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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 342 di martedì 19 maggio 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CRISTIAN ROMANIELLO, Segretario f.f., legge il processo verbale della seduta del 15 maggio 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Azzolina, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Covolo, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Rampelli, Rizzo, Ruocco, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Trano, Traversi, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 15 maggio 2020, il deputato Francesco Scoma, già iscritto al gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Italia Viva.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei progetti di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge di ratifica nn. 2120, 2165 e abbinate, 2207 e 2360.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi dei progetti di legge nn. 2120 e 2165 e abbinate è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario) e lo schema recante la ripartizione dei tempi dei progetti di legge nn. 2207 e 2360 è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 15 maggio (vedi l'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 15 maggio 2020).

Discussione del disegno di legge: S. 1123 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017 (Approvato dal Senato) (A.C. 2120).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2120: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2120)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Romaniello, che ringrazio anche per il lavoro fatto da segretario. Prego, onorevole.

CRISTIAN ROMANIELLO, Relatore. Grazie a lei, Presidente.

PRESIDENTE. Dal banco del Comitato dei nove si può parlare senza mascherina, prego.

CRISTIAN ROMANIELLO, Relatore. Colleghi deputati e rappresentanti del Governo, prima di passare all'illustrazione del provvedimento, mi preme ricordare che il quadro dei rapporti fra l'Unione europea e l'Armenia è, ad oggi, regolato dall'Accordo di partenariato e cooperazione del 1996.

L'Armenia, dopo aver scelto di aderire all'Unione economica euroasiatica nel settembre 2013, ha rinunciato alla sottoscrizione di un accordo di associazione con area di libero scambio ampia e approfondita con l'Unione europea, già negoziato in precedenza.

L'Accordo in esame è frutto di negoziati, avviati nel dicembre 2015. Intende, pertanto, contribuire alla definizione della cornice giuridica e politico- istituzionale della cooperazione tra Unione europea e Armenia, utilizzando l'approccio duttile nei confronti di partner non pronti o non ancora disponibili agli accordi di libero scambio previsti dalla nuova politica europea di vicinato.

Il testo, che si compone di 386 articoli, suddivisi in otto titoli, dodici allegati e due protocolli, stabilisce innanzitutto i principi generali e gli obiettivi dell'Accordo, richiamando il rispetto dei principi democratici dei diritti umani e delle libertà fondamentali ed esplicitando l'impegno delle parti alla realizzazione dei principi dell'economia di mercato, quale presupposto per promuovere lo sviluppo sostenibile e la crescita economica.

Il titolo secondo sancisce l'impegno delle parti a sviluppare un dialogo politico ed efficace in tutti i settori di reciproco interesse, al fine di promuovere la risoluzione pacifica dei conflitti, la stabilità e la sicurezza a livello internazionale e regionale, nonché ad intensificare la cooperazione sulle questioni di politica estera e di sicurezza, per prevenire conflitti e gestire crisi, per assicurare il controllo nell'esportazione di armi e per prevenire e reprimere il terrorismo.

Relativamente alla cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza, il titolo terzo disciplina la cooperazione giuridica, la protezione dei dati personali, la materia migratoria, la lotta al riciclaggio di denaro e al terrorismo, il contrasto alle droghe illecite, alla criminalità organizzata e transnazionale, nonché la cooperazione giudiziaria e la protezione consolare. L'Accordo regola inoltre, con il titolo quarto, la cooperazione economica fra le parti, con particolare riguardo al dialogo economico, alla fiscalità e al settore statistico.

A sua volta, il titolo quinto disciplina gli aspetti relativi alla cooperazione settoriale, articolati su 23 capi, con dichiarazioni di impegno a sviluppare la collaborazione, fra gli altri, nei settori dei trasporti, dell'energia, dell'ambiente, della politica industriale, delle banche, delle assicurazioni, del turismo, dell'agricoltura, dell'occupazione, della politica sociale e dell'istruzione.

La parte più corposa dell'Accordo quadro è rappresentata dal titolo sesto, che disciplina gli scambi e le questioni commerciali inerenti, fra l'altro, oltre agli scambi commerciali in senso stretto, anche alla cooperazione doganale, alle questioni sanitarie e fitosanitarie, alla circolazione di capitali, alla tutela della proprietà intellettuale e alle imprese di proprietà dello Stato.

Gli ulteriori titoli dell'Accordo riguardano, rispettivamente, l'assistenza finanziaria e le disposizioni antifrode e le disposizioni istituzionali, generali e finali, con le quali si istituisce un Consiglio di partenariato, avente il compito di monitorare l'attuazione dell'Accordo e di aggiornarne o modificarne gli allegati, previo consenso tra le parti.

La cooperazione interparlamentare è regolata dall'articolo 365, che istituisce il Comitato parlamentare di partenariato, assegnando ad esso il ruolo del foro privilegiato per lo scambio di opinioni ed esperienze, tra i deputati del Parlamento europeo e della Repubblica dell'Armenia.

Il disegno di legge di ratifica, approvato dal Senato il 25 settembre 2019, si compone di quattro articoli.

L'articolo 3, in particolare, pone una clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall'attuazione della legge di ratifica non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Infatti, il funzionamento delle attività di cooperazione previste dall'Accordo in esame è garantita da funzionari appartenenti alle istituzioni dell'Unione europea, le cui spese di missioni graveranno quindi integralmente sul bilancio dell'Unione stessa.

Concludo auspicando una veloce conclusione dell'iter di approvazione di tale provvedimento, che fa riferimento ad un Accordo inteso a favorire il rafforzamento delle istituzioni democratiche armene e la stessa stabilizzazione della regione, in passato funestata da tragici eventi bellici. Esso potrà, inoltre, rafforzare il partenariato politico ed economico globale, anche tramite una maggiore partecipazione della Repubblica di Armenia alle politiche e ai programmi delle agenzie dell'Unione europea, creando così le condizioni per una cooperazione sempre più stretta in altri settori di reciproco interesse.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo.

MARINA SERENI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. L'Italia attribuisce grande rilevanza allo sviluppo di relazioni costruttive tra Unione europea e Armenia, che continuiamo a sostenere al più alto livello istituzionale, anche nell'ambito dei contatti politici bilaterali, da ultimo l'incontro del Presidente del Consiglio Conte e il Primo Ministro armeno il 22 novembre 2019, mentre il Presidente Mattarella si è recato in visita a Yerevan nel luglio 2018.

Ventuno Paesi dell'Unione europea e il Regno Unito, oltre all'Armenia, hanno già terminato le procedure di ratifica di questo Accordo di partenariato globale e rafforzato. L'Accordo consentirà l'inserimento dell'Armenia in un percorso di avvicinamento all'acquis e alla legislazione comunitaria e costituirà uno strumento chiave per le riforme e l'ammodernamento del Paese caucasico, in linea con i risultati già raggiunti, grazie all'attuazione della tabella di marcia concordata tra Bruxelles e Yerevan.

L'Accordo delinea un quadro giuridico ad ampio spettro, come ha già ricordato il relatore, che include anche clausole politiche sui diritti umani, sul ruolo della Corte internazionale di giustizia, sul contrasto alle armi di distruzione di massa, sulla cooperazione in materia di contrasto al terrorismo e alla radicalizzazione.

In un'ottica più ampia, l'Accordo potrà senz'altro contribuire alla prosperità e alla stabilità dell'intera regione. Dal punto di vista economico, le imprese armene ed europee beneficeranno dell'ampliamento della gamma e della portata dei flussi commerciali bilaterali e di un concreto miglioramento del clima d'affari e d'investimento. Tali benefici saranno estesi ed indirizzati anche e soprattutto alle piccole e medie imprese, sia europee che armene.

Al fine di facilitare la piena e corretta attuazione dell'Accordo, l'Italia intende incoraggiare, in linea con le aspettative armene, l'utilizzo strategico di tutti gli strumenti disponibili, tra cui i gemellaggi amministrativi e i programmi di assistenza tecnica, per i quali il nostro Paese da diversi anni si contraddistingue per professionalità ed expertise.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Presidente, signora Viceministro, questo disegno di legge di ratifica dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra le istituzioni comunitarie e l'Armenia può e deve rappresentare, anche e soprattutto per il nostro Paese, un ulteriore strumento per consolidare i legami in ambito istituzionale, commerciale, economico e culturale tra il nostro Paese e l'Armenia; legami che affondano le proprie radici in oltre due millenni di amicizia tra i nostri popoli. Anche simbolicamente, basta fare due passi a via dei Fori Imperiali e troviamo le tavole policrome che ci parlano delle vicende dell'Impero romano: su quattro mappe, in ben tre mappe è contenuta l'Armenia, è presente l'Armenia, che dal 60 avanti Cristo è stata alleata di Roma.

Un filo rosso che poi si è dipanato nei secoli in un rapporto di interazione che arriva poi ai giorni nostri, con comunità armene attive e proattive in molte città del nostro Paese, a Roma, a Milano, a Padova, a Venezia, a Bari. Un Paese interessante nello scenario internazionale anche sotto l'aspetto delle potenzialità economiche: è una nazione che, a dispetto delle sue dimensioni, può a pieno titolo essere considerata globale grazie anche ad una numerosissima ed influente comunità di espatriati della diaspora. Non a caso, nel 2018 la rivista economica The Economist ha considerato e ha scelto l'Armenia come Paese dell'anno quale destinazione ideale di investimenti esteri. Ora, spero che, a differenza di altre occasioni e contesti, il nostro Paese sarà in grado di ottimizzare questo comune sostrato, trasformandolo in opportunità per il nostro sistema.

Va ricordato che l'Italia ha sempre sostenuto la necessità di coinvolgimento dell'Armenia nelle strutture e nei meccanismi europei. Nel 2001, sotto la Presidenza italiana, l'Armenia è diventata membro del Consiglio d'Europa. In questo percorso, la presente Intesa rappresenta un passo sicuramente importante. È stato ricordato dal relatore: dopo la scelta del 2013, anno in cui l'allora Presidente Sargsyan decise di rinunciare all'accordo di associazione con l'Unione europea e virare verso l'unione economica euroasiatica, il dialogo è poi ripreso nel dicembre del 2015, con l'obiettivo di superare quello che era il precedente Accordo del 1996, divenuto poi operativo nel 1999. Accordo grazie al quale, tra l'altro, l'Armenia ha avuto modo di portare avanti dei progressi importanti nel campo dei diritti umani e delle riforme.

Il nuovo Accordo - è stato ricordato - è stato firmato a Bruxelles il 24 novembre 2017, quasi tre anni fa; un lasso di tempo davvero troppo lungo, che conferma - ed è una riflessione che faccio in quest'Aula - la necessità di rivedere a fondo alcune procedure di ratifica, anche perché, per esempio in questo caso, rispetto al 2017 troviamo un'Europa molto diversa, si pensi a Brexit, ma troviamo anche un'Armenia molto diversa. Basti citare la cosiddetta “rivoluzione di velluto” del 2018 di Nikol Pashinyan, che ha comunque stravolto e modificato a fondo l'assetto e l'architettura politica e istituzionale dei lustri precedenti.

Ma oggi dobbiamo valorizzare i tanti possibili risvolti positivi di questa Intesa. Va ricordato e va sottolineato il fatto che l'Armenia è membro dell'Unione economica eurasiatica, assieme alla Repubblica Russa, alla Bielorussia, al Kazakistan e al Kirghizistan. Un mercato unico che riguarda, che comprende, che include 180 milioni di consumatori. È evidente che il Paese caucasico può diventare il ponte tra l'Unione europea e il suo omologo orientale. Sarà compito delle istituzioni comunitarie, e poi dei Paesi membri, trasformare questa Intesa in un concreto strumento di sinergia e collaborazione, che, oltre agli aspetti sopraindicati, mi auguro possa anche in qualche modo contribuire ad affrontare l'annosa e complicatissima questione del Nagorno Karabakh, la cui risoluzione è attualmente sotto l'egida, ahimè, per ora inefficace, del gruppo di Minsk dell'OSCE.

Un conflitto che gli esperti di strategia militare definirebbero a bassa intensità in questo lembo conteso da Armenia e Azerbaijan, con alle spalle i rispettivi partner, che costituisce ancora oggi una polveriera pericolosa per la sicurezza di tutta quell'area che tanta importanza ha nello scacchiere geopolitico internazionale.

Alla luce di quanto sopra, annuncio il voto favorevole comunque di Forza Italia nella votazione che ci sarà nei prossimi giorni e chiedo soprattutto al Governo di tenere sempre nella giusta considerazione questo quadrante, che, ripeto, ha un'importanza nevralgica nello scacchiere geopolitico internazionale.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2120)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e la rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 257-702 - D'iniziativa dei senatori: Marcucci ed altri; Montevecchi ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 2165); e delle abbinate proposte di legge: Ascani ed altri; Quartapelle Procopio (A.C. 476-1099).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata in un testo unificato dal Senato, n. 2165: Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005; e delle abbinate proposte di legge nn. 476 e 1099.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2165)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, presidente della Commissione Affari esteri, deputata Marta Grande.

MARTA GRANDE, Relatrice. Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005, ad esito di un importante processo avviato dopo la guerra dell'ex Jugoslavia, è stata siglata dall'Italia il 27 febbraio 2013. Essa è già in vigore dal 2011, a seguito del deposito di dieci strumenti di ratifica, ed è stata ad oggi ratificata da 19 Stati aderenti al Consiglio d'Europa.

La Convenzione si fonda sull'idea che la conoscenza e l'uso dell'eredità culturale rientrino nel diritto di partecipazione dei cittadini alla vita culturale e a godere delle arti, così come definito dall'articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e dall'articolo 15 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966.

La Convenzione presenta il patrimonio culturale come fonte utile sia allo sviluppo umano, alla valorizzazione delle diversità culturali e alla promozione del dialogo interculturale sia a un modello di sviluppo economico fondato sui principi di utilizzo sostenibile delle risorse.

La Convenzione mira a valorizzare una comprensione più ampia del patrimonio culturale e del suo rapporto con le comunità che lo hanno prodotto ed ospitato a contribuire alla costruzione di società pacifiche e democratiche. Integrando gli strumenti internazionali già esistenti in materia, essa suggerisce agli Stati firmatari possibilità di intervento, in particolare, in ordine alla promozione di un processo partecipativo di valorizzazione del patrimonio culturale fondato sulla sinergia tra pubblico, istituzioni, cittadini privati e associazioni.

Quel che è importante è che la Convenzione non impone specifici obblighi di azione per i Paesi firmatari, al di là del rispetto del principio dell'effettività, lasciando a essi la libertà di valutare i mezzi più convenienti per l'attuazione degli obiettivi. Per le parti, fissa certamente l'impegno a riconoscere l'interesse pubblico rappresentato dal patrimonio culturale, a valorizzarlo, a predisporre disposizioni legislative conseguenti e a favorire la partecipazione alle attività a esso correlate.

Composta di un preambolo e di 23 articoli suddivisi in 5 parti, la Convenzione richiama, innanzitutto, gli ideali e i principi posti a fondamento del Consiglio d'Europa e rimarca il valore e il potenziale del patrimonio culturale come risorsa per lo sviluppo durevole e per la qualità della vita. Individua, quindi, i suoi obiettivi, in primis il diritto al patrimonio culturale, riconoscendo la responsabilità individuale e collettiva nei confronti del patrimonio culturale. Il testo connota il patrimonio culturale come l'insieme delle risorse ereditate dal passato riflesso dei valori e delle credenze e la comunità patrimoniale quale insieme di persone che attribuiscono valore a quel patrimonio.

Come chiarito anche dal Ministro Franceschini, personalmente intervenuto in audizione in III Commissione, tale definizione si affianca alle già numerose definizioni esistenti a livello UNESCO, né la definizione della Convenzione di Faro potrà creare problemi con le definizioni offerte dal codice dei beni culturali e del paesaggio, che si preoccupa di regolare principalmente le cose di interesse culturale e paesaggistico.

La Convenzione presenta almeno quattro elementi che rafforzano le misure di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale. Vi è una nozione molto ampia di patrimonio culturale tale da includere sia la definizione più tradizionale, fondata sulla materialità, sia quella attenta alla dimensione immateriale della cultura e della tradizione. È posta attenzione non solo al patrimonio ma anche alla collettività, che può e deve poterne fruire secondo la logica di un diritto al patrimonio culturale. Vi è, inoltre, l'idea di comunità formata intorno al patrimonio culturale e di una sua partecipazione attiva per prendersene cura. Vi è, infine, lo sforzo di andare verso la costruzione di un patrimonio comune europeo.

Durante l'esame in Commissione sono state rappresentate dall'opposizione insistite preoccupazioni sulla necessità di preservare la sovranità culturale del nostro Paese, ritenendo che la ratifica della Convenzione possa preludere a iniziative di componenti minoritarie organizzate di svendita del patrimonio culturale nazionale. Alcuni timori hanno riguardato l'ampia definizione di patrimonio culturale, che potrebbe danneggiare le professioni più tradizionali, o un generale scetticismo verso forme di partecipazione attiva da parte della comunità.

Nel corso del ciclo istruttorio svolto perso la III Commissione, cui hanno contribuito autorevoli accademici ed esperti e lo stesso Ministro Franceschini, è stata fatta chiarezza, in particolare da quest'ultimo, sui delicati profili interpretativi, per cui non vi sono allo stato ragioni per ritenere che il vigente codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, possa essere intaccato dalla ratifica della Convenzione.

Quanto alle professioni, la costruzione di comunità intorno al patrimonio culturale sarà occasione per rafforzare il ruolo dei professionisti in questo ambito, quali archeologi, storici dell'arte, architetti, archivisti o bibliotecari.

Infine, è l'attenzione sulle comunità che può potenziare la partecipazione attiva, secondo modelli che il nostro ordinamento persegue ormai da diversi anni.

Chiedo a questo punto, non avendo più tempo, al Presidente di poter depositare il resto del testo.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Grande. Senz'altro: può depositare.

Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo.

MARINA SERENI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. La ratifica italiana della Convenzione di Faro avviene in un momento in cui il patrimonio culturale appare esposto in diverse aree del mondo a crescenti sfide e minacce. Occorre, pertanto, salvaguardare tale patrimonio e il suo valore. Il patrimonio culturale è, infatti, un motore di sviluppo economico che genera crescita sostenibile. Per il nostro Paese - e queste parole non sono mai state così vere come in questo momento - la cultura rappresenta il quarto pilastro del concetto di sostenibilità, insieme alla crescita economica, all'inclusione sociale e all'equilibrio ambientale.

La tutela del patrimonio culturale e la sua conservazione, in particolare nelle aree di crisi, sono elementi essenziali per preservare l'identità storica e culturale di una società e per favorire la pacifica coesistenza delle differenze su uno stesso territorio, promuovendo così condizioni di stabilità e inclusività e salvaguardando il pluralismo e la tolleranza.

La Convenzione di Faro, infatti, sottolinea l'importanza del patrimonio culturale come insieme di risorse, identità, principi e valori derivati dal passato ma, al contempo, orientati al progresso e alla costruzione di società coese, pacifiche e democratiche, in cui trovino spazio il dialogo interculturale e interreligioso.

La Convenzione rappresenta uno strumento importante per garantire il diritto di ognuno di usufruire di questo patrimonio comune e contribuire al suo ulteriore arricchimento, rispettando, al contempo, il patrimonio culturale altrui. Essa impegna, infatti, le parti a promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale e a incoraggiare la partecipazione e l'interesse di tutta la società civile, inserendo tali temi nei programmi scolastici e nei curricula universitari e fondando su questo approccio interdisciplinare e interculturale un metodo di risoluzione pacifica dei conflitti etnici, religiosi, ideologici.

A tal fine, la Convenzione incoraggia le parti a dotarsi di strumenti legislativi volti a difendere e a preservare il patrimonio culturale e a utilizzare il potenziale economico della diversità culturale, geologica, biologica e territoriale in una dimensione sinergica e di sostenibilità, senza comprometterne la specificità.

Promuove, inoltre, la cooperazione tra autorità pubbliche e tra queste e altri attori quali esperti, ONG, società civile, dando spazio a modalità innovative e volontaristiche di valorizzazione e difesa di detto patrimonio.

Il Governo è molto soddisfatto che stiamo arrivando al termine di questo lungo ma importante processo di ratifica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e membri del Governo, la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 e oggi al nostro esame, è composta da un preambolo e da 23 articoli raggruppati in cinque parti.

L'articolo 1 rimarca il valore potenziale del patrimonio culturale, sottolineando l'importanza della sua conservazione, il suo ruolo nella costruzione di una società pacifica e democratica e l'idea che la conoscenza reciproca del nostro patrimonio culturale possa essere veramente di antidoto a ulteriori e drammatici conflitti armati, come ha poc'anzi ricordato il Viceministro, e su questo tutti, credo, concordiamo.

Ma al di là di questa posizione di principio e poco altro, siamo contrari alla ratifica di questo accordo quadro e lo siamo per una serie di motivi. Infatti, intravediamo in alcuni suoi aspetti dei seri rischi all'effettiva possibilità di fruire liberamente del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese. Dobbiamo preoccuparci dell'uso che potrà essere fatto di questo strumento di diritto internazionale una volta che dovremo dargli applicazione sul piano interno. Questa Convenzione - concetto da tener ben presente - può trasformarsi in una potentissima arma geo-culturale utilizzabile contro di noi.

Del testo vogliamo ricordare qui, nella solennità dell'emiciclo di Montecitorio in cui è rappresentato l'intero popolo italiano, quelle che ci paiono le criticità maggiori.

Innanzitutto, ai sensi dell'articolo 4, lettera c), della Convenzione quadro, le parti firmatarie - e cito testualmente - “riconoscono che l'esercizio del diritto al patrimonio culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell'interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà”. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, in che modo la fruizione del patrimonio culturale sarebbe incompatibile con la democrazia, l'interesse pubblico, i diritti altrui e la libertà? Parliamo del lockdown imposto a causa del Coronavirus? Nel 2005 era di là da venire. Quindi, è di altro che parliamo. La sensazione è che si tratti di altro e lo si capisce bene quando si tiene conto anche di quanto stabilisce l'articolo 7, lettera b), della Convenzione, secondo il quale le parti firmatarie si impegnano a stabilire procedimenti di conciliazione per gestire equamente le situazioni dove allo stesso patrimonio culturale siano attribuiti da comunità diverse valori contraddittori.

Abbiamo ragione di ritenere che si voglia accettare il principio di una sindacabilità internazionale di ciò che costituisce il patrimonio artistico e culturale di una nazione. A questo obiettivo sembrerebbe tendere anche la creazione di un apposito comitato, previsto dalla Convenzione, che sembra pensato proprio per svolgere funzioni di polizia culturale, ovvero di censura. Una parte cospicua della nostra arte è raffigurazione del sacro, qualcosa che per molte denominazioni religiose costituisce anatema.

Cosa faremo se qualcuno ci chiederà di oscurare le immagini di Dio? E cosa faremo se qualcuno sarà urtato dalla raffigurazione della nudità, dalla quale è iniziato il nostro Rinascimento e della quale è impregnata tutta la classicità? Veleremo tutto? Siamo inoltre sicuri che, ratificando una Convenzione del genere, non si dischiuda la via a ridicoli e gravi esercizi di autocensura preventiva? Non parliamo di ipotesi remote. È, infatti, già successo nel 2016, in occasione della visita del Presidente della Repubblica islamica di Iran, quando si velarono statue di nudi con schermi di cartone.

Abbiamo già da soli dovuto accettare alcune rinunce: all'affresco che in San Petronio raffigura Maometto tra i dannati, per timore di suscitare le ire dei terroristi jihadisti, già ora si accede con il filtro, rappresentato dal pagamento di una tassa d'ingresso e accettando il divieto di fotografare l'opera, nel timore, forse, che poi i turisti la postino sui social, facendo di Bologna e della sua cattedrale un bersaglio.

Come Lega, abbiamo cercato, al Senato, di circoscrivere, per quanto possibile, i rischi, in particolare ottenendo l'approvazione di un emendamento che afferma in modo chiaro come dall'applicazione della Convenzione non potranno derivare limitazioni rispetto ai livelli di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale garantiti dalla Costituzione e dalla vigente legislazione in materia. Siamo grati a chi, a Palazzo Madama, si è fatto interprete di questa preoccupazione e ha provveduto ad introdurre almeno questi paletti. Un sentito ringraziamento va, quindi, al senatore Borghesi, presidente della I Commissione permanente e alla III Commissione del Senato, che ne ha accolto la raccomandazione. Tuttavia, anche con questa clausola di garanzia, ci sembra egualmente pericoloso esporre il nostro Paese al pericolo dell'apertura di controversie internazionali sulla fruizione di parti sensibili del nostro patrimonio culturale. Che senso ha sottoscrivere e ratificare un Accordo, una Convenzione, sui cui contenuti non concordiamo e da cui temiamo possano derivare compromissioni e lesioni di alcuni diritti fondamentali della nostra Costituzione? Chi ce lo fa fare?

Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, vi chiediamo adesso, in sede di discussione generale, di pensarci bene. Ecco il senso di questo intervento: riflettiamoci ancora, fermiamoci finché siamo ancora in tempo. Da questo strumento del diritto internazionale non otteniamo nulla, l'Italia non ottiene nulla; possiamo, invece, subire danni, enormi danni, al libero godimento di beni e valori che sono parte essenziale di ciò che siamo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Devo dire che le perplessità espresse dal collega che mi ha preceduto sono le medesime perplessità che animano Fratelli d'Italia e che oggi, nel tentativo di convincervi, cercheremo di articolare e rappresentare, senza farci trascinare dal livore che ingenerano, comunque, alcuni articoli della presente Convenzione. Perché, vede, la Convenzione di Faro riporta una serie di petizioni di principio assolutamente banali, scontate, condivisibili in quanto tali; le ha elencate stancamente anche il rappresentante del Governo: dico “stancamente” non perché non abbia fatto bene il suo dovere, ma perché come fai a nutrire entusiasmo, quando racconti che il nostro patrimonio culturale è la nostra eredità? Beh sì, non c'era bisogno della Convenzione di Faro; come si fa a nutrire entusiasmo, quando si sente dire “bisogna cercare di rendere fruibile il nostro patrimonio culturale”? Beh sì, non c'era bisogno della Convenzione di Faro.

