuove frontiere, ci sono i “BTP verdi”, i “BTP salute”, che cerchiamo di spingere e di promuovere, ma ci sono anche le opportunità che si devono esprimere per le nostre imprese. E, quindi, rendere più facile e burocraticamente anche più semplice per le nostre imprese quotarsi, ecco, se questo avverrà, allora, la sfida di Borsa Italiana sarà vinta.

Questo, quindi, è stato sicuramente un tassello fondamentale, perché prima Borsa italiana era al di fuori della sfera nazionale; lo era dal 2006 e lo è stata fino al 2020. Ora, con quello che è successo con Euronext e con l'inserimento di CDP, ora Borsa italiana torna a parlare italiano, in un contesto in cui l'Italia è il primo player azionario. Ma non è finita qui; ora cominciano le cose concrete, ora comincia un percorso, un percorso che dovrà far sì che l'Italia sia al primo posto per investimenti, al primo posto per interesse e al primo posto per la governance di Borsa italiana: questa sarà la vera sfida.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Raffaele Topo. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TOPO (PD). Grazie Presidente, colleghi. Ringrazio i gruppi di Lega e di Fratelli d'Italia per aver proposto queste mozioni perché ci permettono di aprire un focus su un tema che, come ricordato anche dal collega del MoVimento 5 Stelle, è passato inosservato in questi momenti in cui si discute di emergenze ben più preoccupanti per il Paese. Un focus che deve essere preceduto da una riflessione minima sulla storia di Borsa italiana, che è nata con il decreto legislativo 23 luglio 1996 n. 415 di recepimento di una direttiva europea che ha introdotto la privatizzazione dei mercati borsistici europei. Una società che ha iniziato ad operare nel 1998 e che nel 2007, come è stato già detto, è stata fusa con la London Stock Exchange, quindi entrando in un gruppo londinese; anche allora gli analisti stimavano il valore della società in 1.100 milioni, poi il prezzo di mercato è stato un 1.600 milioni di euro; quindi, a proposito dei numeri che gli analisti spesso danno, c'è un precedente abbastanza clamoroso, con una differenza di valutazione molto ampia. Dopodiché, questa società si è occupata egregiamente in questi anni dell'attività di regolamentazione e gestione dei mercati, ha vigilato sul corretto svolgimento delle negoziazioni, si è occupata di diffondere l'educazione finanziaria - un altro tema cruciale - e si è occupata in particolare, a partire dal 1994, delle attività di gestione dei mercati obbligazionari (il MOT, il Mercato telematico delle obbligazioni e titoli di Stato). Quali sono oggi i dati e cosa è diventata Borsa italiana Spa? è diventata una società che ha raggiunto, nel 2019, 375 società quotate, una capitalizzazione, sempre al 2019, di 644 miliardi (che si è ridotta, per effetto di questa vicenda pandemica, di 116 miliardi in questo tempo); ha un risultato netto - e mi riferisco sempre all'approvazione del bilancio del 2019 - di 139 milioni di euro e ricavi per 182 milioni di euro. È diventata, dunque, una società con 327 dipendenti, un gruppo che in questi anni è cresciuto. L'investimento all'epoca - come detto prima - è stato un investimento - credo - giusto. Ora, la cessione avviene non per una scelta volontaria di LSE, ma avviene perché c'è stato un elemento nuovo, cioè l'acquisizione di Refinitiv Holdings, quindi un cambio di strategia della società proprietaria. In termini di concorrenza c'è stata la notifica alla Direzione generale competente della Commissione europea; naturalmente, c'è stata un'interlocuzione ed è stata aperta una investigazione sull'operazione di aggregazione in ragione del possibile impatto negativo in termini di concorrenza. Alla fine, l'esito di questa istruttoria è stato quello di cedere la società Borsa Italiana Spa perché era la condizione necessaria per perfezionare la scelta originaria di LSE. Dunque, questa scelta ha imposto al Governo e al Parlamento di affrontare un tema che, naturalmente, è una conseguenza di scelte della società proprietaria. Anche in questo caso la vendita è avvenuta con una valutazione della società che è pari a due volte e mezzo il valore originario. Parliamo di un soggetto che ha un gran potenziale e, quindi, l'interesse nazionale a tutelare questa grande struttura finanziaria è un interesse da sottolineare; è, dunque, un interesse di cui giustamente il Parlamento discute. Devo dire che anche le conclusioni rassegnate nelle risoluzioni della minoranza sono in parte condivisibili; forse possono anche essere riprese, se decidiamo di fare una mozione unitaria. Questa scelta, naturalmente, si compie a vantaggio di Euronext ma aveva due altri partner, uno dei quali è la Borsa tedesca, che come sapete ha una un valore ben più ampio, ben più importante di Euronext. In quella vicenda Borsa italiana avrebbe rappresentato il 10 per cento del gruppo combinato e avrebbe rappresentato una controllata senza alcuna influenza sul gruppo tedesco; ci sarebbe stato anche un rischio in materia di concorrenza, insomma, elementi da valutare.

