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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 385 di lunedì 3 agosto 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 12.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANDREA DE MARIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 31 luglio 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Azzolina, Battelli, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Luciano Cantone, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Ippolito, D'Uva, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Di Stefano, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gariglio, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgis, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Maggioni, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Nobili, Occhionero, Orrico, Paita, Parolo, Perantoni, Rixi, Rizzo, Rosato, Ruocco, Scalfarotto, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tofalo, Tomasi, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 31 luglio 2020, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla I Commissione (Affari costituzionali): “Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario” (2619) - Parere della V Commissione e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione congiunta dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019 (A.C. 2572); Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020 (A.C. 2573).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge nn. 2572 e 2573: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019; Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 2572 e 2573)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Francesca Flati. A lei la parola.

FRANCESCA FLATI, Relatrice. Grazie, Presidente. Colleghi, come è noto, il Rendiconto generale dello Stato è lo strumento con cui il Governo, alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica, adempie all'obbligo costituzionale di rendere noto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria. Ai sensi dell'articolo 36 della legge n. 196 del 2009, il Rendiconto generale dello Stato, articolato per missioni e programmi, è composto da due parti, costituite rispettivamente dal conto del bilancio, che esprime l'entità effettiva delle entrate e delle uscite del bilancio dello Stato rispetto alle previsioni approvate dal Parlamento, e dal conto del patrimonio, che esprime le variazioni intervenute nella consistenza delle attività e passività che costituiscono il patrimonio dello Stato.

L'analisi delle risultanze del Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per il 2019 ci consente di ricostruire il quadro di quanto avvenuto nell'ambito del perimetro dell'amministrazione statale. Il Rendiconto viene raccordato con il conto economico dello Stato, che costituisce un sotto settore di rilievo del più generale conto consolidato delle amministrazioni pubbliche, nel quale confluiscono anche i conti delle amministrazioni locali e quello degli enti di previdenza. Questo conto - come è noto - è utilizzato come esclusivo quadro di riferimento per la verifica del rispetto dei vincoli europei in termini di indebitamento netto e di debito pubblico. In via preliminare, per il 2019, i dati definitivi di consuntivo relativi al conto economico della pubblica amministrazione evidenziano che il PIL nominale è stato pari a 1.787, 664 miliardi di euro, con una crescita dell'1,2 per cento rispetto all'anno precedente. In termini di volumi, e quindi di PIL reale, rispetto al 2018, la crescita è stata dello 0,3 per cento. Con riguardo ai saldi di finanza pubblica, i dati resi noti dall'Istat, riferiti all'esercizio 2019 concluso, attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni pari, in valore assoluto, a meno 29,301 miliardi, corrispondente all'1,6 per cento del PIL. Il dato indica un miglioramento di circa 9,5 miliardi rispetto al 2018, anno nel quale l'indebitamento è risultato pari a meno 38,844 miliardi, che corrisponde al 2,2 per cento del PIL. Il saldo primario è risultato positivo e pari all'1,7 per cento del PIL, che corrisponde a 31 miliardi, con una crescita di 0,2 punti percentuali rispetto al 2018. La spesa per interessi è stata pari al 3,4 per cento del PIL, cioè 60,3 miliardi, con una diminuzione di 0,3 punti percentuali rispetto al 2018. Il saldo di parte corrente è stato positivo e pari a 27,88 miliardi, a fronte dei 16,07 del 2018.Limitando l'analisi ai principali aggregati del conto economico delle pubbliche amministrazioni, si rileva che al miglioramento del saldo concorre principalmente un incremento delle entrate per circa 23,1 miliardi che determina effetti più che compensativi rispetto all'incremento delle spese di circa 11,3 miliardi.

Le spese finali nel 2019 si attestano a 870,7 miliardi, in aumento dell'1,6 per cento rispetto al 2018, anno in cui l'analogo valore era stato di 857,3 miliardi.

Per quanto riguarda, infine, il debito pubblico, a fine 2019 era pari a 2.409,841 miliardi di euro, in aumento di 28,899 miliardi di euro rispetto ai 2.380,942 miliardi del 2018; mentre il rapporto debito pubblico-PIL rimane invariato al 134,8 per cento.

Passiamo ora ad esaminare il contenuto del disegno di legge di rendiconto. Nel suo insieme la gestione di competenza ha fatto conseguire nel 2019 un miglioramento di tutti i saldi rispetto alle previsioni definitive nonché rispetto ai risultati differenziali registrati nell'esercizio del 2018. In particolare, il saldo netto da finanziare presenta nel 2019 un valore positivo di circa 2,3 miliardi pari allo 0,1 per cento del PIL con un miglioramento di quasi 22,3 miliardi rispetto al saldo registrato nel 2018, che si era attestato a meno 20 miliardi. Il miglioramento del saldo è di circa 59,7 miliardi pari al 104 per cento, se confrontato con le previsioni definitive che indicavano invece un valore negativo del saldo di meno 57,4 miliardi.

Anche il risparmio pubblico nel 2019 registra un miglioramento passando dai 27,4 miliardi di euro, registrati nel 2018, ad un valore di quasi 50 miliardi e denotando un miglioramento di 22,5 miliardi rispetto al 2018. Il miglioramento sale poi a 58,3 miliardi se confrontato con le previsioni definitive.

Infine, il dato del ricorso al mercato finanziario si attesta nel 2019 a meno 217,6 miliardi con un'incidenza sul PIL del 12,2 per cento. Si evidenzia, quindi, un miglioramento di 7,5 miliardi rispetto al 2018 mantenendo in discesa il trend già registrato lo scorso anno con meno 225,1 miliardi, dopo il dato fortemente negativo del 2017 in cui tale saldo si era assestato a oltre 271 miliardi di euro. Rispetto alle previsioni definitive il ricorso al mercato evidenzia un miglioramento di 68,8 miliardi. Il valore del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato registrati nel 2019 si mantengono comunque al di sotto del limite massimo fissato dalla legge di bilancio per il 2019.

Dal lato della spesa la flessione degli impegni finali nel 2019 è frutto di una contrazione della spesa corrente pari a meno 8,5 miliardi rispetto al 2018. Le spese in conto capitale si sono mantenute stabili con un lieve incremento dello 0,4 per cento rispetto all'anno precedente. Relativamente agli impegni complessivi di spesa, che includono le spese per rimborso prestiti, esse ammontano nel 2019 a 823,2 miliardi, evidenziando un incremento rispetto all'anno precedente di 6,5 miliardi di euro, determinato in particolare dal rimborso delle passività finanziarie che sono in aumento del 7,2 per cento.

Dall'analisi delle spese finali per missioni riferite al 2019, considerate al netto della missione debito pubblico, e focalizzando dunque l'analisi sulla sola spesa primaria si conferma innanzitutto la rilevanza delle relazioni finanziarie con le autonomie territoriali che pesano per il 22,7 per cento, mentre nel 2018 erano il 21,8 per cento.

Si conferma altresì la significativa incidenza sul totale degli impegni delle politiche previdenziali attestatesi al 15,7 per cento della spesa primaria, rispetto al 17 per cento del 2018, e delle politiche economico-finanziarie e di bilancio che si attestano al 16,1 per cento, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al 15,4 per cento del 2018.

L'istruzione scolastica rappresenta il 9,1 per cento della spesa primaria in leggero aumento rispetto allo scorso esercizio in cui rappresentava il 9 per cento. In percentuale, rispetto agli impegni, si è riscontrato un incremento anche per la missione diritti sociali che rappresenta ora il 6,8 per cento della spesa primaria rispetto al 6,2 per cento nel 2018.

Nel corso dell'esercizio alla gestione di competenza si affianca la gestione dei residui. Nel 2019 il fenomeno dei residui continua a rimanere su livelli considerevoli sia dal lato delle entrate che dal lato delle uscite. In base ai dati forniti nella relazione al rendiconto, il conto dei residui provenienti dagli esercizi 2018 e precedenti indicava, al 1° gennaio 2019, residui attivi presunti per un valore di 203.940 milioni di euro e residui passivi delle spese complessive per 140.364 milioni di euro, al lordo dei residui relativi al rimborso di prestiti pari a 509,4 milioni. Ne risulta una eccedenza attiva pari a 63.576 milioni di euro.

Nel corso dell'esercizio 2019 l'entità dei residui pregressi si è andata poi modificando, a seguito dell'attività di riaccertamento e di gestione in conto residui nonché della decadenza, facendo registrare variazioni in diminuzione sia dal lato delle entrate, con meno 78.844 milioni, sia dal lato delle uscite, con meno 63.974 milioni.

Veniamo ora alla gestione di cassa. La gestione di competenza e la gestione dei residui concorrono a determinare i risultati della gestione di cassa. In termini di cassa, nel 2019, il saldo netto da finanziare è risultato pari a 66,5 miliardi con un peggioramento di 20,6 miliardi rispetto al risultato raggiunto l'anno precedente, in cui il saldo si era assestato a meno 45,9 miliardi di euro.

Il risparmio pubblico risulta di meno 29,8 miliardi di euro con un peggioramento di oltre 20,3 miliardi rispetto al dato del 2018. Il ricorso al mercato si attesta nel 2019 su un valore di oltre meno 286 miliardi di euro anch'esso in peggioramento di oltre 35 miliardi rispetto al 2018. C'è però da rilevare che tutti e tre i saldi registrano valori migliori rispetto alle previsioni sia iniziali che definitive.

Per quanto concerne il conto generale del patrimonio, dai risultati generali della gestione patrimoniale 2019 emerge un'eccedenza passiva di circa 1.916 miliardi con un peggioramento di circa 13 miliardi rispetto alla situazione patrimoniale a fine 2018. Si tratta di un risultato che prosegue, seppure in modo meno accentuato, il trend degli ultimi anni. In termini percentuali nel 2019 il peggioramento patrimoniale è stato pari allo 0,68 per cento, cioè il valore più basso dell'ultimo decennio.

Passiamo ora all'analisi delle disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020. L'istituto dell'assestamento di bilancio dello Stato è previsto per consentire un aggiornamento a metà esercizio degli stanziamenti del bilancio, anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertata in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto al 31 dicembre precedente. Sotto questo profilo, il disegno di legge di assestamento si connette funzionalmente con il rendiconto del bilancio relativo all'esercizio precedente. Vorrei ricordare che, con il disegno di legge di assestamento, le previsioni di bilancio formulate a legislazione vigente sono così adeguate: per quanto riguarda le entrate, all'eventuale revisione delle stime del gettito; per quanto riguarda le spese aventi carattere discrezionale alle esigenze sopravvenute; per quanto riguarda la determinazione delle autorizzazioni di pagamento in termini di cassa, alla consistenza dei residui accertati in sede di rendiconto dell'esercizio precedente.

Le variazioni di bilancio proposte con il presente disegno di legge di assestamento insieme a quelle apportate con atti amministrativi nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 maggio e agli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi emanati successivamente all'approvazione della legge di bilancio, ivi inclusi i cosiddetti “decreti Cura Italia”, “Liquidità” e “Rilancio”, definiscono le previsioni assestate per il 2020.

La relazione al disegno di legge di assestamento per il 2020 evidenzia come, in termini di competenza, le variazioni proposte determinano un peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali della legge di bilancio che si attesta ad un valore di meno 302,7 miliardi rispetto ad una previsione iniziale di meno 78,6 miliardi.

L'ulteriore peggioramento del saldo è dovuto essenzialmente ad una proposta di riduzione delle entrate finali per 50,8 miliardi in termini di competenza. Tale proposta di riduzione interessa principalmente, per quasi 39 miliardi, le entrate tributarie ed è interamente determinata dal consistente deterioramento della previsione macroeconomica già illustrato nel DEF del 2020 rispetto alla precedente stima. Ad essa si aggiunge una proposta di aumento delle spese finali per 1,6 miliardi.

Si sottolinea, infine, che, secondo quanto stimato nella relazione tecnica, le proposte formulate con il disegno di legge di assestamento sono neutrali ai fini dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione, in quanto già scontate nei quadri tendenziali in sede di DEF 2020. In termini di cassa, il disegno di legge di assestamento determina complessivamente un peggioramento del saldo netto da finanziare di circa 51 miliardi di euro, derivante da una riduzione delle entrate finali per 47,8 miliardi e da una variazione in aumento delle spese finali per 3,2 miliardi. Inoltre, nel complesso, le previsioni assestate quantificano un ammontare di residui finali attivi, al 31 dicembre 2019, pari a 216.161 milioni di euro, a fronte dei 246.389 milioni di residui inizialmente presunti. L'ammontare dei residui passivi delle spese complessive risultanti alla chiusura dell'esercizio 2019 è pari invece a 114.014 milioni. Nel complesso, il conto dei residui al 31 dicembre 2019 presenta un decremento dei residui passivi, rispetto all'esercizio precedente, di 26.594 milioni, pari almeno al 19 per cento e quindi in controtendenza rispetto al passato. Questo decremento è imputabile interamente ai residui di parte corrente, mentre quelli di conto capitale aumentano di 10.197 milioni. In conclusione, esprimo un giudizio favorevole sul provvedimento in esame, di cui auspico una tempestiva approvazione da parte di questo Parlamento, grazie.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, Viceministro Castelli. Si riserva di farlo successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Claudio Mancini. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MANCINI (PD). Grazie Presidente, colleghe e colleghi, esponenti del Governo, l'esame del Rendiconto generale dello Stato per il 2019 e dell'assestamento di bilancio per il 2020 quest'anno si svolgono in uno scenario economico e sociale che non ha precedenti nella nostra storia repubblicana. Questo appuntamento aveva assunto, negli anni scorsi, più l'aspetto di un passaggio rituale per addetti ai lavori, anche a causa del suo elevato tecnicismo, piuttosto che un momento di discussione politica, nonostante si tratti di due provvedimenti particolarmente significativi nell'ambito del ciclo di bilancio. Il Rendiconto generale dello Stato, infatti, è lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura dell'anno finanziario, rende noti al Parlamento, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, i risultati della gestione finanziaria, quindi è un passaggio importante, nel quale viene consentito il passaggio dalla precedente legge di bilancio al futuro bilancio previsionale. Il rendiconto pertanto, nel certificare la gestione dell'anno precedente, costituisce la necessaria base contabile sulla quale si adeguano le autorizzazioni di cassa dell'anno in corso, quindi l'assestamento e, al tempo stesso, si costituiscono le previsioni per l'anno successivo ovvero per la legge di bilancio del 2021. L'assestamento di bilancio dello Stato consente l'aggiornamento, a metà dell'esercizio, degli stanziamenti del bilancio, anche in base alla consistenza dei residui attivi e passivi accertati in sede di rendiconto dell'anno precedente. Quindi, il disegno di legge di assestamento si connette funzionalmente con il rendiconto del bilancio relativo all'esercizio precedente. L'entità dei residui attivi e passivi sussistenti all'inizio dell'esercizio finanziario, che al momento dell'elaborazione e approvazione del bilancio di previsione è stimabile solo in misura approssimativa, viene infatti definita in assestamento sulla base delle risultanze del rendiconto. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2021 che il Governo presenterà nel prossimo mese di ottobre, dunque, assumerà come base di riferimento per la valutazione dei residui passivi i risultati definitivi contenuti nel rendiconto 2019, come iscritti nel disegno di legge di assestamento del bilancio per l'anno 2020. È del tutto evidente, pertanto, come il rendiconto 2019, l'assestamento 2020 e la prossima legge di bilancio del 2021 siano strettamente connessi tra loro, un legame che, al di là delle fredde cifre contabili, ha in realtà un valore altamente politico, come fortemente politico è il valore del bilancio dello Stato, non solo per il rapporto di fiducia che deve necessariamente esserci, secondo la nostra Costituzione, tra Governo e Parlamento, ma forse ancora più importante perché è l'espressione della fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni e quindi nell'approvazione del bilancio annuale, in cui si concentrano le fondamentali scelte di indirizzo politico, si decide anche della destinazione delle contribuzioni dei cittadini alle entrate dello Stato. È quel principio della rappresentazione frutto della tassazione, dal quale hanno preso vita le moderne democrazie rappresentative di cui noi siamo l'espressione nazionale. Quindi, questa divagazione - prego mi sia concessa dall'Assemblea - serve a spiegare il senso politico che c'è dietro questi due provvedimenti, al di là delle cifre che la relatrice ci ha fornito, in un quadro molto chiaro. Dobbiamo aver presente ovviamente che questa discussione sul rendiconto e sull'assestamento, che ci proietta al bilancio 2021, va collocata nell'ambito degli effetti della crisi prodotta dalla pandemia e dalle conseguenti scelte che abbiamo dovuto adottare. È bene ripercorrere quindi la situazione economica del Paese pre COVID, analizzare le scelte che abbiamo fatto in questo periodo e capire i loro effetti sulla futura legge di bilancio. I dati a consuntivo del 2019 facevano sperare in un futuro più roseo per le nostre finanze. Certamente, ma malgrado lo shock provocato alla nostra economia dall'epidemia, questi dati ci consentono ancora oggi di poter affermare che la finanza pubblica italiana è sostenibile. Il Governo, come è stato rivendicato proprio recentemente, a marzo, dal Ministro Gualtieri, sin dal suo insediamento, dal settembre dello scorso anno, ha avuto come obiettivo prioritario l'incentivazione dell'adempimento spontaneo degli obblighi tributari attraverso la piena attivazione di misure quali la fatturazione elettronica. A questo risultato ha contribuito anche - ed è evidente - l'efficiente controllo della spesa delle pubbliche amministrazioni. Permettetemi anche di ricordare il risultato positivo della spesa per investimenti, che, anche per effetto degli interventi di sblocco adottati nei primi mesi dell'azione di Governo, è tornata a crescere dopo quattro anni, segnando un aumento di quasi 3 miliardi rispetto al 2018. Il saldo primario, uno dei nostri fondamentali, di cui siamo più orgogliosi in Europa, è risultato positivo e pari all'1,7 per cento del PIL; parliamo di 31 miliardi, con una crescita di 0,2 punti percentuali rispetto al 2018, quando era all'1,5 per cento del PIL. La spesa per interessi è stata pari al 3,4 per cento del PIL, 60,3 miliardi, con una diminuzione di 0,3 punti percentuali rispetto al 2018. Il saldo di parte corrente è stato positivo e pari a 27,8 miliardi di euro, a fronte dei 16,07 miliardi del 2018. Se guardiamo i principali dati aggregati del conto economico della pubblica amministrazione, al miglioramento del saldo concorre principalmente un incremento delle entrate per circa 23 miliardi di euro, considerando che l'incremento delle spese è stato all'incirca pari a 1,3 miliardi di euro. Le entrate totali del 2019 delle amministrazioni pubbliche sono aumentate del 2,8 per cento rispetto all'anno precedente. Le entrate correnti hanno registrato una crescita del 2,8 per cento. In particolare, sono aumentate le imposte dirette, in virtù della crescita dell'IRPEF, dell'IRES e delle imposte sostitutive, mentre le imposte indirette hanno registrato un aumento per effetto principalmente della crescita del gettito IVA e dell'imposta sul lotto e le lotterie. Si, registra un più 3,2 per cento per i contributi sociali effettivi rispetto al 2018, mentre le altre entrate correnti sono aumentate dell'8,4 per cento, grazie soprattutto all'andamento positivo dei dividenti, mentre c'è stato un meno 3 per cento delle entrate in conto capitale, in parte compensato dalla crescita delle altre entrate in conto capitale.

Questi i dati principali che ho voluto richiamare. Non ignoro la pressione fiscale complessiva ancora troppo alta e in aumento rispetto al 2018. Ricordiamo che il Parlamento è intervenuto, però, quest'anno con il taglio del cuneo fiscale nella legge di bilancio per il 2020, aumentando, quindi, il netto in busta paga per i lavoratori dipendenti e riducendo la pressione fiscale, cresciuta nell'esercizio precedente, mentre il rapporto debito pubblico-PIL rimaneva invariato al 134 per cento, ovviamente alla fine del 2019.

Passando al contenuto del disegno di legge di rendiconto, come ha ricordato la relatrice in questo scenario la gestione di competenza ha fatto conseguire nel 2019 un miglioramento di tutti i saldi rispetto alle previsioni definitive, nonché rispetto ai risultati differenziali registrati nell'esercizio 2018. Non ripeterò quanto contenuto nella relazione. Ricordo giusto che il saldo netto da finanziare presenta nel 2019 un valore positivo di circa 2,3 miliardi di euro, con un miglioramento di quasi 22,3 miliardi di euro rispetto al saldo registrato nel 2018, che si era attestato a meno 20 miliardi. Migliora il risparmio pubblico e va bene anche il dato del ricorso al mercato finanziario, mentre per quanto riguarda la gestione dei residui si evidenzia come nel 2019 il fenomeno dei residui continua a rimanere su livelli considerevoli, sia dal lato delle entrate che dal lato delle uscite.

L'altra faccia della medaglia quest'anno, purtroppo, è rappresentato dal disegno di legge di assestamento, che, ricordiamo, ha la funzione di consentire a metà esercizio un aggiornamento degli stanziamenti del bilancio, anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertati in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto il 31 dicembre precedente. Ricordo che per legge con l'assestamento le previsioni di bilancio formulate a legislazione vigente sono adeguate, per quanto riguarda le entrate, all'eventuale revisione delle stime del gettito, per quanto riguarda le spese, aventi carattere discrezionale, a esigenze sopravvenute e per quanto riguarda la determinazione delle autorizzazioni di pagamento in termini di cassa alla consistenza dei residui accertati in sede di rendiconto dell'esercizio precedente. Lo shock che ci ha investito ha completamente ribaltato lo scenario che iniziava a delinearsi all'inizio del 2020. I dati relativi ai primi mesi dell'anno mostravano, infatti, andamenti pienamente in linea con le migliori previsioni formulate dal Governo e dagli osservatori internazionali. Il deficit era al di sotto delle aspettative e il profilo della crescita, che si era gradualmente indebolito alla fine del 2019, sulla base degli indicatori faceva ritenere che l'economia si fosse stabilmente avviata sul sentiero di una moderata ripresa.

Le stringenti misure di contenimento dell'epidemia che ci siamo trovati a dover adottare per primi tra le nazioni europee hanno avuto, purtroppo, un impatto senza precedenti sulla nostra economia. Di fronte a questo terremoto inaspettato e così potente, reso ancora più forte dal fatto che, in modo simmetrico, sono state colpite le economie di tutti i Paesi del mondo, non solo dei nostri partner europei, il Governo, con il sostegno pieno del Parlamento, ha risposto con interventi tempestivi e di una portata senza precedenti nella storia delle manovre economiche e finanziarie approvate dal Parlamento. Le variazioni di bilancio proposte con il disegno di legge di assestamento, oltre a quelle apportate con atti amministrativi nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 maggio, tengono conto degli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi emanati successivamente all'approvazione della legge di bilancio ma, in modo particolare, delle misure straordinarie adottate per contrastare le ricadute negative dell'epidemia sulla nostra economia: il decreto-legge n. 18 del 2020, il cosiddetto “Cura Italia”; il decreto-legge n. 23 del 2020, il “decreto Liquidità”; il decreto-legge n. 34, il cosiddetto “decreto Rilancio”.

Gli effetti sulla nostra finanza pubblica, come fa presente la relazione al disegno di legge di assestamento per il 2020, sono pesanti, con un peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali della legge di bilancio. Per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 il Parlamento ha autorizzato il ricorso all'indebitamento attraverso l'approvazione di apposite risoluzioni relative alle richieste di scostamento di bilancio presentate dal Governo. Si registra, nel complesso, un incremento delle spese finali per oltre 179 miliardi di euro, in parte compensato da un incremento delle entrate per circa 8 miliardi di euro, e una riduzione delle entrate finali per 50,8 miliardi di euro in termini di competenza. Si sottolinea che tale proposta di riduzione interessa principalmente, per quasi 39 miliardi, le entrate tributarie ed è interamente determinata dal consistente deterioramento della previsione macroeconomica, già illustrato nel Documento di economia e finanza 2020 rispetto alla precedente stima. Anche gli altri saldi - abbiamo ascoltato - evidenziano un andamento negativo, dal risparmio pubblico ai dati relativi al ricorso al mercato. Il disegno di legge di assestamento registra anche in termini di cassa un complessivo peggioramento dei saldi.

Le risorse autorizzate fino a oggi dal Parlamento, i provvedimenti presi e quelli in via di adozione in queste settimane hanno consentito fin qui di contenere, per quanto possibile, gli effetti negativi sull'economia generati dalla pandemia e le ricadute pesanti sulle famiglie e sulle imprese. L'impatto economico e finanziario è stato considerevole. Gli interventi, per dimensione e portata, non hanno precedenti. Tutte le critiche sono legittime, ma è difficile sostenere che Governo e Parlamento non abbiano tentato, con tutti gli strumenti a disposizione, di limitare i danni provocati dalla pandemia. La Banca d'Italia ha rilevato che, in assenza degli interventi adottati, la contrazione del PIL nel 2020 sarebbe stata superiore di oltre due punti percentuali. Invece, le misure adottate hanno raggiunto larghi strati della popolazione: una stima piuttosto prudenziale porta a ritenere che siano almeno 1,5 milioni i posti di lavoro salvati dalle misure adottate finora. Al 20 luglio sono state erogate, solo per la parte INPS, prestazioni stimate in un totale di 16,5 miliardi, in favore di una platea di 12,6 milioni di lavoratori. Le domande pervenute dalle banche al Fondo di garanzia sono divenute 918 mila per 61,7 miliardi di euro erogati, di cui 784 mila fino a 30 mila euro per 15,5 miliardi di euro. Da una simulazione diffusa dalla BCE nel suo Bollettino Economico emerge che in Italia, senza gli interventi a sostegno dei lavoratori, la disoccupazione sarebbe balzata al 25 per cento. Ho citato questi dati solo con dei flash, ma penso che ci restituiscano l'immagine di quanto è stato messo in campo. Resta però - e lo sappiamo - ancora molto da fare. Nel Programma nazionale di riforma discusso in Parlamento la scorsa settimana sono delineate le politiche che il Governo intende adottare nel triennio 2021-2023 per il rilancio della crescita, l'innovazione, la sostenibilità, l'inclusione sociale e la coesione territoriale nel nuovo scenario che è determinato dal Coronavirus. Tutto questo, naturalmente, va poi collocato nell'ambito delle misure eccezionali di risposta alla pandemia adottate a livello europeo. Oggi diamo il via libera al Rendiconto dello Stato e all'assestamento, un altro passo avanti. La strada davanti a noi è ancora lunga, le difficoltà sono molte, ma abbiamo gli strumenti e le risorse per affrontarla. Come Partito Democratico, noi pensiamo di aver portato il nostro contributo a questo sforzo, in particolare nel definire un profilo europeista del nostro Governo che è stato decisivo, insieme all'azione del Presidente Conte, per arrivare a un accordo che ha dimostrato che l'Unione europea oggi è una comunità solidale che aiuta i Paesi più colpiti dalla pandemia. Questo giusto a un anno di distanza da quando qualcuno, di fronte alle difficoltà, decise di scappare dalle proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Paternoster. Ne ha facoltà.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, si ricorda che il Rendiconto generale dello Stato è lo strumento attraverso il quale il Governo alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica e, quindi, l'anno finanziario…

PRESIDENTE. Deputato Paternoster, le chiedo scusa per l'interruzione, ma se vuole parlare da quella postazione deve indossare la mascherina.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Non c'è nessuno, ma lo faccio volentieri. È quella del Veneto.

PRESIDENTE. Altrimenti può venire qui nell'emiciclo.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Nessun problema, la tengo volentieri.

PRESIDENTE. Prego, a lei la parola.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Quindi, si diceva che si adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria. Nel 2019 la pressione fiscale complessiva era al 42,4 per cento, in aumento di qualche punto percentuale; in effetti, nel 2018, era al 41,9 per cento.

La Lega ha fatto alcune proposte molto importanti per quanto riguarda la proposta di deliberazione in oggetto per rilanciare il Paese; questo Paese che ha tanto bisogno di essere rilanciato perché abbiamo una marea di problemi che si stanno via via accumulando e che questo Governo scarica a carico delle aziende e a carico dei cittadini. I problemi vanno risolti e non vanno messi all'angolo perché alla fine, poi, i nodi vengono sempre al pettine.

Avevamo proposto l'introduzione di qualsiasi forma di non nuova tassazione a partire da quella sulla patrimoniale, che sarebbe una iattura nei confronti di tutti, dei cittadini in primis. Avevamo proposto di introdurre un regime forfettario a vantaggio della cosiddetta flat tax fino a 100 mila euro. Io ricordo che la mini flat tax per i redditi fino a 65 mila euro aveva chiaramente fatto uscire dal sommerso centinaia di migliaia di partite IVA e aveva dato uno slancio fortissimo all'economia. La ulteriore proposta fino a 100 mila euro sarebbe stata un volano per la nostra economia, ma questo Governo, naturalmente, come per tutte le altre proposte della Lega, non ci ha ascoltato.

Avevamo proposto di sospendere l'applicazione degli ISA fino alla fine del 2021, cosa che non è stata fatta ed è un disastro per la nostra economia. Avevamo proposto di sospendere le disposizioni che limitano l'utilizzo del denaro contante: anche qua, la riduzione sull'uso del denaro contante - chiedete agli imprenditori, chiedete ai cittadini, chiedete ai negozianti, chiedete alle partite IVA - è un disastro; però, qua vengono fuori il concetto e l'ideologia di questo Governo, che è contro le partite IVA, che è contro i lavoratori, che è contro le aziende, e per questo motivo anche l'utilizzo del denaro contante è visto malissimo da questo Governo.

E poi avevamo proposto la compensazione dei crediti e dei debiti vantati verso le pubbliche amministrazioni, introducendo strumenti finalizzati ad accelerarne e semplificarne l'attuazione: oggi in Italia c'è un problema immenso di reperire la liquidità, perché comunque le banche non fanno le banche, le banche non fanno il loro lavoro.

Ho sentito prima di miliardi di euro erogati dalle banche a fronte di centinaia e centinaia di migliaia di richieste da parte delle partite IVA. Ebbene, io vorrei vederli sulla carta questi risultati, perché ci risulta che chi oggi va in banca cercando disperatamente un minimo di liquidità per rilanciare la propria azienda o per far vivere la propria azienda davanti a questo disastro che è stato causato dalla pandemia del COVID, si trova la strada chiusa e la porta chiusa, sbattuta in faccia da istituti di credito senza scrupoli, che ti fanno chiudere piuttosto che darti uno straccio di un finanziamento, anche un finanziamento dovuto. E non sto parlando solo di aziende decotte, non sto parlando solamente di aziende che sono già fortemente indebitate, non sto parlando di aziende che non hanno alcuna possibilità, che non avevano già prima nessuna possibilità di reperire credito; sto parlando anche di aziende che magari si trovano temporaneamente in difficoltà, causa COVID, che si trovano - ribadisco - la porta sbarrata da parte delle banche. E questo è un gravissimo problema, questa è una lacuna, una mancanza gravissima - io l'ho ripetuto in più occasioni - da parte e per colpa di questo Governo che ha agevolato le banche, ma ha sbarrato la strada a tutti quei milioni di imprenditori, quelle milioni di partite IVA che chiedevano disperatamente liquidità.

E poi, la pace fiscale: sapete benissimo che la pace fiscale è stata un volano per cercare di chiudere tutte quelle vertenze tra Stato e contribuente: lo Stato portava a casa quello che portava a casa, senza interessi, senza more, senza multe, che in tantissimi casi rappresentavano la stragrande maggioranza della cartella esattoriale, e si chiudeva definitivamente un contenzioso tra Stato e contribuente. Il contribuente aveva la possibilità di pagare in una maniera molto più rateizzata - e pagava! - e lo Stato chiudeva la sua posizione. Non è possibile che non sia stata introdotta la pace fiscale, anche qua, ma per quale motivo? Perché lo Stato, il Governo in questo specifico caso, è contrario alle partite IVA, voi siete contrari alle partite IVA. La pace fiscale aveva portato decine di miliardi nelle casse statali, aveva dato la possibilità a centinaia di migliaia di piccoli imprenditori di chiudere le loro posizioni debitorie nei confronti dello Stato.

Non avete voluto ripristinare e non volete ripristinare la pace fiscale: anche questa è una gravissima mancanza, che sarà sicuramente una forma negativa sulla nostra economia.

Non è possibile che lo Stato, oggi, abbia un magazzino fiscale, cioè di crediti che ormai sono in grandissima parte, lo sappiamo tutti, poco esigibili, che ormai arrivano alla soglia di 1000 miliardi di euro. È una cifra che lo Stato - e lo sappiamo bene - incasserà quasi per nulla e restano qua a bilancio. Si doveva sicuramente allargare la pace fiscale, si doveva sicuramente cercare di dare la possibilità ai nostri imprenditori di chiudere le vertenze con lo Stato e lo Stato di chiudere le vertenze con gli imprenditori, dando la possibilità di pagare quanto dovuto senza more, senza multe, senza tanti interessi, rateizzando il capitale e dando la possibilità a tutti di continuare la propria attività, cosa che non avete voluto fare.

Abbiamo visto che nel 2019 le spese dello Stato, le spese statali, sono arrivate a circa 870 miliardi di euro, una cifra assolutamente spaventosa: rapportata all'economia reale, un'azienda che fattura nemmeno il 50 per cento di quello che spende, è un'azienda fallita; qua abbiamo un PIL che è sempre più basso, causa COVID, ma a causa anche delle politiche sbagliate da parte del Governo, e la spesa dello Stato continua ad aumentare.

Lo Stato oggi è tecnicamente fallito, e lo sappiamo bene; tanto è vero che oggi il debito statale - anche a causa dei provvedimenti che sono stati fatti negli ultimi mesi per cercare di andare incontro all'emergenza COVID: abbiamo fatto oltre 100 miliardi di nuovo debito pubblico - arriva a oltre 2.500 miliardi. Chi mai lo pagherà? E cosa succederà se per caso l'Europa - poi parlerò anche dei soldi che dovrebbero arrivare dall'Europa: sentivo prima dei proclami molto trionfali per quello che abbiamo ottenuto dall'Europa -, cosa succederà se un domani qualcuno ci chiederà di ritorno questi soldi? Ma ne parleremo più avanti.

Per quanto riguarda, invece, la legge sull'assestamento del bilancio del 2020, io penso che qua ci siano dei grandi ragionamenti da fare, perché quello che è successo nei primi sei mesi del 2020 è qualcosa che, per fortuna, non è mai successo nella storia della Repubblica italiana e nella storia italiana. E' successo qualcosa che non era chiaramente prevedibile, è qualcosa che chiaramente ci auspichiamo che non avverrà mai più. L'emergenza COVID è stata sicuramente all'inizio un'emergenza sanitaria, di tipo sanitario, posso dire senza ombra di dubbio che soprattutto grazie alle regioni è stata presa, secondo me, in un verso molto positivo. Ricordiamo che in alcune regioni, come la Lombardia, è come se fosse scoppiata una bomba atomica da un momento all'altro; in certe altre regioni fortunatamente, grazie a Dio, non è successo quello che è successo, per esempio, in Veneto, in Lombardia, in Piemonte, in Emilia Romagna, anche se la situazione sanitaria ha fatto sì che, purtroppo, in Italia si siano registrate oltre 35 mila vittime. Ciò, dicevo, grazie non certo all'azione di Governo, perché se avessimo dovuto aspettare gli aiuti del Governo oggi probabilmente molte regioni sarebbero ancora senza mascherine, senza respiratori e senza posti in più in terapia intensiva. Questo è un dato di fatto: parlate con i presidenti delle varie regioni, anche quelle di sinistra, e vi potranno confermare questo mio ragionamento.

L'emergenza sanitaria - e sto parlando di emergenza sanitaria - sembra che sia passata. Il virus, lo sappiamo, circola ancora, però l'attenzione che bisogna tenere è una attenzione alta perché comunque ogni giorno registriamo in Italia - è vero - centinaia di nuovi infetti. Però, questi nuovi infetti sappiamo bene da dove arrivano: sono poche le persone italiane che si infettano oggi, molti sono a causa di queste scellerate politiche di questo Governo che fa entrare in Italia in maniera indiscriminata centinaia e centinaia di clandestini (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico); è successo anche questa notte a Lampedusa, dove ne arrivano a centinaia tutti i giorni, molti dei quali sono infetti, molti dei quali scappano dagli hotspot e non si sa più dove siano. Allora i nuovi infetti, oggi, sono rappresentati soprattutto da quelli che arrivano da fuori Italia.

La situazione per quanto riguarda oggi, la fotografia di oggi della nostra nazione, del nostro popolo, fortunatamente, grazie alle regioni, grazie al Signore, è abbastanza sotto controllo e bisogna tenerla sotto controllo. Noi abbiamo presentato degli emendamenti per quanto riguarda l'assestamento di bilancio, alcuni dei quali, signor Presidente, mirano a spostare le risorse dal Fondo per l'immigrazione - dico io, immigrazione clandestina - al settore dei giovani e al settore dello sport, al finanziamento della spesa sanitaria, a favorire gli enti territoriali per gli interventi di settore, a favorire interventi per il Fondo delle vittime dell'usura e della mafia, a favorire gli enti locali, con le province e le città metropolitane, per l'addestramento della polizia di Stato e dei vigili del fuoco, a riassegnare, signor Presidente, nuove risorse per il turismo. Il turismo oggi è uno dei settori che ha ricevuto meno da parte del Governo ed è in gravissima crisi, perché, purtroppo, mancano i turisti dall'estero. Abbiamo proposto anche l'aumento degli stanziamenti a favore delle regioni a statuto ordinario e qua, signor Presidente, devo sicuramente fare un appunto. Da buon veneto, io mi ricordo bene le parole del Ministro Boccia in Commissione Finanze - era ottobre del 2019 -, quando disse che, per quanto li riguardava, la questione dell'autonomia del Veneto, votata a ottobre del 2017 da 2 milioni 500 mila veneti, era praticamente risolta, l'avrebbe portata in Consiglio dei ministri e tutto si sarebbe risolto nel giro di qualche settimana. È passato esattamente un anno e la questione dell'autonomia del Veneto è ancora lì, irrisolta, indiscussa, ma di questo ne risponderete il 20 e il 21 di settembre davanti ai 5 milioni di veneti che voteranno il nuovo presidente.

Signor Presidente, in questi mesi in cui il Presidente del Consiglio Conte è venuto in Aula, più volte, ha parlato di un bazooka per quanto riguarda i fondi per i finanziamenti per l'emergenza COVID, per l'emergenza economica, di una potenza di fuoco inaudita e mai prima effettuata, di centinaia di miliardi di euro a favore dell'economia nazionale. Giornali, telegiornali, Internet, avete monopolizzato tutto, il Governo ha monopolizzato l'opinione pubblica, ma io direi che, piuttosto di bazooka o potenza di fuoco, il Governo ha messo in campo una pistola ad acqua, ha buttato via un sacco di soldi pubblici. Invece che abbassare le tasse, signor Presidente, agli imprenditori, cercando di far rimanere le aziende competitive sul mercato, loro devono chiaramente mantenere gli operai, non certo il Governo, il Governo ha scelto di dare prebende a tutti quanti, cercando, poi, magari, di avere da loro i voti. Questo non si fa, non è così che si governa uno Stato. Abbiamo sentito, anche la settimana scorsa, il Ministro Gualtieri, durante un discorso alla Camera, arrivare a dire che 70 miliardi sono già stati erogati. Ribadisco, io voglio i fatti e non le parole, perché noi abbiamo centinaia e centinaia di migliaia di imprenditori che ci dicono che non hanno ricevuto nulla da parte delle banche, e ribadisco il fatto che si tratta di aziende sane, aziende serie, che meritano di essere finanziate dal nostro sistema creditizio. Però, cosa si può dire? Si può dire anche che siamo in Italia, che se quello che sta succedendo come azione del Governo per quanto riguarda l'emergenza economica COVID, si traduce, poi, nella votazione farsa della settimana scorsa al Senato, dove un Ministro che ha fatto il suo dovere viene incriminato e un pirata che ha speronato la Guardia di finanza viene, naturalmente, salvata; questa è la fotocopia di oggi dell'Italia, ma i cittadini sapranno bene scegliere. Investite in scuola, abbiamo sentito il discorso imbarazzante della settimana scorsa del Ministro Azzolina. I monopattini, benissimo, ma la gente saprà scegliere, signor Presidente. Quello che posso dire - e chiudo - che, per quanto ci riguarda, di questi famosi 209 miliardi che arriveranno, forse, dall'Europa l'anno prossimo, vogliamo capire noi a quali condizioni arriveranno, vogliamo capire quando arriveranno, a cosa serviranno, perché prevediamo, signor Presidente, che l'anno prossimo sarà un disastro l'economia italiana, se andiamo avanti con questa situazione. Noi, invece che raccogliere soldi con il cappello in mano dall'Europa, soldi che, secondo il mio modesto parere, non arriveranno e, se arriveranno, arriveranno a condizioni di MES, quindi come avere il cappio al collo, pensavamo che sarebbe stato meglio sicuramente emettere titoli di Stato, in modo che i soldi rimassero in Italia, gli interessi venissero dati agli italiani e non ci fossero tante condizioni (Commenti della deputata Boldrini)

PRESIDENTE. Deputata Boldrini, chiedo scusa, sento rumoreggiare. Qui ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni e lo deve poter fare nel silenzio dell'Aula; lo dico a tutti i colleghi che fin qui hanno espresso dissensi in maniera, comunque, rumorosa. Prego, concluda.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Grazie, Presidente. Il disastro dell'economia italiana, dell'azione di Governo, signor Presidente, io lo posso sintetizzare senza nessun problema nelle affermazioni che ha fatto un ragazzo di 20-25 anni di Verona, la settimana scorsa, una confidenza che mi ha fatto, forse, anche un po' vergognandosi. Questo ragazzo si chiama Giovanni, è un dipendente privato, come tantissimi, sono stati inattivi durante il periodo del COVID, e mi dice: sa cosa mi è successo? Io ho ricominciato a lavorare esattamente due mesi fa, ho vissuto un periodo infernale, chiusi in casa, e abbiamo iniziato, appunto, verso la metà del mese di maggio. Ebbene, il disastro del Governo, signor Presidente, può essere sicuramente sintetizzato in questo: un ragazzo di 25 anni, Giovanni, che ha ricevuto - pensi un po' - la mensilità della cassa integrazione dell'INPS di marzo, ha ricevuto ben 188 euro, alla fine del mese di giugno e la cassa integrazione - perché il suo titolare, purtroppo, come centinaia di migliaia di imprenditori non poteva anticipare la cassa ai propri dipendenti - del mese di aprile l'ha ricevuta esattamente alla fine del mese di luglio, quindi, qualche giorno fa. Questa è la fotocopia, l'ennesima fotocopia negativa dell'azione di questo Governo, che non riesce nemmeno a mettere in campo risorse immediate. Se vi ricordate quando, in piena emergenza COVID, a fine febbraio, inizi di marzo, noi della Lega dicevamo: servono interventi subito, ci servono adesso, non servono fra sei mesi. Noi avevamo proposto un anno fiscale bianco: è inutile andare a chiedere soldi alla povera gente per il 2020, l'acconto, tasse e tutti questi balzelli, quando quest'anno nessuno lavorerà e lo sappiamo benissimo. Ma voi non ci avete ascoltato, il Governo non ci ha ascoltato, alla faccia anche di tutte quelle belle parole del nostro Presidente della Repubblica, quando ha affermato più volte che ci sarebbe dovuta essere oggi, visto che siamo in emergenza nazionale almeno fino al 15 di ottobre, una collaborazione bipartisan da tutto l'arco parlamentare. Ma voi di questo ve ne siete altamente fregati o disinteressati e, quindi, ribadisco, la fotocopia di oggi è proprio questa: questo ragazzo che, dopo quattro mesi, riceve 188 euro per un mese e 380 euro per il mese di aprile la settimana scorsa. Per questo motivo, il nostro giudizio sull'azione di Governo oggi è assolutamente negativo, è assolutamente insoddisfacente, perché, comunque, voi non siete stati capaci nella maniera più assoluta di affrontare né l'emergenza sanitaria, risolta grazie alle regioni, né l'emergenza economica, che è ancora assolutamente in vigore.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giorgio Lovecchio. Ne ha facoltà.