Allora, tutte le volte che noi dobbiamo interpretare una convenzione, dobbiamo tentare di evincere dalla stessa qual è l'elemento innovativo. L'elemento innovativo si intravede già all'articolo 4, lettera c), laddove si introduce il concetto di - lo leggo - limitazioni all'esercizio del patrimonio comune per rispettare gli altrui diritti. Ora, la formulazione stessa ha un vago retrogusto evidente, colleghi, di censura che si abbatterebbe sul nostro patrimonio culturale, una censura che nega, alle radici, la nostra stessa costituzione culturale di europei. Ma da quando è necessaria una limitazione del nostro patrimonio culturale per rispettare un qualsivoglia nostro diritto o altrui diritto?

Il mio patrimonio culturale non è mai stato oggetto passivo e passibile di limitazioni. E se questa anodina formulazione iniziale ha destato più di una perplessità, a convincerci che questa Convenzione altro non sia che un tassello di un pericoloso pensiero unico del politically correct che procede per tappe di cessione e cedimenti culturali è il successivo articolo 7B, che impegna gli Stati contraenti - di nuovo, lo leggo - a stabilire procedimenti di conciliazione per gestire equamente le situazioni dove valori contraddittori siano attribuiti allo stesso patrimonio culturale da comunità diverse. Io l'unica conciliazione che conosco è quella che si fa alla Camera del lavoro. Noi stiamo dicendo che il nostro patrimonio culturale è soggetto a procedimenti di conciliazione rispetto a comunità che gli conferiscono dei valori contraddittori. Ma quale contraddittorietà ci può essere nel mio patrimonio culturale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? In questo caso, diventa soverchia, manifesta, scoperta, evidente, conclamata, dichiarata l'idea della cessione culturale, in nome di mal metabolizzati principi del relativismo culturale in una versione provinciale, anche priva di quella tensione tragica di chi introdusse il concetto di relativismo culturale.

Il mio patrimonio non è oggetto di negoziazione e di mediazione, ancor meno della procedimentalizzazione della conciliazione. E dico procedimentalizzazione, Presidente, perché il successivo articolo 16, in un tripudio orwelliano da Grande Fratello della grande censura, si intitola “Meccanismo di monitoraggio”. Ho quasi il terrore. Ma come “meccanismo di monitoraggio”? Su che cosa il meccanismo di monitoraggio? La app Immuni applicata al fatto culturale. E il meccanismo di monitoraggio prevede un apposito comitato per proceduralizzare la conciliazione del nostro patrimonio culturale. Stiamo parlando della nostra cultura, stiamo parlando del nostro patrimonio artistico, stiamo parlando della nostra identità più intima che, per noi di Fratelli d'Italia, non può in alcun modo subire limitazioni, conciliazioni, ancor meno proceduralizzazioni delle conciliazioni!

E siamo tanto più preoccupati, quanto più consideriamo che viviamo in quella società oicofobica, direbbe Scruton, per la quale chiunque di noi sarebbe stato criminalizzato se avesse espresso dei dubbi sulla vignetta di Charlie Hebdo, che per parlare della Trinità faceva il trenino sessuale - vergognosa vignetta - e nessuno di noi, in virtù della laicità, unico Dio rimasto di questa società senza Dio, senza identità, sarebbe stato crocefisso. Però, viviamo nella medesima società per la quale, quando riceviamo il Presidente della Repubblica iraniana, il Presidente Renzi - mi dispiace presieda lei oggi, Presidente - ritiene opportuno, per un atteggiamento da sottomesso provincialistico, coprire i nudi. Credo che anche Rouhani sia rimasto stupefatto: se lo ha chiesto, è drammatico se non lo ha chiesto, abbiamo fatto l'ennesima passerella provinciale e ridicola. O, ancora, viviamo nel Paese dove esistono sistemi motorizzati per coprire le croci nei nostri cimiteri perché potrebbero offendere le altrui religioni. E, ancora, ci chiediamo: se accettiamo questi principi, cosa accadrà se l'UCOII, un'associazione culturale o un altro Stato - Presidente -, che aderisse a questa Convenzione alla quale noi aderiamo, ponesse il problema, appunto, della rappresentazione di Maometto di Giovanni da Modena nella basilica di San Petronio, dove Maometto, oggettivamente, è collocato all'inferno? Beh, è un bel valore contraddittorio che gli assegnano le comunità diverse: il problema è che io non limito e non concilio su Giovanni da Modena e sulla sua rappresentazione di Maometto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Il patrimonio culturale, per noi di Fratelli d'Italia, è, prima di tutto, fattore identitario, successivamente anche veicolo per l'integrazione, mai oggetto di mediazione. Questo deve essere chiaro. E se qualcuno si sente offeso dai nudi rinascimentali o vilipeso dai crocifissi o mortificato dalle rappresentazioni di Maometto, al posto di sottoscrivere una Convenzione, quel qualcuno più chiudere gli occhi, può prendere e andarsene, può verificare se, nella sua cultura, vi sono opere d'arte da osservare e lasciare stare la nostra cultura. Giù le mani dal nostro patrimonio artistico e culturale!

E lo diciamo perché il nostro patrimonio artistico e culturale - e termino, grazie, Presidente - stratificatosi nei secoli, per noi di Fratelli d'Italia non sarà mai oggetto di limitazioni, di conciliazioni, di mediazioni da Grande Fratello orwelliano della cultura, che vuole imporre un pensiero unico del politically correct procedendo per successive cessioni identitarie e per sbianchettamenti della nostra cultura.

Giovanni da Modena, il Maometto all'inferno, non verrà sbianchettato per mettergli vicino delle vergini immaginando che sia in un altro luogo. Rimane all'inferno, rimane un quadro straordinario, rimane la nostra identità, che piaccia o non piaccia alla Convenzione di Faro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2165)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice e la rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Boldrini: Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108ª sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione (A.C. 2207).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 2207: Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108ª sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2207)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Laura Boldrini.

LAURA BOLDRINI, Relatrice. La ringrazio, signor Presidente. Ringrazio la signora Viceministra per essere presente in quest'Aula, i colleghi e le colleghe. Il 21 giugno 2019 nel centenario della nascita dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), con decisione che definirei storica, veniva adottata a larga maggioranza degli Stati membri, dopo un processo negoziale durato ben quattro lunghi anni, la Convenzione n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, sulla cui ratifica riferisco oggi in quest'Aula.

Quando i 5.700 delegati tra rappresentanti di Governo, lavoratori e datori di lavoro dei 187 Stati membri dell'ILO hanno adottato la Convenzione, unitamente alla raccomandazione n. 206, hanno espressamente raccolto anche il messaggio di Papa Francesco, che è stato inviato per l'occasione, che sottolineava l'importanza del lavoro non solo come fonte di reddito ma anche come mezzo per elevare la dignità della persona, elogiando in questo l'operato, l'impegno e l'esistenza stessa dell'ILO.

In Italia, secondo dati Istat del 2018, signor Presidente, sono circa 9 milioni le donne, di cui 1,4 milioni sul lavoro, e quasi 4 milioni gli uomini - parliamo di persone di età compresa tra i 15 e i 65 anni - che dichiarano di aver subito ricatti e molestie sessuali durante la loro vita; una persona su sei dichiara di aver subito atti di violenza, molestie o attenzioni sessuali indesiderate sul lavoro. Quindi, stiamo parlando di un fenomeno purtroppo molto diffuso nel nostro Paese.

In un Paese come il nostro che, come è noto, è di avanzata tradizione giuslavorista, il valore aggiunto della Convenzione si esplica sotto molteplici punti di vista. La Convenzione in primo luogo riconosce che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro possono costituire un abuso e una violazione dei diritti umani, possono rappresentare una minaccia alle pari opportunità ed essere incompatibili con il lavoro dignitoso.

Essa definisce inoltre in termini ampi la violenza e le molestie fondate sul genere come, cito, “insieme di pratiche e comportamenti inaccettabili o la minaccia di porli in essere, sia in un'unica occasione sia ripetutamente, che si prefiggono causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale ed economico” e dunque comprendendo abusi fisici e verbali, stalking e mobbing.

Nel nostro Paese la ratifica della Convenzione permetterebbe, in particolare, di tutelare le situazioni che sono limitate a un solo episodio e, dunque, non coperte dall'attuale nozione giurisprudenziale del mobbing che richiede la reiterazione della condotta per almeno sei mesi.

La Convenzione tutela ogni persona nel mondo del lavoro a prescindere dal relativo status contrattuale: guardate, questa è veramente un'innovazione direi rivoluzionaria, perché si comprendono anche i volontari e le volontarie, le persone che frequentano corsi di formazione, di tirocinio, di apprendistato, coloro che sono alla ricerca di un lavoro, nonché i lavoratori e le lavoratrici il cui rapporto di lavoro sia terminato.

In maniera speculare la Convenzione protegge anche i datori di lavoro, cioè gli individui - cito - “che esercitano l'autorità, i doveri e le responsabilità di datrice e datore di lavoro” e “si applica a tutti i settori, sia privati che pubblici, nell'economia formale e nell'economia informale”.

La Convenzione riconosce poi che le violenze e le molestie possono verificarsi - è un'altra importante novità - persino in luoghi diversi da quello di lavoro inteso in senso fisico, vale a dire quindi pure in comunicazioni anche per via telematica, viaggi e attività sociali, nonché negli alloggi messi a disposizione dai datori di lavoro e durante gli spostamenti per recarsi al lavoro e per il rientro dal lavoro.

Rispetto a questo ampio ambito di applicazione sono inquadrati gli obblighi degli Stati membri che sono chiamati ad adottare disposizioni definitorie interne sulla violenza e sulle molestie conformi alla Convenzione e che prescrivano ai datori di lavoro le misure di prevenzione da adottare proporzionalmente al loro grado di controllo, erogando formazione e formando i soggetti interessati; in generale, dunque, sono chiamati ad adottare le misure necessarie sia preventive sia repressive.

Inoltre, gli Stati sono tenuti a garantire alle potenziali vittime l'accesso alla giustizia in maniera effettiva, signor Presidente, e a predisporre misure rimediali.

Gli Stati sono, infine, anche chiamati ad adottare leggi, regolamenti e politiche che garantiscano il diritto alla parità e alla non discriminazione in materia di impiego anche per i gruppi vulnerabili o i gruppi in situazione di vulnerabilità.

Dal punto di vista dei profili attuativi interni - è bene ribadirlo - l'Italia è già ben attrezzata per certi versi anche oltre il dettato della Convenzione, come è emerso in occasione degli approfondimenti istruttori svolti dalla Commissione affari esteri con le organizzazioni sindacali, le quali hanno auspicato che la ratifica della Convenzione sia accompagnata da una clausola di non regresso utile a evitare che l'atto internazionale, laddove la normativa interna sia più stringente, possa essere invocato per un regresso del livello generale di protezione assicurato a lavoratori e lavoratrici.

Dall'avvio dell'esame in Commissione affari esteri, avvenuto nel dicembre 2019, è stato quindi deliberato un articolato percorso di audizioni volte ad acquisire spunti, valutazioni e proposte da parte dei soggetti maggiormente coinvolti e mi riferisco a partire dagli stessi rappresentanti dell'ILO, dalle organizzazioni sindacali che sono state tutte audite, CGIL, CISL, UIL e UGL, di Confindustria e della società civile.

Voglio qui richiamare il contributo sostanziale della società civile che ha evidenziato alcune questioni cruciali connesse strettamente alla Convenzione in esame, come il sommerso rappresentato dalle donne straniere, le donne migranti, particolarmente vulnerabili perché impiegate in ambienti domestici o esposte al ricatto economico e del permesso di soggiorno; la necessità di percorsi di fuoriuscita a tutela della privacy della vittima; la risarcibilità del danno sessuale di cui i giudici del lavoro dovranno tener conto; la doverosità degli interventi degli ispettorati del lavoro senza margini per libere valutazioni da parte dei singoli ispettorati o singoli ispettori e con piena considerazione delle prove presuntive, atteso che in tale ambito non possono essere richieste prove in senso tradizionale e, inoltre, la centralità della formazione per datori di lavoro, lavoratori, sindacati, come pure per i magistrati.

Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, mi preme informare quest'Aula che oggi nessun Paese firmatario ha ancora completato l'iter di ratifica che risulta in corso, oltre che in Italia, anche in Belgio, in Francia, Spagna, Svezia ma pure in Islanda e in Montenegro, oltre che in importanti Paesi africani come la Namibia e lo Zambia o sudamericani, in cui è presente una consistente comunità di connazionali, come l'Argentina, l'Uruguay e il Perù.

Considero, infine, molto importante che la Commissione europea abbia avanzato una proposta di decisione del Consiglio dell'Unione europea che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell'interesse dell'Unione europea, la Convenzione n. 190 sulla violenza e le molestie, dell'Organizzazione internazionale del lavoro, in quanto appunto viene considerata strumento conforme a quegli articoli del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che rappresentano la principale base giuridica del diritto dell'Unione relativo alla salute e alla sicurezza sul lavoro e alla parità tra uomini e donne nell'occupazione e nell'impiego.

Per tutte queste ragioni, signor Presidente, auspico che, coerentemente con il lavoro approfondito e organico svolto in Commissione, il nostro Paese possa essere tra i primi a ratificare questa importante Convenzione, come accadde nella scorsa legislatura con la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, e soprattutto che, in sede di attuazione di questi impegni internazionali, Parlamento e Governo adottino tutte le iniziative necessarie per assicurare, in ogni luogo di lavoro, una tolleranza zero verso fenomeni di violenza e di sfruttamento (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la Vice Ministro Sereni.

MARINA SERENI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. La Convenzione di cui stiamo parlando, sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, è stata adottata, come ha già detto la relatrice, quasi un anno fa, lo scorso giugno, in occasione della centottesima sessione della Conferenza internazionale dell'Organizzazione internazionale del lavoro, nel contesto appunto delle celebrazioni del centenario della fondazione dell'Organizzazione stessa. In quella sede è stato espresso un consenso molto ampio, non solo da parte dei rappresentanti dei Governi, ma anche delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro dei centottantasette Stati membri del dell'ILO. Ad oggi, nessun Paese ha ancora ratificato, come è già stato detto, e penso che sia un onore che l'Italia, anche grazie all'impulso dell'onorevole Boldrini, possa essere la prima a farlo, in linea con le priorità e l'attenzione del Governo alla materia. L'Italia ha partecipato attivamente durante i lavori preparatori che si sono svolti negli ultimi due anni e nella sede della conferenza, a Ginevra, all'elaborazione dei testi della Convenzione, considerandone rilevante il contenuto di valore, civiltà e rispetto della persona delle lavoratrici e lavoratori in senso ampio.

La Convenzione ha un carattere innovativo, come è già stato detto e omnicomprensivo; prevede che la violenza e le molestie siano vietate, prevenute e affrontate nella legislazione e nelle politiche pertinenti, nonché attraverso la contrattazione collettiva. L'ordinamento italiano su queste tematiche, è già stato detto, presenta una normativa già avanzata e diversificata, che affronta queste questioni sotto il profilo dell'uguaglianza e della non discriminazione e anche sotto il profilo della sicurezza e della salute sul lavoro, tuttavia le competenti amministrazioni hanno già avviato l'istruttoria al fine di verificare, anche con il coinvolgimento delle parti sociali, la eventuale necessità di introdurre norme di adattamento al nostro ordinamento giuridico al fine di elevare ulteriormente gli standard di tutela e di promozione dei diritti nel nostro ordinamento sotto questo profilo.

Quindi, io ringrazio di nuovo l'onorevole Boldrini per aver promosso questa ratifica in tempi così diciamo brevi e mi auguro che il Parlamento voglia dare seguito a questa iniziativa.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rotta. Ne ha facoltà.

ALESSIA ROTTA (PD). Grazie, Presidente, Governo. Secondo l'indagine sulla violenza contro le donne condotta dall'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, nell'Unione europea una donna su due dichiara di aver subìto una qualche forma di molestia sessuale almeno una volta dall'età di 15 anni. Su tutti i casi di molestie sessuali, nel 32 per cento dei casi segnalati il molestatore è collegato al luogo di lavoro della donna; spesso si tratta di un collega, di un capo, di un cliente. Purtroppo sappiamo anche che l'80,9 per cento delle donne che subiscono molestie sul lavoro non denunciano, ed è un aspetto legato a questioni di vulnerabilità della vittima, non solo per una questione di genere, ma anche e soprattutto per via dello squilibrio di potere che si verifica troppo spesso sul luogo di lavoro.

Come hanno spiegato Francesca Bettio ed Elisa Ticci, nello studio sui dati raccolti dalla European Union Agency for Fundamental Rights, dell'Unione europea, se maggiori livelli di istruzione e di emancipazione economica corrispondono a una più alta probabilità per le donne di uscire da situazioni di violenza domestica, allo stesso tempo queste coincidono con una maggiore esposizione a molestie e ricatti sul posto di lavoro, specialmente se nei posti di lavoro ancora permangono profonde iniquità, a partire, per esempio, dal tema della retribuzione, non solo, ma anche della distribuzione dei ruoli delle apicalità, come ben sappiamo e come abbiamo più volte denunciato, come gruppo parlamentare, anche in questo Parlamento, in ogni occasione.

Nel nostro Paese, è il 9 per cento delle donne ad aver subito molestie fisiche o ricatti sessuali mentre stava lavorando, un numero impressionante: si tratta di 1.404.000 in tutto, 425 mila solo nei tre anni precedenti le interviste condotte nel biennio 2015-2016 dall'Istat, che nel 2018 ha diffuso i risultati della prima indagine nazionale sul tema; e, più nello specifico, sono 1.173.000 le donne che hanno dichiarato di essere state ricattate sessualmente nel corso della propria carriera per essere assunte, per mantenere il posto di lavoro o per ottenere progressioni; 167 mila a subire i ricatti di questo tipo nei tre anni precedenti l'indagine. Al momento dell'assunzione sono state colpite più frequentemente le impiegate, 37,6 per cento e le lavoratrici nel settore del commercio e dei servizi, 30,4 per cento. Non tutti gli ambienti di lavoro sono uguali; ce ne sono alcuni di più tossici, quelli a prevalente presenza maschile, ad esempio, dove è più difficile per una donna fare carriera o quelli fortemente schiacciati sui ruoli tradizionali. Non è un caso se nell'indagine dell'Istat la quota maggiore delle vittime lavorava o cercava lavoro nel settore delle attività scientifiche e tecniche o in quello del lavoro domestico.

Nel 2017 la campagna #MeToo, partita dalle attrici del cinema di Hollywood che hanno fatto nomi e cognomi di personaggi inclini a utilizzare e molestie e ricatti sessuali nei processi di selezione e carriera e sconfinata oltre Oceano fino a coinvolgere le studentesse delle università europee, ha contribuito a portare all'attenzione del mainstream un meccanismo molto esteso e fino ad allora nascosto e molto capillare. In Italia, un gruppo di ricercatrici ha monitorato più di due milioni di tweet per arrivare ad una definizione condivisa di molestia sessuale sul lavoro e di individuarne i costi in termini di danni economici per le lavoratrici e per le organizzazioni, ma io voglio dire anche per tutta la società perché, come sappiamo bene, le disparità che riguardano anche il mondo del lavoro, ma anche i diritti delle donne, poi affliggono tutta la società sotto ogni profilo, e non solo quello economico evidentemente, perché una società dove le donne non hanno il giusto riconoscimento è una società semplicemente che progredisce meno, a partire dai valori. Da questo lavoro, dicevo, di analisi delle ricercatrici italiane è nata una pubblicazione appena diffusa dalla Foundation for European Progressive Studies, che mette in luce come i movimenti dal basso possano contribuire concretamente alla trasformazione sociale. Noi naturalmente, come Partito Democratico, ci crediamo molto.

Anche nelle università le donne avanzano a fatica e, così come nei Parlamenti, sono tante alla base e poche ai vertici delle carriere. Studi recenti, come quello realizzato dal The National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine e presentato a Washington nel 2018 o le indagini dell'Unione interparlamentare hanno spiegato come questo sia dovuto soprattutto all'inquinamento culturale della politica e della scienza, che porta anche le più ambiziose ad ammalarsi e rinunciare alla carriera dopo anni di pressioni basate sul sesso. Questo studio ha sollecitato istituti di ricerca e università considerare le molestie sessuali in accademia alla stregua del plagio e della falsificazione dei dati; consideriamo questo naturalmente una conquista. Il mercato continua ad essere fortemente sessista ed omofobico e, nonostante la discriminazione in materia di occupazione sulla base dell'orientamento e l'identità sessuale come di altre diversità sia vietata da diverse direttive europee, le donne e le persone LGBT si trovano, di fatto, ad affrontare discriminazioni nei processi di reclutamento e nell'occupazione, come da tempo mostrano i dati di Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, e come di recente ha confermato la prima Convenzione internazionale per il contrasto alle molestie sul lavoro.

Finalmente, finalmente come ricordava la collega e relatrice Boldrini, il 21 giugno scorso, nel centenario della creazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro, è stata adottata la Convenzione sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, che costituisce il primo strumento internazionale che introduce norme in materia di violenza e molestie legate al lavoro, e questo per noi è uno strumento indispensabile per tutelare il diritto di tutti e tutte ad un luogo di lavoro libero dalla violenza e dalle molestie.

Una volta adottata, questa decisione sarà di ausilio agli Stati membri, per definire misure contro la violenza e le molestie sui luoghi di lavoro. Perché la violenza nei confronti delle donne sul luogo di lavoro riguarda tutte, ma soprattutto tutti noi, le intere nazioni. Certamente le vittime sono coloro che soffrono maggiormente, ma anche i loro colleghi e le loro équipe lavorative subiscono conseguenze. La Convenzione internazionale è la soluzione giuridica, che fa in modo che uomini e donne non subiscano violenze e molestie sul luogo di lavoro. Ratificare questa Convenzione significa fare semplicemente la nostra parte, al fine di ottenere un cambiamento reale per la parità di genere, ma, vogliamo dire, per la società tutta.

La ratifica della Convenzione, dunque, è un passo fondamentale, perché riconosce che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro possono costituire una violazione e un abuso dei diritti umani. È una minaccia per le pari opportunità, è inaccettabile, è incompatibile con il lavoro dignitoso. Il Trattato internazionale definisce violenza e molestie come un insieme di comportamenti, pratiche e minacce, che mirano a provocare o sono suscettibili di provocare danni fisici, psicologici, sessuali, economici.

Con la ratifica di questo provvedimento dell'OIL, si ottiene un concreto risultato, in termini di attenzione nei confronti degli atti di violenza e aggressione sui luoghi di lavoro, negli uffici, nelle fabbriche, nei campi, nelle strutture sanitarie, nelle strade per i venditori ambulanti, la casa nel caso delle lavoratrici domestiche, ma anche nel tragitto casa-lavoro, quando si viaggia per motivi di lavoro o, ancora, quando si seguono dei corsi di formazione in luoghi diversi dai locali in cui viene svolta l'attività lavorativa.

Il modo più efficace, per eliminare violenze e molestie nel mondo del lavoro, è prevenendole. La Convenzione impone per questo l'obbligo agli Stati di esigere dai datori di lavoro che prendano misure, volte a prevenire l'insorgere di comportamenti e pratiche inaccettabili. Tali misure comprendono anche l'adozione di politiche per un ambiente di lavoro esente da violenze e molestie e la valutazione di eventuali rischi di violenze e molestie e la conduzione di attività di informazione e di formazione, per gli impiegati e tutte le persone interessate.

La Convenzione riconosce inoltre che, sebbene tutti i datori abbiano il dovere di assicurare un ambiente di lavoro esente da violenza e molestie, la natura e l'estensione delle misure prese a tal fine dipendono dalle possibilità e dai mezzi che si hanno a disposizione. Ma, quando la violenza e le molestie si manifestano, la Convenzione contempla procedure di controllo e di esecuzione della legge, misure di ricorso, così come attività di informazione, formazione e sensibilizzazione in questo campo.

Senza rispetto, non c'è dignità sul lavoro e, senza dignità, non c'è giustizia sociale. Questa è la prima volta che viene adottata una Convenzione e una raccomandazione sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro. Ora abbiamo una definizione concordata, unanimemente concordata, di violenza e molestie. Sappiamo qual è la strada da seguire e le azioni da intraprendere per prevenire e contrastare il fenomeno. Speriamo che questi nuovi strumenti normativi ci portino verso un futuro del lavoro, come quello che immaginiamo, come quello che vogliamo.

La nuova norma internazionale del lavoro mira a proteggere i lavoratori, indipendentemente dal loro status contrattuale, e include anche, come ricordava sempre Boldrini, le persone in formazione, tirocinio, apprendistato, lavoratori ai quali è stato terminato il rapporto di lavoro, volontari, persone in cerca di lavoro e candidati al lavoro. Perché sappiamo molto spesso che le violenze e le molestie avvengono anche nel momento del reclutamento. Riconosce che le persone, che esercitano autorità, doveri e responsabilità proprie di un datore di lavoro, possono essere - mi avvio alla conclusione, Presidente - anch'esse soggette a violenze e a molestie.

La Convenzione riconosce che la violenza e le molestie sul lavoro possono rappresentare una violazione e un abuso dei diritti umani, una minaccia alle pari opportunità. Perciò, è una questione che riguarda i diritti umani, così come la salute, l'istruzione, le problematiche legali e socio-economiche.

