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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 349 di giovedì 28 maggio 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 9,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bergamini, Enrico Borghi, Daga, Sabrina De Carlo, Dieni, Fassino, Maniero, Occhionero, Palmisano, Vignaroli, Vito e Zennaro sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Cantone. Ne ha facoltà.

CARLA CANTONE (PD). Grazie, Presidente. Il 31 maggio 1996 moriva Luciano Lama. È stato per molti di noi, della mia generazione, una persona speciale che ha guidato le battaglie sindacali per la conquista dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Si è battuto con coraggio sempre a viso aperto, contro il terrorismo di ogni colore; protagonista straordinario nelle piazze, nelle fabbriche, nelle università per la difesa della democrazia e per chiedere giustizia contro ogni violenza e per difendere i valori della nostra Costituzione senza mai subire né ricatti né prepotenze. Libertà, giustizia sociale, emancipazione della classe lavoratrice, dialogo fra imprese e lavoratori, rispetto della rappresentanza sociale, delle istituzioni, unità sindacale nella quale credeva molto sono state le linee guida dalla sua vita sindacale e politica sia come segretario generale della CGIL negli anni Settanta e Ottanta e successivamente come vicepresidente del Senato. Luciano Lama aveva nei giovani una grande fiducia perché sosteneva che è nel loro cuore, nel cuore dei giovani, che nasce il valore della libertà. Non a caso è stato un giovanissimo partigiano, un giovanissimo comandante partigiano che ha combattuto contro il nazifascismo. Lama era un sindacalista riformista che sapeva parlare al Paese e soprattutto farsi capire, una dote purtroppo rara. Si faceva capire con la chiarezza e con la passione responsabile che solo le grandi persone e i grandi leader sanno avere (Applausi).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, recante disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020 (A.C. 2471-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2471-A: Conversione in legge del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, recante disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2471-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha chiesto di intervenire la relatrice, onorevole Anna Bilotti.

ANNA BILOTTI, Relatrice. Grazie, Presidente. Il decreto-legge n. 26 del 2020, nel testo definito al termine dell'esame in sede referente presso la Commissione I (Affari costituzionali), posticipa in via eccezionale, alla luce dell'emergenza sanitaria in atto, i termini ordinari indicati dalla legislazione vigente per lo svolgimento delle consultazioni elettorali previste nel 2020.

Le consultazioni interessate dal provvedimento sono: elezioni suppletive per la Camera e per il Senato; elezioni dei consigli comunali e circoscrizionali; elezioni dei consigli provinciali e dei presidenti delle province; elezioni per il rinnovo dei consigli regionali e per le elezioni del presidente nelle regioni a statuto ordinario. Si prevede, inoltre, l'applicazione del principio dell'election day anche ai fini dello svolgimento del referendum sul testo di legge costituzionale che dispone la riduzione del numero dei parlamentari.

Per quanto riguarda l'esame in sede referente ricordo che la I Commissione (Affari costituzionali) ne ha iniziato l'esame il 28 aprile 2020 ed ha proseguito nell'esame preliminare. Il 5 e il 7 maggio 2020 la I Commissione ha svolto una serie di audizioni informali nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul provvedimento: esperti e rappresentanti della Conferenza delle regioni, dell'ANCI e dell'UPI. Il 21 maggio 2020 è iniziata la discussione degli emendamenti che è proseguita nelle sedute del 26 e del 27 maggio, seduta in cui si è concluso l'esame in sede referente con l'approvazione di alcune proposte emendative da parte della Commissione. Sul provvedimento sono stati acquisiti i pareri della Commissione parlamentare per le questioni regionali e del Comitato per la legislazione che hanno reso parere favorevole con una condizione in base con la quale si chiedeva alla Commissione di merito di approfondire il contenuto dell'articolo 1, comma 2, che consentiva un ulteriore slittamento di tre mesi degli appuntamenti elettorali menzionati il quale sarebbe stato adottato con un atto analogo a quello per l'indizione dei comizi. Le osservazioni sono state recepite dalla I Commissione in sede referente che ha proceduto alla soppressione di tale comma. In effetti la Commissione ha ritenuto che la modifica dei termini per l'indizione dei comizi elettorali possa essere disposta solamente con atto di rango legislativo e deve restare il più possibile circoscritta. Le scadenze elettorali sono infatti espressioni del principio democratico che informa la nostra Costituzione e quindi la loro deroga può essere ammessa solo in casi di straordinaria eccezionalità e mai con atto amministrativo.

Passando ad illustrare nel dettaglio il contenuto, l'articolo 1, comma 1, lettera a), amplia la finestra temporale entro cui è possibile procedere allo svolgimento delle elezioni suppletive di Camera e Senato. Per i seggi che siano dichiarati vacanti entro il 31 luglio 2020, il termine entro il quale sono indette le elezioni è fissato in 240 giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla Giunta delle elezioni, anziché in 90 giorni, eventualmente prorogabili in determinati casi, come previsto dalla legge elettorale.

L'articolo 1, comma 1, lettera b), rinvia il turno ordinario delle elezioni dei consigli comunali e circoscrizionali limitatamente all'anno 2020 ad una domenica compresa tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2020, anziché tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Inoltre la successiva lettera c) stabilisce che sono inseriti nel turno autunnale di cui sopra anche le elezioni nei comuni i cui organi devono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza del mandato, se le condizioni che rendono necessarie le elezioni si verificano entro il 27 luglio 2020, ossia non oltre il cinquantesimo giorno antecedente all'apertura della finestra elettorale. La disposizione in esame estende la nuova finestra elettorale anche alle elezioni dei consigli circoscrizionali. Con un'integrazione introdotta in sede referente sono state escluse dall'applicazione della disposizione le elezioni degli organi circoscrizionali nei comuni il cui consiglio rimane in carica fino alla scadenza naturale prevista nell'anno 2021. Non si tratta di una deroga sostanziale alla disciplina vigente: essa prevede che gli organi delle circoscrizioni municipali che siano stati anticipatamente sciolti durante il mandato del consiglio del comune cui afferiscono siano comunque rinnovati allo scadere del medesimo. Poiché però tra un turno elettorale amministrativo e quello successivo, ai sensi della legislazione vigente, trascorre sempre un anno circa, tali organi circoscrizionali restano in carica almeno per un anno. A seguito dell'eccezionale spostamento dalla primavera alla finestra settembre-dicembre che introduce il decreto, si sarebbe potuto dare il caso di organi circoscrizionali eletti nel prossimo autunno ma destinati a scadere già alla primavera 2021, con inutile dispendio di risorse politiche ed economiche. La modifica apportata in sede referente risolve ragionevolmente il problema. L'articolo 1, comma 1, lettera d) dispone in primo luogo che gli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario il cui rinnovo è previsto entro il 2 agosto 2020 durano in carica cinque anni e 3 mesi in luogo dei cinque anni previsti in via ordinaria dall'articolo 5, comma 1, della legge n. 165 del 2004.

La disposizione opera in conformità con l'articolo 122, comma 1, che assegna alla sicura competenza statale la durata degli organi regionali. In tal modo gli organi regionali resteranno in carica nella pienezza dei poteri senza che si debba ricorrere all'istituto della prorogatio, che, comunque, indebolirebbe la capacità reattiva delle istituzioni regionali nei confronti della pandemia. Inoltre, si prevede che le elezioni per il rinnovo degli organi si svolgano esclusivamente nei 60 giorni successivi al termine della nuova scadenza del mandato o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori. La disposizione impedisce, peraltro, l'indizione delle elezioni nelle quattro settimane precedenti alla nuova scadenza del mandato regionale per evitare l'indizione delle elezioni nelle domeniche di agosto a partire dal giorno 12, per ovvie ragioni di garanzia della pienezza della campagna elettorale per tutte le forze politiche e del diritto dei cittadini a un voto libero e informato.

La lettera d-bis) del comma 1, introdotta nel corso dell'esame in sede referente, dispone il rinvio delle elezioni dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali in scadenza nel 2020. Queste si svolgeranno entro 90 giorni dalle elezioni dei consigli comunali di cui alla lettera b) e, di conseguenza, la durata del mandato degli organi provinciali è prorogata fino al loro rinnovo. L'opportunità di prevedere il rinvio anche delle elezioni provinciali era stata rappresentata nel corso dell'attività conoscitiva in sede referente, in modo da consentire che gli elettorati attivi per le elezioni degli organi provinciali siano aggiornati con i nuovi membri dei consigli comunali eletti straordinariamente nel nuovo turno ritardato nel corso dell'anno. La disposizione deroga espressamente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 79, lettera b), della legge n. 56 del 2014, che dispone che le elezioni per il rinnovo degli organi provinciali siano indette entro novanta giorni dalla scadenza per fine del mandato ovvero dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali.

A sua volta, l'articolo 1-bis, introdotto anch'esso nel corso dell'esame in sede referente, reca alcune disposizioni ulteriori sul procedimento connesso alle consultazioni elettorali e referendarie previste per il 2020 e l'applicazione del principio dell'election day anche al referendum sul testo di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari. In particolare, il comma 1 dispone che le operazioni di votazione per le consultazioni elettorali e referendarie dell'anno 2020 si svolgano, oltre che nella giornata di domenica dalle ore 7 alle ore 23, anche nella giornata di lunedì, dalle ore 7 alle ore 15. L'estensione della possibilità di esercitare il voto anche il lunedì è finalizzata ad assicurare il necessario distanziamento sociale in relazione alla situazione epidemiologica da COVID-19.

Il comma 2 richiama l'applicazione del principio di concentrazione delle scadenze elettorali già previste dalla normativa in vigore sull'election day per le elezioni suppletive amministrative e regionali, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti. Il comma estende il già vigente principio di concentrazione delle scadenze elettorali anche al referendum confermativo del testo di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari. Si tratta di un intervento positivo e necessario allo scopo di favorire la partecipazione dei cittadini, di realizzare risparmi di spesa e di evitare ripetute sospensioni dell'anno scolastico. Per consentire lo svolgimento contestuale delle consultazioni elettorali si interviene sulle modalità di svolgimento delle votazioni.

Da ultimo, il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha prorogato il termine di indizione del referendum costituzionale prevedendo che la consultazione referendaria possa essere indetta entro 240 giorni, anziché 60 dalla comunicazione dell'ordinanza dell'ufficio centrale per il referendum che lo ha ammesso, comunicazione avvenuta il 23 gennaio 2020. In base alla legge n. 352 del 1970, il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, indice, con proprio decreto, il referendum, che si svolge in una domenica compresa tra il cinquantesimo e il settantesimo giorno successivo all'emanazione del decreto di indizione (legge n. 352 del 1970, articolo 15).

Il comma 2 introduce, quindi, specifiche disposizioni che disciplinano alcuni aspetti del procedimento elettorale per consentire l'abbinamento delle elezioni del referendum costituzionale.

In particolare, si prevede: l'applicazione delle disposizioni previste per le elezioni politiche relativamente agli adempimenti comuni, ivi compresi quelli concernenti la composizione, il funzionamento e i compensi degli uffici elettorali di sezione; l'individuazione dell'ordine di scrutinio appena completate le operazioni di votazione e quelle di riscontro dei votanti per ogni consultazione, come segue: elezioni politiche suppletive, referendum confermativo, elezioni regionali, senza interruzione; infine, per le elezioni amministrative è rinviato alle ore 9 del martedì, dando la precedenza alle elezioni comunali e poi a quelle circoscrizionali; la ripartizione proporzionale delle spese derivanti dall'attuazione di adempimenti comuni tra lo Stato e gli altri enti interessati in base al numero delle rispettive consultazioni.

Il comma 3 riduce a un terzo il numero minimo di sottoscrizioni richieste per la presentazione delle liste e candidature per le elezioni comunali dell'anno 2020. Anche per le sottoscrizioni richieste per la presentazione delle liste delle candidature per le elezioni regionali nelle regioni a statuto ordinario, previste nel 2020, si stabilisce una riduzione a un terzo, in considerazione della situazione epidemiologica da COVID-19 e dell'esigenza di assicurare il necessario distanziamento sociale per prevenire il contagio nel corso delle elezioni. Finalità della norma è, quindi, quella di prevenire e ridurre il rischio di contagio da COVID-19 e garantire il pieno esercizio dei diritti civili e politici. Si tratta, in ogni caso, di una norma cosiddetta cedevole, in quanto viene in ogni caso fatta salva la possibilità per ciascuna regione, in ossequio all'articolo 122 della Costituzione, di prevedere disposizioni diverse per le elezioni del 2020, per le medesime finalità di prevenzione e riduzione dei rischi da contagio. Restano, quindi, ferme le esenzioni e le riduzioni previste dalla legislazione regionale, aggiungendosi a esse una riduzione delle sottoscrizioni richieste a un terzo per le sole elezioni previste nel 2020 in ragione dell'emergenza sanitaria e delle finalità generali di prevenzione dal contagio.

Infine, sempre con il fine di prevenire il rischio di contagio da COVID-19, l'articolo 1-ter, anch'esso introdotto dalla Commissione in sede referente, dispone che le consultazioni elettorali referendarie dell'anno 2020 si svolgano nel rispetto delle modalità operative e precauzionali previste dai protocolli sanitari di sicurezza adottati dal Governo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario Variati. Prego.

ACHILLE VARIATI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Signora Presidente, egregi deputati, dopo la relazione della relatrice intendo dire due parole iniziali prima del dibattito. Il decreto-legge n. 26 del 20 aprile 2020 ha introdotto, come ha testé detto la relatrice, disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020 e nasce dall'esigenza di scongiurare il rischio connesso allo svolgimento di un'ampia tornata elettorale, di cui parlerò tra un attimo, nel pieno della più grave pandemia del secolo. A tal fine, è stato disposto di derogare agli ordinari termini della legislazione vigente in materia elettorale, sia per le elezioni suppletive politiche in Sardegna, sia per le elezioni amministrative 2020, sia per le elezioni regionali, in continuità con quanto già disposto dall'articolo 81 del DL 17 marzo 2020, n. 18, che ha già differito il termine entro cui va indetto il referendum confermativo del testo di legge costituzionale in materia di riduzione dei parlamentari.

L'andamento epidemiologico pandemico ha reso necessaria la proroga degli organi scaduti e in scadenza e la fissazione di nuove finestre elettorali per le regionali, per le amministrative e per le suppletive politiche. In sede di conversione ora occorre considerare l'attuale situazione epidemica e le prospettive di evoluzione, alla luce anche delle recenti disposizioni sia nazionali sia regionali. A questo proposito, il Governo ha ritenuto di acquisire un parere del comitato tecnico-scientifico presso il Dipartimento della Protezione civile il 19 maggio scorso. Per il Governo sono intervenuti il Ministro dell'Interno e il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Preciso che le elezioni dei presidenti delle giunte regionali e dei consigli regionali di Liguria, Veneto, Marche, Toscana, Campania e Puglia interessano circa 18 milioni di elettori; 6 milioni 600 mila sono gli elettori dei 1.142 comuni, comprese le regioni a statuto speciale.

Noi, ovviamente, stiamo facendo delle disposizioni che riguardano i comuni nelle regioni a statuto ordinario, dove i comuni sono 572 rispetto agli 8 mila complessivi italiani e 87 sono i comuni con più di 15 mila abitanti che potrebbero essere interessati dai ballottaggi. Complessivamente, in questa tornata amministrativa, si vota in tre comuni capoluogo di regione, Aosta, Trento e Venezia, e in 12 comuni capoluogo di provincia.

Il Comitato tecnico-scientifico, nella sopra citata riunione, ha osservato che la circolazione del Coronavirus nella popolazione è in aumento durante i periodi dell'anno caratterizzati da basse temperature rispetto alla riduzione dell'incidenza delle affezioni registrata a carico delle vie aeree nella stagione calda. Sebbene le conoscenze scientifiche del virus SARS-COV-2 non forniscano al momento chiare indicazioni sulle modalità di contagio nei periodi estivi, analogamente a quanto osservato per gli altri Coronavirus e nel rispetto del principio di massima precauzione, il Comitato tecnico-scientifico ha suggerito di svolgere le consultazioni dall'inizio del mese di settembre e, comunque, entro il mese di settembre. Le consultazioni dovrebbero essere organizzate su due giornate di voto, al fine di distribuire in maniera omogenea la fruizione dei seggi e garantendo il protocollo di corrette prassi igieniche e di distanziamento presso i seggi.

Da un lato, quindi, il Governo intende rispettare i suggerimenti scientifici, dall'altro, occorre limitare il più possibile le eccezionali proroghe dei mandati, garantendo il diritto/dovere di voto dei cittadini per il rinnovo degli organi scaduti; dall'altro, vanno assicurati i diritti della democrazia con tempi che, pur ristretti e riportati in stagione estiva, debbono essere dignitosi per lo svolgersi delle campagne elettorali, con le conseguenti possibilità di confrontare idee, opinioni e prospettive per il futuro governo dei territori; dall'altro ancora, vanno perseguiti gli opportuni colloqui, con riferimento alle autonomie statutarie regionali, in materia elettorale, colloqui che sono in corso. Occorre, altresì, considerare una serie di problematiche connesse, tra le quali il minore impatto possibile sull'andamento didattico delle scuole interessate dalle sedi di seggi elettorali.

Questi principi e questi obiettivi hanno guidato il Governo nel lavoro presso la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati, per il quale ringrazio in particolare il presidente, condividendo emendamenti parlamentari, testé riassunti dalla relatrice, onorevole Anna Bilotti, che va sicuramente e profondamente ringraziata, per competenza e generosità di lavoro. Si tratta di emendamenti che toccano l'opportunità di un election day, per il principio di concentrazione delle scadenze elettorali, di cui all'articolo 7 del decreto-legge n. 98, del 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148 del 2011, coinvolgendo altresì il referendum confermativo costituzionale, o emendamenti quali quelli tesi alla riduzione per questa elezione 2020 del numero di sottoscrittori per la presentazione delle liste, considerando le difficoltà di raccolta, con le precauzioni igieniche e in tempo estivo. Preciso che questa legge definisce, come già detto dalla relatrice, le finestre elettorali e non la data delle elezioni.

Onorevoli deputati, si apre ora il dibattito in Aula che, conto, sicuramente, sarà prezioso e, spero, mosso dalla volontà comune di trovare la più ampia convergenza in una materia così delicata qual è la materia elettorale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Oggi, noi andiamo in discussione generale della conversione in legge del decreto che reca disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020; in premessa, poiché si…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Montaruli, quando c'è il Comitato dei nove, se intende parlare senza mascherina, dovrebbe parlare al centro dell'emiciclo.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Come dicevo, stiamo discutendo, quindi, della possibilità di rinnovo di consigli comunali e di consigli regionali; in premessa, credo che sia doveroso dire innanzitutto un “grazie”; un grazie a tutti coloro che sono stati la trincea istituzionale all'interno dell'emergenza Coronavirus, un grazie soprattutto ai sindaci, ma anche a tutti i presidenti di regione coinvolti o non coinvolti nella prossima tornata elettorale, perché hanno dovuto affrontare questa emergenza in prima linea, spesso anche in una situazione di difficoltà istituzionale con il Governo.

Dobbiamo ricordare che la distribuzione delle mascherine, a volte anche la produzione delle mascherine e dei dispositivi di emergenza, sono state opere di questa prima trincea istituzionale; così come, quando si è decisa la distribuzione dei buoni per l'emergenza alimentare, di fatto, tutto è stato scaricato sulle spalle dei sindaci e così, ancora, quando il Governo latitava e, purtroppo, secondo noi, ancora latita, nella assegnazione di contributi a fondo perduto nei confronti delle aziende che soffrono questa emergenza, lì dove c'era il vuoto da parte dello Stato, ci sono stati sindaci e presidenti di regione che hanno fatto quello che avrebbe dovuto fare, invece, questo Governo. Quindi, innanzitutto, se dobbiamo discutere di rinnovo di consigli comunali e di regioni, prima di tutto, dobbiamo tornare a capire l'importanza istituzionale e pratica di queste istituzioni che, proprio in un momento di emergenza, sono state il catalizzatore di tutti i problemi che i nostri cittadini innanzitutto soffrivano.

Ecco, con che spirito hanno fatto tutto questo? Lo hanno fatto in silenzio, senza polemiche, lo hanno fatto con un grandissimo senso istituzionale, un senso istituzionale da cui dovremmo apprendere una lezione importante ed è da quel senso istituzionale, da quell'affrontare le emergenze insieme che, oggi, noi recuperiamo la lezione più preziosa, anche per ragionare in termini di rinnovo degli organi che dovranno andare al voto.

Recuperando, quindi, quel senso istituzionale, non posso che soffermarmi sulla riflessione per cui quando si parla di rinnovo, quando si parla di elezioni, ebbene, le regole devono essere condivise, lo ripeto, devono essere condivise e non ci possono essere scelte fatte a colpi di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché riguardano non la vita dei partiti, ma riguardano la vita dei cittadini, di tutti i cittadini, a prescindere dal loro pensiero politico.

Proprio su questo mi voglio soffermare, perché Fratelli d'Italia e tutte le opposizioni hanno dato una grandissima disponibilità al Governo e alle forze di maggioranza parlamentare, l'hanno data cercando, offrendo la propria disponibilità a ragionare insieme e a ragionare insieme sulla base di quale poteva essere la soluzione migliore, non per i partiti, ma per i cittadini, non per i partiti.

Ecco, allora, quali sono le riflessioni che noi dobbiamo fare per fare la scelta migliore nei confronti dei cittadini? Noi oggi abbiamo, da parte della maggioranza e del Governo, soltanto la produzione di fatto di una circolare del pensiero e del comitato tecnico scientifico, che ci dice che, forse, in autunno ci sarà un ritorno del contagio del virus, ma che, comunque, non ci dà certezze su questo. Dall'altra parte, però, che cosa abbiamo? Abbiamo i problemi reali degli italiani. I problemi reali degli italiani quali sono? Sono tanti, sono per lo più e principalmente fondati su problemi economici, della grande crisi economica che già stiamo soffrendo e che, probabilmente, a settembre noi scopriremo ancora più forte, che gli italiani scopriranno ancora più forte, e dovranno affrontare una crisi senza precedenti. Allora, sulla base di questo, credo, debba essere l'unico ragionamento possibile per scegliere un eventuale data per le prossime elezioni. Questo decreto, la conversione del decreto non prevede una data specifica, prevede una finestra, però non nascondiamoci dietro un dito: di date se ne è già parlato, la maggioranza ha un'idea su una data. Ebbene, questa data è corrispondente o meno alle esigenze degli italiani? Questa finestra, questo decreto è corrispondente o meno alle esigenze che gli italiani hanno e avranno a settembre? Io credo che, se noi ipotizziamo una data come quella che si è paventata, che è quella del 20 settembre, allora noi dobbiamo pensare innanzitutto al turismo, perché il settore turistico inizia la propria stagione con estremo ritardo, con un grandissimo ritardo rispetto ai tempi ordinari; e già, nonostante questo ritardo, si accumuleranno le difficoltà che derivano, inevitabilmente, dalle conseguenze dell'emergenza Coronavirus.

Io voglio fare un semplice calcolo: noi quando andremo al voto, andranno al voto cinque regioni, 1.150 comuni, circa 70 mila candidati diretti, a cui dobbiamo aggiungere dipendenti dei comuni o delle regioni, personale di staff; verosimilmente, 500 mila persone saranno coinvolte direttamente nell'organizzazione delle elezioni. Se le liste le dobbiamo presentare a metà agosto, se ad agosto dovremo preparare quel che è propedeutico alla vera e propria campagna elettorale, togliendo poi il discorso sulla pre-campagna elettorale che sappiamo è cosa viva, noi togliamo al mondo del turismo, di fatto, 500 mila persone così, d'emblée, subito: il mondo del turismo parte con meno 500 mila, e questo nella più nella migliore e rosea delle ipotesi.

Ma come facciamo ad andare a dire agli imprenditori del turismo, agli albergatori, ai ristoratori, che la priorità del Governo italiano è quella di fissare una data che toglie fin da subito 500 mila persone dal turismo del mese di agosto? Ma come facciamo ad andare a dire loro una cosa del genere? Non possiamo. E questo è solo per il mondo del turismo, pensiamo poi al mondo della scuola. I ragazzini, gli alunni andranno a scuola, ricominceranno probabilmente - dico probabilmente perché con il Ministro Azzolina non si sa mai - la scuola a settembre. Ma se noi, dopo qualche giorno, già abbiamo le elezioni fissate, quando aprirà la scuola? O entreranno e poi dovranno di nuovo uscire dopo qualche giorno e di nuovo le famiglie avranno sulle proprie spalle, a proprio carico, bambini che non sanno dove collocare? E la partecipazione scolastica dei ragazzi dove va a finire? Dove va a finire? Sentiamo che cosa ci proponete rispetto alla ripartenza del mondo scolastico: pensate veramente che i ragazzi potranno iniziare la scuola e poi, immediatamente, tornare a casa perché ci sono le elezioni? Perché ci sono da preparare i seggi? Noi non possiamo permettere che entrino ed escano nel giro di pochi giorni, né possiamo permettere che non rientrino proprio a scuola.

E poi c'è, in generale, il tema della ripresa economica, perché l'ho detto prima: c'è un tema di vedere come si svilupperà l'impatto delle misure economiche, a prescindere da quello che noi pensiamo nel merito di queste misure che il Governo attuerà. Come avranno impatto e come incide la scelta di una data sulla ripresa economica? Ecco, noi tutte queste domande abbiamo fatto al Governo e risposte a questo avremmo voluto. Queste sono le risposte che vorremmo sentire da questa maggioranza e le eventuali obiezioni, scelte e riflessioni rispetto alla scelta di una data, non soltanto il parere di un comitato tecnico-scientifico, che, permettetemi, ha probabilmente una grande scienza rispetto all'evoluzione di questa pandemia, ma non ha una visione complessiva che tenga in considerazione anche le ricadute in termini sociali, economiche e democratiche di questo Paese.

E poi c'è un tema importante, che è quello dell'accesso alla campagna elettorale, che non riguarda i partiti, riguarda i cittadini, riguarda le regole della democrazia, riguarda il diritto di ogni italiano di mettersi in gioco nelle elezioni. Perché è indubbio che, durante questa emergenza, ci sono stati consiglieri eletti, presidenti di regione, che hanno avuto la possibilità di dire la propria, hanno avuto un risalto mediatico, hanno avuto la possibilità di essere al centro del dibattito politico; ci sono stati anche, però, dei possibili candidati, costretti a stare chiusi in casa, che hanno il diritto di sviluppare ugualmente una campagna elettorale reale, una campagna elettorale viva, nella quale possano esprimere le proprie opinioni e anche dare il proprio contributo rispetto a quella che sarà anche una campagna elettorale incentrata sul post Coronavirus, che non mi sembra essere una cosa da poco.

Quindi, l'unica bussola per scegliere la finestra all'interno della quale determinare il giorno e le modalità migliori per il rinnovo dei consigli comunali e delle regioni, non può essere semplicemente il parere del Comitato tecnico-scientifico, deve essere un ragionamento molto più articolato, molto più complesso, a tutto tondo, che inevitabilmente deve coinvolgere tutte le forze politiche, deve trovare la mediazione di tutte le forze politiche, non può essere una scelta di parte.

Io posso comprendere che questo Governo, che non è nato nelle urne, è nato da un accordo tra forze parlamentari e, devo dire, in un momento in cui si parla tanto di democrazia, e ce l'avete richiamato tante volte il tema della Repubblica parlamentare, insomma, ancora di più, visto che non siete nati nelle urne, dovreste venire incontro a quelle che sono le obiezioni che le opposizioni vi stanno sollevando proprio sul tema del rinnovo dei consigli comunali e regionali, e quindi dell'assetto democratico della nostra nazione.

Comunque, io mi rendo conto che un Governo che non nasce nelle urne possa avere qualche difficoltà a comprendere il discorso che abbiamo fatto in questo momento, possa avere delle difficoltà a comprendere quanto sia complesso il momento elettorale e quanto alto sia il valore della partecipazione dei cittadini ad un momento così importante; quindi, ho come l'impressione che, in realtà, la scelta di questo Governo - lo dico sommessamente e con umiltà - nasca più da spinte di sindaci amici o di presidenti di regione, forse ad approfittare del vantaggio di qualche presidente già eletto o forse così a cercare di sciogliere dei nodi imbarazzanti, come poteva essere quello del rinnovo dei consigli di circoscrizione, che - inutile dire - riguardano una città importante come Roma, e che, con l'emendamento e poi la riformulazione avvenuta in Commissione, tolgono le castagne dal fuoco ad un partito della maggioranza, sicuramente il MoVimento 5 Stelle e non Fratelli d'Italia, che ha chiesto sempre le elezioni. Però bisognerebbe un po' spogliarsi da queste spinte che arrivano, che arriverebbero da sindaci amici e da interessi di partito; bisognerebbe spogliarsi e avere una visione complessiva e soprattutto un senso istituzionale, quel senso istituzionale che - lo dicevo in premessa - ha permesso a moltissimi rappresentanti delle istituzioni di essere una valorosa trincea, in un momento di emergenza. C'è anche il tema del taglio dei parlamentari. Io faccio parte di un partito che, con orgoglio, ha sempre detto che era a favore del taglio dei parlamentari. Devo dire che, in questo momento storico, una riduzione dei parlamentari, a fronte di un Parlamento che il Governo voleva quasi esautorare dalle proprie prerogative e trattare come se fosse un organo in cui si danno le comunicazioni di servizio e non invece un organo in cui si decide (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), diventa particolarmente oggetto di riflessione; tuttavia, dobbiamo distinguere ciò a cui mira il taglio dei parlamentari, ossia una riduzione anche dei costi, una razionalizzazione delle rappresentanze anche all'interno di questo consesso, rispetto all'atto emotivo di presumere che qualcuno, invece, non guardi al taglio dei parlamentari con gli stessi occhi con cui guardiamo noi, ossia guardi allo stesso, in realtà, come ad uno strumento per ridurci tutti a degli automi davanti ad un computer, nella giornata del click, piuttosto che a persone che guardano alle urne come il momento più alto della propria vita democratica. Però, il taglio dei parlamentari, il referendum sarà sicuramente protagonista all'interno di questa finestra. Il Governo propone di affrontare il referendum lo stesso giorno in cui si voterà per le elezioni amministrative, in una sorta di election day e lì anche si porrà, si pone il problema di non creare confusione all'interno del corpo elettorale. Se vogliamo che una riforma così importante, anche attesa, sia recepita in maniera consapevole, con tutte le riflessioni del caso - e assunta anche come una presa di coscienza, da parte del corpo elettorale, che esiste una politica che ha fatto autocritica e che ha saputo guardare a se stessa e autoridursi -, allora dobbiamo dare gli strumenti, perché il corpo elettorale e gli italiani abbiano la possibilità di recepire pienamente questa scelta, di condividerla e di confermarla, quindi non creare una situazione di estrema confusione, dove l'elettore che va alle urne si trovi così tante schede da non capire più che cosa sta votando (peraltro, tutte votazioni che avvengono con modalità diverse, creando, nella confusione, ancora più confusione nell'elettore). Questo tema del taglio dei parlamentari, però, mi fa pensare anche ad un altro aspetto: noi veniamo da un momento in cui la nostra democrazia è stata realmente compressa; intanto perché veniamo da una stagione in cui si è susseguito un numero di Governi che, difficilmente, ha trovato una reale corrispondenza diretta all'interno delle urne; poi, proprio in questa legislatura, abbiamo vissuto - l'ho detto prima - un cambiamento di Governo senza passare attraverso il momento elettorale e le forze di opposizione, quando protestavano, legittimamente, per chiedere che vi fosse un passaggio delle urne, sono state chiamate “eversive”. Penso che sia l'unica nazione in cui chi chiede di votare viene chiamato eversivo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) ed è uno scandalo senza precedenti, che va bene sempre ricordare, perché, ricordarlo, significa impedire che, in futuro, si confonda con il richiamo alle regole democratiche l'eversione, che è altra cosa ovviamente. Ma poi, soprattutto perché siamo alla fonte, al motivo per cui questo provvedimento oggi si discute, perché addirittura la possibilità di andare al voto, il diritto di andare al voto è stato non annullato, ma sicuramente rinviato sulla base di una pandemia, di un'emergenza di tipo sanitario e questa è una riflessione che noi dobbiamo svolgere: conta di più il voto dei cittadini, sulla base del quale si fondano le istituzioni, o le modalità organizzative per affrontare un'emergenza di questo tipo? Noi abbiamo cercato, voi avete cercato, ovviamente, di bilanciare il diritto alla sanità e alla salute rispetto al diritto al voto, però parliamoci chiaro: il diritto al voto è un diritto supremo, è un diritto fondamentale, senza il quale le nostre istituzioni neanche sarebbero in piedi e questo ci dà la misura di quanto sia importante il provvedimento che oggi andiamo a votare, perché noi abbiamo rimandato un momento sacro nella vita istituzionale e non possiamo, quindi, a fronte di questa sacralità, affrontarlo con leggerezza e come se fosse un provvedimento come tutti gli altri. No, non è così, non è così e proprio perché non è così, io, per un'ultima volta, voglio richiamare soprattutto le forze di Governo ad una responsabilità, perché, quando è stato rinviato il momento elettorale, non credo abbiate sentito nessuno dell'opposizione urlare, perché eravamo consapevoli del grave momento che stavamo affrontando; ne eravamo consapevoli e non volevamo fare nessun tipo di polemica, come oggi non vorremmo fare nessun tipo di polemica.

Ne eravamo consapevoli e su questo aspetto, nonostante la sua grandissima importanza, abbiamo compreso, abbiamo voluto comprendere che fosse soltanto uno spostamento di poche settimane. Però, ora che l'emergenza sembra essere, quanto meno da un punto di vista di contagi, di numero di contagi, più sotto controllo rispetto al passato, quello che pretendiamo è che le regole del gioco siano condivise, perché, altrimenti, ci sentiremmo presi in giro, gli italiani si sentirebbero presi in giro, perché l'emergenza non può essere cavalcata per ottenere fini diversi da quelli che l'emergenza, invece, imponeva.

