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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 386 di martedì 4 agosto 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 11,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MARZIO LIUNI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Comaroli, Luigi Di Maio, Gallinella, Gebhard, Iovino, Lupi, Marattin, Melilli, Rotta, Schullian e Tasso sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(Elementi e iniziative in ordine ad una richiesta di risarcimento danni avanzata dall'Inps a seguito di un caso di femminicidio – n. 3-01712)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno, Rizzetto ed altri n. 3-01712 (Vedi l'allegato A).

La sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Francesca Puglisi, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCA PUGLISI, Sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Presidente, con il presente atto parlamentare gli onorevoli interroganti richiamano l'attenzione del Governo sulla tutela degli orfani per crimini domestici. Innanzitutto, interpellato al riguardo anche il Ministero dell'Interno e il Ministero della giustizia, ritengo opportuno richiamare il quadro normativo attuale a tutela delle vittime dei reati intenzionali e violenti, con particolare riferimento agli orfani di femminicidio. Da diversi anni, il legislatore italiano, sensibile all'aumento dei fatti di cronaca interni e alle sollecitazioni internazionali, si è attivato per migliorare i meccanismi preventivi di tutela delle vittime di reati intenzionali e violenti, soprattutto riguardo alla tutela delle donne e dei minori. La grave situazione in cui versano gli orfani per crimini domestici è stata affrontata dal legislatore attraverso una serie di strumenti normativi introdotti con la legge n. 4 del 2018. Questa legge si occupa di figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti che hanno perso un genitore per mano del coniuge o dell'ex coniuge, del partner, del convivente o dell'altra parte dell'unione civile. Per quel che qui rileva, il provvedimento riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso dal coniuge o dal compagno partner di un'unione civile o dal convivente. Dal punto di vista processuale, la legge intende rafforzare, già dalle prime fasi del processo penale, la tutela dei figli della vittima, modificando il testo unico sulle spese di giustizia, per consentire loro l'accesso al patrocinio a spese dello Stato a prescindere dai limiti di reddito. Inoltre, la legge intende rafforzare la tutela dei figli della vittima rispetto al loro diritto al risarcimento del danno. Viene rivista anche la disciplina che già attualmente esclude dal diritto alla pensione di reversibilità l'autore dell'omicidio del soggetto che percepiva una pensione. In tal caso, i figli minorenni o economicamente non autosufficienti che siano anche figli della vittima sono destinatari, senza obbligo di restituzione, della pensione di reversibilità del genitore rinviato a giudizio. Evidenzio, altresì, che di recente, in questa legislatura, è stata approvata la legge n. 69 del 2019, il cosiddetto “Codice rosso”, volto a rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica. In particolare, ricordo che l'articolo 8 della legge n. 69 del 2019 ha destinato risorse all'erogazione di borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici e al finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l'inserimento dei medesimi nell'attività lavorativa. Per quanto concerne i fondi destinati a questo tipo di reati, è importante richiamare anche la legge n. 122 del 2016, la legge europea 2015-2016, nella quale, all'articolo 11, si stabilisce il diritto, in attuazione della direttiva 2004/80 all'indirizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti. Da ultimo, la legge n. 169 del 2019, ovvero la legge di bilancio per il 2020, ha allargato le condizioni di accesso all'indennizzo, esonerando la vittima dall'onere di promuovere preliminarmente azione esecutiva nei confronti del responsabile.

Quanto all'entità dell'indennizzo, il Ministero della giustizia ha reso noto che attualmente è in fase di pubblicazione il decreto di aggiornamento degli importi, il quale ridefinirà, rispetto al decreto interministeriale del 31 agosto 2017, le misure di indennizzo spettanti alle vittime di reati intenzionali violenti. Venendo allo specifico quesito del presente atto sul tragico femminicidio di Cristina Biagi, sottolineo che la soprarichiamata legge di bilancio 2020, ai commi 486 e 489, ha previsto che per il triennio 2020-2022 i crediti vantati dallo Stato o da istituti previdenziali o assicurativi pubblici nei confronti degli autori di un delitto di omicidio sorti in conseguenza della commissione del reato medesimo commesso contro il coniuge, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente, ovvero ad essa allegata da relazioni affettive, non siano imputabili ai beni ereditari trasmessi ai figli minori, oppure maggiorenni non economicamente autosufficienti, nati dalle predette relazioni, purché estranei alla condotta delittuosa. L'intervenuta modifica legislativa si applica dunque anche ai crediti pendenti al momento dell'entrata in vigore della citata disposizione, come precisato nell'ultimo capoverso del comma 488 della legge di bilancio 2020. Di conseguenza, trova applicazione anche relativamente al credito che l'INPS vanta nei confronti delle due orfane di femminicidio oggetto dell'atto parlamentare in esame. Al riguardo, l'INPS ha fatto presente che, nei confronti delle minori, non è mai stata esercitata un'azione esecutiva, ma sono stati posti in essere solo atti interruttivi del termine prescrizionale. L'INPS ha assicurato che sono in corso le attività formali connesse all'applicazione della norma contenuta nel sopracitato comma 488, relativo alla copertura degli oneri derivanti da tali previsioni nei limiti di legge, in base al quale è previsto il recupero a domanda all'ufficio del commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e di reati intenzionali violenti con le modalità previste dalla legge n. 122 del 2016. Alla luce del quadro normativo sopra illustrato, si può ritenere che le questioni poste dagli interroganti abbiano dunque trovato puntuale disciplina e soluzione nella recente legge di bilancio 2020, in forza della quale l'esclusione del meccanismo surrogatorio, ottenuto tramite la non imputabilità ai beni ereditari dei figli, opera anche con riferimento ai casi pendenti, con consequenziale impossibilità per l'INPS, nel caso di specie, di proseguire il recupero eventualmente azionato nei confronti dei figli orfani di padre omicida e madre vittima. Concludo sottolineando che l'intervento contenuto nella legge di bilancio era senz'altro un atto dovuto, che testimonia l'attenzione e la sensibilità del Governo su questo tema.

PRESIDENTE. La deputata Ylenja Lucaselli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Presidente, sottosegretario, la vicenda per la quale abbiamo interrogato il Governo è una vicenda tragica, insopportabile, e non è ovviamente l'unica. Ringraziamo il Governo per la risposta: siamo ben lieti di apprendere che nei confronti di queste due ragazze non ci sarà alcuna procedura di recupero, perché lo riteniamo un fatto eticamente fuori da ogni logica. Quello che noi vorremmo, quello che auspichiamo, per cui chiediamo a questo Governo una maggiore attenzione rispetto a queste questioni, è che si consideri sempre che queste due ragazze sono state vittime due volte: la prima volta quando il padre ha assassinato la madre, la seconda volta quando sono arrivati quegli atti da parte dell'INPS. Lei capisce che, indipendentemente dal fatto che poi si decida di procedere o meno, queste due ragazze hanno comunque dovuto rivolgersi a una tutela legale, hanno comunque dovuto porre in essere degli atti che nessun ragazzo dovrebbe essere costretto a fare.

Per cui, noi sollecitiamo questo Governo a che, su questo tema, si faccia ancora di più e diventi un automatismo, quello da parte dell'INPS, di non procedere ad alcun tipo di azione in casi di femminicidio, soprattutto quando si parla di due ragazze che sono rimaste senza la loro famiglia, senza gli affetti più cari, sia il padre che la madre.

Noi riteniamo che questo sia un dovere morale nei confronti di chi ha già patito tantissima sofferenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

(Iniziative in relazione alla situazione dell'ordine pubblico nel centro storico di Vicenza - n. 2-00649 e n. 2-00682)

PRESIDENTE. Passiamo alle interpellanze Zanettin n. 2-00649 e n. 2-00682, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Zanettin se intenda illustrare le sue interpellanze o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie, Presidente. Intanto vorrei esprimere grande soddisfazione perché oggi a rispondere a queste mie due interpellanze è venuto il sottosegretario Variati che è un vicentino DOC come il sottoscritto ma soprattutto è stato per ben quindici anni primo cittadino di Vicenza. Con il sottosegretario Variati ci conosciamo da oltre trent'anni, ci lega reciproca stima e quindi sono curioso di avere con lui questo franco dibattito sul tema della nostra città.

Onorevole sottosegretario, in questi due anni di legislatura, parlando con i nostri concittadini - credo che lo abbia fatto anche lei forse anche più di me - ho raccolto una grande preoccupazione per l'ordine pubblico cittadino sempre più degradato. Fino a circa dieci anni fa Vicenza era forse un'isola felice, il centro storico un autentico salotto, indici di criminalità pressoché inesistenti, una donna o una ragazza potevano girare senza particolari patemi anche alle due di notte. Oggi purtroppo non è più così e si è diffuso un preoccupante senso di insicurezza. Per questo, interpretando il mio ruolo di deputato eletto nel collegio uninominale di Vicenza, ho presentato tante (qualcuno dice anche troppe) interrogazioni ed interpellanze, segnalando al Governo episodi di violenza che reputo gravissimi soprattutto perché non in linea con gli standard di civiltà e prosperità ai quali la nostra amata città era giustamente abituata.

In questa legislatura, il Governo già una volta è venuto a rispondere ad una mia interpellanza in materia. Era il 7 maggio dell'anno scorso e il sottosegretario Durigon, pure lui veneto di nome anche se non di fatto, aveva cercato in certa misura di circoscrivere la portata dell'aggressione subita quella volta dal giornalista Gonzato de Il Giornale di Vicenza, sostenendo che comunque gli aggressori, tutti di origine extracomunitaria, erano stati identificati e uno di loro era anche risultato destinatario di un'ordinanza di espulsione. Ecco, sottosegretario, a proposito sarebbe interessante sapere se quella espulsione è stata davvero eseguita o se, come tante, è rimasta un pezzo di carta. Il sottosegretario Durigon aveva concluso il proprio intervento, annotando, con una certa soddisfazione, che, nei primi due mesi del 2019, si era registrato nella nostra città un incoraggiante calo del 18 per cento dei delitti commessi rispetto all'anno precedente. Ahimè, non possiamo certo riconoscere al sottosegretario Durigon il carisma della profezia. Nei mesi seguenti hanno infatti avuto luogo, nel territorio cittadino, episodi di violenza gravi e taluni gravissimi che, almeno parzialmente, ho fatto oggetto di ulteriori interrogazioni ed interpellanze. A due di queste interpellanze lei oggi viene a rispondere . Queste due interpellanze, a cui viene a rispondere, hanno per oggetto alcuni episodi, forse i meno gravi in assoluto fra quelli da me segnalati, come i raid notturni ai danni delle autovetture, la morte di un tossicodipendente a Campo Marzio e l'aggressione a un minorenne in Galleria del Pozzo Rosso. Annoto che invece il Governo preferisce non rispondere alla mia interpellanza n. 2-00360 dell'aprile 2019 in cui segnalavo che un operatore della polizia municipale era stato aggredito e morso da un nigeriano di 21 anni, tale Cletus Solomon, che si era rifiutato di fornire le proprie generalità. Per l'estrema violenza dell'aggressione il vigile urbano aveva addirittura rischiato di perdere una falange della mano. Annoto che il Governo preferisce non rispondere all'interpellanza n. 2-00783, presentata nello scorso mese di maggio, in cui segnalavo che un criminale di nazionalità tunisina, Rhimi Mahmid, di trentun anni, con numerosi precedenti penali per reati legati alla droga e senza dimora fissa, aveva aggredito sessualmente in pieno centro, alle due del pomeriggio, una ventenne vicentina. Prima di essere immobilizzato il sullodato Rhimi opponeva resistenza ai carabinieri, sputando loro addosso. Per la giovane e il carabiniere è poi iniziato un ulteriore incubo perché Mahmid è risultato anche positivo all'HIV.

Annoto, infine, che il Governo non viene a rispondere all'interpellanza n. 2-00829 dello scorso mese di giugno che ha per oggetto l'aggressione avvenuta in pieno centro al dottor Hullweck, ex sindaco della città e successore del sottosegretario Variati. Sono sicuro, per come la conosco, sottosegretario Variati, che anche lei è preoccupato per quanto sta accadendo nella nostra civile e operosa Vicenza e che è consapevole della gravità della situazione. Sono quindi curioso di ascoltare le sue risposte.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Achille Variati, ha facoltà di rispondere.

ACHILLE VARIATI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli deputati, rispondo congiuntamente alle due interpellanze dell'onorevole Zanettin, entrambe volte ad evidenziare problematiche di sicurezza e di ordine pubblico nella città di Vicenza e lo faccio anch'io con grande stima nei confronti dell'onorevole Zanettin, essendo figli della stessa terra, una terra che amiamo profondamente. Più in particolare, in uno degli atti di sindacato ispettivo si richiama un episodio avvenuto il 23 marzo scorso, denunciato ai carabinieri di Vicenza dai genitori del minore coinvolto. Nella denuncia è stato riferito che, poco prima delle 21, mentre un giovane passeggiava con il proprio cane nel centro storico di Vicenza, è stato avvicinato da due senza tetto che stavano urlando. L'indagine svolta dai carabinieri di Vicenza ha consentito di identificare i protagonisti e di ricostruire per bene la dinamica dell'accaduto. Grazie ai filmati anche degli impianti di videosorveglianza è stato possibile escludere un tentativo di rapina o di effettiva voluta aggressione nei confronti del giovane, del minore. È stato invece appurato che i due senzatetto stavano litigando animatamente tra loro, rincorrendosi lungo la galleria di Corso Fogazzaro, quando l'arrivo del ragazzo ha momentaneamente attirato la loro attenzione. Ciò premesso, sembra verosimile che il giovane, comprensibilmente impaurito dalle urla e dalla concitazione del momento, abbia potuto temere per la propria incolumità. I protagonisti dell'episodio sono stati prontamente identificati: si trattava di due cittadini senza fissa dimora già noti, ahimè, alle forze dell'ordine locali e la denuncia, corredata dagli esiti delle prime indagini, ovviamente, come di dovere, è stata trasmessa all'autorità giudiziaria.

Con il secondo atto di sindacato ispettivo si richiamano la serie di furti e atti vandalici in danno di autovetture a Vicenza e più in particolare quanto avvenuto nella serata del 27 febbraio scorso, quando una decina di autoveicoli parcheggiati in varie zone del centro della nostra città sono stati danneggiati al fine di sottrarre alcuni oggetti custoditi all'interno dell'abitacolo. Le immediate indagini avviate dalla polizia di Stato hanno consentito di intercettare due stranieri: un cittadino tunisino e un marocchino che, all'esito delle attività di polizia giudiziaria, sono stati individuati come gli autori dei danneggiamenti e, quindi, sono stati deferiti all'autorità giudiziaria. Il cittadino tunisino risultava inottemperante ad un precedente provvedimento di espulsione con intimazione ad abbandonare il territorio dello Stato emesso dal questore di Vicenza e, quindi, è stato denunciato anche per violazione dell'articolo 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998, testo unico delle leggi sull'immigrazione. Previa concessione del previsto nulla-osta da parte dell'autorità giudiziaria, lo stesso è stato immediatamente espulso dal territorio nazionale e rimpatriato. Il cittadino marocchino è stato invece condotto presso il Centro per rimpatri, il CPR di Gradisca d'Isonzo. La problematica in questione - che localmente ha avuto una forte risonanza effettivamente mediatica, di cui lei, onorevole, si è fatto interprete - è stata oggetto di approfondimento in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, nel cui contesto il prefetto di Vicenza ha invitato i rappresentanti territoriali delle forze dell'ordine a intensificare l'attività di prevenzione e contrasto, sensibilizzando ulteriormente il personale addetto all'espletamento dei servizi di controllo nel territorio.

Le Forze di Polizia hanno quindi posto in essere mirate attività mediante l'esecuzione di servizi preventivi che sono stati attentamente studiati nelle fasce orarie in particolare pomeridiane e serali, anche con la collaborazione doverosa della Polizia locale e dell'amministrazione. Tali attività hanno consentito di trarre in arresto sette persone quali responsabili dei predetti reati già nel mese di febbraio scorso. Dagli approfondimenti condotti dalla prefettura di Vicenza è emerso che, se è vero che per tale tipologia di reati si è registrato un lieve incremento nel mese di febbraio 2020 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, ed in particolare 73 furti su auto rispetto ai 67 dell'anno precedente, va rilevato però che il fenomeno presenta un andamento pericolosamente ciclico - si sarebbe poi riproposto - che generalmente è connotato da un picco nei mesi invernali e da una lieve diminuzione durante il periodo estivo. Vicenza, però - e le do ragione, egregio deputato -, in questi ultimi anni ha visto un aumento di problematiche a carico spesso di persone senza fissa dimora, a volte dedite all'accattonaggio molesto. Si evidenzia che tali problematiche sono state anche queste approfondite in una serie di incontri del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica tenutosi in prefettura e il questore ne è ben consapevole. Tale fenomeno, però, in molti casi, più che un carattere di ordine pubblico, assume anche una connotazione di ordine sociale, in merito alla quale i servizi sociali del comune effettivamente potrebbero assicurare una prevenzione significativa. Peraltro, gli indici di delittuosità collocano ancora il capoluogo vicentino tra quelli più sicuri sotto il profilo dell'incidenza della criminalità comune, e non considero, onorevole, perché i numeri - quella volta mi sono laureato in matematica - possono essere manipolati, ma i delitti hanno una diminuzione diciamo del 31,8 per cento in questi cinque mesi, rispetto ai cinque mesi dell'anno precedente, tuttavia, evidentemente, questi dati vanno letti nell'ambito dell'emergenza legata all'epidemia da COVID-19 e quindi non contano per i nostri ragionamenti.

Voglio che sia chiaro un punto: affermare, come i numeri stessi testimoniano, che il territorio vicentino vanta certo dei parametri del tutto invidiabili ancora, sotto il punto di vista della sicurezza, rispetto diciamo alla media nazionale o ad altri luoghi o altre città del nostro Paese, non significa con ciò ignorare o sottovalutare le preoccupazioni che lo stesso territorio esprime. In un certo senso, infatti, è proprio perché Vicenza e la provincia sono sempre state vivibili e tranquille, che vengono notati come allarme fenomeni che altrove potrebbero non avere la stessa risonanza, ed è anche chiaro un obiettivo che penso ci accomuni: che tali standard non abbiano mai ad abbassarsi ed è questo lo scopo del lavoro costante delle Forze di Polizia, per le quali è stato sensibilizzato in particolare il signor prefetto e il signor questore. Anche per questo è incessante l'attenzione al tema degli organici delle Forze di Polizia presenti nel territorio e al riguardo, signor onorevole, si rappresenta che risultano in servizio circa 400 unità di personale della Polizia di Stato, con un potenziamento, negli ultimi due anni e mezzo, di 35 unità e 630 carabinieri, fra cui 12 marescialli, che hanno appena - questione di qualche settimana - preso servizio, di cui 11 in aggiunta e non in sostituzione, a cui si aggiungono, come lei sa, i 12 militari impiegati nei servizi di vigilanza di siti e obiettivi sensibili nell'ambito della citata operazione “Strade sicure”, che è stata autorizzata fino al 31 dicembre di quest'anno.

Resta forte l'azione di contrasto ai delitti relativi allo spaccio degli stupefacenti, per i quali anche recentemente, come lei sa, sono state condotte specifiche azioni e brillanti azioni repressive, d'intesa ovviamente con l'autorità giudiziaria.

Anche in questo campo resta però centrale il ruolo delle istituzioni locali, attraverso le azioni informative e preventive che possono svolgersi nell'ambito della diffusione presso i minori di sostanze stupefacenti, anche con l'aiuto delle autorità scolastiche. In conclusione, assicuro che la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nella città di Vicenza continua e continuerà ad essere seguita dal Governo con la massima attenzione, senza incertezze - senza incertezze - dalle autorità provinciali di sicurezza locale e dalle Forze di Polizia, che come lei sa sono quotidianamente impegnate nell'attività di controllo del territorio, a garanzia della legalità e della tutela dei diritti dei cittadini in una delle aree che sono delle vere e proprie locomotive d'Europa per il lavoro, lo sviluppo, l'economia.

PRESIDENTE. Il deputato Pierantonio Zanettin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alle sue interpellanze.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Presidente, sono solo parzialmente soddisfatto, nel senso che non posso che annotare positivamente l'impegno - ed era scontato - del Governo e del sottosegretario Variati, in particolare per quanto riguarda la situazione a Vicenza, però io credo che noi dobbiamo ribellarci alla logica del “più di così non si può fare”. Nessuno mette in dubbio l'impegno delle forze dell'ordine, che anche a Vicenza è encomiabile e a loro va il nostro incondizionato ringraziamento, nessuno contesta lo sforzo anche dell'amministrazione comunale, che attraverso la Polizia municipale è in prima linea nel contrasto alla criminalità (poco fa ho citato appunto un episodio in cui vittima è rimasto proprio un agente della Polizia municipale impegnato in queste attività di prevenzione e controllo). Non posso che esprimere, unitamente al sottosegretario, il plauso per quell'operazione condotta dalla Polizia poche settimane fa, a Campo Marzio, che ha consentito di identificare e arrestare molti spacciatori che infestavano quell'area, che è assolutamente centrale della nostra città. Tuttavia, quello che io voglio segnalare in questa occasione e che ebbi anche occasione di segnalare nella precedente interrogazione, al sottosegretario Durigon, che il problema di Vicenza - non è solo di Vicenza, è credo anche in tantissime altre città d'Italia - è la certezza della pena e la sua effettività. I responsabili dei reati sono noti a tutti, ma purtroppo girano liberamente, troppo spesso liberamente. Spiace, però è un dato incontestabile, annotare che la maggior parte dei responsabili di questi episodi di violenza sono stranieri extracomunitari, spesso con alle spalle numerosi precedenti penali. Si tratta per lo più di disadattati che vivono del traffico di droga e di espedienti e questi soggetti, oltre che condannati, vanno espulsi dal Paese. Ho annotato positivamente che uno dei responsabili dei raid vandalici è stato effettivamente espulso, ma mi domando se il responsabile dell'aggressione al giornalista Gonzato, di cui abbiamo parlato nella precedente interrogazione con il sottosegretario Durigon e che era stato appunto destinatario di un provvedimento di espulsione, effettivamente è stato espulso; mi chiedo se Cletus Solomon, il nigeriano di cui sopra, è stato espulso; se Rhimi Mhamd, che era già stato destinatario di un'espulsione nel frattempo e che ha tentato di violentare una ragazza in pieno centro a Vicenza, sia stato espulso. Ecco, il problema delle espulsioni non lo ha risolto nessuno: è il problema dei problemi. Tra l'altro, anche quando c'era titolare del Viminale Salvini, il problema è rimasto sul tappeto, però io credo che - di qui il mio sollecito nei confronti del Governo pro tempore - che vada affrontato questo tema. Non possiamo eluderlo, perché il problema non sono tanto le indagini di identificazione, neppure le condanne, è la effettività, che poi questi provvedimenti vengano tradotti concretamente e vadano affrontati con un rigore e forse anche con una energia - per usare un termine, come dire, urbano - molto più forti di quanto è stato fino ad oggi, perché è assolutamente intollerabile. Per quanto riguarda l'aggressione al minore in Galleria del Pozzo Rosso, io la reputo un episodio forse minore, ma non meno grave, perché noi sappiamo tutti che i nostri centri storici sono vissuti anche dalle persone deboli, dalle persone fragili, pensiamo agli anziani.

Episodi di questo genere che si verifichino nella nostra città, nel salotto buono, hanno degli effetti dirompenti sul piano dell'opinione pubblica. Uno dei dibattiti che, in questo momento, ho visto nella stampa locale è quello dell'abbandono del centro storico perché diminuiscono gli abitanti. Se non si pone, in maniera veramente energica, freno agli episodi di questo tipo, è del tutto evidente che il centro storico si spopola e la città viene abbandonata.

(Iniziative in relazione alla crisi produttiva e occupazionale del Polo di mantenimento delle armi leggere di Terni – n. 3-01273)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Difesa, Angelo Tofalo, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Verini n. 3-01273 (Vedi l'allegato A).

ANGELO TOFALO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Il polo di mantenimento delle armi leggere di Terni è un ente appartenente all'area tecnico-operativa del Ministero della Difesa posto alle dipendenze del comando logistico dell'Esercito, per il tramite del comando dell'arma trasporti e materiali, che svolge l'importante compito del mantenimento in efficienza di materiali, mezzi e relativi equipaggiamenti in dotazione alle unità dell'esercito dislocate sul territorio nazionale e nei teatri operativi.

Nel merito dei quesiti posti e finalizzati a conoscere “quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per rispondere alle richieste dei lavoratori del polo”, si specifica che nell'ambito della procedura concorsuale tesa ad assumere, per l'intera amministrazione Difesa, dieci unità di assistente tecnico per la motoristica, la meccanica e le armi, area funzionale seconda, fascia retributiva F2, nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa, sei unità erano destinate presso il polo di mantenimento armi leggere di Terni. A conclusione di detta procedura, quattro vincitori hanno assunto servizio presso l'ente in parola. Conseguentemente, si sta procedendo, mediante apposita richiesta di rimodulazione al Dipartimento della funzione pubblica, all'assunzione di tutti gli idonei non vincitori della suddetta procedura concorsuale, al fine di esaurire la relativa graduatoria (parliamo di tre unità per il polo di Terni).

Con riferimento, invece, alle assunzioni straordinarie, di cui alla legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, comma 305, volte al reclutamento, nel triennio 2019-2021, di complessive 294 unità tra assistenti e funzionari tecnici, la competente direzione generale per il personale civile ha trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica un prospetto riepilogativo delle unità di personale da assumere mediante concorso unico tramite la commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM). In particolare, il citato prospetto, riferito alle unità da assumere, per l'intera amministrazione Difesa, per l'anno 2019, include cinque unità complessive da destinare al polo in parola, come di seguito elencate: un funzionario tecnico per la motoristica e la meccanica; un assistente tecnico per le lavorazioni; un assistente tecnico per la motoristica, la meccanica e le armi; due assistenti tecnici per le lavorazioni e la meccanica.

Per l'anno 2020, sempre con riferimento alle assunzioni straordinarie (98 unità del profilo tecnico, di cui 88 di seconda area e 10 di terza area), al fine di assicurare la funzionalità e l'efficienza dell'area produttiva industriale, in particolare degli arsenali e degli stabilimenti militari, la relativa esigenza è stata comunicata al Dipartimento della funzione pubblica.

Per quanto riguarda, invece, il piano di fabbisogno ordinario di personale civile per il triennio 2018-2020, si rende noto che sono previste 561 assunzioni, anche se, al momento, non sono state definite numericamente le unità da destinare al polo.

Si rappresenta, infine, che, in considerazione della prioritaria importanza che l'area tecnico-industriale riveste per la Difesa e tenuto conto dei rilevanti numeri di pensionamenti previsti fra il personale civile del dicastero, è stato dato mandato agli organi tecnici di predisporre, con proiezione fino al 31 dicembre 2024, una programmazione strategica delle esigenze funzionali di personale civile, già comprensiva delle assegnazioni suddivise per aree e per profilo, agli enti in carenza di organico.

PRESIDENTE. Il deputato Walter Verini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

WALTER VERINI (PD). Grazie, Presidente. Noi prendiamo atto e siamo abbastanza soddisfatti dell'attenzione con la quale il Governo sta seguendo la questione del polo delle armi di Terni.

Il sottosegretario ha mostrato, con la sua risposta, questa attenzione, che, del resto, si era anche concretizzata, qualche tempo fa, con una visita dello stesso Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Vede, questo polo non ha solo una grande storia ormai di quasi 150 anni, ma ha il compito e quindi, come scritto nel sito stesso del Ministero della Difesa, di assicurare l'efficienza di materiali, mezzi ed equipaggiamenti in dotazione alle Forze armate e ai corpi armati dello Stato, con particolare riferimento alle armi leggere, alle protezioni balistiche individuali e veicolari, agli strumenti verificatori e alle attrezzature balistiche in genere. Questo è il compito, questa è la missione e, tuttavia, c'è stato, negli anni, un deperimento, derivante soprattutto dalla mancanza di organico e dal fatto che non c'è stato turnover. I sindacati e i lavoratori hanno più volte rappresentato al Ministero questa situazione e già oggi vengono meno alcune importanti commesse, sottosegretario, che soprattutto potrebbero rilanciare la produzione, produzione di qualità, e, quindi, anche l'occupazione del sito. Penso a commesse che soprattutto l'Arma dei carabinieri potrebbe assolutamente assegnare allo stabilimento.

Quindi, è urgente capire, nel prendere atto della risposta, quante unità saranno effettivamente impiegate e assegnate a Terni rispetto al piano del fabbisogno ordinario di personale per il triennio 2018-2020, ovvero anche quante delle 561 assunzioni saranno impiegate nel polo ternano. C'è, quindi, un'urgenza di quantificare anche numericamente, oltre che per qualifiche funzionali, le unità. Io credo che ce ne sia bisogno non soltanto per dare delle risposte a una realtà produttiva di grande storia e di grande qualità, ma sarebbe un danno non invertire la tendenza di questo deperimento produttivo e occupazionale e sarebbe un danno anche al sistema della difesa del Paese, oltre che a una realtà - ed è l'ultimo concetto che voglio esprimere - come quella di Terni.

La fabbrica delle armi, il polo di mantenimento delle armi leggere è una realtà, come dicevo, molto importante che ha fatto l'identità di quella città, una città che si trova, in questo momento, ad affrontare due situazioni di grande incertezza e di seria crisi: penso alla crisi del polo chimico, ed è di queste ore la vertenza dei lavoratori del gruppo Treofan, di cui il Governo si sta occupando, in un quadro di forte crisi del polo chimico, ed è molto pesante l'incertezza per il futuro delle acciaierie che ThyssenKrupp ha deciso di mettere sul mercato. Due vicende che riguardano settori strategici del Paese e soprattutto di quella realtà. Anche se si tratta, quella della fabbrica d'armi, di una vicenda quantitativamente, dal punto di vista occupazionale, minore, però rappresenterebbe e dovrà rappresentare anche un segnale, in qualche modo, di inversione di una rotta di fiducia per quella città, che in questi anni è stata colpita, particolarmente per le caratteristiche produttive e occupazionali, dalla crisi soprattutto di questi settori strategici.

Quindi, concludendo, vorrei davvero raccomandare al Governo di far seguire non solo i fatti alle parole, perché questo è un Governo che i fatti li sta facendo, tuttavia di farli, questi fatti, nel minor tempo possibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative per l'immissione in ruolo dei vincitori del concorso interno straordinario per il reclutamento di marescialli nei ruoli dell'Esercito, della Marina militare, della Capitaneria di porto e dell'Aeronautica militare, indetto nel dicembre 2018 – n. 3-01666)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Difesa, Angelo Tofalo, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Deidda ed altri n. 3-01666 (Vedi l'allegato A).

ANGELO TOFALO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Il 14 dicembre 2018 la direzione generale per il personale militare (PERSOMIL), di concerto con il comando generale del corpo delle capitanerie di porto, ha emanato, con decreto interdirigenziale n. 31/1D, il bando per il concorso straordinario per il reclutamento nei ruoli dei marescialli dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare.

Il concorso, in deroga a quanto stabilito dall'articolo 682 del COM, il Codice dell'ordinamento militare, riguardo alle procedure di alimentazione dei ruoli marescialli, è stato indetto esclusivamente per l'anno 2018 e riservato al solo personale appartenente ai ruoli sergenti e volontari in servizio permanente, arruolato ai sensi della legge 24 dicembre 1986, n. 958 e successive modificazioni e transitato in servizio permanente ai sensi degli articoli 35, comma 2, e 36 del decreto legislativo n. 196 del 1995.

A seguito della conclusione delle procedure selettive, PERSOMIL ha approvato, con decreto del 31 ottobre 2019 - ricordato anche dallo stesso interrogante - la graduatoria finale del concorso.

A mente del comma 4 dell'articolo 2197-ter del COM, i vincitori del concorso sono stati immessi in ruolo con il grado di maresciallo, con decorrenza giuridica e amministrativa: dal 1° gennaio 2018, se provenienti dal ruolo sergenti; dal 1° luglio 2018, qualora provenienti dal ruolo dei volontari in servizio permanente.

Quanto all'effettiva immissione in ruolo dei vincitori del concorso in questione, la Direzione generale ha provveduto con decreto interdirigenziale n. 31/1D del 23 dicembre 2019, emanato di concerto con il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto.

PRESIDENTE. Il deputato Salvatore Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, sottosegretario. Grazie, Presidente. Siamo sicuramente soddisfatti. Noi avevamo, come Fratelli d'Italia, sollevato questa che ci pareva una discriminazione per i partecipanti al concorso, ovviamente quelli che erano rimasti indietro, quelli dell'Esercito, rispetto anche alle altre Forze armate, perché stava ormai finendo l'anno e si rischiava di andare, con lungaggini, a perdere poi quella che era l'effettiva decorrenza di quello che doveva essere il nuovo ruolo. Invece, ricordiamoci che riguardava 3.889 unità, di cui 1.789 nel ruolo dei sergenti, 2.100 riservati ai volontari in servizio permanente; era un concorso che si aspettava da anni, dopo un blocco, e finalmente l'agognata promozione, quello che era frutto del lavoro e della professionalità delle nostre Forze armate doveva essere riconosciuto.

Siamo contenti che, dopo questa nostra interrogazione, non perché ci fosse un blocco intenzionale, però magari le lungaggini burocratiche si stavano prorogando e siamo soddisfatti; di questo ringraziamo lei, assolutamente, e quello che è stato il personale della Difesa che si occupa delle progressioni, di tutta quella che è la parte burocratica. Ovviamente questo risultato ci deve spingere a migliorare sempre di più quella che è la trafila e anche le progressioni di carriera dentro le nostre Forze armate e, come obiettivo, porsi appunto anche un nuovo riordino e un nuovo tipo di approccio per quello che oggi sono le Forze armate: più competenti, più professionali, più preparate.

Abbiamo voluto, con la sospensione del servizio di leva, un Esercito di professionisti e noi dobbiamo lavorare uniti, come stiamo cercando di fare con una leale collaborazione tra opposizione e Governo, almeno nella Difesa; e di questo io ho sempre ringraziato gli esponenti del Governo del comparto Difesa, il presidente Rizzo della Commissione e tutti i componenti, perché la Difesa le Forze armate sono un patrimonio di tutti e non ci deve vedere divisi. Dobbiamo risolvere i problemi insieme, dobbiamo renderci conto che il settore Difesa è stato trascurato per troppi anni e dobbiamo dotarlo di risorse. Su questo so benissimo che dobbiamo fare fronte comune per gli altri settori del Governo, perché dobbiamo tirar fuori i soldi necessari a dare soddisfazione. Quindi, assolutamente, ci troverà sempre dalla vostra parte quando si faranno gli interessi di tutti gli uomini e le donne delle Forze armate e dell'Esercito. E questo deve ricordarci, visti anche gli ultimi accadimenti drammatici, che gli uomini e le donne delle Forze armate sono sempre disponibili, si impegnano veramente con tutto il cuore, oltre quello che è il loro mandato professionale, però ci mettono il cuore per dare aiuto alla nostra nazione e ai nostri cittadini, quindi meritano sicuramente un riconoscimento e quello che è poi un doveroso lavoro di quello che noi dobbiamo garantire loro per una progressione di carriera serena e riconoscendo le professionalità.

(Iniziative volte a ovviare alla carenza di personale presso il tribunale di Torre Annunziata (Napoli), nonché in relazione alla pianta organica del giudice di pace - n. 3-01337)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Vittorio Ferraresi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Manzo n. 3-01337 (Vedi l'allegato A).

VITTORIO FERRARESI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Con l'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto, l'interrogante solleva una questione di carenza di personale del tribunale di Torre Annunziata.

In modo preliminare, occorre evidenziare che la situazione dell'intero distretto di Napoli, nel quale ricadono gli uffici in esame, è sempre stata tenuta nella debita considerazione da parte del Ministero e negli anni che vanno dal 2014 al 2019 il distretto ha beneficiato di 668 nuove assunzioni di personale, di cui 21 destinate al circondario oplontino.

Per quanto riguarda l'ufficio del giudice di pace di Torre Annunziata, si ritiene utile chiarire che, a seguito dell'attuazione della revisione della geografia giudiziaria del 2011, tra gli uffici del giudice di pace dell'ambito di Torre Annunziata inizialmente soppressi vi erano quelli di Castellammare di Stabia, Gragnano, Pompei, Sorrento e Torre del Greco; tuttavia, in virtù della facoltà concessa agli enti locali interessati di chiedere il mantenimento della sede soppressa a fronte dell'assunzione dei relativi oneri economici, nel 2014 e nel 2015 sono stati ripristinati gli uffici di Sorrento e di Gragnano. Conseguentemente all'accorpamento degli uffici soppressi, la sede circondariale di Torre Annunziata ha beneficiato di un corrispondente incremento di 14 unità di personale proveniente da quelle sedi.

In ogni caso, le esigenze operative dell'ufficio giudiziario in esame sono sempre ben presenti al Ministero e sono state tenute nel dovuto conto anche nei nuovi reclutamenti: infatti, in sede di prosecuzione delle procedure assunzionali già avviate, con decreto ministeriale del 14 febbraio 2018 è stata ampliata la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario di 4 unità, che così sono passate a 6, con una conseguente attuale dotazione organica complessiva di 16 unità ed una presenza effettiva di poco inferiore all'intera dotazione.

Per quanto riguarda il tribunale di Torre Annunziata, la situazione del personale registra una scopertura effettiva inferiore alla media nazionale - ma comunque da tenere in considerazione - e, a fronte delle vacanze registrate per alcuni profili, risultano in organico i profili di assistente giudiziario, funzionario contabile e conducenti di automezzi. Inoltre, l'ufficio ha beneficiato della riqualificazione di 9 funzionari e dell'ampliamento della dotazione organica, a vario titolo, di 3 unità aggiuntive di assistente giudiziario. Come è noto, il Ministero della Giustizia da tempo concentrato la propria attività sull'incremento delle risorse umane presso gli uffici giudiziari.

