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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 375 di lunedì 20 luglio 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 10,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 17 luglio 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Castelli, Cirielli, Colletti, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, De Maria, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Di Stefano, Ferraresi, Gregorio Fontana, Formentini, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Fusacchia, Gallo, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giacomoni, Giorgis, Grande, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Maggioni, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Polverini, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Scalfarotto, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tofalo, Tomasi, Trano, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Mulè ed altri; Murelli ed altri; Martina ed altri; Mammì ed altri; Roberto Rossini ed altri: Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di Coronavirus (A.C. 2451-2479-2480-2484-2507-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 2451-2479-2480-2484-2507-A: Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di Coronavirus.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 luglio 2020 (Vedi l'allegato A della seduta del 17 luglio 2020).

(Discussione sulle linee generali del testo unificato - A.C. 2451-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. La Commissione XII (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Martina.

MAURIZIO MARTINA, Relatore. Grazie, Presidente. Presentiamo questa mattina all'Aula, alla Camera, il lavoro che abbiamo composto unitariamente tra - devo dire - tutte le forze parlamentari, nel solco delle proposte di legge presentate, che lei giustamente ha menzionato in premessa. Presentiamo questo lavoro nella consapevolezza che il nostro Paese ha bisogno di istituire una giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di Coronavirus, di farlo con la consapevolezza di quello che è accaduto e sta ancora in parte accadendo in questi giorni, di quello che è accaduto soprattutto nelle scorse settimane e negli scorsi mesi. Stiamo parlando - come sapete - di un evento drammatico, di una pandemia globale, di una realtà emergenziale che ha purtroppo portato oltre 35 mila morti nel nostro Paese, oltre 240 mila persone contagiate: una situazione ancora in divenire, una realtà che ancora non si può dire completamente superata, una condizione emergenziale che non può certo passare come una parentesi nella storia del nostro Paese, soprattutto nella prospettiva del nostro Paese. Lo stiamo vedendo anche in queste ore a proposito della difficoltà che l'intero continente europeo sta affrontando nell'immaginare le iniziative di accompagnamento alla fase post-pandemica che appunto l'Unione europea sta discutendo proprio in queste giornate. Per noi è fondamentale riuscire ad attivare una giornata di ricordo di tutte le vittime di questa stagione drammatica. Abbiamo scelto insieme di lavorare all'indizione di una giornata nazionale in memoria di tutte le vittime, senza distinzione alcuna, nella consapevolezza che dentro questa vicenda drammatica certamente noi dobbiamo innanzitutto un grande plauso, un grande grazie ai tanti che purtroppo sono deceduti anche lavorando dentro l'emergenza. E mi riferisco, nello specifico, innanzitutto ai lavoratori del settore sanitario, ai medici, agli infermieri, ai tanti che sono deceduti e lavoravano per le associazioni di volontariato.

Mi riferisco ai tanti che, nelle Forze dell'ordine, negli organi della polizia, dei carabinieri e di tante realtà delle nostre Forze dell'ordine, purtroppo, sono deceduti durante questa emergenza. Ma il nostro obiettivo è stato quello dall'inizio di costruire un momento di ricordo generale che si riferisse a tutte le vittime di questa tragica stagione, di farlo con la consapevolezza che abbiamo vissuto in tante realtà del nostro Paese, in particolare in tante terre del Centronord, una situazione senza precedenti. Chi vi parla arriva dalla provincia di Bergamo e potete immaginare che cosa ha significato per noi in quella terra affrontare un'emergenza come questa. Lo facciamo nel ricordo, nella consapevolezza che purtroppo tante vittime sono morte in solitudine: c'è una grande tragedia nella tragedia di questa vicenda legata certamente alla solitudine che questa epidemia ha purtroppo lasciato quando, in particolare nelle fasi più drammatiche dell'emergenza, in tanti purtroppo sono deceduti soli, a casa, nelle case di riposo, senza gli affetti, senza la vicinanza dei propri familiari.

Per noi è fondamentale riconoscere attraverso una giornata nazionale del ricordo questa tragedia; farlo, come abbiamo tutti convenuto, istituendo il 18 marzo questa giornata. Il 18 marzo è la data simbolo di questi mesi drammatici, è la data in cui per la prima volta quei carri militari, che tutti abbiamo visto, hanno purtroppo scortato una parte delle vittime da COVID da Bergamo, da altre città, proprio per l'impossibilità di gestire tutti i deceduti in città. Quella immagine, io penso, nella sua drammaticità ha rappresentato una svolta nella consapevolezza generale di fronte all'emergenza pandemica, perché se fino a lì a tanti, ahimè, non era chiaro quello che stava succedendo, quell'immagine ha reso evidente, vorrei dire, al mondo intero, e non solo al nostro Paese, quello che stava accadendo. Quindi abbiamo scelto insieme di indirizzarci verso la data del 18 marzo proprio perché ci è parsa subito una data di svolta da questo punto di vista.

Vorrei dire, poi, che la proposta che presentiamo all'Aula prova a delineare alcuni strumenti, alcune attività che durante quella Giornata è importante che il Paese promuova, proprio per fare in modo che la memoria sia anche responsabilità verso il futuro. La proposta di legge che presentiamo, oltre, ovviamente, a definire alcuni passaggi per noi scontati, come l'organizzazione di un minuto di silenzio in tutti i luoghi pubblici e privati durante quella giornata, però definisce anche alcune altre attività interessanti, a nostro giudizio, proprio per rivolgere la memoria al futuro. E qui mi riferisco, in particolare, alla possibilità contenuta nella proposta di legge di devolvere da parte di tutti i lavoratori italiani, pubblici e privati, un'ora o più delle ore di lavoro a favore del fondo per gli investimenti in ricerca, al dovere che nelle scuole di ogni ordine e grado si organizzino iniziative di comprensione di questa tragica vicenda, con particolare riferimento, ovviamente, alle giovani generazioni, che devono poter sapere anche in futuro quello che è accaduto proprio perché non accada più. La proposta di legge impegna, ovviamente, anche i mezzi pubblici di informazione a una programmazione dedicata per fare in modo che questa memoria si renda viva nell'opinione pubblica del Paese per sempre, di qui al futuro.

Voglio semplicemente citare in questa breve introduzione, diciamo, nella discussione generale, qui, il Presidente della Repubblica, il Presidente Mattarella, che, non più tardi di qualche settimana fa, il 28 giugno, proprio a Bergamo, davanti al cimitero monumentale di Bergamo, penso abbia pronunciato, a nome di tutto il Paese, le parole giuste per indirizzare anche questo lavoro della giornata della memoria. Nei fatti, trovo in queste parole il senso di questa proposta. Il Presidente dice: il dovere della memoria, la responsabilità dell'impegno per il futuro, fare memoria per ricordare, fare memoria per riflettere rigorosamente su ciò che non ha funzionato, sulle carenze, sugli errori da non ripetere. Fare memoria anche per ricordare il valore di quanto di positivo si è manifestato in queste settimane drammatiche. Qui dobbiamo ovviamente ringraziare ancora una volta i tantissimi volontari, i tantissimi operatori del settore sanitario, delle forze dell'ordine, che hanno lavorato senza sosta a sostegno delle persone colpite, delle famiglie, dei territori più colpiti da questa tragedia.

Fare memoria - dice il Presidente della Repubblica - per caricarci di una responsabilità, quella di coltivare la memoria, perché senza coltivare la memoria noi rischieremmo di restare prigionieri di inerzie, di pigrizie, di vecchi vizi. Ecco, io penso che un Paese, un grande Paese abbia bisogno di momenti collettivi di memoria proprio per guardare al futuro, e non solo per ricordare; per ricordare, ma per provare a guardare anche al futuro. Un grande Paese ha bisogno di un momento collettivo di ricordo di questa tragedia, anche perché non possiamo solo essere una somma di ricordi individuali; abbiamo bisogno, come è evidente, di riconoscerci in una memoria condivisa e collettiva. I grandi Paesi fanno questo sforzo. Non sembri, quindi, che la Giornata nazionale sia un atto burocratico-amministrativo: se fosse questo, non interesserebbe a nessuno, e non è certo la nostra volontà. La nostra volontà è quella di offrire uno strumento per la memoria collettiva, perché solo così noi possiamo davvero ricavare gli insegnamenti profondi di questa tragedia e far sì che non accada mai più (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Murelli.

ELENA MURELLI, Relatrice. Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti, onorevoli colleghi, Viceministro Morani. Allora, rispetto a quanto già illustrato dal relatore onorevole Martina, volevo aggiungere alcuni passaggi importanti, perché la proposta che andiamo a discutere oggi è quella di istituire una giornata della memoria per le vittime di COVID proprio per non dimenticare il brutto periodo che il nostro Paese e tanti altri nel mondo hanno passato in questo periodo. Improvvisamente ha colpito la nostra comunità una gravissima calamità sanitaria, senza precedenti, causata da un'infezione sconosciuta che in pochissimo tempo, dal 21 febbraio, quando è stato diagnosticato il primo caso a Codogno, si è propagata per tutto il nostro Paese e ha mietuto un numero elevatissimo di vittime. Come è stato ricordato, ad oggi contiamo 35 mila vittime e 243 mila persone contagiate. Ecco perché alcune forze politiche, Lega, PD, Cinque Stelle e Forza Italia, hanno deciso direttamente di presentare una proposta di legge concernente l'istituzione di questa giornata in memoria di tutte le vittime; tutte le vittime che in questo periodo sono decedute e non sono state affiancate dal sostegno, dai cari, e sono morte sole all'interno degli ospedali, delle proprie case, delle case di riposo, nonostante gli enormi sacrifici messi in campo direttamente anche dagli operatori sanitari, a cui va il più grande ringraziamento, dalle Forze dell'ordine, dall'Esercito, che naturalmente hanno pagato anche loro direttamente in numero di vittime, quindi sacrificando la propria vita.

Tra le immagini più drammatiche che rimarranno per sempre impresse nella nostra memoria, che anche hanno suscitato profonda commozione anche direttamente in tutto il mondo, vi è sicuramente quella della lunga colonna di mezzi militari dell'esercito impiegati nella notte del 18 marzo a trasportare le bare delle vittime del terribile virus dalla camera mortuaria del cimitero di Bergamo, senza ormai più spazi disponibili, ai forni crematori di altre regioni. Vittime a cui è stato negato, in questo viaggio, anche l'ultimo saluto dei parenti e dei loro cari, stante il divieto, tra le misure contenitive adottate, di poter celebrare i funerali. Sempre il 18 marzo fu anche la giornata con il numero massimo di vittime e di decessi su scala nazionale, superiore anche rispetto alla Cina per vittime di Coronavirus in un solo giorno. Se la pandemia ha colpito duramente tutto il Paese, ci sono alcune aree in particolare in cui ha avuto effetti ancora più devastanti, fra cui la provincia emiliana di Piacenza da cui provengo, perché, se calcoliamo il numero di decessi e di vittime a Piacenza rispetto alla densità di abitanti, sono sicuramente superiori rispetto alle città più colpite, come Bergamo, Brescia e Cremona che anche loro hanno pagato un numero di vittime molto elevato. Le misure di distanziamento sociale adottate per poter arginare l'emergenza sanitaria sono state osservate da tutti i cittadini che, con enormi sacrifici, hanno saputo, comunque, adeguarsi con grande senso civico e responsabilità verso la propria comunità, rispettando ogni limitazione, anche quella di non poter assistere in punto di morte i propri cari e affetti e non poter celebrare un degno commiato degli stessi, oltre al ricordo di chi se ne è andato, spesso, senza neppure il conforto dei propri cari o anche di un amico. Ecco perché è stato deciso all'unanimità questo testo, che si è discusso in sede di Commissione Affari sociali, ed è stata effettuata unitamente la scelta di approvare questo testo unificato. Pur riconoscendo pienamente il ruolo fondamentale svolto dalle determinate categorie, come dicevo prima, dagli operatori sanitari, dalle Forze dell'ordine e dall'esercito, nel fronteggiare l'epidemia, abbiamo deciso di dedicare la Giornata della memoria a tutte le vittime, comprendendo anche direttamente questi operatori. L'intento, quindi, è di conservare e rinnovare la memoria di queste persone, di tutte le persone che ci hanno lasciato, istituendo questa Giornata per diventare l'occasione per ricordare chi è deceduto mentre era in servizio per salvare altre vite, chi ha perso la propria vita in un ospedale, in una casa di riposo o nella propria abitazione, senza poter essere curato dagli affetti più cari. La data scelta è quella del 18 di marzo, come ho detto prima, in memoria del numero di maggiore di vittime, di questa lunga colonna di mezzi militari e viene precisato che la Giornata non ha direttamente effetti civili, secondo la legge n. 260 del 1949. Si prevede poi che, anche in occasione della Giornata, in tutti i luoghi pubblici venga osservato un minuto di silenzio e proprio perché deve essere lasciata memoria di questa Giornata, tutti i lavoratori del settore pubblico e del settore privato potranno decidere di donare l'importo corrispondente alla retribuzione di un'ora o più ore della propria giornata lavorativa per il sostegno della ricerca scientifica, perché anch'essa ha molto bisogno di sostegno da parte di tutti, specialmente per contrastare epidemie come questa, che sono inattese e non prevedibili, abbiamo visto che, dal punto di vista sanitario, è assolutamente importante contrastarle il più velocemente possibile, con tutti i mezzi. La Giornata nazionale può altresì essere celebrata attraverso manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momenti comuni di ricordo dei fatti e di riflessione, al fine di conservare, rinnovare e costruire la memoria degli eventi e delle vittime dell'epidemia. Questa memoria è importante anche direttamente ricordarla anche ai giovani, agli studenti, ecco perché, all'interno della proposta di legge, è stata inserita la parte per cui gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, nell'ambito della loro autonomia, potranno promuovere e organizzare studi, convegni, momenti di narrazione, giornate di riflessione sui temi dell'epidemia e dell'impegno nazionale e internazionale per il suo contenimento, per l'assistenza alle persone colpite. In tal contesto, si prevede anche che la società concessionaria del servizio pubblico radiofonico-televisivo e multimediale assicuri adeguati spazi nella programmazione per il ricordo delle vittime di questa pandemia. Concludo dicendo che è importante istituire la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia da Coronavirus individuata nel 18 di marzo, lo stesso giorno in cui quella lunga fila di camion accompagnava i feretri dei defunti, al fine di poterle tutte noi commemorare nella difficile battaglia contro questo terribile virus. Mi permetto anche di suggerire se domani, dopo il voto finale, sia possibile anticipare questa Giornata ed osservare un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime.

PRESIDENTE. Sì, sicuramente sì, vediamo quando ci sarà il voto finale. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Intende farlo? Si riserva di farlo successivamente. È iscritto a parlare l'onorevole Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Prendo la parola e già solo questo prendere mi pare una sproporzione, una dismisura, un'arroganza, una mancanza di rispetto e riguardo. Mi creda, Presidente, più che prenderla oggi, mi manca la parola, la precisione e la messa a fuoco per dire una mancanza, appunto, di migliaia e migliaia, migliaia e migliaia di persone, di vite perse in Italia per il SARS-COV-2. Da mesi, ormai, il Parlamento sembra non parlare di altro, legiferare su altro, stanziando fondi sempre manchevoli, disegnando provvedimenti sempre perfettibili, sicuramente tardivi, ma che sono parte di una risposta che prova a incontrare una domanda implacabile, ineludibile, incolmabile, quella di questo male, forse, addirittura del male. A fronte di tante parole che tentano di corrispondere a un'attesa che resterà strutturalmente tale, di parole che cercano di indovinare a tentoni persone e cose, come se davvero una notte potesse passare e non passa. A fronte di tante parole, dicevo, Presidente, anche solo provare a dire non trova una terra su cui riuscire ad alzarsi in piedi. Ma come? Ma come osate? Di fronte a tutto questo dolore, a questo deserto che ci si è aperto sotto i piedi, ai ritardi, alle malversazioni, alla malattia, alla morte, alla chiusura e alla disperazione, a tutto ciò che è necessario ed urgente ancora oggi a migliaia e migliaia e migliaia e migliaia di storie cancellate, come vi azzardate anche solo a provare a dire? Perfino a dire la memoria di chi non c'è più; perfino a invocare un silenzio che ci portiamo dentro ogni giorno, come un ronzio, come un grido, come un rumore che non ci abbandona, un rumore di chi ci manca.

Il pudore mi imporrebbe di restituirla quella parola che lei mi ha concesso, Presidente, tanto insignificante e vana si fa di fronte a questa dismisura, a questa sproporzione, a questa mia inadeguatezza. Ma mi sono fatto coraggio, sa, Presidente, perché, prendendo a pretesto questa iniziativa di legge doverosa e della quale ringrazio i proponenti, che fa del 18 marzo il giorno del picco, della diga crollata, della prima linea della Normandia, la Giornata nazionale in memoria di tutte le vittime dell'epidemia di Coronavirus e di un silenzio, di un minuto di silenzio la forma di questo ricordare, ho pensato che, forse, una cosa l'avrei potuta dire, anzi più di una, 173 per l'esattezza, perché potrei dire, con Paolo Giordano, che questa “epidemia ci incoraggia a pensarci come appartenenti a una comunità”, lo ha fatto l'onorevole Martina questa mattina introducendo i nostri lavori e che, proprio questa ferita aperta, ci convoca, convoca noi, ognuno di noi, tutti insieme, uno per uno. E che cos'altro abbiamo, se non parole, per fare di nuovo presente chi ci ha lasciato? Parole che durano lo spazio di un oblio, di una rimozione, come se i vivi potessero davvero scampare al contagio della morte non nominandola, non dicendola, facendo della vita l'illusione di essere immuni, di essere salvi e della memoria uno scudo, un diaframma, una linea di confine che tenga fuori ciò che più non è, ciò che è stato: ciò che è stato. Pensandoci bene, insomma, e prima di fare silenzio, io queste parole non ce le ho, non ne dispongo e, anzi, ci ho pensato molto prima di dirle, in quanto non ne dispongo, perché appartengono ad altre persone, persone che sono andate, persone che sono rimaste, come noi, persone alle quali queste parole possono rinnovare un dolore e un ricordo caro, parole da custodire gelosamente o da condividere con il resto di questa comunità che siamo noi: il resto. E queste parole sono la voce più essenziale, più nuda che resta, queste parole sono i nomi di chi non c'è più e di chi ci apprestiamo a ricordare facendo silenzio ogni 18 marzo. Non ho il tempo, Presidente, non ho la gola, non ho la pretesa di nominare qui le migliaia e migliaia e migliaia e migliaia di persone che non sono più per il SARS-COV-2 una per una, però ho pensato che, nell'attesa del silenzio che oggi istituiamo, parlando tra i tanti, tantissimi, io vorrei dire qui, se lei me lo consente e se questa evocazione non fosse presa per niente altro che un modo per farli presenti almeno per un istante di nuovo, i nomi dei medici che non ci sono più per il SARS-COV-2 secondo l'elenco, ahimè, provvisorio e incompleto, ma pubblico, perché non sia violata la privacy e la riservatezza del dolore, provvisto dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

“Conservare e rinnovare la memoria”, recita il distico dell'iniziativa di legge che presentiamo: se mi è permesso e per il tempo residuo che mi è concesso, vorrei tacermi e lasciar parlare soltanto i nomi dei dottori che si sono presi cura di noi, quelli ai quali, assieme agli infermieri e al personale sanitario tutto, ci siamo rivolti ogni giorno perché rischiarassero le nostre angosce, le nostre paure, quelli che questa paura l'hanno messa da parte e pianta magari in segreto per curarci o provare a farlo e consentirci così oggi di piangerli, e di nominarli, semplicemente. Di dire e dire grazie a: Roberto Stella, Giuseppe Lanati, Giuseppe Borghi, Raffaele Giura, Carlo Zavaritt, Gino Fasoli, Luigi Frusciante, Mario Giovita, Luigi Ablondi, Franco Galli, Ivano Vezzulli, Massimo Borghese, Marcello Natali, Antonino Buttafuoco, Giuseppe Finzi, Francesco Foltrani, Andrea Carli, Bruna Galavotti, Piero Lucarelli, Vincenzo Leone, Antonio Buonomo, Leonardo Marchi, Manfredo Squeri, Rosario Lupo, Domenico De Gilio, Calogero Giabbarrasi, Renzo Granata, Ivano Garzena, Ivan Mauri, Gaetano Autore, Vincenza Amato, Gabriele Lombardi, Mario Calonghi, Marino Chiodi, Carlo Alberto Passera, Francesco De Francesco, Antonio Maghernino, Flavio Roncoli, Marco Lera, Giulio Titta, Benedetto Comotti, Anna Maria Focarete, Dino Pesce, Giulio Calvi, Marcello Ugolini, Abdel Sattar Airoud, Giuseppe Maini, Luigi Rocca, Maurizio Galderisi, Leone Marco Wischkin, Rosario Vittorio Gentile, Francesco Dall'Antonia, Abdulghani Taki Makki, Aurelio Maria Comelli, Michele Lauriola, Francesco De Alberti, Mario Luigi Salerno, Roberto Mario Lovotti, Domenico Bardelli, Giovanni Francesconi, Valter Tarantini, Guido Riva, Gaetana Trimarchi, Norman Jones, Roberto Mileti, Marino Signori, Gianpaolo Sbalordini, Marcello Cifola, Gennaro Annarumma, Francesco Consigliere, Alberto Paolini, Riccardo Paris, Dominique Musafiri, Italo Nosari, Gianroberto Monti, Luciano Riva, Federico Vertemati, Giovanni Battista Tommasino, Paolo Peroni, Riccardo Zucco, Giandomenico Iannucci, Ghvont Mrad, Gianbattista Bertolasi, Silvio Lussana, Giuseppe Aldo Spinazzola, Vincenzo Emmi, Carlo Amodio, Adelina Alvino De Martino, Giancarlo Orlandini, Luigi Ravasio, Antonio Pouchè, Lorenzo Vella, Salvatore Ingiulla, Mario Ronchi, Giuseppe Vasta, Nabeel Khair, Marzio Carlo Zennaro, Tahsin Khrisat, Mario Rossi, Samar Sinjab, Antonio De Pisapia, Massimo Bosio, Francesco Cortesi, Giunio Matarazzo, Emilio Brignole, Edoardo Valli, Nabil Chrabie, Gianfranco D'Ambrosio, Gaetano Portale, Fabio Rubino, Giovanni Stagnati, Giovanni Delnevo, Luigi Ciriotti, Sebastiano Carbè, Maurizio Bertaccini, Domenico Fatica, Patrizia Longo, Enrico Boggio, Eugenio Malachia Brianza, Elisabetta Mangiarini, Marco Spissu, Arrigo Moglia, Alberto Guidetti, Alberto Omo, Giancarlo Buccheri, Pietro Bellini, Renzo Mattei, Eugenio Inglese, Vincenzo Frontera, Elfidio Ennio Calchi, Carmine Sommese, Carmela Laino, Nicola Cocucci, Alessandro Preda, Italo D'Avossa, Renato Pavero, Antonio Lerose, Andrea Farioli, Luciano Abruzzi, Silvio Marsili, Oscar Ros, Manuel Efrain Perez, Alberto Santoro, Pasqualino Gerardo Andreacchio, Maddalena Passera, Carlo Vergani, Tommaso Di Loreto, S.F., Guido Retta, Gianbattista Perego, Maura Romani, Luigi Macori, Ermenegildo Santangelo, Raffaele Pempinello, Oscar Giudice, Alberto Pollini, Guglielmo Colabattista, Alfredo Franco, Angelo Gnudi, Marta Ferrari, Antonio Costantini, Davide Cordero, Luigi Paleari, Leonardo Panini, Cesare Landucci, Ugo Milanese, Roberto Zama, Vincenzo Saponaro, Jesus Gregorio Ponce, Paolo Paoluzi, Fiorlorenzo Azzola, Josef Leitner, Gianfranco Conti.

Solo adesso le restituisco la parola Presidente, e la ringrazio (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Sensi. Naturalmente la Presidenza si associa al ricordo dei medici caduti per contrastare in prima linea il COVID-19.

È iscritto a parlare l'onorevole Caon. Ne ha facoltà.

ROBERTO CAON (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, non è frequente, anzi vorrei dire piuttosto raro che la Camera si ritrovi tutta compatta e assolutamente convinta nel votare favorevolmente un provvedimento di legge. Questo è, fortunatamente, uno di quei rari casi e ne sono felice. La condivisione di questa proposta di legge da parte di tutti i gruppi ha consentito alla Commissione affari sociali di poter svolgere tutto l'esame del testo in poco più di una settimana.

Alla fine è stato un testo approvato convintamente da tutti. Il provvedimento in esame ripropone sostanzialmente la proposta di legge a prima firma del collega Mulè, alla quale in Commissione sono state abbinate anche altre quattro proposte degli altri gruppi.

La finalità della proposta di legge è quella di istituire una giornata nazionale per ricordare ogni anno coloro che hanno perso la vita a causa della tragica pandemia. Si prevede che, in occasione di questa giornata, in tutti i luoghi pubblici e privati sia osservato un minuto di silenzio dedicato alle vittime dell'epidemia. Inoltre, ma solo chi vorrà, potrà chiedere che gli venga effettuata una trattenuta per poter destinare la retribuzione di uno o più ore del proprio lavoro in favore del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, al fine di sostenere la ricerca scientifica; e questo potrà essere fatto dai dipendenti pubblici come dai lavoratori del settore privato.

Così come un ruolo assai importante nel celebrare la giornata nazionale sarà svolto dalla RAI, in qualità di servizio pubblico, nonché dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, che dovranno promuovere iniziative didattiche, percorsi di studio ed eventi finalizzati alla comprensione di quello che ha significato la diffusione dell'epidemia.

Una giornata da istituire non tanto per dimenticare la tragedia che abbiamo vissuto, cosa che in ogni caso non sarebbe possibile, ma soprattutto per ricordare i tanti che, purtroppo, non ce l'hanno fatta a superare questa pandemia. Ricordiamo che, ad oggi, nel nostro Paese, i casi totali sono circa 244 mila e le persone decedute, purtroppo, ormai superano i 35 mila: numeri drammatici, ma che ci devono far riflettere, ricordare per imparare.

L'Italia ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane, nonostante l'eccezionale impegno di tutti coloro che sono stati in prima linea nell'affrontare l'emergenza in corso e che molto spesso hanno svolto la propria attività in condizioni drammatiche mettendo a rischio la propria vita. Era il 21 febbraio e sono, quindi, passati esattamente cinque mesi da quando veniva individuato a Codogno il primo focolaio di COVID in Italia: un trentottenne risultato positivo al Coronavirus; sempre il 21 si scopre un altro focolaio COVID a Vo' Euganeo nella mia provincia. Da quel momento è iniziato un vero e proprio tsunami, che ha stravolto drammaticamente la vita di tutti noi. Alla data del 4 marzo, stando ai dati della Protezione civile, i positivi erano circa 2.700. L'8 marzo arriva il decreto che prevede l'isolamento della Lombardia, in assoluto la più colpita, e di altre 14 province, che diventano “zona rossa”: un dramma per tutti quanti, che si accingevano a questa novità, una cosa mai vissuta fino ad ora. Dopodiché, il numero dei positivi ha iniziato ad aumentare in maniera esponenziale, così come il numero dei morti. In quelle settimane ci si è accorti che i posti letto nelle terapie intensive non bastavano più: un grande dramma. Si è ricorso a degli ospedali da campo, si è fatto tutto quello che era possibile, ma si è visto anche che avevamo delle forti lacune, purtroppo.

Questo è quello che è stato. Oggi in Italia la curva dei contagi si è piegata e ora si sta sperando che il più grande dramma sia già alle spalle. Perché? Perché in questo momento stiamo ancora vivendo un dramma, che è un po' come la forbice: oggi siamo tutti contenti perché cala, il giorno dopo purtroppo siamo drammaticamente pensierosi perché ricomincia a galoppare.

La serata, diciamo così, di quell'ormai tristemente famoso 18 marzo, ce la ricordiamo tutti: tutte quelle bare in fila, tutti quei mezzi dell'Esercito che trasportavano quei feretri: è proprio per questo che si è arrivati a pensare che quella giornata fosse la giornata che si doveva individuare per istituire questo ricordo, questa memoria.

Ebbene, proprio per queste ragioni e ancor di più perché ci stiamo faticosamente avviando verso la normalità, la proposta di legge che l'Aula si appresta a votare ha individuato proprio nella giornata del 18 marzo la data simbolo per ricordare ogni anno tutte le vittime dell'epidemia, un modo per rinnovare la memoria condivisa per tutte le persone che sono morte a causa di questa terribile pandemia. Per tutto questo, sono convinto che l'Aula approverà convintamente questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Sportiello. Ne ha facoltà.

GILDA SPORTIELLO (M5S). Quello che abbiamo vissuto in questi mesi sicuramente non lo dimenticheremo mai. Non lo diremo mai perché si è fissato nelle nostre storie, nei nostri vissuti, ci ha colpiti tutti singolarmente e individualmente, invadendo quelli che sono gli spazi più intimi delle relazioni, degli affetti. Ma, come ricordava prima anche il relatore Martina, tutti noi, presi anche dalla sensazione di smarrimento e di sospensione che soprattutto nei primi giorni vivevamo, quella sensazione che ha soltanto chi ha a che fare con un pericolo del tutto sconosciuto e con una sensazione e una condizione nuova, sapevamo di condividere, però, le stesse domande con il vicino che si affacciava alla finestra, sapevamo di condividere con lui la stessa angoscia quando ogni giorno apprendevamo che il numero dei contagi e il numero delle vittime era ancora troppo alto. Allora, per superare quanto abbiamo vissuto non basta il ricordo individuale, il ricordo personale: abbiamo bisogno di un ricordo che sia collettivo, abbiamo bisogno della costruzione di una memoria collettiva, perché la memoria collettiva è cultura e si rende tanto più necessario costruire quella memoria in una società, come la nostra, che corre molto velocemente e in cui si susseguono ogni giorno notizie una dopo l'altra, informazioni che spesso dimentichiamo anche in fretta, in un oblio che nega quello spazio di riflessione, quello spazio di condivisione, quel momento di pausa che sarebbe necessario, invece, dedicare per poter elaborare quella notizia, per poter elaborare quel fatto, e nel caso della pandemia globale, che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo, per elaborare quel trauma collettivo che tutti abbiamo vissuto. E a me sembra che già ora, col senno di poi, quando ci sembra che ci siamo lasciati già alle spalle il peggio - e ricordiamo che non è ancora così, non è passato tutto - abbiamo già dimenticato un po' quella sensazione che vivevamo durante i momenti più bui di questa emergenza. E, allora, c'è bisogno di una memoria collettiva per elaborare quanto è accaduto e quanto ancora stiamo vivendo, una memoria che sappia unire vissuti, che sappia raccontarli, che sappia accoglierli. Perché dobbiamo ricordare? Questa pandemia è arrivata e in un attimo ha sgretolato tutto: tutte le nostre certezze, tutta quella realtà che noi credevamo solida intorno a noi e, in un soffio, ha buttato giù la fragilità di tutto quell'equilibrio del nostro quotidiano, che noi pensavamo essere solido. Quanto ritenevamo ovvio, solido, scontato, quanto ritenevamo fosse solido e incrollabile è stato stravolto ed è crollato di fronte a questo pericolo piccolo, invisibile ma insidiosissimo. E quando parlo di realtà che sembravano essere incrollabili e assolutamente affidabili parlo, innanzitutto e soprattutto, del nostro sistema economico e produttivo. Ma siamo stati travolti anche in quanto di più intimo c'è: siamo stati travolti nelle nostre relazioni, nel nostro doverci allontanare anche dai genitori, quelli più anziani. Siamo stati travolti anche dalla necessità dolorosa di dover costruire delle barriere in una società in cui c'è la necessità di doverle abbattere le barriere. Ma ci siamo resi conto, durante quest'emergenza, quanto sia importante, invece, cooperare anche a livello internazionale e ci siamo resi conto che da soli non si va da nessuna parte. In pochissimo tempo il funzionamento di un'intera società è cambiato e su una dimensione emotiva, affettiva e sociale ne usciamo tutti diversi. Probabilmente non ne usciamo migliori, come ci eravamo augurati sin dall'inizio; probabilmente non ne usciamo neanche peggiori, ma sicuramente diversi e non so se questo lo abbiamo già elaborato, l'abbiamo già compreso, l'abbiamo già capito, perché giustamente tutti, mentre nel resto del mondo si continuano a contare le vittime e si raggiungono numeri inimmaginabili, mentre ancora tutti viviamo ancora un po' quella sensazione d'incertezza che ci accompagna sin dall'inizio di questa epidemia, siamo ancora frastornati e ancora non abbiamo elaborato il trauma che abbiamo vissuto. E, allora, dobbiamo elaborarlo questo trauma collettivo e dobbiamo innanzitutto riconoscerlo, narrarlo e dobbiamo farlo a partire dal ricordo per costruire la memoria di quanto ci è accaduto. Un processo che di certo aiuterà tutti ma aiuterà, in particolare, i più piccoli, i bambini che si sono visti travolti e hanno visto i loro mondi distruggersi durante la loro crescita, durante la parte più vulnerabile della loro crescita, e hanno visto restringersi i loro mondi al perimetro delle loro quattro mura di casa, delle mura di casa che, purtroppo, per qualcuno sono state rifugio ma per moltissime altre persone sono state una condanna. E, allora, cosa dobbiamo ricordare? Il nostro ricordo deve servire anche a capire che cosa questa emergenza ci ha lasciato, cosa ha mostrato in maniera drammatica e qual è la direzione che adesso vogliamo prendere. Mi piacerebbe tanto che non perdessimo quello straordinario senso di solidarietà che, soprattutto durante i giorni di lockdown, abbiamo fatto venir fuori in maniera esplosiva: la cura degli altri, la preoccupazione per chi vive situazioni di fragilità, la capacità di mettere in atto delle reti di solidarietà in pochissimo tempo e nonostante i limiti del lockdown. Ricordo nella mia città - ma ne ho visto anche qualcuno qui a Roma - i panieri abbassati, carichi di cibo per chi non poteva fare la spesa e a volte erano anche pieni di libri da donare. Quel tessuto di solidarietà, quella preoccupazione costante per l'altro, quel saper essere presenti e voler essere d'aiuto, quel saper empatizzare con le persone e soprattutto con chi è più in difficoltà è un patrimonio che, come comunità, come società, dovremmo tenerci stretti, dovremmo coltivarlo e non perderlo proprio ora e noi per primi, come Stato, dovremmo insistere e dovremmo continuare a percepirci come comunità. Dobbiamo curarla questa comunità e non relegarla a momenti di estrema sofferenza come quello che abbiamo vissuto. Anche in questo la memoria collettiva ci offre un aiuto straordinario, perché ci costringe ad accogliere e a ricevere le testimonianze altrui, il vissuto di altri. È apertura, è ascolto, è condivisione; è una piccola rinuncia alla memoria personale e individuale per accogliere quella dell'altro. È una piccola rinuncia in favore di un bene collettivo, perché la memoria collettiva è un bene e in questo ricordo importante della pandemia e dell'emergenza sicuramente abbiamo imparato una cosa fondamentale: che né il profitto, né le logiche di mercato potranno mai sostituirsi al ruolo centrale e cardine che ha lo Stato, uno Stato che deve essere presente, che deve fondarsi sull'idea della sanità pubblica e universale e che deve saper prendersene cura, uno Stato che deve saper prendersi cura di chi ha maggiore difficoltà e che deve saper fare scelte coraggiose al di là del consenso o della propaganda; uno Stato che deve riconoscere il ruolo fondamentale che la ricerca ha e che, sulla scorta di quanto questa emergenza drammaticamente ci ha mostrato, sappia ridisegnare tutto quello che serve al nostro Paese. Ma ricordandolo riusciremo ad abbattere anche un altro pericolo, un pericolo che è sempre presente quando si tratta di raccontare e di ricordare degli eventi drammatici vissuti dalla nostra collettività: il pericolo del negazionismo. Dall'Olocausto ai cambiamenti climatici e adesso anche con l'emergenza che abbiamo vissuto, ci ritroviamo a confrontarci col pericolo del negazionismo. E no, non stiamo parlando di negazione, non stiamo parlando di un tentativo di rimuovere, di rifiutare qualcosa che è troppo doloroso da accettare; stiamo parlando di un atto deliberato che di fondo ha una precisa visione politica, che vuole cancellare la realtà per poterla sostituire con una narrazione alternativa. Io credo - e lo dico davvero con molto dispiacere - che negare quanto abbiamo vissuto, negare il dolore che provavamo quotidianamente quando sentivamo aumentare i numeri dietro la cui freddezza c'erano nomi, storie, affetti, affetti perduti, negare il fatto che la nostra comunità sia stata colpita da un lutto, da una tragedia impensabile soltanto fino a qualche mese fa, incuranti del fatto che ci sono persone nel nostro Paese, davvero troppe persone, che non hanno potuto concedere un ultimo saluto alle madri, ai padri, agli amici, ai nonni e anche ai figli, è un insulto alla memoria insopportabile ed è peggio quando dietro a questi tentativi di negazionismo ci sono leader politici che in alcune parti del mondo hanno deliberatamente di fatto sacrificato le fragilità sull'altare del profitto e del mercato, perché in fondo questa pandemia ci ha mostrato anche questo: ci ha mostrato quanto siano drammatiche le diseguaglianze sociali e quanto, purtroppo, nemmeno di fronte a un'epidemia, a una tragedia di questa portata, siamo tutti uguali. E, allora, è necessaria una Giornata della memoria. È necessaria, innanzitutto, per commemorare tutte quelle vittime che non hanno avuto un ultimo saluto, per ricordarle, per dedicargli il momento che meritano.

È necessaria una Giornata della memoria per ricordare cosa abbiamo affrontato, cosa è stato e speriamo non accada mai più. È necessario ricordare evidentemente che non è stata un'allucinazione collettiva. È necessario per elaborare questo dramma che abbiamo vissuto, questa ferita ancora aperta, ed è necessario per ricordare su quali pilastri deve fondarsi il nostro Stato (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nobili. Ne ha facoltà.

LUCIANO NOBILI (IV). Grazie, Presidente. I mesi che abbiamo vissuto, il dramma che abbiamo attraversato e che abbiamo anche avuto difficoltà, fatto fatica a riconoscere, a dargli un nome: si sono sprecati nel tempo i paragoni, inizialmente lo abbiamo paragonato a una guerra, la metafora più ricorrente è stata quella della guerra, poi quella felice nella tragedia di Papa Francesco, la tempesta che abbiamo attraversato e la sensazione di essere tutti su una medesima barca; le restrizioni che ancora viviamo e le conseguenze profonde che lasceranno dal punto di vista sociale, economico, psicologico, umano non saranno facilmente dimenticate. Come io credo non sarà dimenticato il dolore di troppi, il sacrificio di tanti, l'abnegazione assoluta, l'impegno eroico di medici, infermieri, personale sanitario, Forze dell'ordine, Forze armate, personale della Protezione civile, volontari a vario titolo. Né, spero, sarà dimenticato anche lo spirito di unità, il senso di comunità nazionale che abbiamo sperimentato di fronte all'emergenza, alla paura: un sentimento di coesione non effimero, a mio avviso, la prova che nonostante tutto, nonostante il volume sempre troppo alto delle polemiche il nostro Paese sa farsi trovare unito nelle prove che contano. La percezione di non essere isole, monadi, solo individui, che le nostre azioni non riguardino solo e soltanto noi, ma anche gli altri. Mi ha fatto pensare a un libro che ho tanto amato, La peste di Camus, che è stato tanto citato in questi mesi, in quell'isola immaginaria di Orano, dove la peste arriva sgradita a interrompere una vita che procedeva secondo certi binari, e che poi riparte secondo quegli stessi binari senza segni di cambiamento; e c'è l'incontro felice tra i due protagonisti, Rieux e Rambert, un medico e un giornalista, e in questo incontro a un certo punto Rambert, che ha fatto di tutto nei mesi della dell'epidemia per fuggire da quell'isola, per raggiungere la possibilità di sposarsi dove aveva la possibilità di costruire un futuro sereno, felice, lontano dalla malattia, a un certo punto ha questa opportunità di fuggire e invece rimane lì, a fare il volontario, a dare una mano al medico, ai medici, a chi stava fronteggiando la morte. Rieux gli dice: “Ma perché non parti? Non c'è vergogna nell'essere felici”, e Rambert risponde: “Non parto perché c'è vergogna nell'essere felici da soli”.

Ecco, questo sentimento di coesione, di unità io l'ho percepito in questi mesi, ed è anche per questo che abbiamo scelto, come Italia Viva, di sostenere, in alcuni casi sottoscrivere, alcune delle proposte di legge che poi felicemente, grazie allo sforzo dei proponenti e dei relatori, sono diventate una proposta unitaria, perché non è certo questo un tema su cui abbia senso piantare sigle di partito o bandierine, ma invece provare a ragionare insieme, a ragionare di una appuntamento il 18 marzo di ogni anno che sarà importante. E di certo, a proposito di cose che non saranno dimenticate, di certo non devono essere dimenticate le vittime, oltre 35 mila, ad oggi; e vittime che rischiano di essere più volte vittime: vittime sui numeri, perché come sapete, come sappiamo tutti, questo doloroso registro, questa Spoon River infinita non è detto che comprenda tutte le vittime di questa pandemia, anzi noi abbiamo ragionevole considerazione del fatto che le vittime siano ancora più numerose. E poi, perché sono vittime troppo spesso senza nome, ed è giusto che gli appuntamenti che utilizzeremo dal 18 marzo di ogni anno siano anche per restituire questo alle vittime della pandemia, una dignità, la dignità del proprio nome. E poi perché sono state vittime - è stato già detto - troppo spesso sole, troppo spesso in solitudine. Pessoa diceva che morire è solo non essere visto, non essere veduto, e tanti, troppi sono andati via così, troppi sono stati strappati ai loro cari, alle loro famiglie in questo modo, senza la possibilità neanche di stringere una mano, di dare un ultimo saluto, di guardare negli occhi le persone a cui si era legati.

Mattarella, il Presidente della Repubblica, è stato ricordato, ha spiegato meglio di chiunque altro come fare memoria significhi tante cose, lo ha spiegato a tutti in maniera chiara ed esaustiva. E allora, se vogliamo essere onesti fino in fondo con noi stessi, e soprattutto se vogliamo rendere davvero omaggio fino in fondo alle donne e agli uomini che il Coronavirus ha strappato alla vita, dobbiamo sapere che non basta soltanto ricordarli, con la lodevolissima iniziativa di una Giornata che ne istituzionalizzi la memoria, ma dobbiamo anche per loro, senza caccia alle streghe né polemiche inutili, conoscere fino in fondo la realtà di quello che è accaduto, di ciò che non ha funzionato, degli errori che sono stati commessi, di quello che si poteva fare diversamente e meglio.

Per questo reitero anche qui, anche oggi, come abbiamo già fatto in Senato, e sarà oggetto di una nostra iniziativa parlamentare, la richiesta di una Commissione d'inchiesta sulla gestione dell'emergenza COVID-19. Servirà a tutti noi, perché si possano accertare meriti e responsabilità, ma soprattutto perché il Paese possa fare passi avanti e farsi trovare più pronto di fronte a una nuova, speriamo solo eventuale, tempesta di questo tipo. Anche perché alla tragedia che ci stiamo lentamente, faticosamente lasciando alle spalle rischiano di seguire tanti, tanti e gravi problemi nel nostro Paese, a partire da una crisi economica che già avvertiamo, che morderà forte nei prossimi mesi, da un'emergenza educativa che riguarda i nostri figli, che hanno già perso e rischiano di perdere mesi fondamentali nella loro formazione: per tutte queste sfide servirà la capacità di conservare quello spirito unitario, quel senso di coesione, servirà un Paese forte, uno sforzo il più possibile unitario nella ripartenza, nel rispetto delle regole del Paese. E anche qui, senza polemica, Presidente, dobbiamo impegnarci tutti insieme il più possibile a cogliere le opportunità che dall'Europa ci arrivano, per adeguare il nostro sistema sanitario e le sfide del presente e del futuro per i nostri ospedali, per i nostri centri di ricerca, per il personale medico, per la digitalizzazione del nostro sistema sanitario, anche per le nostre imprese, che devono adeguarsi con gli strumenti necessari per affrontare e fronteggiare questa e future possibili altre emergenze di questo tipo, e per sostenere con forza l'impegno che vede l'Italia in prima linea e che ha visto all'Italia a far marciare passi importanti. Penso anche alla mia regione, al Lazio, ma in Toscana, ci sono realtà molto avanzate nel lavoro per l'individuazione di un vaccino sul COVID-19, e quindi anche per questo abbiamo bisogno di risorse che ci aiutino per andare avanti e per cambiare le cose.

