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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 410 di venerdì 16 ottobre 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Comaroli, Giordano, Montaruli, Spadoni e Maria Tripodi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti e iniziative in merito allo stato chimico ed ecologico del fiume Chiese, in provincia di Brescia, e del lago di Garda - n. 2-00944)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Zolezzi ed altri n. 2-00944 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Zolezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie Presidente, grazie sottosegretario Morassut che è qui. Oggi provo a parlare appunto di due bacini idrici: il primo è quello del lago di Garda, il cosiddetto bacino Sarca-Garda-fiume Mincio e il secondo è il bacino del fiume Chiese, dove in qualche modo attualmente si è deciso di convogliare i reflui, gli effluenti della depurazione civile - parliamo, per essere chiari, anche di escrementi - dei comuni della sponda bresciana del lago di Garda verso il bacino del fiume Chiese.

Partendo dal bacino del lago di Garda, c'è da dire che parliamo del 40 per cento delle risorse idriche nazionali, parliamo di un bacino importantissimo. È stato studiato - a me risulta - l'ultima volta nel 2006, con lo studio Alplakes per capire quali erano le fonti ambientali di pressione. Queste fonti di pressione risultarono solo per il 17 per cento correlate alla depurazione civile, agli effluenti civili, in relazione ai nitrati; circa l'80 per cento era dovuto all'agrozootecnia. Adesso a me non risultano studi più recenti e credo che vadano eseguiti, per capire bene come gestire anche questo bacino, questa parte così preziosa, quasi metà dell'acqua dolce nazionale. Sicuramente in questo bacino, sul lago di Garda, sono stati individuati centinaia di scarichi industriali, di scarichi maggiori, alcuni assolutamente abusivi. Poi c'è la parte non abusiva che è quella delle abitazioni e della depurazione - la cosiddetta depurazione civile - che oggi è costituita dal depuratore sito nel comune di Peschiera, che poi ha lo scarico idrico appunto nel bacino dell'emissario, nel fiume Mincio, che passa anche per Mantova. Lo studio preliminare - che è stato fatto dopo una serie di altri studi e una serie anche di confronti importanti a livello territoriale e regionale - è lo studio “Analisi di siti alternativi per l'ubicazione dell'impianto di depurazione a servizio della sponda bresciana del lago di Garda, ai fini della presentazione della valutazione di impatto ambientale”. Questo studio è stato commissionato dal gestore di Acque Bresciane nel febbraio 2018 ed eseguito dall'Università di Brescia; il referente è il professor Giorgio Bertanza. Tale studio ha portato Acque Bresciane a presentare un'istanza all'ATO, all'autorità territoriale, per la modifica della pianificazione, spingendo per un nuovo impianto di depurazione per l'Alto Garda a Muscoline (o Gavardo) da 100 mila abitanti equivalenti e un nuovo schema per il basso lago, con ampliamento del depuratore di Montichiari. La particolarità è che sono entrambi su un altro bacino, non su quello Sarca-Garda-Mincio ma sul bacino del fiume Chiese-Idro-Oglio. Questo studio dell'Università di Brescia doveva inizialmente valutare 6 alternative progettuali, tenendo chiaramente in considerazione anche i costi, e ha utilizzato una metodologia piuttosto strana, non tanto a mio parere, ma a parere degli esperti che lo hanno valutato e hanno anche espresso il parere nello studio stesso. È una metodologia usata per la prima volta per confrontare queste sei alternative. In pratica, si è basata sull'attribuzione di punteggi alle sei alternative; però questi punteggi lasciano ampia discrezionalità ai redattori dello studio. In realtà, andrebbe eseguita una verifica dei risultati ottenuti. Bisognava utilizzare un metodo alternativo tra quelli consolidati in letteratura, quale l'analisi costi-benefici utilizzando le linee guida della Commissione europea, dando un punteggio diverso, per esempio, alla soluzione dell'ampliamento del depuratore di Peschiera che è stato penalizzato dai maggiori costi ma che, però, dà la maggior qualità ambientale. Non è stata poi applicata l'analisi DAP, la disponibilità a pagare, che poteva permettere di capire se i cittadini eventualmente fossero disponibili all'alternativa un pochino più costosa ma risparmiando e preservando il bacino del fiume Chiese, che ha già i suoi problemi. Poi è stato utilizzato il LIM, il parametro degli inquinanti del depuratore, e non indicatori sulla qualità delle acque in termini biologici e questo potrebbe essere riduttivo e potrebbe limitare l'analisi degli impatti ambientali.

Ho parlato prima dei costi: in realtà, questi costi di investimento per abitante equivalente sono ripresi da alcuni progetti preliminari e sono stimati; ma non si comprende assolutamente come siano stati stimati. Per cui, anche riguardo al fatto che costerebbe di più usare solo il depuratore del Peschiera o, eventualmente, fare dei depuratori direttamente sulla sponda bresciana, non si capisce se davvero costi di più. Io l'ho detto all'inizio: in realtà andrebbero analizzate quali sono oggi le fonti di pressione sul lago perché, secondo me, è nata una paura di avere uno scarico direttamente sul lago, come se il depuratore fosse chissà quale macchina. In realtà, adesso ci si sta dirigendo verso decine di chilometri di tubazioni che dalla sponda bresciana vanno nell'interno, vanno addirittura in salita con energia e pressione necessarie per pompare gli effluenti e per buttarli, tra l'altro, su un bacino comunque già impattato.

Credo, quindi, che ci sarà ancora molto da discutere, anche perché appunto per adesso si parla eventualmente di iniziare una VIA. In tutto questo, chiaramente con una competenza regionale e territoriale, dell'autorità territoriale ottimale, il Ministero si è detto disponibile a un tavolo di confronto sulla depurazione delle acque del Garda e, in data 2 settembre 2020, è emerso che la scelta di costruire questi depuratori a Montichiari e Gavardo in qualche modo poteva essere adeguata. Il recettore, il fiume Chiese, scelto per riversare questi effluenti, è stato considerato in qualche modo compatibile. È questa valutazione del recettore che mi risulta di competenza ministeriale. Varie associazioni ambientaliste, i comitati e i comuni di Gavardo e Montichiari hanno preparato un dossier importante sugli aspetti ambientali: il corso del Chiese è asciutto in alcuni tratti della stagione estiva, non è certo paragonabile al Mincio, dove adesso vanno buona parte degli effluenti, per capacità di diluizione (80-160 metri cubi al secondo il Mincio, contro 30-80 del Chiese): il Mincio riceve da 35 anni i reflui dei comuni gardesani, dopo la depurazione a Peschiera, senza particolari criticità. Poi è chiaro che queste criticità vanno eliminate, per esempio a Peschiera sono stati trattati rifiuti liquidi industriali da altri territori: questo non va più fatto, o comunque va fatto nella piena consapevolezza e nel pieno rispetto dei parametri. Tra l'altro in questo caso, io che parlo, che vivo a Mantova potrei dire: “fatelo dove volete - perfetto -, ma andate nel Chiese”, ma non è così, perché, se il corpo idrico del Mincio in qualche modo sta funzionando, è una cosa che va al limite migliorata, deve essere migliorato il depuratore di Peschiera, non è che devo pensare a spostare i reflui o al limite devo fare dei depuratori, un altro depuratore che scarichi al lago. Questi sono principi abbastanza logici, che l'Università di Brescia però, al momento, non ha valutato. Ci sono poi sul Chiese fenomeni di piena nei periodi piovosi, che sconsigliano aggiunte di reflui depurati di altra provenienza. Riguardo all'acqua del Chiese, perché d'estate c'è questo periodo di siccità? Probabilmente perché viene derivata, ci sono derivazioni idroelettriche e poi in parte finisce nei fossi, diluizione di abbondanti scarichi fognari, captazione per esempio per cartiere e per acciaierie. Il Chiese è un unicum a livello europeo, in termini di impatto. L'epidemia di legionella sierotipo 2, che è stata individuata in molti malati, è stata trovata nelle acque del fiume Chiese e nelle falde limitrofe, non nelle torri di raffreddamento, dove c'era eventualmente un altro sierotipo. Ci sono sversamenti da industrie e allevamenti, ci sono piccoli depuratori che non funzionano e sono in infrazione europea, ci sono le discariche di Montichiari. Sono stati trovati i PFAS, le sostanze perfluoroalchiliche, che hanno oltrepassato le soglie proprio a Montichiari: 40 episodi segnalati fra sversamenti, morie di pesci, abbandoni di rifiuti, solo tra gennaio 2019 e giugno 2020. Gli stessi dirigenti della prevenzione locale, la dottoressa Iacone, ha detto che parliamo di una situazione almeno particolare a livello ambientale, quindi è nota la situazione alle istituzioni. Non sono noti i dati epidemiologici puntuali, per esempio in merito alle malformazioni congenite a Montichiari e Gavardo e, quindi, non si sa bene come valutare anche la parte sanitaria di eventuali nuove pressioni. I dati comunali sono importanti perché vedono una pressione vicina, come per esempio la malformazione, che può essere data da una pressione vicina nel tempo e nello spazio.