Stesso tema per SIX; in questo caso un progetto di respiro europeo dovrebbe avere comunque dei partner all'interno dell'Unione europea stessa. C'erano obiezioni evidenti anche nei confronti degli altri concorrenti, quindi la scelta naturalmente la sindachiamo ex post. La mozione poteva anche essere presentata prima e il dibattito probabilmente avrebbe anticipato, valutazioni, opinioni e indirizzi. In questo caso, però, discutiamo di un fatto già accaduto ed è dunque opportuno concentrarsi sui termini della scelta fatta dalla società LSE e sul ruolo che svolgerà l'Italia nei prossimi anni. Come è stato detto prima, con questa aggregazione si crea la prima piazza di quotazione azionaria in Europa: 1.800 società quotate, 4.400 miliardi di euro di capitalizzazione di mercato.

Entra CDP, quindi un elemento non irrilevante. Un soggetto pubblico CDP Equity acquisisce il 7,3 per cento dell'azionariato, una percentuale corrispondente alla Cassa depositi e prestiti francese; quindi c'è un una prevalenza, c'è un'assoluta omogeneità di posizioni all'interno della del gruppo degli azionisti, ed entra anche Intesa San Paolo, che avrà l'1,3 per cento. Naturalmente - è stato detto - questo accordo prevede una revisione della governance. Ciò mi pare del tutto naturale e non credo che si possano non discutere le eventuali scelte da fare; è una opportunità per il Paese. In qualunque altro caso ci sarebbero state delle scelte da fare e delle persone da nominare, quindi non mi appunterei su questo elemento, altrimenti ogni volta che si fa una cosa in questo Paese si finisce sempre alle poltrone e diventa una barzelletta. Aggiungiamo che questa è una infrastruttura - come è stato ricordato nel comunicato che le aziende hanno fatto - dell'Unione dei mercati dei capitali in Europa che sosterrà le economie locali; quindi ci sarà una integrazione, c'è una grande opportunità da giocare, c'è il progetto richiamato, Elite, che servirà al nostro Paese per valorizzare un grande sistema di piccole e medie imprese, che deve essere canalizzato verso queste forme di finanziamento alternativo a quello del sistema bancario. I punti di forza, quindi, sono molto utili, molto significativi, incoraggiano un giudizio positivo sull'operazione, a partire dal fatto che Borsa Italiana diventerà il principale hub per la raccolta di capitale azionario per le 375 società quotate, che rappresentano più del 30 per cento del PIL nazionale. Naturalmente, vede la presenza di investitori solidi e diversificati, oltre 10 mila tra società e fondi di investimento globali attivi sul mercato. È inoltre impegnata nella attività di promozione delle aziende quotate, per favorire l'incontro con gli investitori internazionali, e si porrà un tema, cioè quello di ridurre i costi - come è stato ricordato - per quotarsi, ridurre i costi delle operazioni. Questo può funzionare se naturalmente la creazione di una grande società produce di per sé economie di scala, che si possano riflettere sulle aziende. Infine, c'è un'operazione fatta in sinergia con SIA, che sarà partner tecnologico di riferimento di Borsa Italiana fornendo a MTS e Monte Titoli servizi per il trading per il post trading. Quindi, l'operazione è un'operazione in linea con la missione che ha Cassa depositi e prestiti, quella di promozione e sviluppo delle infrastrutture strategiche italiane. In particolare, consente di rafforzare ulteriormente un settore chiave, quello delle infrastrutture dei servizi e della intermediazione finanziaria.