Ci sono anche, naturalmente, interessi di carattere imprenditoriale, per l'eliminazione della violenza contro donne e uomini. I costi, infatti, che la violenza comporta per le imprese, includono assenteismo, aumento del ricambio del personale, prestazioni lavorative e produttività inferiore. Per i lavoratori può comportare stress elevato, naturalmente, disabilità e persino la morte. Perciò le potenziali conseguenze sulla salute, sul benessere e sui sistemi di sicurezza sociale, possono essere evitate attraverso la promozione di una gestione integrata di politiche di sicurezza sul lavoro. Il nostro obiettivo, infatti, deve essere quello di un'occupazione piena e produttiva, di un lavoro dignitoso per tutte le donne, le donne e gli uomini, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Lorenzo. Ne ha facoltà.

RINA DE LORENZO (M5S). Grazie, Presidente, Governo, onorevoli colleghi, il 21 giugno 2019 resterà una data storica, perché segna l'adozione, da parte della Conferenza internazionale del lavoro, del primo strumento internazionale sull'eliminazione della violenza e delle molestie nei luoghi di lavoro, la Convenzione n. 190, che nasce da un incessante lavoro di ricerca e di analisi comparata delle leggi e delle pratiche nazionali, in materia di violenza e molestie sul lavoro, in ben oltre ottanta Paesi del mondo, una Convenzione che, per la sua portata storica, rappresenta un ponte tra il presente e il passato, che disegna un mondo del lavoro libero da violenze, in cui nessun lavoratore sia obbligato a dover scegliere, se continuare a lavorare o smettere di farlo per non subire violenze e molestie nei luoghi di lavoro, una Convenzione, dunque, rivoluzionaria, anche per il campo di applicazione, che si estende, non solo ai lavoratori dipendenti, ma a tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro status contrattuale. Gli apprendisti, i tirocinanti, i volontari e anche il mondo del lavoro riflesso è declinato all'interno della Convenzione, in maniera molto vasta. Parliamo di uffici, di fabbriche, di campi, di strade e persino della casa, che oggi, con l'utilizzo dello smart working, impegnato in emergenza COVID, può rappresentare un luogo in cui si perpetrano violenze ai danni dei lavoratori.

Dunque, la Convenzione punta alla prevenzione del fenomeno, ma ha uno sguardo attento a cogliere gli abusi sulle donne, prevedendo interventi sulle cause che soggiacciono a tali violenze, come l'abuso di rapporti di potere diseguali, le norme sociali e culturali su cui poggiano i pregiudizi rivolti alle donne, con l'obiettivo di dare reale applicazione al principio di non discriminazione e di eguaglianza, ben consapevoli che nessuna violenza può trovare giustificazione in nome dell'onore, delle ideologie, delle credenze religiose e culturali. Un documento, dunque, di portata storica, che promuove un approccio inclusivo, integrato e rispondente al genere, per prevenire e affrontare la violenza sui luoghi di lavoro, invitando gli Stati ad adottare ogni strumento normativo, per assicurare tolleranza zero verso ogni forma di violenza.

I luoghi di lavoro, signor Presidente, sono un'opportunità di riscatto sociale ed economico. Non possono generare condotte in grado di minare la dignità stessa dell'individuo, in quanto persona e lavoratore, alimentando squilibri che penalizzano le donne lavoratrici, dal gender gap nei salari alla ridotta presenza femminile nelle posizioni apicali delle imprese, allo squilibrio nella distribuzione tra uomini e donne dei lavori non retribuiti di cura familiare.

L'emergenza COVID ha stravolto la vita del pianeta, ma non i ruoli in famiglia, esasperando dunque gli squilibri, con un carico extra in capo alle donne: madri a tempo pieno, assistenti sanitarie per i familiari disabili con le scuole chiuse; lavoratrici senza nemmeno la pausa caffè; e, di nuovo, casalinghe, che la pandemia rischia di far ripiombare nei ruoli tradizionali, da anni Cinquanta del secolo scorso.

Al lavoro delle donne e al loro genio Papa Wojtyla rivolgeva il suo elogio, nella lettera scritta nel 1995, e alle sue qualità intrinseche dell'essere donna, con un'ontologica differenza con il genere maschile, in cui sta proprio la genialità. Parole rivoluzionare, rispetto ad un'eredità storica scandita, nel mondo del lavoro, da condizionamenti e stereotipi di genere, che hanno reso difficile il cammino della donna lavoratrice.

Occorre continuare ad investire su una cultura che consideri la conciliazione vita-lavoro, non già un mero affare femminile, perché a questo livello si giocano i diritti, e i diritti di tutti i cittadini. La violenza nel mondo del lavoro è una questione che riguarda i diritti umani e che lede la dignità della persona, violando il principio di eguaglianza, riconosciuto dall'articolo 3 della nostra Costituzione. Ed è proprio questo il passo che noi ci accingiamo a compiere, perché questo principio trovi piena attuazione.

È questa la sfida contenuta nella Convenzione del 29 giugno 2019, che dobbiamo portare avanti, affinché si diffonda la consapevolezza dell'esistenza di un nesso inequivocabile tra lo squilibrio tra i generi nella gestione del potere e le molestie, affinché non vi siano luoghi decisionali declinati esclusivamente al plurale maschile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2207)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice e la rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

SABRINA DE CARLO (M5S). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Lei risulta relatrice del prossimo provvedimento e non risulta iscritta su questo. Se lo avessi saputo prima le avrei dato la parola, però, francamente, nessuno ha avvisato la Presidenza.

Discussione del disegno di legge: S. 1376 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array, con Allegati, fatta a Roma il 12 marzo 2019 (Approvato dal Senato) (A.C. 2360).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2360: Ratifica ed esecuzione della Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array, con Allegati, fatta a Roma il 12 marzo 2019.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2360)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Sabrina De Carlo.

SABRINA DE CARLO, Relatrice. Grazie, Presidente. L'osservatorio Square Kilometre Array, istituito dalla Convenzione oggetto di ratifica, è un'organizzazione internazionale con personalità giuridica aperta all'adesione di nuovi membri o associati, cui attualmente partecipano 13 Stati, avente come obiettivo la costruzione e la gestione dell'operatività dello SKA.

Si tratta di un progetto internazionale di rilevamento di onde radio mediante un radiotelescopio in costruzione in Australia e in Sudafrica, finalizzato a sondare lo spazio profondo. L'infrastruttura, in via di costruzione, sarà costituita da una rete di antenne operanti su diverse frequenze dello spettro radio, geograficamente distribuite nel Nord del Sudafrica e nell'Ovest dell'Australia, e collegate tra loro attraverso un sistema di fibre ottiche in maniera da poter raccogliere e analizzare i segnali in maniera sincrona, come se fossero raccolti da un singolo grande radiotelescopio, la cui superficie di raccolta sarà delle dimensioni equivalenti a un chilometro quadrato.

Il radiotelescopio, che, una volta costruito, sarà il più grande al mondo, potenzierà di 50 volte la capacità massima osservativa dell'universo oggi esistente nella banda radio e consentirà di effettuare osservazioni simultanee di diverse zone del cielo, garantendo anche importanti applicazioni nel campo della telefonia mobile mediante l'ottimizzazione dell'uso della banda radio destinata alle comunicazioni cellulari.

L'Italia partecipa al progetto sin dal 2000 tramite l'Istituto nazionale di astrofisica, INAF, e ha aderito alla fondazione della preesistente SKA Organisation, la società di diritto inglese alla quale diverse agenzie nazionali dei Paesi aderenti hanno affidato il compito di predisporre gli aspetti tecnici dell'infrastruttura. Il coinvolgimento dell'INAF nel progetto SKA è stato pensato sin dai primi anni come un volano non solo scientifico, ma anche economico e industriale, stante il coinvolgimento di numerose imprese italiane di settore.

La Convenzione, che si compone di 20 articoli e di due allegati, dopo avere offerto un quadro delle definizioni utilizzate, istituisce l'organizzazione internazionale predetta, dotata di personalità giuridica e con sede nel Regno Unito, definendone altresì finalità, privilegi e immunità.

Scopo dell'organizzazione è la promozione di una collaborazione globale nel campo della radioastronomia, con l'obiettivo prioritario di produrre scienza innovativa ed implementare il progetto SKA.

Il testo convenzionale illustra, quindi, i requisiti tecnici fondamentali che il radiotelescopio dovrà soddisfare e le diverse fasi realizzative del programma, prescrivendo altresì le modalità di partecipazione e le altre forme di cooperazione allo SKA da parte di Stati e altre organizzazioni internazionali.

I successivi articoli disciplinano gli organi di governo dell'organizzazione, delineando in dettaglio i poteri, la composizione e i compiti del consiglio, massimo organo direttivo della struttura, e del direttore generale, quale amministratore delegato e rappresentante legale dell'organizzazione.

Il Consiglio, in particolare, in cui siedono due rappresentanti per Stato membro, di cui uno solo con diritto di voto, ha la responsabilità della direzione scientifica e strategica dell'organizzazione e ha il potere di nomina del direttore generale, di approvazione delle politiche e dei rapporti periodici, nonché di stabilire un comitato finanziario in cui ciascun membro sia rappresentato.

La Convenzione regola quindi gli aspetti finanziari, definisce la politica relativa alla proprietà intellettuale, il concetto di acquisizione di beni e di servizi e stabilisce il principio che l'accesso al tempo osservativo dei telescopi di SKA e a tutte le risorse del progetto sia proporzionale alle quote di contribuzione dei membri e degli associati.

Ulteriori articoli disciplinano le modalità per risolvere eventuali controversie interpretative o applicative fra i diversi membri, per emendare il testo convenzionale, per uscire dall'organizzazione, per risolvere la struttura e per gestire il mancato rispetto da parte di un membro delle obbligazioni contratte.

I due protocolli allegati alla Convenzione disciplinano infine i privilegi, le immunità e gli aspetti finanziari della nuova organizzazione internazionale. Il disegno di legge di ratifica della Convenzione, già approvato dal Senato, consta di cinque articoli.

Con riferimento agli oneri economici derivanti all'attuazione del provvedimento, l'articolo 3 li valuta in 12 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2029.

Mi preme sottolineare la rilevanza di questo provvedimento di ratifica, che fa riferimento a un Accordo internazionale particolarmente significativo per il nostro Paese, che vanta una notevole tradizione nel campo della radioastronomia e che è coinvolto in numerosi progetti internazionali in materia.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo.

MARINA SERENI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. L'osservatorio SKA, che è destinato a diventare il più potente radiotelescopio diffuso al mondo, nonché il maggior progetto scientifico pubblico mai realizzato, nasce come un progetto profondamente italiano.

Tutto il percorso negoziale, infatti, dalla sua ideazione fino alla firma del Trattato che oggi esaminiamo, e che sigla il passaggio da società privata di diritto britannico ad organizzazione internazionale, è stato gestito ed ospitato dal nostro Paese grazie ad una sinergia efficace tra il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero dell'Istruzione e l'Istituto Nazionale di Astrofisica.

La ratifica è dunque necessaria per consentire al nostro Paese di mantenere un ruolo di protagonista nelle delicate fasi di passaggio dalla società privata di diritto britannico all'organizzazione internazionale prevista dalla Convenzione.

L'interesse italiano a ratificare tempestivamente la Convenzione SKA è triplice. In primo luogo, secondo quanto previsto dall'articolo 19, il Trattato entrerà in vigore in seguito al perfezionamento dei rispettivi iter di ratifica da parte di Regno Unito, dove l'organizzazione avrà sede, Australia e Sudafrica, Paesi che ospiteranno i due siti del radiotelescopio, e due ulteriori firmatari. Questi cinque Stati membri entreranno da subito a far parte del consiglio direttivo, che procederà all'approvazione del piano di finanziamento sul quale l'Italia, in virtù del ruolo sin qui svolto, deve potersi pronunciare.

Segnalo che Paesi Bassi e Sudafrica hanno già ultimato le proprie procedure di ratifica, mentre gli altri due Paesi che ospitano i telescopi, cioè Regno Unito e Australia, sarebbero intenzionati a procedere entro breve.

Il secondo motivo per cui teniamo a questa ratifica e alla sua tempestività è che il nostro Istituto nazionale di astrofisica, che rappresenterà l'Italia in seno al consiglio direttivo, potrà così mantenere una posizione fondamentale all'interno dell'organizzazione a livello tecnico e scientifico, testimoniando ancora una volta l'eccellenza della ricerca d'avanguardia italiana.

Infine, una rapida ratifica del Trattato darà ulteriore slancio alla diplomazia scientifica del nostro Paese, canale privilegiato per il rafforzamento delle nostre relazioni internazionali e per ribadire il ruolo centrale dell'Italia in progetti di prim'ordine per lo sviluppo dell'intera umanità.

PRESIDENTE. Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà a partire dalle ore 16 con l'esame delle mozioni concernenti iniziative volte al superamento delle limitazioni delle libertà costituzionalmente garantite e delle criticità normative emerse in relazione alla gestione dell'emergenza del COVID-19. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 16,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della costituzione della Commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti.

PRESIDENTE. Comunico che in data 12 maggio 2020 la Commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti, di cui all'articolo 3 del regio decreto 2 gennaio 1913, n. 453, ha proceduto alla propria costituzione.

Sono risultati eletti: presidente, il deputato Sestino Giacomoni; vicepresidente, il deputato Nunzio Angiola.

In morte dell'onorevole Gaetano Gorgoni.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Gaetano Gorgoni, già membro della Camera dei deputati dalla IX alla XI legislatura.

La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,08).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione delle mozioni Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi ed altri n. 1-00346 e Davide Crippa, Delrio, Boschi, Fornaro ed altri n. 1-00348 concernenti iniziative volte al superamento delle limitazioni delle libertà costituzionalmente garantite e delle criticità normative emerse in relazione alla gestione dell'emergenza da COVID-19.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi ed altri n. 1-00346 e Davide Crippa, Delrio, Boschi, Fornaro ed altri n. 1-00348 concernenti iniziative volte al superamento delle limitazioni delle libertà costituzionalmente garantite e delle criticità normative emerse in relazione alla gestione dell'emergenza da COVID-19.

Ricordo che nella seduta di lunedì 11 maggio 2020 si è svolta la discussione sulle linee generali.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

Prego, colleghi. Per favore, un po' di silenzio. Prego, Ministro.

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, colleghi deputati, questo Governo è consapevole che i provvedimenti assunti a causa dell'epidemia hanno gravemente inciso sulle libertà fondamentali che la Costituzione riconosce ai cittadini. Sappiamo di aver dovuto comprimere i diritti in una misura senza precedenti nella storia della Repubblica. È stato doloroso per tutti, e vi assicuro che lo è stato per il Governo, per il Presidente del Consiglio e per me personalmente limitare la libertà di circolazione e soggiorno, la libertà di riunione, la libertà di culto, la libertà di impresa, il diritto al lavoro, come sottolineato da entrambe le mozioni presentate.

Non auguro a nessun Governo futuro di dover adottare provvedimenti simili a quelli che questo Governo ha dovuto prendere. Sono, tuttavia, tempi nei quali occorre assumere “decisioni tragiche”, secondo l'espressione che ha già usato il Presidente del Consiglio ricordando un celebre lavoro di Guido Calabresi, decisioni tragiche che, per di più, hanno dovuto essere assunte in tempi rapidissimi. Diversamente, del resto, non sarebbero risultate efficaci.

L'epidemia in corso ha posto il Governo, il Parlamento, le forze politiche e sociali, ciascuno per le sue responsabilità, esattamente di fronte alla necessità di assumere decisioni di questo tipo. Ecco la scelta che il Governo ha dovuto compiere: garantire la salute di singoli e collettività, limitando le libertà che richiedono contatto fisico tra le persone, oppure lasciare inalterate le altre libertà costituzionali, con la conseguenza di mettere a rischio la salute e, in definitiva, la vita dei cittadini. Il Governo ha optato per l'unica scelta compatibile con la nostra Costituzione: cercare di salvare la vita e garantire la salute delle persone, comprimendo le altre libertà costituzionali, solo, però, nel rispetto rigoroso dei limiti che la stessa Carta costituzionale ammette. L'intervento del Governo sulle libertà costituzionali, pertanto, si è ispirato a questi principi. In primo luogo, gli interventi limitativi delle libertà sono tutti di carattere temporaneo, così ogni provvedimento nell'ambito del periodo di emergenza può durare al massimo 30 giorni.

Se l'emergenza determina un protrarsi dello stato di necessità…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. …il provvedimento verrà, infatti, obbligatoriamente rinnovato sulla base di una nuova e attenta valutazione dei diritti costituzionali in gioco.

In secondo luogo, gli interventi sono stati adottati solo nella misura necessaria. Così il diritto di circolazione, per esempio, non è mai stato limitato integralmente, perché è sempre stato possibile spostarsi per ragioni di lavoro, di salute e di necessità. I diritti per cui non vi era necessità di compressione, invece, non sono stati intaccati, come nel caso della libertà di manifestazione del pensiero quando non richiede la compresenza di più persone nello stesso luogo. Del resto, il limite della necessità dell'intervento è stato analogamente rispettato in tutti gli altri ordinamenti liberaldemocratici. Lo stesso non è, invece, accaduto in altre esperienze internazionali che hanno travalicato questo limite, non solo in Cina, ma anche in taluni Paesi europei come nel caso dell'Ungheria.

In terzo luogo, si è rispettato il principio di gradualità. I diritti sono stati limitati in misura progressivamente più rigorosa, sulla base delle valutazioni tecnico-scientifiche relative all'evoluzione dell'epidemia e il peso di tali valutazioni non è mai stato un modo di trasferire ad altri la responsabilità delle decisioni. Il riferimento alle valutazioni tecnico-scientifiche, invece, ha sempre costituito il metro delle decisioni governative. Del resto, la limitazione della libertà non poteva essere frutto di un'arbitraria valutazione politica del Governo; doveva, invece, trovare la sua giustificazione nella situazione di fatto, nelle indicazioni scientifiche e nella capacità di risposta del sistema sanitario.

Sulla base dello stesso principio di gradualità poi stiamo garantendo una progressiva riespansione delle libertà costituzionali. Un primo passo in questa direzione, del resto, già è stato fatto con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile e un ulteriore e più significativo progresso è rappresentato dal decreto-legge n. 33 del 16 marzo 2020.

In quarto luogo, le misure sono state ispirate al principio di proporzionalità e ragionevolezza, salvaguardando sempre il contenuto essenziale dei diritti. È stata limitata, ad esempio, la libertà di culto in relazione alle celebrazioni religiose, ma solo quando queste richiedessero la presenza fisica dei fedeli. I luoghi di culto non sono mai stati chiusi e oggi le stesse celebrazioni religiose con la presenza dei fedeli si possono svolgere nel rispetto dei protocolli concordati con le diverse confessioni religiose. Il Governo, inoltre, nell'adottare le misure per il contenimento del virus ha sempre tenuto conto dei limiti procedurali previsti dalla Costituzione e, in particolare, si è tenuto conto della veste legislativa o amministrativa dell'atto che contiene limitazioni della libertà. La Costituzione, con riferimento alla limitazione dei diritti che si è dovuta adottare…

PRESIDENTE. Colleghi, colleghi, per favore, un po' di silenzio. Scusi, Ministro. Colleghi! Prego.

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. …non dispone riserve di legge assoluta, come sostenuto dalla mozione dell'opposizione. Se così fosse non vi sarebbe stato spazio per atti amministrativi, il che sinceramente sarebbe stato eccessivo perché avrebbe impedito non solo al Governo, ma anche alle regioni e ai comuni di operare con la dovuta efficacia in relazione alle libertà oggetto di limitazioni. La Costituzione dispone, invece, di riserve relative: si lascia spazio, cioè, agli atti amministrativi, purché siano fondati su una disciplina di fonte primaria sufficientemente dettagliata. Basti considerare l'articolo 16 della Costituzione in materia di libertà di circolazione e soggiorno, che può subire le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Richiedere che la legge disciplini tali limitazioni in via generale lascia evidente spazio all'atto amministrativo per ogni regolamentazione non generale. Si tratta di una considerazione importante perché, ovviamente, implica conseguenze rilevanti sui rapporti tra Parlamento e Governo in relazione alle misure di contrasto alla pandemia.

Nel processo di adozione di queste misure il Governo ha, dunque, tenuto sempre conto che la loro legittimità sostanziale deriva dal consenso del Parlamento. Il Parlamento, infatti, è l'unico organo dello Stato in cui i cittadini sono rappresentati e per questo il Parlamento è l'unica fonte della legittimazione politica e giuridica del Governo stesso. Per questa ragione, già in riferimento al primo intervento, il Governo non si è accontentato di fondare la loro base legale sui poteri di sanità o di protezione civile, già riconosciuti dalla legge. Su tali basi il Governo avrebbe potuto operare tramite atti amministrativi, che, in quanto tali, sarebbero risultati sottratti al governo parlamentare.

Il Governo, vista la straordinarietà della situazione, ha, invece, subito adottato il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, in modo tale da garantire il coinvolgimento del Parlamento. Le Camere hanno prontamente convertito il decreto-legge nella legge 5 marzo 2020, n. 13…

PRESIDENTE. Colleghi! Deputato Sasso, per favore, la mascherina e anche un po' di silenzio, grazie. Prego.

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. …approvata da una larghissima maggioranza parlamentare, comprendente anche le forze di opposizione. Per questo ampio sostegno il Governo è davvero grato a tutte le forze politiche e parlamentari, a partire proprio dalle minoranze.

Nell'evolversi dell'emergenza il Governo ha poi perfezionato il sistema normativo per l'adozione delle misure di contenimento della diffusione del virus in modo da consentire che il Parlamento possa intervenire con efficacia sempre maggiore. Da tale approccio nasce il decreto-legge n. 19 del 2020, che la Camera ha recentemente approvato apportandovi importanti miglioramenti. Il decreto, in primo luogo, ha ulteriormente tipizzato gli interventi da adottarsi con atto amministrativo. Ne risulta così circoscritta la discrezionalità del Governo e di ogni altra autorità regionale e locale. In secondo luogo, il decreto-legge ha limitato la possibilità di intervento entro il termine invalicabile del 31 luglio. Un'eventuale proroga dello stato di emergenza non determinerà, pertanto, un'automatica estensione dei poteri straordinari previsti dal decreto stesso. In terzo luogo, il testo ha previsto che i decreti del Presidente del Consiglio siano trasmessi alle Camere. In quarto luogo, soprattutto, si è previsto che il Presidente del Consiglio illustri alle Camere, con cadenza almeno quindicinale, le misure adottate. Il dialogo tra i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione con il Governo ha consentito, infine, di approvare in quest'Aula un importante emendamento volta ad assicurare nella “fase 2” di lotta al Coronavirus un maggior coinvolgimento parlamentare.

PRESIDENTE. Colleghi…

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Le misure…

PRESIDENTE. Colleghi, scusi Ministro. Colaninno, Fregolent…per favore, per favore… colleghi, datemi una mano nel far rispettare il silenzio. Prego.

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Le misure potranno continuare ad essere assunte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; esse, però, dovranno essere illustrate alle Camere prima di essere adottate, cosicché i parlamentari possano indirizzare con tempestività il Presidente del Consiglio. Nei casi di particolare urgenza, tuttavia, il passaggio parlamentare del Presidente del Consiglio potrà essere successivo all'adozione del decreto.

Infine, a seguito del miglioramento della situazione epidemiologica, le residue misure di restrizione delle libertà di circolazione sono state recepite nel decreto-legge del 16 maggio, che ha fatto cessare l'efficacia di buona parte di quelle assunte in precedenza, con decreto del Presidente del Consiglio, attraverso ordinanze regionali. Con tale decreto-legge, quindi, si è decisamente imboccata la strada che porta a privilegiare la fonte primaria, come richiesto dalle mozioni in votazione oggi. In questo modo, dunque, il controllo parlamentare sulle misure limitative della libertà si è esteso il più possibile.

In conclusione, lo Stato costituzionale di diritto non è stato violato, né sostanzialmente né proceduralmente. Sul piano sostanziale, il Governo ha dovuto decidere, con provvedimenti di straordinaria urgenza, di limitare molte libertà dei cittadini, ma ha assicurato che tali limitazioni fossero circoscritte a quelle necessarie, fossero temporanee e si ispirassero ai principi di gradualità, proporzionalità e ragionevolezza, come previsto dalla Costituzione. Sul piano procedurale, il Governo ha assicurato il coinvolgimento parlamentare, compatibilmente con la necessità di intervenire tempestivamente, ma sempre rispettando le prescrizioni costituzionali.

Vale la pena ricordare che il Presidente del Consiglio è intervenuto alla Camera il 25 marzo, il 21 e 30 aprile, mentre è intervenuto al Senato il 26 marzo, il 21 e 30 aprile. Un nuovo passaggio parlamentare del Presidente del Consiglio è atteso, infine, per giovedì prossimo. Pertanto, do atto ai Presidenti delle Camere e a tutti i gruppi parlamentari che le misure di precauzione adottate hanno consentito che il Parlamento potesse lavorare con efficacia e assiduità maggiori di quanto avvenuto nella maggior parte degli altri Paesi.