Perché guardate - e concludo, Presidente - nelle settimane, nelle lunghe settimane, nei mesi del COVID-19 c'è un bravissimo scrittore, che è anche uno scienziato, Paolo Giordano, che ha tenuto un diario di quelle settimane, un dialogo che ci ha accompagnato, che ci ha aiutato anche a capire, che è diventato anche un piccolo pamphlet molto, molto interessante. Dice Giordano, in una frase che secondo me è simbolica di quello che abbiamo passato e che dobbiamo provare a costruire per il futuro: “Non ho paura di ammalarmi. Di cosa allora? Che la paura passi invano, senza lasciarsi dietro un cambiamento”. Ecco, io credo che questo sia il rischio più grande che corriamo. Per questo sosteniamo con forza le proposte di legge unificate per l'istituzionalizzazione di una Giornata della memoria di tutte le vittime del COVID-19, ma, allo stesso tempo, sosteniamo con forza uno sforzo il più possibile unitario perché questo Paese cambi dove è necessario che cambi (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – testo unificato A.C. 2451-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Martina. Intende farlo? No.

Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Murelli. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Non intendono farlo.

Il seguito del dibattito è pertanto rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Gallinella ed altri: Misure di sostegno al settore agricolo e disposizioni di semplificazione in materia di agricoltura (A.C. 982-A); e delle abbinate proposte di legge: Parolo ed altri; Paolo Russo ed altri; consiglio regionale delle Marche (A.C. 673-1073-1362).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle proposta di legge n. 982-A: Misure di sostegno al settore agricolo e disposizioni di semplificazione in materia di agricoltura; e delle abbinate proposte di legge nn. 673-1073-1362.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 luglio 2020 (Vedi l'allegato A della seduta del 17 luglio 2020).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 982-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Cadeddu.

LUCIANO CADEDDU, Relatore. Grazie. Onorevoli colleghi, la proposta di legge in esame si compone di 55 articoli, reca misure di sostegno al settore agricolo, fortemente penalizzato dalla crisi epidemiologica da SARS-COVID-19 e disposizioni di semplificazione in materia di agricoltura. Essa è il risultato di un complesso lavoro istruttorio effettuato in Commissione XIII, svoltosi in un clima di intensa collaborazione tra tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione. Sono state, infatti, accolte buona parte delle proposte emendative presentate dai gruppi di opposizione, con l'obiettivo di pervenire a un testo quanto più possibile condiviso. Ciò premesso, nel passare ad esaminare i contenuti del provvedimento, nel quale sono stati introdotti numerosi articoli aggiuntivi rispetto al testo originale, segnalo che il Capo I reca misure di sostegno per il settore agricolo. In particolare, l'articolo 1 estende, al comma 1, le agevolazioni tributarie previste per i coltivatori diretti a tutti i soggetti iscritti nell'elenco dei comuni; al comma 2, le agevolazioni IMU riconosciute ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli, anche al coniuge e ai parenti entro il terzo grado, ai quali è stato concesso il terreno in godimento o siano già in possesso della qualifica di IAP o di coltivatore diretto, iscritti nella previdenza agricola; al comma 3, sostituisce la normativa di cui al comma 11 dell'articolo 2 del DL n. 338 del 1989 relativa alla possibilità di chiedere il pagamento rateale dei debiti per contributi e premi, applicando la possibilità, per i comitati regionali, di disporre la rateazione per un periodo non superiore ai 12 mesi e diminuendo, al contempo, il limite dei mesi per i quali può essere chiesta la rateizzazione per ciascun debito, che passa da 36 a 24 mesi; ai commi 4 e 5, interviene sul Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità, modificando l'ambito oggettivo in base al quale calcolare il corrispettivo dell'atto di cessione volontaria e l'indennità aggiuntiva, non più rapportato nel primo caso o riferito nel secondo caso all'ipotesi di un'area coltivata direttamente dal proprietario, ma coltivata o condotta dallo stesso.

L'articolo 2 prevede l'erogazione di mutui agevolati a imprenditori agricoli professionali e coltivatori diretti di età inferiore ai quarant'anni, finalizzati all'acquisto di macchine agricole. Un decreto del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali stabilirà i criteri e le modalità per la erogazione dei predetti mutui. A tal fine, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il 2020. Il comma 3 fa riferimento alle condizioni richieste dalla Commissione europea per la concessione di aiuti de minimis nel settore agricolo, valevoli in regime ordinario. L'articolo 3, inserito nel corso dell'esame in Commissione, istituisce un Fondo nazionale per il sostegno dei settori in crisi, con una dotazione di 5 milioni di euro per gli anni 2020 e 2021. Un decreto del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, è chiamato a definire i criteri e le modalità di attuazione.

L'articolo 4, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, sostituisce il comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 185 del 2000, che definisce i benefici che possono essere concessi ai giovani imprenditori agricoli. La modifica è nel senso di prevedere due forme di intervento: una relativa alla concessione di mutui agevolati, portando il limite dell'importo richiedibile dal 75 al 60 per cento e un'altra consistente in un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile, attualmente previsto solo per le regioni svantaggiate. Un decreto del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, da attuare in concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, definirà le misure di attuazione e garantirà la neutralità finanziaria della modifica.

L'articolo 5 prevede, al comma 1, il rifinanziamento del Fondo per la qualità delle produzioni cerealicole per gli anni 2020, 2021 e 2022, per un importo di 15 milioni di euro per ciascun anno; al comma 2, ulteriori risorse, pari a 15 milioni, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 a favore del Fondo per la competitività delle filiere agricole; il comma 3 prevede che tali risorse dovranno essere utilizzate per erogare un pagamento ad ettaro per superfici coltivate a grano duro e mais e incluse in un contratto di filiera pluriennale di durata minima triennale.

Nel passare all'esame delle disposizioni contenute al Capo II, che reca semplificazioni in agricoltura, segnalo che l'articolo 6 interviene in materia di accertamento dei requisiti per il riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale, specificando che l'accertamento eseguito da una regione ha efficacia su tutto il territorio nazionale. L'articolo 7 interviene sulla normativa che definisce la tempistica relativa alla raccolta delle uve e alla fermentazione e rifermentazione, anticipando l'inizio dal 1° agosto al 15 luglio; il comma 1 stabilisce altresì che i soggetti che offrono aiuto alla vendemmia nelle aziende agricole situate nelle zone montane non si qualificano al pari dei parenti e affini entro il sesto grado come prestatori di lavoro autonomo o subordinato.

L'articolo 8 interviene su alcune disposizioni del Testo unico del vino, prevedendo il divieto di abbinamento della menzione “superiore” solo alla menzione “novello” e non più alla menzione “riserva”; lettera a): sostituzione della normativa relativa al riconoscimento della DOCG, in modo da limitarla ai vini già riconosciuti a DOC da almeno sette anni, di aumentare la percentuale da 51 a 66 per cento relativamente ai soggetti produttori che rappresentano la medesima percentuale di vigneti di produzione certificata DOC, al fine di poter richiedere la rivendicazione della predetta denominazione; lettera b): la modifica della normativa relativa all'attività di vigilanza svolta dai consorzi nella fase del commercio dei prodotti, specificando che l'attribuzione agli agenti vigilatori, incaricati dai consorzi, della qualifica di agente di pubblica sicurezza è una facoltà e non un obbligo e sopprimendo, al contempo, la disposizione secondo la quale il consorzio è autorizzato ad accedere al Sian per acquisire le informazioni necessarie all'attività per la denominazione di competenza; lettera c): la modifica della normativa relativa all'accreditamento agli organismi di controllo, sottoponendo a tale obbligo anche quelli i quali sono chiamati ad adeguarsi alle nuove disposizioni introdotte entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento.

L'articolo 9 interviene sulla normativa che regola il rapporto di lavoro con le cooperative, specificando che un lavoratore autonomo agricolo può prestare la propria attività lavorativa nella cooperativa utilizzando la propria previdenza, senza che sia necessario instaurare un ulteriore rapporto di lavoro con la cooperativa stessa. L'articolo 10 interviene sulla legislazione dedicata all'attività agrituristica, prevedendo, al comma 1, che le prestazioni di lavoro dei lavoratori dipendenti a tempo determinato addetti all'attività agrituristica siano considerate agricole ai fini della valutazione del rapporto di connessione; al comma 2, che anche i fabbricati rurali destinati all'agriturismo rientrano tra quelli per i quali i comuni possono disporre le riduzioni e agevolazioni Tari. L'articolo 11 estende alle attività ricettive di capacità non superiore ai 25 posti letto, che utilizzano singole unità abitative, le disposizioni tecniche relative alla tipologia di impianti di produzione di calore, che devono essere installati al fine di prevenire gli incendi.

L'articolo 12 prevede, al comma 1, la possibilità di evidenziare l'indicazione del luogo di produzione dei prodotti somministrati nell'esercizio di attività agrituristica; è altresì reso possibile evidenziare, nelle liste di vivande degli esercizi pubblici destinati alla somministrazione di cibi e bevande, l'origine delle materie prime, il nome o marchio, la ragione sociale del produttore e, in caso di provenienza da un Paese straniero, le caratteristiche organolettiche e merceologiche delle materie prime impegnate.

L'articolo 13 interviene sul Codice del consumo estendendo i diritti ivi riconosciuti alle micro-imprese rispetto alle categorie attuali identificate nei consumatori e negli utenti. L'articolo 14 modifica la normativa sui contratti di cessione dei prodotti agroalimentari, escludendo la relativa applicazione anche al piccolo imprenditore definito ai sensi dell'articolo 2083 del codice civile ed identificato nel coltivatore diretto. L'articolo 15 esclude gli imprenditori agricoli dal pagamento del tributo a favore delle Stazioni sperimentali per l'industria relativamente all'attività da questi svolta per la trasformazione dei prodotti agricoli. L'articolo 16 prevede che l'obbligo di utilizzare in via esclusiva la tecnologia per la presentazione di istanze e lo scambio di documenti tra imprese e amministrazioni non si applichi alle imprese agricole con un volume d'affari non superiore ai 7 mila euro annui. L'articolo 17 definisce i criteri in base ai quali il Governo è chiamato a disciplinare l'attività di lombricoltura ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988. L'articolo 18 interviene sulla disciplina relativa all'apicoltura, introducendo disposizioni di semplificazione. È prevista, inoltre, l'introduzione di sanzioni amministrative in caso di mancata registrazione di inizio di attività e delle operazioni effettuate nell'Anagrafe Apistica; l'applicazione agli agricoltori che producono idromele assoggettato all'accisa ad aliquota zero delle disposizioni a favore dei piccoli produttori di vino in ordine alla documentazione e ai controlli richiesti per la circolazione del prodotto all'interno del territorio nazionale; l'inserimento della pappa reale o gelatina reale tra i beni e servizi soggetti all'aliquota IVA ridotta al 10 per cento. L'articolo 19 prevede che il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali possa avvalersi dell'assistenza delle ENaMA negli ambiti specificamente individuati dall'articolo in esame.

L'articolo 20 modifica la normativa che disciplina le attività di manutenzione del verde, estendendo alle imprese commerciali la capacità di svolgere tali attività. L'articolo 21 reca disposizioni di semplificazione e sulla tenuta dei registri di carico e scarico delle merci. L'articolo 22 reca disposizioni di semplificazione per gli incentivi alle aggregazioni delle imprese agricole. L'articolo 23 modifica la normativa in materia di Registro nazionale di aiuti di Stato, aggiungendo gli aiuti de minimis nei settori agricolo e forestale, compresi gli aiuti concessi a imprese operanti nei settori della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e delle foreste, tra gli atti soggetti a monitoraggio attraverso l'integrazione e l'interoperabilità del Registro con i registri già esistenti per i soggetti dell'agricoltura e della pesca.

L'articolo 24 estende il termine di operatività delle norme sulla attuazione dei vincoli in materia di proprietà coltivatrice. Tali norme sono relative ai termini di decadenza da benefici fiscali per la formazione e l'arrotondamento di proprietà coltivatrice, nel caso di trasferimento di proprietà acquistata con agevolazioni. In particolare, si dispone che le suddette disposizioni in materia di attuazione dei vincoli si applicano agli atti di acquisto posti in essere in data antecedente la data di entrata in vigore del provvedimento di riforma e non più, come previsto attualmente, agli atti di acquisto posti in essere cinque anni prima l'entrata in vigore della normativa di riforma. L'articolo 25 prevede che, nei piccoli comuni, gli imprenditori agricoli e i coltivatori diretti possono assumere in appalto lavori per la sistemazione del territorio montano o per la lavorazione agricola e forestale, impegnando esclusivamente il proprio lavoro e utilizzando solo macchine di loro proprietà. L'articolo 26 reca disposizioni in materia di assunzioni a tempo parziale. L'articolo 27 reca disposizioni di semplificazione in materia di indennità di maternità.

L'articolo 28 istituisce un Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali. L'articolo 29 inserisce le comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare tra i distretti del cibo. L'articolo 30 estende ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali il divieto di rivalsa attribuito alle imprese artigiane e commerciali per il pagamento dei contributi. L'articolo 31 esenta dall'obbligo di tenuta del titolo di conduzione per la costituzione del fascicolo aziendale gli imprenditori agricoli il cui fondo è ubicato in comuni montani e svantaggiati e coltivato in base a contratti di affitto e comodato, la cui coltivazione è legata all'agevolazione fiscale per gli oli minerali impiegati per i lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura, piscicoltura e florovivaistica. L'articolo 32 prevede che l'esenzione sull'imposta di bollo e per ogni altro contributo agli atti relativi ai masi chiusi si applichi a tutti i procedimenti e non solo a quelli per i quali siano scaduti i termini di accertamento e di riscossione.

In riferimento alle disposizioni di cui al Capo III, Semplificazioni in materia di fiscalità agricola, segnalo che l'articolo 33 estende il credito d'imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive ai periodi di imposta successivi al 2018; estende, inoltre, il credito d'imposta per promuovere le esportazioni ai periodi di imposta dal 2020 al 2022 alle reti di imprese agricole e agroalimentari per la realizzazione di infrastrutture informatiche che possono potenziare il commercio elettronico e alle imprese che hanno sottoscritto un accordo di filiera. L'articolo 34 prevede una detrazione di imposta per l'acquisto di case in legno da filiera corta. L'articolo 35 prevede uno sgravio contributivo per le imprese di filiere del legno che hanno sede principale nei territori montani e che provvedono alla manutenzione dei territori. L'articolo 36 estende il credito d'imposta sul bonus verde per gli interventi di realizzazione di cisterne coperte per la raccolta delle acque meteoriche. L'articolo 37 interviene in materia di classificazione catastale dei fabbricati rurali. L'articolo 38 delega il Governo ad emanare un decreto legislativo per l'introduzione di un sistema di incentivi che agevoli il processo di rinnovamento del parco macchine esistente attraverso l'acquisto di trattrici e macchine operatrici per l'uso agricolo e forestale da parte degli imprenditori agricoli. L'articolo 39 interviene sul regime fiscale dei piccoli produttori agricoli. L'articolo 40 dà la facoltà alle camere di commercio di diminuire la misura del diritto annuale dovuto dagli imprenditori agricoli, dai coltivatori diretti e dalle società semplici agricole iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese, anche distinguendoli per classi di fatturato, fino ad arrivare all'esenzione. L'articolo 41 prevede che il Ministro dell'Economia e delle finanze inserisca il mirto tra i beni che possono essere oggetto di attività agricole connesse, di cui all'articolo 32, comma 2, lettera c) del Testo unico delle imposte sui redditi. L'articolo 42 interviene sul Testo unico delle imposte sui redditi precisando che è inclusa nella definizione di attività di allevamento degli animali, considerata attività agricola ai fini fiscali, sia quella svolta in proprietà sia quella esercitata da terzi. L'articolo 43 prevede che i produttori agricoli con volume d'affari annuo non superiore a 10 mila euro, il cui fondo è ubicato nelle zone agricole svantaggiate, sono esonerati dal versamento dell'imposta sul valore aggiunto e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l'obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali. L'articolo 44 riduce dal 10 al 4 per cento l'IVA sull'orzo destinato alla semina e sulla semola d'orzo.

L'articolo 45 inserisce tra i servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento quelli relativi all'attività di impollinazione. In merito alle disposizioni di cui al Capo IV, interventi per le emergenze nel settore agricolo, l'articolo 46 istituisce un fondo di emergenza presso il Servizio fitosanitario nazionale destinato all'attività di prevenzione e contrasto ai parassiti e alle fitopatie. La dotazione iniziale disposta è di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022; a tal fine viene incrementata di pari importo la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale. L'articolo 47 prevede che le regioni e gli enti strumentali possono superare, a decorrere dall'anno 2020, i limiti di spesa previsti per l'assunzione di personale, purché necessari a garantire l'esercizio delle funzioni di difesa fitosanitaria obbligatoria.

L'articolo 48 prevede il finanziamento del Fondo di emergenza avicola per il 2020, destinandogli un importo di 5 milioni, e modifica in parte le finalità, aggiungendo quella relativa alla realizzazione di investimenti per la prevenzione e il rafforzamento delle misure di biosicurezza nelle aziende avicole. Riguardo alle disposizioni contenute al Capo VI, semplificazione in materia di controlli in agricoltura, l'articolo 49 applica il novero dei soggetti sottoposti a controlli ispettivi, facendo riferimento non più alle sole imprese agricole come soggetti passivi dell'accertamento ma alle imprese agroalimentari, includendo così anche quelle che operano nella prima trasformazione e commercializzazione del prodotto agricolo. L'articolo 50 riscrive le disposizioni contenute sulla legge sull'agricoltura biologica in materia di sospensione e revoca dell'autorizzazione agli organismi di controllo. Il Capo VI del provvedimento contiene disposizioni di semplificazione in materia di contratti e di accesso ai fondi agricoli. In particolare, l'articolo 51 interviene sulle disposizioni relative all'utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 228 del 2001, estendendo l'applicabilità delle disposizioni sull'affitto dei fondi rustici e sui contratti agrari a tutti i terreni di qualsiasi natura, e aggiungendo che, nel caso il terreno oggetto di concessione o di contratto di affitto sia gravato da uso civico, è causa di risoluzione di diritto del rapporto, ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, la violazione del divieto di subaffitto o comunque di subconcessione.

L'articolo 52 prevede che i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli ubicati nei comuni delle Isole minori, di cui all'allegato A annesso alla legge del 28 dicembre 2001, n. 448, che nell'esercizio dell'attività agricola devono utilizzare una pluralità di accessi stradali, sono esonerati dal pagamento del canone di concessione dell'ente proprietario della strada il cui accesso stradale risulta più prossimo al fabbricato rurale adibito ad abitazione o al fondo rustico ove è ubicato il centro aziendale; per gli ulteriori accessi stradali è prevista la riduzione di un quinto del canone concessorio previsto dalla legislazione vigente.

Il Capo VII reca la delega al Governo in materia di ricomposizione fondiaria. Nello specifico, l'articolo 53 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi da adottare previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per la realizzazione e la ricomposizione dei fondi agricoli in territorio e riordino nelle proprietà frammentate nei territori montani. Il Capo VIII reca disposizioni di semplificazione in materia di zootecnia. A tale riguardo, l'articolo 54 apporta talune modifiche al decreto legislativo 11 maggio 2018, n. 52, in materia di riproduzione animale. L'articolo 55 interviene sul codice della strada, prevedendo che i rimorchi possono essere utilizzati anche per il trasporto di animali vivi, previa autorizzazione rilasciata dal servizio veterinario territorialmente competente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario L'Abbate. Si riserva di farlo successivamente.

È iscritto a parlare l'onorevole Cassese. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO CASSESE (M5S). Presidente, colleghe e colleghi, prende il via oggi in Aula il confronto su questa importante proposta di legge finalizzata alla semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi in materia di agricoltura. Dall'articolato che è stato appena esposto dal relatore, il collega Cadeddu, emerge chiaramente che si tratta di una proposta legislativa molto corposa, che interviene a 360 gradi su un comparto che si è rivelato di vitale importanza per far fronte al durissimo periodo di emergenza COVID-19, soprattutto durante il lockdown. Permettetemi di dirlo ancora una volta: non smetteremo mai di essere grati a tutti gli operatori della filiera agroalimentare per il ruolo insostituibile che hanno saputo svolgere per il bene della collettività in un momento di straordinaria difficoltà. Ebbene, questo provvedimento è indirizzato a loro, al fine di semplificare la loro vita e le loro attività, perché operano in questo particolarissimo settore in prima persona. Voglio ricordare che il MoVimento 5 Stelle ha sempre puntato sulla semplificazione, che è stato uno dei nostri cavalli di battaglia anche nel programma delle ultime elezioni politiche. Siamo intervenuti ripetutamente in questi anni a livello normativo per sburocratizzare, snellire procedure, sbloccare e velocizzare iter in diversi campi, ben sapendo che uno dei nemici principali che ha ostacolato lo sviluppo di questo Paese è stato proprio la burocrazia, una zavorra insopportabile e dannosa.

Lo scorso anno, come ricorderete, abbiamo prodotto un primo importante decreto sulle semplificazioni ed è di pochi giorni fa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di un nuovo decreto semplificazioni, un provvedimento molto importante incardinato al Senato che servirà a favorire la modernizzazione ed il rilancio del Paese. Questa proposta di legge si iscrive esattamente dentro questo solco di interventi molteplici ed è specifica per il settore dell'agricoltura, che attende da anni misure in questa direzione, anzi, che attendiamo da anni, e mi permetto di dire ciò da imprenditore agricolo pugliese, che conosce sulla propria pelle quanta frustrazione si provi a doversi scontrare quotidianamente con blocchi procedimentali e conseguenti lentezze, trovandosi a fare lo slalom tra paletti e ostacoli infiniti e privi di senso. Sono dunque particolarmente contento del contributo che riusciremo a dare per evitare tutta questa inutile fatica agli operatori del settore, liberando la strada a una maggiore efficienza e produttività. Il provvedimento, come ha già detto il collega Cadeddu, nasce nel 2018 con la condivisione di tutte le forze politiche ed è questo il primo aspetto che mi preme puntualizzare perché credo sia un significativo punto di forza, che ha permesso di arrivare ad una proposta ampia e assai articolata, passata dai suoi 32 articoli iniziali a ben 55 articoli attuali. Al tal proposito, auspichiamo che nonostante alcune divergenze, questo possa restare un lavoro comune. La Commissione agricoltura ha svolto un lungo ed approfondito lavoro con l'intento di prevedere un testo che fosse all'altezza delle esigenze della domanda delle diverse filiere che compongono questo comparto. L'obiettivo ambizioso che ci eravamo posti inizialmente, credo di potere dire che lo abbiamo raggiunto, grazie al lavoro plurale e di squadra che ho citato poc'anzi ma anche alla disponibilità di ascolto che abbiamo impiegato nei confronti di tutte le associazioni di categoria del mondo dell'agricoltura e della pesca che abbiamo voluto ascoltare - sono state audite tutte le associazioni, lo ribadisco -, che hanno offerto spunti preziosi per la stesura del testo, che è quella su cui stiamo avviando il nostro confronto in questa sede.

Oltre ai contributi delle associazioni, il provvedimento in esame contiene anche numerose proposte emendative accolte, sia della maggioranza che delle opposizioni, e che sono andate ad integrare ed arricchire il provvedimento ampliandone i piani di intervento; piani di intervento che coinvolgono direttamente e indirettamente più livelli, da quello ambientale a quello dei trasporti, della sanità, delle politiche del lavoro, delle attività produttive, della giustizia, delle politiche europee e a quello prettamente finanziario. Non a caso è stato necessario il coinvolgimento di ben dieci Commissioni, che hanno già dato parere positivo, ad eccezione di una, la Commissione bilancio, il cui parere citeremo in corso di seduta.

Voglio segnalare che il testo, con i relativi emendamenti accolti, è antecedente alla fase dell'emergenza COVID-19, dunque è possibile che alcuni di essi andranno rivisti, e che la proposta attuale subirà alcune modifiche alla luce della sopraggiunta fase di pandemia, degli scostamenti di bilancio, insomma di tutte le conseguenze che, anche sul piano economico, il Coronavirus ha provocato e sta provocando. Ovviamente, lavoreremo per evitare, il più possibile, tagli delle risorse, ma sicuramente in Aula - come ho detto - dovremo aggiornare alcuni capitoli del testo, che quindi avrà una sua ulteriore evoluzione.

Mi preme sottolineare un secondo aspetto molto positivo, che mi riempie e ci riempie di orgoglio, il fatto che tanti articoli e tanti emendamenti, che erano presenti, sono stati stralciati dalla nostra PDL perché inseriti nei diversi decreti emanati in questi mesi. Ad esempio, nel “Cura Italia” è confluito un mio emendamento sulle visite mediche dei lavoratori agricoli, affinché esse abbiano valore annuale, semplificando così la vita degli agricoltori e degli imprenditori delle aziende, non più costretti a ripetere gli accertamenti medici ad ogni assunzione nell'arco dell'anno. Ebbene, ora questa misura non è più presente nel testo, perché assunta nel “Cura Italia” ed è dunque ora divenuta legge. Allo stesso modo, nel “Cura Italia”, è confluito un emendamento del collega Alberto Manca, relativo alla possibilità di costituire il cosiddetto pegno rotativo sui prodotti agricoli e alimentari a indicazione d'origine protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose, che ora si appresta a divenire operativo proprio sui prodotti agricoli e alimentari DOP e IGP, una misura di supporto finanziario fortemente richiesta dagli operatori di settore interessati, resa ancora più necessaria soprattutto in questa fase di rilancio dell'agroalimentare made in Italy. Oltre a ciò, nel “decreto Rilancio” è stata inclusa un'altra importante misura, che va a modificare il cosiddetto Testo unico sul vino, che prevede la riduzione della resa massima per ettaro delle uve destinate a vini comuni a 30 tonnellate, rispetto alle attuali 50 tonnellate.

Purtroppo, per ragioni di tempo, non riesco ad esporre nella loro completezza le ulteriori misure non più previste nella PDL e che sono già divenute legge attraverso la conversione dei decreti; ho ritenuto importante sottolineare questo aspetto per far comprendere la mole di lavoro che abbiamo messo in campo, come Commissione agricoltura, ed anche la serietà che abbiamo dimostrato nel costruire questa proposta di semplificazione. Permettetemi, al tal proposito, di ringraziare, a nome dei colleghi di Commissione, il Governo, che ha apprezzato il lavoro che è stato fatto, accogliendo appunto parti importanti della nostra PDL. Auspichiamo ora che qualche collega del Senato voglia prendere spunto da questo nostro lavoro avviato per arricchire il “decreto Semplificazioni”, ancor più in virtù del fatto che si tratta di un lavoro che ha già avuto la condivisione non solo politica, ma anche tecnica dei Ministeri e qui, per inciso, aggiungo che, in questo percorso, abbiamo coinvolto ben otto Ministeri.

Nel provvedimento, inoltre, non troverete due importanti pilastri: quello relativo alla pesca e quello del florovivaismo. Vi spiego il perché: perché ciò che era prima contenuto nel testo, relativamente a questi due comparti, è confluito nelle due PDL specifiche di questi settori, la PDL sul settore ittico, che ha già superato la fase emendativa ed arriverà in Aula - si spera - il prima possibile, e la PDL sul florovivaismo, che - come sappiamo - è uno dei settori maggiormente penalizzati dall'emergenza COVID-19.

Non posso soffermarmi sui tanti articoli già illustrati dal relatore, che meriterebbero un ulteriore approfondimento: dalle tante misure di sostegno previste al settore agricolo, a quelle di semplificazione specifiche per le diverse filiere anche in ambito di fiscalità, agli interventi per fare fronte alle molteplici emergenze, alle misure per semplificare i controlli e semplificare l'accesso ai fondi agricoli.

Consentitemi solo di sottolineare almeno due interventi, che ritengo di particolare importanza in questa proposta di legge, quello che riguarda le semplificazioni in materia zootecnica, e quello che interviene con modifiche sul Testo unico del vino; zootecnia e settore vitivinicolo: due assi portanti dell'agricoltura italiana. L'Italia è un Paese che può contare su un grande patrimonio di biodiversità - lo sappiamo bene - e che vive appunto di zootecnia, che rappresenta il principale comparto dell'agricoltura nazionale. La legge n. 30, che era stata aggiornata dalla legge n. 52 alla fine della scorsa legislatura, senza neanche avere il parere della Commissione Agricoltura, mostrava delle carenze che abbiamo provato a colmare proprio in questa PDL. Mi preme sottolineare in ultimo anche l'importanza delle modifiche che abbiamo apportato al Testo unico del vino, dopo aver ascoltato con la massima attenzione la filiera, per dare agli operatori di un settore così importante le risposte più adeguate. Ricordo a tutti voi che l'Italia è un Paese che esporta i due terzi del vino che produce: si tratta quindi di un comparto che rappresenta un'eccellenza del made in Italy, che va tutelato, un settore che di certo non è stato risparmiato dai gravi effetti dell'emergenza sanitaria e del lockdown, con la chiusura di molti flussi commerciali esteri e dei principali canali HoReCa .

Colleghe e colleghi, è tanto il materiale e sono tante le proposte di semplificazione contenute in questa proposta di legge condivisa, costruita in modo unitario e plurale. Auspichiamo ovviamente che si possa proseguire nel fruttuoso percorso intrapreso per consegnare alle aziende agricole, agli agricoltori, a tutti gli operatori della filiera norme finalmente efficaci e mirate che garantiscano un più facile accesso alla pubblica amministrazione e risposte più celeri, dunque maggiore crescita economica al Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Caretta. Ne ha facoltà.

MARIA CRISTINA CARETTA (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'approdo in Aula di questo provvedimento, che prevede la semplificazione nelle materie dell'agricoltura e della pesca, rappresenta la fase terminale di un percorso lungo, a cui tutta la XIII Commissione ha lavorato. Il mio più grande rammarico è che un provvedimento di questo tipo, seppur di grande qualità, per colpa dell'eccessivo ideologismo e della demagogia di qualche parte politica, non abbia recepito le importanti indicazioni dei sindacati e delle associazioni di categoria in materia di gestione della fauna selvatica. La semplificazione non si può fare a pezzi e tasselli: deve essere integrata in provvedimenti di ampio respiro e soprattutto non deve diventare ostaggio di sterili schermaglie politiche, come purtroppo invece è stato fatto da alcuni esponenti della maggioranza. Ritengo oltretutto doveroso prendermi una breve licenza dal dibattito in oggetto per menzionare una questione, forse sottovalutata o non considerata nella fase terminale di predisposizione di questo atto: i nostri agricoltori, il comparto agricolo e agroalimentare è stato tra le vittime più colpite dall'emergenza da Coronavirus, con raccolti e prodotti invenduti da gettare, perdite di liquidità, danni causati da fauna selvatica invasiva ed incontrollata. Colpo su colpo, il comparto ha subito senza un attimo di respiro. Non dobbiamo dimenticarci che la crisi non è finita, non è vero che va tutto bene. Se vogliamo veramente definire questo provvedimento degno di questo Paese e all'altezza dell'emergenza in corso, credo sia doveroso che il dibattito di quest'Aula prenda necessariamente cognizione del fatto che occorre andare oltre l'impianto originario del testo.

Come dicevo, la proposta di legge in esame è il risultato di un lungo lavoro in Commissione e - come è stato ricordato - si compone di 59 articoli, suddivisi in otto capi. Il primo capo reca misure di sostegno al settore agricolo, consta in cinque articoli, i quali si occupano di sostenere rispettivamente il reddito degli agricoltori e dei giovani agricoltori, anche con la concessione di mutui agevolati per l'acquisto di macchine agricole. Fratelli d'Italia ha contribuito al miglioramento del testo, grazie alla redazione di un emendamento, che ha poi dato forma all'articolo 1 del testo oggi in discussione. Grazie al nostro contributo sono state riconosciute misure di sostegno al reddito degli agricoltori, prevedendo ad esempio, che le agevolazioni sull'IMU per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli valgano anche per i coniugi o parenti stretti, a cui il terreno sia concesso in godimento, eliminando una grave forma di discriminazione fiscale a cui i comparti familiari del settore agricolo sono stati sottoposti per troppi anni.

Sul Capo II, tra le semplificazioni di maggiore impatto, si segnalano senza dubbio l'estensione dell'efficacia sul territorio nazionale degli accertamenti delle qualifiche di “imprenditore agricolo e professionale”, effettuati dalle regioni, e l'anticipazione del periodo vendemmiale dal 1° agosto al 15 luglio di ogni anno che tra le altre estende l'esclusione dai rapporti di lavoro delle attività occasionali prestate dai coadiuvanti familiari in agricoltura anche ai soggetti che offrono aiuto e sostegno nella vendemmia alle aziende agricole situate nelle zone montane. Importanti le disposizioni di cui all'articolo 12, le quali prevedono che i prodotti agroalimentari somministrati nelle attività agrituristiche debbano recare l'indicazione del luogo di produzione dell'alimento o del suo ingrediente primario come modalità idonee a rendere chiare e facilmente leggibili al consumatore le informazioni fornite. Il progetto di legge prevede anche una nuova disciplina per l'apicoltura; tra le altre, sopprime la categoria di apicoltore professionista, semplificando e lasciando unicamente le due categorie di apicoltore e imprenditore apistico, occupandosi inoltre di semplificare l'attività di apicoltura tout-court, assoggettando, infine, gelatina e pappa reale ad aliquota IVA ridotta.

Sempre nel Capo II occorre evidenziare un ulteriore contributo di Fratelli d'Italia, all'articolo 23 in materia di semplificazione per gli incentivi all'aggregazione delle imprese agricole. Un articolo semplice, ma fondamentale per gran parte del comparto agricolo. Grazie a questo abbiamo permesso alle piccole e medie imprese agricole collegate con contratti di rete di avvalersi delle garanzie ISMEA in agricoltura, nonché di quelle misure di incentivo valenti già per le imprese agricole in forma singola. Al Capo III si segnalano, in particolar modo, gli interventi a sostegno delle esportazioni del nostro made in Italy per il periodo d'imposta 2020-2022. Mi preme, a questo punto, porre un quesito all'attenzione della maggioranza: perché non avete accolto il nostro emendamento a tutela dell'etichettatura alimentare italiana e della nostra dieta mediterranea?

Ormai da anni ci parlate di come la tutela del nostro modo di vivere, bere e mangiare sia un patrimonio nazionale, ma in ogni occasione di confronto utile vi ritraete, senza mai dare una risposta precisa. Con la proposta emendativa, Fratelli d'Italia aveva chiesto una cosa semplice: predisporre un modello di etichettatura alimentare che premiasse ed evidenziasse il valore della dieta mediterranea, riconosciuta a livello internazionale come fonte di benessere e presidio a tutela della salute per la sua qualità e la sua varietà. Occorre ricordare che, mentre parliamo, tra i tanti dossier sui tavoli europei c'è anche quello delle etichettature alimentari, dove i francesi stanno giocando con astuzia per poter imporre i propri sistemi di etichettatura alimentare ed estromettere i nostri prodotti dal mercato europeo. Occorre ricordare che con il famoso “sistema a semaforo”, molto apprezzato a Parigi, il valore nutrizionale degli alimenti verrà valutato non sulla base delle quantità effettivamente assunte durante il giorno, ma sulla base di quantità predefinite, sancite a tavolino. E così il nostro parmigiano reggiano, il nostro olio extravergine di oliva, le nostre carni diventano tutti cibi dannosi, pericolosi per la salute, in favore di prodotti di bassa qualità, confezionati a tavolino per poter ricevere il massimo dei voti da un sistema di etichettatura congeniato per sopprimere la qualità. È inaccettabile, così come è inaccettabile che con l'emergenza in corso il dossier venga abbandonato o, ancora peggio, ceduto sottobanco ad altri. La tutela del made in Italy e del nostro comparto alimentare passa necessariamente per il riconoscimento della nostra dieta mediterranea. Ma, proseguendo nella disamina del testo, segnalo l'importanza dell'articolo 55, in materia di semplificazione per l'accesso ai fondi rustici, che prevede che nei comuni ricadenti in aree montane o di collina i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali i quali, per l'esercizio di attività agricole, utilizzano una pluralità di accessi stradali siano esonerati dal pagamento del canone di concessione all'ente proprietario della strada per l'accesso stradale più prossimo al fabbricato rurale adibito ad abitazione o al fondo rustico ove è ubicato il centro aziendale, semplificando, ad esempio, tutta quella che è la disciplina degli accessi stradali.

Abbiamo risolto diversi problemi in agricoltura, ma a questo testo manca qualcosa. Il testo originale, che aveva 32 articoli, includeva un articolo, l'articolo 31, in materia di semplificazione e di controllo della fauna selvatica. Non a caso la storia di questa proposta di legge è estremamente travagliata: nasce come una sorta di patto, di accordo tra galantuomini, come direbbero in Inghilterra. Creiamo un testo unico, ampio, condiviso in materia di semplificazioni agricole, che sia frutto del lavoro di tutta la Commissione, maggioranza e opposizione. Comunichiamo finalmente un messaggio di unità e armonia costituzionale ai nostri cittadini. La realtà, purtroppo, è stata ben diversa: sono state tolte le parti del testo inerenti alla gestione della fauna selvatica, che, anno dopo anno, è diventata un problema sempre più invasivo nella vita dei nostri cittadini, con ormai una media di 10 mila incidenti l'anno causati dalla fauna selvatica invasiva e danni economici per decine di milioni di euro, a scapito di tutto il comparto agricolo. È ormai evidente a tutti come le attuali disposizioni vigenti in materia di gestione della fauna selvatica siano superate. L'attenzione non va posta esclusivamente sulla protezione della fauna selvatica, ma deve essere posta, così come fanno in tutta Europa, su una corretta gestione di quest'ultima. Il problema non è stato inventato nelle sedi di partito, né è stato oggetto di futile demagogia, come invece fatto da alcuni esponenti della maggioranza. Durante il ciclo di audizioni tenuto per migliorare il testo di questa proposta di legge l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e la Conferenza Stato-Regioni hanno espresso una valutazione fortemente favorevole delle disposizioni in materia di controllo della fauna selvatica; disposizioni ormai espunte dal testo che stiamo discutendo. Va ricordato che associazioni e sindacati di categoria hanno evidenziato in sede di audizioni, ma anche a mezzo stampa, la necessità di intervenire con urgenza per risolvere questo grave problema.

È davvero avvilente che questo testo sia stato volutamente reso monco per via della demagogia di pochi irresponsabili. Il mio auspicio è che in quest'Aula prevalga il senso di responsabilità, e sia quindi possibile correggere queste storture migliorando questo testo, rendendolo all'altezza delle aspettative nutrite dai cittadini. Occorre, quindi, ripristinare la ratio di quell'articolo 31 in materia di gestione della fauna selvatica. Per quanto attiene a quest'ultimo punto occorre scendere nel dettaglio: al momento, il personale di Polizia provinciale si ritrova con organici ridotti e molteplici impegni derivanti dall'adempimento delle altre attività d'istituto, trovandosi pertanto impossibilitato a gestire la fauna selvatica in modo efficiente, senza il supporto di altre figure qualificate e volontarie. Proprio in tal senso si pone il nostro intervento per la gestione della fauna selvatica presente nell'articolo 31 dell'impianto originale e nelle proposte emendative del centrodestra bocciate dalla maggioranza. Nel dettaglio, la disposizione da noi proposta, che condivide e recepisce pienamente anche le richieste delle associazioni e dei sindacati di categoria, prevede che i piani di gestione della fauna selvatica nociva tengano conto della necessità di reperire personale volontario e debitamente preparato che possa far fronte alla gestione della fauna selvatica problematica, invasiva e difficoltosa da controllare. Per questo motivo si intende stabilire che le regioni possano autorizzare, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, appositi piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura, e che i medesimi piani siano attuati prevedendo il coordinamento della Polizia provinciale e con la partecipazione volontaria di cacciatori autorizzati all'accesso negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini, previa frequenza di corsi di formazione ovvero il riconoscimento di percorsi formativi o di attestati acquisiti.

I cacciatori, stante il loro grado di conoscenza del territorio e della fauna selvatica, costituiscono un valido aiuto e presidio per la gestione della fauna selvatica. Considerando i dati evidenziati, il proliferare incontrollato di specie particolarmente invasive, quali ad esempio cinghiali, stormi, cormorani, nutrie - e, quindi, al fine di prevenire efficacemente i danni causati dalle specie di fauna selvatica dannosa e invasiva - si intende affermare il principio che il controllo possa essere effettuato anche nelle zone normalmente vietate alla caccia e che sia ammesso sia nei giorni di silenzio venatorio, che nei periodi di divieto. Solo con la prevenzione possiamo tutelare le nostre colture agricole. Come già ripetuto, il mio auspicio è che in quest'Aula sia possibile correggere le storture di questo testo e far sì che questo progetto di legge diventi uno strumento utile per il comparto agricolo e per tutta la collettività (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Martina. Ne ha facoltà.

MAURIZIO MARTINA (PD). Grazie, Presidente. Il provvedimento che stiamo discutendo questa mattina in Aula è frutto di un lavoro condiviso in Commissione, a mio giudizio, un lavoro importante, un passo in avanti utile per un comparto fondamentale del nostro Paese, per il comparto agroalimentare; un provvedimento che cerca di delineare alcune novità importanti dal lato della semplificazione burocratica e amministrativa, dal lato di alcuni passaggi che meglio possono supportare i settori strategici del comparto agroalimentare italiano. Costruiamo questa novità dal punto di vista legislativo nel pieno di una fase molto complicata, anche per l'agroalimentare italiano; lo facciamo con la consapevolezza che uno dei nodi irrisolti della questione agricola italiana è certamente legato al suo rapporto con il complesso sistema delle regole pubbliche e con il complesso sistema delle procedure pubblico-amministrative legate a questo settore. Questo è un nodo storico che, certamente, non viene risolto con un intervento legislativo, ma che noi abbiamo il dovere di tenere sempre nel pieno della discussione, del lavoro e dell'attività legislativa di questo Parlamento, perché è uno dei grandi temi di competitività del sistema agroalimentare italiano.

Io penso che questo provvedimento ci aiuti a fare dei passi in avanti molto importanti. Naturalmente, mi è chiaro che quando si ragiona di semplificazione amministrativa, burocratico-amministrativa, in relazione a questo comparto, sono più le cose da fare che non quelle che hai fatto e anche quando hai finito di portare a compimento un provvedimento che cerca di affrontare alcuni di questi nodi, per serietà, bisogna fermarsi e fare l'elenco delle cose ancora non fatte, e non solo celebrare le cose che invece abbiamo compiuto. Questo perché, soprattutto in questa fase, proprio il tema strategico di un rapporto più semplificato, più semplice, tra chi vive il comparto agricolo, agroalimentare, e il complesso delle regole e dei sistemi pubblici di riferimento verso questo comparto, è un nodo decisivo che, in parte noi, su alcuni fronti importanti cerchiamo di semplificare con questo provvedimento e, in parte, dovremo ancora lavorarci anche dopo questo provvedimento.

Io credo, però, che il set di interventi che qui sono configurati, dall'estensione delle agevolazioni tributarie oltre i coltivatori diretti, ad alcune novità come quelle riferite ai mutui agevolati per gli under 40 nel rinnovo del parco macchine, così come alcuni passaggi legati a settori decisivi del modello agricolo italiano - mi riferisco, ad esempio, al rifinanziamento del “Fondo cereali”-, alcune semplificazioni, anche di provvedimenti che noi abbiamo costruito insieme nella legislatura passata - penso al Testo unico del vino -, alcuni passaggi semplificatori che noi qui proponiamo, i tentativi fatti, ad esempio, per rafforzare il sistema delle garanzie ISMEA dal lato dei contratti di rete, siano tutte novità che credo potranno davvero aprire dei margini di miglioramento importanti nella vita delle aziende agricole italiane in relazione all'apparato del sistema burocratico-amministrativo pubblico e agli enti di supporto.

Penso che si compiano dei passi utili dal lato, ad esempio, delle semplificazioni catastali per quel che riguarda i fabbricati rurali e penso che ci siano delle novità interessanti sul fronte di un settore strategico come quello della pesca. Abbiamo ascoltato anche in Commissione gli orientamenti di alcune forze di opposizione rispetto anche ad alcuni nodi che qui non siamo riusciti ad affrontare fino in fondo; sono nodi delicati e io penso che tutte le forze dovrebbero, in ogni caso, guardare il lato positivo del lavoro anche di composizione che si è fatto in questo provvedimento al servizio di un settore cruciale, come quello agricolo, agroalimentare, della pesca dell'acquacoltura italiana.