L'assenza del periodo di voto, quindi, ha compromesso ancora una volta il diritto degli italiani a votare, e io non vorrei che affrontare in modo sbagliato - ed è questa la direzione in cui sta andando il Governo, mi pare - questo momento così importante faccia peggio che togliere il diritto di voto agli italiani. Perché c'è una cosa peggiore che togliere il diritto di voto, che è quella, dopo aver compreso il diritto di voto, di non alimentare la voglia degli italiani di andare a votare. Questo sarebbe il peggiore dei risultati che questo Governo potrebbe ottenere, il rischio più grande che dobbiamo assolutamente scongiurare. E, allora, per scongiurarlo - e concludo - che cosa dobbiamo fare? Lo ripeto: creare le condizioni perché esista una campagna elettorale reale, dove le persone possano confrontarsi, dove possano essere libere di avere il tempo di candidarsi, di formare le liste in maniera democratica, favorendo la partecipazione; una campagna elettorale dove vi sia uno scambio di idee su come la trincea istituzionale deve affrontare l'emergenza e il periodo post-emergenza. Non si può liquidare in calde settimane di agosto tutto questo; non si può liquidare tra un ombrellone e la necessità, invece, di stare nelle proprie città a raccogliere le firme; non si può liquidare sulla base di una circolare del solo parere del Comitato scientifico. Non si può. Dopo questa stagione in cui si è creata sfiducia sul valore del voto, noi dobbiamo creare, proprio in un momento di emergenza, le condizioni per cui gli italiani che vanno a votare si sentano realmente partecipi, la sentano questa campagna elettorale, la vivano, perché loro sono stati i primi ad avere le conseguenze di una politica governativa che crede, invece, che chi è eletto sia soltanto, così, un pigia-bottoni o qualcuno che deve venire ad ascoltare comunicazioni di servizio. Sappiano gli italiani che la politica è qualcosa di diverso, è qualcosa di più alto, è qualcosa di più bello, che è messa in gioco delle proprie idee, che è trasformare la rabbia anche, la delusione, in atti concreti, nel mettersi in prima linea nel far parte di quella trincea istituzionale che in premessa ho richiamato, nella voglia di cambiare le cose, nella voglia di partecipare alla cosa pubblica, nella voglia di tenere le aperte le porte del palazzo. Noi dobbiamo ottenere questo risultato, lo dobbiamo agli italiani, lo dobbiamo all'Italia e quanto più alto è il momento di emergenza, quanto più critico è il momento di congiuntura economica, tanto deve essere lo sforzo per richiamare gli italiani e l'Italia a campagne elettorali pulite, reali, serie, di confronto.

Faccio un ultimo appello a questo Governo perché più delle misure economiche, più dell'affrontare l'emergenza sanitaria, più di tutto questo, che è già qualcosa di importantissimo, noi dobbiamo ricreare un'unità tra gli italiani e le istituzioni, e si fa permettendo ai cittadini di partecipare a libere elezioni. E le libere elezioni possono avvenire solo se ci sarà un periodo libero di campagna elettorale reale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Vorrei ripercorrere un attimo il lavoro di Commissione per chiarire come ci siamo mossi e perché abbiamo provato a muoverci, anche secondo quello che diceva la collega Montaruli, cioè trovare un punto di equilibrio rispetto a date e scadenze. Questa esigenza ce l'abbiamo presente tutti, però nessuno è in grado di fare miracoli se arrivano richieste opposte tra di loro, che si elidono tra di loro. Questo è il nodo politico in cui ci imbattiamo e a cui siamo fermi in questo momento. Speriamo di migliorare, però ci sono dei motivi per cui, al momento, questa esigenza non è riuscita a cadere in un precipitato condiviso.

Noi abbiamo iniziato l'esame di questo testo e questo testo è andato di fronte ad alcune criticità, in particolar modo sul comma 2 dell'articolo 1, che è stato richiamato prima, che prevedeva di poter prorogare ulteriormente le elezioni in caso di pandemia nella finestra autunnale senza una norma primaria. Questa criticità è stata fatta presente nel dibattito di Commissione, nel Comitato per la legislazione; il Governo ha riconosciuto che la norma era critica, e si è presa la decisione più drastica, quella di sopprimerla, mentre il Comitato per la legislazione aveva proposto solo di emendarla. Quindi, si è presa la decisione più garantistica. Dopodiché, in particolar modo i colleghi del gruppo di Fratelli d'Italia, in Commissione - lo traduco in maniera più drastica possibile - ci hanno detto: ma voi, che avete quattro presidenti di regione su sei in scadenza che vogliono votare a luglio, non è che vi preparate qui, in Commissione, a tentare di fare un atto unilaterale con un vostro emendamento? E noi gli abbiamo detto: no, perché noi riteniamo che le regole si fanno insieme, tant'è che se uno va a vedere il fascicolo degli emendamenti, gli unici due emendamenti che propongono di votare a luglio non vengono da nessuno dei parlamentari della maggioranza, ma vengono, legittimamente, dal collega Silli, del gruppo Cambiamo! e dal collega Stefani, di tutto il gruppo della Lega, che, legittimamente, dal loro punto di vista, hanno presentato degli emendamenti, quelli che il gruppo di Fratelli d'Italia sospettava che volessero presentare noi, ma che noi non abbiamo presentato.

Dopodiché, si è aperta questa disputa sulla ricerca di una data condivisa, che ha un problema di fondo: il testo, così come è scritto, blocca le elezioni regionali fino a tutto agosto. Dopodiché, la data delle elezioni regionali non è nella nostra disponibilità, a meno che qualcuno non proponga di cambiare la norma, ma nessuno l'ha proposta e sarebbe obiettivamente di dubbia legittimità mettere una proibizione anche a settembre alle regioni per votare, perché, fino a luglio, siamo coperti dallo stato di emergenza, agosto palesemente è un mese in cui nessuno propone di votare, le regioni dal 6 settembre possono indire elezioni. Questo è il nodo. Noi possiamo fare l'election day su comunali e referendum, perché appartiene ad una nostra scelta, ma le regioni o le convinciamo a votare nella giornata che noi indichiamo o non glielo possiamo imporre.

Allora, chiunque si trovi al Governo, momentaneamente - si trova una certa coalizione, dopo il voto, non prima, comunque, c'è una certa coalizione -, una coalizione che governa in questo momento, chiunque sia seduto al banco del Governo ha questo problema.

Che, se segue quello che dicono i gruppi di opposizione e sposta ulteriormente la data verso fine settembre o ottobre, incentiva i Presidenti di regione, che non sono d'accordo già con la data del 20, a indire le elezioni al 6 o al 13 settembre. Questo è un dato rilevante. Se invece il Governo, per evitare questo, si sposta verso le date chieste dai presidenti di regione, l'opposizione protesta ancora di più ed eccede in queste polemiche, in questa “fase guevarista” dell'onorevole Sisto a cui abbiamo assistito in questi giorni in Commissione.

Però non c'è nessuno che sia in grado di realizzare un miracolo e di mettere d'accordo le esigenze opposte, al momento, per cui o qualcuno cambia posizione o è un po' difficile trovare una soluzione intermedia, che è quella che scontenta tutti, perché la soluzione del 20 ha un difetto ma ha anche un pregio, che scontenta tutti, perché non si allinea né sulla richiesta dei gruppi di opposizione né sulla richiesta dei presidenti delle regioni.

C'è qualcuno che ha una soluzione migliore in grado di tenere dentro tutti? Se c'è qualcuno che riesce a fare questo, oggi, domani, penso che tutti saremmo molto lieti, però c'è un problema effettivo di richieste opposte.

Le altre innovazioni mi sembra corrispondano - quelle che competono a noi, su cui possiamo decidere noi - a razionalità. C'è stata una polemica sulla questione dei consigli di circoscrizione, perché si è detto che non vale la pena di votarli per nove mesi. Noi abbiamo nel nostro ordinamento, per il Parlamento nazionale, una norma che dice che, se un qualsiasi parlamentare scade nell'ultimo anno di legislatura, non si fanno suppletive: si rinuncia alla completezza del plenum perché non ha senso eleggere in una elezione suppletiva solo per pochi mesi un parlamentare. Quindi, non è che stiamo parlando di un qualcosa a noi sconosciuto, stiamo parlando di un principio presente nell'ordinamento per cui, per pochi mesi, forse, non vale la pena di rinnovare un organo, tanto più se siamo in una situazione di potenziale pandemia.

Quindi, si può discutere, uno può essere d'accordo o non d'accordo, però dire che non eleggere un consiglio di circoscrizione solo per nove mesi sia un attentato alla democrazia, francamente mi sembra un po' sproporzionato come argomento.

Vengo poi alla questione referendum. Il referendum era stato indetto per il mese di marzo, quindi, paradossalmente, è la scadenza elettorale che per il momento ha subito il maggiore spostamento in avanti. Ora, qualcuno può sostenere la tesi che dobbiamo aprire le urne tra settembre e ottobre tre domeniche diverse in una situazione di pandemia? Ci sono le preoccupazioni sulle scuole. Cioè, noi vogliamo aprire le urne in tre settimane diverse utilizzando le scuole in tre settimane diverse? Mi sembra difficile, quindi mi sembra difficile evitare un abbinamento anche del referendum. Nel nostro ordinamento c'è solo una proibizione, peraltro di norma primaria, non costituzionale, che è quella che impedisce l'abbinamento del referendum abrogativo con le sole politiche. Peraltro, si può discutere anche quella, perché è una norma primaria, ma è l'unica che c'è; infatti, noi il referendum abrogativo lo abbiamo abbinato, nel 2009, con le elezioni amministrative, anche se questo indirettamente favoriva un referendum che ha il quorum, mentre questo referendum non ha quorum.

Poi, francamente - il collega Fornaro è un esperto di dati elettorali, di ricostruzione e di interpretazione dei dati elettorali -, guardate che i nostri elettori, quando gli si danno in mano più schede, tendono a distinguere nettamente una scheda dall'altra. La sera delle elezioni europee, quando c'è stato lo scrutinio delle elezioni europee, sulla base delle elezioni europee le coalizioni con la Lega avrebbero dovuto vincere in quasi tutti i comuni d'Italia; quando, poi, si è fatto lo spoglio delle elezioni comunali abbiamo assistito, in alcuni casi, a un 20 per cento di elettori che hanno legittimamente deciso di votare per la Lega sulle elezioni europee e per coalizioni di centrosinistra sul piano comunale. È successo tante volte, era successo anche nel 2009, quando il Partito Democratico aveva stravinto sulle elezioni europee che quello stesso giorno aveva perso Livorno e Padova, per esempio, dove sulla scheda sulle europee aveva superato il 50 per cento da solo. Quindi, tutte le tesi sul fatto che una scheda condiziona l'altra, obiettivamente, oggi, per come ragiona l'elettorato, non sembrano particolarmente sensate, tanto più che, tra due schede europee e amministrative vi sono comunque competizioni tra partiti, mentre qui c'è una competizione tra partiti e una competizione sì-no.

Dopodiché, rendendosi conto della situazione, delle scelte che facciamo, ovverosia di una raccolta di firme nel mese di agosto, si è deciso di abbattere a un terzo le firme richieste, non solo per le elezioni amministrative, che erano completamente nella nostra disponibilità, ma anche per le elezioni regionali, dove invece c'era un dibattito sulla legittimità, su quanto può spingersi la legislazione statale, quanto quella regionale. All'inizio si pensava di fare solo un principio, di affidare alle assemblee regionali il voto vero e proprio per recepire il principio, poi si è fatto di più: si è pensato che, sulla base di alcuni principi costituzionali, dell'articolo 48, dell'articolo 49, fosse necessario fare proprio una norma cedevole che si impone alle assemblee regionali a meno che esse non decidano di decidere diversamente, quindi ci si è spinti molto oltre per finalità garantistiche.

Io mi permetterei di dire questo ai colleghi dell'opposizione, che soggettivamente sono convinti di voler realizzare un risultato condiviso, però sostengono tesi opposte ai presidenti di regioni anche della loro parte politica, quindi non ci danno al momento una soluzione che ci permette di quadrare il cerchio. Se non siete d'accordo, votate no, argomentate, però non eccedete nelle motivazioni. Non potete dire che, siccome al momento il Governo, per trasparenza, ha dato una data che non era imposta dalla normativa, perché la normativa dà solo finestre, dire che se si vota il 20 settembre è un colpo di Stato e il 27 settembre è una piena normalità democratica, perché 7 giorni di differenza non fanno la differenza tra una democrazia e una situazione non democratica. Li inviterei pertanto a meditare la nota frase di Talleyrand: surtout pas trop de zèle. Evitate gli eccessi di zelo nelle argomentazioni negative (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Donzelli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DONZELLI (FDI). Presidente, ho ascoltato con attenzione le parole dell'onorevole Ceccanti, e proverò, magari senza avere la sua eloquenza, a spiegargli perché non è proprio così. Noi siamo davanti a un'emergenza sanitaria mai vista e anche, in contemporanea, a una responsabilità dell'opposizione mai vista, perché ricordo che, se abbiamo avuto la possibilità in Italia di votare e di far passare lo sforamento di deficit, è perché le forze di centrodestra, con senso di responsabilità estremo, vi hanno consentito, in un'emergenza straordinaria estrema, di poter votare lo sforamento di deficit (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente). Ciò perché c'è un'opposizione e un centrodestra che è profondamente responsabile. E durante questa emergenza sanitaria mai vista, voi – diciamo “sono”, usiamo un impersonale -, sono state limitate delle libertà fondamentali, sono state limitate le libertà di riunione, è stata limitata la libertà di protesta, è stata limitata la libertà di culto, è stata limitata la libertà di impresa, sono stati limitati i matrimoni, sono state sospese le elezioni, ma tutto questo è stato fatto perché c'era un'emergenza straordinaria sanitaria, e noi, come opposizione, nonostante ci vengano le bolle solo a pensare di limitare tutte queste libertà, lo abbiamo compreso. L'abbiamo compreso perché c'era un'emergenza sanitaria mai vista.

Il problema è che voi avete limitato queste libertà democratiche fondamentali con prassi straordinarie fuori da qualsiasi precedente democratico, fuori anche dalla nostra Costituzione, che è stata forzata con i DPCM, tant'è vero che poi avete dovuto porre rimedio allo sforzo dei DPCM.

Quindi, per un'emergenza sanitaria avete limitato le libertà in modo straordinario utilizzando strumenti straordinari. Poi, avete comunicato la limitazione di queste libertà in modo altrettanto straordinario, perché l'avete comunicate con dirette social, in un sistema surreale, che stordiva e “stontiva” ancora di più gli elettori e i cittadini italiani, con modalità che nemmeno Orwell, nel 1984, avrebbe immaginato, e nel 2020 l'avete realizzate. Capisco forse che qualcuno aveva confidenza col Grande Fratello, ma avete fatto tutto questo perché c'era un'emergenza sanitaria mai vista.

Lo avete usato male perché avete fatto confusione nelle cose burocratiche, abbiamo la cassa integrazione che non è stata pagata, l'attività economica in ginocchio. Abbiamo visto Conte, il Presidente del Consiglio, che si faceva un ospedale personale e 22 giorni dopo ordinava le mascherine per i medici e gli infermieri (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Abbiamo visto le forze dell'ordine costrette a stare in strada a rincorrere i cittadini che magari andavano a fare una passeggiata, e, mentre le forze dell'ordine erano costrette a rincorrere i cittadini, venivano lasciate senza gli strumenti per difendersi dai criminali e, magari, venivano aggredite. Abbiamo visto invece nelle città gli spacciatori che continuavano a spacciare, mentre si rincorrevano i padri di famiglia che andavano con i bambini a passeggiare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Lo avete usato male questo potere, ma la cosa grave è che ci avete preso gusto a utilizzare questo potere, perché abbiamo visto un Presidente del Consiglio che in televisione diceva “vi concediamo”, “vi consentiamo”, “vi permetteremo”, “valuteremo se avrete la possibilità di”, come se le libertà non fossero dei cittadini, ma fossero finite in mano al Presidente del Consiglio. Tutto questo perché c'è un'emergenza sanitaria.

Adesso, però, si passa da una gravissima situazione sanitaria a una gravissima situazione democratica, perché c'è l'evoluzione. In questo momento si passa dall'utilizzare un potere straordinario per affrontare un'emergenza sanitaria a, invece, utilizzare l'emergenza sanitaria per creare un potere straordinario, in barba alla Costituzione e alle regole democratiche. Questo non si può fare, perché, se vi è stato consentito di avere un potere straordinario perché c'era un'emergenza sanitaria, non potete ora usare l'emergenza sanitaria per rinforzare il vostro potere straordinario, questo non ve lo consentiamo. Avete sospeso le elezioni democratiche in regioni e comuni; non potevate fare altrimenti, ma non è un gioco. Sospendere le elezioni democratiche è il confine fra la democrazia e la non democrazia, fra la democrazia e il regime, e quindi, quando adesso questa sospensione viene meno, non è una scelta vostra, non è una scelta del Governo, è una scelta di tutti. Non può essere un baratto per cui, mentre siete a fare le vostre riunioncine di maggioranza, facciamo così, io ti lascio scarcerare boss mafiosi, tu magari, in cambio, mi lasci sanare tutti gli immigrati clandestini; io, dopo che mi hai preso in giro per l'Air Force Renzi, ti faccio fare il volo di Stato fra Napoli e Roma, e tu, però, mi fai votare in quella data che mi fa comodo e mi fai mettere il referendum in quell'altra occasione. Non è così, non è una roba vostra e non si tratta come cosa vostra. È la base della democrazia, è una cosa su cui bisogna ragionare insieme, bisogna andarci in punta di piedi, perché è la sacralità di questo luogo, è la base dell'Italia, non si può scherzare su questo. E allora il minimo sindacale in un caso come questo sarebbe affrontare la data delle elezioni con un accordo con le regioni e con un accordo con le forze politiche. Voi non solo non avete l'accordo con le regioni, ma non avete nemmeno l'accordo con le forze politiche; e in più, nonostante questo, volete aggiungere a tutto questo il referendum. Guardate che noi sul referendum non stiamo facendo una battaglia faziosa, perché Fratelli d'Italia avrebbe tutto l'interesse a svolgere il referendum insieme alle elezioni, perché noi siamo l'unico partito che ha votato sempre a favore della riduzione dei parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); e, a differenza anche dei Cinque Stelle, che vogliono darci lezioni, siamo l'unico partito in cui nessun parlamentare ha firmato per il referendum. Per noi e per i nostri parlamentari sarebbe già legge la riduzione dei parlamentari, nonostante che invece tutti gli altri partiti siano andati a firmare per il referendum, compreso il MoVimento 5 Stelle. Quindi, noi dal referendum insieme alle elezioni, come interesse di fazione, ne avremmo solo interesse, ma per noi viene prima la nazione della fazione, e non ha senso e non è giusto mescolare le due cose. Soprattutto non ha senso e non è giusto mescolare le due cose mentre non si ha l'accordo né con le opposizioni né con le regioni.

Sono tre forzature che sono insostenibili, non se ne può sostenere nemmeno una; tre non sono sostenibili. Perché non sono sostenibili? Perché manca anche il buon senso. Perché adesso, dopo che li avete massacrati, perché li avete chiusi senza nessuno spazio, dopo che non gli avete dato i contributi che dovevano avere, dopo che non gli avete dato nessuna possibilità di reagire, ci sono le imprese turistiche che iniziano a sperare di poter vedere uno spazio e voi le andate a massacrare in questo modo. Ma non ci sono solo le imprese turistiche, ci sono gli italiani che, dopo che sono stati rinchiusi, non aspettano altro che poter andare qualche giorno al mare, e devono poter andare qualche giorno al mare senza avere la campagna elettorale sulle costole, senza dover pensare a quale presidente di regione votare. Vogliamo avere la possibilità che a Jesolo stiano al mare tranquilli, senza dover pensare alle elezioni; che in Versilia, in Maremma, in Puglia si possa andare al mare con la serenità di andare al mare, nelle grandi nostre città d'arte si possano affrontare le prossime settimane con la serenità anche per le famiglie italiane di godersi i primi giorni di libertà e di spensieratezza. E non si può mescolare la formazione delle liste e la campagna elettorale in quel momento senza un accordo di tutti.

Non si può pensare per la scuola che, dopo che avete tenuto chiusi i nostri ragazzi, inspiegabilmente ora dite che le scuole restano chiuse, ma i centri estivi sono aperti, come se i centri estivi fossero più sicuri dei nidi privati o dei nostri asili, cosa che non è possibile. Dopo che abbiamo tenuto chiusi i nostri ragazzi con la didattica a distanza, senza possibilità di socializzazione, e quindi creato anche delle difficoltà sociali, umane, psicologiche e pedagogiche ai nostri ragazzi, voi pensate che sia normale farli tornare a scuola e dopo due giorni dirgli “no, ritorni a casa per un'altra settimana”, perché in tutto questo non ci sono stati detti in Commissione nemmeno i tempi certi di quanto ci vorrà per sanificare le classi e le scuole prima e dopo il voto, non abbiamo certezze di questo. E quindi si va contro anche ai nostri ragazzi.

Ovviamente, però, non si va contro la Raggi, perché, se a parole siete tutti contro la Raggi, anche il PD, poi, dopo, in questo provvedimento, dove si dovrebbe pensare ai cittadini e invece si pensa solo agli affari vostri, si ha l'accortezza di evitare che i presidenti dei municipi romani possano essere rivotati. Sì, perché sono stati sfiduciati dai Cinque Stelle, ma, siccome sono amici della Raggi e siccome il PD in questo momento non vuole litigare con la Raggi, perché non sa ancora se la deve appoggiare o no, allora si consente che rimangano, che non si vada al voto. Ma, attenzione, come diceva non un collega dell'opposizione, ma un collega della maggioranza come Magi, in tutto questo non c'è nemmeno la certezza che non vengano commissariati questi municipi con gli stessi presidenti uscenti. Quindi arriveremmo al paradosso per cui, con questo giochino che state facendo, in un municipio in cui i cittadini hanno sfiduciato il presidente, rimane il presidente, ma vanno a casa i consiglieri municipali, con una forzatura e una torsione democratica inaccettabile e insostenibile.

Ma tutto questo è stato fatto per i cittadini? No, per voi, per i vostri interessi. E allora noi avevamo chiesto anche una par condicio nella campagna elettorale, e questo è trasversale, perché ricordo che per noi viene prima la nazione della fazione, ma è innegabile che un presidente di regione in queste settimane aveva delle libertà di movimento e delle possibilità di comunicazione abnormi rispetto allo sfidante dell'opposizione che era chiuso in casa e non poteva nemmeno uscire. È evidente che finora non ci sono state le regole democratiche per il confronto. Allora è necessario dare qualche settimana per consentire a tutti gli sfidanti di avere la possibilità di confrontarsi con i presidenti uscenti; è necessario perché queste sono le regole della buona democrazia, come è necessario dare la possibilità ai partiti di riunirsi prima di poter fare le liste. Oggi le riunioni di partito non sono consentite e, invece, i partiti dovrebbero già riunirsi per fare le liste, e questo non è possibile, non è democratico, non ha senso. Avevamo chiesto regole chiare, noi, caro Ceccanti; non è vero che avevamo detto che non volevamo votare a luglio. Eravamo venuti, anzi, ero venuto io personalmente in Commissione a dirvi: ci dite se volete votare a luglio, perché con la democrazia non si scherza? Ci dite se c'è la possibilità di voto a luglio o no? Se si decideva luglio, per noi era meglio luglio di questo abominio che sta venendo fuori, ma ce lo dovevate dire chiaramente e non giocare sottobanco. E invece avete provato in tutti i modi a cercare le soluzioni tra voi, invece che guardandoci negli occhi, nella democrazia e nelle aule democratiche; faceva parte dei vostri baratti nelle stanze segrete.

Noi, invece, adesso vogliamo regole chiare; e, attenzione, non ci piace nemmeno, anzi, lo crediamo ignobile, che, mentre i cittadini italiani in questo momento non sanno se riusciranno a riaprire la loro attività, non sanno se i figli torneranno a scuola, non sanno se gli arriverà la cassa integrazione, non sanno se e quando avranno la possibilità democratica di poter votare, i cittadini normali non sanno se riusciranno alla fine del mese a sfamare i propri figli, la vostra priorità in Commissione Affari costituzionali è ricalendarizzare la legge elettorale per continuare a difendere il vostro potere. E in caso, semmai dovesse cascare questo Governo, non voluto da nessuno, sperare con un proporzionale di ribloccare tutto e ritornare al Governo contro la volontà degli italiani. Questo state preparando in Commissione Affari costituzionali, invece di pensare agli italiani. E quando Giorgia Meloni lo ha fatto notare, la reazione dei Cinque Stelle qual è stata? Sembrava quella di una bambina all'asilo: Giorgia Meloni non era in Commissione. Ma il problema è quanto va Giorgia Meloni in Commissione, che comunque è più presente nelle Aule parlamentari di Di Maio, oppure il problema è vedere qual è l'interesse degli italiani in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Il problema è farsi le ripicchine da asilo o affrontare quello che riguarda gli italiani? Perché è su questo che si basa la democrazia e questo vi sfugge, perché, ovviamente, siete tutti bravi a chiedere la democrazia quando siete all'opposizione, ma siete tutti bravi a voler forzare e limitare la democrazia quando siete al potere. Non funziona così: le regole chiare si scelgono insieme, le date del voto si scelgono insieme.

Le leggi elettorali si dovrebbero fare insieme e, se non si fanno insieme, non si fanno in un momento di emergenza. Avete detto che noi eravamo degli irresponsabili, quando dicevamo che, davanti ad una situazione come questa, erano necessarie elezioni, dicendoci: “ma no, non si può votare in questo momento, ma come potete pensare di votare in questo momento”; così si diceva a Fratelli Italia: “siete degli irresponsabili a voler votare in questo momento”. E voi state pensando solo a come poter andare a votare nelle regioni, nei municipi di Roma e, magari, alle prossime politiche solo per mantenere il vostro potere in questo momento, che è molto più grave di quando si diceva a noi: perché? Perché è il vostro interesse e non quello degli italiani: non ci stiamo. Adesso, noi vi chiediamo seriamente di sospendere questa discussione, di fermarvi, calmarvi, di non andare a sbattere contro un muro, di non pensare che si possa sempre forzare tutto contro tutti perché avete il potere dalla vostra; perché è una ruota che gira, non si può creare un precedente, non conviene nemmeno a voi, perché, prima o poi, dovremo tornare a votare e, quando torneremo a votare, voi sarete all'opposizione e non conviene nemmeno a voi aver creato il precedente che chi è al Governo fa tutto alle spalle dell'opposizione: serve a tutti stabilire regole comuni perché, a volte, si è maggioranza e, a volte, si è opposizione e calpestare queste regole comuni non conviene a nessuno; conviene rispettarle sempre perché, prima o poi, ci si ritrova sempre all'opposizione. E, guardate, che potete cambiare tutte le leggi elettorali che volete, potete scegliere la data in un momento o in un altro, potete fare tutte le forzature che volete ma, prima o poi, torneremo a votare e, quando torneremo a votare, il vostro destino è scritto, ossia all'opposizione. Allora, per il vostro bene, pensateci e create insieme regole civili per il futuro perché la democrazia, quando si sfilaccia, è molto, molto complicato riannodarla e voi non la state sfilacciando: con questa forzatura, la democrazia la state strappando (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Spero che mi sia consentito utilizzare qualche minuto di questo intervento per ricordare una data importante. Oggi è il quarantesimo anniversario dell'assassinio di Walter Tobagi (Applausi) che il 28 maggio 1980 fu ucciso in un attentato terroristico dalla Brigata XXVIII marzo. Il terrorismo rosso uccise una figura straordinariamente importante della vita sociale e sindacale della città di Milano che ha lasciato sicuramente un ricordo importante, come oggi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha testimoniato su Il Corriere della Sera e credo sia assolutamente doveroso ricordare questa figura oggi nell'Aula della Camera, così come ricordare oggi una lezione che vale per l'oggi l'importanza di un giornalismo libero, di un giornalismo in grado di entrare dentro la dimensione della quotidianità, ricercando sempre e costantemente la verità anche quando questa possa essere scomoda.

Entrando nel merito della nostra discussione, ho partecipato a tutte le riunioni della Commissione in cui c'è stato un dibattito ricco, vivace, un confronto vero durato molte ore e devo innanzitutto ringraziare la relatrice per il suo approccio molto pragmatico che ha cercato di trovare soluzioni alle questioni e credo sia da ringraziare. Ma penso che sia condiviso davvero da tutti i componenti della Commissione il garbo istituzionale, l'onestà intellettuale e la trasparenza con cui il sottosegretario Variati ha condotto la Commissione. Perché ho detto questo? Perché il Governo si sarebbe potuto arroccare dietro un dato oggettivo, cioè, a differenza di quello che scrivono ed è scritto su quasi tutti i giornali e che è scritto in tantissime dichiarazioni di questi giorni, questo provvedimento non scrive la data delle elezioni, non indica l'election day; indica, come è stato ricordato più volte da chi mi ha preceduto, una finestra ed è, all'interno di questa finestra, che è auspicabile, sia per questioni organizzative, sia per questioni di costo, sia per questioni legate all'inizio dell'anno scolastico, che si individui una data condivisa delle elezioni, il cosiddetto election day. Il sottosegretario Variati avrebbe potuto dire che il Governo, sentite le forze politiche, sentite le regioni, sentiti gli attori istituzionali, avrebbe poi deciso. E, invece, rispondendo ad una legittima domanda delle opposizioni, il sottosegretario Variati ha poi detto, nella I Commissione, che l'orientamento del Governo in quel momento era per un election day il 13 settembre. Lo dico perché, altrimenti, qui risuonano in quest'Aula accuse nei confronti della maggioranza e del Governo che ritengo infondate e ingiustificate. Ciò non vuol dire che bisogna essere per forza sempre d'accordo, però ci sono alcuni passaggi logici e anche di comportamento che vanno sottolineati. Perché il Governo indica, in prima battuta, il 13 e, conseguentemente, la relatrice presenta un primo emendamento che modifica il testo originario, che indicava il 15 settembre, come prima data utile e possibile per le elezioni amministrative e, in realtà, nei fatti, il 6 settembre per quel che riguarda le elezioni regionali? Lo fa sulla base di una verifica fatta alla presenza della Ministra dell'Interno e del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie con il comitato tecnico-scientifico. Il sottosegretario Variati illustra il contenuto del documento; i colleghi delle opposizioni chiedono contezza e chiedono il documento che, nel giro di qualche giorno, viene distribuito a tutti i commissari nella massima trasparenza. Vorrei qui - prima ho già sentito degli attacchi ma li ho sentiti devo dire in maniera molto brutale e a mio giudizio scorretta durante i lavori della Commissione - difendere il lavoro e il parere del comitato tecnico-scientifico perché ognuno deve fare il suo mestiere: noi rappresentiamo le istituzioni, facciamo politica e gli scienziati e gli esperti fanno il loro mestiere. Che cosa dice quel documento? Dice una cosa che chiunque abbia fatto un esame di medicina conosce. Qual è il contenuto di quel documento? Sul comportamento e il possibile sviluppo dell'epidemia da COVID-19 non vi sono elementi certi rispetto ad una questione ossia il fatto che (mi si passi il termine non scientifico ma così ci capiamo) i “cugini”, lo dico tra virgolette, cioè la famiglia dei Coronavirus normalmente ha come comportamento quello di abbassare l'intensità quando è caldo e riattivarsi quando arrivano le temperature più fredde. Per tutti ricordiamo il virus più semplice, quello che colpisce, ahinoi, milioni di persone senza avere e dare i danni del COVID-19, cioè le cosiddette sindromi influenzali. Alla luce di questo, il comitato scientifico che cosa dice? Noi non siamo in grado di prevedere certezze, non abbiamo certezze su come sarà il comportamento del COVID-19: la famiglia da cui arriva il COVID-19 si comporta normalmente nel modo che ho provato a descrivere in maniera semplicistica prima e quindi che cosa dice? Noi suggeriamo, in via prudenziale, che tutta l'attività e, in particolare, il giorno delle elezioni avvengano nel mese di settembre. Poi è vero che, tra il 30 settembre e il 1° ottobre, ci sono ventiquattro ore: non c'è uno sbarramento fisico. È ovvio che il comitato scientifico dà quell'indicazione e credo che dobbiamo rispettarla e, quindi, davvero invito a non fare attacchi scomposti al comitato scientifico in questa sede perché credo che chiunque di noi, in quella posizione, avrebbe scritto quel documento. È un documento di buonsenso che invita alla prudenza e che la politica giustamente e le istituzioni devono interpretare. Come la interpreta il Governo nella prima fase? La interpreta affermando: noi non dobbiamo considerare soltanto il primo turno ma c'è anche il secondo turno. Ci sono 148, se non ricordo male o comunque più di 140 comuni sopra i 15 mila abitanti che votano e, teoricamente, possono avere il secondo turno; ricordo che c'è una regione intera, la Toscana, che, in linea teorica, prevede, unica in Italia, il secondo turno.

E quindi, si lavora a ritroso: se devo fare il secondo turno entro il 30 settembre, si arriva al 28 e, quindi, al 13. A quel punto, c'è una discussione in Commissione, c'è quel dialogo che era stato auspicato anche nell'Ufficio di Presidenza e la disponibilità, data dal collega Ceccanti e da tutti quelli che erano presenti, alla ricerca di una soluzione unitaria. Non è vero che il Governo si è fermato e si è tenuto sulle sue posizioni e la maggioranza è stata sorda alle osservazioni e alle richieste.

E, quindi, successivamente - e di qui anche il ritiro di quell'emendamento da parte della relatrice - il Governo cerca di venire incontro alle obiezioni dei colleghi dell'opposizione e, d'intesa con la maggioranza, propone il 20 e il 21 settembre. Noi oggi siamo fermi qui, nel senso che il sottosegretario Variati ha ribadito in Commissione che l'intenzione, la volontà del Governo è quella di arrivare a un election day il 20 o il 21. Può non essere sufficiente? Sì, è ovvio che nessuna data è perfetta, non c'è una data perfetta. Però, inviterei tutti, come dire, ad abbassare i toni: non c'è in gioco la democrazia se si vota il 20 o se si vota il 27, non c'è la dittatura della maggioranza se si vota il 20 e non si vota il 27.

Io ho ricostruito, ho voluto ricostruire e perdere qualche minuto a ricostruire il tema della data perché poi si inserisce in un'altra vicenda che, devo dire, ha contorni che per alcuni versi mi sfuggono, una contrapposizione che sta nascendo con la Conferenza delle regioni, al punto che leggo, questa mattina sui quotidiani, di una lettera di cinque dei sei presidenti di regione e non governatori - dovrebbero iniziare, se scrivono al Presidente della Repubblica, a chiamarsi col loro nome (Applausi), dato che sono presidenti di regione e non governatori - che dicono sostanzialmente: noi non siamo d'accordo sul 20 e riteniamo questo un attentato alla democrazia, e queste sono parole mie, ovviamente, è un'interpretazione provocatoria, però il senso, nel momento in cui si scrive al Presidente della Repubblica, è di segnalare un fatto grave, un attentato sostanzialmente alle libertà democratiche, e addirittura propongono il 6.

Allora, io vorrei, in questa sede, riflettere su un punto che credo ci veda tutti d'accordo, cioè che le elezioni non sono soltanto la data in cui si vota, ma sono un processo molto ampio che parte dalla formazione delle liste, dalla raccolta delle firme e, poi, dalla campagna elettorale. Io capisco, da un punto di vista politico, un atteggiamento dei presidenti delle regioni che legittimamente cercano soluzioni per avere un vantaggio competitivo nella campagna elettorale, ma il 6 settembre significherebbe fare di fatto tre quarti della campagna elettorale nel mese di agosto, cioè di fatto non fare campagna elettorale e con questo mettere in enormi difficoltà, ovviamente, quelli che legittimamente e democraticamente vorrebbero cambiare il segno politico di quella regione.

