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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 374 di venerdì 17 luglio 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANDREA DE MARIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brescia, Davide Crippa, Delrio, Giachetti, Lorefice, Maggioni e Morelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza, anche normative, volte alla tutela della libertà di stampa e alla protezione dei giornalisti rispetto a minacce e ad atti intimidatori, in particolare alla luce della vicenda del giornalista Nello Scavo - n. 2-00855)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Ermellino e Schullian n. 2-00855 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Alessandra Ermellino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALESSANDRA ERMELLINO (MISTO). Presidente, gentile sottosegretario, lei oggi è chiamato a rispondere per conto del Governo ad un atto che contempla al suo interno un tema di grande rilevanza per l'intera tenuta del sistema democratico, non solo del nostro Paese; un tema, quello della libertà di stampa, che meriterebbe di essere citato nelle Aule parlamentari ogni giorno, perché collegato a strette maglie alla formazione dell'opinione pubblica, che proprio in queste Aule ci tiene in vita, stimolandoci all'approfondimento e alla risoluzione dei problemi.

Non a caso ho citato all'inizio della mia interpellanza tutti quegli articoli che scendono poi a cascata a partire dal 21 della Costituzione; l'ho fatto per imprimere pubblicamente l'idea di quanto la libertà di stampa, intesa come libera manifestazione del pensiero e in grado di comprendere anche la divulgazione di opinioni e informazioni, sia formalmente riconosciuta non solo in Italia, ma nel panorama internazionale e sovranazionale.

Nonostante a questo diritto sia stata data ampia identità normativa, ci ritroviamo però a scontrarci con un paradosso di realtà. La posizione dell'Italia è ancora molto bassa nella classifica maggiormente riconosciuta sulla libertà di stampa, e ad oggi ci sono ancora decine di giornalisti italiani che per aver ricevuto minacce a seguito del loro lavoro di informazione sono costretti a vivere sotto scorta; in particolare rilevavo che nel 2020, già in questo primo semestre i dati sono raddoppiati rispetto a quelli di tutto l'anno 2019.

Solo una ragione di opportunità mi induce poi a non menzionare alcuno dei numerosi giornalisti italiani caduti per aver onorato la verità nella storia della nostra Repubblica; anzi, voglio qui ribadire gli ultimissimi dati del Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, istituito presso il Ministero dell'Interno, che non ho avuto modo di inserire tuttavia nell'interpellanza perché riunitosi pochi giorni fa. Alla luce di questi accertamenti, si rileva che nei primi mesi del 2020 sono 83 le minacce denunciate da giornalisti. Gli 83 episodi sono stati portati a conoscenza nel primo semestre dell'anno, mentre nell'intero anno precedente ne erano stati rilevati solo 79. Il dato dell'anno corrente mostra quindi una forte accelerazione del fenomeno; un fatto che non può essere sottovalutato, proprio come hanno avuto modo di richiamare sia il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti che il presidente dell'osservatorio “Ossigeno per l'informazione”. Infatti nel 2020, come dicevo prima, il ritmo mensile delle minacce risulta raddoppiato, sia rispetto al 2019 che al 2018.

Tanti, troppi sono i giornalisti che nel nostro Paese vivono sotto la minaccia delle mafie; e scusandomi per non citarli in questa sede, sappiano che non solo ne ho conoscenza, ma mi ritengo impegnata a dare loro tutto il mio sostegno. I dati sono importanti tanto quanto le storie dei giornalisti minacciati, anche pubblicamente sui social; poi qui si aprirebbe un'ulteriore parentesi, come rilevo nella mia interpellanza tramite il breve accenno alle inaccettabili circostanze che hanno riguardato ad esempio il giornalista Iacoboni de La Stampa, la freelance Porsia, Nello Scavo di Avvenire. Le loro storie, ma a maggior ragione il loro lavoro di inchiesta e approfondimento, richiedono maggiore tutela, perché le storie, gli intrecci, le interpretazioni che ci offrono sono spunto di riflessione e conoscenza per l'Italia, che a livello internazionale dovrebbe garantire e pretendere maggior rispetto. Sulla base di una mia analisi, non sottovalutando la pericolosità ovviamente di queste minacce, tuttavia ritengo che dalla Libia non possa venire alcun concreto pericolo; altrettanto da Malta, per quanto sconsiglierei comunque a chi si avventura in questi Paesi di andarci senza un grado sufficiente di preparazione e di precauzione.

L'unica seria minaccia, tuttavia, può essere rappresentata dalle mafie italiane, la 'ndrangheta in particolare, di certo presente e operante anche nei Paesi in oggetto e non solo lì ovviamente. I crimini e gli intrecci denunciati da Porsia e Scavo sono, per quanto significativo, un piccolo scorcio di verità della immane, difficilmente raccontabile e a volte addirittura indicibile complessità dei giochi che si stanno evolvendo nel nostro Mediterraneo. Così, mi sento infine di rivolgere un appello, nel rispetto del punto di vista di chi oggi vive sotto scorta, perché pur sempre di un punto di vista si tratta, invitando tutti e soprattutto gli editori a porre sempre al centro del proprio lavoro e delle proprie scelte innanzitutto l'interesse nazionale. Per questo chiedo a lei, sottosegretario, ma in particolare a tutto il Governo – infatti, ho ribadito, la scelta di indirizzare questa interrogazione alla Presidenza del Consiglio era proprio per allargare la platea di chi stesse lavorando su questo tema - una seria e trasversale riflessione sul concreto da farsi, al di là delle misure già in essere, per la tutela della libertà di stampa, intesa anche come protezione dell'incolumità della classe giornalistica operante in Italia. Inoltre, chiedo in maniera specifica, riconoscendo l'importanza di non far rimanere l'accaduto disatteso a livello pubblico, cosa si intenda fare per stigmatizzare l'atteggiamento di Gafà nei confronti di Nello Scavo anche alla luce degli incarichi che la personalità citata detiene presso il Governo maltese, Paese membro dell'Unione europea dal 2004, grazie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianluca Castaldi, ha facoltà di rispondere.

GIANLUCA CASTALDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La ringrazio Presidente Spadoni, così come ringrazio gli onorevoli deputati Ermellino e Schullian. L'interpellanza in oggetto affronta il tema della tutela della libertà di stampa e di informazione sotto il profilo del vulnus che ne deriva concretamente per l'effetto dei frequenti atti intimidatori, attacchi verbali e minacce di morte rivolte nei confronti di giornalisti, alcuni dei quali costretti a vivere purtroppo sotto protezione. In particolare, gli interpellanti citano i casi dell'ex direttore de la Repubblica, Verdelli, che il 14 marzo 2020 è stato messo sotto scorta per le minacce subite dai gruppi di estrema destra, del giornalista di Avvenire, Nello Scavo, minacciato da un personaggio ritenuto contiguo alle autorità di Governo maltese e della freelance Nancy Porsia, minacciata nel 2019 dal trafficante libico Bija assieme al collega Scavo, con il quale è stata messa sotto scorta. Inoltre, gli interpellanti rappresentano che, all'inizio dell'aprile 2020, il Ministero della Difesa russo, tramite il suo portavoce, il maggiore generale Igor Konashenkov ha diffuso una nota con cui attacca il quotidiano La Stampa, accusandolo di alimentare fake news russofobiche da Guerra fredda.

In riferimento alle premesse formulate dagli onorevoli interpellanti, si ritiene opportuno ribadire preliminarmente come, per il Governo italiano, l'informazione costituisca un bene collettivo primario, indispensabile per il funzionamento delle istituzioni democratiche. Nell'informazione si saldano due principi fondanti del nostro sistema costituzionale, che trovano pari tutela nell'articolo 21 della nostra Carta fondamentale: la libertà di pensiero e il pluralismo delle fonti. La libertà di pensiero, intesa come il diritto di ciascuno di manifestare la propria opinione, è condizione necessaria e imprescindibile per la sopravvivenza di un regime democratico, ma essa trova concreta espressione e garanzia solo nel pluralismo, cioè nella possibilità materiale, per ciascun cittadino, di formarsi, attraverso l'accesso a più fonti, un libero convincimento personale. Se è vero, come affermato dalla Corte costituzionale, che l'informazione esprime non tanto una materia, quanto una condizione preliminare per l'attuazione dei princìpi propri dello Stato democratico, è la difesa di questa condizione preliminare il punto fermo che deve orientare, oggi più che mai, l'azione del pubblico decisore, in presenza dei profondi mutamenti economici e tecnologici ai quali stiamo assistendo.

Le intimidazioni ai giornalisti sono un fenomeno in allarmante crescita, purtroppo, nel mondo, non solo nei regimi illiberali e non solo nei teatri di conflitto. Secondo gli ultimi dati UNESCO, nel 2018 sono stati 1.010 i giornalisti uccisi, dei quali una larghissima parte, il 93 per cento, era costituita da dei cronisti locali, da professionisti che raccontavano la vita e le difficoltà delle comunità in cui abitavano, denunciando i traffici e il malaffare che le inquinavano. Anche in Italia, come in altre società democratiche e aperte, gli episodi di intimidazione e violenza ai danni dei giornalisti si stanno, purtroppo, moltiplicando, raggiungendo settori e aree del Paese fino a pochi anni fa immuni da questo fenomeno. Secondo i dati diffusi sempre dell'osservatorio congiunto FNSI e dall'Ordine dei giornalisti, tra il 2006 e il 2018 sono stati oltre 3.700 i giornalisti vittime di gravi episodi, in Italia. È cresciuto anche il numero dei giornalisti costretti a vivere sotto la protezione dello Stato: sono professionisti colpiti per il solo fatto di fare il loro mestiere, per il loro sforzo di illuminare periferie e territori in cui prospera la criminalità organizzata, alimentando, con la loro testimonianza, la speranza di un futuro migliore per le intere comunità, uno dei numeri molto allarmanti e in costante crescita, che segnalano tuttavia anche un problema più profondo.

Per queste ragioni, con l'obiettivo di proteggere e tutelare la libertà di informazione, nello scorso autunno, il sottosegretario all'editoria, Martella, ha inviato una lettera al Ministero dell'interno per chiedere la convocazione del Centro di coordinamento delle attività di analisi e scambio di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, ai fini di un'attenta analisi degli episodi che si erano da ultimo verificati.

Il primo quesito posto dagli interpellanti è relativo a quali iniziative, anche di tipo normativo, si intendano intraprendere per garantire in maniera concreta la tutela della libertà di stampa, anche intesa come protezione dell'incolumità della classe giornalistica operante in Italia. A questo proposito, segnalo che tutti i presidi normativi a tutela della libertà di stampa previsti nel nostro ordinamento derivano direttamente dall'articolo 21 della Costituzione, che consente la libera espressione di pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure e si può procedere al sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi e nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescrive per l'indicazione dei responsabili. La disciplina in ordine alla stampa è contenuta nella legge n. 47 del 1948, con riferimento alla quale è stato presentato al Senato, il 20 settembre del 2018, in stato di relazione, il disegno di legge n. 812, recante modifiche alla legge 8 febbraio 1948 n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale, al codice di procedura civile ed al codice civile in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante, nonché di segreto professionale e disposizioni a tutela del soggetto diffamato, nonché alla Camera dei deputati, il 27 marzo 2018, assegnata - non ha ancora iniziato l'esame - la proposta di legge n. 416, recante modifica alla legge 8 febbraio 1948 n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 3 febbraio 1963 n. 63, in materia di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di contrasto delle liti temerarie, di segreto professionale e di istituzione del giurì per la correttezza dell'informazione. Tali proposte di legge affrontano il tema, molto rilevante, dell'utilizzo intimidatorio delle querele per diffamazione: oggi moltissimi professionisti sono intimiditi attraverso l'arma della querela-bavaglio e della richiesta di esosi risarcimenti in sede civile. Il pronunciamento della Consulta sulle eccezioni di legittimità costituzionale relative alla pena detentiva per i giornalisti, del 9 giugno scorso, ha ribadito la necessità e la rilevanza di un intervento del legislatore su questi temi, accordando al Parlamento un tempo congruo - dodici mesi - per l'adozione di un provvedimento che realizzi il necessario bilanciamento tra la massima tutela della libertà di stampa e l'efficace protezione della dignità della persona. Il Governo, può starne certa, darà il suo contributo affinché si realizzi questo obiettivo.

Con riferimento alle misure adottate dall'Esecutivo sulla base degli elementi forniti dal Ministero dell'Interno, si segnala inoltre che, con il decreto del Ministro dell'Interno del 21 novembre 2017, è stato istituito presso il Ministero dell'Interno il Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti. Questo Centro di coordinamento, attraverso il potenziamento degli strumenti di monitoraggio e lo scambio di informazioni tra i diversi soggetti interessati, promuove approfondimenti ed analisi sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti e formula anche proposte finalizzate all'individuazione di mirate strategie di prevenzione e di contrasto. Con un successivo decreto del Capo della polizia, Direttore generale della pubblica sicurezza, del 10 settembre 2018, è stato costituito anche l'organismo permanente di supporto al citato Centro di coordinamento, quale sede privilegiata di confronto tra referenti nel mondo dell'informazione e rappresentanti delle articolazioni dipartimentali competenti ratione materiae e al fine di individuare, a livello operativo, gli interventi più idonei rispetto alla criticità del contesto. Tale organismo, presieduto dal vicedirettore generale della pubblica sicurezza e al quale partecipano anche i rappresentanti della Federazione nazionale della stampa italiana e del consiglio dell'Ordine nazionale dei giornalisti, ha il compito di effettuare un costante monitoraggio del fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, proporre al Centro di coordinamento iniziative e strategie di prevenzione e contrasto di livello strategico, riferire periodicamente al Centro di coordinamento sull'andamento del fenomeno e sugli sviluppi delle iniziative in corso.

Nell'ambito dei lavori dell'organismo permanente in questione è emersa l'esigenza sul territorio, in chiave tanto repressiva quanto preventiva, di avere un impegno corale di tutte le risorse, avvalendosi anche del contributo dei referenti nel mondo dell'informazione che potrebbe risultare prezioso per sviluppare un'approfondita conoscenza del fenomeno in specie. In tale ottica, il 27 novembre 2018, il Capo della Polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza ha emanato una circolare con la quale invita i prefetti e i commissari di Governo delle province di Trento e Bolzano nonché il presidente della regione autonoma della Val d'Aosta ad analizzare, in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, anche allargato ai referenti locali delle associazioni di categoria e del settore dell'informazione, eventuali elementi di criticità relativi al fenomeno degli atti intimidatori nei confronti di giornalisti nonché a voler enucleare, a livello anche locale, gli interventi più idonei per la prevenzione delle attività delittuose in parola. È stato, inoltre, richiesto di valutare l'opportunità della creazione e del consolidamento, a livello locale, di una rete di cooperazione tra i citati organismi rappresentativi del mondo della stampa e le forze di polizia, anche attraverso l'attivazione di punti operativi di contatto al fine di agevolare la più proficua interazione in ambito provinciale, favorire un costante e tempestivo flusso informativo sulla particolare delittuosità e sui possibili futuri scenari di rischio nel territorio di competenza. Al fine di garantire tale costante monitoraggio degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti è stato inoltre strutturato un flusso informativo con le forze di polizia che inviano alla direzione centrale della polizia criminale, con cadenza mensile, le segnalazioni relative al fenomeno. Il 24 gennaio 2020 il Ministro dell'Interno ha emanato un'altra circolare diretta ai prefetti, ai commissari di Governo, alle province di Trento e Bolzano e al presidente della giunta regionale della Val d'Aosta con cui dispone l'inoltro, a carattere semestrale, dei dati relativi agli atti intimidatori verificatisi nelle rispettive province perpetrati nei confronti di giornalisti, indicando altresì eventuali iniziative assunte e le misure adottate al riguardo. Tali riscontri vengono poi utilizzati al fine di elaborare in sede centrale idonea valutazione e conseguente indirizzi sia sotto il profilo tecnico operativo, nell'ambito del citato organismo permanente di supporto, sia sotto il profilo strategico, nell'ambito del predetto Centro di coordinamento. Si rappresenta che sono state indette due riunioni del citato organismo permanente la cui seconda, in data 8 luglio ultimo scorso, in videoconferenza con la Prefettura di Caserta. Fanno seguito altri incontri sul territorio sollecitati dal Ministro dell'Interno per contrastare più efficacemente il fenomeno degli atti intimidatori in esame.