GIORGIO LOVECCHIO (M5S). Presidente, Viceministro Castelli, onorevoli colleghi e colleghe, il rendiconto generale dello Stato e l'assestamento di bilancio sono due strumenti fondamentali per la corretta valutazione delle politiche pubbliche. Nello specifico, il rendiconto per l'anno 2019 mostra una dinamica assai virtuosa per quanto riguarda i principali saldi di finanza pubblica, tutti in netto miglioramento sia rispetto alle previsioni che agli anni precedenti. Mi riferisco in particolare a tre indicatori: il saldo corrente, che misura la differenza tra spese ed entrate correnti al netto quindi degli investimenti; l'indebitamento netto, decisivo ai fini dei vincoli europei; il saldo primario che misura lo sforzo di risanamento del bilancio pubblico al netto della spesa per interessi la cui dinamica è in parte indipendente dell'azione di governo.

L'Italia, per l'ennesima volta, registra un saldo corrente positivo, configurando ancora una volta il cosiddetto risparmio pubblico. Nel 2019, a consuntivo, il saldo ammonta addirittura a 27,8 miliardi di euro, in aumento di circa 10 miliardi sul 2017 e sul 2018, e di 20 miliardi sul 2016. Il miglioramento sale a 58,3 miliardi se confrontato con le previsioni definitive. Tale situazione si è determinata a causa di un decremento delle spese correnti di 8,5 miliardi, contestuale ad un incremento del complesso delle entrate tributarie ed extra tributarie di più 14 miliardi. Inoltre, per quel che concerne i saldi di finanza pubblica, i dati sull'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni indicano un miglioramento di circa 9,5 miliardi rispetto all'anno 2018, anno nel quale l'indebitamento è risultato pari a meno 38 miliardi, corrispondente al 2,2 per cento del PIL.

Tutto ciò andrebbe ricordato, mi sia consentito, a quei Paesi cosiddetti frugali che ci trattano come fossimo appestati perché, secondo una certa narrazione, le nostre spese pubbliche sarebbero fuori controllo; al contrario, come risulta evidente dal rendiconto, l'Italia aumenta di anno in anno il suo risparmio pubblico. L'indebitamento netto, di conseguenza, è trainato non certo da spese in eccesso per quanto riguarda i servizi pubblici o il welfare, ma dagli interessi sul debito pubblico, dovuti almeno in parte ad una struttura disfunzionale dell'eurozona che non sempre riflette i fondamentali economici. Basti pensare che sui titoli di Stato decennali l'Italia paga un rendimento maggiore della Francia, nonostante possa ormai vantare, a differenza del Paese transalpino, uno stabile avanzo commerciale, una posizione netta sull'estero sostanzialmente in pareggio e un elevatissimo risparmio privato, unito a un debito privato ampiamente sotto controllo. Questi sono i punti di forza riconosciuti della nostra economia, eppure non bastano, evidentemente, a ridurre sui livelli francese il carico della spesa per interessi.

Per quanto riguarda l'indebitamento netto, in ogni caso, anch'esso appare in forte riduzione nel 2019, rispetto al triennio precedente: dai 40 miliardi del 2016, con il picco di 42 miliardi del 2017, fino ad arrivare ai 38 miliardi del 2018 e ai 29 miliardi dello scorso anno, che equivalgono all'1,6 per cento del PIL, con il deficit più basso dal 2007. Un contributo alla riduzione dell'indebitamento netto viene senza dubbio dalla minore spesa per interessi, scesa a 60 miliardi di euro dai 64 del 2018, ma la ragione principale è l'aumento delle entrate correnti per circa 23 miliardi di euro.

Da questi numeri emerge una finanza pubblica tutt'altro che fuori controllo e, anzi, fin troppo disciplinata, considerando che nel 2019 la crescita reale dell'economia si è fermata allo 0,3 per cento. Nel 2019, infatti, il PIL nominale è stato pari a 1 miliardo e 787 milioni di euro, con una crescita dell'1,2 per cento rispetto all'anno precedente. In termini di volume, la crescita è stata dello 0,3 per cento rispetto al 2018. Nel 2019 è entrato in vigore il tanto vituperato reddito di cittadinanza, con un notevole aumento dei finanziamenti per il contrasto della povertà, portandoli a circa mezzo punto di PIL; chi lo criticava un anno fa ha compreso quanto sia provvidenziale aver varato uno strumento simile, divenuto provvidenziale con l'emergenza COVID.

Per rispondere all'insorgere della pandemia, nel “decreto Rilancio” è stata introdotta una misura temporanea, il reddito di emergenza (REM), tesa a non lasciare priva di un sostegno nessuna persona in grave difficoltà economica; promuoverla è stata l'unica scelta possibile per ottenere risultati tangibili a favore degli esclusi dalle altre prestazioni.

Merita menzione la crescita degli investimenti pubblici rispetto al 2018: da 58,9 miliardi a 61, anche se il picco del 2017, pari a 66 miliardi di euro, deve essere ancora raggiunto ed è preciso impegno di questa maggioranza raggiungerlo e superarlo, sia con risorse nazionali che per mezzo dei fondi europei ottenuti in forza del Recovery Fund. Va detto chiaramente, a tal proposito, che la dinamica del rapporto debito-PIL andrà stabilizzata e poi invertita, stimolando il denominatore, cioè il PIL, piuttosto che intestardirsi nell'impraticabile riduzione del numeratore. Occorre impiegare le risorse a disposizione sia nella protezione delle fasce più deboli, aumentando per questa via la propensione al consumo dell'intera economia che, appunto, in un grande piano di investimenti produttivi pubblici e, in seconda battuta, anche di quelli privati. Un contributo alla stabilizzazione del rapporto debito-PIL nei prossimi anni arriverà, come è noto, dall'avanzo primario, che nel 2019 sale all'1,7 per cento del PIL, a quota 31 miliardi, sei in più rispetto al 2018. Tuttavia non può essere questa l'unica via per garantire la sostenibilità del nostro debito, perché, come si è visto durante la crisi del decennio passato, un avanzo primario troppo alto deprime l'attività economica, esaspera le tensioni occupazionali, stimola maggiori spese per gli ammortizzatori sociali e per questa via ha effetti paradossali sul rapporto debito-PIL che cresce invece di diminuire. Naturalmente, molto dipenderà dall'atteggiamento di medio e lungo termine della Banca centrale europea, ma da questo punto di vista un orizzonte di stabilità sui tassi di interesse è garantito, almeno a breve termine, dal programma di acquisti PEPP, recentemente raddoppiato a 1.350 miliardi di euro e prolungato fino al giugno 2021.

La crisi innescata dalla pandemia di COVID-19 determinerà, come evidenziano tanti docenti di economia, probabilmente, il permanere di tassi bassi per un lungo periodo e, di conseguenza, esborsi netti del Tesoro sul portafoglio in derivati. Solo quando i tassi di mercato torneranno ad aumentare con la graduale normalizzazione delle condizioni monetarie e finanziarie, il valore di mercato delle passività in derivati e i relativi esborsi netti per il Tesoro diminuiranno; a parità di composizione del portafoglio in derivati, un aumento di un punto percentuale dei tassi di interesse dell'area euro ridurrebbe, infatti, il valore di mercato delle passività in derivati di quasi il 30 per cento e i pagamenti attesi da parte del Tesoro di circa un quarto.

L'Italia, in definitiva, presenta una finanza pubblica pienamente sotto controllo, rimanendo anche nel 2019 su un sentiero di riduzione del deficit complessivo, a fronte di un persistente avanzo primario e di un crescente risparmio pubblico. Ricordo ancora una volta, a questo proposito, che nel 2019 i principali saldi di finanza pubblica chiudono a consuntivo in netto miglioramento rispetto alle previsioni.

Passando all'assestamento 2020, le differenze rispetto alla legge di bilancio sono notevolissime e dovute, tuttavia, esclusivamente o quasi, ai decreti emergenziali che hanno seguito la crisi da COVID. Ricordo che l'Italia ha messo a punto, in pochi mesi, due decreti economici di vaste dimensioni, oltre al “decreto Liquidità”, grazie al quale abbiamo predisposto uno schema di garanzie pubbliche per il settore bancario a beneficio della liquidità d'impresa. Gli effetti di tali misure li vedremo nel tempo; ora possiamo dire, dati alla mano, che il nostro Paese sta mostrando flessioni assai meno decise di altri nostri stretti competitor commerciali (vedi Spagna e Francia in testa). Nei prossimi mesi questo vantaggio sarà ancora più evidente, perché le nostre garanzie e la mole di ammortizzatori sociali già stanziata e prevista avranno permesso alle aziende di non disperdere la loro ricchezza e i loro capitali propri. Il complesso di risorse erogate è stato superiore a quello di altri Paesi: nei mesi di marzo e aprile il 51 per cento delle imprese ha usufruito della CIG COVID per quasi il 40 per cento dei dipendenti del settore privato; tra le imprese più piccole, che hanno utilizzato prevalentemente la CIG COVID in deroga, l'importo medio risparmiato grazie alla riduzione dell'orario di lavoro è stato pari a 3.900 euro nel bimestre.

Le imprese più grandi nel settore dei servizi che hanno usufruito dell'assegno ordinario COVID hanno risparmiato in media quasi 24 mila euro, mentre le imprese della manifattura che ricorrono prevalentemente alla CIG ordinaria COVID, circa 21 mila euro. In media un'impresa in CIG COVID ha speso circa 1.100 euro in meno per ogni dipendente presente in azienda.

Per il 7 per cento delle imprese il risparmio è stato di almeno 3 mila euro per ogni dipendente nel totale dei due mesi.

Dal lato dei lavoratori, in media ogni individuo in CIG COVID ha subito una riduzione oraria di quasi 156 ore, il 90 per cento dell'orario mensile di lavoro a tempo pieno, pari a 173 ore in marzo e aprile. La conseguente perdita di reddito da lavoro è stata in media del 27 per cento, con punte di oltre il 50 per cento.

L'Italia genera il terzo PIL dell'Eurozona; l'economia italiana, allo stesso tempo, rappresenta la seconda potenza manifatturiera europea. Siamo stati il Paese colpito per primo dal diffondersi del virus; a causa di ciò, il Governo ha dovuto - e ha fatto bene a farlo - introdurre per primo il lockdown, oltretutto con misure più dure che altrove.

Chi oggi stupidamente si lamenta del peso del lockdown per l'economia dimentica di considerare che cosa sarebbe successo senza il lockdown: un disastro sociale molto peggiore, oggi visibile in Brasile e in alcuni Stati degli Stati Uniti. Siamo stati i primi, ma mostriamo oggi maggiore tempra rispetto agli altri Paesi; dobbiamo proseguire nella nostra ottima reazione al tracciamento dei contagi.

Nei prossimi mesi saremo impegnati nell'esigenza di scegliere quali riforme attuare e in che ordine, in modo da beneficiare dei fondi europei nel corso del 2021, mentre per il 2020 rimane l'esigenza di concentrare gli aiuti sui settori e le aree del Paese che continuano ad avere bisogno di liquidità.

Il “decreto Cura Italia”, in particolare, ha comportato un aumento dell'indebitamento netto pari a 20 miliardi di euro, mentre il successivo “decreto Rilancio” è stato finanziato con uno scostamento di 55 miliardi di euro. Il terzo scostamento, che consentirà di finanziare il cosiddetto “decreto Agosto”, ha messo a disposizione ulteriori 25 miliardi, per un totale di 100 miliardi di euro.

Uno sforzo senza precedenti, che dovrà proseguire nel 2021 e negli anni seguenti e che si è inserito in un orizzonte europeo di maggiore flessibilità sulle politiche pubbliche, con la sospensione del Patto di stabilità e crescita, con il già citato intervento della Banca centrale europea, con la modifica transitoria della disciplina sugli aiuti di Stato, con la predisposizione in proiezione futura del Recovery Fund.

Con l'ultimo assestamento aumentano di 9,6 miliardi i trasferimenti a regioni destinati alla compensazione del minor gettito Irap dovuto al mancato versamento del saldo 2019 e della prima rata dell'acconto 2020 per circa 4 miliardi, al Fondo sanitario nazionale per complessivi 1,9 miliardi e al Fondo per l'esercizio delle funzioni delle regioni e delle province autonome per 1,5 miliardi.

Aumentano anche i trasferimenti agli enti locali di oltre 4,5 miliardi, per le assegnazioni di risorse al Fondo per l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali per 3,5 miliardi, di cui 3 per i comuni e 500 milioni per le province e le Città metropolitane, e per il reintegro del Fondo di solidarietà comunale a seguito dell'emergenza alimentare per 400 milioni.

Per le entrate tributarie, che principalmente recepiscono l'adeguamento alle stime del DEF 2020, si prevede una contrazione complessiva di quasi 39 miliardi, di cui meno 14,8 miliardi per le imposte dirette e meno 24,2 miliardi per le imposte indirette, interessando il gettito derivante sia dall'attività ordinaria di riscossione sia dall'attività di accertamento e controllo.

Per le entrate extratributarie si registra una diminuzione di oltre 11 miliardi principalmente per effetto della riduzione dei proventi derivanti dall'attività di contrasto agli illeciti di natura sia tributaria che non tributaria, nonché di quelli derivanti dai giochi.

Il sopraggiungere dell'emergenza sanitaria ha rimesso sotto pressione i bilanci pubblici, tanto di parte corrente quanto in conto capitale, creando nuove difficoltà strutturali per gli enti territoriali, solo in parte compensate dal sostegno dell'amministrazione centrale e dal ricorso a nuovo debito.

Ma, al di là dell'emergenza, una duratura ripresa della capacità di investire potrà realizzarsi purché si trovi una condivisione politica delle strategie europee per impedire che il nuovo debito venga utilizzato esclusivamente per tamponare il breve periodo, generando ancora una volta nuove criticità in un futuro molto prossimo. Di certo, così come sta immaginando il Governo, servirà una riduzione del costo del lavoro al Sud, con un abbattimento dei contributi previdenziali a carico delle imprese.

Dovremo aprire una trattativa con la Commissione europea, ma queste misure potrebbero avere effetti determinanti sull'occupazione e, in maniera indiretta, sull'emersione del lavoro nero, oltre a dare la possibilità di intercettare flussi di rilocalizzazione di imprese dall'estero verso il Sud. Non si tratta di usare il Next Generation EU per tagliare le tasse, ma, come ha specificato anche il Ministro Provenzano, solo una parte di fondi di coesione su una misura di forte impatto. La sostenibilità della finanza pubblica è ampiamente garantita in questo contesto, purché gli elementi di flessibilità appena citati non vengano negati precipitosamente e purché sul Patto di stabilità e crescita si apra una riflessione che vada oltre la sua temporanea sospensione, che davvero si vogliano archiviare una volta per tutte le politiche di austerità che tanto male hanno fatto all'Italia e all'Unione europea nel suo complesso.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, Viceministro Castelli, la variazione acquisita del PIL per il 2020 è pari a meno 14,3 per cento; è il dato pubblicato dall'Istat. Cosa significa questo? È il valore annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nel terzo e quarto trimestre. Secondo l'Istat siamo in presenza del valore più basso dal primo trimestre 1995, periodo di inizio dell'attuale serie storica. Il calo è stato del 12,4 per cento congiunturale, cioè rispetto al primo trimestre, e del 17,3 per cento in termini tendenziali, cioè rispetto al secondo trimestre del 2019.

Se si considera che nel DEF di aprile 2020 il Governo aveva stimato il calo del PIL a meno 8 per cento, diventa davvero difficile non rimanere interdetti davanti alle dichiarazioni del Ministro dell'Economia, che, commentando questi dati Istat, ha affermato che sono migliori delle previsioni, e ciò dimostrerebbe, tra l'altro, l'efficacia delle misure economiche adottate dal Governo.

Il maggior deficit varato dal Governo con i decreti di primavera è pari a 75, 20 più 55, miliardi per il 2020, che in termini di saldo netto da finanziare significa ben 180 miliardi, 25 più 155. Presto se ne aggiungeranno rispettivamente 25 e 32, sempre per il 2020.

Tutta questa annunciata potenza di fuoco ha però fatto sì che nel secondo trimestre le emissioni nette di titoli italiani siano state pari a 101 miliardi, dei quali, però, ben 31 sono finiti a rimpolpare il conto disponibilità, che a fine marzo era sceso pericolosamente a 29 miliardi ed è tornato a 60 miliardi a giugno. Quindi solo 70 miliardi netti in tre mesi, utilizzati per finanziare un'economia boccheggiante e allo stremo; quasi quanto la Spagna, che ha un debito pubblico e un livello del PIL nettamente inferiore all'Italia, e molto meno di Francia e Germania, attestate rispettivamente a 174 e 119 miliardi.

Osservando le emissioni lorde, come piace al Ministro Gualtieri, il risultato non cambia, colleghi. Il dettaglio del solo mese di giugno fornisce un quadro ancora più preoccupante: emissioni nette italiane pari a 21 miliardi, come Spagna, Francia e Germania, attestate rispettivamente a 68, 61 e 34 miliardi.

Interessante è anche il confronto con il 2019 per comprendere la diversa intensità della spinta messa in atto da ciascun Paese: rispetto a giugno 2019 le emissioni nette dell'Italia restano stabili e aumentano di 78 miliardi nel confronto trimestrale. Ben poca cosa rispetto agli incrementi registrati da Spagna, Francia e Germania: 62, 44 e 45 miliardi rispettivamente. L'Italia procede con il passo della tartaruga anche osservando l'incremento delle emissioni nell'intero secondo trimestre, e questa è la visione complessiva della nostra economia.

L'Italia, colleghi, entra clamorosamente in recessione conclamata. È facile prevedere che l'andamento del secondo semestre dell'anno sarà ancora ovviamente negativo, ma non è certo impresa facile ipotizzare l'entità del calo dell'intero 2020.

Secondo l'ultima stima della Commissione europea, la contrazione di quest'anno dovrebbe essere dell'11,2 per cento, e sarebbe il calo più pesante registrato dal PIL nella storia dell'Italia unita dopo quelli del 1943 e del 1944, ovvero del dopoguerra italiano.

Il PIL italiano tornerebbe indietro di 23 anni, scendendo a quota 1.440 miliardi, cioè allo stesso livello degli anni 1996-97: uno scenario inquietante, Viceministro Castelli, che ci pone il tema del ruolo dello Stato nell'economia e della necessità di evitare livelli di indebitamento troppo elevati, tra scostamenti continui imposti alle forze politiche a scatola chiusa.

Sì, certo, ci saranno i soldi del Recovery Fund ma, come ha detto Giorgia Meloni, il rischio molto concreto è che per riuscire a spenderli si debba passare troppo tempo a convincere tedeschi e olandesi, o perfino a farci dire da loro cosa dobbiamo fare con le nostre pensioni. Per arrivare a definire il beneficio-costo netto derivante dall'attivazione anche del programma Next Generation EU, devono essere valutati gli oneri di rimborso che ricadranno a carico di ciascuno Stato membro negli anni successivi. Una valutazione relativamente precisa di tali oneri è di difficile quantificazione. Secondo una stima dei contributi che ciascun Paese dovrebbe poter versare negli anni a venire, per l'Italia il beneficio netto, definito come la differenza tra il totale dei trasferimenti ricevibili nell'ambito del NGEU e il contributo al rimborso del debito UE necessario per il suo finanziamento, ammonterebbe a oltre 46 miliardi a prezzi 2018, ovvero a circa il 2,6 per cento del PIL nel 2019 a prezzi 2018. Ovviamente, colleghi, dipenderà tutto dai trasferimenti in entrata e in uscita.

L'erogazione dei fondi è subordinata alla preparazione da parte degli Stati membri dei piani nazionali di ripresa e resilienza che definiscano un programma coerente di riforme e investimenti pubblici per gli anni successivi, con evidenziazione dei target intermedi e finali delle riforme e degli investimenti. I progetti di investimento devono essere completati entro 7 anni e le riforme entro 4 anni dall'adozione della decisione di concedere il sostegno allo Stato membro. Vedete, la logica è troppo simile a quella deteriore del bilancio pluriennale dell'Unione europea. Il vincolo di destinazione dei fondi è che si potranno utilizzare per gli investimenti ideologicamente orientati, come il green, non certo per tagliare le tasse, appunto. La ricetta più efficace sarebbe stata quella di lasciare più soldi nelle tasche dei cittadini e delle imprese, e lasciare che fossero loro a decidere dove indirizzarli; al contrario, ci ritroviamo con una quota extra del già inefficiente bilancio UE.

Insomma, che dire? Mi sembra abbia ancora una volta ragione Giorgia Meloni: anche ammettendo che il crollo dovuto alla pandemia da Coronavirus possa essere colmato in tempi ragionevolmente brevi, rimarrebbe sempre da recuperare il ritardo che già nel 2019 vi era rispetto al 2007, ritardo che segna una pesante interruzione nel percorso secolare di crescita del PIL italiano, ed anche una drammatica anomalia rispetto alle altre economie avanzate, che hanno superato in pochi anni la crisi del 2008 per continuare poi a crescere fino alla battuta d'arresto del 2020. Un impatto enorme anche sul settore culturale, che per ora ha ricevuto poco o nulla. A seguito della legge di assestamento e delle variazioni intervenute per atto amministrativo in corso d'anno a consuntivo, si registrano, colleghi, per il 2019 spese per 2,6 miliardi in termini di competenza, con un decremento di meno 81 milioni rispetto alle previsioni iniziali, e per 2 miliardi in termini di cassa, con un decremento di meno 865 milioni rispetto alle previsioni iniziali. In confronto al 2018 si registra un 10 per cento di parte corrente e un aumento del 24 di quelle in conto capitale. La variazione percentuale degli investimenti in tutela della cultura, di cui lo spettacolo dal vivo è solo il 15 per cento del totale, e l'audiovisivo il 9 per cento circa, è solo del 3,4 per cento in più: sono solo 2,6 miliardi per una nazione che vive di bellezza, della narrazione della bellezza e del turismo (il 97,5 per cento delle spese del Ministero). Il MiBACT, inoltre, rappresenta solo il 7,7 per cento del bilancio dello Stato: una capienza ridicola per l'Italia, la patria delle arti e della bellezza. Per questo, a fronte in generale anche del sottofinanziamento del sistema teatrale e dello spettacolo dal vivo in Italia, abbiamo presentato un emendamento a mia prima firma già in Commissione cultura, poi in Commissione bilancio, per la destinazione di 1 miliardo in più, triennale, al capitolo afferente a questa missione dell'assestamento di bilancio; una proposta avanzata anche nei decreti di contrasto al contagio economico post serrata, o lockdown, visto che vi piace tanto l'inglese. Il sistema di finanziamento pubblico dello spettacolo, infatti, reca distorsioni rilevanti, che soprattutto in una fase di scarsa domanda di cultura devono essere sanate. Abbiamo anche presentato una proposta di legge apposita, una sorta di legge quadro, perché lo spettacolo dal vivo rappresenta un capitolo rilevante dello stato di previsione del MiBACT. Operatori del settore e importanti centri di ricerca e di produzione, fra cui il prestigioso Istituto Bruno Leoni, affermano - e sono loro a farlo, non Fratelli d'Italia - che l'erogazione dei fondi FUS, del cosiddetto Fondo unico per lo spettacolo, sia viziata da un'assegnazione clientelare dei fondi stessi, basata più sulle relazioni tra gestori e politica che sulla qualità dell'opera finanziata; e poi da una distorsione del mercato dei beni culturali italiani, da un sistema di concorrenza sleale tra beneficiari e non beneficiari, e infine da un abbassamento generale della qualità dei progetti d'arte proposti.

Vogliamo porre il tema dell'efficacia quindi stessa di uno strumento come il Fondo unico per lo spettacolo: a essere premiati con contributi stabili e costanti sono sempre gli stessi soggetti, a scapito della concorrenza e con rischi di stratificazione e oligopolio. Abbiamo presentato, infatti, una proposta di legge per garantire una revisione dei criteri quantitativi e qualitativi di accesso del Fondo, a cominciare anche dal nome, perché sarebbe ora forse di chiamarlo Fondo nazionale per le arti e lo spettacolo dal vivo, invece che con questo nome sovietico, di ispirazione sovietica, di Fondo unico per lo spettacolo. Ma gli operatori, purtroppo, hanno bisogno di soldi veri, di contanti, di liquidità. Mi preme notare un esempio: a fronte del calo di fatturato per il COVID-19, il Governo inglese, quello che è uscito dall'Unione europea, ha stanziato 1 miliardo e mezzo di sterline per la cultura a fondo perduto, noi no. La forte incertezza sui tempi e modi di uscita dalla crisi sanitaria e le ricadute sul mercato del lavoro - ci sono 600 mila occupati in meno da marzo a giugno secondo l'Istat - hanno ridotto il potere d'acquisto di molte famiglie e aumentato il risparmio anche a scopo precauzionale, frenando così la domanda e la circolazione del contante nonostante le misure di sostegno al reddito. Per questa ragione riteniamo si debba introdurre nel contesto nazionale un meccanismo di detrazione fiscale dei consumi culturali: lo abbiamo proposto in ogni provvedimento, anche nell'ultimo provvedimento. Abbiamo chiesto almeno un segnale. Sappiamo che peserebbe circa 600 milioni avere la detrazione del consumo culturale su base annuale: non è una grande cifra per il bilancio dello Stato, non è affatto una grande cifra per uno Stato che ha una situazione di emergenza. Questo rimetterebbe in moto i consumi e permetterebbe alle fasce deboli e non garantite, alle famiglie più esposte di non dover scegliere se andare al supermercato o andare a teatro, andare al cinema, andare a un concerto o vedere uno spettacolo di danza dal vivo.

La spinta necessaria per il rilancio dell'Italia passa per investimenti e deburocratizzazione. Va stimolata la domanda e incentivata l'offerta in ogni ambito, come meridiana della politica economica, con meccanismi, come detto, shock nella politica fiscale. Non possiamo permetterci una crescita del PIL anemica.

Infine, colleghi, se non fosse stata necessaria la serrata, il lockdown, se dovessimo scoprire che sia stata una semplice narrazione comunicativa per rafforzare un Governo che stava morendo, ci troveremmo di fronte a un fatto così grave, senza precedenti storici, che il Presidente Mattarella dovrebbe sciogliere immediatamente le Camere. Vedete, un conto è affrontare l'emergenza insieme e fare appello all'unità nazionale, e su questo Fratelli d'Italia è sempre stata pronta e disponibile; un altro è approfittare dell'emergenza per fare atti da “democratura” poi vincolati con il segreto di Stato, colleghi. Andate in giro nelle manifestazioni ufficiali a vantarvi che state desecretando gli atti - e non è vero - delle stragi italiane e poi che fate? Applicate il segreto di Stato su dei semplici verbali del Comitato scientifico. Ve le ricordate le dirette Facebook del Presidente Conte, che ormai avevano sostituito il telegiornale sulla rete 1? Ve lo ricordate il “Comitato scientifico”?

Sembrava di leggere Orwell recitato in diretta, in presenza, dal Presidente Conte: il comitato scientifico ha detto, il Ministero della Verità ha decretato, dobbiamo chiudere tutto. Poi si è visto che probabilmente sarebbe stato sufficiente andare a segmentare e isolare le zone rosse fino al Centro-Nord e tutelare l'economia italiana. Ma questo lo vedremo, colleghi, perché in ogni sede ci saranno comitati, avvocati e anche rappresentanti politici che si opporranno a questo ridicolo segreto di Stato. Dobbiamo vedere le carte, dobbiamo capire perché un comitato scientifico, che era solo consultivo, ha avuto il potere di far bloccare un'economia nazionale, con danni economici da cui forse ci riprenderemo soltanto nei prossimi tre, quattro, cinque anni. Noi di Fratelli d'Italia crediamo nell'unità nazionale, più volte abbiamo fatto proposte, attraverso Giorgia Meloni, attraverso le nostre rappresentanze, proponendo anche un'unità di crisi parlamentare, che inizialmente era stata costituita e poi non si sa più che fine ha fatto. Avete preferito sostituirla, colleghi del Governo, con la narrazione, con Villa Pamphilj, con il reality del grande Governo, invece di ascoltare i cittadini, le categorie, come stiamo facendo dall'inizio dell'emergenza noi dell'opposizione. Vi siete chiusi nel palazzo e non vi rendete conto che l'autunno prossimo sarà un autunno sconvolgente. E noi saremo qui, per rappresentare le istanze più alte e profonde del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimo Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Presidente, oggi veniamo all'esame del Rendiconto 2019 e dell'assestamento per il 2020. Io volevo elaborare alcuni dei punti più importanti guardando il Rendiconto 2019. Sicuramente, di positivo, come dicevano anche i miei colleghi in quest'Aula poco fa, è che abbiamo osservato un aumento delle entrate correnti finali di quasi un punto di PIL. È aumentato il gettito Irpef, il gettito Ires, il gettito IVA, i contributi sociali effettivi, e sicuramente questo è collegabile con un'opera di maggiore compliance nel settore fiscale, dell'avanzamento della fatturazione elettronica, quindi le entrate complessive dello Stato sono passate da 46,3 per cento al 47,1 per cento, con un aumento di 23 miliardi, che sicuramente è positivo per i nostri conti pubblici, mentre, sul lato delle spese, anche se avevamo avuto una piccola diminuzione tra il 2017 e 2018, all'epoca del Governo gialloverde, tra il 2018 e il 2019, le spese correnti sono aumentate dal 48,5 per cento del PIL al 48,7 per cento. Ma ciononostante, grazie alla grande compressione dello spread, o almeno dei premi di rischio sui nostri titoli di Stato, abbiamo assistito nel 2019 a una grande compressione della spesa per interessi, soprattutto nella seconda parte dell'anno scorso: la spesa per interessi è scesa dal 3,7 per cento di PIL del 2018 al 3,4 per cento, quindi abbiamo assistito a un importante miglioramento dell'indebitamento netto, che è passato da meno 2,4 per cento del 2017 a meno 2,2 per cento del 2018, fino a questo inaspettato ma benvenuto miglioramento nel 2019 di 1,6, con un consistente miglioramento dell'avanzo primario, che è via via aumentato fino all'1,7 per cento nel 2019, condizione fondamentale per portare il nostro rapporto del debito pubblico su una traiettoria discendente, almeno allora, quando eravamo ancora in un'epoca pre-COVID.

Ciononostante, Presidente, noi notiamo che nel 2019, sebbene ci siano stati grandi annunci - da parte soprattutto della Lega, di pace fiscale - di flat tax, abbiamo visto che la pressione fiscale durante il Governo gialloverde è aumentata, è aumentata fino al 42,4 per cento del PIL, a dimostrazione del fatto che, insomma, proprio mentre splendeva il sole le tasse non sono state diminuite. Il debito pubblico, però, è rimasto costante, al 134,8 per cento nel 2018 e nel 2019. Inoltre, se guardiamo il Rendiconto, notiamo anche una riduzione dei residui, specie dei residui passivi, grazie all'introduzione dell'impegno pluriennale all'esigibilità, che rimanda su altri anni le spese, e anche grazie alla svalutazione dei crediti poco esigibili da parte dell'Agenzia delle entrate. Da qui io rivolgo un invito al Governo, ovvero quello di sopperire ai rilievi della Corte dei conti: la Corte dei conti ha approvato il Rendiconto, ma ha rilevato il persistere di una serie di irregolarità - alcune in vigore purtroppo da anni -, sia in merito al conto del bilancio che della situazione patrimoniale. Per esempio, mi riferisco all'incertezza e all'incompletezza dei dati dei beni immobili intestati al MEF, intestati all'Agenzia del demanio, intestati al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, o, per esempio, non sono ancora state registrate nel conto del patrimonio tutta una serie di voci molto importanti, come le opere permanenti destinate alla difesa nazionale (parliamo di aeroporti, basi navali, caserme, e spesso anche di quelle civili). Secondo me è importante che il Governo risponda a questi rilievi della Corte dei conti, anche perché è solo su dei conti in ordine che si può costruire la crescita. Se invece guardiamo ai gradi di raggiungimento dei risultati misurati dagli indicatori per ogni Ministero, nel 2019 salta agli occhi come sia il Ministero della Giustizia l'amministrazione con la percentuale dei risultati raggiunti tra quelle più basse (il 70 per cento), che richiama a noi, alla politica, al Parlamento ma soprattutto al Governo, quanto sia proprio il fronte della giustizia uno dei fronti più urgenti sui quali è importante intervenire, anche e soprattutto per avviare una seria riforma della giustizia civile, semplificare la normativa e dare ai cittadini tempi certi per ottenere giustizia. Noi sappiamo molto bene che la lunghezza dei processi è uno degli scogli più grossi per il nostro sviluppo economico, l'abbiamo visto nell'ultima crisi, quando abbiamo visto scoppiare il numero di sofferenze, di debiti incagliati sul groppone delle nostre banche; lo vediamo anche se guardiamo al numero di investimenti diretti dall'estero in entrata in Italia, che sono microscopici, per la grandezza della nostra economia, sono minuscoli, soprattutto se guardiamo agli stipendi di una manodopera comunque qualificata, come quella italiana, che ha stipendi molto inferiori a quelli di altri Paesi europei come Regno Unito, Francia e Germania, quindi non si spiega, se non per la complessità normativa, se non per la lunghezza delle procedure, a partire da quello della giustizia civile. È molto importante intervenire su quel fronte, e credo che anche il Rendiconto mostri argomenti in quel senso. Ricordiamoci che sono stati introdotti in questi anni, in questi ultimi due anni, tanti nuovi strumenti per la contabilità nazionale dello Stato: si sta operando su azioni invece di capitoli di bilancio; abbiamo già detto che è il primo anno in cui si opera con l'impegno pluriennale ad esigibilità, che permette la generazione di residui passivi minori; e poi, ovviamente abbiamo assistito, dal 2016, a una maggiore flessibilità gestionale: è stato introdotto il decreto del Ragioniere generale dello Stato. Tutto questo sicuramente è positivo per permettere una più grande celerità, ed è estremamente fondamentale che il Parlamento mantenga una supervisione forte e precisa dell'operato del MEF e dei vari Dicasteri. Detto questo, credo, Presidente, che sia molto importante fare molto di più per permettere al Parlamento di incidere con maggiore accuratezza ed efficacia sulla politica economica. È fondamentale e necessario avviare una seria valutazione delle politiche pubbliche, operare per aggregati è a volte troppo descrittivo e non abbastanza analitico; occorre suscitare iniziative come l'UVI, l'ufficio valutazione impatto, creato al Senato nel 2015, ovvero organi tecnici imparziali impegnati a diffondere, sviluppare e potenziare la cultura della valutazione per realizzare analisi e valutazione delle politiche pubbliche basate sull'esame, anche sperimentale, di rischi, costi, benefici dell'efficacia, e che corrispondono a queste domande: quale legge ha funzionato? Il cambiamento desiderato è avvenuto o meno? Si sarebbe potuto fare meglio? Sono stati soldi ben spesi? È un'iniziativa introdotta nel 2015 e operativa nel 2017, ma che poi il Governo gialloverde ha lasciato in un angolo, quando invece sarebbe stata un'iniziativa da sostenere in modo bipartisan a beneficio del Paese. Da qui il mio appello al Governo a riprendere quest'iniziativa, anche sulla scia dell'Ufficio parlamentare di bilancio, istituito qui alla Camera pochi anni fa. In sintesi, Presidente, il Rendiconto del 2019 sembra in ordine, ma se lo guardiamo con gli occhi di oggi, in piena epidemia del COVID-19, vengono in mente enormi sprechi che sono stati operati. Penso, per esempio, a “quota 100”: quasi 20 miliardi di euro sprecati per 100-200 mila persone, quando ormai gli organi dell'Istat possono sancire il fallimento totale della staffetta generazionale. Si era detto che ogni pensionato avrebbe generato maggiori assunzioni di giovani, ma questo non è successo, non è avvenuto, diciamocelo chiaramente. Lo possiamo dire oggi perché abbiamo i numeri in consuntivo: è stato un fallimento. Vengono in mente anche la necessità di riformare e migliorare interventi come il reddito di cittadinanza, di renderlo una vera politica attiva del lavoro. Abbiamo visto i dati: su 2 milioni di percettori, soltanto 70 mila hanno trovato lavoro. Poi, il grande fallimento dei navigator, ed emergono sempre più casi di percezione indebita del reddito di cittadinanza. Tutte queste, quindi, sono state maggiori spese, proprio mentre il quadro macroeconomico, all'epoca, soltanto un anno fa, era molto favorevole. Un vero peccato: non si è riparato il tetto mentre splendeva il sole, un altro aspetto caratterizzante del populismo di Governo. Vengo invece all'assestamento 2020.

L'epidemia del COVID-19 e la crisi economica in corso hanno chiaramente imposto una severa revisione peggiorativa delle previsioni per i nostri conti pubblici, a seguito del deterioramento della previsione macroeconomica. Abbiamo visto che, sul lato delle entrate tributarie, ci aspettiamo per quest'anno una riduzione di 42 miliardi, tra le previsioni iniziali per il 2020 e le previsioni del disegno di legge per l'assestamento 2020. Le entrate tributarie passeranno da 583 miliardi a 541 miliardi. Diminuiscono anche le entrate extratributarie, per quasi 3 miliardi, perché, ovviamente, c'è una riduzione dei proventi del gioco pubblico e della gestione della Banca d'Italia.

Sul lato delle spese, invece, assistiamo a un aumento di 180 miliardi. Le spese dello Stato aumentano: da 662 miliardi, come erano previste a gennaio, invece esplodono e arrivano a 843 miliardi, anche per via ovviamente della spesa per gli ammortizzatori automatici. Questo comporta un considerevole peggioramento del saldo netto da finanziare, che passa da 78 miliardi a 302 miliardi, ovvero un aumento di 224 miliardi, di cui 171 miliardi per atti amministrativi (soprattutto il “decreto Cura Italia” e il “decreto Rilancio”), mentre altri 52,2 miliardi arriveranno oggi, con le variazioni proposte dal disegno di legge di assestamento che stiamo esaminando.

Secondo me, è molto importante, Presidente, anche se può essere tedioso, e dobbiamo un attimo ricordare velocemente, in quest'Aula, dove stanno andando questi soldi, questo enorme aumento del debito pubblico di 20 punti percentuali, per spiegare agli italiani dove stanno andando questi soldi, che verranno ben spesi in opere necessarie, per contrastare questa crisi: 18,7 miliardi vanno, appunto, a sostenere le spese per la cassa integrazione (purtroppo i fondi non sono abbastanza e bisognerà anche fare di più, per assicurare una veloce erogazione di questi fondi e credo che siano stati assolutamente inaccettabili i ritardi operati dall'INPS); 7,2 miliardi, invece, per l'indennità una tantum per i lavoratori autonomi; 2 miliardi per il congedo parentale e l'acquisto di servizi di baby sitting; 1 miliardo per il reddito di ultima istanza; quasi 10 miliardi per le regioni, per compensare il mancato gettito IRAP; 4,5 miliardi di sostegno agli enti locali, tra cui il reintegro del Fondo di solidarietà comunale, appunto soprattutto per quanto concerne l'emergenza alimentare per 400 milioni; 6,2 miliardi di contributi a fondo perduto per le imprese, i lavoratori autonomi agrari e le partite IVA (quindi, io credo che siano stati molto efficaci - è la prima volta che venivano fatti nel nostro Paese - anche grazie alla rapida esecuzione da parte dell'Agenzia delle entrate); 1,8 miliardi di crediti di imposta per i canoni di locazione di negozi e imprese. Abbiamo anche abbassato le tasse sul lavoro, per 3 miliardi di euro - per la prima volta si diminuiva il cuneo fiscale dal 2014 in questo Paese - ampliando il bonus di 80 euro fino a 100 euro ed estendendolo ai percettori di reddito fino a 28 mila euro; 2,6 miliardi sono andati per il bonus vacanze alle famiglie con ISEE fino a 40 mila euro, il che - abbiamo già visto i dati di oggi: quasi 500 milioni sono già stati erogati - quindi manifesta del successo di questa misura (quindi, non condivido quanto diceva il collega Paternoster della Lega: quelli sono soldi che vanno direttamente a sostenere ed aiutare il settore turistico italiano); 1,6 miliardi per il lavoro straordinario svolto dai dipendenti pubblici; 30 miliardi per il rifinanziamento del fondo per la copertura delle garanzie sui prestiti delle imprese disposti dal “decreto Liquidità” per la Sace; 7,2 miliardi, invece, per il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.

