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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 402 di venerdì 2 ottobre 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FRANCESCO SCOMA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 settembre 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, la deputata Spadoni è in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Luca Sani, proclamato il 30 settembre 2020, ha dichiarato, con lettera pervenuta in pari data, di aderire al gruppo Partito Democratico. Comunico, altresì, che il deputato Nicola Carè, già iscritto al gruppo Italia Viva, ha dichiarato, con lettera pervenuta il 30 settembre 2020, di aderire al gruppo Partito Democratico. La Presidenza di tale gruppo, con lettere pervenute in pari data, ha comunicato di aver accolto le richieste.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza volte a tutelare il riccio di mare dal prelievo intensivo - n. 2-00924)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno, Deiana ed altri n. 2-00924 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Paola Deiana se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLA DEIANA (M5S). Grazie, Presidente. Grazie sottosegretario, il riccio di mare Paracentrotus lividus è uno dei principali erbivori delle zone costiere superficiali del Mediterraneo e, attraverso la sua attività di pascolo del manto algale, costituisce a definire la struttura della comunità bentonica infralitorale, costituita dagli organismi acquatici che vivono in stretto contatto con il fondo o fissati al substrato solido.

Da diversi anni in Sardegna, così come in Puglia e in Sicilia, ovvero nelle regioni in cui la pesca del riccio è consolidata tradizione, il prelievo intensivo sta riducendo drasticamente la presenza del Paracentrotus lividus. In particolare, in Sardegna, lo sfruttamento degli stock risulta considerevole a causa del continuo aumento della domanda e di evidenti difficoltà nella gestione e nel controllo di tutto il processo di filiera. Questo ha portato a casi di sovrasfruttamento imputabili al prelievo da parte dei pescatori autorizzati, ma anche da parte di chi pratica la pesca illegale o a fini ricreativi.

Il prelievo incontrollato di questa specie incide prevalentemente sulle classi di taglia superiore ai 50 millimetri – taglia commerciale minima – e il decremento della popolazione come conseguenza della pesca può originare numerosi effetti indiretti, alterando i processi ecologici che caratterizzano gli habitat costieri.

Nello specifico, la rimozione sistematica dei ricci di mare più grandi, quindi più produttivi in termini di gonadi, riduce il numero di individui fertili che rilasciano gameti nell'ambiente circostante, producendo un effetto a cascata, di riduzione delle popolazioni naturali. La riduzione della densità degli adulti, inoltre, ha un effetto negativo sul reclutamento degli individui giovani, che utilizzano gli adulti per nascondersi e proteggersi dai predatori naturali. La riduzione della densità, dell'abbondanza e della dimensione media dei ricci adulti ha conseguenze drammatiche sia dal punto di vista ecologico, a causa delle modifiche degli equilibri dell'intera comunità bentonica, sia da quello socio-economico, a causa delle ricadute su tutta la filiera della produzione del prodotto riccio di mare, quindi pescatori, distributori e ristoratori.

Presidente, io ora mi accingo a leggere un solo studio che mi è stato fornito, ma vorrei precisare che, essendo in contatto continuo con i ricercatori, soprattutto, dell'università di Sassari, posso affermare che, in realtà, queste percentuali che vado ad illustrare si possono riferire anche alla totalità dei siti censiti dalla regione Sardegna, ma, ahimè, anche ad altre regioni. Quindi, ora proseguo, comunque, a illustrare lo studio di riferimento.

L'area marina protetta Capo Caccia-Isola Piana ha realizzato, in collaborazione con l'Università di Sassari e con il CONISMA, quattro campagne di studio negli anni 2006, 2007, 2018 e 2019, con lo scopo di acquisire dati e informazioni relativi alla presenza, distribuzione, abbondanza e struttura demografica del Paracentrotus lividus all'interno della stessa area marina e in siti esterni.

I dati raccolti nel corso dell'indagine evidenziano che rispetto alla precedente campagna di monitoraggio, ossia quella del 2018, i risultati del 2019 hanno mostrato un ulteriore decremento della popolazione di Paracentrotus lividus e, considerando tutti i dati pregressi raccolti per quest'area per la batimetria che va dai 5 metri ai 10 metri, si può affermare che la popolazione totale, dal 2006, si è ridotta drasticamente, con percentuali, molto spesso, superiori all'85 per cento.

La pesca incontrollata, la minaccia dell'alterazione degli habitat e la possibile scomparsa delle specie hanno già portato il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali a vietare la pesca delle oloturie, echinodermi comunemente noti come cetrioli di mare, presenti nel Mediterraneo.

Risulta, pertanto, evidente che il Paracentrotus lividus si trovi oggi in uno stato di grave depauperamento e che si renda necessaria l'adozione di misure volte alla tutela della specie.

Quindi, chiedo quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di tutelare il Paracentrotus lividus, impedendone, ovviamente, il rischio di estinzione e se intenda promuovere campagne di comunicazione finalizzate ad accrescere la consapevolezza ambientale, favorendo, contestualmente, una maggiore cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe L'Abbate, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE L'ABBATE, Sottosegretario di Stato per le Politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, premetto che le tematiche evidenziate dall'onorevole interpellante rientrano nelle aree di interesse sia dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, atteso il coinvolgimento del comparto della pesca, sia del Dicastero dell'Ambiente, per quanto, più nello specifico, afferisce alle implicazioni legate all'ambiente marino.

La vigente disciplina della pesca marittima, professionale e sportiva è caratterizzata da una serie di norme nazionali che, come noto, già impongono obblighi limitanti la possibilità di pregiudizio delle risorse biologiche del mare. Più nello specifico, per quanto riguarda la pesca del riccio di mare, il riferimento è costituito dal decreto ministeriale 12 gennaio 1995 e dalle normative regionali.

Le funzioni di vigilanza e controllo sul rispetto delle predette disposizioni - con particolare riferimento all'attività di cattura, al commercio ed alla somministrazione di prodotti ittici - sono affidate, sotto la direzione dei comandi delle capitanerie di porto-guardia costiera, al personale civile e militare dell'Autorità marittima centrale e periferica, alla guardia di finanza, ai carabinieri e agli altri soggetti indicati all'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, cui è attribuita la qualifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria secondo le rispettive attribuzioni.

Il rispetto delle vigenti norme in materia di pesca marittima, inclusi i divieti relativi al riccio di mare, è oggetto di continua attenzione da parte di tutti gli organismi di controllo nazionali competenti.

In tale contesto, il MIPAAF, sempre nei limiti delle proprie attribuzioni svolge, le funzioni di indirizzo e coordinamento, in ossequio a quanto disposto dall'articolo 22, comma 1, del citato decreto legislativo, mediante proprie direttive di carattere generale ai competenti organi di polizia, affinché garantiscano, lungo l'intera filiera della pesca, il rispetto della normativa, mediante costanti, mirati e sempre più efficaci controlli.

Per quanto riguarda, invece, l'azione diretta del Ministero dell'Ambiente, nell'ambito delle sue competenze, si evidenzia che questa si esplica soprattutto nell'ambito delle aree marine protette, in cui il prelievo della specie è, in molti casi, del tutto vietato o, nei casi in cui non lo sia, è comunque soggetto a regolamentazioni più restrittive che nel resto delle acque nazionali.

Nelle aree marine protette dove la pesca dei ricci di mare è consentita, si evidenzia come la tutela della specie venga costantemente monitorata ai fini della valutazione dell'efficacia delle misure messe in atto per la sua conservazione.

Rassicuro l'interpellante che il Governo è impegnato ad individuare ogni proposta utile a garantire la tutela dell'ecosistema marino e, in particolare, della specie evidenziata, anche valutando la possibilità di predisporre progetti sperimentali di ripopolamento ed iniziative atte a consentire la pianificazione di scelte gestionali fondate su un quadro completo di evidenze scientifiche.

PRESIDENTE. La deputata Deiana ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLA DEIANA (M5S). Grazie, Presidente. Grazie al sottosegretario, io mi reputo soddisfatta per la risposta e, soprattutto, per l'apertura mostrata dal sottosegretario L'Abbate alla fine del suo intervento, della sua risposta. Vuol dire che stiamo andando nella direzione giusta e il fatto di voler intraprendere delle azioni, anche sperimentali, per il ripopolamento di questa specie vuol dire che c'è un reale interesse, anche perché non dimentichiamo che questa specie è importante per un intero comparto della pesca, ma anche economico.

Volevo sottolineare, però, Presidente e sottosegretario, con grande rammarico, che, in realtà, le evidenze scientifiche esistono, purtroppo però, probabilmente, le regioni, in maniera timida, probabilmente impaurite anche forse per ragioni elettorali, non hanno trasmesso questi dati al Ministero competente. Bisogna anche sottolineare che, in realtà, le regioni già, in autonomia, possono assumere delle decisioni assolutamente stringenti. Se penso alla mia regione, ad esempio, che, a breve, dovrà emettere la delibera di pesca relativamente a questa specie, io auspico davvero che faccia il tentativo di stringere il periodo di pesca di questa specie e anche i quantitativi numerici che si possono prelevare dall'ambiente marino.

Lo dico con molta tristezza, Presidente, perché, in realtà, le ricerche effettuate su questa specie sono numerose: le regioni devono solo ascoltare i ricercatori e, ovviamente, poi chiedere il supporto del Ministero competente, anche perché, Presidente, non c'è più tempo. Questa specie, 10-12 anni fa, quando io ero una ragazzina, era una specie veramente comunissima. Il problema reale, è vero, è che si è comunque modificata la tradizione gastronomica e, quindi, conseguentemente, la domanda sul mercato.