Tra concorrere a un miglioramento delle condizioni di vita di queste imprese ed evidenziare i lati mancanti di questo provvedimento, io inviterei tutti, soprattutto in questo momento, a guardare invece al primo fronte, che è frutto obiettivamente di un lavoro fatto in Commissione e che, fino all'ultimo, è stato oggettivamente un lavoro, devo dire, molto condiviso e in ogni caso molto unitario, nel rispetto delle posizioni di tutti.

Nel lavoro della Commissione, storicamente mi viene da dire, anche nella passata legislatura, abbiamo sempre cercato davvero di fare un percorso, nel pieno rispetto delle posizioni di tutti, fortemente unitario. Io non vorrei che si smarrisse in questo passaggio, perché penso che, a maggior ragione adesso, le aziende agricole italiane, gli agricoltori, gli allevatori, i pescatori italiani abbiano bisogno del massimo della coesione delle forze anche in Parlamento attorno a provvedimenti come questi. Lo facciamo in un momento in cui stiamo anche aspettando di capire come evolverà la politica agricola europea, a proposito di quel che si sta discutendo in queste ore al Consiglio europeo, a proposito del bilancio pluriennale dell'Unione di qui ai prossimi anni, a proposito delle grandi scelte strategiche che l'Europa è chiamata a fare e che hanno a che vedere con il destino di un comparto strategico come questo, anche in relazione al cambiamento del modello di sviluppo del Paese a proposito di sostenibilità, di green economy e di tutto quello che noi, spesso, anche in quest'Aula, titoliamo quando ci rendiamo conto della necessità, non più rinviabile, di allineare sostenibilità e competitività, con una nuova idea di sviluppo per questo Paese che parta da alcuni giacimenti formidabili di energie, segnatamente quelli agricoli, agroalimentari, agroambientali del nostro Paese.

Io penso che noi abbiamo bisogno di condividere questo sforzo, di sostenerlo, di farlo con la consapevolezza che è un passo, è un passo utile di una strategia giusta, che va assolutamente inquadrata dentro un orizzonte anche di medio periodo come quello che tutti noi qui dobbiamo avere in testa, se pensiamo anche alle nuove politiche pubbliche a sostegno del Paese e degli attori fondamentali del Paese, le imprese, i territori, dopo il COVID-19, dopo la pandemia, dopo l'emergenza che abbiamo vissuto in queste settimane. Lo dico con la consapevolezza che attorno alle questioni agricole e agroalimentari di ogni Paese si gioca una partita decisiva, anche della sovranità stessa di quel Paese. Lo vediamo anche in queste giornate a proposito dei rischi che, ad esempio, noi stiamo ancora correndo, di un inasprimento dei conflitti commerciali tra le due sponde dell'Atlantico a proposito di modelli di sviluppo anche delle relazioni commerciali che hanno a che vedere con il destino delle nostre imprese agricole e agroalimentari. Quando rischia di prevalere l'idea della divisione, della rottura, del dazio, della dogana, dell'idea, appunto, che lo spazio commerciale condiviso e cooperativo si restringe, il destino di tante nostre imprese, il destino di tanti nostri territori, quelli che noi chiamiamo i territori periferici, di frontiera, le aree interne, rischia di essere segnato da un'evoluzione preoccupante.

Noi, invece, abbiamo bisogno di costruire una nuova idea di cooperazione tra mercati aperti e abbiamo bisogno che il nostro Paese enfatizzi le sue peculiarità agricole e agroalimentari non nella logica di una differenziazione che si fa a distanza dal resto delle grandi reti dei mercati aperti, ma nella logica di un patriottismo anche agroalimentare che, invece, è relazione con gli altri. E quindi, io prendo anche questa occasione per dire che ogni provvedimento che noi faremo, dal Parlamento o dal Governo, a sostegno delle imprese agricole e agroalimentari italiane deve essere segnato, oggi più che mai, da questa consapevolezza. Noi abbiamo bisogno di enfatizzare le caratteristiche particolari dall'esperienza agricola e agroalimentare italiana dentro un'idea di mercati aperti, dove il campo di gioco è il mondo e dove si combatte anche una visione, che invece rischia, ahimè, di venire avanti, di rottura dei mercati, di contrapposizione tra le produzioni, di incapacità di riconoscere, ad esempio, la peculiarità delle produzioni di qualità della nostra esperienza. Noi siamo ancora dentro a un passaggio dove non è scontato che alcune caratteristiche che hanno fatto la storia e la forza del nostro settore agroalimentare possano prevalere anche in futuro.

Come dicevo prima, molto dipenderà dal destino della politica agricola comune. Io penso che occorra dire, oggi più che mai, che nessuna politica nazionale basta a se stessa dentro a questa sfida, e questo vale per noi come per gli olandesi, tanto per essere chiari. Penso che abbiamo bisogno di essere consapevoli che per dare fiato, ossigeno e respiro alle tantissime energie che abbiamo in questo settore - e qui il riferimento è, naturalmente, alle giovani generazioni, che stanno facendo agricoltura e agroalimentare nel nostro Paese con una capacità di innovazione straordinaria che altri si sognano - e per sostenere queste forze vive del Paese abbiamo bisogno, appunto, di un nuovo modello che accompagni queste energie e questo provvedimento in parte apre delle prospettive utili, perché cerca di fare e di compiere delle scelte che vanno nel senso giusto. Ecco perché lo sosteniamo con convinzione, nella consapevolezza che sia, come dicevo in apertura, un passo di un disegno che il nostro Paese si deve dare, un passo di un disegno strategico che il nostro Paese deve avere soprattutto oggi, soprattutto oggi che i fattori di competitività, anche di un settore come questo, stanno cambiando con l'evolvere del grande cambiamento post COVID-19 che noi stiamo misurando ovunque.

È interessante notare - ed è l'ultima riflessione che faccio -, è interessante, per noi, per me, notare che nella riorganizzazione delle catene del valore, che, naturalmente, dopo quello che è accaduto, saranno chiamate a una ristrutturazione organizzativa probabilmente più nel verso di accorciarsi e di rendersi anche territorialmente e geograficamente più limitate, è interessante notare, dicevo, come una delle prospettive di senso più significative che noi abbiamo per le mani è quella proprio di continuare a lavorare perché i fattori di distintività, ad esempio nel lavoro che abbiamo fatto in questi anni, nell'identificazione dell'origine della materia prima direttamente al cittadino consumatore con etichette trasparenti e percorsi chiari di riferimento ai cittadini, quell'elemento sta diventando sempre di più una delle vere leve che consentono a tante imprese di tornare a produrre qui, e di non farlo altrove.

C'è questa interessantissima ricerca, fatta in sede europea proprio poche settimane fa, che individua tra le ragioni fondamentali del ritorno in patria di tante imprese proprio questo elemento di competitività come una delle cause che portano, per fortuna, tante aziende a tornare a produrre in sede europea e in sede italiana piuttosto che altrove. Ecco, io penso che quando noi abbiamo di fronte dati del genere abbiamo di fronte una possibilità, una possibilità, che è quella di provare a costruire una nuova fase dove l'idea dei mercati aperti si può associare a un'idea di radicamento dell'esperienza agricola e agroalimentare italiana giocata su fattori di competitività legati proprio alle specificità dei nostri territori e alle nostre qualità.

Questo provvedimento, nel set di semplificazioni che propone, aiuta questo lavoro, deve aiutare questo lavoro. Io penso che una parte dei contenuti di questo provvedimento vanno nel senso giusto proprio perché se collego il particolare della norma al disegno strategico trovo un indirizzo giusto. Ecco perché lo sostengo. Poi - l'ho detto in partenza e, per onestà intellettuale, lo ribadisco - sono consapevole che la battaglia per la semplificazione in agricoltura non finisce qui e che questo è certo un passo, ma tra il fare questo passo e non farlo scelgo, senza ombra di dubbio, di compierlo, perché mi pare che sia questo l'indirizzo che le imprese agricole e il comparto agroalimentare italiano aspettano da tempo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Loss. Ne ha facoltà.

MARTINA LOSS (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, componenti del Governo, questa proposta di legge, che arriva oggi in Aula dopo un lungo percorso e che è dedicata interamente al mondo agricolo in moltissimi dei suoi segmenti, vuole essere un passaggio importante condiviso il più possibile dalla Commissione agricoltura della Camera. Questo percorso, che, ahimè, ha richiesto un po' di tempo, tuttavia ha consentito di poter integrare in una proposta iniziale anche molte delle proposte e dei suggerimenti arrivati non solo dalle forze politiche, ma anche dalle grandi associazioni di categoria. Significa che il passaggio di ascolto fatto dalla Commissione ha potuto consentire di produrre questo testo abbastanza equilibrato, che raccoglie molte delle istanze del settore stesso.

Infatti, l'importanza del poter raccogliere, per semplificare appunto la vita e il lavoro del mondo agricolo, le istanze proprio di quel mondo, sta a significare l'utilità del grande lavoro di ascolto fatto dalla Commissione. Posso ricordare in particolare il grande lavoro svolto anche dal gruppo Lega, affiancato agli altri con molte proposte che raccolgono il cuore di molti ambiti del settore agricolo e agroalimentare: il presidio dei territori, che è sempre parte della politica della Lega, la porta a comprendere molte esigenze dei settori dell'agricoltura, e quindi sono state presentate, sia in fase di stesura del testo base sia nella fase emendativa, molte richieste di buonsenso per alleggerire proprio quel carico burocratico che spesso sovrasta coltivatori e allevatori.

E quindi voglio citare in questa discussione generale alcune delle proposte che sono state presentate dalla Lega, e anche in affiancamento al gruppo di centrodestra, per spiegare in che modo semplificare la vita e il lavoro degli agricoltori riteniamo possa migliorare non solo la loro qualità di vita, ma anche la qualità delle loro attività e quindi delle produzioni, che ricade direttamente anche sul cittadino italiano. Stiamo quindi parlando di semplificazione, significa che nelle materie anche legate alle imposte per esempio è possibile trovare delle formule per dare delle agevolazioni fiscali, per esempio in materia di IMU, imposta di registro, esenzioni Irpef, anche ampliando i soggetti a cui sono destinate queste agevolazioni. Allo stesso modo anche le agevolazioni in materia di IMU sui terreni agricoli sono state inserite grazie anche alla volontà del gruppo della Lega.

Un altro settore importante su cui ci si è voluti concentrare è il settore dell'agriturismo, che, non dimentichiamo, raccoglie sia la fase produttiva che la fase di trasformazione di molti prodotti agricoli e la coniuga con l'esperienza del territorio e l'ambito importante del turismo. Questo per noi raccoglie le istanze di territori che come sappiamo in tutta Italia sono molto diversificati tra di loro, e quindi lo strumento e l'attività dell'agriturismo permettono proprio di interpretare la specificità e la diversità dei vari territori. Quindi un supporto e un sostegno alla multifunzionalità dell'agricoltura, che si coniuga attraverso l'agriturismo, ci permette di dare una maggiore valorizzazione ai territori, in particolare anche a quei piccoli soggetti che lavorano in ambiti magari rurali più difficili, ambiti di collina, ambiti di montagna, e che producono delle particolari varietà di ortaggi, frutta, vini che sono l'eccellenza dei nostri territori. Quindi per esempio una delle proposte della Lega ha consentito di inserire una semplificazione legata alla criticità che voleva che molti comuni equiparassero l'attività agrituristica a quella turistico-alberghiera, anche nella fase delle imposte, semplificando proprio perché l'agriturismo legato al mondo agricolo deve già adempiere a diverse dettagliate pratiche legate al mondo dell'agricoltura, e quindi può essere pertanto sgravato di altre fasi burocratiche che invece un semplice albergatore si trova a seguire con molta più facilità.

Allo stesso modo siamo intervenuti anche sull'indicazione del luogo di provenienza, non solo del prodotto agricolo ma anche agroalimentare, e del loro ingrediente primario, sempre nell'esercizio dell'attività agrituristica. Tornando proprio al discorso di valorizzazione del territorio, in questo modo l'etichetta stessa ci consente di dare quel valore, il riconoscimento del grande sforzo dell'agricoltore, e quindi dell'agriturismo, che mostra il valore e il potenziale del suo territorio.

Dispiace, invece, che non sia stato accolta la nostra proposta di emendamento su un accordo integrato di filiera. Infatti riteniamo che gli accordi di filiera siano una misura importante per la crescita del settore agricolo e agroalimentare e per il sostegno della competitività dei prodotti made in Italy. Infatti attraverso la disciplina dei contratti di filiera è possibile sostenere tutta una serie di piccoli soggetti che trovano la loro risposta commerciale attraverso i vari segmenti del mercato; e purtroppo non è stato accolta dalla Commissione la nostra proposta che consentiva, attraverso l'accordo imprenditoriale, quindi finalizzato a produrre, trasformare o commercializzare uno specifico prodotto attraverso un marchio nuovo o esistente. Il percorso di un prodotto attraverso la filiera consente di valorizzare fin dall'inizio, fin dalla prima produzione il percorso del nostro prodotto, e quindi l'espressione del nostro territorio. Per questo il sostegno pubblico a nostro parere poteva focalizzarsi concretamente su iniziative imprenditoriali strutturate, quindi che coinvolgessero i vari settori produttivi con il risultato di rafforzarli qualitativamente e quantitativamente anche.

Per questo ricordiamo sempre che l'agricoltura non ha solo una funzione produttiva o di diffusione del prodotto quindi commerciale: ha una funzione strettamente integrata con la realtà e l'identità di un territorio, proprio perché sappiamo che l'agricoltore e l'azienda agricola, l'azienda forestale, l'azienda agrituristica si prendono allo stesso tempo cura del territorio su cui la loro attività insiste: perché sono chiamati attraverso azioni come lo sfalcio dei prati, la cura delle strade rurali, la cura dei canali e quindi delle risorse idriche, sono chiamati a rispondere al territorio su cui lavorano e migliorano la qualità di vita dei cittadini che lì si trovano. Non solo: svolgono una funzione ambientale importante di valorizzazione e producono anche un aumento della qualità della vita e del paesaggio che è tanto caro al nostro turismo.

Alcuni interventi puntuali sono poi arrivati da parte della Lega sulla filiera del legno, in particolare con la proposta accolta di credito di imposta per l'acquisto di case in legno da filiera corta, ovvero la detrazione dell'imposta per la progettazione, realizzazione e installazione di case in legno prefabbricate. Ricordiamo che la filiera foresta-legno è un'altra filiera, a volte dimenticata dal mondo agricolo, ma fondamentale anche nel suo ruolo ambientale. Infatti l'uso sostenibile, la gestione sostenibile delle foreste è qui particolarmente valorizzata, perché con questo emendamento si parla sempre di case in legno prefabbricate prodotte con materie prime da filiera corta, quindi certificate con catena di custodia PEFC o FSC, che garantiscono la gestione sostenibile, ovvero che l'utilizzo della materia legno non è mai superiore alla produzione annua: quindi significa che non solo la risorsa legno si mantiene, ma anzi la rinnovazione delle piante, che segue l'utilizzazione, consente un migliore e più ampio accumulo dell'anidride carbonica, quindi un sostegno a livello ambientale dei nostri territori dato dalla filiera foresta-legno.

Allo stesso modo abbiamo anche introdotto un emendamento che prevede sgravi contributivi in favore delle aziende della filiera del legno sul reddito complessivo netto dichiarato dalle imprese, soprattutto quelle che hanno sede nelle zone montane e che provvedono alla gestione e manutenzione continua dei territori medesimi, valorizzando, come si diceva, le potenzialità produttive e socio-ambientali delle risorse forestali secondo un modello di sviluppo sostenibile.

Un altro punto importante per le nostre aziende, soprattutto per gli ambiti di montagna ma non solo, è l'emendamento che è stato accolto, sempre di proposta Lega, per l'ammodernamento delle macchine agricole e forestali, piccole motrici e aziende che non usufruiscono del PSR. Stiamo parlando anche di piccole realtà che operano sul territorio: sappiamo che soprattutto nelle zone di montagna la piccola azienda agricola costituisce un valore inestimabile, perché garantisce anche il presidio sociale; spesse volte sono aziende familiari, quindi il presidio significa mantenere non solo ben curato il territorio e impedire il sopravvenire non solo del fenomeno dell'abbandono, ma anche il sopravvenire di fenomeni di dissesto idrogeologico, ma consente di mantenere la vitalità delle comunità di montagna.

Ebbene, anche questa risorsa, ovvero il sostegno all'ammodernamento delle macchine agricole e forestali, prevede un effetto importante: infatti, la ristrutturazione, il ridimensionamento delle aziende del settore agricolo italiano hanno causato, sappiamo, una minore stabilità a fronte del reddito e quindi dell'occupazione del settore e l'ammodernamento, in questo caso, è fondamentale proprio perché in Italia l'età media del parco macchine, circa l'80 per cento sono inferiori come potenza ai 120 cavalli, supera ben oltre i vent'anni. Stiamo parlando quindi di un parco macchine agricole e forestali tra i più vecchi d'Europa, e questo significa estrema difficoltà anche da parte degli operatori del settore di poter disporre di macchine e attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni legislative più recenti in materia ambientale, di salute e di sicurezza. Quindi, per promuovere un diffuso e celere il processo di rinnovamento del parco macchine esistente, fondamentale anche per ridurre gli impatti delle lavorazioni agricole sull'ambiente, per tutelare la salute dei lavoratori e la loro sicurezza sul lavoro, nonché per accrescere l'efficienza e la produttività delle operazioni svolte, serve quindi a garantire un miglioramento globale e più sostenibile delle imprese. Chiediamo, quindi e abbiamo chiesto l'istituzione di un fondo proprio dedicato per l'ammodernamento delle macchine agricole e forestali. Questo fondo consentirà di contribuire all'acquisto di trattrici e macchine operatrici per l'uso agricolo e forestale, a beneficio degli imprenditori agricoli.

Ricordiamo che è politica condivisa, proprio per il - citato da molti colleghi che hanno parlato prima di me – Green New Deal, ovvero una politica che si riscopra sempre più rispettosa dell'ambiente e quindi di risparmio delle risorse e capacità di svolgere azioni in maniera oculata, che portino le attività produttive sempre a fianco delle politiche ambientali. Ebbene, questa è una di quelle importanti politiche. Infatti, il rinnovamento del parco macchine agricole e forestali va proprio nella direzione da un lato di forte sostegno ai settori produttivi primari e dall'altra alle politiche ambientali più recenti, che chiedono un risparmio dei consumi, soprattutto di risorse energetiche da fonti fossili, sostenendo piuttosto un passaggio verso le fonti rinnovabili.

Quello che ci dispiace invece è che, a fianco di questa misura, sia stata invece completamente sospesa, con l'abrogazione dell'articolo 15, sul fotofinish dell'approvazione in Commissione, la nostra richiesta di soppressione delle disposizioni SAD. Sono delle misure che riteniamo, invece di essere propositive e costruttive, come quella appena citata, di ammodernare il parco per la meccanizzazione delle pratiche agricole e forestali, siano per il momento solo delle misure punitive, che per l'agricoltura, che ne riguarda solo una minima parte, per l'agricoltura non producono quel risultato sperato come, invece, una misura incentivante come quella proposta dalla Lega.

Ricordiamo anche altre proposte di emendamento che sono state accolte nel testo che verrà esaminato dall'Aula, come la proposta a prima firma Guidesi sui mutui per i giovani, che prevede di estendere all'intero territorio nazionale l'applicazione della misura agevolativa, che cumula i mutui a tasso agevolato e i contributi a fondo perduto, che attualmente era prevista per le sole regioni del Mezzogiorno. Grazie all'azione dell'ISMEA, questa iniziativa non ha ricadute sul bilancio dello Stato. Poi, affrontiamo alcuni specifici interventi; in particolare, ci tengo a ritorna a ricordare, a mia prima firma, la proposta inserita della riduzione dell'IVA dal 22 al 10 per cento per il servizio di impollinazione offerto dal settore apistico. Ricordiamo che il valore economico generato dalle api nel mondo agricolo è di gran lunga superiore alla produzione mera dei prodotti ovvero del miele e dei derivati. Infatti, il servizio di impollinazione, ovvero la capacità delle api di poter attivare la fase produttiva, soprattutto nella frutticoltura, grazie all'impollinazione, rappresenta spesso una grande fonte di reddito, se non la prima per gli apicoltori, seguito poi appunto dalla vendita del miele e dagli altri prodotti apistici. Tra gli apicoltori professionisti, la vendita del miele rappresenta, invece, la principale fonte di reddito e solo il 31 per cento di loro pratica il servizio di impollinazione, ma il servizio che, attraverso l'impollinazione, l'apicoltore dà all'intero mondo agricolo, deve essere non solo valorizzato, ma anche tutelato proteggendo allo stesso modo anche le api. Sappiamo che un'elevata aliquota su questo tipo di servizio, fondamentale, basilare per l'agricoltura, rischia di mettere in difficoltà l'apicoltore, che non trova remunerativo questo tipo di servizio, producendo cosa? Una vendita di arnie al frutticoltore, all'agricoltore per fornire questo tipo di servizio, abbandonandole, di fatto, al loro destino, tanto che molte volte, purtroppo, anche in zone non solo marginali, ma anche in zone importanti produttive, si è avuto il triste fenomeno delle cosiddette api a perdere: vuol dire che le arnie una volta utilizzate per l'impollinazione venivano abbandonate o addirittura distrutte, bruciate addirittura. Questa è un una strage ingiustificata di api e quindi di un patrimonio non solo genetico, ma di un patrimonio di animali che sono tra i più preziosi per il nostro pianeta in questo momento. Quindi, con un semplice abbassamento dell'aliquota dal 22 al 10 per cento, il servizio di impollinazione torna a essere accessibile e onestamente, dignitosamente remunerativo per l'apicoltore e, allo stesso modo, tutela il mondo, delicatissimo e importante, delle api. Quindi, una proposta accolta di cui siamo particolarmente orgogliosi. Importanti anche altre misure, che riguardano la piccola e piccolissima azienda agricola, come per esempio l'applicazione della non obbligatorietà del titolo di conduzione per i terreni agricoli con particelle fondiarie inferiori ai 5 mila metri: sappiamo che, soprattutto nelle zone dei comuni montani, le zone di montagna, capita che ci siano delle piccole coltivazioni anche a conduzione familiare o con terreni dati in comodato, con superfici inferiori ai 5 mila metri, ma lo stesso danno valore, danno presidio, danno cura al territorio e quindi vanno valorizzati, dando la massima agevolazione. Quindi, in questo frangente di semplificazione anche questo è stato accolto.

Ricordiamo, infine, anche il sostegno ai contratti di filiera per il mais e il grano duro: è un argomento che abbiamo affrontato l'anno scorso con delle importanti mozioni approvate dall'Aula proprio sulla filiera cerealicola, fondamentale nel nostro Paese. Ricordiamo che anche nelle zone di montagna il mais è ancora una risorsa e ha bisogno, come fatto in passato per la filiera del grano duro, di un pagamento a ettaro per le superfici agricole coltivate a mais e incluse in un contratto di filiera almeno triennale. Quindi, ricordiamo ancora una volta l'importanza della filiera, dei contratti di filiera per la valorizzazione del prodotto, la programmazione dell'approvvigionamento e quindi l'agevolazione nella trasformazione e nella commercializzazione, che arriva attraverso la filiera come diretto supporto a chi presidia il territorio e quindi garantisce la qualità di vita nella nostra montagna.

Ricordiamo anche un importante intervento, sempre richiesto dalla Lega, sulla ricomposizione fondiaria: si accennava prima alla frammentazione che spesso caratterizza i fondi coltivati, soprattutto nelle zone di montagna. Ebbene, uno spunto del dato dalla proposta della Lega, un progetto di legge a firma Parolo, che è stato qui inserito in parte, è quello di agevolare e semplificare la ricomposizione fondiaria, soprattutto negli assi ereditari in favore dei discendenti o procedura agevolata basata sul consenso ovviamente sottoscritto dalle parti, in caso di acquisto da parte di eredi considerati affittuari e anche procedure semplificate in caso di eventuali proprietari o comproprietari deceduti o non più rintracciabili, quindi la presenza di terreni cosiddetti silenti, ovvero dove la proprietà è anche difficile da essere riconosciuta o rintracciata.

Questo, assieme alla riduzione e l'esenzione delle imposte di registro, catastali e ipotecarie, semplifica il processo di riaccorpamento fondiario che può consentire anche, come accade anche oggi in montagna, a giovani agricoltori di recuperare terreni agricoli frammentati, parcellizzati, polverizzati nella dimensione della particella e ricostituire delle nuove aziende, che possono dare nuovo vigore al settore agricolo, soprattutto nelle zone di montagna. Ricordiamo infine alcune misure respinte: purtroppo, non tutto è stato accolto. Ricordiamo una misura urgente che era stata richiesta per i centri autorizzati di assistenza agricola, i CAA. Tra l'altro, possiamo ricordare che i CAA sono ancora in bilico su una riforma della convenzione proposta, sulla quale il Ministero sta ancora attendendo a pronunciarsi e stiamo aspettando le risposte per il settore dei liberi professionisti che lavorano all'interno dei CAA, che sono una struttura fondamentale intermedia di servizio al mondo agricolo e che devono per questo essere valorizzati al massimo.

Ricordiamo, infine, l'importanza di quello che manca, come si diceva. Il testo che arriva oggi in Aula, nato per portare soluzioni utili e di buon senso al settore dell'agricoltura in molti dei suoi segmenti, ha subito tuttavia un estremo rallentamento nel suo sviluppo e crescita, tale da richiedere due anni di tempo tra la creazione del testo base, il passaggio in Commissione fino ad arrivare in Aula. Ciò sorprende dato che si doveva approvare in velocità, proprio perché sono misure che spesso sono proprio urgenti per il settore dell'agricoltura. Ebbene, purtroppo, posizioni ideologiche hanno fermato più volte il testo che doveva peraltro condividere anche l'importante settore della gestione della fauna selvatica. I tentativi che sono stati fatti di recuperare questa parte, che è stata stralciata, sono stati annullati dalla volontà anche della nuova maggioranza che ha portato a un testo base finale senza questo importante contributo, nonostante le proteste della Lega e del centrodestra, ma anche le proteste degli stessi agricoltori che sappiamo che negli ultimi anni hanno manifestato più volte, anche qui davanti a Montecitorio, il loro disappunto per la mancata politica dedicata alla gestione adatta della fauna selvatica, che consenta di tutelare il mondo agricolo e disciplinare, una volta per tutte, la capacità degli enti locali anche di poter dare la corretta gestione e il controllo della fauna selvatica per garantire la qualità delle produzioni agricole e, quindi, la tutela degli agricoltori. Quindi, il disappunto per l'estremo ritardo che ricade, ahimè, sul mondo agricolo porta a far vedere come non siamo stati capaci, forse noi nel nostro percorso di Commissione - c'è stata questa volontà soprattutto da parte dell'attuale maggioranza -, di semplificare questo passaggio con una scelta di buonsenso e dando una risposta chiara a una esigenza espressa molte e più volte. In fin dei conti ricordiamo che il danno che spesse volte viene fatto dalla fauna selvatica non è solo un danno alla produzione, non è solo un danno all'agricoltura: è un danno anche ambientale, di danneggiamento dei territori e, quindi, c'è bisogno che con un percorso quanto prima, quanto possibile accelerato siano prodotte anche risposte sotto questo punto di vista. Sappiamo che gli altri due settori, la pesca e il florovivaismo, hanno i loro percorsi separati e che quindi arriveranno, auspicando il meglio, quanto più velocemente anche essi in Aula e quindi la Commissione, al completamento di queste quattro parti, potrà dire veramente di aver compiuto un lavoro. Fintanto non sarà così, soprattutto per la parte dedicata alla fauna selvatica, comunque guardiamo al lato positivo di quanto è stato raccolto fino adesso e quanto potremo dare di buono con l'approvazione in Aula del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gadda. Ne ha facoltà.

MARIA CHIARA GADDA (IV). Grazie, Presidente. I cittadini e le imprese oggi più che mai chiedono semplificazione. È una parola che si usa spesso, talvolta facile a dirsi, molto più difficile a farsi. In questo Parlamento, sappiamo molto bene quanto sia complesso il processo di riforma perché la semplificazione presuppone una visione d'insieme, presuppone una prospettiva e, come è stato ricordato anche questa mattina ma soprattutto come è sotto i nostri occhi, la situazione in cui versa la nostra agricoltura, il nostro agroalimentare italiano ha bisogno di stabilità ma soprattutto di una strategia. La Ministra Bellanova ricorda sempre quanto sia necessario per l'agricoltura italiana intercettare anche le nuove sfide, i nuovi obiettivi che si pongono davanti a noi rispetto all'innovazione, rispetto alla sostenibilità, rispetto al ricambio generazionale, che è un altro punto su cui ci si confronta troppo poco anche in questo Parlamento, e non soltanto in agricoltura ma anche in tutti gli altri settori produttivi trainanti per la nostra economia. Rispetto al tema della sostenibilità, credo sia giusto ribadire questa mattina quanto l'agricoltura sia un attore primario in questo percorso, un attore da sostenere ed accompagnare e non da vedere come un interlocutore negativo e quindi tutto il dibattito esistente nel nostro Paese ma, meno male, anche all'interno del dibattito europeo sul tema dei sussidi ambientalmente dannosi ma soprattutto sul tema della sostenibilità deve vedere i nostri agricoltori presi per mano e accompagnati in questo percorso di transizione che dovrà essere appunto completato anche con il pacchetto, con tutte le misure previste dal Green New Deal, che è un'opportunità che oggi deve essere assolutamente colta per la nostra agricoltura ma anche per il benessere e la coesione sociale delle nostre comunità.

Come è stato ricordato questa mattina, il percorso di semplificazione è un mosaico fatto da tanti tasselli e la proposta di legge in esame si inserisce in un quadro assai più complesso: è un passo necessario e fondamentale da mettere in atto per progredire nella direzione della semplificazione, che si fa e si persegue con misure puntuali, come inserito nella proposta di legge, ma appunto, come ricordavo prima, anche attraverso una strategia, attraverso politiche di filiera ad esempio. Infatti, chi di noi si confronta su questi temi da tempo sa quanto siano fondamentali le politiche di filiera e le politiche settoriali per rispondere in modo adeguato alle nuove richieste dell'agricoltura e per rispondere anche alle fragilità mai risolte del nostro sistema. Quindi, questo percorso è fatto da una proposta di legge, sicuramente da tutte le misure che nel periodo emergenziale, grazie alla Ministra Bellanova ma grazie anche all'impegno del Parlamento, sono state messe in campo per rispondere in modo efficiente ed efficace ad alcuni nodi che impedivano, ad esempio, l'erogazione delle risorse e poi appunto il percorso nei confronti del quale il Parlamento sarà chiamato ad esprimersi rispetto al “decreto Semplificazioni” e le politiche di filiera perché questo percorso, avviato già dalla scorsa legislatura, non può che continuare.

Il relatore nel suo intervento ha elencato i diversi provvedimenti, le diverse misure inserite nella proposta di legge sulle quali non mi dilungherò. Credo sia utile indicare quanto la proposta di legge intervenga su diversi ambiti: sotto il profilo civilistico, tributario, fiscale, in materia di lavoro e vorrei utilizzare soltanto un esempio, uno degli articoli su cui tutti i gruppi parlamentari hanno lavorato, come è stato detto anche questa mattina. Io non credo sia utile per l'agricoltura mettere bandierine, dare dei nomi e cognomi agli emendamenti ma credo che davvero il provvedimento, così come i tanti provvedimenti che la Commissione agricoltura analizza, sia davvero il frutto di un lavoro corale, di una discussione, di un percorso di ascolto anche degli attori primari del mondo agricolo. Per esempio, c'è un articolo che riguarda la razionalizzazione e la ricomposizione dei fondi agricoli e il riordino delle proprietà frammentate nei territori montani. Tale articolo è indicativo rispetto al percorso che noi dobbiamo far fare alla nostra agricoltura: troppa frammentazione, troppa disgregazione non ha fatto bene alla nostra agricoltura.

Quindi, in un periodo emergenziale come questo, se vogliamo davvero rilanciare le nostre produzioni, dobbiamo andare verso una sempre maggiore strutturazione della nostra agricoltura anche con particolare riferimento e rispetto a quelle produzioni tipiche di qualità che sono caratteristiche anche dei nostri territori montani e delle aree di confine, delle aree interne. Ciò perché, da questo punto di vista, credo che l'emergenza sanitaria abbia messo in luce sicuramente le potenzialità del nostro sistema, sicuramente il fatto che i nostri settori produttivi sono assolutamente interconnessi tra di loro. Abbiamo visto molto bene cosa significa fermare intere filiere, quanto queste filiere siano interconnesse e quanto gli effetti dell'emergenza sanitaria si stiano vedendo anche in questo momento e si vedranno nei prossimi mesi, ad esempio, quanto la chiusura e il rallentamento del turismo o del settore Horeca, il mondo degli hotel, dei ristoranti, dei grandi eventi, abbia un impatto molto forte sulla nostra agricoltura, soprattutto sull'agricoltura di qualità, su quei prodotti trainanti anche nelle nostre esportazioni. Quindi, da questo punto di vista, credo sia utile ricordare in quest'Aula il percorso già fatto nei decreti emergenziali su alcuni punti: rendere strutturale e sostenere il nostro comparto agricolo vuol dire consentire un più semplice accesso al credito, ad esempio. La fiscalità agricola noi sappiamo molto bene quanto sia differente dagli altri comparti, e da questo punto di vista, proprio nelle scorse settimane e nel “decreto Rilancio” che è appena stato approvato sono stati inseriti degli strumenti antichi, oserei dire, ma riconnessi con la modernità, per esempio lo strumento della cambiale agraria, che ha consentito a tante imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura di accedere più facilmente a forme di accesso al credito. Così come credo sia fondamentale perseguire la linea dell'estrema semplificazione di tutti quegli adempimenti che non consentono ai pagamenti di arrivare in tempi equi, in tempi corretti. Quindi, da questo punto di vista, anche la scelta di semplificare il sistema dei controlli per far sì che l'erogazione degli anticipi possa arrivare più in fretta, credo sia il percorso giusto messo in atto e che deve essere continuato e perseguito. E il “decreto Semplificazioni”, su cui il Parlamento si confronterà nelle prossime settimane, sarà un'ulteriore sfida, sarà un ulteriore banco di prova soprattutto per capire come ulteriormente semplificare le procedure per l'erogazione delle risorse pubbliche in agricoltura, per dare continuità, ma soprattutto per semplificare e modernizzare le attività amministrative e semplificare tutto quel sistema di controlli che, da un lato, è la caratteristica primaria del nostro made in Italy del nostro agroalimentare, perché il nostro agroalimentare è riconosciuto e forte nel mondo proprio per l'elevata qualità dei nostri controlli, ma questo non significa che quel percorso non possa essere assolutamente semplificato. E poi le politiche di filiera, perché nella scorsa legislatura avere messo in campo misure mirate per mirati comparti, per mirati settori, ha significato entrare nel merito di singoli e specifici adempimenti, il Testo unico sul vino è un esempio.

Ben venga l'ulteriore passo in avanti che si fa con questa proposta di legge, perché le leggi non sono mai immutabili, cambiano con la sperimentazione, cambiano con la pratica, cambiano con il dibattito che si fa in Parlamento. Ma poi ci sono anche proposte di legge e leggi che sono diventate organiche che vanno ad intervenire su singoli comparti. Penso, nella scorsa legislatura, a temi di cui si parla poco, come l'agricoltura sociale, ad esempio, che ha riordinato e reso strutturale un comparto, e su cui si deve continuare a lavorare, proprio per dare delle gambe più solide in questo percorso; o proposte di legge che sono state approvate già in questa Camera e che attendono l'approvazione al Senato, come la proposta di legge, a mia prima firma, sul comparto del biologico. Presentare proposte di quel tipo significa riconoscere, ad esempio, se parliamo di biologico, che quel comparto rappresenta un qualcosa nella nostra economia, rappresenta un settore trainante di crescita che ha bisogno di passare dalla fase iniziale a una fase di maturità. I numeri, la propensione dei cittadini rispetto ai temi della sostenibilità ci devono dire che quel percorso deve essere sostenuto anche con proposte di legge mirate.

Allo stesso modo, la proposta di legge che ho appena depositato, che sta iniziando il suo percorso in Commissione agricoltura, sull'ippicoltura, la filiera legata al cavallo, agli equidi, che in questo periodo di emergenza sanitaria ha subìto fortemente il contraccolpo, perché, come è stato ricordato questa mattina, l'agricoltura ha, più di altri settori, la caratteristica della multifunzionalità, quindi l'interruzione di alcuni servizi, l'interruzione di alcune attività, anche rispetto all'inclusione sociale, rispetto alla presenza dell'agricoltura in termini di servizi accessori sul territorio, ha comportato una grande difficoltà per questi comparti, che devono essere sostenuti e accompagnati in questo percorso. La parola semplificazione si accompagna a un'altra parola, che è la parola burocrazia. Io credo che in quest'Aula dovremmo chiederci che cosa significa quella parola. Burocrazia è una richiesta ridondante, che si lega poi a un altro concetto: noi dobbiamo chiederci quanto debba cambiare, quanto debba migliorare il rapporto tra pubblico e privato, perché la richiesta diventa ridondante e perché quella richiesta è ridondante nell'attribuzione delle responsabilità. Quindi, avere una visione organica, una visione strutturale significa capire come si distribuisce la responsabilità anche nel rapporto tra pubblico e privato. Noi dobbiamo insieme fare un percorso, non più prorogabile, di eliminazione dei colli di bottiglia, e in questo percorso si inserisce, ad esempio, il Piano shock che Italia Viva propone da tanti mesi, e che, da questo punto di vista, credo che finalmente potrà impegnare nel dibattito anche questo Parlamento, perché eliminare i colli di bottiglia significa capire quali sono le nostre priorità. E l'agricoltura è chiamata anche in questo percorso, perché le infrastrutture irrigue, le infrastrutture legate appunto alla sfida della sostenibilità e alla sfida che il mondo agricolo deve affrontare sono assolutamente fondamentali per questo Paese. Servono le infrastrutture, serve farle in tempi rapidi, servono anche tutte quelle opere di manutenzione del territorio in cui gli agricoltori possono essere chiamati come attori principali, come compagni in questo percorso assolutamente di risposta a questa sfida epocale cui siamo accompagnati.

Lo stesso vale per la digitalizzazione e la dematerializzazione. Questa proposta di legge include alcune proposte che il mio gruppo, il gruppo di Italia Viva, sostiene, ma, anche da questo punto di vista, la digitalizzazione deve essere accompagnata sempre a una revisione dei processi, non basta trasporre la carta in digitale, bisogna ripensare appunto il rapporto tra pubblico e privato, perché, da questo punto di vista, ne miglioriamo tutti in trasparenza, in semplificazione degli adempimenti, in efficacia, e credo che in questo momento storico sia questa la vera sfida che il nostro Parlamento, ma soprattutto la politica deve affrontare per ridare fiducia ai cittadini, perché oggi abbiamo bisogno di fiducia, e la fiducia si costruisce anche con il tassello della semplificazione (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caon. Ne ha facoltà.

ROBERTO CAON (FI). Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Forza Italia dovrebbe avere più di un motivo di soddisfazione per l'approdo in Aula di questo provvedimento, che ha iniziato il suo iter in Commissione oltre un anno e mezzo fa, sulla base di un testo presentato dal presidente della Commissione agricoltura, Gallinella, e sottoscritto dai parlamentari di tutti i gruppi. Nel corso dell'iter, in questo testo si sono raccolte le istanze di diverse proposte di legge, ma soprattutto le numerose proposte del mondo agricolo che non hanno trovato posto nelle leggi di bilancio o nei decreti per il rilancio dell'economia a seguito dell'epidemia di COVID-19. Dicevo che Forza Italia dovrebbe avere motivo di soddisfazione, in quanto l'attività del gruppo in sede di Commissione è stata coronata da un discreto successo, con numerosi emendamenti approvati così come presentati o riformulati o assorbiti da emendamenti approvati. E non si tratta di norme di poco conto: tra le proposte di Forza Italia entrate nel testo ci sono: le norme per il sostegno degli agricoltori, gli incentivi per l'aggregazione delle imprese agricole, la cessione della produzione agricola nel contratto di rete, le modifiche alla legge sul vino in tema di miglioramento della qualità dei DOC e DOCG.

Vi sono poi le norme sul trattamento fiscale del mirto e dell'orzo, gli incentivi alle plurime attività delle imprese agricole nei piccoli comuni, la proposta per il rinnovamento sostenibile delle macchine agricole, sia pure fortemente depotenziata, che va collegata con la proposta sul controllo delle macchine stesse, contenuta nell'articolo 19, il “bonus verde” esteso alla realizzazione di cisterne per la raccolta dell'acqua piovana, la trasparenza delle materie prime che compongono la lista delle vivande degli esercizi di somministrazione, una norma in materia di tracciabilità, che ha ottenuto il plauso della Commissione delle politiche dell'Unione europea. La stessa norma di delega, prevista dall'articolo 53, per la razionalizzazione e la ricomposizione dei fondi agricoli ed il riordino delle proprietà frammentate nei territori montani non fa che riprendere, depotenziandoli, i contenuti della proposta di legge n. 2204 del nostro collega di gruppo D'Ettore, firmata anche dai componenti della Commissione Agricoltura di Forza Italia, per la definizione del compendio unico in agricoltura, la ricomposizione dei fondi agricoli e il recupero dei terreni incolti. A questo proposito, presenteremo un emendamento per dare nuovo corpo ai contenuti dell'articolo 53, in quanto nel testo in discussione non si affronta uno dei temi centrali dello smembramento delle aziende agricole, e cioè l'impossibilità di mantenere l'integrità aziendale a fronte di più coeredi aventi diritto a una quota dell'azienda, i cui diritti non possono essere oltremodo prevaricati, per decisione ovvia della Corte costituzionale. La dottrina giuridica ritiene che tale scoglio possa essere superato riducendo i costi di trasferimento e prevedendo mutui agevolati in favore dell'erede che rileva l'azienda, in modo che gli sia consentito di tacitare le pretese dei coeredi. Intendiamo quindi integrare l'articolo 53 con quest'ultimo aspetto e cioè sostenere il passaggio generazionale tramite mutui agevolati, tenendo ben presente che è la stessa Unione europea a consentirci questo tipo di azioni, tramite la raccomandazione della Commissione 94/1069/CE del 7 dicembre 1994 sulla successione nelle piccole e medie imprese e, quindi, questa operazione può essere finanziata tramite le risorse dell'Unione europea.

Tra gli altri emendamenti che il gruppo intende presentare al testo per l'Aula, grande rilievo hanno quelli ambientali. Il primo è in materia di macchine agricole: la norma proposta all'articolo 38 del testo in esame, sotto forma di delega al Governo, è assolutamente insufficiente ad affrontare le diverse problematiche. È noto che l'agricoltura è uno degli imputati per le emissioni di CO2, di polveri sottili, e le accuse nei confronti del settore agricolo sono riesplose nel corso dell'epidemia da COVID-19. Sono in realtà ingiustificati secondo i dati dell'ISPRA: in Italia l'agricoltura rappresenta il 7,2 per cento di tutte le emissioni di gas serra a livello nazionale, con 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti (di cui l'80 per cento da fonte zootecnia), contro i 76 milioni di tonnellate della Francia, i 66 della Germania, i 39 della Spagna e i 41 del Regno Unito. Per quanto riguarda le emissioni di polveri sottili, solo l'11,8 per cento proviene dall'insieme di agricoltura e allevamento. La pandemia ha reso evidente la necessità di ammodernare un parco macchine da 1,5 milioni di trattori, con un'età media di 25 anni, senza considerare i consumi molto più bassi: un trattore di ultima generazione emette l'80 per cento in meno di polveri sottili rispetto a un modello degli anni Novanta. Il settore delle macchine agricole vanta una leadership a livello mondiale, con una produzione orientata prevalentemente all'export: si registra un fatturato nel 2018 di 7,9 miliardi, che arriva a 11,4 se si aggiungono componentistica e giardinaggio. Ma solo una piccola parte della produzione viene venduta nel territorio nazionale. Tuttavia l'emergenza COVID-19 ha colpito un settore già in crisi, dunque abbiamo presentato un emendamento che trasforma la delega dell'articolo 38 in una norma dispositiva, finanziando la rottamazione di trattori con una quota di 15 milioni annui dal Fondo Green New Deal previsto dalla legge di bilancio del 2020. La nostra proposta a misura viene estesa alle imprese agromeccaniche, cioè ai contoterzisti, che operano con proprie macchine su richiesta delle imprese agricole; si tratta di 18 mila imprese operanti in Italia, che pur rappresentando un numero esiguo nel panorama delle imprese che operano in agricoltura e pur essendo appena l'1 per cento di clienti del mercato delle macchine agricole, ne determinano il 30 per cento del fatturato. Dunque, un unico emendamento, una doppia valenza positiva: riduzione degli impatti ambientali e rilancio di un settore produttivo nazionale.