Ed in questo contesto, gli uffici giudiziari dell'intero distretto di Napoli si sono giovati di nuove risorse ed energie, compreso il rilevante apporto di professionalità assicurato dagli assistenti giudiziari recentemente assunti, cui potranno aggiungersi, in maniera più agile, unità di personale ulteriori mediante l'applicazione temporanea endodistrettuale da parte degli organi di vertice distrettuale, ai sensi dell'articolo 14 dell'Accordo sulla mobilità interna del 27 marzo 2007.

La concentrazione del Ministero della Giustizia su questo fronte è sempre stata una delle principali priorità e l'impegno profuso nella soluzione delle questioni di personale amministrativo ha determinato la quanto mai auspicata inversione di tendenza in materia di concorsi pubblici, non più banditi per almeno un ventennio. Invero, per il periodo 2019-2021, le previsioni di investimento sull'assunzione di personale amministrativo, modulate sulle vacanze attuali su quelle future stimate, contano ben 8.756 nuovi ingressi ripartiti tra diversi profili professionali, di cui 2.599 per il 2019, 1.896 per il 2020 e 4.261 per il 2021.

Avvalendosi, quindi, degli strumenti normativi a disposizione, come le precedenti leggi di stabilità e il nuovo “decreto Rilancio” appena approvato, e le ordinarie capacità di reclutamento 2019-2021, il poderoso piano assunzionale è già stato ampiamente avviato e allo stato si è già provveduto all'assunzione di 22 funzionari tecnici, allo scorrimento di graduatoria per oltre 1.600 assistenti giudiziari, ai quali si aggiungeranno gli ultimi 837 di uno scorrimento già disposto con PDG del 16/7/2020, al bando per i 2.329 funzionari con reclutamento previsto per il 2020, all'assunzione per il reclutamento di 616 operatori giudiziari, di cui 86 al distretto di Napoli e 9 al tribunale di Torre Annunziata, e 109 conducenti di automezzi, di cui 10 al distretto di Napoli e all'assunzione obbligatoria, ai sensi della legge n. 68 del 1999, di 97 unità del profilo di ausiliario.

Dunque, come si evince, come è evincibile da questi dati, l'impegno del Ministero della Giustizia nelle politiche di personale è decisamente tangibile e dimostra il profondo convincimento che lo anima ovvero che una giustizia ben organizzata è anche una giustizia più efficiente e più efficace. Certo, con l'emergenza sanitaria alcuni concorsi sono bloccati, ma stanno ripartendo, stanno andando avanti e questo personale che arriverà con il giusto tempo aiuterà tutti gli uffici a proseguire nell'attività, a smaltire l'arretrato e a garantire un'efficienza anche, ovviamente, non solo al tribunale di Torre Annunziata, ma di tutto il territorio.

PRESIDENTE. La deputata Manzo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione. A lei la parola.

TERESA MANZO (M5S). Grazie, Presidente. Siamo soddisfatti della risposta del Governo e ringrazio il sottosegretario Ferraresi per la puntuale risposta, da cui emerge chiaramente l'impegno del Ministero della Giustizia per il potenziamento degli organici degli uffici giudiziari in Italia. Nello specifico, apprendo con soddisfazione come gli uffici del giudice di pace di Torre Annunziata oggetto della mia interrogazione siano tuttora al centro di un preciso percorso di potenziamento, volto a sopperire alle carenze del personale che, in passato, hanno, in più occasioni, messo a rischio il corretto svolgimento del servizio.

Le quattro unità arrivate nei mesi scorsi al giudice di pace di Torre e le nove destinate al tribunale di Torre Annunziata rappresentano un passo importante verso la risoluzione delle gravi problematiche sollevate in più occasioni dalle associazioni forensi del territorio e dagli ordini professionali. Gli uffici di giudice di pace sono degli importanti presidi di legalità sul territorio e garantirne l'operatività significa anche lanciare ai cittadini un messaggio di vicinanza e presenza dello Stato. Gli uffici del giudice di pace di Torre Annunziata, come diceva prima il sottosegretario, rappresentano un vasto territorio, soprattutto, dopo la chiusura dell'ufficio di giudice di pace di Castellammare. Colgo questa occasione concessami in questa sede per esprimere l'auspicio che, quanto prima, si possa riaprire una discussione per il riordino della geografia giudiziaria, per far sì che territori come Castellammare, Torre del Greco, Pompei e altri territori abbiano un presidio di legalità sul proprio territorio.

PRESIDENTE. Siamo costretti ad una breve pausa a causa della momentanea assenza del sottosegretario che avrebbe dovuto rispondere all'interrogazione n. 3-01679.

La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 12,02, è ripresa alle 12,12.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Ringraziamo il sottosegretario De Cristofaro per averci raggiunto: ovviamente, non possiamo fare a meno di stigmatizzare questo ritardo da parte del Governo. Ci sono precisi orari di convocazione per la risposta alle interrogazioni, che andrebbero rispettati, a maggior ragione, per questione di cortesia istituzionale nei confronti del Parlamento

(Problematiche relative all'istituzione di una commissione di esperti presso il Ministero dell'università e della ricerca per la verifica dei requisiti di idoneità delle scuole di specializzazione di area sanitaria ad accesso riservato ai medici – n. 3-01679)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, Giuseppe De Cristofaro, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Tuzi ed altri n. 3-01679 (Vedi l'allegato A).

GIUSEPPE DE CRISTOFARO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Mi scuso, peraltro, del ritardo dovuto a molto traffico nella zona di piazza Venezia, che è interrotta dai lavori, come sapete. Rispondo sulla base degli elementi forniti dal Ministero dell'Università e della ricerca. Ringrazio l'onorevole interrogante perché, con il suo quesito, consente di fare chiarezza su una questione di straordinaria importanza, soprattutto se rapportata al contesto di emergenza sanitaria che stiamo vivendo e alle conseguenti misure d'urgenza che ne sono scaturite.

Va detto, preliminarmente, che l'accennato contesto ha richiesto che fossero individuate misure tempestive ed eccezionali, in assenza delle quali - proprio in questo anno caratterizzato da una così grave crisi del Sistema sanitario nazionale - sarebbe risultato a rischio addirittura l'avvio dell'anno accademico delle scuole di specializzazione in area sanitaria.

E così, risultando impossibile ricostruire nei tempi previsti - in considerazione del generale contesto emergenziale - l'Osservatorio nazionale della formazione medico-specialistica, al quale demandare l'integrale istruttoria delle istanze di accreditamento delle scuole di specializzazione, il Governo ha ritenuto, con il cosiddetto “decreto Rilancio”, da una parte, di prorogare per il prossimo anno accademico l'accreditamento definitivo o provvisorio concesso per l'anno accademico 2018-2019 e, dall'altra, di consentire alle sole scuole che non avessero superato l'accreditamento nel precedente anno la possibilità di ripresentare istanza di accreditamento.

Per lo svolgimento di tale limitata attività istruttoria - che costituisce, peraltro, di fatto, un mero seguito dell'attività già svolta in occasione del precedente anno accademico -, si è ritenuto investire, per evidenti ragioni di economia procedurale, una commissione di esperti che, pur prefigurato quale organo ad hoc, dovesse essere composto dai componenti dell'Osservatorio nazionale alla data del 29 settembre 2018 e, cioè, dai soggetti che, a loro tempo, avevano impartito le prescrizioni, sulla base delle quali valutare le nuove istanze.

Si spiega così la composizione della commissione di esperti, per la quale - va rimarcato - è la stessa norma a prevedere che la commissione sia costituita dai componenti dell'Osservatorio nazionale alla data del 29 settembre 2018, con una formulazione, dunque, che esclude qualsiasi ulteriore elemento discrezionale da parte del Ministero e che fa riferimento ai componenti dell'Osservatorio a quella data, al netto di componenti dimissionari o decaduti per reiterate assenze.

Tale previsione normativa, si ribadisce, è stata motivata dalla necessità di evitare che la grave situazione di emergenza vissuta dal Paese per effetto della crisi da COVID-19, nonché le limitazioni alla libertà di spostamento che ne sono derivate, potessero in qualche modo precludere alle scuole di specializzazione in questione la possibilità di accreditamento per l'anno accademico 2019-2020 nei termini e secondo le scadenze previste dalla normativa di settore.

Per tali ragioni, ferma restando la necessità di ricostituire quanto prima l'Osservatorio nazionale, è stato stabilito che il mandato della Commissione durasse fino alla conclusione delle attività inerenti allo svolgimento del concorso di ammissione dei medici alle scuole di specializzazione per l'anno accademico 2019-2020: precisazione che attesta la natura contingente e transitoria delle funzioni assegnate a tale organismo.

Per tali motivi, va data all'onorevole interrogante piena assicurazione circa la ferma intenzione del Ministero dell'Università e della ricerca di procedere quanto prima alla ricostituzione dell'Osservatorio nazionale nella sua interezza, al quale affidare - rientrata la situazione di eccezione sottesa alla vicenda qui rappresentata - la pienezza delle prerogative che la legge gli assegna.

PRESIDENTE. Il deputato Tuzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

MANUEL TUZI (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario De Cristofaro, soprattutto per la risposta esaustiva. Sì, sono soddisfatto, ma ci tengo comunque a sottolineare quello che è il ruolo dell'Osservatorio, di quello che gioca nell'ambito della formazione medica, soprattutto, in riferimento anche ai diversi interessi che, ovviamente, implicano le decisioni prese dall'Osservatorio nazionale. Dobbiamo ricordarci che, neanche un paio di anni fa, 41 scuole di specializzazione sono state accreditate, ma, in realtà, queste 41 scuole sono state accreditate illegalmente; da delle indagini che sono venute fuori mancavano dei requisiti strutturali, ovvero, mancava il pronto soccorso, in quelle strutture.

Quindi, questa è una delle prime problematiche che ovviamente stiamo attenzionando. Secondo i dati pubblicati dall'Osservatorio nazionale che sono riferiti al 2018, su 1.358 scuole di specializzazione, sarebbe da chiuderne una su quattro, stante l'assenza dei requisiti minimi strutturali necessari per essere in regola, si parla dalle 211 scuole alle 386 scuole di specializzazione. E ancora, nel 2019, dopo l'inchiesta sul tema che aveva già sollevato la dottoressa Gabanelli sulle 41 scuole di specializzazione, dobbiamo dire che ci sono - almeno da quello che siamo riusciti a ricavare - 116 scuole che non sono state accreditate e, sempre nel 2019, oltre cento sono state accreditate provvisoriamente.

Sa perché le dico che sono dati ricavati? Perché non sono pubblici i dati di accreditamento e se io sono uno specializzando che deve scegliere una scuola ho il diritto, sacrosanto, di sapere in quale scuola sto andando e, al momento della scelta, quale scuola è stata accreditata, perché è stata accreditata, perché non è stata accreditata. Perché, poi, cosa accade? Accade che mi ritrovo bloccato all'interno di una scuola che non mi forma e, nello stesso tempo, la stessa scuola non mi permette di andar via, e io così divento ostaggio della scuola di specializzazione e del mio professore. E ci sono centinaia di casi sul tema, che sono costrette anche a fare ricorso per far rispettare la legge. Per questo serve anche un intervento forte da un punto di vista normativo.

Cosa fa questa commissione? Come citato dal sottosegretario, fa esattamente quello che faceva l'Osservatorio con una forza associativa in meno, ma è un anno e quattro mesi che aspettiamo la nomina dell'Osservatorio e sono sette mesi da quando è stato nominato l'attuale Ministro. È vero, c'è stata un'emergenza COVID-19, va riconosciuto, questo comitato però deve avallare e analizzare quelli che sono gli accreditamenti, cercando di ragionare proprio su quelli che non sono stati accreditati o quelli che sono, magari, stati accreditati anche temporaneamente; deve essere un organo legittimato, con una rappresentanza forte degli specializzandi, che sia reale però, cioè che non si tratti di iscritti presi tramite Google Forms o tramite una e-mail, ma specializzandi che abbiano deciso di iscriversi magari pagando quell'associazione o facendo il rinnovo annuale, magari, quindi in maniera tale da garantire una rappresentanza reale, presente in quel momento.

Questo dato è preoccupante, in quanto prospetta a chi lo legge tre tipi di riflessioni: la prima, riguarda la formazione dei nostri ragazzi, la seconda, la salute di tutti noi e la terza, non meno importante, è quella economica. Un dato sconcertante come quello del 2018 pone il dubbio se la formazione specialistica dei nostri ragazzi, dei nostri medici possa ritenersi adeguata e se i medici del domani, che, però, come ben sappiamo lo sono effettivamente dal primo giorno di specializzazione, siano sufficientemente preparati come richiesto ex lege; e come possono esserlo se loro sono i primi a non essere messi nelle condizioni di essere preparati per cause a loro non imputabili? Data questa situazione, il secondo problema che si pone è per tutti noi: se gli specializzandi non sono stati messi nelle condizioni di imparare effettivamente, quando noi ci rechiamo in ospedale e veniamo affidati alle cure dello specializzando possiamo davvero sentirci sereni? Mi auguro di sì.

Da ultimo, si impone un'importante riflessione sulla questione economica, su chi governa l'accreditamento delle scuole di specializzazione; incassare un accreditamento è un'occasione di prestigio per i professori che hanno la cattedra e per gli ospedali è anche forza lavoro a basso costo, perché gli specializzandi vengono pagati poco. Serve più trasparenza negli accreditamenti e chiudo, dicendo che la legge attuale è del 1999; sono oltre vent'anni che si aspetta una riforma strutturale delle scuole di specializzazione e degli accreditamenti per migliorare la qualità della formazione; serve un nuovo contratto di formazione con più diritti e più tutele; serve un decreto urgente per dare delle risposte alle associazioni di categoria che sono là fuori e che non sono solo quelle presenti nell'Osservatorio e alle migliaia di specializzandi che, anche loro, sono là fuori ad attendere una risposta da parte del Governo.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Sospendiamo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 12,30.

La seduta, sospesa alle 12,25, è ripresa alle 12,30.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario (A.C. 2619).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2619: Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2619)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del gruppo Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Marco Di Maio.

MARCO DI MAIO, Relatore. Grazie, Presidente. Mi accingo a riferire in quest'Aula relativamente alla legge di conversione di un decreto che credo abbia un elevato significato istituzionale, simbolico e politico anche e soprattutto in materia di diritti e di accesso alle cariche elettive. Mi sia consentito preliminarmente rivolgere un ringraziamento alle forze politiche, in particolare a quelle di opposizione, per aver compreso l'urgenza e la rilevanza del tema oggetto di questo provvedimento, e quindi aver accettato l'invito a non presentare emendamenti per favorire l'approvazione più rapida possibile di questo testo nella stessa formulazione con la quale è stato varato dal Consiglio dei ministri, al punto che in Commissione affari costituzionali il mandato al relatore è stato approvato senza voti contrari e oggi siamo qui a riferirne.

Si tratta di una legge che prende le mosse da un importante provvedimento che abbiamo votato proprio qui, in questa Camera, nel 2016, che interviene sulla legge di attuazione dell'articolo 122 della Costituzione, ossia quell'articolo che attribuisce alla legge ordinaria il compito di definire i principi fondamentali cui devono attenersi i sistemi elettorali delle regioni. La modifica approvata il 3 febbraio del 2016 in via definitiva proprio qui nell'Aula di Montecitorio introdusse tre ipotesi per assicurare il rispetto della promozione della parità di genere nell'accesso alle cariche elettive regionali. Liste con preferenze: quindi, qualora la legge elettorale regionale consenta l'espressione di preferenze, vengono indicati, in quella legge che abbiamo approvato nel 2016, due meccanismi per promuovere la rappresentanza di genere. Le quote di lista del 40 per cento in ciascuna lista, quindi il numero dei candidati di uno stesso sesso non deve eccedere il 60 per cento del totale, e la preferenza di genere, che deve essere assicurata, quindi deve essere garantita all'elettore la possibilità di esprimere almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso. In caso contrario, le preferenze successive alla prima sono annullate. Le altre due tipologie di intervento previste da quella modifica che abbiamo approvato qui nel 2016 con una larga maggioranza, che andava oltre quella che all'epoca sosteneva il Governo di allora, prevedeva interventi sulle modalità di elezione che prevedono liste bloccate e anche nel caso in cui ci fossero sistemi elettorali che prevedevano collegi uninominali.

Non entro nel merito di queste due fattispecie perché non sono oggetto della contingenza per la quale si è fatto questo decreto. Partendo da qui, dunque, l'articolo 1 del decreto-legge che è stato approvato dal Consiglio dei ministri stabilisce un principio importante, che mi auguro possa essere condiviso in sede di approvazione da tutta l'Aula, e cioè che il mancato recepimento nella legislazione elettorale regionale di questi principi costituisce uno dei presupposti che consentono l'attivazione dei poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle regioni; presupposti che sono appunto contemplati dall'articolo 120 della Costituzione e disciplinati da una successiva legge ordinaria di attuazione. Al secondo comma del decreto che ci accingiamo ad esaminare si interviene in modo diretto sulla vicenda pugliese, stabilendo senza mezzi termini che, per assicurare il pieno godimento dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica, messi a rischio dal mancato rispetto delle norme sulla parità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive, in Puglia si applicano due nuove importanti disposizioni, al momento, prima di questo decreto, non contemplate nella legislazione regionale.

Il primo è che deve essere garantito a ciascun elettore la possibilità di esprimere due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso dall'altro; condizione questa che deve essere considerata nella predisposizione delle schede elettorali. L'altro intervento previsto dal decreto-legge è che, nel caso in cui l'elettore esprima preferenze per due candidati del medesimo sesso, si proceda all'annullamento della seconda preferenza. Quindi, come vediamo, si riprende esattamente ciò che la regione Puglia non ha fatto, ma che era previsto dalla legge del 2016 che disciplinava e imponeva alle regioni di adeguarsi nella parità di accesso alle cariche elettive prevedendo la doppia preferenza. Per attuare queste disposizioni, quindi quelle che ho appena enunciato, il decreto, in assenza di un atto proprio del consiglio regionale, che non c'è stato, ha individuato il prefetto di Bari come commissario straordinario con il precipuo compito di sovrintendere, adoperarsi e lavorare affinché tutte le misure necessarie volte al rispetto di queste norme vengano in qualche modo rispettate. Poi ci sono gli altri due articoli del provvedimento che sono sostanzialmente dovuti e riguardano l'invarianza finanziaria e l'attuazione del decreto stesso.

Abbiamo sentito critiche, ovviamente legittime, come sempre, sull'opportunità di un intervento del Governo tramite decreto-legge e altri rilievi sul fatto che sarebbe stato sproporzionato l'utilizzo del decreto stesso. In proposito credo che sia opportuno in questa fase dell'esame parlamentare, quindi nella discussione sulle linee generali, dove c'è la possibilità di andare un pochino più in profondità sui temi, soffermarsi su quanto previsto dalla legge di attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni. In questo ambito, infatti, si prefigurano tutte le modalità di intervento che risultano perfettamente rispettate dal decreto-legge oggetto di esame. In primo luogo si fa riferimento alla necessità di assegnare all'ente interessato, in questo caso la regione Puglia, un congruo termine entro il quale adottare i provvedimenti dovuti o necessari relativamente al mancato adempimento degli obblighi previsti.

In proposito credo che sia doveroso ricordare che più volte la regione Puglia è stata richiamata alle proprie responsabilità in maniera informale e poi in maniera formale fin dal 5 giugno, con un'apposita comunicazione del Ministro per gli Affari regionali, tramite la presidenza della Conferenza dei presidenti di regione. Il 25 giugno in Consiglio dei ministri è stato formalizzato il fatto che la regione Puglia non aveva ancora risposto.

Il 3 luglio, su impulso della Ministra Elena Bonetti, che ringrazio per essere presente oggi e per l'attenzione che ha dedicato a questo argomento e che dedica quotidianamente ai temi della parità e dell'accesso paritario alle cariche elettive, il Presidente del Consiglio, in quella circostanza, ha inviato un ulteriore richiamo formale – era il 3 luglio di quest'anno – alla regione Puglia affinché adeguasse il proprio sistema elettorale alle norme sulla parità. Poiché alla data del 23 luglio non era ancora stato fatto assolutamente nulla al riguardo, cioè non vi era stato alcun atto normativo della regione che andasse nella direzione di un adeguamento, ancora una volta su impulso della Ministra Bonetti, il Presidente del Consiglio e il Consiglio dei ministri hanno formalmente diffidato la regione ad adeguare il proprio sistema elettorale entro il termine del 28 luglio, un termine perfettamente congruo e coerente con la disposizione di legge di attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sulle circostanze nelle quali si può attivare il potere sostitutivo dello Stato, ed è una circostanza, anche se sembrano pochi cinque giorni, assolutamente congrua vista l'imminenza della scadenza elettorale di settembre. Purtroppo, però, anche il termine del 28 luglio è arrivato senza che la regione Puglia abbia in alcun modo adempiuto ai propri obblighi, rendendo quindi, a quel punto, necessaria l'attivazione del potere sostitutivo da parte del Governo, ovviamente nei rigorosi limiti fissati dalla Costituzione, e come stiamo cercando di sottolineare in questo intervento, nel rispetto anche delle disposizioni di legge.

Credo sia importante, sempre in riferimento ai poteri attribuiti al Governo in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione, anche evidenziare che la proporzionalità dell'intervento del Governo risulta perfettamente rispettata, perché ci troviamo in presenza di un intervento che va ad agire su una legge elettorale, come quella della regione Puglia, che ha un sistema di elezione proporzionale con espressione di preferenza. Quindi, la norma sostitutiva del Governo non poteva che discostarsi da questo solco, e fra le tre opzioni che prevede la legge del 2016 approvata qui in Parlamento, che imponeva sostanzialmente l'obbligo di garantire la parità di accesso alle cariche elettive, non poteva che attingere al primo dei tre interventi, quello sull'obbligo della doppia preferenza di genere: per cui la scelta di intervenire con l'imposizione della doppia preferenza risulta pienamente proporzionata all'oggetto dell'intervento stesso. E anche, evidentemente, la nomina del commissario, individuato nel prefetto di Bari come ricordavamo, risulta pienamente rientrante nei precetti e nelle disposizioni previsti dalla legge di attuazione dell'articolo 120, quindi dei poteri sostitutivi da parte dello Stato.

Mi avvio alla conclusione con veramente due annotazioni di carattere politico, che credo mi possano essere concesse, pur nella mia veste di relatore, vista la sede nella quale si svolge questo dibattito. Credo sia assolutamente legittimo evidenziare che siamo in presenza di un intervento da parte del Governo non ordinario: è inutile nasconderlo, è chiaro che sarebbe stato meglio che non ci fosse stato bisogno di questo tipo di intervento. Dall'altra parte, però, credo vada riconosciuto anche un atto meritorio che la Ministra Bonetti, il Presidente Conte, il Consiglio dei ministri hanno voluto adottare per affermare un principio, un principio che nel 2020 ci aspetteremmo fosse patrimonio di tutte le istituzioni del nostro Paese, ma evidentemente purtroppo non è, almeno non lo è per il presidente della regione Puglia e per i suoi organi di governo, che è quello, appunto del principio della parità di accesso alle cariche elettive. È un principio credo non negoziabile, e si è fatto bene a evidenziarlo con questo intervento. Credo sia giusto, come afferma la nostra Costituzione, assicurare alle donne la stessa parità di accesso alle cariche elettive, e credo sia giusto farlo con gli strumenti che la Costituzione e il nostro ordinamento mettono a disposizione.

Non credo sia, invece, opportuno - e lo dico nell'auspicio che questo appello venga accolto - mettere in campo, di fronte a un tema come questo, divisioni di carattere partitico o politico: quando si parla di parità di accesso alle cariche elettive, e più in generale di parità di genere, si parla di un tema che credo debba coinvolgere, sentire impegnate tutte le forze che sono presenti in Parlamento. Credo sarebbe un bellissimo segnale di attenzione in questa direzione se l'approvazione di questo provvedimento arrivasse con un'ampia maggioranza, come abbiamo visto in altre circostanze di fronte a temi che riguardavano in qualche modo non solo una parte politica, uno specifico interesse politico, ma, più in generale, l'interesse della nostra comunità. E credo debba essere interesse di tutti garantire che nella regione Puglia venga rispettato il principio della parità; e più in generale, come previsto dall'articolo 1, comma 1 di questo decreto-legge, si stabilisca il principio che quando e qualora dovesse ripetersi la fattispecie nella quale non si garantisce questa parità di accesso, è giusto che il Governo intervenga con poteri sostitutivi nel rigoroso e rigido rispetto della Costituzione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Presidente, mi riservo di intervenire alla fine della discussione generale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lisa Noja. Ne ha facoltà.

LISA NOJA (IV). Presidente, Ministra Bonetti, onorevoli colleghi e colleghe, il decreto-legge in conversione sana una ferita intollerabile, perché consente di adeguare in particolare la legge elettorale della regione Puglia ad una norma dello Stato adottata nel 2016 che ha introdotto la doppia preferenza di genere.

Io devo dire, aprendo il mio intervento, che dispiace constatare che il consiglio regionale della Puglia non abbia posto autonomamente rimedio a quello che è in tutta evidenza un vulnus non solo legislativo, ma, consentitemi di dirlo, anche democratico; mentre credo che un plauso in questo caso vada al Governo, che, su impulso della Ministra Bonetti, la Ministra per le pari opportunità e la famiglia, con un gioco di squadra che ha visto il Governo unito, senza tentennamenti, ha risolto ciò che purtroppo la regione Puglia, il consiglio della regione Puglia aveva inspiegabilmente complicato, rendendo necessario un intervento in emergenza a ridosso della tornata elettorale del 20 e del 21 settembre, dopo che il consiglio regionale pugliese ha avuto ben cinque anni per introdurre la disposizione di legge di cui parliamo in materia di parità di genere.

Io credo vada sottolineato come per la prima volta il Consiglio dei ministri abbia attivati i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 120 su un principio essenziale che credo dia la cifra della qualità democratica di un Paese, ossia affermare l'equilibrio di genere nella rappresentanza nelle istituzioni attraverso il meccanismo della doppia preferenza in una legge elettorale. È un intervento sostitutivo di notevole portata, perché garantisce unità giuridica della Repubblica nella tutela dei diritti e della parità tra donne e uomini, affermando che l'equilibrio di genere è un principio da tutelare in tutto il Paese, in maniera uniforme, perché in maniera uniforme va tutelato il diritto alle pari opportunità.

In tal senso - lo dico con grande rammarico - colpisce l'incomprensibile inerzia del consiglio regionale pugliese rispetto a questa regola, a questo principio elementare. E devo dire, con lo stesso rammarico, che colpisce un po' che ciò avvenga proprio in una regione che è amministrata da un ex magistrato, che sul tema dei diritti e dei principi del nostro ordinamento non dovrebbe avere tentennamenti e che dovrebbe conoscere bene i principi dettati dalla nostra Costituzione, in particolare all'articolo 51. Onestamente, lo dico dal punto di vista politico, ci si poteva attendere un maggiore impegno a livello regionale, in una battaglia democratica di civiltà come questa. Si è deciso, evidentemente, che questa non fosse una priorità; e questo, devo dirlo, nonostante l'urgenza che era certificata anche dai dati. Io vorrei ricordare che attualmente in Puglia c'è una sola donna nella giunta regionale uscente, e che su 50 consiglieri regionali solo 5 sono donne; nessuna di queste donne peraltro è in gruppi che sostengono la giunta del presidente Emiliano.

Sono numeri impietosi, che avrebbero quindi meritato un intervento urgente da parte del consiglio regionale pugliese, anche perché - come è stato ricordato dal relatore - il Governo, prima di attivare i poteri sostitutivi, ha compiuto numerosi passi formali per fare in modo che fosse la regione, in modo autonomo, ad adeguarsi alle disposizioni di principio introdotte dalla legge del 2016, arrivando al punto di utilizzare lo strumento della diffida, che era l'ultimo di una serie di atti, che, tuttavia, sono tutti caduti nel vuoto. Dunque, non c'era - io credo - altra scelta, per garantire diritti e legalità e per assicurare la pari dignità di accesso alle consultazioni elettorali tra uomini e donne, che quella appunto di attivare i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 120 della Costituzione. Naturalmente, poiché il Governo si è mosso nel perimetro indicato nell'articolo 120 della Costituzione, il suo intervento è stato limitato a quanto consentito dal dettato costituzionale, con massima attenzione a non esorbitare dai poteri attribuiti e a non ledere comunque l'autonomia delle regioni. Il decreto dunque - come è stato ricordato – interviene, esplicitando che il mancato recepimento nelle legislazioni regionali delle norme sulla promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive integra una fattispecie di mancato rispetto di norme, che danno la possibilità al Governo di intervenire con i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 120. Contestualmente, quindi, questo vulnus costituisce il presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive.

Il decreto quindi dispone in particolare l'applicazione in Puglia della possibilità per l'elettore di esprimere una doppia preferenza di genere e il rispetto quindi dei criteri di equilibrio di genere nella formazione delle liste, perché è chiaro che, stabilendo una possibilità che deve essere data all'elettore, le liste devono essere redatte conseguentemente. Si tratta dunque di un passo avanti rispetto al passato, con la previsione di due preferenze sulla scheda elettorale, che si troveranno di fronte gli elettori pugliesi, e la nomina di un commissario straordinario, il prefetto di Bari, che avrà il compito e la funzione di provvedere agli adempimenti strettamente conseguenti per l'attuazione del decreto. Al prefetto di Bari auguriamo quindi buon lavoro nello svolgimento di questo importante compito. Naturalmente poi spetterà anche ai partiti di essere conseguenti con queste disposizioni nella redazione delle liste che presenteranno. Io vorrei sottolineare un punto che per me è molto importante di questo decreto, perché il decreto in esame pone e afferma un principio importantissimo per tutti i cittadini, non solo per le donne: l'equilibrio di genere, la promozione della diversità nelle istituzioni, migliora la qualità democratica di un Paese intero e dunque è una questione che riguarda tutti, non solo le donne. Incrementare la presenza femminile nelle istituzioni non è una semplice battaglia di principio o una pretesa ideologica, ma è un elemento necessario di una democrazia matura, che lavora per il futuro di crescita e prosperità del Paese. Vorrei in questo senso ricordare che una considerazione diffusa, suffragata da dati e da ricerche, è che la presenza femminile nelle istituzioni rappresenti un'opportunità di crescita, di sviluppo e di maggiore benessere per tutti. Cito solo qualche ricerca e qualche dato: Chiara Saraceno, che è una nota sociologa, che è stata anche presidente del Centro interdisciplinare di studi sulle donne, ha chiarito come le ricerche mostrino ormai da tempo che un governo femminile, in cui c'è una presenza importante femminile, per esempio, faccia la differenza soprattutto in campo sociale; naturalmente questo purché i numeri lo consentano e purché le donne abbiano ruoli importanti, però gli studi dimostrano che, laddove c'è un numero consistente di donne nelle istituzioni, le iniziative politiche assunte sono diverse, sono più orientate alle politiche sociali, più egualitarie, più attente ai bisogni delle persone e a beneficiarne direttamente quindi - permettetemi di dirlo - sono le donne e anche gli uomini evidentemente. Inoltre, quando le donne devono gestire la spesa pubblica - anche questo ce lo dicono ricerche e studi -, fanno scelte diverse nell'allocazione delle risorse, investendo maggiormente sull'istruzione e sulla tutela dell'ambiente.

Sono le conclusioni a cui, per esempio, è arrivato un team di ricercatori dell'Università “Bocconi” di Milano che, analizzando l'esito elettorale dei comuni, che nel voto del 2016 hanno introdotto la doppia preferenza di genere, ha rilevato come le donne in politica abbiano avuto una visione diversa, più di lungo periodo, molto spesso. Un altro studio, pubblicato dall'Università “Bocconi”, in collaborazione con l'Università di Limerick e della London School of Economics and Political Science ha dimostrato per esempio che, nei Paesi meno sviluppati economicamente, quando la quota di donne in Parlamento passa da meno del 10 per cento a più del 30 per cento, soglia auspicata - lo ricordo - dalla Commissione per le pari opportunità delle Nazioni Unite, la mortalità infantile si dimezza e la mortalità materna si riduce dell'80 per cento. Questo che cosa significa? Significa che la presenza delle donne nelle istituzioni è fondamentale per il benessere di tutti e spesso soprattutto per il benessere della parte della popolazione che può essere più fragile. Del resto, anche lo stesso World Economic Forum ci dice che la maggiore partecipazione alla politica da parte delle donne dà notevoli benefici economici ai Paesi; nelle loro stime, solo per fare l'esempio di un Paese, una maggiore presenza delle donne nelle istituzioni degli Stati Uniti, darebbe un incremento di diversi miliardi di PIL. Questo vale naturalmente per tutte le istituzioni, da quelle nazionali, a quelle regionali. Quindi, penso che questo intervento sia importante, abbia un carattere di spinta verso un sistema istituzionale più sano e più prospero.

Nel concludere il mio intervento, vorrei ricordare che, il 2 giugno del 1946, all'Assemblea costituente furono elette solo 21 donne su 556 membri dell'Assemblea, che doveva scrivere le regole su cui si fonda la democrazia del nostro Paese e che, nonostante fossero solo 21, la loro tenacia e forza consentì che nella nostra Costituzione fosse scritto, nero su bianco, che donne e uomini hanno pari dignità e diritti in ogni campo della vita pubblica e privata. Tra queste donne, tra queste 21 madri della Costituzione, c'era Teresa Mattei, che era la più giovane tra le costituenti, che disse: “Non vi può essere oggi, infatti, a nostro avviso, un solo passo sulla via della democrazia, che non voglia essere solo formale ma sostanziale, non vi può essere un solo passo sulla via del progresso civile e sociale che non possa e non debba essere compiuto dalla donna insieme all'uomo, se si voglia veramente che la conquista affermata dalla Carta costituzionale divenga stabile realtà per la vita e per il migliore avvenire d'Italia”. E aggiunse che nessuno sviluppo democratico, nessun progresso sostanziale si produce nella vita di un popolo se esso non sia accompagnato da una piena emancipazione e partecipazione femminile. La presenza femminile nelle nostre istituzioni non è dunque una concessione fatta dagli uomini alle donne, ma un principio di diritto, la cui piena attuazione è necessaria per la realizzazione di una democrazia piena e matura e questo decreto compie un passo importante in questa direzione. Le nostri Costituenti avevano la consapevolezza di questo e hanno combattuto per realizzare questo risultato. Ora, credo che in quest'Aula spetti ad ognuno di noi, che ricopriamo una carica importante, attuare questo principio senza titubanze, indugi o distinzioni. Quindi, io mi unisco all'auspicio del relatore, che questo decreto possa essere convertito con un'ampia maggioranza, con un ampio consenso di quest'Aula, perché faremo un'opera buona e giusta anzitutto per la qualità democratica del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva, Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elvira Savino. Ne ha facoltà.

ELVIRA SAVINO (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di entrare nel merito del provvedimento che stiamo analizzando, è quanto mai opportuno fare una doverosa precisazione: l'intervento normativo, sul quale stiamo discutendo, si rende necessario in considerazione dell'ennesima prova della completa inaffidabilità e della totale inadeguatezza del governatore della regione Puglia, Michele Emiliano.

Quello che si è consumato nell'ultimo consiglio regionale è un vero e proprio insulto, non solo alle donne pugliesi, ma a tutti i cittadini, a tutti gli elettori, ma soprattutto a chi crede nella politica e a chi ha a cuore il bene della propria regione e della propria terra, e le donne - me lo lasci dire, come ha perfettamente evidenziato la collega nell'intervento precedente - sono evidentemente fondamentali in questo processo di evoluzione, in questo progresso. In realtà, tutte le scelte e tutte le politiche che in questi anni sono state adottate dal consiglio e dal presidente Emiliano sono state completamente insufficienti; soprattutto non hanno saputo affrontare le problematiche che in questi anni hanno afflitto una regione straordinaria come la Puglia. Ebbene, l'ultimo scempio, come si è detto, si è consumato nel consiglio regionale quando su una tematica fondamentale come quella elettorale il presidente Emiliano addirittura ha ritenuto opportuno di far mancare il numero legale, dunque di non far approvare una norma che non solo è giusta, evidentemente, ma è prevista dalla legge e sulla quale l'ente territoriale in questione avrebbe dovuto provvedere ad adeguare la propria legislazione regionale in materia di sistema elettorale entro il 28 luglio 2020. Ora il Governo Conte ha provato evidentemente a metterci una pezza attraverso un mezzo, quello del decreto-legge, che rappresenta a nostro avviso un vero e proprio scempio dal punto di vista costituzionale. Nello specifico, l'articolo 120 della Costituzione non legittima affatto un intervento da parte del Governo sulle competenze delle regioni, peraltro posto in essere, nel caso di specie, con lo strumento del decreto-legge, ovvero con un atto d'imperio che viene adottato in violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. Bisogna poi aggiungere che il ricorso al decreto-legge in un caso del genere rappresenta anche una violazione all'articolo 77 della Costituzione in combinato con il quarto comma dell'articolo 72 della medesima Costituzione, che esclude l'intervento della decretazione d'urgenza per disciplinare la materia elettorale. Sul punto, il ricorso da parte del Governo alla decretazione d'urgenza costituirebbe una sorta di sanzione, come è stato detto, nei confronti però del Parlamento, incapace di approvare le opportune modifiche in merito ad una tematica fondamentale come quella della parità di genere. Il divieto di intervento del decreto-legge in materia elettorale che ne consegue sembra però basarsi sulla previsione, da parte della Costituzione, di un procedimento parlamentare particolarmente garantito, laddove si tratti di approvare una disciplina in materia elettorale. Il ragionamento dunque parrebbe essere il seguente: se la disciplina in materia elettorale è riservata all'Aula parlamentare, saranno escluse tutte le forme alternative e, dunque, una decretazione da parte del Governo. Sul punto desta evidente preoccupazione il fatto che un provvedimento come quello sul quale stiamo appunto discutendo possa costituire un precedente grave, che potrebbe in futuro legittimare un'azione autoritaria da parte dell'Esecutivo, in violazione appunto delle norme costituzionali. Su questo noi non ci stancheremo mai di restare fermi sulle nostre posizioni, cioè su una linea che ci vede in netta contrapposizione con l'atteggiamento del Governo, che sta utilizzando ogni emergenza, anche quella epidemiologica, evidentemente in modo strumentale, sottraendosi a ogni forma di controllo da parte del Parlamento; sono precedenti che non possiamo autorizzare. Quindi, colleghi, se, come ho evidenziato, sul metodo utilizzato esprimiamo tutta la nostra contrarietà, mi preme però, allo stesso modo, sottolineare come le finalità di questo provvedimento siano da parte nostra evidentemente pienamente condivisibili, perché si tratta di un provvedimento volto a garantire il fondamentale principio della parità di genere nelle consultazioni elettorali regionali. Come ho specificato poc'anzi, il principio della doppia preferenza di genere non è solo giusto ma è anche doveroso. Vorrei ricordare come proprio su questo tema, cioè sul tema dell'inserimento delle donne in Parlamento, nelle istituzioni, nei luoghi di lavoro, i Governi Berlusconi siano stati fondamentali.