Voglio portare un esempio: nella mia città, Alghero, ma in tante altre città costiere della Sardegna, come ho già detto nella mia relazione, e anche della Puglia e della Sicilia, generalmente questi organismi venivano degustati nelle cosiddette stecche di gennaio, ossia le belle giornate dove ci si riuniva in pochi, in maniera conviviale, per degustare questi organismi e le gonadi di questi organismi. Il problema vero nasce da quando la cosiddetta polpa di riccio è entrata nei menù di tutti i ristoranti e, ovviamente, l'eccesso della domanda ha portato alle conseguenze che ho illustrato, ossia il depauperamento delle popolazioni. Ma il problema serio, Presidente, è che il problema del depauperamento è una cosa molto seria.

Ora ho portato, ad esempio, una specie che è il Paracentrotus lividus, ma ne possiamo fare veramente tanti di nomi; quindi bisogna in qualche modo intraprendere delle decisioni serie e veramente importanti affinché questa specie in particolare numericamente non scenda sotto un determinato livello, e vi spiego anche il perché. Il problema biologico relativo al fatto che una specie diminuisca sotto un livello numerico nelle popolazioni assume veramente una rilevanza seria innanzitutto perché i riproduttori sono di meno, quindi, ovviamente, le capacità di riproduzione, di rigenerazione e di reclutamento risultano essere sicuramente inferiori, ma il problema vero, poi, sta nella diversità genetica, perché qualora rimangano pochi superstiti - e me lo auguro, ovviamente - relativamente a questa specie, succede che poi ovviamente la variabilità genetica inizia a essere talmente ridotta che in caso di una possibile epidemia (che è successa, peraltro, in Sardegna, dove ci sono stati dei casi di morie, di calvizia, del riccio), questo può portare ad un'estinzione veramente seria della specie, perché, avendo meno variabilità genetica, questo comporta ovviamente una risposta che potrebbe essere anche assolutamente ridotta, tale da portare all'estinzione la specie.

Quindi voglio chiudere, Presidente, ringraziando nuovamente il sottosegretario per la sua apertura, ma auspico fortemente che le regioni, soprattutto ora che si troveranno ad emettere le loro delibere per la pesca di questo individuo, abbiano dei parametri più stringenti sia nella temporalità, sia nel numero di individui da pescare.

(Iniziative volte a favorire la ripresa delle attività e delle relazioni familiari degli ospiti delle comunità terapeutiche residenziali - n. 2-00922)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente D'Arrando ed altri n. 2-00922 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata D'Arrando se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CELESTE D'ARRANDO (M5S). Grazie, illustro. Presidente, ho presentato questa interpellanza urgente per richiamare l'attenzione del Governo sul disagio vissuto dalle persone con disabilità, soprattutto disabilità intellettive e sensoriali, ospiti nelle comunità terapeutiche assistite, e dai loro familiari a causa delle restrizioni dovute alle misure anti COVID-19. Come segnalato dall'Utim - Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva, le famiglie con figli ospiti in queste comunità hanno chiesto l'allentamento delle misure anti contagio messe in atto nella fase acuta dell'emergenza sanitaria e la ripresa da parte dei ragazzi delle terapie riabilitative, che includono anche lo svolgimento di attività esterne finalizzate al loro reinserimento sociale. Nelle comunità alloggio di piccole dimensioni, 8-10 utenti, vivono prevalentemente persone giovani/adulte, con caratteristiche ed esigenze diverse da quelle degli anziani ospitati nelle RSA, spesso non autosufficienti e con multi-morbilità.

Buona parte di questi giovani/adulti, pur avendo varie problematiche, non hanno in genere patologie in atto e vivono nelle comunità terapeutiche residenziali soprattutto per il fatto di non poter più contare su un ambito domiciliare e familiare idoneo. Gli ospiti di queste realtà hanno la primaria necessità di riprendere le normali attività nel territorio urbano in cui sono inseriti in base alle loro autonomie, la periodica frequentazione dei familiari, il ritorno a casa laddove è possibile, la partecipazione alla vita sociale nel rispetto della necessità e del diritto all'integrazione, peraltro secondo il loro progetto educativo individuale. Come abbiamo potuto recentemente verificare nel corso delle audizioni informali svolte in XII Commissione sulle ricadute sociali dell'emergenza epidemiologica, con particolare riferimento alle problematiche dell'infanzia, degli anziani e delle persone con disabilità, cito in quest'ambito l'audizione della Federazione italiana comunità terapeutiche.

Le attività di formazione professionale, fondamentali nei percorsi educativi insieme al volontariato e all'inserimento nelle attività sportive e ludiche, finalizzate all'integrazione nella vita sociale normale di ragazzi dai 14 ai 18 anni, sono state bloccate e con esse i percorsi terapeutici. Se queste attività non si riavviano completamente, molti ragazzi rischiano di perdere il senso del loro percorso educativo in comunità e di attivare, quindi, anche meccanismi di fuga. Le persone con disabilità e i loro familiari hanno sofferto enormemente la chiusura dei servizi diurni e domiciliari nel periodo di lockdown e oggi soffrono le limitazioni di orario e le misure restrittive alle quali sono sottoposte per il timore del contagio; vi è quindi un disagio diffuso, segnalato da più soggetti, che rischia di ripercuotersi negativamente sui risultati ottenuti con i percorsi terapeutici e riabilitativi.

Fino a quando non sarà cessata l'emergenza epidemiologica sarebbe necessario elaborare delle linee guida unitarie che tengano conto delle diverse tipologie di utenza e di servizi sul territorio, uniformando le attuali significative differenze tra le regioni. In particolare, ritengo che si dovrebbero differenziare le norme anti contagio per i servizi che si occupano di anziani, di minori o tossicodipendenti a seconda degli effettivi bisogni, equilibrando la necessità di prevenzione del contagio con l'altrettanta indispensabile attività di relazione e di vita familiare delle persone, individuando anche strumenti ad hoc che evitino gli abbandoni dei percorsi terapeutici, educativi e riabilitativi che purtroppo si sono verificati.

Per le ragioni che ho esposto chiedo se il Governo è a conoscenza delle criticità lamentate dalle persone con disabilità, dalle associazioni e dalle loro famiglie e quali iniziative intenda adottare per favorire la completa ripresa delle attività e delle relazioni familiari degli ospiti delle comunità terapeutiche residenziali.

PRESIDENTE. Il Vice Ministro della Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Vice Ministro della Salute. Grazie, Presidente. Grazie, onorevole D'Arrando e colleghi. Nell'ambito delle strategie di prevenzione e controllo del virus SARS-CoV-2 occorre prestare massima attenzione nei confronti dei soggetti fragili. Le strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali includono le strutture residenziali in ambito territoriale per le persone autosufficienti quali anziani e disabili, e le strutture residenziali ex ospedaliere ad elevato impegno sanitario per i trattamenti residenziali intensivi di cura e mantenimento funzionali, quali le RSA, residenze sanitarie assistenziali, le RSD, residenze sanitarie per disabili, strutture per la lungodegenza, case di riposo e strutture sociali territoriali. In particolare, le comunità alloggio costituiscono una soluzione residenziale alla quale si ricorre nei casi in cui, per le persone che presentano delicate condizioni quali handicap o minori privi di sostegno, sia impraticabile o improponibile l'ambiente familiare o l'affido familiare e non è necessario ricorrere a soluzioni residenziali particolarmente protette. Le comunità alloggio sono contraddistinte dal fatto che la loro componente sanitaria è di bassa intensità. Relativamente all'accesso dei familiari nelle strutture in questione, il Ministero della Salute ha fornito indicazioni con la circolare n. 14314 del 23 aprile del 2020, che reca indicazioni emergenziali per le attività assistenziali e le misure di prevenzione e controllo nei dipartimenti di salute mentale e nei servizi di neuropsichiatria infantile dell'infanzia e dell'adolescenza.

In materia il DPCM 11 giugno 2020, all'articolo 1, comma 1, ha individuato le misure dirette a contrastare e contenere la diffusione del COVID-19 prevedendo la limitazione dell'accesso di parenti e visitatori nelle strutture di ospitalità e di lungodegenza, RSA, hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, nei casi indicati dalla direzione sanitaria delle strutture, tenuta ad adottare le misure necessarie per prevenire ogni possibile trasmissione del virus. Tali misure sono state prorogate fino al 7 ottobre 2020 con successivi DPCM.

Inoltre, l'Istituto superiore di sanità ricorda che, ai sensi dell'articolo 9 del citato DPCM, le attività sociali e sociosanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all'interno o da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, a carattere socioassistenziale, socioeducativo, polifunzionale, sociooccupazionale, sanitario e sociosanitario, vengano riattivate secondo specifici piani territoriali adottati dalle regioni, assicurando attraverso eventuali protocolli il rispetto alle disposizioni per la prevenzione del contagio da COVID-19 e la tutela della salute degli utenti e degli operatori sanitari. In base ai rilievi dell'andamento locale del contagio è possibile prospettare la riattivazione dei percorsi di inclusione sociale nell'ambito delle diverse reti offerte dai servizi di comunità. Occorre, tuttavia, implementare adeguate strategie di prevenzione che contribuiscano a mitigare il rischio di contagio e nel contempo garantiscano alle persone con disabilità intellettiva sia un proficuo rapporto con il contesto di appartenenza sia il prosieguo del loro proprio progetto di vita. L'ISS ha inteso segnalare che è stato recentemente aggiornato e pubblicato il rapporto “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da SARS-COV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali”. Tale rapporto fornisce indicazioni che certamente non possono prescindere dalla valutazione a livello locale del rischio sanitario, in base all'organizzazione assistenziale e alla struttura dell'edificio, agli ospiti, agli operatori, alla particolare situazione epidemiologica locale. Nel documento in questione la possibilità delle visite è auspicata e viene anche indicato come gestirle, per evitare pericolosi assembramenti. Le visite sono sconsigliate esclusivamente in presenza di casi accertati di COVID-19 all'interno della struttura.