L'altro emendamento ambientale riguarda le emissioni degli allevamenti; riproponiamo, quindi, l'emendamento che era stato inizialmente accantonato, per la riformulazione e il rilancio, e che poi non si è riusciti ad approvare. In esso si proponeva l'avvio di una sperimentazione per somministrare uno specifico integratore agli animali che si trova negli allevamenti assieme ai mangimi; secondo le sperimentazioni effettuate, tali prodotti hanno particolare efficienza nella riduzione delle emissioni gassose (odori e ammoniaca), e dei nitrati nelle acque, con conseguenze migliorative dell'impatto ambientale e della zootecnia.

Un secondo gruppo di emendamenti importanti riguarda il controllo della fauna selvatica: si tratta di una delle ipotesi condivise, che avevano consentito la firma di tutti i gruppi sul disegno di legge presentato dal presidente Gallinella. L'assenza delle disposizioni su questa tematica, più volte concordate in sede di Commissione, rappresenta un fatto molto grave. Secondo Coldiretti, ogni cento ettari di territorio, si registra la presenza di almeno 20 cinghiali, che aumentano ancora più se consideriamo la superficie agricola forestale, tanto che si conta un ungulato per ogni pecora negli allevamenti, quattro per ogni maiale e sei per ciascun bovino, ma sono diventati un problema anche i lupi e i cervi. La pervasività della fauna selvatica comporta l'aumento dei rischi che talune patologie compiano il salto di specie, a cominciare dagli enormi rischi relativi allo svilupparsi anche nel nostro Paese della peste suina che sta flagellando la Cina. A seguito della decisione di dare parere contrario a tutte le proposte per il controllo della fauna selvatica, nella seduta del 25 giugno, il gruppo di Forza Italia ha abbandonato, assieme agli altri gruppi di centrodestra, i lavori di Commissione. Le proposte relative a tale tematica avevano raccolto le richieste pressoché unanimi avanzate dalle varie organizzazioni agricole, alla luce dei notevoli danni che l'assenza di misure in materia sta arrecando agli agricoltori e agli allevatori. Forza Italia ha ritenuto questa posizione, adottata dalla maggioranza, come una sconfitta del Parlamento, che, da un lato, accresce le distanze tra istituzioni, cittadini e imprese, dall'altro, denota l'evidente cedimento alle posizioni più estremiste dell'ambientalismo. Il gruppo pertanto non ha partecipato al voto finale in Commissione e condiziona il proprio voto qui in Aula alla presenza o meno di queste proposte. Un ulteriore elemento di perplessità, che necessariamente il gruppo di Forza Italia deve sollevare, consiste nel fatto che rilevanti aspetti problematici sono stati sollevati dalla Commissione Bilancio - ben 13 pagine di rilievi - in forza delle numerose norme onerose inserite nel testo, in relazione alle quali, è stata richiesta una relazione tecnica alla Ragioneria generale dello Stato. La maggioranza ha tuttavia deciso che il provvedimento andasse in Aula senza il parere di detta Commissione. Il rischio è dunque che numerose norme potrebbero essere espunte in forza di un parere negativo della Ragioneria. Concludo osservando che molte delle norme inserite nel testo hanno natura emergenziale, tuttavia l'atto, per la sua natura di proposta di legge, sarà esaminato compiutamente dal Senato in un iter che si prolungherà presumibilmente per diversi mesi, per poi tornare alla Camera ai fini dell'approvazione definitiva. Sarebbe pertanto auspicabile che le norme di maggior rilievo di questo testo siano trasfuse in un decreto-legge, ai fini di una loro sollecita applicazione, prassi già intervenuta ad esempio con il disegno di legge di semplificazione fiscale. Per ora, il “Collegato agricolo” è una pagina bianca: l'agricoltura italiana, un tempo Cenerentola tra le attività produttive, sta diventando sempre più importante sia in termini di prodotto nazionale lordo, che di export, che di sicurezza alimentare. Nella sua audizione del 9 novembre 2019 sulle linee programmatiche, la Ministra ha dichiarato che l'agroalimentare italiano vale 219 miliardi, compresa la ristorazione, che fa il 14 per cento del PIL. Tra il 2013 e il 2018 il numero degli occupati in agricoltura ed industria alimentare è passato da 980 mila a 1.400.000, di cui 917.000 in agricoltura e 486.000 nel settore della trasformazione.

Le esportazioni agroalimentari dal 2008 al 2019 sono salite da 23,6 miliardi a 41,8 miliardi di euro, con un aumento record del 47,8 per cento. Ci attendiamo, dunque, che il Governo tenga questo settore nella considerazione che merita; ci attendiamo che faccia quello che va fatto e lo faccia subito perché la crisi del COVID-19 ha evidenziato e amplificato molte delle criticità esistenti. Il nostro voto finale su questo provvedimento sarà condizionato non solo ai contenuti, ma anche ai tempi di attuazione (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Viviani. Ne ha facoltà.

LORENZO VIVIANI (LEGA). Grazie, Presidente. Approfitto in coda di questa discussione sulle linee generali su questo importante provvedimento per fare alcune osservazioni e sfruttare il fatto che comunque già la mia collega Loss ha condotto sicuramente una disamina del provvedimento molto approfondita; soprattutto approfondita per i temi che sono stati inseriti dalla Lega in questo provvedimento, ben sedici articoli, alcuni condivisi anche con alcune forze politiche, che vanno verso la semplificazione del settore agricolo, vanno verso quelle facilitazioni che, fatemi dire, decantiamo tutti dalla mattina alla sera nei nostri spot, slogan, comizi, ma raramente si trovano e si riescono a portare a termine in un iter legislativo, soprattutto di carattere parlamentare.

Qua devo dire che la Commissione ha lavorato molto bene, la XIII Commissione; almeno ha iniziato un lavoro certamente importante. Ricordiamo che questo provvedimento viene da lontano, viene da inizio legislatura; un provvedimento che ha visto inserite tutte le firme dei gruppi, tutte le firme dei membri della Commissione agricoltura, quindi di tutti i partiti, che avevano inserito il loro apporto, avevano messo un loro articolo all'interno di questo PdL, che prende come prima firma il nome del presidente della Commissione Gallinella. Si è condotto un dibattito su questo progetto di legge, si è arrivati, molte volte, devo dire la verità, in fase iniziale, anche a dei compromessi, perché abbiamo due temi molto grossi che sono stati espunti da questo provvedimento come la parte riguardante la pesca, perché c'è un provvedimento che comunque ha finito il suo iter alla Commissione, sono stati già presentati emendamenti e speriamo di vederlo al più presto in Aula, anche se, diciamoci la verità, dobbiamo darci veramente un'accelerata, perché, oltre ad essere stato già approvato nella scorsa legislatura, non uguale a questo, che naturalmente è stato modificato per quanto riguarda l'ittico, però è un provvedimento che giace ormai nell'attività parlamentare della Commissione agricoltura da tanto tempo. Ci sono state delle importanti modifiche. Ci sono state, ad esempio, delle parti che sono state già presentate all'interno dei decreti, come diceva bene qualcuno prima di me - ad esempio, nel decreto emergenza abbiamo già sanato tutta quella parte riguardante il caro sanzioni per il mondo della pesca - però ha bisogno di arrivare in Aula, perché è da troppo tempo che, come dicevamo, è in stop all'interno della Commissione agricoltura.

D'altra parte, l'altro tema molto importante è quello legato al florovivaismo. In questo caso diciamo che la velocità, e quindi il fatto che questo provvedimento debba arrivare in Aula affiancato, subito dopo questo sulle semplificazioni, è dato da il fatto che il florovivaismo purtroppo è stato uno di quei settori che è stato più colpito da questa emergenza COVID-19; ha visto completamente il fatturato azzerarsi, molte volte sostenendo dei costi aggiuntivi rispetto a un settore agroalimentare che, con anche la sua opera, fatemi dire, eroica, è riuscito a mantenere il sostentamento alimentare, comunque è riuscito a lavorare. Il florovivaismo, invece, ha avuto uno stop completo, e quindi è molto importante portare questo provvedimento, che quando è nato non era di carattere emergenziale, ma deve vedere la luce il prima possibile, proprio per dare quella svolta anche a questo settore, che merita soprattutto dopo questa emergenza COVID-19.

Quindi, sedici articoli presentati dalla Lega, alcuni molto importanti, alcuni di settore, alcuni più generali, ma che vanno verso la visione di semplificare e di agevolare il mondo dell'agricoltura. Uno che è stato condiviso con altre forze politiche è la rottamazione, cioè il fatto di fare veramente una svolta green da quel punto di vista, cioè cercare di vedere chi è fuori dai fondi europei, cercare di ammodernare il lavoro dei nostri agricoltori, portandoli a inquinare di meno.

Dispiace che dall'altra parte, come ha sottolineato la collega Loss prima di me, un emendamento della Lega che era stato votato, era stato approvato dalla Commissione agricoltura, perché penso che in Commissione agricoltura, in maniera pragmatica, la pensiamo quasi tutti nella solita direzione su questo tema, era quello di espungere dalla parte dei sussidi ambientalmente dannosi - la commissione che è stata istituita a febbraio con la legge di bilancio scorsa dovrà dare un parere sui sussidi ambientalmente dannosi - tutta la parte che riguardava l'agricoltura. Il motivo di questo è perché prima di tutto noi non pensiamo che ci siano sussidi ambientali dannosi che derivino dal mondo agricolo, ma soprattutto che derivino in maniera diretta dal mondo agricolo, perché molti che vengono citati, ad esempio, nella tabella del Ministero dell'Ambiente sono sussidi ambientalmente dannosi in modo indiretto. Fra alcuni c'è, ad esempio, il gasolio agricolo, quindi speriamo che quando questa commissione darà il suo resoconto non chieda, ad esempio, di rimettere le accise su questo prodotto come può essere il gasolio agricolo - naturalmente è una cosa fantasiosa che si può dire all'interno della Camera, ma sarebbe disastrosa per il mondo dell'agricoltura - oppure altri tagli, come possono essere quelli per certe colture, come ad esempio quella della soia, che vive anch'essa di sussidi che, purtroppo, anche in maniera indiretta, vengono considerati nella tabella del Ministero come ambientalmente dannosi.

Noi pensiamo che prima di tutto abbiamo una delle agricolture più green d'Europa; fra parentesi, la prima in Europa ed è quella che essenzialmente riceve meno sussidi rispetto ai partner vicini, come possono essere Francia, Spagna e Germania. C'è da fare un'altra osservazione: i canoni che ci eravamo dati anche per il cambiamento green, che è sacrosanto e legittimo, devono essere riconsiderati nell'ottica della pandemia che abbiamo subito, e quindi anche i nostri agricoltori, come qualcuno diceva prima di me, è giusto traguardarli e accompagnarli per mano verso un passaggio green, però bisogna anche capire le priorità. E la priorità in questo momento è far produrre i nostri agricoltori e non darci certi vezzi, come possono essere quello di tagliare sui sussidi che vengono considerati ambientalmente dannosi, sarebbe da dire considerati ambientalmente dannosi, perché sarebbe anche da fare uno studio appropriato e vedere questa tabella del Ministero come è stata istituita, perché molte cose sono veramente in antitesi con il buon senso.

Altro punto dolente di questo provvedimento, così abbiamo aperto con una fase iniziale propositiva e invece vediamo la parte che ha visto purtroppo la fine di quel clima, che dicevo all'inizio, idilliaco della Commissione, una Commissione pragmatica, una Commissione che di solito non fa e non butta in bagarre politica i temi che riguardano il mondo dell'agricoltura e della pesca, che però ha visto sul tema della gestione della fauna selvatica uno stop, uno stop del dibattito. Ricordiamoci che è un provvedimento che è lì da due anni, è un provvedimento che ha avuto la fase emendativa a gennaio; naturalmente poi ci sono state tutte le priorità del Governo per dare i pareri, perché giustamente è andato in secondo piano rispetto ai decreti che dovevano dare delle risposte - che secondo noi non hanno dato - a un mondo che stava cambiando di giorno in giorno e in fase emergenziale.

Però ci ritroviamo che il dibattito su questo articolo, un articolo che era stato messo in cooperazione con tutte le forze politiche, da tutte firmato, e quindi anche i parlamentari che poi si sono opposti e hanno soppresso quell'articolo avevano firmato quel progetto di legge con all'interno quell'articolo, che diceva che bisognava cominciare a ragionare sulla gestione della fauna selvatica. Ora mi rivolgo veramente ai colleghi della Commissione: tutti siamo andati su quel palco davanti a Montecitorio, il palco di un'associazione di categoria in cui gli agricoltori ci dicevano disperati che dovevamo intervenire, ad esempio, sui cinghiali che stanno distruggendo le colture agricole, su altri come possono essere le nutrie, che addirittura fanno cadere e provocano dei buchi nelle nostre strade. Una specie, fra parentesi, esotica, importata da altri Paesi. Avremmo accettato tutto dalla Commissione, ma non l'interruzione del dibattito. Eravamo aperti alle proposte, avremmo potuto discuterne; purtroppo c'è stata una bozza di un emendamento, che poi è scomparso, che ha avuto le nostre critiche, perché era fatto in maniera del tutto priva di buonsenso, però da lì poi c'è stata la tabula rasa: si è deciso di chiudere un capitolo, si è deciso di non affrontare questo tema, che è un tema fondamentale per l'agricoltura, ma è da dividere dall'ambientalismo. Qua non si sta parlando di ambientalismo, si sta parlando di risolvere una situazione in maniera pragmatica, cioè capire che c'è un problema. Dire che non esiste questo problema di gestione della fauna selvatica è negare l'evidenza, è negare l'evidenza dei nostri agricoltori che fino adesso abbiamo continuato a dire che sono eroi, che sono persone che hanno dato, come sappiamo, sussistenza al nostro Paese nella fase emergenziale del lockdown. I nostri agricoltori, fra parentesi, quelli che vengono più massacrati proprio dalla fauna selvatica sono quelli di confine, sono quelli delle aree rurali e montane, sono quelli delle colline, della mia Liguria.

Ecco, quelli che in questo caso realmente salvano il territorio sottostante dal rischio idrogeologico, ma che stanno gridando il loro grido veramente di dolore, perché non riescono più a fare business perché si vedono i campi distrutti dai cinghiali e da altri animali della fauna selvatica. Noi abbiamo un compito come Commissione agricoltura e spero che, da qui alla fine dell'esame, si possa cambiare e si possa portare un contributo veramente importante a questo provvedimento e renderlo veramente, a tutto tondo, semplificativo e che sia un intervento fondamentale per la nostra agricoltura: non può mancare un articolo che riguardi la gestione della fauna selvatica.

Io concludo, Presidente, dicendo che, naturalmente, noi vediamo con favore qualsiasi tipo di semplificazione; auspichiamo che il Governo, in queste giornate, possa trovare la soluzione fra la maggioranza e, quindi, possa dare le varie interpretazioni alle diverse idee della maggioranza, capendo che questo tema della fauna selvatica è un tema pragmatico da risolvere per i nostri agricoltori, per il nostro agroalimentare, per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 982-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Cadeddu. Prendo atto che vi rinunzia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinunzia.

Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Caon ed altri n. 1-00270 concernente iniziative volte al completamento dell'idrovia Padova-Venezia (ore 13,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Caon ed altri n. 1-00270 concernente iniziative volte al completamento dell'idrovia Padova-Venezia (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.

È iscritto a parlare l'onorevole Caon, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00270. Ne ha facoltà.

ROBERTO CAON (FI). Grazie, Presidente. Voglio sottolineare al sottosegretario e ai presenti in Aula che questa mozione è frutto di trentuno consigli comunali, è stata votata da parte di trentuno consigli comunali, che rappresentano circa 500 mila cittadini e vorrei citare anche i consigli comunali: il consiglio comunale di Padova, Piove di Sacco, Vigonza, Pontelongo, Arzergrande, Brugine, Sant'Angelo di Piove, Codevigo, Polverara, Legnaro, Ponte San Nicolò, Casalserugo, Bovolenta, Saonara, Noventa Padovana, Cadoneghe, Battaglia Terme, Abano Terme, Montegrotto Terme, Fossò, Campolongo Maggiore, Camponogara, Campagna Lupia, Stra, Vigonovo, Fiesso d'Artico, Dolo, Vigodarzere, Limena, Pianiga, Albignasego e, naturalmente, c'è tutto il supporto del GIZIP, Gruppo imprenditori zona industriale Padova, e dell'associazione Brenta sicuro. Se diciamo che la politica deve partire dal basso, come diciamo sempre, questa è la dimostrazione che questa volta la politica è veramente partita dai consigli comunali.

Faccio una premessa con un po' di tutto e poi, casomai, spiego anche in maniera più appropriata e più puntuale, visto che ci abito e ci lavoro. L'idrovia Padova-Venezia, della lunghezza di 27 chilometri e mezzo, inizia nell'area dell'interporto di Padova, zona industriale, e termina nella laguna veneta, raggiungendo il canale di grande navigazione Malamocco-Marghera. Incompiuta, in quanto priva della parte centrale, oggi è visibile in due tratti, a valle di Padova e nella parte terminale del suo percorso. Attualmente essa non è scavata nel tratto compreso tra la Cunetta di Vigonovo - Galta e il canale Novissimo nel comune di Mira. Era stata progettata per il traffico di chiatte fluviali delle dimensioni di 80×9,5×2,5 metri, con una capacità massima di circa 1.320 tonnellate.

La sua storia nasce nel 1955 sulla base di un'idea delle camere di commercio di Padova e Venezia, con un progetto elaborato dal genio civile di Venezia. La prima autorizzazione di spesa fa riferimento alla legge n. 92 del 1963. La costituzione del Consorzio per l'idrovia Padova-Venezia è del 1965. I lavori iniziano nel 1968, ma vanno avanti con ritardi e a singhiozzo, fino alla soppressione del consorzio, nel 1988. In seguito, la legge n. 16 del 2000, che ratificava l'Accordo europeo sulle grandi vie navigabili di importanza internazionale, sottoscritto a Ginevra il 19 gennaio 1996, ha incluso nella lista delle vie navigabili di importanza nazionale il canale Venezia-Padova. Recentemente l'idrovia è tornata al centro del dibattito per la possibilità di essere utilizzata come scolmatore delle piene sia del fiume Bacchiglione, che del Brenta. L'esigenza di regimentare questo sistema fluviale si è posta come indifferibile dopo l'alluvione del 2010, ma eventi di piena si sono registrati nel 2011, tra gennaio e febbraio 2014 e nell'aprile 2017. Anche a fine ottobre 2018 si è registrata una piena di 5 metri. Tale situazione è ampiamente conosciuta e documentata, sia da indagini commissionate dalla regione Veneto, indagini del 2014, che da rilevamenti degli anni 2017 e 2018 sul fiume Brenta sul fiume Bacchiglione. Le alluvioni si possono riproporre anche ad intervalli brevi, mettendo a rischio la vita di persone, ed i costi dei danni che producono sono superiori a quelli delle opere necessarie per evitarle. La diversione delle acque tramite l'idrovia consentirebbe di far defluire, senza esondazioni, piene con portata al colmo di 1.900-2.000 metri cubi, mitigando sensibilmente il rischio idraulico cui è attualmente esposta una parte importante del territorio del vicentino, del padovano e dei comuni della città metropolitana di Venezia.

La provincia di Padova è da sempre soggetta a fenomeni alluvionali. La rovinosa alluvione del novembre 2010 ha mostrato in maniera drammatica come la cementificazione e la mancata attuazione degli interventi prospettati dalla commissione De Marchi dopo l'alluvione del 1966 abbiano reso il territorio veneto fragile e vulnerabile, a fronte della minaccia di fiumi che rischiano continuamente di inondare le due province. Nel febbraio 2016, la Conferenza dei sindaci della Riviera del Brenta ha approvato e inviato all'autorità di bacino una mozione che chiede l'inserimento dell'idrovia fra le opere da progettare e iniziare entro il 2021, con riferimento al Piano di bacino approvato in via definitiva nel dicembre 2015. Nello stesso anno, dopo aver presentato uno specifico bando due anni prima, la giunta regionale del Veneto ha ripreso i vecchi progetti del Genio civile, presentando la progettazione preliminare con la supervisione dell'Università di Padova. Tale progettazione ha stabilito la quota di regolazione di livello dell'idrovia a più 4 metri sul medio mare, oltre il natante di riferimento più adatto per l'idrovia, con requisiti di adeguatezza per transitare sotto i 12 ponti esistenti. Nel progetto della regione Veneto, mediante il riutilizzo di materiale di scavo, sono previste opere di valorizzazione ambientale oltre alla pista ciclopedonale, che da Padova porterà fino a Venezia.

Ad esaltare il ruolo di collegamento tra Padova e la laguna veneta che l'idrovia riveste si segnala che, nel corso dell'istruttoria, gli uffici della regione hanno sentito anche i rappresentanti dell'autorità portuale di Venezia, in considerazione del fatto che l'iter relativo alla realizzazione del porto d'altura di Venezia a largo di Malamocco si trovava in fase alquanto avanzata. Il nuovo piano regolatore dovrà permettere al porto di Venezia di rimanere competitivo rispetto agli orizzonti temporali di pianificazione infrastrutturale europea 2030 e 2050: una via acquea di collegamento consentirebbe a Padova di utilizzare direttamente il nuovo porto.

Altro aspetto importante dell'opera, segnalata dal magistrato delle acque, sarebbe la funzione di apporto di sedimenti alla laguna veneta, la quale soffre di perdita dei bassi fondali, passati da 168 chilometri quadrati del 1930 a 60 chilometri quadrati del 2000, con una perdita di sedimenti di 2,2 milioni di metri cubi l'anno, nonostante il fatto che il magistrato abbia realizzato strutture morfologiche con il riuso di 19,5 milioni di metri cubi negli ultimi trent'anni.

A fronte dei positivi e convergenti riscontri, la regione Veneto, sempre nel 2016, ha incluso il completamento dell'idrovia Padova-Venezia tra le opere immediatamente cantierabili, ritenendo urgente realizzarla quanto prima come scolmatore del Brenta e del Bacchiglione, salvo, poi, a completamento del progetto, ampliarne la funzione e la via navigabile. Esaurite le procedure preliminari, l'opera è finalmente fattibile, ma occorrono adeguate risorse.

Nel corso del 2018 e del 2019 ben 31 consigli comunali della provincia di Padova e della città metropolitana di Venezia, rappresentativi di un territorio con oltre 500 mila abitanti, hanno approvato mozioni e ordini del giorno indirizzati alla regione Veneto con la richiesta di procedere all'esecuzione del progetto definitivo dell'opera denominata “idrovia Padova-Venezia con funzione anche di scolmatore”. Nel mese di ottobre 2019 numerose associazioni hanno scritto al Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, al presidente della regione Veneto, a tutte le autorità competenti, compresa la magistratura, per affrontare con urgenza il rischio di alluvione che interessa il territorio attraversato dai fiumi Brenta e Bacchiglione da Padova al mare. Nell'ambito di questa iniziativa, la stessa Legambiente Padova ha definito l'idrovia Padova-Mare “l'unica grande opera necessaria”.

Nell'allegato del Documento di programmazione economica e finanziaria, oggi il Governo pro tempore affermava di voler recuperare i 990 chilometri di rete e canali fluviali ubicati nel Settentrione d'Italia, dove è movimentato il 60 per cento delle merci del Paese, e in tale ambito di voler recuperare l'asta idroviaria/scolmatore Padova-Venezia, catalogandola nella generica e atemporale voce “attività programmate”. L'Unione europea ha stanziato risorse per la sicurezza idraulica dei territori all'interno di fondi strutturali di ciascuna programmazione settennale. Secondo i dati del Dipartimento per le politiche di coesione, nell'ambito dei programmi operativi, in particolare a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale, relativi alle programmazioni 2007-2013 e 2014-2020, l'Italia ha ricevuto dall'Unione europea 1,6 miliardi di euro in 14 anni per il contrasto al dissesto idrogeologico. In tale ambito le regioni italiane hanno presentato circa 700 interventi ma ne hanno conclusi appena 333, meno della metà, per un ammontare di pagamenti che si aggira sui 320 milioni di euro, il 20 per cento di quanto ricevuto.

Di contro, dal 2002 il Fondo di solidarietà dell'Unione europea per far fronte a catastrofi naturali dal 2002 all'aprile 2019 ha erogato 5,2 miliardi: ben 2,5 miliardi di questi sono andati al nostro Paese che, per quanto fragile e fortemente antropizzato, rappresenta solo l'8 per cento del totale della superficie dell'Unione e poco più del 12 per cento in termini di popolazione. È stato dimostrato che per ogni euro nella prevenzione delle alluvioni se ne risparmiano circa sei, necessari per la riparazione dei danni conseguenti. Tengo a sottolineare, sottosegretario, che quest'opera incompiuta, programmata ancora negli anni Sessanta, oggi serve più che mai per il dissesto idrogeologico per fare da scolmatore a due importanti fiumi: uno è il Brenta e l'altro il Bacchiglione, tutti interni ai canali che abbiamo prima della laguna del Veneto. Si dice che è meglio prevenire che curare e, come dicevo prima, ci sono stati diversi comuni di questo, diciamo così, comprensorio che hanno portato avanti questa mozione e sarebbe anche bello finirla, perché deve considerare che in questo territorio si fanno i cavalcavia con l'auto o la bicicletta e non si capisce perché ci sono questi cavalcavia, hanno fatto il cavalcavia senza più scavare il canale. Perciò, l'opera sotto certi aspetti è già finita: basterebbe scavare questi dieci chilometri di canali, che esattamente dal comune di Vigonovo portano fino alla laguna (anzi, un po' prima), e si metterebbe sicuramente in sicurezza un territorio che vale circa due milioni di persone, tutta la provincia di Vicenza (o in parte), tutta la provincia di Padova e una gran parte della provincia di Venezia. Potrebbero sorgere anche delle nuove economie, dalla darsena alla pesca, e si potrebbero fare delle ipovie lungo questi due argini lunghi 27 chilometri. Si possono fare delle zone di rispetto, perché abbiamo la zona di rispetto e si può fare un sistema arboreo che può diventare un polmone per quel territorio. Perciò, con tale mozione si impegna il Governo ad adottare le iniziative di competenza, coordinarsi con la regione Veneto, al fine di individuare le risorse necessarie al completamento dell'idrovia Padova-Venezia, destinata nell'immediato a regimentare il livello delle acque nei casi di esondazione dell'alveo del sistema fluviale Bacchiglione-Brenta, sulla base della progettazione già approvata dalla regione medesima, prevedendo che le opere d'urgenza siano realizzate tenendo conto della possibilità di trasformare il canale scolmatore in idrovia di quinta classe.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione. Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Successivamente. Il seguito della discussione è, quindi, rinviato ad altra seduta. Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

La seduta, sospesa alle 13,25, è ripresa alle 14,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Fiano ed altri; Boschi ed altri; Mollicone e Frassinetti; Lattanzio ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false (A.C. 1056-2103-2187-2213-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1056-2103-2187-2213-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 luglio 2020.

(Discussione sulle linee generali del testo unificato - A.C. 1056-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che le Commissioni VII (Cultura) e IX (Trasporti) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza per la Commissione cultura, la deputata Lucia Ciampi.

LUCIA CIAMPI, Relatrice per la maggioranza per la VII Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la proposta di legge di cui iniziamo oggi l'esame dispone l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, sul fenomeno della diffusione massiva di informazioni false.

L'idea di una Commissione d'inchiesta sulla diffusione massiva delle informazioni false nasce dalla consapevolezza che la rete Internet ha rivoluzionato l'informazione e la comunicazione. La capacità di interagire con gli altri è cresciuta in modo esponenziale, come quella di raccogliere informazioni. Siamo di fronte a una vera rivoluzione tecnologica del modo di comunicare e di informarci, che ci pone di fronte a una sfida di potenzialità di conoscenza, di libertà e di partecipazione dei cittadini alla vita civile e politica, ma, al tempo stesso, espone a rischi e pericoli nuovi per la vita democratica, per la sicurezza e per la libertà.

Oggi la libertà della rete è seriamente minacciata dalle informazioni false che suscitano allarme sociale, spesso usate per condizionare l'opinione pubblica, le quali di per sé non sono certo una novità, la novità è rappresentata dalla rete Internet. Le distorsioni nell'informazione danneggiano gravemente i cittadini e le imprese, veicolano stereotipi basati su razzismo, antisemitismo, sessismo, discriminazioni sociali, possono condizionare la politica e gli esiti di un'elezione e possono influenzare l'opinione pubblica su temi importanti come la salute e la sicurezza. Dunque, si è ritenuto necessario indagare il fenomeno in profondità, e istituire, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare d'inchiesta.

La Costituzione italiana tutela la libertà di espressione, ma l'interpretazione di questa tutela va bilanciata con il rispetto dei diritti della persona, come il diritto alla riservatezza e alla reputazione. Le indagini della Commissione verteranno innanzitutto sulla comprensione dell'entità del fenomeno, sulla sua incidenza e sulla capacità di far presa sui cittadini. Quello che preoccupa sono le fake news, costruite ad arte da gruppi organizzati che manipolano l'informazione e la libera formazione dell'opinione pubblica. Anche la Commissione europea si è impegnata a definire un piano d'azione per garantire la protezione dei valori e dei sistemi democratici.

Il peso sempre più rilevante dei social network nella vita dei cittadini impone al Parlamento di responsabilizzare i fornitori di servizi sociali di social network sui contenuti veicolati attraverso le proprie piattaforme, tutelare gli utenti attraverso procedure di eliminazione dei contenuti illeciti e di gestione dei reclami da parte degli utenti.

Il testo che le Commissioni VII e IX propongono all'Aula è il frutto di un lavoro svolto a partire da quattro proposte di legge: la n. 1056 Fiano, la n. 2103 Boschi, la n. 2187 Mollicone e la n. 2213 Lattanzio. A partire da questi quattro progetti, differenti per impostazione e orientamento, è stato svolto un lungo lavoro istruttorio in sede di comitato ristretto, portato avanti in parallelo a numerose audizioni informali. Il lavoro del comitato è culminato nella redazione di un testo unificato che le Commissioni plenarie hanno prima adottato come testo base e poi arricchito e precisato attraverso la fase emendativa. Degli emendamenti presentati, circa 30, compresi due delle relatrici, ben 16 sono stati approvati con parere favorevole, anche se in testi a volte riformulati su proposta delle relatrici. Di questi, una decina erano stati presentati da deputati dei gruppi di opposizione. Segnalo, in particolare, l'accoglimento di proposte emendative dei colleghi dei gruppi di opposizione, tendenti a limitare i poteri della Commissione d'inchiesta nei confronti dei giornalisti e degli organi di stampa, e a fare in modo che la Commissione non si ingerisca nelle campagne elettorali o referendarie che dovessero tenersi nei 18 mesi della sua attività. È stato espressamente stabilito, a quest'ultimo riguardo, che nello svolgimento della propria attività la Commissione non interferisce con lo svolgimento delle campagne elettorali o referendarie, in particolar modo durante il periodo di garanzia della par condicio prevista dalla legge. Nonostante questo sforzo di apertura da parte della maggioranza, non è stato possibile arrivare ad una convergenza unanime.

Prima di descrivere più in dettaglio il testo che discutiamo oggi, voglio mettere in evidenza un punto essenziale: la Commissione d'inchiesta di cui parliamo è pensata per avviare, in sede parlamentare, una riflessione sul fenomeno delle fake news, un anglismo che solo fino a un certo punto può essere tradotto con notizie false, potendo presentarsi come fuorvianti o come manipolazioni o distorsioni di informazioni autentiche. A tutti, anche agli organi di informazione tradizionali, può accadere di annunciare una notizia che poi si rivela falsa: per questo problema l'ordinamento contiene già principi e rimedi, tra l'altro, imponendo ai giornalisti il rispetto della verità sostanziale dei fatti, i doveri di lealtà e buona fede e l'obbligo di rettifica delle notizie risultate inesatte. Il fenomeno che intendiamo fare oggetto dell'inchiesta della Commissione è un altro: si tratta di un fenomeno che esiste da sempre, ma che, con l'avvento delle nuove tecnologie, ha assunto una forza straordinaria di impatto sulle nostre società.

Per fake news non intendiamo le notizie false che al momento in cui sono state diffuse erano credute vere e poi si sono scoperte false, né intendiamo le opinioni, politiche, scientifiche o di altro tipo, che sono ovviamente diverse: intendiamo, invece, le notizie false che vengono create o diffuse ad arte, anche attraverso la manipolazione di notizie vere, con lo scopo di condizionare e orientare i comportamenti di gruppi numerosi di persone per ragioni di interesse economico, politico, militare, ideologico o di altra natura; intendiamo, quindi, una sorta di tecnica di inganno di massa. È un fenomeno ben noto e dibattuto in molte sedi, anche internazionali, come emerge anche dalle molte audizioni svolte dalla Commissione.

Secondo la definizione adottata dalla Commissione europea nella comunicazione congiunta dal titolo Relazione sull'attuazione del piano d'azione contro la disinformazione, l'attività di disinformazione consiste nella diffusione di un'informazione rivelatasi falsa e fuorviante, concepita, presentata e diffusa a scopo di lucro o per ingannare intenzionalmente il pubblico e che può arrecare un pregiudizio pubblico. La disinformazione non include gli errori di segnalazione, la satira e la parodia o notizie e commenti chiaramente identificabili come di parte. Secondo la Commissione europea, obiettivo della disinformazione è distrarre e dividere, insinuare il seme del dubbio, distorcendo e falsando i fatti al fine di disorientare i cittadini, minando la loro fiducia nelle istituzioni e nei processi politici consolidati.

Veniamo, quindi, al testo in discussione. La proposta di legge attribuisce alla Commissione d'inchiesta 11 compiti, che possono essere raggruppati in due ambiti. Da una parte, la Commissione è chiamata ad acquisire elementi conoscitivi in merito al fenomeno dell'attività di disinformazione e ai suoi fini ed effetti; si tratta dei compiti indicati nelle lettere da a) a e) dell'articolo 2. Dall'altra parte, la Commissione è chiamata a valutare l'adeguatezza degli strumenti normativi ed amministrativi esistenti per contrastare il fenomeno della disinformazione ed eventualmente a proporre l'adozione di iniziative, anche legislative, per una più adeguata prevenzione e un più efficace contrasto del fenomeno: lettere da f) a m). Nel primo ambito, la Commissione ha affidato innanzitutto il compito di indagare sulle attività di diffusione massiva di informazione e contenuti illegali, falsi o non verificati oppure dolosamente ingannevoli, quando la diffusione avvenga attraverso i media tradizionali o attraverso le reti socialmente telematiche e le altre piattaforme tecnologiche, analogiche o digitali. Sono comprese le attività di disinformazione che sono perpetrate mediante la creazione di false identità digitali o la produzione e la comunicazione di contenuti in forma personalizzata, studiata sul profilo degli utenti, utilizzando i dati sui profili di questi utenti: lettera a). Qui è stato precisato, per andare incontro ad una richiesta dei gruppi di opposizione che, per quanto riguarda i media tradizionali, restano comunque fermi gli strumenti di controllo disciplinati dalla normativa vigente. Un altro compito affidato alla Commissione - lettera b) - è di verificare se l'attività di disinformazione sia riconducibile a soggetti, gruppi o organizzazioni, anche aventi struttura internazionale, che si avvalgono del sostegno finanziario di soggetti interni o esteri che abbiano lo scopo di manipolare l'informazione e di condizionare l'opinione pubblica, in modo particolare in occasione di consultazioni elettorali o referendarie. Ricordo, a questo riguardo, che l'esistenza di rischi derivanti dall'attività di disinformazione posta in essere da forze esterne al Paese, in particolare enti e organismi situati in Stati terzi, è stata oggetto delle prime iniziative assunte in materia di disinformazione a livello europeo e questi rischi sono spesso ricondotti, in sede europea, nel più ampio ambito delle cosiddette minacce ibride, espressione con la quale la Commissione europea intende una serie di attività ostili che spesso combinano metodi convenzionali e non convenzionali e possono essere realizzate in modo coordinato da soggetti statali e non statali, anche senza oltrepassare la soglia di guerra formalmente dichiarata. Secondo quanto emerge dalla comunicazione della Commissione europea del 2016, dal titolo “Quadro congiunto per contrastare le minacce ibride”, il loro obiettivo non è soltanto provocare danni diretti e sfruttare vulnerabilità, ma anche destabilizzare le società e creare ambiguità per ostacolare il processo decisionale. Un terzo compito affidato alla Commissione - lettera e) - è di verificare gli effetti derivanti dallo sviluppo dell'intelligenza artificiale e dalle nuove tecnologie sull'attività di disinformazione, anche con riguardo alla tutela dei dati sensibili e personali e al loro utilizzo. Ricordo che la tecnologia, in particolare i cosiddetti bot, consente oggi di veicolare informazioni personalizzate, il che può essere sfruttato certamente per le comunicazioni commerciali, ma anche per altri obiettivi, compresi quelli della disinformazione ai fini di condizionamento dei comportamenti.

Altri compiti affidati alla Commissione sono quello di verificare se attività di disinformazione, nel senso detto, siano state poste in essere durante l'emergenza COVID-19 - lettera c) - e quello di verificare se vi siano attività di disinformazione con finalità di odio ossia di incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici e nazionali.

PRESIDENTE. La ringrazio.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza per la Commissione trasporti, la deputata Raffaella Paita.

RAFFAELLA PAITA, Relatrice per la maggioranza per la IX Commissione. Grazie Presidente, la ringrazio e, in primo luogo, voglio dire che la relazione della collega Ciampi mi consente di concentrarmi sulla parte dell'articolato e del funzionamento della Commissione.

Per quanto riguarda i compiti legati alla ricognizione degli strumenti esistenti per contrastare il fenomeno della disinformazione e alla valutazione circa la loro adeguatezza, si prevede che la Commissione dovrà verificare lo stato di attuazione della normativa vigente e le attività da essa previste in materia di prevenzione e repressione delle attività di disinformazione. Dovrà, inoltre, verificare l'esistenza e l'idoneità delle procedure interne predisposte dai media e dai fornitori di servizi delle reti sociali, telematiche e delle altre piattaforme analogiche e digitali per la rimozione delle informazioni false e dei contenuti illeciti dalle proprie piattaforme, nonché delle procedure per la gestione delle segnalazioni e dei reclami presentati dagli utenti e per la prevenzione e il contrasto dei reati commessi attraverso l'utilizzo delle medesime piattaforme: lettera g). Qui, recependo un emendamento dell'opposizione, è stato specificato che si deve garantire che tali procedure, che comunque non spetta alla Commissione di stabilire, non devono essere lesive della libertà di espressione e di stampa. Inoltre, la Commissione dovrà verificare, anche sulla base di una comparazione con l'esperienza di altri Stati europei, la possibilità che i soggetti anzidetti, cioè media e fornitori di servizi delle reti e delle piattaforme, adottino un codice di autoregolamentazione, nel quale siano previste procedure per rimuovere tempestivamente le notizie false dai propri siti o piattaforme, oltre al divieto di conseguimento di vantaggi pubblicitari connessi a queste notizie: lettera h).

Su proposta delle opposizioni, è stato precisato che l'autoregolamentazione, qualora proposta dalla Commissione, dovrà comunque tenere ferme restando le prerogative e le competenze dell'Ordine dei giornalisti. Inoltre, alla Commissione è affidato il compito di riflettere su come sviluppare antidoti nell'opinione pubblica ossia come sviluppare un pensiero critico, che è per eccellenza argine contro le notizie false. Questo, nello spirito di prevenire il fenomeno, anziché solo di tentare di reprimerlo. La Commissione dovrà verificare l'esistenza di azioni, interventi, politiche e buone pratiche di tipo educativo, culturale, sociale e formativo volti a innalzare il livello di consapevolezza e di resilienza della comunità rispetto all'attività di disinformazione, nonché di iniziative volte alla sensibilizzazione delle persone sull'importanza di verificare le informazioni, anche attraverso la ricerca e il controllo delle fonti, soprattutto per quanto riguarda l'accertamento dei fatti. Più in particolare, dovendosi questa capacità critica sviluppare soprattutto nei giovani, la Commissione dovrà verificare il livello di attuazione dell'insegnamento scolastico e dell'educazione alla cittadinanza digitale e la sua reale efficacia formativa nei riguardi degli studenti, anche al fine di monitorare il rapporto tra il sistema educativo e l'innovazione tecnologica: lettera i).

Questo per quanto riguarda i compiti della Commissione. Gli articoli da 3 a 8 disciplinano poi la composizione, la durata, i poteri e le modalità di funzionamento della Commissione stessa. In particolare, si prevede che la Commissione concluda i propri lavori entro diciotto mesi dalla sua costituzione, con la presentazione alle Camere di una relazione, fermo restando che relazioni intermedie possono essere presentate anche prima del termine. Sono ammesse le relazioni di minoranza.

Quanto alla composizione, la Commissione è formata da venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere nel rispetto del principio di proporzione tra i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento e favorendo l'equilibrio della rappresentanza dei sessi. Come di regola, la Commissione è convocata dai Presidenti delle due Camere per la costituzione del suo ufficio di presidenza entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti. L'ufficio di presidenza è composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari e viene eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Per l'elezione a presidente occorre la maggioranza assoluta dei componenti; qualora nessuno raggiunga questo quorum si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti ed è allora eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano d'età. Per l'elezione dei due vicepresidenti e dei due segretari si prevede il sistema cosiddetto del voto limitato: ciascun componente può votare un solo nome per ciascuna delle due cariche. Sono eletti coloro che ottengono il maggior numero di voti.

Quanto ai poteri della Commissione ricordo che, in base all'articolo 82 della Costituzione, le Commissioni d'inchiesta procedono alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. È precisato comunque, nel testo unificato in esame, che la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale. Per il resto la Commissione ha i normali poteri previsti in questi casi: può acquisire copia di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale vale a dire che non può essere opposto l'obbligo di segreto che copre gli atti di indagine. Ma la Commissione ha altresì facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione (comma 7). La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia sono coperti da segreto (comma 8). La Commissione ha inoltre facoltà di acquisire da organi e uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della proposta di legge all'esame (comma 9). Infine la Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso (comma 10).

È stato previsto espressamente - ne abbiamo già fatto cenno - che, nello svolgimento della propria attività, la Commissione non deve interferire con le campagne elettorali o referendarie eventualmente in corso, in particolar modo durante il periodo di garanzia della par condicio prevista dalla legge. Questa precisazione è stata introdotta su proposta dei gruppi di opposizione. Lo stesso dicasi per un'altra precisazione ossia quella per cui se nella sua attività la Commissione rileva che in caso di diffusione di informazioni false è coinvolto un giornalista, ne informa il presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti per la trasmissione degli atti al competente consiglio di disciplina territoriale.

L'articolo 6 disciplina le audizioni a testimonianza innanzi alla Commissione e, in generale, il caso della eventuale opposizione da parte di qualcuno di un regime di segretezza in merito ai fatti su cui la Commissione voglia avere contezza. È previsto che in nessun caso, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, possano essere opposti il segreto d'ufficio, il segreto professionale, il segreto bancario; mentre è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. L'articolo 7 a sua volta disciplina l'obbligo di segreto per i componenti della Commissione, i funzionari, il personale addetto e qualunque altra persona che viene a conoscenza, per ragioni di ufficio o di servizio, di informazioni riservate della Commissione.