Per quanto concerne il tema della concessione delle misure di sicurezza alle persone esposte a particolari situazioni a rischio, si rappresenta che la materia è disciplinata in maniera dettagliata dal decreto-legge 6 maggio 2002 n. 83, convertito in legge 2 luglio 2002, n. 133, istitutivo dell'Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza personale (UCIS). A tale ufficio spetta assicurare suddette misure in via esclusiva e in forma coordinata in conformità alle direttive del Capo della polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza, avvalendosi di un'apposita commissione centrale consultiva e basandosi sulle informazioni raccolte e le analisi effettuate in via preliminare dagli uffici per la sicurezza personale istituiti in ogni prefettura. In conformità a quanto previsto dal decreto ministeriale 28 maggio 2003 e dalle direttive del Ministero dell'Interno con circolare apposite, le misure di protezione del personale adottate dall'UCIS sono soggette a periodiche revisioni sulla base dei dati informativi relativi all'attualità della situazione a rischio, desunte anche dal contesto ambientale e dall'analisi e credibilità della minaccia. A tal fine, i prefetti delle province interessate procedono al riesame semestrale delle singole posizioni e dei correlati livelli di rischio valutati in sede di riunione tecnica di coordinamento, comunicando ogni utile elemento informativo che rende opportuna la modifica o la revoca delle misure già adottate. In modo analogo, sia a livello locale che centrale, si procede ad una aggiornata valutazione dell'esposizione del rischio personale ogni qualvolta emergano nuove circostanze che rendano necessario un adeguamento dei dispositivi tutori in atto.

Quanto ai dati rilevati sul territorio negli ultimi anni, si evidenzia che, nel 2018, le forze di polizia hanno segnalato 73 episodi intimidatori nei confronti di giornalisti (18 dei quali consumati tramite Internet e social network, che sono il 24 per cento del totale). La matrice è riconducibile per: 14 episodi ad attività di contrasto alla criminalità organizzata; per 24 ad attività socio-politica (di questi 8 tramite web), che sono circa il 33 per cento, e 35 atti ad altri contesti (di cui 7 via web), pari al 48 per cento.

Nel 2019 le forze di polizia hanno segnalati 87 episodi intimidatori nei confronti dei giornalisti (di cui 20 consumati tramite social network pari al 23 per cento del totale). La matrice è riconducibile per: 16 episodi ad attività di contrasto alla criminalità organizzata (1 via web) pari al 18 per cento; 25 casi ad attività politica (di cui 5 via web) pari al 29 per cento; 46 atti ad altri contesti (di cui 14 via web) pari al 53 per cento.

Nel 2020 le forze di polizia hanno segnalato 83 episodi intimidatori e nel totale sono 10 episodi riconducibili ad attività di contrasto alla criminalità organizzata (di cui 3 via web) pari al 12 per cento; 37 ad attività socio-politica (di cui 19 via web) pari al 44,6 per cento; 36 atti ad altri contesti (di cui 14 via web) equivalenti al 43,4 per cento.

Nel corso del 2019 gli 87 atti di intimidazione hanno interessato complessivamente 16 regioni italiane; in 5 di queste (Lazio, Lombardia, Campania, Calabria e Sicilia) si sono verificati il 65 per cento del totale degli episodi, quindi 57. Per la georeferenziazione dell'atto d'intimidazione è stato preso in considerazione il luogo dove lo stesso è avvenuto e quello in cui la parte lesa ha esposto denuncia-querela. In merito alla matrice degli atti di intimidazione consumati nelle cinque regioni richiamate si può rilevare che 12 casi sono riconducibili alla criminalità organizzata (quindi il 75 per cento di quelli riferiti alla medesima matrice nell'anno di riferimento sull'intero territorio nazionale); 18 sono da attribuire a questioni socio-politiche (72 per cento di quelli riferiti alla stessa matrice nel 2019) e 27 relativi ad altri contesti (58,7 per cento di quelli riferiti ad analoga matrice nell'ambito segnalato).

Nel 2020 gli 83 atti di intimidazione hanno interessato complessivamente dieci regioni. Lazio, Campania, Sicilia, Calabria e Lombardia, cinque di queste, hanno avuto 70 episodi, quindi l'84,3 per cento del totale degli atti intimidatori. Per la georeferenziazione dell'atto di intimidazione è stato preso in considerazione il luogo, come già detto, dove è avvenuto lo stesso o quello in cui la parte lesa ha sporto denuncia-querela. In merito alla matrice degli atti d'intimidazione consumati in queste cinque regioni richiamate si può rilevare che dieci casi sono riconducibili alla criminalità organizzata (il 100 per cento del totale); 35 a questioni socio-politiche (94,6 per cento del totale) e 25 risultano relativi ad altri contesti (pari al 69,4 per cento del totale).

Per quanto attiene ai dispositivi di protezione in atto nei confronti dei giornalisti richiamati nell'interpellanza, si comunica che Carlo Verdelli, Sebastiano (detto Nello) Scavo e Nancy Porsia sono destinatari di misure di protezione, mentre, per il giornalista Jacopo Iacoboni, non risulta essere stato adottato alcun dispositivo di protezione alla data odierna. Risultano attivi nei confronti dei giornalisti 21 dispositivi di protezione UCIS, di cui 3 di secondo livello, 4 di terzo livello, 14 di quarto livello. A questi vanno aggiunti 191 dispositivi di vigilanza di vario tipo: vigilanza generica radiocollegata; vigilanza dinamica dedicata; vigilanza ad orari convenuti espletate dalle forze dell'ordine.

Con riferimento al secondo quesito posto dagli interpellanti con il quale si chiede di sapere se, nel caso specifico del giornalista Scavo, il Governo intenda stigmatizzare pubblicamente l'atteggiamento di Gafà anche alla luce dei suoi incarichi presso il Governo maltese, che tra l'altro è il Paese membro dell'Unione europea, sulla base degli elementi forniti dal Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale si segnala che il signor Neville Gafà non ricopre a tutt'oggi alcun ruolo nell'ambito delle istituzioni maltesi né ha mai ricoperto in passato le funzioni di Capo di gabinetto né di direttore del Primo Ministro, come invece erroneamente riportato da alcuni articoli di stampa italiani che sono citati nell'interpellanza. Il signor Gafà risulterebbe essere stato in passato nei ruoli della pubblica amministrazione maltese ma, da quando il Primo Ministro, Robert Abela, ha assunto la guida dell'Esecutivo nello scorso gennaio, nessun incarico gli è mai stato conferito. Pur non risultando comunicati ufficiali da parte del Governo maltese, il Ministero degli Esteri maltese, in contatti informali con la nostra ambasciata a La Valletta, ha stigmatizzato l'episodio delle dichiarazioni citate dagli onorevoli interpellanti, assicurando che sarebbe stata avviata l'apertura di un'indagine a cura della magistratura locale. Nelle prossime settimane, ove non vi fossero seguiti formali di questa indagine, il Governo solleciterà nuovamente per via diplomatica le autorità maltesi.

PRESIDENTE. La deputata Alessandra Ermellino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ALESSANDRA ERMELLINO (MISTO). Grazie, Presidente, e grazie a lei, signor sottosegretario, per aver risposto al monito e all'invito insiti nella mia interpellanza. Non darò ovviamente un giudizio frettoloso sulla risposta ricevuta, perché il tema della libertà di stampa è talmente importante da non potersi limitare ad una frase che esprime soddisfazione o scontento. Proverò invece a fare un ragionamento e a spiegare perché quest'atto non si conclude qui oggi ma continuerà e sarà mia cura portarlo avanti in altre forme e contesti proprio per perseguire l'obiettivo per cui è nato, ossia l'invito alla riflessione e al dibattito pubblico, anche in quest'Aula, ma non solo. Infatti, lei ha convenuto con me di quanto sia diffuso e importante il problema relativo alle minacce ricevute da parte delle mafie. Probabilmente, ripeto, è soltanto per ragioni di sensibilità che non ho menzionato alcuno, ma questo è probabilmente un punto nodale, che ha bisogno sicuramente di una riflessione più ampia e continuata nel tempo. Così come bene ha fatto il Ministro Lamorgese a riprendere con forza il discorso attraverso il Centro e provando a coordinarsi, perché appunto non credo che nessuno di noi singolarmente abbia delle risposte da poter fornire a questi problemi, dialogando anche con i parlamentari. Si raggiungono i risultati non solo da un punto di vista normativo ma proprio da un punto di vista etico e morale, infatti prima citavo anche gli editori. Tutti conosciamo la situazione della pubblica informazione in Italia, molto spesso ci sono dei casi estremi, viviamo in un panorama che non possiamo far finta di non conoscere, che è molto vario. Non intendo certo esprimermi in un giudizio nel merito, però è ovvio che bisogna tener conto anche di questo e che probabilmente una riflessione a questo punto è necessaria.

Mi hanno fatto anche molto pensare le parole che ho letto nell'ambito delle memorie depositate in Commissione Difesa per quanto riguarda le interlocuzioni sulla relazione missioni internazionali, in particolare l'autrice è la giornalista Nancy Porsia, che figura appunto fra i giornalisti presenti all'interno dell'atto. La giornalista scrive: “La politica che si autolegittima sulle emergenze perde la visione d'insieme, e nel lungo periodo mette a repentaglio gli stessi interessi che prova a tutelare”. Certo, il contesto in cui la giornalista pronuncia queste parole fa riferimento alla Libia, ma sfido chiunque sia dotato di perspicacia e sensibilità politica a non ammettere quanto quella stessa frase sia estendibile a qualsiasi contesto che riguarda il mantenimento e la tutela della cosa pubblica. Credo sia un bel richiamo per tutti, specialmente per chi siede sugli scranni del Governo e del Paese ed è chiamato più di tutti a dare seguito al potere esecutivo in nome e negli interessi della Repubblica; bene pubblico che si ciba anche di conoscenza e dei giudizi che derivano dalla conoscenza stessa. È ovvio però che tale conoscenza e cotanti giudizi debbono poter essere comunicati in maniera universale e libera, perché altrimenti rischierebbero di non svolgere i loro compiti, ossia di contribuire alla crescita del Paese; una crescita che va pensata su più fronti, a partire da quello a me più caro della cultura, passando poi per quello economico; soprattutto, una crescita che deve essere in grado di mantenere con autorevolezza il suo ruolo anche a livello internazionale. Questo per trasmettere quanto per me, parlamentare e cittadina della Repubblica italiana, sia importante accelerare concretamente sulla tutela della libera manifestazione del pensiero, intesa, in questo caso specifico, come libero diritto ma anche come dovere di divulgare informazioni specialmente sensibili, come quelle veicolate dai giornalisti citati nell'atto. Si tratta di giornalisti minacciati all'estero per conto dell'Italia e in patria a causa appunto della criminalità organizzata, che semina odio e violenza.

Lo stato d'animo di chi giustamente ha paura di rimetterci anche in termini personali, di rimetterci la propria vita semplicemente perché persegue la verità e svolge il suo lavoro va compreso, accolto e poi protetto e supportato. Pertanto, seguo con interesse il lavoro portato avanti dal Ministro dell'Interno, che con il Centro di coordinamento sugli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti coinvolge l'Ordine competente, la Federazione nazionale della stampa italiana e tutti gli enti terzi ugualmente interessati a questo tema. Auspico che alle storie dei giornalisti minacciati, non storie personali ma patrimonio della conoscenza di tutti, venga dato uguale o maggiore seguito di quello che viene già dato ai numeri, alle percentuali con cui di solito vengono affrontati questi temi in politica. Si sta parlando di diritti menzionati all'interno di una Carta costituzionale, non di assiomi la cui evidenza è esplicita. Dico questo perché anche la libera manifestazione del pensiero e di stampa è quotidianamente minacciata dall'uso malsano e smodato che gli stessi cittadini fanno dei social. Molto spesso facciamo queste riflessioni nel momento in cui si verificano, come dicevo prima, degli episodi e dei casi limite, però è necessaria una riflessione seria anche su questo tema. Non vorrei fare un po' la parte dell'apocalittica, ma evidenzio come, anche in questo caso, la quasi assenza dello Stato, anche a livello normativo, generi gap culturali enormi. Ribadisco, quest'interpellanza è solo il primo step di un percorso che chiedo venga condiviso in ambito anche parlamentare e che sia in grado di essere trasferito all'esterno dei palazzi, partendo dalla Federazione nazionale della stampa, dall'Ordine e dai sindacati dei giornalisti e da chiunque si senta oggettivamente chiamato in causa. In questo alveo includo anche i cittadini, che sono i primari fruitori delle informazioni che vengono diramate e che dovrebbero sempre pretendere che la stampa sia, sì libera, ma anche protetta.

(Chiarimenti in merito alle requisizioni operate dall'Agenzia delle dogane e ad un adeguato approvvigionamento di guanti monouso - n. 2-00856)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zanettin e Gelmini n. 2-00856 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Pierantonio Zanettin se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Intendo illustrarla, Presidente.

PRESIDENTE. Prego.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie, Presidente, per la parola. Con quest'interpellanza porto all'esame del Governo la vicenda paradossale di un'azienda vicentina, la Bericah Spa, la quale è leader in ambito nazionale nell'approvvigionamento e nella commercializzazione di dispositivi di protezione individuale, nella fattispecie, in particolare, guanti monouso. La Bericah, il 31 marzo di quest'anno è stata aggiudicataria di una procedura indetta da Consip per l'approvvigionamento di guanti monouso in lattice nell'ambito dell'emergenza COVID. Questo il 31 marzo. Il 14 maggio, inopinatamente, alla Bericah giunge la comunicazione da parte della Consip che quell'ordine viene annullato in quanto da parte della struttura commissariale non ci sarebbe più interesse all'approvvigionamento dei guanti monouso. Questo appare strano, nel contesto dell'emergenza COVID, ma ci può anche stare. Quello che non ci può stare, Presidente, è che a pochi giorni di distanza, anzi pochi giorni prima, il 13 aprile e il 29 aprile, due dei lotti di guanti monouso che erano stati importati dalla Bericah sono stati sequestrati in dogana, ed è evidente che esiste un'intima contraddizione fra il fatto che la Consip dichiari che la Protezione civile non ha bisogno di questi guanti e dall'altra parte che questi quanti vengano requisiti nel momento in cui fanno ingresso nel territorio nazionale. Devo dire che, dopo che io ho presentato quest'interpellanza, si sono verificati due eventi che non sono consueti per fatti di questo tipo. In particolare, il giorno 23 maggio, la Consip ha ritenuto di rispondere alla mia interrogazione - perché era stata presentata prima un'interrogazione - con una agenzia, che mi citava, in cui diceva: non è colpa nostra, noi siamo soltanto attuatori di quanto stabilito dalla Protezione civile e dalla struttura commissariale, quindi se questi ci dicono che non ne hanno bisogno noi non possiamo fare altro che interrompere la fornitura.