Inoltre, riguardo alla tutela delle persone con disabilità intellettiva, è in fase di aggiornamento anche il rapporto dell'Istituto superiore di sanità “Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno delle persone nello spettro autistico e/o con disabilità intellettiva nell'attuale scenario emergenziale SARS-COV-2”, che fornisce indicazioni specifiche per la tipologia di strutture sociosanitarie dedicate a tali ospiti operanti in ambito territoriale. Anche in questo documento è prevista la gestione della riapertura alle visite, la ripresa delle attività di gruppo ed inclusive, mantenendo un adeguato livello di sicurezza. Al direttore della struttura compete la valutazione finale delle condizioni necessarie per l'implementazione delle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità. Nel rapporto viene specificata la necessità di predisporre tutte le azioni di sorveglianza sanitaria volte ad una puntuale rilevazione dello stato di salute degli ospiti esterni, prima di prevedere la riattivazione delle attività inclusive per evitare che persone con infezione da COVID-19 in atto possano avere accesso alla struttura.

Viene ribadita l'importanza dell'isolamento temporaneo dei casi sospetti, e in caso di impossibilità di un'efficace isolamento e della gestione clinica del caso confermato, la necessità di effettuare il trasferimento in ambiente ospedaliero o in altra struttura adeguata. Secondo l'Istituto, nell'attuale contesto epidemiologico occorre definire modalità gestionali appropriate e sicure, sia per il personale adibito che per gli ospiti della struttura, che consentano la riapertura degli accessi ai familiari. Ciò vale anche per i rientri in famiglia, che costituiscono un tassello fondamentale per la salute di questi ospiti fragilissimi. L'Istituto superiore di sanità assicura di lavorare attivamente per favorire iniziative che promuovano la corretta interpretazione delle indicazioni.

Segnalo inoltre che il Ministero della Salute, con la circolare n. 0011408 del 1° giugno 2020, “Linee di indirizzo per la progressiva riattivazione delle attività programmate considerare differibili in corso di emergenza da COVID-19”, ha inteso fornire indicazioni operative ai fini dell'attivazione di tutte le attività sanitarie, e dedica un'ampia sezione al controllo e alla regolamentazione degli accessi alle strutture eroganti.

PRESIDENTE. La deputata Celeste D'Arrando ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

CELESTE D'ARRANDO (M5S). Vice Ministro, grazie. Io mi ritengo soddisfatta della risposta, anche perché riattivare questi percorsi riabilitativi e terapeutici per le persone con disabilità, ovviamente mantenendo quelli che sono i criteri di sicurezza e anti-contagio, credo sia un aspetto fondamentale. Anche perché le persistenti e significative differenze tra regioni danno un'immagine di un'Italia divisa, ed è oggi giunto anche il momento di andare a omogeneizzare, cioè a rendere omogenee quelle che sono le misure anche per le persone con disabilità nelle comunità terapeutiche.

Siamo tutti consapevoli che l'applicazione delle misure anti-contagio dovute all'emergenza epidemiologica da COVID-19 per la tutela della salute dei cittadini, e a maggior ragione di quelli più fragili, sia un dovere fondamentale, e questo è sotto gli occhi di tutti. La cosa importante è che, superata la fase acuta della pandemia, in questo periodo di convivenza con il virus, però, giustamente, come diceva il Vice Ministro, gli enti locali, le regioni e tutte le istituzioni che sono coinvolte in questo percorso si devono impegnare a garantire un altrettanto fondamentale diritto alle persone con disabilità, rappresentato dalla completa ripresa delle terapie riabilitative e delle attività sportive, di volontariato, di vita sociale, affettiva e familiare. Come a tutte le persone che non hanno una disabilità, e possono condurre una vita sociale e familiare, questo diritto deve essere garantito anche alle persone con disabilità intellettive, fisiche, sensoriali e non solo, ovviamente nel rispetto sempre delle misure di distanziamento sociale e di protezione personale che tutti noi conosciamo. Non dobbiamo dimenticare che si tratta di importanti percorsi, quelli che sono stati attivati nelle comunità terapeutiche, che sono sia rieducativi ma anche riabilitativi, e che il lockdown ha bloccato, proprio per una questione di sicurezza e di salute, compromettendo quelli che sono i risultati raggiunti dalle persone, dai ragazzi che vivono in queste comunità. Questa situazione e questa ripresa sono necessarie proprio per evitare che si possano aggravare le situazioni delle persone con disabilità, lo stato di salute, e compromettere come dicevo prima i risultati ottenuti.

Per questo motivo credo sia importante, come ho proposto, differenziare l'applicazione delle norme anti-COVID-19 per i servizi che si occupano di anziani, di minori e tossicodipendenti, a seconda degli effettivi bisogni, equilibrando la necessità di prevenzione del contagio con l'altrettanto indispensabile attività di relazione e di vita familiare delle persone: misure che tengano conto delle diverse tipologie di utenza e di servizi sul territorio, uniformando le attuali significative differenze tra le regioni. I percorsi riabilitativi per le persone, per i ragazzi con disabilità sono importanti ponti con la realtà sociale e affettiva familiare, e che dobbiamo sempre tutelare anche nell'emergenza.

(Iniziative di competenza in ordine alla compatibilità della residenza “Casa impresa benessere” di Arzano (Na) con la disciplina dettata dalla legge n. 180 del 1978 e in ordine all'elaborazione di nuove linee guida sui requisiti di accreditamento regionale per le residenze psichiatriche - n. 2-00943)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente D'Arrando ed altri n. 2-00934 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Celeste D'Arrando se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CELESTE D'ARRANDO (M5S). La illustro, Presidente, grazie. Il 23 giugno scorso un sito di informazione ha riportato la notizia dell'inaugurazione ad Arzano, in provincia di Napoli, di una residenza psichiatrica pubblica che ospita 40 persone e che si chiama “Casa impresa benessere”, strutturata su tre piani per un totale di 2 mila metri quadri. L'accordo in Conferenza unificata del 17 ottobre 2013 in merito alle strutture residenziali psichiatriche al punto 2, “Indicazioni sull'assetto organizzativo”, prevede che le strutture residenziali psichiatriche, nell'ambito delle direttive regionali e aziendali, operino sulla base di linee guida clinico-assistenziali validate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale. La prassi scientifica nazionale e quella internazionale prevedono che le strutture residenziali psichiatriche siano sempre composte da piccole unità abitative, rendendo possibile un modello esistenziale riabilitativo dove possa esprimersi nel migliore dei modi la relazione personale.

Una residenza psichiatrica di così ampia metratura, come quella della “Casa impresa benessere”, sembra invece riproporre il modello dei vecchi manicomi psichiatrici, aboliti con la legge cosiddetta Basaglia nel 1978, dove le persone con disagio psichico venivano rinchiuse per essere isolate completamente dalla società. La predisposizione di questa struttura, quindi, sembra contrastare con tutte le consolidate esperienze terapeutiche maturate nel Paese negli ultimi decenni, e che hanno dimostrato che la presa in carico e la cura della persona con disagio psichico passa attraverso un percorso personalizzato, fatto di ascolto, di progettazione condivisa, in luoghi di piccole dimensioni, dove possa esprimersi al meglio la fondamentale relazione interpersonale.

Ricordo che, mentre ad Arzano si rinchiudono o si presume che si rinchiudano di nuovo i pazienti psichiatrici, molte regioni, tra cui la Campania, hanno deliberato l'adozione di progetti terapeutico-riabilitativi individuali regionali sostenuti con il budget di salute: un approccio terapeutico sociosanitario opposto all'inaugurazione di grandi ed isolate strutture psichiatriche, che con la proposta di legge relativa al budget di salute, A. C. 1752 che ho presentato, in linea con la cosiddetta legge Basaglia, proponiamo come modello da adottare su tutto il territorio nazionale a favore delle persone con disabilità e dei soggetti fragili.

Che cos'è il budget di salute? È un piano per il benessere, non solo sociosanitario ma anche finanziario, perché è volto a utilizzare le risorse economiche e strutturali in modo differente da come vengono utilizzate oggi. È costruito sulla persona, questo progetto, che prevede quante e quali risorse umane, tecnico-professionali ed economico-finanziarie, e per quanto tempo si debbano investire per realizzare un progetto terapeutico riabilitativo individualizzato sulla persona. Questo progetto di investimento sul benessere del paziente è definito da un gruppo di valutazione multidisciplinare formato dai servizi sanitari specifici delle aziende sanitarie locali (ASL), dai servizi sociali, dai soggetti del terzo settore, con la partecipazione attiva della persona vulnerabile e della sua famiglia, che devono e possono contribuire a definire il percorso terapeutico.

È un approccio diverso, rivoluzionario, che mette al centro la collaborazione del paziente nel definire i propri bisogni sociosanitari, assistenziali e personali prioritari nel programmare interventi personalizzati in base alle risorse esistenti per superare la reclusione in strutture protette, i ricoveri ripetuti e protratti, l'assistenzialismo passivizzante e l'abbandono. Il budget di salute permette di tracciare un percorso sociosanitario alternativo, multidisciplinare, che parte sempre dalle persone, dalle loro esigenze e potenzialità, sottraendole alla passiva residenza, spesso senza averla scelta, in strutture di lunga assistenza, ancorché accreditate, senza alcuna prospettiva evolutiva e terapeutica, come potrebbe sembrare avvenire nella megastruttura di Arzano. È uno strumento innovativo che garantisce alla persona con disabilità il diritto di vivere la propria vita da cittadino libero e attivo, scegliendo percorsi alternativi di casa, lavoro, scuola, socialità, senza essere confinato in strutture neomanicomiali già abolite nel 1978. Abbiamo il dovere di guardare avanti, come ha fatto la psichiatria in questi decenni, e non permettere il ripetersi di un pessimo passato.