Per cui, chiedo al sottosegretario, al Ministero, se intende fornire dati in merito allo stato chimico ed ecologico del fiume Chiese, che potrebbe diventare il recettore dei reflui della sponda Gardesana bresciana; se intenda chiarire la situazione della portata del fiume, anche in relazione a queste possibili speculazioni a fini di captazione, per ottenere incentivi per la produzione di energia idroelettrica e di eccessivo utilizzo a fini di depurazione industriale delle acque fluviali, e quali iniziative intenda mettere in campo per tutelare il bacino del fiume Chiese, già interessato da impressionanti pressioni ambientali e sanitarie, affinché sia eventualmente rivalutata l'iniziativa di portare reflui civili da altri bacini, rivalutata chiaramente nelle sedi competenti, che può essere la valutazione di impatto ambientale che sarà eseguita a livello locale; e se intenda promuovere un nuovo studio delle fonti di pressione del lago di Garda per valutare attuali pressioni antropiche sul lago e comprendere come migliorare lo stato ecologico e chimico del lago, la biodiversità e la fruizione sostenibile anche a fini turistici.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente, è una risposta complessa, quindi occorrerà un po' di tempo per leggerla, perché contiene numerose informazioni anche tecniche. Dunque, il 28 dicembre del 2017 è stato sottoscritto dal Ministero dell'Ambiente, dalla regione Veneto e dalla Lombardia il “Protocollo d'intesa finalizzato alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda”. È stata stipulata una convenzione operativa tra il Ministero dell'Ambiente, la Regione Veneto, la Regione Lombardia, l'ufficio d'ambito di Brescia, il consiglio di bacino veronese e l'associazione temporanea di scopo Garda Ambiente per dettagliare le procedure, le modalità di trasferimento delle risorse, il monitoraggio, il controllo e la rendicontazione degli interventi. Con tale convenzione operativa i firmatari si sono impegnati a garantire la realizzazione coordinata del programma operativo di infrastrutturazione delle opere di collettamento e depurazione relative al servizio idrico integrato, in modo da renderle adeguate alle necessità di un territorio a forte vocazione turistica e funzionali a garantire la sicurezza ambientale e la tutela quali-quantitativa del lago di Garda. Il valore della citata convenzione operativa è pari a complessivi 220 milioni, di cui 100 milioni stanziati dal Ministero dell'Ambiente, a valere sulle risorse dell'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016. Il progetto complessivo prevede che le suddette opere, per la sponda veronese del lago, verranno attuate per il tramite del consiglio di bacino veronese, mentre, per quanto attiene alla sponda bresciana, verranno attuate per il tramite dell'ufficio d'ambito di Brescia. Pertanto, il Ministero dell'Ambiente ha approvato i suddetti atti e impegni complessivi per 100 milioni, di cui 40 a favore del consiglio di bacino veronese e 60 a favore dell'ufficio d'ambito di Brescia. Per la sponda veronese, con deliberazione del comitato istituzionale, il consiglio di bacino veronese ha approvato il progetto definitivo “Interventi di riqualificazione del sistema di raccolta dei reflui nel bacino del lago di Garda - sponda veronese”, comuni di Malcesine, Brenzone sul Garda, Torri del Benaco, Garda, Bardolino, Lazise, Castelnuovo del Garda e Peschiera del Garda. Per le scelte progettuali sulle opere da realizzare nella sponda bresciana, in una prima ipotesi con impianto di depurazione terminale collocato a Visano, all'esito del confronto di alcuni scenari alternativi, operato da uno studio commissionato all'Università di Brescia, è stato redatto un progetto preliminare di fattibilità tecnica ed economica. La soluzione inizialmente presentata dall'ufficio d'ambito di Brescia, ossia la realizzazione del depuratore terminale a Visano, infatti, aveva evidenziato una serie di criticità tra cui la mancata disponibilità del sito per il depuratore. Inoltre, anche l'ipotizzato ampliamento del depuratore di Peschiera presentava diffuse e importanti criticità nella realizzazione del collettamento verso l'impianto di tutta la parte lombarda, nonché la necessità di acquisire un'area del demanio militare. Il gestore, pertanto, ha ritenuto di proporre l'ulteriore soluzione dei due depuratori a Gavardo e Montichiari che, come riferito dall'ATO di Brescia, è stata esaminata, valutata e portata alla approvazione del Consiglio di amministrazione. Nella seduta della Conferenza dei comuni, tenutasi il 23 ottobre 2018, veniva data comunicazione delle variazioni intervenute. Sempre secondo quanto riferito dall'ATO, il verbale è stato inviato a tutti i sindaci dei comuni interessati e non sono state sollevate questioni o richieste di rettifica dopo l'invio. Come emerso nel corso della cabina di regia del 9 ottobre 2018, in seguito alla valutazione da parte dell'ufficio d'ambito di Brescia delle alternative progettuali attraverso uno studio commissionato all'Università di Brescia, si è giunti poi alla diversa soluzione prospettata, che prevede, oltre all'adeguamento dell'esistente sistema di collettamento, la costruzione di un nuovo impianto di depurazione nel comune di Gavardo, a servizio dei comuni rivieraschi dell'alto lago, la realizzazione di un nuovo collettore tra Lonato e Montichiari e il potenziamento dell'attuale depuratore di Montichiari a servizio dei comuni bresciani del medio e basso lago, ad eccezione di Sirmione e Desenzano (collettati al Peschiera insieme ai comuni della sponda veronese). Questo scenario consentirebbe la dismissione in tempi brevi del collettore sublacuale, già al termine del primo stralcio realizzativo, ovvero il collettamento dell'alto Garda lombardo, al contrario della prima ipotesi del collettamento all'impianto di Visano, che avrebbe consentito tale dismissione solo al completamento di tutti i lavori. Questo nuovo scenario prevede, quindi, come recapito finale dell'effluente dal depuratore di Gavardo il fiume Chiese o il Naviglio Bresciano e, per quello che verrà costruito a Montichiari, il fiume Chiese. Lo scenario è stato ritenuto preferibile da parte degli enti proponenti, anche a seguito dell'analisi sui siti alternativi per l'ubicazione degli impianti di depurazione ai fini della VIA, documento obbligatorio della regione Lombardia, da allegare al progetto di fattibilità tecnico-economica. Tale valutazione integrata ha considerato aspetti impiantistici, economici, ambientali e vincolistici, aggiornando e integrando, rispetto al precedente studio preliminare del 2018, l'incidenza dei costi, stante il completamento del progetto, nonché quanto emerso circa lo stato di consistenza della condotta sublacuale a seguito dei riscontri e dei lavori di manutenzione straordinaria eseguiti nel frattempo.

Il Ministero dell'Ambiente, al fine di verificare le preoccupazioni emerse sulla realizzazione dell'opera in oggetto da parte delle popolazioni dei comuni afferenti la sponda bresciana lungo il fiume Chiese, lo scorso 20 febbraio, ha incontrato alcuni sindaci del bresciano.

Successivamente a tale incontro e a seguito della riunione della cabina di regia, è stato istituito, il 1° giugno 2020, un tavolo tecnico a latere della stessa cabina di regia. L'obiettivo del tavolo è stata la verifica dell'effetto ambientale della restituzione degli effluenti dei depuratori in progetto di Gavardo e Montichiari al fiume Chiese, e non il compito di verificare la correttezza della scelta comparativa effettuata sulla localizzazione dei depuratori, riservata all'ATO di Brescia, in ottemperanza alla normativa regionale vigente. Pertanto, in fase di istruttoria tecnica di quanto portato all'attenzione del tavolo, si è inteso verificare i possibili impatti ambientali delle opere di collettamento e depurazione della sponda bresciana sui corpi recettori, in particolare del fiume Chiese. A questo tavolo hanno partecipato, oltre i firmatari della Convenzione operativa del protocollo di intesa, l'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, l'ARPA Lombardia, il Consorzio di bonifica Chiese, il Consorzio di bonifica Garda Chiese, due rappresentanti designati dai comuni del bacino del fiume Chiese, nonché i sindaci dei comuni di Montichiari, Gavardo e Muscoline. Ad aprile scorso, poi, il Ministero ha, inoltre, richiesto informazioni all'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po sulle iniziative in corso, sugli aspetti ambientali che le nuove opere di collettamento e depurazione previste nella parte bresciana avranno sui corpi idrici recettori, nonché informazioni sugli scarichi abusivi presenti nel territorio.

L'Autorità ha evidenziato la necessità di realizzare soluzioni efficaci ed urgenti, in funzione di alcuni aspetti ambientali: primo, la precarietà dello stato in cui versano le condutture sublacuali dei due collettori; quindi, le procedure di infrazione comunitaria per un elevato numero di agglomerati della provincia di Brescia; ancora, la carenza quantitativa di acqua, soprattutto per uso irriguo, che si manifesta nel periodo estivo nel bacino del fiume Chiese, la quale potrebbe essere in parte compensata dalla progettazione di un nuovo impianto di depurazione e del riuso diretto e/o indiretto in agricoltura delle sue acque depurate, così come già previsto dal progetto e in linea con gli indirizzi strategici la Commissione europea.

Nel corso della seduta conclusiva del tavolo, tenutasi il 2 settembre, agli esiti di approfondimenti istruttori svolti dai tecnici ed esperti del Ministero, sulla base di tutta la documentazione agli atti, è emersa la compatibilità della soluzione dei depuratori a Gavardo e Montichiari per la sponda lombarda con il corpo idrico ricettore del Chiese. Dai contributi forniti, sono emerse, comunque, delle criticità sullo stato ambientale del Chiese, indipendenti dalla realizzazione dei depuratori, dovute sia alla forte pressione antropica, sia al considerevole l'utilizzo della risorsa ed alla necessità di dare adeguata sistemazione a tutti gli scarichi sul corso d'acqua nel tratto a valle del lago d'Idro e fino alla posizione prevista dell'impianto di Montichiari. Si è ritenuto, pertanto, necessario formulare, nel quadro della compatibilità del fiume Chiese a ricevere gli scarichi dei due depuratori in progetto, delle prescrizioni che sono state portate all'attenzione della cabina di regia del 23 settembre. In particolare, si è ritenuto che nello sviluppo progettuale, e nel conseguente iter procedurale, dovranno essere previsti una serie di interventi, che non leggo perché sono lunghissimi, quindi li potrà ritrovare nel testo scritto, c'è un lungo elenco di prescrizioni.

A queste analisi e soluzioni, i sindaci del bacino del Chiese hanno obiettato nuovamente riproponendo la possibilità di collettare i reflui della sponda bresciana sul depuratore di Peschiera del Garda con recapito finale nel fiume Mincio. Lo schema progettuale sarà, comunque, oggetto di analisi e osservazioni da parte di tutti gli enti interessati nel corso della Conferenza di servizi prevista nella procedura di VIA.

Si è, dunque, all'inizio di un percorso che prevede dei procedimenti autorizzatori all'interno dei quali potranno essere rappresentate e risolte ulteriori criticità.

Infine, si ricorda che il progetto viene presentato da un gestore pubblico.

