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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 346 di lunedì 25 maggio 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 10,10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUIGI IOVINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 22 maggio 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Azzolina, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Boschi Brescia Buffagni, Businarolo Cancelleri, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Rizzo, Rosato, Ruocco, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Traversi, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 22 maggio 2020, il deputato Antonino Germanà, già iscritto al gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente, ha dichiarato di aderire al gruppo Misto, a cui risulta pertanto iscritto.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori, il deputato Ungaro. Prego.

MASSIMO UNGARO (IV). Presidente, grazie e buongiorno, è notizia di questi ultimi giorni che i ragazzi a Hong Kong sono tornati in strada per chiedere diritti e democrazia. La legge per la sicurezza nazionale della Repubblica Popolare Cinese nel territorio di Hong Kong è chiaramente - a noi sembra - una violazione del Trattato del 1997, il Trattato di recesso del Regno Unito, che va contro l'idea appunto di un Paese e due sistemi. Noi chiediamo ai nostri amici della Repubblica Popolare Cinese di pensarci bene e troverete sempre il gruppo di Italia Viva dalla parte della democrazia e dei diritti.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali (A.C. 2461-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2461-A: Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2461-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che le Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione Finanze, deputato Gian Mario Fragomeli.

GIAN MARIO FRAGOMELI, Relatore per la VI Commissione. Grazie Presidente, oggi iniziamo la discussione generale su un provvedimento molto importante, il cosiddetto “decreto Liquidità”. Viene da un periodo molto intenso anche di audizioni che abbiamo fatto nelle scorse settimane. Sono passati più di quaranta giorni dall'emanazione del decreto, proprio perché volevamo inaugurare anche un forte ascolto del Paese rispetto ai temi che questo decreto affronta. È innegabile anche il fatto che l'Italia, essendo il primo Paese colpito a livello europeo dalla pandemia, ha iniziato a lavorare a questo decreto e non ha potuto tener conto di un panorama normativo definito a livello europeo, il cosiddetto Temporary Framework Agreement, il TFA, e ciò, quindi, ha provocato sicuramente una serie di problematiche rispetto all'inizio, nella stesura di alcune norme all'interno di questo decreto. È molto difficile, quando si parte prima ma non si conosce perfettamente il tragitto da raggiungere, riuscire ad arrivarci, se non con delle complicazioni. Molto spesso, in questi giorni, abbiamo assistito a comparazioni rispetto ad altri Paesi europei. Noi siamo partiti prima di questo quadro europeo e siamo intervenuti a difesa del nostro sistema delle imprese. Nel concreto, la discussione parlamentare è stata molto florida, vivace, abbiamo avuto discussioni su tutti gli articoli e siamo riusciti anche, dal nostro punto di vista, ad ampliare la matrice di questo decreto, gli interventi su questo decreto.

Parto subito dal primo articolo, un articolo fondamentale riferito ai finanziamenti che la SACE, una società fondamentale nel panorama di Cassa depositi e prestiti, ha assunto come impegno rispetto alle imprese medio-grandi del sistema produttivo italiano. E qui siamo intervenuti a più riprese, seguendo però un intervento in modo organico, che ci ha permesso anche di definire delle regole e un inquadramento condiviso. Penso, in particolare, al fatto che abbiamo definito che i finanziamenti devono andare a imprese che decidono di investire e continuare a investire in Italia. Una serie di emendamenti, infatti, hanno superato la possibilità, escluso che società, che sono residenti nei cosiddetti paradisi fiscali, potessero ottenere questi finanziamenti. Siamo intervenuti per fare in modo che le finalità di spesa, quindi la possibilità di utilizzare questi finanziamenti si ampliasse e questo è stato un altro lavoro che ci siamo dati anche rispetto ai finanziamenti SACE. Abbiamo scritto in modo molto netto e chiaro che le aziende che decidono di aderire a questi finanziamenti devono impegnarsi - un altro tema fondamentale - a non delocalizzare fuori dall'Italia. Questo decreto ha avuto due linee guida. La prima, è dare risorse e liquidità alle imprese; il resto è sostenere e rendere sostenibile il dato occupazionale italiano. Troveremo spesso, in questo decreto, accenni, anche negli emendamenti, che consentano di prendere in giusta considerazione il tema della non delocalizzazione e, quindi, del mantenimento del dato occupazionale.

Abbiamo lavorato molto anche sulla possibilità che queste imprese abbiano dei nuovi strumenti da utilizzare, non da ultimo una maggiore libertà nella contrattazione con la banca; penso innanzitutto al tema del pre-ammortamento, quindi alla possibilità di arrivare fino a 36 mesi. Abbiamo cercato di dare una risposta il più diversificata possibile al sistema delle imprese: all'articolo 1, che riguarda i finanziamenti principalmente alle medie o grandi imprese, ad opera di SACE, segue, poi, l'articolo 13 del Mediocredito centrale, che riguarda, invece, i finanziamenti alle PMI e alle piccolissime imprese. Abbiamo fatto, da questo punto di vista, un lavoro molto accurato. Io, nella relazione iniziale a questo decreto, dicevo appunto che dobbiamo diventare gli artigiani della norma, nel senso stretto del termine: lavorare sulla qualità del prodotto normativo, ma ancor più pensare a una forte diversificazione delle norme, che rispondesse alle diverse esigenze del nostro sistema produttivo. Abbiamo lavorato sull'articolo 2 e qui, anche con emendamenti dei relatori, abbiamo fatto in modo che la grande mission, il grande ruolo che ha SACE, di favorire l'internazionalizzazione del settore produttivo, si allargasse; abbiamo, infatti, promosso, insieme a tutti i gruppi parlamentari, l'aumento della strategicità dei settori che devono essere favoriti da SACE: penso alla filiera agricola nazionale, penso al turismo, al tessile, alla moda, al made in Italy, allo sport, all'arte. Quindi, abbiamo ampliato di molto quello che deve essere il lavoro che SACE dovrà compiere in questa fase particolarmente critica del rilancio del nostro sistema produttivo.

Con SACE abbiamo, nel secondo articolo, che molto spesso non viene annoverato tra quelli di maggior interesse, un impegno forte di garanzie per 200 miliardi, quindi un elemento fondamentale di rilancio dell'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano. Abbiamo discusso molto su questioni importanti legate al sistema delle imprese, che non sono solo di natura meramente economica, ma anche di natura giuridica, di natura di princìpi contabili, perché in questo decreto lo Stato assume una maggiore responsabilizzazione, non lascia o ha l'ambizione di non lasciare gli imprenditori da soli. Difatti, all'articolo 6 abbiamo operato una grande modifica in tema di perdita del capitale sociale per fare in modo che questo anno non sia un anno distruttivo per il nostro sistema delle imprese, per fare in modo che le perdite di quest'anno possano essere ammortizzate in modo pluriennale, per fare in modo che l'anno prossimo non ci siano tantissime imprese che, con le loro perdite, dovranno ricapitalizzarsi senza avere le risorse, oppure dovranno affrontare un grande rientro da parte del loro sistema aziendale.

Da questo punto di vista abbiamo lavorato per ammortizzare in modo pluriennale le perdite, in modo strettamente connesso a quello che è il rientro del credito avuto dalle banche, quindi per 6 o 10 anni. È un lavoro che dà una risposta importante al sistema delle imprese che affrontano un anno nero, quello del 2020, ma che non devono affrontare un altrettanto anno nero nel 2021. Abbiamo lavorato su temi importanti; penso alle sospensioni dei termini di scadenza dei titoli di credito. Anche questa è una questione importante, perché i protesti, che possono avvenire a breve, rischiano veramente di mettere in crisi il sistema dei pagamenti. Anche qui abbiamo operato un rinvio al 31 di agosto, rispetto all'attuale del 30 di aprile, per dare fiato ai pagamenti e per fare in modo che molti operatori non fossero colpiti e non siano colpiti dall'essere protestati e, conseguente, difficoltà di avere accesso poi al credito, perché sappiamo tutti cosa vuol dire una segnalazione per protesto. Abbiamo lavorato in modo molto puntuale sul fondo Gasparrini; un fondo che nasce storicamente per la sospensione dei mutui prima casa per i lavoratori dipendenti e che già nel testo iniziale prevedeva un ampliamento, ma con il lavoro in fase referente ci siamo impegnati a definire meglio i soggetti che possono sospendere il loro mutuo sulla prima casa.

In particolare, abbiamo chiarito l'estensione agli artigiani e alle imprese individuali, ma abbiamo fatto anche di più, abbiamo esteso a quelle persone più fragili, che molto spesso acquistano una casa, un'abitazione in cooperativa, a proprietà indivisa, e che non potevano accedere alla sospensione del loro mutuo in quanto non era contemplato. Abbiamo fatto in modo che anche le persone che avevano da poco acceso un mutuo, quindi i cosiddetti mutui giovani, con un piano di ammortamento di meno di un anno, potessero anche loro intervenire. Questa è un'operazione sulla casa importante, che rivendichiamo in questo decreto, perché oggi le famiglie sono in difficoltà o in cassa integrazione o hanno dei bonus, ma è importante riuscire a intervenire anche sul contenimento della spesa.

Siamo intervenuti fissando anche dei crediti di imposta importanti, dal nostro punto di vista, sempre per il sistema produttivo; e penso al credito d'imposta al 30 per cento per le spese sostenute per partecipare a fiere che sono state disdette, chiaramente, a causa del lockdown. Quindi anche qui un intervento per favorire e contenere le spese di quelle aziende che lavorano sull'internazionalizzazione, che si presentano all'estero per vendere i loro prodotti, che hanno molto spesso impegnate risorse ingenti e che potranno avere questo credito di imposta. Abbiamo lavorato sulla detraibilità per l'acquisto di beni ceduti in erogazione liberale a seguito degli interventi di emergenza COVID. Anche qui, molte società sono intervenute con beni in natura per aiutare il nostro sistema sanitario, ad esempio, ma non solo, in una fase particolarmente critica, e abbiamo pensato fosse giusto riconoscere una detraibilità.

C'è il grosso dell'articolo 13, che poi magari anche il collega Carabetta riprenderà più puntualmente, ma che, secondo noi, qualifica fortemente l'intervento fatto in sede referente, e non solo per l'aumento della possibilità di accedere dai 25 ai 30 mila euro o l'aumento dai 6 anni ai 10 anni, ma perché ci siamo occupati di quello che il Paese ci chiedeva. Penso, in particolare, anche al calmierare l'effetto dei tassi di interesse, mettendo a punto un argine a quelli che erano dei costi aggiungibili, e quindi abbiamo ricondotto a solo un più 0,2 rispetto al tasso di interesse registrato. Abbiamo fatto in modo di adeguare i finanziamenti già in essere con le nuove condizioni, perché è chiaro che quello che…

PRESIDENTE. Un attimo soltanto, chiedo scusa. I deputati presenti in Aula sono pregati di indossare la mascherina. Prego, prosegua, chiedo scusa per l'interruzione.

GIAN MARIO FRAGOMELI, Relatore per la VI Commissione. Siamo intervenuti, dicevo prima, anche per fare in modo che coloro che hanno già ricevuto questi finanziamenti non fossero presi dalle maglie della burocrazia nell'erogazione, e nell'integrazione quindi, del tasso agevolato che abbiamo introdotto piuttosto che del prolungamento del piano di rientro piuttosto che dell'aumento dell'importo. Quindi abbiamo lavorato a 360 gradi per rendere veramente organico l'accesso al credito e per migliorare la qualità dell'accesso al credito. Abbiamo fatto in modo di differenziare anche zone del nostro territorio che sono ancora oggi particolarmente in difficoltà, pensiamo alle zone che hanno subito calamità naturali; anche qui abbiamo lavorato per fare in modo che altri requisiti subentrassero rispetto al solo requisito del 25 per cento del fatturato, ed è stato un lavoro importante perché, in qualche modo, ha dato una particolare attenzione a queste soggettività imprenditoriali in determinati territori.

Abbiamo lavorato, in particolare, sul Terzo settore, ma non solo, perché anche qui era importante un'attenzione a coloro che non erano ricompresi inizialmente nella possibilità di accedere al credito. Abbiamo, in qualche modo, pensato che ci siano delle categorie speciali, sempre richiamando quel tema dell'artigiano e della norma, che dovessero essere giustamente valutate. Penso, in particolare, a delle regole speciali per le aziende edili, a tutti quelli che hanno un tema di ricavi che si sviluppano in termini pluriennali, e che quindi devono essere particolarmente attenzionati. Anche qui siamo intervenuti e abbiamo fatto un lavoro importante. Ci siamo occupati non solo dei piccolissimi crediti, abbiamo lavorato anche su crediti più importanti, e penso, da questo punto, di vista fino a 800 mila euro, con la preoccupazione, spesso sentita, che sei anni erano pochi per garantire un piano di rientro a un'impresa rispetto ad un credito di questa portata.

Abbiamo lavorato per fare in modo di poter ottenere comunque il 100 per cento, con un 80 per cento di garanzia statale e un 20 per cento di garanzia confidi, fino addirittura a trent'anni. Una scelta dell'impresa, dell'imprenditore, che viene messa sul tavolo comunque partendo dai dieci anni fino ai trent'anni. Abbiamo lavorato sulla rinegoziazione, perché molto spesso abbiamo sentito in queste settimane, nell'avvio di queste misure, il fatto che il contraente debole, l'impresa in qualche modo doveva soggiacere alla banca e al fatto che rinegoziasse o spingesse a rinegoziare debiti pregressi.

Anche qui abbiamo lavorato, abbiamo fatto in modo che si incrementasse quel plafond di credito aggiuntivo che doveva essere erogato, e siamo passati dal 10 al 25 per cento; ma, ancor di più, abbiamo lavorato sulla facilitazione rispetto agli interessi del nuovo e del vecchio credito, che dovessero essere ridotti. Abbiamo fatto in modo di allargare la platea dei soggetti interessati, abbiamo ricevuto richieste anche da altri settori. Penso al mondo assicurativo, agli agenti di assicurazione, ai broker: anche loro avranno la possibilità di accedere. Abbiamo fatto in modo che le finalità e la spesa di queste risorse fosse più ampia da parte del sistema delle imprese, e quindi abbiamo consentito che si potesse utilizzare il finanziamento anche per le rate scadute di finanziamenti precedenti. Abbiamo poi continuato il nostro lavoro sullo sport, sulla liquidità, che ci sembrava fondamentale anche da questo punto di vista, e ci siamo impegnati ad estendere alle operazioni di liquidità il Fondo di garanzia per gli impianti sportivi. Ma, cosa importante, che, magari, non ha colpito e non ha interessato fortemente la discussione e il dibattito parlamentare, ma che è stata inserita, è la questione del golden power.

Abbiamo ampliato gli obblighi di notifica relativi anche alla partecipazione di imprese di rilevanza strategica che non erano incluse inizialmente, e penso in particolare alla questione dell'estensione al settore sanitario, perché è un altro tema che è fondamentale garantire il golden power e il potere di veti anche rispetto a questo settore. Abbiamo esteso all'agroalimentare, al siderurgico, ad altri settori strategici che non erano ricompresi inizialmente nel golden power e che invece sono importanti, anche al fine del mantenimento dei livelli occupazionali e di produttività nazionale. Quindi, da questo punto di vista, anche un tema che non ha preso tantissimo spazio, però in modo puntuale siamo intervenuti, ampliandolo, perché secondo noi l'Italia in questo momento deve essere supportata anche in questi settori strategici che non erano ricompresi nella stesura iniziale.

Abbiamo lavorato molto sul tema dei canoni, ad esempio abbiamo lavorato su delle sospensioni. Qui apro e chiudo parentesi rispetto al fatto che un decreto, il cosiddetto “decreto Rilancio”, è intervenuto, durante la discussione parlamentare di questo decreto, la materia più prettamente fiscale, delle scadenze fiscali, che è stata in buona parte anticipata da questo decreto, o meglio, è intervenuto e non ci ha permesso di affrontare alcuni temi perché erano già inseriti nel nell'emanando, e poi emanato, “decreto Rilancio”. Però, comunque, noi siamo intervenuti, ad esempio, sulla sospensione del pagamento dei canoni fino al 31 luglio, penso ai beni immobili appartenenti allo Stato, anche questo un tema importante, con un emendamento dei relatori.

Abbiamo lavorato per la proroga di un'altra questione sulla regolarità fiscale al 30 giugno, delle irregolarità fiscali definite al 29 febbraio. Abbiamo lavorato su questioni che, come dicevo prima, riguardano anche i lavoratori e le imprese italiane da un punto di vista giuridico, e quindi anche sull'integrità psicofisica dei lavoratori. Abbiamo meglio definito le responsabilità a carico del datore di lavoro, una questione molto complicata, che sappiamo essere molto complicata, che però, anche qui, ci ha permesso di non far confliggere il diritto all'impresa, alla facilitazione e alla sburocratizzazione per le imprese, dall'altra parte con la tutela dell'integrità psicofisica del lavoratore.

Abbiamo lavorato per rilanciare il credito d'imposta, chiaramente fondamentale, che poi è andato, però, nel “decreto Rilancio” rispetto alla sanificazione degli ambienti, ai DPI, perché sappiamo che per il nostro sistema produttivo questo sarà un onere importante nella fase di ripresa, perché nuove regole interessano il nostro sistema produttivo.

Abbiamo rinviato e sospeso d'ufficio le udienze, gli atti di procedimenti civili, tributari e penali. Tutte questioni che chiaramente durante il periodo della pandemia sono complicate; quindi abbiamo lavorato da questo punto di vista per un rinvio importante. Ci siamo occupati, poi, di un altro tema fondamentale, che è la sospensione al 30 settembre delle segnalazioni in sofferenza alla centrale dei rischi della Banca d'Italia, perché anche qui sappiamo tutti cosa vuol dire essere segnalati e cosa complica la vita per il sistema delle imprese italiane. Quindi abbiamo lavorato per bloccare questo aspetto, sapendo che in questo momento c'è un diritto del creditore, ma dobbiamo prestare particolare attenzione anche a un diritto del debitore a non subire eccessivamente gli effetti di questa crisi, e quindi abbiamo deciso di sospendere.

Allo stesso tempo, nel discorso che facevo anche all'inizio, questo saper occuparsi o comunque volontà di occuparsi sia delle imprese, ma anche dei lavoratori, abbiamo esteso CIG e CIGS ai lavoratori assunti dal 24 febbraio al 17 marzo.

Le questioni sono molte, come vedete, e noi le abbiamo affrontate in modo mai così condiviso: lo dico a scanso di retorica parlamentare. Sono alla seconda legislatura e posso dire chiaramente di non aver mai condiviso in modo così netto all'interno di due Commissioni un rapporto di stretto accordo con l'opposizione. Tutto quanto ho letto fino adesso, tutti gli emendamenti che abbiamo affrontato per migliorare e rendere più attuale il decreto sono stati frutto di un lavoro condiviso con tutte le opposizioni e chiaramente con la maggioranza, ad esclusione di nessuno. Non ho registrato minimamente nessuna particolare criticità ma la volontà veramente di lavorare assieme in un momento particolare della storia repubblicana che meritava l'apporto di tutti e quindi un sincero ringraziamento a tutte le forze politiche che hanno reso possibile il miglioramento del decreto e, da questo punto di vista, credo sia importante quindi rilanciare un altro tema che in qualche modo, secondo me, deve essere al centro del nostro lavoro e ci deve riguardare: la sostenibilità finanziaria non può essere minimamente….

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIAN MARIO FRAGOMELI, Relatore per la VI Commissione. Ho finito il tempo? Un minuto. Mi avvio quindi a concludere. Il tema della sostenibilità finanziaria è quindi fondamentale perché credo che ciò che siamo riusciti a fare nel decreto, cioè cercare di dare fiducia alle imprese nel momento peggiore della loro vita superando il conflitto che spesso può essere intravisto, vale a dire sostenere l'occupazione, credo che abbiamo raggiunto tale lavoro in modo puntuale e credo quindi di essere pienamente soddisfatto del contributo che tutti hanno dato alla stesura e alla conversione del decreto (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la X Commissione, deputato Carabetta.

LUCA CARABETTA, Relatore per la X Commissione. Grazie, Presidente. Grazie anche al relatore Fragomeli che ha anticipato nel merito e nel metodo la soddisfazione nell'aver concluso il provvedimento in Commissione e aver ottenuto grandi risultati. Il “decreto Liquidità” è un tassello dell'azione del Governo: l'abbiamo detto anche in Commissione. È una parte del pacchetto di soluzioni che il Governo adotta per affrontare questa crisi senza precedenti: è evidente che con la sola liquidità, tramite credito, la crisi non può essere superata. Possiamo dare una mano alle aziende, possiamo cercare di agevolare tutte le condizioni possibili del sistema creditizio ma serve un'azione ancora più forte. Quindi questo non deve essere visto come un punto di arrivo ma un passaggio intermedio se non un punto di partenza per superare questo momento. Come sappiamo il “decreto Liquidità” fa riferimento a uno schema di aiuti europeo rinnovato perché l'Europa ha deciso di ampliare un po' il campo d'azione, dato il momento così critico, e allora questo nuovo sistema del credito prende spunto da queste nuove regole europee. Noi l'abbiamo declinato principalmente su due rami: quello del Fondo centrale di garanzia e quello di SACE. Sappiamo che l'azione di SACE è mirata più alle medio-grandi aziende e all'internazionalizzazione e il Fondo di garanzia invece agisce per quanto riguarda le micro, piccole e medie aziende. I numeri già oggi, quando non siamo neanche al passaggio di conversione alla Camera, sono molto buoni: se guardiamo al Fondo di garanzia abbiamo nettamente più di 200 mila pratiche. Quindi è un numero che evidenzia il fatto che il provvedimento non solo ha un suo senso ma è anche utile ed è stato recepito dal sistema produttivo. Il “decreto Liquidità” non ha solo questa parte. Come è stato ricordato c'è un capo che riguarda la parte fiscale che è molto importante relativamente a semplificazione e sospensione, c'è il tema golden power, mai così importante come in questo momento di crisi sistemica e ci sono disposizioni relativamente a salute e lavoro. Il lavoro di Commissione che abbiamo portato avanti è stato anzitutto di ascolto e di istruttoria sulle proposte che ci arrivavano dall'esterno. Sono state fatte una quarantina di audizioni in Commissione, tra l'altro svoltesi da remoto dato il momento critico e per questo desidero ringraziare gli uffici per il supporto che ci hanno dato in questo passaggio.

Sono state svolte una quarantina di audizioni, più o meno 150 memorie scritte che rappresentano la voglia del mondo al di fuori di contribuire con proposte, con emendamenti, con riflessioni e con osservazioni. È da qui che, a mio avviso, è partita un'azione molto importante del Parlamento che anzitutto deve essere in grado di ascoltare, ancor prima di fare. Quindi, le audizioni sono state il punto di partenza per una discussione politica, come è stato ricordato anche dal relatore Fragomeli, che è stata portata avanti tra maggioranza e opposizione. Gli emendamenti pervenuti in prima battuta sono stati circa 2.900, poi abbiamo avuto 750 proposte segnalate, maggioranza e opposizione si sono confrontate sulle singole proposte, emendamento dopo emendamento, scendendo nel merito perché ogni proposta è frutto del lavoro di un parlamentare che mai come in questo momento vuole contribuire a un'azione condivisa. Il Governo ha dato disponibilità per un confronto serrato. Sappiamo che da poco è stato pubblicato il “decreto Rilancio”, quindi l'attività è stata estremamente complicata e ha richiesto uno sforzo doppio da parte del Parlamento e del Governo: per questo voglio ringraziare tutti i colleghi che hanno messo le loro energie nel portare avanti il provvedimento.

Per quanto riguarda il merito delle proposte che sono arrivate rispetto ai diversi capi che abbiamo citato, quindi l'accesso al credito, il fisco, il lavoro, la sanità, posso dire sinceramente che tendenzialmente le proposte che abbiamo visto sono state trasversali: i parlamentari che hanno assistito alle audizioni hanno colto lo spirito dei soggetti che sono venuti a parlare. Il framework europeo era limitato, andava ampliato, bisognava allargare la platea delle imprese in grado di accedere alle risorse; bisognava anche allargare il tipo di aiuti in termini di durata dei prestiti, che erano troppo restrittivi, anche in termini di importi. Relatori e Governo, soprattutto in queste due settimane, hanno fatto un lavoro che è stato di sintesi per individuare le proposte condivise, confrontarsi su vari livelli istituzionali e tra i vari livelli istituzionali ricordo anche quello della Commissione europea, perché è evidente che questi confronti non sono stati fatti solo all'interno dei nostri confini e il lavoro di sintesi si è poi ritrovato negli emendamenti firmati dalle diverse forze politiche che riscrivevano intere parti del recepimento del framework europeo. È un bel messaggio per il lavoro parlamentare, ma è un bel messaggio anche per il Paese: dato che questi strumenti sono utilizzati in questo momento, avere un sostegno trasversale nel migliorarli sicuramente non potrà che migliorarne anche l'utilizzo.

Voglio anche ringraziare i presidenti di Commissione perché, come abbiamo detto, il lavoro di Commissione non è stato facile, non è stato banale, i ritmi sono stati intensi e i presidenti hanno garantito un regolare svolgimento sia dell'attività di audizione che dell'attività di confronto e, quindi, poi, di chiusura del provvedimento e, ovviamente, ricordo il lavoro svolto dagli uffici che hanno sempre assistito soprattutto nella fase di sintesi, di emendamento che è stata estremamente complicata. Le forze di opposizione hanno riconosciuto lo spirito del decreto e hanno riconosciuto altrettanto i limiti: molte proposte sono arrivate anche dall'opposizione e sottoscritte dalla maggioranza.

Scendo anche un po' nel merito, come ha fatto il relatore Fragomeli, perché è utile ricordare quanto il Parlamento sia stato in grado di migliorare il provvedimento. Il framework recepito ci aveva dato un quadro in cui i prestiti sotto i 25 mila euro dovevano essere restituiti entro i sei anni. Il provvedimento esce dalla Camera e i sei anni diventano dieci e i 25 mila euro diventano 30 mila. Poi il provvedimento esce dalla Camera con un aiuto importante: al di sopra dei 25 mila euro fino a 800 mila e le garanzie dello Stato si portano oltre i dieci anni. Sappiamo che c'è tutto un tema di ampliamento della platea dei beneficiari che riguarda chi oggi non può accedere e chi da domani potrà accedere. Quindi, chi magari oggi per termini di merito creditizio non viene riconosciuto come un valido pagatore - chiamiamolo così - e che da domani, grazie ai miglioramenti, in una certa misura potrà entrare.

Coloro che oggi non potevano entrare erano parti del Terzo settore. Anche lì, ancora qualcosa in più possiamo fare, però è stata inclusa questa parte così importante del Paese ed è stato fatto un primo passo. Tutto il tema del factoring è entrato grazie al passaggio parlamentare, il tema assicurativo. Poi, abbiamo specificato che anche gli studi associati possono accedere alle garanzie. Quindi, la platea dei beneficiari del provvedimento dopo la Camera viene nettamente ampliata e vengono ampliati gli aiuti.

Uno dei temi che è stato portato nelle audizioni, tra i più forti, è stato quello della rinegoziazione dei debiti pregressi e ci è già passato anche il relatore Fragomeli nella sua relazione. Anche qui è stata presentata una riformulazione di tante proposte che arrivavano dalle diverse forze politiche. I costi e gli interessi delle linee di credito sono stati semplificati. Abbiamo inserito un'autodichiarazione sulle diverse linee di credito che consentirà da domani di agevolare la concessione del credito, perché grazie a questa autodichiarazione l'imprenditore è in grado di segnalare il suo stato economico e finanziario e la banca in questo modo è in grado di concedere più agevolmente il credito.

Nell'ultimo giorno della Commissione è pervenuta anche una riformulazione che riguardava quegli articoli sulla responsabilità del datore di lavoro in un momento così complicato e anche quel tema è stato inserito nel provvedimento. Abbiamo esteso il “Fondo Gasparrini”, come ha ricordato il relatore Fragomeli, e abbiamo impedito alle aziende che hanno sede nei paradisi fiscali di accedere agli aiuti di Stato italiani. Per quanto riguarda il golden power, ci sono già passato prima sul tema. È un tema molto importante e anche lì è stato fatto un potenziamento rispetto al testo che ci era arrivato dal Governo.

Come dicevo, queste sono alcune chiaramente delle modifiche che le Commissioni riunite hanno fatto grazie alla collaborazione di tutti. Lo strumento oggi funziona, i dati positivi li abbiamo ed è verosimile che dalla conversione in legge, dopo il passaggio in Senato, lo strumento sarà ancora più utilizzato e, a mio avviso, il Paese, dato questo segnale, così, di apertura trasversale rispetto a questo tema, non farà che accogliere con favore queste nuove misure.

Sul piano europeo già si parla di un nuovo framework. Ci saranno nel prossimo periodo degli ulteriori sviluppi di questi nuovi schemi degli aiuti di Stato. La ragione è evidente: il periodo di crisi riguarda tutti. Parliamo di una crisi sistemica e forse oggi non siamo neanche in grado di valutare i danni nella loro entità e non sappiamo valutare esattamente i settori più colpiti e quanto saranno colpiti. Non sappiamo quanto ancora durerà la crisi e se ci saranno ulteriori ripercussioni. Quindi, è evidente che l'Europa non si può fermare qui. Questo è un primo passaggio che il Parlamento italiano ha dato prova di riuscire a modificare e a migliorare e forse noi tutti abbiamo fatto un passo in più, un passo in avanti rispetto a quegli aiuti europei che hanno bisogno di essere potenziati molto, molto di più, perché così davvero non sono sufficienti.

Quindi, io non scendo troppo nel merito del provvedimento perché abbiamo una discussione sulle linee generali che ci attende. Abbiamo segnalato le diverse proposte migliorative che le Commissioni ha portato avanti. Per ultimo, Presidente, io voglio tornare a ringraziare oltre al relatore Fragomeli, che ha accompagnato questo lavoro di confronto, come ha ricordato lui, molto ampio - e raramente si vede in Parlamento un confronto così ampio sia all'interno che verso l'esterno -, voglio ringraziare i presidenti di Commissione, i colleghi di maggioranza e di opposizione e tornare al ringraziamento ai commessi e agli uffici, perché tutti viviamo questo momento così problematico e l'assistenza che ci è data dalla Camera e dalle risorse della Camera è fondamentale e senza il loro aiuto questo provvedimento oggi non sarebbe in Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il sottosegretario Manzella.

GIAN PAOLO MANZELLA, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Presidente, io volevo cogliere l'occasione per ribadire che su questo atto centrale nella strategia del Governo per affrontare questo momento di crisi - e, quindi, affrontare il tema della liquidità - volevo rimarcare la serietà e la completezza del lavoro condotto dal Parlamento, un lavoro serio e completo sia verso l'esterno, come testimoniano le 40 audizioni e i 150 contributi che sono stati esaminati, sia, avendo seguito tutti i lavori appunto di Commissione in preparazione, anche all'interno, la profondità con la quale sono stati affrontati i temi, il dialogo che si è instaurato tra maggioranza e opposizione.

Evidentemente, su una questione così centrale, questo è un atto che entra in un modo nel Parlamento e esce in un altro modo. È molto migliorato, è molto migliorato su dei punti centrali che sono la durata dei prestiti e dei garantiti, la dimensione, la semplificazione e l'apertura al terzo settore, tutti gli aspetti che hanno posto in rilievo i relatori Fragomeli e Carabetta.

A me, come Governo, non rimane che ringraziare appunto per questo contributo migliorativo i relatori, i presidenti di Commissione, gli uffici, che, come ha detto l'onorevole Carabetta, sono stati sempre presenti e sempre di grandissimo aiuto nell'evoluzione del nostro lavoro.

Evidentemente, mi riservo, come Governo, di intervenire dopo la discussione sulle linee generali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alberto Luigi Gusmeroli. Ne ha facoltà.

ALBERTO LUIGI GUSMEROLI (LEGA). Onorevole Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, tre mesi fa circa, il 27 febbraio, a nome della Lega facevo un intervento in cui evidenziavo la necessità di un forte intervento dal punto di vista economico, ancora appena iniziata la crisi sanitaria. Parlavo di uno tsunami economico e questo tsunami, che già si prefigurava, è arrivato. Abbiamo la necessità che questo tsunami venga assolutamente seguito, si aiutino tutte le attività economiche, si aiutino le famiglie.

Non possiamo dimenticare un intervento del Presidente del Consiglio Conte, a fine gennaio, in cui diceva, a esplicita domanda, se eravamo pronti a affrontare la crisi economica, in cui il Presidente, appunto, diceva: “Assolutamente sì”. E, allora, ricordo chi ha avuto tante responsabilità anche sul territorio, e parlo dei sindaci e io ne faccio parte, ma anche i governatori che si sono trovati a dover affrontare una crisi sanitaria senza armi, ma penso ai medici e agli infermieri senza dispositivi di protezione individuale, penso ai medici di famiglia, anche loro eroi di una guerra in cui sono stati mandati a battagliare senza mascherine, senza guanti, senza saturimetri, e così tanti italiani.

Allora, attenzione a sottovalutare la crisi economica come in qualche modo, senza polemica, è stata sottovalutata la crisi sanitaria.

Attenzione, perché non possiamo perderci le nostre aziende, non possiamo perderci le nostre attività economiche, i nostri professionisti, i nostri artigiani, i nostri commercianti che si differenziano come tessuto economico da tutto il resto d'Europa e forse anche del mondo. Attenzione, perché se perdiamo un'azienda perdiamo un patrimonio di storia del nostro Paese, perdiamo delle famiglie titolari e i loro dipendenti. E, quando perdiamo posti di lavoro, diventa difficilissimo poi recuperarli, soprattutto difficilissimo recuperarli in un tempo breve.

E, allora, in questi mesi l'azione del Governo è stata sempre volta a rincorrere gli eventi. Scusatemi il bisticcio di parole, ma è un Governo che non ha governato gli eventi: grave. Un Governo che era sempre in ritardo; in ritardo nell'emanare il “Cura Italia”, in ritardo nell'emanare il “decreto Liquidità”, un decreto che doveva essere emanato da aprile ai primi di maggio; ora è uscito ad oltre metà maggio. Un “decreto Rilancio” che manca della vera essenza di un “decreto Rilancio”: il rilancio.

Un “decreto Cura Italia”, un “decreto Liquidità” che non sono stati condivisi con la maggioranza. All'interno della maggioranza mille e duecento emendamenti al “decreto Liquidità”: vuol dire che non è stato condiviso nemmeno con la maggioranza, non con la minoranza ma nemmeno con la maggioranza, perché se no non si spiegano mille e duecento emendamenti. Non si spiega che, tra il decreto iniziale di liquidità e quello che verrà approvato oggi, c'è un'enorme differenza. Perché? Perché il Governo, in questi mesi, non solo ha poco ascoltato il Parlamento ma ha poco ascoltato il Paese.

Allora, con orgoglio rivendichiamo l'azione della Lega che è riuscita a spingere il Parlamento ad approvare una serie di emendamenti, come lo spostamento delle cifre erogabili garantite al 100 per cento da 25 a 30 mila euro, con dei termini più lunghi di rimborso da 6 a 10 anni; ma anche per quelli sino a 800 mila euro, arriviamo a un numero di anni che è congruo con le difficoltà delle attività economiche.

Ebbene, parlavo prima del “decreto Rilancio” come un decreto partito da aprile che è arrivato poi tardivamente a maggio: attenzione, avete dimenticato oltre 2 milioni di attività economiche, i professionisti, tante persone con tanti dipendenti che hanno sofferto la chiusura esattamente come altre attività. Due milioni di attività economiche! Avete dimenticato tante attività. Pensiamo, per esempio, nei contributi a fondo perduto, la cui media è calcolata aprile con aprile: ci sono alberghi stagionali che, ad aprile del 2019, non erano neanche aperti e che non prenderanno nulla se voi non cambiate quel decreto.

Ma bastava ascoltare: inutile fare gli incontri con la minoranza, se poi emettete dei decreti senza ascoltare nessuno. Si fanno giornate e giornate di audizioni senza produrre nulla di concreto. I decreti vanno condivisi col Paese, sentite le categorie sociali, non solo alcuni: amministrate per tutti, non per alcuni.

Attenzione, nel “decreto Rilancio” manca tutta la parte relativa all'aiuto ai comuni. Avete destinato 3 miliardi per i comuni quando sapete già ora che le perdite dei comuni sono oltre 8 miliardi. E attenzione perché se ci perdiamo i comuni, ci perdiamo l'elemento istituzionale più vicino ai cittadini che in questi mesi hanno veramente fatto da collante al senso di comunità e di solidarietà incredibile che ha dimostrato il popolo italiano.

Non avete trattato minimamente le scadenze di giugno: penso all'IMU, penso agli acconti Irpef. Ci sono tutte le attività economiche che vi hanno chiesto di rinviare gli acconti Irpef e Ires, e voi cosa fate? Voi rinviate gli acconti, anzi cancellate gli acconti IRAP. Però, attenzione, i tecnici conoscono la materia: il saldo IRAP sarebbe stato zero, l'acconto IRAP sarebbe stato zero e voi quell'operazione lì l'avete fatta non per aiutare le attività economiche ma l'avete fatta per sistemare un problema ragionieristico del bilancio dello Stato. Non sarà un aiuto alle attività economiche.

Volete aiutare le attività economiche? Molto semplice: togliete il vincolo alle compensazioni fiscali. In un “decreto Liquidità” è incredibile che manchi l'unico intervento che sarebbe stato utile a liberare 5 miliardi di euro di liquidità. I crediti fiscali degli artigiani, commercianti e professionisti in una situazione di epidemia aspetteranno quei 5 miliardi il 10 dicembre del 2020.

L'anno scorso - e qui mi appello ai 5 Stelle - il Governo Lega-5 Stelle aveva rinviato le scadenze fiscali di giugno e di luglio a settembre: costo 2-3 milioni di euro, per un rinvio da 10 miliardi. Nel “decreto Rilancio” non avete avuto il coraggio di metterlo dentro. Ma se non trovate 2-3 milioni di euro per rinviare scadenze per 10 miliardi, io mi chiedo: ma come si può parlare, come sento in questi giorni, di riforma Irpef? Ho sentito il Ministro Gualtieri dire: “è il momento di fare la riforma Irpef e farla decollare il 1° gennaio del 2021. Allora, in un momento eccezionale come questo, io voglio ricordare che la riforma Irpef è stata fatta nel 1973, dopo otto anni di studi: otto anni! Poi, nei decenni successivi, è stata continuamente rivista, pasticciata eccetera; ma ci hanno messo otto anni per fare una riforma seria dell'Irpef. Voi in sei mesi, durante un'epidemia, con un articolo - io vi invito tutti ad andare a leggere quell'articolo sugli incrementi patrimoniali del “decreto Rilancio”: tre pagine di ostrogoto - voi che avete il coraggio di scrivere quelle tre pagine, illeggibili da chiunque dotato di senno, voi volete fare, in sei mesi, una riforma epocale dell'Irpef.

Allora, la riforma dell'Irpef si fa riducendo fortemente le tasse, la lotta all'evasione si fa riducendo le imposte, non peggiorando il sistema. Questo è uno dei Paesi più complicati al mondo in termini di fisco, di sistema fiscale; esattamente, è il centoventisettesimo Paese in quanto a sistema fiscale e di struttura del sistema fiscale, in quanto a livello di semplicità; centoventisettesimo, cioè uno degli ultimi. Vuol dire che è uno dei più complicati.