Noi sappiamo che già oggi sono stati erogati prestiti garantiti per 70 miliardi di euro. Quindi, al contrario di tutti i primi avvisi di critiche, 70 mila miliardi sono stati erogati nella nostra economia, prestiti garantiti a tassi bassissimi, da ripagare solo tra due anni.

Credo che questo sia qualcosa di estremamente buono, che mette l'Italia tra i primi Paesi, se non il primo Paese, per risposta in termini di sua manovra espansiva ed economica a livello europeo.

Oggi, invece, nel decreto di assestamento, vi è una serie di variazioni proposte, soprattutto un peggioramento del saldo netto da finanziare per 52,5 miliardi, cui accennavo poco fa, soprattutto concernente la riduzione delle entrate delle imposte dirette e indirette, tra qui e la fine dell'anno; una riduzione in totale dell'8 per cento, in confronto a quanto previsto a inizio 2020.

Nello specifico, di questi 52,2 miliardi, 39 miliardi sono minori entrate tributarie (17 miliardi di IVA, 9 miliardi di Irpef e 6 miliardi di Ires) mentre altri 12 miliardi di entrate extratributarie, minori rispetto a quanto erano le previsioni, anche per un minore risultato dalla lotta all'evasione.

Il disegno di legge di assestamento prevede anche un ulteriore risparmio di 1 miliardo sulla spesa per interessi passivi. Questo anche grazie all'intervento della Banca centrale europea, che acquista ogni giorno titoli del nostro debito pubblico con il suo programma PEPP, che ha consentito ai tassi del nostro Paese di diminuire, su dieci anni: erano oltre il 2 per cento pochi mesi fa e, adesso, siamo sotto l'1 per cento.

Inoltre, il disegno di legge di assestamento prevede un aumento delle spese per i crediti di imposta di ricerca e sviluppo per le imprese per 2,2 miliardi.

Io penso che dalla Lega le lezioni siano irricevibili e non ci siano veramente punti da trarre per questo Governo. La Lega al Governo, quando l'economia andava bene, non ha potuto diminuire le tasse. Questo Governo, invece, è riuscito a diminuire le tasse, soprattutto quelle sul lavoro.

La Lega ha cancellato l'ACE, l'Aiuto per la crescita economica, che avrebbe consentito alle nostre aziende di arrivare a questa crisi con patrimoni più solidi. Anche quella è stata cancellata ovviamente senza avere un piano di lungo termine.

Ricordo anche al collega Paternoster che le partite IVA, invece, hanno visto due grandi misure in questi ultimi mesi: innanzitutto, l'indennità per i lavoratori autonomi e anche i fondi a contributo perduto.

Sicuramente credo che sia molto interessante e giusto che il Governo si avvii sulla strada indicata dal Ministro Gualtieri, ovvero di operare una tassazione delle partita IVA sui flussi reali, cercando di superare appunto il sistema di acconti, anche per venire incontro alla liquidità di questi milioni di autonomi, spesso giovani o giovanissimi.

Mi consenta, Presidente, di concludere con alcune osservazioni. Innanzitutto, una cosa salta agli occhi, se uno guarda e si cimenta con le cifre del Rendiconto dello Stato e dell'assestamento di bilancio, ovvero che il nostro Paese spende più soldi per interessi passivi sul nostro debito (68 miliardi), che per fondi per istruzione, ricerca e scuola (61 miliardi). Un Paese che spende più soldi per interessi che per scuola non ha futuro. E, veramente, noi siamo il Paese in tutta Europa che meno spende per università, ricerca e scuola di tutta l'Europa, senza nemmeno l'8 per cento del PIL. Meno di noi fa soltanto l'Ungheria. Credo che sia molto importante tenere questo a mente. Più borse di studio, più soldi per la ricerca, più mobilità interuniversitaria, per essere capaci di attirare e trattenere talenti nella nostra accademia. Credo che questo sia fondamentale, per rimettere il nostro Paese sulla via della crescita nel medio e lungo termine. Da qui il mio invito al Governo ad adoperarsi su questo fronte.

Infine, una cosa che mi sento di dire al collega Lovecchio del MoVimento 5 Stelle, di cui condivido la maggior parte delle considerazioni: io penso che sia molto importante per il nostro Paese, assicurare, una volta che la crisi sarà finita, un consistente e ampio avanzo primario. È una condizione necessaria per proteggere le generazioni future e cercare di mettere su una traiettoria discendente la spesa per il nostro debito pubblico e il rapporto debito pubblico- PIL.

Invece, al collega Mollicone, non posso che dire che trovo assolutamente fuorvianti le sue accuse. L'Unione europea è venuta in sostegno dell'Italia con oltre 209 miliardi di sostegno finanziario, 80 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto. Quindi, credo che veramente sarebbe folle solo immaginare come il nostro Paese avrebbe potuto confrontarsi con questa crisi, senza questo forte sostegno dei nostri partner in Europa.

Presidente, l'epidemia è ancora in corso ed è difficile prevedere come finirà. A me pare evidente che lo Stato abbia messo in campo tutti gli strumenti necessari per sostenere lavoratori, famiglie e imprese, in quella che è la più grave recessione economica dalla fine della Seconda guerra mondiale.

L'inaugurazione oggi del nuovo ponte di Genova, dopo soli due anni dalla terribile tragedia del ponte Morandi, ci fa ben sperare. Spero che sia la prova che l'Italia può farcela. Per farcela, però, è importante tenere i conti in ordine, perché solo con i conti in ordine si può generare crescita e avviare una seria riforma a partire dalle norme, una seria riforma del nostro sistema, semplificando il nostro sistema normativo. Solo così potremo rilanciare gli investimenti e gli investimenti infrastrutturali. Io credo che questa crisi possa essere una grande occasione, anche grazie, appunto, ai fondi e alla fiducia che hanno riposto in noi i nostri partner europei dell'Unione europea. Non sprechiamola (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Carlo Giacometto. Ne ha facoltà.

CARLO GIACOMETTO (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Viceministro Castelli, la discussione generale che stiamo concludendo ormai riguarda due provvedimenti particolarmente rilevanti nell'ambito del ciclo del bilancio del nostro Stato. Due provvedimenti che appaiono oggi del tutto distanti l'uno dall'altro, poiché fanno riferimento ad annualità che mai come in questo particolare momento storico sono del tutto diverse tra loro.

Il disegno di legge del Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'anno finanziario 2019, infatti, fa riferimento ad un'annualità di bilancio che, pur essendo caratterizzata da un cambio di Governo in corso d'opera - siamo passati dalla maggioranza gialloverde a quella giallorossa - si può definire come un anno ordinario, anche per quanto riguarda i suoi principali indicatori di risultato, che, in assoluta continuità con le annualità precedenti, hanno collocato ancora una volta il nostro Paese agli ultimi posti in termini di crescita economica fra gli Stati dell'Unione europea.

Al contrario, l'anno in corso, su cui impatta il disegno di legge riguardante l'assestamento di bilancio per il 2020, ha una natura del tutto straordinaria, a seguito della pandemia mondiale determinata dal Coronavirus, del conseguente lockdown o - per citare il collega Mollicone -, “serrata”, che ha interessato la larghissima parte del mondo economico-produttivo, e del crollo del prodotto interno lordo del nostro Paese. Insomma, si tratta di due realtà completamente differenti, che tuttavia hanno un filo conduttore che rischia di pregiudicare la ripresa - il cosiddetto rimbalzo - che dovrebbe caratterizzare l'economia mondiale - e si spera anche italiana - nel quarto trimestre del 2020 e nel successivo biennio: la stagnazione ormai ventennale della nostra economia, caratterizzata da una bassa produttività, da un numero ridotto di occupati rispetto al totale della popolazione, da un impiego di risorse pubbliche quasi totalmente appannaggio delle spese correnti, con un netto calo di quelle destinate agli investimenti nel corso degli anni, da un livello infrastrutturale non adeguato ai tempi e alla competizione mondiale. Se da un lato, infatti, il consistente crollo del PIL italiano (pari al meno 17,3 per cento) in rapporto al secondo trimestre del 2019 ci colloca in recessione tecnica e, per poco, in una posizione migliore rispetto a Spagna e Francia, in questa triste classifica, dall'altro lato, si tratta di avere bene in mente il fatto che, tra il 2010 e il 2019, il nostro prodotto interno lordo è aumentato soltanto dello 0,5 per cento in termini assoluti, contro il più 10 per cento della Spagna, il più 12 per cento della Francia e il più 16 per cento della Germania. Il Coronavirus, dunque, non ha fatto altro che aggravare le condizioni di un'economia, la nostra, già fortemente malata da tempo. Ma andiamo con ordine e partiamo dal Rendiconto che - come è noto - ha carattere formale e non è inemendabile. Questo provvedimento, la cui iniziativa è riservata al Governo, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, evidenzia infatti le risultanze contabili della gestione amministrativa delle risorse di pertinenza statale. Su tale disegno di legge le Camere sono pertanto chiamate ad esprimere una valutazione complessiva, senza poterne modificare il contenuto e ciò in quanto il Rendiconto generale dello Stato rappresenta lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica, adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria dell'anno precedente rispetto a quello in corso. Per contestualizzare al meglio i risultati contenuti nel rendiconto 2019, ritengo innanzitutto di dover evidenziare alcuni fra i principali indicatori: nel 2019, il PIL nominale è stato pari a 1.787 miliardi di euro, con una crescita dell'1,2 per cento rispetto all'anno precedente; in termini di volume (PIL reale) la crescita è stata dello 0,3 per cento rispetto al 2018. L'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, cioè il ricorso a maggior deficit per l'anno 2019, è arrivato in valore assoluto a circa 30 miliardi, corrispondenti all'1,6 per cento del PIL. Questo dato indica un miglioramento di circa 9,5 miliardi rispetto al 2018, anno nel quale l'indebitamento è risultato di circa 39 miliardi, pari allo 2,2 per cento del PIL. Il saldo primario è risultato positivo e pari all'1,7 per cento del PIL (31 miliardi), con una crescita di 0,2 punti percentuali rispetto al 2018, come peraltro da tanti anni a questa parte. La spesa per interessi infine è stata pari al 3,4 per cento del PIL, con una diminuzione di 0,3 punti percentuali rispetto al 2018. Il saldo di parte corrente è stato positivo e pari a circa 28 miliardi. Al miglioramento del saldo ha concorso principalmente un incremento delle entrate per circa 23 miliardi, che ha determinato effetti più che compensativi rispetto all'incremento delle spese. Le entrate totali del 2019 delle amministrazioni pubbliche sono infatti aumentate del 2,8 per cento rispetto all'anno precedente, con un'incidenza sul PIL pari addirittura al 47,1 per cento. La pressione fiscale complessiva è risultata nel 2019 pari al 42,4 per cento, un dato in aumento rispetto all'anno precedente, quando si era fermata al 41,9. Le spese finali si sono attestate nel 2019 a 870 miliardi, in aumento dell'1,6 per cento rispetto al 2018. Nel complesso, l'incidenza delle spese complessive rispetto al PIL è cresciuta leggermente, passando dal 48,5 per cento al 48,7 per cento. Il debito pubblico, a fine 2019, è arrivato a 2.409 miliardi di euro, in aumento di 29 miliardi rispetto al 2018. Passando poi alla gestione dei residui, la Relazione al Rendiconto 2019 evidenzia come in quell'anno siano continuati a rimanere su livelli considerevoli, sia per quanto riguarda il totale cumulato, sia per quelli di nuova formazione, sia sul lato delle entrate, e cioè i residui attivi, sia sul lato delle uscite e cioè i residui passivi. Il conto dei residui al 31 dicembre 2019 espone infatti residui attivi per 216 miliardi di euro e residui passivi per circa 114 miliardi, con un saldo attivo di circa di circa 102 miliardi, che rappresenta una massa enorme di risorse che lo Stato non riesce ad incassare. Venendo alla gestione di cassa, alle cui risultanze concorrono la gestione di competenza e la gestione dei residui, la stessa è rappresentata, per la parte di entrata, dagli incassi, per la parte di spesa, dai pagamenti. In termini di cassa, a differenza di quanto riscontrato per la gestione di competenza, i saldi registrano un peggioramento rispetto al risultato dell'esercizio 2018. Al riguardo, si osserva infatti che nel 2019 il saldo netto da finanziare è risultato pari a 66,5 miliardi, con un peggioramento di 20,6 miliardi rispetto al risultato raggiunto l'anno precedente. Il risparmio pubblico risulta pari a meno 29,8 miliardi di euro, con un peggioramento di oltre 20 miliardi rispetto al dato del 2018. Il ricorso al mercato pertanto si attesta nel 2019 su un valore di oltre 286 miliardi di euro, con valore negativo evidentemente, anch'esso in peggioramento rispetto al 2018.

Per quanto riguarda infine i rilievi della Corte dei conti, che nel suo giudizio di parificazione, che ha svolto il 24 giugno scorso, è entrata nel merito rispetto al Rendiconto 2019, essi si possono sintetizzare in tre principali questioni, che peraltro, come Forza Italia, ci vedono completamente concordi, essendo da sempre patrimonio delle nostre battaglie politiche, e che dovranno costituire secondo noi gli assi portanti per la strategia da mettere in campo in vista della ripresa, se ci sarà, impiegando al meglio le risorse dei quattro pilastri previsti dall'Unione europea. Si tratta di un intervento fiscale che - dice la Corte - non è più rinviabile, per ridurre le tasse ai lavoratori, ai pensionati e alle imprese: su questo aspetto Forza Italia è pronta al confronto, come sempre, partendo dalla proposta di legge di Brunetta sulla “flat tax” e dalla proposta di legge Martino sulla pace fiscale, entrambe incardinate in Commissione finanze. Occorre poi un intervento di sburocratizzazione, che definirei meglio “rendere più snello e veloce il sistema e favorire in modo concreto il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese”. Su questo aspetto, il giudizio della Corte dei conti è particolarmente incisivo e riguarda, non solo il tema del pagamento alle imprese dei debiti contratti con la pubblica amministrazione, ma anche i tempi di erogazione di prestiti e liquidità secondo quanto disposto dai recenti decreti, appunto “Liquidità” e “Rilancio”.

La pubblica amministrazione continua a pagare in ritardo, impiegando mediamente 49 giorni, e il tempo medio di ritardo è aumentato. L'Amministrazione statale nel suo complesso, nel corso del 2019, ha trattato poco più di 4 milioni di fatture, per un importo complessivo di circa 18 miliardi di euro, e ne ha pagate 2,7, corrispondenti all'importo di 13 miliardi. Esiste una criticità di cassa? È possibile, ma certamente continua ad esserci un problema di procedura. Il tempo medio di ritardo, secondo la Corte, “si presenta in leggero aumento, passando da 9 a 11 giorni, e i ritardi si accumulano per le fatture di importo meno elevato. Un peggioramento limitato, ma che emerge anche da una riduzione complessiva della capacità di pagamento, ridottasi nell'ultimo anno di circa due punti (al 56,8 per cento del 2019). Tra le cause restano le criticità, sia di tipo procedurale che di natura contabile, molte delle quali richiederebbero la reingegnerizzazione di alcuni processi e interventi normativi”; ho citato il passaggio della Corte su questo tema. Il terzo punto è quello di evitare di disperdere risorse con misure di stampo assistenzialistico, che hanno avuto peraltro risultati deficitari: su tutti il reddito di cittadinanza. Lo sentivo prima rivendicare da qualcuno, ma i dati, cioè la valutazione delle politiche pubbliche, ci dicono altro. Esso è stato introdotto il 27 dicembre del 2018, con la legge di bilancio 2019, ed è entrato in vigore a marzo 2019. È stato dotato di una robusta dotazione finanziaria, che ha disatteso tutte le aspettative sia in termini di abolizione della povertà, proclamata in maniera festante sul balcone di Palazzo Chigi dall'ex capo politico del partito di maggioranza relativa in quest'Aula, sia in termini di incontro tra offerta e domanda di lavoro, stante il fatto che, al netto dei “navigator”, la cui attività rimane ancora avvolta nel mistero, solo il 2 per cento delle persone - dicono alcuni - o il 4,4 per cento - come dice ANPAL, ma comunque stiamo parlando di numeri molto bassi - di quelle persone che hanno ricevuto il reddito di cittadinanza e che hanno dichiarato la propria disponibilità ad essere collocate o ricollocate nel mondo del lavoro, è riuscito poi davvero ad ottenere un posto di lavoro attraverso i centri o i servizi per l'impiego. Sono numeri che secondo noi mostrano il fallimento di questa operazione, così come il ricambio generazionale, che avrebbe dovuto arrivare al 100 per cento, a seguito dell'introduzione di “quota 100” e che invece - ci dicono anche qui i numeri - si attesta al massimo al 40 per cento.

Tra i numeri che mi preme sottolineare anche per il 2019 vi sono le famiglie in condizioni di povertà assoluta che sono 1,8 milioni, il 7 per cento, e tale condizione riguarda 5 milioni di persone, e la disoccupazione che ancora nel 2019 è al 9,8 per cento. Per quanto riguarda, invece, le disposizioni per l'assestamento di bilancio per l'anno finanziario 2020 esso si compone di un solo articolo che modifica alcune disposizioni della parte seconda dell'articolato della legge di bilancio 2020. Le variazioni proposte nel disegno di legge di assestamento 2020 con quelle apportate nel periodo compreso tra il 1° gennaio-31 maggio con atti amministrativi, unitamente agli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi emanati successivamente all'approvazione della legge di bilancio, ivi compresi i decreti-legge n. 18 “Cura Italia”, n. 23 “Liquidità”, n. 34 “Rilancio”, definiscono le previsioni assestate per il 2020 per le quali il Parlamento ha autorizzato il ricorso al maggiore indebitamento per i primi 75 miliardi, lo ricorderete, con il voto determinante dei gruppi parlamentari di Forza Italia e degli altri partiti di centrodestra. In termini di competenza le variazioni proposte con il disegno di legge di assestamento determinano un peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali della legge di bilancio che si attesta ad un valore di meno 302,7 miliardi di euro rispetto ad una previsione iniziale di meno 78,6 miliardi. Si tratta dunque di 224 miliardi complessivi di peggioramento dovuti per 171,6 miliardi alle variazioni per atto amministrativo connesse all'adozione dei decreti-legge legati all'emergenza pandemica da COVID-19 e per ulteriori 52,5 miliardi alle variazioni proposte dal disegno di legge di assestamento.

Complessivamente al peggioramento del dato assestato del saldo concorrono: in primo luogo la diminuzione delle entrate - è stato detto - per complessivi 43 miliardi di euro, dovuta per 50,8 miliardi alle variazioni proposte dal disegno di legge di assestamento, compensata dall'aumento di 8,1 miliardi dovuto alle variazioni per atto amministrativo. La riduzione deriva dalla contrazione delle entrate tributarie per complessivi 41,6 miliardi. L'aumento delle spese finali rispetto alle previsioni di bilancio di 181,3 miliardi, quasi interamente determinato dalla variazioni per atto amministrativo connesse all'adozione dei decreti-legge connessi all'emergenza pandemica (più 179,6 miliardi), cui si aggiunge la proposta di assestamento di incremento delle spese finali per oltre 1,6 miliardi.

Sulla proposta di assestamento incide la riduzione della spesa per interessi per quasi un miliardo. L'incremento interessa sia le spese correnti primarie (68,3 miliardi) che sono quelle che sono andate a finanziare i bonus, la cassa integrazione e tutti gli interventi che conosciamo, sia quelle in conto capitale (più 114,7 miliardi), le cosiddette garanzie bancarie e, tra queste ultime, in particolare quelle per i contributi agli investimenti alle imprese. Anche su questo stiamo parlando di numeri, 114,7 miliardi a fronte dei 400 miliardi, la famosa potenza di fuoco poderosa di cui aveva parlato il Presidente del Consiglio in una delle sue dirette Facebook e televisive.

Nel disegno di legge di assestamento 2020, poi, il risparmio registra un peggioramento di 110 miliardi rispetto alle previsioni iniziali. I dati relativi al ricorso al mercato evidenziano un impatto negativo sul saldo per complessivi 250,3 miliardi, passando da circa meno 313,4 miliardi a circa meno 563,7 miliardi. In merito poi al raffronto tra le variazioni proposte per effetto del solo disegno di legge di assestamento, al netto dei 176 miliardi derivanti dai decreti connessi all'emergenza COVID-19, in termini di cassa e competenza si determina un peggioramento del saldo netto da finanziare di 52,5 miliardi di euro per la competenza e 51 circa per quanto riguarda la cassa. Tra le variazioni proposte rilevano in particolare quelle per le entrate tributarie su cui influiscono i minori proventi derivanti dalle attività di gioco (meno 110 milioni). Per le entrate extra-tributarie incidono i maggiori dividendi da versare da parte delle società pubbliche per 691 milioni e le maggiori ritenute per le vincite del gioco del lotto per 50 milioni; mentre in senso contrario si evidenzia il minor gettito delle sanzioni amministrative e per le infrazioni del codice della strada e gli effetti di retrocessione degli interessi attivi. Le entrate da alienazione, ammortamento e riscossione crediti, senza effetti sull'indebitamento netto (in quanto corrispondenti a partite finanziarie), registrano una riduzione per complessivi 25 milioni di euro. Per quanto riguarda le spese, gli effetti sul saldo netto da finanziare delle variazioni proposte con il disegno di legge sono in aumento in misura pari a circa 1,6 miliardi di euro in termini di competenza e 3,2 in termini di cassa. Gli incrementi più rilevanti riguardano la restituzione dei rimborsi di imposta Irpef e IRAP (3,5 miliardi), i crediti di imposta per ricerca e sviluppo (2,2 miliardi) e la regolazione delle entrate erariali relativi alle regioni a statuto speciale (667 milioni).

In rapporto all'effettiva consistenza dei residui aumentano, in termini di sola cassa, il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per 670 milioni di euro, le somme alle regioni a titolo di compartecipazione IVA per 500 milioni, il ripiano anticipazioni di tesoreria concesso ad Alitalia ancora una volta per 400 milioni di euro, il Fondo per la ricostruzione post-sisma per 100 milioni di euro, i Fondi per le radio e Tv locali per 67 milioni, le risorse per le attività cinematografiche per 61 milioni, i trasferimenti all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per 43 milioni e i trasferimenti alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l'editoria per circa 42 milioni. Vi sono poi i maggiori oneri per il collocamento dei titoli di Stato, 150 milioni, e i maggiori trasferimenti alla RAI per 21 milioni. Tra le minori spese senza effetti sull'indebitamento netto, perché già considerate nei tendenziali di finanza pubblica, rilevano la riduzione degli aggi per i concessionari e delle vincite dei giochi, complessivamente per circa 4 miliardi, e la spesa per gli interessi sui conti correnti di tesoreria (1,5 miliardi) parzialmente compensata dall'incremento degli interessi sui buoni postali fruttiferi e dagli interessi sui prestiti internazionali.

Avendo riguardo agli importi in aumento o in diminuzione riferiti agli stati di previsione dei singoli Ministeri si evidenzia in particolare che il disegno di legge di assestamento propone per lo stato di previsione del Ministero della Giustizia una riduzione di 49,3 milioni di euro delle previsioni di competenza e un aumento di 29,1 milioni di euro dell'autorizzazione di cassa. In particolare, il disegno di legge prevede una diminuzione delle dotazioni di competenza tanto per la missione 6, che registra una diminuzione di 35,2 milioni, quanto per la missione 32 per la quale è prevista una diminuzione del 14,1 milioni. In particolare, il programma Giustizia civile e penale è oggetto di una riduzione delle previsioni di spesa per 73 milioni di euro. Le riduzioni riguardano le spese di personale imputabili per 37 milioni al personale civile e per 36 milioni al personale di magistratura. Con molta probabilità l'Amministrazione ritiene di non riuscire ad assumere nei tempi originariamente previsti il nuovo personale e conseguentemente riduce lo stanziamento per il 2020 in barba alle promesse fatte, in maniera anche esibita, di assumere nuovo personale, velocizzare i processi e magari raggiungere livelli di performance del comparto giustizia, specie quella civile, che rendono l'Italia ancora meno ostile agli investimenti esteri rispetto a quello che è oggi o, forse, si tratta invece della concretizzazione della volontà politica di affidarsi esclusivamente all'implementazione del cosiddetto processo virtuale o da remoto. Ecco perché in sede consultiva presso la Commissione Giustizia Forza Italia, grazie all'iniziativa dell'onorevole Bartolozzi, ha proposto e fatto approvare un emendamento finalizzato a reintegrare lo stanziamento di 73 milioni di euro per il comparto giustizia. In sede referente presso la Commissione Bilancio su tale emendamento, peraltro dichiarato ammissibile a differenza di altri, è stato richiesto un approfondimento per supposti problemi di copertura. Tuttavia la copertura individuata, cioè la missione 21 (debito pubblico), presenta uno stanziamento di ben 23 miliardi su cui è lecito immaginare la possibilità di intervenire. In termini generali poi gli emendamenti proposti dal gruppo di Forza Italia hanno previsto incrementi di risorse in tema di giustizia, sicurezza, aumentando i fondi per le Forze dell'ordine impegnate nell'attività di contrasto al crimine e garantire la sicurezza del territorio, nonché per la pianificazione generale delle Forze armate, ambiente, trasporti, cultura, sanità, con l'obiettivo di potenziare la sanità del territorio e l'edilizia sanitaria, nell'auspicio che le risorse già indirizzate da uno dei quattro pilastri dell'intervento che ci sarà da parte dell'Unione europea, cioè il MES, arrivino in fretta nelle disponibilità delle regioni, titolari della competenza relativa alla programmazione e organizzazione dei servizi sanitari ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Per il Piemonte, la mia regione, parleremmo di circa 3 miliardi complessivi rispetto al totale, a fronte di risorse per l'edilizia sanitaria che i bilanci regionali ci dicono negli ultimi anni arrivino a qualche decina di milioni di euro.

Infine, Presidente, e concludo, a fronte di un Governo che in questi mesi ha impiegato ingenti risorse economiche per interventi di natura assistenziale a dispetto dei titoli che via via sono stati dati ai singoli provvedimenti - parlo del “Cura Italia”, “Imprese”, “Rilancio”, il sempreverde “Semplificazione” -, vedremo poi lo sforzo creativo per il decreto previsto ad agosto, la proposta di Forza Italia anche per l'assestamento è orientata in un'altra direzione, verso soluzioni virtuose perché davvero rischiamo di morire di assistenzialismo distribuendo caoticamente risorse a pioggia. Nella fase che stiamo vivendo, passata l'emergenza del lockdown, non ci possiamo permettere di disperdere le risorse pubbliche in mille rivoli improduttivi - ne arriveranno tante nel prossimo biennio - senza avere una chiara strategia di rilancio, senza essere organizzati.

Per questo, dobbiamo agire per indirizzare il risparmio privato verso progetti concreti, con l'obiettivo di far ripartire il nostro sistema produttivo e infrastrutturale e rianimare i nostri risultati economici. Abbiamo proposto, in tal senso, con il presidente della Commissione di vigilanza su Cassa depositi e prestiti, Sestino Giacomoni, l'istituzione di un fondo sovrano in cui far confluire, attraverso la leva fiscale, parte del risparmio degli italiani: i fondi pensione, le casse di previdenza, gli immobili pubblici, il patrimonio architettonico, artistico e culturale, le partecipazioni azionarie. Allo stesso modo, da sempre sosteniamo l'opportunità di favorire il finanziamento alle piccole e medie imprese attraverso i piani individuali di risparmio e la costruzione, vera e propria, del terzo pilastro previdenziale, con i conti individuali di risparmio (i cosiddetti CIR). Non è prolungando a dismisura la “fase 1”, quella dell'economia assistita, fatta di sola cassa integrazione, di blocco dei licenziamenti per legge, degli svariati bonus, tra l'altro, uno che ha dimostrato di funzionare, cioè quello per la sostituzione dei veicoli delle automobili, non è stato finanziato adeguatamente e i risultati di questi giorni ci dicono che serve un finanziamento successivo maggiore per poter far fronte alle richieste. Non è in questo modo, dicevo, che si possa però progettare la ripresa, serve uno shock principalmente interno, impiegando le risorse disponibili per mettere i soldi nelle tasche degli italiani che lavorano attraverso la riduzione del carico fiscale principalmente sui ceti medi. Non ci stancheremo di ripeterlo, servono anche investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, edilizia scolastica, edilizia sanitaria, strade, edilizia anche carceraria, infrastrutture anche immateriali, reti. Questa è la “fase 2” che gli italiani vorrebbero poter vivere attraverso un salto di qualità politica, economica, finanziaria e democratica che l'attuale Governo, a nostro modo di vedere, non è in grado di garantire.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione generale congiunta.

(Repliche - A.C. 2572 e 2573)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Francesca Flati, che rinuncia. Ha facoltà di replicare la sottosegretaria Castelli. Prego, a lei la parola.

LAURA CASTELLI, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Presidente, solo per ringraziare i colleghi soprattutto degli interventi e le riflessioni. Questo è un Rendiconto particolare, per cui quello che è stato posto nella discussione credo che siano punti qualificanti di un Parlamento che, in una situazione di questo tipo, con un grosso sforzo economico in atto, riesce a guardare a un assestamento e un rendiconto con un occhio diverso. Hanno ragione i colleghi che dicevano prima che questo di solito è un momento solo di certificazione e diventa quasi una cosa automatica per il Parlamento, quest'anno ha tutto un altro carattere. Quindi, grazie a tutto il Parlamento e buon lavoro.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta. Sospendiamo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 14,45. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 14,15, è ripresa alle 14,55.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono dunque complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Boldrini e Speranza; Zan ed altri; Scalfarotto ed altri; Perantoni ed altri; Bartolozzi: Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere (A.C. 107-569-868-2171-2255-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 107-569-868-2171-2255-A: Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 31 luglio 2020 (Vedi l'allegato A della seduta del 31 luglio 2020).

(Discussione sulle linee generali – Testo unificato – A.C. 107-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore deputato Alessandro Zan.

ALESSANDRO ZAN, Relatore. Grazie Presidente, colleghe e colleghi, sono passati 24 anni dalla presentazione della prima proposta di legge in materia di contrasto dell'omolesbobitransfobia. In questi ventiquattro anni, per ben sei volte il Parlamento ha tentato di approvare una legge e per ben sei volte ha fallito. In questi ventiquattro anni discriminazione e violenza di matrice omolesbobitransfobica hanno continuato a colpire moltissime persone, compresi giovani e giovanissimi, soltanto per quello che sono o per chi amano. L'omolesbobitransfobia ha radici profonde nella cultura patriarcale e oggi è alimentata da un dibattito politico sempre più intollerante verso le differenze. Le stesse radici culturali sono all'origine dell'odio e della violenza contro le donne: misoginia e omolesbobitransfobia, nelle loro rispettive specificità, sono infatti riconducibili all'intenzione di cancellare chi si allontana da ruoli e stereotipi di genere e di considerare le differenze che sono frutto dell'identità personale e della libertà delle scelte non come una risorsa e una ricchezza democratica, ma come un pericolo. Ecco perché, dopo 24 anni, esaminiamo nuovamente una proposta di legge che non riguarda però solo il contrasto all'omolesbobitransfobia, ma anche alla misoginia. L'urgenza dell'intervento normativo deriva anche dalla necessità di dare attuazione a specifiche indicazioni che provengono da atti dell'Unione europea e dalla stessa Convenzione di Istanbul. La proposta di legge, dunque, ha l'obiettivo di prevenire e contrastare discriminazioni e violenze motivate dal sesso, dal genere, dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere, nel rispetto - lo sottolineo sin d'ora - degli articoli 2, 3 e 21 della nostra Costituzione. Essa è il risultato della redazione in testo unificato delle proposte abbinate e tiene conto delle risultanze delle audizioni e degli esiti della discussione generale. Adottato come testo base nella seduta del 14 luglio, il testo è stato in ulteriore discussione con l'esame degli emendamenti e l'approvazione di alcuni di essi, che hanno contribuito a precisare la portata di alcune disposizioni, in alcuni casi a migliorarne formulazioni e contenuti. Ciò è avvenuto nel quadro di un confronto franco e trasparente all'interno della maggioranza e con il contributo importante di alcuni esponenti di forze di opposizione, che ringrazio. Nello svolgimento delle mie funzioni di relatore ho cercato poi, per quanto possibile, di mantenere aperto il confronto anche con le forze di opposizione più radicalmente contrarie all'approvazione di questa legge. In due casi ho dato parere favorevole a proposte di modifica presentate dai colleghi di Lega e di Fratelli d'Italia perché, a differenza dei molti emendamenti ostruzionistici da loro presentati, miglioravano la formulazione dell'articolo 9. Sul testo emendato e approvato nella notte tra il 28 e il 29 luglio sono stati acquisiti i pareri delle Commissioni competenti, che hanno formulato osservazioni e in un caso condizioni. Prima della fase emendativa, erano stati altresì acquisiti i pareri del Comitato per la legislazione e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

La proposta di legge realizza un intervento integrato. Essa, infatti, non si limita a rimuovere una discriminazione ma agisce in termini positivi, promuovendo la pari dignità delle persone LGBT+, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione. Allo stesso tempo, essa riconosce il sesso, il genere, l'orientamento sessuale e l'identità di genere quali aspetti della personalità meritevoli di riconoscimento giuridico e protezione ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione.

L'articolo 1 del testo modifica l'articolo 604-bis del codice penale, estendendo alle condotte motivate da sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere alcune delle fattispecie di reato di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 604-bis, cioè l'istigazione al compimento o il compimento di atti discriminatori e violenti, ma non la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio etnico o razziale e la corrispondente fattispecie associativa. Al fine di distinguere tra gli ambiti di incidenza delle diverse fattispecie di reato contemplate dall'articolo 604-bis, la lettera d) dell'articolo 1 ne riscrive la rubrica per meglio precisare che non è compresa la propaganda.

L'articolo 2 estende alle condotte motivate dalle medesime ragioni l'aggravante speciale prevista dall'articolo 604-ter del codice penale.

L'articolo 3, introdotto in Commissione, interviene sul delicato profilo della compatibilità delle innovazioni in materia penale con la libertà di manifestazione del pensiero. Esso ribadisce che restano salve la libera manifestazione di opinioni e convincimenti nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte.

L'articolo 4 della proposta di legge modifica l'articolo 1 del decreto-legge n. 122 del 1993, la cosiddetta “legge Mancino”: in primo luogo, si introduce la possibilità di svolgere le attività non retribuite a favore della collettività, lì previste anche nell'ipotesi di sospensione condizionale della pena e di messa alla prova dell'imputato; in secondo luogo, si prevede che tali attività possano essere svolte anche presso associazioni e organizzazioni che si occupano della tutela delle vittime dei reati di cui all'articolo 604-bis.

L'articolo 5 interviene a modificare l'articolo 90-quater del codice di procedura penale, includendo tra le condizioni di vulnerabilità della persona offesa rilevanti ai fini dello svolgimento del processo penale anche quella derivante dalla circostanza che il reato sia stato commesso per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale o all'identità di genere.

Gli articoli 6, 7, 8 e 9 della proposta di legge disciplinano, invece, azioni di prevenzione e di sostegno delle vittime di discriminazioni e violenza in ragione dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Deve essere precisato che, mentre la prima parte della legge si occupa anche delle discriminazioni e della violenza basate sul sesso e sul genere, la seconda parte si occupa soltanto delle persone LGBT+ e ciò perché, come è evidente, la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza verso le donne sono già oggetto di politiche e azioni specifiche che la proposta di legge non intacca.

L'articolo 6 istituisce formalmente nella data del 17 maggio la Giornata mondiale contro l'omolesbobitransfobia. Questa giornata esiste dal 2004 in tutto il mondo, è riconosciuta e celebrata delle Nazioni Unite ed è stata proclamata dal Parlamento europeo con la risoluzione del 26 aprile 2007. Essa viene celebrata anche in Italia, come dimostrano i messaggi che in tale occasione vengono diffusi dal Presidente della Repubblica e dalle alte cariche dello Stato. Inoltre, in occasione della Giornata si svolgono iniziative anche presso le amministrazioni pubbliche e nelle scuole, manifestazioni civili e anche religiose. L'articolo 6, dunque, riconosce realtà e prassi già ampiamente diffuse nel Paese e ne promuove la prosecuzione.

L'articolo 7 fornisce espressa copertura legislativa alla strategia nazionale LGBT, attiva presso l'UNAR già dal 2013. Essa interviene già oggi negli ambiti dell'educazione, dell'istruzione, del lavoro, della sicurezza, delle carceri e della comunicazione dei media. Per effetto dell'innovazione, pertanto, la strategia diverrebbe un elemento necessario della missione istituzionale dell'UNAR.

L'articolo 8 intende finanziare l'istituzione di un programma per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere. A tali centri potranno accedere le persone che si trovano in condizioni di vulnerabilità legate all'orientamento sessuale o identità di genere in ragione del contesto sociale e familiare di riferimento, ivi comprese le vittime di reati. I centri forniranno adeguata assistenza legale, sanitaria, psicologica, di mediazione sociale e, ove necessario, adeguate condizioni di vitto e di alloggio.

Si tratta di un presidio essenziale al fine di garantire pari dignità sociale alle vittime, rimuovendo gli ostacoli alla loro piena partecipazione alla vita sociale in diretta attuazione dell'articolo 3, comma 2, della Costituzione. Troppo spesso, infatti, il timore di rimanere esposti a fragilità economica, perdita dell'alloggio, come dimostrano i numerosi casi di giovani cacciati di casa a seguito del proprio coming out, perdita del lavoro e isolamento sociale rappresentano un freno alla concreta capacità di reazione alla discriminazione e alla violenza di matrice omolesbobitransfobica. La diffusione di centri contro le discriminazioni su tutto il territorio nazionale può rappresentare in questo senso occasione di supporto e aiuto concreto e, dunque, di speranza per le persone LGBT+ in condizioni di vulnerabilità.

L'articolo 9 dispone che l'Istat effettui periodicamente, sentito l'OSCAD - e questo è un miglioramento ottenuto grazie al contributo dell'opposizione -, una rilevazione statistica sulle opinioni della popolazione e sugli episodi di discriminazione e violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi oppure fondati sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere.

L'articolo 10, infine, reca la copertura finanziaria, che dovrà essere coordinata con quanto previsto dall'articolo 105-quater del decreto-legge n. 34 del 2020, ovvero il cosiddetto “decreto Rilancio”. Tale disposizione prevede, infatti, un iniziale finanziamento di azioni positive a favore delle vittime di discriminazione e violenza per orientamento sessuale e identità di genere che utilmente potrà confluire nella copertura di previsione di cui all'articolo 8 della proposta di legge.

Ai sensi dell'articolo 75, comma 2, del Regolamento, darò adesso conto delle ragioni che hanno condotto la Commissione a non recepire, già in sede referente, le condizioni formulate, in particolare, dalla Commissione affari costituzionali nel proprio parere. Lo farò non senza aver ribadito, preliminarmente, che il disposto dell'articolo 75, comma 2, è lungi dal rendere in qualche modo vincolanti per la Commissione di merito i pareri delle Commissioni ivi richiamate, e resta ferma la facoltà della Commissione di non recepire le condizioni previste nei pareri, motivando, comunque, il mancato recepimento nella relazione per l'Assemblea, cosa che mi appresto a fare ora. Ovviamente, l'Assemblea è libera di emendare il testo, anche recependo, se nel caso, le condizioni e le osservazioni formulate nei pareri stessi.

Passo, quindi, a illustrare le specifiche ragioni tecniche che hanno determinato il mancato recepimento, già in Commissione, delle condizioni contenute nel parere.

Con riferimento alla formulazione dell'articolo 3, osservo, anzitutto, che è lo stesso parere a ribadire che la linea di demarcazione tra le condotte protette dall'articolo 21 della Costituzione e le condotte oggi punite dall'articolo 604-bis è già stata individuata con chiarezza dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e dalla giurisprudenza ordinaria. Il confine può essere riassunto in poche parole: la libertà di manifestazione del pensiero non tutela le opinioni che istigano all'odio, alla discriminazione e alla violenza. Per questo la formulazione dell'articolo 3 non si sostituisce né si sovrappone agli approdi della giurisprudenza ma, più semplicemente, ribadisce il principio cui quella stessa giurisprudenza si è finora ispirata.

In altri termini, si è inteso esplicitare che l'aggiunta di specifiche ragioni di reato, cioè sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere, alle fattispecie già punite dall'articolo 604-bis avviene in continuità con quanto già chiarito in sede di interpretazione e applicazione della “legge Reale” e della “legge Mancino” in relazione ai delitti di istigazione e compimento di atti discriminatori o violenti, esattamente come già avviene per l'istigazione e per il compimento di atti discriminatori e violenti fondati su motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi. Anche per il caso di condotte motivate da sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere la norma penale andrà, cioè, a colpire solo quelle opinioni istigatrici capaci di determinare il concreto pericolo del compimento di atti conseguenti. Dunque, ritengo che l'attuale formulazione dell'articolo 3 assorba pienamente i rilievi critici della Commissione affari costituzionali e che eventuali ulteriori specificazioni, che l'Aula resta ovviamente libera di apportare, non potranno andare oltre quanto già consolidatosi nella giurisprudenza.