Per quanto concerne lo stato chimico ed ecologico dei corpi recettori, l'ARPA ha fatto presente che i dati di monitoraggio di tutti i corpi idrici regionali sono pubblicati e aggiornati dall'Agenzia sul proprio sito. In questi mesi l'ARPA lombarda sta completando la classificazione dello stato chimico ed ecologico, che sarà tra l'altro utilizzata in occasione della prossima revisione del Piano di gestione del distretto idrografico padano. Il progetto di Piano, che sarà pubblicato per la consultazione pubblica entro dicembre, conterrà la classificazione aggiornata. La stessa ARPA Lombardia ha segnalato che, in relazione alla tutela quantitativa della risorsa idrica, in ottemperanza alla normativa, la Regione Lombardia ha in corso di definizione i fattori correttivi del deflusso minimo vitale. La successiva rideterminazione e applicazione del DMV mediante tali fattori correttivi costituirà attuazione del deflusso ecologico.

PRESIDENTE. Il deputato Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta che ha ricevuto.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Io ringrazio il sottosegretario, è una risposta importante, ci sono molti punti di soddisfazione. Intanto, credo che si sia chiarito una volta per tutte, anche per una serie di notizie comunicative non sempre corrette, chi ha fatto che cosa; la competenza della scelta di dove convogliare questi effluenti è stata dell'autorità territoriale, già nel 2018 erano state perfezionate queste scelte e nessun comune in quella fase si era opposto. Il Ministero ha dato la disponibilità a cercare di capire quali erano i dati e quali erano gli studi, però è chiaro che il Ministero non è competente per la scelta, ma eventualmente la competenza è per valutare l'adeguatezza di questi recettori, in particolare in questo caso il fiume Chiese; è un fiume misterioso, un fiume che sparisce, che d'estate non esiste, è chiaro che adesso noi ne abbiamo parlato qui oggi, ne stiamo parlando in questi mesi ed è importante parlarne perché forse si arriverà a qualcosa in più, a capire se è possibile derivare così tanto, forse bisognerà capire che c'è un discorso di impatto cumulativo. Un impatto cumulativo non è ancora normato, ma è un tema da affrontare perché, se no, si arriva al fatto che tante fonti di pressione rispettano ciascuna la normativa, ma poi, nel cumulo, si arriva a delle pressioni pazzesche.

Per quanto riguarda il lago di Garda, che insiste su tre regioni, probabilmente c'è da porre il tema della competenza, probabilmente è la competenza regionale che ha creato tutte queste lentezze e questi studi, secondo me opinabili, e non solo secondo me; forse la competenza sulla gestione del 40 per cento dell'acqua del bacino italiano andrà messa direttamente in capo al Ministero dell'ambiente, non solo per quello che riguarda il discorso del recettore.

Per quanto riguarda la realtà del Chiese, del bacino del Chiese, e poi verso l'Oglio, credo che sia stata una zona franca ambientale, nel senso che chi voleva inquinare finora l'ha fatta franca e l'epidemia di legionella ha un po' svegliato l'attenzione su quelle zone, su quel fiume che diventa una fossa settica. Se quella legionella - e poteva anche succedere - si fosse trasformata e fosse diventata contagiosa per via interumana, forse a Mantova e a Brescia non avremmo sentito parlare di Wuhan e del Coronavirus perché non ci saremmo neanche più stati, perché mille casi senza contagio interumano non è stato poco. Poi ci fu un'epidemia di meningite a Bergamo, adesso un nuovo Coronavirus in Lombardia, sono realtà che devono interrogarsi sulla loro volontà di autonomia.

Io, se leggessi adesso, come il sottosegretario non ha letto, l'elenco delle prescrizioni, io non leggo l'elenco delle principali industrie pesanti e delle zone industriali che insistono sul bacino del Chiese; a parte che andrei oltre con i tempi, ma sarebbe anche un po' noioso. Però io pubblicherò questo elenco, che è assolutamente pubblico, della zona industriale Borgo Chiese, fabbriche di alluminio, ferriere, acciaierie e fonderie, tra l'altro con una forte conflittualità sociale, proprio a Gavardo per esempio l'impianto del depuratore sarebbe vicino ad una di queste industrie; estrazione e lavorazione del marmo, allevamento intensivo di suini, bovini e pollame, smaltimento di reflui zootecnici, chiaramente persistenti molestie odorigene; emblematico il caso di Vighizzolo, a Montichiari: a ottobre 2016 una scuola fu addirittura evacuata per emissioni tossiche entrate all'interno, probabilmente da spandimento di gessi di defecazione; io spero che si arrivi almeno alla tracciatura di questi gessi, perché lì non si capisce neanche chi li avesse, né dove li avesse sparsi.

E poi ci sono le discariche: 10 discariche autorizzate, 12 milioni di metri cubi di rifiuti a Montichiari; poi ci sono anche i depuratori, ci sono già 226 mila abitanti equivalenti, con gli effluenti scaricati nel Chiese; adesso, con l'eventuale collettamento dei reflui della sponda bresciana, si arriverebbe a 480 mila, quindi aumento di oltre il 100 per cento di abitanti equivalenti, di cui gestire gli escrementi, perché ogni tanto bisogna ricordarlo.

Per cui, questo studio dell'università di Brescia, che ha spinto ATO a modificare alcune scelte progettuali è uno studio, comunque, davvero di scuola, forse però in negativo: come non fare uno studio.

Per cui, il recettore è decisamente impattato, le prescrizioni che poi in parte sono anche andate sulla stampa sono prescrizioni importanti. Forse chi vuole continuare a inquinare non ha piacere che si faccia una mappatura degli scarichi abusivi, per cui vedremo se davvero questo collettamento andrà verso il Chiese.

Di sicuro, però, gli scarichi abusivi vanno mappati. Adesso, è stata messa una luce forte, un allarme anche sul Chiese, tutti gli scarichi vanno mappati e bisogna capire che cosa succede e che cosa è successo finora in quella realtà. I comuni dell'ATO hanno chiesto una nuova riunione che non è stata ancora convocata ed è stato informato anche, mi risulta, il prefetto di Brescia che vedrà come fare. Ci saranno Conferenze di servizi, ci sarà, appunto, la VIA, ed è importante che arriverà qualche dato sullo stato chimico delle acque entro dicembre. In Valsabbia c'è un surplus di nitrati sparsi di oltre 24 mila, solo a livello agro-zootecnico; è da qui che arrivano, infatti, emendamenti per liberalizzare ulteriormente lo spandimento dei digestati, ma è una zona critica per tutta la nazione. Se in un'epidemia aumentano e si spandono proprio da lì, poi, tutti quanti abbiamo degli effetti negativi. Si chiede, in sostanza, di violare direttive europee sui nitrati, sullo stato chimico delle acque e sulla qualità dell'aria, ma si sta ottenendo solo un grande caos; mancano e vengono nascosti, spesso, i dati ambientali e sanitari.

Agricoltura e fertirrigazione: la depurazione civile mista a quella industriale dei comuni della sponda gardesana, mista a quella del collettamento delle strade, è un problema, per cui si vuole iniziare a far fertirrigazione proprio nella zona del Chiese di Montichiari, dove ci sono già altre pressioni, e perché? Perché manca l'acqua del fiume che viene derivata; cioè è un serpente davvero molto velenoso che si morde la coda. Cosa arriverà sui campi se faccio fertirrigazione in quei territori, appunto, come primo punto nazionale dove farla? Ha senso tutto questo, ha senso la fertirrigazione, ma a partire da una realtà come quella, è chiaro che ci vuole una grande delicatezza. Montichiari ha stimolato, proprio per il record di discariche, le norme regionali e nazionali sull'indice di pressione; che adesso si trovi anche a gestire dei reflui civili di tutta la sponda gardesana bresciana, è un po' un controsenso.

A Montichiari e a Gavardo non c'è neanche la centralina per la qualità dell'aria. Questo è uno scandalo, non so come sono il PM10 e l'ozono, così come a Castiglione delle Stiviere, eppure, le discariche e i gessi di defecazione sparsi emettono parecchi precursori delle polveri. Cosa succederà sull'asta dell'Oglio che riceverà, poi, questi reflui a valle e in tutto il distretto dell'Oglio-Po, nell'altra parte della provincia di Mantova, per cui, se io sono felice di spostare una parte dei reflui da Mantova, poi, li ritrovo nell'altra parte verso il cremonese e nella provincia? Cosa succederà poi con il TAV Brescia-Padova che taglierà il Chiese, quando nelle autorizzazioni è proprio scritto che ci sarà un peggioramento strutturale della qualità delle acque? Quindi, si somma tutto. Poi, quest'opera andrà oltre, in tutta la zona delle discariche di Montichiari e andrà verso Vicenza con le falde intrise di PFAS, ma senza bonificarle, 10 miliardi di euro di cantiere. Probabilmente, c'è una logica economica che, però, è patologica. Lo ripeto, i dati delle malformazioni comunali devono essere dati da ATS Brescia, così come i dati oncologici. La depurazione con scarico a lago è assolutamente possibile e lo studio delle fonti di pressione sul Garda risale al 2006, va rifatto, lo ripeto, con la competenza del Ministero. Il Garda va rinaturato, i canneti si sono ridotti, il cemento è aumentato, ci sono parchi divertimenti che fanno parte di questo inferno diffuso. È inutile nascondere gli escrementi sotto la sabbia, anzi, sotto alla Valsabbia che è già compromessa. Vanno mappati, chiaramente, tutti gli scarichi autorizzati e abusivi, sia nel Garda che nel bacino del Chiese; va recuperato il fosforo, c'è una piattaforma nazionale costituita presso il Ministero che può servire a fare questo; ricordiamoci che ci sono già stati 17 mila baci della morte certificati Coronavirus a livello regionale in Lombardia, record di mortalità fra i casi a livello mondiale. C'è sicuramente da rivedere tutta questa logica di spostare i rifiuti che, secondo me, sottintende, anche, tutta questa logica di spostare di decine di chilometri i rifiuti, chiaramente, un business. La Lombardia sta rischiando di diventare il motore infetto del Paese: metà dei suini allevati in Italia, 900 mila tonnellate di fanghi importati, 11,8 milioni di rifiuti speciali importati. Questo turismo dei rifiuti deve cessare, perché sennò può entrare anche in queste decisioni, entrare in maniera subdola con questi studi che, davvero, devono essere fatti in maniera più indipendente.

(Iniziative di competenza volte al completamento del processo di bonifica delle numerose discariche non conformi alla normativa europea, anche in relazione alle procedure di infrazione a carico dell'Italia - n. 2-00959)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cillis ed altri n. 2-00959 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Cillis intende illustrare la sua interpellanza. Prego, le do la parola.