Allora, voi potevate, in questo “decreto Liquidità” dire che il 730, il conguaglio del 730, si faceva a giugno e si davano i soldi a chi ha credito dal 730, un credito che invece si riceverà, grazie a voi e alla vostra legge di bilancio, a settembre. Un “decreto Liquidità” deve avere come scopo quello di dare i soldi ai cittadini, invece: contributi a fondo perduto, niente; nel “decreto Rilancio”, 2 milioni e rotti di professionisti sono assolutamente scomparsi dalla vita economica italiana, persone che aiutano il sistema economico, che hanno anche migliaia e migliaia di dipendenti.

Allora, attenzione a sottovalutare questa situazione economica. Siete in ritardo, eravate in ritardo, con il “Cura Italia”, siete in ritardo con il “Liquidità” che, a quasi due mesi dall'approvazione del decreto, oggi passa alle Camere e la prossima settimana al Senato, ma la gente aveva bisogno di liquidità già due mesi fa, la gente ha bisogno di vicinanza della politica, non di una politica che arranca su mille divisioni, su mille polemiche, sui posti… penso all'ultima votazione contro la richiesta di dimissioni del Ministro della Giustizia. Questi non sono segnali forti, di vicinanza della politica al cittadino. Lasciare soli i comuni, lasciare sole le regioni non è vicinanza nei confronti del cittadino. Per il “decreto Cura Italia” non ci avete coinvolto, per il “decreto Liquidità” non ci avete ascoltati, il “decreto rilancio” l'avete fatto da soli, è pieno di criticità; ma, attenzione, quando è stato il momento, il centrodestra ha votato lo scostamento di bilancio da 55 miliardi, perché da soli non avevate, in quel giorno, i numeri. Noi ci siamo assunti la responsabilità, ma voi assumetevela nei confronti degli italiani. Questo è un momento eccezionale, ha bisogno di risposte eccezionali Questi decreti non le danno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Laura Paxia. Ne ha facoltà.

MARIA LAURA PAXIA (M5S). Grazie, Presidente. Il decreto che oggi andiamo ad esaminare rappresenta il secondo pilastro economico del Governo nella lotta all'emergenza causata dal Coronavirus e si concentra in particolare sulle imprese e sui settori strategici. Questo virus è un nemico invisibile, sconosciuto e inafferrabile; ha messo in ginocchio il nostro Paese nel giro di poche settimane, colpendo in modo trasversale i settori della nostra economia e la nostra società, stravolgendo il nostro modo di vivere. Mi sento particolarmente coinvolta, perché, da imprenditrice, conosco bene le difficoltà e le dure prove che hanno affrontato in questo periodo buio le nostre piccole e medie imprese, che rappresentano il cuore pulsante della nostra economia.

Questo è un decreto fondamentale, perché concentra tutto il suo potenziale sulla liquidità alle imprese, che il Governo ha deciso di sostenere con forza, per garantire una piena ripartenza e tutelare l'occupazione e l'economia del Paese. Il testo iniziale prevedeva già un piano di garanzie pubbliche per le imprese italiane di piccole, medie e grandi dimensioni; ad oggi, sono oltre 350 mila le richieste di finanziamenti garantiti al 100 per cento dallo Stato, per un totale di oltre 15 miliardi di euro erogati. Questo significa che, sin da subito, il decreto è andato nella giusta direzione, ma ora siamo riusciti a migliorare il testo in Commissione, con diversi emendamenti che ne hanno rafforzato la portata e ampliato il raggio d'azione, con maggiori risorse e una platea ancora più estesa di categorie produttive; e io, in prima persona, mi sono impegnata per rafforzare le garanzie proprio a favore delle piccole e medie imprese.

Come detto, le direttrici fondamentali del provvedimento prevedono un importante piano di garanzia statale per garantire la liquidità e l'internazionalizzazione delle imprese. In tale piano rientrano 200 miliardi di euro attraverso la società SACE SIMEST, del gruppo Cassa depositi e prestiti, e altri 200 miliardi per sostenere le esportazioni e il made in Italy. La gestione del piano di garanzie per l'export sarà di competenza del Ministero dell'Economia di concerto con il Ministero degli Affari esteri, che viene così ad assumere un ruolo ancora più importante in tema di commercio estero. Stiamo proteggendo concretamente il nostro made in Italy, che rappresenta un valore aggiunto e una garanzia di qualità che ha reso il nostro Paese famoso per essere il possessore di un know-how riconosciuto a livello internazionale.

Il provvedimento prevede, poi, un ulteriore potenziamento del Fondo centrale di garanzia per le PMI, aumentando, infatti, la dotazione finanziaria, ma anche la dimensione delle aziende beneficiarie. Il Fondo era già stato potenziato nel “decreto Cura Italia”, con una maggiore dotazione di 1,5 miliardi di euro; ora, il “decreto Liquidità” ne completa la trasformazione in strumento a supporto della piccola e media impresa e degli imprenditori, artigiani, autonomi e professionisti e salvaguarda l'export, soprattutto in quei settori che costituiscono, con le eccellenze del made in Italy, la spina dorsale del nostro sistema produttivo. La dotazione complessiva del Fondo, adesso, ammonta a 7 miliardi di euro.

In una fase di emergenza economica che potrebbe ripercuotersi sui valori di Borsa delle società quotate, favorendo acquisizioni a prezzi di saldo, occorre una stretta tutela dell'interesse nazionale e delle imprese strategiche. Ecco perché si è resa necessaria una estensione della disciplina del golden power, che vincoli le operazioni di compravendita azionaria nei settori strategici all'autorizzazione del Governo, in via temporanea, almeno fino alla fine dell'emergenza. Vogliamo difendere, a tutti i costi, le imprese che operano nei settori fondamentali per l'interesse nazionale e la sicurezza e impedire ogni tentativo di scalata ostile, in un momento così difficile, preservando il nostro made in Italy. Per questo sono previsti poteri speciali da parte dell'Esecutivo per tutelare le aziende di rilevanza strategica a difesa della filiera produttiva del nostro Paese.

Altro punto fondamentale è quello di alleviare le imprese e i lavoratori autonomi dalla pressione fiscale. Il provvedimento, infatti, prosegue e rafforza il percorso tracciato dal DL “Cura Italia” e prevede la sospensione dei versamenti tributari e contributivi, anche per i mesi di aprile e maggio, per tutti coloro che rientrano ovviamente all'interno di una serie di criteri relativi alle variazioni di fatturato. Per i contribuenti, gli imprenditori e i professionisti si introducono semplificazioni per il versamento dell'imposta di bollo sulle fatture elettroniche e, soprattutto, si prorogano i termini di consegna e trasmissione degli adempimenti fiscali; mi riferisco, per esempio, alla certificazione unica 2020.

Per i professionisti iscritti alle casse previdenziali private è previsto l'indennizzo in base al cosiddetto Fondo per il reddito di ultima istanza, già istituito con il decreto-legge Cura Italia; viene concesso solo se i professionisti sono iscritti unicamente a queste casse, non percepiscono redditi da lavoro dipendente e non sono titolari di pensioni di anzianità e di vecchiaia.

Ma non finisce qui, perché viene prorogato anche per le spese sostenute nel 2020 il credito d'imposta del 50 per cento per le spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro, fino ad un massimo di 20 mila euro, già previsto nel “Cura Italia” al fine di incentivare l'acquisto di attrezzature per evitare il contagio del virus nei luoghi di lavoro. Sarà necessario infatti cambiare le nostre abitudini e intraprendere un nuovo modo di vivere anche nell'ambito lavorativo: una misura del genere aiuta le nostre imprese ad agevolare questo passaggio fondamentale, creando così un nuovo approccio nella completa e delicata materia che riguarda la tutela e la sicurezza dei lavoratori.

Il decreto-legge Liquidità dunque, signor Presidente, rappresenta la sintesi delle istanze delle nostre imprese che vogliono ripartire, e noi oggi siamo qui e rappresentiamo i loro migliori alleati per la rinascita. Questo è un ulteriore e fondamentale passo per combattere questa emergenza.

Ma come dicevo inizialmente, il decreto-legge Liquidità si inserisce in un contesto più ampio per il rilancio produttivo del nostro Paese. In questi mesi il Governo ha messo in campo diverse misure per venire incontro a imprese, lavoratori e famiglie, e adesso al contempo stiamo rafforzando tali misure grazie al lavoro parlamentare e diamo ulteriori strumenti a tutte le categorie in sofferenza grazie alle misure previste dal decreto-legge Rilancio. Si tratta di un intervento economico davvero eccezionale. Senza entrare nel dettaglio, è però doveroso ricordare che all'interno siamo riusciti ad inserire misure per le imprese come lo stop all'IRAP, il taglio alle bollette, i contributi a fondo perduto e il credito d'imposta al 60 per cento per gli affitti. Abbiamo introdotto il reddito di emergenza per le fasce più deboli della popolazione e prorogato lo stop ai licenziamenti e alla cassa integrazione ordinaria, e abbiamo velocizzato le procedure per l'erogazione della cassa in deroga e molto, molto altro.

Quello che voglio dire è che abbiamo messo un altro tassello decisivo della risposta italiana all'emergenza Coronavirus, innescata proprio da questo male, come dicevo, invisibile; e ovviamente non sarà l'ultimo provvedimento. C'è ancora molto da fare, ma continueremo a lavorare a testa bassa per sostenere l'intero tessuto produttivo italiano colpito dall'emergenza e dargli la spinta di cui ha bisogno per ripartire; e lo faremo come sempre con grande impegno, mettendoci la faccia, dialogando e ascoltando i bisogni reali di imprenditori, artigiani, autonomi, professionisti e commercianti. È questa l'unica strada per aiutare il Paese a rialzarsi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Manuela Gagliardi. Ne ha facoltà.

È assente: s'intende che vi abbia rinunziato.

È iscritto a parlare il deputato Luca Pastorino. Ne ha facoltà.

LUCA PASTORINO (LEU). Signor Presidente, il mio intervento non vuole sostituirsi alle parole che ho apprezzato molto, pronunciate all'inizio di questa seduta dai due relatori, che ringrazio per il loro lavoro, la loro pazienza, anche dal sottosegretario qui presente e dalla collega che mi ha preceduto. Io vorrei solo sottolineare, avendo ascoltato il dibattito di questa mattina, e quindi l'intervento della Lega Nord, del collega Gusmeroli, che si tratta di quanto di più negativo si possa fare in questo clima. Vedete, lo diciamo tutti, ci siamo trovati di fronte a un'emergenza che nessuno avrebbe mai pensato di dover sostenere, e quindi nessuno sottovaluta. Lo dico ai colleghi della Lega: tutti magari abbiamo cominciato ad imparare a misurarci con un fenomeno che giorno dopo giorno non è che è stato rincorso dal Governo, come ha detto il collega Gusmeroli, ma che il Governo ha cercato di conoscere, capire ed arginare.

Sentirete anche magari dopo di me delle parole sempre da parte della minoranza, secondo un refrain che ho sentito negli ultimi giorni nelle Commissioni, dove oggettivamente sono stati apportati tantissimi miglioramenti, in linea proprio con le tante audizioni che abbiamo svolto nelle settimane precedenti a questa, e l'abbiamo fatto anche in modo trasversale, con la minoranza: quindi sentirsi dire che comunque questo provvedimento poteva soltanto essere migliorato, perché era davvero scadente, insomma, io credo che non corrisponda alla realtà. Corrisponde alla realtà un lavoro parlamentare che è stato fatto in Commissione con il contributo di tutti. Corrisponde alla realtà un lavoro fatto in Commissione ed oggi in Parlamento nella consapevolezza che tutte le forze politiche devono avere, perché ci vuole l'impegno di tutti nell'arginare un problema che nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare di affrontare. Questo è lo spirito giusto!

Abbiamo sentito il collega della Lega Gusmeroli pronunciare le parole, che oggettivamente sentiamo spesso in Commissione finanze, ma che hanno incrociato temi del decreto-legge Liquidità, che è quello in discussione oggi, con temi soprattutto del decreto-legge Rilancio che dovremmo ancora iniziare ad analizzare, anzi, soprattutto di quella parte lì. E forse non è chiaro poi che cosa stiamo facendo questa mattina, perché la propaganda finisce nel momento in cui cessa la consapevolezza della grande missione che maggioranza e opposizione hanno nei confronti del Paese in termini di responsabilità. Questo è il tema vero della discussione di oggi! Noi siamo qui ad affrontare la discussione su un provvedimento che è stato migliorato recependo le giuste osservazioni che provenivano da tante categorie sociali, professionali e lavorative del nostro Paese. L'abbiamo fatto nella consapevolezza di aver ascoltato anche le difficoltà alle quali magari non si era pensato: ad esempio, i rapporti con il sistema bancario, ma quelli di base, non quelli relativi a questioni più ampie. E io credo che in questo contesto, non sia poi allora chiaro che i conti si fanno alla fine di questo percorso, perché ci sono stati tre decreti-legge, ma ce ne saranno anche altri.

Io credo che un Governo, uno Stato, un Parlamento abbiano a disposizione sostanzialmente quattro leve per fare da cuscinetto e da stimolo per il rilancio di un sistema Italia messo in crisi. La prima è il sostegno al reddito, quindi la cassa in deroga e altri strumenti di questo tipo, e sono stati inseriti subito. Ci sono stati dei problemi? Vero. Il Governo ha pensato anche a quello: ha pensato anche ad approntare una convenzione tra l'ABI e il Governo stesso, finalizzata ad anticipare la cassa integrazione per mitigare gli effetti di un ritardo per uno strumento in gran parte nuovo. Ci sono stati problemi anche con quello, relativi a interconnessioni con il sistema bancario? Vero, cerchiamo di risolverli, ma tutto questo è stato fatto.

La seconda è la leva fiscale, e ci sono tantissimi provvedimenti che, come diceva il relatore Fragomeli, sono stati spostati nel decreto-legge Rilancio, ma già nel “Cura Italia” sono stati affrontati. Si dice, l'avevamo detto all'inizio di questa nuova avventura di Governo, che un obiettivo di questo Governo sarebbe stato quello di affrontare una grande riforma fiscale: è vero, ce lo ricordiamo tutti, nella consapevolezza dei nostri obiettivi e nella speranza di traguardare un fisco più snello, sicuramente più efficace ma sicuramente giusto. È capitato qualcosa che non potevamo aspettarci, ma la leva fiscale c'è.

Il terzo strumento sono i contributi a fondo perduto. Sono pochi, sono tanti, quelli contenuti nel decreto-legge Rilancio possono essere modificati perché qualcuno è rimasto un po' indietro? Siamo qui apposta, collega Gusmaroli della Lega Nord, siamo qui apposta.

Così come nella scorsa settimana abbiamo lavorato con un obiettivo condiviso, al di là delle polemiche di parte, che ci stanno, che fanno parte di una dialettica parlamentare che è giusto che ci sia; ma l'obiettivo condiviso, e quindi la trasversalità delle iniziative, come sottolineava il relatore Carabetta, ne è stata testimonianza, con la Lega Nord, con Fratelli d'Italia, con Forza Italia, con tutte le forze politiche.

Il quarto tema appunto, che è fondamentale, è l'accesso al credito, perché questo è il quarto pilastro, il quarto strumento, la quarta leva che un Governo può adottare per rilanciare l'economia, ed è stato adottato subito. Con dei problemi operativi? Sicuramente sì.

Su richiesta proprio dalla minoranza abbiamo condiviso l'idea di ascoltare tantissime categorie: ricorderanno i colleghi le innumerevoli audizioni che abbiamo sostenuto, tra l'altro in condizioni sempre un po' precarie, quindi in videoconferenze, a distanza, eccetera, e tutti i contributi che le varie categorie avevano fatto pervenire al Governo su indicazione della Commissione Finanze e della Commissione Attività produttive. Insomma, questo non mi sembra un lavoro da poco!

E sulla base di queste indicazioni, che molto spesso avevano dei tratti in comune - perché di questo si tratta - maggioranza e opposizione hanno depositato degli emendamenti che si sono tradotti in importanti miglioramenti di questo testo. Questa è la realtà, tutto il resto è noia, tutto il resto sono parole che non avremmo dovuto o voluto sentire in quest'Aula questa mattina, per lo meno io (non voglio parlare a nome di nessun altro); tutto ciò rappresenta la volontà e la consapevolezza di dover necessariamente intervenire in sede parlamentare, di concerto con il Governo, per migliorare anche questo “decreto Rilancio”, che sì, quello sì, ci aspettavamo uscisse un po' prima, anzi, il fatto che fossimo sospesi nella conversione di questo “decreto Liquidità”, logicamente era connesso al fatto che il “decreto Rilancio” non vedeva mai la sua uscita sulla Gazzetta Ufficiale; è stata una cosa che ci ha messo in difficoltà, anche nella nostra interlocuzione. Risolta questa, dobbiamo pensare a come fare per migliorare anche quel provvedimento, che contiene tanti interventi e si chiama “rilancio” perché provvede al rilancio di tante categorie. Ripeto, poi gli errori si compiono, si fanno, ma si mitigano, si cerca di pensare a come risolvere. Quindi, questo, secondo me, è il quadro in cui dobbiamo muoverci e mi auguro che tutti quanti possiamo muoverci in questa direzione. Non ripeto tante delle cose che ho sentito stamattina in termini di allungamento di durata e di agevolazioni sul tasso, eccetera, eccetera. Una cosa che mi sta a cuore è la questione dell'introduzione di sistemi appunto semplificati di accesso alle varie linee di credito, poi il punto finale è stato quello dell'adozione di un modello di autocertificazione condiviso dalle forze di maggioranza, ma anche da quelle di minoranza. Non tutti erano d'accordo sul testo finale, ma vi parla una persona a nome di un gruppo che, sostanzialmente, soprattutto sull'articolo 1 e sull'articolo 13, ha depositato emendamenti a nome del gruppo, finalizzati proprio a garantire che, all'interno di erogazioni, non ci fossero dubbi con riferimento a erogazioni a sostegno del sistema mafioso o quant'altro, con l'utilizzo di tutti gli strumenti necessari; per cui gli obiettivi, che avevano nella testa, erano tre: escludere da qualsiasi beneficio le imprese oggetto di procedimenti penali per reati gravi (quindi, associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione, frode e delitti ambientali) e quelle che pagano l'imposta nei paradisi fiscali, pur operando in Italia, prevedere la tracciabilità dei flussi di risorse finanziarie destinate alle imprese e del loro utilizzo coerente con l'indicazione di conti correnti dedicati all'assegnazione di un codice identificativo e introdurre l'autocertificazione obbligatoria per le imprese beneficiarie, circa l'assenza di motivi ostativi alla concessione dei benefici previsti. La sintesi di questi obiettivi è stata poi trovata, avvertendo l'esigenza di contemperare le parole giuste e le giuste osservazioni dei procuratori nazionali che abbiamo ascoltato in audizione, con l'esigenza, palesata da tanti, legata ad una migliore facilità nell'accesso a questi strumenti. Il modello che è stato adottato contiene sostanzialmente tutte queste osservazioni, compresa l'indicazione di un protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministero dell'Interno, il Ministero dell'Economia e delle finanze e SACE, attraverso il quale sono disciplinati i controlli di cui al libro II del decreto legislativo n. 159 del 2011, anche attraverso procedure semplificate. Restano ovviamente fermi gli obblighi di segnalazione previsti dalla normativa antiriciclaggio e si manleva, in un certo senso, l'istituto bancario, quindi l'operatore, da una verifica sostanziale dell'autocertificazione prodotta. Ecco, credo che questo sia un testo che ha trovato la non soddisfazione completa da parte del mio gruppo, ma sicuramente c'è il fatto di aver posto l'attenzione su un tema che c'è e che ci è stato segnalato nel corso delle varie audizioni. Come gruppo, poi, abbiamo ringraziato anche per l'approvazione di un emendamento, a prima firma Fratoianni, che ha escluso dall'erogazione dei prestiti le società che controllano direttamente o indirettamente una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali ovvero non sia controllata da una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali. Avevamo svolto un'osservazione, con un emendamento più stringente, ma questa riformulazione ha accolto il nostro favore, così come, sulla distribuzione dei dividendi, è stato approvato un emendamento riformulato, a firma del collega Fassina, che sostanzialmente, per i prossimi 12 mesi, prevede che venga impedita, da parte di chi ha ricevuto l'accesso a linee di credito, l'erogazione di dividendi. Vi sono tante altre questioni, quali quella dell'allungamento a 30.000 euro, i dieci anni di ammortamento, il preammortamento fino a 36 mesi per i prestiti SACE, quindi quelli più importanti, mentre prima il termine era di 24 mesi; vi sono stati tanti emendamenti e tante formulazioni, finalizzate al contenimento dei costi di queste operazioni di finanziamento e sostanzialmente la mediazione è stata quella di ottenere regole sicuramente più chiare rispetto a quelle che erano state precedentemente adottate con due riferimenti certi, che sono il “Rendistato” e lo 0,2 in più, prima invece la formulazione era molto più nebulosa. Poi, anche in tema di mutui, il fondo “Gasparrini” è stato esteso anche ai liberi professionisti, agli imprenditori individuali ed alle imprese individuali. Sono tante le iniziative che sicuramente daranno la possibilità, in modo più immediato, pratico e, se posso dire, anche certo, di accedere ai tanti miliardi di finanziamento, ancor prima della conversione, quindi del lavoro della nostra Commissione, che abbiamo svolto nell'ultima settimana. Erano noti a tutti i dati di un'impennata sia nella richiesta di finanziamento, sia nelle concessioni dei finanziamenti medesimi. Certo, in alcuni casi, bisogna lavorare anche sul sistema bancario direttamente per limare alcune incongruenze, per limare ancora magari qua e là qualche presenza di costi ingiustificati, che non corrispondono al testo di legge e lo sappiamo che sono avvenuti e siamo intervenuti prontamente, ma questo è il nostro lavoro, questo è il nostro lavoro di legislatori e anche di controllori delle cose. Un'ultima parola, sempre riferita all'intervento della Lega e del collega Gusmeroli: la questione dei comuni. Sapete tutti che questo è un tema molto caro, sappiamo benissimo i dati di ANCI, che parlano di svariati miliardi di perdita di gettito per gli enti locali, sappiamo anche - e lo dico nella consapevolezza di poter parlare a nome di colleghi - che questi tre miliardi e mezzo oppure altre misure finalizzate al mancato pagamento di TOSAP, per esempio, o dell'IMU relativa agli alberghi e ai campeggi e ad altre attività, sono denari che non sono sufficienti a mitigare l'effetto sulla finanza degli enti locali, che, come si diceva, sono il baluardo e il primo interlocutore in questa situazione di difficoltà. Questa situazione di difficoltà i sindaci l'hanno subita non solo per le risorse, ma anche per il sovrapporsi di normative, quelle nazionali, che erano certe, e quelle regionali, che creavano esclusivamente confusione negli amministratori locali, nelle persone, nelle Forze dell'ordine che dovevano controllare; questa è stata la realtà, almeno la realtà che vivo io, laddove comunque la non chiarezza ha alimentato confusione, ha alimentato la percezione delle cose buone che si devono fare e sicuramente la buona politica deve evitare che tutto questo accada, nell'interesse dei cittadini, delle comunità e anche dei comuni. Ecco, io credo che la maggioranza debba lavorare anche per quello, nella consapevolezza che 3 miliardi e mezzo non saranno sufficienti e che quindi, magari, all'interno del decreto cosiddetto ”rilancio”, sicuramente si dovrà porre l'obiettivo - e sono sicuro che questo verrà fatto - ma ripeto e concludo, lo spirito di fondo che ha animato, anche con toni non sempre uguali, il lavoro all'interno della maggioranza e la dialettica costruttiva, vera, con l'opposizione, possa farci fare a tutti un buon lavoro, nell'interesse non della politica, ma nell'interesse dei cittadini, dell'impresa e del rilancio di questo Paese, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie Presidente, a me dispiace che per il collega: “tutto il resto è noia”. Mi dispiace che si sia annoiato e che si stia annoiando, perché, in realtà, nella retorica che ha appassionato il Premier in questi ultimi due mesi, questo provvedimento avrebbe dovuto combattere e comporre l'epica sulla poderosa risposta che bisognava dare ai guai economici dell'Italia causati dal COVID-19.

E vedete, mentre l'Italia affonda nella pandemia economica, con un Governo che torna ad indossare la pochette, ma resta assolutamente incapace, inadeguato, inefficace, dilaniato dalle divisioni e smanioso di protagonismo, talmente tanto da averci abituato ormai a queste lunghissime conferenze stampa, in attesa e in assenza di provvedimenti scritti, ebbene anche la pandemia non è riuscita a frenare questo modo di gestire la cosa pubblica. E, vedete, questa ingordigia normativa noi l'abbiamo vista nel “decreto Liquidità” e l'abbiamo vista, poi, anche nel testo del “decreto Rilancio”: 323 pagine, 266 articoli, 98 decreti attuativi. E quindi tutti parlano di semplificazione anche nel “decreto Liquidità”, ma questa semplificazione di fatto non c'è; e non c'è neanche proprio nel modo di affrontare i problemi, perché, vedete, dal “decreto Liquidità” noi ci saremmo aspettati, così come era stato annunciato, il fragore di un bazooka, quello che doveva portare una liquidità immediata nelle tasche delle aziende italiane e nelle tasche delle famiglie italiane, che hanno attraversato uno dei momenti storici più difficili della nostra Repubblica. E, invece, rispetto a quel fragore noi abbiamo avuto soltanto qualche piccolo tintinnio, e ovviamente questo è un danno. Un danno per la nazione, un danno per la nostra economia, un danno per i nostri cittadini, perché l'unica cosa che questo “decreto Liquidità” ha fatto è stato spingere le aziende italiane nelle braccia delle banche; e lo ha fatto, tra l'altro, non semplificando, anche in questo caso, la procedura, ma lo ha fatto amplificando i problemi e l'appesantimento di una burocrazia che incide sulle nostre aziende e sulle famiglie sin troppo. E, allora, vedete, noi abbiamo fatto una serie di proposte, Fratelli d'Italia ha lavorato costantemente in Commissione; lo ha fatto proprio nella speranza che quell'ascolto di cui tutti parlano, quindi l'ascolto che la maggioranza dice di voler porre in essere nei confronti dell'opposizione, venisse poi tradotto in pratica. E qualcosina è stato fatto, qualche aggiustamento è stato fatto: è stata prolungata dagli iniziali sei anni la possibilità di avere questo finanziamento, e quindi di rientrare di questo finanziamento di dieci anni, ma parliamo comunque di un prestito, parliamo comunque del fatto che abbiamo messo le aziende italiane nuovamente nelle mani delle banche a chiedere dei prestiti.

Mentre tutta Europa dava soldi a fondo perduto da subito, noi siamo a fine maggio e ancora questa liquidità gli italiani non l'hanno ricevuta. Abbiamo un milione di lavoratori autonomi che ancora non hanno ricevuto la prima tranche e per la seconda tranche il “decreto Rilancio” prevede nuovamente una serie di limitazioni nella richiesta; abbiamo 2 milioni e 600 mila lavoratori dipendenti che sono ancora in attesa della cassa integrazione. Allora, mi chiedo con quali aziende avete parlato, con quali rappresentanti di categoria vi siete confrontati, perché con l'opposizione sicuramente non lo avete fatto, non lo avete saputo fare nel modo compiuto. E, vedete, anche in questo caso, e quindi parlando proprio della possibilità delle aziende di accedere al credito, noi avevamo proposto un modo molto più lineare, molto più veloce, molto più fluido per ottenere la liquidità, e anche questo, però, non è stato fatto. Ad oggi, noi abbiamo 90 mila aziende italiane che non hanno riaperto; un'azienda su tre il 18 maggio non ha alzato la saracinesca; e questo credo che sia un dato che non può rendere orgogliosi non solo i componenti di questo Parlamento, non può rendere orgogliosi la maggioranza e i rappresentanti della maggioranza che dicono ancora una volta “verrà fatto”, “faremo”, “non potevamo fare che il nostro meglio, abbiamo fatto il più possibile”. No, l'Italia, in questo momento, e gli italiani hanno bisogno che si faccia il massimo, non il meglio possibile di se stessi; bisogna andare oltre. E, vedete, per andare oltre, non serve neanche riferirsi e appoggiarsi ai consulenti che, per esempio, nel “decreto Rilancio” il Ministro Gualtieri ha pensato bene di inserire per una spesa di un milione e 600 mila euro. Non servono nuovi consulenti, non serve una grandissima strategia: basta il fondamento, basta guardare le basi, basta parlare con le categorie, basta ascoltare veramente quelli che sono i problemi lamentati dagli italiani. Perché, vedete, se voi lo aveste fatto, avreste anche capito, attraverso le parole degli imprenditori e di chi è andato in banca a chiedere il finanziamento, che non solo ci sono più o meno una ventina di moduli che devono essere compilati, ma che, dopo aver fatto la procedura presso l'istituto bancario, la banca deve rigirare quella procedura all'istituto SACE, che fa una seconda valutazione. Questo è aumento di burocrazia, non è semplificazione, non aiuta a velocizzare un percorso che in questo momento deve necessariamente essere veloce ed efficace. Ecco, a questo Governo è mancato questo e al “decreto Liquidità” è mancato proprio questo: l'essere assolutamente efficace, perché in economia liquidità vuol dire disponibilità di denaro, e non c'è bisogno di chiederlo alle task force. Liquidità, disponibilità di denaro immediata: di questo aveva bisogno l'Italia, di questo ha bisogno l'Italia ancora oggi. E il fatto che si parli di questo “decreto Rilancio” come la soluzione a quello che il “decreto Liquidità” non ha potuto fare o non è riuscito a coprire mi pare che sia scontato, è scontato rispetto a un decreto che, quando veniva messo in Gazzetta Ufficiale, veniva messo con uno scostamento pari a zero. Quindi è chiaro che, se noi non parliamo di liquidità vera per le nostre aziende, stiamo un'altra volta prendendo in giro gli italiani, mettendoli in attesa. Abbiamo premuto il tasto pausa sul computer, perché ormai pare che soltanto attraverso gli strumenti informatici si possa continuare a vivere; abbiamo schiacciato quel tasto pausa e gli italiani sono lì che aspettano. Ma, mentre aspettano, ci sono categorie che vengono desertificate; abbiamo intere categorie di professionisti, di imprenditori, di lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, abbiamo una categoria alla quale io tengo particolarmente, che è quella degli studenti, quindi il futuro del nostro Paese.

Ecco, in questo “decreto liquidità” manca la visione globale, manca la lungimiranza che questo Governo ha saputo ben rappresentare quando doveva fare le conferenze stampa, ma non ha poi saputo tradurre in atti concreti. E, allora, vedete, il “decreto Liquidità” per noi doveva rappresentare una forte spinta all'economia, e, quando sento i colleghi parlare per esempio del credito d'imposta, mi viene da pensare che forse un'azienda non l'hanno mai gestita. Ho parlato qualche giorno fa con alcune categorie di piccoli commercianti e i piccoli commercianti lamentano proprio questo: lamentano il fatto che il credito d'imposta non è la soluzione. La soluzione è capire come aiutare i piccoli imprenditori che hanno aperto anche, per esempio, le partite IVA, e non necessariamente nel 2019, e quindi anche prima, è aiutare quelle categorie a pagare i fitti, a pagare le bollette, a pagare la tassa della spazzatura. È questo che la gente chiede, non perché vuole appoggiarsi allo Stato per non lavorare, ma perché, invece, vuole continuare a poterlo fare. Gli italiani sono un popolo di lavoratori: non ho mai creduto, il gruppo di Fratelli d'Italia non ha mai creduto alla retorica del reddito di cittadinanza. E allora, vedete, se questo è vero, è vero anche che gli italiani vogliono tornare a lavorare, ma lo Stato ci deve essere, lo Stato li deve aiutare, perché hanno vissuto in questi ultimi due mesi, abbiamo vissuto in questi ultimi due mesi un momento storico che non ha avuto eguali nella storia della Repubblica. E allora, forse, questo Governo dovrebbe sforzarsi un po' di più, avrebbe dovuto sforzarsi un po' di più con il “decreto Liquidità” e dovrebbe farlo con il “decreto Rilancio”. Immagino, anzi, è fatto noto, che anche questa volta in Aula non potremo discutere non solo la parte emendativa, ma non potremo discutere del testo, non potremo discutere dei principi che sono alla base del “decreto Liquidità”. E allora lasciatemi dire, però, che l'idea di uno Stato assistenzialista non è l'idea che noi abbiamo di Stato.

Noi vogliamo uno Stato libero in cui le aziende e in cui le persone abbiano la possibilità di confrontarsi, di mettersi in gioco e di lavorare. Chiediamo solo questo. Abbiamo chiesto attraverso i nostri emendamenti solo questo: per dare aiuto vero alle imprese in questo momento serviva quello shock fiscale che non è stato dato. Serve l'abbassamento delle tasse, perché noi dobbiamo preoccuparci anche di tutte le aziende i cui fatturati si basano ad esempio sull'export che in Italia sono la stragrande maggioranza. Allora se vogliamo aiutare quelle aziende a tornare competitive sui mercati europei dobbiamo anche metterle nelle condizioni di essere competitive con quei mercati, di essere competitive con le aziende che ci sono in giro per l'Europa. Allora, vede Presidente, noi abbiamo davvero la voglia di contribuire con i nostri pensieri, con le nostre idee, con i nostri emendamenti, con il nostro lavoro ad una fase sicuramente difficilissima da gestire; ma proprio perché è difficile da gestire bisogna rendersi conto che è il momento della condivisione delle scelte perché quelle scelte incidono su tutti gli italiani. Allora, vede Presidente, il “decreto Liquidità” per me è la rappresentazione plastica della liquefazione di questo Governo e forse sarebbe stato meglio denominare il decreto un decreto passività più che liquidità e per me quella purtroppo è la passività di un Governo incapace di accompagnare gli italiani attraverso questo difficilissimo momento. Ma l'Italia è un Paese fortissimo, gli italiani sono persone di cuore e di coraggio e io sono certa che loro, nonostante questo Governo, riusciranno a rialzarsi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zennaro. Ne ha facoltà.

ANTONIO ZENNARO (MISTO-PP-AP). Grazie, Presidente. Il “decreto Liquidità”, oggi oggetto della discussione, nasce nella sostanza per il fallimento del “decreto Cura Italia” inerente soprattutto alla parte dedicata ai finanziamenti alle imprese, finanziamenti alle piccole e medie imprese che in Italia sono già in calo dalla crisi post Lehman del 2008. I motivi della diminuzione del credito in Italia si possono sostanzialmente individuare in tre pilastri. Il primo è il sistema dei rating introdotti con Basilea: Basilea 1, Basilea 2 fino a arrivare a Basilea 3. È un sistema che spoglia l'azienda di tutta la sua storicità, di tutto il suo know how e viene analizzata solo per un mero calcolo “bilancistico”. E poi il tema della riforma delle banche di credito cooperativo, le uniche che in questi anni sono state in grado di dare credito sui territori e invece sono state appesantite con tutta una serie di controlli e procedure che arrivano addirittura da Francoforte, direttamente dalla Banca centrale europea. Immaginate la piccola cassa rurale, il piccolo credito cooperativo di provincia che si vede arrivare i funzionari stranieri che richiedono scartoffie, carte. Ovviamente tutta questa situazione è stata poi ribaltata sulla clientela, quindi con un'ennesima riduzione del credito per le piccole e piccolissime attività. Il terzo tema che limita il credito in Italia è la burocrazia. Queste imprese sono molto spesso piccole, perché - lo ricordiamo - l'80 per cento delle piccole e medie imprese in Italia sono quelle che creano il valore, l'economia e questa burocrazia è stata poi accentuata dai vari decreti, DPCM, circolari molto spesso incomprensibili anche agli operatori del settore. Basta vedere un esempio, l'esempio recente del bando “Impresa SIcura” per il quale nel giro di 1 secondo e 4 millesimi sono stati esauriti tutti i fondi. La verità è che questi decreti come il “decreto Liquidità” non sono stati scritti dai politici, che hanno rinunciato alla fine al loro ruolo, ma dai burocrati. Potremmo definirlo un decreto Arcuri come anche il recente “decreto Ripartenza” più di 400 pagine, 266 articoli, oltre 90 decreti attuativi che forse non vedranno mai la luce, come i decreti attuativi degli ultimi due Governi: siamo a un numero veramente sopra le centinaia di decreti che ancora non sono stati approvati, quindi con risorse che rimangono ferme.

Inoltre la scelta di andare verso l'indebitamento. Abbiamo una situazione economica che tutti vedono: come è stato scritto nel Documento di programmazione economica ma anche come tutti gli analisti affermano, avremo una diminuzione del PIL. E allora in un contesto di recessione economica la scelta di far indebitare ulteriormente aziende molto spesso piccole e piccolissime cosa provocherà? Provocherà un ulteriore rischio di default di queste piccole e piccolissime imprese. Una diminuzione del PIL tra meno 8 e meno 12 per cento cosa provocherà? Provocherà una riduzione dei consumi, provocherà una riduzione dei pagamenti delle imprese: molto spesso avremo dei fallimenti, storie di aziende e anche storie di competenze che si andranno a perdere. Vi sarà ulteriore indebitamento e mancanza di fondo perduto fatto come negli altri Paesi e ricordo l'efficienza anche burocratica: nel giro di quindici giorni in Germania e in Inghilterra hanno ricevuto i soldi sul conto corrente, mentre in Italia ancora aspettiamo in taluni casi, quasi un milione di persone, il bonus dei 600 euro di marzo. Poi abbiamo anche il presidente dell'INPS che dice che sta inondando gli italiani di liquidità: potremmo dire alla fine che siamo in una sorta di parodia del cattivo gusto. La verità è che questa impostazione fatta sostanzialmente di un ulteriore indebitamento provocherà ancora una ulteriore difficoltà perché andare ulteriormente a far indebitare un'impresa, che già vedrà prospettive economiche di riduzione, aumenterà il rischio e non sarà un rischio solo per le imprese ma per tutto il sistema economico. L'errore sta proprio in questo: nel non incentivare la produzione in un momento in cui, come potremmo vedere, i dati ci dicono che saremo in recessione, una recessione già globale, che già era ripartita. Quindi qual è il rischio? Il rischio è di andare ad appesantire le piccole e piccolissime imprese in una situazione di calo del PIL e ciò provocherà ovviamente quello che potremmo definire un inverno economico. La verità è che i bonus destinati solo per qualche mese magari all'inizio potrebbero accontentare qualche clientela politica ma alla fine della fiera ci troveremo con un'economia molto più debole, una classe media già impoverita, già se vogliamo anche attaccata da tutta una serie di politiche fatte nel 2008 e poi nel 2011 anche con il Governo Monti; avremo il rischio della scomparsa della classe media così come la conosciamo, un rischio di incentivare l'assistenzialismo e non incentivare quello che serve oggi per rilanciare il prodotto interno lordo, rilanciare l'economia. È un'equazione molto semplice, l'equazione se vogliamo di tutti i Paesi liberal-democratici: ridurre le tasse, ridurre la burocrazia è uguale a più produzione e più lavoro. Se il Governo non si orienterà verso questa situazione, avremo un inverno economico che già è alle porte: già vediamo i primi licenziamenti post-cassa integrazione, lo abbiamo visto anche in Campania.