Queste persone sono obbligate al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti trasmessi in copia relativi ai procedimenti e alle inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti che siano coperti da segreto e per quanto riguarda gli atti e i documenti per i quali la Commissione ha deliberato il divieto di divulgazione, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. La violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

L'articolo 8 disciplina l'organizzazione dei lavori della Commissione. L'attività e il funzionamento della Commissione saranno disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'inchiesta. La Commissione potrà organizzare i propri lavori tramite uno o più gruppi di lavoro disciplinati dal suo regolamento. Le sedute della Commissione sono pubbliche ma la Commissione può decidere di riunirsi in seduta segreta. Per l'adempimento delle sue funzioni la Commissione può avvalersi di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria nonché di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato. Può altresì avvalersi di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Con il regolamento interno è stabilito il numero massimo di collaboratori. La Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere. Per quanto riguarda le spese di funzionamento sono stabilite nella misura massima di 100.000 mila euro annui divisi a metà tra Camera dei deputati e Senato. La Commissione deve rendere pubbliche le spese sostenute tranne quelle connesse ad atti e a documenti soggetti a regime di segretezza. In base all'ultimo articolo, l'articolo 9, la legge di cui discutiamo entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Prima di concludere, qualche parola sulle audizioni svolte per approfondire una tematica direi molto complessa che ha visto peraltro un forte coinvolgimento anche del ruolo dell'opposizione. Seppur in una dialettica che non ha portato a un voto positivo, sono stati comunque accolti moltissimi suggerimenti e contributi da parte delle opposizioni e abbiamo svolto un dibattito direi sereno e costruttivo. Ci sono state vi dicevo parecchie audizioni. Le Commissioni hanno audito nella fase istruttoria l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali, il Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, la Federazione nazionale della stampa, la Federazione italiana editori giornali, il Coordinamento nazionale dei presidenti dei comitati regionali per le comunicazioni, l'Associazione italiana editori, l'Associazione italiana per l'educazione ai media e alla comunicazione, la RAI, Google Italia, Facebook Italia e il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per quanto riguarda le Commissioni competenti in sede consultiva la Commissione Affari costituzionali ha espresso parere favorevole; la Commissione Giustizia favorevole con una osservazione, che è stata recepita nel testo; la Commissione Affari esteri non si è espressa; la Commissione Bilancio infine renderà il parere direttamente all'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la VII Commissione, deputato Federico Mollicone.

FEDERICO MOLLICONE, Relatore di minoranza per la VII Commissione. Grazie Presidente, sottosegretario Martella, rappresentanti del Governo, colleghi, non possiamo che esprimere - lo diciamo subito - la nostra contrarietà rispetto al provvedimento in esame. Non ci sfugge, sia chiaro, la generale complessità della situazione aggravata anche dagli effetti dell'infodemia nel corso dell'emergenza sanitaria e le obiettive difficoltà ad affrontarla. Ma va detto che ci aspettavamo altro guardando anche in un'ottica comparata alle Nazioni che in questa fase vogliono soprattutto regolamentare le piattaforme digitali e la circolazione dell'informazione in esse divulgate come negli Stati Uniti. La contrarietà a questo progetto di legge, quindi, passa attraverso numerosi nodi, in primis il piano di analisi. Sappiamo tutti di vivere in un mondo interconnesso dove ciascuno di noi produce un'enorme quantità di dati e informazioni che riversiamo intorno a noi sul web, sui social media e da cui a nostra volta assorbiamo informazioni prodotte da altri. Nel futuro momento di lavoro della Commissione sarà però necessaria una profonda chiarezza ed equilibrio. La parola fake news infatti innanzitutto porta meramente confusione sia sul piano politico che strettamente normativo.

La stiamo usando per tutto, ma in realtà stiamo confondendo le false notizie con le notizie ostili, e questo è il misunderstanding, il malinteso principale su cui è stato indotto il Parlamento.

Una notizia, colleghi, può essere falsa per un errore, per un'inesattezza, per una svista, senza per questo far male a nessuno o ferire carriere. L'episteme, la conoscenza certa di cui parlavano i greci, è praticamente impossibile. Esistono certo fatti e avvenimenti, ma le scienze cognitive ci dicono che la percezione e l'adesione a paradigmi specifici spesso in maniera irrazionale e con pre-giudizi, nel senso più etimologico del termine, giocano un ruolo fondamentale. Lo affermano anche i filosofi della scienza e i comunicatori: è più utile ragionare in termini di doxa e di opinione parziale della realtà, di percezione di un fatto, più che di esatta cognizione. La definizione di notizie ostili è più efficace. Sono manipolazioni specifiche, colleghi, che servono per attaccare reputazioni personali e aziendali o politiche, e fanno molto male, e portano a quelle che gli americani chiamano character assassination: distruzione del carattere, del personaggio. Se cominciamo a fare queste distinzioni tra le notizie, allora capiamo che le news ostili sono il vero problema e individuiamo davvero quello che è il male da combattere: non la deformazione della notizia che avviene anche fisiologicamente con la divulgazione, ma la notizia manipolata in maniera intenzionale e perniciosa. Chi la crea? Perché? Dove? Questo è il tema, non il fake. Su questo, inoltre, ci auguriamo che la Commissione possa porre un accento specifico sulla disinformazione che opera e ha operato in Italia spinta da Stati extraeuropei. E quando pensiamo a Stati extraeuropei pensiamo in questi tempi alla Cina, ovviamente, volta a ledere l'integrità della risposta all'emergenza sanitaria e a modificare la linea tenuta dall'Esecutivo in senso favorevole ai propri interessi. Ebbene sì, colleghi e sottosegretario Martella, questo è successo in Italia: abbiamo avuto interferenze di uno Stato, di una potenza straniera, anche nella gestione del COVID in Italia. Un'analisi di Alkemy per Formiche ha rilevato infatti un'operazione senza precedenti della propaganda cinese sugli aiuti per il Coronavirus: quasi la metà dei tweet con l'hashtag #forzaCinaeItalia è opera di bot, i robot che rilanciano automaticamente dei messaggi sui social network. Stesse denunce arrivano dall'Alto rappresentante, Borrell, e dal servizio esterno dell'Unione europea. Abbiamo presentato degli emendamenti in questo senso, purtroppo respinti nel corso dell'esame in sede di Commissioni riunite, a dimostrazione che Fratelli d'Italia e anche l'opposizione ha collaborato, seppur dissentendo dalla natura stessa e precipua della Commissione, cercando di limitarne l'applicazione e migliorarne il contenuto. I social network hanno consentito per la prima volta l'ingresso del sistema dell'informazione di fonti estranee al classico circuito dell'informazione, di pagine, meme, bot, fino ai più recenti sviluppi dell'intelligenza artificiale come i deepfake, ed io, a differenza di molti colleghi che hanno scritto questa legge, sono stato nel centro NATO di Riga, in Lettonia, dove si combatte il deepfake e dove fanno monitoraggio social sui bot provenienti dalla Russia e da Paesi arabi, quindi ho visto con i miei occhi e sono testimone diretto del backstage, cioè che gli Stati nazionali, le organizzazioni militari, sono da tempo attive su questo, cioè sull'interferenza dei Paesi stranieri nella politica e nella gestione dell'informazione e della diffusione social. Questo aspetto voi lo avete obliterato dalla legge. In questo nuovo contesto si stanno affermando forme di guerra ibrida in cui l'informazione diventa strumento militare, appunto. Va riconosciuto questo cambio di paradigma, altrimenti la mancanza di strumenti che possano rafforzare la nostra strategia di sicurezza nazionale ed evitare lesioni della nostra sovranità digitale saranno irrecuperabili. Sovranità digitale, lo ribadiamo anche oggi, anche qui, soprattutto in questo contesto e in questo provvedimento, perché è l'unico indirizzo che dobbiamo seguire come Parlamento italiano all'interno di quello europeo per difendere le nazioni fisiche con le costituzioni fisiche dalle nazioni digitali, dalle piattaforme digitali. C'è stato un lungo percorso di audizioni, è vero, come ha ricordato la collega, da cui è emersa la necessità della regolamentazione appunto dei social network, praticamente dei continenti digitali. Le piattaforme private, colleghi, gestiscono le nostre identità digitali, ormai più vere del vero, e le abbiamo delegate noi a farlo, nel momento in cui, senza leggere, aderiamo agli accordi d'uso, che si sostituiscono persino, come dicevo, alle normative costituzionali. Eppure la Commissione garantirà meramente aspetti di ricognizione dei meccanismi di verifica, con una netta mancanza di coraggio e di presa di posizione del Parlamento italiano rispetto al grande tema della contemporaneità, che è appunto, ribadiamo, la sovranità digitale. Servono regole nuove per affrontare la piazza pubblica dei social network, altrimenti si rischia, come è avvenuto, un'inedita forma di compressione dei diritti fondamentali garantiti in materia di libertà di stampa e d'opinione, con cancellazione di account, anche giornalistici, senza adire le dovute sedi giudiziarie od ordinistiche. Quando parliamo di questo, parliamo ovviamente di Facebook, che ha riconosciuto, su nostra domanda in audizione, e solo in quella sede, che il caso del giornalista Giustino, di Radio Radicale, che aveva un account italiano che gli è stato oscurato su richiesta di un Governo straniero, è stato possibile perché nessun organo in Italia, né l'Agcom, né l'ordine dei giornalisti, nessuna attività, neanche quella giudiziaria, può interferire con le decisioni unilaterali che piattaforme come Facebook prendono rispetto alle decisioni e alla libertà di espressione e alle libertà individuali. Avete fatto una Commissione, e non vi siete preoccupati di avere uno strumento esecutivo su questo! No, soltanto per reprimere la libertà d'espressione degli utenti, non di chi gestisce queste nazioni digitali senza controllo, senza rispetto delle Costituzioni nazionali! E il caso di Giustino sta lì a dimostrarlo: un giornalista italiano, di Radio Radicale, che viene censurato da una piattaforma straniera in Italia per aver espresso una giusta analisi critica rispetto a uno Stato straniero autoritario, ovvero la Turchia! In ordine a questi account, su cui è stata recentemente emessa una sentenza di rigetto di un ricorso sugli errori dell'intelligenza artificiale riconosciuti da Facebook, è necessario regolamentare i processi informativi sulle piattaforme. A questo serviva, semmai, la Commissione. L'iter parlamentare è stato lungo e, diciamolo, poco coerente. In particolare, fra le proposte di legge originarie, fra cui una a mia prima firma, era prevista l'attribuzione della Presidenza a un componente di gruppi d'opposizione, previsione elusa completamente nel testo finale approdato in Aula: è stata espressa contrarietà da numerosi gruppi, anche della maggioranza, anche se abbiamo apprezzato il timido tentativo di autonomia del rappresentante del MoVimento 5 Stelle, che però, purtroppo, come Groucho Marx, hanno dei principi, ma se volete ne hanno anche altri, se questi non vi piacciono, e ha cambiato subito idea. I 5 Stelle si erano espressi a favore della presidenza all'opposizione, poi, il giorno dopo, hanno cambiato idea, come sovente accade su tutto quello che dicono e fanno in quest'Aula. Ma appunto su questa attuale configurazione della Commissione, che fa emergere seri e inquietanti rischi in una degenerazione dell'orwelliano Ministero della Verità, che, ricordiamo, ha le stesse caratteristiche di questa Commissione, cioè va a intervenire a cancellare notizie che ritiene false e le va a sostituire con quelle che ritiene vere. Andatevi a rileggere il testo profetico di Orwell: il Ministero della Verità faceva questo, sulle statistiche, sulle notizie, addirittura ex post a livello storico. Per questa ragione non possiamo che essere contrari a questa Commissione. Attenzione, il Ministero della Verità era una finzione letteraria, qui abbiamo una Commissione bicamerale d'inchiesta, con gli stessi poteri della magistratura e l'accompagnamento coattivo degli auditi, il che vuol dire che, se io esprimo una libera espressione su un social network e questa viene ritenuta falsa o distorsiva, vengo convocato con i carabinieri! E questa Commissione è presieduta dalla maggioranza! È uno strumento della maggioranza! Cosa ricorda questa Commissione? Ricorda lo Stato autoritario della Cina, della Turchia! Non c'è garanzia di libertà! Per questa ragione, Fratelli d'Italia, insieme all'opposizione, ha contribuito a migliorarla - è stato ricordato correttamente, gliene do atto, alla collega Paita -, nel senso che abbiamo limitato il perimetro di questa follia. Noi abbiamo detto una cosa semplice: durante le elezioni, una Commissione con i poteri della magistratura non può interferire con le libere elezioni, e finalmente è stata approvata! Abbiamo detto, con il collega Casciello e il collega della Lega, che ciò che riguarda un giornalista lo affronta l'ordine dei giornalisti, come prevede la Costituzione!

PRESIDENTE. Deve concludere, deputato Mollicone.

FEDERICO MOLLICONE, Relatore di minoranza per la VII Commissione. Concludo, ribadendo e affidando all'Aula il voto contrario di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario Martella, se desidera. Si riserva di farlo. È iscritta a parlare la deputata Vincenzo Bruno Bossio. Ne ha facoltà.

VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Mi sembra che già le relatrici abbiano spiegato, a parte la passione dell'onorevole Mollicone, che stiamo discutendo del testo unificato di proposte di legge che prevedono l'istituzione, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, di una Commissione parlamentare d'inchiesta - con le caratteristiche naturalmente della Commissione parlamentare di inchiesta, quindi niente di nuovo rispetto a questa Commissione parlamentare di inchiesta - sulla diffusione massiva di informazioni false. Nessun “Ministero della verità” e nessun obbligo di comparire, a meno che non si pensi che la presidenza alla minoranza piuttosto che alla maggioranza possa effettivamente modificare lo spirito di questa Commissione.

Lo spirito di questa Commissione è scritto chiaramente nell'articolo 2 e nei compiti che sono assegnati all'articolo 2, che già hanno anticipato le relatrici: un primo gruppo conoscitivo in merito all'attività di disinformazione e ai suoi fini ed effetti - stiamo parlando di disinformazione, questo è importante, non fake news - e invece un altro secondo gruppo che vuole valutare l'adeguatezza degli strumenti, esistenti proprio per contrastare questa disinformazione, ed eventualmente valutare l'opportunità di proporre l'adozione di iniziative per prevenire, oltre che per contrastare.

Naturalmente, rispetto al primo gruppo, alla Commissione è affidata in effetti la necessità di indagare sui meccanismi che generano la diffusione massiva di informazioni e contenuti falsi, non verificati, dolosamente ingannevoli e, guardate, più che sui media tradizionali, per i quali rimangono fondamentalmente gli strumenti di controllo disciplinati dalla normativa vigente, soprattutto sulle attività di disinformazione che passano attraverso le reti social e le piattaforme tecnologiche.

Ed è a questo punto importante condividere la definizione di disinformazione, che io credo debba essere quella della Commissione europea, ovvero: l'attività di disinformazione è un'informazione, rivelatasi falsa o fuorviante, concepita, presentata e diffusa a scopo di lucro e per ingannare intenzionalmente il pubblico. Infatti, sempre la stessa Commissione europea pensa che l'obiettivo della disinformazione sia quello di distorcere, falsando i fatti, per disorientare i cittadini e per minare la fiducia nelle istituzioni e nei processi politici consolidati. Quindi, giustamente, noi affrontiamo l'attività di disinformazione collegata al concetto tipico del post moderno di post verità, ovvero di una verità costruita non su basi oggettive ma in conseguenza di - come afferma il nostro professor Nicita, che è sostanzialmente un autorevole membro, fino all'altro giorno, dell'AGCOM - una relazione di complicità, emozione e reciprocità, tra chi, di volta in volta, parla o ascolta; ovvero non si tratta di una mera bugia, ma piuttosto della verità desiderata da chi la professa e raccoglie.

Ci troviamo, guardate, sia sul web sia su altri mezzi, spesso di fronte a novelli eristi, che professano le loro post verità, infarcite di argomentazioni speciose. Agli eristi non interessa minimamente, secondo la vecchia filosofia sofista, quale sia la tesi da confutare o affermare: l'importante è affermarla, anche usando falsificazioni; non si cerca la verità, si cerca di far fuori l'avversario, magari soprattutto politico. Questo è un altro punto importante: le notizie politiche false sono le più virali. In effetti, la tecnica è diventata il soggetto di questa storia e il web prende il posto delle piazze, ma spesso senza offrire la verità. Facciamo un esempio: non si capisce perché, ad esempio, sui media e sui social non venga mai data la stessa eco alle sentenze che proclamano l'innocenza di persone incriminate, o ancora peggio arrestate durante operazioni giudiziarie e retate a strascico, costruite con gli stessi criteri di fake news virali e artefatte per conquistare le prime pagine dei giornali, con grave nocumento della reputazione individuale e spesso senza neanche poi rispettare il diritto all'oblio.

La rete Internet ha certamente rivoluzionato il modo con cui comunichiamo e ci informiamo, e io sono per sottolineare il valore di questi nuovi scenari e di questa sfida alle democrazie liberali che ha aperto la rete sul piano della libertà e della partecipazione alla vita civile. È cresciuta la capacità di ciascuno di noi di interagire con gli altri, di esprimere le proprie opinioni, di raccogliere informazioni senza bisogno di rivolgersi per forza ai media tradizionali. Oggi, però, proprio a causa di deliberata attività di disinformazione, la libertà della rete e le occasioni di maggiore partecipazione che questa offre alla vita sociale sono seriamente minacciate dalle informazioni false e dai discorsi d'odio che si diffondono online. Lo stesso ideatore del World Wide Web, in una lettera aperta scritta in occasione della celebrazione del CERN di Ginevra, ha lanciato un grido d'allarme sull'uso del web per diffondere le fake news. Quindi, l'assenza dei meccanismi di controllo e di responsabilità, che sono invece legalmente previsti per gli editori tradizionali, accentua la facilità di produrre questo genere di notizie. Le tradizionali barriere d'ingresso che caratterizzano l'industria della formazione tradizionale crollano. Il pluralismo informativo e la libertà di informazione - lo sappiamo bene - costituiscono i principi essenziali della società democratica e rappresentano il presupposto imprescindibile per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione. Proprio per questo possiamo dire che - e lo dico con le parole del presidente dell'Ordine dei giornalisti, che è venuto in audizione presso le nostre Commissioni riunite - come sistema giornalistico, dice Verna, noi siamo vittime e testimoni di un inquinamento dell'infosfera, che sta stravolgendo la stessa idea di informazione e di valore della comunicazione come collante sociale. Abbiamo già detto, nei media tradizionali responsabilità editoriale e reputazione costituiscono due capisaldi del sistema dell'informazione professionale, che forniscono trasparenza e garanzie, però si è passati da un modello in cui le informazioni venivano fornite da un insieme definito di fonti ufficiali, all'attuale ambiente disintermediato e reintermediato da piattaforme algoritmiche. Questo è il problema, e lo diceva e voglio rispondere anche all'onorevole Mollicone, che poneva il problema delle piattaforme: i meccanismi di proliferazione della disinformazione non sono quelli del singolo, ma sono basati su algoritmi che danno priorità alla pubblicazione delle informazioni in base al modello aziendale delle piattaforme e dal modo in cui tale modello privilegia i contenuti sensazionalistici, che in genere hanno più probabilità di attrarre l'attenzione e di essere condivisi tra gli utenti. D'altra parte, il modello pubblicitario online odierno, digitale, dipende dal numero di click e premia i contenuti virali: in questo modo si agevola l'inserimento di annunci pubblicitari sui siti web che pubblicano contenuti sensazionalistici, che fanno a loro volta leva sull'emotività dell'utente.

In tale contesto, oltretutto, l'automatismo dei sistemi di compravendita di pubblicità, che è senza adeguate misure di trasparenza, consente di vendere target allo scopo di massimizzare le impression servite o i click sui banner pubblicitari, piuttosto che sui contenuti. Le piattaforme online, dunque, che distribuiscono contenuti, in particolare i social media ma anche i motori di ricerca, hanno un ruolo fondamentale nella diffusione e nell'amplificazione della disinformazione online. Finora queste piattaforme non sono riuscite a intervenire adeguatamente: alcune di esse hanno adottato alcune misure, però questo aumento della disinformazione è diventata una fonte di preoccupazione, tanto negli Stati membri che nell'Unione europea. È del giugno 2017 che il Parlamento europeo ha invitato la Commissione ad analizzare nel dettaglio la situazione attuale e il quadro giuridico vigente relativo alle notizie false; così come a marzo 2018 il Consiglio europeo ha dichiarato che le reti sociali e le piattaforme digitali devono garantire pratiche trasparenti e piena protezione della vita privata e dei dati personali dei cittadini. Quindi, è necessario promuovere adeguati cambiamenti nella condotta delle piattaforme. Ci si aspetta sempre di più che le piattaforme online non solo rispettino gli obblighi giuridici dettati dal diritto nazionale della Ue - e sappiamo che spesso queste piattaforme non sono europee -, ma che agiscano anche con adeguata responsabilità alla luce del loro ruolo. In tale contesto, sempre la Commissione europea, a settembre 2018, ha pubblicato il Codice di buone pratiche e recentemente alcune società tecnologiche - Google, Facebook, Twitter, Microsoft, Mozilla - hanno presentato alla Commissione il primo rapporto annuale sulle politiche adottate per contrastare le false informazioni e i discorsi d'odio.

Tutto ciò può considerarsi meritorio, ma ancora non ha risolto efficacemente il problema; tant'è che la Commissione sta oggi analizzando la questione anche nell'ambito del Digital Services Act, che dovrebbe essere approvato nel corso del 2020. Quindi, la dimensione del fenomeno è tale da consigliare un intervento che abbracci la generalità degli Stati membri. Naturalmente, e finisco, tutto questo deve avvenire anche dentro un quadro di promozione dell'istruzione e dell'alfabetizzazione mediatica: se non c'è, tra i cittadini, uno sviluppo delle competenze critiche e digitali lungo tutto l'arco della vita, soprattutto tra i giovani, non si può rafforzare la resilienza delle nostre società rispetto alla disinformazione, e quindi sviluppare invece abilità, competenze digitali, dall'alfabetizzazione informatica alla creazione di contenuti digitali, fino alla sicurezza online e al benessere digitale. Così come è sempre più necessario e, come richiesto sempre dall'Ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa, sostenere il giornalismo di qualità come elemento essenziale di una società democratica che contrasti sostanzialmente questi rischi e generi un ambiente mediatico pluralistico.

Così come è molto positivo che il Governo italiano sia il primo che in Europa ha costituito, su iniziativa del sottosegretario Martella, che è qui presente, un'unità di monitoraggio per contrastare la disinformazione, per esempio in materia di COVID-19. Dentro questo quadro, dunque, l'auspicio è che l'istituzione di questa Commissione d'inchiesta superi le polemiche, come in parte è avvenuto nelle Commissioni, e possa offrire l'occasione di un'attenta analisi di soluzioni e preludere all'introduzione di regole e meccanismi più idonei a contrastare efficacemente il fenomeno. Per questo, per procedere in tale direzione, la futura Commissione potrà certamente acquisire ogni elemento utile per una più compiuta valutazione e per disegnare un meccanismo di contrasto efficace al fenomeno in stretto coordinamento con le istituzioni nazionali, europee e internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Martella, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, confesso un grande imbarazzo ad intervenire oggi in Aula, nel giorno in cui l'Europa esce da una notte in cui è stato consumato uno scontro durissimo, uno scontro mai visto, come riportano - per restare alle notizie, perché di questo ci occupiamo anche oggi - e come commentano questa mattina i giornali più autorevoli, uno scontro mai visto, dopo la notte in cui i 27 leader dell'Unione europea si sono scontrati intorno a 50 miliardi di euro, dopo la notte in cui persino il rappresentante del Governo, a cominciare dal Presidente del Consiglio Conte, diceva, e afferma, che non si può superare il limite, che l'Italia ha una sua dignità. Il Ministro Boccia è andato anche oltre: in un'intervista a La Stampa stamattina conclude con un lapidario, allarmato ed allarmante “È in pericolo l'idea stessa dell'Unione”.

Bene, in questi giorni in cui continuiamo a fare i conti con una pandemia che, grazie a Dio, fa sempre meno vittime, ma persiste e dà anche qualche segnale, purtroppo, di ritorno in alcune parti del Paese, noi oggi siamo qui a discutere di una proposta di legge per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false e di fake news. Per carità, la disinformazione e l'uso distorto delle nuove tecnologie, dei social, dei social network e del web non va sottovalutato, e lo dice, tra l'altro, uno che per 35 anni ha fatto il giornalista; ma cogliere questo momento drammatico, tragico, dell'emergenza COVID-19 per motivare, e quindi giustificare, l'istituzione di una Commissione che, così come è stata concepita, è di fatto uno strumento di controllo dell'informazione, della stampa italiana, è sinceramente inaccettabile.

Guardate, ho ascoltato con grande interesse l'intervento delle relatrici, alle quali do atto che alcune proposte, così come ha ricordato l'onorevole Paita, della minoranza, dell'opposizione, sono state accolte nel testo base; eppure è troppo poco, eppure sarebbe bastato molto meno, ma tornerò sull'argomento, perché, ad ascoltare la collega Bruno Bossio, sarebbe bastato che quanto detto dalla collega Bossio rientrasse nel testo, e che quindi venisse accolta la nostra proposta iniziale, il nostro emendamento all'articolo 2 di eliminazione dall'oggetto di interesse e di indagine della Commissione d'inchiesta della stampa tradizionale, dei media tradizionali. Sarebbe bastato questo per concentrare l'attenzione della Commissione d'inchiesta sui disastri, sui danni provocati, certamente, perché soprattutto chi fa informazione ha interesse che ci sia un'informazione corretta, a tutela stessa del proprio lavoro. Ha fatto bene la collega, prima, a ricordare l'intervento del presidente dell'Ordine dei giornalisti Carlo Verna, ma voglio ricordare anche l'intervento del presidente della Federazione nazionale della stampa, dell'AGcom, che hanno ricordato due cose fondamentali: che la buona informazione e l'intervento sulla disinformazione è già tutelato, da questo punto di vista, dall'AGcom e dall'Ordine dei giornalisti. C'è la carta, il testo unico dei doveri del giornalista che contempla e mette insieme tutte le carte deontologiche sottoscritte negli anni. Ebbene, di questo non avete tenuto conto. Mi dispiace che la collega Paita sia interessata ad altro, però mi rendo conto… Identico disinteresse alla nostra proposta iniziale. Scherzo, scherzo, non c'è problema, prendiamola anche con un po' di leggerezza.

PRESIDENTE. Prosegua il suo intervento, per cortesia, collega.

LUIGI CASCIELLO (FI). Chiedo scusa, Presidente. Allora, dicevo, già esistono controlli. Infatti noi abbiamo ricordato, chiedendo la soppressione delle parole “media tradizionali”, che le testate giornalistiche iscritte al Registro nazionale della stampa presso i tribunali italiani ed al ROC sono già sottoposti a vigilanza con specifica normativa per il trattamento dati, e con la legge sulla diffamazione a mezzo stampa, codice penale, articoli 595, 596, 596-bis, 597 e 599. Ricordo anche qui, come ho fatto in Commissione, che la Corte costituzionale, rammentando che la libertà di manifestazione del pensiero rappresenta un diritto fondamentale, coessenziale al regime di libertà garantito dalla Costituzione ed appellandosi al principio di leale collaborazione istituzionale, ha deciso di rinviare al 22 giugno 2021 l'udienza nella quale decidere sulla legittimità costituzionale sollevata con due ordinanze dei tribunali di Salerno e di Bari relativamente all'articolo 593, comma 3, del codice penale, di fatto concedendo un anno di tempo al Parlamento, presso il quale pendono varie proposte di legge sul tema, per rivedere l'attuale assetto normativo, cioè rivedere la legge sulla diffamazione a mezzo stampa che prevede il carcere per i giornalisti.

La buona informazione passa, cari colleghi, attraverso anche la tutela di chi deve fare informazione; anzi, dico che è soprattutto così. Ecco perché non è stato sufficiente accogliere, secondo noi, per fare una buona legge, l'emendamento con il quale facciamo riferimento all'assetto normativo e di autoregolamentazione dell'Ordine professionale dei giornalisti già esistente, e quindi, su questo non si può andare in deroga a quanto già previsto.

Perché poi è così importante ragionare sulla buona informazione? Perché mette al centro il problema dell'identificazione di che cosa sia veramente una fake news, di che cosa sia una cattiva informazione.

E, quindi, coinvolge il problema delle fonti di informazione e coinvolge il problema del diritto alla privacy, perché quando nel testo di legge si dice che per i poteri propri della Commissione, che sono uguali, anche in quanto a limitazioni, a quelli dell'autorità giudiziaria, in nessun caso, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, possono essere opposti il segreto d'ufficio, il segreto professionale, voglio ricordare che, nel nostro ordinamento, la tutela del segreto professionale viene fatta risalire all'articolo 622 del codice penale, attualmente in vigore - è del 1930, ma è ancora in vigore -, che punisce la rivelazione del segreto professionale. Il divieto di divulgare la fonte della notizia - che per un giornalista, magari, convocato dalla Commissione è fondamentale - è, invece, un principio giuridico. Tra l'altro, anche l'articolo 13, quinto comma, della legge sulla privacy tutela il segreto dei giornalisti sulla fonte delle notizie: infatti, si legge che restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione di giornalista, limitatamente alla fonte della notizia. Mi si dirà: ma questi sono i poteri conferiti alle Commissioni d'inchiesta. Ecco perché non si doveva fare una Commissione d'inchiesta che, di fatto, indaga sull'informazione in Italia o può indagare sull'informazione in Italia e non, come diceva in maniera semplicistica, mi si perdoni, uno dei colleghi in Commissione, che, in fondo, si parte con indagare quelle che sono di per sé delle fake, cioè sono di per sé delle notizie false. Ma chi lo decide che sono notizie false?

E, ancora, il problema reale della privacy, di quanto previsto dalla privacy: io su questo mi affido a studi di settore per essere anche più preciso, alla competenza di chi studia da giurista l'impatto del General Data Protection Regulation sul nostro ordinamento, ad esempio, ad uno studio di una ricercatrice attenta, come la dottoressa Natascia Malinconico, che qui ho trovato molto attinente, perché in questo studio si pongono una serie di domande: come si sposa il General Data Protection Regulation con l'ordinamento italiano? Con un grande ritardo. Noi siamo in grande ritardo su questo argomento. E siamo in grande ritardo - ci ricorda sempre la ricercatrice -, perché l'impatto non è stato e ancora per lungo tempo non sarà di facile assorbimento, in un quadro europeo e nazionale costantemente variabile e continuamente sotto assedio rispetto alla gestione del complesso variabile, appunto. Quindi, cosa fare? Ad oggi, quello che può evidenziarsi è l'esistenza di una normativa ancora frammentaria, bisognosa di linee guida definitive, ma, ancor di più, di una giurisprudenza attenta alle esigenze rappresentate dai contrapposti interessi, evitando ricorsi alle Corti europee e possibili condanne per un non corretto adeguamento della normativa interna.

Quindi, di che cosa avevamo e abbiamo bisogno in questo Paese su questo fronte? Di una legge, di un tentativo di mettere insieme una difesa contro le interferenze, anche straniere e incontrollate, come ricordava il collega Mollicone; interferenze che devono far ricordare, tra le altre cose, che questo tentativo di verifica sulla veridicità delle notizie, spesso, purtroppo - al momento, anzi, non spesso -, è assolutamente fuori dalla disponibilità del nostro sistema normativo, dal nostro sistema di protezione dei dati. Questo è il vero problema, ecco perché a noi questa Commissione d'inchiesta sembra che punti ad altro, che finisca per essere uno strumento incontrollato. Ecco perché ad un pur comprensibile tentativo di verifica dell'origine delle fonti irregolari ed illegali - pur nella grande difficoltà di individuare la natura stessa di queste fonti - non si può rispondere con una Commissione che, di fatto, rischia di essere una commissione di censura. Questo non è solo inaccettabile, ma ritengo che la proposta di legge di istituzione di una Commissione d'inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false, proprio anche alla luce degli studi fatti dagli esperti che ho richiamato, possa confliggere con garanzie costituzionali ormai consolidate, violando numerosi valori e principi cristallizzati della nostra Carta repubblicana. Si diceva prima che è stato accolto un emendamento - lo ricordava sempre la relatrice, l'onorevole Paita - in merito al vincolo di dover informare il presidente dell'ordine dei giornalisti in caso di indagine e di procedimento nei confronti di un giornalista che si sarebbe reso responsabile della pubblicazione di una notizia falsa. Guardate, non voglio tenere qui, non è il luogo per fare manifestazioni di conoscenza di che cosa sia una notizia, ma una notizia può essere tale e può rivelarsi anche falsa, ma era una notizia vera al momento stesso in cui viene pubblicata. Forse le sfugge, ma è così. Si dirà che l'obiettivo della Commissione non è questo, si può stare tranquilli, perché non è questo l'obiettivo della Commissione. Chi ci dice che non sarà questo? Perché? Perché, alla fine, si realizza uno strumento che rischia di essere incontrollato. Ecco perché davvero non ci si rende conto - mi domando - del pericolo che si può celare dietro una tale iniziativa? A me veniva in mente: nell'identificazione di una fake news, possiamo definire, per esempio, una fake news una delle notizie più diffuse attraverso i social negli ultimi due anni da quando si è insediato questo Parlamento e, cioè, come rappresentata questa affermazione dai colleghi dei 5 Stelle e dal Governo Conte I e dal Governo Conte II, “abbiamo abolito la povertà”? C'è una notizia più falsa di questa nel merito? No. Ma possiamo definirla una fake news? Non possiamo definirla una fake news, perché comporta e contempla anche il diritto ad una rappresentazione di una posizione politica che, chiaramente, finisce anche per enfatizzare quello che è un provvedimento sul quale si è si è lavorato e che si ritiene proprio dell'impegno politico specifico.

Ecco perché io sono molto preoccupato dell'istituzione di una Commissione, pur cogliendo la buona volontà dei proponenti, sicuramente la buona fede politica dei proponenti; ma, poiché si è utilizzato uno strumento che è proprio della Commissione d'inchiesta, immaginando di combattere le fake news attraverso una Commissione d'inchiesta, sinceramente non solo riteniamo inaccettabile, come Forza Italia, questa proposta di legge, ma ci chiediamo se, alla fine, non vi rendiate conto di rischiare di essere carnefici più o meno inconsapevoli di voi stessi. E se questo, in fondo, può anche interessarci poco, perché ciascuno, poi, si assume la responsabilità dei propri atti e delle proprie iniziative, sottosegretario Martella, è anche vero che però questo problema, questa iniziativa pone un problema più grande, che è il problema che evocavo al principio: il pericolo di mettere in discussione le garanzie costituzionali, le garanzie costituzionali della libertà di esprimere opinioni, della libertà di fare informazione vera. Ecco perché dico ancora che, prima di preoccuparsi di una Commissione d'inchiesta sulle cattive notizie, io mi sarei preoccupato di accelerare i tempi per mettere chi fa informazione in condizione di poterlo fare senza il pericolo, la preoccupazione, l'inevitabile censura, perché le iniziative giudiziarie con i giornalisti finiscono per limitare l'attività di informazione di un giornalista, piuttosto che preoccuparsi e non concentrarsi, invece, sul vero problema e, cioè, sull'informazione massiva, falsa e strumentale che arriva ancora con l'invadenza anche di Paesi stranieri (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Anzaldi. Ne ha facoltà.

MICHELE ANZALDI (IV). Grazie Presidente, grazie gentili colleghi, grazie Governo. Prima di leggere il discorso che mi ero scritto, voglio un attimo fare delle riflessioni a cui sono arrivato dopo gli ultimi interventi che ho sentito. Io vorrei ribadire che qui parliamo di fake news, cioè di cose totalmente false, con cui ognuno di noi, purtroppo, in questi anni ormai si è scontrato. Spesso ognuno di noi è stato vittima di ciò - ognuno di noi vuol dire milioni di italiani, perché ognuno di noi rappresenta una parte dei cittadini - e quando ha provato a mettere fine o a chiedere aiuto all'autorità giudiziaria o di polizia per cercare di mettere fine a una calunnia, a una diffamazione vera e propria totalmente infondata, lì si è andato a scontrare con dei fatti che ti dicono “ma non è un giornalista”, “non si può procedere” “è un profilo falso, non si capisce da dove parte” oppure “lo abbiamo inseguito e poi si perde”.

Allora, tutte queste riflessioni a noi hanno portato - io pensavo all'unanimità e spero che ci si arrivi all'unanimità, perché forse, secondo me, è semplicemente l'andamento dei lavori che ha portato a questa discussione di oggi, che è stata forse troppo appassionata e che ci sta portando fuori strada - a ritenere che se una cosa è falsa, totalmente infondata e addirittura, grazie a delle macchine - perché si parla di macchine e parliamo di robot - provoca dolore o addirittura dispiacere o addirittura dei drammi familiari, questa cosa totalmente falsa secondo me è giusto che il legislatore la prenda in considerazione e la studi. Lo scopo di questa Commissione - ricordiamocelo e io lo dirò nel mio discorso, ma lo hanno detto prima di me le mie colleghe in maniera chiara - è quello sì di indagare, di chiarire, di sviscerare il fenomeno ma in un tempo determinato, 18 mesi, e poi relazionare su questo il Parlamento, che nella sua autonomia e nella sua indipendenza decide cosa fare, ovvero, laddove le cose che la Commissione ha trovato saranno così rilevanti, così gravi, così organizzate - oserei dire - da dover arrivare a un provvedimento di legge organizzato e determinato.

Detto questo, procedo con il mio intervento, Presidente. Oggi avviamo la discussione di un iter che porterà all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione seriale, massiva e intenzionale di contenuti illeciti e informazioni false attraverso la rete Internet. Un problema che sino a qualche anno fa era ridotto e tenuto sotto controllo dagli ordini professionali, che garantivano il controllo e le responsabilità attraverso rigide regole, e dal fatto che l'informazione avveniva attraverso giornalista, giornale e lettore, il cosiddetto “one to many”.

L'arrivo della rivoluzione digitale, insieme all'ampliamento della connessione e alla diffusione di computer, tablet e di piccoli e semplici smartphone, che svolgono le stesse funzioni di un computer, hanno permesso di connettere, con estrema facilità e velocità, numeri incredibili di persone e tale fenomeno viene ulteriormente amplificato dall'utilizzo dei social network. Se a tutte queste peculiarità aggiungiamo la velocità e la mole di informazioni che si diffondono e scambiano, si intuisce facilmente che siamo dinanzi a un fenomeno da tenere sotto controllo o, meglio, da regolamentare. Ci siamo trovati da un sistema che ha i suoi tempi e le sue regole e addirittura con ordini professionali che basavano il loro lavoro sulla notizia e sulla verifica della fonte attraverso il giornalista e il lavoro di un'intera redazione, a un sistema totalmente libero, privo di ogni forma di intermediazione, fluido, veloce, ma nello stesso tempo omogeneo a tal punto da apparire veritiero e in alcuni casi addirittura autorevole.

In pratica, si è passati dal conosciuto e regolamentato sistema comunicativo one to many al totalmente libero many to many. Un sistema di comunicazione libera e internazionale mai avuto prima, una ricchezza, e delle opportunità che hanno attratto l'attenzione di diverse categorie, dall'economia alla politica sino addirittura a strutture organizzate sovrannazionali con fini economici o addirittura destabilizzanti. Infatti, da questo quadro di opportunità di comunicazione nasce la vera e propria emergenza delle cosiddette fake news, una locuzione che non ha nulla a che vedere con le news o le notizie che conosciamo, che sono state e sono ben gestite, sino a oggi, dagli ordini professionali, ma che, come ben descrive Wikipedia, indica “articoli redatti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte, rese pubbliche con il deliberato intento di disinformare o di creare scandalo”.

A questo inquietante quadro va aggiunto che la diffusione avviene sempre più frequentemente attraverso strumenti automatizzati, robot e piattaforme di social media e, addirittura, profilazione dell'utente, una pratica che consente la raccolta e l'elaborazione di dati inerenti gli utenti così da conoscerne le esigenze, o la pratica dell'Astroturfing, una tecnica di marketing per creare artificialmente consenso, per cui addirittura vale la pena ricordare che colossi internazionali del web in America hanno già subìto pesanti condanne e sanzioni, proprio per avere creato recensioni, dibattiti e altro totalmente falsi (addirittura in questo caso voglio ricordare che c'è la condanna; ciò è stato fatto ai danni di una grossa istituzione).

Una situazione di per sé pericolosa e inquietante, una galassia tecnica che vede coinvolti tanti gruppi economici e politici nazionali e internazionali, leader economici del settore e anche sconosciuti, e che si arricchisce ogni giorno di nuove scoperte e pratiche tecniche. A questa preoccupante situazione va aggiunta la difficoltà di individuare i reali responsabili delle fake news. Queste possono essere costruite da utenti reali, italiani, internazionali, da Paesi che non garantiscono trasparenza e collaborazione giuridica e, addirittura, da robot che utilizzano algoritmi e profilazione per meglio influenzare singoli e gruppi.

Una situazione preoccupante e in continua evoluzione che il Parlamento ha deciso, con questo provvedimento, di affrontare con l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false, per verificare, fermi restando gli strumenti di controllo disciplinati dalla normativa vigente, sia la diffusione, attraverso le reti sociali, telematiche e le altre piattaforme tecnologiche, analogiche o digitali, anche mediante la creazione di false identità digitali, sia la produzione e la comunicazione di informazioni e contenuti falsi; di verificare se l'attività di disinformazione sia riconducibile a soggetti, gruppi od organizzazioni, anche aventi struttura internazionale, che si avvalgano anche del sostegno finanziario di soggetti interni o esterni, con lo scopo di manipolare l'informazione e di condizionare l'opinione pubblica.

Ciò, in modo particolare, in occasione di consultazioni elettorali e referendarie. Inoltre, di verificare se l'attività di disinformazione abbia finalità di odio, ossia di incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o di istigazione a delinquere per la commissione di atti discriminatori e violenti, per motivi sessuali o di orientamento sessuale; di verificare l'esistenza e l'idoneità delle procedure interne predisposte dai media e dai fornitori di servizi delle reti sociali, telematiche e delle altre piattaforme analogiche o digitali, fermi restando gli strumenti di controllo disciplinati dalla normativa vigente - e ritorniamo sulla normativa vigente - per la rimozione delle informazioni false e dei contenuti illeciti dalle proprie piattaforme, nonché delle procedure per la gestione delle segnalazioni e dei reclami presentati dagli utenti e per la prevenzione e il contrasto di reati commessi attraverso l'utilizzo delle medesime piattaforme, garantendo che tali procedure non siano lesive della libertà di espressione e di stampa; di vagliare la possibilità dell'adozione di un codice di autoregolamentazione da parte dei media e dei fornitori dei servizi delle reti sociali, telematiche e delle altre piattaforme analogiche e digitali, nel quale siano previste le procedure per rimuovere tempestivamente i contenuti derivanti dall'attività di disinformazione, prevedendo altresì di vietare il conseguimento di eventuali vantaggi pubblicitari connessi.

Sulla base del lavoro svolto dovrà valutare l'opportunità di proporre l'adozione di iniziative di carattere normativo o amministrativo – appunto, di proporre - volte ad una più adeguata prevenzione e un più efficace contrasto dell'attività di disinformazione e della commissione di reati attraverso i media, le reti sociali, telematiche e le altre piattaforme tecnologiche, analogiche e digitali. Nello stesso atto istitutivo si stabilisce che la Commissione conclude i propri lavori entro 18 mesi dalla sua costituzione. La Commissione, al termine dei propri lavori, presenta alle Camere una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta; la Commissione riferisce, altresì, alle Camere sullo stato dei propri lavori ogni volta che lo ritenga opportuno. La Commissione si avvarrà dell'insostituibile attività degli ordini professionali; infatti, qualora la Commissione nella sua attività di indagine rilevi che nella diffusione di informazioni false è coinvolto un giornalista, ne informa tempestivamente il presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti, per la trasmissione degli atti al competente consiglio di disciplina territoriale. Come vede, Presidente, il lavoro della Commissione vuole essere semplicemente quello di indagare, di sviscerare un territorio che, ahimè, sulla pelle degli italiani e di tanti di noi attualmente è oscuro; e, ove trovasse delle cose che hanno della rilevanza giuridica, di rimettersi al lavoro del legislatore, cioè del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimiliano Capitanio. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO CAPITANIO (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Martella, partiamo dalla Costituzione. Articolo 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. È bene partire da queste fondamenta prima di addentrarci in un terreno molto delicato; tra l'altro abbiamo avuto la fortuna di avere il sollievo, durante gli interventi dei relatori, delle relatrici e anche dei colleghi che ci hanno preceduto, su un teorema su cui la Lega è tornata più volte; forse noi avremmo avuto la necessità di intervenire in maniera regolatoria sul fenomeno delle piattaforme, avremmo dovuto introdurre degli strumenti normativi efficaci, avremmo dovuto ridurre la durata di questa Commissione d'inchiesta da 18 a 12 mesi, come avevano chiesto alcuni emendamenti della Lega perché, oggettivamente, anche nel dibattito che si è sviluppato in Commissione si è capito che andiamo a lavorare, in un momento di grave crisi anche economica e sociale del nostro Paese, su una materia più linguistico-filosofico-metafisica che non su una reale esigenza del Paese, e quindi era meglio dotarci di strumenti concreti sulle piattaforme che non lavorare per 18 mesi su un confronto dialettico-linguistico.