Quindi, noi comprendiamo le difficoltà di un voto e, conseguentemente, di una campagna elettorale e di una raccolta delle firme con la data del 20 settembre, ma riconosciamo in quella data un tentativo, da parte del Governo, di tenere insieme tutte le esigenze e, da questo punto di vista, quindi, credo che gli sforzi che vanno fatti e che sono stati fatti dal Governo, nel decreto e poi nel lavoro di Commissione, siano importanti. Primo: le elezioni non si svolgeranno in una sola giornata, ma si tornerà - i più anziani lo ricorderanno - alla doppia giornata di voto, questo per consentire di limitare il rischio di assembramenti (quando si va a votare si va in coda eccetera eccetera). Non solo: si prevede che lo scrutinio, come ha ricordato la relatrice nel suo intervento iniziale, avvenga alle 9 del giorno dopo, del martedì, perché poi c'è anche un problema di tutela della salute dei componenti del seggio elettorale, perché le persone vanno e votano, e loro rimangono lì per ore in uno spazio normalmente relativamente piccolo, di solito è un'aula scolastica. Questo vuol dire stare lì 10-12 ore, se non di più, e lì c'è un rischio oggettivo e, quindi, c'è tutto un tema, che il sottosegretario ha individuato, di un protocollo che è da scrivere e che, come mi sono permesso sommessamente di ricordare in Commissione, dipenderà anche dall'evoluzione, perché se ci ritroveremo, come tutti noi auspichiamo, nel mese di settembre fuori dalla pandemia in tutte le regioni italiane, o quasi, evidentemente si potrà avere un protocollo più semplice, un protocollo più lieve; se, viceversa, dovessimo trovarci in una situazione più complicata, è evidente che il protocollo dovrà innalzare per tutelare, devo dire, innanzitutto proprio i componenti del seggio, perché altrimenti noi rischiamo di non trovare le persone disponibili - rischio che, secondo me, è reale - ad andare a fare gli scrutatori e i presidenti di seggio. Credo che questo sia un rischio di cui dobbiamo tener conto e credo che il Governo lo farà.

L'altra questione - e mi avvio alla conclusione - è quella delle firme. Il collega Prisco, in più interventi in Commissione, ha detto che c'è una contraddizione tra il dire che si può votare, cioè, quindi, che in qualche modo è superata una determinata situazione di emergenza e si può votare il 20 settembre, e poi, come dire, si interviene sulle firme come se fossimo in una situazione eccezionale, cerco di sintetizzare, ma il senso, diciamo, del suo ragionamento era questo. Interloquisco, quindi, con questo suo ragionamento per dire che è vero. Non che ci sia una contraddizione, è vera, però, un'esigenza che ancora oggi e ancora nel mese di luglio e di agosto, anche se la situazione dovesse migliorare, come tutti i dati in questo momento stanno indicando ad eccezione di due o tre regioni, una delle quali è la regione di uno dei presidenti che vorrebbe votare domani mattina ma chiudiamo la parentesi - e mi riferisco al presidente Toti della regione Liguria, che inviterei a guardare maggiormente i dati sulla crescita del contagio nella sua regione -, ci troveremmo, comunque, in una situazione anomala. Non siamo in una situazione normale anche se andassimo verso la normalità, lo sappiamo tutti; i timori e le preoccupazioni continuerebbero e ci sarebbero, ed è del tutto evidente che la raccolta delle firme è oggettivamente potenzialmente un nucleo di assembramento e anche oggi, che stiamo uscendo e siamo nella “fase 2”/“fase 3” comunque c'è un'attenzione specifica suggerita dagli scienziati rispetto agli assembramenti, perché, come dimostra il caso del Molise, è sufficiente un funerale, quindi un episodio assolutamente non voluto ovviamente, per provocare potenzialmente una ripresa della diffusione. Quindi, la decisione di ridurre dei due terzi le firme per le elezioni amministrative è conseguentemente un'indicazione perché le regioni si comportino nello stesso modo ed è un segnale io credo corretto, e non in contraddizione. È il segnale di un'attenzione che sta dentro, diciamo, la ratio di tutto questo provvedimento. Viviamo in una situazione non ordinaria e all'interno del processo di formazione delle liste, che prevede, poi, la autentica delle firme di sottoscrizione, si interviene, si interviene in questa direzione.

Chiudo, quindi, ricordando che siamo a oggi ancora in situazione di emergenza sanitaria ed è per questo che è stato emanato questo decreto, guai a sottovalutare questo aspetto. C'è un precedente e il precedente si chiama elezioni francesi: i francesi, all'inizio della pandemia, decidono di andare avanti lo stesso, pur avendo, come voi sapete, un sistema a doppio turno, con il risultato che svolgono il primo turno e poi sono costretti a congelare, cosa mai successa.

Io mi rivolgo al professor Ceccanti, ma nella storia elettorale europea non ricordo un caso di blocco tra il primo e il secondo turno, e hanno dovuto bloccare per settimane intere il secondo turno. Anche noi, lo ricordo, per quei comuni e per la regione Toscana, abbiamo il doppio turno, quindi questa preoccupazione a tenere il più alto possibile il voto - alto da un punto di vista di calendario - risponde anche ad evitare che ci possa essere una situazione, lì, sì, lesiva, a quel punto, dell'intero processo, perché un'ipotesi di blocco di secondo turno presupporrebbe ovviamente problematiche totalmente inedite: chi amministrerebbe quei comuni che non hanno fatto il secondo turno, le amministrazioni precedenti oppure sarebbero commissariati? Ma votare il secondo turno dopo settimane e settimane non potrebbe aver alterato gli equilibri e, quindi, si potrebbe fare il secondo turno o bisognerebbe ricominciare daccapo? E così via.

Quindi, come dire, queste sono le preoccupazioni e la scelta del Governo - davvero, è un appello che faccio a tutti i colleghi, al di là delle diverse collocazioni dei presidenti di regione che, come tutti noi sappiamo, appartengono ad entrambi gli schieramenti - è che il 20, con tutte le conseguenze che questo comporta all'interno delle finestre, sia una scelta ragionevole. Si può non essere d'accordo, si può non essere soddisfatti al 100 per cento, ma è un tentativo serio di trovare soluzione a un problema reale: riuscire a tenere, come è giusto che sia, in democrazia, le elezioni, di farlo in sicurezza e di farlo rendendo la competizione corretta e nel rispetto della Costituzione.

Io credo che se tutti compiamo uno sforzo in questa direzione probabilmente il dibattito che abbiamo fatto in Commissione e quello che stiamo facendo in quest'Aula porteranno ad un risultato positivo, perché credo che non sarebbe compresa all'esterno, da parte dei cittadini che stanno vivendo una crisi economica senza precedenti, non sarebbe sopportata l'immagine di noi che ci accapigliamo, che lanciamo accuse gravissime per una discussione che, alla fine, ruota tra il 20 o il 27, come se una settimana cambiasse le sorti di questo Paese.

Dico ciò nel rispetto delle tesi degli altri e nel rispetto assoluto di posizioni differenti, però, il mio invito è quello, come dire, di fare un passo in avanti e trovare e ricercare una soluzione che sia condivisa dalle forze politiche, all'interno del Parlamento e con le regioni (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Silli. Ne ha facoltà.

GIORGIO SILLI (M-NI-USEI-C!-AC). Signora Presidente, preferisco rimanere qui per non dare le spalle al presidente della Commissione affari costituzionali e alla relatrice che sono stati presenti per tutti i corsi e i ricorsi delle Commissioni inerenti alla data delle elezioni e a tutto ciò che prevede l'iter di avvicinamento a queste elezioni.

Andreotti diceva che un buon politico vale come 10, 20 o 100 buoni tecnici; questo non significa che il tecnico non sia importante o che il comitato scientifico non debba essere ascoltato, signor Presidente, tutt'altro: il comitato tecnico-scientifico è fondamentale, soprattutto per chi non è un medico, per chi, nello specifico, non è un virologo, non è un epidemiologo, ma è il politico che, in nome e per conto non solo dei suoi elettori ma di tutto il popolo italiano, deve essere abile a declinare la posizione del comitato tecnico-scientifico, condensandone i punti salienti e applicando nelle diverse regioni della Repubblica italiana la possibilità o meno di andare a votare, fissandone una data, piuttosto che un'altra.

Francamente, abbiamo assistito, nelle ultime due settimane, in questa Commissione, ad una situazione grottesca, ad un'escalation assolutamente senza senso per quanto concerne la “fissazione” – è un termine brutto, esiste, ma non è molto discorsivo - della data delle elezioni.

Parliamoci chiaro, Presidente: verginelle non ce ne sono in politica, spesso e volentieri, quel pizzico di opportunismo che caratterizza un po' tutti, le necessità dei partiti, sconfina e si tende a superare l'asticella. In questi giorni, abbiamo superato l'asticella, perché non si è mai visto nella storia della Repubblica italiana negare la possibilità agli elettori di votare, volendo tirare la palla oltre il centrocampo all'infinito, perché, magari, alcuni partiti non sono pronti, perché, magari, alcuni partiti hanno il timore in alcune regioni di fare una figuraccia.

Ebbene, è legittimo portare avanti gli interessi di partito e, quindi, degli elettori, dei militanti, dei tesserati e dei cittadini che partecipano alla vita di partito. Signor Presidente, “partito”, lo voglio dire per l'ennesima volta, non è una parolaccia, è una parola onorevole, perché c'è tutto un mondo intorno ai partiti e, quindi, pensare che ci siano stati dei partiti che hanno voluto tirare la palla oltre il centrocampo per queste due settimane, francamente a me perplime, perché, posso capire il dire: va beh, mettiamoci d'accordo, una settimana, dieci giorni… Io, personalmente, avessi dovuto fare una scelta per la mia famiglia o per la mia azienda, avrei approfittato di questo momento, dove realmente i contagi stanno tendendo a zero e avrei pensato di provare a votare addirittura a fine luglio o, comunque, nell'immediata riapertura, all'inizio di settembre; che cosa ne so io cosa succederà a metà settembre, il 20 settembre, il 1° di ottobre? Non lo posso sapere, perché per quanto il comitato tecnico-scientifico sia composto da scienziati, sono supposizioni, algoritmi, proiezioni, ma nessuno ha la palla di vetro, nessuno può sapere che cosa succederà e già siamo in una posizione difficile per la democrazia italiana.

Noi siamo di fronte a delle giunte, siano esse comunali o regionali, sostanzialmente scadute o quasi nella direzione dello scadere a breve. Allora, già andare a votare dopo l'estate diventa un qualche cosa, non dico, di illegittimo, ma sicuramente un qualcosa che stride; in più con il pensiero che possa riscoppiare un'epidemia alla fine di settembre o a ottobre e che queste elezioni possano essere nuovamente rispostate, e a quando? Alla primavera del 2021? Ma stiamo scherzando? Cioè, noi viviamo in una sorta di amministrazione “fiduciaria” - tra virgolette - di regioni e di comuni per un anno in più?

A me sembra una follia e, allora, vi dico che noi abbiamo appreso dell'emendamento della relatrice, per la quale la cosiddetta finestra, anziché aprirsi a fine luglio, si sarebbe aperta all'inizio di settembre e abbiamo detto: va bene, insomma, alla fine, un mese ci può stare. Però, abbiamo assistito, francamente, a una gazzarra che non aveva né arte né parte, una gazzarra che non aveva senso.

Qui, stiamo chiedendo al Governo della Repubblica italiana di permettere ai cittadini che pagano le tasse, che hanno ricominciato a pagare le tasse, che hanno ricominciato a lavorare, che a breve ricominceranno ad andare a scuola, di esercitare un loro diritto; noi chiediamo che questi cittadini, che hanno tutti i doveri del mondo, possano approfittare anche di un loro diritto, cioè di votare. Non ha senso che il Paese sia ritornato alla normalità, sia tutto normale, tranne che il voto. Francamente, è un qualcosa che non ha né arte né parte.

Detto questo, la questione inerente l'iter per arrivare al voto è molto importante, perché io ho sentito parlare di approccio alla data attraverso campagne elettorali, incontri con gli elettori, politica, eccetera, eccetera, ma qui noi abbiamo di fronte anche un qualcosa di molto complesso, che è la raccolta delle firme, che sono i certificati elettorali, che sono i rapporti tra i vari uffici elettorali di tutti i comuni all'interno di una provincia, piuttosto che di una regione. Per carità, in quest'Aula le abbiamo raccolte tutti le firme, abbiamo presentato tutti quanti delle liste, è un po' una rottura di scatole, però, fa parte della democrazia. La domanda che io ho posto al sottosegretario, ieri, in Commissione - sottosegretario che ringrazio, perché in Commissioni durate sei o sette ore, insomma, non è facile mantenere alto il livello di attenzione -, la domanda che io ho posto al Governo è: se facciamo riferimento al comitato tecnico-scientifico per quanto riguarda la data delle elezioni, ma abbiamo messo a conoscenza il comitato tecnico-scientifico di quello che è l'iter per presentare una lista?

Cioè, lo scienziato virologo sa che per presentare una lista, per esempio nella regione Toscana, ci vogliono 13 mila firme, e quindi 13 mila persone che prendano una penna, vanno a trovare gli altri a casa oppure fanno i banchetti in piazza, oppure c'è assembramento in piazza? Cioè, lo scienziato che dice al Governo “fermi tutti, abbiamo scherzato”, è consapevole di questi iter? Perché, guardate, la vita di partito, chiaramente, rispetto alla Prima Repubblica è sicuramente cambiata, ma ci sono ancora dei momenti di comunione, dei momenti di incontro, dei momenti in cui si parla agli elettori, dei momenti in cui i militanti devono riunirsi per arrivare alla presentazione delle liste? Ed è per questo che ho fatto questa domanda precisa al sottosegretario.

Poi, ho appreso con favore che la maggioranza, diciamo il Governo, che ha bocciato tutti i nostri emendamenti, ne ha accolto uno di Italia Viva, che sostanzialmente era uguale o dello stesso tenore, quindi, come si suol dire, non tutto il male viene per nuocere e le firme sono state ridotte ad un terzo anche per le regionali. Questo ci fa piacere, però, signor sottosegretario, effettivamente, avere una pronunciazione in questo senso, in questa direzione, da parte del comitato scientifico servirebbe quantomeno a trasmettere un po' più di tranquillità a chi dovrà andare a raccogliere anche questo 30 per cento delle firme.

Io, signor Presidente, mi taccio, finisco qua il mio intervento, perché non è assolutamente mia intenzione fare dell'ostruzionismo o far perdere… anzi no, perdere tempo no, perché in quest'Aula non si perde mai tempo, il tempo dedicato alla democrazia non è mai tempo perso, però indubbiamente ci piacerebbe e vorremmo tutti quanti riuscire a capire, entro questo weekend, per dirla alla toscana, “di che morte dobbiamo morire”, entro questo weekend sapere più o meno quando voteremo e in che modo potremo presentare le liste.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bendinelli. Ne ha facoltà.

DAVIDE BENDINELLI (IV). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il decreto che ci accingiamo oggi a convertire rappresenta un passo importante e fondamentale verso la normalità. Abbiamo vissuto delle enormi sofferenze negli ultimi mesi per le persone che, purtroppo, hanno contratto questo maledetto virus e non ce l'hanno fatta. Abbiamo sopportato degli enormi sacrifici, dovuti al confinamento, all'impossibilità di vivere liberamente la nostra vita affettiva, di lavorare, di svolgere la nostra professione, di svolgere la nostra attività imprenditoriale. Abbiamo anche, però, riscoperto dei valori, quali quello della solidarietà sociale, che purtroppo, per troppo tempo, sono rimasti latenti.

Oggi, finalmente, con la discussione e l'approvazione di questo provvedimento, possiamo dire che c'è una sorta di riavvicinamento alla normalità. Siamo rimasti concentrati per alcuni mesi per contrastare lo sviluppo di questa pandemia, poi è iniziata la seconda fase, che ci ha visto impegnati nell'approvazione di provvedimenti importanti per far ripartire e per rilanciare l'economia e oggi, finalmente, possiamo dire che, con l'approvazione di questo importante provvedimento, ripartirà anche quella parte di processo democratico, di vita democratica, che per alcuni mesi è stata sospesa.

È un provvedimento importante, oggi finalmente avremo l'opportunità di rivolgerci ai cittadini italiani e di dire loro che si celebreranno le consultazioni elettorali, amministrative, circoscrizionali, regionali, suppletive e anche il referendum che era stato indetto e poi sospeso. Questo decreto ci dice che le consultazioni elettorali si svolgeranno nel massimo rispetto del protocollo di sicurezza. Questo decreto ci dice che è stato trovato un importante e fondamentale bilanciamento per svolgere le prossime elezioni, le elezioni che si terranno nel prossimo autunno, garantendo il diritto alla salute e, contestualmente, garantendo l'esercizio del diritto al voto: diritti che sono entrambi sanciti dalla Costituzione.

Questo decreto, signor Presidente, ci dice anche che, visto il periodo anomalo che stiamo attraversando, verrà concessa l'opportunità e la possibilità ai cittadini italiani, ai gruppi di impegno civico, ai partiti politici, di partecipare alle prossime consultazioni elettorali attraverso la presentazione delle liste, riducendo il numero delle sottoscrizioni ad un terzo.

Presidente, questo decreto ci dice che la democrazia non si ferma, ci dice che la democrazia non si fermerà, perché la democrazia non conosce il lockdown (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolo Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO (FI). Grazie, Presidente. Ragioniamo quest'oggi di un provvedimento che indica quali sono le modalità dell'esercizio democratico delle prossime settimane e dei prossimi mesi. Trattasi di questo? Trattasi solo di questo? Probabilmente si tratta dell'occasione per riflettere anche sull'esercizio stesso della democrazia in era COVID; cioè, provare a comprendere qual è il confine democratico che noi vogliamo attribuire ai processi di delega e di partecipazione alla vita civile del nostro Paese. E guardate, che lo si faccia con un decreto-legge è, di per sé, un elemento di anomalia, ma questo elemento di anomalia rientra ed è nella prassi di ciò che è accaduto anche per il passato. Non sfugge a nessuno che questa prassi, questa condizione deve essere misurata e consacrata da un ulteriore elemento. E qual è l'ulteriore elemento? L'ulteriore elemento è la concordia. È evidente che, se un Governo, guardate non un Governo in emergenza, un Governo volesse ridisegnare le regole della partecipazione democratica, della delega, e lo volesse fare con uno strumento ordinario, sarebbe assolutamente legittimato, anzi ben venga un dibattito con una posizione ben chiara del Governo; devo dire sarebbe sempre meglio - e ne abbiamo esperienza - che questo dibattito fosse lasciato alla tipica espressione della voluntas parlamentare. Viceversa, ipotizziamo che è il Governo a voler sollecitare una riflessione in questo senso, ma è evidente che, laddove lo fa con uno strumento invasivo, pervasivo e soprattutto uno strumento che rende efficace quella norma fin da subito, è evidente che, rispetto ad una condizione del genere, vi è un solo principio di buonsenso che dev'essere considerato e rappresentato, e quel principio di buon senso non può non essere una concordia sulle regole, un nulla osta sulle regole, un voler in qualche modo costruire il campo di gioco insieme. Altrimenti, guardate, passa anche l'emergenza Coronavirus, ma gli sfregi ai rapporti e alle istituzioni, quelli rimangono e insegnano sempre che c'è del peggio dopo.

Dico questo perché suggerirei maggiore prudenza ai tanti autorevoli esponenti della maggioranza, che si sono peritati negli anni addietro nel considerare blitz, norme bavaglio, considerazioni particolarmente virulente nei confronti delle maggioranze di turno.

Guardate, utilizzare uno strumento così pervasivo come il decreto-legge in materia elettorale è stato fatto, ma può esser fatto soltanto nella misura in cui ci sia una chiarezza di quadro comune e condiviso, altrimenti è un blitz, altrimenti è un elemento di prevaricazione, altrimenti è una azione non tollerabile. Peraltro, non mi pare che vi siano straordinarie distanze, peraltro mi sembra quasi che vi sia un punto da mantenere e guardate, se c'è un punto da mantenere, nell'esercizio del dibattito democratico, quel punto deve esser fatto proprio e comune, ma proprio dal Governo; è il Governo che deve raccogliere, nelle regole democratiche, nella partecipazione democratica, è il Governo proprio che si deve far parte diligente nel comprendere le ragioni della sua maggioranza, ma un po' di più nei confronti delle ragioni delle opposizioni, è questo l'istituto della democrazia ed è questo anche il valore che si attribuisce ad un istituto così violento e pervasivo, che è rappresentato dal decreto-legge. Il decreto-legge è uno strumento straordinario, che va utilizzato in materia elettorale solo a condizione che vi sia una condivisione di percorso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), altrimenti è prevaricazione. E guardate, a parte il fatto che non porta bene la prevaricazione, ma c'è un'indubbia considerazione e valutazione: perché, ma dico, perché? Qual è l'elemento fondante per cui - poi ragioneremo del parere del comitato tecnico-scientifico, roba da barzelletta, roba da pantomima - ma dico, per quale ragione non vi è il buonsenso, l'equilibrio, la ragionevolezza, il piacere di accogliere quello che è un sentimento largamente condiviso e magari sottaciuto e, se volete, una sollecitazione forte che viene dalle opposizioni? Abbiamo provato a dirvelo in tutti i modi: in Commissione, con tutti gli strumenti che gli istituti e i Regolamenti parlamentari ci consentono, abbiamo provato a indicarvi qual è la strada, che non è una strada rivoluzionaria o addirittura golpista, è una strada semplicemente di buonsenso e di equilibrio, per costruire quel percorso di regole del gioco. Ma Presidente, mi faccia fare un'altra riflessione: ma che cosa si intende per elezioni? Che cosa si intende per comizi elettorali? Il giorno del voto? Ho visto che il comitato tecnico-scientifico ci ha spiegato come dobbiamo maneggiare la matita e come dobbiamo toccare la scheda elettorale. A qualcuno di questo comitato tecnico-scientifico è stato spiegato come si partecipano le vere campagne elettorali? Come vogliamo che il cittadino si renda protagonista delle campagne elettorali, diventando parte di quel processo democratico, che è il senso stesso delle elezioni? O piuttosto crediamo che l'esercizio democratico si articola in quella giornata della domenica o del lunedì? Quello è l'aspetto finale, quello è il risultato, la partecipazione ad un processo democratico, nella scelta di coalizioni, di leader e anche di programmi. Per fare tutto questo, occorrono incontri, occorrono confronti, occorre anche la voglia - per chi ce l'ha - la forza anche di frequentare uscio per uscio, casa per casa, bottega per bottega, per provare a propagandare le proprie tesi, le proprie ragioni: è questa l'essenza della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

E allora, se non è questa la considerazione, ma piuttosto soltanto il dato finale, l'elemento finale, si può andare domenica e lunedì, con le mani nelle tasche, senza toccare la matita, sperando che questa matita, da sola, in qualche misura, si periti di segnare sulla scheda e poi la scheda toccarla e non toccarla e provare a metterla nella fessura, quasi fosse, come dire, una sacra reliquia. E' evidente che così non può funzionare e non può funzionare perché si hanno diverse idee della democrazia. La digitalizzazione della democrazia è un aspetto che noi non riteniamo da non considerare, comprendiamo i nuovi e moderni mezzi di socializzazione attraverso i canali social; ma crediamo che quello sia lo strumento, l'unico strumento? Crediamo di no, crediamo che quello è uno strumento oggi necessario, ma ve ne sono altri, non solo le piattaforme digitali, ma ve ne sono altri, ai quali siamo abituati, ai quali siamo inclini, ai quali siamo se volete anche adusi per una ragione di partecipazione al processo. E poi, è venuto a qualcuno in mente che ci sarà anche da scegliere i candidati, i candidati per le liste? Scusate, come si scelgono? Nelle solite “Rousseaunarie”, nelle finzioni digitali? Penso che i processi naturali sono quelli del confronto, del conforto, delle assemblee locali dei circoli, delle sezioni, dei modelli di partecipazione territoriali, dei confronti con le associazioni, dei confronti con il mondo civico, penso che quello è il percorso al quale noi vorremmo far riferimento, per far sì che non ci sia l'elezione di un sindaco, ma la partecipazione di una comunità a quella elezione, è completamente diverso il senso. Noi non vogliamo assistere alle elezioni di un presidente di regione, vogliamo che quella regione partecipi, partecipi nelle valutazioni, nell'azione critica, partecipi nella dinamica elettorale, partecipi, questo è il senso completamente diverso. Guardate, nessuno ha spiegato - sono certo, perché non posso credere che i colleghi del CTS hanno scritto quel che ho letto - nessuno ha spiegato che bisogna firmare, la presentazione delle liste, bisogna firmare. Decine di migliaia di cittadini dovranno sottoscrivere, firmare, il presentatore, l'altro presentatore, l'autenticatore, sono processi naturali, ai quali siamo abituati. Avrei apprezzato molto - considerato che, come andiamo dicendo su tante questioni, questa tragedia del COVID-19 può rappresentare anche un'opportunità dal punto di vista della sburocratizzazione - se, per esempio, senza un decreto, mettevamo in campo una riflessione su come avere nuove norme di accesso alla partecipazione democratica, utilizzando anche i sistemi digitali. Pronti a tutto, a ragionare di queste questioni, pronti a tutto. Ma ad una cosa non siamo disponibili: non siamo disponibili a rendere la campagna elettorale un orpello barocco e considerarla ormai démodé e come fosse del passato, come fosse una cosa ottocentesca, come se stringere le mani per trovare un punto d'intesa, che significa esercitare un'azione democratica su di un programma - e quel programma è interpretato da persone e partiti - fosse un dato marginale e da cancellare. Eh no, Presidente, noi crediamo che quello è il valore della democrazia, noi crediamo che le elezioni servano a quello, non, in chiave machista, a voler verificare chi utilizza di più i lanciafiamme: quello appartiene alla commedia.

Questa vicenda appartiene alle gag, appartiene ad altra storia, non può appartenere alla partecipazione democratica di un popolo che vuole esprimersi e vuole rappresentare tesi, posizioni, modelli culturali, se volete anche modelli sociali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Questa è la diversità per cui noi riteniamo davvero incomprensibile il vostro atteggiamento, il rifiuto ad una partecipazione comune, il rifiuto ad un percorso.

Non ho letto una parola, nella relazione tecnico-scientifica, sulle modalità con cui, secondo loro, tra una spiaggia con ombrelloni a 5 metri e un ristorante con distanziatori ad un metro, potremo mettere in campo un'iniziativa che ci consenta di incontrare qualche decina o qualche centinaio, talvolta anche qualche migliaio di persone. E, guardate, non mi riferisco a quello che accadrà negli ultimi giorni della campagna elettorale; penso alla parte più interessante, alla parte più intrigante, alla parte anche più utile, alla parte anche più formativa, che è la parte iniziale, che è il processo che produce il risultato, il processo di partecipazione, il processo di partecipazione al dibattito, il processo di elaborazione di idee, di programmi, di progetti, insomma a tutto quello che consente, poi, la definizione di un quadro d'insieme.

Pensare di ridurre il dato elettorale ad un click è una idea completamente diversa, distinta da quella che noi crediamo possa essere la partecipazione democratica nel rapporto interpersonale - Presidente, nel rapporto interpersonale -, cioè conoscendo una persona, facendosi conoscere, interpretando quei sentimenti, provando ad integrare quei sentimenti in forma di proposta politica, provando ad elaborare quella proposta politica, provando, cioè, a mettere in campo, nella proposta, il sentimento – il sentimento - di un tessuto sociale. Questa è la sfida che noi vorremmo cogliere da questa opportunità.

Come sempre si dice, e come ricordavo prima, poteva sembrare poteva essere suggestiva questa occasione che viene da una tragedia, la suggestione che viene da un dato: cogliere questa tragedia nazionale per semplificare anche i processi di partecipazione democratica, migliorare la performance, migliorare anche - quante volte l'abbiamo detto - la velocità dei processi burocratici nei risultati. Noi siamo ancora qui, con le medesime condizioni di misura del dato elettorale: vi ricordate no le notti elettorali, con questi dati che arrivano, che tornano, che vengono, che salgono, che scendono, che si aspettano, che si blocca il Viminale, le cose che sono sempre accadute negli ultimi vent'anni ed anche di recente. Immaginate tutto questo? Non una parola che, in qualche modo, semplifichi e modernizzi, semplifichi e modernizzi questa parte; viceversa, il tentativo di allontanare i cittadini dalla partecipazione democratica. Campagna elettorale ad agosto o la scelta dei candidati ad agosto? Ma, dico, a chi viene in mente? Giacché, da quello che leggo dal Comitato tecnico-scientifico, per quanto con un po' di fantasia letteraria, alla quale i colleghi medici non sono particolarmente inclini, ma, nella fantasia, si prova ad esprimere un concetto per il quale, assicuro di non averlo mai studiato né letto da nessuna parte, d'estate il virus prende il sole, si abbronza, per cui, abbronzandosi, in qualche modo, diventa più gradevole. Perché questo è quello che si dice: potrebbe.

Anche perché, poi, da par loro, puntualizzano: questo, però, non lo sappiamo al meglio e non lo sappiamo perché ancora non l'abbiamo provato, monsieur de La Palice, oserei dire, giacché, se non si è provato e non si sa una cosa, sarebbe utile astenersi dal sostenere ragioni rispetto a quella cosa. Per cui, o estate o inverno, la condizione, ad oggi, alle conoscenze attuali, è la stessa, assolutamente identica. C'è un solo rilievo che fa la differenza: che è evidente che, rispetto ai giorni di febbraio, di marzo e di aprile, oggi, finalmente, siamo nella condizione di poter riuscire, ogni tanto, ad acquistare una mascherina. Vi ricordate il Comitato tecnico-scientifico cosa diceva delle mascherine? Lo ricordo a qualcuno? Che non andavano messe - è lo stesso Comitato, non sono altri - e che quasi, quasi facevano male, basta che si sta distanziati, senza mascherine. Siccome io capisco anche le ragioni alle quali, talvolta, la scienza - non proprio la scienza, diciamo, così la “scienzina” - si presta per fornire supporto alle carenze politiche, organizzative e gestionali, non vorrei che anche questa fosse una “scienzina”, tale da prestarsi ad un'operazione di piccolo cabotaggio, ad un'operazione, obiettivamente, della quale non abbiamo bisogno, ad un'operazione che sembra offensiva per i cittadini italiani. I cittadini italiani vogliono sì la normalità, vogliono assolutamente la normalità, ma vogliono che quella normalità si eserciti in tutte le funzioni. E voi pensate che, oggi, il primo problema dei cittadini italiani sia quando andare e quanto prima al voto? O, piuttosto, non sia quando andare ad esercitare il proprio diritto a scegliere i propri rappresentanti sulla base della valutazione di un programma e di un percorso? Io credo che questa sia piuttosto l'emergenza del Paese, ma per far questo occorre la disponibilità, la possibilità di incontrarsi, di incontrarsi in più persone, di trovare i modi e le forme.

Mi sarei aspettato che i colleghi del CTS ci dicessero qualcosa in più non su come si infila nella fessura la scheda - il tatto della fessura e della scheda, devo dire roba da nemmeno igienisti dell'ultima provincia italiana -, mi sarei aspettato che ci dicessero qualcosa in più su come gestire le iniziative di massa, su come confrontarci in una sala con trenta persone, su come provare a stringere le mani in un incontro in un condominio, su come è possibile per i candidati, ma anche per chi ha autorevolezza e candidato non è, visitare casa per casa le persone, i conoscenti. Mi taccio e non mi riferisco ai congiunti, perché, altrimenti, apriremmo qui altra questione ed altra vertenza.

Ma su una questione - Presidente, vado a concludere, dicono sempre i nostri amabili tecnici delle mascherine che si tratta di scelte plausibili, più plausibili: un potrebbe, si osserva, le basse temperature potrebbero incidere, devo dire cose dell'altro mondo; e, alla fine, evitare gli assembramenti da chi? Da parte dei rappresentanti di lista. Questi signori non hanno mai visto un'elezione.

È da dieci anni che ormai nei seggi c'è il problema, semmai, contrario, per cui talmente non c'è l'assembramento che talvolta non ci sono nemmeno i rappresentanti di lista e talvolta non ci sono nemmeno gli scrutatori; il 30 per cento dei presidenti di seggio vengono sostituiti perché non si rendono disponibili, e loro a che pensano? Agli assembramenti. Cioè, veramente, non hanno idea. Potenziare il sistema di polizia per impedire eventuali assembramenti: cioè, praticamente, potenziando il sistema di polizia, si determinano gli assembramenti, della polizia, perché gli assembramenti non ci sono più. Tutta l'operazione straordinaria quella è quella di garantire - a me vien da ridere - il distanziamento quando si fa lo spoglio, per cui bisogna mettere la mascherina e bisogna stare a due metri di distanza. Cioè, il rischio di una campagna elettorale è questo. E poi - ma questa è quella spettacolare -, bisogna, sia ben chiaro, garantire che lo spoglio sia fatto con i guanti, e abbiamo risolto tutti i problemi della democrazia di questo Paese. Garantire che lo spoglio sia fatto con i guanti. Il solo fatto che vi siate resi forti nell'esercizio di un atto antidemocratico, prevaricatorio, sicuramente illogico e foriero di cicatrici non facilmente sanabili, attraverso un supporto tecnico-scientifico di questa natura, devo dire che la dice lunga. E io spero che questo documento sia come quello delle mascherine, lo spero vivacemente, quasi faccio il tifo perché la “scienzina” si sia messa a disposizione della politica per garantire e accompagnare scelte scellerate, perché se non fosse così dovrei dubitare di tutte le scelte strategiche che viceversa sono state necessarie in questi mesi, talvolta ci siamo accorti anche sbagliate. Dovrei dubitare di questo, allora sarebbe assai più grave, altro che elezioni: saremmo al cospetto di una deriva pericolosa dal punto di vista della qualità di indirizzo scientifico del nostro Paese. Consentitemi, Presidente, di sollecitare il Governo più che la maggioranza, perché capisco che la maggioranza è animata da un sentimento muscolare, dalla voglia talvolta di prevalere, talvolta di prevaricare, rientra anche un po' nella fisiologia democratica provare anche a far vedere un po' di muscoli e poi magari cedere, ma tocca al Governo, quando utilizza uno strumento così pervasivo e così violento come il decreto-legge - violento perché non concordato sulla materia elettorale -, trovare anche il punto di sintesi e non soggiacere anche alla propria maggioranza. L'autorevolezza di un Governo - e poi mi riferisco all'autorevolezza di un Ministero importante come quello degli Interni - si vede esattamente da questo, dalla capacità di prescindere dalle legittime tirate per la giacchetta da parte di una maggioranza, prescindere da quelle sollecitazioni e provare a trovare in chiave di condivisione una sintesi, che, come ho provato ad argomentare - ovviamente spero ascoltato, ma temo inascoltato -, parta - e il Governo non può non far questo - dalle sollecitazioni della minoranza, delle opposizioni. In tema elettorale, nei Paesi democratici, nei Paesi di grande tradizione democratica, l'attenzione maggiore sul tema elettorale è dato alle tesi delle opposizioni. È sempre così, in tutti i Paesi democratici. Paesi che hanno altra tradizione provano con un colpo di forza, con un blitz, con l'esercizio della forza di un decreto-legge a imporre numeri e ad imporre soprattutto i tempi. Noi crediamo ancora che in queste ore sia possibile da parte del Governo provare a trovare una soluzione che sia condivisa e che dia il senso che nel nostro Paese ci sarà una grande stagione di democrazia, ma grande stagione di democrazia che è il frutto di quella legittima aspirazione di ogni cittadino di partecipare anche al voto, ma di partecipare ai processi formativi del voto, che sono la scelta delle persone, ma anche la scelta dei programmi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). Presidente, onorevoli colleghi, come è stato detto, ci troviamo di fronte a un provvedimento particolare: un decreto in materia elettorale. Il Parlamento, nell'apprestarsi a convertire un provvedimento di questo genere, dovrebbe prestare la massima attenzione, innanzitutto la massima attenzione a che le motivazioni che il Governo stesso pone alla base dell'esigenza di intervenire in materia elettorale siano motivazioni presenti alla base di ogni misura contenuta in questo provvedimento. Il Parlamento dovrebbe prestare poi la massima attenzione a verificare che le regole della competizione elettorale non siano in alcun modo lese, che i principi di base, i princìpi costituzionali non siano in alcun modo lesi da questo provvedimento. In sostanza, il Governo, e il Parlamento nella fase di conversione, dovrebbero verificare che le condizioni di parità di accesso alla competizione elettorale, a partire dall'articolo 51 della Costituzione, che garantisce che i cittadini possano accedere alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, ma poi, evidentemente, l'articolo 48 e l'articolo 49, siano pienamente rispettate e non siano in qualche modo stressate o violate dalle disposizioni appunto di questo decreto. Il collega Ceccanti, nell'intervenire questa mattina, ci ha rappresentato una situazione oggettivamente complessa di fronte alla quale si trova il Governo e di fronte alla quale si trova il Parlamento, però io non condivido il modo in cui lui la descrive, cioè una situazione di spinte contrapposte: da una parte abbiamo chi voleva votare a luglio, dall'altra abbiamo alcuni presidenti di regione appunto che volevano votare addirittura prima di agosto, poi abbiamo altri che volevano votare all'inizio di settembre, poi abbiamo altri che volevano inoltrarsi fino ad ottobre. Evidentemente spinte che rispondono a una valutazione assolutamente legittima di convenienza politica, che però non può essere la valutazione che si pone alla base della scelta di una finestra elettorale. L'unica valutazione, quella che deve essere fatta e che deve avere un valore preminente, è quella di garantire che il procedimento elettorale, nella sua interezza, nella sua articolazione, nella sua complessità, possa svolgersi secondo degli standard minimi di democrazia. Allora vediamolo qual è lo scopo dell'intervento attraverso un decreto del Governo, è contenuto ed è sintetizzato nella prima parte della relazione che accompagna questo decreto: il decreto si rende necessario al fine di evitare - testualmente dice la relazione -, nell'attuale situazione emergenziale, l'occasione di assembramenti di persone e condizioni di contiguità incompatibili con le misure precauzionali adottate ai fini di profilassi sanitaria, e consentire lo svolgimento di tutte le operazioni in condizioni di sicurezza per i cittadini.