Un altro problema è stata la mancanza di ascolto da parte del Governo su alcune proposte, alcune soluzioni molto di buon senso, anche la mancanza di aver previsto un ulteriore rinvio del cosiddetto provvedimento delle crisi d'impresa. Andiamo ulteriormente ad avviare burocrazia su burocrazia, scartoffie su scartoffie, addirittura il revisore per le piccole e medie imprese: insomma è una situazione paradossale in un'economia che sta andando verso un declino. E dobbiamo evitare il declino strutturale e irreversibile verso quello che sta arrivando e lo possiamo fare solo con il buonsenso, solo con politiche che favoriscono l'economia e non con la burocrazia. Quindi evitiamo i decreti Arcuri, evitiamo le scartoffie, evitiamo tutto quanto è stato prodotto in questi settimane anche da queste task force, più di 500 persone che non si è capito cosa fanno, perché l'inverno economico per l'Italia sta arrivando e travolgerà tutta la classe politica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mattia Mor. Ne ha facoltà.

MATTIA MOR (IV). Grazie. Sono mesi duri e lo sappiamo ed è nostro dovere, signor Presidente e colleghi, affrontarli con serietà e con pragmatismo ma anche con speranza e con ottimismo. Il Paese sta ripartendo oggi, con una preoccupazione di maggiore povertà, purtroppo. Se ripensiamo all'8 di aprile, il giorno in cui il Governo approvava il “decreto Liquidità” che oggi ci troviamo a discutere, ci ricordiamo che eravamo in pieno lockdown. Lo scopo di questo decreto era quello di porre un argine a una crisi che peggiorava sempre di più. Le imprese e tutte le forze socioeconomiche del Paese necessitavano di un sostegno immediato, vitale, ossigeno per il ripianamento dei debiti e delle spese accumulate dalla chiusura forzata. Come in tutti i Paesi europei, la risposta dell'Italia è arrivata mediante un sistema di garanzie statali a copertura quasi totale su finanziamenti bancari soggetti all'approvazione della Commissione europea, in base al cosiddetto Temporary Framework: 100 per cento fino a 25 mila euro, 90 per cento fino a 800 mila euro, 80 e 70 per cento per le imprese più grandi per cifre superiori.

Il decreto che oggi discutiamo è stato così disegnato pensando a quelle che erano le risorse del nostro bilancio pubblico e anche alle risorse che potevano essere messe in piedi movimentando ulteriormente il debito pubblico che però, ricordiamoci, è qualcosa che va considerato anche come pericoloso nel lungo periodo. Italia Viva, a partire dalle prime negoziazioni di maggioranza, si è battuta per concedere la garanzia statale del 100 per cento a una più vasta platea di imprese fino a 800 mila euro di erogazione, perché sappiamo bene che quando la crisi inizia a mordere le imprese la liquidità è ossigeno, è la prima necessità per continuare a vivere e a lavorare. Sappiamo, però, che la politica vive di sintesi e si è deciso, insieme agli altri partner della maggioranza, per delle cifre inferiori.

Ma quando abbiamo visto le prime attuazioni di questa legge ne abbiamo subito compreso i punti deboli: la ritrosia delle banche nell'erogazione dei prestiti, l'esclusione di alcuni settori e di alcuni gruppi professionali, i tempi troppo brevi per la restituzione di questo debito e anche il suo costo troppo alto. Infine, la burocrazia, che si infilava negli ingranaggi di un sistema ritardando ogni cosa, mentre gli imprenditori e i lavoratori continuavano a gridare a gran voce di fare presto e di sbrigarsi.

Sono stati fatti dei paragoni impietosi con quanto accadeva in altri Paesi in cui la liquidità veniva erogata con velocità, mentre le nostre imprese devono competere sui mercati internazionali con chi in questi Paesi si è fermato di meno, ha perso meno fatturato ed è ripartito prima, così come noi stessi chiedevamo. La globalizzazione è un fatto e noi non possiamo permettere alle nostre imprese di competere con il freno a mano tirato. Gli italiani sono un popolo operoso e lo sappiamo bene: i nostri commercianti, gli artigiani, i ristoratori, i piccoli e i grandi imprenditori, le nostre partite IVA hanno riaperto le proprie attività, adeguato gli ambienti alle nuove normative, si sono preoccupati dei propri lavoratori così come dei propri clienti.

Un'Italia resiliente: la stragrande maggioranza della popolazione è uscita dalle proprie case tra il 4 e il 18 maggio ed è andata a lavorare. Ecco, continuare a dipingere gli italiani come un popolo che aspetta il sussidio sul divano di casa è irrispettoso e oltraggioso e questa crisi ce l'ha mostrato una volta di più se fosse stato necessario. Per aiutare i nostri lavoratori e le imprese, che sono le vere creatrici di lavoro, era dunque nostro dovere provare a migliorare questo “decreto Liquidità” che ci apprestiamo a votare, per far sì che la liquidità arrivasse alle imprese per andare avanti a lavorare e mantenere intatta l'occupazione.

Avevamo alcuni obiettivi: semplificare le procedure, migliorare le condizioni del credito, ampliare la platea di coloro che accedono alle garanzie statali. Dopo settimane fitte di audizioni e giorni e giorni di lavoro in Commissione, attraverso i nostri emendamenti siamo riusciti a ottenere dei risultati importanti che sono in parte già stati raccontati ma che tengo a sottolineare: siamo riusciti ad allungare i tempi di restituzione del finanziamento garantito a 10 anni per i finanziamenti fino a 30 mila euro; fino a trent'anni per i finanziamenti garantiti dal Fondo PMI in quota al 90 per cento. In caso di rinegoziazione dei finanziamenti già in essere le garanzie statali sono prestate e si avvia un'erogazione del 25 per cento di nuovo credito aggiuntivo - e nel testo originario era il 10 - e il tasso applicato è inferiore a quello del vecchio prestito. Lo stop dei mutui sulla prima casa è esteso anche ai titolari di partite IVA e di impresa individuali.

L'accesso alle garanzie è consentito anche per i professionisti in forma di studio associato e per il Terzo settore. Sono 100 milioni riservati a coloro che hanno dimostrato quanta importanza ha questo settore nel sostenere un Paese e nell'aggiungere welfare e sostegno a chi ne ha bisogno. Siamo riusciti a far aumentare il credito erogato con una procedura semplificata da 25 a 30 mila euro. Sarà, inoltre, necessaria una semplice autodichiarazione per fare richiesta, sostituendo il deposito di certificati e documenti. Questo comporterà tempi più brevi, responsabilità del dichiarante, semplicità della domanda. Abbiamo ottenuto l'accesso alle garanzie anche per le imprese in difficoltà che erano escluse dal testo originario e l'accesso alle garanzie ISMEA anche per pesca e acquacoltura. Inoltre, la sospensione dell'iscrizione alla centrale rischi delle imprese in difficoltà per gli inadempimenti di pagamento fino al 31 agosto i cosiddetti “protesti”, che sappiamo quanto vanno a bloccare l'economia e a inviluppare l'economia in una crisi.

Siamo riusciti a far estendere la copertura pubblica ai crediti che le imprese cedono a società di factoring (erano state escluse) e l'accesso alle garanzie statali per chi ha appena affittato un'azienda e ha calcolato i ricavi in base agli anni precedenti. Infine, il rafforzamento della patrimoniale dei Confidi per aumentare la capacità di fornire garanzie integrative alle PMI. Inoltre, Italia Viva, in ottica di dialogo con le altre forze politiche e anche con le opposizioni, ha sostenuto altre importanti modifiche quali, per esempio, l'accesso alle garanzie per gli agenti e i broker assicurativi a società partecipate da enti pubblici, il rimborso alle imprese per la mancata partecipazione alle fiere internazionali, cosa di cui personalmente, conoscendone l'importanza e avendo tanto lavorato in questo settore, ritengo sia qualcosa di fondamentale, l'esclusione delle garanzie alle società con sedi in paradisi fiscali, il divieto di delocalizzazione per le imprese che ottengono benefici dal decreto. Ecco, inoltre c'è - altro elemento importantissimo - l'esonero della responsabilità civile per l'imprenditore in caso di infortunio COVID-19, una battaglia a mio avviso di civiltà vinta nei confronti di una parte politica e di una società, per fortuna minoritaria, ammalata di caccia all'imprenditore. Da ultimo, il divieto di distribuzione dei dividendi per il 2020 alle imprese che ottengono la garanzia. Sono tanti risultati che sto elencando e siamo felici si dimostrino essere provvedimenti seri, efficaci e utili per guardare avanti con speranza.

Nonostante le incomprensioni e nonostante il disinteresse dei più importanti organi di stampa, Italia Viva continua a portare avanti la sua visione di società con serietà e con il fine di aiutare il Paese ad andare avanti. Il pensare al bene pubblico in questo “decreto Liquidità”, e nel prossimo in arrivo, vuol dire pensare a come mantenere in vita i sistemi produttivi che hanno creato benessere nel nostro Paese per decenni impiegando milioni di persone e fare in modo che continuino ad avere un futuro. Per fare ciò un tema politico fondamentale che vogliamo porre sul tavolo è il rilancio degli investimenti pubblici e privati italiani e privati esteri e quello della semplificazione. Dobbiamo movimentare investimenti, perché è a partire da questi che un Paese ha un piano di lungo termine e può garantire un benessere alle generazioni future e su questo siamo indietro purtroppo.

Io personalmente ho chiesto coraggio nella discussione sul DEF e lo abbiamo fatto nel lavoro di conversione del “decreto Liquidità”. Lo faremo ancora nei prossimi giorni sul “decreto Rilancio” e faremo tutto il possibile perché il “decreto Semplificazione” aiuti a ridurre i blocchi del Paese e permetta a chi vuol fare impresa, investire e assumere, di farlo vedendo lo Stato al suo fianco come un socio e non come un nemico che fa di tutto per bloccarlo.

Domani voteremo a favore su questo decreto perché vogliamo uscire da questa crisi scommettendo sulla speranza e sull'ottimismo dei nostri lavoratori, dei nostri imprenditori, dei nostri commercianti e dei nostri professionisti, perché è attraverso la speranza e l'ottimismo che ci giocheremo il nostro futuro, speranza e ottimismo che abbiamo perché, nonostante la crisi economica e il debito crescente, lo spread è sotto controllo, grazie al sostegno fondamentale dell'Europa di cui troppe volte si parla a vanvera, perché qualche giorno fa il BTP Italia quinquennale, destinato ai piccoli risparmiatori, ha avuto un successo straordinario, il secondo miglior risultato di sempre in valore assoluto emesso in un singolo giorno, perché il debito delle famiglie italiane è in assoluto il più basso tra i Paesi dell'Eurozona e questo può essere uno dei principali indici di serenità del presente e di fiducia verso il futuro.

Essere ottimisti, dopo che si è pensato che tutto potesse crollare, può sembrare un esercizio forzato, ma ricordare che le cose potrebbero andare bene e che andranno bene non è un modo di scappare dalla realtà ma serve per ricordare che l'Italia ha tutti gli strumenti per reagire, ha tutti gli strumenti per farcela: l'Europa è presente, i soldi ci sono, gli aiuti non mancano, la sanità è solida. La crisi ha dimostrato la forza, la serietà e la voglia di lavorare di tutti gli italiani. Lavoriamo ora tutti insieme con speranza.

La speranza vede l'invisibile, tocca l'intangibile, raggiunge l'impossibile. Ecco, sta a noi ora essere all'altezza della sfida (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Squeri. Ne ha facoltà.

LUCA SQUERI (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, una breve premessa a quello che stiamo esaminando. Questo è l'ennesimo decreto del Governo, l'ennesimo provvedimento attraverso il quale l'Esecutivo cerca di far fronte allo stato di emergenza in cui versa il Paese. Un'emergenza sanitaria dichiarata formalmente il 31 gennaio, che ha innescato, già a partire dai primissimi provvedimenti restrittivi di chiusura delle attività produttive, una gravissima crisi economica e sociale alla quale il Governo era chiamato a rispondere non con il susseguirsi disordinato di decreti-legge, annunciati e poi varati con grave ritardo e, spesso, correggendosi fra l'uno e l'altro. Quello di cui il Paese aveva ed ha ancora bisogno, in questo momento drammatico, è un progetto chiaro, ordinato; un progetto di sviluppo, di crescita economica, un progetto strategico che porti a delle riforme strutturali importanti. Occorre non disperdere le risorse stanziate dal Parlamento con provvedimenti che risarciscono poco e male il mondo produttivo e che - è giusto ricordare - costituiscono un nuovo debito di cui graviamo le generazioni future.

Rispetto al provvedimento in esame, abbiamo cercato di migliorare alcune disposizioni. Al riguardo, va dato atto al Governo e al Ministro Gualtieri di averci in parte - ahimè poco in parte – ascoltato. Di fatto, non abbiamo potuto cambiare segno a un decreto che resta inefficace e complicato e che, a dispetto del nome che porta, non genera quella liquidità di cui il Paese ha davvero bisogno. Tuttavia, grazie al lavoro svolto dal gruppo in Commissione insieme agli altri gruppi e all'approvazione di numerose nostre proposte, il testo appare migliorato e semplificato e sui punti specifici parlerò dopo.

Intanto, faccio un passo indietro perché questo “decreto Liquidità” è uno dei diversi decreti che hanno affrontato la questione economica: il primo è stato il “decreto Cura”, quello che ha affrontato il tema della cassa integrazione. Ecco, c'è da dire che, ad oggi, ancora milioni di lavoratori stanno aspettando la cassa integrazione e, rispetto a chi dava del “prenditore” all'imprenditore che alza la saracinesca al mattino e cerca di portare avanti la propria attività, dobbiamo dare atto invece di avere dato un contributo fondamentale, come solitamente il mondo produttivo dà alla vita del nostro Paese; un contributo fondamentale senza il quale altri milioni di lavoratori non avrebbero percepito la cassa integrazione, se non fosse stata anticipata dal datore di lavoro.

Non parliamo poi della cassa integrazione in deroga. Il Governo ha cercato di dare la colpa alle regioni, cosa che non è, tant'è che nel neo “decreto Rilancio” c'è stata la necessità di intervenire appunto per modificare la procedura.

Ma torniamo al “decreto Liquidità”. Il “decreto Liquidità” è frutto del cosiddetto temporary framework , quello che la Commissione europea ha deliberato e ha documentato prima il 19 marzo, poi, emendandolo, il 2 aprile, e di fatto ha fatto sì che le norme sugli aiuti statali alle imprese siano temporaneamente derogate rispetto al normale, vista la crisi… Scusate, non ho silenziato il telefono, scusate.

PRESIDENTE. Prego, prosegua.

LUCA SQUERI (FI). Dicevo, vista la crisi, la Commissione europea ha considerato la necessità di dare deroghe a quelle che sono le regole normali, sottolineando che questa deroga però comporta il fatto che siano i singoli Stati a intervenire sui propri bilanci, per cui a reperire le risorse finanziarie necessarie per far fronte alla crisi. La Germania ha aumentato l'estensione dell'accesso alle garanzie di circa 800 miliardi, il 24 per cento del proprio PIL; la Francia ha modificato la propria legge finanziaria e ha esteso questa garanzia fino a 300 miliardi. L'Italia ha recepito il nuovo regime d'aiuti attraverso il decreto chiamato “Liquidità”, ma che in realtà ha un nome molto più tecnico e molto meno romantico: “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e di lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.

Il decreto, come sappiamo, prevede una serie di misure. I punti sono quelli di offrire liquidità alle imprese, prorogare i versamenti erariali e, non ultimo, rafforzare la capacità del tessuto produttivo anche rispetto a quell'attività cosiddetta di acquisti predatori che, in questo periodo, potrebbero essere molto dannosi per il sistema Paese.

Dopo questa premessa doverosa, quale considerazione? Fatemi dire quale amara considerazione. Innanzitutto, il Governo è riuscito a fare un decreto che doveva dare liquidità alle imprese per pagare i costi, per pagare i fornitori, per pagare i dipendenti e lo ha trasformato fondamentalmente in un decreto che offre garanzia alle banche al 100 per cento, piuttosto che all'80 per cento, per ristrutturare le esposizioni già esistenti e non garantite, sostituendole con nuove garanzie. Verrebbe da dire: più che un decreto “salva imprese”, un decreto “aiuta banche”.

Nello specifico diciamo che i due decreti, sia quello “Cura Italia” sia quello “Liquidità”, hanno prodotto fondamentalmente delle briciole. Sono stati erogati 10 miliardi, altro che i 400 miliardi propagandati dal Governo! E la dimostrazione qual è? Che il Tesoro continua con i suoi piani di emissioni standard dei titoli di Stato: non è successo nulla di diverso. Il calendario delle aste non è stato modificato, se non limitatamente, proprio a riprova del fatto che al Ministero dell'Economia non si attendono particolari flussi d'uscita.

C'è uno studio molto dettagliato che affronta come è stato il comportamento dei vari Stati. Allora, l'Italia primeggia in un punto, cioè quello di avere stanziato, in termini di garanzie – sottolineo: di garanzie - rispetto al proprio PIL, il 29,8 per cento di risorse; la Germania è arrivata al 27, la Francia al 14, l'Inghilterra al 15, gli Stati Uniti molto bassi al 2,6. Ma qui si parla di garanzie, per cui di richiesta di finanziamenti, che vuole dire maggior debito per le imprese e per chi va a chiederlo.

Altra cosa è la sostanza di quella che dovrebbe essere la vera liquidità, tant'è che quando si analizzano questi dati si vede che, con riferimento ai maggiori trasferimenti diretti alle famiglie e alle imprese, anche in termini di taglio di tasse - dunque escludiamo i rinvii - l'Italia è in terzultima posizione con uno stanziamento pari allo 0,9 per cento. Al primo posto c'è la Germania con il 10,1 per cento (più di dieci volte tanto) e gli Stati Uniti sono al 9 per cento. Cosa significa questo? E' abbastanza chiaro: ci sono Stati che sono intervenuti sostanzialmente fornendo sussidi e trasferimenti veri, in contanti, a famiglie e imprese e, contemporaneamente, hanno abbassato le tasse, per cui un comportamento molto differente da quello dell'Italia che di fatto si è limitata a promettere e a garantire i futuri pagamenti, futuri crediti di imposta, lasciando l'onere dell'indebitamento e del debito.

Il risultato sarà per noi molto penalizzante perché le famiglie tedesche e americane, le imprese tedesche e americane avranno subito a disposizione le risorse finanziarie per fronteggiare la crisi di liquidità e acquisire nuove quote di mercato; quelle italiane dovranno invece aspettare anni, nella speranza che le imprese non chiudano definitivamente i battenti.

Pensiamo alle tante categorie, agli artigiani, ai commercianti, ai pubblici esercizi, ai parrucchieri, agli agenti immobiliari, agli albergatori, ai benzinai; pensiamo a tutti quelli che non ce la fanno più e che, a oggi, a oltre cento giorni dall'inizio della crisi, hanno ricevuto poco o, addirittura, nulla.

C'è da dire che il Governo è stato molto bravo, invece, a fare una cosa, cioè a scegliere i nomi da propagandare per i suoi decreti. Ricordo, qui, l'intervento della nostra presidente di gruppo, rivolto al Presidente Conte, che ha definito il “decreto Rilancio” il “decreto Arlecchino”, il “decreto Cura Italia” il “decreto Cerotto” e il “decreto Liquidità” un decreto che di liquidità ha veramente poco. Vi siete vantati di aver destinato alle imprese 400 miliardi di euro, ma di quei soldi, a quasi due mesi dall'approvazione del decreto, è andato a buon fine appena l'1 per cento, mentre le domande non arrivano a coprire il 10 per cento delle risorse stanziate. Apro una parentesi; se pensiamo che la Banca d'Italia stima in 52,4 miliardi quello che è il debito dell'amministrazione pubblica nei confronti delle imprese, vediamo quanta poca fantasia poteva esserci nel prendere un capitolo così e cominciare a mettere mano al portafoglio, per far sì che queste imprese finalmente potessero avere il dovuto.

Per quello che ci riguarda, noi abbiamo fatto di tutto per aiutare il Paese, a cominciare dal voto fondamentale, insieme alle forze alleate del centrodestra, per approvare lo scostamento, prima, di 25 miliardi, poi, di 55 miliardi; abbiamo cercato di migliorare un provvedimento che non funziona e, in parte - in parte - ci avete ascoltato. Qui, ho un elenco di quelle che sono state le nostre inchieste, in particolare in materia di accesso alla garanzia SACE, che potrà essere presentata anche in relazione ai prestiti con garanzia del Fondo centrale delle piccole e medie imprese; sono state introdotte, grazie a noi, norme in materia di autocertificazione e quest'ultima andrà a sostituire l'atto di notorietà, permettendo di semplificare e accelerare i controlli bancari, velocizzando così l'erogazione dei finanziamenti e il soggetto che eroga il finanziamento non è tenuto a svolgere accertamenti ulteriori rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato; grazie all'approvazione delle nostre proposte di modifica, vi potranno accedere anche i liberi professionisti, i titolari di partita IVA, inoltre, con un emendamento riformulato, anche coloro che svolgono l'attività di agenti di assicurazione, subagenti di assicurazione e broker iscritti alla rispettiva sezione potranno accedere a questo tipo di beneficio.

Abbiamo fatto in modo che venisse approvata la nostra proposta di innalzare da 25 mila a 30 mila euro i prestiti per le piccole e medie imprese, di arrivare al 100 per cento e di aumentare il periodo di rimborso da 6 a 10 anni; addirittura, in alcuni casi specifici, si può arrivare a trent'anni. Si è intervenuti sull'applicabilità a tutti i finanziamenti, e non solo a quelli di importo fino a 25 mila euro, della disposizione relativa al caso di cessione di affitto d'azienda, per il quale si considera come parametro l'ammontare dei ricavi dell'ultima dichiarazione dei redditi o dell'ultimo bilancio depositato dal cedente o dal locatore.

Per l'accesso al Fondo delle piccole e medie imprese, la norma consente di superare il criterio del 25 per cento del fatturato totale del beneficiario nel 2019, in favore di imprese che operano su cicli ultra annuali, come il settore delle costruzioni, che hanno una forte variabilità annuale dei ricavi. Inoltre, il provvedimento adesso prevede che le camere di commercio possano concedere contributi alle piccole e medie imprese in conto commissioni di garanzia su operazioni finanziarie ammesse alla riassicurazione del Fondo delle piccole e medie imprese.

Le garanzie del Fondo delle piccole e medie imprese, ora, sono concesse anche a favore dei beneficiari finali che presentano, alla data della richiesta della garanzia, esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore classificate come inadempienze probabili o come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, per cui è un modo di aiutare chi è già in difficoltà. Purtroppo, è lungo l'elenco delle proposte che avevamo fatto per migliorare ulteriormente il provvedimento e che, ahimè, non è stato possibile accettare. Però, tutto quello che abbiamo fatto certamente non basta; il provvedimento in sé è assolutamente insufficiente per affrontare lo tsunami che ci ha travolto; non ci può essere ripresa senza una vera riforma fiscale, non ci può essere ripresa senza un patto tra cittadini e fisco per azzerare per un anno tasse e accertamenti, non è sufficiente sospendere il pagamento dell'IRAP, bisogna abolire, in momenti così emergenziali l'IRAP. Come possiamo ripartire senza procedure semplici, come può esserci ripresa senza far decollare le opere pubbliche, abolendo il codice degli appalti, senza rilanciare gli investimenti privati? Semplificazioni, infrastrutture e una riforma del fisco devono essere fatte necessariamente; non possiamo limitarci a questi provvedimenti e tutto quello che ho citato dovrebbe essere già stato votato, altro che prevederlo in autunno. Occorre liberare il mondo delle imprese dalla burocrazia, fa sì che le partite IVA e le imprese, davvero, abbiano una mano tesa, pronta ad aiutarle.

Vedete, vado a concludere, citando quella che è la voce di un cittadino che ho colto su un social e che descrive con un'allegoria semplice quella che può essere definita l'azione del Governo fino adesso; questo cittadino dice: “Ma perché ce l'abbiamo col Governo? Ho ricevuto 600 euro a marzo, 800 euro ad aprile, 1.000 euro a maggio, ho avuto il bonus figli di 500 euro, il comune mi dà 500 euro in buoni spesa, mi danno 500 euro per comprare la bicicletta, mi ha chiamato il mio commercialista dicendo che non devo pagare l'F24, non ho pagato l'RCA, non ho pagato le bollette, ho chiesto in banca 25 mila euro senza garanzie e in due giorni me li hanno accreditati e poi…. Poi, mia moglie ha visto Conte in TV, ha alzato il volume e mi ha svegliato e mi sono trovato davanti Casalini e Conte alla ricerca di nuovi like per i propri social”. Questo rende l'idea dello scostamento che c'è tra le potenze di fuoco annunciate e il risultato vero, ottenuto.

E concludo, davvero, colleghi, dicendo che sono moltissime le istanze a cui non si è ancora dato seguito; noi siamo disponibili a un confronto responsabile con il Governo, vogliamo lavorare ancora sulla semplificazione e sull'incremento delle risorse per le piccole e medie imprese, per la ripresa della domanda in settori cruciali come turismo, automotive, made in Italy, per l'abbattimento della burocrazia. Chiediamo al Governo di proseguire sulla strada intrapresa durante l'esame in Commissione, dove - seppur molto limitati dai veti governativi - ringrazio i relatori per la disponibilità che hanno dato, ancorché, poi, con risultati che non possono farci dichiarare pienamente soddisfatti. E dunque, chiediamo al Governo di proseguire sulla strada intrapresa durante l'esame in Commissione, perché attraverso un dialogo serio e costruttivo si possa giungere all'approvazione delle altre nostre proposte. Con i sussidi e l'assistenzialismo non riparte l'economia; non sprechiamo risorse preziose, occorre un progetto serio che veda al centro il mondo produttivo e una vera riforma fiscale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Raffaele Topo. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TOPO (PD). Presidente, come è stato ricordato, questo è un primo decreto, secondo forse per importanza, in questo complicato momento per il Paese e per l'Europa, e al di là delle critiche che possono venire dall'opposizione, va segnalato che tutti i Paesi dell'area euro, ma non solo, hanno agito in questo contesto con provvedimenti che tutto sommato si assomigliano. Hanno agito per contenere l'epidemia, e noi siamo quelli che hanno fatto prima, con il decreto dell'8 marzo, se non ricordo male, hanno agito per rafforzare la risposta sanitaria in questa direzione, e poi con provvedimenti che hanno in qualche modo agito per sostenere lavoratori, imprese e famiglie. Quindi, l'Italia non ha agito in solitudine, utilizzando strumenti inediti, ma ha costruito soluzioni che in qualche maniera sono state concordate a livello europeo.

E sono state non solo concordate, ma sostenute da decisioni che l'Europa ha preso e che hanno permesso di agire in spazi possibili, a cominciare dalla riforma, con le decisioni del marzo e poi del 3 aprile, del cosiddetto Temporary Framework, il nuovo quadro europeo sugli aiuti di Stato, senza il quale non si poteva adottare questo decreto, di cui discutiamo; e soprattutto è stata riconosciuta la sussistenza delle condizioni per attivare la clausola di salvaguardia che ha permesso a questo Parlamento di autorizzare due sforamenti, quello che ha preparato il decreto “primo”, chiamiamolo per numero, il n. 18 perché qui facciamo forse prima a dire i numeri, e quello che è stato pubblicato qualche giorno fa, il “decreto Rilancio”. Quindi, questi erano gli spazi consentiti e queste sono state le azioni che i Governi hanno adottato, ovviamente con proporzioni diverse, come naturalmente è stato anche sottolineato in questo dibattito.

Questo intervento è, quindi, un intervento preordinato a sostenere la liquidità di famiglie ed imprese, ed è stato fatto anche scegliendo un target abbastanza alto, uno dei più alti, il 29 per cento in rapporto al PIL. Questo è stato detto: io non credo sia un errore, è evidente che c'è stato bisogno di un adattamento delle decisioni alla realtà, perché dall'adozione del decreto ad oggi è stata segnalata una serie di problemi. Con riferimento al collo di bottiglia, di cui parlava anche il Ministro Gualtieri in audizione, le correzioni che sono state approntate nelle Commissioni con il contributo delle forze politiche hanno sensibilmente migliorato il decreto. È una delle prove nelle quali il Parlamento ha fatto valere il suo ruolo e quello delle parti politiche, maggioranza e opposizioni, è stato decisivo: abbiamo reclamato l'esigenza di coinvolgere il Parlamento nelle decisioni. Mai come in questa occasione - io sono alla prima legislatura, il secondo anno - e questo è stato il momento, in cui il livello di collaborazione leale tra le parti politiche è stato secondo me più efficace.

La scelta è stata dunque innanzitutto quella di rafforzare, come è stato ricordato, il Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, allargando la platea dei beneficiari, permettendo di semplificare le procedure di accesso al credito: perché è vero che non bastano queste misure - è stato detto, poi ci tornerò -, ma in questo momento non cancelliamo il ricorso al credito che è uno strumento essenziale per vivere e per lavorare. Quindi, un Governo che sceglie una misura abbastanza forte, significa che crea una condizione per ricorrere al credito in tempi “veloci”; e “veloci” lo metto tra virgolette, perché le decisioni assunte nelle Commissioni credo che velocizzeranno in modo effettivo l'accesso al credito per queste misure, e naturalmente anche con un costo assai inferiore a quelli applicati fino a questo momento.

Non sono banalità: le Commissioni hanno permesso - ripeto, ma solo le cose importanti - di passare da 25 a 30 mila euro per il credito cosiddetto di cittadinanza, quello che, con le garanzie, copriamo al 100 per cento, e che è di immediata reperibilità; e ovviamente abbiamo anche agito sull'altro dubbio che è venuto a tutti, che ci è stato sollevato, non dai cittadini che leggono un po' di spot, un po' di fake, ma da quelli che vanno in banca e dicono: “sei anni è un tempo troppo stretto”, ed è stato passato a dieci anni con un lavoro svolto nelle Commissioni.

È stato anche deciso, per i crediti di maggiore consistenza, che l'ammortamento può arrivare addirittura fino a trent'anni e con un livello di garanzia al 90 per cento integrabile, come è stato anche ricordato. Io credo quindi che la scelta del Governo di agire sul credito sia stata una scelta giusta anche nelle dimensioni, perché Bankitalia stima anche che, da marzo a settembre, vi sarà un bisogno di 50 miliardi da erogare: quindi, è vero che siamo andati piano all'inizio per le difficoltà che sono state segnalate, ma questo volume di credito attivabile è necessario per il Paese.

E poi l'altra decisione che ha semplificato - l'ha ricordato Pastorino prima - il tema dell'autocertificazione, lo strumento suggerito persino dai procuratori ascoltati in audizione, perché il tema della responsabilità è un tema che, in questo Paese, ha un valore, un carattere, ha un'importanza, mettiamola così, molto, molto più alta che in altre parti del mondo. Qui c'è alla fine l'incaglio: c'è qualcuno che deve firmare per crediti veloci, per conciliare l'esigenza di veloce attivazione del credito con la giusta esigenza di controllo di legalità ed è evidente che c'è un punto su cui bisogna trovare una mediazione. Noi abbiamo scelto la strada della semplificazione, abbiamo utilizzato l'autocertificazione per attribuire al prenditore la responsabilità della scelta; naturalmente con l'utilizzo dell'accordo tra Ministero dell'Interno, MEF e procure, garantiamo in contemporanea un controllo su queste attività, che è un controllo importante da garantire, ma che non può costituire un aggravio della procedura di erogazione perché dobbiamo scegliere: meglio accelerare, prendendosi il rischio di qualche errore nell'erogazione piuttosto che collassare il sistema. Ed è una scelta questa che ha assunto il Parlamento, ed è molto importante.

Quindi, il primo tema affrontato, come è stato detto, è garantire liquidità, che, in una prima fase, è stata garantita con la moratoria prevista dall'articolo 56; tra l'altro, la moratoria è stata introdotta per prima in Italia ed applicata anche in altri Stati: c'è dovunque, lo ricordo. E poi la liquidità di medio periodo, di lungo periodo, che si appoggia ai due strumenti, il Fondo centrale di garanzia e il nuovo ruolo di SACE, che è stato irrobustito anche per le attività di commercio estero perché è evidente che era necessario garantire un'assicurazione più forte per le attività, perché, naturalmente, in un mondo con queste difficoltà e con questa crisi, la SACE da sola non riusciva a fornire, e quindi l'intervento dello Stato è stato in questa direzione importante.

Si è già detto delle norme sul diritto fallimentare e societario, anche con riferimento allo spostamento dell'entrata in vigore del codice della crisi, alla sospensione anche delle procedure già omologate; una necessità, il potenziamento dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, che hanno anche ricevuto un intervento nelle Commissioni di ampliamento per le attività della siderurgia ed agricole.

Credo quindi sia stato fatto un buon lavoro. Solo per ricordare alcune delle decisioni più importanti assunte nelle Commissioni: le condizionalità nell'erogazione del credito, in particolare l'esclusione della possibilità che risorse stanziate vadano a finanziare aziende che hanno sede in paradisi fiscali, la stessa questione dell'attribuzione dei dividendi, la scelta - l'ha detto Fragomeli - di ampliare queste possibilità al Terzo settore, la costituzione dei fondi presso le camere di commercio. Insomma, un lavoro che, ripeto, per me è stato un'esperienza positiva: per la prima volta in Parlamento, contrariamente a quello che si racconta fuori, il lavoro svolto nelle Commissioni è stato di grande interesse.

Questo decreto esce molto meglio dal Parlamento; ed esce anche con una visione che va rivista anche su un altro particolare aspetto, lo dicevo in un colloquio con il relatore. Voi sapete che, dati del 2019, l'erogazione del credito per le imprese medio-grandi è costato nel Paese 3,3 in percentuale, mentre nel Mezzogiorno d'Italia il costo è 4,7, quindi c'è un costo superiore del 50 per cento; e con questo decreto per la verità, grazie a Gualtieri ma al Governo, in tutti i luoghi d'Italia si pagherà lo stesso interesse: tasso di rendistato più 0,2 per cento. Vi segnalo che ho proposto un ordine del giorno per garantire che queste misure per le aree ad obiettivo 1 si applichino anche dopo la scadenza prevista per il 31 dicembre 2020, perché è vero che questo Paese non si salva solo con questo provvedimento sulla liquidità.

Il Governo ha previsto nel “decreto Rilancio” trasferimenti diretti, naturalmente sulla base delle possibilità che il Paese ha a disposizione, ha previsto la possibilità di cedere i crediti, quelli che si realizzano, per le attività edilizie sarà un volano molto forte. Naturalmente, ci vorranno altri provvedimenti per sbloccare le opere pubbliche, perché questo è un problema che ci portiamo dietro da 20 anni, però c'è un altro argomento di cui questo Paese si deve occupare, che si chiama Mezzogiorno, lo ha detto il dottor Panetta della BCE, l'ex direttore della Banca d'Italia, quindi non un pericoloso sovversivo. C'è un'altra possibilità per aiutare il Paese ed è quella di sviluppare e di sbloccare il Sud Italia. Oggi lo facciamo garantendo credito alle stesse condizioni in tutto il Paese. Si può fare qualcosa in più a proposito della fiscalità di vantaggio, vi ricordo che nelle regioni ad obiettivo 1 queste cose sono possibili. Insomma, si può fare un lavoro per mettere in moto questo pezzo di Paese, che può essere decisivo per far ripartire l'Italia, ovviamente con i nuovi programmi in materia di contrasto alla disoccupazione, il programma Sure, con il nuovo accordo tra Francia e Germania per un primo pezzo di Recovery Fund, che significa fondi di investimento trasferiti all'Italia in proporzione superiore alla nostra partecipazione all'Unione. Insomma, abbiamo tanti strumenti, il nostro lavoro non finisce oggi o domani, abbiamo ancora un cammino lungo, i cittadini stanno facendo una parte decisiva e in questo tempo probabilmente il ruolo della politica, di quelli che hanno le idee chiare, è quello di accompagnare in modo più unitario possibile le decisioni, perché in questi momenti le distinzioni non fanno guadagnare né voti né credibilità. Quindi, ripeto, il lavoro successivo è che domani voteremo questo decreto, io credo nella necessità di ulteriori provvedimenti per sbloccare opere, investimenti, edilizia e chiederei al Governo una particolare attenzione al tema del Mezzogiorno, perché è una carta decisiva da giocare nell'interesse del Paese, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimiliano De Toma. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO DE TOMA (MISTO). Grazie signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, innanzitutto inizio con un ringraziamento personale ai due relatori, perché comunque hanno mostrato in questi giorni, nella settimana passata in Commissione, di lavorare con difficoltà a un decreto, che indubbiamente si sovrapponeva a quello del decreto cosiddetto Rilancio, però, se oggi ci troviamo qui, a dibattere sul futuro cupo scenario del nostro Paese, lo dobbiamo alle scelte incompiute di questo Governo, alle sue promesse disattese e ai suoi impegni non rispettati. Ma andiamo per ordine. La situazione odierna è figlia di un provvedimento, il cosiddetto Cura Italia, dove, esaurita la fase dell'emergenza sanitaria, si è iniziato a guardare alla non meno grave emergenza economica generata dal Coronavirus e qui, signor Presidente, ricordiamo ancora tutti, purtroppo con ironia, la promessa fatta dal Premier dell'ormai famoso bazooka, con quei 400 miliardi sbandierati più volte in televisione. Il bazooka sarebbe dovuto servire a riaccendere i motori dell'economia del nostro Paese, ma nulla di tutto ciò che il Premier ci ha raccontato nelle 8 conferenze stampa a reti unificate si è tramutato in realtà, anzi, possiamo dire senza timore di essere smentiti, che le stanze di Palazzo Chigi, tra errori, omissioni e perdite di tempo, sono state il laboratorio dove si è formato e poi sviluppato il virus economico, che sta lentamente portando in agonia il tessuto produttivo e sociale del nostro Paese. Dei 400 miliardi, ovviamente, nemmeno l'ombra. Il sistema Italia aveva bisogno di un'iniezione di liquidità immediata a favore del tessuto imprenditoriale, non certo di somme erogate a debito, che saranno purtroppo la causa di futuri fallimenti, quando le stesse non potranno essere restituite. Da un recente studio economico di Tecnè si evidenzia che tra un milione e un milione e 700.000 imprese siano a rischio default per la fine dell'anno, con ricadute drammatiche sull'occupazione. Possiamo quindi oggi suggerire al Governo di modificare il nome, da cosiddetto decreto Liquidità a decreto liquidazione, perché a questo porterà l'assenza di flusso economico di cui oggi c'è un disperato bisogno, alla messa in liquidazione di quelle imprese che hanno sempre rappresentato la linfa della nostra economia. Ne saranno di certo contenti gli stranieri, che presto verranno in Italia a fare shopping in saldo dei nostri pezzi pregiati e forse anche su questo l'Esecutivo ha male interpretato la nostra richiesta: quando abbiamo chiesto di favorire il ritorno del turismo in Italia, non intendevamo di certo questo e non ci venite a dire che il Parlamento è stato complice di questo fare ondivago e singhiozzante della maggioranza, perché non è assolutamente vero.

