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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 360 di martedì 23 giugno 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 10,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MARZIO LIUNI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 17 giugno 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Bergamini, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Castelli, Cimino, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Sabrina De Carlo, De Filippo, De Menech, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fassino, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giacomoni, Giorgis, Grande, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Perconti, Rizzo, Rosato, Rospi, Ruocco, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Trano, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 22 giugno 2020, la deputata Alessandra Ermellino, già iscritta al gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, ha dichiarato di aderire al gruppo Misto, cui risulta pertanto iscritta.

Discussione del disegno di legge: S. 1786 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19 (Approvato dal Senato) (A.C. 2547).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2547: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19.

Per un richiamo al Regolamento.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Intervengo sul Regolamento, in particolare sull'articolo 129 e seguenti, perché, come ho già fatto in precedenza, chiedo di nuovo che questa volta, ad esempio, il Presidente Fico risponda in Aula sul fatto che da tempo - ma ormai parliamo anche di mesi e anni - il Governo, anche questo Governo, non risponde mai alle interrogazioni dei deputati e tanto meno di quelli di opposizione. Le dico questo e ribadisco anche che ho seguito il Regolamento, scrivendo al Presidente Fico l'elenco di tutte le interrogazioni a cui il Governo non ha risposto, e che, quindi, secondo il Regolamento, dovevano essere messe all'ordine del giorno della Commissione, e non è mai stato fatto. Ma per di più, Presidente, con riferimento ad un fatto specifico, sul quale, da un anno, aspetto la risposta del Governo all'interrogazione, ci sono state varie vicende su cui i parlamentari della maggioranza non solo avevano informazioni o davano informazioni sull'argomento, come il collega Pittalis può testimoniare, sulla motorizzazione di Nuoro sulla quale noi per primi abbiamo presentato un'interrogazione, e non ci davano nessuna informazione, ma per di più, dopo una visita del Vice Ministro dei Trasporti in quella motorizzazione, dove è andato solo con i parlamentari del MoVimento 5 Stelle e non ha invitato nessun deputato dell'opposizione né tanto meno lo ha informato, ultimamente hanno dato l'informazione che tre dipendenti pubblici venivano trasferiti ma adesso arrivo a quello, commentando anche che è inutile che i parlamentari dell'opposizione e in particolare il sottoscritto presentino interrogazioni, perché tanto erano interrogazioni superflue e c'erano loro che davano le informazioni e le notizie risolvevano il problema.

Vorrei capire se il Ministero e la funzione pubblica, anche con riguardo al trasferimento di dipendenti pubblici, se si tratta di notizie ad esclusivo appannaggio dei deputati della maggioranza o, in questo caso, siano notizie istituzionali che devono essere a disposizione di chi fa un accesso agli atti, un normale cittadino o un parlamentare che presenta un atto ispettivo e, per di più, se, nella stampa, i deputati della maggioranza definiscono “superfluo” presentare interrogazioni per avere questi dati perché loro ce li hanno tramite un amico, un amico sottosegretario, un amico del Ministero. Io penso che sia svilente per quest'Aula e per questa istituzione; oppure, si cambi il Regolamento e si dica: non presentate più interrogazioni, dovete avere la facoltà di avere solo un amichetto nel Ministero che vi fa la visita su chiamata o presenta le interrogazioni, e questo mi sembra molto un metodo da Prima Repubblica, quella becera politica che qualcuno diceva di voler cancellare e che invece oggi utilizza, perché io da un anno e mezzo aspetto le risposte a interrogazioni su fatti amministrativi, informazioni su fatti amministrativi e non politici.

Quindi, chiederei al Presidente Fico, primo, di venire a riferire perché il Governo, perché le Commissioni non mettono all'ordine del giorno, come da Regolamento, le risposte alla Commissione, ma, poi, anche chiedere al Ministero come dei parlamentari della Repubblica abbiano informazioni sensibili sul trasferimento di dipendenti pubblici, perché, adesso, vorrei capire se magari hanno anche scelto i dipendenti pubblici - perché ho testimonianze che alcune richieste di trasferimento alla Motorizzazione di Nuoro sono state respinte -, chi è che viene trasferito e come questi parlamentari hanno avuto queste informazioni, visto che il Governo non risponde mai a nessuna interrogazione dei deputati di Fratelli d'Italia e dell'opposizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Muro. Ne ha facoltà.

FLAVIO DI MURO (LEGA). Grazie, Presidente. Mi unisco a quanto ha detto il collega, perché il fatto sta diventando sempre più grave, quindi, spero che il Presidente Fico sia a conoscenza di quanto avviene da parte del Governo. Io le do un dato che riguarda il mio impegno parlamentare: da quando sono stato eletto, ormai saranno passati due anni, da marzo 2018, se non sbaglio, avrò presentato venti interrogazioni a risposta scritta e ho ricevuto risposta a tre di queste. Ma sa qual è la cosa che mi dà più fastidio? È che durante il periodo in cui siamo stati chiusi per l'emergenza sanitaria in questo Paese il Presidente della Camera continuava a dire: eh, ma tanto avete gli strumenti per - come dire - fare democrazia, fare il vostro lavoro, portare le istanze del territorio, presentate atti ispettivi, presentate interrogazioni o interpellanze, anzi, aumenteremo anche i tempi, le modalità per rispondere ai vostri atti ispettivi. Nulla di tutto questo; quindi, Vicepresidente, la invito a portare all'attenzione, come ha detto, appunto, il mio collega prima di me, questa situazione che è indecorosa per i lavori parlamentari.

PRESIDENTE. Grazie, colleghi, naturalmente riferirò al Presidente Fico che prenderà gli opportuni provvedimenti. In ogni caso, ogni richiesta di sollecito viene inviata immediatamente ai Rapporti con il Parlamento. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pittalis. Sempre su questo?

PIETRO PITTALIS (FI). Presidente, al di là dello svilimento, che è gravissimo, del ruolo e della funzione di noi parlamentari, un Governo che si arroga ruoli e funzioni che non competono certo al Governo dà l'impressione dello svuotamento; la domanda che si pone un parlamentare è che cosa ci stiamo a fare qui, se vengono proposte interrogazioni e interpellanze e se non si dà seguito agli impegni sulle mozioni. Ha ragione il collega Deidda, anche perché, Presidente, si pongono problemi concreti e reali, come quello della Motorizzazione civile di Nuoro che è un problema concreto e reale che vive il cittadino che abita in quei territori che già sono lontani rispetto al centro del potere; abbiamo posto i problemi della continuità territoriale, del mancato collegamento delle rotte aeree, per esempio, da Olbia per Milano o per Roma, le difficoltà che hanno i sardi. Sono tutti problemi rispetto ai quali c'è un silenzio davvero assordante e colpevole di un Governo e di Ministri che non hanno il rispetto della funzione dei parlamentari. È su questo, Presidente, che chiedo a lei di farsi interprete, perché non è possibile che, quando torniamo nei nostri territori, dovendo relazionare, dovendo dare notizie e spiegazioni ai cittadini che ci sollecitano, dobbiamo sempre purtroppo allargare le braccia, perché c'è un Governo che se ne infischia altamente, preferisce le comode e ovattate stanze della Villa Pamphilj, ma non il calarsi nella realtà del quotidiano e dei problemi che vivono i cittadini. Quindi, ha fatto bene il collega Deidda a sollevare il problema, perché penso che sia un problema, non di una parte politica, ma che investe il ruolo e la funzione di noi parlamentari.

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, ribadisco quanto ho già detto ai due colleghi che sono intervenuti prima di lei: mi farò carico di sollecitare al Presidente Fico le vostre richieste e immagino che il Presidente rappresenterà al Ministro per i Rapporti con il Parlamento le vostre sollecitazioni. In ogni caso è presente un autorevole rappresentante del Governo che, quindi, immagino abbia ascoltato le vostre sollecitazioni.

Si riprende la discussione.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2547)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Ascari.

STEFANIA ASCARI, Relatrice. Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia, oggi, l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19, approvato dal Senato, in un testo modificato il 17 giugno scorso, e, nella medesima data, assegnato in sede referente alla Commissione Giustizia.

In considerazione dell'imminente scadenza del termine di conversione in legge, l'esame da parte della Commissione si è concentrato nelle giornate del 17 e del 18 giugno, che sono state dedicate al dibattito preliminare, e nella giornata del 22 giugno, nel corso della quale si è proceduto ad esaminare le proposte emendative che sono state tutte respinte.

Passando al contenuto del provvedimento, preliminarmente sottolineo che l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020, non convertito. In particolare, l'articolo 1 del disegno di legge di conversione abroga il decreto-legge n. 29 del 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 maggio 2020 e in corso di conversione presso il Senato, il cui contenuto è stato inserito nel decreto-legge n. 28. Trattandosi di disposizioni che hanno subito modifiche entreranno in vigore con la legge di conversione.

Per questa ragione, l'articolo unico del disegno di legge di conversione conferma la validità degli atti e dei provvedimenti adottati sulla base del decreto-legge n. 29 e fa salvi sia gli effetti prodotti sia i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto ora abrogato. L'articolo unico del disegno di legge di conversione, inoltre, prevede una analoga clausola di salvezza per gli atti compiuti sulla base dell'articolo 3, comma 1, lettera i), del decreto-legge numero 28, che viene soppressa, si tratta della disposizione del decreto-legge che posticipa al 31 luglio 2020 la fine della fase emergenziale nel settore della giustizia civile e penale. Tale scadenza è stata, infatti, anticipata al 30 giugno 2020 nel corso dell'esame del provvedimento in Senato.

Passando all'esame dell'articolato del decreto-legge, rilevo che l'articolo 1 non modificato dal Senato proroga al 1° settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni, introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017, cosiddetta riforma Orlando, troverà applicazione; la nuova proroga si è resa necessaria per effetto delle conseguenze negative che si sono avute anche nel settore della giustizia, a causa del diffondersi della pandemia da COVID-19. In particolare, al comma 1, lettera a), si prevede, con una modifica all'articolo 9, comma 1, del citato decreto legislativo, che la riforma si applicherà non più ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020, come previsto nella disciplina vigente, ma ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020; per tutti i procedimenti in corso continuerà, dunque, ad applicarsi la disciplina attuale.

La lettera b) del comma 1 modifica, a sua volta, il comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017, prorogando al 1° settembre 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione che introduce un'eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti di cui all'articolo 114 del codice di procedura penale, tale da consentire la pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 216 del 2017.

Entra invece immediatamente in vigore la disposizione di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 161 del 2019, relativa all'adozione del decreto del Ministro della Giustizia con il quale vengono stabilite le modalità da seguire per il deposito in forma telematica degli atti e dei provvedimenti riguardanti le intercettazioni, nonché i termini a decorrere dai quali il deposito in forma telematica sarà l'unico ammesso, per consentire agli uffici giudiziari che si sono già organizzati per il deposito telematico degli atti e dei provvedimenti riguardanti le intercettazioni di attuare questa modalità.

L'articolo 1-bis, poi, introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, consente alla Polizia penitenziaria di utilizzare i droni per assicurare una più efficace vigilanza sugli istituti penitenziari e garantire la sicurezza al loro interno. La novella estende quindi al personale abilitato del Corpo di polizia penitenziaria, attualmente escluso, la possibilità di utilizzo dei droni nell'ambito delle funzioni di polizia svolte dal predetto personale, previste dall'articolo 5 della legge n. 395 del 1990.

L'articolo 2, modificato nel corso dell'esame in Senato, apporta alcune modifiche alla disciplina procedimentale dei permessi cosiddetti di necessità, di cui all'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario, i quali trovano il presupposto applicativo nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ovvero eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità, e della detenzione domiciliare cosiddetta in deroga, cioè sostitutiva del differimento dell'esecuzione della pena ai sensi dell'articolo 47-ter, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario.

In particolare, si prevede che le richieste di questi benefici da parte dei detenuti colpevoli di reati particolarmente gravi siano obbligatoriamente accompagnate da un parere da parte del procuratore distrettuale e, nel caso di reati di mafia, anche del procuratore nazionale antimafia, volti a chiarire l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e della pericolosità del richiedente. Si stabilisce che i magistrati che hanno adottato, a partire dal 23 febbraio 2020, o adottino provvedimenti di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 nei confronti di persone recluse per una serie specifica di gravi delitti quali mafia, terrorismo e droga debbano obbligatoriamente valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria, previa acquisizione del parere del procuratore distrettuale e del procuratore nazionale antimafia, prevedendo inoltre una revisione periodica sull'effettiva permanenza dei motivi legata all'emergenza epidemiologica in corso, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari nei confronti di imputati per gravi delitti quali mafia, terrorismo e droga.

Con riguardo ai colloqui in carcere per il periodo compreso tra il 19 maggio e il 30 giugno 2020, si stabilisce la possibilità di effettuare colloqui a distanza mediante apparecchiature e collegamenti e la possibilità di poter vedere i propri congiunti almeno una volta al mese, mentre i colloqui telefonici dei detenuti con i familiari, eccetto quelli detenuti al 41-bis, vengono concessi una volta al giorno, anziché una volta a settimana, in casi particolari.

Sul tema di accesso ai colloqui con il Garante nazionale e con i Garanti territoriali per i detenuti sottoposti al regime del 41-bis, si conferma la prerogativa del colloquio riservato al Garante nazionale, e si dà la possibilità ai Garanti regionali di effettuare colloqui monitorati con il vincolo della riservatezza, prevedendo invece un divieto per i Garanti locali di effettuare colloqui riservati con i detenuti sottoposti al regime speciale, lasciando loro soltanto la possibilità di effettuare una visita accompagnata agli istituti di pena collocati nell'ambito territoriale di competenza.

L'articolo 3, comma 1, del decreto-legge modifica l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, e rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia e della quarantena sul sistema giudiziario nazionale. Su questo aspetto il Senato è intervenuto, come anticipato prima, riportando al 30 giugno 2020, rispetto al termine originario del 31 luglio 2020, la conclusione della fase emergenziale caratterizzata da specifiche misure organizzative adottate dai capi degli uffici giudiziari, intervenendo su più punti.

Dal 1° luglio 2020, in base alla modifica introdotta dal Senato, il sistema giudiziario tornerà alla normalità. Norme specifiche vengono adottate in tema dell'impiego delle nuove tecnologie nelle aule giudiziarie, sia per consentire la partecipazione da remoto che il deposito telematico degli atti processuali. Facciamo in questo modo entrare il mondo digitale all'interno della giustizia e lo innoviamo profondamente.

L'articolo 3-bis, introdotto dal Senato, modifica l'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, recante la disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia, aggiungendovi i commi da 3-bis a 3-quater. La modifica ha lo scopo di consentire, a coloro che siano legati ad una persona nei cui confronti è stata disposta la revoca di un provvedimento di cambiamento delle generalità per effetto di un rapporto di matrimonio, unione civile o filiazione instauratosi successivamente all'emanazione del predetto provvedimento, di evitare che la revoca produca effetti anche nei loro confronti.

L'articolo 4, modificato nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, reca disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia amministrativa.

Ulteriori modifiche poi sono state introdotte in materia di giustizia contabile, sempre nell'ambito delle misure organizzative per il funzionamento della macchina della giustizia durante questa fase emergenziale.

Con l'articolo 6 viene istituita una piattaforma informatica unica nazionale che consenta la gestione di un sistema di allerta in relazione alle persone che sono entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus COVID-19, contatto rilevato tramite l'installazione, su base volontaria, di un'apposita applicazione sui dispositivi di telefonia mobile.

Su questo tengo a precisare che il mancato utilizzo dell'applicazione non comporta alcuna conseguenza pregiudizievole né alcuna limitazione del principio della parità di trattamento.

L'articolo 7, che reca le disposizioni finanziarie, prevede che, dall'attuazione degli articoli del decreto-legge in conversione, ad eccezione di quanto previsto dall'articolo 6, con riguardo al sistema di allerta COVID-19, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La disposizione precisa altresì che le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti connessi mediante l'utilizzazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

L'articolo 7-bis, introdotto nel corso dell'esame per la conversione dall'altro ramo del Parlamento, interviene in materia di sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio, prevedendo che i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica devono prevedere sistemi di parental control o di filtro di contenuti inappropriati per i minori.

L'articolo 8 disciplina infine l'entrata in vigore del decreto-legge.

Detto questo, concludo, Presidente, dicendo che l'emergenza sanitaria, ovviamente, che abbiamo vissuto e stiamo ancora affrontando, ci ha posto di fronte a nuove sfide e a nuovi modi di operare anche all'interno della macchina giudiziaria e del sistema penitenziario. Quanto riportato all'interno di questo decreto, ancorché diretto in parte alla gestione della fase emergenziale dell'attuale pandemia, contiene importanti soluzioni innovative, che potranno costituire un fondamentale contributo alla futura evoluzione del nostro sistema. Questo provvedimento, infatti, va visto come la naturale prosecuzione di un percorso già iniziato con il “Cura Italia”, fatto di ascolto, tempestivo intervento da parte del Governo e del Ministero della Giustizia, che non si è mai sottratto al confronto nonostante il gravissimo momento storico che stiamo vivendo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che si riserva di farlo successivamente.

È iscritto a parlare l'onorevole Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, in premessa a questo mio intervento, dato che oggi si parla di giustizia, e alla luce dei fatti che si sono verificati nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, mi permetta, Presidente, di esprimere a nome del mio gruppo, Fratelli d'Italia, e a nome mio la nostra vicinanza e la nostra solidarietà alle donne e agli uomini della Polizia penitenziaria (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), come anche all'agente che è stato letteralmente preso a morsi, al quale auguro una pronta guarigione; come a tutto il comparto sicurezza, che ogni giorno lavora dietro le quinte per fare in modo che tutto fili liscio, per fare in modo sempre più spesso di dover rimediare agli errori della politica.

Presidente, io faccio parte della Commissione difesa, ed essendo un militare prima che un deputato, il tema giustizia è un tema che mi sta veramente a cuore, perché, come tante donne e uomini in divisa, nella mia vita di militare di ingiustizie ne ho viste veramente tante, ultimo, non certo per ordine di importanza, il caso Scieri, ucciso tra le mura di una caserma, in quella stessa caserma dove prestavo servizio quando ero un giovane caporale, avrò avuto, credo, 19 anni e la verità è venuta a galla solo qualche giorno fa. Tutte queste ingiustizie creano sconforto, creano frustrazione tra le donne e gli uomini onesti che ogni giorno ci difendono: vedere una certa parte della politica inginocchiarsi davanti a un criminale ucciso e poi non spendere nemmeno una sola parola per un carabiniere al quale viene spaccata la faccia da un extracomunitario. Presidente, è tutta questa incoerenza che fa male ed è ormai chiaro che le carceri italiane continuano a rappresentare una vera e propria emergenza sociale. Siamo alla media di due aggressioni al giorno da parte dei detenuti solo nei confronti della polizia penitenziaria. Ancora una volta, le divise vengono umiliate nell'esercizio delle loro funzioni, con la complicità di un Governo più solidale con i delinquenti che con chi, ogni giorno, garantisce la tutela dei cittadini onesti.

Ciò premesso, esprimo le mie considerazioni sul complesso del decreto e mi concentrerò su alcune parti, con particolare riferimento all'articolo 2, auspicando che gli onorevoli colleghi abbiano avuto modo di studiare la statuizione. Osservo che il nuovo impianto normativo, così come novellato anche dal Senato della Repubblica, investe di particolari oneri le procure della Repubblica e la procura nazionale antimafia, se parliamo di detenuti ex articolo 41-bis. Ricorre, quindi, l'obbligo di chiedersi cosa accade se le procure non riescono a pronunciarsi sui pareri obbligatori: il personale dipendente sarà soggetto a responsabilità disciplinare? Perché porre in essere un provvedimento legislativo di attuazione ai limiti del possibile? Osservo, infatti, che alcuni termini sono molto brevi e difficilmente potranno essere evasi dall'organizzazione burocratica delle procure. Cosa ne sarà, quindi, del personale dipendente che non riuscirà ad affrontare la situazione? Verranno applicati provvedimenti disciplinari?

Con l'articolo 2-bis poi, denominato “Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19” e con l'articolo 2-ter, denominato “Misure urgenti in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari per motivi connessi” - sempre – “all'emergenza sanitaria da COVID-19” si entra nel vivo del COVID-19. Quindi, trattiamo norme collegate finalmente all'emergenza Coronavirus.

In conclusione, negli atti di cui agli articoli 2, 2-bis e 2-ter si tratta di fattispecie in cui la magistratura sarà chiamata a valutare il bilanciamento degli interessi. Da un lato, la tutela della salute e, dall'altro, la pubblica sicurezza e la certezza della pena. Quindi, al di là degli aspetti tecnici, è doveroso ricordare che la detenzione comporta la privazione della libertà per espiare una pena ma non deve prevedere la privazione della dignità (questo è ovvio). Sta di fatto che il Governo a trazione PD, dove il Partito Democratico è il fratello maggiore e il MoVimento 5 Stelle il fratello piccolo che spesso impara le lezioni, intende applicare il suddetto principio in modo semplice, sulla falsariga dello “svuota carceri”, sicché così come si emanano i provvedimenti “svuota carceri” per la mancanza di volontà di costruire nuovi edifici carcerari, allo stesso tempo, con la scusa del COVID-19 e al fine di tutelare la salute dei detenuti, si preferisce scarcerare, investendo, però, di grande responsabilità la magistratura di sorveglianza, oberando di lavoro le procure, dato l'impianto normativo predisposto, e naturalmente chi di riflesso vive l'effetto di questi provvedimenti e, cioè, i cittadini, che si trovano a convivere con i delinquenti e, magari, incolpando quella stessa magistratura alla quale voi non avete dato i giusti strumenti per poter lavorare.

Eppure, la particolarità della riforma, di cui all'articolo 2, è collegata solo indirettamente all'emergenza COVID-19 e il problema, invece, è un altro. Gli istituti penitenziari devono essere dotati di sistemi sanitari eccellenti, in modo tale da garantire le cure ai detenuti, e fare uno strumento realmente necessario, quello delle cure extramurarie. Un diverso contemperamento delle esigenze contrapposte sarebbe possibile consentendo la prosecuzione delle cure del detenuto e garantendo così la tutela della sua salute in un luogo che realizzi una maggiore soddisfazione delle istanze di prevenzione. Questa soluzione, per esempio, si sarebbe realizzata se il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria avesse pianificato il trasferimento dei detenuti in regime di 41-bis, che ne avessero avuto bisogno per ragioni di salute, in strutture penitenziarie o in istituti ospedalieri attrezzati, così da garantire, da un lato, la salute e, dall'altro, la prevenzione della difesa sociale.

Un'operazione non impossibile se si considera il numero basso di detenuti sottoposti al regime detentivo speciale e che si trovano in una situazione di grave infermità fisica. Infatti, la situazione delle carceri, già complicata per il sovraffollamento che nell'ultimo anno è aumentato in maniera smisurata, si sta trasformando in una vera bomba con l'emergenza derivante dal Coronavirus.

Voglio ricordare che lo scorso 7 marzo scoppiarono numerose rivolte carcerarie dopo la notizia che prevedeva la sospensione delle visite da parte dei familiari ai detenuti. Si registrarono morti e danni alle strutture. Il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria deve, quindi, ritenersi un vero e proprio capro espiatorio in una situazione creatasi anche grazie alle responsabilità politiche del Ministro della Giustizia, il quale, dinanzi a fatti così gravi, si sarebbe dovuto dimettere. Ogni occasione è buona per ricordare nuovamente di valutare queste dimissioni, perché ognuno di noi, Presidente, dovrebbe riconoscere i propri limiti. È in questo modo che un Paese può crescere: quando riconosciamo i nostri limiti. Quando scopriamo che c'è qualcuno che può fare meglio di noi dobbiamo essere disposti a fare un passo indietro, perché altrimenti il passo indietro lo farà la nostra nazione, lo fanno i cittadini che rappresentiamo, e questo in favore di Paesi che hanno una leadership più forte, una classe dirigente più capace.

Poi, con l'articolo 6 del decreto-legge n. 28, rubricato “Sistema di allerta COVID-19”, il Governo ha dettato una nuova base normativa articolata in merito alle applicazioni di tracciamento finalizzate ad allertare i cittadini che sono entrati in stretto contatto con soggetti positivi al COVID-19. Sul punto è doverosa una prima critica inerente al momento storico in cui viene prevista questa piattaforma. Perché prevederla in tempi in cui fortunatamente il numero dei contagi è crollato? Uno strumento così invasivo emesso proprio nei tempi in cui l'epidemia in Italia regredisce, grazie alla collaborazione e ai sacrifici del popolo italiano che, diligentemente e pazientemente, si è adeguato alle restrizioni di questo Governo.

Al di là di queste considerazioni politiche, dal punto di vista tecnico sorgono dubbi in ordine alla tutela della riservatezza. Ho presentato anche un ordine del giorno in passato al riguardo, difeso da un collega della maggioranza, il collega Giachetti. Si tratta di uno strumento di sorveglianza di massa che può compromettere il diritto alla riservatezza, uno strumento che non definisce con chiarezza il funzionamento, le misure a salvaguardia dei diritti dei cittadini, i criteri in caso di positività. Chi garantisce il sistema di vigilanza sulla presenza di operatori internazionali che possono accedere ai dati raccolti? Ricordiamo che le leggi cinesi sulla sicurezza nazionale obbligano cittadini e organizzazioni a fornire supporto e assistenza alle autorità militari di pubblica sicurezza e alle agenzie di intelligence e nell'azionariato di Bending Spoons si registrano capitali cinesi. Presto potrebbero esserci nuove Spa a capitale cinese, grazie anche al particolare affetto che questo Governo nutre per il Paese orientale a cui recentemente ha aperto anche le porte del porto di Taranto, accogliendo con entusiasmo la manifestazione di interesse della Ferretti Group, altra società a capitale cinese.

Quest'atto non tiene indenni i cittadini, tra cyberattacchi e il serio rischio di scatenare il panico tra gli stessi utilizzatori o, ancora, il rischio di prendere abusivamente i dati sensibili per cederli a società terze. È il caso della signora barese che è stata posta ai domiciliari per essere entrata in contatto con un contagiato. L'ASL di Bari e il dipartimento regionale della salute hanno avviato accertamenti sul primo caso di contagio segnalato in Puglia dall'App Immuni. Una donna di 63 anni, aprendo l'applicazione, ha ricevuto un messaggio che l'avvisava di essere stata in contatto con una persona risultata positiva al COVID-19. La notifica è stata letta lunedì scorso. La signora ha contattato l'ASL ed è stata messa in isolamento precauzionale per 14 giorni. La donna è in buone condizioni di salute e non ha sintomi; ovviamente, però, ha scatenato l'inferno e “la sua unica colpa - dice - è aver scaricato l'App Immuni, aver avuto senso civico”.

La vicenda sembra confermare le pecche della tecnologia sviluppata dalla società Bending Spoons, basata sul Bluetooth, pecche evidenziate già dal lancio. Inoltre, senza Bluetooth l'App non funziona. Quindi, se si scarica la batteria mentre siamo al mare, l'applicazione perde ogni efficacia.

Agli italiani non serve questo strumento di propaganda politica, ma un sistema di tracciamento a tappeto, tamponi a tappeto, approfondimenti sierologici.

E per concludere, Presidente, trovo doveroso osservare che questo Governo continua a svilire il ruolo del Parlamento a suon di fiducie e decreti-legge; un modo di fare politica già bocciato dagli italiani a marzo 2018, ma che, grazie al MoVimento 5 Stelle, ha ripreso vigore attraverso la riesumazione del PD, appassionato di canguri, tagliole, ghigliottine, come già dimostrato nella precedente legislatura. Pertanto il decreto-legge ormai sostituisce la legge ordinaria, le ordinanze di Protezione civile sostituiscono il decreto-legge, gli atti amministrativi generali, invece, vanno oltre i regolamenti, il tutto dietro la scusa dell'emergenza sanitaria. Assistiamo con sempre più invadenza all'esercizio della funzione legislativa da parte di questo Esecutivo e ci private ogni giorno di fare il nostro lavoro. Voi eravate quelli che dovevano abolire le leggi inutili, eliminare la burocrazia; invece avete messo in moto una serie di decreti su decreti che stanno complicando sempre di più il processo della gestione della macchina dello Stato. I cittadini non vi hanno votato per questo e i cittadini, prima o poi, ve lo ricorderanno (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bazoli. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI (PD). Grazie, Presidente. Qualche breve considerazione di natura generale su questo decreto, che è stato già ampiamente ed esaustivamente descritto dalla relatrice, nella sua relazione introduttiva. È un decreto con il quale abbiamo la speranza, l'ambizione e l'obiettivo di traguardare il settore della giustizia oltre l'emergenza che ha affrontato, come tutti i campi della vita del nostro Paese, in questi ultimi mesi. Anche la giustizia è stata fortemente afflitta da quanto accaduto: il blocco di fatto delle attività, a parte quelle urgenti, giurisdizionali ha di fatto impedito la tutela e l'attuazione dei diritti dei cittadini per un tempo lungo; è tempo, quindi, di riprendere un'attività ordinaria, e questo decreto cerca di accompagnare in maniera ordinata e, credo, ragionata e ragionevole la giustizia fuori da questa emergenza che ha dovuto appunto sopportare in questi mesi.

Noi ci auguriamo di uscire dall'emergenza complessivamente, perché questa condizione di enorme difficoltà che abbiamo vissuto in questi mesi ha prodotto effetti dirompenti, drammatici sulla vita di tutti noi, io sono bresciano, quindi vengo da una delle zone del territorio italiano più colpite dalla pandemia, e quindi so esattamente come le nostre comunità sono state afflitte da questa grande emergenza e questo grande dramma che ha colpito tutti gli italiani, ma ci auguriamo che questa emergenza possa finalmente essere superata sia quanto agli effetti che essa ha prodotto su tutti i campi della nostra vita e delle attività del nostro Paese, e anche, penso e spero, nel campo della nostra attività legislativa.

Le opposizioni si sono molto lamentate, nel corso della discussione in Commissione, per i tempi con i quali siamo stati costrette ad affrontare la discussione di questo decreto, tempi compressi. Il decreto è arrivato a metà della settimana scorsa e sappiamo che scade alla fine di questa, quindi abbiamo tempi molto, molto limitati. Si sono lamentate anche per il fatto che è un decreto che contiene al suo interno due decreti, perché, nel profluvio di decreti che sono stati emanati dal Governo in questa fase, c'è stata anche la necessità di intervenire per evitare che alcuni decreti perdessero efficacia, e quindi si è intervenuti anche introducendo in alcuni decreti, in sede di conversione, altre norme contenute in decreti precedenti che rischiavano di scadere. Voglio dire all'opposizione che capisco le ragioni di lamentela rispetto a questo modo di legiferare, e voglio anche dire che anche a noi, che siamo maggioranza, non piace dover intervenire in questo modo. Non ci piace dover inseguire in continuazione la decretazione d'urgenza del Governo, che obbliga anche noi, come Parlamento, a cercare di fare il nostro lavoro con tempi compressi. Non ci piace questo monocameralismo di fatto al quale siamo costretti, perché un decreto finisce in uno dei due rami del Parlamento, là giace per necessità fino a quasi la prossimità della scadenza, poi arriva nell'altro ramo del Parlamento e l'altro ramo del Parlamento è costretto ad affrontarlo in tempi che obiettivamente non consentono un esame approfondito. Non piace neanche a noi questo modo di legiferare, al quale siamo stati costretti, però, da una condizione di emergenza inedita, del tutto imprevedibile e che il Paese, la Repubblica italiana non ha mai vissuto prima d'ora. E quindi bisogna anche riconoscere che purtroppo oggi, oggi, nel nostro sistema altri strumenti per intervenire legislativamente e normativamente in condizioni di emergenza, drammatiche come quelle che ha vissuto il nostro Paese purtroppo non ci sono. Altri strumenti a disposizione del nostro sistema e delle nostre istituzioni per intervenire, al di là di una decretazione d'urgenza che è resa necessitata dalla condizione di emergenza che abbiamo vissuto, non ci sono, e questo penso che sia un problema sul quale forse occorre anche interrogarsi, perché probabilmente c'è una falla nel nostro sistema quando si tratta di affrontare periodi di emergenza così drammatici come quelli che abbiamo vissuto. Ma spero, auspico e sono convinto che, con il ritorno alla normalità e mettendoci alle spalle finalmente questa condizione di emergenza che ha caratterizzato anche il modo di procedere, normativo e legislativo, delle nostre istituzioni, si possa tornare finalmente anche a una condizione normale nell'attività legislativa, fermo restando che credo che questo problema che si è posto in questi mesi sia un problema serio, un problema vero. Non è un caso che anche noi, come Partito democratico, abbiamo depositato una proposta di legge che ha l'obiettivo di mettere a sistema una condizione istituzionale che può verificarsi appunto in condizioni di emergenza drammatica. Credo che sia un problema sul quale dovremo tornare a interrogarci a mente fredda, ma mi auguro, spero e sono convinto che anche questo modo di intervenire, che, ripeto, credo che sia stato assolutamente necessitato da una condizione drammatica, possa essere piano piano superato, perché questo è nell'interesse del nostro Paese e del buon funzionamento delle nostre istituzioni.