Aggiungiamo, in relazione anche ai rilievi formulati nella mozione di Fratelli d'Italia, che in questo frangente il Parlamento, con il decreto n. 104, ha ulteriormente rafforzato i poteri speciali e la cosiddetta golden power per permettere al Governo di svolgere un ruolo di controllo effettivo su tutte le attività che si stanno svolgendo, non solo quelle che riguardano Borsa italiana e questo è un elemento che assegna al Parlamento e al Governo uno strumento decisivo, che io penso si debba prorogare - ha ragione la collega della Lega - perché il 31/12 è un termine entro il quale non finirà questa emergenza, dunque i rischi collegati a questa pandemia. Non solo, ma c'è l'ingresso di un soggetto pubblico, che è la vera novità, che è un soggetto di alta qualificazione, che sta svolgendo un ruolo importante nel Paese ed in Europa. Mi pare un elemento importante da valutare per chi come noi difende l'interesse nazionale, ma difende, nell'interesse nazionale, anche aziende italiane pubbliche che stanno dando buona prova in questo momento. Quindi, io rinnovo il ringraziamento ai colleghi proponenti perché abbiamo avuto una possibilità, quella di riflettere su cosa è accaduto a Borsa italiana in questo ventennio, cosa è diventata questa società, come è finita questa operazione, con l'ingresso di un socio pubblico importante, al quale affidiamo tutte le attività di controllo, di crescita e di sviluppo di questo settore e naturalmente confidiamo nell'esercizio corretto dei poteri speciali, che rappresentano uno strumento necessario in questa fase complicata, nella parte originale, cioè per quelle altre previsioni, e anche dopo, per garantire che non ci siano azioni predatorie nei confronti delle aziende italiane, ma ci sia invece l'intervento del Governo per rafforzarle e per lavorare affinché il Paese riprenda il cammino, dopo questo brutto momento che stiamo vivendo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Si riserva di farlo successivamente.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Di Stasio ed altri: Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale (A.C. 2313-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 2313-A: Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 13 ottobre 2020 (Vedi l'allegato A della seduta del 13 ottobre 2020).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2313-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Pino Cabras.