È evidente a tutti, alcuni colleghi già lo hanno sottolineato negli interventi di questa mattina, che c'è un difetto di approccio da parte del Governo - e da parte del Parlamento qualora non dovesse correggerlo nella fase di conversione, purtroppo questo non è avvenuto nei lavori di Commissione - e il difetto di approccio sta nel considerare le elezioni come esclusivamente il momento in cui i cittadini elettori inseriscono la scheda nell'urna. Sono meno severo di quanto siano altri colleghi che sono intervenuti prima di me con il comitato tecnico-scientifico, perché è evidente che da questo difetto di approccio, cioè dal considerare le elezioni come unicamente la domenica o la domenica e il lunedì in cui gli elettori vanno alle urne e inseriscono la scheda, discende l'errore del comitato tecnico-scientifico. Invito il Governo a non utilizzare più l'argomento del comitato tecnico-scientifico, perché è evidente che a quel comitato non è stata chiesta, non è stata proposta ed illustrata l'interezza del momento elettorale. È stato chiesto: dovendo voi scegliere fra una domenica di settembre o una domenica di ottobre o di novembre, voi quale scegliereste? E persino questa scelta, posta in questo modo, in questa domanda, posta in questo modo, che non è una domanda adeguata ad avere una risposta che riguardi la fase della campagna elettorale, un mese di campagna elettorale, che si dovrà e si dovrebbe tenere in buona parte in agosto, con una parte significativa del nostro Paese, se non tutto, con delle condizioni già proibitive da un punto di vista climatico, in più in una fase di emergenza sanitaria, seppure con dei dati che, per fortuna, sono più rassicuranti di quanto non lo fossero alcune settimane fa. E, ancora, la fase precedente, di cui è normale che il comitato tecnico-scientifico non sia tenuto a sapere nulla, ma non il Governo, non il Ministero dell'Interno che ha posto quella domanda al comitato tecnico-scientifico e di cui noi abbiamo la certezza che non l'abbia posta in modo corretto. Non è stato detto al comitato tecnico-scientifico che vanno raccolte le firme e che, se la data del voto sarà, e mi pare di avere avuto nelle ore scorse in Commissione la conferma dal Governo che la data sarà, quella del 20 e del 21 settembre, le liste con le firme dovranno essere depositate il 20 di agosto. Quindi la raccolta delle sottoscrizioni dovrà avvenire all'incirca tra la fine di luglio e il 20 di agosto. Apro una parentesi: fino alla fine di luglio noi siamo in un periodo di stato di emergenza formale e non sappiamo ancora se vi sarà poi la decisione da parte del Governo di prorogare questo stato di emergenza oltre la fine attualmente prevista, la fine del mese di luglio. Già abbiamo letto interviste di alcuni membri del Governo che annunciano la possibile proroga fino alla fine dell'anno. Quindi, noi avremmo tutte quante queste procedure elettorali in una fase di stato di emergenza, di emergenza sanitaria, con tutte le misure necessarie di distanziamento, e in più nel mese di agosto. Noi siamo qui, colleghi, nel Parlamento italiano, con le mascherine. La nostra Presidente presiede con la mascherina, con il dispositivo individuale di sicurezza, così i membri del Governo. Sappiamo cosa questo comporti in termini di difficoltà nella vita di tutti i cittadini, nella loro attività lavorativa, in tutte le attività che loro svolgono.

Stiamo dicendo, però, ad alcuni cittadini, in particolare a quelli che non sono qui rappresentati, in particolare a quelli che non rientrano nelle previsioni di esenzione dalla raccolta delle firme, a dei cittadini, a dei giovani o meno giovani che in alcuni comuni italiani volessero avere l'ardire di promuovere una lista civica per competere alle prossime elezioni comunali del 20 di settembre, che il mese di agosto loro lo dovranno trascorrere nelle piazze italiane, a 40 gradi all'ombra, con la mascherina, a convincere i passanti, anche loro con la mascherina, a fermarsi e a convincerli, senza potersi far capire in maniera agevole, senza potergli sorridere, ad andare sotto un gazebo che sarà lì nella piazza, nel quale precedentemente avranno convinto un autenticatore - voglio vedere a trovarlo, perché magari questi giovani che vorranno promuovere questa lista civica non avranno, affacciandosi per la prima volta alla vita politica, dei consiglieri comunali disponibili ad autenticargli le firme, quindi chi troveranno? Un notaio? Chi troveranno, un cancelliere di tribunale? A quale spesa, a quale costo? - a trascorrere delle ore nel mese di agosto sotto un gazebo per raccogliere le firme di cittadini sottoscrittori di quelle liste, prendendo il documento ad uno ad uno di questi cittadini per verificarne l'identità, scrivendone i dati anagrafici sul modulo, facendolo firmare, passandogli la penna, riprendendosi poi la penna e svolgendo questa operazione per molte migliaia di firme.

Infatti nei lavori di conversione cos'è accaduto? È importante ricordarlo a quest'Aula ed è importante ricordarlo ai cittadini che ascoltano, ascolteranno questo dibattito, magari da Radio Radicale. È accaduto che in un primo momento il Governo e la maggioranza hanno sostenuto che non ci fosse la possibilità di intervenire sul numero delle firme necessarie per un deposito delle liste regionali, cioè che questo potesse essere fatto per le liste comunali, materia di diretta competenza nazionale, ma non potesse essere fatto per le liste regionali, in quanto la materia elettorale lì è di competenza delle singole regioni, ed effettivamente noi abbiamo una situazione con diversi regimi di obblighi di raccolta di sottoscrizioni nelle varie regioni.

Alcuni di questi poi sono significativi, sono proibitivi, perché parliamo di migliaia e migliaia di firme suddivise nelle varie province. Questo scoglio insormontabile dell'articolo 122 della Costituzione, che sembrava rendere impossibile un'indicazione all'interno di questo provvedimento per una riduzione o esenzione dalla raccolta delle firme, è stato poi superato, cioè ha prevalso la ragionevolezza di dire che, siccome noi ci muoviamo nell'ambito di un provvedimento di emergenza, evidentemente non si sta comprimendo la competenza e la prerogativa regionale, e non si sta quindi operando solo nell'ambito dell'articolo 122, ma subentra la competenza di tipo statale e nazionale di prevenzione sanitaria e di intervento rispetto alla profilassi. Il risultato, però, qual è stato? Il risultato è quello che voi potete leggere, colleghi, ai commi 4 e 5 dell'articolo 1-bis, che sono stati aggiunti nel lavoro della Commissione. Si è arrivati, cioè, a un'indicazione alle regioni di una riduzione a un terzo delle sottoscrizioni necessarie. Questo significa, ad esempio in alcune regioni sono 15 mila, in altre 12 mila, comunque mantenere un numero cospicuo di firme da raccogliere, se poi si considera che sono suddivise.

Ma quello su cui voglio attirare la vostra attenzione è il comma 5, dove si dice che è fatta salva per ciascuna regione la possibilità di prevedere per le elezioni regionali del 2020 disposizioni diverse da quelle di cui al comma 4 ai fini di prevenzione e della riduzione del rischio di contagio da COVID-19. Cioè si dice: noi diamo un'indicazione di ridurre a un terzo le sottoscrizioni, ma poi, se le regioni vorranno, nell'ambito della propria autonomia, ridurre ulteriormente questo numero di firme, possono farlo, con lo scopo di ridurre i rischi di contagio. Quindi, qui si sta dicendo, in maniera abbastanza chiara ed evidente, in una legge, che un numero di firme più alto o più basso comporta un rischio di contagio più alto o più basso.

Ritengo, colleghi, che sia inaccettabile che chi nel nostro Paese vuole partecipare alla vita politica, vuole promuovere una lista comunale o regionale, debba avere non tanto l'onere di dimostrare che c'è una consistenza politica dietro a quella lista, ma debba mettere a rischio la propria salute per fare questo. Questo lo ritengo un passo ulteriore e inaccettabile: la questione delle firme - lo diceva prima en passant un altro collega – nel nostro Paese è vecchia questione. Noi siamo l'unico Paese in Europa ad avere un regime di questo tipo come sbarramento alla competizione elettorale. Nella maggior parte degli altri Paesi il numero di firme è simbolico oppure ci sono sistemi legati a delle fideiussioni o di altro tipo per dimostrare che c'è questa benedetta consistenza.

Ma in un momento come questo, cioè in un momento di emergenza sanitaria che costituisce lo stesso motivo che è alla base del decreto-legge in esame, non si può dire che si agisce con un decreto d'urgenza per motivi di emergenza sanitaria e poi non si considera di rendere il numero di firme meramente simbolico, esponendo i cittadini anche a un rischio sanitario nel momento in cui si consiglia loro comunque di avere la massima prudenza in tutte le attività che fanno e di rispettare il distanziamento. Altrimenti, io vorrò vedere degli esponenti del Governo venire a raccogliere le firme quest'estate oppure voi dovete inserire un numero per tutte le liste, perché è evidente che questa è una clausola vessatoria, oltre modo vessatoria.

Non c'è un motivo ragionevole di prevedere una misura di questo tipo. La manipolazione delle regole elettorali è sempre stata usata nel nostro Paese per porre un impedimento a nuovi soggetti o per fare fuori alcuni soggetti considerati piccoli e minori che già esistono. Ma quello che si sta vivendo ora, nel momento di emergenza sanitaria, è davvero troppo, è davvero qualcosa di eccessivo e che merita e meriterà nei prossimi mesi una raccolta di documentazione di come avverranno, di come potranno avvenire o non potranno avvenire le raccolte delle sottoscrizioni nelle varie regioni per promuovere le liste al fine di presentare ricorsi a tutti i livelli giurisdizionali, nazionali e sovranazionali.

Mi avvio a concludere, Presidente. La verità evidentemente è che, nel gioco delle spinte contrapposte di cui parlava il collega Ceccanti, la maggioranza e il Governo hanno deciso di comporre quelle spinte e comporle in un determinato modo con un patto. È un patto politico che comporta, da una parte, la vittoria a tavolino di determinati presidenti di regione uscenti evidentemente favoriti da una tornata elettorale che sia quanto più possibile vicina all'emergenza sanitaria, quindi l'opposto della motivazione del decreto, quanto più possibile influenzata dal clima di emergenza sanitaria, presumendo che questo abbia un effetto in termini di consenso e in termini di preferenza per chi già governa. Evidentemente, non ho da tutelare alcun presidente uscente, evidentemente persino questo tipo di favoritismo sarà bipartisan, perché poi sappiamo che i presidenti uscenti sono collocati diversamente. Dall'altra parte, tale patto comporta una ratifica sbrigativa, anche questa praticamente a tavolino, del referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari che merita qualche parola.

Già sarebbe stato non adeguato all'importanza di una consultazione elettorale confermativa di una riforma costituzionale l'accorpamento con elezioni di tutt'altro tipo. Non c'è bisogno che ricordi io ai colleghi del MoVimento 5 Stelle quante volte loro, negli anni passati, anche con proposte di legge depositate, proposte di legge costituzionali sottoscritte da più di metà dell'attuale Governo, indicavano la non opportunità in assoluto di accorpare le consultazioni referendarie con elezioni di altro tipo. Qui si accorpa un referendum costituzionale con elezioni comunali e regionali.

Infatti, è evidente che quello è un momento che merita un suo spazio di dibattito, un suo spazio di informazione e di confronto. Ma, a maggior ragione, quale sarà la possibilità di fare dibattiti in materia costituzionale confrontando tesi diverse, tesi opposte che peraltro possono persino tagliare e spaccare i normali schieramenti che sono, invece, gli schieramenti politici che si presentano a una competizione comunale o regionale? Dove faremo questi dibattiti? Li faremo in spiaggia tra gli ombrelloni distanziati con dieci metri quadrati per ogni ombrellone? Purtroppo, a tutte queste questioni che sono state pure poste nella fase della discussione in Commissione non è arrivato alcun tipo di risposta.

È evidente - concludo - che non era facile immaginare come far tenere le elezioni del 2020 in questa situazione inedita, in questa situazione eccezionale. Giustamente il sottosegretario, in alcune fasi dei lavori di Commissione, ha richiamato l'attenzione di tutti alla gravità del prolungare i mandati, alla gravità rispetto alle regole democratiche di estendere un mandato che è già concluso evitando così l'appuntamento del voto.

Tuttavia, non posso immaginare che non sia più grave estendere quello stesso mandato di altri cinque anni, facendo andare al voto, per confermare quei mandati, in condizioni che non sono né condizioni di parità di accesso alla competizione elettorale né condizioni di campagna elettorale che mettano i cittadini di fronte a una scelta consapevole; ma che mettano i cittadini anche semplicemente di fronte alla scelta se promuovere una lista, sottoscrivere una lista e andare a votare non sia qualcosa di pericoloso. Delle due l'una: o l'emergenza c'è e, allora, bisogna tenerne conto per tutti gli aspetti che vengono toccati dal momento elettorale o l'emergenza non c'è, non si scappa.

Non vedo la disponibilità da parte del Governo di prendere consapevolezza di questo. Vedo, quindi, ancora una volta nel nostro Paese un altro capitolo che fa sì che tutte le regole che ruotano attorno al momento elettorale, al di là delle enunciazioni retoriche e al di là di quanto viene detto sulla sacralità di questo momento, vengono utilizzate come strumenti per manipolare la competizione stessa, per impedire ad alcuni di partecipare; ed evidentemente quelli che ci rimettono di più sono coloro che non fanno già parte del club, coloro che non godono di particolari favoritismi, che non hanno strutture a disposizione, che non hanno particolari risorse o particolari strutture di comunicazione politica alle spalle, insomma coloro rispetto ai quali il Governo e il Parlamento dovrebbero avere più attenzione nel far rispettare esattamente quelle garanzie costituzionali.

PRESIDENTE. Sospendo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 12,20. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 12,40.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2471-A.

È iscritta a parlare l'onorevole Bordonali. Ne ha facoltà.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario, il COVID-19 è stata ed è, ahimè, tuttora una gravissima tragedia per il nostro Paese: una tragedia innanzitutto in termini di vite perse sul territorio italiano, su tutto il territorio italiano, in una parte particolare della nostra nazione, la parte trainante della nostra nazione, la Lombardia; una tragedia economica e sociale, che, probabilmente, se non ci saranno i dovuti interventi - cosa che, ad ora, ahimè, non c'è ancora stata - avrà le sue conseguenze molto a lungo termine.

Dalle tragedie, però, Presidente, possono nascere delle occasioni. Già in passato, nella storia del nostro Paese, si sono verificate tante situazioni, tante tragedie, dalle quali sono scaturite occasioni importanti. Voglio, ad esempio, ricordare - anche perché la data di oggi lo porta alla nostra memoria - quello che accadde a Brescia 46 anni fa, con la strage di piazza della Loggia: 46 anni fa come oggi, mi fa piacere oggi ricordare questo triste momento. Ma da questo triste momento, da questa tragedia, che riguarda non solo la nostra città, ma tutto il Paese, scaturì quella volontà, quell'unione per far fronte a quel periodo buio della nostra storia.

Ecco, ora in modo diverso si presenta un periodo buio per il nostro Paese e, quando ci sono questi periodi bui, ripeto, possono scaturire delle occasioni importanti. Ma, ahimè, devo notare, abbiamo notato come gruppo Lega che queste occasioni, fin dall'inizio, né il Governo né la maggioranza le hanno mai colte.

Partiamo dall'inizio. Emergenza COVID, emergenza sanitaria, primo atto del Presidente del Consiglio: incolpare gli operatori sanitari dell'ospedale di Codogno della diffusione del virus, anziché prendersi le sue responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Atto gravissimo, ma primo di una lunga serie, e questo scaricabarile di colpe è arrivato addirittura a quella farsa, a cui abbiamo assistito la settimana scorsa, quell'intervento, quella dichiarazione di voto da parte di un esponente dei 5 Stelle; non lo cito nemmeno, perché non penso che valga la pena ricordare quel personaggio, che ovviamente non dà lustro a questo Parlamento, ma darebbe più lustro probabilmente ad un circo, perché con il suo intervento, di fatto, sono state dette cose che non devono essere dette in un Parlamento, ma al massimo scritte su Facebook, su un social, esternazioni pari a quelle di un odiatore seriale, per non dire un violento da tastiera, sicuramente non esternazioni valide per un parlamentare; intervento vergognoso per cui noi, ancora oggi, attendiamo le scuse per i lombardi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), noi ancora oggi attendiamo le scuse per quei 15.954 morti lombardi e noi continueremo, ogni volta che interverremo in quest'Aula, a pretendere quelle scuse.

Occasione mancata perché, con tutti i decreti che si sono susseguiti, i DPCM, i numerosi DPCM, quegli atti amministrativi che sono andati a limitare le libertà costituzionali del popolo italiano - noi li abbiamo contestati, abbiamo presentato una mozione e continueremo a ribadire quello che è stato ribadito anche dalla presidente della Corte costituzionale: i DPCM sono incostituzionali - avete limitato le libertà delle persone, senza rispettare la Costituzione.

Per non parlare dei decreti chiusi, i decreti dove un nostro apporto, forse, avrebbe migliorato quella confusione, quell'incapacità che il Governo ha dimostrato nella loro produzione. Occasione mancata, quindi, da parte del Governo, ma anche da parte della maggioranza: una maggioranza che, in un periodo così tragico, dove dovevano essere date ben altre dimostrazioni al popolo italiano, ha dimostrato di litigare su tutto, ha minacciato addirittura dimissioni di membri di questa maggioranza nel caso non fossero state portate avanti le sanatorie dei clandestini; una maggioranza che si è fermata a bisticci veramente insulsi per avere una poltrona in più.

Ecco, questo indegno spettacolo per questo Paese, noi speravamo che avesse avuto fine. E invece no: arriviamo all'ennesimo decreto d'urgenza, a seguito dell'emergenza COVID, e anche in questa occasione, un'altra occasione persa. Occasione persa perché, prima di tutto, differentemente da quello che ha continuato a richiedere il Presidente Mattarella, le opposizioni non sono state coinvolte. La Lega, che rappresenta una buona parte del popolo di questo Paese, non è stata coinvolta sulle decisioni di un decreto che riguarda le elezioni e che, quindi, dovrebbe essere ampiamente condiviso da tutto il Parlamento.

Addirittura, ieri abbiamo assistito ad un tentativo autoritario, da parte del presidente della Commissione, di zittire le opposizioni. Noi avevamo la volontà di lavorare, di migliorare questo provvedimento e ci è stato detto che non avevamo la possibilità di intervenire, se non per un minuto a testa al massimo. Fortunatamente, alla fine abbiamo potuto intervenire e noi abbiamo dimostrato - come l'opposizione, come la Lega ha sempre dimostrato fin dall'inizio - la volontà di collaborare, tanto che si è arrivati alla conclusione solo un'ora dopo rispetto ai tempi previsti.

Occasione persa, perché non sono stati ascoltati tutti i governatori: tutti i governatori non hanno avuto la possibilità di confrontare le loro opinioni con questa maggioranza. Occasione persa, perché, in base alle domande che abbiamo fatto in Commissione, nemmeno gli stessi membri del Governo si sono parlati tra di loro.

Noi stiamo andando ad approvare questo decreto, la conversione di questo decreto per le consultazioni elettorali, con tutte le problematiche annesse e connesse all'emergenza COVID, e i membri del Governo non si parlano tra di loro.

Pertanto, ad oggi non sappiamo cose molto importanti, che riguarderanno le prossime elezioni; ovvero, a prescindere dal fatto che, ad oggi, non sappiamo ancora cosa succederà alle nostre scuole, se riapriranno a settembre, quando riapriranno, come riapriranno, se i bambini dovranno fare i turni per poter accedere alle lezioni o se verranno contingentati all'interno delle aule, ad oggi non si sa ancora nulla e questa è la dimostrazione dell'incompetenza del Ministro Azzolina, che fino ad oggi ha dimostrato che della scuola non capisce assolutamente niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Però, anche su questa problematica, noi abbiamo chiesto: se si ipotizza l'inizio delle lezioni, come ci è stato detto, il 20 di settembre, quando potranno cominciare i bambini ad andare a scuola, visto che, ipoteticamente, l'inizio delle lezioni è a metà settembre? Vi sarà una buona parte dei nostri bambini, dei nostri figli che, fino al secondo turno, al ballottaggio, non potranno andare a scuola? Quindi, questi bambini che abbiamo costretto - per motivi sicuramente importanti, ma per i quali andava fatto molto di più, per loro e le loro famiglie - li obbligheremo, ancora una volta, a non poter andare a scuola per oltre 15-20 giorni o un mese, visto che vi saranno anche tutte le sanificazioni da fare? Non abbiamo avuto risposta. Vi sarà l'opportunità di utilizzare altri edifici per concedere ai cittadini di andare al voto, l'avete valutato questo, ne avete parlato tra di voi, Ministri del Governo, sottosegretari? Non abbiamo ricevuto risposta. Avete pensato ad un altro problema importante, che anche alcuni colleghi prima di me hanno sottoposto? Ovvero il 20 settembre è una delle ultime date utili dove gli italiani potranno accedere alla possibilità magari di andare quell'ultimo weekend al mare o in montagna, vi rendete conto di come sarà il turismo italiano e come saranno le vacanze degli italiani quest'estate? Non ci sono soldi, non c'è la possibilità di muoversi, vi rendete conto come saranno tutte le attività ricettive per il turismo, quello che dovranno soffrire? E noi impediamo, andando il 20 settembre, agli italiani e soprattutto a tutte le attività ricettive, di utilizzare uno degli ultimi weekend utili per riuscire a fare quel minimo incasso che gli possa garantire magari di sopravvivere un po' meglio? Ecco, anche di questo non c'è stata data nessuna risposta. Sì, qualcuno lo avete ascoltato: gli unici che avete ascoltato sono i membri del comitato tecnico-scientifico. Ma attenzione: avete continuato ad utilizzare quelle indicazioni che vi sono state date dai membri del comitato tecnico-scientifico per individuare quel periodo, quella fascia per poter mandare gli italiani al voto. Avete ascoltato coloro che, semplicemente, hanno detto: sì, nel periodo autunnale e invernale è possibile, non ci sono dati scientifici certi, ma c'è la possibilità che arrivino dei Coronavirus, non il COVID-19, in particolare, ma dei Coronavirus. Penso che, da quando eravamo piccoli e la mamma ci diceva: “Copriti in autunno, perché con i primi freddi rischi di prendere il raffreddore”, a quello ci arrivavamo tutti, signor sottosegretario, che d'inverno e in autunno c'è la possibilità di ammalarsi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), anche perché, oltre a quello, il comitato tecnico-scientifico non ha detto altro; non vi ha indicato esattamente: “Dovete andare a votare il 20 settembre, perché se aspettate di una settimana il problema si acuisce di un tot per cento in più”, non abbiamo visto dei dati specifici rispetto ad una diffusione maggiore o minore, in base alla settimana. Ecco, loro li avete ascoltati.

Non avete ascoltato però, ribadisco, le parole dei governatori. E allora, poiché anche in Commissione, ieri, alcuni colleghi hanno voluto citare alcune parole dei governatori, anch'io voglio leggere quanto detto dal governatore Emiliano: “L'unica cosa che non stanno riattivando è la democrazia; non ne comprendo la ragione, visto che la Costituzione non prevede la sospensione delle elezioni”. Penso che siano parole dure, parole importanti, che voi non avete ascoltato, non avete nemmeno ascoltato, perché siete andati oltre: voi le elezioni non le avete solo sospese, voi le elezioni, per le circoscrizioni di Roma, le avete cancellate ed è vergognoso che, con un emendamento, un emendamento a questa legge, voi inserite che gli organi circoscrizionali, nei comuni di Roma, non potranno andare a rinnovare il proprio presidente. E allora, per chi ci ascolta e non capisce il perché, o meglio, chi ha ascoltato solo prima quello che è stato detto dalla relatrice, ovvero “è inutile mandare i cittadini romani a votare, se fra nove mesi ritorneranno a votare per Roma e quindi cambierà nuovamente il presidente di circoscrizione, il presidente del municipio”, spieghiamo cos'è successo, perché è una presa in giro nei confronti di tanti cittadini romani. Allora, vi racconto questa storia: accadde che, circa tre settimane fa, il consiglio del municipio di Roma dei 5 Stelle decide di sfiduciare il presidente del municipio di Roma, sempre dei 5 Stelle. Generalmente, quando un presidente viene sfiduciato, cosa accade? Non ha più coloro, che sono stati eletti dai cittadini, che le danno la fiducia e, facendo bella figura, dovrebbe farsi da parte, ma, poiché il presidente del municipio in questione era rappresentante di fiducia del sindaco Raggi - quella che Zingaretti taccia come la minaccia per i romani, perché ricordiamo che è stata sottolineata la persona del sindaco di Roma in questi termini da Zingaretti -, cosa succede? Succede che la stessa sindaco di Roma la nomina come commissario dello stesso quartiere e già qui dovrebbe gridare vendetta, nei confronti dei cittadini e nei confronti di quei consiglieri che hanno sfiduciato, il gesto del sindaco di Roma. Ma noi andiamo oltre, andiamo oltre e, con un emendamento, ieri, in Commissione e, se verrà approvato il decreto così com'è, con il decreto qui presente, noi diamo la possibilità a quel commissario sfiduciato - non voluto di fatto dai cittadini romani, perché i consiglieri sono eletti dai cittadini romani - di continuare a presiedere, da solo, quindi in commissariamento, quindi senza il parere dei consiglieri, quel municipio. E' una vergogna, è una vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Questi giochetti, che voi dei 5 Stelle contestavate, oggi li state facendo e avete imparato bene, perché state facendo cose che veramente vanno oltre il rispetto nei confronti dei cittadini, che voi avete sempre detto di voler difendere. Per finire, signor sottosegretario, ad ora non si sa ancora come procederà questo provvedimento. Io mi auguro che continui la discussione, mi auguro che si arriverà a votare gli emendamenti, mi auguro che l'iter del provvedimento continuerà come un normale provvedimento.

Io non mi auguro che anche su questo decreto, come su tutti i decreti che avete portato nell'ultimo periodo, verrà chiesta la fiducia, perché chiedere la fiducia su un provvedimento che dovrebbe unire, penso che sia un ulteriore schiaffo e un'ulteriore occasione mancata in questa drammatica tragedia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Deidda. Ne ha facoltà. Prego.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, mi unisco a quanto hanno già detto anche i colleghi: individuare il 20 settembre come data per le elezioni comunali e, poi, eventualmente, per le regionali, forse, potrà apparire la data più consona a chi non ha mai fatto politica, a chi non ha mai dovuto raccogliere le firme, a chi non ha mai dovuto preparare la documentazione. Ma cominciamo con i primi atti che sono da preparare: gli atti principali, farsi autenticare le firme, andare da un notaio e, soprattutto, trovare un consigliere comunale, un consigliere provinciale o un sindaco che sta lì a certificare tutte le firme. Tutto questo dobbiamo prepararlo a cavallo di Ferragosto e dobbiamo presentare le firme e tutta la documentazione il 16 di agosto. Forse è qualcosa che può apparire, ripeto, a chi non ha mai fatto politica, qualcosa di possibile, ma che diventa veramente impraticabile pensando alla situazione che stiamo vivendo, ma anche, se non ci fosse la pandemia, veramente una forzatura, visto che anche le opposizioni, in maniera anche abbastanza pacata, stanno chiedendo di valutare semplicemente lo spostamento di una settimana e, quindi, permettere quella che sarebbe un'attività più agevole una settimana dopo quella di Ferragosto.

Non comprendo quale sia l'atteggiamento del Governo e mi riallaccio - questa discussione mi dà l'opportunità, sottosegretario -, anche per chiederle una cortesia: chiedere al suo collega del Governo, il Ministro Boccia, di non aizzare i campanilismi fra le varie regioni, anche grazie al sindaco Sala, il sindaco di Milano. Le dico questo, perché sto leggendo le ultime dichiarazioni del sindaco Sala dove dice apertamente, contestando un provvedimento, una richiesta del governatore della Sardegna, che il turismo in Sardegna è stato inventato dai milanesi e che, soprattutto, lui diffiderà o non cercherà di rovinare il turismo delle regioni, come la Sicilia o la Sardegna, privilegiando quelle regioni dove non si chiede il certificato di negatività. E il Ministro Boccia segue a ruota, dichiarando incostituzionale chiedere i controlli e dei dovuti controlli in una fase in cui c'è ancora un'emergenza sanitaria.

Le dico questo, perché l'atteggiamento che noi dobbiamo avere verso il Governo, a un certo punto, sarà uguale a quello che nei vari territori voi state riservando alle varie forze politiche di opposizione. Non ci sembra giusto, comunque, fare una forzatura, non ci sembra giusto buttare la politica in quella che non può essere un'attività sana, una attività in cui ci possono essere dei protocolli giusti, perché, poi, mi sono immaginato anche la campagna elettorale a partire dal 16 agosto: si farà con i santini o, come ha detto un collega prima, le matite, forse, scriveranno da sole o dentro i seggi ci saranno particolari precauzioni. Quello che vi chiediamo è ascoltare le forze di opposizione, quello che vi chiediamo è di smettere anche con la propaganda, non da parte sua, sottosegretario, ma degli altri componenti del Governo; vi chiediamo semplicemente quella dialettica positiva e costruttiva che mi pare le forze di opposizione ed anche Fratelli d'Italia hanno dimostrato di saper tenere in tutta questa fase emergenziale.

Le chiedo anche, sottosegretario - lei è il sottosegretario per l'Interno, ne approfitto, sempre in questa discussione generale, per chiedere una cortesia -, una cortesia che, poi, è prevista dal Regolamento, perché il Ministero dell'Interno spicca come il ministero che non risponde mai alle interrogazioni: le chiedo la cortesia di tenere fede al Regolamento, dove chiede che le interrogazioni a risposta scritta abbiano risposta entro 14 giorni. Le chiedo per cortesia, quindi, di dare ascolto e rispetto per quelle che sono le forze di opposizione. Dall'inizio del mio mandato - mi riferisco sia all'Esecutivo precedente, ma anche a questo - non ho mai ricevuto una risposta a un'interrogazione sottoposta al Ministero dell'Interno. Non voglio fare polemica, mi sono appellato al Presidente Fico varie volte, ho dovuto anche scrivere, perché, poi, mi dispiace usare questa discussione generale per fare nuovamente questo appello, però mi sembra doveroso, nei rapporti che ci sono fra parlamentari e Governo, che ci sia un minimo di rispetto.

Non userò tutti i miei 30 minuti, ma vi invito veramente a riflettere su questo aspetto della data, perché, ipotizzando, com'è stato detto, che il turismo riparta, com'è possibile? Pensate ai residenti ed i migrati che sono nelle regioni del Nord e devono rientrare, sfruttando l'agosto per tornare nelle proprie regioni di origine e non potranno, perché, poi, devono rinunciare a quella che è l'attività politica, alla campagna elettorale. Cercate di ragionare e vedere quali sono le vere esigenze dei vari territori e quella che è la natura dell'attività politica vera e propria, sì, snaturata, forse, dal COVID-19, però non lasciamoci trascinare in tutta questa fretta e questa urgenza. Dobbiamo cercare di fare una campagna elettorale leale, il più possibile a contatto tra la gente, perché ci rifiuteremo di fare campagne solamente nei social, usando solo i social network; il nostro stile è di andare a parlare con le persone: lei viene da una scuola politica che è opposta alla nostra, ma, sicuramente, viene da una scuola politica che ha usato la militanza e il contatto tra la gente per farla. Quindi, non roviniamo questo momento, perché già la gente è disaffezionata da tutta la politica e noi non possiamo permettere assolutamente che venga fatta solo dai social o da altro.

Quindi, il nostro appello è quello di ragionare, di spostare questa data delle elezioni, di ascoltare, di venire incontro anche alle esigenze dell'opposizione e cercare anche di ragionare su quelle esigenze dei vari governatori e delle varie comunità, che devono cercare di risollevarsi - e glielo dico da sardo - nel turismo, dove noi speriamo - sfrutto ancora questa vetrina di questa Assemblea - di avere milanesi, bresciani, bergamaschi, veneti, piemontesi, senza nessun tipo di problema e liberi da impegni e gravami, anche burocratici, dovuti a queste elezioni.

Quindi, sottosegretario, venga incontro, anche come Governo, a questa nostra esigenza di Fratelli d'Italia, ma anche delle opposizioni, ma, soprattutto, dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà. Prego.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Saluto il sottosegretario che pazientemente ha ascoltato i lavori di Commissione, un po' agonistici, devo dire, ma giustificatamente agonistici. Mi sento veramente come un musicista che deve eseguire uno spartito, uno spartito difficile, Presidente, perché questo è un brutto provvedimento, perché è un decreto-legge. Non me ne vorrà chi ha preso la parola prima di me, ovviamente non parlo del collega di Fratelli d'Italia, ma dai banchi della maggioranza, cercando di nobilitare un gesto tecnico parlamentare insopportabile, intollerabile, gravissimo, per metodo e merito.