Per queste ragioni chiedo al Governo quali iniziative, ovviamente di competenza, intenda intraprendere per verificare la compatibilità della residenza psichiatrica pubblica, “Casa Impresa Benessere”, con le norme previste dalla legge n. 180 del 1978, di prevenzione, cura e riabilitazione di pazienti con disturbi mentali, anche valutando se sussistano i presupposti per un'eventuale attività ispettiva; accertare la tipologia di rapporti di lavoro con la quale saranno contrattualizzati i pazienti semiresidenziali della struttura che lavoreranno per l'azienda Kiton, che, secondo quanto reso noto, ha dato la propria disponibilità ad avviare un percorso di collaborazione con “Casa Impresa Benessere” finalizzato a produrre una linea di cravatte, a marchio Kiton, realizzata dai pazienti; infine, chiedo se non si ritenga opportuno elaborare nuove linee guida nazionali in merito ai requisiti di accreditamento regionale delle strutture residenziali e semiresidenziali che non devono discostarsi da quanto previsto dalle norme e dalle prassi scientifiche nazionali e internazionali, che richiedono che le strutture residenziali psichiatriche siano composte da piccole unità abitative.

PRESIDENTE. Il Vice Ministro della Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Vice Ministro della Salute. Grazie, Presidente. In via preliminare rammento che il piano di azioni nazionali per la salute mentale è stato approvato con accordo sancito nella Conferenza unificata Stato-Regioni in data 24 gennaio 2013. Il piano affronta la tematica della residenzialità psichiatrica proponendo specifiche azioni mirate a differenziare l'offerta di residenzialità per livelli di intensità riabilitativa e assistenziale. Proprio muovendo dalle strategie delle linee direttrici delineati dal piano, sono state sviluppate le indicazioni operative. L'intento è fornire indirizzi omogenei sull'intero territorio nazionale e mirati a promuovere, all'interno del sistema di offerta dei dipartimenti di salute mentale, una residenzialità funzionale ai percorsi individualizzati dei pazienti e strutturata sia per intensità di trattamento sia per programmi e tipologie di intervento correlati alla patologia e alla complessità dei bisogni dei pazienti.

Anche negli ambiti della definizione dell'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, grande considerazione e rilievo sono stati riservati a tale ambito assistenziale, prevedendo specifiche disposizioni - articolo 33 - orientate alla tutela dei bisogni di salute delle persone con disturbi mentali, che riprendono sostanzialmente quanto indicato nel citato accordo del 17 ottobre 2013.

Il Servizio sanitario nazionale garantisce, previa valutazione multidimensionale, la definizione di un programma terapeutico e individualizzato e la presa in carico dei pazienti, i trattamenti terapeutico-riabilitativi e i trattamenti socio-riabilitativi, con programmi differenziati per intensità, complessità e durata.

Segnalo che il “livello istituzionale nazionale” ha condiviso la previsione di percorsi di cura personalizzati e sta orientando il sistema sanitario a realizzare diverse e adeguate forme di tutela e di servizi per i pazienti a carattere residenziale, semiresidenziale, ambulatoriale e domiciliare, che siano costruiti tenendo conto del bisogno di cura della persona, prevedendo interventi terapeutico-riabilitativi, psicoeducativi e socioeducativi finalizzati al recupero dell'autonomia personale, sociale e lavorativa.

Per quanto riguarda la residenza psichiatrica pubblica “Casa Impresa Benessere” di Arzano, le competenti autorità della regione Campania hanno precisato quanto segue. Il percorso che ha condotto l'apertura della struttura “Casa Impresa Benessere” del comune di Arzano è stato condiviso con la direzione dell'ASL Napoli 2 Nord e con l'associazione dei familiari dei pazienti presente nel territorio in questione. Infatti, questa residenza pubblica per persone affette da disagio psichico è il più recente risultato del processo di internalizzazione dei servizi dell'ASL Napoli 2 Nord (una delle sette ASL operanti in Campania), in quanto in precedenza detta ASL aveva di fatto trasferito verso strutture private alcune attività di propria competenza. Tale progressivo ricorso al settore privato nell'ambito della salute mentale non era sottoposto a una completa regolamentazione: il rapporto tra committente pubblico e l'erogatore privato era disciplinato da un protocollo generico che non offriva tutte le necessarie garanzie di tutela per i pazienti ospitati. L'ASL Napoli 2 Nord sta attualmente perseguendo l'obiettivo di ripristinare un'efficiente offerta pubblica di servizi nel settore della salute mentale, garantendo la qualità e l'appropriatezza delle cure erogate. Nel caso della struttura in argomento, è stato espletato un accurato programma di formazione dei tecnici della riabilitazione psichiatrica, reclutati a seguito di bandi pubblici o acquisiti per trasferimento da altre ASL della Campania. L'incarico di direzione della residenza “Casa Impresa Benessere” è stato affidato a una psichiatra già in organico al Dipartimento di salute mentale della ASL Napoli 2 Nord dopo una specifica formazione. Peraltro, l'ASL Napoli 2 Nord è attualmente passata, negli ambiti della salute mentale, da circa 300 pazienti ricoverati a meno di 100, con la previsione di ulteriori ridimensionamenti, grazie all'integrazione con servizi sociosanitari e all'ampliamento della rete di strutture sociali attive.

Più in particolare, in merito alla notizia riportata dal sito di informazione “Nano TV”, la regione Campania ha inteso precisare che i 40 posti letto si riferiscono a due moduli di venti ciascuno (limite massimo di ospitalità), i quali, pur ubicati nel medesimo edificio, costituiscono due strutture distinte e separate dal punto di vista funzionale, organizzativo e gestionale, con spazi, ambienti e accessi indipendenti nel rispetto della normativa in vigore. “Casa Impresa Benessere” dispone di circa 2.000 metri quadrati complessivi fruibili dagli ospiti, con positiva ricaduta sulla vivibilità degli ambienti. In merito all'avvio di percorsi di inserimento lavorativo degli ospiti della “Casa Impresa Benessere” presso le realtà produttive del territorio circostante, onde assicurare loro una maggiore inclusione sociale possibile, con contrattualizzazione del rapporto di lavoro, la regione assicura che gli organi preposti si attiveranno ai fini della piena tutela degli interessati.

Per gli aspetti di propria competenza, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha comunicato quanto riscontrato dall'ispettorato territoriale del lavoro di Napoli. “Kiton” è il nome commerciale dell'azienda “Ciro Paone Spa”, con sede legale a Napoli e sede operativa in Arzano, operante nel settore della confezione di articoli di abbigliamento. Dal mese di giugno 2020, dopo l'inaugurazione della “Casa Impresa Benessere”, la ditta “Ciro Paone Spa” non è stato sottoposta a ispezione né sono pervenute richieste di intervento nei confronti della Kiton o della stessa “Casa Impresa Benessere”. Inoltre, non risultano essere state effettuate assunzioni presso la sede imprenditoriale di Arzano dal 2 giugno 2020 a oggi. Rassicuro gli onorevoli interroganti che la tutela sanitaria dei pazienti affetti da patologie psichiatriche rappresenta uno degli obiettivi primari del Ministero della Salute, che, tuttavia, si riserva di promuovere iniziative e verifiche qualora ricorrano criticità che nel caso di specie si riserva di verificare ulteriormente.

PRESIDENTE. La deputata Doriana Sarli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta.

DORIANA SARLI (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, Vice Ministro, per l'approfondimento e anche per la risposta molto, molto dettagliata. Diciamo che non siamo soddisfatti non della sua risposta ma, purtroppo, della situazione che si sta verificando ad Arzano, perché ovviamente io sono perfettamente consapevole, in quanto campana, di come sia difficile l'offerta sanitaria nella salute mentale, soprattutto nel settore pubblico, e capisco le difficoltà dell'ASL Napoli 2 Nord, che si è dovuta rivolgere a strutture private e quindi ha cercato, comunque, di convogliare tutto in un'offerta pubblica e, quindi, la struttura di Arzano rispondeva almeno a questo.

Però ovviamente, per quanto grande, per quanto si tratti di due moduli divisi da 20, come lei ha descritto, c'è la differenza ed è l'aspetto che per noi probabilmente è importante, soprattutto per ciò che tenevo a sottolineare rispetto alla salute mentale, anche con riferimento al fatto di evitare l'isolamento di queste persone dalla società, perché, comunque, è una sorta di internalizzazione con un rapporto di lavoro, ma loro sono all'interno di un sistema chiuso.

Cioè, noi siamo per un sistema in cui queste persone vivano integrate realmente e il concetto delle piccole strutture, delle case, del lavoro condiviso, il progetto del budget di salute di cui abbiamo parlato nell'interpellanza, rappresentano, come dire, una sorta di reale integrazione di questi pazienti nella società. Ora, volevo sottolineare alcune cose, più che altro perché restino agli atti di questo Parlamento, non perché non siano state già dette e non perché non sappia che siano condivise dal Ministero della salute. Quello che vorremmo evitare è questa tendenza di chiudere comunque le persone all'interno di un sistema, come abbiamo detto. Lo segnalano anche dei comunicati agli esponenti di Psichiatria Democratica, di altre associazioni, che dicono che la notevole metratura della struttura si propone in stridente contrasto con le consolidate esperienze maturate in tutto il Paese in questo delicato settore, esperienze che hanno dimostrato inequivocabilmente che la presa in carico della persona in difficoltà debba passare attraverso un percorso personalizzato, fatto di ascolto e di progettazione condivisa, come ha detto anche la mia collega D'Arrando prima. Questa è una visione che, ovviamente, io condivido totalmente.

Noi abbiamo vissuto un'esperienza, in questi ultimi mesi, che ha cambiato persino l'agenda del Ministero della salute: si parla di investimenti in medicina del territorio, della casa come primo luogo di cura, perché il modello “ospedalocentrico” ha in qualche modo fallito o, in qualche modo, ha mostrato le sue lacune; l'aziendalizzazione della sanità, i mega progetti, le mega strutture non sono a mio avviso i modelli da seguire.