Il parere della Commissione affari costituzionali solleva, inoltre, la questione, oggetto anche di una condizione contenuta nel parere del Comitato per la legislazione, delle definizioni dei termini utilizzati nella proposta di legge e, in particolare, delle definizioni di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Sul punto, segnalo che l'inserimento di definizioni nel corpo della proposta di legge è stato ampiamente sconsigliato dalla gran parte delle penaliste e dei penalisti auditi in Commissione. I concetti richiamati nella proposta di legge, infatti, corrispondono a nozioni recepite e consolidate nel nostro ordinamento giuridico, sia da norme di diritto positivo, che dalla giurisprudenza. Ciò vale per le definizioni di sesso, orientamento sessuale e identità di genere, ma vale anche per il concetto di genere, la cui definizione ai fini del contrasto della violenza è fornita con chiarezza dalla Convenzione di Istanbul, all'articolo 3, lettera c). Per questo la Commissione ha sin qui ritenuto di non adeguarsi alle indicazioni contenute nel parere della Commissione affari costituzionali e del Comitato per la legislazione. Anche a tale riguardo, tuttavia, l'Aula potrà intervenire - e io auspico che lo faccia - se lo riterrà.

Come relatore mi corre, però, l'obbligo di dare alcune avvertenze. Anzitutto, come rilevato dalle audite e dagli auditi, l'eventuale inserimento di definizioni nel corpo della legge dovrà ispirarsi a criteri di precisione, dovrà essere corrispondente alle nozioni già contenute nel diritto positivo e soprattutto dovrà avere carattere inclusivo. Dunque, esse dovrebbero essere formulate in modo tale da coprire le concrete dinamiche di discriminazione e violenza, fondate su genere, sesso, orientamento sessuale e identità di genere, e per questo si dovrà tenere conto della specifica funzione delle norme cui esse fanno riferimento, cioè la funzione di contrasto della discriminazione e della violenza.

Allo stesso modo, si dovrebbe considerare che le definizioni riguarderebbero al tempo stesso profili dell'identità personale, ma anche specifiche ragioni di condotte discriminatorie e violente. Non abbiamo a che fare con semplici parole, colleghe e colleghi, ma con dispositivi capaci di riconoscere o escludere soggettività ed esperienze di vita nell'ambito di azione della legge. Questo richiede un supplemento di attenzione. Non possiamo, infatti, permetterci di inserire discriminazioni o escludere arbitrariamente ambiti di protezione da una legge che ha lo scopo di includere e proteggere tutti e tutte. Nello stesso spirito potrà essere avviata, se l'Aula lo riterrà, una riflessione sulle rimanenti osservazioni formulate dalla Commissione affari costituzionali, che, ad esempio, sul piano del coinvolgimento delle autonomie territoriali nell'elaborazione del programma di cui all'articolo 8, vanno senz'altro nella direzione di arricchire il testo.

Concludo. Colleghe e colleghi, quest'Aula è chiamata a dare una risposta alla domanda di riconoscimento e protezione che proviene da una larga parte della popolazione italiana. Allo stesso tempo, siamo chiamati a decidere se vogliamo per l'Italia un futuro di inclusione o la prosecuzione di dolorosi episodi di intolleranza e violenza verso tutto ciò che è percepito come diverso. Non vengono create aree di privilegio per nessuna persona. Si riconosce, semmai, come affermato dal Presidente della Repubblica lo scorso 17 maggio, che le discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere perpetrano continue violazioni della dignità umana, costituiscono una violazione del principio di uguaglianza e ledono i diritti umani, necessari a un pieno sviluppo della personalità umana, che trovano invece specifica tutela nella nostra Costituzione e nell'ordinamento internazionale.

Senza pregiudizio per nessuno, la proposta di legge aggiunge un tassello importante al mosaico delle pari dignità, riconoscendo nel sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere, le dimensioni della personalità ricche di valore per la persona e, dunque, rilevanti per il diritto. Così, allargando i confini della cittadinanza democratica, la proposta di legge contribuisce a disegnare una comunità politica più libera, giusta, inclusiva e solidale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva di farlo successivamente.

È iscritta a parlare la deputata Anna Bilotti. Ne ha facoltà.

ANNA BILOTTI (M5S). Grazie, Presidente. Se qualcuno mi chiedesse una parola intorno alla quale si è sviluppato tutto il dibattito avente ad oggetto questo provvedimento, la mia scelta cadrebbe senza dubbio su “libertà”. È, difatti, di libertà che parliamo, è la libertà che rivendicano sia i sostenitori che i detrattori di questa legge, o meglio, sia i sostenitori che i detrattori della tesi per cui sia necessario che una legge come questa venga ad esistere. Così mi sono ritrovata, ci siamo ritrovati dinanzi all'assunto che un concetto come la “libertà” possa essere divisivo. Come può la libertà, diritto naturale di ogni cittadino, che egli acquisisce semplicemente venendo al mondo, divenire divisivo? Me lo sono chiesta e mi sono risposta che questo può accadere solo quando non sia intimamente interiorizzata la dimensione che la libertà degli altri inizia dove finisce la propria. Da qui discende quasi come postulato che nessuno è libero, se non possiamo essere liberi tutti. Dunque, parliamo di queste libertà che andrebbero potenzialmente in conflitto: da una parte, quella delle persone di vivere la propria sessualità, una libertà cui gli atti di discriminazione possono attentare, dall'altra, quella invocata a più riprese da chi, anziché leggere in questa legge un progresso di civiltà che l'Europa ci chiede dal lontano 2006, vi scorge una minaccia ad un'altra libertà, quella di manifestazione del pensiero garantita dall'articolo 21 della Costituzione. Guardi, Presidente, senza necessità di addentrarci in disquisizioni di matrice strettamente giuridica, per me porre queste due libertà in contrasto è semplicemente un non senso, una contraddizione in termini. Come può una libera manifestazione del pensiero istigare un atto di discriminazione? Perché è di questo che stiamo parlando, agendo l'intervento legislativo solo sulla seconda parte dell'articolo 604-bis del codice penale e non sulla prima, che sanziona la propaganda. A questo punto dovremmo chiederci quando si crea una tale anomalia, vale a dire quando un pensiero, anziché rientrare nell'ambito sacrosanto del diritto di manifestazione, possa istigare un atto di discriminazione. E la risposta ci viene presto data dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha individuato a questo proposito tre criteri di una chiarezza lapidaria. In applicazione dell'articolo 10 della CEDU, ogni qualvolta venga lamentata una restrizione del pensiero, i giudici di Strasburgo verificano se tale restrizione: sia prevista dalla legge, persegua un fine legittimo e persegua un fine necessario. Se tutti e tre i requisiti risultano essere stati rispettati, siamo di fronte ad una legittima restrizione della libertà di espressione, resasi necessaria dalla tutela di uno o più interessi meritevoli di tutela. Il diritto a vivere la propria sessualità rientra o meno tra di essi? La repressione di sé, quando le condizioni esterne non permettono di sviluppare pienamente la propria personalità, costituisce o meno la limitazione di questo diritto? È opportuno che intervenga la legge penale affinché queste condizioni non abbiano a verificarsi? Le risposte a queste domande sono consequenziali: l'orientamento sessuale è meritevole di riconoscimento giuridico, protezione e promozione, ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione. Sulla base dell'assunto del secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione, per cui è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, è doveroso impegnarsi per rimuoverle, quelle condizioni. E se il 62 per cento delle persone LGBT+ afferma di non dichiararsi per paura delle conseguenze, vuol dire che quelle condizioni in Italia sussistono, purtroppo. A supportare questo dato statistico ci sono, purtroppo, numerosissimi episodi di cronaca. Solo per citare i più recenti, tratti dagli organi di stampa: 17 gennaio 2020, Potenza: ragazza presa a calci e pugni da due giovani perché lesbica; 17 febbraio 2020, Milano: attivista LGBT+ accerchiato e aggredito da cinque uomini; 13 febbraio 2020, Rimini: apostrofato e picchiato da un gruppo di otto giovani; 12 maggio 2020: influencer aggredito in strada con un pugno in pieno volto; 21 maggio 2020, Milano: due ragazzi aggrediti perché gay mentre mangiano su una panchina.

Ora, premesso che il legislatore concepisce opportunamente lo strumento della tutela penale come extrema ratio, quale sarebbe l'episodio estremo che giustificherebbe un intervento in tal senso? Cosa dovremmo ancora attendere? Cosa dovrebbe ancora succedere per intervenire penalmente? Nulla, perché sono fermamente convinta che nessuno qui dentro, al di là dell'appartenenza politica, possa mai auspicare che si consumino episodi di violenza e perché quella legge penale, che potrebbe sembrare troppo, ha intrinsecamente, oltre alla nota finalità repressiva, quella generale preventiva. Noi abbiamo il dovere di arare i campi della tolleranza affinché il seme dell'odio non trovi il terreno fertile e per farlo è necessario estirpare quei comportamenti che istigano a commettere discriminazioni concretamente. È esattamente nella sussistenza di un concreto pericolo che, in conseguenza di istigazione, possano essere compiuti atti discriminatori o violenti, la garanzia che questo intervento legislativo non attenti in alcun modo al diritto di libera manifestazione del pensiero. In questo senso si è espressa la Corte di cassazione. È proprio la giurisprudenza, infatti, che, individuando nella concreta offensività della condotta di istigazione il discrimine tra limitazioni consentite e non consentite della libertà di manifestazione del pensiero, che scioglie ogni dubbio sul paventato o quanto irragionevole contrasto tra il pieno godimento di queste due libertà. Sarebbe come affermare che siamo tutti uguali, ma qualcuno può esserlo un po' meno e io non intendo rassegnarmi ad una tale aberrazione, né oggi né mai (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Calabria. Ne ha facoltà.

ANNAGRAZIA CALABRIA (FI). Grazie, Presidente. Prima di passare al provvedimento in esame, vale la pena iniziare da una doverosa precisazione per sgombrare il campo dai troppi slogan che hanno caratterizzato e che continuano a caratterizzare la propaganda su questo testo, confondendo i piani e le idee e inquinando molto spesso il confronto. Ebbene, deve essere chiaro a tutti che qui oggi non stiamo parlando dei diritti delle persone, non si sta discutendo se aggiungere qualcosa in termini di libertà: stiamo parlando solo ed esclusivamente di materia penale, ossia di reati. Il primo invito che rivolgo, dunque, a quest'Aula è quello alla serietà, perché, onorevole Zan, non si parla qui di riconoscimento - e la cito testualmente con riferimento alla conclusione del suo intervento -, nessuno si sognerebbe mai di sottrarre diritti e libertà ai cittadini, men che mai la forza politica alla quale orgogliosamente appartengo, che ha fatto della centralità della persona rispetto allo Stato la sua ragione d'essere in politica; la persona, indipendentemente dal genere, dall'identità di genere, dall'orientamento sessuale e dal sesso. È proprio questo che ci distingue dalla sinistra, anche nella sua nuova versione grillina: il perenne primato dello Stato sui cittadini è anni luce distante da noi, dalla nostra cultura, dai nostri valori e noi non accetteremo mai una censura ideologica, non possiamo permettere che lo Stato etico e che il panpenalismo, che a questa maggioranza sono tanto cari, si allarghino fino a determinare ciò che si può pensare e ciò che, invece, non può e non deve nemmeno essere immaginato. Fatta questa doverosa premessa, passiamo ad analizzare quali sono i reati su cui si vuole incidere, perché, come detto, è solo di questo che stiamo parlando. Si prevede, nello specifico, una modifica dei delitti contro l'uguaglianza previsti dagli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale per aggiungere alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi gli atti discriminatori fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere. Ma c'è davvero bisogno di questo intervento? Davvero il nostro ordinamento non è già capace di punire le discriminazioni? La risposta è no, non ce n'è bisogno. Il nostro ordinamento giuridico, infatti, sanziona compiutamente ogni comportamento illecito nei confronti della persona, qualsiasi sia il suo orientamento sessuale.

Le lesioni personali, l'ingiuria, la diffamazione, le molestie sono reati specificatamente contemplati dal codice penale; voi, invece, volete introdurre il reato di pensare, perché di questo si tratta, onorevole Presidente. L'assoluta indeterminatezza della fattispecie contenuta nelle norme penali previste da questo testo, così come modificato dalla Commissione giustizia, oltre ad essere pericolosissima, è in aperto e totale contrasto con quanto previsto dalla Costituzione all'articolo 25, il principio di legalità delle pene dell'articolo 25. Questa norma, infatti, si paventa come nemica del principio di legalità. L'articolo 25 chiarisce, senza possibilità di dubbio, che i cittadini hanno diritto – hanno diritto – di conoscere in anticipo, prima della commissione del fatto, i comportamenti vietati e le relative sanzioni. Ma che determinatezza c'è nei concetti sfuggenti che sono al centro di queste nuove norme, concetti, per di più, privi di un adeguato fondamento scientifico? Nessuna. In un ordinamento che ha già scelto di sanzionare penalmente reati di odio, una volta introdotti i motivi religiosi, etnici e razziali, come si può distinguere in modo credibile, a livello giurisprudenziale, a livello oggettivo, con i motivi legati all'identità sessuale e nei trattati internazionali come fattori espressivi della personalità? Non a caso, anche il Comitato per la legislazione, presieduto dall'onorevole Ceccanti, ha rilevato evidenti criticità, in particolare, riguardo alle espressioni - lo dicevo prima - “genere”, “identità di genere”, “sesso”, “orientamento sessuale”. In questo modo, si lascia un eccessivo margine di arbitrio nelle mani del giudice che, di volta in volta, piuttosto che applicare la legge, ne dovrà inventare una nuova, e questo incolpevolmente, perché davvero ci piacerebbe capire quale sia la distinzione tra discriminazioni fondate sul genere e quelle discriminazioni fondate sull'identità di genere. Per fare un esempio concreto, se, in virtù dell'arbitro che viene concesso al giudice, un'associazione pro-family o pro-life ha nello statuto, come propria finalità, la diffusione del modello di famiglia esclusivamente come unione di un uomo e di una donna finalizzata al mutuo aiuto fra coniugi e alla procreazione naturale, nessuno oggi può, in coscienza, garantire che un pubblico ministero non attivi mezzi invasivi di indagine e non proponga misure restrittive delle libertà. Oppure, mi viene in mente un altro esempio: sarebbe sanzionabile, per esempio, il comportamento di chi, alla ricerca di una babysitter di genere femminile, si debba trovare nell'occasione di incontrare, magari, una persona mossa dalla consapevolezza di avere all'interno della sua persona un orientamento di genere femminile, pur avendo un orientamento di tipo maschile. Sarebbe sanzionabile questo comportamento e sarebbe sanzionabile anche il comportamento di chi, per esempio, si permettesse di pensare o di dire, a questo punto, in virtù della propria libertà di pensiero, che non esiste un diritto per una coppia omosessuale ad avere figli, come del resto, credo io, questo diritto non lo abbia nemmeno una coppia eterosessuale. Ecco, perché prevedere addirittura a livello penale norme di così difficile applicazione e, ancor prima, difficile interpretazione? È un precedente pericolosissimo, l'ennesimo creato da una maggioranza irresponsabile.

Voi pretendete di punire manifestazioni del pensiero - ripeto, manifestazioni del pensiero - ritenute discriminatorie, seppure non lesive della dignità della persona e volete punire atti considerati discriminatori senza che siano connessi alla commissione di fatti criminosi. In questo modo, arriveremo alla situazione paradossale per cui si comprimono non uno, ma tanti, troppi principi fondamentali garantiti dalla Costituzione per tutelarne uno, ossia la falsa rappresentazione di diritti civili che voi considerate prioritario rispetto ad altri.

Tutto questo è ulteriormente aggravato dalla vostra ormai nota tendenza a moltiplicare a dismisura le norme penali, quello a cui facevo riferimento prima: il panpenalismo. Non si capisce chi vi abbia convinti dell'assurda equivalenza tra più reati e più sanzioni, da un lato, e più libertà e diritti, dall'altro, e che vi abbia trasmesso l'assurda idea di poter utilizzare il diritto penale in modo etico per imporre la vostra assurda scala di priorità.

Tra l'altro, io vorrei ribadire il concetto che l'Italia non è un Paese omofobo e sicuramente fanno impressione, fanno piangere il cuore gli esempi che citava la mia collega Bilotti, però i dati OSCAD, che sono dati ufficiali del Ministero, ci parlano di una media di 26 casi l'anno in merito alla effettiva incidenza di istigazione all'odio e atti di violenza perpetrati a causa della omosessualità delle persone in essa coinvolti. Intendiamoci, uno solo, anche uno solo di questi atti sarebbe condannabile, è condannabile, è da condannare ed è ingiustificato e ingiustificabile, ma ci sono già le leggi.

Meriterebbe, peraltro, una ben più attenta riflessione il parere reso, pochi giorni fa, dalla Commissione di cui sono vicepresidente, la Commissione affari costituzionali, che ha rilevato espressamente la necessità di chiarire più puntualmente che non costituiscono discriminazione né istigazione alla discriminazione la libera espressione e la manifestazione di convincimenti o di opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, nonché le condotte legittime riconducibili alla libertà delle scelte, purché non istighino all'odio o alla violenza. E solo grazie a Forza Italia è stata inserita nel testo una modifica volta a richiamare in modo più esplicito la tutela della manifestazione del pensiero garantita dall'articolo 21 della Costituzione.

Insomma, con questo testo c'è il rischio serio, c'è il rischio, anzi, serissimo che si sconfini nel reato di opinione, limitando la libertà di espressione in favore di una sorta di pensiero unico. Faccio riferimento brevemente al testo: ci sono gli articoli 5, 6 e 8 che prefigurano, sembrerebbe, un chiaro disegno quasi di rieducazione di un popolo, dalla scuola al posto di lavoro; in particolare, all'articolo 5, con la giornata nazionale contro l'omofobia, noi pensiamo che si tratti un po' di un tentativo di - azzardo a dirlo - colonizzazione culturale delle scuole di ogni ordine e grado con il pretesto di contrastare la discriminazione. E, come detto, l'applicazione delle norme proposte nasconde enormi rischi e insidie, perché dietro alle pretese finalità educative c'è una chiara ideologia, quella stessa che magari vorrebbe cancellare la famiglia e che vede nell'esistenza di un padre, di una madre e di un figlio non il nucleo fondamentale della nostra società, ma addirittura un'offesa, quella che vuole cancellare il Natale, che impedisce canti e presepi nelle scuole, quella che, in una parola, rinnega la nostra cultura, le nostre radici, la nostra identità.

Ecco, Forza Italia è nata contro tutto questo; la nostra stella polare è sempre stata la libertà, in ogni sua declinazione, prima tra tutte quella di pensiero e quella di espressione. Non possiamo abdicare alla nostra storia, alle nostre radici, ai nostri valori, alla nostra identità; è una questione culturale, come autorevolmente sostenuto anche dalla CEI. Per questo, pur rispettando le diverse sensibilità all'interno del nostro movimento politico, abbiamo accolto con favore - personalmente, ma anche altri colleghi come me - il chiaro “no” del mio partito a una legge ideologica e liberticida, perché, come ha ricordato il presidente Berlusconi, la tutela della famiglia, della vita e dei diritti dei minori fa parte della nostra carta dei valori e dei nostri principi fondanti; in più, la prima legge della civiltà liberale, cristiana, occidentale è quella che ognuno è libero di professare pubblicamente le proprie idee e le proprie convinzioni morali.

Infine, un'ultima considerazione: in un momento così drammatico per il nostro Paese, nel pieno di una crisi con pochi precedenti, mentre siamo ancora, per vostra stessa volontà, in una fase di emergenza, davvero non avevate nulla di più importante da portare in Aula se non questo provvedimento? Cioè, sono queste le vostre priorità? Non pensate alle famiglie, alle imprese, alla valanga di disoccupazione che investirà giovani e meno giovani? Ebbene, sappiate che non solo Forza Italia, ma che gli italiani tutti non saranno pronti a sacrificare sull'altare del politicamente corretto la propria storia, la propria identità, i propri valori, le proprie radici, la propria cultura e quando finalmente i cittadini torneranno a votare, perché ci torneranno prima o poi a votare, non ci saranno né diversivi né cortine fumogene, manderemo, manderanno a casa un Governo e una maggioranza che anziché far ripartire il Paese, dopo una drammatica pandemia, giocava con il diritto penale, limitando persino la loro libertà di pensiero.

Ecco perché, Presidente, in conclusione, questa, come ho detto, non è solo una legge illiberale e ingiusta, è anche una legge fuori contesto, una legge fuori tempo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucia Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (IV). Signor Presidente, colleghi, la legge oggi in discussione si pone l'obiettivo di prevenire e contrastare condotte discriminatorie e violente motivate dal sesso, dal genere, dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere. Si tratta di un testo che vuole dare attuazione al dettato costituzionale e che risponde alle numerose sollecitazioni pervenute in ambito sovranazionale che muovono nella direzione del contrasto alle diverse forme di discriminazione, comprese quelle fondate appunto sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere, in particolare, con la risoluzione del Parlamento europeo sull'omofobia in Europa del 2006 rimasta finora disattesa dal nostro ordinamento. Anche alla luce di questo, molti Stati membri dell'Unione europea nel tempo hanno adottato leggi specifiche in materia; l'Italia non ha ancora provveduto.

Oggi, con questo intervento normativo, anche noi proviamo a metterci al passo con gli altri Paesi europei, con l'obiettivo di rendere la nostra società più inclusiva, più eguale, più libera. È una legge attesa da anni, durante i quali si è assistito al moltiplicarsi di episodi di violenza omolesbobitransfobica e misogina; è lunga la scia di casi che hanno funestato il nostro Paese da nord a sud, con un'escalation violenta e grave, insulti per strade, discriminazioni sul lavoro, bullismo, violenze fisiche, pestaggi e omicidi, gli ultimi solo pochi giorni fa, in particolare, a Pescara, dove un ragazzo che teneva per mano il compagno per strada è stato picchiato selvaggiamente, e a Piacenza, dove un ragazzo di 15 anni è stato aggredito da quattro persone mentre andava a una manifestazione a sostegno di questa legge impugnando la bandiera arcobaleno.

In assenza di una normativa, non esistono nel nostro Paese statistiche ufficiali sulle discriminazioni a danno di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali; dunque, questa violenza resta in larga parte non censita, se si eccettuano ricerche effettuate da singole istituzioni e associazioni, e le vittime spesso non denunciano per paura di ritorsioni o per timore.

Assistiamo anche ad una preoccupante diffusione di odio omofobico e sessista sul web e sui social network. La “Mappa dell'intolleranza”, un progetto promosso da Vox Diritti volto a tracciare la diffusione delle parole d'odio nei confronti di diverse categorie di soggetti discriminati su Twitter, mostra come le donne, con un milione di tweet sessisti estratti nel 2015, siano la categoria più colpita dall'odio online, seguita dagli omosessuali in seconda o terza posizione a seconda degli anni presi in considerazione. Fortunatamente, non tutte le espressioni valutate nella “Mappa dell'intolleranza” sono idonee a configurare un reato di istigazione, ma è indubbio che esse contribuiscano a creare un clima culturale ostile, dimostrandoci, una volta di più, quanto le discriminazioni di genere e quelle per l'orientamento sessuale siano ancora fortemente radicate nel nostro Paese.

Dunque, questa legge ha lo scopo di tutelare le persone LGBT nella loro libertà di vivere protette dall'odio, dalla violenza e dalla discriminazione.

Come è noto, colleghi, il tema che stiamo trattando non è nuovo a questa Camera che nelle scorse legislature ha già avuto modo di esaminare proposte di legge volte a contrastare l'omofobia con un ampio e animato confronto parlamentare. L'ultima in ordine di tempo è la proposta di legge del collega onorevole Scalfarotto sul contrasto all'omotransfobia che ha superato il vaglio della Camera dei deputati ma che, purtroppo non è riuscita ad ultimare il suo iter. Quel testo, insieme ad altre quattro proposte di legge, è confluito oggi nel testo base che come maggioranza abbiamo approvato in Commissione giustizia.

Si tratta di un testo perfettibile, sul quale, con il relatore e i colleghi, abbiamo svolto in questi mesi un complesso lavoro per arrivare a un corretto bilanciamento tra i princìpi costituzionali in gioco: da una parte, la libertà di manifestazione del pensiero e, dall'altra, la tutela della dignità umana e del principio di eguaglianza. Ne è nato un provvedimento che pone in essere un intervento integrato che non si limita ad agire solo sul piano della repressione penale del compimento di atti discriminatori e violenti e dell'istigazione al compimento degli stessi, ma che prevede anche l'adozione di specifiche azioni positive, rivolte soprattutto alla protezione e al supporto delle vittime di azioni discriminatorie e violente legate all'orientamento sessuale e all'identità di genere.

È indubbio, infatti, che il diritto penale rappresenti solo un tassello di una più ampia attività di prevenzione che deve partire dalla sensibilizzazione alla cultura della diversità e alla promozione di una società inclusiva. Ma è vero, allo stesso tempo, che gli avanzamenti e il progresso originano anche dal cambiamento delle leggi che, prevedendo una eguale protezione, rinforzano il principio di eguaglianza.

Venendo al testo, come ribadito più volte, la parte penale modifica i delitti contro l'uguaglianza previsti agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, per aggiungere alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, gli atti di discriminazione fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere.

Nel modificare la lettera a) dell'articolo 604-bis, il testo non intende ampliare l'ambito di applicazione del reato di propaganda, ma solo l'ambito del reato di istigazione a commettere atti di discriminazione e del reato consistente nel compimento di tali atti. Si intende, cioè, integrare con nuove fattispecie una normativa già esistente, su cui ha già avuto occasione di esprimersi la giurisprudenza della Corte costituzionale.

Questa misura ha tuttavia suscitato preoccupazione nell'opinione pubblica e stimolato un ampio dibattito circa la sua compatibilità con la libertà di manifestazione del pensiero. Come evidenziato nel parere della I Commissione, la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, a partire da quella relativa alla cosiddetta legge Scelba, afferma che non vi sia incitazione alla discriminazione in presenza di mere opinioni o giudizi, salvo che questi siano idonei a creare un effettivo pericolo (sentenza n. 74 del 1958), ovvero solo se si realizza in concreto l'evento pericoloso richiesto dalla norma.

E anche la Cassazione (sezione V, 24 gennaio 2001, n. 31655) ha affermato che il reato di istigazione a compiere atti di discriminazione non si pone in contrasto con il diritto di libera manifestazione del pensiero sancito nell'articolo 21 della Costituzione in quanto l'incitamento ha un contenuto fattivo di istigazione ad una condotta quantomeno intesa come comportamento generale e realizza un quid pluris rispetto alla manifestazione di opinioni, ragionamenti o convincimenti personali.

La libertà di espressione non è dunque incondizionata e assoluta; il suo esercizio deve essere bilanciato con altri diritti e altre libertà di pari rango, quali il diritto alla dignità umana e all'identità personale, all'uguaglianza e alla libertà personale.

Anche la Corte EDU ha chiarito che l'adozione di leggi che puniscano chi renda dichiarazioni di incitamento all'odio nei confronti di persone LGBT non costituisce un'illegittima limitazione dell'esercizio delle libertà di espressione.

In ogni caso, per rafforzare il contemperamento del contrasto all'omotransfobia con la libertà di manifestazione del pensiero, si è compiuto un passo importante in Commissione giustizia attraverso l'approvazione di una clausola di salvaguardia della libertà di espressione, partendo da una proposta emendativa di Forza Italia, poi riformulata dal relatore Zan. Un punto d'incontro significativo che contribuisce a fare chiarezza nel solco di analoghi emendamenti presentati da Italia Viva, a prima firma del collega Di Maio, e da alcuni componenti del Partito Democratico.

Sul punto va comunque evidenziato che la Commissione affari costituzionali, nel suo parere favorevole al provvedimento, ha posto tra le condizioni quella di rivedere la formulazione della disposizione nel senso di chiarire più puntualmente che non costituiscono discriminazione né istigazione alla discriminazione la libera espressione o la manifestazione di convincimenti o di opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, nonché le condotte legittime riconducibili a libertà delle scelte, purché queste non istighino all'odio o alla violenza, ossia non presentino un nesso con atti gravi, concreti e attuali.

Per quello che riguarda, invece, i concetti utilizzati dalla legge, non si introducono apposite definizioni. A tal proposito, il Comitato per la legislazione sottolinea, così come la Commissione affari costituzionali, quanto invece appaia particolarmente opportuno, trattandosi di una fattispecie penale, l'inserimento di apposite definizioni. Anche su questo, come maggioranza, insieme al relatore, abbiamo convenuto di valutare in Aula possibili modifiche al testo nel corso dell'esame del provvedimento.

Voglio poi sottolineare che come Italia Viva abbiamo presentato e poi ritirato, in un'ottica di fattiva e dovuta collaborazione, un emendamento volto ad espungere dal testo il concetto di genere, dal momento che può apparire complesso delineare il confine delle discriminazioni di genere, potendo comunque questo ritenersi assorbito, da una parte, dalle discriminazioni per motivi di sesso e, dall'altra, dalle discriminazioni per motivi di identità di genere, come peraltro rilevato anche dalla Commissione affari costituzionali nel proprio parere.

Tornando al contenuto della legge, con questo intervento si apportano alcune modifiche alla “legge Mancino” in due direzioni.

In primo luogo, si introduce la possibilità di svolgere le attività non retribuite a favore della collettività previste dal medesimo articolo anche nell'ipotesi di sospensione condizionale della pena e sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato.

In secondo luogo, si prevede, in aggiunta a quanto già previsto dal comma 1-quinquies, che l'attività possa essere svolta anche presso associazioni o organizzazioni che si occupano della tutela delle vittime dei reati di cui all'articolo 604-bis.

Vi è poi, come detto, una parte sulla prevenzione che prevede una serie di politiche di promozione della pari dignità sociale e inclusione delle persone LGBT.

Concludendo, colleghi, come maggioranza e con la disponibilità del relatore ci siamo assunti l'impegno di lavorare ancora per migliorare ulteriormente questo testo, partendo dai contributi che ci giungono delle diverse Commissioni permanenti chiamate ad esprimere un parere su questa proposta per le parti di loro competenza.

L'augurio è che ciò possa accadere in un clima sereno e costruttivo, abbandonando il muro contro muro con l'unico e serio obiettivo di consegnare al Paese, dopo oltre 25 anni, una buona ed efficace legge contro l'omolesbobitransfobia, che si inserisca, nel rispetto di tutti i principi costituzionali interessati, in modo armonico nel nostro sistema penale (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, da circa tre mesi i lavori della Commissione Giustizia sono monopolizzati dal dibattito sull'omofobia, o, come più dettagliatamente definito, sull'omolesbobitransfobia. All'onorevole Boldrini, al collega Zan, a Scalfarotto e agli altri colleghi non importa che ci troviamo nella più grave emergenza sanitaria ed economica dal dopoguerra ad oggi, non importa se il PIL sta crollando, se le casse integrazioni non arrivano, se le aziende chiudono, se i prestiti millantati non sono mai stati attivati; non importa se la giustizia è nel caos, se ci sono le rivolte nelle carceri, se i tribunali sono bloccati e faticano a riprendere, se non è stata fatta la riforma della giustizia civile, la riforma della giustizia penale, se è esplosa nella magistratura la crisi più grave che si sia mai vista, senza precedenti, al punto che il Presidente della Repubblica ha più volte rivolto un appello al Parlamento a intervenire per riformare la magistratura. No, a loro non importa tutto questo: la loro priorità è fare la legge bavaglio sull'omotransfobia. Assistiamo all'ideologia che si sostituisce alla realtà; abbiamo una maggioranza di Governo, non scelta dagli italiani, che avevano votato con intenzioni diverse, che, chiusa nel palazzo, non ascolta il grido di aiuto che arriva dal popolo e si rinchiude a disquisire di questioni di principio sui concetti, non di facile definizione, di orientamento sessuale e identità di genere. Noi pensiamo che in un momento come questo il Parlamento e le Commissioni dovrebbero spendere ogni minuto a loro disposizione per lavorare incessantemente per dare risposte agli italiani sui tanti problemi concreti quotidiani su cui ci chiedono un sostegno, e che quindi in questo momento sia fuori contesto e fuori luogo avere occupato la parte principale dei lavori della Commissione negli ultimi mesi su questo dibattito ideologico. Anche perché non si comprende quale fosse l'emergenza tale da richiedere una simile pressione, un'agenda così serrata che portasse a tutti i costi ad arrivare nella prima settimana di agosto a fare la discussione sulle linee generali su questo tema. In realtà, non c'è alcuna emergenza connessa a un vuoto normativo; non c'è nessun vuoto normativo che impedisca un'adeguata protezione ai cittadini da reati di natura discriminatoria sull'identità sessuale, sull'orientamento e sul genere. Esiste, anzi, una tutela molto efficace nel nostro ordinamento su tutti i reati rivolti alla persona e non solo, anche sulle circostanze aggravanti, perché è pacifico in giurisprudenza che i reati che abbiano una componente di discriminazione legata al sesso o al genere rientrino tra i motivi futili e abietti, e che abbiano, quindi, una tutela rafforzata nei confronti dei cittadini. Del resto, le persone omosex, bisex o lesbiche sono persone normali, sono cittadini come tutti gli altri, e come ogni cittadino sono uguali di fronte alla legge e sono difesi dalla nostra legge (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E allora quella volontà di legiferare non è per dare protezione ai cittadini privi di protezione. La volontà è un'altra: si vuole introdurre un reato ideologico, si vuole introdurre un reato d'opinione, si vuole introdurre una norma che crei una cornice, una definizione e che porti a collocare nella cornice dei reati previsti dall'articolo 604, dalla “legge Mancino” e dalla “legge Reale”, che nascono con delle connotazioni ben precise, si vogliono collocare all'interno di questa cornice anche i concetti di discriminazione di sesso, di genere, di orientamento sessuale e di identità di genere. Questa è un'operazione molto pericolosa, perché è alto il rischio di una deriva liberticida, anche se forse non voluta dai proponenti, ma per un'eterogenesi dei fini indirettamente attuata. Già la cornice della “legge Reale”, della “legge Mancino” e dell'articolo 604 è un sistema molto delicato, molto complesso, nel quale il legislatore ha tentato di realizzare un difficilissimo bilanciamento tra la tutela del principio fondamentale dell'articolo 21 della Costituzione, e cioè la libertà di manifestazione del pensiero, con dall'altra parte un'anticipazione della difesa penale in una fase antecedente a quella della commissione di un fatto concreto, di un atto lesivo, ma anticipandola anche nella sfera dell'espressione, dell'intenzione, della manifestazione del pensiero. Tant'è vero che anche le applicazioni della “legge Mancino” non sono state prive in questi anni di critiche e di rilievi, perché si è visto nella giurisprudenza un'applicazione della “legge Mancino” e dei reati sulla discriminazione molto incisiva, giustamente molto incisiva, nei confronti di condotte aventi caratteristiche di natura razzista, nazista, neofascista, di discriminazioni ideologiche o razziali, ma c'è stata invece una giurisprudenza molto scadente, molto limitata in un'applicazione su altre forme di discriminazione come quelle del fanatismo o dell'integralismo islamico, che anche nel nostro Paese hanno dato vita a numerosi comportamenti, anche all'interno dell'ambito familiare, di altrettante pericolosità e gravità. Quindi dicevo, la “legge Mancino” e l'articolo 604 hanno già dei margini di discrezionalità molto ampi nell'applicazione che ne fa il giudice; tanto è vero che a loro volta venivano comunque criticati come un'intenzione di introdurre un reato d'opinione, in quanto non sempre il bilanciamento tra la tutela penale rafforzata e la libera manifestazione del pensiero si è realizzato in modo ineccepibile. Ma quantomeno si è formata una giurisprudenza abbastanza chiara, di fronte a fattispecie che sono state negli anni identificate in modo abbastanza preciso, con un certo margine di tassatività. Collocare in questa cornice così delicata un'altra forma di discriminazione, come quella legata ai concetti di identità di genere o di orientamento sessuale, è particolarmente pericoloso, perché si tratta di concetti che hanno ampie vaghezza e indeterminatezza, e quindi espongono al rischio di una difficoltà di definizione della norma, di una difficoltà di un'interpretazione precisa e inequivoca. E infatti non è un caso che il Comitato per la legislazione, le Commissioni, i dibattiti parlamentari simili in tutte le legislature precedenti abbiano posto in modo molto chiaro questo rilievo, e cioè il rischio di andare a cozzare con il principio fondamentale del diritto penale che è quello della determinatezza della pena. È evidente che le norme, così come sono state proposte, non risolvono minimamente questo equivoco, anzi; ed a tal fine non potremo esimerci dal presentare una questione di legittimità costituzionale, perché questa norma così com'è configurata non dà nessuna garanzia rispetto all'indeterminatezza della norma penale, e quindi non c'è dubbio che, prima che arrivi la Corte costituzionale in qualche procedimento a sollevare, a recepire anzi la questione, sarebbe opportuno lo facesse preventivamente il Parlamento.

Ed infatti i concetti di identità di genere e di orientamento sessuale sono in alcuni casi citati nella normativa, nella legislazione italiana ed europea sono menzionati, ma in nessuna norma c'è una definizione precisa di questi concetti: quindi, sono concetti privi di ogni determinatezza, di ogni tassatività; e siccome stiamo parlando di norme penali, dalle quali discende che un cittadino può essere messo in galera da uno a sei anni se si interpreta una fattispecie in un modo o in un altro, su questi dettagli su cui si gioca la libertà personale degli individui non si può giocare, non si può scherzare, non si possono lasciare margini di equivoco e di ambiguità. Anche perché, in presenza di una norma indeterminata, si consegna nelle mani di un giudice una discrezionalità amplissima, e se ci si trovasse di fronte, come purtroppo in alcuni casi abbiamo visto succedere, ad un magistrato particolarmente ideologizzato, potrebbe esserci l'apertura di un fascicolo ai danni di un cittadino…

PRESIDENTE. Concluda.

CIRO MASCHIO (FDI). Sono vicino a concludere, Presidente.

PRESIDENTE. È andato fuori tempo massimo, quindi la prego di accelerare.

CIRO MASCHIO (FDI). Un minuto e concludo… si può aprire a carico di un cittadino un fascicolo con intercettazioni, con misure cautelari, con misure di limitazione della libertà molto invasive.

Insufficiente - e concludo, Presidente, perché il tempo è poco - anche l'emendamento “salva libertà di opinione” che è stato concesso come una sorta di elemosina ad un partito della maggioranza, perché è una norma che, così com'è scritta, non risolve nulla, non limita minimamente il rischio che ci sia una censura ideologica.

Credo, quindi, che non si possa essere d'accordo con questa proposta di legge, che vuole di fatto istituire una sorta di tribunale dell'Inquisizione che metta al rogo o in carcere chi la pensa diversamente dai portatori di una certa ideologia. È un'offesa al buon senso, è un'offesa ai principi costituzionali di libertà, di libera manifestazione del pensiero, di libertà di educare, e quindi, Presidente, non potremo permettere che una legge redatta in questo modo possa essere approvata (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Laura Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD). Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, il senso di questa proposta di legge si può esprimere con parole chiare e anche comprensibili a tutti. Il concetto è questo: ognuno deve essere libero, libera di amare chi desidera, senza per questo cadere vittima di odio, di discriminazione e di violenza. Siamo d'accordo oppure no, colleghi e colleghe, con il principio che nessuno deve essere fatto oggetto di violenza e discriminazione per le proprie libere scelte nella sfera affettiva e sessuale? Siamo d'accordo o no? Ce lo dobbiamo dire! Se c'è una contrarietà diciamolo chiaramente, se c'è una riserva che venga detta con chiarezza, non ci scandalizzeremo.

Ma vedete, non ci si rifugi in giudizi fuorvianti e non veritieri. Non si dica, ad esempio, che la legge colpisce la libertà di espressione e la diffusione delle idee, perché non è vero, basta leggere il testo: atteniamoci ai testi. Chiunque sarà libero di esprimere la propria contrarietà alle famiglie omogenitoriali o alle unioni civili; non sarà, invece, libero di usare violenza contro una coppia omogenitoriale, omosessuale o lesbica, solo perché contrario a essa, a questa formazione, né libero di istigare altre persone a compiere materialmente quella stessa violenza. Guardate, i bavagli, cose che ho sentito purtroppo dire -, le museruole, non c'entrano nulla con questa legge, sono fuori dal perimetro di questa legge.

E non si dica neanche che non è un momento adatto per impegnare il Parlamento su questo tema e che gli italiani hanno altro a cui pensare: lo sappiamo benissimo quali sono le priorità del Paese! Lo sappiamo benissimo che oggi la grande priorità del nostro Paese è sconfiggere definitivamente il COVID-19, senza magari negarne l'esistenza, come alcuni vanno facendo, e dare anche risposte concrete alle persone colpite dagli effetti sociali e dagli effetti economici di questa crisi sanitaria. Infatti, negli ultimi mesi, Governo, Parlamento e istituzioni europee si sono impegnati innanzitutto su questo fronte, ma, lo dico anche ai colleghi e alle colleghe che mi hanno preceduto, con la logica del benaltrismo va a finire che il tempo per i diritti civili non arriva mai, c'è sempre qualcosa di più importante. Lo avete detto voi, colleghi e colleghe, tant'è che una legge sull'omotransfobia è attesa da molti anni nel nostro Paese, appunto. La prima proposta risale addirittura al 1996, e fu Nichi Vendola a presentarla. Nel 2006 - è stato già ricordato in quest'Aula da chi mi ha preceduto - ci fu una risoluzione del Parlamento europeo a chiedere a tutti gli Stati membri di legiferare su questa materia. Nel 2006! Nella scorsa legislatura ci provammo, fu molto frustrante, lo devo ammettere - mi ricordo, sedevo lì, su quello scranno -, fu molto frustrante perché alla Camera ci riuscimmo, ma al Senato la legge si fermò. Nell'Unione europea, colleghi e colleghe, siamo in pochissimi a non esserci adeguati a quanto ci era stato richiesto dall'Unione europea: la Francia sia già dotata di una legge in materia, così come la Spagna; il Regno Unito, anche se non è più nell'Unione europea, ha la legge, e la Germania ce l'ha a livello territoriale. Invece noi no, noi siamo rimasti indietro, lasciando un evidente vuoto legislativo nel nostro ordinamento.