Non è un caso se, su questo tema, a fare da spartiacque è stato proprio il primo Governo Berlusconi, che nella XII legislatura ha fatto registrare un balzo del 15,33 per cento della presenza di donne alla Camera e dell'8,7 al Senato, in assoluta controtendenza rispetto alla legislatura precedente, l'XI, con i Governi Amato e Ciampi, in cui alla Camera c'era soltanto l'8 per cento di donne elette. In merito, poi, alla figura dei capigruppo di Camera e Senato, bisogna rilevare come sin dall'inizio di questa legislatura, in un quadro in continua evoluzione, soltanto Forza Italia ha espresso come guida dei rispettivi gruppi parlamentari in entrambi i rami del Parlamento due donne. Quanto invece alle posizioni di vertice, nessuna donna in Italia è stata mai Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio né Presidente del Senato, ad eccezione di Elisabetta Casellati, espressione del centrodestra, eletta appunto Presidente del Senato il 24 marzo 2018. I dati appena illustrati mostrano dunque chiaramente come Forza Italia sia a favore di tutti i principi che siano volti a specifiche misure per promuovere le pari opportunità tra donne e uomini all'accesso alle cariche elettive, ma anche a fare in modo che le donne possano ottenere ruoli di potere, di leadership. Abbiamo un ultimo esempio che possiamo esprimere, la presidenza della regione Calabria, che è stata affidata a una donna, Jole Santelli, che appunto è espressione di Forza Italia. Ancora oggi, purtroppo, dobbiamo evidenziarlo, sono numerosi gli ostacoli da superare nel processo politico di elezione, soprattutto della partecipazione vera, attiva delle donne alla vita politica. A questo proposito l'obiettivo di Forza Italia è stato e sarà sempre quello di prevedere all'interno del nostro ordinamento una normativa che sia in grado di eliminare tutti gli ostacoli, tutti quei retaggi culturali che fanno ancora da freno a una piena partecipazione del genere femminile in tutti i settori, dalle scuole sino ad arrivare alle istituzioni pubbliche. Sotto questo profilo sembrano purtroppo persistere delle difficoltà di matrice culturale che impediscono un'equa rappresentanza tra i generi nei luoghi decisionali e non consentono un percorso realmente paritario verso la rappresentanza; una parità che non sia formale ma sostanziale. Quindi servono risposte concrete e immediate che possano favorire l'approvazione di norme che garantiscano una reale e anche altamente qualitativa partecipazione delle donne in politica, non solo - questo non ci stancheremo mai di dirlo - all'interno ma anche al di fuori delle Aule parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sabrina De Carlo. Ne ha facoltà.

SABRINA DE CARLO (M5S). Presidente, il decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, in esame oggi in quest'Aula, reca disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario. Si tratta dunque di un intervento sostitutivo, di un vero e proprio commissariamento su una materia di stretta competenza delle regioni, in questo caso la Puglia. Quando la democrazia deve essere, per così dire, calata dall'alto, questo non può che rappresentare un'anomalia, una sconfitta politica per il mancato recepimento della legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del presidente, degli altri componenti della giunta regionale e dei consiglieri regionali. Il caso del mancato rispetto delle norme è disciplinato dall'articolo 120 della Costituzione e si adopera ogni volta che siano necessarie misure sostitutive. Questo provvedimento è dunque dettato dalla precisa necessità di assicurare l'esercizio dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica all'interno della regione Puglia per le elezioni del consiglio regionale. Era il 24 marzo 1947, esattamente settant'anni fa, quando l'Assemblea costituente approvava l'articolo 3 della Costituzione, che proclama l'uguaglianza di fronte alla legge senza distinzione di sesso. Questa fu soltanto la prima tappa del lungo e faticoso viaggio che è servito ad affermare la parità di genere, passando attraverso una serie di leggi. Si tratta di un percorso che non può dirsi ancora completato, se ancora una regione italiana come appunto la Puglia ha necessità di un intervento di quest'Aula sulla parità di genere, un diritto che avrebbe potuto introdurre fino all'ultima seduta della legislatura, risoltasi invece con un insolito quanto colpevole stallo legislativo.

Ma è pur vero che le statistiche pubblicate nel rapporto annuale del World Economic Forum sulla situazione nel 2016, soltanto quattro anni fa, del gender gap nei 142 Stati esaminati, mostrano come il nostro Paese si collocasse solo al 50° posto della classifica generale, con un peggioramento di nove posizioni rispetto al precedente anno.

Quanto accaduto in Puglia è significativo della condizione attuale, a distanza di diversi anni da quella statistica appena menzionata. Era soltanto il 1963 quando furono approvate le norme che vietavano i licenziamenti in caso di matrimonio, insieme ad altre che prevedevano il sostegno della maternità delle lavoratrici agricole. È sempre di quell'anno il riconoscimento della dignità del lavoro domestico con la creazione presso l'INPS della gestione separata per l'assicurazione volontaria delle pensioni delle casalinghe ma, soltanto nel 1999, viene istituita l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici. Le dico, da donna: è stata una fatica riuscire a vedere rafforzata la nostra tutela come lavoratrici e anche come madri. Ci sono tre importanti leggi che ci hanno riconosciuto un ruolo paritario nella società: la legge n. 1204 del 1971, che ha introdotto l'astensione facoltativa dal lavoro per sei mesi, oltre i tre mesi obbligatori dopo il parto, che rafforza la tutela delle lavoratrici agricole e delle lavoratrici autonome come coltivatrici dirette, artigiane e commercianti. La seconda legge è la legge n. 546 del 1987 che ha riconosciuto la corresponsione alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attività commerciali, di una indennità giornaliera di maternità per i due mesi precedenti e i tre successivi al parto. In ultimo, la legge finanziaria per il 1998 che ha introdotto misure contributive a tutela della maternità delle lavoratrici parasubordinate. La battaglia per la parità, le donne non hanno dovuto soltanto affrontarla per ottenere garanzie sul posto di lavoro, ma in questi settanta anni è stato necessario lottare anche per avere l'assegnazione di certe occupazioni. Solo con la legge n. 66 del 1963 le donne ottengono il pieno diritto di accedere a tutte le cariche, professioni e impieghi pubblici, compresa la magistratura nei vari ruoli, carriere e categorie senza limitazioni di mansioni di svolgimento della carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge, e finalmente, nel 1981, è consentito l'ingresso delle donne nei ruoli dell'amministrazione della pubblica sicurezza con parità di attribuzioni, di funzioni, di trattamento economico e di progressione di carriera. Mentre, all'inizio del 2000, arriva la possibilità del reclutamento nelle Forze armate e nella Guardia di finanza. Eppure nel 2013 c'è stato bisogno di un ulteriore intervento con il decreto legislativo n. 216, attuativo della direttiva europea n. 78 del 2000, per ribadire il divieto di ogni discriminazione in base al sesso non solo al momento dell'assunzione, ma per tutta la durata del contratto di lavoro sia nel settore pubblico sia in quello privato.

Uno spartiacque importante sulla strada della parità particolarmente discusso è rappresentato dalle cosiddette quote rosa, imposte dalla legge n. 120 del 2011 nei consigli di amministrazione e poi in materia di leggi elettorali a livello locale e nazionale per garantire la rappresentanza di genere. Ricollocare le donne nella sfera del cosiddetto potere, nelle posizioni apicali che sono per consuetudine, convenzione sociale e retaggio culturale occupate da uomini, oggi è ancora molto difficile. Eppure, se osserviamo gli esempi di donne che, per così dire, ce l'hanno fatta, scopriamo che sono modelli brillanti e di ispirazione anche per gli uomini. Per restare in ambito politico basta menzionare Margaret Thatcher che rese celebre la sua borsetta al punto che, di lì in poi, si sarebbe usata l'espressione “prendere a borsettate” per esprimere il potere politico: un accessorio sinonimo di femminilità che diventa, con arguzia e inventiva femminile, punto di forza. Molte altre donne, come lei, hanno saputo sfruttare a loro vantaggio proprio quei simboli che di solito indeboliscono la figura femminile nel confronto con gli uomini, ma la parità, dal latino paritas, significa essere pari e anche rapporti di uguaglianza ma soprattutto di pari grado e pari diritti. Uno dei significati su cui dobbiamo tutti soffermarci è il seguente, come riporta Treccani: esigere la parità di trattamento, quella parità di trattamento che le donne non hanno mai veramente avuto, che per diritto di nascita meritavano e che hanno dovuto conquistarsi con fatica e che ancora oggi non hanno raggiunto completamente, se le cittadine attiviste pugliesi ricevono l'ennesimo schiaffo in faccia da un consiglio regionale in stallo su un tema tanto importante. In Puglia - è necessario dirlo - l'ostruzionismo di Fratelli d'Italia è stato determinante a impedire che la doppia preferenza di genere fosse inserita nella legge elettorale, come previsto dalla norma nazionale del 2016, ed ecco spiegata la ragione per la quale tocca al Parlamento, oggi, porre rimedio e ristabilire quell'equità e parità di diritti di genere. Abbiamo assistito, nell'ultima seduta del consiglio regionale pugliese, ad un blocco provocato da una pletora di emendamenti da parte di Fratelli d'Italia, i difensori di quella che loro stessi chiamano famiglia tradizionale e che, a rigor di logica, vorrebbero vedere le donne tra le quattro mura domestiche ad accudire i figli e ad occuparsi esclusivamente delle faccende domestiche. Non c'è altra spiegazione se una regione, in ben quattro anni, non riesce a trovare la quadra su un tema dirimente come la materia in esame. Garantire la parità di genere significa soprattutto, in questo caso, rendere accessibile la partecipazione politica delle donne. Se non lo si fa, non possiamo che ammettere di essere di fronte a una rappresentazione perfetta di quel sentimento machista, sessista e gerontocratico che tanto proviamo a combattere, ed è pur vero che il Governo ha fatto anche un richiamo al consiglio regionale cercando di suscitare nei membri un senso di responsabilità, senza purtroppo riuscire a instillarlo. In questo atto politico della regione Puglia c'è tutto il timore della classe dirigente maschile di perdere una poltrona e un posto e che questo sia assegnato ad una donna. Per evitarlo è servito il decreto del Presidente Conte con la nomina di un commissario straordinario, il prefetto di Bari, Antonia Bellomo, con la funzione di provvedere a tutti gli adempimenti conseguenti per l'attuazione del decreto sulla doppia preferenza di genere nelle regionali in Puglia. Questo intervento del Governo serve, dunque, ad affermare che la parità di genere è un principio da tutelare in tutto il Paese in maniera uniforme perché in maniera uniforme va tutelato il diritto alle pari opportunità.

Ho voluto riprendere pedissequamente le dichiarazioni autorevoli del Ministro delle Pari opportunità per rimarcare quanto sia insolito, inusuale, mortificante ciò che è accaduto nel consiglio regionale pugliese. È possibile che, secondo la logica maschile che ha regolato questo atto politico, molte donne potrebbero avvantaggiarsi di possibilità, se fosse loro concessa la parità di genere nella competizione elettorale, ma se le strutture culturali profonde che legittimano l'esclusione delle donne sono quelle che ho descritto, un approccio graduale richiederà troppo tempo. Dovremmo riflettere, invece, su cosa è il potere e a cosa serve. In altre parole, se nella nostra percezione le donne non trovano pienamente posto all'interno delle strutture del potere, forse è il potere che ha bisogno di essere ridefinito, non di certo le donne. Da deputata del MoVimento 5 Stelle oggi, nel dibattimento di questo tema, sento l'orgoglio di far parte di un movimento che proprio in Puglia ha candidato una giovane donna in cui crede con fiducia e che ritiene all'altezza del compito di presidente per quella regione. Ma non posso non sottolineare anche che in questa sede il gruppo parlamentare del quale faccio parte detiene il più alto numero di presenze femminili tra le sue fila: un'altra dimostrazione pratica di come la buona politica passi attraverso la parità dei diritti tra uomo e donna. Eppure la presenza delle donne nelle istituzioni fa ancora molta paura: rappresenta ancora una minaccia per molti uomini per preservare lo status quo. Bisognerebbe forse interrogarsi con onestà sui motivi per cui più donne debbano avere accesso alla politica nelle istituzioni. Ho letto diversi studi che sottolineano il ruolo delle parlamentari nel promuovere leggi nell'interesse delle donne: sull'assistenza all'infanzia, per esempio, sulla parità di retribuzione e sulla violenza familiare. Questo è già un ottimo punto di partenza. La condizione della donna può essere migliorata solo da chi in prima persona la vive quotidianamente e ha accesso a quel potere legislativo che si esercita nelle sedi deputate. E tuttavia ci sono anche ragioni più intuitive, come il fatto che sia ingiusto escludere le donne, e non possiamo permetterci di fare a meno della loro esperienza e competenza, che si tratti di tecnologia, economia o assistenza sociale. A chi fa presente che questo significa avere meno uomini nei Parlamenti e nei consigli regionali, dico semplicemente che ogni cambiamento sociale ha sempre i suoi perdenti, ma questi non possono essere le donne escluse a causa del loro stesso sesso. È recentissimo uno dei movimenti politici più influenti degli ultimi anni, il Black Lives Matter, ed è stato fondato, negli Stati Uniti, da tre donne. C'è da ammettere che davvero pochi conoscono i loro nomi, eppure queste tre donne hanno avuto il potere di fare le cose in modo diverso insieme. Culturalmente, il nostro Occidente ha percorso molta strada per sovvertire storie fondative del potere maschile che servono a tenere le donne a distanza, e a capovolgerle a loro vantaggio, come fece Margaret Thatcher. Negli ultimi cinquant'anni il femminismo non è comunque riuscito a fermare gli attacchi alle donne che fanno politica. Eppure il consiglio regionale pugliese offre questo esempio deprecabile di come si possa ancora restare ancorati a un passato che vuole mantenere a tutti i costi gli uomini al potere. La parità di genere è una necessità assoluta, in primo luogo perché è una questione di giustizia sociale, ma anche perché corrisponde a una maggiore competitività e prosperità dei Paesi dal punto di vista economico. Donne sane e istruite avranno bambini più sani e più istruiti e questo crea un circolo virtuoso per la comunità o per i Paesi, cui dobbiamo aspirare. Allo stesso modo, avere un maggiore numero di donne che partecipano al processo decisionale significa anche prendere decisioni che tengano conto delle esigenze di una parte più ampia della società e ottenere, quindi, dei risultati che interessino un maggior numero di persone in generale. Oggi la parità di genere rappresenta anche uno degli obiettivi cardine dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. È un'opportunità importante per unire gli sforzi a livello globale e sviluppare politiche coerenti per il raggiungimento di quell'uguaglianza di genere.

Ecco perché intensificare gli sforzi per migliorare l'accesso delle donne a ruoli apicali anche nella politica rappresenta non solo un imperativo morale, ma anche un'importante opportunità per promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo, grazie (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Laura Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD). Grazie, signor Presidente. Ministra Bonetti, mi fa piacere vederla in quest'Aula, colleghe e colleghi deputati, considero questo decreto-legge un atto doveroso e anche coraggioso; un atto del Governo, che ringrazio, insieme al Presidente Conte, di avere agito tempestivamente, così come ringrazio lei, signora Ministra, e il Ministro Boccia per esservi adoperati a questo scopo. L'ho definito un atto doveroso perché nessuna istituzione locale o nazionale può più ignorare o anche solo sottovalutare quel che dicono la Costituzione e le leggi dello Stato in tema di rappresentanza di genere. È coraggioso perché si è scelto, dopo le dovute consultazioni informali, di usare i poteri sostitutivi con un decreto su una materia molto delicata come quella elettorale, ma lo si è fatto per ribadire un principio, che è quello contenuto nell'articolo 51 della Costituzione. Cito: ”(…) la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”. Le pari opportunità, sottolineo e, come sappiamo, quando nella Costituzione si dice “la Repubblica” si intendono tutti i livelli della rappresentanza istituzionale, nessuno escluso. L'intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità, una volta appresa la notizia che il consiglio regionale pugliese non era riuscito ad introdurre la doppia preferenza di genere nella propria legge elettorale sollecitò una risposta urgente, del tipo di quella che stiamo esaminando oggi, con una lettera al Presidente del Consiglio sottoscritta da numerose deputate di diversi gruppi politici. A questa nostra sollecitazione il Governo ha risposto con il decreto che stiamo discutendo e che ha un effetto concreto, cioè nelle prossime elezioni pugliesi le elettrici e gli elettori potranno esprimere due preferenze, per una donna e per un uomo, non potranno indicare due persone dello stesso sesso, pena la cancellazione della seconda preferenza. È quanto prescrive, tra l'altro, la legge sui principi generali del 2004, come modificata, ce lo ricordiamo tutti in quest'Aula, o quasi tutti, dalla legge n. 20 del 2016; ma la legge nazionale ora citata, in materia di accesso alle candidature per le elezioni regionali, dice anche un'altra cosa e cioè - e cito – che, qualora la legge elettorale preveda l'espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale. Ma, a differenza della doppia preferenza di genere, non dice che cosa accade nel caso non si rispetti quella indicazione. Ora torniamo alla Puglia, per essere più chiari e proprio su questo punto: la legge elettorale pugliese prevede la misura che ho appena citato e cioè che in ciascuna lista i candidati dello stesso sesso non possano eccedere la percentuale del 60 per cento, ma indica una sanzione pecuniaria di lieve entità nel caso di inadempimento. Può accadere, cioè, che pagando una certa somma come sanzione, una formazione politica possa presentare una lista di soli uomini oppure con pochissime donne e a quel punto l'effetto della doppia preferenza di genere va - consentitemi l'espressione - a farsi benedire. Mi direte: ma questo è un caso estremo, paradossale, nessuno farà questo. Ma, come sapete bene, nel fare le leggi si devono prevedere anche i casi estremi che la norma può determinare e comunque io, anche a nome delle altre colleghe dell'Intergruppo, chiedo alle forze politiche qui rappresentate e alle altre realtà pugliesi che si apprestano a comporre le liste dei candidati, di evitare questo caso estremo e di evitarci la vergogna di liste al maschile, quando la legge nazionale e la Costituzione ci invitano a fare il contrario. Voglio lanciare un appello, signor Presidente, un appello alle pugliesi e ai pugliesi: non votate, non votate le liste che dovessero ignorare l'esistenza stessa delle donne, non lo fate! E questo discorso, sia chiaro, vale per tutti, anche per la mia parte politica, perché tutti sono chiamati ad una prova di coerenza e di responsabilità.

Abbiamo studiato, nella giornata di ieri, la possibilità di proporre un emendamento al decreto, che prevedesse appunto l'inammissibilità per quelle liste, nella competizione pugliese, che non dovessero rispettare il tetto del 60 per cento, ma la mancanza di un ancoraggio su questo punto, nella legge nazionale di principi, non lo ha reso possibile. Per questo il mio gruppo, il gruppo del PD, ha presentato un ordine del giorno e anche una proposta di legge, già depositata, che prevede l'inammissibilità per le liste che non ottemperano alle disposizioni contenute nei principi generali; anzi, aggiungo io, questo deve essere previsto per tutte le competizioni elettorali, quelle europee, quelle nazionali, quelle regionali e quelle comunali, perché un principio è un principio se non si fanno sconti, altrimenti sono parole al vento. E poi pongo a tutte e a tutti voi questa domanda: perché 60 e 40? Qualcuno mi può dire perché 60 e 40 e non 50 e 50? Se l'esigenza è quella di rappresentare pienamente le donne nelle istituzioni, allora bisogna ricordare che le donne costituiscono oltre la metà della popolazione: rappresentiamo il 51 per cento della popolazione. E allora facciamolo, colleghi e colleghe, questo salto, una volta per tutte: 50 e 50. Se ne gioverebbe tutta la società e l'immagine stessa del nostro Paese nel mondo. Qual è il metro di misura per dire se un Paese è avanzato, se un Paese sta bene in salute, qual è il metro di misura? Mi direte: il PIL; mi direte: le infrastrutture, la digitalizzazione, l'intelligenza artificiale, i successi nella ricerca e nell'innovazione tecnologica. Certo, sono d'accordo, tutto vero, ma anche l'uguaglianza di genere: l'uguaglianza di genere rappresenta un parametro fondamentale nel livello di evoluzione di un Paese. Ma non ci dice nulla il fatto che oggi ci sono tre donne alla guida dell'Europa? Abbiamo la Presidenza di turno tedesca, la Cancelliera Merkel, abbiamo la Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, abbiamo la Presidente della BCE, Lagarde, mentre noi, in Italia, in oltre settant'anni di Repubblica, non abbiamo mai avuto una Premier donna, mai. Ora, io non ignoro i passi avanti che abbiamo fatto, sono stati anche menzionati da altre colleghe: la prima Presidente donna del Senato o della Corte costituzionale e, in questa legislatura, il numero più alto di sempre di presenza femminile, ma la strada da fare è ancora lunga, se una misura come la doppia preferenza di genere, per una regione importante come la Puglia, la si è dovuta imporre per decreto del Governo nazionale. Strada molto lunga, colleghe e colleghi, e non è obiettivo irraggiungibile: se c'è la volontà politica tutto si può fare. Uno dei Governi della scorsa legislatura, il Governo Renzi, nacque con una composizione perfettamente paritaria, Ursula von der Leyen è riuscita a comporre una Commissione europea pressoché paritaria e non sono pochi i Governi che hanno Premier donne ed Esecutivi con pari rappresentanza e Paesi dove la maggior parte dei leader di partito sono donne. Non è impossibile, non è mission impossible, si può fare, ci vuole la volontà politica.

È un caso che Paesi come questi sono spesso tra i più solidi dal punto di vista economico e sociale? No! No, no, non è un caso! Una società che abbatte le discriminazioni e i soffitti di cristallo è anche una società più aperta, più solidale, più dinamica, più capace di guardare lontano, di immaginare il futuro. Per questo bisognerebbe che tutti e tutte ci convincessimo davvero che più peso - più peso! - alle donne nelle istituzioni, nell'economia e nella società è non solo un diritto inalienabile ma è anche un vantaggio per l'intero Paese (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mauro D'Attis. Ne ha facoltà.

MAURO D'ATTIS (FI). Grazie, signor Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, pur condividendo nel merito le finalità del provvedimento in esame, che è e appare indiscutibilmente volto a garantire il rispetto del fondamentale principio della parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni, come Forza Italia abbiamo espresso, anche in interventi fatti in Commissione con il nostro capogruppo, onorevole Francesco Paolo Sisto, il collega Francesco Paolo Sisto, tutto il nostro assoluto dissenso rispetto allo strumento del decreto-legge utilizzato dal Governo, che sicuramente rappresenta, dal punto di vista costituzionale, potremmo dire anche uno scempio e so che questo è un parere latente anche di molti altri colleghi.

Però, vi è un'origine rispetto a ciò che è accaduto ed è giusto che questa origine venga rimarcata: l'atteggiamento assunto dal presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, è il primo responsabile di un comportamento omissivo della regione Puglia rimasta sostanzialmente inerte sul tema del rispetto della parità di genere per la gran parte della legislatura - io direi quasi tutta - e questo non è altro che un tassello che si aggiunge a tutti gli altri tasselli che dimostrano una totale incompetenza e il fallimento della giunta e del consiglio regionale pugliese.

Lo scempio, soprattutto, si è consumato nel consiglio regionale quando il presidente Emiliano - e parliamo proprio dell'ultimo consiglio regionale, cioè l'ultimo giorno utile per svolgere una seduta di consiglio regionale - ha addirittura (prima lui) ritenuto opportuno far mancare il numero legale, abbandonando l'aula su una tematica come quella elettorale e dimostrando come non vi sia alcun interesse da parte dell'attuale maggioranza di governo alla regione Puglia - attuale: io spero anche per poco, visto che si vota a settembre - nell'incentivare la partecipazione dei cittadini alla vita politica, e non mi riferisco soltanto alle donne ma a tutti coloro che amano la propria terra, che vogliono impegnarsi direttamente per una splendida regione come la regione Puglia, la mia regione. Infatti, soltanto in prossimità delle elezioni regionali - ed è bene che il Parlamento questa favola, questa storia la conosca bene e soprattutto che quello che è accaduto resti agli atti dei lavori parlamentari - ci si è adoperati, in Puglia, per tentare di introdurre nella legislazione regionale norme rispettose della parità di genere e, tra l'altro, delle previsioni legislative nazionali, peraltro non riuscendo nell'intento a causa delle evidenti divisioni interne alla maggioranza del consiglio regionale della Puglia, maggioranza di centrosinistra, che hanno portato la stessa maggioranza, come ho detto prima, a far mancare il numero legale in consiglio regionale. Questo è avvenuto dopo l'approvazione di un emendamento - pensate un po' - che avrebbe stabilito la ineleggibilità del noto professor Lopalco, titolare di incarichi presso la stessa regione Puglia, professor Lopalco nominato membro della task force che va in giro già da qualche settimana a proporsi come candidato alla regione a sostegno di Michele Emiliano (questo più che uno scempio è una schifezza).

Dietro alla mancata approvazione della legge elettorale sulla parità di genere vi è stato l'atteggiamento, quindi, strumentale della stessa maggioranza nel consiglio regionale di centrosinistra, non volendo, poi, assecondare quella logica da complotto, che, come sapete, è stata raccontata anche dai cronisti, che era quella che vedeva addirittura, dietro questa voglia di ingarbugliare le cose sulla parità di genere, quindi utilizzando il tema della parità di genere, la volontà di Emiliano, del presidente Emiliano, di ottenere un rinvio delle elezioni per evitare una probabile imminente sconfitta.

In questo contesto - e devo dare atto di questo - il Governo ha tentato di mettere una pezza a una situazione alquanto sconcertante, anche in considerazione della diffida che alla regione Puglia era giunta da parte del Presidente del Consiglio dei ministri e, a seguito della cui diffida e del cui provvedimento, il predetto ente territoriale, cioè la regione, avrebbe dovuto provvedere ad adeguare la propria legislazione in materia di sistema elettorale entro il 28 luglio 2020, ma il 28 luglio abbiamo visto cosa è successo, con Emiliano che è scappato dall'Aula insieme a un manipolo di consiglieri regionali della sua maggioranza e suoi sostenitori. Il Governo, come già accaduto in passato per altre situazioni, è intervenuto, invocando l'urgenza di un intervento normativo. Peccato, però, che, dietro a questa urgenza, vi sia il rischio di sovvertire i principi della democrazia. Non sto dicendo la “volontà” ma il “rischio”, anche un po' prodotto da una causa che noi individuiamo in un unico soggetto che si chiama Michele Emiliano, presidente della regione Puglia.

A tal proposito, l'articolo 120 della Costituzione non legittima, secondo la nostra prospettiva, di certo un intervento a piedi uniti del Governo nazionale sulle competenze delle regioni, peraltro posto in essere, nel caso di specie, con lo strumento del decreto-legge, ovvero un atto, diciamo, di imperio del Governo - come potremmo definirlo? - che viene adottato in violazione anche di un principio di collaborazione tra Stato e regioni. A ciò si aggiunga che la mera presenza del governatore della Puglia alla riunione del Consiglio dei Ministri in cui è stato adottato il decreto-legge, seppur facente parte di una prassi consolidata quando si interviene su leggi che riguardano in questo caso le regioni, non può di certo configurarsi come un reale esempio di leale collaborazione tra Stato e regioni. È veramente comico il fatto - e, ovviamente, non è assolutamente ascrivibile alla responsabilità del Presidente del Consiglio, Conte, e del Governo, ma alla irresponsabilità del presidente della regione - che addirittura il commissariato, cioè chi è stato commissariato, in questo caso il presidente della regione Puglia, commissariato per una dimostrata incapacità di rispettare la legge, di rispettare la parità di genere e di farla rispettare, sia corso a Roma nel giorno in cui il Governo emanava il provvedimento di commissariamento - quindi, praticamente di denuncia della manifesta incapacità - a farsi persino il selfie con il Presidente del Consiglio appena era stato commissariato.

Quindi, è tutto paradossale, tutto comico, e tutto questo si gioca purtroppo sulla pelle dei cittadini - elettori in generale - e poi anche sulla pelle della reputazione dei generi, quello maschile e quello femminile, in particolare a danno delle prerogative della donna. Il ricorso al decreto-legge in un caso del genere rappresenta, dunque, una violazione, o potrebbe rappresentare una violazione dell'articolo 77 della Costituzione, nonché anche il mancato rispetto dell'articolo 72 della Costituzione, che esclude, come sapete, l'intervento della decretazione d'urgenza per disciplinare materie elettorali; sugli aspetti essenziali si interviene direttamente con l'intervento in oggetto, ignorando la giurisprudenza costituzionale consolidatasi sul punto.

Nello specifico, l'idea della sostituzione tramite il decreto-legge è del tutto inconferente con la disciplina surrogatoria posta dal legislatore ordinario con la legge n. 131 del 2003, la quale si scontrerebbe con lo schema di decretazione d'urgenza delineato dalla Costituzione. Infatti, l'articolo 8 della nota legge La Loggia, nel caso di sostituzione per inadempimento, riguarda la previsione della messa in mora dell'ente, sostituendo la fissazione di un termine entro il quale provvedere all'audizione dell'organo interessato: insomma, delle procedure che sono incompatibili con il provvedimento poi previsto dall'articolo 77 della Costituzione, che si giustifica, come noto, sul presupposto dell'indifferibilità dell'intervento governativo.

La difficoltà di immaginare la praticabilità della sostituzione governativa con decreto-legge potrebbe, quindi, essere superata svincolando dagli aggravi procedurali sopradescritti l'adozione in via sostitutiva del decreto-legge, purché siano ovviamente contemplati adeguati momenti partecipativi. Questo è tutto ciò che gira intorno, ma è tutto ciò che mette in difficoltà tutti, è tutto ciò che è causato dalla insipienza, incapacità e quasi comicità a volte, del presidente della regione Puglia e della sua sgangherata maggioranza. A proposito di partecipazione, si osserva come la mera partecipazione del presidente della giunta regionale non soddisfi appieno il rispetto del principio cooperativo, ma di fatto ha soddisfatto più la voglia del presidente della regione di correre subito sui social. Non è un caso che la dottrina più attenta abbia evidenziato l'assenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni nell'esercizio dei poteri sostitutivi.

Sono tutti temi che vale la pena che questo Parlamento discuta e devo dire una cosa: pur essendo distante molto spesso - direi quasi sempre - dalle posizioni della collega, onorevole presidente Boldrini, ho apprezzato nel discorso che ha fatto la preoccupazione rappresentata di centralizzare sul punto della discussione la necessità che il Parlamento ripercorra le cause che hanno portato il Governo, come in questo caso, ad intervenire con una proposizione di legge - ci sarà la proposta di legge che ha annunciato la collega Boldrini, ci saranno altre proposte di legge che saranno presentate o sono già state depositate anche da colleghi di Forza Italia - per evitare che la scena che stiamo consumando oggi in questo Parlamento si possa ripetere. Questo perché l'ipotesi di decreti-legge sostitutivi diverrebbe, così facendo, una soluzione fisiologica dell'ordinamento, laddove la necessità di ottemperare ad eventuali inerzie regionali, da cui scaturiscono situazioni emergenziali, può essere soddisfatta solo dal Governo, non essendo tale strumento nella disponibilità di altri organi, come ci ricorda e come ci ha sempre insegnato Carlo Esposito.

Questo credo che forse sia il punto comune in questo Parlamento, in questo dibattito, per tentare di fare semplicemente un'analisi politica tra un rappresentante di Forza Italia (che in questo momento sta parlando), il Governo (che come ho detto volgarmente “ci ha messo una pezza”, ma non è un modo per sminuire l'intervento del Governo, bensì per sottolineare l'inefficienza dell'intervento) e la posizione della collega, onorevole presidente Boldrini.

Il provvedimento in esame è, a nostro modo di vedere, pienamente in linea con la deriva autoritaria che sembra contraddistinguere i Governi recenti, che stanno utilizzando, per esempio, l'emergenza epidemiologica in alcuni casi in modo totalmente strumentale, sottraendosi a qualsiasi forma di controllo da parte del Parlamento. Noi, fondamentalmente, a proposito di questo provvedimento siamo preoccupati non soltanto per la marginalità che è stata data in sede istituzionale regionale al tema della parità di genere e al tema della rispetto delle donne, ma siamo anche preoccupati riguardo al tema della marginalità che viene assegnata al Parlamento e ai vari livelli istituzionali che sono poi regolati dalla nostra Costituzione.

Esprimo questa forte preoccupazione - che è la forte preoccupazione del gruppo di Forza Italia - circa il rischio del mancato rispetto della nostra Costituzione e affido alla riflessione di tutti (non soltanto alla riflessione strumentale di chi oggi è all'opposizione e un giorno potrebbe essere in maggioranza o viceversa) su quanto accaduto e su quanto ciò che è accaduto possa costituire un precedente grave. Immaginatevi se questo Parlamento si facesse protagonista complice della possibilità che, ogni volta che ci sono delle elezioni in Italia - fossero esse elezioni regionali, comunali, nazionali - si possa immaginare, per una ragione piuttosto che per un'altra, di cambiare la legge elettorale come sta accadendo a pochi giorni dalla presentazione delle liste. Questo precedente, che potrebbe essersi costituito già da oggi, potrebbe in futuro anche legittimare l'azione autoritaria di un Esecutivo qualsiasi, di qualsiasi colore, senza stare a fare differenze tra il centrodestra, il centrosinistra, il MoVimento 5 Stelle e i singoli partiti.

Questa è la posizione di Forza Italia, questo è l'intervento, anche di rammarico, di un parlamentare pugliese che si ritrova a discutere in Parlamento di una legge regionale che viene modificata con dei poteri sostitutivi perché nella sua regione, al netto delle differenze politiche, il proprio consiglio regionale, con il proprio Presidente - anche se non lo sento mio perché è di espressione politica diversa - di fatto hanno dimostrato di calpestare le prerogative che la legge richiedeva dovessero essere rispettate, ma soprattutto di calpestare la dignità innanzitutto delle donne nella partecipazione attiva alla politica (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Paolo Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Semplicemente un'anticipazione e un chiarimento per pochi secondi. La prima: Forza Italia è un partito da sempre favorevole all'applicazione dell'articolo 51, primo comma. La garanzia della parità di genere costituisce un leitmotiv del nostro modo di comportarci nell'ambito dei percorsi legislativi, sia politicamente, sia dal punto di vista proprio dei territori nella rappresentazione della necessità di garantire questa parità di genere. Questo lo voglio dire perché non appaia la critica di carattere costituzionale al metodo e non al merito in alcun modo prevalente rispetto alle finalità assolutamente positive di questo provvedimento. Noi ne critichiamo aspramente il metodo, ma siamo profondamente convinti della correttezza del risultato che si vuole perseguire e si vuole raggiungere.

Questo lo voglio dire perché non vi siano equivoci sul nostro atteggiamento e non vi siano perplessità sul fatto che, alla difficoltà di essere presenti con un rimedio che, a nostro avviso, corre il rischio di essere un antidoto molto pesante su altri versanti, si disperde, invece, un DNA della nostra formazione culturale come partito, che è quella proprio del rispetto del principio di parità. Ricorderò soltanto - ma sarà, poi, oggetto di più ampia disamina e mi avvio rapidamente alla conclusione - che proprio quanto ricordato dalla Presidente Boldrini, cioè la legge del 2016, la n. 20, è stata votata favorevolmente da Forza Italia, a differenza di altre forze politiche che credo non abbiano avuto lo stesso atteggiamento di apertura di fronte ad una legge che oggi consente, certamente, di poter rivendicare alcuni diritti fondamentali per il perseguimento di finalità costituzionali, su cui, poi, avremo modo di intrattenerci nella dichiarazione di voto per comprendere quale sia il giusto equilibrio fra una patologia e la scelta di un antidoto.

Anche su questo, essere perfettamente coerenti è una delle caratteristiche, la coerenza che Forza Italia rivendica (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2619)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Marco Di Maio, che si riserva di farlo.

Ha facoltà di replicare la Ministra Bonetti. Prego, a lei la parola.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Grazie, Presidente. Grazie davvero, onorevoli deputate e deputati, per questa discussione. Io credo che davvero oggi si possa segnare un passo, un piccolo passo nella storia della tutela e della promozione delle pari opportunità nel nostro Paese irreversibile, come spesso, la storia delle pari opportunità è stata, di grandi passi e di piccoli passi. Oggi io credo che questo Parlamento, questa Camera abbia la possibilità, insieme al Governo, di garantire un diritto che rischiava di essere tolto alle donne pugliesi, che era quello di poter essere pienamente ascritte ai diritti riconosciuti a tutte le cittadine italiane, di poter accedere con parità di opportunità alle cariche elettive rispetto agli uomini. Certo, avremmo preferito un percorso diverso: è stato grave, come avete riconosciuto e ricordato, che non ci sia stato un adeguamento, così come previsto da parte del consiglio regionale della regione Puglia, ma qui credo che oggi non sia in oggetto il riconoscimento di questa grave responsabilità, ma, ancora di più, l'affermazione della nostra responsabilità, la responsabilità di far sì che il principio costituzionalmente riconosciuto delle pari opportunità non sia semplicemente un principio enunciato dalle istituzioni in modo astratto. Uno dei rischi che la politica corre è di fermarsi all'astrazione: oggi è il tempo di una concretezza, di incarnare questi principi e questi diritti, rendendoli atti storici e fare di questi principi un concreto vivente significa per le donne pugliesi poter esercitare un percorso che permetta la loro elezione nelle prossime regionali.