Noi parlamentari, in questi due mesi, siamo stati relegati ad un ruolo di comprimari, proprio in questo momento, che invece richiedeva ancora una maggiore condivisione e concertazione su provvedimenti su cui si gioca il destino dell'Italia, anzi, siamo stati sostituiti dagli oltre 500 esperti delle varie task force. Di tutto questo, signor Presidente, il Governo dovrà rispondere oltre che a noi, in quest'Aula, alle centinaia di migliaia di imprese, che aspettavano invano la liquidità necessaria per far ripartire le proprie attività e si sono invece trovate, peraltro con gravi ritardi, a doversi sobbarcare di debiti generati da questi prestiti, per chi poi li abbia ottenuti veramente. Certo che spostare da 6 a 10 anni e da 25.000 a 30.000 la somma di prestiti garantiti al 100 per cento dallo Stato, per me può essere visto favorevolmente, ma sempre di debito stiamo parlando e con rischio di costi aggiuntivi e onerosi ad imprese che non l'avrebbero certo richiesto, in una situazione di normalità. Speravo, almeno, che venissero accolte delle mie richieste, fatte tramite puntuali emendamenti, di pagare o compensare fiscalmente i miliardi di crediti che le imprese vantano nei confronti delle pubbliche amministrazioni (lo ritroveremo nel decreto cosiddetto Rilancio? Vedremo) o quella di garantire per gli imprenditori del commercio - soprattutto del settore moda, signor Presidente, che mi vede estremamente coinvolto, tessile, abbigliamento, calzature, il tanto decantato made in Italy, di cui qua dentro tutti si riempiono la bocca, i settori principalmente colpiti dai provvedimenti di chiusura attività - era di un credito di imposta del 60 per cento del valore di acquisto delle merci invendute rimaste nei magazzini, appunto la merce invenduta invernale, chiusa lì, confinata come i negozi, a causa appunto della crisi da Covid-19. Ma niente, completamente sordi ai bisogni di come le PMI contribuiscono ad una parte molto rilevante del PIL del nostro Paese.

Però, un grosso grazie lo devo fare e lo faccio alla grande distribuzione, la sua logistica e tutta la filiera, che ha fornito l'approvvigionamento durante il lockdown, garantendo almeno il cibo sulle tavole delle famiglie italiane. Questa maggioranza continua ad andare avanti con una bussola rotta, navigando a vista e senza mai cercare di prevenire le problematiche che una crisi come quella che stiamo attraversando ci porta ad affrontare. A tal proposito, mi permetto di avvisare il Governo del prossimo scoglio su cui ci imbatteremo senza adeguate contromisure: un'inflazione galoppante, che ridurrà ancora il potere di acquisto delle famiglie italiane. anche il DL cosiddetto Rilancio, infatti, non può bastare: siamo tutti consapevoli che la riapertura delle attività economiche, dei commercianti, bar e ristoranti, degli ambulanti, fra i più colpiti da questa crisi economica, insieme ad una parte della filiera del turismo, non basta a far girare un'economia ormai fantasma. Tra mille ostacoli e diverse interpretazioni, nonché mancata chiarezza dai diversi provvedimenti messi in campo - i DPCM, linee-guida nazionali, regionali, comunali e chi più ne ha più ne metta - alcune attività hanno deciso di riaprire, mentre altre no. Signori onorevoli, le imprese vogliono certezze, vogliono sicurezza dal Governo e vera liquidità, non indebitarsi ancora di più con le banche. C'è ancora un forte senso di paura tra la gente, i negozi sono vuoti, il potere di acquisto è quasi allo zero, ma data la situazione globale, tra lavoratori in cassa integrazione o senza lavoro a causa della crisi da Covid-19.

Mi avvio alla conclusione, signor Presidente: perciò non dimenticatevi e non dimentichiamoci di loro, anche di chi ora ha riaperto quella saracinesca e contribuisce alla vita sociale di un Paese, perché ricordiamoci tutti, soprattutto da uno che le saracinesche le ha aperte e le ha chiuse molte volte, un'insegna che si spegne è un pezzo di una città che muore. Grazie signor Presidente.

PRESIDENTE. Grazie a lei deputato De Toma. È iscritta a parlare la deputata Rachele Silvestri. Ne ha facoltà.

RACHELE SILVESTRI (MISTO). Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, sono note a tutti le conseguenze, soprattutto in termini di vite umane, che il COVID-19 ha generato. Rimarranno impresse nella nostra memoria le immagini dei mezzi dell'Esercito che trasportavano le bare a Bergamo, ma anche il grande lavoro e il sacrificio del personale sanitario e dei volontari, che in prima linea combattono questo mostro invisibile. L'altra emergenza parallela a quella sanitaria, che rischia di produrre degli effetti devastanti, è quella economica-produttiva, che sta colpendo le nostre aziende e le nostre partite IVA. Premetto subito che con il precedente decreto-legge cosiddetto “Cura Italia” si è fatto poco, in termini di sostegno alle imprese, ma in quel momento e vista la situazione drammatica in rapida evoluzione, era comprensibile.

Per senso di responsabilità abbiamo votato favorevolmente, nonostante il fatto che in fase di conversione del decreto stesso l'attività parlamentare, in primis nelle Commissioni, sia stata depotenziata dal Governo. Questo modus operandi dell'Esecutivo, che più volte ha ribadito che avrebbe aperto al confronto sugli atti emanati, ma che nella realtà è andato avanti a suon di decreti-legge e di mega-emendamenti presentati dai relatori, ha relegato in uno stato di assenza quasi totale il confronto costruttivo con il Parlamento.

Entriamo nel merito e veniamo ai dati che sono fondamentali per capire quello che è accaduto e quello che si presume potrà accadere: l'istituto Tecnè, che si occupa di analisi e ricerca economica, ci fornisce un quadro significativo e costantemente aggiornato, delineando scenari economici nel brevissimo periodo alquanto preoccupanti. Già il 22 febbraio l'istituto rilevava una previsione del calo del PIL sul primo trimestre del 2020 che andava dal 4,3 per cento al 5,4 per cento, con la massima probabilità del 4,8 per cento; questo è il dato che si è poi concretizzato. Oggi lo stesso istituto prevede una contrazione del PIL rispetto al 2019 con una forbice che va da un meno 10,4 per cento a un meno 14,5 per cento. In termini di valore economico parliamo di una perdita previsionale che va da un minimo di 186 miliardi a un massimo di 260 miliardi di euro. Leggendo questi dati in un'ottica di posti di lavoro a rischio, la situazione che si prospetta è per alcuni aspetti ancora più drammatica: nei prossimi due mesi si prevede un'esposizione al default finanziario di circa un milione di PMI nello scenario migliore fino a un massimo di un milione e 700 mila imprese nella peggiore prospettiva. In termini di portata produttiva, parliamo di una perdita che potrebbe oscillare da un meno 16 per cento a un meno 27 per cento nell'arco di tre mesi. Per avere un paragone, ricordo a tutti i colleghi che nella crisi economica del 2008 la nostra capacità produttiva si attestò a un meno 24 per cento nei cinque anni successivi, e, a seguito di questa pandemia sanitaria, potremmo addirittura scendere a un meno 27 per cento in soli tre mesi. Colleghi, il tempo degli slogan è terminato: siamo di fronte a una tempesta perfetta e per uscirne, non dico indenni, ma con i minori danni possibili, urgono misure rapide e di sostegno concreto alle imprese e alle partite IVA. È necessaria una radicale ed immediata semplificazione della burocrazia pubblica, una reale riduzione dei costi inefficienti ed inefficaci, una riduzione fiscale, soprattutto quella indiretta, e una massiva iniezione di liquidità per il sistema produttivo.

Questo Governo deve essere credibile agli occhi degli investitori; non è più rinviabile una riforma della pubblica amministrazione e del sistema civile. Si è perso già troppo tempo e nel prossimo “decreto Rilancio” va eliminato tutto ciò che impaurisce gli investitori e chi vuole lavorare; se non si va in questa direzione, il Paese si ferma. Se non mettiamo in sicurezza le imprese, ci ritroveremo, dati alla mano, con 6,4 milioni di disoccupati in più, con un totale di 13,7 milioni di individui poveri e con 4,5 milioni di persone in condizioni di emergenza alimentare. Questo, nell'eventualità che accada, avrebbe conseguenze catastrofiche e si attiverebbe un meccanismo difficilmente controllabile con un forte aumento della spesa pubblica, soprattutto quella finalizzata all'assistenza economica dei cittadini in difficoltà, un impoverimento strutturale del sistema produttivo, la fuga delle imprese verso l'estero finalizzata ad abbattere i costi produttivi, un minor gettito fiscale nelle casse dello Stato e la conseguente necessità di tagli alla spesa pubblica. Una situazione che potrebbe essere facilmente sfruttata, come la storia ci insegna, dalla criminalità organizzata. Il “decreto Liquidità” che ci apprestiamo a votare purtroppo non disinnesca questo circolo vizioso; questa è una crisi anomala, ma rischia di diventare sistematica nel momento in cui si ferma tutto e si bloccano domanda e offerta. Non si possono lanciare mediaticamente numeri sotto forma di miliardi di euro che stanno per arrivare a pioggia e non si provvede ad un reale sostegno economico. In questa maniera si corre il rischio di perdere credibilità agli occhi dei mercati e delle imprese, e lo stesso Governo perde di attendibilità, dando dimostrazione di non avere cognizione della gravità della situazione. Questo modo di porsi spaventa le imprese e i mercati, che, al contrario, andrebbero rassicurati con misure concrete e incisive.

Se questo Governo non inizia a considerare le imprese come il nostro miglior ammortizzatore sociale e non le sostiene fortemente, non ci potrà essere nessun rilancio e si bloccherà il Paese, a prescindere da tutti i decreti che si possono emanare. Drenare risorse solo per l'assistenzialismo fine a se stesso non paga, né nel breve né tanto meno nel medio-lungo periodo. Nel presente decreto qualcosa si è fatto, ma non è sufficiente. Io stessa ho presentato diversi emendamenti che avevano come scopo la necessità di fornire massima liquidità alle imprese. Ce ne sono a mia prima firma alcuni che riguardano lo sblocco dei crediti che quelle stesse imprese vantano verso la pubblica amministrazione. Anche su questo tema il Governo non ha fatto ciò che avrebbe dovuto: i crediti che le imprese hanno nei confronti delle pubbliche amministrazioni superano i 50 miliardi. Pensare che un'impresa si debba indebitare con una banca dove il debito viene garantito dallo Stato e quello stesso Stato ha già un debito nei confronti di quell'impresa è inenarrabile; e lo è anche di più se si pensa che il pubblico debitore preferisce far indebitare l'imprenditore piuttosto che saldare il suo debito. Capite da soli che siamo di fronte ad una riduzione all'assurdo di quelli che dovrebbero essere i ruoli civili e democratici di questo Paese? Ringrazio alcuni imprenditori e portatori di interessi con cui ho lavorato in queste settimane per redigere questi emendamenti. Abbiamo già ottenuto una piccola vittoria, soprattutto perché la problematica in questione, pur essendo stata affrontata marginalmente da questo decreto che ci apprestiamo a votare, trova una maggiore risposta nel DL “Rilancio” appena emanato. Non è però sufficiente per sbloccare tutti i crediti delle aziende e annuncio già il deposito di nuovi emendamenti nella fase di conversione. Ho anche depositato dei correttivi al decreto che andavano nella direzione di un maggior sostegno alle aree del Paese che già vivevano una situazione economica tragica, Presidente, i territori del Centro Italia che sono stati feriti dai recenti eventi sismici, ma che purtroppo non sono stati recepiti. Auspico che venga preso in considerazione in quanto prima il sostegno a questi luoghi che sono stati dimenticati per troppo tempo.

Per onestà intellettuale, devo dire che, a differenza di ciò che è accaduto con il “decreto Cura Italia”, il Parlamento ha potuto confrontarsi nel merito di questo decreto, ma mi preme sottolineare il fatto che, essendoci parallelamente la fase di emanazione del “decreto Rilancio”, si è generato un rallentamento, se non a volte un blocco, dei lavori di Commissione. Come è possibile confrontarsi per apportare determinati correttivi necessari e fondamentali sapendo che la maggior parte degli emendamenti che si stanno discutendo potrebbero essere riassorbiti dal nuovo decreto in fase di emanazione? Questo significa non avere rispetto del Parlamento e delle persone che ricoprono ruoli istituzionali, e spero fortemente che nella conversione del prossimo decreto venga ridata centralità al Parlamento.

Concludo, Presidente: la situazione è drammatica e gli scenari si configurano essere peggiori di quelli che alcuni media ci raccontano. Questo Governo sta agendo guardando solo la punta dell'iceberg, senza vedere le criticità in maniera complessa e strutturata, perché, se così fosse stato, sicuramente questi decreti avrebbero affrontato il problema burocrazia e liquidità in maniera ben diversa. Non vi è traccia di piani strategici per il Paese, siano essi produttivi, industriali, energetici o sociosanitari; si sta andando avanti con la logica delle pezze, tirando a campare, disperdendo le poche risorse economiche che abbiamo contrattato a debito. Serve un cambio di passo immediato: questo Esecutivo ha perso già troppo tempo e il prossimo “decreto Rilancio”, che a breve inizieremo ad affrontare nelle Commissioni, potrebbe essere forse l'ultima possibilità che si ha per evitare che il nostro sistema produttivo si fermi, e con esso il Paese. Se questo Governo non ha il coraggio e l'autorevolezza per poter operare in questo senso, allora vuol dire che non siete in grado di far uscire questo Paese dalla crisi.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Gerardi. Ne ha facoltà.

FRANCESCA GERARDI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, dopo le deludenti misure introdotte dal decreto “Cura Italia” il Governo ha emanato un ulteriore disorganico e insufficiente provvedimento per le imprese. Non sono previsti trasferimenti a fondo perduto, compensazioni di debiti, annullamenti di pagamenti fiscali; solamente l'ennesimo rinvio, con la possibilità di sottoscrivere nuovi debiti con le banche. Le misure contenute, infatti, si traducono in frammentati sussidi per contenere la diffusione del COVID-19 o far contrarre nuovi debiti alle imprese con gli istituti di credito italiani.

In buona sostanza, il decreto, da un lato, potenzia lo strumento del Fondo centrale di garanzia PMI per quanto riguarda gli aiuti alle imprese più piccole, dall'altro, dispone che la società SACE possa emettere a favore delle banche garanzie su prestiti che queste ultime erogheranno alle imprese più grandi. Non è difficile da capire che è stata creata una farraginosa macchina burocratica, l'ennesima, di cui l'Italia in questo momento non aveva bisogno. Per accedere alla liquidità le aziende, infatti, devono necessariamente contrarre un debito, sostenendone i costi in termini di interessi e di servizio con i soggetti privati. La garanzia dello Stato, che interverrà solo in caso di insolvenza, non riduce nemmeno le lungaggini amministrative che ad oggi ancora non consentono quell'iniezione di liquidità fondamentale alla ripartenza. È chiaro quindi per come è scritto il decreto che c'è il serio rischio che alle imprese arrivi poca liquidità e in ritardo. Ma, mentre il Governo si fa promotore di euforiche previsioni di liquidità generate dalla garanzia pubblica per la concessione del credito da parte del sistema bancario, il tessuto industriale e imprenditoriale italiano perde pezzi importanti della propria produzione economica e capacità di contrattazione internazionale. Anziché sostenere le attività produttive con trasferimenti diretti sui conti correnti aziendali, la miope visione del Governo continua a fare pura propaganda politica. Già, perché la liquidità di cui tanto si parla non è somministrata a fondo perduto nelle realtà riproduttive del Paese, bensì nella formula del prestito con il vincolo della restituzione: un debito che si aggiunge ad un altro debito già contratto dalle imprese obbligate a sopravvivere alla sigillazione ermetica del Paese, caricando sulle spalle indebolite dell'economia ulteriori passività destinate ad esacerbarsi con l'appuntamento del fisco, che per ora è dilazionato dal rinvio delle scadenze fiscali al 31 maggio. Quando il Governo ha comunicato a reti unificate di aver liberato 750 miliardi mettendo a disposizione delle imprese una potenza di fuoco, sapeva di mentire; era un messaggio ingannevole perché ben consapevole che non c'erano i presupposti per diffondere le potenzialità di movimentazione economica di cui ha necessità il Paese. Oggi le imprese che, in seguito ai provvedimenti di lockdown, hanno azzerato i loro fatturati, chiedono sovvenzioni per pagare i costi fissi e non essere sommerse dalle pendenze di pagamento che le obbligherebbero al default con l'effetto domino di travolgere le tessere che compongono il quadro economico. Servono sussidi a fondo perduto, non prestiti irraggiungibili per pagare gli stipendi dei dipendenti di aziende che non hanno più fatturato: i prestiti con il giusto merito devono venire dopo per finanziare gli investimenti successivi all'emergenza, non prima. Il provvedimento non ha il contatto con la realtà. Durante le audizioni, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, quindi chi più di loro ascolta e tocca con mano le difficoltà delle imprese, ha dichiarato che anche loro si aspettavano misure più coraggiose come la possibilità di compensare i crediti 2019 relativi a imposte dirette e IRAP anche prima della presentazione della relativa dichiarazione; la sospensione del blocco delle compensazioni in partenza di debiti scaduti di importo superiore a 1.500 euro; il blocco dei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche in presenza di debiti scaduti di importo superiore ai 5.000 euro; la disapplicazione della proroga di due anni dei termini di riscossione e accertamento in scadenza nel 2020. Questi sono gli aiuti concreti che si aspettavano le imprese: non basta la sospensione dei versamenti di mese in mese.

Alcune banche hanno proceduto con la valutazione del merito creditizio anche per i prestiti fino a 25.000 euro, ora elevato a 30.000 grazie al contributo della Lega in Commissione. Su questo punto il Governo è stato poco chiaro fin dall'inizio tant'è che è dovuta intervenire l'Associazione bancaria italiana con una propria circolare interpretativa, poiché le norme contenute nel decreto erano e rimangono poco chiare e incoerenti. Il sistema dovrebbe essere al contrario: ad esempio fare come è successo in Francia. Ogni impresa dovrebbe essere tenuta a fare un'autodichiarazione, dichiarando quale sia l'importo del fatturato perso nei mesi di marzo, aprile e probabilmente, aggiungo, maggio 2020 rispetto al medesimo periodo del 2019. La percentuale potrebbe essere diversa a seconda dei settori merceologici coinvolti, tenendo conto che ci sono settori più colpiti di altri.

Sulla base di tale autodichiarazione, l'erogazione e la garanzia devono operare automaticamente senza valutazione del merito di credito in capo alla banca e per una percentuale della perdita di fatturato. Le imprese, per essere aiutate, necessitano di una iniezione di liquidità ora, non di valutazioni che impegnano mesi. La verità è che c'è stata molta confusione: si è creato un corto circuito anche per quanto riguarda i profili penali relativi al reato di bancarotta e alcune banche hanno valutato con arbitrarietà le soluzioni che ritenevano poco convenienti.

La ripresa ha tempi più lunghi, ci vorrà più tempo e dunque è giusto prorogare ulteriormente il termine dal quale tornare a pagare le tasse.

Infine, è previsto il rinvio del pagamento degli affitti da parte delle imprese sempre nell'ottica di dare maggiore respiro alle nostre aziende. Il gruppo della Lega, per esempio, ha proposto emendamenti per uno sconto sugli affitti per chi esercita impresa anche attraverso le agevolazioni fiscali. Che ci piaccia oppure no, l'economia non è fatta solamente di conti economici e flussi di cassa ma anche e soprattutto di rapporti fra persone, di fiducia reciproca tra amministrazione e contribuente. Continuare ad immaginare una divisione di ruoli e soccombenze fatta da differenze colmabili solo con certificati, valutazioni, meriti creditizi, controlli e lungaggini è un'idea sbagliata della società. La gente onesta e il Paese reale non ce la fanno più. Rimango poi sinceramente allibita quando sento da parte della maggioranza parole di encomio su se stessa e sull'ottimo lavoro che è stato portato avanti in Commissione perché, signor Presidente e membri del Governo che siete qui, la Lega, insieme al nostro leader Matteo Salvini, non ha fatto mai mancare il suo supporto e l'abbiamo visto anche la scorsa settimana in Commissione quando vi siete dimostrati approssimativi, carenti di organizzazione e soprattutto poco rispettosi dell'importanza che il decreto avrà sulle imprese italiane già provate da una pandemia economica. In altre parole, signor Presidente, si sono rivelati un totale fallimento ancora una volta (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Scanu. Ne ha facoltà.

LUCIA SCANU (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, con il “decreto Liquidità” pubblicato in Gazzetta Ufficiale l'8 aprile, il Governo e le forze parlamentari di maggioranza hanno realizzato un importante provvedimento per aiutare il Paese a risollevarsi. Esso costituisce, insieme al “decreto Cura Italia” ed all'ultimo decreto, il cosiddetto “Rilancio”, uno dei pilastri del piano di intervento rivolto al sistema imprenditoriale e produttivo per spingerlo a risollevarsi e ricominciare a correre con le proprie gambe. Nella situazione emergenziale da COVID-19 occorreva dare una spinta decisiva al rilancio delle imprese dei settori strategici e lo si è fatto, rendendo disponibili liquidità fresche per rivitalizzare l'economia e salvaguardare i milioni di lavoratori. Nel corso dei lavori parlamentari abbiamo migliorato il provvedimento, venendo incontro alle esigenze e alle richieste provenienti dalla società. I miglioramenti sono stati resi possibili grazie ad un dialogo assai proficuo sia tra le forze politiche di maggioranza che con il Governo. Per quanto riguarda i contenuti, va sottolineato che il “decreto Liquidità” ha puntato innanzitutto su un grande piano di garanzie statali. In una fase in cui la mancanza di liquidità rappresenta un grave problema, era importante infatti offrire le necessarie garanzie al sistema bancario per consentire l'erogazione di ingenti finanziamenti alle imprese. Grazie a procedure snelle e semplificate è stato messo loro a disposizione uno strumento per poter accedere a prestiti con un pre-ammortamento rilevante: ciò significa dover pagare inizialmente solo interessi, tra l'altro a tassi contenuti, avendo il tempo di rimettersi in moto, recuperando gradualmente terreno sul fronte dei ricavi. Abbiamo deciso di mettere in campo 200 miliardi di garanzie fino al 90 per cento attraverso la società SACE del gruppo Cassa depositi e prestiti. Nel secondo filone di interventi, abbiamo previsto altri 200 miliardi per le esportazioni e il made in Italy attraverso un sistema di coassicurazione nel quale il 90 per cento degli impegni finanziari sono assunti dallo Stato tramite la garanzia SACE.

Abbiamo poi potenziato il Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese con l'aumento sia della dotazione finanziaria, pari a 7 miliardi di euro, che della dimensione delle aziende beneficiarie, ovvero fino a 499 dipendenti compresi anche i professionisti. E proprio su questo fronte il lavoro delle Commissioni è stato particolarmente incisivo. Sono stati, infatti, fondamentali diversi emendamenti che hanno consentito di portare oggi un provvedimento sicuramente migliorato e più rispondente alle esigenze delle nostre aziende. I prestiti fino a 25 mila euro coperti al 100 per cento dal Fondo di garanzia sono stati elevati fino a 30 mila euro e con un rientro elevato fino a ben 10 anni rispetto ai 6 originariamente previsti. Inoltre, abbiamo esteso tale possibilità a coloro che sono già ricorsi ai prestiti garantiti, adeguandoli alle novità di questa modifica. Sono poi state semplificate le condizioni per accedere al prestito: oltre a non dover superare il 25 per cento del fatturato 2019 può, in alternativa, essere concesso nel limite del doppio della spesa salariale del 2019 e questo anche per tener conto di eventi calamitosi.

Per i prestiti superiori a 25 mila euro, abbiamo previsto, inoltre, un preammortamento fino a 24 mesi, esteso le garanzie anche ai professionisti che sono organizzati in studi associati, agli agenti di assicurazione e, inoltre, riservato ben 100 milioni, sempre dalle risorse del Fondo di garanzia, per i prestiti ad enti religiosi e del Terzo settore. Ancora, grazie alle nuove modifiche, abbiamo creato una corsia preferenziale che permetterà di ottenere i finanziamenti garantiti presentando l'autocertificazione sui dati aziendali, fiscali e antimafia, garantendo così una maggiore tempestività nell'erogazione. La garanzia del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese potrà essere, inoltre, cumulata con un'ulteriore garanzia concessa da Confidi o da altri soggetti abilitati sino alla copertura del 100 per cento del finanziamento concesso. Sono poi state sospese fino al 30 settembre le segnalazioni alla centrale dei rischi per mancato pagamento di qualche rata e ampliata la platea dei beneficiari a coloro che abbiano delle inadempienze lievi. In questo modo abbiamo accelerato la macchina dei prestiti, alleggerendo la burocrazia e non penalizzando coloro che hanno delle piccole insolvenze.

Un altro punto fondamentale riguarda le norme di tutela per i datori di lavoro, che rischiavano responsabilità civili o penali causate da contagio da COVID-19. Adesso, invece, grazie a un emendamento votato in Commissione, in caso di infortunio da COVID-19 non ci saranno responsabilità per i datori di lavoro che applicano correttamente i protocolli di sicurezza sanitaria e il risarcimento, dunque, verrà coperto dall'assicurazione obbligatoria.

Questi sono solo alcuni punti cardine di un provvedimento che costituisce un tassello fondamentale di un'azione di sostegno concreto al fianco di tutti i cittadini che hanno voglia di far ripartire la propria attività, aprirne una nuova, offrire lavoro ed opportunità. Noi, come MoVimento 5 Stelle, continueremo a mettere tutto il nostro impegno per favorire la ripresa economica e la rinascita dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Acquaroli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ACQUAROLI (FDI). Grazie, Presidente, grazie ai parlamentari presenti, grazie al Governo. Questo provvedimento - e lo ricordiamo tutti con enfasi anche quando è stato annunciato - ha creato nel nostro Paese una grande speranza. Erano ore difficili, piene di incertezza, in pieno lockdown, con milioni di italiani chiusi dentro le proprie case e con gli imprenditori e con tutto il mondo del lavoro che con il fiato sospeso non riuscivano bene a comprendere quanto e come fosse programmato l'intervento dello Stato e come avrebbero loro dovuto comportarsi in quella fase. Aspettavano risposte e risposte importanti.

Un decreto, appunto dicevo, annunciato con grande enfasi, come devo dire che all'inizio di questa crisi, che ha colpito inaspettatamente tutto il mondo e, in particolare, il nostro Paese, il piglio del Governo c'era sembrato un piglio giusto, quando il nostro Presidente annunciava che o l'Europa faceva il suo dovere, o avremmo fatto da soli. Ebbene, da quegli annunci, da quelle conferenza stampa sono trascorsi ormai mesi , il Governo non ha fatto da solo, l'Europa ancora sta discutendo se e come e quando intervenire e la situazione, a lockdown finito - per fortuna - e con una ripresa che stenta a ripartire, diventa sempre più drammatica. Siamo praticamente in prossimità del mese di giugno e le risposte che erano state annunciate forse arriveranno con il decreto di cui abbiamo iniziato a discutere nelle Commissioni riunite mentre si discuteva il “decreto Liquidità”, il famoso “decreto Rilancio”, che doveva essere il “decreto Aprile” poi divenuto “Maggio” e poi divenuto “decreto Rilancio”, appunto. Però, fino a oggi le risorse messe a disposizione dell'Italia sono risorse esigue, risorse che sono state, non da noi, giudicate insufficienti. La cassa integrazione ancora stenta ad arrivare, almeno non è arrivata a gran parte e dico gran parte, perché anche fossero uno, dieci o mille dipendenti voi capite che non avere la cassa integrazione per mesi per tante famiglie significa disperazione, ma comunque ancora sono tanti quelli che non hanno avuto questa risposta come il sostegno, i 600 euro che per tanti non sono bastate neanche a pagare le bollette che dovevano pagare per la propria attività. Dicevo una risposta che con questo “decreto Liquidità” sembrava dovesse arrivare in maniera imponente. Il Presidente Conte l'aveva chiamato un bazooka di 400 miliardi da dare alle imprese ma purtroppo di questi 400 miliardi non c'è traccia.

Per giudicare di questo decreto basterebbe leggere i numeri e leggevo l'altro ieri, in un articolo di un quotidiano, che ad oggi sono stati assegnati 16 miliardi. Se il “decreto Liquidità” dovesse essere letto con questi numeri potremmo interrompere la discussione generale qui perché i numeri sono impietosi. Certo, ho ascoltato gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. In Commissione abbiamo fatto e si sono apportati, grazie agli emendamenti di tutti, con una discussione serrata, alcuni miglioramenti Mi viene da dire sarebbe veramente stato assurdo bocciare emendamenti di buonsenso: dare un prestito di 25 mila euro e poi a sei anni a un'impresa che ha un fatturato sotto i 100 mila euro o di 100 mila euro significa destinarla al fallimento, in una situazione, in un contesto dove la ripresa nonostante – nonostante - il virus stia rallentando non è sicuramente dietro l'angolo.

Potremmo discutere in maniera approfondita di questo testo modificato e di come è arrivato e degli effetti che non ci sono stati, però a me piace provare a raccontare quelle piccole testimonianze che ci vengono dai nostri territori, ma sono le testimonianze che non vengono solo dalle Marche, credo che vengano da tutte le parti d'Italia, dei commercianti che oltre a non avere la cassa integrazione devono far fronte ai fornitori, devono far fronte alle bollette dell'acqua, della luce, del gas, a quelle persone, tante, piccoli artigiani, imprenditori, che, piccoli e medi, devono far fronte ai mutui che in tantissimi casi non sono stati sospesi e che, oltre a non aver visto aiuti concreti e sostanziosi, hanno dovuto continuare a rispondere alle sollecitazioni proprio di quelle che erano le banche che dovevano dar loro una mano. In questo contesto tanti clienti hanno purtroppo evitato di pagare e quindi i fornitori che non vedevano incassare ma avevano le banche che chiamavano perché magari c'erano le ricevute bancarie che andavano insolute. Un corto circuito che si è innescato nel nostro Paese che rischia di generare paura, di generare diffidenza, di generare un blocco veramente molto pericoloso. Il “decreto Liquidità” avrebbe dovuto dare queste risposte anche per chi è riuscito a ottenere i 25 mila euro. A volte - e lo sapete benissimo - questi 25 mila euro sono stati più utili alle banche per avere una garanzia certa che alle imprese per poter far fronte su una piccola risorsa per poter garantire e per poter ripartire.

Tanti hanno utilizzato questi soldi addirittura per anticipare la cassa integrazione che non arrivava ai propri dipendenti. I settori colpiti: gli autonomi, i commercianti, milioni di partite IVA, gli ambulanti, che per mesi non hanno potuto esercitare il loro lavoro, come altri, con acquisti fatti. Ma in particolare, ne cito uno: in questi giorni mi sono interessato di coloro che fanno le revisioni alle nostre auto. Si è posticipata di fatto la possibilità di fare le revisioni per chi aveva la revisione in scadenza fino al mese di ottobre: oggi con le riaperture abbiamo questi soggetti che non hanno lavoro, perché chiaramente chi aveva la revisione in scadenza non la fa immediatamente, perché sa che c'è una proroga. Non hanno lavoro e, quindi, vivono nella disperazione in queste ore. Però, magari, nel mese di ottobre non riusciranno a sopperire a tutto il lavoro che si presenterà loro, perché dovranno sopperire a tutte le revisioni che in questi mesi non hanno fatto.

Ecco la testimonianza del mondo della pesca: secondo il Governo dovevano uscire, però c'era una circolare dell'INAIL che diceva che erano responsabili in caso di contagio o addirittura di malattia sul lavoro, e ci arriverò dopo anche su questo tema.

Quindi, le contraddizioni di un Governo che non riusciva ad avere una visione rispetto alla crisi. Una crisi sanitaria che è piombata più o meno improvvisamente: non vogliamo riaprire una pagina tra chi era informato più o meno e chi non era informato, tra chi cercava di richiamare l'attenzione rispetto a un pericolo e chi diceva che questo pericolo di fatto non c'era, anche il Ministro che è venuto qua, qualche giorno prima dell'esplosione dei casi di Codogno e Vo' Euganeo, sostanzialmente a tranquillizzare il Parlamento.

Ma, come dicevo, non vogliamo riaprire la questione sanitaria, vogliamo semplicemente evidenziare un fattore che è quello di una mancanza di visione complessiva. Noi il virus l'abbiamo rincorso, l'abbiamo rincorso perché non siamo stati in grado di anticiparlo, l'abbiamo rincorso negli ospedali, l'abbiamo rincorso nelle strutture e nelle residenze sanitarie assistite, l'abbiamo rincorso e lo stiamo rincorrendo dal punto di vista economico. Mancano le risorse, mancano le risposte e c'è un altissimo grado di disagio anche nella riapertura. Come dicevo, il “decreto Liquidità” non è riuscito a dare le risposte perché non ha messo i soldi nelle tasche delle imprese e dell'economia italiana, riaccendendo il circuito.

Ma quello che sorprende è che, seppur non siamo riusciti (e parliamo dei primi giorni del mese di aprile) a riaccendere il circuito economico, noi non siamo riusciti neanche a immaginare una moratoria per tutti i mutui, non siamo riusciti a immaginare - forse lo faremo con il prossimo decreto - un blocco alle bollette delle attività imprenditoriali. Non abbiamo immaginato, in quel momento, un blocco dei finanziamenti privati, perché non esistono solo i mutui ma esistono anche altri tipi di finanziamento che incombono sulle famiglie. Tutto era fermo, non si riusciva a dare delle risposte, ma abbiamo lasciato gli obblighi nei confronti delle banche, nei confronti dei fornitori dei servizi, nei confronti delle nostre imprese praticamente immutati.

Non parliamo degli adempimenti fiscali perché verrebbe da dire, come più di uno ha sostenuto, che alla fine quei 25 mila euro a fondo perduto a garanzia totale dello Stato da tanti sono stati interpretati come un modo per consentire alle imprese di pagare le tasse.

Ecco, niente di quello che poteva essere fatto in quel periodo è stato fatto in maniera convincente. Ma non siamo noi a dirlo: guardate, io penso che, come ho detto prima, i numeri del decreto del bazooka di 400 miliardi, cioè 16 miliardi assegnati ad oggi, definiscono da soli l'efficacia e la rispondenza che questo decreto ha avuto in Italia. Oggi, penso che il Governo, questo Parlamento, questa Camera, il Parlamento tutto si apprestino ad affrontare un altro tema che è il tema vero, quello del “decreto Rilancio”, dove dovrebbero esserci delle risorse che potranno essere destinate agli italiani. Speriamo che, in quel decreto, si possa lavorare in maniera veramente congiunta e lavorare per dare risposte veramente concrete al nostro Paese.

Però, ci sono state, in questo periodo, parecchie cose che non ci sono piaciute: lo scontro con le regioni, uno scontro continuo, quasi indispettito, molto spesso ingiustificato da parte del Governo, veramente fastidioso.

Io sono marchigiano, come ho detto prima: addirittura, il Governo nella nostra regione è riuscito ad impugnare l'ordinanza di chiusura nei primi momenti del virus, momenti di indecisione, dove Conte chiamava il presidente per chiedere di non procedere con l'ordinanza e il presidente che aspettava giorni interi; alla fine, il Presidente si decide a fare l'ordinanza e il Governo, alle porte di una pandemia, impugna l'ordinanza di chiusura da parte della nostra regione. L'unica regione in Italia che ha visto impugnare quell'ordinanza. Un Governo che, invece di occuparsi delle cose serie, andava a condizionare le politiche della regione. Credo che questi siano aspetti importanti e ingiustificabili.

Però, mentre si andava a condizionare l'azione delle regioni, si era supini e praticamente spettatori rispetto a quelle che sono le politiche europee. Politiche europee che ci hanno visto, prima, annunciare chissà quali misure, manovre, quali soddisfazioni, ma come ho detto prima siamo praticamente al mese di giugno e dall'Europa questa risposta così forte non c'è stata.

L'unica risposta forte che abbiamo visto in questi giorni, però, ne parlavo prima con alcuni colleghi, è stata quella dell'asta dei BTP italiani, dei BTP patriottici che hanno dato un segnale fortissimo, una direzione fortissima rispetto a quella che poteva essere un'idea; ma quell'idea, siccome è stata proposta da un'altra parte politica, non è stata minimamente presa in considerazione da questo Governo.

Emblematica è stata la circolare – cui avevo accennato prima - dell'INAIL: in sostanza, noi pretendiamo che le imprese riaprano - che le imprese riaprano – quando, fino a qualche giorno fa, c'era una circolare che metteva assolutamente a disagio tutti gli imprenditori rispetto all'incertezza del mondo scientifico, rispetto al lavoro delle task force che non dava alcuna garanzia a nessuno su come, quando e perché riaprire; e noi dicevamo tramite l'INAIL che, in sostanza, se c'era una malattia, un contagio sul luogo di lavoro, si poteva parlare di malattia professionale, con tutte le conseguenze assolutamente importanti per il datore di lavoro. Per fortuna, qualche giorno fa, si è superata questa follia assolutamente italiana, però anche questo è un dato di quanto veramente surreale sia quello che è accaduto in questi mesi. Figlio e frutto di una visione ideologica, che si scaglia contro tutto il mondo che produce, tutto il mondo che vuol fare e che guarda come modello di riferimento probabilmente ad altri valori: quelli della burocrazia e quelli di chi dà prescrizioni e procedure assurde cui chi lavora, purtroppo, non riesce e non può star dietro.

La percezione che abbiamo avuto in questa crisi è quella che, purtroppo, abbiamo avuto fin dall'inizio di questo Governo: un Governo a cui piace sicuramente essere debole con i forti e forte con i deboli.

Io concludo dicendo il nostro auspicio, anche alle porte della discussione di un altro decreto importante, che può essere veramente un segnale di spinta al nostro Paese: a noi piacerebbe vedere un'Italia libera, un'Italia sovrana, un'Italia giusta, che sappia accompagnare il mondo delle imprese, che sappia accompagnare questo grande nostro patrimonio di vitalità che abbiamo sempre connotato nel mondo conquistando i mercati, con delle produzioni straordinarie; ecco, a noi piacerebbe che il Governo, che l'Italia, che lo Stato riuscissero ad essere vicini a questi grandi imprenditori che hanno fatto della loro vita un esempio per tanti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianluca Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI (PD). Grazie, Presidente. È chiaro che non posso che partire con un ringraziamento, doveroso, anche, dopo aver ascoltato molti interventi, ai relatori, ma, soprattutto, a tutti i colleghi delle due Commissioni, la VI, Commissione Finanze, e la X, Commissione Attività produttive, perché questo passaggio in Commissione per la conversione di questo decreto “Liquidità”, è stato un momento importante. È ovvio, è già stato richiamato, che il “decreto Imprese” o “decreto Liquidità” è il secondo di un trittico che il Paese ha messo in campo, con il “decreto Cura Italia” e con il “decreto Rilancio”, volto a limitare gli effetti sull'economia della pandemia, dell'epidemia sanitaria che ha colpito non solo il nostro Paese, non solo l'Europa, ma tutto il mondo.

