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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 347 di martedì 26 maggio 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUIGI IOVINO , Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Grande e Grimoldi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Lollobrigida. Prego.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Colgo l'occasione per intervenire questa mattina, anche se poi ascolteremo volentieri il Ministro, che ci racconterà che cosa sta facendo il Governo sulle vicende in oggetto. Però, siccome accade oggi che il Governo, tramite il Ministro D'Incà, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, chiede alle opposizioni un confronto sul “decreto Rilancio” fuori dalle sedi istituzionali - che ovviamente è del tutto positivo, perché noi da tempo chiediamo al Governo un confronto serrato -, io sono qui a chiedere alla Presidenza della Camera una collaborazione, possibilmente, a sostenere questo suggerimento, che io vorrei dare, ma che è un suggerimento forte. E lo chiedo anche al Ministro, perché il Ministro appartiene a un movimento, il MoVimento 5 Stelle, che per lungo tempo ha utilizzato la trasparenza come metodo di comunicazione politica. A fronte delle dichiarazioni tenute qui, in quest'Aula della Camera dei deputati, del Presidente Conte, che ha dichiarato di aver sempre offerto alla minoranza la possibilità di collaborare e di suggerire, noi invece, sia nel “Cura Italia” che su tutti gli altri decreti, siamo insoddisfatti della collaborazione. Non è stato possibile suggerire, supportare, consigliare, partecipare. Abbiamo appreso, come cittadini italiani, dalla comunicazione del Presidente del Consiglio dei ministri, che cosa stava per avvenire oppure che cosa stavano per approvare con decreti.

Allora, noi chiediamo, formalmente, che questo confronto sia trasmesso in streaming, che il confronto tra le opposizioni e il Governo, il Ministro Gualtieri, che oggi sarà presente, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, D'Incà e i sottosegretari all'economia, sia un confronto trasparente. Infatti, tra quello che dice Conte e quello che diciamo noi, c'è distanza. Secondo noi, il Presidente Conte mente sul modello di collaborazione che ha utilizzato con le opposizioni e noi diciamo la verità. Ma c'è un solo giudice, che può determinare chi abbia ragione, ed è il popolo italiano. Allora, mettiamolo nella condizione di conoscere quali sono le dinamiche di confronto tra le forze politiche.

Chiediamo che sul “decreto Rilancio” il confronto tra maggioranza e, in questo caso, tra il Governo e l'opposizione, sia trasmesso in streaming, cosicché i cittadini possano vedere, con i loro occhi, quanto sia propositiva l'opposizione, quanto Fratelli d'Italia propone al Governo, quanto il Governo è in grado e vuole recepire o quanto, invece, per divisioni interne, litigi continui, mancanza di capacità, è purtroppo non in grado di recepire e, quindi, i provvedimenti, che vengono a determinarsi e che calano poi sulla nostra economia reale e sulla vita dei cittadini, siano insoddisfacenti per il nostro popolo.

Noi siamo con la coscienza a posto e siamo pronti alla sfida. Chiediamo alla Presidenza di questa Camera di suggerire al Governo di accettare questo modello di trasparenza, che ci metterà nella condizione di essere giudicati tutti dal popolo, con il massimo del risultato possibile. Non credo che il MoVimento 5 Stelle abbia paura di questo confronto, a meno che non abbia - come noi riteniamo - la coscienza veramente, veramente sporca (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Lollobrigida, come lei sa, il confronto, a cui ha fatto riferimento, rappresenta un incontro informale, e naturalmente inoltrerò la sua richiesta al Presidente della Camera.

Informativa urgente del Governo sulla situazione della siderurgia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla situazione della siderurgia.

Dopo l'intervento del Ministro dello Sviluppo economico, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per sette minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro dello Sviluppo economico)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Prego.

STEFANO PATUANELLI, Ministro dello Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Ringrazio e saluto gli onorevoli colleghi. Io credo che la collaborazione tra maggioranza e opposizione, in un momento di grandissima difficoltà economica post emergenza sanitaria, sia un valore assoluto. Lo dirò anche rispetto al tema della siderurgia e di come abbiamo affrontato, anche in qualche modo assieme, la crisi dello stabilimento siderurgico di Taranto, che non è ovviamente risolta, ma che ha visto reagire il sistema Paese in quel momento storico, da novembre fino alla firma dell'accordo del 4 marzo.

Credo che, ad esempio, sul “decreto Liquidità” - io ho seguito, anche se molto parzialmente, i lavori in Commissione - c'è stata una collaborazione tra le forze di maggioranza e di opposizione che ha portato a un netto miglioramento del testo, anche e soprattutto grazie alle proposte fatte dalle forze di opposizione; credo che questo sia lo spirito a cui dare continuità e che sia, però, necessario per affrontare un momento tragico, drammatico e unico nella storia del nostro Paese.

Il settore siderurgico è certamente un settore strategico per il nostro Paese; il settore siderurgico non è soltanto l'Ilva di Taranto, non è soltanto lo stabilimento ArcelorMittal, il settore siderurgico è un settore che dà lavoro a circa 70 mila addetti diretti e a quasi il doppio, forse il triplo, di indiretti, è un settore che coinvolge filiere importanti e fondamentali per il nostro Paese.

Il principale settore di utilizzo dell'acciaio è quello delle costruzioni, con una quota pari al 36,5 per cento, che oltre alla manutenzione, include le nuove costruzioni, intese sia come investimento del Genio Civile, quindi, opere pubbliche, che quelle ovviamente del settore privato, ma tra gli altri grandi utilizzatori non possiamo dimenticare la meccanica, col 20,2 per cento di utilizzo dell'acciaio, la realizzazione dei prodotti in metallo, esclusa la carpenteria strutturale, pari al 18,7 per cento, l'automotive, con il 17,1 per cento, gli elettrodomestici, gli altri mezzi di trasporto e altri settori residuali.

Le industrie del settore siderurgico sono ad elevata intensità energetica, sia per l'incidenza dei costi energetici sul valore dell'attività di impresa, che per il totale dei consumi. Per dare un'indicazione di massima, il consumo energetico di tale settore ammonta a circa 19 Terawattora annui di energia elettrica, vale a dire circa il 35 per cento dei consumi dell'industria manifatturiera e il 15 per cento dei consumi industriali, e a circa 2 miliardi di metri cubi annui di gas naturale, corrispondenti a circa il 20 per cento dei consumi dell'industria manifatturiera e il 13 dei consumi industriali complessivi. Il settore siderurgico è, evidentemente, un fattore fortemente energivoro e, di conseguenza, gode di alcune misure di sostegno degli energivori elettrici, introdotte già dal 2013.

Le imprese siderurgiche sono, inoltre, molto attive nella realizzazione di interventi di efficientamento del processo produttivo, grazie, soprattutto, al meccanismo dei certificati bianchi, i cui prezzi di scambio sono sempre mantenuti su valori tali da rendere il mercato appetibile. La siderurgia ha contribuito a generare circa il 15 per cento dei titoli scambiati rispetto agli obblighi fissati in capo ai distributori.

Nell'anno solare 2019, il fatturato dell'intero comparto è stato stimato in circa 40 miliardi di euro e un'importante quota è rappresentata dall'attività sui mercati esteri, attualmente il 34 per cento della quota di mercato; pre-crisi, ma non pre-crisi COVID-19, pre-crisi degli anni passati, la quota era del 28 per cento.

Al contempo è noto, purtroppo, che da anni è in corso una perdurante crisi della siderurgia, in Europa, prima ancora che in Italia; le cause di tale crisi risiedono in una molteplicità di fattori, ne cito alcuni: la concorrenza con altri Paesi, il cui basso costo della manodopera incide sul prezzo finale del prodotto siderurgico, penso all'Estremo Oriente, ma anche alla più vicina Turchia; gli standard e la regolamentazione in materia di emissioni, che essendo diversi tra l'Unione europea ed il resto del mondo, fanno sì che le imprese che producono all'interno dell'UE debbano scontare – direi, giustamente – regole più rigide per la salvaguardia dell'ambiente e della salute pubblica, il che, però, si ripercuote negativamente sulla competitività a livello globale dei rispettivi prodotti. Io su questo voglio fare una riflessione che può essere oggetto di dibattito; come è noto, c'è stato un processo di privatizzazione del mondo siderurgico nel nostro Paese; è chiaro che il libero mercato, il mercato globale ha dei pro e dei contro, io ritengo che. nello specifico, i contro siano venuti a galla rapidamente. Il privato, l'imprenditore privato, quando il mercato è globale, si scontra con produzioni all'estero che non hanno la necessità di investimenti ambientali, investimenti per la sicurezza dei lavoratori, di tutela dei lavoratori, hanno costi energetici inferiori; ovviamente, in quel caso, il prodotto italiano e europeo in generale sconta la necessità di questi investimenti, e ritengo che sia molto difficile trovare un equilibrio tra la competitività dello stabilimento, il prezzo dell'acciaio finale, le tutele ambientali necessarie e le tutele per la sicurezza dei lavoratori. Credo, quindi, che il passaggio che il Governo sta cercando di fare, accompagnando, almeno parzialmente, l'impresa privata, il player industriale privato con interventi di Stato a tutela della sicurezza e a tutela dell'ambiente sia un passaggio obbligato.

Oltre a questo, ovviamente, c'è l'obsolescenza di molti impianti produttivi, come elemento di criticità intrinseca degli stabilimenti che producono l'acciaio grezzo a ciclo integrale; non è un mistero, infatti, che molti impianti siderurgici sono stati realizzati decenni fa, con tecnologie che al tempo erano considerate all'avanguardia, ma che, oggi, sono del tutto superate e non permettono di essere competitivi a livello internazionale. In particolare, tali impianti si caratterizzano per la bassa efficienza energetica, per l'alto impatto sull'inquinamento ambientale, per gli incrementi dei rispettivi costi di manutenzione, con conseguenti rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori che vi prestano attività lavorativa.

Con l'emergenza epidemiologica da COVID-19, il settore dell'acciaio, così come molti altri, ha subito un altro duro colpo, sia dal lato dell'offerta, cioè della produzione, che da quello della domanda. È evidente che, in questo momento, la domanda è legata a tutta la filiera di utilizzo dell'acciaio: costruzioni e automotive in primis, mercati che sono fermi e che, quindi, ovviamente, a cascata, incidono sulla capacità produttiva degli stabilimenti. La produzione nazionale di acciaio nel mese di marzo risulterebbe diminuita del 40 per cento su base annua, registrando una caduta nettamente superiore a quella dei competitor europei: Germania meno 21, Francia meno 13, Spagna meno 15, e più in generale a quella dei competitor internazionali. La produzione mondiale è in flessione del 6 per cento.

Avuta presente la sua strategicità, occorre certamente individuare soluzioni rapide ed immediate implementabili per rilanciare il settore anche sui mercati esteri. È chiaro che la soluzione non può individuarsi nella mera dismissione degli impianti, senza una prospettiva che, però, comporterebbe conseguenze esclusivamente negative sul piano occupazionale e una totale dipendenza dall'estero per la formazione di acciaio grezzo, ghisa e semilavorati. Piuttosto, il rilancio del settore deve necessariamente passare da una profonda, radicale ristrutturazione che ne aumenti la competitività. Per altro verso, vi è la necessità di puntare sull'acciaio di qualità e sulle filiere che ne fanno uso, come l'industria elettrotecnica, la meccanica di precisione e altre similari, al fine di garantire all'Italia una produzione siderurgica che non sia solo legata a prodotti di base, ma anche a quelli ad alto valore aggiunto. Nelle conclusioni, poi, aggiungerò qualche passaggio; io credo che, proprio in uscita dall'emergenza sanitaria e dovendo riprogrammare una crescita economica per il nostro Paese, sia il momento di ripensare a tante filiere produttive, tra cui quella siderurgica; noi non possiamo più arretrare rispetto all'esigenza di avere un piano industriale certo per il nostro Paese e un piano speciale, specifico per la siderurgia in Italia.

È chiaro che quando si parla di siderurgia, l'ho detto in premessa, il pensiero va a Taranto e agli stabilimenti ex Ilva. Relativamente ai rapporti tra Ilva e ArcelorMittal, come è noto, lo scorso 4 marzo è stato perfezionato un accordo di modifica del contratto di affitto dei rami d'azienda, con obbligo di acquisto, originariamente stipulato il 28 giugno 2017 e già oggetto di precedenti modifiche. I punti qualificanti del nuovo assetto contrattuale sono i seguenti: l'anticipazione del termine ultimo entro cui dovrebbero verificarsi le condizioni a cui è subordinato l'obbligo di ArcelorMittal di acquisire i complessi aziendali di Ilva, precisamente dall'agosto 2023 al maggio 2022, quindi, un anno e tre mesi prima, per l'effetto e l'accorciamento della durata massima del rapporto di affitto; l'impegno di Mittal ad attuare il nuovo piano industriale legato al contratto, un piano industriale che sia improntato alla graduale decarbonizzazione dell'attività produttiva presso lo stabilimento di Taranto, grazie all'utilizzo di forno elettrico e all'ipotesi di un impianto di pre-riduzione; l'adozione di un piano ambientale coerente con l'assetto produttivo previsto dal nuovo piano industriale; l'impegno delle parti a collaborare per la ricerca di soluzioni per la gestione del personale, fermi restando i risultati raggiunti su questo fronte con l'accordo sindacale sottoscritto nel settembre 2018; la previsione dell'ingresso di investitori terzi, fra cui lo Stato - come dicevo prima, lo ritengo fondamentale -, anche mediante società controllate o partecipate nel capitale della società italiana di ArcelorMittal, con facoltà per quest'ultima di recedere dal contratto in caso in cui il relativo accordo di co-investimento non venga stipulato entro il 30 novembre 2020 e a condizione che in tale evenienza ArcelorMittal versi una multa penitenziale di 500 milioni di euro. Questa penale è on top rispetto a tutte le penali del contratto esistenti, quindi, è una penale aggiuntiva alle penali che già esistono rispetto alla recessione contrattuale anticipata.

ArcelorMittal ha comunicato ad Ilva, ai commissari e ai rappresentanti delle istituzioni che il sopraggiungere della pandemia COVID-19 e le misure di contenimento adottate dal Governo hanno fortemente inciso sull'attività produttiva dello stabilimento di Taranto. Le filiere a ciclo continuo ovviamente non erano oggetto di provvedimento di chiusura, ma ricordo che la decisione, condivisibile, del prefetto di Taranto del 26 marzo scorso ha vietato la commercializzazione dei prodotti finiti fino al 3 aprile 2020 e ha limitato, soprattutto, la possibilità di accesso al numero di personale nello stabilimento, misura assolutamente necessaria per la pandemia in corso.

Come in molti altri casi, d'altronde, l'emergenza COVID-19 ha prodotto delle conseguenze, ad esempio, ritardi nell'attuazione di alcune prescrizioni AIA, di cui al DPCM 29 settembre 2017. In tal senso, la necessaria limitazione delle maestranze presenti nello stabilimento ha portato l'azienda a gestire le maestranze, ovviamente nella gestione degli impianti e non negli interventi relativi alle prescrizioni AIA, l'esigenza di aggiornare le previsioni del nuovo piano industriale sia per quanto concerne le previsioni dei risultati di esercizio 2020, di esclusiva responsabilità di ArcelorMittal, sia per quanto concerne gli investimenti ambientali, che dovrebbero essere rimodulati in considerazione dei ritardi di cui al punto precedente, le difficoltà segnalate da ArcelorMittal nel far fronte ai propri obblighi di pagamento nei confronti di Ilva e i ritardi nell'avvio delle interlocuzioni con le parti sociali volte a trovare entro il termine del 31 maggio, come auspicato nel contratto sottoscritto il 4 marzo, un nuovo accordo sindacale.

Per fronteggiare tale difficoltà con riguardo alle prescrizioni AIA, ArcelorMittal ha chiesto a Ilva di convocare una conferenza di servizi allo scopo di deliberare una proroga delle scadenze AIA in questione, fermo il termine finale per il completamento del piano ambientale. Verificate le circostanze, i commissari straordinari si sono attivati con il Ministero dell'Ambiente per la convocazione della predetta conferenza di servizi, alla quale partecipano ARPA, ISPRA, ASL, regione, comune e provincia, oltre, naturalmente, allo stesso Ministero dell'Ambiente. ArcelorMittal ha successivamente trasmesso a Ilva, per ora in via informale, un cronoprogramma dettagliato che dovrà essere inoltrato al Ministero dell'Ambiente a integrazione della prima comunicazione dei commissari. La conferenza di servizi - è notizia di ieri - è stata convocata, però, per oggi e, quindi, nelle prossime giornate verrà valutato il cronoprogramma che sarà necessario mantenere per Mittal rispetto al ritardo accumulato sugli investimenti da effettuare sul piano ambientale. In attesa di ulteriori sviluppi, il piano ambientale, dovrà essere comunque modificato per dar corso agli interventi di progressiva decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto, che sono alla base del nuovo piano industriale allegato agli accordi del 4 marzo.

Per quanto attiene al piano industriale, che è forse l'aspetto più rilevante, a oggi, di tutto il dossier, la società affittuaria ha segnalato una drastica riduzione di fatturato e, quindi, la necessità di aggiornare le previsioni formulate nel nuovo piano industriale allegato all'accordo del 4 marzo. A valle della riunione tenutasi ieri con i colleghi Ministri Gualtieri e Catalfo, la società, la gestione commissariale e le parti sociali, Mittal ha fatto sapere che questa rivisitazione del piano industriale verrà presentata entro venerdì 5 giugno, quindi più o meno dieci giorni da oggi. Su questo voglio essere chiaro sin d'ora: mi aspetto - e immagino che tutto il Governo si aspetti - un piano industriale che sia serio, ambizioso, lungimirante, non prettamente difensivo e conservativo e, soprattutto, che non rimetta in discussione l'esito dei complessi negoziati culminati con gli accordi del 4 marzo. Io ricordo benissimo che dal 4 novembre, data in cui ArcelorMittal ha comunicato l'intenzione di recedere dal contratto di affitto e la rimessione nelle mani dei commissari degli stabilimenti e, contemporaneamente, ha presentato una causa civile presso il tribunale di Milano per avere la conferma del diritto di recesso, molto del dibattito politico si è svolto attorno alla questione dello scudo penale. Oggi lo scudo non c'è, sono passati sette mesi e l'impianto continua a essere gestito e a produrre, seppure limitatamente, senza che questo sia diventato un ostacolo. È chiaro che quello era un elemento che non c'entrava nulla con la volontà di ArcelorMittal di recedere in quel momento dal contratto e credo che il Governo abbia messo in campo tutte le possibili soluzioni per addivenire a un accordo che poi è stato sottoscritto finalmente il 4 marzo, rendendosi disponibile a forti investimenti che, però, non possono avere come obiettivo quello di lasciare lo stabilimento così com'è, devono essere rifatti integralmente gli impianti, l'AFO/5 dev'essere realizzato e dev'essere un AFO nuovo, dev'esserci una forte decarbonizzazione. con un impianto di produzione e la presenza di forni elettrici. È chiaro che è un piano ambizioso, su cui il Governo deve monitorare anche la possibilità di un piano economico che stia in piedi, con alcuni dubbi e alcune perplessità. È chiaro che il costo dell'energia è un problema serio per gli impianti di produzione e non è detto che sia economicamente sostenibile e, quindi, bisognerà creare le condizioni perché lo sia.

Con riferimento alle difficoltà economiche, ArcelorMittal ha per adesso manifestato a Ilva l'intenzione di posticipare il pagamento del canone trimestrale di affitto per il periodo maggio-giugno-luglio 2020, scaduto il 5 maggio, e verosimilmente nella rata di giugno il corrispettivo per l'acquisto di alcune parti di ricambio di beni consumabili. Parliamo, in totale, di alcune decine di milioni di euro.

Da ultimo, una questione certamente non meno importante. Sulla base di quanto si apprende anche in via diretta dalla stessa Mittal, parrebbe che l'affittuario non stia adempiendo regolarmente ai propri obblighi di pagamento nei confronti di alcune imprese fornitrici e su questo, anche tramite l'operato della struttura commissariale, approfitto per ringraziare i commissari straordinari del lavoro intenso che stanno facendo ormai da molti mesi. Dicevo che sarebbe ovviamente inaccettabile compromettere forse definitivamente quella molteplicità di piccoli e piccolissimi fornitori che rappresentano la gran parte del tessuto produttivo tarantino e pugliese.

Altro elemento puntuale, ma che, in qualche modo, rappresenta una criticità per l'intera filiera degli acciai e ciò che sta accadendo a Terni, negli Acciai Speciali Terni. Infatti, oltre a Ilva esiste, ovviamente, una serie di produttori del settore delle acciaierie che sono prevalentemente al Nord, ma ci sono anche altri impianti molto importanti come quello di Acciai Speciali Terni, uno stabilimento che esiste dal 1889, con una produzione di acciaio che costituiva al tempo la metà di quella nazionale. Dal 1994 Acciai Speciali Terni è stata privatizzata con la cessione alla Kai Italia, in cui figuravano imprenditori italiani e la multinazionale tedesca ThyssenKrupp, che, quindi, rappresenta Terni sin dalla privatizzazione, e quest'ultima qualche anno più tardi ha ottenuto poi l'intera proprietà di AST con la denominazione di ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni. Oggi, come è noto, si pone il problema di dare un nuovo assetto societario ad AST. Thyssen ha comunicato, con una nota del CdA, la necessità di cessione di moltissimi stabilimenti di Thyssen, non ritenendoli più strategici, cosa che era avvenuta già due anni fa e già due anni fa vi erano state alcune cordate italiane che erano pronte a rilevare lo stabilimento di Terni. Poi Thyssen ha arretrato, dicendo che non era strategico ma, comunque, non aveva intenzione di cederlo. Oggi, ovviamente, dobbiamo attendere le mosse che la proprietà vorrà fare in termini di cessione azionaria, se totale o parziale, per l'ingresso di un nuovo socio di maggioranza o un ingresso di un socio unico. Le interlocuzioni che abbiamo avuto in questi giorni anche con l'amministratore delegato di AST ci portano a dire che viene confermato il piano industriale che prevede investimenti per 60 milioni di euro nel biennio e vengono confermati gli obiettivi del piano industriale. Il mercato, che ha avuto un crollo molto forte per alcuni settori specifici di produzione dell'acciaio, ha colpito con meno incisione ed è stato meno drammatico per gli acciai speciali e, in particolare, per lo stabilimento di Terni, che ha una flessione meno importante. È chiaro che la procedura di cessione dovrà seguire le volontà della proprietà attuale e probabilmente sarà una procedura ordinaria, ovviamente con l'individuazione di un advisor finanziario, con una procedura aperta, poi con delle offerte non-binding inizialmente e poi binding ovviamente come nel secondo round, così come funziona sempre nel mercato dell'M&A. Ritengo che ci siano almeno due soggetti - e ne abbiamo, diciamo, contezza fattuale - che sono interessati storicamente a quello stabilimento, che sono il gruppo Marcegaglia e il gruppo Arvedi. Credo che potrebbe esserci un interessamento anche di altri soggetti player internazionali nel mercato dell'acciaio, perché - ripeto - gli acciai speciali hanno un mercato che non è in crisi come altri settori. Ritengo, però, che la presenza di player italiani possa essere garanzia di non trovarci nuovamente poi con imprenditori che promettono investimenti nel nostro Paese e dopo, magari, cercano di chiudere lo stabilimento e di arretrare nella loro posizione.

Io credo che alcuni elementi sulla strategicità del settore della siderurgia e delle criticità che oggi sta affrontando siano emersi in questa breve informativa. Io credo che vi siano elementi su cui non possiamo non pensare di intervenire per sostenere il mercato dell'acciaio in tutta la sua filiera.

Credo che sia necessario intervenire con strumenti di difesa commerciale perché, come dicevo prima, il gap, il dumping su diversi piani è forte rispetto a Paesi del profondo est asiatico, le produzioni in Cina, in India, ma anche quelle più vicine come dicevo, in Turchia, dove il costo del lavoro è molto più basso, il costo dell'energia molto più basso, le tutele occupazionali sono inferiori, le tutele ambientali sono sostanzialmente nulle. Credo che su questa protezione commerciale è necessario intervenire come Paese, ma soprattutto è necessario intervenire su base europea. Credo che serva fare una riforma specifica e puntuale sull'uso dei rottami, perché se l'obiettivo è, e deve essere, quello di decarbonizzare gli impianti, è chiaro che già oggi su una produzione italiana di acciaio pari a circa 26 miliardi di tonnellate, la produzione a caldo riguarda una percentuale bassissima, pari a circa 6 miliardi di tonnellate annue, attualmente; è stata leggermente più alta negli anni passati, ma è ovviamente molto limitata quella di acciaio grezzo rispetto alla produzione complessiva di acciaio nel nostro Paese. E, allora, se il forno elettrico non può essere messo in discussione, ovviamente a tutela dell'intera filiera è chiaro che il costo dell'energia è un tema, ma è un tema anche il modo in cui si riutilizzano i rottami, che troppo spesso hanno procedure molto controverse di utilizzo come rifiuto. I settori siderurgici sono esposti alla concorrenza internazionale; al momento l'Unione europea sta rivedendo i settori che possono essere soggetti ad interventi diretti di incentivo rispetto al carbon leakage indiretto; aspettiamo la formulazione definitiva del testo prima di attivare le procedure incentivanti, che hanno già una copertura economica forte del Ministero dello Sviluppo economico, ma che devono rientrare in quel cappello europeo che prevede appunto la possibilità di interventi per il dumping energetico e quindi sulle aste degli ETS. Tutto questo deve essere ricompreso in un piano strategico per la siderurgia che definisca nel dettaglio il fabbisogno di acciaio nel nostro Paese e le condizioni di mercato su cui i produttori devono muoversi, nel rispetto ovviamente delle regole europee e del libero mercato, ma con la consapevolezza che soltanto alcuni elementi di protezione commerciale potranno dare la garanzia ad un settore così importante di mantenere una filiera del valore alta, come lo è stato e come dovrà esserlo in futuro.

Bisogna anche ragionare con serietà su alcuni strumenti di stimolo della domanda. Come dicevo prima, costruzioni e automotive sono due settori con un forte consumo di acciaio. Credo che da un lato, il superbonus al 110 per cento, legato ovviamente alla parte sisma bonus, non a quella legata all'efficientamento energetico, dove i materiali non utilizzano l'acciaio, ma tutti gli interventi di adeguamento sismico sono interventi strutturali e quindi porteranno ad un maggior consumo di quel prodotto e quindi a sostegno della domanda d'acciaio. Così come non è derogabile un intervento di sostegno all'automotive che non deve però mettere, in nessun momento in discussione la necessità di raggiungere gli obiettivi PNIEC che ci siamo dati rispetto alla decarbonizzazione, alla riduzione delle emissioni di CO2, che vedono nel settore dei trasporti un elemento fondamentale di riduzione delle emissioni, con lo spostamento verso la trazione elettrica. L'incentivazione alla trazione elettrica è fondamentale che continui; l'abbiamo prevista nel “decreto Rilancio” con ingenti investimenti sia per il rifinanziamento del fondo per il 2020, ma anche per un incremento fortissimo per il 2021; a questo potrebbero accompagnarsi aggiornamenti di incentivazione rispetto, ad esempio, al noleggio a lungo termine, che ha un grande appeal nel nostro Paese, anche per smaltire il parco a piazzale prodotto in questi mesi dalle ditte produttrici di automobili, che ovviamente hanno difficoltà oggi a essere piazzate sul mercato. Ma, ripeto, continuare ad intervenire per spot non è la soluzione; va previsto un piano strategico; il Governo avrà il compito di predisporlo e in particolare il Ministero dello Sviluppo economico; io ritengo che anche su questo un dibattito parlamentare sia assolutamente necessario (Applausi).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.

Ha facoltà di parlare l'onorevole Rizzone. Prego.

MARCO RIZZONE (M5S). Grazie, Presidente. Me lo ricordo ancora quell'odore acre che ti intacca la gola e che provoca la nausea. Era la fine degli anni Novanta e passeggiare nel quartiere di Cornigliano, a Genova, ti lasciava addosso una sensazione sgradevole, malsana, malsana come l'aria che si respirava. Oggi, a distanza di anni, la situazione è cambiata; lo stabilimento dell'Ilva è stato drasticamente ridimensionato e la produzione a caldo non c'è più perché tanto c'è Taranto. L'aria a Cornigliano è di nuovo respirabile, l'occupazione è sì diminuita, ma grazie all'accordo di programma si è raggiunto un nuovo equilibrio anche con le parti sociali, almeno finché c'è Taranto, quella Taranto che Pasolini nel 1959 definiva la città perfetta; esattamente un anno dopo, nel 1960, venne posata la prima pietra del più grande stabilimento siderurgico d'Europa, fu scelta Taranto non solo per il porto, ma per la forte crisi occupazionale dovuta alla fine della produzione bellica e al ridimensionamento dei cantieri navali; Taranto non vuole morire, diceva la popolazione, dall'operaio a chi possedeva terreni, dal vescovo al politico tutti la volevano, e acciaieria fu. Arrivarono decine di migliaia di posti fissi; sotto le ciminiere, ma pur sempre fissi. L'area siderurgica finì per occupare il doppio dell'intera città, città che iniziò a crescere, vivere e anche morire intorno alla fabbrica. A metà anni Settanta, col raddoppio i dipendenti arrivavano a essere oltre 20 mila, più 15 mila di indotto. E siamo alla metà degli anni Novanta; in piena crisi il sistema implode, ma Taranto non vuole morire, non si vuole dismettere l'impianto come a Bagnoli e così Ilva viene svenduta al gruppo Riva; continua a produrre e a dare lavoro, ma anche a inquinare. Passano diciassette anni, siamo nel 2012, ancora una volta Taranto non vuole morire, questa volta si parla di tumori però; la Procura porta alla luce gravi reati ambientali di inquinamento e ordina il sequestro degli impianti dell'area a caldo. La fabbrica è fonte di malattia e morte, scrivono i giudici, ma paradossalmente, visto che Taranto non vuole morire, per salvaguardare lo stabilimento e l'occupazione lo Stato avvia una procedura di commissariamento dell'azienda e una gara internazionale per la destinazione della stessa. A fine 2018 lo stabilimento passa ad ArcelorMittal, ma sembra essere più una patata bollente di cui liberarsi che non un'opportunità di business. I fatti recenti parlano da sé: richieste di proroga dei termini di presentazione di un piano industriale, aumento delle persone in cassa integrazione, nessun investimento strutturale, ritardi nei pagamenti, fuga del direttore finanziario. Del resto, c'è poco da girarci intorno: il mercato è drogato da acciai che arrivano dall'estero a bassissimo costo, ma se fuori produrre costa molto, molto meno, che senso ha investire in Italia?

Vorrei ricordarlo, ArcelorMittal voleva andarsene comunque, a prescindere dallo scudo penale perché? Perché c'è un problema di mercato. Chiediamoci perché in Cina o in India produrre acciaio costi di meno, chiediamoci se sarà mai possibile raggiungere un equilibrio tra difesa dell'occupazione e tutela dell'ambiente e della salute, perché davvero Taranto non vuole morire, non vuole morire di fame perché manca il lavoro, ma neppure di tumore perché la fabbrica inquina.

È giunto il momento di chiedere scusa ai tarantini e iniziare a dare delle risposte. Qualcuno ritiene che l'area possa essere bonificata e la fabbrica trasformata affiancando all'attuale ciclo integrale cokeria alto forno un nuovo ciclo preridotto e forni elettrici, anche se permane il problema del costo del gas; una soluzione più green, magari farcita con un po' di industria 4.0, sicuramente meno irrealistica delle fantomatiche acciaierie svedesi a idrogeno, i cui prototipi non saranno pronti prima del 2035. Ma supponiamo anche di riuscire a fare di Taranto la più pulita e sicura acciaieria del mondo, la sovrapproduzione mondiale di acciaio, i costi energetici, i vincoli ambientali e il sacrosanto rispetto dei diritti dei lavoratori non rendono comunque vantaggioso produrre in Italia, purtroppo; e questo non è un problema specifico di Taranto, di ArcelorMittal; anche a Piombino gli indiani di Jindal temporeggiano nel presentare un piano industriale; Arvedi a Trieste ha chiuso l'altoforno; Thyssenkrupp ha deciso di mettere in vendita l'AST di Terni, che pure produce acciai di qualità speciali.

Sono diversi i problemi alla base della crisi del comparto acciaio: minori consumi, problemi di liquidità, crisi del settore automotive, politiche cinesi a sostegno delle materie prime e, come se non bastasse, pandemia da COVID-19, anche se la situazione era già difficile prima del lockdown, fattori che riducono drasticamente le marginalità delle acciaierie europee, che non solo vendono meno, ma stanno subendo un aumento dei costi di produzione. Vorrei farlo notare: non è un problema solo italiano, si fermano gli impianti in Germania, in Polonia, Svezia, in Finlandia e in Repubblica Ceca. E, nonostante tutto, l'Italia rimane il secondo produttore europeo e il decimo mondiale, con 24 milioni circa di tonnellate di acciaio.

Qualcuno dice che non possiamo rinunciare a questo asse strategico, che, se si ferma Taranto, l'Italia dovrà dire addio a tutta l'industria siderurgica. La produzione siderurgica alimenta filiere di importanza strategica - è vero -, come quella della meccanica, delle costruzioni, che vedono l'Italia tra i Paesi leader a livello mondiale, per non parlare dell'automotive, della produzione di elettrodomestici, della cantieristica navale, dei servizi energetici e di trasporto. La siderurgia e la sua filiera a valle concorrono per il 40 per cento della produzione manifatturiera del Paese, 42 miliardi di fatturato nel 2018.

Non è una questione di autarchia, anche perché non disporremmo comunque di sufficiente materia prima. Però, stiamo attenti a non farci un autogol gigantesco. Oltre il 50 per cento della produzione globale, oggi, è in mano ai cinesi. Finché c'è sovrapproduzione, trovi altri fornitori; ma in prospettiva, quando i processi di concentrazione e razionalizzazione porteranno la produzione dell'acciaio nelle mani di pochi, ebbene, potrebbe essere un rischio non avere un sito di produzione a caldo nel nostro Paese, perdendo peraltro know-how ingegneristico ad esso connesso. Certo, neutralizzare questo rischio ha un costo e non certo irrisorio. Sono scelte.

L'introduzione, nel “decreto Liquidità”, del golden power di Stato anche nel settore siderurgico delinea già un chiaro indirizzo politico, dato da questo ramo del Parlamento. Ma sia chiaro che non possiamo più accettare il ricatto occupazione-salute né la concorrenza sleale dei produttori esteri, basata sul dumping salariale e ambientale. Serve a livello europeo un nuovo arsenale di misure antidumping. Serve una nuova visione dell'industria manifatturiera italiana, che deve essere orientata alla sostenibilità a 360 gradi.

Ambiente, salute, lavoro e crescita economica non possono più essere in contrasto tra loro e, se il mercato fallisce, lo Stato torni a essere protagonista, anche come partner di garanzia, come diceva il Ministro, in questa partita!

Serve un piano nazionale dell'acciaio, per il medio e lungo termine, nella consapevolezza che il mercato europeo sembra essere al capolinea. E occorre, quindi, valutare anche la possibilità di chiudere l'area a caldo di Taranto e prevedere un piano di salvaguardia del reddito e della salute dei lavoratori, ispirandosi magari all'accordo di programma fatto a Genova. Ed è una buona notizia che il Ministro intenda seguire, ad esempio, questa strada, per quanto riguarda Trieste.

Guardiamo per una volta un po' più in là della singola vertenza aziendale e, senza esitazioni, pensiamo finalmente in maniera lungimirante a una politica industriale seria. Facciamolo per Taranto, facciamolo per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.

BARBARA SALTAMARTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la sua informativa oggi sul tema della siderurgia, a distanza di otto mesi del Governo, di cui lei è un autorevole e stimato esponente - stimato anche dalla sottoscritta -, è un'informativa che mi lascia, che ci lascia, alquanto perplessi. Infatti, ci aspettavamo di sentire da lei delle parole che avessero un po' più di peso specifico, per delineare quello che a nostro giudizio è fondamentale, ossia non esiste sistema industriale, se non c'è filiera siderurgica in grado di poter far partire l'industria.

Il settore siderurgico non è uno dei settori che fa l'industria: senza acciaio non c'è sistema industriale italiano. Su questo noi ci aspettavamo l'attenzione seria, concreta e fattiva di questo Governo, dopo otto mesi.