Metodo: decreto-legge in materia elettorale non condiviso. Dice qualcuno, si aprono le braccia sconsolate della democrazia parlamentare, perché un decreto-legge in materia elettorale, ha voglia, il professor Ceccanti, ad inseguire, con i suoi alati tecnicismi, il fatto che si tratti di una legge elettorale satellite, secondaria.

Questo è un provvedimento fondamentalissimo, perché è un post-COVID, quindi eccezionale; è un provvedimento che riguarda le elezioni regionali, amministrative e - udite, udite - un election day del tutto atipico, perché un election day con un referendum che cerca di modificare una norma della Costituzione non è un election day, perché con quel referendum non si elegge alcunché. Quindi è una sorta di convergenza di beni completamente diversi tra di loro, che restituisce a questo provvedimento un'eccezionalità inevitabile. È un provvedimento eccezionale, straordinario, un decreto-legge in materia elettorale pieno, che viene gestito con una disinvoltura aggressiva mai vista: mai vista! Ciò non si può certamente rimproverare alcunché all'opposizione, alle opposizioni, perché devo dare atto che mai come in questo provvedimento, nonostante vi fossero degli interessi di taluni governatori che potevano non essere in perfetta linea con quello che le opposizioni hanno chiesto, vi è stata compattezza della coalizione di centrodestra: un bellissimo risultato, Presidente. Con i capigruppo, e non soltanto i capigruppo in Commissione di Fratelli d'Italia e della Lega, noi abbiamo avuto gli stessi obiettivi, lo stesso modo di procedere, la stessa intensità che ci rende degni di una cosa semplice: una coerenza fra quello che pensiamo e quello che facciamo. Con l'aria che tira, è un risultato straordinario - straordinario! - perché noi abbiamo vissuto una Commissione surreale. Ma è evidente: se io metto insieme acciughe e marmellata, o beni completamente diversi - mi riferisco al Partito Democratico e al MoVimento 5 Stelle -, quale sarà il risultato? Se io effettuo degli innesti che sono del tutto innaturali, antipodici, e cerco di tenerli insieme, il risultato non può che essere di straordinaria contraddizione, di deflagrazione. Ecco, noi abbiamo risposto a questo mercato della disinvoltura, a questo stravolgimento di tutti i principi, con una compattezza e una semplicità, perché le cose compatte e coerenti sono semplici. Che cosa abbiamo chiesto noi? Abbiamo chiesto innanzitutto il rispetto dei principi in materia di decreto-legge. È un decreto-legge in materia elettorale, un decreto-legge con un contenuto particolarmente incisivo, ciò perché il voto post-COVID non è un voto qualsiasi, Presidente, ma è un voto che deve tener conto di una serie di realtà e deve tenere conto a 360 gradi di quelle realtà. Qual è stata la querelle fondamentale su cui il Governo non ha voluto trovare un accordo? Ciò perché il presupposto non è la settimana differenza - qui il collega Fornaro, molto abilmente, ha introdotto un tema di evento e non di causa -, fra il 20 settembre e il 27 settembre: no, è il metodo della condivisione; qui bisogna condividere. Poi il risultato può essere uno qualsiasi, ma in tema di decreto-legge in materia elettorale ci vuole la condivisione. Non lo dico io, lo dice la Presidenza della Repubblica, l'unico punto di riferimento che ci è rimasto. Lo dico con grande dolore: in questo Parlamento non ci sono più punti di riferimento; tutti galleggiano con un'assenza di forza di gravità istituzionale imbarazzante. Si fa di tutto, si può travolgere di tutto, si arriva ad affermare di tutto per il micro risultato di tenere in piedi - con la Coccoina, si diceva una volta, quella colla leggera che si staccava semplicemente con una piccola pressione - una maggioranza che davvero imbarazza se stessa, se potessi usare un'espressione paradossale. Si auto-imbarazzano! Un esempio su tutti, e poi tornerò sul merito del provvedimento, perché questo è un esempio interno al provvedimento ma che imbarazza l'intero Parlamento: ieri, a colpi di numeri, è stato votato un emendamento, riformulato, che consente ai presidenti di municipio sfiduciati di rimanere in carica per un altro anno, per mera investitura del sindaco Raggi, a Roma. Cioè, io sono sfiduciato nel municipio e, anziché andare a votare, posso essere confermato, escludendo gli organi legittimati e rimanere commissario soltanto per volontà del principe, o della principessa, se volete: una cosa da pazzi! Il MoVimento 5 Stelle, che in queste Aule abbiamo appreso essere il difensore dei diritti, della democrazia, quello che è capace di raggiungere gli obiettivi perché c'è una politica cattiva, si rende coprotagonista, con il concorso doloso del Partito Democratico, di un “marchettone” in un decreto-legge, a matrice elettorale, prevaricatore dei diritti delle opposizioni, confermando i gran visir dei municipi romani soltanto per volontà del sindaco, in barba alla sfiducia che hanno ricevuto.

Ma ditemi voi se noi possiamo tollerare in un'Aula parlamentare di avere un provvedimento di questo genere! Io mi auguro che la Presidenza della Repubblica ascolti le parole dell'Aula e si renda conto di quello che noi siamo costretti a subire soltanto per tenere in piedi una maggioranza raccogliticcia e che legittima soltanto se stessa, senza nessun altra legittimazione. Anche il “marchettone” municipale nel decreto-legge sul voto elettorale! E a questo, Presidente, si aggiunge un altro episodio da vis comica (ho cercato di nobilitare con vis comica la non eleganza della parola “marchettone”), ma è una compensazione che mi consentirete; in questo, la vis comica è data dal pomposamente ribattezzato parere del comitato-scientifico ex Ocdpc n. 630, insomma un comitato scientifico che in qualche modo cerca di governare la politica. Io dico che c'è un principio di doppia schiavitù, di reciprocità nella schiavizzazione: il comitato scientifico schiavo della politica; la politica che finge di essere schiava del comitato scientifico. Ciò soltanto a leggere, perché l'interpretazione, mi diceva il mio maestro - il sottosegretario se lo ricorderà, il professor Dell'Andro -, la prima interpretazione è quella letterale, cioè la prima cosa è leggere e capire quello che è scritto; poi c'è quella sistematica, quella evolutiva, eccetera eccetera, ma la prima interpretazione è leggere quello che è scritto. Io leggo questo parere e l'ho letto con sgomento per l'effetto dirimente che si è voluto dare a questo parere: bisogna votare entro settembre, altrimenti peste ci colga (e il termine peste ci colga mi sembra che sia in linea con quelle che sono le prospettazioni drammatiche che sono state portate in Commissione a giustificazione che tutto si deve esaurire entro il mese di settembre). L'unica cosa che si è portata in Commissione è la volontà dei governatori della maggioranza. In questo voglio essere chiaro: non mi interessa se i governatori siano del Nord, del Sud, di sinistra, di destra: qui c'è un problema di gestione dei principi elettorali con trasparenza, ma è chiaro che coloro che muovono la maggioranza sono i governatori che sono in maggioranza, o i presidenti di regione che sono in maggioranza; certamente il Governo non si muove per aiutare quelli che sono all'opposizione e questo mi sembra è evidente! Che De Luca ed Emiliano siano i principi motori della fretta nel raggiungere l'obiettivo del voto per vedere sempre più consolidato il loro potere ed impedire agli altri di fare campagna elettorale, è una soluzione sotto gli occhi di tutti. È evidente che se io voto il 6 settembre, o il 13 o il 20 settembre - cioè, prima voto -, questo in primo luogo impedisce una campagna elettorale nel mese di agosto. Ci andremo sotto gli ombrelloni a chiedere il voto, ammesso che ci possiamo andare (perché anche questo è tutto da vedere)? Le firme si raccoglieranno mangiando il ghiacciolo? Io non ho idea che cosa accadrà, ma nessuno capisce gli effetti del deposito delle liste il 20 di agosto, se ciò dovesse essere. Io mi auguro di no, mi auguro che ci sia il tempo di riflettere, per consentire almeno una ventina di giorni di una decente campagna elettorale e consentire ai cittadini di formarsi un'idea. Ascoltavo stamattina il professor Ceccanti in una tenera discussione sulla maturità dei cittadini e la capacità di distinguere le schede: quando ci sono più schede io sono in condizioni di distinguere. Scusate, ma io voglio fare un ragionamento molto più semplice e molto meno raffinato di quello di Stefano Ceccanti: ma più aumentano le schede, è vero o non è vero che più aumentano le possibilità di confusione e la possibilità di sovrapporre le tipologie di campagna elettorale? Ma secondo voi, sembra possibile sovrapporre la campagna referendaria con quella politica? È la stessa cosa? Noi abbiamo vissuto - il Presidente lo rammenterà bene - la campagna referendaria con una passione per la Costituzione unica. Noi ci siamo battuti per un no corale, che il 70 per cento degli italiani ha raccolto e ha fatto proprio partecipando a questo voto.

Abbiamo avuto la prova che, quando gli italiani sono chiamati a difendere la Costituzione, la risposta è di massa, indipendentemente dalla politica, e noi mettiamo insieme Costituzione e politica con una missione che è respinta dalla stessa norma costituzionale. E ci azzardiamo a dire che gli italiani sanno distinguere la Costituzione dalla politica. Questa è un'argomentazione che ammazza se stessa: moltiplicando le schede si aumenta la confusione o la possibilità di confusione; aumentando le schede si sminuisce l'efficacia di ciascuna campagna elettorale. Facciamo l'ipotesi di comuni in cui si votano le comunali, le regionali e il referendum. Ma, secondo voi, quali campagne elettorali si potranno fare nel mese di agosto per questi tre obiettivi? Quale sarà il tempo per gestire questa campagna elettorale?

E, quando noi chiediamo un breve respiro per consentire l'umanizzazione di tutto questo, che cosa stiamo chiedendo? Chiediamo un diritto dei cittadini a non essere martellati da questi governatori che vogliono mantenere il ruolo, perché è tutto qui. La battaglia del Ministro Boccia per Emiliano e la battaglia di altri per De Luca è una battaglia egoistica. Piacere a pochi, danneggiando l'intera popolazione; 18 milioni, diceva stamattina, con la consueta attenzione, il sottosegretario Variati. Ma qui il numero degli elettori dovrebbe far riflettere coloro che invece spingono per strozzare il diritto ad una campagna elettorale decente. Noi vi abbiamo chiesto soltanto la possibilità di un respiro in più, poter consentire, almeno nell'ultima parte di settembre, una campagna elettorale decente.

Ma ci si è trincerati dietro questo, direi, singolare - e l'espressione mi costa, perché è del tutto eufemistica - parere del comitato cosiddetto scientifico. Questo comitato scientifico, illustre Presidente, scrive quanto segue. Dicevo, la letteralità non è casuale, perché poi sa a che cosa si pensa, Presidente? A quella favoletta del lupo e dell'agnello, lo dicevo anche in Commissione. Cioè, laddove il lupo, che è in alto sul corso d'acqua, dice all'agnello, che è in basso: la vuoi smettere di sporcarmi l'acqua? E l'agnello dice: scusa, ma se tu stai in alto e io sto giù, ma come te la sporco l'acqua? Ah, sai che c'è: ti mangio lo stesso! Ecco, l'impressione che ho avuto in Commissione è questa, cioè che qualsiasi argomentazione potesse essere portata al lupo/Governo da parte dell'agnello/opposizione - si scherza, ovviamente - è evidente che non potesse avere nessun tipo di ascolto.

La Presidenza della Repubblica ci deve ascoltare: i diritti elettorali non possono essere conculcati con tanta disinvoltura senza che non intervenga la Presidenza della Repubblica per dire a questo Governo “trova l'accordo, le leggi elettorali si scrivono insieme, non si impongono”. È difficile? È difficile, signor sottosegretario? Penso che è semplicissimo, basta prendere per collottola gli arroganti governatori e dire: ragazzi, scusate, vincete, ma date agli altri la possibilità di combattere. In questo parere, dice il comitato tecnico-scientifico, la contingenza pandemica potrebbe avere sulla popolazione i seguenti effetti. Ci sono i numeri e formula le seguenti osservazioni. Chi ha un minimo di dimestichezza con il linguaggio parlamentare sa bene che fra condizioni e osservazioni c'è una differenza. Mi sarei aspettato la parola “prescrizioni”; cioè, un comitato scientifico non osserva, prescrive. Ma non hanno la forza di prescrivere, non possono prescrivere: devono osservare. Noi limitiamo il voto sulla scorta di osservazioni; ma non basta, non basta, perché, nel dipanare le osservazioni, si dice quanto segue: la circolazione del Coronavirus nella popolazione è osservata in aumento durante i periodi dell'anno caratterizzati da basse temperature.

Ma, udite udite, diceva bene qualcuno stamattina, si può fondare un giudizio su una non conoscenza? Cioè, dato che non so, fondo un giudizio.

Sebbene le conoscenze scientifiche del virus non forniscano al momento chiare indicazioni sulle modalità di contagio nei periodi estivi, analogamente a quanto osservato per gli altri Coronavirus e nel rispetto del principio di massima precauzione, cioè, poiché io non so niente, non posso dire come si contagia, non sono in condizioni di esprimere un giudizio che abbia un minimo di attendibilità scientifica, ma c'è un principio di massima precauzione, pur non sapendo di che cosa sto parlando, il CTS indica quale scelta più plausibile - attenzione al termine, ma che vuol dire “scientificamente plausibile”? Che cos'è la plausibilità nella scienza? Nulla, quella che mi piace di più, quella che ritengo più opportuna, ma un'opportunità che non è fondata sul giudizio scientifico, ma soltanto, come posso dire, prognostico, opinionistico - tra le diverse opzioni rappresentate dai ministri (e non sappiamo quelle che sono le opzioni, non so i ministri che opzioni hanno rappresentato: anche qui, la scelta fra le varie opzioni senza conoscerle. Qual è il valore di questo comunicato, illustre e paziente sottosegretario? Valore zero!) l'effettuazione delle consultazioni elettorali all'inizio del mese di settembre, organizzate su due giornate al fine, eccetera; due giornate al voto.

Allora, credo che questa sia veramente la scienza asservita alla politica e la politica che finge di rispettare la plausibilità della scienza. Cioè, che nessuno venga a dire che la data del 20 settembre, indicata dal sottosegretario con un impegno del Governo a questa data, sia una data che deriva da una considerazione scientifica, perché non è così. Non si può sostenere che questa sia la causa di giustificazione per individuare la data del 20 settembre.

Ma, diceva il sottosegretario in Commissione, riporto volentieri una sua osservazione: da oggi ci sono quattro mesi per fare campagna elettorale. No, no, perché non è che si può usare la pandemia a seconda del luogo politico in cui si siede.

Non è che io posso dire: poiché hai quattro mesi, puoi fare quattro mesi di campagna elettorale. Oggi, noi non possiamo - lei è con la mascherina, io sono senza perché sono qua, i colleghi sono tutti con la mascherina - noi non possiamo esercitare i diritti politici, illustre signor sottosegretario, noi non li possiamo esercitare. Noi siamo giustamente terrorizzati da quello che è accaduto e, giustamente, porremo in essere tutte le cautele, e voi che cosa fate? Ci anticipate un voto, dicendo che possiamo fare quattro mesi di campagna elettorale.

Ma allora questo comitato scientifico vale veramente un fico secco! La contraddizione è evidente: la pandemia è usata a vantaggio o contro, a seconda del luogo in cui chi parla siede, e questo non è accettabile, Presidente.

Abbiamo sentito, addirittura, abbiamo corso il rischio di un'anticipazione del deposito delle liste. Ricorderò, e lo voglio ricordare in quest'Aula con grande fermezza, che chi vive in certe regioni, mi riferisco alla Puglia, alla Campania, se la data rimanesse quella del 20 settembre, dovrebbe depositare le liste il 20 agosto. E ho detto “agosto” avendo in mente qual è il clima del 20 agosto, non perché ci sono le vacanze, ma perché c'è un clima invivibile dal punto di vista dell'esercizio dei diritti. Ma è questo che vogliono i governatori, impedire che la politica possa sovvertire gli equilibri esistenti; e c'è correità, c'è correità in questa scelta di strozzamento dei diritti politici. Presidente, noi siamo affetti dalla malattia dei decreti come le matrioske, una nell'altra: “decreto Rilancio”, “decreto Liquidità”, “decreto Crescita”.

Ma che cosa accadrà della stagione turistica nelle nostre regioni con una campagna elettorale di questo genere e un disturbo così evidente dell'unica fascia spazio-temporale che c'è per i nostri imprenditori del turismo? Il turismo per la Puglia è una delle principali, forse è la principale risorsa: noi andiamo ad inveire contro questi imprenditori proprio nell'unico periodo in cui possono crescere, e vale anche per la Campania. Sordità assoluta, sordità assoluta! Ma con quale coraggio il Presidente Conte poi si presenta agli italiani dicendo “nessuno rimarrà solo”? Con quale coraggio, quando basterebbe spostare in avanti la data di quel voto per garantire il completamento o, quanto meno, qualche cosa in più ad una stagione importante.

Perché, illustre sottosegretario, che rappresenta il Governo in questo momento, per un operatore turistico una settimana, quella settimana, quelle settimane sono decisive. Significano prenotazioni, significa indotto, sono decisive. Allora, vi stiamo chiedendo molto? Vi chiediamo qualcosa che aiuta gli imprenditori, aiuta gli elettori, che consente, con una data che sia più intelligente di questa follia del 20 settembre, di raggiungere un obiettivo di democrazia, condiviso, accettando ed ingoiando la forzatura del decreto-legge in materia elettorale ma sforzandoci di essere operativi e cooperativi nel tentativo di ottenere un risultato.

Presidente, il tema non è esaurito da queste tematiche perché, accanto allo scempio ovviamente politico, c'è sempre qualche cosa di peggio. Firme: una caratteristica di questa maggioranza è avere un'opposizione all'interno. Sembra strano: una maggioranza che ha una opposizione all'interno, ma ormai il meccanismo è rodato. Italia Viva si presenta sempre con i fucili carichi, pronta a sparare sulla maggioranza. L'abbiamo visto con Bonafede e l'abbiamo visto in Commissione in queste ore, sempre con i fucili carichi ma, non appena ottiene il risultato, improvvisamente i fucili diventano non solo ramoscelli d'ulivo, diventano imbarazzanti silenzi di consenso, un silenzio-assenso utilitaristico dovuto al raggiungimento dell'obiettivo, in questo caso le firme. Ora, io chiedo: ma che razza di maggioranza è questa? Noi siamo di fronte a due gruppi che si sono tirati addosso i coltelli fino a qualche mese fa, che per raggiungere una stabilità precaria si lasciano fare quello che è possibile fare e, con tutto il rispetto, il Partito Democratico ha governato, conosce le regole, sa come si governa, conosce la Costituzione, ha elementi nel suo gruppo che non possono invocare il naivismo politico e culturale. Io ce l'ho con loro essenzialmente perché sono partecipi di questo processo drammatico. Si aggiunge a questo strano connubio un terzo gruppo che è lì, opposizione, finché non ottiene il risultato e questo si è verificato anche nel provvedimento in esame con il raggiungimento dell'obiettivo delle firme. E, in tutto questo, Presidente, si può accontentare il gruppo di pressione di opposizione, interno alla maggioranza, e non si può trovare un accordo che è sotto gli occhi di tutti, che consente a tutti di dire: abbiamo raggiunto l'obiettivo di facilitare l'esercizio di un diritto e dare una mano ai nostri operatori turistici? No, non si può fare, e perché non si può fare? Qual è il motivo per dire di no? Non il parere del comitato scientifico. Prego il sottosegretario, per la stima che ho potuto raccogliere nei suoi confronti in queste ore in cui ci siamo conosciuti, gli do atto di un grande aplomb, di una grande pazienza, di evitare di riportare il parere del comitato scientifico come la giustificazione di questa scelta: è una scelta politica e, come tutte le scelte politiche, può e deve essere modificata. Allora quando Stefano Ceccanti mi accusa di guevarismo, se “guevarismo” vuol dire resistenza, sì. In questo momento, non è una resistenza qualsiasi, è una resistenza per cercare di salvare il salvabile, di mantenere qualche punto di riferimento, di avere qualche presidio che ci faccia da guida e che noi abbiamo perso completamente. Io mi occupo essenzialmente di giustizia e allora se penso al massacro degli articoli 111, 27, 24, 25, 3: sono numeri per questa maggioranza, per noi i principi scritti nella roccia della democrazia. Se penso a tutto questo e vedo che anche le leggi elettorali, anche la materia elettorale è soggetta a questi alti e bassi che derivano semplicemente da opzioni locali e di quartiere, io resisto, faccio resistenza. Non ho nessun timore a dire che sono qui per difendere i princìpi fondamentali.

Infatti, quando il professor Ceccanti, che io indico mio contraddittore come i venticinque elettori di manzoniana memoria - il professor Ceccanti concederà qualche cosa anche all'opposizione: non è che le citazioni sono soltanto le sue, qualche cosa la diciamo - dice che bisogna evitare l'eccesso di motivazione, usa una tecnica molto raffinata, ma inaccettabile. Qui non c'è eccesso di motivazione: qui c'è difesa strenua dei principi fondamentali. Noi ci stiamo battendo perché il Parlamento si riprenda una dignità che ha perso con questi colpi di mano, con questi decreti-legge continui che lo esautorano da qualsiasi capacità e competenza. Noi non contiamo più niente, signor sottosegretario, siamo messi fuori gioco da un Esecutivo imbarazzante che pretende di governare il Paese con le conferenze stampa, ma non può essere così. Allora, almeno allorquando si tratta di esercitare i diritti fondamentali con l'espressione del voto, ci volete dare la possibilità di una umanizzazione di questo diritto, di una costituzionalizzazione di questo diritto? Forza Italia ha condotto sempre battaglie assolutamente lineari da questo punto di vista e credo che non ci siano soluzioni diverse. Noi dobbiamo cercare assolutamente un accordo, cercare assolutamente di guadagnare quel tempo che è necessario perché possano maturare le situazioni e si possa raggiungere non in Aula una resistenza alla sopraffazione - altro che eccesso di motivazione - della democrazia e dei principi.

E, da ultimo, Presidente, mi avvio rapidamente alla conclusione. Sa a che cosa ho pensato in questi giorni? Al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni politiche, cioè, allorquando io posso rivolgermi al Parlamento per raggiungere un obiettivo, con violenza evito che sia il Parlamento a decidere: un decreto-legge, colpi di maggioranza in Commissione. E, a questo proposito, non posso non citare veramente l'ultimo argomento a riprova di questa ὕβϱις (anche questo è detto in risposta a questa violenza detta dal professor Ceccanti), non posso non citare la violenza che è stata caratteristica anche della Commissione di ieri, dove abbiamo esercitato legittimamente i nostri diritti perché qualcuno parla di ostruzionismo dell'opposizione ma, quando si difende la Costituzione, è opposizione, non è ostruzionismo. Quando si difendono i principi questa è fare opposizione. C'è stato un intervento in ufficio di presidenza del presidente della I Commissione che, per chiudere entro le ore 19, addirittura voleva ridurre gli interventi – ridurre gli interventi - dei rappresentanti delle opposizioni a un minuto per rappresentante di gruppo. Un minuto, Presidente, cioè, gli ho detto, meglio dire che non volete che parliamo. Meglio dire che voi volete l'abrasione delle opposizioni, le opposizioni vi danno fastidio: se non ci sono, meglio. Ma questo è il Parlamento che noi vogliamo? È il Parlamento che noi desideriamo? Penso di no e allora - mi avvio veramente a chiudere nei prossimi trenta secondi - nessuna ipocrisia: nessuno cerchi di difendere questo provvedimento rendendolo compatibile, digeribile, bolizzabile. Questo è un provvedimento assurdo, contrario ai princìpi fondamentali e contrario alle indicazioni della Presidenza della Repubblica, che io richiamo ancora una volta nel mio dire.

C'è una comunicazione al di fuori del Parlamento, una comunicazione all'interno del Parlamento, una comunicazione interna alla maggioranza, comunicazioni interne al Parlamento. Noi sappiamo bene quello di cui parliamo. Sappiamo bene che il nostro dovere è rispettare i principi costituzionali e rispettare le regole. C'è una comunicazione esterna al Parlamento. Diceva il collega Fornaro: ma che cosa volete che importi una settimana in più o in meno? Non è una settimana in più o in meno: è il metodo, è il metodo impositivo che non va bene. Non è l'evento: è la causa che è del tutto illecita. È difficile da capire? Non penso. E allora io non mi piego alla prepotenza dei governatori, non mi piego agli interessi di quartiere dei singoli soggetti che intendono mantenere le proprie prerogative e faccio resistenza, garbatamente, insistendo su tutte le ragioni che poi, nel discutere gli emendamenti, saremo capaci di far valere nei confronti dell'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Prisco. Ne ha facoltà. Prego.

EMANUELE PRISCO (FDI). Sì, grazie Presidente. Una premessa credo che vada fatta, una premessa di metodo prima di arrivare a considerazioni di merito su questo provvedimento. Questo provvedimento è stato approcciato dalla maggioranza, chiedendo, giustamente e correttamente vista la materia elettorale, le famose regole del gioco, la disponibilità alle opposizioni di costruire insieme il quadrante delle regole del gioco e le opposizioni, il centrodestra, Fratelli d'Italia, lo hanno fatto sin dall'inizio, delineando quali potevano essere i perimetri dell'accordo, che parevano altresì condivisi. Per questo si arrivò addirittura, all'inizio di questo provvedimento, ad accettare unanimemente la proposta portata dal Partito Democratico per la quale si sarebbero fatte scelte se - e solo se! - condivise da tutte le forze politiche.

Un bellissimo gesto! Non sembrava vero dopo quello cui questo Parlamento è stato sottoposto in questi mesi e, infatti, così non è stato. Prima si è tentato di introdurre un emendamento da parte della relatrice così da scombinare il tavolo del gioco, poi si è ritirato, poi si è in parte emendato, poi si sono cambiate le carte fino a quando non è diventato palese che si voleva giocare una partita con la volontà, da parte di chi aveva il mazzo, di truccare le carte per vincere questa partita. È apparso evidente che, nelle modificazioni che si sono costruite nel corso dell'iter in Commissione di questo provvedimento, di fatto, quello che contava era mantenere insieme una maggioranza che, insieme, non ha motivo di stare se non per stare attaccata alle poltrone. Quindi, sono emersi con forza i contorni di un accordo politico nel quale il Partito Democratico voleva garantire ai propri governatori uscenti di poter approfittare del vantaggio di un'esposizione mediatica dovuta al lockdown quando tutti gli altri italiani erano chiusi nelle case e non potevano uscire, compresi gli avversari e comprese le opposizioni nelle singole regioni.

Italia Viva lo ha palesato. Rispetto - e l'ha ricordato correttamente il collega Sisto - a una prima scalpitante richiesta di regole condivise, giusta e condivisa anche secondo noi, poi ha palesato qual era, in realtà, il suo punto di accordo, che gli è stato ovviamente accordato per poi tornare nei ranghi come soldati disciplinati, e, cioè, avere il taglio del numero delle firme, perché evidentemente, altrimenti, non era in grado di presentarsi in tutte le elezioni.

E poi c'è il terzo attore, il moralizzatore, il MoVimento 5 Stelle, che ha chiesto di introdurre in questo accordo la concomitanza del voto delle elezioni con il voto referendario, sperando di poterne ricevere un vantaggio elettorale, oltre ovviamente - ed è stato ricordato anche dai colleghi - a quel piccolo vantaggio che si è regalato al sindaco Raggi di poter nominare di fatto i presidenti dei municipi che, nel frattempo, erano stati sfiduciati dalle stesse maggioranze del MoVimento 5 Stelle e, quindi, di regolare qualche conto locale. Dicevo, MoVimento 5 Stelle che spera di avere un vantaggio, anche elettorale, dalla concomitante votazione per il referendum. Questo lo dico sinceramente anche contro il nostro interesse, contro l'interesse di Fratelli d'Italia che potrebbe, anch'essa, avere un vantaggio elettorale in questo senso, essendo l'unico partito che ha votato convintamente per il taglio dei parlamentari e che non ha apposto nessuna firma perché si svolgesse un referendum quanto mai inutile e dall'esito scontato e lo ha fatto, non essendo vincolata né da contratti di governo né da accordi di programma ma semplicemente dall'unico valore che ci ha contraddistinto e ci contraddistingue da quando siamo nati, cioè la coerenza.

Vi è stata una motivazione, che è stata portata dal Governo sulla scelta del perché rinviare le elezioni, perché poteva essere scelta una data piuttosto che un'altra; ci è stata fornita, il centrodestra l'ha chiesta con garbo ma con insistenza, e la spiegazione - assai insufficiente, poi ci torno, lo hanno fatto anche altri - è rappresentata dalle indicazioni del comitato tecnico-scientifico, che io rispetto per il valore che gli scienziati, che ne fanno parte, hanno nella loro professione, mettendo a disposizione della politica informazioni utili e necessarie per assumere delle scelte, perché questo fa la politica: assume scelte politiche. E, quindi, rispetto ad un verbale del comitato tecnico-scientifico, che ci dice con molti dubitativi e con molti punti interrogativi, com'è corretto che sia in questi casi, il Governo interpreta, in autonomia, che questo significherebbe che non si può votare a luglio ma si può votare, invece, a settembre, perché, a settembre, è caldo e luglio parrebbe, invece, essere ancora un mese fresco nelle valutazioni del Governo, né si può votare in altri mesi, quindi ottobre o i mesi successivi nella finestra prevista dal decreto-legge.

Quindi, ci poniamo delle domande e, quindi, abbiamo posto delle domande al Governo su questo punto, perché, se settembre è un mese sicuro in cui votare - noi non entriamo nel merito di questa interpretazione autentica data dal Governo rispetto alle parole e al verbale del comitato tecnico-scientifico -, se è sicuro ed è normale e si possono svolgere le elezioni in sicurezza a settembre, perché dobbiamo introdurre motivi eccezionali come quello del taglio del numero delle firme necessarie a presentare le liste? Perché, se è sicuro, se la distinzione è la sicurezza rispetto al mese di ottobre? Se, invece, in ogni caso e in ogni modo, in questo particolare periodo, è utile introdurre delle misure che riducano e possano correttamente ridurre il motivo di contatto e di assembramento, allora non c'è motivo per cui la data - la finestra - debba essere conculcata in un dato periodo, che è emerso anche con forza dagli interventi della maggioranza. Quindi, ci chiediamo quali siano gli equilibri che devono essere garantiti, che, a questo punto, sono solo equilibri politici e non solo l'equilibrio di coniugare il diritto alla salute dei cittadini con il diritto al voto. Ma il diritto al voto non è solo il giorno in cui si svolgono le elezioni: il diritto al voto comprende anche la possibilità di potersi fare una coscienza rispetto alle liste e ai candidati che si sono presentati, ai programmi e questo diritto si esercita con la campagna elettorale.

Ci sono state proposte delle date che importavano e importano una campagna elettorale di fatto nel mese di agosto, in mezzo agli ombrelloni, tra le spiagge; conculcando, di fatto, per i candidati la possibilità di spiegare i programmi, per le liste, per le coalizioni, con la possibilità, in un'elezione che ha come minimo quattro schede in alcune regioni; quelle dei comuni e, quindi, dei comuni e del sindaco, dei comuni sopra i 15 mila abitanti, delle regioni e del referendum; elezioni anche diverse, diversificate, per la loro modalità, che richiedono la necessità di dover spiegare ai cittadini le posizioni, per potersi fare una coscienza piena.

Per quanto riguarda il diritto al voto, sinceramente, quando accade quello che è successo in mezzo al lockdown, all'inizio lockdown, con lo svolgimento delle elezioni politiche suppletive, con partecipazioni al voto quasi vicine allo zero in alcuni collegi, sinceramente io non credo che in quei momenti abbia vinto la democrazia: in quei momenti c'è stata la sconfitta della democrazia, perché vuol dire che non abbiamo messo i cittadini nelle condizioni di essere informati e di partecipare alla libera scelta dei propri rappresentanti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

Tuttavia, c'è un altro elemento che non è stato considerato nella discussione e il centrodestra lo ha posto; c'è stato l'elemento dell'apertura e chiusura immediata delle scuole, ma c'è anche un diritto, anche questo garantito costituzionalmente, cioè quello dell'iniziativa economica (quello della sopravvivenza economica). Vi faccio riflettere su un dato, ne prendo solamente uno come esempio ma che rende bene l'idea, con riferimento al comparto turistico. In una stagione che è iniziata molto, molto tardi nel nostro Paese, a causa purtroppo del lockdown e degli effetti della pandemia, noi mandiamo al voto 1.334 comuni, di cui circa 180 - se non sbaglio - sono sopra i 15 mila abitanti; 5 regioni, alcune tra le più popolose d'Italia e, forse, in alcune casi, dei consigli circoscrizionali, in più votiamo anche per il referendum costituzionale, un referendum che forse meritava di essere approfondito per vedere spiegate le ragioni del perché forze politiche come Fratelli d'Italia, come il MoVimento 5 Stelle, con forza hanno voluto il taglio dei parlamentari. Se consideriamo una media, tolti i candidati ai consigli regionali, di 70 o 80 candidati per ognuno di quei comuni, parliamo di circa 70 mila persone, a cui sommiamo le loro famiglie, gli staff, gli impiegati del comune che devono garantire il regolare svolgimento delle elezioni, la presentazione delle liste, la costituzione dei seggi, eccetera, eccetera, di fatto, con un calcolo semplicissimo e che si può fare in due minuti, parliamo di mezzo milione di italiani che sarà bloccato nelle proprie città e non andrà in vacanza, chiedendo un sacrificio ulteriore al comparto turistico, perché di fatto, costretto ad adempimenti elettorali e politici durante il periodo delle vacanze. Il decreto - è vero, lo ha ricordato qualche collega di maggioranza - non specifica, non inserisce, una data specifica, ma di data si è parlato. È stato chiesto, correttamente, da alcuni colleghi dell'opposizione, del centrodestra, al Governo di indicare una data presunta e di data quindi si è parlato: è inutile che facciamo finta di niente. Io dico che non è, in realtà, una questione di data, insomma; non credo che sia la data il tema su cui arrovellarsi. Il collega Fornaro ha cercato sul punto di utilizzare questa argomentazione in maniera abilmente forzata, mentre io credo che il problema non sia una settimana in più o in meno, ma quello di dare ai candidati e agli italiani la possibilità di farsi un giudizio completo e cosciente - l'ho detto prima - sulle forze politiche in campo, sui candidati in campo, sui programmi e sulle scelte per il proprio territorio, per il proprio comune, per la regione e per questa importante e decisiva riforma del taglio dei parlamentari.