È un compito delicato, questo della Commissione, perché nella vastità dei campi che si vorrebbero esplorare concentra innanzitutto il focus sul concetto di verità, perché nel momento in cui le proposte di legge che la Lega non ha presentato, poi confluite nell'attuale testo unico, miravano ad esplorare e possibilmente debellare il concetto di fake news, è ovvio che se da una parte abbiamo il fake, ovvero il falso, dall'altra parte mettiamo al centro dei lavori il concetto di verità. Un concerto che è prezioso, affascinante, ma evidentemente sfuggente. Ci hanno provato i filosofi fin dai tempi degli scettici, che decisero di sospendere il giudizio; poi dalla Grecia passando al Medioevo e andando fino ai giorni nostri, è difficile definire il concetto di verità. Non vogliamo neanche arrivare ai livelli di Nietzsche, che scrisse in un celebre aforisma: non ci sono fatti, ma solo interpretazioni. Però, l'idea di affidare a soggetti pubblici - e Dio ce ne scampi dal pensare di affidarlo a privati - il compito di vigilare sulla verità e sull'attendibilità di una notizia, e, conseguentemente, di decidere se la stessa possa o meno liberamente circolare in rete, riflette una logica statalista, paternalistica, se non addirittura autoritaria, che è estranea al nostro modello costituzionale. Noi crediamo che esistano i fatti, ma anche le loro interpretazioni; e alle volte però dobbiamo ammettere, ci spaventano di più le subdole interpretazioni delle notizie rispetto alle notizie completamente false, quindi a volte, si spera, più facilmente riconoscibili. Negli ultimi anni la Lega è stata bersaglio di un numero indefinibile di fake news: nell'ultima campagna elettorale è stato creato addirittura a tavolino un movimento, quello delle sardine, che faceva della disinformazione contro Salvini l'unica ragione di esistenza. E la bugia più colossale, che ha radici ancora più lontane, ancora oggi difficile da estirpare dall'opinione comune e dai mezzi di informazione tradizionali e digitali, è quella dei famosi 49 milioni: soldi evidentemente che non furono rubati, truffati o indebitamente percepiti, un finanziamento pubblico lecito e legittimo, che fino al 2012 veniva assegnato al singolo partito in base ai voti raccolti alle elezioni politiche. Ecco, i 49 milioni sono la somma dei contributi maturati nel 2006, nel 2008 e nel 2010; indagheremo anche su questo durante i lavori della Commissione. Quello che avremmo preferito noi, l'abbiamo ripetuto più volte ma lo avete scritto anche nel testo definitivo, rientra nell'articolo 2, comma 1, lettera l): “valutare l'opportunità di proporre l'adozione di iniziative di carattere normativo o amministrativo volte a una più adeguata prevenzione e più efficace contrasto dell'attività di disinformazione e della commissione di reati attraverso i media, le reti sociali telematiche e le altre piattaforme tecnologiche, analogiche e digitali”. Noi su questo avremmo voluto lavorare fin da subito, non passare 18 mesi a fare un dibattito filosofico-metafisico. Avremmo voluto lavorare su questo perché l'antidoto alla diffusione e condivisione di informazioni false e tendenziose sta nella formazione dei cittadini, che devono essere consapevoli e preparati, capaci di scegliere le fonti: è inutile voler indagare - perché questo, ci pare di capire, fosse lo spirito iniziale delle proposte di legge - se il referendum che ha chiuso la stagione politica di Matteo Renzi sia stato in qualche modo falsato da informazioni fasulle, verosimili, campagne venute dall'estero, se poi non creiamo un vaccino contro queste presunte ondate. E aggiungo io: poi è inutile anche che facciamo tutto questo lavoro se poi non è consentito agli italiani comunque votare, e quindi esprimersi, sia a livello di opinioni che di voto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Oggi, la realtà è che, tra i giovani di 14 e 34 anni, il 24,9 per cento si informa soltanto tramite social network, il 21 fa ricorso esclusivo ai giornali…

PRESIDENTE. Chiedo scusa se la interrompo, sarebbe preferibile, con la sua collaborazione, cambiare postazione, modo tale che la sua voce si possa ascoltare meglio. Grazie.

MASSIMILIANO CAPITANIO (LEGA). Quindi, diciamo che oggi la realtà è che, tra i giovani tra i 14 e i 34 anni, il 24,9 per cento si informa solamente tramite i social network, il 21 per cento fa ricorso esclusivo ai giornali, news e riviste e il 17,8 per cento un mix di queste due modalità (tra l'altro, mi sembrano anche delle stime molto generose). Noi su questo dovremmo lavorare, sul pluralismo dell'informazione, che bisogna pretendere sia di qualità e che bisogna avere il coraggio di sostenere anche economicamente, quando serve. Quindi, è inutile, l'abbiamo detto anche nelle premesse, mettersi al lavoro se non è nemmeno chiaro l'oggetto della nostra indagine. Avevamo proposto un emendamento in quella direzione, ci è stato cassato. Il tema delle cosiddette fake news suscita particolare allarme sociale, perché la loro presunta diffusione avviene attraverso strumenti automatizzati e piattaforme di social media, riuscendo così ad influenzare l'informazione e l'opinione individuale. Sotto un profilo definitorio si creano notevoli dubbi: la stessa definizione di fake news, che al momento non esiste e probabilmente non andremo neanche a normare, infatti, non sembra raccogliere l'unanimità né sotto un profilo oggettivo (quali notizie rientrano nella definizione) né soggettivo (se sia necessario dimostrare il dolo o anche solo una colpa nella loro diffusione). Il solo fatto di non riuscire a trovare una definizione comune di falsa informazione avrebbe dovuto indurre una maggiore precauzione, prima di istituire addirittura una Commissione d'inchiesta su qualcosa che non è definito. Lo strumento poi della stessa Commissione d'inchiesta, come ripetuto, ci lascia comunque perplessi anche per gli immensi poteri che andiamo ad attribuire a questo organismo. L'obiettivo delle Commissioni dovrebbe infatti essere ben circoscritto, senza cercare le responsabilità penalmente rilevanti - per fortuna a quello penserà la magistratura - oppure con la finalità di screditare l'avversario politico. A voler leggere in chiave squisitamente politica l'allarme generale sulle fake news, si potrebbe notare che nel 2016 si verificano tre eventi elettorali che rovesciano tutte le previsioni quanto le aspettative delle élite economiche e politiche: il referendum sulla Brexit, l'elezione di Trump e infine il referendum costituzionale italiano. Lo sconcerto planetario degli sconfitti è tale che subito parte la caccia alle streghe, terribili hacker russi in primo luogo, poi vari untori del web che avrebbero traviato intere popolazioni, le quali solo pochi anni prima erano specchiato esempio di saggezza e democrazia e partecipazione. L'opinione pubblica liberale e progressista non può accettare una semplice sconfitta politica, ha bisogno di riaffermare la supremazia morale delle sue posizioni contro noi gretti populisti, così scatta l'appello alla mobilitazione per la verità - ovviamente la verità con la “V” maiuscola - contro la menzogna, la quale menzogna ovviamente corre solo sui canali del web, mentre i media tradizionali ne sarebbero del tutto esenti. Che sulla rete e nei social si debba alzare il livello di vigilanza e consapevolezza - l'abbiamo fatto anche lavorando al fianco del sottosegretario Martella anche su nuovi strumenti per la regolamentazione anche e la protezione del diritto d'autore, che per noi va di pari passo con la qualità dell'informazione - ci trova assolutamente allineati sul fatto di lavorare a questi nuovi strumenti normativi e quindi su quello ci troverete allineati; sulle modalità della Commissione d'inchiesta, invece, ripeto, abbiamo parecchie perplessità e le abbiamo ripetute più e più volte. Le fake news si combattono con l'autoregolamentazione degli operatori e la responsabilizzazione delle piattaforme: l'abbiamo detto tutti, in tutti gli interventi, non capisco perché non vogliamo lavorare subito in questa direzione. Il sistema dell'informazione ha bisogno di essere informazione e il Parlamento dovrebbe lavorare a questo obiettivo, è stato detto dai relatori, dalle relatrici e dai tanti colleghi intervenuti, e il mondo del giornalismo stesso ce lo ha ripetuto. Questa Commissione purtroppo, dobbiamo prenderne atto, non serve. Servono nuovi strumenti, servono leggi e serve formazione, non serve quello che noi abbiamo il dubbio si voglia istituire: un tribunale del popolo. Noi, di tutto questo lavoro, condividiamo - e lo faremo: non è che votando contro l'istituzione della Commissione d'inchiesta derogheremo al nostro impegno politico, anzi, lo rafforzeremo ulteriormente - quindi condividiamo lo spirito di questa Commissione, non lo strumento. In tempi di menzogna universale, diceva Orwell, dire la verità è un atto rivoluzionario: noi saremo rivoluzionari nei confronti di questa Commissione e anche al suo interno, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente, gentili colleghe, cari colleghi, membri del Governo, siamo qui per discutere riguardo alla proposta dell'istituzione della Commissione d'indagine e di inchiesta sul fenomeno delle fake news. Le colleghe, la collega Ciampi e la collega Paita, hanno illustrato molto bene l'articolato legislativo, quindi io volevo focalizzare sul perché si debba istituire una Commissione riguardo alle fake news e qui ho avuto uno spunto molto interessante da parte del collega Capitanio. Il collega Capitanio ha ragione quando dice che non è facile riconoscere la verità, ma è necessario. Proprio perché è complesso, allora la massima espressione della volontà popolare, che è questo Parlamento, deve poter indagare su questo fenomeno. Infatti, buona parte di quello che farà la Commissione sarà conoscere, capire un fenomeno che è nuovo nelle sue forme, ma antico nelle sue radici. In particolare, volevo ricordare che all'articolo 2, al punto c), è stata introdotta l'indagine riguardo alle fake news diffuse nell'ambito dell'emergenza COVID-19. Questo, ovviamente, non era nell'articolato originale, è stato introdotto recentemente e la diffusione di notizie false, proprio quando ci sono delle situazioni di grande allarme sociale, quando il bene più prezioso che noi abbiamo, la nostra salute, viene messo a rischio nelle pandemie, è un fenomeno antico; ricordiamo già il fenomeno degli untori descritto dal Manzoni nella Storia della colonna infame, in cui il Manzoni ci racconta come il povero barbiere Gian Giacomo Mora viene processato, senza che ci sia alcuna prova concreta che lui possa aver diffuso la peste, viene torturato, viene ucciso, la sua casa viene demolita e sulle sue macerie viene eletta quella che poi dà il titolo all'opera, ovvero la colonna infame. Però, se già allora c'erano delle notizie false, già molti, molti anni prima, qualcuno come il Manzoni cercava di ristabilire la verità e le fake news, questa parola inglese - ma in realtà possiamo usare il termine italiano ovvero notizie false - sono state imputate alla rete, ai social, ma non è stata colpa dei social: i social hanno semmai amplificato la portata dell'informazione, ma i social hanno anche dato gli strumenti per poterle smentire. Chi si vuole informare usando in maniera consapevole i social, adesso ha tutti gli strumenti critico-culturali per capire se la notizia è attendibile o meno.

Giusto per ricordare quali tipi di notizie sono circolate durante l'emergenza che noi abbiamo passato, un momento veramente difficile per il nostro Paese, c'è stata in particolare quella che ha visto raccontare che la diffusione del Coronavirus fosse in qualche modo legata alla tecnologia 5G. Per quanto inizialmente sembrasse surreale che qualcuno raccontasse tale notizia, è sembrato ancora più surreale che ciò potesse avere credito. Eppure ciò ha avuto una risonanza inaspettatamente sorprendente, incredibile, ed è stato dovuto ad alcuni utenti che hanno visto aumentare enormemente i loro followers. Ricordiamo, come dice il professor Antonio Capone del Politecnico di Milano, che il meccanismo con cui funzionano i social è un premio verso chi porta contenuti che sono poi condivisi e che sono visti. YouTube premia con circa dai 3 ai 5 euro 1.000 visualizzazioni. Ora, nel giro di una settimana, questo tipo di contenuti ha raggiunto qualcosa come 3 milioni di visualizzazioni, quindi praticamente e paradossalmente c'è stato qualcuno che, mettendo in campo le notizie che - penso - siamo tutti concordi nel definire false e addirittura surreali, è riuscito a guadagnare quanto uno dei nostri infermieri in prima linea che ha rischiato la sua vita per salvarne altre. Non si può non cercare di arginare questi fenomeni, non si può non cercare di intervenire in qualche modo. E qui va dato credito al social media YouTube che in effetti ha trovato, almeno in quel caso, una soluzione, che è stata quella della demonetizzazione - così si chiama in termini tecnici - dei canali che diffondevano quel tipo di informazione: infatti quel tipo di informazioni sono sparite nel giro di pochissimo. Rispetto ai cialtroni (usiamo la parola corretta) che diffondono notizie false e dannose per la collettività, la soluzione è colpirli nel portafoglio e ha funzionato. Quindi, quella notizia oramai si è spenta, tuttavia i danni ci sono stati. Ci sono state persone che sono andate a bruciare in maniera del tutto insensata delle antenne telefoniche pensando che fossero antenne 5G. Tra l'altro, qui abbiamo una fake news nella fake news perché quelle che sono state bruciate, nella maggior parte dei casi, non erano affatto antenne 5G, quindi l'unico risultato è stato danneggiare degli studenti che non hanno potuto seguire lezioni da casa (già le loro condizioni non erano ottimali e invece si sono trovati in una situazione ancora peggiore) e delle persone non hanno potuto lavorare da casa. Ecco quali sono i danni delle fake news ed ecco perché il Parlamento deve mettere un faro sull'argomento, ovviamente con la massima cautela perché qui stiamo toccando la libertà di opinione e la libertà di espressione. Dobbiamo essere capaci di toccare il male e lasciare il bene, e lasciare anche la capacità di confronto. Penso che questo sia lo spirito della Commissione, che quindi ha un compito non prescrittivo ma che piuttosto chiamerei propositivo. Riconoscere una notizia falsa da una vera non può essere qualcosa che si fa in automatico: lì serve la capacità critica e lo scopo è raccogliere soprattutto informazioni e proporre soluzioni; poiché non esiste un manuale che dice questa notizia è falsa e questa notizia è vera in automatico e dubito che possa esistere, la Commissione deve promuovere le buone pratiche. Quindi, nell'attesa dei diciotto mesi di lavoro della Commissione, già noi possiamo mettere in atto delle buone pratiche. Mi sento, da qui, di lanciare un appello, in primo luogo ai professionisti dell'informazione, perché loro a volte fanno degli articoli assolutamente solidi ma il 99 per cento degli utenti legge il titolo e allora il titolo deve avere la stessa veridicità e la stessa cura di tutto il resto dell'articolo: ciò è importantissimo.

Vorrei anche lanciare un appello a noi rappresentanti eletti dei cittadini a non cercare ossessivamente una visibilità perché, in fondo, avere tanti like sui social è un po' come essere ricchi con i soldi del Monopoli: è una visibilità effimera, invece il consenso che deriva dal fare il bene dei cittadini rimane. Vorrei lanciare quindi un appello agli scienziati e docenti universitari a lasciar perdere la paura e l'imbarazzo, e a cercare di essere anche loro sui social, a dare informazioni semplici ma rigorose. Non è facile, ma se gli scienziati lasciano campo libero ai cialtroni di prima, ciò che succede è che comunque quello spazio viene occupato e noi vogliamo che sia occupato da contenuti buoni, da contributivi utili per i cittadini.

Infine, vorrei lanciare l'appello ai cittadini: loro possono migliorare davvero la qualità dell'informazione, non tanto evitando di condividere contenuti falsi. Se ciò succede non è la fine del mondo, Presidente, anche perché quello che è stato detto è giusto, cioè il fatto che molti dei contenuti falsi vengono condivisi da programmi, quelle condivisioni non coincidono con persone reali; tuttavia i cittadini possono invece condividere dei contenuti veri. Quello che ho visto durante la pandemia è stato che i contenuti del professor Silvestri, ad esempio, avevano un enorme numero di visualizzazioni anche se erano scritti male per quello che sarebbero i social media: erano lunghi, erano articolati, c'erano dei grafici, c'erano dei numeri; tutto quello che Facebook direbbe di non fare per avere un contenuto virale, mentre invece quei contenuti validi e scritti bene ci hanno aiutato e sono state diffusi bene. Quindi concordo con quello che hanno detto in tanti per cui, certo, la Commissione serve, ma sviluppare il pensiero critico e la capacità di analisi delle fonti è l'antidoto migliore alla disinformazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Grazie Presidente, onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, il testo unificato in discussione prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla diffusione intenzionale e massiva di informazioni false attraverso la rete Internet. È evidente che il ruolo che svolgono oggi i social network ha raggiunto, se non addirittura superato, quello dei tradizionali mezzi di comunicazione. La diffusione delle informazioni viaggia alla velocità della luce: ciò può essere un bene da una parte ma è anche un male quando la notizia diffusa non è stata prima filtrata, verificata e confermata. Il fatto che quando una notizia tendenzialmente falsa diventa virale, è molto facile che arrivi a milioni di persone; quando invece quella stessa notizia necessita di essere smentita diventa difficile che coloro che l'hanno diffusa smentiscano se stessi, per esempio sul proprio profilo social o su una pagina politica. Di conseguenza, oggi più di un collega ha ben pensato di proporre una proposta di legge sull'istituzione di una Commissione parlamentare che si occupi dell'argomento in parola e, come dice anche il collega dei Cinque Stelle, Lattanzio, nella premessa, è in dubbio che negli ultimi anni si è assistito ad un corto circuito della disinformazione attraverso un aumento del numero delle famose fake news. Non possiamo, però, negare che negli ultimi anni si è abusato molto anche della stessa locuzione fake news e sono del parere che si voglia strumentalizzare in questa sede ancora una volta la parola fake news perché questa maggioranza, soprattutto sul versante stellato, chiama con questo termine ogni informazione utile per sbugiardare, per esempio, le promesse fatte in campagna elettorale. D'altro canto, abbiamo il gruppo di Italia Viva che ha presentato una proposta di legge, tra quelle abbinate, a prima firma di Maria Elena Boschi quando con il Governo Renzi è stato approvato un decreto finalizzato a depenalizzare il reato di abuso della credulità popolare. Allora mi chiedo: che senso ha per voi della maggioranza creare la Commissione d'inchiesta? Questa è la mia prima preoccupazione.

Sulla base di quali criteri verrà stabilito cosa è vero e cosa è falso? Ciò perché ho la sensazione che si interpretino a proprio piacimento le iniziative legislative che creano, abusando della credulità popolare, narrando esattamente il contrario rispetto a ciò che è, dalla propaganda filorussa contro gli USA, all'ultima novella sui Benetton, faccio degli esempi.

Con i fanghi in agricoltura è stato introdotto un vero e proprio crimine contro l'ambiente, denunciato anche da Fratelli d'Italia, permettendo lo spandimento di fanghi tossici che il Ministro Costa aveva promesso di fermare quanto prima. I 5 Stelle hanno venduto questo crimine sostenendo che prima si poteva inquinare deliberatamente, adesso si può inquinare entro certi limiti. Questa è o non è una fake news? Hanno venduto la disfatta Ilva, sottoscrivendo accordi con ArcelorMittal, come il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili, in spregio a quanto dichiarato e promesso in campagna elettorale. Questa è o non è una fake news? Oppure le note vicende sul ponte Morandi, sulle autostrade, sui Benetton, vendute come revoca delle concessioni, quando nella realtà sappiamo benissimo, come denunciato sempre da Fratelli d'Italia, per voce del nostro presidente Giorgia Meloni, che su Autostrade è finita a tarallucci e vino, con i Benetton che possono dormire su due guanciali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Questa è o non è una fake news? Abbiamo abolito la povertà, eliminato la corruzione, i condoni e i “salva banche”: queste sono o non sono fake news? Ovviamente per questo Governo no. Lo diventano se opinate dalle opposizioni. Io chiaramente non voglio entrare nel merito delle singole vicende illustrate, dichiarandole giuste o sbagliate, voglio mettere in evidenza come i maestri delle fake news, insieme a coloro che hanno depenalizzato il reato di diffusione, oggi, nel pieno di una crisi economica, dove milioni di italiani sfogano il proprio disagio sulla rete, vogliono istituire una Commissione d'inchiesta. Quindi, la domanda sorge spontanea: volete una Commissione d'inchiesta per fermare fake news oppure volete fermare quelle notizie della buona informazione che smentiscono le vostre azioni politiche? Mi piace ricordare, come fatto anche dal collega Capitanio, della Lega, che in Italia vige l'articolo 21 della Carta costituzionale, che sono costretto a ricordare: tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Fratelli d'Italia difende la Costituzione. Quindi, diamo il giusto peso e il giusto valore a queste condotte disdicevoli del codice penale trasformando queste azioni in delitti, potenziamo i reati già esistenti, diamo giusti strumenti alla magistratura per punire chi utilizza la rete per diffondere notizie false, altrimenti ogni vostra iniziativa in materia sarà considerata pura e semplice propaganda politica, di cui voi siete maestri, con la diffusione appunto delle fake news (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elena Maccanti. Ne ha facoltà.

ELENA MACCANTI (LEGA). Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, io ho seguito con grande attenzione quest'oggi il dibattito, e ora intervengo, ma con un certo disagio, perché, mentre in quest'Aula noi parliamo di fake news e di contenuti Facebook, 4 milioni e mezzo di partita IVA proprio da oggi saranno soggetti a multe e sanzioni perché, dopo quattro mesi di mancati incassi e di inattività, non potranno permettersi di pagare le tasse che questo Governo non ha voluto prorogare, e rischiano di chiudere o di entrare nella spirale dell'usura; 141 scadenze fiscali da qui a fine luglio dopo due mesi di lockdown: una follia. E mentre le associazioni di categoria ci dicono che un'impresa su tre teme di non arrivare all'autunno e, per inciso, i soldi della cassa integrazione non sono ancora arrivati a molte imprese e lavoratori, per la maggioranza di Governo la priorità oggi è istituire una Commissione bicamerale d'inchiesta, con gli stessi poteri e gli stessi limiti della magistratura, che durerà 18 mesi, per indagare sulla diffusione internazionale e massiva di informazioni false. Una Commissione - ed entro nel merito - di cui davvero non comprendiamo l'utilità, certamente un inutile doppione, più costoso, della task force governativa contro le fake news voluta e istituita appena qualche mese fa, in piena emergenza Coronavirus, dal sottosegretario del Partito Democratico all'editoria, Andrea Martella. Bene, proprio in questi giorni, dopo due mesi di attività e il coinvolgimento di undici esperti, ha pubblicato un documento con un programma operativo per il breve periodo per contrastare proprio la diffusione della disinformazione sui social e sul web, che almeno per chi ha istituito la struttura dovrebbe essere il punto di partenza per strategie concrete, invece no. Ed è un inutile doppione anche di altre strutture che, con fondi pubblici, si occupano di questa materia. Pensiamo all'osservatorio istituito dall'Agcom, l'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, alla squadra a supporto dei giornalisti per contrastare la disinformazione sull'emergenza sanitaria del servizio pubblico radiotelevisivo, la RAI, per non parlare anche delle tante iniziative delle singole testate giornalistiche o di alcune piattaforme, ad esempio Facebook, che proprio recentemente ha lanciato una nuova campagna per educare e informare gli utenti su come individuare potenziali notizie false. Ma evidentemente, secondo la maggioranza, è troppo poco, meglio istituire una Commissione d'inchiesta bicamerale. Che poi il tema è serissimo, attenzione, onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, lo dico da giornalista professionista: è un tema che intreccia nel profondo anche quello della crisi del giornalismo se vogliamo dire tradizionale, ma che non può prescindere dal ruolo della conoscenza come principale arma di difesa per orientare il cittadino a riconoscere le notizie delle fonti ufficiali da quelle di dubbia autenticità. E come vi abbiamo proposto più volte nel corso dell'esame nelle Commissioni - l'ha ricordato nel suo intervento l'onorevole Capitanio -, occorre intervenire sotto il profilo normativo e culturale per promuovere un'informazione corretta e nel rispetto dei diritti dei cittadini. E poi, su che cosa è indagherà questa Commissione d'inchiesta? Ebbene, lo leggiamo dal testo: indagherà sulle attività di diffusione massiva di informazioni e contenuti illegali, falsi, non verificati oppure dolosamente ingannevoli, sia attraverso i media tradizionali, quindi carta stampata e TV, sia attraverso le reti e le piattaforme, attività che vengono nel testo genericamente definite “disinformazione”. Bene, abbiamo chiesto alla maggioranza, senza ottenere risposta, nel lungo dibattito in Commissione, e per questo torniamo a chiederlo in discussione generale: quale sarà nella sostanza l'attività di questa Commissione? In quale ambito dovrà operare? Ciò perché punire chi diffonde notizie false è compito dell'autorità giudiziaria, che applica gli articoli del codice penale. Penso all'articolo 656, che punisce chiunque pubblichi o diffonda notizie false ed esagerate o tendenziose per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, e, se vogliamo, all'articolo 595, che disciplina invece il reato di diffamazione con l'aggravante del mezzo stampa. Per tutto il resto, onorevoli colleghi, vige - anche qui è stato ricordato da chi è intervenuto prima di me - l'articolo 21 della Costituzione: tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Ciò perché, colleghi, se è lo Stato, o peggio una maggioranza politica, o, fatemi dire, ancora peggio, dal mio punto di vista, questa maggioranza politica, come nel caso di una Commissione d'inchiesta, a stabilire con gli stessi poteri e limiti della magistratura cosa è vero e cosa è falso, se le notizie che non rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 656 del codice penale possono essere vagliate da un'autorità statale o peggio da una maggioranza politica, beh, è chiaro che siamo in un altro ambito, in cui si rischia seriamente di incidere sulla libertà di espressione e di sfociare in uno Stato autoritario. E devo dire che non rassicurano le dichiarazioni di alcuni autorevoli membri della maggioranza, ad esempio quelle rese dal vicepresidente del MoVimento 5 Stelle, Riccardo Ricciardi (fonte ANSA), che ha recentemente definito fake news l'ipotesi di rimpasto ventilata da alcuni organi di informazione. Basta con le fake news volte soltanto a destabilizzare l'Esecutivo, ha tuonato. Ma non è tutto. Un quadro dirigente del PD milanese si è anche spinta oltre: ieri - ha sentenziato con un'agenzia di stampa - abbiamo sentito Matteo Salvini raccontare fake news su Milano, definendola una città immobile. Toninelli, come sempre, invece, ha esagerato, ed è arrivato a dire che, se in Italia ci fosse una pena per le fake news, Meloni e Salvini prenderebbero l'ergastolo multiplo (fonte AGI). Beh, di questo passo, chi parla male del Governo forse sarà annoverato tra i seminatori di odio. Allora un dubbio ci viene, colleghi e rappresentanti del Governo: non vorremmo che Governo e maggioranza avessero in realtà un obiettivo che non è quello di aiutare i cittadini a orientarsi tra le migliaia di notizie che ogni giorno si riversano nella rete, ma quello di mettere un bavaglio alle legittime critiche di giornalisti non allineati e purtroppo dell'opposizione. Già ci pare di sentirlo il Ministero della Verità: la cassa integrazione non arriva? Una fake news. Il timore che a settembre non possano riaprire le scuole? Disinformazione.

Le partite IVA non riescono a pagare le tasse? Terrorismo mediatico di Salvini. Non è così, colleghi della maggioranza? Perché, se non è così, date almeno prova che non si tratta di un maldestro tentativo di oscurare le proposte e le idee degli avversari politici, quelle idee che a voi sembrano davvero mancare e approvate due, dico due, proposte di buon senso della Lega che avete invece bocciato in Commissione: la prima, che chiede di individuare la nozione di falsa informazione e soprattutto la linea di confine tra l'espressione di opinioni di parte, e come tali legittime sempre, e la diffusione di dati falsi a fini propagandistici; emendamento che è stato accantonato in Commissione con l'impegno delle relatrici - lo voglio ricordare - di proporre una riformulazione e bocciato senza spiegazioni 24 ore dopo. E dimostrate anche che l'istituzione di questa Commissione non è l'ennesima occasione per attribuire una poltrona e magari anche un po' di visibilità, e inserite in legge il principio di riservare la Presidenza alle opposizioni: principio che caratterizzava il provvedimento del Partito Democratico quando era all'opposizione, principio che però è sparito nel testo unificato, redatto quando Partito Democratico e Italia Viva sono diventate forze di maggioranza e che costituirebbe un importante figura di garanzia.

La Lega riproporrà queste proposte sotto forma di emendamenti in Aula, che esamineremo innanzitutto mercoledì nel Comitato dei nove delle Commissioni congiunte. Se non continuerete ad eludere questi due grandi temi che per noi sono centrali, lo ha già detto l'onorevole Capitanio, potremmo mettere le basi per provare a ricostruire quel comune percorso che vi proponiamo da mesi, il cui obiettivo è formare davvero ogni cittadino fin dalle scuole all'uso consapevole della rete e delle nuove tecnologie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

LUIGI GALLO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio le relatrici e il lavoro di tutte le deputate e i deputati per questo testo di legge complesso che oggi approda nelle Aule parlamentari. Il tema non è certamente dei più semplici: parliamo dell'istituzione di una Commissione d'inchiesta bicamerale sulla diffusione massiva di informazioni false, le cosiddette fake news; legge che, per più di un anno, è stata fortemente dibattuta nella Commissione cultura che presiedo, insieme alla IX Commissione che si occupa di telecomunicazioni.

E allora è giusto, come ha fatto la relatrice, andare ad analizzare come il fenomeno sia stato dibattuto e definito in altre sedi, anche internazionali. La Commissione europea, nella relazione sull'attuazione del piano di azione contro la disinformazione, definisce in parte una cornice e dei contorni ben precisi per delimitare una vera attività di disinformazione: innanzitutto, una informazione falsa deve essere pre-intenzionalmente concepita, presentata e diffusa per scopo di lucro per ingannare deliberatamente il pubblico e per costruire un pregiudizio pubblico. Queste parole, secondo me, sono definite con precisione per evitare che la satira o la parodia possano definirsi disinformazione e condurci verso una inaccettabile restrizione della critica al potere precostituito, come l'abbiamo sempre conosciuta nelle democrazie libere. Una definizione precisa ci evita, inoltre, di definire disinformazione una notizia o un commento di parte, perché ciò ci condurrebbe verso una inaccettabile restrizione delle libertà di opinioni delle minoranze politiche, religiose e culturali.

Per questo penso che la Commissione, quando dovrà verificare o indagare l'attività di soggetti, gruppi od organizzazioni, anche internazionali, debba circoscrivere il suo intervento ad eventi ben delimitati, che innanzitutto verificano che l'attività di disinformazione sia premeditata e che sia al servizio di specifici interessi privati e vantaggi economici, ovvero lo scopo di lucro citato dalla relazione della Commissione europea.

Sebbene, quindi, il testo della lettera b), all'articolo 2, sia stato già migliorato nei lavori di Commissione, invito le relatrici ad un'importante riflessione e approfondimento per le proposte di modifiche presentate in Aula parlamentare su questo specifico punto. Nonostante tutte le precisazioni possibili, il tema resta comunque molto delicato. Quando si parla di manipolazione dell'informazione o di condizionamento del pubblico, si cammina sul filo di rasoio perché mezze verità e mezze bugie sono spesso il cocktail di promozioni pubblicitarie e di pezzi di editoriali e di propaganda politica di qualsiasi partito. E non si può pensare che esista né codice informatico, né algoritmo, né Commissione che tenga, capace di indagare e verificare queste zone d'ombra. Quando una critica legittima al potere precostituito che si diffonde tra le masse e diventa un sistema per destabilizzare le società i processi decisionali come dichiara la Commissione europea? Quando condizionare e orientare i comportamenti di gruppi numerosi è un fine nobile di una politica che crede in ideali o in determinati obiettivi programmatici e quando diventa, invece, un'attività non legittima? Secondo la Commissione europea, come abbiamo già sentito in quest'Aula, l'obiettivo della disinformazione è distrarre e dividere, insinuare il seme del dubbio distorcendo e falsando i fatti al fine di disorientare i cittadini minando la loro fiducia nelle istituzioni e nei processi politici consolidati. Se questa è l'attività di disinformazione da condannare, quali azioni riformatrici radicali i cittadini possono proporre, anche in forma organizzata e non istituzionale, senza essere tacciati di sovversione? Sono tutte domande complesse e per niente provocatorie. Per cui è difficile, secondo il mio punto di vista, dare una risposta e credo che, in umiltà, nessuno qui in Aula possa dare delle risposte semplici. Tutti questi, invece, sono quesiti che afferiscono all'antidoto principale con cui affrontare la disinformazione: il pensiero critico. E infatti la seconda parte degli obiettivi di questa Commissione è l'aspetto più interessante: il fenomeno della disinformazione di massa si contrasta con la prevenzione, verificando l'esistenza di azioni, interventi, politiche e buone pratiche di tipo educativo, culturale, sociale e formativo, volte a innalzare il livello di consapevolezza e resilienza delle comunità rispetto all'attività di disinformazione, nonché di iniziative volte alla sensibilizzazione delle persone sull'importanza di verificare le informazioni anche attraverso la ricerca e il controllo delle fonti, soprattutto per quanto riguarda l'accertamento dei fatti.

La Commissione cultura ha già fatto un passo avanti in questo senso con l'approvazione della legge che introduce l'obbligatorietà dell'insegnamento scolastico dell'educazione alla cittadinanza, anche digitale. Dobbiamo essere consapevoli che bambini e bambine, ragazzi e ragazze sono immersi ormai in ecosfere digitali e apprendono anche senza consapevolezza, attraverso video, foto e testi sui social non verificati da nessuna redazione o da nessun informatore scientifico. Oggi è possibile che un ragazzo dia più credibilità al contenuto di un video sui social, su una piattaforma come YouTube, magari caricato da un utente sconosciuto e neanche identificabile, che ad un contenuto della stessa RAI. Per questo è importante che tra gli obiettivi della Commissione si sia inserito lo studio di iniziative di carattere normativo o amministrativo volte a contrastare l'attività di disinformazione che produce effetti negativi sulla crescita e lo sviluppo delle conoscenze dei minori che ricorrono all'utilizzo dei media tradizionali, delle reti sociali telematiche e di altre piattaforme tecnologiche, analogiche o digitali. È un'attenzione, quella sui minori, che non può essere trascurata se non vogliamo lasciare sole le famiglie e le agenzie educative ad affrontare un tema vastissimo.

Nel concludere voglio, quindi, auspicare i momenti di riflessione necessari per continuare a migliorare il testo di questa proposta di legge affinché diventi veramente uno strumento utile nelle mani dei cittadini e per farlo i lavori di questa Commissione dovrebbero circoscrivere il più possibile i poteri inquisitori e dedicarsi ad attività propositive e di tutela dei soggetti più esposti, contrastando l'attività di disinformazione che abbia finalità di odio, che inciti alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi, o in ragione del sesso o dell'orientamento sessuale, tutelando i dati sensibili e personali, tutelando i minori e il loro apprendimento, agendo quando la disinformazione mette a rischio le vite umane come può accadere durante un'emergenza come quella che stiamo vivendo con la diffusione del COVID-19, e promuovendo una grande educazione all'utilizzo dei media e dell'informazione.

Noi abbiamo dato già e approvato delle buone leggi in quest'Aula, che hanno aggiunto dei mattoncini secondo me importanti in questa direzione: la prima - l'ho già citata - è la legge sull'obbligatorietà dell'educazione civica, che tratta anche di educazione digitale. L'altra, è la legge sull'accesso aperto alla ricerca scientifica. Purtroppo, quella legge è bloccata da parte di questa maggioranza al Senato, e potrebbe essere invece uno strumento anche quello critico, dove è possibile per il cittadino accedere all'informazione scientifica e poter quindi utilizzare l'accesso ai motori di ricerca istituiti anche dal Ministero dell'Istruzione per andare in modo inferenziale a poter accedere a tutte le ricerche scientifiche di enti di ricerca, di università, quindi di enti che certificano la qualità dell'informazione, e capace poi anche di smentire la disinformazione scientifica, che è un altro aspetto comunque rilevante del tema che stiamo affrontando. Quindi, spero che tutti questi pezzi importanti che il Parlamento, la Commissione Cultura sta affrontando rientrino all'interno di un unico mosaico capace di dare lo strumento più importante, che è lo strumento del pensiero critico ai cittadini e dell'educazione all'informazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tuzi. Ne ha facoltà.

MANUEL TUZI (M5S). Presidente, colleghi, colleghe, arrivati a questo punto mi chiedo: ma è realmente necessaria una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false, ovvero di fake news? Se qualcuno aveva dei dubbi in passato, l'emergenza Coronavirus glieli deve aver fatti passare. Fermare le fake news sul nascere non è solo una questione di informazione e democrazia, ma anche di sicurezza del nostro Paese. Ve ne voglio citare alcune, Presidente, che hanno messo in pericolo e destabilizzato il Paese: l'argento colloidale può curare il COVID-19; anche l'aglio. E noi che cercavamo la cura, poveri medici! La tecnologia dei telefoni cellulari 5G è collegata alla pandemia di Coronavirus e il virus del COVID-19 è un'arma biologica creata dall'uomo, di preciso da Bill Gates. Oppure lo ha creato la Cina in laboratorio come arma batteriologica. Ma il problema non finisce qui, perché, se da una parte ci sono i complottisti e gruppi anonimi che diffondono queste bufale, dall'altra ci sono media e politici importanti che le rilanciano e danno loro un'aura di credibilità. Ricordiamo, per esempio, che la teoria del virus creato in laboratorio dai cinesi è stato un cavallo di battaglia di Matteo Salvini, che citava al riguardo un servizio del TG Leonardo, che però parlava di altro. Salvini e Meloni hanno destabilizzato anche la politica interna e l'opinione pubblica quando hanno diffuso la falsa notizia che il Governo Conte aveva attivato il MES. Ricordiamo tutti che il Presidente del Consiglio, in un momento drammatico per il Paese, fu costretto a smentirli in diretta. Se fosse stato probabilmente per Salvini e Meloni, avremmo attivato il MES dalle sei alle otto volte, penso, negli ultimi tre o quattro mesi. I leader di Lega e Fratelli d'Italia hanno anche soffiato sul fuoco del malcontento, diffondendo la bufala - perché si tratta di bufala - secondo la quale l'Italia stava dando solo 25 miliardi contro i 550 della Germania; soldi che, però, non erano in realtà uno stanziamento di liquidità, come i 25 miliardi del “Cura Italia” messo a punto dal Governo Conte. Sono il credito che la banca statale per il sostegno alle imprese potrà mettere a disposizione del sistema. Con le risorse aggiuntive che noi abbiamo stanziato per il Fondo di garanzia consentiamo di sostenere circa 350 miliardi di finanziamento; una cifra, quindi, superiore in percentuale del PIL a quella tedesca. E poi ricordiamo la bufala dei soldi a pioggia che in altri Paesi d'Europa arrivavano ai cittadini e alle imprese in poche ore, senza burocrazia. Grazie a queste uscite la BBC ha messo Salvini fra i tre politici al mondo che raccontano più bugie: non è una bella immagine per la nostra Italia! E i media non possono sentirsi deresponsabilizzati quando diffondono queste falsità, e, allo stesso tempo, i politici ovviamente devono render conto pubblicamente di questo, anche perché, come sappiamo dall'esperienza americana e non solo, le fake news sono in grado di influenzare e manipolare anche le elezioni democratiche. E al di là dell'esame dei singoli casi, la Commissione dovrà analizzare la genesi e le dinamiche di diffusione di queste notizie false o distorte, concentrandosi molto su come si possa prevenire il dilagare di questo fenomeno o su quali accorgimenti debbano essere messi in campo per le istituzioni e per i media e su quali strumenti di analisi e discernimento vadano forniti ai cittadini per consentire così un uso più critico e forse consapevole dei media. Al di là delle sanzioni nei casi più gravi, infatti, la risposta più efficace continua a essere quella dell'educazione e della presa di coscienza collettiva. È fondamentale oggi introdurre quanto prima dei nuovi strumenti normativi per contrastare il dilagare di queste fake news, e l'istituzione oggi di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false è dunque una necessità urgente nei tempi di oggi. Ne va della nostra salute, della nostra sicurezza e della nostra democrazia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Furgiuele. Ne ha facoltà.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, ci troviamo oggi a discutere sull'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false. Tutte le iniziative legislative dei colleghi si propongono fini nobili: capire meglio come si produce e diffonde disinformazione; formare ogni cittadino all'uso consapevole della rete e delle nuove tecnologie; educare la popolazione al digitale fin dalle scuole, sia gli studenti che i docenti; soprattutto difendere la democrazia dalle insidie di chi manipola la realtà, specie a scopi politici. Tutti obiettivi fondamentali in una società sana, chi potrebbe essere contrario a questo? Una lettura anche solo sintetica dei testi proposti per realizzarla e della storia recente delle posizioni politiche espresse dalle diverse parti in campo non fa che giustificare lo scetticismo, se non il timore.

A maggior ragione quando in discussione è la possibilità che sia lo Stato a decidere le regole del vero e del falso non esiste eccesso di prudenza. La domanda è fondamentale: di cosa stiamo parlando? Affermare che siamo in presenza di un indubbio aumento delle fake news significa avere precedentemente stabilito, e, visti i toni, si suppone con certezza: uno, cosa significhi il termine fake news; due, cosa significhi misurarlo; tre, come misurarlo in modo affidabile. Nessuna di queste operazioni è stata compiuta, Cos'è una fake news è l'oggetto principale dell'indagine della proposta Commissione, ma la definizione fornita è talmente vaga da applicarsi sostanzialmente a tutto. E cosa vogliamo indagare, dunque? Post su Facebook, pezzi imprecisi o errati sui telegiornali, retroscena inventati sui giornali? Grave, quindi, da parte della maggioranza la bocciatura di un emendamento della Lega volto proprio a dare una definizione di fake news e di stabilire il limite tra queste e l'esercizio delle libere opinioni. L'idea di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno fake news, qualunque cosa esso sia, ha una storia ben precisa, che affonda, come hanno detto diversi colleghi che mi hanno preceduto, le radici nel PD - la prima proposta addirittura è stata fatta dall'onorevole Fiano - e oggi anche in Italia Viva. Tesi dei renziani da sempre è che la sconfitta al referendum costituzionale del 2016 sia stata il risultato di fake news diffuse in modo strategico per fini politici precisi da avversari senza scrupoli. Non è infatti un caso che la richiesta di tali provvedimenti provenga sempre da chi, avendo perso continuamente e ripetutamente le consultazioni popolari, non si rassegna all'idea di essere stato bocciato, dimostrandosi doppiamente poco avveduto, poiché, da una parte, asserire che milioni di elettori si lascerebbero manipolare dai post sui social equivale ad avere una scarsa considerazione della loro intelligenza, dall'altra, ritenere di poter intervenire in rete con atti di tipo censorio per affermare il proprio pensiero è, per dirla come direbbe Renzi, come pensare di fermare il vento con le mani. Il rischio che corriamo è quello di una violazione della libertà di manifestazione del pensiero. Per quanto riguarda i contenuti diffamatori bastano le leggi vigenti, che, dove vengano accertate responsabilità, è sacrosanto applicare, mentre per ciò che concerne l'opinione pubblica è bene rammentare come la propaganda non sia stata certo inventata o sia nata con il web e che pensare di poter decidere aprioristicamente quali opinioni debbano avere diritto di cittadinanza e quali no è l'esatto contrario di libertà e democrazia.

Cancellare un post contenente idee sui social oggi equivale come a bruciare i libri ieri. Desta particolare preoccupazione la tesi che la Commissione d'inchiesta avrebbe solo poteri conoscitivi: ricordo che, a norma dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Già ai tempi della Costituente il timore degli studiosi era quello di un ricorso allo strumento della Commissione di inchiesta spropositato, suscettibile di snaturarne l'essenza o di sviarne le funzionalità, comportando, ove fosse accaduto, null'altro, testualmente, che il più profondo discredito di questo istituto, che è l'indice massimo della serietà delle funzioni legislative ed ispettive nel regime parlamentare.