LUCIANO CILLIS (M5S). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Morassut, sono passati ormai molti anni da quando l'Unione europea ha iniziato, dapprima, a richiamare e, poi, a sanzionare l'Italia sulla questione delle discariche e dei rifiuti che non rispettano la normativa e gli standard di sicurezza. Negli anni, tanti sono stati i soldi che abbiamo pagato per le multe e per la messa in sicurezza dei siti, ma evidentemente non sono stati sufficienti a risolvere la questione e a chiuderla definitivamente. Il problema, purtroppo, persiste e continuiamo ad inquinare interi territori, mettendo a repentaglio la salute di milioni di cittadini italiani. Giustamente, per i nostri ritardi e per le nostre inefficienze, l'Unione europea continua a richiamarci e a presentarci il conto. È solo di qualche settimana fa l'ultima richiesta di deferimento che si aggiunge ad un parere motivato del 2015 e a un ulteriore richiamo del maggio 2017, riguardo a siti e a discariche che avrebbero dovuto essere bonificate o chiuse, già entro il 2009. Le discariche in questione sono così territorialmente ripartite: 23 in Basilicata, 11 in Abruzzo, 5 in Puglia, 2 in Campania e 3 in Friuli Venezia Giulia. Dalla lettura di questi dati salta subito all'occhio purtroppo il dato della Basilicata che detiene il triste primato di avere sul proprio territorio più della metà delle discariche non a norma. Questa, è permettetemi di evidenziarlo, solo l'ultima dimostrazione della disattenzione, per così dire, nell'usare un eufemismo, che i precedenti Governi hanno avuto verso la Basilicata, una Regione che, probabilmente, per la sua conformazione geofisica e per la scarsa densità abitativa, si è deciso che potesse essere sacrificata e trasformata in una pattumiera. Vorrei ricordare che in Basilicata era stato previsto, addirittura, il deposito unico delle scorie nucleari. Hanno continuato dando in pasto alle compagnie petrolifere interi territori come la Val d'Agri e la Valle del Sauro, dove sono presenti decine di pozzi di petrolio, nonché decine di chilometri di oleodotti e ben due impianti di pre raffinazione, il Centro Olio (COVA) di Viggiano e il Centro Olio Tempa Rossa di Corleto Perticara, per non parlare della Centrale a biomasse del Mercure, ex ENEL, di Rotonda, che si trova all'interno del Parco nazionale del Pollino che è una zona di protezione speciale e, ancora, per non farci mancare nulla, i due SIN di Tito Scalo e della Val Basento, entrambi interessati da insediamenti chimici della prima ora e che da anni aspettano purtroppo di essere bonificati. Così come per la Basilicata, anche per tutto il territorio nazionale crediamo sia arrivato il momento di chiudere con il passato e di ripartire, procedendo alla semplificazione dei procedimenti relativi alle bonifiche e sfruttando, magari, anche parte delle risorse economiche che arriveranno dall'Europa con il Recovery Fund.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Sulla questione sollevata dall'onorevole Cillis, il Ministero dell'Ambiente ha avviato da tempo molte iniziative per sviluppare, con gli enti territoriali coinvolti nella causa in oggetto, diverse azioni sinergiche. Oltre all'attività di monitoraggio costante e al supporto prestato dall'Avvocatura dello Stato, il Ministero, attraverso la sua competente direzione, ha sviluppato un piano di azione concreto e finalizzato ad arrivare nei tempi più celeri alla messa a norma delle discariche e ha supportato anche gli enti territoriali, le Regioni, nella definizione degli interventi necessari con tutte le misure utili per accelerare l'adeguamento e la chiusura delle discariche stesse che sono oggetto della condanna della Corte di giustizia. Gli enti, quindi, le Regioni in primo luogo, hanno così definito, per ciascuna delle discariche interessate dalla procedura di infrazione, dei cronoprogrammi di intervento che danno attuazione alle misure previste e concordate con il Ministero per soddisfare la sentenza e sono finalizzati a concludere i procedimenti prima della seconda condanna della Corte e della imposizione delle sanzioni.

Il Ministero peraltro ha stanziato i fondi necessari alla messa a norma di alcune discariche con il Piano operativo ambiente dei fondi FSC nella programmazione 2014-2020, e, se necessario, ovviamente, questi fondi saranno ulteriormente programmati nella prossima sessione di programmi FSC 2020-2027. Attualmente, grazie alle risorse stanziate dallo Stato e anche nella quota parte dalle regioni e all'interazione continua tra l'expertise organizzata presso il Ministero con gli enti territoriali, sono state messe a norma - credo che questo dato lo conosca anche l'onorevole Cillis - 24 delle 44 discariche in infrazione, come anche risulta dai rapporti di aggiornamento che sono poi stati trasmessi alla Commissione europea proprio nei giorni scorsi, l'ultimo rapporto è addirittura dell'8 ottobre. Questo aggiornamento consente di documentare i progressi significativi per numerosi casi per i quali gli interventi sono stati avviati e per i quali il Ministero continua a monitorare l'esecuzione nel rispetto dei cronoprogrammi.

Va ricordato che questi progressi sono stati realizzati nonostante in 15 di questi casi, che poi sono oggetto della sentenza di condanna, si siano registrati numerosi ritardi rispetto ai cronoprogrammi approvati, in concomitanza con il periodo di sospensione dell'attività prescritto dalla normativa nazionale e regionale, a causa, ovviamente, dell'emergenza sanitaria del COVID-19. Quindi, in base agli elementi che le regioni hanno trasmesso riferiti alle varie situazioni, possiamo dire che alcuni ritardi sono ascrivibili a questa situazione, in particolare per l'impossibilità di proseguire i cantieri e, per le competenti amministrazioni e le agenzie regionali, per l'impossibilità di effettuare i sopralluoghi ed emanare le certificazioni necessarie alla risoluzione dei casi specifici.

Comunque va tenuto conto della delicatezza del tema, della necessità di evitare l'apertura di una seconda procedura di infrazione - ricordo, c'è una scadenza - per non esecuzione della sentenza, e per questo il Ministero ha avviato un iter per un'ipotesi di intervento sostitutivo - perché attualmente, ovviamente, l'operatività è a carico degli enti territoriali - qualora gli enti non riescano a garantire il rispetto dei cronoprogrammi che sono stati individuati insieme nel tavolo predisposto centralmente nell'expertise mista tra Ministero ed enti territoriali. Questo potere sostitutivo naturalmente è normato dalla legge, in base alla legge n. 234 del 2012, e abbiamo anche predisposto delle bozze di diffida per adempiere in tempi congrui e stabiliti nei confronti delle autorità responsabili e degli enti gestori degli impianti.

Secondo la normativa, decorso tale termine, stabilito sulla base dei tempi per la nomina di un potere sostitutivo, per l'entrata in campo di un potere sostitutivo, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro competente per materia si potranno adottare tutti i provvedimenti necessari, anche normativi, e quindi arrivare persino alla nomina di un commissario. Attualmente sono state emanate - questo è l'ultimo dato - 11 diffide con un DPCM che è dell'agosto scorso per i casi più critici ed è in corso la valutazione della necessità di emanare ulteriori diffide all'avvio delle procedure di gara e/o al rispetto del cronoprogrammi dei lavori approvato con il progetto esecutivo. Sulla base delle informazioni esposte comunque il Ministero dell'Ambiente continuerà a svolgere il massimo grado di vigilanza e di controllo, pronto, nel caso in cui le procedure che ho descritto dovessero avere necessità di svilupparsi, ad attivare tutte le prerogative che la normativa ci consente per i poteri sostitutivi e la nomina del commissario per rispettare i tempi della Commissione europea, per evitare di cadere in una seconda condanna.

PRESIDENTE. Il deputato Cillis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LUCIANO CILLIS (M5S). Ringrazio il sottosegretario Morassut, Presidente, per aver colto le nostre ragioni rispetto alla delicata ed ormai annosa questione delle discariche non a norma che in quest'Aula abbiamo posto all'attenzione del Ministero. Vogliamo interpretare la risposta del Ministero come un segnale tangibile e concreto di attenzione alla problematica che abbiamo esposto. Purtroppo anche in questo caso viene messa in evidenza la difficoltà e la scarsa capacità tecnica, alcune volte, in alcuni casi, ed operativa da parte delle regioni nella gestione delle emergenze ambientali.

Vorrei anche aggiungere che è molto importante accelerare l'iter delle bonifiche per far sì che vengano al più presto ripristinate le migliori condizioni ambientali dei luoghi, anche al fine di salvaguardare le norme sanitarie. Ma sarà - e lo voglio sottolineare con forza - altrettanto importante l'attenzione con cui verranno seguiti i tempi degli interventi. Troppo tempo è passato da quando questa triste vicenda è venuta alla luce e i cittadini sono stanchi delle parole e delle promesse. Per quanto ci riguarda manterremo alta la nostra attenzione sulla vicenda e vaglieremo sulla velocità con cui le regioni si appresteranno a utilizzare le migliori tecniche e opere per affrontare questa vera e propria emergenza. Pertanto dichiaro di ritenermi pienamente soddisfatto della risposta del Ministero.

(Chiarimenti e iniziative di competenza in ordine a denunce di perquisizioni e violenze a danno di detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) in relazione a proteste per la gestione dell'emergenza Covid-19 - n. 2-00957)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Magi e Schullian n. 2-00957 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Magi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). Presidente, onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, come riportato dagli articoli del 28 e del 29 settembre 2020 del quotidiano Domani, oltre che dal quotidiano il Riformista, che ne aveva parlato già a giugno, il 6 aprile 2020 nel carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere si sono consumati episodi di inaudita violenza: calci, pugni, manganellate e abusi di ogni tipo, persino su un detenuto disabile. Le testimonianze e le denunce dei detenuti sarebbero ora confermate dai video agli atti dell'inchiesta, che mostrerebbero immagini di reclusi inginocchiati, trascinati e picchiati da più poliziotti contemporaneamente. Quella che può essere definita una vera e propria spedizione punitiva seguiva le proteste per la gestione dell'emergenza COVID-19 scoppiate all'inizio del marzo 2020 contestualmente in numerosi istituti penitenziari in tutta Italia, e il 5 aprile 2020, alla notizia del primo detenuto positivo nel carcere campano, ha coinvolto circa 150 detenuti.