Non si può, come ha fatto, dicevo, abilmente e strumentalmente, il collega Fornaro, cercare di scaricare sul centrodestra la questione. Dice il collega: “l'Italia non capirebbe perché ci stiamo ad arrovellare su una data”; ma l'Italia non capisce - lo ricordo al collega, per suo tramite, Presidente - neanche perché abbiamo riavviato la discussione sulla legge elettorale nella prima Commissione, invece che occuparci di un'Italia che è vicina all'orlo del baratro, di occuparci delle esigenze delle famiglie e delle imprese, se non per tenere insieme i cocci di una maggioranza che si vuole blindare, rispetto a un eventuale voto anche politico, per avere una legge elettorale che garantisca l'ingovernabilità e che garantisca, quindi, i Governi degli inciuci, come quello che tiene in piedi oggi. Quello che vogliamo difendere è, appunto, come dicevo, il diritto di formarsi una coscienza. Ci sarebbero quattro schede, forse in alcuni casi cinque; in più, su quelle dei comuni sopra i 15 mila abitanti, come i colleghi sanno meglio di me, si dà un doppio voto, sia per il sindaco che per il consiglio comunale, quindi per i consiglieri comunali.

È per queste ragioni che Fratelli d'Italia, insieme alla Lega, a Forza Italia e ad altri, devo dire, anche con libertà di coscienza, della stessa maggioranza, ha chiesto e continua a chiedere un tavolo di regole condivise. Dopodiché, ognuno farà la sua partita, la sua battaglia; i cittadini sceglieranno da chi far governare i propri comuni, le regioni; se sposare la nostra battaglia per il taglio dei parlamentari o meno, ma diamogli la possibilità di farsi un'idea. Questo è il tema: non forziamo la mano su tempi e regole per garantire a chi dà le carte di poter giocare con qualche punto di vantaggio. Io credo che questo sarebbe un bel gesto e lo sarebbe non nei confronti dell'opposizione - qualcuno l'ha chiesto - ma nei confronti dei cittadini, lo sarebbe dopo tutto quello che è successo fino a ieri, non ce lo dimentichiamo: con una serie di atti amministrativi sono state conculcate le libertà e ancora queste sono limitate nei termini di manifestazione e di associazione! Non lo dimentichiamo: abbiamo dovuto scomodare i più illustri giuristi, finanche il presidente della Corte costituzionale per dire che la misura era colma; si sono addirittura tentate di sospendere le attività parlamentari che solo grazie all'impegno, alla forza e alla determinazione di Fratelli d'Italia e del centrodestra si sono riaperte (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ve lo diciamo con garbo, come abbiamo fatto sempre, ma con assoluta determinazione, e lo dico al sottosegretario, che ringrazio per avere ascoltato ogni seduta della Commissione, ogni intervento in Aula con paziente dovizia; di questo gli va dato sicuramente merito, ma non basta ascoltare, bisogna anche recepire, come abbiamo continuato a spiegare al Presidente del Consiglio.

Se questa è la strada, lo ripeto, se questa è la strada, cioè quella che chi dà le carte si vuole garantire il vantaggio di partire con qualche metro di vantaggio, rispetto agli altri, per assecondare le volontà di un governatore amico o di una forza alleata che, altrimenti, rischierebbe di scomparire in queste elezioni, non ci siamo. Ma non ci siamo neanche, e lo dico richiamando i valori a cui certe forze politiche si ispirano, perché, se questa è la strada, io non voglio più sentire in quest'Aula il Partito Democratico innalzarsi a difensore della Costituzione e dei valori repubblicani, io non voglio più sentire il MoVimento 5 Stelle innalzarsi a forza moralizzatrice contro la cattiva politica, essendo diventati peggio della peggiore politica della Prima Repubblica.

Pur di rimanere al potere, pur di garantire - nel caso di Roma, l'ha ricordato qualche collega - agli amici della Raggi di rimanere in sella alle presidenze dei municipi, si introduce, in un provvedimento che riguarda le elezioni amministrative e poi il referendum, spostati a causa della pandemia, anche lo strumento per commissariare le circoscrizioni, che ricordavo prima, sfiduciate. Se questa è la strada, non ci siamo.

Quindi, io faccio nuovamente un richiamo alla sensibilità, sicuramente, del sottosegretario, ma della maggioranza tutta, a tornare a scrivere insieme le regole del gioco. Se la strada è quella di imporle con il voto della maggioranza parlamentare, che tra l'altro non rispecchia neanche la maggioranza del Paese, non ve l'abbiamo permesso quando avete sospeso le attività di questo Parlamento e non ve lo permetteremo neanche domani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pettarin. Ne ha facoltà.

GUIDO GERMANO PETTARIN (FI). Grazie, Presidente. Presidente, quello di cui stiamo discutendo non è un qualcosa di normale. Il voto post COVID non sarà un voto normale, non sarà un voto ordinario, non sarà una situazione da affrontare con le normali attività che noi ci proponiamo, sarà un atto straordinariamente importante e il fatto di essere un atto straordinariamente importante è quello che ci deve condurre nei ragionamenti che cerchiamo di fare in quest'Aula; anche se, francamente, verificando quello che sta succedendo, ci si sente in difficoltà: voce che grida nel deserto, vox clamantis in deserto?

Ci sono alcune parole chiave che si devono tenere presenti quando si tratta di quello che sta accadendo qui adesso, queste parole sono: forzatura, colpo di mano, serenità, leale collaborazione. Le ho citate in ordine decrescente proprio perché sono una scala. Il principio di leale collaborazione è quello che sta alla base dell'ordinamento che noi conosciamo e che è disciplinato dalla nostra Carta costituzionale, la Carta costituzionale che è il faro di tutte le nostre azioni e delle nostre coerenti azioni; ma la Carta costituzionale la vediamo attaccare ad ogni piè sospinto. Abbiamo visto proporre delle leggi di riforma costituzionale che sono un attacco evidente, un minare i principi fondamentali della nostra Costituzione, e ciò a cui oggi assistiamo fa parte di questa teoria, assolutamente evidente e assolutamente perseguita.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 14)

GUIDO GERMANO PETTARIN (FI). Come è possibile - lo sa qualsiasi studente di giurisprudenza, dopo il primo minuto in cui è entrato all'Università - che con un decreto-legge si vada ad incidere in materia elettorale? Questa è una scelta scandalosa; oltre ad essere scandalosa, lo è per il metodo: gli antichi legislatori, evidentemente molto più esperti e saggi di noi, dicevano dura lex sed lex, ma ci sono lex e lex.

Il decreto-legge non può, per ragioni evidenti, essere utilizzato in materia elettorale. È un mostro, questo decreto-legge è un mostro dal punto di vista formale, per la sua natura di decreto-legge, ed è un mostro per la sua natura sostanziale, perché all'interno di quello che è un sedicente momento di semplificazione che punta a un election day, mescola in un unico momento tematiche che non sono nemmeno parenti, mescolando elezioni di carattere amministrativo, enti locali territoriali comunali, provinciali e regionali, con un referendum confermativo. Il principio di leale collaborazione, applicato alla materia elettorale, deve essere inteso da tutti come atto condiviso.

Il tema fondamentale non è quale data, ma è come si arriva alla data. Non è possibile che una data elettorale sia momento di scontro pesante, di forzatura quasi violenta rispetto alle regole del gioco democratico e alla esigenza assoluta che vi sia totale uniformità di veduta rispetto a questo elemento.

Il voto per definizione è, almeno nel nostro sistema e speriamo che tale rimanga, il momento determinante della nostra vita democratica. Il voto deve essere libero ed informato. Il voto, per essere tutela di democrazia, non deve essere viziato da ingorghi o distanziamenti. E, a fronte di queste situazioni, come si può accettare che si parli di una fase elettorale, che in momento post COVID, si svolge tra il mese di agosto e il mese di settembre?

Mi veniva un po' da sorridere pensando che il 20 settembre è abbastanza vicino all'8 settembre e non vorrei che il 20 settembre di cui si sta colloquiando diventi, appunto, un 8 settembre.

Altrettanto, il momento di presentazione delle liste elettorali il 20 di agosto, se fosse quella la data confermata, è molto vicina al 14 di agosto, e non vorrei che, invece di essere un 20 agosto, fosse un 14 agosto. Ho citato due date che sono due disgrazie particolarmente importanti, perché ciò che è essenziale è che il voto post COVID sia un momento per riavvicinare la democrazia, riavvicinare al voto, riavvicinare alla facilità e alla determinazione della voglia dell'elettore di essere parte determinante della vita del proprio sistema e del proprio Paese.

E noi non stiamo facendo questo, non stiamo seguendo la strada delle regole condivise, stiamo facendo scelte in materia elettorale a colpi di maggioranza; non stiamo perseguendo l'interesse dei cittadini, ma di partiti che in questo momento sono, in maniera più o meno naturale, a mio modo di vedere innaturale, in maggioranza, e che portano avanti scelte fatte non per tutelare gli interessi di tutti, ma solamente per tutelare interessi di parte.

Ci nascondiamo dietro a delle scuse imbarazzanti, a dei documenti imbarazzanti. Non serve che io vada a rileggere - lo abbiamo fatto tutti - il parere del comitato tecnico-scientifico, ma se c'è un rapporto sinallagmatico tra ciò che dice il comitato tecnico-scientifico e ciò che dice la parte partitica, io non so definirlo, perché non sono in grado di sapere quale delle due parti sia la più capace di imporre la propria volontà. Ma la sensazione che ho è che, più che un rapporto sinallagmatico, sia un reciproco difendersi dietro un dito, guardando il dito e non la luna che sta dietro al dito.

Noi non abbiamo bisogno di questi momenti, noi abbiamo bisogno di serenità. Non possiamo dimenticare che il periodo a cui si sta facendo riferimento sarà un periodo difficilissimo, caratterizzato da una crisi economica terribile, dalla quale si cercherà di uscire. Ma come facciamo a dimenticare, dal punto di vista economico-turistico, che cosa voglia dire il periodo che va dal mese di agosto al mese di settembre? Come facciamo ad affermare che non è un problema la campagna elettorale, perché sarà una campagna elettorale libera, che con la fase preelettorale durerà ben più di quello che è il dato regolamentato e tacciamo dei condizionamenti e delle situazioni che il COVID comporta?

Come facciamo a difenderci, in maniera assolutamente strumentale, dalla necessità di evitare che vi sia sereno confronto elettorale e che vi sia la possibilità, in sede appunto elettorale, di non fare dell'election day semplicemente un momento di semplificazione, ma un momento di approfondimento e di tutela? Come possiamo giustificare che, nello stesso giorno, vi sia una scheda per le elezioni amministrative e una scheda per il referendum confermativo? Come facciamo a dimenticare l'attacco, che il referendum confermativo fa, ai principi fondamentali della nostra Costituzione, per esempio quando sacrifica in maniera imbarazzante le minoranze, le minoranze linguistiche e le minoranze etniche e le nasconde, queste attività sacrificali, dietro a una marea di parole, a una marea di provvedimenti amministrativi, a una marea di scelte di singolo momento, che non tutelano in alcun modo l'interesse di tutti? Non è scusabile il metodo che è stato scelto ed utilizzato in questa fase, non è scusabile la modalità a cui stiamo assistendo in tutto l'iter che abbiamo di fronte agli occhi e non è scusabile la chiusura alla volontà di discutere, la chiusura alla esigenza di prendere in considerazione le opinioni degli altri, la chiusura agli emendamenti, che sono stati tutti di buon senso, presentati in modo particolare da Forza Italia. Ma come si può negare il buon senso e il pragmatismo degli emendamenti che sono stati presentati, che tengono conto della realtà, della pragmaticità, della realtà di ogni giorno, di ciò che c'è sotto gli occhi di tutti noi? Uno fra i tanti: emendamento proposto all'articolo 1, si propone un emendamento che vorrebbe uniformare la finestra elettorale per la celebrazione delle elezioni comunali e regionali. Come può considerarsi non di buon senso questo principio e questa proposta? Come può essere lasciato da parte? Come si può andare, apoditticamente, a giustificare la propria scelta, dicendo che è ciò che la scienza impone, quando la scienza dice che potrebbe essere opinabile, potrebbe essere plausibile? Signori, la scienza, come la matematica, non è un'opinione, la plausibilità non è la caratteristica della matematica, la plausibilità non è la caratteristica della scienza, qui ci sono certezze, il voto presuppone certezze, e le uniche certezze che abbiamo è che sarà un momento difficilissimo, che dovremo fare i conti con la paura delle persone, che dovremo fare i conti con le esigenze dei distanziamenti, che dovremo fare i conti con la necessità del divieto e della inopportunità degli assembramenti, che limiteremo gravissimamente qualsiasi fase dedicata alla campagna elettorale, che non permetteremo all'elettore di essere libero e non gli permetteremo di essere informato.

Inoltre, come se questo non bastasse, non perseguiamo in nessun modo, sempre nel rispetto del principio di leale collaborazione, l'accordo con le autorità subordinate sempre di carattere amministrativo, che sono i protagonisti della fase elettorale. Ma come si può tacere il disaccordo con i presidenti delle regioni? Come si può tacere il disaccordo tra le varie forze politiche che vengono rappresentate? Come si può far finta di non vedere che, in realtà, ciò che spinge, la ratio di questa norma, portata avanti dal Governo, è solo e semplicemente il proprio tornaconto di carattere elettorale? E non cito solo ciò che accade per il comune di Roma, cito il quadro complessivo, cito la volontà di andare a capitalizzare un consenso elettorale che non so quanto effettivo sia, ma che pare essere un elemento assolutamente determinante. Noi non abbiamo bisogno di andare a capitalizzare consensi elettorali, noi legislatori. Ciò di cui abbiamo bisogno, noi legislatori, è chiarezza, determinazione, sensibilità, serenità, conoscenza del diritto, e queste norme, che stiamo in questo momento esaminando e trattando, vanno a violare tutti questi elementi.

Il rifiuto, che c'è stato, ed è evidente, di un percorso comune, che regga il tema a cui ci stiamo dedicando, è inescusabile, perché è la negazione principe di quello che è l'elemento di fondo, che prima ho citato rispetto alle cinque parole chiave: l'elemento di fondo è la leale collaborazione, leale e collaborazione. Non basta essere collaborativi, bisogna essere onesti nella collaborazione, bisogna essere leali nella collaborazione. Il contrario del termine leale è sleale e la slealtà di carattere istituzionale a cui stiamo assistendo, nel momento in cui verifichiamo l'iter che si sta strutturando e leggiamo le norme che ci vengono proposte è evidente. Facciamo finta di non vedere ciò che occupa il nostro Paese in questo momento. Nascondiamo il nostro modo di comportarci dietro paure più o meno delineate, il timore di un ritorno pandemico, il dimenticarsi la crisi economica, il non tenere in considerazione le esigenze della scuola, che tutti quanti noi speriamo che in quel periodo abbia pronta se stessa a reiniziare, per poter dare ai nostri ragazzi coscienza del fatto che non siamo tornati alla normalità, ma ci staremmo avviando verso un ritorno a una vita più facile, e colpiamo senza colpo ferire, proprio in quel periodo, questo tipo di elemento. Ripeto, è impensabile quanto sta accadendo ed è dimostrazione plastica di quanto poco stia a cuore alle forze dell'attuale Governo il favorire la partecipazione al voto. Il nostro primo principio, il nostro primo volere deve essere facilitare le persone a tornare al voto, a essere presenti, a essere presenti in ogni senso, e invece noi non lo facciamo, perché non teniamo conto di quelle che sono le situazioni che abbiamo più volte ripetuto e, invece di favorire la partecipazione, in realtà favoriamo la non partecipazione, perché il punto di fondo è che non importa se vi è poca partecipazione, ciò che è importante è che l'operatore non venga disturbato, perché non si vada a toccare in nessun modo quello che è il vincolo che si è venuto a creare in questo momento, innaturale e irrispettoso del Paese reale, rispetto a ciò che sono le volontà e gli obiettivi. Sono dei veri e propri affronti costituzionali quelli a cui assistiamo. Non ricordare che cosa dica l'articolo 122 o non ricordare che cosa dica l'articolo 67 della Costituzione è un affronto istituzionale, ma ormai siamo abbastanza abituati ad assistere a questi affronti. Stiamo assistendo a un momento in cui, di fatto, siamo di fronte a un sistema bicamerale trasformato in un sistema monocamerale di fatto: si pongono le fiducie, sempre e comunque, un testo di una norma, qualunque essa sia, viene licenziato da una Camera e all'altra Camera viene posta la questione di fiducia, perché non importa ciò che dice la Costituzione, non ha importanza che il nostro sistema sia un sistema bicamerale perfetto, ciò che ha importanza è che il macchinista non venga disturbato, mai e comunque. Altro che leale collaborazione, altro che serenità; solo colpi di mano, spesso violenti colpi di mano, non violenti nei nostri confronti, violenti nei confronti della Costituzione. Stiamo assistendo a una vera e propria violenza nei confronti dei principi costituzionali e, in questi, il primo, il più importante, il più determinato, il più determinante è la libertà di voto, la partecipazione al voto, la serenità del voto, l'informazione del voto e ciò che viene proposto in questo momento dalle forze di Governo è l'esatto contrario rispetto a questi punti fondamentali. Lex, dura lex, sed lex, ma lex di chi?

La lex non può essere solamente di una parte, la lex è ciò che esce dalle Aule della Camera e del Senato, dal sistema bicamerale perfetto, che serve proprio a far sì che vi sia, nel rispetto degli iter parlamentari, condivisione, la più perfetta possibile, ma condividere vuol dire giungere a modi omogenei di conoscere e di puntualizzare e l'attuale maggioranza non vuole condividere: l'attuale maggioranza vuole solamente dominare. Lex, dura lex, sed lex, non altro. Non possiamo accettare che si imponga questo modo di agire su questo tema che è ancor più fondamentale rispetto a quelli che, più volte, abbiamo trattato e gestito insieme alla gente, insieme a chi noi rappresentiamo, insieme a coloro che ci danno il mandato per essere qui a gridare. Vox clamantis in deserto? Sì, ma non ci stancheremo di gridare, perché, grida, e grida, e grida, si renderanno conto tutti che questa è la realtà di fronte alla quale ci troviamo, giorno per giorno, ad operare. Speriamo che la coscienza dell'esigenza di essere pragmatici, ma rispettosi, faccia sì che l'election day sia un tema serio, che l'election day non veda mescolare in sé anche il referendum, non veda trascendere tutte le attività che devono essere tenute in considerazione, per esempio quelle dei comitati promotori. Speriamo che, in questa situazione, vi sia la sensibilità, da parte di chi di dovere, di intervenire, che il Presidente della Repubblica faccia sentire la propria voce, che si capisca l'elemento determinante che un decreto-legge mai può rappresentare lo strumento con cui si agisce in materia elettorale. Presidente, per concludere, un tema fondamentale, essenziale: noi dobbiamo rispetto, rispetto ai nostri elettori, rispetto al nostro popolo, ma, soprattutto, rispetto alla nostra Costituzione e, in questo momento, ciò a cui assistiamo non è rispettoso, ma è violento nei confronti dei principi costituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Vedo che questo provvedimento ha catturato le attenzioni di quest'Assemblea parlamentare: se ci fosse il fotografo ufficiale, il collega Sensi, tutti potrebbero godere di qualche bella foto per dimostrare plasticamente l'interesse per il provvedimento che stiamo trattando. Io vorrei condividere con chi ascolta, con chi ascolterà, qualche considerazione sul tema principe di questo provvedimento: le elezioni, che per noi, per tutti, dovrebbero essere un passaggio fondamentale della democrazia, un passaggio determinante nell'esercizio di quel diritto costituzionalmente garantito che, proprio tramite le elezioni, si esercita liberamente. Però noi abbiamo la sensazione molto spiacevole, perché è un tema sul quale dovrebbe esserci una sensibilità trasversale - e altri colleghi del mio gruppo parlamentare lo hanno già detto -, che si voglia utilizzare questa emergenza, oltre che come alibi rispetto alla propria inadeguatezza al Governo della nazione, anche come strumento per, in qualche maniera, far sì che l'esito delle elezioni sia quanto più possibile vicino ai propri desiderata e non all'effettiva sensibilità del popolo italiano. Ecco, se questo può sorprendermi da parte del Partito Democratico che, oltre ad avere il termine “democrazia” nel proprio nome, viene da una tradizione, comunque, di radicamento territoriale, di partecipazione attiva alla vita politica del Paese, questo, ovviamente, non può sorprendermi da parte del MoVimento 5 Stelle, che si ritrova ad essere il partito di maggioranza relativa nel nostro Parlamento oggi che, sicuramente, non rappresenta più quelle percentuali all'interno del Paese.

Non può sorprendermi da parte del MoVimento 5 Stelle questo atteggiamento anche considerata la modalità con la quale i parlamentari del MoVimento 5 Stelle, i consiglieri regionali del MoVimento 5 Stelle, i consiglieri comunali, e via dicendo, vengono per lo più selezionati: in alcuni casi, si misurano con le preferenze, ma, in molti altri, casi sono selezionati tramite oscuri meccanismi come le “parlamentarie”, il cui modus operandi rimane per lo più ignoto agli italiani, che si collegano su un sito per scegliere chi dovrebbe andare in lista. Noi troviamo colleghi che hanno recuperato pochi voti alle “parlamentarie”, gli stessi voti con cui, più o meno, nessuno di noi veniva eletto neppure come capoclasse e loro si ritrovano qui a rappresentare il popolo italiano. Ecco perché non mi sorprende questo atteggiamento nei confronti dell'appuntamento elettorale.

E, però, qualche considerazione sul punto va necessariamente fatta, perché l'appuntamento elettorale è un momento, a mio avviso, determinante nella vita istituzionale, nella vita politica del Paese e pensare di trincerarsi dietro un parere tecnico-scientifico - come, del resto, è stato fatto per tutta la gestione di questa emergenza -, a proposito dell'individuazione della data, invece di trovare una sintesi con tutte le opposizioni, è evidentemente la prova di quanto si cerchi di strumentalizzare questo provvedimento e, con esso, gli appuntamenti elettorali che questo provvedimento andrà a disciplinare.

Allora, è il caso di fare un'analisi anche basata sui numeri, perché noi dobbiamo necessariamente mandare al voto cinque regioni, 1.150 comuni, volendo ipotizzare. È una cifra molto, molto bassa, una media di 60 candidati a comune - dico che è molto bassa, perché ho visto, in Sicilia, campagne elettorali con centinaia di candidati per il consiglio comunale, quindi è una cifra assolutamente prudenziale - e, volendo ipotizzare, noi avremmo circa 70 mila persone coinvolte in prima linea come candidati. A loro, inevitabilmente, devono sommarsi tutte le persone che partecipano non da candidati alle campagne elettorali, lo fanno per passione, lo fanno per militanza, altri lo fanno per lavoro: si pensi all'indotto nell'organizzazione delle campagne elettorali.

Quindi, noi mandiamo almeno - ripeto, in via assolutamente prudenziale - mezzo milione di persone, se non di più, ad affrontare una campagna che non definisco nemmeno agostana, perché sappiamo tutti che ciò che il Coronavirus ha interrotto, ossia le febbrili trattative, gli appuntamenti, le riunioni che già si tenevano sui territori interessati dal voto, ovviamente riguardano un arco temporale che non è l'arco temporale ristretto della materiale indizione dei comizi, ma vi è un'attività preparatoria, non da ultimo, ovviamente, anche per la raccolta delle firme di solito, che precede di molti mesi l'appuntamento elettorale in senso stretto, inteso come il giorno in cui i cittadini possono recarsi a votare.

Allora, c'è da fare un approfondimento. Chi ha scritto questo provvedimento - ripeto, ho già svolto le mie considerazioni sui due principali partiti che animano questa maggioranza -, chi materialmente lo ha scritto ha mai affrontato una campagna elettorale? Chi materialmente ha pensato una cosa del genere ha mai provato cosa significhi preparare una lista, organizzare una coalizione, condividere un programma con il quale governare o candidarsi a governare la propria città?

Io onestamente penso di no, perché altrimenti non si giustificherebbe la superficialità, il pressappochismo, con cui si può pensare di mandare gli italiani a fare campagna elettorale in pieno mese di agosto, a meno che - e torno al mio ragionamento iniziale - lo scopo finale sia proprio quello di impedirla la campagna elettorale, così come noi tradizionalmente l'abbiamo sempre conosciuta e l'abbiamo sempre fatta. Io ho avuto la grande fortuna nella mia vita di candidarmi con diversi sistemi elettorali, potendo quindi confrontarmi con campagne elettorali differenti, dalla raccolta delle preferenze, alle elezioni - come quella per il Parlamento - che avviene sulla base di collegi uninominali, avvenuta l'ultima volta, o di liste proporzionali. Ebbene, il filo rosso che lega qualsiasi campagna elettorale, a mio modo di vedere è il contatto con il territorio, il contatto con la gente, il contatto con i cittadini che devono indirizzare la loro preferenza. La partecipazione attiva alla vita della propria comunità politica, alla vita della propria comunità cittadina, si estrinseca proprio così. Volerlo impedire, di fatto, - perché con una previsione del genere lo si impedisce -, che ciò avvenga, è il sintomo di superbia da parte di chi non accetta che il risultato delle elezioni potrebbe essere difforme dal proprio desiderio e dal proprio obiettivo prefissato. Allora, è indispensabile valutare quanti elementi, molti dei quali riguardano diritti costituzionalmente garantiti, vengono sistematicamente calpestati da questa previsione normativa. Faccio una precisazione, che Fratelli d'Italia ha ribadito nei lavori della Commissione. Fratelli d'Italia è sempre stato un partito disponibile alla collaborazione, per arrivare a regole condivise, perché queste elezioni riguardano tutti. Inevitabilmente, all'indomani di questa elezione ci saranno dei partiti che qui dentro gioiranno e altri che piangeranno per il risultato elettorale, ma noi non vorremmo mai che queste emozioni fossero la conseguenza della preordinazione nello stabilire le regole e non la libera espressione del voto popolare. Ecco perché Fratelli d'Italia oggi continua - lo abbiamo fatto per tutta la mattina e continueremo a farlo nel corso della giornata - a denunciare la protervia con cui si manda in Aula un provvedimento del genere, senza aver trovato la condivisione piena con tutti i partiti di opposizione.

C'è un altro tema che ricorre a ogni campagna elettorale, attirando ogni tipo di considerazione. È il famoso tema della par condicio, spesso invocato quando si tratta di presenze televisive, sul quale però io oggi vorrei fare qualche considerazione in più. Infatti, non possiamo nascondere che noi stiamo approdando adesso in una fase 2, che timidamente prende avvio, ma che abbiamo vissuto una lunghissima fase 1, fatta di un sostanziale blocco di quasi tutte le attività che interessano gli italiani; un blocco di tutti i luoghi di aggregazione e confronto, nei quali si è soliti affrontare i temi che riguardano la propria comunità cittadina. Al contrario, noi abbiamo avuto i rappresentanti delle istituzioni in carica, istituzioni di prossimità e istituzioni centrali, sovraesposti da questo fenomeno. Ovviamente, i governatori in carica e i governatori in attesa di entrare in campagna elettorale, al pari di tutti i loro colleghi eletti in epoca più recente, hanno goduto di una sovraesposizione mediatica, di un affidamento che i cittadini hanno rivolto loro, nella speranza che questa epidemia passasse sulla propria regione senza lasciare troppi danni.

Abbiamo avuto sindaci impegnati in prima persona, anche nella gestione degli aiuti da dare alle fasce meno abbienti della popolazione, inevitabilmente più colpite da questa emergenza.

Ecco, io spero che domani nessuna procura d'Italia ci debba raccontare di sindaci che hanno utilizzato questo periodo, in prossimità della campagna elettorale, per gestire anche questi aiuti che sono stati dati. Infatti, qualche polemica sui giornali l'abbiamo letta e io mi auguro che siano polemiche che sui giornali locali trovano lo spazio legato al normale dibattito politico, ma che non contemplino ulteriori tipi di accertamenti, che viceversa si renderebbero necessari ove questi comportamenti fossero connotati da quella opacità sulla quale sarebbe necessario fare chiarezza. Allora, è necessario ripristinare anche un periodo temporale, che possa agevolare una partenza, non dico ad armi pari - perché chi è uscente rimanga uscente -, ma quantomeno una partenza all'esito di un periodo in cui le attività sono riprese regolarmente, così che tutti abbiano la possibilità di confrontarsi con i cittadini e con il corpo elettorale.

È brutto assistere ad atti di prepotenza nella scelta della data, che andrebbe condivisa. È brutto dovere immaginare che vi sia la volontà di scegliere le date del primo turno e degli eventuali ballottaggi, non già, appunto, per garantire piena libertà al corpo elettorale, ma piuttosto per arrivare a un risultato maggiormente auspicato.

Ecco, tutte queste sono le ragioni che hanno portato Fratelli d'Italia ad esternare, già in Commissione e oggi in Assemblea, le proprie perplessità su questo strumento, il decreto-legge, che noi oggi stiamo discutendo nella sua ipotesi di conversione.

Quindi, io credo che i tempi siano maturi e noi oggi abbiamo cercato di spiegare, nel tempo che ci è stato concesso, tutti i motivi che ci portano ad assumere questa posizione. Come dicevo, credo che i tempi siano ormai maturi per rivedere le posizioni su cui la maggioranza e il Governo si sono arroccati in questi giorni e per arrivare ad una soluzione più condivisa, tenendo bene a mente che la vera partecipazione non è e non sarà mai sulla piattaforma Rousseau, con le parlamentarie o con altri strumenti, con cui si vorrebbe sostituire quel libero e democratico esercizio del voto, ma è in una sana e libera campagna elettorale, dove tutti sono messi nelle condizioni di esercitare quei diritti costituzionalmente garantiti.

Qualsiasi altro tentativo di distorsione di quel meccanismo si pone davvero a lambire la sovversione, il rischio di una sovversione. Per tutte queste ragioni, Fratelli d'Italia continuerà questa opera di analisi e denuncia di tutto quello che non va in questo provvedimento. Io credo che sia importantissimo che la nazione arrivi unita all'appuntamento elettorale, al primo appuntamento elettorale dopo questa emergenza. Come negli auspici di tutti coloro che hanno partecipato ai vari flash mob e alle varie iniziative durante questa emergenza, dimostriamo che la politica è andata avanti, che la politica è andata oltre, che c'è la possibilità di trarre buoni insegnamenti da questa drammatica esperienza, per evitare giochini parlamentari, che certamente andrebbero a nuocere sul buon andamento e sul regolare svolgimento delle elezioni, che sono quell'appuntamento vitale della vita democratica di questa nazione, al quale Fratelli d'Italia non intenderà mai rinunciare. Noi speriamo di essere smentiti quando diciamo che le forze di questa maggioranza in realtà vogliono l'esatto contrario. Ovviamente, speriamo di essere smentiti con i fatti e non con le parole (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Bazoli. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI (PD). Grazie, Presidente, solo per avere l'opportunità di fare un ricordo, che non è stato fatto in Aula questa mattina, perché oggi, per la prima volta da 46 anni, in Piazza della Loggia, a Brescia, il 28 maggio non ci sarà una manifestazione pubblica.

Non ci sarà, come invece ci fu 46 anni fa quella mattina piovosa, quando durante una manifestazione organizzata da tutti i partiti antifascisti e dai sindacati esplose una bomba collocata in un cestino dei rifiuti, che falciò i manifestanti, insanguinò le pietre di quella piazza, lasciando otto morti e centinaia di feriti.

Ma l'impossibilità di ritrovarsi oggi insieme, dovuta all'immane tragedia dell'epidemia, che ha colpito in modo particolare la nostra città, non rende meno importante celebrare la memoria sullo sfregio che Brescia sopportò 46 anni fa, perché è vero che la strage di Piazza della Loggia è figlia di un contesto politico che si è esaurito, ma è anche vero che la violenza politica non è sparita, che l'integralismo e il fanatismo sono insidie ancora presenti.

Nel 2017 è arrivata una sentenza definitiva, che per la prima volta ha condannato gli autori della strage: il capo del movimento neofascista Ordine Nuovo, Carlo Maria Maggi, e l'agente infedele dei servizi, Maurizio Tramonte. È stata una pietra miliare dal punto di vista giudiziario, ma lo è anche stata da un punto di vista storico, perché finalmente ha confermato che la strage di Piazza della Loggia maturò in ambienti eversivi neofascisti nel tentativo di favorire una svolta autoritaria nel Paese, e che la verità processuale fu ritardata di oltre quarant'anni per il lavorio di apparati deviati dello Stato, fedeli a un malinteso senso di appartenenza al Patto Atlantico più che alla Repubblica.

Eppure, mi è capitato di sentire e anche recentemente evocare a proposito delle stragi fasciste fantomatiche responsabilità di servizi segreti dell'Europa dell'Est, in una mistificazione che piega la storia ad esigenze di propaganda politica che umiliano insieme alla verità anche le vittime. L'Italia, la nostra democrazia, hanno invece bisogno di diradare i dubbi, dissipare le nebbie, spazzare via gli usi politici e strumentali di quella parte della nostra storia. Solo sulla verità e sulla limpidezza si edifica più forte la democrazia, per questo anche oggi ricordare è importante, e non solo per noi familiari delle vittime (Applausi).

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 2471-A)

PRESIDENTE. Torniamo alla discussione generale. È iscritto a parlare il deputato Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, il provvedimento che è al nostro esame oggi è un provvedimento che, contrariamente a quanto è stato detto nella discussione da parte di molti, non attiene tanto alla campagna elettorale: quella, se non ci fosse stata il COVID, sarebbe stata già ultimata, probabilmente avremmo già anche i nuovi governatori e i nuovi sindaci. Il problema che invece oggi abbiamo di fronte attiene ad una valutazione corretta che dobbiamo fare in ordine a quel principio di prorogatio degli organi che evidentemente può creare in questa fase degli squilibri per quanto riguarda il corretto svolgimento della campagna elettorale. Ciò perché penso che sia sottile l'osservazione che va mossa, ma qui abbiamo dei livelli di governo, del tutto diversi, che vengono tra loro accorpati in un unico election day ma che hanno caratteristiche fondamentalmente diverse.

Partiamo, ad esempio, dai comuni. La prorogatio per le elezioni comunali non ha lo stesso effetto che può avere la prorogatio per quanto riguarda il rinvio dell'elezione di un parlamentare, perché mentre il Parlamento funziona anche senza quell'elezione, per quanto riguarda i comuni la prorogatio consente ad una amministrazione di poter avere più tempo a disposizione per poter fare atti che possono fatalmente influire su quello che è l'esito elettorale. E parliamo soltanto di elezioni di primo livello, perché addirittura questo provvedimento rimanda anche l'elezione per quanto riguarda gli organi di secondo livello, ben sapendo che questi organi di secondo livello non faranno parte del pacchetto election day, perché ovviamente la norma prevede che prima debbano essersi tenute le elezioni comunali oggetto di rinvio.

Cosa poi rilevi in questo zibaldone quello che è un referendum di natura costituzionale, cioè un referendum che, ancorché privo di quorum, porta i cittadini ad esprimersi favorevolmente o in modo contrario ad una riforma costituzionale quale quella del taglio dei parlamentari, è tutto da vedere.