Dicevo che è un decreto che cerca di traguardare appunto l'uscita dall'emergenza del settore giustizia e lo fa nei campi nei quali è opportuno farlo, quindi occupandosi sia degli aspetti del funzionamento della nostra giurisdizione sia quanto a uno dei settori che più sono stati toccati dall'emergenza, che è quello della tenuta del nostro sistema penitenziario. Lo fa appunto introducendo alcune norme che, da un lato, accompagnano l'uscita dall'emergenza, dall'altro lato cercano anche di sanare o di correggere alcune falle di sistema che si sono dovute registrare in queste settimane e in questi mesi. Mi riferisco, quanto a questo, in particolare alle note questioni riguardanti il funzionamento del nostro sistema penitenziario, che, noi sappiamo, è stato messo in grave difficoltà dalla pandemia, perché è ben noto che in Italia, come in tutti gli altri Paesi, l'emergenza pandemia dentro le carceri, quindi dentro luoghi di ristrettezze fisiche, nelle quali il distanziamento sociale, nelle quali tutte le misure di precauzione erano molto più complicate da gestire, è stato uno dei punti sui quali anche il Ministero della Giustizia si è interrogato di più e sui quali si è cercato di intervenire in maniera da garantire che appunto quell'emergenza non si trasformasse in un disastro.

Penso che questo, in qualche modo, sia anche riuscito, almeno fino adesso, e ci auguriamo che non ci siano ulteriori episodi che smentiscano quanto sto dicendo, ma mi pare che i numeri e la situazione attuale del nostro sistema penitenziario attestino che, anche in ragione delle misure che sono state adottate dal Governo in questi mesi, i rischi e i pericoli che erano paventati rispetto alla condizione del nostro assetto penitenziario siano in qualche modo stati scongiurati: gli ultimi numeri danno che su una popolazione carceraria di circa 53 mila detenuti, il numero dei ristretti positivi affetti dal virus del COVID sono oggi circa 66; si tratta, quindi, di un numero ridotto, che ci consente di dire che la pandemia è sotto controllo e che è stata controllata anche all'interno di strutture a rischio come i nostri penitenziari. Questo mi fa dire che il Governo ha agito in maniera efficace per contenere un rischio che era un rischio diffuso, non solo da noi ma in tutti i Paesi, un rischio che tutti i Paesi hanno dovuto affrontare. Questo nonostante alcune falle nel sistema che abbiamo dovuto registrare e sulle quali si è dovuti intervenire appunto con la decretazione d'urgenza e anche con le norme che oggi sono oggetto di questa discussione per la conversione di questo decreto; norme che hanno appunto l'obiettivo di evitare che possano ripetersi alcuni episodi che si sono registrati, cioè la scarcerazione di alcuni detenuti con condanne pesanti sulle spalle, ristretti in detenzione in regimi particolari, cosa che è avvenuta per una inadeguatezza nel nostro sistema normativo e, in particolare, per una inadeguatezza nel flusso di informazioni tra le procure antimafia, antiterrorismo, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e i tribunali di sorveglianza. A queste falle questa decretazione cerca di porre un rimedio che riteniamo essere sufficientemente adeguato ad impedire che si verifichino nuovamente tali episodi. Le opposizioni, ovviamente, hanno imputato alla responsabilità del Governo quanto accaduto, in particolare evocando una circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con la quale si faceva una ricognizione dei detenuti afflitti da particolari patologie e che potevano essere, diciamo, di particolare rischio, in ragione appunto di queste patologie, per la possibile diffusione del virus all'interno dei penitenziari. Credo e sono convinto, noi siamo convinti, che in realtà quella circolare non abbia prodotto alcun effetto di alcun tipo rispetto alle scarcerazioni di cui stiamo parlando, che sono invece dovute a una scelta libera, consapevole e del tutto legittima dei tribunali di sorveglianza rispetto a rischi presenti e facendo applicazione corretta di norme già presenti nell'ordinamento penitenziario. Anche qui questo bisogna dirlo con grande chiarezza, perché abbiamo sentito ancora, anche recentemente, l'opposizione accusare il Governo di avere introdotto, attraverso l'articolo 123 del “decreto Cura Italia”, una norma che avrebbe agevolato e consentito la scarcerazione di quei detenuti di particolare pericolosità sociale di cui stiamo parlando. È bene ribadirlo, è stato detto in qualunque sede ed in qualunque modo ma occorre ribadirlo anche in questa: in realtà quella norma nulla c'entra, perché è una norma che si riferisce all'applicazione della detenzione domiciliare per detenuti con fino a 18 mesi di periodo di detenzione ancora da scontare, escludendo esattamente quei detenuti condannati per reati di particolare gravità e, quindi, per i reati legati alla criminalità organizzata, al terrorismo e, quindi, per quei reati per i quali erano stati condannati quei detenuti che, invece, sono usciti attraverso l'applicazione di altre norme già presenti nell'ordinamento penitenziario che sono state applicate correttamente e legittimamente dai tribunali e dai magistrati di sorveglianza. Noi siamo intervenuti per garantire che questo sistema, il funzionamento del giudizio da parte dei tribunali di sorveglianza, dei magistrati di sorveglianza sui permessi premio, sulla detenzione domiciliare per motivi di salute che, appunto, ha comportato la liberazione di alcuni di questi detenuti, possa essere fatto con un'istruttoria completa che consenta l'intervento, sempre e obbligatorio, delle procure antimafia e delle procure antiterrorismo che hanno gli elementi per dire ai tribunali di sorveglianza se, nel bilanciamento tra le ragioni dei detenuti, la tutela della salute dei detenuti e, diciamo, le ragioni sanitarie che assistono i detenuti e le ragioni di sicurezza sociale, vi siano elementi particolari di cui occorre tener conto nella decisione, autonoma, libera ed indipendente, della magistratura di sorveglianza: questo è quello che è stato fatto. In più, è stata introdotta anche una norma che consente una verifica ex post della sussistenza delle ragioni che hanno determinato, da parte della magistratura di sorveglianza, il rilascio dei permessi o la detenzione domiciliare in ragione delle norme presenti nell'ordinamento penitenziario. Quindi, questo è un sistema che non snatura e non crea alcuna frattura all'interno del nostro sistema di funzionamento della magistratura di sorveglianza, nel nostro sistema di verifica, appunto, delle condizioni dei detenuti che è previsto dall'ordinamento penitenziario; anzi, rafforza le garanzie per una corretta verifica del bilanciamento delle esigenze che devono essere tenute in considerazione dai magistrati del tribunale sorveglianza. Credo, quindi, che sia stato un intervento calibrato che consente di superare le falle del sistema che abbiamo dovuto registrare in questa vicenda e che credo abbia consentito di fare un passo in avanti alla nostra condizione. Certo, questa è una cosa che va detta e ribadita, anche in questa circostanza le condizioni complessive del nostro sistema penitenziario, dei nostri detenuti sono venute in evidenza per le difficoltà e per i grandi limiti nei quali si dibatte oggi il nostro sistema penitenziario. Credo che questo obblighi, comporti, necessiti di un'attenzione particolare e noi crediamo, come Partito Democratico, che occorra intervenire anche sul sistema dell'esecuzione della pena e dell'ordinamento penitenziario con un'innovazione e con interventi rilevanti che consentano di rivedere il sistema per consentire, meglio di quanto oggi non sia, da un lato la sicurezza dei cittadini e dall'altro lato la corretta esecuzione delle misure detentive e anche delle misure sanzionatorie che consentano anche un migliore recupero dei condannati, cosa che oggi purtroppo avviene in modo non sufficientemente esaustivo. Questo è un tema su cui occorrerà certamente intervenire, e ciò che è accaduto ci pone ancora sotto gli occhi la necessità di intervenire in maniera profonda anche sul sistema dell'esecuzione della pena e dell'esecuzione penale.

Il decreto, inoltre, interviene anche sul tema del riavvio delle attività giurisdizionali; il decreto è intervenuto, diciamo, cercando di disciplinare la fase di transizione attraverso anche l'introduzione di strumenti di attività da remoto nell'attività giurisdizionale e l'implementazione, l'incrementazione delle modalità di deposito telematico degli atti. Credo che ciò sia comunque un passo in avanti significativo, che può restare, in particolare mi riferisco al deposito telematico degli atti, acquisito perché rappresenta un'enorme facilitazione per il lavoro degli avvocati e per le attività delle cancellerie. Penso quindi che sia comunque un'innovazione molto significativa e positiva nel nostro sistema di funzionamento della giurisdizione. Inoltre, è stato anticipato il riavvio dell'attività ordinaria dei tribunali, che era previsto il 31 luglio e che è stato anticipato al primo luglio da un emendamento approvato dal Senato: penso che sia un investimento di fiducia anche sull'attività giurisdizionale e ci auguriamo che questo consenta una ripresa piena delle attività che, ad oggi, non in tutti i tribunali hanno visto una ripresa in maniera piena e definitiva. Sappiamo che in molti uffici giudiziari, purtroppo, le attività sono ancora ridotte, e questo crea nocumento anzitutto alla tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini italiani; crea nocumento anche alla categoria degli avvocati, che sappiamo aver avuto una consistentissima riduzione delle loro attività.

Tuttavia, l'anticipazione del recupero, del riavvio delle attività ordinarie al 1° luglio, credo che offra una prospettiva positiva sia per la tutela dei diritti, sia per le attività degli avvocati. Quindi, credo che sia una cosa positiva.

Sul tema delle udienze da remoto, noi sappiamo che eravamo già intervenuti sul decreto inizialmente emanato con una limitazione, che era stata introdotta e prevista per le udienze penali da remoto, in particolare per quelle con la presenza di testimoni, di consulenti tecnici, di parti diciamo estranee ai detenuti e alle parti e agli avvocati; eravamo già intervenuti con una limitazione.

Credo che il tema delle udienze da remoto e dei processi da remoto sia un tema che deve rimanere comunque nell'agenda della politica, perché penso che sia una questione che vada affrontata in maniera molto laica, senza pregiudizi, perché io sono convinto - e lo dico da avvocato – che ci sia un ampio spettro di campi di applicazione delle udienze anche da remoto, quindi delle modalità di svolgimento delle attività giurisdizionali da remoto, che possono essere utilmente introdotte nell'ordinamento, al di là e oltre la condizione di emergenza che abbiamo vissuto. Quindi, io penso che anche questo sia un tema sul quale occorrerà ritornare diciamo con attenzione in futuro, perché penso che sia un tema estremamente rilevante.

Il decreto poi interviene introducendo altre previsioni normative che sono state ricordate dalla relatrice. Io voglio ricordare, tra le altre, una innovazione che è stata introdotta al Senato e che è quella che consente al Garante nazionale dei detenuti di entrare nei penitenziari e di aver colloqui anche con i detenuti ristretti in condizioni di particolare gravosità, senza alcuna necessità di anticipazione del suo ingresso in carcere e senza necessità di essere ripreso con mezzi audiovisivi; quindi, si concede al Garante dei detenuti una grande facoltà di ispezione e di verifica delle condizioni detentive, maggiore di quella che oggi è consentita e comunque si chiarisce quali sono i suoi poteri e penso che sia una cosa molto positiva.

E' introdotto il sistema di allerta, è disciplinato il sistema di allerta, la famosa App Immuni, che su base volontaria può essere scaricata da tutti i cittadini italiani e che io credo sia uno strumento di tracciamento utile; non è certo risolutivo, non è certo esaustivo per consentire il tracciamento delle persone e dei contagi, ma è, penso, uno strumento che può essere utile anche in quella direzione. E' fatto su base volontaria e ci sono le più ampie garanzie affinché questo strumento non sia invasivo e non sia lesivo della privacy e della riservatezza di chi lo scarica. D'altro canto, sappiamo che il tracciamento di cui siamo oggetto tutti noi è già invalso da anni attraverso la stragrande maggioranza delle App che noi scarichiamo e abbiamo scaricato nel nostro cellulare, quindi non penso che l'App Immuni, da questo punto di vista, faccia danni maggiori di quelli che purtroppo già abbiamo rispetto alla nostra privacy. Ma mi pare che ci siano tutte le garanzie affinché questa App possa avere i suoi effetti, senza alcun pregiudizio dei diritti e delle garanzie di riservatezza e di privacy dei cittadini e può essere uno strumento utile per il tracciamento, sperando che ovviamente non sia più particolarmente necessario.

Prima ho sentito un collega che diceva: “E' inutile fare l'App Immuni, visto che oggi i contagi sono in diminuzione”. Noi ce lo auguriamo che sia inutile, ma nell'eventualità è sempre bene essere pronti e preparati anche a una eventuale ripresa della pandemia, che tutti quanti noi scongiuriamo.

Concludo, Presidente, ribadendo quanto detto in esordio del mio intervento e cioè che io mi auguro davvero che questo sia l'ultimo intervento di emergenza, anche nel campo della giustizia, per far fronte alla gravissima condizione del Paese, che abbiamo vissuto negli ultimi due mesi. Mi auguro che, da oggi in poi, si possa riprendere un'attività ordinaria anche nel campo della giustizia e, anzi, rivolgo anche io un appello, da parte mia, all'opposizione: io spero e mi auguro che sappiamo cogliere, insieme, l'occasione che ci è offerta anche da questa grande condizione di difficoltà, che ci obbliga anche a immaginare un rilancio del Paese per uscirne, che affrontiamo e trasformiamo questa condizione di emergenza in una grande occasione da cogliere insieme, anche per fare le riforme utili e necessarie nel campo della giustizia. Perché io penso che, usciti dall'emergenza, arriverà il momento - e il momento è già arrivato ed è già oggi qui tra noi - di affrontare i grandi nodi che riguardano il funzionamento del nostro sistema della giustizia, a tutto campo. E oggi noi abbiamo credo le condizioni per farlo, anche perché c'è una serie di progetti di legge che hanno l'ambizione insomma di fare riforme utili e importanti sia sul campo della giustizia civile, sia sul campo della giustizia penale, sia sul campo del funzionamento del CSM e dell'ordinamento giudiziario, io mi auguro anche sul campo dell'ordinamento penitenziario. Quindi, abbiamo davanti a noi uno scenario di riforme possibili, che io credo sia una grande occasione, sulla quale io, ripeto, mi auguro che maggioranza e opposizione possano collaborare in maniera efficace, perché sarebbe una grande occasione e non dobbiamo sprecarla, anche sul campo della giustizia. Quindi, mi auguro che questo accada e penso che, se saremo capaci di lavorare proficuamente, come è stato fatto peraltro su questo decreto… lo voglio dire, perché al Senato a me risulta che ci sia stata una molto efficace collaborazione tra la maggioranza e l'opposizione, tanto è vero che molti emendamenti dell'opposizione sono stati accolti e sono stati inseriti in questo decreto; e quindi questo credo che sia un buon viatico e certamente una buona premessa per lavorare anche sulle grandi riforme che ci attendono.

Quindi, mi auguro che questo sia il futuro che ci attende, perché questo sarebbe appunto, nell'interesse del Paese, trasformare questa grande emergenza in una grande occasione e opportunità anche per fare le riforme utili e importanti che ci attendono nel campo della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente Carfagna. Sottosegretario Ferraresi e onorevoli colleghi, la discussione generale è – lo ricordo a me stessa, prima legislatura - quel momento dell'iter parlamentare, nel quale i commissari, che hanno diretto e partecipato ai lavori in Commissione giustizia, dovrebbero riversare i contenuti di quel confronto e di quell'apporto di studio che si è fatto in Commissione a favore non solo degli altri componenti dell'asse, quindi maggioranza e opposizione e di tutto il Parlamento, ma anche di chi ascolta i nostri lavori, nell'interlocuzione col Governo. E tendenzialmente, quindi, la discussione generale è non solo l'esegesi del testo, alla quale si è limitata la relatrice di maggioranza, ma è diciamo un confronto o lo dovrebbe essere - il condizionale è d'obbligo, perché io non lo farò e per questo cambio tiro - il condizionale è d'obbligo e anche, dicevo, un apporto critico, ognuno dalle rispettive posizioni, ma che poi dovrebbe portare alla discussione in Aula, dovrebbe governare la discussione in Aula, prima di licenziare il testo finale. Beh, perché cambio linea, Presidente? Perché, dopo aver ascoltato il collega Bazoli, del Partito Democratico, è necessario, affinché i nostri lavori siano compresi soprattutto all'esterno di quest'Aula, riportare al vero la questione, rettificando una serie di cose che ho sentito proferire, ma che non rispondono a quella che è la realtà dei fatti.

Il collega del Partito Democratico dice: “Tempi troppo limitati per l'esame del decreto, oggi n. 28”. Bene, troppo buono collega Bazoli: non tempi troppo limitati, tempi inesistenti, perché non è vero quello che diceva la relatrice, che il 17 e il 18, mercoledì e giovedì della scorsa settimana, il decreto è arrivato in Commissione e lo abbiamo esaminato, non abbiamo fatto niente: è arrivato giovedì, lo abbiamo incardinato, la Presidente ci ha concesso - e di questo dobbiamo dire grazie alla Presidente - il massimo del tempo per la predisposizione degli emendamenti, comunque irrisorio, a lunedì, termine per il confronto ieri - poi ci arriverò - e oggi l'apertura della discussione.

Quindi, dire che il tempo della discussione è stato limitato è veramente essere troppo buoni. Il tempo non c'è stato, tanto che ieri, in apertura dei lavori di Commissione, abbiamo chiesto, rispetto ai pareri negativi a cui accennava la relatrice di maggioranza nell'incipit del suo discorso, se si trattava di un atteggiamento della maggioranza nel merito, o se invece si trattava della presa d'atto rispetto alla questione di fiducia che da qui a poche ore verrà posta dal Governo.

E ancora, collega Bazoli, lei ha parlato di un profluvio di decreti che è stato necessitato dall'emergenza COVID-19: anche questo non è vero e ci arriverò a breve. Il profluvio di decreti, quindi l'uso dello strumento d'urgenza nel normare, non è un'evenienza sopravvenuta legata alla pandemia, che ci ha tristemente colpiti da gennaio ad oggi, perché i Governi Conte 1 e 2, di decreti-legge ne hanno fatti 55 su centodieci provvedimenti che quest'Aula ha licenziato. Inoltre, non è vera la vostra affermazione secondo cui con questo decreto voi avete messo una toppa - che, secondo me, è anche peggio del buco - eliminando una falla del sistema. Licenziare 500 scarcerazioni, di cui tantissime di detenuti sottoposti al regime del 41-bis - parliamo di detenuti per mafia al 41-bis o in alta sicurezza -, licenziare due rivolte che hanno causato la morte di 14 persone, licenziare il ferimento di tantissimi agenti della Polizia penitenziaria, licenziare le migliaia di euro di danni che si sono arrecati con l'epiteto di falla del sistema è veramente una cosa risibile, collega Bazoli. Non è stata la falla di un sistema, voi non avete cercato di porre rimedio, avete fatto ben altro e tra poco vi dirò come la penso.

Per questi motivi, signor Presidente, il mio intervento di oggi in sede di discussione sulle linee generali è rivolto soprattutto a chi segue i nostri lavori fuori da quest'Aula ed è teso a ripristinare la verità sull'operato del Governo non solo relativamente al comparto della Giustizia, ma in generale sulle linee fondamentali che dovrebbero reggere il nostro Paese. Il dossier preparato dal Servizio studi della Camera dei deputati è aggiornato al maggio del 2020 e, come dicevo in precedenza, annota che su 110 provvedimenti approvati dal Parlamento, 55 sono decreti-legge (26 approvati dal Governo Conte 1 e 25 approvati dal Governo Conte 2), 63 sono decreti legislativi e poi vi sono ratifiche di trattati. Se, ancora dal buon lavoro effettuato dal Servizio Studi della Camera andiamo ad esaminare le risultanze del Rapporto 2020, si può notare come in uno stesso periodo di tempo in Italia sono state approvate 21 leggi, mentre in Francia sono state 68, in Germania 58 e nel Regno Unito 34. Signor Presidente, ho voluto stampare i report per dare atto della verità sull'uso della decretazione d'urgenza: le leggi di iniziativa governativa rappresentano il 38 per cento e le leggi di conversione, oltre ai testi coordinati e ai decreti-legge, rappresentano il 58 per cento della produzione normativa di questo Parlamento. Se si analizzano i dati ancora più a fondo si noterà che la Commissione giustizia, rispetto alle altre Commissioni permanenti, si è intrattenuta in sessioni di studio per 233 ore e 20 minuti, mentre il numero delle sedute è 434; ebbene, allora, a leggere di queste sedute uno potrebbe dire che la Commissione Giustizia, rispetto…vi do qualche dato di comparazione: noi 454, la Commissione Affari costituzionali, 69 sedute; Giustizia e Affari esteri, 32; Giustizia e Difesa, 8; insomma, imparagonabile. Quindi, uno potrebbe essere legittimamente propenso a dire che la Commissione Giustizia lavora; lavora e lavora tanto. Invece no, perché di quei 55 decreti-legge, su 20 dei quali è stata posta la fiducia, quasi il 70 per cento riguarda i lavori della Commissione giustizia. Quindi, evidentemente, ci intrattenete in Commissione, prendendoci in giro ogni volta, per non fare nulla; ripeto: per non fare nulla. Inoltre, quando non ci intrattenete sull'esame dei decreti-legge sui quali ponete la questione di fiducia, ci intrattenete sulla ratifica dei trattati internazionali: questo è il dato triste, ma vero.

A questo punto, signor Presidente, visto che il collega Bazoli auspicava, facendo appello alle forze di opposizione, di cercare di lavorare assieme, uniti in una sorta di spirito di fratellanza, io devo tristemente dire che oggi non stiamo parlando della cosiddetta riforma della giustizia. Potremmo parlare di lavoro, potremmo parlare di stadi, potremmo parlare di qualsiasi cosa, ma è sempre lo stesso film, un film drammatico in cui c'è un Parlamento imbavagliato dal Governo, in cui ci sono parlamentari che ormai fanno fatica a concepire se stessi come qualcosa di differente di burattini che devono sfilare, come assisteremo oggi quando verrà posta la questione di fiducia. Si tratta di un film drammatico in cui c'è un Ministro per i Rapporti con il Parlamento che a quanto pare pensa che la sua funzione si limiti a leggere un discorsetto, il cosiddetto speech, con cui viene posta la questione di fiducia e in quel momento il Parlamento viene imbavagliato e il dibattito ghigliottinato per l'ennesima volta. Mi chiedo fino a quando potremo parlare o dovremo provare vergogna, fino a quando si dovrà assistere al massacro della democrazia. In Commissione, lo ribadisco, signor Presidente, abbiamo avuto un giorno per studiare il provvedimento e presentare i nostri emendamenti e una mattinata per studiare gli emendamenti degli altri ed esprimere la nostra posizione al riguardo. E allora, signor Presidente, sulla questione di fiducia che verrà posta, noi non possiamo che rivolgerci ogni volta a tutti i parlamentari all'interno di quest'Aula dicendo loro: ribellatevi! Ribellatevi ai capi, ai poteri forti, perché siete qui, e guadagnate, lo ripeto,15 mila euro al mese per poi non lavorare. Magari verrà un futuro in cui, parlando con i vostri nipoti, con i vostri figli, direte loro che il 4 novembre del 2014 avete capito, anzi avete avuto una folgorazione, che i Padri della Costituzione non erano morti in quest'Aula, perché non è mai morto e non deve mai morire lo spirito dei Padri della Costituzione e finché ci saranno parlamentari disposti a ribellarsi, su quella scia, come noi, allora forse la Costituzione - che all'inizio io simbolicamente ho stropicciato, come fa il Governo Renzi che è stato maltrattato - sarà ancora qui.

Signor Presidente, queste non sono le mie parole, ma le parole che l'allora deputato di prima legislatura, oggi guardasigilli, Alfonso Bonafede, urlava - ho cercato il video in cui urlava, ma non l'ho trovato, ma sono sicura che urlava (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) - rispetto all'abuso che della decretazione d'urgenza si era fatto durante il Governo Renzi. Io aggiungo che il Guardasigilli, che oggi doveva essere in Aula insieme a noi, dovrebbe ancor di più essere mortificato, non solo per le parole che ha pronunciato e nelle quali forse un tempo credeva e che evidentemente si è rimangiato per spirito di poltrona, ma soprattutto perché ha superato ogni limite. Sono andata a vedere quanti decreti-legge sono stati approvati nel corso delle ultime legislature: ebbene, avete battuto ogni record, sottosegretario Ferraresi. Al momento avete raggiunto l'unico Governo che presentava numeri vicini ai vostri, il Governo Letta, li avete battuti tutti, il nostro Berlusconi, quelli della sinistra, tutti li avete battuti, l'unico Governo che ancora reggeva al confronto con il vostro era quello del presidente Letta; ma il paragone non può esser fatto perché in termini assoluti siete leggermente indietro a quello, ma se consideriamo i due anni di vigenza del vostro Governo, l'avete superato e anche di molto.

Signor Presidente, non possiamo raccogliere senza nessun segno di resipiscenza da parte della maggioranza l'appello che il collega Bazoli ci rivolgeva, perché quell'appello doveva essere supportato da fatti concreti. Le semplici parole, che ogni volta noi ascoltiamo alla fine di ogni discussione sulle linee generali, l'appello all'opposizione per far sì che vengono licenziati provvedimenti importanti per la giustizia, chi non lo potrebbe cogliere!

Noi siamo sempre stati una forza costruttiva, non certamente di ostruzionismo… così... Abbiamo sempre cercato di lavorare con onestà intellettuale prima di ogni cosa e apportando un fattivo contributo. Per questo, l'appello del Partito Democratico - che è complice, è giusto ricordarlo, dell'andamento che la giustizia ha avuto nell'ultimo anno nel nostro Paese – quell'appello noi, allo stato, lo dobbiamo respingere al mittente.

Presidente, sul decreto n. 28: anche qui, per riportare alla verità dei fatti, non faccio commenti perché ognuno può avere la propria idea politica, anzi è giusto che l'abbia, ma il fatto è fatto, e il fatto storico non può essere modificato. E, allora, per riportare alla verità dei fatti storici le affermazioni che hanno fatto la relatrice per la maggioranza e il collega del Partito Democratico, vorrei tornare sulla tempistica dei decreti per verificare se è vero quello che entrambi dicevano sulla necessità di intervenire sul decreto n. 28 del 2020, trasformandolo in quello che lo stesso collega Verini ha definito un decreto omnibus. Il decreto n. 28 era un decreto del 30 aprile 2020 che avrebbe avuto scadenza naturale il 29 giugno ed era un decreto che, come ben ricordava qualcuno, al suo interno, nei sette articoli che lo componevano, prevedeva sicuramente le misure in materia di intercettazioni, le proroghe dei termini processuali, qualche altro aggiustamento sulla giustizia contabile amministrativa, punto. Che cosa è successo dopo? Il decreto n. 29 è del 10 maggio 2020, quindi sarebbe scaduto a luglio e avrebbe consentito alle forze di opposizione un esame del merito di quel provvedimento. Perché l'avete infilato, sotto forma emendativa, nel decreto n. 28? Non è vero quanto ha detto, collega, che è stata necessitata questa scelta dalla esigenza di porre riparo alla falla del sistema perché c'erano state le 500 scarcerazioni. In realtà, se si va a contestualizzare e si vanno a verificare le date, vi rendete conto. Poi ognuno farà le valutazioni che deve, ma io le date le devo al Paese. Allora, il decreto n. 28 del 30 aprile 2020, incardinato al Senato, inizia il ciclo di audizioni il 13 aprile. Ricordate la circolare del 21 marzo (prime scarcerazioni); non farò valutazioni, ma porterò solo le date. Riservo ogni valutazione all'esito dei nostri lavori, in sede di dichiarazioni di voto e quindi, allo stato, riporto solo i fatti. E cosa succede? Che alla seduta del Senato del 20 maggio il sottosegretario Ferraresi annuncia che - andate a vedere lo stenografico, queste sono le sue parole - probabilmente il testo del decreto n. 29 sarà accorpato nel decreto n. 28. Il decreto n. 29 - è giusto ricordarlo a chi segue i nostri lavori - è il testo di legge che in qualche modo pone, come ha detto più volte il collega Bazoli - la falla al sistema sulle scarcerazioni. Quindi, il sottosegretario nella seduta pomeridiana del 20 maggio annuncia che il decreto n. 29 va a confluire nel n. 28 e quindi annuncia l'accorpamento dei decreti, che non vi era ragione di fare perché, come vi ho detto prima, il n. 29 sarebbe scaduto a luglio. È del tutto casuale che il sottosegretario pronunci quelle frasi in Commissione al Senato, quando il 20 maggio al Senato, la mattina, si discute la mozione di sfiducia al Ministro Bonafede? E dico di più: è del tutto casuale - per me è causale - che questo accorpamento dei due decreti - il n. 29 viene trasformato in emendamento al n. 28 – avvenga il 26 maggio, stesso giorno in cui un giudice al tribunale di Spoleto solleva questione di legittimità costituzionale alla Consulta? La settimana prima ci aveva provato un avvocato in un tribunale di Palermo e la questione era finita lì. Ma è una mera coincidenza, anche questa, che lo stesso giorno in cui viene inglobato, nel pomeriggio, il testo, la mattina viene sollevata questione di legittimità costituzionale alla Consulta sul decreto n. 29? Il testo arriva alla Camera vi dicevo solo il 18 in Commissione giustizia; incardinati i lavori, ci viene concesso dalla Presidenza il termine maggiore, su richiesta di Forza Italia, per la predisposizione degli emendamenti e ieri ci riuniamo per l'esame. La collega ha detto 21; in realtà in totale erano oltre 100 proposte emendative, che hanno avuto tutte parere contrario e tutte respinte. Respinte non per quello che avevamo chiesto, quindi respinte non per una problematicità sul contenuto delle proposte emendative, ma perché non vi sarebbe stato il tempo, visto che aleggiava già la fiducia, per il loro esame.