Da un punto di vista economico, la rapida caduta della domanda interna e il crollo del commercio mondiale hanno messo le nostre imprese in una situazione di grande difficoltà finanziaria e strategica. Interi comparti vivono crisi di sistema - penso all'automobile, al tessile, ai trasporti - che non hanno precedenti nel recente passato; una delle difficoltà maggiori per queste aziende, oggi, è l'accesso alla liquidità, l'accesso al credito, in un Paese in cui questo problema era già un problema sentito e pervasivo. Il Governo ha attivato, con il “decreto Liquidità” uno strumento - su questo non concordo con alcune cose che ho sentito – significativo: le 320 mila pratiche che sono state lavorate presso il Fondo centrale di garanzia e i 16 miliardi che sono già in gioco non sono una piccola risposta in questi tempi così brevi. Dico che il “decreto Liquidità”, con i due grandi pilastri, quello di accesso alle garanzie per le imprese medio-grandi, tramite SACE, e quello per l'accesso alle garanzie per le imprese medio-piccole, attraverso il Fondo centrale di garanzia, comincia a dare dei risultati; i giornali sono pieni non solo di piccole, ma, anche, di grandi operazioni di liquidità, preziose per il sistema industriale italiano.

E devo dire che il testo è stato modificato in meglio, in un lavoro che è stato proficuo e che - lo dico io che ho una certa esperienza in queste Aule parlamentari - non era facile dato il clima; un lavoro che è stato molto proficuo ha migliorato sotto molti aspetti il testo. Non voglio ricostruire, rifare una lista di questioni che sono state già citate da tanti interventi prima del mio, ma l'autocertificazione, l'aver codificato i sistemi di ingresso per le due richieste di garanzia, sia verso SACE, quanto verso il Fondo centrale di garanzia, aumentando la responsabilità dei singoli, dando più credito alle dichiarazioni delle persone, usando uno schema, lo voglio dire, che codifica anche una prassi che si era instaurata, è un punto importante, a cui fanno e faranno naturalmente corollario profondi controlli ex post per la verifica di queste dichiarazioni. Così come l'interpretazione autentica che anche in questo caso abbiamo dato del fatto che quando si chiede un prestito, per esempio, con garanzia totale dello Stato, i famosi 25 mila euro, al Fondo centrale di garanzia e ci si autocertifica, l'istituto di credito, viene ribadito, deve fare una verifica formale della correttezza della documentazione, non altra verifica. E qui abbiamo operato anche positivamente; scusate se è poco, però, il fondo, il plafond di 25 mila euro per il credito garantito al 100 per cento per le piccole e medie imprese viene portato a 30 mila euro. Chi non apprezza questo incremento, probabilmente non apprezza le difficoltà che il tessuto economico italiano di piccole e medie imprese sta vivendo. Abbiamo tutti assieme, lo ripeto, tutti assieme, portato il tempo di restituzione di quel prestito a 10 anni. Era una richiesta importante del nostro sistema produttivo, così come, lo diceva il collega Topo, prima, per quanto riguarda la garanzia all'80 per cento sul Fondo centrale di garanzia, siamo riusciti ad abbattere il muro dei dieci anni nella restituzione, con un prestito che ha l'80 per cento di garanzia statuale e può avere garanzie accessorie sino a valori superiori; per le aziende con 3.200.000 euro di fatturato, parliamo di una cifra di 800 mila euro, quindi un dato importante. Vado veloce; abbiamo toccato il diritto fallimentare, il diritto societario per sospendere ancora alcune parti e correggere alcuni passaggi; abbiamo allargato il tema del golden power che in un momento così importante è critico per il nostro Paese; abbiamo inserito il concetto di cicli pluriennali, dove per alcune aziende che hanno andamenti ciclici nel fatturato, penso all'edilizia, alla cantieristica navale, all'ingegneria meccanica, l'affiancare al fatturato il concetto di valore della produzione è un dato importante. È stato detto del Fondo Gasparrini; è stato richiamato il chiarimento che abbiamo fornito sul tema malattia professionale e infortunio sul lavoro COVID; abbiamo chiarito quali sono i contorni giusti di questa realtà: chi segue i protocolli sanitari non può essere chiamato responsabile per queste affezioni virali.

Ora, concludo perché non avrebbe senso continuare in un elenco puntuale di menzioni del lavoro compiuto in Commissione e concludo con due osservazioni. La prima, riguarda e torno al rapporto fra maggioranza e opposizione: non si sarebbe potuto raggiungere questo obiettivo se il confronto non fosse stato costruttivo e serio in Commissione, fra la maggioranza e le opposizioni. Questo è un risultato importante e non è da dimenticare, in un momento in cui, come dicevo, il tridente - il “Cura Italia”, il “Liquidità” e il “Rilancio” - è in campo per circa 80 miliardi, ma in cui noi abbiamo di fronte interventi della stessa dimensione. In Europa, si diceva prima, lo diceva un esponente delle opposizioni, vengono messi in campo strumenti importanti, che daranno liquidità a buon prezzo: il SURE, per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, il MES, al di là dell'opinione che ciascuno di noi ha, che, riformulato, interverrà sui prestiti in materia sanitaria, la Banca europea degli investimenti che interverrà sugli investimenti, come dice naturalmente il suo nome, e il Recovery Fund, che introduce il concetto di indennizzo, come fa il “decreto Rilancio”, a livello europeo. Questo, unito alla sospensione del Patto di stabilità e crescita e alla deroga ormai complessiva degli aiuti di Stato. Tutto ciò ci permetterà, in autunno, in un autunno che sarà delicatissimo, di affrontare con altrettante risorse la situazione del Paese. E, allora, io credo, lo dico sommessamente, non vorrei essere frainteso, che questa terribile tragedia per il nostro Paese abbia anche un barlume di opportunità, là dove possiamo mettere in campo risorse così copiose, seppure in gran parte a debito, non ce lo dobbiamo mai dimenticare, per affrontare il futuro e l'Italia di domani. La leale collaborazione fra maggioranza e opposizione, non sto pensando alle visioni giornalistiche di nuove alleanze o di inciuci, ma a una leale collaborazione tra maggioranza e opposizione, nel reciproco rispetto e nell'interesse del bene comune, mi sembra che sia l'elemento che serve per fronteggiare la prossima fase e l'esempio del lavoro in queste Commissioni è indicativo.

Poi - e concludo, signor Presidente, anche per la presenza del Governo - se è vero che le risorse saranno molte, sono molte, che avremo un'opportunità, però serve visione, cari colleghi: serve visione perché una politica di corto respiro non sarebbe qualcosa di utile a questo Paese. Dobbiamo immaginare da questo punto di vista che, a fianco delle riflessioni che dovremo fare su cosa ha funzionato di più, su cosa ha funzionato di meno, dovremo reimmaginare tante parti della nostra sanità, tante parti del nostro stato sociale, tante parti del nostro modo di lavorare, lo smart working, che ormai è entrato con prepotenza nel sistema e nel mercato del lavoro, ed esse ci indurranno a pensare al futuro in maniera diversa.

E allora concludo dicendo che quello che vediamo è che l'impresa, la manifattura, l'industria rimarranno un tema centrale per il nostro Paese. Questo Paese continuerà a garantire benessere agli italiani se continuerà ad essere un Paese di grande trasformazione di prodotti, di fornitura di prodotti nel mondo e al suo interno. E allora serve una visione, serve una politica industriale, serve una capacità di programmazione, perché queste risorse che metteremo in campo, con l'ausilio dell'Europa ma anche con il debito futuro degli italiani, siano risorse che, come accadde nel secondo dopoguerra, costruiscano un Paese migliore e più tranquillo e prospero per i nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Jari Colla. Ne ha facoltà.

JARI COLLA (LEGA). Sono passati tre mesi dall'inizio della pandemia e quattro dalla proclamazione dello stato di emergenza. E dopo aver gestito in maniera imbarazzante l'emergenza sanitaria - perché ricordiamo che è dello Stato la gestione dell'emergenza sanitaria in caso di pandemie, e lo dice anche la Costituzione, e infatti avete nominato anche un commissario; e non è delle regioni, a cui state cercando di scaricare le vostre mancanze - dopo aver gestito in maniera pessima l'emergenza sanitaria, state facendo altrettanto con quella economica. Il provvedimento, questo provvedimento, è dell'8 aprile: oggi siamo al 25 maggio, sono passati quasi 50 giorni; e voi pensate che con questa lentezza riuscirete a salvare le aziende che sono ferme da tre mesi? Che da tre mesi non vedono un cliente e un bonifico? Lo credete davvero?

Discutiamo di un decreto-legge Liquidità che non contiene liquidità, solo garanzie per prestiti. Ve lo ricordate sua maestà Duca Conte di fantozziana memoria (perché oramai si è talmente montato la testa, viaggia a tre metri sopra tutti gli altri), annunciare in TV questo decreto-legge definendolo un bazooka da 400 miliardi? Peccato che le imprese ad oggi ne abbiano richiesti solo 15 di questi miliardi, anzi, per la precisione 14: troppa burocrazia, troppa farraginosità, troppa documentazione, troppe cartacce. Gli altri Paesi, a differenza nostra, hanno tirato fuori i soldi veri, a fondo perduto e in tre giorni: come in Svizzera, a mezz'ora da casa mia, da Milano, dove li hanno bonificati direttamente sui conti correnti e bastava presentare una documentazione che era un foglio A4, non 19 documenti diversi come in Italia. Questo era il modello da seguire! E invece qui qualcuno faceva il fenomeno in TV in prima serata annunciando un bazooka da 400 miliardi: già, peccato che dopo due mesi il bazooka si sia trasformato in una pistola a salve.

Io non credo più solo alla vostra incapacità: o meglio, quella c'è sicuramente; ma c'è di più: c'è un progetto ben preciso per svendere le nostre imprese alle multinazionali tanto care al PD, e se poi queste multinazionali fossero pure cinesi, ebbene, tanto meglio, perché così sono felici pure i compagni dei 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Servono aiuti veri, che qui non ci sono, che in questo provvedimento non ci sono. Con i vostri provvedimenti inutili, a furia di provvedimenti inutili e con l'acuirsi della crisi, non solo svenderete le nostre imprese alle multinazionali o ai fondi stranieri, ma consegnerete tutte le altre aziende nelle mani della mafia e nelle mani degli usurai, che stanno facendo festa in questo momento. Anzi, fanno festa doppia, visto che ne avete fatti uscire di galera 498: 498 detenuti ad alta sicurezza usciti di galera con il pretesto del Coronavirus. E tra la vostra incapacità a gestire l'economia e la vostra incapacità a gestire i detenuti, cari miei, in questo momento la mafia fa festa, sta facendo festa alle nostre spalle.

Chi non fa festa però sono i lavoratori, gli imprenditori, il popolo delle partite IVA. Il 16 settembre le imprese dovrebbero pagare tutte le tasse, perché sono state loro solamente rinviate, non cancellate: le tasse rinviate di marzo, di aprile, di maggio, e a settembre avremo uno tsunami di fallimenti e di licenziamenti. Come si può pensare che a settembre imprese, commercianti, partite IVA abbiano i soldi per pagare le tasse dopo tre mesi a incasso zero e altri tre mesi con un incasso che se va bene è stato dimezzato? Ma come si può pensare una cosa del genere? Noi abbiamo chiesto un anno bianco, ma non ci volete ascoltare, non ci volete sentire; e allora molte aziende chiuderanno e la disoccupazione inevitabilmente aumenterà.

E mentre molte imprese stanno per chiudere, ci sono ancora oggi, 25 maggio, 2,6 milioni di lavoratori, 2 milioni 600 mila persone che non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione dallo Stato! Se volete fate pure con calma, tanto non c'è fretta, perché oramai peggio di così non so cosa potrebbe capitare. Forse per voi è più urgente fare la sanatoria per 600 mila clandestini che pagare la cassa integrazione degli italiani, mi viene questo dubbio.

Ci sono 1 milione 200 mila partite IVA che non hanno ancora ricevuto i 600 euro, in totale 3 milioni 800 mila persone, lavoratori, partite IVA che non hanno ancora beccato un euro dallo Stato: come fanno a campare? E poi ci sono i professionisti, altri dimenticati, 500 mila persone, professionisti presi anche loro a pesci in faccia da questo Governo.

Noi ci abbiamo provato, guardi, a cambiarlo, questo provvedimento. Ci avevate chiesto collaborazione; e noi l'abbiamo data, ve l'abbiamo data collaborazione: anche troppa, a giudicare dai vostri ritardi nelle Commissioni. Ma si badi bene, non per mancanza dei relatori, a cui vanno tutto il mio affetto e la mia vicinanza, ma per assoluta incapacità del Governo. Ma è inutile chiedere collaborazione se poi su 500 emendamenti presentati dalla Lega, quelli che ci avete approvato si contano sulle dita di una mano. Qual è la collaborazione, che collaborazione è questa? 500 emendamenti, 500 proposte di modifica come Lega, più di quelli di tutte le altre opposizioni. E qualcosa se non altro, qualche piccola miglioria l'abbiamo ottenuta: è salita a 30 mila euro la garanzia pubblica al 100 per cento per i prestiti alle imprese, mentre prima il tetto era a 25 mila; abbiamo allungato i tempi per la restituzione, che passano da 6 anni a 10 anni; tra l'altro l'emendamento accolto dalle Commissioni abbassa contemporaneamente il tasso d'interesse applicato, che non potrà superare il tasso di rendistato con durata analoga al finanziamento maggiorato dello 0,2 per cento. E poi il tasso di garanzia che è stato esteso anche al terzo settore, e per i finanziamenti fino a 800 mila euro la restituzione si può allungare anche fino a trent'anni.

Qualcosa abbiamo migliorato, ma è ancora troppo poco, non basta: siamo lontani anni luce da ciò che servirebbe veramente a questo Paese, da ciò che servirebbe veramente alle nostre aziende, ai nostri imprenditori, ai nostri commercianti, alle partite IVA, agli ambulanti, a tutte quelle persone che pagano le tasse e mantengono questo Stato.

Questo provvedimento porta le imprese a fare solamente nuovi debiti, che serviranno solamente a pagare le tasse e non a rilanciare le attività e le aziende. E non è un caso se, dei famosi 400 miliardi, ne siano stati richiesti meno del 5 per cento: troppa burocrazia, come si diceva prima, tempi troppo lunghi e impalpabili aiuti concreti. Quando c'è da pagare le tasse, però, lo Stato è sempre puntuale, ma quando c'è da aiutare le nostre aziende è sempre assente o incredibilmente in ritardo. D'altronde, Presidente, un Governo lento e inefficiente non può che produrre provvedimenti inefficaci, lontani dalla gente e lontani dalle imprese. Ci vuole più rispetto, ci vuole più rispetto per gli imprenditori e ci vuole più rispetto per gli italiani e lo dico pensando alle parole di qualche ora fa del presidente dell'INPS, che ha dichiarato, in un'intervista: “Stiamo ricoprendo gli italiani di soldi”.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 13,40)

JARI COLLA (LEGA). Ma in che mondo vivete? Ma in che mondo vive questa gente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)? Dovete smetterla di prendere in giro gli italiani. Ci sono milioni di lavoratori, imprenditori che non hanno ancora visto un euro dopo tre mesi: ma di cosa stiamo parlando? Guardate, prima che sia troppo tardi, prima che sia troppo tardi per tutti, se avete a cuore questo Paese, se avete a cuore il nostro Paese, fate un gesto di coraggio, fatevi da parte, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, questo decreto è stato definito “decreto Liquidità” e dobbiamo dire che, quanto a rappresentazione esterna, probabilmente, almeno sotto il profilo emotivo, un po' ha colpito: sentire il Presidente del Consiglio che, in piena serata, con milioni di italiani incollati davanti alla televisione, dice che mette 400 miliardi di euro nell'economia italiana fa indubbiamente effetto. Però, a ben leggere, più che un decreto “liquidità”, rischia di diventare un decreto di “liquidazione”, almeno per molte imprese. In primo luogo, perché il consiglio che è stato dato è quello, alle imprese, di indebitarsi ulteriormente e non pare questa la soluzione migliore, atteso che, in realtà, le imprese avrebbero avuto bisogno di un finanziamento a fondo perduto, per poter migliorare la posizione in cui questa crisi le stava gettando. Ma anche a voler tenere buona l'impostazione di questo ulteriore ricorso all'indebitamento delle imprese, neppure sotto il profilo della velocità nell'erogazione dei fondi si è andati. Vedete, è una situazione abbastanza kafkiana, per la quale più che parlare di bazooka, viene il dubbio che quello del Presidente del Consiglio sia stato un colpo di mortaio, quando non un colpo di testa, cercando di spararla grossa con 400 miliardi iniettati nell'economia italiana, ben conscio che ciò avrebbe rappresentato un fattore di trasformazione, rispetto alla previsione di copertura di questo decreto, di 200 volte tanto, una leva che sconfigge inevitabilmente ogni legge dell'economia e che probabilmente va nell'astronomia, perché una leva da 2 miliardi a 400 miliardi è una leva di 200 volte tanto, una leva inesistente, quando anche gli investimenti più appropriati ci dicono che, al massimo, la leva può funzionare 15-20 volte tanto.

E allora, signor rappresentante del Governo, io non penso che si debba oggi fare una critica postuma, ma che si debba cercare però almeno di riflettere su alcuni dati, perché temo fortemente che la sottovalutazione dei medesimi finirà inevitabilmente per penalizzare ancora di più le piccole e medie imprese italiane. Guardiamo un attimo questi interventi, così bene pubblicizzati, partendo da quelli dell'articolo 1, quelli cioè che prevedono che SACE conceda garanzie per favorire la liquidità delle imprese, riservandone 30 miliardi alle piccole e medie imprese. Ebbene, in questo caso, si è detto: la garanzia di SACE sarebbe potuta arrivare fino a 200 miliardi di euro. Sono passati ormai 50 giorni dall'entrata in vigore di questo decreto-legge, ad oggi sono state presentate 250 domande e ne sono state accolte 20. Vi sono garanzie richieste per 18,5 miliardi di euro, ma - attenzione - quanto è stato fino ad oggi concesso sono 160 milioni di euro. Le domande in lavorazione rimangono 230; ammesso che tutte siano accolte, avremo una situazione di questo tipo: che, a fronte del bazooka da 200 miliardi di euro, ne verrebbe utilizzata la “miccetta” di 20 miliardi di euro. Ma si potrà dire che quella di SACE è una situazione un po' particolare, prevalentemente interessa grandi imprese e quindi le procedure di lavorazione sono molto più lunghe. In realtà, le procedure di richiesta sono le stesse e SACE, quando è venuta in audizione davanti alla Commissione banche, più o meno ha ammesso che il massimo a cui potrà arrivare è quello delle 250-280 pratiche trattate. Andiamo a vedere le garanzie a favore delle piccole e medie imprese attraverso il Fondo centrale di garanzia; bene, le richieste di finanziamento di importo non superiore a 25.000 mila euro ci danno questi risultati: presentate 544.411 istanze, accolte e erogate (e sono due concetti abbastanza diversi) 287.590, pari a 52,8 per cento. Ma attenzione, quando diciamo accolte e erogate, sappiamo bene che quelle accolte sono almeno 3 volte le erogate e ciò ci deriva da un piccolo raffronto: se andiamo a vedere lo spaccato delle banche cosiddette più importanti, sicuramente sotto il profilo dell'importanza nel sistema bancario, troviamo che, a fronte delle 29.754 domande presentate a Montepaschi Siena, le concesse sono 5.061; UniCredit, a fronte di 57.070 domande, ha fino ad oggi concesso 30.037 permessi; Intesa Sanpaolo, a fronte di 149.858 istanze presentate, ne ha concesse al finanziamento 44.492; UBI Banca, a fronte di 45.868 presentate, ne ha concesse 26.928; Banco BPM, a fronte di 41.432 domande, ne ha concesse 22.121. A essere generosi, a fronte di un 52 per cento di domande, tra accolte e concesse, le concesse, cioè la vera erogazione, interessa al massimo un terzo di quelle imprese, quindi siamo più o meno in una fascia tra il 15 e il 20 per cento delle domande presentate. Per quanto riguarda le garanzie superiori ai 25.000 euro, abbiamo dei dati ancora peggiori, se è possibile, perché, a fronte di 47.593 domande presentate, le accolte o erogate sono 11.363, pari al 24,5 per cento.

Anche qui lo spaccato è illuminante: Monte dei Paschi di Siena, a fronte di 10.305 domande, ne ha accolte 39; UniCredit, a fronte di 6.520 domande, ne ha accolte come erogazione 504. Intesa Sanpaolo, a fronte di 4.446 domande, ne ha ammesse ad erogazione 1.444. UBI Banca, a fronte di 1.325 domande presentate, ha erogato per 20 domande. Banco BPM, a fronte di 6 mila domande presentate, ne ha ammesse a erogazione 2.374. Qui i dati sono differenti perché in alcuni casi sono erogati effettivamente, negli altri sono domande licenziate, ammesse, ma per cui l'erogazione non si è ancora avuta. In buona sostanza, quando abbiamo finito questa lunga elencazione di dati, complessivamente noi abbiamo domande di finanziamento per circa 15 miliardi di euro, complessivamente indicati, con un'erogazione stimata pari a un terzo; il tutto dopo 50 giorni. E allora, signor rappresentante del Governo, con la metà da una parte delle domande inevase e dall'altra parte con quelle che si definiscono evase, ma per le quali l'erogazione effettiva rappresenta la minima parte delle domande accolte, lei si renderà conto che siamo molto distanti da quei numeri che evidentemente meglio si sposano con un'altra definizione, di chi ha dato i numeri anziché pensare ai numeri.

E, se vogliamo una conferma dell'andamento abbastanza claudicante di questo decreto-legge, per come è uscito, sia ben chiaro, dal Governo, perché noi non vogliamo negare che soprattutto le Commissioni riunite Finanze e Attività produttive abbiano svolto un importante lavoro di modifica di alcuni articoli, compresi quelli di cui parlavo prima, che spero possano effettivamente servire a rimettere in moto un meccanismo che per il momento ha fatto acqua da tutte le parti, tant'è vero che, più che un bazooka, ci pare che il Presidente del Consiglio si sia dotato di fucile, pinne ed occhiali, vista la stagione, ma, al di là di questo, mi sia consentito di dirle, signor rappresentante del Governo, che anche il Fondo Gasparrini, che pure era una vicenda molto più limitata, se vogliamo, rispetto a quella dell'erogazione dei fondi da parte delle banche, non ha dato buona prova di sé per come ha funzionato fino ad oggi.

La sospensione delle rate di mutuo successiva alla presentazione delle domande ci dà questa situazione: abbiamo avuto presentate 114.264 istanze, delle quali soltanto 63.225, pari al 53,5 per cento, sono state accolte. Mi pare che siano dati che, dopo cinquanta giorni, devono necessariamente far riflettere il Governo. Proprio perché da qui a breve, secondo un rito già abbastanza consunto, verrà chiesto il voto di fiducia, allora mi sia consentito di dire che, fortunatamente e grazie all'ottimo lavoro svolto anche dai commissari di Fratelli d'Italia in quelle Commissioni riunite, l'onorevole Osnato, l'onorevole Bignami, l'onorevole Acquaroli, l'onorevole Zucconi, abbiamo sicuramente contribuito a migliorare questo decreto.

Ma la strozzatura della discussione in quest'Aula finirà per impedire di ulteriormente poter valutare, se non potessero essere introdotte ulteriori e nuove modifiche che consentissero effettivamente di raggiungere alcuni degli obiettivi che ci siamo dati, perché, se vogliamo guardare per intero, fino ad oggi, di quei 400 miliardi di euro ipotizzati dal Presidente del Consiglio dei ministri cosa realmente è finito nelle tasche di coloro i quali abbisognano di quei fondi, non, attenzione, per un piano di sviluppo delle proprie imprese, perché in questo momento è praticamente impossibile questo, non per un piano di ammodernamento, che pure è impossibile, ma per tenere in vita le proprie imprese, e quindi quel danaro serviva immediatamente, non con dei ritardi ciclopici.

Non voglio dire quello del mutuo, perché per i primi 35 giorni il fondo mutui ha obbligato le banche a caricare una per una le pratiche, anziché provvedere con la forma massiva, che è stata quella che poi ha consentito di avere dei risultati migliori. Non voglio quindi stare qui a elencare tutti i problemi tecnici, ma l'erogazione di quei finanziamenti, che qualcuno ipotizzava addirittura in ventiquattr'ore, quando si è andati velocemente hanno impegnato almeno 11-14 giorni. Signor rappresentante del Governo, ho voluto fare soltanto questi tre esempi - e concludo - per dire che forse agli effetti annuncio è meglio sostituire la pratica sul campo. Noi oggi abbiamo avuto la prova provata che, almeno per come è uscito, quel decreto-legge non ha fino ad oggi raggiunto nessuno degli obiettivi ipotizzati. Mi auguro che le sostanziali modifiche che sono state apportate proprio anche in questi tre ambiti cui mi sono riferito nell'ambito della Commissione, consentano al decreto e alla norma di poter trovare applicazione veloce e diffusa, quale è richiesta dal momento in cui viviamo.

Da parte nostra rimane una considerazione: che il ricorso alla fiducia anche in questo caso espropria il Parlamento delle sue funzioni; si voterà su un testo che è il testo uscito dalle Commissioni, ma, mi sia consentito di dirlo, con tutto il rispetto per le due Commissioni, anche l'Aula avrebbe potuto dire qualcosa; le sarà impedito di dirlo se non con la solita tradizionale pratica di ricorso all'ordine del giorno, un ordine del giorno che non potrà essere non preceduto dalla solita frase di rito “a valutare l'opportunità di” da parte del Governo. Il che significa, in buona sostanza, che quegli ordini del giorno andranno probabilmente ad arricchire la grande mole di carta che è contenuta negli scantinati o negli archivi della Camera dei deputati, ma, in buona sostanza, a tutti i deputati non sarà stata data, come loro diritto, la facoltà e la possibilità di incidere e di poter far proprio un decreto che evidentemente il Governo ha pensato a suo modo, che evidentemente il Governo non ha voluto concordare prima e di fronte al quale, alla fine, il Governo è stato costretto a dover introdurre alcune modifiche, se non altro per salvare la faccia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marin. Ne ha facoltà.

MARCO MARIN (FI). Presidente, membro del Governo, colleghe e colleghi, ci troviamo a discutere il “decreto Liquidità” e non possiamo dimenticare e non voglio dimenticare che arriva dopo il decreto “Cura Italia” e che già discutiamo del “decreto Rilancio”, che doveva essere quello di aprile, che adesso è a maggio, che verrà in Aula chissà quando, insomma con una serie di ritardi importanti. Ma, anche sui nomi, nomen omen è una locuzione latina che dice che il destino è nel nome: “Cura Italia” non ha curato niente, nel “Liquidità” di liquidità non se ne vede, purtroppo nel “Rilancio” non c'è neanche la parvenza di rilancio. Mi chiedo se quando il Presidente del Consiglio Conte fa le sue conferenze stampa serali, che le faccia via social o via televisione, e si inventa questi nomi sia già nel mondo dei sogni; le fa sempre serali, dopo cena, le fa sempre prima di un orario in cui generalmente le persone vanno a letto. Sta già sognando? Perché con il “Cura Italia” non si è curato nulla, liquidità non se ne vede, e dopo lo vedremo, ma molti numeri sono già stati detti dai colleghi Squeri e D'Attis che mi hanno preceduto, ma anche dagli altri rappresentanti delle forze di centrodestra, e sul “Rilancio”, francamente, di rilancio non siamo ad oggi conoscenza, anzi, consideriamo anche quel decreto ad oggi inadeguato.

Come dicevamo, si chiama “Liquidità” - poi il nome più pomposo, ovviamente, viene ridotto al nome “Liquidità” - ma la liquidità non si vede. Ricordo solo un dato perché già ne sono stati citati molti da chi mi ha preceduto: lo 0,9 per cento del PIL in Italia è già diventato liquidità e risorse che vengono date alle imprese e alle famiglie; in Germania più del 10 per cento; negli Stati Uniti più del 9 per cento. È un dato assolutamente risibile: servivano e servirebbe che il Governo si mettesse le mani in tasca e tirasse fuori risorse che servono per imprese e famiglie e non invece metta le mani in tasca degli italiani, come accade nel provvedimento, a parte alcuni aspetti migliorativi che dobbiamo agli emendamenti e al gruppo di Forza Italia e che discuteremo poi; e non verranno presentati gli emendamenti, perché voi procedete a colpi di fiducia, cosa che se avessero fatto i Governi precedenti, i Governi di centrodestra, sareste stesi sui banchi, soprattutto il MoVimento 5 Stelle, i grillini; vi sareste stesi sui banchi e continuereste a protestare.

Dicevo che qui ci sono detrazioni d'imposta, prestiti, soprattutto prestiti e, grazie a Forza Italia, i prestiti delle imprese passano da 25.000 a 30.000 euro (avevamo chiesto 50.000); passa e viene prospettata da 6 a 10 anni la possibilità di rimborso, la possibilità di rimborsare questi, che sono, ripeto, prestiti e non soldi a fondo perduto, grazie agli emendamenti del nostro gruppo.

Ma, detto questo, sono prestiti e passa il concetto che adesso sono 30.000 euro: non è così. Mi sembra che il Governo viva fuori dalla realtà: le imprese possono accedere a quella cifra in base alla dichiarazione dei redditi precedente e si arriva fino al 25 per cento della dichiarazione dei redditi dell'anno precedente. Allora, mi chiedo: ma non avete capito che adesso fate pagare le tasse (perché fra un po' farete pagare le tasse) e a marzo, ad aprile, a maggio i professionisti e le aziende non hanno incassato: si fanno pagare le tasse sugli incassi e i fatturati, naturalmente sul guadagno del 2019, e non è accettabile. Non bisognerebbe dire: aspetta, sposto un po' il pagamento. Con il “Cura Italia” avete tempo fino al 30 aprile; arriva il “Liquidità” sarà il 30 maggio, poi diventa 30 giugno, cioè spostate di un mese: qua c'è bisogno di sospendere completamente i pagamenti delle tasse perché le persone non lavorano.

Allora dovreste sospendere le tasse; dovreste dare 400 miliardi di liquidità che servono alle piccole e medie imprese. Guardate, se le imprese non riaprono: ci sono i dati di Confcommercio, ci sono arrivati l'altro giorno di quanti esercizi commerciali hanno chiuso nei primi tre mesi dell'anno e di quanti è previsto chiudano nei prossimi tre. Se non riapriranno, vedete, capisco che questo è un Governo di forte impronta ideologica statalista e assistenzialista ma se non riapriranno le imprese, se non riapriranno le attività commerciali non ci saranno neanche i posti di lavoro, vi resterà solo reddito di cittadinanza. Non c'è più lo scontro fra imprenditori e le persone che lavorano: anzi, spesso nelle piccole e medie imprese che sono la spina dorsale del tessuto economico del Veneto, della Lombardia, della regione da cui vengo, i dipendenti sono i figli di chi lavorava prima in quella stessa azienda. L'azienda passa di padre in figlio ma anche i dipendenti spesso passano di famiglia in famiglia e questa è la ricchezza anche di quel tessuto imprenditoriale.

Qua invece mi pare che andiamo a colpi di dilettantismo: il flop dei miniprestiti - sono stati ricordati i numeri prima - è già evidente. Fino a dieci giorni fa lo 0,9 per cento degli aventi diritto - ci ha ricordato uno studio della CGIA di Mestre - ha potuto afferire a quei soldi: lo 0,9 per cento e la domanda l'aveva fatta il 10 per cento degli aventi diritto, perché le banche, se non fate la malleva, se non date veramente le garanzie vere, le banche non erogheranno i prestiti e le imprese chiuderanno e rimarremo, come dicevo prima, senza i posti di lavoro.

Ma basta pensare al dilettantismo che avete avuto rispetto alle imprese con il problema della responsabilità penale degli imprenditori, con la famosa circolare dell'INAIL non risolutiva; ma un Governo serio mette mano a queste cose e le chiarisce prima: non crea sconquasso per poi dire “ho risolto”, ammesso che venga risolto naturalmente.

La stessa cosa che veniva ricordata prima per il click day dell'INPS. Queste attività devono dipendere per forza dal Governo: qualcuno dovrà chiedere conto di quanto succede. Detto questo, non più tardi dell'altro ieri, il nostro gruppo ricordava la situazione dei liberi professionisti. Liquidità: dove sono i 600 euro, che già sono pochissimo, per i liberi professionisti? E le casse pensioni: cosa avviene delle persone che lavorano? Non potete continuare a considerare nemici chi crea ricchezza e chi crea posti di lavoro perché altrimenti sarà un Paese completamente diverso da quello che in tutti questi anni è stato costruito.

E, ancora, sulla cassa integrazione: la cassa integrazione l'hanno pagata gli imprenditori perché la cassa integrazione in deroga avete continuato a spostarla, a pagarla poco, poco, poco e poi la spostate più avanti e sono gli imprenditori che si sono messi le mani in tasca e hanno garantito la cassa integrazione. Sono responsabilità grossissime.

Noi abbiamo fatto una serie di proposte concrete senza mai polemizzare, anche in questo caso noi rispondendo all'appello del Presidente Mattarella ma voi non date risposta, voi andate dritti. “Cura Italia”, “Liquidità” e quindi “Rilancio”: non siete in grado, non c'è la competenza e la professionalità per sistemare le cose, per dare aiuto veramente al Paese.

Guardate siamo stati in un periodo molto difficile: adesso servirebbe la riforma fiscale ma siete troppo divisi al vostro interno per farla, non la farete mai. Mai come oggi servirebbe la riforma fiscale: mi spiace dirlo ma neanche le risorse per i dispositivi di protezione individuale e non parlerò degli ospedali e dei colleghi medici, parlerò della gente normale.

Penso a cosa ha creato lo 0,50 euro del costo delle mascherine. Insomma, un modo di procedere che non è zoppicante e claudicante, ma tiene fermo il Paese, però vi vantate di essere uno dei Paesi che ha reagito meglio alla crisi.

Io voglio dirvi una cosa per concludere questo intervento: l'Italia ha reagito bene perché, quando c'è stato l'aspetto sanitario, ha reagito bene nel “Cura Italia” perché gli italiani sono stati in casa e i presidenti di regione eletti hanno dato una grande mano.

Capisco che il Premier Conte soffre del peccato originale di non essere stato eletto, quindi probabilmente è meno sentito, è meno credibile con i cittadini: per esempio, i presidenti delle regioni e i sindaci sono eletti naturalmente. Una grande mano l'hanno data le amministrazioni locali, i presidenti di regione di tutti i colori politici e, soprattutto, gli italiani che hanno capito e sono rimasti in casa perché, se era per voi, eravamo in ritardo forte. Non voglio ricordare chi beveva gli aperitivi in giro per l'Italia e diceva di tenere tutto aperto.

Per quanto invece riguarda il “Liquidità”, il “Rilancio” e la “fase 2”, le saracinesche dei negozi, le porte delle aziende, le porte degli studi professionali non sono stati aperti con il vostro aiuto. Sono stati aperti perché gli italiani hanno voglia di farcela e - loro sì - faranno ancora andare avanti il nostro Paese. Questo Governo, purtroppo, è assolutamente inadeguato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Sospendiamo a questo punto brevemente la seduta che riprenderà alle ore 14,45. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 14,45.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Claudio Borghi, Gallo, Scoma, Spadoni e Trano sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente ottantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2461-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2461-A, conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.

È iscritto a parlare l'onorevole Alessandro Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO (LEGA). Grazie, Presidente. Stiamo parlando del “decreto Liquidità, mai nome fu così enfatizzato, non soltanto con conferenze stampe epocali a reti unificate, ma addirittura con un nome altisonante, a dimostrazione che, probabilmente, le intenzioni erano ben altre. I fatti hanno dimostrato che non è stato per niente così. Mai abbiamo visto una misura così inadeguata rispetto ai tempi. Mai si è assistito a un intervento legislativo assolutamente insufficiente e inadeguato, rispetto a quelle che erano le esigenze minime, rispetto all'ora presente.

Abbiamo immaginato di vedere soldi, un po' come tutto il mondo ha fatto, portando avanti delle iniziative, con le varie denominazioni più o meno anche sofisticate - cito una fra tante “helicopter money”. Avevamo immaginato questo tipo di misure e invece niente, nella migliore delle ipotesi si è trattato soltanto di garanzie, date attraverso il sistema bancario. Ma neanche questo, visto che poi, alla fine, a conti fatti, dopo parecchi mesi (due), ci stiamo rendendo conto che, su 400 miliardi, soltanto 15 sono stati quelli che, in un modo o nell'altro, hanno trovato la capacità concreta di applicazione.

In Italia, quindi, zero liquidità. Non sono diminuite le tasse ed è stata persa un'occasione straordinaria per poter realizzare un processo, che forse si aspettava da troppi decenni. Ma le divisioni interne sono talmente macroscopiche, che nemmeno si può immaginare un approccio di questo genere, che, direi, avrebbe potuto dare anche consenso a questo Governo, consenso vero, non il consenso dopato dal dolore e dalla paura dei primi mesi. Parleremo anche di questo.

E, invece, non abbiamo assistito a nulla di tutto questo. Non abbiamo assistito alla pace fiscale, che invece era un'opportunità anche per realizzare, non soltanto elementi virtuosi nel rapporto Stato-cittadino, ma anche la possibilità di recuperare denari.

Non abbiamo assistito a nessun tipo di iniziativa realmente virtuosa e, semmai, a promesse, promesse infinite, sventolate, con i risultati che ovviamente sono sotto gli occhi di tutti. E dire che l'opposizione vi aveva pure aiutato, sia pure in maniera diversa, in una fase successiva e diversa rispetto a quella originaria, ma lo scostamento di bilancio si è realizzato, perché, concretamente, la nostra parte di emiciclo ha votato, perché tutto questo si realizzasse.

Sono state perse delle occasioni infinite. Il Codice appalti neanche a parlarne; la burocrazia, che poteva essere finalmente sconfitta, manco a parlarne; ma, addirittura, vado anche oltre: le scuole di specializzazione medica. Sappiamo tutti, tutti dicono, che c'era l'opportunità di potere rimettere di nuovo in pista il problema delle specializzazioni, visto che noi manchiamo di medici. Il primo intervento, su cui si è vantato questo Governo, è stato quello di avere appostato 130 milioni, per potere formare nuovi specializzandi. I conti e i fatti hanno dimostrato che, invece, fu anche in quel caso un “effetto annuncio”. Grave, gravissimo, perché realmente impattava con un'esigenza reale, non solo degli studenti, ma anche della sanità di quei giorni. È stata un'occasione persa, non ne hanno più nemmeno parlato, a dimostrazione che sono talmente forti e tante le contraddizioni dentro il Governo, che anche le cose più naturali e virtuose sono venute meno.

Però, in compenso, abbiamo assistito ad altri fattori, per esempio, il numero dei poveri. Erano 10 milioni, quelli che erano censiti dai nostri organi statistici. Oggi sembrerebbe che siano aumentati di un 40 per cento. Poi non parliamo del gettito fiscale, perché, nel momento stesso in cui vengono meno ovviamente queste entrate - perché, se i poveri aumentano, è evidente che qualcuno che prima pagava le tasse poi non le potrà più pagare -, è evidente, quindi, che verrà meno anche la spesa pubblica.

Per cui anche il meccanismo, che è stato ingenerato da questo Governo, che certamente una parte del Paese non avrebbe avuto nessun tipo di problema - naturalmente non detto in maniera chiara, ma in maniera indotta, attraverso ragionamenti più o meno ufficiali - verrà meno. Infatti, è chiaro che con il gettito fiscale il Governo si dovrà ritrovare, da qui a breve, con delle scelte che saranno ovvie. Visto che i soldi non sono sufficienti, a chi pago? Ai poliziotti o a quelli dell'ufficio del catasto? A chi dovrò pagare? La sanità oppure tagliare le tredicesime?