Questo è un percorso che nasce - e mi sento di ringraziare - da battaglie di tante donne nel nostro Paese. Ricordo, certamente, donne impegnate nell'ambito dei principi costituzionali, le costituzionaliste, le tante reti femminili; penso all'impegno di tutte le forze politiche nell'affermazione di questo principio. Io devo ringraziare qui i colleghi con cui abbiamo lavorato a questo provvedimento, la Ministra Lamorgese, il Ministro Boccia, le battaglie portate avanti dalla Ministra Bellanova, il Presidente del Consiglio, che si è assunto la responsabilità di portare avanti questo provvedimento.

Io credo che aver affermato che le pari opportunità costituiscono un principio di unità giuridica nazionale sia un passo fondamentale per questo Paese, che sancisce anche un passo nella promozione dei diritti delle donne. Per tanto tempo abbiamo pensato che i diritti dovessero essere contrapposti: il diritto delle donne contro i diritti degli uomini. Ecco, oggi, probabilmente, quello che siamo chiamati a fare è ricomporre questi diritti, nel senso di quella unità nell'universalità che la nostra Costituzione ci consegna. L'universalità dei diritti promossa dalla nostra Costituzione parte dal riconoscimento delle diversità di ciascuno - è stato richiamato nella discussione generale - e questa diversità di ciascuno deve poter concorrere, come dice l'articolo 4, al bene di tutta la collettività. Tina Anselmi diceva che la presenza delle donne nei luoghi del potere, di quel potere che è il poter fare, il poter cambiare, che è stato richiamato in discussione, non era a tutela semplicemente delle donne, era per una qualità di vita, era un “per tutti”, perché le donne - sempre Tina Anselmi diceva - si fanno parte attiva nel promuovere politiche capaci di inclusione, di rispetto delle diversità e di pace. Io credo che, quindi, oggi sia il tempo di iniziare a parlare non di quote semplicemente, ma di istituzioni che siano il volto della nostra comunità e della comunità che vogliamo essere, nelle quali le donne sono insieme agli uomini in quella reciprocità e corresponsabilità necessarie per l'esercizio compiuto della democrazia, che si deve compiere, definitivamente compiere. Ricordando quelle madri costituenti che già avete ricordato, quelle 21 donne che il 25 giugno del 1946 hanno iniziato quel percorso che ha scritto una delle Costituzioni più capaci di promuovere lo sguardo e la dimensione di cittadinanza femminile, ebbene, oggi ci chiedono di fare un passo avanti. Faccio un appello a questo Parlamento e alle forze politiche: insieme, per celebrare i settantacinque anni, il 25 giugno del 2021, portiamo a compimento questo percorso, portiamo a compimento - lo avete detto - una proposta che porti la parità compiuta della presenza femminile e di quella maschile in tutti i luoghi istituzionali.

Non può essere un accidente della storia o la volontà di un Presidente del Consiglio avere metà donne e metà uomini in Consiglio dei ministri (Applausi): deve esserci una responsabilità di queste istituzioni, perché, solo in questa piena parità, potremo davvero dare compimento alla straordinaria democrazia che, settantacinque anni fa, ci è stata regalata e che oggi dobbiamo reinterpretare. Il tempo di questo compimento credo sia adesso e non domani, spero che oggi questo Parlamento segni un piccolo, primo passo (Applausi).

(Annunzio di una questione pregiudiziale)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, la questione pregiudiziale Iezzi ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A), che sarà esaminata e posta in votazione nella parte pomeridiana della seduta odierna, a partire dalle ore 15, prima di passare al seguito dell'esame del provvedimento.

Il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.

Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Enrico Borghi, Dieni, Vito e Zennaro sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Enrico Costa, già iscritto al gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente, ha dichiarato di aderire al gruppo Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2619.

(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 2619)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della questione pregiudiziale Iezzi ed altri n. 1 presentata al disegno di legge n. 2619: Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.

Avverto che, a norma del comma 3 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti; potrà, altresì, intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti. Illustra la questione pregiudiziale il deputato Igor Giancarlo Iezzi. Prego, collega Iezzi.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Grazie, Presidente. Visto che è agli atti, la do per letta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. È nata oggi una nuova pregiudiziale, la pregiudiziale “fungo”: un fungo che sbuca all'improvviso. Il gruppo della Lega è stato silente sia in Commissione sia in Aula, non ha presentato emendamenti e, improvvisamente, come un fungo, nasce questa sorprendente pregiudiziale: c'è sempre una prima volta.

C'è anche un'altra novità, è una pregiudiziale che al tempo stesso accusa un testo di essere troppo incisivo, perché agisce d'imperio sulla doppia preferenza, ma anche poco incisivo, perché non introduce l'inammissibilità delle liste che non rispecchino i tetti per i candidati. Il principio di non contraddizione dovrebbe valere anche per le pregiudiziali e non è meno importante di quello di leale cooperazione. Fino a ieri risultava anzi che anche la Lega avesse aderito o, comunque, non avesse ostacolato questo accordo nemine contradicente, un principio classico del diritto parlamentare che può legittimare iniziative su terreni molto delicati, come la decretazione d'urgenza in questo ambito, e che ha fatto sì che anche i gruppi si siano astenuti dal presentare emendamenti anche dal punto di vista di quelli che avrebbero voluto un accordo diverso.

Sia come sia, entrando nella pregiudiziale, il punto chiave è una certa idea della leale cooperazione che viene proposta ben oltre il caso specifico qui esaminato. La leale cooperazione, secondo il testo della pregiudiziale, sarebbe una sorta di assemblea permanente, in cui ciascuno avrebbe un diritto di veto; era la nota regola chiamata liberum veto, vigente nella Camera della Polonia del Seicento, una delle cause decisive, secondo gli storici, della decadenza della Polonia. Ora, l'ambito è delicatissimo; scelte legittime possono essere inopportune; i poteri sostitutivi dell'articolo 120 vanno gestiti con cautela e il precedente è particolare, perché abbiamo la diretta applicazione del principio di pari opportunità canonizzato in due articoli della Costituzione, l'articolo 51 e l'articolo 117, settimo comma, quindi non si può usare come precedente per altri interventi di decretazione in ambito elettorale. Però, obiettivamente, colleghi, si può dire che in questo caso, come dice la pregiudiziale, non ci sia stata leale cooperazione? Parlano gli atti e le date: 5 giugno, lettera del Ministro Boccia con invito ad adeguarsi; 25 giugno, informativa del Ministro Boccia in Consiglio dei ministri che segnala l'inadempienza; 3 luglio, nota ulteriore del Presidente Conte con invito a decidere con la massima urgenza; 23 luglio, diffida formale motivata con invito a provvedere entro il 28 luglio, prospettando l'ipotesi di un decreto; 31 luglio, infine, la partecipazione del presidente della regione al Consiglio dei ministri, presidente che, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, rappresenta la regione. Non siamo né vogliamo essere, né in questo caso né in altri, la Polonia del Seicento: la leale cooperazione della Costituzione non è il liberum veto polacco. Solo forze politiche che non ambiscono a governare nel breve e medio periodo possono abbracciare questa visione anarchica della leale cooperazione. Questa è la questione su cui purtroppo in questo momento ci dividiamo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sisto. Non essendo presente in Aula, si ritiene che vi abbia rinunciato. Non essendo ancora trascorso il termine dei venti minuti, sospendiamo la seduta che riprenderà alle ore 15,20 con immediate votazioni; lo faccio presente ai colleghi dei gruppi.

La seduta, sospesa alle 15,05, è ripresa alle 15,20.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Passiamo ai voti.

Pongo in votazione la questione pregiudiziale Iezzi ed altri n. 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2619)

PRESIDENTE. Essendo stata respinta la pregiudiziale, passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A).

Avverto che la V Commissione (Bilancio) e il Comitato per la legislazione hanno prescritto i prescritti pareri, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).

Avverto che, non essendo stati presentati emendamenti, e consistendo il disegno di legge di un solo articolo, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2619)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A). Ci sono quattro ordini del giorno. Chiediamo il parere al Governo, onorevole Ministro Bonetti, prego.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Sull'ordine del giorno n. 9/2619/1 Borghi Enrico, parere favorevole, ma vincolato alla seguente riformulazione. Nella penultima riga sostituire: “ad intervenire per le regioni”, con la riformulazione: “a valutare l'opportunità di procedere anche per le eventuali ulteriori regioni…” e così a seguire. Ordine del giorno n. 9/2619/2 Ceccanti, favorevole. Ordine del giorno n. 9/2619/3 Baldino, favorevole con richiesta di riformulazione nell'impegno: “a valutare l'opportunità di esercitare il potere sostitutivo, di cui all'articolo 120 della Costituzione, nei confronti delle eventuali ulteriori regioni che non abbiano adeguato”. Ordine del giorno n. 9/2619/4 Martinciglio, favorevole.

PRESIDENTE. Onorevole Enrico Borghi, le va bene la riformulazione? Sì, Grazie. Onorevole Ceccanti, a posto. Onorevole Baldino, le va bene la riformulazione? Sì. All'onorevole Martinciglio va bene senz'altro, perché il parere è favorevole. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2619)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare il collega Angiola. Prego.

NUNZIO ANGIOLA (MISTO). Grazie, Presidente Rosato. L'atto finale della X legislatura della regione Puglia, targata Michele Emiliano, è stato un atto che vorrei definire indecoroso, a voler usare un eufemismo. Ciò, a maggior ragione, se si considera la diffida ricevuta dal Governo centrale, che aveva annunciato di intervenire esercitando poteri sostitutivi, per inserire la doppia preferenza di genere nella legge elettorale pugliese. Il fatto che non ci fosse riuscito, nel 2015, neanche il presidente Nichi Vendola non riduce la gravità di quanto è successo. Il conosciutissimo proverbio “aver compagno al duol scema la pena” non si applica in questo caso. Si applica, invece, l'altro proverbio: “perseverare in errore diabolicum est”.

L'amministrazione di centrosinistra, capeggiata dal presidente Michele Emiliano, non aveva fatto tesoro degli insegnamenti del passato e del precedente fallimento della giunta, sempre di centrosinistra, targata Nichi Vendola. Quindi, per quel che mi riguarda, occorre oggi rivolgere una censura politica, senza possibilità di appello, a Michele Emiliano e alla sua maggioranza. Giudizio politico negativo che si somma all'analoga bocciatura, che l'amministrazione merita, per le modalità con cui sono state gestite altre vicende, dall'Ilva alla Xylella, dalla gestione dell'agricoltura alla gestione della sanità. Mi domando a cosa sia servito assumersi, da parte del presidente Emiliano, la responsabilità politica di non essere riuscito a convincere la maggioranza in consiglio ad approvare la doppia preferenza di genere. Se il presidente Emiliano avesse voluto affrontare la questione, se avesse avuto a cuore il programma della sua maggioranza, se avesse voluto assumersi la responsabilità di fronte a noi pugliesi di approvare la nuova legge, non avrebbe dovuto affrontare l'argomento nell'ultimo giorno utile, per cambiare le regole in piena campagna elettorale, con tante liste, ovviamente al maschile, praticamente già completate. Riguardo all'affermazione di Michele Emiliano di aver dovuto fronteggiare l'ostruzionismo dell'opposizione, la quale aveva presentato oltre 2 mila emendamenti ed insisteva per l'approvazione della legge, senza inserire l'inammissibilità per la lista che non avesse rispettato la proporzione 60 uomini e 40 donne, mantenendo solo l'ammenda pecuniaria, si tratta solo di un alibi. Tutti gli addetti ai lavori sanno che la discussione poteva procedere ad oltranza, con sedute fiume, a colpi di maggioranza. A colpi di maggioranza, sì, ho detto proprio questo: non sarebbe stata né la prima né l'ultima volta, capita anche nelle migliori famiglie. Bastava volerlo. Alla fine della nottata il triste epilogo: in aula la maggioranza fa venir meno il numero legale e decadono tutti gli emendamenti. Sic transit gloria mundi. I cittadini pugliesi nelle urne si faranno sentire. Annuncio il mio convinto voto favorevole alla conversione del decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fusacchia, prego. Onorevole Fusacchia? Non c'è, si intende abbia rinunciato. Onorevole Tondo? Non c'è, si intende abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Credo che la questione che è oggi alla nostra attenzione, la decisione del Governo di mettere in campo uno strumento straordinario, come il decreto-legge, in materia elettorale sia una scelta obbligata.

È stata una scelta obbligata, di fronte, come è dimostrato dagli atti, all'insensibilità, alle diffide che alla regione sono state inviate da parte del Consiglio dei ministri a più riprese per adempiere, entro il 28 luglio scorso, alla modifica della propria legislazione in materia elettorale. È una scelta obbligata perché stiamo ragionando di un principio di civiltà, o meglio di un tentativo di dare e di trasformare il nostro sistema in una democrazia compiuta, perché tale non è se non si riesce a colmare il gap di genere che, ancora oggi, esiste nei diversi livelli istituzionali. Basta guardare le statistiche di altre nazioni europee per comprendere quanta strada dobbiamo ancora compiere; e, da questo punto di vista, dobbiamo riconoscere che lo strumento della doppia preferenza di genere ha funzionato, come credo i colleghi possano testimoniare. Dove è stata inserita nell'ordinamento la doppia preferenza di genere i risultati, in termini di maggior rappresentanza di genere, ci sono stati in maniera molto chiara e inequivocabile. È vero che a questo intervento manca la seconda gamba, perché, all'interno di una legislazione che favorisca la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive, manca una quota di parità di genere, il cosiddetto modello 60 e 40, rispetto alle candidature, perché è del tutto evidente che, in assenza di questo, la preferenza di genere potrebbe essere artatamente svuotata, a maggior ragione in una regione come la Puglia che - credo caso unico - abbia, nel suo ordinamento regionale, il fatto che, in ogni lista, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento. Peccato che poi l'inosservanza della norma non sia punita con l'inammissibilità della lista, come avviene, per esempio, con riferimento alla legislazione nazionale, che, come voi sapete, prevede per i capilista, eccetera, eccetera, un rapporto di genere di 60 e 40.

Nel caso della regione Puglia invece l'inosservanza della norma è punita con una sanzione pecuniaria, ovvero con la riduzione dei contributi ai gruppi consiliari, che, devo dire, è una norma avvilente rispetto al principio, invece, della rappresentanza di genere e alla visione di una democrazia compiuta che ricordavo prima. È altrettanto vero che la scelta del Governo è stata una scelta non semplice, vedo qui il Ministro per gli Affari regionali. Certamente credo che nel Governo ci sia stata la consapevolezza della gravità di un intervento, soprattutto così vicino alle elezioni, con un decreto, però è altrettanto evidente che c'è una tendenza di incrostazioni di gruppi dirigenti regionali ad aprire su questo tema. Qui ho sentito una giaculatoria a più riprese da parte del centrodestra con attacchi al presidente Emiliano che ho trovato francamente ingenerosi, anche perché faccio una domanda pubblica: ma, se oggi fosse possibile, nel consiglio regionale della Puglia, approvare una norma sul 60 e 40, questa norma otterrebbe il voto anche del centrodestra? A guardare le migliaia di emendamenti che sono stati presentati tenderei proprio a dire di no, ergo, rispetto alle cose che ho sentito risuonare anche in quest'Aula, se fosse stata presentata in consiglio regionale solo la norma che è stata proposta, che viene proposta con il decreto-legge, questa avrebbe ottenuto l'unanimità. La questione è che da parte dei partiti dell'opposizione del centrodestra c'è un'assoluta contrarietà al modello 60 e 40, questa è la questione che ha impedito non tanto la preferenza di genere. Però, come dicevo, anche per non gettare veramente la croce tutta addosso ad Emiliano in una logica di propaganda elettorale, che francamente ci saremmo potuti risparmiare in questa sede, visto che ci saranno poi i tempi e i modi per fare la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio e del presidente della regione Puglia, va detto che la Puglia purtroppo non è sola. Negli ordini del giorno che sono stati presentati, uno dei quali a prima firma del collega Borghi, che ho sottoscritto, ricordiamo al Governo che c'è una regione, mi sia consentito, non minore, il Piemonte, che addirittura è ancora ferma alla legislazione nazionale, cioè sostanzialmente, salvo un paio di norme di contorno, non ha modificato l'impianto originale, e quindi non contiene nessuna norma per favorire la rappresentanza di genere.

Questo è, a maggior ragione dopo questa scelta del Governo, obbligata, come ricordavo, inaccettabile. Noi abbiamo accettato la riformulazione, signora Ministro, ma è del tutto evidente che quel “valutare l'opportunità di” significa che noi ci aspettiamo che subito, quindi non a ridosso delle elezioni piemontesi, adesso, il Governo ricordi al Piemonte e alla Calabria di essere inadempienti rispetto a questo, perché altrimenti il rischio di una norma fatta solo sulla Puglia, in qualche modo ad personam, diventa non facilmente difendibile. Quindi, qui si è voluto ovviamente, in vicinanza delle elezioni, ristabilire un principio e ristabilire un equilibrio, ma segnaliamo che questo equilibrio non c'è in diverse regioni e che quindi sia giusto farlo; la Liguria lo ha fatto il 21 luglio in limine mortis della consiliatura, e quindi noi crediamo che ci sia ancora da fare questo passaggio. Per queste ragioni, e quindi convintamente, votiamo a favore, il gruppo di Liberi e Uguali voterà a favore della conversione in legge del decreto in oggetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Gentile Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il decreto che stiamo per votare, mi auguro con una larga maggioranza, è un decreto di civiltà per garantire nelle consultazioni delle regioni a statuto ordinario la parità di genere. È un provvedimento importante per garantire la giusta presenza delle donne nelle liste e nei consigli regionali. Non sempre le norme servono a stanare un tetto di cristallo, che oggettivamente c'è quando si parla di donne e di potere. Sono solo due le presidenti di regioni donne, Donatella Tesei in Umbria e Jole Santelli in Calabria. La Calabria conta solo tre consigliere donne, tra cui la stessa Santelli, su trentuno. Solo l'Emilia Romagna è la regione dove si ci si avvicina al numero della parità di genere, con venti consigliere donne regionali su cinquanta. Per il resto, come ricordava prima il collega Fornaro, numeri risibili da Nord a Sud, senza eccezioni di rilievo, se non appunto il caso Emiliano. Eppure, sempre più donne sono impegnate in politica, fanno volontariato nelle associazioni, si occupano del Terzo settore, dovrebbero essere maggiormente valorizzate nella vita pubblica. Le donne rappresentano il 51,3 per cento della popolazione, risultano essere anche maggiormente istruite rispetto ai maschi, con una dispersione scolastica minore. Raggiungono più spesso della media l'istruzione a livello terziario universitario superiore, attestandosi al 63,8 per cento delle diplomate contro il 59,7 dei diplomati, il 34 per cento delle laureate contro il 21,7, mentre gli abbandoni della scuola sono il 12,3 delle ragazze contro il 16,5 per cento dei ragazzi. Nonostante questi numeri, tuttavia, all'ingresso del mondo del lavoro trovano maggiori difficoltà, perché, spesso, le loro vite lavorative non si conciliano con il mondo della cura familiare e perché, a parità di lavoro, non si manifesta una parità di retribuzione. Per questo, voglio ringraziare il lavoro fatto dalla Ministra Bonetti con il Family Act, la previsione del congedo parentale anche per gli uomini, il bonus babysitter e il bonus nido (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

Sono misure che vanno nella giusta direzione per una parità sostanziale e non solo proclamata. Le leggi non sono neutre, signor Presidente, e possono fare la differenza. Voglio ricordare qui cosa hanno voluto dire per i consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e delle partecipate pubbliche due leggi fondamentali come la legge cosiddetta Golfo-Mosca e il DPR n. 251 del 2012. Le statistiche dimostrano come siano state fondamentali per cambiare in modo considerevole la presenza delle donne nei consigli di amministrazione; per l'appunto, si è passati dal 7,4 per cento delle presenze delle donne nelle quotate e 11,2 per cento delle partecipate prima delle riforme normative al 36,3 delle quotate e al 28,4 delle controllate, mentre nei CdA delle aziende che non sono state oggetto del norme sopra citate si è passati dal 13,8 per cento al 17,7 per cento degli ultimi anni; una crescita veramente marginale.

Il mondo delle donne è sempre più determinante, da Christine Lagarde, Presidente della BCE, a Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione dell'Unione europea, a Angela Merkel, Presidente di turno del semestre europeo, oltre ad essere Cancelliera della Germania; sono state artefici del cambiamento delle regole sulla solidarietà europea, il Recovery Fund, di cui anche il nostro Paese potrà beneficiare. Secondo uno studio di Forbes, la leadership al femminile di fronte alla pandemia COVID-19 ha saputo gestire meglio l'emergenza rispetto ai colleghi uomini, che comunque detengono il 92 per cento delle posizioni di potere del mondo.

Sono numerosi i Paesi europei dove sempre di più vi è una parità di componenti tra uomini e donne, come ad esempio la Spagna del Governo Sanchez o la Francia dell'appena eletto Presidente francese Macron. Ringrazio di cuore la presidente Boldrini per aver citato il primo Governo Renzi, dove la parità tra ministri donne e uomini è stata garantita per la prima volta (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva); il Governo Gentiloni, dove la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio è stata per la prima volta una donna, Maria Elena Boschi, la nostra presidente; e per avere anche citato il Rosatellum, grazie al quale sono state elette il 35 per cento delle donne nel Parlamento.

Italia Viva è un partito femminista, tutte le cariche sono parimenti divise tra uomini e donne: lo sono i nostri presidenti di partito, Ettore Rosato e Teresa Bellanova, lo sono le due ministre donne, due su due, Elena Bonetti e Teresa Bellanova; e per la prima volta abbiamo un Presidente del Senato donna, Maria Elisabetta Alberti Casellati, un Presidente della Corte costituzionale donna, Marta Cartabia. Di fronte a questi passi avanti, l'ostruzionismo verso la parità delle presenze nelle liste da parte del consiglio…

PRESIDENTE. Onorevole Fregolent, mi scusi. Colleghi! Colleghi! Colleghi, chi non è interessato al dibattito può uscire dall'Aula. Prego, collega Fregolent.

SILVIA FREGOLENT (IV). Di fronte a questi passi avanti, l'ostruzionismo verso la parità delle presenze nelle liste da parte del consiglio regionale pugliese, della sua maggioranza e del suo presidente è veramente anacronistico, e si rivelerà un boomerang più che la manchevolezza su altri settori. I colleghi hanno descritto come è avvenuta la non approvazione della legge. Per questo motivo ringrazio personalmente, a nome del mio partito, Ivan Scalfarotto, che si è candidato in Puglia (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva): non potevamo condividere un percorso politico con chi considera la parità di genere ancora una volta una gentile concessione da parte degli uomini, e non dovere acquisito. Ecco perché plaudo al Governo per la scelta coraggiosa di aver imposto un giusto cambiamento, seppur con tutte le prudenze sottolineate magistralmente dal collega Ceccanti. Angela Guidi Cingolani fu la prima donna a prendere la parola in Parlamento. La sua fu una voce chiara e forte: “Colleghi, nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest'Aula: non un applauso per la mia persona, ma per me in quanto rappresentante le donne italiane, che ora per la prima volta partecipano alla vita politica del Paese. Ardisco pensare di poter esprimere il sentimento, i propositi, le speranze di tanta parte di donne italiane, invitandovi a considerarci non come rappresentanti del sesso debole e gentile, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, resistito, combattuto con voi, ha vinto con voi, ha vinto per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale”. Per questo auspico, signora Ministra, che il suo intento, quello di portare nel settantacinquesimo anno dalla Liberazione una legge che preveda il 50 per cento della presenza nelle liste delle donne, sia veramente effettivo; ed è per questo motivo, e per far mie queste parole alte ed elevate, che voto a favore della conversione del decreto-legge in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gemmato. Ne ha facoltà.

MARCELLO GEMMATO (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, preventivamente io ci tengo a dire a chiare lettere e ad esprimere un concetto che potrebbe essere interpretato come un concetto ultroneo, un concetto relativo, scontato: Fratelli d'Italia è per le donne (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), Fratelli d'Italia è per la doppia preferenza di genere, Fratelli d'Italia declina fino in fondo il fatto che le donne abbiano un canale non preferenziale, ma un canale direttamente proporzionato alle qualità delle stesse. E questo, Presidente, è di tutta evidenza. Lo dico in forza di una constatazione semplice: Fratelli d'Italia è l'unico partito ad avere un leader donna, Giorgia Meloni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), un leader volitivo, capace, eletto da un consesso naturale che non prevedeva né quote, né determinazioni di genere: alcunché. L'ha guadagnato sul campo, l'ha fatto in maniera chiara, coerente, spontanea durante tutta la sua vita politica, e noi siamo convinti del fatto che non perché donna, ma perché brava Giorgia assurgerà alle massime cariche dello Stato italiano.

Questo lo dovevo dire in tema di chiarezza, perché è evidente il fatto che in un momento di difficoltà di un governo regionale a guida PD si voglia fare, così come la sinistra è abituata a fare, una sorta di azione di distrazione di massa, e quindi non puntare l'accento sul fatto che una maggioranza politica a guida Partito Democratico capeggiata da Michele Emiliano non sia riuscita, pur ponendo al primo punto nel programma di mandato 2015-2020 l'istituzione della doppia preferenza di genere, nei cinque anni a promulgare ed approvare questo tipo di legge. Questa, Presidente, è la notizia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Notizia ancor più scandalosa è che - provvedimento molto grave - per la prima volta nella storia della nostra Repubblica l'Esecutivo vicaria in prerogative che sono proprie della regione per sopperire all'incapacità del governo a guida Michele Emiliano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Questo è il tema! Fratelli d'Italia - e lo voglio dire, Presidente, per amore di verità - ha votato in Commissione, in regione, il provvedimento di introduzione della doppia preferenza di genere; Fratelli d'Italia si è detta disponibile a votare in aula lo stesso provvedimento. Ricordo che nel consiglio regionale del 28 o 29 luglio, in questa sorta di psicodramma politico del Partito Democratico, è saltato il numero legale ed è saltato evidentemente in forza del fatto, Presidente - dobbiamo dircela tutta -, che un emendamento del centrodestra prevedeva l'abolizione di un'ignominia, che devo riferire in quest'Aula, cioè il fatto che il commissario per il COVID-19, il professor Lopalco - si poteva chiamare Lopalco o Mario Rossi -, pagato dai pugliesi lautamente per presiedere e presenziare alla salute degli stessi, si candidasse alle elezioni regionali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Questa, Presidente, è un'ignominia che andava corretta, ed era stata corretta in un emendamento presentato ed approvato con i voti del centrosinistra, perché vivaddio esiste un centrosinistra - pensate - anche in Puglia. Però, Presidente, che cosa è avvenuto? È avvenuto che per salvare Lopalco si sta creando un vulnus istituzionale nell'architettura della nostra nazione, e per questo Fratelli d'Italia è molto, molto preoccupata.

Presidente, noi ci saremmo aspettati - e lo dico al Governo, all'autorevole Ministro Boccia, pugliese come me, come Emiliano, come tanti dei 4 milioni di italiani pugliesi che in questo momento sperano in un rinnovamento – che la forza, diciamo, sostitutiva dello Stato - e qui do una chiave di lettura politica - intervenisse o fosse intervenuta, quando in Puglia si son persi, si stanno perdendo, un miliardo 636 milioni del PSR, fondi strutturali per l'agricoltura, che in Puglia, grazie all'ignavia di Michele Emiliano, stanno in larga parte tornando indietro.

Non abbiamo sentito lettere di censura da parte del Governo e non abbiamo sentito una maggioranza politica del PD spendersi per i pugliesi. Lo si sta facendo oggi per risolvere un problema politico, elettorale, personale in Puglia e questo è grave; è grave, Presidente.

Noi ci saremmo aspettati parole di discontinuità rispetto a ciò che si è fatto nella sanità in Puglia negli ultimi cinque anni, si sta desertificando l'assistenza pubblica sul territorio. Per fortuna nostra - l'ho detto in quest'Aula più volte -, il COVID non ha attecchito in Puglia, al Sud in generale e in Puglia in particolare, perché noi saremmo stati profondamente colpiti da questa pandemia. Purtroppo per loro, sono state altre le regioni che hanno dovuto sopportare il peso della malattia e sono riuscite ad uscirne grazie anche a un afflato nazionale, che, vivaddio, una volta ci ha fatto sentire più che mai nazione unita. Però, rispetto a questo, Presidente, non abbiamo sentito un Governo che si opponeva.

Ora il Governo si ricorda di sostituire i poteri di un presidente di regione, evidentemente incapace, e lo fa creando un vulnus - lo ripeto - nell'architettura della nostra nazione. Per questo, Presidente, noi siamo fortemente preoccupati. Noi non siamo contro la doppia preferenza di genere: l'abbiamo votata in Commissione e l'avremmo votata in Aula, abbiamo chiesto al presidente del consiglio regionale pugliese, Loizzo, di convocare il consiglio regionale e in un minuto avremmo potuto licenziare questo provvedimento.

Evidentemente, si è preferito salvare il Lopalco di turno, evidentemente si è preferito salvare un'idea della vecchia politica che non ci appartiene.

Concludo, dicendo che questo centrodestra è il centrodestra che elegge Giorgia Meloni presidente di Fratelli d'Italia, questo centrodestra è il centrodestra che elegge la Tesei presidente della regione Umbria, è lo stesso centrodestra che elegge la Santelli presidente della regione Calabria. Evidentemente, non accettiamo lezioni da nessuno rispetto a come si intenda la donna in politica e per questo, coerentemente, faremo sempre scelte nella stessa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Gemmato. Onorevole Deidda, il suo applauso risulta evidente. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI (PD). Grazie, Presidente, Ministra, Ministro. Come gruppo del Partito Democratico, teniamo e tengo a riconoscere al Governo un atto non scontato nella sua straordinarietà: la scelta di intervenire con decreto e la nomina di un commissario ad acta per sanare la ferita di una regione, la Puglia, che sarebbe andata al voto senza doppia preferenza di genere, anche - lo voglio dire, lo ricordava l'onorevole Fornaro - a causa di circa 2000 emendamenti presentati nell'ultima tranche possibile dal centrodestra di quella regione.

Oggi, come mezzo secolo fa, in uno schiaffo ai diritti e alla modernità, questo avviene; diritti e modernità che hanno contrassegnato il lungo cammino di emancipazione delle donne, dalle suffragette dell'Ottocento, alle madri costituenti, ma anche a tante generazioni successive. Quella di ora, del Governo, è un'eccezionalità - lo diceva la Ministra - che mi auguro rimanga tale e suoni come monito anche per quelle realtà tuttora inadempienti: Calabria, Val d'Aosta, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia; non sono poche. Autonomia? Io sì, sono per l'autonomia regionale, ma a nessuno - dico: a nessuno - sia consentito violare i principi e le norme contenute nell'articolo 3 e nell'articolo 51 della Costituzione.

Con questo decreto, infatti, si riconosce che - non saprei come altro dire - c'è un giudice a Berlino, in questo caso quasi una giuria popolare, fatta di associazioni, movimenti, che si sono mobilitati in una regione dove solo cinque sono risultate le donne elette su 51 consiglieri uscenti, mentre quella terra davvero bellissima esprime talenti femminili - nei percorsi scolastici, nella creatività, nella domanda di lavoro, nel volontariato - che hanno ogni straordinarietà.

In questi mesi intensi e crudeli quante volte abbiamo sentito dire: dopo saremo migliori. Per me è un refrain ormai stucchevole, se non è accompagnato da regole necessarie e urgenti e da misure d'urto, che questo Governo e il risveglio di un'Europa più consapevole oggi consentono e, per certi versi, ci impongono.

Quanti articoli, quanti commenti abbiamo letto su una pandemia, insieme sanitaria e sociale, che si dice senza confini, eppure - permettetemi di dirlo così - è in qualche modo classista, perché colpisce donne e giovani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), oltre ai più fragili e ai più poveri.

Penso quindi all'urgenza - lo dicevano altre colleghe - di un piano shock, mirato al lavoro e alla parità degli stipendi. Per questo il Parlamento è impegnato e il mio gruppo è impegnato a investimenti per nidi e servizi e al contrasto permanente di ogni violenza e - io aggiungo - di ogni illegalità.

Per me, per noi, questo decreto dunque ha un valore simbolico, in una parola, vuole dire “basta”. Basta! Lo so, lo sappiamo, è un rammendo; è un rammendo che ricuce una tela, che il tempo ha fin troppo strappato.

La legislazione attuale non può intervenire sulla decadenza delle liste regionali, che non rispettino la soglia del 40 per cento per ciascun genere - il minimo, io dico -, in assenza, come vorremmo, dell'obbligo di alternanza nel comporre liste, Governi, giunte e consigli di amministrazione.

Il decreto si limita a prevedere una sanzione pecuniaria e anche questa, care colleghe e soprattutto cari colleghi uomini, suona come, o almeno io la ritengo, un'offesa, perché la presenza femminile nelle liste non può mai essere monetizzata, è un valore assoluto, senza il quale la democrazia perde il suo senso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Per questo, signor Presidente, presentiamo un ordine del giorno che sollecita il Governo ad agire subito per adeguare i principi necessari, come abbiamo depositato una proposta di legge che agisce in tal senso.

Ma, signor Presidente, colleghe e colleghi, signora Ministra e signor Ministro, nel chiudere, mi permetta di dire che il tema che noi affrontiamo ha soprattutto a che fare con la qualità della democrazia, la selezione delle classi dirigenti, ovunque collocate, e l'immagine e la credibilità del nostro Paese, perché chiama in causa qualcosa di speciale, chiama in causa una visione del mondo e dei diritti umani che - lo ricordo - sono al contempo indivisibili perché sono insieme diritti politici, civili, cioè di rappresentanza, civili e sociali; quei diritti che spingono una studiosa illustre a chiedersi, in modo del tutto provocatorio forse per alcuni, se le donne sono considerabili e considerate umane, visto che nel mondo e nel cuore del nostro Occidente devono lottare per vedere riconosciuta la loro dignità, a partire dal rispetto del loro corpo, del rifiuto di un linguaggio d'odio e di un maschilismo ovunque serpeggiante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

E, allora, mi dico: la partecipazione delle donne alle istituzioni spero possa restituire senso e persino moralità a una politica che troppo spesso scivola in uno scontro tra potentati, familismi, cordate, o l'illusione populistica dell'uno vale uno.

Per questo, il tema della rappresentanza deve farci riflettere sull'accesso alle cariche elettive, che non potrà mai e non deve tornare ad essere una questione di censo, come ormai succede in molte parti d'Italia, e di visibilità. Ne parleremo a proposito della legge elettorale nazionale e di un referendum che ha bisogno di trovare un equilibrio, che oggi manca.

Anche per questo riconosco il senso del messaggio contenuto nel decreto attuale e questa è la ragione per cui noi, il gruppo del PD dice il suo sì, ma non si accontenta. Lo dico in quest'Aula: non si accontenta! Sappiamo che la democrazia è tale quando è esigente, a partire da ciascuna e ciascuno di noi. In questo caso, l'hanno detto altre e altri, si dice: fatto il decreto, trovato l'inganno. Ciò perché potrà esserci chi non inserirà donne nella lista a costo di pagare la sanzione pecuniaria; potrà esserci questo ulteriore schiaffo. Ma in questo serve la politica, servono i movimenti, come un faro di monitoraggio, una specie di bollinatura - fatemela dire così -, una bollinatura pubblica di qualità: il rifiuto a votare liste dove non si è affermata e garantita l'alternanza di donne e di uomini, perché nulla come i diritti e le libertà delle donne sono una conquista da rinnovare ogni giorno, una conquista da difendere di fronte al tentativo costante, permanente di annullarla, come vorrebbe un certo oscurantismo sempre pronto a colpire. Lo dico perché, alla fine, la politica è questa: è una visione, un punto di vista, un'idealità e una lotta. E per quanto ci riguarda, in questo momento è l'ora di un orgoglio ancora più vivo, femminile e femminista, ma, aggiungo, di una capacità, di un'alleanza con uomini che vogliono radicalmente cambiare logiche e finalità del potere. Lo voglio dire alle colleghe più giovani: è sempre meglio scegliere, magari con un po' di autonomia, che essere scelte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Anamnesi: il presidente della regione Puglia, per ben cinque anni, non si occupa di parità di genere nella legge elettorale; se ne ricorda soltanto nell'ultima seduta del consiglio regionale, quando, dopo che, a voto segreto, è passato un emendamento che non consente al suo guru del COVID di essere candidato nelle sue liste - sarà stato un pretesto, sarà stata una scelta - e abbandona con i suoi l'aula del consiglio regionale, fa venir meno i numeri e impedisce alla parità di genere, ed essenzialmente al doppio voto di preferenza, di diventare legge regionale, dopo aver subito la diffida da parte del Governo. Questa omissione dolosa, perché cinque anni di omissione non possono che essere dolosi, questo colpo di teatro finale aveva un solo scopo, è evidente, che chi ha un minimo di “sniffaggio” politico comprende: il tentativo disperato di rinviare il voto in Puglia. Si creano i presupposti perché si intervenga, da parte del Governo, per cercare di porre rimedio a questo scempio. La domanda è questa: in questa vicenda, illustre Presidente, si agitano numerosi beni giuridici di rango costituzionale, si agitano delle norme di carattere regolamentare, ma è evidente che la norma principale, quella che sta a cuore a Forza Italia, è il rispetto dell'articolo 51, primo comma, della Costituzione: la garanzia della parità dei diritti fra generi. Questo voglio che sia chiaro. Cioè, la finalità di questo dire è una finalità che Forza Italia condivide e fa propria fin da quel famoso voto del 2016, in cui noi abbiamo votato favorevolmente la norma che consente l'equa distribuzione fra generi nelle liste elettorali, a differenza di altri gruppi, che questo voto non hanno espresso e che oggi non si possono permettere di rimproverare a Forza Italia un'ostilità verso norme di questo genere.