C'è stato anche chiesto, e anche oggi abbiamo sentito in Aula: ma serve davvero questa legge? Non ci sono già, nel nostro ordinamento penale, norme che puniscono comportamenti violenti e discriminatori? La risposta sta non nelle mie parole, ma nei fatti, in ciò che accade spesso, troppo spesso, nelle strade delle nostre città, nei locali pubblici delle nostre città, sulla rete, nel web: giovani omosessuali, lesbiche o transessuali che vengono picchiati in modo brutale. Perché? Solo perché esistono, per il solo fatto di esistere. Ma vi rendete conto che vuol dire avere una famiglia e avere un figlio, una figlia, che escono di casa la sera e avere la paura di sapere che magari ti ritornano a casa massacrati di botte perché sono quello che sono, senza alcun tipo di responsabilità? Ma vi siete mai messi nei panni di quelle famiglie e di quelle persone? E lo trovate normale, tollerabile? Chiudiamo un occhio, anzi due? Allora, serve davvero o no una legge? Io penso che, se due persone si vogliono bene, si abbracciano e si baciano per strada, io non posso essere che contenta che ci sia amore. E queste cose, che accadono - perché non potete dire che non accadono -, debbono essere gestite, e il legislatore non può più stare a guardare. E perché questo accade? Ce lo siamo detti tante volte: accade per il solo fatto che sono gay, lesbiche o transessuali, o cos'altro possono essere e vogliono essere. Allora, un altro punto che voglio portare all'attenzione di quest'Aula: il web. Quanto odio abbiamo sul web? Quanto incitamento alla violenza? E nei confronti di chi si esprime tutto questo? In primis nei confronti delle donne. Le donne sono le persone più esposte a questo odio.

In questa proposta c'è una novità rispetto alle precedenti proposte di legge degli anni passati e anche nella scorsa legislatura: questa proposta punta anche a combattere la misoginia. L'introduzione in questa proposta dei crimini d'odio per motivi di sesso e genere, dunque di misoginia, è stata salutata come un'innovazione necessaria da esperti e esperte di diritto penale che sono stati auditi in Commissione giustizia, perché sappiamo bene che le donne sono tra le più colpite.

Signor Presidente, questo lo dico anche sulla base di un'esperienza diretta: nella scorsa legislatura io istituii una Commissione contro i crimini di odio, il razzismo, la xenofobia, e a far parte di questa Commissione c'erano deputati e deputate, uno per gruppo, ma poi c'erano anche esperti, come il compianto Tullio De Mauro, la professoressa Saraceno, Ilvo Diamanti, e alla fine la Commissione presentò una relazione, e nella relazione quello che si evidenziò è che all'apice della cosiddetta piramide dell'odio c'erano le donne, nel nostro Paese, poi la comunità LGBT. Altri esempi poi sono stati portati dalla collega Annibali, con altre ricerche, e questo è consolidato.

La maggior parte delle associazioni femministe hanno apprezzato e condiviso questo testo, altre hanno mosso delle obiezioni, e con loro però noi abbiamo discusso, ci siamo confrontati, abbiamo interloquito. Temevano, queste associazioni, che la definizione di identità di genere possa annullare le differenze ed essere lesiva dei diritti delle donne, perché, a loro dire, laddove esistono spazi, quote o incarichi destinati alle donne questi potranno essere occupati da persone che, pur essendo nati maschi, si percepiscono come appartenenti al genere femminile. Ma sono ragioni che non hanno nulla a che vedere con la legge in questione, che è stata concepita non per dare nuovi diritti sociali ma per fornire protezione, protezione dall'odio, dalla violenza e dalle discriminazioni. Contemplare sesso e genere, come abbiamo fatto, accanto all'orientamento sessuale e all'identità di genere significa allargare il campo d'azione della legge, che diventa così anche norma contro la misoginia.

È importante poi, Presidente, sottolineare che quello dell'identità di genere è un concetto che ha un peso specifico, un peso giuridico specifico oramai ben definito, perché vale la pena ricordare che è stato avallato dalla Corte costituzionale, con la sentenza - lo ha detto il relatore Zan, ma vale la pena ripeterlo in quest'Aula - n. 221 del 2015; è stato introdotto dall'articolo 1 dell'ordinamento penitenziario; è evidenziato dalle pronunce della Corte di cassazione; è presentato nelle direttive e nelle risoluzioni dell'Unione europea ed è incluso nell'articolo 4 della Convenzione di Istanbul, che è stata ratificata da quest'Aula nel 2013.

L'odio verso le donne, Presidente, è frutto dello stesso clima culturale che alimenta l'odio e la violenza verso le persone LGBT+. È lo stesso clima! Un clima che affonda le proprie radici nella matrice patriarcale della nostra cultura e della nostra società, e che colpisce chiunque si allontani da quel modello, chiunque lo rimetta in discussione. Allora, parlare di misoginia in una legge che si occupa di omolesbobitransfobia non significa ridurre le donne a una minoranza fra le altre, no, ma riconoscere che un'importante componente dei crimini d'odio è rivolta contro le donne, cioè prendere atto della realtà.

Questa non è una legge che tutela le minoranze, questa è una legge che vuole introdurre nell'ordinamento pari dignità, protezione e sicurezza. Sì, colleghi e colleghe, sicurezza! Sicurezza, perché la sicurezza non è quella che qualcuno invoca a ridosso delle campagne elettorali dopo aver egli stesso seminato paura; sicurezza è anche non temere di essere picchiate o discriminate perché si è donne o perché si sceglie liberamente chi amare e da chi essere amati.

C'è sicurezza quando la società respira. C'è sicurezza quando la società è aperta ed inclusiva. C'è sicurezza quando ognuno può essere se stesso senza doversi nascondere, senza avere paura, senza dover rinunciare a se stesso per colpa dei violenti e vivere serenamente la propria identità. Serenamente si è ciò che si è. E si deve essere rispettati per quello che si è. Per questo sono particolarmente contenta - sì, sono veramente felice – oggi, di essere in quest'Aula, in questo dibattito. Finalmente!

Mi lasci esprimere, signor Presidente, un sincero apprezzamento per l'equilibrio, per l'apertura e la capacità di tenuta, che il relatore Alessandro Zan ha dimostrato nello svolgimento del suo non facile incarico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Mi fa veramente molto piacere restituire questo omaggio al deputato Zan.

Ora abbiamo un'occasione importante. Colleghe e colleghi, è l'occasione, innanzitutto, di assicurare protezione e pari dignità a tante persone, che se lo aspettano da tanti anni, ma anche quella di dare un altro seguito al principio di eguaglianza, previsto dall'articolo 3 della nostra Costituzione. Inoltre, è l'occasione anche di collocare l'Italia tra i grandi e avanzati Paesi dell'Unione europea, in materia di diritti, di libertà e di progresso civile. Questa occasione, questa volta, non dobbiamo assolutamente perderla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Vi parlerò, anzitutto, di tre persone. Inizio con la prima, Neil Gorsuch. Chi è Neil Gorsuch? È un giudice della Corte suprema americana. È stato nominato dal Presidente Trump. Contro la sua nomina i democratici fecero l'ostruzionismo in Senato. Per stroncare l'ostruzionismo fu necessario ricorrere a una tecnica chiamata nuclear option, analoga alla nostra ghigliottina. Gorsuch è un cattolico fortemente conservatore, chiaramente di destra, la cui madre era deputata repubblicana amica di Ronald Reagan. Gorsuch il 15 giugno ha firmato la sentenza della Corte suprema Bostock versus Clayton County, con la quale, estendendo la legge dei diritti civili del 1964, si stabilisce a livello federale che nessun lavoratore può essere licenziato perché omosessuale o transgender. Scrive Gorsuch: “estendere l'applicazione di leggi antidiscriminatorie a gruppi politicamente impopolari al tempo dell'approvazione di quelle leggi può spesso sembrare inaspettato; ma rifiutare l'applicazione di quelle leggi, in ragione dell'impopolarità di un gruppo al momento della loro approvazione, non implicherebbe soltanto l'abbandono del nostro ruolo di interpreti: sbilancerebbe i principi di giustizia a favore dei soggetti più forti e popolari, negando in radice la promessa di uguaglianza racchiusa nell'eguale applicazione della legge”.

La seconda persona la conoscete: è Papa Francesco. Ci ha ricordato ieri Alberto Bobbio, sul L'Eco di Bergamo, quotidiano di ispirazione cattolica, il significato profondo dell'ultimo documento ecclesiale che tratta di questi temi, l'Amoris laetitia, esortazione sottoscritta dal Papa. Al paragrafo 250: “desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e, particolarmente, ogni forma di aggressione e di violenza”. Certo, ci sono persone di destra e anche non di destra che non condividono Gorsuch. Ci sono persone nelle chiese che non condividono quanto detto da Papa Francesco. Nessuno le vuole criminalizzare per il fatto di esprimere opinioni. La battaglia contro le discriminazioni è anzitutto un impegno serio nella lotta tra idee, in cui nessuno vuole che l'impegno per l'attuazione dell'articolo 3, per l'uguale applicazione delle leggi, come dice Gorsuch, travolga le libertà garantite per tutti dall'articolo 21.

Eppure, anche il teorico, disposto a valorizzare al massimo le garanzie dell'articolo 21, deve porsi il problema dell'argomento della terza persona, di cui vorrei parlare, un altro giudice americano, sempre della Corte suprema.

Si tratta di Oliver Wendell Holmes, utilizzato nella sentenza Schenck versus Stati Uniti nel lontano 1919. Scrive il giudice: la protezione più rigorosa della libertà di parola non proteggerebbe un uomo che gridasse falsamente al fuoco in un teatro causando un panico. Qui infatti il confine, dove l'opinione legittima un pericolo chiaro e presente per la violenza. È già così nella giurisprudenza costituzionale e così sarebbe interpretato dai giudici.

Da dove nasce, allora, la preoccupazione sfociata nell'emendamento dei colleghi di Forza Italia e che sia il Comitato per la legislazione sia la I Commissione chiedono, se è possibile, di rafforzare? Non dal timore delle sentenze, ma dal timore di forme improprie di azione penale, da evitare a priori. I pareri non chiedono, quindi, di abbattere la legge, ma di renderla più forte, perché più condivisa. E noi speriamo che tante persone di destra e di centrodestra come Gorsuch ci siano in quest'Aula e ci aiutino a migliorarla e votarla. Vorrei, infatti, replicare alla collega Calabria che so bene che l'articolo 3 è stato voluto in larga parte dai colleghi Costa e Bartolozzi di Forza Italia. Il problema è che, a differenza della collega Calabria, Costa e Bartolozzi non sono contrari alla legge: sono più dalla parte di Gorsuch e della sua lotta alle discriminazioni, che non da quella di chi vuole difendere il segno delle discriminazioni. Per questo, speriamo tutti insieme di poter cambiare la legge, in un modo più aperto, più forte e più condiviso, ma rifiutiamo la logica delle pregiudiziali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Gilda Sportiello. Ne ha facoltà.

GILDA SPORTIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Da quando è iniziata la discussione di questo disegno di legge, dentro e fuori dal Parlamento, si è acceso un ampio dibattito. In fondo, è quello che ci aspettavamo tutti, visto e considerato che nel nostro Paese si discute da più di vent'anni, se sia il caso o no di condannare l'omolesbobitransfobia, senza però mai avere il coraggio di andare fino in fondo. Sì, il coraggio! Un Paese che ancora oggi confonde l'odio, la discriminazione, le violenze con questioni etiche, quando l'etica dovrebbe invece suggerirci chiaramente da che parte stare. Io ho ascoltato molto in questi mesi. Mi sono sforzata, ascoltando anche le parole di tanti colleghi, per capire quale fosse quella tanto famigerata questione etica che potesse vederci divisi di fronte ad una legge che condanna discriminazioni e violenze. L'ho cercata davvero, ma non l'ho trovata. Una curiosità umana, prima ancora che politica: volevo capire perché persone civili, legislatori, rappresentanti del popolo, non condividessero, nel 2020, una legge che condanna atti di violenza e di discriminazione, legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Infatti, io vorrei capire qual è la questione etica, per cui non siamo tutti d'accordo che queste violenze vadano condannate e riconosciute per quelle che sono. Qual è la questione etica che ci impedisce di affermare unanimemente che le vittime di queste violenze vadano tutelate e anche accolte? Qual è la questione etica che non ci vede concordi sul fatto che una vittima di violenza e di discriminazioni vada tutelata e vada supportata? Mi rifiuto sinceramente di pensare che una sola persona qui dentro non riesca a capire che, se Federica è tornata a casa con 40 punti sulla testa, se Giulia è stata picchiata, Lisa aggredita da uno sconosciuto, se centinaia di persone ogni anno vengono offese, stigmatizzate, picchiate, ferite, cacciate di casa e insultate, è per un solo motivo: l'omolesbobitransfobia e la misoginia, come se non bastasse. Se tutte queste violenze non fossero motivate da una discriminazione di fondo, basata sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, nessuna delle persone che ho citato sarebbe tornata a casa ferita.

Durante la discussione in Commissione ho visto emendamenti di ogni tipo, da quello che voleva abrogare la “legge Mancino”, fino a quelli che volevano inserire, oltre alla misoginia e all'omolesbobitransfobia, anche l'eterofobia. Allora, vi do una notizia: molte persone vengono insultate, aggredite, picchiate e uccise, non in quanto etero, ma perché sono gay, perché sono lesbiche, perché sono transgender, perché non rispettano i canoni in cui una società - tra l'altro ancora molto misogina e patriarcale - vorrebbe irretire i ruoli di genere o, ancora, perché sono donne. Infatti, ricordo che questa proposta di legge è anche contro la misoginia: si parla di “atti di violenza”. Ho sentito anche in qualche audizione, che condannava questa proposta di legge - di certo andava ben oltre il contenuto -, millantare anche qualche non ben specificato timore per i propri figli; forse oggi in qualche intervento - penso a quello della collega Calabria - sono riuscita a capire qualcosa in più, ma faccio davvero fatica. Allora, parliamo di figli e parliamo di minori, parliamo di quei figli e di quelle figlie che devono trovare il coraggio per fare coming out, perché purtroppo viviamo in una società dove spesso serve ancora coraggio per manifestare il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere, pensiamo a tutti quei figli e a quelle figlie che vengono insultati e insultate per nessun altro motivo, ma solo e soltanto per il ruolo, l'orientamento e l'identità di genere, insulti che arrivano non per uno stile di vita - come purtroppo qualcuno ancora li definisce, e anche nelle istituzioni e in questo palazzo ho sentito definirli così - ma perché sono, e non c'è alcuna scelta, semplicemente se stesse. La libertà di pensiero è poi un'altra argomentazione che è stata molto usata e che questa legge sicuramente non ha mai avuto intenzione di limitare, del resto è tutelata dalla nostra Costituzione, come immagino tutti sappiamo. Ebbene, vi do un'altra notizia: quando approveremo questa legge non verranno arrestati coloro i quali diranno: “io penso che esista una famiglia tradizionale”, questa è un'opinione e non è un insulto, però, vedete, dover spiegare in quest'Aula la differenza tra un'opinione e un insulto mi fa capire che qui non siamo più sul piano della razionalità e del sano confronto politico, siamo andati un po' oltre; sentire dire in quest'Aula che questa legge introduce il “reato di pensare” è sinceramente una responsabilità che credevo mai nessun parlamentare si potesse prendere. Anche parlare delle priorità politiche che possiamo avere in questo momento, in cui - lo ricordo - la pandemia non è stata e non è soltanto un'emergenza economica, ma è anche un'emergenza sociale, dove tutte le marginalità e tutte le condizioni di difficoltà si sono acuite, mettere gli uni contro gli altri è un atto davvero deprecabile. L'unica questione etica che esiste su questa proposta di legge è una e una soltanto e non può che vederci tutti schierati dalla stessa parte: condannare le violenze e tutelare le vittime, perché o ci schieriamo dalla parte di chi queste violenze le condanna, oppure le legittimiamo in qualche modo e non c'è altra divisione che possa tenere. Si dice poi che non ci sia un'urgenza in questo Paese, vediamo: 28 giugno 2020, giovane gay picchiato a sangue mentre si svolge il Pride in Abruzzo, è successo a Pescara, il ragazzo era in compagnia del suo fidanzato, si tenevano mano per la mano, contro di loro sette giovani, gli hanno fratturato la mascella; 16 giugno del 2020, Federica, donna transgender, 37 anni, è stata aggredita all'interno del suo palazzo, in via Arenaccia, nella mia città, 40 punti alla testa; 24 giugno 2020, Antonia, attivista transgender, solo per aver chiamato un numero per ottenere delle informazioni è stata prima stalkerata e poi insultata, le è stato detto: “La conosci la storia di Hitler? La gente come te deve andare a finire nei forni crematori”; 4 luglio 2020, aggrediti solo perché si stavano scambiando qualche bacio, vittima del branco a La Spezia una coppia gay di Bologna; 1° febbraio 2020, ventinovenne di Rimini aggredito da un gruppo di persone con insulti omofobi in una discoteca di Cesenatico; 17 gennaio 2020: “Le persone come te devono morire. Vuoi fare il maschio? E ora ti faccio vedere come si picchiano i maschi”, questo lo hanno detto a Giulia a Potenza, poco prima di aggredirla; 3 dicembre 2019, picchiato perché gay, la testimonianza di un ventinovenne ragusano: “Mi torturavano da sei mesi”; 4 novembre 2019, Lisa, picchiata a quindici anni, da un uomo sconosciuto di almeno 35 anni, in pieno giorno, in metro, l'ha picchiata all'improvviso, dopo averla insultata: “Mi ha gridato che ero vestito da maschio e che facevo schifo”; 29 dicembre 2019: “sei gay” e lo picchiano in dieci con una bottiglia di vetro a Milano; 16 dicembre 2019, una donna transgender è stata picchiata e rinchiusa in un tombino a Napoli; 18 luglio 2019, Bologna: donna transgender picchiata dal branco non camminerà più; 22 aprile 2018: padre picchia figlio e lo caccia di casa perché gay; 7 ottobre 2019, cartello: “ Stanza in affitto a 300 euro: no immigrati, no gay, no animali”.

Questi titoli fanno venire i brividi, spero li facciano venire a tutti. Questi sono solamente i titoli di giornale degli ultimi mesi, raccolti in una breve ricerca in rete: per ogni notizia riportata, moltissime altre sono taciute, non denunciate, non conteggiate e nemmeno ricordate, perché, fino a quando non esisterà un reato che possa chiamare con il proprio nome queste violenze, allora sarà davvero difficile stimarle correttamente. Fortunatamente ogni giorno c'è un preziosissimo lavoro di associazioni che vengono in supporto di chi ha bisogno di questi aiuti e dal 17 maggio 2018 al 17 maggio 2019, giorno in cui celebreremo poi la giornata contro l'omotransfobia ufficialmente, hanno registrato 187 casi di omolesbobitransfobia; attenzione: 187 perché hanno contato solo le notizie pubblicate sugli organi di stampa. Si è detto anche che questa legge è poco più che un atto simbolico; ci vuole coraggio a dire questa cosa perché, viste le numerose politiche positive che vengono messe in campo, il ricordo e il riconoscimento ufficiale della giornata contro l'omolesbobitransfobia e l'istituzione di centri antidiscriminazione in tutt'Italia, insomma penso che sia più che un atto simbolico, ma se lo pensate, se pensate che sia soltanto un vezzo della sinistra o di questo Governo incapace, che non riesce a capire quali sono le priorità, allora andate a dire a quelle persone aggredite per questo unico e solo motivo, e non per altro, che inserire questa aggravante è un atto simbolico, andatelo a dire ai loro familiari e abbiate il coraggio, voi, di guardare negli occhi queste persone e dirgli come la pensate.

Permettetemi di dire che, tra le cose più ignobili che possano accadere in un dibattito politico, vi è anche strumentalizzare la religione: so che è entrato ormai nel modo di fare di qualcuno utilizzare anche dei simboli religiosi, però è una sfera talmente intima dell'essere umano e di un'intera comunità che possiamo anche risparmiarci di strumentalizzarla a fini politici; dovrebbero essere due cose che camminano in maniera distinta. Anche parlare di “colonizzazione culturale”, termine che ho sentito oggi parlando di progetti di educazione contro le discriminazioni, progetti volti a tutelare l'inclusione e l'accoglienza, è davvero pericoloso: fuori ci sono persone che ci ascoltano, che poi alla fine ci credono davvero. Questo progetto di legge non è un reato di pensiero, questo progetto di legge non fa assolutamente nessuna opera di rieducazione culturale ed è una cosa pericolosa pensarlo. Se noi pensiamo che un progetto che lotta contro le discriminazioni possa essere un pericolo abbiamo un problema, allora, molto più grosso.

Concludo con i due articoli della nostra Costituzione che dovrebbero bastare a spazzar via ogni dubbio. Articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale”. Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. La nostra Costituzione era già più avanti di molti discorsi che qui dentro ascoltiamo. Con questa legge cerchiamo di portare l'Italia davvero nel 2020; se qualcuno ha intenzione di rimanere nel passato, mi spiace, ma non può trascinarci tutti; se qualcuno non vuole vedere che abbiamo un enorme problema da affrontare nel nostro Paese, mi spiace, ma non è accettabile in un Paese che voglia essere democratico e civile. Credo che questi dibattiti tra qualche anno li leggeremo con lo stesso spirito con cui oggi ci guardiamo all'indietro e pensiamo: “Ma davvero in Italia fino al 1981 esisteva ancora il delitto d'onore”? Fra qualche anno, con la stessa incredulità, qualcuno prenderà i verbali delle nostre sedute ed esclamerà: “Ma davvero in Italia nel 2020 c'era ancora qualcuno che aveva qualche dubbio” (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico)?

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Grazie. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, mentre la nazione sta attraversando uno dei momenti più difficili della sua storia recente, mentre l'emergenza sanitaria non è risolta e l'emergenza economica sta devastando la vita di molti italiani, il Parlamento della Repubblica è chiamato a occuparsi non di queste materie, ma del tema dell'omofobia. È davvero un tema così urgente e così grave da richiedere tutta questa fretta, come hanno sostenuto alcuni colleghi? Lo sarebbe certamente, Presidente Boldrini, se davvero questo testo unificato riempisse un vuoto normativo che consente violenze o discriminazioni. Questo è ciò che sostengono, con grande veemenza, le associazioni, i gruppi, i movimenti che si battono per l'approvazione di questa norma. Avrebbero ragione senza alcun dubbio se le leggi in vigore non tutelassero anche soltanto una singola persona in Italia, una singola vittima di violenze o di sopraffazioni di questo tipo. Il fatto è semplicemente che non è così, la realtà non è questa. Tutti i casi che i colleghi hanno citato finora non sono certo casi consentiti dalle leggi vigenti, non sono certo casi che non vengano già sanzionati. Viviamo, fortunatamente, in un sistema liberale: un sistema nel quale le leggi garantiscono la parità dei diritti, sanzionano gli atti di violenza e discriminazioni di qualsiasi natura e con qualsiasi motivazione.

Vedete, colleghi, questo è proprio ciò che distingue il sistema liberale da altre visioni del diritto, dello Stato e della società: i cittadini, per noi, sono individui, ciascuno dei quali è portatore di diritti per il solo fatto di essere una persona. Noi non dividiamo la società per classi né per etnie né per scelte religiose o per stili di vita. Noi crediamo che i diritti siano insiti nella stessa condizione di cittadinanza, nella stessa condizione umana e che tocchi allo Stato garantirli attraverso leggi di carattere generale. Le tristi ideologie del Novecento, che erano la negazione del liberalismo, dividevano gli esseri umani per razze o per classi sociali, e tutto questo ci ha condotto alle peggiori tragedie del XX secolo. La classe e la razza sono due aberrazioni prive di fondamento scientifico, storico, sociale e antropologico, ma è un'aberrazione anche ogni altro tentativo di aggregare le persone in base a delle categorie, come se il fatto stesso di appartenervi conferisse a chi ne fa parte opinioni omogenee, interessi omogenei, aspirazione omogenee. È così che i promotori della legge Zan vedono le persone di orientamento omosessuale o bisessuale, non come cittadini, ma come categoria da tutelare, anzi da promuovere, forse per compensare le discriminazioni subite in passato.

Sgombriamo subito il campo da un equivoco: noi non neghiamo affatto che in Italia siano avvenuti, ed avvengano, episodi di discriminazione, di bullismo, di violenza nei confronti di alcune persone sulla base del loro orientamento sessuale. Questo succede e, naturalmente, è una cosa orrenda. Va detto però che, da questo punto di vista, la società è profondamente cambiata: stili di vita che fino a qualche decennio fa erano oggetto di stigma sociale, oggi, per fortuna, sono pienamente accettati e, anzi, talora sono diventati addirittura di tendenza in alcuni ambienti. Lo stigma sociale oggi colpisce piuttosto il modello tradizionale di famiglia, come dimostra, un esempio fra i tanti, l'evoluzione del linguaggio della pubblicità televisiva. Hanno fatto clamore, le avete viste tutte, le campagne di boicottaggio verso aziende che avevano scelto una linea di comunicazione che si riferiva alla famiglia tradizionale. Tuttavia, non vogliamo chiudere gli occhi sul fatto che episodi deplorevoli ancora avvengano, soprattutto nelle realtà sociali e culturali più difficili. Avvengono e devono essere perseguiti con la massima energia, su questo non c'è dubbio: è addirittura superfluo precisarlo. Ogni atto di discriminazione e di violenza basato sull'orientamento sessuale, come sul colore della pelle, su caratteristiche fisiche, sul genere di appartenenza, sull'etnia, sulla fede religiosa, sulle scelte politiche o culturali è assolutamente, radicalmente inaccettabile. È la negazione della nostra stessa idea di persona e di Stato, dell'idea nata duemila anni fa con il cristianesimo e codificata con le leggi dello Stato liberale, leggi che vietano di nuocere a una persona in quanto persona, non in quanto omo o eterosessuale, non in quanto ebreo o ariano, non in quanto nero o bianco, non in quanto proletario o borghese, ma semplicemente in quanto essere umano e in quanto cittadino. Esistono in Italia queste leggi? Certo che esistono. Se non sono applicate adeguatamente, applichiamole meglio; se si ritiene che siano insufficienti, creiamone di nuove, ma leggi di carattere generale, non leggi ritagliate su misura di una categoria, di un orientamento o di uno stile di vita. Questo vale in generale, vale a maggior ragione quando si tocca il confine, delicatissimo, della libertà di espressione e di opinione. A ben vedere, è proprio questo l'unico senso possibile di questo testo: chi uccide, ferisce, percuote una persona oggi è già punito severamente e giustamente, a prescindere dalle motivazioni, a prescindere dall'elemento soggettivo del reato. Esistono, poi, anche le aggravanti per motivi abietti, che il giudice può valutare ed applicare. Su tali aggravanti si sarebbe anche potuto lavorare ancora, se necessario.

Allo stesso modo anche chi discrimina una persona negandole un diritto, ostacolandone il lavoro, licenziandola con motivi pretestuosi, chi altera la graduatoria di un concorso, chi rifiuta a qualcuno l'acceso a un pubblico esercizio già oggi commette un reato quali che siano le ragioni del gesto.

C'è, però, invece un'area di confine che è quella sulla quale questa legge interviene davvero. Il fatto è che, proprio in quella zona grigia, stanno i diritti di libertà che vengono messi in discussione. Questa legge è stata definita semplicemente liberticida: è un termine forte, me ne rendo ben conto, ma invito chi lo contesta a una riflessione. Se questa legge non fosse liberticida, se non mettesse in discussione delle libertà, non avrebbe nessuna logica, sarebbe semplicemente una legge inutile. È una norma che non persegue l'atto in sé, come dovrebbero essere le leggi in un sistema liberale. È una norma che persegue le motivazioni, le convinzioni che stanno alla base dell'atto, ma è proprio nella libera espressione delle convinzioni, cari colleghi, quand'anche fossero le convinzioni più riprovevoli, più ripugnanti, più lontane dalla nostra sensibilità che sta la vera discriminante. È proprio questo che si chiama semplicemente libertà.

La libertà non è concedere il diritto di pensare, di dire, di sostenere ciò che condividiamo; è il diritto di pensare, di dire, di sostenere anche ciò che non condividiamo affatto. Quando la legge finisce di punire l'atto in sé, ma punisce le motivazioni dell'atto siamo sull'orlo dello Stato etico.

Ricordo a me stesso, perché ai colleghi è certamente noto, che lo Stato etico non è lo Stato che non ruba, come sosteneva ingenuamente l'allora Ministro Toninelli. I proponenti di questa norma, che hanno letture ben più sofisticate del poco rimpianto Ministro, lo sanno benissimo: lo Stato etico è la giustificazione ideologica dello Stato totalitario.

Mi dispiace, onorevole Zan e presidente Boldrini, ho grande stima personale per voi ma noi saremo sempre dalla parte di Locke e non di Hobbes, dalla parte di Croce e non di Gentile. Anche per questo ammetto di non avere grande simpatia - lo dico in generale - per la tendenza diffusa negli ultimi anni a una produzione legislativa che pone l'accento sulla motivazione soggettiva del reato piuttosto che sulle sue caratteristiche oggettive. Riconosco però che in alcuni casi - penso al femminicidio - esistano ragioni specifiche che rendono questo tipo di violenza non solo particolarmente odiosa ma anche in qualche modo diversa per il suo modo di estrinsecarsi, per il tipo di pericolo che costituisce per la vittima rispetto alle altre fattispecie di omicidio. Si tratta però di casi particolari, di eccezioni da limitare al massimo proprio al fine di evitare una parcellizzazione dei codici basata sull'intenzione del reo piuttosto che sulla gravità del danno inferto.

Onorevoli colleghi, ho detto poco fa che questa legge è stata definita liberticida. Non mi riferisco naturalmente alla libertà di commettere omicidi, violenze, sopraffazioni nei confronti di persone per il loro orientamento sessuale. È del tutto ovvio - lo ripeto ancora una volta - che tali comportamenti vanno combattuti e sanzionati nel modo più rigoroso. Mi riferisco, invece, al confine sottile che stiamo attraversando: un confine che riguarda la libera manifestazione delle idee.

Alcune idee sono particolarmente sgradevoli, particolarmente sbagliate me ne rendo conto, ma partirò proprio da queste perché la libertà è di tutti anche dei peggiori e la posta in gioco è molto più grande: riguarda la libertà di espressione di tutti, non solo quella di pochi fanatici.

La senatrice Cirinnà, che non siede in quest'Aula ma è uno fra i più convinti assertori del testo in esame, ha scritto qualche tempo fa un articolo dal titolo rivelatore: omotransfobia, qualcuno teme di non essere più libero di odiare. Ebbene sì, senatrice Cirinnà, la stupirà sapere che odiare non è un reato. L'odio è un sentimento deplorevole ma non è una fattispecie penale; un sentimento che io condanno certo, che io non provo verso nessuno, ma un sentimento non si può proibire per legge. Si può e, anzi, si deve proibire di tradurre l'odio in atti di violenza; si può e, anzi, si deve impedire la propaganda, l'invito e la sollecitazione a compiere atti illeciti ma non si può vietare una manifestazione di pensiero, anche se parliamo di un pensiero che non ci piace.

Dunque parliamo - lo dicono i suoi stessi sostenitori - di una legge che va a toccare la sfera delicatissima della libertà di opinione. Ciò sarebbe già grave, già contrario alla nostra idea di diritto se colpisse solo atteggiamenti estremi, sgradevoli, riprovevoli verso le persone omosessuali, atteggiamenti che ripugnano al nostro comune sentire, atteggiamenti che sono espressione di pregiudizio, di incultura, di degrado sociale e morale, atteggiamenti da combattere sul piano culturale e formativo piuttosto che attraverso la legge penale. Ma non si tratta solo di questi: vi è un altro aspetto, colleghi, molto più grave. Questa legge mette in discussione il diritto stesso di affermare, difendere, proporre stili di vita diversi basati su una diversa visione culturale, religiosa o civile. Una società plurale, onorevoli colleghi, non è una società relativista. L'autorità dello Stato rispetto agli stili di vita e alle convinzioni morali individuali è un concetto fondamentale ma è un concetto che riguarda appunto lo Stato che è di tutti, non le opinioni e le scelte che appartengono a ciascuno. Lo Stato non può imporre di compiere ma neppure imporre di non compiere scelte morali, culturali o religiose. Ogni scelta, per definizione, significa affermare una gerarchia fra possibilità diverse; significa, nel caso specifico, privilegiare uno stile di vita rispetto ad un altro. È evidente, colleghi, che il confine fra questo e il concetto di discriminazione è molto labile. Ritenere che la famiglia naturale sia quella costituita dall'unione stabile fra una donna e un uomo orientata a far nascere e educare dei figli, è una scelta o una discriminazione? Chiedere che lo Stato assegni alla famiglia di questo tipo tutele particolari, in ragione della sua utilità sociale, tutele da non estendere ad altre forme di relazioni affettive, è un'opinione o è una discriminazione? Ritenere che una coppia omosessuale non sia adatta a crescere dei figli e battersi perché non vengano quindi consentite le adozioni a questo tipo di coppie è legittimo o è una discriminazione? Pregare, se qualcuno ritiene di farlo, perché le persone omosessuali cambino il loro stile di vita, è un atto di culto o è una discriminazione? Sarebbe lecito, per un pasticciere, rifiutarsi di preparare una torta nuziale per una coppia omosessuale (e questo non è un esempio di fantasia, è un caso che negli Stati Uniti è giunto fino alla Corte Suprema)?

In una certa chiave di lettura, tutte queste condotte possono essere definite discriminatorie. Non è solo un rischio teorico quello di cui stiamo parlando. Quello che può apparire un paradosso è la grave realtà del nostro Paese. Si è parlato molto di quanto è avvenuto nei giorni scorsi a Lizzano, un comune della provincia di Taranto, dove il parroco ha indetto una veglia di preghiera contro l'approvazione di questa legge, un atto naturalmente del tutto legittimo, che si è svolto all'interno di una chiesa, un atto tutelato dalla libertà di culto e dalla libertà di opinione. Eppure, il sindaco di Lizzano, Antonietta Doria, ha chiesto ai carabinieri di identificare i partecipanti alla veglia, un gesto già di per sé molto grave, indicatore del clima culturale in cui stiamo vivendo.

Ma c'è di più. Queste sono le parole con le quali il Fatto Quotidiano commenta la vicenda; scrive Dario Accolla su un blog della edizione online: “Antonietta Doria ha dimostrato di non aver timore di dire a un sacerdote che una messa contro una legge che tutela le persone LGBT + è in buona sintesi una messa contro quelle stesse persone. Traducendo in termini ancora più concreti” scrive Accolla “è un atto di omotransfobia”. Avete capito bene, onorevoli colleghi, celebrare una messa e opporsi a una legge sono atti di omofobia, proprio quelli che la legge Zan dovrebbe perseguire. Più chiaro di così! È quello che pensano i gruppi di pressione che sostengono questa norma: ogni atteggiamento critico nei loro confronti, ogni contestazione a uno stile di vita, ogni messa in discussione di veri o presunti diritti è un atto di omofobia. È fin troppo facile capire, se questa legge verrà approvata, quale uso potrà esserne fatto, a quante limitazioni della libertà di espressione darà un pretesto giuridico, a quanto contenzioso, a quante denunce, a quanti processi darà luogo.

Gli stessi proponenti - e ne do atto - sono consapevoli del problema, lo dimostra proprio l'approvazione dell'emendamento presentato da Forza Italia in Commissione giustizia, un emendamento che, così come è stato riformulato, recita: “Ai fini della presente legge, è consentita la libera espressione di convincimenti ed opinioni, nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte”. La precisione è rivelatrice: se occorre specificare che è consentita la libera espressione di convincimenti ed opinioni e che sono legittime le condotte riconducibili al pluralismo delle idee, vuol dire che la legge su questo punto è almeno profondamente ambigua. Allo stesso tempo, l'emendamento è un passo avanti frutto dell'ottimo lavoro dei colleghi di Forza Italia in Commissione giustizia, primi fra tutti l'onorevole Costa e l'onorevole Bartolozzi, ai quali voglio manifestare pubblicamente tutta la mia stima e il profondo rispetto per il loro lavoro e le loro valutazioni. E, tuttavia, è un passo avanti che non risolve il problema.

Qual è il confine fra una libera manifestazione del pensiero, già tutelata dalla Costituzione e dall'ordinamento, e un atto di odio, di discriminazione, di omofobia? È una valutazione che viene lasciata totalmente alla discrezionalità della magistratura. Ora, smentendo un luogo comune troppo spesso attribuito a Forza Italia, io ho una profonda fiducia nella grande maggioranza dei magistrati, ai quali riconosco serenità di giudizio, equilibrio e scrupolosa terzietà. Tuttavia, neppure questo risolve il problema, innanzitutto per una ragione di metodo: la qualità delle leggi è tanto più alta quanto minore è il margine discrezionale del giudice nell'approvarla. Si chiama certezza del diritto ed è alla base della nostra civiltà giuridica. Ma vi è poi una questione di merito molto più importante: se la gran parte dei magistrati - e lo ribadisco ancora - merita piena fiducia, è tuttavia profondamente sbagliato lasciare alla discrezionalità di un giudice quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale di ogni cittadino. Peggio ancora, chiunque conosca il funzionamento concreto della giustizia nel nostro Paese sa quali sono i rischi: azioni giudiziarie lentissime, che si concludono dopo molti anni, magari con una sentenza di assoluzione, ma che nel frattempo hanno creato all'imputato un danno reputazionale e pratico che è impossibile risarcire.

Questo vale a maggior ragione per chi svolge attività con una forte esposizione pubblica, visto che si tratta di un tipico reato di opinione. Penso a un politico, a un giornalista, a un sacerdote. Onorevoli colleghi, non c'è dubbio: oggi qui si confrontano due visioni profondamente diverse dello Stato, del diritto, della convivenza civile. Ma non bisogna cadere in un facile equivoco: non è una sfida fra cattolici e laici o fra conservatori e progressisti. La contrapposizione è fra un'idea liberale dello Stato e un modello di Stato etico, uno Stato - quello che vorrebbe il promotore di questa legge - che non si limita a vietare di ledere i diritti altrui, non si limita a tutelare la libertà, l'integrità delle persone e dei beni che appartengono loro, uno Stato che si considera depositario della verità, la verità politicamente corretta e che ha il potere di imporla con la forza della legge. Una pretesa che nasce da nobili motivazioni, quelle di combattere la discriminazione e la violenza: so bene che sono queste nobili motivazioni a muovere i proponenti della legge sull'omofobia. D'altronde, chi mai potrebbe desiderare il contrario? Chi mai, fra persone ragionevoli, fra persone civili, potrebbe tollerare che un nostro simile venga perseguitato, vilipeso, umiliato, discriminato? Lo Stato etico, lo Stato totalitario, nasce spesso ammantato dalle più nobili ragioni. Ce lo ha insegnato il marxismo: nel nome del popolo, dell'uguaglianza, della redenzione degli umili, si può realizzare la più soffocante macchina totalitaria. Onorevoli colleghi, consentitemi di concludere con le parole del nostro Presidente, di Silvio Berlusconi: la legge sull'omofobia, al di là delle intenzioni dei proponenti, nasce proprio per tutelare non le persone, ma una visione ideologica, limitando almeno potenzialmente la libertà di chi vuole proporre altri stili di vita. Sostanzialmente si vuole introdurre un reato di opinione, il che confligge con il modello liberale e garantista in cui noi crediamo. Queste sono le ragioni per le quali Forza Italia, una grande forza liberale, dalle solide radici cristiane, non permetterà mai di mettere i diritti contro le libertà. Soprattutto, Forza Italia difenderà sempre i diritti di chi crede, come noi stessi crediamo, nella famiglia naturale, fondata da una donna e da un uomo che crescono i figli, come struttura essenziale in una società sana e orientata al futuro. Alle istituzioni compete di tutelare la libertà di tutti. La libertà è un bene indivisibile, è il diritto di disporre della propria vita, ma anche di proporre modelli di vita. Per questo, colleghi, al di là dei legittimi casi di dissenso individuale, la nostra posizione non può che essere nettamente contraria (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Walter Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI (PD). Grazie Presidente. Ma come, con tutte le emergenze che abbiamo, ci occupiamo anche dell'omofobia? Questo, che io considero un luogo comune, un luogo comune pericoloso, che già in queste settimane è riecheggiato, anche oggi in quest'Aula. Io la considero una domanda sbagliata, capziosa, oscurantista. Il Governo, il Parlamento, infatti, si occupano da mesi, 24 ore su 24, delle emergenze del Paese, a partire da quelle sanitarie, dovendo combattere anche contro i negazionisti del Coronavirus e anche contro irresponsabili, tra i quali quei capipartito che violano platealmente le regole, togliendosi e invitando a togliersi le mascherine. Governo e Parlamento si occupano delle emergenze economiche e sociali tutti i giorni, in ogni momento, ma ci chiediamo e lo chiediamo veramente con la volontà di confronto: perché contrapporre le emergenze economiche e sociali all'impegno per il rispetto e l'affermazione dei diritti e della dignità delle persone? Perché contrapporre l'impegno quotidiano per la sanità pubblica, il lavoro, la scuola, le famiglie, l'economia verde, la semplificazione, a quello per rendere il nostro Paese, anche sul piano del rispetto della Costituzione e dei diritti, un Paese pienamente civile ed europeo? E poi, siete davvero sicuri, siamo davvero sicuri che l'omofobia, l'omotransfobia non siano delle emergenze? Cito dei dati, i dati sono dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali: qualcuno prima ha parlato, ha ricordato gravi episodi, con nomi di persone ferite e colpite, accaduti in questo Paese. Ebbene, i dati: parlo di 324 segnalazioni che non si siano tradotte in denunce di atti discriminatori o di atti di violenza per motivi di orientamento sessuale o di identità di genere nel 2017; di 284 nel 2018; di 219 nell'anno scorso - sono dati dell'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali -, un po' meno di una al giorno, e si parla solo di quelle venute alla luce da segnalazioni, mentre altre, tante altre, non sono segnalate e sono quelle che vanno oltre le denunce. Ogni giorno, poi, veniamo a conoscenza di un episodio, di un branco che aggredisce una coppia omosessuale che si vuole bene, di un ragazzo o di una ragazza omosessuali dileggiati, bullizzati, isolati, aggrediti a scuola, nel quartiere o nei pericolosi gironi dell'odio amplificati dalla rete. Così accade per transessuali e per chi si trova a vivere situazioni di percorsi difficili e dolorosi di cambiamento di genere. Per non parlare, poi, del quotidiano stillicidio di misoginia e odio e violenza nei confronti della libertà delle donne, della parità di genere. Come chiamare tutto questo se non emergenza, a proposito di emergenza? Sono questi i gruppi di pressione? Sì, sono delle lobby, è vero, ma sono lobby dei diritti e della dignità delle persone. Insomma, quello che vorrei affermare è che la legge che stiamo discutendo ha l'obiettivo di garantire questi diritti e questa dignità a persone che sono discriminate e troppo spesso fatte oggetto di odio e di istigazione alla violenza. Questo non altro, perché un Paese non è libero, non è civile se tutti i cittadini non vedono pienamente rispettato il contenuto della nostra Costituzione che sta alla base della convivenza civile. Tra coloro disponibili ad approvare una legge importante come questa ci sono stati e ci sono anche tanti che hanno espresso una preoccupazione comprensibile e condivisibile, anche se, secondo me, garanzie in questo senso già c'erano. La preoccupazione era ed è in parte legata al rischio paventato di colpire, con le condotte tese all'odio, alla discriminazione, all'istigazione, anche le opinioni, anche la libertà di espressione. Questa intenzione, ovviamente, non c'è mai stata: non c'è mai stata nel testo di Zan, in quello di Laura Boldrini, negli altri testi presentati e non c'è nel testo venuto in Aula. Noi, del resto, non potremmo mai sostenere né potremmo mai approvare una norma che colpisse la libertà di pensiero e di espressione. Si vuole e si deve colpire, nella presente legge, le condotte di chi istiga, induce all'odio, alla discriminazione e alla violenza, chi produce queste barbarie. Comunque, per favorire un confronto il più possibile aperto e maturo il Partito Democratico in Commissione si è mosso per l'approvazione di emendamenti - qualcuno lo ha ricordato nel dibattito - come quello che ha tratto origine dall'altro presentato dal deputato di Forza Italia, Costa. Così crediamo che dubbi e preoccupazioni legittime, venute pure dall'interno del nostro gruppo e da parti importanti del pensiero cattolico-democratico o liberaldemocratico, siano stati sostanzialmente fugati. Ci sono altri aspetti che richiedono ancora approfondimenti e confronti in Aula. Alcune Commissioni, nell'esprimere pareri, hanno approvato suggerimenti, proposte o espresso condizioni. Il lavoro d'Aula dovrà tenerne conto. C'è un confronto aperto sul tema dell'educazione di genere nelle scuole, su quello del ruolo e del sostegno dei centri antidiscriminazione e c'è un confronto aperto anche nel mondo delle donne, nei diversi filoni del pensiero femminista. Noi rispettiamo questo confronto, perché è finalizzato ad approvare una legge civile, europea, costituzionale, il più possibile condivisa, rispettando i principi e cercando le sintesi. Combatteremo, invece, con le forze della politica e della cultura civile contro chi vuole comunque impedire che una legge come questa divenga realtà.