Per queste ragioni, il Governo deve esprimere parere contrario alla mozione presentata dai deputati Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi ed altri n. 1-00346: essa contiene, infatti, una denuncia davvero sproporzionata di eversione dello Stato di diritto, denuncia che non trova alcun fondamento costituzionale; al contrario, il Governo esprime parere favorevole alla mozione Davide Crippa, Delrio, Boschi, Fornaro ed altri n. 1-00348: il parere favorevole implica l'impegno del Governo, da un lato, a una progressiva riespansione delle libertà costituzionali, compatibilmente con la tutela del diritto alla salute, dall'altro lato, a una sempre maggiore valorizzazione della centralità del Parlamento. Al di là del voto che ciascuna forza politica esprimerà, sono convinto che su queste linee di fondo concordiamo tutti, maggioranza e opposizione, e ciò ci consentirà di essere all'altezza della sfida che abbiamo di fronte (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare il deputato Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). La ringrazio, Presidente. Colgo, comunque, l'occasione per ribadire alcune questioni relative all'oggetto che stiamo discutendo, cioè una questione di rilevanza enorme non solo da un punto di vista costituzionale, ma che è strettamente legata alle modalità con cui il nostro Paese, il nostro Governo hanno fatto fronte a questa emergenza sanitaria. Io ritengo che l'impatto delle misure del Governo sulle libertà fondamentali sia strettamente connesso a due questioni nella valutazione: la legittimità…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Prego.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). Grazie, Presidente. La legittimità delle misure è strettamente legata alla proporzionalità delle stesse. Il Ministro D'Incà ci ha appena detto quello che tutti noi sapevamo, cioè di essere di fronte a una situazione che non ha precedenti, che non ha eguali; le restrizioni alle libertà dei cittadini e alle libertà fondamentali sono state pesantissime, anche queste non hanno precedenti. Il punto è che una valutazione non può essere legata solamente a una valutazione degli strumenti giuridici, degli strumenti normativi, ma deve essere legata ai parametri con i quali il nostro Governo ha deciso di intervenire e su questo c'è ancora poca chiarezza. Mi sembra di capire che nel nostro Paese, sulla questione della diagnostica e della prevenzione, ancora ogni regione va per conto suo, ancora ogni regione non deve rispondere a delle linee guida nazionali rispetto a come somministrare test e tamponi, e questa questione è strettamente legata alla valutazione dell'impatto sulle libertà fondamentali.

In ultima analisi, Presidente, vorremmo avere un po' più di attenzione e un po' più di dibattito proprio sugli aspetti diagnostici, sugli aspetti di prevenzione medica, sulle linee guida che il Governo dovrebbe dare alle regioni, anziché una attenzione esclusivamente sugli aspetti procedurali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il deputato Lupi. Prego.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, che senso ha discutere di una mozione sulle restrizioni delle libertà costituzionali dopo che queste restrizioni sono venute meno? Innanzitutto, io credo che riflettere sugli errori, su quanto accaduto non sia un esercizio inutile: serve, anche se non è automatico che succeda, a capire gli eventuali errori. Solo il Presidente del Consiglio dice che rifarebbe tutto uguale; tutti noi, se dovessimo ripensare alle cose che abbiamo fatto, modificheremmo, capiremmo dove abbiamo sbagliato, capiremmo dove poter migliorare. Non è un caso che, ancora una volta, anche oggi, dal Nord come al Sud, così come nel Governo, non si fa appello alla responsabilità, ma si fa appello alla minaccia: attenti, che chiudiamo tutto, che ritorniamo alla limitazione della libertà. Ecco, chiarirci bene su questo punto, su quali ragioni - lo ha detto il Ministro - e con quali strumenti una democrazia possa limitare le libertà fondamentali dei cittadini non è una fissazione della minoranza, è una preoccupazione di fronte alla quale non si possono fare spallucce, come dimostra, tra l'altro, un appello internazionale che ha, tra i suoi primi firmatari, persone come il premio Nobel per la letteratura Vargas Llosa, l'ex Premier spagnolo Aznar, il filosofo Savater, il politologo Angelo Panebianco. Che cosa dice questo appello? “Su entrambe le sponde dell'Atlantico risorgono lo statalismo, l'interventismo, il populismo, con un impeto che fa pensare a un cambio di modello lontano dalla democrazia liberale e dall'economia di mercato. Vogliamo esprimere, con energia, che questa crisi non deve essere fronteggiata sacrificando diritti e libertà, che è costato caro conseguire. Respingiamo il falso dilemma che queste circostanze obbligano a scegliere tra l'autoritarismo e l'insicurezza”.

Ora, tra il 9 e il 17 maggio, gli italiani hanno subito forti restrizioni della libertà: di circolazione (l'articolo 16 della Costituzione), di riunione (l'articolo 17), di associazione (l'articolo 18), di esercizio dei culti religiosi (l'articolo 19), di insegnamento e di istruzione (gli articoli 33 e 34), oltre che della libera iniziativa economica (l'articolo 41, primo comma della Costituzione) (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Questo è avvenuto - ed è un dato di fatto su cui riflettere - on decreti del Presidente del Consiglio, un uomo solo a decidere della libertà di 60 milioni di persone (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente). In questo periodo, 30 mila persone, 30 mila cittadini sono morti e non hanno avuto il diritto ad una commemorazione, ad avere la possibilità di essere accompagnati anche nell'ultimo pezzo della loro vita. Questa anomalia, questi pesanti interventi sulla libertà della persona suggeriscono - non è polemica, ma è proprio per voler confrontarci - due riflessioni: una di carattere culturale e una che riguarda il diritto, in particolare la nostra Costituzione. Sulla necessità della limitazione temporanea di fronte alla pandemia che ci ha investito non discuto, tra l'altro ne hanno già discusso gli italiani, che hanno accettato e osservato con grande senso di responsabilità.

C'è molto da dire, invece, sulla loro reiterazione, sul loro prolungamento, sulla casistica con la quale ci si è addentrati in meandri intimi e protetti come sono i rapporti tra le persone: congiunti, rapporti stabili, amici, a casa tua non puoi ricevere più di uno, due, tre, quattro persone; si è distinto tra lavoratore e lavoratore, e lo dico a chi ha fatto di questa battaglia un punto del proprio impegno politico: siamo diventati una Repubblica fondata sul lavoro di alcuni e non di altri. Quando si dice che è andato tutto bene alla riapertura, hanno aperto 70 su 100; il 70 per cento ha aperto e il 30 per cento è rimasto chiuso: dovremmo drammaticamente porci il problema su perché quel 30 per cento non ha riaperto, perché sono lavoratori a casa, sono imprenditori che chiudono, sono lavoro che mancherà. Ci è stato detto che tutto questo è per il nostro bene perché la salute viene prima di tutto: prima pensiamo alla salute e poi all'economia. Questa è la riflessione culturale: è una divisione artificiosa con la quale si alimenta la paura. Ho letto una lettera di un amico, missionario in Brasile da tantissimi anni, che vive nelle favelas, sa che cos'è la povertà e il Brasile oggi è tra le nazioni più colpite, che dice: in questo periodo vivo con un'angoscia esistenziale anche nel percepire la surreale opposizione tra il valore delle persone, salvare le vite, e quella dell'economia, salvare le imprese che il mondo offre perfino 2 mila anni dopo il cristianesimo. È una divisione questa contraria alla nostra cultura, alla nostra civiltà, alla nostra storia anche recente: non si può separare la vita dalla libertà; è un errore separare la vita della libertà. Mattia Feltri ha scritto: ricordiamoci che settantacinque anni fa si rischiava la vita per la libertà: ora si rischia la libertà per la vita. Speriamo che questo non dica qualcosa di noi. Vivere è molto di più che sopravvivere: lavorare, imparare, educare, creare rapporti, aiutare gli altri, risolvere i problemi, altro che distanziamento sociale (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente). La società, la comunità, i rapporti sono l'essenzialità di una ripresa di un Paese; dobbiamo investire su quello, non sulla paura e lo dico non nella prima fase, lo dico nella fase della ripartenza. Dobbiamo investire sulla responsabilità. Il motore di ogni ripartenza non può essere lo Stato e il suo controllo burocratico: è la libertà e la responsabilità dei cittadini sulla quale scommettere e questo è il compito della politica, che non può essere - qui dico il secondo punto su cui noi tutti abbiamo sbagliato - demandato agli esperti come il Governo purtroppo ha fatto. Finkielkraut, che è un grande filosofo francese, diceva: l'uomo moderno, quando non sa più che fare della sua vita, si rivolge agli esperti. In quest'Aula, il Presidente del Consiglio è venuto a farci una lezione tra opinione e scienza. Ebbene, questa lezione che ci ha fatto si basava su un rapporto, che poi abbiamo letto, che prevedeva ben 98 scenari. Anche la matricola studente di statistica sa che 98 scenari sono zero, non sono una previsione scientifica: noi ci siamo affidati a questi esperti, abbiamo delegato agli esperti. Uno di questi maggiori esperti, un certo Ricciardi, il 27 febbraio, sulle pagine del Corriere della Sera in prima pagina diceva: non vi preoccupate, stiamo sopravvalutando i dati, tutto è sotto controllo. Due mesi dopo, sempre sulle pagine del Corriere della Sera, minacciava: non si può riaprire, altrimenti rischiamo tutti. Chi ascoltiamo? Dove andiamo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l'Italia-USEI, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente)? È evidente che gli esperti ci danno dei suggerimenti, ma la responsabilità è della politica e perché è della politica? Perché la politica ha la visione globale di ciò che accade nella comunità: non vede un particolare, vede il globale.

Veniamo invece alla questione di diritto. Non io, ma la Presidente della Corte costituzionale, che non voglio tirare per la giacca, diceva: la Costituzione non contempla un diritto speciale per tempi eccezionali e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per navigare per l'alto mare aperto nei tempi di crisi, a cominciare proprio dalla leale collaborazione fra le istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini. La nostra Costituzione - ha ribadito - non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza; la Repubblica italiana ha attraversato varie situazioni di emergenza e di crisi, dagli anni della lotta armata a quelli più recenti della crisi economica e finanziaria, tutti senza mai sospendere l'ordine costituzionale, ma ravvisando al suo interno gli strumenti idonei a modulare i principi costituzionali in base a specifiche contingenze. Non io, ma un'autorità come il professor Sabino Cassese ha detto: non basta l'urgenza - lo dico al Ministro D'Incà - come giustificazione…

PRESIDENTE. Concluda.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Concludo. Il DPCM del 26 aprile si riferiva a un periodo che andava al 4 maggio: due giorni in più si potevano trovare per consultare il Parlamento, e concludo. Il Presidente del Consiglio, sempre secondo Cassese, ha accavallato DPCM, ordinanze, regolamenti, circolari, FAQ, confondendo le idee invece di chiarire; ha confuso chiarezza e trasparenza con verbosità; ha moltiplicato le presenze nello spazio pubblico, invece di curare l'attuazione dei provvedimenti economici, che è carente. In questo modo bisogna rinunciare alla ricerca di facile popolarità, ma ci si assicura minori tensioni con l'opposizione e si potrebbe promuovere, invece di invocarla, la coesione tra le forze politiche. Abbiamo commesso degli errori? Può tutto questo insegnarci a guardare in maniera diversa come affrontare un'urgenza certamente drammatica?

PRESIDENTE. Deve concludere, Lupi.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). La leale collaborazione - concludo - tra maggioranza e opposizione è avvenuta? Il Parlamento nel suo esercizio rispetto al dialogo e al rapporto con il Governo è stato coinvolto? Queste sono le domande che ci poniamo sulla mozione presentata anche dalla minoranza, e mi dispiace che il Governo….

PRESIDENTE. Lupi, deve concludere.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). …abbia dato parere negativo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro, Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il deputato Fornaro. Ne ha facoltà. Colleghi, per favore un po' di silenzio… colleghi!

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Colleghi, credo intanto che sia giusto ringraziare il Governo nella persona del Ministro D'Incà, per il suo intervento, per l'equilibrio e l'onestà intellettuale con cui ha affrontato la questione e allo stesso modo ringrazio, in maniera non formale, i colleghi dell'opposizione, i colleghi capigruppo che hanno presentato inizialmente la mozione a cui ha fatto seguito quella della maggioranza perché credo che sia giusto discutere in quest'Aula, credo che non ci sia un carattere strumentale nel fare un punto - un punto nave si direbbe - pur nella consapevolezza, però, che stiamo intanto ancora dentro uno stato di emergenza sanitaria che non si è ancora conclusa e che siamo stati fin dall'inizio, fin dal mese di gennaio, in una terra totalmente inesplorata. Credo che tutti dovremmo essere d'accordo almeno sul fatto che una crisi sanitaria, un'emergenza sanitaria così forte e diffusa, penetrante non c'era mai stata e non avevamo probabilmente tutta la cassetta degli attrezzi per poterla affrontare, ovvero anche dei precedenti. Non so se è capitato anche a voi, a me è capitato - lo confesso tranquillamente - quando vedevamo le prime immagini di Wuhan, di interrogarvi sulla decisione del Governo cinese di isolare completamente un'intera città, un intero territorio, sul fatto se in Italia poteva essere possibile che ciò capitasse e in realtà, a distanza di poco tempo, in una democrazia questo è capitato: le cosiddette zone rosse con i check point e l'Esercito a guardia di questi punti di passaggio ci sono stati anche sul nostro territorio. Probabilmente, quando abbiamo visto quelle immagini, non pensavamo che noi saremmo arrivati a tanto. Lo dico, quindi, perché siamo stati in uno stato di emergenza sanitaria con inizio dal 31 gennaio e alcune delle accuse che sono risuonate in quest'Aula nei giorni scorsi spero che non ritornino in questo dibattito: l'eco di un atteggiamento autoritario da parte del Governo quasi che ci fosse una volontà accarezzata da questo Esecutivo di poter usare le armi dei DPCM per restringere volutamente, per scelta politica e non per necessità e salvaguardia della salute, le libertà personali. Quindi, se riportiamo tutto nella dimensione della realtà dell'emergenza sanitaria e nella necessità di prendere provvedimenti nell'interesse nazionale e principalmente per cercare di tutelare la sanità, si può ragionare.

Al tempo stesso, anche qui, credo che sia giusto soffermarsi un attimo, a differenza di quanto si è scritto e anche parlato e qualche volta sparlato: il Parlamento, questa Camera, ha lavorato e ha operato inizialmente con più difficoltà e poi con uno sforzo di cui, credo, vada dato atto a tutta la struttura e anche al Collegio dei questori, oltre che alla Presidenza. Ha trovato anche soluzioni per poter proseguire a pieno, dando la possibilità a tutti i parlamentari di svolgere fino in fondo il loro mandato.

Ritornando, quindi, al tema di oggi, esso non è - lo dico con rispetto al collega Lupi - la ripartenza. Della ripartenza ne parleremo giovedì, dopo l'informativa del Presidente del Consiglio, ma l'oggetto è proprio l'uso o l'abuso dei DPCM e, quindi, qual è lo strumento più corretto per affrontare queste situazioni in una prospettiva futura. Speriamo di non doverci mai più confrontare con un'emergenza sanitaria come quella del COVID-19, ma siccome l'abbiamo fatto una volta, tutti - e su questo raccolgo anche quello che ha detto in più occasioni il Presidente Fico - dobbiamo attrezzarci per il futuro per essere pronti, casomai dovesse ritornare un'emergenza come questa.

Ebbene, nella mozione di maggioranza - vorrei dirlo perché credo ci sia grande trasparenza - si dice, testualmente, che c'è stata una compressione temporanea di alcune libertà personali e di diritti di rango costituzionale: è innegabile. Il problema - e forse credo la differenza anche con i colleghi dell'opposizione – qual è? Che questo è accaduto non per una scelta politica, per una volontà politica, ma semplicemente perché si è ritenuto che questo fosse necessario per salvaguardare un fattore, un elemento fondamentale, un bene protetto dalla Costituzione che è la salute pubblica. Questo è il punto.

Poi, io credo che sia giusto - e nella mozione di maggioranza viene detto con chiarezza - dare un giudizio e, da questo punto di vista, mi piacerebbe confrontarmi in questa sede anche con i colleghi dell'opposizione. Perché il Governo si è mosso, pur tra errori - sì, è possibile, alla fine di tutto questo potremmo evidenziare anche errori o cose che si sarebbero potute fare diversamente, sapendo come poi sono andate - ma di fondo il Governo ha seguito un principio di precauzione, di adeguatezza e di proporzionalità.

In particolare, torno sul principio di precauzione perché questo è stato la guida, fin dall'inizio, del Ministro della Salute e del Governo nel suo complesso, e mi domando: c'era un'alternativa? Abbiamo avuto nel mondo alternative vincenti rispetto a questa scelta? La mia impressione - ma ripeto: qua sono assolutamente disponibile a un confronto - è che in realtà non ci sono altri modelli possibili rispetto al principio di precauzione. C'è chi ha tentato di seguire e di perseguire questa idea dell'immunità di gregge - e alludo, ovviamente, alla Gran Bretagna - ed è tornato indietro velocissimamente, con la conseguenza poi in qualche modo anche plastica del coinvolgimento del Presidente del Consiglio; ma anche chi ha scelto strade più ardite, contando anche su un senso civico molto forte - e alludo alla Svezia - secondo gli ultimi dati sta avendo anch'essa dei problemi. In fondo, alla fine, le scelte fatte dall'Italia sono state seguite dai principali Paesi al mondo e lo stesso OMS lo ha riconosciuto.

Quindi, anche qui per il futuro questa scelta può essere messa in discussione? Io credo di no, credo che il principio di precauzione abbia guidato e debba guidare per il futuro l'azione di chiunque governi in quel momento, in una situazione di emergenza sanitaria.

Arriviamo al nodo: il nodo è l'uso del DPCM. Allora, è chiaro che il DPCM è uno strumento delicato, è uno strumento che quando interviene sulle libertà personali deve avere alle spalle una ragione forte e ce l'aveva - quello dello stato d'emergenza - e anche una copertura legislativa nella logica della gerarchia delle fonti, e l'ha avuta attraverso i decreti-legge.

Quello che nella mozione si dice è che, superata una fase di emergenza assoluta ed entrati in una seconda fase, che però deve comunque essere sempre contraddistinta dalla massima prudenza (perché il caso del Molise dimostra come, in un attimo, con un solo caso, può ripartire un focolaio e possono nascere problemi), occorre privilegiare il decreto-legge. La mozione di maggioranza dice “occorre privilegiare” e, all'interno di questo, sta l'emendamento che era stato approvato nel corso della conversione in legge del decreto sulle restrizioni, questa informativa al Parlamento, questo rapporto con il Parlamento, la possibilità che il Parlamento possa e debba svolgere fino in fondo il suo ruolo, all'interno e in un quadro di una logica emergenziale.

In ultimo, la mozione richiama giustamente ai rapporti con le regioni. Io voglio dire con franchezza quello che penso. Penso che questa vicenda abbia messo in evidenza la necessità probabilmente di affrontare con più chiarezza e più nettezza quali sono i confini, le responsabilità, le prerogative dei diversi livelli di governo, e che dobbiamo affrontarlo all'interno di una logica emergenziale, che è diversa da una logica ordinaria. Però, su un punto io credo che dobbiamo dire - senza che questo suoni come una critica nei confronti di un singolo presidente di regione - che la nostra Costituzione prevede le regioni, prevede l'elezione diretta dei presidenti e questo non li ha trasformati in governatori di uno Stato federale.

A me fa un po' paura, ogni tanto, quando c'è una difesa dei sacri confini regionali, perché rispetto al nazionalismo, che si porta dietro, come la storia insegna, tutta una serie di conseguenze anche negative, non vorrei che ritornassimo indietro agli Stati regionali pre-unitari: lo dico come una provocazione.

Insomma, io credo - e concludo, signor Presidente - che intanto noi tutti e questo Parlamento dobbiamo ringraziare i cittadini italiani che hanno dimostrato una straordinaria responsabilità e, salvo pochissime minuscole minoranze, hanno avuto un comportamento irreprensibile ed esemplare. Credo anche, allo stesso modo, che proprio gli ultimi atti del Governo, la ritrovata unità e collaborazione fino in fondo con la Conferenza delle regioni, indichi la strada. E credo che la strada per il futuro dei prossimi giorni, delle prossime settimane e di un'eventuale futura situazione di crisi emergenziale debba essere l'unità istituzionale e la responsabilità di tutti a tutti i livelli. Insieme credo che ce la possiamo fare e questo Paese può farcela (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il deputato Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie, Presidente. In questo momento l'attenzione e le preoccupazioni degli italiani sono rivolte comprensibilmente, proprio adesso che è cominciata la vera “fase 2”, alle angosce e alle preoccupazioni di carattere economico. Anche l'attività parlamentare, come dimostra l'intenso lavoro delle Commissioni, è rivolta principalmente a questo. Però, credo non sia di secondario valore il tema che oggi le mozioni che discutiamo pongono al centro della discussione parlamentare perché se l'emergenza sembra passata, quantomeno nella sua fase più acuta, non possiamo dimenticare quanto è avvenuto.

La pandemia ha messo e sta mettendo a dura prova la tenuta dei sistemi democratici. Nel nostro Paese ha messo a durissima prova la tenuta del nostro sistema sanitario, del nostro sistema economico, ha stressato pesantemente il sistema delle relazioni umane, ha messo in atto tensioni sociali che sono state finora gestite e ha messo a dura prova anche la pazienza degli italiani, che pure hanno dato una prova di grande consapevolezza e maturità con un comportamento esemplare durante tutto il lockdown.

Se è stato possibile entrare nella “fase 2” lo si deve principalmente al comportamento dei nostri connazionali e, in particolare, a tutto il personale impegnato negli ospedali e nelle strutture socio-sanitarie, personale medico e non, a cui credo sia doveroso rivolgere, ancora una volta, un deferente ringraziamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

Questa fase ha imposto alle democrazie liberali quello che mai avremmo immaginato, e cioè la proposta o, meglio, l'imposizione di uno scambio ai propri concittadini: maggiori protezioni e maggiore sicurezza in cambio di minori diritti e minori libertà per un periodo limitato di tempo.

In alcuni Stati questa è stata la scusa per produrre torsioni ancor più autoritarie, come è avvenuto in Ungheria e in Polonia, Paesi ai quali noi guardiamo con grande preoccupazione mentre sappiamo che ci sono forze politiche, anche in questo Parlamento, che si ispirano a quei modelli. Tuttavia, dobbiamo dirci con grande franchezza che quello scambio - maggiori protezioni in cambio di minori libertà - è avvenuto anche in Italia.

Uno scambio doloroso, lo ricordava anche il Ministro, ma necessario. Il nostro Governo, o meglio il Presidente del Consiglio, con una serie di atti propri senza precedenti, ha introdotto norme che hanno ristretto considerevolmente alcune libertà fondamentali, come quella di circolazione, di culto e di aggregazione, solo per citarne alcune. Era doveroso per arrestare una crisi sanitaria senza precedenti.

Tuttavia pensiamo occorra mettere ordine a questo e alla catena di comando da mettere in campo in caso di emergenze analoghe, perché almeno in quei momenti non possiamo permetterci il frazionamento così accentuato dei poteri, e le polemiche che questo porta con sé, tra regioni e Governo centrale. Serve chiarezza nelle responsabilità e chiarezza nei poteri. Necessario dunque intervenire per ridurre la diffusione del contagio, restringendo qualche libertà per un periodo limitato di tempo, ma abbiamo ritenuto - e non abbiamo mai fatto mistero di questa opinione, senza troppi giri di parole - non sempre giusto farlo attraverso lo strumento dei DPCM, per questo abbiamo lavorato per ottenere un risultato che, come Italia Viva, rivendichiamo, ovvero la norma introdotta nel recente “decreto COVID”, approvato anche da quest'Aula del Parlamento, che introduce il parere obbligatorio delle due Camere sui decreti del Presidente del Consiglio, e con questa mozione aggiungiamo anche l'impegno del Governo a prediligere lo strumento dei decreti-legge, che richiedono la collegialità del Consiglio dei ministri e ovviamente il coinvolgimento delle Camere. E, a proposito di libertà civili, rivendichiamo come un successo politico anche l'emendamento, votato da tutte le forze politiche, che prevede sì la possibilità di sospendere le funzioni religiose per contrastare un'emergenza sanitaria, ma dall'altra parte anche di mettere in atto tutti i protocolli necessari per garantire l'esercizio di quel diritto, a dimostrazione che si possono coniugare protezione della salute e garanzia delle libertà individuali. E, sempre in tema di libertà, vogliamo rimarcare, cogliendo l'occasione di questo dibattito, anche la necessità di permettere gli spostamenti tra regioni almeno per chi deve raggiungere i congiunti fuori regione. Si può fare attraverso l'uso dell'autocertificazione, che ha caratterizzato molta parte della nostra vita durante il lockdown, e lo si può fare anche in questa fase. Sappiamo che il Governo sta valutando di aprire agli spostamenti tra regioni anche a tutti dopo il 3 giugno, chiediamo, almeno per i congiunti fuori regione, di poter anticipare questa possibilità, magari per le province e le regioni confinanti. Affrontare questi temi, e farlo in Parlamento, non è una materia solo da addetti ai lavori o un fatto secondario rispetto ad altre priorità, perché il Parlamento, giova ricordarlo, non è solo il luogo in cui vengono rappresentate le forze politiche, ma anche il luogo in cui trovano voce le diverse sensibilità territoriali, i diversi su interessi delle tante categorie sociali, economiche, culturali di questo Paese, perché così funzionano le democrazie rappresentative, così funzionano le democrazie liberali e rappresentative. Per questo è giusto che il Parlamento, l'unico organismo che rappresenta tutti gli italiani, perché è l'unico ad essere eletto direttamente dai cittadini, a differenza del Governo, venga posto al centro del dibattito, non attraverso gli atti di sindacato ispettivo, come abbiamo sentito dire in alcuni momenti anche di questo dibattito, perché ben sappiamo quanto poco possano incidere nell'immediatezza sulle decisioni del Governo, ma è necessario che il Parlamento venga messo al centro della discussione, con possibilità di intervenire, di indirizzare prima l'azione del Governo. Il Parlamento deve in qualche modo concorrere, se non ispirare l'azione del Governo nei momenti di difficoltà, e infatti nelle fasi di emergenza noi riteniamo ci sia bisogno di più Parlamento e non di meno Parlamento. I nostri costituenti hanno dato a questo organo una centralità che, proprio nei momenti come quello che stiamo vivendo, assume i connotati più caratterizzanti della nostra democrazia liberale: è il Parlamento che controlla il Governo, è il Parlamento il titolare della funzione legislativa, ed è sempre il Parlamento l'organo che dichiara addirittura lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari. Quando i costituenti rifletterono sulle previsioni in materia di diritti e non solo, posero il Parlamento come architrave della nostra democrazia liberale. Mentre in altri Paesi si predilige la via dello stato d'eccezione - ho citato Ungheria e Polonia, potremmo citarne altri -, noi con questa mozione vogliamo ribadire la nostra volontà di muoverci sul solco tracciato da chi ha scritto la Costituzione, e chiediamo lo si faccia ascoltando le parole che un mese fa ha pronunciato, in maniera molto più autorevole di chiunque tra di noi, la presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, che ha evidenziato come in questo momento che attraversiamo sia necessario il coinvolgimento e la condivisione e la concordia e l'unità di intenti, oltre che - ha aggiunto - la leale collaborazione. Un richiamo che è quanto mai attuale, anche se può apparire utopistico talvolta ascoltando il dibattito tra le forze politiche presenti in Parlamento, ed è tanto più necessario ora che è cominciata la “fase “ e che i riflettori dall'emergenza sanitaria si sono spostati su quella economica, giustamente.