Quindi, questi sono temi concreti, che attengono a un livello errato di impostazione di politica economica. Non era necessario essere scienziati, non era necessario o sufficiente avere delle grandissime personalità (ogni riferimento ai 450 presunti esperti di queste task force è assolutamente voluto). Come dicevo, non c'era bisogno, perché era il buonsenso che doveva dettare e detta questo tipo di iniziative. Ma questo, evidentemente, non è avvenuto.

Non è avvenuto, perché questo Governo ha avuto la fortuna, la capacità, la congiuntura - ognuno scelga poi l'elemento che più gli sta a cuore - di avere l'appoggio incondizionato delle sette più importanti reti televisive di questo Paese, che ovviamente, in un contesto di lockdown, hanno bombardato di pensiero unico tutti coloro che stavano h24 davanti al televisore. Lo hanno indottrinato e lo hanno portato a un ragionamento complessivo, che certamente, oggi, però, si sta paradossalmente ritorcendo contro, perché in quel momento storico, tutto quello che evidentemente era frutto di non contraddizione e, comunque, di una generale impostazione dettata dai tempi e dalle emergenze, oggi deve trovare delle soluzioni e delle risposte di tipo diverso, cosa che ovviamente non si possono inventare. Infatti, questo Governo non ha nelle corde questo tipo di ragionamento. Se ancora oggi può aver avuto un senso discutibile, opinabile e forse anche oggetto di contraddizione rispetto all'impostazione complessiva, ma comunque, in generale, poteva avere anche un consenso diffuso - mi riferisco ovviamente al lockdown -, cosa ben diversa è invece nella “fase 2”, cosiddetta del rilancio: lì o hai le idee chiare oppure non ce la puoi fare.

Se le idee sono quelle del “click day”, dove, in maniera offensiva, vengono messi a disposizione 50 milioni di euro di risorse pressoché insignificanti, a disposizione di imprenditori, risorse che sono finite sostanzialmente nell'arco di qualche minuto, è evidente che questo è un Governo che non riesce ad andare oltre rispetto a questo tipo di dinamiche. E dire, ancora una volta, che questa poteva essere l'occasione realmente concreta per realizzare processi virtuosi, perché, vede Presidente, e lo dico a lei per coloro che evidentemente ci vogliono ascoltare, in fondo quella fase che stiamo vivendo è quella della safety car dopo un incidente in Formula 1, dove la nostra economia, disastrata e bistrattata, negli ultimi vent'anni, ha certamente perso smalto e mordente, visto che eravamo, alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, la quarta potenza economica del mondo, ma poi, dal 2001 in poi, è successo qualche cosa - non parliamo nemmeno di che cosa perché andremmo fuori tema - e fatto sta che il nostro sistema ha perso di competitività e oggi siamo quelli che siamo sia in termini di indebitamento sia in termini di efficienza complessiva.

La safety car che era uscita fuori - e mai esempio potrebbe risultare facile da comprendere anche ai non addetti ai lavori - sostanzialmente consentiva a tutti di stare in fila e di recuperare posizioni che magari erano assolutamente pesanti nei confronti dei Paesi leader e, invece, questa opportunità a oggi è stata persa. Qualcuno dirà: “Va bene, ad oggi è stata persa, ma da oggi in avanti chissà che cosa accadrà”, ma non mi pare di cogliere questo tipo di segnale in termini positivi. Lo dico perché, al netto delle sette emittenti televisive più importanti, che continuano a supportare questo Governo in ogni dove, e al netto, ovviamente, delle testate giornalistiche delle stesso filone di mainstream, invece mi sembra di poter dire - e cito in questo caso un giornalista che sicuramente ha la sua personalità ed è direttore di testata, oltre a essere stato direttore di testata importante, cioè Roberto Napoletano - questo Governo manca di testa politica e io penso che sia questa realmente la chiave di lettura che dobbiamo dare, non fosse altro perché ha consentito, per esempio, l'intervento che abbiamo assistito l'ultimo 21 aprile in questo emiciclo; intervento realmente scoordinato, non concludente e soprattutto provocatorio che è venuto dagli ambienti dei 5 Stelle, a dimostrazione, in generale, che c'è un passaggio di incoscienza politica che si mixa all'incompetenza. L'incoscienza e l'incompetenza sono un tutt'uno che certamente deve fare riflettere tutti coloro che evidentemente hanno un minimo di senso di responsabilità anche all'interno della stessa maggioranza, perché, insomma, calchiamo questo emiciclo ormai da qualche anno e sappiamo bene, sappiamo distinguere uomini e cose e soprattutto abbiamo assistito anche a stagioni politiche che certamente non hanno visto mai nessun tipo di adesione o comunque di condivisione; però percepivamo che dall'altra parte c'era competenza e c'era testa. C'era un progetto che era ideologico, c'era un progetto che ovviamente ci vedeva dissenzienti, però chapeau: se lo portano avanti e hanno la capacità, osserviamo, giudichiamo negativamente, però certamente tutto si poteva dire ma non che fossero dei deficienti, anzi tutt'altro.

Questa stagione politica, invece, vede questa contraddizione palese e, dove anche coloro che hanno qualche buona idea - e ogni riferimento è anche alla fase a cui abbiamo assistito in Commissione, dove i relatori si sono sbracciati, hanno messo anche qualche pezza, hanno cercato di creare le condizioni per poter migliorare il tutto -, ovviamente ciò faceva veramente grande stridore rispetto, invece, a quella che è l'impostazione ideologica, perché, di questo dobbiamo parlare: di un'utopia talmente conclamata, che prende anche in esame gli aspetti più reconditi dell'antropologia. Quando, infatti, non si tiene conto degli elementi essenziali del vivere civile e dell'elemento essenziale di manzoniana memoria del buonsenso, quando evidentemente tutto è subordinato a una logica di chi evidentemente non è stato mai in grado di gestire niente e nulla, è ovvio, a quel punto, che l'utopia prevale e, a quel punto, ti metti in testa che, dal buco della serratura, possa anche passare il cavallo e, per farlo passare, lo fai a fettine, che è esattamente quello a cui noi oggi stiamo assistendo in questo Paese. Ciò, all'interno di un ragionamento complessivo che vede le nostre migliori energie oggi buttate al vento, le nostre migliori forze non valorizzate, i nostri migliori sistemi produttivi, autenticamente vincenti nei contesti internazionali, distrutti da una volontà che, evidentemente, può essere solo di tipo ideologico. Oppure, si può parlare d'incapacità - delle due l'una - o forse tutte e due, per ritornare al discorso di prima e al giornalista che avevo citato prima.

Né può funzionare - vi prego -, né può funzionare il ragionamento del parallelo: siamo come dopo la Seconda guerra mondiale, siamo nel 1946”; e anche oggi ho sentito un intervento, anche di un collega stimato, che dice: “Ma siamo qui, stiamo per ricostruire”. Ma cosa ricostruisci? Ci sono dati sociologici che sono completamente differenti. Nel 1946 quello era un Paese che era realmente diviso: veniva fuori da una dittatura che però aveva anche un consenso sociale altissimo perché, prima dello scoppio della guerra, fino al 1941, aveva sostanzialmente un consenso altissimo, per cui è vero che era un Paese fortemente frazionato ma era anche un Paese che aveva avuto, diciamo, dei consensi sociali mica male. Questo invece di oggi è un Paese assolutamente coeso. Ma provate a immaginare 15 milioni di poveri in un Paese diviso? Ma sarebbe già scoppiata la rivoluzione. Non è che dobbiamo immaginare come qualcuno dice, come autorevoli uomini politici del Partito Democratico che dicono: “Verranno con i forconi”. Questa è un'osservazione del reale e, quindi, come tale, noi la prendiamo per buona, specialmente perché viene da parte di soggetti autorevoli.

Però, nello stesso tempo, ci rendiamo conto che venire con i forconi è proprio un livello di esasperazione assoluta che ad oggi si percepisce ma non si tocca con mano, altrimenti, con quindici milioni di poveri, sarebbe già scoppiato tutto questo disagio e sarebbe già scoppiata la rivoluzione sociale; segno evidente che questo è un Paese che ha delle energie che però, in maniera scientifica, vogliono essere distrutte, triturate ed eliminate da coloro che, in questo momento, hanno la ventura o forse la sventura di governare, perché il loro progetto evidentemente è un altro e non può essere quello del bene comune. Forse, è un progetto che si rifà a qualche parte del mondo dell'altro emisfero e, in questo caso, più che dell'altro emisfero, all'estremo oriente. Non ne fanno mistero, lo abbiamo percepito bene e mi pare di poter dire che addirittura tutte le politiche sanitarie che si sono realizzate vanno forse all'interno di una logica ben precisa che non può che essere criticata.

E dire, come dicevo poc'anzi, che i segnali sono straordinari. L'emissione dei buoni poliennali del tesoro “Italia” ha avuto un giudizio e un successo straordinario. Lo dicevamo da sempre, lo abbiamo sempre detto: “Guardate che noi abbiamo 1.500 miliardi che sono fermi nei conti correnti e gli italiani non sanno come investirli”. Qualsiasi Governo, che abbia realmente una prospettiva e una lungimiranza, cosa fa? Estingue i 700 miliardi che sono stati sottoscritti dagli investitori esteri, ovviamente non in una soluzione e non in un attimo, ma certamente all'interno di una programmazione e di un piano, e poi praticamente - e sono 700 miliardi che ci fanno pagare caro perché tutto lo spread evidentemente viene gestito e viene alimentato esattamente da coloro che hanno sottoscritto all'estero i nostri miliardi - facciamoli sottoscrivere agli italiani, che li tengono a costo zero o addirittura a tasso negativo nei conti correnti. Lo dicevamo da una vita, l'abbiamo sempre detto e, guarda caso, adesso finalmente è arrivato e a noi sta bene questo, perché amiamo talmente tanto l'Italia e amiamo talmente tanto il nostro Paese che non stiamo qui a dire: “Ve l'avevamo detto”. Invece, siamo qui a dire: “Va bene, anzi dateci ascolto in qualche altra cosa, create le condizioni perché vi possiamo dare dei suggerimenti e possiamo diventare ancora più virtuosi”. Il problema serio è che però non veniamo ascoltati per i motivi che ho provato a dire in premessa.

Né può andare bene questa frase che viene ripetuta con un refrain e con un'assoluta finta ingenuità e finto buonismo, la fase del “andrà tutto bene”. Ma che cosa deve andare tutto bene? Ma andatevi a leggere la storia del mondo: che cosa è accaduto all'Impero romano, che cos'è accaduto all'Impero ottomano, cos'è accaduto in Argentina, che cos'è accaduto alla Francia di Luigi XVI? Erano esattamente le frasi che dicevano allora: “Ma andrà tutto bene. In fondo abbiamo tutto qui a disposizione” Non è così e i fatti hanno dimostrato che anche economie floride o comunque, in generale, Paesi che avevano una situazione niente male si sono ritrovati, nell'arco di qualche tempo, a precipitare e a essere schiantati nel corso della storia e io penso che, se noi oggi non immaginiamo un Governo che sia fatto, realmente, di persone competenti e coscienti e con la testa sulle spalle…e, ancora una volta, il riferimento è sempre quello di Roberto Napoletano, per evitare che poi succedano polemiche e che si dica: “Ha detto questo Pagano, ha detto quell'altro”.

Va bene, quando diciamo delle cose è perché probabilmente qualcuno, anche autorevole, in giro, le dice. Ecco, però, all'interno di questo ragionamento, mi spiegate come fate a dire che andrà tutto bene? Come farete ad uscire dai guai - perché è chiaro che la responsabilità ve la state assumendo tutta, totale -, quando, dopo quattro mesi, i risultati sono quelli che abbiamo visto e che sono sotto gli occhi di tutti?

Il turismo rappresenta il 15 per cento del prodotto interno lordo; non abbiamo osservato una sola misura che sia realmente capace di invertire la tendenza. Oddio, veramente l'avevamo osservata e cioè quella fantastica iniziativa sul rilancio che dava il bonus fiscale agli imprenditori, i quali imprenditori avrebbero poi scontato nella dichiarazione dei redditi dell'anno successivo. Vi immaginate? Già oggi è un problema andare a fare le vacanze e, poi, loro, gli imprenditori, si sarebbero dovuti tenere in cassa un credito per pagare e compensare le imposte dell'anno successivo; è successo quello che è successo, cioè un dissenso sociale e politico formidabile, per cui anche voi avete capito che, evidentemente, non andava bene questa situazione. Quindi, non esistono queste soluzioni; la soluzione, invece, era sotto gli occhi di tutti ed è ancora sotto gli occhi di tutti, proviamo a suggerirvela, perché siamo, qui, all'interno di un contesto del nostro partito che ama profondamente il nostro Paese; noi abbiamo mezza Italia che ha avuto praticamente un livello di contagio bassissimo; l'Italia del sud addirittura è leader in Europa, con la Sicilia, la Basilicata, la Calabria; adesso, si è aggiunto anche il Veneto e da due giorni non ci sono più morti nemmeno in Lombardia, quindi, ciò vuol dire che, insomma, in un modo o nell'altro, il Paese sta uscendo fuori da questo tipo di dinamiche che, purtroppo, l'ha attraversato con tante dolore. Ebbene, perché non si fa un'azione di promozione, dicasi una, anche la più banale, in tutto il resto del mondo, spiegando che da noi c'è la possibilità di venire a fare delle vacanze vere? Eppure, i corridoi li fanno gli altri, utilizzando la Croazia, la Slovenia e la Grecia, portano denaro in altre parti d'Europa e nessuno di noi utilizza, con una politica e una strategia che potrebbe essere anche di assoluta facilità, questo tipo di indirizzo.

Sia chiara una cosa, se l'Italia, immediatamente, non inverte la tendenza rispetto a questo punto di vista noi non vedremo un turista per anni, perché non è che il turista, poi, l'anno successivo va in quel posto perché, evidentemente, sa che è il posto più bello del mondo, perché non funziona così; il turismo del XX e del XXI secolo non funziona come ai tempi del Gran Tour, quando venivano in Sicilia o nell'Italia meridionale gli uomini più colti del mondo, perché sapevano che lì c'era una cultura millenaria. Nel terzo millennio si fa vacanza in una logica di entertainment, di intrattenimento e, quindi, bisogna anche sapere coniugare i posti più belli del mondo, contemporaneamente, con la capacità di sapere vivere un livello di godimento o, comunque, di qualità della vita adeguato. Quindi, un posto letto perso nel settore turistico, oggi, non è che domani lo recuperiamo; se tu non fai un'operazione di marketing, dove ci si mette la testa, dove il Paese ci mette la testa, dove i Ministri competenti e il Presidente del Consiglio ci mettono la testa e piuttosto che dire cose sparate in aria si mettono invece a ragionare, è evidente che l'anno prossimo questo non accade più, il posto perso diventerà un posto perso e lo guadagneranno altri Paesi che avranno un centesimo della nostra storia e delle nostre fortune, ma che avranno saputo ben gestire questa fase emergenziale.

Allora, la sindrome dell'”andrà tutto bene” è una cosa tremenda, terribile e potremo dire che tutto potrà andare bene se realmente sapremo costruire tre o quattro pilastri su cui evidentemente ragionare in maniera assolutamente virtuosa. Nessuno di questi tre o quattro pilastri è stato mai affrontato. Lo ricordo ancora una volta, prima lo dicevo en passant e, adesso, lo dico in maniera un po' più forte: occorre impegnarsi sicuramente sull'aspetto alla burocrazia. Non esiste minimamente la possibilità di avere un Paese con questo livello di burocrazia; era già insostenibile prima che arrivasse il COVID, ma dopo il COVID è impensabile. Eppure, sono state inventate leggi che, a confronto, il gioco dell'oca è la cosa più facile del mondo, che, a confronto, i labirinti, anche i più complessi, anche i più difficili da immaginare, sono un gioco da dilettanti, rispetto a quello che è stato pensato e immaginato da questo Governo nelle misure che abbiamo testé osservato.

Sul credito, noi abbiamo tassi altissimi e credito che non viene concesso. Ma ci vuole un momento di riflessione su questo argomento o dobbiamo immaginare che le aziende devono morire tutte? Attenzione, se muoiono tutte, poi, qualcuno dovrà pure pensare a chi pagherà le tasse per mantenere l'altra metà del Paese, mi riferisco alle strutture pubbliche o, comunque, in generale, a tutte quelle che evidentemente non sono legate ai sistemi produttivi. Quindi, noi abbiamo l'esigenza di pensare concretamente in questa direzione.

Continuando nella dinamica, non possiamo dimenticare che cosa è successo fino adesso. I confronti televisivi con gli esponenti della maggioranza si continuano a misurare nell'ordine del fattore di dire: “noi siamo andati bene, stiamo andando bene, abbiamo il 70 per cento di consenso”. A parte che il 70 per cento di consenso è sempre in relazione al momento, non è mai un consenso politico, è ovvio, però, ricordo che la “fase 1” era la fase, appunto, dell'emergenza che doveva essere affrontata ed è stata affrontata in una certa maniera. La “fase 2” è, invece, una fase completamente differente che, ovviamente presuppone la capacità di immaginare, non più sul dolore o sulla paura, il proprio consenso, ma sulla capacità di uscire realmente da tutti i problemi che evidentemente noi abbiamo.

Allora, negli Stati Uniti d'America, il reopen è ormai una esigenza complessiva e completa; da noi, invece, il reopen viene immaginato sempre sub conditione. L'ultima perla: gli assistenti civici che stanno per arrivare, 60 mila volontari per vigilare sulla “fase 2”. Ma di che stiamo parlando? Che ci sono dei soggetti che vanno a mare in un contesto dove, è noto, superando un certo numero di gradi della temperatura nessun tipo di contagio è tecnicamente possibile, persino i virologi “filogovernativi”, da questo punto di vista ormai non negano più questa evidenza dei fatti, oppure, immaginare sistemi produttivi che possono essere penalizzati o comunque possono essere controllati da assistenti civici che, poi, chi sono? Ma chi sono? Danno quasi l'impressione di essere i volontari del Venezuela che, in una logica di controllo del sistema di potere di quella nazione, sono stati inventati proprio per difendere lo status quo. È una cosa che deve farci riflettere e deve anche preoccupare larghi strati della maggioranza che certamente non hanno nel loro DNA aspetti totalitari, che, invece, si vedono in maniera sempre più concreta in altri ambiti.

Le altre opportunità perse sono la scuola e la giustizia. Ma, insomma, sulla scuola, ci rendiamo conto che per decreto è stato chiuso l'anno scolastico? Che le elezioni online, ormai, rappresentano uno stress, un disagio straordinario, che sempre di più, se dovesse continuare questa situazione, noi avremo alunni ignoranti nei prossimi anni, nel senso che avranno un livello di qualità pessimo e, comunque, in generale, specialmente nelle regioni più disagiate, con una fortissima propensione alla dispersione scolastica. Allora, anche qui, delle due l'una, io li voglio ignoranti, perché forse in questa maniera li metto davanti alla televisione e, col solito pensiero unico delle solite tv, li indottrino. Va bene, questa è una scelta, poi, la storia dimostra che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, ma, comunque, è una scelta. Ma se, invece, in buona fede, noi sappiamo che ci sono larghi strati della maggioranza che, invece, non la pensano così, perché ringraziando Dio ci parliamo, allora, non è possibile portare avanti ragionamenti come quelli a cui abbiamo assistito. La didattica a distanza crea problemi; può funzionare, può essere certamente un elemento integrativo, può essere un elemento che può rappresentare significative parti importanti, in momenti particolari e storici, ma non certamente sempre, men che meno con queste proposte che si sentono e che vengono ripetute: 15 in classe e 15 online, con un turnover di questo genere. Siamo alla follia, ancora una volta, di fronte a una classe dirigente che non ha idea di come funzionino le cose, che vive la propria realtà scollegata completamente dal Paese reale, che non capisce che cosa significa avere a che fare con le mamme, con le maestre, con i professori e con i ragazzi, completamente scollegata. E, poi, sul sistema della giustizia, ci sono questi rinvii continui che ovviamente non vanno bene, i giudizi celebrati sono stati pochissimi, le responsabilità enormi nei confronti di alcuni uffici, lo smart working che non può funzionare, che non ha funzionato e che, ovviamente, non può che essere elemento anche di disdoro e preoccupazione; senza contare i detenuti in attesa di giudizio, senza contare tutti i provvedimenti che, ovviamente, sono legati a questi aspetti non di poco conto, visto che sull'aspetto della giustizia si gioca tanto.

Quindi, ora mi sono permesso anche di volare un po' oltre, perché siamo di fronte a un conclamato caso di negativa impostazione, una serie di opportunità perse: avevamo la safety car, potevamo essere nelle condizioni di poter recuperare anche posizioni importanti nei confronti degli altri Paesi, vivere paradossalmente il disagio come un'opportunità, come anche tanti ovviamente hanno avuto modo di scrivere, soprattutto nei primi mesi, e invece niente. E invece questo Governo continua a immaginare e a vedere le aziende come dei potenziali evasori, come dei potenziali inquinatori, come potenziali sfruttatori dei dipendenti o, comunque, in generale, degli operai. Questa è una chiave di lettura reale, oggettiva, la stiamo osservando.

Ora, uno si può nascondere, uno può fare finta di niente, può anche immaginare le cose in maniera diversa, ma purtroppo questa è la fotografia di questo Governo e noi abbiamo il dovere di denunciarla; nei modi giusti, ovviamente, stando all'opposizione, però attenzione, cioè, noi lo facciamo nei modi giusti, noi lo facciamo raccontando, attraverso i nostri sistemi di comunicazione, le cose come stanno. Il problema serio è che il Paese sta bollendo, non ha esattamente la stessa capacità di resistere e di realizzare un momento di costruzione, perché poi quando uno ha la difficoltà di iscrivere il figlio al secondo anno di università, piuttosto che al terzo o al quarto, e magari il figlio è stato brillante nei suoi studi, oppure quando evidentemente sono venute meno le risorse essenziali per portare avanti il proprio livello di qualità della vita, allora lì i problemi cominciano, e cominciano in maniera molto seria.

Ecco perché, al di là della critica politica molto forte, ferma, senza sconti e soprattutto senza nessuna giustificazione, siamo convinti che voi state ballando sopra una corda, con il rischio che si cada. E se cadete, cade un intero Paese. Ecco perché siamo fortemente convinti che non va bene questo sistema e che, per questo motivo, immaginiamo che realmente ci possa essere un cambio. Ma lo chiediamo… tanto lo so che le dimissioni, poi, alla fine, non arrivano mai per tanti motivi… ma lo chiediamo non solo per senso di responsabilità, ma perché realmente abbiamo bisogno di rilanciare un Paese in termini diversi. Questa finestra temporale durerà un mese o due. Cosa accadrà da qui a due mesi? Non lo sappiamo, però è una riflessione seria e amara che questo “decreto Liquidità” e il successivo “Rilancio” sono la prova concreta di un fallimento conclamato e certo; sono la prova concreta di un Governo inadeguato e assolutamente incapace di poter svolgere le linee essenziali su cui evidentemente svolgere una normale dinamica sociale e politica. Di tutto questo, ovviamente, la Lega si fa carico a livello sociale e complessivo, e ringrazio tutti per l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori del Governo, ci chiediamo dove sia finita la potenza di fuoco sbandierata da Conte e Gualtieri nel DL “Liquidità”. Vedete, il great lockdown, dice il Fondo monetario internazionale, schianterà il nostro prodotto interno lordo al 9 per cento, nella migliore delle ipotesi. Servono soldi, soldi veri, che qui, nel DL “Liquidità”, purtroppo, non ci sono o sono insufficienti.

La potenza di fuoco, sempre per citare il Premier Conte, nella vita fuori dai corridoi dei ministeri e dalle dirette Facebook, non la fanno, purtroppo, i commi che fissano il tetto massimo di impegni che possono essere assunti, ma i commi che stanziano le risorse disponibili per l'assunzione di quegli impegni. Spieghiamoci meglio: l'articolo 14, comma 1, del DL “Liquidità” stanzia un miliardo, lo dice la relazione tecnica. Tale fondo riguarda tutti e 400 i miliardi di garanzie potenziali rilasciabili. La leva utilizzata dal Ministero dell'Economia per il rilascio di garanzie statali è di 12,5 ovvero, per ogni euro, è possibile rilasciare garanzie su 12,5 euro di finanziamento. Nelle ipotesi per cui SACE, in ragione di valutazioni sul proprio portafoglio, utilizzi una leva finanziaria di 20, cosicché per ogni euro disponibile del fondo di dotazione concede garanzie per 20 euro, ben oltre la soglia di rischio, vuol dire che la potenza di fuoco, rappresentante del Governo, messa in campo dallo Stato con questo decreto, non è di 400 miliardi, bensì appena 20 miliardi.

Abbiamo provato a migliorare l'impianto della norma con i nostri emendamenti, è stato approvato un emendamento, a mia prima firma, per l'ampliamento della destinazione d'uso dei finanziamenti anche agli affitti e ai canoni di locazione, così da aiutare le aziende.

Poi l'articolo 13 sul Fondo di garanzia centrale delle PMI: i 1.729 milioni aggiuntivi stanziati dal Governo, dati dal combinato disposto degli articoli 49 del “Cura Italia” e 13 del DL “Liquidità”, sono assolutamente insufficienti e inadeguati. Se la leva sarà uno a tre, lo stanziamento potrà consentire al Fondo di dare il via libera a circa 350 mila richieste, con un valore medio di finanziamento di 15 mila euro, a fronte di una platea superiore di oltre 10 volte, rappresentante del Governo; misure, queste, che scoraggiano qualsiasi banca dall'erogazione di un finanziamento fino a che non è arrivata la conferma dell'accoglimento della garanzia.

Vedete, colleghi, noi parliamo e siamo nel Paese reale. Quanti si stanno recando in banca per un finanziamento, per vedersi dire che le cifre saranno minori a quelle inserite per norma e con tempi lunghissimi di erogazione? L'efficacia di un provvedimento dipende, da una parte, dalla copertura e, dall'altra, dalla sua attuazione. Qui mancano le coperture, che necessiterebbero di almeno 30 miliardi, e l'attuazione è ricca di lungaggini burocratiche.

Come ha ricordato anche Giorgia Meloni, il decreto “Liquidità” è una grande fregatura soprattutto per quel tessuto produttivo, colleghi, fatto di piccole e medie imprese, che rappresentano e che reggono l'Italia. Vedete, abbiamo presentato emendamenti per migliorare l'impianto del decreto, non stiamo facendo propaganda, rappresentante distratto del Governo… Lei sta scrivendo e lei sa che il cervello assorbe… La percentuale che le serve per scrivere…

PRESIDENTE. Onorevole Mollicone, continui nel suo intervento; non è un'interlocuzione diretta con il Governo.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). La ringrazio, allora mi scusi. Dicevo, abbiamo presentato emendamenti puntuali per migliorare l'impianto del decreto, non stiamo facendo propaganda. Vedete, ci sono tempi, come questo, in cui le forze politiche, anche di opposizione, devono avere la concretezza e la sensibilità di smettere di fare solo propaganda. Fratelli d'Italia è sempre stata e si è sempre contraddistinta come forza politica, che ha fatto, in ogni provvedimento del Governo, proposte concrete. Abbiamo addirittura, all'inizio dell'emergenza - e ve lo ricordo perché resti agli atti -, proposto un'unità di crisi parlamentare, costituita dalle Conferenze dei capigruppo di Camera e Senato, il Ministro D'Incà che rappresenta i Rapporti con il Parlamento e, di volta in volta, il Premier o il Ministro interessato dal singolo provvedimento, a dimostrazione che Fratelli d'Italia vuole e voleva contribuire a gestire l'emergenza. Il problema qual è stato? Il problema è che avete incontrato, attraverso il Premier Conte, con il Ministro D'Incà, più volte, delegazioni, con Giorgia Meloni, con i nostri capigruppo, con i vari rappresentanti della nostra forza politica e anche dell'opposizione, e poi ci avete risposto: vi faremo sapere. Quando il provvedimento o la proposta vi era tecnicamente inappuntabile e, magari, derivava dal confronto con le categorie, nella migliore delle ipotesi la clonavate, la inserivate nei vari DPCM, e ovviamente peggiorandola e, quindi, mettendo o un'applicazione o un tempo sbagliato, o diminuendo i fondi, insomma facevate del vostro, ci mettevate una vostra interpretazione, ma mai riconoscendo e gestendo questa fase di emergenza - come Fratelli d'Italia ha offerto, più volte, di fare nei confronti di una nazione in sofferenza - con l'opposizione. Vi siete assunti voi tutta la responsabilità politica di quella che potremmo definire una dittatura dolce, ma poi neanche troppo dolce, e poi vedremo perché.

Per la cultura e lo sport, vedete, abbiamo proposto un miglioramento delle condizioni di accesso al Fondo per l'impiantistica sportiva dell'Istituto per il credito sportivo, così da permettere un accesso a finanziamenti per il miglioramento degli impianti; un credito d'imposta per le spese in sanificazione dei locali adibiti a cultura e sport; misure per agevolare le imprese culturali e creative; un credito d'imposta per le locazioni di teatri, cinema, luoghi dello spettacolo e centri sportivi; la sospensione fino al 2021 dell'IMU ed il suo dimezzamento; l'ampliamento dei termini di sospensione contributiva e tributaria per tutto il 2020.

Per l'editoria abbiamo promosso un aumento del Fondo per il pluralismo e l'informazione in una forbice che vada dai 200 fino ai 400 milioni per l'anno in corso, perché così si affronta la crisi dell'editoria, così si garantiscono una buona informazione delle testate editoriali anche online.

Per le start-up innovative, l'ampliamento delle somme dei finanziamenti garantiti per le PMI da 25 mila euro a 100 mila euro; inoltre, approvato con riformulazione a 30 mila euro. L'estensione delle garanzie statali anche alle piattaforme di microcredito e di social lending, spesso utilizzate dalle start-up per finanziarsi, così da reincentivare i meccanismi di investimento sul rischio.

Colleghi, questo decreto-legge “Liquidità” è una grande occasione mancata, anche per ridefinire il ruolo dello Stato nel mercato e nella globalizzazione, anche per sostenere il modello sussidiario; ed approfitto anche del Presidente perché possa arrivare anche al Premier Conte, tramite il rappresentante del Governo, questo appello. Abbiamo da sempre denunciato l'attività predatoria della Cina verso le nostre aziende e sulle nostre infrastrutture strategiche; abbiamo contribuito ad approvare la golden power, a rafforzarla, come nel recente caso del porto di Taranto. Il rischio che si passi velocemente dal made in China all'owned by China, di proprietà della Cina, è sempre presente, è sempre più presente, come ci dicono anche i nostri servizi; e al netto di chi garantisce l'occupazione di tanti italiani, va esercitata la massima vigilanza sulla sicurezza nazionale.

Va bene una ridefinizione della norma sulla golden power per salvaguardare appunto il nostro sistema industriale, ora in grave difficoltà, che rischia di essere predato, ma deve essere ampliata anche alle PMI innovative, perché ne sono attualmente esenti. È necessario essere nella corsa della globalizzazione con la schiena dritta, e anche sul caso dell'FCA lo dimostriamo. È giusto, certo, il finanziamento sarà usato, come ci dicono, almeno ci auguriamo, per il pagamento dei fornitori nazionali, e ci mancherebbe altro, e per il mantenimento dei livelli occupazionali, ma le aziende italiane che diventano multinazionale come la FCA non possono pretendere di ricevere aiuti qui in Italia solo dallo Stato italiano in modo incondizionato, specie in una fase in cui le risorse sono scarse e i bisogni e le necessità numerosi. Il prestito si può consentire, come ha detto anche il Vicepresidente Rampelli, in cambio del ritorno delle sedi societarie e fiscali in Italia e di una quota di partecipazione dello Stato in FCA. Perché non si capisce perché ci sarà una fusione strategica con il gruppo francese, all'interno del quale è già presente lo Stato francese, e noi Stato italiano dobbiamo sostenere, giustamente con ricatto anche emozionale dell'indotto italiano, dei lavoratori italiani, del circuito automotive italiano (che poi producono jeep della Chrysler in Italia, e anche su questo, sul design italiano, ci sarebbe molto da ridefinire e riflettere); ma al di là di questo poi però non c'è questa attenzione da altri Stati. Non c'è dall'Olanda, eppure la sede e anche lì; non c'è dall'Inghilterra, eppure una sede è anche lì. Quindi non si capisce bene questa asimmetria economica, per cui noi dovremmo come Stato italiano sostenere e garantire il prestito alla FCA, ma la FCA poi ha la testa in senso strategico-industriale altrove, e non certo con lo Stato italiano; mentre altri Stati nazionali europei, giustamente diciamo noi, i sovranisti, quelli che vogliono nazionalizzare tutto (così ci definite, ma non è vero). Noi crediamo nella sussidiarietà, nel rapporto tra pubblico e privato, ma ci deve essere un equilibrio, e su asset strategici nazionali ci deve essere il controllo dello Stato, proprio perché siamo in emergenza, proprio perché abbiamo nazioni, grandi potenze straniere che stanno facendo un'attività, una vera e propria guerra economica predatoria nei confronti delle aziende internazionali e nazionali, anche europee.

Noi ci sentiamo quindi veramente con la coscienza a posto: perché vedete, colleghi, l'opposizione in un momento di grande emergenza nazionale ha il dovere di avere senso di responsabilità, ha il dovere di interpretare le istanze più profonde del popolo italiano che soffre, che sta soffrendo e che presto soffrirà purtroppo molto di più, ma unendo e tracciando il disegno di questo decreto-legge purtroppo rileviamo che c'è una sostanziale inutilità delle misure in esso contenute.

Dovremmo prendere esempio da Amedeo Giannini - rappresentante del Governo, non so se lo conosce, sicuramente la conoscerà -, personaggio storico, personaggio che è molto conosciuto e celebrato in America, e di origine italiana, e italiano, e poco conosciuto e poco apprezzato in Italia, nonostante i suoi grandi meriti. Lo chiamavano AP, fondatore, pensate un po', della Bank of Italy, che poi diventerà Bank of America. Dopo il terremoto di San Francisco, dopo la pandemia dell'influenza spagnola, il sistema bancario locale era totalmente al collasso, già provato anche appunto dall'epidemia e dall'influenza. Giannini in un saloon, in una sorta di bar, mise la targa della sua banca dicendo e scrivendo: prestiti come prima, più di prima, concesse prestiti senza interessi praticamente a tutti, spesso talmente a tutti che erano firmati non da una sigla o da una firma ma da una croce, così nessuno dovette più rivolgersi agli usurai. Bene, pensate, quando poi cambiò assetto societario e fondò la Bank of America, e chiuse quella Bank of Italy, il 96 per cento di quei prestiti erano stati restituiti: una percentuale ben diversa, colleghi, dalle bolle speculative del grande sistema bancario di cui siamo spettatori dal 2008 in poi, che hanno giocato con i crediti deteriorati, con le speculazioni finanziarie, con le bolle immobiliari, e poi hanno prodotto il crash down e il domino economico nelle proprie nazioni di appartenenza.

E poi sono sempre le stesse: il circuito bancario, che questo decreto-legge “liquidità” garantisce ancora una volta a fronte di quegli imprenditori che, come ci ricordava Einaudi, tutte le mattine alle 7 aprono la saracinesca, perché sanno che la loro è anche una funzione pubblica, sanno che quel ristorante, quel bar, quel negozio servono a tenere in piedi la nazione, la rappresentano anche.

E quindi, rappresentanti del Governo, colleghi, noi crediamo che possano essere concesse autorizzazioni europee, preparate le carte dal MiSE, possono essere iniziate le istruttorie dalla SACE e dal Fondo centrale, ma fino a quando il Governo non mette i soldi, i soldi veri, il credito esigibile, tutto resta solo una buona intenzione. Che sappiamo, colleghi, serve a lastricate l'inferno, ma se l'Italia non ritroverà un Governo autorevole e non autoritario, in autunno purtroppo assisteremo ad un inferno economico e sociale, solo per la vostra lentezza e incapacità. Noi saremo qui anche in quell'occasione a rappresentare il popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piastra. Ne ha facoltà.

CARLO PIASTRA (LEGA). Presidente, cercherò di non essere prolisso perché sicuramente i colleghi che mi hanno preceduto sono stati piuttosto esaustivi. Siamo alla fine arrivati al dunque; purtroppo non credo che siamo arrivati alla soluzione di questa crisi. Abbiamo atteso questo decreto a marzo, poi abbiamo avuto rassicurazioni che sarebbe arrivato ad aprile, ora siamo a maggio inoltrato e ci apprestiamo, appunto, a discuterlo in Aula.

Avremmo dovuto fare presto, e invece assistiamo ad uno stucchevole spettacolo, in cui l'Esecutivo è ostaggio delle sue stesse contraddizioni.

Alla fine, come si suol dire, la montagna ha partorito un topolino. Ci sono risorse ottenute raschiando il fondo del barile, ma che ci appaiono assolutamente insufficienti a fare fronte a questa situazione. Avete a lungo discusso e ragionato su come concedere maggiore liquidità alle imprese e la soluzione prospettata altro non è, alla fine, che un prestito, con commissioni, interessi, oneri istruttori a carico del richiedente e soprattutto con una procedura di concessione lenta e complessa. A ciò si aggiunge, poi, che questa misura è stata concepita in modo tale da offrire alle banche una garanzia statale, anche sui debiti pregressi, senza alcun reale beneficio per l'imprenditore. Non sarebbe stato più efficace, più rapido e sbrigativo cancellare alcune imposte, anziché sospenderle e vedere arrivare più avanti tutti insieme gli avvisi di pagamento comunque dovuti? Una parziale correzione l'abbiamo vista con l'ulteriore slittamento di alcune scadenze fiscali, ma certamente su questo occorreva molto più coraggio. Credo che questa situazione sarebbe stata l'occasione per attuare la famosa curva della crescita, per la quale una riduzione delle imposte porta a un aumento dei consumi, alimentando così una curva verso l'alto dell'economia, invece si va avanti con la solita manfrina di sostegni economici a pioggia, ai quali si potrà accedere solamente al termine di una miriade di adempimenti. Abbiamo visto aziende non riuscire ad accedere alle precedenti misure di agevolazione, perché anche il rilascio di un certificato antimafia richiede del tempo ed è troppo, troppo tempo. Solitamente, per gli adempimenti come questo si procede con il cosiddetto silenzio-assenso, ma sappiamo che per avere alcuni certificati non si può evitare di attendere almeno due o tre mesi, in condizioni di normalità, figurarsi ora, in cui gli uffici pubblici sono intasati di domande; un po' come il sito dell'INPS, qualche settimana fa, di fronte alla moltitudine di persone che fecero richiesta dei famosi 600 euro, una miseria utile soltanto per pagare alcune imposte. Visto il periodo di eccezionale emergenza, per far fronte a queste evidenti lacune e in alcuni casi alle enormi problematiche applicative delle norme predisposte dal Governo e già in vigore - penso, fra tutti, ai numeri delle domande di finanziamento presentate e agli esigui e tardivi provvedimenti di accoglimento da parte degli istituti bancari che ne sono seguiti - abbiamo proposto una serie di emendamenti, di buonsenso, gran parte purtroppo respinti o riformulati, per arginare alcuni degli aspetti più critici del provvedimento in esame. Questo non è un segnale di forza della maggioranza, ma un ulteriore schiaffo agli italiani, che devono combattere contro la burocrazia e le cavillose istruttorie bancarie, anche per indebitarsi. Qualcosa, tuttavia, siamo riusciti ad estorcere a questa maggioranza confusionaria e pasticciona: abbiamo chiesto e ottenuto che il termine per la restituzione dei prestiti fosse allungato, perché nessun imprenditore, con la situazione economica attuale e con il quadro che si prospetta, sarebbe riuscito, in 6 anni, a far fronte al debito contratto con la banca, quella banca che, come sottolineato anche dai relatori nel corso dei lavori delle Commissioni, è un ente privato, al quale il Presidente Conte ha chiesto un atto di amore per il Paese, garantito però a tutti gli effetti dallo Stato. Quindi, dopo aver intasato l'INPS con una montagna di richieste di dati da gestire, ora entrerà in campo l'Agenzia delle entrate e, nell'arco di pochi mesi, quando gli imprenditori non riusciranno a rientrare dalle loro esposizioni debitorie, anche un numero considerevole di studi legali e agenzie di recupero crediti, ma, anche qui, la situazione sarà complessa e di difficile gestione, visto che il Governo ha previsto la proroga solo al primo settembre 2021 dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, pensando bene di applicare questo nuovo procedimento - su cui peraltro da tempo chiediamo una nuova riflessione - a tutti quegli imprenditori che, a causa di queste misure tardive e insufficienti, si troveranno in serie difficoltà economiche in non meno di un anno. Vorrei poi evidenziare un'altra ennesima stortura di questa miriade di norme: tra gli emendamenti che avevamo presentato, ce n'erano alcuni, volti a rimettere in discussione quanto già deciso per alcune categorie di azzerati dal salvataggio del decreto “salva banche”. Il “Cura Italia” aveva previsto un anticipo del 40 per cento per i circa 92.000 mila richiedenti degli ulteriori ristori previsti. Non abbiamo notizie di proroghe per la presentazione delle domande al Fondo indennizzo risparmiatori, che dovrebbe restare quella del 18 giugno. Ma la cosa che sconvolge e che, difficilmente, CONSAP si assumerà il rischio, in mancanza di norme certe, di un anticipo di tali ristori, che arriverebbero prima dei controlli dei dati presentati sulle domande da parte dell'Agenzia delle entrate.