Il 6 aprile 2020 i detenuti ottengono un colloquio con il magistrato di sorveglianza Marco Puglia; il pomeriggio stesso arriva un contingente di 300 agenti penitenziari, provenienti dall'esterno, per una perquisizione straordinaria che darà luogo agli episodi di violenza sopra riportati. Molti degli agenti avevano il volto coperto dal casco, da foulard o mascherine, rendendone difficile l'identificazione dai video. Antonio Fullone, provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, attualmente indagato, ha affermato che la perquisizione era stata disposta dai vertici dell'istituto. Lo stesso ha ammesso di avere inviato uomini di supporto e che della perquisizione era stato informato il vertice del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, allora guidato dal magistrato Francesco Basentini, non coinvolto nell'indagine. A quanto si apprende, quel giorno il direttore del carcere non c'era per problemi di salute, ma era presente il comandante della Polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, Gaetano Manganelli, anche lui indagato.

Il personale interno avrebbe assistito alle violenze senza intervenire. Nei giorni successivi, con il supporto dell'associazione Antigone e dei garanti dei detenuti della Campania e di Napoli, decine di detenuti hanno denunciato le violenze subite. Il 9 aprile 2020 il Governo rispondeva in quest'Aula alla interpellanza urgente a mia prima firma proprio sulla situazione nelle carceri e sulle proteste che erano avvenute in quei giorni, affermando che “relativamente alle segnalazioni di violenze e abusi perpetrati ai danni di persone detenute successivamente alle rivolte, agli atti del Dipartimento penitenziario nulla risulta formalmente circa la casa di reclusione di Milano Opera” e nulla viene detto dal Ministro in quell'occasione, dal rappresentante del Governo, neanche sul carcere di Santa Maria Capua Vetere, che pure citavo in quell'atto di sindacato ispettivo.

L'11 giugno 2020 viene emesso un decreto di perquisizione nei confronti di 57 agenti della Polizia penitenziaria. Lo stesso giorno, in una nota, il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria affermava: “I fatti di oggi vanno considerati con il massimo rispetto verso l'operato della magistratura, cui competono compiti e funzioni di accertamento dei reati. Il DAP è certo che si farà massima chiarezza in tempi brevi e intende rivolgere un rispettoso riconoscimento al Corpo di Polizia penitenziaria e a ogni singolo operatore che in esso e per esso svolge quotidianamente, con convinzione, dedizione e sacrificio, un compito non facile e di servizio al Paese.

Compito reso a volte più arduo dalle complesse dinamiche della vita carceraria, ma per il quale la Polizia penitenziaria si spende senza tentennamenti né indugi per il prezioso bene della sicurezza interna degli istituti e per la sicurezza e serenità dei cittadini”.

Quindi, siamo a chiedere, alla luce dei fatti sopraesposti, se il Ministro interpellato e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria fossero stati informati della perquisizione straordinaria che si è svolta il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere; se il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia avviato, per quanto di propria competenza, delle indagini interne sui pestaggi illustrati in premessa, sui quali aveva ricevuto una nota dall'associazione Antigone, prima che fossero avviate le indagini della magistratura, o se lo abbia fatto successivamente e con quali esiti, anche in termini di accertamento per quanto di competenza delle responsabilità nella catena di comando; e, infine, se nell'ambito dell'eventuale indagine interna, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia visionato le videoriprese del circuito di telecamere interne, a cui si fa riferimento negli articoli menzionati.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Vittorio Ferraresi, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO FERRARESI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. In ordine ai quesiti posti dagli interpellanti, mi pregio riferire quanto segue. Attualmente, come è noto, i fatti rappresentati dall'interpellanza formano oggetto di un'inchiesta penale aperta dalla locale procura della Repubblica, ossia quella di Santa Maria Capua Vetere, originata da plurime denunce presentate dal garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Campania, dal legale rappresentante dell'associazione Il Carcere Possibile ONLUS, dal presidente dell'associazione Antigone ONLUS, da svariati familiari di detenuti e, personalmente, da qualche detenuto. Denunzie tutte aventi ad oggetto episodi di presunti maltrattamenti, pestaggi e violenze che i detenuti ristretti presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere avrebbero subito nel pomeriggio del 6 aprile 2020. L'inchiesta risulta tuttora in corso ed è coperta dal segreto d'indagine. Pertanto, premessa la competenza della preposta autorità giudiziaria all'esatto accertamento di quanto effettivamente occorso, ben posso riferirvi ciò che oggettivamente mi risulta. In via preliminare, si ritiene utile e doveroso ricostruire, unitamente ai fatti oggetto di cronaca, anche il contesto nel quale sono stati maturati, con l'intento di offrire i migliori elementi di conoscenza e valutazione degli eventi nonché di lettura di talune polemiche che si sono sollevate.

In data 5 aprile 2020 presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, precisamente al reparto “Nilo”, immediatamente dopo la messa in onda di un servizio giornalistico che riportava la dichiarazione del garante regionale sui casi di positività riscontrati nella stessa giornata presso il reparto “Tamigi”, i detenuti allocati presso il reparto “Nilo” inscenavano una violenta manifestazione di protesta. Gli stessi, attraverso la demolizione di numerose suppellettili e arredi dell'amministrazione (tra cui brande, tavoli e sgabelli), e non solo, si barricavano all'interno delle sezioni di allocazione, impedendo ogni accesso al personale penitenziario. Inutili sono stati i tentativi di mediazione compiuti sul posto dal comandante del reparto e dal personale ivi presente. In quelle ore il comandante, per le vie brevi, ha richiesto ausilio di risorse, avendo ricevuto minacce di ritorsione da parte dei detenuti rivoltosi qualora si fosse fatta irruzione per il doveroso ripristino dell'ordine e della sicurezza. L'iniziativa è apparsa pretestuosa rispetto ai fatti della giornata, che avevano visto proficuamente collaborare personale penitenziario e sanitario unitamente alle persone detenute del reparto “Tamigi”, ovvero quello interessato al citato caso di positività al COVID-19.

A testimonianza dell'efficacia dell'intervento effettuato al reparto “Tamigi”, nessuna manifestazione veniva posta in essere, nonostante la legittima e comprensibile tensione. Solo in tarda serata, dopo la costante azione di dialogo, la manifestazione di protesta è rientrata progressivamente in tutte le sezioni detentive del reparto “Nilo”. Il giorno seguente, ovvero il 6 aprile 2020, è stata disposta l'esecuzione di una perquisizione straordinaria all'interno del reparto “Nilo”. Si è trattato di una doverosa azione di ripristino di legalità e agibilità dell'intero reparto, alla quale ha concorso, oltre che il personale dell'istituto, anche un'aliquota di personale del gruppo di supporto agli interventi. Tale impiego si è reso necessario, attesa la presenza nel reparto in questione di circa 300 ristretti (allocati in 84 camere di pernottamento nelle quali si doveva procedere contemporaneamente), non potendosi escludere che i disordini si estendessero in altri reparti detentivi. Nelle operazioni in questione taluni detenuti hanno opposto resistenza. Dodici, in particolare, venivano individuati e rapportati disciplinarmente.

Tutti risultano essere stati sanzionati, ai sensi dell'articolo 39 dell'ordinamento penitenziario, con 15 giorni di esclusione dalle attività in comune.

Ciò posto, quanto al versante prettamente giudiziario, risulta che, in data 11 giugno, alle ore 7,30, personale appartenente all'Arma dei carabinieri, su disposizione della citata procura della Repubblica, ha provveduto a notificare al personale di Polizia penitenziaria e ai dirigenti in forza all'istituto atti giudiziari. Da quanto comunicato al DAP, la notifica degli atti giudiziari risulterebbe avvenuta nel viale adiacente all'istituto, ove si è proceduto altresì all'identificazione del personale civile di polizia che si accingeva a fare ingresso in carcere, alla presenza dei familiari dei detenuti e dei passanti. In tale contesto la tensione si è acuita, al punto che alcuni agenti del Corpo sono saliti sul tetto della caserma per manifestare il proprio disappunto relativamente alle modalità impiegate nell'attività sopradescritte. Ciò portava all'intervento del procuratore aggiunto della procura di Santa Maria Capua Vetere, dottor Milita, che, congiuntamente al comandante e al direttore, si è attivato al fine di far desistere il personale del Corpo da tale forma di protesta. La difficile situazione ha dato luogo anche a problemi di copertura dei posti di servizio, in quanto il personale si mostrava restio a iniziare regolarmente il turno di lavoro. Contemporaneamente, per lo stesso procedimento, venivano effettuate perquisizioni dei locali di sorveglianza generale, del reparto “Nilo” e dell'ufficio del commissario e del coordinatore del predetto reparto, del reparto “Danubio” e annessi uffici, dell'ufficio del comandante, dell'ufficio comando e settore P.G., dell'ufficio del vicedirettore, con perquisizione informatica di tutti i dispositivi presenti, nonché effettuava copia di tutti i relativi hard-disk e sequestro dei vari documenti cartacei.

Lo stesso provveditore regionale si è recato sul posto interloquendo con le autorità giudiziarie presenti, rappresentando il pieno sostegno dell'amministrazione a creare le migliori condizioni per accertare la verità dei fatti. Dopo un momento di confronto e aggiornamento con la direttrice Palmieri e i dirigenti di polizia penitenziaria Maietta e Costanzo, il provveditore ha incontrato una folta rappresentanza di personale presente in istituto. A seguito della diffusione della notizia da parte dei TG regionali e nazionali, i detenuti del reparto “Nilo” hanno messo in atto una battitura delle inferriate alle ore 9 e alle ore 19, in segno di approvazione dell'inchiesta della procura e delle dinamiche operative dei carabinieri. La situazione è rientrata nel tardo pomeriggio, alle ore 17,30 circa. Anche in giorni successivi, cioè il 12 e il 13 giugno 2020, si sono verificati gravi episodi di intolleranza alle regole intramurarie, con minacce e aggressioni anche violente agli agenti in servizio da parte di alcuni detenuti, disordini e inizio di incendio doloso alimentato dall'uso di bombolette di gas in dotazione. La nuova condizione di tensione ha determinato, nella mattinata del 13 giugno, l'arrivo in istituto del vice capo del Dipartimento. Nella tarda serata della stessa giornata, inoltre, anche il capo del Dipartimento si è recato personalmente sul posto, incontrando una rappresentanza del personale ivi presente nonché recandosi anche presso l'abitazione privata dell'appartenente al corpo che era stato aggredito, ciò per dimostrare sentita vicinanza e sostegno dell'amministrazione tutta. Inoltre, unitamente al capo del Dipartimento, anche il Ministro ha avuto cura di telefonare ad altri operatori del Corpo rimasti feriti.