In medicina e, ancora più, in psichiatria, i modelli devono basarsi sulla centralità della persona e sul diritto del paziente a quella presa in carico da parte del medico e dell'équipe durante tutto il percorso terapeutico, quindi su progetti che comprendano nella programmazione territoriale l'esaltazione dei valori della riforma sanitaria del 1978 e della legge Basaglia dello stesso anno in psichiatria.

Il budget di salute e tutte le misure che riusciremo a mettere in campo dovranno servire - è questo il nostro intento - per invertire la tendenza in atto nel Paese e ricostruire per la salute mentale una sponda politica certa, ridando un riferimento alle fasce più fragili della nostra società. Ma, soprattutto, non vorremmo tornasse una visione del malato mentale ospedalizzato, tenuto fuori da un reale contesto sociale, in megastrutture, come ad esempio quella di Arzano; da qui, la necessità di ritornare alle origini della riforma psichiatrica del 1978 che ha fatto dell'Italia il primo Paese al mondo ad abolire gli ospedali psichiatrici, poiché il modo in cui un Paese si prende cura dei suoi malati con disturbi mentali rappresenta uno dei più significativi indicatori del suo grado di civiltà.

(Chiarimenti in merito alla continuità del servizio svolto da Alitalia-Società aerea e Alitalia Cityliner mediante le risorse già stanziate e in merito alla costituzione della società pubblica destinata ad acquisirne le partecipazioni - n. 2-00942)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zanella e Gelmini n. 2-00942 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Federica Zanella se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FEDERICA ZANELLA (FI). Grazie, Presidente. Illustro il più brevemente possibile, anche perché è stata oggetto anche di un'interrogazione in Commissione, mercoledì, la saga Alitalia, che purtroppo continua e a cui gli italiani assistono un po' basiti come noi. Tornando indietro, ricordiamo che, di fatto, Alitalia negli ultimi tre anni ha ricevuto un miliardo e trecento milioni di prestiti per il commissariamento straordinario, mai restituiti; con il “Cura Italia” la maggioranza ha deciso, peraltro senza un decreto a parte, ma nel solito decreto omnibus, di nazionalizzare Alitalia, di fatto (insomma, utilizziamo questo termine), di fatto assegnando 3 miliardi di quelli che avrebbero dovuto curare l'Italia e, va bene, Alitalia prende altri 200 milioni di euro per danni da COVID.

Ebbene, quello che noi vogliamo sapere, perché ricordiamo che questa newco dovrebbe essere costituita da mesi - presidente e amministratore delegato sono stati designati il 29 giugno, noi leggiamo indiscrezioni di stampa francamente agghiaccianti per il momento, per cui a causa di poltrone, nomi, numeri e quant'altro la situazione di stallo si protrae - e abbiamo chiesto più volte al Ministro De Micheli, che anche ieri ha fatto trapelare una certa irritazione, è a che punto fosse la firma, ovviamente del decreto interministeriale; sono quattro i Ministri che devono firmare il decreto e lei la settimana scorsa ci aveva detto che era in dirittura d'arrivo; ieri ha poi fatto trapelare tutta la sua irritazione.

Io vi leggo la richiesta, il dispositivo che è riportato nell'interpellanza; poi, ovviamente, declinerò meglio nella risposta. Noi chiediamo se, nelle more della costituzione della società a partecipazione pubblica di cui all'articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020, l'amministrazione straordinaria di Alitalia Società aerea Spa e Alitalia Cityliner Spa sia in grado di continuare ad assicurare i servizi svolti dalla società senza la necessità di dover ricorrere a un ulteriore finanziamento pubblico, alla luce del miliardo e 300 milioni di euro già stanziati sotto forma di prestiti (200 per COVID); vi dico ciò perché, sinceramente, oggi, un giornale non del tutto insomma privo di credibilità come Il Sole 24 Ore dice che sarebbero già stati prenotati altri 150 milioni dal pessimo commissario Leogrande per arrivare fino a marzo. L'altra domanda è se i Ministri interrogati abbiano proceduto alla firma del decreto interministeriale - sappiamo che ad oggi, ma noi speravamo al giorno di consegna dell'interpellanza, lunedì, che sarebbe stata superata questa domanda e invece no, riuscite sempre a stupirci - e, in caso contrario, quali siano i motivi ostativi in relazione alle rispettive parti di competenza che stanno impedendo il rilancio del rispettivo concerto.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico, Gian Paolo Manzella, ha facoltà di rispondere.

GIAN PAOLO MANZELLA, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Come riportato nell'interpellanza urgente in discussione, il finanziamento di 400 milioni di euro, già previsto con decreto-legge 2 dicembre 2019, n. 137, si inserisce in un quadro di misure dirette ad assicurare la continuità aziendale di Alitalia Società aerea italiana Spa e di Alitalia Cityliner Spa, entrambe in amministrazione straordinaria. Come osservato dagli onorevoli interpellanti il termine di restituzione, in considerazione dell'emergenza sanitaria, è stato differito al 31 dicembre 2020, ai sensi dell'articolo 45 del decreto-legge n. 76 del 2020.

Al contempo, nelle more della procedura di cessione prevista dal citato decreto legge, la diffusione della pandemia da COVID-19 ha avuto un impatto fortemente negativo e imprevedibile sia sulle operazioni, sia sui flussi di cassa del gruppo Alitalia; è sufficiente rimandare al calo dei numeri dei voli pari a circa il 90 per cento nel periodo intercorrente tra il 21 febbraio 2020, giorno in cui è stato accertato il primo caso di Coronavirus in Italia, e il 30 maggio 2020. Da qui un conseguente crollo dei ricavi nel periodo gennaio-maggio 2020, pari a circa 620 milioni di euro rispetto allo stesso periodo del 2019.

In tale contesto emergenziale è intervenuto il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto Cura Italia, che ha previsto la possibilità di indennizzo dei danni per i vettori aerei in determinati casi e la possibilità di costituire una nuova società interamente controllata anche in via indiretta dal Ministero dell'economia e delle finanze, operante nel settore del trasporto aereo. Con riferimento all'articolo 79, comma 2, del “Cura Italia”, l'indennizzo in parola è previsto a favore di vettori aerei, con licenza ENAC, adempienti ad oneri di servizio pubblico per i danni subiti come conseguenza diretta della pandemia da COVID-19. Il fondo a tal fine previsto prevede una dotazione complessiva, a seguito delle modifiche apportate da ultimo dal decreto-legge n. 34, del 19 maggio 2020, il cosiddetto “Rilancio”, pari a euro 350 milioni per l'anno 2020. Sulla base di queste norme, Alitalia, quale vettore operante con oneri di servizio pubblico, ha presentato istanza al Ministero per lo sviluppo economico per avere accesso a tale misura compensativa. Pertanto, è stato avviato subito il necessario iter autorizzativo dell'aiuto in questione davanti alla Commissione europea e il procedimento si è concluso favorevolmente il 4 settembre 2020.

Conseguentemente, a seguito dell'emanazione del necessario decreto interministeriale di cui all'articolo 79, comma 2, e del successivo provvedimento attuativo, Alitalia ha ricevuto, il 23 settembre 2020, un indennizzo di complessivi euro 199,45 milioni per i danni subiti come conseguenza diretta della pandemia da COVID-19 nel periodo 1° marzo-15 giugno, calcolati come differenziale EBITDA rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente. Le modalità di calcolo sono state condivise con la Commissione europea in un'ottica di assoluta trasparenza, fairness, anche con casi similari occorsi in altri Paesi.

Infine, voglio sottolineare anche qual è la situazione occupazionale della compagnia, avendo ricevuto nota al riguardo da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. In particolare, il Ministero ha rappresentato che le società Alitalia e Alitalia Cityliner stanno attualmente fruendo - ai sensi dell'articolo 7, comma 10-ter, della legge n. 236 del 1993 - del trattamento straordinario di integrazione salariale, in scadenza il 31 ottobre 2020. Tuttavia, le società hanno preannunciato la necessità di procedere ad un ulteriore esame congiunto con le rappresentanze sindacali aziendali, finalizzato al prosieguo del ricorso al trattamento di cassa integrazione straordinaria, a decorrere dal 1° novembre 2020.

Con riferimento alla costituzione della newco, prevista dall'articolo 79, commi 3 e seguenti, del “decreto Cura Italia”, sono state avviate e concluse le attività degli advisor e dei neo vertici designati lo scorso luglio. Tali attività erano propedeutiche ed essenziali per definire anche i futuri assetti della newco ed elaborare un valido piano industriale. Quanto al necessario decreto interministeriale di costituzione della newco, di prevalente competenza del Ministero dell'Economia e delle finanze, una prima versione è stata esaminata dai competenti Ministeri e il testo è definitivo e si sta avviando la fase della sua formalizzazione.