Quindi sia ben chiaro: il nostro atteggiamento culturale è un atteggiamento di completo, pieno, totale favore verso l'estrinsecazione normativa dell'articolo 51, primo comma. Ma accanto a questa finalità assolutamente legittima, doverosa, signor Presidente, si agita un rimedio, e qui direi che il presidente Emiliano ha creato delle condizioni pazzesche dal punto di vista ordinamentale: è come se avesse creato una necrosi nella democrazia che oggi rende necessario che una gamba sia amputata, perché questo provvedimento, dal punto di vista costituzionale, è un'amputazione delle norme scritte nella Carta costituzionale. Va detto, va chiarito: il nostro voto sarà un voto di astensione su questo provvedimento per la certezza che siamo di fronte ad un rimedio che, se non fosse arginato e limitato nella sua unicità… Non deve succedere mai più che qualcuno emetta un decreto-legge in materia elettorale, che qualcuno vada a limitare l'autonomia delle regioni: articoli 120, 122 e 77 della Costituzione. Non del Regolamento della Camera, illustre Presidente, ma della Costituzione!

I poteri sostitutivi? I poteri sostitutivi hanno come presupposto la leale collaborazione: basta la convocazione dell'assassino al tavolo della vittima, il presidente Emiliano chiamato dal Governo, cioè il vero responsabile, per assicurare la leale collaborazione? È paradossale intendere la leale collaborazione solo con una partecipazione al tavolo del Governo. L'articolo 120 viene malissimo utilizzato. L'articolo 122: ma è possibile limitare l'ambito di costituzionalità, la riserva di legge in favore delle regioni sul tema elettorale, sulla scorta di questo parametro? Ma la cosa più grave è l'articolo 77 in rapporto con l'articolo 72, quarto comma, voglio che i numeri rimangano scritti nelle pagine di quest'Aula. Cioè, è possibile esprimere un decreto-legge in materia elettorale? Andatevi a rileggere l'articolo di Nicolò Zanon del 2012, dove parla di Disneyland della non democrazia. Cioè, siamo di fronte ad una deriva autoritaria che può assumere delle connotazioni pericolosissime, se il decreto-legge può legiferare in materia elettorale. Una deriva autoritaria molle, morbida, ma che, se noi non arginiamo in questo momento, stabilendo quelli che sono i presupposti per poter emettere un decreto quale quello che ci stiamo accingendo a votare…Certo, serve a rimediare ai disastri di Emiliano, ma noi possiamo, sulla scorta di questa patologia genetica, affrontare nell'Aula, aprire un varco, squarciare la tela come Fontana e in qualche modo andare a dire che si può legiferare con un decreto-legge in materia elettorale? Non lo possiamo dire! Questo di oggi deve rimanere un unicum assolutamente irripetibile! Come? Primo (ne parlavo con il professor Ceccanti, che, benché di idee diverse, fa della leale collaborazione, quella che ci voleva ai sensi dell'articolo 120, un punto di partenza e di sinergia): il principio, che il diritto parlamentare affronta, del nemine contradicente, cioè che tutti devono essere d'accordo; tutti i gruppi devono essere d'accordo perché si possa derogare alle regole, alle norme regolamentari. Questo è il primo presupposto che rende quindi irripetibile una situazione del genere, se non c'è il principio del nemine contradicente ribadito. Ma ce n'è un altro, ancora più importante: si deve trattare di un diritto direttamente derivante da una norma costituzionale, come in questo caso. L'articolo 51, primo comma, ci dà la possibilità di attingere ad un diritto direttamente, chiaramente, nettamente, non espunto, non evincibile ma scritto chiaramente nella Costituzione. Allora, questo è un caso in cui, benché, obtorto collo, con tutto quello che deriva dalle patologie, dalle “emilianate”, a cui purtroppo non ci si abitua mai - per fortuna, per certi versi -, nonostante tutto questo, noi dobbiamo relegare, con molta difficoltà, quest'esperienza ad un unicum istituzionale. Se così non fosse, illustre Presidente, noi andremmo incontro, a causa di questa patologia locale, di quartiere, all'apertura di un varco le cui conseguenze non possiamo prevedere. Diceva Zanon in quell'articolo: siamo di fronte ad un legislatore imprevedibile. Io credo che invece noi dobbiamo essere prevedibili, certi, chiari, netti. Certo, la parità; certo, il doppio voto di genere, ben venga, ed è giusto, ma ci doveva pensare il consiglio regionale della Puglia, non ci doveva pensare il Parlamento!

Non è nostro compito intervenire in questo modo. Siamo stati costretti ad uno scherzo di tipo costituzionale e sono convinto - ripeto, mi affido all'Aula e alla pazienza degli interlocutori - che questa esperienza non possa e non debba che rimanere unica. Allora, Forza Italia rivendica la sua prima linea nella battaglia in favore dei diritti della parità di genere. Non starò certamente a ricordare come si è incrementata la differenza uomo-donna anche con i Governi Berlusconi; siamo stati i primi probabilmente a portare in Aula una scelta di genere molto chiara, molto molto precisa. Noi, con forza, rivendichiamo una finalità giusta. Finisco, Presidente, con questa affermazione: se lo strumento è illegittimo come illegittimo il decreto-legge in materia elettorale, come illegittimi i poteri sostitutivi ai sensi dell'articolo 120 senza la leale collaborazione, come illegittimo entrare a piedi uniti sull'autonomia delle regioni - strumento illegittimo e finalità legittima -, se lo strumento illegittimo si accompagnasse ad una finalità illegittima, noi possiamo legittimare lo strumento con il rischio che poi la finalità possa essere legittima? Penso proprio di no. Il nostro voto di astensione ha questa caratteristica, questa forza e densità di critica costituzionale ma di compiacimento per un risultato perfettamente conforme a quello che vuole la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tateo. Prego.

ANNA RITA TATEO (LEGA). Grazie, Presidente. Rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, il decreto-legge impone alla regione Puglia che, in occasione del rinnovo del consiglio regionale, ciascun elettore possa esprimere due voti di preferenza di cui uno riservato a un candidato di sesso diverso dall'altro. Il problema del provvedimento non è la finalità. Noi della Lega abbiamo candidato donne come governatrice di regione: abbiamo candidato la Tesei, che è stata eletta, abbiamo candidato la Borgonzoni, stiamo candidando la Ceccardi. Noi non crediamo realmente che una legge possa risolvere il problema della parità di genere, ma lo strumento che il Governo ha utilizzato è ovviamente per noi aberrante. Il Governo ha stabilito di dover intervenire con urgenza attraverso un uso improprio dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, normando su materie che non sono di competenza governativa, ma lo ha fatto invocando la tutela dell'unità giuridica, l'unità economica della Repubblica, la tutela dell'interesse nazionale. Così facendo, è venuto meno al principio di leale collaborazione tra Stato e autonomie territoriali, di fatto esercitando una clausola di supremazia senza che oggi, a legislazione vigente, tale clausola sia stata ancora inserita in Costituzione. Ma con il decreto-legge il Governo ha altresì violato diverse norme della Costituzione: l'articolo 77, utilizzando il decreto-legge in maniera impropria; l'articolo 72, quarto comma, che prevede che il Governo non possa legiferare su una materia elettorale con un decreto-legge; l'articolo 122, primo comma, che stabilisce come sia compito della regione, attraverso una propria legge, disciplinare il sistema di elezione del presidente e degli altri componenti della giunta e dei consiglieri regionali. Di fronte, però, ad azioni tanto supponenti da parte del Governo, cosa fa lo stesso Governo? Invita il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri e questa, ovviamente, non è una vera dimostrazione di collaborazione tra Stato e regione; non serve a niente, anzi, ha concesso una passerella politica ingiustificata alle porte di una campagna elettorale che potrebbe favorire un candidato governatore, guarda caso di sinistra, guarda caso che appartiene al PD.

L'intervento statale, che sta imponendo per decreto-legge alla regione Puglia la doppia preferenza di genere nelle liste, a 45 giorni dallo svolgimento delle elezioni regionali e a pochissimi giorni dal deposito delle candidature, dimostra il fallimento del presidente Michele Emiliano, della sua giunta e della sua maggioranza che per cinque anni sono rimasti inermi. Vorrei ricordare, infatti, che già cinque anni fa, durante la campagna elettorale, il governatore Michele Emiliano, tra le tante promesse fatte, dichiarò che la sua prima azione di Governo sarebbe stata modificare la legge elettorale regionale, inserendo fin da subito la doppia preferenza di genere. All'epoca Emiliano ha fatto un uso strumentale della vicenda e, di fatto, anche delle donne, che hanno riposto fiducia in lui ma che invece si sono viste usate solo a fini elettorali. Infatti il PD e la sinistra non ha eletto in consiglio regionale nessuna donna e non vuole attualmente ancora nessuna donna, perché altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui la riforma della legge regionale è arrivata in consiglio a fine legislatura, ossia solo il 28 luglio 2020 e, forse, non si spiegherebbe il fatto per cui sia mancato dalla maggioranza di sinistra il numero legale. Presidente, la modifica della legge elettorale regionale con la doppia preferenza è rimasta una semplice promessa elettorale: parole al vento. Da parte di Michele Emiliano ne abbiamo sentite tante e, infatti, potremmo parlare in quest'Aula di come Michele Emiliano abbia preso in giro l'elettorato pugliese non solo su questa vicenda e sulla doppia preferenza, ma anche per tutte le questioni legate alla sanità, alle infrastrutture, all'agricoltura, alla Xylella, e mi fermo qui perché potremmo andare avanti ancora per molto. Tutto ciò dimostra ancora una volta l'incapacità di Michele Emiliano che, con azioni confuse e mala gestione, ha causato colpevoli ritardi alla mia regione, alla mia terra, ai miei concittadini, caratterizzando in maniera negativa tutti gli anni della sua reggenza e ne certifica l'incompetenza amministrativa poiché per cinque anni non è stato in grado di mantenere una sola promessa elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Il fatto che oggi il Governo si sia sostituito alla regione per introdurre la doppia preferenza di genere non vorremmo che fosse solo un rimedio propagandistico per non perdere il voto delle donne del PD e della sinistra. Per questi motivi la Lega non voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldino, prego.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe deputate e colleghi deputati, oggi siamo chiamati a convertire un decreto che si è reso necessario in vista delle imminenti elezioni regionali del prossimo 20 e 21 settembre. Necessario perché, nonostante una legge dello Stato, la legge n. 20 del 2016, preveda come principio generale che il legislatore regionale adegua il proprio sistema elettorale garantendo la pari opportunità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive, purtroppo alcuni legislatori regionali - in questo caso il consiglio regionale pugliese, che peraltro, come è stato ricordato, non è il solo - non hanno recepito tali principi, di fatto violando un principio generale previsto non solo dalla legge citata, dalla legge n. 20 del 2016, ma dalla nostra Costituzione. In particolare, penso all'articolo 3, che prevede il principio di uguaglianza; l'articolo 51 che prevede proprio la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive, prevedendo che a tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne; l'articolo 117, comma 7, che riguarda proprio la legislazione regionale e stabilisce che le leggi regionali devono rimuovere ogni ostacolo che possa impedire la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica, promuovendo così la parità di accesso alle cariche elettive.

L'intervento si è reso necessario così come fu necessario l'intervento del legislatore costituzionale del 1948 quando introdusse nella Carta costituzionale l'articolo 51; così come fu necessario per il legislatore costituzionale del 2001 e del 2003 che hanno dovuto novellare gli articoli citati, il 51 e il 117 nell'attuale formulazione, che hanno introdotto una cosiddetta azione positiva.

I provvedimenti di rinnovo, di modifica degli articoli 51 e 117 si annoverano tra le cosiddette azioni positive, cioè quelle azioni che, in attuazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione, sono volte a promuovere in positivo la figura della donna all'interno degli organismi rappresentativi, azioni positive che sono state definite dalla Corte costituzionale, in una pronuncia del 1993, come il più potente strumento a disposizione del legislatore che, nel rispetto della libertà e dell'autonomia dei singoli individui, tende ad innalzare la soglia di partenza per le singole categorie di persone socialmente svantaggiate. In buona sostanza, si trattava di una nuova, di un'ulteriore specificazione del principio di uguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione che, al comma 2, recita il principio di uguaglianza sostanziale ed è sempre bello ricordarlo in quest'Aula: “E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E allora c'è da chiedersi, posti questi che sono i pilastri delle regole della nostra convivenza civile e sociale - tutti i cittadini sono uguali -, perché stiamo parlando di questo? Per quale motivo, alcuni consigli regionali non hanno recepito le norme di principio dettate dal legislatore nazionale in attuazione della Costituzione? Io non voglio entrare ovviamente nel merito delle vicende politiche che hanno indotto il Governo prima e oggi noi, il Parlamento, ad occuparsi di questo tema e ad attivare i poteri sostitutivi, di cui all'articolo 120 e dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, che prevede proprio tali modalità di esercizio del potere sostitutivo, ma colleghi, io ritengo inaccettabile che, negli anni Venti del Duemila, sia considerato ancora necessario, così come nel 1948, così come nel 2001, così come nel 2003, che il legislatore nazionale intervenga per garantire alle donne il diritto di accesso alle cariche elettive. Lo trovo avvilente e anche mortificante. Tuttavia, considero la scelta del Governo, che, per la prima volta interviene per adottare un decreto-legge che introduce nella legislazione di una regione il vincolo della doppia preferenza, offrendo così ai cittadini, in questo caso ai cittadini e alle cittadine pugliesi, il diritto e la possibilità di scegliere tra i candidati di sesso diverso, la considero una scelta ardua, ma sicuramente coraggiosa, sacrosanta, che ritengo indispensabile ed ineludibile per assicurare la pari dignità di accesso alle consultazioni elettorali tra uomini e donne. Perché vedete, è stato anche ricordato in discussione generale dalla collega Noja: incrementare, promuovere la presenza delle donne nelle istituzioni non è una battaglia meramente ideologica, ma è un dovere, è un dovere morale, è un dovere civile, è un dovere politico e giuridico, espressione di principi costituzionali che non possono escludere qualsivoglia forma di discriminazione a scapito di qualunque individuo e quindi in questo caso delle donne. E tra l'altro, richiamando alcuni dati statistici sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea, il quadro non è certamente roseo: secondo i dati e le statistiche diffusi dall'EIGE, l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, l'Italia figura al dodicesimo posto nella classifica di comparazione tra i diversi Paesi europei, in termini delle azioni volte a ridurre il divario di genere. Per non parlare poi dei dati sul lavoro, del divario pensionistico, del gap salariale, per non parlare del cosiddetto soffitto di cristallo nel mondo imprenditoriale, dove soltanto il 6,3 per cento delle posizioni apicali nelle principali società quotate è ricoperto da donne. Le donne poi sono sottorappresentate anche in Parlamento e negli organismi governativi, ma io sono orgogliosa di appartenere ad una forza politica che ha portato in questa istituzione la maggiore percentuale di donne elette, il 39,34 per cento e che proprio in Puglia ha deciso di puntare su una donna, Antonella Laricchia, per concorrere alla presidenza della regione. Ho ascoltato gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto sia in discussione generale sia in dichiarazione di voto e devo dire che condivido le remore di chi si è espresso con riserva rispetto alla possibilità di aver reso effettivi, con questo intervento, i principi di parità espressi nelle leggi che noi tutti oggi abbiamo richiamato. Ma io, colleghi, non penso che sia compito del Governo attivarsi in tal senso.

Oggi, il Governo si è sostituito al consiglio regionale pugliese, introducendo il principio della doppia preferenza di genere, perché non poteva fare altrimenti, ma domani tocca a noi Parlamento, tocca a noi attivarci per introdurre, all'interno della legge che detta i principi cornice, entro cui poi il legislatore regionale deve adottare i sistemi elettorali, la previsione della sanzione della inammissibilità delle liste presentate, eludendo il principio della parità di genere. Dobbiamo farlo noi e possiamo farlo, ma lasciatemi ribadire il mio rammarico rispetto al fatto che, nelle moderne società contemporanee, all'interno di Paesi all'avanguardia dal punto di vista del riconoscimento dei diritti civili come il nostro, si debba auspicare ancora una volta, come nel 1948, come nel 2001 e come nel 2003, un ulteriore intervento di carattere sanzionatorio per indurre le forze politiche che vogliono concorrere alle consultazioni elettorali a non discriminare i candidati rispetto al genere. Ma mi consola il fatto che sono sicura di riscontrare in questo Parlamento la più ampia convergenza rispetto ad un tema che ci ha visto già più volte sensibili e uniti, come abbiamo dimostrato nel corso della legislatura rispetto ad altri provvedimenti che hanno riguardato la tutela della figura femminile.

Per questo, Presidente, nel dichiarare il voto favorevole del gruppo del MoVimento 5 Stelle voglio concludere con le parole di Teresa Mattei, la più giovane Costituente: “Nessuno sviluppo democratico, nessuno sviluppo sostanziale si produce nella vita di un popolo, se esso non sia accompagnato da una piena emancipazione femminile”. Sognando un giorno un Paese civile, il mio Paese, il nostro Paese, in cui non ci sia più bisogno dell'articolo 51 della Costituzione, grazie (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2619)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2619: Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2) (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al seguito della discussione della proposta di legge n. 982-A e abbinate, recante misure di sostegno al settore agricolo e disposizioni di semplificazione in materia di agricoltura. Poiché, tuttavia, non è stata ancora trasmessa la relazione tecnica richiesta dalla Commissione Bilancio, tale Commissione non ha potuto esprimere il prescritto parere.

Il seguito dell'esame del provvedimento è pertanto rinviato ad un'altra data, che sarà stabilita dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo.

Seguito della discussione dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019 (A.C. 2572); Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020 (A.C. 2573) (ore 16,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 2572 e 2573: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019; Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020.

Ricordo che nella seduta del 3 agosto si è conclusa la discussione generale e la rappresentante del Governo è intervenuta in sede di replica, mentre la relatrice vi ha rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 2572)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge recante il Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019.

Poiché non sono state presentate proposte emendative li porrò direttamente in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 9).

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2572)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mauro Del Barba. Ne ha facoltà. No, c'era il deputato Fassina prima. Onorevole Fassina, mi scuso. Prego, onorevole Fassina.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Nella dichiarazione di voto, che per il gruppo di Liberi e Uguali sarà favorevole, vorrei concentrare l'intervento sul bilancio assestato dello Stato.

In generale, è un documento che si limita, come è noto, ad aggiornare, in relazione alle poste scritte a dicembre dell'anno precedente, nel bilancio pluriennale, quelle poste, con variazioni che in contesti ordinari sono piuttosto limitate. Presidente…

PRESIDENTE. Colleghi, colleghi, colleghi sono costretto a fermare la seduta se non c'è più silenzio in Aula. È prevista circa un'ora di dichiarazioni di voto: organizzate voi il tempo. Prego, onorevole Fassina.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Come dicevo, vorrei concentrare l'intervento sul bilancio assestato, quindi in questa dichiarazione di voto, che, ribadisco, è favorevole da parte del gruppo di Liberi e Uguali, mi limito a osservare che siamo di fronte a un documento che, per quanto riguarda il 2019 - ovviamente, mi riferisco al rendiconto -, che delinea un quadro ormai noto da tempo e che non suscita particolari sorprese; anzi, con i dati analitici trovano conferma quelle che erano state le stime proposte dall'Istat a marzo e trovano conferma i risultati di alcune delle misure che avevamo introdotto…però, Presidente, è davvero faticoso, è davvero faticoso.

PRESIDENTE. Anch'io io che la sto seguendo, onorevole Fassina, capisco la difficoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). È davvero faticoso…

PRESIDENTE. Però, lei è bravo. Onorevole Fassina, andiamo avanti.

STEFANO FASSINA (LEU). Capisco che il rendiconto, appunto, non è proprio l'epicentro dell'agenda politica di questa fase, tuttavia è un atto che non è solo dovuto ma è un atto che serve a dare trasparenza a quella che è stata la gestione del bilancio dello Stato per lo scorso anno, a certificare gli impegni e le spese sui provvedimenti, anche quelli più rilevanti, che ha preso lo scorso Esecutivo, poi approvati dal Parlamento, nonché l'andamento delle entrate. Su questo documento non voglio dilungarmi, quindi mi limito qui a esprimere voto favorevole, mentre poi vi chiederò qualche minuto di attenzione in più per quanto riguarda l'assestamento del bilancio, che, come ricordavo, quest'anno è particolarmente interessante data la situazione che abbiamo alle spalle.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (IV). Grazie, Presidente. Il rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019, unito alle disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020, rappresenta il tradizionale passaggio di testimone tra due esercizi finanziari, laddove il consuntivo dell'anno precedente consente di accertare i residui attivi e passivi da riportare all'anno successivo. Ebbene, in questa fotografia, in questo passaggio, sarebbe utile esaminare lo stato di salute dell'anno che si chiude, la bontà delle scelte politiche che hanno caratterizzato le previsioni di bilancio per il 2019, interpretato peraltro da differenti maggioranze nei due semestri. Tuttavia, condivido con l'onorevole Fassina che mi ha preceduto il fatto che in questo particolare frangente rivesta particolare interesse, semmai, l'analisi dell'assestamento. Il dato che emerge dall'analisi dei tanti indicatori che potremmo prendere in esame è il ritorno di una crescita incoraggiante, sebbene non ancora sostenuta, pagata anche a un prezzo di un aumento del debito pubblico di oltre 100 miliardi e accompagnata da un innalzamento della pressione fiscale dal 41,9 al 42,4 per cento. In tempi ordinari, quindi, avremo molto da ridire, anche solo su questi due dati macroscopici, cioè il nuovo debito e la pressione fiscale. Potremo effettuare analisi comparate con altre economie europee e valutare gli effetti sulla competitività delle nostre imprese, la produttività del lavoro, la bontà o meno delle scelte che hanno determinato questi risultati; è tuttavia evidente, come anticipavo, che mai come in questo frangente le valutazioni sull'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020 rappresentano il dato di maggior interesse e preoccupazione. Sappiamo bene che ogni previsione di bilancio che ha caratterizzato i lavori della legge di bilancio 2020 è stata letteralmente stravolta dalla crisi COVID. Quindi, nell'annunciare il voto positivo di Italia Viva, condivido la necessità di posporre ogni valutazione all'assestamento di bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Parlare oggi dei risultati della gestione finanziaria, cioè dell'entità effettiva delle entrate e delle uscite è quantomeno difficoltoso, considerato che dalla lettura della relazione si evince un ottimismo che non ha alcun riscontro nella realtà che viviamo quotidianamente. Io ricordo che, non più tardi di un mese e mezzo fa, il 25 giugno, il Ministro Gualtieri venne in Commissione bilancio e a noi di Fratelli d'Italia, che chiedevamo conto rispetto all'andamento del PIL che secondo il Fondo monetario sarebbe arrivato al 12,9, il Ministro Gualtieri disse: ma no, voi siete poco ottimisti; secondo le stime del Governo saremmo a meno 8. Oggi è certificato che siamo a meno 12,4 e il Ministro Gualtieri ci dice: beh, tutto sommato poteva andare peggio. No, peggio di così non poteva andare! È sicuramente vero che abbiamo dovuto affrontare una emergenza, ma la pressione fiscale in aumento e quello che ci dicono i dati e i numeri che abbiamo letto all'interno della relazione ci raccontano di una Italia che ha fallito tutti i propri obiettivi. Il primo - lo dico ai colleghi Cinquestelle - è proprio il reddito di cittadinanza, cioè l'avanzo che rimane dal mancato utilizzo del finanziamento del reddito di cittadinanza fa parte del risparmio netto da finanziare e deriva dal fallimento di un'idea politica, e questo non può non essere considerato. Allora, fa davvero specie leggere, fra le righe di questa relazione, un ottimismo che non ha alcun riscontro, perché, vedete, i numeri sono numeri, ma dietro quei numeri ci sono delle vite, ci sono delle storie. Dietro i numeri di questo rendiconto c'è, per esempio, la storia di Anna, una mamma separata con due figli, che lavorava nel mondo del wedding, negli eventi, che non ha potuto lavorare e che con i 600 euro dati dal Governo a stento è riuscita a fare la spesa per due mesi; dietro i numeri di questo rendiconto c'è la storia di Paolo e Maria, due ragazzi che hanno due figli disabili, che avrebbero voluto gli insegnanti di sostegno a casa perché i loro figli non erano in grado di seguire le lezioni online; dietro questi numeri c'è la storia di Mario, un ragazzo che poco prima del COVID aveva aperto con i soldi risparmiati in tutta una vita dai propri genitori una pizzeria con 15 posti, ma che non ha più riaperto e non lo potrà fare (probabilmente, come qualcuno del Governo suggeriva, dovrebbe cambiare lavoro). Allora, vedete, il tema è che questi sono numeri - sì, è vero - ma i numeri raccontano la vita che stanno vivendo i nostri cittadini e Fratelli d'Italia voterà convintamente contro questo rendiconto perché i numeri non sono i numeri, i numeri sono quelli che fanno grande l'Italia, sono quelli che devono aiutare in un momento così disarmonico e così difficile gli italiani che sono in difficoltà, e Fratelli d'Italia è dalla loro parte (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mancini. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MANCINI (PD). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, esponenti del Governo, la discussione sul rendiconto e sull'assestamento è normalmente considerata un passaggio tecnico, in qualche modo un atto dovuto da parte del Parlamento. In questa occasione, però, sia nel dibattito in Commissione che nel dibattito generale, abbiamo avuto modo tutti di valutare fino in fondo l'eccezionalità di questa situazione. È stato già detto dai colleghi Fassina e Del Barba che noi ci troviamo a discutere adesso il rendiconto del bilancio generale dello Stato del 2019, consapevoli che la discussione sull'assestamento ci proietta verso la prossima manovra di bilancio in una situazione completamente diversa, frutto degli interventi compiuti sulla pandemia. Quindi, adesso, in sede di approvazione del rendiconto, a nome del Partito Democratico voglio esprimere il nostro voto favorevole facendo una sola considerazione sui dati di questo rendiconto. Ancora una volta, anche quest'anno, il rendiconto generale dello Stato mostra un significativo avanzo primario: cosa vuol dire fuori dalla tecnica? Vuol dire che gli italiani, anche lo scorso anno, hanno speso complessivamente meno di quanto hanno versato, cioè le istituzioni italiane sono state nella spesa pubblica, anche quest'anno, virtuose. Sono molti anni che l'Italia esprime un avanzo primario e questo dovrebbe consentirci di affrontare meglio la discussione in sede internazionale. Anche in quest'ultima occasione del dibattito intorno al Recovery Fund, abbiamo visto Paesi europei, forze politiche, esprimersi verso l'Italia in maniera dispregiativa, denigratoria, come se i nostri conti non fossero in ordine e come se la nostra finanza fosse una finanza allegra: non è così, anche questo rendiconto lo dimostra. Il voto favorevole a questo rendiconto è un piccolo atto patriottico di difesa del nostro Paese anche nella dimensione internazionale: raccontare meglio l'Italia è anche un modo per affrontare meglio le sfide che abbiamo davanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giacometto. Ne ha facoltà.

CARLO GIACOMETTO (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, letti alla luce di quanto è avvenuto nei primi mesi del 2020 ed anche alla luce della situazione odierna, i dati economici contenuti in questo rendiconto potrebbero addirittura apparire non del tutto negativi, soprattutto se rapportati agli indicatori sempre più preoccupanti degli ultimi mesi e viste le prospettive dell'autunno prossimo, in netto contrasto con il pur cauto ottimismo che esprime il Ministro Gualtieri. È stata ricordata la previsione di 8 per cento di crollo del PIL da parte del Ministro, da parte del Governo, che non si è verificata perché andremo almeno al 12,4. Sarebbe, tuttavia, un confronto poco significativo, vista la crisi asimmetrica che ha colpito tutte le economie mondiali dall'inizio di quest'anno e che ha stravolto ogni certezza precedente.

È certamente più interessante, dunque, notare come i dati economici del 2019 arrivino alla fine di un decennio, quello che è iniziato nel 2010, in cui i nostri principali concorrenti, nonché partner europei, hanno segnato in termini assoluti una crescita del prodotto interno lordo a due cifre: abbiamo un più 10 per cento per la Spagna, un più 12 per cento per la Francia, più 16 per cento per la Germania. Il prodotto interno italiano, in questi dieci anni, è fermo allo 0,5 per cento in più in termini assoluti rispetto al dato del 2010, un dato che evidenzia come la nostra economia si trovi in una stagnazione ormai da troppi anni. Le cause sono note, lo abbiamo anche raccontato ieri: una bassa produttività del lavoro; un numero di occupati in rapporto alla popolazione molto più ridotto rispetto al resto del mondo (siamo al 58 per cento scarso); una curva demografica che ci racconta di dati sulla natalità sempre più allarmanti; la netta prevalenza, con una forbice che si allarga sempre di più, delle spese correnti in rapporto alle spese in conto capitale, cioè quelle per gli investimenti; una rete infrastrutturale, materiale ed immateriale, non più adeguata alla competizione; infine, tempi dilatati sia della giustizia penale sia della giustizia civile, cosa che allontana sempre di più gli investitori.

In questo contesto, Presidente, prendiamo atto dei dati del rendiconto 2019 con grande preoccupazione. Per citare i principali, senza ritornare su quanto illustrato ieri in discussione generale, citerei per punti: il nostro prodotto interno lordo, che cresce in termini reali dello 0,3 per cento rispetto al 2018, un risultato negativo che deriva anche dal meno 0,3 per cento conseguito nel quarto trimestre del 2019 (c'era questo Governo) e dai dati sulla produzione industriale di dicembre dello stesso anno, che hanno registrato una significativa diminuzione sia rispetto al mese, sia rispetto al trimestre, sia rispetto all'anno precedente; un debito pubblico che arriva ormai a 2.409 miliardi di euro, più di 40 mila euro a testa pro capite, che determina una spesa per interessi superiore ai 60 miliardi di euro annui, pari al 3,4 per cento del PIL; la reiterata scelta di aumentare il deficit (per il 2019, 29 miliardi); un tasso di disoccupazione che sfiora le due cifre - 9,8 per cento - e che raggiunge circa il 29 per cento nel 2019 fra i giovani tra i 15 e i 24 anni; una pressione fiscale complessiva pari al 42,4 per cento, in aumento rispetto all'anno precedente dello 0,5 per cento; infine, una gestione dei residui attivi e passivi, con i primi che sono entrate accertate, ma non ancora riscosse, con tutti i rischi del caso, vista anche la situazione economica di imprese e famiglie in questo periodo, che arrivano a 216 miliardi, e i secondi, impegni di spesa, a cui, invece, dovremo sicuramente far fronte, che arrivano a 102 miliardi; un saldo positivo dei residui pari a 114 miliardi, che, però, cela una crescita significativa di quelli di nuova formazione anche nel 2019, cosa che, in prospettiva, potrebbe mettere ancora più a rischio i nostri conti pubblici.

A fronte di un quadro di questo genere, dopo un decennio in cui il debito pubblico è aumentato in termini assoluti di circa 490 miliardi, è lecito chiedersi, Presidente, se le misure finanziate dalla fiscalità generale, cioè dai cittadini contribuenti, in particolare quelle adottate nell'anno di cui stiamo parlando, abbiano ottenuto risultati significativi e in linea con gli obiettivi che avevano i proponenti, anche e, soprattutto, a fronte delle ingenti risorse pubbliche impiegate, appunto. Insomma, servirebbe, come è stato anche detto ieri durante il dibattito in discussione generale, una seria e attenta valutazione delle politiche pubbliche da svolgersi in sede parlamentare, magari, come avviene al Senato dal 2017, con il lavoro dell'Ufficio valutazione impatto, o nelle stesse regioni con i loro nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici. Se applicassimo quei principi a ciò che è stato introdotto nel corso del 2019, ad esempio, all'istituzione del reddito di cittadinanza - navigator compresi -, scopriremmo facilmente che i due obiettivi dichiarati di quello strumento e, cioè, abolire la povertà, da un lato, e favorire l'incontro tra offerta e domanda di lavoro, dall'altro, non sono stati raggiunti e non sono stati raggiunti non perché lo dica Forza Italia o il sottoscritto, ma perché lo testimoniano i numeri del 2019, con il 7 per cento delle famiglie italiane ancora in condizioni di povertà assoluta (si parla di 1,8 milioni di famiglie, pari a circa 5 milioni di individui), con un tasso di crescita del PIL che ci pone agli ultimi posti fra i Paesi dell'Unione europea, con un tasso di disoccupazione ben oltre la media dell'Eurozona, con solo l'1,7 per cento del totale dei percettori del reddito di cittadinanza che hanno trovato lavoro (stiamo parlando di 40 mila persone su 2,4 milioni di titolari di reddito nel 2019) e chissà se l'hanno ottenuto o meno con l'aiuto dei 3 mila navigator. E a proposito di navigator, Presidente, ammettendo, forse, involontariamente la scarsa capacità a raggiungere gli obiettivi per cui sono stati selezionati, è di oggi, di questa mattina, la notizia secondo cui il Governo vorrebbe impiegare il loro tempo per scovare le aziende che in questi mesi avrebbero “truffato” sulla Cassa integrazione, utilizzando i fondi destinati alla emergenza COVID, ma continuando, secondo quanto dicono costoro, a far lavorare i propri dipendenti in nero. Ebbene, a parte la ormai nauseante narrazione di stampo grillino, secondo cui gli imprenditori sarebbero prenditori, un retropensiero che emerge anche in proposte come questa e che, però, risulta dal nostro punto di vista inaccettabile, specie in un momento difficile come quello attuale, in cui chi crea valore e crea lavoro dovrebbe, al contrario, essere supportato e tralasciando la marginalità del fenomeno, perché di questo si tratta, nemmeno paragonabile, Presidente, ai tanti che percepiscono indebitamente reddito di cittadinanza - la cronaca di questi mesi ce lo testimonia -, questo nuovo compito dei navigator certificherebbe che quello originario e, cioè, trovare lavoro ai titolari del reddito, non ha avuto esiti che ne giustifichino l'istituzione. E lo stesso si può dire per le spese correnti, che hanno continuato a crescere senza creare sviluppo economico duraturo, sbilanciando sempre di più il rapporto a svantaggio delle imprese e dell'investimento, con il risultato che, anche qui a titolo di esempio, nel quarto trimestre 2019, le ore di Cassa integrazione autorizzate hanno raggiunto la cifra di 73 milioni, a fronte delle 56 milioni nel trimestre precedente.

Insomma, Presidente, e concludo, senza andare a riproporre in modo approfondito i rilievi della Corte dei conti contenuti nel giudizio di parificazione del rendiconto del 24 giugno scorso, che, oltre a sottolineare, appunto, la necessità di non disperdere le risorse pubbliche con misure di stampo assistenziale, evidenzia la necessità di ridurre il prelievo fiscale e di rendere più snello e veloce il rapporto con lo Stato, a cominciare dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, i numeri del rendiconto 2019 ci dicono tutto, misurano tutto, così come i risultati concreti delle politiche economiche dell'attuale Governo, che sono sotto gli occhi di tutti gli italiani. Pertanto, per tutti i motivi che ho cercato di illustrare ieri in sede di discussione generale e per quanto ribadito in questa sede, dichiaro il voto contrario del gruppo di Forza Italia-Berlusconi Presidente al disegno di legge relativo al Rendiconto generale dello Stato per l'anno finanziario 2019 (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cestari. Ne ha facoltà.

EMANUELE CESTARI (LEGA). Grazie, Presidente. Per il gruppo Lega-Salvini Premier, faremo un'unica dichiarazione di voto sia per quanto riguarda il rendiconto 2019, che per l'assestamento 2020. Onorevoli colleghi, la discussione degli atti che oggi concludiamo non rappresenta un fatto meramente contabile, intanto perché va sottolineata un'importante novità dal punto di vista contabile, dato che il 1° gennaio 2019 è stato introdotto il nuovo concetto di impegno pluriennale ad esigibilità, in applicazione di quanto previsto all'articolo 34 della legge di contabilità n. 196 del 2009 in materia di potenziamento della funzione del bilancio di cassa, in base al quale l'assunzione degli impegni contabili deve essere effettuata nei limiti degli stanziamenti iscritti nel bilancio pluriennale, con imputazione della spesa negli esercizi in cui le obbligazioni sono esigibili (sostanzialmente, quando vanno a scadenza); in secondo luogo, perché ci consente di fare un po' di chiarezza politica su questi ultimi mesi di gestione dell'emergenza sanitaria, che sta diventando, se non lo è già, emergenza economica.

Ma partiamo dalle questioni tecniche. Con riferimento all'esercizio 2019, dunque, l'impegno di spesa viene imputato contabilmente dalle amministrazioni sugli stanziamenti di competenza e cassa dell'anno e degli anni in cui l'obbligazione, come dicevo prima, giunge a scadenza. Nella relazione al rendiconto si evidenzia che, nel complesso degli impegni assunti nel 2019, con esigibilità attribuita allo stesso 2019, ammontano a poco più di 823 miliardi di euro, sostanzialmente in linea, in termini di capacità di impegno, al 95,6 per cento, al valore registrato nel 2018, pari al 94,5 per cento. Tuttavia, considerando il volume totale degli impegni assunti nel 2019, con esigibilità imputabile anche agli esercizi successivi, il ricorso all'impegno pluriennale ad esigibilità ha determinato un ammontare complessivo di risorse impegnate, dal 2019 al 2044, pari a circa 2.195 miliardi di euro, con un andamento in forte diminuzione della capacità di impegno negli esercizi successivi al 2019.

Ciò non è dovuto solamente al minore indebitamento a consuntivo del Governo gialloverde, anche rispetto alle accuse dell'Unione europea che brandiva la procedura di infrazione sul deficit eccessivo come una clausola, salvo tranquillizzarsi una volta che si è insediato un Governo amico e, quindi, il cosiddetto Governo giallorosso, prono agli interessi unionisti e succube delle politiche franco-tedesche di colonizzazione economica del nostro Paese, ma anche perché le amministrazioni non si sono sempre trovate nelle condizioni di determinare l'esercizio di esigibilità, e questo si può riflettere nell'andamento decrescente della capacità di impegno che si è registrato e su cui, come auspico, questo Parlamento ha l'obbligo di sollecitare il Governo ad un'attenta vigilanza.