Successivamente ai gravi fatti narrati, il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Campania ha proposto l'allontanamento fuori regione dei detenuti segnalati dalla direzione della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere quali promotori dei disordini, distintisi per la loro ferocia nel compimento degli atti turbativi che hanno caratterizzato la rivolta. Con separati provvedimenti, la direzione generale dei detenuti e del trattamento ha disposto l'immediato trasferimento per motivi di sicurezza di tre detenuti ascritti al circuito “Alta sicurezza” e di quattro ascritti al circuito “Media sicurezza”, con l'assicurazione, da parte dello stesso provveditore, che avrebbe provveduto a disporre l'allontanamento degli altri detenuti in “Media sicurezza” indicati sempre dalla direzione dell'istituto di Santa Maria Capua Vetere. Infine, nei giorni successivi, altri venti detenuti, appartenenti al circuito dell'alta sicurezza, sono stati trasferiti dalla casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere ad altri istituti penitenziari. Ancora, il capo DAP e il vice capo disponevano altresì affinché il direttore del gruppo operativo mobile desse un immediato supporto operativo all'istituto in trattazione, attraverso l'impiego di personale del gruppo stesso. Di fatto, in esecuzione delle disposizioni impartite, grazie alla collaborazione fornita senza indugio dai coordinatori dei reparti operativi mobili, dal personale dei reparti territoriali della sede centrale è stata organizzato, in un brevissimo lasso di tempo, un contingente di 73 unità di Polizia penitenziaria in forza al GOM, giunto nel tardo pomeriggio della medesima giornata presso l'istituto casertano, dove il direttore del gruppo stesso era già presente da alcune ore. Il GOM ha sin da subito coadiuvato il personale del nucleo traduzioni al fine di dar corso ai trasferimenti di tre detenuti comuni cosiddetti pericolosi, ristretti nel reparto “Danubio”, in altri istituti della regione, mentre parte del contingente GOM - 19 unità - ha provveduto al rinforzo di tutti i posti di servizio nei reparti detentivi dell'istituto durante il turno notturno, compreso il reparto “Danubio” interessato dai disordini risolti nella tarda serata dello stesso giorno 13.

Il reparto di Polizia penitenziaria dell'istituto ha sofferto una grave carenza di personale, assente a vario titolo, tanto che si è ritenuto necessario disporre l'implementazione dell'organico attraverso apposita procedura di interpello, adottata dalla Direzione generale del personale delle risorse, la quale ha disposto l'assegnazione, in via provvisoria, presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, di 34 unità del Corpo. Questa è la puntigliosa ricostruzione di quanto occorso, naturalmente, all'esito delle informazioni, allo stato, disponibili, anche in riferimento sia alla situazione generale richiesta dagli interpellanti, sia al primo quesito. Orbene, con riferimento agli agenti del Corpo attinti dagli avvisi di garanzia e da decreti di perquisizione, si evidenzia che, con nota 3 luglio 2020, il locale provveditore ha trasmesso al DAP l'elenco del personale del Corpo nei confronti del quale è stata data formale comunicazione dell'avvio di procedimento penale da parte della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. E qui veniamo al secondo quesito. Con nota 8 luglio 2020, la competente Direzione generale del personale e delle risorse ha chiesto alla direzione dell'istituto di acquisire, presso la competente autorità giudiziaria, copia integrale degli avvisi di garanzia a carico del personale di Polizia penitenziaria coinvolto, al fine di conoscere le contestazioni provvisorie oggetto dell'atto giudiziario. In assenza di riscontro, con nota 28 settembre 2020, n. 336014, la competente Direzione generale del personale e delle risorse del DAP ha chiesto direttamente alla procura della Repubblica-tribunale di Santa Maria Capua Vetere copia integrale degli avvisi di garanzia, evidenziando che la richiesta costituisce elemento indispensabile ai fini di ogni determinazione da parte di questa amministrazione. Infatti, come sa, se un'indagine è aperta, ovviamente, il DAP o la direzione del carcere, per eventuali accertamenti, deve prima chiedere all'autorità giudiziaria l'assenso. Anche per tale ragione, allo stato, non risulta intrapresa alcuna iniziativa, sia di natura cautelare sia disciplinare, a carico del personale coinvolto, appunto, in attesa di questa documentazione. Quanto alle videoriprese del circuito interno del carcere, oggetto di altro quesito, queste sono state oggetto di sequestro giudiziario, nell'ambito delle attività investigative, nelle date del 10 e 11 aprile 2020, di guisa che l'amministrazione penitenziaria, quindi, ne ha perso la formale disponibilità.

PRESIDENTE. Il deputato Magi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). Grazie, Presidente. Io ringrazio il sottosegretario Ferraresi per la ricostruzione dettagliata sia degli avvenimenti, per quanto presente nella documentazione ufficiale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ma anche dei provvedimenti successivi che quell'amministrazione ha preso e, quindi, delle interlocuzioni con la procura competente che sta indagando. Ovviamente, c'è, poi, tutto un ambito di considerazioni politiche. I fatti che sembrerebbero emergere da queste testimonianze convergenti, dalle riprese video che sono state mostrate ad alcuni dei testimoni, che sono anche vittime di quanto sarebbe accaduto, e i fatti che emergerebbero dall'inchiesta, hanno una portata di una gravità tale da poter essere definita eversiva rispetto ai principi costituzionali e ai principi democratici. Ovviamente, vanno contestualizzati, e questo li rende, per certi versi, ancora più gravi, all'interno di un mondo, quello carcerario, il quale, come è noto a chi segue queste vicende, spesso è un mondo di illegalità, è un mondo in cui l'esecuzione penale, anziché rispondere a quei principi costituzionali e a quegli scopi costituzionali di rieducazione e reinserimento, in realtà, è fatta quasi unicamente di violenza e di afflizione senza speranza. Il salto di qualità in questa vicenda, rispetto a tanti altri episodi, che sono talmente numerosi - basti pensare a quelli dell'ultimo anno e mezzo, che hanno visto atti di violenza nei confronti dei detenuti in molti istituti penitenziari -, sta nel fatto che si sarebbe trattato di una vera e propria spedizione punitiva organizzata con centinaia di uomini, intollerabile nelle modalità dell'intervento e nella brutalità e nella sistematicità, anche nel contesto di necessità di contenimento di quelle proteste a cui lei ha fatto riferimento. Noi, ovviamente, dobbiamo usare il condizionale.

Io ringrazio il sottosegretario perché, oggi, ha dato delle informazioni in più in una sede istituzionale e pubblica, e di questi fatti non si era parlato, non si era parlato abbastanza prima che ci fossero delle inchieste giornalistiche benemerite, però noi quel condizionale fin qui non l'abbiamo mai sentito utilizzare dal Ministro. Il Ministro utilizzi quel condizionale, lo utilizzi per dare e riconoscere l'ambito proprio delle inchieste giudiziarie, ma lo utilizzi anche per compiere un atto politico che è, al contempo, di garantismo e, però, di condanna, qualora accertata, di quelle condotte. Questo noi, purtroppo, sin qui, non l'abbiamo mai ascoltato rispetto ai fatti di Santa Maria Capua Vetere, che, ripeto, qualora confermati - e gli elementi in questo momento in nostro possesso e la serietà di quell'inchiesta ci fanno pensare che dobbiamo essere molto preoccupati -, avrebbero un valore, appunto, eversivo e di annullamento rispetto ad alcuni fondamentali principi della nostra Costituzione e del nostro sistema democratico.

(Iniziative di competenza volte ad agevolare l'esecuzione di tamponi rapidi negli studi dei medici di medicina generale, preservando l'incolumità di medici e pazienti - n. 2-00958)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Menga ed altri n. 2-00958 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Menga se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ROSA MENGA (M5S). Grazie, Presidente. Mi sia concessa una doverosa premessa. È importante essere qui oggi - e ringrazio anche la sottosegretaria per l'attenzione che ha voluto riservare a all'interpellanza odierna -, perché, purtroppo, il quadro epidemiologico ci consegna una fotografia abbastanza preoccupante della situazione su tutto il territorio nazionale. L'ultimo bollettino, quello reso noto proprio nella giornata di ieri, 15 ottobre, segna purtroppo un record nel numero di nuovi casi positivi, ben 8.804. Certamente, dobbiamo evidenziare come, di pari passo, sia stato raggiunto anche il record nel numero di tamponi eseguiti e questo non può che renderci orgogliosi, come sistema Paese tutto, perché è stato profuso il massimo sforzo in tal senso da questo Governo e, poi, di riflesso, anche in tutti gli ambiti regionali e anche in tutte le singole ASL su base provinciale, nella rapida esecuzione, nella rapida sottoposizione al tampone anche dei casi sospetti, anche a quelli asintomatici, che è sempre più importante riuscire ad individuare precocemente. Quindi, il numero record, anche questo, di 162.932 tamponi ci rassicura senz'altro sull'impegno che, in questo momento, il sistema sanitario sta impiegando nel contrasto a questa epidemia. Eppure, non è sufficiente a spiegare il rialzo dei contagi, perché ci sono altri indici, altri parametri che ci danno, invece, dimostrazione del fatto che, al di là del numero di tamponi eseguiti, il numero di nuovi casi è effettivamente in aumento a causa della violenta circolazione del nuovo Coronavirus su tutto il territorio nazionale. E questo lo testimonia l'indice di contagio, che è tornato ad essere sensibilmente al di sopra di 1, che, come sappiamo, era il livello di guardia, per così dire, e anche l'incremento del tasso di positività, che è, appunto, il rapporto tra il totale dei tamponi eseguiti e il numero dei positivi riscontrati. Con questa situazione epidemiologica, appare chiaramente evidente come, in questo momento, sia preoccupazione da parte del mondo delle istituzioni e del mondo sanitario tutto quella che sarà la probabile gestione di questa seconda ondata, anche se, in questo, alcuni scienziati preferiscono ricordarci, ahimè, che la prima ondata non ci ha mai lasciati e che ne stiamo ancora, in realtà, osservando le ripercussioni. Anche in questo, il mirabile sforzo compiuto da questo Governo nel potenziamento del numero di posti letto in tutti i reparti, in particolar modo in terapia intensiva, che sono stati, addirittura, incrementati del 50 per cento, ci vede assolutamente favorevoli. Riteniamo, però che, qualora i numeri fossero destinati ad aumentare, probabilmente, la pressione, il carico ospedaliero si farebbe insostenibile, soprattutto perché sappiamo che il brusco aumento saturerebbe, purtroppo, in poco tempo, anche il numero di posti letto messi a disposizione.