Io ho il sospetto che, se molti dei detrattori - ma di quelli oltranzisti - di questa legge fossero vissuti quando era un ragazzo anch'io, negli anni Settanta, sono convinto che questi sarebbero stati dalla parte di coloro che mai avrebbero divorziato ma che, al tempo stesso, avrebbero voluto impedire di divorziare a coloro che avevano avuto fallito un matrimonio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sono epigoni di coloro che con tutti i mezzi, sempre in quegli anni, si opposero a una legge per una paternità e una maternità responsabili e, comunque, perché fosse sempre e comunque la donna a compiere, ella stessa, una scelta, a decidere, anche cose dolorose che riguardano la sua vita. Ma quelli erano anche gli anni Settanta e - perdonatemi questa rapidissima digressione conclusiva - nel 1978, assieme a leggi importanti, vennero approvate anche altre norme. Penso alla rivoluzione psichiatrica Basaglia e penso alla riforma sanitaria. Insomma, la storia andò avanti nonostante quelli e questi epigoni oggi sono quelli che mai e poi mai avrebbero voluto che vedesse la luce anche una legge come quella delle unioni civili. Insomma, ci sono coloro che vorrebbero fermare l'orologio della storia e magari su certe cose tornare al Medioevo.

A volte è capitato: possono vincere - in questo caso non accadrà - qualche battaglia ma perderanno la guerra, perché, nonostante certe incomprensibili chiusure, nonostante certi oltranzismo, io penso che il rispetto della dignità dei diritti di tutte le persone, i valori civili e costituzionali rappresentino il presente e il futuro della società aperta e democratica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Paola Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento, che, bisogna dirlo e affermarlo qui, ha avuto un iter difficoltoso in Commissione giustizia, modifica gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, inserendo nella “legge Mancino” nuove fattispecie di reato in materia di violenza o discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere, con l'intento di tutelare le persone omosessuali e transessuali, cercando di colmare un vuoto normativo.

Fratelli d'Italia ha già ampiamente motivato, con gli interventi dei suoi rappresentanti in Commissione giustizia - Ciro Maschio e Carolina Varchi - che ringrazio, la sua totale avversità su questo provvedimento. Il primo rilievo da fare, anche se dagli interventi della maggioranza testé fatti sembra che ci sia molto stupore su questa affermazione, è che questo rischia di diventare un provvedimento liberticida che impedisce le libere opinioni. Ma questa non è un'affermazione così demagogica, perché viene alla conclusione di un ragionamento, da un ragionamento che porta, naturalmente, a un'analisi giuridica e procedurale da cui si evidenzia che questa materia è già regolamentata, perché poi qui sta il senso della nostra opposizione a questa proposta di legge: esiste il codice penale e il codice penale tutela l'integrità fisica e la dignità morale di tutti i cittadini e chi può metterlo in discussione? Il codice penale punisce chi non rispetta l'integrità fisica e la dignità morale in qualsiasi modo e solitamente col meccanismo delle circostanze aggravanti e, più specificatamente, solitamente con i futili e abietti motivi, che determinano un aumento di pena fino a un terzo. Prima una collega dei 5 Stelle faceva l'esempio di un episodio criminoso avvenuto a Pescara e proprio in quella situazione il magistrato ha considerato la motivazione omofoba come un'aggravante della pena da comminare. Quindi, ecco che la legge che si vuole approvare, soltanto attenendosi al codice penale e alle norme in vigore, è già stata presa ad esempio e poi messa in pratica dal magistrato, che ha punito, come dicevo prima, l'indagato con una pena più grave per il solo fatto che le lesioni erano state rivolte a una persona a causa il suo orientamento sessuale. Ferma restando questa situazione, dove si può facilmente dire che non esiste questo vuoto normativo, ci chiediamo allora a cosa serva aggiungere la specifica “per identità sessuale”, perché se le cose non funzionano, non ha senso fare leggi specifiche. Non si può fare una legge per ogni possibile discriminazione; bisogna migliorare eventualmente quelle esistenti, ma in questo caso naturalmente c'è una modifica sostanziale che appesantisce il codice con la previsione di questa norma specifica. Questa è una domanda lecita, quindi non si può accusare chi è contro questa legge perché dice che introduce un reato d'opinione, perché è evidente che, stante la situazione al momento, non ci sarebbe bisogno che venisse promulgata questa legge. E quindi, forse, noi pensiamo che ci sia una volontà di introdurre un reato d'opinione per chi, magari, afferma dei principi, chi afferma che la famiglia sia quella formata da un uomo e una donna, oppure chi si oppone in un'assemblea a scuola ai corsi gender, oppure chi pensa che non sia giusto dare l'utero in affitto. È chiaro che poi, continuando su questa strada, si può e si rischia di introdurre un reato d'opinione: presidiare con una sanzione penale la posizione di chi ritiene che la famiglia esiga, per essere tale, la duplicità di figure genitoriali e non la duplicazione della stessa figura, significa introdurre un reato d'opinione? È singolare, poi, che questo lo dicano ambienti ideologicamente solitamente orientati alla rivendicazione di libertà senza limiti, e invece la richiesta loro, ora, è di punire anche con la reclusione chi si limita a manifestare opinioni. Questo è profondamente ostile a un sistema che, radicandosi nella Costituzione, ha finora più volte sancito il fondamentale diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero. Ci domandiamo, poi, come mai il reato in questione non sia perseguibile a querela di parte, in modo da contribuire anche alle esigenze di economicità dell'intero sistema giudiziario; ma qui le anomalie sono molte. Un altro rilievo da muovere riguarda la genericità e l'indeterminatezza della norma, a beneficio dell'arbitrio dei giudici e a discapito della libertà della persona. È difficile nell'applicazione della legge definire con precisione i distinti concetti di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere; e questo è grave perché siamo davanti a una fattispecie penale e bisognerebbe, quindi, fondarsi su basi giuridiche precise, come è stato anche rilevato dal Comitato per la legislazione - che, peraltro, in Commissione giustizia mi pare che non sia stato preso in considerazione - e come recita il comma 2 dell'articolo 25 della Costituzione, laddove afferma che la norma penale è legittima solo quando il suo oggetto sia stabilito da una legge precisa e determinata.

Vengo ora all'aspetto, essendo vicepresidente della Commissione istruzione, che mi interessa di più, cioè la volontà di trascinare la scuola in questo delicato e controverso argomento. Ci auguriamo che alcune prese di posizione all'interno della maggioranza, che hanno cercato di attenuare questa tendenza, prendano il sopravvento. Ci preoccupa l'articolo 5, dove si prevede l'istituzione della Giornata nazionale contro l'omofobia, da celebrare “in modo particolare” in ambito scolastico: sottolineare “in modo particolare” è veramente grave, perché non capiamo a che titolo andrebbe promossa nelle scuole questa giornata in modo particolare. Forse l'intento è quello di agevolare l'ingresso nelle scuole delle potenti associazioni LGBT, per poter incidere direttamente sulla mentalità dei bambini e degli adolescenti, diffondendo nelle classi quella disastrosa colonizzazione ideologica del gender? Ci auguriamo di no, però potrebbe essere così. In quella sede io penso che ci sia il modo per poter insegnare ai ragazzi e agli adolescenti la tolleranza. È stata approvata recentemente l'introduzione dell'educazione civica: ecco, approfittiamo delle ore di educazione civica per insegnare agli studenti e agli adolescenti ad essere tolleranti verso tutti.

Questa legge, Fratelli d'Italia pensa che vada fermata perché ha come fine unico la soppressione delle opinioni sgradite, fermata perché bisogna salvaguardare la libertà, i diritti fondamentali e quella cultura della famiglia, rimossa la quale si dissolverebbe anche la nostra civiltà (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luca Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Grazie, Presidente. Molte cose ci sarebbero da dire su questa norma perché veramente ha dei profili molto variegati. Io cercherò di sintetizzare, nel tempo che ci è concesso, partendo dalla mancata genesi di questa norma: non c'è nessuna emergenza. Anche i dati forniti da associazioni omo, lesbo, trans, eccetera, che hanno quindi un interesse non a minimizzare, bensì ad accentuare semmai questa esigenza di tutela, portano numeri che sono molto modesti: 324, 284, 219 casi nel 2019; ma attenzione: questi 219 casi, per rimanere a quelli più recenti, non sono tutti casi gravi come quelli citati, ma dentro c'è anche la semplice scortesia, dentro c'è anche la parola un po' più grossa, dentro c'è anche la presunta lesione dell'onore o della propria identità di genere, quando invece magari la ragione vera, come è successo, è quella di un banale parcheggio; due litigano per un parcheggio, poi viene fuori che uno dei due contendenti è gay e finisce sui giornali che litigano perché quello è omofobico, perché magari nella discussione gli ha detto una parola in più, ma in realtà hanno litigato per il parcheggio. Quindi, non c'è un'emergenza.

Ma un po' di cose che vorrei usare in questo tempo per smentire, sono quelle secondo cui “ce lo chiede l'Europa”: perché in Italia ormai, quando si vuol dire qualcosa che non si sa bene come argomentare, si dice “ce lo chiede l'Europa” e nessuno poi va a vedere cosa dice veramente l'Europa. Ma poi, se si va a leggere, l'Europa cosa dice? Adesso non cito per brevità tutti i dati, ma la risoluzione del 2012 la posso ricordare: dice di sollecitare il contrasto della omofobia, ma attenzione, non dice come; non dice “fate una norma specifica”, non dice “perseguite anche il vago sospetto che uno possa pensare che”, dice semplicemente “intervenite”. E altri Paesi sono dovuti intervenire perché non avevano una norma, invece l'Italia ce l'ha! Il caso poc'anzi ricordato è di un criminale, perché è un criminale, uno che picchia un ragazzo e gli rompe la mandibola e - se ricordo e se ho capito bene - ne determina la sostituzione integrale, quindi un danno permanente, estetico e funzionale, è un criminale! Lui ha colpito una persona, poi non importa se l'ha fatto perché era gay, perché era dell'Inter o perché era cinese: è un criminale che, sulla base delle norme attuali, viene punito come, oggi? Fino ad anni 16 di galera, che non mi pare tanto poco, perché parliamo di lesione permanente, con lesione della funzionalità dell'organo - e una mascella, una mandibola che viene spappolata non credo sia funzionale come prima – e/o con danno estetico: anni 12, pena massima, cui si aggiunge l'aggravante già vigente di motivi futili e abietti (articolo 61, comma primo, del codice penale) e sono altri 4 anni, un terzo; per cui arriviamo a una pena edittale teorica di 16 anni: 12 più 4, 16, esatto!

Allora, semmai, in questo Paese c'è un problema di certa magistratura, che, in certi casi, invece che partire dal massimo della pena a discendere, come fanno in altri Paesi, anche europei, parte sempre dal minimo ed ecco che arrivano pene irrisorie per fatti gravissimi, pene che non determinano poi l'effettivo ingresso in carcere. E, quindi, basterebbe che la magistratura applicasse le leggi che ci sono, perché anche questo signore, questo delinquente - lo ripeto, perché si chiama criminale uno che fa una roba del genere, per qualsiasi motivo lo faccia - ebbene questo signore, anche chiedendo un rito abbreviato o altro rito alternativo (da 16 anni gliene levi un altro terzo), comunque 11 anni in galera se li fa, e forse 6 o 7 effettivi se li fa.

Quindi, non è un problema di norme che non ci sono.

Ma, attenzione, in Europa, anche dopo la sollecitazione della Comunità europea, sono state sì introdotte le norme, ma quasi tutti i Paesi (ed io parlo principalmente dei Paesi a noi comparabili: Gran Bretagna, Germania e Francia) hanno introdotto quello che da noi c'è già: cioè, la sanzione appesantiva la tutela penale aggravata, mediante il rafforzamento delle aggravanti, introducendo, semmai, un'aggravante specifica per questo tipo di condotta. Non una norma autonoma, non una norma che è molto strumentalizzabile in modo diverso e difforme da quello che, in realtà, viene dichiarato.

Questo è il problema principale di questa legge, che interviene sotto le mentite spoglie di una tutela sacrosanta; credo che qui, ma in tutto il Paese, non ci sia nessuno che ritiene normale, lecito e legittimo che due persone, solo perché omosessuali o di diverso orientamento sessuale, vengano oltraggiate o, peggio ancora, picchiate; chi c'è, alzi la mano, io e noi non siamo certamente tra questi.

Però, cito il caso che ha menzionato poco fa l'onorevole Boldrini, perché mi piace ricordarlo: ha citato il caso dell'ex collega Nichi Vendola. Dunque, il collega Vendola, se non ricordo male - leggo fonti di stampa - ha avuto un figlio, il cui seme generatore è del suo compagno, che è stato impiantato nell'ovulo di una donna, il quale ovulo fecondato è stato, a sua volta, trapiantato sul corpo di una seconda donna che, al parto, ha ceduto il frutto del suo seno, come diceva una volta la preghiera, alla coppia Vendola e compagno. Ora, io non parlo, come qualcuno dice, di egoismo perché, da padre, capisco e interpreto e sento in me il profondo amore che c'è dietro un gesto del genere. Non parlo di egoismo, come qualcuno, ma trovo semplicemente ingiusto che quel bambino, che quel figlio di quella donna sia stato strappato, ancorché con il consenso della madre, dal grembo, dall'educazione, dal diritto a vivere anche con sua madre. Non so poi come sono i rapporti interni per carità, lungi da me l'idea di entrare nella vita privata, ma visto che l'esempio è stato fatto… Allora, il mio problema è: io ritengo questa cosa eticamente scandalosa, da cercare di impedire in qualsiasi modo perché non tutela il diritto del minore. Mi chiedo: dopo questa legge, potrò continuare a dire che una cosa del genere mi ripugna oppure vedrò contestarmi l'articolo 604-bis del codice penale? Con un'ulteriore aggravante: che mentre, per tanti altri reati, si può operare il bilanciamento tra le attenuanti e le aggravanti - do un pugno ad un collega che mi ha offeso e, quindi, potrò invocare a mia discolpa o, meglio, a riduzione della pena, l'attenuante della provocazione - in questo particolare reato, come lo state configurando, non sarà neppure possibile operare il bilanciamento. Quindi, se il presunto trans, il presunto gay, mi offende, mi dice qualcosa di brutto e io lo colpisco con un pugno, il mio pugno non potrà essere bilanciato, in sede di erogazione della pena, con l'attenuante della provocazione, a meno che non sia minorenne, perché salvate solo quello, articolo 98. Questo è un vulnus che, proprio dal punto di vista costituzionale, è una vergogna ed è incredibile come giuristi di qualità e onesti intellettualmente, come sono molti colleghi della maggioranza, non si siano fermamente opposti a questa evidente ingiustizia.

Ma andiamo alle criticità costituzionali rilevate dall'onorevole Ceccanti, uomo del PD: il provvedimento non introduce apposite definizioni sul concetto di sesso, genere, identità di genere e orientamento sessuale - lo dice un uomo del PD - e, invece, la circolare tecnica della Presidenza del Consiglio dei ministri del 20 aprile 2001 prevede questo requisito. Quindi, io ritengo, in coscienza, che questa norma sia stata volutamente lasciata poco chiara per poi, come dire, dare mano libera al giudice o, meglio, mano libera a quelli che vogliono strumentalizzare questa norma per fini diversi da quelli dichiarati, che sono, a mio avviso - ma non solo mio -, quelli di impedire la libera opposizione di tante parti della società ad un certo modo di vedere la società.

Io ricordo, vi ricordate la giunta argentina? Quella che entrò il 24 marzo 1976 e nel 1983 attaccò le Falkland e fu la loro fine? Cosa faceva quella giunta, tra gli oltre 40 mila desaparecidos, di cui 30 mila sotto il Governo del generale Galtieri? Prendevano i figli nati in prigionia da madri che erano destinate a scomparire o, comunque, ad essere incarcerate e li davano in adozione forzosa a famiglie di militari argentini che non potevano avere figli. Ora, l'azione è identica, diversa è la causale, ma abbiamo sempre un figlio strappato dalla madre naturale e dato così, ope legis, ad un'altra persona. C'è anche l'ultimo problema, che l'onorevole Zan ha parlato di omolesbotransfobia, ma, invece, per essere più preciso avrebbe dovuto dire: omo-lesbo-bi-trans-queer-intersexual-+-fobia perché, poi, le categorie oggi non sono più solo quelle, sono anche LGBTQI+, che ancora non ho capito bene cosa vuol dire quel “più”, ma lo chiarirò. Quindi, anche su questo c'è un problema di capirci.

Andiamo adesso ad un Paese civile, la Gran Bretagna. La Gran Bretagna si è dotata di una norma contro l'hate speech nel 1986: Hate Speech Order Act del 1986, section 29JA. Ma cosa dice il legislatore inglese più saggio e più chiaro e più volutamente chiaro del nostro? Dice, a un certo punto: In questa parte, per evitare il dubbio - “for the avoidance of doubt” -, la discussione critica verso condotte sessuali o pratiche che riguardino le persone, che invitino le persone a riflettere su certe pratiche sessuali o a modificare la loro condotta - “modify such conduct or practices shall not be taken of itself to be threatening or intended to stir up hatred” - non potranno mai essere considerate in se stesse minacciose o finalizzate ad istigare odio. Questo dice il popolo inglese, il legislatore inglese, cioè, fin dal momento della promulgazione della legge, dice cosa non è odio, dice: parlare contro certe cose è di per sé non odio. Usa proprio: “shall not be taken of itself”, non potranno essere considerate in se stesse discriminatorie, cosa che voi qui non fate, non lo fate.

Allora, l'ultimo dato, l'ho detto tante volte in Commissione, ma voglio che resti agli atti. Mi dite quale differenza c'è sostanziale tra una vera discriminazione che oggi c'è in questa società estetica, dove solo i belli, i ricchi, i bravi e i vincenti contano, quando in un locale si porta in giro una donna un po' obesa o un uomo un po' calvo o un uomo un po' obeso e un po' calvo insieme o un povero sfigato, come va di moda, dire “sei uno sfigato”? Ma ci andate sui siti social? Chi sono le vittime? Altro che 200 all'anno, decine di migliaia di vittime colpite solo perché brutte, perché sei un morto di fame! Ci sono locali che quando entra il fighetto gli danno il posto in prima fila, cosa che invece non avviene quando arriva la coppia o il gruppo di disabili. Dimenticavo una cosa, ecco, la più grande colpa che avete in questa legge è che avete dimenticato i disabili (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Se uno prende in giro un gruppo di trans per il loro modo di essere trans, si becca fino a quattro anni di galera; se uno dice “brutti handicappati” risponde in base alle norme ordinarie. Allora, delle due l'una: io ritengo che sarebbe opportuno - e ho presentato un emendamento che ancora se avete un attimo di coscienza approverete - che tutte le discriminazioni siano tali. Allora, è altrettanto discriminatorio e punibile, se è punibile dire a un omosessuale “sei un maledetto omosessuale”, un trans, un gender, anche dire a una donna brutta “sei un cesso”, “sei una chiattona sfatta”, anche dire a un poveraccio “sei un morto di fame”, deve essere punito con la stessa misura, perché la finalità e l'effetto sull'animo della persona offesa, percossa da questa infamità è il medesimo. E non è la prima volta che capita, ad esempio, che, in un albergo, arriva una comitiva di disabili (se qualcuno può negarlo gli porto tutti gli articoli che vuole), l'albergatore, poiché l'albergo è figo o il ristorante è figo o la discoteca è figa, a volte, li rimanda via proprio; li ha mandati via, salvo poi scusarsi il giorno dopo, con mille scuse, quando si è avuta notizia pubblica del fatto; ma diversamente dice: sì, vi faccio entrare e poi vi metto nella dependance, quella un po' isolata, perché questo è un locale bello e voi disturbate, disturbate l'estetica e la nostra clientela non vuole vedere queste cose. E qui il bello è che la stessa identica azione - e da qui la violazione del principio costituzionale di parità e del principio di determinatezza e tassatività della norma penale -, se fatta verso un gruppo di trans, poniamo, che si presenta acconciato in modo pittoresco in una Spa, piuttosto che in un ristorante o in un locale, ricade in questa legge qui, se invece riguarda dei disabili ricade in altre leggi, ma non in questa. Perché? Allora, io ho presentato un emendamento che voi troverete. Quindi, condanniamo queste azioni anche laddove si riferiscono, oltre che a condizioni economiche, lavorative, sociali, all'orientamento sessuale, politico o culturale, ovvero anche alla disabilità.

Infatti, il giudice inglese, anzi, il giudice americano da cui avete preso spunto – difatti, io mi sono detto: ma dove l'hanno trovata sta roba qui? - , da una legge del Wyoming, potrebbe essere lì, non dico che l'avete trovata, ma potrebbe essere lì, una legge del Wyoming, lo Shepard Act. Chi era questo signor Shepard? Era uno studente gay, vittimizzato nel 1998 che morì poverino e, quindi, lo Stato del Wyoming fece una legge contro le discriminazioni, una delle prime, ma che elenca, appunto, tra le categorie da proteggere, quelle che sono discriminate per razza, colore, religion, national origin, gender, sexual orientation, gender identity and disability! E voi questa disabilità non l'avete copiata, ve ne siete dimenticati, ci avete messo il gender, la sexual orientation, la gender identity, ma non la disability, perché? Ecco perché, perché, secondo, me è una norma ideologica, una norma che è priva di vera necessità sociale, perché oggi il ragazzo citato poco fa non è che non ha ottenuto tutela; come ha ricordato il Centro Studi Livatino in modo analitico e insigni studiosi di cui adesso mi sfuggono i nomi, ma sono persone di altissimo livello, tra cui un ex Presidente della Corte costituzionale, l'ordinamento già oggi prevede qualsiasi tutela, da offendi l'omosessuale, piuttosto che il poveraccio, piuttosto che il cittadino comune; c'è una norma contro l'ingiuria, depenalizzata, oggi, anzi, curiosità, se dico una brutta parola a un cittadino qualunque non rischio niente, se, invece, la dico a uno che rientra nelle categorie che voi mettete in questa legge rischio fino a quattro anni di galera. Anche qui siamo proprio nella incostituzionalità manifesta; è lo stesso fatto; se dico al collega qui davanti: “mi fai schifo”, nessuna sanzione penale; se dico: “mi fai schifo perché sei trans”, allora, sì, fino a quattro anni o, meglio, c'è la pena pecuniaria in questo caso. Voglio dire: è palese la discriminazione in senso incostituzionale. In più chiedevo anche una cosa che avete respinto in Commissione, ma spero in un attimo di resipiscenza perché di gente ragionevole ne vedo due o tre qui davanti, anzi, vedo cinque o sei persone ragionevoli, qui davanti; chiedevo banalmente di cambiare il titolo della sezione I-bis del Libro secondo del codice penale, chiamandola: Dei delitti contro le discriminazioni. Facciamo una norma generale ed astratta, come dovrebbero essere tutte le norme penali, tuteliamo certamente il trans, certamente l'omosessuale, certamente anche, però, l'obeso o la persona che viene colpita nel suo modo di essere, per il suo stato, perché, ad esempio, ignorante. “Sei un povero buzzurro” quante volte l'avete sentito dire? Oppure: “Non capisci niente!”; non parliamo delle offese politiche che anche lì, va beh, chi fa politica è corazzato, quindi, ha il dovere di essere più resistente di altri a certi attacchi, ma….

PRESIDENTE. Concluda.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Sì, Presidente, ho finito. Quindi, io credo che la cosa più saggia da fare, senza nulla togliere all'onorevole Zan e anche all'onorevole Boldrini che, per quanto lontani da me politicamente, si sono comportati sempre e comunque con grande attenzione anche di fronte a un po' di ostruzionismo: sì, Zan, lo abbiamo fatto l'ostruzionismo, ma per una nobile causa; non per fermare i lavori, ma per indurre questa maggioranza a fare la cosa più giusta, e qui chiudo, Presidente. Rimandiamo questa norma in Commissione, analizziamola, emendiamola in senso più ampio, non dico più restrittivo, ma più ampio, includendo anche, ad esempio, quella che ho citato poco fa, la categoria dei disabili; diamo una chiara classificazione alle condotte vietate e rimoduliamo le pene in modo coerente e proporzionale con altre norme che prevedono le medesime fattispecie d'attacco; altrimenti noi incorreremo in un florilegio di processi inutili, perché a questo punto io litigherò con la persona che è al parcheggio, che magari è gay e dice che ho litigato con lui perché è gay, mentre invece è per il parcheggio! Così facendo ridurremo i processi, daremo veramente tutela a tutti, anche alle persone che in questa norma non vengono considerate (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manfredi Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). La ringrazio, Presidente. Nel corso di questo dibattito di discussione generale sarà opportuno ricostruire alcuni dei passaggi che ben potranno aiutare a comprendere lo spirito animatore di questo testo normativo. Partirò dalle dichiarazioni significative contenute in un video realizzato e pubblicato in rete da due proponenti i testi di legge, l'onorevole Zan e l'onorevole Boldrini, poco dopo il termine dei voti sugli emendamenti, avvenuto in II Commissione (giustizia) della Camera dei deputati. Afferma, infatti, l'onorevole Boldrini, Presidente emerita di questa Camera dei deputati, che l'atteggiamento dell'opposizione verso i lavori sui testi di legge sarebbe stato un atteggiamento di “derisione”. Vorrei dire che ciò non corrisponde assolutamente al vero, anzi posso testimoniare che tantissimi colleghi, anche dell'opposizione, si sono dedicati ad approfondire e proporre tantissime iniziative emendative e non lo hanno fatto certamente con spirito di derisione. Allo stesso tempo, l'onorevole Zan afferma, sempre nel solito video e anche con una nota di orgoglio, di essere riusciti a tenere intatta la legge, avendo questo intendimento sin dall'inizio, evidentemente tradendo con queste parole la vera natura di tutti gli inviti rivolti alle altre forze politiche a voler intraprendere un percorso legislativo condiviso.

Gli articoli sui quali la proposta di legge intende principalmente intervenire sono stati testé citati e sono gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, i quali contengono previsioni che furono dapprima introdotte dalla legge Mancino ed hanno successivamente trovato la loro sistemazione nel codice penale attraverso una normativa molto recente, che è appunto il decreto legislativo n. 21 del 2018, concernente disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale, a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge n. 103 del 2017, con decorrenza dal 6 aprile 2018. È stato, quindi, deciso nella stesura dell'odierno testo unificato di far assurgere in reati i fatti di istigazione a commettere o la concreta commissione di atti di discriminazione o violenza o atti di provocazione che fossero fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere. Assistiamo al tentativo di introdurre nella previsione codicistica delle definizioni che restano vacue rispetto alla necessità di consentire un certo e necessario inquadramento applicativo della legge penale. Non esiste, infatti, una definizione dei distinti concetti di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere, che sono indispensabili a livello legislativo, come per il concetto di omofobia, per il quale anche qui non è possibile neppure riferirsi a definizioni mediche. Considerazioni concordanti, espresse proprio in queste ore, in questi giorni, da molti commentatori e dalla dottrina ritengono che introdurre un reato senza definirne il suo presupposto giuridico è tipico dei sistemi totalitari.

In uno Stato di diritto vige quello che, invece, viene definito “principio di legalità”, in virtù del quale un cittadino ha diritto di sapere quali siano le conseguenze del suo comportamento, soprattutto se si tratta di conseguenze di carattere penale e questo deve avvenire prima del processo e non durante il processo; il contrario è tipico delle dittature.

In Unione Sovietica, per esempio, vigeva il tristemente noto delitto di azione controrivoluzionaria, previsto dall'articolo 58 del codice penale che definiva tale reato come un'azione controrivoluzionaria, quella appunto diretta a rovesciare, minare, indebolire il potere dei soviet operai e contadini e dei governi operai contadini dell'URSS, o a minare o indebolire la sicurezza esterna dell'URSS e le fondamentali conquiste economiche e politiche nazionali della rivoluzione proletaria. In realtà, anche qui, non esisteva una definizione chiara del delitto di azione controrivoluzionaria, semplicemente perché esso veniva utilizzato rispetto a qualunque azione come strumento per comprimere ogni forma di opposizione e la dissidenza contro il regime comunista.

Si trattava di un reato di opinione, esattamente come il cosiddetto reato di omofobia, la cui matrice, guarda caso, è proveniente da un'area politica che è erede o perlomeno vagamente riferibile a quella che citavo testé. In assenza di una definizione data dalla legge sarà comunque il magistrato del processo penale a determinare l'eventuale natura omofoba di una condotta. Il problema, però, risiede nell'identificazione dei criteri con cui verificare questa natura. Autorevole dubbio, sospinto dalla opposta parte degli autorevoli auditi, ci spinge a ritenere che la volontà dei proponenti sia quella di valorizzare il momento punitivo attraverso l'anticipazione della soglia di pericolo, per inibire condotte che, pur non arrivando a ledere aspetti dell'orientamento sessuale o la cosiddetta identità di genere, ma per il solo fatto della loro commissione, e pur senza necessità che attengano la soglia della turbativa dell'ordine pubblico cosiddetto materiale, potranno essere aggredite sul nascere.

Ecco che l'incriminazione del comportamento in sé di chi discrimini o istighi a discriminare per ragioni legate all'orientamento sessuale o all'identità di genere, tanto più in assenza di un evento costitutivo della fattispecie, potrebbe sempre assumere con ogni evidenza il carattere di un reato di opinione, che verrà naturalmente punito con il più duro strumento repressivo. Si tende con questo a governare la libera formazione delle idee e dei giudizi, radicalmente estromettendoli dall'ambito del lecito, con una pretesa di controllo delle coscienze, essa sì assolutamente incompatibile con la trama ideale e con il complesso di principi costituzionali che abbiamo più volte sentito rammentare dagli illustrissimi auditi, come l'ex articolo 21 della Costituzione, che tutela la libertà di pensiero, la sua libera formazione, i criteri di tassatività e determinatezza di cui all'articolo 25, o l'articolo 18 con il quale si cerca di tutelare la libera determinazione associativa.

Quindi vi è il sospetto che l'odierna iniziativa legislativa costituisca un tentativo di torcere i mezzi di difesa penale, che, alla luce dei princìpi costituzionali, dovrebbero sempre rigorosamente attenersi al cosiddetto diritto penale del fatto, e si voglia invece indirizzarli verso uno scopo pedagogico, come dimostrano le gravi lacune delle proposte che già abbiamo segnalato - questo quanto ai criteri della offensività e della determinatezza -, a mitigare le quali non può certo giovare l'evocazione delle decisioni delle corti italiane e straniere in materia di tutela dei più diversi orientamenti sessuali e della cosiddetta identità di genere. È del resto significativo che tali proposte di legge si spingano sino al punto di voler introdurre istituti estranei al diritto punitivo, con funzioni di presidio lato sensu educativo e preventivo. Infatti, almeno direttamente, i proponenti sapranno che in Italia esiste già una legge contro l'omofobia e tutte le altre forme di discriminazione.

Questo è il codice penale, lo strumento che, promulgato nel 1930, tutela l'integrità fisica e la dignità morale di tutti i cittadini, punendo chi le ferisce in qualsiasi modo. Infatti, il fatto che l'aggressore del ragazzo omosessuale che passeggiava con il suo compagno sul lungomare di Pescara sia stato individuato ed indagato per lesioni personali dimostra che la magistratura considera la motivazione omofoba come un'aggravante della pena da comminare per motivi abietti o futili. Quindi - cerco di accorciare perché mi stavano segnalando la scadenza del mio tempo - vorrei che, attraverso questo intervento e gli interventi dei colleghi della Lega, si volesse in qualche modo ricordare a questa illustrissima Aula come il codice penale svolga il suo lavoro egregiamente, senza lasciare nessuno privo della giusta tutela che merita, come dimostrano anche molte altre vicende, oltre quella degli ultimi giorni che ho citato ma a cui potrebbe aggiungersi quella di ragazzi omosessuali che sono stati insultati ed aggrediti.

Una legge che evidentemente è frutto di valutazioni non soltanto giuridiche. In questo senso lo testimonia il fatto che essa si occupi anche di destinare una dote iniziale di 4 milioni di euro di soldi pubblici per alimentare un programma per la realizzazione di centri contro le discriminazioni da orientamento sessuale e che intenda canalizzare nelle scuole concetti come lesbofobia, bifobia e transfobia; argomenti certamente di non prevalente interesse per la crescita di uno studente e per la matura formazione di un pensiero civico, ma che la proposta di legge nella visione originaria recitava testualmente di volere “in modo particolare” nelle scuole di ogni ordine e grado.

Quindi, faccio appello a tutti i colleghi e anche a tutto il mondo accademico e a tutto il mondo della nostra comunità che ci sta seguendo, e sta seguendo in maniera particolare i lavori di questo testo normativo, affinché si voglia prendere atto delle criticità che più volte abbiamo ricordato anche nel corso dei lavori di Commissione e che ricorderemo anche in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Grazie, Presidente. La proposta di legge contro l'omotransfobia di cui alla discussione è una sostanziale modifica di alcuni articoli del codice penale, introducendo di fatto il reato di omofobia senza dettare una definizione normativa di questo termine; un termine che, a mio avviso, non significa nulla. La stessa parola contiene il sostantivo fobia, che è una paura angosciosa, immotivata, a carattere patologico. Quindi, l'unica violenza che vedo in questa PdL è quella della Carta costituzionale, che questa maggioranza sta di fatto annientando; e l'unica discriminazione che esiste è contro chi non la pensa come loro. Questa è la motivazione per la quale ogni giorno perdete consensi, perché, anziché fare buone leggi per tutelare chi produce, chi crea posti di lavoro, soprattutto chi fa figli - oggi posso ancora dirlo -, voi discriminate queste categorie di persone in favore di altre, forse perché volete crearvi un altro genere di elettorato, quello degli immigrati clandestini, quello dei delinquenti che fate uscire dalle carceri e a cui date il reddito di cittadinanza.

Ora anche gli omosessuali, ai quali non state facendo un favore, anzi, state rimarcando una diversità rispetto a chi omosessuale non è. Personalmente vanto un'amicizia ultraventennale con una persona omosessuale, ed è una delle migliori persone che conosco. Provengo da una regione che è stata guidata per ben dieci anni da un presidente omosessuale, insultato per la sua sessualità proprio dal collega Marattin, quindi uno di voi; e nel 2020, alla tenera età di 41 anni, voi state cercando di confondermi le idee, dicendo che gli omosessuali meritano un trattamento speciale, come fossero malati, quando il nostro ordinamento già prevede delle sanzioni per i reati di violenza e incitazione all'odio contro le persone, contro tutte le persone, non si fa distinzione.

Voi state violando il principio di uguaglianza sancito all'articolo 3 della nostra Costituzione, dove si dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale; invece state facendo tutto il possibile per creare questi ostacoli.

Dal 2010 al 2018 sono state raccolte 1.512 segnalazioni di hate crime o hate speech, l'insieme di presunte condotte illecite per ragioni di orientamento sessuale o di identità di genere, a una media di 26,5 segnalazioni l'anno. Sarebbe un'ovvietà dire che non esiste un'emergenza; lo sanno bene i colleghi del MoVimento 5 Stelle, che, se solo si permettono di esprimere un'opinione in dissenso dal partito, finiscono su una gogna senza precedenti. Le segnalazioni di hate speech si sprecherebbero, sarebbero migliaia. Parliamo poi degli effetti che questo tipo di legge ha avuto in altri Paesi: in Francia la legge è stata applicata anche con arresti verso persone ree di indossare in pubblico una felpa che riportava il disegno di una mamma, di un papà e di due bambini, una cosa gravissima! O, in Canada, la conferenza dei presidi delle facoltà di legge ha avviato un procedimento amministrativo per non ammettere alla pratica forense i laureati di quell'ateneo perché omofobi, e l'omofobia era riferita all'avere firmato un documento in cui era menzionata la sacralità del matrimonio tra uomo e donna e al fatto che sia stato menzionato solo questo tipo di matrimonio, non quello fra omosessuali.

Cosa accadrà, quindi, in Italia se qualcuno si permetterà di affermare, per esempio, che con il matrimonio omosessuale è impossibile la procreazione? Magari sarà rinviato a giudizio e un cittadino potrebbe ritrovarsi imputato quando agisce nella convinzione di esprimere un pensiero libero.

È anche il caso di ricordare che, mentre le associazioni LGBT e voi politici di sinistra denunciate un aumento di discriminazioni, non spendete neanche una parola sul mondo islamico, dove l'omosessualità è vietata ed è considerata un reato, a volte passibile anche della condanna a morte, e su questo non avete nulla da dire.

Ovviamente noi siamo contrari, Presidente, a questa proposta di legge, perché, come ho spiegato, questa legge è liberticida; impedisce l'espressione di libere opinioni, come l'utero in affitto o le adozioni omosessuali, che vogliamo continuare a poter contrastare liberamente.

PRESIDENTE. Concluda.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Per Fratelli d'Italia - concludo, Presidente - non è mai stata posta in discussione la libertà di ognuno di vivere la propria sessualità e identità come meglio ritiene, non è questo il tema della discussione. Il problema è quando lo Stato vuole imporre determinati modelli di società.

Lo Stato, invece, deve favorire la famiglia naturale, composta dall'uomo, da una donna e dall'eventuale prole, perché solo questa è la formazione sociale, la formazione naturale che può garantire la continuità della nostra nazione e della nostra società. Un papà ed una mamma: due parole che, dette insieme, per voi sono considerate reato. Dovreste cambiare nome al vostro partito, che di “democratico” ha solo il nome, e il MoVimento 5 Stelle dovrebbe cancellare definitivamente la parola “democrazia” dal proprio blog. Voi siete quelli del pensiero unico, e chi non la pensa come voi dev'essere punito. Noi non ci stiamo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO (LEGA). Presidente, ho scelto di parlare qui, tra gli scranni, perché penso che mai come in questo momento questa mascherina abbia una simbologia che va oltre l'aspetto sanitario, visto che a tutti gli effetti questa legge è una legge bavaglio, una legge liberticida, una legge illiberale, una legge - naturalmente, se dovesse essere approvata - che crea le condizioni perché i diritti essenziali delle persone vengano meno.

Il diritto romano, che è quello che ha ispirato la civiltà di tutti i popoli, non ha dubbi nell'affermare e nello spiegarci culturalmente che ci vogliono poche leggi, che soltanto quando ci sono casi di necessità si legifera, e che poi il rapporto costo-beneficio (la dico in maniera un po' così, light) deve giustificare la legge in quanto tale, altrimenti non ci siamo. Mi pare di poter dire che questa legge non serve assolutamente. È stato detto in tutte le lingue, provo a dire anche qualche passaggio in più: il rispetto della persona è già ampiamente garantito dalla normativa penale, anche mediante l'applicazione di specifiche aggravanti, quali ad esempio quelle previste dall'articolo 61 del codice penale: aver agito per motivi futili o abietti ovvero con crudeltà verso le persone.