Nella prassi applicativa, le legislature passate hanno fatto emergere problematiche causate soprattutto dall'utilizzo dell'inchiesta come strumento governativo della maggioranza parlamentare, la quale ha utilizzato spesso l'istituto in modo molto politico. È del tutto normale temere un uso distorto di tale potere anche per il futuro, poiché era chiaramente ravvisabile all'epoca ed anche oggi l'intento di fare emergere responsabilità, magari, anche penali a carico dello schieramento politico opposto. Compito principale delle inchieste, come statuito dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 231 del 1975, consiste non nel giudicare ma nel raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio della funzione delle Camere, in quanto esse non producono alcuna modificazione giuridica, ma hanno lo scopo di mettere a disposizione delle Assemblee tutti gli elementi utili affinché queste possano, con piena cognizione della situazione di fatto, deliberare la propria linea di condotta, sia promuovendo misure legislative, sia invitando il Governo ad adottare, per quanto di sua competenza, i provvedimenti del caso.

A mio avviso, le disposizioni del testo appaiono invece finalizzate a permettere alla Commissione d'inchiesta l'indagine su un ipotetico reato di opinione, come avviene solo nell'ambito di una dittatura. Fissare i limiti alla trasgressione ideologica e trovare il punto di equilibrio fra la libertà di espressione ed altri valori collidenti costituzionalmente è una cosa molto difficile. L'incertezza sulla reale portata della libertà di espressione e sulla definizione dei reati d'opinione ricopre un'antica ambiguità di fondo insita nelle società democratiche, che legittima questa libertà come condizione essenziale di sopravvivenza della società e, al contempo, come potenziale pericolo per la stabilità dei valori su cui si fonda. Si assiste, quindi, all'affermazione di una legislazione penale di controllo e repressione del pensiero, dal perimetro d'azione incerto, che si dilata o si restringe in base ai criteri adottati nel caso concreto. Senza dubbio l'ampiezza e l'indefinitezza della formulazione normativa crea nodi difficilmente districabili, con gravi ripercussioni sull'applicabilità pratica. Il punto più controverso riguarda il confine tra il diritto alla libertà di espressione e la manifestazione di idee e opinioni pericolose sfuggente e controverso. Non c'è dubbio, che siamo di fronte ad una figura che, spesso, punisce condotte molto lontane dal procurare un'effettiva e reale messa in pericolo dei beni giuridici tutelati, che presentano una scarsa lesività rispetto a questi valori, soprattutto, se posti in relazione alla libertà di espressione.

In conclusione, signor Presidente, laddove il fatto si incentri sulla manifestazione di un pensiero, sarebbe opportuno valutare accuratamente, caso per caso, il requisito di idoneità concreta per contenere il pericolo di una limitazione sproporzionata e incostituzionale della libertà d'opinione. Il controllo penale inevitabilmente è più incisivo nei settori lambiti dalla libertà di espressione e assume una forte valenza simbolica di controllo autoritario dell'opinione dissenziente. Le idee, signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, si combattono con le idee; i voti si trovano tra la gente. Piuttosto, facciamo in modo che i bambini si abituino a leggere, riportiamo nelle scuole i quotidiani, sin dalle elementari, ma il Ministero della verità, come diceva il collega Capitanio, lasciamolo tra le pagine di 1984, poiché di similitudini tra il capolavoro di Orwell e, ahinoi, la realtà che stiamo vivendo, ce ne sono già troppe.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - testo unificato - A.C. 1056-A)

PRESIDENTE. Avrebbe facoltà di replicare il relatore di minoranza per la Commissione cultura, il deputato Federico Mollicone, ma ha esaurito il tempo nella parte precedente della discussione.

Ha facoltà di replicare la relatrice per la maggioranza per la Commissione cultura, deputata Lucia Ciampi, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare anche la relatrice per la maggioranza per la Commissione trasporti, la deputata Raffaella Paita, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che si riserva di farlo in altra modalità.

Il seguito del dibattito è pertanto rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Lupi, Molinari, Gelmini e Lollobrigida n. 1-00362 concernente iniziative, in ambito internazionale ed europeo, in ordine al rispetto degli accordi internazionali relativi all'autonomia di Hong Kong e alla tutela dei diritti umani in tale territorio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Lupi, Molinari, Gelmini e Lollobrigida n. 1-00362 (Nuova formulazione) concernente iniziative, in ambito internazionale ed europeo, in ordine al rispetto degli accordi internazionali relativi all'autonomia di Hong Kong e alla tutela dei diritti umani in tale territorio (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che è stata presentata la mozione Quartapelle Procopio, Cabras, Migliore, Palazzotto ed altri n. 1-00366, che, vertendo su materia analoga a quella della mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il deputato Mollicone, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00362, che ha sottoscritto in data odierna. Ne ha facoltà.

A lei la parola, deputato Mollicone.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori del Governo, è per me un onore avere l'opportunità, per conto del capogruppo, del collega Lupi, di presentare questa mozione, che riguarda un tema fondamentale, e non è un caso che venga in coda a quella sulle fake news, sulle libertà di espressione, perché riguarda proprio la libertà dei diritti umani di Hong Kong rispetto alla Cina, diciamo che sono argomenti connessi.

La mozione unitaria del centrodestra su Hong Kong prevede, a fronte delle novità nel contesto dei rapporti fra la Repubblica Popolare e l'isola, che il Governo si impegni ad assumere iniziative per aderire all'impegno preso dall'Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune dell'Unione europea in riferimento al rispetto degli accordi internazionali che garantiscono l'autonomia della regione amministrativa speciale di Hong Kong, in forza del principio condiviso di “un Paese due sistemi”; a sostenere, nelle sedi dell'Unione europea, l'avvio di una riconsiderazione complessiva delle relazioni con la Cina popolare, alla luce delle ripetute violazioni dei diritti umani ed in vista dell'adozione di possibili sanzioni in relazione alla reiterazione di tali violazioni; a farsi promotore, poi, nelle opportune sedi internazionali, dello svolgimento di un'inchiesta internazionale intesa ad accertare l'eventuale violazione dei diritti umani nel territorio di Hong Kong nel biennio tra il 2019 e il 2020.

Con il collega Lupi - va sottolineato, primo firmatario e promotore di questa mozione - ci accomuna la difesa dei diritti umani e la condanna intransigente della costante violazione dei diritti umani da parte della Cina comunista, perché è bene ricordare che si definiscono ancora così. Siamo insieme nell'alleanza parlamentare Italia-Cina: perché questa mozione, quindi? Negli ultimi giorni di giugno, il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo, il Parlamento - se possiamo chiamare così un organismo palesemente antidemocratico - di Beijing ha approvato la controversa legge sulla sicurezza nazionale che darà alla Cina un maggiore controllo su Hong Kong, norma entrata in vigore nel giorno del ventitreesimo anniversario dell'handover, il passaggio di Hong Kong da protettorato britannico a regione amministrativa speciale nella sfera di influenza della Cina.

La legge è finalizzata a reprimere ogni atto considerato come minaccia alla sicurezza nazionale, prevedendo il carcere a vita, colleghi, per la sedizione e consentendo all'intelligence cinese di operare indisturbata sul territorio. In poche parole, ha scardinato il principio “un Paese, due sistemi”, che regola i rapporti di Pechino con Hong Kong e Macao, e che ha finora garantito libertà civili e di espressione più ampie agli abitanti dell'ex colonia britannica rispetto al resto della Cina. In particolare, la compressione dell'autonomia avverrà sul piano giudiziario, applicando le leggi cinesi anche ai cittadini hongkonghesi.

Un cambiamento epocale tanto che Joshua Wong ha scritto, con una sentenza lapidaria: “È la fine di Hong Kong come il mondo l'ha conosciuta finora”.

Con la nuova legge chi viene arrestato può finire processato nella mainland China, la Cina continentale, perché ormai i due sistemi giuridici, politici e presto anche economici sono diventati un tutt'uno. Il ricercatore Stefano Pelaggi ha scritto: “Hong Kong era quel luogo dove, arrivando in treno da Shenzhen, appena varcato il confine Facebook e Twitter iniziano miracolosamente a funzionare di nuovo. Hong Kong era un luogo dove potevi trovare tutti i libri che desideravi, aprire i siti e leggere gli articoli che cercavi. Hong Kong era un luogo dove smettevi di parlare a bassa voce di alcune cose e di guardarti intorno con circospezione quando nominavi i politici della Repubblica popolare cinese. Hong Kong era un'isola, guardata con invidia e ammirazione dai cinesi negli anni passati e in tempi recenti sempre più con malcelata insofferenza. Hong Kong era l'unico posto al mondo in cui riuscivi ad avere un visto per la Cina in una giornata. Era uno dei luoghi più liberi del continente asiatico (…). Tutto questo è andato irrimediabilmente perduto con l'entrata in vigore della nuova legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong”.

Hong Kong fu il luogo che accolse più di 200 mila esuli anticomunisti negli anni immediatamente successivi alla fondazione della Repubblica popolare cinese. A Hong Kong la cultura cinese fu alimentata e preservata durante il disastro della rivoluzione culturale. A Hong Kong sono nate le contaminazioni tra la cultura cinese e la cultura occidentale, il cinema, la letteratura e tutte quelle forme artistiche che dal secondo dopoguerra hanno invaso l'Europa e l'America. Una sinizzazione forzata che ha già portato allo scioglimento di alcune organizzazioni di dissidenti per i diritti umani.

Che effetti produce questa legge? È iniziato l'esodo degli attivisti dai social media. Come diversi analisti in tutto il mondo si aspettavano, dalla sua approvazione la legge è stata applicata alla lettera dalle autorità, con le forze di polizia che hanno effettuato quasi quattrocento arresti in un solo giorno. Tra questi, dieci persone sono state fermate dalla polizia poiché in violazione dei nuovi capi d'accusa previsti dalla legge, tra cui la conduzione di attività di sovversione, secessione e terrorismo attraverso l'esposizione di simboli indipendentisti o atti di vandalismo. Tra gli arrestati c'è anche una quindicenne che sventolava una bandiera per l'indipendenza della città. Le piattaforme online stanno uscendo dal mercato di Hong Kong, perché altrimenti sarebbero obbligate a condividere informazioni con i vertici cinesi. La storia - si fa per dire - si ripete sempre e spesso in farsa. Anche in questo caso Xi ha voluto applicare il termine “terroristi” ai manifestanti e ai dissidenti, come è successo in Xinjiang e in Tibet. So che i colleghi conoscono bene questo argomento grazie , diciamo, al riverbero che ne ho portato in quest'Aula già diverse volte, ma mai come in questo tema è pertinente.

Mentre il Partito comunista a Pechino continua ad affermare che sta soltanto implementando una campagna di deradicalizzazione nella regione che nel passato è stata in effetti colpita da alcuni attacchi terroristici, in Xinjiang è stato creato un vero e proprio laboratorio sociale di sorveglianza. I documenti rilasciati dai giornali statunitensi, definiti “Xinjiang papers”, mostrano che esistono campi di lavoro forzato, colleghi; vengono costrette, le persone, a denunciare potenziali terroristi, anche propri familiari; è stato implementato un vero e proprio panopticon, il carcere ideato nel Settecento per controllare tutti i detenuti da un solo punto di osservazione e con una sola guardia, e il principio della sorveglianza digitale è lo stesso: grazie all'innovazione e alla tecnologia sperimentale, nello Xinjiang si controlla con pochi vigilanti un'intera popolazione. Misure tecnologiche usate, appunto, per comprimere le libertà personali: droni, riconoscimento facciale, meccanismo del credito sociale. Un leak ha mostrato addirittura forme di manipolazione genetica per limitare il tasso di natalità degli uiguri e su questo c'è stata una campagna perché sono ridotte dell'80 per cento le nascite tra le donne uigure.

La Cina, poi, è coinvolta in un'azione predatoria verso l'Occidente. Da sempre abbiamo denunciato, colleghi, la politica predatoria della dittatura comunista cinese nella nostra nazione che cerca di accaparrarsi i nostri preziosi gioielli industriali e finanziari, i nostri porti, come quello di Trieste, e le nostre reti di comunicazioni, con strani e inquietanti segnali di vicinanza del mondo grillino anche nell'Esecutivo, purtroppo. Mi riferisco, in particolare, al Ministro Luigi Di Maio, a Manlio Di Stefano, a Davide Casaleggio.

La diplomazia del debito della Repubblica popolare ha letteralmente tolto la terra e il mare alle nazioni africane. Documentatevi colleghi, andate a vedere che cosa hanno fatto i cinesi in Africa con il land grabbing ed ocean grabbing. Non vorremmo che la Cina abbia affascinato così tanto i vertici pentastellati d'aver fatto cambiare lo storico posizionamento italiano a difesa dei diritti umani. Pensate che in Africa i cinesi si comprano i villaggi con gli abitanti che sono in essi contenuti, come se fossero oggetti; si comprano le persone come se fossero oggetti. Rilievi, questi, segnalati anche dal giovane e coraggioso Joshua Wong, a cui è andata la nostra solidarietà con un'iniziativa al Senato e un collegamento, per cui siamo stati noi parlamentari, devo dire di tutti i partiti, anche rappresentanti della maggioranza, oltraggiati dall'ambasciatore cinese a Roma. Rinnoviamo a Joshua Wong la nostra stima e la nostra solidarietà.

Il 1° luglio 2020 l'Alto rappresentante, Josep Borrell, a nome dell'Unione Europea comunicava - letterale - che: “L'Unione europea ribadisce le sue gravi preoccupazioni per questa legge - quella cinese - che è stata adottata senza alcuna significativa consultazione preliminare del Consiglio legislativo e della società civile di Hong Kong”. E ancora: “L'Unione europea esorta la Cina a evitare qualsiasi atto che metta in pericolo l'autonomia di Hong Kong in campo giuridico, anche in termini di diritti umani. L'Unione europea sta valutando le implicazioni di tale legge e continuerà a sollevare preoccupazioni nel suo dialogo con la Cina”. Colleghi, non si può guardare all'Unione europea solo quando ci impone il debito attraverso il MES e ci vuole ridurre al guinzaglio; bisogna guardarla anche quando fa un giusto e legittimo richiamo ai diritti umani di Hong Kong e della Cina. Anche il Regno Unito, gli USA, l'Australia e il Canada hanno sollevato critiche nell'emanazione della nuova legge. E l'Italia? Il silenzio degli innocenti recitava un famoso film; in questo caso è il silenzio dei colpevoli e dei complici.

Questa mozione vuole, quindi, sanare questa mancanza - un silenzio assordante, colleghi, dai corridoi della Farnesina - e rivedere le relazioni con la Cina alla luce degli sviluppi della situazione e, in particolare, alla violazione dei diritti umani. Colleghi, questa mozione, la battaglia per la libertà di Hong Kong e per il popolo cinese, perché noi amiamo la Cina, la cultura millenaria cinese, il popolo cinese; noi contrastiamo il Governo autoritario e comunista cinese e in questo lanciamo alto un appello da quest'Aula affinché, al di là delle appartenenze, si possa arrivare a una mozione unitaria che possa esprimere una ferma condanna, come sta facendo l'Europa, come ha fatto l'America, come hanno fatto la maggior parte dei Paesi civili nel mondo, rispetto a una limitazione delle libertà individuali, rispetto a un'annessione di Hong Kong da parte della Cina, rispetto all'arroganza e alla protervia di una superpotenza che fa una legge - perché questo la nuova legge prevede - per cui potenzialmente può perseguire chiunque in tutto il mondo contrasti la Cina per atti definiti, in maniera arbitraria e discrezionale, di sovversione e terrorismo. Siamo all'Impero Celeste, siamo alla geopolitica dell'autoritarismo cinese e per questo, da italiani, da europei, da occidentali, da uomini liberi, non possiamo che dire, con questo atto: fermiamoli!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Filippo Sensi, che illustrerà anche la mozione Quartapelle Procopio, Cabras, Migliore, Palazzotto ed altri n. 1-00366, di cui è cofirmatario.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Se dovessi riassumere, illustri esponenti del Governo, in due concetti - due! - il senso di questo mio breve intervento, a corredo del lavoro paziente svolto da Lia Quartapelle Procopio con questa mozione sulla questione democratica a Hong Kong - perché di questo si tratta, e mi lasci ringraziare tutti i gruppi parlamentari che hanno aderito e sono stati promotori di questo atto della Camera dei deputati -, Presidente, volendo riflettere con lei direi: diritti umani e Rule of Law. Nel dubbio delle convenienze e degli interessi, degli affari e delle relazioni, degli scambi commerciali e dei legami profondi, quando ti confronti con la misura di una democrazia, con la libertà dei suoi cittadini, non puoi che ripartire sempre e di nuovo da lì, dallo Stato di diritto, dalle sue condizioni e regole, dalla sua salute e dal rispetto dei diritti umani e civili, che non disegnano il perimetro di un protervo Occidente, mai così male in arnese, ma il level playing field, come usa dire oggi, il requisito minimo di reciprocità che dovrebbe - sottolineo dovrebbe - improntare le relazioni con qualsiasi Paese, ovvero lo spazio stretto di un dialogo possibile, che, si badi, è un cammino, quasi sempre impervio, molto spesso a perdere, fatto di piccoli avanzamenti, di altrettanti arretramenti, di fatica, anche di contraddizioni, pena l'ignavia, la scarsa credibilità, la ridotta attendibilità degli impegni che prendiamo e chiediamo.

Ne sappiamo qualcosa e qualcosa ne abbiamo visto anche di recente in quest'Aula: parlo del voto per il rifinanziamento delle missioni estere, in particolare penso a quella libica che, è inutile girarci intorno, divide e inquieta lungo linee di faglia che non riesce a ricomporre alcuna ragion di Stato, inquadramento geopolitico o richiamo alla coscienza. Perché, nei rapporti tra gli Stati - e chiedo ai presenti una breve sospensione d'incredulità - valgono le leggi che regolano i rapporti tra le persone e addirittura con noi stessi: le stesse attese e aperture di credito, gli stessi dubbi e infingimenti.

Spero di non violare il clima di collaborazione trovato su questa risoluzione sottolineando due punti ai quali tuttavia non vorrei rinunciare. Il primo: una certa qual lentezza da parte del Governo italiano a far sentire la propria voce sulla preoccupante situazione che si è determinata a Hong Kong con l'approvazione della legge sulla sicurezza nazionale; laddove so bene che “propria” voce non significa solitaria, e che l'Unione europea e i Paesi del G7, e dunque noi con essi, hanno trovato modo di esprimere perplessità e condanna e apprensione; ma che l'Italia, insomma, non è sembrata - magari è una mia impressione - proprio in prima linea nel chiedere alla Cina il rispetto dei diritti dei dimostranti e dei manifestanti ed esponenti politici arrestati a Hong Kong.

Lo dico - e vengo al secondo punto polemico, e poi, giuro, mi taccio - proprio per evitare che una certa, chiamiamola indolenza, possa prestare il fianco alle accuse strumentali da parte di una destra sovranista, come si dice con un certo sussiego mainstream (io avrei una definizione più icastica, ma evito), alleata con la peggiore risma in giro per l'Europa e nel mondo, pronta a fare la morale - la morale - sulla liberal-democrazia, a chi “democratico”, se permettete, ce l'ha come ragione sociale. Parlo per me, ma questa cosa mi fa davvero impazzire, e l'altro giorno, quando ho sentito per la prima volta il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale dire qualcosa su Hong Kong a seguito di un atto di sindacato ispettivo della Lega, lo confesso, mi sono dovuto mordere le mani.

Sono quindi molto contento che oggi siamo arrivati a discutere questa risoluzione, che fa alcune richieste molto precise e stringenti, accorte e intelligenti in linea con le istituzioni europee e con quella che - la dico “a fette” - dovrebbe essere sempre la nostra parte: quella delle democrazie liberali, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani. Lascio la raffinatezza dell'analisi geopolitica e l'assennatezza di un compromesso possibile ai colleghi deputati che, con maggiore esperienza e competenza, hanno lavorato per raggiungere questo importante risultato. Mi faccia citare tra i non tanti giornalisti che si occupano di quel quadrante di mondo lo straordinario lavoro di informazione che fanno Giulia Pompili, Simone Pieranni e Giada Messetti: da loro posso soltanto imparare.

Il grumo che intendo spremere in questi pochi minuti, Presidente, riguarda il punto della libertà e della sua messa a repentaglio, che tanto dovrebbe essere cara ai democratici di ogni latitudine, in particolare della libertà di espressione, la libertà di poter dire pubblicamente le proprie opinioni senza rischiare l'arresto, la violenza, la censura, la detenzione o peggio. Di questo stiamo parlando a Hong Kong e di questo ci parla Hong Kong: del diritto delle persone di potersi esprimere liberamente, così come prevede una democrazia. De te fabula narratur, per quanto la fabula ci appaia remota ed esotica, altra da noi, lontana. Guardi, il simbolo di questa lotta a Hong Kong, per esempio, Joshua Wong, richiamato prima dal collega Mollicone: un ragazzo ossuto con un'aria ordinaria, da nerd, giubbotto e jeans, una passione per Guerre stellari e i film della Marvel. Niente che somigli alla fascinosa icona di Che Guevara, al rombo della poderosa, che ti viene quasi di dire: tutto qui? Ma come, a resistere alla pressione della Cina è questo ragazzo con i suoi amici? Poi leggi, studi, ascolti, aprì gli occhi, e capisci che la lotta coraggiosa, paziente di questi ragazzi ti riguarda, eccome.

Leggo da una raccolta di scritti di Wong, se me lo consente, Presidente: “Che vi piaccia o no - cito - la nostra lotta è diventata la vostra lotta, ed è proprio per questo motivo che il mondo libero non può restare a guardare mentre la situazione a Hong Kong non fa che peggiorare. Se Hong Kong fallirà, cadrà la prima linea di difesa del mondo intero, e se i Governi e le multinazionali continueranno a piegarsi alla volontà della Cina, ben presto i cittadini di tutto il mondo cominceranno ad avvertire la spina che abbiamo nel fianco da vent'anni a questa parte”.

Combattere per la Rule of Law, per il rispetto dello Stato di diritto e per la libertà di espressione e il riconoscimento dei diritti umani e civili a Hong Kong ci riguarda: questo dice la risoluzione. Ci riguarda perché riguarda cittadini e la loro battaglia quotidiana per una democrazia liberale. Lo sa, Presidente, lo ricordava prima il collega Mollicone, che tuttavia intervenendo prima in sede di discussione generale sulla Commissione contro le fake news evocava Orwell - già, quell'Orwell quel che combatté in Spagna contro la dittatura fascista -, lo sa, Presidente, che dal 1° luglio ci sono stati quasi 400 arresti, almeno 10 persone poco più che maggiorenni sono detenute per aver violato questa nuova legge sulla sicurezza? E che nonostante tutto questo i ragazzi pro democrazia hanno organizzato lo stesso le primarie per le elezioni legislative?

Badi, dunque, Presidente, rovesciando la lente questa battaglia, con le sue contraddizioni, con i suoi rovesci, con le sue ombre riguarda ognuno di noi in ogni parte del mondo, e mi permetta di sottolineare che la legge sulla sicurezza di Hong Kong probabilmente non è reversibile. Eppure non possiamo fare finta di niente, darla per persa, perché il messaggio sarebbe: okay, d'ora in poi qualunque violazione voi facciate noi ci giriamo dall'altra parte per non urtarvi.

Leggo dall'Internazionale la cronaca recente di Ilaria Maria Sala, giornalista di Quartz e del New York Times di stanza a Hong Kong: “Hong Kong oggi è un posto dove le cose spariscono, pennellate grossolane coprono i graffiti dei manifestanti lasciando spesso ombre. Gli account di Twitter, Instagram e Facebook scompaiono e alcune persone scrivono ai loro contatti chiedendo di cancellare le chat su Whatsapp. Le poche testarde manifestazioni a favore della democrazia che si sono svolte dall'annuncio dell'entrata in vigore della legge, il 1° luglio, sono state portate avanti da ragazzi e ragazze con in mano fogli bianchi, immobili e in silenzio. Alcuni di loro sono stati comunque arrestati dopo che la polizia aveva issato la bandiera viola, quella che avverte su possibili violazioni della nuova legge sulla sicurezza nazionale”.

E ancora: “La stampa ha avuto indicazioni vaghe su quello che si può ancora scrivere, molti opinionisti stanno chiedendo alle loro redazioni di cancellare dagli archivi online gli articoli che potrebbero essere considerati troppo vicini alle posizioni del Fronte Democratico. Altri hanno detto che non si occuperanno più di politica o hanno dato le dimissioni. Il nuovo corso si è già occupato di aprire un'inchiesta su RTHK, la radio e televisione pubblica di Hong Kong, accusata di essere a favore dei manifestanti per aver raccontato l'uso eccessivo della violenza da parte delle forze dell'ordine; un programma satirico è stato sospeso per avere fatto battute sulla polizia”.

Mi consenta, allora, concludendo, Presidente, anche ad uso di qualche pelosa solidarietà nei confronti della resistenza ad Hong Kong, di terminare ancora con le parole di Joshua Wong, quasi un manualetto, un enchiridion contro la tentazione del potere, di ogni potere, di soffocare il dissenso, di imbavagliare la libertà di opinione, di cancellare e confondere l'espressione del proprio pensiero; e non riguarda soltanto la Cina. Scrive ancora una volta Joshua Wong: “Con l'ascesa dei partiti di estrema destra in Occidente e dell'analoga crescita del populismo in tutto il mondo, anche le economie più avanzate rischiano di ritrovarsi nello scenario della rana bollita di Hong Kong, e di seguito trovate cinque cose che potete fare per contrastare questa minaccia globale”. Leggo: “Uno. Seguite le notizie di attualità e individuate i segnali di pericolo nel vostro Paese, per esempio la crescente polarizzazione politica, la sorveglianza dei cittadini, inserzioni pagate da lobby, il dispiegamento delle forze dell'ordine durante le manifestazioni non violente. Due. Parlate di questi segnali di pericolo condividendoli sui social network, discutendone con i vostri rappresentanti locali e unendovi a un'organizzazione per i diritti civili che si interessa alle questioni che vi stanno a cuore. Ricordate lo slogan: quando vedi qualcosa fallo notare. Un piccolo passo è partecipare a un evento per i diritti civili e capire se vi fa sentire più emancipati e pieni di energia; in caso contrario, provate a partecipare a un evento diverso. Tre. Imparate a riconoscere le fake news sui social network e sui giornali, visitate i siti web che controllano le proprie fonti e parlatene con i vostri amici: credo sia il modo migliore per sviluppare un'alfabetizzazione mediatica e affinare la capacità di distinguere il vero dal falso. Quattro. Proponetevi come volontari per la campagna elettorale di un candidato politico di cui condividete i principi: comprendere il sistema elettorale e immergervi in una campagna dall'inizio alla fine vi permetterà di capire a fondo il processo democratico.

Cinque. Organizzate una piccola protesta riguardante le tematiche che vi toccano da vicino, in relazione ai segnali di pericolo che avete individuato nel punto uno. Lavorate con amici che la pensano come voi per creare semplici striscioni o cartelli. Ricordate: tutte le campagne di successo iniziano con una voce, un volantino e un discorso. Credete nel potere dell'individuo”, fine citazione. Ecco, Presidente, rana bollita o canarino nella miniera, la battaglia per lo Stato di diritto a Hong Kong, l'abbiamo detto, riguarda ognuno di noi, la nostra libertà, i nostri diritti, la nostra democrazia, così fragile e umana, così preziosa e vitale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pino Cabras. Ne ha facoltà.

PINO CABRAS (M5S). Grazie Presidente, il tema di Hong Kong ha colpito molto l'immaginario collettivo negli ultimi mesi: in tutto il mondo occidentale è diventata una notizia di grande rango, di grande importanza, ha spesso aperto le news dei grandi canali televisivi di mezzo Occidente ed è un tema che colpisce l'Occidente in modo particolare, perché quella grande città, una grande metropoli globale, che è stata protagonista dello sviluppo dell'Asia orientale, è l'interfaccia fra la Cina e l'Occidente, è un luogo di grande valore simbolico perché, dopo l'epoca del colonialismo, ha trovato una soluzione per essere una città che rientrava nell'alveo della sovranità piena della Cina, trovando anche una soluzione creativa come quella dei due sistemi all'interno di uno Stato e, quindi, di una sovranità. Questo elemento è giuridicamente importantissimo e politicamente da non dimenticare, in qualsiasi riflessione noi facciamo su questo argomento, perché molte volte invece si dimentica, si entra nella cronaca, si va a confondere un po' la posta in gioco, la situazione reale sul campo e si dimenticano alcuni fondamentali. Due sistemi, un popolo, due sistemi, una nazione, è un principio che ha una sua pesantezza giuridica sul piano internazionale enorme e non va dimenticato neanche in questa circostanza storica. Si affronta il tema della Cina con molti luoghi comuni, perché nonostante la Cina, negli ultimi quarant'anni, sia diventato un Paese di fondamentale importanza per gli equilibri mondiali, un Paese che è cresciuto fino al rango di potenza planetaria, che incide su tutti i principali dossier del commercio, della politica, degli equilibri militari, degli equilibri geopolitici, del futuro dei continenti che si aprono a nuove forme di sviluppo economico, nonostante questo ruolo enorme, viene vista ancora come quella potenza minore, sì, minacciosa, sì, pericolosa, sì, da guardare con sospetto, con cui è meglio non avere affari e quindi anche una vicenda controversa, in cui ci sono alcuni contorni molto chiari, su cui l'Europa si è già pronunciata e su cui ci pronunciamo anche oggi con una specifica mozione, anche su questi fatti si fa una lettura legata al grande sospetto nei confronti della Cina, inquadrandola all'interno di un criterio che è quello di una nuova Guerra Fredda e questo è pericoloso, perché la Guerra Fredda significa una fortissima polarizzazione a livello internazionale, c'è il rischio che ogni possibilità di compromesso venga rigettata in nome di una lotta superiore, si rischia di non leggere i difetti nostri facendoli sovrastare dai difetti altrui, in questo caso i difetti della Cina. Prima ho sentito dal collega il de te fabula narratur e questo deve valere davvero e un po' c'era anche in quella frase che ha citato Wong.

Molte delle critiche che noi stiamo rivolgendo in questo momento alla Cina, sono critiche che potrebbero ricadere tranquillamente su di noi, sul nostro modello di vita, sul nostro modello di organizzazione del controllo, del controllo sociale, del controllo politico, degli apparati, perché certo, portiamo l'attenzione su Joshua Wong, facciamolo, ma nessuno porta l'attenzione su Julian Assange, che langue in un carcere britannico in questo momento ed è una figura che assieme ad altre, come Edward Snowden, ha rivelato quanto anche nel nostro sistema ci siano forme di controllo estreme, se tutte le nostre e-mail, tutte le nostre comunicazioni sono in mano ad entità centrali che controllano tutto, che le possono confrontare, che possono trattare i big data, che prendono delle decisioni in base a questo, ebbene questo è un problema che abbiamo anche noi, ed è un problema molto grave, molto serio, ce l'abbiamo nel nostro cuore occidentale. E dobbiamo evitare il rischio di una Guerra Fredda, perché concretamente ci sono i rischi di una guerra calda: nel Mar Cinese meridionale si stanno accumulando tensioni molto forti, spinte al riarmo molto forti, la Cina si è riarmata molto in questi anni, ha fatto recentemente delle esercitazioni nel Mar Cinese Meridionale, ci sono rivendicazioni territoriali che stanno creando tensioni, allo stesso modo ci sono esercitazioni da parte degli Stati Uniti, congiuntamente con altre potenze, che esercitano una pressione in quell'area e possono creare il casus belli per rendere più calda una guerra che oggi è ancora una Guerra Fredda. Allora, noi dobbiamo inquadrare correttamente i fatti e stare molto attenti proprio agli equilibri costituzionali in gioco. Facciamo bene a dire che vanno difesi i diritti umani e quindi ogni tribuna che lo faccia è importante per noi, lo abbiamo fatto all'interno di decisioni che sono state prese dal Parlamento europeo e che sono state richiamate anche nella mozione. È importante che si trovino le sedi multilaterali in ambito ONU, nominando un incaricato speciale che studi il caso, perché è uno dei casi che sono emersi all'attenzione di questi anni, però dobbiamo stare attenti, ripeto, a quali equilibri noi stiamo andando a toccare i fondamentali, perché la questione delle autonomie locali e del modo in cui si sviluppano è un tema non solo di Hong Kong, ma è un tema mondiale ed è un tema molto ravvicinato. In Catalogna c'è stata una forte spinta per l'indipendenza, ci sono state anche repressioni da parte dello Stato centrale e ci sono dei politici di primo piano, catalani, che sono in carcere da anni e quello che avevano organizzato era un referendum, non hanno organizzato atti di sedizione violenta, non hanno assaltato le gendarmerie, però c'è questo problema che abbiamo nel cuore dell'Europa, un fatto che abbiamo nel cuore dell'Europa. Ci sono stati cicli di repressione che hanno riguardato molti Paesi nel mondo, anche se non hanno avuto altrettanta tribuna: in Francia, in Bolivia, in Cile, negli stessi Stati Uniti, in Iran, in Venezuela, in Libano, la stessa Catalogna abbiamo detto, in Ucraina c'è una situazione di guerra civile legata a delle questioni irrisolte costituzionali molto importanti per l'autonomia di alcune regioni, c'è il problema di Israele e Palestina; la recente richiesta di annessione da parte di Israele, cioè decisione di annessione di un pezzo della Cisgiordania, non ha avuto una mozione altrettanto maggioritaria nel Parlamento italiano e così è accaduto in tanti luoghi. Ci sono diversi livelli di attenzione sui fatti. Potrei citare quello che sta accadendo in questi giorni in Azerbaijan, in Armenia, dove ci sono anche i morti e la situazione di tensione fra India e Pakistan. Voglio dire che abbiamo numerose - numerose - situazioni di tensione nel mondo e non tutte hanno lo stesso livello di attenzione.

Su molte ci muoviamo con prudenza, perché le situazioni locali non vedono l'Italia come il soggetto dirimente ed è giusto che sia così, proprio perché non possiamo essere dirimenti, possiamo richiamare giustamente l'attenzione su tante situazioni. Però dobbiamo tenere conto della realtà effettuale ed è giusto che la forte minoranza di cittadini di Hong Kong che scende in piazza e rivendica un diverso livello di autonomia e contesta la legge del grande soggetto forte della sovranità, la Cina continentale, è giusto che abbia il suo spazio e sia tutelata nei suoi diritti e che non sia repressa con violenza e che ci siano gli istituti che consentano che non sia repressa con violenza o con una limitazione della libertà di espressione. Però dobbiamo sapere che c'è anche una consistente quota di cittadini di Hong Kong che viene spesso dimenticata ma conta in queste decisioni, conta perché, quando queste cose sono state trascurate, in altri Paesi si sono commessi errori di valutazione politica che hanno portato alla guerra civile e hanno portato a drammatiche conseguenze che poi sono ricadute anche sull'Occidente che non ha più saputo governare quelle situazioni. Lì c'è una parte di cittadini consistente e importante che esprime consenso rispetto alla legge nazionale. Cosa facciamo, ignoriamo questo fatto per il solo fatto che esiste o perché non ci piace? Questo non si può ignorare. Questa non è la giustificazione per le minoranze. Il fatto che possa esistere una democrazia è che le minoranze siano tutelate, altrimenti non è una democrazia e questo è un principio base che rivendichiamo a tutte le latitudini. Rivendichiamo però che ci sia un quadro di attenzione piena nei confronti della situazione che si gioca sul campo, un'attenzione rispetto a tutti gli attori in gioco e a tutte le interferenze che ci sono. Certo l'interferenza macroscopica che conosciamo è quella della Cina continentale che è il Paese nel quale è inserito come sovranità il sistema dell'autonomia di Hong Kong ma anche interferenze nostre, occidentali. La National Endowment for Democracy è un ente che appartiene al Congresso degli Stati Uniti che investe denari e li mette anche a bilancio per sostenere le lotte di Hong Kong. Questa cosa ha delle conseguenze e dobbiamo sapere come viene percepita; dobbiamo metterci anche dall'altro lato per capire che tipo di lotta si sta svolgendo lì e ciò deve spingerci a capire anche dove devono essere posti i nostri limiti di interferenza. Certo noi dobbiamo rivendicare con forza che ci sia un ruolo attivo dell'ONU al pari di altri Paesi perché non ci siano violazioni dei diritti umani, perché si affermi con forza l'autonomia di Hong Kong come un caposaldo delle relazioni internazionali che non deve essere alterato. Tuttavia dobbiamo sapere che la posta in gioco non può prevedere il passaggio della autonomia di Hong Kong a un altro tipo di sovranità, perché ciò avrebbe delle conseguenze, stante l'attuale dottrina politica delle scelte fondamentali di Pechino. Dobbiamo sapere a cosa andiamo incontro se affrontiamo certe scelte. Ho sentito, ad esempio, dei colleghi nelle scorse settimane che proponevano l'automatica attribuzione della sovranità britannica ai cittadini di Hong Kong: è come gettare benzina in un incendio che per il momento è sotto controllo. È grave che possa anche solo essere pensato dal punto di vista della razionalità politica: poi liberi di pensarlo, però bisogna pensare alle conseguenze. Noi, in questi anni, abbiamo visto numerose situazioni di violazione dei diritti umani perché è un mondo in cui i soggetti gandhiani sono pochi purtroppo e abbiamo assistito molte volte però anche a un peggioramento delle situazioni a causa di un interventismo che è stato unilaterale, non attento alle situazioni locali, eccessivamente incentrato anche su qualche moda legata alla nostra auto-percezione e alla bolla referenziale del nostro sistema occidentale, senza capire che magari c'erano ragioni intorno al consenso di figure che non ci piacevano e in molti casi essere intervenuti ha peggiorato la situazione, l'ha peggiorata enormemente, ha creato guerre e il caos libico è uno di questi casi esemplari. Ora la Cina non è la Libia, è un sistema di una forza diversa verso il quale dobbiamo sempre misurarci con autonomia, con indipendenza, creando le condizioni perché questo possa avvenire. Molte volte la posizione del MoVimento 5 Stelle, che è stata prudente e multilaterale, è stata confusa (malignamente mi viene da dire) da parte di diversi colleghi, da parte di certi giornalisti con una condiscendenza, una pavidità, un tremore verso la grandezza di questo grande soggetto che ha preso le redini di una parte del mondo. Io non credo che sia questo il tema. Il tema invece è rapportarci con un grande soggetto che è una chiave. Lo dice anche l'Unione europea nei suoi documenti che, pur riconoscendo che è un partner, anzi una sorta di concorrente strategico, una figura che gioca su tavoli che possono essere potenzialmente ostili rispetto all'Europa, riconosce che comunque sui maggiori temi mondiali l'apporto della Cina, così come l'apporto degli Stati Uniti, è indispensabile e fondamentale. Noi dobbiamo avere un rapporto da pari a pari con queste grandi entità e qui l'Europa latita perché molte volte si lamenta del potere che ha avuto la Cina, ad esempio, in Africa; però la Cina ha aumentato il suo peso in Africa anche per le latitanze e gli errori storici dell'Europa e allora agisca di più in Africa, l'Europa faccia qualcosa per il Sahel, intervenga, investa nel Sahel. In quel modo il rapporto con la Cina potrà essere molto più lineare, più tranquillo, non sarà sovrastato. La Cina non fa solo land grabbing in Africa, costruisce la circonvallazione di Addis Abeba in quarantacinque giorni e non gliene possiamo fare una colpa. Certo che c'è un disegno imperiale dietro queste operazioni, però c'è anche la nostra assenza, c'è la nostra latitanza, il fatto che l'Europa non è più intervenuta su tanti dossier. Ci possiamo lamentare della preponderanza tecnologica sull'intelligenza artificiale o sul 5G ma allora investiamo di più, facciamo un piano Delors, come si faceva un tempo, un piano di grandi investimenti. Su questo invece l'Europa latita tanto è vero che in questi giorni sta discutendo su un Recovery Fund che sta diventando di minuto in minuto più micragnoso. I Paesi frugali dovrebbero essere chiamati i Paesi avari: non i loro Paesi ma i loro governanti, perché vogliono perpetuare rapporti di forza in cui non giocano veramente sul peso dell'Europa. Quindi anche una vicenda come quella di Hong Kong può essere affrontata all'interno di questo quadro. Non dobbiamo forzarla come la chiave per l'ennesima rivoluzione colorata in cui creiamo un cumulo di macerie; dobbiamo trasformarla in un'occasione per difendere i diritti umani, per preservare la funzione di una grande metropoli globale perché questo mondo è anche il mondo delle grandi metropoli globali che possono dialogare e che hanno molta libertà al loro interno. Questo deve essere preservato ma non inseriamolo all'interno di una nuova guerra di contrapposizione ideologica che vede i difetti nell'avversario e non riconosce i limiti enormi e sempre più gravi di un sistema che è in sofferenza oggi per l'economia ma anche per la tenuta delle democrazie. Vorrei ricordare che la Francia che ha sofferto tutta la serie di manifestazioni dei gilets jaunes. È un Paese che ha pagato un prezzo legato ai limiti di questa Europa, ai limiti storici di un'Europa che non riesce a superare la fase dell'austerity ed è una vicenda che è avvenuta all'interno di una repressione durissima che poi è sparita anche dalle prime pagine. Siamo dentro questo contesto e quindi il modo migliore per difendere la democrazia è affermarla come valore universale, affermarla nelle istituzioni proprie all'interno appunto del contesto multilaterale in cui ci muoviamo e all'interno di un discorso che guardi a una riforma anche di altre istituzioni nel mondo a partire dalle nostre, perché dobbiamo prima di tutto guardare a noi stessi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Simone Billi. Ne ha facoltà.