È sempre notizia di ieri, che già due grandi ospedali italiani, l'ospedale Sacco e l'ospedale Fatebenefratelli, abbiano deciso di accettare in pronto soccorso soltanto i pazienti COVID, proprio per cercare di arginare questa brusca pressione che si sta, di nuovo, riaffacciano sul nostro sistema ospedaliero. Ebbene, in questo quadro non possiamo non considerare come effettivamente sia sempre più importante ripensare e pensare all'emergenza COVID-19 come ad un'occasione per il potenziamento del sistema dell'assistenza territoriale. In questo hanno indubbiamente un ruolo chiave i medici di medicina generale nonché i pediatri di libera scelta. Tra l'altro, è un'occasione storica quella dell'utilizzo delle risorse stanziate con il Recovery Fund proprio per impegnarsi nel potenziamento dell'ambito delle cure territoriali e delle cure a domicilio. Probabilmente, anche il COVID-19 offre un paradigma di cure di questo tipo perché l'alto numero di pazienti asintomatici che, fortunatamente, non necessitano di un'assistenza in regime ospedaliero ci lascia pensare che questa emergenza possa essere gestita e debba essere gestita sempre di più a casa. Per questo la notizia della conclusione della gara per l'acquisto di 5 milioni di test antigenici rapidi da parte del Commissario straordinario per l'emergenza, Domenico Arcuri, ci ha sicuramente soddisfatti e ancor di più, chiaramente, la notizia appresa, sempre dai mezzi di informazione, che buona parte di essi saranno proprio destinati agli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. In questo la stessa categoria, con coraggio e con orgoglio, si è fatta avanti annunciando, a mezzo delle proprie sigle sindacali (chiaramente quelle più rappresentative, anche se non esaustive in toto, probabilmente, della rappresentatività stessa della categoria dei medici di medicina generale), facendo pervenire a questo Governo la disponibilità all'esecuzione dei test rapidi all'interno degli studi di medicina generale.

Questo però pone delle problematiche che io ho inteso appunto - per il tramite dell'interpellanza che è oggetto della seduta odierna - far pervenire al Governo. Le problematiche sono probabilmente riassumibili in quattro principali categorie. Prima di tutto, sono di ordine logistico, perché abbiamo sempre potuto apprendere come si stia pensando di eseguire questi test antigienici rapidi all'interno degli ambulatori di medicina generale prevedendo un doppio accesso, un accesso “sporco” e un accesso “pulito”, proprio perché chiaramente non è pensabile che avvenga proprio all'interno degli studi medici un contatto tra i pazienti sospetti per COVID e pazienti non COVID che si recano presso gli studi medici per altre ragioni di salute; inoltre, anche la somministrazione dei test deve avvenire all'interno di una stanza riservata. Questo, ovviamente, nella gran parte degli studi medici non è realizzabile ed è per questo motivo che, in seconda istanza, si prevedeva che vi fosse una fascia oraria dedicata proprio alla somministrazione dei test rapidi antigenici, esaurita la quale si doveva però provvedere ad una necessaria sanificazione degli ambienti stessi, per poter accogliere i pazienti successivi. Anche questo sul piano logistico è particolarmente problematico, in realtà, perché è chiaro come nell'organizzazione dei luoghi ma anche dei tempi di lavoro dei medici di medicina generale, e anche dei pediatri di libera scelta, non sia sempre facile garantire una separazione degli orari di ricevimento tra i pazienti e anche una prenotazione degli appuntamenti.

Inoltre, problematiche organizzative. Mi spiego meglio, anche in questo caso. È noto a tutti come ci stiamo avvicinando al picco della stagione influenzale e, per questo motivo, milioni di italiani dovranno essere sottoposti al vaccino e anche il vaccino andrà somministrato proprio grazie all'impegno dei medici di medicina generale. Quindi, risulta anche in questo caso problematico capire come poter conciliare le due attività poiché entrambe impiegheranno una notevole mole di tempo e di lavoro di questi professionisti.

Ma ci sono poi - e questo forse è il dato più importante da sottolineare - tutti gli altri pazienti, tutti gli altri pazienti che, come purtroppo ci consegna il dato dell'ultimo report di Cittadinanzattiva, nel 40 per cento dei casi durante il periodo dell'emergenza hanno dovuto rinunciare a curarsi, hanno dovuto disdire o rinviare sine die visite e prenotazioni per esami o addirittura ricoveri. Di tutti questi altri pazienti il medico di medicina generale deve continuare a farsi carico perché altrimenti sarebbero, come purtroppo sono stati, da quello che ci dice Cittadinanzattiva, letteralmente abbandonati a loro stessi, se riaffiorasse in maniera drammatica l'emergenza del COVID.

In ultimo, le problematiche sono legate anche alla sicurezza sanitaria perché sappiamo come l'inquadramento di questi professionisti, non come dipendenti del Servizio sanitario nazionale bensì come liberi professionisti, sebbene in convenzione con il nostro Sistema sanitario, li abbia poi di fatto esclusi dalla fornitura dei dispositivi di protezione individuale. Chiaramente, possono provvedere ad acquistarli essi stessi in materia in maniera autonoma ma con un aggravio di costi sulla loro attività non indifferente, sebbene sia possibile poi portare in detrazione questo tipo di spese.

Questo tema, cioè quello della fornitura dei dispositivi di protezione individuale, è indubbiamente legato anche alla tutela dei professionisti stessi sul piano assicurativo. Infatti l'inquadramento di questa categoria come liberi professionisti in convenzione ha purtroppo mostrato forse l'aspetto più lacunoso e più problematico sempre nel periodo dell'emergenza COVID, con il mancato riconoscimento di una tutela assicurativa da parte dell'INAIL, che non può coprire dei liberi professionisti, e anche con la mancata copertura delle polizze private, che questi stessi professionisti sono tenuti a stipulare per svolgere la loro attività professionale, poiché di fatto il COVID-19 molto banalmente era una patologia che non esisteva e quindi non si prevedeva alcun premio assicurativo, sino a poco a poco meno di un anno fa. Questo non può lasciarci indifferenti se consideriamo che proprio tra questi professionisti, impegnati in prima linea sul territorio nel periodo dell'emergenza, si siano contate purtroppo 171 vittime e le famiglie di queste vittime rischiano quindi di non vedersi neanche riconosciuto il - sicuramente non consolatorio - premio assicurativo per questo enorme sacrificio che, in numerosi casi, ha portato appunto a perdere la vita.

Ebbene, date tutte queste premesse io chiedo alla sottosegretaria Zampa quali siano le previsioni di questo Ministero per far sì, per quanto di propria competenza, che la nuova attività, il nuovo impegno che certamente - sono sicura - la categoria dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta porterà avanti con coraggio, venga però adeguatamente garantita nel suo espletamento affinché sia tutelata, non soltanto la sicurezza di questi professionisti, ma anche e forse soprattutto la sicurezza di tutti gli altri pazienti che accederanno presso i loro studi. Grazie.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Salute Zampa ha facoltà di rispondere.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. La ringrazio molto signor Presidente. Grazie onorevole Menga. Davvero vorrei rassicurarla riguardo al tema della tutela dei professionisti sanitari che operano in regime di convenzione. Come non può che essere evidente, questa è una delle priorità istituzionali del nostro Ministero, del Ministero che ho l'onore di rappresentare in quest'Aula. Proprio a questo fine, si sono svolti una serie di incontri tra il Ministero della Salute e i sindacati di categoria che li rappresentano, FIMMG, SNAMI, SMI e Intesa sindacale per i medici di medicina generale, nonché la FIMP che, come lei sa, rappresenta i pediatri di libera scelta. L'ultimo tra questi incontri si è tenuto nei giorni scorsi, il 13 ottobre.

Nel corso di questi incontri, e, in particolare, dell'ultimo, è stata condivisa la possibilità di sottoscrivere – quindi, è in via di conclusione - uno stralcio di accordo collettivo nazionale che avrà e ha una duplice finalità: definire le disposizioni necessarie a garantire la distribuzione e l'utilizzo delle apparecchiature sanitarie per la diagnostica di primo livello, di cui all'articolo 1, comma 449, della legge n. 160 del 2019; prevedere il coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nell'esecuzione dei tamponi antigenici rapidi, garantendo al contempo l'adozione di tutte le necessarie misure organizzative volte ad assicurare la massima sicurezza dei pazienti e dei professionisti sanitari. È evidente che questa non può che essere una precondizione di questa iniziativa.

Il 14 ottobre il Ministro Speranza ha inviato una nota al comitato di settore, finalizzata alla predisposizione di un atto di indirizzo integrativo, per definire lo stralcio di accordo collettivo nazionale a cui ho fatto riferimento, ovviamente nel più breve tempo possibile, e, nella seduta di ieri del comitato di settore, l'atto di indirizzo è stato adottato e inviato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con il concerto del Ministro Speranza. Pertanto, ad horas, è proprio imminente, la SISAC potrà avviare le trattative negoziali per individuare anche le misure necessarie per assicurare la somministrazione in sicurezza dei test, questo a tutela - come ho detto - dei pazienti e dei professionisti sanitari, garantendo peraltro, laddove dalle nuove misure derivi un maggiore impegno lavorativo, un incremento della remunerazione delle prestazioni professionali erogate. Peraltro, mi fa piacere sottolineare come ci siano esperienze già in essere di grande qualità e assolutamente tutelanti della sicurezza in giro nel Paese.