Vorremmo quindi che questa mozione venisse interpretata anche come l'esigenza, ora più che mai, di operare nella Costituzione, ossia in quella formula di convivenza che, come la definì Aldo Moro, è premessa necessaria e sufficiente per la costruzione del nuovo Stato. Il nuovo Stato che dobbiamo costruire non ha le caratteristiche dell'Italia del dopoguerra - non abbiamo, per fortuna, macerie lungo le nostre strade, anche se abbiamo pianto moltissime vittime -, ma la sfida che abbiamo di fronte è ugualmente impegnativa, perché sappiamo che dopo questa emergenza nulla potrà essere come prima. Possiamo illuderci che tutto tornerà come prima, ma commetteremmo un grandissimo errore. È il momento in cui lo Stato deve davvero spostarsi dal ruolo di contraltare in cui spesso si è collocato in questi anni nel rapporto con i cittadini e con le imprese da questa parte del tavolo, al fianco di cittadini ed imprese, perché dobbiamo affrontare le difficoltà economiche e sociali di questa crisi avendo il coraggio di cambiare, di innovare, non solo gli strumenti, ma anche le modalità di lavoro e di relazione delle istituzioni, tra istituzioni e con i cittadini stessi, perché tra le libertà fondamentali che dobbiamo tutelare e rafforzare non ci sono solo quelle sancite e ribadite da queste mozioni, ma figura anche la libertà economica, e, Presidente - e concludo -, ricordiamocelo, la libertà economica è la condizione necessaria per la libertà politica, e queste non sono parole mie, ma di quel grande statista che è stato Luigi Einaudi (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il deputato Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Grazie, Presidente. Purtroppo, lo dico con rammarico: Fratelli d'Italia e il centrodestra sono stati costretti, con questa mozione, a dover riaffermare un principio che è ovvio in una democrazia rappresentativa, cioè quello per cui si possono limitare le libertà dei cittadini per un determinato periodo di tempo e alla luce di una decisione dell'organo – quindi, una discussione e un voto - che rappresenta la volontà degli italiani, cioè il Parlamento. Siamo stati costretti, anche se se ne discute in ritardo rispetto ai fatti conclusivi che sono stati posti in essere, perché il Presidente del Consiglio e i suoi ministri, con ben undici - dico undici - provvedimenti amministrativi, tra DPCM ed ordinanze, nell'ultimo mese hanno abusato, utilizzando tali atti amministrativi, per sospendere, di fatto senza termine, sine die, senza che il Parlamento si fosse prima espresso, le libertà fondamentali dei cittadini. Certo, qualcuno dirà che lo hanno fatto per tutelare un altro diritto costituzionalmente garantito qual è quello alla salute, individuale e collettiva, a seguito della dichiarazione di pandemia e a seguito della proclamazione dello stato di emergenza, anzi forse le due dichiarazioni debbono essere invertite, perché lo stato d'emergenza è stato dichiarato già a gennaio, quando forse qualcuno già sapeva e non lo ha detto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), ma attenzione, Ministro, ve lo diciamo chiaro, con pacatezza, ma chiaro, con altrettanta fermezza: ora non abusate di quello strumento per consolidare le sorti di un Governo che si tiene insieme per amore delle poltrone e non del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché qualcuno già ha paventato una proroga dello stato di emergenza nel cosiddetto “decreto Rilancio”, che il Consiglio dei ministri ha approvato e che nessuno ancora ha letto, in una situazione che è diventata ormai paradossale per cui anche il Presidente del Consiglio, Conte, che ha dato prova sino ad oggi di non provare imbarazzo per niente e per nessuno, ha dovuto chiedere di rinviare la propria informativa sulle misure economiche prevista per oggi alla Camera a giovedì, onde evitare l'imbarazzo di dover parlare di un decreto che nessuno aveva letto prima (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Almeno, visto che è stato approvato da questo Parlamento un emendamento che chiede al Governo di condividere con il Parlamento le linee guida per le scelte, almeno faccia votare su quello che dice in Parlamento giovedì il Presidente Conte e non si limiti alla semplice comunicazione.

Dicevo prima, sono state limitate le libertà personali di circolazione e di manifestazione, con l'ovvia eccezione, ovviamente, di quelle dei centri sociali per il 25 aprile, le libertà economiche, finanche la libertà di professione religiosa. L'immagine di uno Stato che manda i Carabinieri a sospendere una funzione religiosa di un parroco resterà come immagine di un Governo autoritario, sì, mi spiace deludere il collega Fornaro, di ispirazione maoista, incapace di confrontarsi con la realtà e con i bisogni dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), assieme alle multe di Milano, inflitte nei confronti di ristoratori che chiedevano, nel rispetto delle distanze di sicurezza, che gli fosse consentito, con delle norme, di lavorare per sopravvivere, anziché chiudere, perché questo era il loro grido.

Colleghi, in quel decreto di fine febbraio, che anche Fratelli d'Italia, anche il centrodestra, con spirito di fiducia, confidando in un senso del limite da parte di tutti, aveva votato, che consentiva di intraprendere anche provvedimenti eccezionali ed urgenti, quella frase “ogni ulteriore misura di contenimento” è diventata, nell'interpretazione del Presidente del Consiglio, a suo insindacabile giudizio. Il suo insindacabile giudizio è diventato un diluvio lungo tre mesi di provvedimenti amministrativi, restrizioni delle libertà, alle volte illogiche e immotivate, perché così si censurano gli atti e i provvedimenti amministrativi, annunci in prima serata, litigi con le regioni che provavano a rappresentare le esigenze dei territori, le mitiche domande frequenti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), le FAQ della Presidenza del Consiglio, che chiarivano, non chiarendo, le intenzioni del Governo sui singoli punti, così come i troppi, i tanti, “io consento” e “noi consentiamo”.

Ministro, glielo riporti al Presidente del Consiglio: lui non consente un bel niente agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); lui è al servizio o dovrebbe essere al servizio degli italiani, e sono gli italiani, in una democrazia rappresentativa, che gli consentono di sedere nella poltrona in cui siede, per colpa, certo, per colpa di questo Parlamento, che gli ha dato la fiducia parlamentare, senza che mai nessuno gli avesse accordato quella popolare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché questo è successo. E sono dovuti intervenire non Fratelli d'Italia, ma i più insigni giuristi della nostra Repubblica, presidenti emeriti, la stessa Presidente in carica della Corte costituzionale, per dire che la misura era colma. È stato quindi escluso il Parlamento, è stato escluso il Consiglio dei ministri, il cui strumento urgente, cioè quello del decreto-legge, almeno sarebbe passato al vaglio di costituzionalità del Presidente della Repubblica, quello sì. Però un organo collegiale il Presidente del Consiglio lo ha consultato: il comitato tecnico-scientifico, che, con tutto il rispetto, ovviamente, per gli illustri professionisti che ne fanno parte, nessuno ha mai chiamato a decidere sulla vita degli italiani. Vanno ascoltati come seri professionisti, ma poi sono il Governo e il Parlamento che devono decidere sulla vita degli italiani. Fratelli d'Italia non è tra quelle forze che ha mai negato, anzi, fummo tra i primi a chiedere, all'inizio, di chiudere per un breve periodo tutto al fine di bloccare la pandemia, ma nessuno si sarebbe mai immaginato in questo modo e soprattutto con questi modi, glielo dico sinceramente.

E c'è voluta tutta la determinazione di Giorgia Meloni, di Fratelli d'Italia e del centrodestra per riaprire il Parlamento, a dispetto di chi voleva fare i collegamenti on line, per riaffermare che, se i medici e gli infermieri stavano in corsia a salvare le vite, se le Forze dell'ordine stavano in strada a garantire la nostra sicurezza, se i farmacisti stavano nelle proprie attività a distribuire i farmaci, se le commesse stavano al proprio posto per consentire agli italiani di fare la spesa, anche i parlamentari dovevano stare qui a occuparsi del futuro degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); del perché soltanto il 23 per cento della cassa integrazione è stata pagata dall'INPS e l'83 per cento è stato possibile pagarlo ai lavoratori grazie e solo grazie agli imprenditori che l'hanno anticipata; del perché oltre due milioni e mezzo di lavoratori attendono ancora oggi il pagamento della cassa integrazione; del perché gli asset economici e strategici per l'Italia vengono posti sotto attacco, magari cercando di svenderli a poco. È di ieri sera l'ultima notizia della Thyssenkrupp, che ha annunciato di mettere in vendita, che significa probabilmente chiudere, gli stabilimenti degli acciai speciali di Terni, per spostare forse le produzioni altrove, all'estero, e analoga situazione a Genova.

Cari colleghi, non ci dite che non lo avevamo detto: Giorgia Meloni in quest'Aula lo aveva detto molto tempo fa, attenzione agli attacchi economici e speculativi ai danni dell'Italia durante questo periodo. Sì, Ministro, siamo qui per capire perché sul “decreto Rilancio” si pensa a tutti, compresi i 600 mila immigrati da regolarizzare, c'è posto per tutto, compreso il bonus sui monopattini, ma non c'è un euro o poco più per far sopravvivere le scuole paritarie in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che in molti territori, dove non arriva il pubblico, consentono di garantire l'istruzione ai nostri figli, la libertà di insegnamento, permettono alle famiglie di andare al lavoro, come se i diritti delle donne di misurarsi nel mondo del lavoro secondo le proprie capacità, senza dover rinunciare ad essere madri, o come se il diritto all'istruzione non fossero costituzionalmente garantiti. E siamo qui, certo, lo abbiamo detto più volte, e ci saremo, se serve, se l'urgenza lo richiedesse, anche di notte, per rispetto di chi in questo periodo non ha mollato, di chi ha fatto la sua parte, di quegli italiani che stanno aspettando da troppo tempo i provvedimenti del Governo e, magari, nel segreto della notte, hanno pianto, lontani dai propri cari, per paura di perdere tutto, aspettando un aiuto che ancora non è arrivato. Per queste ragioni, Fratelli d'Italia voterà favorevolmente alla mozione del centrodestra, per riaffermare la centralità e la difesa delle libertà costituzionali, e per questi motivi il 2 giugno abbiamo convocato una manifestazione, nel rispetto delle regole, per dar voce agli italiani che tornano finalmente a parlare di libertà e di orgoglio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il deputato Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, noi democratici siamo grati per l'occasione di discutere della centralità parlamentare. Per noi spendere, anche in questa circostanza, idee, opinioni e confronto attorno al tema delle logiche della centralità parlamentare non è mai un esercizio banale né retorico, e poco ci interessa se sia frutto di una convinzione strutturale o se, invece, sia figlio di una conversione tattica e occasionale. In questo frangente, a nostro giudizio, una coesione delle forze politiche sui fondamentali è più che mai opportuna, ci verrebbe da dire che è quanto mai necessaria. Il Paese ci guarda, ci giudica, e credo non si aspetti un dibattito sterile del cosiddetto teatrino della politica e delle posizioni pregiudiziali, ma si attende una classe dirigente all'altezza del momento e della complessità della fase che stiamo vivendo.

Noi democratici, signor Presidente, siamo da sempre parlamentaristi, non nel senso deteriore della parola, non parlamentaristi inteso come cultori di un luogo nel quale si esercita la demagogia di un capo carismatico, ma, al contrario, come il luogo dell'esercizio della sovranità e della volontà popolare secondo i canoni e secondo i limiti della democrazia e del nostro sistema di regole. Quindi, la centralità del Parlamento è certamente la supremazia delle Camere rispetto al Governo e, più in generale, rispetto a tutte le altre istituzioni statali. Però, un dato è certo, signor Presidente, che la centralità del Parlamento è il contrario di quella logica dei pieni poteri che nella scorsa estate alcuni amici e colleghi hanno evocato, ed è contraria alla logica del capo che da un bagnasciuga della patria intima la convocazione del Parlamento, minacciando i calci nel posteriore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

E un altro dato è certo: la centralità del Parlamento è l'esatto opposto della logica con la quale in Ungheria Viktor Orbán governa per decreto a tempo indeterminato, oltre a prevedere otto anni di carcere per chi viola il coprifuoco e fino a dieci anni di carcere per gli oppositori a mezzo stampa.

Per la nostra Costituzione - lo ricordano gli articoli 55 e 139 - il Parlamento è la sede del potere legislativo e il Governo è il luogo del potere esecutivo, che dev'essere esercitato in via sussidiaria per dare attuazione alla volontà delle Camere. Nella pratica, lo sappiamo, ce lo dicono settantacinque anni di storia, il confine è piuttosto labile. Nella Prima Repubblica, che qualcuno ha studiato e che altri hanno attraversato, questo sistema, come dire, di confine veniva esercitato da un potere trascendente, che era il potere trascendente dei partiti, all'interno dei quali si definivano gli spazi, i limiti, gli indirizzi e trovavano, all'interno di questa definizione di un rapporto e di una dialettica tra Parlamento e Governo, una relazione di traduzione di intese politiche già assunte. Il nostro Regolamento, che risale al 1971, che, non a caso, è fondato sulla logica dell'unanimismo, è figlio di questa epoca, di questa concezione, di questa modalità che oggi non c'è più.

Ecco, di fronte a questa dimensione noi ci siamo trovati al cospetto di quello che alcuni analisti definiscono il “cigno nero”, cioè un evento imprevedibile ad alto impatto che nessuno poteva immaginare in queste dimensioni e in queste proporzioni. Di fronte a queste realtà forse occorrerebbe rileggersi le pagine della filosofia politica, tra la concezione di Carl Schmitt e dello stato di eccezione o quella di Kelsen e della necessità della frammentazione della leadership come elemento per la sostenibilità dell'essenza stessa della democrazia. Abbiamo già visto in passato cos'è accaduto quando si è imboccata la strada dello stato di eccezione tout court. L'articolo 48 della Repubblica di Weimar, della Costituzione della Repubblica di Weimar, pure scritto da valenti democratici come Max Weber, consentiva che - leggo testualmente - “nel caso in cui la sicurezza dello Stato sia messa in pericolo, il Presidente ha facoltà di emanare leggi per decreto”. Sappiamo dove portò questa logica ed è per questo che la nostra Carta costituzionale introduce dei limiti allo stato di eccezione e alla temporalità della possibilità di assumere delle decisioni immediate, perché non vi è dubbio che di fronte a fenomeni come quello che abbiamo vissuto vi è stata l'esigenza di un potere rapido ed efficace e, quindi, al tempo stesso, centrale e verticale e per converso - e qui è l'elemento di rispetto dalla Carta costituzionale - limitato.

Ed è questo - dal nostro punto di vista - l'elemento che si circoscrive e si chiude nella cosiddetta “fase 1”, che ha trovato nella radice dei cosiddetti DPCM, con delle misure attuative autorizzate dalla legge, la propria estrinsecazione, perché - lo ricordo a qualche collega forse immemore - siamo stati noi, con il decreto-legge n. 6, a consentire che il Governo emanasse dei DPCM - leggo testualmente - “e di assumere ogni misura di contenimento e di gestione adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica”. Quindi, non ci sono state fughe in avanti, non ci sono state rotture costituzionali; c'è stata un'estensione dei poteri flessibili della Costituzione, nei limiti e nelle forme che la Costituzione prevede, tanto è vero che questi DPCM noi li abbiamo convertiti definitivamente in norma. Peraltro, rivendico l'azione del Partito Democratico e del gruppo del Partito Democratico, un'azione che ha fatto sì che questo elemento dei DPCM sia ascrivibile alla logica della eccezionalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e che, comunque, ponga il Parlamento in una logica di confronto dialettico con il Governo.

Però, signor Presidente, dobbiamo dircela tutta, e in questo il Governo non c'entra nulla. Torniamo indietro con il film a due mesi fa. Noi saremmo stati all'altezza, noi Parlamento della Repubblica, con la nostra organizzazione barocca, con il nostro Regolamento risalente al Regno d'Italia, con le nostre modalità antiquate, di esercitare la rappresentanza popolare di andare fino in fondo rispetto ai termini di efficacia e di rapidità? Probabilmente no. Probabilmente, signor Presidente, qualche inerzia, qualche eccessivo conservatorismo, di cui abbiamo avuto prova anche nell'intervento che mi ha preceduto, qualche attendismo, che ora speriamo venga definitivamente consegnato agli archivi, non ci ha consentito di essere rapidi come questa Aula, questa Camera, avrebbe dovuto essere.

Concludo, signor Presidente. Noi siamo convinti che, all'interno di questa complessa vicenda, il Governo e il Parlamento si siano mossi nel solco delle guarentigie costituzionali esercitando, di fronte a un evento assolutamente eccezionale, la rappresentanza democratica che ci è stata attribuita, con la consapevolezza - lo diceva De Gaulle - che la Costituzione è, al tempo stesso, un'ispirazione, un testo e una pratica. Ebbene, la pratica, per chi ha la nostra responsabilità, non è quella dei seminari o delle discussioni retoriche ma, come ricordava Robert Kennedy, è quella del frastuono e del rumore della polvere dell'arena. Noi siamo obbligati a dover esercitare la traduzione delle nostre responsabilità in questo contesto ed è per questo che convintamente riteniamo di essere responsabilmente nel solco delle garanzie costituzionali e per questo motivo voteremo la mozione di maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle, Italia Viva e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Deputato Basini, se può sedersi alla sedia centrale, per favore. Grazie. Ha chiesto di intervenire il deputato Mule'. Ne ha facoltà. Colleghi, colleghi, per favore. Prego, deputato Mule'.

GIORGIO MULE' (FI). Grazie, Presidente. Colleghi, le iscrizioni incise nel legno di quercia di quest'Aula stanno lì a ricordarci alcune cose: ci dicono che siamo figli di una storia, custodi di una memoria, testimoni viventi di un sacrificio; ci dicono che siamo uomini e donne liberi e siamo protetti dalla corazza impenetrabile della Costituzione. Noi, che siamo eletti e rappresentanti del popolo italiano, siamo qui a dire, a testa alta, che il Presidente del Consiglio non eletto non si è inchinato alla Costituzione. Lo aspettavamo qui oggi il Presidente Conte, nella casa della democrazia: doveva onorare un impegno, ma ha disertato. Da subito diciamo che il Presidente Conte con i suoi provvedimenti quella Carta costituzionale l'ha offesa, l'ha deturpata, l'ha sequestrata, l'ha imbavagliata, l'ha persino violentata ma non l'ha piegata. L'Italia sa che le libertà scolpite dagli articoli 13 in avanti sono intoccabili e resistono anche all'articolo 138, non essendo revisionabili. Sono sacre, perché sono il nucleo fondante e perché rappresentano l'essenza stessa della Carta: la libertà di circolazione, la libertà di riunione, la libertà di associazione, la libertà di esercizio dei culti religiosi, la libertà di insegnamento e di istruzione, la libertà di iniziativa economica. Si poteva intervenire su questi dogmi della convivenza civile nel nome dell'emergenza sanitaria? Sì, certo, ma non poteva farlo Giuseppe Conte da Volturara Appula; poteva farlo il Parlamento italiano, dovevamo farlo noi, perché i periodi di crisi sono pericolosi, è vero, ma lo sono soprattutto per la democrazia. Il Presidente Conte ha sfruttato la paura e l'angoscia del popolo per giustificare il ricorso a poteri eccezionali, a misure estreme che hanno schiaffeggiato la Costituzione.

Proprio sotto l'usbergo dell'emergenza è stato inflitto subdolamente l'ennesimo duro colpo alla democrazia. L'enormità, colleghi di maggioranza, non vi è sfuggita, ma avete peggiorato le cose, con un emendamento approvato la settimana scorsa dalla sola maggioranza, avete ridotto questo Parlamento in un'anticamera della barbarie, per mettere in soffitta i metodi, le procedure e i criteri della democrazia rappresentativa. Avete pensato bene di regalare democrazia nel momento stesso in cui la negate con un meccanismo perverso che esautora il Parlamento e pretende di legittimare quei provvedimenti che abusivamente vengono approvati dal Presidente del Consiglio. L'assente Presidente Conte ha preso un impegno con il Parlamento che - ripeto - ha tradito: doveva essere qui a illustrare preventivamente i contenuti dell'ultimo DPCM e non l'ha fatto. Ha inviato il Ministro per i Rapporti con il Parlamento non per assolvere a questo compito, ma solo perché le opposizioni, Forza Italia e il centrodestra, l'hanno costretto a disturbarsi dopo la presentazione delle mozioni e ha dato il suo parere travestendolo da informativa.

Il Presidente Conte ha emesso l'ultimo DPCM, che limita e incide ancora una volta su libertà costituzionali, come sempre, infischiandosene del Parlamento, nonostante avesse tutto il tempo per coinvolgerlo. Il Presidente Conte persevera nella logica di voler decidere sulle vite degli altri senza rendersi conto che, come insegna Rousseau - diciamo quello originale -, la libertà non consiste tanto nel fare la propria volontà, quanto nel non essere sottomessi a quella altrui. Il Presidente Conte ha cercato di blandirci, con l'urgenza per adottare provvedimenti limitativi della libertà, esattamente come il consiglio notturno di Platone, che presiedeva al bene del popolo ignorante e recalcitrante.

Di fronte a questa lacerazione istituzionale, vorrei ricordare, per suo tramite, all'assente Presidente del Consiglio, che quest'Aula non è una sala da tè, che si può prenotare e disdire, non è il confessionale del Grande Fratello, dove si entra ed esce a piacimento, non è Facebook, dove si fanno attendere per ore gli italiani. Questo non è un luogo che si può - e cito testualmente il Presidente Conte - coinvolgere con maggiore agio. Il Presidente Conte è caduto nella trappola del bipensiero orwelliano, che è essenziale nelle società totalitarie, ma non nella nostra: è capace di sostenere un'idea e il suo opposto; doveva presentarsi alle Camere prima di adottare il DPCM e non lo ha fatto neanche dopo. Il Presidente pensa di fare le pentole ed i coperchi, ma, in realtà, fa solo le pentole, come un demone che attenta alla Costituzione.

Non c'è stata alcuna resipiscenza da parte del Governo e della maggioranza, ma solo la volontà di mostrare la vostra natura intrinseca: quella di ergere il “diritto Conte”, come fonte di rango superiore rispetto alla Costituzione, ma, nella Carta, non c'è scritto da nessuna parte che esiste l'ipotesi di uno stato di emergenza, non c'è scritto da nessuna parte che il Presidente del Consiglio è sovraordinato, può supplire o surrogare alla legge, è servo, come ognuno di noi qui dentro, del Parlamento. Nel nostro ordinamento, il sovrano che decide sullo stato di eccezione, sentivo prima, secondo l'immagine di Carl Schmitt, non esiste, collega.

Allora, Presidente, se lo ricordi: il Presidente del Consiglio è prono davanti all'obbedienza e all'osservanza delle leggi. Non esiste e non esisterà mai il “codice Conte”, perché è una bestemmia del diritto, come lo sono i famosi DPCM, che sono atti abnormi di diritto costituzionale che hanno aggirato ed eluso la riserva invalicabile prevista dalla Costituzione a tutela di ogni limitazione della libertà. La riserva di legge, colleghi, è l'antidoto ai lupi famelici dell'arbitrio: ad ogni tentazione di tirannia, sta lì, la riserva di legge, a ricordarci che è il Parlamento e lo è, soprattutto, nei momenti di massima crisi, perché, collega Borghi, deve funzionare il Parlamento, altrimenti chiudiamo baracca e burattini e la facciamo finita, perché rappresenta il popolo e concretizza la sua volontà ed è il luogo dove vanno prese le decisioni fondamentali. E quei DPCM non sono altro, invece, che atti di eugenetica costituzionale: questo goffo tentativo di introdurre la previsione di riferire al Parlamento almeno, dopo la loro emanazione nei casi di urgenza, questa gentile, quanto fallace, come dimostrano i fatti, concessione, certifica lo strappo violento che è stato consumato. Il Governo ha agito fuori dalla legge; il Governo, tecnicamente, è stato fuorilegge.