Beh, Presidente, l'excursus temporale che ho tentato di portare, modificando il tenore dell'intervento che avevo ritenuto di dover fare, io credo che rassegni una realtà che non fa onore a questa Assemblea. L'abuso del decreto-legge è una cosa, l'abuso della decretazione d'urgenza in materia penale è altra cosa. La fiducia sul decreto-legge in materia penale non si può proprio accettare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia- Berlusconi Presidente). E questo lo diciamo oggi, lo diremo con forza sempre e in ogni occasione in cui saremo chiamati a rappresentare il nostro giudizio, anche sul contenuto di un decreto che abbiamo all'esame. È stata colpa del COVID-19? Non è stata colpa del COVID-19, colleghi. Il COVID-19 è stata una grandissima emergenza, non solo sanitaria, ma anche economica e sociale che all'interno delle strutture penitenziarie avrebbe imposto una progettualità che è mancata. Non si mette la falla al sistema, collega Bazoli, si previene la falla al sistema. È questo che noi vi imputiamo, dal punto di vista politico: che non avete avuto la capacità, pur avendo la possibilità, perché l'emergenza era nota già da dicembre, è diventata emergenza a fine gennaio e le scarcerazioni sono di fine marzo. Quello che vi imputiamo è l'incapacità di attuare una seria progettualità all'interno delle carceri. Questo avrebbe impedito quello a cui abbiamo assistito e non avrebbe in qualche modo necessitato un provvedimento che è inadeguato. Io sono convinta che così sarà, poi il collega Sisto tratterà sicuramente molto meglio di me la questione di legittimità costituzionale nei giorni a seguire ma anche oggi credo, in discussione generale, sulla quale aspetteremo anche l'esito della Consulta.

Presidente, io concludo dicendo qualcosa nel merito perché non rimanga agli atti che ci siamo sottratti. Se avessimo potuto parlare per ore, lo avrei fatto con piacere, ma anche sul merito qualcosa ritengo di doverla rassegnare, per riportare anche in questo caso a realtà ciò che il Governo e la maggioranza hanno ritenuto di dover fare sul problema delle scarcerazioni. Rispetto a quella che è stata la vostra insipienza, la vostra incapacità di progettare, l'adozione del decreto non è stato neanche il corretto rimedio per porre, come lei ricordava, una toppa adeguata al buco, e questo sotto molteplici profili. Avete umiliato e disconosciuto, misconosciuto, l'articolo 111 della Costituzione, non prevedendo la partecipazione obbligatoria del difensore dell'imputato o dell'indagato durante l'udienza camerale, che noi avremmo voluto prevedere, per la revoca della misura che ha in qualche modo disposto la detenzione domiciliare o gli arresti domiciliari.

E dico che avete misconosciuto i diritti di difesa perché su questo, sì, abbiamo tentato in Commissione Giustizia di aprirvi gli occhi, facendo appello non solo a quanti di voi della maggioranza esercitano la libera professione e si fanno paladini, solo a voce però, dei diritti delle persone indagate o delle persone imputate. Abbiamo cercato di sollecitare quindi non solo i professionisti ma anche coloro che fanno parte della Commissione Giustizia e non sono professionisti del diritto, cercando di portar loro esempi concreti, cercando di stimolare il ricordo personale di quello che non è stato e ci auguriamo che non sarà mai ma che potrebbe essere. Io ricordo che ho detto: potrebbe capitare a tutti. Allora quando capiterà a qualcuno di noi e quando le garanzie processuali non saranno rispettate, come in questo caso, allora lì vi sveglierete, non prima? Per cui quanto succede agli altri è un loro problema, quando toccherà a voi, come è avvenuto in tanti casi, allora forse sveglierete le vostre coscienze.

Non solo, Presidente, il problema dell'articolo 111. Abbiamo sentito dal Partito Democratico che hanno cercato di migliorare il sistema informatico. Il collega Bazoli diceva che l'inadeguatezza del sistema informatico ha consentito le scarcerazioni: tale ricostruzione è semplicistica - mi permetta, collega - perché non è assolutamente così, lo sappiamo tutti, lo sa anche lei. Il fatto che la richiesta del parere della DDA o della DNA fosse necessaria o fosse opportuna credo sia una cosa sulla quale possiamo convenire tutti; il problema è come attuate questa necessità o come tentate di risolverla. Infatti l'aver previsto, come avete fatto, un termine stringente di 24 ore per la trasmissione del parere di fatto significa svuotarne il contenuto: ce lo siamo detti ieri. In 24 ore la DNA o la DDA potrà trasmettere alla magistratura che procede unicamente la documentazione che ha già in possesso, quindi verbali, ordinanze, sentenze, ma, non potrà certamente, perché mancano i tempi, attualizzare il giudizio sulla pericolosità dell'indagato o del detenuto e, quindi, contribuire ad un provvedimento motivato da parte della stessa magistratura. Ma avete fatto ancor peggio: non solo avete ristretto i tempi del parere, quindi di fatto svuotandone il contenuto, ma vi siete dimenticati che richiedete il parere quando si tratta di detenuti condannati con sentenza e non fate la stessa cosa quando, per esempio, si tratta di indagati che sono stati ristretti in base all'articolo 41-bis o in alta sicurezza, quindi per particolare allarme sociale o di soggetti che hanno un procedimento in corso. In quei casi non va chiesto il parere? Quindi, anche in questo caso siamo di fronte ad una legislazione che io definisco schizofrenica, un modo di normare che prescinde dal sistema, che non ha riguardo al sistema nella sua interezza. Si intravede - devo darne atto - che ci sono intuizioni, però il problema è il modo in cui concretizzi le intuizioni in un provvedimento che regga dal punto di vista normativo e costituzionale e voi non fate provvedimenti che reggono. Siamo già alla terza volta che un giudice ritiene di sollevare questioni alla Consulta e la quantità di emendamenti, di ordini del giorno che sono accolti dà atto sicuramente di uno spirito di collaborazione ma testimonia anche che il decreto è scritto male: è indubbio che il decreto è scritto male.

Oltre al discorso del parere, ricordo altri temi centrali del decreto che in qualche modo vi sono sfuggiti. La retroattività, l'entrata in vigore: è un tema importantissimo, che sono sicura in diversi decreti il Ministro Guardasigilli ha dimenticato come problema. Non è la prima volta che succede. Contestualizzare i fatti ci consente di avere una lettura complessiva di insieme. Nel decreto n. 28 l'entrata in vigore era prevista normalmente dal giorno della pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge, quindi perfetto: per una volta tanto la maggioranza aveva azzeccato la disposizione diciamo così “transitoria”. Cosa fate con il decreto n. 29? Poiché dovete porre riparo alla falla ma non alla falla del sistema ma alla falla del Ministro Bonafede, collega Bazoli, cosa prevedete nel decreto n. 29, oggi emendamento al n. 28 e quindi vi tirate dietro anche il decreto n. 28? Un'entrata in vigore non differita, postuma alla pubblicazione ma diversa da quella che è la sua naturale. La ancorate ad una data della quale io non riesco a capire il motivo, il 28 febbraio, che non è né l'epoca in cui scoppia la pandemia né l'epoca in cui c'è il primo DPCM del Presidente del Consiglio, né la data naturale di pubblicazione in Gazzetta del decreto-legge di conversione e allora anche in questo caso mi chiedo, perché non ci può essere casualità così diffusa: anche qui c'è una casualità che non si comprende? Secondo me sì, perché anche in questo caso se andate a vedere, facendo un passo indietro, di quando è la prima richiesta di scarcerazione, il primo detenuto che chiede la scarcerazione, noterete che è stato proprio in quella data.

Allora, Presidente, concludendo, noi non siamo convinti che in materia penale si possa procedere con un approccio semplicistico; e siamo convinti che in materia penale non si possa inseguire il cane che ormai è fuggito dal recinto o cercare di porre in maniera posticcia ripari ai danni che avete determinato. Un sussulto - mi sia consentito dirlo - di dignità dovrebbe far sì che la Costituzione rimanga, com'è, la cornice entro la quale siamo tutti tenuti ad operare. Crediamo che i decreti che chiamo n. 28 ma insomma i decreti n. 28…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Concludo, Presidente. Crediamo che i decreti n. 28 e n. 29 abbiano fatto ennesima incetta della nostra Costituzione ed è per questo motivo che se ci fossero stati i giusti tempi, non i tempi limitati di cui parlava il collega, ma i giusti tempi per un confronto serio, noi sì, noi di Forza Italia, sì, avremmo offerto sicuramente alla maggioranza un fattivo apporto in termini di contribuzione per migliorarlo. Purtroppo, su questo non ci avete consentito di aiutarvi; ancora una volta, ci avete messi all'angolo. Collega Bazoli, lei apre le braccia, questo è (Commenti del collega Bazoli). Al Senato cosa c'entra? Il Senato è altra storia, io parlo dei nostri lavori. Qui Forza Italia vi avrebbe dato un apporto come lo ha dato là, ma qui avrebbe contribuito a far uscire un testo migliore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Grazie, Presidente. Presidente e onorevoli colleghi, siamo qui ancora una volta a recitare una parte perché la parte è quella di coloro che vorrebbero fare qualcosa, vorrebbero fare i parlamentari, Presidente. Lo giro leggermente così mi rivolgo a lei tanto siamo a ben oltre il metro e mezzo di sicurezza: ammesso che sia un metro e mezzo perché alcune volte è un metro, alcune volte uno e mezzo, a volte due, quindi la confusione di questo Governo è massima anche sulle distanze. A seconda del luogo che vai il rischio di contaminazione è diverso, cosa che francamente è incomprensibile. E pensavo a un incipit di questo intervento e la cosa che più mi è venuta in mente è la famosa lettera alla malafemmena di Totò quando dice: “veniamo noi con questa mia addirvi, addirvi una parola”. Perché tante e tali sono le cose che uno potrebbe dire e tante e tali sono le incongruenze, per non dire fesserie, che avete scritto nel provvedimento che l'aspetto comico emerge da sé e come non ricordare il grande principe De Curtis. Il provvedimento che fate innanzitutto parte male nel senso che cerca di mettere una pezza a quello che è stato penso l'errore più grave negli ultimi vent'anni in Italia, vale a dire aver fatto dapprima un decreto incomprensibile e di difficile lettura. Già dal titolo è veramente complicato leggerlo tutto d'un fiato e, se uno ha problemi di COVID, veramente non ce la fa.

Il decreto n. 29 era intitolato sempre in nome della chiarezza, della trasparenza e della semplificazione: “Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari” - fiato -, “per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti…” eccetera eccetera, cioè un titolone che si fa fatica a leggere senza avere una buona capacità respiratoria. Perché lo avete fatto? Perché - poco fa la collega Bartolozzi ricordava le date -, a causa della vostra insipienza e soprattutto dell'insipienza del Ministro della Giustizia e del suo staff, che ha avuto il buon senso di dimettersi, ma resta in carica, invece, quello che li ha scelti, quei signori di cui parleremo tra poco, nel frattempo, con l'intento lodevolissimo di evitare uno sviluppo dell'epidemia in carcere, avete emesso un provvedimento che ha portato alla scarcerazione, se ho capito bene, di circa 6 mila persone, quasi il 10 per cento della popolazione carceraria; però, tra questi 5 mila e passa ladri di polli, siete riusciti a far uscire dal carcere qualcosa come 375 mafiosi, mafiosi o legati a quel mondo lì, cioè criminali non di poco spessore.

È notizie di oggi di la Repubblica che questi signori bellamente mandati a casa stanno già riorganizzando le file, perché chiunque si interessi un pochino di mafia sa perfettamente che, in determinati ambienti, il solo fatto che determinati soggetti siano lì, anche se non fanno niente, è un segnale, è un invito, è una rinnovata capacità di organizzare il business criminale.

Quindi, avete dovuto mettere una pezza, anche perché nel frattempo vi sono scoppiate 22 rivolte nelle carceri per una cosa che non occorreva essere un espertissimo per capire che avrebbe determinato reazioni: in nome sempre della lotta alla pandemia, avete tolto ai detenuti la possibilità di incontrare i parenti o, comunque, di avere colloqui con i parenti, quando sarebbe bastato un minimo di accorgimenti alternativi per far sì che questo non provocasse delle reazioni così energiche, probabilmente anche spinte da qualche organizzazione per far pressione sul Governo, devo dire con successo, perché, poi, se l'obiettivo era far calare le braghe al Governo, ci sono riusciti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e chi doveva uscire è uscito, soprattutto quelli particolari. Infatti, è chiaro che ci dicono: la norma che ha portato alla possibilità di tramutare, di trasformare la detenzione in carcere in detenzione domiciliare era prevista in una normativa del 2010, verissimo, per quelli che avevano meno di diciotto mesi da scontare, però è altrettanto vero che, con la norma che avete messo, siete stati furbi, perché abbiamo un Ministro della Giustizia e un suo staff talmente furbi che hanno detto: noi ci mettiamo una norma che vieta la concessione dei benefici della custodia domiciliare a quelli che sono gravati da reati cosiddetti ostativi, 51, comma 3-bis, 41-bis eccetera, così evitiamo che vadano a casa. Peccato che non avete fatto i conti con l'abilità dei difensori e con le incongruenze che questo provvedimento conteneva in sé e, quindi, alla fine, il risultato finale è che almeno 375 boss sono andati a casa.

Io capisco come questo vi capiti, perché siete un Governo così confuso che è stato capace di produrre - l'ho letto poco fa - in soli due mesi, 13 DPCM, 8 decreti-legge, 4 delibere del Consiglio dei ministri, 57 ordinanze e decreti della Protezione civile, 11 ordinanze della Commissione COVID, 197 tra decreti, circolari o note di vari ministeri, più centinaia di altre circolari dell'Istituto superiore della sanità, dell'INPS, dell'INAIL, 500 provvedimenti delle varie regioni e 40 mila provvedimenti dei vari comuni. Per tutto questo, io vi sfido a trovare un altro Paese normale, un altro Paese con un Governo serio che faccia un profluvio di decine di migliaia di provvedimenti che, poi, il cittadino dovrebbe conoscere e per la cui ignoranza viene sanzionato (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché ignorantia legis neminem excusat, però è anche vero che già dal 1998, se non ricordo male, la Cassazione ha stabilito che una norma deve essere conosciuta, ma anche conoscibile.

Io sfiderei lo stesso Presidente della Repubblica, lo interrogherei per vedere se conosce tutte queste cose; evidentemente, il brav'uomo non può conoscerle, seppure le ha firmate, perché è umanamente impossibile.

Vi ricordate Manzoni, quando parlava delle grida manzoniane? Norme sconosciute ai più, e queste cosa sono? Siamo tornati indietro di secoli nelle modalità della legislazione, modalità che, naturalmente, prevedono il totale silenziamento delle opposizioni, opposizioni che non sono state messe, in questo caso, neanche nella possibilità di fare un minimo di lavoro, quello che è il ruolo che la Costituzione gli assegna.

Infatti, il provvedimento è arrivato - e non certo per colpa della collega Businarolo, che in questo caso è assolutamente incolpevole dei tempi che le ha imposto il Governo - mercoledì 17 giugno; è arrivato, poi, ora che abbiamo potuto un attimino vedere cosa c'era e presentare qualche emendamento, in poche parole, tutto si è esaurito nello spazio di una - lo ripeto: una - mattinata, che, peraltro, ha fruttato, perché le opposizioni, lavorando, almeno nel mio caso, ma anche credo in quello dei colleghi, perché i tempi sono quelli, il sabato e la domenica da remoto o, meglio, da casa, hanno prodotto qualcosa come 147 emendamenti su un decretino - non è un doppio senso, un decretino nel senso che è corto, sono solo 7 articoli – che, appunto, ha sette articoli e 149 emendamenti che sono stati esaminati ieri in fretta e furia, ma, purtroppo, con dei tempi ridotti.

Tuttavia, torniamo ancora alla vicenda che ha dato la stura a questo problema - un po' sul tema ha già parlato la collega Bartolozzi - perché questa cosa è molto curiosa: voi avete fatto un decreto devastante il 30 aprile 2020, il n. 28, se non ricordo male, perché si fa anche fatica a ricordarli tutti, “Cura Italia”, “Sviluppa Italia”, “Accendi Italia”, “Spegni Italia”, “Fai di tutto Italia” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), quindi, si fa fatica anche a stare dietro alla vostra singolare ed estrema capacità di produrre norme confuse e contraddittorie, ma questo veramente rimarrà negli annali del Parlamento, perché non si è mai visto un decreto successivo che viene abrogato da quello precedente: voi fate il decreto n. 29, però poi ne accorpate il testo, capendo che era una bestialità e che ha portato a quegli effetti, soprattutto in materia di scarcerazioni, nel decreto n. 28. Era più logico semmai il contrario, cioè il contenuto del n. 28 si spostava sul n. 29, ma, no, e perché lo fate? Perché nel frattempo, tra gli altri, credo, ma sicuramente uno ce l'ho qui presente, l'ufficio di sorveglianza di Spoleto, con ordinanza di remissione alla Corte costituzionale, ha detto che quel provvedimento è incostituzionale, in particolare per questioni inerenti il diritto di difesa e il contraddittorio in condizioni di parità.

In pratica, un detenuto che aveva legittimamente ottenuto - legittimamente in base al vostro decreto, perché, secondo me, non doveva proprio averlo, ma legittimamente ottenuto - un provvedimento meno afflittivo in materia di custodia cautelare e di detenzione, se lo vede revocare sulla base di un decreto-legge sopravvenuto e, direi quasi, mirato ad personam, ad personas. Questo è un problema, dal punto di vista logico, giuridico e costituzionale, tutt'altro che indifferente; sembra che fate i decreti e poi: beh, ho sbagliato, benissimo, allora ne facciamo un altro, prendiamo il contenuto di quello, lo mettiamo di là e, quindi, otteniamo un risultato che non è quella la via per ottenerlo. Ma, d'altra parte, ormai, questo Governo ci ha abituato a qualsiasi scorrettezza sul piano istituzionale, quindi non ci meravigliamo più di niente.

Il problema di questo decreto è che è estremamente eterogeneo, come non dovrebbe essere, sotto le mentite spoglie del decreto-legge, di cui, tra l'altro, sbagliate anche il nome perché lo chiamate: conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, e ciò è falso, perché in questo decreto sulle intercettazioni c'è solo una cosa: rinviate l'entrata in vigore delle norme del “decreto Orlando” che, via, via, sono state, se non ricordo male, rinviate già tre volte.

Questo è quello che c'è sulle intercettazioni, quindi, semmai toccava scrivere, se uno voleva dire la verità: rinvio dell'entrata in vigore del decreto, eccetera, eccetera. Invece, no: nuove norme, non ci sono, ma cogliete l'occasione, chiaramente per mettere una pezza - il decreto è in gran parte incentrato, dall'articolo 2 in poi, su disposizioni urgenti in materia di detenzioni domiciliari e permessi - al disastro che ha combinato il Ministro, o meglio: formalmente il suo staff, ma di fatto il Ministro, tant'è vero che si sono dimessi praticamente tutti quelli dell'ufficio; i dirigenti del Ministero si sono tutti dimessi. La cosa singolare è che l'unico che non si dimette, che invece dovrebbe farlo, quantomeno per una ridotta capacità di selezione degli uomini, è proprio il Ministro Bonafede (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Si sono dimessi Franco Basentini, capo del DAP, Fulvio Baldi, capo di gabinetto, Giulio Romano, direttore generale detenuti, Andrea Nocera, capo degli ispettori - anche se per altri fatti, per la verità -, salvo altri. Questo Ministro, evidentemente, non ha un grande fiuto nello scegliere i collaboratori. È incredibile che si dimettano tutti i suoi nominati, tutti i suoi generali di corpo d'armata, ma il capo di stato maggiore non si pone neanche il problema. Ma il caso Basentini mi piace ricordarlo - è l'unico spazio che ho, perché tra poco metterete la fiducia; da quanto avete fiducia nella vostra maggioranza e da quanto avete fiducia sulla bontà dei provvedimenti non fate altro che mettere fiducie di continuo per strozzare ogni forma di dibattito - perché è diventato pure uno scandalo pubblico, quello che è successo con Nino Di Matteo e Basentini. Il vostro Ministro, il Ministro della Giustizia - anche mio, ma fosse per me non lo sarebbe -, aveva proposto, non smentito, il dottor Nino Di Matteo, un signore che vive blindato da vent'anni, al quale Totò Riina ha detto “gli farò fare la fine del tonno, come ho fatto con Falcone” - andate a vedere se è vero -, uno che rischia la vita, a cui hanno proposto ad un certo momento di girare con un blindato Lince perché si sapeva che era pronto l'esplosivo per fargli fare la fine di Falcone, uno come Nino Di Matteo viene prima interpellato per questo incarico - l'ha detto, andatevi a vedere i verbali e i video dell'antimafia -, chiede uno spatium deliberandi di 24 ore, risponde che accetta, e in quel momento non solo gli si dice “no guarda, il posto non c'è più per te”, ma viene a sapere che già, prima della risposta, al CSM era stata mandata la richiesta di nulla osta per la collocazione fuori ruolo del dottor Basentini. Quindi, alla presa in giro, di una persona che rischia la vita per tutti noi, si aggiunge anche la beffa. Presa in giro perché gli si è promesso un posto... Ma perché mi hai chiamato? L'ha detto, andatevi a vedere i video. Mi hai chiamato tu, non ho chiesto nulla io. Mi hai chiamato, mi fai venire a Roma, facciamo un colloquio, parliamo, ti dico sì, e poi non solo nomini un altro, ma vengo a sapere che l'avevi già fatto prima della mia risposta formale. Siamo al di là della legalità. È chiaro che il Ministro ha un potere discrezionale e può farlo, ma siamo nella scorrettezza personale, nella scorrettezza umana verso un soggetto, ripeto, che non è uno qualunque.

Vogliamo parlare delle auto blindate? È venuto fuori, sempre in Commissione, che il dottor Nicola Gratteri - un altro signore che, con tutti i pregi e i difetti che può avere, vive blindato da trent'anni, perché se esce c'è parecchia gente che lo vuole morto, e non ha tempo probabilmente di fare cene eleganti, di andare in vacanza, di intessere trame per nomine e promozioni, perché, come ha ricordato lui stesso ancora una volta in antimafia, se esce per andare al ristorante rischia la pelle, invece altri non hanno problemi ad uscire per andare al ristorante a cenare, perché evidentemente non sono così esposti -, il dottor Nicola Gratteri ci ha detto - e su questo farò un'interrogazione, anzi l'anticipo qui in quest'Aula, perché vorrei una risposta dal Ministro -, che a lui gli è stata negata per un certo periodo l'auto blindata, non ne aveva una adeguata e ad un certo punto è venuto a sapere che nei garage del Ministero della giustizia c'erano quattro auto blindate, già comprate ma non ancora immatricolate. A seguito delle sue proteste, finalmente le hanno immatricolate e credo messe in servizio, perché io ho visto un noto magistrato che girava con una di queste, quindi immagino che sia quella, ma il problema è: sarà normale che per un certo periodo lo stesso Gratteri ha ricevuto l'auto blindata dal Capo della polizia perché il nostro Ministro della Giustizia evidentemente non era in grado di fornirgliela? Il Capo della polizia - vorrei dire una parola per capirci -, mosso a compassione dallo stato di ridotta difesa che riceve questo magistrato, gli ha detto: ti do due macchine del Ministero degli Interni, così stai un po' più sicuro.

Ma cosa aspetta a dimettersi, il Ministro Bonafede? È una bravissima persona, perbene, ma evidentemente non è proprio nelle sue corde gestire un Ministero del genere. Ha scelto tutti collaboratori che sono saltati per una ragione o per l'altra. Vogliamo parlare della famosa circolare - ormai la conoscono anche i banchi - del 21 marzo, che è stata fatta firmare da un dirigente di seconda fascia? Devo dire che il dottor Romano si è assunto la responsabilità e ha detto “è come se avessi firmato io”, ma questo non è un problema formale, il problema è sostanziale: sotto le mentite spoglie di una mera richiesta di informazioni si è di fatto costretta o fortemente invitata la magistratura di sorveglianza ad esercitare i suoi poteri in una certa direzione, con gli esiti che tutti sappiamo.

Ma torniamo a questo simpatico decreto che io chiamerei “decreto pezza”. Anzi, il vestito più adatto che dovrebbe indossare questo decreto è il vestito di Arlecchino, fatto di pezze, perché mette un po' di pezze qua e là per rimediare agli errori marchiani fatti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Articolo 2-bis: “Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19”; anche qui, mentre prima c'era una scarsezza di normativa, intervenite in modo addirittura puntuale, ma anche qui lo fatte male: come abbiamo osservato ieri in Commissione, dimenticate probabilmente dei termini. Infatti, a un certo momento si dice: “prima di provvedere, l'autorità giudiziaria sente l'autorità sanitaria”. Io ho proposto un emendamento per dire in quanti giorni, perché se da un lato fissi dei termini precisi, cioè entro quindici giorni, devi anche consentire che quelli che sono tenuti a dare pareri e informazioni all'autorità giudiziaria abbiano un termine, perché se non lo metti il giudice si trova appeso, a dove scegliere non avendo tutti i parametri di conoscenza della questione.

Ma dentro questo decreto c'è una cosa la cui necessità e urgenza mi sfugge, anche se ne capisco la ratio e ne condivido anche la ratio: l'articolo 1 parla di utilizzo di aeromobili a pilotaggio remoto, i droni, del Corpo della polizia penitenziaria. Per carità, serve, per l'amor di Dio, ma non mi pare un'urgenza tale. Serve solo a fare fumo, perché voi dovete nascondere, cercate di nascondere dentro questo decreto le cose importanti e fate un po' di fumo, perché se no anche il cittadino meno accorto si rende conto della loro portata.

Quindi, evitare le rivolte. Qualsiasi Ministro un minimo attento, o i collaboratori, perché non è solo colpa del Ministro, avrebbero potuto e dovuto, fin dall'inizio, fin da gennaio quantomeno, porsi questa semplice domanda che si sarebbe posto il più modesto osservatore esterno un minimo competente in materia: sta per arrivare una pandemia, è scoppiata già in Cina, sta arrivando, e io ho circa 100 mila persone, e statisticamente ne potrei avere un paio di migliaia che si ammaleranno, cosa faccio per evitare che, se succede, abbia qualcosa da fare? Fossi stato io il Ministro, avrei per prima cosa imposto, per esempio, che in ogni carcere venisse attivato un punto di isolamento adeguato ai numeri - l'hanno scritto ma non l'hanno fatto, il problema è questo, cioè non l'hanno fatto nella misura adeguata alle potenziali necessità -, per esempio con tendoni della Protezione civile, per esempio aumentando i posti negli ospedali per detenuti, per esempio adottando, fin da subito, in favore dei parenti dei detenuti delle misure compensative della ridotta possibilità di vederli. Non ti faccio più vedere tuo marito, tuo padre, tuo figlio in carcere, però ti do subito - in parte l'hanno fatto e in parte no - la possibilità di sentirli via Skype, ti do la possibilità di vederli con determinate cure. Se noi lavoriamo, se tutti gli uffici lavorano, cosa impedisce, ad esempio, di creare delle procedure di accesso anche dei parenti? Cosa impediva di creare delle procedure di accesso di parenti per vedere i detenuti?

Questo non perché era un vezzo, perché avremmo evitato 37 milioni - se non sbaglio - di danni causati dalle rivolte, e soprattutto 14 morti, settanta evasioni, di cui sessanta, per fortuna, se non ricordo male, già ripresi. Ma 70 evasioni di gente che è fatica prendere e che è stato un attimo perdere.

Cosa ostava? Quattordici morti sono sulla coscienza di questo Governo e di questo Ministero e non se ne è parlato più, perché si parla di droni, droni. Ecco, il problema dell'Italia, in questo momento, è dotare la polizia penitenziaria di droni. Per carità, facciamolo: c'erano mille occasioni e va bene adesso, ma non mi pare che sia il problema principale.

Poi, ancora più avanti, in questo decreto, perché anche lì cercate di non far capire proprio la scorrettezza, c'è una norma che io condivido: disposizioni in materia di non automatico ritorno al vecchio nome degli ex collaboratori di giustizia ed ex testimoni di giustizia. È cosa sacrosanta: è chiaro che se io per un qualsiasi motivo termino la mia collaborazione, indipendentemente dalla causa, e riprendo il mio nome è un fatto che riguarda me, ma se nel frattempo ho contratto matrimonio, ho dei bambini questa cosa è evidente che non deve essere automatica, perché se la signorina Rossi sposa il signor Bianchi e poi si viene a sapere che il signor Bianchi in realtà si chiama Riina e i figli da Bianchi si chiameranno di nuovo Riina, dopo magari vent'anni io credo che sia sacrosanto che questo sia rimesso alla disponibilità delle parti. Quindi, concordo nel merito, ma non così. E perché? Perché questa legge è già in discussione da tempo in Commissione giustizia, proposta dal collega Aiello, che ne conosce per motivi personali, e, quindi, è una cosa sacrosanta. Ma perché l'avete voluta inserire qui? Che urgenza c'era? Questo è il problema.

Ma poi riuscite a fare – ripeto, perché siete confusi - nell'ambito di questa forzatura, perché nessuno si opponeva e addirittura si parlava di chiedere la sede legislativa in Commissione, però è un problema molto complesso perché non si può strozzare in un articoletto di un decreto che dovrete cambiare, perché sappiamo tutti che questo decreto che oggi approvate poi lo cambieremo con la legge sostitutiva tra poco, ma la cosa bella è che avrete… è la fine, Presidente, o un richiamo all'ordine? Non ho capito: sono finiti i minuti oppure… ?

PRESIDENTE. No, no.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Grazie. Mi scusi, non avevo capito. Ma la cosa singolare, dicevo, è che poi in fondo all'articolo 3-quater ci mettete: “ adotta i (…) provvedimenti nei ventiquattro mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al perdurare dello stato di emergenza relativa al COVID-19”, cosa incomprensibile. Allora, se l'emergenza COVID-19 finisce domattina per me, che chiedo che venga lasciato il nome che avevo sotto copertura, diciamo, o meglio che ai miei figli, parenti, marito, moglie, rimanga il nome che avevo sotto copertura, se finisce l'emergenza COVID-19 questo articolo 3-bis decade. Che senso ha una roba del genere? Quindi, io inizio la procedura oggi, chiedo che mi venga restituito il nome ma, nelle more della procedura, finisce l'emergenza COVID-19 e questo articolo qui non vale più e, quindi, ritorna come prima. Che senso ha? Non si capisce proprio.

Inoltre - e ho presentato un emendamento - prevedete solo che la commissione centrale, che decide alla fine su questa questione, possa decidere solo per ragioni di sicurezza. Io ho proposto un emendamento che ovviamente è stato bocciato, perché la logica vuole che si bocci tutto quello che dice l'opposizione perché avete stretto talmente il dibattito che se approvate anche una virgola il decreto decade. Io lo capisco, ma ci avete portato a questa situazione quando, come ha detto bene la collega Bartolozzi, bastava cavalcare le stesse cose sul decreto n. 29, che scadeva a luglio, e avremmo avuto il tempo per un normale dibattito. Ebbene, dato che voi prevedete che questa opportunità di mantenere il vecchio nome possa essere concessa solo se ci sono rischi per l'incolumità personale, allora io ho proposto un emendamento per dire: “e anche per motivi personali non biasimevoli di natura altra”, perché uno che magari non è a rischio, ma non vuole che i figli o i nipoti portino il nome di un noto mafioso, non è in quel momento forse a rischio e se non c'è il rischio non glielo possono dare. Allora, cosa ostava pensarci? C'ho pensato io che c'ho lavorato su un giorno e mezzo su questa cosa. Le teste d'uovo del Ministero, che ci hanno lavorato sicuramente molto di più, potevano pensarci. Se la figlia, la moglie o il figlio del pentito non vuole più chiamarsi Riina può anche essere al sicuro, ma perché si deve per forza ipotizzare che questo beneficio, sacrosanto, venga concesso solo per ragioni di sicurezza e se non ci sono non può venire concesso? Ma andiamo avanti. Ci sarebbero - ripeto - tante cose da dire ma, purtroppo, anziché giorni per parlarne ci avete costretti a concentrarci in poco tempo.