Morale: ennesimo ritardo, ennesima delusione per tutte quelle persone che pensavano legittimamente di poter finalmente riavere i propri soldi, ma che, in piena emergenza COVID-19, dovranno aspettare ancora. La domanda è: per quanto tempo? Balneari, operatori turistici sono tuttavia preoccupati per la loro stessa sopravvivenza produttiva e per il mantenimento dei posti di lavoro. Il bonus per il turismo, previsto nel “decreto Rilancio” e che dovrebbe essere anticipato per l'80 per cento dagli stessi operatori turistici, sotto forma di sconti, è del tutto insufficiente, anche per la sua consistenza limitata. Altri Paesi europei si stanno muovendo per tornare a calamitare turisti, anche a scapito nostro. Forse, dovremmo cercare di impostare un lavoro di prospettiva per rilanciare il brand Italia, promuovendo il nostro Paese in ambito turistico, visto che il turismo stesso costituisce una delle principali fonti del PIL, contribuendo alla ricchezza per circa il 15 per cento. Per esempio, non ci dite come intendete governare l'inevitabile rincorsa all'industria 4.0 e all'incentivo crescente un po' ovunque, che si prevede possa esserci in termini di robotica e automazione, per evitare che questa corsa all'innovazione possa lasciare dietro di sé numerosi posti di lavoro. Non ci viene detto se il Paese intende fare parzialmente marcia indietro sul processo di delocalizzazione, che ha spinto la produzione di dispositivi di protezione, reagenti e altri beni indispensabili in questa crisi, verso i Paesi cosiddetti emergenti, per ragioni di costo e di profitti. Le aziende che producono questi supporti non riescono a tenere il passo dei loro competitor orientali, diventa quindi importante che lo Stato preveda risorse in forma strutturale e non una tantum, per azzerare questo delta sui costi di produzione, per fornire la giusta remunerazione alle aziende produttrici, mantenendo calmierati i prezzi, un po' come si fa per le varie tipologie di farmaci fondamentali, garantiti dal Sistema sanitario nazionale. Esiste poi una pluralità di ragazzi talentuosi, che, in questi mesi, ha dato prova di gestire, in maniera innovativa, processi produttivi a distanza, adoperando tecnologie intelligenti e stampanti 3D. Nel “decreto Rilancio” sono stanziate risorse per creare nuovi posti da ricercatore e questo va bene, ma ci auguriamo che non si tratti delle ennesime posizioni con contratto a termine, a tempo determinato o comunque di ruoli precari, che non offrono continuità nell'attività di ricerca, né consentono una programmazione ad ampio raggio degli investimenti nei settori più promettenti. Chi sceglie la ricerca non dovrebbe farlo come un riempitivo tra la fine del percorso di studi ed una professione futura rimandata, ma dovrebbe vederlo come un percorso lavorativo stabile per la propria crescita professionale e per il raggiungimento di nuovi traguardi nel settore di competenza. Vorremmo che, per questi ragazzi ricchi di talento, fossero create borse di studio, programmi di ricerca e fondi per la creazione di start up, per non lasciare sfuggire anche questa generazione di validi ricercatori di talento, così come è accaduto per una parte consistente di studiosi e ricercatori universitari, medici e personale sanitario, i quali hanno trovato porte aperte all'estero. I risultati di tale scarsa lungimiranza - ovviamente non tutta imputabile alle scelte di oggi, questo lo sappiamo, ma è sotto gli occhi di tutti - è nel corso dei mesi scorsi e bisogna invertire immediatamente la tendenza. D'altra parte, questo Governo non premia il merito, non crede nelle risorse migliori del Paese, non guarda con fiducia ai suoi giovani, ma punta all'ennesima regolarizzazione di migranti irregolari. Siamo di fronte a un Governo che, ancora una volta, anziché investire risorse sul trasporto pubblico e per il rinnovo in chiave ecologica dei mezzi privati - misura questa che, favorendo la rottamazione, avrebbe offerto una boccata di ossigeno per un mercato dell'auto calato a picco nei primi di marzo - si limita a prevedere incentivi per l'acquisto di monopattini. Io direi che potete andarvi da soli qualche risposta. Per farla breve, l'Esecutivo non ha una visione di futuro e procede arrancando, con misure confuse e parziali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ma, a quanto pare, la preoccupazione vera e crescente è solo nostra e di tutti quei cittadini italiani, purtroppo ogni giorno più numerosi, che non sanno come affrontare questa crisi e assistono allo spettacolo desolante di un Governo che non ha la più pallida idea di come gestire una prospettiva di ripresa, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caiata. Ne ha facoltà.

SALVATORE CAIATA (FDI). Grazie Presidente, che cosa dire di questo “decreto Liquidità”? Ecco, io forse partirei proprio da questa parola, liquidità.

Non è stata forse la scelta più giusta per descrivere il complesso di norme che sono racchiuse in questo provvedimento; ci sembra che forse la parola più pertinente potesse essere illiquidità, perché sinceramente di immissione di liquidità sul mercato ne abbiamo vista veramente poca fino a questo momento e non siamo fiduciosi per il prossimo futuro. Da dove nasce il “decreto Liquidità”? Partiamo dal principio, dalla nostra crisi sanitaria, dalla crisi sanitaria che ha chiuso il Paese, da una crisi sanitaria che ha messo in ginocchio tutto il nostro sistema economico nazionale. Presidente, la crisi sanitaria ha dato vita a una fortissima crisi economica, non a una fortissima crisi finanziaria. Noi abbiamo avuto nel 2008 una fortissima crisi finanziaria, con il fallimento delle banche; questa crisi è una crisi economica ed è importante conoscere la differenza fra economico e finanziario, perché economica è la manifestazione di tutti i costi e i ricavi dell'economia, finanziaria è una crisi che attiene alle entrate e alle uscite della nostra economia. Noi abbiamo avuto una crisi economica perché sono venuti meno i ricavi per le nostre aziende, e la difficoltà è stata una fortissima difficoltà di tipo economico, a cui bisognerebbe rispondere con contributi economici.

Che cosa sono i contributi economici? I contributi economici sono quelli che vengono dati per sostenere le aziende in un determinato momento di difficoltà, come quello che noi viviamo: contributo a fondo perduto, sgravio dei contributi, sgravio fiscale, sgravio contributivo. Questo non vuol dire spostare le scadenze, come ha fatto questo Governo, di tutte le pendenze economiche delle nostre imprese, perché noi abbiamo semplicemente spostato la data del problema. Abbiamo spostato prima a giugno e poi a settembre la data e il verificarsi dei grossi problemi delle nostre aziende, che a settembre si troveranno a dover affrontare il pagamento di tutto quello che gli è stato rimandato di qualche mese, ma non esentato o cancellato. E allora il “decreto Liquidità” arriva proprio per sopperire a questa mancanza, arriva per sopperire alla mancanza di contributi economici di questo Governo. I professionisti, i singoli dipendenti, i commercianti, nessuno ha ricevuto, o pochissimi ancora, i famosi 600 euro, nessuno o pochissimi la famosa cassa integrazione.

Alle nostre aziende non si è detto “ti aiutiamo a non pagare queste pendenze”, ma abbiamo detto “ti aiutiamo a pagarle a settembre”. E come ti aiutiamo a pagarle a settembre? Dandoti la possibilità di indebitarti. Vai in banca, prendi dei soldi, ti indebiti e con quei soldi vieni a far fronte agli adempimenti che devi ottemperare nei confronti del Governo, nei confronti dello Stato. Quindi, in realtà, abbiamo semplicemente messo in piedi uno strumento con cui abbiamo detto alle aziende di andare in banca, di indebitarsi per i prossimi dieci anni, per far fronte a una crisi di cui non hanno colpe, a cui non siamo riusciti a dare delle risposte concrete in termini di aiuti economici, non finanziari. E allora, se tutto questo è vero, è evidente che questo decreto nasce per far fronte a un fallimento, quello del mancato aiuto economico alle nostre imprese, e a un fallimento si risponde con un altro fallimento, quello di non essere stato neanche capace di dare un'immissione di liquidità che permettesse poi alle nostre imprese di ottemperare ai propri debiti. Allora forse capiamo meglio adesso il nome, da dove nasce il “decreto Liquidità”. Liquidità perché è evidente che è un decreto che fa acqua da tutte le parti.

Come ha detto il nostro Presidente del Consiglio, è un bazooka con cui abbiamo sparato sull'economia italiana e l'abbiamo definitivamente affondata. Io, oltre a svolgere questa funzione, sono anche un imprenditore e oggi credo di poter interpretare il sentimento di tanti miei colleghi imprenditori e do voce alla loro frustrazione di sentirsi dire, in una serata di quarantena, chiusi nelle proprie case, alle 20,30, dal Presidente del Consiglio che stanno arrivando 400 miliardi per dare aiuto e ossigeno alle nostre imprese, e, a fronte di questo entusiasmo, andare in banca e scoprire che, invece, tutto ciò non corrispondeva al vero. Inutile citare le cifre che hanno già citato ampiamente tutti i colleghi che mi hanno preceduto. La verità è semplice: alcune banche, dopo pochi giorni, hanno messo fuori dei cartelli dove dicevano che i plafond dei famosi 25 mila euro, adesso 30 mila, erano esauriti, e che quindi non c'era più possibilità di accedere a questo tipo di aiuto, che era quello più piccolo, ma anche più concreto, perché, relativamente a tutti gli altri finanziamenti, le banche, naturalmente, come fanno, perché lo fanno di lavoro, istruivano delle pratiche di merito creditizio. In ordine al merito creditizio, chi fa l'imprenditore sa bene che è un percorso lungo e difficile, soprattutto in una fase come questa, in cui le aziende erano chiuse, i commercialisti erano a casa, i nostri dipendenti degli uffici preposti erano a casa. Predisporre tutte le documentazioni e tutta la modulistica che si rendeva necessaria per istruire una pratica di affidamento bancario era ancora più difficile e frustrante di quanto non lo sia ogni giorno per quelli che hanno bisogno di attingere al credito bancario per mandare avanti le proprie aziende. Allora il Presidente del Consiglio si è reso conto di questa difficoltà ed è passato dal bazooka al gesto d'amore, cioè è passato dal chiedere alle banche di elargire liquidità come fosse con un bazooka a chiedere alle banche di fare un gesto d'amore. Noi vogliamo dare il beneficio del dubbio al Presidente del Consiglio: forse non è mai andato in banca a chiedere un prestito o a chiedere un aiuto o a chiedere un mutuo. Le banche non sono degli organismi di beneficenza, sono degli organismi che fanno dell'attività di prestare dei soldi il loro lavoro; lo fanno con estrema attenzione e con estrema oculatezza, ancora di più lo fanno oggi, quando, parlando con molti amici direttori, scopriamo che hanno il timore che un domani pratiche che loro oggi istruiscono e firmano potrebbero riversarsi su di loro per cavilli da parte del Fondo centrale di garanzia. E in tutto questo vorrei spendere due parole per una categoria che esce veramente con le ossa rotte da questa situazione, la categoria dei commercialisti. Vede, Presidente, i commercialisti, dal primo DPCM, nonostante fossero anche loro in quarantena con gli uffici chiusi, hanno dovuto lavorare notte e giorno per approfondire tematiche, questioni, argomentazioni, cavilli, per acculturarsi e per essere adempienti rispetto alle istanze che arrivavano da parte dei propri clienti, ma, soprattutto, hanno dovuto gestire una situazione estremamente spiacevole. Sa qual è? Quella di dover spiegare a quasi tutti i loro clienti che li chiamavano dopo ogni conferenza del Presidente del Consiglio che annunciava grandissimi aiuti che questi aiuti erano difficilmente fruibili o inesistenti o, come possiamo affermare oggi con grande sicurezza, non sarebbero arrivati in tempi brevi.

Per cui dovevano, da un lato, ogni volta studiare DPCM da 400 pagine, dall'altro lato, spiegare ai propri clienti che non era così automatico mettere in piedi pratiche che immediatamente davano accesso ad aiuti, contributi o liquidità. E poi in tutta questa situazione arriva una ciliegina per i nostri amici commercialisti: Saviano ieri sera brilla nella sua acutezza, dicendo che sono i commercialisti che segnalano alle organizzazioni malavitose le aziende in difficoltà per dargli la possibilità di rilevarle (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ma guardi, signor Presidente, vogliamo dire al…..non so come definirlo, va be' diciamo Saviano, che ho una notizia incredibile per lui: non c'è bisogno dei commercialisti perché le aziende sono tutte in difficoltà. Quindi non c'è bisogno dei commercialisti che dicano quali sono le aziende in difficoltà: le aziende sono in difficoltà perché il Governo continua ad andare spedito sulla strada della non curanza, sulla strada della demonizzazione dell'impresa, sulla strada della desertificazione del nostro processo produttivo. Fino a quando per voi l'impresa sarà oggetto solo e solamente di tasse, burocrazia, accertamenti, manette - questo è l'iter che voi avete nei confronti delle nostre aziende - le nostre aziende non investiranno più e molte aziende non apriranno più. Lo sa perché non apriranno? Perché, da un lato, manca il mercato ma, dall'altro, mancano le condizioni essenziali per esercitare l'attività di impresa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia): sentirsi tutelati da una giustizia veloce ed efficiente - oggi pronunciare questa frase in quest'Aula mi fa quasi sorridere dopo quello che abbiamo sentito anche ieri sera in un'altra trasmissione televisiva, per cui vorrei quasi ritrattare questa affermazione - ma soprattutto da un sentimento che è evidente che non vede di buon occhio chi, con la sua intraprendenza, cerca di dare benessere e ricchezza alle proprie famiglie e alle famiglie dei propri dipendenti. Allora o cambiamo strada e capiamo che questa è la ricchezza del Paese cioè garantire piena occupazione a fasce che poi possano dare ricchezza da redistribuire anche a chi ha più bisogno, oppure noi inevitabilmente andiamo al declino. Infatti, Presidente, lei lo sa benissimo: diminuiscono le imprese, diminuiscono le tasse versate, diminuiscono i soldi a disposizione dello Stato, diminuiscono i soldi che si possono redistribuire a chi ha bisogno. È un circolo vizioso a cui noi dobbiamo porre fine. E allora, poiché i soldi non sono infiniti dove dobbiamo prendere questi soldi? Infatti adesso abbiamo votato due scostamenti di bilancio che tutti abbiamo votato e vi abbiamo dato una disponibilità importante da spendere per far ripartire il Paese: mai c'era stata una disponibilità di questo tipo. Ma questi soldi finiscono e la crisi continuerà e anzi aumenterà perché a settembre, come dicevo prima, nel momento in cui la crisi economica sarà diventata più forte e la crisi finanziaria più acuta perché le uscite aumenteranno per gli impegni che abbiamo procrastinato da qualche mese, come faremo? E allora, vede, sì gli aiuti europei con condizioni o senza condizioni, ma noi - su questo avevamo proposto ma siamo stati inascoltati e poi invece il mercato in realtà ci ha dato ragione - abbiamo una grande risorsa nazionale che va utilizzata ed è il risparmio economico nazionale. Siamo un Paese di formiche che nel tempo ha accumulato una grandissima disponibilità e questa disponibilità deve essere messa a disposizione del Paese. Noi ci siamo fatti promotori di uno strumento che si chiama bond patriottico o comunque un irredimibile cinquantennale che dia la possibilità allo Stato di acquisire una capacità finanziaria importantissima da spendere in un vero Piano Marshall da inserire nell'economia e dobbiamo utilizzare tale strumento senza prestare il fianco invece a chi domani voglia utilizzare altri strumenti come la patrimoniale per castrare di nuovo chi aveva prodotto e accumulato reddito pagando le tasse nel corso degli anni. Guardi, Presidente, mi avvio a concludere ma ho necessità di spendere due parole per un altro settore che fino a questo momento è stato trattato molto male: il settore delle auto. Non facciamo i perbenisti: il settore delle auto nel nostro Paese riveste un'importanza fondamentale storicamente. Io vengo dalla Basilicata e nella mia regione il settore auto riveste un ruolo ancora più importante perché, nell'economia e nel PIL della nostra regione, lo stabilimento FIAT di Melfi, l'indotto di tale stabilimento in termini di logistica ma anche in termini di componentistica per arrivare alla fine all'ultima catena che è la commercializzazione, rappresenta una quota importantissima del nostro PIL regionale e nazionale.

Stime dei concessionari auto dicono che gli aiuti che sono stati dati a questo settore sono bassissimi. Abbiamo dato un aiuto alla Cina con il monopattino, dovremmo dare forse anche un aiuto all'Italia con il settore auto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Allora mi permetta di dire che la stima è di vendere circa un milione di auto in meno quest'anno: questa cifra sarebbe devastante per il settore dell'auto e per il PIL in generale. Quindi, da questo punto di vista, sul dibattito aperto se dare o non dare questo aiuto alla FIAT in termini di capacità di credito, è chiaro che noi dobbiamo sostenere il nostro sistema economico nazionale e la nostra produzione nazionale per dar forza al nostro PIL nazionale. È anche vero che dobbiamo essere certi che tali risorse vengano utilizzate sul territorio nazionale, vengano utilizzate per far crescere la nostra industria nazionale, non vengano disperse all'estero e rispetto alla polemica della sede legale facciamoci una domanda e chiediamoci perché le nostre aziende spostano la sede dal nostro Paese ad altri Paesi, è forse perché non siamo più accoglienti, come dicevo prima, rispetto al mondo dell'economia? Ripensate al vostro atteggiamento rispetto al mondo delle imprese: fatelo per dare benessere e futuro al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio, Presidente e chiedo scusa: io avrei voluto fare questo intervento a inizio seduta questa mattina, ma purtroppo presiedevo e quindi non mi è stato possibile. Però il fatto che voglio denunciare qui è particolarmente grave e sono convinto che tutti i colleghi siano d'accordo con me, quindi vorrei lasciare questo messaggio affinché in particolare il Ministro Lamorgese possa venire a riferirci di che cosa si è trattato e come mai l'episodio che brevemente sto per descrivere si sia potuto materializzare in Italia e in questo caso a Roma. È accaduto a me personalmente: non me l'ha riportato nessuno, ho fatto le foto e quindi sono tutte testimonianze che posso documentare in qualunque momento. Ieri si è celebrata la fine del digiuno, la fine del Ramadan, e in diverse piazze e strade italiane ci sono stati momenti di preghiera: questo non so perché sia accaduto, per così dire, alla luce del sole in suolo pubblico. Ci saranno stati degli accordi con il Ministro e comunque non lo ritengo un argomento particolarmente rilevante. Certo sarebbe stato meglio che ovunque si fossero rispettate, come hanno fatto altri cittadini, le distanze di sicurezza; non sempre, almeno nel caso in specie, dove io ero presente in piazza Re di Roma ieri mattina alle ore 9,30 circa, questo distanziamento non è stato rispettato ma il problema non è neanche questo, guardi, perché il problema è molto più grave. Dentro i giardini di piazza Re di Roma a un certo punto ho visto che c'era un fatto anomalo, una specie di recinzione e quindi mi sono avvicinato per curiosare e capire che cosa stesse accadendo dentro tale recinzione. Quindi è stata realizzata una recinzione da parte, ritengo, della popolazione musulmana che lì era raccolta in preghiera per chiuderci dentro, come se fossero delle bestie, le donne che notoriamente evidentemente non hanno la facoltà di partecipare alla preghiera, non possono vedere i fedeli, non possono guardare neanche l'imam. Ora io ho pieno rispetto perché sono un “differenzialista” convinto per tutte le religioni, le popolazioni, le tradizioni culturali: ci mancherebbe altro: il mondo è bello e ricco proprio perché si fa e si compone di differenze. Però che in Italia, sul suolo pubblico italiano, venga esibito un comportamento razzista e discriminatorio nei confronti di una categoria, in questo caso delle donne, in spregio agli articoli 3, 37 e 51 della Costituzione italiana è inammissibile (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Voglio capire chi ha avuto la sfrontatezza di autorizzare una manifestazione di questo tipo. Concludo ricordando: recinzione oscurante dentro la quale erano costrette donne, esseri umani, donne musulmane in Italia sul suolo pubblico. Tutti sappiamo che le donne sono segregate dentro le case, evidentemente questo non fa notizia, ma portarlo addirittura, quasi esibirlo come forma di propaganda in piazza su suolo pubblico, è inaccettabile.

Quindi io vorrei che il Ministro venisse qui e ci spiegasse che cosa è accaduto, chi ha consentito, se è cambiata la Costituzione italiana e nel frattempo ci siamo distratti e se dei cittadini italiani si possono comportare esattamente in maniera analoga e simmetrica, rispetto a quello che hanno fatto i cittadini di religione musulmana (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. Presidente Rampelli, riferirò al presidente Fico la sua richiesta, affinché possa sollecitare il Governo a riferire in Aula.

È iscritto a parlare l'onorevole Billi. Ne ha facoltà.

SIMONE BILLI (LEGA). Grazie Presidente, grazie membri del Governo. Membri del Governo, per far ripartire l'Italia, mi appello a voi: utilizziamo tutti gli strumenti e le risorse a disposizione! L'export italiano sostiene la nostra economia per circa il 30 per cento del PIL. Sosteniamo, quindi, l'internazionalizzazione delle nostre imprese con tutte le risorse possibili.

A questo riguardo, la nostra rete delle Camere di commercio italiane all'estero rappresenta un'importantissima risorsa, operante all'estero, per supportare le nostre imprese. Le nostre camere di commercio all'estero hanno una conoscenza dei mercati locali approfondita, perché sono da anni al lavoro sul territorio. Sono, pertanto, importanti vettori per il nostro export.

Le 79 camere, suddivise in 56 Paesi, sono invece state dimenticate da questo Governo, Governo formato - lo voglio ricordare ancora una volta - da Partito Democratico, Italia Viva e Cinquestelle. Ma perché - Governo - avete dimenticato una rete di così validi professionisti, che da anni si impegnano per il nostro Paese, con coraggio e passione? Considerate che, all'incirca, nel 2020 la stima è che il fatturato delle camere di commercio italiane all'estero sarà diminuito di più della metà, di quello del 2019: 49 milioni nel 2019 e la stima è meno della metà nel 2020. Si trovano, quindi, in una grave crisi a causa del Coronavirus. Non possiamo permetterlo. Facciamo in modo che anche le camere di commercio italiane all'estero possano essere supportate dagli incentivi, che voi, Governo, avete già previsto per l'internazionalizzazione delle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luca De Carlo. Ne ha facoltà.

LUCA DE CARLO (FDI). Grazie, Presidente. Avrei voluto, anche scomodando Mao Zedong ringraziare il Governo, perché ha poca importanza il colore del gatto, come diceva appunto Mao, ma l'importante era che prendesse i topi. Avrei voluto ringraziare, a nome di tanti imprenditori, che in questi mesi hanno bussato alla porta del municipio del mio comune, per chiedere, conoscendo anche un po' la mia doppia veste, di potere intercedere presso il Governo, per riuscire a capire quale fosse il loro futuro.

L'avrei fatto volentieri, perché, sapete, questa crisi non è vero che ha colpito tutte le categorie alla stessa maniera. Ci sono categorie differenti, che hanno pagato la crisi in maniera differente e penso ai dipendenti pubblici: non per colpa loro, certo, ma hanno sopportato meno la fatica e il disagio. Hanno sopportato quello di dover rimanere a casa, di tanti provvedimenti stringenti, di tante coercizioni della libertà, che probabilmente sommariamente avete dato a questa nazione, però non hanno patito economicamente, in quanto hanno ricevuto uno stipendio fisso, un po' come noi, che oggi siamo in quest'Aula, un po' come tanti altri che hanno il nostro mandato o il nostro mestiere.

Poi ci sono i dipendenti privati e qui si dividono in due categorie. Ci sono quelli più fortunati, che hanno avuto un datore di lavoro che è riuscito ad anticipare loro la cassa integrazione.

Infatti, fatte 100 le casse integrazioni ricevute, 85 sono quelle anticipate dai datori di lavoro e solo un misero 15 per cento sono quelle erogate dallo Stato. Poi, in questa sottocategoria, ce n'è un'altra, quella degli stagionali, che, con un cavillo, nel decreto avete lasciato senza copertura, senza cassa integrazione, senza nemmeno i 600 euro di bonus.

Avete provato con la cassa integrazione anche il peggiore dello scaricabarile, cioè quello di riuscire a far credere alla cittadinanza che la colpa non fosse vostra, di un presidente probabilmente inadeguato, come Tridico, buono alla fuga, buono a trovare le scuse (gli attacchi della pirateria, degli hacker, addirittura, quando non funzionano i sistemi), quando in realtà il problema era intrinseco al sistema stesso, probabilmente per avere scelto un sistema e una modalità, che non erano quelle adatte ad affrontare un'emergenza come questa.

Sottosegretario, quando finisce di telefonare, io continuo. No! Se ascolta me, non ascolta il telefono.

PRESIDENTE. Prego, continui, onorevole Di Carlo.

LUCA DE CARLO (FDI). Ci avete provato, le regioni però si sono ribellate. Si sono ribellate, perché avevano processato tutte le domande; poi arrivavano ad un imbuto, ad un tappo, che era proprio quello rappresentato dall'INPS. Cito l'esempio del Veneto: 34 mila domande per 130 mila dipendenti; fino a due settimane fa l'INPS ne aveva lavorate solo 7 mila.

E non è stata nemmeno la giunta regionale del Veneto, il suo assessore al lavoro Elena Donazzan, a lamentarsi di questo e a portarlo ai tavoli. Sì, lo ha fatto, ma non è stata lei e non è stato il Veneto, che probabilmente sarebbe stato accusato di strumentalizzare questo tema, a giocare questa partita in prima fila. È stato il governatore dell'Emilia, Bonaccini, che assieme a quello della Puglia, Emiliano, insieme a quello della Campania, De Luca, e insieme a quello della regione Toscana, Rossi, si sono messi di traverso con il Governo e hanno fatto il capopopolo di questa protesta contro lo scaricabarile.

A dimostrazione, anche qui, che non era importante il colore del gatto, ma era importante che il gatto prendesse i topi. E già sono due volte che cito Mao Zedong, cosa che non mi capita (Commenti del deputato Fiano), come potete immaginare, assolutamente spesso, anzi. Però lo faccio volentieri. Lo faccio lo faccio volentieri a beneficio del collega Fiano, che conosce la storia e che assolutamente condivide il fatto che non sia importante politicamente chi attua determinate operazioni, ma sia importante il risultato che ne consegue.

Poi c'è l'ultima categoria. Abbiamo citato i dipendenti pubblici, abbiamo citato i dipendenti privati e, poi, c'è un'ultima categoria, che è quella delle partite IVA. L'80 per cento di queste sono piccole partite IVA e costruiscono e costituiscono il tessuto economico di questa nazione. Sono 4,3 milioni, non uno. Sono però quelle lasciate per ultime, forse per una scelta ideologica o, forse, addirittura per una scelta elettorale. Ricordo a tutti che sono quelle che hanno tenuto in piedi la nazione. L'hanno tenuta in piedi nei comuni, dove il pagamento delle tasse consente l'erogazione di servizi, ma consentono anche a noi di poter stare in questo Parlamento.

Avrei voluto dire grazie - l'ho ripetuto tante volte -, lo avrei fatto volentieri per umiltà e per riconoscere - da sindaco lo faccio spesso - che, quando una buona idea viene anche dall'altra parte politica, bisogna essere pronti per farlo. In realtà l'umiltà dovete mettercela voi, perché dovete chiedere scusa.

Dovete chiedere scusa dopo tanti frasi roboanti. Ne cito qualcuna, giusto perché tanto le conoscete benissimo anche voi e sono sicuro che nel vostro intimo ve ne vergognate, perché non può essere altrimenti. Frasi come “soldi subito agli imprenditori” di due mesi fa; “da lunedì 20 aprile gli imprenditori avranno soldi in 48 ore”, “metteremo l'esercito a difendere le banche dagli assalti di chi vuole un finanziamento”. E, non ultima, l'abbiamo avuta qua, col Presidente Conte, che è venuto e ci ha detto che in 24 ore avrebbero erogato i prestiti.

Be', sì, poi c'è un'ultima frase del mito, di Tridico: “Stiamo riempiendo gli italiani di soldi”. Complimenti! In effetti dovrebbe essere così, perché sono 80 miliardi quelli che un'opposizione responsabile ha votato in quest'Aula; 80 miliardi sono la somma dei due scostamenti che anche noi abbiamo votato, altrimenti non li avreste avuti a disposizione. Certo, speravamo e pensavamo che li avreste usati in maniera molto differente rispetto a quello che avete fatto.

Ma chi li ha visti questi 80 miliardi? Usciamo fuori dal Parlamento, usciamo fuori dalle piattaforme, usciamo fuori dai blog e andiamo nelle piazze. Stiamo qualche giorno nei comuni; non occorre salire negli uffici dei sindaci ma stiamo nell'atrio del comune o stiamo fuori perché abbiamo chiuso le porte; infatti, con lo smart working tante volte non riusciamo neanche ad accogliere le persone all'interno perché abbiamo la gente a casa e nessuno pensa al servizio fondamentale che i comuni dovrebbero svolgere che è quello di erogare servizi a quei cittadini a cui abbiamo quasi imposto di non passare, di non varcare la soglia. Perché, guardate, c'erano due cose da fare in un'emergenza come questa, due priorità assolute: la velocità e la facilità. Ma queste non sono priorità che vi segnaliamo noi; sono le priorità di tante associazioni di categoria che abbiamo audito e tutte, indipendentemente dall'orientamento e dal colore politico, hanno chiesto che gli interventi emergenziali avessero questi due criteri.

Secondo me, non avrebbero dovuto nemmeno chiederlo. Se la situazione è talmente urgente per cui il dibattito parlamentare è sospeso e la situazione è talmente difficile per cui si legifera a DPCM e a FAQ, poi non possiamo essere lenti nell'erogazione dei contributi, nell'erogazione anche solo dei prestiti. Non possiamo farlo, ma voi non avete ascoltato: voi avete continuato come se non ci fosse il problema, come se 15 giorni, 20 giorni, un mese o un mese e mezzo non fossero un problema. Forse non è un problema per noi che siamo qua dentro e che lo stipendio lo prendiamo; era un problema per chi stava fuori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), era un problema per chi vive del proprio lavoro e direttamente dei propri negozi, dei commercianti. Per loro era un grande problema e ce lo siamo - ve ne siete! - dimenticati.

Avete pensato che bastasse lo slogan, che bastasse una conferenza stampa magari notturna per spiegare agli italiani che arrivavano nei comuni 4,3 miliardi, mentendo e sapendo di mentire, sapendo che quei 4,3 miliardi sono soldi che i comuni avevano già a bilancio e che rappresentavano solo un'anticipazione, che l'anno prima gliene avevate dati il 70 per cento e non solo il 66 per cento e che li avevate dati un mese prima rispetto a quest'anno. Avete omesso di raccontare questo agli italiani!

Faceva più scena raccontarlo in una conferenza stampa in cui tutti gli italiani pendevano dalle labbra del Primo Ministro, perché è così che accade, sapete. Poi, quando guardate i sondaggi, non illudetevi che sia consenso quello che attribuisce al Presidente il 50 o il 60 per cento di credibilità. Funziona così: nel momento in cui uno è in difficoltà si attacca alle istituzioni perché l'italiano crede ancora nelle istituzioni, però non potete prenderli in giro. Voi avete il dovere di essere seri, voi avete il dovere di dire che, se ci sono difficoltà con le banche perché avete scritto male un decreto che consente alle banche di prendersi tutto il tempo che vogliono e non c'è nessuna penale se rallentano i processi, voi glielo dovete raccontare e non potete raccontare che in 24 ore hanno i prestiti perché non è così.

E poi discutiamo anche se i prestiti siano giusti o sbagliati. Ci sono Paesi dove la liquidità, importantissima, finisce direttamente nei conti correnti e l'ha detto prima il mio collega Caiata. Qui, invece, abbiamo costretto gli imprenditori a indebitarsi per pagare delle tasse che voi avete solo posticipato e nemmeno azzerato: una rata dell'IRAP e tutto il resto è posticipato a settembre, a settembre quando probabilmente, con i tempi biblici che avete dato alle banche, saranno in grado di erogare proprio quel prestito che servirà a pagarvi le tasse. Complimenti, complimenti: operazione perfetta. Peccato che, quando arriverete a settembre, la maggior parte di quelle imprese non ci sarà più: le avrete fatte morire, avrete sparato il vostro bazooka che usavate per dare maggiori strumenti finanziari, che è diventato una pistola ad acqua, e avrete usato il bazooka per sparare sulle imprese, e ha ancora ragione Caiata quando ve lo diceva prima.

Guardate, emblematica di come voi non abbiate ascoltato nessuno e che la velocità non fosse il vostro problema, era una delle cose che nella velocità ha assolutamente la sua essenza, cioè l'agricoltura. Abbiamo ascoltato tutte le associazioni di categoria ma bastava ascoltare anche i contadini, quelli che lavorano la terra, quelli che si chinano fino in fondo, fino a sotto i piedi, cosa sconosciuta a molti. Ma che c'è? C'è gente che lavora. Esiste gente che lavora fuori di qua, c'è gente che lavora (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ebbene, quelli dal primo minuto chiedono l'attivazione dei corridoi verdi e non perché se lo siano inventati ma perché vedono altre nazioni che lo fanno: lo fanno in Germania, lo fanno in Francia. Perché chiedono l'attivazione dei corridoi verdi soprattutto nell'Est europeo? Perché l'agricoltura non ha bisogno di manodopera così, raccattata per strada. L'agricoltura ha bisogno di manodopera efficiente, di persone che conoscono il lavoro. Sono quei lavoratori che ogni anno le tre grandi regioni del Nord acquisiscono con permessi temporanei per venire a lavorare la terra, lavoratori specializzati che chiedevano voucher perché in momenti di difficoltà, in momenti di emergenza si usano strumenti emergenziali. Anch'io sono convinto che la stabilizzazione di un lavoratore sia più importante che la sua precarietà e ci mancherebbe - ognuno di noi - ma ci sono momenti in cui non è possibile farlo, ci sono momenti in cui c'è un'emergenza e questa emergenza va affrontata con strumenti emergenziali come i voucher.

Per di più, c'erano tante persone a casa: studenti che non andavano a scuola, persone in mobilità, persone che non avevano un'altra entrata e che avrebbero potuto scegliere di poter andare a lavorare nei campi e queste sarebbero state soluzioni immediate.

Avete deciso un'altra cosa, avete finto di litigare per settimane per coprire il fatto che in un decreto - l'altro che si chiamava “Rilancio” - l'unica cosa che si rilanciava era la data di uscita: aprile, maggio e alla fine “Rilancio” è uscito quando è uscito.

Avete finto di litigare, perché le coperture non le avevate. Avete litigato sulla sanatoria dei migranti utilizzando l'agricoltura per fare quello che sapete fare meglio, cioè una sanatoria per gli immigrati ogni volta che amministrate questo Paese; migranti che non serviranno a lavorare nei campi perché saranno 1.000, 1.500 al massimo - fonte Coldiretti - quelli che andranno a lavorare nelle campagne.

Velocità e facilità, dicevo, con le quali avete addirittura chiesto alle banche un atto d'amore. Sì, perché una banca è tipo una ONLUS, tipo un'ONG. Avete cambiato lo slogan da “peace and love” a “bank and love”. Complimenti, ottimo: peccato che le banche poi non si comportino realmente così, peccato che chiedano poi garanzie, che le pretendano, che stiano addirittura aspettando la conversione in legge di questo decreto per essere sicure di avere le coperture. Le banche fanno gli imprenditori e non fanno quelli che si fidano dei vostri slogan, perché loro l'hanno capito prima degli altri che erano solo slogan, che erano vuoti e che non c'era niente di sostanza dietro, ma non vogliono che lo facciate nel loro nome perché di questo dovete assumervi la vostra responsabilità.

Velocità anche nel ristorare i comuni. È imbarazzante - l'ho detto prima - la presa in giro dei 4,3 miliardi. È imbarazzante che, a danni stimati per 5 miliardi, abbiate posto copertura per quasi tre, lasciando due miliardi di fatto ai sindaci e ai comuni. Non avete neppure utilizzato quegli strumenti che in realtà all'interno dei bilanci dei comuni ci sono: il Fondo crediti di dubbia esigibilità, per esempio. Sarebbe bastato lavorare su quella percentuale. Il Fondo dei crediti di dubbia esigibilità era studiato per un bilancio che prevedeva il patto di stabilità; se non c'è, non occorre quello strumento. Avremmo potuto lì prendere, nei singoli comuni, le risorse che servivano a far fronte agli impegni dei comuni.

Avreste potuto autorizzarci ad usare tutto l'avanzo di bilancio, salvo quello vincolato al capitale, per ancora intercettare, ma prima ancora avreste potuto fare in modo che quei 400 milioni che ci avete dato per i bonus pasti, il bonus alimentare, li avessimo potuti usare anche per le bollette, anche per colmare il gap che c'è, che esiste in questa nazione riguardo alle connessioni. Stiamo facendo lavorare i ragazzi da casa e un terzo di questo Paese non può accedere a Internet e pretendiamo che la didattica, oggi, sia una didattica seria; non lo è, mi dispiace, c'è una povertà che va oltre il cibarsi, che è una povertà educativa, che è una povertà di accesso ai mezzi.