Qualche giorno successivo ho ricevuto anche, devo dire con sorpresa, una molto garbata telefonata da parte del commissario Arcuri - cui do atto del garbo istituzionale - in cui, a sua volta, mi diceva: io di questa cosa non so niente, mi stupisco che sia accaduta una cosa del genere. Non credo di rivelare un segreto fra me e Arcuri, mi disse: cercherò di risolvere la questione. Sta di fatto che la questione ad oggi non è stata risolta e siamo qui a discuterne, perché evidentemente questi guanti che sono stati sequestrati in dogana, non vengono pagati alla azienda importatrice il prezzo di mercato, ma, stando alle disposizioni vigenti, il prezzo del 31 dicembre 2019. Ora, vi rendete ben conto colleghi che, a partire dal 31 dicembre 2019, è esplosa l'emergenza COVID-19 e i prezzi si sono moltiplicati in maniera assolutamente sconsiderata, rispetto a quelli, quindi, l'azienda va a subire un danno enorme perché li ha pagati al fornitore nel Sud-Est asiatico a un prezzo e gli vengono dallo Stato, ora, requisiti e pagati a un prezzo molto inferiore. Allora, io sfido il Governo a darmi una spiegazione di quanto accaduto; come dire, ecco, sono curioso di capire le acrobazie giuridiche e logiche con le quali il Governo vorrà dare una plausibile spiegazione a questa situazione che è paradossale e che, a mio giudizio, è anche gravissima.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Gianluca Castaldi, ha facoltà di rispondere.

GIANLUCA CASTALDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Presidente Spadoni, ringrazio gli onorevoli Zanettin e Gelmini; ci provo, onorevole. Allora, con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto, si rappresenta quanto segue. Sulla base delle indicazioni fornite da Consip Spa, dall'Agenzia delle dogane e dal commissario straordinario ex articolo 122 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, relativamente all'accordo quadro stipulato tra Consip Spa e la ditta Bericah, con particolare riferimento al lotto per l'approvvigionamento di guanti monouso in vinile, nell'ambito della procedura di emergenza connessa alla diffusione dell'agente virale COVID-19, la Consip ha precisato che tale accordo, nel definire le condizioni della fornitura, rinviava ai singoli contratti attuativi o appalti specifici emessi da Consip la definizione dell'approvvigionamento effettivo sulle singole amministrazioni beneficiarie. Sul punto la lettera di invito e l'accordo quadro erano chiari nello stabilire che solo l'ordinativo di fornitura avrebbe costituito l'atto con il quale si dava materialmente avvio alla fornitura; inoltre, l'importo stabilito nell'accordo quadro non costituiva l'indicazione del corrispettivo contrattuale, ma quantificava un fabbisogno complessivo stimato. Alla luce di queste premesse, la stipula dell'accordo quadro non è pertanto fonte di immediata obbligazione tra stazione appaltante e operatore economico aggiudicatario e non è altresì impegnativa in ordine all'affidamento a quest'ultimo dei contratti attuativi per un quantitativo minimo predefinito.

Gli operatori economici, poi, sin dalla partecipazione alle procedure negoziate d'urgenza in questione e successivamente con la stipula dell'accordo quadro, si sono impegnati espressamente a garantire la fornitura dei prodotti nelle quantità e secondo i termini di consegna offerti esclusivamente per ordinativi di fornitura emessi entro una determinata data (per le procedure negoziate a cui ha partecipato la Bericah Srl rispettivamente entro il 16 marzo del 2020 e il 30 marzo del 2020).

Ciò premesso, la Consip ha evidenziato che la Bericah Srl è risultata aggiudicataria delle seguenti procedure di urgenza: ID2282 – “dispositivi di protezione individuale e apparecchiature elettromedicali”- lotto 9 (guanti in lattice), lotto 10 (guanti in vinile), lotto 11 (guanti in nitrile); ID2288 – “mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale”- lotto 4 (guanti in vinile) e lotto 7 (tute di protezione).

In merito all'iniziativa ID2282, sui lotti 10 e 11 (rispettivamente guanti in vinile e in nitrile) il fornitore ha ricevuto ordini per il 100 per cento del quantitativo offerto, rispettivamente pari a 1.800.000 e 800.000 unità; in merito, invece, al lotto numero 9 (guanti in lattice) ha ricevuto ordini per il 17 per cento del quantitativo offerto, circa 320 mila unità, in quanto il fabbisogno è stato soddisfatto con ordini verso altre aziende aggiudicatarie che hanno offerto prodotti a prezzi inferiori e con tempi di consegna più rapidi. Si evidenzia, pertanto, che per la predetta fornitura la Bericah Srl ha ricevuto ordini e fatturato complessivamente per un importo pari a circa 96.625 euro.

Con riferimento, invece, all'iniziativa ID2288, le rappresento che la Bericah Srl ha offerto 1.310.000 guanti in vinile (lotto 4) e 35.000 tute (lotto 7). Per tale iniziativa, tuttavia, non sono stati emessi ordinativi di fornitura in quanto, viste le mutate esigenze delle regioni e delle province autonome, la struttura del commissario straordinario ha manifestato il venir meno dell'interesse all'approvvigionamento e, pertanto, i fornitori sono stati, come previsto dalle condizioni contrattuali, svincolati da ogni obbligazione. Per completezza di informazione, si rappresenta che, a seguito dell'inizio dell'insorgenza epidemica del Coronavirus, il commissario straordinario ha inteso nominare l'Agenzia delle dogane e dei monopoli soggetto attuatore dei propri provvedimenti di requisizione, con specifico riferimento alla merce presentata in dogana, per operazioni di importazione o di esportazione, allorché ritenuta utile al contrasto della predetta epidemia.

In ordine, poi, al quesito concernente le motivazioni delle operazioni di requisizione dei guanti monouso da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, il commissario straordinario ha riferito che: “la motivazione della requisizione è ascrivibile all'urgenza del contesto e della fase in cui si è operato, ovvero, alla necessità di soddisfare le richieste prioritarie di dispositivi medici (e quindi anche dei guanti, così classificati) indicate dagli operatori sanitari delle regioni più colpite dal virus”. Con riferimento, poi, all'indennità applicabile in caso di requisizione, il commissario ha affermato di aver applicato la normativa vigente in materia, ovvero l'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 18 del 2020, laddove si prevede espressamente che l'indennità, nell'ipotesi di requisizione in proprietà dei beni, vada calcolata al 100 per cento dei valori correnti di mercato al 31 dicembre 2019, senza che possano essere tenute in conto le variazioni di prezzi conseguenti a successive alterazioni della domanda o dell'offerta. A valle della designazione dell'Agenzia delle entrate come soggetto attuatore, disposta con ordinanza commissariale n. 1/2020, il commissario straordinario ha altresì disposto, con l'ordinanza n. 6/2020, procedure speciali di sdoganamento della merce già originariamente destinata a tali finalità di contrasto all'epidemia.

Per quanto riguarda gli altri quesiti posti dall'interpellante, relativi alla “necessità in questa fase dell'emergenza COVID di guanti monouso e quali iniziative il Governo intenda attuare per garantire all'Italia una fornitura di guanti monouso adeguata alle necessità”, si ribadisce che tali necessità risultano dalla ricognizione dei fabbisogni individuati a livello locale e quindi comunicati alla struttura commissariale e dalle indicazioni che vengono fornite dalle competenti autorità sanitarie.

Il commissario straordinario è stato istituito dal Governo proprio al fine di dotarsi di una struttura organizzata che possa programmare le attività di contenimento e contrasto delle emergenze e indirizzare le risorse umane e strumentali, procedendo tempestivamente all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale. La struttura commissariale alla luce anche dell'esperienza fin qui acquisita e dell'attività svolta potrà pertanto rispondere adeguatamente alle esigenze relative al fabbisogno di guanti o altri dispositivi di protezione che si dovessero manifestare in futuro.

PRESIDENTE. Il deputato Pierantonio Zanettin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie, Presidente. Non posso essere assolutamente soddisfatto della risposta che il Governo ci ha fornito; nella mia premessa avevo lanciato una sfida, una sfida a comporre una aporia che ritenevo insanabile e la risposta non risolve la contraddizione fra i provvedimenti del 14 maggio e del 29 aprile che provengono l'uno dalla Consip, quindi MEF, e l'altro dalla struttura commissariale, quindi Presidenza del Consiglio. Nella sua risposta, se ho capito bene, sottosegretario, si dice che sono mutate le condizioni e non ci sono più le condizioni di urgenza ascrivibili alla necessità di avere questi dispositivi di protezione individuale al – ripeto - 14 maggio. Le esigenze venivano manifestate invece a seguito della confisca il 29 aprile, cioè in 14 giorni possiamo pensare che quella necessità che mi imponeva di confiscare alla Bericah i guanti monouso non c'è più il 14 di maggio, quando sappiamo tutti benissimo che la necessità di guanti monouso nelle RSA, negli ospedali e in tutto il Paese è tutt'oggi - tutt'oggi - assolutamente primaria.

Quindi, io credo che la risposta che lei ha dato sia una beffa, una beffa nei confronti della Bericah, perché, ricordiamoci, quest'azienda, adempiendo ad un contratto con lo Stato, ha importato a certi costi dal sud-est asiatico questo materiale e, allora, questo materiale gli viene pagato, a seguito di confisca, a un prezzo decisamente inferiore rispetto a quello che essa stessa ha pagato. Quindi, è sostanzialmente una truffa; sarebbe un fatto da portare anche all'esame della procura della Repubblica perché lo Stato ha abusato della buona fede di un bravo fornitore che ha contratto con lo Stato e devo dire, sottosegretario Castaldi, di cui apprezzo lo stile e la cortesia, lei è esponente di un partito, il MoVimento 5 Stelle, il quale è entrato in questo Parlamento, dicendo che voleva tutelare gli interessi dei cittadini di fronte agli abusi dello Stato - questo era sostanzialmente - e, quindi, principi di trasparenza e principi di onestà. Io credo che lei, che non è assolutamente responsabile della risposta che ha letto perché, evidentemente, è una risposta che le hanno predisposto i funzionari degli uffici, in parte si fa latore di una posizione del Governo, dello Stato, che calpesta i diritti dei cittadini, calpesta i diritti di un'azienda privata vicentina del nord-est che lavora ed è sul mercato in maniera onesta e che si vede beffata nel suo adempiere in maniera seria alle obbligazioni che aveva contratto con lo Stato.

Grazie, Presidente. Non posso che ribadire la mia delusione per la risposta fornita dal Governo.

(Iniziative volte ad assicurare la ripresa dei servizi educativi per il prossimo anno scolastico e intendimenti circa ulteriori iniziative di sostegno economico e operativo a favore dei fruitori di tali servizi - n. 2-00857)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Quartapelle Procopio ed altri n. 2-00857 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Lia Quartapelle Procopio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. La illustra, collega, prego.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Ringrazio la Viceministra Ascani, che è presente per la risposta, perché è una questione che lei conosce bene, seguendola quotidianamente e direttamente. Si tratta, sostanzialmente, delle regole per le riaperture degli asili nido e delle scuole dell'infanzia, il cosiddetto “segmento 0-6” per i bambini, appunto, dagli zero ai sei anni. Sono servizi che sono stati chiusi con le scuole nelle prime regioni in cui ci sono state le chiusure, ossia Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna. Sono state delle chiusure che sono avvenute già a febbraio e non sono ancora stati formalmente riaperti come servizi educativi ma sono stati riaperti, diciamo, in forma sperimentale come centri estivi. I servizi riprenderanno formalmente pienamente a settembre. Di solito, a fine giugno, si raccolgono e si chiudono le iscrizioni e si avvia la programmazione delle attività.

Quest'anno, ovviamente, a causa del COVID, tutto questo non è stato possibile, ma i ritardi e le difficoltà, anche nel capire come riaprire, stanno creando, ovviamente, disagi sia alle strutture che alle famiglie. Alcuni servizi, addirittura, nell'incertezza hanno deciso di chiudere e le notizie che noi abbiamo sono di un circa 10 per cento di servizi che hanno deciso di chiudere completamente, creando ovviamente poi problemi nell'anno che verrà per capire dove sistemare i bambini che erano iscritti lì e per le famiglie c'è un problema oggettivo a capire come organizzarsi. In parte, è stato forse agevolato dalla decisione del Governo di prolungare lo stato di emergenza e, quindi, di prolungare la normativa sullo smart working, ma non possiamo certo pensare che quello risolva completamente tutto il problema.

Sono, ovviamente, servizi essenziali per le famiglie e soprattutto per le donne che lavorano, sono servizi essenziali per lo sviluppo dei bambini e, durante il lockdown, ci siamo resi conto di quanto, in particolare, i bambini che vengono dalle famiglie più svantaggiate, soffrano dell'assenza della scuola. Sono servizi che, però, hanno bisogno di regole molto specifiche, perché il distanziamento in quel segmento di età è complicato da ottenere, la relazione di cura richiede un certo tipo di rapporto tra gli educatori e i bambini, che è reso più difficile dalle regole sanitarie, e, inoltre, vi sono difficoltà a capire esattamente l'evidenza scientifica della diffusione del virus sui bambini di quell'età. Non c'è una certezza, ma i casi che abbiamo dicono che sono pochissimi - molto meno rispetto alle altre fasce d'età - i bambini che si ammalano e finora, grazie al cielo, non ci sono stati casi di focolai nelle scuole e, in particolare, nei servizi di quell'età.

Il Governo ha fatto tante cose. Ha stanziato nel “decreto Rilancio” e, complessivamente per tutte le misure, molte risorse, 180 milioni, per il ristoro di queste strutture che, nelle settimane del lockdown, non hanno visto pagate le rette da parte delle famiglie perché non venivano erogati i servizi e, quindi, le famiglie non hanno potuto pagare le rette. È stata conclusa la settimana scorsa, lunedì, una riunione tra i gestori e gli enti locali per capire come riaprire e, nei prossimi giorni, ci saranno altre riunioni con i gestori delle strutture proprio per discutere delle riaperture. Infine, è stato scritto un capitolo sui servizi educativi nelle linee guida per la riapertura delle scuole che sostanzialmente suggerisce che non serviranno le mascherine per i bambini, che bisognerà usare il massimo degli spazi interni ed esterni; suggerisce inoltre di utilizzare delle protezioni sanitarie che non interferiscano con il riconoscimento tra gli educatori e i bambini, ma mancano alcune indicazioni più precise. Quindi, la mia interpellanza vuole dare l'occasione al Governo di spiegare in Parlamento, e, quindi, poi di rendere pubbliche alcune cose che ci vengono chieste in queste settimane dagli enti locali e dai gestori.

Da un lato, si chiede se verranno predisposte delle linee guida più esaustive, che riguardino, in particolare, le modalità di ingresso e di uscita, l'organizzazione del pre e del post scuola, tenendo conto delle vicende relative ai piccoli gruppi che devono essere mantenuti nel rapporto tra educatori e bambini; se il Governo indica e se il CTS ha indicato un rapporto necessario tra bambini ed educatori, un rapporto numerico necessario; se vi sono delle indicazioni precise sulla capienza massima degli spazi, massima o minima degli spazi, sul protocollo di sanificazione dei giochi, dei materiali e degli spazi e se vi sono delle indicazioni puntuali sui dispositivi di protezione individuale per gli educatori, perché abbiamo anche visto situazioni in cui gli educatori, magari per tranquillizzare le famiglie, si sono, insomma, iperprotetti, creando, invece, poi delle difficoltà nel servizio erogato. Questa è la prima parte della domanda.

La seconda parte della domanda riguarda possibili iniziative che il Governo intende mettere in campo di sostegno economico e operativo per i gestori, perché effettivamente il loro lavoro, in particolare da settembre, sarà fortemente condizionato dalle regole sanitarie e, quindi, è importante capire se il Governo, oltre ai soldi già stanziati, ha qualche iniziativa in più in programma.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Istruzione, Anna Ascani, ha facoltà di rispondere.

ANNA ASCANI, Sottosegretaria di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Onorevole Quartapelle, onorevoli interroganti, siamo consapevoli di quanto essenziale e importante sia restituire in totale sicurezza ai più piccoli il diritto all'educazione, al gioco e alla socialità. Ovviamente, condivido quanto lei ha detto relativamente al fatto che questa fascia di popolazione, i bambini da zero a sei anni, hanno sofferto più di tutti il lockdown e la mancanza, appunto, del gioco, della socialità ma anche dell'educazione. Per questo abbiamo convocato un Tavolo nazionale per la ripresa delle attività in presenza del sistema integrato 0-6, al quale partecipo di persona, insieme ai rappresentanti della Conferenza delle regioni, dell'Associazione nazionale dei comuni (ANCI), della Commissione infanzia, delle associazioni, dei gruppi e delle federazioni del settore 0-6. Abbiamo voluto fortemente questo confronto per fare il punto della situazione, individuare le eventuali criticità sulle quali intervenire e predisporre quanto necessario affinché i servizi per i più piccoli possano riprendere regolarmente. A questo primo appuntamento ne seguiranno, a partire già da oggi nel pomeriggio, altri: tavoli tecnici di approfondimento tematico e interlocuzioni con tutti gli attori coinvolti e con le organizzazioni sindacali.