Per farvi un esempio della difficoltà di operare con questo cambio di paradigma voluto dal Partito Democratico, la V Commissione ha protratto l'esame dell'Atto del Governo n. 104, ovvero lo schema di DPCM sulla ripartizione delle risorse del fondo per il finanziamento delle missioni internazionali e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione per l'anno 2019, dal 2 ottobre 2019 al 14 novembre 2019, quando, come sapete, di solito sono sufficienti un paio di sedute. Ricordo che sono occorse due audizioni informali dell'Istat, una il 30 ottobre 2019 e un'altra il 13 novembre 2019, per approfondire tale disciplina in sede di prima applicazione e debbo informare i colleghi che alcuni dubbi ancora permangono, sia per ciò che l'Istat dovrà presentare all'Eurostat, sia per la più complessiva armonizzazione al sistema europeo di contabilità. Stiamo parlando, per darvi un ordine di grandezza, colleghi, solo per questo atto, di oltre 400 milioni di euro di complessa imputazione, in quanto spese per consumi intermedi su oltre un miliardo e 400 milioni di spese complessive, quindi vuol dire che parliamo del 30 per cento del provvedimento; sono certo che il collega Melilli saprà affrontare con le dovute cautele tale situazione.

È però opportuno che rimanga agli atti di questa Assemblea che per il futuro riteniamo necessari ulteriori approfondimenti, poiché nonostante le rassicurazioni del Governo vi è la possibilità che si instauri un meccanismo di continuo trasferimento di onere da un esercizio a quello successivo e la conseguente imputazione di oneri nel 2020 anziché nel 2019, come in questo caso, potrebbe pregiudicare la possibilità di autorizzazione per l'anno 2020 delle missioni internazionali con il medesimo impatto finanziario di quelle autorizzate l'anno 2019, salvo che si provveda, prima della conclusione dell'esercizio in corso, al rifinanziamento del fondo in esame per l'anno 2020, ovvero per l'anno 2021.

Questo voleva essere un piccolo esempio di come devono essere gestite le questioni e si contrappone facilmente alle improvvide dichiarazioni del Governo che vi ostinate a sostenere: era il 24 marzo quando il Ministro Gualtieri dichiarava che nel 2020 il PIL sarebbe calato di qualche punto percentuale: grave, ma gestibile e recuperabile, si diceva. La realtà è che, al 31 luglio, il PIL è in caduta libera del 17,3 per cento e solo tra aprile e giugno si sono persi oltre 50 miliardi. Ma, continuiamo, ricordando che l'11 marzo, in conferenza stampa, sempre Gualtieri disse: nessuno perderà il lavoro, mentre a fine maggio, l'AMPAL, l'Agenzia che ha come presidente Mimmo Parisi che spende di rimborsi quasi quanto di stipendio, superando addirittura il Capo dello Stato, afferma che nel 2020 si perderà mezzo milione di posti di lavoro, mezzo milione. Se Parise avesse istituito i suoi Navigator alla creatività, secondo le indicazioni del Viceministro Castelli, secondo cui i ristoratori in crisi devono cambiare lavoro, chissà come sarebbero migliorate le cose. Ma continuiamo l'imbarazzante rassegna, perché, in fondo, come sostiene l'“hackerato” presidente dell'INPS, si stanno riempiendo di soldi gli italiani: purtroppo gli italiani non se ne sono accorti.

Le misure che avete sin qui portato all'attenzione di questo Parlamento sono scarse, insufficienti e lacunose; avete trattato l'ordinamento giuridico italiano come carta da macero, con decreti confusionari, omnibus, dimostrando triste improvvisazione e incapacità di lettura di fenomeni complessi. Siete arrivati tardi e male sulle nostre posizioni per superbia; non ci avete ascoltato, facendo col contagocce ciò che aveva carattere d'urgenza; siete arrivati ai 100 miliardi che chiedevamo a marzo solo a luglio, cercando di utilizzare l'emorragia economica per ricorrere a strumenti sovranazionali capestro che determinano l'ulteriore ed incostituzionale cessione di sovranità. Non dimentichiamo, di fronte al più grande programma di acquisti della Banca centrale europea, la vostra dolosa ritrosia nel collocamento sul mercato di titoli di Stato che, tolta quella quota della signora Marisa, sarebbe stata acquistata dalla BCE, e gli interessi retrocessi al Tesoro tramite Banca d'Italia, annullando di fatto ogni interesse sul debito e consentendoci un finanziamento a tasso zero. Non potevate farlo: ovviamente non potevate farlo, perché fare l'interesse di questo grande Paese e dei suoi ammirabili cittadini avrebbe rappresentato una crisi di coscienza per la sindrome di Bruxelles che alberga in voi; calpesti e derisi nuovamente, ancora una volta.

Adesso proporrete nuovamente strumenti europei d'indebitamento, senza capire il danno che vi apprestate a fare alla gestione del debito pubblico. La segmentazione dovuta all'introduzione di un creditore privilegiato, come ci ha confermato peraltro di sfuggita in audizione appena una settimana fa il Ministro Gualtieri, quali sono il MES, il SURE, il Recovery fund, produrrà ulteriori costi per lo Stato, uno Stato che, ricordo, è composto da lavoratori, dalle piccole e medie imprese, dai nostri imprenditori fiaccati dalla crisi sanitaria e stremati per la crisi economica. Smettetela di utilizzare morfina normativa introducendo balzelli per il ricorso alla cassa integrazione o promuovendo una riforma peggiorativa degli ammortizzatori sociali che neanche il duo di montiana memoria, Monti-Fornero, avrebbe osato sognare. Tutto questo avrà ulteriori ripercussioni sull'ossatura istituzionale dello Stato, visto la difficoltà che incontreranno, non oggi, ma tra dicembre e aprile, gli enti locali che si troveranno il quasi azzeramento delle addizionali…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

EMANUELE CESTARI (LEGA). Presidente, mi avvio alla chiusura. In tutta questa confusione normativa rimane una triste considerazione: state distruggendo un Paese, se continuerete così il prossimo anno non so di quale rendiconto e quale assestamento ci troveremo a discutere. Quindi, per tutti questi motivi, annuncio il voto contrario del gruppo Lega-Salvini Premier (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Faro. Ne ha facoltà.

MARIALUISA FARO (M5S). Grazie, Presidente. Mi riservo di intervenire per il provvedimento sull'assestamento di bilancio e, intanto, dichiaro comunque il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle al rendiconto, cioè al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2572)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2572: "Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019".

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Nel frattempo colgo l'occasione per dire che il collega Angiola che si era iscritto, si è scritto sull'assestamento e non sul rendiconto…

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 10).

(Esame degli articoli - A.C. 2573)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020.

La I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

Avverto che, a norma degli articoli 119, comma 8, e 121, comma 5, del Regolamento non sono pubblicati, in quanto non ricevibili, gli emendamenti già dichiarati inammissibili in sede referente e ripresentati per l'esame in Assemblea.

Informo l'Assemblea che, in relazione al numero degli emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo, in particolare, a votazioni per principio e riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni.

A tal fine i gruppi di Forza Italia e Lega sono invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2573)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle annesse tabelle e dei relativi emendamenti (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito la relatrice Flati ad esprimere il parere. Tab 2.24?

FRANCESCA FLATI, Relatrice. Presidente, esprimo parere contrario su tutte le proposte emendative riferite all'articolo 1.

PRESIDENTE. Questo facilita il nostro lavoro. Il parere del Governo?

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Conforme, Presidente.

PRESIDENTE. Benissimo, quindi procediamo con la votazione delle proposte emendative.

Sull'emendamento Tab.2.24 Comaroli, ha chiesto di parlare l'onorevole Bordonali. Ne ha facoltà.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Io chiedo alla relatrice e al sottosegretario di rivedere il parere su questo emendamento, perché con questo emendamento - non so se l'avete letto, ma ritengo importante che venga accolto - si vanno a togliere 7 milioni di euro, che avete destinato in più con la missione 5.1, ovvero flussi migratori, interventi per lo sviluppo e la coesione sociale e via dicendo. Praticamente andate a dare oltre 9 milioni (quasi 10 milioni in più) per gli interventi a favore degli stranieri. Sempre nella stessa missione voi date in più agli stranieri, togliendo alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Ecco, noi riportiamo un po' di giustizia all'interno di questo assestamento, togliendo queste risorse, che voi ancora ciecamente destinate solo esclusivamente agli immigrati che arrivano sul nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Perché per voi è la priorità! Lo state dimostrando con questa assurda accoglienza. State accogliendo tutti, il nostro Paese è sottoposto ad una invasione, per di più con questa emergenza sanitaria, portata soprattutto - lo dicono gli stessi vostri esponenti di Governo - da questi nuovi arrivi. E in più destinate ulteriori risorse economiche.

Ecco, noi con questo emendamento vogliamo riportare la normalità, perché, secondo noi, non è normale, in un Paese, che le risorse vengano date tutte agli immigrati e vengano, in assestamento, ancora devolute risorse agli immigrati. Queste risorse noi le togliamo da questa missione e le diamo agli enti locali.

Colleghi, colleghi anche della maggioranza, conoscete parecchi sindaci, che avete anche voi sul vostro territorio. Sapete qual è la situazione degli enti locali, oggi allo sbando dopo i problemi anche del COVID, quindi, le minori entrate che hanno avuto, in questi mesi, i nostri comuni e le difficoltà che hanno per far fronte anche ad un'emergenza sociale, che ormai è diffusa sul territorio. Noi riteniamo sia importante che le risorse, che sono previste grazie a questo assestamento, vengano messe a disposizione dei nostri comuni e dei nostri cittadini! Basta tornare al business e all'immigrazione! Basta tornare all'invasione! Basta porti aperti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Torniamo all'anno scorso! Torniamo all'anno scorso! L'ha detto anche il Presidente Conte: basta invasione. L'ha detto il vostro Presidente! Dimostrate, votando questo emendamento, che anche voi la pensate esattamente come lui, perché un conto sono le parole e un'altra sono i fatti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI (LEU). Grazie, Presidente. Non sarei intervenuto, per la verità, su questo emendamento, però le argomentazioni che ho appena ascoltato mi hanno spinto a prendere la parola. Infatti, di cose assurde ce ne sono molte, nel dibattito politico e nelle scelte che facciamo naturalmente, e ognuna di queste è opinabile. Mi sarebbe, però, piaciuto ascoltare nelle parole della collega che mi ha preceduto qualche giudizio, su quanto sia assurdo quello che è accaduto questa mattina durante una riunione del consiglio regionale friulano (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e della deputata Boldrini). Dopo l'irruzione di un gruppo di militanti di CasaPound, che sono entrati in consiglio regionale senza incontrare alcuna resistenza, un consigliere regionale, tal Calligaris, consigliere regionale della Lega, si è fatto scappare, così, - perché sapete, ci sono tante cose assurde, si è fatto scappare forse quello che pensa lui e che pensano in troppi, in un Paese che ha fatto del degrado culturale una cifra ormai troppo pericolosa - e ha detto: io sono uno di quelli che agli immigrati gli sparirebbe. Ecco, questo sì, è assurdo.

È assurdo che oggi, poche ore dopo, ancora nel Friuli Venezia Giulia, un dipendente comunale di Grado, responsabile della Protezione civile di quel comune, per fortuna sospeso immediatamente dalla Protezione civile - che è ancora, quella sì, è civile - su Facebook, in merito a quello che sta succedendo a Udine, in una situazione assai complessa e delicata, abbia dichiarato che servirebbero gli squadroni della morte, quattro taniche di benzina e un bel forno crematorio per risolvere il problema.

Cari colleghi della Lega, di questo anche voi dovreste preoccuparvi, per dare un qualche senso anche alle vostre posizioni sulle questioni che riguardano l'immigrazione. Altrimenti il resto è ipocrisia e vergogna (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ziello. Ne ha facoltà, per un minuto.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Grazie, Presidente. L'unica cose assurda è ascoltare l'onorevole Fratoianni, che parla di tutto fuorché dell'emergenza immigrazione, dell'emergenza invasione che sta creando questo Governo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non è stato sull'emendamento: ha parlato di tutto, fuorché della grave emergenza insicurezza, che il nostro Paese sta vivendo di nuovo per colpa della politica di questo Governo, che accoglie tutte le persone che arrivano dall'altra parte del mondo.

Il Presidente del Consiglio ha dichiarato più volte che bisogna avere fermezza sulla gestione dei flussi migratori. Ma un conto sono le parole e un altro conto sono i fatti della Lamorgese, che ha fatto entrare in questo Paese più di 15 mila clandestini, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), senza contare quella vergognosa sanatoria per gli immigrati clandestini della Bellanova.

In questo emendamento, i deputati e le deputate della Lega chiedono semplicemente questo: togliamo le risorse per la mangiatoia dell'accoglienza e diamo quelle risorse ai nostri sindaci che sono…(Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier),

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ziello. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Presidente, intervengo siccome qui vedo che dai banchi della Lega di tutto si parla, meno che del merito dell'emendamento. Non si dice quello che ha appena segnalato il collega Fratoianni, molto bene e, cioè, che in questo Paese, al di là delle nostre diverse opinioni, che rispetto, perché siamo nel tempio della democrazia… (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). È inutile che tu faccia così, io le rispetto, così lo fai a casa tua, a qualcun altro. A prescindere dalle nostre diverse opinioni, stanno succedendo cose e ogni giorno leggiamo frasi che non hanno cittadinanza in una civiltà democratica. L'altro giorno, una consigliera comunale della Lega in Toscana ha dato degli animaletti a dei bambini rom, cioè li ha paragonati a degli animali. Le frasi che oggi ha citato il collega Fratoianni di LeU, citando quello che è successo in Friuli-Venezia Giulia, che un funzionario della Protezione civile abbia pensato di citare l'esplosivo e i forni crematori per curare una crisi che certamente va risolta in quella città o che un altro consigliere della Lega abbia detto a coloro di CasaPound che incivilmente stavano occupando il consiglio “io gli sparerei" ci dicono - se mi è consentito, Presidente, per il suo tramite, parlare alla collega Bordonali - che possiamo discutere e dibattere di idee diverse o di soluzioni diverse o criticare chi sta governando adesso o chi governava prima, chi ha risolto o chi non ha risolto i problemi, ma insieme dovremmo mettere un freno all'inciviltà e alla violenza delle parole, perché, quando non le freni prima, inizi la discesa che non sai dove ti porta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non è lecito che un rappresentante istituzionale usi le parole che abbiamo ascoltato in questi giorni, non c'entra nulla la battaglia politica. Il razzismo è incivile, non c'entra nulla con la battaglia delle idee (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. Grazie, collega Fiano. Colleghi, interpreto questo dibattito nel testo dell'emendamento come un dibattito dove ci sono le questioni dell'immigrazione e dei diritti. Vi invito a stare nell'ambito di questa discussione e la discussione sarà più proficua per tutti.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO (FDI). La ringrazio, Presidente, però corre l'obbligo, per suo tramite, Presidente, anche cercare di dare una risposta al collega Fratoianni e al collega Fiano che sono appena intervenuti. Presidente, come lei del resto, noi veniamo dal Friuli-Venezia Giulia, ed è altrettanto chiaro che rifuggiamo in modo forte, collega Fratoianni, frasi orribili e gravi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), questo è assolutamente un qualcosa di lapalissiano, ma - anche se in questi casi non dovrebbe esserci un ma - ieri ero fuori dai cancelli divelti della caserma Cavarzerani di Udine, laddove ci sono 463 persone. Probabili richiedenti asilo? Non lo so. Le dico soltanto una cosa, Presidente: ieri mattina a Udine si sono vissute scene da guerriglia, semplicemente, cari colleghi, perché circa 200-250 persone che – giustamente, anche – vengono nutrite e a cui viene dato un letto alla caserma Cavarzerani protestavano perché non potevano uscire, dopo che il sindaco Pietro Fontanini ha giustamente comminato loro una quarantena. E le ricordo, collega Fratoianni, che gli italiani hanno fatto due mesi e mezzo di quarantena (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier), mentre queste persone mettono a ferro e fuoco una caserma laddove sono nutriti e laddove dormono semplicemente perché non vogliono garantire la quarantena quando ci sono stati evidentemente dei casi di Coronavirus all'interno della stessa.

E dopo, Presidente, chiudendo ricordo che molto spesso il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia in quest'Aula, ma non soltanto in quest'Aula, nelle Commissioni deputate, ha sollevato il tema di un'immigrazione ormai completamente fuori controllo su quella che lei conosce bene essere la cosiddetta rotta balcanica. Centinaia e migliaia di persone che entrano indisturbate presso il nostro Paese e di cui si perdono completamente le tracce. Il Governo non ha mai risposto a un'interrogazione né di Fratelli d'Italia né delle opposizioni, nei mesi chiaramente, rispetto a questo che è evidentemente un grave rischio.

Poi, ieri il Primo ministro Conte, svegliatosi da questo torpore, ha iniziato, e soltanto mediaticamente, a parlare di rimpatri, facendo dei post, oggi, laddove si andava a cercare di capire come rimpatriare delle persone in Tunisia piuttosto che in Nordafrica. Questo Governo ha semplicemente risposto mediaticamente e mai mandando, ad esempio, più forze per le Forze dell'ordine piuttosto che l'esercito in quelle zone, che sono completamente, ad oggi, terra di nessuno.

Quindi, ritornando all'incipit del ragionamento, è sicuro che si rifuggono certe frasi orribili, ma le cose bisogna saperle, bisogna comprenderle, bisogna essere di quei territori per cercare di capire come anche i nostri cittadini effettivamente sono rimasti chiusi in casa, perdono continuamente il lavoro e continuano a vedere soldi e miliardi, finanziati molto spesso da cooperative, per queste persone che in Italia non dovrebbero starci. Questa è la verità, colleghi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

E quindi, Presidente, rispetto a quanto detto Fratelli d'Italia continuerà con la propria azione, sia parlamentare sia in regione Friuli-Venezia Giulia, per far capire alle istituzioni, per far capire a chi comanda in questo caso, e quindi al Governo centrale, che la situazione è oramai al tracollo, è fuori ogni tipo di immaginazione e chiaramente serve fare qualcosa. Ad oggi, il Governo ci ha risposto “no” e ci ha sempre chiuso le porte in faccia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Comencini. Ne ha facoltà.

VITO COMENCINI (LEGA). Presidente, in merito alla questione immigrati, domenica scorsa c'era un gazebo del mio partito, della Lega, a Badia Polesine, in provincia di Rovigo. A un certo punto si è avvicinato un immigrato e, inveendo, ha preso una sedia e l'ha lanciata contro la collega Antonietta Giacometti. Non mi sembra di aver sentito particolare solidarietà dai colleghi della sinistra, che si dicono contro la violenza (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia)! Questa è la violenza di un kosovaro di 25 anni, clandestino, senza documenti, questa è la violenza! Questa è la violenza degli immigrati che arrivavano alle porte dell'Ungheria contro il cattivo Orbán, che metteva la polizia, e, a un certo punto, questi cari immigrati clandestini cosa facevano? Lanciavano sassi e urlavano Allah-u-Akbar, il grido di battaglia degli islamici. Questi sono i vostri amici contro la violenza! Sono questi gli immigrati che difendete, dovete solo vergognarvi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moschioni. Ne ha facoltà. Colleghi, richiamerei che siamo sull'assestamento.

DANIELE MOSCHIONI (LEGA). Grazie, Presidente. Innanzitutto dico che questo emendamento va votato perché condivido che i soldi debbano rimanere, ad esempio, ai comuni e non tanti soldi per gli immigrati, ma devo dire qualcosa di più. Ci vuole coraggio - tramite lei, faccia da tramite, Presidente - a offendere il popolo friulano. Anche io, come il collega Rizzetto, ieri c'ero in quel di Udine, alla caserma Cavarzerani, e le dico solo una cosa. Lei lo sa benissimo, ma, per suo tramite, lo riporti ai suoi colleghi della maggioranza: lì c'era Polizia, la Guardia di finanza, la Polizia locale, ma soprattutto anche la Protezione civile. Volontari della Protezione civile del Friuli-Venezia Giulia cercavano di dare una mano. Cosa hanno fatto questi immigrati dall'interno della Cavarzerani? Hanno preso a sassate Poliziotti, Protezione civile, Guardia di finanza. Se questo è quello che noi dobbiamo sostenere, il nostro Governo, credo che non sia corretto, ma ricordiamoci anche che il Friuli-Venezia Giulia…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Moschioni.

DANIELE MOSCHIONI (LEGA). No, un momento. In questo momento è in difficoltà perché la rotta balcanica passa tutta dal Friuli-Venezia Giulia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tonelli. Ne ha facoltà.

GIANNI TONELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Volevo sostenere il nostro emendamento, ma volevo fare un piccolo appunto all'onorevole Fiano e all'onorevole Fratoianni su quello che è il taglio che vogliono sempre dare alla discussione, mistificando e soprattutto con una disonestà intellettuale che diventa veramente insopportabile, perché, nel momento in cui veramente in Italia odio, cattiveria e intolleranza verso coloro che hanno un'idea differente… nasce proprio dalla vostra parte, continuamente; invece di andare a cercare il pelo nell'uovo, guardate alla vostra trave, guardate la devianza, sotto il profilo dell'onestà intellettuale, del vostro ragionamento e del dibattito politico che impostate. Guardate questo, e non andate a vedere delle stupidaggini, cercando di strumentalizzare qualche asino che raglia, perché di asini che ragliano voi ne avete una schiera infinita (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - Applausi ironici del deputato Fiano)!

EMANUELE FIANO (PD). Bravo, Tonelli!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, io non credo che si possano far coincidere le parole “immigrazione” e “razzismo”: sono due cose molto diverse e chi strumentalizza la parola “immigrazione” dandole un significato diverso, a mio avviso non rende un'operazione corretta, e sul piano esegetico-lessicale e sul piano culturale. Noi diciamo semplicemente che nell'ambito del bilancio dello Stato bisogna avere a cuore le necessità. Allora, se questo è un emendamento che fa fede di talune necessità, è un emendamento che dice soltanto che forse oggi è più necessario investire sui comuni che investire in altro, tutto qui. Vi è un Paese che è in ginocchio ed è in difficoltà, e mi sembra che l'investimento sugli enti locali sia un investimento doveroso rispetto ad altri momenti in cui, probabilmente, gli investimenti avevano un'altra giustificazione; trasformare questa scelta, che a me sembra razionale, logica, ricognitiva del momento attuale del Paese in una battaglia sul razzismo a me sembra completamente sbagliato.

Forza Italia da questo punto di vista ha una posizione chiara, precisa: non riteniamo che l'immigrazione sia razzismo, non riteniamo che l'immigrazione sia un tabù. Cioè tutto quello che tocca l'immigrazione non è possibile neanche sfiorarlo; noi da questo punto di vista ci riteniamo liberi di decidere e riteniamo che questo emendamento risponda al momento attuale del Paese e consenta un'equilibrata lettura del rapporto fra bilancio e necessità nostre, dello Stato e degli enti locali. Voteremo a favore, ma per ragioni completamente diverse da quello che da parte della sinistra si vuol far intendere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). Presidente, sarò brevissimo, per testimoniare dell'inutilità di destinare fondi alla coesione sociale e alla garanzia dei diritti. Vi porto l'unico esempio che sia veramente degno di nota, anche per la sinistra. In questo Parlamento siede un immigrato che è venuto in Italia tanti anni fa per lavorare ed è stato eletto grazie ai voti di cittadini che hanno votato la Lega e che hanno permesso per la prima volta a un cittadino di colore di sedere nel Parlamento italiano. Di cosa stiamo parlando, onorevole Fiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.24 Comaroli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.1 Mandelli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.25 Comaroli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.21 Garavaglia, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.22 Comaroli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.2 Mandelli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.26 Garavaglia, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.29 Bartolozzi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.28 Prestigiacomo, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Tab. 2.15 Bartolozzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Presidente, io apprendo con stupore il parere contrario della relatrice e il parere conforme del Governo. Presidente, sono due anni che sento, che sentiamo, il Ministro Bonafede annunciare riforme epocali nel comparto giustizia. Ebbene, io ritengo sia inutile se non dannoso mettere o considerare di mettere mano alle riforme del processo civile o alla riforma del processo penale, negando invece che il vero guaio del sistema giustizia sono problemi di mezzi e di organizzazione e che per risolvere questi problemi occorrono risorse.

Cosa fa allora il Ministro Bonafede? Depotenzia, Presidente, capitoli di spesa nell'assestamento, svariati capitoli di spesa: per esempio il capitolo 1766 relativo al mantenimento dei detenuti lo svuota di oltre 10 milioni di euro; e ancora, la missione 6 (giustizia), che riguarda le spese del personale imputabile, per 37 milioni (personale civile) e per 36 milioni (personale di magistratura); e ancora, svuota il capitolo 1536 relativo al processo telematico; e ancora, svuota il capitolo 1550 relativo al funzionamento degli uffici giudiziari per svariati milioni di euro; e ancora, il capitolo 1536, cioè il capitolo dedicato agli investimenti per il processo telematico.

E allora, Presidente, io non sono intervenuta sul mio emendamento Tab. 2.29 perché sapevo già che la relatrice avrebbe dato verosimilmente parere contrario; però su questo emendamento chiederei all'Aula un minimo di attenzione in più e rivolgerei un invito alla relatrice a cambiare il parere. Perché, Presidente? Perché in Commissione giustizia, per le parti di competenza, su indicazione del relatore, l'onorevole Bordo, quindi con parere assolutamente favorevole del relatore, e con un pieno coinvolgimento del sottosegretario, questo emendamento è passato all'unanimità.

Quindi, la Commissione giustizia ha ritenuto che fosse sbagliato definanziare di 73 milioni di euro il capitolo destinato alle risorse umane, anche quindi le assunzioni. Ebbene, Presidente, cosa è accaduto poi in Commissione bilancio? È accaduto che è il parere del relatore è stato contrario, come verosimile, si è aperta la discussione, e il sottosegretario, anzi il Viceministro Castelli, che adesso non è in Aula, probabilmente perché non voleva - lo dico, Presidente - metterci la faccia dopo le rassicurazioni che aveva dato e oggi vediamo il sottosegretario Villarosa, ne fece un problema di fondi, di copertura, come è corretto che sia in Commissione bilancio. Beh, non spetta certamente a noi trovare le coperture, sottosegretario Villarosa, spetta a voi. Laddove voi ritenete che sia stato ingiustamente definanziato, e sono stati i suoi colleghi della Commissione giustizia, i componenti del MoVimento 5 Stelle e i componenti del Partito Democratico, e tutti gli altri componenti dei gruppi di maggioranza a ritenere che il capitolo fosse stato definanziato e che la cosa fosse scorretta, a quel punto dovevate trovare voi le coperture, in qualche modo offrendo una riformulazione, venendo incontro; sottosegretario Villarosa, ci avrebbe trovato assolutamente favorevoli. Non si può bocciare un emendamento perché non siete in grado di trovare le coperture. Ripeto, avete ritenuto voi che l'emendamento era corretto, tanto che la Commissione l'ha votato all'unanimità. Allora, Presidente - e chiudo -, in funzione di questo io farei veramente un appello accorato, perché non si possono fare le riforme nel comparto giustizia se non mettete le risorse. Relatrice, cambi il suo parere, o accantoni l'emendamento, perché i fondi ci sono, si tratta semplicemente - Presidente, è un invito al sottosegretario - di valutare tutti i capitoli che riguardano la missione 6, la missione giustizia, e magari definanziare, ad esempio, quello del processo telematico a favore di quello che vede invece il definanziamento per le risorse umane. Se non avete le persone, sottosegretario Villarosa, come fate a riformare, a implementare e a far partire il processo telematico? Se non assumete le persone, come fate a far partire il processo civile e il processo penale, di cui tanto blatera il Ministro, il Guardasigilli? E dico blatera, ripeto, perché non si possono fare le riforme se non mettete le risorse. Allora, un accantonamento, forse - ripeto, c'è un voto all'unanimità della Commissione giustizia -, probabilmente eviterebbe di fare l'ennesimo guaio, l'ennesimo errore e restituirebbe al comparto della giustizia una dignità che ha perduto da quando il Ministro Bonafede siede nel più alto scranno dei Ministeri (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Turri. Ne ha facoltà.

ROBERTO TURRI (LEGA). Presidente, devo dire la verità, anche noi siamo piuttosto sorpresi nell'aver visto parere contrario a quest'emendamento. Come diceva bene la collega Bartolozzi, in Commissione giustizia abbiamo votato all'unanimità che si rimettessero questi soldi che son stati tolti dai capitoli che appunto riguardano vari argomenti della giustizia, quindi ci aspettavamo che quest'emendamento avesse parere favorevole. Poi, immagino che, quando il provvedimento è stato esaminato in Commissione bilancio, si siano verificati dei problemi di copertura, però è anche vero che abbiamo visto il PNR che avete approvato, dove si fanno tanti discorsi su investimenti che questa maggioranza vorrebbe riservare alla giustizia, e che l'Europa ci invita appunto a intervenire e quindi a stanziare le risorse che necessitano per quello che riguarda le carceri ma anche la digitalizzazione, quindi il processo telematico. Invece, abbiamo visto che vengono tolte risorse da quello che è l'assestamento, quindi anch'io mi rivolgo sorpreso e mi auguro che il relatore e il Governo possano accantonare l'emendamento e vedere se c'è la possibilità di trovare quelle coperture, quei soldi che sono stati tolti da questi capitoli. Ciò perché, se da una parte dite che volete investire sulla giustizia, qui, nei fatti, dimostrate che la giustizia invece volete affossarla.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). Presidente, sì, sempre sul tema, ma non per fare polemica. Durante appunto l'esame di questi dati in Commissione giustizia ci siamo resi conto che vi sono delle situazioni completamente assurde, ove si può tranquillamente riscontrare che, ad esempio, per le spese di personale dell'ufficio di gabinetto e di segreteria alle dirette dipendenze del Ministro della Giustizia (322 persone), si destinano come spese, solo per gli stipendi, 27 milioni di euro, e se a questi si sommano la spesa generale per questo corpo - è un vero e proprio corpo quasi un battaglione - di persone che svolgono funzioni nell'ufficio di gabinetto e di segreteria del Ministro, arriviamo a un totale di spesa di 47 milioni. Questo solo per testimoniare quale potrebbe essere, non dico la sensibilità, ma per lo meno l'accortezza di seguire delle indicazioni che provengono dall'opposizione e che sono destinate…Non vogliamo certamente andare a toccare privilegi e invito tutti a fare una semplice operazione matematica ossia dividere 27 milioni per 322: si ottiene una media stipendiale di tutto rispetto; non vogliamo andare a sindacare quello che spende il signor Ministro, stiamo sindacando spese di funzionamento dell'apparato della giustizia che ci sembra forse… (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. La ringrazio, collega.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Siracusano. Ne ha facoltà.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Presidente, in virtù delle motivazioni espresse dai colleghi, formalizzo richiesta di accantonamento per questo emendamento.

PRESIDENTE. Qual è il parere della relatrice? Prego, onorevole Flati.

FRANCESCA FLATI, Relatrice. Presidente, il parere resta negativo.

PRESIDENTE. Ci sono richieste di intervento a favore o contro? Onorevole Tateo, prego. Lei parla a favore dell'accantonamento?

ANNA RITA TATEO (LEGA). Sì, Presidente. Io vorrei capire perché quest'emendamento assolutamente non viene accantonato, visto che è stato votato in Commissione giustizia all'unanimità, sia dalle forze di maggioranza che di opposizione; in questo momento sembra proprio che la maggioranza non voglia assolutamente sentire nessun tipo di ragione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Per cui, noi chiediamo a gran voce che quest'emendamento venga accantonato, perché non è possibile che in questo modo non vengano comunque tutelati gli operatori della giustizia, una giustizia che ormai è completamente - Presidente, mi creda - distrutta! Non ci sono collaboratori, non possiamo realmente più lavorare e gli avvocati sono in forte difficoltà. In questo momento voi non state tutelando assolutamente nessuno, vi state nascondendo dietro l'emergenza COVID. Poi non parliamo di voler fare la riforma del processo civile, la riforma del processo penale, la riforma della magistratura, quando non sono comunque stanziati i fondi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento, quindi passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di accantonamento dell'emendamento Tab. 2.15 Bartolozzi. Chi vota a favore, vota per accantonare; chi vota contro, per non accantonare.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge per 49 voti di differenza.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.15 Bartolozzi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.34 Paolo Russo, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.27 Prestigiacomo, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.31 D'Attis. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 23).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.33 Paolo Russo, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 24).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.30 D'Attis, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.11 (Parte ammissibile) Comaroli. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 26).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.23 Garavaglia. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.3 Garavaglia. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Tab. 5.9 Varchi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Interverrò adesso anche per gli emendamenti seguenti che sono a mia prima firma per ricordare, anche sollecitando la memoria dei colleghi commissari in II Commissione, quindi giustizia, quanto è accaduto quando abbiamo affrontato l'esame del provvedimento. Infatti, in quella sede avevo presentato un emendamento, come il relatore onorevole Bordo ricorderà, che aveva trovato - come riporta anche il resoconto dei lavori - la condivisione esplicita tanto del MoVimento 5 Stelle, che peraltro in passato con ordini del giorno a prima firma di alcuni colleghi aveva chiesto al Governo un impegno sul punto, quanto del Partito Democratico, di Italia Viva e di LeU. Tale impegno appunto era volto a rimpinguare i capitoli riguardanti il pagamento degli onorari di centinaia di migliaia di professionisti, sia professionisti ordinistici che non, che in Italia a vario titolo collaborano con gli uffici giudiziari; parliamo degli avvocati che svolgono il patrocinio per assistiti che si avvalgono del beneficio del patrocinio a spese dello Stato e consulenti tecnici come ausiliari degli uffici giudiziari. In quella sede il Governo, che per voce del sottosegretario Giorgis partecipò ai lavori della Commissione, aveva sollevato una questione meramente tecnica che, grazie ad un approfondimento con il nostro ufficio legislativo, ritengo gli emendamenti abbiano agevolmente superato.

In quella sede, mi fu chiesto dal collega Bordo di ritirare quell'emendamento e ripresentarlo con una nuova formulazione, certa dell'accoglimento da parte della maggioranza. Ripeto, non sono stati dei ragionamenti svolti nelle segrete stanze o nei corridoi della Commissione, ma agevolmente chiunque vorrà leggere il resoconto potrà verificarlo.

Quindi, io intervengo soltanto per richiamare questa maggioranza al rispetto dell'impegno che ha assunto in Commissione giustizia con i propri esponenti, che in quella Commissione sono presenti. Io auspico, quindi, che il Governo possa e il relatore ovviamente possano rivedere il parere su questi emendamenti, forti del dibattito che c'è stato già in Commissione giustizia. Viceversa, se ciò non accadrà, dovrò prendere atto con rammarico che le parole che ciclicamente vengono pronunciate dagli esponenti di maggioranza in favore dei titolari di partita IVA, in favore dei vari attori che popolano il mondo della giustizia, sono appunto solo parole, alle quali non si fanno poi seguire fatti e atti concreti.

Quindi, io invoco un supplemento di riflessione per gli emendamenti che sono a mia prima firma, nel nome di quel bon ton istituzionale che prevede che, se in una Commissione si chiede a un esponente dell'opposizione di ritirare un emendamento per non bocciarlo e ripresentarlo con degli aggiustamenti e poi il parlamentare di opposizione lo fa, immagino che i parlamentari di maggioranza saranno conseguenti nel loro comportamento. Quindi, questo è il senso del mio intervento, auspico che vi sia una corrispondenza da parte della maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 5.9 Varchi, ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 29).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 5.10 Varchi, ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 5.11 Varchi, ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 8.5 Comaroli, per la parte ammissibile. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 32).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 8.6 Garavaglia, per la parte ammissibile. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 33).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 8.7 Comaroli, per la parte ammissibile. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 34).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 8.10 Garavaglia, per la parte ammissibile. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 35).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Tab. 8.15 Mollicone.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Questo è ovviamente un emendamento bandiera, che Fratelli d'Italia presenta per ricordare in quest'Aula, nel suo plenum, il tema dell'emergenza della filiera dell'industria culturale.

Vedete, colleghi, il lockdown, dall'inizio di marzo 2020, ha bloccato l'Italia e ha all'improvviso messo davanti ai nostri occhi la fragilità del mondo della cultura, dell'editoria, del settore radiotelevisivo, del settore sportivo così come li conosciamo.

Con questo emendamento simbolico, che poi diventerà anche un ordine del giorno, noi di fatto chiediamo al Governo - lo abbiamo fatto anche in Commissione e quindi è un indirizzo, e lo faremo in ogni provvedimento perché crediamo che sia necessario – di adottare iniziative appunto al fine di garantire che, nello stato di previsione del Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo, alla missione 1, “Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici”, e al programma 1.1, “Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo dal vivo”, vi sia un incremento di un miliardo. Un miliardo perché dovete comprendere - lo dico in particolare, per il tramite del Presidente, ai rappresentanti del Governo - che la cultura in Italia non è uno dei tanti settori, che l'industria culturale e la valorizzazione dei beni artistici, paesaggistici e dei beni culturali, insieme al turismo corrispondono a una quota di PIL assolutamente imprescindibile, che noi siamo l'Italia, siamo il Paese della bellezza, dell'arte, del teatro, del cinema, della danza, dello spettacolo dal vivo, delle mostre, siamo la nazione che più deve e dovrebbe investire sulla cultura.

Ebbene, nonostante l'impegno della Commissione cultura, che è l'unica Commissione parlamentare che ha fatto risoluzioni all'unanimità su questi temi, dicendo al Governo, durante l'emergenza, quello che dovesse fare, nonostante questo poi il Ministro Franceschini, che sui giornali viene presentato come l'uomo forte del Governo, il capo delegazione del Partito Democratico nel Governo, in realtà sembra poi che abbia ottenuto ben poco. Per questo noi, in maniera reiterata, in maniera determinata, Fratelli d'Italia e la destra italiana ci schieriamo a fianco dell'arte e degli artisti.