Sulla facilità, insomma, credo che i colleghi che mi hanno preceduto abbiano illustrato quali e quanti siano le difficoltà per accedere al credito. Ecco, io mi auguro che, in fase di conversione del prossimo decreto, quello del “rilancio”, si possa mettere veramente una pezza a tutto ciò, perché il vostro scopo non sia quello di far acquisire ai grandi gruppi, alle grande finanziarie, anche, purtroppo, alla criminalità organizzata, tanti dei nostri gioielli di famiglia, come accadrà nel turismo, dove tanti alberghi, tanti ristoranti, fino ad oggi, hanno avuto una conduzione familiare e fanno parte della nostra cultura dell'accoglienza, perché, guardate, in giro, nelle altre parti del mondo, tanti alberghi e tanti ristoranti fanno parte di grosse catene (penso ai Marriott, penso ai Renaissance, penso agli Hilton); in Italia è diverso, in Italia ancora tanti e tanti albergatori continuano su base familiare. Ebbene, quelli provati dalla crisi del 2008, oggi, sono in forte difficoltà e lo saranno ancora di più, e la vostra maniera di intervenire è quella di un bonus da un miliardo e mezzo, dedicato a chi vuole andare in vacanza, quando la maggior parte della nostra popolazione, oggi, chiede di lavorare, perché per mesi li avete imbrigliati all'interno dei codici ATECO, non tenendo in considerazione quegli imprenditori che avevano lavorato sulla sicurezza, decidendo che uno poteva lavorare e uno non poteva lavorare, non secondo adempimenti sulle regole sulla sicurezza, ma così, sulla base di un codice ATECO. Ebbene, quel miliardo e mezzo sarebbe servito come un'iniezione di liquidità diretta ai nostri albergatori, perché oggi riuscissero a contenere la perdita e riuscissero a mantenere la proprietà del proprio albergo, perché, guardate, tutti sanno che il turismo in Italia non finirà con voi, non finirà con noi, andrà oltre, solo che noi, purtroppo, rischiamo che non ce la facciano, invece, tutte quelle imprese, tutti quegli imprenditori che, fino ad oggi, hanno consentito che noi potessimo sedere qui (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dara. Ne ha facoltà.

ANDREA DARA (LEGA). Presidente, cari colleghi, membri del Governo, prendo in prestito un post di un normale cittadino, visto in questi giorni sui social, che più o meno recita così: “Dopo tutto sto gran parlare di miliardi, adesso mancano solo i soldi”, amara ironia che c'entra il nocciolo della questione, perché, oltre al danno di una linea di intervento che riteniamo errata nei suoi fondamentali, si aggiunge anche la beffa di tante roboanti dichiarazioni e praticamente nulla nella realtà dei fatti. Paradigmatico in questo senso è il cosiddetto decreto “rilancio”, annunciato in pompa magna come operativo, che, per una settimana, ha navigato incerto tra un ufficio e l'altro, creando aspettative regolarmente frustrate e ovvie tensioni e confusioni nell'Italia che lavora e produce, con tutte le conseguenze del caso.

Vedete, non penso che questo modo di agire del Governo sia frutto di chissà quale politica, ma dell'assoluta assenza di esprimere davvero qualcosa che si basi sulla realtà del nostro Paese e di una malcelata ansia da prestazione, tutta formale e per nulla sostanziale. Come altrimenti spiegarsi l'impressionante giro di valzer di dichiarazioni sulla famosa manovra epocale e che sinteticamente mi permetto di ricordare qui?

Il 6 aprile, il Premier Conte dichiarò: 400 miliardi alle imprese che si aggiungono ai 350 miliardi del “Cura Italia”, una potenza di fuoco senza precedenti, diamo liquidità immediata alle imprese per 750 miliardi. Il 7 aprile, il Ministro Patuanelli: nessuna valutazione fino a 25 mila euro, prestiti alle imprese in qualche giorno. Il 21 aprile, Gualtieri, Ministro dell'Economia: istituti impiegati ad erogare in 48 ore, massimo 72 ore. Per arrivare al 27 di aprile, sempre il Premier Conte: chiedo un atto d'amore alle banche. E come è finita, ce lo racconta chiaramente la stampa di questi giorni: su 100 richieste di credito, 90 sono rifiutate, fine della partita.

Del resto, se quello che offri è un semplice indebitamento spacciato come sostegno, gravato dagli annessi e connessi burocratici e di discrezionalità, dove si pensa di poter andare a finire? Se tutte le azioni sono improntate sulla logica assistenzialista e corporativa, con elargizioni a pioggia, tra l'altro molto parziali e spesso solo formali e non di lucido e mirato sostegno all'impresa economica, come si fa a far ripartire il motore? Vedete, non lo dico solo come eletto popolare, ma anche come imprenditore, quale sono, che sta provando in prima persona ciò che il Governo - diciamo così - offre sulla questione dei prestiti. Dopo aver aspettato oltre un mese per la risposta, mi viene offerta una linea di credito che, tra spese e interessi, mi costerà circa il 5 per cento, a fronte dell'assorbimento della precedente linea di credito all'interno della nuova, così che la banca si lavi le mani preventivamente del proprio rischio di impresa, mettendosi così all'ombra della presupposta garanzia di Stato in caso di inagibilità futura.

Le tasse andranno regolarmente pagate, così come se nulla fosse; le pratiche burocratiche asfissianti che gravano sulle attività resteranno immutate, se non aumentate; la spada di Damocle della scellerata idea di considerare la possibile infezione da COVID un incidente sul posto di lavoro, con annessi e connessi penali e civili, resta lì a penzolare sulla testa delle imprese e via così, in un lungo e deprimente elenco, che si potrebbe chiudere con la brillante idea di marca sovietica di commissariare le aziende private e le stesse che beneficiano di qualche sostegno pubblico.

No, occorre veramente altro per il Paese, in modo che milioni di lavoratori autonomi e a tempo determinato, oltre a quelli più garantiti, possano davvero farcela, che le piccole e piccolissime imprese industriali, agricole e commerciali possano superare il momento e continuare ad esistere per la futura ripresa, perché la nostra infrastruttura economica non venga falcidiata, soprattutto nelle zone maggiormente attive e dinamiche che sono proprio quelle maggiormente colpite dalla pandemia. C'è il rischio addirittura dell'infiltrazione criminale, attraverso l'usura, pericolo gravissimo e molto reale che deve essere assolutamente scongiurato.

Noi abbiamo fornito una leale disponibilità e collaborazione per il bene del Paese, portando il nostro contributo di idee e di azioni spesso apprezzate anche da ampi settori della maggioranza, su cui, però, quasi sempre, ci è stato risposto con l'innalzamento di un muro di gomma, spesso e volentieri squisitamente ideologico, tranne, poi, accusarci di poco spirito di collaborazione, ovviamente.

Concretamente, noi pensiamo che, per le nostre imprese e per i nostri lavoratori autonomi, occorrano davvero interventi di liquidità, a fondo perduto, immediatamente disponibili e certi nei tempi, una pace fiscale per i prossimi mesi che lasci, a chi ne ha la possibilità, di utilizzare la propria liquidità a difesa dell'occupazione e a favore della ripresa e un'immediata semplificazione, se non deregolamentazione, che permetta l'immediata ripartenza dei cantieri per infrastrutture e le aperture di attività produttive. Noi siamo qui, pronti per il Paese; sono il Governo e la sua maggioranza che devono dare un segno. Se continueranno la logica e il comportamento fin qui visti, sapremo di chi sarà la piena e unica responsabilità.

Per questo saremo unitamente, con puro spirito patriottico, in numerose piazze italiane il 2 giugno, non per dividere, ma per unire, non per dire, ma per ascoltare e incontrare, per dare al Paese un sicuro sostegno, un sostegno fatto di vicinanza, piena sintonia con i bisogni e le aspettative che questo Governo, rinchiuso nella torre d'avorio e nell'intento di autocelebrarsi in iperboliche dirette social, continua a negargli. Il tempo è scaduto, gli italiani ne sono coscienti e noi con loro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Baldini. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BALDINI (FDI). Grazie, Presidente. Nel provvedimento in esame hanno trovato spazio norme distinte e distanti, tutte animate, in teoria, dalla volontà di dare supporto alle imprese al collasso in questa emergenza e, nel contempo, fornire gli strumenti della gestione dell'emergenza. Si è preferito definire disposizioni senza una previsione di medio e lungo termine, per il versante impresa. È mancata la capacità di ancorare gli interventi al contesto e allo scenario entro cui le aziende e gli attori economici operano, trascurando le differenze sostanziali che caratterizzano, al momento, aziende operanti in Lombardia da quelle operanti in altre regioni con incidenza epidemiologica più blanda, l'efficacia e la razionalità che dovrebbe collocare proprio nella capacità di individuare gli strumenti di sostegno e di rilancio più opportuni per quel determinato contesto, anche perché è impensabile immaginare il dramma economico e produttivo della Lombardia così colpita da questa epidemia.

L'esempio della Lombardia è eloquente nella sua drammaticità: la prima regione d'Italia per incidenza economica, per circa un quinto del prodotto interno lordo, nella quale esistono le maggiori attività industriali, commerciali e finanziarie italiane, con un reddito pro capite che supera il 35 per cento della media europea; una regione dove si collocano città come Milano, città europea indiscussa e riferimento economico e finanziario mondiale e dove esiste l'area agricola più vasta del Paese, meritava, probabilmente, un'attenzione diversa. La regione dove la laboriosità italiana, la sua eccellenza, le sue potenzialità raggiungono livelli di oggettiva elevatezza meritava un approccio governativo ed istituzionale assolutamente diverso, che collocasse al primo posto il sostegno, il futuro rilancio e rinascita e ponesse a latere di qualsiasi iniziativa le accuse e le critiche di ispirazione meramente politica.

Si sa che la Lombardia è un polo sanitario di eccellenza, rappresentando una delle mete indiscusse del cosiddetto turismo sanitario, a cui si aggiunge una crescita vorticosa dell'appeal turistico della regione, che, negli anni, è cresciuto del 12 per cento, anche per l'attrattività dei grandi laghi, più grandi d'Europa, ma, nel febbraio scorso, la Lombardia si è ammalata, è arrivata una pandemia che ha coinvolto il mondo intero, un evento eccezionale, imprevedibile e lì, agli occhi dello Stato, qualcosa è cambiato. Ma perché parlo della Lombardia? Perché quanto si sta consumando in queste settimane è la metafora di una falla operativa da parte del Governo, che ha gestito il sostegno alle imprese privo di qualsiasi progettualità lungimirante. Con questo provvedimento si è preferito prevedere garanzie per i prestiti, per così dire, a tappeto, senza programmare iniziative e interventi specifici e strutturati per determinate zone con una storia produttiva specifica particolarmente determinante per tutta l'economia italiana. Addirittura - lo vorrei ricordare in quest'Aula -, Codogno, paese simbolo della penetrazione epidemiologica da COVID in Italia, è stato oggetto di critiche e di dita puntate quando era nella fase più critica dell'emergenza sanitaria e nessuno conosceva questo virus o le possibili cure, per lo meno, per attenuare l'insorgenza di questa malattia.

Invece di aiutare nella cura emergenziale, si è preferito accusare il governatore della Lombardia, il governatore Fontana, lo si è criticato al punto di aver spaventato i cittadini per aver indossato una mascherina, come del resto è successo qui, ma, soprattutto, si è privilegiato mettere in primo piano l'idea di una regione ricca che doveva farcela da sola, senza dare rilievo alla difficilissima gestione dei malati. Un grave errore, imperdonabile, un errore concettuale e non basato su una nuova realtà emergenziale che avrebbe stravolto tutte le certezze lavorative e sociali. La cura deve strutturarsi e definirsi partendo da quella realtà in cui la malattia si è radicata per prima, senza preavviso. Senza diagnosi precise e terapie mirate, il problema non può migliorare, anche perché è sotto gli occhi di tutti che l'emergenza non è ancora risolta. Forse, troppo pochi, in Italia, si rendono ancora conto del numero dei morti, delle modalità della morte e dei ricordi indelebili che i cittadini di quella regione hanno vissuto e che rimarranno altrettanto indelebili nelle scelte di vita e nelle prospettive socio-economiche di tutto il territorio. Evidentemente, è più facile additare e criticare continuamente, piuttosto che favorire il confronto, l'azione diretta e la coralità operativa.

Appare poco pragmatico parlare di rilancio e di ripartenza, ad esempio sul versante turistico, semplicemente permettendo di spostare tavolini, senza una programmazione di insieme che preveda una revisione di fare turismo. Il valore aggiunto è programmare un nuovo modo di fare turismo, cogliendo le opportunità in un momento così difficile per far ripartire luoghi un po' dimenticati - parlo, ad esempio, delle terme o delle zone dell'entroterra vicino alla costa -, ma anche un turismo culturale, valorizzando, ad esempio, quelle zone che hanno dato i natali a personaggi di rilievo storico, culturale, scientifico ed artistico proprio della nostra grande Italia, dove, dall'estero, i turisti arrivavano solo per passaparola.

Il turismo italiano è e sarà sempre la forza dell'Italia: la bellezza che nasce dall'artigianato, dal lavoro delle persone, che conoscono e tramandano conoscenze e capacità. Non ho visto, in queste disposizioni, norme tese a favorire la rinascita di coloro che erano tagliati fuori dal proprio lavoro, perché oramai considerato desueto e prevaricato dalla globalizzazione. Sarebbe stata un'occasione, anche nella drammaticità del momento, per dare spazio al sostegno finanziario attraverso agevolazioni e garanzie, anche per le start up e per le nuove idee, perché i giovani sono stati totalmente dimenticati, proprio loro che sono le fondamenta della crescita economica che verrà. L'Italia unita non è solo un orpello economico retorico da sfoderare in occasione di celebrazioni nazionali o quando serve a qualcosa o a qualcuno, ma deve considerarsi una premessa inderogabile per qualsiasi iniziativa, soprattutto, quando ci troviamo in piena emergenza sanitaria ed economica. Il provvedimento doveva garantire la fruizione di liquidità alle imprese per far fronte all'emergenza, consentendo una pianificazione che vada oltre la congiuntura attuale e che non si limiti al ricorso al debito, come emerge dalle disposizioni in esame, ma che si possa strutturare in altri meccanismi di rilancio finanziario, come, ad esempio, gli strumenti finanziari partecipativi. Speriamo che a questo si possa dar spazio nel cosiddetto “decreto Rilancio”.

Altro aspetto degno di nota è stata l'incapacità di individuare i settori già in crisi e prevederne strumenti di adeguamento alle difficoltà. Rivolgo la mia attenzione alle 300 imprese del comparto balneare pertinenziale, che chiedono a gran voce la revisione dei termini temporali previsti per il riordino complessivo della materia delle concessioni demaniali marittime, nonché dei correttivi alle procedure di definizione integrale dei procedimenti giudiziari e amministrativi pendenti, concernenti proprio il pagamento in favore dello Stato dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze. L'obiettivo è di contenere il contenzioso in atto di 300 imprese condizionate dalla rideterminazione dei canoni pertinenziali di oltre il 350 per cento, talmente alto ed insostenibile da condurre le amministrazioni concedenti ad avviare procedure di decadenza e revoca delle concessioni. Mi chiedo come sia possibile rilanciare il turismo, se condanniamo a morte le imprese che lo animano. Cosa si sta facendo per le imprese turistiche? Al primo punto, sarebbe stato utile la sospensione dei versamenti delle ritenute e dei contributi previdenziali e assistenziali, dei premi di assicurazione obbligatoria per tutte le imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e turismo, i tour operator e delle attività di ristorazione sul territorio dello Stato, fino almeno al 31 dicembre. Ma anche questa proposta è stata bocciata. In queste ore, si apprende che molte attività hanno autonomamente imposto ai loro clienti un “contributo COVID”, applicato ad ogni singolo scontrino, di media circa 5 euro, giustificato dagli esercenti come sostegno per le spese di sanificazione e di protezione. Al di là del carattere discutibile, lecito di tale decisione, questa tendenza solleva un quesito circa il contributo che lo Stato fornisce agli esercenti sul fronte della sanificazione degli ambienti e della protezione dei lavoratori dall'esposizione agli agenti biologici.

Sarebbe auspicabile prevedere strumenti di sostegno alle imprese o, almeno, elevare il credito d'imposta per questo problema di sanificazione e protezione, per evitare che i costi ricadano poi sui cittadini. L'Italia attende delle misure che sappiano guardare al futuro, e che non si perdano nei rivoli dell'emergenza, dell'assistenzialismo e della burocrazia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2461-A)

PRESIDENTE. Hanno facoltà di replicare i relatori, ma l'onorevole Fragomeli ha esaurito il tempo a sua disposizione.

Chiedo all'onorevole Carabetta se intenda intervenire per replicare. No. Ha facoltà di replicare… Ah sì, prego, onorevole Carabetta. Non può parlare dopo il Governo: prima lei, se ha intenzione di farlo, e poi dopo il Governo.

LUCA CARABETTA, Relatore per la X Commissione. Presidente, a seguito di quanto convenuto nell'odierna riunione del Comitato…

PRESIDENTE. No. Allora, mi scusi, no, questa è la fase delle repliche: a quello ci arriviamo dopo. Quindi, non intende replicare.

Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, la sottosegretaria Guerra.

MARIA CECILIA GUERRA, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Il dibattito ha affrontato temi che vanno ben oltre il contenuto del decreto in discussione: ha riguardato l'insieme dell'azione del Governo, della sua strategia di contrasto agli effetti sanitari, sociali, economici del COVID-19, di volta in volta sottolineando delle carenze che però sono carenze imputabili semmai a questo provvedimento e non a tutta l'azione del Governo; come, ad esempio, il fatto che manchino dei temi, che non sono presenti in questo decreto, ma sono presenti nelle altri decreti che il Governo ha proposto, che il finanziamento, ad esempio, delle operazioni relative alla liquidità sia insufficiente, quando sappiamo che col “decreto Rilancio” è stato completato ed ampliato. Voglio, però, sottolineare soprattutto che questo decreto, proprio questo decreto, e vorrei parlare principalmente di questo decreto, è molto importante: perché fornire liquidità alle imprese - e non solo alle imprese, ma anche ai professionisti, ai lavoratori autonomi, a cui abbiamo aggiunto, avete aggiunto, nel corso del passaggio parlamentare, anche il Terzo settore - è il primo, più importante, sicuramente il più urgente, passo da fare quando si affrontano problemi relativi alla necessità di sostenere dei costi in un momento in cui vengono meno le entrate.

Il lavoro delle Commissioni ha migliorato il provvedimento su punti importanti, intervenendo anche a superarne aspetti problematici. Si è trattato - è stato già sottolineato, ma voglio dirlo anch'io - di interventi trasversali, resi tali anche da un'attenta regia dei relatori, che voglio ringraziare con forza, e di cui tutti i gruppi che sono intervenuti hanno a ragione rivendicato il merito. Mi riferisco a temi come l'aumento dell'ammontare dei prestiti coperti dalla garanzia statale e della loro durata, alle questioni delle rinegoziazioni, ai problemi dell'accesso su cui si è intervenuti attraverso un ben ponderato sistema di autocertificazione, eccetera.

Vorrei però sottolineare, rispetto alle posizioni più critiche espresse nei confronti del Governo e del provvedimento, due cose. La prima cosa è che il decreto-legge e l'azione complessiva del Governo nel campo della liquidità stanno in tutta evidenza dispiegando i loro effetti positivi. Come viene riportato nel sito dell'ABI e del MiSE, alla data del 22 maggio il sistema bancario ha già processato 2,3 milioni di pratiche di moratoria dei mutui che riguardano imprese e famiglie, per un totale di 240 miliardi di euro. Le domande al Fondo di garanzia sui prestiti per la liquidità delle imprese sono state 335 mila, per un valore di 15,6 miliardi, di cui la stragrande maggioranza, 323 mila corrispondenti a circa 6,7 miliardi di euro, riguardano prestiti da 25 mila euro, quelli su cui si è più concentrato il lavoro del Parlamento e che possono essere erogati dalle banche senza attendere l'esito dell'istruttoria del Mediocredito Centrale; ed è ancora più importante sottolineare che questi crediti sono cresciuti sempre di più nel tempo, hanno avuto un andamento esponenziale: quindi abbiamo l'evidenza di un'accelerazione, cioè le cose stanno cominciando a funzionare al meglio, non ci sono affatto, come è stato erroneamente ricordato, plafond esauriti, c'è anzi appunto questa importante accelerazione.

Secondo punto che vorrei sottolineare è che, per quanto - l'ho appena detto e lo riconosco, ne sono profondamente convinta - il passaggio parlamentare sia stato importante, ha però confermato l'impostazione di fondo del provvedimento. Semmai ha permesso, giustamente, di sfruttare al meglio l'evoluzione della normativa europea in cui il provvedimento è inquadrato; mi riferisco al Temporary Framework, che ha permesso, quindi, agli Stati membri, di superare temporaneamente la normativa più rigorosa sugli aiuti di Stato, quella stessa evoluzione della normativa europea che ha permesso di ampliare gli interventi a favore delle imprese contenuti, come vedremo, anche nel “decreto Rilancio”, su cui Commissione e Aula sono chiamate a un confronto, ovviamente, e ad una possibilità, anche lì, di miglioramento. A questo proposito, mi sia permesso notare che è assolutamente stucchevole la rappresentazione che una certa quota di interventi ha fatto degli interventi del Governo come di tipo assistenziale da un lato, e anti-imprenditoriale dall'altro: né l'uno né l'altro. Non è assistenzialismo, in presenza dell'accezione negativa del termine, preoccuparsi dei tanti individui, delle tante famiglie che si sono trovati improvvisamente ad affrontare gravi difficoltà economiche proprio a fronte della crisi COVID-19. Non è assistenzialismo estendere, come mai si era fatto in questo Paese, ammortizzatori sociali fino a ricomprendere lavoratori autonomi, professionisti e imprese con meno di 5 dipendenti, eccetera. Gli ammortamenti, vorrei sottolineare, sono ad un tempo uno strumento a favore dei lavoratori e delle imprese, che sono in questo modo alleggerite di un costo rilevante che dovrebbero altrimenti affrontare, e sono uno strumento assicurativo: diventano assistenziali solo quando il sistema delle tutele ha dei buchi, ossia ci sono dei soggetti, dei lavoratori che non hanno l'ammortizzatore, lì allora c'è un buco, ma in generale l'ammortizzatore sociale non è uno strumento di carità, ma è uno strumento di assicurazione.

Volevo poi dire, e con questo concludere, che non è neppure assolutamente credibile che l'insieme dei nostri interventi sia anti-imprenditoriale. Al contrario, come ho già detto, è cruciale che si sia fatto un sostegno così forte nei confronti del costo principale che le imprese affrontano, il costo del lavoro, ma molti interventi, nel complesso dell'azione del Governo, hanno riguardato altri costi: dal costo degli affitti al costo delle bollette ai costi della sanificazione, hanno coinvolto come prima non era mai successo i lavoratori autonomi; ci sono, e lo vedremo poi quando parleremo del rilancio, strumenti di finanziamento diretto a fondo perduto per le piccole imprese, a favore della capitalizzazione delle imprese più grandi, con interventi specifici, come veniva ricordato, su settori che sono particolarmente colpiti da questa pandemia, e cioè il turismo, il settore ricettivo, l'agricoltura, eccetera. Ci sono, in questo intervento, strumenti, di cui è stato anche ricordato il merito, a difesa delle imprese rispetto a possibili scalate che approfittino di un momento di debolezza finanziaria attraverso la disciplina, che è stata giustamente ampliata nel passaggio parlamentare, del golden power. Ci sono provvedimenti di sospensione delle imposte: vorrei sottolineare che la stragrande maggioranza dei Paesi europei ha previsto provvedimenti non di taglio, ma di sospensione delle imposte, aggredendo anche in questo modo il problema della liquidità; e però c'è anche un intervento significativo di taglio delle imposte, e mi riferisco all'intervento che è stato effettuato sull'IRAP.

Parleremo di tutti questi temi nel percorso parlamentare che interesserà il prossimo decreto, il “decreto Rilancio”, ma già da ora mi sembra importante sottolineare come sia bene continuare un confronto di merito, come è stato fatto da parte di maggioranza e minoranza nel percorso parlamentare di questo provvedimento, e magari lasciare da parte fantasiose ricostruzioni delle azioni e delle intenzioni del Governo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2461-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni, e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

La Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione. Tale parere reca alcune condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, che sono in distribuzione e che saranno poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del Regolamento.

Avverto che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 1.700 e 27-bis.500, che sono in distribuzione e in relazione ai quali risulta alla Presidenza che i gruppi abbiano rinunciato alla fissazione del termine per la presentazione dei subemendamenti.

Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori il relatore, onorevole Carabetta. Ne ha facoltà.

LUCA CARABETTA, Relatore per la X Commissione. Presidente, a seguito di quanto convenuto nell'odierna riunione del Comitato dei diciotto, chiediamo un breve rinvio nelle Commissioni del provvedimento, limitato all'esame delle condizioni poste dalla Commissione bilancio, nonché degli emendamenti 1.700 e 27-bis.500 delle Commissioni.

Il rinvio potrebbe avere una durata di un'ora e mezza, anche al fine di consentire la predisposizione del testo da sottoporre all'esame dell'Assemblea.

PRESIDENTE. La ringrazio. Se non vi sono obiezioni, la proposta di rinviare il provvedimento nelle Commissioni, nei termini illustrati dal relatore, si intende accolta dall'Assemblea.

La seduta è sospesa, riprenderà alle ore 18,30.

La seduta, sospesa alle 16,55, è ripresa alle 18.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 2461-A/R. Avverto che, a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, le Commissioni hanno predisposto un nuovo testo che è pubblicato online sul sito Internet della Camera.

Resta inteso che, come da prassi, si intendono ripresentati gli emendamenti già presentati in Assemblea, ove ancora riferibili al nuovo testo approvato dalle Commissioni.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2461-A/R)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, l'onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Signora Presidente e onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei Ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 2461-A/R: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali, nel testo approvato dalle Commissioni, a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente. E' la sedicesima fiducia di questo Governo, giustamente abbiamo il dovere di sottolinearlo, così come abbiamo il dovere di sottolineare, come il Ministro per i Rapporti con il Parlamento sa bene, che ci sono otto decreti, in questo momento, all'attenzione del Parlamento, e a questi otto decreti se ne aggiungeranno, di qui a breve, almeno un altro paio.

Non siamo qui a fare polemica politica spicciola, avremmo migliaia di argomenti da tirare in ballo in questo momento. Ma sia per la situazione generale, sia per il fatto che siamo una forza politica propositiva, sia per il fatto che non è questo neanche il luogo - vista anche, diciamo così, la debolezza di presenze legata al fatto che si tratta di una fase quasi, purtroppo, ormai degradata ad una fase solamente procedurale, quella della posizione della questione di fiducia - non ne abbiamo neanche lo spazio. Mi permetto di ricordare che il rischio di un ingolfamento del Parlamento e di una legislazione diciamo così scoordinata, in questo momento in cui fare confusione aggrava le difficoltà dei cittadini italiani, è sotto gli occhi di tutti.

Negli ultimi tempi, questo Parlamento ha approvato 1.050 commi soltanto di decreti che sono legati all'emergenza COVID-19 e alle misure economiche ad esso collegate, il che significa che l'incongruenza, l'errore materiale, l'errore formale, l'accavallamento di termini e di norme rischiano di ingenerare dei cortocircuiti, che si riverberano negativamente su cittadini, su famiglie e su imprese.

Mi permetto soltanto di ricordare che il decreto cosiddetto “Rilancio”, ex aprile, ex maggio, è un decreto con 263 articoli. Ministro D'Incà, lei era nel MoVimento 5 Stelle la scorsa legislatura - anche la scorsa legislatura - è rimasto nel MoVimento 5 Stelle (come dire, perseverare è diabolico, Ministro D'Incà, come lei si rende conto), e quando si metteva la fiducia forse non lei personalmente, ma i suoi colleghi saltavano sui banchi, urlavano, insultavano i componenti del Governo - glielo ricordo per una questione come dire di buona memoria - e se qualcuno si fosse azzardato a presentare un decreto con 263 articoli, voi avreste fatto l'ira di Dio in quest'Aula.

Noi ci rendiamo conto delle condizioni di straordinaria necessità ed urgenza in cui il Paese versa, ma non siamo assolutamente certi, Ministro, che 263 articoli siano la soluzione e non una parte del problema. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sempre sull'ordine dei lavori l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Grazie, Presidente. Non possiamo che rilevare che, anche in questa occasione, ancora una volta, il Governo ha scelto la strada della posizione della fiducia. Ne siamo anche dispiaciuti, devo dire, perché nonostante uno spirito di collaborazione che ci ha sempre contraddistinto, ma che ha accomunato anche tutti i partiti della minoranza, ma anche della maggioranza in Commissione, per un senso di responsabilità anche nei confronti della nazione, abbiamo cercato di affrontare questo decreto cosiddetto “Liquidità” come il precedente, con uno spirito appunto di collaborazione e costruttivo. E come è accaduto già nel recente passato, però, molte delle proposte sono state evidentemente cassate. Quindi, non è soltanto una questione di sostanza, ma anche una questione di procedure, che riteniamo a questo punto abbastanza accettabili, a fronte appunto del comportamento e della disponibilità.

Voglio ricordare che, fra gli emendamenti non presi neanche in considerazione, c'era quello del rapporto, che si pare essere instaurato, fra il contagio e la responsabilità dei datori di lavoro; c'era quello degli incentivi alla riassunzione del personale, che sono ancora stati ignorati in questo decreto; c'era la proposta della cassaforte virtuale, che evidentemente non rientra nei piani della maggioranza. Ma c'erano anche provvedimenti minimi, come quello dell'annullamento degli oneri di sistema delle bollette delle aziende. Cioè, tutta una serie di piccole proposte che, ove portate in Aula, avrebbero avuto sicuramente una maggiore soddisfazione.

C'è poi la questione di avere accettato una decretazione in sovrapposizione, fra “decreto Cura Italia”, “decreto Liquidità” e “decreto Rilancio”, che crea oggettivamente confusione, rispetto alla quale ci siamo apprestati, anche in questo caso, in spirito collaborativo.

Abbiamo subito un decreto che praticamente non prevedeva quegli stanziamenti a fondo perduto che sono stati tutti demandati al “decreto Rilancio”, ma di cui le aziende – ne avevamo già sostenuto la tesi - avevano bisogno fin da subito. Abbiamo dovuto constatare che parti intere del “decreto Liquidità” sono state assorbite in quello “Rilancio”, e quindi anche qui con una manifestazione di disponibilità, venendo poi a trattare di un decreto che in pratica era in parte già annullato dal decreto successivo.

Ecco, a fronte di tutta questa disponibilità, ma con il rammarico di non aver potuto affrontare, onestamente, in modo trasparente, in Aula le eventuali migliorie che la stessa maggioranza ha riconosciuto essere necessarie anche al “decreto Liquidità”, ci troviamo di fronte, con molto rammarico, a una posizione della fiducia che ci lascia molto perplessi e che non ci fa ben sperare soprattutto anche nelle modalità di affrontare il seguito e il “decreto Rilancio” che sta arrivando.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paternoster. Ne ha facoltà.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Grazie, Presidente. Sarò sicuramente breve, brevissimo…

PRESIDENTE. Le suggerisco di cambiare postazione, perché vedo che il microfono dà dei problemi.

PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Dicevo, signor Presidente, che la ringrazio e non farò perdere tanto tempo, come non abbiamo fatto perdere tanto tempo durante la discussione strozzata in Commissione finanze e in Commissione attività produttive, che si è svolta per oltre dieci giorni, tra l'altro anche oggi pomeriggio.

La minoranza, l'opposizione ha fatto, secondo me, secondo noi, un lavoro egregio. Abbiamo cercato di migliorare questo testo importantissimo, ma molto corposo, e la maggioranza non ci ha fatto toccare palla.

Penso che questa discussione strozzata che c'è stata in Commissione, nonostante la nostra buona volontà, e la discussione sicuramente strozzata in Aula, dato che il Ministro ha appena chiesto la fiducia, sia un segnale molto negativo per quanto riguarda la democrazia.

Spero che questo atteggiamento da parte del Governo, che va avanti da molti mesi, da quando è iniziata l'emergenza Coronavirus, non si ripeta anche in occasione - lo diceva il collega Baldelli - della discussione sul “decreto Rilancio”, perché quello, lo sappiamo bene, è un provvedimento ancora più corposo, ancora più sostanzioso dal punto di vista dell'impegno delle risorse finanziarie, e che avrà un impatto sociale molto pesante.

Spero nella collaborazione di questo Governo, nella collaborazione di questa maggioranza, perché da parte nostra c'è sempre stata; lo ha detto e ce lo ha chiesto il Presidente della Repubblica, noi l'abbiamo data, ma fino adesso maggioranza e Governo sono stati sordi. Questo è un brutto segnale.

PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente presso la Sala della Regina, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 18,10, è ripresa alle 19,05.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo, è stata convenuta la seguente organizzazione dei lavori:

nella seduta di domani, martedì 26 maggio, le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sull'approvazione dell'articolo unico del disegno di legge n. 2461-A/R - Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali (da inviare al Senato – scadenza: 7 giugno 2020) avranno inizio alle ore 16.30;

seguirà, a partire dalle ore 18, l'appello nominale, che si svolgerà con accesso in Aula dei deputati programmato secondo specifiche fasce orarie predisposte in base all'iniziale del cognome, al fine di evitare assembramenti all'interno e all'esterno dell'Aula;

a partire dalle ore 21 avranno quindi luogo il parere del Governo sugli ordini del giorno e le dichiarazioni di voto sul loro complesso, che si dovranno concludere entro le ore 24. Successivamente, l'esame del provvedimento sarà interrotto e rinviato alla seduta di mercoledì 27 maggio;

la seduta di mercoledì 27 maggio inizierà alle ore 9 per lo svolgimento delle eventuali votazioni sugli ordini del giorno;

alle ore 11 si passerà alle dichiarazioni di voto finale;

seguirà, entro le ore 12.30, la votazione finale.

Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 11 di domani, martedì 26 maggio.

Ricordo, inoltre, che nella seduta di domani, a partire dalle ore 11, avrà luogo l'informativa urgente del Ministro dello sviluppo economico sulla situazione della siderurgia.

Quanto poi alla giornata di mercoledì 27 maggio, è stato convenuto che, a partire dalle ore 16 e con eventuale prosecuzione notturna, avrà luogo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2471 - Conversione in legge del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, recante disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020 (da inviare al Senato – scadenza: 19 giugno 2020), mentre il seguito dell'esame sarà previsto a partire dalle ore 9 della seduta di giovedì 28 maggio, per proseguire, ove necessario, nella parte antimeridiana di venerdì 29 maggio.

Secondo quanto convenuto in sede di Conferenza dei Presidenti di gruppo, procedo all'estrazione del nominativo del deputato a partire dal quale inizierà la chiama per l'appello nominale previsto nella seduta di domani.

(Segue il sorteggio)

La chiama avrà inizio dal deputato Mulè.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Abbiamo all'attenzione del Parlamento, proprio in questi giorni, il decreto cosiddetto “Elezioni” che va a normare le prossime scadenze di natura amministrativa sia per gli enti locali sia per le regioni e sia, a quanto pare, a quanto si evince da emendamenti del relatore e dalle materie che si vogliono trattare, anche l'eventuale data di celebrazione del referendum. Presidente, non voglio trascinare in Assemblea una discussione che, in questo momento, giustamente si trova in Commissione; tuttavia, Presidente, approfitto della presenza e dell'attenzione del Ministro per i Rapporti con il Parlamento per sottoporre a lui e al Governo, in questo caso, un tema che, secondo me, sussiste al di là del dibattito che, pure, in questo momento, è in corso in Commissione. Il soggetto costituzionale, con cui il Governo deve confrontarsi e ha il dovere di farlo per stabilire la data del referendum, è il comitato promotore composto dai parlamentari che hanno sottoscritto la richiesta di referendum.

Lo dico non solo da sottoscrittore della richiesta, seppur deputato, cioè membro di quella delle due Camere che non ha raggiunto il quorum necessario per poter attivare la domanda, perché, alla Camera, non c'è stato un numero di parlamentari sufficiente - credo siano stati 29 - ma al Senato sì ed è il motivo per cui celebriamo questo referendum. Allora, chiedo al Ministro D'Incà di farsi portavoce presso il Ministro dell'Interno e presso il Presidente del Consiglio della richiesta da parte dei comitati sia dei deputati che hanno raccolto le firme ma, se non volessero sentire i deputati, almeno dei senatori, che hanno raccolto le firme perché è, grazie a questi senatori, che si fa il referendum; allora, almeno con loro, che sono un soggetto costituzionale e l'interlocutore per eccellenza del dibattito su quando e come fare, credo abbiate il dovere di confrontarvi, di convocarli e di ascoltare la loro opinione.

Interventi di fine seduta.

GENNARO MIGLIORE (IV). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (IV). Grazie, signora Presidente. Ciascuno di noi dovrebbe sempre ricordare cos'è la bellezza perché è dalla bellezza che discende tutto il resto. Ieri ci ha lasciato un grande artista: Paul Thorel. Nato a Londra, formatosi tra Parigi e Roma, dove frequentò lo studio della grandissima Carla Accardi, scelse poi di tornare nella città della madre, Napoli. “Di Napoli non posso fare a meno” soleva dire. Infatti scelse la nostra città come patria d'elezione ed è al “Madre”, il museo d'arte contemporanea, che ha lasciato l'ultima imponente impronta del suo lavoro d'artista, il meraviglioso mosaico intitolato Passaggio della Vittoria dove tensione emotiva con la sua patria e realizzazione sublime attraverso la tecnologia si sono fuse. Carlo De Rita in un ricordo apparso oggi su Il Mattino lo ricorda così: siamo ora diventati orfani di un artista che si è dato con la sua vita e con la sua arte alla nostra città; orfani di un artista che ha sempre cercato di far coincidere arte e vita.

Paul Thorel è stato un pioniere della tecnologia assoggettata, diceva lui, alla visione artistica. La sua sensibilità la visione profonda e delicata si ritrovano in paesaggi che si trasfigurano in volti e in ritratti che diventano pure emozioni, uno sguardo inquieto e ricco di premonizioni. E poi la sua vita, densa, cosmopolita, devota agli amici; non era importante se fossero grandi artisti di fama o persone incontrate per caso; per loro, la sua casa e suoi luoghi erano sempre aperti. Ed è agli amici e alla sorella che vanno i sentimenti miei del più profondo cordoglio.

Ricordare Paul Thorel, che per me era soprattutto un amico, è poi una sfida personale, una sfida personale alla dittatura del presente, che ci fa informati di tutto e distratti su ogni cosa, è la sfida per dire ancora una parola: grazie, grazie Paul, ti sia lieve la terra (Applausi).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 26 maggio 2020 - Ore 11:

1. Informativa urgente del Governo sulla situazione della siderurgia.

(ore 16,30)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.

(C. 2461-A/R)

Relatori: FRAGOMELI, per la VI Commissione; CARABETTA, per la X Commissione.

La seduta termina alle 19,10.