L'evidente contraddizione nella quale siete caduti, dove, con una mano - cito testualmente -, si privilegia - ripeto, si privilegia - lo strumento del decreto-legge e, con l'altra, si giustifica l'utilizzo del DPCM per ragioni di necessità e di urgenza, dimostra la scarsa familiarità con la cornice costituzionale entro cui l'Esecutivo, il Presidente del Consiglio e i Ministri si muovono. È la vostra innata capacità di farvi beffe del Parlamento. Nelle innumerevoli bozze del fu “decreto Aprile”, in cui prevedete di prorogare di sei mesi lo stato di emergenza, ma cosa vi servirà? A sfornare con il favore delle tenebre altre limitazioni della libertà? Si parla di sigle come se fossero tutte equivalenti - DL, DPCM, DM -, ma i DPCM emessi nel nome del COVID hanno inoculato nel Parlamento il cancro contro la rappresentanza, perché le opposizioni, che sono un presidio a garanzia per tutti i cittadini, non sono state coinvolte, con un'ulteriore aggravante: il DPCM sfugge persino al vaglio del Presidente della Repubblica. Detto in altri termini, con un solo colpo sono stati espropriati i poteri del Parlamento e del Presidente della Repubblica per dare vita ad una sorta di negotiorum gestio, che è fatta in nome di un devastante principio generale di supplenza.

Ma, allora, lo ripeto: ma chi si crede di essere il Presidente Conte? Ma chi gli hanno fatto credere di essere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Ha pensato di operare iure proprio, ma qui non funziona così, qui esiste lo iure repraesentationis, siamo una Repubblica democratica, la Costituzione non è un corpo morto, non è inerte, non è la “Bella addormentata”, è viva, respira, perché non è un decalogo imbalsamato, ma un breviario di valori e lì troviamo diritti, libertà, scuola, educazione, economia, salute, ambiente, lavoro, è la nostra vita, ma mai la Costituzione vivente può affidarsi all'oscuro volere di quello che - lo vedete - è un Governo morto. Dire, allora, che i decreti-legge abbiano contenuto norme di copertura o richiamo per la successiva emanazione di norme di dettaglio rivela questa concezione privatistica: siamo oramai alla cosa loro del diritto nell'epoca Conte-Bonafede, è il punto estremo della deriva che abbiamo toccato.

Oggi abbiamo anche ascoltato e introdotto il concetto di baratto, cioè le limitazioni costituzionali q.b., come nelle ricette, quanto basta, le mettiamo per un po' e, poi ve le togliamo. Allora, questo rivela una concezione che è statalista, assistenzialista, privatista, paternalista e che sfugge ad ogni controllo. Un uomo solo al comando: questo ha partorito il monstrum della normativa COVID, l'accentramento dei poteri su una sola persona. In questi giorni, numerosi giuristi e costituzionalisti hanno non discettato, ma hanno inchiodato il Governo alle responsabilità. Leggete un bel saggio, scritto da due giudici di “Magistratura democratica”, pensate un po', tutti invitati al capezzale dello Stato democratico, di diritto, alla prova del contagio. Concludo, Presidente. Il COVID ha rubato monumenti della nostra storia, si è portato via partigiani, patrioti, benemeriti della Repubblica. Uno di loro che si è portato via, giovanissimo, era staffetta della Resistenza. Ci ripete da lassù un monito, è semplice, dice: “Un Paese senza memoria è un Paese senza futuro”. La nostra memoria si chiama Costituzione e noi la rivendichiamo con forza davanti a voi, che siete dei pericolosi smemorati del presente (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente, Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il deputato Molinari. Ne ha facoltà.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Grazie, Presidente. Il dibattito di oggi credo che non potesse capitare in una data migliore, a differenza di quanto ha detto qualcuno degli intervenuti prima di me, perché è vero che si è chiusa la “fase 1”, cioè quella in cui si è fatto il più massiccio uso dei DPCM per limitare le libertà costituzionali, come la libertà di movimento, la libertà di associazione, la libertà di proferire i propri culti religiosi, la libertà di impresa, il diritto al lavoro, ma è anche vero che questa discussione avviene dopo che la settimana scorsa, nella conversione del “decreto COVID”, proprio da un autorevole esponente della maggioranza, è arrivata la segnalazione che questo utilizzo dei DPCM, evidentemente, ha sforato quello che è il limite costituzionale. Mi riferisco all'emendamento e alla questione posta dal collega Ceccanti, che sicuramente ha avuto coraggio, da quella parte dell'emiciclo, a dire che quello che stavamo denunciando anche noi da quest'altra, evidentemente, aveva una motivazione. Certo, poi non siamo d'accordo su come si è concluso quel dibattito e sulla riformulazione, che è stata accettata, dell'emendamento, ma, quantomeno, quel dibattito ha fatto capire che una questione evidentemente c'è ed è stata colta anche dai colleghi della maggioranza.

Noi potremmo dire una cosa tanto per iniziare: quel compromesso è inaccettabile perché è un compromesso al ribasso e, per quanto ci riguarda e per quanto dice la Costituzione, come cercherò di spiegare in questi dieci minuti, sui diritti costituzionali non vi possono essere compromessi al ribasso. Le limitazioni sui diritti costituzionali sono molto chiare e sono molto ben definite dalla Costituzione, quindi non è che un accordo parlamentare o un accordo tra la maggioranza e il Governo possono cambiare le tutele che i Padri costituenti hanno pensato per il popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Il collega Lupi ha spiegato molto bene prima le ragioni politiche che ci portano a dissentire su come sono state fatte queste scelte da parte del Governo e io cercherò di concentrarmi su quelle giuridiche. Ed è stato detto, signor Presidente, che era impossibile comportarsi diversamente, perché eravamo di fronte ad un'emergenza che richiedeva degli atti urgenti, degli atti straordinari.

Su questo la nostra Costituzione è molto chiara: nei casi di straordinarietà ed urgenza esiste già un mezzo che si può usare legittimamente per intervenire, che è quello del decreto-legge, decreto-legge che sposta in avanti il vaglio parlamentare ma che parte dalla garanzia costituzionale data dal Presidente della Repubblica che lo controfirma (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Quindi, c'è lo strumento per agire in stato di emergenza, signor Presidente.

Come, d'altra parte, noi abbiamo sulla libertà di movimento un'altra tutela costituzionale che ci viene proprio dall'articolo 16 che ci dice che la libertà di circolazione può essere limitata per motivi di sanità e sicurezza soltanto in forza di una legge di livello generale. Quindi abbiamo già due conferme sul fatto che un DPCM in alcun modo può limitare la libertà di circolazione e in generale le libertà costituzionali: basterebbe questo per chiudere qui la discussione da un punto di vista giuridico. Ma a queste nostre argomentazioni sono state date risposte varie che ora vorrei analizzare. È stato detto fondamentalmente: se il Governo ha usato i DPCM - questo l'ho sentito dire anche nel dibattito di oggi ma il collega Forciniti l'ha detto anche durante il dibattito precedente - fondamentalmente è stato detto che, se il Governo ha fatto questo uso dei DPCM, un po' è anche colpa nostra perché noi avremmo la colpa di aver collaborato a convertire in legge il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, il primo “decreto COVID”, che autorizza all'interno delle sue norme l'utilizzo dei DPCM per limitare le libertà personali. Bene, signor Presidente, questo è un falso, questo non è vero perché quel decreto, che ora è legge, diceva un'altra cosa: quel decreto-legge viene emanato nel momento in cui la zona rossa era limitata a Codogno e ai comuni della lodigiana e a Vo' Euganeo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e quella legge dice che, attraverso il DPCM, il Governo poteva individuare altre aree del Paese o altri comuni da circoscrivere: quello noi abbiamo votato, quello è il mandato che il Parlamento ha dato al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), un potere limitato nel tempo e geograficamente. Dov'è che si è debordato, signor Presidente? È stato nel momento in cui non attraverso un nuovo decreto-legge o attraverso una legge votata in Parlamento ma, attraverso un DPCM, il Governo si è assegnato da solo la possibilità di limitare le libertà costituzionali in tutto il Paese, quando tutta Italia è diventata zona rossa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier): con quell'atto, c'è stato il golpe del Governo dal punto di vista giuridico a danno del Parlamento. E quindi non ci venga detto che anche noi abbiamo autorizzato questo scempio perché così non è, signor Presidente: è lì che si è andati oltre, è lì che il Governo ha assunto, cari colleghi, i pieni poteri di cui così tanto parlate. Qualcuno ne ha parlato, voi l'avete fatto con un DPCM (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

L'altra giustificazione che è stata data è stato il fatto che eravamo in uno stato di emergenza o quasi in uno stato di guerra: sono facilmente smontabili anche queste due osservazioni che sono prive di qualunque pregio giuridico. Prima di tutto lo stato di guerra non è qualcosa di cui si parla: lo stato di guerra è garantito dalla Costituzione e delimitato dalla Costituzione; lo stato di guerra viene definito e deliberato dalle Camere e le Camere assegnano al Governo i poteri da esercitare per affrontare lo stato di guerra. In questo caso siamo andati oltre anche a quello: il Governo se li è assegnati da solo, quindi avete fatto peggio (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) che se fossimo stati in stato di guerra.

Punto secondo, lo stato di emergenza non esiste dal punto di vista costituzionale. Lo stato di emergenza è contenuto nel codice della Protezione civile, una legge ordinaria che è pensata per contrastare i terremoti, le alluvioni, le frane, una legge che quindi permette con le ordinanze di Protezione civile di derogare alle leggi ordinarie dentro a limiti assolutamente stabiliti ma di certo non permette di andare oltre e di derogare rispetto ai limiti costituzionali. Tanto per intenderci, con lo stato di emergenza di quella legge, possiamo saltare le procedure delle gare d'appalto per comprare i sacchi di sabbia per tenere l'acqua o per fare un'ordinanza per mettere a posto una frana ma non possiamo blindare la gente in casa per due mesi, signor Presidente, (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier): sono cose diverse e non c'è nessun stato di emergenza oggi nel sistema giuridico italiano che permetta di fare questo in maniera unilaterale da parte del Governo. Tant'è che l'avete fatta talmente grossa che non la Lega o il Centrodestra ma la Presidente della Corte costituzionale vi ha richiamati e ha detto: state attenti, attenzione, caro Governo, perché non c'è stato di emergenza che tenga o pericolo di pandemia che tenga che possa portare a creare una sorta di diritto speciale dell'emergenza, non esiste niente del genere. L'unico modo per affrontare le emergenze all'interno dei limiti della Costituzione è di avere una leale collaborazione tra Governo e Parlamento e di conseguenza, per velocizzare i tempi, tra le forze politiche rappresentate in Parlamento: non si può derogare a questo.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI (ore 17,30)

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Ripeto: questo non lo dice Molinari e la Lega, ma l'ha detto la Cartabia, la Presidente della Corte Costituzionale, una delle massime garanti dell'ordinamento giuridico italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) che, in sintesi, vi ha detto che quanto avete fatto non è legittimo o questa è l'interpretazione che noi diamo per gli argomenti che sto cercando di porre. E, vedete, noi abbiamo cercato di costruire tale collaborazione: abbiamo votato ben due scostamenti di bilancio all'unanimità e vi ricordo che senza il voto della Lega e del centrodestra al Senato non avreste avuto i 55 miliardi per fare il “decreto Rilancio” che avete annunciato una settimana fa e ancora non c'è (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché quello scostamento è passato solo grazie alla responsabilità del centrodestra. Vi ricordo che abbiamo votato il primo “decreto COVID”; vi ricordo che abbiamo partecipato al contingentamento dei tempi in Aula e delle presenze perché capivamo la straordinarietà e l'emergenza per cercare di non fare opposizione ma di lavorare tutti insieme. Abbiamo presentato duecento emendamenti al “decreto Cura Italia”, facendo decine di riunioni: non ce ne avete preso uno, nonostante abbiamo seguito tutte le vostre indicazioni. Allora, mi chiedo: siamo noi che non abbiamo offerto collaborazione o siete voi che della nostra collaborazione non ve ne fate niente, cari colleghi della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)? Il richiamo della Cartabia è importante, signor Presidente, perché non credo che al Governo oggi ci sia qualcuno che ha ispirazioni autoritarie: tanto per intenderci non penso che Giuseppe Conte sia un novello Adolf Hitler, è più che altro un Charlie Chaplin, se devo pensare (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ricorda più quello. Ma il problema è che gli autoritarismi, i totalitarismi non si presentano citofonando e autoqualificandosi: si presentano nelle pieghe e nelle debolezze dei sistemi democratici.

Concludo, Presidente, con un ultimo passaggio. Quest'anno non è stato possibile per me come per tanti colleghi partecipare alle celebrazioni del 25 aprile, celebrazione a cui ho sempre partecipato da libero cittadino quando ho avuto l'onore di avere ruoli istituzionali. E, ogni volta in quelle occasioni, ed è stato fatto anche prima in alcuni interventi, veniva esaltato il tema della memoria. Che cosa si fa il 25 aprile e cosa si fa quando ci si dichiara antifascisti contro i totalitarismi? Si cerca di ricordare gli errori del passato affinché quegli errori non vengano più fatti perché, come ho detto, nessuno si presenta dicendo: buongiorno, sono un dittatore. Ebbene, caro Presidente, il problema qui è che noi abbiamo perso completamente la bussola e il problema è che qui, in merito all'autoritarismo, ho sentito parlare continuamente di quanto accade in Ungheria. Ricordo però, signor Presidente, che qui siamo a Roma e siamo parlamentari della Repubblica italiana: quindi, pur pensando che la difesa delle libertà costituzionali sia una battaglia universale che tutti dobbiamo fare (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). …credo che il compito dei parlamentari nazionali sia di rendersi conto di quando quelle libertà vengono messe in discussione in Italia prima che in Ungheria e quindi ricordarci che ancora oggi, attraverso l'ultimo DPCM, in Italia è vietata anche la libertà di associazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Finisco, è vietata la libertà di manifestazione, è vietata la libertà di trovarsi nei centri culturali, nei centri sociali: questo succede, cari colleghi, in Italia e non succede in Ungheria. Allora, se siamo antifascisti, cerchiamo di essere antifascisti sempre e di difendere la Costituzione sempre (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

PRESIDENTE. Grazie, collega.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). … perché solo quello e chiudo, Presidente, è il limite che noi abbiamo per evitare che gli errori del passato ricapitino indipendentemente dalla volontà dei protagonisti di questo o di altri Governi (Applausi dei deputati del gruppo Lega e di deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Misto-Noi con l'Italia-USEI – Dai banchi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier si scandisce: Libertà, libertà!).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la deputata Baldino. Ne ha facoltà. Colleghi, lasciamo intervenire la collega.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente. Presidente, vorrei iniziare il mio intervento con un ringraziamento doveroso. Voglio ringraziare tutti gli italiani perché, se, da oggi, siamo entrati ufficialmente in una nuova fase, nella fase della ripartenza, se da ieri le nostre città si sono nuovamente illuminate delle insegne dei negozi, delle luci, dei tavoli dei bar, lo dobbiamo al buonsenso e al senso di comunità e di solidarietà di tutta l'Italia, dalla Sicilia alla Valle d'Aosta.

Tutti noi ci siamo sentiti parte di un qualcosa di più grande (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e ci siamo sentiti in dovere di combattere insieme contro un nemico comune. Questa pandemia ha travolto il nostro Paese come una valanga. Quando io penso a quello che ci è successo da fine febbraio ad oggi, mi viene in mente l'immagine di un incendio che divampa contemporaneamente in tutti i piani, in tutte le stanze di un grande palazzo, perché nessun settore della nostra vita è rimasto immune dalle fiamme, nessun ambito del vivere civile e sociale è scampato all'incendio. E, quindi, di fronte a questa situazione, il Governo si è trovato davanti ad una scelta: in quale piano, in quale stanza si sarebbe dovuti intervenire preminentemente con gli interventi di soccorso; quale bene, tra tutti quelli costituzionalmente tutelati e tra tutti quelli in pericolo, sarebbe dovuto essere tratto in salvo per primo. E queste scelte si sarebbero dovute intraprendere tempestivamente, perché nel frattempo assistevamo a centinaia, migliaia di nostri concittadini che perdevano la vita, centinaia e migliaia di famiglie che perdevano i propri cari senza poterli nemmeno assistere in un momento di sofferenza, senza nemmeno poterli accompagnare durante l'ultimo saluto.

E, quindi, di fronte a questo quadro, il Governo ha deciso, correttamente a mio avviso, di privilegiare il bene del diritto alla salute e di tutelare il bene più prezioso che è quello della vita.

Questa scelta ha indotto - sì, purtroppo - al sacrificio e alla compressione di altri diritti costituzionalmente garantiti, che sono risultati inevitabilmente soccombenti di fronte al diritto alla salute, considerato non soltanto come fondamentale diritto dell'individuo, ma come interesse della collettività. E' proprio per questo che l'articolo 16 consente - e lo stesso articolo 32 lo dice - delle limitazioni di altre libertà per tutelare il bene considerato superiore che è il bene della salute e, quindi, il bene della vita.

Poc'anzi il Ministro lo ha ricordato: sono state scelte dolorose. Credo che nessuno di noi avrebbe voluto trovarsi in questa situazione e credo che nessun Governo di nessuna legislatura sarebbe stato in grado di intraprendere con leggerezza determinate scelte, perché è vero che siamo parlamentari della Repubblica, ministri, ma anche noi siamo uomini e donne e abbiamo alle spalle una storia personale, lavorativa, umana; l'abbiamo vissuta anche sulla nostra pelle questa compressione dei diritti e tutti noi abbiamo compreso dall'inizio che avremmo dovuto agire tempestivamente per salvare quante più vite possibili.

Quindi, credo che questo sia stato l'approccio, lo spirito che ha contrassegnato la fase di approvazione di conversione in legge del citatissimo decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020. E' stato il primo decreto dedicato all'emergenza. Quel decreto è stato approvato quasi all'unanimità sia in questa Camera che nell'altra Camera. Il collega Molinari ha citato una parte dell'articolo 1: io lo vorrei leggere testualmente perché quel decreto disponeva che le autorità competenti fossero tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica. Poi, venivano anche previste le materie nelle quali interveniva. E, all'articolo 2, collega Molinari (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)…

PRESIDENTE. Colleghi!

VITTORIA BALDINO (M5S). E' un decreto che ha votato anche lei, che ha approvato anche lei, che giustamente ha approvato anche lei: stabiliva che le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell'emergenza al fine di prevenire la diffusione dell'epidemia anche fuori dai casi di cui all'articolo 1, comma 1, che ha citato lei. Questo articolo l'ha votato anche lei, l'abbiamo votato tutti (Commenti della deputata Bartolozzi)

PRESIDENTE. Collega Bartolozzi, collega Bartolozzi!

VITTORIA BALDINO (M5S). E in base a questo decreto, che tutto il Parlamento all'unanimità ha approvato, in base a questo decreto noi abbiamo autorizzato, noi abbiamo concesso al Presidente del Consiglio di adottare quelle misure attraverso lo strumento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri: così disciplinava la legge che noi tutti abbiamo convertito; tutti!

Quindi, io non capisco e non comprendo francamente queste rimostranze, questo storytelling, che è stato anche oggetto della mozione dell'opposizione e degli interventi che ho sentito anche in Aula, che tende ad instillare nel popolo questa immagine di un regime totalitario e di un Premier che si è auto assunto pieni poteri.

Ho sentito parlare di Orbán: certo, l'Italia non è l'Ungheria ma lo dovrebbe dire al leader del suo partito che è andato a pontificare, a beatificare, ad approvare, ad applaudire l'azione di Orbán (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); lui, sì, che si è auto assunto pieni poteri, si è auto attribuito pieni poteri, illimitati nel tempo e non circoscritti all'emergenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché quel decreto prevedeva non soltanto che il Presidente potesse adottare dei DPCM circoscritti in determinate materie ma anche per un periodo di tempo limitato; per un periodo limitato nel tempo.

Ma se proprio dobbiamo ispirarci a dei modelli stranieri, lontani dal nostro Paese, capisco che nessuno è profeta in casa, ma a me hanno colpito molto le parole con cui il leader del partito di opposizione portoghese si è rivolto al Premier António Costa, quando all'inizio dell'emergenza dichiarò: “In questo momento il Governo non è l'espressione di un partito avversario ma la guida dell'intera nazione che tutti abbiamo il dovere di aiutare. Non parliamo più di opposizione ma di collaborazione. Signor Primo Ministro, conti sul nostro aiuto. Le auguriamo coraggio, nervi d'acciaio e buona fortuna, perché la sua fortuna è la nostra fortuna”. Dovrebbe essere questo lo spirito con cui tutti noi affrontiamo questa fase, senza assolvere a prescindere, senza beatificare il Governo, il Presidente, ma anche criticando il Governo quando riteniamo che abbia sbagliato. E' nostro compito da parlamentari farlo, ma sempre in un'ottica di collaborazione, in un'ottica di responsabilità, in un'ottica propositiva.

Io credo che, invece, quello che non si dovrebbe fare sia instillare nei confronti dei cittadini un sentimento di rancore e di odio verso chi si è trovato a gestire un'emergenza che è una delle peggiori emergenze della storia del dopoguerra, non soltanto per l'Italia ma per tutto il mondo. E lo schema è sempre lo stesso, colleghi: quello della contrapposizione tra i buoni e i cattivi, quello di diffondere delle fake news per alimentare la rabbia nei cittadini. Ne cito qualcuna, che è stata citata anche poc'anzi. Ho sentito dire: “il Governo impedisce ai familiari dei defunti di celebrare i funerali ma consente le celebrazioni del 25 aprile”. Falso, nessuno ha consentito le celebrazioni del 25 aprile (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Il Governo regolarizza 600 mila immigrati clandestini mentre gli italiani onesti muoiono di fame: altra fake news (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

PRESIDENTE. Colleghi!

VITTORIA BALDINO (M5S). E poi l'ultima, Presidente, quella che io ritengo più odiosa di tutte (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

PRESIDENTE. Colleghi!

VITTORIA BALDINO (M5S). Il Governo paga un riscatto e offre una passerella ad una neo-terrorista islamista ingrata (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Presidente, abbiamo predicato la libertà di culto, tutti l'hanno citata prima di me; ci siamo eretti a paladini delle libertà individuali e delle libertà costituzionali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e poi non abbiamo preteso il rispetto nei confronti di una nostra concittadina che è stata privata della propria libertà per 18 mesi, in un Paese straniero, senza avere la certezza di rivedere la sua famiglia e senza avere la certezza di arrivare viva all'indomani. Ecco, questi sono gli atteggiamenti che sono poco rispettosi dei diritti enunciati nella nostra Costituzione.

Presidente, è legittimo interrogarsi oggi sulle cause e sulle responsabilità della scarsa efficienza con cui alcune articolazioni dello Stato hanno gestito la fase dell'emergenza e anche hanno dato risposte agli italiani. Cercheremo di capire perché il nostro Paese non era dotato di un piano pandemico all'avanguardia, il perché alcuni attori istituzionali si sono rivelati inadeguati, il perché dell'effettivo funzionamento e dell'effettiva adeguatezza del nostro impianto istituzionale e costituzionale nella gestione di emergenze come queste. Lo dobbiamo alle persone che hanno perso la vita, lo dobbiamo alle loro famiglie, lo dobbiamo alle future generazioni, perché dobbiamo fare in modo…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

VITTORIA BALDINO (M5S). …che sia impedito che accada loro quello che è accaduto a noi. Presidente, concludo. Nell'annunciare il voto favorevole del Movimento alla mozione di maggioranza, vorrei lanciare un monito: questa legislatura, colleghi, è la testimonianza che diverse forze politiche, seppur nella diversità di idee e di vedute, possono lavorare insieme e possono anche portare a casa dei buoni risultati per gli italiani, se mettono da parte le divergenze e lavorano sugli obiettivi comuni.

Io credo che tutti noi abbiamo a cuore la tutela della salute, la ripresa economica e la ripresa delle attività produttive. Quindi Presidente, anche oggi, che il peggio sembra essere passato, auguro non solo al Presidente del Consiglio e al Governo, ma a tutti noi, coraggio, nervi d'acciaio e buona fortuna, perché la nostra fortuna è la fortuna di tutti (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi ed altri n. 1-00346, su cui il Governo ha espresso contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Davide Crippa, Delrio, Boschi, Fornaro ed altri n. 1-00348, su cui il Governo ha espresso favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 867 - Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni (Approvato dal senato) (A.C. 2117-A); e delle abbinate proposte di legge: Novelli ed altri; Rostan ed altri; Minardo; Piastra ed altri; Bruno Bossio; Carnevali ed altri; Bellucci ed altri; Lacarra ed altri; Paolo Russo ed altri (A.C. 704-909-1042-1067-1070-1226-1246-1590-2004) (ore 17,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2117-A: Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni; e delle abbinate proposte di legge nn. 704-909-1042-1067-1070-1226-1246-1590-2004.

Ricordo che nella seduta dell'11 maggio si è conclusa la discussione generale e la rappresentante del Governo è intervenuta in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 2117-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo delle Commissioni, e degli emendamenti presentati.

Avverto che fuori dalla seduta, l'articolo aggiuntivo Bellucci 2.014 è stato ritirato dalla presentatrice.