Sono stati dati interventi a pioggia assolutamente pulviscolari, 10 mila euro a compagnia, a organizzazione e sono stati anticipati i fondi del FUS, ma poi gli avete chiesto il DURC e aspettate che l'INPS ci metta tre mesi per verificare il DURC e, quindi, l'erogazione non la fate. Insomma, colleghi del Governo, per il tramite della Presidenza, riferite al Ministro Franceschini che Fratelli d'Italia non è affatto soddisfatta, come non lo è il mondo della cultura, che sta in trincea e che sarà sempre più in trincea. E mentre il Governo fa ben poco, i teatri, anche quelli più famosi, anche quelli più conosciuti, qui nella capitale, ma in tutta Italia, chiuderanno.

Ha dichiarato la chiusura l'Eliseo e stanno dichiarando la chiusura anche altri teatri. Gira voce che anche il Teatro Sistina sia in grave crisi e questo dimostra, appunto, lo stato di inerzia che questo Governo ha sulla cultura, per cui lanciamo questo appello all'orgoglio dell'Aula affinché venga sostenuto questo emendamento bandiera, per esprimere concretamente la solidarietà a tutta l'industria culturale. Poi, nelle assemblee degli artisti, delle compagnie di danza e di teatro, non vi fate belli, colleghi della maggioranza, se non votate emendamenti come questo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 8.15 Mollicone. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 36).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 9.10 Comaroli. Ricordo il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 37).

Consistendo il disegno di legge in un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma all'esame degli ordini del giorno.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2573)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Il primo ordine del giorno su cui chiederei la valutazione del Governo è il n. 9/2573/1 Ziello. Prego, signor sottosegretario.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Ordine del giorno n. 9/2573/1 Ziello, favorevole con la riformulazione iniziale “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2573/2 Vanessa Cattoi, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2573/3 Cestari e n. 9/2573/4 Paternoster, favorevole; n. 9/2573/5 Frassini, favorevole con “valutare l'opportunità di”; n. 9/2573/6 Garavaglia, favorevole; n. 9/2573/7 Comaroli, favorevole con riformulazione “valutare l'opportunità di”; n. 9/2573/8 Mollicone, favorevole.

PRESIDENTE. Onorevole Ziello, lei accetta la riformulazione? Sì.

Ordine del giorno n. 9/2573/2 Vanessa Cattoi: accetta la riformulazione, onorevole Cattoi? Sì.

Ordini del giorno n. 9/2573/3 Cestari e n. 9/2573/4 Paternoster, favorevole.

Frassini, accetta la riformulazione? Va bene.

Ordine del giorno n. 9/2573/6 Garavaglia, favorevole.

Onorevole Comaroli, lei accetta la riformulazione? Sì, grazie.

Poi, ordine del giorno n. 9/2573/8 Mollicone, favorevole.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2573)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare il collega Fassina. Ne ha facoltà. Colleghi, ci sono dichiarazioni di voto numerose e, quindi, inviterei a consentire, a chi le vuole fare, di farle in serenità. Prego, onorevole Fassina.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. A differenza del rendiconto, il documento che abbiamo approvato qualche minuto fa e che, appunto, fotografa un periodo che si è concluso, il bilancio di assestamento che analizziamo ora e che votiamo è un documento che, invece, ha a che fare con l'anno in corso, un anno molto particolare, ahimè; un anno segnato da una pandemia e dai riflessi economici e sociali di finanza pubblica che ha determinato. A differenza degli altri anni, quando, appunto, l'assestamento registra delle variazioni marginali, in questo caso siamo di fronte a un documento che forse è unico nel suo genere e che ci consente di riconoscere meglio quanto anche in quest'Aula abbiamo fatto a partire dal 17 marzo in poi.

Il bilancio di assestamento, ovviamente, riflette l'effetto del decreto “Cura Italia”, con 25 miliardi di indebitamento, riflette l'effetto del “decreto Liquidità”, che non ha avuto una dimensione finanziaria rilevante ma che ha comunque allocato risorse; riflette il “decreto Rilancio”, 55 miliardi, e sottolineo che non riflette ancora, invece, il cosiddetto “decreto Agosto”, la cui dimensione finanziaria abbiamo autorizzato con il terzo scostamento la settimana scorsa.

Ebbene, forse la nostra discussione, anche a proposito di alcuni emendamenti che abbiamo appena votato, si gioverebbe molto di un ancoraggio ai dati contenuti nelle tabelle del bilancio dello Stato e nelle previsioni assestate. Ora, non voglio annoiarvi, però vi invito a leggere soltanto la Tabella 1 e la Tabella 5 e forse verrebbero meno un po' delle caricature che ritornano nella nostra discussione. Non voglio utilizzare - non l'ho fatto nei mesi precedenti e non lo faccio nemmeno oggi - questi dati in chiave apologetica per dire che va tutto bene, che abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare, ma voglio richiamarli solo per dare a tutti noi una maggiore consapevolezza. Le entrate sono previste, quest'anno, ridursi di quasi 50 miliardi sulla base di una previsione del Documento di economia e finanza che non è, purtroppo, quella che oggi viene ritenuta più probabile; le spese correnti sono aumentate, nel dato del bilancio assestato, di 67 miliardi di euro; per le spese in conto capitale - e qui parliamo di una variabile diversa da quella dell'indebitamento netto, poiché parliamo di una partita finanziaria, parliamo, ad esempio, dei 44 miliardi che sono stati attribuiti a Cassa depositi e prestiti per finanziare il cosiddetto “patrimonio destinato a intervenire nel capitale delle imprese” - questo capitale mobilitato aumenta di 112 miliardi; il ricorso al mercato, cioè i titoli per quest'anno secondo le previsioni del bilancio assestato - ma capite bene che è stato redatto all'inizio di luglio -, è di circa 300 miliardi di euro in più rispetto a quello che veniva previsto alla fine del 2019, cioè, senza contare gli ulteriori 25 miliardi dello scostamento autorizzato la settimana scorsa, il nostro Tesoro ricorre al mercato per ulteriori 300 miliardi rispetto a quelli previsti.

E a proposito di quello che è stato fatto, io vi invito a leggere la Tabella 5. Ora c'è stata una discussione davvero un po' surreale - e lo dico con rispetto di tutte le posizioni - su un emendamento che interveniva sulla dotazione dei comuni per 7 milioni. Segnalo, sempre i numeri dell'assestamento, che le amministrazioni locali per le esigenze riconosciute, non per una qualche generosità astratta ma per le esigenze riconosciute, quest'anno, ad oggi quindi, senza contare le ulteriori allocazioni che verranno determinate dal decreto in arrivo, hanno ricevuto 16 miliardi in più, soltanto i comuni oltre 10 miliardi in più: questo è l'ordine di grandezza.

A proposito dell'attività dell'INPS (per carità, vi sono, li incontro anch'io, uomini e donne in condizioni di grave difficoltà che non hanno ancora ricevuto nulla), i numeri ci dicono che l'INPS ha avuto - e parlo in termini di cassa e non in termini di competenza - 34 miliardi di risorse in più, che ha utilizzato per finanziare casse integrazioni, per finanziare il fondo di integrazione salariale, per finanziare i bonus per le partite IVA, per finanziare il sostegno alle famiglie e quant'altro, ripeto, senza nessuna volontà apologetica, ma questo è l'ordine di grandezza; sono i numeri che l'assestamento ci consegna. Allora va tutto bene? È evidente che non va tutto bene. Abbiamo bisogno di riconoscere che la portata degli interventi indicati in quelle tabelle che ho appena richiamato, si confrontano con un quadro di economia reale che è molto pesante. Non la facciamo troppo facile, però. Il quadro è molto pesante in Italia, il quadro è molto pesante intorno a noi, purtroppo anche più pesante di quello che noi abbiamo registrato, ovviamente, per i Paesi, per gli Stati che sono toccati: i dati di Eurostat dell'altro ieri, per noi, guardando ai primi due trimestri dell'anno, segnano un meno 17.3 per cento, ma per la Spagna un meno 22, per la Francia un meno 19; quindi siamo di fronte davvero ad un evento che non ha precedenti, neanche rispetto alle guerre che non hanno prodotto in un tempo così contenuto effetti così profondi e, ahimè, in tanti casi duraturi.

Allora qual è il punto? Il punto è che, nonostante la dimensione di quel ricorso al mercato che ho ricordato prima - e mi avvio a concludere, Presidente - abbiamo bisogno di fare di più. Temo che neanche lo scostamento ultimo che abbiamo votato sia sufficiente ad arginare una sofferenza economica e sociale e a promuovere quella ricostruzione necessaria al Paese. E allora dobbiamo, sulla base dei dati che vediamo riportati nel bilancio assestato, sostenere un intervento più deciso della Banca centrale europea. Ho ricordato la settimana scorsa, nell'intervento sullo scostamento, che la BCE ovviamente va sul mercato, acquista, ma, in relazione a quello che fanno altre banche centrali, ad esempio la Federal Reserve, siamo molto, molto al di sotto, siamo a meno della metà degli acquisti da parte della BCE rispetto alla Federal Reserve: 1.500 miliardi di euro dalla Federal Reserve e poco più di 400 miliardi di euro dalla Banca centrale europea. Questo è importante, perché soltanto da lì… e non ci sono misure alternative, abbiamo posizioni diverse in quest'Aula sul MES, non è questa la sede per discuterne, ma invito a riflettere sul fatto che i dati dell'assestamento - che ancora non contengono i dati dello scostamento, i 25 miliardi dello scostamento ultimo - ci dicono di 600 miliardi di acquisti necessari sul mercato quest'anno, a fronte di 36 miliardi del Meccanismo europeo di stabilità.

PRESIDENTE. Concluda.

STEFANO FASSINA (LEU). Allora chiudo, Presidente. Il punto qual è? Il punto è che dobbiamo concentrare la nostra, e non solo nostra, ma quella dei Paesi che con noi, in questi mesi di faticoso lavoro, hanno condiviso una posizione che poi ha portato a qualche risultato sul Recovery Fund

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fassina, è al dodicesimo minuto…

STEFANO FASSINA (LEU). …di concentrare l'attenzione sulla Banca centrale europea, affinché si possano avere le risorse utili a determinare una svolta (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (IV). Grazie, Presidente. Dicevamo nell'intervento sul bilancio consuntivo che, in occasione del bilancio consuntivo e dell'assestamento, assistiamo ad una sorta di passaggio del testimone, di staffetta, in cui gli effetti derivanti dal bilancio precedente in termini di residui e gli effetti delle nuove esigenze sopravvenute nel corso dell'anno vanno ad individuare quei necessari ritocchi, l'assestamento appunto del bilancio di previsione. Ebbene, non sfugge a nessuno che, soprattutto per quanto attiene alle esigenze sopravvenute, siamo di fronte non a dei ritocchi in questa circostanza, bensì a un vero e proprio stravolgimento di quello che era il nostro bilancio di previsione. Sappiamo che la fotografia che oggi ci viene mostrata dall'assestamento è uno scatto fatto al 31 maggio 2020, scatto che però ha potuto registrare importanti provvedimenti che questo Parlamento e il Governo, in questi primi cinque mesi, hanno adottato. Per quanto riguarda le entrate, la revisione delle stime del gettito, a seguito dello shock sull'economia dei primi due trimestri, sarà di notevole entità, come per quanto riguarda le esigenze sopravvenute: ho già ricordato, siamo di fronte a un vero e proprio stravolgimento del bilancio precedente. In termini di cifre, registriamo un peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali della legge di bilancio, che si attesta intorno ai 300 miliardi di fronte ad una previsione iniziale di meno 78 miliardi. Quindi, questo peggioramento di oltre 224 miliardi del saldo netto da finanziare, rispetto alle previsioni, va ad individuare sostanzialmente, oltre a 52,5 miliardi di variazioni proposte in questo disegno di legge, un aumento della spesa per 179 miliardi; questo aumento sostanzialmente si configura a seguito degli atti amministrativi derivati dai nostri decreti trasformati in legge.

Ebbene, Presidente, avendo ascoltato il dibattito in discussione generale, che ha riservato al tema dell'immigrazione così tanta rilevanza, ho ritenuto in questi minuti opportuno andare a recuperare, dalle voci di questo assestamento che stiamo approvando, proprio alcune macro descrizioni di come abbiamo indirizzato la spesa che stiamo registrando in questo assestamento: ebbene, troviamo 67 miliardi di incremento di spesa corrente e circa 112 miliardi di incremento di spesa in conto capitale; tuttavia, è di sicuro interesse notare come i 67 miliardi di incremento della spesa corrente sono determinati sostanzialmente: da trasferimenti correnti alle amministrazioni pubbliche per ben 51 miliardi di questi 67, da trasferimenti alle imprese per 11,2 miliardi e trasferimenti alle famiglie per 4,3 miliardi. E quindi non si trova traccia, se si esaminano i numeri, se si esamina la realtà, di questa enfasi portata nel dibattito precedente (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

Ma in particolare, per quanto riguarda i trasferimenti agli enti pubblici, abbiamo: agli enti di previdenza maggiori, 35,4 miliardi, naturalmente per la copertura degli oneri relativi alla cassa integrazione, questo per 18 miliardi; indennità una tantum per i lavoratori diretti a fronteggiare l'emergenza da COVID-19, 7,2 miliardi; indennità per congedo parentale e bonus per l'acquisto dei servizi di baby-sitting: 2 miliardi; reddito di ultima istanza, 1,5 miliardi; anche alle regioni, ovviamente, naturalmente, giustamente, sono stati destinati questi 9,6 miliardi per i trasferimenti, per il minor gettito dell'IRAP, per il Fondo sanitario nazionale 1,9 miliardi e anche gli enti locali che venivano ricordati dal collega Sisto, ovviamente, hanno ricevuto - non sarà mai abbastanza - 4,5 miliardi per l'assegnazione di risorse al Fondo per l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali, 3,5 miliardi per il reintegro del Fondo di solidarietà comunale a seguito dell'emergenza alimentare e, non ultimo, imprese e famiglie - lo ricordiamo solo per macrovoci -, il contributo destinato ai soggetti esercenti di attività di impresa, lavoratori autonomi e titolari di partite IVA (6,2 miliardi), i crediti di imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso abitativo e affitto d'azienda (1,8 miliardi). Per le famiglie abbiamo aumentato il bonus di 80 euro, è stato istituito il tax credit sulle vacanze, con effetti che stiamo riscontrando positivi in questi giorni, pari a 1,7 miliardi; il premio lavoratori dipendenti rapportato al numero di giorni trascorsi in azienda per oltre 880 milioni.

Ecco, allora capisco che, di fronte a questi numeri, a questa redistribuzione, qualcuno abbia avuto voglia, anche in questo dibattito, di dirottare l'attenzione verso il tema dell'immigrazione. Mi auguro, però, che non sia il segnale che queste forze politiche vogliano sottrarsi, per il futuro, al prezioso e serio dibattito sul sostegno all'economia di questo Paese e al miglioramento del suo sistema sanitario, a cui, fin qui, anche le opposizioni hanno fornito un proprio contributo.

Per chiudere questo elenco di cifre, se consideriamo la missione debito pubblico, che in questo assestamento vede un aumento di poco più di 25 miliardi, la spesa complessiva del bilancio dello Stato si assesta 1.104,9 miliardi, con un incremento di 207 miliardi rispetto alle previsioni di bilancio. Questo peggioramento - perché di peggioramento si tratta - lo abbiamo voluto nella consapevolezza che, mai come in queste occasioni, il nuovo debito che sostiene parte di questa spesa aggiuntiva, che, ricordiamolo, grava sempre sulle generazioni future e, quindi, rappresenta un problema che ci dobbiamo porre, consente, però, al nostro sistema di mantenere in essere proprio quelle strutture che alle presenti e future generazioni risultano e risulteranno indispensabili.

Rimane molto da fare, questo riepilogo non esaurisce certo le emergenze, ma, anzi, mette in evidenza le lacune, che sono sempre ampie, le abbiamo di fronte nell'economia reale, dei nostri interventi, e già lo scostamento votato, che prepara i lavori del decreto di agosto, indica che ancora molto c'è da fare; oppure oggi, proprio questa mattina, la Commissione bilancio ha traguardato la roadmap per giungere a istituire adeguatamente il processo di formazione del Recovery Plan. Il punto è, cari colleghi, proprio questo: potremmo discutere, e a suo tempo lo faremo, circa l'adeguatezza delle dimensioni eccezionali ed inedite di intervento compiute sul bilancio pubblico e di cui in questo assestamento riepiloghiamo l'effetto dei primi cinque mesi; potremmo discutere, e lo faremo, circa l'efficacia con cui questi denari si sono trasferiti ai soggetti di cui sopra abbiamo ricordato l'elenco, ma un fatto rimane chiaro e incontrovertibile: oggi ci tremerebbero i polsi nell'esaminare queste cifre, se non potessimo farlo con la relativa tranquillità che ci sta offrendo l'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva) in termini di sostenibilità sui mercati di questi enormi sforzi finanziari della pubblica amministrazione e in termini di sostenibilità futura delle spese necessarie, specie di investimento, che ancora dovremo affrontare e, tra queste spese, non potremo né dovremo dimenticare gli investimenti sul Sistema sanitario nazionale. È chiaro che non potremo fare a meno di questo ulteriore sforzo, per le future generazioni e per la salute e la sicurezza dei nostri concittadini, già a partire dal prossimo autunno. Tutto questo parla già dai prossimi interventi, per oggi accontentiamoci, si fa per dire, di approvare i riflessi sul bilancio di quanto di importante è stato fatto dal Parlamento in questi mesi. Per questo motivo, ribadisco, quindi, il voto favorevole di Italia Viva all'assestamento di bilancio 2020 (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Osnato. Ne ha facoltà.

MARCO OSNATO (FDI). Grazie, Presidente. Lei è un uomo di esperienza parlamentare, ma, ancora di più, di enti locali e sa meglio di me che c'è quasi niente di meno stimolante politicamente di un assestamento di bilancio, che è un argomento prettamente tecnico, però non sfuggirà a nessuno che, anche in questa scarsa verve dialettica, possiamo trarre alcuni spunti che, sicuramente, aiutano a creare un dibattito politico più propositivo e più analitico. Ed è evidente che, anche in questo assestamento di bilancio, troviamo degli elementi che sicuramente contraddistinguono negativamente l'operato di questo Governo: lo diciamo innanzitutto su alcune macro-poste di bilancio che sono state ideate male politicamente e, poi, gestite ancora peggio dal punto di vista della gestione stessa dei conti. Mi riferisco principalmente al reddito di cittadinanza, un provvedimento che noi abbiamo contestato in termini assoluti e che mi sembra, poi, si sia rivelato anche un fallimento dal punto di vista della distribuzione dello stesso nella popolazione: lo dice non tanto Marco Osnato, non tanto Fratelli d'Italia; lo dice, in primis, la Corte dei conti. E la cosa ancora più sconvolgente - sentivo prima qualcuno che citava il noto brocardo che perseverare è diabolico - che , invece, di utilizzare in attività più opportune e più appropriate questi avanzi derivanti, appunto, dagli appostamenti sul reddito di cittadinanza, si è ritenuto di lasciare lì delle risorse che, soprattutto in questo momento, agli italiani, alle nostre aziende, alle nostre famiglie, alla nostra nazione avrebbero sicuramente fatto bene e sarebbero state molto utili. Lo dico perché così abbiamo visto, anche in ambiti di applicazione sulla giustizia, sull'istruzione, realtà che da sempre hanno problemi endemici di carenza di risorse, che, anche quando nelle pieghe del bilancio si trovano, non vengono applicate e lasciano questi settori strategici della nostra nazione senza la possibilità di essere spese.

E, quindi, avremmo ritenuto, che a fronte di questa carenza gestionale, di questa incapacità di spesa, di questa incapacità pianificatoria del Governo e della maggioranza che lo sostiene, si venisse qui a discutere di una prospettiva un po' più ampia, di una volontà veramente di capire, anche a fronte dell'emergenza che tutti stiamo vivendo, quale poteva essere, ripeto, una prospettiva di risalita della nostra nazione, quale poteva essere il cammino che l'Italia poteva intraprendere, tutti insieme. Avremmo voluto capire cosa si poteva fare per ridurre la pressione fiscale, quali erano gli obiettivi sul debito pubblico, quali erano le modalità del grande sforzo che tutti insieme, maggioranza e opposizione, stiamo facendo anche sugli scostamenti di bilancio, quali fossero, per esempio, anche i risultati di una riforma, se vogliamo parziale, ma importante, tipo quella di “quota 100”, che doveva servire anche a rinnovare la platea degli operatori della pubblica amministrazione, se si è dato via a questo rinnovamento anche generazionale nella pubblica amministrazione. Così non mi pare e non mi pare neanche che si intenda dagli interventi che ho sentito, un po' troppo ottimistici: sembra che, con questo assestamento, abbiamo risolto i problemi di tutti gli enti locali in Italia. Io ho alcuni colleghi - vedo qui la collega Ciaburro, c'è il collega De Carlo ancora con noi, che sono sindaci di comuni importanti - che potrebbero testimoniare assolutamente il contrario: che i comuni e gli enti locali non hanno mai sofferto tanto come in questa stagione. E, quindi, questi interventi, ripeto, un po' ottimistici, un po' utilizzando le pieghe di alcune tabelle, di alcune statistiche, fanno apparire questo come il Governo che ha risolto tanti problemi, invece, evidentemente, così non è, è la conferma di un Governo assolutamente centralista e burocratico, che dimentica proprio i territori.

Abbiamo sentito ancora, per l'ennesima volta, in primis, dal Ministro Gualtieri parlare di riforma fiscale, ma ancora non abbiamo capito qual è la riforma fiscale. Il centrodestra, Fratelli d'Italia ce l'ha bene in mente qual è la riforma fiscale: parte da un concetto importante che è quello della flat tax e, soprattutto, partire da oggi con la flat tax incrementale che finalmente in Commissione riusciremo a discutere e che è un nostro antico cavallo di battaglia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Abbiamo sentito parlare o straparlare, è il caso di dire, Presidente, di riduzione dell'IVA, abbiamo addirittura il Premier che ne ha parlato, poi si è eclissato e ha deciso di parlare di immigrati, si eclisserà anche sul tema degli immigrati, domani? Non so, forse parlerà di calcio, non so, evidentemente, perché questo Governo non è in grado di portare dei provvedimenti chiari, scritti su carta e farli analizzare al Parlamento, come la logica, e soprattutto la Costituzione, chiedono.

Lo dico perché abbiamo vissuto - e abbiamo avuto modo di parlarne qualche giorno fa - anche il rinnovo delle Commissioni che sono il centro del dibattito parlamentare, sono il fulcro del lavoro vero del parlamentare; avremmo voluto, appunto, magari, una condivisione maggiore anche delle scelte su queste Commissioni, ma così non è potuto essere, anche per le Commissioni che riguardano principalmente i temi finanziari ed economici: la Commissione bilancio è stata oggetto di un assalto, possiamo proprio dire così, da parte della maggioranza, non parliamo della Commissione di cui anch'io faccio parte, la Commissione finanze, che è stata ostaggio delle beghe partitocratiche della maggioranza, finché non si è eletto a novello figliol prodigo dei partiti della maggioranza il prode Marattin; addirittura, è stato sacrificato, è proprio il caso di dirlo evangelicamente, il Vitiello grasso, absit iniuria verbis, perché Vitiello ha una linea smagliante, però, scusate, la citazione mi piaceva troppo, mi perdonerà anche l'evangelista Luca (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

E quindi, Presidente, spero che queste presidenze vogliano contraddistinguersi per una nuova voglia di portare alla discussione provvedimenti, non eseguire diktat del Governo o, peggio ancora, di alcuni commissari del popolo della maggioranza. Noi abbiamo l'auspicio che, con quello che è stato il grande sforzo che anche l'opposizione ha fatto, consegnando a questo Governo, ma più che altro alla nazione, la possibilità di uno scostamento di bilancio di circa 100 miliardi di euro, oggi, si vogliano condividere finalmente le scelte, non per accontentare richieste strumentali di qualcuno, che sia di maggioranza o di opposizione, ma per far sì che l'Italia possa ripartire davvero. Ieri, abbiamo vissuto un momento di cui tutti siamo stati orgogliosi: l'inaugurazione del ponte di Genova, e dobbiamo esserne orgogliosi, perché finalmente abbiamo dimostrato che quando siamo nelle condizioni possiamo farle veramente le cose, che siano opere pubbliche, infrastrutture o quant'altro; evidentemente, l'amaro in bocca rimane perché per fare quell'opera abbiamo dovuto derogare a tutte le leggi e i regolamenti che ancora burocraticamente opprimono il nostro Paese e la nostra nazione. Ebbene, facciamo sì che da domani tutto quello che abbiamo detto e vissuto nel pomeriggio ligure di Genova sia il faro ispiratore del modo di amministrare e di governare questo Paese e lasciamo perdere ancora, per una volta tanto, tutte le incrostazioni partitocratiche che abbiamo vissuto nella bruttissima nottata delle Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mancini. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MANCINI (PD). Presidente, colleghe, colleghi, esponenti del Governo, l'esame del Rendiconto dello Stato 2019 e dell'assestamento di bilancio 2020 quest'anno si è svolto in uno scenario economico e sociale che non ha precedenti nella nostra storia repubblicana. Questo passaggio aveva assunto negli anni scorsi l'aspetto di un passaggio rituale per addetti ai lavori, a causa anche del suo elevato tecnicismo, sebbene si tratti di due provvedimenti particolarmente significativi nell'ambito del ciclo di bilancio. Il Rendiconto generale dello Stato appena approvato è lo strumento, infatti, attraverso il quale il Governo, alla chiusura dell'anno finanziario, rende noti al Parlamento, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, i risultati della gestione finanziaria. Viene consentito, in tal modo, il passaggio dalla precedente legge di bilancio al futuro bilancio previsionale.

Il Rendiconto pertanto, nel certificare la gestione dell'anno precedente, ha costituito la necessaria base contabile sulla quale si adeguano le autorizzazioni di cassa dell'anno in corso, quindi, l'assestamento e, al tempo stesso, si costituiscono le previsioni per l'anno successivo, ovvero per la legge di bilancio del 2021. L'assestamento di bilancio che approviamo ora consente, invece, l'aggiornamento a metà dell'esercizio degli stanziamenti del bilancio, anche in base alla consistenza dei residui attivi e passivi accertati in sede di Rendiconto dell'anno precedente. Conseguentemente, il disegno di legge di assestamento si connette funzionalmente con il Rendiconto del bilancio relativo all'esercizio precedente.

L'entità dei residui attivi e passivi esistenti all'inizio dell'esercizio finanziario che al momento dell'elaborazione e approvazione del bilancio di previsione è stimabile solo in maniera approssimativa viene, infatti, definita in assestamento sulla base delle risultanze del Rendiconto. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2021 che il Governo presenterà nel prossimo mese di ottobre, dunque, assumerà come base di riferimento per la valutazione i risultati definiti nel Rendiconto 2019 e nell'assestamento 2020. È del tutto evidente, pertanto, come il Rendiconto 2019, l'assestamento 2020 e la prossima legge di bilancio 2021 siano strettamente connessi tra loro, un legame che, al di là delle fredde cifre contabili, ha in realtà un valore altamente politico, perché altamente politico è il valore del voto sul bilancio dello Stato, non solo per il rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra Governo e Parlamento, ma forse ancora più importante perché è l'espressione della fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni. Infatti, con l'approvazione della legge di bilancio si concentrano le fondamentali scelte di indirizzo, si decide della contribuzione dei cittadini alle entrate dello Stato e dell'allocazione delle risorse pubbliche.

Il dibattito sull'assestamento e sul Rendiconto ha, quindi, fornito un quadro significativo dell'andamento dei nostri conti pubblici e di come questi abbiano risentito in maniera pesante della pandemia da COVID-19 che ha travolto il mondo intero e che, ancora adesso, grava minacciosamente al nostro orizzonte. I dati a consuntivo del 2019 facevano sperare in un futuro più roseo per le nostre finanze; certamente, malgrado lo shock provocato alla nostra economia dall'epidemia, questi dati ci consentono ancora oggi di poter affermare che la finanza pubblica italiana è pienamente sostenibile. Il Governo, come ha giustamente rivendicato con orgoglio il Ministro Gualtieri in quest'Aula, a marzo, sin dal suo insediamento, ha avuto come obiettivo prioritario l'incentivazione dell'adempimento spontaneo degli obblighi tributari, attraverso la piena attuazione di misure quali la fatturazione elettronica. A questo risultato ha contribuito anche, è evidente, l'efficace controllo della spesa delle pubbliche amministrazioni.

Permettetemi anche di ricordare in questa sede il risultato positivo della spesa per investimenti che, anche per effetto degli interventi di sblocco adottati nei primi mesi dell'azione di Governo, è tornata a crescere dopo quattro anni, segnando un aumento di quasi 3 miliardi rispetto al 2018. Il saldo primario, uno dei nostri fondamentali di cui siamo più orgogliosi in Europa, è risultato positivo e pari all'1,7 per cento del PIL, parliamo di 31 miliardi, con una crescita di 0,2 punti percentuali rispetto al 2018, quand'era all'1,5 per cento. La spesa per interessi è stata pari al 3,4 per cento del PIL, con una diminuzione di 0,3 punti rispetto al 2018. Il saldo di parte corrente è stato positivo e pari a 27,8 miliardi a fronte dei 16 del 2018.

Nel merito del disegno di legge di assestamento che, ricordiamo, ha la funzione di consentire a metà esercizio un aggiornamento degli stanziamenti di bilancio, non possiamo non partire dallo shock che ci ha investito e ha completamente ribaltato lo scenario che iniziava a delinearsi all'inizio del 2020.

I dati relativi ai primi mesi dell'anno mostravano infatti andamenti pienamente in linea con le migliori previsioni formulate dal Governo in autunno; il deficit era al di sotto delle aspettative, il profilo della crescita, che si era gradualmente indebolito alla fine del 2019, sulla base degli indicatori, faceva ritenere che l'economia si fosse stabilmente avviata sul sentiero di una moderata ripresa. Le stringenti misure di contenimento dell'epidemia, che ci siamo trovati a dover adottare per primi tra le nazioni europee, hanno avuto purtroppo un impatto senza precedenti sulla nostra economia. Di fronte a questo terremoto inaspettato e potente, reso ancora più forte dal fatto, che, in modo simmetrico, sono state colpite le economie di tutti i Paesi del mondo e dei nostri partner europei, il Governo, con il sostegno del Parlamento, ha risposto con interventi tempestivi e di una portata senza precedenti.

Le variazioni di bilancio, che oggi approviamo nella proposta di disegno di legge di assestamento, recepiscono, oltre alle modifiche apportate con atti amministrativi, gli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi emanati successivamente all'approvazione della legge di bilancio, ma in modo particolare alle misure straordinarie adottate per contrastare le ricadute negative dell'epidemia sulla nostra economia: il decreto-legge n. 18 (cosiddetto Cura Italia), il decreto-legge n. 23 (“decreto Liquidità”) e il decreto-legge n. 34 (“decreto Rilancio”).

Gli effetti sulla nostra finanza pubblica, come fa presente la relazione al disegno di legge, sono pesanti con un peggioramento del saldo netto da finanziare, rispetto alle previsioni iniziali della legge di bilancio. Per fronteggiare l'emergenza epidemiologica, il Parlamento ha autorizzato il ricorso all'indebitamento. Si registra nel complesso un incremento delle spese finali per oltre 179 miliardi di euro, in parte compensato da un incremento delle entrate per circa 8 miliardi, e una riduzione delle entrate finali per 50 miliardi di euro, di cui 39 relative alle entrate tributarie. È interamente determinato, per 39 miliardi di calo delle entrate tributarie, il consistente deterioramento delle previsioni macroeconomiche già illustrate nel Documento di economia e finanza 2020.

Anche gli altri saldi, come ha evidenziato il dibattito, hanno un andamento negativo, dal risparmio pubblico ai dati relativi al ricorso al mercato. Il disegno di legge di assestamento che votiamo registra, anche in termini di cassa, un complessivo peggioramento dei saldi. Però, le risorse autorizzate fino ad oggi dal Parlamento, i provvedimenti presi e quelli in via di adozione in queste settimane hanno consentito fin qui di contenere, per quanto possibile, gli effetti negativi sull'economia generati dalla pandemia e le ricadute pesanti sulle famiglie e sulle imprese. L'impatto economico è stato considerevole e gli interventi per dimensione e portata non hanno precedenti. Noi capiamo tutte le critiche, che sono legittime, ma è difficile sostenere che Governo e Parlamento non abbiano tentato, con tutti gli strumenti a disposizione, di limitare i danni.

La Banca d'Italia ha rilevato - vado a concludere, Presidente - che, in assenza degli interventi adottati, la contrazione del PIL sarebbe stata superiore di oltre 2 punti percentuali.

Da una simulazione diffusa dalla BCE nel suo bollettino economico emerge che in Italia, senza gli interventi a sostegno dei lavoratori, la disoccupazione sarebbe balzata al 25 per cento. Sappiamo che resta molto da fare. Nel Programma nazionale di riforma, approvato dal Parlamento la scorsa settimana, sono delineate le politiche che intendiamo adottare nel triennio 2021-2023. Tutto questo, naturalmente, va poi collocato nell'ambito delle misure eccezionali di risposta alla pandemia che sono state adottate a livello europeo.

Votiamo un assestamento, che è un passaggio politico propedeutico alla prossima legge di bilancio. La legge di bilancio sarà affiancata dal programma di spesa dei fondi stanziati in Europa. Le straordinarie risorse ottenute in Europa sono un grande successo per l'Italia a cui noi, come Partito Democratico, siamo orgogliosi di aver contribuito, grazie al lavoro del commissario Gentiloni, dei ministri Amendola e Gualtieri e del Presidente Sassoli.

Anche per questo dichiariamo il nostro voto favorevole al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pella. Ne ha facoltà.

ROBERTO PELLA (FI). Signor Presidente, onorevole Rosato, onorevoli colleghi, sottosegretario Villarosa, la dichiarazione di voto che mi accingo a svolgere riguarderà le disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020, che, come già evidenziato durante il dibattito in discussione generale, impattano su di un contesto del tutto eccezionale per la storia della nostra Repubblica, senza precedenti, che ha seguito la diffusione della pandemia mondiale, determinata dal Coronavirus, e l'emergenza sanitaria; di conseguenza, il lockdown, che ha interessato larghissima parte del mondo produttivo, imprese e famiglie, con il successivo crollo del prodotto interno lordo, della produttività, della fiducia e la messa a rischio della tenuta dell'assetto amministrativo e della coesione del Paese, che tutti conosciamo, un periodo storico di scelte difficili e di utilizzo immane di risorse pubbliche, spesso sprecate o disperse, distribuite senza la strategia, il piano d'azione, che un tale shock simmetrico globale avrebbe richiesto. Un momento delicatissimo, in cui Forza Italia, per il bene del Paese e delle migliaia di famiglie, imprenditori, professionisti e lavoratori colpiti violentemente dalla pandemia, persone che per mesi non hanno visto neanche un euro nelle loro tasche, nonostante la crisi di portata mondiale, ha assunto sin dal principio una posizione responsabile, come è nel suo stile d'altronde: un atteggiamento serio, responsabile e costruttivo per migliorare il contenuto dei provvedimenti e proporre idee e contenuti anche in sede europea, con il presidente Silvio Berlusconi e con il vicepresidente Antonio Tajani.

Purtroppo, però, questo Governo, che ci auguriamo analizzi e si renda conto di ciò che è accaduto, ha compiuto, nella fretta spasmodica di rincorrere decreti, ordinanze e conferenze stampa, molti errori gravi, se non fatali, che di fatto - e lo vediamo ancora oggi con il disegno di legge di assestamento - hanno bloccato la possibilità di sprigionare per tempo quegli effetti anticiclici, che tutti speravamo per la tenuta economica del nostro Paese e la sua ripartenza.

Lo vediamo anche ora. Ripeto: stiamo votando il disegno di legge di assestamento 2020, un provvedimento cruciale nell'ambito del ciclo di bilancio, un provvedimento che ci dice se siamo a posto o meno e come affronteremo la prossima legge di bilancio, una legge che sarà discussa nel pieno dell'attivazione del Recovery plan, su cui ancora si brancola nel buio, senza aver coinvolto minimamente il Parlamento. Così come accade per il disegno di legge di assestamento, dove il gruppo Forza Italia ha presentato un gruppo, peraltro limitato, di proposte, che l'Esecutivo ha bellamente ignorato. Con tutti i nostri colleghi della Commissione, siamo intervenuti sul tema dell'ambiente e dei trasporti, chiedendo un incremento di risorse per lo sviluppo sostenibile, la tutela del territorio e del mare, il diritto alla mobilità e sistemi di trasporto, con particolare riferimento allo sviluppo e alla sicurezza del trasporto ferroviario, dove le tabelle espongono una variazione in diminuzione di ben 100 milioni di euro. E cosa avete fatto voi? Ci avete ignorato, purtroppo.

Abbiamo proposto maggiori risorse per la sicurezza e l'ordine pubblico, per le forze dell'ordine, impegnate nell'attività di contrasto al crimine, che garantiscono la sicurezza del territorio e che supportano gli enti locali in tutta una serie di attività quotidiane, complementari al riassetto dei nostri territori. E pure su questo ci avete ignorato.

Sui temi della sanità abbiamo puntato, anche alla luce del dramma del Coronavirus che abbiamo vissuto, su alcune proposte per potenziare la rete territoriale di cura, assistenza e salute, nonché l'edilizia sanitaria, con la speranza che le risorse finalizzate dal MES arrivino quanto prima alle regioni e agli enti locali. Risorse su cui il Governo non ha chiarito in modo puntuale cosa intende fare, pur essendoci 36 miliardi immediatamente disponibili, che ci servono per ridisegnare e modernizzare finalmente il Sistema sanitario nazionale, in termini di strutture edilizie, dotazioni tecnologiche, infrastrutture digitali, fare prevenzione, assistenza territoriale e sanità ospedaliera, con soluzioni capaci di assicurare la continuità ospedale-territorio. Ci avete ignorato anche su questo, come pure nel dare maggiori risorse per la ricerca e la sanità pubblica.