Dopo otto mesi, sentirla raccontare a quest'Aula a che punto è la vertenza Ilva o come intenderà procedere sul tema dell'AST di Terni o su quello che sta facendo relativamente alla crisi di Piombino, è un po' riduttivo. Noi ci aspettavamo da lei, Ministro, un'informativa dove delineava e definiva qual è effettivamente la linea di questo Governo per tutelare e proteggere il settore siderurgico italiano.

Mi aspettavo, signor Ministro, che anche alla luce di alcune sue parole iniziale sul “decreto liquidità” lei prendesse come spunto il fatto che, grazie alla Lega, è stata approvata nel “decreto liquidità” una norma, tale da inserire il sistema siderurgico italiano, la filiera della siderurgia italiana nella golden power che finalmente dà un ulteriore strumento al Governo, se è capace di utilizzarlo, per fare proprio quello che lei diceva alla fine del suo discorso, ossia evitare, da una parte, la crisi di mercato e, quindi, domanda e offerta, e, dall'altra, acquisizioni straniere sempre più deleterie per il sistema Paese italiano; e lo stiamo vedendo, io non scorderò mai quando, ad alcune riunioni, Jindal, la proprietà, si è permessa anche di non presentarsi, malgrado fosse stata convocata ad un tavolo di crisi. Avete uno strumento nelle vostre mani che se volete potete utilizzare ed è lo strumento che vi permette di andare a tutelare, anche in termini di acquisizioni che si dovranno fare, penso al caso di AST, ovviamente a seguito di quello che accadrà per ArcelorMittal, e sulle quali lo Stato potrà dire la sua.

Avete predisposto la possibilità, anche nel “decreto Rilancio”, di un fondo in capo a CDP che, se vuole, riconoscendo il settore siderurgico strategico e quindi di interesse nazionale - grazie all'emendamento della Lega contenuto nel “decreto Liquidità” - può partecipare direttamente, adesso; grazie alla creazione di quel fondo i soldi ci sono, ci possono essere, ma manca la visione, manca la strategia, manca un'idea seria di quale sia il sistema industriale che si vuole costruire in questo Paese.

L'Italia era un'eccellenza dell'industria nel panorama internazionale ed europeo, oggi sta diventando la cenerentola, per politiche poco lungimiranti, sicuramente, e per mancanza di strumenti (oggi ne avete uno) ma soprattutto perché non si può continuare a pensare di reggere un settore quale quello dell'acciaio con i sussidi, attraverso la politica dei bonus, perché è vero che c'è il bonus di cui parlava lei, che è stato sicuramente ingrandito nei termini delle dimensioni economiche e in termini di percentuali, ma pensiamo di reggere un sistema industriale quale quello era quello italiano con la politica dei bonus, degli incentivi, dei piccoli sussidi fini a se stessi che, magari durano l'arco di due tre mesi e poi si passa ad altro? Ma pensate veramente di tutelare e di proteggere il sistema siderurgico italiano già in crisi pre-COVID-19, poi arriva il COVID, e mentre in Germania, in Francia, in Repubblica Ceca, le imprese siderurgiche sono state aperte, perché ritenute strategiche, in Italia le abbiamo chiuse per decreto -anche questo abbiamo fatto - dando poi la possibilità, per fortuna, a quelle dirigenze manageriali più “intelligenti” o, comunque sia, più previdenti, di concordare con i prefetti alcune aperture, ma comunque limitate in termini di capacità di produzione così come in termini di personale coinvolto. Mentre l'Europa continuava a produrre acciaio, in piena crisi COVID-19, l'Italia chiudeva le proprie aziende. Ecco, se questo è il modo in cui si intende tutelare l'industria e il settore più strategico ai fini industriali, ebbene, credo che ciò, insomma, la dica lunga sull'incapacità di portare avanti un ragionamento serio da questo punto di vista.

Poi, c'è il tema europeo: la difesa di asset strategici italiani in Europa. Ma come possiamo tutelare un asset strategico quale quello dell'acciaio, quando poi in Europa permettiamo che ci siano regole diverse? Perché, per esempio, torno al tema COVID, se non chiudono le aziende siderurgiche nel resto dell'Europa e chiudono soltanto in Italia, delle due l'una: o siamo sciocchi noi - e non ci crediamo - oppure c'è una volontà politica di far sì che il nostro settore siderurgico pian piano venga a finire. Ma, occhio, perché se chiude la siderurgia chiude l'industria, è questo il nesso ed è questa la visione politica e culturale che un Governo, che uno Stato serio dovrebbe tenere legati. Allora - e sto per chiudere - noi avevamo Taranto, Terni, Genova, Piombino, erano le capitali dell'industria, il cuore pulsante dell'industria italiana. Oggi, si stanno non solo impoverendo, ma alcune politiche di questo Governo rischiano di far chiudere definitivamente quei siti.

Oggi, quei siti dovete riconoscerli, nella pratica, strategici e di interesse nazionale. Se non fate questo, quei siti sono destinati a perdere, con tutto il rischio di una catastrofe sociale che ciò comporta. Perché, guardate, se chiudono quei siti non pensate che potrete utilizzare quei nostri operai, quel capitale umano preziosissimo magari per andare a fare le guardie a qualche impresa con il gilet giallo perché non rispettano le norme di sicurezza o le distanze sociali. Quel capitale umano e quel capitale produttivo può essere salvato solo e soltanto se sarete in grado di renderlo strategico.

La Lega vi ha dato uno strumento per farlo: non siate arroganti ancora una volta e utilizzate almeno le proposte di buonsenso che vi abbiamo fatto e che vi abbiamo fornito su un piatto d'argento. Grazie Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Labriola.

VINCENZA LABRIOLA (FI). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, Ministro Patuanelli, finalmente siamo riusciti a farla venire in Aula per un confronto politico sulla siderurgia, anche se, come gruppo di Forza Italia avevamo avanzato una richiesta esplicita di affrontare i nodi ancora irrisolti riguardanti gli stabilimenti ArcelorMittal ex Ilva, ma abbiamo altresì gradito lo slancio di generosità a voler riferire in merito alla crisi della siderurgia italiana nel complesso.

Partiamo da una certezza: il Governo non ha un piano industriale e a farne le spese sono i siti siderurgici di Terni, Taranto Novi Ligure e Genova, che sono seriamente a rischio. L'industria dell'acciaio è colonna portante della nostra economia, come lei ha detto, ed è strettamente legata ai settori dell'edilizia e dell'auto; ma poi si danno i soldi per i monopattini elettrici e questo è contraddittorio. Ma l'Esecutivo preso da amnesia, o da incompetenza, dimentica che bisogna rendere appetibili gli investimenti nel nostro Paese, abbattere la burocrazia e tutelare le nostre imprese dalla concorrenza sleale cinese. Ma, ancor prima di una politica industriale, Ministro Patuanelli, c'è bisogno di una visione industriale: che visione industriale ha lei per l'Italia? Considera ancora strategica la produzione di acciaio, oppure no? Noi pensiamo che la gestione di queste crisi sia stato un continuo voler tappare i buchi, falle create da una gestione scellerata del suo dicastero. Lei, forse per incompetenza o inesperienza, ha trascurato le crisi industriali, soprattutto quelle siderurgiche, compromettendo la possibilità di rilancio e di sopravvivenza del settore.

Noi di Forza Italia abbiamo sempre fatto la nostra parte per tutelare il comparto siderurgico in Italia e in Europa: il Presidente del Parlamento europeo Tajani ho fatto approvare le norme anti dumping per limitare il massiccio aumento dell'importazione di acciaio a basso costo; il 3 marzo insieme all'europarlamentare Salini hanno discusso un'interrogazione per chiedere al Commissario europeo al Mercato interno Breton quali iniziative l'Unione europea ha messo in campo per tutelare e sostenere l'industria dell'acciaio italiano e dell'Unione. Come vede, Ministro, Forza Italia ha sempre posto grande attenzione alla siderurgia seguendo le crisi, il mercato e cercando di mantenere sempre alta l'attenzione su un asse strategico per l'Italia.

Partiamo dalla crisi industriale degli stabilimenti Acciai Speciali Terni e dall'irrisolta la questione ex Ilva per analizzare le prospettive di sviluppo e il futuro dell'acciaio in Italia. Per quanto riguarda Acciai Speciali Terni, il 18 maggio la ThyssenKrupp annuncia di voler cedere lo stabilimento ternano, un'azienda strutturalmente sana e tecnologicamente all'avanguardia disattendendo gli accordi ignorando gli impatti sociali. Il Governo cosa ha fatto? Nulla, lei Ministro non ha fatto nulla per l'unico stabilimento italiano che produce acciaio inossidabile di qualità, ignorando la sua funzione strategica. Le diciamo noi cosa va fatto: semplicemente aprire un tavolo presso il suo dicastero, individuare le migliori soluzioni per il rilancio dell'Acciai Speciali Terni e non attendere le decisioni dei proprietari delle acciaierie ternane e iniziare un'interlocuzione con i player per essere pronti a qualsiasi evenienza nel caso in cui ThyssenKrupp vada avanti nelle sue scelte.

Quando parliamo dell'ex Ilva poi sfioriamo il ridicolo, il teatro dell'assurdo, con una crisi industriale atavica gestita dal governo Conte come una partita tutta interna ai Cinque Stelle. Solo il 21 maggio lei, Ministro, affermava che ArcelorMittal stava facendo capire che aveva intenzione di lasciare gli impianti italiani, ma ieri, dopo che ha convocato in remoto le parti sociali, si è convinto che gli acquirenti vogliono rimanere nel nostro paese e che lei concederà dieci giorni per presentare un piano industriale in linea con gli accordi presi 4 marzo. Ma, Ministro Patuanelli, dov'è l'accordo del 4 marzo? Perché non lo rendete pubblico, in seno alla trasparenza che avete sempre professato? Certo, l'accordo è umiliante: diminuzione drastica dell'affitto, slittamento di opere di ambientalizzazione, ingresso dello Stato nella Newco, la possibilità per gli acquirenti di scappare dall'Italia se il governo non mantiene le promesse fatte. Ministro Patuanelli, l'accordo deve essere reso pubblico subito! Troppi nodi sono irrisolti: piani industriali, assetti societari, ruolo dello Stato e futuri investimenti; onestà Ministro, le chiediamo semplicemente onestà.

Lei, Ministro ha trascurato una crisi che doveva essere seguita passo dopo passo; durante l'emergenza sanitaria l'azienda ha fatto scelte unilaterali che hanno messo in seria difficoltà i lavoratori e l'indotto. Tutti durante il lockdown abbiamo lavorato con videoconferenze, solo lei non ha ritenuto opportuno seguire questa crisi industriale delicata, che ancora stenta a trovare un equilibrio tra diritto al lavoro e diritto alla salute. Le do una notizia: la call con le imprese dell'indotto e con le sigle sindacali l'abbiamo avuta noi di Forza Italia e la situazione non ci sembra così serena; il ristoro promesso ancora non c'è, ancora non c'è una parvenza di futuro stabile. Le questioni che avete affrontato ieri sono, dalle note stampa che abbiamo letto: piano industriale, ripresa attività produttive e salvaguardia dell'occupazione. Ma Ministro, c'è un'altra questione che lei ha dimenticato e si chiama indotto, non faccia finta di non sapere dei debiti che lo Stato ha con le aziende: 150 milioni non pagati dallo Stato i soldi che questi imprenditori avanzano da ArcelorMittal. Omettere di parlare anche di questa importante questione è inammissibile e rende noto e palese la miopia dell'Esecutivo; bisogna intervenire subito garantendo il pagamento degli arretrati altrimenti ci sarà il deserto industriale locale.

Ci sono poi altre questioni urgenti che vanno affrontate nell'immediato: il riavvio delle produzioni, la manutenzione degli impianti indispensabili per garantire la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, il risanamento ambientale e il rientro dei lavoratori. Quando si affronteranno questi temi? Ministro Patuanelli, più nessuno crede alle sue parole, tant'è che continueranno gli scioperi fino alla definizione del piano industriale per fare pressioni sul Governo, che, spesso e volentieri, ha preferito lavarsi le mani e non metterci la faccia su questa crisi, che nonostante dodici decreti, una vendita avvenuta a porte chiuse, pareri Anac, Avvocatura dello Stato, immunità si, immunità no, cambio del contratto firmato dagli acquirenti, ricorso ai magistrati, accordo firmato in extremis il 4 marzo, ricorso al TAR del Sindaco Melucci del PD sulla chiusura delle fonti inquinanti e la pandemia hanno reso questa crisi un'incertezza costante e una prospettiva per il futuro pari a 0. Poi c'è l'Europa che, come ha detto lei, è assente, ma non è stato citato minimamente il Piano nazionale dell'acciaio; abbiamo un fabbisogno pari a 14 tonnellate di produzione, 8 ne riusciamo a produrre il resto lo importiamo dalla Turchia e dalla Russia.

Vado alle conclusioni, Presidente. Ministro, al MiSE vi dovete proprio svegliare, noi crediamo in un'Italia che produce e che crea lavoro e ricchezza, non assistenzialismo. Noi speriamo che lo Stato con la “S” maiuscola da emergenziale assistenzialista di oggi, che si fa confusamente carico di situazioni contingenti, si faccia Stato sempre con la “S” maiuscola al fianco degli imprenditori e inizi a seguire i comparti delicati, le crisi industriali, gli asset strategici dell'Italia e avvii una politica industriale seria, fatta di flat tax, di poca burocrazia, di regole di mercato semplici e veloci. Solo così il nostro Paese potrà uscire da questa crisi che, più che dall'avvento del Coronavirus, è piegata dall'incapacità del suo stesso Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benamati.

GIANLUCA BENAMATI (PD). Grazie. Signora Presidente, non me ne vorrà la collega che mi ha preceduto se invece dico che noi crediamo alle parole del Ministro, che ringraziamo anche per aver esposto qui la situazione della siderurgia, che in Italia è qualcosa che va oltre l'Ilva di Taranto e non è solo nell'importanza del problema Ilva di Taranto. La siderurgia italiana non ha bisogno di avvocati in quest'Aula perché parlano i numeri che il Ministro ha dato per la siderurgia: 70 mila occupati diretti, più di 200 mila con gli indiretti, a cui si aggiunge l'indotto; 40 miliardi di fatturato l'anno scorso di cui il 34 per cento destinato all'esportazione; la seconda siderurgia europea e la decima-undicesima, a seconda dell'annualità, mondiale, ma la prima siderurgia europea nel forno elettrico e nel recupero del rottame, quel recupero che è ambientalmente corretto ed è un ottimo esempio di economia circolare, che sussiste perché l'acciaio è un materiale permanente, che non perde mai le sue proprietà.

Allora, è una siderurgia che ha ancora un ciclo integrale a Taranto, che noi vogliamo difendere, che ha lavorazioni per acciai speciali a Terni e che ha, in una filiera del forno elettrico, una serie di distretti, che sono spina dorsale di quel settore dell'economia italiana. Brescia, Vicenza, Mantova, Cremona, Udine: ci sono grandi aziende italiane. Infatti, noi siamo abituati ai grandi nomi Jindal, ArcelorMittal, Thyssenkrupp, che non hanno nulla da invidiare, se non nelle dimensioni, a questi. Potrei dire Arvedi, potrei dire Duferco, potrei dire Danieli. Non dico altro, per non far torto a nessuno. Sono realtà delle aziende dell'impresa italiana che sostengono il nostro PIL e la nostra occupazione. La siderurgia italiana è moderna e, forse, una delle migliori d'Europa. Da questo punto di vista è vero, signor Ministro, lei ha detto bene, la doppia crisi che attanaglia col COVID-19 la siderurgia italiana ci pone dei problemi. Si sono fermate alcune filiere produttive - in Italia si è fermata la produzione di alcuni comparti - e si sono fermate le filiere che assorbono i prodotti. Si è detto l'automotive: 85 per cento nelle scorse settimane in meno di immatricolazioni. Costruzioni: il ponte di Genova, con le travi che vengono da acciaierie italiane, non è la generalità della situazione.

Mi fa piacere, signor Ministro, che lei abbia parlato della necessità di sostegno al mercato dell'automobile e di sostegno agli investimenti, il buono, il piano ecobonus. Ma da questo punto di vista sappiamo che nulla sarà come prima. Dovremo fare uno sforzo per difendere la strategicità della nostra siderurgia e, più in generale, del nostro comparto industriale di attività produttive. Da questo punto di vista, vorrei fare notare che c'è una minaccia, ci sono una serie di punti, che dobbiamo attenzionare. In altri Paesi la siderurgia sta continuando a produrre, si sono aumentate le scorte. È quel fenomeno del sottocosto, che ha caratterizzato - e che lei ha menzionato - comportamenti scorretti nel recente passato. Paesi che producono con dispregio delle regole ambientali e sociali, a discapito dei lavoratori, potrebbero invaderci nella ripresa con i loro prodotti. Dobbiamo, a livello comunitario impedirlo, e dobbiamo puntare - lei lo ha detto correttamente - sulla risorsa rottame. Questa nuova globalizzazione del post COVID-19 deve vedere la salvaguardia delle nostre realtà produttive. Però, signor Ministro - tramite la Presidente naturalmente - la richiamo anche al tema dell'energia. Noi abbiamo questa bellissima siderurgia da forno elettrico, una siderurgia pulita. Ma, come dice la parola, funziona con l'elettricità, che è la materia prima vera. Quindi, il costo dell'energia è essenziale. È essenziale ridurre il gap, fra i costi interni nazionali e quelli dei competitor europei.

Allora, noi abbiamo un set di strumenti di cassetta degli attrezzi. Abbiamo la disciplina sugli energivori, per l'energia elettrica e per il gas. Anzi, le chiederei, Ministro, di portare a conclusione la procedura per l'attuazione delle misure per il gas. Ci sono gli interconnettori, l'interrompibilità, che quest'anno deve essere rinnovata. Sono temi urgenti, così come lei ha citato il tema degli ETS, la riforma naturalmente dei costi indiretti della CO2 e del carbon leakage e il tema dei certificati bianchi e della loro riforma. Tengo l'ultima parte del mio intervento, Presidente, perché non voglio sfuggire a questo, perché il mio gruppo ritiene che non si debba sfuggire a questo, usando parole chiare, non solo sulla Acciai Speciali Terni, su cui crediamo che il Ministro stia portando avanti un lavoro importante, ma sul tema del ciclo integrale e, quindi, dell'Ilva. Chi, come me, ha consuetudine pluriennale in queste Aule, sa quanto noi ci siamo battuti per mantenere la produzione a Taranto, sapendo che c'è un sillogismo che vale, che si può produrre in maniera rispettosa dell'ambiente, in maniera rispettosa della salute e che questo è un tema di tecnologia e di costi. Quindi, la strategicità di quell'investimento è fuori discussione. Quelle che sono state le condizioni che hanno portato alla cessione alla ArcelorMittal, gli investimenti sul ciclo produttivo, gli investimenti dal punto di vista ambientale, con quel simbolo che è la copertura dei parchi minerali, unico caso nel mondo, non possono essere messi in discussione. Noi le crediamo, Ministro. Vedremo, mi avvio a concludere, Presidente, dieci giorni sono tanti e sono pochi: sono tanti, se non c'è la volontà di risolvere; sono pochi se intendiamo risolvere. I due accordi, quello di settembre del 2018 con i sindacati e quello di marzo del 2020, restano la bussola. Attendiamo e accogliamo le sue parole. Concludo, dicendo che occupazione, sicurezza e salute non sono con l'acciaio parole che contrastano. Noi le chiediamo - e chiudo veramente, perché è già stato detto -, in quest'epoca post COVID-19, in cui dovremo ripensare la visione di Paese che abbiamo per il futuro, una strategia, una strategia globale per la siderurgia, per l'industria, per le attività produttive di questo Paese, perché questo era e rimane - qualcuno voleva sentire parole chiare della maggioranza - un asset portante dell'attuale prosperità e della futura prosperità di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, Fratelli d'Italia ha ascoltato con molto interesse l'intervento del Ministro. Debbo dire, signor Ministro, che qualcosa non torna, quantomeno sotto il profilo politico, perché è pur vero che nella Prima Repubblica si parlava di partito di lotta e di governo, ma, signor Ministro, qui abbiamo una nuova fattispecie: abbiamo il MoVimento 5 Stelle, che è un partito di lotta, con il Governo, di cui è il socio di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Allora, noi non possiamo pensare che qualsiasi interlocutore internazionale credibile possa prestare fede a quello che lei dice, quando subito dopo interviene un rappresentante del suo partito, che sostiene esattamente l'opposto. È vero che una sintesi potremmo trovarla: a Taranto si potrebbe andare avanti e mettere sopra lo stabilimento dei giardini pensili. Così avremo fatto contento sia il PD che Grillo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Ma non è possibile. Non è possibile sotto il profilo politico, non è sul possibile sotto il profilo tecnico. Allora, stiamo parlando di un settore serio: senza la siderurgia, come è già stato detto, l'industria italiana non va, non parte. Lei ha fatto riferimento a due settori, quello dell'edilizia e quello dell'automotive, come volani per una ripresa del settore siderurgico. Ma, signor Ministro, che cosa ha fatto il suo Governo, per contrastare la crisi dell'edilizia e per contrastare la crisi dell'automotive (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)?

Queste sono le domande a cui bisogna dare risposte non scontate. “Non slogan”, ha detto. Ma, a proposito di slogan, chi è che aveva detto, quando si è aggiudicato un imprenditore una gara a Taranto, che era un “delitto perfetto”? E voi, per vedere e verificare fino in fondo che quel delitto fosse perfetto, avete pensato bene, un giorno, di inventare lo scudo penale e, l'altro giorno, di toglierlo. Siete passati dallo scudo allo scudino, per vincere lo scudetto della contraddizione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). È questo che, come diceva il collega Gemmato negli interventi del 5 del 7 novembre, ha fatto perdere credibilità all'Italia, più che al Governo. Perché, che questo Governo abbia credibilità, forse è un'opinione; che l'Italia avesse una sua credibilità era un dovere! Voi avete fatto perdere di credibilità all'Italia. Io penso che, nell'affrontare la crisi dell'acciaio, si dovesse dire qualcosa anche rispetto ad altro. Ma capisco che la Via della Seta è una via che conduce da tanti parti e da tanti posti, che è meglio non parlarne. Era giusto parlare anche di quello che accade nel mercato dell'acciaio, perché, dopo che Trump ha applicato i dazi, signor Ministro, noi sappiamo cosa è successo, che gran parte delle produzioni asiatiche si sono riversate a bassissimo prezzo sull'Europa. Un'Europa che cuba 150 milioni di tonnellate di acciaio all'anno.

Un'Europa in cui Germania e Italia rappresentano esattamente i due terzi della produzione. Un'Europa nella quale, in un settore, certo, oggi purtroppo in crisi, che è quello del downstream, l'Italia era esattamente a pari della Germania; poi, è vero che il settore dell'acciaio si sta anche modificando, stiamo passando dal downstream all'upstream e, quindi, c'è un problema anche di riadeguamento del sistema dell'offerta, ma ciò non impedisce che si diano risposte chiare agli imprenditori. Ma, signor Ministro, si è reso conto che lei non ha detto una parola su Piombino (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), sull'ex Lucchini di Piombino? Forse perché c'è un sindaco di Fratelli d'Italia, si è dimenticato che era un settore importante del mondo dell'acciaio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Forse si è dimenticato che c'è un accordo di programma da 18 mesi sottoscritto? Forse si è dimenticato che al MiSE quegli imprenditori sono venuti quattro mesi fa a chiedere un'ulteriore proroga, prima di intervenire? Forse si è dimenticato che, invece, il comune di Piombino, il comune retto da un sindaco di Fratelli d'Italia ha immediatamente fatto la variante urbanistica per consentire di realizzare quanto era contenuto in quell'accordo di programma. E sull'AST di Terni, signor Ministro, io mi permetto di dirle che bene hanno fatto i colleghi di Fratelli d'Italia, a partire dal collega Prisco, a chiedere un incontro con il Governo, ma quando si dice che ci sono anche alcuni player italiani interessati, come potete pensare che siano interessati, quando sentono i discorsi che vengono pronunciati dai banchi del suo partito (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Ma quelli fuggono a gambe levate, porteranno via le produzioni dall'Italia, altro che acquistare, altro che rientrare con nuove imprese.

Allora, vede, signor Ministro, io penso che il problema sia politico; sull'acciaio non si può scherzare, perché si sta scherzando sul sistema industriale del Paese. Su Taranto non si può dire tutto e il suo contrario, come avete fatto fino ad oggi, perché quando si parla della tutela ambientale bisognerebbe ricordarsi che se si ferma oggi chi sta gestendo il sito di Taranto, si ferma anche l'attività di recupero delle colline minerarie e le polveri sottili rimangono lì, rimangono lì, a produrre danno ambientale! Ma queste cose per dirle e per capirle bisognerebbe avere un giorno nella vita lavorato, e qui ci sono pochi lavoratori e molti sorteggiati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, grazie per la sua presenza qui, oggi, per riferire in merito alla situazione del settore siderurgico, in seguito all'emergenza COVID-19 che sta vivendo il nostro Paese. Come ella giustamente ha sottolineato, la siderurgia è uno dei principali settori produttivi del sistema nazionale, che concorre alla creazione della ricchezza e dell'occupazione, sia direttamente che indirettamente. Dalle costruzioni alla meccanica, dai prodotti in metallo all'automotive, dai settori elettrodomestici agli altri mezzi di trasporto, sono innumerevoli i settori nei quali l'acciaio è l'elemento essenziale.

Il settore siderurgico, come ricordato, oggi impiega 70 mila addetti diretti, con un impatto occupazionale indiretto di almeno tre volte tanto. Nel 2019, il fatturato dell'intero comparto è stato stimato in 40 miliardi di euro; un settore, quello siderurgico, che, nonostante fasi altalenanti, ha conquistato importanti fette di mercati esteri, arrivando al 34 per cento di quota delle esportazioni. Per questo i dati dell'impatto economico conseguenti alle chiusure causa COVID-19 in questo settore sono allarmanti e non è un caso che, per intere settimane, i deputati di Italia Viva, con il suo leader, Matteo Renzi, inascoltati, avessero sollevato l'esigenza di aprire al più presto le attività produttive, pena la perdita di intere fette di mercato. I numeri non mentono, signor Ministro, e purtroppo ci danno ragione, anche se ne avremmo fatto volentieri a meno: la produzione nazionale di acciaio, a marzo, è diminuita del 40 per cento su base annua, mentre in Germania del 21, in Francia del 13 e in Spagna del 15. Tanto per intenderci, la Cina, maggior produttore mondiale con la sua quota superiore al 53 per cento nel 2019, nel primo trimestre ha aumentato la produzione dell'1,2 per cento, con un aumento del 3 per cento nei mesi di gennaio e febbraio, con il lockdown già in vigore, mentre la Turchia, che non ha assunto misure di chiusura di attività, ha raggiunto nel primo trimestre un più 9,6 per cento. A seguito del blocco sincronizzato di tutte le attività produttive che utilizzano acciaio, le prospettive per l'anno si prevedono veramente drammatiche, con numeri da capogiro: meno 35 per cento dell'acciaio utilizzato per le costruzioni, meno 85,4 per cento delle immatricolazioni degli autoveicoli; l'attività dei settori utilizzatori nel primo semestre dell'anno è stimata in calo del 30 per cento su base annua, con effetti trascinanti anche nella seconda parte dell'anno.

Occorrono misure tempestive e coraggiose; tre suggerimenti puntuali a mo' di titolo, per il poco tempo a disposizione: innanzitutto, approfittare di questa situazione per prevedere un vero e proprio piano industriale per il Paese, l'ultimo piano industriale che ha visto il nostro Paese è Industria 4.0 dei Governi Renzi e Gentiloni, peraltro stoppato nella sua realizzazione durante il Governo giallo-verde e si è visto proprio in questa fase di emergenza sanitaria con le misure di distanziamento sociale l'importanza di un'industria digitale e smart. Come dicevo, per l'appunto, occorre un piano industriale nazionale di rilancio dell'industria manifatturiera, basandosi anche sulla sostenibilità, secondo le linee strategiche del Green New Deal europeo. Mi preme, a tal proposito, aprire una piccola parentesi sugli impianti elettro-siderurgici presenti soprattutto nel Nord Italia; essi sono un esempio di come si possa produrre acciaio in modo sostenibile, attraverso il riciclo del materiale ferroso, realizzando quell'economia circolare, sempre più baluardo dell'economia verde, tuttavia, hanno bisogno di avere un prezzo dell'energia uguale a quello dei loro competitori europei; penso che il Governo si debba attivare per questo.

Un secondo punto è un piano di investimenti infrastrutturali, come il nostro piano shock, presentato dal mio partito, per voce della collega ed amica Lella Paita e di Matteo Renzi, già a ottobre del 2019, proprio nella mia città, Torino, e che oggi appare essenziale per la ripartenza del Paese. Fare presto e subito, mettere in cantiere opere viarie, ferroviarie per la sicurezza delle scuole, un modo per far ripartire il settore delle costruzioni in modo snello, lo chiami metodo Genova, Expo, Pompei, un modo per mettere in soffitta la burocrazia e accelerare sui lavori. Poi, nel contempo, possiamo lavorare anche per un cambiamento definitivo del codice degli appalti, per modificare cosa non va, ma ora bisogna mettere in cantiere opere. Infine, ricordo il rilancio del settore dell'automotive che, da torinese, per l'appunto, mi sta molto a cuore. Invece di fare inutili e quanto mai dannose polemiche sui finanziamenti richiesti da FCA, concentriamoci tutti su come far ripartire il settore. La crisi ha fiaccato sia la domanda che la produzione; occorre trovare soluzioni per stimolare la domanda, come ampliare il parco macchine soggetto agli ecobonus o incentivare le aziende al fine di rinnovare il parco veicoli.

Mi lasci, signor Ministro, concludere con due parole su Ilva; noi non abbiamo cambiato idea, rispetto alle considerazioni fatte dalla mia collega Sara Moretto sulla questione ArcelorMittal; Ilva non è tutto l'acciaio italiano, anzi, per l'appunto, dal punto di vista quantitativo, non rappresenta che 5 milioni di tonnellate annue su un totale di 23 o 24 milioni di tonnellate, ma è il primo produttore di prodotti piano, coils e lamiere ed è importante mantenere la produzione negli stabilimenti di Genova, ma soprattutto di Taranto, tra i più grandi in Europa.

Il Governo deve trovare una soluzione che faccia chiarezza politica definitiva se si vuole mantenere aperta l'azienda e se si vuole dare, in Europa, una visione chiara che l'acciaio per il sistema Italia è essenziale e vogliamo continuare a produrlo. Sentiamo, invece, sul tema Ilva, conclusioni contrastanti quasi quotidianamente; d'altronde, all'inizio della legislatura fu cancellato quello scudo penale, anche con i voti della Lega, che, invece, era stato messo dal precedente Governo Gentiloni, facendo un danno di immagine senza pari. Il Governo deve esprimere, al riguardo, una visione chiara di politica industriale ed utilizzare tutti gli strumenti disponibili per non vedere l'Italia retrocessa in “serie B”, con la messa in crisi dell'intero comparto della siderurgia italiana.

Buon lavoro, signor Ministro, Italia Viva continuerà a presentare delle proposte per il bene del Paese, per il bene della sua economia (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Epifani. Ne ha facoltà.

ETTORE GUGLIELMO EPIFANI (LEU). Signora Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, intanto ringrazio il Ministro per aver voluto discutere, qui, in Aula, non solo del caso di Taranto, ma anche dell'intera filiera della siderurgia, come noi avevamo chiesto, perché in realtà, poi, le cose, come si è capito e si vede, si tengono tutte insieme.

Noi avevamo già discusso in quest'Aula esattamente dello stesso problema, mesi fa e, naturalmente, rispetto ad allora oggi il quadro si è fatto più difficile. Già non era facile prima e diventa particolarmente complicato e difficile adesso perché, come si è capito e si è detto e lei stesso lo ha ricordato, con questa crisi della pandemia la nostra produzione di acciaio è calata molto più di quella degli altri Paesi che lo producono in Europa ma, soprattutto, il futuro della domanda degli utilizzatori di acciaio non è al momento facilmente decifrabile. Da questo punto di vista, io vado al cuore, all'essenziale delle questioni. La prima cosa che direi, caro Ministro, è che ci vuole un piano, un progetto. Ne ha parlato lei, ne hanno parlato quasi tutte le forze politiche. Ci vuole un piano e un progetto perché, secondo me, dobbiamo uscire da questa incertezza che da troppi anni grava su questo settore. Il piano deve avere un fondamento di base, secondo me, indiscutibile. Noi dobbiamo difendere la produzione siderurgica nazionale ed europea per il semplice fatto che c'è un rapporto troppo stretto tra la produzione siderurgica e parte della produzione manifatturiera, e non solo, come lei ha ricordato.

Il fatto che la Cina da sola produca il 53 per cento dell'acciaio mondiale, che sia in sovraeccedenza, che la Turchia si sia aggiunta a questa dimensione e l'India sia fortemente interessata, fa sì che non è che c'è un problema di bassa cucina. Non ci può essere futuro per l'industria manifatturiera e autonomia nazionale europea se non si difende e si valorizza la produzione italiana ed europea. Da questo punto di vista, l'Europa non ha fatto poco; ha fatto pochissimo, e lo stesso accordo che scatterà dal 1° luglio non è tale da invertire questa tendenza. Non è una concorrenza leale quella che noi subiamo, non sono pari le condizioni di partenza, ci sono dislivelli sulla sostenibilità, l'ambientazione, le dimensioni del lavoro che non possono essere paragonati. Se noi perdiamo l'industria siderurgica noi mettiamo a repentaglio l'industria manifatturiera - e non solo - dell'Europa. In questo piano dovremmo decidere che cosa vogliamo produrre. Non tutto quello che c'è è quello che utilizziamo e non tutto quello che c'è si può trasportare a fare altre produzioni, ma certo che ci sono degli aspetti fondamentali da cui non possiamo venire meno.

Questi obiettivi come li leghiamo alle tre crisi che sono aperte? Perché una volta che decidiamo che va difesa la siderurgia nazionale ed europea, che bisogna chiedere all'Europa di fare di più di quello che pure si farà a partire dal 1° luglio, una volta che valorizziamo quello che abbiamo interesse di produrre perché i nostri utilizzatori ce lo chiedono, come leghiamo questi due obiettivi alle tre crisi che sono aperte? E sono aperte da troppo tempo. La questione di Taranto ce la stiamo trasferendo anno dopo anno, accordo dopo accordo. Bisognerà, a un certo punto, venirne a capo, perché la cosa che temo non è soltanto quella: io capisco che nell'incertezza si rinvia, nell'incertezza che vede magistratura, proprietà, utilizzatori degli impianti, chiaroscuri nelle intenzioni di fondo; capisco il tempo che passa, le mediazioni, ma arriverà un punto e un giorno in cui bisognerà chiarire la responsabilità qual è e chi se la deve assumere? Adesso aspetteremo questo piano e dieci giorni ha chiesto ieri l'amministratore delegato. Aspettiamo, ma è risolutivo? Quando Il Sole 24 Ore scrive, l'altro giorno, il giornale di Confindustria, che ArcelorMittal se ne vuole andare dall'Italia e ieri viene e spiega che bisogna fare il piano in dieci giorni, c'è qualcosa che a me non quadra. Contemporaneamente non paga i fornitori, contemporaneamente c'è sciopero in tutti gli stabilimenti e ci sono problemi anche sulla sicurezza delle ispezioni dentro. Tutto lineare? A me non sembra.

Vogliamo parlare di Terni? Terni è un signore stabilimento. Lì sono stati fatti investimenti. Ha una specializzazione unica: gli acciai speciali si fanno lì. In Europa non è che ne fanno in tanti e in Italia quasi nessuno. La Thyssen vende per altri problemi, perché è in una crisi gigantesca dopo che l'Antitrust europea non le ha dato la possibilità di accordarsi nell'unificazione che voleva fare e, fra l'altro, bisognerà pure spiegare all'Unione europea che, se il problema è mondiale, non può ammettersi dentro l'Antitrust tra Paese e Paese europeo, così come è avvenuto sui cantieri e così come sta avvenendo sulla questione della siderurgia.