PINO CABRAS, Relatore. Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, con il provvedimento al nostro esame, di notevole rilevanza per le relazioni internazionali dell'Italia, viene istituita una zona economica esclusiva al di fuori della fascia del mare territoriale italiano, nell'esercizio di una facoltà riconosciuta agli Stati dalla Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto internazionale del mare. Ricordo che la nozione di “mare territoriale” corrisponde alla fascia di mare adiacente alle coste, pari a un massimo di 12 miglia, su cui si estende in modo automatico la sovranità degli Stati, con due fondamentali limitazioni: il diritto di passaggio, cosiddetto inoffensivo, di navi straniere e il divieto di esercitare la giurisdizione penale in ordine a fatti avvenuti internamente a una nave straniera. La piattaforma continentale è individuata invece nella parte del suolo marino contigua alle coste, che costituisce un naturale prolungamento delle coste stesse, e che si mantiene a una profondità costante di circa 200 metri, per poi precipitare negli abissi. Si estende alla piattaforma continentale, che è esterna al mare territoriale, il diritto esclusivo di ogni Stato costiero di sfruttarne tutte le risorse. Alle nozioni di mare territoriale e di piattaforma continentale si aggiunge quella ulteriore di zona economica esclusiva, ZEE, di cui all'articolo 74, parte V, della Convenzione di Montego Bay, che può essere delimitata da Stati frontalieri o contigui in accordo tra di loro. La ZEE comporta il controllo esclusivo su tutte le risorse economiche, sia biologiche, sia minerali, per un'estensione massima di 200 miglia marine, un limite calcolato a partire dalla linea di base del mare territoriale. Nella ZEE tutti gli Stati costieri e privi di litorale hanno libertà di navigazione, di sorvolo, di posa in opera di cavi e condotte sottomarine e inoltre lo Stato titolare della ZEE può loro consentire di esercitare la pesca, qualora la propria capacità di sfruttamento sia inferiore al volume massimo di risorse ittiche sfruttabili (il total allowable catch), fissato dallo stesso Stato costiero e in forza di accordi bilaterali conclusi con i relativi Stati di appartenenza, tenuto conto in particolare della necessità degli Stati che non hanno sbocchi sul mare, i cosiddetti Stati landlocked, geograficamente svantaggiati. Nel bacino del Mediterraneo, dove la distanza tra le coste opposte è sempre inferiore alle 400 miglia, nell'esigenza di tutelare le risorse ittiche dal continuo depauperamento, messo in atto da flotte di pescherecci provenienti dall'estremo oriente, o di proteggere le coste dai rischi di inquinamento, molti Stati hanno già istituito da tempo delle ZEE o delle zone in cui esercitare parte dei diritti funzionali relativi alle ZEE, come la tutela dell'ambiente o delle risorse ittiche. Nel contesto di questi interessi fondamentali dell'Italia non è secondario il fatto che i posti di lavoro più strettamente correlati alla risorsa mare sono oltre 800 mila. L'Italia, dopo l'istituzione di zone economiche di protezione della pesca da parte di Algeria, Spagna, Croazia e Libia e dopo la proclamazione di una zona di protezione ecologica da parte francese, ha autorizzato, con la legge n. 61 del 2006, l'istituzione di zone di protezione ecologica, oltre il limite esterno del mare territoriale e fino ai limiti previsti da appositi accordi da raggiungere con gli Stati il cui territorio fronteggia quello italiano o è ad esso adiacente. Com'è noto, l'Algeria ha inteso istituire una propria ZEE il 20 marzo 2018, senza un preliminare accordo con gli Stati frontisti e confinanti, creando un'area sovrapposta, ad ovest della Sardegna, alla zona di protezione ecologica ZPE, istituita dal nostro Paese nel 2011 e con l'analoga ZEE istituita dalla Spagna nel 2013. Ne è derivato un contenzioso con Algeri, ben gestito dal Governo italiano, grazie alle ottime relazioni italo-algerine, che ha innalzato il livello di attenzione sul nostro patrimonio marittimo e, di riflesso, sulla nostra centralità mediterranea, sul piano sia geopolitico, sia commerciale. In questa prospettiva, l'approvazione della proposta di legge al nostro esame potrebbe consentire di chiarire definitivamente che qualsiasi accordo di delimitazione marittima comporta un do ut des reciproco, concessioni e scambi di aree di estensione limitata, in modo da raggiungere quel risultato equitativo auspicato dalla Convenzione sul diritto del mare. Sarà certo in capo al Governo la continuazione di un lavoro diplomatico e tecnico, che peraltro ha già iniziato da tempo, e tuttavia un atto che proviene dall'iniziativa del Parlamento rafforza l'intero ordinamento nella ridefinizione dello spazio geografico della nostra Repubblica, in un'epoca in cui i cambiamenti tecnologici hanno ampliato gli ordini di grandezza del raggio d'azione con cui le comunità umane possono modificare, perturbare o, al contrario, preservare l'elemento più esteso che ricopre la crosta terrestre. Quali saranno i vantaggi delle nuove norme? Innanzitutto, le imprese che lavorano nella nostra “economia blu”, pensiamo alla pesca, avranno una maggiore libertà di azione e quindi saranno facilitate nelle loro attività. Altro punto fondamentale è quello della gestione di alcune parti di mare che ci dividono da altri Paesi: bisogna evitare a tutti i costi che ci siano delle fughe in avanti da parte di alcuni Stati vicini, proprio per il controllo del mare, e la zona economica esclusiva è uno strumento prezioso per affermare la nostra sovranità. Infine, c'è il tema dell'ambiente marino: serve un preciso quadro giuridico per le azioni di tutela all'interno della nostra fetta di mare, per difendere questo tesoro e, allo stesso tempo, per regolamentare in maniera corretta la pesca. Il mare nostrum è un patrimonio che non deve esaurirsi ed è in questo senso responsabile affermare che resterà nostrum e dalle coste sarde continueremo a vedere paesaggi che rimarranno patrimonio dell'umanità. Il Mediterraneo è la nostra casa, da sempre è la nostra ricchezza, dobbiamo curarlo e custodirlo come un gioiello prezioso e questa proposta di legge aiuterà a farlo. Da questa base, più in generale, è auspicabile che si strutturino, in seno al Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, le competenze dedicate a condurre le trattative con gli altri Stati, applicando in modo coerente i principi di riferimento e avvalendosi della preziosa expertise tecnico-cartografica dell'Istituto idrografico della Marina. L'impegno che possiamo prendere qui è di fornire una base solida al negoziato per le sue implicazioni economiche e ambientali.

Siccome i trattati sono fatti per durare molto a lungo, una legge può prendere solennemente in carico gli elementi giuridici fondamentali di un equilibrio che appunto dovrà perdurare. Venendo ai contenuti della proposta di legge, l'articolo 1, al comma 1, autorizza l'istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale italiano; al comma 2 si prevede che tale zona sia istituita con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da notificare agli Stati il cui territorio è adiacente al territorio dell'Italia o lo fronteggia; sulla scorta del comma 3, i limiti esterni della ZEE verranno determinati sulla base di accordi con gli Stati, il cui territorio è adiacente a quello italiano o lo fronteggia. Nelle more della stipula di detti accordi, i limiti esterni della zona economica esclusiva sono definiti provvisoriamente in modo da non ostacolare o compromettere la conclusione dei summenzionati accordi; l'articolo 2 prevede che, all'interno della ZEE, l'Italia eserciti i propri diritti sovrani attribuiti dalle norme internazionali vigenti; infine, l'articolo 3 è dedicato ai diritti degli altri Stati all'interno della ZEE proclamata dall'Italia; in particolare, sono salvaguardati, in applicazione del diritto internazionale pattizio, l'esercizio della libertà di navigazione e di sorvolo, nonché di messa in opera di condotte e cavi sottomarini e gli altri diritti previsti dalle norme internazionali vigenti.