Inoltre, in data 14 ottobre, il Ministro ha inviato una specifica direttiva al commissario per l'emergenza, affinché provveda direttamente ad attivare le procedure per l'acquisto e la distribuzione delle relative apparecchiature sanitarie, sulla base di specifici fabbisogni regionali. Per completezza, rammento che il Ministro Speranza, già in occasione del suo recente intervento al congresso nazionale della FIMMG, che si è tenuto, come sa, nei giorni scorsi in Sardegna, ha inteso sottolineare l'intento di velocizzare i tempi per consentire di rendere disponibili le risorse finanziarie, previste dall'ultima legge di bilancio, destinate alla diagnostica di primo livello, che agevolerà i percorsi di diagnosi nell'attuale contesto emergenziale. Sempre in tema di misure avviate per fronteggiare l'emergenza sanitaria in corso e cogliendo ulteriori spunti offerti dalla sua importante interpellanza, ricordo che lunedì 12 ottobre è partita la raccolta delle segnalazioni relative ai casi di sindrome simil-influenzale, che terminerà domenica 25 aprile 2021, salvo ulteriori comunicazioni collegate alla situazione epidemiologica nazionale. Il sistema di sorveglianza InfluNet si basa su una rete di “medici sentinella”, costituita da medici di medicina generale e da pediatri di libera scelta reclutati dalle Regioni, che segnalano i casi di sindrome simil-influenzale osservati tra i loro assistiti. I “medici sentinella” e altri medici, che operano nel territorio e negli ospedali, collaborano, di regola, anche alla raccolta di campioni biologici per l'identificazione di virus circolanti; tuttavia il protocollo InfluNet prevede, per la stagione 2020-2021 in corso, alcuni cambiamenti rispetto alla precedente stagione influenzale, dovuti al contesto emergenziale della pandemia da COVID-19. Il primo cambiamento consiste proprio nella denominazione “Protocollo operativo InfluNet & CovidNet”: Il sistema di sorveglianza sarà infatti potenziato attraverso l'arruolamento di un numero maggiore di “medici sentinella”, sempre tra i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, per poter raggiungere una copertura di almeno il 4 per cento della popolazione regionale (4 per cento per ciascuna ASL e per ciascuna fascia di età). Parallelamente sarà implementata anche la sorveglianza virologica con l'aumento del numero di tamponi effettuati tra gli assistiti dai “medici sentinella”. Poiché la sintomatologia dell'influenza è paragonabile a quella del COVID-19, sarà effettuata con lo stesso tampone la ricerca dei virus influenzali e del Sars-COV-2. Sottolineo che agli assistiti con sindrome simil-influenzale il tampone non sarà più effettuato dal “medico sentinella”, bensì dalla ASL competente a cui il medico appartiene. La situazione emergenziale legata alla pandemia da COVID-19 non permette al “medico sentinella” di effettuare il tampone oro-naso-faringeo al proprio assistito presso il proprio studio medico, pertanto il “medico sentinella” effettuerà il triage telefonico e, qualora i sintomi dichiarati dal proprio assistito risultassero compatibili con la definizione di sindrome simil-influenzale, egli registrerà nel portale InfluNet i dati relativi al proprio assistito. Il prelievo verrà effettuato dall'ASL di competenza nei riguardi del paziente in tal modo segnalato dal “medico sentinella” nel portale InfluNet. Segnalo che il prelievo debba essere eseguito durante la fase acuta della malattia, cioè in situazione di rialzo febbrile. La raccolta dei campioni verrà gestita dalle Regioni e dalle ASL territoriali, in base alle articolazioni della propria organizzazione socio-sanitaria a livello territoriale e locale. Concludo, rassicurando che il Ministero della Salute segue con la debita e necessaria attenzione l'attuazione e gli sviluppi delle iniziative e procedure ora illustrate.

PRESIDENTE. L'onorevole Menga ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ROSA MENGA (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria per l'esaustiva risposta e mi dichiaro assolutamente soddisfatta, ma soprattutto spero che la soddisfazione mia sia anche la soddisfazione della stessa categoria che sento di rappresentare orgogliosamente, essendo anch'io un medico, perché spero che, con l'occasione di questa interpellanza, sia finalmente noto quale sia lo sforzo di questo Ministero nell'assicurare ogni passaggio necessario alla ricontrattazione collettiva, alla ricontrattazione nazionale degli accordi, che effettivamente rappresenta l'unica strada per definire le nuove misure organizzative che potranno consentire l'avvio di questa attività di contrasto all'epidemia del COVID in totale sicurezza anche all'interno degli studi di medicina generale. Per questo, ritengo che la risposta sia del tutto soddisfacente e che adesso non si possa far altro che attendere che la SISAC, insieme alle sigle sindacali tutte, si adoperi affinché appunto tali misure trovino presto una definizione e soprattutto un'attuazione, così come pure accolgo con favore la notizia degli sforzi che si stanno compiendo, sempre a livello del Ministero, per sbloccare quelle risorse che sono state effettivamente stanziate con la scorsa legge di bilancio (ricordo: 235 milioni di euro per l'acquisto e quindi la dotazione di apparecchiature per la diagnostica di primo livello proprio all'interno degli studi di medici di medicina generale); questo consentirà senza dubbio - come la stessa sottosegretaria ricordava - di facilitare anche il lavoro di questi professionisti. Chiudo apprezzando anche il lavoro di potenziamento delle sentinelle mediche, che avranno il compito, arduo senz'altro, in questa stagione così particolare, di individuare i casi di sindrome influenzale e parallelamente anche, vista l'attinenza della sintomatologia clinica, di COVID, auspicando che si possa proseguire su questo percorso già tracciato, perché è importante che i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta non siano lasciati soli, come prima barriera contro questi casi di malattia, prima ed unica forse sul territorio, ma che sempre più si possa assistere anche alla cooperazione con queste figure, nonché con tutta la rete territoriale dell'ASL, con i dipartimenti di igiene e prevenzione, affinché il contrasto a questa epidemia possa essere sempre più frutto di un lavoro di squadra e sempre meglio strutturato, perché occorre anche essere pronti ed essere rapidi nell'individuazione dei nuovi casi.

Modifica nella composizione della Giunta per il Regolamento.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato il deputato Igor Giancarlo Iezzi a far parte della Giunta per il Regolamento, ai sensi dell'articolo 16, comma 1, del Regolamento, in sostituzione della deputata Elena Maccanti, dimissionaria.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, con distinte lettere trasmesse nella giornata di ieri, il Presidente della Commissione Affari costituzionali ha rappresentato l'esigenza - condivisa all'unanimità dai rappresentanti dei gruppi in Commissione - di chiedere un rinvio dell'inizio dell'esame in Assemblea, previsto per il prossimo 23 ottobre, della proposta di legge costituzionale n. 2238, recante modifiche agli articoli 57 e 83 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica - di cui la Commissione ha sospeso l'esame in sede referente -, nonché di chiedere un ulteriore differimento dell'esame in Assemblea della proposta di legge 2329, recante modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e al decreto legislativo n. 533 del 1993, in materia di soppressione dei collegi uninominali e di soglie di accesso alla rappresentanza nel sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, previsto dal calendario dei lavori a partire da lunedì 26 ottobre.

Sulla base delle intese intercorse tra tutti i gruppi, l'esame di entrambi i provvedimenti non sarà pertanto iscritto all'ordine del giorno delle sedute nelle quali era previsto. L'eventuale ulteriore calendarizzazione di tali argomenti potrà essere valutata dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carmen Di Lauro. Ne ha facoltà.

CARMEN DI LAURO (M5S). Grazie, Presidente. La storia che sto per raccontare oggi ha la parvenza di un film, sembra quasi un film, invece è una storia reale. È una bruttissima storia che ha inizio circa 40 anni fa, tra Castellammare di Stabia, la Germania e la Francia. Nel 1976, secondo alcuni archeologi, sul pianoro di Varano, quindi a Castellammare, viene ritrovato, in un cantiere edile, un Doriforo. Cos'è un Doriforo? È una scultura di circa due metri, in marmo, tra le opere più riprodotte del mondo antico, una bellissima scultura quindi. Ci troviamo, essendo di epoca romana, tra il primo e secondo secolo avanti Cristo, quindi un'opera sicuramente di grande valore, un'opera molto preziosa. Questo ritrovamento, però, non viene segnalato alle autorità preposte, la scultura finisce sul mercato nero e nel 1980 compare misteriosamente in un museo a Monaco, in Germania. Dopo un po' di tempo iniziano a circolare sui giornali articoli secondo cui quest'opera in realtà sia stata trafugata, quindi sparisce da Monaco, attraversa l'oceano e sei anni dopo viene ritrovata al Minneapolis Institute of Art negli USA. Questa è una storia assurda, io ho voluto ringraziare personalmente la collega Margherita Corrado, che al Senato ha sollevato il caso in un'interrogazione parlamentare diretta al Ministro Franceschini. Con lei intraprenderemo delle azioni proprio per far luce su questa vicenda. Voglio ringraziare il professor Umberto Pappalardo, che da anni si spende per questo tema e che davvero ci lavora tanto e col cuore.

Ovviamente io mi unisco all'appello delle associazioni e del sindaco, chiedendo a gran voce al Ministro dei Beni culturali, Franceschini, di impegnarsi per capire dove sia e quale sia la verità, ma soprattutto di chiedere con forza e rivendicare un tesoro italiano, che inspiegabilmente e illegalmente si trova, tutt'oggi, a 7 mila chilometri dalla sua casa.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 19 ottobre 2020 - Ore 14:

1. Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:

L'ABBATE e PARENTELA; D'ALESSANDRO ed altri; VIVIANI ed altri: Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. Delega al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore. (C. 1008-1009-1636-A)

Relatori: GALLINELLA e VIVIANI.

2. Discussione sulle linee generali delle mozioni Meloni ed altri n. 1-00382 e Centemero ed altri n. 1-00383 concernenti il ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze nell'ambito del processo di vendita della società Borsa Italiana .

3. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

DI STASIO ed altri: Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale. (C. 2313-A)

Relatore: CABRAS.

La seduta termina alle 11,05.