Messa in vendita. Osserviamo? Seguiamo? Assistiamo? Diciamo la nostra? Apro e chiudo la parentesi. Sento parlare di ArcelorMittal interessata a Terni. Chiedo solo di non fare troppi giochi strani, perché se uno è inaffidabile per un versante è inaffidabile anche sugli acciai speciali. Lo dico ora per dopo e, quindi, lo voglio dire con assoluta chiarezza, cordate o non cordate.Terzo: Piombino. Sono settimane e settimane e hanno chiesto altri sei mesi. Ma questo forno elettrico lo facciamo o non lo facciamo? E la produzione di Piombino, che non è multiforme, ma è fatta di una cosa essenziale, come la leghiamo agli utilizzatori? Abbiamo le condizioni per gli acciai lunghi di poterli poi spendere per l'alta velocità, non dico a caso?

Finisco. Io credo che abbiamo, quindi, di fronte un tempo delle scelte. Se fossi io il Ministro o il Governo, siccome sono scelte complesse, cercherei di farle condividendo il più possibile le soluzioni: da una parte il Parlamento, Commissione e Parlamento com'è evidente, le forze politiche tutte, per carità, ma io farei un tavolo permanente con Confindustria e le forze sociali, perché i problemi che ci saranno da gestire, investimenti, occupazione, presenza pubblica, in che modo e come, richiedono, secondo me, di condividere i passaggi di questa stagione, perché - ripeto - si tratta di un tema essenziale che richiede un sovrappiù di capacità di indicare le vie giuste per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire l'onorevole Lupi. Prego.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, signor Presidente. Nel brevissimo tempo che ho a disposizione interverrò per appunti, per flash, nella società dei social per Twitter. Primo, da oppositore e a volte anche duro e lei lo sa, in particolare quando su alcuni temi - vedi Alitalia - si fa consigliare in maniera sbagliata, io credo che le si debba riconoscere una impostazione positiva nella relazione che oggi ha fatto al Parlamento. È oggettivamente una dimostrazione di onestà intellettuale, anche perché lei fa il Ministro dello Sviluppo economico, e il COVID-19 ha acuito questa grande responsabilità. Già avevamo una situazione industriale non facile, penso alle oltre 170 crisi aziendali, la pandemia, la chiusura, i dati che ha fornito, la siderurgia che cala del 40 per cento e la produzione di energia, è evidente che hanno bloccato e hanno acuito quasi come un masso o un macigno sulle spalle del nostro fragile sistema industriale.

Ebbene, l'onestà intellettuale è una condizione necessaria per ripartire. L'onestà intellettuale vuol dire riconoscere gli errori, riconoscere gli errori che sono fatti e penso, per esempio, ad aver dato - lo ha detto la segretaria generale della CISL Furlan - la scusa al gruppo indiano attraverso tutta quella pantomima dello scudo penale sì, scudo penale no. Penso - e lo abbiamo sentito anche prima - al fatto che è un errore madornale mettere in contrapposizione nel nostro Paese lo sviluppo e la tutela dell'ambiente, lo sviluppo industriale e la tutela della salute. Oggi pensare alla cosiddetta “decrescita felice” sembra quasi di assistere ad Oggi le comiche e lei lo sa meglio di me perché la pandemia ci ha fatto vedere e toccare con mano che cosa vuol dire la decrescita. Altro che decrescita felice.

Bene, riconoscere gli errori serve sempre per impostare la prospettiva di un futuro, così come dire oggi - è un'onestà intellettuale - che c'è bisogno di unità più che di divisione. Bisogna ricostruire insieme partendo dalle differenze, ma non è condizione sufficiente. La condizione sufficiente è, in questo caso, legata a rispondere - vado verso la conclusione - ad alcune domande fondamentali. Lei ha iniziato a rispondere, ma bisogna fare gli atti conseguenti. L'Italia vuole continuare ad essere un Paese industriale? L'Italia vuole continuare ad avere la seconda industria manifatturiera d'Europa? Se sì, è evidente che ci sono alcuni pilastri: la siderurgia è uno di questi, l'energia è un altro, le infrastrutture materiali e immateriali, la logistica.

Il secondo punto è il ruolo dello Stato. Che ruolo deve avere lo Stato? Deve avere un ruolo. Il principio di sussidiarietà dice che c'è Stato e privato e società, ma lo Stato deve avere un ruolo. Padrone? La nazionalizzazione e pensare che tutti i costi vanno a carico dello Stato? Sembra quasi che la soluzione rispetto a tutte le crisi sia che non c'è problema, interviene lo Stato: 3 miliardi - finisco - 3 miliardi ad Alitalia, 8 miliardi su, 12 miliardi giù, ognuno che vuole venga, correte. Ma i soldi sono nostri, sono dei cittadini, sono poche risorse. Lo Stato può e deve fare chi guida, deve essere una risorsa pubblica, deve essere un moltiplicatore della risorsa privata. Il ruolo dei privati: sono dei prenditori o sono degli imprenditori? Sono una risorsa di questo Paese, in particolare anche nella siderurgia. Concludo: c'è bisogno - e ha ragione, questa è la sfida, condivido anche quello che ha detto il collega Epifani - di un grande piano industriale, un piano industriale che guardi al 2030, il 2020 è già passato, il 2030 e il 2040, se vogliamo guardare al futuro. Da questo punto di vista, il decreto cosiddetto Rilancio - e lei lo sa -…

PRESIDENTE. Concluda onorevole Lupi.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). …ha il titolo e non ha l'idea dello sviluppo. Concludo facendogli l'esempio su Taranto: il piano industriale vuol dire che se lei, nel decreto cosiddetto Rilancio, mette all'articolo 212 o 213 la necessità di acquistare, per Taranto, gli autobus per andare in giro a Taranto, capisce invece che il problema degli autobus di Taranto è il problema degli autobus di Roma, è il problema degli autobus di Milano, è il problema di un parco macchine pubblico che è vetusto. E allora mettere un piano industriale vuol dire che ci metti 3 miliardi, non 25 milioni per accontentare il sindaco di Taranto del MoVimento 5 Stelle e rilanci un grande piano, a proposito della manifattura, che dica che in tre anni o in quattro anni si sostituisce tutto il parco circolante pubblico in Italia.

PRESIDENTE. Onorevole Lupi, concluda.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Vuol dire usare le risorse che abbiamo per generare una filiera, un progetto. Questa è la sfida che abbiamo davanti e che vogliamo affrontare insieme, se le condizioni ci sono, grazie (Applausi dei deputati del gruppo misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo! Alleanza di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Prego.

BRUNO TABACCI (MISTO-CD-RI-+E). Grazie, Presidente e signor Ministro. Io ho apprezzato l'analisi equilibrata e nel contempo preoccupata sulla perdurante crisi del settore siderurgico in Italia e - sottolineo - in Europa, ancor più aggravato dalla vicenda COVID-19 e mi è parso corretto il suggerimento del collega Epifani, che è rivolto a lei e al Governo, sulla necessità di coinvolgere la parte più ampia delle forze sociali ed economiche del nostro Paese sulla questione siderurgica, perché questa è e resta una vicenda centrale. Tra l'altro, mi viene da ricordare che pochi giorni fa abbiamo ricordato i 70 anni della dichiarazione di Robert Schuman, che è stata la base della nascita della Comunità economica del carbone e dell'acciaio, operazione chiave per superare i contrasti che hanno portato Francia e Germania a guerreggiare tre volte (nel 1870, nel 1915 e nel 1940), con una sessantina di milioni di morti e da cui consegue la nascita dell'Europa e si vede quindi come questo settore della siderurgia e dell'acciaio sia decisivo, soprattutto rispetto ai nuovi equilibri mondiali (il 53 per cento dell'acciaio cinese qui ricordato). Allora, secondo la mia opinione è necessario un quadro strategico, un robusto piano industriale del settore siderurgico, così importante per l'industria manifatturiera anche nel nostro Paese: edilizia, meccanica, automotive, cantieristica, consumi di energia, da cui deriva la questione delle produzioni energivore e il loro costo, ne sono pienamente condizionati. Ci sono profonde connessioni con le questioni ambientali, sanitarie, occupazione e sicurezza del lavoro e questi temi non possono essere - ed ho concluso Presidente - in contrasto tra di loro. Il fatto di averli messi in contrasto tra di loro ci ha fatto perdere tempo, ha creato solo una grande confusione. Lei appare come un Ministro concreto e autorevole, io le faccio l'augurio di utilizzare questi dieci giorni, perché non c'è solo la vicenda di Taranto, la siderurgia nel nostro Paese è molto complessa, molti colleghi l'hanno ricordato, ma è questo il momento di assumere delle decisioni, non possiamo pensare di restare fermi a rimpallare le responsabilità, perché ci sono equilibri di natura “politica” che devono essere tutelati; sarà bene decifrarli, perché mettere in contrasto il tema del lavoro con quello della salute non è una buona indicazione di marcia (Applausi dei deputati del gruppo misto Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zennaro. Prego.

ANTONIO ZENNARO (MISTO-PP-AP). Presidente, dobbiamo evitare di perdere l'ennesimo settore strategico per il Paese, dobbiamo evitare quello che è successo ad esempio col settore della chimica a metà degli anni novanta, grazie all'intervento di Romano Prodi, che ora qualcuno vorrebbe mandare a fare il Presidente della Repubblica, dobbiamo evitare che un settore strategico come quello della siderurgia sia perso dall'Italia. E come fare questo? Bisogna farlo non con le chiacchiere, non perdendo tempo, ma con le soluzioni concrete, con investimenti, con gli interventi da parte dello Stato, insieme alle imprese italiane. Anche sul caso Taranto ne abbiamo viste di tutti i colori in questi due anni. Si vuole fare il parco giochi più grande d'Europa? Si faccia. Si vuole salvare l'industria? Si tirino fuori i soldi, perché le chiacchiere se le porta via il vento e aggiungo, Ministro, che tantissime imprese sono collegate al settore dell'industria, tantissime piccole e medie imprese. Ecco, per agganciare la ripresa non servono le chiacchiere, non servono i DPCM, ma servono solo due regole molto semplici: meno burocrazia e meno tasse. Grazie a questo avremo più crescita e più sviluppo tutto il resto porterà solo ad un inverno economico.

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle 16,30.

La seduta, sospesa alle 12,35, è ripresa alle 16,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali (A.C. 2461-A/R).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 2461-A/R: Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.

Ricordo che, nella seduta di ieri, il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo elaborato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico A. C. 2461-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia di rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

Ha chiesto di intervenire per dichiarazione di voto il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI (MISTO-CD-RI-+E). Grazie, Presidente. Il Governo c'è?

PRESIDENTE. Il Governo eccolo… non è seduto, ma in presenza.

BRUNO TABACCI (MISTO-CD-RI-+E). Grazie, Presidente. Considero che questo voto di fiducia abbia una caratteristica tecnica, per il fatto che - e possono esserne testimoni i relatori Fragomeli e Carabetta - le Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) hanno introdotto novità importanti e, in larga misura, condivise: la durata del rimborso dei prestiti con garanzia al 100 per cento è stata portata da 6 a 10 anni, l'importo massimo finanziabile da 25 mila a 30 mila euro, i prestiti fino a 800 mila euro, garantiti fino all'80 per cento dallo Stato, potranno essere rimborsati in trent'anni.

All'inizio, lo riconosciamo, ci sono state difficoltà per una certa resistenza del sistema bancario, come segnalato alla Commissione bicamerale d'inchiesta sulle banche, per i prestiti sotto i 25 mila euro - i dati sono stati messi a disposizione dei colleghi nei giorni scorsi - a causa di procedure lunghe, istruttorie ordinarie sul merito creditizio in luogo di un'approvazione, che, data la piena garanzia statale, avrebbe dovuto essere pressoché automatica, la richiesta di una documentazione extra.

Negli ultimi giorni l'ABI ha fornito dati molto più confortanti anche grazie alle modifiche inserite dalle Commissioni: 358 mila domande, per 15,9 miliardi di garanzie, secondo le fonti del Mediocredito Centrale; anche perché è stata giustamente introdotta una dichiarazione sostitutiva, limitata a sei informazioni, rese sotto la propria responsabilità da chi richiede il prestito e che indirettamente consente una sorta di malleva rispetto al lavoro delle banche. Il titolare dell'impresa - ed ho concluso - dichiara che l'attività è stata interrotta a causa dell'emergenza COVID-19, che i dati forniti sono veritieri e completi, che il finanziamento coperto da garanzia statale è richiesto per sostenere i costi del personale, investimenti o capitali circolanti impiegati in stabilimenti italiani, che il titolare non abbia una condanna definitiva per evasione…

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

BRUNO TABACCI (MISTO-CD-RI-+E). …che i finanziamenti siano accreditati unicamente sul conto corrente dedicato. Per questo, con la dichiarazione sostitutiva, la banca non è tenuta a svolgere ulteriori accertamenti rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato.

Diciamo che, con questi meccanismi, le due Commissioni hanno messo in condizione l'Aula di poter votare un testo che ha raggiunto una parte rilevante degli obiettivi che il Governo si era posto…

PRESIDENTE. Deve chiudere, deputato Tabacci.

BRUNO TABACCI (MISTO-CD-RI-+E). Grazie al lavoro parlamentare, questi risultati mi pare di poter dire che sono stati raggiunti (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Tasso. Ne ha facoltà. A lei la parola.

ANTONIO TASSO (MISTO-MAIE). Grazie, Presidente. Il MAIE voterà la fiducia al Governo e questo a seguito non solo del sostegno che lealmente abbiamo assicurato sia alla Camera e al Senato, ma perché, proprio in un'occasione come questa, non si può prescindere dall'antefatto.

La votazione sul “decreto Liquidità”, in programma domani e sul quale scenderò più nel merito, deriva dal fatto eccezionale che ci siamo ritrovati, di punto in bianco, primi in Europa e, purtroppo, anche tra i primi nel mondo protagonisti di una guerra, che, come tutte le guerre, avremmo fatto volentieri a meno di combattere; un nemico che si è presentato con la forza devastante di chi non si conosce e che si è dovuto affrontare giorno per giorno in difesa, rifugiandosi nella fuga e imparando a conoscerlo per arginarlo, perché per sconfiggerlo, al momento, ci mancano le armi mediche. E io ricordo molto bene una delle primissime riunioni del Governo con i rappresentanti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato a Palazzo Chigi, quando il Ministro Speranza disse chiaramente che la strategia non poteva che basarsi su una prima fase di contenimento drastico dei rapporti sociali, proprio perché avevamo bisogno di capire cosa fosse il nostro nemico. Dopo il timore del contagio, del drammatico scenario sanitario, delle vittime colpite, a cui va il mio commosso ricordo, degli operatori sul fronte, a cui va la mia sincera riconoscenza, si è percepita da subito l'emergenza economica che ne sarebbe scaturita.

Ora, le azioni intraprese sono state perfette? Magari, no. Gli errori sono stati fatti? Certamente, ma come li avrebbe commessi chiunque fosse stato in quel momento a prendere decisioni. La prova è nei fatti, sia in Italia che all'estero, perché, quando si tratta di dover decidere, si corre il serio rischio di sbagliare. Per questo ritengo che il Governo deve continuare ad operare, magari anche sotto lo stimolo forte di chi ritiene di poter offrire proposte e riflessioni.

Pertanto il MAIE, lo ribadisco, voterà favorevolmente alla questione di fiducia che è stata posta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giorgio Silli. Ne ha facoltà.

GIORGIO SILLI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, Presidente. La componente Cambiamo! voterà contro la fiducia. Voterà contro la fiducia perché qui non si tratta solamente di votare per un provvedimento nello specifico, ma si tratta di votare per un'idea di Paese, per un Governo, per l'operato omnicomprensivo di un Governo. Per quanto riguarda il singolo provvedimento, è inutile dire, non c'è da raccontare delle fiabe o delle novelle agli italiani indigenti, agli imprenditori, alle aziende che cercano di tenere aperto con le unghie e con i denti; non è un segreto per loro che di soldi ne sono arrivati ben pochi, le casse integrazioni stentano ad arrivare: iniziano in questi giorni quelle di marzo e vi ricordo che, tra poco, ci sono le ferie. Le aziende, ahimè, vanno a bussare alle banche e si sentono fare - mi perdoni, Presidente, ma rende l'idea - delle pernacchie, perché la garanzia che doveva essere automatica da parte del Governo, attraverso SACE, c'è per modo di dire. Tutto si riduce al fatto che le aziende che avevano credibilità con le banche l'hanno sostanzialmente aumentata grazie alla garanzia del Governo, ma quelle aziende che non avevano credito con le banche, purtroppo trovano grandissime difficoltà ad accedere al credito.

Qui non si tratta di avere posizioni di destra o di sinistra, si tratta di riportare i fatti come sono da parte di chi vive i distretti produttivi, i distretti manifatturieri, che già venivano da un ventennio almeno di grandissima crisi patita per colpa della globalizzazione. L'emergenza COVID-19 e la gestione della liquidità in questo provvedimento rischiano, ahimè, di essere il colpo di grazia per queste aziende. Le aziende sono state chiuse, hanno perso fatturato; chi si reggeva sull'anticipo delle fatture, purtroppo rischia di non avere più fatture da scontare in banca e, alla riapertura, manca la benzina, manca la liquidità, purtroppo. Signor Presidente si può avere anche una Rolls-Royce, una Ferrari, ma, se manca il carburante, è difficile che la si possa guidare, anche se a bordo c'è un pilota sopraffino.

Votare a favore di questa fiducia vorrebbe dire, come ho detto poc'anzi, votare per l'operato del Governo, e noi non ci sentiamo in condizione di votare a favore dell'operato, tutto compreso, di questo Governo. È di queste ore la notizia - c'è chi la chiama polizia segreta, scherzando, c'è chi le chiama Giovani Marmotte, scherzando dall'altra parte - dei cosiddetti assistenti civici, che rimandano la mia immaginazione al film di Alberto Sordi in cui Alberto Sordi, nei panni di Otello Celletti, faceva il vigile urbano e sfruttava la sua uniforme per andare a rifarsela dei torti subiti in precedenza. Lei si immagini un piccolo paese - e concludo, Presidente - dove tutti si conoscono, a qualcuno viene messa una medaglia al petto e gli viene detto: tu sei l'assistente civico, devi fare rispettare le regole di questa emergenza COVID-19. Lei capisce, Presidente, rischia veramente di scadere in un qualcosa di comico, una sorta di farsa.

PRESIDENTE. Concluda.

GIORGIO SILLI (M-NI-USEI-C!-AC). Per non pensare poi - e concludo - a quello che sta avvenendo in questo momento in I Commissione, in cui stiamo discutendo riguardo alle elezioni, sulla data, sulla raccolta delle firme, eccetera, e non si riesce a trovare un metodo di lavoro comune per fissare date e regole delle prossime elezioni, l'unica cosa, forse, che dovrebbe essere decisa tutti insieme.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pier Luigi Bersani. Ne ha facoltà. Prego, a lei la parola.

PIER LUIGI BERSANI (LEU). Grazie, Presidente. Noi voteremo la fiducia, e il provvedimento, naturalmente con il nostro punto di vista e le nostre idee che saranno, immagino, su un terreno un po' diverso da quello che, magari, sentiremo in questa discussione. La settimana scorsa un collega dell'opposizione, mi pare di ricordare il collega Lupi, ha detto, rivolgendosi al Governo: voi fate mille cose, ma non fate la cosa, intendendo dire, immagino, di non vedere il senso, la visione. È un'obiezione da non sottovalutare, ma alla quale credo si possa rispondere: fin qui il senso è stato, ed è tuttora, cercare di sostenere, tenere in piedi famiglie e imprese, dando un aiuto perché non affondino. Lo facciamo anche in questo provvedimento, che si è molto rafforzato nelle Commissioni, bisogna ricordarlo, e penso si possa dire in coscienza che, date le condizioni strutturali, amministrative di questo Paese, fin qui, su questo punto si sta facendo il possibile, sapendo amaramente che per tanta gente il possibile non è e non sarà abbastanza.

Anche il decreto che si annuncia, che è stato adottato, il cosiddetto “Rilancio” sarà ancora, in realtà, in gran parte, nel senso del sostegno, un sostegno enormemente più potente, più largo, più inclusivo e ci auguriamo tutti più efficiente, e lavoreremo assieme su questo. Per una parte, tuttavia, in quel decreto comincia a introdursi il tema del rilancio - l'ecobonus, la capitalizzazione delle imprese e così via - e qui, forse, vale la pena dirci: ma cosa intendiamo per rilancio? A me sembra si debba intendere la riaccensione più rapida e possibile dell'economia reale. Ecco, se è di questo che dobbiamo occuparci, cioè riaccendere nel modo più rapido possibile l'economia reale, dobbiamo effettivamente avere una visione di questo. Che cosa voglio dire? Voglio dire, discutiamone, perché si affacciano fra noi, sentendo le discussioni, idee diverse che, spesso, vanno anche al di là della distinzione fra maggioranza e opposizione, non corrono su quel crinale, necessariamente. Io vorrei fare una domanda: ma la chiave per riaccendere l'economia reale nei prossimi mesi è sgravare, incentivare le imprese? Meno fisco, meno regole, più trasferimenti? Sia chiaro che nessuno nega che questo può essere utile in modo ragionevole e selettivo, ma non è la chiave, per una semplice e banale ragione: perché tu puoi sgravare finché vuoi un'impresa siderurgica, ma, se nessuno compra le lamiere, è tutto inutile. Attenzione, quindi, per far sopravvivere un'impresa serve liquidità, per farla vivere dobbiamo portarle lavoro. È questa l'idea? Se è l'idea, dobbiamo lavorare sulla domanda: c'è un crollo della domanda, interna e internazionale. Sollecitare una domanda sul driver ambientale: per me, questa è la chiave.

Quindi, benissimo l'ecobonus, non si può sbagliare. È stata lodevolmente, enormemente rafforzata una misura che funziona dall'anno di grazia 1998, quindi quella non può sbagliare.

Bene gli investimenti in infrastrutture, le opere pubbliche, ma attenzione: facciamolo in modo che calino molecolarmente nel Paese. C'è qualcosa sulle piccole opere, i comuni, bisogna dare più potenza di fuoco a questa cosa. La manutenzione del Paese il territorio, le scuole, le strade: quello che è pronto deve partire.

E poi i consumi: soldi in tasca a chi ha bisogno di spenderli subito. Ma qui, tutti quanti, parliamoci chiaro: quando c'è da mettere a terra una milionata di euro, siamo per saltare tutti gli ostacoli burocratici, accelerare, eccetera; quando c'è da dare mille euro a uno ci mettiamo un sacco di “con che” perché non vogliamo esagerare, perché abbiamo paura che finisca in cattive mani. Questo è moralmente problematico, ma da un punto di vista economico è un non senso.

E poi, domanda interna è anche domanda europea. Qui stiamo discutendo di fondi europei, quali fondi prendere e non prendere, ma qui non si discute di cosa farne. Allora, - io lo dico per esperienza personale, è un'opinione personale, però son troppo convinto - guardate che, se in Europa si vuol far ripartire le grandi filiere industriali - parlo di siderurgia, meccanica, chimica, elettronica, microelettronica - l'unica cosa da fare è una mega operazione di sostituzione a fini ambientali del parco macchine e dintorni. Questo può riaccendere, se parliamo di riaccendere. Infine, e sempre a proposito di senso e visione del rilancio, comincia a prendere corpo un'ideologia - non è una novità - che il presidente nuovo di Confindustria ha avuto il merito di riassumere con grande chiarezza, ma che appartiene a un mondo ben più vasto. Cioè, l'idea è questa: ma quali sarebbero i rischi che abbiamo di fronte? Primo rischio: gran parte degli italiani vorrà farsi mantenere dallo Stato; secondo rischio: lo Stato vuole invadere le imprese. Quindi, assistenzialismo e statalismo. Ma io mi chiedo, obiettivamente: ma la realtà è questa? Ma con quali occhiali si guarda alla realtà? Ma la gente, le famiglie, i giovani vogliono lavoro, non assistenza. Vogliono un lavoro decoroso, dignitoso, stabile, e vi pare che lo Stato abbia quel “voglione” di prendersi in mano tutte le imprese? Ma che analisi è questa qui? Noi sappiamo benissimo che lo Stato dovrà caricarsi di compiti, dove non arrivi il privato e il mercato, per proteggere basi industriali fondamentali di questo Paese. Io vorrei chiedere a Bonomi: ma qual è l'imprenditore italiano, qualsiasi, che sarebbe d'accordo nel dire di chiudere la siderurgia in Italia, la siderurgia di base, e ce ne andiamo a comprare la roba in Cina e dalla Turchia, che te la danno quando vogliono, al prezzo che vogliono e con la qualità che vogliono? Non è possibile, quindi cerchiamo di ragionare laicamente. Adesso noto che ci sono quelli che scoprono che lo Stato deve essere il regolatore, e mi viene un sorriso, perché io sono un affezionato e un tifoso dello Stato che regola il mercato, perché il mercato è il luogo delle regole che devono essere decise da una democrazia. Ma perbacco, io ho qualche esperienza, e quando parlavi di regolare sul serio ti correvano dietro col badile! Quindi, adesso, qui cerchiamo di capirci: già lo Stato è azionista delle maggiori imprese italiane - partiamo da qui e chiediamoci -, in una situazione come questa, è ancora normale che lo Stato si occupi solo di dividendi e di nomine, senza parlare degli obiettivi, come farebbe qualsiasi azionista? Dentro le regole del mercato, per l'amor di Dio. È ancora accettabile? Ed è dirigismo se lo Stato dice “come usa il capitale industriale che ha?”, “come usa le risorse che ci mette?” o è trasparenza, rendiconto? Allora, usciamo da questo equivoco, diciamo laicamente come organizzare una soggettività dell'azionista pubblico e discutiamone con gli imprenditori, con i lavoratori e i sindacati, molto semplicemente.

Quindi - e chiudo, Presidente -, in questo che dicevo adesso si intravede già la prospettiva: “fase 1”, sostegno; “fase 2”, riaccensione dell'economia; “fase 3”, ricavare la lezione. Noi abbiamo bisogno di un programma radicale di riforme in questo Paese: lavoro, welfare, fisco, sostenibilità del debito. Dobbiamo avere una strategia, io mi auguro che ci sia una sinistra attrezzata a far la sua parte in questa nuova piattaforma, e qui dovremo lavorarci.

Infine un'ultima considerazione - in trenta secondi -, non ultima però: il controllo della pandemia fin qui procede con una certa efficacia, non si può negare. Certo chi fa sbaglia, sbaglia anche, perché solo chi chiacchiera non sbaglia mai, però dobbiamo unificare un giudizio qui: nell'essenziale, davanti al mondo, questo Paese ci ha preso! Dobbiamo dirlo davanti al mondo, tutti, maggioranza e opposizione! Quando ci ridicolizzavano… Non siamo orgogliosi di questo? Poi gli errori guardiamoli tutti, ma dobbiamo dirla questa cosa.

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

PIER LUIGI BERSANI (LEU). Quindi su questo io sono per ringraziare tutti, ma perbacco, un ringraziamento anche a un Governo che ha avuto il fisico, il coraggio e anche la visione di prendersi delle responsabilità, questo deve essere, secondo me, riconosciuto (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Massimo Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (IV). Presidente, colleghi, il “decreto Liquidità” è il secondo provvedimento di natura economica che vuole dare una risposta alla crisi del Coronavirus: 400 miliardi di garanzie statali sui prestiti bancari per dare ossigeno alle nostre imprese e permettere loro di ricostruire la nostra economia. A oggi, oltre 16 miliardi sono già stati allocati a oltre 330 mila imprese italiane. Io trovo che il testo esce molto modificato, in maniera molto rilevante, dall'esame in Commissione. Come Italia Viva siamo riusciti a trovare l'accordo di molti, quasi tutti i partiti, nel migliorare il testo, e i nostri emendamenti hanno seguito tre direttrici: semplificare e velocizzare le procedure per l'erogazione del credito, allargare la platea a quelle realtà che erano state finora escluse, rendere ovviamente il costo del credito meno oneroso. L'abbiamo già detto, ma bisogna ripeterlo: la soglia appunto dei prestiti garantiti al 100 per cento dallo Stato con procedura semplificata è stata portata da 25 mila a 30 mila euro, che andranno ripagati non più in sei anni ma in dieci anni; e per le garanzie sotto il 90 per cento questo allungamento può arrivare fino a trent'anni. Inoltre, il tetto massimo del tasso di interesse è stato ridotto, sarà soltanto il Rendistato più 20 punti base, senza più quella componente che era il differenziale tra gli indici CDS, una componente mobile che in caso di shock finanziario avrebbe portato a un grande aumento dei tassi di interesse e quindi anche all'introduzione di dinamiche procicliche. Una cosa che ovviamente andava evitata, e siamo contenti che questo riferimento sia stato appunto eliminato dal testo. E in casi di crediti in essere che andranno rinegoziati, la nuova finanza doveva essere almeno del 25 per cento, non più del 10 per cento, e il nuovo tasso di interesse dovrà essere inferiore al precedente. Questo anche va incontro appunto alle aziende, per dare maggiore ossigeno ai loro bilanci.

Ma la cosa di cui sono più contento, credo che sia il grande lavoro fatto dalle Commissioni Finanze e Attività produttive, con l'introduzione dell'autocertificazione, della dichiarazione sostitutiva che permetterà una maggiore responsabilità del richiedente, che soprattutto non impone alle banche ulteriori controlli. Questo dovrebbe veramente semplificare e velocizzare in maniera molto più rapida l'erogazione del credito, come appunto altri Paesi europei fanno, soprattutto la Svizzera e la Germania.

Adesso, le banche saranno esonerate dai controlli formali prima dell'erogazione del credito, non ci sono più alibi; le banche non hanno più alibi, adesso, questa è la cosa più importante che credo l'esame parlamentare porti a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva): non ci sono più alibi. Quindi, questo è l'approccio di Italia Viva che vedo riflesso nelle modifiche apportate: autonomia, responsabilità, semplificazione.

Abbiamo anche allargato la platea; grazie alle proposte delle colleghe Moretto e Gadda, viene dedicata una sezione del Fondo di garanzia PMI per il terzo settore, 100 milioni di euro per le imprese sociali, caritatevoli, non commerciali che, spesso, rappresentano la parte migliore del nostro Paese e di cui ci sarà sempre più bisogno in una crisi come questa. Allarghiamo le garanzie anche agli studi associati, ai professionisti organizzati in forma associata, concediamo l'accesso al Fondo Gasparrini, il fondo mutuo prima casa, anche agli imprenditori individuali e agli artigiani, che potranno quindi sospendere le rate del mutuo sulla prima casa, come già fanno oggi i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi. Viene prorogata la sospensione dei protesti, dei titoli di credito, come i vaglia, le cambiali e gli assegni, dal 30 aprile al 31 agosto.

Insomma, trovo che la Lega sbaglia quando dice che le modifiche apportate in Commissione sono state inutili e tutto questo credo che lo dimostri.

Io credo, però, che sempre sul lato fiscale ci sia l'occasione per una grande riforma del fisco, ancora troppo iniquo, distorsivo e che questa crisi rappresenti una grande occasione in quel senso; ma, oltre a rinviare le tasse, come abbiamo fatto nel “Cura Italia” e come facciamo nel “decreto Liquidità”, appunto, che rinvia tutta una serie di versamenti fiscali, bisogna anche cancellare delle tasse e sono molto felice di vedere che, appunto, il Governo si avvia in questa direzione con il “decreto Rilancio” a cancellare l'IRAP, almeno la rata di giugno, un'imposta ammazza crescita, perché è l'unica imposta che le nostre aziende pagano sul fatturato, sulla produzione netta e non sugli utili, e a cancellare la tassa sull'occupazione di suolo pubblico, la COSAP e la TOSAP; ma serve, anche, una visione di lungo termine e, da qui, il nostro invito, come Italia Viva, al Governo a rilanciare il prima possibile gli investimenti in infrastrutture.

Questo è il piano shock presentato dalla collega Raffaella Paita. Ci sono 120 miliardi di euro in Italia stanziati, ma non spesi, per opere infrastrutturali: vanno sbloccati e vanno sbloccati introducendo strutture commissariali, riformando il codice civile e la disciplina dei ricorsi.

Io penso che l'Italia ce la possa fare; l'Italia ce la può fare se parte da due punti di forza: il suo enorme risparmio gestito, lo abbia detto tante volte in questi ultimi due giorni, come testimonia il successo storico dei BTP Italia, oltre 22 miliardi collocati per due terzi a famiglie o a piccoli risparmiatori - vi ricordo soltanto che nell'autunno del 2018, nell'era del Governo giallo-verde furono allocati soltanto 2 miliardi di euro, oggi 22 miliardi, un successo storico – e l'altro punto di forza su cui, ovviamente, fare leva rimane il nostro export, il nostro made in Italy che i dati confermano forte. L'Italia riesce a esportare di tutto, ovunque. Questi sono i punti di forza su cui fare leva.

Ma l'Italia ce la farà soprattutto se rimane ancorata ad una visione europea di se stessa e del mondo. Io voglio ricordare agli amici sovranisti che, ogni giorno, la Banca centrale europea acquista 700 milioni di euro del nostro debito pubblico, senza il quale l'Italia sarebbe già fallita. L'Europa è un condominio dove l'Italia siede e incide sui processi decisionali; chi l'avrebbe mai detto, solo qualche anno fa, che l'Europa si apprestava a cofinanziare programmi nazionali della cassa integrazione, come proposto varie volte dai Governi Renzi e dall'allora Ministro Padoan e come si appresta a fare il programma SURE tra poche settimane? Chi l'avrebbe mai detto che altri Paesi europei che, prima, ci dicevano “no”, oggi, consentono al bilancio dell'Unione europea di finanziarsi con emissioni comuni sui mercati e, addirittura, di allocare una parte del nuovo Fondo per la ripresa economica in contributi a fondo perduto per l'Italia?

Vedete, l'Italia incide e incide su questo condominio europeo. La sovranità europea ha senso soltanto a livello europeo, mentre è miope se ristretta nei confini nazionali. L'Italia è molto più forte di quello che ci vuole far credere. Ricordo, inoltre, che il 18 per cento di tutti gli aiuti nazionali autorizzati dalla Commissione europea sono stati autorizzati per l'Italia, che è il secondo Paese in Europa, prima di Spagna, Regno Unito e Francia.

Io trovo che l'accusa mossa ieri dalla Lega, dall'onorevole Gusmeroli, sia assolutamente paradossale quando dice che questo Governo non è riuscito a governare gli eventi. Pensi piuttosto alla sanità lombarda e allo scempio attuato nelle ultime settimane. Ovviamente, non ce l'ho con la Lombardia, i lombardi rimangono il cuore produttivo in questo Paese, ma anche i fautori della nostra coscienza nazionale, autori delle Cinque Giornate di Milano; lombardi erano i bersaglieri che difesero Roma nella gloriosa parentesi della Repubblica romana 150 anni fa, e sempre in Lombardia, ovviamente, abbiamo visto la chiusura della più terribile fase della storia italiana a piazzale Loreto (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Insomma, dalla Lega e da Fratelli d'Italia vedo soltanto una serie di paradossi e ipocrisie; da una parte, si lamentano sugli attentati alla libertà e, dall'altra, lodano invece il modello Orbán, che governa con decreti, esercitando pieni poteri e incarcerando gli oppositori. Da una parte, vedo un richiamo alla tutela dell'interesse nazionale e, dall'altra, invece, si vuole negare all'Italia l'accesso al MES, il Meccanismo europeo di stabilità, che potrebbe invece dare all'Italia una fonte a basso costo di aiuto finanziario, assolutamente necessario. Anche un bambino delle elementari capirebbe che è preferibile usare il MES, invece di emettere debito pubblico: 6 miliardi di risparmio in dieci anni, immaginate quanti ospedali, quante borse di studio, quanti progetti di ricerca potremmo finanziare con 6 miliardi in sei anni? Ma, ovviamente, non ci si può aspettare questo senso delle risorse da un partito che si è perso in un batter d'occhio oltre 49 milioni di euro.

In conclusione, Presidente, penso che questo Paese abbia bisogno soprattutto di fiducia; con questo provvedimento la maggioranza vuole dare 400 miliardi di fiducia ed è la fiducia che Italia Viva vuole dare a questo Governo, invitando il Governo a rilanciare gli investimenti e a ridurre il carico fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marco Osnato. Ne ha facoltà.