Avverto inoltre che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento, in quanto estranei rispetto ai contenuti del provvedimento, gli articoli aggiuntivi Sisto 6.050, 6.051 e 6.052, non previamente presentati nelle Commissioni, volti a limitare alla sola colpa grave, per la durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, la responsabilità penale degli operatori sanitari per il delitto di morte o lesioni personali in ambito sanitario e per quelli contro la salute pubblica.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2117-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

ROBERTO TURRI (LEGA). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO TURRI (LEGA). Presidente, volevo intervenire sull'ordine dei lavori. Volevo chiedere ai relatori il rinvio del testo alle rispettive Commissioni congiunte Affari sociali e Giustizia, ai sensi dell'articolo 86, comma 7, del Regolamento della Camera. Il testo licenziato dalle Commissioni e oggi all'esame della Camera, non raggiunge lo scopo che si era prefissato, ossia la piena tutela di chi opera nella sanità. Si sono disattese altresì le richieste che sono giunte da quel mondo nel corso delle audizioni. Mi riferiscono al riconoscimento dello status di pubblico ufficiale al personale medico e al personale sanitario. Qui si sono aumentate un po' le pene, si è prevista qualche aggravante, ma, com'è stato detto dai più, la vera soluzione che avrebbe assicurato reali garanzie di tutela al personale sanitario sarebbe stato appunto detto riconoscimento. Aggiungo che, alla luce del momento storico particolare in cui ci troviamo a seguito della pandemia da COVID-19, il riconoscimento dello status di pubblico ufficiale a medici e personale sanitario oggi avrebbe un significato ancora più profondo. Vedere riconosciuta agli operatori sanitari la propria funzione costituzionale della tutela della salute, così come previsto dall'articolo 32 della Carta costituzionale, servirebbe a far sentire lo Stato più vicino agli operatori sanitari. Si tratterebbe di un vero e proprio messaggio educativo, un importante elemento di novità culturale, che andrebbe a rafforzare l'autorevolezza sociale che sta alla base dell'esercizio della professione sanitaria. Per la tutela degli operatori sanitari questa rappresenterebbe una vera soluzione ex ante, anziché, con i meri aumenti delle pene, un'incerta soluzione ex post. Rilevo sul punto, che in diversi casi il supremo giudice di legittimità, con proprie statuizioni, già riconosce al personale sanitario lo status di pubblico ufficiale. Tra l'altro, il rinvio in Commissione, inoltre, potrebbe essere l'occasione per aggiungere al testo quegli aiuti economici agli operatori sanitari - in prima linea in questo periodo - tanto annunciati, ma che non sono stati previsti in alcuno dei numerosissimi provvedimenti emessi da questo Governo negli ultimi mesi.

C'è un'ulteriore considerazione che voglio fare, che sembrerebbe una considerazione di mera forma ma che, a mio avviso, invece, è anche propriamente di sostanza: il lavoro delle Commissioni è stato falsato - falsato è il termine corretto -, perché, come accennavo prima, abbiamo audito qui, ma prima anche al Senato, diverse categorie di soggetti interessati al provvedimento e molti hanno evidenziato l'importanza del riconoscimento appunto dello stato di pubblico ufficiale; sulla base di quello avevamo costruito le nostre ipotesi emendative. Peccato che il giorno in cui è stato licenziato il provvedimento in Commissione la sottosegretaria qui presente, Zampa, con due parole ha stravolto completamente il lavoro che le Commissioni avevano svolto fin lì. Ha dichiarato, infatti, sto leggendo testualmente il resoconto della Commissione del 13 febbraio scorso: il Ministero della Salute ha ritenuto opportuno effettuare un approfondimento attraverso la convocazione della consulta delle professioni sanitarie e socio-sanitarie istituita recentemente dal Ministro Speranza.

E nella seduta svolta nella mattinata odierna, quindi lo stesso giorno il sottosegretario ci dice che, in una riunione tenuta quella mattina, i medici, a quel tavolo, avrebbero detto che non erano più d'accordo nel riconoscimento. Allora, lungi da me dire cosa deve fare il Governo, è evidente che il Governo è libero di audire chicchessia in qualunque momento; però è anche vero che il Governo deve rispettare le prerogative di questo Parlamento. Questa è una legge che approva il Parlamento, appunto: io capisco che il Governo si sta abituando, magari vorrebbe anche abituarci ad emanare provvedimenti che sfuggono al controllo del Parlamento, ma questo non è il caso. A fronte di queste considerazioni del sottosegretario…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO TURRI (LEGA). Ho concluso, Presidente, il gruppo della Lega (ma non solo il gruppo della Lega, anche le altre opposizioni e anche parte della maggioranza, perché anche il gruppo di Liberi e Uguali aveva un emendamento che modificava appunto l'articolo 357 del codice penale, a firma dell'onorevole Rostan, poi bocciato nel corso di quella stessa seduta di Commissione) aveva chiesto dei chiarimenti al sottosegretario, quantomeno che documentasse quello che era il resoconto di quella riunione, perché evidentemente stravolgeva il lavoro che avevamo compiuto nei mesi precedenti. Ma non c'è stato nulla da fare: hanno deciso di andare avanti. A quel punto il gruppo della Lega ha abbandonato i lavori: come potevamo rimanere? Non c'erano più i presupposti per proseguire. E siamo stati, tra l'altro, bersaglio di bieche strumentalizzazioni, i due presidenti delle Commissioni, l'onorevole Businarolo e l'onorevole Lorefice, hanno testualmente dichiarato alla stampa: “È grave che la Lega abbia scelto di voltare le spalle al mondo della sanità”. Care colleghe, per il suo tramite, Presidente, se qualcuno ha voltato le spalle ai medici ed operatori sanitari, quelli non siamo stati noi ma sono questo Governo e questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO TURRI (LEGA). Concludo, ribadendo, quindi, la richiesta di rinvio del testo alle Commissioni congiunte (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Qual è il parere dei relatori sulla richiesta di rinvio?

ANGELA IANARO, Relatrice per la XII Commissione. Il parere è contrario.

PRESIDENTE. Sta bene. Chi vuole parlare a favore della richiesta di rinvio? Nessuno. Chi vuole parlare contro?

MICHELE BORDO (PD). Presidente, la richiesta del collega della Lega di rinvio del provvedimento in Commissione è assolutamente ingiustificata. Intanto non arriviamo in Aula per caso, o perché la settimana scorsa abbiamo in fretta condiviso l'orientamento da tenere su questo provvedimento: questo provvedimento è stato affrontato, discusso, approfondito in Commissione qualche mese fa, ben prima dell'emergenza sanitaria che affrontiamo ormai da due mesi, e tutti gli argomenti utilizzati adesso dal collega per chiedere il rinvio in Commissione del provvedimento li abbiamo affrontati, discussi in Commissione, non solo alla presenza delle forze della maggioranza, ma anche in presenza di una parte significativa delle forze dell'opposizione. Ricordo, in quella circostanza, è vero, una forza politica abbandonò i lavori, fu la Lega, ma non credo per ragioni di merito: per tutt'altre ragioni. Io adesso non voglio qui fare polemiche e dire per quale ragione, in quella circostanza, i colleghi della Lega abbandonarono l'Aula, ma mi ricordo che era un giovedì inoltrato, un venerdì mattina, e probabilmente i colleghi avevano altri impegni.

Noi invece siamo andati avanti nella discussione del provvedimento, abbiamo discusso gli emendamenti che, in quella circostanza, sono stati presentati, che sono gli stessi oggi all'attenzione dell'Aula. Su quegli emendamenti abbiamo ragionato, abbiamo espresso pareri favorevoli e pareri contro; e devo dire la verità, abbiamo anche avuto un atteggiamento assolutamente ragionevole nei confronti delle proposte che le forze di minoranza, in sede di discussione in Commissione, hanno avanzato, tanto che alcuni di quegli emendamenti delle forze delle opposizioni li abbiamo accolti, e vi sono quelli accolti che sono all'attenzione dell'Aula, per cui francamente non c'è nessuna ragione che possa giustificare il rinvio in Commissione di questo provvedimento.

Tra l'altro, io eviterei, considerato l'oggetto del provvedimento che stiamo discutendo, che anche su questo si faccia propaganda da parte di qualche forza politica dell'opposizione. Tra l'altro, vorrei altresì aggiungere, se non ricordo male, che questo provvedimento è all'ordine del giorno: a parte perché è un provvedimento che al Senato è passato con il voto unanime di tutte le forze politiche, soprattutto perché Forza Italia, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, ha chiesto che questo diventasse un provvedimento da discutere anche prima di altri provvedimenti all'ordine del giorno. Francamente, quindi, non si comprendono le ragioni perché venga avanzata oggi una richiesta di rinvio in Commissione.

Io penso che sia sbagliata la richiesta, che si debba andare avanti, che si debba respingere la richiesta avanzata. E poi non utilizzo questo argomento per rispondere nel merito alle questioni che sono state sollevate dal collega: quando ci arriveremo con gli emendamenti - pubblico ufficiale, alcuni emendamenti a cui si faceva riferimento e che sono stati dichiarati inammissibili - diremo qual è la nostra opinione, e diremo qual è la posizione dei relatori, ma anche delle forze politiche di maggioranza. E quindi, siccome non ci sono motivi ostativi, e siccome io credo che ci siano tutte le condizioni per andare avanti e per dare una risposta ad un tema che c'è, le aggressioni nei confronti dei medici, degli operatori sanitari, io credo che sia assolutamente ingiustificato, ancora una volta, rinviare su questo argomento, visto che siamo assolutamente pronti per andare avanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Io ho il collega Di Muro che vorrebbe parlare a favore, poi ho altri colleghi che vogliono intervenire. Io posso però far parlare soltanto una persona a favore, quindi faccio intervenire Di Muro. Ne ha facoltà.

FLAVIO DI MURO (LEGA). Il nostro collega Turri giustamente ha chiesto il rinvio in Commissione, spiace che non ne abbia capito le ragioni il collega del Partito Democratico. Le ragioni sono molteplici. Intanto facciamo chiarezza su quello che è successo in Commissione, perché è vero che la Lega ha abbandonato i lavori nelle Commissioni congiunte su questo provvedimento, ma perché le Commissioni stesse sono state svilite nel loro ruolo. Anzi, ci dispiace che altri non abbiano abbandonato i lavori di quelle Commissioni: perché vede, Presidente, arrivare in Commissione e scoprire che poche ore prima il sottosegretario, che è il sottosegretario qui presente, aveva incontrato nelle segrete stanze del Ministero le associazioni dei medici, che gli avevano cambiato parere rispetto al parere già espresso su alcune questioni importanti di questo provvedimento nell'ambito delle audizioni che formalmente si erano svolte, ecco, non è il modo corretto di tenere i lavori di una Commissione, non è il modo corretto di agire da parte del Governo, e non è il modo corretto per poter votare oggi in quest'Aula il provvedimento.

Poi ci sono altre ragioni che motivano il rinvio in Commissione. Ad esempio, dal Senato ci dicono già che vogliono modificare questo provvedimento, che è già stato votato all'unanimità, quindi anche dal gruppo della Lega che non fa ostruzionismo su questi temi, che sono temi anche di attualità e di una certa importanza; però è impossibile pensare che non possiamo non avere un ulteriore approfondimento in Commissione, quando ci arrivano delle voci già certe dal Senato che, in terza lettura, lo andiamo a modificare. Allora, dato che non è un decreto-legge, non ci sono dei termini stringenti, forse anche questa è una ragione per tornare in Commissione.

E poi infine c'è una ragione politica, perché abbiamo visto com'è andato l'esame degli emendamenti nelle Commissioni congiunte, e l'onorevole Rostan, credo di Liberi e Uguali, ha proposto un emendamento, che noi ad esempio abbiamo condiviso e riproduciamo qui in Aula, che è stato bocciato. Voi direte: se ne bocciano e se ne approvano tanti di emendamenti; ma l'onorevole Rostan è andata sui giornali dicendo che vota contro la maggioranza, spaccando di fatto la maggioranza di Governo su questo emendamento.

Io non so se l'onorevole Rostan è qui presente o deciderà di cambiare la propria opinione o il gruppo politico dell'onorevole Rostan seguirà l'onorevole Rostan o si discosterà dall'onorevole Rostan, ma, forse, servirebbe anche a voi approfondire meglio questo testo, per evitare delle spaccature di maggioranza. Quindi, concordo con l'onorevole Turri, si tratta di un rinvio, come diciamo noi, di buon senso (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di rinvio del provvedimento nelle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge per 48 voti di differenza.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Sulla dichiarazione di inammissibilità, suppongo.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Sì, Presidente, sulla dichiarazione di inammissibilità. Le chiedo se posso venire davanti ad esporre, togliendomi la mascherina.

PRESIDENTE. Prego.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Illustre Presidente, ho letto il suo speech in ordine agli emendamenti a mia firma, unitamente al collega Russo, che immagino che, su uno degli emendamenti, vorrà parimenti intervenire. Leggo dal suo speech che gli emendamenti sono stati dichiarati non ammissibili, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento. Affinché i colleghi possano comprendere anche letteralmente le ragioni di queste inammissibilità, segnalerò che l'articolo 86, comma 1, fa riferimento a emendamenti dichiarati inammissibili nell'ambito degli argomenti già considerati nel testo o negli emendamenti presentati e giudicati ammissibili in Commissione, quindi, la formula è: argomenti già considerati nel testo. Parimenti, nell'articolo 89 si fa riferimento alla possibilità di escludere emendamenti che siano relativi ad argomenti affatto estranei all'oggetto della discussione.

Ebbene, Presidente, io credo che, per stabilire quelli che sono gli argomenti estranei alla discussione o non pertinenti, bisogna prendere, ovviamente, come si usa, a modello quello che risulta dal fascicolo, che ci è messo a disposizione. Lei potrà vedere tranquillamente, a pagina 2 e 3 del testo del disegno di legge, quanto le sto per riferire. Questo disegno di legge, il n. 2117, affonda le sue radici nel n. 704: Modifica all'articolo 61 del codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza degli operatori sanitari”; in quello relativo alla modifica all'articolo 357, in materia di attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale ai medici, non diversamente dal n. 1042 e non diversamente dagli altri. Cioè, si tratta di provvedimenti che, anche nella riunione, nell'unificazione delle varie proposte, fanno espresso riferimento alla professione medica; segnatamente il n. 1246, Bellucci e Rampelli, fa riferimento a medici nell'esercizio delle loro funzioni. Ma la cartina di tornasole - mi consentirà - si ha nel parere della I Commissione permanente dove si fa riferimento espressamente: all'“esercizio delle loro funzioni”, a “ordinamento penale”, “ordine pubblico e sicurezza”, “tutela della salute”, e a cui fa eco, poi, il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali che fa espresso riferimento a “legislazione concorrente”, “tutela della salute” e “tutela e sicurezza del lavoro” (articolo 117, terzo comma della Costituzione). Allora, io mi chiedo, se è un'opportunità politica, non entro nel merito dell'opportunità politica, ma, se viene invocato il Regolamento e si fa riferimento…

Capisco che gli uffici anticipino sostanzialmente una risposta, ma vorrei, prima della risposta, completare la domanda, se fosse possibile, anche perché se c'è già una risposta preconfezionata, prima che la domanda venga formulata, il nostro ruolo risulta leggermente depotenziato.

Quindi, i nostri emendamenti, quelli che abbiamo presentato, lo dico subito all'Aula, sono un'opportunità unica per anticipare in questa sede uno dei temi più caldi del COVID: la responsabilità degli operatori sanitari. È il rifiuto, Presidente, perché io tale lo considero, a fronte di questa esistenza pacifica all'interno del testo normativo, esattamente delle stesse voci che riguardano questi emendamenti. Non li si vuole affrontare per una scelta politica del Governo? Bene, se così è, il Governo abbia il coraggio di dire che non vuole affrontare il tema della responsabilità dei medici, ma che non si dica che - a fronte di un provvedimento che ha come titolo pacificamente quello che riguarda gli operatori sanitari, che dice proprio: sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie - non c'è una pertinenza del tema della responsabilità medica. Noi abbiamo formulato un emendamento chiarissimo; noi diciamo, con molta pacatezza, che i medici debbono rispondere soltanto per colpa grave e non certamente per una colpa diversa da quella grave - e quella grave è quella che afferisce ad una serie di violazioni evidenti delle buone pratiche -, escludendo i medici dalla responsabilità civile e contabile e, sostanzialmente, da una penale, se non per colpa gravissima: se io chiudo la bocchetta dell'ossigeno e apro quella del protossido di azoto, certo non posso non essere dichiarato responsabile…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Ho finito, Presidente. Ma diciamo con fermezza che i medici vanno tutelati e vanno tutelati subito, indipendentemente da quelle che sono le opzioni del Governo, i dubbi. Noi abbiamo condotto delle audizioni che io considero, oggi, ridicole, perché non hanno portato a nessun risultato. Noi vi chiediamo e chiediamo a lei, Presidente, di consentire all'Aula di discutere, oggi e subito, del problema della responsabilità dei medici del COVID; poi, il Governo o la maggioranza decideranno come, ma non si può inibire un dibattito di tale pertinenza all'Aula.

PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Io le chiedo veramente, con grande fermezza e con riferimento al Regolamento e al testo del provvedimento, di revocare quella sua delibera di non ammissibilità e di consentire all'Aula di occuparsi di un problema così grave, non differendolo ulteriormente come credo non sia consentito fare. La ringrazio per avermi dato la parola.

PAOLO RUSSO (FI). Presidente!

PRESIDENTE. Collega Russo, il collega Sisto ha già sollevato i rilievi sull'inammissibilità, quindi, ha già parlato il collega Sisto che, tra l'altro, è primo firmatario degli emendamenti. Quindi, io adesso rispondo al collega Sisto sull'inammissibilità. Non possono parlare tutti i cofirmatari degli emendamenti per intenderci; sull'inammissibilità ha parlato il collega Sisto. O voleva parlare su qualcos'altro? Prego.

PAOLO RUSSO (FI). Presidente, scusi, il collega Sisto è intervenuto su due emendamenti a sua firma, poi, viene un altro emendamento cofirmato anche da me.

PRESIDENTE. Quindi, il collega Sisto ha parlato sull'emendamento 6.050 Sisto e sull'emendamento 6.051 Sisto?

PAOLO RUSSO (FI). No, il collega Sisto ha parlato sull'emendamento 6.051 Sisto e sull'emendamento 6.052 Sisto e, quindi, sull'emendamento 6.050…

PRESIDENTE. Quindi, lei vorrebbe intervenire sull'emendamento 6.050 Sisto.

PAOLO RUSSO (FI). Esatto Presidente.

PRESIDENTE. Quindi, interviene lei, al posto del firmatario Sisto. Prego.

PAOLO RUSSO (FI). Grazie, Presidente. Non avremmo mai immaginato di giungere a discutere in Aula, su questo provvedimento, nel bel mezzo di una pandemia.

Il collega Sisto ha già indicato con chiarezza come, anche dal punto di vista tecnico, non vi sia alcuna ragione per ritenere estranei gli emendamenti presentati o l'emendamento da me sottoscritto, anzi, mai c'è cogenza maggiore, mai c'è una puntualità e anche un'opportunità, se volete, un'occasione importante che si può cogliere, e si coglie esattamente nella funzione del medico, nell'attività sanitaria, nell'azione del medico. Devo dire, non capisco. Non capisco, Presidente - e non tendo nemmeno ad adeguarmi - perché non sia questa l'occasione giusta per cogliere un'opportunità di un tema che aleggia più volte, di un tema che ognuno ha voluto rappresentare, quando li indicavamo come angeli e come eroi, e poi, puntualmente, rischiamo di renderli o dimenticati, o abbandonati. La questione è: uno scudo penale, uno scudo civile, uno scudo risarcitorio nei confronti di questi professionisti del mondo sanitario, delle professioni sanitarie, delle attività sanitarie, senza togliere ai familiari di quanti sono deceduti, ai cittadini che ritengono di voler adire le vie legali, senza togliere a questi cittadini la possibilità di ottenere giustizia e verità, e, se necessario, anche un risarcimento. Ci dite sempre che c'è un altro momento, c'è un momento successivo, c'è un momento che dovrà arrivare, non è mai questo il momento in cui va affrontata questa vicenda, che è una vicenda - come voi ben sapete - che ha un rilievo forte dal punto di vista dell'esercizio della norma, ma è anche una vicenda importante dal punto di vista etico, perché fa capire lo Stato, il Paese, da quale parte sta, se sta dalla parte di quel personale che abbiamo visto piangere nelle ore più drammatiche dell'emergenza COVID-19. E allora, se c'è sempre una nuova occasione, perché, viceversa, non invertiamo questa narrazione? Perché non ora? E soprattutto, se non ora, quando affrontiamo questo tema? Peraltro, mi pare sia un tema largamente compatibile con l'oggetto del provvedimento che stiamo ad esaminare.

PRESIDENTE. Con riferimento ai rilievi dei deputati Sisto e Russo, relativi all'inammissibilità degli articoli aggiuntivi Sisto 6.050, 6.051 e 6.052, osservo quanto segue. In primo luogo, ricordo che l'articolo 86, comma 1, del Regolamento, prevede che gli articoli aggiuntivi e gli emendamenti sono di regola presentati e svolti nelle Commissioni. Possono, comunque, essere presentati in Assemblea nuovi articoli aggiuntivi ed emendamenti, purché nell'ambito degli argomenti già considerati nel testo o negli emendamenti presentati e giudicati ammissibili in Commissione. L'articolo 89, comma 1, stabilisce, inoltre, che il Presidente ha facoltà di negare l'accettazione o lo svolgimento di articoli aggiuntivi, che siano relativi ad argomenti affatto estranei all'oggetto della discussione.

Le proposte emendative in questione, da un lato, non sono state presentate nel corso dell'esame in sede referente e, dall'altro, riguardano materia estranea rispetto a quella trattata dal testo in esame, che, ricordo, è volto ad introdurre e disciplinare misure volte a prevenire e sanzionare penalmente gli episodi di violenza commessi in danno degli esercenti le professioni sanitarie o sociosanitarie nell'esercizio delle loro funzioni, in qualità quindi di soggetti passivi del reato.

Si tratta, inoltre, di un provvedimento che reca una disciplina a regime completamente svincolata dall'emergenza epidemiologica in corso. Il disegno di legge è stato, infatti, presentato al Senato nell'ottobre 2018 e trasmesso da tale ramo del Parlamento alla Camera il 25 settembre 2019. Gli articoli aggiuntivi Sisto 6.050, 6.051 e 6.052 riguardano, invece, una fattispecie del tutto differente, ovvero la limitazione della punibilità ai soli casi di colpa grave per alcuni delitti, morte, lesioni personali e contro la salute pubblica, rispetto ai quali il personale sanitario è soggetto attivo del reato. Si tratta, inoltre, di disposizioni che, diversamente da quelle del disegno di legge in esame, hanno una durata temporanea coincidente con quella dell'emergenza sanitaria in atto. Come la Presidenza ha avuto modo di verificare, essi infatti riproducono integralmente il testo dell'articolo aggiuntivo Sisto 13.03, presentato in Commissione nel corso dell'esame del decreto-legge cosiddetto “Cura Italia” e in quella sede giudicato ammissibile, in quanto il provvedimento era proprio diretto a far fronte alle conseguenze derivanti dalla pandemia da COVID-19. Alla luce di tali elementi, non posso quindi che confermare l'inammissibilità degli articoli aggiuntivi Sisto 6.050, 6.051 e 6.052, che, conseguentemente, non saranno sottoposti all'esame e al voto da parte dell'Assemblea.

A questo punto, se nessuno chiede di intervenire sull'articolo 1, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Colleghi, vi ricordo, anche durante le fasi di votazione, di mantenere la distanza, come già richiesto precedentemente.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 2117-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A). Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

MICHELE BORDO, Relatore per la II Commissione. Sì, Presidente. I pareri sono tutti contrari, tranne che sull'emendamento 2.52 Carfagna, su cui il parere è favorevole.

PRESIDENTE. D'accordo. Mi scusi, relatore, anche sugli articoli aggiuntivi mi conferma il parere contrario?

MICHELE BORDO, Relatore per la II Commissione. Sì, sugli articoli aggiuntivi il parere è contrario.

PRESIDENTE. D'accordo. Il Governo?

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Il parere del Governo è conforme.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 2.24 Turri. Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.24 Turri, con il parere contrario delle Commissioni, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.52 Carfagna. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Carfagna. Ne ha facoltà.

MARIA ROSARIA CARFAGNA (FI). Sì, grazie Presidente, solo per ringraziare la Commissione, i due relatori, il rappresentante di Forza Italia in Commissione, l'onorevole Novelli, per la sensibilità che hanno voluto dimostrare sul tema della parità di genere all'interno dell'Osservatorio. Credo che sia anche un'occasione, per tutti, per rimediare agli errori che sono stati commessi quando, nelle settimane scorse, si è pensato di poter fare a meno della rappresentanza femminile all'interno di task force e comitati tecnico-scientifici che hanno assunto decisioni importanti nella fase dell'emergenza sanitaria: pensare di poter fare a meno di chi rappresenta la metà della popolazione, in organismi che si troveranno ad assumere decisioni importanti come appunto l'Osservatorio in questione, significa essere fuori dalla realtà e credo che questa decisione vada nella giusta direzione e mi auguro che possa anche segnare un percorso da seguire per le decisioni che verranno prese in tutti i settori, nel prossimo futuro. Quindi grazie ancora alla Commissione e ai relatori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.52 Carfagna, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.51 Potenti, con parere contrario di Commissioni e Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.23 Bellucci, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.50 Turri, con il parere contrario di Commissioni, Governo e V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.21 Bond, con il parere contrario di Commissioni, Governo e V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.19 Potenti. Ha chiesto di intervenire il collega Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). La ringrazio Presidente, con questo emendamento chiedevamo semplicemente di poter vedere trasmessa la relazione che appunto l'Osservatorio nazionale si vedrà, appunto, competente nel redigere, ovverosia quella contenente il monitoraggio degli episodi di violenza commessi ai danni degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie, non solo alle Camere da parte del Ministro della salute, ma chiedevamo di vederla trasmessa anche alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano. Questo ci sembrava un atto e comunque un passaggio scontato, tenendo anche conto che la comunicazione ovvero la trasmissione, come dice il comma 4 dell'articolo in esame, potrebbe avvenire attraverso un semplice click, ormai consuetudine della trasmissione telematica di qualunque atto da parte della pubblica amministrazione. Quindi ecco, ci sembrava un atto di buon senso tenere rigorosamente informati gli organi regionali, gli assessorati regionali, quindi quelle competenze che sulla sanità hanno un ruolo direi ormai fondamentale e quindi pareva una richiesta quasi scontata. Così sembra appunto non essere, dal parere negativo che è stato espresso su questo emendamento, per cui spero l'Aula voglia in qualche modo orientarsi diversamente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.19 Potenti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.22 Paolo Russo. Ha chiesto di intervenire il collega Paolo Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO (FI). Grazie Presidente, stiamo valutando e approvando una norma importante, peraltro molto attesa, ma non basta una norma fatta di principi e di penalità: occorrono anche indicazioni precise sul piano della strategia e penso a ciò che indico in questo emendamento; andrebbe cancellata la stagione in cui in molte strutture ospedaliere italiane manca ancora il triage. Per evitare questo, servono linee guida forse più puntuali, volte proprio ad individuare un obbligo assoluto. Capisco anche che quest'obbligo ha la necessità, porta con sé la necessità di risorse, ma non tutte le norme si riescono a fare senza risorse. Se non attiviamo, in ogni struttura sanitaria, una azione di triage, diventa difficile contrastare quelle azioni violente e deprecabili che pur si registrano. E' evidente che se non si sa qual è il proprio turno, se magari si comprende che si pensa di star peggio di un paziente che viceversa passa avanti, sono questi gli elementi induttori maggiori di quelle criticità che generano violenza proprio nei luoghi a più alta fragilità, a più alta sensibilità sociale.