Poi, c'è una cosa alquanto misteriosa che mi piacerebbe sapere dal relatore cosa vuol dire. Parlate di sezione centrale per il controllo dei contratti secretati. Cosa è questa roba su cui il dibattito non c'è stato per niente? Cosa sono questi contratti secretati? Quelli forse di Autostrade? O cosa? Quali contratti secretati? Perché “assume la denominazione di sezione centrale per il controllo dei contratti secretati e svolge, oltre alle funzioni ivi previste, anche il controllo preventivo di cui all'articolo 42” eccetera eccetera eccetera. Io vorrei capire cosa c'è dentro, perché è una cosa talmente… ho chiesto un po' e nessuno ha capito bene cosa c'è dentro. È chiaro che se ci fosse stato tempo per approfondire, e vedo il sottosegretario che ha preso subito il telefono perché forse mi vuole dare la risposta a fine seduta e sono felicissimo. No, non so per cosa, sottosegretario, però questa cosa va approfondita per capire cosa c'è. Cosa c'è? Boh, non si sa. Però, sui contratti secretati sappiamo tutti che, ad esempio, i contratti relativi alla concessione di Autostrade sono in parte secretati, come tanti altri contratti. E, allora, un po' di dibattito serviva - accidenti se serviva - e non l'avete fatto fare.

Poi, possiamo ancora andare avanti, perché la buona amministrazione - la buona amministrazione - prevede la conoscibilità, ripeto, delle norme e la funzionalità del sistema. Allora, cito ancora Gratteri, ma sono cose che tutti quelli che vogliono affrontare un problema sanno. In Italia, in realtà, si parla sempre di carenza di personale della polizia penitenziaria ed è vero. È vero perché, ad esempio, tra poco andranno in pensione 1.200 agenti e il concorso ne prevede poco più di 700. Quindi, in realtà, non siamo neanche al tasso di sostituzione, più che incremento. Direte che avete assunto tante persone, ma eviterete di dire che un numero di circa il 30 per cento superiore è andato in pensione. Ma il problema che tutti sanno - guardate - è che noi abbiamo circa 60 mila detenuti e circa 40 mila - 47 mila o 45 mila - agenti di custodia. Quindi, il rapporto detenuti-agenti è tra i più elevati d'Europa. Non è vero che manca il personale in senso assoluto, ma manca il personale perché nessun Governo, a cominciare da quelli precedenti, il grande Monti che doveva salvare l'Italia e non ha combinato nulla in materia - e chiudo, Presidente: un minuto solo, trenta secondi -, non hanno affrontato quello che è il problema. Noi abbiamo, in Italia, 210 istituti penitenziari, se non ricordo male, praticamente più di uno per provincia, in media. Come ha detto Gratteri, basterebbe farne quattro da 5 mila posti e tu recupereresti non solo un sacco di personale, ma anche di funzionalità. Vogliamo evitare i penitenziari monstre? Bene, mettiamone due per provincia con le dovute eccezioni, perché è chiaro che Roma, Napoli e Milano non sono la stessa cosa. Mettiamone due. Solo con i turni di guardia, se tu hai il turno di piantone o, non so, prendiamo cinque uomini che si alternano alla vigilanza esterna - o due o tre - per quattro turni, recupereresti, per 50 penitenziari, 500-600 persone, da adibire ad altro.

Potrei continuare per molto, Presidente, ma il tempo è scaduto e, quindi, attendiamo la fiducia con fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, vedete, siamo qui per approvare la conversione dell'ennesimo decreto. Il contenuto di questo decreto, già ampiamente eterogeneo fin dal titolo, è stato solo sensibilmente modificato in Senato, facendovi confluire norme che dispiegano i propri effetti in diversi ambiti, con ciò aumentando la confusione del provvedimento stesso. Tale eterogeneità è facilmente rinvenibile sia nel titolo, come abbiamo detto, sia dalla prima stesura e passa, poi, per tutti gli articoli aggiuntivi inseriti in Senato, dall'utilizzo dei droni da parte della polizia penitenziaria, certamente utili, alla disciplina procedimentale dei permessi di necessità e della detenzione domiciliare in deroga, dalle misure in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena, al tema di accesso ai colloqui con il garante nazionale e con i garanti territoriali per i detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario.

Inoltre, dalla disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia alla mediazione per le obbligazioni contrattuali non adempiute a causa dell'emergenza sanitaria, alla regolamentazione dei sistemi di protezione dei minori dai rischi dello spazio cibernetico. C'è davvero di tutto, una grande insalata normativa che va ad aumentare soltanto la confusione nelle materie di cui tratta. L'ennesimo ricorso, peraltro, alla decretazione d'urgenza non appare neanche legittimato dalla necessità di colmare le lacune, correggere gli errori e sovrapposizioni di norme determinatisi in seguito all'adozione di precedenti provvedimenti normativi, come invece con questo provvedimento si è tentato di fare. Occorre, poi, tenere conto che parte delle disposizioni inserite nel decreto-legge in esame erano già state previste dal decreto del 10 maggio 2020, n. 29, recante misure urgenti su detenzioni domiciliari e differimenti di pena, dal quale sono state espunte mediante abrogazione espressa nel provvedimento in esame, una prassi normativa già più volte reiterata dal Governo, che in questo modo, ad avviso dei presentatori, non solo manifesta una reale inefficienza e incompetenza, ma, ancora una volta, conferma la propria volontà di ricorrere in modo quasi spasmodico alla decretazione d'urgenza.

Va stigmatizzato poi il fatto che sono state fatte confluire in questo testo quelle norme del citato decreto volte a correggere, colleghi, gli esiti della norma contenuta nel decreto-legge cosiddetto “Cura Italia” che hanno consentito - e questo ce lo raccontano le cronache - la scarcerazione di centinaia di esponenti di spicco della criminalità organizzata, in un'inquietante sommossa nazionale nelle carceri, e che certo si consolida in un ulteriore aggravio di incombenze e burocrazia anche per gli uffici e gli organi giudiziari incaricati poi delle valutazioni. Insomma, colleghi, qui si parla veramente - e questi sono solo alcuni spunti delle pregiudiziali che poi affronteremo nel pomeriggio anche per un nostro testo - di un decreto che contiene veramente più temi e più argomenti afferenti alla giustizia; ma non solo, si parla anche dell'applicazione Immuni, tema che conosco perfettamente in quanto sono anche responsabile dell'innovazione e ho seguito da vicino le audizioni del Ministro Pisano.

Ma si parla di un altro argomento: le vicende relative al sistema della giustizia italiana a cui abbiamo assistito sono di una gravità tale che hanno indotto persino il Presidente della Repubblica a intervenire pubblicamente. Il provvedimento che oggi ci troviamo a esaminare non risolve e aggrava queste distorsioni della giustizia, che pesano sul mondo dei tribunali e dei magistrati in Italia. Proviamo a raccontare qualcosa. Le parti più esemplificative le abbiamo lette tutte sui giornali, purtroppo. Palamara chattava anche con De Ficchy, il giudice di Perugia che indagava su di lui. Prendo un esempio fra tutti, le chat con Fazzi, il magistrato messinese attuale reggente dell'ispettorato presso il Ministero di grazia e giustizia. Ecco cosa si scrivevano. In una chat risalente al novembre 2017 Fazzi scrive a Palamara “Luca, ben fatto, adesso chiudi il cerchio con Reggio Calabria e diventi il mio riferimento assoluto (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier)”. Fazzi, in un altro scambio su Whatsapp, parla anche delle lotte intestine al tribunale di Messina: “Sta succedendo un casino, qui rischiamo di perderci Messina perché Ardita” - Sebastiano, oggi consigliere del CSM - “sta cavalcando questo cavallo”. Cavallo, capite il lessico che veniva utilizzato dai magistrati? Olga Tarzia sarebbe il cavallo. In un'altra conversazione Liborio Fazzi manifesta a Luca Palamara tutta la sua preoccupazione per le sorti di Unicost, corrente, come sappiamo, centrista dell'Associazione nazionale dei magistrati a Messina: “A Messina, grazie alle scellerate e irresponsabili scelte di questo CSM, scompariremo. Evidentemente doveva andare così. Quando sono arrivato in consiglio ho lasciato un distretto di 80 voti e oggi arriva a poco meno di 30. Dopo la trombata di Samperi finirà tutto, complimenti”. Il fitto scambio di conversazioni è sintomatico. Per questo lo leggiamo in Aula, perché qui in Aula, in maniera così approfondita, non ci era arrivato, ma questo è il sintomo della malattia della giustizia.

Lo scambio di conversazioni tra Palamara e Fazzi si conclude con la nomina del magistrato messinese a vicecapo dell'Ispettorato: “Ciccio, sono contento per te”, scrive Palamara. “Come vedi, le rivincite arrivano per tutti”. Come risponde Fazzi? “Carissimo, ti ringrazio del pensiero. Le rivincite, però, le aspetto dalla mia corrente, per la quale da oltre vent'anni mi spendo con lealtà e onestà intellettuale. Questo è un riconoscimento arrivato dalla sorte o meglio da canali che paradossalmente non ho mai coltivato, ma che hanno visto in me coerenza e affidabilità”. Colleghi, se fossimo una nazione normale, l'espulsione di Palamara dall'Associazione nazionale magistrati non porrebbe solo problemi su come la magistratura sia autogovernata, ma anche problemi su come il sistema politico italiano sia stato stravolto da una magistratura che aveva come sistema quello di obbedire a interessi contrapposti, e pone anche il problema per milioni di cittadini di come siano state decise le loro sorti nei tribunali in cui regnavano magistrati con questa statura morale e con questa prassi quotidiana.

La Prima Repubblica è caduta per molto meno: qui siamo di fronte a una parte fondamentale dello Stato che non ha rispettato le regole costituzionali e che ha risposto ad un proprio codice interno, a un codice di clan; un codice non di appartenenza a un ordine, ma a un clan. La magistratura non si può liquidare come un problema di modestia etica, di malcostume e di qualche mela marcia. No, colleghi, lo scandalo CSM è politico, il problema è sistemico, strutturale e decennale. Penso a Mafia Capitale: un indegno spettacolo mediatico giudiziario, rivelatasi una sorta di bufala che ha infangato la capitale d'Italia e portato al Campidoglio il peggior sindaco della storia repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Il non dover rispondere ad alcuno, se non a se stessi, in quanto casta, in quanto ordine sovraordinato, è il paravento dietro cui si nasconde la parzialità di interessi e di agende politiche venuta alla luce nel caso Palamara. Le ricadute sul sistema nazionale sono innumerevoli. Nelle considerazioni finali alla relazione annuale del 2011 l'allora Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi sosteneva: “Va affrontato alla radice il problema di efficienza della giustizia civile”, e anche qui ne parliamo, in questo provvedimento. “La durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i mille giorni e colloca l'Italia al 157° posto su 183 Paesi nelle graduatorie stilate dalla Banca mondiale”. E continuava, e non è certo un esponente di Fratelli d'Italia: “Nostre stime indicano che la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale, pari oggi a circa 18 miliardi di euro”. Dal 2011 sono passati nove anni, la situazione non è cambiata di molto. Nel 2019 gli esperti della Banca Mondiale stimano che in Italia occorrono ancora 1.120 giorni per recuperare un credito commerciale, collocando il nostro Paese al 111° posto su 190, mentre la Spagna registra 510 giorni e la Germania 499. Con diversi criteri di calcolo gli esperti della Commissione europea per l'efficienza della giustizia e del Consiglio d'Europa calcolano in 514 giorni la durata di un processo civile di primo grado in Italia contro i 282 in Spagna e i 196 giorni in Germania. Con un po' di approssimazione, i nostri processi durano in media circa il doppio rispetto alle nazioni simili alla nostra. Si percepisce, ed è nell'atmosfera, una situazione di profondissima crisi dell'ingranaggio costituzionale, di inceppamento, di blocco, di sfiducia. Il limbo tutto è sospeso in aria; così i disegni in questo scenario sono precari e la crisi del Consiglio superiore della magistratura è un acceleratore della transizione. Fa tic tac nel palazzo una bomba a orologeria da disinnescare, perché sfiamma le istituzioni tutte. Il giustizialismo, il vostro giustizialismo, è all'atto finale. Nei primi anni Novanta, colleghi, ci trasformammo dalla patria di Cesare Beccaria e della civiltà del diritto, con le sue garanzie e le sue forme, in quella dei processi di piazza e delle accuse non provate, con l'unica differenza che il Movimento Sociale era l'unico partito non coinvolto, e lo disse Di Pietro, nel sistema di corruzione generale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), e quindi forse eravamo anche gli unici legittimati a rivendicarlo, a differenza di talune forze politiche della maggioranza di oggi.

In questo senso Bonafede è un epifenomeno, il punto di arrivo di un processo di decadenza della nazione, il nadir della giurisprudenza italiana. I grillini, il MoVimento 5 Stelle, va detto, sono i nuovi Robespierre, ovviamente a giorni alterni: con i nemici si invocano le dimissioni, con gli amici si alzano gli scudi. Infervoratisi per una palingenesi che non poteva esserci, essi hanno scambiato per anni la percezione della corruzione per la corruzione effettiva; e ricordo i tribunali social, la ghigliottina social, dove bastava un sospetto per trasformare il sospettato in un condannato e colpevole: poi ben diverso è stato l'atteggiamento con il caso Venezuela o con altri casi, tra cui questo appunto del Ministro Bonafede.

Gli italiani non vedono l'ora di mandare a casa questo Governo di inetti, che è riuscito a non riformare nulla del sistema della giustizia, a promuovere leggi criminalizzanti della politica, a rendere ancora più farraginoso il sistema. Il decreto-legge prevede, vedete, fra le altre questioni affrontate la regolamentazione dell'applicazione Immuni, che secondo noi non c'entra nulla con questo decreto-legge, ma è bene parlarne, perché sappiamo e abbiamo molto da dirne.

Le norme relative all'elaborazione dell'applicazione Immuni non hanno subito modifiche sostanziali: sono state invece recate novità in tema di sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio. Gli operatori di telefonia, reti televisive e comunicazione elettronica dovranno prevedere la possibilità di attivare gratuitamente filtri, blocchi alla navigazione ed altri sistemi di parental control (controllo dei genitori); ma ci chiediamo: chi li userà? Voi sul vostro telefono, per i vostri figli, per i vostri nipoti, per i vostri ragazzi li usate? Io non li ho mai usati, perché probabilmente non ce n'è stato bisogno, ma sono sistemi che partono dalla discrezionalità. Sono importanti, sicuramente vanno sostenuti, però non è questo il cuore del problema.

Proviamo a rintracciare invece le modalità opache della nascita di Immuni. Con un'ordinanza del 16 aprile 2020 il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri ha disposto la stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d'uso del software di contact tracing denominato “Immuni” e di appalto di servizio gratuito con la Bending Spoons Spa. La procedura di aggiudicazione è stata svolta a norma dei poteri straordinari ex articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in deroga alle principali norme in materia di appalti pubblici e di sicurezza nazionale cibernetica, e non tenendo conto della raccomandazione n. 2019/534 della Commissione europea sulla cybersicurezza delle reti 5G.

Nulla da dire sulla qualità del lavoro di Bending Spoons, certo: è una delle aziende di rilievo. Va rilevato comunque che la Bending Spoons fa parte di un consorzio privato, il Pepp-Pt con sede in Svizzera, nel quale spicca la presenza di varie università tedesche, ad esempio, ma non di analoghe istituzioni italiane, e ci chiediamo il motivo di questa selezione.

A suo supporto opera la svizzera Fondazione Botnar, aderente ad una rete denominata Swiss Foundation, a sua volta vigilata dal Dipartimento degli interni della Repubblica elvetica, cioè di un altro Stato e di un'altra nazione. Peraltro, la Botnar ha commissionato alla Scuola politecnica federale di Losanna, con una donazione di 5 milioni di franchi svizzeri, il compito di mettere a punto un software per il contact tracing anti-COVID-19; quindi la suddetta Scuola politecnica ha stabilito la collaborazione con il Consorzio Pepp-Pt valutando…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mollicone. Colleghi, vi prego di indossare la mascherina.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). …valutando, secondo notizie di stampa di fine marzo, l'interesse di diverse nazioni, tra cui l'Italia, all'acquisizione dei risultati dell'attività di allestimento della tecnologia più adeguata. Come ha rimarcato il Copasir, colleghi, la presenza di capitali esteri deve attivare la massima vigilanza: quindi sono stati investiti in questa ricerca, che poi è andata a far parte di questa operazione, 5 milioni di franchi svizzeri di un'altra nazione; soprattutto, dato che nel luglio 2019 nell'azienda sono entrate con il 5,7 per cento tre società, fra cui Nuo Capital, holding di investimenti della famiglia Pao Cheng di Hong Kong. E lo ha ricordato il collega Galatino, lo abbiamo fatto già più volte noi anche su altri provvedimenti: ricordiamo che le leggi cinesi sulla sicurezza nazionale obbligano in via generale cittadini e organizzazioni a fornire supporto e assistenza alle autorità militari di pubblica sicurezza e alle agenzie di intelligence cinesi.

Ci chiediamo: la sovranità digitale dov'è? Chi la tutela? E il Ministro Pisano, soprattutto, che cosa fa?

Ricordiamo tutte le sue gaffe. Prima ha detto che l'App è stata scelta dalla task force, poi dal direttore del DIS, poi ha dovuto ammettere di essere stata lei perché è stata smentita da entrambi; ma ancora non conosciamo i criteri di aggiudicazione, e quindi pensiamo non sia tollerabile ipotizzare che milioni e milioni di cittadini possano essere schedati dal Governo con il Parlamento coinvolto semplicemente come passacarte e in totale assenza della minima trasparenza circa le procedure che hanno portato alla sua realizzazione, e soprattutto senza la più completa chiarezza sulla conservazione dei dati personali degli italiani.

Vedete, oltretutto va ricordato che il Garante della privacy, che si è espresso dando il via libera con prescrizione al trattamento relativo al sistema di allerta COVID-19, è in proroga forzata, visto che ancora non si vuole procedere al rinnovo dei suoi componenti, e forse anche questo su alcuni pareri influisce.

L'applicazione Immuni si sta profilando come un gigantesco fallimento. Fratelli d'Italia ha fatto il possibile affinché non diventasse anche uno strumento finalizzato all'uso improprio dei dati sensibili dei cittadini che la scaricheranno, ma i nostri emendamenti sono stati tutti rigettati. L'articolo 6 del decreto-legge indica infatti che “è istituita una piattaforma unica nazionale per la gestione del sistema di allerta dei soggetti che a tal fine hanno installato su base volontaria un'apposita applicazione su dispositivi di telefonia mobile”: non tutti e non tutti i modelli. Tuttavia, non viene delineato un quadro preciso e puntuale di regole e procedure per la messa a punto e utilizzo di tale App: sono incerti il ruolo e i compiti dei vari soggetti coinvolti nel processo di definizione del sistema, a partire dal Ministero della Salute, e neppure sono indicate con precisione le attività che dovranno svolgere.

L'articolo prevede che il Ministero della Salute debba operare coordinandosi con la Protezione civile e con i soggetti attuatori, con l'Istituto superiore di sanità, con le strutture pubbliche e private accreditate che operano nell'ambito del Servizio sanitario nazionale per gli ulteriori adempimenti necessari alla gestione del sistema di allerta e per l'adozione di correlate misure di sanità pubblica e di cura (sempre citando).

In sostanza, a tali soggetti pubblici e privati è demandata una serie di importanti attività necessarie alla predisposizione del sistema di allerta digitale, praticamente l'applicazione, ma il decreto-legge non indica in maniera espressa in cosa queste consistano. È assente poi nella norma l'indicazione dei criteri e delle modalità per la determinazione di questi ulteriori adempimenti: è evidente come l'indeterminatezza relativa a tale importante fase del processo renda opaco l'intero procedimento di definizione e il funzionamento del sistema di contact tracing, che dovrebbe al contrario essere improntato alla massima trasparenza e linearità.

L'impressione che si ricava è quella di un work in progress, visto che vi piace tanto l'inglese, dai tempi incerti e dai contenuti ancora da stabilirsi, con ampi poteri affidati al Ministero della Salute. Il Ministro Pisano ci lascia sempre nella confusione, ma forse lei stessa è in confusione. Sì, è vero, è previsto un sistema di cancellazione dei dati personali, ma chi è il soggetto attuatore, chi tutela i dati degli italiani?

Ci sono poi le criticità tecniche: la licenza di natura MPL2 dell'App consente, rispetto ad una ad esempio di tipo GPL, di mantenere il controllo da parte dei soggetti aggiudicatari di cui, come rimarchiamo, ancora non conosciamo con certezza le modalità di assegnazione sulla circolazione successiva dell'App.

La tecnologia Bluetooth, anche se a basso consumo, è debole e rischia di segnalare numerosi falsi positivi, come è avvenuto in maniera risibile alla signora di Bari che ormai è diventata una specie di aneddoto, rimasta ora chiusa in casa e non si sa bene quando, come, in base a quale contatto, con quale filiera. Chi non ha un sistema operativo adeguato non può installarla: se hai un telefono al di là di un certo anno, comprato un certo anno non la puoi installare. Chi non ha un sistema operativo di un certo gestore (non lo cito) non la può avere. Il numero di download è molto limitato: in poche parole è già un fallimento. Il Ministro Pisano dovrebbe prendere atto di questo e di altri fallimenti, come sul digital divide, sulle aree bianche e sull'innovazione in generale.

Ma non solo: proviamo a ragionare sul decreto-legge “Rilancio”. Se, da una parte, sono state inserite le nostre proposte sulle start up, che necessitano di fondi e di agevolazioni dei finanziamenti del venture capital, su maggiori risorse per l'editoria digitale, dall'altra, non si capisce come mai siano stati introdotti solo 10 milioni per l'acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori e centri innovazione pubblici o privati, quando erano 20 milioni nelle bozze circolanti, e siano state tagliate le misure per la valorizzazione economica dei titoli della proprietà industriale.

Questo Ministero per l'innovazione non tutela innanzitutto se stesso. Inoltre, le misure necessiteranno di decreti attuativi di scrittura complessa e di concertazione di interessi, mentre le imprese innovative hanno bisogno con urgenza di fondi, altrimenti rischiano il collasso, Il Ministro Pisano manca di visione politica per l'ecosistema dell'innovazione italiana. A cosa serve un Ministro per l'innovazione, in questo Governo? Le indiscrezioni che parlano della sua messa in discussione sono certamente supportate dall'evidenza dei fatti. Dopo mesi e mesi di mandato, persino dopo che si presentò in Commissione TLC a presentare la suggestiva immagine di una Repubblica digitale - e sembrava quasi la pubblicità del giornale - i siti del Governo ancora si bloccano, il piano banda ultralarga procede a rilento l'adozione dello Spid è limitatissima, AgID sta dismettendo tantissimi dipendenti, a cui va ovviamente la nostra solidarietà. I dipendenti della PA in lavoro agile sono ancora con dispositivi propri e con pochi bonus, senza nessuna tutela di sicurezza informatica. Solo grazie agli sforzi degli operatori TLC nazionale abbiamo evitato il down di rete. L'App Immuni ancora non esiste, perché sappiamo che deve essere scaricata da una certa percentuale di utenti. Non riusciamo ancora a comprendere se e come sarà utile e quando saranno emanati i criteri identificativi dal Ministero della salute. Ci chiediamo: la sovranità digitale italiana è sotto costante attacco e il Ministro dell'innovazione cosa fa per difenderla? Pensa probabilmente alle photo opportunity, cosa che vediamo tutti i giorni. Proprio per questo, probabilmente, non ha compreso che la tecnologia non è salvifica di per sé, non è un indirizzo, è uno strumento che va utilizzato in maniera propria. Numerose nazioni hanno scelto il tracciamento digitale, è vero (lasciamo quelle un po' autoritarie, come la Cina) per il contrasto al COVID-19, ma va comunque considerata la specificità culturale, sociale, giuridica, economica, il tasso di innovazione digitale e la diversità della situazione epidemiologica di ogni singola nazione presa a modello. In Israele, Corea del Sud, Taiwan e Cina ci sono diversi approcci. L'esperienza internazionale, come ha detto il professor Maurizio Mensi, dimostra che un'App da sola serve a poco, se non è parte di una strategia sanitaria - e questo lo abbiamo detto fino a sgolarci in quest'Aula, lo ha detto Giorgia Meloni, l'hanno detto tutti gli esponenti dell'opposizione - basata in primis sulla rilevazione dei positivi, con tamponi e analisi sierologiche, e finalmente ci siete arrivati, colleghi del Governo; un'App del genere non può sostituirsi, ma deve affiancarsi ad altri strumenti e cioè all'analisi della platea di riferimento, dal punto di vista sanitario. Il rischio è affidarsi ad un soluzionismo digitale fuorviante e illusorio e lo abbiamo visto con il caso di Bari: si attribuiscono proprietà salvifiche alla tecnologia, mentre questa è solo parte di una strategia, che deve comprendere l'utilizzo massiccio di tamponi e lo screening della popolazione. Si rischia di scivolare, colleghi, verso l'autoritarismo digitale sul modello cinese: in Cina esiste un massiccio utilizzo di strumenti tecnologici per il controllo sociale, sono stati utilizzati a Wuhan per i contagi, in Tibet e Xinjiang per reprimere il dissenso, con la giustificazione dell'antiterrorismo islamico. Per questo, un semplice articolo in un dl per normare una tecnologia così pervasiva, è veramente poca cosa. Lo diciamo al Ministro Pisano: forse non conosce i libri di Huxley o i film come Minority report o le serie come Omniscient, ora su Netflix, dove un piccolo drone controlla ogni movimento di ogni individuo. I rischi di una giustizia ingiusta e di una tecnologia pervasiva sono i medesimi, ne va dei nostri diritti. Per cui, colleghi, noi riteniamo che questo provvedimento sia assolutamente improprio, surrettizio, confuso, sia l'assemblaggio di una serie di provvedimenti che dovevate far passare.

E sull'applicazione Immuni, permettetemi anche di fare un'altra osservazione: voi lo sapete che si può scaricare anche tramite il sito della Presidenza del Consiglio? E lo sapete che c'è un altro gestore di quei dati? E lo sapete che quando il vostro apparato mobile si collega con il proprio IP mobile al sito della Presidenza del Consiglio, che risulta essere un altro garante, quell'IP viene registrato, quell'ora e il luogo dove questo è accaduto viene registrato? E chi gestisce quei dati? E chi ci garantisce che non si stia creando una banca dati di tutti i milioni di persone - che comunque è un numero non sufficiente, ma importante - che magari si sono collegate tramite il sito, che li ha rimandati poi agli store per scaricare l'applicazione?

Questo il Ministro Pisano non ce lo ha detto, glielo abbiamo estorto in audizione, non ce lo aveva detto che c'era un altro gestore dei dati personali, non ce lo ha detto che c'era un altro percorso per scaricare l'applicazione e che in quel percorso i dati personali della persona che va a contattare quel sito, per poi essere rimandato allo store, viene registrata, perché tutto è registrato sulla rete e questo il Ministro Pisano non ce lo ha detto. Quindi, non abbiamo assoluta fiducia, per questa ragione, su un'applicazione che è stata scelta in maniera opaca, che non tutela e non rientra in quella strategia complessiva, ma come al solito avete fatto le cose, per chi frequenta diciamo gli ambienti IOS e la grafica “mela C mela V”, avete fatto il “copia e incolla” di provvedimenti copiati di corsa da questa o quella nazione, senza preoccuparvi se magari in Cina le libertà fondamentali siano rispettate, senza magari preoccuparvi di tracciare prima una platea di positivi, per poi avere anche il controllo digitale. Sapete, molti governatori, per senso istituzionale - e noi lo abbiamo rispettato - anche il governatore Marsilio, in Abruzzo, ha promosso questa sperimentazione ed è giusto che lo abbia fatto in via istituzionale, ma se ancora oggi non si è raggiunta la platea di riferimento per avere una validità scientifica, non serve assolutamente a nulla. Abbiamo anche altri dubbi. Vedete, io l'ho scaricata l'applicazione Immuni e ho fatto un piccolo esperimento: ho cambiato, ho diciamo simulato di essere residente in un'altra provincia, in un'altra regione. Beh, nessuno, l'applicazione non mi ha segnalato questa incongruenza, quindi le cose sono due: o l'applicazione sa che io non sono fisicamente geolocalizzato in quella regione, in quella provincia e non me lo dice e quindi c'è un tracciamento, oppure c'è un bug, perché se io risulto iscritto a Lecce, in Puglia, e invece sono al centro di Roma, come fa poi l'applicazione, che ha il tracciamento criptato con Bluetooth a basso consumo, come fa a rintracciare la filiera, se io risulto in Puglia. Oppure, come è probabile che sia, c'è un tracciamento e l'applicazione non me l'ha segnalato perché sa che io sto al centro di Roma e questo apre uno scenario sinceramente inquietante. Quindi, colleghi, questo decreto, con tutte queste incongruenze, con tutto questo mancato rispetto del Parlamento italiano, vi dovrebbe, colleghi del Governo, far riflettere e a fermarvi un attimo, fermarvi questo pomeriggio. C'è un'occasione - e concludo - sono le pregiudiziali: cercate di capire che il Parlamento italiano non è diciamo la vostra chat room, cioè il Parlamento italiano rappresenta il popolo italiano e dovete rispettarlo e noi siamo qui per ricordarvelo, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare l'onorevole Siracusano. Ne ha facoltà.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Ferraresi, al termine di questa discussione generale il Governo porrà la questione di fiducia e bene ha detto prima la collega Bartolozzi, elencando i dati, che confermano l'utilizzo distorto della decretazione d'urgenza da parte di questo Governo. Ma mi permetto di aggiungere, sottosegretario Ferraresi, che in questa circostanza noi riteniamo che si tratti di un'aberrazione giuridica, perché, come confermerà il collega Sisto, i professori di diritto costituzionale la prima cosa che insegnano è che in materie relative alla giustizia e alla libertà personale non si può comprimere il dibattito parlamentare. Invece, voi questo decreto lo avete lasciato parcheggiato al Senato per 45 giorni, lo avete mandato alla Camera senza possibilità di fare alcuna modifica, infatti avete respinto tutti gli emendamenti in Commissione, perché non c'erano i tempi e quindi nel merito poi noi ci ritroviamo ora a recitare, a fare una finzione su un decreto che è la concretizzazione, la rappresentazione del fallimento di questo Ministero, non solo nell'amministrazione della giustizia ordinaria, ma soprattutto nell'incapacità della gestione delle emergenze. Cosa è successo, come sono andati i fatti? Siete rimasti a guardare, immobili, dinnanzi alle rivolte nelle carceri, che divampavano e che hanno creato decine di milioni di costi, di spese, hanno causato morti, agenti della polizia penitenziaria feriti, alcuni di questi persino indagati per aver tentato di sedare le rivolte.

Non avete fatto nulla, siete rimasti immobili, senonché avete risposto a tutto questo caos commettendo un errore: con la circolare del DAP del 21 marzo e con l'articolo 123 del “Cura Italia”, che ha prodotto la scarcerazione di 8 mila detenuti, tra cui 500 in regime di alta sicurezza, alcuni dei quali anche al 41-bis, quindi alcuni di essi dei boss mafiosi, dei capi mandamento, che sono stati mandati in detenzione domiciliare nei loro Paesi di origine, nei luoghi dove erano stati commessi quei crimini, a fianco delle persone e dei familiari vittime di quei crimini commessi da quelle persone. Ecco, avete generato l'indignazione pubblica e, quindi, per correggere questo errore, avete commesso un altro errore con questo decreto, che è fatto male, è un decreto confuso, è scritto veramente con i piedi, sottosegretario. Avete emesso questo decreto, che l'unico effetto che produce è quello di sovrastare le procure di adempimenti burocratici, sommergere la magistratura di sorveglianza di pratiche che, nei tempi che le avete assegnato, sono impossibili; e oltretutto, c'è un intento esplicito, neanche implicito, del Ministro Bonafede di scaricare sulla magistratura di sorveglianza tutte le responsabilità e le colpe dei fatti avvenuti: sulla magistratura di sorveglianza e anche sui suoi collaboratori, come è già avvenuto; chiaramente le dimissioni, a partire dal capo del DAP e a finire col Capo di Gabinetto del Ministro Bonafede ne sono assolutamente conferma.