Veniamo poi al tema della giustizia. Con l'onorevole Bartolozzi siamo stati gli unici a segnalare che i soldi per assumere personale e per contribuire a far funzionare, in modo decente, il nostro sistema giudiziario - i cui ritardi e inefficienze sono noti a tutti e rappresentano uno dei motivi principali per cui le imprese non investono in Italia - erano spariti.

Non a caso, in Commissione giustizia, Forza Italia ha ottenuto l'approvazione di un emendamento finalizzato a reintegrare lo stanziamento di ben 73 milioni per il sistema giustizia, poi però respinto in Commissione bilancio per supposti problemi di copertura, pur trattandosi di una proposta emendativa pienamente ammessa, su cui il Governo in ogni caso ha dovuto ammettere che, soprattutto nel merito, Forza Italia ha ragione, visto che si toglievano ben 37 milioni di euro per assumere personale civile e 36 milioni per assumere personale di magistratura (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Per non parlare, poi, degli innumerevoli interventi che si sarebbero dovute assumere con questo provvedimento per incrementare le risorse per l'edilizia, non solo ospedaliera ma anche carceraria, di cui tanto si è parlato in tempo di COVID. E, per finire, il Fondo per le vittime dell'usura e della mafia, per cui va fatta una menzione a parte, visto che dopo il lockdown molte aziende in crisi di liquidità, come evidenziato recentemente dalla CGIA Mestre, tendono a mettersi in contatto con organizzazioni criminali e rischiano molto più delle altre di scivolare tra le braccia degli usurai. Prestiamo attenzione, onorevoli colleghi, a queste cose, soprattutto quando sono segnalate dall'opposizione: diversamente, come possiamo pensare di affrontare la prossima sessione di bilancio? Lo scenario che ci attende non è fra quelli più confortanti, perché il prossimo autunno si entrerà nel vivo tra molteplici nodi politici e tecnici ancora da sciogliere, rispetto ai quali non siamo affatto preparati e su cui la maggioranza stessa è divisa.

Manca pochissimo tempo: a breve il Governo dovrà presentare la Nota di aggiornamento al DEF, il nuovo PNR, il Recovery Plan, e ancora non si è deciso in che modo il Parlamento potrà essere coinvolto nella gestione di miliardi di risorse pubbliche a debito e a fondo perduto. Il collega, professor Brunetta, aveva infatti proposto più volte di elaborare il piano d'azione per il Paese e di anticipare la discussione e l'approvazione della legge di bilancio. Nessun ascolto, tutto questo purtroppo è sconcertante. A fianco del Recovery Plan arriverà la decisione sul MES, di cui, come ho già detto, ancora non si sa nulla, mentre sui tavoli rimangono ancora aperti i dossier autostrade - è ancora da stabilire il processo di cessione delle quote di Aspi da parte di Atlantia dei Benetton -, Alitalia e Ilva, nonché il dibattito sul reddito di cittadinanza, quello sulla riforma fiscale e chi ne ha più ne metta. Di certo non si capisce quale sia il vostro programma politico all'orizzonte, perché su tutto manca una linea, a partire dalla questione dell'immigrazione, che ciclicamente torna al centro delle vostre discussioni e anche oggi in sede di dibattito di emendamenti.

Vado a concludere, Presidente Rosato. Ora aspettiamo l'autunno e vedremo, rispetto alle promesse che avete fatto in questi mesi, la coerenza dei vostri annunci, il reale grado di coinvolgimento del Parlamento, che è il luogo ove la legislazione si crea e non dove la si comunica, e quali riforme e quali interventi saranno messi in campo per far ripartire il Paese, riformare il fisco, ridurre le tasse e dare finalmente slancio agli investimenti, sia pubblici, sia privati. Una cosa per noi è certa, comunque: se pensate di non cogliere adeguatamente l'opportunità del Recovery Plan, persistendo nel disperdere in mille rivoli a pioggia i soldi pubblici tra monopattini, banchi con le ruote e altri impegni fini a se stessi, senza dare speranza e fiducia al Paese, troverete senza alcun dubbio la decisa opposizione di Forza Italia. Per questo motivo annuncio il voto contrario di Forza Italia al disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020 (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Faro. Ne ha facoltà.

MARIALUISA FARO (M5S). Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi e colleghe, i due provvedimenti oggi in esame, il Rendiconto generale dello Stato e l'assestamento di bilancio, danno un'indicazione di quale sia lo stato di salute della finanza pubblica. Al contrario di quanto vorrebbe una certa propaganda, il Rendiconto dell'anno 2019 evidenzia dei saldi di finanza pubblica in netto miglioramento rispetto agli anni precedenti e una dinamica complessiva assai virtuosa. Il saldo corrente italiano che misura la differenza tra spese ed entrate correnti al netto degli investimenti registra, infatti, un valore positivo pari a 27,8 miliardi di euro nel 2019, in aumento di 10 miliardi rispetto ai due anni precedenti.

Una costante che vede il nostro come uno dei Paesi più disciplinati a livello europeo: questa è la verità che ci dicono i numeri e questi sono i dati che il Rendiconto ha il merito di rendere pubblici e che la politica avrebbe il dovere di diffondere il più possibile. La narrazione di un'Italia spendacciona, con la finanza pubblica fuori controllo, semplicemente non corrisponde ai numeri scritti nero su bianco su questi documenti. Certo, nel complesso l'Italia ha un indebitamento netto di 29 miliardi di euro, ma questo dipende dalla spesa per interessi sul debito pubblico accumulati negli ultimi decenni, non ad una spesa sociale fuori scala o a un eccesso di investimenti, come noto. Lo stesso indebitamento netto o il deficit, per essere chiari, è in forte e costante riduzione rispetto ai 42 miliardi del 2017 e si ferma all'1,6 per cento del PIL, il valore più basso dal 2007. Nonostante questi numeri confortanti, che rendono giustizia allo sforzo fiscale attuato dal Paese, il rapporto debito/PIL rimane molto elevato anche nel 2019, senza mostrare segnali di riduzione strutturale. Il motivo, come detto, sta nella spesa per interessi, ma non solo: la ragione principale è la bassa crescita economica, laddove il 2019 non ha fatto eccezione. Infatti, il più 0,3 per cento è dovuto in parte alle tensioni internazionali, a tutti ben note, soprattutto di natura commerciale. In questo quadro, per non vanificare gli sforzi sostenuti da cittadini, famiglie ed imprese, rilanciare la crescita diventa un impegno imprescindibile, e per farlo è necessario dare fiato agli investimenti pubblici, già cresciuti a 61 miliardi dai 58,9 del 2018, ma che dobbiamo accrescere ulteriormente anche grazie ai fondi europei del Recovery Fund. L'Italia, in sintesi, presenta una finanza pubblica pienamente sotto controllo, rimanendo anche nel 2019 su un sentiero di riduzione del deficit complessivo a fronte di un persistente avanzo primario e di un crescente risparmio pubblico.

L'ingrediente mancante, come al solito, è la crescita, ed in particolare la crescita degli investimenti pubblici troppo timida. Sarà questo il tasto principale da toccare nei prossimi anni con ancora maggiore decisione dopo la crisi da COVID e il deterioramento profondo delle nostre prospettive economiche di breve e medio periodo. Non illudiamoci, colleghi, di poter rispondere a questa seconda grande crisi nel giro di un decennio con il rigore di bilancio fine a se stesso; sarebbe la ricetta del disastro e, da questo punto di vista, il MoVimento 5 Stelle sarà il garante di una stagione diversa in Italia e in Europa. Per quanto riguarda l'assestamento 2020, mai come quest'anno si tratta di un passaggio così importante, dato che nei mesi che ci separano dall'inizio dell'emergenza COVID questa maggioranza è riuscita ad approvare tre decreti economici di vasta portata ed un quarto è già in cantiere, per un totale di 100 miliardi di euro di scostamento sul deficit. Uno sforzo necessario, che cambia radicalmente il quadro di finanza pubblica 2020 e che influisce in parte anche sugli anni successivi della programmazione finanziaria. Entrando brevemente nei particolari, il “decreto Cura Italia” ha comportato un aumento dell'indebitamento netto pari a 20 miliardi di euro, mentre il successivo “decreto Rilancio” è stato finanziato con uno scostamento di 55 miliardi. Il terzo scostamento, che consentirà di finanziare il cosiddetto “decreto Agosto”, ha messo a disposizione ulteriori 25 miliardi. Abbiamo attuato un intervento imponente per far fronte a un evento tragico che il nostro Paese non aveva mai affrontato in passato. Lo sforzo del popolo italiano è stato enorme ed efficace per fronteggiare una pandemia che ha messo a dura prova il sistema Paese. Questa maggioranza si è messa subito al lavoro, non ha mai fatto mancare il pieno sostegno e impegno per tutti i comparti produttivi e per tutelare tutti i lavoratori.

Non è stato facile, non sarà facile: non dobbiamo fermarci. L'orizzonte deve essere il 2021 e oltre, in un contesto europeo che finalmente sembra cambiare segno.

Mi riferisco in particolare alla sospensione del Patto di stabilità e crescita, all'intervento della Banca centrale europea, alla modifica temporanea della disciplina sugli aiuti di Stato; e naturalmente ai 209 miliardi del Recovery Fund, che avremo l'obbligo di sfruttare al meglio mettendo in opera progetti concreti finalizzati allo sviluppo del Paese. Siamo chiamati ad una grande prova, un'occasione storica dopo tante sofferenze: semplificare le norme, velocizzare i processi, riformare quello che non funziona e che nessuno in trent'anni ha provato anche solo ad intaccare, rappresentano priorità assolute per questo Governo e questa maggioranza. Dovrebbe essere ormai chiaro che la sostenibilità della finanza pubblica italiana, e non solo, è pensabile solo in un contesto europeo flessibile, libero dagli eccessi rigoristi del passato. Vogliamo aprire una riflessione all'interno dell'Unione europea, anche sul Patto di stabilità e crescita: andare oltre la temporanea sospensione rappresenterebbe un passo in avanti determinante per una visione di futuro che abbia nel cambiamento e nelle nuove generazioni dei punti cardine insormontabili. Per questi motivi, dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle all'assestamento di bilancio 2020 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2573)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2573: “Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020”.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 38).

Inversione dell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Presidente, intervengo per chiederle l'inversione dell'ordine dei lavori e l'anticipo del seguito dell'esame della legge per il contrasto all'omotransfobia. Mi risulta che su questa richiesta di inversione dell'ordine dei lavori vi sia l'accordo tra i gruppi, ma ovviamente non è mio compito, volevo solo informarla degli accordi informali.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, così si intende stabilito.

Rinvio del seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Boldrini e Speranza; Zan ed altri; Scalfarotto ed altri; Perantoni ed altri; Bartolozzi: Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere (A.C. 107-569-868-2171-2255-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 107-569-868-2171-2255-A: Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere.

Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori il presidente della Commissione Giustizia, deputato Mario Perantoni.

MARIO PERANTONI, Presidente della II Commissione. Presidente, rappresento che la V Commissione non ha potuto fornire il parere, e quindi il provvedimento non può essere utilmente esaminato dall'Aula, conseguentemente chiederei un rinvio per poter consentire alla Commissione Bilancio di esprimere il dovuto parere e mettere in condizioni tutti di lavorare nel modo migliore.

PRESIDENTE. Vi sono obiezioni al rinvio? Ha chiesto di parlare l'onorevole Turri. Ne ha facoltà.

ROBERTO TURRI (LEGA). Presidente, noi esprimiamo la nostra contrarietà al rinvio a settembre del provvedimento, anche perché le motivazioni che si nascondono dietro questa richiesta vanno spiegate. In realtà si chiede che il provvedimento slitti a settembre perché così a settembre il provvedimento sarebbe contingentato, e quindi le opposizioni avrebbero meno tempo per esaminarlo. Ma questo non è un caso, non è una fatalità, di fatto è una cosa che la maggioranza ha inseguito fin dall'inizio, perché già sapevamo che alla fine per il provvedimento sarebbe stata avanzata questa richiesta di rinvio a settembre; infatti, la Commissione ha fatto, direi, l'impossibile perché il provvedimento arrivasse in Aula questa settimana, prima della pausa estiva, per poterlo poi riprendere all'inizio di settembre. Devo dire la verità, ho detto “l'impossibile” perché sappiamo invece che questo provvedimento arriva in Aula con il parere contrario della I Commissione, perché la I Commissione aveva espresso due condizioni e la Commissione ha deciso così, appunto per non perdere ulteriore tempo, perché quello gli avrebbe impedito di arrivare in Aula ieri. E quindi quel parere della I Commissione, non essendo stato adeguato il testo alle condizioni, diventa un parere contrario. Noi siamo quindi contrari a questo rinvio. I tempi sono stati contingentati in Commissione: i tempi sono stati ridotti alle opposizioni, perché su questo provvedimento siamo intervenuti solo noi, la maggioranza non si è mai degnata in Commissione di intervenire per discutere, ricordo, su un provvedimento molto discusso e molto criticato, che arriva in Aula anche con pareri contrari della I Commissione, quindi con rilievi costituzionali. E in Commissione ci sono stati contingentati i tempi fino ad arrivare a due minuti per emendamento per gruppo. Votiamo, quindi, sicuramente in modo contrario a questa compressione dei nostri diritti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Il collega si è espresso contro: uno a favore e uno contro. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI (PD). Presidente, noi accogliamo la proposta che il presidente della Commissione Giustizia ha formulato poco fa, perché è una proposta assolutamente dovuta, visto che sono stati assegnati trenta giorni al Governo – e naturalmente non è necessario impiegarli tutti - dalla V Commissione per elaborare una risposta tecnica di congruità legata alle coperture che il provvedimento richiede, e che la V Commissione ha richiesto.

Noi abbiamo compiuto un lavoro importante in Commissione Giustizia, un lavoro anche per certi aspetti aspro nel dibattito, ma è stato alla fine un lavoro adeguato; e ieri c'è stata una discussione generale in quest'Aula assolutamente all'altezza dell'importanza di questo provvedimento, che nelle nostre intenzioni potrà certamente portare il nostro Paese ad essere a livelli di civiltà, di rispetto dei diritti e della dignità davvero europei. Nel dibattito ci auguriamo, quando sarà a settembre, che anche in quest'Aula si possa ripetere nell'esame degli emendamenti un confronto serio, per approvare la legge, non per bloccarla. Non dicendo neanche inesattezze come quelle che ho ascoltato adesso, perché le Commissioni che si sono espresse, a parte la Commissione Bilancio, hanno tutte dato, compresa la I Commissione (Affari costituzionali), parere favorevole sul provvedimento, magari sottolineando alcune Commissioni delle osservazioni, altre delle condizioni, che sono delle sottolineature politiche che meritano naturalmente attenzione. Evitando, quindi, atteggiamenti, toni e argomenti propagandistici; noi siamo per un confronto davvero serio, per condurre in porto una legge civile e importante. Noi siamo, quindi, favorevoli ad accogliere la proposta del presidente della Commissione Giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio ad altra seduta del seguito dell'esame del testo unificato delle proposte di legge recanti misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva per 86 voti di differenza.

Il seguito dell'esame del provvedimento, unitamente alle questioni pregiudiziali adesso presentate, si intende pertanto rinviato ad altra seduta, che sarà stabilita dalla Conferenza dei capigruppo.

L'esame degli ulteriori argomenti previsti all'ordine del giorno della seduta odierna si intende rinviato alla seduta di domani, mercoledì 5, alle 9,30.

Modifiche nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta odierna, l'XI Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato) ha proceduto all'elezione del deputato Camillo D'Alessandro a Vicepresidente, in sostituzione del deputato Tripiedi, dimissionario.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, le questioni pregiudiziali Boldi ed altri n. 1 e Bellucci ed altri n. 2, riferite al disegno di legge n. 2617, di conversione del decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83, recante misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020, il cui esame e votazione sarà iscritto all'ordine del giorno della seduta di domani, mercoledì 5 agosto, dopo gli altri argomenti già previsti.

A seguire, nella stessa seduta di domani, secondo le intese intercorse tra i gruppi, saranno iscritte all'ordine del giorno le seguenti relazioni della Giunta delle elezioni: sull'elezione contestata del deputato Luca De Carlo, per il Collegio plurinominale 2 della VII Circoscrizione Veneto 1; sull'elezione contestata del deputato Domenico Furgiuele, per il Collegio plurinominale 1 della XXIII Circoscrizione Calabria.

L'organizzazione dei tempi per l'esame delle due relazioni sarà pubblicato nell'allegato A (Vedi l'allegato A).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grippa. Ne ha facoltà.

CARMELA GRIPPA (M5S). Presidente, onorevoli colleghi, durante la fase più acuta dell'emergenza COVID, tra le numerose riflessioni che tanti di noi erano portati a fare ce n'era sicuramente una ridondante: i nostri operatori sanitari e le nostre strutture, soprattutto, saranno in grado di reggere questa grande sfida? Purtroppo devo segnalare che l'ospedale “San Pio” di Vasto, presidio del mio territorio, non può essere di certo scelto a modello, non fosse altro che alle criticità strutturali che vanno avanti da anni si stanno aggiungendo una serie di crolli, episodi gravissimi che solo di recente hanno destato dal sonno la regione Abruzzo, a guida centrodestra, il suo governatore Marsilio, di Fratelli d'Italia, coloro che affermano anche in quest'Aula di essere gli unici in grado di far funzionare il Paese, e la sua assessora alla salute, Verì, che solo in concomitanza con i crolli sembra si sia attivata per finanziare i lavori per mettere in sicurezza le parti carenti della struttura.

Sulla carenza dell'intera opera, sugli interventi non più procrastinabili sto preparando un'interrogazione, proprio per chiedere al Ministro Speranza di accettarsi, per tramite dei suoi funzionari, della reale situazione del presidio ospedaliero. In particolare, in data 28 luglio 2020, alcuni membri della V commissione consiliare permanente della regione Abruzzo si sarebbero recati, dopo una comunicazione alla direzione dell'ASL, in visita ispettiva, ma il direttore generale, Thomas Schael, presente nel corso della visita, avrebbe inopinatamente vietato l'accesso al suddetto reparto, addirittura interponendosi fisicamente e impedendo l'ingresso ai commissari presenti e ai commissari che avevano fatto richiesta, che si erano anche dimostrati disponibili a indossare i necessari dispositivi di protezione individuale per effettuare l'accesso al reparto. La cosa che maggiormente mi preoccupa e ci preoccupa di quanto accaduto, Presidente, oltre a stigmatizzare l'atteggiamento assunto dal direttore generale Thomas Schael, nominato dalla giunta di centrodestra, che appare assolutamente fuori luogo, con le motivazioni al diniego del tutto strumentali, è il fatto che non avrebbe predisposto tutti i protocolli e i dispositivi di protezione in favore dei componenti della commissione per consentire agli stessi l'accesso nel reparto in totale sicurezza, soprattutto per i pazienti ospitati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Presidente, gentili colleghi, care colleghe, Giacomo Manzoni è uno dei più importanti scultori italiani del Novecento. Nato a Bergamo nel 1908, impara da giovane ad intagliare il legno, e nel 1933 condivide lo studio alla Galleria Cometa con il pittore Aligi Sassu, ove inizia ad essere conosciuto col suo nome d'arte: Giacomo Manzù. Tra le sue opere più importanti ci sono: la “Porta della morte”, per la Basilica di San Pietro in Vaticano; la “Porta della pace e della guerra”, per la chiesa di San Lorenzo a Rotterdam; il “Monumento al Partigiano”, sito a Bergamo. Dal 1965 lo scultore si trasferisce ad Ardea; nella cittadina alle porte della capitale rimane fino alla morte, avvenuta nel 1991. Ai solenni funerali nella basilica di San Giovanni in Laterano partecipò l'allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. Ai piedi della Rocca dei Rutuli, Giacomo Manzù ha creato un luogo che conserva le sue opere donate allo Stato italiano. Proprio per l'enorme contributo che il maestro ha dato alla cultura italiana del Novecento, il Presidente della Repubblica ha autorizzato che la sua salma potesse riposare nel posto che egli aveva scelto come la sua dimora, quel museo che raccoglie la sua opera nella terra che lui amava, la città di Ardea. Il legame tra Manzù e il comune laziale è testimoniato dall'affetto mostrato in più occasioni dalla cittadinanza di Ardea, che si è opposta a paventati trasferimenti delle sue spoglie mortali. Ora, Presidente, si affaccia l'ipotesi di congiungere le spoglie dello scultore con le ceneri dell'amata moglie e musa, Inge. La volontà di Giacomo Manzù era stata espressa in modo molto chiaro: riposare vicino alle sue opere. Da quest'Aula indirizziamo un appello al sindaco di Ardea, Mario Savarese, affinché si adoperi per rispettare quest'ultimo desiderio del maestro. Le sue spoglie restino nel territorio che amava, la città di Ardea, circondata dall'affetto di tanti cittadini che continuano a tenerne viva la memoria, come coloro che mi hanno scritto in questi giorni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Manzo. Ne ha facoltà.

TERESA MANZO (M5S). Presidente, la città di Castellammare di Stabia è stata teatro, lo scorso fine settimana, di un gravissimo episodio di violenza che ha coinvolto un militare dell'Arma dei carabinieri fuori servizio. Il carabiniere, intervenuto per sedare una rissa in pieno centro cittadino, è divenuto a sua volta bersaglio di un violento pestaggio da parte di un branco di teppisti. I responsabili di questo vile atto di violenza sono stati prontamente identificati e arrestati. Vorrei in questa sede esprimere la mia solidarietà e vicinanza al giovane militare e alla sua famiglia. Vorrei inoltre ringraziare le forze dell'ordine per gli sforzi che quotidianamente mettono in atto per garantire la sicurezza della città. Ma quanto accaduto venerdì notte purtroppo non è un episodio isolato e deve farci riflettere sulle criticità di un territorio e di una città, come Castellammare di Stabia, che negli ultimi anni ha visto il fiorire di numerose attività ristorative e ricreative che nel periodo estivo e nel fine settimana vedono un notevole aumento delle presenze di giovani, giovanissimi e di famiglie con bambini. È necessario intensificare la presenza delle forze dell'ordine sul territorio, per garantire la sicurezza delle persone e per tutelare i tanti imprenditori che hanno deciso di investire a Castellammare. Alla luce di quanto fin qui esposto, mi auguro che al più presto si convochi un tavolo di interforze al fine di predisporre un piano d'azione per il controllo del territorio così da garantire maggiore sicurezza ai cittadini e ai turisti, e così non vanificare gli sforzi degli imprenditori che stanno in questi anni facendo rivivere Castellammare di Stabia come città turistica. Voglio ricordare inoltre che Castellammare quest'anno è candidata a capitale italiana della cultura (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gerardi. Ne ha facoltà.

FRANCESCA GERARDI (LEGA). Presidente, intervengo in quest'Aula per commentare un episodio di giustizia che ha avuto luogo nel tribunale di Frosinone, ma che sta assumendo risonanza nazionale. Tutto parte da un fatto di cronaca avvenuto durante il lockdown, quando un padre e una figlia si sono recati ad una fontanella per prendere dell'acqua da portare a casa da bere e sono stati multati dagli agenti di polizia; è stato fatto un ricorso e il ricorso è stato accolto, in quanto gli agenti operavano in un momento in cui non c'erano delle linee guida da parte del Governo.

Ma la cosa più interessante è che il giudice di pace che ha accolto questa pratica si è spinto ben oltre, perché nella sua sentenza ha dichiarato illegittimi i DPCM che sono stati emanati dal Governo, in quanto avrebbero dovuto avere un passaggio parlamentare, dovevano essere determinati da questo Parlamento come dei decreti-legge, quindi in modo da poter entrare immediatamente in vigore. E invece no, il Governo non ha perso tempo, ancora una volta, per fare passerelle come ha fatto il Presidente Conte, che ha poi annunciato, ma questi decreti hanno avuto luce solamente mesi e mesi dopo quando oramai l'emergenza era passata. Da quest'Aula e da parte mia e dai tanti cittadini della provincia di Frosinone voglio esprimere un grandissimo grazie al giudice Emilio Manganiello e alla buona giustizia perché, vedete, per fortuna non sono tutti quanti dei Palamara (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Onorevole Gerardi, non credo che sia un riferimento utile al dibattito quello che lei ha fatto. Ha chiesto di parlare l'onorevole Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO). Grazie, Presidente. Oggi faccio mie le parole del direttore del quotidiano Latina Oggi che questa mattina, riferendosi a un'inchiesta della procura di Roma appena chiusa con l'invio di nove avvisi di garanzia, parla di corruzione tenuta in barrique come un buon brandy, a invecchiare, con il risultato che con il trascorrere del tempo il brandy migliora, la corruzione evapora.

Quanto accaduto dimostra per l'ennesima volta l'impossibilità di combattere i fenomeni corruttivi che avvelenano il Lazio, in particolare il basso Lazio. Un'indagine ha portato i carabinieri di Latina a ricostruire un articolato sistema di illeciti che coinvolge la regione Lazio, l'autorità portuale di Civitavecchia Fiumicino Gaeta e un comune come quello di Formia. Un sistema scandagliato tra il 2012 e il 2013 con circa quaranta indagati e richieste d'arresto formulate nel 2014 ma l'indagine è stata dimenticata per sei anni in un cassetto del tribunale di Roma. Il fascicolo è stato lasciato invecchiare come il brandy e, quando finalmente un magistrato l'ha ripreso in mano, di reati non prescritti ne sono rimasti pochi. Sono rimasti quelli per corruzione a carico di nuovi indagati, tra cui l'attuale presidente dell'autorità portuale di Palermo e un consigliere regionale del Lazio ma anche tali reati si prescriveranno con ogni probabilità persino prima di un rinvio a giudizio. Inutile continuare a discutere di spazza-corrotti o di prescrizione da stoppare quando i processi non si fanno neppure iniziare. Spero solo che il Ministro della Giustizia faccia luce su quanto accaduto al tribunale di Roma, magari prima che invecchino anche queste mie parole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mor. Ne ha facoltà.

MATTIA MOR (IV). Grazie, Presidente. Nell'inaugurazione del nuovo ponte di Genova di ieri rimarrà impressa nella mente l'immagine dell'arcobaleno che è comparso su un cielo carico d'acqua: la stessa acqua che, in quel maledetto 14 agosto, trascinò con sé il ponte Morandi e distrusse 43 famiglie, lacerando la città e scioccando un'intera nazione.

L'Italia si è stretta attorno a Genova e a quel ponte e ha raffigurato il simbolo delle inadempienze, delle carenze, della superficialità di un Paese che in tante cose purtroppo è irriguardoso e facilone. In molti hanno visto nel crollo del ponte Morandi una metafora dell'Italia: l'incarnazione di un Paese adagiato sul passato, su privilegi e comodità fragili come un castello di sabbia e con nessuna intenzione di cambiare passo e di guardare al futuro con positività, di innovare, di costruire.

Ma facciamo uno sforzo e guardiamo anche l'altra faccia della medaglia. Purtroppo troppe volte le nostre qualità le attiviamo tardi quando siamo obbligati a tirarci su le maniche, quando siamo in difficoltà ma sono quelli i momenti in cui gli italiani e la maggioranza silenziosa, lavoratrice, operosa riparte dando il meglio di sé. La ricostruzione del ponte ha rappresentato la ripartenza non solo di Genova, città simbolo di un'Italia straordinaria, ma anziana, decadente, a volte impaurita, ma di un Paese troppe volte vilipeso da tragedie previste e non affrontate. E in un solo anno dal getto delle fondamenta il ponte in piedi a ricordarci che tutto è possibile e che nulla può esserci precluso quando mettiamo insieme le nostre migliori intelligenze e capacità e, senza orpelli burocratici inutili, ci adoperiamo per realizzare le migliori infrastrutture del mondo. Gli enti pubblici e le società private hanno collaborato senza risparmiarsi perché l'obiettivo era costruire e, dagli operai ai progettisti, tutti erano consci che stavano costruendo un'opera che avrebbe mostrato cosa l'Italia può e in troppi casi dimentica di essere.

Quando parliamo di sburocratizzazione, di snellimento delle procedure, di velocità nell'affidamento degli appalti intendiamo il modello Genova ma questo va fatto giocando in anticipo e non aspettando il peggio per rimediare, seppure con grande capacità. Genova e l'Italia hanno il dovere di ripartire dall'inaugurazione di ieri, cercando di colmare con il lavoro e il pragmatismo quel gap infrastrutturale, sociale e culturale rispetto a quello che il nostro Paese può essere, per la sua storia e le sue capacità (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Donina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CESARE DONINA (LEGA). Grazie, Presidente. Il Premier Conte in questi giorni dichiara ufficialmente: “no agli ingressi irregolari, saremo inflessibili”. A fronte di queste dichiarazioni, poi ci sono i numeri che, purtroppo per lui e per il Governo, non mentono mai: luglio 2019 1.088 sbarchi, sotto la guida al Ministero dell'Interno di Matteo Salvini; 7.068 sbarchi a luglio 2020, sotto la guida del Ministro Lamorgese, quasi il 700 per cento in più e il Governo sarà inflessibile. La domanda sorge spontanea, a questo punto, ma non la faccio io da umile parlamentare o da rappresentante del territorio, la faccio a nome del popolo italiano: ma questo Governo, questa maggioranza stanno prendendo in giro il popolo italiano? Infatti se hanno il coraggio di andare in televisione e fare determinate dichiarazioni riguardo agli ingressi. Tra l'altro, constatato che nel 40 per cento quasi degli ingressi che ci sono più volte si tratta di persone affette da COVID-19, vogliono fare lo stato d'emergenza per i cittadini italiani che non possono uscire di casa e lasciano liberamente girare queste persone che scappano dai centri, tra l'altro importati da questo Governo.

Ecco, io mi auguro davvero che il Primo Ministro, il Premier Conte, valuti le parole che dice, faccia una riflessione, si faccia un esame di coscienza perché altrimenti non potete dire che non l'avevamo detto in queste Aule in tempi non sospetti che ci sarà un autunno caldissimo nel nostro Paese, ma non perché noi siamo insurrezionalisti o perché noi invogliamo le masse, ma per la vostra incapacità di governare questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pezzopane. Ne ha facoltà.

STEFANIA PEZZOPANE (PD). Grazie, Presidente. Da qualche minuto finalmente a L'Aquila piove: è una pioggia che abbiamo desiderato e agognato. La pioggia speriamo contribuisca a spegnere i fuochi che da sei giorni hanno assediato la città. Giovedì è partito un incendio, grande, sulla montagna di Arischia. Esattamente ventiquattro ore dopo, mentre tutti erano impegnati a spegnere il primo incendio, se ne è sviluppato un altro, nella montagna di Pettino, a ridosso dell'abitato. La linea di fuoco è arrivata a raggiungere numerosi chilometri e, nelle ore che hanno preceduto la pioggia, la popolazione è cominciata già da ieri a scendere in strada.

Il disastro è enorme: centinaia di ettari di bosco bruciato. Non si riesce ancora a fare la conta degli animali purtroppo rimasti tra gli alberi caduti e bruciati. Ora siamo in attesa di notizie, parleremo più in là delle cose che non sono andate.

Ora voglio soltanto ringraziare tutti, per quello che hanno fatto, i numerosi volontari, la Protezione civile, l'Esercito, tutti coloro che si sono impegnati, i Carabinieri e i Forestali e soprattutto i Vigili del fuoco. Numerose persone, numerose energie. Lo Stato ha inviato i mezzi, i canadair e gli elicotteri.

Qualcosa non ha funzionato e ne parleremo. Oggi ringraziamo tutti e ci auguriamo che questa pioggia sia salvifica e che chiuda questa avventura, ma richiamo tutti alla necessità di maggiore prevenzione, di punire questi criminali che fanno questo danno inenarrabile e mi appello al Ministro Costa perché possa intervenire su questo disastro ambientale (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartapelle. Ne ha facoltà.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Pochi minuti dopo le cinque e venti, oggi pomeriggio, ci sono state due esplosioni impressionanti nel porto di Beirut. Arrivano notizie di macerie a quattro chilometri dal centro dell'esplosione, centinaia di persone che si accalcano fuori dagli ospedali che sono stati distrutti da quell'esplosione.

Ci sarà tempo per capire le dinamiche di questo atto, ma per il momento credo sia giusto far arrivare da quest'Aula, dal nostro Paese, la massima vicinanza al Libano, alla popolazione di Beirut. il governatore di Beirut ha commentato questo atto, questo fatto, dicendo che per Beirut è come se fosse stato Hiroshima o Nagasaki. Le immagini sono davvero impressionanti. Io credo che da parte dell'Italia e da parte del Parlamento italiano, in questo momento, dobbiamo esprimere davvero la massima solidarietà per un popolo che ha sofferto tantissimo e che oggi vive ancora un'altra pagina di dolore, di distruzione e di morte, grazie (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Quartapelle. La Presidenza tutta si associa alle sue parole e alla solidarietà che lei ha giustamente espresso.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 5 agosto 2020 - Ore 9,30:

(ore 9,30 e ore 16)

1. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'utilizzazione di conversazioni e comunicazioni telefoniche e ambientali nei confronti di Antonio Marotta (deputato all'epoca dei fatti) (Doc. IV, n. 6-A)

Relatore: BAZOLI

2. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'esecuzione di perquisizione domiciliare nei confronti del deputato Boniardi. (Doc. IV, n. 7-A)

Relatore: BAZOLI

3. Seguito della discussione delle mozioni Formentini ed altri n. 1-00350, Rampelli ed altri n. 1-00352, Valentini ed altri n. 1-00353 e Cabras, Migliore, Palazzotto, Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00374 concernenti iniziative volte alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da COVID-19 e di indirizzi unitari nell'ambito dell'Unione europea per la gestione delle emergenze epidemiologiche .

4. Seguito della discussione dei progetti di legge:

S. 1123 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017 (Approvato dal Senato) (C. 2120)

Relatore: ROMANIELLO.

S. 1376 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array, con Allegati, fatta a Roma il 12 marzo 2019 (Approvato dal Senato). (C. 2360)

Relatrice: DE CARLO SABRINA.

S. 257-702 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: MARCUCCI ed altri; MONTEVECCHI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 2165)

e delle abbinate proposte di legge: ASCANI ed altri; QUARTAPELLE PROCOPIO. (476-1099)

Relatrice: GRANDE.

5. Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83, recante misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020.

(C. 2617)

6. Discussione della relazione della Giunta delle elezioni sull'elezione contestata del deputato Luca De Carlo per il Collegio plurinominale n. 2 della VII Circoscrizione Veneto 1. (Doc. III, n. 2)

Relatore: GIACHETTI.

7. Discussione della relazione della Giunta delle elezioni sull'elezione contestata del deputato Domenico Furgiuele per il Collegio plurinominale n. 1 della XXIII Circoscrizione Calabria. (Doc. III, n. 3)

Relatore: GIACHETTI.

(ore 15)

8. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 19,40.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 il deputato Rotondi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 2 il deputato Roberto Rossini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nelle votazioni nn. 13 e 14 la deputata Cancelleri ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 23 la deputata Benedetti ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro;

nella votazione n. 38 il deputato Mollicone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

nella votazione n. 38 la deputata Bonomo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 2619 - quest. preg. n. 1 382 372 10 187 151 221 74 Resp.
2 Nominale Ddl 2619 - voto finale 451 269 182 135 267 2 71 Appr.
3 Nominale Ddl 2572 - articolo 1 446 328 118 165 259 69 70 Appr.
4 Nominale articolo 2 445 337 108 169 251 86 70 Appr.
5 Nominale articolo 3 444 338 106 170 252 86 70 Appr.
6 Nominale articolo 4 445 341 104 171 251 90 69 Appr.
7 Nominale articolo 5 444 339 105 170 249 90 69 Appr.
8 Nominale articolo 6 443 339 104 170 249 90 69 Appr.
9 Nominale articolo 7 449 343 106 172 251 92 69 Appr.
10 Nominale Ddl 2572 - voto finale 438 433 5 217 253 180 66 Appr.
11 Nominale Ddl 2573 - Tab. 2.24 437 435 2 218 190 245 66 Resp.
12 Nominale Tab. 2.1 431 430 1 216 187 243 66 Resp.
13 Nominale Tab. 2.25 435 434 1 218 190 244 66 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale Tab. 2.21 439 436 3 219 193 243 66 Resp.
15 Nominale Tab. 2.22 433 431 2 216 187 244 66 Resp.
16 Nominale Tab. 2.2 440 437 3 219 190 247 66 Resp.
17 Nominale Tab. 2.26 440 438 2 220 191 247 66 Resp.
18 Nominale Tab. 2.29 439 436 3 219 188 248 66 Resp.
19 Nominale Tab. 2.28 443 439 4 220 192 247 66 Resp.
20 Nominale Tab. 2.15 442 442 0 222 198 244 66 Resp.
21 Nominale Tab. 2.34 453 453 0 227 199 254 66 Resp.
22 Nominale Tab. 2.27 452 451 1 226 196 255 66 Resp.
23 Nominale Tab. 2.31 449 447 2 224 191 256 66 Resp.
24 Nominale Tab. 2.33 451 449 2 225 192 257 66 Resp.
25 Nominale Tab. 2.30 452 448 4 225 190 258 66 Resp.
26 Nominale Tab. 2.11 450 447 3 224 191 256 66 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 38)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale Tab. 2.23 447 444 3 223 189 255 66 Resp.
28 Nominale Tab. 2.3 446 443 3 222 192 251 66 Resp.
29 Nominale Tab. 5.9 438 438 0 220 193 245 65 Resp.
30 Nominale Tab. 5.10 447 447 0 224 194 253 65 Resp.
31 Nominale Tab. 5.11 445 445 0 223 194 251 65 Resp.
32 Nominale Tab. 8.5 443 443 0 222 192 251 65 Resp.
33 Nominale Tab. 8.6 440 438 2 220 192 246 65 Resp.
34 Nominale Tab. 8.7 440 439 1 220 188 251 65 Resp.
35 Nominale Tab. 8.10 445 444 1 223 192 252 65 Resp.
36 Nominale Tab. 8.15 440 440 0 221 192 248 65 Resp.
37 Nominale Tab. 9.10 437 436 1 219 187 249 65 Resp.
38 Nominale Ddl 2573 - voto finale 410 409 1 205 244 165 64 Appr.