Mi permetto, in questo senso, di suggerire che van bene le norme sin qui indicate, ma, accanto a queste norme, occorrono norme che consentono anche attività e lavori per migliorare la performance delle strutture sanitarie e soprattutto dei pronto soccorso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.22 Paolo Russo, con il parere contrario delle Commissioni, Governo e V (Bilancio) Commissione.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.

Se nessuno chiede di intervenire lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

Passiamo agli articoli aggiuntivi all'articolo 2, quindi alla votazione dell'articolo aggiuntivo 2.021 Novelli.

Ha chiesto di intervenire il collega Novelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO NOVELLI (FI). Su questa proposta emendativa, io credo che si dovrebbe riflettere per cambiare il parere. Credo che nessuno di noi sia contrario a una formazione sempre più puntuale ed adeguata, nel caso specifico dei lavoratori, ma dei lavoratori del Sistema sanitario nazionale. Allora, una formazione adeguata sul personale sanitario e socio-sanitario che serva per prevenire, evitare e gestire episodi di violenza, sarebbe opportuno, al di là di quello che fanno le singole aziende, fosse determinata da un provvedimento legislativo di valenza generale che proprio in questo provvedimento troverebbe la sua collocazione naturale. Inoltre, chiedere anche che le università, nel caso non lo facessero, inseriscano nelle proposte di offerta formative corsi di sicurezza sui luoghi di lavoro, credo sarebbe un altro passaggio importante per far sì che le persone - che abbiamo definito eroi, che abbiamo visto come si sono comportate e come si stanno comportando in modo encomiabile di fronte a questa emergenza - abbiano il diritto di avere la miglior formazione possibile perché, grazie ad una formazione puntuale, precisa e diffusa, che avviene anche attraverso il sistema sanitario, oltre che aziendale, possano ridurre il rischio di essere vittime di questi malandrini che, purtroppo, sempre più spesso li aggrediscono fisicamente e verbalmente, provocandogli anche delle conseguenze di tipo comportamentale. Infatti, andare a lavorare, sapendo di poter essere aggrediti da una persona che non si conosce perché purtroppo l'aggressione può essere repentina, improvvisa, fatta da una persona qualunque che può sembrare anche la miglior persona del mondo, io credo che, sulla formazione, noi dovremmo metterci davvero più attenzione; e in questo provvedimento questa proposta emendativa è, direi, ideale e quindi vi chiedo di votarla favorevolmente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.021 Novelli, con il parere contrario delle Commissioni, Governo e V (Bilancio) Commissione.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.022 Novelli, con il parere contrario delle Commissioni, Governo e V (Bilancio) Commissione.

Dichiaro aperta la votazione.

Colleghi, vi ricordo di mantenere la distanza. Sportiello, Ricciardi, Gubitosa, Cantone…Dovete mantenere la distanza con i colleghi, quindi nel caso dovete salire in tribuna.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.06 Baldini, con il parere contrario delle Commissioni, Governo e V (Bilancio) Commissione.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 2.061 Bellucci.

Ha chiesto di parlare la collega Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Oggi votiamo una legge particolarmente importante e durante i lavori di Commissione come Fratelli d'Italia abbiamo cercato di metterci a disposizione per arrivare ad una legge che fosse la più puntuale, la più capace non soltanto di comminare delle pene aggravate, ma anche di poter intervenire con attività di prevenzione in modo tale da far sì che quelle violenze mai venissero perpetrate a danno degli operatori sanitari. Alcune delle nostre proposte le avete accolte, come per esempio l'istituzione della Giornata nazionale contro la violenza a danno degli operatori sanitari; e su queste vi riconosciamo la capacità di comprendere che l'opposizione, Fratelli d'Italia, è capace di fare delle proposte concrete e utili al bene degli italiani e in questo caso al bene della salute.

Al contempo abbiamo visto come alcune nostre proposte, come la videosorveglianza, la formazione il lavoro d'équipe, le avete recepite ma inserendole nell'Osservatorio nazionale. Qui allora mi corre l'obbligo sottolinearvi come quest'accoglimento risulta particolarmente debole.

Io so che i colleghi della maggioranza sanno molto bene come la raccomandazione numero 8 del Ministero della Salute del lontano 2007 già aveva attenzionato la problematica delle violenze a danno degli operatori sanitari. Quella raccomandazione chiedeva che si intervenisse nel 2007, tredici anni fa, ma a fronte di quella raccomandazione oggi ci troviamo con 80 mila denunce fatte all'INAIL, ottanta casi di violenza al giorno, con operatori sanitari che sono stati violentati, uccisi. Evidentemente questo Parlamento, le istituzioni, hanno l'obbligo di interrogarsi sul fatto che delle mere raccomandazioni, quindi una mera promozione del monitoraggio, del supporto alla formazione, dell'indicazione di fare dei lavori di équipe, non sono sufficienti. È per questo che vi chiedevamo una previsione di legge, vi chiedevamo di introdurre per legge queste misure, e ve lo chiediamo ancora oggi, e gli emendamenti che si susseguiranno sono tesi a questo: a far sì che questa sia una legge buona e giusta, ma anche efficace. Gli operatori sanitari ci hanno detto costantemente, durante le audizioni, che l'aggravamento della pena non è atto sufficiente, che loro non hanno bisogno soltanto di questo. E mi permetto di dire che non può essere unicamente un osservatorio che si impegna a promuovere il luogo che garantisce la tutela a danno degli operatori sanitari. Quindi ve lo chiederò in maniera pacata, ve lo chiederò in maniera del tutto convinta, però, e a cuore aperto: vi chiedo di ripensarci, ancora qui in Aula, di far sì che queste previsioni diventino una legge e quindi diventino cogenti nella protezione di quegli operatori sanitari che sono giorni che ringraziamo. Hanno bisogno di ringraziamenti non soltanto a parole ma con fatti, quindi in questo emendamento proponiamo che ci sia l'inserimento di un codice paziente in maniera tale che quelle previsioni organizzative e strutturali, che sono fondamentali, diventino una realtà in ogni parte d'Italia. Questo è il primo emendamento, ce ne saranno altri. Mi permetterò di continuare a prendere la parola, non mi stancherò mai di poter proteggere gli operatori sanitari (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.061 Bellucci, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Turri 2.019, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo. Dichiaro aperta la votazione… Revoco l'indizione della votazione. Ha chiesto di parlare il collega Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Presidente, invito la maggioranza a un atto di resipiscenza su quest'emendamento, che non mira ad altro che a ricomprendere alcuni soggetti, che rimarrebbero a nostro avviso privi di tutela, ovvero con tutela incerta, nel novero delle categorie previste dall'articolo 336 codice penale. Tra questi aggiungiamo i farmacisti. Vi do solo un numero, che ci ha portato in Commissione l'associazione dei farmacisti: tale dottor Vittorio Contarina ha subito 28 rapine in 4 anni, quattro in 13 giorni, due in due ore, 53 furti con scasso con la farmacia chiusa, durante i quali sono stati rubati farmaci e casse automatiche. Il tema è molto semplice: questo emendamento servirebbe ad estendere la tutela riservata ai pubblici ufficiali anche a questi soggetti, non solo ai farmacisti, ma anche ad altre categorie che prestano soccorso nei nostri ospedali e nelle strutture accreditate, che sono formalmente private ma che di fatto svolgono funzioni pubbliche, allo scopo di garantirli. Cioè, appare contraddittorio che, da un lato si chiamino eroi, dall'altro si chieda maggior tutela e poi si esclude un'intera categoria che invece è molto spesso in prima linea. Quindi, invito ad accogliere l'emendamento a prima firma del collega Turri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Carnevali. Ne ha facoltà.

ELENA CARNEVALI (PD). Presidente, volevo innanzitutto rassicurare il collega Turri, che ha posto sicuramente un problema serio riguardo alla professione dei farmacisti, che sono stati davvero, anche loro, oggetto di violenze, di minacce, oltre che di rapine. Ma lo volevo rassicurare perché, come credo lui sa bene, abbiamo ampliato l'ambito di applicazione, facendo riferimento alla legge n. 3 del 2018, in cui sono incluse le professioni sanitarie, per cui anche i farmacisti. Direi che praticamente, ciò che è stato sollevato con l'emendamento, è già incluso nel testo che poi abbiamo lavorato e migliorato con la fase emendativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.019 Turri, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 2.020 Potenti. Ha chiesto di parlare il collega Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). Presidente, siamo tutti interessati a vedere conclusi i lavori su questo provvedimento. Mai come ora credo il Parlamento abbia il dovere di manifestare al popolo italiano, quale esercente la funzione legislativa, l'impegno per vedere riconosciuto per lo meno il diritto di non essere soggetti a comportamenti incresciosi, per una società che vuole definirsi civilizzata; a maggior ragione, proprio perché questo provvedimento ha travalicato una fase delicatissima della storia del nostro Paese. Io ricordo a tutti che lavoravamo nelle Commissioni riunite - io per quanto riguarda quella della giustizia - poco prima della grave pandemia del COVID-19, ci ritroviamo qui dopo una fase acuta di questa grave tragedia nazionale e mondiale, e naturalmente questi per noi sono i nostri eroi. Noi non abbiamo la possibilità di farli santi, ma, se volessimo, nel cuore ognuno di noi li porta come sante persone che hanno aiutato tanti cittadini italiani in queste settimane. Tanti non ce l'hanno fatta, tanti fortunatamente e grazie a loro sono usciti in piedi dagli ospedali.

Ma possiamo certamente farli pubblici ufficiali sempre, sempre, con questo emendamento che ha chiaramente voluto significare anche una sensibilità trasversale. Il collega Turri ricordava che questo emendamento ricalca il testo di una collega della parte avversa; ma io su questa materia non mi sento di prendere parte a una divisione politica o in fazioni: su questa materia dovremmo essere coscienti di avere per le mani il futuro e anche la responsabilità di garantire il lavoro, la serenità di coloro i quali mettono le mani sulla “ciccia” delle persone, come si vuole a volte dire in maniera volgare, lo dico in toscano.

Io vorrei quindi rappresentare che in un sistema giuridico come quello italiano, dove il pubblico ufficiale per la legge è colui che esercita funzioni legislative, giudiziarie e amministrative, e che attribuisce la medesima qualifica, indipendentemente dal ruolo di dipendente pubblico o meno, anche ad altri soggetti che esercitano funzioni disciplinate da norme di diritto pubblico, e caratterizzate dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione; in un sistema, quello italiano, dove la distinzione tra pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio si basa spesso su impalpabili diversità, differenze che sono a volte attribuite alla sensibilità del giureconsulto, detto in un termine aulico, ovverosia all'operatore giudiziario; la richiesta che con questo emendamento noi volevamo portare all'attenzione di questa sede, sia della Commissione e lo ripetiamo qui, nella sede dell'Aula di Montecitorio, è quella di voler riconoscere finalmente in maniera chiara, definitiva che per tutta una categoria di soggetti si prenda atto che quelle funzioni sacrosante, che a volte sono di pubblico ufficiale e a volte per interpretazioni bizzarre finiscono relegate a quelle dell'incaricato di pubblico servizio, o per l'infermiere arrivano addirittura a poter essere interpretate come “di colui che esercita un servizio di pubblica utilità”, semplicemente, siano invece riconducibili ad un chiaro e sistematico inquadramento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Presidente, intervengo ad adiuvandum dell'intervento del collega. Bene ha detto la collega, che le categorie interessate a questa legge sono contenute nella legge n. 3 del 2018; io però sfiderei la collega e tutti i colleghi presenti ad indicarmi una per una quali sono le categorie comprese in quella legge. Mentre invece qui si chiede di scrivere chiaro e tondo nel codice penale, cioè nella norma che più facilmente dev'essere percepita e percepibile dai cittadini, che anche ad esempio i farmacisti sono soggetti equiparabili ai pubblici ufficiali, e anche i medici del pronto soccorso, perché godono certamente di fatto, nel momento in cui esercitano le funzioni, di quei poteri autoritativi e certificativi che caratterizzano il pubblico ufficiale. La norma penale, signori, è vero che può essere riempita di contenuto anche con norme extra-penali come state facendo in questo momento, come stiamo facendo in questo momento, ma in realtà se la scriviamo nel codice penale la rendiamo più chiara a tutti e quindi più efficace. Quello che va a gonfiare di botte il farmacista perché non gli dà la droga, così sa che cosa rischia. Invito quindi la maggioranza ad un atto di resipiscenza e a votare favorevolmente a questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.020 Potenti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Essendo giunti alle ore 19, sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 9.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera trasmessa in data odierna, i presidenti delle Commissioni Finanze e Attività produttive hanno comunicato che, in sede di ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi delle Commissioni riunite, è stato convenuto all'unanimità di chiedere il differimento a lunedì 25 maggio dell'esame in Assemblea del decreto-legge in materia di liquidità delle imprese. La discussione sulle linee generali del provvedimento non sarà pertanto iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani e l'articolazione dei lavori sarà stabilita dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, che sarà convocata per domani, al termine della parte antimeridiana della seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di uscire dall'Aula per cortesia in silenzio. Ha chiesto di parlare il collega Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO (FI). Presidente, intervengo per rilevare come, nell'ultimo e temo…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! C'è un collega che sta cercando di intervenire. Colleghi!

Prego.

PAOLO RUSSO (FI). Presidente, la ringrazio per la cortesia ed attenzione. Per rilevare come nell'ultimo DPCM, quello del 17 maggio… È complicato…

PRESIDENTE. Sì, molto. Colleghi, vi chiedo di uscire dall'Aula in silenzio: c'è il collega Russo che deve intervenire. Prego, collega.

PAOLO RUSSO (FI). Grazie, Presidente. Per rilevare come nell'ultimo DPCM, quello del 17 maggio, da una parte si indicano una serie di misure, e poi all'articolo 10 si fa riferimento specifico alle Forze armate e alle forze di polizia come le forze interessate a controllare, verificare e misurare esattamente ciò che accade, eventualmente anche a sanzionare. Non sfugge, immagino, a lei ma anche al Presidente del Consiglio, che nelle forze di polizia non sono contemplate la Polizia locale e la Polizia provinciale. Da una parte vogliamo che questi tutori dell'ordine dei nostri comuni, delle nostre città metropolitane, delle nostre province svolgano il servizio anti-assembramento, di controllo, di verifica delle misure, e d'altra parte dimentichiamo di indicarli come forza precipua, Polizia locale, che può svolgere esattamente questa funzione. Non sfugge che forze di polizia sono la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza, il corpo di Polizia penitenziaria, e non la Polizia locale.

Non voglio ricordare qui daccapo quanti siano le donne e gli uomini della Polizia locale che sono stati contagiati, taluni di loro addirittura sono morti durante l'emergenza, addirittura attaccati, vilipesi, aggrediti, proprio per contrastare assembramenti e quanto si è verificato in questi mesi. Mi pare una gravissima dimenticanza, o se vuole, Presidente, un grave errore cui va rimediato quanto prima.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 20 maggio 2020 - Ore 9:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 867 - Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni (Approvato dal Senato). (C. 2117-A)

e delle abbinate proposte di legge: NOVELLI ed altri; ROSTAN ed altri; MINARDO; PIASTRA ed altri; BRUNO BOSSIO; CARNEVALI ed altri; BELLUCCI ed altri; LACARRA ed altri; PAOLO RUSSO ed altri.

(C. 704-909-1042-1067-1070-1226-1246-1590-2004)

Relatori: BORDO, per la II Commissione; IANARO, per la XII Commissione.

2. Seguito della discussione dei progetti di legge:

S. 1140 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Mozambico, fatto a Maputo l'11 luglio 2007 (Approvato dal Senato). (C. 2229)

Relatrice: QUARTAPELLE PROCOPIO.

Ratifica ed esecuzione dell'accordo di cooperazione fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sui programmi europei di navigazione satellitare, fatto a Bruxelles il 18 dicembre 2013. (C. 1677)

Relatore: OLGIATI.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione scientifica, tecnologica e innovazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dell'Australia, fatto a Canberra il 22 maggio 2017. (C. 1676-A)

Relatore: OLGIATI.

S. 1123 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017 (Approvato dal Senato) (C. 2120)

Relatore: ROMANIELLO.

S. 257-702 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: MARCUCCI ed altri; MONTEVECCHI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 2165)

e delle abbinate proposte di legge: ASCANI ed altri; QUARTAPELLE PROCOPIO. (476-1099)

Relatrice: GRANDE.

BOLDRINI: Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108ª sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione. (C. 2207)

Relatrice: BOLDRINI.

S. 1376 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array, con Allegati, fatta a Roma il 12 marzo 2019 (Approvato dal Senato). (C. 2360)

Relatrice: DE CARLO SABRINA.

(ore 15)

3. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 19,05.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MARTA GRANDE (A.C. 2165)

MARTA GRANDE, Relatrice. (Relazione – A.C. 2165). Illustre Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005, ad esito di un importante processo avviato dopo la guerra nell'ex Jugoslavia è stata siglata dall'Italia il 27 febbraio 2013 (Governo Monti). Essa è già in vigore dal 2011, a seguito del deposito di 10 strumenti di ratifica, ed è stata ad oggi ratificata da 19 Stati aderenti al CdE (i firmatari sono in tutto 25).

La Convenzione si fonda sull'idea che la conoscenza e l'uso dell'eredità culturale rientrino nel diritto di partecipazione dei cittadini alla vita culturale e a godere delle arti, così come definito dall'articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e dall'articolo 15 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966.

La Convenzione presenta il patrimonio culturale come fonte utile sia allo sviluppo umano, alla valorizzazione delle diversità culturali e alla promozione del dialogo interculturale sia a un modello di sviluppo economico fondato sui principi di utilizzo sostenibile delle risorse.

La Convenzione mira a valorizzare una comprensione più ampia del patrimonio culturale e del suo rapporto con le comunità che lo hanno prodotto ed ospitato e a contribuire alla costruzione di società pacifiche e democratiche. Integrando gli strumenti internazionali già esistenti in materia, essa suggerisce agli Stati firmatari possibilità di intervento, in particolare in ordine alla promozione di un processo partecipativo di valorizzazione del patrimonio culturale, fondato sulla sinergia tra pubblico, istituzioni, cittadini privati e associazioni.

Quel che è importante, la Convenzione non impone specifichi obblighi di azione per i Paesi firmatari, al di là del rispetto del principio dell'effettività, lasciando ad essi la libertà di valutare i mezzi più convenienti per l'attuazione degli obiettivi. Per le Parti fissa certamente l'impegno a riconoscere l'interesse pubblico rappresentato dal patrimonio culturale, a valorizzarlo, a predisporre disposizioni legislative conseguenti e a favorire la partecipazione alle attività ad esso correlate.

Composta di un preambolo e di 23 articoli, suddivisi in cinque Parti, la Convenzione richiama innanzitutto gli ideali e i principi posti a fondamento del Consiglio d'Europa e rimarca il valore e il potenziale del patrimonio culturale come risorsa per lo sviluppo durevole e per la qualità della vita.

Individua quindi i suoi obiettivi, in primis il "diritto al patrimonio culturale", riconoscendo la responsabilità individuale e collettiva nei confronti del patrimonio culturale.

Il testo connota il "patrimonio culturale" come “l'insieme delle risorse ereditate dal passato, riflesso di valori e delle credenze”, e la "comunità patrimoniale" quale "insieme di persone che attribuiscono valore a quel patrimonio".

Come chiarito anche dal Ministro Franceschini, personalmente intervenuto in audizione in III Commissione, tale definizione si affianca alle già numerose definizioni esistenti a livello UNESCO né la definizione della Convenzione di Faro potrà creare problemi con le definizioni offerte dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, che si preoccupa di regolare principalmente le "cose" di interesse culturale e paesaggistico.

La Convenzione presenta almeno 4 elementi che rafforzano le misure di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale:

- vi è una nozione molto ampia di patrimonio culturale, tale da includere sia la definizione più tradizionale fondata sulla materialità, sia quella attenta alla dimensione immateriale della cultura e della tradizione;

- è posta attenzione non solo al patrimonio, ma anche alla collettività che può e deve poterne fruire, secondo la logica di un diritto al patrimonio culturale;

- vi è l'idea di comunità formate attorno al patrimonio culturale e di una loro partecipazione attiva per prendersene cura;

- vi è lo sforzo di andare verso la costruzione di un patrimonio comune europeo.

Durante l'esame in Commissione sono state rappresentate dall'opposizione insistite preoccupazioni sulla necessità di preservare la sovranità culturale del nostro Paese ritenendo che la ratifica della Convenzione possa preludere ad iniziative di componenti minoritarie organizzate di svendita del patrimonio culturale nazionale. Alcuni timori hanno riguardato l'ampia definizione di patrimonio culturale, che potrebbe danneggiare le professioni più tradizionali, o un generale scetticismo vero forme di partecipazione attiva da parte delle comunità.

Nel corso del ciclo istruttorio svolto presso la III Commissione, cui hanno contribuito autorevoli accademici ed esperti e lo stesso Ministro Franceschini, è stata fatta chiarezza (in particolare da quest'ultimo) su delicati profili interpretativi per cui non vi sono allo stato ragioni per ritenere che il vigente Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, possa essere intaccato dalla ratifica della Convenzione. Quanto alle professioni, la costruzione di comunità attorno al patrimonio culturale sarà occasione per rafforzare il ruolo dei professionisti in questo ambito, quali archeologi, storici dell'arte, architetti, archivisti o bibliotecari. Infine, è l'attenzione sulle comunità che può potenziare la partecipazione attiva, secondo modelli che il nostro ordinamento persegue oramai da diversi anni. Si pensi alla gestione di siti culturali da parte di piccole associazioni o alla mobilitazione per campagne di raccolte fondi o altre iniziative di carattere locale.

Peraltro, nel corso dell'iter presso il Senato, è stato approvato un emendamento all'articolo 3 del disegno di legge di ratifica al fine di esplicitare che “Dall'applicazione della Convenzione, da realizzare anche mediante la salvaguardia delle figure professionali coinvolte nel settore, non possono derivare limitazioni rispetto ai livelli di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale garantiti dalla Costituzione e dalla vigente legislazione in materia”. L'emendamento, di recepimento del parere espresso al Senato dalla Commissione affari costituzionali, muove nella stessa direzione della dichiarazione depositata dalla Spagna unitamente allo strumento di ratifica, il 12 dicembre 2018.

La ratifica della Convenzione di Faro è, dunque, un segnale importante per rafforzare le azioni di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche tramite un maggior coinvolgimento della collettività.

Confido, pertanto, in una rapida approvazione del provvedimento che assume una priorità per l'Italia, paese che detiene un patrimonio culturale ed artistico unico al mondo, e dal momento che la Convenzione promuove un nuovo protagonismo della cittadinanza nel campo della tutela del patrimonio culturale, sancendo il diritto, individuale e collettivo, “a trarre beneficio dal patrimonio culturale e a contribuire al suo arricchimento”.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 il deputato Ubaldo Pagano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 2 il deputato Ubaldo Pagano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 16 il deputato Zoffili ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Moz. Molinari e a. 1-346 469 466 3 234 211 255 58 Resp.
2 Nominale Moz. Crippa D. e . 1-348 474 471 3 236 256 215 57 Appr.
3 Nominale Ddl 2117-A e abb. - articolo 1 471 471 0 236 470 1 54 Appr.
4 Nominale em. 2.24 477 477 0 239 214 263 54 Resp.
5 Nominale em. 2.52 470 470 0 236 470 0 54 Appr.
6 Nominale em. 2.51 471 471 0 236 218 253 54 Resp.
7 Nominale em. 2.23 468 468 0 235 213 255 54 Resp.
8 Nominale em. 2.50 471 471 0 236 215 256 54 Resp.
9 Nominale em. 2.21 477 475 2 238 214 261 54 Resp.
10 Nominale em. 2.19 477 476 1 239 215 261 54 Resp.
11 Nominale em. 2.22 480 480 0 241 215 265 54 Resp.
12 Nominale articolo 2 478 478 0 240 478 0 54 Appr.
13 Nominale art. agg. 2.021 474 474 0 238 214 260 54 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 18)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale art. agg. 2.022 473 473 0 237 212 261 54 Resp.
15 Nominale art. agg. 2.06 477 477 0 239 215 262 54 Resp.
16 Nominale art. agg. 2.061 464 464 0 233 207 257 54 Resp.
17 Nominale art. agg. 2.019 463 461 2 231 203 258 54 Resp.
18 Nominale art. agg. 2.020 462 461 1 231 204 257 54 Resp.