SIMONE BILLI (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, non si può, non si può restare insensibili alle proteste popolari di Hong Kong. Come Lega siamo e saremo sempre al fianco di coloro che si battono per la libertà. Libertà, principi democratici, diritti umani, sono tra i cardini fondamentali dell'Europa e anche della NATO, a cui la politica estera italiana si ispira da sempre. Il concetto di sovranità che noi difendiamo si basa su tre requisiti essenziali: un popolo, un territorio, un Governo. Ad Hong Kong, cari colleghi, abbiamo un popolo privato delle sue libertà fondamentali, o che vorrebbero privare delle sue libertà fondamentali. Infatti, la legge cinese di cui stiamo discutendo vuole punire la sovversione, la secessione, il terrorismo, la collusione con forze straniere anche con il carcere per i cittadini di Hong Kong. Abbiamo un territorio, quello di Hong Kong, militarizzato. Infatti, come ben sapete, la Cina ha schierato molte delle sue truppe, delle sue forze militari ai confini con Hong Kong. Abbiamo un Governo, imposto dal potere centrale esterno, che vorrebbe reprimere qualsiasi forma di contestazione e di dissenso con la forza, e che vorrebbe controllare la stampa con la censura e la metropoli di Hong Kong con telecamere e informatori al servizio della polizia. Oggi, nel 2020, ci troviamo qui in quest'Aula a parlare di queste cose che per me sono un po'… Io non pensavo che potessi mai arrivare in quest'Aula del Parlamento a parlare di questioni così gravi, una negazione della libertà nella sua forma più violenta, in totale violazione del vivere civile, delle convenzioni internazionali e delle regole societarie da parte, come già un mio collega in precedenza ha accennato, di una delle più grandi potenze mondiali: la Cina. Ogni essere umano, Presidente, ha diritto alla sua autodeterminazione e non a pratiche di costrizione che derivano da un mainstream dominante che coniuga l'ideologia marxista e il sistema di mercato come avviene in Cina. Noi affermiamo, cari colleghi, come Lega, un principio incontrovertibile, che è quello della libertà, la libertà che non è mai barattabile, perché è la radice primaria dell'albero della democrazia, a cui tutti noi guardiamo con realtà del presente ma anche in proiezione doverosa del futuro. La Lega, senza se e senza ma, si schiera con i manifestanti e con gli studenti di Hong Kong. La loro battaglia per la libertà è la nostra battaglia per la libertà. Sì, nostra, però, permettetemi di dire, non mi pare proprio che sia anche la battaglia del nostro Governo: l'assenza di strategia del nostro Governo è pressoché totale, possiamo dire che manchi proprio una politica estera italiana. Una testimonianza, per esempio, è la partita libica: abbiamo assolutamente perso quest'enorme possibilità di poter continuare ad avere nel Mediterraneo un occhio di riguardo per la nostra economia e per il nostro Paese. Capisco che il Ministro degli Affari esteri, l'onorevole Di Maio, dei 5 Stelle, sia impegnato a incontrare Draghi e Letta, ma probabilmente per definire cose che sono diverse da quelle di una politica estera che sia a favore del nostro Paese, perché con Draghi e Letta non penso proprio che il nostro Ministro degli Affari esteri abbia parlato di Libia o di Cina. Altri Paesi, invece, vi ricordo, cari colleghi, sono stati estremamente chiari nel condannare quanto è avvenuto e quanto sta avvenendo ad Hong Kong. Il Governo italiano è stato fino ad oggi silenzioso. È vero, il Ministro Di Maio ha affermato in alcuni atti ufficiali che l'Italia difende il principio di “un Paese, due sistemi”, ma ha anche affermato che lo difende assieme ai partner europei, quindi, il Governo si è sostanzialmente nascosto dietro il multilateralismo, dietro l'Unione europea. Vogliamo che l'Unione europea parli a nome dell'Italia anche per definire strategie di politica estera che potrebbero avvantaggiare il nostro Paese e forse probabilmente non avvantaggiare o svantaggiare altri Paesi a noi vicini? Questo Governo, in concreto, che cosa ha fatto per definire la sua posizione nei confronti di Hong Kong e della Cina? Vi ricordo, cari colleghi, che gli Stati Uniti hanno votato al Congresso l'Hong Kong Autonomy Act. Il Regno Unito ha innanzitutto escluso Huawei dal 5G, e inoltre ha promesso la cittadinanza a 300 mila cittadini di Hong Kong. Noi, come Lega, cari colleghi, siamo andati a dimostrare, con il nostro leader, Matteo Salvini, di fronte all'ambasciata cinese. Devo dire che oggi però ho avuto chiarita almeno una cosa, che è importante, l'ho avuta chiarita ascoltando l'intervento precedente del collega deputato dei 5 Stelle, ho capito la posizione dei 5 Stelle, quando i 5 Stelle affermano che si rischia - lo leggo, spero di non travisare le parole del collega dei 5 Stelle, me le sono segnate - di far sovrastare i nostri difetti con quelli della Cina, i difetti della Cina potrebbero essere i nostri difetti. Personalmente, gentile Presidente e cari colleghi, e penso di poter parlare anche a nome di tutti i miei colleghi della Lega, noi, ad una visione del genere, assolutamente non ci stiamo: non possiamo e non vogliamo paragonare la Cina e i problemi della Cina, il regime comunista cinese con la democrazia italiana, per cui, durante il Risorgimento e nei secoli passati sono morte, hanno dato il sangue, tante persone, e siamo riusciti ad arrivare anche qui, in quest'Aula, oggi, in Parlamento, a poter discutere liberamente su qualsiasi tema grazie alla storia, al sacrificio che tanti italiani hanno fatto per farlo avere oggi a noi. Non ci stiamo ad una visione del genere, ad una visione per la quale - ripeto ancora altre parole del collega dei 5 Stelle - dobbiamo inquadrare correttamente i fatti e gli equilibri in gioco. Sì, è vero, inquadriamo correttamente i fatti in gioco in questo conflitto Hong Kong-Cina, inquadriamo anche questi equilibri in gioco, e qual è la soluzione che ha proposto il collega di 5 Stelle? Nominare un incaricato speciale ONU affinché studi il caso. Anche a questo, signor Presidente, io devo dire: “no”. Innanzitutto, quello che noi, come Paese sovrano, abbiamo l'obbligo e il dovere di fare è condannare chiaramente quello che la Cina sta facendo oggi ad Hong Kong. Questo è quello che dobbiamo fare. Vogliamo poi nominare un incaricato speciale ONU? Bene, nominiamolo, ma prima di tutto il nostro Paese e il nostro Governo devono chiarire la posizione nostra nei confronti della Cina e di Hong Kong: condanna sicura delle azioni perpetrate fino ad oggi dalla Cina nei confronti di cittadini di Hong Kong.

Inoltre, è vero, sì, l'ONU, come diceva il collega dei 5 Stelle, deve avere un ruolo attivo per evitare i soprusi a livello globale e condannarli, ma questo, per quanto mi riguarda, non è assolutamente sufficiente.

Deve essere questo Governo, il Governo italiano, il Governo del nostro Paese, che deve condannare in modo chiaro e netto i soprusi della Cina: quello che i 5 Stelle non hanno fatto e quello che i 5 Stelle, anche oggi, qui, in quest'Aula, non hanno voluto fare. Prendo atto, inoltre, di quello che dicono i 5 Stelle, delle affermazioni pesanti che hanno fatto: hanno detto che auspicherebbero un rapporto dell'Italia alla pari tra Stati Uniti e Cina; beh, come ho detto, prima almeno questo adesso l'ho chiarito: i 5 Stelle sono affinché il nostro Paese, l'Italia, abbia un rapporto alla pari tra Stati Uniti e Cina. Questo noi non lo possiamo ammettere. Attendiamo pertanto - e qui concludo, Presidente - dal nostro Governo una chiara presa di posizione a favore della libertà, per condannare il comportamento che, ad oggi, questo regime comunista cinese ha perpetrato nei confronti del popolo di Hong Kong, non solo a favore della libertà, ma anche per fugare qualsiasi dubbio - mi si permetta di dirlo - su possibili ingerenze cinesi nel Governo e negli affari del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimo Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Mentre il mondo è occupato a combattere il Coronavirus, alcuni Paesi sembrano approfittarne per sottrarre i diritti e soffocare la democrazia: è il caso della Repubblica popolare cinese a Hong Kong. Lo scorso 30 giugno, la Repubblica popolare cinese ha approvato in via definitiva la legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong, che mira a impedire, fermare e punire ogni atto o attività che metta in pericolo la sicurezza nazionale, come separatismo, sovversione dei poteri dello Stato, terrorismo o attività di forze straniere che interferiscano nell'affare di Hong Kong. Presidente, si tratta di una legge che permette la repressione di ogni dissenso, che permette la presenza formale di organi di sicurezza cinesi nella regione amministrativa speciale di Hong Kong, che mina inesorabilmente l'indipendenza della magistratura dall'Esecutivo. I processi potranno avvenire in seduta segreta, senza giuria. I giudici saranno scelti dal capo dell'Esecutivo di Hong Kong, che noi sappiamo molto bene rispondere soltanto a Pechino. La legge non prevede alcun limite massimo alla detenzione e in molti casi sarà possibile, alla Polizia di Hong Kong, trasferire i detenuti direttamente sul continente, in Cina. Anche i cittadini stranieri, autori di reati perseguibili da questa legge, potranno teoricamente essere incriminati. È una legge imposta e adottata senza alcuna consultazione con gli organi di rappresentanza dei cittadini, in palese violazione della legge fondamentale: la Costituzione di Hong Kong; una legge che compromette gravemente le libertà accordate all'ex colonia britannica dalla Dichiarazione sino-britannica del 1984, che è entrata in vigore nel 1997 e che è valida fino al 2047. La mossa di Pechino viola gli accordi internazionali e mette la parola fine al principio “un Paese, due sistemi”, che finora aveva caratterizzato il regime di semi-autonomia di Hong Kong, il principio cardine per la difesa delle libertà di espressione, di assemblea, di manifestazione del dissenso di cui godevano fino allo scorso 30 giugno i cittadini hongkonghesi. Per questo motivo i cittadini di Hong Kong sono tornati in piazza per protestare, con coraggio, contro il furto dei loro diritti acquisiti, per difendere la loro libertà e la loro fragile democrazia: proteste pacifiche, represse con fermezza dalla Polizia e dal Governo locale con centinaia di arresti, anche di minorenni, costringendo all'esilio i suoi esponenti, rievocando i disordini degli ultimi anni.

Presidente, io trovo sia un dovere delle democrazie liberali come l'Italia, quello di denunciare la sottrazione di diritti, specie se si tratta di libertà di opinione e diritti umani, ovunque essa avvenga - e questa è l'unica cosa su cui sono d'accordo con il collega Pino Cabras del MoVimento 5 Stelle -, ovunque essa avvenga, sia nei CIE o nei CARA sul territorio italiano, nei centri di detenzione in Libia, nelle stazioni di Polizia del Minnesota, negli Stati Uniti, o anche nella provincia dello Xinjiang, in Cina. Sono diritti su cui si fonda il nostro ordinamento democratico, diritti che l'Italia deve difendere e promuovere sul suo territorio e nel mondo. Come democrazia parlamentare, l'Italia non può non solidarizzare con chi chiede il rispetto della democrazia dei diritti e degli accordi internazionali, come appunto la Dichiarazione sino-britannica del 1984.

Ma io contesto, e lo faccio pensando che siano sbagliate le considerazioni del collega Pino Cabras su questo aspetto, che non si possa in alcun modo assimilare o comparare la situazione di Hong Kong della Cina con le situazioni che avvengono in Stati di diritto come gli Stati Uniti; il collega Cabras citava il caso Snowden nel Regno Unito, il caso Assange, o anche la Catalogna: questi sono tre Paesi, tre democrazie nostre alleate, in cui vige la certezza del diritto e non è in alcun modo assimilabile alla situazione della Repubblica popolare cinese, dove non vi è alcuna differenza tra magistratura e potere esecutivo, dove i diritti umani sono sistematicamente violati, e lo dicono fonti ONU o, comunque, fonti indipendenti. Io credo che sia molto importante e invito il collega Cabras a leggere la legge in questione, la legge sulla sicurezza nazionale fatta adottare, imposta ad Hong Kong dalla Repubblica popolare cinese, dove la magistratura non avrà più diritto all'indipendenza. Il collega Cabras, poi, cita il fatto che la legge riscuoterebbe il consenso di larga parte della classe dirigente di Hong Kong, dei cittadini di Hong Kong, ma qui si tratta della tutela delle minoranze, della tutela dell'opposizione. Questo è fondamentale. Noi non possiamo in nessun caso comparare dittature con Paesi democratici. Nessuno qui vuole rivendicare il diritto all'indipendenza di Hong Kong, nessuno qui è a favore della causa separatista di Hong Kong. C'è un trattato internazionale che affermava che Hong Kong poteva godere di una semi-autonomia fino al 2047, che la Cina sta violando, sta violando! I pacta sunt servanda, la Cina sta violando accordi intrapresi. Il Regno Unito offre la cittadinanza ai cittadini di Hong Kong non per intervenire, ma perché è una parte in causa, perché prima della Cina era un territorio concesso al Regno Unito; questa concessione si basava su un accordo, che è stato violato dalle iniziative della Repubblica popolare cinese e in questo caso, in quanto parte in causa, il Regno Unito stava offrendo un rifugio, il diritto di asilo e la cittadinanza ai 3 milioni di cittadini di Hong Kong che chiedono libertà e democrazia. Io credo che sia molto importante nel contesto italiano avere questo a mente e credo che sia veramente molto importante riportare questo: nessuno sta chiedendo qui l'indipendenza di Hong Kong, stiamo chiedendo il rispetto della semi-autonomia di Hong Kong in confronto alla Repubblica popolare cinese e anche l'Italia non può voltarsi da questa richiesta di democrazia. Per questo motivo noi chiediamo alla Repubblica popolare cinese di abolire questa legge e di rispettare l'autonomia di Hong Kong: è un provvedimento ingiusto e senza giustizia non esiste stabilità duratura; è una legge che non solo sottrae i diritti ai cittadini di Hong Kong, ma che va contro gli interessi della Repubblica popolare cinese. Il successo di Hong Kong si fonda sul suo regime di autonomia: se non si torna indietro, Hong Kong cesserà di esistere per come la conosciamo. La legge per la sicurezza nazionale viola la Costituzione e mina la certezza del diritto: due istituzioni che negli ultimi decenni hanno permesso a Hong Kong di diventare quello che è oggi, il terzo hub finanziario al mondo, un modello unico di crescita e sviluppo in tutto il mondo e che, per certi versi, rappresenta l'immagine della collaborazione tra Occidente e Oriente; è nata proprio in una delle ferite profonde aperte dal colonialismo britannico, e quindi europeo, già alla fine del XIX secolo. La prova muscolare di Pechino davanti ai nostri occhi si concilia male con la narrativa di una superpotenza benevola, dedita ad un'ascesa pacifica. Il caso di Hong Kong impone al mondo liberale democratico una ricalibrazione dei suoi rapporti con la Repubblica popolare cinese e un'attenta analisi alle conseguenze del crescente nazionalismo cinese. Oggi Hong Kong, domani Taiwan? Lo chiedo ai miei colleghi. Quella di Pechino è una mossa che ha suscitato forti reazioni politiche in tutto il mondo: gli Stati Uniti hanno dichiarato la fine dello stato speciale di Hong Kong; il Regno Unito ha condannato Pechino, offerto asilo e la cittadinanza britannica ai 3 milioni di cittadini hongkonghesi; l'Australia e il Canada hanno contemplato, anzi hanno già sospeso il trattato bilaterale di estradizione con la Cina; anche l'Italia deve fare la sua parte promuovendo nel mondo quei valori democratici su cui si basa la nostra prosperità. L'Italia può e deve condurre una politica estera etica. La Repubblica popolare cinese è un partner importante e proprio tra partner che si rispettano è fondamentale parlarsi e chiedere conto del rispetto dei diritti umani, che siano essi abitanti di Hong Kong, del Tibet o della minoranza uigura nello Xinjiang, senza applicare due pesi e due misure. Dobbiamo chiedere conto, ovunque ci siano sottrazioni di diritti, e su questo ovviamente concordo con quanto detto poc'anzi dal collega Cabras. Io chiedo, quindi, al Governo italiano di continuare ad appoggiare iniziative multilaterali di dura condanna. Da questo, credo che l'appello del collega Billi della Lega abbia pochissima credibilità da una forza politica che non condanna, anzi difende regimi come quello di Putin e viene qui, oggi, a cercare di fare la lezione morale su Hong Kong e la Repubblica popolare cinese. Credo, quindi, che dalla Lega ci saranno pochissime lezioni da trarre per questo Governo.

Ma io chiedo al Governo una cosa molto semplice: innanzitutto di appoggiare fermamente, di continuare ad appoggiare, come già sta facendo, le iniziative intraprese a livello multilaterale ed europeo, a cominciare dalla dichiarazione di Josep Borrell, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea del 1° luglio 2020, ma anche la risoluzione del Parlamento europeo dello scorso 19 giugno, che hanno qualificato la legge per la sicurezza nazionale introdotta da Hong Kong come non conforme con la Costituzione, in quanto adottata anche senza consultazione, e non conforme con la Dichiarazione sino-britannica del 1984. Due atti che chiedono alla Cina di preservare la libertà di opinione e i diritti umani dei residenti di Hong Kong, l'autonomia della regione amministrativa speciale e di fornire garanzie in merito all'indipendenza della magistratura dal potere esecutivo e dello Stato di diritto.

Infine, Presidente, l'Italia non può appoggiarsi solo all'Unione europea, non può nascondersi solo dietro all'Unione europea. La gravità della situazione richiede un impegno politico diretto di questo Governo e di tutta la maggioranza, anche del MoVimento 5 Stelle, senza ambiguità, senza temporeggiamenti. Il Governo italiano deve valutare la sospensione immediata del Trattato di estradizione con la Repubblica popolare cinese ratificato in quest'Aula il 24 settembre del 2015. È vero che il Trattato, al comma 1 dell'articolo 3, prevede la possibilità di rifiutare l'estradizione nel caso di reati politici, ma quello stesso comma vieta questa ipotesi per i reati di terrorismo, che sono precisamente i reati contestati dalle autorità di Hong Kong e Pechino per tutti gli organizzatori delle proteste di questi giorni. È molto importante - qui lo chiedo veramente al Vice Ministro Sereni, che è qui in Aula e che ascolta questa discussione - che l'Italia valuti la sospensione immediata del Trattato di estradizione, che fino adesso non è stata contemplata dal nostro Governo, ma credo che sia veramente importante che l'Italia esca allo scoperto e dica senza esitazione da che parte sta.

L'Italia deve offrire asilo politico agli abitanti di Hong Kong perseguiti o perseguibili per le proprie opinioni politiche e deve vietare immediatamente le esportazioni di equipaggiamenti di sicurezza per il contenimento delle masse e di armi individuali verso la Cina; e da qui siamo anche per una riforma della legge n. 185 del 1990 sull'esportazione delle armi dal nostro Paese. Presidente, la democrazia germoglia solo dopo un lento processo di maturazione; è un processo lungo, progressivo, non lineare, infinito. La democrazia non è sicuramente un prodotto di esportazione: alcuni Governi occidentali lo credevano, ma fallirono miseramente, peccando di arroganza e superbia in un passato non troppo lontano. Ma il profumo della democrazia è inebriante e irresistibile; assaggiato una volta, è impossibile smettere. Noi, come italiani, lo sappiamo molto bene e proprio perché siamo consapevoli della nostra storia che oggi è per noi un dovere essere solidali con le ragazze e ragazzi di Hong Kong, che mettono a repentaglio il loro futuro e quello dei loro cari per un'idea di comunità, di democrazia e di libertà (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la mozione in discussione oggi e che ci appresteremo a votare riguarda la preoccupante stretta cinese su Hong Kong, che ha prodotto numerose proteste di massa nel Paese già a partire dal 2019, sintomo di un profondo attrito con Pechino. Ricordo che il tema è già stato oggetto di discussione, sempre in quest'Aula, lo scorso gennaio, in occasione della presentazione di analoghe mozioni, tra cui anche quella del gruppo Forza Italia. Hong Kong, intesa come isola di libertà, di democrazia, di libero mercato in mezzo al mare comunista cinese, rischia di non esistere più. È utile ricordare che l'ex colonia britannica è una regione amministrativa speciale cinese, che si connota per un particolare sistema, con una forte autonomia a livello politico, economico e giudiziario fino al 2047, secondo quanto negoziato tra la Cina Popolare e il Regno Unito, nella cornice del principio “Un Paese, due sistemi”. Migliaia di persone da tempo scendono in strada nel Paese, inizialmente contro la legge in materia di estradizione e successivamente, in modo sempre più esteso e con imponenti manifestazioni, contro le ingerenze di Pechino nella vita politica della regione speciale. Proteste che sono state fortemente represse, fino ad arrivare alla decisione, da parte delle autorità cinesi, di approvare, con una procedura lampo, la legge sulla cosiddetta sicurezza nazionale, che introduce pesanti meccanismi repressivi e minaccia la libera espressione e l'indipendenza della magistratura.

Preoccupa l'interpretazione totalizzante del concetto di sicurezza nazionale, che si presta ad essere usata arbitrariamente come strumento politico per scoraggiare ogni espressione di dissenso democratico. Secondo la nuova legge, il Governo centrale potrà creare una propria agenzia ad Hong Kong, incaricata di supervisionare la sicurezza nazionale e gestire direttamente i casi più gravi, anche estradando i sospettati verso la Cina. Qualsiasi atto potrà essere considerato di tradimento, secessione, sedizione e sovversione contro il Governo popolare cinese, mettendo in pericolo i diritti fondamentali e le libertà di espressione, di riunione, associazione e stampa.

Ciò che ha destato maggiore sgomento è la generale vaghezza, la indeterminatezza su concetti di minaccia alla sicurezza nazionale e sulla definizione dei reati. La poca chiarezza lascia, infatti, spazio all'interpretazione potenzialmente arbitraria dei magistrati, che per i processi legati alle fattispecie legate alla legge di cui sopra saranno direttamente indicati da Pechino, con il rischio evidente di un possibile massiccio ricorso alla legge sulla sicurezza per scoraggiare le proteste e punire i movimenti pro democrazia. Preoccupa inoltre, lo ribadisco, in combinato disposto con la vaghezza, la presenza di previsioni normative con organi speciali, nuove competenze e ulteriori poteri previsti in relazione all'applicazione della legge, dalle indagini alla sentenza. L'articolo 12, ad esempio, prevede l'istituzione di un comitato speciale per la salvaguardia della sicurezza nazionale; l'articolo 44, anch'esso di grande impatto, che conferisce al capo esecutivo l'autorità di designare, previa consultazione con il Comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo, tutti i giudici che, dalle corti distrettuali alla Corte finale d'appello, sentenzieranno sui reati di secessione, terrorismo e collusione con un Paese straniero; l'articolo 48, che dà a Pechino la facoltà di stabilire un ufficio per la salvaguardia della sicurezza nazionale, con possibilità di esercitare giurisdizione in sostituzione dell'apparato di Hong Kong in determinate circostanze. E così via, potrei continuare elencando una serie di provvedimenti a più ampio respiro. Mi limito a citare forse il più eclatante tra essi, anche simbolicamente ed emblematicamente: l'introduzione, con l'articolo 10, di un programma per l'insegnamento del contenuto della legge stessa nelle scuole e attraverso i media.

Questa legge svuota di fatto le autonomie concesse ed interrompe comunque una condizione storica e secolare, quella della separatezza della legislazione del Porto Profumato rispetto sia alla Gran Bretagna che, oggi, alla Cina. La perdita delle libertà civili e politiche di cui fino ad oggi godeva la regione speciale rappresentano una chiara negazione dell'Accordo preso nel 1984 tra l'allora Primo ministro britannico Margaret Thatcher e l'omologo Premier cinese Zhao Ziyang, atto a garantire autonomia politica ai cittadini di Hong Kong.

Nonostante i numerosi arresti che, in questi anni, hanno colpito i leader del movimento politico pro democrazia della cosiddetta “rivoluzione degli ombrelli”, lo scorso 1° luglio nuovamente migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per celebrare il ventitreesimo anniversario della fine del colonialismo britannico, sfidando le forze di polizia e la nuova legge sulla sicurezza nazionale, il cui esito ha portato a numerosi fermi e centinaia di arresti. La stretta delle autorità cinesi sull'ex colonia britannica ci interroga e ci riguarda non solo perché il tema dei diritti umani e delle libertà fondamentali rientra nei valori fondanti della costruzione europea ed è da sempre tratto distintivo della politica estera del nostro Paese, ma anche perché, con l'entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, rischiamo di perdere un luogo d'incontro e sintesi delle contaminazioni tra Oriente ed Occidente.

Tutto questo ci riguarda, inoltre, perché accade in un momento di alta tensione fra i maggiori player a livello internazionale, con un ulteriore inasprimento della sfida egemonica tra Washington e Pechino. Gli ultimi provvedimenti restrittivi e di controllo della Cina sulla regione speciale, in qualche modo favoriti da una diminuita attenzione da parte della comunità internazionale per la diffusione della pandemia, si inseriscono in un quadro di relazioni globali che diventano sempre più tese, sia nell'ambito del quadrante asiatico che nei rapporti USA-Cina. Gli Stati Uniti, già dall'avvio dell'iter della legge sulla sicurezza nazionale, hanno avvertito come l'alto grado di autonomia concesso ad Hong Kong da Pechino non sarebbe stato più garantito ed hanno deciso alcune contromisure, tra cui una limitazione dei visti per i funzionari protagonisti della stretta e l'approvazione della legge che permetterebbe di sanzionare enti, società e banche che appoggiano la limitazione dell'autonomia della città, chiedendo altresì lo status di partner commerciale preferenziale per l'ex colonia britannica.

Il Regno Unito del Premier Johnson ha offerto il passaporto britannico ai cittadini di Hong Kong, ed anche l'Unione europea ha espresso alla Cina la sua contrarietà. In una recente dichiarazione congiunta, il Presidente del Consiglio europeo, Michel e la Presidente della Commissione europea, von der Leyen, pur rimarcando che per l'Europa, senza la Cina, sarebbe difficile affrontare molte delle sfide globali su cui è chiamata a confrontarsi, hanno ribadito le gravi preoccupazioni dell'UE per le misure adottate da Pechino per imporre la legislazione sulla sicurezza nazionale. La Presidente della Commissione ha definito la Cina quale competitore sistemico, con cui avere relazioni sulla base dei valori fondanti dell'Unione europea, riconoscendo, dunque, che la potenza asiatica non va considerata come un mero e semplice partner commerciale. Anche il Parlamento europeo, con la risoluzione approvata lo scorso 19 giugno, ha chiesto con fermezza il ritiro immediato della legge sulla sicurezza, il rilascio degli attivisti democratici arrestati ingiustificatamente, insieme alla nomina di un inviato speciale delle Nazioni Unite che affronti e risolva l'intera questione di Hong Kong. Inoltre, la medesima risoluzione arriva a prendere in considerazione l'ipotesi di portare la Cina davanti alla Corte internazionale di giustizia per l'imposizione della legge sulla sicurezza nazionale alla regione amministrativa speciale in violazione della Dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984 e della Dichiarazione universale dei diritti umani.

In questo quadro, certamente in evoluzione, non possiamo che certificare con amarezza i silenzi del Governo italiano sul tema, perché i valori fondamentali, come la libertà, i diritti umani e la democrazia, sono valori universali che devono essere rispettati a Hong Kong, come in qualsiasi altra parte del mondo.

Certifichiamo con rammarico l'assenza del nostro Paese in sede di Consiglio dei diritti umani dell'ONU a Ginevra dello scorso 3 luglio, laddove l'Italia si è astenuta sulla mozione presentata dal Regno Unito in difesa dei diritti umani ad Hong Kong e che è stata votata da molti partner europei: dal Belgio, dalla Danimarca, dall'Estonia, dalla Finlandia, dalla Francia, dall'Irlanda, dalla Germania, dalla Lettonia, dalla Lituania, dal Lussemburgo, dai Paesi Bassi, dalla Slovacchia, dalla Slovenia e dalla Svezia. Tra un regime autoritario e la libertà, il Governo italiano sembra avere scelto l'ignavia ed intanto assistiamo impassibili a questo attacco. I manifestanti stanno cancellando i loro post dai social media, stanno sciogliendo i loro movimenti e lasciando la città, se possono. Con Zhang Xiaoming, vice direttore dell'Ufficio per gli Affari di Hong Kong e Macao a Pechino, che dichiara, in risposta alle proteste USA, che “L'epoca in cui i cinesi si preoccupavano di ciò che pensavano gli altri di loro è ormai parte di un passato che non tornerà più”. Parole pesanti ed eloquenti che dovrebbero portare ad una riflessione profonda sulla gravità di questa contingenza.

Concludo, richiamando quanto contenuto nelle risoluzioni già approvate il 16 luglio in Commissione esteri, con l'intento di convergere su un testo unitario e condiviso da tutti i gruppi parlamentari in quest'Aula, affinché il Governo italiano assuma una posizione chiara sui temi che costituiscono da sempre un pilastro della nostra politica estera in quanto conformi al diritto internazionale in materia di diritti umani. Riteniamo necessario che il Governo si impegni a collaborare con le istituzioni ed i partner dell'Unione europea in favore del mantenimento dell'autonomia giuridica di Hong Kong, in forza del principio condiviso di “Un Paese, due sistemi”.

Riteniamo che anche il rispetto dei diritti diventi una priorità in vista del negoziato per un Accordo di investimenti Unione europea-Cina, affinché i rapporti con la Repubblica popolare cinese siano improntati a principi e valori fondanti, sanciti dall'articolo 21 del Trattato sull'Unione europea e al rispetto della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. In tale direzione, anche in attuazione della risoluzione approvata dal Parlamento europeo del 19 giugno 2020, è opportuna la designazione, in ambito Consiglio diritti umani, di un relatore speciale sulla situazione dei diritti umani ad Hong Kong.

Infine, analogamente a quanto già altri Paesi stanno facendo, sollecitiamo il Governo a valutare le domande di protezione internazionale presentate in Italia da coloro che temono per la propria libertà nella regione speciale. Forza Italia su questi aspetti continuerà a spingere in tutte le sedi istituzionali per dimostrare vicinanza e solidarietà alle voci libere di Hong Kong e si adopererà senza sosta per far prevalere le ragioni della libertà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bianchi. Ne ha facoltà.

MATTEO LUIGI BIANCHI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, quanto sta succedendo ad Hong Kong è la punta di un iceberg che dovrebbe mettere in allarme tutto il mondo. La presentazione di questa mozione è un'iniziativa dettata dal silenzio e dalla passività che hanno contraddistinto la reazione italiana all'approvazione ed applicazione della nuova legge sulla sicurezza nazionale ad Hong Kong. Tale silenzio e l'associata passività hanno separato l'Italia dal grosso dei Paesi europei occidentali più in generale, i quali hanno condannato la violazione degli Accordi del 1984 con i quali fu regolata la questione della restituzione di Hong Kong dalla Gran Bretagna alla Repubblica popolare cinese.

Gli Stati Uniti hanno addirittura imposto sanzioni mirate. Ci sono, secondo noi, tre aspetti di grande valenza e significato politico da evidenziare e discutere quest'oggi nell'Assemblea, qui a Montecitorio: il primo è l'opportunità o meno di esprimere una posizione. Assumere una posizione sulla cancellazione dell'autonomia di Hong Kong significa, secondo noi, fare una scelta di campo. Dobbiamo far sapere che noi siamo da una certa parte del mondo, visto che stiamo facendo di tutto, invece, per generare dei dubbi, come nel caso del tema del 5G. Dal nostro punto di vista, o si sta da un lato, come quello del rispetto degli accordi internazionali, o si sta dall'altro. Noi crediamo che schierarsi sia opportuno per rendere chiaro ai nostri alleati che facciamo ancora parte della comunità occidentale; il secondo argomento riguarda il limite al rispetto della sovranità nazionale altrui. Hong Kong è davvero soltanto una questione di diritto pubblico interno cinese oppure c'è in gioco qualcos'altro? Noi pensiamo che in gioco ci sia il diritto internazionale. La Cina è venuta meno agli impegni liberamente contratti a suo tempo per avere indietro il territorio di Hong Kong e noi pensiamo che si debba affermarlo a chiare lettere. La violazione compiuta riduce la credibilità della firma cinese e lo fa a 360 gradi, in ogni materia su cui la diplomazia della Repubblica popolare sia impegnata. Dobbiamo dirlo con chiarezza dopo aver sottoscritto il Memorandum noto sulla nostra adesione alla Via della Seta; il terzo argomento concerne gli eventuali limiti effettivi cui deve soggiacere l'invito al rispetto dei diritti in terra altrui. Cosa è giusto fare e cosa no? Su quante cose è necessario il silenzio? Noi pensiamo che ci siano circostanze in cui sia lecito e opportuno far conoscere il punto di vista del nostro Paese, senza che questo costituisca una violazione della sovranità nazionale cinese. Forse non possiamo dire ai cinesi come debbano governarsi, ma non è certamente sbagliato sottolineare la distanza morale che intercorre tra il comportamento che i cinesi hanno assunto a Hong Kong e quanto la comunità internazionale è disposta ad accettare sul versante delle violazioni massicce dei diritti umani.

La Lega in data 12 novembre 2019 è stato il primo gruppo politico in quest'Aula a sollevare le problematiche che stavano avvenendo a Hong Kong. Eravamo preoccupati per l'inizio delle violenze, che certamente non avrebbero portato a nulla di buono. Il Governo e il Ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio ci lasciarono basiti, non capendo o, peggio ancora, facendo finta di non capire cosa stava accadendo. Tramite banali dichiarazioni stampa dissero di non voler interferire in vicende altrui. Noi, invece, abbiamo sempre creduto che l'Italia avrebbe avuto il dovere di farsi parte attiva per favorire il dialogo, soprattutto perché si tratta di vicende relative ai diritti umani in un Paese con cui l'Italia intrattiene svariati rapporti di natura commerciale e soprattutto perché alcuni nostri partner storici, come gli Stati Uniti, hanno anch'essi dimostrato preoccupazione. Solo due mesi dopo, a gennaio di quest'anno, ci fu la possibilità di discutere una mozione sulla tematica, a prima firma dell'onorevole Paolo Formentini. Nel mentre nello scacchiere internazionale si sono sovrapposti moltissimi altri teatri critici, alcuni dei quali direttamente preoccupanti per l'Italia, vedasi la sempre più cronica crisi libica e l'aggressività della Turchia nell'area del Mediterraneo, una Turchia sempre meno laica e moderna che guarda sempre più a un approccio imperialista di stampo ottomano-islamistico. La recente riconversione in moschea della storica cattedrale bizantina di Santa Sofia è l'ultimo di alcuni eventi preoccupanti per tutta l'Europa cristiana e ci fa ripiombare a secoli fa, ai tempi delle battaglie di Lepanto e dei conflitti di Vienna, ma questo, ovviamente, è un altro argomento su cui avremo modo di discutere e di dibattere.

Sul tema di Hong Kong quando il Ministro Di Maio si affrettò a definirlo un fatto strettamente interno alle questioni cinesi, pochi giorni dopo la polizia di Pechino sparò sui dimostranti che stavano chiedendo maggiori garanzie su democrazia e libertà, a dimostrazione di come il nostro Governo non aveva il quadro corretto e adeguato della situazione. Abbiamo sempre sostenuto che un Paese del G7 importante come l'Italia avrebbe fin da subito dovuto prendere posizioni chiare, uscendo da equivoci imbarazzanti. Oggi, a distanza di mesi, quelle posizioni sono da ritenersi politicamente complici degli accadimenti ad Hong Kong. Non basta oggi farsi portavoce di frasi di circostanza. Questo Parlamento deve ricondurre il Governo ad atteggiamenti più autorevoli su argomenti fondamentali per il mondo come quelli di Hong Kong.

Non possiamo tollerare dai nostri partner commerciali repressioni violente su chi chiede diritti assodati nel mondo occidentale su temi come i valori democratici, perché prima l'accerchiamento di Taiwan, poi le repressioni violente in Tibet e ora a Hong Kong: le prossime vittime del Partito comunista cinese chi saranno? Forse le isole Senkaku, in territorio giapponese, le quali sembrano essere minacciate da navi della Repubblica popolare cinese? Ecco, noi in Europa, con il crollo della Cortina di ferro, non siamo più abituati a credere che la dittatura comunista sia un pericolo, ma dall'altra parte del mondo c'è un gigante demografico ed economico governato da un Partito comunista e questa è una minaccia molto seria per tutto il mondo libero. Non capirlo è pericoloso per tutti e non intervenire subito per stoppare certe escalation, come la storia ci insegna, non porta mai a nulla di buono.

Posizioni chiare e coraggiose sono tenute attualmente dai nostri partner storici dall'altra parte dell'Atlantico, cioè gli Stati Uniti, i quali sostengono che non si possa prescindere dall'avere rapporti con un Paese da più di un miliardo di persone ma a certe condizioni di sostanza. L'Europa, quella che fu la grande Europa e di cui rimane ben poco, insieme al Governo italiano tiene, invece, una posizione miope, più incentrata a cercare di mettere trappole al Presidente Donald Trump, eletto democraticamente, piuttosto che impegnarsi per mettere fine ad angherie in un Paese monopartitico comunista. Io credo che pagheremo a carissimo prezzo questa miopia.

In questo quadro che ci preoccupa e ci preoccupa molto per l'interesse dei cinesi verso le nostre infrastrutture strategiche, soprattutto quella digitale, negli Stati Uniti lo scorso anno è stato disposto un divieto per le aziende informatiche statunitensi di intrattenere alcun tipo di rapporto commerciale con il colosso cinese e ora il Regno Unito ha preso una posizione coraggiosa e analoga proteggendo le proprie infrastrutturazioni digitali da ingerenze esterne. Noi in Italia ancora non abbiamo capito e fatto capire al mondo da che parte vogliamo stare. Questo è incredibilmente preoccupante e credo anche vergognoso. Non capiamo i motivi di questi tentennamenti e non vorremmo che ci fossero retropensieri a noi poco chiari. In un mondo che sta abbandonando il multilateralismo, traccheggiare all'italiana - mi permetta, Presidente - non aiuterà né oggi né domani il nostro Paese. Dobbiamo prendere posizioni chiare e decise, tirando fuori gli attributi che negli ultimi tempi non abbiamo mai mostrato.

Presidente, io credo che siano suonate le campane a morto per le istanze di libertà, autonomia, tutela dei diritti umani, civili e giuridici della città di Hong Kong, ora trasformata in uno Stato di polizia segreta. La Cina ha varato una legge liberticida e il nostro Governo non può affrontare la tematica con frasi di circostanza, ma deve coordinarsi con i propri alleati e definire una strategia per fermare le violenze e le prevaricazioni che sembrano dettate dall'inizio di un processo di stampo imperialista che va stoppato fin da subito. Mi preme citare altri esempi da portare all'attenzione di quest'Aula: recentemente le autorità cinesi hanno ordinato la rimozione e la distruzione delle bandiere di preghiera tibetane, uno dei simboli della cultura tibetana stessa. La campagna è inserita nel cosiddetto Programma di riforma comportamentale della Repubblica popolare cinese. Io mi chiedo: che cosa ancora dobbiamo aspettare? Non denunciare questi avvenimenti vuol dire che il nostro Governo e il nostro Paese sono complici di chi crede alla bontà della dittatura comunista anziché nella libertà.

Da ultimo, ne approfitto per sottolineare un tema strettamente collegato, in questo scenario geopolitico bipolare: l'Italia ha capito l'importanza del nuovo programma spaziale americano, che dovrebbe riportare l'uomo sulla Luna nel 2024? Riteniamo di essere parte attiva a fianco degli Stati Uniti in questo fondamentale progetto per il futuro tecnologico dell'umanità o focalizziamo la nostra attenzione nel tentare di non urtare il Governo della Repubblica popolare cinese perché abbiamo la necessità di chiudere accordi commerciali per scambiarci vicendevolmente i ravioli? Perché, con tutto il rispetto, credo serva un gran coraggio di prospettiva che il nostro Governo in questo momento continua a non avere.

La norma attualmente in vigore a Hong Kong, che punisce gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e complicità con le forze straniere, ha previsto pene così pesanti da far sì che gli account di Twitter, Instagram e Facebook scompaiano e alcune persone hanno scritto ai loro contatti chiedendo di cancellare le chat su WhatsApp. Questo è quanto sta succedendo a Hong Kong. Ripeto: dobbiamo uscire dalle frasi di circostanza e agire.

Le generazioni più giovani di Hong Kong sono cresciute, avendo nelle orecchie la musica occidentale: su quel mondo noi rischiamo di metterci sopra la pietra tombale per sempre. Non possiamo cavarcela con quattro righe di circostanza del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: io credo che questo Parlamento debba prendere in esame molto seriamente la tematica all'ordine del giorno di quest'oggi.

La richiesta della Lega (e concludo) è quindi triplice. Privare la posizione italiana di ogni elemento di ambiguità e differenziazione rispetto agli orientamenti prevalenti in Occidente. La legge sulla sicurezza ad Hong Kong e la sua applicazione sono una violazione, a nostro modo di vedere, degli accordi del 1984; ai cinesi va detto con chiarezza che non pretendiamo di condizionare il modo in cui si governano, ma vogliamo che si rispettino gli impegni assunti solennemente per avere indietro i territori di Hong Kong. E da ultimo dobbiamo additare il rispetto dei diritti umani fondamentali come uno standard morale, se non strettamente politico, al quale anche i cinesi debbano tendere.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse tra i gruppi, nella seduta di martedì 28 luglio, alle ore 12, avrà luogo l'informativa urgente del Governo, con la partecipazione della Ministra dell'Istruzione, sulle iniziative di competenza per l'apertura dell'anno scolastico in relazione alla situazione epidemiologica da COVID-19.

Conseguentemente, lo svolgimento di interpellanze e interrogazioni, previsto per la parte antimeridiana della seduta di martedì 28 luglio, è anticipato alle ore 10.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Penna. Ne ha facoltà, per due minuti.

LEONARDO SALVATORE PENNA (M5S). Presidente, il 19 luglio è stato il ventottesimo anniversario della morte di Paolo Borsellino. Prima di me, decine di colleghi in quest'Aula e in quella del Senato hanno ricordato negli anni passati la carneficina di Via D'Amelio; tuttavia questi ricordi non bastano e lasciano in bocca e nella mente l'amaro sapore di qualcosa che non va. In realtà questo Parlamento e le istituzioni tutte hanno una grande occasione di onorare Borsellino: arrestare e consegnare alle patrie galere l'imprendibile Matteo Messina Denaro. Catturarlo costituirebbe il segno che lo Stato sa rispondere alle sfide di chiunque si pone al di fuori della legge, e che non esistono zone franche dove la mano della legge non può arrivare.

Vi è un altro modo però di aiutare Paolo, là dove si trova, a sopportare l'ingiustizia del suo destino: che altri come lui non debbano subire la sua sorte. Fino a due giorni prima di morire Borsellino si recò dall'allora capo della Polizia Parisi chiedendo un rafforzamento delle misure di protezione per lui e la sua famiglia: allora fu inascoltato e le bombe arrivarono prima che le sue parole attivassero fatti concreti. Oggi mi rivolgo al Ministro Lamorgese: dobbiamo assumerci l'impegno civile e istituzionale per evitare che altri magistrati impegnati come Borsellino a disarticolare la mafia non facciano la sua stessa fine. In quest'Aula vorrei segnalare il pericolo che corre Nicola Gratteri, e che in ricordo e in onore di Paolo abbiamo il dovere di non lasciarlo solo, di proteggerlo ed impedire a chiunque di attentare alla sua vita. È arrivato il tempo di chiudere la partita con la mafia arrestando i suoi capi occulti e palesi: staniamo i loro complici dovunque si annidino e proteggiamo i valorosi che sfidano la mafia assolvendo al loro compito di uomini delle istituzioni. Negli ultimi giorni di vita Borsellino incontrò un collaboratore di giustizia che lo informò che alcuni uomini delle istituzioni erano al soldo della mafia: Borsellino ne restò sconvolto, comprendendo…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LEONARDO SALVATORE PENNA (M5S). Ho concluso, Presidente. …che attorno a lui si stava stringendo una trappola mortale. I nuovi mezzi investigativi consentono di acquisire conoscenze e informazioni che fino a trent'anni fa erano impossibili: investiamo in questa missione e consentiamo finalmente a Paolo di ottenere giustizia.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 21 luglio 2020 - Ore 11:

1. Svolgimento di una interpellanza .

(ore 15)

2. Seguito della discussione della proposta di legge:

DELRIO ed altri: Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale. (C. 687-A)

e delle abbinate proposte di legge: GELMINI ed altri; LOCATELLI ed altri. (C. 2155-2249)

Relatore: LEPRI.

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 1187 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: ROMEO ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori. Disposizioni in materia di diritto del minore ad una famiglia (Approvata dalle Commissioni permanenti riunite 1a e 2a del Senato). (C. 2070)

e delle abbinate proposte di legge: MOLINARI ed altri; ASCARI ed altri; FIORINI ed altri; LOLLOBRIGIDA ed altri. (C. 1731-1887-1958-2007)

Relatori: ASCARI, per la II Commissione; RIZZO NERVO, per la XII Commissione.

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

CORDA ed altri: Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo. (C. 875-A/R)

e delle abbinate proposte di legge: MARIA TRIPODI ed altri; PAGANI ed altri; FERRARI ed altri. (C. 1060-1702-2330)

Relatrice: CORDA.

5. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

MULE' ed altri; MURELLI ed altri; MARTINA ed altri; MAMMI' ed altri; ROBERTO ROSSINI ed altri: Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di Coronavirus.

(C. 2451-2479-2480-2484-2507-A)

Relatori: MARTINA e MURELLI.

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

GALLINELLA ed altri: Misure di sostegno al settore agricolo e disposizioni di semplificazione in materia di agricoltura. (C. 982-A)

e delle abbinate proposte di legge: PAROLO ed altri; PAOLO RUSSO ed altri; CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE. (C. 673-1073-1362)

Relatore: CADEDDU.

7. Seguito della discussione delle mozioni Caon ed altri n. 1-00270 e Luca De Carlo ed altri n. 1-00367 concernenti iniziative volte al completamento dell'idrovia Padova-Venezia .

8. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FIANO ed altri; BOSCHI ed altri; MOLLICONE e FRASSINETTI; LATTANZIO ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false. (C. 1056-2103-2187-2213-A)

Relatori: CIAMPI (per la VII Commissione) e PAITA (per la IX Commissione), per la maggioranza; MOLLICONE (per la VII Commisisone), di minoranza.

9. Seguito della discussione delle mozioni Lupi, Molinari, Gelmini, Lollobrigida ed altri n. 1-00362 e Quartapelle Procopio, Cabras, Migliore, Palazzotto ed altri n. 1-00366 concernenti iniziative, in ambito internazionale ed europeo, in ordine al rispetto degli accordi internazionali relativi all'autonomia di Hong Kong e alla tutela dei diritti umani in tale territorio .

La seduta termina alle 18,40.