E quindi, signor sottosegretario Ferraresi, io mi rivolgo a lei e, per il suo tramite, invito il Ministro Bonafede a smetterla di commettere errori su errori, di smetterla di cercare di correggere gli errori commettendo altri errori, come questo decreto conferma. E poi, un altro errore madornale, signor sottosegretario, è la disciplina delle intercettazioni, che in questo decreto è contenuta. Questo decreto rinvia l'entrata in vigore della disciplina delle intercettazioni al 1° settembre 2020. Non si può non dire che il Ministro Bonafede abbia fatto una riforma obbrobriosa delle intercettazioni, e cosa ha fatto? Ha legittimato l'abuso del trojan, estendendo l'applicazione di questo strumento, pericolosissimo, dai pubblici ufficiali agli incaricati di pubblico servizio. E la cosa più grave è che non ha previsto una disciplina organica sul trojan, ma la utilizza alla stessa stregua delle intercettazioni ambientali, quando sappiamo benissimo che si tratta di altro. Il trojan è un captatore informatico, pericolosissimo, che registra h24 anche sui telefoni spenti e utilizza fotocamera e videocamera, e non soltanto intercetta le conversazioni e le immagini delle persone indagate, ma anche di tutte le persone che interagiscono col soggetto che detiene il trojan nel suo dispositivo informatico. Il che significa che, sostanzialmente, moltissime persone, che non hanno nulla a che vedere, possono essere inserite in queste indagini, possono finire in atti processuali senza avere nulla a che fare. Questa è una cosa molto grave, signor sottosegretario, e voi avete il dovere di rivedere questa disciplina delle intercettazioni. Oltretutto, mi permetto di dire che la beffa sta nel fatto che il Ministro Bonafede, che poi in realtà si è fatto portavoce dei pubblici ministeri, invece che portavoce dei cittadini che l'hanno eletto, ha pensato appunto di legittimare l'abuso di questo trojan, proprio per consegnare ai pubblici ministeri, di cui si fa portavoce, uno strumento ancora più invasivo di indagine. Ma la beffa, per l'eterogenesi dei fini, è finita che, sostanzialmente, il debutto del trojan si è abbattuto proprio sui magistrati, purtroppo, squarciando quel grande velo di ipocrisia che copriva il sistema. E questo dovrebbe anche far riflettere il Ministro Bonafede.

Premetto che Forza Italia è sempre stata contraria ed è contraria - e lo sottolineo con la penna rossa, blu e gialla - alla pubblicazione di intercettazioni, anche quando si riferiscono ai magistrati, anche quando sono servite a terremotare il CSM, ed è contraria soprattutto alla pubblicazione di intercettazioni penalmente irrilevanti. Ma qui è necessario fare un'altra riflessione, perché tutti siamo consapevoli del fatto che in questa circostanza sul penalmente rilevante c'è da riflettere, perché in questa circostanza moltissime intercettazioni, riguardando la magistratura, parlano di fatti che sono derubricati a fatti eticamente rilevanti. Ma sappiamo bene, sottosegretario, che, se gli stessi fatti fossero stati commessi e queste intercettazioni riguardassero politici o imprenditori, non si tratterebbe di fatti eticamente rilevanti, ma di fatti penalmente rilevanti, sarebbero stati aperti fascicoli e sarebbero state emesse moltissime richieste d'arresto. Ne siamo tutti consapevoli, è inutile fare ipocrisia. Per cui è necessario che si faccia una revisione di questo impianto che il Ministro Bonafede ha messo in piedi sull'anticorruzione - che, tra l'altro, è incostituzionale, è bocciata dalla Corte costituzionale - e sul traffico di influenze illecite. È doveroso. Il Ministro Bonafede ha il compito di lavorare su tutte le emergenze che l'amministrazione della giustizia di questo Paese impone, non di fare cose inutili e di continuare a fare danni su danni. E io, che sono di Messina, mi stupisco, sottosegretario, del fatto che, in tutto questo caos, dove bisognerebbe parlare di emergenza, di riforma del CSM, del COVID-19, dei tribunali chiusi, del caso Palamara, il Ministro Bonafede trovi il tempo e ritenga opportuno mandare a processo il sindaco di Messina per vilipendio. Ecco, in questo momento, io ritengo che sia assurdo accanirsi contro un presidio dello Stato, che ha gestito l'emergenza Coronavirus in prima linea; per cui si dovrebbe occupare di altro. Capisco che la sensazione di libidine, di mandare a processo un politico, del Ministro Bonafede sia incontenibile, a maggior ragione se si tratta di un sindaco, però c'è davvero altro da fare.

Noi abbiamo un giudizio pessimo su questo decreto, sulle tempistiche, sull'operato del Governo, sulla capacità di gestire la giustizia di questo Paese, e siamo assolutamente certi che il Ministro Bonafede non sia adeguato, e questo decreto ne è la conferma assoluta. Per cui, noi abbiamo provato in tutti i modi a dare dei contributi validi per la modifica al testo, ma non ce l'avete permesso. Non si può andare avanti così, sottosegretario, bisogna cambiare rotta, bisogna cambiare modo di agire, perché altrimenti andiamo a sbattere (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Diciamo che la discussione di questo decreto avviene in un momento molto particolare, in cui la sensibilità rispetto ad alcuni temi, temi della giustizia, molto spesso sollevati in solitudine dalle opposizioni, sono inevitabilmente al centro del dibattito politico, del dibattito sociale, direi, perché la giustizia non è soltanto una questione di diritto, la giustizia è una questione sociale, perché un Paese che non è in grado di garantire una giustizia equa, un Paese che non è in grado di garantire l'imparzialità dei magistrati, beh, ha un problema non solo in termini di giustizia, ma in termini di vita sociale. Come sappiamo, la giustizia incide su tutto quello che ha a che fare con la vita quotidiana dei cittadini, incide - e non mi stancherò mai di dirlo - anche sulla vita economica di un Paese, perché, più un Paese riesce a garantire determinati principi, più è appetibile per gli investimenti, più fa giustizia anche in alcuni settori. E invece noi ci ritroviamo, anche oggi, alle battute finali di un provvedimento che, invece, sancisce il modus operandi che è stato utilizzato da questo Governo, che ormai è trincerato dietro la continua proposizione di decreti-legge. E questa volta, peraltro, ci troviamo di fronte a un testo di una certa rilevanza, tant'è che avremmo voluto poterne discutere in maniera più diffusa non soltanto nelle Commissioni, ma anche qui in Aula; invece, l'unica cosa che ci resta ogni volta sono le discussioni generali, perché poi le parti emendative non si possono discutere perché poi viene posta la fiducia. E questa, ovviamente, non è una metodologia che ci piace, non è una metodologia che ci vede d'accordo, soprattutto in temi della giustizia, soprattutto in un momento in cui la giustizia va rivista, va riletta in una luce nuova, nel suo complesso. E invece noi continuiamo, ogni volta, a fare dei piccoli interventi spot, che però non solo non migliorano il quadro generale, ma non riescono poi, di fatto, ad esplicare l'efficacia che dovrebbero e l'efficacia che tutti ci aspetteremmo, perché quando si parla di giustizia, anche in questo decreto, noi in realtà parliamo della tutela delle libertà e dei diritti individuali, che sono un principio fondamentale per la Costituzione e un principio fondamentale per la democrazia e l'esercizio della democrazia, e quindi dovremmo preoccuparci di poter entrare nel merito delle questioni rilevanti.

Ovviamente, tutto ciò che riguarda la giustizia e, ancora di più, gli strumenti per realizzarne l'obiettivo finale, quindi l'obiettivo di un'applicazione puntuale della legge, come le captazioni telefoniche - questo è il tema principale di questo decreto - dovrebbe essere affrontato con un'impostazione che richiami ad una convergenza, quasi si trattasse di una simil Costituente fra le varie forze politiche, soprattutto, come dicevo prima, in un momento come quello che stiamo vivendo. Invece, così non è. Questo non è avvenuto neanche per questo decreto, per il quale si applica una sorta di cittadinanza legislativa, per cui, di fatto, i gruppi di maggioranza decidono una linea e ai gruppi di opposizione non resta sostanzialmente che lamentarsi, senza poter di fatto, però, incidere sui provvedimenti. Devo dire la verità: sono davvero orgogliosa e contenta che il gruppo di Fratelli d'Italia sia riuscito nella discussione al Senato ad inserire, attraverso un emendamento, la riapertura dei tribunali il 30 giugno. Era folle il fatto che venisse demandato, senza una regola, questo potere di aprire o chiudere le sedi, neanche alle corti d'appello - quindi ai presidenti di corte d'appello -, ma addirittura ai presidenti di sezione, per cui, all'interno di uno stesso tribunale, si potevano trovare soluzioni completamente diverse, un'assurdità che, per fortuna, attraverso l'emendamento di Fratelli d'Italia è stata risolta già al Senato.

Però, questa normativa, questo decreto, si innesta all'interno di un momento emergenziale e, purtroppo, il fatto che siamo in un momento emergenziale sembra essere un po' un pretesto per questo Governo per la trattazione unitaria e accorpata di materie, che probabilmente invece necessitano di provvedimenti specifici, separati fra di loro, a partire, per esempio, dalla normazione sull'App Immuni - me ne viene in mente una – , che è un punto che andava discusso probabilmente. Adesso, insomma, mi permetto di dire, è anche un po' in ritardo, rispetto a quello che sarebbe servito all'Italia. Ma il punto è, che quando si parla, per esempio, del trojan e poi mi si parla dell'App Immuni, è evidente che stiamo parlando di due cose completamente diverse, la cui efficacia è completamente diversa e che dovrebbero essere trattati in provvedimenti separati. È un po' come quello che succede al “decreto Rilancio”, in cui noi auspicavamo una concentrazione, su quelli che dovevano essere i principi per rilanciare l'Italia, per rilanciare l'economia, per aiutare i lavoratori cassaintegrati, le famiglie e la scuola e, invece, ci siamo ritrovati una serie di altre questioni, che nulla hanno a che vedere con il rilancio del Paese. Ma questo, ovviamente, fa parte un po' del modus operandi di questo Governo, che avrebbe potuto, sin dall'inizio della pandemia, dividere gli argomenti e concentrare l'attenzione su fatti specifici e non eliminare il pieno coinvolgimento del Parlamento, cosa che invece, purtroppo, è diventata ormai una abitudine paradossale di questo Parlamento e di questo Governo. Infatti, siamo nell'assoluta profusione di DPCM, ma, come sappiamo tutti quanti, questo non garantisce la possibilità di una discussione vera e approfondita in Aula. Oggi, nelle more del provvedimento, c'è, come dicevo, la normativa su questa App, che presenta dei margini di assoluta perplessità, rafforzati anche dalla relazione in merito che è stata redatta dal Copasir. Quindi, il tema principale di questo provvedimento è, in realtà, non soltanto l'applicazione delle intercettazioni dell'App. Qui abbiamo un tema fondamentale, che è ben più importante e del quale ci dovremmo preoccupare molto di più, che è la tutela della libertà personale, la tutela della riservatezza, che riguarda ovviamente tutto l'aspetto del decreto, a partire dalle intercettazioni.

Come hanno detto bene i colleghi prima, ma non soltanto i colleghi - lo hanno detto dei costituzionalisti, che sicuramente hanno un'esperienza ancora maggiore rispetto ad alcuni temi – vi è il problema dell'utilizzo del trojan. Come abbiamo sentito anche nelle fasi di audizione, prima di arrivare a questo testo, l'utilizzo del trojan ha dei profili di incostituzionalità evidenti. Noi, invece, continuiamo a bendarci gli occhi, aspettiamo di emanare un decreto e, quando questo decreto verrà emanato, si arriverà poi, fra qualche tempo, fra qualche mese, alle dichiarazioni di incostituzionalità. Quindi, ancora una volta, noi oberiamo la nostra legislazione vigente di normative, che già sappiamo avranno dei problemi nell'applicazione concreta. Invece di risolvere il problema all'origine e a monte, noi invece andiamo sempre a risolvere i problemi dopo. Ma questo, come dicevo, è il comportamento tipico di questo Governo, che vuole dare la sensazione di fare, ma poi, nella concretezza, semplicemente utilizza parole, anche all'interno dei decreti, che non possono poi trasformarsi in fatti. Questo - ripeto - non lo dico io, ma lo hanno detto i giuristi che abbiamo sentito all'interno delle audizioni. Da più parti, durante le audizioni, è stato notato come questa normativa non garantisce la piena tutela, circa per esempio eventuali distorsioni ed abusi del suo utilizzo. Così come esistono ovviamente anche altri elementi di criticità, tipo, per esempio, l'aver scaricato sulla magistratura di sorveglianza tutto il peso della gestione delle carceri, dopo i guasti degli ultimi mesi sulle scarcerazioni, che certo non sono dipesi dai magistrati di sorveglianza, che semplicemente applicano in un determinato modo delle normative e, in particolare, in quel caso, applicavano una circolare del DAP. Allora, vedete, ci sono una serie di storture. Ci sono una serie di storture che rappresentano in maniera plastica l'impaccio dilettantistico, rispetto ai temi della legalità, che sono stati mostrati dal Governo, dopo, per esempio, le rivolte negli istituti penitenziari. Le ricorderete, eravamo agli albori della “fase 1” della pandemia, ma quegli episodi sono ancora vivi nei nostri occhi. Quegli episodi dovrebbero darci la sensazione di quanto in questo momento la giustizia italiana sia allo sbando, perché guidata sicuramente da un Ministro, che non ha la capacità di gestire e non ha la sensibilità per capire quali sono i veri temi, sui quali la giustizia dovrebbe puntare l'attenzione e focalizzarsi. Quindi, per questo motivo, noi non possiamo considerare questo provvedimento prodromico di quella grande riforma della giustizia, di cui il Paese ha bisogno. Non possiamo considerare questo provvedimento il cambiamento che volevamo, atteso anche proprio quello che è successo all'ANM e quello che bisognerebbe fare rispetto al CSM. Quindi, tutti i fatti accaduti nell'ultimo anno ci danno la percezione chiara di come il sistema giustizia dovrebbe finalmente essere visto nel suo complesso, riformulato nel suo complesso, e dovrebbe tornare a fare quello per il quale la Costituzione prevede appunto il potere giudiziario: dovrebbe far applicare le leggi e giudicare in maniera serena quello che gli viene posto sul tavolo. Il nostro Paese esige un intervento ampio e profondo, riaffermando un autentico principio della legalità e delle garanzie. È un obiettivo che, però, è irraggiungibile con il metodo da dogmatismo solista, che sino a questo momento c'è stato riservato dal Governo. Allora, Presidente, questo è ancora una volta un provvedimento che poteva essere migliorato, era un provvedimento che poteva essere approfondito, ma, purtroppo, la mascherina ancora una volta ci ha messo il bavaglio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie, Presidente, per la parola. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, onorevole Ferraresi, oggi viene all'esame del Parlamento l'ennesimo decreto-legge di questa fallimentare stagione politica, accompagnato dall'ennesima fiducia posta dal Governo giallorosso. Va ricordato che questo decreto è stato voluto dal Ministro Bonafede, per porre rimedio alle tante, troppe, scarcerazioni, conseguenti alla circolare del DAP del 21 marzo 2020, alle polemiche che ne sono scaturite e che hanno portato, tra l'altro, anche alle dimissioni del capo del DAP, dottor Basentini. Ma il rimedio proposto è stato forse peggiore del male. Innanzitutto non ha riportato in carcere il boss Zagaria, dalla cui scarcerazione tutto è cominciato.

Poi il decreto fa acqua da tutte le parti: è palesemente incostituzionale e già diversi magistrati di sorveglianza, con motivate ordinanze, lo hanno impugnato avanti la Suprema Corte per vizi relativi sia alla lesione del diritto di difesa sia all'ingiustificata distinzione tra reati gravi e meno gravi. Ma di questo parlerà più tardi il collega Sisto in occasione della pregiudiziale di costituzionalità.

Il decreto ha coinciso però soprattutto con la violenta polemica tra il Ministro Bonafede e il dottor Di Matteo: polemica che non accenna a placarsi e che, anzi, si arricchisce di settimana in settimana di nuovi episodi. Uno scontro che sta lasciando scorie profonde all'interno del Governo e dello stesso MoVimento 5 Stelle.

Il Ministro Bonafede è ormai sotto attacco anche del collega di partito, senatore Morra, presidente della Commissione antimafia. Faccio rilevare a quest'Aula che la settimana scorsa, nel corso della propria audizione in Commissione antimafia, il dottor Di Matteo ha lanciato un'accusa gravissima. Ha, infatti, insinuato il dubbio che se lui non avesse telefonato in diretta a Giletti e alla trasmissione Non è l'Arena, l'ondata di scarcerazioni a cui l'odierno decreto vorrebbe porre rimedio - cito parole testuali - sarebbe continuata all'infinito: una insinuazione davvero grave a cui il Ministro sarebbe bene replicasse esplicitamente. Potrà farlo certamente in Commissione antimafia, dove mi risulta essere stata richiesta la sua audizione, ma credo sarebbe opportuno lo facesse anche nel dibattito odierno relativo al decreto in esame.

Davvero, signor Ministro, il decreto è il frutto del grido di allarme del dottor Di Matteo e, se questo allarme non fosse stato lanciato, le scarcerazioni sarebbero proseguite all'infinito? A questa inquietante domanda va data con somma urgenza una risposta istituzionale.

Per questo vorrei invitare - suo tramite, onorevole Presidente - il signor Ministro a chiarire in quest'Aula con il suo intervento, nell'ambito della discussione del decreto, i dubbi sollevati dal dottor Di Matteo che non possono rimanere tali e necessitano di un chiarimento definitivo. Quella tra il Ministro Bonafede e il dottor Di Matteo è peraltro una polemica assai imbarazzante anche sul piano istituzionale. Il dottor Di Matteo, infatti, non è soltanto un importante magistrato antimafia ma è attualmente un autorevole componente del Consiglio superiore della magistratura, un organo questo a sua volta travolto da uno scandalo senza precedenti. Da oltre un anno l'affaire Palamara si sta allargando senza alcun freno. Ogni giorno i quotidiani dedicano pagine su pagine alla trascrizione delle chat, alla delegittimazione reciproca tra magistrati, a polemiche violentissime. Il discredito che ne consegue all'intero corpo della magistratura è senza precedenti, con rischi gravissimi, io credo, anche per il nostro assetto democratico.

L'opinione pubblica è sconcertata: come può credere all'obiettività e all'imparzialità dei magistrati se questi per primi, da mesi, ogni giorno - anche oggi la rassegna stampa non fa eccezioni - tra loro si gettano fango addosso?

In un quadro così drammatico trovo davvero imbarazzante ed insopportabile l'inerzia del Ministro Bonafede. In oltre un anno indignazione a parole, tantissime chiacchiere, propositi di svolta proclamati a gran voce e in tutte le salse ma nessun risultato concreto. Il Ministro sembra paralizzato: è sopravvissuto a stento alla mozione di sfiducia individuale ma per il resto è incapace di prendere decisioni davvero risolutive anche perché la sua maggioranza è sempre più divisa al suo interno e lui è ormai contestato apertamente anche all'interno del MoVimento 5 Stelle.

Entro il 31 dicembre 2019 doveva essere varata la riforma epocale della giustizia ma di essa si sono perse le tracce. Il CSM per tentare di recuperare una credibilità perduta attende una riforma che non arriva. Pare, inoltre, che il progetto governativo sarà affidato a un disegno di legge: conosciamo tutti in quest'Aula i tempi biblici dei disegni di legge. Tra due anni si dovrà eleggere il nuovo Consiglio superiore della magistratura e, se le cose continuano ad andare avanti così, non è escluso che si andrà con la stessa legge di oggi.

Per parte nostra, Forza Italia ha depositato una proposta di legge che ha lo scopo di tagliare una volta per tutte le unghie alle correnti: si tratta del sorteggio temperato per renderlo coerente all'articolo 104 della Costituzione in linea con le nostre posizioni di sempre. Il Ministro Bonafede ha invece in mente un sistema basato su collegi piccoli al ballottaggio ma un sistema siffatto renderà più forti le correnti, anziché penalizzarle. Del resto, lo stesso Ministro all'inizio della discussione era d'accordo con il sorteggio ma poi ha cambiato idea dopo che l'ANM ha dato il via libera al famigerato blocco della prescrizione. Bonafede ha accettato quindi un compromesso al ribasso che non gli ha fatto certamente onore.

In questo contesto di ammuina, francamente mi stupisce il ruolo assunto dal Presidente Mattarella che stimo come persona seria. Da oltre un anno cerca di salvare il salvabile e in ogni occasione ammonisce Governo e maggioranza sulla necessità di far recuperare credibilità alla magistratura e al CSM ma nel frattempo non succede niente. Mi chiedo fino a quando potrà accettare di essere parte di questa melina?

Per parte nostra, come sempre, come opposizione responsabile, siamo pronti ad avanzare le nostre proposte. Tante, troppe volte il Premier Conte invita alla collaborazione l'opposizione ma finora le sue sono state parole al vento: sulla giustizia certamente si potrebbe lavorare insieme. La nostra proposta è partire da due temi sui quali il confronto è possibile: la separazione delle carriere e il sorteggio dei componenti togati del CSM, ovvio però che, se per l'ennesima volta, ci fossero sbattute le porte in faccia, saremo costretti nostro malgrado a trarne le conseguenze (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà. Sarebbe meglio l'altro microfono, onorevole Sisto, perché quello è stato appena utilizzato.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Andavo naturalmente verso il centrodestra.

PRESIDENTE. È tutto un fatto di interpretazione. Prego, onorevole Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Esatto, Presidente, come sempre l'interpretazione prevale sul testo letterale. Grazie, Presidente, per avermi dato la parola. Ho ascoltato con attenzione anche a distanza - non posso dire “da remoto” perché altrimenti il Ministro Bonafede pensa di perdere la priorità della parola “remoto” - gli interventi dei colleghi e sono contento di essere vicino, ovviamente da un punto di vista squisitamente logistico, al sottosegretario Ferraresi.

Il discorso sulla giustizia è un discorso ahimè inutile e quando discutere sulla giustizia dà la percezione della inutilità direi che il giurista, cioè colui che tiene a che vi sia conformità fra quanto si scrive in Parlamento e quanto è scritto in Costituzione, si sente désolé dicono i francesi, cioè di quella tristezza profonda che in qualche modo accompagna la riflessione politico-tecnica. Infatti, le porte in faccia che ci sono sbattute da questa maggioranza sono imbarazzanti per la maggioranza, non per l'opposizione. Questa ipocrisia nell'aprire tavoli e sbattere porte ormai ha oltrepassato ogni limite di pazienza.

Allora le valutazioni, ciò che noi raccontiamo, rappresentiamo, cerchiamo disperatamente di fare presente incontrano sempre il limite della dolosa indifferenza da parte del Governo. Non è ideologica perché qui in questo Governo di ideologico non c'è niente, non c'è nulla, c'è soltanto una scelta spot di determinati settori in cui si ritiene di poter avere più consenso che altri. Magari ci fosse ideologia, magari ci fosse coerenza, magari ci fosse cultura, cioè partire da una cultura, andare ad un'idea che diventa ideologia e poi diventa legge, magari: sarebbe più facile. Qui c'è semplicemente pressappochismo, incompetenza, incapacità di rendersi conto di quello che si scrive: non c'è logica di sistema. Ma sapete cos'è un sistema? Pietro Nuvolone lo ha detto con molta chiarezza - non so se Nuvolone vi richiama qualche cosa di diverso dai temporali - ma Pietro Nuvolone ha detto con molta chiarezza che le norme vanno scritte in un sistema, cioè non si può scrivere una norma senza chiedersi dove va a cadere, che effetto produce, processuale o sostanziale che sia. Qui siamo di fronte alla incontrollabile proliferazione di idee originali e qui utilizzo un termine per così dire freudianamente vicino alla follia perché pensare ad un processo da remoto per esempio - circola questa idea del nuovo emendamento che io invito disperatamente il sottosegretario a smentire: lo invito a smentirla - che vada oltre il COVID...

Ma, scusate, se il processo su cui il PD si era impegnato personalmente - personalmente - ad evitare che si potesse solo pensare ad un processo da remoto oltre il periodo COVID-19, si apprende di un emendamento che girerebbe - serpeggerebbe - e che, in qualche modo, porterebbe l'esperienza del processo da remoto fino a dicembre 2021, una cosa che veramente fa rabbrividire. Voi pensate a un testimone escusso davanti ad uno schermo, ma solo chi non ha fatto - fatto nel senso di fare, pragmatico, non è un uso generico della parola fare, fare nel senso di essere artefice - un processo penale, solo chi non sa che cos'è la giustizia vera dei cittadini può pensare a un'idiozia del genere, cioè un testimone che può essere sentito davanti a uno schermo… e come faremo a capire se dice il vero o dice il falso? Come faremo a coglierne gli aspetti più propri per evidenziare quello che è il compito del processo, non quello di condannare, come voi volete, e mi meraviglio del Partito Democratico, il vero responsabile di tutto questo; svegliatevi, vi prego, riprendetevi quella linea che qualche volta vi ha portati, certo, in una prima fase di questa legislatura, sempre, quando eravate all'opposizione, a ragionare in termini di Costituzione; non siate i correi consapevoli di questi continui omicidi dei diritti dei cittadini. Il processo da remoto costituisce l'estrinsecazione più pentastellata dell'idea di giustizia: un processo senza persone, un processo senza partecipanti, virtuale, ma molto poco virtuoso. Addirittura la discussione… Scusate, colleghi… chiunque siano, noi siamo, come sempre, indifferenti rispetto alla provenienza… la discussione si voleva che fosse da remoto, cioè l'apporto della difesa, che trova, nella sintesi della discussione, la capacità persuasiva, nel senso migliore del termine, davanti ad uno schermo? Ma voi state scherzando, voi siete degli iconoclasti; ma di che cosa parliamo? Allora, noi ci affanniamo, caro collega Zanettin, caro Enrico Costa, noi ci affanniamo per che cosa? Per chi vuole uccidere il processo e le garanzie? Di che cosa parliamo? Ecco, je suis désolé, la tristezza di fondo del giurista che sa di avere di fronte un muro, e mi rivolgo a quel lato del Parlamento, sia pure molto sinteticamente rappresentato, ma mi rivolgo a quel lato del Parlamento, perché voi potete essere quelli che fanno la differenza; vi siete impegnati a non portare il processo da remoto oltre il COVID-19; mantenete l'impegno o, come diceva Goldoni nel 1745, servire due padroni diventa una sorta di must: servire il MoVimento 5 Stelle nel bisogno di stare al Governo e accontentare quell'ala sanguinaria delle procure che vuole trasformare il processo da un processo accusatorio, in cui vi è parità - che bella parola - fra accusa e difesa, in un processo in cui le indagini preliminari sono il vero nucleo del processo, con le misure cautelari. Allora, se noi mettiamo insieme indagini preliminari, misure cautelari e processo mediatico, oscurando il dibattimento opportunamente con il processo da remoto, qual è l'effetto? L'effetto è quello di uccidere il 111, cioè il contraddittorio della prova, di mettere la prova nelle condizioni di essere fondata solo sull'attività di indagine, propulsione dei riti alternativi che servono a limitare i danni da un non dibattimento e il gioco è fatto, le garanzie sono finite, la difesa non serve più a nulla, altro che avvocato in Costituzione, ma mi spiegate a che cosa serve mettere l'avvocato in Costituzione a fronte di questi macigni ordinamentali e processuali che cadono sulla testa della difesa? Le opzioni di principio, ormai, non servono più a nulla, abbiamo bisogno di norme di riparo, norme di minima rilevanza, ci basta il 5 e mezzo, Presidente, neanche il 6, io mi accontento del 5 e mezzo, ma un 5 e mezzo che sia comunque capace di dare le minime garanzie all'interno del processo, ma in questo provvedimento che ha, diciamo così, un suo fascino, perché quando si legge: “intercettazioni”, “ordinamento penitenziario”, “giustizia civile, amministrativa, contabile”, “allerta COVID-19”, qual è l'idea che si ha? Innanzitutto, il patchwork; non è un mosaico, il patchwork è una cosa diversa, sono tanti pezzettini messi insieme che nella diversità cromatica hanno comunque un loro fascino, tra virgolette; mancanza di progettualità, Presidente, qui non c'è nessuna progettualità, ma quando mai la giustizia è stata ridotta a questo atomismo inafferrabile?

Ogni provvedimento sfugge a delle logiche diverse, nasce e muore in certi contesti, per poi tornare insieme e poi separarsi. Come è nato questo decreto-legge non lo devo certamente ricordare all'Aula, una sorta di fuga per la sconfitta, fatemelo passare: due decreti che diventano uno, uno si innesta nell'altro e, oplà, il gioco è fatto. Ma non si è vista mai una cosa del genere, non si è vista mai; con quale coraggio voi affrontate una tematica così disparata, ritenendo che vi siano i presupposti dell'articolo 77? Lo vedremo più tardi, in altra sede. Ma, ripeto, la necessità di essere vicini al MoVimento 5 Stelle e vicino alla parte più incisiva delle procure non fa certamente onore al Partito Democratico che, comunque, ha mantenuto, sia pur con qualche difficoltà, Mani Pulite a parte, una capacità di riflessione su determinati temi fondamentali. Allora, io mi rivolgo essenzialmente a quella componente governativa, perché eviti di essere mero pappagallino di quanto fa il MoVimento 5 Stelle, mero ripetitore, addirittura, come posso dire, indifferente rispetto ai contenuti, con un ecumenismo che non significa niente. Ho ascoltato recentemente un importante esponente del Partito Democratico dire che sono quattro i punti fondamentali della riforma: ordinamento penitenziario, processo penale, processo civile… e quali sono le vostre proposte concrete, al di là di questo ecumenismo che serve a sopravvivere vicino ai 5 Stelle? Zero, assolutamente zero! Difesa strenua di questo modo di legiferare, antidemocratico, contro il cittadino, per le procure, per gli incrementi di pena, per un processo penale in cui fa carriera solo chi condanna e non chi fa giustizia! E che questo sia il tema di fondo, cioè una giustizia procuro-centrica, medio-centrica e cautelar-centrica, in questo provvedimento è chiarissimo, e io penso che alla mancanza di progettualità, pluralità di materie, meccanismi eterogenei, mancanza di visione sistematica, si accompagnino alcune chicche: ma, insomma, voglio dire, l'uso dei droni… Ma in che Paese siamo, ma in che Paese siamo? In un Paese che qualcuno giustamente definisce orwelliano? In cui il controllo è il dato fondamentale, un Paese in cui tu devi essere controllato e in cui la funzione del processo e delle indagini non è quella di acclarare la responsabilità, ma di controllare le responsabilità; guardate, la differenza è profonda, è profonda; l'accertamento della responsabilità ha, come posso dire, delle linee tipiche che derivano dal codice e dalle garanzie. La parola garanzia; qualcuno diceva: noi non siamo garantisti, siamo per le garanzie; no, noi siamo garantisti e per le garanzie, è la stessa cosa, i giochi di parole hanno fatto il loro tempo, basta, basta!

E non dimentico, Presidente, affrontando il tema del decreto-legge, che tutte queste tematiche di incisività dei meccanismi inquisitori passano - tra virgolette -, e qui la desolazione è massima, attraverso il non dibattito parlamentare; noi non abbiamo mai sentito, mai sentito qualcuno del MoVimento 5 Stelle o del Partito Democratico intervenire in Aula a difesa di questi provvedimenti, in un dibattito che avesse emendamenti, discussioni, voti, cioè un Parlamento vivo, una creatura viva, in cui fosse possibile vedersi muovere tra i banchi di maggioranza e opposizione? Sterili discussioni su finali già scritti: decreto-legge, fiducia; sterili discussioni, una mortificazione della democrazia e del Parlamento senza eguali. Ministro Bonafede, Ministro de che? Di se stesso e di un Governo autoreferenziale, che non si è mai sottoposto ad un confronto vero e che diffonde, per via etere, delle rassicuranti parole senza senso e senza nulla e, scusate se lo dico, senza un costrutto giuridico; ma voi avete mai ascoltato qualcuno con un discorso giuridico su queste modifiche?