Per le attività del sistema integrato, costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole d'infanzia statali e paritarie, occorre, difatti, affrontare modalità organizzative che contemplino la non applicabilità del distanziamento fisico, come lei ha ricordato, stante la necessità di socialità che contraddistingue la modalità di relazione dei bambini tra loro e con gli adulti di riferimento. La relazione tra bambini e tra bambini e adulti è, infatti, la condizione essenziale e irrinunciabile per conferire senso alla frequenza di una struttura educativa per i più piccoli, che si caratterizza come esperienza sociale ad alta intensità affettiva. Ciò rende necessario prevedere indicazioni e orientamenti per la ripresa in presenza dei servizi educativi e di istruzione per il sistema 0-6 e per fornire indirizzi in merito ad aspetti specifici del settore, ad esempio le modalità di accompagnamento e di ritiro dei bambini nonché per la pulizia approfondita e frequente degli ambienti, delle superfici e dei materiali.

In particolare, come ampiamente illustrato nel Documento per la pianificazione delle attività scolastiche e formative in tutte le istituzioni del sistema nazionale d'istruzione per l'anno scolastico 2020-2021 adottato e già diramato, l'organizzazione delle attività educative e didattiche dovrà prevedere la valorizzazione di tutti gli spazi interni ed esterni, privilegiando ove possibile, limitatamente al verificarsi di condizioni climatiche favorevoli, l'utilizzo di spazi all'aperto, delimitati, protetti e privi di elementi di pericolo. Non dobbiamo dimenticare infatti che i bambini, soprattutto quelli di età inferiore a sei anni, hanno esigenze del tutto particolari, legate alla corporeità e al movimento. Nella riprogettazione degli spazi degli ambienti educativi, ad esempio, occorre prevedere alcune accortezze di carattere educativo e metodologico, al fine di salvaguardare la stabilità dei gruppi; questo comporterà la necessaria e opportuna organizzazione di tutti gli spazi disponibili per accogliere gruppi di apprendimento. Tutte le attività proposte ai bambini infatti dovranno essere svolte con le opportune cautele in ordine alla sicurezza, e, quindi, al tracciamento di eventuali contagi.

La prossima riapertura richiederà quindi l'adozione di misure attente non solo alle prescrizioni sanitarie, ma anche alla qualità pedagogica delle relazioni. Un'attenzione particolare va poi riservata ai bambini e alle bambine che per la prima volta risultano iscritti, prevedendo per essi e per i genitori momenti dedicati di ascolto e di primo ambientamento. Questa cautela è importante per tutti i bambini, considerata la loro età, per i quali vanno riannodate esperienze bruscamente interrotte, e che vanno preparati al nuovo incontro, coinvolgendoli gradualmente nell'assunzione delle nuove regole di sicurezza e di rispetto. Naturalmente, tutto questo sarà affrontato nei tavoli di cui parlavo e che continueranno il proprio lavoro a partire da oggi e nei prossimi giorni, in vista della redazione di un documento specifico.

In ultimo aggiungo che siamo consapevoli che la lunga sospensione delle lezioni, determinata dall'emergenza sanitaria, per molte scuole paritarie e private ha significato una rilevante perdita in termini economici, considerato che non sono state versate molte rette in ragione di un servizio che non poteva essere erogato e goduto. Le situazioni di maggiore gravità si sono verificate proprio nel segmento d'età fino a sei anni. Per tale ragione ricordo che con l'articolo 233 del “decreto Rilancio” abbiamo stanziato a favore di queste scuole finanziamenti straordinari raddoppiati per volontà parlamentare. Più in dettaglio, è stato incrementato di 15 milioni di euro il Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione ed istruzione da 0 a 6 anni, 165 milioni di euro sono stati destinati a favore dei soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi per l'infanzia e delle scuole per l'infanzia non statali, e una spesa complessiva di 120 milioni di euro è stata erogata per le scuole primarie e secondarie paritarie quale sostegno economico a fronte della riduzione o del mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza. Posso assicurarle quindi, onorevole, che stiamo lavorando con tutti coloro che operano in questo importante segmento formativo, costituito, oltre che dai servizi educativi per l'infanzia, anche dalle scuole dell'infanzia statali e paritarie, affinché i più piccoli, che più di tutti hanno sofferto la sospensione della didattica in presenza, possano tornare a una nuova normalità in piena sicurezza.

PRESIDENTE. La deputata Lia Quartapelle Procopio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Ringrazio la Viceministra della risposta. Credo che sia importante sottolineare alcuni punti della sua risposta. Innanzitutto, il fatto che c'è uno sforzo importante e centrale nell'attività del Governo per far sì che le cose non cambino, per quanto riguarda la qualità pedagogica, la qualità della relazione tra bambini e adulti e il senso sociale ed educativo del servizio; ed è molto importante che il Governo abbia al centro della propria attenzione questo punto, che è quello che qualifica effettivamente i servizi 0-6, in particolare i servizi 0-6 del nostro Paese. È importante sottolineare però che sarà uguale la qualità del servizio, ma la modalità sarà diversa. È interessante rilevare quello che diceva la Viceministra, il fatto che le attività saranno diverse perché saranno molto di più all'aperto, ci sarà una stabilità nei gruppi educativi e ci sarà un tracciamento, per quanto possibile, delle relazioni, quindi dei contatti che ci sono tra bambini e adulti proprio per evitare che ci siano dei focolai, ma anche, nel caso in cui dovessero esserci delle infezioni, per permettere che esse vengano effettivamente tenute sotto controllo il prima possibile.

È importante anche quanto diceva la Viceministra, l'attenzione al tema delle nuove iscrizioni, che è una cosa che sta generando molto stress nelle famiglie che devono portare i bambini per la prima volta al nido, oppure portare i bambini dal nido alle scuole dell'infanzia. È importante che i bambini più piccoli, che magari non hanno necessariamente capito tutto quello che sta succedendo, abbiano un'accoglienza all'altezza della sfida che aspetta loro e che aspetta le loro famiglie. È importante sottolineare quanto diceva la Viceministra sul tema dei ristori per le perdite economiche subite dalle paritarie e dalle private di questo segmento. Siamo intervenuti per via parlamentare per rafforzare l'iniziativa del Governo, se sarà necessario nei prossimi interventi possiamo ritornarci anche in legge di bilancio. Concludo sottolineando una cosa, che è il cuore dell'attività del Governo di queste settimane: tutti quanti stiamo affrontando un mondo nuovo, come cittadini, come strutture educative, come imprese. Il virus ci costringe a vivere in un mondo nuovo. È importante quindi in questo momento che ci sia da parte delle istituzioni una disponibilità all'ascolto e al confronto continuo, e da parte degli operatori una voglia anche di confrontarsi e di esprimere i propri dubbi e problemi. Credo che questa iniziativa dei tavoli di lunedì, di oggi pomeriggio e dei prossimi giorni possa aiutare a risolvere nel concreto tutti i problemi che si pongono. Non è necessariamente attraverso una norma nazionale che si possono risolvere poi i problemi pratici e quotidiani, ma è nell'interazione tra istituzioni, operatori, famiglie, bambini, cittadini che invece si possono sciogliere tutti i problemi che il virus ci sta presentando. Da parte del Governo questa iniziativa dei tavoli sottolinea come ci sia la massima volontà di confrontarsi e di essere presenti per sciogliere tutti i problemi che ci sono. I problemi che ci sono tanti, lo sappiamo, ma l'importante è parlarne, confrontarsi e trovare via via le soluzioni.

(Chiarimenti e iniziative circa gli esiti del monitoraggio sull'inquinamento economico mafioso nel contesto dell'emergenza da Covid-19 - n. 2-00840)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente De Maria ed Enrico Borghi n. 2-00840 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Andrea De Maria se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA DE MARIA (PD). Presidente, la illustro. Lo sappiamo bene, lo sa il signor Viceministro Mauri che poi risponderà alla nostra interpellanza, quanto sia forte il peso delle organizzazioni criminali nel nostro Paese, quanto rappresenti un pericolo per gli assetti istituzionali, sociali e per lo stesso sviluppo economico in alcune regioni del nostro Paese; quanto ormai sia un fenomeno che però non riguarda solo alcuni territori dell'Italia, ma sia assolutamente un fenomeno che riguarda tutto il nostro Paese, se penso alla mia regione, l'Emilia-Romagna, penso agli esiti del recente processo “Aemilia”, ma si potrebbero fare tanti altri esempi. È anche un fenomeno, quello del peso delle organizzazioni criminali, di mafia, camorra e 'ndrangheta, che supera i confini dell'Italia ed è caratterizzato anche da una rete di relazioni internazionali. La forza del potere criminale, la forza del potere delle organizzazioni criminali sta molto, come sappiamo bene, nella loro dimensione economica: anche i grandi protagonisti della lotta alla mafia, chi ha pagato con la vita il contrasto alle organizzazioni criminali (penso a personalità come Pio La Torre, come gli stessi giudici Falcone e Borsellino, ma in questo caso si potrebbero fare tanti esempi), sono stati ben consapevoli di come la dimensione economica fosse uno dei punti di forza delle organizzazioni criminali; attraverso lo strumento dell'usura, attraverso il riciclaggio del denaro sporco in acquisto di beni mobili, immobili, in acquisto di attività produttive; non a caso lo strumento del sequestro dei beni dei mafiosi è uno strumento molto importante nell'azione di contrasto alle organizzazioni criminali, nell'azione della magistratura, delle Forze dell'ordine per combattere questa piaga che attraversa davvero le nostre comunità. Ecco, oggi siamo in un contesto sociale particolarmente delicato, siamo di fronte alla sfida del COVID-19, alla sfida dell'epidemia; ed è una sfida che accanto alle conseguenze sanitarie ha, come sappiamo, conseguenze molto serie sul piano della tenuta del tessuto economico, sul piano sociale, sul piano della tenuta del sistema delle imprese. Le imprese hanno problemi di liquidità, ce l'avranno e ce l'hanno fra l'altro non per un breve periodo di tempo, ma abbiamo davanti una prospettiva probabilmente di qualche anno di crisi economiche, che pian piano dovremo affrontare e superare; ed è chiaro che in un contesto come questo il rischio di infiltrazione delle organizzazioni criminali diventa particolarmente significativo.

Peraltro, la storia del Paese ci dice anche che in momenti di fragilità, di tensione politica e sociale, organizzazioni criminali hanno anche messo in atto fino ad azioni di carattere terroristico, per assumere iniziative destabilizzanti, che sostenessero in qualche maniera la loro attività criminale. E, appunto, di fronte alla sfida del COVID-19 questi pericoli esistono e in parte si stanno manifestando: penso alla notizia che abbiamo letto sul crescere del peso dei reati di usura, nel momento, invece, in cui tante altre organizzazioni criminali, nella fase del lockdown, avevano visto un calo dei numeri dei reati.

Sappiamo che il Ministero è attento, sappiamo che c'è un'iniziativa, un'attenzione del Ministero dell'Interno e del Governo, abbiamo visto dichiarazioni importanti dello stesso Viceministro Mauri e della Ministra Lamorgese e riteniamo che questa attenzione sia assolutamente dovuta e importante in una fase come questa. Per quanto riguarda noi del gruppo del Partito Democratico, riteniamo che questo elemento, cioè il contrasto a un'iniziativa che le organizzazioni criminali stanno e possono assumere di fronte all'emergenza del COVID-19, per approfittare del dramma delle imprese e del lavoro, sia una grande priorità dell'azione del Governo e di tutti i livelli istituzionali. Ovviamente, questa azione deve avere ed ha due caratteristiche di fondo; la prima riguarda l'efficacia delle azioni che lo Stato democratico, che le istituzioni mettono in campo per affrontare le conseguenze dell'epidemia a sostegno del nostro sistema delle imprese: abbiamo stanziato molte risorse, dobbiamo verificare bene l'efficacia dell'utilizzo di queste risorse e io dico anche la tempestività della messa a disposizione di queste risorse per il nostro sistema delle imprese, questo è un punto delicato, che si è evidenziato anche in questi mesi, legato anche a una certa fatica del nostro apparato amministrativo, anche, in alcuni casi, a una certa fatica del sistema bancario e certamente appunto efficacia dell'arrivo delle risorse pubbliche alle imprese e tempestività dell'arrivo delle risorse pubbliche alle imprese sono due temi di grande importanza. Aggiungo che, se si parla di tempestività e di riforma della pubblica amministrazione per facilitare le procedure amministrative, proprio rispetto a quello di cui parliamo oggi, ovviamente bisogna sempre tenere insieme efficacia, efficienza delle procedure stesse e loro trasparenza e garanzia di procedure legali, che contrastino, anche nella pubblica amministrazione, l'infiltrazione delle organizzazioni criminali. E poi certamente, accanto a questo, c'è l'azione di contrasto della magistratura, delle Forze dell'ordine, l'azione investigativa, il presidio del territorio: qui c'è appunto una grande e importante responsabilità del Ministero dell'Interno e anche la necessità che tutto l'assetto istituzionale, i diversi livelli istituzionali, tutte le forze politiche e sociali diano un messaggio chiaro di coesione e di contrasto alle organizzazioni criminali, ancora di più in una fase come questa.

Come dicevo, sappiamo che il Ministero sta mettendo in campo un lavoro importante, c'è un'iniziativa in atto, ci interessa conoscerne in modo anche dettagliato le caratteristiche, ma soprattutto ci interessa conoscere quelli che il Vice Ministro ritiene possano essere gli esiti questa iniziativa e anche diciamo il livello di allarme che il Ministero ritiene che ci sia e anche appunto quali riscontri ci sono su fenomeni di infiltrazione delle organizzazioni criminali e quanto appunto l'azione di contrasto a questi fenomeni alla recrudescenza di questi fenomeni in fase di epidemia sia efficace e su quali punti invece magari questa azione possa essere ulteriormente implementata e rafforzata, grazie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Matteo Mauri, ha facoltà di rispondere.

MATTEO MAURI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, signora Presidente e onorevoli deputati. Come evidenziato nell'interpellanza degli onorevoli interpellanti De Maria e Borghi, l'attuale fase di emergenza, che ha inciso profondamente sul tessuto economico e sociale del Paese e il conseguente deficit di liquidità, unito all'afflusso di ingenti finanziamenti pubblici sia nazionali che europei, creano condizioni di rischio e alcune aumentate potenzialità di margini di infiltrazione per la criminalità organizzata nell'economia legale. Su tali temi, il Ministero dell'Interno ha già richiamato la massima attenzione delle Forze di polizia, al fine di porre in essere ogni sforzo volto a intercettare e contrastare le possibili nuove dinamiche dell'azione criminale, anche in ragione della spiccata vocazione economica della criminalità organizzata e della sua capacità di repentino adattamento ai cambiamenti sociali e produttivi.

In particolare, il 10 aprile scorso, con una specifica direttiva rivolta ai prefetti, il Ministro dell'Interno ha sollecitato un'azione di intelligence sul territorio, con l'obiettivo di valorizzare le evidenze infoinvestigative e l'attività di analisi dei fenomeni criminali a cura delle Forze di Polizia, proprio per garantire le indispensabili coordinate di legalità, nella delicata fase di ripresa delle attività economiche. Le strategie messe in campo delle Forze di polizia fanno leva su un'articolata azione, volta ad anticipare ogni iniziativa di alterazione del mercato, di inquinamento del tessuto economico, di condizionamento dei processi decisionali pubblici, funzionali soprattutto all'assegnazione degli appalti.