MARCO OSNATO (FDI). Grazie, Presidente. Signori del Governo, colleghi, siamo, oggi, di fronte all'ennesima, ormai direi “consueta”, richiesta di fiducia del Governo, nei confronti di questa Camera; una richiesta di fiducia direi tanto scontata, quanto strumentale. Una strumentalità, però, a mio modo di vedere, non volta tanto a ricercare una compattezza di questa maggioranza - quello siete stati bravi e capaci di farlo benissimo con la spartizione di poltrone, l'abbiamo visto recentemente anche nell'affaire Bonafede, insomma, quando c'è da ricompattarvi trovate subito il modo meno nobile per riunirvi - quanto una fiducia strumentale, evidentemente, per trovare il modo di portare a casa un provvedimento che è nato male ed è divenuto peggio, nonostante il lavoro in Commissione, e che oggi siete costretti, insomma, così, un po' in sordina, a cercare di portare a casa con una fiducia inevitabile. E ciò, nonostante ci sia stata un'opposizione più che responsabile, un'opposizione seria, un'opposizione che non ha ceduto un minuto a derive ostruzionistiche o rivendicative, ha cercato solamente di mettere in fila delle proposte organiche, delle proposte serie, delle proposte che volgessero a migliorare il provvedimento, nonostante - va detto - anche lo squallido teatrino offerto dallo sfacciato e, oserei dire, predatorio e bulimico atteggiamento della maggioranza nei confronti degli emendamenti.

Io faccio sempre fatica a comprendere come una maggioranza che sostiene un Governo faccia più emendamenti di un'opposizione; è sempre un dubbio che mi suona strano quando ci accingiamo a discutere un provvedimento e appunto la maggioranza attacca, perché è questo il modo più evidente per definirlo, un provvedimento del proprio Governo.

Ci chiedete una fiducia nei confronti di un provvedimento che il Premier Conte nella consueta, celebrativa e vespertina conferenza stampa della sera ha presentato come un bazooka, alla faccia anche dei pacifisti della maggioranza, e che doveva essere celebrato con orgoglio, con una rivendicazione politica di questa maggioranza in quest'Aula e, invece, oggi venite qui, appunto, quasi nascondendovi, guardate i numeri della presenza, con una fiducia risicata e una fiducia anche in qualche modo assolutamente annunciata.

Chiedete a questo Parlamento una fiducia, ma questo Parlamento, in effetti, non rappresenta più la nazione, che adesso vive, invece, al contrario una sfiducia; è chiaro che questo Parlamento non rappresenta il comune sentire della nazione, non rappresenta quella grande platea di migliaia e migliaia di partite IVA, di imprenditori, di commercianti, di artigiani che non da ora - e ricordo la relazione tecnica alla legge di bilancio - voi trattate come avidi nemici del popolo e che, invece, in questo momento, avrebbero bisogno di essere incentivati per continuare a essere veramente il nerbo produttivo dell'Italia.

Chiedete la fiducia e la chiede un Governo che - dico a lei, Presidente, per non rivolgermi direttamente al collega Ungaro - ha lasciato, per intere settimane, abbandonati interi territori della nostra nazione in preda alla pandemia e si contavano morti su morti e oggi fare ancora allusioni, battute e contrapposizioni nei confronti della Lombardia suona - soprattutto se fatte da un partito che si chiama Italia Viva, che oggi, grazie ai voti del centrodestra, ha eletto il presidente della commissione d'inchiesta, che noi qui aspettiamo, in regione Lombardia ha eletto un presidente di Italia Viva, che si è dichiarata fiduciosa del presidente Fontana (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) - suona, dicevo, alquanto più strumentale e ancora più improponibile, Presidente.

Ci chiedete una fiducia mentre la stessa fiducia che gli italiani vorrebbero e agognerebbero di riporre nelle istituzioni nazionali viene tradita ripetutamente. E' è stata tradita sui 600 euro: c'erano, non c'erano, c'erano per tutti, c'erano per qualcuno, non c'erano per nessuno. L'importante era prendere in giro Giorgia Meloni che aveva chiesto fin dall'inizio che 1.000 euro venissero dati a tutti quelli che non erano capienti in quel momento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) però, come al solito, voi prima prendete in giro e poi tentate di fare male quello che vi abbiamo detto era giusto fare. Finanziamenti in ritardo, cassa integrazione che non si capisce, semplificazione buttata in modo inverecondo dalla finestra, e lo hanno detto, persino nelle audizioni, il presidente nazionale antimafia, il procuratore di Milano e il procuratore di Napoli, che vi sono incrostazioni burocratiche eccessive in questo provvedimento.

Avete chiamato questo decreto-legge “Liquidità” e vi siete dimostrati carenti anche in fisica, perché mi sembra che sia più gassosa l'entità di questo decreto che è già evaporato, tanto è vero che vi siete dovuti affrettare a portare un decreto successivo. Avete chiesto la fiducia, partendo da quelle dirette Facebook, quelle che vi citavo prima…

PRESIDENTE. Chiedo scusa. Deputato Silli, la mascherina per cortesia. Prego.

MARCO OSNATO (FDI). Gli italiani hanno incominciato proprio lì a diffidare, invece di avere speranza e fiducia. In quelle dirette hanno capito che c'era una volontà esclusiva di farsi della propaganda elettorale, di evidenziare delle posizioni personali e di non andare incontro a quelle che erano le esigenze della nostra nazione.

Vedete, Virgilio nell'Eneide ad un disperato Laocoonte, che cerca di avvertire gli abitanti di Troia del rischio del Cavallo di Troia, fa dire: “Timeo Danaos et dona ferentes” e noi, purtroppo, di questi cavalli di Troia da parte del Governo ne vediamo troppi nella sua azione, ne vediamo veramente tanti e sono dei rischi per la nostra Italia. Lo vediamo con i nuovi debiti che chiedete agli italiani di fare e che chiedete che l'Italia faccia nei confronti dell'Europa, nell'incertezza delle condizioni che l'Europa poi ci porrà. Inoltre, vediamo nuova disoccupazione, vediamo nuovi regali alle banche. Ogni vostro provvedimento ha un capitoletto che contempla qualche regalo e qualche favore alle banche. Lo vediamo con i rischi di nuove opportunità per la criminalità organizzata, tragica piaga della nostra nazione. Lo vediamo nel vostro rapporto con l'Europa, con nuove tentazioni di cedere alle lusinghe di queste consorterie europee, di un'Europa, appunto, che vuole mettere le mani sull'Italia, sui suoi asset strategici, sull'enorme patrimonialità privata che gli italiani hanno sempre saputo mettere da parte col sudore, col lavoro e con la coscienza di bravi padri di famiglia e non vogliono, non la vogliono la svendita di questo patrimonio con una patrimoniale; non la vogliono con il prelievo forzoso che voi, sotto dettatura di Bruxelles e Francoforte, fate già aleggiare nei corridoi di Governo nelle veline delle agenzie.

Gli italiani sono più seri e più responsabili di come tentate di descriverli anche nei vostri provvedimenti. Lo dimostra il grande riscontro che ha avuto un titolo di Stato che, in quattro giorni, ha raccolto 22 miliardi di risparmio degli italiani ed è quello che sempre Fratelli d'Italia e sempre Giorgia Meloni hanno cercato di spiegare: se uno Stato serio si presenta seriamente ai propri cittadini con un buono, un titolo di Stato, un certificato o un titolo di Stato che, in qualche modo, rappresenta una garanzia per gli italiani e una scommessa per la ripartenza della nazione, allora gli italiani ci sono, ci sono sempre stati e ci saranno (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Noi, quindi, questa fiducia non la concediamo. Sì, caro Governo, noi possiamo usare il termine “concediamo” e non il Presidente del Consiglio nelle sue dirette e nelle sue scarne relazioni che fa al Parlamento. Noi non la concediamo e, anzi, temiamo che ogni nuovo provvedimento di questo Governo rappresenti una mina piazzata sotto le fondamenta dell'Italia. Pensiamo che, quindi, parafrasando il Virgilio che citavo prima, possiamo dire che “Timeo Conte et decretum ferens”. Quindi, la nostra risposta alla vostra improbabile richiesta di fiducia è ancora una volta un “no”, un “no” di attesa, di attesa che, finalmente, le urne, quelle elettorali, ci possano finalmente restituire un Governo che l'Italia merita (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Martina Nardi. Ne ha facoltà.

MARTINA NARDI (PD). Grazie, signor Presidente. Sottosegretario Manzella, colleghi, relatori, non so a voi ma a me la cosa che continuava a stupire era il silenzio. I giorni della chiusura totale sono stati giorni di silenzio assordante, interrotto sì dalle canzoni, dai balconi, dal Belpaese che in qualche modo si voleva ritrovare e trovare le facce amiche, ma il silenzio inquietante di un Paese sospeso, fermo e impaurito era l'immagine che tutti noi potevamo osservare in quei giorni. A me mancavano i rumori del lavoro, della saracinesca, dei caffè, dei corrieri, i rumori dell'Italia laboriosa e produttiva delle piccole e medie imprese che fanno di questo Paese l'Italia.

Nelle tante e tantissime videoconferenze e telefonate di quei giorni c'era un'unica preoccupazione che emergeva con nettezza e credo che l'abbiamo percepita tutti, l'abbiamo ascoltata tutti e arrivava dai commercianti, dagli artigiani e dagli imprenditori del nostro Paese e le domande erano quelle: “Come faremo a riaprire? Con quali regole, con quali protocolli? Ma, soprattutto, riusciremo a far fronte alle scadenze, riusciremo a pagare i nostri operai, le tasse e i fornitori?”. Queste erano le domande che il Paese chiedeva con forza in quei giorni, di un'Italia preoccupata, silenziosa e preoccupata.

L'impegno del Governo è stato dare risposta a quelle legittime domande. Si sono messi in campo più strumenti e provvedimenti che, come un mosaico, operano nella direzione della ripresa economica. Il Governo ha proposto una strategia, sì, colleghi, ha proposto una strategia: può non piacervi, può essere criticata, però ha messo in campo una visione di come si può e si deve rispondere alla crisi che ci ha colpito, la crisi prima sanitaria e ora economica. Lo ha fatto prevedendo una serie di provvedimenti, una pluralità di interventi, utilizzando un binomio: interventi urgenti, da una parte, e interventi di programmazione per il futuro, dall'altra, e lo vedremo meglio nel “Liquidità” ma soprattutto nel “Rilancio” e negli altri provvedimenti che si annunciano e che sono al vaglio del Governo in questi giorni.

Tutto questo lo ha fatto in un rapporto nuovo e fruttuoso e, come ricordava il collega Ungaro, l'ha fatto nello scenario europeo, riconquistandosi un ruolo, un ruolo importante: grazie al lavoro del Ministro Gualtieri in primis ma di tutto il Governo, l'Italia ha saputo occupare veramente un ruolo chiave in Europa, lanciando ed essendo protagonista di proposte che, oggi, troveranno la loro concretezza e che sono, anche quelle, al centro delle politiche di rinascita dell'Europa intera.

È in questo quadro, in questo quadro, che si colloca il “decreto Liquidità”, come un tassello fondamentale di un puzzle più grande, di un mosaico più grande.

Del resto, colleghi, lo sappiamo, lo sappiamo, ce lo dice la storia, ce lo dicono le grandi crisi che hanno pervaso nel tempo il nostro Paese, ma non solo il nostro Paese, che le banche e la ripresa economica sono sempre andate a braccetto, le banche servono al sistema delle imprese come le imprese servono al sistema bancario, immettere liquidità facilmente e senza troppi condizionamenti è da sempre la ricetta per superare la crisi e provare a guardare al futuro. Siamo stati accusati, nel recente passato, di fare provvedimenti salva banche, ma scegliemmo allora di intervenire per salvaguardare il sistema produttivo italiano, per difendere le imprese e le famiglie e a buon conto ci siamo innervositi per la diciamo timidezza con cui gli istituti di credito hanno accolto il decreto cosiddetto Liquidità. Il Governo ha messo in campo garanzie pubbliche per liquidità immediata, consapevole che per la ripartenza non basta il fondo perduto o il sostegno economico una tantum - cose che tra l'altro sono previste, saranno nel decreto cosiddetto Rilancio, lo sono già stati i 600 euro in prima battuta - ma serve appunto un'ingente fornitura di liquidità. L'Italia ha scontato il problema di non avere una banca pubblica e l'affidarsi al sistema bancario privato era l'unica strada perseguibile. Da come sono andate le cose - difficoltà nell'accesso al credito, ritardi immotivati, verifica del merito creditizio e non solo controllo formale dei documenti e sapete che più volte siamo intervenuti a specificare che il decreto non chiedeva il merito creditizio, ma doveva solo limitarsi, la banca, a fare un controllo formale - ma pensiamo anche al rientro quasi obbligatorio dei fidi, cosa che tra l'altro non sarebbe dovuta avvenire ed altro ancora, ci ha messo di fronte alla necessità di fare modifiche normative pesanti. Con l'accordo del Governo, abbiamo voluto marcare ed eliminare tutte queste problematiche. Ci siamo dunque incamminati nella bellissima e complicata strada della democrazia, abbiamo affrontato volentieri la fatica del ricercare le soluzioni condivise, abbiamo con determinazione e chiarezza proposto il terreno del confronto di merito dentro la maggioranza e alle opposizioni e ci siamo incontrati. In una parola, abbiamo fatto politica, abbiamo fatto politica, però quella bella, quella vera, senza urla e pregiudizi, la politica che vuol bene al Paese e che lavora per il Paese. Il Parlamento, grazie al Governo, che ha saputo ascoltare, è stato realmente centrale, realmente protagonista dei cambiamenti corposi che si sono effettuati e credo che tutti i gruppi lo possono testimoniare. La politica è apprezzata quando è utile, quando serve, quando ascolta e costruisce risposte; più passaggi parlamentari sviluppano la fiducia e meno polemiche sull'utilità dei politici e della politica: torniamo a far sì che queste Aule comincino a discutere delle cose che servono al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il Partito Democratico - e mi rivolgo soprattutto ai miei colleghi - è stato come un motore ibrido, io l'ho visto così, discreto e pacato, ma roboante nei momenti giusti, animatore del confronto politico e costruttore di soluzioni. Siamo stati finalmente una squadra, tutti utili e nessuno indispensabile, con il solo assillo di fare il meglio per il Paese. Un'ambizione grande, sulla quale abbiamo lavorato senza… guardo soprattutto i relatori, che si sono veramente dati molto da fare: per noi le ore sono passate in maniera interminabile in quei giorni, ma credo che abbiamo fatto un buon lavoro, perché dal lavoro delle Commissioni esce un provvedimento rinnovato, che siamo certi potrà essere più in sintonia con le richieste e le aspettative delle piccole, medie e grandi imprese di questo Paese. Io personalmente esco dal lavoro fatto in questi giorni con la consapevolezza che è il tempo di costruirla la banca pubblica, il tempo di cominciare a discutere, di aprire un tavolo, di cominciare ad affrontare il tema. In questo Paese serve una banca pubblica. La Francia credo ci abbia messo 7 anni di discussione prima di arrivare alla realizzazione della banca pubblica, spero e credo che noi potremmo fare molto meglio e avere tempi molto più europei.

Esco anche con la rinnovata convinzione che il Parlamento non è un orpello inutile, non è un orpello inutile e costoso, come è in qualche modo il leitmotiv di questi anni, ma è il luogo dove si rappresentano le istanze, si incrociano le diverse soluzioni atte a migliorare i provvedimenti. E allora, collega Osnato, lo dico a lei, io sono orgogliosa del lavoro che abbiamo fatto, sono orgogliosa, sono orgogliosa del lavoro che abbiamo fatto tutti insieme, maggioranza e opposizione e sono orgogliosa perché domani potrò dire al mio amico Amedeo, che vende i pigiami in piazza, al mercato, che può andare tranquillamente in banca, che può prendere, firmando semplicemente un'autocertificazione, 30 mila euro anziché 25 mila euro e restituirli in 10 anni anziché in 6. Io ho guardato a lui, noi abbiamo guardato ad Amedeo, noi abbiamo fatto gli interessi dei tanti Amedeo di questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia Viva e Liberi e Uguali), perché sono i visi e i nomi che conosciamo, a cui abbiamo provato a dare una risposta con questo decreto e io credo che abbiamo fatto veramente un lavoro utile per la ripresa delle aziende e per il Paese intero, grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia Viva e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Sestino Giacomoni. Ne ha facoltà.

SESTINO GIACOMONI (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori Ministri che non ci siete, ma voi che potete, dovreste dire a Conte che noi abbiamo perso il conto, abbiamo perso il conto dei DPCM, dei decreti, delle ordinanze e soprattutto delle sue conferenze stampa. Gli italiani invece hanno perso la pazienza. Tra “fase 1”, “fase 2”, “fase 3”, c'è un'unica certezza: il Governo è fuori fase, la confusione regna sovrana, mancano ancora regole certe e chiare, manca chiarezza e soprattutto manca autorevolezza e, ahimè, l'autorevolezza è come il carisma, c'è o non c'è, ed è fuor di dubbio che questo Governo ne sia privo. In Italia, purtroppo, stiamo vivendo l'ora più buia, ma nell'oscurità di questi mesi si è accesa una luce: tutti finalmente hanno compreso che non è vero che uno vale uno, non è vero che uno vale l'altro, ora più che mai gli italiani si sono resi conto che per governare servono esperienza, competenza e autorevolezza. Occorre soprattutto sapere dove si vuole andare e dove si vuole portare il Paese ed è questa la vera differenza tra noi e voi. Noi abbiamo una visione, un progetto, un'idea di cosa fare per salvare il Paese, voi no. Noi di Forza Italia, da sempre ed in particolar modo durante questa crisi, abbiamo dimostrato di essere un'opposizione seria e costruttiva: con i nostri emendamenti abbiamo cercato di mettere delle toppe alle tante falle del decreto cosiddetto Liquidità, un decreto che fa acqua da tutte le parti, lo dimostrano i 2.800 emendamenti, dei quali 1.000 presentati dalla vostra stessa maggioranza, un decreto che, a detta di Conte, avrebbe dovuto far arrivare un fiume di liquidità alle famiglie e alle imprese ed invece si è scoperto che, a tutt'oggi, nemmeno un euro è arrivato a destinazione. Ovviamente, la pomposa conferenza stampa con cui Conte annunciava 400 miliardi di liquidità per le imprese è servita solo a scaricare la responsabilità sulle banche. La confusione e le norme contorte scritte dal Governo hanno esposto i bancari a rischi penali e addirittura hanno messo a rischio la loro stessa incolumità: più di 100 funzionari sono stati malmenati da cittadini stanchi di aspettare. Stessa sorte è toccata ai sindaci: dopo l'annuncio di Conte, che con il decreto cosiddetto Cura Italia aveva detto che i sindaci avrebbero avuto milioni di euro per i buoni spesa da dare ai più bisognosi, i sindaci si sono ritrovati fuori dalla loro porta moltissimi cittadini bisognosi ed arrabbiati, perché di soldi veri ne sono arrivati ben pochi. Trattamento analogo è stato riservato ai farmacisti, che sono stati insultati da chi, credendo agli annunci del commissario straordinario, sperava di trovare in farmacia le mascherine a 50 centesimi; anche in questo caso, si è trattato di un altro annuncio a cui non sono seguiti i fatti. Noi di Forza Italia abbiamo provato in tutti i modi a spiegarvi la necessità di cambiare strada, vi abbiamo detto in tutti i modi che il primo intervento da varare era quello di dare subito ossigeno alle imprese, dando risorse a fondo perduto. Vi abbiamo detto che serviva la terapia intensiva anche per tenere in vita le imprese. La seconda fase poi è quella della convalescenza: in questa fase, occorre evitare di drenare risorse alle imprese, che stanno provando a rialzarsi e per questo serve la sospensione di tutte le tasse, di tutti i tributi, di tutti gli accertamenti fiscali per tutto il 2020.

Solo una volta, superata la terapia intensiva e la convalescenza, si può passare alla terza fase, ossia alla riabilitazione, attraverso lo stanziamento, sì, di prestiti a tasso calmierato, da restituire in dieci, vent'anni, non in sei anni come avevate previsto nel decreto.

Infine, per far sì che le imprese tornino a correre, occorre un vero e proprio shock fiscale, occorre un patto fiscale con i cittadini per azzerare gli accertamenti in corso attraverso dei pagamenti rateizzati a vent'anni, ed infine occorre approvare la flat tax, un'aliquota unica uguale per tutti, famiglie e imprese, per consentire, a chi ha dovuto chiudere la propria attività, di recuperare quanto ha perso in questi mesi. Purtroppo, di tutto questo non c'è traccia nei vostri provvedimenti.

Voi avete pensato di usare, in una fase eccezionale, degli strumenti ordinari, come la cassa integrazione e i prestiti, per poi scoprire che neanche quelli sono arrivati ai lavoratori e alle imprese. In questa fase di crisi abbiamo sentito più volte il Premier rivolgere apprezzamenti all'opposizione, in primo luogo per la posizione di Forza Italia. Ringrazio il Presidente Conte, ma qui non stiamo chiedendo apprezzamenti, noi qui stiamo chiedendo fatti concreti.

Devo riconoscere che, mentre nel “Cura Italia” avete ignorato totalmente i nostri suggerimenti, durante l'esame del “decreto Liquidità” avete, se non altro, prestato maggiore attenzione ai nostri emendamenti e per questo ringrazio i due relatori, Fragomeli e Carabetta; ringrazio anche il capogruppo Mancini in Commissione finanze (Applausi del deputato Sensi), perché si è prodigato per stabilire un contatto tra la Commissione e il Ministero dell'Economia.

Purtroppo, però, come ben sapete, avete accettato solo alcune delle nostre proposte: quelle che allungavano i tempi per la restituzione dei prestiti da sei a dieci anni sotto i 25 mila euro, ben oltre dieci anni sopra i 25 mila euro; avete accettato di portare da 25 mila a 30 mila euro l'importo dei prestiti garantiti al 100 per cento; avete accettato che con le autocertificazioni si potessero semplificare le procedure per l'erogazione dei prestiti.

Purtroppo, però, non avete voluto sentire ragioni sul fatto che andavano date subito risorse a fondo perduto ai lavoratori autonomi. Non avete voluto accettare la nostra proposta di dare un'integrazione di cassa pari almeno al 50 per cento dei mancati guadagni, né avete voluto estendere la garanzia al 100 per cento anche sopra i 25 mila euro; non avete neppure accettato l'idea di fissare tempi certi e brevi per erogare i prestiti, togliendo la valutazione del rischio creditizio e, quindi, la responsabilità penale dei funzionari. Non avete voluto togliere la inutile doppia verifica delle pratiche attraverso la SACE, che, di fatto, raddoppia i passaggi burocratici e, quindi, i tempi per le erogazioni. Non avete voluto neppure prendere in considerazione un vero patto fiscale con gli italiani e l'approdo alla flat tax per far ripartire l'economia.

Vedete, è per tutto questo che, nonostante le numerose modifiche che siamo riusciti ad apportare a questo decreto, oltre 40 sono stati gli emendamenti di Forza Italia accolti. Resta, però, il nostro giudizio nettamente contrario verso questo provvedimento: un provvedimento che non garantisce alle imprese quello di cui avrebbero bisogno. Forse non vi rendete conto nemmeno di quanto la situazione nel Paese sia drammatica: un milione di lavoratori autonomi non hanno ancora visto i 600 euro promessi; 3 milioni di dipendenti aspettano ancora la cassa integrazione da marzo; quasi nessun imprenditore ha visto i prestiti garantiti dallo Stato; tre aziende su dieci in Italia hanno preferito rimanere chiuse o sono state costrette a farlo: la stragrande maggioranza di queste non riaprirà, perché non è stata adeguatamente supportata dallo Stato.

Ricordatevi sempre che, se chiudono le imprese, chiude l'Italia. È impensabile che aziende, che non hanno potuto fatturare perché chiuse ex lege, debbano fare debiti per pagare le tasse. A voi, purtroppo, è mancata e manca questa consapevolezza.

Avete fatto troppo poco e vi siete mossi troppo tardi. Non vi rendete conto che ci sono milioni di persone preoccupate, disperate in molti casi, gente che non ha solo paura di perdere la propria attività, ma ha il terrore di dover rinunciare alla vita vissuta fino a pochi mesi fa, prima del Coronavirus; persone che saranno costrette a cambiare casa, padri e madri che si disperano alla ricerca di un futuro per i loro figli, giovani che dovranno assistere impotenti al susseguirsi degli eventi.

Vedete, dietro queste leggi, dietro i vostri decreti, dietro i vostri commi, ci sono quelle vite, signori del Governo, ci sono le vite che animano i nostri borghi, le nostre città, i nostri paesi; c'è la trattoria della Sora Gina che chiude, c'è la macelleria di Adriana, c'è l'alimentari di Bastianina, c'è la frutteria di Dino: nomi che a voi non dicono nulla, ma che rappresentano l'economia diffusa che fa vivere i nostri 8 mila comuni. Ci sono quelle attività commerciali e artigianali con cui Dino, Lucia, Gina, Adriana e tanti altri, hanno portato avanti le loro famiglie, i loro figli, i loro nipoti, dando loro sicurezza e benessere; ed oggi voi, senza nemmeno rendervene conto, li state condannando a morte.

Dispiace che abbiate detto “no” alle nostre proposte emendative più importanti, ma sappiate che questo non ci indurrà a desistere. Noi continueremo a batterci affinché anche un piccolo miglioramento per i cittadini possa essere ottenuto. Questo è quello che abbiamo fatto in Commissione finanze durante l'esame del “decreto Liquidità” ed è quello che faremo durante il “decreto Rilancio”, nella speranza che comprendiate che non è il momento degli show, non è il momento dei like, non è il momento delle conferenze stampa, ma questo è il momento di lavorare in silenzio, in Commissione, in Aula, nei ministeri, a Palazzo Chigi, per varare quei provvedimenti che realmente servono al nostro Paese.

Forza Italia non sarà mai corresponsabile di questa deriva. Abbiamo provato ad evitarla con idee e proposte concrete, nell'interesse supremo del Paese, ma voi avete scelto di continuare a sbagliare da soli, perché le divisioni della vostra maggioranza non vi consentono di guardare al futuro, né di avere una visione per lo sviluppo del nostro Paese.

Per tutte queste ragioni, voteremo contro l'ennesima fiducia che avete chiesto e che non meritate, per rispetto del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giulio Centemero. Ne ha facoltà.

GIULIO CENTEMERO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi e signor sottosegretario, devo confessarvi di provare una certa difficoltà, perché nelle mie intenzioni, ormai disilluse nei fatti, c'erano quelle di volermi complimentare con il Governo per un decreto che finalmente avrebbe risolto il problema della liquidità alle imprese in questa fase.

Avevo creduto finanche alle parole del Ministro Gualtieri, che cito testualmente: “le misure contenute in questo decreto sono state, fin dall'inizio della crisi, uno degli assi della strategia del Governo, in linea peraltro con quanto fatto negli altri Paesi”. Signor Ministro, mi dispiace dover rompere il suo incantesimo economico, ma le misure contenute in questo decreto saranno l'inizio della fine della vostra strategia di Governo, non solo perché mancano di una coerenza organica di applicazione, cosa ampiamente dimostrata fin dai primi giorni dagli istituti di credito e anche dai malcapitati cittadini in fila agli sportelli, ma soprattutto perché gli altri Paesi non hanno nessuna intenzione di allinearsi al suo decreto “Illiquidità”.

Peraltro, non posso non citare le imbarazzanti dichiarazioni del Presidente del Consiglio, d'ora in avanti l'avvocato Stranamore, all'indomani dei ritardi nell'erogazione dei prestiti, allorquando chiedeva un atto d'amore al mondo bancario per l'Italia, per i cittadini, per le imprese. Un atto d'amore? Incredibile, l'atto d'amore a cui fa riferimento il Presidente del Consiglio è la sottoscrizione di un debito: lo Stranamore appunto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Significante e significato contrastano nell'inganno semantico, che voi chiamate “misure per il sostegno alla liquidità delle imprese”. Per intenderci, non stiamo parlando di erogazioni a fondo perduto, di trasferimenti e nemmeno di sospensioni a compensazione di debiti, ma della possibilità di indebitarsi ulteriormente per continuare a lavorare con dignità.

Ecco da dove nascono le mie disillusioni: dalla incapacità del Governo di avere una visione d'insieme, una direzione d'orchestra, dalla presunzione di poter aiutare le imprese senza avere la benché minima umiltà di ammettere che la strategia di cui parlate è sbagliata, sia nel metodo, che nel merito.

Con molta franchezza, penso che il “decreto Liquidità” sia una nuova occasione perduta e ho sempre definito questo Governo come il Governo delle occasioni perdute: lo testimoniano i tanti, troppi decreti attuativi ancora non redatti e relative norme approvate durante il Governo Lega e 5 Stelle, che avrebbero stimolato i canali della finanza alternativa al canale bancario; lo testimoniano anche le autorizzazioni mai chieste alla DG Comp; lo testimonia il fatto che lo spazio che ci è stato concesso sul de minimis non sia stato colto in pieno. Basti, ad esempio, pensare alla convertibilità delle imposte differite attive in crediti di imposta: un semplice esercizio contabile, che avrebbe capitalizzato i bilanci delle nostre imprese e permesso loro di conservare liquidità in un momento in cui - e lo dimostra l'andamento dei mercati in questo periodo - cash is king.

Per fortuna, invece, Consob ha posto e tolto lo short ban nei momenti necessari. Mi chiedo, anzi vi chiedo: perché mai le imprese dovrebbero indebitarsi quando ci sono ancora 6 miliardi di crediti arretrati che devono ricevere dallo Stato?

E, ancora: perché le imprese dovrebbero accettare la sottoscrizione di un debito se aspettano ancora di sapere se, come e quando verranno riconosciuti i loro maggiori costi dovuti alla pandemia? L'incoerenza di fondo, subdola e ambigua, risiede nella vostra ostinazione di chiamare “liquidità” ciò che è “garanzia” e “sostegno alle imprese” ciò che è pura propaganda politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Non state aiutando le imprese. Grandi, medie e piccole imprese hanno dovuto chiudere per causa di forza maggiore, non per volontà propria e stanno piano, piano riaprendo in base ai ritmi scanditi dallo Stato; hanno subito perdite di fatturato, di patrimonializzazione, di credibilità finanziaria e rischiano di chiudere definitivamente. Rischiano, insomma, di fallire, perché gli adempimenti tributari e fiscali non sono stati cancellati, sono stati solo sospesi e, prima o poi, arriverà la mazzata finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Il bazooka dell'avvocato Stranamore sarà rivolto contro e non a favore dell'economia reale, perché non è stato fatto alcuno sconto sui costi fissi di gestione, alcun azzeramento, mentre la riapertura, specie per commercianti, artigiani, albergatori e ristoratori, significa minori incassi giornalieri e maggiori costi per la gestione COVID-19. E di fronte a tutto ciò, alcuni membri del Governo pensano a creare un esercito di delatori, giustificando la cosa, forse, con una pessima interpretazione del pensiero keynesiano; una cosa che in me fa riaffiorare ricordi d'infanzia, di quando andavo in Romania a trovare i miei nonni: erano gli anni Ottanta e si aveva paura a parlare perché il vicino avrebbe potuto dire chissà che cosa alle autorità competenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). L'economia, però, cresce se c'è fiducia e gli italiani hanno dimostrato di essere responsabili. Fidiamoci di loro.

I dati, a proposito di fiducia, ci dicono che l'80 per cento delle PI, delle piccole imprese, ha preferito non chiedere il prestito, perché, dinanzi alla prospettiva di non incassare nulla, di fatturare zero, preferiscono non indebitarsi. Anche Banca d'Italia, durante le audizioni, ha osservato - e cito testualmente -, “nell'esaminare l'intervento emergono alcuni aspetti critici relativi all'allocazione dei fondi pubblici, alla qualità dei finanziamenti garantiti e all'ammontare effettivamente concedibile di garanzie. Si tratta di aspetti che riflettono soprattutto la difficoltà di conciliare le esigenze di rapidità d'azione con quelle di controllo di efficacia e di legalità”. Tradotto in altri termini significa non solo che gli effetti a medio termine dipenderanno dalle prossime misure di politica economica, ma che una buona parte delle perdite subite dalle imprese non sarà recuperabile, perché non tutti i debiti saranno immediatamente saldati al termine dell'emergenza. Ne risentiranno soprattutto la credibilità finanziaria delle imprese, la loro vulnerabilità e, più di ogni altra cosa, la loro capacità di intraprendere gli investimenti necessari per accelerare la ripresa.

Avete previsto che il rimborso del finanziamento fino a 25 mila euro, ora elevato a 30 mila grazie ad un contributo della Lega in Commissione, non avvenga prima di 24 mesi dall'erogazione e che non possa essere utilizzato per compensare alcun prestito preesistente. Bene, peccato che la realtà sia ben diversa rispetto a queste tardive e confuse intenzioni. Perché? Alcune banche hanno inserito clausole e condizioni che non sono in nessun modo previste o richieste dalla norma. Ad esempio, due istituti hanno domandato al potenziale soggetto beneficiario se, in passato, avesse già chiesto facilitazioni ad altre banche; un'altra banca ha risposto che la concessione del finanziamento sarà subordinata alla conversione del decreto; altre ancora hanno già usato parte dell'erogazione per sanare posizioni pregresse e sofferenti, in alcuni casi, con esplicite note nei siti aziendali. L'ABI ha dovuto diffondere tempestivamente una circolare riassuntiva con tutte le procedure e le regole emanate per fornire un orientamento a imprese e professionisti, proprio perché è un decreto debole nei contenuti e farraginoso nelle procedure. Le banche stesse lo hanno dovuto dichiarare, lo hanno di fatto certificato rispondendo a un questionario inviato dalla Commissione parlamentare d'inchiesta: diniego a tre prestiti su quattro, mole di documenti e procedure complesse per chi ha provato a chiedere un finanziamento, con alcuni istituti che consigliavano ai propri clienti, nei primi giorni, di usare il prestito per chiudere pendenze e fidi aperti, così da mettersi al riparo da eventuali insolvenze. Ecco perché abbiamo voluto presentare un emendamento sul punto: perché ci siamo battuti affinché, nero su bianco, fosse esplicitamente previsto che tale finanziamento non dovesse essere utilizzato per saldare precedenti prestiti ancora in corso. È chiaro, alla situazione emergenziale avete aggiunto ulteriori disagi, lungaggini, clausole, moduli, interpretazioni, ritardi, definizioni, rinvii, insomma un disordine che ha acuito ancora di più le gravi e preoccupanti difficoltà che, da oggi in avanti, gli imprenditori si troveranno ad affrontare. Un'entropia testimoniata anche da litigi tra membri dello stesso partito di maggioranza di fronte alle Commissioni riunite e culminati persino in un opportuno turpiloquio, perché è fra linguaggio e metalinguaggio che risiede la manchevolezza di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). È un ispazio che richiama un tetracordo.

La CGIA di Mestre ha definito la questione liquidità per le piccole imprese dirimente, pregandovi di cambiare registro perché, anche coloro che hanno lavorato negli ultimi tre mesi, faticano ad incassare le proprie spettanze. Il consiglio nazionale dei commercialisti ha invocato delle vostre ulteriori riflessioni per quanto riguarda i versamenti e gli adempimenti tributari, con l'assoluta necessità di sospendere ulteriormente i termini di scadenza…

PRESIDENTE. Concluda.

GIULIO CENTEMERO (LEGA). …fino almeno all'autunno. Mi avvio alla conclusione. Non avete saputo vivacizzare i canali della finanza alternativa, quali alternative al credito bancario: nel 2020 non si possono proporre le stesse ricette degli anni Cinquanta. Per questo, la Lega voterà convintamente “no” alla fiducia sul “decreto Liquidità” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ruggiero. Ne ha facoltà.

FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il “decreto Liquidità” è il secondo pilastro della risposta di questa maggioranza all'emergenza economica in corso. Se nel “decreto Cura Italia”, già convertito in legge, abbiamo coperto tutte le categorie sociali, dagli operatori della sanità, alle famiglie, ai lavoratori, ai professionisti e agli enti locali, con il “decreto Liquidità” abbiamo voluto concentrare la nostra azione sullo straordinario e diversificato tessuto produttivo di piccole, medie e grandi imprese che ci rende ancora oggi la seconda potenza industriale d'Europa, nonostante tutto.

Senza il piano di garanzie pubbliche impostato nel decreto e senza la successiva copertura finanziaria da 30 miliardi di euro stanziata con il “decreto Rilancio”, avremmo lasciato al loro destino decine di migliaia di piccole aziende solide dal punto di vista patrimoniale ed economico, ma carenti di liquidità, per far fronte ai loro costi fissi e ai loro impegni. Serviva un intervento coraggioso e di largo respiro ed è quello che abbiamo articolato attraverso la SACE e il Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese.