Nel dar conto che dall'attuazione della proposta di legge non deriverebbero nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, come emerge anche dalla relazione tecnica predisposta ai sensi della legge n. 196 del 2009, sottolineo che l'istituzione della ZEE potrà garantire al nostro Paese, nel pieno rispetto del diritto internazionale, il controllo esclusivo di una fetta di mare a tutela del settore della pesca e anche della tutela dell'ambiente marino, nonché per la sicurezza degli oltre 8 mila chilometri di coste italiane. Sono certo che il dibattito su questa importante proposta di legge, frutto dell'ottimo lavoro della collega Di Stasio, che è la prima firmataria, e di altri autorevoli colleghi, contribuirà a rafforzare la consapevolezza della centralità che la strategia marittima assume per una nuova proiezione internazionale del nostro Paese e per iniziative più mirate per la tutela dell'ambiente marino, del nostro patrimonio ittico e per la sicurezza delle nostre coste, in particolare a salvaguardia dei fondali della costa sarda dai rischi di uno sfruttamento eccessivo, come ha ben segnalato la Commissione cultura, nel suo parere.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di intervenire in una fase successiva.

È iscritta a parlare la deputata Maria Teresa Baldini. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BALDINI (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame è di particolare rilevanza, sia per l'Italia sia sul piano internazionale e reca l'istituzione di una zona esclusiva economica oltre il limite esterno del mare territoriale. Esso trae le basi giuridiche della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata e resa esecutiva dal nostro Paese con la legge 2 dicembre 1994, n. 689. In base a tale Convenzione ONU, si attribuisce agli Stati costieri il diritto di istituire una zona economica esclusiva, un fatto molto importante, che vede un ritardo molto forte dell'Italia, visto che la Convenzione ha già qualche decennio di vita. Comunque, finalmente ci siamo: il provvedimento all'esame è il frutto della modifica fatta in III Commissione, con la sottoscrizione dei gruppi di maggioranza. Il provvedimento ha l'obiettivo di definire la funzione degli accordi di delimitazione marittima e l'impegno dello Stato a far valere i propri interessi in tale ambito, a fronte della decisione unilaterale dell'Algeria di istituire una propria zona economica esclusiva, senza un preliminare accordo, con la creazione di un'area sovrapposta – sto parlando del 20 marzo 2018 – ad ovest della Sardegna, la zona di protezione ecologica ZPE, istituita dal nostro Paese nel 2011 e con l'analoga ZEE istituita dalla Spagna nel 2013.

Quindi, ritengo che la costituzione di una zona economica esclusiva da parte dell'Italia possa aiutare lo svolgimento del negoziato in corso con l'Algeria e tutelare meglio i nostri interessi nel Mediterraneo e ridefinire la ZEE algerina, anche in seguito alle proteste dell'Italia e all'accertata disponibilità algerina a un dialogo costruttivo. Infatti, si è già costituita una Commissione congiunta per giungere in tempi ragionevolmente brevi alla definizione di un Accordo di delimitazione territoriale.

Non entro nello specifico della Convenzione, ma voglio sottolineare che essa è tesa al superamento delle quattro Convenzioni adottate nella Conferenza di Ginevra del 29 aprile 1958, che coprivano le materie dell'alto mare, del mare territoriale e della zona ad esso contigua, della piattaforma continentale, della pesca e preservazione delle risorse biologiche marine, e questo in risposta ai mutamenti avvenuti nel quadro geopolitico globale. Pertanto, parliamo di un testo rilevante in materia di attuazione di disposizioni internazionali, con particolare riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che mira a istituire una zona economica esclusiva, con l'intento di superare le numerose criticità emerse in materia e volte a difendere maggiormente gli interessi dell'Italia in materia di limiti territoriali marini, e ci sarebbero dovute essere maggiore attenzione e convergenza, anche perché lo sfruttamento dei fondali marini può accendere pericolose conflittualità.

L'istituzione, da parte dell'Italia, di una zona economica esclusiva, in attuazione di quanto previsto dal diritto internazionale marittimo per gli Stati costieri, conferirà all'Italia una maggior forza e autorevolezza nel difendere il proprio spazio marittimo, soprattutto in riferimento ai negoziati in corso con l'Algeria, per i quali chiediamo al Governo un maggiore impegno e maggiore determinazione per una sua conclusione rapida ed equa.