Allora, si sono uniti tanti appuntamenti elettorali - che sarebbero stati, senza il COVID, disgiunti, tra parentesi - per cercare di dare un quadro d'insieme che pur tuttavia non esiste. Non esiste perché non è vero che questo sarà il primo appuntamento elettorale, nel momento in cui ovviamente una regione a statuto speciale come il Trentino-Alto Adige ha già stabilito che le elezioni comunali in Trentino-Alto Adige avranno luogo entro 60 giorni a partire dal 3 maggio. Quindi, in Trentino-Alto Adige si voterà indipendentemente dall'election day, come si voterà indipendentemente dall'election day in Sicilia, in Friuli, e in Sardegna: in Sicilia, dove c'è un disegno di legge, il n. 731, che prevede che le elezioni amministrative debbano svolgersi in un periodo tra l'11 ottobre e il 6 dicembre; in Friuli Venezia Giulia, dove è stato ipotizzato un periodo per le elezioni comunali compreso tra il 15 settembre e il 1° novembre; e in Sardegna, dove la legge regionale già fissa la data all'interno di un arco compreso tra il 24 ottobre e il 29 novembre. Perché ho fatto questi riferimenti? Proprio per dimostrare che, in realtà, gran parte del territorio nazionale che andrà a votare voterà indipendentemente, in date diverse da quelle contenute qui dentro.

Ma soprattutto, a me preoccupa un fatto: che molto superficialmente non si siano tenuti presenti - anche questo è un elemento da valutare - i seggi vacanti, ad esempio per il Parlamento, nella fattispecie ce n'è uno che riguarda la Sardegna: ebbene, avrà una data che è quella ultima dell'8 novembre 2020.

Insomma, abbiamo una tabella che sembra fatta apposta per fare confusione. E questo è il vero senso di questo decreto-legge: fare confusione, in modo tale che gli elettori pieni di schede non abbiano contezza piena dei candidati che ci saranno, perché probabilmente si vuol far fare una campagna elettorale un po' in sordina, giustappunto per evitare che la gente possa scegliere. Allora, io mi permetto di fare alcune osservazioni.

Quando prima ponevo il problema della prorogatio, è un tema evidentemente che non ha molto a che spartire col procedimento elettorale in quanto tale, perché noi sappiamo bene che questo decreto non fissa, né potrebbe farlo, la data delle elezioni; però, attenzione, vi è una corrispondenza d'amorosi sensi tra questo decreto e le regioni, se si vuole rispettare quelle che sono le decisioni della Corte costituzionale.

La Corte costituzionale ha, sì, ammesso, a suo tempo, la legge regionale dell'Abruzzo, la n. 1 del 2002, che posticipava entro un termine di 90 giorni l'effettuazione delle elezioni regionali rispetto alla scadenza del consiglio regionale, ma lo faceva sulla base di un principio di ragionevolezza che trovava una sua fonte, quantomeno di abbeveramento costituzionale, nell'articolo 61, comma 1, della Costituzione, quando si prevede che le elezioni delle nuove Camere debbano avvenire entro 70 giorni dallo scioglimento delle Camere che le hanno precedute. E allora, vedete, il termine di 70 e 90 giorni era stato valutato dalla Corte costituzionale come un termine che, avendo un principio di ragionevolezza, poteva essere accettato.

Qui, di fatto, però, la situazione è diversa, perché noi alla fine di questo provvedimento avremo prorogato di circa 150 giorni i consiglieri regionali in carica, ma voi come me sapete molto meglio che in realtà vi saranno poi altri 30-35 giorni, a secondo delle varie leggi regionali, per quella che è la vera fase nuova delle regioni, cioè l'insediamento del consiglio regionale, la nomina degli organi del consiglio regionale, il presidente del consiglio regionale, l'ufficio di presidenza, per poi andare alle commissioni. E in questo senso, vedete, io penso che la cosa assuma molto rilievo tenendo presente che, a differenza di altri enti, le regioni hanno un potere di condizionamento, con provvedimenti di natura a volte anche elettorale, molto forte.

E allora, quando Fratelli d'Italia ha chiesto di mettere le carte in tavola, non l'ha chiesto ovviamente perché si pensa che una settimana o due settimane possano risolvere la questione, ma perché proprio il tema non è quello della data in quanto tale, ma della possibilità che gli elettori abbiano di potersi compiutamente fare un'opinione su quelle che sono le coalizioni tra loro alternative. Perché è vero che le campagne elettorali, tra virgolette, durano se va bene 25 giorni, ma ci sono 25 giorni che possono essere utilizzati pieni e 25 giorni per i quali praticamente è come se la consultazione elettorale non esistesse. Certo, nessuno, e anche questo è vero, ha mai detto di non votare in agosto: voi sapete benissimo che le leggi, ad esempio, sugli enti locali fissavano un periodo, proprio quello primaverile, entro il quale si dovessero tenere le elezioni comunali per poter provvedere. E, allora, non si capisce per quale motivo, nel momento in cui già si dice “60 giorni a partire dal 2 agosto”, non si debba andare all'ultima data utile e possibile, che sarebbe quella della prima settimana di ottobre, in ragione poi dei sei giorni successivi ai quali ci si può appellare, per far sì che la campagna elettorale si sviluppi e si abbia nel momento in cui gli elettori su quella possono essere concentrati e attenzionati.

Vede, io penso, signor rappresentante del Governo, che se non ci fosse un pregiudizio, che è quello del tentare la furbizia di dire prima si vota, meglio è, in modo tale che gli uscenti siano favoriti… E sotto questo profilo penso che nessuno abbia il coraggio di smentirmi: è ovvio che nella situazione che c'è stata, di sospensione della politica per alcuni mesi, della sospensione della possibilità di far politica, della sospensione di ogni manifestazione politica ormai dalla fine di febbraio, beh, è evidente che le uniche figure che sui territori, in ragione di quella che è la carica istituzionale, sono state verificate dai cittadini, sono state “palpate” dai cittadini, di cui i cittadini hanno avuto piena contezza, sono stati i presidenti delle regioni. Non dico neanche i consigli regionali, perché i consigli regionali si sono tenuti in gran parte, se non esclusivamente, da remoto, e se andate a vedere le attività sono state ridotte effettivamente agli atti urgenti e indifferibili, in questo caso, sì. Ma è evidente che sotto i riflettori ci sono andati - giustamente, perché erano temi e problemi che riguardavano la regione - i presidenti della regione. Parlo per una regione che non è oggetto di rinnovo, ma voi pensate quanto spazio ha avuto il presidente della regione Emilia-Romagna, essendo egli anche il presidente della Conferenza Stato-regioni: in questi ultimi tre mesi ne ha avuto più sui media degli ultimi cinque anni in cui ha fatto il presidente della regione. E, quindi, anche sotto questo profilo, il consentire un riequilibrio della possibilità di confronto tra le coalizioni appare indispensabile.

Invece, qui si è introdotto un sistema sibillino per il quale, soprattutto per le elezioni dei consigli comunali, al di là della riduzione delle firme e del numero delle firme, si cerca in tutti i modi di far sì che gli amministratori uscenti siano in un certo senso garantiti. E perché garantiti? Ma perché nei consigli comunali voi sapete che, nonostante lo scioglimento, fino al giorno in cui non viene insediato il nuovo consiglio comunale, il vecchio consiglio comunale può decidere; e in una situazione ancora di emergenza, come si fa a non riunire il consiglio comunale, ad esempio per approvare il conto consuntivo o per applicare l'avanzo di amministrazione che esce dal conto consuntivo? E se l'avanzo di amministrazione lo si va ad applicare - che so io? - al 10 settembre, non è un avanzo di amministrazione che, applicato e ben pompato, dà un'idea ai cittadini che quella amministrazione sta veramente facendo gli interessi dei cittadini anche se per cinque anni non ha fatto nulla? È questa la contraddizione, più istituzionale che politica, ma sicuramente con grande influenza politica più che istituzionale, che voi avete cercato di studiare.

E, non ultimo, debbo dire che proprio per la captatio benevolentiae che qualcuno ha voluto introdurre in questa sede, beh, l'accorpare ad elezioni, scusatemi, dove ci si dovrebbe riferire a problemi del territorio, l'andare ad accorpare anche il referendum, è evidentemente un tentativo di sviare l'attenzione su quello che era un referendum per noi inutile: perché, per quanto ci riguarda, il gruppo di Fratelli d'Italia nei quattro passaggi parlamentari ha sempre votato a favore della riduzione del numero dei parlamentari, non abbiamo avuto alcun dubbio al riguardo. E allora, proprio perché non abbiamo avuto alcun dubbio al riguardo, nessuno di noi si è mai sognato, il giorno dopo a quello in cui la legge è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, ma per essere promulgata necessitava, se del caso, di passare attraverso l'istituto del referendum se e in quanto richiesto; ebbene, non raccogliendosi il numero sufficiente di firme tra i cittadini, qualche partito ha pensato bene di organizzare quella raccolta di firme tra i parlamentari e dei parlamentari di Camera e Senato che hanno portato alla celebrazione di un referendum che è inutile sotto il profilo dell'esito, ma che è anche abbastanza sconcertante sotto il profilo politico, visto che quattro passaggi parlamentari avevano già sancito la riduzione dei parlamentari. Beh, il gruppo di Fratelli d'Italia non ha sicuramente alcun parlamentare che ha sottoscritto quella richiesta, mentre tutti gli altri gruppi qui rappresentati hanno almeno un parlamentare che ha prestato la propria firma a quella richiesta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

E dico questo anche in termini di spese inutili, perché si tiene un referendum su una materia che, a livello di opinione pubblica, è già data per scontata in partenza e, quindi, ben sapendo, i proponenti di quel referendum, l'esito di quel referendum; sarà 90 per cento-10 per cento, sarà 88 per cento-12 per cento, ma non c'è dubbio sul risultato confermativo della riforma costituzionale. Ma questo era stato un grimaldello che si era utilizzato perché, nel momento in cui il quadro politico stava passando dal Governo giallo-verde al Governo giallo-rosso, quel grimaldello serviva per cercare di non fare andare a votare i cittadini, con la scusa che non si può votare con un Parlamento di 630 parlamentari quando già il Parlamento stesso ha deciso di ridurre il numero dei parlamentari della Camera, oltre che del Senato. E, allora, noi diciamo che questo è un gioco dal quale risulta chiaramente che il re è nudo: non sapendo più cosa fare per intestarvi un qualcosa, avete organizzato questo election day che non ha nulla a che fare con i vecchi election day. Aggiungerò anche una cosa: il rinvio delle elezioni non è una cosa nuova, capitò anche per il terremoto de L'Aquila, ma andate a vedere la differenza dei tempi, dei modi e dei metodi di quella scelta.

Quindi, signor rappresentante del Governo, le confermo che, da parte di Fratelli d'Italia, c'è solo una richiesta: lasciate la possibilità che i cittadini possano sentire e possano partecipare ad un momento elettorale. È evidente che il grande distanziometro politico che c'è stato in questo periodo ha svantaggiato le coalizioni sfidanti, questo è innegabile. Noi, anche per la manifestazione del 2 giugno, abbiamo dovuto necessariamente organizzarci per rispettare ovviamente le norme di legge, ma questo implica che vi sarà una partecipazione qualificata, ma non sicuramente una partecipazione diffusa come sarebbe stato in tempi normali.

Ma, se è così per una manifestazione, pensate che sia diverso per le elezioni regionali o comunali? Ma è ovvio che il sindaco uscente farà il corso, stringerà un po' di mani e avrà già chiuso la sua campagna elettorale; diverso è per quello che deve sfidare che, probabilmente, in questi sei mesi…Se dovessi parlare delle mie zone, vi dico che non uscivano di casa. Il sindaco poteva uscire, ma lo sfidante sindaco non poteva uscire di casa. E già questo non vi dà l'idea di uno squilibrio che, anche sotto il profilo, prima ancora che politico, istituzionale, non esiste? E allora, signor rappresentante del Governo, lei, che è persona che viene dal mondo dell'amministrazione, queste cose le sa e, fortunatamente, ben le conosce: cerchi di spiegare ai rappresentanti del Governo e, soprattutto, al Ministro dell'Interno, che, se si va alla data più lontana possibile, rispetto ai 60 giorni, dal 2 agosto, si fa il bene della democrazia italiana, perché si cerca di dare più possibilità di confronto dopo sei mesi in cui questo confronto è praticamente venuto meno. Se, invece, volete cercare di fare delle elezioni che siano elezioni truffa, allora, sarebbe stato molto meglio ispirarsi a leggi elettorali che avevano quel sapore e non a decreti-legge come questo, che hanno l'amarezza di non tener presente minimamente la sofferenza che ha vissuto il popolo italiano in questi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Calabria, che non c'è: si intende che vi abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare il deputato Butti. Ne ha facoltà.

ALESSIO BUTTI (FDI). Presidente, onorevole sottosegretario, colleghi, il collega Foti si è intrattenuto in una serie di questioni tecniche, che ovviamente noi condividiamo, e lo ha fatto con dovizia di particolari, per cui consentirà a me di trattare qualche argomento invece più di carattere politico. Cominciamo, ad esempio, con il dirci che stiamo parlando di un decreto che dovrebbe fissare una data che in realtà non c'è; ed è proprio su quella data che si sono scatenate le diplomazie all'interno, ovviamente, della maggioranza che sostiene il Governo, perché sappiamo esserci delle oggettive differenze tra le forze che compongono la maggioranza anche per individuare semplicemente la data in cui svolgere delle elezioni. Peraltro, la data che circola e che aleggia nei corridoi è una data molto particolare, per il semplice fatto che va a coincidere con un'altra delicata questione, che è quella della riapertura delle scuole.

Noi ricordiamo tutti quanti che le scuole sono chiuse già da qualche mese, che il Ministro della Pubblica istruzione sta ipotizzando una riapertura a scaglioni; addirittura si pensa che gli studenti delle scuole superiori debbano proseguire online la loro didattica e il loro percorso didattico, e quindi sappiamo perfettamente che la metà di settembre, l'inizio di settembre è un periodo scabroso sotto questo punto di vista. In più, c'è il solito contrasto con le regioni, con i presidenti delle regioni. Peraltro, voi direte che non siamo nuovi a questo tipo di contrasto e di contenzioso per il semplice fatto che è, dall'apertura della situazione di emergenza, che siamo in disaccordo, e peraltro lo dimostriamo anche con le decisioni assunte dai presidenti delle regioni.

Questo ovviamente configura un altro aspetto politico importante e determinante che, ancora una volta, ha tra i colpevoli una componente importante di questa maggioranza di Governo, e cioè il PD, perché queste discrasie sono il frutto di una malsana applicazione della riforma del Titolo V della Costituzione, quello voluto giustappunto dall'allora Governo di sinistra nel 2001.

La destra politica di quell'epoca, in quest'Aula e nell'Aula del Senato, e nelle piazze, perché allora si poteva manifestare, cercò di far comprendere quanto fosse difficile applicare il prodotto di quel compromesso al ribasso. Abbiamo delle materie che sono evidentemente di competenza esclusiva dello Stato, delle materie che sono competenza esclusiva delle regioni, delle materie concorrenti che, in questa crisi, si sono tradotte suppergiù su questo ragionamento: ma le mascherine le devo procurare io o le devi procurare tu? Ma i ventilatori per la terapia intensiva li devo procurare io o li devi procurare tu? Ma la decretazione delle zone rosse la devo fare io o la devi fare tu? E siamo arrivati fino a qualche ora fa, qualche giorno fa, quando la Conferenza Stato-Regioni, ma soprattutto cinque presidenti di regione che andranno al voto, quando lo deciderete, hanno vergato e sottoscritto un documento inviato al Presidente del Consiglio. In quel documento chiedono, evidentemente, di votare il prima possibile; ma il prima possibile significa prima della pausa estiva di agosto. Questo sottende, ovviamente, un problema politico anche all'interno della vostra maggioranza, perché è del tutto evidente, e lo vedremo anche nel seguito di questo mio breve intervento, che i 5 Stelle intendano ottimizzare quella che ritengono essere una loro vittoria - così non è, evidentemente -, ossia il taglio del numero dei parlamentari. Così non è perché chi parla ha votato almeno tre volte insieme ad altri colleghi - vedo alla mia destra sicuramente il collega Foti - il taglio del numero dei parlamentari e furono poi i referendum popolari, di fatto, a bocciare quel tipo di proposta.

Per cui trovo strano che siano i colleghi Cinque Stelle ad appropriarsi di una battaglia che è storica, che arriva da lontano, ma comunque loro, che sono un po' nella disperazione, evidentemente perché stanno faticando nell'aggregazione del consenso, ritengono di poter sfruttare anche il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari pur di accreditarsi nei confronti dei cittadini elettori. C'è un silenzio assordante, devo dire, su questo tema anche da parte del Quirinale; non è il mio evidentemente un attacco, è solo una affermazione di natura e di carattere politico, e poi c'è l'imbarazzo del Partito Democratico. In tutto questo momento emergenziale, anziché pensare, come dovrebbe fare una maggioranza di Governo e un Governo, ai problemi veri dei cittadini, rispunta l'elaborazione di una riforma elettorale, ovviamente in stile proporzionale, da sottoporre al Parlamento per l'approvazione e per consentire, quindi, ai cittadini italiani di tornare - non si sa quando - al voto, ma con un sistema proporzionale, un sistema che ci riporterebbe indietro addirittura agli anni Novanta, quando le segreterie dei partiti facevano una campagna elettorale tutti contro tutti, perché tanto poi le aggregazioni governative venivano realizzate in Parlamento. È una cosa che noi non vorremmo mai più rivedere: l'abbiamo vissuta come esperienza politica traumatica e traumatizzante. Preferiremmo un'altra soluzione di architettura per la formazione del Governo e per la formazione del Parlamento. Come è stato brillantemente detto da chi mi ha preceduto, qui siamo in presenza di una Costituzione calpestata e voglio anche manifestarle un mio disagio, perché mai più avrei pensato in quest'Aula di poter difendere una Costituzione nata in quella parentesi temporale e in quel contesto e con quei contenuti, quindi lei capirà un po' anche il mio disagio). A memoria - e ho una certa esperienza a livello politico - non ricordo mai di aver visto abbinata una elezione amministrativa con lo svolgimento di un referendum costituzionale. I motivi sono abbastanza semplici: in una campagna elettorale per due obiettivi completamente diversi, c'è ovviamente anche il rischio di inquinamento dei contenuti della campagna elettorale. Da una parte si parla di una riforma della Costituzione, dall'altra si parla dei marciapiedi, dei tombini, con tutto il rispetto per i marciapiedi e per i tombini, e per le campagne elettorali dei sindaci, dei consiglieri comunali e dei presidenti delle regioni. E ci sarà anche un motivo se la legge dell'election day, che è stata istituita nel 2011, mette insieme un po' tutte le elezioni possibili e immaginabili e arriva a comprendere anche il referendum, ma non il referendum costituzionale: ci sarà un motivo o il legislatore nel 2011 era letteralmente impazzito? Un motivo c'è, ed è quello che umilmente ho cercato di rappresentare. Inoltre, che motivo c'è per i colleghi dei Cinque Stelle a continuare nella ricerca di un traino per il loro referendum costituzionale proprio nell'elezione regionale o nelle elezioni amministrative? Non c'è quorum. Loro probabilmente, come è stato detto, pretendono di stravincere per potersi giocare questa carta nel campo della comunicazione politica, cioè, torniamo al discorso di prima, nell'aggregazione del consenso; quindi, utilizzano il referendum costituzionale, la riforma della Costituzione e un decreto-legge che consente di differire i termini per lo svolgimento delle elezioni amministrative a proprio uso e consumo, esclusivamente per l'aggregazione del consenso. E, invece, un quesito referendario così importante, che modifica cioè la Costituzione, dovrebbe ingenerare nei cittadini un sentimento riflessivo assai diverso dai movimenti di pancia che generalmente portano tutti quanti al voto per il sindaco o per il presidente della regione.

Quando prima ho citato la legge dell'election day, per essere precisi, mi riferivo all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011. C'è un altro aspetto importante: voi vorreste abbinare il referendum sulla riforma della Costituzione ad un'elezione che, di fatto, è un'elezione a macchia di leopardo, perché non tutte le venti regioni italiane andranno al voto. Quindi noi rischiamo che vi sia una adesione o meno al referendum, quindi anche al contenuto culturale e politico di quel referendum, a macchia di leopardo. Ma la nostra Costituzione merita davvero questo? Ma merita davvero questo il lavoro parlamentare che, come ha ricordato il collega Foti, anche il gruppo di Fratelli d'Italia ha sostenuto nelle quattro letture, votando sempre a favore della riduzione e del taglio del numero dei parlamentari? Ma vale davvero la pena? Noi non possiamo consentire che qualcuno strumentalizzi tutto, a proprio vantaggio evidentemente, con un referendum costituzionale solo ed esclusivamente per aggregare il consenso. Infatti, in questo caso, si gioca anche l'assetto dell'ordinamento democratico. Qui c'è un fatto di rappresentanza, che io posso comprendere sia un concetto assolutamente astruso per chi ancora si rifà - un po' meno che in passato per la verità - alla questione dell'uno conta uno. Il concetto di rappresentanza è fondamentale perché significa che a un tot numero di eletti deve corrispondere un tot numero di elettori, e che tutti gli elettori devono essere rappresentati in modo equo e dignitoso dai loro rappresentanti in Parlamento. Inoltre voglio anche dire che sfruttare e strumentalizzare sotto il profilo politico un referendum costituzionale - lo dico ai colleghi dei Cinque Stelle - non porta bene (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Lo ha già fatto un signore che si chiama Matteo Renzi nel 2016, quando sfruttò per la propria sopravvivenza politica - tentò quantomeno di sfruttare - gli esiti di quel referendum e questo fu il risultato: venne battuto proprio perché antipatico; venne battuta la sua proposta politica, ma quello che ci interessa è il fatto che è stato battuto il tentativo di strumentalizzare una riforma della Costituzione. Certamente la disperazione di Renzi è pari alla disperazione dei Cinque Stelle, che sono entrati qui con il 32-33 per cento e oggi veleggiano nei sondaggi attorno al 13-14 per cento, dopo i fallimenti già conseguiti nelle elezioni sul territorio.

C'è un ultimo aspetto che vorrei trattare perché noi non ci fidiamo di voi (non, segnatamente, di lei, onorevole sottosegretario, in quanto la mia è naturalmente una valutazione di ordine politico). Non ci fidiamo per le modalità che utilizzate per la comunicazione politica e questo è un fatto fondamentale, perché quella che affronteremo in piena estate sarà una campagna elettorale anomala sotto tutti i punti di vista: perché inserita in una parentesi stagionale estiva; perché comunque frutto di una emergenza sanitaria ancora ben visibile se non altro sotto il profilo dello shock negli italiani; perché non consentirà assembramenti. Allora, quando le campagne elettorali si svolgono con queste caratteristiche è inevitabile che gli strumenti principe risultino la stampa ma ancor di più la televisione e, in misura ragguardevole, anche i social. Ma può la piazza virtuale rappresentata dai social, per mille motivi che evidentemente evito di ricordare, offrire le stesse garanzie democratiche della campagna tradizionale? No che non può. Non può perché sui social c'è un problema di veridicità della notizia, di attendibilità della fonte; sui social sta girando tanta spazzatura che anche la Presidenza del Consiglio si è vista costretta a costituire una task force, tanto per cambiare, proprio sulle fake news.

E, allora, lo strumento principe sarà ancora sua maestà la televisione, segnatamente le emittenti nazionali ma anche, ovviamente, quelle regionali, segnatamente quelle regionali perché generalmente, come dicono le statistiche e i sondaggi, i media più attendibili in campagna elettorale sono quelli istituzionali e in Italia i media istituzionali per antonomasia sono le reti RAI, a torto o a ragione sono comunque le reti RAI. E qualche settimana fa si è conclusa l'ennesima occupazione selvaggia da parte del PD e dei 5 Stelle degli ultimi posti rimasti liberi a livello dirigenziale nell'organigramma della RAI, e parlo di direttori di rete, di vicedirettori di rete, di direttori di testate, di vicedirettori di testate eccetera eccetera eccetera.

Non c'è solo un'occupazione politica della RAI; c'è un'occupazione militare e fisica da parte vostra della RAI (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e, quindi, noi non ci fidiamo. La dimostrazione, la prova del nove eccola qui. Ma quante volte il Presidente Conte, nel momento massimo di ascolto del peak time, si è presentato agli italiani a reti unificate per trasmettere le sue sensazioni, le sue opinioni da satrapo, come ci ha abituato a fare, per illustrare i suoi DPCM dei quali tanto abbiamo discusso in Aula? E c'era forse una conferenza stampa? Era forse consentito ai giornalisti di poter interloquire o di rivolgere una domanda? No: era un soliloquio!

E vogliamo andare a vedere i dati Auditel? Vogliamo andare a vedere i dati offerti da tutti gli osservatòri sulle presenze di Ministri, sottosegretari, rappresentanti del Governo e della maggioranza nei TG e nelle reti RAI, nei talk show, rispetto a quelli dell'opposizione? Andiamo, andiamo a vederli questi numeri e queste percentuali: le sorprese sono scioccanti.

Quindi, noi non ci fidiamo! La gente ha il diritto di poter esprimere un voto consapevole e il voto consapevole può essere espresso esclusivamente in presenza di un sistema d'informazione trasparente. Figuriamoci, poi, che alla comunicazione politica non ci crede più neanche Casaleggio sui social, perché vedo che hanno rinunciato anche a quello che dicevano fino a qualche mese fa gli amici e i colleghi del 5 Stelle, cioè: “Non andate in televisione, usate solo i social”. Adesso su tutti i programmi di intrattenimento c'è un collega, un Ministro o un sottosegretario dei 5 Stelle sempre e spesso senza un contraddittorio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

E, allora, non siamo ancora attrezzati per una campagna elettorale solo su Internet: non siamo attrezzati culturalmente ma non siamo attrezzati nemmeno tecnicamente e tecnologicamente, perché da due anni chiediamo di poter avere un piano BUL, banda ultra larga, che sia degno di un Paese, settima potenza industriale od ottava potenza industriale (nel frattempo, siete stati al Governo un annetto e probabilmente siamo anche scesi un po' nel rating del mondo). Però, è evidente che non siamo ancora attrezzati per poter fare una campagna elettorale solo sui social e, quindi, resta la TV; la TV con la legge n. 28 del 2000, che è quella sulla par condicio, che è chiarissima.

E, allora, mi permetto di ricordarlo ai colleghi ma, soprattutto, ai rappresentanti del Governo perché, vedete, quella legge non è che disciplina l'informazione e l'accesso ai mezzi di informazione solo nelle campagne elettorali: non è così! Io ho sentito un illustre suo collega qualche sera fa in un talk show di un'emittente nazionale privata dire una sciocchezza. Capita spesso, ma questa era veramente una sciocchezza comprovata, perché la legge sulla par condicio garantisce tutti i soggetti politici in tutti i periodi dell'anno, in tutte le quattro stagioni, in campagna elettorale come nei periodi di non campagna elettorale.

Quindi, concludo dicendo che questo teatrino che avete organizzato anche sulla data delle elezioni - anche sulla data delle elezioni! - non consente ai cittadini - e l'ho detto poco fa - di fare in modo che possano formarsi consapevolmente e informarsi consapevolmente per poter esprimere compiutamente il loro voto.

È stato detto da tutti i colleghi del gruppo di Fratelli d'Italia. Attendiamo quelle che sono, ovviamente, le vostre indicazioni, ma occorre dare il diritto di voto ai cittadini italiani - e sarebbe meglio farlo anche a livello nazionale - e per farlo dobbiamo renderli consapevoli (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Felice Maurizio D'Ettore. Ne ha facoltà. Prego, a lei la parola. Riprovi.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). No, non era acceso.

PRESIDENTE. Non polemizziamo poi tra colleghi di partito. Prego.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Grazie, Presidente. I lunghi lavori della Commissione affari costituzionali non hanno avuto esito, caro sottosegretario. Direi anzi che, nonostante la sua disponibilità e anche la sua adeguatezza al ruolo, purtroppo non sempre presente nei lavori della Camera e non solo, si è potuto appurare che la ratio di questo provvedimento “Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020” è una ratio che parte da tre elementi, che lei stesso ci ha rappresentato, individuando l'intenzione del legislatore rispetto al decreto-legge.

C'è l'eccezionalità della situazione che ha determinato la necessità d'intervenire su tutte le consultazioni elettorali previste nel 2020 e, quindi, l'utilizzo di uno strumento del tutto straordinario attraverso il provvedimento tipico della decretazione d'urgenza per tentare di ovviare a una situazione che dipende dalle valutazioni proprie dell'emergenza sanitaria. E, quindi, questa eccezionalità e straordinarietà avrebbero spinto alla valutazione di alcune finestre elettorali per le consultazioni di più e diversi momenti elettorali, quali le suppletive per la Camera e il Senato, l'elezione dei consigli comunali e circoscrizionali, l'elezione dei consigli provinciali e dei presidenti delle province, le elezioni e il rinnovo dei consigli regionali per l'elezione del presidente nelle regioni a statuto ordinario. Questo è il primo elemento.

Secondo elemento: lei ci ha ricordato che il termine del 20 è intento del legislatore determinarlo come primo dies a quo della finestra elettorale ma ritenendo che quel giorno, il 20 settembre, possa essere, in effetti, il giorno dell'election day, il giorno nel quale tutte queste consultazioni – e dimentichiamo il referendum costituzionale per la riduzione dei parlamentari - si possono svolgere.

Il terzo elemento, da lei in parte riportato nei lavori della Commissione affari costituzionali - ed è bene ricordarlo, perché ho visto molti interventi ma non si sono ricordati i passaggi fondamentali - è quello, che poi è stato anche rappresentato dal collega Ceccanti e da altri, che questo provvedimento è un provvedimento che non riguarda la forma elettorale; è un provvedimento che riguarda le consultazioni ma è di contorno, quindi si inserisce anche nel procedimento elettorale, si inserisce nella data delle elezioni ma non è propriamente un provvedimento che va a toccare l'articolo 72, quarto comma, della Costituzione, con riguardo alla materia puramente elettorale.

Ebbene, queste tre direttive con le quali vi siete mossi come maggioranza - e il Governo è stato molto chiaro – spesso, nella Commissione affari costituzionali, da parte del relatore e del presidente venivano smentite, come se non fosse vero che il 20 settembre, così come in tutta la stampa nazionale si sta dicendo, si sarebbero svolte le elezioni.

E, allora, partiamo da questa eccezionalità. La eccezionalità del provvedimento non giustifica una valutazione di contorno con riguardo a ciò che stiamo facendo. Non la giustifica perché questo provvedimento non è per nulla provvedimento di contorno. Sull'eccezionalità non c'è ombra di dubbio.

Anche i miei interventi, come lei ha visto e come il relatore può testimoniare, erano volti a dire “sì”, comprendiamo l'eccezionalità, come gruppo di Forza Italia, ne cogliamo l'esigenza, con riguardo anche alla fissazione della finestra elettorale, ma non ci potete dire che questo è un provvedimento di mero contorno, tant'è vero che questo provvedimento incide fortemente sul procedimento elettorale, dalla raccolta delle firme fino all'autentica, fino a tutto ciò che deve essere svolto nel procedimento, non solo,incide sulla forma elettorale, perché determina in un solo giorno la presenza di più consultazioni elettorali, soprattutto in un momento del tutto particolare quale quello del 20 settembre che è subito dopo la prima apertura delle scuole.

Quindi, questa eccezionalità, che noi abbiamo compreso, è già di per sé insita nel provvedimento, perché già deroghiamo alle norme ordinarie in materia di consultazioni elettorali. E se io derogo alle norme ordinarie in materia di consultazioni elettorali sono alla forma elettorale, non al contorno. E se partiamo da questo presupposto, già le opposizioni hanno condiviso o tentato di condividere questa giustificazione, questa ratio normativa che non è del tutto presente, perché l'emergenza COVID-19 ci porta a fare queste valutazioni, ma questo avrebbe determinato, o avrebbe dovuto determinare, da parte del Governo e della maggioranza, un atteggiamento, appunto, di condivisione; se è eccezionale lo strumento, se siamo in materia comunque elettorale, non di mero contorno, ma anche se fossimo in materia di mero contorno, determinando una finestra elettorale che non è finestra, perché voi avete fissato al 20 settembre, mi domando dove sia la ragionevolezza della scelta e mi domando perché non ci possa essere un'intesa.

Lei, sottosegretario, aveva avuto una piccola apertura su questa intesa, nel senso di concordare quantomeno con le opposizioni la differenziazione fra il giorno di consultazione elettorale per le amministrative e le regionali - tenuto conto che ci sono anche molti comuni che poi vanno al ballottaggio, probabilmente, e una quantità di comuni sopra i 15 mila abitanti – e il giorno di consultazione per il referendum. È, comunque, un intervento, c'è una piccola norma sul procedimento elettorale, che doveva essere visto alla luce di quelle che erano le valutazioni del Comitato tecnico-scientifico. Questa sua piccola apertura subito, come dire, è tornata indietro, con un atto di retrocessione piena, perché non sappiamo in questo momento qual sia la volontà della maggioranza. Rinviamo ancora una volta l'esame e l'approvazione del provvedimento, ma, ancora, non sappiamo quale sia l'opzione scelta. È politica, è un'opzione politica, diciamocelo chiaramente, è una scelta politica. C'è chi insiste per uno svolgimento delle consultazioni in tempi molto rapidi, al 20 settembre, giustificandolo con le valutazioni del Comitato tecnico-scientifico. Ma, il Comitato tecnico-scientifico è la parte che ha valutato - abbiamo gli atti, ne abbiamo discusso in Commissione -, non è che ha detto: è impossibile farlo il 27 o in altra data. Di questo ne sta dando atto anche lei, mi pare, ne abbiamo discusso in Commissione, i resoconti della Commissione lo possono chiaramente dimostrare. Quindi, è evidente che non c'è questa necessità di non trovare un'intesa con l'opposizione sulla base di un presupposto relativo alla valutazione epidemiologica o del rischio sanitario, non c'è, non c'è. Allora, il 20 settembre facciamo un calcolo, andiamo al mero e semplice procedimento elettorale; chi di noi ha avuto, chi dice: l'avventura, chi la fortuna, ma è comunque un momento molto importante, di svolgere il compito di consigliere comunale o il compito di segretario provinciale di un partito o regionale, sa benissimo quali sono le incombenze, gli adempimenti dell'iter. Ieri, il sottosegretario ci diceva: sì, ma c'è una norma che prevedrà un protocollo sanitario. Ma il procedimento elettorale prevede la raccolta delle firme, ad agosto, a Ferragosto, l'autentica delle firme con l'autenticatore che deve andare dietro a chi è il presentatore della lista per richiedere le sottoscrizioni, la differenziazione che va fatta tra elezioni comunali ed elezioni regionali, in molte regioni, e noi lo sappiamo, ci sono circoscrizioni molto ampie e le firme, anche se ridotte di un terzo, in ogni caso devono essere raccolte, non è la quantità di firme, è che devono essere raccolte, e ci sono regioni, come la Campania, dove si arriva fino a 3 mila firme, pur riducendole di un terzo, siamo a mille, e in regione Toscana, se una lista non è rappresentata, non è esentata dalla sottoscrizione, sono esentate le liste che sono rappresentate in consiglio regionale o che hanno una rappresentanza nazionale, cioè i partiti che sono nelle assemblee elettive già rappresentati, ma molti che vogliono presentarsi e fare una lista alle regionali, anche liste civiche, non possono farlo con questo sistema. Quindi, il procedimento elettorale doveva essere sottoposto a una valutazione specifica della parte tecnico-scientifica e non mi risulta che sia stata svolta questa valutazione, ossia al di là del giorno delle elezioni, c'è la questione del procedimento elettorale per giungere alle elezioni, la raccolta delle firme, l'autenticazione, la consegna, le circondariali che devono decidere, le prefetture, tutto un meccanismo complesso. Pensiamo all'autenticazione: ma chi manderà più dal segretario comunale o dal soggetto autorizzato all'autentica, nel comune, a sottoscrivere - che ne so? - l'accettazione di candidatura o a sottoscrivere la lista? Non sarà più fatto. Dovranno farlo i consiglieri comunali e provinciali che hanno dichiarato la disponibilità all'autentica presso il loro ente di competenza e, quindi, dovranno andare in giro a trovare le firme. Ma, poi, la raccolta delle firme è anche un momento per far conoscere la lista, per far conoscere i candidati, è un momento importante del procedimento elettorale e, quindi, non c'è una valutazione da questo punto di vista sul piano scientifico, non è definitiva quella valutazione. Quindi, manca totalmente un pezzo nella combinazione del disposto normativo con riguardo al procedimento elettorale, alla valutazione dei rischi, soprattutto, tenendo conto che tutto ciò dovrà essere fatto a Ferragosto. I termini sono quelli, quand'è che uno raccoglie le firme? Nei primi di agosto e, poi, nel periodo di Ferragosto e subito dopo. Già il termine che avevamo visto, dal 13 al 14 settembre, era incredibile, perché si dovevano consegnare le liste il 14 di agosto; ora, siamo lì, e poi ci troveremo di fronte - andiamo a questioni pratiche - all'apertura delle scuole; appena aperte le scuole, le chiudiamo subito, dopo pochi giorni, in molte regioni, per svolgere la consultazione elettorale. Con quali rischi, con quali metodi? Ci sarà un protocollo. No, il protocollo, lo vedremo, ma prima del protocollo, siccome stiamo parlando di una elezione in un giorno, in due giorni, dove concentriamo tutto il corpo elettorale che deve muoversi per quella tornata elettorale – regionali, comunali e referendum - bisogna capire, poi, come svolgerla in quei giorni. E qual è la differenza tra il 20 e il 27? Non si è capito, nessuno ce l'ha spiegato.