Allo stesso tempo, anche le grandi imprese e le piccole imprese strategiche andavano protette dalla concorrenza internazionale, perché, come è noto, il virus non ha colpito con la stessa intensità tutti gli attori europei globali e, in Europa, l'assenza di una Banca centrale con ampi margini di intervento favorisce alcuni Paesi a danno di altri. È significativo a questo proposito il dato sugli aiuti di Stato nell'Unione europea: dopo la temporanea sospensione del divieto, su 1.900 miliardi di euro stanziati dagli Stati per le imprese, il 52 per cento ha riguardato la Germania. Di fronte a questo grave squilibrio l'Italia non poteva restare a guardare. E così si spiega non solo la garanzia pubblica fino a 200 miliardi di euro in capo alla SACE, al MEF e al Ministero degli esteri, ma anche l'estensione della normativa sul golden power, che ci ha consentito di tutelare imprese e settori strategici sia da investimenti europei che da extra Unione europea. Non potevamo permettere che, a causa di un evento pandemico imprevisto, l'Italia diventasse terra di conquista, con la svendita di interesse nazionale a prezzi di saldo. Ecco perché abbiamo ampliato il perimetro del golden power anche a settori precedentemente esclusi, fra i quali la salute. L'emergenza sanitaria ha portato alla luce tutte le disfunzioni dovute ad un modello economico eccessivamente globalizzato. Ringrazieremo sempre il Ministro Di Maio per il grande lavoro diplomatico grazie al quale l'Italia ha ricevuto dall'estero milioni di mascherine e altri dispositivi sanitari essenziali (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ma un grande Paese come il nostro deve necessariamente dotarsi di una produzione in loco per tutti quei beni e servizi che assicurano la sicurezza e l'interesse collettivo. Tornando alle imprese e al piano di liquidità, il testo originario del decreto metteva in campo due schemi principali: quello fondato sul Fondo centrale di garanzia dedicato alle piccole e medie imprese e particolarmente prezioso per i prestiti fino a 25 mila euro coperti al 100 per cento dal settore pubblico e quello gestito, come detto, da SACE, MEF e Ministero degli Esteri, imperniato sulle imprese di maggiori dimensioni e su quelle votate all'export.

In quanto a garanzie pubbliche, la risposta italiana è stata la più imponente in Europa, con uno sforzo senza precedenti che l'Istituto di ricerca Bruegel ha stimato intorno al 30 per cento del PIL nazionale. Eppure, la Camera dei deputati ha migliorato ulteriormente il testo iniziale, attraverso il lavoro nelle Commissioni finanze e attività produttive.

Mi preme ricordare solo alcuni degli emendamenti approvati, dei quali il MoVimento 5 Stelle va particolarmente orgoglioso: i 25 mila euro di tetto per i finanziamenti garantiti al 100 per cento dallo Stato sono saliti a 30 mila euro, ampliando i beneficiari potenziali; la scadenza degli stessi prestiti è salita da 6 anni iniziali fino ad un massimo di 10 anni, lasciando più margine di manovra ai nostri imprenditori a corto di liquidità; gli interessi che le banche possono richiedere su questi finanziamenti si sono ridotti ulteriormente. Il testo del decreto prevedeva, in ogni caso, un tetto per il prestito garantito inferiore al 25 per cento del fatturato dell'esercizio precedente; ora, grazie ad un altro emendamento, le imprese potranno scegliere di sostituire quel criterio di calcolo con il doppio del monte salariale che, per imprese con fatturati bassi, è un vantaggio concreto. Sopra i 30 mila euro e fino agli 800 mila euro il prestito avrà durata massima non più decennale ma addirittura trentennale; fino al 30 settembre prossimo abbiamo sospeso le segnalazioni a sofferenza che le banche inviano alla centrale dei rischi nel caso in cui un'impresa abbia utilizzato le misure messe in campo dal Governo con il “decreto Cura Italia”, tra le quali la proroga dell'apertura di prestito, la proroga dei prestiti non rateali, la proroga dei mutui e altri finanziamenti a rimborso rateale. E in ultimo, importantissimo è anche l'emendamento con cui abbiamo esteso la platea di chi può richiedere la sospensione dei mutui prima casa, includendovi le ditte individuali, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale a prevalenza individuale o familiare. In definitiva, abbiamo voluto dare ulteriore slancio ad un piano di garanzie che ha già permesso di erogare ad oggi 15 miliardi di liquidità, ma che dovrà garantirne molti di più per funzionare da cuscinetto anticrisi e permettere alle imprese di ripartire senza zavorre quando arriverà la ripresa. Questo è il decreto su cui oggi votiamo la fiducia, un decreto che va letto in assoluta continuità sia con il “decreto Cura Italia”, che l'ha preceduto, che con il “decreto Rilancio”, che l'ha seguito, nel quale per le nostre imprese sono previsti altri 15 miliardi di euro per contributi a fondo perduto e defiscalizzazioni. Il Governo, nel complesso, ha già dato fondo a 80 miliardi di euro di interventi finanziati con un maggior deficit rispetto alle previsioni pre-COVID: uno sforzo enorme, che ammonta a circa tre manovre finanziarie, e che è stato realizzato in poco più di due mesi. Le critiche sono sempre benvenute, quando costruttive, ma, dato il contesto europeo che questo Governo sta provando a riformare, era davvero difficile chiedere di più. I ritardi e le inefficienze ci sono stati, senza dubbio, ed è per questo che il prossimo decreto economico, il quarto, sarà dedicato a sciogliere quei nodi che, troppo spesso, rallentano l'efficacia dell'azione di governo. Intanto, però, è doveroso dare fiducia al decreto e all'impegno profuso da questa maggioranza per migliorarlo in sede parlamentare ed è per questo che annuncio il voto favorevole del gruppo MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

Poiché, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che la votazione per appello nominale abbia luogo a partire dalle ore 18, sospendo la seduta, che riprenderà a tale ora.

La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 17,55, è ripresa alle 18.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2461-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.

Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

Ricordo che l'estrazione a sorte del nome del deputato dal quale la chiama avrà inizio è stata effettuata dalla Presidenza nella seduta di ieri. La chiama avrà quindi inizio dal deputato Mulé.

Sulla base di tale estrazione sono poi state stabilite e comunicate apposite fasce orarie per regolare l'accesso dei deputati, i quali, all'orario stabilito per ciascuna fascia, faranno ingresso in Aula dal lato sinistro della Presidenza, dichiareranno il voto dall'emiciclo e, quindi, lasceranno l'Aula dall'ingresso del lato destro.

Avverto, infine, che, come già avvenuto nelle precedenti votazioni per appello nominale, eventuali richieste di anticipazione del voto, ad eccezione di quelle dei Ministri che ne hanno fatto richiesta ed eventuali altri casi particolari che verranno valutati, non saranno accolte e che non saranno effettuati reinserimenti nell'elenco dei nominativi dei deputati che non abbiano risposto alla chiama, i quali potranno comunque esprimere il proprio voto in una seconda chiama.

Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama)

Colleghi, mentre qui riorganizziamo, io ripeto che non si può stare a meno di un metro di distanza gli uni dagli altri. Non mi fate fare come a scuola, chiamandovi uno per uno, nome per nome, perché penso che ognuno abbia sufficiente senso di responsabilità per autogestirsi. Prego.

(Segue la chiama)

Scusi, deputato Pella, prima non l'ho richiamata. Siccome si sta perseverando, in particolare lei, deputato Pella, mi deve usare la cortesia: non può stare a meno di un metro di distanza; non so se è chiara la lingua italiana. Prego, proseguiamo.

(Segue la chiama)

Chiedo scusa, un attimo di pausa…Colleghi deputati, sono qui a ricordare nuovamente di rispettare la regola del distanziamento. Siccome i deputati, invece di entrare in aula per votare, sostano in Aula, io penso che l'unico modo per riuscire ad uscirne vivi sia quello di far accomodare i deputati che hanno già votato, così sono anche più comodi nelle loro conversazioni, fuori dall'Aula, perché, se vi sono tanti deputati, è pressoché impossibile evitare l'assembramento. Quindi, io chiedo ai deputati che hanno già votato di uscire dall'Aula cortesemente. Prego, proseguiamo.

(Segue la chiama).

Chiedo ai deputati che hanno votato cortesemente di accomodarsi fuori dall'Aula. Abbiamo avuto una presenza al di sopra delle previsioni e, quindi, dobbiamo evitare che alla sanificazione si accompagni il ricambio totale dell'aria, altrimenti dovremmo riniziare addirittura più tardi delle 21. Quindi, chi ha votato cortesemente esca dall'Aula.

(Segue la chiama)

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo elaborato dalle Commissioni, a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti……………539

Votanti ……………538

Astenuti …………….. 1

Maggioranza ………270

Hanno risposto …..310

Hanno risposto no … 228

La Camera approva.

Si intendono così precluse tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto sì:

Acunzo Nicola

Adelizzi Cosimo

Aiello Davide

Aiello Piera

Alemanno Maria Soave

Amitrano Alessandro

Annibali Lucia

Anzaldi Michele

Aresta Giovanni Luca

Ascani Anna

Ascari Stefania

Azzolina Lucia

Baldino Vittoria

Barbuto Elisabetta Maria

Baroni Massimo Enrico

Barzotti Valentina

Battelli Sergio

Bazoli Alfredo

Bella Marco

Benamati Gianluca

Bendinelli Davide

Berardini Fabio

Berlinghieri Marina

Bersani Pier Luigi

Berti Francesco

Bilotti Anna

Boldrini Laura

Bonafede Alfonso

Bonomo Francesca

Bordo Michele

Borghi Enrico

Boschi Maria Elena

Braga Chiara

Brescia Giuseppe

Bruno Raffaele

Bruno Bossio Vincenza

Buffagni Stefano

Buompane Giuseppe

Buratti Umberto

Businarolo Francesca

Cabras Pino

Cadeddu Luciano

Cantini Laura

Cantone Carla

Cantone Luciano

Cappellani Santi

Carabetta Luca

Carelli Emilio

Carnevali Elena

Casa Vittoria

Caso Andrea

Cassese Gianpaolo

Cataldi Roberto

Cattoi Maurizio

Ceccanti Stefano

Cenni Susanna

Chiazzese Giuseppe

Cillis Luciano

Cimino Rosalba

Ciprini Tiziana

Colaninno Matteo

Cominardi Claudio

Conte Federico

Corda Emanuela

Corneli Valentina

Costanzo Jessica

Crippa Davide

Critelli Francesco

Cubeddu Sebastiano

Currò Giovanni

Dadone Fabiana

Daga Federica

Dal Moro Gian Pietro

D'Alessandro Camillo

D'Ambrosio Giuseppe

D'Arrando Celeste

De Carlo Sabrina

De Filippo Vito

De Giorgi Rosalba

De Girolamo Carlo Ugo

De Lorenzo Rina

De Luca Piero

De Maria Andrea

De Menech Roger

De Micheli Paola

Deiana Paola

Del Barba Mauro

Del Basso De Caro Umberto

Del Re Emanuela Claudia

Del Sesto Margherita

Delrio Graziano

Di Giorgi Rosa Maria

Di Lauro Carmen

Di Maio Luigi

Di Maio Marco

Di Sarno Gianfranco

Di Stasio Iolanda

Dieni Federica

D'Incà Federico

D'Ippolito Giuseppe

Donno Leonardo

Dori Devis

D'Orso Valentina

D'Uva Francesco

Ehm Yana Chiara

Emiliozzi Mirella

Epifani Ettore Guglielmo

Ermellino Alessandra

Faro Marialuisa

Fassina Stefano

Fassino Piero

Federico Antonio

Ferri Cosimo Maria

Fiano Emanuele

Ficara Paolo

Flati Francesca

Fontana Ilaria

Forciniti Francesco

Fornaro Federico

Fragomeli Gian Mario

Frailis Andrea

Franceschini Dario

Frate Flora

Fratoianni Nicola

Fregolent Silvia

Frusone Luca

Fusacchia Alessandro

Gadda Maria Chiara

Gagnarli Chiara

Galizia Francesca

Gallinella Filippo

Gallo Luigi

Gariglio Davide

Gebhard Renate

Giachetti Roberto

Giacomelli Antonello

Giarrizzo Andrea

Giordano Conny

Giorgis Andrea

Giuliano Carla

Giuliodori Paolo

Gribaudo Chiara

Grillo Giulia

Grimaldi Nicola

Grippa Carmela

Gubitosa Michele

Guerini Lorenzo

Ianaro Angela

Incerti Antonella

Invidia Niccolò

Iorio Marianna

Iovino Luigi

L'Abbate Giuseppe

Lacarra Marco

Lapia Mara

Lattanzio Paolo

Lepri Stefano

Librandi Gianfranco

Licatini Caterina

Liuzzi Mirella

Lombardo Antonio

Lorefice Marialucia

Lorenzin Beatrice

Lorenzoni Gabriele

Losacco Alberto

Lotti Luca

Lovecchio Giorgio

Macina Anna

Madia Maria Anna

Maglione Pasquale

Manca Alberto

Manca Gavino

Mancini Claudio

Maniero Alvise

Manzo Teresa

Maraia Generoso

Marattin Luigi

Mariani Felice

Marino Bernardo

Martina Maurizio

Martinciglio Vita

Masi Angela

Mauri Matteo

Melicchio Alessandro

Menga Rosa

Miceli Carmelo

Micillo Salvatore

Migliore Gennaro

Migliorino Luca

Minniti Marco

Misiti Carmelo Massimo

Mor Mattia

Morani Alessia

Moretto Sara

Morgoni Mario

Mura Romina

Nappi Silvana

Nardi Martina

Navarra Pietro

Nesci Dalila

Nitti Michele

Nobili Luciano

Occhionero Giuseppina

Olgiati Riccardo

Orfini Matteo

Orlando Andrea

Orrico Anna Laura

Padoan Pietro Carlo

Pagani Alberto

Pagano Ubaldo

Paita Raffaella

Palazzotto Erasmo

Papiro Antonella

Parentela Paolo

Parisse Martina

Pastorino Luca

Paxia Maria Laura

Pellicani Nicola

Perantoni Mario

Perconti Filippo Giuseppe

Pezzopane Stefania

Piccoli Nardelli Flavia

Pignatone Dedalo Cosimo Gaetano

Pini Giuditta

Pizzetti Luciano

Plangger Albrecht

Pollastrini Barbara

Portas Giacomo

Prestipino Patrizia

Provenza Nicola

Quartapelle Procopio Lia

Raciti Fausto

Raduzzi Raphael

Raffa Angela

Ricciardi Riccardo

Rizzo Gianluca

Rizzo Nervo Luca

Rizzone Marco

Romaniello Cristian

Romano Andrea

Rosato Ettore

Rossi Andrea

Rossini Roberto

Rostan Michela

Rotta Alessia

Ruggiero Francesca Anna

Ruocco Carla

Russo Giovanni

Saitta Eugenio

Salafia Angela

Sarli Doriana

Sarti Giulia

Scagliusi Emanuele

Scalfarotto Ivan

Scanu Lucia

Scerra Filippo

Schullian Manfred

Scoma Francesco

Scutellà Elisa

Segneri Enrica

Sensi Filippo

Serracchiani Debora

Serritella Davide

Siani Paolo

Sibilia Carlo

Silvestri Francesco

Siragusa Elisa

Sodano Michele

Soverini Serse

Spadafora Vincenzo

Spadoni Maria Edera

Spessotto Arianna

Sportiello Gilda

Stumpo Nicola

Suriano Simona

Sut Luca

Tabacci Bruno

Tasso Antonio

Termini Guia

Testamento Rosa Alba

Toccafondi Gabriele

Tofalo Angelo

Topo Raffaele

Torto Daniela

Trano Raffaele

Traversi Roberto

Tripiedi Davide

Tripodi Elisa

Trizzino Giorgio

Troiano Francesca

Tucci Riccardo

Tuzi Manuel

Ungaro Massimo

Vacca Gianluca

Valente Simone

Vallascas Andrea

Varrica Adriano

Vazio Franco

Verini Walter

Vianello Giovanni

Vignaroli Stefano

Villani Virginia

Villarosa Alessio

Viscomi Antonio

Vitiello Catello

Volpi Leda

Zan Alessandro

Zanichelli Davide

Zardini Diego

Zolezzi Alberto

Hanno risposto no:

Acquaroli Francesco

Andreuzza Giorgia

Aprea Valentina

Badole Mirco

Bagnasco Roberto

Baldelli Simone

Baldini Maria Teresa

Baratto Raffaele

Barelli Paolo

Baroni Annalisa

Bartolozzi Giusi

Basini Giuseppe

Battilocchio Alessandro

Bazzaro Alex

Bellucci Maria Teresa

Belotti Daniele

Benedetti Silvia

Benvenuto Alessandro Manuel

Bergamini Deborah

Bianchi Matteo Luigi

Biancofiore Michaela

Billi Simone

Binelli Diego

Bisa Ingrid

Bitonci Massimo

Boldi Rossana

Bond Dario

Boniardi Fabio Massimo

Bordonali Simona

Borghi Claudio

Brunetta Renato

Bubisutti Aurelia

Bucalo Carmela

Butti Alessio

Caffaratto Gualtiero

Caiata Salvatore

Calabria Annagrazia

Cantalamessa Gianluca

Caon Roberto

Caparvi Virginio

Capitanio Massimiliano

Cappellacci Ugo

Caretta Maria Cristina

Carfagna Maria Rosaria

Casciello Luigi

Cassinelli Roberto

Cattaneo Alessandro

Cattoi Vanessa

Cavandoli Laura

Cecchetti Fabrizio

Centemero Giulio

Cestari Emanuele

Ciaburro Monica

Cirielli Edmondo

Colla Jari

Colmellere Angela

Colucci Alessandro

Comaroli Silvana Andreina

Comencini Vito

Costa Enrico

Covolo Silvia

Crippa Andrea

Cunial Sara

Dall'Osso Matteo

Dara Andrea

D'Attis Mauro

De Angelis Sara

De Carlo Luca

De Martini Guido

Delmastro Delle Vedove Andrea

D'Eramo Luigi

D'Ettore Felice Maurizio

Di Muro Flavio

Donina Giuseppe Cesare

Donzelli Giovanni

Durigon Claudio

Ferrari Roberto Paolo

Ferro Wanda

Fiorini Benedetta

Fogliani Ketty

Fontana Gregorio

Fontana Lorenzo

Formentini Paolo

Foscolo Sara

Foti Tommaso

Frassinetti Paola

Frassini Rebecca

Furgiuele Domenico

Gagliardi Manuela

Galantino Davide

Galli Dario

Garavaglia Massimo

Gastaldi Flavio

Gava Vannia

Gelmini Mariastella

Gemmato Marcello

Gerardi Francesca

Germanà Antonino

Giaccone Andrea

Giacometti Antonietta

Giacometto Carlo

Giacomoni Sestino

Giannone Veronica

Giglio Vigna Alessandro

Giorgetti Giancarlo

Gobbato Claudia

Golinelli Guglielmo

Grimoldi Paolo

Guidesi Guido

Gusmeroli Alberto Luigi

Iezzi Igor Giancarlo

Invernizzi Cristian

Labriola Vincenza

Latini Giorgia

Legnaioli Donatella

Locatelli Alessandra

Lolini Mario

Lollobrigida Francesco

Lorenzoni Eva

Loss Martina

Lucaselli Ylenja

Lucchini Elena

Lupi Maurizio

Maccanti Elena

Maggioni Marco

Mandelli Andrea

Mantovani Lucrezia Maria Benedetta

Manzato Franco

Marchetti Riccardo Augusto

Marin Marco

Marrocco Patrizia

Maschio Ciro

Maturi Filippo

Mazzetti Erica

Meloni Giorgia

Molinari Riccardo

Mollicone Federico

Molteni Nicola

Montaruli Augusta

Morelli Alessandro

Morrone Jacopo

Moschioni Daniele

Mugnai Stefano

Mulè Giorgio

Murelli Elena

Napoli Osvaldo

Nevi Raffaele

Novelli Roberto

Occhiuto Roberto

Osnato Marco

Pagano Alessandro

Panizzut Massimiliano

Paolini Luca Rodolfo

Parolo Ugo

Patassini Tullio

Patelli Cristina

Paternoster Paolo

Pella Roberto

Pentangelo Antonio

Perego Di Cremnago Matteo

Pettarin Guido Germano

Pettazzi Lino

Piastra Carlo

Picchi Guglielmo

Piccolo Tiziana

Pittalis Pietro

Polidori Catia

Polverini Renata

Porchietto Claudia

Potenti Manfredi

Prestigiacomo Stefania

Pretto Erik Umberto

Prisco Emanuele

Raffaelli Elena

Ravetto Laura

Ribolla Alberto

Ripani Elisabetta

Rixi Edoardo

Rizzetto Walter

Rossello Cristina

Rosso Roberto

Rotelli Mauro

Rotondi Gianfranco

Ruffino Daniela

Ruggieri Andrea

Russo Paolo

Saccani Jotti Gloria

Saltamartini Barbara

Sarro Carlo

Sasso Rossano

Savino Sandra

Sibilia Cosimo

Silli Giorgio

Silvestroni Marco

Siracusano Matilde

Sisto Francesco Paolo

Sozzani Diego

Spena Maria

Squeri Luca

Stefani Alberto

Sutto Mauro

Tarantino Leonardo

Tartaglione Annaelsa

Tateo Anna Rita

Tiramani Paolo

Toccalini Luca

Tombolato Giovanni Battista

Tondo Renzo

Tonelli Gianni

Torromino Sergio

Trancassini Paolo

Tripodi Maria

Turri Roberto

Valbusa Vania

Valentini Valentino

Vallotto Sergio

Varchi Maria Carolina

Versace Giuseppina

Vietina Simona

Viviani Lorenzo

Zanella Federica

Zanettin Pierantonio

Zangrillo Paolo

Zicchieri Francesco

Ziello Edoardo

Zoffili Eugenio

Zordan Adolfo

Zucconi Riccardo

Si sono astenuti:

De Toma Massimiliano

Sono in missione:

Boccia Francesco

Cancelleri Azzurra Pia Maria

Carbonaro Alessandra

Castelli Laura

Colletti Andrea

Di Stefano Manlio

Fantuz Marica

Ferraresi Vittorio

Fraccaro Riccardo

Grande Marta

Gualtieri Roberto

Liuni Marzio

Mammì Stefania

Morassut Roberto

Speranza Roberto

Tomasi Maura

Volpi Raffaele

PRESIDENTE. Come convenuto dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 21 per l'espressione del parere da parte del Governo sugli ordini del giorno e per lo svolgimento delle dichiarazioni di voto sul loro complesso. In proposito, poiché in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo è stato convenuto che le dichiarazioni di voto si concludano entro le ore 24, invito tutti i deputati che intendano iscriversi a farlo entro le ore 21, al fine di consentire alla Presidenza di organizzare, ove necessario, i tempi degli interventi. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 19,50, è ripresa alle 21,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Azzolina, Benvenuto, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cirielli, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Menech, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Gregorio Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mauri, Molinari, Morani, Morelli, Orrico, Parolo, Rizzo, Rosato, Ruocco, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Tasso, Tofalo, Trano, Traversi, Villarosa e Zoffili sono in missione a decorrere dalla ripresa notturna della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2461-A/R.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del disegno di legge di conversione n. 2461-A/R.

Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2461-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento i seguenti ordini del giorno, in quanto estranei rispetto ai contenuti del provvedimento in esame: Cirielli n. 9/2461-AR/ 25; Schullian n. 9/2461-AR/48; Zolezzi n. 9/2461-AR/59; Deiana n. 9/2461-AR/60; Galizia n. 9/2461-AR/71; Marino n. 9/2461-AR/80; Iezzi n. 9/2461-AR/104; Maturi n. 9/2461-AR/105; De Angelis n. 9/2461-AR/106; Vinci n. 9/2461-AR/107; Fogliani n. 9/2461-AR/120; Lazzarini n. 9/2461-AR/145; Foscolo n. 9/2461-AR/153; Novelli n. 9/2461-AR/199; Montaruli n. 9/2461-AR/231.

Avverto, inoltre, che è in distribuzione la versione corretta dell'ordine del giorno Mollicone n. 9/2461-AR/ 88.

Invito, quindi, la rappresentante del Governo, sottosegretaria Guerra, ad esprimere il parere.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze.

Grazie Presidente, faccio una premessa: abbiamo esaminato, assieme ai colleghi e agli uffici, questi ordini del giorno; ovviamente, come sapete, si tratta di un numero molto rilevante e hanno dovuto prima essere trattati, come è ovvio, dagli uffici della Camera; sono arrivati nel pomeriggio, per cui andrò abbastanza lentamente, perché li abbiamo dovuti guardare in modo molto concentrato.

Vorrei dire, inoltre, che molte delle cose che sono proposte sono in sé assolutamente condivisibili e vanno nella direzione di ampliare i campi, i settori di intervento, le modalità di intervento, messe a punto con l'insieme di decreti che ben conoscete. Quindi è evidente che sarebbero tendenzialmente accettabili se non vi fossero vincoli di finanza pubblica o di altro genere. Quindi, la logica che abbiamo seguito è quella di un riconoscimento di interesse per molti dei campi che sono stati sotto sottolineati; troverete però dei tagli rispetto alle proposte e anche delle proposte di riformulazione, finalizzate prevalentemente a salvare il più possibile le proposte di tutti i gruppi politici.

Passo ora all'espressione del parere, Presidente: ordine del giorno n. 9/2461-AR/1 Cavandoli, viene accolta come raccomandazione solo la parte dispositiva.

PRESIDENTE. Quindi, è una riformulazione, espungendo le premesse e viene accolto come raccomandazione l'impegno?

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Sì.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/2 Gusmeroli, parere contrario; n. 9/2461-AR/3 Melilli, favorevole con la seguente riformulazione: “a valutare l'opportunità di disporre”; n. 9/2461-AR/4 Bordo, parere favorevole con riformulazione: dopo le parole “a valutare l'opportunità di”, aggiungere l'inciso “compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica”; n. 9/2461-AR/5 La Marca, favorevole; n. 9/2461-AR/6 Benamati, favorevole; n. 9/2461-AR/7 De Maria, favorevole con la seguente riformulazione: premettere “a valutare l'opportunità di prevedere”; n. 9/2461-AR/8 Boldrini, a parte la correzione di un refuso, “tra le giurisdizioni listed”, la proposta di riformulazione per quanto riguarda l'impegno è in questo senso: “ad agire nelle opportune sedi europee al fine di sollecitare iniziative finalizzate a contrastare il dumping fiscale e la distorsione della concorrenza fiscale, in particolare assicurando un livello minimo di tassazione dei redditi di impresa, realizzando un'armonizzazione delle basi imponibili ai fini dell'imposta sulle società, accrescendo l'efficacia del codice di condotta sulla tassazione delle imprese nei confronti degli Stati membri dell'Unione europea”. Con questa riformulazione il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Ovviamente, sulle premesse il parere è favorevole.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Scusi non ho capito.

PRESIDENTE. Sulle premesse?

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Le premesse infatti sono parte assolutamente integrante dell'ordine del giorno e vengono meglio a nostro avviso esplicitate da un dispositivo di questo tipo.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/9 Topo, il parere è favorevole con la riformulazione, che è sempre la solita: “a valutare l'opportunità al fine di migliorare il riequilibrio (…)”; n. 9/2461-AR/10 Manca Gavino, favorevole; n. 9/2461-AR/11 Lacarra, favorevole; n. 9/2461-AR/12 Bonomo, favorevole; n. 9/2461-AR/13 Pastorino, favorevole con la riformulazione “a valutare l'opportunità”; n. 9/2461-AR/14 Varchi; questo ordine del giorno ha due impegni; il primo impegno lo consideriamo già assorbito dal decreto-legge n. 34; in questi casi ne chiediamo l'espunzione perché, ovviamente, non è un problema di accoglimento da parte del Governo ma, semmai, il Parlamento ha la diretta possibilità di intervenire; per quanto riguarda il secondo impegno, si propone l'accoglimento come raccomandazione, con riformulazione, sostituendo la parola “sanare” con la parola “superare”; la riformulazione prevede anche il non accoglimento delle premesse. Quindi, riassumo: solo parte dispositiva; al posto di “sanare”, la parola “superare”, e soltanto il secondo degli impegni. Anche sull'ordine del giorno n. 9/2461-AR/15 Acquaroli, il parere è favorevole con riformulazione: in particolare, nel primo impegno, impegna il Governo “a valutare l'opportunità di: a) stanziare le necessarie risorse economiche per sostenere il comparto delle attività di commercio su aree pubbliche; b) attivare un tavolo ministeriale tecnico-politico con la partecipazione di tutte le associazioni di categoria. La lettera b) diventa la frase finale, con l'espunzione delle lettere c) e d). Quindi, impegna il Governo a valutare l'opportunità di: a) stanziare le necessarie risorse economiche per sostenere il comparto delle attività di commercio su aree pubbliche; b) ad attivare un tavolo ministeriale tecnico-politico con la partecipazione di tutte le associazioni di categoria.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/16 Luca De Carlo, parere contrario; n. 9/2461-AR/17 Foti, contrario; n. 9/2461-AR/18 Caretta, favorevole con riformulazione.

La riformulazione consiste nell'anteporre “a valutare l'opportunità di predisporre” e accettare solo fino a “parchi giochi ed affini”, quindi l'impegno risulterebbe: “a valutare l'opportunità di predisporre forme di prestito con garanzie statali e indirizzati esclusivamente agli operatori del settore turistico, includendo quindi stabilimenti balneari, alberghi e agriturismi, bar, ristoranti, operatori culturali, parchi giochi ed affini”.

Ordine del giorno Ciaburro n. 9/2461AR/19, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno Silvestroni n. 9/2461AR/20, parere contrario per incompatibilità con le norme europee. Ordine del giorno Lucatelli n. 9/2461AR/21, parere favorevole con la riformulazione “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno Bellucci n. 9/2461AR/22, parere favorevole con riformulazione: intanto anteporre “a valutare l'opportunità di riconoscere”, eccetera; e poi, dopo “decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117”, le parole “i benefici” invece che “il beneficio”; togliere “della riduzione del 50 per cento” e aggiungere “anche in termini di fiscalizzazione parziale dei contributi previdenziali”; quindi diventerebbe: “riconoscere agli enti del Terzo settore”, poi tutto il pezzo che c'è dentro fino al n. 117, e infine “i benefici, anche in termini di fiscalizzazione parziale, dei contributi previdenziali a carico datoriale per tutti i lavoratori dipendenti”. Ordine del giorno Ferro n. 9/2461AR/23, accolto come raccomandazione. Ordine del giorno Mantovani n. 9/2461AR/24, accolto come raccomandazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno Cirielli n. 9/2461AR/25 abbiamo detto che è inammissibile.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Ordine del giorno Buratti n. 9/2461AR/26, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno Ungaro n. 9/2461AR/27, parere favorevole. Ordine del giorno Rachele Silvestri n. 9/2461AR/28, parere favorevole con riformulazione: dopo “a valutare l'opportunità di inserire”, aggiungere l'inciso “compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica”. Ordine del giorno Aprile n. 9/2461AR/29, parere favorevole, anche se lo consideriamo assorbito dal decreto n. 34. Ordine del giorno Fioramonti n. 9/2461AR/30, parere favorevole. Ordine del giorno Zennaro n. 9/2461AR/31, parere favorevole con riformulazione: “impegna il Governo - inizierebbe così - a rafforzare ulteriormente il”, e partire poi con “monitoraggio della sicurezza nazionale e dei settori di rilevanza strategica in ambito economico”; finito lì. Ordine del giorno Pedrazzini n. 9/2461AR/32, parere favorevole con riformulazione: “ad adoperarsi immediatamente”, inciso, “compatibilmente con l'esigenza di tutela della salute e degli utenti e dei lavoratori per disporre”, eccetera, eccetera. Ordine del giorno Benigni n. 9/2461AR/33, questo sarebbe accolto come raccomandazione con una riformulazione: sia nel dispositivo che nelle premesse, dove si farebbe riferimento alla provincia di Bergamo, andrebbe aggiunto – ripeto, sia nelle premesse che nel dispositivo – “e delle altre province maggiormente colpite dall'emergenza COVID”. Ordine del giorno Silli n. 9/2461AR/34, parere favorevole come raccomandazione solo per il dispositivo, quindi vanno espunte le premesse, con questa riformulazione: “impegna il Governo ad avviare immediatamente un'imponente opera di semplificazione delle procedure amministrative”; questa drastica riduzione è determinata dal fatto che il Governo sta lavorando al “decreto Semplificazioni”, quindi un ordine del giorno di dettaglio in questo momento non è compatibile con quello che il Governo sta già facendo. Ordine del giorno Sorte n. 9/2461AR/35, parere favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità di implementare”. Ordine del giorno Gagliardi n. 9/2461AR/36, parere favorevole con riformulazione del solo dispositivo, quindi senza le premesse: “impegna il Governo a valutare l'adeguatezza del sostegno economico riconosciuto a lavoratori autonomi e professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria”.

Ordine del giorno De Toma n. 9/2461-AR/37, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di prevedere”, eccetera eccetera. Ordine del giorno Rospi n. 9/2461-AR/38, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno Nitti n. 9/2461-AR/39, parere favorevole. Ordine del giorno Rossi n. 9/2461-AR/40, parere favorevole. Ordine del giorno Rizzo Nervo n. 9/2461-AR/41, parere favorevole. Ordine del giorno Carnevali n. 9/2461-AR/42, parere favorevole con riformulazione: nell'impegno, dopo “per la fase 1 e anche per la fase 2 e quindi prevedere che anche in questa fase”, con questo inciso: “subordinatamente al parere favorevole del Ministero della Salute”. Ordine del giorno Schirò n. 9/2461-AR/43, accolto come raccomandazione, dovremmo fare una verifica sulla compatibilità europea. Ordine del giorno Fusacchia n. 9/2461-AR/44, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno Tondo n. 9/2461-AR/45, parere favorevole come raccomandazione. Ordine del giorno Lupi n. 9/2461-AR/46, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di prevedere una riduzione straordinaria dell'aliquota contributiva”, quindi senza specificare di quanto deve essere; poi, successivamente: “e fino al 31 dicembre 2021 mantengano i livelli occupazionali - quindi senza l'80 per cento dei livelli occupazionali - in forza alla data del 1° febbraio 2020”; togliere “esclusi gli apprendisti”. Ordine del giorno Tasso n. 9/2461-AR/47, parere favorevole con riformulazione: di fatto la riformulazione comporta la riformulazione delle sole prime quattro righe del dispositivo: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di prevedere adeguate misure di sostegno per tutto il settore wedding, bomboniere, regali e confetti, sia commercio che produzioni”.

PRESIDENTE. Poi abbiamo l'ordine del giorno Schullian n. 9/2461-AR/48 che è inammissibile, quindi passiamo all'ordine del giorno Trano n. 9/2461-AR/49.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Quest'ordine del giorno propone una revisione integrale del procedimento di autocertificazione che è stato appena messo a punto con il “decreto Liquidità”, quindi non possiamo accettare le premesse, che scardinano le decisioni appena prese, però cerchiamo di prendere il punto centrale del solo dispositivo, così riformulato: “impegna il Governo a monitorare gli effetti applicativi dell'autodichiarazione introdotta in sede referente, con particolare attenzione alla sua efficacia per quanto attiene ai profili di contrasto alle infiltrazioni mafiose”. Ordine del giorno Angiola n. 9/2461-AR/50, parere contrario, in quanto incompatibile col Temporary Framework; su questo tema dell'unlikely to pay noi consideriamo di avere potuto allargare al massimo, sia per quanto riguarda i prestiti sotto i 25 mila euro, ora 30 mila, sia quelli superiori, nell'ambito della compatibilità della sua compatibilità.

Ordine del giorno Dori n. 9/2461-AR/51, parere favorevole. Ordine del giorno Ascari n. 9/2461-AR/52, parere favorevole. Ordine del giorno Giuliano n. 9/2461-AR/53, parere favorevole con riformulazione: la riformulazione consiste nel togliere l'inciso che è nella colonna di destra di pagina 46, inciso che dice “procedere all'eliminazione del sistema BCC della piattaforma dei crediti commerciali di fasi farraginose e superflue e di”; quindi diventa: “a valutare l'opportunità di prevedere l'attivazione di una specifica procedura”, eccetera eccetera. Ordine del giorno Perantoni n. 9/2461-AR/54, parere favorevole. Ordine del giorno Sodano n. 9/2461-AR/55, parere favorevole con riformulazione: la riformulazione comporta togliere dal primo blocco dell'impegno le ultime righe, e cioè, dopo “resto al sud”, “al fine di evitare di vanificare in misura pressoché significativa l'investimento pubblico già effettuato”.