Va anche considerato che i consistenti interventi finanziari varate dal Governo rendono necessario individuare il giusto punto di equilibrio tra tempestività dell'erogazione e i necessari controlli. Sulla base delle predette direttive, le prefetture hanno anche rafforzato il monitoraggio e l'analisi delle criticità presenti sul territorio, attraverso apposite riunioni dei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza e al contempo è stata avviata una specifica programmazione degli interventi a supporto dell'economia legale e delle fasce sociali maggiormente esposte, così come riferiva anche l'interrogante, al fine di tutelare la coesione sociale.

In tale contesto, va ricordato che presso il Ministero dell'Interno è operativo l'organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione delle economie da parte della criminalità organizzata, cui partecipano i rappresentanti di tutte le Forze di polizia. Si tratta di una struttura interforze che opera da aprile come cabina di regia permanente, la cui mission è quella di anticipare ogni iniziativa di espansione, di alterazione del mercato, di inquinamento del tessuto economico e di condizionamento dei processi decisionali pubblici funzionali all'assegnazione degli appalti da parte della criminalità organizzata. Nell'ambito di tali lavori del citato organismo, tra l'altro, sono valorizzati i contributi informativi offerti dai vari stakeholder, al fine di comprendere le specifiche problematiche e le criticità dei settori rappresentati.

La complessa situazione che il Paese sta affrontando costituisce uno scenario di indubbio interesse per la criminalità organizzata. Le Forze di polizia, pertanto, stanno monitorando con grande impegno i segnali di possibili cambiamenti delle strategie e dei sodalizi mafiosi, proprio per prevenirne le azioni.

Un'ulteriore direttrice verso la quale le organizzazioni criminali verosimilmente si orienteranno è rappresentata dall'infiltrazione nei settori dell'economia legale. In tale ambito, il monitoraggio e il controllo preventivo svolti dal settore bancario e in particolare le attività di controllo preventivo antimafia delle Forze di polizia, costituiscono presìdi già operativi a tutela della legalità. L'organismo permanente ha già prodotto due report, il 23 aprile e il 15 giugno scorso, focalizzati sull'andamento della delittuosità e sui rischi di infiltrazione della criminalità organizzata nell'economia legale nella fase post pandemica. Dai primi dati disponibili emerge che il lockdown ha, ovviamente, inciso sull'andamento generale della delittuosità in Italia, con una riduzione dei reati connessi nel periodo compreso tra il 1° marzo e il 10 maggio 2020, pari al 61 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, in particolare quelli predatori (i motivi sono evidenti). Con specifico riferimento alle mafie, si registra un calo dei reati ambientali, legati in particolare all'edilizia e allo smaltimento dei rifiuti. Su quest'ultimi in particolare, i Carabinieri hanno avviato accertamenti specifici sul ciclo dei rifiuti speciali di carattere sanitario.

I lavori dell'organismo permanente hanno, inoltre, consentito di promuovere la costituzione di un'analoga struttura di analisi nell'ambito di Europol. La prima riunione del nuovo gruppo di monitoraggio si è tenuta lo scorso 16 giugno in videoconferenza. Prosegue, inoltre, l'attività delle squadre mobili delle questure, coordinate dal Servizio centrale operativo del Ministero dell'Interno, mirata ad un attento monitoraggio dell'evoluzione dei processi economici legati alla cessazione delle restrizioni e alla ripresa delle attività economiche, con particolare riferimento alle dinamiche societarie della filiera agroalimentare, delle infrastrutture sanitarie, della gestione degli approvvigionamenti, specie di materiale medico, del comparto turistico alberghiero e della ristorazione, nonché dei settori della distribuzione al dettaglio della piccola e media impresa.

Particolare attenzione viene dedicata ai reati spia, indici di fenomenologie di infiltrazione criminale anche mafiosa nelle pieghe economico-finanziarie, tra cui l'estorsione, l'usura, come si diceva, le attività speculative di fagocitazione immobiliare o di impresa, favorite dal bisogno impellente di denaro contante, di illecita concorrenza attraverso l'uso della violenza e della minaccia, le attività di riciclaggio e reimpiego di denaro o beni di utilità di provenienza illecita, il trasferimento fraudolento di beni, le truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche, nonché la corruzione.

In tale contesto, sono stati avviati contatti diretti con le associazioni di categoria operanti sul territorio e con i presidenti dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi al fine di monitorare potenziali casi di default economico e individuare aree di intervento investigativo. Le articolazioni territoriali delle forze di polizia sono state infine sensibilizzate affinché interloquiscano con le associazioni antiusura e antiracket, recettori sensibili delle fasce più deboli ed esposte all'aggressione criminale. Possiamo dire perciò che sono state messe in atto tutte le iniziative utili e che l'impegno continuerà in questa direzione per contrastare, in maniera efficace, il fenomeno che gli interroganti hanno segnalato.

PRESIDENTE. Il deputato Enrico Borghi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ENRICO BORGHI (PD). Signora Presidente, nell'esprimere la soddisfazione da parte nostra come gruppo del Partito Democratico alle osservazioni che sono state fornite da parte del Governo, ci permettiamo di fare alcune chiose. Lo scopo della nostra iniziativa odierna era di approfondire un aspetto che il collega De Maria ha già illustrato e che è stato stigmatizzato nell'intervento del Viceministro Mauri cioè quello, da un lato, di sottolineare la peculiarità dei fenomeni che sono in corso di riorganizzazione nel sistema criminale che in quanto tale è, per così dire, prometeico, si adatta, si plasma alla dimensione sociale che il COVID ha determinato e, quindi, focalizzare con grande attenzione e con grande capacità le dinamiche che sono in corso e, dall'altro, anche di dare il segnale che le istituzioni repubblicane sono assolutamente in grado di intercettare, di intervenire e di prevenire. Infatti, certamente se vi è un dato positivo nelle parole che ci sono state fornite, ossia una oggettiva e facilmente constatabile diminuzione del numero dei reati evidentemente connessa alla dinamica sociale che abbiamo attraversato, non vi è dubbio che vi è una serie di dinamiche economiche, da un lato, e di dinamiche sociali, dall'altro, che possono costituire un bacino potenziale. Il rischio che abbiamo di fronte in autunno dell'incrocio fra tensioni di carattere economico-finanziario, che molte imprese rischieranno di conoscere, e, quindi, la tentazione che vi può essere di mettere in campo, da parte della criminalità organizzata, che, come è noto, dispone di liquidità consistenti, interventi che vadano nella direzione di un sostegno alle imprese, che però portano con sé l'ingresso di questo sistema delle imprese in una rete criminale, è un primo elemento.

Il secondo elemento è l'attenzione che dobbiamo porre affinché la difficoltà, il disagio, il bisogno che fasce di popolazione possono vivere non si trasformi in una facile circostanza di reclutamento di manovalanza per il settore della criminalità organizzata e della criminalità mafiosa. Sotto questo aspetto credo sia importante uno stretto raccordo fra il Governo e il Parlamento. Ringrazio il Viceministro delle sue parole, ringrazio la Ministra Lamorgese, che so ha dato la disponibilità per un confronto all'interno del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica su questi temi, e mi riferisco anche all'azione che svolge la Commissione antimafia. Le istituzioni ci sono, si coordinano fra di loro e debbono essere attente e presenti per l'incipiente stagione che si accinge a iniziare. Il tema della sicurezza - ne approfitto anche per il fatto che questa nostra giornata viene a valle di un'importante visita che ieri il Ministro dell'Interno ha fatto alle autorità libiche - è un tema molto complesso, molto composito che va affrontato nella sua globalità e tenendo presente la complessità dei fenomeni.

Per rimanere al tema che ho citato, la visita di ieri del Ministro Lamorgese, è stata una visita importante in concomitanza con una discussione che, proprio in quest'Aula, si teneva su quella vicenda. Crediamo - lo abbiamo detto ieri ma vogliamo ribadirlo in questa circostanza - che il raccordo fra il Governo e il Parlamento, tra le forze parlamentari e l'Esecutivo su questo punto specifico debba essere ulteriormente rafforzato, ancora più stringente. Le questioni che abbiamo messo sul campo come Partito Democratico della modifica del Memorandum, da un lato, e della modifica dei decreti in sicurezza, dall'altro, sono per noi elementi imprescindibili non nel quadro di un negoziato muscolare ma nel quadro di una risposta al bene comune di un Paese che ha bisogno di costruire dinamiche di sicurezza reale non stentorea, non retorica, non demagogica. Sotto questo profilo, mi verrebbe da dire che nei confronti dell'azione che abbiamo condotto su questo punto specifico vi sono state legittime critiche e contestazioni, che rientrano nel quadro di una dialettica democratica, ma sono comunque critiche ingenerose, ingiuste e sbagliate, signor Viceministro, perché, se noi avessimo dovuto dare corpo alla decadenza del rapporto sulla vicenda libica con la Guardia costiera, forse ci saremmo potuti un po' ipocritamente lavare la coscienza ma quali sarebbero stati gli effetti reali di questa scelta che fortunatamente il Parlamento non ha condotto? Sarebbero stati che l'Italia sarebbe sostanzialmente stata espulsa dal teatro libico e, attenzione, da chi sarebbe stata sostituita? Da una nazione come la Turchia che, proprio sulla gestione dei migranti, sulla gestione cinica del fenomeno delle migrazioni, ha determinato, nel corso di questi anni, un elemento di ricatto nei confronti delle opinioni pubbliche europee. Giustamente, noi non abbiamo consentito questo strumento, questa sostituzione, questo subentro che avrebbe determinato sostanzialmente un ulteriore impiego strumentale dei flussi migratori come arma nei confronti delle nostre realtà. E peraltro vorrei dire che, chiamandoci fuori, avremmo constatato l'impossibilità reale di poter intervenire sul controllo dei centri di detenzione migranti e sul controllo della Guardia costiera con la revisione in corso del Memorandum. Quindi, questi sono elementi che ci dicono che il tema della sicurezza, il tema della migrazione, il tema della prevenzione sono questioni complesse che presentano delle contraddittorietà, che hanno certamente delle criticità anche sotto il profilo etico e, quindi, se è legittimo che ci possano essere dubbi, prese di posizioni, anche delle contestazioni, noi vogliamo dire però che, nella responsabilità delle assunzioni di Governo, occorre compiere delle scelte. Ed è stata fatta, nel caso specifico, una scelta giusta, perché garantisce il transito dell'assistenza dalla Guardia costiera alla Marina militare libica; perché dà un maggiore ruolo a Irini nel quadro di un contesto internazionale; perché avvia - noi abbiamo detto che deve essere conclusa - la revisione del Memorandum; perché attribuisce all'ONU un ruolo nel controllo dei centri di detenzione; perché inserisce un contrasto più forte al traffico degli esseri umani perché ricordiamo che questo è uno dei task della missione, come sa bene il sottosegretario Tofalo, della nostra missione in Sahel, perché dobbiamo intervenire in logica preventiva e non solo in una logica sostitutiva. Qualcuno ci accusa, dicendo che noi come Partito Democratico siamo uguali agli altri.

Io vorrei dire che non è così, perché tra un cinismo di una destra sovranista che ha guardato altrove negli anni e nei mesi scorsi, non guardando all'aumento dei morti nel Mediterraneo e pensando che quei temi si risolvevano a colpi di slogan e di decreti inefficaci, e una declamazione retorica, sostanzialmente propagandistica, che mescola un'intransigenza verbale con un'assenza di reale iniziativa, dando prova di un velleitarismo e quindi, in ultima analisi, di irrilevanza, noi abbiamo imboccato un sentiero stretto ma importante - e mi avvio alla conclusione, signora Presidente -, che è un sentiero riformista, fatto di politiche selettive, di miglioramento progressivo ma ineludibile della realtà, di reale attenzione ai più deboli e di graduale ma costante modifica delle strutture economiche e sociali che generano ingiustizie. Vorrei dire in conclusione, signora Presidente, a chi ci accusa addirittura sul piano etico, che basterebbe una frase di un Presidente della Repubblica francese, Giscard d'Estaing, che nel corso di un dibattito politico, a chi lo accusava di cinismo, rispose: Monsieur, vous n'avez pas le monopole du cœur”. Signori, voi non avete il monopolio dei cuori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative, anche di carattere normativo, volte ad assicurare il pieno esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo, in relazione alla categoria dei cosiddetti “impresentabili” - n. 2-00859)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pittalis e Gelmini n. 2-00859 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Pietro Pittalis se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. La illustra. Prego, collega.

PIETRO PITTALIS (FI). Presidente, signori rappresentanti del Governo, lo scorso 29 ottobre 2019 la sezione penale del tribunale di Cagliari ha posto definitivamente la parola fine ad una vicenda giudiziaria che, risalente al 2003, ha avuto solo l'epilogo dopo ben tre lustri. È stata una vicenda che ha visto coinvolti, loro malgrado, esponenti della politica locale sarda e nazionale: l'onorevole Salvatore Cicu, deputato dal 1994 al 2014 e poi europarlamentare dal 2014 al 2019; un sindaco del comune di Sestu, Luciano Taccori; un consigliere comunale di quel comune, Paolo Cau. Tre esponenti politici accomunati da un'unica fede, quella di militare sotto la bandiera di Forza Italia. Sono stati chiamati a rispondere di un reato grave, reato di riciclaggio di danaro proveniente dalla camorra, secondo la prospettazione dei pubblici ministeri presso il tribunale di Cagliari, e che ha avuto un epilogo, una sentenza con una formula liberatoria, la più ampia, perché il fatto non sussiste. È una vicenda che avrebbe potuto essere chiusa, come normalmente capita e avviene nei tribunali, essendo già stata maturata la prescrizione, con la formula di estinzione del reato appunto per intervenuta prescrizione, ma in questa Repubblica ci sono anche giudici perbene, giudici responsabili, giudici che fanno il proprio lavoro con scienza e coscienza: hanno voluto esaminare le carte e all'esito pronunciare un verdetto, spazzando via tutto un lavoro investigativo che è durato anni e che ha esposto al pubblico ludibrio degli stimatissimi esponenti della politica sarda, stimatissimi professionisti che ancora oggi pagano le conseguenze di un'azione a nostro avviso improvvida. È vero che la sentenza assolutoria piena chiude la vicenda processuale in sede giudiziaria, ma proprio quella formula, perché il fatto non sussiste, apre e pone degli interrogativi. Non è possibile che una vicenda, che inizia nel 2003, che peraltro è rivolta nei confronti di altra persona, di altro professionista, sulla quale nulla è stato trovato di penalmente rilevante, poi approdi ad un procedimento aperto nei confronti di Paolo Cau perché doveva rispondere di un'ipotesi di evasione fiscale. E dopo dieci anni, nel 2014, siccome anche lì non risultava nulla, cosa succede? Succede che viene recapitato un avviso di garanzia all'onorevole Salvatore Cicu, che non faceva parte di alcun sodalizio societario, che non aveva preso parte ad alcuna iniziativa relativa ad una transazione commerciale, alla compravendita di un terreno, e l'onorevole Salvatore Cicu, che proprio in quei giorni aveva avviato un'iniziativa all'insegna del Partito Popolare Europeo, si trova accerchiato da decine di agenti e ufficiali della Guardia di finanza nell'aeroporto di Cagliari, che gli notificano un avviso di garanzia. È una vicenda, come tante altre in questo Paese, che non può essere liquidata a tarallucci e vino perché ormai hanno ottenuto la soddisfazione di un verdetto assolutorio pieno. No, ci sono interrogativi ai quali è necessario rispondere e soprattutto capire il perché di tanta attività sul piano investigativo, di tante risorse, di tanti mesi che sono stati utilizzati per poi approdare ad un nulla di fatto, tanto più che l'onorevole Salvatore Cicu è stato sentito anche come persona informata dei fatti prima dell'invio dell'avviso di garanzia. Avvertiamo anche in questa vicenda i gravissimi sintomi di una patologia del nostro sistema giudiziario. Le notizie di queste settimane, legate non solo al caso Palamara ma anche ad altre vicende che coinvolgono la magistratura, soprattutto il ruolo dei pubblici ministeri, che sfugge ad ogni controllo e che ha assunto nel tempo una dimensione sistemica, organizzata e pervasiva, ramificandosi, secondo una preoccupante catena, sia in senso verticale, dalle procure al Consiglio superiore della magistratura, sia in senso orizzontale, coinvolgendo movimenti politici e sistema dei media, l'uso ad orologeria della giustizia, il distorto pilotaggio delle indagini verso vicende selezionate nei confronti di esponenti politici poco graditi, ecco, tutto questo rivela un sistema di collusioni assai ampio e profondo in grado di imporsi o quantomeno condizionare direttamente o indirettamente l'azione di settori essenziali della magistratura, secondo quello che, senza timore di smentite, può definirsi un surrettizio e inammissibile indirizzo politico e, ancor peggio, personalistico della funzione giudiziaria e giurisdizionale. Ed è per questa ragione, perché la giustizia è un bene di tutti e perché vogliamo che anche il minimo dubbio, il minimo sospetto possa essere accertato, che noi sollecitiamo un'azione del Ministro della Giustizia perché accerti se su questa vicenda tutto sia stato fatto secondo legge, secondo le regole di una prassi giudiziaria che a noi lascia qualche dubbio e qualche perplessità. E c'è un secondo aspetto che non è meno rilevante: nonostante il verdetto assolutorio, il senatore del MoVimento 5 Stelle e presidente della Commissione antimafia, Nicola Morra, aveva bollato come impresentabile la candidatura di Salvatore Cicu alle elezioni europee che si sono svolte nel maggio del 2019.