Pertanto, in conseguenza, esprimo un orientamento positivo del gruppo parlamentare di Forza Italia e invito ad essere tutti uniti nel difendere i nostri interessi nel Mediterraneo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gennaro Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (IV). Grazie, signora Presidente. Il disegno di legge che stiamo esaminando è, come è stato detto dagli interventi che mi hanno preceduto, di notevole interesse per il nostro Paese ed è anche un elemento che va a colmare quella che, a mio giudizio, è stata una scelta prudenziale, ma che nel corso degli anni si è dimostrata non sufficientemente adeguata nella tutela degli interessi nazionali, che alla fine diciamo del secolo scorso fu assunta da parte del nostro Paese, non istituendo questa zona economica esclusiva. Infatti, nel corso di questi mesi evidenziamo ancora una volta la necessità di avere una tutela dei nostri interessi, sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista economico, nelle aree prospicienti le nostre acque territoriali, ed è questo l'elemento fondamentale che guida il Parlamento – e ringrazio i proponenti per averlo portato all'attenzione dell'Aula – nella definizione di un provvedimento che si allinea a provvedimenti di questa natura già adottati da altri Paesi.

È del tutto evidente che noi avanziamo questa proposta nella piena consapevolezza che la definizione di una zona economica esclusiva stabilisce, come è stato detto dal relatore, alcune prerogative che non possono andare in contraddizione con quelli che sono i caratteri della regolamentazione e della legislazione internazionale, però è anche evidente che questa scelta comporta una assunzione di responsabilità rispetto a determinate pratiche che vedono altri Paesi, di fatto, invadere e utilizzare in maniera massiva le risorse che sono in realtà più vicine al nostro territorio.

La nostra volontà di utilizzare questa zona economica esclusiva, anche ai fini di salvaguardare, poi, l'ambiente marino e le profondità del mare, sono, in realtà, degli elementi essenziali che ci guidano anche nella affermazione di un'esigenza così impellente.

Per questo motivo, io ritengo che la realizzazione di questa importante infrastruttura normativa possa dare un seguito efficace a quelli che sono altri interventi che il nostro Paese ha realizzato ai fini della tutela del patrimonio ambientale, come l'istituzione di alcuni parchi, sperando che questo possa poi procedere nella definizione di interventi che vedano la partnership con altri Paesi, con i quali confiniamo via mare.