Ordine del giorno Lombardo n. 9/2461-AR/56, parere favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di adottare in breve tempo tutte le soluzioni idonee ad una ulteriore semplificazione della procedura”, eccetera eccetera.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/57 Gagnarli favorevole con la seguente riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/58 Amitrano, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/61 D'Uva favorevole con la seguente riformulazione: “impegna il Governo a monitorare l'osservanza da parte degli istituti creditizi” e così via, quindi vanno tolte le prime due righe e mezzo. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/62 Ianaro il parere è favorevole con riformulazione del solo dispositivo, non delle premesse: “a valutare l'opportunità di individuare, anche con successivi provvedimenti normativi, modalità di intervento coerenti con il Regolamento CE n. 536 del 16 aprile 2014 che favoriscano la sperimentazione clinica condotta da promotori non commerciali”. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/63 Alaimo favorevole, anche se lo consideriamo assorbito dal “decreto Rilancio”. Sugli ordini del giorno n. 9/2461-AR/64 Lattanzio e n. 9/2461-AR/65 Berti il parere è favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/66 Termini favorevole con riformulazione: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare misure a favore delle concessioni di beni del demanio marittimo ubicate al di fuori delle circoscrizioni delle autorità di sistema portuale”, questo per quanto riguarda il primo capoverso, “nonché alle”. per quanto riguarda il secondo capoverso, “concessioni di beni del diritto marittimo” e così via.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/67 Scagliusi, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/68 Colucci parere contrario, perché già normata dal Parlamento con una diversa disposizione. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/69 Barbuto parere favorevole con riformulazione: “impegna il Governo ad adoperarsi affinché l'istruttoria”, si passa alle ultime quattro righe, “delle proposte di transazioni che riguardano l'ANAS si svolga in tempi celeri con adeguata motivazione”, e così via. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/70 Lovecchio parere favorevole. Sugli ordini del giorno n. 9/2461-AR/72 Di Lauro, n. 9/2461-AR/73 Spadoni, n. 9/2461-AR/74 Giordano, n. 9/2461-AR/75 Cillis e n. 9/2461-AR/76 Masi il parere è favorevole.

Sull'ordine del giorno n. 9/2461-AR/77 Mammì il parere è favorevole con riformulazione; la riformulazione riguarda il primo impegno, togliere l'ultima frase da “prevedendo l'inserimento di due infermieri” fino ad “ospedalieri”. Sugli ordini del giorno n. 9/2461-AR/78 Alemanno, n. 9/2461-AR/79 Serritella e n. 9/2461-AR/81 Iorio il parere è favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/82 Raffa favorevole solo al primo paragrafo della premessa e poi l'impegno con riformulazione: “a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate” fino a “Cassa privata”. Il motivo di questo intervento è che buona parte delle cose che sono qua dentro sono già state fatte. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/83 Grimaldi favorevole con riformulazione: “a valutare se vi sia la necessità di chiarire ulteriormente la norma in premessa”; sul tema che qua viene sottolineato c'è stato un intervento di chiarimento da parte della Ministra Catalfo, quindi bisognerà capire se ulteriormente ci sono aspetti da chiarire come viene richiesto. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/84 Ruggiero parere contrario. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/85 Currò parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/86 Martinciglio parere contrario. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/87 Suriano favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/88 Mollicone favorevole con riformulazione. Sono due i punti per il quale c'è il parere favorevole. Il primo che diventa: “a valutare l'opportunità di prevedere interventi a favore delle imprese culturali e creative” e così via fino a “COVID-19”, eliminando invece “nel contesto di”, fino alla fine. Niente per quanto riguarda la lettera b), per quanto riguarda la lettera c), che diventa quindi lettera b) era retto da “impegna il Governo a coinvolgere nell'ottica della sussidiarietà gli attori privati sia economici che finanziari nell'ambito della tutela e della valorizzazione della cultura”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/89 Colmellere favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità, a fronte delle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza in atto, di individuare specifiche misure di sostegno delle scuole paritarie limitatamente alla durata della suddetta emergenza e all'anno successivo”. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/90 Giaccone favorevole con riformulazione: “impegna il Governo a valutare la possibilità di adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”, e così via. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/91 Coin favorevole con riformulazione: “a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di esaminare la possibilità di adottare, tenuto conto della necessità di salvaguardare il buon funzionamento dell'attività di controllo, ulteriori iniziative”, e così via.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/92 Deidda favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/93 Osnato favorevole con riformulazione: “a valutare, anche alla luce della normativa comunitaria e anche in via temporanea, iniziative volte alla parificazione del regime IVA per l'attività di somministrazione e di quella di vendita per asporto”. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/94 Caiata favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità di prevedere iniziative volte a favorire l'accesso ai bonus e ad altri eventuali benefici per i lavoratori stagionali di ogni settore produttivo”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/95 Bordonali favorevole con riformulazione; la riformulazione riguarda le premesse, l'ultimo pezzo dell'ultimo paragrafo delle premesse, togliere l'inciso: ”ampliando la portata della prededuzione nei procedimenti di espropriazione immobiliare”; per quanto riguarda gli impegni: “a valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di ampliare le misure a tutela degli abitanti dei condomini prevedendo anche le necessarie forme di semplificazione normativa”. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/96 Maccanti favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità di accelerare i lavori del piano banda ultralarga nelle aree bianche”, togliere l'inciso fino a “sfruttando anche il sistema” che invece resta, “FWA (wireless) per le forniture capillari”. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/97 Capitanio favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità di riconoscere un contributo a fondo perduto”, e così via. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/98 Cecchetti favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità di riconoscere un contributo a fondo perduto”, e così via. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/99 Morelli favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di sviluppare le reti 5G”, e così via. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/100 Giacometti favorevole con formulazione: “a valutare l'opportunità di”. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/101 Barelli parere contrario.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/ 102 Boniardi, contrario; n. 9/2461-AR/103 Ferrari, contrario.

PRESIDENTE. Ricordo che gli ordini del giorno n. 9/2461-AR/104 Bordo; n. 9/2461-AR/105 La Marca; n. 9/2461-AR/106 Benamati; n. 9/2461-AR/107 De Maria sono inammissibili.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/108 Marchetti favorevole con riformulazione: “previa valutazione delle compatibilità sotto il profilo della tutela della salute della popolazione ad adottare idonee iniziative per superare…” eccetera eccetera; n. 9/2461-AR/109 Tarantino, contrario; n. 9/2461-AR/110 Comaroli, contrario anche questo perché comunque è materia del “decreto Rilancio” e quindi il Parlamento potrà intervenire direttamente; n. 9/2461-AR/111 Pagano, contrario; n. 9/2461-AR/112 Stefani, favorevole con riformulazione al solo dispositivo: quindi togliere la premessa e per quanto riguarda il dispositivo premettere “valutare la possibilità di ampliare”; n. 9/2461-AR/113 Potenti, favorevole con riformulazione “valutare la possibilità di individuare”; n. 9/2461-AR/114 Paolini, contrario perché, come ho detto, consideriamo di essere arrivati al massimo possibile in termini di compatibilità con il tempo del framework; n. 9/2461-AR/115 Bisa, favorevole con riformulazione “a valutare gli effetti applicativi delle norme di cui agli articoli 10 e 13” e fermarsi lì; n. 9/2461-AR/116 Lucchini, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/117 Eva Lorenzoni, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/118 Badole, favorevole con riformulazione per quanto riguarda la prima parte dell'impegno “al fine di far fronte alle esigenze straordinarie derivante dalla diffusione del COVID-19 nel quadro delle semplificazioni previste dal decreto a valutare la possibilità di adottare gli opportuni provvedimenti di agevolazione dell'utilizzo del GPL.” ed espunzione del resto; n. 9/2461-AR/119 Valbusa, favorevole con riformulazione “a monitorare il rispetto dei principi di concorrenza”;

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno n. 9/2461-AR/120 Fogliani è inammissibile.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/21 Gerardi, favorevole con riformulazione “ a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/122 Minardo, favorevole sul solo dispositivo, quindi con l'espunzione delle premesse, con riformulazione che arriva fino a “apposito fondo” quindi “individuare misure…” eccetera, eccetera “eventualmente attraverso l'istituzione di un apposito fondo” sopprimendo le ultime righe; n. 9/2461-AR/123 Durigon, contrario anche in questo caso si rimanda al lavoro parlamentare sul “Rilancio”; n. 9/2461-AR/124 Paternoster, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/125 Tombolato, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/126 Rixi, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/127 Gastaldi, accolto come raccomandazione; n. 9/2461-AR/128 Bubisutti, contrario; n. 9/2461-AR/129 Loss, favorevole con riformulazione “ a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/130 Viviani, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/131 Manzato, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/132 Liuni, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/133 Lolini, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/134 Golinelli, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/135 Caparvi, favorevoli; n. 9/2461-AR/136 Comencini, contrario; n. 9/2461-AR/137 Centemero, favorevole con riformulazione “ad emanare in tempi brevi il decreto ministeriale attuativo della disposizione di cui al comma 1-bis citato in premessa” e il resto viene soppresso; n. 9/2461-AR/138 Bianchi, favorevole con riformulazione relativa al solo impegno e quindi con espunzione delle premesse: “ad adottare tempestivamente ogni utile iniziativa di propria competenza a supporto del sistema aeroportuale” e il resto è soppresso.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/139 Basini, accolto come raccomandazione; n. 9/2461-AR/140 D'Eramo, parere favorevole con riformulazione “a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di valutare di adottare ulteriori iniziative normative”; n. 9/2461-AR/141 Toccalini, favorevole solo al dispositivo, quindi sopprimendo le premesse, con un'aggiunta al dispositivo in fine “nel rispetto della norma normativa comunitaria di riferimento”; n. 9/2461-AR/142 De Martini, favorevole con riformulazione del solo dispositivo, quindi togliendo le premesse, con la seguente riformulazione “a valutare la possibilità di prevedere ulteriori misure di sostegno delle imprese dei settori che occupano lavoratori stagionali”; n. 9/2461-AR/143 Molinari, accolto come raccomandazione; n. 9/2461-AR/144 Panizzut, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”.

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno n. 9/2461-AR/145 Lazzarini è inammissibile.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/146 Tiramani, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/147 Locatelli, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; 148 n. 9/2461-AR/Caffaratto, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di adottare iniziative attraverso l'istituzione di un apposito fondo per assicurare alle residenze sanitarie assistenziali e nelle altre analoghe strutture…” tutto quello che c'è scritto “…una dotazione adeguata di dispositivi di protezione individuale”; n. 9/2461-AR/149 Cestari, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/150 Donina, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/151 Sutto, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/152 Boldi, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”.

PRESIDENTE. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/153 Foscolo è inammissibile.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. n. 9/2461-AR/154 Tomasi, favorevole anche se lo consideriamo assorbito nel “Rilancio”; n. 9/2461-AR/155 Bazzaro, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; n. 9/2461-AR/156 Moschioni, contrario sempre perché è incompatibile col tempo; n. 9/2461-AR/157 Giglio Vigna, favorevole; n. 9/2461-AR/158 Invernizzi, favorevole con riformulazione, anche questo si riferisce a Bergamo quindi “a prevedere la possibilità di istituire un apposito fondo” e poi dove è citata la provincia di Bergamo “nella provincia di Bergamo e nelle altre province maggiormente colpite”; n. 9/2461-AR/159 Cattoi, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/160 Furgiuele, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/161 Ziello, favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di”; 1 n. 9/2461-AR/62 Racchella, contrario anche in questo caso la disposizione è contenuta nel “Rilancio” e potrà essere cambiata in corso d'opera; n. 9/2461-AR/163 Turri, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; n. 9/2461-AR/164 Bitonci, contrario; n. 9/2461-AR/165 Morrone, favorevole con riformulazione solo sull'impegno e quindi sopprimere le premesse modificando l'impegno nel modo seguente: “a valutare la possibilità di ampliare il rimborso delle spese sostenute dalle imprese” e aggiungere in fondo “a favore delle imprese e dei lavoratori”; n. 9/2461-AR/166 Ribolla, favorevole con riformulazione del solo dispositivo, quindi senza le premesse, nel modo seguente: “a prevedere attraverso i prossimi interventi normativi tutte le misure necessarie affinché le banche e gli istituti di credito facilitino al massimo i pagamenti di tutte le somme su cui viene richiesta la garanzia”; n. 9/2461-AR/167 Zicchieri, favorevole con riformulazione “a valutare la possibilità di”; ordine del giorno n. 9/2461-AR/168 Tateo, parere favorevole purché con riformulazione solo al primo impegno, quindi senza le premesse e senza il secondo impegno; il primo impegno è riformulato aggiungendo in fine: “compatibilmente con la situazione sanitaria”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/169 Pretto, parere contrario.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/170 Guidesi, parere favorevole solo al dispositivo, purché con riformulazione. Salviamo anche le tre premesse finali, quindi “premesso che: tra questi, si evidenzia, ad esempio, l'imposta di bollo attualmente dovuta”, “come specificato dall'Agenzia” e “l'imposta è dovuta”, “impegna il Governo a valutare la possibilità di considerare la sospensione temporanea”, eccetera, “dell'imposta di bollo”. Va bene, il resto va bene fino a “utile”, tutto quanto.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/171 Covolo, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/172 Patelli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/173 Belotti, parere favorevole purché con riformulazione: “impegna il Governo a valutare la possibilità di istituire un fondo” e, per quanto riguarda il secondo impegno, ripetere “valutare la possibilità di includere”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/174 Andreuzza, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di individuare”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/175 Saltamartini, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/176 Dara, parere contrario.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/177 Pettazzi, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/178 Galli, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di valutare ulteriori iniziative normative”. Non è un grande italiano ma il concetto è questo.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/179 Piastra, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare l'opportunità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/180 Patassini, parere favorevole purché con riformulazione: aggiungere alla seconda riga “al fine di valutare di adottare”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/181 Raffaelli, parere favorevole purché con riformulazione: aggiungere alla terza riga “valutare l'opportunità di prorogare”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/182 Legnaioli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/183 Murelli, parere favorevole purché con riformulazione: “valutare l'opportunità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/184 Frassini, parere favorevole purché con riformulazione che riguarda l'impegno: “ad individuare un modello che favorisca la ripresa del settore produttivo delle aree lombarde più colpite dall'emergenza COVID-19.” ed espungere le righe successive.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/185 Lorenzo Fontana, parere contrario.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/186 Rotta, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/187 Cenni, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/188 Incerti, parere favorevole con riformulazione: “impegna il Governo”, prima di “al fine di”, a), b), c), d), eccetera, aggiungere “adeguate misure nell'ambito delle esigenze di finanza pubblica al fine di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/189 Miceli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/190 Pezzopane, parere favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/191 Bond, parere favorevole purché con riformulazione: nella quinta riga dell'impegno, “prevedendo che l'accesso al credito, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica e con il Temporary Framework, sia consentito anche alle imprese”, eccetera.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/192 Porchietto, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/193 Martino, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/194 Fiorini, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/195 Pella, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/196 Mulè, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/197 Squeri, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/198 Nevi, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno n. 9/2461-AR/199 Novelli è inammissibile.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Ordine del giorno n. 9/2461-AR/200 Baratto, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/201 Prestigiacomo, parere favorevole purché con riformulazione: al posto di “adottare”, alla fine della seconda riga, “valutare”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/202 Fitzgerald Nissoli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/203 Ripani, parere favorevole purché con riformulazione: alla quarta riga, “al fine di valutare di adottare”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/204 Paolo Russo, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/205 Cortellazzo, parere favorevole purché con riformulazione: aggiungere in fondo all'impegno “, senza ridurre la sicurezza dei lavoratori”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/206 Sandra Savino, parere contrario in quanto lo consideriamo già assorbito dalla normativa in essere.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/207 Ruffino, parere favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità, anche al fine di salvaguardare l'occupazione in questo settore, di assumere iniziative”, eccetera eccetera.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/208 Marrocco, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/209 Cattaneo, parere favorevole purché con riformulazione: alla quarta riga, invece che “al fine di adottare”, “al fine di valutare di adottare”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/210 Mandelli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/211 Rostan, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/212 Fregolent, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/213 De Filippo, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/214 Mor, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/215 Marco Di Maio, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/216 Moretto, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/217 D'Alessandro, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di prevedere, nel primo provvedimento utile”, eccetera.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/218 Trancassini, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/219 Delmastro delle Vedove, parere favorevole purché con riformulazione: “impegna il Governo a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/220 Frassinetti, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di rimborsare il 60 per cento dei canoni di locazione”, eccetera.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/221 Butti, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/222 Baldini, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/223 Bucalo, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/224 Lollobrigida, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/225 Gemmato, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/226 Zucconi, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di”.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/227 Prisco, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/228 Rizzetto, parre favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/229 Rotelli, parere favorevole.

Ordine del giorno n. 9/2461-AR/230 Rampelli, parere favorevole purché con riformulazione: “a valutare la possibilità di far fronte”, e conseguentemente “di attivare”, “di prevedere”, “di autorizzare”.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno n. 9/2461-AR/231 Montaruli è inammissibile. La ringrazio, sottosegretaria Guerra.

Passiamo ora alle dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno. Ricordo che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha convenuto di concludere questa sera gli interventi per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno entro le ore 24. Poiché alle ore 24 mancano due ore e vi sono 29 deputati iscritti a parlare, la Presidenza è chiamata a organizzare i tempi degli interventi, e assegna, quindi, un tempo massimo di quattro minuti per ciascun intervento. Invito tutti i colleghi a rispettare tale tempistica.

Ha chiesto di parlare il deputato Cattaneo. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CATTANEO (FI). Grazie, Presidente. Guardavo l'altro giorno sull'agenda della politica nazionale: questo decreto è stato annunciato dal Premier Conte in data 8 aprile e oggi siamo qua a parlarne a quasi 50 giorni di distanza. Gli italiani si chiederanno come mai, se siamo impazziti, e si domanderanno anche cosa ci stiamo a fare in fondo. Eppure noi diligentemente facciamo anche qui, questa sera, il nostro dovere fino in fondo. Certo, bisogna riscontrare questa asimmetria tra Paese reale, che chiede risposte, e quello del palazzo, che arriva tardi, troppo tardi. Con gli ordini del giorno riproponiamo il nostro chiodo fisso, anzi, sono due i temi su cui insistiamo con ossessione, la nostra parte politica: meno burocrazia e meno tasse.

E se, come sempre, il titolo va bene, sembra andare nella direzione corretta, il “decreto Liquidità”, lo svolgimento non ci ha trovato francamente soddisfatti, perché la liquidità noi abbiamo detto che andava bene, benissimo, lo scostamento di bilancio lo abbiamo votato; ma come poi questa liquidità si è deciso di spenderla questo non ci ha visto invece condividere l'impianto generale. Riconosco ai relatori Carabetta e Fragomeli, e anche ai presidenti delle Commissioni, Trano e Saltamartini, di avere lavorato con onestà intellettuale e con spirito di collaborazione vero, e questo è un patrimonio di tutti, però l'impianto complessivo non ci trova dalla stessa parte, Presidente, perché, se qualcosa non è andato, e nelle regioni non è andato tutto bene, lo guardiamo noi per primi, oggi anche in Lombardia è stata attivata una commissione d'inchiesta, ebbene, c'è in atto un tentativo di sciacallaggio che rimandiamo al mittente.

Voi state cercando di far passare il messaggio che la soluzione ai problemi che stiamo vivendo sia un ritorno al centralismo e un ritorno allo statalismo. Ebbene, noi continuiamo a essere convinti che la soluzione sia il contrario, e questa liquidità la state buttando, la state buttando in mille rivoli, la state buttando con una visione molto assistenzialistica. Se chiediamo ai nostri commercianti, alle partite IVA, al mondo che produce, se vogliono i 600 euro o vogliono, magari, trovarsi, quando ora stanno ricominciando ad aprire, un impianto complessivo con meno burocrazia e meno tasse, sono certo che direbbero che loro vogliono meno burocrazia e meno tasse. Allora, noi, anche con gli ordini del giorno, vi riproponiamo alcuni temi.

Per esempio, se lo Stato ha un debito con il privato per lavori già fatti, questo debito perché non avete deciso di monetizzarlo, di utilizzare anche lo strumento di SACE, che avete messo in campo per dare subito liquidità alle aziende, che non chiedono niente se non dallo Stato di avere ciò che gli è dovuto, perché hanno fatto dei lavori, perché lo Stato gli deve qualcosa? Ebbene, avete deciso di non farlo. Perfino il direttore dell'Agenzia delle entrate Ruffini ammette che 100 miliardi sono lì che pendono sulla testa di piccoli e grandi imprenditori, e spesso si tratta di vincoli burocratici, di pochi denari, ma di grandi scocciature; avremmo anche accettato delle riformulazioni e di fare un grande patto fiscale tra il cittadino, l'imprenditore e lo Stato. Anche su questo, sul patto fiscale, non ci avete ascoltato, perché avete un retaggio ideologico.

Ancora, voglio citare un altro tema, la liquidità: siamo contenti che siamo riusciti a dare un po' di più, da 25 mila a 30 mila, è merito delle opposizioni e della collaborazione che abbiamo istituito, però, per esempio, non abbiamo capito perché, quando finalmente, dopo mille trafile, l'imprenditore riesce ad ottenere la liquidità, semaforo rosso, serve ancora il benestare del sindacato. Insomma, avete un'idea antica del lavoro: non c'è più la contrapposizione tra sindacato e imprenditore, ma si rema tutti dalla stessa parte. E allora piccoli, ma grandi segnali sarebbero stati auspicati; invece avete deciso, ancora una volta, di avere un approccio più ideologico.

Quindi, per questo, noi auspichiamo ancora una volta che qualche ordine del giorno, anche con qualche riformulazione in meno, venga accettato, e contestiamo, in un momento di grande difficoltà, una visione che è diversa da quella liberale, con meno burocrazia e meno tasse, che noi continueremo a sostenere fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD). Signor Presidente, signora sottosegretaria, colleghe e colleghi, il relatore Fragomeli ha ben chiarito, avviando la discussione sulle linee generali, che questo decreto ha due finalità, signor Presidente: quella di dare risorse e liquidità alle imprese e quella di sostenere i livelli occupazionali. Coerentemente, quindi, con questa impostazione, il testo uscito dalla Commissione pone delle condizioni per i finanziamenti SACE con garanzia statale alle imprese medio-grandi, tra le quali, appunto, quella di investire e continuare a investire in Italia, e quindi di non delocalizzare all'estero, mantenere i livelli occupazionali e non erogare dividendi per i prossimi 12 mesi. È stato poi anche approvato un emendamento in Commissione che esclude dalla possibilità di ottenere i finanziamenti quelle società che risiedono nei cosiddetti paradisi fiscali, riferendosi, in questo caso, ai Paesi extra europei. È stata una scelta giusta, perché non si possono sostenere con denaro pubblico, cioè dei cittadini italiani, società che scelgono di pagare le tasse altrove.

Ma qui subentra un altro problema, e cioè il fatto che esistono paradisi fiscali anche all'interno dell'Unione europea; Paesi nei quali imprese italiane, anche multinazionali che operano in Italia, collocano la loro sede legale per avere un vantaggio in termini fiscali, oltre che di diritto societario. La Commissione europea ha ammonito che, se la legge nazionale penalizzasse per questa ragione tali società, infrangerebbe il principio di libera circolazione dei capitali, e di questa posizione non possiamo che prendere atto. Ma non possiamo ignorare quello che ci dice Oxfam in un recente rapporto su questo tema, e cioè che, secondo uno studio di un gruppo di economisti, il costo annuo dell'elusione internazionale per il fisco italiano ammonta a circa 6 miliardi di euro; che l'87 per cento degli utili di impresa trasferiti altrove nel 2017 è stato collocato in sei Paesi: Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Olanda.

A questi un rapporto molto critico della Commissione europea aggiunge anche l'Ungheria e valuta che questa pratica adottata da questo gruppo di Stati, che definisce pianificazione fiscale aggressiva, provoca un danno di almeno 70 miliardi di euro alle entrate fiscali degli altri Paesi dell'Unione. Reputo che quello che ha detto giustamente il commissario Paolo Gentiloni vada tenuto a mente: non può esserci spazio per simili pratiche nell'Europa della solidarietà e dell'equità. Lo scorso anno il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che proponeva l'inclusione di quei Paesi europei nella lista dei paradisi fiscali stilati dall'Unione. Ecco, signor Presidente, questo è il tema oggetto dell'ordine del giorno che ho presentato: bisogna affrontare il problema del dumping fiscale e bisogna farlo alla radice. Non è giusto e non è accettabile che ci sia questa concorrenza sleale tra Paesi che appartengono alla stessa comunità politica europea, che diventa, poi, anche una concorrenza sleale tra le imprese che regolarmente pagano le tasse in Italia e quelle che, traendo profitti dalla loro attività nel nostro Paese, le tasse su quegli utili invece decidono di pagarle altrove.

Per questo chiedo al Governo di assumere come una priorità, signora sottosegretaria, nelle sedi europee l'impegno per la soluzione di questo problema, che non è più sostenibile, e per armonizzare le politiche fiscali all'interno della UE, perché il futuro dell'Unione come comunità politica coesa e solidale passa anche attraverso questa strada. La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Grazie a lei, deputata Boldrini. Ha chiesto di parlare la deputata Manuela Gagliardi. Ne ha facoltà.

MANUELA GAGLIARDI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, Presidente. Dunque, “decreto Liquidità” che però porta troppo poca liquidità nelle tasche degli italiani, nelle tasche delle imprese, degli enti locali. Abbiamo tentato in Commissione con una serie di emendamenti, che naturalmente ci sono stati suggeriti dalle associazioni delle professioni, piuttosto che dalle associazioni di categoria, come dagli enti locali, dall'Associazione dei comuni, però senza riuscire ad ottenere dal Governo e dai relatori e comunque dalla maggioranza, quell'apertura che in realtà ci aspettavamo, perché non era un'apertura nei confronti della parte politica o dell'opposizione, ma era un'apertura nei confronti appunto delle categorie che quegli interventi di liquidità chiedevano.

Quello che dispiace, anche nei pareri degli ordini del giorno di questa sera, che sono tutta questa serie di riformulazioni, ma non per altro, signor Presidente, ma perché riteniamo che ci siano delle categorie che sono state completamente abbandonate.

Ora, in particolare, mi riferisco ai liberi professionisti che sono, a mio avviso, una parte della nostra cultura, del nostro Paese, della nostra forza lavoro molto importante. I liberi professionisti sono quelli che detengono le professioni, in tanti casi sono quelli che tutelano i diritti costituzionalmente garantiti: parlo degli avvocati, parlo di altre categorie importanti che aiutano i cittadini nella quotidianità a confrontarsi con lo Stato, a confrontarsi con la pubblica amministrazione. Bene, per i liberi professionisti non c'è liquidità perché, a parte il reddito di ultima istanza, che è stato concesso solo per il mese di marzo, ad aprile e a maggio non è stata prevista la possibilità di ottenerlo, così come i liberi professionisti sono stati esclusi nel “decreto Rilancio” dalla platea di coloro che possono usufruire del, diciamo, contributo a fondo perduto che è il contributo che verrà riconosciuto a chi ha avuto una riduzione del reddito tra aprile 2019 e aprile 2020 e che è quel contributo che dovrebbe servire a chi ha dovuto subire una chiusura forzata, non volontaria, della propria attività - e le libere professioni sono state tra quelle completamente chiuse - per poter ripartire. Sì, perché per poter ripartire dopo tre mesi o dopo due mesi di chiusura è necessario un po' di vantaggio, chiamiamolo così, un po' di liquidità per poter riiniziare a riaprire gli studi, a pagare le bollette, a pagare gli affitti.

I liberi professionisti non possono essere dimenticati e la riformulazione dell'ordine del giorno, così come è stata proposta dal Governo, credo che sia inaccettabile perché i liberi professionisti meritano un po' più di rispetto, signor Presidente. Quindi, mi rivolgo anche al Governo nella speranza che rivaluti il parere che è stato formulato, affinché appunto ci sia un maggior sostegno per questa categoria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Simona Bordonali. Ne ha facoltà.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Signora sottosegretario, prima un'osservazione riguardo ai pareri che lei ha dato. Vorrei farle notare che, in alcuni casi, signora sottosegretario, ha dato parere favorevole ad alcuni ordini del giorno, perché alla fine sono stati accolti nel “Rilancio”, mentre su altri ha dato parere contrario. Quindi, ecco, capire se sono stati accolti nel “Rilancio”, io penso che debbano comunque avere un parere favorevole, perché sono indicazioni che vengono date al Governo. Se son state recepite nel “Rilancio”, per carità ancora meglio.

Venendo invece al mio ordine del giorno, riguarda un argomento che purtroppo sia nel “decreto Liquidità”, ma anche nel “decreto Rilancio”, non è stato affrontato, ovvero una problematica che riguarda 8 milioni di immobili, che compongono un milione di edifici condominiali, in cui vivono 11 milioni di famiglie, pari al 60 per cento della popolazione.

Ecco, si sta parlando di condomini. Il problema di coloro che vivono all'interno dei condomini in questo momento di crisi evidentemente deve essere affrontato in qualche modo, sia il problema di coloro che rischiano che questa crisi economica porti a un'ulteriore morosità e, conseguentemente a questa morosità, ad una problematica per quanto riguarda i servizi comuni che rischiano di venire disattivati, come l'energia elettrica, il gas e l'acqua, ma anche le problematiche di numerosi amministratori - che in questo periodo dobbiamo ringraziare per il grande lavoro che hanno realizzato, per tutte le attività che hanno messo in campo per il contenimento del contagio del COVID-19. Ecco, nonostante questo grande lavoro, oggi la crisi porta delle problematiche per quanto riguarda, da un lato, le eventuali morosità che si possono presentare, dall'altro, la necessità di una tutela sia degli amministratori che dei condòmini stessi, perché dobbiamo salvaguardare le famiglie che svolgono una funzione economica e sociale importante come è quella dell'affitto.

Altra problematica che si è posta per quanto riguarda gli amministratori e i condòmini, è la necessità di poter effettuare le assemblee, che ovviamente in questo periodo non hanno potuto essere convocate.

Quindi noi chiediamo, per risolvere le problematiche economiche e organizzative che riguardano da un lato i condòmini - ricordo ancora una volta il 60 per cento della popolazione - ma anche gli stessi amministratori, di mettere in campo le necessarie forme di semplificazione normativa che possano appunto andare a tutelare questa categoria (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Volevo solo chiedere la cortesia agli onorevoli deputati che intervengono, se possono anche fare riferimento preciso all'ordine del giorno, così in caso, in sede di replica, ho possibilità di riformulare, di rivedere i pareri. Quindi sono qui ad ascoltare, perché così si fa un po' fatica (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Raffaele Trano, che è già qui in postazione. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO). Grazie, Presidente. Allora, il testo discusso in quest'Aula è frutto di un lavoro intenso e appassionante svolto per settimane dalle Commissioni riunite finanze e attività produttive.

Il dibattito è stato particolarmente ampio e lo sforzo per migliorare il decreto, superando anche gli steccati ideologici e dei diversi gruppi per guardare all'interesse del Paese, è stato enorme. Come ho già avuto modo di sottolineare, sono parzialmente soddisfatto di questo provvedimento, che a mio avviso è di gran lunga migliore all'originale e quindi colgo anche l'occasione per ringraziare i relatori e i sottosegretari, in particolare anche la sottosegretaria Guerra che ci ha seguito in questo lungo iter. Tanto è vero che sono state recepite tantissime istanze fatte nel corso delle audizioni svolte sia dai rappresentanti del mondo produttivo che non.

Ovviamente, il Paese purtroppo sta soffrendo una grande crisi sanitaria, economica e sociale che non conosce precedenti, penso la peggiore della storia della Repubblica e, come hanno specificato numerosi economisti, servono strumenti eccezionali per tempi eccezionali.

Purtroppo, però, questa fase così drammatica rischia di rappresentare un affare eccezionale per la criminalità organizzata. Ma non lo dico io, lo ripetono da settimane analisti, magistrati e lo stesso Ministro dell'Interno Luciana Lamorgese.

Resta così il rammarico di non essere riusciti in un lavoro talmente imponente a mettere dei paletti realmente utili a impedire alle mafie di allungare i loro tentacoli sui prestiti garantiti dallo Stato. E queste preoccupazioni sono state condivise attraverso un appello anche dalle associazioni antimafia, e parlo di Libera e dei promotori di Giusta Italia.

Raccogliendo tra l'altro le indicazioni che sono state fornite in audizione dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho e dai procuratori di Milano e Napoli Francesco Greco e Giovanni Melillo, che nuovamente ringrazio per il loro prezioso apporto, avevo presentato un emendamento che adesso ho trasformato in ordine del giorno, che però, da quello che è emerso, per il parere che ci ha fornito la sottosegretaria, non va bene neanche nelle premesse. Perché è stato fatto questo lavoro per trasformarlo poi in un ordine del giorno?

Perché noi dobbiamo essere in grado di garantire la necessaria celerità nell'erogazione delle somme richieste dalle aziende e, soprattutto, di raccogliere le informazioni necessarie, affinché la DNA possa bloccare eventuali tentativi dei clan di impossessarsi di questo denaro; un modo per evitare la troppa burocrazia che possa rallentare l'erogazione dei prestiti, perché gli imprenditori italiani hanno un impellente bisogno di liquidità ma, allo stesso tempo, occorre rendere gli aiuti impermeabili al crimine organizzato.

Questo ordine del giorno è stato parzialmente bocciato e anche il parere espresso dal Governo di riformularlo non corrisponde appieno a questa esigenza.

Io quindi, in conclusione, chiedo al Governo, magari nel prossimo strumento utile, che può essere il DL “Rilancio”, di rettificare in modo tale da poter alzare un presidio, perché non vorrei assolutamente che si innescassero delle truffe, dei fallimenti pilotati, e si utilizzassero soldi garantiti dallo Stato, quindi dai cittadini italiani, per finire nelle mani di queste organizzazioni criminali.

Ripeto, questo è un rischio altissimo, lo stanno segnalando in tanti, quindi chiedo, in modo convinto e fermo al Governo, di porre dei rimedi e di farlo nel primo strumento utile perché non possiamo permetterci il lusso… e lo dico soprattutto facendo riferimento all'estero, perché vi sono i Paesi del Nord che ci guardano e dicono: va bene, allora questi soldi possono finire in quelle mani lì...

PRESIDENTE. Concluda.

RAFFAELE TRANO (MISTO). Concludo, auspicando, in modo accalorato, che vi possa essere una revisione di questo ordine del giorno e poi una successiva rettifica normativa per porre un sigillo a questa possibile…

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare la deputata Ferro. Ne ha facoltà.

WANDA FERRO (FDI). Grazie, Presidente. Signora sottosegretario, ero partita con l'idea di svolgere un intervento totalmente diverso ma il garbo, l'intelligenza, soprattutto - a distanza di due anni -, sentir dire ad un sottosegretario, ad un componente del Governo “sono qui ad ascoltare” e non a chattare, per noi, nel corso dell'esame di ordini del giorno, di emendamenti, è una forma di gratificazione.

Il mio ordine del giorno è stato accolto come raccomandazione; tuttavia, sono qui a chiederle di rivederlo nel senso che auspicherei, considerato ciò che viene chiesto, che fosse rivisto il parere e trasformato in favorevole.

Cosa si chiede rispetto a questo decreto, che ovviamente è un decreto che reca misure per le piccole e medie imprese, per gli autonomi, per i professionisti e quindi certamente un decreto in buona parte condivisibile, per poter fare ripartire finalmente il sistema produttivo, dopo questo tremendo momento? In particolare, mi rifaccio all'articolo 13, che, fino al 31 dicembre 2020, vede un potenziamento ma anche un'estensione dell'intervento del Fondo di garanzia delle piccole e medie imprese e la deroga alla disciplina, che è intervenuta, che riguarda la parte degli aiuti di Stato.