Spiace rilevare come il senatore Morra, assai solerte nel definire pubblicamente impresentabile l'onorevole Cicu, senza alcun beneficio del dubbio, senza alcuna perifrasi di sorta, dettata quantomeno dal garbo istituzionale che ne dovrebbe caratterizzare la sua funzione, non abbia mostrato altrettanta solerzia e sollecitudine nel commentare l'assoluzione. La pretesa del senatore Morra di attribuire patenti di presentabilità prima dell'accertamento giudiziario o a prescindere dallo stesso accertamento giudiziario esprime, purtroppo, un furore giustizialista, un'insofferenza verso le garanzie dello Stato di diritto, un ribaltamento culturale ormai endemico della presunzione di innocenza sancita dalla nostra Costituzione che noi condanniamo con la massima fermezza. Quando questi atteggiamenti e queste condotte vengono manifestati dai rappresentanti delle istituzioni, dal presidente di una Commissione di garanzia è ancora più grave.

Questa vicenda dimostra, quindi, come pure chi presiede a organi che sono, come detto, di garanzia possa accedere al fascino degli slogan, abbandonarsi alle seduzioni della semplificazione comunicativa, strizzare l'occhio agli umori della folla, sentirsi depositario di una superiorità morale o della verità storica. Ma questo atteggiamento produce solo vittime e nessun vincitore. È un gioco in cui perdono tutti: perde chi accusa, perde relativamente chi accusa, perché il senatore Morra è ancora lì e nessuno dai banchi della sua maggioranza ne ha chiesto le dimissioni e neanche lui ha avuto la sensibilità e il senso etico e il pudore di dimettersi dopo quelle infamanti e gravi accuse rivolte verso l'onorevole Cicu; non perdono i pubblici ministeri che nella nostra Repubblica sono gli unici a non dover pagare mai, anche quando si accusano e si portano sui banchi delle aule giudiziarie persone innocenti; ma perde chi è accusato, soprattutto chi è accusato ed è innocente, che resta irrimediabilmente danneggiato con ferite quantomeno morali e di immagine che neppure la sentenza di assoluzione può sanare a pieno; perdono i cittadini, sempre in pericolo di fronte a un sistema che sostituisce alle garanzie costituzionali la pretesa punitiva arbitraria dei pubblici poteri o la gogna mediatica. Ma in questo caso ha perso anche la democrazia rappresentativa; non sappiamo ma possiamo intuire quanto le dichiarazioni dell'onorevole Morra abbiano inciso rispetto alla mancata rielezione al Parlamento europeo dell'onorevole Cicu, non abbiamo un dato certo, ma possiamo supporre quanto l'espressione del suffragio popolare sia stata alterata e quanto la democrazia rappresentativa e la stessa classe politica siano state, ancora una volta, delegittimate.

Ecco perché sollecitiamo il Governo per capire quali iniziative intendano assumere o se vi sia una disponibilità da parte di questo Governo e della maggioranza che lo sostiene a sostenere ciò che, da parte nostra, assumeremo con una proposta di legge, volta ad evitare che comportamenti di questa natura, che interferiscono nel libero gioco democratico, soprattutto in occasione di competizioni elettorali, possano ancora verificarsi. Quindi, spero che, su questi due aspetti, sulla iniziativa di una ispezione e sulla richiesta appunto di una parola chiara sull'operato del presidente della Commissione d'inchiesta, il Governo possa dare, mi auguro, delle valutazioni convincenti e soprattutto chiare.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Matteo Mauri, ha facoltà di rispondere.

MATTEO MAURI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Signora Presidente, onorevoli interroganti, nel riportare la notizia dell'avvenuta assoluzione, in data 29 ottobre 2019, di Salvatore Cicu, deputato dal 1994 al 2014 ed europarlamentare dal 2014 al 2019, Luciano Taccori, sindaco di Sestu, Paolo Cau, ex consigliere comunale di Sestu, e degli altri imputati, con la formula ampiamente liberatoria “il fatto non sussiste”, nell'ambito di un procedimento penale in cui era contestato il riciclaggio di denaro proveniente dalla camorra, gli interroganti chiedono di sapere quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro della Giustizia intenda adottare per assicurare il pieno esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo.

Alla fine del mese di maggio 2019, la Commissione parlamentare antimafia aveva individuato alcuni candidati considerati “impresentabili” per le imminenti elezioni europee, poiché considerate candidature non conformi al codice di autoregolamentazione, in quanto rinviati a giudizio o con dibattimento in corso. Tra questi veniva indicato Salvatore Cicu.

Si ipotizza, a dire degli interroganti, che tale vicenda possa avere inciso rispetto al diritto di elettorato passivo di Cicu nella sua ricandidatura al Parlamento europeo. Va considerato, però, che, nonostante il giudizio di “impresentabilità” - fra virgolette - sulla base della valutazione suesposta espressa dalla Commissione antimafia, Cicu si è ugualmente potuto candidare alle elezioni europee del 2019, pur non risultando eletto. Premesso dunque il dato giudiziario riguardante la sentenza molto chiara che ha assolto Salvatore Cicu dai delitti ascrittegli (due fatti di riciclaggio in concorso), perché il fatto non sussiste, divenuta irrevocabile in data 8 giugno 2020, l'argomento della mancata rielezione di Salvatore Cicu rimane un elemento del tutto neutro rispetto al percorso giurisdizionale in questione; si tratta, infatti, di percorsi paralleli non idonei ad influenzarsi reciprocamente, se non altro, dal punto di vista formale. Pertanto, non risulta possibile ipotizzare quali siano le cause o le concause di tale evento, in considerazione del fatto che l'elezione di un candidato dipende in ultima istanza esclusivamente dall'esercizio delle prerogative degli elettori, liberi di scegliere i propri rappresentanti istituzionali, prerogative tutelate dalla normativa vigente nel nostro ordinamento.

I casi di incandidabilità, tra l'altro, sono specificatamente disciplinati con legge del 31 dicembre 2012, testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e altro, che affronta il tema delle cause ostative all'assunzione o allo svolgimento delle cariche di deputato, senatore e di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia. Di qui, non ostando alla nuova elezione di Cicu il procedimento giurisdizionale che lo ha riguardato, non appare possibile ipotizzare piani di interferenza tra i due argomenti richiamati. Il nostro ordinamento, nello specifico nel caso delle elezioni europee, prevede un sistema che riconosce il diritto degli elettori di scegliere i propri candidati, esprimendo una preferenza attraverso l'esercizio del diritto di voto e individua la capacità giuridica per ricoprire le cariche elettive. Per tale motivo, vista la normativa sopra richiamata, non risultano in corso nuove e ulteriori iniziative di carattere normativo volte ad assicurare il pieno esercizio del diritto di elettorato attivo o passivo.

PRESIDENTE. Il deputato Pietro Pittalis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

PIETRO PITTALIS (FI). Signor rappresentante del Governo, mi dichiaro totalmente insoddisfatto della sua risposta, così mesta, così anodina, così burocratica e certamente non capace di cogliere la gravità della vicenda che ho rappresentato di quanto ha subito l'onorevole Salvatore Cicu, in relazione appunto alla incredibile vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto.

È una vicenda che ho voluto portare all'attenzione di quest'Aula, all'attenzione del Governo, perché rappresenta la punta dell'iceberg della situazione complessiva in cui versa la giustizia italiana che, per come è strutturata e per come è organizzata, ormai è ridotta ad amministrare ingiustizia, non potendo e non riuscendo ad offrire al nostro Paese un servizio di giustizia degno di questo nome, e mi pare che la sua risposta non abbia assolutamente inquadrato le questioni che intralciano il cammino dell'Italia verso una giustizia più giusta.

Vede, tra questi, tra i principi che ho cercato brevemente di mettere in evidenza, ci sono quelli dell'obbligatorietà dell'azione penale e l'indipendenza dell'ordine giudiziario - anche per noi l'indipendenza è, e dovrà, essere un principio irrinunciabile per quanto riguarda i giudici - ma non ho ascoltato una parola, una sola parola sulla funzione del pubblico ministero, che deve essere ripensata e adeguata alle funzioni che i pubblici ministeri hanno in tutte le grandi democrazie europee. Non possiamo far finta di non comprendere che in un Paese democratico la politica criminale, come tutte le altre politiche, è responsabilità dell'Esecutivo di fronte al Parlamento - e, dunque, al Paese - e non può essere affidata, per un malinteso principio di eguaglianza, a chi, dopo aver vinto un concorso pubblico, non risponde a nessuno del suo operato, godendo, per di più, di progressioni automatiche di carriera senza alcuna valutazione del merito. E non ho sentito una parola sulle questioni che ho posto, sulla lungaggine del processo. Un processo senza fine, signor sottosegretario, equivale a un Paese senza giustizia, e un Paese senza giustizia è un Paese senza presente e senza futuro.

Questa è la ragione per la quale noi insisteremo sulla sollecitata attività ispettiva che riteniamo necessaria e che deve rappresentare anche un monito per il futuro, perché non è possibile che nel nostro ordinamento ancora ci siano categorie di persone che non rispondono se non a se stesse. Noi vorremmo che rispondessero alla legge e quando si esercita la funzione giurisdizionale la si esercita in nome del popolo italiano, e non di altri interessi, ma mi rendo conto, purtroppo, che parlare di cose che attengono alle più elementari questioni di diritto, il diritto all'onore, alla reputazione, il diritto a un'immagine pubblica e privata non distorta dalla realtà, con coloro che pensano di piegare e di piagare il diritto per i propri tornaconti di varia natura, compresi quelli della propaganda elettorale, è come parlare della corda in casa dell'impiccato, se è vero come è vero che le carriere di molti pubblici ministeri sono costruite sulle loro capacità comunicative, sulle conferenze stampa, così come la carriera e le fortune politiche di chi oggi occupa la Commissione e la presidenza della Commissione antimafia o incarichi al Ministero, come lo stesso Ministro Bonafede, sono fondate sullo scherno, sulla diffamazione, sulla sistematica distorsione dei fatti e sul sospetto.

E, allora, interrogatevi almeno, interrogate le vostre coscienze: chi risarcirà Salvatore Cicu dai gravi pregiudizi che per anni si sono adombrate sulla sua figura di uomo politico e di semplice cittadino? Chi risponderà della responsabilità di aver contribuito a diffondere una sua immagine falsa, costituendo volutamente una tara sul suo diritto di elettorato passivo, pregiudicandone forse l'elezione al Parlamento europeo? Perché è vero quello che lei ha detto, signor Vice Ministro, che sono i cittadini che scelgono; ma è la scelta dei cittadini quando l'ultimo giorno, il venerdì prima delle elezioni, il giorno della chiusura dei comizi elettorali, senza contraddittorio, senza che l'interessato abbia la possibilità di poter replicare, si vede sbattuto su tutti i telegiornali e su tutti i quotidiani sardi e nazionali perché qualcuno si arroga il diritto di dare patenti di impresentabilità?

Ecco, è su questo che io ho voluto porre all'attenzione del Governo la gravità di una vicenda e la necessità che si intervenga. Noi lo chiediamo al Ministro della Giustizia. Torneremo su questo argomento, perché oggi davvero, purtroppo, torno nella mia Sardegna, caro Vice Ministro, deluso, deluso da una risposta che veramente avrebbe potuto forse scrivere qualunque burocrate, ma non chi ha la responsabilità di far funzionare il sistema giustizia. Su questo Forza Italia è impegnata, è impegnata perché i casi come quello dell'onorevole Salvatore Cicu si contano a decine, centinaia e a migliaia. Vorremmo un Paese dove la giustizia funzioni, dove vi sia la separazione delle carriere, dove il giudice sia veramente terzo, cioè colui che deve giudicare, e il pubblico ministero, che è parte del processo, deve avere gli stessi diritti, ma anche gli stessi obblighi che vengono richiesti alla difesa, altrimenti voi contribuite, ancora di più, a creare un sistema sclerotico, e l'abbiamo visto dagli ultimi provvedimenti che avete anche posto in essere e di cui, fortunatamente e provvidenzialmente direi, la Corte costituzionale sta facendo carta straccia.

Ecco, quindi, un invito a riflettere su queste questioni e mi auguro che la prossima iniziativa che assumerò su questi temi e in relazione a questa vicenda possa, signor Vice Ministro, avere, da parte del Governo, una risposta chiara e non quelle solo fumose circostanze riportate qui che conosciamo o quelle fumose risposte che davvero danno il senso di quanto ci sia uno scollamento, da parte di questo Governo e di questa maggioranza, rispetto ai veri problemi del Paese, e sui temi della giustizia penso che state scrivendo una delle peggiori pagine della storia repubblicana italiana (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Iniziative, anche normative, volte a estendere agli atleti con disabilità fisiche e sensoriali il regime giuridico previsto per gli atleti normodotati dei gruppi sportivi militari e dei corpi dello Stato - n. 2-00847)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Versace e Occhiuto n. 2-00847 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Giuseppina Versace se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. La illustra, collega?

GIUSEPPINA VERSACE (FI). Sì, Presidente, grazie.

PRESIDENTE. Prego. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA VERSACE (FI). Presidente, il nostro Paese ha sempre dato grande importanza allo sport. Si è lavorato per dare valore ai principi positivi connessi allo sport e questo è stato possibile anche grazie alla costituzione e al contributo dei gruppi sportivi militari e ai Corpi dello Stato. Ora, per quelli meno vicini al mondo dello sport, mi prendo pochi minuti per descrivere brevemente alcuni aspetti, alcuni punti che ci aiuteranno anche a comprendere meglio come funzionano i gruppi sportivi militari e perché sono arrivata a presentare l'interpellanza di oggi.

Gli atleti dei gruppi sportivi militari sono inquadrati, dal punto di vista giuridico e amministrativo, quali membri appartenenti alla Forza armata o al Corpo dello Stato presso il quale si allenano e in nome del quale gareggiano. Solo per citarne alcuni, c'è il gruppo sportivo della Difesa, Fiamme Azzurre, Fiamme Gialle, Fiamme Oro. Secondo la normativa vigente, l'inserimento in tali gruppi avviene attraverso un concorso predisposto ad hoc a seconda delle esigenze del momento e viene rivolto agli atleti che hanno ottenuto risultati agonistici di livello nazionale e internazionale regolarmente certificati dal CONI. Superato il concorso, gli atleti vengono inquadrati come volontari in ferma prefissata e hanno, quindi, la possibilità di allenarsi presso i centri sportivi, ma anche la possibilità di rivestire un grado e percepire uno stipendio pari a quello dei colleghi in servizio. Hanno anche il compito specifico di svolgere meglio la propria attività sportiva professionista, con l'obiettivo di rappresentare tanto l'Italia quanto anche il Corpo di appartenenza.