Penso, per esempio, a ciò che potrebbe essere - e non è ancora stato - il parco marino delle Bocche di Bonifacio tra Francia e Italia. Il senso, quindi, di questa iniziativa va nella direzione di alimentare e di presidiare quegli interessi economici, ma - ripeto - anche di tutela ambientale, che caratterizzano la vocazione del nostro Paese. È un'attitudine che vogliamo mantenere ben salda.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Signora Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, la proposta di legge che siamo chiamati ad esaminare prevede l'istituzione di una zona economica esclusiva, oltre il limite esterno del mare territoriale. Come indicato nell'illustrazione del provvedimento, i presupposti giuridici per la costituzione delle ZEE risiedono nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, sottoscritta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata e resa esecutiva dal nostro Paese. Questa Convenzione venne stipulata con il fine di adeguare il diritto del mare all'esigenza di riconoscere l'interesse degli Stati costieri allo sfruttamento delle risorse marine, al di là delle acque territoriali e disciplinandone i poteri, salvaguardando il patrimonio ittico e l'ambiente marino. La Convenzione ha definito i diritti sovrani esercitabili sulla piattaforma continentale costituita dall'area sottomarina che si estende al di là delle acque territoriali sino alla distanza minima di 200 miglia e ha previsto la possibilità di rafforzare i diritti degli Stati costieri, prevedendo la possibilità di istituire, con una procedura di accordo tra Stati, le ZEE, in modo da raggiungere un'equa soluzione della disciplina degli interessi contrapposti degli Stati con coste adiacenti e opposte. La disciplina della ZEE, se istituita, prevede che lo Stato costiero, oltre ai diritti sovrani previsti per la piattaforma continentale, debba godere dell'esclusivo utilizzo del mare ai fini di altre attività economiche, tra cui principalmente la pesca, ma anche la produzione di energia pulita, a partire dall'acqua, dalle correnti marine e dai venti. Nel bacino Mediterraneo, dove la distanza tra le coste opposte è sempre inferiore a 400 miglia, a fronte dell'esigenza di tutelare le proprie risorse ittiche dal continuo impoverimento, molti Stati hanno già istituito da tempo queste zone economiche speciali. Ricordo, in particolare, il caso dell'Algeria, che ha istituito una propria ZEE, con decreto presidenziale del 20 marzo 2018 senza un preliminare accordo con gli Stati frontisti e confinanti, creando un'area sovrapposta. In particolare, la ZEE algerina lambisce per 70 miglia le acque territoriali italiane, a sud ovest della Sardegna. Lo ha ricordato anche il collega Deidda durante l'esame in Commissione esteri. Parliamo di una decisione contestata dall'Italia ed attualmente è in corso un negoziato, al fine di trovare una soluzione accettabile sui limiti esterni della zona economica esclusiva dell'Algeria e dello spazio marittimo dell'Italia. Entrando nel merito della proposta, come illustrata dal collega Cabras, vediamo che il primo dei tre articoli autorizza, in conformità a quanto previsto dalla citata Convenzione, l'istituzione di una ZEE oltre il limite esterno del mare territoriale italiano. Non capiamo il motivo del rigetto del nostro emendamento, a prima firma del collega Delmastro Delle Vedove, presentato in Commissione, che chiedeva di aggiungere, dopo il comma 1, che l'ampiezza della zona economica esclusiva italiana fosse pari a 200 miglia marine dalla linea di base. Nei casi in cui il rispetto di tale prescrizione risulti impossibile, il limite della zona economica esclusiva non può essere inferiore alla linea di equidistanza tra la costa italiana e quella dello Stato controparte. Abbiamo chiesto al relatore una revisione del parere contrario, proprio alla luce dell'esperienza maturata nel nostro Paese nei rapporti con l'Algeria, che con atto unilaterale ha esteso la propria zona economica esclusiva fino alle coste della Sardegna, rafforzando la propria posizione negoziale nelle trattative con l'Italia. Sarebbe quindi opportuno che anche l'Italia adottasse un'iniziativa analoga per affrontare i negoziati con gli altri Paesi da una posizione di maggiore forza, al fine di tutelare meglio i propri diritti di Stato sovrano e per preservare l'interesse nazionale. Prendiamo atto della rilevanza della proposta di legge in esame e di come l'istituzione della ZEE possa costituire un importante strumento funzionale per la tutela dell'ambiente marino e per la sicurezza delle nostre coste. Tuttavia, dobbiamo considerare la vostra mancata attenzione rispetto alle proposte dell'opposizione, finalizzate a tutelare gli interessi nazionali del Paese. Naturalmente, ci riserviamo di esprimere un parere al complesso della legge in sede di dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto. dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2313-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Pino Cabras, che rinuncia. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, che rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare il deputato Gennaro Migliore. Prego.

GENNARO MIGLIORE (IV). Grazie, signora Presidente. Vorrei ricordare in quest'Aula la scomparsa di Enzo Mari, il presidente della Triennale. Stefano Boeri lo ha ricordato, dicendo: te ne sei andato da gigante; ed Enzo Mari, in effetti, è stato uno dei più straordinari esponenti della cultura italiana. In particolare, un artista, un intellettuale che, soprattutto, verrà ricordato come designer, anche se a lui non piaceva essere definito così. Si tratta di una di quelle persone che hanno cambiato, con il proprio lavoro e con la propria opera di ingegno, la stessa quotidianità della nostra vita. È stato anche uno di quei fondatori, insieme a Mendini, a Munari, di quella straordinaria scuola di design - o “desaign”, come diceva lui - che ha fatto grandissima l'Italia in tutto il mondo. Non è un caso che il nostro Paese, quando parla di made in Italy, parla soprattutto di design e di moda. Sul design, la capacità di personalità come quella di Enzo Mari è stata quella di coniugare un'etica nella realizzazione del prodotto alla costruzione di un processo industriale che poteva essere alla portata di tutti. Per questo motivo, a Lea Vergine, che è la sua straordinaria moglie, e a tutte le persone che gli hanno voluto bene vorrei dare i sensi più commossi della nostra partecipazione e delle nostre condoglianze (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la deputata Laura Cavandoli. Ne ha facoltà.