Allora, diciamo che c'è una scelta politica, da parte del Governo, di usare uno strumento straordinario come il decreto-legge in una materia, non di mero contorno elettorale, ma che incide sulla forma del procedimento elettorale, sullo svolgimento delle procedure elettorali e sulla stessa consultazione elettorale, scelta politica che non è sottoposta ad alcuna intesa e condivisione con le opposizioni. Questo è impossibile. Perché anche se vogliamo discutere e far rientrare le nostre valutazioni all'interno della normale decretazione d'urgenza e non toccare l'articolo 72, quarto comma, sulla riserva di legge e sul procedimento elettorale ordinario, fatto dal Parlamento, senza intervento della decretazione d'urgenza del Governo, pur volendo, per mera ipotesi, aderire a quella che è la tesi che più volte ci hanno ricordato il collega Ceccanti ed altri, in ogni caso, trattiamo in maniera profonda l'attività elettorale, lo facciamo con scelte politiche di parte, senza un'intesa con le opposizioni, con le minoranze, per modo di dire, perché, poi, qui la minoranza è la maggioranza, ma con le minoranze. Non esiste possibilità di muoversi in questo senso.

Io non sono aduso a richiamarmi ad autorità superiori e, tanto meno, nell'Aula del Parlamento, a non avere il massimo rispetto e considerazione per il Presidente della Repubblica né mi permetto di dire che invocheremo, ma è chiaro che la garanzia costituzionale è data anche e soprattutto dalla valutazione che potrà svolgere il Presidente della Repubblica su questo decreto. Non possiamo mettere in difficoltà anche la Presidenza della Repubblica, e mi fermo qui perché - ripeto - non sono aduso a prendere per la giacca nessuno, né tanto meno mi permetto con la Presidenza della Repubblica. Ma al Governo è chiaro che bisogna rivolgersi, come io ho fatto più volte con tutto il garbo e le modalità necessarie, avendo in parte attenzione da parte del sottosegretario. Evitiamo un conflitto che ha natura evidente sul piano del substrato costituzionale tra maggioranza e opposizione. L'intesa in questo caso è necessaria. Dobbiamo trovare un'intesa, dobbiamo trovare un prodotto normativo in materia elettorale che sia il portato di una condivisione; e deve essere portato sul tavolo del Presidente della Repubblica, di fronte a maggioranza e opposizione che, almeno su questo, trovino una soluzione, nel rispetto istituzionale e costituzionale, tenuto conto che c'è anche un referendum costituzionale che - e lo dirà sicuramente meglio di me il collega Baldelli - ha sicuramente un'influenza importantissima, non solo perché incide ovviamente sulla Carta costituzionale, ma su tutto ciò che vuol dire riduzione dei parlamentari e vuol dire referendum costituzionale. Non stiamo toccando un contorno, stiamo decidendo quando svolgere il referendum! Lo facciamo insieme alle elezioni regionali e comunali, costringiamo i sottoscrittori delle liste e i presentatori delle liste a fare un lavoro incredibile in giorni estivi, pieni. Facciamo aprire le scuole e le chiudiamo dopo quattro giorni per svolgere le consultazioni elettorali e poi non sappiamo quando le riapriamo. È un coacervo di questioni pratiche, concrete, giuridiche, tecniche, costituzionali, che non può essere dipanato a colpi di maggioranza, che necessariamente fa parte dell'humus costituzionale e parlamentare, in queste Aule, nelle Commissioni, nel Parlamento; ma non per un semplice ricordo e rispetto per l'istituzione parlamentare, ma per la centralità del Parlamento: è qui, in questo luogo, non a Palazzo Chigi, che si decidono materie come queste. Qui si decidono.

Abbiamo accettato la decretazione d'urgenza, abbiamo accettato la forzatura dell'eccezionalità rispetto al regime ordinario, perché non potevamo non considerare l'emergenza COVID, ci mancherebbe, ma il diritto emergenziale non può diventare argomento del diritto maggioritario, della creazione di un diritto proprio. Non è una scelta iure proprio da parte della maggioranza, quando si toccano questi temi. Ed è incredibile che il singolo deputato debba ricordare e valutare elementi che dovrebbero essere del tutto convincenti per chiunque, fondati sulla ragionevolezza e il contemperamento degli interessi. Dove sono l'equilibrio e il contemperamento degli interessi in questa scelta della maggioranza e del Governo fatta con la decretazione d'urgenza? Non siete riusciti a spiegarcelo, perché voi stessi, la settimana prima, eravate fermi al 13, 14; poi “no, ma si può fare il 20”; “no, ora vediamo la finestra”... Sì, sì, lei, sottosegretario, ha detto: non abbiamo fatto il 13, abbiamo fatto il 20, abbiamo rinunciato. Ho capito, ma la settimana prima era diverso? Ma non è che vi imputo queste contraddizioni, vi imputo l'intento, chiarificato da parte vostra, di questa disciplina, che non è coerente con un'intesa parlamentare, luogo esclusivo nel quale si può discutere e ragionare su questi temi, per evitare conflitti che sono assolutamente evitabili, erano prevedibili e sono evitabili; e non potete dire che le minoranze stiano ponendo temi che non sono coerenti con il quadro stesso del provvedimento che è stato presentato; non potete dirlo, l'avete ammesso anche in Commissione affari costituzionali che, invece, questi erano argomenti del tutto confacenti al provvedimento.

Ed allora non si comprende, se tutti questi sono i presupposti, perché il criterio della ragionevolezza e dell'equilibrio e contemperamento degli interessi non si risolva in una intesa fra le forze politiche di maggioranza e di minoranza per stabilire una finestra elettorale che tenga conto di tutte queste problematiche, compresa l'ultima cosa considerata, che è il procedimento elettorale, che invece è importante per arrivare alla presentazione delle liste, eccome se lo è, anche quella. Chi praticamente ha svolto questo ruolo, sa cosa significa.

Tutta questa serie di elementi deve essere portata - il sottosegretario ci aveva assicurato che l'avrebbe fatto, penso l'abbia fatto in queste ore con il Governo - all'attenzione della Presidenza del Consiglio, perché qui è il Presidente del Consiglio che, di fronte ad una situazione come quella che si è creata e anche alle difficoltà di arrivare in fondo con questo provvedimento, deve compiere una sola scelta politica, quella di rimettere all'intesa parlamentare ogni decisione, e quindi alla Commissione affari costituzionali e all'Aula. Questa è centralità del Parlamento, non parole vuote e vacue. Il Presidente del Consiglio! E mi rivolgo a lei, sottosegretario, tramite la Presidenza della Camera, perché, così come ci aveva assicurato, lo faccia presente soprattutto al Presidente del Consiglio, perché è sua la scelta in questo momento, non del Ministero dell'Interno, è della Presidenza del Consiglio, la quale ha assunto, in questi mesi, un ruolo particolare. La crisi emergenziale ha creato diritto, ma l'emergenza crea diritto? Sì, qualche brocardo lo diceva, ma, insomma, invece di dare i brocardi latini vediamo la realtà. Allora, crei l'emergenza anche una scelta politica di alto profilo, che è quella di ricordare e rimettere al Parlamento un'intesa risolutiva su questa materia, compresa la parte relativa al referendum costituzionale. Questo è il tema principale, questo è il tema che riguarda le disposizioni urgenti in materia di consultazione elettorale per l'anno 2020, che non è un anno qualsiasi, è l'anno di questa emergenza sanitaria. E noi, come Forza Italia, responsabilmente - e questo il Governo e il relatore lo possono confermare -, abbiamo avanzato una serie di proposte senza alcun intento ostruzionistico - solo costruttivo, collaborativo - per consentire ai cittadini di esercitare il proprio diritto al voto, l'esercizio democratico del voto ma, in maniera ordinata, e che tenesse presente tutte le esigenze da contemperare. Ecco perché ribadisco a lei, per l'ennesima volta, sottosegretario, di rappresentare, con celerità, al Presidente del Consiglio di dire una parola definitiva, che è semplicissima: rimettiamo alle Aule parlamentari ogni scelta, non di maggioranza, ma attraverso un'intesa fra le forze di maggioranza e opposizione, per stabilire una data, quando svolgere il referendum costituzionale e, soprattutto, una specifica valutazione del procedimento elettorale; perché, le ripeto, con riferimento a quel protocollo che lei ha ricordato ieri, non è sufficiente il futuro protocollo, perché vi è una prevalutazione di tutti gli elementi. Il protocollo sarà l'elemento, la circolare che ci dirà come comportarci, ma non sarà sufficiente, perché vi sono molti interessi coinvolti: e le scuole, e le dinamiche, e la raccolta delle firme, e i comuni, e le prefetture, e le regioni, e le commissioni circondariali, sono tante le questioni.

Ecco perché - e mi avvio a conclusione - sono convinto, spero tuttora, credendo nel ruolo del Parlamento, che si finisca, termini questa affermazione del provvedimento di contorno, che tocca qualcosa: non è vero, lo sappiamo tutti, no, affermiamo che questo è un provvedimento che riguarda diritti costituzionali, che riguarda l'esercizio delle prerogative democratiche dei cittadini, che riguarda un referendum costituzionale, le elezioni regionali, le elezioni comunali, le suppletive e questa materia deve essere rimessa, con ragionevolezza, con buon senso, all'accordo e all'intesa parlamentare, per stabilire una finestra elettorale che abbia un senso e che non dipenda dalle sollecitazioni che vengono da regioni e da comuni. Noi qui, se siamo centrali, dobbiamo prenderci anche la responsabilità di queste decisioni. Se questa volontà politica verrà dimostrata, le timide, tenui aperture del sottosegretario in Commissione Affari costituzionali ci avevano lasciato un minimo di speranza, ma chiarite qual è l'intento del legislatore, chiarite qual era la vostra intenzione, chiarite la ratio profonda di questo provvedimento e troviamo una soluzione concordata. Questo è l'unico modo in cui possiamo muoverci, se no le opposizioni reagiranno e poi la fiducia, se verrà posta dal Governo su questo provvedimento, ci sarà un precedente incredibile di fiducia su una materia elettorale. Spero che questo non avvenga e spero che ancora ci sia questa volontà di concordare col Parlamento un'intesa efficace, nell'interesse dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Simone Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio Presidente Rampelli, mi rivolgo al Governo: io non toccherò un argomento che quasi tutti gli oratori precedenti hanno toccato, visto che sono l'ultimo che interviene in questa discussione generale, eviterò di toccare l'argomento delle date, della finestra, eccetera, che riguarda le elezioni regionali e le elezioni amministrative. Una considerazione però su questo voglio lasciarla agli atti di questa discussione: a me è parso che il Governo, e più precisamente la maggioranza, su questo abbiano cercato un compromesso al proprio interno, basandosi su una incerta - nel senso più letterale del termine - relazione del Comitato tecnico-scientifico, che a mio avviso - forse qualcuno lo ha già fatto notare - è stata molto più attenta alla data di celebrazione del voto, che non a tutta quella parte, fondamentale per la democrazia, che riguarda gli adempimenti che poc'anzi il collega ha detto e che richiamava in ordine alla presentazione, alla compilazione delle liste, alla raccolta di firme e, non secondariamente rispetto a questo, alla campagna elettorale che dovrà essere celebrata per queste elezioni importanti, per cui, con l'auspicio che su questo si trovi un accordo tra maggioranza e opposizione, che accontenti diverse esigenze, anche da parte dei presidenti delle regioni, io invece mi soffermo su un altro tema, che è quello che si è consolidato in questa discussione, attraverso un emendamento che è stato approvato ieri sera, in chiusura dell'esame del provvedimento in Commissione e che, attraverso appunto la votazione della maggioranza di un emendamento a prima firma della collega Macina, del MoVimento 5 Stelle, ha previsto espressamente la concelebrazione del referendum costituzionale insieme alle elezioni amministrative. Ripercorro brevemente la storia di questa vicenda: quando, alla fine di febbraio, primi di marzo, io e pochi altri dicevamo che c'era la necessità di svolgere una campagna elettorale dando ai cittadini il diritto di formarsi un convincimento attraverso una libera informazione e il diritto di poter partecipare al voto in condizioni di sicurezza, c'era qualcuno che si preoccupava di fare una propaganda - mi permetto di definirla - micragnosa, miserabile sul risparmio che si sarebbe avuto, accorpando elezioni, eccetera, ancora sulla data del 29 marzo.

Questa storia è andata avanti finché la vicenda COVID-19 non è esplosa nella sua drammaticità e allora perfino questo qualcuno si è dovuto ricredere e forse ha dovuto ammettere - non lo ha fatto pubblicamente - che avevamo ragione noi, quando dicevamo che probabilmente ci sarebbe stato un grosso problema, nell'andare a celebrare per forza quel referendum il 29 marzo e sarebbe stato forse un problema ancora più grande l'idea che, per lucrare politicamente sulla propaganda da bar di risparmiare quattro soldi nell'accorpamento, si sarebbe potuto addirittura aggravare il problema di sicurezza. Per fortuna, quella questione, quella vicenda si è sminata attraverso un provvedimento attraverso il quale il Governo ha revocato quella data. Oggi, noi abbiamo visto la maggioranza votare quella che qualcuno, in altri tempi e con uno stile che io personalmente non condivido, ma diciamo tecnicamente, se quella è la definizione, avrebbe definito “porcata”. Ecco, io credo che siccome il referendum non è una consultazione elettorale per eleggere qualcosa, il referendum - e a maggior ragione il referendum costituzionale - è l'occasione per far decidere in ultima istanza, quando ce ne sono le condizioni costituzionali - e in questo caso ce ne sono, perché un quinto dei senatori, non essendosi verificata la maggioranza qualificata dei due terzi, nell'ultima votazione al Senato - ha chiesto che si celebrasse il referendum costituzionale, ha permesso e permetterà ai cittadini di esprimersi su una riforma costituzionale della quale io sono stato uno dei principali avversari, in quest'Aula, ecco, per cortesia, che nessuno si permetta di dire che questo referendum ha un risultato scontato: il risultato del referendum lo decide il referendum, non lo decidono i sondaggi, non lo decidono le opinioni personali di nessuno. Quello che però io credo sia stato molto grave è che, senza neanche aspettare oggi, giornata in cui il Presidente del Consiglio ha ascoltato i senatori promotori della richiesta di celebrazione del referendum, la maggioranza abbia deciso non la possibilità, ma di fatto, per come è scritto quell'emendamento, l'impegno a celebrare quel referendum e, da come leggo quell'emendamento, probabilmente nella data del primo turno delle elezioni amministrative. Ecco, io questo lo trovo grave, sia in termini di metodo sia in termini di merito. Io sono un fatalista, lo dico al Governo e lo lascio agli atti di quest'Aula, perché credo che le cose vanno come debbano andare, però c'è qualcosa di grave ed è lì la porcata, nella intenzione, che qualcuno ha voluto immaginare dietro a questa mossa, il presupposto populista per cui abbinare il referendum alle elezioni amministrative diventi un modo surrettizio per avere un traino di partecipazione, nel presupposto altrettanto populista che chiunque fosse chiamato a dovere esprimersi, anche così, diciamo, in maniera semplice e disimpegnata, senza magari dover uscire apposta di casa per andare a votare, ma andando già a votare per un'altra cosa, beh, se proprio ci scappasse una scheda in più, magari voterebbe sì al referendum. Questo è il presupposto populista, questa è la logica perversa che ispira un partito in particolare della maggioranza a spingere su questa soluzione, questo è il movente dell'emendamento Macina.

Io non lo so se questa motivazione è giusta, ripeto, sono un fatalista e magari sono convinto che uno che va a votare con le preferenze per un consigliere comunale, va a votare il proprio sindaco, probabilmente ha già una attitudine alla politica che non è quella della propaganda da bar e magari, rispetto alla riduzione del numero dei parlamentari, si può formare un convincimento ben diverso da quello che la propaganda del MoVimento 5 Stelle, negli ultimi dieci anni, ci ha proposto martellando sui social a colpi di insulti e di dichiarazioni ben poco gentili nei confronti di chi la pensa diversamente proprio su questo e su altri temi.

Io non credo che questo porterà un risultato necessariamente positivo, ma mi preoccupa che lo si sia fatto per questo motivo e mi preoccupa che lo si sia fatto. Si sarebbe potuto aspettare almeno l'incontro del Presidente del Consiglio con i comitati promotori, che non sono andati a dirgli “sì, va bene”, sono andati a dirgli: noi vogliamo che il referendum si faccia in altra data, che lo si faccia a novembre il referendum, in una data in cui i cittadini sono chiamati soltanto a pronunciarsi sul quesito di natura costituzionale che conferma o respinge un provvedimento che in questo Parlamento è stato votato dalla totalità dei partiti, ma che io sono convinto molti cittadini non condividono. Ma anche se tutti lo condividessero, è sacrosanto diritto, essendoci le condizioni costituzionali per farlo, che i cittadini su questo abbiano l'ultima parola.

Allora, anche su questo, io mi auguro che, avendo il Presidente del Consiglio ascoltato il comitato promotore - quello dei senatori, ce n'è uno anche alla Camera, che non ha raccolto le firme, ovviamente, io ne faccio parte, sono stato tra i firmatari, credo che ci siano stati 29-30 firmatari tra i deputati, io sono tra quelli che l'ha firmato non avendolo votato, diciamo, per linea di coerenza -, ma saranno molti tra quelli che lo hanno votato che faranno campagna contro, anche - detta tra noi, senza andarlo a dire troppo in giro - nel MoVimento 5 Stelle.

Allora, io credo una cosa: che si debba dare ai cittadini anche la possibilità di fare una campagna referendaria, di capire e di formarsi un convincimento: se questa campagna elettorale noi la sovrapponiamo alla campagna amministrativa o alla campagna per le regionali - peggio ancora - non ci sarà la campagna elettorale referendaria.

Guarda caso, si verifica quello che si stava verificando a marzo: nessuno parlava del referendum, il referendum era l'argomento da buttare in coda. Soltanto tre, quattro giorni prima della data in cui, poi, il Governo, doverosamente ha revocato la data referendaria - stava per chiudere le scuole, immaginarsi se avesse potuto lasciare quella data - solo qualche giorno prima, erano partiti dei timidi confronti, alla fine dei telegiornali o durante i servizi dei telegiornali, di dodici secondi del “sì” e dodici secondi del “no”.

Qualcuno poc'anzi ricordava l'occupazione della RAI: ma voi vi rendete conto di come viene gestita una certa informazione? Vi rendete conto che non si è parlato del referendum e, a marzo inoltrato, nessuno sapeva che si sarebbe celebrato un referendum? C'era solo lo spot, come dire, istituzionale del Governo, che, se non ricordo male, non è che era proprio uno spot a favore del “no”, diciamo così.

Io credo che ci sia un diritto dei cittadini ad essere informati, a poter ascoltare le due voci che si contrappongono, le due opinioni che si contrappongono, perché il principio del conoscere per deliberare è il principio alla base di un ordinamento democratico e liberale.

Per questo, io credo che quello che ieri è stato approvato dalla maggioranza sia un emendamento che abbia una sua gravità. Poi, può avere ragione il collega Ceccanti nel dire che i cittadini sanno scegliere tranquillamente se votare in un modo o votare in un altro. Benissimo, ma a me non preoccupa il fatto che i cittadini siano chiamati a votare insieme, a me preoccupa qual è il retropensiero di questo emendamento e, in questo caso, sì faccio un processo alle intenzioni, perché conosco i miei polli, perché so quali sono le intenzioni e so che questo progetto c'era da mesi.

Mi stupisco degli alleati della maggioranza che gliel'abbiano fatto fare, perché qual è il problema? Risparmiare quattro soldi? In un contesto di grande gravità, in un contesto sanitario in cui non abbiamo neanche la certezza che ci siano le condizioni sanitarie perfette, ma se si dovesse uscire da questa cosa, che cosa impedisce la celebrazione di una data di un referendum costituzionale a novembre?

Il Recovery Fund destina all'Italia 172 miliardi: di che cosa stiamo parlando? Se fosse vero quello che sto per dire, come è vero, dovremmo anche dire di che cosa stiamo parlando, di quale risparmio stiamo parlando nel tagliare la nostra democrazia, la rappresentanza dei territori, una parte importante di questo Parlamento.

Ma con riferimento a tutti quelli che in questo Parlamento si alzano per dire quanto sia importante far funzionare il Parlamento, la rappresentanza dei territori, eccetera, contro i DPCM, per esempio e, addirittura, con il paradosso che invochiamo i decreti, forse, allora, in questo caso, se è così importante che lavori il Parlamento, forse, è anche importante che tutti i territori siano rappresentati e siano rappresentati da un parlamentare di maggioranza e anche da uno di opposizione, non soltanto da quello che vince il collegio. Ma queste sono questioni di merito, non è questa la sede su cui dilungarsi, anche se la tentazione c'è, però non ci venite a raccontare che è per risparmiare.

Il referendum è una cosa diversa, non si elegge nessuno, è un tema che va trattato a parte, è un tema che merita e che ha, di per sé, il diritto allo svolgimento di una campagna che è tematica, che è distante anni luce sia dalle elezioni regionali, che, inevitabilmente, hanno, in sostituzione di un confronto politico che non avviene, ma è latente, un terreno di scontro politico tra maggioranza e opposizione, che ormai si è solidificato anche in ogni appuntamento delle elezioni regionali, e non hanno un confronto di natura amministrativa o locale.

Per cui il referendum è un tema a sé. Io mi auguro che, nello spazio temporale che ci sarà di qui all'8 di giugno, data in cui secondo la Conferenza dei presidenti di gruppo, credo, noi affronteremo nuovamente in questa Assemblea questo tema, anche grazie al buon senso del rappresentante del Governo - che ho visto attento meritevolmente e, forse, anche un po' faticosamente a tutta la discussione generale, piuttosto lunga e impegnativa, che c'è stata oggi -, della relatrice, del Presidente del Consiglio, che ha ascoltato il comitato promotore, su questo si riesca a trovare un punto che smini dai capricci di qualcuno, che distacchi dai capricci di qualcuno la consultazione referendaria costituzionale da consultazioni di altro tipo e di altra natura, perché quelle servono per eleggere qualcuno, mentre la consultazione referendaria serve per confermare o respingere una legge costituzionale di cui in questo momento nessuno parla, che ha necessità di essere affrontata nel Paese con una campagna di informazione vera, con un confronto vero e leale tra le posizioni contrapposte, se è possibile anche in termini di par condicio, che è anche oggetto di uno dei nostri emendamenti.

Crediamo che questo sia doveroso non nei confronti di chi è contrario a questa riforma, ma nei confronti dei cittadini che dovranno sapere effettivamente che cosa votano, perché se, nell'era in cui noi votiamo 75-80 miliardi di sforamento, di indebitamento, l'unica motivazione che sono stati in grado di portarci i grandi promotori di questa riforma è stata quella di risparmiare qualche decina di milioni all'anno o mezzo miliardo a legislatura - che quando in tempo pre-COVID era una grande cifra, oggi sono bruscolini -, se queste sono le motivazioni, oltre che vergognarsi, probabilmente, rischiano anche di perderlo questo referendum (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare, pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2471-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice e il rappresentante del Governo rinunziano ad intervenire. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea, calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di giugno 2020 e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo, è stato convenuto che nella seduta odierna si concluderà la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2471 - Conversione in legge del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, recante disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020 (da inviare al Senato – scadenza: 19 giugno 2020) e che il seguito dell'esame sarà previsto a partire da lunedì 8 giugno.

È stato altresì convenuto di differire alla seduta di mercoledì 3 giugno l'esame del disegno di legge S. 1774 - Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, recante misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 7 giugno 2020), non ancora trasmesso dal Senato.

Conseguentemente, la seduta dell'Assemblea prevista per la giornata di domani non avrà luogo.

stato altresì convenuto, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di giugno.

Mercoledì 3 (ore 9, con votazioni non prima delle ore 14), giovedì 4 (ore 9-12, 16-19 e 22-24) e venerdì 5 giugno (ore 9-12, 15-18 e 21-24), con eventuale prosecuzione nella giornata di sabato 6 giugno:

Esame del disegno di legge S. 1774 - Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, recante misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 7 giugno 2020).

Giovedì 4 giugno (ore 15):

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Lunedì 8 (ore 13-16 e 19-22) e martedì 9 giugno (ore 9-12, 15-18 e 21-24):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2471 - Conversione in legge del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, recante disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020 (da inviare al Senato – scadenza: 19 giugno 2020).

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 982, 1636 e abbinate - Disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi nelle materie dell'agricoltura e della pesca nonché delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura.

Discussione sulle linee generali della mozione Meloni ed altri n. 1-00274, concernente iniziative a sostegno del settore delle telecomunicazioni e per l'efficienza e la sicurezza delle reti di comunicazione elettronica.

Discussione sulle linee generali della mozione Formentini ed altri n. 1-00350 concernente iniziative volte alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da COVID-19 e di indirizzi unitari nell'ambito dell'Unione europea per la gestione delle emergenze epidemiologiche.

Mercoledì 10 (ore 9-12 e ore 16-19) e giovedì 11 giugno (ore 9-12 e ore 15-18):

Seguito dell'esame dei seguenti progetti di legge di ratifica:

disegno di legge n. 2229 – Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Mozambico, fatto a Maputo l'11 luglio 2007 (approvato dal Senato);

disegno di legge n. 1677 – Accordo di cooperazione fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sui programmi europei di navigazione satellitare, fatto a Bruxelles il 18 dicembre 2013;

disegno di legge n. 1676-A – Accordo di cooperazione scientifica, tecnologica e innovazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dell'Australia, fatto a Canberra il 22 maggio 2017;

disegno di legge n. 2120 – Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017 (approvato dal Senato);

proposta di legge n. e abbinate – Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (approvata, in un testo unificato, dal Senato);

proposta di legge n. 2207 – Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108ª sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione;

disegno di legge n. 2360 – Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array, con Allegati, fatta a Roma il 12 marzo 2019 (approvato dal Senato).

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 982, 1636 e abbinate - Disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi nelle materie dell'agricoltura e della pesca nonché delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura.

Seguito dell'esame della mozione Meloni ed altri n. 1-00274, concernente iniziative a sostegno del settore delle telecomunicazioni e per l'efficienza e la sicurezza delle reti di comunicazione elettronica.

Seguito dell'esame della mozione Formentini ed altri n. 1-00350 concernente iniziative volte alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da COVID-19 e di indirizzi unitari nell'ambito dell'Unione europea per la gestione delle emergenze epidemiologiche.

Mercoledì 10 giugno (ore 15):

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 12 giugno (ore 9,30):

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Mercoledì 17 giugno (ore 9,30):

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 18 e 19 giugno.

Mercoledì 17 giugno (ore 15):

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 19 giugno (ore 9,30):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 1786 - Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19 (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 29 giugno 2020).

Lunedì 22 (ore 13-16 e 19-22), martedì 23 (ore 15-18 e 21-24) e mercoledì 24 giugno (ore 9-12, 16-19 e 22-24):

Seguito dell'esame del disegno di legge S. 1786 - Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19 (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 29 giugno 2020).

Nella seduta di mercoledì 24 giugno, ove concluso l'esame del decreto-legge S.1786, avrà luogo l'esame del disegno di legge n. 2500 - Conversione in legge del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (da inviare al Senato - scadenza: 18 luglio 2020).

Mercoledì 24 giugno (ore 15):

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Giovedì 25 (ore 9-12, ore 15-18 e 21-24) e venerdì 26 giugno (ore 9-12, ore 15-18 e 21-24):

Seguito esame del disegno di legge n. 2500 - Conversione in legge del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (da inviare al Senato - scadenza: 18 luglio 2020).

Lunedì 29 giugno (ore 10 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 1800 - Conversione in legge del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 30, recante misure urgenti in materia di studi epidemiologici e statistiche sul SARS-COV-2 (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 9 luglio 2020).

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 687 e abbinate - Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge costituzionale d'iniziativa popolare n. 14 - Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura.

Discussione sulle linee generali delle proposte di legge nn. 1056 e 2103 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione intenzionale e massiva di informazioni false attraverso la rete internet e sul diritto all'informazione e alla libera formazione dell'opinione pubblica.

Martedì 30 giugno (ore 9-12, 15-18 e 21-24), mercoledì 1° (ore 9-12, 16-19 e 22-24), giovedì 2 (ore 9-12, 15-18 e 21-24) e venerdì 3 luglio (ore 9–12, 15-18 e 21-24):

Eventuale seguito dell'esame del disegno di legge n. 2500 - Conversione in legge del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (da inviare al Senato - scadenza: 18 luglio 2020).

Seguito dell'esame del disegno di legge S. 1800 - Conversione in legge del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 30, recante misure urgenti in materia di studi epidemiologici e statistiche sul SARS-COV-2 (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 9 luglio 2020).

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 687 e abbinate - Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi.

Seguito dell'esame della proposta di legge costituzionale d'iniziativa popolare n. 14 - Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura.

Seguito dell'esame delle proposte di legge nn. 1056 e 2103 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione intenzionale e massiva di informazioni false attraverso la rete internet e sul diritto all'informazione e alla libera formazione dell'opinione pubblica.

Mercoledì 1° luglio (ore 15):

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario dei lavori l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica deliberati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

L'organizzazione dei tempi per l'esame degli argomenti iscritti nel calendario dei lavori sarà pubblicata nell'allegato A al Resoconto stenografico della seduta odierna.

L'organizzazione dei tempi per l'esame dei progetti di legge n. 982, 1636 e abb, n. 687 e abb., n. 14 e n. 1056, 2103 e abb. sarà definita una volta concluso l'esame in sede referente.

Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). La ringrazio, signor Presidente. Vorrei concludere la giornata di oggi, onorando il ricordo di un giornalista, socialista, cronista del Corriere della Sera, ucciso quarant'anni fa, in via Salaino, non lontano da casa mia oggi, a Milano, da criminali terroristi rossi, della Brigata 28 Marzo cosiddetta, Walter Tobagi. Io amerei dire sedicenti rossi, perché penso che chi uccide un innocente non possa pensare di appartenere alla storia del pensiero progressista di sinistra. Ma va detto che erano terroristi rossi.

Ucciso, perché scriveva, studiava, analizzava e poi raccontava la verità su di loro, sul fenomeno terrorista, a Milano, la mia città. Io ricordo molto bene quel giorno dell'omicidio e quell'assassinio, vicino al quartiere di casa mia, vicino alla casa di una mia compagna di liceo, da cui passavo tantissime volte, con una banda di criminali terroristi, di cui faceva parte forse, comunque, una persona legata al liceo dove io studiavo.

Signor Presidente, onorando questi quarant'anni, peraltro nel giorno in cui abbiamo già ricordato anche la strage fascista di Piazza della Loggia a Brescia, vorrei dire alla generazione dei miei figli, che con così tanto impegno studiano, per essere pronti domani a correggere gli errori che noi lasceremo insoluti in questo Paese, che mi è molto difficile spiegare a loro quegli anni terribili di violenza, di morte, di ideologie folli, e assassini. Ma fu proprio in quel clima di quegli anni, di quarant'anni fa, l'epoca in cui io da adolescente diventavo uomo, e poi forse anche nell'epoca degli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino, che noi capimmo, la mia generazione, quella che poi scelse di fare politica capimmo, che c'era ancora molto da fare e da correggere. Per questo ho sempre fisso nella mia memoria questo omicidio. Ogni anno penso che sia giusto, molto giusto, ricordarlo, l'uccisione di questo innocente servitore del dovere di cronaca. E con questo mando anche un abbraccio a sua figlia Benedetta (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sempre sul medesimo argomento, il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Noi tutti siamo debitori a coloro che sono morti per mano del terrorismo rosso, delle Brigate Rosse e del terrorismo brigatista in questo Paese, perché ci hanno lasciato una testimonianza di libertà e hanno lasciato nella nostra memoria la consapevolezza di ciò che è giusto.

Io personalmente devo al nome di Walter Tobagi una parte della mia formazione politica. La scuola di formazione politica, che ho frequentato per qualche anno da ragazzo, portava il nome di Walter Tobagi. Giampaolo Pansa di Walter Tobagi scrisse: Tobagi sapeva che il terrorismo poteva annientare la nostra democrazia. Dunque, egli aveva capito più degli altri: era diventato un obiettivo, soprattutto perché era stato capace di mettere la mano nella nuvola nera.

Io credo che abbia fatto bene il collega Fiano a prendere la parola per ricordare questa figura e credo che queste figure debbano essere ricordate più spesso in questo Parlamento, perché essere consapevoli della memoria di queste figure è un messaggio e un'eredità che serve non soltanto a noi ma serve al futuro del nostro paese (Applausi).

PRESIDENTE. Anche la Presidenza si associa a questo doveroso ricordo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 3 giugno 2020 - Ore 9:

(ore 9, con votazioni non prima delle ore 14)

1. Discussione del disegno di legge:

S. 1774 - Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, recante misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato (ove trasmesso dal Senato).

La seduta termina alle 16,20.