Allora, se non serve, anche perché le leggi ci sono, magari si dice, si dirà: perché in verità ci sono delle discriminazioni. Ho sentito qui dei romanzi, delle storie struggenti: cose vere, attenzione, per carità; però c'era soltanto la prima parte del racconto, non c'era mai la seconda, che cosa era successo a livello poi di sentenze: e lì abbiamo assistito a punizioni esemplari. Perché è evidente che l'Italia è tutto tranne che un Paese omofobo: sono stati eletti due presidenti di regione chiaramente con orientamento sessuale di questo tipo; è considerata dalle statistiche dell'ONU tra i primi dieci Paesi gay friendly, addirittura un pelo meno di Francia e United Kingdom; e addirittura poi non parliamo dei casi che sono stati censiti dall'OSCAD più volte citato in questo caso, l'organismo del Ministero dell'Interno: poche decine di casi di segnalazioni l'anno, a cui ovviamente sono seguiti molto meno i casi di denunce.

E allora questa legge a chi serve? E qui apro un file nuovo, non trattato oggi, e che ho deciso di trattare in questo momento perché probabilmente deve restarne anche traccia, visto che nessuno ne parla: è una sorta di male oscuro o di forza oscura, meglio, per usare un termine alle Guerre stellari, che evidentemente si ha paura anche di citare. È arrivato il momento di cominciare a dire con grande chiarezza che il vero obiettivo di questa norma non è quello di tutelare le persone - bene lo ha spiegato Paolini nel suo intervento - con tendenza omosessuale, ma è quello (e qui introduco un nuovo tema) di applicare la cosiddetta agenda LGBTQ+, dove il “più” sta per le 54 tipologie diverse di generi che evidentemente sono presenti in questo variegato mondo. L'introduzione di una legge con precisi step, da approvare in tempi diversi e finalizzata a piegare la legislazione dei singoli Stati, trasformandone poi la cultura e giungendo di fatto alla liquefazione del concetto stesso di identità delle persone umane e dunque del concetto di famiglia, fino a una progressiva trasformazione della società in un coacervo di individui isolati; e si sa che quando i soggetti, le persone sono isolati, sono facili da manipolare, sono facili da governare, sono facili da bloccare in eventuali reazioni.

Ecco spiegato perché l'invenzione del meccanismo di questa legge, che volutamente è fumosa, che volutamente è senza confini, che volutamente è senza perimetri giuridici, perché è evidente che l'identità di genere, in quanto non riconosciuta sotto un profilo scientifico, viene sdoganata qui sotto un profilo giuridico.

Ecco, quindi il primo passaggio che ovviamente la dice lunga e che serve anche a far capire tanto a chi ci ascolta; e sono tanti quelli che ci ascoltano e sono tanti coloro che andranno a raccontare in giro quello che sta accadendo. Perché, visto che stiamo parlando di legge bavaglio, la dobbiamo dire tutta: in Italia ci sono state qualcosa come 120 manifestazioni ad oggi censite tra le varie piazze più importanti e nessun giornale importante, nessuna TV importante ne ha parlato; nessuno ha parlato anche delle provocazioni che sono venute dalle lobby LGBT in moltissime di queste piazze, anche con atteggiamenti prevaricatori e violenti; lì, sì, violenza. Ma siccome il potere è lì, è all'interno di queste lobby, spieghiamo bene come evidentemente tutto questo deve essere articolato o meglio lo si vuole articolare.

Per quanto riguarda l'identità di genere, si è espresso l'onorevole Zan. A lui va la mia stima personale: non ho mai trovato un collega con un aplomb e uno stile altrettanto ammirevoli, però, da questo punto di vista, è portatore di tesi non sane, nel senso buono del termine, nel senso giuridico del termine, ovviamente sempre lungi dall'affrontarlo se non da un punto di vista giuridico. Diceva che l'identità di genere è una definizione che ormai è nella vulgata comune: ma comune rispetto a cosa? Rispetto ad un'invenzione, non ad un dato scientifico di tipo giuridico. L'identità di genere oggi, secondo l'UNAR, leggo testualmente, è l'identità non in base a cromosomi, ma in base al percepito dell'interessato, al senso intimo, profondo e soggettivo che gli fa dire “io sono uomo”, “io sono donna”, indipendentemente dal sesso di nascita. Quindi, non siamo più nell'ambito della filosofia con questo tema che oggi stiamo trattando, non siamo più nell'ambito della filosofia utopistica e, correttamente è stato detto, anche ideologica; se dovesse diventare legge tutto questo, noi oggi saremmo di fronte a delle ripercussioni che sarebbero incredibili. Al di là dell'aspetto penale, provate a immaginare il soggetto, nato maschio biologicamente, che si presenta al direttore amministrativo dell'azienda sanitaria locale dove lavora, piuttosto che al comune, e dice: sai, io sono biologicamente maschio, ma mi sento femmina, quindi io me ne voglio andare in pensione prima. E che cosa succede se, per caso, non lo fanno andare in pensione prima? E la stessa cosa succede nel caso delle quote in consiglio di amministrazione, le quote rosa in consiglio di amministrazione o nel caso di quote rosa nelle elezioni. Il tema non è banale! L'onorevole Boldrini, in questa sede, non più tardi di un'ora fa, spiegava che ci sono delle piccole questioni con il mondo femminista. Il mondo femminista non è più quello degli anni Sessanta, Settanta, dell'“utero è mio e lo gestisco io”: il mondo femminile oggi è variegato, interessante, interessante anche per chi la vede da un punto di vista diverso, perché portano avanti ragionamenti seri.

Ebbene, proprio qualche ora fa - ora è spiegato l'arcano per cui l'onorevole Boldrini citava espressamente “questi piccoli disappunti con il mondo femminista, su cui abbiamo cominciato un dialogo”: come se cominciare a parlare e forse tentare di prenderli in giro riuscisse a risolvere il problema - un'ora fa esattamente lei diceva questo, e due ore prima c'era stato il documento da parte, non di 1 o 2 associazioni, di 18 associazioni femministe tra le più qualificate e le più note (ArciLesbica, Arcidonna e via seguitando), e qualcosa come 40 esponenti del mondo del femminismo nazionale, alcune famosissime.

Ebbene, qual è il tema di questo documento, su cui si stanno già raccogliendo le firme? L'identità di genere, dice il documento del mondo femminista, viene brandita come un'arma contro le donne. Non lo dico io, non lo dice la Lega: lo dicono i movimenti femministi. Questa legge, questa proposta di legge, lo strumento dell'identità di genere, ripeto, vengono branditi come un'arma contro le donne. L'autodeterminazione è senza vincoli: autodeterminazione significa che io la mattina mi alzo e dico “io sono donna e desidero avere questo diritto”; poi domani, siccome sono un fluid, ritorno ad essere maschio, perché così è rispetto alla logica, anzi all'illogica utopia di cui stiamo parlando. E la Rowling, la famosa autrice di Harry Potter, ha rifiutato la definizione di “persona che mestrua”: quindi, capite che adesso la donna è diventata…Qui sì che c'è un'emarginazione della donna e ha ragione il mondo femminista a preoccuparsi: lo dice realmente, “persona che mestrua”, c'è una sottodimensione.

La legge quindi, continua sempre questo documento per cui vengono raccolte le firme, consente a uomini biologici di usufruire di leggi fatte per donne: e hanno ragione! Ed in calcio d'angolo, in corner per usare un termine calcistico, è stato inserito il termine “misoginia” proprio come una gentile concessione. Le donne sono minoranza nel mondo LGBTQ+, dice sempre il documento, ed è inaccettabile essere una sfumatura di questo mondo, per questo motivo chiedono emendamenti fondamentali. Non chiedono piccole considerazioni, ma emendamenti fondamentali, altrimenti vuol dire che voi state facendo un ragionamento che è eterofobia, di eterofobia: la legge è fatta per discriminare, per creare una super categoria, che è quella dei gay, che è quella del mondo LGBT! Questa è la super categoria che si sta creando e tutti gli altri discriminati, messi lì, se osano parlare (come bene hanno spiegato i miei colleghi della Lega e non solo; devo dire che è un dibattito assolutamente interessante da parte di tutti coloro che hanno partecipato, anche di coloro che la pensano all'opposto a me e che hanno fatto decine di autogol nelle dichiarazioni che hanno svolto), e sono la prova concreta che è tutto fatto all'interno di un ragionamento di lobby. Allora, diciamo bene cos'è questa lobby, visto che sono qui e devo dire cose un po' diverse dagli altri, perché altrimenti ripetiamo sempre le stesse cose. Allora, cominciamo: il Giornale, il nostro quotidiano nazionale, il nostro inteso come nazionale, ci dice che questa lobby vale mille miliardi di euro. Mille miliardi di euro! Si dice: avrà sbagliato numero. Andiamo a vedere. Andiamo indietro per cercare le fonti che hanno ispirato l'articolo e quindi fare ricerche: la rivista The Advocate, che non è una qualsiasi - è la rivista cult del mondo dei gay - rivela che il Global Equality Fund, ossia esattamente quello che gestisce i soldini di questo mondo, un fondo finanziario misto pubblico/privato (pure il pubblico c'è; sì, perché è nato nel 2011 dall'allora Segretario Hillary Clinton; lei c'è sempre su certi argomenti), sostiene i diritti LGBT e dice, virgolettato: dietro un velo di segretezza, nel mondo, attraverso la rete diplomatica che sostiene le multinazionali americane, ci sono le campagne dei diritti LGBT. Dietro il mondo, a sostegno delle multinazionali, ci sono LGBT? Presidente, cominciamo a scoprire cose interessanti! Andiamo a scavare sempre oltre, quindi scopriamo che Jesse Bernstein, che era il capo del Bureau of Democracy, Human Rights and Labor Request for Statements of Interest, afferma (è una fonte del Dipartimento di Stato americano, non di qualche giornaletto locale): si tratta di un lavoro molto sensibile, quello svolto da LGBT, attraverso il Fund che dicevo prima e quindi non posso spiegare, di fronte ad un'interrogazione presentata nel Senato americano, come agiamo in certi Paesi per finanziare attivisti che si battono contro le discriminazioni nel campo LGBT.

Non poteva rivelare come agiscono a finanziare nel mondo LGBT!

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, deputato Pagano, dovrebbe fare ogni sforzo possibile per tenere la mascherina.

ALESSANDRO PAGANO (LEGA). Purtroppo, scivola.

PRESIDENTE. La mascherina, come dice la parola stessa…

ALESSANDRO PAGANO (LEGA). È un bavaglio…

PRESIDENTE. Comunque, non è uno scaldacollo.

ALESSANDRO PAGANO (LEGA). Sì, ha ragione. Come vede, tento sempre di rimetterla a posto, però purtroppo scende. Allora, quindi vi sono delle influenze fortissime nel mondo locale, in Italia come negli Stati Uniti d'America come in tutti gli altri Paesi del mondo. Chiudo il cerchio, Presidente, con questa dichiarazione che taglia la testa al toro, che viene da Todd Sears, che non è anche lui uno qualsiasi, è il fondatore di Out Leadership, la lobby a sostegno delle carriere dei gay nel mondo internazionale e che viene fuori attraverso una sorta di alleanza tra il Global Equality Fund, quello che ci mette i soldi, e la Corporate Equality Index, che è quello che parla con i giornali. Vado al sodo, perché è interessante tutto, ma questo passaggio è quello più significativo: c'è una cosa che tutti capiscono in questo mondo: il business! Contrastare i diritti LGBT è andare contro il business! Allora, qui ci sono mille miliardi di euro in pista, pari a quello che spendono Cina, Stati Uniti d'America ed Europa in materia di armamenti e che praticamente condizionano il mondo. Ne sa qualcosa il povero Barilla, che ha detto: le nostre pubblicità sono quelle della famosa casa, quella del Mulino Bianco; e poi dice: perché? Perché ognuno è libero a casa sua di fare quello che vuole, decide di fare quello che vuole, però noi crediamo nella famiglia tradizionale. Apriti cielo! Ha dovuto fare rettifiche pesantissime, pena la non inclusion del marchio Barilla nei supermercati ad influenza americana.

Allora, quando io parlo in questi termini è perché sto aprendo realmente un concetto serio, che i proponenti hanno realmente il reato di opinione nella testa, lo psicoreato.

PRESIDENTE. Concluda.

ALESSANDRO PAGANO (LEGA). Cioè - e chiudo, spero di essere sintetico abbastanza in quest'ultimo minuto, Presidente, per poter dare questo concetto che secondo me è tutto tranne che banale - l'omosessuale sereno, non ideologizzato, quello che non ha problemi, quello che vive la vita di tutti i giorni, quello di cui tutti siamo amici - tutti noi abbiamo sostenitori e amicizie in questo mondo -, non avrà mai problemi, non sarà mai colui che la mattina si alza e dice “aspetta che ti denuncio”, ma sarà quello ideologizzato che vuole creare la super categoria e che vuole discriminare tutti gli altri perché ha degli interessi di carriera, lobbistici, economici, culturali, ideologici, eccetera. Quello che fa parte di quel mondo lì avrà tutto l'interesse possibile e immaginabile per fare tutte le denunce che gli vengono a tiro. Ne sono state dette più di una, mi permetto di dirne una anch'io: tutti hanno fatto il loro esempio, anch'io lo farò, ce ne sono 25, sono censiti. In un intervento in Aula, Presidente, mi divertirò a dire uno per uno i casi in cui ci sono state fattispecie di reato.

PRESIDENTE. Concluda.

ALESSANDRO PAGANO (LEGA). In questo Parlamento, qui, a non più di 40 metri in quest'Aula, c'è stato un deputato - mi spiace dire il nome, non lo dirò -, che notoriamente aveva fatto della propria identità di genere una ragione di vita, che era entrato nel bagno femminile e lì è stato letteralmente cacciato - narrano le cronache - dalle deputate che si sono viste fiondare questa persona là dentro. È finita a polemica, ma con questa legge queste deputate sono tutte sostanzialmente passibili di reato. Quest'esempio è la prova concreta - non l'unica, ce ne sono 25 i casi concreti, che citeremo uno per uno in Aula - che dimostra senza ombra di dubbio che questa è una legge liberticida, un tentativo di legge bavaglio (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Augusta Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Presidente, a differenza di quanto è stato detto in precedenza, io non ritengo che sia un caso che questa legge arrivi in Aula proprio in questo momento storico, cioè nel momento storico in cui la Repubblica italiana è al livello più basso di riconoscimento delle libertà individuali. Nel momento in cui tutto l'orientamento del Governo e della maggioranza è fatto per limitare le nostre libertà, ecco che arriva in quest'Aula la “legge Zan”, per semplificare. È proprio così! È proprio così, perché voi fate un'elencazione di identità di genere - l'ha fatta anche prima la nostra collega Boldrini - per dare un'etichetta, per mettere l'etichetta a chiunque e non riconoscere nessuna identità, ne sono stati dimostrazione proprio gli interventi di questa maggioranza, proprio, per esempio, della collega Boldrini, che a un certo punto si è impappinata nelle varie nomenclature e ha detto: sì, quelle persone lì, che ancora stanno cercando il loro genere. Bene, se io fossi una di quelle persone, sarei offesa dalle vostre parole, sarei offesa da questo provvedimento e ne sono offesa anche come donna, perché, vivaddio, come donna non ho bisogno di riconoscere la dignità di indagato ad una persona che è misogina, quando invece semplicemente è una persona che non merita nessuna dignità se non quella di un semplice cretino. E non ho bisogno di un articolo di legge del codice penale per farmi dire che quella persona è un cretino. No, non auspico questo. Auspico un movimento culturale, un'identità forte in ognuno di noi che possa confinare quell'atteggiamento.

E anche le parole di un'altra collega, questa volta del MoVimento 5 Stelle, che ha richiamato la violenza nei confronti di alcune donne che sono state picchiate perché amano altre donne, beh, le ho ritenute anche in quel caso offensive, perché quella collega non sa, nonostante sia parlamentare oggi, non ha letto il codice penale e non sa che quella persona sarà riconosciuta come persona offesa e come parte civile all'interno di un processo, perché, vivaddio, l'Italia è quel Paese in cui, nonostante voi non vogliate riconoscerlo, se una persona picchia un'altra persona viene comunque sottoposta ad un processo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). La verità è che, con questo provvedimento, noi mettiamo, sì, la parola discriminazione e discriminiamo una fetta importante di italiani, quelli che credono nella famiglia naturale, quelli che credono che, vivaddio, non possano esistere “genitore 1” e “genitore 2”, ma esistano solo una madre e un padre, che sono un uomo e una donna, perché solo un uomo e una donna possono fare un figlio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Vivaddio, discriminiamo coloro che credono che distribuire nelle scuole dei libri per educare alla cosiddetta identità di genere, infarciti dell'ideologia di una certa area, sia un abominio, perché i diritti dei bambini devono venire prima del capriccio di chiunque adulto vanti una qualsiasi propria identità! E discriminiamo, per esempio, chi ha ritenuto, a Bibbiano, un abominio, quel tentativo di riconoscere come praticamente adozioni: in una nazione in cui le adozioni non possono essere fatte da coppie non sposate e dello stesso genere, l'affidamento invece di minori a coppie dello stesso genere! Quello è un abominio e noi vogliamo essere liberi di continuare a dirlo. Concludo, Presidente. Fa specie che questo progetto di legge venga da chi, soltanto un anno fa, saliva nelle navi di immigrati, che erano bloccate all'epoca nei porti, per portarne solidarietà, violando la legge, e veniva qua a dire che era un suo diritto violare la legge, perché, quando si crede in qualcosa, si ha il diritto di violare la legge. Fa specie che, oggi, proprio da quei pulpiti, arrivi una legge bavaglio, che vuole, non creare il reato d'opinione, ma creare un reato contro l'opinione. Fa specie. Però, a quelle persone io dirò che anche noi siamo convinti che in casi estremi, estremamente estremi, ci sia la libertà di violare una legge ingiusta e anticostituzionale, come quella che voi volete approvare. E noi lo faremo! Noi continueremo a dire che non siamo disposti a dire che esistono le famiglie arcobaleno e non la famiglia naturale. Non siamo disposti a barattare i nostri valori, per sottoporci al diktat del pensare bene.

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Non siamo disposti, ma lo facciamo non per gli immigrati che arrivano nelle barche: lo facciamo per i nostri figli, per gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Teresa Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. A fronte dei pochi minuti che ho a disposizione sarò diretta e chiara. Rispondo, quindi, innanzitutto alla collega Boldrini, per dirle chiaramente che sono e sarò sempre contro ogni violenza e ogni discriminazione per motivi di sesso, di genere, di identità sessuale e di orientamento. Questo va detto, perché nel dibattito che ho ascoltato oggi sembra che ci siano due fazioni o sembra chi voglia alimentare l'idea che si sia divisi, che ci sia chi difende invece gli atti di discriminazione e chi è invece contro. Già questa è una strumentalizzazione, già questo fa venire i brividi, perché sembra che, in luogo di questi valori, che devono essere valori di tutti, viene invece ad arrogarsi il diritto e la prosopopea di essere gli unici detentori di una verità e del bene comune. Allora, in un dibattito così delicato, un dibattito così importante, un dibattito etico, valoriale e sociale, i toni che si dovrebbero utilizzare sono toni che dovrebbero essere più pacati, pieni di responsabilità, di consapevolezza e di coscienza di quello di cui stiamo parlando. Allora, proprio per questo, dirò anche all'inizio che sono altrettanto convinta che le leggi devono essere chiare, semplici e determinate nella loro formalità, perché devono dare la certezza a chiunque di cosa sta dicendo il legislatore.

E, invece, questa proposta di legge pecca proprio di questo: lascia ai magistrati e alla magistratura l'ampio spazio di interpretazione. Non è la magistratura ad arrogarsi questo diritto, ma è il legislatore che, come spesso accade, depone la sua funzione, non si assume quella piena responsabilità e lascia, invece, alla magistratura l'ampio spazio e il dovere di dover decidere. Come anche lascia i cittadini nella condizione di dover da soli dimenarsi, se un'opinione e l'espressione di essa sia un reato perseguibile penalmente oppure no. Infatti, gli interrogativi che vengono alla mente sono tanti. Sarà reato riconoscere la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio? Sarà reato dire che il matrimonio è un'unione tra uomo e una donna? Sarà reato dire che è inaccettabile generare attraverso l'utero in affitto, perché è una barbarie usare il corpo della donna, come se fosse un'incubatrice? Sarà reato accettare un uomo, che si sente donna, in una squadra di calcio femminile? Sarà reato non inserire nelle quote rosa un uomo che si sente una donna? Questi interrogativi, attualmente, fanno parte del dibattito, a livello italiano e internazionale.

Ad animare questo dibattito ci sono femministe, c'è la comunità LGBT+, c'è la comunità dell'Arcilesbica, ci sono i cattolici, c'è l'avvocatura, ci sono gli italiani tutti che si confrontano sui limiti e i confini di concetti, che non sono ancora chiaramente definiti e che diventano ancora più pericolosi, se inseriti con una previsione di aggravante della pena. Noi tutti dobbiamo assumerci questa responsabilità, di comprendere che, quando inseriamo nell'ordinamento una legge, abbiamo il compito di migliorare l'ordinamento. Nelle nostre mani è stato dato lo Stato di diritto, è stata data la Carta costituzionale, sono stati dati dei valori che sono stati conquistati con il sangue e con la vita da molti che ci hanno preceduto. Noi abbiamo il compito di operare con chiarezza, con approfondimento, con quella dovuta semplicità che è strada maestra in ogni legge. Quando non lo facciamo, tradiamo il compito che ci è stato dato, non siamo più onorevoli: siamo dei piccoli uomini, che cercano di fare male e poco.

Allora, so, Presidente, che sono davvero pochi i minuti e per questo ritengo che il dibattito doveva essere più ampio. Tante volte in Commissione affari sociali in questi pochi giorni ho cercato di dire che la troppa fretta è cattiva consigliera e che bisognava, certo sì, alimentare un confronto culturale alto, elevato. Infatti, se c'è una battaglia da fare contro le discriminazioni e la violenza, soprattutto e prima di tutto, è una battaglia culturale, ché non si uccide attraverso colpi di codice penale. Troppo spesso il codice penale è stato uno strumento facile a basso costo, attraverso il quale cercare di risolvere questioni importanti. L'ho visto con il codice rosso, l'ho visto con il bullismo, l'ho visto con misure che prevedevano interventi di carattere penalistico e poi, alla fine, “senza maggiori oneri per la finanza pubblica”, in tutti quei casi.

In questo caso, è vero, non è così. Alla fine, nell'ultimo articolo, vengono proposti 4 milioni di euro. Io continuo a confondermi. Continuo a confondermi perché non capisco come mai, rispetto all'espressione di chi ha un'opinione diversa da questa proposta di legge, c'è chi dice, come il collega Zan, che è omofoba Giorgia Meloni o il centrodestra. Non si è omofobi se si ha un'idea diversa su come va protetta e contrastata la violenza e la discriminazione di genere, di sesso, di orientamento sessuale e di identità di genere. Non lo si è.

Allora, in questa fase di dibattito, così delicata e così importante, in cui tutti dovremmo tenere la più alta consapevolezza…

PRESIDENTE. Concluda, perché ha esaurito il suo tempo da un po'.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). ….stigmatizzare in modo così fazioso è estremamente grave; si rischia, nel buon nome del liberalismo, di essere in realtà totalitaristi; si rischia di essere intolleranti con chi propone un'idea diversa e in questo si nega quindi il valore più alto della democrazia e ciò che noi dovremmo tenere dentro di noi, ossia la libertà di opinione e di espressione di essa. Continueremo a parlare per cercare di dare vita a questi valori che fanno parte della nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 107-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Alessandro Zan.

ALESSANDRO ZAN, Relatore. Grazie, Presidente. Solo per ringraziare le colleghe e i colleghi per il dibattito di oggi. Volevo precisare, rispetto alle perplessità avanzate dall'opposizione sul fatto che questa sarebbe una legge liberticida e che limita le libertà di opinione, che sono affermazioni totalmente destituite di ogni fondamento perché, oltre al fatto che questa legge è già collaudata dalla giurisprudenza, come legge Reale-Mancino, sulle altre fattispecie che riguardano i reati motivati da nazionalità, religione, etnia, razza, sui quali c'è un intervento della giurisprudenza quarantennale sul bilanciamento tra libertà di opinione e appunto la tutela delle dignità, questa legge mira invece a restituire protezione e diritti a persone che oggi sono discriminate per le loro condizioni personali. E dunque è una legge sacrosanta, una legge importante nel pieno rispetto della nostra Costituzione.

Spero anche che in Aula - mi rifaccio agli inviti che sono arrivati anche da altri colleghi, come la collega Annibali, ad esempio, sulla questione delle definizioni - dove si potrà, immagino, lavorare in un clima costruttivo, si possa lavorare per migliorare un progetto di legge tanto atteso in un clima costruttivo e collaborativo anche da parte dell'opposizione, visto che in Commissione sono state accolte anche loro istanze e mi pare che questo sia importante. Accogliere istanze però non significa svuotare il contenuto della legge, non significa annullare l'obiettivo di questa legge che noi, come maggioranza ma anche come parte dell'opposizione, vogliamo fortemente perché siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi e perché le persone non possono essere discriminate per le loro condizioni personali in un Paese civile come il nostro.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo che si riserva di farlo. Avverto che, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Turri e altri n. 1 e Varchi e altri n. 2 che saranno esaminate e poste in votazione prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Formentini ed altri n. 1-00350, Rampelli ed altri n. 1-00352 e Valentini ed altri n. 1-00353 concernenti iniziative volte alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da COVID-19 e di indirizzi unitari nell'ambito dell'Unione europea per la gestione delle emergenze epidemiologiche (ore 18,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Formentini ed altri n. 1-00350 (Nuova formulazione), Rampelli ed altri n. 1-00352 e Valentini ed altri n. 1-00353 concernenti iniziative volte alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da COVID-19 e di indirizzi unitari nell'ambito dell'Unione europea per la gestione delle emergenze epidemiologiche (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (vedi calendario).

Avverto che è stata presentata la mozione Cabras, Migliore, Palazzotto, Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00374 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il deputato Paolo Formentini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00350 (Nuova formulazione). Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie Presidente, colleghi, Viceministro, la crisi epidemiologica mondiale determinata dal COVID-19 ha dimostrato come, di fronte alle emergenze che coinvolgono la propria sicurezza nazionale, gli Stati tendano ad assumere misure unilaterali per minimizzare i danni, misure che spesso si riverberano negativamente su altri Paesi. È un dato di fatto contro il quale si sono infrante moltissime narrazioni.

In effetti sono state adottate forme di controllo della circolazione delle informazioni che non hanno favorito la condivisione di dati acquisiti ed esperienze, che sarebbero stati di grande utilità per gli Stati investiti in una fase successiva dal virus. Qualcosa non ha funzionato fin dall'inizio; non tutti però si sono comportati allo stesso modo. Alcuni Stati, più di altri, hanno improntato la loro condotta una certa opacità e mancanza di collaborazione anche con i fori multilaterali incaricati di provvedere alla sicurezza sanitaria globale, come l'Organizzazione mondiale della sanità, per non danneggiare la propria reputazione internazionale innanzitutto e non vedersi chiudere l'accesso a tante parti del pianeta. Certi Stati hanno esercitato pressioni nei confronti di altri non appena, a scopo preventivo, questi ultimi avevano adottato misure di limitazione della mobilità delle persone provenienti dai Paesi ove l'emergenza aveva assunto già una considerevole gravità, ovviamente per tentare di rimuovere le limitazioni. Il Governo di Pechino, ad esempio, ha rimproverato quello italiano per una delle poche decisioni prese con tempismo, ovvero la scelta di chiudere gli scali ai voli in arrivo dalla Repubblica popolare cinese. Peccato però che il divieto sia stato aggirato, infatti che atterrava in Germania o altrove in Europa poteva entrare. Quello che conta è che i cinesi ci hanno rimproverato e non hanno accettato le limitazioni di accesso al nostro Paese pur sapendo cosa potesse comportare in Italia l'arrivo di persone già contagiate. La Cina non ha agito così soltanto con noi italiani. La stampa internazionale ha dato conto delle accuse rivolte dall'autorità degli Stati Uniti d'America alla Repubblica popolare cinese, cui è stato esplicitamente attribuito l'esercizio di indebite pressioni sull'Organizzazione mondiale della sanità affinché non suggerisce misure che potessero comportare danni economici o di immagine al fu Celeste Impero. Non sappiamo esattamente quante vite avrebbero potuto essere risparmiate se Pechino si fosse comportata più responsabilmente ma, come ha denunciato il Presidente Trump, sicuramente si sarebbero potute salvare migliaia di persone. Anche per questo motivo lo scorso 7 luglio gli Stati Uniti hanno formalizzato la propria decisione di ritirarsi dall'OMS con decorrenza dal 7 luglio 2021; mentre il Governo italiano, invece, rispondendo ad un'interrogazione della Lega, ha inspiegabilmente confermato la propria fiducia nell'organismo e la volontà di proseguire a versare i contributi italiani. Quanto è accaduto tra la Cina e il mondo tramite l'OMS non è stato l'unico elemento di insoddisfazione per la gestione multilaterale della pandemia. Le cose non sono andate bene neanche all'interno dell'Unione europea, che è stata quantomeno poco incisiva, dimostrando una volta di più i limiti dell'attuale processo di integrazione in costanza di crisi. In Europa è mancata persino la possibilità di confrontare i dati relativi alla diffusione del contagio, dal momento che ciascuno Stato membro ha utilizzato parametri e metodi diversi, classificando in modo differente anche i decessi che si sono verificati durante le fasi più acute della crisi epidemiologica. Il fallimento è stato complessivo: né dall'Organizzazione mondiale della sanità, né dalle autorità europee sono giunte indicazioni univoche a cui gli Stati membri potessero attenersi, fatto che dimostra l'urgenza di iniziative politiche concertate da assumere nei fori multilaterali competenti, al fine di impedire in futuro il ripetersi degli errori che hanno reso meno efficace la risposta data alla crisi provocata dal virus di Wuhan. Non solo non siamo stati aiutati a prevenire l'arrivo del SARS-CoV-2 da coloro che lo avevano affrontato prima di noi; siamo stati anche in qualche modo puniti dai nostri partner europei, che hanno adottato severe misure nei nostri confronti non sempre effettivamente giustificate alla luce delle obiettive necessità del momento, ma che hanno provocato danni rilevanti alle esportazioni del nostro Paese; ricordiamoci che fermavano i nostri camion come se i beni prodotti in Italia avessero potuto veicolare il Coronavirus. Noi pensiamo che occorrano energiche iniziative politiche sia per riparare i torti subiti che, soprattutto, per investigare su quanto accaduto nelle fasi iniziali della pandemia, allo scopo di evitare di trovarci impreparati nella malaugurata ipotesi che altre epidemie globali appaiano in futuro. Da più parti si esigono chiarezza, trasparenza e verità e non siamo soli. Una richiesta in tal senso per aprire un'indagine a livello globale è stata infatti presentata, il 18 maggio scorso, la settantatreesima sessione della World Health Assembly, sottoscritta da una grande quantità di Stati, inclusi tutti i Paesi membri della UE e la Federazione russa. Inoltre, per ottenere il ristoro dei danni subiti a causa della pandemia, presso diverse corti statunitensi sono state promosse azioni risarcitorie nei confronti delle autorità della Repubblica popolare cinese, anche nella forma della class action. La nostra proposta tende a raccogliere tutti questi input e a tradurli in indirizzi operativi concreti per il nostro Governo, che vogliamo impegnare in primo luogo ad assumere nelle sedi internazionali competenti, anche in raccordo con gli alleati del nostro Paese, rispetto a tutte le iniziative utili alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da COVID-19, affinché si accertino in particolare la dinamica degli eventi e le eventuali responsabilità dei singoli Paesi coinvolti e della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, sotto il profilo della tempestiva comunicazione dei fatti accertati, verso la comunità internazionale e della congruità delle poche misure raccomandate. Chiediamo inoltre al Governo di aprire un contenzioso con la Cina presso la Corte di giustizia internazionale, ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettere c) e d) dello Statuto della Corte medesima. Vogliamo ricordare oggi qui, nell'Assemblea di Montecitorio, l'esistenza di norme che permettono di percorrere questa via. Ai sensi delle disposizioni che abbiamo appena citato, gli Stati che hanno dato vita alla Corte di giustizia internazionale possono in qualsiasi momento dichiarare di riconoscere come obbligatorio, di pieno diritto e senza convenzione speciale, nei confronti di ogni altro Stato che accetti lo stesso obbligo, la giurisdizione della Corte dell'Aja su tutte le divergenze di ordine giuridico aventi per oggetto, tra le altre cose, qualsivoglia questione di diritto internazionale, l'esistenza di qualunque fatto il quale, se provato, costituirebbe violazione di un impegno internazionale e la natura o la portata della riparazione dovuta per la violazione di un impegno internazionale. Ci possiamo e dobbiamo provare perché, a nostro avviso, contribuire alla prevenzione della diffusione globale di un'epidemia al suo inizio costituisce un impegno internazionale, una responsabilità da onorare nei confronti del resto del mondo. Non è infatti certo facendo sparire medici e giornalisti che si condividono informazioni in modo trasparente. Desideriamo altresì che venga avviata in sede europea una riflessione sulle cause della mancanza di un indirizzo unitario dell'UE in materia di gestione delle emergenze epidemiologiche, con l'obiettivo di pervenire quantomeno all'elaborazione di linee guida comuni a cui attenersi in futuro, in occasione di crisi che abbiano caratteristiche simili. Riteniamo, infine, che anche questa circostanza offra al Governo di confermare, senza incertezze, l'appartenenza dell'Italia all'Alleanza atlantica come comunità di democrazie, prima ancora che patto di mutua difesa, ribadendo la centralità del rapporto con gli Stati Uniti nella politica estera del nostro Paese, allo scopo di evitare che ai danni derivanti dall'emergenza drammatica si sommino le conseguenze negative di una postura ambigua sulla scena internazionale, proprio nel momento in cui il segretario di Stato, Mike Pompeo, parla apertamente di uno scontro in atto ormai tra il mondo libero e la tirannia comunista cinese. Questi sono gli obiettivi che stiamo perseguendo con l'iniziativa di cui oggi discutiamo, consapevoli di non avere molte possibilità, da soli, di ottenere giustizia da chi, con i propri comportamenti omissivi, ha contribuito a creare le condizioni della strage che si è verificata nel nostro Paese, ma pensiamo di poter dare un impulso che potrà influenzare anche l'atteggiamento di altri Stati, chiarendo al contempo ove si collochi l'Italia.

Serve fare ordine sul posizionamento internazionale complessivo del nostro Paese. Battersi per ottenere dei risarcimenti dalla Cina servirà anche a questo, ne siamo certi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la mozione a prima firma del Vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, reca l'impegno, per il Governo, di promuovere azioni diplomatiche in sede internazionale per richiedere alla Cina popolare il risarcimento dei danni subiti dalla pandemia da parte del popolo italiano. Le responsabilità della Repubblica popolare cinese sono evidenti ed innegabili, per quanto concerne la mancata trasparenza e trasmissione, a livello internazionale e alle autorità sanitarie mondiali, dei dati epidemiologici, sanitari e virologici. L'improvvisa diffusione del Coronavirus a Wuhan, nel mese di gennaio, ha precipitato la città, la Cina continentale e poi il mondo intero nella morsa infernale del COVID-19.

Secondo un report del South China Morning Post, il COVID-19, chiamato non a caso polmonite di Wuhan fino all'intervento dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per evitare discriminazioni, è comparso per la prima volta il 17 novembre 2019 a Wuhan e ha attirato l'attenzione della comunità medica cinese dalla fine di dicembre. Il 30 dicembre il dottor Lee Wang Yang, medico presso il dipartimento di oftalmologia dell'ospedale di Wuhan, ha rivelato ai suoi colleghi l'esistenza e la potenziale letalità del virus. Il 3 gennaio successivo è stato ammonito dalla Polizia per aver diffuso pettegolezzi e identificato tramite impronte digitali, promettendo che non avrebbe ripetuto l'errore. La Tv di Stato cinese, CCTV, ha dato ampio risalto alla vicenda e allo scoop di frenare la propagazione del “pettegolezzo”. La pressione della Polizia locale su di lui e sette suoi colleghi e il tentativo di insabbiamento condotto dalla CCTV sono alla base del mancato intervento della Cina per contenere la diffusione del Coronavirus nella fase iniziale.

Malgrado il trattamento ingiusto e illiberale, il dottor Lee e i suoi colleghi hanno dovuto curare diversi pazienti infettati dal virus, pur non avendo ricevuto l'addestramento e la formazione necessarie e hanno dovuto farlo senza la protezione adeguata: sembra che i loro superiori gli abbiano proibito addirittura di indossare le maschere protettive per non spaventare la gente. Così, il dottor Lee si è esposto al virus, è stato contagiato ed è poi morto il 6 febbraio 2020, come quattro suoi colleghi. Alla sua morte, il micro blog da lui gestito è diventato una sorta di monumento virtuale e i cinesi credono che, se Lee avesse ricevuto un diverso trattamento, l'impatto del Coronavirus sarebbe stato più limitato. Vanno citati anche i ritardi di segnalazione alle autorità globali. L'accertato ritardo di comunicazione all'OMS giustifica un'azione di risarcimento danni davanti alla Corte internazionale di giustizia da parte degli Stati coinvolti nell'epidemia. Ad oggi, infatti, lo stato della Louisiana, la Nigeria e regione Lombardia hanno adito i tribunali per chiedere il risarcimento danni. Secondo un docente dell'Università di Macao, sarebbero stati i vertici politici del Partito comunista cinese della regione di Hubei a decidere di insabbiare le informazioni, per negligenza o interesse. Si attenderà fino al 20 gennaio prima di lanciare l'allarme ed assumere i provvedimenti per limitare il contagio. Eppure, le prime vittime accertate, secondo indagini della John Hopkins University, risalgono a un periodo compreso tra il 3 e il 17 novembre 2019, se non addirittura ad ottobre, stando alla relazione congiunta datata 24 febbraio 2020, redatta congiuntamente da OMS e Cina. I servizi di intelligence, non solo americani, sono andati a fondo e non escludono l'origine in laboratorio del Coronavirus. Come hanno scritto Sansone e Bizzarri su il Tempo, la possibilità che il virus sia stato ingegnerizzato e sia poi accidentalmente sfuggito dal laboratorio Wuhan è tutt'altro che improbabile. Di fatto, l'origine naturale del COVID-19 non è provata, in quanto manca il cosiddetto ospite intermedio, che avrebbe favorito il salto dal pipistrello all'uomo e non a caso anche gli studi più decisamente favorevoli all'ipotesi dell'origine naturale non sono riusciti a individuarlo e non scartano a priori altre possibili genesi del virus.

Sappiamo, al contrario, che il biolab 4 di Wuhan conduceva ricerche sulla SARS, di cui il COVID-19 è una variante; è attrezzato per la manipolazione di virus e batteri e per il loro impiego militare nella forma di armi biologiche. Inoltre, le esigue misure di sicurezza e monitoraggio che lo contraddistinguono non sono affatto esenti da critiche, come rilevato da uno studio apparso su Nature nel 2017 e dalle relazioni dell'OMS, che, in teoria, è venuta a verificare le misure di sicurezza del biolab 4 in tutto il mondo.

Uno studio redatto da un gruppo di ricercatori indiani il 30 gennaio 2020, che ha sollevato le vibranti proteste delle autorità cinesi, ritiene, invece, che l'origine da laboratorio del nuovo Coronavirus sia altamente probabile, per non parlare del premio Nobel, Luc Montagnier e del biomatematico, Jean-Claude Perez, che lo ritengono frutto di imperizia nel tentativo di produrre un anticorpo anti-HIV. D'altronde, per avere risposte scientificamente inoppugnabili in proposito occorrerà ancora molto tempo, ma sicuramente è assai poco scientifico, dal punto di vista metodologico, scartare a priori ipotesi ancora oggetto di studio e verifica, come è successo, ad esempio, per il servizio del TG Leonardo di Rai Tre. Inoltre, conosciamo numerose falle della sicurezza del biolab 4. Si parla di un rapporto fra studenti e ricercatori molto elevato e persino di compravendita illecita di animali da parte dei ricercatori e il mercato di Wuhan, sappiamo, è a pochi passi. Oltre a quello di Wuhan, la Cina dispone di un biolab 4 a Pechino, dove si sono registrate fughe accidentali di virus SARS. Intanto, alcuni importanti quotidiani cinesi legati al Partito comunista nel corso della pandemia hanno distorto le parole di un virologo per far ricadere la colpa della propagazione all'Italia. Il Jiefang Daily, foglio ufficiale del comitato del PCC a Shanghai: “Famoso esperto italiano: il virus potrebbe essersi diffuso in Italia prima dello scoppio in Cina” recita il titolo con cui viene lanciata la notizia. Nel corpo, l'articolo riporta alle dichiarazioni di Remuzzi con una cura particolare delle sue affiliazioni, a sottolineare l'autorevolezza della fonte. Peccato che Remuzzi abbia alluso alla possibilità che in Italia circolasse il virus prima che si fosse a conoscenza del virus in Cina, non prima che scoppiasse. T.House, blog molto popolare di un'emittente controllata dalla Tv statale, si spinge oltre: “Come riportato da Npr, il dottor Giuseppe Remuzzi sostiene che i medici ricordano di aver visto strani polmoniti già a novembre, il che può voler dire che il virus circolava in Italia prima ancora che i dottori in Cina ne fossero a conoscenza”. Un capovolgimento a 360 gradi, un'azione e un'operazione di disinformatia veramente degna della guerra fredda di altri tempi. “Erano i medici cinesi” - spiega il blog della Tv pubblica - “a non essere a conoscenza del virus in Italia” (anche questo abbiamo dovuto subire dalla Cina).