LAURA CAVANDOLI (LEGA). Grazie, Presidente. Abbiamo visto ieri, durante la presentazione del DPCM da parte del Premier Conte, che l'emergenza sanitaria si sta sempre più ampliando. Il mio intervento di fine seduta riguarda proprio quelle che sono le terapie farmacologiche, e non solo, per i malati di SARS-CoV-2. Registriamo ancora un blocco da parte dell'Aifa, che ha sospeso l'autorizzazione nel trattamento dell'infezione da SARS-CoV-2; appunto, l'Aifa ha bloccato l'utilizzo dell'idrossiclorochina, che è l'unico farmaco anti-COVID-19 a basso costo. La sospensione deriva da uno studio pubblicato a maggio da una rivista internazionale, The Lancet, poi ritirato dieci giorni dopo. Nonostante ciò, l'Aifa non ha ancora cambiato idea. I risultati, che sono stati sperimentati negli ospedali di Piacenza, Pavia e al “Carlo Poma” di Mantova, dicono che un trattamento precoce con questo farmaco abbassa la mortalità dal 16 al 9 per cento. È una terapia breve, di soli sette giorni, quindi, poco costosa e che dà grosse probabilità di guarigione. Poi c'è l'altra terapia, che ha funzionato, che è stata sperimentata dal “Carlo Poma”, che è proprio la terapia con il plasma iperimmune. Anche qui, si è passati a una sperimentazione del protocollo presso l'azienda ospedaliera di Pisa. Lo stesso titolare della sperimentazione e del protocollo ha denunciato una battuta d'arresto per ritardi burocratici e amministrativi. Ecco, credo che su questo bisogna intervenire per dare una chance di guarigione a tutti gli ammalati del Coronavirus, che non si sta fermando (Appalusi del deputato Galantino).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 20 ottobre 2020 - Ore 11:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni .

La seduta termina alle 16,50.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: FILIPPO GALLINELLA (TESTO UNIFICATO - A.C. 1008-A)

FILIPPO GALLINELLA, Relatore. (Relazione - Testo unificato - A.C. 1008-A). Onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del testo unificato delle proposte di legge C. 1008, C. 1009 e C. 1636 che reca “Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. Delega al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore”.

Il provvedimento persegue l'obiettivo di fornire una risposta organica e concreta al settore della pesca, che assume una valenza strategica per l'economia del Paese, oltre a rappresentarne un forte elemento identitario. La filiera ittica, che costituisce, per numero di imprese, una parte importante della c.d blue economy, sta vivendo infatti negli ultimi anni una situazione di forte crisi, che si è ulteriormente accentuata a causa dell'epidemia da Covid-19 tuttora in corso.

In particolare, la flotta da pesca nazionale si è notevolmente ridotta nell'ultimo decennio, passando dagli oltre quattordicimila natanti alle poco più di dodicimila imbarcazioni di oggi, facendo registrare una contrazione complessiva di oltre il 16 per cento.

Nel medesimo periodo si è, inoltre, registrato un sensibile decremento delle catture, con un calo dei redditi e dell'incidenza dei costi di produzione per alcuni tipi di pesca, come quella a strascico, sino al sessanta per cento.

In questo quadro la Commissione XIII, grazie alla collaborazione tra tutte le forze politiche, è pervenuta all'approvazione, di un testo ampiamente condiviso, che reca misure di semplificazione, tutela del reddito, competitività e innovazione. Si tratta di un provvedimento fortemente atteso dai diversi attori del comparto ittico, che mette in campo interventi concreti per promuovere lo sviluppo delle imprese ittiche nazionali e ridare competitività all'asset strategico della pesca, in un'ottica di benessere e sostenibilità.

Prima di entrare nel merito dei contenuti del provvedimento, sui quali si soffermerà il collega Viviani, rilevo l'opportunità di riscostruire brevemente l'iter che ha portato alla approvazione del testo da parte della Commissione.

La Commissione XIII ha iniziato l'esame del provvedimento il 27 marzo 2019, avviando un articolato ciclo di audizioni, conclusosi nel giugno dello stesso anno. È stato, quindi, nominato un Comitato ristretto, che ha predisposto un testo unificato che la Commissione ha adottato come testo base per il seguito dell'esame. Su tale testo unificato la Commissione ha ritenuto opportuno svolgere un'ulteriore attività conoscitiva, dando luogo ad un nuovo ciclo di audizioni, con la partecipazione delle principali associazioni rappresentative del settore. L'esame del provvedimento, cui sono state apportate numerose modifiche in sede referente, si è concluso il 14 ottobre scorso, con il conferimento del mandato ai relatori a riferire favorevolmente in Assemblea, dopo che la Commissione Agricoltura ha ritenuto di dover recepire molti dei rilievi e delle osservazioni formulati dalle Commissioni di settore che si sono espresse in sede consultiva.

Il provvedimento, quindi, è stato oggetto di un lungo e intenso lavoro di approfondimento istruttorio, che si è protratto per più di un anno e che ha coinvolto, tra gli altri, i rappresentanti delle organizzazioni di categoria del comparto ittico, delle organizzazioni sindacali, del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera e degli enti di ricerca con competenza nella materia.

Ciò premesso, cederei la parola al collega Viviani, perché illustri i contenuti del provvedimento in esame.