Qualcuno che ci convincesse che si tratta di una scelta in assonometria con la giurisprudenza e con la dottrina; io ricordo quando fu modificata, come posso dire, la teoria sulla causalità. Ci fu un dibattito, un dibattito accurato, lungo, approfondito, anche nelle Aule del Parlamento. Poi, ci fu la famosa sentenza delle Sezioni Unite che derivava da una scelta coralmente assunta sulle patologie del sistema, cioè c'è un sistema, c'è una patologia, c'è un rimedio. Qui i rimedi sono alle leggi! La Cassazione interviene - “sentenza Vessichelli” sulla responsabilità medica, detta “Mariotti” del 2017 - sulla screanzataggine folle del legislatore. Cioè, la Cassazione oggi pone rimedio alle défaillance del legislatore. Scrive: le leggi le scrive, è costretta a scriverle per evitare che i giudici non sappiano come comportarsi, perché voi scrivete delle leggi con gli strapiedi, questa è la verità. Scrivete le leggi con gli strapiedi! E quando noi cerchiamo di dirvi: “Scusate”, alzate il ditino, come si faceva a scuola: “Zitto tu e resto al posto tuo”. Questo è il vostro atteggiamento, questo è il vostro atteggiamento!

Allora, come si può essere propositivi, Presidente e signori della maggioranza? Come si può, diciamo, non essere in linea con chi ha preso atto che il tema delle intercettazioni non è uno strumento di indagine fisiologico ma diventa un'enfasi, diventa una sorta di invasione a piedi uniti di ogni forma ipotizzabile di riservatezza? Non vi è bastata neanche la Corte costituzionale sullo “Spazzacorrotti”, manco da quella avete imparato. Manco la Corte! Ma c'è bisogno di andare alla Corte costituzionale per capire che una norma in materia di libertà personale non può essere retroattiva? C'era bisogno di andare alla Corte costituzionale? Ma ogni volta che voi scriverete delle castronerie noi andremo alla Corte costituzionale e la Corte riporterà certamente una sorta di reductio ad unum, non un risarcimento del danno ma un ripristino delle situazioni di ortodossia costituzionale.

Allora, quando jazzate ancora sulle intercettazioni, fate dei droni uno strumento di orwelliana memoria, ragionate sull'ordinamento penitenziario con una modalità che calpesta completamente detenuto e difensore, non avete idee chiare sulla giustizia civile, penale, amministrativa e contabile. Che cosa è accaduto nei tribunali, Presidente, è irripetibile: tribunali chiusi, no aperti, semiaperti, bloccati, forse domani non si sa, ognuno fa di testa sua e la confusione che ha dato eco. Qui ci voleva, come posso dire, una mente lucida, magari meno progressista, meno capace di proiettarsi verso il futuro ma con i piedi saldamente per terra nei principi costituzionali e nel buon senso politico per regolare il fenomeno con unità e con coerenza.

E non dimentico, Presidente, che siamo di fronte alla diciannovesima fiducia, quella che con ogni probabilità sarà posta a minuti. Diciannovesimo fiducia! Ma questo non era il Governo che… Presidente Conte, la centralità del Parlamento. Ma è veramente insopportabile! È insopportabile: per persone di media cultura è insopportabile questa stangata continua, questo continuo essere presi in giro da parole televisive e conferenze stampa improvvisate, da futuri pieni di condizionali e pieni di ipotesi e nella realtà è la diciannovesima dichiarazione di fiducia.

Ci restano le battaglie, sì: le battaglie degli avvocati di oggi, delle camere penali. Noi abbiamo in Commissione, in I Commissione, il provvedimento sulla separazione delle carriere. Occhio: è una proposta di legge di iniziativa popolare. Ma voi non siete il partito che ha inventato il Ministero della democrazia diretta? Mi ricordo male? O anche questo è un ologramma, è un sogno che è finito? Non vi azzardate a non portare in Aula quel provvedimento, che è una proposta di iniziativa popolare. Abbiamo già in Commissione, Presidente, i soppressivi dei 5 Stelle, cioè sopprimono l'iniziativa popolare. Ma è da non credere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)! Con quale coraggio, con quale coraggio sopprimete l'iniziativa popolare, voi che avete inventato un Ministero che non c'era apposta per portare il vessillo? Io sono in attesa di quegli emendamenti soppressivi e del voto del Partito Democratico su quegli emendamenti soppressivi. Quel provvedimento va portato in Aula, illustre capogruppo in Commissione giustizia e illustre capogruppo in Commissione affari costituzionali del Partito Democratico. Lo dovete portare in Aula e sia l'Aula a stabilire poi quello che deve essere fatto, ma non si può sopprimere in Commissione una proposta di legge di iniziativa popolare. Sopprimere il popolo in Commissione: complimenti, straordinario! Emendamenti del MoVimento 5 Stelle. Cioè, io vi sfido a votarli quegli emendamenti, vi sfido. Significa cancellare voi stessi. È come l'audiocassetta di Missione Impossibile che si distrugge da sola. Voi vi distruggerete da soli con questi voti per non scontentare una parte di magistratura che sostiene che non si possono aspettare le sentenze, Presidente. Ma che frase terrificante, che frase terrificante! Ma mica possiamo aspettare le sentenze? Oh, voi state appoggiando questo, colleghi del Partito Democratico. Voi fate i consorti di chi dice che non si possono, nel nostro sistema, aspettare le sentenze, perché le sentenze sono inutili. Cioè, il contraddittorio fra le parti che porta alla sentenza è inutile, non serve; conta la procura. Guardate con quanta enfasi si pronunciano queste parole e quanto pesano sulle vostre coscienze e quando, spingendo sul verde nel voto su questi provvedimenti, vi porterete dietro tutto questo e sarete protagonisti di questa roba.

Ho finito: ce l'ha con me, Presidente?

PRESIDENTE. No, onorevole Sisto. Continui.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Io ascolto sempre i suoi inviti. Ma è possibile che dovete fare voi casino, scusate (Commenti)?

PRESIDENTE. Prego, onorevole Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Vi voglio bene, però…

PRESIDENTE. Colleghi.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Come posso dire? Il fuoco affettuoso amico, come si suole dire.

Allora dicevo, Presidente, riprendendo un pochino l'enfasi tecnica, anche se un po' di sdrammatizzazione non guasta ed è il massimo che ci possiamo consentire in questa tragedia, qualche parola soltanto sul business dell'App Immuni. Infatti, qui qualcuno deve capire, al di là delle procedure, di quello che ha detto bene la collega Bartolozzi e tutti i colleghi che sono impegnati su questo punto, cioè quanto è stato riferito prima da tutti quelli che mi hanno preceduto, che il vero patrimonio dell'App sono i dati. Chi non comprende che in questa materia il vero business è il possesso dei dati, qui non si rende conto che negli aggiornamenti affidati a una società senza nessun controllo c'è il core business di questa situazione e quello che è successo nella mia città è solo comico - cioè, una persona chiusa senza nessun motivo - ma non è quello il punto, non è la possibilità di un errore che mi affascina negativamente. Mi colpisce il fatto che una società con quelle matrici abbia nella sua disponibilità dei dati importantissimi che riguardano un intero Paese. Ma voi non siete quelli che avete combattuto sempre le oligarchie economiche, il lobbismo sfegatato, salvo poi essere voi stessi lobbisti? Ma, voglio dire, non siete quelli che si sono sempre battuti contro?

Ecco, allora, io credo, Presidente, che questo, al di là delle patologie costituzionali che mostra in tutte le sue ragioni, sia un provvedimento, come posso dire, cartina di tornasole, un provvedimento madre, un provvedimento chiarissimo in cui ci sono tutte le nefandezze in tema di giustizia di questo Governo e con due componenti importanti. Io veramente confido che ci possa essere qualcuno, anche due, anche tre, anche quattro, poche persone che possano comprendere la gravità di quello che sta accadendo e possano orientare la propria coscienza verso un voto dissenziente che ha un valore in materia di giustizia, perché non c'è una materia, come quella della giustizia, che non ha appartenenza. Ne ha una sola ed è l'amore per la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Non c'è una materia come la giustizia che non ha appartenenza perché - scusate se lo dico - riguarda tutti noi, nessuno escluso. Riguarda tutto quello che può accadere.

Qui si ha l'impressione, invece, che vi è una sorta di bad company e un'altra, diciamo così, company che riguarda procure e affini, coloro che vogliono raggiungere un obiettivo e coloro che, invece, a questo obiettivo vogliono sfuggire. Non è così. La giustizia non è chi insegue e chi scappa.

La presunzione di non colpevolezza - brutta parola, è diventata una brutta parola -, la presunzione di non colpevolezza e non a caso non è una presunzione di innocenza, ma di non colpevolezza: io posso anche essere condannato in primo grado, caro sottosegretario, e sono sempre non colpevole; posso essere condannato anche in secondo grado e sono sempre non colpevole. Questa è la grandezza della nostra Costituzione: rimettere al potere giudiziario e che i giudici finalmente facciano soltanto i giudici. Lo dico con molto rispetto, ma in un momento di crisi bisogna correre ai ripari. Quando la febbre arriva a 40, ci vuole la tachipirina e l'antibiotico; non basta la tachipirina e non basta l'antibiotico, ci vogliono tutte e due. C'è un momento in cui dobbiamo recuperare all'interno della magistratura un'ortodossia che porti i giudici a essere soltanto giudici. Niente incarichi extragiudiziari, niente porte girevoli, separazione delle carriere. Una dieta che eviti obesità, che eviti trigliceridi dei trojan, che possono essere bene o male utilizzati.

Non è l'effetto del trojan, è il metodo. Come sempre, si confonde l'effetto con il metodo. Anche una confessione ottenuta con una tortura è una confessione, ma è una buona confessione quella? No, è il metodo. Il processo è un problema di metodo, di garanzie, non di effetto, non di effetto. Se qualcuno confonde l'effetto con lo strumento sbaglia, non è questo il processo. Noi siamo tutori dei metodi corretti, non dell'effetto che fa; altrimenti tutto diventa possibile, tutte le violenze, sanguinolente o meno che siano, diventano capaci di produrre l'effetto. Noi di Forza Italia, Presidente, siamo teneri garantisti, romantici della Costituzione, attaccati alla nostra bandiera senza bandiera, ma questo forse fa la differenza. Siamo convinti che oggi potrà colpire pochi, domani chissà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA (FI). Grazie, Presidente. Volevo partire da un emendamento, il primo emendamento che ho presentato a questo provvedimento; è un emendamento molto significativo, che è stato respinto, liquidato, rigettato in poche battute in Commissione, alla parte relativa alle intercettazioni. Allora, noi sappiamo che il 114 del codice di procedura penale è un articolo molto importante, perché stabilisce ciò che può essere pubblicato delle indagini preliminari e ciò che non deve essere pubblicato, perché noi sappiamo che durante le indagini preliminari si raccoglie molto materiale, che può essere rilevante, che può essere irrilevante, che va ovviamente selezionato. Noi ci lamentiamo di che cosa? Che molte persone vengono tirate in ballo nell'ambito di indagini, entrano nella massa delle intercettazioni, queste intercettazioni finiscono sui giornali, queste persone vengono infangate, magari su questioni non rilevanti, e poi il tutto finisce nel nulla. Questa legge sulle intercettazioni, il decreto sulle intercettazioni aveva un obiettivo dichiarato, dichiarato già dal collega Orlando nella scorsa legislatura, ribadito da Bonafede: dobbiamo evitare che le intercettazioni irrilevanti finiscano sui giornali. Benissimo, tutti d'accordo. Cosa avete introdotto? Avete stabilito una cosa, un principio. Ricorderanno tutti i colleghi che la pubblicazione integrale dell'ordinanza di custodia cautelare era una cosa vietata dalla legge; poi la facevano in molti, ma commettevano un reato. Cioè scrivere e pubblicare l'ordinanza di custodia cautelare, che ovviamente inglobava nelle centinaia e centinaia di pagine anche i testi delle intercettazioni, testi letterali, intercettazioni non ancora sottoposte ad un vaglio in contraddittorio sulla loro rilevanza, era un reato. Voi cosa avete scritto in questa legge che vuole impedire la diffusione delle intercettazioni? Che d'ora in avanti, cioè dal 1° settembre in avanti, sarà lecita la pubblicazione integrale dell'ordinanza di custodia cautelare; sarà quindi lecita la pubblicazione di tutte le intercettazioni che saranno inserite in quell'ordinanza. Noi vediamo ordinanze di mille pagine, di cui 900 di intercettazioni riportate letteralmente, non ancora vagliate nel contraddittorio delle parti. Contraddittorio significa che le parti, pubblico ministero e avvocati, di fronte al giudice dicono: “Guarda, questa è un'intercettazione privata”. Il PM dice: “No, mi serve” - come dice sempre - “per inquadrare il contesto, per inquadrare la personalità del reo, per far comprendere l'ambiente circostante”. Ebbene, oggi, anzi dal 1° settembre - e lo dico alla maggioranza, che forse si è lasciata sfuggire questo passaggio - la maggioranza ha consentito e consentirà la pubblicazione integrale. Noi avremo pagine e pagine di giornali che non faranno più la fatica di mandare e sguinzagliare i cronisti in giro alla ricerca di qualche indiscrezione. No, avranno gli atti, avranno l'atto, cento pagine sul sito del giornale. Basterà fare clic e scaricare tutto il contenuto. Questo cosa farà? Questo determinerà ancora di più l'effetto che c'è già oggi, che la vera sentenza non è quella che arriva all'esito del dibattimento, ma la sentenza vera è quella della comunicazione della chiusura delle indagini, quella conferenza stampa del pubblico ministero.

Normalmente lo schema è: alle 5 del mattino scattano gli arresti (10, 20, 30, 50); alle 11 del mattino c'è la conferenza stampa. Magari gli interessati non hanno ancora neanche potuto leggere le mille pagine, però c'è la conferenza stampa convocata dalle procure, con, ovviamente, tutti gli appartenenti alla Polizia giudiziaria a fare da contorno, tutti i giornalisti, le immagini girate dalla Polizia giudiziaria, con il logo, addirittura, delle forze di Polizia, immagini di perquisizioni, immagini di esecuzione di provvedimenti cautelari, i testi addirittura delle intercettazioni sottotitolati. Non c'è ancora stata la perizia sulle intercettazioni, ma loro hanno già deciso che quello che dicono quelle persone va sottotitolato in un certo modo. Non mi pare che le risorse destinate alle forze di Polizia, almeno secondo il legislatore, secondo il Governo, debbano essere destinate a rafforzare le indagini in questo modo, attraverso i filmati, perché hanno dei costi, devono essere montati, devono essere girati, devono essere duplicati questi testi. Ma poi la cosa bella è che adesso le indagini hanno il titolo, la Polizia giudiziaria decide che ogni indagine ha un titolo, si parte con un titolo. Vi racconto questa, l'ho raccontata ieri in Commissione, l'ho letta qualche giorno fa sul giornale. Il titolo dovrebbe essere legato alla presunzione di innocenza, si dice che siamo tutti presunti innocenti. A parte che le conferenze stampa cominciano con: “abbiamo sgominato, abbiamo chiuso il cerchio”. La presunzione di innocenza forse è qualcos'altro.

Nella scorsa legislatura avevamo un collega che di cognome faceva Cera, non so se del gruppo dell'UDC. Questo collega è stato coinvolto in un'inchiesta recentemente, un mese, due mesi fa; è stato oggetto anche di un provvedimento non so se cautelare, comunque un provvedimento significativo, e quindi siamo in fase di indagini preliminari. Sapete come hanno battezzato l'inchiesta, nel rispetto della presunzione di innocenza? L'inchiesta “C'era una volta”. Allora, solo per dire, ma chi ha deciso che bisogna dare il nome alle inchieste? Dove è scritto, sottosegretario, nel codice? Non ho visto mai mandare un'ispezione da parte del Ministro su queste situazioni. Ma vogliamo mandare qualche ispezione a vedere come si generano questi nomi, se ci sono delle menti che si riuniscono e stabiliscono come attribuire il nome? Nomi magari che poi, all'esito delle sentenze definitive, vengono completamente smentiti. Vogliamo capire perché girano queste immagini delle indagini, delle inchieste? E adesso a tutto questo voi aggiungete la pubblicazione integrale dell'ordinanza di custodia cautelare. Ma capite che quelli che danno il nome alle inchieste, che fanno le immagini, saranno ben felici perché non avranno più bisogno di convocare la conferenza stampa. Basta che tutte le cose che vogliono le buttano nell'ordinanza di custodia cautelare, che diventerà un grande contenitore, ma soprattutto una grande cassa di risonanza; e, con i tempi dei processi che noi abbiamo, quel titolo dell'inchiesta, quel titolo di giornale, quella conferenza stampa diventeranno la sentenza che sarà stampata in fronte a chi è indagato.

Normalmente la presunzione di innocenza vuole che l'indagato, l'imputato possa mettere in dubbio le tesi dell'accusa, possa cercare anche di ribaltarle, portando le prove nel processo; ma per voi il processo non esiste più, non interessa più: il processo è un qualche cosa che si dilunga nel tempo, ed è la sede delle tecniche dilatorie degli avvocati. Per voi il processo si può fare dal divano, come il processo da remoto: voi l'avete introdotto durante il periodo di emergenza, ma oggi noi capiamo, dall'emendamento che voi presenterete o avete in mente di presentare al decreto-legge “Rilancio”, che il processo da remoto vorrà essere a regime, e voi avete semplicemente sfruttato l'emergenza. Non l'avete applicato, questo processo, per affrontare l'emergenza: voi avete utilizzato lo stato d'emergenza per introdurre nel sistema un qualcosa che col sistema fa assolutamente a pugni.

Cerchiamo allora di capire che il processo è una cosa seria, che le impugnazioni non sono, come sostenete voi, delle mere perdite di tempo. A me è capitato in audizione. Quando abbiamo fatto le audizioni sulla prescrizione, il MoVimento 5 Stelle ha convocato in audizione una procuratrice della Repubblica, se non sbaglio di Verona; e questa procuratrice della Repubblica ha detto: dobbiamo cancellare la prescrizione, perché? Perché la prescrizione favorisce le tecniche dilatorie degli avvocati. Abbiamo fatto una domanda: ci può fare un esempio di tecnica dilatoria degli avvocati? Un esempio, uno. Risposta: l'appello. Come l'appello? Sì, perché secondo alcuni l'appello è semplicemente un modo per allungare il brodo, per prendere tempo in vista della prescrizione; ma dimenticano, costoro, che il 48 per cento degli appelli riforma in tutto o in parte le sentenze di primo grado. Guardiamo allora i numeri: significa che è un vaglio, un controllo sulla sentenza di primo grado.

Ma noi lo sappiamo, sempre per ritornare al tema dell'indagine, che è la vera sentenza, che si stampa a fuoco sulla persona che ne viene coinvolta, noi lo sappiamo che ogni anno ci sono 150 mila persone che, dopo un processo di primo grado che dura almeno quattro anni, vengono assolte? Noi lo sappiamo? Ma non possiamo pensare nelle valutazioni di professionalità dei magistrati di mettere un asterisco ogni volta che una loro citazione diretta a giudizio finisce con un'assoluzione? Un piccolo asterisco (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Magari quando ce ne saranno due, tre, quattro, cinque di asterischi, questi magistrati non verranno promossi con tanta libertà. Ma noi lo sappiamo che ogni anno mille persone, dal 1992 ad oggi siamo a 28 mila persone, sono state risarcite - risarcite: indennizzate - con la riparazione per ingiusta detenzione? Persone svegliate alle 5 del mattino, ristrette nella loro libertà. Ventottomila: e questi sono soltanto quelli che hanno fatto la domanda! Ventottomila persone: immaginate quante persone, quante famiglie, quanti lavori, quante frustrazioni. E noi abbiamo chiesto semplicemente una cosa, che non avviene mai: che questa ordinanza, che stabilisce che lo Stato debba pagare una somma, finisca sulla scrivania del titolare dell'azione disciplinare, che deve solo guardare, verificare se c'è stata negligenza o superficialità. Se non c'è stata, può archiviare. Ebbene, il MoVimento 5 Stelle, il vecchio Governo, la vecchia maggioranza ci ha rigettato qui in Aula questo!

Ma voi lo sapete che se una persona chiede la riparazione per ingiusta detenzione per essere stata arrestata e poi assolta, non la ottiene se quando è stata arrestata si è avvalsa della facoltà di non rispondere? Perché si dice che ha concorso nell'errore del magistrato! Ma una persona che viene arrestata ingiustamente, non ha magari letto gli atti, non ha magari parlato con l'avvocato, ha un diritto: quello di avvalersi della facoltà di non rispondere. Ebbene, la giurisprudenza oggi scrive che se tu ti sei avvalso della facoltà di non rispondere, certo, hai favorito l'errore del magistrato, che peraltro ti aveva già arrestato prima, e quindi non ti diamo l'indennizzo.

Ma vogliamo metterle a posto queste norme? Vogliamo lavorare insieme, a cercare di correggere questi passaggi? Sono piccole cose, ma quando voi rigettate il nostro emendamento, senza neanche dire una parola, né il Governo, né il relatore né i parlamentari di maggioranza, - una parola! – e rigettate l'emendamento sulle ordinanze di custodia cautelare, cosa si può fare? È molto difficile!

Io qui mi sono fatto un elenco delle porte in faccia che questa opposizione ha preso sulla giustizia. Separazione delle carriere: no; no del Ministro, no del MoVimento 5 Stelle; vedremo la maggioranza, il resto della maggioranza come si pone. Sorteggio per le elezioni del CSM: no. Riforma costituzionale del CSM: no, ce l'ha detto il Ministro l'altro giorno. Norme sulla prescrizione, non soppressione della prescrizione: no. Porte girevoli dei magistrati, è da due anni che pende la proposta di Zanettin: no, no, no, no; adesso forse Bonafede, non certamente prendendo in considerazione le nostre idee, farà qualcosa. Fuori ruolo in magistratura, limitiamoli: no. Processo da remoto, abbiamo fatto delle proposte: no. Ordinanze di custodia cautelare, l'ho detto prima: no. Impugnazioni, sempre svilite, cerchiamo di dare una dignità alle impugnazioni: no. Proposta di riforma dell'abuso d'ufficio: no. Proposta di riforma delle intercettazioni: no. Proposta di riforma del trojan: no. Doppio binario ormai su tutto, cioè ormai i reati contro la pubblica amministrazione sono assimilati in tutto alla mafia e al terrorismo: no. Cerchiamo di limitare il processo mediatico: no. Riforma del processo penale, possiamo dare il nostro contributo: no. Ingiusta detenzione, l'ho detto prima: no.

Gli assolti possono avere dallo Stato risarcite, rifuse le spese che hanno pagato per difendersi, visto che è lo Stato che li ha chiamati in causa (questo è il civile principio della soccombenza)? No. L'articolo 4-bis: lo ha evidenziato prima l'onorevole Sisto, abbiamo presentato interrogazioni, risoluzioni, proposte, ci è sempre stato detto di no; alla fine la Corte costituzionale ha risolto la questione. Tema dell'agente provocatore: ci è stato risposto un'altra volta di no. Abbiamo detto di cercare di riformare il codice penale non semplicemente alzando le pene edittali: ci è stato risposto di no.

Benissimo, sono tutte porte in faccia che abbiamo preso, tutte di fronte ad emendamenti, temi che abbiamo sollecitato, portato all'ordine del giorno. Ebbene, io penso che questo sia un elemento essenziale per dimostrare che il dialogo che ha evidenziato prima il collega Bazoli sia soltanto una finzione, perché se si vuole il dialogo si dice anche qualche “sì”, si risponde qualche “sì”.

Io vedo il Presidente Berlusconi che tende la mano nell'interesse del Paese alla maggioranza, lo fa certamente su temi di ampia portata e di grande prospettiva; però i temi della giustizia sono quelli che attengono alla civile convivenza delle persone, e non si può pensare che la collaborazione tenga fuori il tema della giustizia. E lo dico alle forze più ragionevoli della maggioranza: non fatevi contagiare dal MoVimento 5 Stelle anche su questo, cercate di mostrare una forza, mostrare l'identità, mostrare la ragionevolezza e fare in modo che il tema della giustizia non diventi un tema dei “no” soltanto perché una parte ha tutto l'interesse a tenere separate le forze di opposizione da quelle di maggioranza.

L'auspicio è questo, quindi. Io sono partito da un emendamento, noi ne abbiamo avanzati molti su molti temi, li abbiamo argomentati: non abbiamo fatto ostruzionismo, li abbiamo argomentati. Però, io penso che se si vuole avviare il dialogo bisogna coinvolgere in questi argomenti anche i temi della giustizia. Diversamente sarà un dialogo zoppo: potrà tenere su qualche provvedimento, ma non sarà certamente un dialogo maturo tra maggioranza e opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pittalis.

Ne ha facoltà. Attenda, onorevole Pittalis, perché non riusciamo ad ascoltarla. Provi adesso.

PIETRO PITTALIS (FI). Grazie Presidente, colleghe e colleghi, anche oggi siamo qui spettatori di una delle tante rappresentazioni del genere preferito di questo Governo, il teatro dell'assurdo: è assurdo, se non paradossale, sentire - come abbiamo sentito questa mattina dai banchi della maggioranza - giustificare addirittura la straordinarietà di questo provvedimento, perché si tratterebbe di traghettare la giustizia oltre l'emergenza, riprendere l'attività ordinaria, senza capire che, purtroppo, da quando al Governo c'è il MoVimento 5 Stelle e la giustizia è affidata al Governo del Ministro Bonafede, il mondo della giustizia è in perenne emergenza e non è mai caduto in uno stato di tale precarietà per la disorganizzazione ed il malfunzionamento; è sotto gli occhi di tutti che c'è una paralisi dell'attività giudiziaria, che non è solo il frutto di questi mesi di emergenza COVID, ma è il frutto di soluzioni abborracciate quali quelle presentate dal Ministro Bonafede e da questa maggioranza, che ha aggravato il peso dell'arretrato sia nel campo civile che in quello penale, con evidenti danni per l'economia, per gli avvocati, che anche oggi si ritrovano riuniti, inascoltati. E poi, come è stato ricordato, si sta pensando all'avvocato in Costituzione, quando, Ministro Bonafede, non sei neppure in grado di ascoltare i problemi, che sono quelli della quotidianità di chi davvero suda e fatica. E non sono i 600 euro che avete disposto per lenire il gran lavoro e la grande fatica che gli avvocati sostengono quotidianamente. E' soprattutto un danno per il cittadino che la paralisi dell'amministrazione della giustizia determina, perché la paralisi della giustizia significa negare la tutela dei sacrosanti diritti dei cittadini, negare la tutela delle persone offese e negare anche il diritto degli indagati, degli imputati a vedere risolta, in tempi celeri e in tempi rapidi, la loro situazione processuale. Ed è assurdo che si arrivi, con questo provvedimento, alla quarta proroga dell'entrata in vigore di quella che è stata la riforma Orlando, poi divenuta riforma Bonafede, pasticciata e assolutamente deleteria per il sistema, se è vero come è vero che la quarta proroga è determinata non già dall'emergenza COVID, ma dalla circostanza che sapete benissimo che non può assolutamente essere calata nelle realtà dei nostri uffici giudiziari. Una tale quantità di reiterazioni e differimenti che rende anche del tutto inverosimile la sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione.

Anzi, proprio questi reiterati differimenti, quantità veramente incredibile per un provvedimento, avrebbero semmai dovuto richiamare la vostra intelligenza e non solo, ma anche la vostra coscienza, a fermarvi, perché avevamo tutto il tempo e avevate tutto il tempo per mettere mano a questo punto davvero nodale della giustizia, anziché impegnarvi, come avete fatto in questi mesi, a rompere il doppio binario fra reati ordinari e reati mafiosi, ad abolire la prescrizione, a chiudere i tribunali, ad adottare il processo da remoto, che è tutto tranne che un processo, come è stato ricordato. Avreste avuto tutto il tempo per procedere nelle vie della legge ordinaria, sottoponendo al dibattito parlamentare la riforma, una riforma organica della giustizia e anche una riforma specifica, per quel che riguarda il tema delle intercettazioni. Ma, ancora una volta, avete ritenuto di non coinvolgere le Camere e questo è un grave vulnus, perché state delegittimando il Parlamento, state svuotando la funzione dei parlamentari e di questa Camera. La riforma delle intercettazioni è una sorta di Cenerentola, che nessun Governo vuole prendere in sposa: non l'ha voluta il Governo del centrosinistra, che, come ho ricordato, ha varato la riforma nel 2017 e ne differì l'entrata in vigore; non l'hanno voluta i Governi a 5 Stelle e, ora, 5 Stelle e Partito Democratico continuano a rinviarla. E, allora, se voi stessi non credete nella bontà della riforma e se già vi rendete conto che tutti i provvedimenti, che finora avete approvato, come pure quello sulle intercettazioni, sono a rischio di una pronuncia di incostituzionalità, allora fermativi: è questo il momento per poter eventualmente aprire un confronto con le opposizioni, aprirlo seriamente sui contenuti e non solo a parole. E sapete benissimo l'impossibile realizzazione pratica di quello che voi avete approvato: da anni rappresentanti delle procure e delle Forze di polizie vanno ripetendo - e lo hanno fatto anche da ultimo in audizione al Senato - la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni che la riforma autorizza, a cominciare dall'invasione dei trojan, che tanto piace ai 5 Stelle, forse un po' meno al resto della sinistra, a seguito dello scandalo Palamara e stendiamo su questo, per il momento, un velo pietoso, anche se penso che il problema della magistratura - la questione morale della magistratura - così come ieri ha investito la politica, non può essere silenziato. Io penso che questo Parlamento debba assumere le opportune iniziative, perché si tratta di un settore talmente delicato che deve essere consentito l'esercizio della funzione con la dovuta indipendenza, poiché è naturalmente un ordine e non un potere, mentre da quello che abbiamo colto dalle intercettazioni circolate in questi giorni, abbiamo capito che qualcuno intende la magistratura come un potere e non come un ordine. Ecco perché il Parlamento non può, anche su questi temi, lasciare che sia il tempo a sistemare le cose. No, su questo aspetto penso che Forza Italia, ma tutta l'opposizione, non può che mobilitarsi per assumere una comune iniziativa. Ma sarebbe anche dovere della maggioranza - su un tema come questo, che non deve trovare assolutamente colore politico, colore di appartenenza - preoccuparsi perché, ripeto, una giustizia che non funziona si traduce in una negazione di giustizia e di diritti per i cittadini.

Insomma, se stiamo andando avanti con le proroghe sull'entrata in vigore di questi provvedimenti, vi sarete posti il problema che non è semplice gestirla, anche perché avete previsto zero risorse e, come sapete, le riforme non si fanno a costo zero. Ma soprattutto, senza adeguati meccanismi di conservazione e protezione, si finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini non colpevoli - piace ricordarlo - fino a sentenza definitiva di condanna; tutte vittime della giustizia sommaria alla “Davigo maniera”, che, nella sua pesca a strascico, non si fa soverchi problemi se qualche innocente finisce nella rete, è un accettabile danno collaterale.

Ma visto che parliamo di intercettazioni, peraltro in un atto in cui si disciplina anche la famigerata app Immuni, voglio toccare anche un altro punto, che, per me, merita di non passare inosservato - ne ha accennato il collega Sisto -, quello sull'utilizzo dei droni. L'articolo 1-bis, introdotto al Senato, consente alla Polizia penitenziaria di utilizzare i droni per assicurare una più efficace vigilanza sugli istituti penitenziari e garantire la sicurezza al loro interno. La novità introdotta si inserisce nell'ambito di una previsione già vigente, che consente alle forze di polizia di utilizzare i droni ai fini del controllo del territorio per finalità di pubblica sicurezza, con particolare riguardo al contrasto del terrorismo, alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale.