E il Governo in tutto questo che ha fatto? Il MoVimento 5 Stelle, affascinato forse dall'efficienza della dittatura cinese, non ha alzato un dito per additare alla Repubblica popolare le proprie responsabilità. C'è una parte del MoVimento 5 Stelle, come testimoniano le uscite pubbliche di Luigi Di Maio, che accarezza apertamente simpatie filocinesi e ricordiamo tutta la manfrina e la pantomima della Via della Seta, che sembrava dovesse essere la soluzione a tutti i problemi economici dell'Italia, dell'Europa e del mondo occidentale, per poi scoprire che non era altro, come poi denunciato dai servizi italiani al Copasir, che uno strumento per la Cina per aggredire economicamente e finanziariamente e penetrare, attraverso la Via della Seta, sia in Italia sia in Europa. Addirittura ricordiamo, all'epoca del primo Governo in cui c'era il MoVimento 5 Stelle, di allegati segretati con cui, appunto, aziende cinesi entravano in proprietà di quote di aziende italiane, anche statali o parastatali, e questo è un fatto. Quindi, rivendichiamo di essere stata l'unica forza politica dell'opposizione - Fratelli d'Italia è stata l'unica forza politica - che ha denunciato da subito i pericoli e i rischi della Via della Seta come operazione geopolitica di penetrazione nel tessuto economico e anche geografico, visto che tra i vari accordi c'è anche quello del corridoio diplomatico-commerciale, per cui quando sbarca nel porto di Trieste della merce cinese questa può essere caricata su camion che hanno una sorta di lasciapassare diplomatico fino in Europa.

Ecco, questo è il “capolavoro” a cui ci ha portato questa, diciamo, propensione e questo schieramento filocinese del Governo, in questo caso giallorosso, e non possiamo dimenticare anche i salamelecchi che Grillo stesso e lo stesso Di Maio hanno fatto all'ambasciatore cinese, lo stesso ambasciatore cinese che si permetteva, rispetto a conferenze stampa al Senato della Repubblica di deputati italiani e di parlamentari italiani, di definirli irresponsabili solo perché avevano difeso Joshua Wong e le proteste di Hong Kong.

Intanto la Cina ha adottato, nei confronti della nazione, atteggiamenti predatori: si accaparrano, appunto, i nostri porti, le nostre reti di telecomunicazioni e le aziende strategiche. Il cosiddetto “Beijing Consensus” significa violazione dei diritti umani, il sacrificio sull'altare del benessere sociale dell'esercizio dei diritti civili e nessun riguardo ai diritti dei lavoratori, che pure alla sinistra dovrebbero essere a cuore. Conoscono bene il ruolo della Cina i Paesi africani a cui viene strappata la terra con il land grabbing, che significa, colleghi, semplicemente che, quando i cinesi comprano un territorio con dei villaggi, comprano anche le persone all'interno di quelle case e di quei villaggi. Lo sanno gli uiguri, soggetti a forme di controllo sociale e digitale tramite l'innovazione e con tecniche di controllo genetico per limitarne i tassi di natalità; lo sanno i tibetani e lo sanno gli hongkonghesi. La Repubblica popolare cinese, infatti, sta proseguendo nella sua azione di conculcamento delle libertà politiche al di fuori del continente, attraverso un massiccio aumento di iniziative liberticide a Hong Kong (sono notizie di questi giorni).

Colleghi, ricapitoliamo. La mancanza di trasparenza da parte della Cina ha impedito la diffusione di notizie indispensabili a tutte le altre nazioni per affrontare l'arrivo della pandemia, ha impedito il contenimento della contagiosità e delle vittime. Un silenzio assordante! La mozione, quindi, chiede di stabilire giustizia per le vittime con dovuti risarcimenti. Colleghi, viviamo in un mondo assolutamente connesso e interconnesso e la globalizzazione è in una profonda crisi. La Cina sta utilizzando metodi antidemocratici per assicurare il diritto alla salute. Le democrazie, sì, in un primo periodo hanno mostrato debolezza nel contrasto al virus, ma ora hanno dimostrato maggiore resilienza. Il contratto sociale che regge la Cina è la cessione dei diritti individuali e delle libertà individuali in cambio di un presunto benessere, nemmeno per tutti, ma, se il benessere si arresta, le popolazioni diventano tumultuose. La mancanza di trasparenza accomuna anche il nostro Governo, che forse sta prendendo lezioni o ordini da Xi. Come mai non possono essere rese note le motivazioni del comitato scientifico sul lockdown? Forse era possibile valutare altre alternative come, ad esempio, istituire delle zone rosse progressive con l'avanzare del virus?

Che quella causata dal COVID-19 non sia soltanto una crisi sanitaria è ormai opinione condivisa e, pur senza giocare la facile carta del pessimismo, si può comunque ritenere che la portata geopolitica, sociale ed economica della crisi scaturita dalla pandemia, sarà persino più vasta e di più lunga durata rispetto a quella della crisi sanitaria. Le decisioni prese in questi mesi determineranno le sembianze del mondo per molti anni a venire. Richard Haass, su Foreign Affairs, ha detto che le emergenze accorciano il tempo.

Colleghi, siamo in una fase di ridefinizione globale e non possiamo e non vogliamo perdere il nostro storico ancoraggio occidentale. Non saremo mai servi della Cina ed è arrivato il momento che i Paesi occidentali, l'Italia e l'Europa si facciano valere e cerchino di capire che cosa è successo con il virus e, soprattutto, si facciano risarcire con miliardi di dollari o di euro per i danni causati dalla Cina, perché la Cina ne è responsabile (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Grazie. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, è ancora troppo presto oggi per capire quali saranno gli effetti permanenti della pandemia da Coronavirus che sta affliggendo il mondo in questi mesi. Quello che la storia ci insegna, però, è che eventi come questo determineranno trasformazioni permanenti. Il mondo che siamo abituati a conoscere non sarà più lo stesso. I dieci giovani gentiluomini e gentildonne di Firenze che nel 1348 si ritirarono in una villa in campagna per sfuggire alla peste nera che devastava l'Europa sono i protagonisti di uno dei capolavori simbolo della cultura medievale. Le novelle che si raccontavano per ingannare il tempo nel lockdown immaginato da Boccaccio, costituiscono il Decameron, una vera e propria summa della visione dell'uomo, del mondo, della società medievale, dai suoi aspetti aristocratici a quelli popolareschi. Eppure, né Madonna Fiammetta, né Messer Filostrato, né tanto meno naturalmente lo stesso Giovanni Boccaccio, immaginavano che proprio quella pestilenza segnasse il principio della fine del mondo che loro stessi così mirabilmente raccontavano. La maggior parte degli storici ritiene che quello sconvolgimento abbia determinato le trasformazioni economiche e tecnologiche, sociali e demografiche, culturali e spirituali che, nel bene e nel male, avrebbero condotto l'Europa e l'Occidente nell'evo moderno. Questo avveniva in un mondo già profondamente interconnesso, l'Europa medievale era molto più unita di quanto noi oggi immaginiamo, ma certamente ben lontana dalla velocità di trasformazione del XXI secolo. Eppure, anche noi uomini contemporanei abbiamo attraversato e stiamo ancora attraversando questa pandemia come Fabrizio Del Dongo attraversò la battaglia di Waterloo. L'eroe di Stendhal si trovò nel mezzo dell'evento che cambierà la storia dell'Ottocento, senza avere idea di cosa stesse succedendo intorno a lui. Noi siamo nel mezzo di un dramma che cambia la storia del XXI secolo e non ne sappiamo comprendere né le cause, né le conseguenze. Non sarà certo quest'Aula, nonostante l'autorevolezza dei colleghi che vi siedono, né tanto meno il mio intervento, ultimo fra cotanto senno, a dare una risposta a queste domande epocali. Ma è certo importante cominciare, proprio nelle sedi istituzionali come questa, a discutere di quello che è accaduto e di quello che accadrà, in termini non propagandistici, non caricaturali, privi di strumentalità politica contingente. Le nostre ragioni tattiche, i nostri vizi ideologici, colleghi, scompaiono di fronte alla vastità di quanto sta accadendo nel mondo intorno a noi. Farebbero sorridere, se non stessimo parlando di una tragedia, le tante cose che si sono lette ed ascoltate, e non da una parte sola, in relazione al ruolo della Cina e alle sue responsabilità in questa vicenda. Vi è stato chi ha scambiato la realtà con la fantascienza, non me ne voglia anche qualche nostro alleato, immaginando un virus creato in laboratorio a sostegno dei disegni imperialistici della Cina, chi ha pensato di difendersi dal contagio evitando i ristoranti cinesi e anche chi, al contrario, non ha perso l'occasione per gridare al razzismo, chi è corso ad abbracciare incolpevoli cittadini con gli occhi a mandorla; c'è stato anche chi - e la cosa è molto più grave perché parliamo del Governo nazionale - si è rifiutato di sottoporre a quarantena non i cinesi, ma chiunque, di qualunque nazionalità, provenisse dalla Cina. Le richieste, gli appelli delle regioni del nord, di Fontana, di Zaia, di Gallera, sono rimasti inascoltati. Si è discusso di razzismo, mentre il virus circolava liberamente a Lodi, a Bergamo, a Brescia, nelle terre che ho l'onore di rappresentare in quest'Aula.

Signor rappresentante del Governo, lei conosce la mia grande considerazione personale nei suoi confronti, ma questo comportamento è stato davvero imperdonabile da parte del Governo, naturalmente, non da parte sua personale. Onorevoli colleghi, dal principio di questa pandemia il gruppo di Forza Italia si è attenuto al criterio della responsabilità, della prudenza e dell'equilibrio indicati dal Presidente Berlusconi. Sono orgoglioso di parlare qui, oggi, a nome di una grande forza politica di opposizione liberale, che come tale non poteva e non può cedere all'emotività e al calcolo elettorale in un momento così grave per la nazione e per il mondo.

Con questo stesso spirito responsabile, affrontiamo oggi la discussione su un tema di straordinaria rilevanza, perché non siamo qui per fare un processo al passato, per celebrare una piccola Norimberga in contumacia ad un regime che è nel pieno del suo potere e della sua spinta espansionistica, ma, al contrario, per provare a ragionare sui veri effetti di quello che sta accadendo. Il COVID-19 ci ha ricordato in modo drammatico quanto fragili siano non soltanto la nostra salute e il nostro benessere, ma anche le nostre libertà e il nostro modello di civiltà. Gli effetti potrebbero essere quelli che ha molto ben definito Henry Kissinger i primi giorni della pandemia, mentre noi ci dilettavamo a parlare di razzismo: la crisi dell'ordine liberale internazionale, una crisi che può diventare irreversibile, che può fare di questa pandemia per l'Occidente democratico quello che la peste nera del Trecento è stata per l'Europa medievale.

È una crisi certamente favorita dal fatto che la Cina, culla della malattia, ne è uscita per prima e con minori danni strutturali. Non è da oggi che il Presidente Berlusconi, a lungo inascoltato, denuncia il pericolo legato a un disegno imperialistico del comunismo cinese, una forma di imperialismo simile ma più raffinata di quella dell'Unione Sovietica nel Novecento; un disegno che ha caratteristiche economiche, politiche, ideologiche e militari, una sfida alla quale il mondo occidentale deve rispondere tutto insieme, una sfida per la quale è necessaria l'Europa, un'Europa che sappia finalmente essere soggetto politico e militare. Sono necessari gli Stati Uniti, che tornino a svolgere il loro ruolo di leader nel mondo libero in un sistema multilaterale di relazioni internazionali, rinunciando alla pericolosa illusione di ridurre la sfida con la Cina in un duello muscolare bilaterale; è necessaria la Russia, che deve tornare ad essere un partner e non un avversario dell'Occidente. La Cina è un sistema totalitario comunista del quale condanniamo molti aspetti: condanniamo la repressione alla libertà religiosa e alle libertà civili; condanniamo l'uso e l'abuso della pena di morte e la persecuzione delle minoranze nazionali; condanniamo il capitalismo di Stato che viola le leggi di mercato e le regole della concorrenza internazionale. Però, onorevoli colleghi, la politica estera è fatta di rapporti con i Paesi, non dei giudizi politici sui Governi. La sfida culturale con la Cina deve essere fermissima, ma parallela alla ricerca di un quadro costruttivo di relazioni internazionali; un quadro, anche qui, multilaterale, in cui i temi ai quali siamo molto sensibili, come la difesa dei ragazzi di Hong Kong, si traducano in concreto proprio riconducendo la Cina a un ordinamento globale nel quale è insito il rispetto dei patti garantiti dal diritto internazionale.

Lo stesso vale per la pandemia. Non vi è dubbio che vi siano grandi responsabilità omissive della Cina, almeno nella parte iniziale, omissioni legate alla natura stessa del suo sistema totalitario. Non vi è dubbio neppure sul fatto che altrettanto gravi siano le responsabilità dell'Organizzazione mondiale della sanità, sulla quale, del resto, è dominante l'influenza politica del Governo cinese. Tuttavia, questo non si risolve né con la richiesta simbolica di risarcimenti alla Cina, né con il taglio dei finanziamenti all'OMS; si risolve con un rafforzamento del multilateralismo che vincoli la Cina alle regole di quell'ordine liberale internazionale che dobbiamo difendere ad ogni costo.

Fa, però, impressione il fatto che nella mozione di maggioranza non vi sia alcun cenno al ruolo e alle responsabilità della Cina, né per il passato, né - ciò che più conta - per il futuro. Questo è, del resto, coerente con l'inconsistenza della nostra politica estera verso la Cina, culminata nell'adesione acritica al progetto di imperialismo politico-economico che va sotto il nome di “Via della seta”. L'Italia, invece, potrebbe fare qualcosa di importante, perché può fare qualcosa l'Europa, della quale noi siamo Paese fondatore e della quale noi possiamo e dobbiamo essere protagonisti. L'Unione europea - lo hanno ricordato insieme il Presidente Macron e la Cancelliera Merkel - deve prepararsi al meglio alla prossima pandemia. Ci sono tanti modi e tanti aspetti in cui questo può avvenire. L'Europa questa volta si trova davvero davanti ad un appuntamento con il suo destino. La pandemia da Coronavirus è anche la circostanza nella quale si dimostrerà se l'Europa abbia un significato e un futuro come soggetto economico, ma anche politico, culturale, direi addirittura valoriale; lo si vedrà su due piani, uno interno e l'altro esterno. Al suo interno, l'Unione europea deve dimostrare - e in effetti sta dimostrando - di essere una comunità solidale di popoli; sta dimostrando di saper superare le barriere sovraniste di alcuni piccoli Stati, in nome della consapevolezza di un comune destino di europei. A questa solidarietà europea, il nostro Paese deve molto: senza il Recovery Fund, senza il MES, senza le garanzie della BCE sul nostro debito, senza il fondo SURE per finanziare la cassa integrazione, la grave crisi che ha colpito il nostro Paese si trasformerebbe in una catastrofe senza via d'uscita. Ho l'orgoglio di sottolineare anche in quest'Aula quanto i rappresentanti di Forza Italia in Europa, a partire dal Presidente Berlusconi e con lui Antonio Tajani, hanno saputo fare per favorire questi risultati per il nostro Paese. Vi è, però, il secondo aspetto, ancora incompiuto, che riguarda la proiezione all'esterno dell'Europa. Un'Europa basata su valori comuni, sulle comuni radici giudaico-cristiane e greco-romane, sul modello liberale di Stato, sulla società aperta, può e deve svolgere nel mondo una funzione essenziale, una funzione alla quale nessuno Stato da solo sarebbe in grado di assolvere, la funzione di garante di quell'ordine liberale internazionale di cui dicevamo poco fa. Una profonda condivisione di valori e non solo di interessi è la condizione per rendere possibile una vera politica estera comune che tuteli al meglio l'interesse nazionale di ognuno, ma anche l'identità collettiva di tutti gli europei. Una politica estera che, a sua volta, richiede e porta logicamente con sé la messa in comune delle capacità militari dei Paesi europei.

Un'Europa di questo tipo potrà svolgere una funzione essenziale nei complessi equilibri futuri del mondo post-COVID, ma l'Unione europea, in questo spirito, ha anche un compito immediato da svolgere che abbiamo indicato nella nostra mozione. Questo compito è quello di chiedere e ottenere dalla Cina, come da tutti i Paesi, il rispetto delle regole ordinate di convivenza nelle organizzazioni internazionali e di lealtà e trasparenza nel flusso delle informazioni scientifiche. Forse questa è una necessità più importante per il mondo che uscirà da questa pandemia, per prevenire quelle future, perché, fra gli effetti ancora imprevedibili di questo sconvolgimento, non vi sia il caos permanente, ma, al contrario, un sistema di relazioni internazionali più ordinato e più sicuro.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Fregolent, che non è presente; si intende che abbia rinunciato.

È iscritto a parlare il deputato De Maria. Ne ha facoltà.

ANDREA DE MARIA (PD). Grazie, Presidente. Governo, colleghi, è evidente che la pandemia da Coronavirus, questa sfida terribile che stiamo affrontando anche nel nostro Paese, è a tutti gli effetti una sfida globale e va affrontata con un'azione multilaterale che deve riguardare l'intera comunità internazionale. Era già chiaro che sempre di più, in un mondo interdipendente e globalizzato come il nostro, le politiche della salute non possono che avere anche una dimensione globale. Non a caso, le stesse Nazioni Unite hanno considerato e considerano la salute come un aspetto fondamentale dell'Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, ma credo che con la pandemia da Coronavirus questo elemento sia ormai chiaro a tutti, anche al nostro dibattito pubblico. D'altra parte, se c'è una cosa che ci insegna il contrasto al Coronavirus è proprio come la sicurezza di ognuno si possa realizzare solo in un contesto collettivo. Questo riguarda anche le scelte individuali e quotidiane di ognuno di noi: usare la mascherina significa mettere in sicurezza gli altri e si è in sicurezza solo se chi ti è vicino adotta le stesse misure di prudenza rispetto al Coronavirus. Ciò vale nei singoli Stati: se ci pensiamo, i Paesi che stanno affrontando con più efficacia la sfida del COVID-19 sono quelli che hanno un più forte il servizio sanitario pubblico, dove la salute è garantita per tutti. Anche in questo caso è abbastanza evidente che uno può ricorrere anche alle cure migliori, magari potendole pagare, ma se non c'è una sicurezza di tutti, quello stesso cittadino è esposto al rischio del contagio dall'epidemia di COVID più che in realtà dove, invece, le cure sono garantite a tutti. Questo vale a maggior ragione, ancora di più, nel rapporto fra Stati a livello globale: un focolaio in un qualunque realtà del mondo è un pericolo per tutta l'umanità e, appunto, in un mondo globale e interconnesso l'epidemia va combattuta, prima di tutto, a livello globale. D'altra parte, questa consapevolezza credo sia dentro la cultura e l'identità della democrazia italiana, a partire dai nostri principi costituzionali. Se ci pensate, in quel bellissimo articolo della Costituzione in cui si dice che il nostro Paese ripudia la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali, c'è anche l'informazione forte della rinuncia di parti di sovranità in funzione di organismi sovranazionali e, nella sua storia, l'Italia ha investito particolarmente su questo tipo di organismi, sulla stessa Organizzazione mondiale della sanità.

A dicembre, assumeremo la Presidenza di turno del G20 e sarà una Presidenza di turno molto importante, perché quella fase di vita del G20 si dovrà concentrare molto sulle azioni di contrasto al Coronavirus perché il nostro mondo globale esca dall'epidemia in modo equo e sostenibile. Questa logica di multilateralità, di iniziativa internazionale è il contrario del modo in cui alcuni Governi, anche molto importanti nella dinamica internazionale, stanno affrontando la sfida della pandemia; è il contrario della politica che, negli Stati Uniti, sta conducendo Trump, sia all'interno sia nelle relazioni internazionali, non con il consenso di tutto quel sistema politico (speriamo che il primo martedì di novembre ci sia un altro Presidente alla guida di quel Paese così importante per la democrazia nel mondo).

Non serve isolarsi, non serve dare vita a una nuova guerra fredda, ci vuole più cooperazione, più condivisione - penso, ad esempio, alle ricerche sul vaccino -, più multilateralismo e anche l'impegno per affermare nel mondo il valore universale della democrazia, per chiedere a tutti gli Stati - fra questi certamente anche alla Cina - il rispetto dei diritti umani fondamentali. Un'evoluzione in senso democratico si può realizzare in modo più efficace solo in un contesto globale di crescita del multilateralismo e del legame fra i diversi Paesi del mondo. Di fronte alla pandemia, questo l'Unione europea la capito e l'ultimo Consiglio europeo ha messo in campo iniziative molto importanti per una condivisione a livello europeo di un'azione per governare le conseguenze economiche e sociali della pandemia. Questa nuova stagione dell'Europa credo che chiami anche l'Unione europea a svolgere un ruolo corrispondente a questi indirizzi che ha assunto al suo interno nelle dinamiche internazionali; d'altra parte, questo è quello che può insegnare anche l'Europa al mondo. L'Europa è stata attraversata per secoli da guerre terribili, da tante guerre civili fra i popoli europei nel momento in cui un singolo popolo ha pensato di imporsi sugli altri con la forza e la violenza, invece ha trovato le ragioni dell'unità nel rispetto reciproco delle identità e delle culture di tutti i popoli europei. Questo è un messaggio che oggi l'Europa può e deve dare al mondo, cioè una comunità internazionale che trova in un progetto comune le ragioni di affrontare anche questa sfida così drammatica rappresentata dall'epidemia di COVID-19.

In questo quadro si colloca anche la risoluzione dell'Organizzazione mondiale della sanità del 18 maggio, condivisa da più di 120 Paesi, che indica un processo graduale di valutazione imparziale e indipendente globale sulla gestione del Coronavirus da parte della comunità internazionale. Una inchiesta che sarà volta anche a far luce sulle modalità e i tempi di circolazione delle informazioni da parte della Cina e della stessa Organizzazione mondiale della sanità sulla diffusione della pandemia, per approfondire davvero tutto quello che è accaduto - è giusto farlo -, fuori però da ogni uso strumentale di politica interna e di politica estera su quello che è accaduto, sapendo, soprattutto, che non si esce da una crisi così mettendo in campo una nuova guerra fredda, come purtroppo si legge sempre più spesso nel dibattito pubblico, ma invece una stagione finalmente vera di multilateralismo, di condivisione, di costruzione di una comunità internazionale che affronta insieme una sfida così complicata.

Nella mozione che il gruppo del Partito Democratico ha messo a punto con gli altri gruppi di maggioranza diciamo, quindi, che l'Italia deve essere sempre di più protagonista di un'azione di cooperazione multilaterale in campo sanitario che riguardi questa fase di emergenza e che, oltre l'emergenza, faccia sì che tutti i Paesi ed anche i Paesi in via di sviluppo si possano dotare di un solido sistema sanitario. Questo obiettivo è un obiettivo di civiltà, di umanità e basterebbe questo per perseguirlo, ma è anche un obiettivo che guarda al nostro interesse nazionale, perché solo se tutti gli uomini e le donne del mondo potranno essere curati davvero di fronte a epidemie come questa, saremo tutti più sicuri e riusciremo più a governare sfide globali come quella che abbiamo di fronte in questi giorni. Poi, certo, va chiesta, va sostenuta una forte collaborazione con l'Organizzazione mondiale della sanità nell'ambito della risoluzione del 18 maggio che ho ricordato prima e va chiesta piena trasparenza all'Organizzazione mondiale della sanità nelle iniziative che assume per contrastare il Coronavirus. Poi chiediamo al nostro Governo di proseguire quell'iniziativa preziosa e importante in sede di Unione europea che ha portato a risultati così significativi sia in materia sanitaria, sia in materia di iniziative per contrastare le conseguenze economiche e sociali della pandemia da Coronavirus.

Poi chiediamo all'Italia di attivarsi in sede ONU per mettere in campo una grande alleanza internazionale nella ricerca sul vaccino e per lo sviluppo di strumenti diagnostici e di trattamenti terapeutici per il COVID-19, da mettere davvero a disposizione di tutti, utilizzando anche questa opportunità rispetto alla nostra azione internazionale e questa responsabilità rappresentata dalla presidenza italiana del G20.

Io penso si possa dire che il nostro Paese, grazie all'azione del Governo e della maggioranza, in un dialogo che abbiamo avuto con tutte le forze parlamentari, è stato all'altezza, finora, di questa sfida così difficile; lo è stato nei mesi drammatici, nella fase drammatica del lockdown, quando siamo stati uno dei primi Paesi colpiti, dopo la Cina, dal Coronavirus, facendo scelte che ci consentono, oggi, di governare la situazione in modo più efficace di quella di altri Stati che non hanno avuto la stessa determinazione e lo stesso rigore in quei mesi così difficili. Abbiamo assunto un'iniziativa in Europa e anche l'Unione europea, l'ho detto prima, sta dimostrando di essere all'altezza di una fase così difficile. Ora dobbiamo lavorare perché l'intera comunità internazionale affronti nel modo giusto questa sfida, appunto, con una scelta di condivisione e di multilateralismo, conducendo un'iniziativa condivisa sul piano sanitario e sul piano economico sociale. Anche questa è una grande responsabilità storica dell'Italia e dell'Europa che credo non dobbiamo sottovalutare per la grande importanza che ha e che dobbiamo mettere in campo con grande determinazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Simone Billi. Ne ha facoltà.

SIMONE BILLI (LEGA). Presidente, Governo, gentili colleghi, le responsabilità del regime comunista cinese sono gravi ed evidenti: dal ritardo con cui è stato dato l'allarme, e mi riferisco alla dichiarazione di pandemia avvenuta troppo in ritardo e a quella per il contagio da uomo a uomo, fino ai continui tentativi di insabbiare ogni richiesta di dati e approfondimento da parte della comunità internazionale, senza dimenticare la repressione poliziesca e sistematica di ogni voce libera all'interno del Paese cinese - giornalisti e medici - di cui ha raccontato e ha spiegato bene gli avvenimenti il mio collega onorevole Formentini.

La situazione della pandemia è molto strana; molti medici lo affermano, ma ci sarà qualcosa dietro? Ritardi, sviamenti e censura richiedono una grande operazione di verità della comunità internazionale. Per questo noi chiediamo di accertare le responsabilità della Cina nella diffusione globale del Coronavirus, sostenendo quell'indagine internazionale che più di 116 Paesi nel mondo stanno richiedendo. Gentile Governo, gentile sottosegretario, l'Italia di Giuseppe Conte, però, manca all'appello; il silenzio del Governo italiano è stato ed è tuttora imperdonabile. Nonostante oltre 35 mila vittime qui in Italia, nonostante i sacrifici della quarantena, nonostante la crisi economica che ci prepariamo ad affrontare, nessuno dei nostri ministri, e tanto meno il Premier Conte, ha avuto il coraggio di dire una sola parola per denunciare la responsabilità del regime comunista cinese. Le ricordo, gentile sottosegretario, gentile Presidente che noi siamo alleati degli Stati Uniti, siamo partner dell'Alleanza atlantica e supportiamo, quindi, i nostri alleati storici in questa operazione di chiarezza.

Ricordo ancora una volta che sono 116 i Paesi che richiedono questa indagine internazionale sull'origine della pandemia. Dal nostro Governo, caro sottosegretario, mi aspetterei molta più forza nel pretendere dalla Cina verità e giustizia, ad esempio sul 5G, sul golden power, passando poi per il caso di Hong Kong; così, noi della Lega, gentile Presidente, vogliamo maggior sicurezza e chiarezza nei rapporti con Pechino.

Permettetemi, inoltre, di ribadire un concetto: l'Italia deve stare fuori dal 5G cinese. Non possiamo accettare che infrastrutture fondamentali per la nostra sicurezza siano nelle mani di una potenza straniera sempre più aggressiva e ostile nei confronti dell'Occidente. Ripeto ancora una volta: il silenzio del Governo su tutti questi fatti è imperdonabile.

Fortunatamente, caro sottosegretario, il futuro del nostro Paese, presto, non sarà più nelle vostre mani, altrimenti faremmo bene a preoccuparci, anche perché non vorrei che a margine delle cerimonie ufficiali, dei libri, degli attestati di amicizia, qualcuno volesse approfittarne per svendere altri pezzi della nostra economia in crisi.

Io devo dire sinceramente che non ho ben capito se il Governo e, soprattutto, l'attuale maggioranza in Parlamento siano a favore o meno di questa indagine internazionale; tante belle parole, è vera però una cosa: il Governo è diviso ed ambiguo. E permettetemi di ricordare, ad esempio, in politica estera, le grosse discussioni che ci sono state per le missioni internazionali e sui fatti di Hong Kong; per quanto riguarda la politica interna, la nostra politica qui in Italia, sul MES, le discussioni che ci sono state all'interno della maggioranza e nel Governo sul MES e che ci sono tutt'oggi, sulla sanatoria dei migranti, su Autostrade, solo per fare dei piccoli esempi ma molto calzanti che palesano come l'attuale maggioranza qui in Parlamento sia irrimediabilmente spaccata, come questo sia un Governo diviso ed ambiguo.

Mi chiedo, quindi, signor sottosegretario: questo è veramente il Governo che si merita l'Italia, questo è il Governo di cui gli italiani hanno bisogno in questo drammatico momento? Mi viene un dubbio, signor sottosegretario: ma non è forse che voi, Governo, voi, maggioranza, volete tenervi le poltrone anche senza una visione e senza un programma per il futuro? Non è che forse volete svendere il Paese a chi vi permetterà di mantenere il potere e, quindi, ai Paesi del Nord Europa, alle lobby internazionali e alla Cina?

Noi, di sicuro, signor sottosegretario, questa svendita non la permetteremo e ci opporremo con tutte le nostre forze e con tutti gli strumenti che la nostra democrazia ci mette a disposizione. Il nostro Paese, cari colleghi, non è in svendita; con orgoglio, ribadisco ancora una volta, qui, nell'Aula di Montecitorio: prima gli italiani!

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Emanuela Claudia Del Re.

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Ringrazio come sempre coloro che sollevano questioni così importanti, perché ci permettono indubbiamente di illustrare l'ampia azione di Governo di fronte alla pandemia. Non a caso sappiamo, proprio dall'azione che è stata intrapresa, che proprio il COVID-19 ci ha dimostrato che abbiamo bisogno di una maggiore azione sul piano della cooperazione internazionale, di certo non minore.

Peraltro, sappiamo bene che seppure all'inizio ci sia stata una reazione, da parte di alcuni, nazionalistica, forse dovuta appunto ad un'azione multilaterale che può essere sembrata, in un primo momento, più incerta o immatura, in realtà nel tempo è emerso che, appunto, il multilateralismo resta l'antidoto più efficace per reagire a una simile sfida, non soltanto in campo politico ed economico, ma anche in quello sanitario.

La futura agenda globale, peraltro, mette proprio la sicurezza umana al centro di tutte le sue politiche. Una salute come bene primario e una tutela del territorio socio economico sono cruciali per lo sviluppo e la stabilità a livello globale.

Per superare l'emergenza sanitaria bisogna certamente consolidare e rafforzare una risposta coordinata, oltre che globale.

L'Italia, fin dall'origine della crisi, ha promosso a tutti i livelli, in particolare in ambito ONU, G20, G7 e nell'Unione Europea la costruzione di una strategia globale, concertata, multilaterale e multidimensionale, raggiungendo e contribuendo a raggiungere importanti e tangibili risultati, grazie ai quali è stata aperta la strada verso il rafforzamento della cooperazione internazionale anche in termini finanziari.

In ambito dell'Organizzazione mondiale della sanità, in occasione della settantatreesima Assemblea mondiale della salute, la comunità internazionale ha adottato consensualmente una risoluzione che è stata presentata inizialmente dall'Unione europea, dall'Italia e da tutti gli altri Stati membri e, alla fine, co-sponsorizzata da più di 140 Paesi che riguarda la necessità di adottare approcci basati sulla cooperazione internazionale, la trasparenza e la responsabilità condivisa.

Questa risoluzione, inoltre, ha dato un'indicazione importante al direttore generale dell'OMS di avviare, non appena possibile, una valutazione indipendente e imparziale sull'efficacia degli strumenti e dei protocolli internazionali vigenti e attuati in questa crisi, al fine di elaborare raccomandazioni utili al miglioramento della preparazione e della risposta a tale crisi.

Questa valutazione riveste rilevanza prioritaria e sarà utile a individuare aree di miglioramento per il sistema internazionale. Sarà necessario evitare strumentalizzazioni di tale esercizio, perché esso deve essere, come detto, imparziale e indipendente. Le procedure di costituzione del panel indipendente incaricato di svolgere questa valutazione sono già state attivate nell'ambito dell'Organizzazione mondiale della sanità e si prevede al più presto l'avvio dei lavori.

Proprio sulla base di questo approccio il Governo intende sottolineare l'importanza di concentrarsi sull'accertamento delle origini della pandemia e sul miglioramento del sistema globale di prevenzione e risposta alle crisi; un'impostazione fatta propria anzitutto dall'Assemblea mondiale della salute in modo unanime.

L'Italia, che, come sappiamo, purtroppo è stata colpita in modo particolarmente drammatico dalla pandemia, è stata pienamente e responsabilmente impegnata nella risposta globale al COVID-19. La costruzione di una strategia globale e su più fronti è stata e continua ad essere la priorità del Governo nella sua azione di politica estera e di cooperazione internazionale. Come risultato tangibile della nostra azione siamo oggi nel gruppo ristretto di Paesi che sta guidando il coordinamento della risposta globale al COVID-19.

Il nostro è stato, peraltro, il primo Paese a promuovere apertamente un'alleanza internazionale per il vaccino COVID-19, che è stata promossa proprio dal Ministro Di Maio in occasione della ministeriale esteri G7 del 25 marzo scorso. Questa proposta è confluita poi con successo nella costituzione del noto acceleratore ACT, Access to COVID-19 Tools, che è una piattaforma di collaborazione globale sul vaccino e sugli altri trattamenti terapeutici e diagnostici. Il Presidente del Consiglio Conte è intervenuto al suo lancio il 24 aprile scorso.

Voglio aggiungere anche che l'Italia è tra i 9 Paesi che hanno coospitato, insieme alla Commissione europea, la Conferenza di finanziamento per la risposta globale al COVID-19 del 4 maggio, che, congiuntamente al vertice del 27 giugno, hanno complessivamente raccolto 16 miliardi di euro per accelerare la risposta sanitaria globale e solidale al COVID-19.

Il focus di questo sforzo riguarda in particolare ricerca, sviluppo e distribuzione equa e universale di un vaccino e di altri trattamenti terapeutici e diagnostici, oltre al rafforzamento dei sistemi sanitari soprattutto dei Paesi più fragili.

L'Italia è stata tra i primissimi Paesi al mondo ad annunciare un importante contributo per garantire che il vaccino sia un bene pubblico globale. Abbiamo garantito il più alto impegno e anche il più alto coinvolgimento, garantito proprio dalla partecipazione diretta del Presidente del Consiglio Conte, a tutti i summenzionati vertici e annunciando in ogni sede gli adeguati contributi italiani atti a sostenere la risposta globale.

Voglio citare i seguenti: dieci milioni di euro a sostegno dell'OMS per la prevenzione e la risposta al COVID-19 nei Paesi con sistemi sanitari fragili; dieci milioni di euro a sostegno della Coalizione per le innovazioni nella preparazione delle pandemie, il principale finanziatore pubblico internazionale della ricerca del vaccino, ovvero il CEPI, per accelerare la ricerca e lo sviluppo di un vaccino anti COVID-19. Poi, 120 milioni di euro per i prossimi cinque anni, nel quinquennio 2021-2025, con un incremento del 20 per cento rispetto al quinquennio precedente, all'Alleanza globale per i vaccini e l'immunizzazione, il GAVI, per l'immunizzazione globale nei Paesi in via di sviluppo, a cui si aggiungono le risorse impegnate per il GAVI Advance market commitment, per assicurare la distribuzione del vaccino anti COVID-19 nei Paesi più vulnerabili.

Poi altre cose, come per esempio mezzo milione di euro al meccanismo di risposta, che è un fondo speciale per il COVID-19 del Fondo globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria, che resta il primo partner internazionale dell'Italia nel settore della salute globale e che ha già mobilitato un miliardo di dollari di risorse esistenti per la risposta al COVID-19, assistendo più di ottanta Paesi vulnerabili. A questi contributi si aggiunge un finanziamento pregresso di un milione di euro nel contesto della prima risposta umanitaria all'emergenza Coronavirus, di cui 600 mila euro alla Federazione internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa e 400 mila euro all'OMS.

Intendiamo, appare chiaro, mantenere un profilo alto nel settore della salute globale, contribuendo, sia politicamente sia finanziariamente, agli strumenti internazionali. Valutiamo, infatti, che sia assolutamente importante una significativa presenza con delegati italiani nei consigli di amministrazione e in tutti i meccanismi di governance dedicati, e di questo siamo particolarmente orgogliosi perché costituisce un vanto per il nostro Paese.

Inoltre, allo stesso tempo, continuiamo la nostra azione diplomatica a favore di una risposta globale al COVID-19 anche in altri importanti consessi internazionali. Oltre all'azione in seno all'OMS per assicurare un coordinamento ed una risposta internazionale efficace e trasparente a questa crisi globale, in ambito ONU l'Italia ha cosponsorizzato, nell'Assemblea generale a New York, le due risoluzioni in materia di solidarietà globale e di cooperazione internazionale per l'accesso a vaccini, equipaggiamenti medici e altri trattamenti. Ovviamente ci aspetta un ruolo molto importante soprattutto di impulso e coordinamento, anche proprio in vista della prossima Presidenza del G20. Il Presidente del Consiglio Conte ha già assicurato il massimo impegno dell'Italia su questo fronte.

La risposta globale alla pandemia deve essere improntata a principi di collaborazione internazionale e trasparenza, nell'interesse della sicurezza e prosperità dei cittadini e nel quadro dell'Agenda 2030 di sviluppo sostenibile. Aggiungo che abbiamo istituito, su mio impulso e in accordo con il Ministro Di Maio, un tavolo proprio intitolato Tavolo COVID-19, che è un tavolo interistituzionale per meglio coordinare la risposta italiana alla strategia globale contro la pandemia e concentrarci in particolare anche sulla prevenzione, che è un elemento assolutamente fondamentale che questa fase storica ci richiede. Ricordo poi, da ultimo, il decreto-legge cosiddetto Rilancio. Questo decreto-legge ha stanziato 150 milioni di euro su cinque anni a favore dell'International Finance Facility for Immunisation, il meccanismo di finanziamento innovativo per lo sviluppo in ambito sanitario istituito dall'alleanza GAVI, e 5 milioni di euro per il 2020 a favore del Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, il già menzionato CEPI, principale finanziatore internazionale per l'accelerazione della ricerca del vaccino anti COVID-19. In questo ultimo caso, si tratta della metà dei dieci milioni che ha annunciato il Presidente del Consiglio al vertice del 4 maggio scorso.

Mi avvio alla conclusione dicendo che la conversione in legge del “decreto Rilancio” da parte del Parlamento conferma che abbiamo un ruolo assolutamente di leadership come nazione nella lotta globale al COVID-19. La discussione di oggi dimostra ancora una volta che Governo e Parlamento lavorano insieme per rafforzare la posizione internazionale dell'Italia, in questo caso su un tema che al momento, ovviamente, è di particolare attualità per il nostro Paese e ovviamente per tutta la comunità internazionale nel suo complesso.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse tra tutti i gruppi, all'ordine del giorno della seduta di domani, martedì 4 agosto 2020, sarà iscritta alle ore 12,30 la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2619, di conversione in legge del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario; il seguito dell'esame sarà quindi collocato come primo argomento della parte pomeridiana della stessa seduta, a partire dalle ore 15.

Con riferimento al medesimo provvedimento, è stata presentata la questione pregiudiziale Iezzi ed altri, che sarà esaminata e posta in votazione prima di passare al seguito dell'esame del decreto-legge.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 4 agosto 2020 - Ore 11:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni .

(ore 12,30)

2. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario. (C. 2619)

Relatore: MARCO DI MAIO.

(ore 15)

3. Seguito della discussione del disegno di legge(previo esame e votazione della questione pregiudiziale presentata):

Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario. (C. 2619)

Relatore: MARCO DI MAIO

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

GALLINELLA ed altri: Misure di sostegno al settore agricolo e disposizioni di semplificazione in materia di agricoltura. (C. 982-A)

e delle abbinate proposte di legge: PAROLO ed altri; PAOLO RUSSO ed altri; CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE. (C. 673-1073-1362)

Relatore: CADEDDU.

5. Seguito della discussione dei disegni di legge:

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019. (C. 2572)

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020. (C. 2573)

Relatrice: FLATI.

6. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'utilizzazione di conversazioni e comunicazioni telefoniche e ambientali nei confronti di Antonio Marotta (deputato all'epoca dei fatti) (Doc. IV, n. 6-A)

Relatore: BAZOLI

7. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'esecuzione di perquisizione domiciliare nei confronti del deputato Boniardi. (Doc. IV, n. 7-A)

Relatore: BAZOLI

8. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate):

BOLDRINI e SPERANZA; ZAN ed altri; SCALFAROTTO ed altri; PERANTONI ed altri; BARTOLOZZI: Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere. (C. 107-569-868-2171-2255-A)

Relatore: ZAN.

9. Seguito della discussione delle mozioni Formentini ed altri n. 1-00350, Rampelli ed altri n. 1-00352, Valentini ed altri n. 1-00353 e Cabras, Migliore, Palazzotto, Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00374 concernenti iniziative volte alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da COVID-19 e di indirizzi unitari nell'ambito dell'Unione europea per la gestione delle emergenze epidemiologiche .

10. Seguito della discussione dei progetti di legge:

S. 1123 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017 (Approvato dal Senato) (C. 2120)

Relatore: ROMANIELLO.

S. 1376 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array, con Allegati, fatta a Roma il 12 marzo 2019 (Approvato dal Senato). (C. 2360)

Relatrice: DE CARLO SABRINA.

S. 257-702 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: MARCUCCI ed altri; MONTEVECCHI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 2165)

e delle abbinate proposte di legge: ASCANI ed altri; QUARTAPELLE PROCOPIO. (476-1099)

Relatrice: GRANDE.

La seduta termina alle 19,25.