PRESIDENTE. La deputata Federica Zanella ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FEDERICA ZANELLA (FI). Grazie sottosegretario, ma noi non siamo assolutamente soddisfatti dalla risposta, che non c'è stata: lei mi ha riassunto quello che le ho detto io, di fatto andando a ridire che è di nuovo alla firma dei Ministri, cosa che ci ha annunciato anche la settimana scorsa la De Micheli e due settimane prima ci è stato annunciato in audizione, visto che noi abbiamo anche già audito, sorprendentemente, per cortesia dei soggetti ovviamente convocati, sia l'amministratore delegato, sia il presidente della newco, che è ancora un soggetto, così, abbastanza evanescente, diciamo. Allora, io le chiedevo, innanzitutto, le ragioni del ritardo sulla firma e le sue motivazioni non sono coerenti con la mia richiesta; come le dicevo, purtroppo, indiscrezioni di stampa, ma anche chiacchere tra colleghi, nonché l'irritazione significata apertis verbis ieri dal Ministro De Micheli, ci raccontano di litigi per le poltrone del CdA. La cosa è gravissima, perché voi state giocando sulla pelle e con i denari degli italiani, e questo è inaccettabile, vi spiego perché. Innanzitutto, questa situazione di stallo costa; in termini generali, la newco non sta studiando un piano industriale, non sta in qualche modo portando avanti strategie commerciali e perde quote di mercato, sia sul lungo raggio che sul cargo, che ovviamente vengono invase da altri vettori che, invece, si stanno rimettendo in pista; quindi non avremo la possibilità, come si sperava, di rilanciare al più presto Alitalia, pur avendo messo 3 miliardi, dicesi 3 miliardi, dei denari dei contribuenti. Oltretutto, ovviamente, il costo più pesante è quello per cui noi dobbiamo continuare a mantenere la vecchia Alitalia. Allora, oggi, come dicevo anche nella mia interpellanza, Il Sole 24 Ore titola che Alitalia ha già prenotato ulteriori 150 milioni per arrivare fino a marzo. Perché? Perché, ovviamente, la vecchia Alitalia, quella che sarà la bad company, gestita, lo ripeto, pessimamente da un inadeguato commissario straordinario che evita il confronto col Parlamento da mesi e pare che, finalmente, grazie anche a pressioni della presidente della maggioranza, su sollecitazioni continue da parte nostra, forse, pare, si mormora, martedì o mercoledì, si presenterà a darci conto della sua pessima gestione, perché, al netto del COVID, ha raddoppiato le perdite: 2 milioni e mezzo di euro al giorno. E cosa ha fatto il signor commissario? Come ci diceva anche lei, ha ventilato, ma è quasi certo, la richiesta di protrarre la cassa integrazione per 6.800 persone - chi paga la cassa integrazione? Noi italiani! - fino a marzo 2021: almeno più 150 milioni per protrarre questa gestione. Se voi, quattro mesi fa, aveste istituito la newco, il passaggio ci sarebbe già stato e gli italiani non avrebbero speso 150 milioni in più. È del tutto vergognosa questa gestione, senza contare - e scusate, questo lo dico da deputata eletta su Milano - che l'unica decisione del commissario per contenere le perdite, 2 milioni e mezzo di euro al giorno, dopo aver ricevuto 1,3 miliardi di finanziamenti pubblici, di prestiti pubblici, più 200 milioni del COVID, è chiudere Malpensa, il principale aeroporto, che serve l'area più produttiva del Paese, che è collegato a Roma e al mondo dal 1948, viene trascurato dalle rotte Alitalia. Se a voi pare possibile, con tutte le ricadute occupazionali che ci sono in tema di handling, di persone che lavorano, personale di terra che è già con il fiato in sospeso e in ambasce da marzo per la situazione COVID, voi così facendo gli date questa mazzata. Oltretutto, non solo al territorio del Nord Italia, ma a tutta l'Italia, perché se noi vogliamo riaccendere i motori dell'Italia, dobbiamo farlo dalle infrastrutture strategiche, che non vanno demolite, ma vanno valorizzate; noi dobbiamo puntare, per rimettere in moto l'economia dell'Italia, su territori che sanno trainare e hanno dimostrato sempre di saper trainare tutta l'Italia e dobbiamo puntare su delle infrastrutture strategiche importanti, anche a fronte di un Recovery Fund da 209 miliardi che non parla praticamente per nulla della situazione aeroportuale. Tagliare fuori, ribadisco, Malpensa è una decisione gravissima, fatta da un commissario in dismissione, che potrebbe incidere pesantemente sulle scelte della newco per quanto concerne le rotte; ricordiamo che Malpensa doveva essere l'aeroporto internazionale per l'Italia e per Alitalia. Quindi, in tutto ciò, non siamo soddisfatti, non ci avete dato risposte, siamo molto preoccupati perché abbiamo capito che rispenderemo altri 150 milioni di euro. Spero che questa situazione imbarazzante di stallo e i vostri litigi sulle poltrone finiscano, che diate risposte agli italiani e che cominciate a lavorare pensando agli italiani e non alle vostre poltrone.

(Elementi e iniziative di competenza in relazione alla riapertura delle indagini sulla strage di Bologna e per una riforma complessiva dell'istituto del segreto di Stato - n. 2-00898)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mollicone ed altri n. 2-00898 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Federico Mollicone se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Illustra, immagino.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario Manzella, l'interpellanza in oggetto chiede al Governo verità: è dal 2 agosto che aspettiamo la risposta a questa interpellanza, poi abbiamo condiviso con il sottosegretario alla Giustizia il rinvio per avere una risposta più approfondita, che speriamo sia arrivata; quella verità storica e giudiziaria che da sempre cerchiamo e che, più di un anno fa, ci spinse a fondare l'intergruppo “La verità oltre il segreto”, con componenti di quasi tutto l'arco parlamentare. Sono presenti molti aspetti non chiari della strage del 2 agosto, proviamo a fare un quadro di quella maledetta mattina. Quel 2 agosto del 1980 a Bologna erano presenti terroristi internazionali e italiani, legati al gruppo Separat di Carlos, detto “lo sciacallo”, esperti in trasferimenti di esplosivo per lo più per il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, ma non solo, frangia marxista dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina e in connessione con il KGB e i libici; esplosivo simile a quello esploso a Bologna o sugli attentati ai treni come quelli ad una stazione francese, come evidenziato anche dall'inchiesta Bruguière.

Ovviamente queste connessioni con il KGB e i palestinesi emersero nella Commissione Impedian, di cui fui anche consulente. Come emerso nel processo Cavallini, grazie al lavoro della difesa, dopo quarant'anni i familiari di Maria Fresu, una delle vittime della strage di Bologna, non hanno ancora ritrovato il corpo della propria congiunta, dato che i resti si sono dimostrati appartenenti a un'altra donna, una vittima ulteriore, probabilmente la trasportatrice dell'ordigno. Il corpo della Fresu, quindi, risulta scomparso e il reperto facciale attribuito appartiene a persona ignota, l'ottantaseiesima vittima, non essendo attribuibile, per le sue caratteristiche, ad alcuna vittima conosciuta appunto, come dimostrato dai verbali espletati dall'Istituto di medicina legale dell'Università di Bologna. Quindi, dopo quarant'anni non hanno più certezze, non ci sono più certezze per i familiari e per tutti noi, neanche dove sia finito il corpo della propria figlia. Nemmeno noi italiani abbiamo più certezze, non crediamo più in alcuni magistrati, in altri sì, in quelli che a Bologna, ad esempio, hanno omesso il proprio dovere, come risulta dagli atti.

Poi, un secondo punto: la presenza mai chiarita a Bologna dei terroristi delle cellule rivoluzionare Service e il terrorismo appunto citato Separat, terrorismo internazionale, Thomas Kram, Christa-Margot Frohlich, detta Heidi, appurata nel corso della prima inchiesta sulla strage e ribadita da un articolo pubblicato su il Giornale il 6 settembre 2012, entrambi esperti, questi, di esplosivi. Ma a Bologna non ci sarebbero stati solo Kram e Frohlich: nell'Hotel Milano, accanto a quell'hotel Jolly dove alloggiavano i terroristi di Carlos, si sono registrate tre donne con passaporti cileni, guarda caso prassi identica a quella in uso per le coperture proprio del gruppo Separat, come risulta in atti in altre inchieste internazionali anche americane e in generale ai terroristi dell'estremismo palestinese. C'era a Bologna anche Francesco Marra, brigatista che partecipò al rapimento del generale Sossi e che alcuni brigatisti dicono essere un infiltrato. Incredibilmente, però, nessuno indaga su questo e nessuno ha indagato, incredibilmente in questi anni continua una sorta di fiction a puntate fatta di processi con esiti inverosimili.