Rispetto a questo, io mi limito ad evidenziare alcuni aspetti: non siamo contrari di principio all'utilizzo dei droni per il controllo dei penitenziari. I detenuti, infatti, sono già soggetti a limitazione della libertà personale e, vista la loro condizione, questo strumento non lede la loro posizione, ma dal nostro punto di vista potrebbe addirittura garantirne in misura maggiore la sicurezza, così come potrebbe aumentare la sicurezza del personale penitenziario, al quale noi di Forza Italia siamo da sempre molto vicini e di cui apprezziamo il lavoro nella situazione di sovraffollamento carcerario cronico che caratterizza il Paese.

Occorre, però, stare molto attenti all'autorizzazione disinvolta all'utilizzo dei droni, su cui sento l'obbligo politico di richiamare un po' l'attenzione, viste le tendenze di questo Governo a giocare a Il Grande Fratello. Questi, infatti, implicano un controllo pubblico sui cittadini, una invadenza rispetto a tutte le loro libertà, che è davvero enorme. Lo dimostra l'esperienza recente del Coronavirus: si era consentito l'utilizzo dei droni per monitorare le misure di quarantena e lockdown anche alla Polizia municipale, ma i rischi e gli abusi che questa estensione ha determinato hanno indotto il Capo della polizia a sospenderne, fino a nuovo ordine, l'uso. Il trojan, le App di tracciamento, i droni, sono misure che vanno valutate nel complesso e insieme configurano una preoccupante deriva verso quella che più volte abbiamo definito una deriva orwelliana dello Stato. Dopo l'invasione dei trojan, ora il Governo apre le porte all'esercito dei droni, ma l'uso dei droni avrebbe anche potuto essere l'occasione, per quanto riguarda la disposizione che ne prevede anche l'utilizzazione da parte della Guardia di Finanza, almeno di escluderli per quei più banali reati economici-fiscali, che, invece, ancora permangono anche per questo tipo di reati, anziché destinarli per i reati di finalità di terrorismo e criminalità organizzata o altri reati di rilevante gravità. Spero che quest'Aula voglia riflettere ancora una volta di più sul pericoloso combinato disposto delle intercettazioni dei droni e delle App di tracciamento. Non consegniamo le nostre libertà al potere, nella speranza che sia questo a curarci dalla culla alla tomba, perché ogni libertà delegata è una libertà perduta, e noi non consentiremo di delegare a questo Governo e a questo Ministro, non solo le nostre libertà, ma anche il nostro modo di agire. E saremo vigili in questo Parlamento, perché ci opporremo a questa deriva giustizialista verso la quale state portando l'intero Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2547)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Ascari: rinuncia. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo: rinuncia anche il rappresentante del Governo.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,06).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 2547)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, la questione pregiudiziale Costa ed altri n. 1, Lollobrigida ed altri n. 2, Turri ed altri n. 3.

Passiamo, quindi, all'esame delle questioni pregiudiziali presentate (Vedi l'Allegato A).

A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, in caso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti ai gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti. Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.

L'onorevole Francesco Paolo Sisto ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Costa ed altri n. 1.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 14,08)

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. La questione di pregiudizialità che abbiamo proposto ha più di una ragione di essere fondata. Quando ci si occupa di Costituzione e di conformità del provvedimento alla Costituzione, l'esame non può che essere più freddo, più scientifico, quasi direi chimico nella scannerizzazione, se le proposte normative abbiano qualche patologia immediatamente rilevabile con principi fondanti, contenuti nella Carta costituzionale.

Cominciamo dalla genesi di questo provvedimento. È un provvedimento che accorpa due decreti-legge, il n. 28 e il n. 29 del 2020, in un unico provvedimento, con il meccanismo da “scatole cinesi”, mi perdonerà il Sottosegretario, un po' da “scatole Ferraresi”, mi faccia passare questo neologismo: cioè, sostanzialmente, i due decreti vedono abrogato l'uno, ma l'abrogazione è formale perché quel decreto viene immediatamente recepito dall'altro; non è quello che viene chiamato il Minotauro, non è uno strumento ignoto, ma è uno strumento che va utilizzato ovviamente con particolarissima attenzione e in casi di estrema necessità, non come una sorta di patologia fisiologica, cioè uno strumento negativo che è utilizzato praticamente soltanto per uno scopo: comprimere i diritti delle opposizioni e mortificare l'Aula parlamentare. A questa tecnica di mortificazione del dibattito parlamentare, perché non si dimentichi… cioè, il Parlamento è privato del dibattito di due decreti-legge: due decreti-legge vengono accorpati e ce n'è soltanto uno che è destinato a fiducia, e vedremo perché.

A questo si aggiunge un'altra caratteristica, che qui è percepibile proprio plasticamente: interventi più disparati e più diversificati, per qualità e quantità. Per qualità: temi molto diversi tra di loro del tutto eterogenei. Per quantità: si tratta di provvedimenti che avrebbero avuto necessità di un ampio dibattito parlamentare. Dov'è l'urgenza? La quarta proroga delle intercettazioni! Ma come si fa a legiferare con decreto-legge sulla quarta proroga sulle intercettazioni? Ma è proprio contraddetta dal termine “proroga”! Come può essere la quarta proroga diventare improvvisamente urgente? Siamo di fronte proprio a delle afasie di carattere logico-giuridico, che non possono trovare alcun consenso all'interno dell'Aula.

Ancora: i tempi. Noi ci siamo già lamentati e la Corte costituzionale si è già occupata di questo tema, sui tempi che vengono riservati all'Assemblea. Quanti giorni abbiamo per chiudere questo decreto? Pochissimi. C'è altra scelta diversa, rispetto alla fiducia? No. Allora, questo è già un dato assolutamente inaccettabile, perché vuol dire che già questo provvedimento nasce “morto” - se mi fate passare questo termine - sul piano del dibattito parlamentare. Non c'è dibattito. È come il pesce del dibattito parlamentare, che si dibatte nella rete, ma ormai è nella rete. Non c'è niente da fare: è un dibattito chiuso, finito, senza nessuna possibilità. E questo è incostituzionale, come la Corte ha avuto modo di affermare. È come se noi avessimo utilizzato i nostri emendamenti, come una sorta di divertissement, una sorta di gioco, una sorta di perdita di tempo, più o meno di tipologia paraparlamentare, ma nella certezza che tutta questa attività è clamorosamente e assolutamente inutile. Allora, io credo, Presidente, che una volta tanto la pregiudiziale di costituzionalità abbia quel reale fondamento nel metodo, più che nel merito. Infatti, il merito è evidentemente inaccettabile, ma, quando il metodo, l'approccio normativo non funziona, la gravità della malattia del provvedimento è ancora più evidente.

Che cosa è accaduto in questo provvedimento, che accade sempre? Il cosiddetto monocameralismo di fatto. Noi abbiamo un sistema ormai, con questo Governo, bicamerale per finta, perché i provvedimenti - tutti regolarmente decreti-legge con fiducia – arrivano, soprattutto in questo ramo del Parlamento, ormai già decisi. Allora, ditecelo subito che di fatto non siamo di fronte a un sistema bicamerale, ma a un sistema monocamerale! E non invocate il COVID-19, perché il COVID-19, che ha comportato una serie di compressioni in un certo periodo giustificate, oggi non ha più ragione di essere, dal punto di vista dei tempi e delle modalità del Parlamento. Allora diventa, non solo il decreto legge una regola, non solo la fiducia sul decreto- legge un'ulteriore regola: diventa una regola ed una tegola per la democrazia la compressione dei tempi, che fa sì che l'Aula non possa decidere e discutere i provvedimenti. Quello che è accaduto anche nelle sessioni di bilancio io certamente non lo devo ricordare. Come abbiamo scritto nella nostra pregiudiziale, questo è un piano inclinato da cui non si esce. Siamo di fronte ad un monocameralismo di fatto, con svuotamento del Parlamento. Ma, Presidente, l'altro dato che io segnalo, perché resti traccia nell'Aula di questo disagio, è l'allineamento, quasi la identificazione, di Governo e Parlamento. La separazione dei poteri vuole che il legislativo e l'esecutivo siano rigorosamente separati. Noi viviamo in questa legislatura la identificazione di Governo e Parlamento: il Parlamento non discute, perché il Parlamento è il Governo e il Governo diventa il Parlamento. Ma questo è assolutamente inaccettabile! Voi capite bene a cosa siamo di fronte. Non c'è bisogno che Montesquieu si rivolti nella tomba, basta leggere la Costituzione e rendersi conto che questo atteggiamento è assolutamente inaccettabile. Allora, io credo, Presidente, che tutte le patologie dell'articolo 77 siano rinvenibili, per metrica, per tempi, per eterogeneità, per scelta, per fiducia e per tutto quello che in qualche modo caratterizza le scelte di questo provvedimento. Come abbiamo già detto in discussione generale, non è possibile oggi che il Ministro Bonafede riproponga in termini di urgenza quello che ha avuto due anni di tempo per realizzare. Le modifiche non sono transitorie, ma sono incisive, sono fondamentali. Credo che non si possa che richiamare la sentenza n. 220 del 2013 della Corte costituzionale, sul tema che i decreti-legge non hanno una legittimazione generale, se non per casi assolutamente straordinari. Allora io credo che, se questa è la premessa di carattere contenutistico, richiamare l'ingresso massiccio delle violazioni del diritto di riservatezza, richiamare la mancanza di rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, richiamare la smaterializzazione del processo penale e tutto quello che può essere in qualche maniera non conforme ai diritti fondamentali del processo, così, direi, argutamente ma anche subdolamente sminuzzato in un argomentare variegato, ma che non riesce a nascondere il difetto di fondo, che è quello del mancato rispetto dei principi fondamentali, trovano nelle critiche di carattere procedimentale una clamorosa conferma, un riscontro. È come se, alla chiamata in correità, che il MoVimento 5 Stelle rivolge costantemente al Partito Democratico, il Partito Democratico risponda e sul piano formale e sul piano sostanziale.

Noi non possiamo fare altro, Presidente, che difendere la Costituzione. Difendere le regole, parlare, ribadire, affannarci nella certezza che questo affanno non è un affanno inutile: quando si difende la Costituzione, non è mai inutilmente difesa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Lollobrigida ed altri n. 2 la deputata Maria Carolina Varchi, che sta raggiungendo la sua postazione, qui al centro dell'emiciclo. La aspettiamo. Prego, a lei la parola, deputata Varchi.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Io intervengo oggi per illustrare la pregiudiziale di costituzionalità, che il gruppo di Fratelli d'Italia ha presentato, nell'ambito di un provvedimento che, forse più di altri, nel corso di questa legislatura dimostra il caos ormai perenne, che alberga dentro questa maggioranza. Però, io temo che non sarà un caos dal quale riusciranno a generare una stella danzante, ma dal caos deriveranno solo, inesorabilmente, tutta una serie di ripercussioni negative sul mondo della giustizia, che oggi è oggetto suo malgrado - è il caso di dirlo - di attenzione da parte di questa maggioranza. È un'attenzione confusa, Presidente, perché noi abbiamo due decreti, che soltanto formalmente vengono in parte soppressi, per essere poi travasati in altro provvedimento in maniera assolutamente confusionaria. Non si presta alcuna attenzione al sistema di norme, ove questi provvedimenti poi andranno a dispiegare i loro effetti. Il carattere è assolutamente eterogeneo di questo provvedimento, che è una miscellanea indistinta di argomenti, che, a vario titolo e per svariate ragioni, come è stato ricordato dai colleghi di Fratelli d'Italia intervenuti in discussione generale, hanno causato imbarazzi, fibrillazioni e problemi all'interno di questa maggioranza. Allora, con un lavoro di taglia e cuci, si cerca di rimediare ai propri errori, di colmare le proprie lacune, di cancellare pagine nefaste della storia di questa Italia, come le scarcerazioni che hanno indignato più d'uno in Italia, alcune delle quali eccellenti. Fratelli d'Italia ne aveva paventato il rischio in largo anticipo, ma, come sempre, siamo rimasti inascoltati.

È un provvedimento eterogeneo dove troviamo dall'utilizzo dei droni da parte della Polizia penitenziaria alla disciplina in materia di permessi per detenzione domiciliare o differimento pena, colloqui con il Garante nazionale dei detenuti, la disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia: su questo mi sia consentito un piccolo inciso perché ancora una volta si entra a gamba tesa sul lavoro parlamentare. In Commissione giustizia avevamo appena incardinato un provvedimento originariamente a prima firma della collega Piera Aiello, poi un altro provvedimento a prima firma della presidente Businarolo, oggi troviamo nel provvedimento in esame ancora un tentativo di incidere in questa materia così complessa ma così pregnante perché tocca l'argomento molto sensibile dei collaboratori di giustizia.

C'è una confusione generale non solo nella scelta dei temi ma soprattutto - è la ragione della nostra pregiudiziale - nel metodo: si vuole scardinare quel sistema di bicameralismo perfetto per arrivare a un monocameralismo; tuttavia, non lo si fa con una riforma costituzionale ma lo si fa spostando il baricentro dell'attività legislativa, della produzione normativa dal Parlamento, ove è normale che esso si svolga, alle stanze del Governo.

All'inizio dell'emergenza Fratelli d'Italia ha compreso le ragioni che giustificavano la decretazione d'urgenza. Non abbiamo compreso la necessità di nominare centinaia di esperti: pensavamo ingenuamente che questi esperti dovessero servire nei vari ambiti di applicazione e la giustizia non è rimasta immune perché, anche con riferimento alla giustizia, il Governo ha nominato un comitato di esperti. Pensavamo ingenuamente che questi esperti dovessero servire a un iter normativo regolare, ordinario. Sono passati ormai quasi cinque mesi da quando il Governo ha dichiarato l'emergenza per il COVID-19 eppure, nonostante il tempo trascorso, nonostante la quantità di esperti nominati in barba ai vecchi slogan contro le poltrone, nonostante il tempo dedicato dall'opposizione, Fratelli d'Italia in primis, a contribuire con proposte concrete, con proposte specifiche alla produzione normativa, noi oggi arriviamo qui con un ennesimo esempio di decretazione d'urgenza, laddove è veramente difficile individuare le ragioni di urgenza, a meno che non si voglia con “urgenza” intendere l'incapacità politica, l'impreparazione rispetto al momento che la nostra nazione sta vivendo, in una sola parola la assoluta inadeguatezza del Governo a guidare l'Italia.

Allora, se per tutti questi concetti noi vogliamo trovare come sinonimo l'urgenza, allora forse potrebbe esservi una giustificazione al ricorso alla decretazione d'urgenza ma, poiché riteniamo che tutti questi concetti debbano avere come naturale epilogo la fine del Governo e il nuovo voto per gli italiani, riteniamo anche che il metodo di decretazione d'urgenza non solo non sia aderente ai principi che la nostra Costituzione, segnatamente agli articoli 70 e 77, disciplina ma anche in contrasto con le pronunce che la Corte costituzionale nel corso del tempo ha prodotto su questo punto.

Infatti, prima è stato menzionato un arresto giurisprudenziale, io ne cito un altro: quello della sentenza n. 22 del 2012 con la quale la Corte costituzionale ha stabilito che l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere e i provvedimenti provvisori con forza di legge di cui alla norma costituzionale che prima ho citato.

Quindi, è evidente che la confusione alla quale facevo riferimento all'inizio ha di fatto impedito al Governo di operare nel comparto giustizia con quella lucidità, con quella capacità di ascolto di tutte le categorie che, invece, si richiederebbe su un tema del genere.

Noi abbiamo sempre detto che la giustizia non può e non deve diventare argomento di scontro tra maggioranza e opposizione. Abbiamo tuttavia dovuto registrare l'assoluta mancanza di volontà da parte del Governo di ascoltare le proposte che arrivavano non solo dal mondo dell'avvocatura, dal mondo della magistratura, dal personale amministrativo, da tutti i cittadini preoccupati per lo stato di paralisi nel quale versa il comparto giustizia. Il Governo va come un caterpillar senza però avere una bussola perché la bussola della progettualità, la visione del sistema giustizia che vogliamo dare alla nazione evidentemente non emerge da un provvedimento del genere: non emerge perché tutte le contestazioni che non solo Fratelli d'Italia ma autorevoli esponenti dell'accademia, della dottrina, della magistratura, dell'avvocatura hanno mosso nel corso di questi mesi al Governo non vengono neppure in minima parte superate.

Allora, noi riteniamo che la pregiudiziale di costituzionalità mai come in questo caso trovi il suo fondamento, oltre che in questioni di diritto costituzionale delle quali ho parlato prima, anche nella scelta di metodo che con pervicacia il Governo continua a porre in essere disattendendo scientificamente tutti i suggerimenti che vengono dati. Ecco qual è la ragione della nostra pregiudiziale e del resto più d'uno in questa maggioranza si è sempre affannato a dire che abbiamo la Costituzione più bella del mondo: mi aspetterei che chi è realmente convinto che la nostra Costituzione sia la più bella del mondo eviti di farne strame ad ogni piè sospinto (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Grazie, deputata Varchi, anche per la precisione millimetrica nel rispetto dei tempi. Il deputato Roberto Turri ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 3.

ROBERTO TURRI (LEGA). Grazie Presidente, sottosegretario Ferraresi, onorevoli colleghe e colleghi, è ben noto che la nostra Costituzione abilita il Governo in casi straordinari di necessità ed urgenza ad assumere provvedimenti provvisori con forza di legge. Ma l'Esecutivo sta abusando di questo strumento in spregio a quanto indicato nella nostra Costituzione. Vorrei ricordare al Governo che la funzione legislativa spetta al Parlamento in virtù dell'articolo 70 e dell'articolo 77, comma 1, della Costituzione che vieta al Governo, senza delegazione del Parlamento, di emanare atti aventi valore di legge ordinaria, a meno che appunto non ci sia il carattere della necessità e dell'urgenza.

Questi principi, già espressi in modo chiaro dagli articoli 70 e 77, sono stati confermati da molteplici decisioni assunte dalla Corte in materia di decretazione d'urgenza nelle quali i giudici qualificano la possibilità del Governo di adottare, sotto la propria responsabilità, atti con forza di legge come un'ipotesi eccezionale subordinata al rispetto di condizioni precise in quanto derogatoria rispetto all'attribuzione dell'ordinaria funzione legislativa al Parlamento, che peraltro costituisce un tratto essenziale della forma di governo disegnata dalla Costituzione. Inoltre, l'esistenza dei presupposti di necessità e urgenza postula l'omogeneità delle norme contenute nel decreto-legge. Ciò viene anche esplicitato nell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988 che, pur non avendo rango costituzionale, palesa la ratio implicita nel disegno costituzionale il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessità ed urgenza che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione parlamentare.

Suggerirei al Governo, a questo punto, di studiare, perché niente di quanto detto fin qui è stato messo in pratica, prima dal Governo e poi da questa maggioranza, in questo decreto nella legge di conversione. Un decreto il cui contenuto non può certo definirsi omogeneo, innanzitutto perché con un decreto ne stiamo convertendo due. Mi sembra di leggere le offerte commerciali dei supermercati, quando acquisti due prodotti al costo di uno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Più specificatamente, nel decreto-legge n. 28 del 30 aprile è confluito altresì il contenuto di altro decreto, come dicevo, il n. 29 del 10 maggio, che è stato abrogato come se si trattasse di regolamentazione di rapporti sorti sulla base di decreto non convertito. Invece, così operando, l'Esecutivo ha eluso il divieto di cui all'articolo 15, comma 1, lettera d), della legge n. 488, in forza del quale il decreto-legge non può essere utilizzato al fine di regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Tale precetto è direttamente attuativo degli articoli 77 e 72, comma 4, della Costituzione.

Ma andiamo ad analizzare qual è il contenuto di questo provvedimento. Basta solo leggere il titolo del disegno di legge per capire le molteplici e differenti questioni che vengono disciplinate da questo provvedimento, che per la maggior parte dei casi mancano dei requisiti della necessità dell'urgenza, e tra di loro non sono omogenee. Allora, in questo decreto abbiamo la proroga dell'entrata in vigore delle disposizioni sulle intercettazioni, che risalgono a un decreto legislativo del 2017, argomento, questo, tra l'altro, che solo pochi mesi fa è stato oggetto di un decreto poi convertito da questa maggioranza. Già in quell'occasione la Lega aveva evidenziato che i termini posti per l'entrata in vigore di alcune disposizioni erano insufficienti. Anche qui, nulla centra l'emergenza COVID-19, già i termini che erano stati posti, appunto, erano assolutamente, da soli, insufficienti. Si parla poi delle misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, ma realmente sono solo norme correttive per fermare l'emorragia delle scarcerazioni che erano contenute nel “decreto Cura Italia”. Si parla di disposizioni in materia di garanti dei detenuti sottoposti al 41-bis e delle norme in materia di corrispondenza telefonica delle persone detenute, ma non vi è nessuna norma a favore delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria. Abbiamo ulteriori disposizioni sul processo da remoto in materia civile, penale, amministrativa e contabile, che rallentano ancora di più la nostra giustizia, creando ulteriori danni alla classe forense. Abbiamo l'introduzione e regolamentazione dell'App Immuni sul tracciamento dei contatti, con l'obiettivo di monitorare i contagi. Immaginiamoci se questa norma doveva quantomeno essere trattata in maniera separata, non all'interno di un decreto, visto che va ad incidere fortemente sulle…

PRESIDENTE. Colleghi, chiedo scusa…

ROBERTO TURRI (LEGA). Ma non basta: in questo provvedimento sono contenute anche…

PRESIDENTE. Deputato Turri, un attimo soltanto, perché cerchiamo di ricondurre l'Aula a un atteggiamento composto e soprattutto a far cessare questo brusio, che rende difficile l'ascolto del suo intervento. Colleghi deputati, colleghi deputati, chi ha bisogno di conversare è ovviamente libero di farlo, ma deve accomodarsi fuori dall'Aula, perché qui disturba l'intervento del deputato Turri. Colleghi! Ministro, le chiedo scusa, se può cortesemente dare il buon esempio, perché non si riesce proprio ad ascoltare le parole e i ragionamenti del deputato Turri.

Prego, a lei la parola, le chiedo scusa per l'interruzione.

ROBERTO TURRI (LEGA). Grazie, Presidente. Dicevo, non basta, perché in questo provvedimento sono contenute altre disposizioni che a mio avviso meglio confermano l'eterogeneità di questo decreto, ma soprattutto la mancanza dei requisiti della necessità e dell'urgenza. E mi vorrei soffermare su due disposizioni specifiche: vi rimando alla lettura dell'articolo 1-bis, utilizzo di aeromobili a pilotaggio remoto da parte del Corpo di polizia penitenziaria, ossia l'utilizzo dei droni per una più efficace vigilanza delle carceri - per carità, utilissimo, ma non sufficiente -, per non parlare poi della disposizione di cui all'articolo 3-bis sui testimoni di giustizia. Questa norma era stata presentata come proposta di legge a firma dell'onorevole Businarolo già il 25 maggio scorso alla Camera, poi assegnata alla Commissione giustizia il 28 maggio e incardinata il 4 giugno, ma il Governo e la maggioranza l'hanno invece inserita nel decreto con un semplice - dico io - artifizio: hanno aggiunto una parola che ormai va bene per ogni decreto, che è “emergenza COVID-19”, come se inserire “emergenza COVID-19” possa giustificare qualsiasi cosa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Noi della Lega però continuiamo a dimostrare che non è così. Questa maggioranza e questo Governo - pensiamo all'abuso dell'utilizzo dei DPCM del Premier Conte - paiono approfittare appunto dell'emergenza COVID-19 per giustificare ogni cosa. Così si giustifica tutto, vero? Ma a mio avviso non è così, questo decreto non si può certo giustificare. Come abbiamo visto, l'assenza dei presupposti previsti dalla Costituzione per ricorrere alla decretazione d'urgenza è talmente macroscopica che, se il Presidente della Repubblica riterrà di firmare questa legge, di certo verrà ampiamente sottoposta al vaglio della Consulta. Noi, a quel punto, potremo solo dire “lo avevamo detto”.

Per queste ragioni il gruppo Lega-Savini Premier voterà a favore della propria pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Eugenio Saitta. Ne ha facoltà.

EUGENIO SAITTA (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi deputati e deputate, mi preme, in questa sede, richiamare innanzitutto la bontà di quanto disposto dal decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28. Il provvedimento ha introdotto disposizioni al fine di risolvere alcune problematicità emerse in ambito giudiziario durante l'emergenza epidemiologica, oltre ad aggiungere ulteriori disposizioni in materia di intercettazioni, ordinamento penitenziario e per la gestione delle attività giurisdizionali nella fase dell'emergenza, nonché in materia di tracciamento dei contatti. Tali provvedimenti sono stati necessari e indispensabili al fine di porre rimedio alle inevitabili problematicità e disfunzioni create dal diffondersi della pandemia che ha sconvolto non solo il mondo della giustizia ma ogni settore della società civile. Per fronteggiare la situazione sanitaria emergenziale, non solo italiana ma mondiale, sulla scorta delle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, l'Esecutivo ha prontamente emanato una serie di provvedimenti. Dopo queste necessarie premesse, occorre analizzare alcuni passaggi delle questioni pregiudiziali proposte dalle opposizioni. Come già accennato, l'emergenza COVID-19 è stata un'immane tragedia che ha colpito il mondo e l'Italia. I principi ai quali il Governo si è attenuto sono quelli della massima precauzione, ma anche dell'adeguatezza e della proporzionalità dell'intervento rispetto all'obiettivo perseguito, applicando con gradualità le misure necessarie. Per quanto lo strumento dei decreti-legge sia stato, nella storia della Repubblica, spesso oggetto di abusi, gli strumenti adottati dal Governo Conte per fronteggiare l'emergenza devono essere ricompresi in quei tipici casi in cui la decretazione d'urgenza assolve alla funzione a cui è preposta, e cioè l'apprestare misure temporalmente indifferibili in situazioni emergenziali naturali, quali una pandemia o altri eventi catastrofici, come inondazioni o terremoti. A chi contesta l'utilizzo di tali strumenti occorre ricordare, in verità, che qualcosa di simile è già accaduto in Italia, e di certo non per questioni di salute pubblica, ma per ragioni economica, ad esempio al tempo della grande recessione, laddove il Governo Berlusconi, sull'orlo del baratro, anticipò nel mese di agosto la manovra economico-finanziaria di quell'anno attraverso il decreto-legge n. 112 del 2008. Risulta pertanto pretestuoso proporre pregiudiziali di costituzionalità per interventi che presentano quei caratteri tipici della decretazione d'urgenza. Altra contestazione non rilevante è quella della disomogeneità sul piano contenutistico del decreto. In questo caso basta ricordare quanto affermato dalla Corte costituzionale, ossia la possibilità di adottare decreti-legge plurisettoriali nel rispetto di un minimo comune denominatore; non solo corrisponde ad una prassi legislativa ormai consolidata, ma anche sul piano tecnico risulta conforme ai requisiti di cui alla legge n. 400 del 1988, cosa contestata dalle questioni pregiudiziali presentate, ma in maniera, a nostro avviso, del tutto impropria.

Su alcuni vizi specifici evidenziati dalle relative questioni pregiudiziali occorre soffermarsi di più. In relazione alla proroga del termine per l'entrata in vigore della legge sulle intercettazioni, tale differimento è stato determinato dalle necessarie esigenze di adeguamento delle strutture degli uffici giudiziari, il cui processo in corso è stato rallentato dalla grave emergenza epidemiologica. Pertanto, l'articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto-legge n. 28 del 2020, dispone che la riforma delle intercettazioni si applichi ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ossia dal 1° settembre 2020, e parallelamente si dispone che l'eccezione al divieto di pubblicazione degli atti di procedimento penale per le ordinanze in materia cautelare trovi applicazione a far data dal 1° settembre 2020. L'intervento si manifesta congruente con le esigenze palesate dagli uffici giudiziari, che avevano necessità di ulteriore tempo per attrezzarsi alla corretta gestione degli archivi. Il rinvio previsto dal decreto-legge n. 28 è pertanto dotato di una giustificazione oggettiva e non è riconducibile a valutazioni di ordine politico.

Per quanto concerne la celebrazione delle udienze da remoto e delle relative camere di consiglio, sono già state apportate al Senato modifiche al decreto-legge n. 28 del 2020 al fine di salvaguardare il necessario principio di oralità nel processo penale. È stato, infatti, introdotto un espresso limite alla celebrazione da remoto delle udienze penali…

PRESIDENTE. Concluda.

EUGENIO SAITTA (M5S). …prevedendosi che, fermo restando quanto previsto dal comma 12 dell'articolo 83, per la celebrazione a porte chiuse delle udienze e la partecipazione da remoto delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare, le disposizioni di cui al comma 12-bis del medesimo articolo 83 non si applicano, salvo che le parti vi acconsentano, alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio.

Concludo, ricordando come gli interventi in Senato e le relative modifiche al decreto n. 28 del 2020 hanno accolto le istanze provenienti dalle istituzioni…

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

EUGENIO SAITTA (M5S). …e dalle relative rappresentanze di categoria - concludo, Presidente - e si inseriscono nel contesto emergenziale al fine di rimediare agli effetti prodotti dall'emergenza sanitaria anche nell'attività giudiziaria. Il provvedimento va nella direzione di far ripartire la macchina della giustizia.

PRESIDENTE. Deve concludere.

EUGENIO SAITTA (M5S). Alla luce delle pregresse considerazioni riteniamo, dunque, che le pregiudiziali proposte dai gruppi di opposizione siano infondate e, quindi, da respingere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie, Presidente. Come spesso avviene in questa fase del dibattito parlamentare, le pregiudiziali di costituzionalità vengono utilizzate come strumento per anticipare la discussione di merito che, peraltro, si è ampiamente svolta sia in questo ramo del Parlamento che al Senato e nei documenti, che sono stati presentati a supporto di queste pregiudiziali, ravvisiamo molte incongruenze che ci portano - lo anticipo subito - a respingere le accuse di incostituzionalità di questo provvedimento.

Provo ad andare per ordine, stando nel merito non tanto del provvedimento ma di quello che questa fase del dibattito parlamentare prevede, ovvero un confronto sulla presunta non costituzionalità del decreto-legge che stiamo esaminando. Intanto, si contesta il contenuto plurimo del decreto, cioè si dice che è un contenuto troppo ampio e non corrispondente, diciamo, al dettato costituzionale. A questo proposito è bene ricordare che è stata espressamente confermato dalla Corte costituzionale, già con la sentenza n. 22 del 2012, il fatto che un provvedimento con molteplici disposizioni di diversa natura non si pone in contrasto con la logica della decretazione d'urgenza (Applausi all'ingresso in Aula del deputato Cortelazzo). Non credo di aver suscitato con queste parole l'applauso, ma mi unisco, per il ritorno in Aula del collega, alle felicitazioni degli altri colleghi, che lo hanno salutato con questo applauso.

Dicevo che, tornando al merito, non è in contrasto con la ratio della decretazione d'urgenza il fatto che vi sia un decreto con contenuto plurimo purché esso presenti una sostanziale “omogeneità di scopo” e “una intrinseca coerenza” nelle finalità delle disposizioni, e questa è una citazione dalla sentenza n. 244 del 2016. Le stesse argomentazioni, evidentemente, valgono per quanto riguarda la natura delle disposizioni che sono state introdotte nella fase di conversione in prima lettura al Senato.

Si contesta, poi, la confluenza delle disposizioni di due differenti decreti, il n. 28 e il n. 29 del 2020.

La confluenza delle disposizioni di un decreto-legge in corso di conversione o addirittura decaduto si è già registrata nelle passate legislature e non è mai stata oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale né, tanto meno, si pone in contrasto con il dettato dell'articolo 77 della Costituzione stessa.