Al termine della carriera agonistica, con l'obiettivo di continuare a rappresentare l'Italia, hanno la preziosa possibilità di scegliere se lasciare il Corpo oppure ottenere un altro incarico all'interno del Corpo di appartenenza, anche non necessariamente all'interno del settore sportivo a seconda delle disponibilità. È facilmente intuibile che questa mancanza, o comunque la mancanza di un simile sostegno, comporterebbe comunque per molti atleti di alto livello l'impossibilità assoluta di reperire anche in via autonoma il tempo e le risorse economiche per prepararsi adeguatamente a questo livello. I risultati positivi di questo modello sono sotto gli occhi di tutti: si pensi che oltre il 60 per cento delle medaglie conquistate dall'Italia alle Olimpiadi e in competizioni internazionali è proprio merito di atleti che provengono dai gruppi sportivi. Occorre però evidenziare una grave lacuna che attualmente caratterizza questo sistema: mi riferisco alla palese discriminazione che subiscono gli atleti paralimpici in forza ai gruppi sportivi militari e ai Corpi dello Stato. Ad oggi infatti l'inquadramento che ho appena esposto, e di cui beneficiano gli atleti normodotati, non è esteso agli atleti con disabilità fisica e sensoriale. Attualmente molti atleti paralimpici indossano la maglia di prestigiosi gruppi sportivi, e di fatto questo è possibile poiché dal 2007 esiste un protocollo d'intesa stipulato con il Comitato italiano paralimpico; questo consente agli atleti però di usufruire sicuramente delle strutture tecniche, del supporto dei tecnici dei gruppi sportivi, e a volte anche ricevere dei rimborsi spese, ma non percepiscono alcuna retribuzione, non hanno alcun tipo di contributo o di tutela assicurativa. Va citato che le Fiamme Azzurre è stato il primo gruppo sportivo che ha aperto le porte agli atleti paralimpici, seguite subito dopo poi anche da Fiamme Gialle, Fiamme Oro e Gruppo sportivo paralimpico della Difesa: questo è certamente un lato positivo; però va assolutamente ricordato e colmato questo vuoto, che consente questa possibilità solo per via di protocolli d'intesa, peraltro temporanei e il cui rinnovo non è assolutamente automatico.

Io stessa, nel percorso agonistico che mi ha portato a viaggiare e a correre ad alti livelli, posso personalmente testimoniare quanto questa lacuna normativa abbia rappresentato un serio limite per tanti rispetto alla volontà di crescere e migliorarsi. Tanti atleti paralimpici si sono trovati costretti a scegliere se continuare ad allenarsi, a migliorare, a crescere o se andare a lavorare per pagare l'affitto. Allenarsi a quei livelli diventa necessariamente un mestiere, ma se nessuno ti paga non puoi garantire il livello che tutti si aspettano e per cui poi l'Italia spesso si vanta quando, rientrando da manifestazioni internazionali, portiamo con orgoglio le medaglie al collo. Non basta programmare l'uguaglianza: serve agire concretamente per renderla effettiva; ed è proprio con questo obiettivo che ho lavorato e lavoro per abbattere le tante, ancora troppe barriere culturali che non si possono più tollerare.

Il 1° aprile 2019, quindi poco più di un anno fa, ho presentato una proposta di legge, la A.C. 1721, con cui chiedo di garantire pari opportunità agli atleti paralimpici attualmente in forza nei gruppi sportivi militari e il conseguente reclutamento all'interno del Corpo di appartenenza alla fine della carriera agonistica, esattamente come avviene per gli atleti normodotati. Nel corso di quest'ultimo anno devo dire che questa mia proposta di legge ha raccolto firme trasversali e interesse da parte di altri colleghi appartenenti ad altri gruppi politici; abbiamo fatto insieme anche altre due conferenze stampa. E, proprio al riguardo, ultimamente, negli ultimi mesi è stata anche assegnata alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Difesa, attualmente in attesa di esame. Ma proprio riguardo ai principi contenuti in questa mia proposta di legge, qualche mese fa il Ministro Spadafora ha avuto modo di elogiare questa mia iniziativa legislativa, e ha anche anticipato la sua volontà di assorbirne i contenuti nel Testo unico per la riforma dello sport, che peraltro è in procinto di scadere. Ebbene, le prime indiscrezioni sono uscite qualche giorno fa: pochi giorni fa il Ministro attraverso la sua pagina Facebook ha annunciato alcune novità del Testo unico per la riforma dello sport, di questa legge delega che noi abbiamo votato, e tra i passaggi più importanti ha annunciato anche il reclutamento degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi. Adesso questo passaggio è certamente importante, fa ben sperare e ne sono onorata; ma io col fine di scongiurare anche il pericolo che questa proposta di legge, se in qualche modo non totalmente concertata con gli enti interessati, possa in qualche modo essere snaturata o addirittura depotenziata, chiedo se ci sia anche nell'intenzione del Governo la reale volontà di assorbire il contenuto della mia proposta di legge e operare al fine di garantire l'effettiva promozione ed inclusione degli atleti paralimpici nella società e nel mondo sportivo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Difesa, Angelo Tofalo, ha facoltà di rispondere.

ANGELO TOFALO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Presidente, in merito ai contenuti dell'interpellanza, preme preliminarmente segnalare che nell'ultimo quinquennio, al fine di promuovere un programma sportivo a favore dei militari che, operando in patria o fuori dai confini nazionali, abbiano contratto lesioni o malattie invalidanti e permanenti nell'adempimento del proprio dovere, la Difesa ha attivato il Gruppo sportivo paralimpico della Difesa, frutto di un accordo tra il Dicastero della difesa e il Comitato italiano paralimpico. In tale ambito, lo Stato maggiore della Difesa promuove lo sviluppo dello sport paralimpico, mettendo a disposizione personale, mezzi e infrastrutture militari; agevola la crescita agonistica di militari con particolari doti tecnico-sportive, garantendo loro l'assistenza necessaria e il supporto logistico-sanitario, nella prospettiva di una loro eventuale partecipazione a manifestazioni di alto livello, sia nazionale che internazionale; persegue l'importante finalità di carattere sociale, ossia il recupero psico-motivazionale dell'individuo e la sua reintegrazione. Al riguardo va rappresentato che, a legislazione vigente, il reclutamento di tutto il personale militare, compreso quello destinato ai gruppi sportivi in qualità di atleta, è condizionato dal possesso di specifici requisiti generali di cui all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, tra i quali figura, come sappiamo, il possesso dell'idoneità psicofisica e attitudinale al servizio militare incondizionato. Lo status di militare, infatti, richiede il possesso di specifici requisiti psicofisici che ne consentano l'impiego in condizioni disagiate, di forte pericolo o con alto tasso di stress, senza eccezione alcuna, ne consegue che il requisito minimo per l'accesso alle carriere militari è costituito dal possesso dell'idoneità al servizio militare, accertata nel rispetto delle direttive tecniche delle imperfezioni ed infermità e, generalmente, gli atleti militari, al termine della loro attività agonistica, vengono reimpiegati presso gli enti delle Forze armate di appartenenza, anche in incarichi a volte altamente operativi.

Quanto sopra riportato descrive il percorso intrapreso dalla Difesa, caratterizzato dal sostegno alla pratica dell'attività sportiva dei militari con disabilità fisica e sensoriale, in un'ottica inclusiva e promozionale e con il coinvolgimento delle amministrazioni competenti. Infatti la materia in discussione afferisce anche a competenze del Ministero per le Politiche giovanili e per lo sport, che, contattato sui quesiti formulati dall'onorevole interpellante, ha fornito i seguenti elementi di informazione. Le tematiche concernenti l'inserimento degli atleti paralimpici con disabilità fisica e sensoriale nei gruppi sportivi militari o dei Corpi civili dello Stato hanno trovato specifica attenzione nel contesto dei processi di valutazione ed elaborazione normativa, in corso attualmente presso il Ministro per le Politiche giovanili e per lo sport relativamente all'attuazione della delega al Governo di cui alla legge 16 agosto 2019, n. 86.

I suddetti processi, pur subendo un inevitabile rallentamento dovuto all'emergenza sanitaria da COVID-19, non si sono mai arrestati, e, grazie anche al coinvolgimento di importanti stakeholder quali il CONI, il Comitato italiano paralimpico, le Federazioni nazionali sportive, le discipline sportive associative, gli enti di promozione sportiva, hanno raggiunto un significativo stadio di maturazione. Inoltre il Ministero per le Politiche giovanili e per lo sport riferisce l'intendimento di elaborare un provvedimento coordinato in guisa di codice di settore, e che, con specifico riferimento al tema delle pari opportunità degli atleti con disabilità fisiche e sensoriali, prevedrà un apposito capo dedicato alle tematiche dell'inquadramento degli atleti. A tal riguardo ovviamente il Ministero della Difesa, nel ritenere l'iniziativa degna della massima considerazione, non può non evidenziare i profili correlati alla specificità dell'ordinamento militare.

PRESIDENTE. La deputata Giuseppina Versace ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIUSEPPINA VERSACE (FI). Grazie, Presidente. Certamente mi compiaccio e manifesto felicità e orgoglio per l'apertura dimostrata dal Governo. Sono anche, come dire, positivamente compiaciuta del fatto che anche il Ministero della Difesa appoggi e sostenga questo tipo di iniziativa, anche perché dell'inquadramento, del reclutamento o comunque del ricollocamento degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari è da più di dieci anni che se ne parla. La verità è che bisognava modificare una norma, c'è stato dietro tanto lavoro, un anno intero di concertazione, di confronto con tutti i capi dei gruppi sportivi militari, con tutti gli enti competenti, con il CONI e con il Comitato paralimpico. Da atleta, so che cosa vuol dire non avere questo tipo di supporto e, come ho anticipato prima, ho visto ragazzi abbandonare come dire la propria carriera e lasciare chiuso in un cassetto un proprio sogno.

Io mi auguro e auspico che questo capo, dedicato al reclutamento degli atleti paralimpici, insomma, in qualche modo possa rispecchiare esattamente quello che è un testo che io ho già pienamente condiviso e per il quale mi sono confrontata, anche perché - ci tengo a ricordarlo e sottolinearlo - anche per i militari verrà fatto un concorso ad hoc, secondo quello che è il principio generale di come è stata anche pensata la legge e l'articolato. Se un soggetto, una persona con disabilità fisica e sensoriale, per l'appunto viene reimpiegato presso dei ruoli amministrativi o come dei ruoli tecnici anche all'interno del gruppo stesso, può certamente fare la differenza, dare un contributo e non essere visto più come un peso, ma come una preziosa risorsa. Questo è un cambio culturale importante, fondamentale, necessario, di cui si parla da anni. Adesso abbiamo la possibilità, come Parlamento, tutti quanti insieme, di correre verso un grande obiettivo, verso il traguardo e certamente questo, che sembra oggi, per molti, forse un piccolo aspetto, per tanti rappresenterà veramente un cambio fondamentale e culturale.

Mi permetto, prima di avviarmi alla conclusione, Presidente e anche sottosegretario, guardi, abbiamo delle prove tangibili, che io sono andata a tirare fuori anche attraverso delle statistiche assolutamente pubbliche, c'è il rapporto annuale del Comitato paralimpico internazionale, l'IPC, che dichiara che le Paralimpiadi di Rio nel 2016, alle quali io ho avuto anche il privilegio di partecipare, hanno rappresentato un fondamentale passo avanti verso la creazione di una società più aperta e più inclusiva. Ci sono delle stime secondo le quali i Paesi latino-americani hanno registrato un aumento del 112 per cento di persone sensibilizzate al tema e del 51 per cento di aziende e società che hanno, a seguito dell'impatto che hanno avuto le paralimpiadi di Rio, anche assunto persone con disabilità, dandogli la possibilità quindi di avere anche un'opportunità lavorativa, e devo dire che non si possono certamente ignorare tutti questi risultati così straordinari. Oggi io, prima di chiudere, voglio ricordare che i gruppi sportivi militari e i Corpi dello Stato hanno una grande, grande responsabilità: permettono a tanti talenti di continuare a crescere e consentono, soprattutto anche a chi vive con una disabilità, di avere l'opportunità di una nuova vita, un'opportunità di riscatto, un'opportunità preziosa, di contrastare quegli inutili pregiudizi nei confronti della disabilità. Ecco cosa fa lo sport, ecco il grande potere dello sport ed è compito di noi tutti continuare ad alimentarlo e a rafforzarlo, anche attraverso e soprattutto attraverso i gruppi sportivi militari, questo è un grande e prezioso contributo che lo Stato può dare.

Da Londra 2012 è cambiata proprio la cultura, anche i giornalisti hanno cambiato anche il modo di raccontare le imprese degli atleti paralimpici: parlano delle nostre storie, di quello che c'è dietro, hanno iniziato a dedicarci pagine importanti di prestigiosi quotidiani, spazi importanti e prestigiosi televisivi, ma soprattutto hanno iniziato a parlare degli atleti paralimpici come dei talenti, e non come dei poveretti, ci hanno fatto sembrare e ci hanno raccontato, soprattutto ai più giovani, ai più piccoli, come dei veri supereroi, stimoli per tanti che credono di non farcela, esempi da seguire per coloro che avevano smarrito la meta a seguito di un incidente o di una malattia. Sì, perché proprio in quest'Aula voglio ricordare che disabili non sempre si nasce nella vita, a volte lo si diventa proprio nel corso della vita, esattamente come è capitato a me e in questo lo sport ti aiuta, perché ti dà la possibilità di trovare anche un riscatto personale, necessario per sentirsi anche utili per la società.

Questa è una grande opportunità, per la nostra società, di non guardare più alla disabilità appunto come un peso, ma come una risorsa. Io, nel mio piccolo, mio malgrado, insomma, l'ho provato e nel mio percorso e per le mie vittorie lo sono stata, ma più di me e ancora prima di me, lo voglio ricordare, lo è stato il grande Alex Zanardi, a cui va il mio e, penso di poter dire il nostro, abbraccio e pensiero, affinché vinca anche questa grande sfida che la vita gli ha messo davanti e per la quale lui adesso sta combattendo, ma da fuoriclasse, come continuerà e ce la farà.

Quindi concludo, Presidente, ricordando prima di tutto a me stessa e poi a tutti i colleghi, che è compito nostro e del Parlamento essere attenti legislatori e fare in modo che ciascuno possa veramente godere degli stessi diritti, abbattendo qualsiasi muro di pregiudizio. L'apertura dimostrata oggi, sottosegretario, da parte del Governo nei miei confronti e nei confronti anche della mia proposta legislativa, per la quale ho lavorato tanto, la rende ancora più forte e più trasversale e devo dire che dà una valenza culturale decisamente epocale. Questo significa per me gioco di squadra, correre tutti insieme e soprattutto per temi come questi, a garanzia davvero dell'uguaglianza e della non discriminazione, e questa sarà una vittoria che conseguirà non solo veramente tutto il Parlamento, ma l'intera nazione. Mettere da parte i personalismi e prestarsi agli altri, a chi ha avuto fiducia in noi, non può che rappresentare uno stimolo ulteriore per fare meglio. Io ho manifestato più volte la mia disponibilità, la riconfermo qui, in quest'Aula e credo che mai come in questo momento il gioco di squadra possa fare la differenza, quindi sarò anche attenta e vigilerò affinché il Governo mantenga davvero l'impegno preso, grazie sottosegretario e grazie Presidente (Applausi).