Adesso parliamo dei mandanti, un vecchio plot trito e ritrito, riproposto da un ex parlamentare della sinistra, un fantasy giudiziario smentito dagli avvocati, dall'avvocato di Gelli in persona, dal processo a Cavallini, in particolare sui soldi, i presunti soldi che i NAR avrebbero ricevuto dalla P2, come denunciato anche dal giornalista Massimiliano Mazzanti, del Il Secolo d'Italia già tempo addietro, con una inchiesta investigativa molto documentata. Tutte favole e trame già smontate nei diversi dibattimenti. Come ricostruito anche da Romoli, su il Riformista, il dossier dell'associazione delle vittime, rifiutato inizialmente - e correttamente - dalla Procura di Bologna, si basa su un prospetto contabile di Gelli e la destinazione dei finanziamenti a un misterioso “zafferano”, finanziamenti che però, essendo in contanti, non sono tracciabili in dossier, inoltre, peraltro, come detto, già smentito in dibattimento. Ma parliamo del protagonista di questa vicenda, di Abu Saleh: diventa una figura chiave anche di Bologna, quando incrocia sulla sua strada il giudice Gentile, istruttore proprio nel processo per la strage di Bologna, che lo frequenta, come lui stesso ammette, cioè il giudice, e riceve anche regali dal capo delle operazioni speciali palestinese su cui dovrebbe indagare. Non solo, ma viene mandato a Roma da Gentile, con una sua autorizzazione, a fare non si sa esattamente che cosa. Ha confermato, grazie anche alla rogatoria con il giudice Bruguière e ai documenti fatti acquisire dall'infaticabile e coraggioso lavoro di Gian Paolo Pellizzari, Lorenzo Matassa e di molti altri consulenti della Commissione Impedian, di cui mi onoro di essere stato consulente e di aver letto e lavorato con il compianto e indimenticato capogruppo di Alleanza Nazionale, Vincenzo Fragalà, e con gli altri ex colleghi Alfredo Mantica ed Enzo Raisi, che ancora combattono la battaglia per la verità. Vede, sottosegretario, i magistrati bolognesi, alcuni magistrati, hanno omesso di indagare su questa pista di scenario internazionale legata alle dinamiche della guerra fredda. Il patto segreto e allora inconfessabile, ma dimostrato dalla stretta attualità, per cui l'Italia era sì alleata e inserita nel contesto delle alleanze politico-militari occidentali, ma si teneva al riparo da attentati, da parte del mondo arabo, grazie a quello che viene definito comunemente dagli addetti ai lavori il “lodo Moro”, stipulato con i palestinesi dal colonnello Stefano Giovannone, capocentro, grande capocentro di Beirut dei servizi italiani, soprannominato appunto, per le sue capacità, “il maestro”, per la sua bravura nella tessitura di accordi di diretta connessione con Aldo Moro, cioè un capocentro che, invece di rispettare la gerarchia del servizio, riferiva direttamente a un massimo esponente di un Governo politico, per far capire l'importanza di questo accordo. Ad oggi, gli unici dati certi sono la presenza di terroristi internazionali legati alla sinistra internazionale terrorista, a Carlos e ai servizi dell'Est a Bologna, ma tutte le inchieste e tutti i processi hanno sentenziato un'altra cosa, andando esattamente in direzione simmetrica e opposta. La strage, vede, segue di pochi giorni quella di Ustica e anche lì i cablogrammi di Giovannone, pubblicati da La Stampa con uno scoop con Francesco Grignetti e dall'Adnkronos, sempre in prima linea nella ricerca della verità, e da un'analitica ed esplosiva ricostruzione comparata dal 1979 al 1981 di Pellizzaro e Paradisi su Reggio Report, in questi mesi, ci raccontano di minacce esplicite per la rottura del lodo Moro, in seguito all'arresto proprio di Abu Saleh, la vera figura chiave che lega Ustica a Bologna, città dove abitava e da dove partì l'aereo Itavia e degli autonomi con due lanciamissili di fabbricazione sovietica arrestati e processati. In seguito a questo processo, c'è, ci sarà ed è agli atti una protesta ufficiale dell'Autorità palestinese, che in buona fede, avendo fatto un accordo con lo Stato italiano, chiede, attraverso l'avvocato Mellini, esponente indimenticato radicale, chiede che vengano liberati, perché facevano parte dell'accordo e avevano questo scudo, sia Abu Saleh sia gli inconsapevoli - questo dicono i palestinesi - esponenti dell'Autonomia. Lo stesso Francesco Cossiga lo disse apertamente: “Un incidente ha provocato la strage di Bologna: un ordigno è esploso volutamente o incidentalmente durante il trasporto verso il reale obiettivo”. I documenti che proverebbero questi rilievi sono inaccessibili, bloccati e prorogati dal segreto di Stato, inspiegabilmente, visto che il Premier Conte si era battuto il petto, in tutte le ricorrenze, dicendo che avrebbe desecretato tutto e invece i servizi hanno risecretato fino al 2029. Per questo, formato il complesso puzzle della vicenda, mancano altri pezzi. Nell'interpellanza, però, inseriamo dei rilievi per completarlo.

Chiediamo se il Governo sia a conoscenza dell'attività svolta dalla Procura della Repubblica di Bologna e dall'Ufficio Istruzione negli anni tra il 1980 e il 1986 sulla persona di Thomas Kram e sulle ragioni della sua presenza a Bologna. Chiediamo se il Governo sia a conoscenza dell'attività svolta dalla magistratura di Bologna sulle persone dei sedicenti Juanita Jaramillo, Maria Quintana e Ramon Gacitu, tutti alloggiati all'Hotel Milano Excelsior di Bologna e forniti di passaporti falsi cileni, simili a quelli utilizzati da terroristi filopalestinesi in attentati commessi negli anni Settanta. Chiediamo se al Governo risultano essere stati acquisiti elementi in relazione alle ragioni della permanenza in alberghi di Bologna, il primo e il 2 agosto 1980, di Francesco Marra e Brunello Puccia. Chiediamo se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative per una riforma complessiva dell'istituto del segreto di Stato. Chiediamo se non si ritenga urgente, per il raggiungimento della verità storica e giudiziaria a favore dei parenti delle vittime, dare libero accesso a tutti i documenti relativi alla strage di Bologna, alle vicende connesse al “lodo Moro”, alla rete Separat di Carlos, ai report trasmessi del colonnello Giovannone dal Libano tra il novembre 1979 e il 31 dicembre 1981, conservati presso gli archivi dei sistemi informativi e di sicurezza, al fine di permettere anche agli inquirenti maggiore solidità probatoria in relazione alla riapertura dell'inchiesta. Vedete, con questa interpellanza non difendiamo solo la storia della destra, che questa nuova indagine grottesca su trame e complotti tenta di infangare, coinvolgendo anche il senatore missino Tedeschi e il Movimento sociale italiano tutto; noi qui difendiamo la sovranità nazionale e il diritto dei parenti delle vittime di conoscere la verità, non una verità. Vedete, in Italia è stata giocata una partita a scacchi tra Ovest ed Est, che ha causato molti morti. L'interpellanza che abbiamo presentato è uno strumento di verità e vi preghiamo di utilizzarla. Lo dobbiamo alle vittime, ai loro familiari e lo dobbiamo alla storia della nostra Nazione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Gian Paolo Manzella, ha facoltà di rispondere.

GIAN PAOLO MANZELLA, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Premessa la ricostruzione basata anche su notizie stampa circa alcuni eventi relativi alle indagini in merito alla strage di Bologna del 2 agosto 1980, l'interpellante chiede di sapere se il Ministro della Giustizia e la Presidenza del Consiglio dei ministri siano a conoscenza di essi e degli esiti delle piste investigative seguite, nonché se si ritenga necessario adottare iniziative per una riforma complessiva dell'istituto del segreto di Stato, oltre che dare accesso a tutti i documenti relativi a quella strage.

Preliminarmente, occorre riferire quanto comunicato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna in ordine alla ricostruzione di taluni eventi. In particolare, va evidenziato che la cosiddetta pista palestinese, secondo gli inquirenti, è stata già ampiamente investigata nell'ambito del procedimento 13225/1121 nei confronti di Kram Thomas e Fröhlich Christa Margot, sottoposti alle indagini preliminari per l'attentato alla stazione ferroviaria di Bologna del 2 agosto 1980. Tale procedimento, iscritto a seguito della sollecitazione della Commissione parlamentare “Mitrokhin”, è stato archiviato con ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Bologna in data 9 febbraio 2015 per infondatezza della notizia di reato.

Successivamente, la corte d'assise, intervenuta ad occuparsi della questione, riteneva che l'attività di indagine sulla cosiddetta pista palestinese, svolta nel citato procedimento 13225 e definito con decreto di archiviazione del GIP in data 9 febbraio 2015, fosse stata “esaustiva, assai complessa e non ha trascurato nulla, né lasciato alcunché di intentato”, così da giungere alla conclusione che non vi fossero elementi per assumere ulteriori iniziative istruttorie al riguardo.

Con riguardo, poi, agli accertamenti peritali svolti sul DNA dei resti umani trovati nella bara di Maria Fresu, deve osservarsi che la perizia svolta il 21 ottobre 2019 permetteva di accertare che i resti umani trovati all'interno della bara di Maria Fresu, morta a seguito dell'esplosione avvenuta il 2 agosto 1980 all'interno della sala di attesa di seconda classe della stazione di Bologna, non sono riferibili, per il DNA, a Maria Fresu, ma a due soggetti di sesso femminile. Sul punto è intervenuta, inoltre, la relazione peritale, depositata all'udienza 30 ottobre 2019 dal tenente colonnello Adolfo Gregori e dal dottor Danilo Coppe, che, con ampia motivazione, spiegavano come i resti trovati all'interno della bara di Maria Fresu appartenessero, logicamente, a due delle altre 41 vittime dell'esplosione di sesso femminile.

Sulla base degli esiti delle perizie suddette, la corte d'assise, con ordinanza 30 ottobre 2019, rigettava la richiesta dei difensori dell'imputato Cavallini di disporre altre perizie sul DNA delle altre vittime di sesso femminile sul rilievo che: “la perizia sul DNA delle presunte spoglie di Maria Fresu non ha dato esiti univoci e sicuri, quali, ad esempio, la riconducibilità di tali resti ad una sola persona, eventualmente, di etnia semita (rectius araba), ragione per la quale, per scrupolo di completezza dell'istruttoria, la perizia è stata disposta”.

Inoltre, la Corte ha argomentato sul punto che: “L'eventuale espletamento di altre perizie sul DNA porterebbe, comunque, ad un binario morto, insuscettibile di alcuna ipotesi realmente apprezzabile, essendo pacifico l'immediato contesto post-strage, ossia la mescolanza di corpi, brandelli di corpi e macerie in uno scenario apocalittico, ove sarebbe stato impossibile individuare e selezionare un corpo da far sparire”, avendo ribadito “che qui non si versa in un giudizio di revisione e che il giudice del dibattimento fonda il proprio giudizio su elementi di prova concreti raccolti nel corso del processo, eventualmente combinandoli e confrontandoli con le risultanze di altri processi (questo, soprattutto, se ci si trova in presenza di giudicati), per cui, eventuali ipotesi, al momento puramente astratte, relative all'esistenza di vittime non identificate vanno correttamente rappresentate a un'autorità inquirente” e avendo ritenuto “in via logica, che non è ragionevole ipotizzare l'organizzazione di un inquinamento delle prove estemporaneo e immediato a seguito di un evento del tutto accidentale e, quindi, non assolutamente preventivato”.

Tanto premesso in punto di fatto, considerato che, allo stato, non sono in corso iniziative legislative di modifica della disciplina vigente sul segreto, deve chiarirsi che, nell'ambito delle indagini per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, non è mai stato apposto o, comunque, opposto il segreto di Stato. D'altro canto, i fatti in parola rientrano nei casi di esclusione del segreto previsti dall'articolo 204 del codice di procedura penale, ovvero quando l'autorità giudiziaria procede per i delitti previsti dagli articoli 285 (devastazione, saccheggio e strage), 416-bis (associazione di tipo mafioso), 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso) e 422 (strage) del codice penale.