Allora, mentre molti che vogliono accedere al credito, benché trovino tante, tantissime difficoltà poi, alla fine, ci riescono, per alcuni invece l'accesso al credito è totalmente impossibile e negato. Paradossalmente, a chi viene negato l'accesso al credito? A quegli imprenditori, che hanno un conto aperto con lo Stato: io mi riferisco ai correntisti di Poste Italiane. Infatti, sono esclusi dalle misure del decreto poiché Poste Italiane non si ritrova ad essere tra gli intermediari finanziari attraverso cui è possibile in qualche modo ottenere quei fondi, di cui parlavo, previsti dal decreto. Per poter fare richiesta quindi di quel prestito, che vede una cifra di 25 mila euro garantita al 100 per cento, è necessario avere un conto corrente solo ed esclusivamente presso una banca.

Non credo che vi sia difficoltà a cambiare il parere su questo ordine del giorno, considerato che non ci sono costi aggiuntivi, che non ci vuole una copertura di spesa. Poter includere Poste Italiane, per i tanti soggetti abilitati e che, ovviamente, usufruiscono di questo servizio per l'erogazione al credito, credo sia un fatto importante, un segnale altrettanto importante, considerato anche che stiamo parlando di ciò che rappresenta il nostro Stato.

Io la ringrazio e auspico domani di poter avere eventualmente un cambio di parere: da accolto come raccomandazione a parere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Elisabetta Ripani. Ne ha facoltà.

ELISABETTA RIPANI (FI). Grazie Presidente, l'ordine del giorno n. 203 accende i riflettori sul dramma dei balneari pertinenziali che rappresentano sicuramente una delle categorie economiche più colpite con la pandemia del Coronavirus; si tratta di circa 300 aziende con quasi 3 mila lavoratori, che costituiscono circa l'1 per cento delle imprese balneari italiane.

La pandemia e la conseguente crisi economica rappresentano il colpo di grazia per questi imprenditori, che subiscono non soltanto un danno economico, in virtù del blocco e della dell'interruzione temporanea delle loro attività, ma scontano anche una situazione pregressa che ormai si porta avanti da anni e che è scaturita con la legge finanziaria n. 296 del 2006, che ha stabilito, come criterio di calcolo dei canoni demaniali marittimi, i famosi valori OMI.

Questo ha portato ad un aumento esponenziale dei canoni annui fino al mille per cento, che sono divenuti ormai insostenibili per una categoria di imprenditori che possiamo definire ridotta allo stremo.

In questo modo, tutti i risparmi, i sacrifici e gli investimenti, per tenere alta la qualità dei servizi e contribuire allo sviluppo del turismo italiano, si sono tradotti in debiti che si aggiungono agli esosi costi di gestione, di cui si fanno carico a proprie spese questi imprenditori, ma anche in contenziosi tra Stato e concessionari, in fallimenti; ci sono stati purtroppo anche degli episodi di suicidi di imprenditori, in virtù dei maxi canoni, a cui si aggiungono cartelle di pagamenti, pignoramenti, decadenze di concessioni, ordine di sgombero.

Tutto questo non si è fermato neanche davanti alla crisi economica, che si è generata con la pandemia. Il grido di dolore di questi imprenditori è stato lacerante quanto ignorato. Ci sono dei termini che potrebbero ben indicare il dramma che hanno vissuto queste imprese: ingiustizia, indifferenza, inconcludenza, quando di contro invece sarebbero serviti equità, coraggio, ragionevolezza e soprattutto chiarezza di intenti.

Vi sono state delle proposte, delle “soluzioni tampone” come, ad esempio, la definizione agevolata del contenzioso nelle more del riordino della disciplina, oppure la sospensione dei pagamenti dei canoni dal 1° gennaio al 30 settembre del 2020, così come disposto dall'articolo 34 del “Milleproroghe” di quest'anno, ma si tratta comunque sia sempre di palliativi.

Servirebbero delle agevolazioni per far rientrare il pregresso, somme che altrimenti non incasserebbe mai lo Stato, ma soprattutto servirebbe il coraggio di procedere ad una generale revisione della disciplina, partendo in primis dall'abrogazione dei valori OMI, riequilibrando così i canoni di tutte le 30 mila concessioni demaniali marittime. Per far questo serve tempo; serve soprattutto minimizzare i rischi e i danni per le aziende.

Quello che noi chiedevamo con l'ordine del giorno non è altro che la riproposizione di un emendamento - che non è stato neanche esaminato in sede di Commissione - che chiede la sospensione del pagamento dei canoni e il blocco dei procedimenti di decadenza almeno fino al 30 novembre del 2020, assumendosi l'impegno di superare tutte le criticità che affliggono la categoria dei pertinenziali.

Bene che vi sia un accoglimento come raccomandazione, ma chiedo al Governo uno sforzo ulteriore perché c'è veramente la necessità di un cambio di rotta forte, di uno sforzo corale da parte di Governo e Parlamento per salvare dal tracollo 300 piccole e medie imprese italiane, tenendo sempre a mente che i pertinenziali non sono soltanto dei semplici numeri che compongono un quadro economico, ma sono, prima di tutto, persone, lavoratori che chiedono dignità ed equità. Dietro ad ogni attività, vi sono generazioni e generazioni di imprenditori che costituiscono il fiore all'occhiello dell'offerta turistica del nostro Paese. Il rilancio del turismo, di cui abbiamo - e concludo - un bisogno estremo, in questo momento di drammatica emergenza economica del Paese, passa anche da loro.

Chiedo al Governo di rivedere il parere perché, purtroppo per i pertinenziali, non c'è più tempo di poter valutare l'opportunità, grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Vania Valbusa. Ne ha facoltà.

VANIA VALBUSA (LEGA). Presidente, sottosegretari, intervengo in merito all'ordine del giorno n. 9/2461-AR/119. È stato approvato dalle Commissioni l'emendamento 30.038 (Nuova formulazione), che fino a 30 giorni dopo la dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria sottopone per legge a regime giuridico dei rifiuti urbani i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione presso le strutture sanitarie pubbliche e i privati in cui vengono prodotti. Il processo di sterilizzazione deve essere ovviamente effettuato secondo determinate norme mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento ai fini della non riconoscibilità e maggiore efficacia del trattamento, nonché della diminuzione del volume e del peso dei rifiuti stessi. Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 15 luglio 2003, n. 254, citato appunto nella norma, gli impianti di sterilizzazione situati presso le strutture sanitarie non devono ottenere le apposite autorizzazioni da parte della regione competente. L'efficacia dell'impianto e del processo di sterilizzazione è verificata con appositi controlli dal responsabile sanitario. L'articolo 11, comma 1, lettera c), del DPR n. 254 del 2003 già prevede la possibilità per i rifiuti sterilizzati di essere sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani e alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi con apposita autorizzazione del presidente della regione, che resta valida fino alla realizzazione nella regione di produzione del rifiuto di impianti di produzione di CDR o impianti di termovalorizzazione in numero adeguato al fabbisogno regionale. Pertanto, la novità introdotta dall'emendamento, come è stato riformulato in seguito all'eliminazione del fondo incentivante previsto dal testo dell'emendamento originario, è quella di superare l'autorizzazione della regione e stabilire per legge che i rifiuti sterilizzati all'interno delle strutture sanitarie sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani limitatamente fino a 30 giorni dopo la dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria. La tecnologia utilizzata ai fini della sterilizzazione presso la struttura sanitaria si conosce da varie presentazioni via Internet effettuate da una società, dalle quali si apprende inoltre che le relative macchine hanno un costo dai 50 ai 180 mila euro. Un simile investimento da parte di una struttura ospedaliera non potrebbe pertanto essere indirizzato ad un periodo temporale di soli due o tre mesi, ma dovrebbe essere ovviamente ammortizzato in più anni, è per questo che abbiamo chiesto di garantire e monitorare, sottosegretario, i principi di concorrenza tra le imprese ai fini dello smaltimento dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo, nonché gli appositi e gli opportuni controlli sull'efficacia dei metodi utilizzati ai fini della sterilizzazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lino Pettazzi. Ne ha facoltà.

LINO PETTAZZI (LEGA). Presidente, il settore orafo italiano, di fronte all'impatto del Coronavirus, nel primo trimestre ha realizzato un fatturato che è risultato inferiore del 42,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Il 53 per cento delle aziende orafe, monitorate a campione in una recente ricerca del Centro studi di Confindustria moda, ha accusato un calo del fatturato compreso tra il meno 20 per cento e il meno 50 per cento, e il 29 per cento ha registrato una flessione superiore al 50 per cento. Si calcola un decremento medio degli ordinativi pari al 43,2 per cento in meno. E ancora, l'80 per cento delle aziende orafe, a campione, prevede il ricorso agli ammortizzatori sociali, coinvolgendo oltre l'80 per cento dei lavoratori, e la percentuale di dipendenti che potrebbero usufruire di ammortizzatori sociali è pari al 90,1 per cento della forza lavoro totale delle aziende rispondenti. In considerazione del sistema artigianale micro-diffuso e delle piccole dimensioni delle imprese, il settore orafo deve normalmente far fronte ai costi elevati delle materie prime, mai così alti, e dei semilavorati, nonché delle attrezzature di uso corrente, registrando anche una progressiva perdita delle migliori professionalità, in quanto gli operatori anziani non hanno la possibilità di trasmettere ai giovani le proprie esperienze a causa dell'abbassamento tecnico delle lavorazioni e della discontinuità della domanda.

Inoltre, già negli ultimi anni si era registrato un preoccupante calo della domanda mondiale di preziosi, non più considerati un bene rifugio, con l'inevitabile guerra al ribasso. Ciò ha portato molti operatori, che in tempi relativamente recenti progettavano e producevano proprie linee di gioielleria, a lavorare quasi esclusivamente in conto lavoro per grossi clienti. E questo succede soprattutto nel mio territorio, a Valenza Po, storica capitale mondiale della gioielleria, con bassi ricarichi sugli articoli prodotti a causa della carenza di un marchio di stile affermato e pubblicizzato che differenzi in modo chiaro il prodotto di gioielleria dalla variegata offerta di articoli di scarso valore. I risultati del comparto del prezioso, a causa delle citate problematiche pregresse, fortemente aggravate dall'emergenza COVID-19, sono peggiori rispetto al campione totale preso in esame da Confindustria moda, per questo gli addetti ai lavori hanno indicato tra gli interventi prioritari da adottare l'offerta di risorse a fondo perduto in favore dell'intera filiera orafa, argentiera e gioielliera, per dare ossigeno anche al mercato domestico e per riorganizzare il polo produttivo della gioielleria di alto livello qualitativo, affinché possa coniugare la manualità della lavorazione, l'originalità dell'ideazione e la tradizione artigiana con una strategia vincente in chiave 4.0. Con quest'ordine del giorno si impegna il Governo ad individuare misure che supportino la ripresa del settore orafo, argentiero e gioielliero, fortemente danneggiato dall'emergenza epidemiologica del COVID-19, prevedendo, per le motivazioni illustrate in premessa, delle risorse a fondo perduto ed eventuali incentivi di natura fiscale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Acquaroli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ACQUAROLI (FDI). Presidente, ringrazio il sottosegretario, che segue attentamente la nostra esposizione degli ordini del giorno. Presidente, per il suo tramite voglio rivolgermi al sottosegretario e chiedergli di rivalutare il mio ordine del giorno n. 9/2461-AR/15, per cui è prevista una riformulazione, ma anche il n. 9/2461-AR/16, a prima firma Luca De Carlo, per cui addirittura è stato previsto il non accoglimento. Sono due settori e delle attività molto importanti e strategiche, che con il COVID-19 rischiano veramente danni importanti. Nell'ordine del giorno n. 9/2461-AR/15 parliamo del settore degli ambulanti e del commercio ambulante, che con questa crisi rischia veramente di subire dei danni importanti: la Federazione italiana venditori ambulanti parla di 60 mila imprese a rischio chiusura. È un settore che coinvolge in Italia 176 mila imprese, 400 mila addetti, ma che sono economicamente poco strutturate: sono delle imprese familiari, sono delle imprese che, a causa dell'interruzione della propria attività, rischiano veramente di vedere compromesso il sacrificio e il lavoro di una vita. Noi chiediamo e proponiamo, con il nostro ordine del giorno, degli interventi che sono sostanzialmente vitali per consentire loro di poter continuare e per concedere loro assolutamente la possibilità di superare questa crisi. Il Governo ha chiesto la riformulazione, io chiederei al sottosegretario di poter valutare l'accoglimento in toto di questo nostro ordine del giorno. L'altro settore che cito è quello dell'ordine del giorno n. 9/2461-AR/16, che riguarda il settore delle ispezioni obbligatorie degli autoveicoli, in sostanza le revisioni delle macchine. Quest'ordine del giorno chiede di poter annullare il provvedimento che posticipava fino al 31 ottobre le revisioni delle automobili, perché questo settore, con 9 mila aziende, 30 mila addetti e 20 mila addetti nell'indotto, rischia seriamente di vedere compromessa in questi cinque mesi la propria attività, perché è chiaro che, se le revisioni sono state spostate al mese di ottobre, da oggi a ottobre queste attività rischiano di lavorare a livelli bassissimi, neanche con un sostegno minimo di autosufficienza, allora noi chiediamo al Governo di rivedere questa scelta.

Le condizioni in Italia sono cambiate, oltretutto le officine sono aperte, quindi potrebbero, consentendo magari nel mese di giugno, di poter riaccedere gradualmente a chi ha una macchina o un autoveicolo in scadenza di ritornare a compiere questa ispezione obbligatoria. Si ridarebbe fiato a un settore che altrimenti rischierebbe seriamente una compromissione per questi mesi di attività. Io chiedo, tramite lei Presidente, al Governo di fare una rivalutazione approfondita di questi due ordini del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Paternoster.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Grazie Presidente, durante il periodo di pandemia per il COVID-19 una delle categorie che si sono immolate per quanto riguarda il nostro sistema Paese è stata quella degli autotrasportatori che hanno garantito soprattutto le consegne dei beni di prima necessità e il loro approvvigionamento, eppure questa categoria, con il decreto fiscale del 2019, è stata colpita in maniera molto dura perché ad essa è stato tolto, per i veicoli euro 3 ed euro 4, il contributo sulla riduzione delle accise. Sapete bene che la categoria degli autotrasportatori è in perenne crisi, colpita anche dalla concorrenza straniera e togliere l'agevolazione sulle accise per i veicoli euro 3 ed euro 4 è sicuramente un colpo durissimo, anche perché questa categoria di mezzi, che rappresentano circa il 28 per cento dell'intero parco veicolare, quindi circa 200 mila mezzi in tutta Italia su 700 mila circa in circolazione, non può essere sicuramente sostituita durante il corso del 2020 perché, purtroppo, la crisi economica e anche il taglio dei finanziamenti delle banche e delle società di leasing nei confronti delle aziende di autotrasporto, non permettono alle aziende stesse la sostituzione di questi mezzi.

Il decreto fiscale del 2019 prevede che questo taglio sul contributo delle accise sia efficace per gli euro 3 dal 1° di ottobre e per gli euro 4 dal 1° di gennaio del 2021. Con questo ordine del giorno chiediamo lo slittamento di diciotto mesi in modo che le aziende di autotrasporto possano cercare di essere più competitive, passare questo periodo di crisi e sostituire in maniera molto più facile e anche meno gravosa questi mezzi. Sapete che ogni mezzo costa oltre 150 mila euro, sarebbe un importo troppo grande che questa categoria non riesce a sopportare, soprattutto in questo periodo di grave crisi. Se il “decreto Liquidità” e il “decreto Rilancio” Italia fossero più efficaci, ma soprattutto arrivassero molto più in fretta probabilmente questo problema non ci sarebbe, però abbiamo delle grosse preoccupazioni perché, come è successo fino adesso, il Governo è stato inefficace nei confronti delle banche. Io penso che questo provvedimento sul taglio delle accise sia gravissimo e sarebbe veramente un colpo al cuore per le aziende di autotrasporto nazionale di tutta Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Maria Teresa Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie Presidente, sottosegretario Guerra, siamo qui arrivati quasi alla fine di questa giornata e mi corre l'obbligo, anche come responsabile nazionale del terzo settore di Fratelli d'Italia, cogliere la sua attenzione proprio su quegli enti del terzo settore che sono animati da 5 milioni di volontari, da un milione di operatori e che sin dai primi giorni della pandemia si sono attivati per dare supporto, sostegno allo Stato, alle regioni, ai comuni in tutti i modi possibili e immaginabili. Sottosegretario, mi corre l'obbligo, a questo punto, però dire che sono stati anche i grandi esclusi da questo Governo, sono stati i grandi esclusi sin dall'inizio e sono stati i grandi esclusi dai primi provvedimenti, come per esempio dal “Cura Italia”, oggi anche dal “decreto Liquidità” che solo attraverso un emendamento ha incluso gli enti del terzo settore nella liquidità propria e quindi nell'accesso anche al credito. Sì, probabilmente nel “decreto Rilancio” troveremo maggiore attenzione agli enti del terzo settore, ma ciò che mi preoccupa è questo parere favorevole con riformulazione che è stato proposto ad un ordine del giorno che voleva dare risposte concrete proprio agli enti del terzo settore.

In quell'ordine del giorno, il n. 22, noi chiedevamo che fosse riconosciuta una riduzione delle imposte sui contributi dei lavoratori del Terzo Settore. Quello che è stato immaginato per gli enti del terzo settore nel “decreto Rilancio” sono 100 milioni; vorrei sottolineare che gli enti del terzo settore fino ad oggi hanno dato risposte a 30 milioni di italiani, hanno dato risposte pari a 50 miliardi di euro e si troveranno a dover dare risposte a una popolazione, a delle necessità sociali, sanitarie, ancora maggiori, allora anche se soltanto faceste i conti, soltanto se immaginaste un aspetto meramente economico, cioè quanto lo Stato risparmierebbe a sostenere giustamente e doverosamente gli enti del terzo settore, con una mera previsione economica capireste subito che conviene sostenere gli enti del terzo settore, perché gli enti del terzo settore vi danno e vi daranno quelle risposte nella tutela dei più fragili che lo Stato mai da solo riuscirà ad offrire. Proprio per questo mi preoccupo rispetto al parere favorevole, ma con riformulazione, perché voi inserite “a valutare l'opportunità di” sostenere gli enti del terzo settore. Ma non c'è nulla da valutare, non bisogna fermarsi a valutare un'opportunità, perché l'opportunità è davanti ai vostri occhi; è l'opportunità di proteggere i più fragili dando doverosamente, con l'accoglimento almeno di questo ordine del giorno, un vero sostegno reale agli enti del terzo settore. È per questo che, sottosegretario, le chiedo, ancora una volta, dal momento che è stata posta la fiducia e che il nostro emendamento è decaduto, e quindi non potrà essere modificata la legge, almeno di accogliere favorevolmente questo ordine del giorno, dando il giusto riconoscimento, la giusta gratitudine e la giusta visibilità a quei milioni di volontari e di operatori che pongono gli altri prima di qualsiasi cosa nella loro vita. Allora, che anche lo Stato ponga quegli uomini, quelle donne, al primo posto, riconoscendoli come la parte migliore della nostra società (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare di parlare il deputato Domenico Furgiuele. Ne ha facoltà.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Presidente, signor sottosegretario, questo ordine del giorno, il n. 160, vorrebbe impegnare il Governo a porre rimedio su una lacuna che le precedenti misure governative non hanno voluto o non hanno saputo affrontare con la giusta sensibilità, con la giusta attenzione, nonostante siano giunte diverse segnalazioni e diversi appelli da più parti. Io stesso ho avuto la possibilità di potermi confrontare con diversi attori del panorama produttivo, ma anche con la politica più interessata a questo tipo di argomento, penso, per esempio, al Presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci, che è stato tra i soggetti che hanno dimostrato una certa sensibilità, anzi una lodevole sensibilità sull'argomento. Vede signor Presidente, sono mesi che ci arrovelliamo sulla stessa proposta. Al “decreto Cura Italia”, al Senato, come gruppo Lega abbiamo presentato un emendamento, a prima firma Matteo Salvini, che prevedeva la sospensione dei protesti per i titoli di credito fino al 30 di settembre. Una proposta che è stata respinta, salvo poi essere assorbita con la stessa formula, però con una data fino al 30 di aprile, dopodiché, qui, al “decreto Liquidità”, in Commissione Finanze, è stato presentato un emendamento a mia prima, Furgiuele, che richiedeva la stessa tematica ma una tempistica che arrivasse almeno fino al 31 di dicembre. Proposta emendativa che è stata preclusa senza capire bene con quale giusta motivazione e poi, però, è stato approvato un emendamento con la stessa tematica che però restringeva ancora la tempistica al 31 di agosto. Allora, il 30 di aprile era già poca cosa, il 31 di agosto è qualcosa ma è già domani, e allora quello che voglio dire io è questo: bisogna intervenire per dilatare questa tempistica. Oggi il Governo cosa ci dice?

Ci dice che nel periodo che va dal 9 marzo fino al 30 di aprile, quando ci sarà la mancata copertura dei titoli di credito, avverrà praticamente che questi non dovrebbero essere sospesi; ma non è così perché abbiamo capito (e oggi mi sono arrivate ulteriori sollecitazioni) che diverse banche e diversi notai, anche a cavallo del mese di marzo e del mese di april, hanno minacciato e protestato diversi imprenditori, gettandoli nello sconforto con le loro famiglie e con le famiglie dei loro dipendenti. Allora l'ordine del giorno n. 9/2461-AR/160 da me presentato, ripeto, cosa vuole? Oltre che dilatare la tempistica per essere più aderente alla realtà, intende soprattutto portare chiarezza in una norma che non può essere di così larga interpretazione perché, signor sottosegretario, potrebbe essere molto pericoloso. Ovviamente lungi da noi voler mettere a repentaglio le giuste richieste creditizie, però crediamo che in un contesto storico come questo sia importante, soprattutto nel mondo imprenditoriale, dare la possibilità a chi ha perso liquidità di rimettersi in carreggiata. Questo dovrebbe essere un impegno pieno, che è giusto dal punto di vista giuridico ed economico, ma dovrebbe essere giusto e di buonsenso dal punto di vista della giustizia e soprattutto della solidarietà, che dovrebbe essere il sentimento che dovrà animarci da oggi in avanti per affrontare una crisi che ancora è di là da venire.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cavandoli. Ne ha facoltà.

LAURA CAVANDOLI (LEGA). Grazie, Presidente. Il mio ordine del giorno n. n. 9/2461-AR/1 pone all'attenzione del Governo la tematica del mondo delle libere professioni: le partite IVA cui questo Governo, già con la legge di bilancio, ha tolto un po' di semplificazione e soprattutto anche la nostra flat tax. Il “decreto Liquidità” che doveva prevedere questa potenza di fuoco a favore delle imprese ma si è rivelato solo una “miccetta” vista la scarsa liquidità effettivamente messa a disposizione delle imprese in questi cinquanta giorni, si è dimenticato anche dei liberi professionisti. Ora noi speriamo veramente che, con le modifiche che abbiamo posto in essere in Commissione in sede referente, le imprese possano accedere a questi prestiti. Per risolvere la situazione economica nazionale il Premier Conte si aspettava un atto di vero amore da parte delle banche: lo ha ribadito anche la scorsa settimana qui in Aula, dicendo che le banche possono e devono fare di più. Presidente, a me questi termini fanno venire in mente più una favola della Disney che l'economia reale. Ma purtroppo non siamo nelle favole: le banche lo hanno dimostrato, bloccando i prestiti dapprima con la scusa degli adempimenti burocratici e poi con la valutazione quanto meno discutibile del merito creditizio. Inoltre il Consiglio nazionale dei commercialisti ha evidenziato l'assoluta necessità di spostare ulteriormente i termini dei pagamenti fiscali, comprendendo fra questi anche i contributi previdenziali, i premi assicurativi, l'IVA e prevedendo anche forme di pagamento rateale un po' più lunghe. Non vogliamo che il decreto in esame appaia come la fonte di un finanziamento che deve essere utilizzato per pagare le tasse, anche perché i prestiti possono essere una soluzione ma, per non far incagliare il Paese, è necessario anche un contributo a fondo perduto: per passare dall'economia ferma a un'economia dinamica servono anche aiuti a fondo perduto. Ne abbiamo letti nel decreto-legge n. 34, “decreto Rilancio”, che però non contempla i liberi professionisti, basandosi forse su quanto detto dal Ministro dell'Economia e delle finanze per cui i professionisti sono persone, quindi beneficiano delle indennità di 600 euro e pertanto non hanno diritto ai contributi a fondo perduto delle imprese, forse dimenticandosi la raccomandazione dell'Unione europea che li considera tutti imprese, ma anche la differenza fra i professionisti iscritti alle casse previdenziali e quelli iscritti alla gestione separata dell'INPS. Quindi il “decreto Liquidità”, detto poco fa “illiquidità” dal mio collega Centemero, esclude dall'accesso alla garanzia dell'articolo 1 gli studi associati e i liberi professionisti, quindi gli oltre due milioni di liberi professionisti che danno lavoro a 900 mila lavoratori, persone dipendenti e collaboratori, muovono 210 miliardi, ossia il 12,2 per cento del PIL nazionale, persone che quindi sono protagonisti della nostra economia e, nonostante questo, hanno subito ovviamente danni economici ad opera del lockdown. Non tutti ovviamente: abbiamo parlato dei medici, abbiamo parlato dei commercialisti o perlomeno ne ha parlato in televisione il preoccupante Saviano definendoli dei mafiosi, ma pazienza.

Ciò che le chiedo, sottosegretario, è di approvare pienamente l'impegno che io ho messo nel mio ordine del giorno perché l'approccio nei riguardi dei liberi professionisti deve essere cambiato, deve essere dato un sostegno specialmente ai giovani perché, ricordiamolo, le libere professioni sono lo sbocco di accesso di molti giovani al lavoro e sono proprio i giovani professionisti che sono senza contributi economici per mantenere la propria famiglia e per portare avanti il proprio lavoro…

PRESIDENTE. Concluda.

LAURA CAVANDOLI (LEGA). …che con tanta fatica hanno sono riusciti a raggiungere (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Comencini. Ne ha facoltà.

VITO COMENCINI (LEGA). Presidente, intervengo riguardo all'ordine del giorno n. 9/2461-AR/136 da me presentato riguardante l'Arena di Verona, un bellissimo anfiteatro romano. Verona è famosa infatti non solo per Romeo e Giulietta ma anche e soprattutto per la bellissima Arena. È un luogo non solo che può essere visitato come il Colosseo, ad esempio, ma soprattutto è un luogo dove si possono fare spettacoli a livello internazionale. È un bellissimo anfiteatro dove ogni anno vengono più di 400 mila spettatori. Ovviamente Verona ha subito e subisce fortemente l'emergenza COVID, che colpisce anche l'Arena e che pertanto ha bisogno di un aiuto. Proprio ieri abbiamo fatto un sopralluogo con la Fondazione Arena che gestisce l'anfiteatro, la quale chiede una deroga rispetto al DPCM del 17 maggio che impone un limite di mille spettatori che la Fondazione Arena chiede di estendere almeno a 3 mila per una questione di buon senso, per una questione di sostenibilità economica, altrimenti l'anfiteatro non sta in piedi con un minimo di spettacolo che tra l'altro ha un valore, come dicevo storico, culturale, artistico ma soprattutto richiama spettatori da tutto il mondo e artisti di grande successo. La normale capienza dell'Arena è di 13.500 spettatori: quindi 3 mila spettatori sono tranquillamente gestibili con i venti cancelli a disposizione che permettono l'afflusso e il deflusso dall'anfiteatro ed è stato predisposto un protocollo sanitario specifico proprio per gestire tale organizzazione. Tra l'altro la Fondazione Arena soffre per un danno dal decurtamento del 40 per cento del FUS, del Fondo unico per lo spettacolo, e perciò è già in sofferenza per tale ragione per cui chiede, oltre a tale deroga, maggiori risorse dal Fondo per le emergenze, perché è chiaro che l'Arena non è un teatro qualunque: è un teatro che lavora tre mesi all'anno e in quei tre mesi deve riuscire comunque a garantire un fatturato e quest'anno la perdita prevista è già di 27 milioni, quindi un danno molto pesante. Dunque, non permettere a questo anfiteatro di avere in deroga i 3 mila posti a disposizione e avere maggiori risorse credo che sia un danno non solo per la città di Verona e per la provincia ma a livello italiano e europeo perché essa ha un valore che va molto al di là della singola città, considerando il fatto che vorrebbe dire aiutare più di mille lavoratori che crea in tutto l'indotto e, praticamente, tutto l'aspetto del turismo. Proprio ieri, dopo il sopralluogo, girando nella piazza antistante, la grande piazza, Piazza Bra, i commercianti dicevano: se voi non fate funzionare l'Arena anche solo un poco, attirando un po' di turisti e un po' di persone siamo morti, non riusciamo a vivere, non riusciamo a pagare le tasse e chiudiamo, è un danno enorme! Quindi mi stupisco del parere contrario del Governo perché credo che sia una questione di buon senso. Tra l'altro è stata mandata una lettera al Ministro Franceschini proprio per chiedere un intervento da questo punto di vista. Credo che sia una questione di buon senso: considerarlo come tutti gli altri teatri, tutte le altre piazze dove avvengono gli spettacoli credo sia una mancanza di rispetto nei confronti della bellissima Arena di Verona e della mia città meravigliosa. Quindi spero che il Governo rifletta questa notte e cambi il suo parere perché credo che sia vergognoso che, di fronte a questa difficoltà, tale sia la risposta da parte di un Governo che, tra l'altro, è di sinistra e dovrebbe amare la cultura, amare l'arte, amare la nostra storia ma da questo punto di vista il parere dimostra un'altra cosa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cattoi. Ne ha facoltà.

VANESSA CATTOI (LEGA). Grazie, Presidente. Anch'io mi unisco al ringraziamento per suo tramite al sottosegretario soprattutto per l'attenzione con la quale ha dato tutti i pareri specificando sia i pareri favorevoli e le riformulazioni sia quelli contrari. Proprio per questa capacità d'ascolto del nostro sottosegretario, per suo tramite, Presidente, vorrei fare alcune riflessioni sul complesso degli ordini del giorno che, come gruppo della Lega, abbiamo presentato.

Come già esposto precedentemente da alcuni miei colleghi, più che parlare del decreto-legge “liquidità” purtroppo ci troviamo oggi ad esporre il complesso degli ordini del giorno sul decreto-legge “illiquidità”: perché come lei sa benissimo anche in Commissione bilancio abbiamo discusso il fatto che ci fossero così poche garanzie da parte dello Stato per quanto riguarda soprattutto i fondi per le garanzie SACE, che ammontavano ad 1 miliardo, come riportato poi anche nella relazione del MEF, e che risultavano del tutto insufficienti.

Quindi è vero, sì, che le imprese chiedono liquidità e voi la fornite attraverso i prestiti, ma è anche vero che è cosa per noi non sufficiente, perché ovviamente servirebbero dei contributi a fondo perduto che poi sono stati inseriti nel decreto-legge “rilancio”, ma che a me risultano ancora del tutto insufficienti; però, tornando alle garanzie, vedete, avete dato ascolto poi a quello che noi dicevamo. Sono mesi che noi diciamo che se non ci sono le garanzie opportune da parte dello Stato, le banche non erogano i prestiti alle aziende. Infatti anche all'interno del decreto-legge “rilancio”, all'articolo 31 avete previsto un rifinanziamento fondi proprio a favore delle garanzie SACE per altri ulteriori 30 miliardi, perché forse inizieranno così le banche a concedere quei prestiti che ad oggi non vengono ancora concessi alle nostre attività produttive.

È proprio per questo, perché manca un apporto concreto a chi esercita attività di impresa, e quindi a tutti gli imprenditori, che chiedo di rivedere il parere sull'ordine del giorno del collega Bitonci n. 9/2461-AR/164, che permette di avere una prospettiva nei confronti di questi imprenditori cercando di attuare quello che è stato già attuato nel precedente Governo Conte I grazie al contributo della Lega: ovvero l'applicazione della flat tax, quindi l'ampliamento del regime dei minimi, quindi una tassazione agevolata a favore di tutte quelle attività di impresa quantomeno che abbiano volumi almeno fino ai 100 mila euro. Questo per permettere di avere quella visione che ad oggi manca ai nostri imprenditori, e che tante volte non li motiva ad andare avanti nell'esercizio della loro attività di impresa.

E poi chiedo anche di cercare di dare un po' più di aiuto nei confronti degli enti territoriali che in prima linea hanno risposto alle esigenze dei nostri concittadini italiani, ai comuni. È vero che l'ordine del giorno di cui sono prima firmataria, il n. 9/2461-AR/159, è stato accolto favorevolmente con riformulazione “a valutare l'opportunità di”. Questo ordine del giorno prevede nel merito di poter utilizzare da parte degli enti locali l'avanzo di amministrazione per fronteggiare tutte le spese correnti e le minori entrate. Questo perché è vero che - e qui concludo - all'interno del provvedimento noi diamo la possibilità di utilizzare l'avanzo libero di parte corrente, però esclusivamente per le spese connesse all'emergenza in corso, ma questo non è sufficiente. Gli stessi comuni ce lo dicono: ci dicono che anche i fondi messi a disposizione nel decreto-legge “rilancio”, i 3 miliardi, non sono sufficienti a far fronte a tutte quelle spese vive che hanno dovuto sostenere, anche soprattutto a fronte del mancato gettito che non incasseranno per via che comunque i cittadini non riusciranno a versare i contributi agli enti locali.

Le chiedo quindi gentilmente di rivedere soprattutto i pareri su questi due ordini del giorno nel merito; e vista la sua attenta capacità di ascolto, di riportare al Governo queste riflessioni, perché sono le riflessioni che ci vengono trasmesse da tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Silvia Covolo. Ne ha facoltà.

SILVIA COVOLO (LEGA). Presidente, sottosegretario, questo decreto-legge non immette liquidità nel sistema, ma si limita a concedere pretese garanzie sui prestiti delle banche ai privati. Lo stesso e tanto atteso “decreto Rilancio”, con il quale il Parlamento ha responsabilmente concesso l'utilizzo di 55 miliardi di euro da parte dell'Esecutivo, non è affatto risolutivo, perché non tiene conto di un dato fondamentale, ovvero del fatto che imprese e cittadini non produrranno più reddito, ovvero ne produrranno meno, in conseguenza della forzata chiusura delle attività degli ultimi mesi.

Inutile pertanto concedere crediti d'imposta oppure detrazioni fiscali: servono soldi veri, servono contributi, servono aiuti concreti, liquidi. E per questo, sottosegretario, esprimo soddisfazione per l'accoglimento del mio ordine del giorno, con cui chiedo di dare liquidità (avrebbe dovuto essere questo, ripeto, il senso del decreto-legge in esame) alle catene di fornitura.

Sono a rischio moltissime transazioni commerciali, perché le imprese sono state colpite in tutte le fasi del ciclo produttivo, dall'acquisto, dall'approvvigionamento delle materie prime, dei prodotti intermedi, al pagamento di fornitori e subfornitori, fino alla fase delle vendite. Le imprese infatti stanno iniziando ora a risentire degli effetti pregiudizievoli dell'inattività dei mesi scorsi, perché hanno perso ordinativi e commesse, i loro clienti si sono rivolti altrove, soprattutto all'estero. La situazione potrebbe esplodere a breve, quando finirà la cassa integrazione in deroga o quando le imprese riprenderanno a licenziare. Fate in modo che tutto questo non venga scaricato sui comuni, il primo ente a cui si rivolgono imprese e cittadini.

Noi amministratori locali stiamo cercando di destinare l'avanzo di amministrazione per sopperire alle maggiori spese dovute all'emergenza, come prescrive l'articolo 109 del “decreto Cura Italia”, ma siamo molto preoccupati per il calo delle entrate tributarie ed extra-tributarie, che probabilmente non verrà coperto dal fondo previsto dall'articolo 106 del “decreto Rilancio”. Vi prego pertanto di tenere conto anche della necessità di aiutare gli enti locali e i comuni, che gestiscono quotidianamente una crisi sociale ed economica senza precedenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Massimiliano Capitanio. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO CAPITANIO (LEGA). Presidente, gentile sottosegretario, intervengo sugli ordini del giorno n. 9/2461-AR/97 Capitanio e n. 9/2461-AR/98 Cecchetti. Spiace che il Governo non voglia assumersi l'impegno di istituire un fondo per sostenere la stampa cartacea e online in un momento in cui l'editoria ha confermato quel ruolo fondamentale che le è garantito dagli articoli 21 e 33 della nostra Costituzione. Non fa certo bene al nostro Paese la vostra tiepida disponibilità, che chiediamo di rivedere, a valutare la possibilità di venire incontro ad un settore che ha continuato a lavorare, informare e indagare, nonostante il crollo delle vendite e dei contratti pubblicitari.