Si contesta, poi, la presunta compressione dell'esame parlamentare e anche qui va ricordato, come ribadito da ultimo con l'ordinanza n. 17 del 2019 della Corte costituzionale, come il contingentamento dell'esame parlamentare si possa ben giustificare sulla scorta di una prassi parlamentare che tutte le forze politiche hanno utilizzato negli anni - ampiamente consolidata, quindi - e in questo caso non è stato precluso alcun tipo di esame del testo. Anche in quest'ottica, quindi, appaiono del tutto destituiti di fondamento i profili di pregiudizialità che vengono, diciamo, avanzati anche in confronto all'utilizzo del maxiemendamento da parte del Governo.

Curiosa, poi, l'accusa di aver utilizzato un presunto monocameralismo di fatto. Intanto, non è stata posta alcuna imposizione nei confronti dell'esame di entrambe le Camere, posto che nessuno dei profili d'illegittimità costituzionale si può ricavare dalla circostanza che un ramo del Parlamento si limiti ad approvare così com'è un provvedimento al suo esame. È una facoltà della maggioranza. Del pari, tutti i tempi di esame e ogni prerogativa parlamentare sono stati, però, garantiti nella sede di conversione del presente decreto. Quindi, l'accusa di monocameralismo di fatto, anche questa, appare del tutto fuori da qualsiasi tipo di fondamento giuridico.

Infine, si accusa - e l'abbiamo sentito anche poco fa nell'ultimo intervento delle opposizioni - che questo decreto in qualche modo abusi delle motivazioni connesse alla crisi prodotta e introdotta dal COVID-19. L'articolo 77 della Costituzione, che è quello che disciplina la decretazione d'urgenza, non limita l'utilizzo della decretazione stessa alle sole emergenze epidemiologiche; si preoccupa, invece, di prevedere una precisa assunzione di responsabilità del Governo di fronte alle Camere e al corpo elettorale. Fin dove questa assunzione di responsabilità debba arrivare è al Parlamento che viene data possibilità di valutarlo e, quindi, non si vede perché non si possa utilizzare il decreto-legge nel contemperamento di interessi contingenti con la soluzione anche di problemi che non devono per forza essere temporanei ma guardare ad una prospettiva di più lunga durata.

PRESIDENTE. Concluda.

MARCO DI MAIO (IV). Quindi, anche su questo tema non ravvisiamo alcun tipo di pregiudiziale e annuncio, quindi, il nostro voto contrario su tutte le pregiudiziali di costituzionalità che sono state presentate (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Flora Frate. Ne ha facoltà per un minuto.

FLORA FRATE (MISTO). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, un minuto soltanto per dire che questo decreto, che è l'insieme di due decreti, meritava un approfondimento diverso e non solo per la portata, fin troppo eterogenea, del suo contenuto ma, soprattutto, perché alcuni di questi provvedimenti toccano da vicino tematiche importanti e complesse. Una su tutte è l'App Immuni, che sicuramente rappresenta uno strumento utile ma che andava trattato separatamente in un provvedimento autonomo. Non da meno sono le scelte in materia di giustizia, che credo andassero affrontate con uno spirito di maggiore condivisione e con una più doverosa prudenza.

Come sulla scuola, Presidente, anche qui, con questo decreto, è mancato il coinvolgimento di tutto il Parlamento. La decretazione d'urgenza mista al voto di fiducia e ai tempi limitati…

PRESIDENTE. Concluda.

FLORA FRATE (MISTO). …di fatto sdogana l'agibilità di una sola delle due Camere, a discapito della dialettica istituzionale e delle prerogative dei parlamentari.

Concludo, Presidente, dicendo che la sovranità del Parlamento è un valore che tutti, indipendentemente da chi oggi è maggioranza e chi opposizione, dobbiamo condividere e custodire…

PRESIDENTE. La ringrazio.

FLORA FRATE (MISTO). …perché è l'essenza della nostra democrazia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Stefano Ceccanti. Ne ha facoltà. Aspettiamo che prenda posizione al centro dell'emiciclo.

A lei la parola, deputato Ceccanti.

STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. Come sempre dobbiamo discernere la parte di verità che c'è nelle affermazioni delle pregiudiziali dell'opposizione rispetto ad altri contenuti sbagliati.

La parte di verità è quella che riguarda soprattutto i problemi che pongono i decreti cosiddetti “Minotauro”, cioè i decreti che assorbono altri decreti intervenendo su norme già esistenti in provvedimenti già vigenti. Questa è una prassi che normalmente anche il Comitato per la legislazione segnala come molto critica, segnalando puntualmente sia la criticità generale che le criticità particolari - lo ha fatto stamattina il Comitato per la legislazione su questo decreto nel parere proposto dalla collega Corneli -, e questa è indubbiamente la parte di verità che c'è nelle pregiudiziali e che è innegabile, anche se è un po' difficile legiferare in periodo di emergenza senza ricorrere, a condizioni date, a questa tecnica, perché il periodo di emergenza si contraddistingue esattamente per la successione molto rapida di decreti che a volte deve essere necessario unificare. Però, qui questo ragionamento va a colpire gli effetti e non le cause; forse sarebbe opportuno riflettere se l'idea di legiferare in periodo di emergenza con le Commissioni o le Aule come se noi non fossimo in emergenza possa funzionare, o se, invece, non debbano pensarsi dei correttivi costituzionali e regolamentari per consentire, per esempio, che in periodo di emergenza una Commissione bicamerale, redigente o legislativa possa invece operare al posto delle Aule, perché qui noi andremmo a toccare le cause più che gli effetti. Quindi forse la parte di verità che propone l'opposizione ha una soluzione diversa che non proporre pregiudiziali. La volta scorsa scherzosamente il collega Sisto mi ha attribuito un neologismo: io direi che qui siamo nel “Sistismo”, cioè nella grande abilità di prendere dei ragionamenti che varrebbero nel merito e di piazzarli nelle pregiudiziali. Però queste sono pregiudiziali, non sono il merito, e quindi varrebbe la pena di affrontarli nel merito e non in uno strumento anomalo.

Per quello che riguarda le ragioni che ci portano a votare contro le pregiudiziali, ne ricorderei quattro. La prima è questa: c'era o no la necessità e urgenza di rinviare la parte intercettazioni per consentire una modernizzazione delle strutture che era rallentata dall'epidemia? Pressoché tutti gli operatori del settore ci dicono che questa era un'esigenza effettiva. Seconda questione: c'era un problema di scarcerazioni che andava affrontato con decretazione? Questa tesi l'hanno sostenuta per primi esponenti dell'opposizione rispetto a esponenti della maggioranza. Sono loro, in diversi, ad avere invocato un decreto; poi si può discutere sul modo con cui è stato fatto, però ci sono state varie dichiarazioni provenienti dall'opposizione che questo chiedevano. Altro aspetto di fondo: la cosiddetta App Immuni. Noi, in diversi, dell'opposizione ma anche della maggioranza, abbiamo chiesto per settimane che non ci fosse la tentazione di varare una normativa dell'App Immuni per fonti diverse dalla legge, perché la legge ha delle particolari garanzie che invece un'ordinanza del commissario non avrebbe potuto garantire. E ora abbiamo la legge, è qui; certo, è perfettibile, come anche lo strumento, sono tutti strumenti perfettibili, ma il rispetto dell'idea che si dovesse intervenire con norme primarie è stato accolto. Per di più è stato accolto anche il suggerimento di merito di ricorrere al bluetooth invece della geolocalizzazione, che è molto meno garantista per i singoli. Questi sono, quindi, i quattro argomenti di merito per cui noi voteremo contro le pregiudiziali e per i quali noi insistiamo con l'opposizione nel non voler ricorrere a utilizzare strumenti impropri come le pregiudiziali per affrontare questioni politiche di merito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Costa ed altri n. 1, Lollobrigida ed altri n. 2 e Turri ed altri n. 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2547)

PRESIDENTE. Essendo state testé respinte le questioni pregiudiziali, passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

La V Commissione (Bilancio) e il Comitato per la legislazione hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2547)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, deputato Federico D'Incà. Ne ha facoltà.

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia (Applausi polemici dei deputati dei gruppi Lega-Salvini, Forza Italia-Berlusconi Presidente Premier e Fratelli d'Italia) sull'approvazione senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 2547: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente. Siamo al numero 21, se ne rallegrerà il Ministro D'Incà. Andando a cercare in Rete ho trovato un curioso precedente: “avrei sperato che almeno alla ventunesima fiducia avesse imparato a memoria la formula”. Lo diceva la senatrice Paola Taverna al Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, l'8 ottobre 2014. Oggi siete al Governo insieme e siete voi a mettere la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Sono spunti di riflessione che lasciamo al dibattito di quest'Aula, con tutto il rispetto verso la presidente del gruppo, Maria Elena Boschi, ma la riflessione dovreste farla voi. È uno dei temi, quello della giustizia, su cui, essendo la maggioranza profondamente divisa al proprio interno…

PRESIDENTE. Chiedo scusa, deputato Baldelli, porti pazienza. Sono costretto a interromperla perché non si capisce nulla del suo ragionamento, non a causa sua e del suo eloquio, ma a causa dei colleghi deputati che rumoreggiano, parlano, non rispettano il distanziamento e via discorrendo.

Quindi, se porta pazienza, aspettiamo in silenzio il tempo giusto per consentire a ciascun deputato di ricordarsi che è in un'Aula parlamentare, che ci sono altri colleghi che stanno svolgendo degli interventi e che è prescritto l'ordine, la disciplina, il silenzio e chi ritiene di dover continuare a parlare con gruppi e capannelli lo deve fare, se insiste, allontanandosi dall'Aula. Chi vuole parlare, non potendo disturbare i lavori dell'Aula, deve uscire dall'Aula.

SIMONE BALDELLI (FI). Presidente, mi dica lei se posso riprendere…

PRESIDENTE. Deputato Baldelli, prego, io direi che può riprendere.

SIMONE BALDELLI (FI). Presidente, la ringrazio per il suo intervento puntuale, doveroso, per alcuni aspetti, ma certamente autorevole, però, Presidente, la ragione che ha indotto lei all'intervento la dice lunga sul clima di rispetto che c'è, ormai, in quest'Aula verso il Parlamento e anche verso l'opposizione quando prende la parola. Anche su questo si farà tutto un conto insieme ai cittadini italiani. Credo, però, Presidente, di dover sottolineare un fatto: quello della giustizia è uno dei temi su cui l'attuale maggioranza è più divisa nel merito e nella concretezza degli argomenti, delle prospettive e, anche, dei contenuti. Numerosi colleghi, anche del mio gruppo, penso al collega Costa, al collega Sisto, al collega Pittalis, a Zanettin e ad altri, hanno già lasciato agli atti di quest'Aula le mille ragioni per le quali sono stati commessi errori in questo provvedimento e la maggioranza sbaglia a non ascoltare le buone, le ottime ragioni dell'opposizione, delle opposizioni.

Mi permetto di aggiungere, Presidente, e lo voglio dire alla presenza forse poco attenta, in questo momento, del Ministro per i rapporti con il Parlamento, che questo è un decreto in materia di giustizia, Ministro D'Incà, ed è qui che si affrontano i temi relativi alla giustizia; non facciamo, Ministro, che ci ritroviamo poi nel “decreto Rilancio” le norme sul processo da remoto, perché sarebbe un'ulteriore sberla, da questo punto di vista, al Parlamento, perché se avevate delle norme da inserire dovevate farlo in questo provvedimento, non in un altro onnicomprensivo che riguarda altri temi, perché questa era la sede, c'erano 144 emendamenti, ancora una volta, non solo probabilmente è mancata la gestione del provvedimento sul piano politico, ma manca il rispetto della Costituzione materiale, manca il rispetto dei tempi con i quali ognuno dei due rami del Parlamento ha il diritto di esaminare un provvedimento. Allora, la prossima volta che vi avventurate nel sostenere una riforma di stampo grillino alla Costituzione, fate quella del bicameralismo a targhe alterne, dove dite che il ramo del Parlamento dove il Governo deposita un decreto-legge è l'unico in cui questo provvedimento può essere modificato; fate questa riforma, almeno ne uscirete più dignitosamente e a testa alta, così ne uscite con poca dignità, a testa bassa e vi cadono addosso tutti i precedenti degli insulti che avete fatto negli ultimi anni ai Ministri per i rapporti con il Parlamento che, volta per volta, si sono trovati a mettere la fiducia in questo ramo del Parlamento e nell'altro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ne approfitto, prima di cedere la parola ad altri deputati che l'hanno richiesta, per ricordare che, a seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 17 presso la Sala della Regina, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento.

Ha chiesto di parlare, sempre sull'ordine lavori, il deputato Ziello. Ne ha facoltà.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Grazie, Presidente. Anzitutto, ci tengo a rinnovare, a nome del gruppo della Lega, la massima solidarietà al Corpo della Polizia penitenziaria (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), poiché troppi agenti sono oggetto di violente e vergognose aggressioni, nel silenzio più imbarazzante e assordante da parte di questo Governo che si è dimenticato totalmente dei nostri uomini e delle nostre donne in divisa, abbandonando completamente un intero reparto, fondamentale per la sicurezza del nostro Paese, che voi sfruttate soltanto per difendere i vostri Ministeri. In questo decreto, tra l'altro, decreto che parla di una normativa importante come la normativa penale, avete inserito una regolamentazione sommaria dell'App Immuni, andando tra l'altro a travolgere ogni principio di equilibrio costituzionale e questo rappresenta un motivo in più per non scaricare quella vergognosa App, mai più incerta App Immuni, in barba al commissario Arcuri, signor Ministro.

Infine, il fatto che voi abbiate inserito la richiesta… mi dispiace che il signor Ministro non voglia ascoltare i deputati dell'opposizione, ciò rappresenta perfettamente il vostro spirito di leale collaborazione a cui ci invitate tanto; signor Ministro, potrebbe anche aspettare un po' in attesa della conclusione degli interventi dei deputati dell'opposizione…

Il fatto che abbiate inserito, in questo decreto, la richiesta preventiva di un parere da parte delle autorità nazionali antimafia per procedere alle varie scarcerazioni per quei detenuti in regimi particolari, come quello del 41-bis, rappresenta la vostra piena ammissione di colpa per le centinaia di scarcerazioni di boss mafiosi che sono avvenute durante il periodo di emergenza, per colpa della vostra circolare del 21 marzo e per colpa del “decreto Cura Italia”. State massacrando completamente il nostro Paese e ben presto verrete messi di fronte al cospetto degli italiani che vi giudicheranno in modo decisivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Wanda Ferro. Ne ha facoltà. Sempre sull'ordine dei lavori, immagino…

WANDA FERRO (FDI). Grazie, Presidente. Mi dispiace che sia distratto il Ministro D'Incà, perché, in qualche modo, non siamo meravigliati, non ci meraviglia più nulla, ormai è una consuetudine da parte di questo Governo andare avanti a colpi di decreti d'urgenza o a colpi di fiducia; credo che questa sia la ventottesima fiducia che viene posta e che, in qualche modo, non soltanto limita il dibattito del Parlamento, ma, come dicevo poc'anzi, se da parte nostra non c'è lo sconcerto, da parte vostra non esiste nessuna forma di pudore politico istituzionale e lo dico rispetto ad un tema gravissimo, ma di altrettanta grave attualità, stiamo parlando del “decreto Intercettazioni”, in un momento in cui la nazione dibatte di temi riguardanti la giustizia, una giustizia spesso non giusta, una giustizia dove il re è nudo, una giustizia su cui, dallo scandalo del CSM alle scarcerazioni dei boss, difficilmente si è pensato di aprire un dibattito che riguardi il pensiero di chi, in qualche modo, sta in quest'Aula non per una nomina divina, ma perché eletto dal popolo sovrano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Allora, guardi, sinceramente io alzo le mani, perché parto dal presupposto che Fratelli d'Italia, ogni volta, su ogni decreto, abbia messo il proprio impegno, il proprio lavoro, attraverso emendamenti, attraverso ciò che avrebbe potuto arricchire, ma, anche, in molti casi, evitare gli errori grossolani che sono stati commessi nei tanti atti approvati da questo Parlamento, non a colpi, ovviamente di grandi idee, non di grandi azioni, ma, soprattutto, a colpi di arroganza e a colpi di maggioranza. Niente ricette, nessuna possibilità, in qualche modo, di poterci inserire in un dibattito dove avremmo sottolineato le carenze, seppur fatto dai colleghi che mi hanno preceduto, nella discussione generale e dalla collega Varchi che, ovviamente, è capogruppo di questa Commissione, però, alla fine questo Parlamento viene esautorato, viene bypassato continuamente.

L'altro giorno, parlando in occasione delle comunicazioni, poi trasformate in informativa, del Premier Conte, dicevo che entrando in quest'Aula mi sembrava di trovare Luigi XVI e facevo la riflessione che, in qualche modo, quando Luigi XVI riuniva gli Stati generali, difficilmente il popolo aveva da aspettarsi qualcosa di buono. Purtroppo il popolo non avrà da aspettarsi nulla di buono neanche da questo decreto, da un Parlamento fatto da una forza politica come i 5 Stelle, i cui esponenti sono sempre numerosi sui social e sempre assenti in Aula.

Anzi, devo dire, spesso e volentieri, lo sono anche quando sono presenti, gli stessi che tacciavano i precedenti Governi di lesa maestà nel momento in cui si apponeva la fiducia, oggi ne sono i maggiori, devo dire, fruitori, e soprattutto coloro che hanno applicato, credo, in poco tempo più volte questo istituto.

Ministro D'Incà, con grande rammarico, devo dire, Fratelli d'Italia ovviamente rimarrà in Aula, per quanto ci sarà la possibilità nei prossimi giorni, dopo la fiducia, di presentare gli ordini del giorno; ma questo Governo, anche quando dà i pareri favorevoli sugli ordini del giorno, poi non dà loro assolutamente un seguito. Come oggi diceva il collega Deidda, in apertura dei lavori, un Parlamento che da tempo vi chiede di rispondere alle interrogazioni, alle interpellanze, e rimane, in qualche modo, sempre senza risposte; ma sono le risposte che non dovete a noi, dovete ai cittadini italiani. E, allora, veramente dico che in tempi di menzogne infinite, e questo è un tempo dove la menzogna fa da apripista, la verità sarebbe un atto rivoluzionario.

PRESIDENTE. Concluda.

WANDA FERRO (FDI). Chiudo dicendo che, purtroppo, le uniche rivoluzioni che voi fate sono quelle di cui approfittate, e mai quelle in cui realmente agite (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento sull'ordine dei lavori, pertanto la seduta è sospesa. Riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 15,10, è ripresa alle 18.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Claudio Borghi, Businarolo, Cirielli, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Sabrina De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Gallo, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Iovino, Lollobrigida, Lorefice, Maggioni, Molinari, Saltamartini, Scoma, Sisto, Tasso, Tomasi e Vignaroli sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente novantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato convenuto che le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sull'approvazione dell'articolo unico del disegno di legge n. 2547 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19 (approvato dal Senato – scadenza: 29 giugno 2020) avranno luogo nella seduta di domani, mercoledì 24 giugno, alle ore 13,30.

Seguirà, a partire dalle ore 15, lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

L'appello nominale, che si svolgerà con accesso in Aula dei deputati programmato secondo specifiche fasce orarie predisposte in base all'iniziale del cognome, avrà luogo a partire dalle ore 16.

Alle ulteriori fasi di esame del provvedimento si procederà nella seduta di domani, dopo l'appello nominale e con eventuale prosecuzione notturna e nella seduta di giovedì 25 giugno, dalle ore 9. Nella medesima seduta del 25 giugno, a partire dalle ore 12, si procederà alle dichiarazioni di voto finale, tenuto conto che - secondo quanto già convenuto - la votazione finale sul provvedimento avrà luogo entro le ore 14.

Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 9,30 di domani, mercoledì 24 giugno.

Nella seduta di mercoledì 1° luglio allo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata prenderà parte il Presidente del Consiglio dei ministri.

A seguito dell'unanime richiesta avanzata dalla Commissione affari sociali, è stato infine convenuto che la discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 687 ed abbinate - Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi, prevista nella seduta di lunedì 29 giugno, non avrà luogo e che l'esame del provvedimento potrà essere iscritto all'ordine del giorno dell'Assemblea in una delle giornate successive della prossima settimana.

Procediamo a questo punto all'estrazione a sorte del deputato a partire dal quale avrà inizio la chiama nell'appello nominale previsto per domani.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Saitta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare il deputato Flavio Di Muro. Ne ha facoltà, per due minuti.

FLAVIO DI MURO (LEGA). Presidente, in questi due minuti voglio portare all'attenzione dell'Aula, rendere edotti i colleghi che il Ponente ligure è isolato: nel senso che non dovete considerare il Ponente ligure come una realtà del Nord Italia, ma proprio come una vera e propria isola, come la Sardegna, come la Sicilia, perché abbiamo un gap infrastrutturale assolutamente devastante.

Ebbene, però, in tutto questo, ieri il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli era ad Imperia. E voi direte: per dare risposte a quelle che sono le priorità, cioè le autostrade, le strade, le ferrovie? No, per inaugurare la pista ciclabile, la seconda pista ciclabile: perché siamo fortunati, passiamo da 25 chilometri a 35 chilometri in provincia di Imperia di pista ciclabile sul mare, e speriamo di arrivare a 50 chilometri.

Per carità, va benissimo, ma le priorità sono altre: le abbiamo dette qui, le hanno detto i sindaci ieri al Ministro, le dicono le associazioni di categoria, le dicono tutti. Al Ministero sanno già quali sono le risposte che devono dare al territorio, ma ieri non sono arrivate.

Oggi, però, ho letto i giornali della mia provincia e c'è scritto questo: “Il Ministro De Micheli: in arrivo nel Ponente una pioggia di fondi”, “Il Ministro De Micheli: strade, ferrovie e porti, un miliardo per la Liguria”. E allora, leggendo rapidamente l'articolo, vi dico quali sono le due voci più importanti di questo miliardo: 123 milioni di materiale rotabile. Peccato che, senza il raddoppio ferroviario, non arriva l'alta velocità fino a Ventimiglia. Cinquecentocinquanta milioni per i porti commerciali: Ministro De Micheli, non ci sono i porti commerciali in provincia di Imperia.

Io non la voglio accusare di aver creato lei il gap di isolamento degli ultimi decenni, però è lei il Ministro oggi. Nel momento in cui abbiamo la situazione più insofferente della storia, è lei che programma le priorità e gli investimenti.

Quindi, Ministro - e concludo, Presidente - la prossima volta che tornerà in provincia di Imperia, venga con delle risposte, se no sulla pista ciclabile non troverà ad accoglierla la banda, troverà centinaia di imperiesi incazzati sulle barricate, grazie (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, deputato Di Muro. Ha chiesto di parlare la deputata Sara Foscolo. Ne ha facoltà, per due minuti.

SARA FOSCOLO (LEGA). Grazie, Presidente. Io invece vorrei portare l'attenzione di quest'Aula sulla drammatica situazione delle carceri italiane e in particolare di quelle liguri.

Negli ultimi giorni, purtroppo, la Liguria è stata protagonista di due distinti episodi di violenza. Il primo, in carcere a La Spezia, dove un detenuto ha ferito con una lametta un agente della Polizia penitenziaria e un altro a Sanremo, dove invece è scoppiata una rissa a colpi di sgabello tra i detenuti.

La situazione, come da tempo denunciano i sindacati di Polizia, sta diventando insostenibile e anche in Liguria gli agenti chiedono di poter utilizzare il taser per potersi difendere ed è una loro legittima richiesta, a cui andrebbe data una risposta con urgenza.

Ma il problema principale è quello del sovraffollamento degli istituti penitenziari, che anche in Liguria conta un 35 per cento in più di detenuti, per la maggior parte con problemi psichiatrici e di tossicodipendenza. Una situazione difficile, quella della Liguria, complicata anche dalla chiusura della casa circondariale di Savona, nel 2016. Un carcere che è stato chiuso, mai riaperto, mai sostituito e che priva il territorio di una struttura essenziale. Mai come oggi si rende necessaria la riapertura di un carcere in provincia di Savona. E' una battaglia che la Lega porta avanti da tempo, purtroppo senza trovare risposte dall'attuale Governo. Io stessa ho già sollevato questo problema al Ministro Bonafede con un'interrogazione, a dicembre, che è rimasta lettera morta e dopo sei mesi un silenzio totale, un silenzio assordante da parte dell'Esecutivo.

Io, in questa occasione, desidero esprimere la mia vicinanza a tutti gli agenti che continuano a svolgere, con spirito di sacrificio e attaccamento alla divisa, il loro lavoro, nonostante le numerose difficoltà. Solidarietà e auguri di pronta guarigione all'agente ferito e spero che, con gli ultimi fatti di cronaca, il Ministro della Giustizia Bonafede si accorga di quanto sta succedendo e si ricordi anche della Liguria (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, deputata Foscolo.

Ha chiesto di parlare la deputata Elisabetta Barbuto. Ne ha facoltà.

ELISABETTA MARIA BARBUTO (M5S). Grazie, Presidente. “Per un assaggio autentico della vivace vita italiana, niente di meglio della Calabria. Questa regione soffre di una evidente assenza di turisti a causa della sua storia di attività mafiosa e di terremoti e la mancanza di città iconiche come Roma o Venezia, capaci di attrarre i fan di Instagram”: questo si può, o meglio si poteva leggere fino a ieri sul sito della compagnia EasyJet, che così riteneva di dover pubblicizzare il proprio volo in Calabria e segnatamente presso lo scalo di Lamezia Terme.

Le proteste indignate, che evidentemente sono arrivate copiose, hanno indotto la compagnia aerea a modificare urgentemente la propria pagina sulla Calabria, con una descrizione della regione che resta comunque incomprensibilmente identificata nei suoi confini pressoché esclusivamente e riduttivamente alla città di Lamezia Terme e dintorni.

Come cittadina calabrese mi sento, pertanto, indignata e offesa due volte.

La prima, non vi è bisogno di dirlo, per le gravi parole scritte, che identificano la mia terra esclusivamente con l'attività mafiosa e questa è un'offesa gravissima alle centinaia di migliaia di calabresi onesti e laboriosi, che nella nostra regione e in giro per il mondo tengono alto il nome della nostra terra, distinguendosi per i loro meriti professionali, artistici, culturali e scientifici, alle centinaia di migliaia di persone semplici che quotidianamente fanno il proprio dovere e si rifiutano di vedere identificata la Calabria esclusivamente nella piaga purulenta della delinquenza organizzata, ma anche nei confronti di chi, quotidianamente, ha dato e continua a dare la sua vita per combattere questa piaga, che si vuole identificare nella mia regione in maniera dispregiativa. La seconda perché, dimostrando un'insensibilità oltre che una palese ed evidente mancanza di conoscenza della terra di Calabria, si finisce per fare una vera e propria insalata mista - mi sia permessa questa espressione - nella quale confondere le peculiarità dei singoli territori, le bellezze naturali, storiche, artistiche, culturali e archeologiche, senza dare loro alcuna identità e collocazione. Concludendo, Presidente, ci sono le città iconiche per i fan di Instagram in Calabria, basta pensare a Crotone, al promontorio di Capo Lacinio, a Crotone, sul quale sorge superstite l'ultima colonna del tempio che fu dedicato ad Hera Lacinia e sul quale ogni mattina il sole si affaccia per ricordarci le nostre origini magnogreche di uomini e donne liberi e fieri delle proprie tradizioni, quali sanno essere i calabresi. Pare che ci siano state delle scuse, signor Presidente, ne prendiamo atto, ma continuo a sentirmi offesa come italiana e come calabrese e pretendo che ciò non abbia più a verificarsi e voglio che resti agli atti di questo Parlamento la mia indignazione (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Roberto Novelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO NOVELLI (FI). Grazie signor Presidente, volevo portare alla sua attenzione e all'attenzione dell'Aula, un problema che riguarda tutti. Una volta ogni tre giorni, ogni cittadino riceve sul proprio smartphone o sul numero fisso una chiamata da parte di un call center, che propone svariati tipi di offerte per l'energia, la telefonia e i servizi finanziari. Sono 11 telefonate di media indesiderate al mese. Invasi come siamo e di fronte a norme come il Registro pubblico delle opposizioni, che ha dimostrato di non essere efficace, per nulla efficace, abbiamo imparato un po' tutti a difenderci, diffidando, quindi non rispondendo a numeri sconosciuti o provenienti da zone d'Italia e del mondo dove non abbiamo contatti. Peccato che questo talvolta implichi il non rispondere a chiamate importanti e questo mi viene segnalato sempre più spesso, come ad esempio - cosa di questi giorni - quella della Croce Rossa relativa all'indagine di sieroprevalenza, che misura e serve a misurare, con la geolocalizzazione, la diffusione del COVID-19 nel Paese, un rischio che il Governo, Protezione civile e Croce Rossa conoscevano, di cui erano al corrente, tanto da aver invitato più volte i cittadini a rispondere alle chiamate provenienti dal numero 065510. Solo in questi giorni è stato posto rimedio, inviando un sms di preavviso alla persona da contattare. Ciononostante, pare che in Italia solo il 33 per cento dei 150 mila sorteggiati - concludo subito Presidente - all'Istat abbia risposto positivamente, tanto che la scadenza è stata più volte rimandata. Allora, il restante 67 per cento è composto da chi non dà la disponibilità, ma anche da chi non risponde alle chiamate per timore del telemarketing, un fatto che dovrebbe spingere Governo e Parlamento - e concludo - ad accelerare la revisione della normativa vigente, prevedendo maggiori sanzioni e tutela verso gli utenti. Non è ammissibile che i cittadini, per non essere disturbati, debbano ignorare le chiamate in arrivo, con il rischio di perdere comunicazioni importanti (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Maria Teresa Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie Presidente, oggi apprendiamo che il 30 ottobre è stata fissata l'udienza preliminare, a seguito dell'inchiesta “Angeli e demoni”. La procura di Reggio Emilia ha rinviato a giudizio 24 persone, 48 sono le vittime, 155 i testimoni, 100, oltre 100 anzi, i capi di imputazione, tra cui abuso d'ufficio, peculato, falsa perizia, maltrattamento, violenza. Beh, rispetto a questo si inizia a fare chiarezza circa l'abbandono che purtroppo tante famiglie e tanti bambini hanno visto da parte delle istituzioni. Abbiamo sentito, per mesi, il PD svalutare tutto questo e mettere il bavaglio alla destra e a Fratelli d'Italia rispetto alla necessaria attenzione che deve essere data a ciascun bambino per la difesa della sua vita. Ebbene, oggi apprendiamo e constatiamo come, finalmente, si stia facendo chiarezza e questa chiarezza dice che avevamo ragione, che c'è un problema in Italia, che c'è un problema di affidi illeciti. E allora, finalmente, ci sarà un giudice terzo che potrà restituire verità, quella verità e quella giustizia che aspetta ciascun bambino e ciascun genitore che ha visto distrutta la propria esistenza e che, oggi, deve ricevere la giusta attenzione da parte delle istituzioni.

Mi aspetto, Presidente, che la Presidenza stessa di questa Camera attenzioni l'iter e, soprattutto, attenzioni i lavori della Commissione d'inchiesta sulle case famiglia, che troppo lenti vanno ancora quei lavori e che necessitano, invece, la giusta sinergia e la giusta attività costante, anche in una situazione, come questa, di pandemia. I bambini non possono essere non attenzionati, non possono ricevere un'attenzione così, a margine, da parte delle istituzioni. Quindi, mi aspetto e chiedo alla Presidenza di poter essere protagonista in questo, di poter portare avanti e, soprattutto, di poter incentivare i lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta (Applausi).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 24 giugno 2020 - Ore 13,30:

(ore 13,30 e ore 16)

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 1786 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19 (Approvato dal Senato). (C. 2547)

Relatrice: ASCARI.

(ore 15)

2. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 18,20.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 2547 - quest. preg. 1, 2 e 3 482 480 2 241 214 266 64 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.