Gli atti inerenti la strage della stazione di Bologna, custoditi presso il comparto Intelligence, sono stati versati all'Archivio centrale dello Stato. Il versamento è terminato nell'aprile 2017, a seguito dell'attività di declassifica e versamento straordinario all'Archivio centrale dello Stato, disposta dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore con la direttiva 22 aprile 2014, cosiddetta direttiva Renzi, che ha riguardato la documentazione in possesso delle amministrazioni centrali dello Stato relativa ad eventi di matrice stragista verificatasi da almeno un trentennio: 1969-1984. Tutti i restanti atti sono a disposizione delle autorità giudiziarie e delle Commissioni parlamentari di inchiesta interessate.

PRESIDENTE. Il deputato Federico Mollicone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Intendo replicare, e intendo replicare con la mia assoluta insoddisfazione, che venga, ovviamente, trascritta a verbale. Ci dichiariamo insoddisfatti, sottosegretario Manzella: lei è incolpevole, perché sappiamo non essere neanche, ovviamente, del comparto Giustizia, quindi, evidentemente, il Governo non ha avuto neanche il coraggio di mandare i rappresentanti del Ministero della Giustizia e, quindi, della Presidenza del Consiglio a rispondere a questa interpellanza, molto circostanziata e datata.

Innanzitutto, siamo insoddisfatti, perché alcune delle cose che lei riferisce per conto degli uffici del Ministero della Giustizia non sono corrette, perché, quando si riferisce di un'inchiesta sulla cosiddetta pista teutonico-palestinese, come correttamente, da una relazione di Pelizzaro e Matassa, è stata, per la prima volta, depositata nella Commissione Impediam - il nome corretto rispetto a quello definito comunemente “Mitrokhin” -, in realtà, abbiamo scoperto che la procura, di fatto, aveva frettolosamente esaminato le posizioni di Kram e Fröhlich, che, poi, sarà arrestata successivamente mentre trasportava, all'aeroporto di Fiumicino, una analoga valigetta con analogo esplosivo, ma questo, evidentemente, per alcuni giudici non è sufficiente. Veniva appunto frettolosamente archiviata, nonostante ci fosse una Commissione parlamentare d'inchiesta che ha, come sappiamo, gli stessi poteri della magistratura; perché noi rappresentiamo - lei sottosegretario, lo sa bene - il potere legislativo, che non è - è il caso di dire - sub iudice di quello giudiziario, ma sono paritetici. Per cui, motu proprio, la Commissione d'inchiesta aveva svolto delle inchieste e aveva trovato documenti, grazie non certo alla collaborazione dei nostri apparati - che, peraltro, hanno sempre collaborato quando è stato possibile, ma ci sono delle ombre anche lì - ma, soprattutto, alla collaborazione degli apparati del servizi dell'est e i loro eredi, che hanno mandato e versato in Commissione documenti che sono ancora lì e sono, di fatto - e anche su questo smentiamo questa ridicola risposta -, sottoposti a segreto funzionale.

E il Ministero della Giustizia lo dovrebbe sapere bene, perché il segreto funzionale impedisce, per cinquant'anni, di riutilizzare documenti versati negli archivi delle Commissioni d'inchiesta, per cui è superiore addirittura in alcuni casi al segreto di Stato. Poi noi facevamo riferimento ai cablogrammi trapelati sulla stampa e visti in maniera trasversale anche da esponenti del suo stesso partito - che sono rimasti basiti e stupefatti, e lo hanno dichiarato pubblicamente alla stampa, facendo parte della Commissione Moro 2 - del capocentro Giovannone di Beirut del SISMI, nei quali trapela - perché sono usciti sui giornali - esplicitamente una rottura dell'accordo del “lodo Moro” tra i palestinesi e l'Italia, e la minaccia della ripresa di attività attive sul territorio.

Per cui ci dichiariamo sicuramente insoddisfatti per questo, ma esiste una verità nascosta per anni e scoperta solo grazie a giornalisti, consulenti, studiosi, storici, avvocati, non certo grazie ai giudici di Bologna, che è uscita fuori e che sta emergendo nonostante tutto e tutti, che conferma invece la pista palestinese o comunque l'esistenza di un quadro internazionale all'interno della guerra fredda sul nostro territorio nazionale, ed è questo il convitato di pietra della strage di Bologna, della strage di Ustica e di molte altre pagine strappate della nostra storia repubblicana.

Per cui noi siamo qui a urlare la nostra insoddisfazione e riteniamo che, anche per le evidenze presenti nei segreti di Bologna dell'ex giudice Rosario Priore, che è anche parte in causa perché ha avuto una sua cugina vittima della strage di Bologna, e l'avvocato Valerio Cutonilli ipotizzano che la strage sia stata un attentato organizzato dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ed eseguito materialmente dal gruppo Separat o, come diceva Cossiga, un incidente in un trasporto di esplosivo, magari indotto o diretto.

Ma su questo, sottosegretario, non riusciamo a capire e non comprendiamo per quale ragione i documenti trasmessi dai servizi di sicurezza degli Stati del Patto di Varsavia, ora conservati presso gli archivi della Commissione Impedian, appunto, che sono sotto segreto funzionale - quindi non è vero che sono liberi e tutti i documenti sono accessibili -, e delle altre Commissioni d'inchiesta, “stragi”, “Moro” e così via, sono documenti che confermano la pista del terrorismo internazionale palestinese attraverso questa service internazionale, come la rogatoria del giudice Bruguière, già emersa nei lavori delle medesime Commissioni. Pertanto la richiesta di desecretazione degli atti delle Commissioni è trasversale. Persino il presidente della Commissione Moro 2, Fioroni, che certo non è un esponente di Fratelli d'Italia, ha rivelato nel suo libro su Moro che il lodo Moro e la pista internazionale dimostrano che il terrorismo italiano, soprattutto quello brigatista, non era un terrorismo endogeno, ma che era inserito come parte di ingranaggio in una macchina micidiale del terrorismo internazionale, strumento della guerra fredda italiana, perché noi dobbiamo capire e accettare il concetto e il principio che in Italia c'è stata la guerra fredda, come in tutte le altre nazioni europee, e che noi eravamo una scacchiera prioritaria per la guerra fredda, perché avevamo l'affaccio sul Mediterraneo e, ovviamente, i rapporti mediorientali.

Noi pensiamo che la verità e la desecretazione di questi documenti debba essere effettuata al più presto. Lo chiediamo noi, lo chiede Giovanardi, lo chiede Marilotti, presidente della “Commissione archivi” del MoVimento 5 Stelle, senatore che ha lavorato per la verità. È un impegno trasversale dell'Intergruppo che ho fondato insieme alla collega Frassinetti, “la verità oltre il segreto”. Lo chiede Giuliana Cavazza dell'associazione delle vittime di Ustica. Per cui faremo di tutto affinché possa emergere la verità, ma soprattutto, sottosegretario Manzella, tralascio la replica che mi ero scritto per denunciare in quest'Aula che la risposta del Ministero della Giustizia, anche per conto della Presidenza del Consiglio, è fortemente omissiva perché non ha detto e non ha speso una parola su un fatto e su uno scoop straordinario e gravissimo che è emerso su Reggio Report a firma dei giornalisti Pelizzaro e Paradisi sulle relazioni accertate a verbale del giudice istruttore Gentile con Abu Saleh, che era il capo delle operazioni speciali palestinesi in Italia. Quindi, siete omissivi: purtroppo, lei oggi è qui a rappresentare il Governo, e quindi deve prendersene carico, anche se so che lei è incolpevole su questo tema, però siete omissivi come Governo, siete reticenti, state nascondendo la verità e non vi daremo tregua come Intergruppo parlamentare. Abbiamo già chiesto la costituzione di una Commissione d'inchiesta perché magicamente, per la prima volta nella storia repubblicana, non è stata più ricostituita quando si era a un passo anche con la Commissione Moro 2 dallo svelare e da unire il “lodo Moro” alla vicenda internazionale dell'Italia. Chiediamo la Commissione di inchiesta, chiediamo la desecretazione di tutti i documenti, compresi quelli che, in maniera contraddittoria, il Presidente del Consiglio ha prima annunciato che avrebbe desecretato per poi farli risecretare dai servizi fino al 2029. Per cui o non conta niente lui, e quindi questa è una nazione governata dai servizi, oppure fa due parti in commedia, come spesso gli riesce bene.

C'è la vicenda del giudice istruttore Gentile, molto anziano, ma tuttora vivo e vegeto, di cui risultano i verbali agli atti in cui lui dice “io conoscevo Abu Saleh, lo frequentavo, mi mandava dei regali”, e lo sapeva tutta la procura, aveva coinvolto anche gli altri giudici. Addirittura lo manda, pur non avendone la facoltà, a Roma a svolgere chissà quale missione. Quindi è chiaro che c'è stato un intervento dei servizi e dello Stato nella gestione del processo sia di Bologna sia quello relativo ad Abu Saleh e al sequestro dei missili. È talmente chiaro ed evidente, e questi verbali stanno lì a dimostrarlo. Questo Governo è reticente e omissivo, e non vi daremo tregua perché l'unica cosa che ci muove è la ricerca della verità; lo dobbiamo alle vittime della strage di Bologna, della strage di Ustica e di tutte le stragi italiane.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 6 ottobre 2020 – Ore 9, 30

(ore 9, 30, con votazioni non prima delle ore 12)

Comunicazioni del Ministro della Salute sul contenuto dei provvedimenti di attuazione delle misure di contenimento per evitare la diffusione del virus Covid-19, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020, come modificato dalla legge di conversione n. 35 del 2020.

(ore 15,30)

Discussione della relazione della V Commissione sull'individuazione delle priorità di utilizzo del Recovery Fund.

La seduta termina alle 11,10.