Certo, non è un momento semplice per il giornalismo italiano, se qualche collega lascia passare in televisione le falsità sui tamponi che verrebbero fatti solo ai raccomandati o le oscene insinuazioni sui commercialisti collusi con la mafia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); ma il Parlamento ha il dovere di tutelare e sostenere il quarto potere, soprattutto in un momento in cui uno degli altri poteri, quello giudiziario, dimostra di sanguinare in maniera preoccupante sotto il profilo dell'imparzialità e dell'indipendenza. Ma noi crediamo nel baluardo del giornalismo, nella necessità di un'informazione di qualità, nella bellezza di questa professione, che è stata una dei pochi fari accesi 24 ore su 24 durante la pandemia, accompagnando i cittadini in edicola e sugli smartphone, facendo emergere il ruolo ormai irrinunciabile della stampa online, che chiede tra l'altro di essere difesa sotto il profilo del diritto d'autore e della minaccia della pirateria; senza dimenticare il lavoro precario, spesso sommerso di tanti colleghi, che purtroppo non godranno di una maxi-sanatoria e nemmeno di un reddito di cittadinanza, come quelli che il Governo ha deciso di destinare ad altri.

L'informazione e l'accesso consapevole ad essa sono parte irrinunciabile di quella cittadinanza attiva che dal prossimo anno accompagnerà finalmente i nostri giovani nel percorso di educazione civica, sempre che questo Governo non decida di abdicare anche a questo impegno. Ovviamente voteremo a favore di questo ordine del giorno e dell'ordine del giorno n. 9/2461-AR/98 Cecchetti, con il rammarico che questo decreto-legge, anche sul fronte dell'informazione, non conterrà quella liquidità sbandierata falsamente proprio davanti ai microfoni e alle telecamere di tanti giornalisti.

Ringraziandola ancora per la sua disponibilità al dialogo, le chiediamo di rivedere il parere con riformulazione, perché questo ordine del giorno, come il successivo dedicato alla stampa locale, non chiedono soldi che non avete previsto, ma chiedono almeno un impegno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mauro Sutto. Ne ha facoltà.

MAURO SUTTO (LEGA). Presidente, sottosegretario, era doveroso intervenire con questo ordine del giorno, il n. 9/2461-AR/151 per l'esattezza. Il decreto-legge, in titolo denominato “liquidità”, pur occupandosi di un tema importante come il lavoro, non prevede alcuna misura in favore dei genitori lavoratori che si trovano in una situazione di difficoltà in conseguenza della sospensione delle scuole e dei servizi educativi dell'infanzia. Il sistema delle agevolazioni rimane imperniato sui congedi retribuiti al 50 per cento e sui bonus per l'acquisto dei servizi di babysitting, la cui misura risulta tuttavia inadeguata e insufficiente in rapporto alle esigenze dei lavoratori con i figli. Con riferimento in particolare al bonus per l'acquisto dei servizi di babysitting, si segnala che il suo importo è stato definito in appena 1.200 euro per un arco temporale di cinque mesi, che va dal 5 marzo al 31 luglio del 2020, con conseguente riconoscimento di una cifra su base mensile pari a 240 euro, che naturalmente non può adempiere alla funzione sostitutiva delle scuole e dei servizi educativi dell'infanzia per la quale è stata programmata e finalizzata.

La situazione è ancora più delicata per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, della sicurezza, della difesa, del soccorso pubblico, in specie quelli che hanno figli con disabilità, che hanno subito in larga parte la sospensione dei congedi ordinari nell'ambito dell'emergenza in quanto erogatori di servizi essenziali. Nei riguardi di tali lavoratori è previsto un bonus per l'acquisto di servizi di babysitting maggiorato di 2 mila euro, che tuttavia nell'arco di cinque mesi non copre nemmeno la metà dello stipendio percepito da una babysitter a tempo pieno. Inoltre gli importi sopra citati sono stati calcolati in misura fissa, senza prevedere maggiorazioni correlate al numero dei figli, doverose in base al principio di proporzionalità.

Stesso discorso vale, ovviamente, per il congedo retribuito al 50 per cento, il quale, laddove usufruibile, copre appena un quinto del periodo temporale al quale si riferisce, 30 giorni su un totale di 5 mesi, e rimane peraltro incompatibile con la fruizione del bonus babysitting sopra citato. Noi abbiamo chiesto al Governo un impegno, e termino, Presidente, nel potenziare le misure di sostegno attualmente previste in favore dei lavoratori con figli, disponendo un incremento consistente dei giorni di congedo retribuito e dell'indennità per l'acquisto dei servizi di babysitting, e anche un incremento ulteriore di un bonus per l'acquisto dei servizi di babysitting previsto per il personale del settore sanitario, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, tenendo in particolare considerazione le esigenze dei lavoratori che hanno figli. Il Governo ha percepito il parere favorevole; di questo ne andiamo orgogliosi, visti i temi sensibili trattati nell'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bianchi. Ne ha facoltà.

MATTEO LUIGI BIANCHI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, in questo ordine del giorno, il n. 9/2461-AR/138, sottoscritto dai parlamentari della Lega della provincia di Varese, ci si focalizza sull'aeroporto di Milano Malpensa. Esso è il primo aeroporto per traffico merci in Italia e il secondo aeroporto per traffico passeggeri. Infatti, nel 2018 sono transitati da Malpensa circa 24 milioni di passeggeri e 570 mila tonnellate di merci, con un impatto socio-economico diretto di 548 attività produttive e un'occupazione che supera le 20 migliaia di unità lavorative e un indotto di oltre 12 mila posizioni di lavoro, a fronte di 1,8 miliardi di euro di valore della produzione generata. Nel periodo di chiusura dell'aeroporto di Linate, nell'estate del 2019, Milano Malpensa ha superato di gran lunga lo scalo di Fiumicino in termini di traffico, arrivando a 28 mila voli al mese, dimostrando come il tessuto economico e sociale della Lombardia sia capace di attrarre, nonostante il cronico disimpegno di Alitalia dall'aeroporto della brughiera e la sua predilezione a favorire lo scalo capitolino.

La compagnia di bandiera, per superare lo stallo atavico che pesa da anni sulle spalle dei contribuenti, avrebbe dovuto guardare agli scali come Malpensa, dove il business si crea grazie alla vitalità imprenditoriale di un tessuto sano, senza gonfiare l'aeroporto di Roma per logiche che nulla hanno a che vedere con il buon governo di un'azienda e di un Paese. Malpensa crescerà nonostante le scelte di Alitalia, nonostante miopie e mancanza di attenzione verso il territorio del Varesotto, facente parte, come sappiamo, della regione con il più alto residuo fiscale verso lo Stato centrale, 54 miliardi di euro all'anno. Sempre opportuno ricordarlo a chi in questi giorni parla a sproposito di Lombardia.

Tuttavia le istituzioni tutte devono tenere presente la necessità di un'ulteriore crescita delle infrastrutture dell'aeroporto di Milano Malpensa per poter essere in linea con gli standard di altri importanti aeroporti europei, sfruttando anche l'occasione unica delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina nel 2026, così com'era stato ben fatto per Expo 2015. È evidente che, in condizioni normali, le dimensioni e capacità di Malpensa risultano sottoutilizzate, e lo stesso potrebbe essere sfruttato in maniera molto più proficua, sgravando gli altri due scali lombardi di Milano Linate e di Bergamo-Orio al Serio da un evidente sovraccarico, così da servire in maniera funzionale la città di Milano e tutte le aree limitrofe. Gli interventi recati dal provvedimento in esame dovrebbero rappresentare parti di un quadro ben più ampio di sostegno al tessuto economico e produttivo del Paese, ora in forte crisi e a rischio recessione per le conseguenze dovute all'emergenza epidemiologica da Coronavirus.

Secondo stime di Confesercenti, gli effetti del lockdown sull'economia italiana comporterebbero per il 2020 un calo di 16,5 miliardi per il trasporto e acquisto veicoli. Per ICAO, l'agenzia ONU dell'aviazione civile, nei primi nove mesi di quest'anno potrebbero venire a mancare fino a 1,12 miliardi di viaggiatori rispetto allo stesso periodo del 2019, con un calo del 67 per cento. Come sappiamo, le restrizioni dei movimenti, con il prolungamento di chiusure e blocchi degli spostamenti oltre i confini per contenere la diffusione del Coronavirus, hanno portato il trasporto aereo a ritrovarsi senza più passeggeri e voli. L'attuale situazione emergenziale presuppone ragionamenti di ampio respiro per cercare di andare oltre questo momento, che ha colpito duramente il settore dei trasporti. È quindi opportuno valutare la rapida attuazione di una zona economica speciale nell'area di Malpensa, soprattutto come importante stimolo per l'insediamento di attività produttive o logistiche che utilizzano il cargo aereo, nonché come strumento per incrementare le quote di traffico passeggeri.

Chiediamo quindi al Governo di adottare ed impegnarsi tempestivamente su ogni utile iniziativa di propria competenza a supporto del sistema del sedime aeroportuale di Malpensa e del suo indotto imprenditoriale. Concludo, Presidente: mi pare di aver capito che il Governo è intenzionato ad accogliere l'ordine del giorno con una riformulazione: è evidentemente una buona base di partenza, a cui però dovrà seguire una serie di fatti concreti, necessari e indispensabili per l'aeroporto di Milano Malpensa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). La ringrazio, Presidente. Siamo sull'ordine del giorno n. 9/2461-AR/112, che si pone in relazione di continuità con il n. 9/2461-AR/160, che ha illustrato poc'anzi l'onorevole collega Furgiuele. Stiamo parlando di un problema che in questo preciso momento, nell'ora del riposo delle famiglie italiane, riguarda la possibilità che abbiamo, che il Governo intende timidamente assumersi come impegno, di garantire a molte famiglie italiane di poter trascorrere una buona notte e un buon riposo. La Lega ha voluto farsi carico di un'iniziativa civica di un'imprenditrice di Sarzana, la signora Monia Petreni, che ha sollevato la questione, insieme a tantissimi commercianti che si sono a lei poi immediatamente accodati in questo accorato appello, della questione del protesto. Come diceva il collega Furgiuele, trattasi di un atto pubblico che per alcune categorie produttive equivale a un certificato di morte.

È praticamente la definitiva ratifica dell'impossibilità di qualunque tipo di attività di natura bancaria, finanziaria: chi viene protestato e, come nel caso di tantissimi commercianti, si è trovato ad anticipare dei titoli di pagamento ai propri fornitori, con - spesso capita - anche degli assegni cosiddetti postdatati, è purtroppo una delle consuetudini che in questo Paese vigono, in quelle leggi cosiddette non scritte, che, seppur vietate, portano molti imprenditori ad anticipare in quel modo le proprie garanzie ai fornitori. Ebbene, noi ci facciamo carico di voler insistere affinché, alla scadenza del prossimo 31 agosto, che è stata fortunatamente intanto avanzata di qualche mese, rispetto a quella precedente, che era il 30 aprile, ovverosia il termine che era stato dato per interrompere…Fino a quella data appunto venivano interrotte tutte quelle attività di elevazione del protesto da parte del pubblico ufficiale.

Ci sembra opportuno che questa iniziativa possa essere ulteriormente integrata anche con la non protestabilità tout-court di tutti quei titoli con scadenza nominale, ovverosia che alla data che ci daremo, o che il Governo vorrà darsi, ulteriore rispetto a quella del 31 agosto, si possa garantire la non protestabilità di quei titoli, perché altrimenti rischiamo veramente di lasciare molte famiglie per questa notte e per quelle successive, in una drammatica veglia in attesa dell'alba, che potrebbe essere l'ultima di questi imprenditori sul loro posto di lavoro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Giglio Vigna. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO GIGLIO VIGNA (LEGA). Grazie Presidente e grazie al Governo: noi siamo favorevolmente stupiti perché, dico la verità, non ci aspettavamo, visto il comportamento del Governo nelle settimane precedenti, un parere favorevole a questo ordine del giorno e quindi lo accogliamo con favore. Le misure del lockdown hanno frenato i consumi di più dell'11 per cento, cali di fatturato nel settore toccato dall'ordine del giorno che mi vede come primo firmatario, quindi parliamo del settore della ristorazione, del settore alimentare, del settore tessile, di quello che viene definito il settore dell'HoReCa, quindi Hotel, ristorazione, caffè, catering e tutto quello che è il servizio di questo tipo. Stiamo parlando quindi di un calo del fatturato del 25/30 per cento a livello nazionale e, nelle regioni più coinvolte, di più del 50 per cento. Oltre a questa situazione, oltre al fatto che non avete fatto praticamente nulla per questo settore, ci mettiamo anche in campo l'incertezza che avete creato con task force fatte di centinaia di persone in cui ognuno si è sentito libero di dire la propria, quindi appunto i membri di queste task force, virologi da talk show, politici, consiglieri comunali, fino ai ministri, che hanno fatto girare vere e proprie fake news. Abbiamo visto su Facebook questi plexiglas messi in mezzo ai tavoli, qualcuno ci ha creduto, qualcuno addirittura li ha fatti, come i quattro metri, avete diffuso la fake news dei quattro metri, poi vi siete smentiti, avete chiesto scusa. Queste sono cose che non vanno assolutamente fatte, perché oltre a non aver dato né fatto nulla, avete diffuso anche la paura in questi settori. Questo è un settore di tradizione, cultura, una scelta di vita; stiamo parlando della ristorazione e stiamo parlando del tessile, due settori, un'unica vocazione, un orgoglio italiano, una delle ragioni per le quali si visita l'Italia: il nostro cibo, il nostro food, come dicono gli inglesi, e il nostro settore tessile, per molti giovani la realizzazione di un sogno e per molte famiglie una tradizione. Quindi noi vi chiediamo iniezioni di ulteriore liquidità e voi ci dite: parere favorevole a questo ordine del giorno. Siamo contenti, permettetemi di dire, visto il vostro atteggiamento degli ultimi mesi e soprattutto delle ultime settimane, quello che non avete fatto per questo settore, permettetemi di dire che siamo contenti del parere favorevole, ma vigileremo con gli occhi molto, molto, molto aperti. Grazie ma permettetemi di dire: vigileremo e vigileremo molto, molto bene. (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lorenzo Viviani. Ne ha facoltà.

LORENZO VIVIANI (LEGA). Grazie Presidente. Governo, ci dispiace che gli ordini del giorno targati Lega su agricoltura e pesca, siano stati accettati solo con la riformulazione: “a valutare l'opportunità di”, anche perché abbiamo visto come tante volte anche ordini del giorno senza questa dicitura siano poi stati disattesi e il grande esempio è stato quello che concerneva il florovivaismo. Un ordine del giorno in cui si cercava di avere un fondo ad hoc, un settore che ha avuto due miliardi e mezzo di danni e purtroppo solo promesse: continuiamo a vedere provvedimenti e questo fondo ad hoc non esiste, non c'è e non è presente. Quindi, ecco come insomma questi ordini del giorno o con “a valutare l'opportunità di” o senza questa dicitura, poi diventino purtroppo carta straccia, non vengono presi neanche in considerazione.

Per quanto riguarda invece il settore della pesca, in questo ordine del giorno a mia prima firma n. 9/2461-AR/130, cercavamo di fare un procedimento che andava anche incontro a trovare un provvedimento che non andasse ad aumentare la mole di burocrazia. Nella pesca esistono già degli sgravi contributivi, degli sgravi fiscali, andiamo ad aumentare semplicemente queste percentuali, cerchiamo di trovare una soluzione, anche perché nel corso dell'esame in Commissione abbiamo presentato ad esempio un emendamento che andava anche lì verso la sburocratizzazione, parliamo ad esempio dei soldi per il fermo biologico 2017, 2018 e 2019 che i pescatori attendono, soldi dei pescatori che si sono fermati per quei mesi e dovevano avere un ristoro per quei mesi: mancano quei soldi. Abbiamo chiesto di fare praticamente tutto un meccanismo legato sempre al sistema bancario e anche lì siete riusciti a riformularlo e a riempirlo di burocrazia e quindi l'avete reso praticamente inutilizzabile. Speriamo nel prossimo decreto di cambiarlo e di cambiarlo definitivamente. Ecco, purtroppo i provvedimenti che andrebbero nel senso… non siamo riusciti a farvi capire che il mondo dell'impresa, il mondo delle aziende ha bisogno di liquidità subito, ma soprattutto non ha bisogno della vostra burocrazia, dell'aumento della burocrazia, di altri fogli da compilare. Vi siete scordati ad esempio dei pescatori autonomi, come se non esistessero, una categoria che prende tanti piccoli pescatori che non hanno la cassa integrazione: anche lì abbiamo cercato di presentare emendamenti e non li avete tenuti in considerazione. Questi sono settori, quello della pesca come quello dell'agricoltura, che, ricordatevi, hanno avuto un ruolo fondamentale durante il periodo del COVID-19: hanno preservato la sostenibilità alimentare del nostro Paese, non hanno fatto andare nel panico le persone, hanno mantenuto gli scaffali pieni nei nostri supermercati, hanno lavorato molte volte in rimessa, portando un prodotto fresco, di qualità e genuino sulle tavole degli italiani. Accetteremo naturalmente - meglio di niente - la riformulazione: “a valutare l'opportunità di”, però chiediamo al sottosegretario di ripensarci perché sia il mondo dell'agricoltura sia il mondo della pesca meritano di più.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Elena Murelli. Ne ha facoltà.

ELENA MURELLI (LEGA). Grazie Presidente, buona sera sottosegretario, voglio illustrare il mio ordine del giorno perché Piacenza è la provincia italiana con il più alto numero di mortalità. Non lo stabilisco in base al numero dei morti, quasi 950, ma a rivelarlo è uno studio dell'Università del San Raffaele di Milano. Nella mia provincia, come nelle altre zone rosse, i residenti e gli amministratori locali si trovano a dover affrontare sotto il profilo etico, relazionale, sociale, patrimoniale e imprenditoriale, la catastrofe economica che ha interessato l'intera area. Esprimo la mia solidarietà e vicinanza a tutti coloro che hanno sofferto e stanno soffrendo o che hanno perso direttamente qualcuno in famiglia e che non hanno avuto la possibilità di assisterlo o di salutarlo direttamente nel momento del trapasso (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ora è il momento della ripresa e la mia provincia ha bisogno di essere considerata al pari delle altre zone più colpite. Non vogliamo che i soldi delle cinque province previsti nel decreto rilancio vengano distribuiti tra più zone rosse, ma che il Governo ne stanzi di più per tutti questi comuni colpiti, cosa che invece contrasta all'interno del vostro stesso Governo. Non vogliamo essere dimenticati dal passaggio delle Frecce Tricolori, perché anche un'iniziativa lodevole e commemorativa ci permetterebbe di avere un momento simbolico in cui onorare la memoria di chi non c'è più anche nella nostra città. Non vogliamo essere quelli dimenticati dal punto di vista economico e a cui viene dato un contentino, com'è successo proprio con questo ordine del giorno, approvato al “decreto Cura Italia”, ma poi quando è stato il momento di trasformarlo in un emendamento, quindi in un atto concreto, l'emendamento in questo decreto imprese-liquidità è stato bocciato. Sono qui quindi ancora a chiedervi direttamente di esprimere un parere favorevole, cercando di creare un modello che favorisca la ripresa del settore produttivo piacentino con misure fiscali di semplificazione burocratica e di accesso al credito a fondo perduto per contrastare la crisi economica che ha colpito le nostre imprese, soprattutto le piccole e medie imprese, gli artigiani, i commercianti che hanno fatto grande il nostro Paese.

Infatti, non dovete dimenticare, sottosegretario, che Piacenza è la primogenita d'Italia. Piacenza è un crocevia di strategica importanza commerciale e culturale fra Nord e Sud. Piacenza è la provincia che fa da tramite tra culture ed economie diverse. Voglio che il Governo riconosca la nostra provincia, il ruolo primario che la storia e la geografia gli hanno dato (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Martina Loss. Ne ha facoltà.

MARTINA LOSS (LEGA). Grazie Presidente, signora sottosegretario, l'agroalimentare italiano è il simbolo di eccellenza del made in Italy e già, prima dell'emergenza COVID-19, soffriva, per diverse motivazioni, di una considerevole perdita di fatturato. Oggi, questo settore subisce il blocco delle esportazioni legato all'emergenza, che sta causando un ulteriore aggravio della situazione, anche per il manifestarsi di fenomeni speculativi che stanno spingendo al consumo di prodotti provenienti da altri Paesi appartenenti all'Unione europea e non solo.

L'esportazione alimentare made in Italy è inoltre vittima di una grave campagna di disinformazione, attacchi strumentali e concorrenza sleale da parte di Paesi stranieri. E' necessario, quindi, coinvolgere tutti gli operatori della filiera agroalimentare italiana ad adottare comportamenti volti a supportare le grandi eccellenze del nostro territorio, espressione di elevata qualità e anche di sicurezza.

Il sostegno al settore agroalimentare nazionale produce più risultati: innanzitutto, consente di supportare le aziende locali con l'attivazione del tessuto economico e un diretto ritorno per il cittadino attraverso servizi pubblici; in seconda battuta, significa garantire genuinità e qualità dei prodotti che pervengono freschi sulle tavole degli italiani e, come terzo, anche il miglioramento dell'ambiente, non solo per la cura diretta del territorio, che proviene proprio dalle aziende agricole, ma anche per il piccolo costo di inquinamento da trasporto, essendo il prodotto di provenienza locale.

Non va dimenticato, inoltre, che, ai fini del contenimento delle possibilità di una ripresa del contagio, anche limitare gli spostamenti di merci contribuisce a mantenere più sani il territorio e la comunità che vi vive. Già gli enti locali, le regioni e anche molti comuni portano avanti, da tempo, campagne promozionali volte alla valorizzazione dei prodotti della filiera agroalimentare italiana e a sensibilizzare i cittadini rispetto al loro acquisto. In merito a ciò, posso citare l'azione della provincia autonoma di Trento, che ha attivato la campagna “La mia terra non si ferma”, che ricorda al cittadino l'importanza del singolo contributo, operando delle scelte di consumo consapevoli rivolte ai prodotti locali. L'iniziativa “La mia terra non si ferma”, promossa dall'Assessorato provinciale all'agricoltura, foreste, caccia e pesca, coinvolge, oltre a tutto il mondo agricolo e alle aziende di promozione dei prodotti e di distribuzione, anche l'intero sistema del Trentino, perché il consumo di prodotti locali è una scelta che riguarda tutti. Oggi più che mai, infatti, è importante, quando si fa la spesa, fare attenzione alla provenienza di quello che acquistiamo, perché possiamo scegliere ciò che è stato prodotto dalle aziende del nostro territorio.

Scegliere prodotti locali è sempre una scelta virtuosa ma, in questo periodo, lo è ancora di più perché significa premiare il sacrificio di chi si sta prendendo cura delle nostre campagne, dei nostri pascoli e della nostra ricchezza; è una scelta per sostenere il nostro Paese.

Durante la discussione del decreto-legge Cura Italia al Senato, è stato accolto dal Governo un ordine del giorno con il quale si chiedeva la convocazione di un tavolo della filiera; a questo ordine del giorno non è però stato ancora dato seguito. Non più tardi di questa mattina, in sede di audizione delle categorie agricole in Commissione agricoltura, in merito al “decreto Rilancio”, le stesse categorie hanno messo in evidenza la difficoltà ad ottenere liquidità per le aziende dai primi provvedimenti del Governo, stante gli estremi impedimenti burocratici esistenti. E data la necessità immediata di liquidità, hanno chiesto a gran voce un tavolo di filiera che possa garantire il confronto diretto tra istituzioni e categorie della filiera agroalimentare italiana.

L'ordine del giorno n. 129 prevede l'impegno del Governo a convocare urgentemente il tavolo della filiera agroalimentare che coinvolga il mondo agricolo della trasformazione e della distribuzione con la finalità di adottare tutte le iniziative utili a supportare le grandi eccellenze del made in Italy di alto valore qualitativo nonché a stimolare la sottoscrizione di accordi di filiera fra gli operatori per tutelare e promuovere i prodotti agroalimentari sul mercato interno, favorendo il più largo consumo, al fine di porre rimedio ai gravi turbamenti dell'economia indotti dall'emergenza epidemiologica.

Per questo ordine del giorno la signora sottosegretaria ha proposto una riformulazione, aggiungendo l'opzione per il Governo di poter valutare se procedere all'attuazione di questo ordine del giorno…

PRESIDENTE. Concluda, è andata fuori tempo massimo.

MARTINA LOSS (LEGA). Chiedo, pertanto, al Governo un pieno accoglimento dello stesso, grazie.

(Applausi dei deputati del gruppo Lega- Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Sasso. Ne ha facoltà.

Non è presente: si intende che vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare il deputato Alberto Luigi Gusmeroli. Ne ha facoltà.

ALBERTO LUIGI GUSMEROLI (LEGA). Onorevole Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, sono indubbie le difficoltà del bilancio dello Stato e quindi, a maggior ragione, bisogna utilizzare correttamente le risorse, come sono indubbie le difficoltà delle famiglie e delle attività economiche e, quindi, abbiamo ancora più responsabilità nell'utilizzo delle risorse statali.

Ebbene, avete emanato il “decreto Liquidità” con cui sostanzialmente si concedono garanzie, pochissimi denari, garanzie tramite il mercato bancario. Avete fatto un “decreto Rilancio”, con 55 miliardi di deficit, concesso da questo Parlamento grazie anche all'intervento del centrodestra.

Ebbene, con tre piccoli provvedimenti, lo sblocco delle compensazioni fiscali, avreste dato 5 miliardi al costo di 0 euro; 5 miliardi al sistema delle piccole imprese, artigiani, commercianti e professionisti; anticipando il conguaglio del 730 a dipendenti e pensionati, avreste anticipato liquidità al sistema per 9 miliardi, secondo provvedimento; terzo provvedimento, spostando gli acconti di giugno e luglio a settembre, avreste dato liquidità al sistema per 10 miliardi; un totale di 24 miliardi, con tre provvedimenti semplici, tre paginette.

Avete scritto nel “decreto Rilancio” 265 articoli per 55 miliardi. Ebbene, lo spostamento degli acconti d'imposta IRPEF da giugno a settembre costa due, tre milioni di euro; io ho chiesto al Ministro Gualtieri se aveva intenzione di farlo, quando l'abbiamo audito per questo “decreto Liquidità”: ha detto “ci stiamo ragionando”, ma nel “decreto Rilancio” non ci è finito niente. Tutte le categorie sociali hanno chiesto di rinviare le imposte di giugno almeno a settembre; quei 10 miliardi costano solo due, tre milioni di euro al bilancio dello Stato.

Questo ordine del giorno vi ricorda che non bisogna avere grandi idee, spesso bisogna solo avere delle idee; tre piccoli provvedimenti, 24 miliardi; 55 miliardi che non finiranno al sistema delle piccole e medie imprese, artigiani, commercianti e professionisti tra cui tante famiglie e tanti dipendenti.

Ripensateci, sottosegretario ci ripensi: tre provvedimenti semplici, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Grazie a lei. Abbiamo, a questo punto, quattro richieste di intervento che sono state avanzate oltre il termine previsto. Non essendo ancora giunti alle ore 24, ritengo di poter consentire anche lo svolgimento di tali interventi, la cui durata massima è fissata in due minuti ciascuno.

Ha facoltà di intervenire la deputata Aurelia Bubisutti. Prego.

AURELIA BUBISUTTI (LEGA). Grazie Presidente, mi auguro di poterlo fare in due minuti, andrò velocissima. Mi riferisco all'ordine del giorno n. 128, che riguarda una deroga ai principi contabili dell'armonizzazione dei bilanci limitatamente alla concessione di anticipazioni agli strumenti finanziari regionali costituiti attraverso gestioni fuori bilancio, modalità, tra l'altro, molto efficace con cui le regioni possono intervenire a supporto del sistema economico.

Io sono molto perplessa sottosegretario, anche perché questo emendamento io l'ho presentato sia nel “Cura Italia”, sia nel decreto che andremo a votare domani; è stato considerato inammissibile, mentre invece come ordine del giorno vedo che avete detto che siete contrari all'accoglimento. Ecco, io adesso vorrei solo - vado molto veloce - spiegarle alcuni aspetti importanti. Io vengo dal Friuli Venezia Giulia - questo riguarda in particolare la mia regione -, che sta utilizzando tutti i mezzi a propria disposizione per applicare nel miglior tempo possibile alle imprese del territorio le nuove regole proposte dall'Unione europea per le misure di aiuto all'economia nell'attuale emergenza del COVID-19. Fortemente atteso e auspicato dalle imprese del territorio, la regione ha quindi provveduto a richiedere autonomamente a Bruxelles l'approvazione del proprio programma anticrisi COVID-19, in particolare per quanto riguarda gli aiuti alle imprese del comparto agroalimentare. Al di fuori di alcuni interventi…

PRESIDENTE. Concluda.

AURELIA BUBISUTTI (LEGA). Scusi?

PRESIDENTE. Concluda.

AURELIA BUBISUTTI (LEGA). Accidenti! Allora, cosa posso dire per concludere? Posso dire che l'emendamento, cioè quanto io ho richiesto, era stato approvato dalla Conferenza delle regioni e anche praticamente accolto da tutti i gruppi parlamentari. Questo, a mio modesto parere, significa che il Governo dovrebbe accoglierlo, farlo proprio ed era questo quello che noi ci aspettavamo, ma è quello che non è accaduto, tant'è che, come le ho detto, l'emendamento…

PRESIDENTE. La ringrazio. Preciso che i due minuti sono stati conteggiati in base anche al lavoro che abbiamo da fare dopo: abbiamo altri tre interventi, abbiamo un intervento di fine seduta, abbiamo le comunicazioni, abbiamo la chiusura della seduta e dobbiamo comunque farlo entro le 24. Ha chiesto di parlare il deputato Roberto Turri. Ne ha facoltà.

ROBERTO TURRI (LEGA). Presidente, il mio ordine del giorno è il n. 9/2461-AR/163, che vuole esortare il Governo ad intervenire in modo realmente utile, senza proporre, come ha fatto finora, finte soluzioni ai problemi degli italiani. Con questo decreto il Governo si impegna a garantire finanziamenti, quindi dei prestiti, alle imprese che sono state massacrate dalla chiusura forzata a causa del COVID-19, che appunto hanno chiuso, prestiti che, tra l'altro, non arrivano, con molte difficoltà nell'erogazione. Ma tralasciando questo problema, queste difficoltà, cosa fa il Governo? Dà dei prestiti che ovviamente dovranno essere restituiti con interessi. Insomma, si limita soltanto a rinviare le imposte, invece, secondo noi, se vogliamo veramente aiutare le attività produttive che sono state costrette a fermare la propria attività, dovremmo esentarle, almeno per il periodo di chiusura, da imposte e tasse, come viene proposto con quest'ordine del giorno per quanto riguarda l'IMU per gli immobili strumentali. Segnalo, tra l'altro, al Governo che molti comuni, in assoluta autonomia, e attingendo da risorse proprie, che sappiamo già deficitarie, hanno già assunto provvedimenti di esenzione, non solo dell'IMU, a sostegno delle attività produttive dei propri territori, ma lo sappiamo che i sindaci hanno a cuore il bene del proprio territorio e dei propri cittadini, all'opposto di quanto ha dimostrato questo Governo e questa maggioranza. Sono questi i provvedimenti, quindi, che il Governo dovrebbe assumere per sostenere il nostro tessuto economico, altrimenti nei prossimi giorni perderemo il conto delle attività che non rialzeranno più le saracinesche.

PRESIDENTE. Concluda.

ROBERTO TURRI (LEGA). Concludo. Il parere favorevole con riformulazione “a valutare l'opportunità di” suona come una presa per i fondelli, considerato che anche nell'ultimo decreto, il cosiddetto Rilancio, non è prevista alcuna esenzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dario Bond. Ne ha facoltà.

DARIO BOND (FI). Presidente, intanto ringrazio i due relatori, perché in Commissione hanno fatto, assieme alla due Commissioni, un bel lavoro; gli faccio quindi i complimenti. Il tema è molto semplice: ci sono molti imprenditori e molte aziende - ringrazio anche chi mi ha accettato l'ordine del giorno, il sottosegretario - che non potranno prendere i famosi 30 mila euro, restituibili in dieci anni, perché hanno avuto delle sofferenze bancarie; magari hanno avuto, nel corso del 2018 o del 2019, dei problemi con le banche, con la restituzione dei mutui, ma sono stati talmente responsabili che non hanno tirato il pacco nel chiudere l'azienda o nel fare fallimento, o nel fare un concordato fallimentare; essi hanno tenuto duro per portare avanti la loro azienda. Non potranno prendere i famosi 30 mila euro. Ecco, io chiedo, sottosegretario, di rivedere questa posizione, di entrare nel merito, assieme al sistema bancario, delle singole situazioni. Ci sono delle gran belle persone, dei gran belli imprenditori che meritano attenzione da parte di questo Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tommaso Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, la rappresentante del Governo ha sicuramente solida esperienza governativa, oltre che parlamentare, per poter comprendere lo sconcerto che ho provato nel momento in cui ho sentito che l'ordine del giorno n. 9/2461-AR/17 ha avuto parere contrario del Governo. Mi rivolgo al Governo, per rivolgermi anche lei, signor Presidente, e al collega Borghi, perché basterebbe leggere l'articolo 143, comma 3, del nostro Regolamento, per sapere che le Commissioni possono chiedere ai rappresentanti del Governo di riferire, anche per iscritto, in merito all'esecuzione di leggi. Quest'ordine del giorno chiede soltanto, anziché di dover obbligare le Commissioni ad applicare l'articolo 143, comma 3, che il Governo, in relazione a tre articoli di legge, che sono quelli forse più cardini - l'articolo 1, l'articolo 12, e l'articolo 13 - venga spontaneamente, quando lo ritiene - periodicamente c'è scritto -, a riferire dell'applicazione di questi tre articoli di legge. Non si vede quale ratio di natura politica e ancora meno quale ratio di natura legislativa possa suggerire un parere contrario, quindi io chiedo al Governo gentilmente di rivedere questo parere, diversamente rivedremo anche gli accordi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così conclusi gli interventi per dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno. Come convenuto nella Conferenza dei presidenti dei gruppi, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 9.

Modifica nella composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 28 maggio 2020, il deputato Antonino Germanà, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire alla componente politica Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro, del gruppo parlamentare Misto. Il rappresentante di tale componente, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera trasmessa in data odierna, il presidente della Commissione Affari costituzionali ha comunicato che, in sede di ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti del gruppi, è stato convenuto - all'unanimità - di chiedere di differire alla mattina di giovedì 28 maggio l'avvio dell'esame in Assemblea del decreto-legge in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020.

La discussione sulle linee generali del provvedimento non sarà pertanto iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani.

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame del decreto-legge sarà previsto a partire dalle ore 9 della seduta di giovedì 28 maggio, con votazioni non prima delle ore 14.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Signor Presidente, poche parole, ma ci sembrava giusto e per molti aspetti doveroso concludere questa giornata ricordando che 98 anni fa, a Sassari, nasceva Enrico Berlinguer, una figura storica della sinistra italiana e delle istituzioni repubblicane, e crediamo che sia per parte nostra doveroso un atto di omaggio e di ringraziamento alla sua memoria.

Credo che non siano necessarie più di tante parole, la figura e l'esempio che Enrico Berlinguer ha portato alla politica italiana sono ancora molto vive nella memoria di tutti quanti hanno potuto conoscerlo, sia direttamente che attraverso le pagine di storia.

Ma dei suoi molti insegnamenti, signor Presidente, c'è una frase che, credo, ci parli in maniera molto stringente nella nostra contemporaneità; è una frase che vorrei consegnare alla riflessione dell'Aula e che ci dice quanto il suo esempio e la sua attività che ha svolto di testimonianza di un ideale sia ancora un punto di riferimento nella contemporaneità. Diceva Enrico Berlinguer: “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno”. Credo che parole come queste sembrerebbero scritte in questi momenti così difficili per il nostro Paese e penso che anche per questo motivo Enrico Berlinguer resta, credo, per tutti quanti noi indipendentemente dalle posizioni politiche, un riferimento indimenticabile (Applausi).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 27 maggio 2020 - Ore 9:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.

(C. 2461-A/R)

Relatori: FRAGOMELI, per la VI Commissione; CARABETTA, per la X Commissione.

(ore 15)

2. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 23,50.