(Chiarimenti e iniziative in merito ai criteri per la destinazione e l'utilizzo dei fondi in favore delle associazioni combattentistiche e d'arma, anche ai fini del contrasto dell'antisemitismo - n. 2-00848)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Orsini ed altri n. 2-00848 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Andrea Orsini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. La illustra, prego.

ANDREA ORSINI (FI). Mi è doveroso, signor Presidente e onorevole sottosegretario, fare una premessa all'illustrazione della interpellanza che i colleghi del gruppo di Forza Italia ed io abbiamo sottoscritto. Noi abbiamo un profondo rispetto per l'ANPI, l'ANPI rappresenta una parte importante della memoria della Resistenza, una parte sicuramente politicamente schierata, non tutta la Resistenza, ma noi, che comunisti non siamo, non abbiamo alcuna difficoltà a riconoscere il ruolo importante che i comunisti hanno avuto nel ruolo della Liberazione. Sono loro, i comunisti, che hanno sempre svilito, fino ad annullarlo, il ruolo nella Resistenza di tutti gli altri, dei liberali, dei monarchici, dei cattolici, degli azionisti degli stessi socialisti, tanto è vero che tutte queste componenti hanno dovuto via via lasciare l'ANPI, nel dopoguerra, per costituire altre associazioni: la Federazione italiana dei volontari della libertà, che raggruppava i cattolici, i monarchici, liberali e la Federazione italiana delle associazioni partigiane ,costituita dagli azionisti, dai repubblicani, dai socialisti. Dunque, l'ANPI rappresenta una parte della memoria della Resistenza, non tutta, una parte comunque significativa che, lo ripeto, merita rispetto. Ma è proprio per rispetto dei valori della Resistenza, che sono quelli sui quali si fonda la nostra democrazia, che siamo sconcertati dal fatto che l'ANPI permetta di legare il ricordo della Resistenza a campagne politiche contro Israele e addirittura a favore di terroristi palestinesi. Chi, è in carcere per l'intifada, in Israele, non ha commesso un reato di opinione - in Israele i reati d'opinione non esistono - è in carcere perché ha compiuto atti di violenza o di terrorismo verso civili innocenti, verso donne, verso bambini. Fa letteralmente orrore, onorevole sottosegretario, l'idea che un'associazione dei partigiani possa essere solidale con chi getta pietre o con chi getta bombe contro ebrei innocenti.

Erano i nazisti quelli che perseguitavano e massacravano gli ebrei, non i partigiani, signori dell'ANPI di Roma. Fa orrore che la comunità ebraica, che ha pagato più di tutti nella sua carne e nel suo sangue la tragedia del nazifascismo, oggi venga fischiata, derisa, insultata alle manifestazioni che ricordano il 25 aprile e che l'ANPI, almeno a Roma, tolleri tutto questo fino al punto di costringere i rappresentanti ebraici a disertare la festa della Liberazione. Chi le parla, onorevole rappresentante del Governo, non è ebreo ma ogni anno ha l'orgoglio di sfilare, il 25 aprile a Milano, sotto le insegne della Brigata ebraica, il primo nucleo di ebrei che hanno combattuto contro i loro persecutori ma che hanno combattuto anche per la libertà di tutti noi, per la liberazione del nostro Paese. Ogni anno il 25 aprile ho l'onore di condividere con i rappresentanti della comunità ebraica gli insulti, le minacce, gli sputi di cui siamo oggetto da parte di cosiddetti attivisti palestinesi. Io considero quegli insulti e quelle minacce un onore e un privilegio ma non capisco come possa essere tollerata il 25 aprile la presenza e la testimonianza di questi personaggi, la presenza e la testimonianza degli eredi di chi ha combattuto al fianco di Hitler e della Germania nazista. A Milano almeno partecipare alla sfilata del 25 aprile è possibile; a Roma è negato anche questo. L'ANPI sceglie i nipotini di quel Mufti di Gerusalemme, genero di Arafat, che vediamo sorridente nelle foto con Adolf Hitler e circondato dalle divise degli ufficiali delle SS; chiede la liberazione dei nipotini e attacca Israele. Abbiamo profonda nostalgia di altri comunisti: i comunisti come Umberto Terracini, il cui nome appare, insieme a quello di De Gasperi e De Nicola, fra i firmatari della nostra Costituzione come Presidente dell'Assemblea Costituente. Terracini fu un eroe della Resistenza; pagò la sua opposizione al fascismo con undici anni di carcere e altri anni di confino; fu tra i primi nel 1948 a chiedere con forza che l'Italia riconoscesse lo Stato di Israele; fu fra i primi a difenderne le ragioni contro la stessa Unione Sovietica quando lo stato di Israele fu aggredito dai suoi vicini all'epoca della guerra dei sei giorni. Conosciamo la scontata obiezione: criticare Israele o il Governo israeliano non significa essere antisemiti. Ciò è senz'altro vero: Israele è l'unica democrazia del Medio Oriente; è l'unico Stato nel quale si può criticare liberamente la politica del Governo. Ciò non accade né a Ramallah né tantomeno a Gaza né tantomeno a Damasco né tantomeno a Teheran. Chi parla ha l'onore di sedere in un partito il cui leader, Silvio Berlusconi, è stato definito dal Presidente Netanyahu come il Premier italiano più amico di Israele nella storia; riconoscimenti analoghi gli sono venuti dalle più importanti associazioni ebraiche internazionali. Dunque, la mia posizione è molto chiara. Non mi stupisce che chi viene da una storia comunista possa avere idee diverse. La storia della sinistra in Italia, nonostante significative eccezioni - penso al collega Fassino fra i tanti - è una storia prevalentemente fatta di ostilità a Israele. L'antisemitismo è stato del resto parte integrante della politica del Paese di riferimento del Partito Comunista, cioè l'Unione Sovietica. Ma attaccare Israele non è certo fra i compiti istituzionali dell'ANPI; permettere la discriminazione degli ebrei non fa certo parte dei valori ai quali l'ANPI decide di richiamarsi e poi fa un certo effetto - mi sia consentito dirlo - vedere un'associazione di partigiani scagliarsi contro lo Stato dei sopravvissuti della Shoah, scagliarsi contro lo Stato di chi è sfuggito ad Auschwitz, al ghetto di Varsavia, alle Fosse Ardeatine, alle rappresaglie e le deportazioni di Kappler, lo Stato creato perché non vi sia mai più l'Olocausto, perché gli ebrei non siano mai più indifesi contro i loro persecutori. I partigiani hanno combattuto anche per difendere gli ebrei, molti ebrei hanno combattuto con i partigiani. Quando ci rechiamo in visita in un campo di concentramento ad Auschwitz, a Mauthausen, a Dachau troviamo le lapidi poste dall'ANPI, le targhe commemorative dell'ANPI. È curioso onorare la memoria degli ebrei morti e non difendere gli ebrei vivi e non permettere che essi stessi si difendano. Tutto questo non ha neppure a che fare con la tutela del popolo palestinese, un popolo che è vittima di questa situazione e vittima della politica senza scrupoli di alcuni Governi musulmani (penso ancora una volta all'Iran), di alcuni leader del loro stesso mondo palestinese (penso per esempio ad Hamas ed Hezbollah).

Sono movimenti politici che ne strumentalizzano le ragioni, che aggravano uno stato di tensione che allontana la pace e di questo sono vittime tutti, ebrei e arabi, che vivono in quella regione. Il contributo del Governo all'ANPI, onorevole rappresentante del Governo, è molto rilevante: sono oltre 700.000 euro solo negli ultimi anni. Sarebbe giusto che lo fosse: non mi scandalizza la cifra se l'ANPI svolgesse la sua funzione istituzionale di memoria storica e di testimonianza di valori. Diventa ingiustificabile se l'ANPI fa politica e la fa in un senso contrario ai valori della Resistenza e della libertà e se i vertici nazionali dell'ANPI non fanno nulla perché questo non avvenga. Il Governo, tramite il suo Ministero, avrebbe il dovere di vigilare su tutto questo a fronte di una così cospicua elargizione di fondi in un momento tanto difficile per l'economia nazionale. Ed è su questo, onorevole sottosegretario, che attendiamo da lei una risposta chiara.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Angelo Tofalo, ha facoltà di rispondere.

ANGELO TOFALO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Il Ministero della Difesa, in aderenza a quanto previsto dall'articolo 1, comma 40, della legge n. 549 del 1995 e confermato dall'articolo 32, comma 2, della legge n. 448 del 2001, procede ad assegnare annualmente e di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze i fondi allocati in favore delle associazioni combattentistiche e per quelle d'arma, categoria, istituti ed enti che svolgono attività di interesse della Difesa. La ripartizione delle predette risorse finanziarie avviene sulla base di due parametri: il primo riferito al numero degli iscritti a ciascun sodalizio, individuando al riguardo specifiche fasce diverse per le associazioni combattentistiche e per quelle d'arma; il secondo in virtù della presentazione di progetti la cui validità viene valutata sulla scorta di determinati principi o criteri di selezione. La vigilanza posta in essere dal Ministero della Difesa sul corretto utilizzo dei precitati fondi da parte dei sodalizi si esplica in due distinte fasi. La prima è costituita dall'indicazione preventiva, ogni anno, delle aree tematiche di interesse della Difesa alle quali le associazioni devono ispirare i progetti, la validità e coerenza dei quali viene vagliata da una commissione interna al gabinetto del Ministero. La seconda ha luogo in sede di verifica della rendicontazione ad opera dell'organo tecnico preposto, il Segretariato generale della Difesa, il quale è chiamato ad appurare il corretto utilizzo dei fondi assegnati a ciascun sodalizio, verificando l'esistenza di eventuali condotte di tipo distrattivo in relazione alle finalità per cui i finanziamenti sono stati riconosciuti. Con riferimento alle attività dei singoli sodalizi è opportuno sottolineare che le associazioni sono enti di diritto privato e che, pertanto, la vigilanza del Ministero sulle associazioni combattentistiche e d'arma è limitata al controllo dell'utilizzo dei contributi ricevuti per il raggiungimento degli scopi statutari e alla verifica, in caso di modifica statutaria sottoposta dallo stesso organismo all'approvazione della prefettura territoriale competente, della permanenza delle condizioni dei requisiti e delle finalità associative che hanno determinato l'autorizzazione del Ministero alla costituzione dell'associazione.

Tanto chiarito, nel merito dei quesiti posti, specifico che dall'esame dei progetti approvati dalla Difesa nel periodo in esame non risultano finanziate attività contrarie alle norme in vigore. Inoltre al momento, la valutazione del complesso delle attività poste in essere da ciascun sodalizio non è ricompresa tra i criteri alla base della concessione dei contributi. Al riguardo si rappresenta che il Ministero della Difesa ha trasmesso al Parlamento, come correttamente evidenziato dall'onorevole interrogante nelle premesse dell'atto, le informazioni e gli elementi utili ad esprimere con piena consapevolezza il previsto parere sullo schema di decreto che provvede a ripartire i contributi alle associazioni e agli enti. In tale occasione le Commissioni competenti hanno espresso parere di sostanziale concordanza con l'operato dell'amministrazione militare. Ciò è avvenuto in assoluta trasparenza e con lo scopo di consentire al Parlamento il pieno esercizio dell'attività di controllo prevista dalle leggi e dai Regolamenti parlamentari.

Con riferimento, infine, al quesito relativo “alla partecipazione dell'ANPI a manifestazioni di organizzazioni che non riconoscono il diritto all'esistenza dello Stato di Israele”, si ribadisce quanto evidenziato in premessa, cioè che si tratta di organismi di diritto privato per i quali le uniche tipologie di controllo consentite alla Difesa sono solo quelle specificatamente previste dalla legge.

PRESIDENTE. Il deputato Andrea Orsini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANDREA ORSINI (FI). Grazie, signor sottosegretario. Io sono assolutamente soddisfatto della sua personale cortesia e disponibilità, sono profondamente insoddisfatto dal merito di una risposta che ha un profilo esclusivamente formale, esclusivamente burocratico. Ho frequentato per abbastanza tempo Ministeri per sapere che molto spesso le risposte in questi casi sono di questo profilo, però in questo caso forse un giudizio politico più approfondito sarebbe stato l'occasione per il Governo di esprimerlo. Prendo atto, invece, che per il Governo non è un problema tutto quello che abbiamo evidenziato nella nostra interpellanza: non è un problema che l'ANPI faccia politica, non è un problema che partecipi a iniziative che non sono congrue né con la memoria della Resistenza e neppure con i canoni della nostra democrazia liberale, non è un problema neppure che l'ANPI faccia da cassa di risonanza a posizioni antisemite.

Ricordo a me stesso, e non certo lei, che lo sa benissimo, che la Camera ha approvato all'unanimità una mozione che impegna il Governo a fare propria la definizione di antisemitismo proposta dall'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto, una definizione in cui si delineano come antisemitismo gli attacchi strumentali all'esistenza o alla sicurezza dello Stato d'Israele, proprio quello che attaccano le iniziative targate ANPI, alcune iniziative targate ANPI, naturalmente.

Prendo atto anche che il Governo non ha intenzione di modificare i criteri di ripartizione delle risorse tenendo conto di questi criteri e tenendo conto di queste ragioni. E prendo atto di tutto questo con profonda delusione, perché io credo, onorevole sottosegretario, che su questi temi, su temi come la libertà, su temi come la memoria storica, su temi come la vergogna dell'antisemitismo, al di là dei rapporti fra maggioranza e opposizione, debba esservi una convergenza di valori, che è una delle ragioni fondanti del nostro stare insieme in un libero Parlamento.

Io non mi permetto di parlare a nome di chi ha dato la vita per avere questo libero Parlamento, di chi ha dato la vita per la libertà, di chi ha dato la vita per la nostra democrazia, ma credo, posso immaginare, che, se potessero esprimerla, esprimerebbero la mia stessa delusione. Hanno dato la vita per la libertà di tutti e per la sicurezza e il diritto alla vita di tutti, anche degli ebrei in Italia, anche degli ebrei in Israele, anche degli ebrei sopravvissuti all'Olocausto.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Organizzazione dei tempi di esame di proposte di legge.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi:

per l'esame del testo unificato delle proposte di legge n. 2451-A, recante l'istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia da Coronavirus;

per l'esame della proposta di legge n. 982-A ed abbinate, recante misure di sostegno al settore agricolo e disposizioni di semplificazione in materia di agricoltura;

per la discussione generale del testo unificato delle proposte di legge n. 1056-A, recante l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false (Vedi l'allegato A).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 20 luglio 2020 - Ore 10:

1. Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:

MULE' ed altri; MURELLI ed altri; MARTINA ed altri; MAMMI' ed altri; ROBERTO ROSSINI ed altri: Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia da Coronavirus.

(C. 2451-2479-2480 -2484-2507-A)

Relatori: MARTINA e MURELLI.

2. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

GALLINELLA ed altri: Misure di sostegno al settore agricolo e disposizioni di semplificazione in materia di agricoltura. (C. 982-A)

e delle abbinate proposte di legge: PAROLO ed altri; PAOLO RUSSO ed altri; CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE. (C. 673-1073-1362)

Relatore: CADEDDU.

3. Discussione sulle linee generali della mozione Caon ed altri n. 1-00270 concernente iniziative volte al completamento dell'idrovia Padova-Venezia .

4. Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:

FIANO ed altri; BOSCHI ed altri; MOLLICONE e FRASSINETTI; LATTANZIO ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false. (C. 1056-2103-2187-2213-A)

Relatori: CIAMPI (per la VII Commissione) e PAITA (per la IX Commissione), per la maggioranza; MOLLICONE (per la VII Commissione), di minoranza.

5. Discussione sulle linee generali della mozione Lupi, Molinari, Gelmini e Lollobrigida n. 1-00362 concernente iniziative, in ambito internazionale ed europeo, in ordine al rispetto degli accordi internazionali relativi all'autonomia di Hong Kong e alla tutela dei diritti umani in tale territorio .

La seduta termina alle 12,05.